ProgettiECostruzioni 02 2013

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APPUNTAMENTI | Saie3

Saie3 l’edilizia di domani Ai nastri di partenza la prima edizione di Saie3. Bologna ospita i grandi maestri italiani del serramento e delle finiture d’interni ed esterni, in un grande evento dedicato al settore e alla cultura di Viviana Dasara

«La valorizzazione delle filiere industriali tecnologiche e innovative è al centro dello sviluppo strategico di BolognaFiere e viene confermata con Saie3 – ha dichiarato il presidente di BolognaFiere Duccio Campagnoli –, dove per tre giorni sarà in esposizione solo il meglio del settore. Il mercato ha risposto molto bene alla novità della prima edizione di Saie3 che si apre per ridare slancio a quelle imprese che proprio a BolognaFiere per anni si sono imposte a livello internazionale». La proposta di Saie3, che si svolgerà nel quartiere fieristico di Bologna dal 28 febbraio al 2 marzo, intende valorizzare al massimo la filiera tecnologica dell’edilizia all’interno di una manifestazione verticale, con un programma di eventi e iniziative correlate di sicuro appeal per i visitatori attesi. Ad accompagnare la manifestazione sarà la cultura, punto di riferimento per lo sviluppo delle proposte espositive.

La prima edizione di Saie3 si apre per ridare slancio a un settore in cui la qualità del prodotto si affianca all’attenzione per l’ambiente

Lucia Alberghini direttore generale Saie3, Duccio Campagnoli, presidente di BolognaFiere e Claudio Sabatini, presidente Saie3. In apertura, il campanile dell’architetto Massimo Iosa Ghini www.saie3.it

Per l’iniziativa “8 porte sul futuro” l’installazione di Lucio Dalla “Ci vediamo a pranzo da me”, un’interpretazione personalissima e un omaggio a “L’Ultima Cena” di Leonardo Da Vinci, verrà riproposta nella nuova edizione di Futurdesign e valorizzata con un video nel quale l’indimenticato cantautore bolognese parla della sua visione del futuro. E guarda avanti anche la mostra dal titolo “Up in the sky, campanili dal mondo. Progetti per la ricostruzione post terremoto” nella quale architetti e progettisti presenteranno idee e modelli dedicati alla tecnologia per la ricostruzione in sicurezza dei campanili crollati o danneggiati a causa del terremoto, che nella primavera scorsa ha duramente colpito l’Emilia. «Già Saie 2012 – continua Campagnoli – aveva proposto, parallelamente al momento espositivo, un grande forum per la messa in pratica delle migliori esperienze del costruire. Un contributo per diffondere nel nostro Paese una cultura per la ricostruzione che non sia solo emergenza, ma 145


Il senso di “Up In The Sky” è proporre un futuro possibile. Verranno quindi presentati i nuovi progetti per la ricostruzione dei campanili danneggiati dal sisma che ha colpito l’Emilia

programmazione coerente degli interventi in edilizia. Per questo abbiamo voluto che il Saie3 guardasse avanti in quest’ottica e siamo lieti che a questo appello abbiano aderito tutti i protagonisti del settore delle costruzioni, che saranno a Bologna per un impegno concreto capace di avviare un percorso di innovazione del costruire italiano». In particolare, il nuovo Salone pone l’attenzione sui danni subiti dalle 515 diocesi e campanili, distrutti o gravemente compromessi dal sisma, che custodiscono nei secoli – come veri e propri musei – preziose opere d’arte e la storia di un luogo. Loro simboli, da sempre, sono i campanili e le torri civiche, architetture verticali che svettano da lontano caratterizzando in modo indelebile l’identità di un luogo e di un territorio. A ognuno degli artisti, architetti o progettisti coinvolti è stato chiesto di immaginare un campanile. I progetti, occasione artistica di straordinaria portata, verranno riuniti in una mostra unica al mondo che, oltre a dare un contributo al consolidamento delle radici dei luoghi colpiti, vuole rappresentare un segnale di rinnovamento. Per sottolinearlo, la Mostra si suddividerà in 3 parti. 146


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Alcune delle produzioni presenti al Siae3. Nella pagina a fianco, in alto, l’installazione di Lucio Dalla “Ci vediamo a pranzo da me”. Sotto, progetto di Ugo La Pietra per l’iniziativa “Up in the sky”

Nella prima sarà presentata una galleria delle chiese, degli edifici religiosi nel mondo, in cui sarà evidente il forte legame che essi hanno sul territorio, sulle popolazioni, con un significato che va oltre l’aspetto puramente religioso, fa parte della vita, delle abitudini, della cultura della comunità. Nella seconda, si entrerà nello specifico dell’Emilia, nel doveroso ricordo di quanto avvenuto a causa del sisma della primavera scorsa, e saranno dunque le immagini di chiese e campanili, prima e dopo il terremoto, in un reportage di Rosalba Caffo Dallari, a essere protagoniste. Nella terza, il senso vero e proprio di “Up In The Sky” che, come tutto Saie3, non vuole vivere solo il presente, o il passato, ma proporre un futuro possibile. In questo contesto verranno quindi presentati i nuovi progetti per la ricostruzione dei campanili, sia per immagini, sia con plastici già realizzati. A tutto questo, si aggiunge un convegno, in programma il 28 febbraio alle ore 12, presso la Sala Melodia di BolognaFiere, momento di approfondimento qualificato che corona e sviluppa i temi dell’iniziativa. La proposta espositiva di Saie3, accanto alle

moltissime proposte culturali con i più rappresentativi esponenti del mondo creativo internazionale tra architetti e designer, si concentrerà anche sul Pvc, un materiale dai molteplici utilizzi quotidiani e che, nel settore dei serramenti, ha fatto registrare nell’ultimo anno una crescita del 40 per cento. Il focus sarà incentrato sul suo ciclo di vita, sul design e sull’utilizzo, nel recupero architettonico dei centri storici, di una delle materiale plastiche di maggior consumo al mondo. E saranno proprio i centri storici ad essere protagonisti assoluti dell’iniziativa dedicata all’arredo urbano e alla sostenibilità ambientale con una retrospettiva in fiera e un’esposizione nella quale l’arredo urbano sarà il protagonista assoluto. 147


Made expo, il futuro passa da Milano Internazionalizzazione sarà la parola chiave per la manifestazione in programma a ottobre nella città meneghina. La parola ad Andrea Negri, presidente di Made eventi di Andrea Brega

Molte le novità in serbo per il prossimo Made expo di Milano. La manifestazione, in programma dal 2 al 5 ottobre 2013, si conferma una delle più importanti rassegne mondiali dedicate all’edilizia e all’architettura. A parlarne è Andrea Negri, membro del consiglio direttivo di FederlegnoArredo e presidente di Made eventi, la società che organizza la manifestazione. Negri, tra le altre cose, è anche uno tra i più affermati volti del settore, essendo titolare della Master parquet, azienda leader in Italia nella produzione di parquet di rovere, larici, bambù e teak. Tra le novità di quest’anno, una forte spinta all’internazionalizzazione. «Dall’edizione di quest’anno – spiega Andrea Negri – Made expo si presenterà al pubblico con tre caratteristiche: verticalità, biennalità e internazionalità. Verticalità, con l’identificazione di sei saloni fortemente specializzati: costruzioni e cantiere, involucro e 148

Andrea Negri, presidente della società Made eventi


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Strategico l’accordo con Unicredit Grazie all’accordo stretto con UniCredit, Made expo mette a disposizione delle aziende espositrici un’opportunità unica nel panorama di erogazione del credito attuale: una linea di credito rotativa che permette di erogare, anche in momenti differenti, singoli finanziamenti utili per fronteggiare spese e investimenti legati alla gestione produttiva dell’azienda. Le aziende che scelgono di esporre a Made expo potranno infatti contare su un prodotto finanziario dal duplice beneficio: finanziare non solo la partecipazione alla fiera, ma anche il loro ciclo produttivo. L’importo finanziato, che parte da un minino di 10mila euro, può infatti essere utilizzato sia per sostenere le spese correlate alla partecipazione all’evento di Milano, sia per finanziare il ciclo produttivo delle aziende espositrici come l’acquisto di scorte, l’anticipo di ordini, fatture e contratti. Una volta aperta, la linea di credito dura da 3 a 12 mesi anche per singoli utilizzi, rappresentando uno strumento valido per le imprese nell’attuale scenario economico.

serramenti, finiture e interni, città e paesaggio, software e hardware, energia e impianti. Da segnalare inoltre la grande novità che vede il coinvolgimento del mondo della ceramica con un padiglione specifico dedicato all’arredo-bagno. Dal 2013, poi, la rassegna diventerà biennale». Manca il terzo fattore, l’internazionalità. «Nell’ottica di supportare le imprese nella creazione di opportunità commerciali con i mercati esteri, è stato creato un comitato dedicato all’internazionalizzazione, la cui presidenza è affidata a Silvio Santambrogio, amministratore delegato di TreP&TrePiù. Obiettivo del comitato sarà quello di dare sviluppo e continuità ai progetti di promozione internazionale che MADE expo sta portando avanti e che si inseriscono alla perfezione nel nuovo progetto fieristico, che porterà la manifestazione a essere una biennale dal 2013. Puntare sui nuovi mercati e offrire opportunità concrete di affari alle aziende che scelgono di investire nella fiera è infatti il valore aggiunto di Made expo. Per questo organizziamo road show e incontri b2b nei diversi mercati di riferimento, con lo scopo di intensificare occasioni di incontro e dialogo tra operatori, 149


Puntare sui nuovi mercati e offrire opportunità concrete di affari alle aziende che scelgono di investire nella fiera è il valore aggiunto di Made expo

imprenditori, contractor, studi di architettura internazionali e delegazioni istituzionali per accompagnare le aziende in un continuo processo relazionale anche al di fuori della manifestazione. La dimostrazione della bontà di questo progetto è confermata dagli oltre 31.235 operatori stranieri che hanno visitato la scorsa edizione della fiera». Sul fronte interno, invece, vi siete rafforzati con un importante accordo con il Consorzio Expo. «Direi di sì. Con l’ingresso del Consorzio Expo, che raggruppa le aziende leader nella produzione di soluzioni per outdoor quali tende a pergole, tende da esterno e sistemi da oscuramento, Made expo si conferma punto di riferimento internazionale per il settore costruzioni a 360 gradi, con la sua ampia offerta espositiva e le concrete possibilità di sviluppare business e di incontrare i principali player internazionali. Il rafforzamento del comparto, nella struttura espositiva della manifestazione, sottolinea l’importanza che gli viene riconosciuta da Made expo, sia nello sviluppo dell’architettura e del design di interni, sia nel miglioramento della qualità di outdoor, parchi, terrazze 150

e giardini, per garantire una piena godibilità degli spazi aperti e del paesaggio urbano. Senza tralasciare il ruolo importante per il miglioramento del risparmio energetico e del comfort abitativo». Il settore delle costruzioni sta vivendo una crisi pesantissima. Qual è la ricetta per cominciare, almeno, a sperare in una ripresa? «Partendo dal presupposto che stiamo collaborando attivamente con le principali associazioni del mondo dell’edilizia e che Made expo rappresenta l’evento fieristico di riferimento di questo settore, dico che è giunto il momento che lo Stato saldi i debiti contratti con le imprese che nel nostro comparto ammontano a circa 30 miliardi. In secondo luogo è assolutamente necessario programmare lo sviluppo delle città, basato sulla ristrutturazione e riconversione degli edifici esistenti, fino alla demolizione e ricostruzione. Infine, visto che siamo i migliori costruttori del mondo, non chiediamo altro che un programma serio di internazionalizzazione delle costruzioni. Il mondo ci aspetta, ma nessuno o quasi esce dai confini nazionali».



Un polo per la green economy Immersa nel territorio altoatesino, da sempre schierato in prima fila sul fronte delle tematiche ecologiche, con sei manifestazioni, Fiera Bolzano si pone come ponte culturale tra Europa e Italia per diffondere una coscienza green del vivere sostenibile di Viviana Dasara

L’attenzione internazionale rivolta ai temi energetici è da molti anni un argomento di grande interesse: i costi sempre più elevati della principale fonte di energia, il petrolio, e gli appelli per una maggiore tutela ambientale hanno spinto numerose aziende e privati cittadini a investire nella green economy e a prendere provvedimenti per far fronte alle necessità future. In quest’ottica, Fiera Bolzano promuove sei manifestazioni a tema come un punto di incontro privilegiato non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti coloro che desiderano informarsi sulle soluzioni e sui vantaggi del risparmio energetico in edilizia e sulle fonti rinnovabili. Questi appuntamenti si affiancano a momenti di approfondimento e di studio sulle principali tematiche legate alla sostenibilità: cicli di conferenze, convegni, seminari e visite guidate a edifici certificati. Risale al 2005 la prima edizione di 152

Klimahouse, oggi affermata fiera internazionale specializzata nell’efficienza energetica e nella sostenibilità in edilizia, che punta ogni anno sui temi di maggiore attualità improntati su una nuova cultura verde. In pochi anni la manifestazione è diventata un punto di riferimento nel settore e grazie al forte impegno nella costruzione di una visione energetica alternativa è riuscita ad esportare questa formula nel centro Italia con una edizione itinerante, quest’anno per la quinta volta in Umbria, dal 18 al 20 ottobre. Inoltre, una seconda versione itinerante si svolgerà dal 4 al 6 aprile nella Cittadella Mediterranea della Scienza a Bari, nel cuore della Puglia, sotto forma di mostra-convegno per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia. La proposta nasce per rispondere all’esigenza, sempre più crescente anche nel sud Italia, di


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Fiera Bolzano promuove sei manifestazioni per tutti coloro che desiderano informarsi sui vantaggi del risparmio energetico in edilizia, sulle fonti rinnovabili e sulla mobilità sostenibile

costruire sostenibile e di stimolare la condivisione di informazioni altamente qualificate in materia. Un altro importante progetto è Klimaenergy orientata alle opportunità delle energetiche alternative per usi commerciali e pubblici. La prossima edizione, che si terrà dal 19 al 21 settembre 2013, include la combinazione di un’area espositiva dedicata a circa duecento aziende impegnate sul fronte delle rinnovabili con un articolato congresso internazionale e workshop che affrontano le tematiche legate ai Paes, il patto dei sindaci e alle smart grid. Parallelamente, sempre in combinazione con la fiera sulle energie rinnovabili, verrà riproposto nel corso di quest’anno Klimamobility, il salone dedicato al futuro della mobilità sostenibile. In mostra veicoli elettrici a due, tre e quattro ruote, attrezzature e macchinari per la ricarica dei mezzi, accessori, componenti per veicoli elettrici e sistemi

Immagini relative a Klimahouse, all’area espositiva, ai materiali a basso impatto ambientale, ai workshop sulle principali tematiche legate alla sostenibilità www.fierabolzano.it

di trazione. Ultima nata tra le manifestazioni di Fiera Bolzano dedicate alla sostenibilità è Klimainfisso, il salone dedicato all’intera filiera produttiva di finestre, porte e facciate in calendario dal 7 al 9 marzo 2013. Il prodotto finito non rientra tra gli articoli in esposizione perché l’obiettivo è offrire agli operatori del settore, in primo luogo ai serramentisti, una piattaforma informativa che neutralizzi la frammentazione attuale e funga da punto d’incontro per la presentazione delle innovazioni in un settore ricco di novità tecnologiche. 153


Il 2013 scommette su nuove sinergie La ripresa dell’edilizia italiana punta sulla sostenibilità ambientale e sulla ricerca di nuovi mercati. Expoedilizia 2013 rinnova il suo impegno a offrire occasioni di scambio fra aziende b2b e promuove la conoscenza dei mercati strategici di Viviana Dasara

Con le sue nove aree tematiche e il suo articolato programma di convegni torna, dal 21 al 24 marzo 2013, nei padiglioni del polo fieristico della capitale, Expoedilizia, la fiera internazionale per l’edilizia e l’architettura organizzata da Ros, società partecipata da Fiera Roma e Senaf. «Questa manifestazione vuole essere un punto di riferimento per l’intera filiera edile del Centro e Sud Italia, creando una parte espositiva che presenti l’eccellenza delle imprese italiane e una sessione di incontri, convegni e workshop in grado di dare una concreta risposta alle necessità degli operatori – afferma Gianfranco Ferilli, vice presidente Senaf –. Il confronto con le imprese e le associazioni, che sono l’anima di questo comparto, è una scelta obbligata per chi fa il nostro mestiere». Giunta alla sesta edizione, Expoedilizia si presenta in un’ottica di superamento della difficile congiuntura economica che sta attraversando il settore. Il costruire sostenibile sarà 154

al centro di iniziative speciale e convegni, grazie alla collaborazione di associazioni come Green Building Council Italia, che curerà la “Piazza della Sostenibilità”, nel quale gli esponenti del network internazionale di GBC racconteranno quanto accade in altri Paesi del mondo. GBC Italia affronterà anche il tema del rapporto tra ambiente naturale e ambiente costruito declinato in “chiave mediterranea”, oltre a quello del restauro di edifici storici in un’ottica di efficientamento. Green City Italia, associazione appartenente al network internazionale delle Green City, svilupperà il “Distretto della Green Landscape Economy”, un’area dinamica in cui si promuoveranno soluzioni innovative volte alla ripresa economica delle aree urbane, fondate sull’interazione tra cultura ambientale e tecnologia. Expoedilizia ospiterà anche “Biosphera”, il prototipo itinerante di casa passiva progettato e realizzato da ZEPHIR, Zero Energy and Passivhaus Institute for


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Per l’ingresso in fiera è possibile accreditarsi online e ricevere mediante mail una tessera valida per un ingresso ridotto a 5,00 euro anziché 15, 00 www.expo-edilizia.it

Nel prossimo anno si potranno attivare investimenti aggiuntivi per circa 1,5 miliardi di euro, principalmente collocati nel comparto abitativo

Research, per accrescere la consapevolezza e la cultura in tema di efficienza energetica, sostenibilità e comfort abitativo; mentre all’interno dell’area legno, gli esperti del settore coordineranno un ciclo di incontri per sensibilizzare i professionisti dell’edilizia sulle potenzialità dell’impiego del legno e dei suoi derivati. Presente anche l’A.R.I. - Associazione Restauratori d’Italia - che con il patrocinio di Finco organizzerà un convegno sull’importanza degli investimenti nel recupero del patrimonio artistico, visto come vero e proprio volano per il comparto e per la società civile, dal titolo “Beni Culturali e sviluppo: risorse, interventi e territorio”. Tra le novità del 2013 anche Condominium - un nuovo salone dedicato ai prodotti e servizi per gli amministratori di condominio, curato dalle più importanti associazioni di categoria, tra cui ANACI, ANAMMI, UNAI, ANAPI. Il salone si avvale della collaborazione di Consorzio Convalido. Si rinnova l’appuntamento con la sicurezza in cantiere tra momenti teorico-formativi e pratici per

l’aggiornamento di ingegneri, architetti e geometri, che riguardano soprattutto la prevenzione dalle cadute dall’alto. Tra le iniziative in programma, il secondo Congresso Nazionale Geosicur, l’Associazione Geometri per la sicurezza. Si parlerà anche di consolidamento dei terreni, smaltimento dei materiali da cantiere, prevenzione del rischio sismico, anche attraverso l’uso dell’acciaio. In questa direzione si inserisce la partecipazione della Fondazione Eucentre, che attraverso dimostrazioni pratiche mostrerà gli effetti indotti nelle strutture da una vibrazione applicata alla base delle stesse. Spazio anche a momenti formativi sull’uso della fotografia nell’architettura: PhotoARCHITETTI, organizzerà incontri focalizzati sui temi del restauro, della ristrutturazione e del colore nel patrimonio architettonico. Obiettivo dell’evento è creare occasioni di incontro per fare rete e creare competitività. Sinergie importanti da stringere anche sul fronte dell’internazionalizzazione, valorizzando la posizione strategica di Fiera Roma come punto di riferimento per il bacino del Mediterraneo. 155


L’era del benessere abitativo È questo l’obiettivo, che passa attraverso il rispetto per l’ambiente e si ottiene con l’attenzione alla sicurezza e al benessere di chi ci abita. Pier Paolo Povoledo illustra le moderne tecniche di costruzione che permettono questi risultati di Remo Monreale

Sempre più autonome dal punto di vista energetico, ecologiche, ma anche sicure, grazie alle moderne tecniche costruttive. Sono le case in legno di ultima generazione, sempre più richieste per l’edilizia residenziale. Un settore in cui Pier Paolo Povoledo, rappresentante legale della ProHolzEmilia, ha sempre creduto nonostante gli esordi della sua esperienza imprenditoriale non fossero dei più semplici. «Anni fa – dice Povoledo – nessuno credeva in questa metodologia costruttiva, e invece il tempo ha dato ragione alla tipica caparbietà friulana che mi caratterizza, essendo le mie origini appartenenti al popolo friulano. Ora possiamo godere di una grande esperienza grazie a una presenza sul territorio emiliano di quasi dieci anni, sempre usando il legno come materiale primario».

ciclo produttivo possa avere il più lieve impatto ambientale. In secondo luogo, utilizziamo il legno nel rispetto della silvicoltura sostenibile».

Quali sono i principi sui quali avete fondato questa scelta? «La salvaguardia del clima è certamente un impegno che ci ha sempre guidato. ProHolz Emilia cerca di dare un piccolo apporto all’abbassamento di emissione di CO2 in atmosfera, utilizzando materiali per cui il loro

In cosa si traduce concretamente? «Significa che la materia prima proviene da foreste (come la foresta della “Magnifica Comunità di Fiemme”) certificate Fsc o Pefc, sistemi di certificazione forestali riconosciuti a livello internazionale che attestano che le forme di gestione del patrimonio boschivo rispondano a

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Pier Paolo Povoledo, rappresentante legale della ProHolz Emilia, con sede a Bologna. In apertura, progetto residenziale (Dozza - BO) www.proholzemilia.it


BIOEDILIZIA | Pier Paolo Povoledo

leggi di sostenibilità. In ultima analisi, usiamo come materia prima ciò che la natura ci offre, con l’obiettivo di preservare l’ambiente a beneficio delle generazioni future».

Esempio di demolizione e fedele ricostruzione (Faenza - RA). In alto, progetto residenziale (Forlì)

Di quale tecnologia vi servite per le vostre opere? «Oggi la tecnica costruttiva più evoluta si basa sul pannello x-lam. Noi costruiamo con pannello portante in multistrato, che si realizza incollando assi di legno di abete rosso, aventi uno spessore medio di 20mm, con l’uso di adesivi poliuretanici monocomponente conformi alla norma europea EN 15425. Queste colle sono esenti da formaldeide e, una volta indurite, risultano chimicamente inerti. I pannelli, da un punto di vista produttivo, raggiungono dimensioni fino a 12.800mm per un’altezza di 3.200 e per uno spessore che varia da 57 a 300mm. Le caratteristiche meccaniche del pannello x-lam ci permettono di realizzare qualsiasi tipo di struttura e si adattano nel definire ampliamenti come una sopraelevazione. Grazie all’incollaggio degli strati longitudinali con quelli trasversali è possibile ridurre al minimo il “movimento” del legno, ottenendo così un materiale da costruzione tecnicamente eccezionale ma

ecologico. Inoltre, le stratigrafie da noi utilizzate garantiscono una protezione antincendio e un buon isolamento acustico». Che caratteristiche presentano le abitazioni realizzate con questi materiali? «Le nostre tipologie costruttive si identificano in casa eco, casa ecoplus e casa passiva. Le differenze sono nella progettazione, nei materiali usati e nel tipo d’impianti meccanici ed elettrici che sono scelti dopo attente valutazioni assieme al progettista e al committente. Non bisogna comunque dimenticare che una casa biocompatibile in legno deve avere quel valore in più detto “benessere abitativo”. Noi utilizziamo materiali che presentano nella maggior parte dei casi la certificazione “naturplus”, marchio di qualità che garantisce prodotti funzionali rispettosi della salute e dell’ambiente». 157


Una diffusa cultura della sostenibilità Il progetto Gbc Italia, accanto alle attività legate alle procedure di certificazione, intende favorire lo sviluppo di una filiera della conoscenza «per fornire chiavi d’interpretazione e strumenti concettuali nuovi - spiega il presidente Mario Zoccatelli - in grado di innovare la cultura del costruire» di Renata Gualtieri

Gbc Italia sarà presente a Expoedilizia dal 21 al 24 marzo con diverse iniziative. In collaborazione con Senaf, ad esempio, verrà organizzato “Italia, Europa. La riqualificazione edilizia e urbana per il rilancio della filiera”, convegno inaugurale della fiera in cui si discuterà della necessità di aggiornare i paradigmi del mondo delle costruzioni secondo le direttive ambientali europee per il raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. «Nella Piazza della sostenibilità curata da Gbc Italia – chiarisce Zoccatelli – è previsto uno spazio espositivo con alcuni soci e saranno presentati i diversi progetti Leed sparsi sul territorio italiano che rappresentano un fenomeno sempre più in crescita». Il programma seminariale all’interno della Piazza della sostenibilità si concentrerà sui green product, Leed per la riqualificazione energetica e il risanamento conservativo, la progettazione integrata, i green job e i quartieri sostenibili. Quali tematiche andranno affrontate per il futuro dell’edilizia sostenibile? «L’Italia si trova oggi a dover affrontare numerose sfide per poter aggiornare i paradigmi di riferimento del mercato immobiliare e dello sviluppo edilizio attraverso interventi concreti di rigenerazione urbana e territoriale. Strumenti indispensabili per rilanciare l’economia e recuperare competitività nel mercato globale, favorire il rilancio qualificato dell’occupazione e allineare le iniziative di buone pratiche alle indicazioni europee e internazionali in materia di politiche ambientali sostenibili. L’uscita dalla crisi dipenderà anche dalla capacità di rispondere a problematiche complesse legate non solo a tematiche ambientali ed energetiche: per 158

risolvere le complessità è necessario riferirsi a modelli completi e integrati, che forniscano garanzie, trasparenza dei processi, qualità progettuale, tempistiche certe e validazione di un organismo terzo e dunque indipendente». Cosa accade in altri Paesi del mondo nel mercato dell’edilizia sostenibile? «I Gbc e i sistemi di rating della sostenibilità ambientale degli edifici sono il fenomeno più rilevante che sta trasformando l’intera filiera edilizia e del real estate a livello globale. Anche chi non vuole lavorare con questi strumenti non può più ignorarli. Inoltre, si sta affermando a livello globale una visione non statalista che valorizza la sussidiarietà: gli standard vengono definiti da associazioni pluri-composite. Leed è uno dei sistemi di certificazione più robusti e strutturati perché ha al suo interno una molteplicità di piani e meccanismi di controllo, ma al tempo stesso permette un’estrema libertà di progettazione. Il III Canada Europe greenbuilding forum sarà un’occasione per creare sinergie istituzionali e commerciali volte a promuovere questo sistema di certificazione». Come verrà affrontato da Gbc Italia il tema del rapporto tra ambiente naturale e costruito, con particolare attenzione al riuso e al recupero del patrimonio edilizio esistente? «Questo rapporto viene approfondito in un specifica sezione presente in tutte le famiglie di protocolli: la sostenibilità del sito che indaga le condizioni ideali degli edifici in rapporto con il territorio e l’ambiente circostante. Esistono poi


BIOEDILIZIA | Mario Zoccatelli

Mario Zoccatelli, presidente di Green building council Italia

protocolli specifici formulati per il recupero del patrimonio edilizio esistente, la sezione grandi ristrutturazioni del protocollo Leed, nuove costruzioni e grandi ristrutturazioni prevede la riqualificazione dell’edificio da ristrutturare non solo da un punto di vista energetico ma anche di risparmio idrico, qualità e riciclo dei materiali, comfort interno e innovazioni progettuali. Il protocollo existing buildings: operation & maintenance certifica la gestione e la manutenzione dell’edificio già esistente. Considera, quindi, la sostenibilità ambientale nel mantenimento dell’edificio. C’è un altro protocollo molto importante che riguarda il recupero e la riqualificazione degli edifici storici. Questi ultimi due protocolli sono ancora in fase di elaborazione,

Gbc Italia è capofila nel tavolo di lavoro internazionale per lo sviluppo di entrambi». Come viene incentivata da Gbc Italia la formazione e l’aggiornamento degli operatori del comparto? «Accanto ad attività quali sviluppo e adattamento dei sistemi di rating della famiglia Leed alla realtà italiana, Gbc Italia ha attivato una propria offerta formativa, promuovendo regolarmente dei corsi di formazione istituzionale gestiti dall’associazione tramite formatori accreditati. Tra questi vi sono specifici corsi per ottenere le credenziali di Leed green associate, primo step formativo per la qualifica di Leed accredited professional, figura altamente competente nel processo di certificazione Leed degli edifici». 159


Abitare in edifici intelligenti Uno dei punti più critici che riguarda l’efficienza di un edificio a basso consumo non sta nel contenuto tecnologico o innovativo ma nella sua gestione intelligente. Oggi però, con CasaClima R, anche il singolo inquilino imparerà a farlo di Elisa Fiocchi

«Il termine bioedilizia non può essere più ridotto al mero concetto di utilizzo di materiali di costruzioni» afferma Flavio Ruffini, presidente dell’Agenzia CasaClima. «Oggi la bioedilizia e la bioarchitettura vanno intese nella loro definizione più ampia che si lega al concetto di sostenibilità, ciò significa costruire nel rispetto dell’ambiente, del paesaggio, della cultura e dell’economia regionale, oltre al rispetto delle esigenze del benessere e della salute personale». Seguendo queste linee guida, si è svolta a gennaio l’ultima edizione della fiera Klimahouse di Bolzano, dove è stato annunciato anche il nuovo protocollo “CasaClima R”, volto a promuovere il risanamento energetico degli edifici già esistenti. Questa certificazione è più flessibile rispetto alle precedenti perchè include interventi anche nelle singole unità abitative, senza tuttavia alterare la qualità architettonica del manufatto per un risultato finale all’insegna del risparmio energetico e con un aumento di valore dell’immobile. Ma il grande impegno consisterà nel recupero di quel 70 per cento di edifici, privi di accorgimenti dal punto 160

di vista dell’efficienza energetica, che sono stati costruiti in Italia prima del 1976. Ne parla Flavio Ruffini. Intanto, come va interpretato oggi il concetto di edificio? «L’edificio deve essere un qualcosa che è in grado di rapportarsi in modo equilibrato con l’ambiente e il paesaggio circostante. In pratica deve essere un oggetto che si integra con l’esistente, che consuma poco e che ha bisogno di poca energia sia in fase di costruzione che di utilizzo e che sia in grado di produrre da sé quella poca energia di cui ha bisogno. Ma questo non è ancora sufficiente perché l’edificio deve diventare espressione di una nuova cultura di vita che ha nella sostenibilità il suo punto cardine. L’uomo deve imparare a vivere a basso impatto ambientale, a basso consumo energetico e oggi tutto questo si può realizzare senza compromettere il comfort e il benessere abitativo: è sufficiente gestire l’edificio in modo veramente intelligente. L’Agenzia CasaClima con le proprie iniziative in ambito tecnico e culturale da


BIOEDILIZIA | Flavio Ruffini

Flavio Ruffini, presidente dell’Agenzia CasaClima

anni si sta muovendo proprio in questa direzione». A chi si rivolge e quali sono gli obiettivi che si propone la certificazione CasaClima R? «Riguarda il recupero e la riqualificazione di edifici esistenti. Lo scopo è quello di ridare valore anche al patrimonio edilizio già costruito, attraverso una corretta progettazione del suo risanamento. Infatti, gran parte dei consumi energetici di cui è responsabile l’edilizia sono dovuti a edifici vecchi particolarmente energivori. La certificazione prevede il rispetto di precisi requisiti che riguardano soprattutto le caratteristiche dell’involucro e degli impianti e vuole, inoltre, essere una concreta risposta per tutti quei

proprietari di appartamento che, seppur impossibilitati a intervenire sull’intero involucro dell’edificio per gli ostacoli posti dagli altri condomini, intendono riqualificare la propria residenza nel segno dell’efficienza energetica e della qualità costruttiva. La riqualificazione oggetto della certificazione CasaClima R può, infatti, riguardare sia interi edifici che singole unità abitative». L’alto carico di innovazione sta proteggendo il settore della bioediliza dalla crisi economica o esistono alcune criticità per gli addetti? «Per rispondere a questa domanda si deve comprendere bene cosa vuole dire innovazione nell’ambito dell’edilizia e nel settore specifico degli edifici a basso consumo energetico e impatto ambientale perché molto spesso il mercato offre delle bolle tecnologiche o meraviglie fatte per stupire, che in breve tempo esplodono e dimostrano tutta la loro evanescenza. Gli addetti che si cimentano nel progettare e costruire un edificio innovativo a basso consumo devono acquisire una nuova cultura progettuale, che inizia da una pianificazione territoriale e si conclude con lo sviluppo dei dettagli costruttivi. I tecnici devono acquisire conoscenze, lavorare in rete ed essere in grado di valutare le scelte più intelligenti». Quali importanti passi sta compiendo l’Italia per raggiungere l’obiettivo della “nearly zero energy bulding” prevista dall’Unione europea nel prossimo decennio? 161


La rivoluzione è nel legno È la bioedilizia la scommessa sul futuro. Il presidente di Trentino Sviluppo, Diego Laner, spiega quali opportunità derivano dal marchio Arca, che rende tracciabile la qualità del costruire sostenibile di Renata Gualtieri

Il settore edile soffre anche in Trentino di una crisi che non è solo congiunturale ma anche strutturale, cioè più profonda. Per uscirne occorre ideare modi nuovi di costruire, con il ricorso a materiali e tecniche innovative in grado di garantire qualità e sostenibilità. «La bioedilizia in questo contesto – commenta il presidente di Trentino Sviluppo Diego Laner (nella foto) – rappresenta indubbiamente la scommessa sulla quale giocare il nostro futuro». Non a caso la Provincia autonoma di Trento ha anticipato i tempi, dando vita nel 2006 ad Habitech, riconosciuto dal ministero dell’Università e della ricerca scientifica come primo distretto tecnologico italiano nel campo delle tecnologie ambientali. Quali opportunità derivano dall’utilizzo del legno, anche in termini di sostenibilità ambientale? «Nel settore dell’edilizia sostenibile, il legno rappresenta una nicchia di valore. Anzitutto perché è materiale naturale e rinnovabile: ogni metro cubo di cemento sostituito da legno significa una tonnellata in meno di anidride carbonica immessa in atmosfera. Utilizzando legno certificato andiamo poi a sfruttare un materiale che ricresce spontaneamente e infine il legno, in quanto molto più leggero rispetto al tradizionale calcestruzzo armato, consente molte opportunità in più negli in162

terventi di recupero del patrimonio immobiliare esistente». Come Trentino Sviluppo contribuisce a favorire la diffusione di questo materiale da costruzione e a promuovere la cultura del costruire sostenibile? «L’ente ha dato un contributo determinante per la nascita di Habitech e nel 2009 ha dato vita a Progetto manifattura, un intervento ambizioso che sta convertendo l’ex Manifattura tabacchi di Rovereto, chiusa nel 2007, in un polo produttivo. Dal 2011 è operativa Arca casa legno, società costituita da Trentino Sviluppo proprio per gestire e promuovere il marchio di qualità Arca, primo sistema di certificazione in Italia e al mondo ideato appositamente per le costruzioni con struttura portante in legno, ma anche per singoli componenti quali infissi, pavimenti, tetti, scale. In poco più di un anno Arca ha già formato oltre 200 imprenditori e tecnici sulle potenzialità del costruire sostenibile in legno e raccolto l’adesione di 32 aziende partner, oltre ad aver avviato una ventina di cantieri anche fuori regione». Sofie e Trentino Sviluppo. A cosa ha portato questa esperienza? «Arca nasce proprio dall’esperienza di Sofie, progetto di ricerca condotto dal Cnr-Ivalsa in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento. Dopo 5 anni di

studi, nell’ottobre 2007 casa Sofie, un edificio di sette piani, resiste alla riproduzione di un terremoto di magnitudo 7,2 della scala Richter simulato sulla piattaforma giapponese di Miki. Il segreto sta nel sistema costruttivo basato su una struttura portante in legno, costituita da pannelli lamellari massicci a strati incrociati (tecnologia X-Lam), a elevate prestazioni meccaniche. Un sistema che garantisce elevati livelli di sicurezza al fuoco e ai sismi, elevato comfort acustico, durabilità nel tempo e costi analoghi a quelli dell’edilizia tradizionale. Oggi Sofie alimenta il marchio Arca, dove rappresenta il modello certificativo di riferimento per gli edifici in X-Lam superiori ai tre piani». Quali i vantaggi del costruire in legno secondo le regole tecniche Arca? «Un edificio certificato Arca offre la certezza di prestazioni codificate secondo un paniere di 13 requisiti che riguardano le prestazioni tecniche, la gestione dell’edificio e la sostenibilità. Analisi del progetto e della documentazione di cantiere e dei singoli componenti utilizzati, ma anche due prove sul campo con il test acustico e quello dell’aria, determinano il punteggio che colloca un edificio secondo quattro livelli di qualità: verde, argento, oro e platino. Il tutto codificato nel libretto dell’edificio».


BIOEDILIZIA | Flavio Ruffini

«Il 9 luglio 2010 è entrata in vigore la nuova direttiva europea 2010/31, relativa alla prestazione energetica degli edifici, la quale prevede che vengano redatti piani nazionali allo scopo di aumentare il numero di edifici “nearly zero energy bulding”, cioè edifici a energia quasi zero. A partire dal 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno rispettare questa direttiva e per gli edifici di nuova costruzione occupati e di proprietà di enti pubblici la scadenza viene anticipata al 31 dicembre 2018. Come molti partner europei, l’Italia si sta impegnando soprattutto attraverso gli istituti di ricerca al fine di trovare una definizione precisa e condivisa di cosa significa da un punto di vista tecnico edificio a energia quasi zero, ma fino a oggi non si è trovato ancora un accordo. CasaClima, da parte sua, sta collaborando con l’Accademia europea di Bolzano nel contribuire allo sviluppo di tale definizione e con la propria attività di questi ultimi anni ha dimostrato in modo concreto che costruire un edificio a energia quasi zero oggi è tecnicamente ed economicamente possibile».

A partire dal 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere edifici a energia quasi zero

Quali aspetti innovativi racchiude il progetto “Med in Italy”? «È uno dei prototipi abitativi che hanno partecipato al Solar decathlon Europe 2012. Per la prima volta un team italiano guidato dalla professoressa Chiara Tonelli dell’Università Roma Tre è stato ammesso a questa competizione internazionale durante la quale i partecipanti devono progettare, costruire e monitorare case energeticamente autosufficienti. “Med in Italy” si è classificato ai vertici in sei delle dieci prove realizzate: al primo posto per la sostenibilità, al secondo per il funzionamento di elettrodomestici e apparecchiature elettroniche e al terzo in architettura, bilancio energetico, comunicazione e innovazione. L’Agenzia CasaClima ha accompagnato la progettazione del modulo abitativo come partner istituzionale, ha finanziato i dottorati di ricerca e le ricerche specifiche e ha sottoposto la costruzione al protocollo di certificazione energetica CasaClima, il quale ha ottenuto la targhetta CasaClima A». 163


Foto Romano Magrone

Una nuova classe di progettisti Sono stati fatti tanti e tali progressi con il legno che la costruzione di oggi è durevole, resistente, performante. Ario Ceccotti, direttore Cnr Ivalsa, invita però a diffidare dai costruttori improvvisati e a ricorrere a imprese serie e accreditate di Renata Gualtieri

Ha chiesto che l’università italiana si adegui alle nuove tecnologie costruttive e preveda sia nei corsi di laurea d’ingegneria che in quelli di architettura l’introduzione di esami sulle costruzioni in legno. Ario Ceccotti, direttore Cnr Ivalsa, ha così espresso l’esigenza di investire ancora molto sulla formazione di una nuova classe di progettisti. Il corso denominato “Costruzioni in legno, ferro e cemento armato” ha cessato di esistere nell’università italiana nel 1951, quando il suo posto fu preso dal più moderno “Tecnica delle costruzioni”. «Ai miei colleghi professori universitari delle discipline di Scienza e tecnica delle costruzioni – chiarisce Ario Ceccotti – vorrei solo dire che è tempo di reintrodurre nei loro corsi il legno come materia di studio, perché i progettisti di domani possano scegliere la soluzione migliore caso per caso. E se quella di legno verrà scartata, lo sarà in base a considerazioni oggettive e non in base alla paura che scaturisce dall’ignoranza». 164

Ritiene sia necessario sensibilizzare ulteriormente i professionisti dell’edilizia sulle potenzialità del legno e dei suoi derivati? Come procede Ivalsa per raggiungere questo obiettivo? «Intere generazioni di professionisti hanno perso la possibilità di studiare il legno. Ora, incuriositi e affascinati dall’evidenza che col legno “si può fare”, diverse organizzazioni offrono loro corsi di aggiornamento, di più giorni o anche semplici seminari di mezza giornata. L’impresa è ardua, ma encomiabile di certo. Cnr Ivalsa interagisce con queste organizzazioni mettendo a disposizione le competenze dei propri ricercatori e i propri laboratori di Firenze e Trento per dimostrazioni dal vero delle potenzialità del materiale legno e dei prodotti da esso derivati». Ivalsa si propone come ente formativo a 360 gradi sul prodotto legno a servizio di utenti


BIOEDILIZIA | Ario Ceccotti

Ario Ceccotti, direttore Cnr Ivalsa, Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree. In apertura, l’edificio di 7 piani di legno X-Lam testato sulla tavola vibrante più potente al mondo (laboratori Nied, Kobe, Giappone) e sottoposto a una serie di 10 terremoti in 2 giorni

in cemento armato capaci di resistere al peggior terremoto prevedibile in una certa zona e capaci di restare agibili e operativi anche al termine del terremoto, senza perdite di vite umane e del patrimonio edilizio. Tuttavia questo ha un costo economico: diversa è la spesa per costruire un edificio “normale” che resiste al terremoto senza crollare e senza uccidere, ma da demolire al termine del sisma, perché troppo danneggiato. Altra cosa è costruire lo stesso edificio capace non solo di salvaguardare le vite umane ma anche di restare agibile e operativo dopo il terremoto e tutte le scosse di assestamento. La differenza di costo fra un edificio strategico e un edificio normale è molto importante nel caso di strutture in cemento armato o in muratura, lo è molto meno e, con certe tecnologie più recenti, addirittura trascurabile se è di legno».

pubblici e privati. Quali i corsi attivi volti al perfezionamento di personale scientifico e tecnico del settore? «Finora Cnr Ivalsa si è limitata a organizzare corsi presso le proprie sedi in risposta a specifiche richieste avanzate da enti pubblici, organizzazioni professionali, scuole e imprese di costruzione. Al momento stiamo studiando la possibilità di organizzare in proprio una sorta di summer school per progettisti e personale tecnico delle imprese, e siamo alla ricerca di sponsor». Quali i vantaggi di una casa prefabbricata in legno rispetto a una costruzione tradizionale per ottenere prestazioni superiori dal punto di vista antisismico? «Si possono costruire edifici resistenti ai terremoti di una certa intensità con tutti i materiale da costruzione. Ad esempio è possibile costruire edifici

Quali i progetti di ricerca in corso sull’edilizia sostenibile? «Partendo dai risultati ottenuti con il progetto di ricerca Sofie per edifici di legno a elevate prestazioni energetiche, antisismici, resistenti al fuoco e durevoli, siamo impegnati nello studio di una prefabbricazione spinta capace di controllare i livelli qualitativi e allo stesso tempo di ridurre i tempi, lo spreco di materiale e il relativo inquinamento di un cantiere tradizionale. Dopo il Mai, Modulo abitativo Ivalsa, modulare e trasportabile del 2010 e il prototipo Mit sustainable connected home, 2010-2012, i ricercatori del Cnr Ivalsa hanno ideato un sistema costruttivo innovativo per edifici modulari a struttura portante X-Lam per abitazioni di diverse dimensioni attraverso l’assemblaggio di una serie di moduli di legno prodotti interamente in stabilimento, già forniti degli impianti, facilmente trasportabili e da assemblare per ottenere l’edificio finale in pochi passaggi e con ridottissimi tempi di cantiere». 165


Francesco Nesi, presidente di Zephir

Un progetto itinerante Il nostro obiettivo è rendere lo standard Passivhaus un concetto comune. Francesco Nesi, presidente di Zephir, spiega come è nata, nell’ambito di questo progetto di divulgazione, la Biosphera, che farà tappa anche all’Expoedilizia di Roma, e quali sono le sue peculiarità di Renata Gualtieri

Il progetto Zephir nasce nel 2011 a Pergine Valsugana, in provincia di Trento, da un gruppo di realtà attive da più di un decennio nel settore delle costruzioni a risparmio energetico. Zephir si pone come obiettivo primario la divulgazione scientifica del concetto Passivhaus in Italia e nei Paesi mediterranei, conciliando lo standard mitteleuropeo con i climi caldi, nei quali diventa sempre più importante tener conto degli aspetti del raffrescamento passivo. «Nell’ambito di questo progetto di divulgazione – spiega il presidente di Zephir Francesco Nesi – si innesta Biosphera, un prototipo perfettamente funzionante e realizzato in accordo ai principi Arca, che avrà il merito di portare nelle piazze il concetto Passivhaus e renderlo così concreto sia per i cittadini che per le amministrazioni». La Biosphera farà tappa a Roma all’Expoedilizia. Qual è lo scopo della vostra presenza e quali saranno le altre tappe? «Il progetto è stato concepito per essere itinerante, per 166

permettere a tutti di apprendere il concetto Passivhaus in maniera passiva, senza cioè doversi attivare per informarsi ma potendo viceversa cogliere l’occasione della presenza del modulo Passivhaus per aggiornarsi. Biosphera è stato esposto per la prima volta in occasione della fiera Made Expo 2012, dove ha ricevuto più di 2000 visite, tutte accompagnate da personale qualificato per rispondere alle curiosità dei presenti. L’Expoedilizia Roma 2013 ci ha invitato a esporre il modulo e in maniera analoga contiamo di coinvolgere ancora più persone provenienti da tutto il centro-sud, dove l’interesse è notevole. Per adesso è confermata la presenza a Rimini alla fiera Rhex di fine mese e stiamo trattando per portare Biosphera in altre città nei mesi successivi». Che diffusione ha la casa passiva in Italia e nel resto del mondo? «Il concetto Passivhaus, che non va confuso col generico appellativo di casa passiva, è stato sviluppato dal professor Feist nel lontano 1989 in Germania, in


BIOEDILIZIA | Francesco Nesi

collaborazione con l’Università di Lund in Svezia. Dai primi anni 90, che hanno visto la costruzione delle prime Passivhaus un po’ in tutta Europa, il protocollo è andato sempre più espandendosi nel mondo fino a raggiungere oggi circa 40mila edifici, di cui qualche decina in Italia. È per questo che Zephir si pone come obiettivo quello di rendere la Passivhaus un concetto comune continuando a offrire corsi di formazione per diventare progettista certificato, senza i quali diventa difficile gestire una progettazione integrata con questo protocollo ». L’eco-hotel Garnì di Torbole è il primo albergo passivo d’Italia e il secondo al mondo. Come è avvenuta la collaborazione tra Zephir e Arca? Com’è costruito questo hotel e in che modo si riesce a ottenere un consumo energetico quasi pari a zero? «L’Eco-hotel otterrà la certificazione Arca platinum, primo in Italia attraverso la collaborazione tra i due enti certificatori impegnati a uniformare i propri standard di

protocollo per ottenere il meglio nel campo della qualità del costruito. Diversi fattori permettono di raggiungere un consumo energetico quasi nullo: una struttura portante in legno integralmente certificato PEFC, unita a un involucro iper-isolato caratterizzato da spessori medi di coibente di 25 cm; una quasi totale assenza di infiltrazioni d’aria, serramenti ad altissime prestazioni protetti da tende solari esterne per la gestione del surriscaldamento; un’architettura solare per ottimizzare i guadagni termici gratuiti invernali, l’uso di impianti evoluti con pompe di calore, sonde geotermiche, collettori solari sottovuoto per riscaldare gratuitamente l’ACS, pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica; infine luci a led ed elettrodomestici in classe A+++». In un periodo di crisi quanto è necessario investire sul risparmio energetico e come Zephir contribuisce a diffondere la consapevolezza e la cultura in tema di efficienza energetica, sostenibilità e comfort abitativo? 167


«L’Istituto Zephir riconosce la domanda di formazione da parte dei progettisti che, specialmente in questo momento di crisi, trovano sensato investire sulla propria professionalità per distinguersi da coloro che invece ritengono sufficiente continuare a progettare come da normativa standard. In più, la direttiva europea 2010/31 indica proprio la progettazione passiva come obiettivo da raggiungere entro il 2020 per nuove costruzioni ed entro il 2018 per edifici pubblici. A ottobre 2012, l’Istituto Zephir ha organizzato il primo convegno nazionale Passivhaus, che ha visto la partecipazione di oltre mille persone. È sempre del 2012 a cura di Zephir la traduzione in italiano della prima brochure informativa “Attiva per un maggior comfort: “Passivhaus”, rivista informativa per progettisti e committenti, distribuita alle fiere di settore e stampata in migliaia di copie ed è stata interamente ritradotta in italiano la nuova versione del PHPP 7.1 (2012), lo strumento di progettazione e certificazione Passivhaus». Quali i prossimi progetti e sfide che vi vedranno impegnati? «Parteciperò in qualità di relatore al tour Edifici a energia quasi zero, promosso da Edilportale in collaborazione con Agorà, per divulgare il concetto Passivhaus a centinaia di progettisti, committenti e amministrazioni delle varie regioni italiane. È in fase di approvazione un progetto europeo nell’ambito del progetto Iee sulle ristrutturazioni di edifici esistenti secondo il protocollo EnerPHit, incluso anche nell’ultima versione del programma di calcolo PHPP 7.1 (2012). Obiettivo di Zephir è anche la creazione di reti di professionisti sul territorio allo scopo di divulgare a livello locale il concetto Passivhaus, promuovendo a livello politico best practice di progettazione: proprio la scorsa settimana, si è costituito il gruppo Igp Veneto che si affianca ad altri già esistenti». 168



Il legno, protagonista di una nuova edilizia In caso di sisma la costruzione in legno assicura la sopravvivenza degli occupanti e permette l’immediato riutilizzo della struttura. Vito Cornacchione elenca tutti i vantaggi di questi edifici, compresi quelli energetici di Viviana Dasara

«Le costruzioni con struttura in legno hanno avuto in questi ultimi anni in Italia un notevole impulso, trainate soprattutto dall’utilizzo del materiale nel settore delle abitazioni. È un fattore importante di novità considerato che, fino a una decina di anni fa, il mercato della costruzione in legno era in buona parte orientato al settore delle grandi opere industriali o civili, pubbliche o private». A osservarlo è Vito Cornacchione, titolare della Itallegno, azienda specializzata nella lavorazione del legno, nelle tecniche di coibentazione e costruzioni con tecnologie avanzate e di progettazione all’avanguardia. La costruzione lignea a uso residenziale si sta rivelando competitiva e riporta il nostro Paese a misurarsi a pieno 170

titolo nel contesto europeo nel quale, sebbene con modeste dimensioni, non era mai stata abbandonata. «I vantaggi della scelta di utilizzare il legno nel contesto urbano – continua –, sono numerosi: prima di tutto gli edifici in legno si comportano bene nei confronti di eventi sismici, rispettano determinati standard energetici nell’ottica del massimo risparmio, fino all’80 per cento in una casa standard, e con un piccolo investimento in più, in geotermia e fotovoltaico, abbiamo realizzato abitazioni che producono molta più energia di quanta ne consumano, la casa quindi diventa una fonte di reddito». Come noto, l’Italia è contrassegnata da un elevato rischio sismico a differenza dei Paesi del centro e del


BIOEDILIZIA | Vito Cornacchione

In apertura, struttura ricettiva realizzata a Palazzolo sul Senio (FI - 2007). A fianco, una dependance (Imola - 2008) e, sotto, una residenza privata (L’Aquila - 2011) www.itallegno.com

I vantaggi della scelta del legno sono numerosi: edifici antisismici al 100 per cento e a grande risparmio energetico

nord Europa. Sperimentazioni dirette di Itallegno su strutture realizzate con una tecnologia costruttiva all’avanguardia hanno dimostrato l’ottima prestazione in presenza di input sismici di elevata intensità, pari a 7,8 gradi della scala Richter, ben superiori a quelli italiani, senza aver riportato alcun danno strutturale rilevante. La costruzione in legno, antisismica al 100 per cento, assicura quindi la sopravvivenza degli occupanti l’edificio e, a differenza di altri sistemi costruttivi, permette anche l’immediato riutilizzo della struttura dopo il sisma, limitando il danno economico alla comunità. «Sono molti i fattori che risultano premiare la costruzione lignea – sottolinea Cornacchione – come il risparmio sulle spese di costruzione (dal 15 al 30 per cento). La breve durata del cantiere genera un altro effetto positivo anche sull’invariabilità dei prezzi e sulle tempistiche di realizzazione. Infatti per una casa di 150/500 metri quadri ci vogliono dai 90 ai 100 giorni. Inoltre il legno brucia più lentamente, grazie alla superficiale carbonizzazione, di quanto non fonde il ferro o collassa il cemento armato. Ciò comporta una maggiore resistenza al fuoco e con una combustione più lenta un eventuale incendio viene ridotto nell’arco di

massimo 90 minuti, con danneggiamenti dell’edificio inesistenti o minimi e senza compromettere le strutture portanti». Le Dream-house di Itallegno vengono realizzate attraverso il sistema costruttivo X-Lam, una tecnologia avanzata che si basa sull’utilizzo di pannelli in legno lamellare composti di strati incollati incrociati in stabilimento, pre-lavorati e pronti per la posa. «La coibentazione – spiega il titolare –, è fatta con fibra di legno, lana di pecora e fibre minerali stabilizzate, materiali naturali dalle altissime prestazioni, che consentono uno sfasamento termico tale, che la casa sia piacevolmente vivibile sia d’estate che d’inverno, con un minimo consumo energetico. Per l’isolamento acustico il legno è già di per sé un materiale fonoassorbente, con l’ausilio di separatori in gomma, sigillature e nastrature si raggiungono risultati inequiparabili». 171


Una nuova cultura dello spazio urbano Oggi la città, secondo Vittorio Gregotti, appare come una sequenza di oggetti ingranditi in competizione solo tra loro: «Ma questo non può definirsi un disegno urbano, che rappresenta invece anche lo spazio tra le cose» di Elisa Fiocchi

La cultura architettonica dominante nell’ultimo trentennio si è lentamente discostata dall’idea che un progetto di architettura può definirsi tale solo quando è capace di porsi in relazione con un contesto storico fisico di uso sociale. La costruzione dello spazio urbano, del suo tessuto e dei suoi monumenti, il suo disegno nell’antico doppio significato di progetto e di rappresentazione per mezzo delle forme, ha perduto quella capacità di mediazione nei confronti della società compromettendo quegli ideali collettivi e quel senso

Lisbona Belém, fronte esterno

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di identificazione che dovrebbero invece unire tutto il tessuto sociale alla propria città di appartenenza. «Dobbiamo intendere lo spazio urbano anche come lo spazio che i cittadini consumano, dal quale guardano la città, quello in cui avvengono i loro incontri e le relazioni che instaurano per le strade, le piazze e i portici» spiega l’architetto novarese Vittorio Gregotti, che nel 1974 ha fondato lo studio Gregotti Associati Intenational. «Lo spazio urbano va inteso anche come relazione tra le cose e gli oggetti, come i monumenti ad esempio, che


Foto Leonardo Céndamo

RIQUALIFICAZIONE | Vittorio Gregotti

Vittorio Gregotti, architetto e partner dello studio Gregotti Associati Intenational

testimoniano il passato e si mescolano con il presente della città». L’espansione edilizia avvenuta in questi anni annovera una quantità di edifici che superano negli ultimi cinquant’anni quelli costruiti nei precedenti duemila, accanto a un’eccessiva celebrazione della figura dell’architetto. L’iper sviluppo urbano ha condotto a un’eccessiva confusione competitiva tra i linguaggi dei diversi oggetti architettonici che oggi deve essere superata attraverso la disciplina e una visione critica del territorio svincolata dalle logiche del consumismo e del denaro. «La vera difficoltà – precisa Gregotti – è modificare l’atteggiamento culturale e rendere operativo un cambiamento».

relazionarsi con l’antropogeografia del territorio».

Le responsabilità sono anche di carattere normativo o vanno ricercate altrove? «Non è un problema di leggi, ma di coscienza culturale dell’esistenza di questo problema. La norma dovrà poi tenere a mente che questa è una criticità fondamentale nella costruzione della città e agire di conseguenza. Negli ultimi trent’anni si è alimentata sempre di più la polemica contro il disegno urbano che ha progettato una città generica, che cresce spontaneamente e indipendentemente da ogni regola. Si è sedimentata l’idea di città come una sequenza di oggetti ingranditi che sono competitivi tra loro e basta, ma questo non può definirsi un disegno urbano che invece rappresenta lo spazio tra le cose e non solo. Oggi prevalgono un eccesso e un’ossessione di iper sviluppo urbano, a tutto svantaggio dell’equilibrio e della durevolezza dei progetti di architettura, che non riescono più a

Come l’agire dell’architetto dovrà dunque modificarsi per rispondere ai differenti parametri di progettazione urbana? «L’architetto deve procedere andando contro le abitudini di questi ultimi trent’anni, dalla nascita, cioè, del Postmodernismo. Siamo diventati come una forma di accademia, espressione della cultura del capitalismo non più industriale ma di quello che risponde solamente alle logiche del denaro e che si è esteso con un carattere globale. Gli architetti non sono chiamati a essere illustratori di questo tipo di cultura ma debbono assumere sempre una posizione critica nei suoi confronti e indipendente dai luoghi».

Che conseguenze ha avuto questa cultura nello sviluppo delle città? «Mai come in questo mezzo secolo, le città crescono in densità ed estensioni che travolgono nella loro espansione le piccole comunità secondo il principio della libertà senza regole, come assenza di impedimenti anziché come progetto, con un consumo infinito del bene finito del territorio, con l’accumulazione di oggetti costipati e inessenziali in competizione. Si va sempre più in alto, non per raggiungere il cielo di Babele, ma solo per battere in altezza il vicino».

Su quali valori si fonda una corretta cultura urbana? «Bisogna avere coscienza della storia e del contesto 175


Con l’iper sviluppo urbano i progetti di architettura non riescono più a relazionarsi con l’antropogeografia del territorio

Milano Bicocca, Headquarters Pirelli

e comprensione delle caratteristiche e delle differenze tra le diverse culture invece di tentare di unificare, semplicemente sul piano del rapporto con il consumo, la cultura e la città». Ci sono città italiane che hanno resistito alla cultura distruttiva del Postmodernismo? «Pochissime. I centri storici hanno tenuto, pur con molte violazioni. I monumenti non hanno più nulla a che vedere con la storia dei cittadini ma sono diventati immagini di marca, cioè destinati al tempo breve del mutamento incessante a causa proprio del loro immutabile obiettivo ideologico di mercato e di consumo. Il disastro avviene soprattutto nelle periferie, luoghi dove ognuno ha costruito ciò che voleva, magari rispettando le cubature o le norme urbanistiche a livello burocratico, ma non per questo dimostrando coscienza del disegno urbano e del rapporto tra le cose». A quali progetti di rigenerazione dello spazio urbano sta lavorando lo studio Gregotti? 176

«Quando ci è affidato l’incarico di un edificio, di un quartiere o di un area, cerchiamo sempre di mettere in atto il principio della mescolanza delle funzioni e dei soggetti sociali per non produrre dei ghetti funzionali, tantomeno dei ghetti sociali. Da qualche anno, siamo impegnati a realizzare una città di centomila abitanti a 35 chilometri da Shanghai, abbiamo curato anche altri progetti nel nord Africa, in Egitto, il centro Bicocca di Milano e il progetto per il piano di una delle centralità di Roma». Il disordine urbano è un problema solo italiano? «L’Italia da questo punto di visto ha una lentezza culturale complessiva e un disordine molto rilevante, ma anche altri paesi sono in difficoltà dal punto di vista qualitativo. Mentre a livello quantitativo, in Italia ormai si edifica poco a causa della crisi ma anche dell’espansione senza controllo e senza regola avvenuta fino a oggi. Se prendiamo come esempio i Paesi Bassi, l’Inghilterra, la Germania e la Francia, ci rendiamo subito conto di come queste regole siano più precise e più rispettate».


RIQUALIFICAZIONE | Mario Botta

Il fallimento dei piani regolatori Si sono rivelati obsoleti prima ancora di entrare in funzione e troppo deboli rispetto alla rapidità delle trasformazioni in atto. Secondo Mario Botta servono oggi «progetti strategici che rispondano a un disegno collettivo» di Elisa Fiocchi

Le città nascono come luoghi degli incontri, dei commerci, delle memorie collettive e delle istituzioni umane fino a quando i cambiamenti economici e sociali ne mutano forma, consumo e dimensione, ostacolando talvolta la crescita virtuosa del tessuto urbano. Molte di loro sono perciò divenute inabitabili e disumane, umiliate dalle leggi della speculazione e della trasformazione selvaggia a cui anche l’architettura contemporanea purtroppo ha contribuito. «Le ultime città “ragionevoli” – racconta Mario Botta – appartengono al primo dopoguerra» riferendosi soprattutto al lavoro degli architetti nazionalisti. «Poi il boom economico ha spazzato via tutto e negli ultimi decenni si è proprio persa la testa». Per la prima volta nella storia, infatti, secondo il ragionamento dell’architetto svizzero di Mendrisio, la città sta perdendo due elementi costitutivi: l’idea di centro e il concetto di limite.

Occorre dunque passare attraverso la crisi della città per riconoscere che è il nostro spazio di vita, per risalire la china e riannodare i suoi tracciati strutturali. «Quasi tutte le città italiane sono fallimentari» afferma Botta, prendendo come contraltare importanti progetti strategici che provengono dalla cultura nordica europea, dove gli intenti architettonici sono capaci di rispondere anche ai bisogni della collettività. Come va interpretato e costruito oggi lo spazio urbano? «L’urbanizzazione avvenuta nelle nostre città è stata caratterizzata soprattutto dalla speculazione edilizia incentrata al pieno anziché al vuoto. Proprio il vuoto è la rappresentazione dello spazio urbano con cui intendiamo le piazze, le contrade, i viali. Nel Rinascimento, ad esempio, ogni edificio che Mario Botta, architetto e fondatore dello studio Mario Botta Architetto e Associati di Lugano

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Area ex Appiani, Treviso

ricordiamo ha una valenza pubblica che va al di là del dato tecnico e funzionale e ciascun palazzo disegnava la città e le contrade. Il buon architetto deve dunque prestare attenzione allo spazio pubblico e contrabbandare al privato solo quella serie di soluzioni che sono di sua stretta competenza». Per quali ragioni le nostre città sono entrate in crisi a livello urbano? «Non hanno più il centro e nemmeno un ente pubblico o un’autorità capace di disegnare questi spazi necessari per mancanza di cose da dire e da proporre. Non solo, le istituzioni hanno totalmente abdicato e lasciato ai privati le iniziative che sono state poi portate avanti in funzione di personali esigenze e interessi. Oggi si può affermare che il piano regolatore ha fallito se confrontato al progetto, risultando più debole e obsoleto prima ancora di entrare in funzione, privo di quella capacità di intervento data dalla complessità e dalla rapidità delle trasformazioni in corso». Quali interventi ridarebbero un senso urbano alle città? «Il problema attuale non si concentra più sul piano regolatore ma sulla realizzazione di progetti strategici che si dimostrano più forti: a partire dal dato richiesto, questi interventi possono farsi carico anche degli interessi pubblici e quindi del disegno collettivo, della contrada, del quadrilatero, del quartiere, del distretto e così via. I piani hanno un senso di esistere solo su strategie più ampie di mere scelte politiche e trovano un valore quando non sono progetti camuffati ma si presentano come veri e propri masterplan. Come tali, bisogna poi lasciare che la domanda reale di mercato, più forte di quella ideologica, determini di volta in volta gli interventi». 178

La crisi delle città italiane riguarda anche altre realtà europee? «Sì, proprio per questo si dovrebbe passare al più presto dall’idea di un piano a quella di un progetto strategico, non solo per far fronte alle esigenze legittime del progetto ma anche per rispondere ai bisogni della collettività. Tutta la cultura nordica sta mettendo in atto nuovi piani strategici, lo fanno paesi come la Svezia, la Finlandia, la Danimarca e in parte l’Olanda che, essendo sott’acqua, si è trovata in una condizione quasi obbligata. Buoni esempi arrivano anche da Barcellona che, negli ultimi decenni, ha rimesso in ordine talune parti del proprio tessuto urbano partendo da un mix in grado di racchiudere le intenzioni urbanistiche e le esigenze dei progetti». Che spazio occupa, nella progettazione, la valutazione dell’impatto ambientale? «Bisogna fare attenzione alla parola sostenibilità perchè ha molti usi e interpretazioni e può, in alcuni casi, diventare pericolosa. Il rischio è di sfruttare questi termini come passepartout e luoghi comuni nella progettazione. L’architetto deve certamente orientarsi alla costruzione di edifici sostenibili ma essi debbono avere anche un senso». A Sesto San Giovanni ha firmato un intervento di rigenerazione urbana nell’area ex Campari: quali nuovi significati ha assunto quest’area? «Parliamo di un luogo fuori dalla normale produzione, ma che una serie di circostanze favorevoli ha reso possibile trasformare in quel mix di intenzioni urbanistiche ed esigenze di progetto di cui parlavo prima. Il Comune ha posto dei vincoli per la conservazione della villa Campari, chiedendo 4mila metri di parco fruibile per la cittadinanza e


Foto Enrico Cano

RIQUALIFICAZIONE | Mario Botta

Area ex Campari, Sesto San Giovanni

parcheggi. In compenso ha offerto maggiore volumetria e sono così riuscito a ottenere una maggiore densificazione dell’area, un aspetto molto importante per le nostre città che potranno sopravvivere e rigenerasi solo se saranno capaci di dare maggiori contenuti e densità abitativa. L’alternativa sarebbe andare fuori e utilizzare altro territorio, avendo costi sociali di trasporto fortissimi. Il destino della città europea è invece quello di crescere su se stessa nella continuazione di un processo che è millenario, cioè quello della densificazione urbana».

Quali altri progetti sta curando? «Con il progetto “Treviso Due, Treviso che cresce”, sostenuto dalla Fondazione Cassamarca, costruirò un nuovo quartiere accanto al cuore antico della città. Esattamente come per l’area ex Campari di Sesto San Giovanni, siamo partiti da una vecchia fabbrica per realizzare un nuovo quartierino con attività pubbliche, una grande piazza e una serie di abitazioni attorno». 179


Copyright Caviola

Copyright Caviola

Asimmetrie nello spazio Un immaginario fantascientifico, lontano da quello delle magnifiche sorti progressive, fa da concept alla nuova sede dell’Agenzia spaziale di Tor Vergata, dove è il progetto architettonico a fare da deus ex machina anche per il territorio circostante di Teresa Bellemo

L’architettura rappresenta, significa. La scelta architettonica ed espressiva per la nuova struttura dell’Agenzia spaziale italiana però è stata quella di non rappresentare in modo diretto, ma di ragionare ed esprimere la sua epicità sullo spazio, sulla miticità di un futuro possibile o di mondi perduti, mettendo in gioco anche il territorio circostante. L’edificio è il “corpo”, nero e misterioso, composto di organi interni articolati e differenziati per qualità di materiali e colore, immerso in un territorio disperso e quasi disperato, che ne trasforma la percezione. Il tentativo è stato quello di provare a rendere accettabile uno sviluppo senza regole, sia attraverso l’inserimento di funzioni e attività di ricerca sia attraverso l’idea di qualità dell’architettura come atto di generosità e di riscatto. È questo l’intento degli architetti Alfonso Femia e Gianluca Peluffo, dello studio 5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo, progettisti del complesso di Tor Vergata. «Al primo posto del nostro lavoro c’è il ruolo politico del progetto, che è quello di migliorare il mondo, di cambiarlo, all’interno di un percorso di 180

coscienza individuale e collettiva, che è necessariamente storica, artistica e sentimentale. E quindi rivoluzionaria». Ne parliamo con Gianluca Peluffo. Come descrivere il progetto? Su cosa si basa la scelta distributiva dei volumi? «L’edificio è, in termini geometrici e architettonici, un insieme dotato di una sorta di equilibrio instabile, capace di far percepire diversamente anche il territorio circostante rendendolo massa critica. L’asse principale, quello degli edifici della facoltà di Ingegneria, giace sul sistema dell’atrio monumentale, pensato anche come spazio espositivo dell’attività dall’Asi e come centro congressi, collocato in modo asimmetrico rispetto al peso degli altri volumi che compongono il complesso. Il principale è il Crescent, una figura semicircolare che occupa gran parte degli uffici. A est sono collocati gli altri volumi, principalmente di servizio: il sistema mensa-bar, la palestra-infermeria, l’asilo, la biblioteca, il laboratorio e il resto degli uffici. Imbevuti di vernice


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RIQUALIFICAZIONE | Gianluca Peluffo

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I volumi dalle forme elementari, in equilibrio geometrico asimmetrico danno una percezione di straniamento e di accumulazione di energie

Sopra, da sinistra, Gianluca Peluffo insieme ad Alfonso Femia e Simonetta Cenci, architetti partners dello studio 5+1AA

nera, alternativamente opaca e lucida (intonaco, metallo e vetro), questi volumi dalle forme elementari, in equilibrio geometrico asimmetrico danno una percezione di straniamento e di accumulazione di energie, fino a creare un’idea di misterioso ordine territoriale. All’interno, i contatti fra questi volumi diventano una rete di percorsi percettivi, un vero e proprio insieme complesso di “promenade architecturale”». L’interno è ricco di colonnati, come i cortili delle antiche moschee. Quali le motivazioni di questo rimando? «Il riferimento è alla Cisterna Basilica di Istanbul del 537. A noi interessava unire il tema dello stupore e dell’allegria infantile, connettendo lo spazio ipostilo al colore dei coni zenitali: la mensa è uno spazio ipostilo a doppia altezza, caratterizzato da un dialogo diretto fra le numerose colonne strutturali e il sistema di luce naturale zenitale. Inoltre, si affaccia su uno specchio d’acqua che accoglie, come un’isola interna,

lo spazio circolare del bar, collocato a una quota inferiore rispetto al livello dell’acqua. Di solito questi sono spazi di risulta, tristi, bui. Abbiamo voluto che fossero invece i più ricchi e piacevoli». La nuova architettura a volte provoca un senso di lontananza, addirittura di diffidenza. Si percepisce in primis proprio la voglia di stupire prima ancora della funzionalità. È un problema reale o una semplice questione di educazione estetica? «Non crediamo che si debba intendere la voglia di stupire nel senso dello sforzo fine a se stesso. Il meccanismo della meraviglia è un percorso di conoscenza fondamentale: attraverso lo stupore ci si avvicina alla comprensione della realtà. Creare condizioni di stupore in architettura deve avere questo scopo, che è una sorta di missione politica: mettere in contatto il sentimento individuale con il sentire collettivo. Non si tratta di un percorso didattico, ma di una “educazione sentimentale” a fare parte di una comunità, di una storia di un percorso artistico e umano». 181


RIQUALIFICAZIONE | Paolo Desideri

La stazione come spazio sociale Le stazioni diventano sempre di più dei veri e propri luoghi dove devono coesistere servizi e identità. È questa la sfida che hanno accettato gli architetti di Abdr nella progettazione di Tiburtina a Roma di Teresa Bellemo

La nuova stazione alta velocità di Roma Tiburtina nasce in risposta alla grande quantità di problemi che un nuovo scalo ferroviario internazionale deve necessariamente affrontare. Problemi specifici di funzionalità della struttura, che per dimensioni è a tutti gli effetti analoga a un grande scalo aeroportuale, ma con la differenza che è in una zona centralissima della città. Come un aeroporto deve quindi avere una dimensione sovralocale, in più deve raccordarsi con il contesto urbano circostante, con i suoi luoghi, con i suoi spazi, con la sua circolazione. Questa complessità trova proprio nei numeri la sua espressione più sintetica. Una superficie esterna complessiva di più di tre ettari, un ponte pedonale dotato di una corsia carrabile per i mezzi di soccorso che passa 10 metri sopra i binari e scavalca 25 binari ferroviari, due dei quali - prossimamente tre - linee metropolitane. Paolo Desideri, architetto dello studio Abdr Associati che ha curato il progetto della nuova stazione Tiburtina, sottolinea: «Superfici così rilevanti di involucro esterno rappresentano una grande sfida per l’architettura e rappresentano sempre grandissimi problemi in merito alla coibentazione termica. Abbiamo però deciso di vederli come una grande opportunità, utilizzando questa sconfinata superficie come una “pelle” dell’edificio per incentivare, attraverso il funzionamento bioclimatico, il risparmio energetico». Già nel 2003 la stazione ha vinto, infatti, il premio Eurosolar come edificio bioclimatico dell’anno. Come riassumere questo progetto? «Una nuova stazione alta velocità deve essere 182

l’occasione di riorganizzare la più straordinaria dotazione di spazio pubblico della città. I numeri “sociali” rappresentano bene la complessità dell’opera: la stima di affluenza giornaliera della stazione è di 200mila persone, un’intera città come Perugia che passa tutti i giorni due volte in stazione. Nessuna piazza di Roma è attraversata ogni giorno da così tanta gente e in qualche modo questo determina anche la necessità per la stazione di essere allo stesso tempo spazio pubblico e piazza, ma anche centro servizi e area commerciale. Insomma, tante cose che coesistono insieme in un unico spazio: una complessità programmatica che produce un’oggettiva complessità progettuale». Oggi la stazione ferroviaria si sta trasformando da non-luogo a luogo vero e proprio, sempre più completo. Quali secondo lei le motivazioni? «Le ragioni di questa trasformazione si trovano appunto nella grandissima affluenza e allo stesso tempo nel loro essere al centro della città. Una grande stazione ferroviaria è molto più complessa di un aeroporto proprio per la sua vocazione alla dimensione pubblica che un aeroporto non ha perché lontano dalla città. L’aeroporto è un nonluogo, la stazione al contrario è chiamata a essere uno spazio che si confronta con i contesti circostanti e con il tema dell’identità, proprio come le nostre piazze storiche: dunque un luogo per eccellenza». Nella progettazione delle nuove stazioni quali sono gli errori in cui si può incappare? «Il rischio più grande mi sembra quello di mettere in


Paolo Desideri, architetto dello studio Abdr Associati

figura identità troppo cariche, il rischio di un’ipertrofia semantica. Il rischio dell’hi-tech gratuito, o all’opposto, dello strapaesano dialettale. Ma in linea generale il rischio che il progettista corre sempre nei progetti veramente complessi è quello di pensare alle forme come un mondo separato dai problemi. Di non usare le forme e la creatività per risolvere i problemi e, anzi, arrivare al paradossale risultato di aumentarli causa delle forme stesse. Mi piace pensare alla creatività volta al problem solving e non al problem adding». La struttura dimostra particolare attenzione alla sostenibilità. Quali i punti più rilevanti sotto questo aspetto? Non c’è però un impianto fotovoltaico, perché? «L’architettura bioclimatica punta a ottenere, attraverso il progetto, le sue forme e i suoi materiali, sensibili quote di risparmio sui consumi energetici. Non si tratta di pannelli solari aggiunti alle facciate, ma accorgimenti progettuali in grado di assicurare le migliori condizioni di protezione, come l’irraggiamento solare in periodo estivo e il migliore 183


I volumi sospesi smorzano naturalmente le vibrazioni dei convogli. Questa è creatività volta al problem solving

soleggiamento nel periodo invernale. Di assicurare, attraverso il controllo dei moti convettivi naturali dell’aria all’interno dell’edificio, il raffrescamento estivo e il riscaldamento naturale invernale. L’impianto fotovoltaico, previsto nel progetto definitivo, non è stato ancora installato: sarà collocato sulla copertura (circa 1,3 ettari di superficie utile) e assicurerà un importante e aggiuntivo contributo alla quota di risparmio energetico apportato dalle scelte progettuali complessive». Quali le motivazioni, oltre a quella estetica, dei volumi sospesi e della scelta dei materiali? «I volumi sospesi sono la soluzione morfologica e formale a un rilevante problema tecnico. L’impalcato della stazione ponte, realizzato nel 2000 prima del concorso, è fondato in banchina e questo determina una criticità dello stato vibrazionale prodotto dal passaggio dei convogli. Il problema che avevamo di fronte era evidentemente quello di smorzare queste vibrazioni nelle nuove strutture. Abbiamo perciò adottato delle “morfologie strutturali” che per loro stessa natura garantissero questo smorzamento. Come dei grandi batacchi, che stanno fermi per gravità se agitiamo leggermente la campana, la soluzione dei volumi 184

sospesi smorza naturalmente queste vibrazioni: come dicevo prima creatività volta al problem solving. I volumi sospesi, all’interno dei quali sono posizionate importanti funzioni commerciali e di servizio, sono rivestiti in pannellature realizzate con un materiale traslucido che ha la caratteristica di riverberare la luce sino a determinare l’effetto di una leggera luminescenza dell'intero volume sospeso». Per Roma la stazione per eccellenza è ancora Termini. La nuova stazione Tiburtina può essere in grado di rivedere la scala di importanza? «Abbiamo progettato la stazione Tiburtina in accordo con Rfi perché diventi il primo scalo di Roma. Il programma prevede il declassamento di Termini a stazione regionale e il passaggio del traffico ferroviario nazionale solo su Tiburtina. L’attuazione di questo ambizioso programma è naturalmente soggetto al completamento delle opere di raccordo tra la stazione e la città, che tuttavia non sono in potere di Rfi. Mi riferisco in particolare alla demolizione della vecchia tangenziale, che è stata già spostata e corre oggi sul lato esterno, e alla realizzazione della piazza antistante alla nuova stazione: tutte opere in capo al Comune».




EDITORIALE

Una filiera per il rilancio dell’architettura italiana di Bruno Gabbiani, presidente di ALA - Assoarchitetti

In questa fase d'incertezza, una riflessione sulle prospettive di rilancio del nostro Paese, dopo la scontata adesione del 2000 alla strategia di Lisbona, che proponeva la centralità dei saperi in una knowledge-based economy, e la crisi globale del 2008, ha demolito le certezze e le speranze del secolo scorso. Il report della Cgil del 2012 sui casi di crisi nel manifatturiero, nel commercio e nei servizi in Italia, compresi turismo, trasporti e banche, dipinge un dramma economico e sociale, con redditi da lavoro in picchiata, oltre mezzo milione di lavoratori in Cig e più di 30mila imprese scomparse. Una reazione apparentemente senza alternative, quella di Susanna Camusso: «L'Italia senza industria è un'Italia che non ha futuro», ma anche Giorgio Squinzi, sulla Fiat, dice: «Non conosco il problema nel dettaglio, ma un grande paese industriale come l'Italia non può non avere un'industria automobilistica forte». Può un’economia avere un futuro senza una base manifatturiera? Il dibattito si è tenuto su l’Economist con un plebiscito per il no. La conclusione è che per crescere, l’industria manifatturiera ha bisogno di una nuova politica industriale che possa promuoverne i necessari cambiamenti strutturali. Ma nel caso dell'Italia, è o non è in atto un processo di de-industrializzazione? E quale può essere una

strategia di politica “industriale” che rilanci la ricchezza del Paese e il benessere dei cittadini? Certo non più la manifattura in settori a basso contenuto tecnologico, ma forse investimenti di mezzi e risorse in quelli ad alta innovazione e tecnologia, ancora capaci di competere con le aree emergenti e così di trascinare i consumi. Ma questa via d'uscita ha due premesse obbligate: una radicale ristrutturazione della scuola superiore e dell'università, che devono formare le professionalità necessarie al rilancio e una riduzione della burocrazia, per eliminare l'handicap di costi inutili, non programmabilità delle iniziative e lentezze procedurali, che mettono il Paese fuori mercato. Da non trascurare lo sviluppo dei settori che sono ancora specificità del Paese: le eccellenze alimentari, il design e la moda, il lusso e anche la produzione di componenti per l'architettura, un settore che è ancora il più importante al mondo, nel quale si fondono capacità produttive, tradizione e design. Un campo nel quale è indispensabile costituire una filiera che metta in sintonia tutte le forze che possono rilanciare l'architettura italiana, compresi gli addetti al progetto, che sono ancora richiesti e vincenti in molti Paesi, ma non fanno sistema e singolarmente non riescono a vendere al giusto prezzo il valore aggiunto della qualità. 187


Linee guida per l’agibilità sismica degli edifici Verifica della conformità ai requisiti dichiarati dei dispositivi antisismici, pareri sui progetti di opere pubbliche di competenza statale e attività di consulenza per le amministrazioni. Francesco Karrer spiega le aree d’intervento del Consiglio superiore dei lavori pubblici di Nicolò Mulas Marcello

Molto c’è da fare per la messa in sicurezza del patrimonio comune. La ricerca e le innovazioni che ne conseguono fanno pensare che miglioramenti concreti potranno esserci: ma come sostenere i costi di questo grande progetto di messa in sicurezza? «Idee, riflessioni e qualche ipotesi che sembra realizzabile circola – afferma Francesco Karrer, professore di Urbanistica all’Università Sapienza di Roma – ma la strada è ancora tutta da percorrere». Qual è l’attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici di cui lei è stato presidente in termini di dispositivi antisismici? «Quella prevista dalle norme tecniche sulle costruzioni del 2008 e dalle fonti normative dalle quali queste discendono. Così, anche nel caso dei dispositivi antisismici, l’autorizzazione, rilasciata a valle dell’entrata in vigore della cosiddetta norma europea armonizzata, è il risultato dell’istruttoria del Servizio tecnico centrale e quindi del parere favorevole della competente sezione del Consiglio. Così come avviene per ogni altro prodotto da 188

costruzione o sistema costruttivo per i quali è richiesta l’autorizzazione del Consiglio superiore». In quali passaggi si esplica la sorveglianza da parte del Consiglio? «Il Consiglio è, come noto, soprattutto un organismo di consulenza che svolge la sua attività in sede di rilascio di autorizzazione all’impiego di prodotti da costruzione, di sistemi costruttivi, di espressione di pareri su progetti di opere. Quindi opera in posizione preventiva all’utilizzazione di un prodotto, di un sistema costruttivo o della realizzazione di un’opera o dell’applicazione del parere da parte di chi lo ha richiesto nel caso di contenziosi tra stazioni appaltanti e imprese. L’attività di sorveglianza dipende dall’oggetto, un prodotto, un cantiere, un laboratorio di prova, e può essere innescata da una segnalazione o da una denuncia, alle quali, una volta accertatane la fondatezza, si dà seguito nei modi di legge. Per quanto riguarda i laboratori di prova dei materiali e di prova in situ, si è proceduto anche con controlli casuali. Sono state ritirate autorizzazioni e imposte


RISCHIO SISMICO | Francesco Karrer

Il quadro normativo è molto migliorato sia dal lato della tipizzazione sismica del territorio che da quello delle costruzioni

Francesco Karrer, ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici

sospensioni all’esercizio delle attività». Per quanto riguarda il terremoto che ha colpito le zone dell’Emilia è stato presentato un progetto dal titolo “Linee guida per la valutazione della vulnerabilità e interventi per le costruzioni a uso produttivo in zona sismica”. Di cosa si tratta esattamente? «Con riconosciuta capacità e tempestività, il Consiglio superiore ha emesso una linea guida per la cosiddetta agibilità provvisoria dei fabbricati destinati alle attività produttive. La linea guida ha rappresentato un momento di chiarezza in una fase tumultuosa del processo di ripresa delle attività produttive. La coincidenza con il lavoro di predisposizione delle nuove norme tecniche sulle costruzioni ha consentito la tempestività di cui ho detto: le costruzioni prefabbricate erano, infatti, già all’attenzione di più gruppi di lavoro impegnati nella revisione ordinaria delle norme del 2008. Quando ho lasciato la presidenza del Consiglio era in fase avanzata anche la preparazione delle linee guida per l’agibilità definitiva».

L’Italia, per la sua particolare conformazione territoriale, è un paese soggetto in maniera importante agli eventi sismici. Come è cambiata l’attenzione su questo aspetto nel tempo? «Dire che negli ultimi anni vi sia stato un totale cambiamento di attenzione per il problema è forse anche riduttivo. Il quadro normativo è molto migliorato sia dal lato della tipizzazione sismica del territorio che da quello delle costruzioni. Ovviamente di quelle che si definiscono nuove costruzioni, con riconoscimenti anche a livello internazionale di questo lavoro. Molti paesi hanno guardato il nostro corpo legislativo per costruire il proprio. E ciò meriterebbe un riconoscimento anche da parte del Paese. Minore sensibilità, soprattutto se misurata sul piano delle azioni concrete, sembra aversi per il patrimonio esistente. Anche se non sono poche e di qualità le attività conoscitive e le linee guida relative al patrimonio culturale. Lo stesso Consiglio superiore si è impegnato in questo campo, di concerto con il Mibac anche con riguardo agli organismi internazionali, e in via autonoma: ad esempio, con lo studio sugli aggregati urbani storici». 189


RISCHIO SISMICO | Gian Vito Graziano

Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi

Nessuno studio va trascurato Gli eventi sismici che negli ultimi anni hanno coinvolto il nostro paese non sono più numerosi della media a cui è soggetto il territorio italiano. A sostenerlo e a illustrare lo scenario dei fenomeni che stiamo vivendo è il geologo Gian Vito Graziano di Nicolò Mulas Marcello La sismicità del territorio italiano è legata alla sua posizione che vede la nostra penisola situata in una zona in cui hanno luogo le forti spinte compressive tra la zolla continentale africana e quella eurasiatica. «Per frequenza di terremoti, alcune migliaia all’anno, molti dei quali sotto la soglia di percezione umana, e per l’intensità raggiunta da alcuni di essi – spiega Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi – l’Italia può essere considerato uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo». Perché sembra che negli ultimi anni si siano intensificati gli eventi sismici importanti? «Non sono gli eventi sismici che si sono intensificati, ma piuttosto è cambiato l’interesse, anche mediatico, per questi fenomeni. Il terremoto dell’Emilia Romagna, forse paradossalmente più di quello dell’Aquila con le sue 300 vittime, ha rappresentato un punto di svolta nell’approccio a questi fenomeni. Si è evidenziata la complessiva mancanza di consapevolezza rispetto alla pericolosità sismica di quell’area e si è constatato come un sisma di magnitudo non particolarmente intensa abbia causato vittime e messo in ginocchio un sistema produttivo importante. Consapevoli della debolezza strutturale del nostro patrimonio edilizio, sia pubblico che privato, oggi i telegiornali danno notizia anche dei terremoti di magnitudo 2 o 3. In altri Paesi fanno notizia, e talora non fanno neanche vittime, solo i terremoti di magnitudo 6 o 7». Appurato che i terremoti non si possono prevedere, la teoria che individua nel gas radon una possibile 190

forma di previsione degli eventi sismici è fantascienza? «Al momento si tratta di ipotesi, qualche volta anche un po’ azzardate. Non c’è nessuna certezza scientifica che possa supportare concretamente questa teoria, tuttavia sono dell’idea che nessuna possibilità di studio e di ricerca debba essere trascurata. La scienza non ha bisogno di oscurantismi, ma deve essere libera e in continuo confronto. Ne vanno però accettati i limiti, che la stessa scienza faticosamente cerca di superare. Piuttosto come cittadini dovremmo pretendere che questo Paese destini maggiore risorse alla ricerca scientifica». Sul web è stata avanzata l’ipotesi che in Emilia l’utilizzo di trivelle per lo sfruttamento di gas avrebbe causato il sisma. Le tecniche di perforazione del terreno possono influire sul movimento tellurico? «Escludo che le tecniche di perforazione possano influire sulla sismicità di un’area. Un evento sismico mette in gioco una quantità di energia assolutamente non paragonabile con quel poco di energia necessaria per eseguire una perforazione. Ben più interessante è invece valutare la pericolosità sismica naturale e indotta dei serbatoi naturali di stoccaggio di gas e degli strumenti di controllo e di monitoraggio di queste attività. Su questo tema i cittadini pretendono giustamente delle risposte e come Consiglio nazionale dei geologi, svolgendo quel ruolo sociale che tanto ci sta a cuore, abbiamo costituito lo scorso dicembre un gruppo di lavoro già attivo per fornire delle prime risposte al Paese».



Il senso e l’impatto dell’architettura verticale Si chiama Helical Tower il nuovo progetto che l’architetto Lorenzo Monardo propone alla Cina. Frutto di uno studio che trova nella torre uno strategico valore aggiunto per il territorio. Ma in Italia «il tema dell’architettura verticale ancora ci divide» di Aldo Mosca

Uno sguardo rivolto al futuro. Una coscienza professionale che trova nell’architettura la massima espressione operativa dell’urbanistica. Lorenzo Monardo, architetto e docente di Pianificazione delle Infrastrutture e di Pianificazione Territoriale presso l’università La Sapienza di Roma, rappresenta un paradigma in cui le conoscenze tecniche confluiscono nelle propensioni estetiche. Una testimonianza peculiare, sul panorama italiano, in cui territorio e design vanno a braccetto. E oggi, presenta al mondo la sua ultima, ambiziosa, sfida. Si chiama Helical Tower, l’avant-projet alto 310 metri, strutturato su 86 piani, con residenze, uffici e centri commerciali. «Sono sempre stato affascinato dall’estetica e dalla funzionalità delle torri» spiega il professore, che in passato ha già realizzato opere di questo tipo, l’ultima in ordine di tempo, un sontuoso complesso Alberghiero a Ras Al Khaimah, negli Emirati Arabi Uniti. Ma non è rivolta al Medio Oriente la nuova torre concepita da Monardo. «Questo disegno nasce per il mercato cinese, di Shangai. A differenza che in Italia, in quei paesi sono molto più propensi alla realizzazione di grattacieli. Per questo lo sto proponendo a committenti che operano e investono sulla Cina». È aperto il dibattito sul senso e sull’impatto dell’architettura verticale. Dibattito che, ovviamente, viene declinato in forme diverse a seconda del paese di riferimento. In Italia, il mondo dell’urbanistica è spaccato in due, tra favorevoli e contrari. La posizione di Monardo, in tal senso, è chiara. «Le torri possono 192

Il progetto Helical Tower dell’architetto Lorenzo Monardo. Nella pagina a fianco, vista aerea della zona di insediamento e piano tipologico del resort. In basso, il complesso alberghiero Ras Al Khaimah (Emirati Arabi). Lo studio del professore si trova a Roma info@tecnubarch.it


URBANISTICA | Lorenzo Monardo

Le torri possono essere un elemento di pregio. Questa tipologia di edifici occupa meno spazio e può offrire valori aggiunti ai nostri spazi urbani

essere un elemento di pregio che completa il territorio, che lo identifica. In Italia siamo rimasti “schiavi” di uno sviluppo urbanistico e architettonico estensivo, senza investire sufficientemente nei vantaggi di uno sviluppo intensivo, verso l’alto. Questa tipologia di edifici occupa meno spazio e può veramente offrire valori aggiunti ai nostri spazi urbani». Monardo anche in Italia ha già realizzato opere “verticali”. Su tutte, sette torri costruite nel centro Direzionale a Napoli, di cui due di circa 102 metri a uffici, con una pista di atterraggio per elicotteri, e un complesso di cinque torri residenziali, di 95 metri cadauna. «Occorre fare attenzione, però, ai progetti utopistici - precisa -. Nel mondo stanno dilagando disegni considerati “avveniristici”, ma in realtà sono il frutto di iniziative irrealizzabili. Penso soltanto alla recente idea del grattacielo rotante, ad Abu Dhabi. In quel caso si presenterebbe un problema tecnologico e strutturale non indifferente. Preferisco progettare con un senso di concretezza maggiore». Per il docente «questi lavori devono integrarsi in maniera intelligente con il territorio. In America e in Giappone, stanno addirittura realizzando edifici con, al loro interno, interi piani dedicati alle colture agricole. Questo è il senso da perseguire: tutelare il paesaggio, l’urbe, arricchendolo. Ho sempre ritenuto, così come i grandi maestri che ho avuto la fortuna di conoscere, che la composizione architettonica fosse l’esecutivo dell’urbanistica a livello di paesaggio. È sempre stato questo il presupposto della mia vita professionale». 193


Il general contractor tecnologico entra in sala operatoria Dagli impianti sotterranei del Cern di Ginevra alla riqualificazione degli edifici dell’Onu. Fino alle tecnologie per alcune tra le più importanti sale operatorie del paese. Lo sviluppo diversificato del Gruppo Dimensione di Filippo Belli

Una filiera esecutiva edile e impiantistica, tanto elettrica quanto meccanica. Con uno spiccato senso per l’innovazione. Dimensione Spa, capogruppo del Gruppo Dimensione, tra i più affermati general contractor italiani, ha sede a Torino e ha lasciato il segno su alcune fondamentali opere di ingegneria. Sfide complesse, ma che hanno garantito importanti soddisfazioni al team guidato dal presidente Diego Cerrone. Come gli interventi su tutte le infrastrutture interrate del Cern di Ginevra: Dimensione opera nei tunnel dove sono installati i magneti superconduttori, con interventi sulle parti strutturali e impiantistiche. Altro intervento è stato realizzato nell’ambito del nuovo piano di ricerca del Cern sullo scarico delle particelle: lavori che hanno previsto massicce opere di sbancamento del terreno, oltre che interventi sulle strutture esistenti. Un’opera, quest’ultima, estremamente complessa, in cui ogni 194

aspetto ha dovuto necessariamente rispettare i rigidi target dimensionali imposti dalla committenza. Sempre presso il Cern, il gruppo ha ultimato la costruzione di un nuovo edificio, sviluppato con componenti progettate e realizzate per ottenere un fabbricato a bassissimo consumo energetico. Il termine esatto per questa tipologia di realizzazione è “casa passiva”. Il team ha operato su più fronti: la copertura, completamente rivestita con pannelli solari amorfi; gli elementi vetrati, con l’utilizzo di gas kripton tra le lastre di vetro in modo da raggiungere eccezionali valori di trasmittanza termica; e la qualità dell’impiantistica. È stato inoltre realizzato l’ampliamento dell’edificio dove vengono eseguite le saldature a fascio di elettroni. Nell’area di Ginevra, Dimensione ha inoltre consolidato una significativa collaborazione con la sede Onu e con altre organizzazioni internazionali collegate. Nell’ambito dell’ampio programma di riqualificazioni


REALIZZAZIONI | Gruppo Dimensione

Sotto e in apertura, i lavori eseguiti presso le strutture del Cern di Ginevra. Nelle altre immagini, le sale operatorie realizzate per la Dolomiti Sport Clinic di Ortisei (BZ) www.gruppodimensione.com

I lavori eseguiti per il Cern di Ginevra hanno previsto massicce opere di sbancamento del terreno, oltre che interventi sulle strutture esistenti

degli edifici Onu, finalizzato tra l’altro al miglioramento del rendimento energetico degli stessi (Minergie), la società ha acquisito un’importante commessa per la sostituzione delle unità di ventilazione e dell’impiantistica complementare. Negli ultimi anni, in particolare, questa realtà piemontese ha vissuto una progressiva specializzazione nella progettazione ed esecuzione “chiavi in mano” di sale operatorie e reparti ospedalieri ad alto contenuto tecnologico. Frutto di un modus operandi che vede nella diversificazione progettuale e nel “reinventarsi” l’unica formula possibile per restare competitivi sul mercato odierno. Alla Dolomiti Sport Clinic di Ortisei, clinica privata specializzata in interventi di ortopedia, Dimensione, tramite il suo ramo d’azienda specializzato in realizzazioni ospedaliere OSP.ITAL., ha concluso la realizzazione chiavi in mano di due sale operatorie all’avanguardia, composte da pareti prefabbricate con 195


REALIZZAZIONI | Gruppo Dimensione

A lato, sala operatoria ibrida realizzata per l’Ospedale Umberto I di Torino. Sotto, l’interno di una sala operatoria mobile

Il Gruppo ha vissuto una progressiva specializzazione nella progettazione ed esecuzione “chiavi in mano” di sale operatorie ad alto contenuto tecnologico

pannelli in acciaio inox verniciato e complete di sistema di gestione integrata della Merivaara, partner finlandese del Gruppo, nonché di un sistema di gestione centralizzato dei parametri ambientali. Le sale sono dotate di sistemi a flusso laminare in classe Iso5. Significativo anche il blocco operatorio realizzato all’Ospedale Umberto I di Torino. Anch’esso composto da pareti prefabbricate rivestite in pannelli di acciaio verniciato dotati di sistema radiante. La sala operatoria dispone di flusso laminare in classe Iso5, attrezzature fisse, computer medicale e monitor installati a parete e su bracci pensili. Un angiografo digitale montato su robot completa l’allestimento della sala operatoria. Nella stessa struttura ospedaliera è in corso la realizzazione di un reparto di Terapia Intensiva tra i più grandi di tutto il Piemonte, con 19 posti letto di cui uno isolato. Altro progetto che si distingue per complessità e delicatezza, è l’installazione di un neuronavigatore, strumento utilizzato in sala operatoria che proietta immagini in 3D del cervello, in una sala operatoria 196

presso l’Ospedale Umberto I di Ancona. L’esecuzione era comprensiva dell’installazione dei bracci a supporto del neuronavigatore, della telecamera HD e del monitor touch-screen di controllo dello strumento, nonché di tutti i collegamenti elettrici e dell’installazione incassata a parete dell’unità di verifica e di elaborazione immagini. A conferma della propensione nei confronti delle strutture scientifiche, nel 2012 è stata definita la creazione di un consorzio, a cui Dimensione ha aderito, per la realizzazione di laboratori tecnologici. Il Gruppo ha anche stipulato un accordo per una joint venture con la società inglese Vanguard Healthcare, leader europea nella produzione e commercializzazione di unità mobili (sale operatorie, reparti degenza, laboratori e ambulatori), per lo sviluppo e la vendita di sale operatorie mobili su ruote nei paesi emergenti. Iniziativa che consolida la presenza di Dimensione sul territorio italiano ma anche all’estero, uno sbocco per opportunità di confronto e contatto con nuove aziende che consentono di creare una rete di eccellenze.



Un nuovo concetto di contract Garantire qualità e rispetto delle caratteristiche originali del progetto. Mettendo al centro del sistema il design, i contenuti e i valori estetici e funzionali. Carlo De Re illustra come rinnovare il concetto di contract di Valeria Garuti

«Il mondo del contract ha bisogno di essere definito da nuove strategie al fine di dare alla parola stessa un nuovo significato. Occorre riconsiderare i suoi principi fondanti, e con una svolta radicale, cambiare il punto focale». È questa la necessità avvertita da Carlo De Re, project leader dello studio Made in Project by Extro (PN), di rinnovare il contract. Un termine associato al complesso sistema delle forniture, al sistema di reti distributive, alle capacità organizzative e al sistema di servizio standardizzato o su misura. «Oggi troppo spesso si tende a posizionare al di fuori del sistema, o a priori, il progetto strategico e creativo. Si parla, così, in modo errato di progetto contract, eludendo la parte che interessa di più al committente». Il contract che intende realizzare Made in Project – un insieme di professionalità in grado di identificare le esigenze del committente e di dare loro funzione e 198


REALIZZAZIONI | Carlo De Re

Il nostro miglior intervento di architettura contemporanea è rappresentato dalla realizzazione degli interni della Mugham House di Baku In apertura, esterni e interni della Mugham House di Baku, il cui progetto è stato ideato e realizzato dalla Made in Project by Extro Srl di Sacile (PN). Sopra, lavori in corso per la realizzazione del Carpet Museum di Baku www.madeinproject.com info@madeinproject.it

forma in vista della loro realizzazione concreta –, è quello che si fa carico di mettere il progetto, la sua qualità, i suoi contenuti, la sua filosofia e i suoi valori estetici e funzionali al centro del sistema. Garantendo così alla committenza qualità e rispetto delle caratteristiche originali del progetto stesso. È su queste nuove coordinate definite dall’osservazione dell’attuale mercato del contract, che è stato impostato il concetto stesso di Made in Project. «La nostra – continua De Re – è una realtà capace di scegliere il “progetto vincente” e successivamente garantire passo dopo passo e attraverso le partnership più qualificate, tutto il percorso di progettazione e realizzazione, dall’idea originaria alla struttura finale, senza mai perdere il contatto con il committente e con le dinamiche emotive che lo hanno spinto verso la nuova impresa. Made in Project è la libertà di poter individuare la migliore

soluzione organizzativa, logistica e pratica per giungere alla realizzazione di un progetto commercialmente e culturalmente valido». L’alto livello professionale di Made In Project by Extro è stato riconosciuto anche all’estero. Dal 1994 opera, infatti, negli Stati Uniti e in Medio Oriente nella distribuzione dei progetti d’arredo. «In Arabia Saudita abbiamo seguito progetti di design per l’Al Saedan Real Estate, proposto un concept globale per lo sviluppo dei sette piani dell’Arab National Bank e realizzato gli store della Al Jawal, la maggiore società di telefonia mobile, oltre ai nuovi concept store dei ticket offices della Saudi Airlines. Nel 2008, invece, siamo sbarcati in Azerbaijan, e ci siamo occupati, tra gli altri progetti, degli interni della Mugham House di Baku, che ha rappresentato il miglior intervento nazionale di architettura contemporanea». 199


L’innovazione in sospensione Aleandro Carminati descrive i ponteggi su traliccio, una serie non indifferente di vantaggi li renderebbe preferibili. Ma le aziende in grado di offrire questo tipo di servizio, rimangono pochissime di Remo Monreale

Una sfida per la sicurezza, una per il risparmio, una per l’efficienza. Si potrebbero riassumere così le parole di Aleandro Carminati, che con la sua Romapont monta ponteggi dal particolare coefficiente di difficoltà. Si tratta dei ponteggi sospesi su traliccio che permettono di evitare l’occupazione di suolo pubblico, l’invasione delle intere facciate, intervenendo così solo alla quota interessata. «In questo modo – spiega Carminati – escludiamo grosse quantità di materiale e i tempi di realizzazione si restringono. Questo è il motivo per cui risultiamo molto competitivi. Il ponteggio tradizionale in Italia viene ancora largamente utilizzato, anche da noi. Il montaggio di ponteggi sospesi, invece, è un settore molto ristretto, le aziende che hanno intrapreso questa nicchia di mercato, su Roma, sono molto poche». Carminati non nasconde le opportunità che questo particolare ambito d’intervento ha aperto alla sua 200

impresa. «Il ponteggio sospeso – spiega – deriva dal bisogno di realizzare un'opera snella di materiale ed eseguita direttamente sulla zona da ristrutturare, quindi può presentarsi la necessità di aggrappare un ponteggio alle mura del fabbricato per intervenire sul tetto, oppure l'impossibilità di realizzare una partenza a terra per la presenza di tettoie, vetrate, o altro. Quindi per quanto ci riguarda, negli ultimi due anni, abbiamo ricevuto molte richieste per la realizzazione di ponteggi sospesi o comunque richieste alternative al ponteggio classico». Una delle questioni che più spesso coinvolgono il settore dei ponteggi in generale riguarda la sicurezza, punto su cui la Romapont appare particolarmente sensibile. «Il montaggio dei ponteggi è un lavoro storicamente ad alto rischio – ammette Carminati –, per le possibili cadute non solo di oggetti, ma delle stesse maestranze. Spesso sono accaduti incidenti in cantiere,


EDILIZIA | Aleandro Carminati

La Romapont ha sede a Roma www.romapont.it www.romapontponteggi.com

Con il ponteggio sospeso si escludono grosse quantità di materiale e i tempi di realizzazione si restringono

e purtroppo ne accadono ogni giorno, dovuti alla trascuratezza o alla non curanza della sicurezza. Nel corso degli anni ne abbiamo fatto un cavallo di battaglia, formando ed educando il personale all'uso dei dispositivi di sicurezza. Devo dire che la nostra politica è stata vincente e i nostri clienti dimostrano di apprezzare molto il nostro modo di lavorare». L’attenzione alla comunicazione d’azienda è un altro aspetto che non si può trascurare, volendo conquistare nuove fette di mercato. «Per fare spazio alle nostre realizzazioni – dice il titolare della Romapont – e per farci conoscere, stiamo utilizzando l'arma oggi più potente, e cioè la rete. Siamo online con due siti che mostrano le nostre potenzialità». E per quanto concerne il futuro Carminati lo guarda con preoccupazione, ma non senza osservare qualche segnale positivo. «Il momento storico che stiamo attraversando non è sicuramente facile, possiamo dire che faremo di tutto per raggiungere i nostri obiettivi. Significa dare il miglior servizio possibile, per il resto non possiamo che essere fiduciosi. Al momento, infatti, ci troviamo nel cantiere della “nuvola” di Fuksas, sito nel quartiere EUR a Roma, e stiamo lavorando in alcuni progetti per la realizzazione di questo fantastico monumento tecnologico». 201


Il diritto alla casa come obiettivo sociale Quello del caro-affitti rappresenta un tema sempre più discusso. Sergio Mantovani descrive l’esperienza, tipicamente emiliana, di una soluzione che si rinnova da più di cent’anni. «Il diritto all’affitto come obiettivo di rilevanza sociale» di Renato Ferretti

Da più di un secolo continua a svolgere la sua missione nel tessuto della città aiutando, anche chi non riesce autonomamente, a soddisfare un bisogno fondamentale. La cooperativa Risanamento nasce a Bologna nel 1884 e da allora non ha smesso di aumentare il proprio patrimonio abitativo, concedendo la locazione degli immobili a condizioni vantaggiose per i soci, come spiega Sergio Mantovani, presidente del Cda. «I nostri soci assegnatari sono di norma cittadini che non riescono ad accedere alle assegnazioni di immobili residenziali pubblici, perché dispongono di un reddito considerato alto dall’Ente pubblico ma, contemporaneamente, non vogliono o non sono in condizione di accedere alla proprietà. Questo è dovuto anche al capestro che deriva dalle rate dei mutui bancari o alla rinuncia al libero mercato, dati gli alti canoni richiesti». Cosa fa esattamente una cooperativa a proprietà indivisa? «La Cooperativa Risanamento offre il diritto all’affitto come obiettivo di rilevanza sociale. Gli immobili non vengono venduti, sono assegnati in godimento (locazione) ai nostri soci dietro versamento di un canone, che mediamente è 206

inferiore del 40 per cento rispetto ai canoni del libero mercato e di circa il 30 per cento dei cosiddetti canoni concordati. Se in regola con le obbligazioni sociali e se non diviene, lui o uno dei componenti che continuano a formare il nucleo familiare, proprietario di un appartamento nella provincia di Bologna, il socio assegnatario ha la sicurezza di abitare per tutta la vita nell’appartamento». Quanti sono attualmente gli immobili di vostra proprietà? «La Cooperativa ha contribuito all’espansione


SOCIAL HOUSING | Sergio Mantovani

La differenza, in media, tra gli affitti della Coop. Risanamento e del libero mercato si attesta intorno al 40% in meno

Nella pagina accanto, il geometra Sergio Mantovani, presidente della Cooperativa Costruzione e Risanamento Case per Lavoratori, con sede a Bologna www.cooprisanamento.it

urbanistica di Bologna fin dalla sua nascita nel 1884, in particolare per gli interventi, tra gli altri, nei quartieri Costa, Bolognina, San Vitale, Porto. Dopo gli anni settanta sono stati costruiti insediamenti in zona Mazzini, Beverara, Pilastro, Borgo Panigale, Corticella, Barca, Fossolo. Oltre agli appartamenti, che ora sono 2.223, il patrimonio della Risanamento è composto anche da 110 locali commerciali e da oltre 500 autorimesse. Alla fine del 2012 i soci iscritti erano più di 9mila, quindi, considerando una media di almeno due persone a famiglia questo numero rappresenta ben oltre 19mila cittadini. È la cooperativa a proprietà indivisa operante più importante per patrimonio in Italia, patrimonio che a Bologna è secondo solo dopo quello costruito però con fondi pubblici da Acer». Come si procede per quanto riguarda le assegnazioni? «L’assegnazione è a tempo indeterminato (quindi

non si tratta di locazione a termine) e, in caso di decesso dell’assegnatario, l’atto di assegnazione è trasmissibile ad un componente del nucleo familiare che abbia con lui occupato l’alloggio in modo continuativo. Generalmente causa decesso o trasferimento, ogni anno sono resi e riassegnati un centinaio di appartamenti. La Cooperativa provvede alla continua manutenzione degli appartamenti (per manutenzione ordinaria) e, allo stesso modo, a conservare in ottimo stato tutti gli stabili (per manutenzione straordinaria). La Cooperativa Risanamento provvede alla manutenzione e alla ristrutturazione. Questi importanti investimenti, che quando sono straordinari non sono a carico del socio, hanno portato lavoro pressoché stabile a piccole, medie e grandi aziende locali». 207


Architetture tecnologiche in movimento Moreno Amadei evidenzia lo scenario dell’industria ascensoristica e l’importanza di consolidare la produzione sul territorio nazionale in chiave tecnologica di Viviana Dasara

L’Italia detiene un importante primato sugli ascensori: secondo una ricerca AssoAscensori, sul territorio vi sono oltre 900mila impianti. Si tratta del parco elevatori più grande d’Europa, secondo al mondo solo a quello cinese. Di tutti gli impianti presenti in Italia, però, il 30 per cento ha più di quaranta anni, e solo il 22 per cento è conforme alle moderne disposizioni europee sulla sicurezza per gli impianti di nuova costruzione. Tra i protagonisti del mondo dell’innovazione e della ricerca, con una filiera produttiva autonoma e cento per cento italiana, il gruppo Sele è oggi un punto di riferimento per gli installatori di tutta Italia, in forte espansione anche sui mercati esteri, specializzato nella progettazione, produzione, installazione e manutenzione di sistemi di sollevamento verticale. «L’obiettivo di Sele – spiega il presidente Moreno Amadei – è il mantenimento occupazionale sul territorio nazionale, perché un paese con origine manifatturiera come l’Italia, non può sopravvivere senza una produzione interna. Alla base del nostro modo di operare vi è la convinzione che le sfide di un mercato sempre più dominato da grandi gruppi multinazionali si possano vincere solo grazie ad una 208

sinergia perfetta tra competenze ed esperienze, in grado di riportare la tecnologia e la tradizione nazionale ai più alti livelli competitivi. Ad oggi, nel comparto, si conta una drastica riduzione delle unità produttive di proprietà delle multinazionali sul territorio italiano. Questo fenomeno è dovuto ad operazioni di delocalizzazione e alla spasmodica ricerca del prezzo minimo, a discapito della produzione nazionale». La peculiarità del gruppo Sele è di avere una produzione propria di gran parte degli impianti, compresi montacarichi e piattaforme elevatrici, con una attenzione particolare per tecnologia e design. Grazie infatti a due società controllate, Sedoor e Secab, l’impresa produce direttamente ascensori in Italia e, in quest’ottica, organizza anche momenti di formazione e confronto come occasione di scambio tra aziende che operano nello stesso settore. «Periodicamente ospitiamo corsi di aggiornamento e riunioni per fornire la possibilità di un confronto sulle tematiche di maggior interesse in ambito tecnico e normativo, con spunti utili alla progettazione e alla conoscenza, fornendo anche indicazioni per la gestione di eventuali situazioni difficili e la possibilità di effettuare


TECNOLOGIE | Moreno Amadei

Alcune realizzazioni di Sele Srl con sede a Castenaso (BO) www.selesrl.com

Negli ascensori panoramici trasparenze e giochi di luce conferiscono un tocco di eleganza e impreziosiscono l’estetica dell’edificio

simulazioni pratiche». Il gruppo Sele esprime l’eccellenza tecnologica e qualitativa del vero prodotto italiano che si traduce in un’elevata propensione all’innovazione e in una particolare attenzione alla sicurezza e all’efficienza energetica. «Adeguamenti e modernizzazioni nell’edilizia residenziale comportano numerosi vantaggi – sottolinea Amadei –. La scelta di sostituire un vecchio impianto a fune tradizionale con un nuovo tipo di azionamento modifica le performance in termini di velocità, silenziosità, precisione di fermata e maggiore sicurezza, con una riduzione sensibile dei costi di gestione e dei consumi, anche tramite energia fotovoltaica. Aumenta poi lo spazio disponibile e migliora l’accessibilità della cabina, elemento chiave per infondere comfort e benessere. E ancora il design, quando l’ascensore da mezzo di trasporto diventa parte caratterizzante l’estetica dell’edificio. Di conseguenza, diventa fondamentale studiare soluzioni ad hoc e finiture personalizzate o esclusive come negli ascensori panoramici, dove trasparenze e giochi di luce conferiscono un tocco di eleganza e impreziosiscono l’estetica dell’edificio». 209


La pietra italiana apprezzata all’estero Estratta in provincia di Parma, la pietra di Carniglia è celebre in tutto il mondo e utilizzata per arredi urbani, interni e facciate. A questo materiale, la CFF Filiberti, affianca l’estrazione e la lavorazione di altri marmi, pietre e graniti di Eugenia Campo di Costa

Ingelività, insensibilità alle escursioni termiche e agli ambienti acidi, enorme resistenza ai carichi e alle pressioni sia positive che negative. Sono le caratteristiche tecniche della Pietra di Carniglia, meglio conosciuta soprattutto all’estero come Bedonia Grey Stone, pietra arenaria grigia particolarmente pregiata che, grazie anche al suo impatto estetico, all’incredibile coefficiente di resistenza e alla flessione, può essere utilizzata con successo in progetti esclusivi, che spaziano dall’arredo urbano al rivestimento delle facciate di grattacieli e palazzi, fino all’arredo di interni. «Questa pietra – spiega Michele Filiberti, titolare insieme al fratello Alessandro della CFF Filiberti di Bedonia, azienda che opera nel settore dell’estrazione 210


MATERIALI | Michele e Alessandro Filiberti

Per le sue particolari caratteristiche, la pietra di Bedonia ben si presta all’arredo urbano, ai rivestimenti delle facciate dei palazzi, all’arredo di interni

In apertura, dettaglio del Parlamento di Malta. Sotto, da sinistra, Michele e Alessandro Filiberti. Qui sopra, il quartiere di Hong Kong su progetto di Thomas Heatherwick, a destra dettaglio di un altro progetto internazionale, il Bromptton Road a Londra www.cff-filiberti.com

di marmo, pietra e granito dal 1932 – viene impiegata sin dal Medioevo. Se ne trovano tracce storiche nelle Repubbliche Marinare, specie a Genova, dove la pietra di Carniglia si impiegava per strade e ponti». Vista la sua localizzazione, la CFF è specializzata proprio nell’estrazione e nella lavorazione della celebre Bedonia Grey Stone. Offre inoltre un sistema di servizi integrati, che spaziano dalla progettazione, con calcoli strutturali, disegni esecutivi e di produzione, fino alla posa dei materiali. Quali sono le principali destinazioni d’uso della Pietra di Carniglia? Michele Filiberti «Per le sue particolari caratteristiche – ricordiamo che può essere sfruttata anche in ambienti marini e in siti inquinati da piogge acide – questa pietra ben si presta praticamente a ogni utilizzo. Noi la destiniamo soprattutto all’arredo urbano, ai rivestimenti delle facciate dei palazzi, ma anche all’arredo di interni. La pietra può essere utilizzata nei modi più comuni e le

finiture di superficie ad essa applicabili consentono di offrire una proposta assolutamente completa e soddisfacente sia dal punto di vista estetico che prestazionale. Nell’arredo urbano, in particolare, la pietra arenaria di Carniglia viene utilizzata per varie applicazioni, come cordoli e bordi rigati a mano per marciapiedi; lavorati segati per gradini, contorni di aperture esterne, pavimentazioni esterne e di locali rustici; lavorati levigati e lucidati per contorni di aperture esterne, rivestimenti di pareti interne di bagni e controdavanzali interni; caminetti, pozzi, tombe ed edicole funerarie; scale interne ed esterne, davanzali, portali con cornici di vario genere rifiniti alla bocciarda, o alla grossa o sabbiati; monumenti, arredo urbano e altri lavorati a richiesta». Non solo pietra di Carniglia. Diversificazione e innovazione del prodotto sono fondamentali per l’azienda. In che modo e con quali risultati avete lavorato su questi aspetti? 211


Alessandro Filiberti «Negli anni ci siamo trasformati. L’azienda è stata fondata da nostro nonno 80 anni fa. Nostro padre e nostro zio hanno sviluppato l’aspetto estrattivo e di trasformazione, io e mio fratello abbiamo portato l’azienda sul mercato nazionale e internazionale, aprendo nuove cave ed estendendo l’attività al marmo, al granito e ad altri tipi di pietra. Continuiamo a lavorare moltissimo sull’innovazione del prodotto che perseguiamo sfruttando tecnologie utilizzate in settori diversi dal nostro, garantendo inoltre un ottimo servizio anche quando i clienti sono dall’altra parte del mondo». Grazie all’altissima qualità dei prodotti e delle lavorazioni, avete anche avuto la possibilità di lavorare con architetti noti a livello mondiale. Possiamo citare qualcuno dei lavori più interessanti? A.F. «Abbiamo vinto la gara di appalto contro le migliori aziende a livello mondiale, una inglese, una americana, una francese, una turca e una spagnola per realizzare i due edifici del Parlamento della Valletta, a Malta, su progetto di Renzo Piano, con una pietra maltese che abbiamo estratto in loco, quindi trasportato a Bedonia per la lavorazione, e infine riportato a Malta per la posa. 212

Con la pietra di Bedonia, invece, abbiamo realizzato un lavoro a Hong Kong, su progetto del designer Thomas Heatherwick. Si tratta della riqualificazione di un intero quartiere della regione cinese, dalla pavimentazione ai rivestimenti dei palazzi». Proprio il fatto di poter coniugare diversi materiali vi ha permesso di aprire scenari importanti in tutto il mondo. M.F. «Il gruppo Filiberti si propone come un sistema integrato che dalla progettazione fino alla posa permette a tecnici e architetti in tutto il mondo di trovare piena realizzazione a sogni progettuali con l’impiego di pietra, marmo e granito. In questi anni, anche attraverso l’utilizzo di altri materiali, uniti al core business della pietra di Bedonia, siamo riusciti a coprire il settore edile a 360 gradi, dai mosaici ai rivestimenti per grattacieli. Lavoriamo moltissimo, oltre che in Italia, in Australia, Nord America, Inghilterra, Nord Europa. In America, in particolare, la pietra di Bedonia è particolarmente apprezzata, tanto che il magazine del New York Times l’ha citata come una delle tre cose irrinunciabili negli appartamenti di lusso».


MATERIALI | Michele e Alessandro Filiberti

Il progetto di Thomas Heatherwick, a Hong Kong, consiste nella riqualificazione di un intero quartiere, dalla pavimentazione ai rivestimenti dei palazzi

Nella pagina accanto, dettagli del quartiere di Hong Kong. A sinistra Alessandro Filiberti, secondo da destra, è con Renzo Piano e il team della CFF Filiberti per il progetto del Parlamento di Malta. Sopra, ancora Bromptton Road Londra

La CFF Filiberti da sempre punta sulla ricerca e le nuove tecnologie. Quali le principali innovazioni tecnologiche recentemente introdotte? A.F. «Nel nostro operato si sposano tradizione e tecnologia al punto che, specialisti e consulenti operanti nel settore da anni ci riconoscono una tecnologia applicata alla lavorazione di marmo pietra e granito unica a livello mondiale. Tra le tecnologie più nuove e rivoluzionarie ci sono quelle che sfruttano il connubio di progettazione in 3 dimensioni e produzione in 5 assi interpolati oltre, naturalmente, a tecniche e macchinari a basso consumo energetico e a impatto ambientale pressoché nullo».

Su quali aspetti punterete nel prossimo futuro? M.F. «Oggi il gruppo Filiberti, nella sua politica aziendale di differenziazione e diversificazione, sta cercando di trovare piena realizzazione delle sue capacità offrendo un servizio unico a livello globale che consente di completare una proposta progettuale a 360 gradi interfacciandosi con un unico interlocutore. Nel prossimo futuro, intendiamo continuare su questa strada, insistendo anche sulla continua formazione del personale oltre che sulla ricerca e l’innovazione, forti anche del fatto che il nostro settore sicuramente non presenta barriere all’ingresso per quanto riguarda novità tecnologiche o di know how».

Il rispetto ambientale è tenuto in seria considerazione. A.F. «Di fatto ambiente e natura sono priorità che l’azienda ha seguito con forza e insistenza anche scontando vantaggi competitivi di altre realtà del settore che potevano vantare quelle risorse finanziarie che invece la Filiberti stanziava per ambiente e sicurezza».

Quali gli obiettivi e le prospettive per il 2013? M.F. «Non possiamo dare grandi anticipazioni, basti sapere che entro qualche mese saremo pronti a introdurre sul mercato delle vere e proprie rivoluzioni che comporteranno sicuramente un cambiamento epocale nell’utilizzo del marmo, della pietra e del granito, in ogni tipo di ambiente e funzione». 213


Agostino Re Rebaudengo, presidente dell’Associazione produttori energia rinnovabile

Un’occasione da non perdere da nord a sud «Occorre varare una politica industriale che, coinvolgendo anche il sistema creditizio, privilegi e sostenga la filiera». Agostino Re Rebaudengo, presidente di Aper, illustra il notevole potenziale di crescita che le rinnovabili ancora hanno nel nostro Paese di Renata Gualtieri

«L’Italia delle rinnovabili ha mille volti». Nel nostro Paese, infatti, abbiamo imprese di grandi dimensioni che già hanno intrapreso strategie d’internazionalizzazione o che rappresentano filiali di player multinazionali e una moltitudine di pmi sorte con lo sviluppo del settore degli ultimi anni. «Queste ultime – commenta il presidente di Aper Agostino Re Rebaudengo – dovranno valutare strategie di aggregazione al fine di consolidare i risultati raggiunti e avere una struttura organizzativa e patrimoniale che possa permettere una crescita internazionale». Le rinnovabili continueranno, in ogni modo, a essere una straordinaria occasione per il Paese, e in particolare per il Meridione, dove è concentrata la maggior parte del patrimonio nazionale di energia pulita in termini di sole e vento. Viceversa le bioenergie hanno maggiori potenzialità al Nord, grazie a una più elevata densità di imprese agro-zootecniche e 218

dell’industria alimentare. «Ma anche per le fonti più mature potranno esserci opportunità: per l’idroelettrico, storicamente concentrato nelle regioni alpine, potrebbe crescere ulteriormente il segmento dei piccoli impianti ad acqua fluente; per il geotermico, localizzato a oggi esclusivamente in Toscana, ci sono interessanti potenzialità in Campania e Sicilia soprattutto». Puntare sulle fonti energetiche rinnovabili può rappresentare un’occasione per creare nuova occupazione e uscire dall’attuale crisi? «Le energie rinnovabili si caratterizzano, senza eccezioni, per un maggior impiego di lavoratori per unità di energia elettrica prodotta rispetto alle fossili. Riconvertire il comparto energetico da fossile a rinnovabile significa quindi, a parità di produzione, incrementare il numero complessivo di addetti del comparto energetico rispetto a oggi,


POLITICHE ENERGETICHE | Agostino Re Rebaudengo

riducendo al contempo il salatissimo conto - 60 miliardi di euro nel 2011 - che paghiamo tutti gli anni ai paesi produttori di gas, petrolio e carbone. Vuol dire rispondere alle preoccupazioni dei sindacati in merito alle attuali difficoltà del segmento tradizionale termoelettrico, con diversi impianti obsoleti a rischio chiusura, in seguito all’esplosione delle rinnovabili. Nei prossimi anni vi sarà un’inevitabile transizione, in cui, a differenza di altre crisi industriali che hanno creato solo disoccupati, avremo una crescita dell’occupazione sia quantitativa che qualitativa». Quali le criticità del settore e quali dovrebbero essere i principali punti chiave della strategia energetica nazionale nei prossimi anni? «Il settore si trova indubbiamente in un momento d’incertezza. I decreti emanati dal ministero dello Sviluppo economico nello scorso mese di luglio

hanno impresso una netta inversione di marcia nelle politiche di sviluppo. Nonostante ciò, nella Strategia energetica nazionale presentata nel 2012 si prevede una forte crescita delle rinnovabili elettriche al 2020, dando vita così a un vero e proprio cortocircuito tra intenzioni e strumenti attuativi. Il prossimo governo dovrà quindi fare chiarezza, ci auspichiamo una volta per tutte, sull’importanza strategica che hanno per il nostro Paese. Lo stiamo chiedendo attraverso il nostro documento “Azioni per lo sviluppo delle rinnovabili elettriche in Italia” in cui proponiamo 26 azioni prioritarie: dalla revisione dei regimi autorizzativi e di sostegno allo sviluppo della mobilità elettrica, passando per una rimodulazione della ricerca pubblica e privata». Tra le diverse tipologie di rinnovabili su quali si dovrebbe puntare con maggiore decisione nel 219


Le energie rinnovabili si caratterizzano per un maggior impiego di lavoratori per unità di energia elettrica prodotta rispetto alle fossili nostro Paese, quali sono quelle in crescita e quali quelle che hanno ancora un alto potenziale da sviluppare? «Come già avvenuto in passato per gli impianti idroelettrici e geotermici, esiste oggi in Italia una filiera, sviluppatasi a seguito degli eccellenti risultati degli ultimi anni, in grado di produrre ed esportare componenti per molte fonti, dal solare all’eolico, fino alle bioenergie. Occorre varare una politica industriale, considerati i notevoli potenziali di crescita che le nuove rinnovabili ancora hanno nel nostro Paese, che, coinvolgendo anche il sistema creditizio, privilegi e sostenga la filiera delle rinnovabili quale strumento concreto di rilancio della manifattura italiana e l’esportazione dei suoi prodotti». Qual è l’impatto delle fonti rinnovabili sulla bolletta energetica? «Il costo annuale della bolletta elettrica per una famiglia tipo è aumentato del 55 per cento nell’ultimo decennio, in gran parte a causa degli incrementi nei prezzi internazionali di gas, carbone e petrolio. Solo una piccola parte degli aumenti è dovuta alle politiche d’incentivazione per lo sviluppo delle rinnovabili. Peraltro, contrariamente a quanto dicono i detrattori, le rinnovabili danno un beneficio attualizzato a oggi di circa 50 miliardi di euro. Ricordo, inoltre, che sulla bolletta elettrica continuano a gravare diverse altre voci, oltre all’energia e al sostegno alle rinnovabili, quali il servizio 220

d’interrompibilità che remunera i soggetti energivori che accettano eventuali distacchi temporanei o, ancora, una serie di agevolazioni di costo per le grandi imprese. Come previsto anche dalla Strategia energetica nazionale, occorrerà effettuare un check complessivo di queste politiche, al fine di verificarne efficienza ed efficacia e forse “ripulire la bolletta”». Quali sono i Paesi dove la green economy è più in fermento? Quali i mercati più interessanti per investire? E quale importanza possono rivestire le reti d’impresa nella green energy? «Le imprese che vorranno continuare a vivere dovranno prendere la classica valigetta e andare a esplorare i mercati elettrici esteri. Le possibilità non mancano, la green economy è in grande fermento in moltissimi Paesi, dai soliti noti emergenti come Brasile e Sud America, Cina e India, ad altri magari non particolarmente attraenti per altre tipologie d’investimento, ma dalle risorse rinnovabili ingenti, come quelli della sponda sud del Mediterraneo. Senza dimenticare l’est europeo, l’area balcanica e il Medio Oriente. Aper è vicina in questo cammino dei suoi associati, che necessiteranno di un supporto istituzionale, finanziario e di consulenza. A tal fine stiamo promuovendo lo strumento della rete d’imprese, un contratto che consente di mettere in comune attività e risorse, senza metter mano alla struttura giuridica dei soggetti partecipanti, che potrebbe ben adattarsi sia alle fasi di esplorazione che d’investimento diretto».



Il vento delle semplificazioni «Negli ultimi anni i vari governi hanno contribuito a bloccare uno dei pochissimi settori che può ancora dare in Italia sviluppo tecnologico, innovazione, industria e occupazione». Il presidente dell’Anev, Simone Togni, invita a puntare l’attenzione sull’eolico, penalizzato dalla burocrazia e dalla mancanza di regole certe di Renata Gualtieri

Un recente studio Ernst & Young sul mercato delle rinnovabili mostra un calo della percentuale di investimenti nel settore in Italia, che fa slittare il Paese dal 5° al 9° posto nella classifica dei mercati più appetibili. «I ripetuti interventi sui sistemi d’incentivazione degli ultimi anni, tutti retroattivi per di più, che vanno dall’introduzione dell’Imu al taglio degli incentivi del 22 per cento, dalla Robin tax all’introduzione dall’1 gennaio 2013 della delibera sugli sbilanciamenti – dichiara Simone Togni – hanno di fatto reso molto rischioso investire in fonti rinnovabili in Italia, e inoltre poco conveniente, quindi non mi sorprende tale slittamento». Stringendo sull’eolico, si nota come questo segmento meriterebbe più attenzioni e invece sia stato penalizzato, nonostante il contributo occupazionale di circa 40mila addetti al 2012, l’alta valenza tecnologica dell’industria 222

eolica italiana e l’apporto ambientale di tutto rilievo. Come è possibile arginare questa fuga di capitali e su quali interventi occorre puntare? «Per riportare il nostro Paese a essere attrattivo per gli imprenditori nazionali e internazionali, serve un intervento drastico di semplificazione e di stabilizzazione del quadro normativo e regolatorio. A nostro avviso, centrale è la necessaria azione di sfoltimento della burocrazia che allunga fino a cinque anni il periodo per un’autorizzazione e di un quadro di regole certe e non modificabili retroattivamente». Che anno è stato il 2012 per l’eolico in Italia, quante nuove installazioni sono state effettuate e cosa si aspetta per il 2013?


POLITICHE ENERGETICHE | Simone Togni

Simone Togni, presidente dell’Associazione nazionale energia del vento

«Il 2012 è stato un anno significativo in quanto sono stati installati oltre 1.200 Mw, ciò ha permesso di raggiungere gli 8.144 Mw totali. Tuttavia, come sanno gli addetti ai lavori, tale dato è falsato dal fatto che il nuovo sistema di sostegno alle rinnovabili, basato su aste e registri e che esprime incentivi ulteriormente ridotti, è entrato in vigore nel 2013 e quindi tutti i progetti autorizzati e realizzabili sono stati costruiti nel 2012 per beneficiare del vecchio sistema. Il 2013, pertanto, vedrà un drastico stop con installazioni che non supereranno il 50 per cento di quelle dell’anno passato, il tutto a grave danno per il settore». Come giudica il sostegno delle istituzioni al settore? Come spera che interverrà il nuovo governo e su quali criticità? «Negli ultimi anni i vari esecutivi che si sono succeduti hanno agito troppo per l’immagine e poco per il settore, spesso lasciandosi guidare dai suggerimenti di chi le rinnovabili le osteggia per motivi vari, non comprendendo tuttavia che così facendo si andava a bloccare uno dei pochissimi settori che può ancora dare in Italia sviluppo tecnologico, innovazione, industria e occupazione. Il prossimo governo speriamo possa avere la forza di svincolarsi da vecchie logiche e portare avanti un’azione vera di riduzione dei costi e di sviluppo delle rinnovabili. Questo è possibile solo rivedendo il paradigma dei sostegni a tali fonti, che deve passare dall’incentivo all’energia elettrica prodotta alle agevolazioni fiscali e al supporto alla realizzazione dell’infrastruttura energetica. Questo contempererebbe alle diverse esigenze riducendo i costi per il sistema, rilanciando le infrastrutture, aggirando il problema del ricorso al credito che sappiamo essere difficilissimo in questo periodo. Quindi l’auspicio è che il nuovo esecutivo sappia cosa fare e lo faccia». A fine 2012 dichiarava in aumento il numero delle aziende che decidono di associarsi all’Anev. Quante sono oggi e qual è il loro contributo per risolvere problemi di carattere tecnico, amministrativo e normativo che coinvolgono un

Il 2012 è stato positivo per il settore eolico in quanto sono stati installati oltre 1.200 Mw

settore che ha grandi potenzialità in termini di occupazione e benefici economici per il Paese? «Oggi la situazione associativa è complessa, la crisi mondiale e la situazione nazionale stanno mettendo in difficoltà le medie e le piccole aziende, non risparmiando neppure le grandi. Tuttavia l’Anev ha mantenuto un numero di associati uguale a quello dell’anno scorso, con alcuni ricambi tra aziende che hanno smesso di fare eolico e qualche dinamica nuova realtà che si affaccia. L’associazione sta facendo corpo per cercare di resistere al momento di difficoltà, reagendo con l’istituzione di nuovi gruppi di lavoro sull’innovazione tecnologica e sulla sicurezza delle manutenzioni, che si aggiungono e completano i settori su cui l’Anev si propone come soggetto di riferimento per le istituzioni. Nostro compito deve essere, quindi, ancor di più quello di consentire al settore di raggiungere il potenziale tecnico del Paese nel modo più efficiente possibile». 223


Un rimedio agli sprechi energetici nei condomini centralizzati Per ridurre le emissioni inquinanti e gli sprechi è necessario intervenire sul livello di efficienza energetica degli edifici. Fabrizio Ferrari, Ad di Domotecnica|Divisione Condomini, illustra le potenzialità della diagnosi energetica dei condomini con riscaldamento centralizzato di Valeria Garuti

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Nei condomini con impianto di riscaldamento centralizzato costruiti prima del 1990, circa il 50 per cento dell’energia acquistata per il riscaldamento viene sprecata a causa di edifici male isolati e impianti obsoleti, energivori e sovradimensionati. Tale inefficienza energetica rappresenta una delle prime cause di inquinamento dell’aria in città e, oltre a essere una criticità per enti pubblici e cittadini, è motivo di enormi sprechi anche in denaro per i condòmini stessi. Se consideriamo poi che, negli ultimi 10 anni, il prezzo del gas è cresciuto del 60,3 per cento, appare evidente la necessità di attuare con urgenza una politica di controllo e sensibilizzazione al fine di garantire ai cittadini uno standard di vita più sostenibile. Il primo passo verso la riduzione dello spreco energetico e delle emissioni di CO2 è effettuare la diagnosi energetica. Per incontrare le esigenze degli enti pubblici, dei cittadini e dei residenti in condominio,


DIAGNOSI ENERGETICHE | Fabrizio Ferrari

Domotecnica|Divisione Condomini ha sede presso il Centro del Risparmio Energetico di Modena risparmioincondominio@domotecnica.it

Nei condomini con impianto di riscaldamento centralizzato costruiti prima del 1990, circa il 50 per cento dell’energia acquistata per il riscaldamento viene sprecata

Domotecnica|Divisione Condomini ha attivato in 7 regioni del Centro Nord la “Campagna di mappatura degli sprechi energetici nei condomini centralizzati” che prevede la realizzazione della diagnosi energetica gratuita per un anno dei condomini più energivori. La diagnosi energetica del condominio, realizzata nel pieno rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente (Uni Ts 11300), è l’unico strumento concreto che, grazie all’analisi delle dispersioni, all’accurato sopralluogo della centrale termica e degli alloggi e allo studio dei dati di consumo, è in grado di calcolare esattamente il reale fabbisogno energetico del sistema edificioimpianto condominiale, di identificare cause ed entità degli sprechi e di indicare le soluzioni di intervento più efficaci ed efficienti. Realizzata da tecnici esperti, la diagnosi viene illustrata dettagliatamente in assemblea condominiale, utilizzando un linguaggio semplice e accessibile a

tutti i condòmini; vengono descritte le criticità del sistema edificio-impianto e le soluzioni di intervento per migliorare l’efficienza “a costo zero”, interamente finanziate e garantite. La campagna di diagnosi energetica gratuita che si è impreziosita del patrocinio delle istituzioni pubbliche (Regioni, Province e Comuni) e vanta la collaborazione di Anaci (Associazione nazionale Amministratori Condominiali e immobiliari), si rivolge agli enti pubblici come opportunità per ridurre le emissioni inquinanti, all’amministratore condominiale, in quanto collettore privilegiato delle esigenze e delle problematiche della “comunità condominiale”, ma anche al privato cittadino residente in condominio, cui viene offerto uno strumento concreto per conoscere, analizzare e risolvere gli sprechi energetici ed economici del condominio in cui risiede. La diagnosi energetica gratuita è una preziosa opportunità per compiere il primo passo verso l’efficienza, il comfort e il risparmio energetico. 227


Qualità e prestazioni assicurate La marcatura CE, obbligatoria da tre anni, garantisce sulla sicurezza dei serramenti. Ma in virtù di norme nazionali più esigenti, osserva Piero Mariotto, i produttori italiani «sono in grado di rassicurare sulla qualità della fornitura in opera» di Giacomo Govoni

Dallo scorso gennaio, i produttori di finestre in pvc hanno un portabandiera in Europa. Si tratta di Anfit, l’associazione nazionale per la tutela della finestra made in Italy, che nel corso dell’ultima edizione della Bau di Monaco ha formalizzato la sua adesione all’European plastic window association. «Il primo obiettivo – sottolinea il direttore Piero Mariotto – era dare rappresentatività all’intero settore nazionale dei serramentisti in Pvc: per tutti loro, Anfit costituisce e costituirà il riferimento in ambito nazionale». La vostra associazione non ha ancora compiuto due anni. Da quali esigenze nasce e quali obiettivi si pone? «Anfit nasce dal desiderio, ma soprattutto dalla necessità, di difendere e proteggere le peculiarità normative e realizzative dei serramenti, tipiche e molto diversificate fra loro a causa della scarsa 228

uniformità del nostro territorio nazionale. La marcatura CE dei serramenti, divenuta obbligatoria dal 1° febbraio 2010 e nata per uniformare i procedimenti produttivi e proteggere il consumatore, sta in realtà creando una degenerazione del mercato dei serramenti in pvc, laddove obblighi e responsabilità dei serramentisti, in attuazione alla normativa nazionale, sono sempre più confusi. Anfit è la risposta al bisogno di pulizia e chiarezza di questo mercato confuso». Per quanto concerne le attività di controllo dei serramenti, i riflettori si concentrano spesso sulla posa in opera. Cosa la rende tanto delicata? «La posa in opera dei serramenti è da sempre un elemento di contenzioso tra serramentisti e clienti perché mancano leggi a tutela di questo aspetto della fornitura. In questo senso, la marcatura CE del serramento ha portato ulteriore confusione, in


FILIERA DEL SERRAMENTO | Piero Mariotto

Piero Mariotto, direttore dell’Associazione nazionale per la tutela della finestra made in Italy

quanto considera le prestazioni che i serramentisti sono obbligati a dichiarare comprensive della posa in opera, che invece determina prestazioni strettamente correlate ai materiali utilizzati e alle molteplici strutture murarie in cui la finestra va inserita. In mancanza di norme tecniche cui far riferimento, l’eventuale contenzioso viene risolto nei tribunali solo attraverso l’ausilio dei consulenti tecnici di ufficio, nominati dal giudice». E la vostra associazione come interviene in questa fase? «Attraverso le proprie strutture tecniche, Anfit ha già predisposto un manuale di posa in opera dei serramenti che verrà adottato dalle proprie aziende associate. Garantita la posa in opera Anfit, grazie alle verifiche di un ente terzo mirate al rilascio della documentazione della marcatura CE e sulla produzione sul territorio italiano dei

serramenti, è in grado di rassicurare l’utente finale circa la bontà della fornitura in opera». È sempre caldo il tema delle detrazioni fiscali per sostituire vecchie finestre con nuovi infissi votati al risparmio energetico. Che sviluppi auspicate nei prossimi mesi su questo terreno? «La nostra speranza è che gli incentivi relativi al 55 per cento vengano non solo prorogati, ma resi strutturali perché riteniamo che lo sgravio fiscale, così come finora realizzato, abbia contribuito in maniera sostanziale agli obiettivi che il governo si è impegnato a raggiungere in attuazione al protocollo di Kyoto, e soprattutto a smuovere un’economia altrimenti stagnante, come del resto quella di tutto il settore edile, dove il vero risparmio energetico passa forzatamente per la ristrutturazione del patrimonio esistente». 229


La marcatura CE, di cui anche i serramenti d’importazione sono contrassegnati, non è sinonimo di qualità ma solo di sicurezza

Tra le ragioni principali che sottendono alla nascita di Anfit, c’è l’invasione dei prodotti comunitari ed extracomunitari sul mercato nazionale. Che disagi creano al vostro comparto? «Anfit obbliga i propri associati a produrre serramenti secondo standard di qualità e sicurezza conformi alla normativa vigente. Pertanto la difesa del prodotto made in Italy dall’attacco del prodotto d’importazione è un nostro obiettivo primario. Non possiamo competere sui prezzi, ma abbiamo solide argomentazioni per indicare il nostro prodotto come sicuro, molto performante e in grado di garantire un’assistenza puntuale e continuativa. Il prodotto d’importazione, viceversa, non ottempera alcune caratteristiche obbligatorie nei serramenti italiani: viene richiesta la marcatura CE, che non è sinonimo di qualità, ma solo di sicurezza». Quali sono i punti di forza del serramento prodotto in Italia? «I produttori Anfit propongono qualità e sicurezza reale, certificata dall’ente terzo di riferimento dell’associazione, in ogni singola fase sino alla posa in opera. Del resto, è proprio nel campo della sicurezza che il nostro serramento fa la differenza: i produttori italiani utilizzano vetri di sicurezza e dimostrano l’assenza di radioattività nei rinforzi in acciaio utilizzati, quando il prodotto marcato CE non ha nessun obbligo a riguardo; resistono al vento, all’acqua e garantiscono l’isolamento acustico, caratteristiche attualmente non richieste dalla marcatura CE applicata in Italia, e invece obbligatorie per i nostri associati secondo la norma UNI 11173 del 2005. In definitiva, nel campo dei serramenti, i produttori Anfit propongono prodotti qualificati, certificati e sicuri contro una semplice autocertificazione».

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Armonie di curve La normativa europea ha reso obbligatoria la certificazione dei serramenti curvi. Con Emanuele Poggioli scopriamo l’eleganza unita alla praticità di questi infissi di Valeria Garuti

Le linee dalle curve sinuose ed esteticamente gradevoli rendono pressoché unica l’abitazione in cui si trovano. Sono i serramenti curvi, infissi che permettono vetrazioni di superfici estese che contribuiscono a rendere l’ambiente luminoso. Dal primo febbraio 2010 la normativa europea sui prodotti per finestre e porte esterne ha reso obbligatorie le certificazioni per tutti i serramenti curvi. «Nella maggior parte dei casi – afferma Emanuele Poggioli, titolare della 2p Serramenti –, i serramenti curvi certificati offrono lo stesso rendimento rispetto a quelli squadrati. Ma, data la natura del serramento stesso, occorrono varie sperimentazioni per ottenere buoni risultati riguardo alla tenuta dell’aria, dell’acqua e del carico del vento». Azienda bolognese che si occupa di serramenti dal 1985, la 2p produce articoli in alluminio quadrati e 232

planari e si è specializzata nella curvatura di profili sia in ferro che in alluminio. «Ci occupiamo soprattutto – spiega Poggioli – di provvedere alla curvatura dei profili per altri serramentisti e, in molti casi, il nostro personale specializzato cura direttamente l’assemblaggio. I più importanti serramenti curvi certificati che produciamo sono il bilico rotondo, apribile a vasistas nella parte superiore, la porta finestra ad arco, apribile e ad anta ribaltata, e la porta finestra ad arco tutto sesto». 2p Serramenti effettua inoltre curvatura di profili di natura industriale e medica, tra cui anche le guide per i macchinari a raggi X, utilizzati negli ospedali. «Da qualche anno – aggiunge – distribuiamo serramenti scorrevoli curvi in pianta a taglio termico, ottenendo buoni riscontri. Siamo riusciti a produrre questi scorrevoli particolari nonostante le difficoltà dovute alla forma curva. Arduo


FILIERA DEL SERRAMENTO | Emanuele Poggioli

Data la natura dei serramenti curvi occorrono varie sperimentazioni per ottenere buoni risultati riguardo alla tenuta dell’aria, dell’acqua e del carico del vento

Serramenti scorrevoli curvi realizzati da 2p Serramenti Srl, San Lazzaro di Savena (BO) www.2pserramenti.it

si è rivelato anche il lavoro di implementazione delle meccaniche studiate per un serramento planare su un serramento curvo in pianta». Gli investimenti sui materiali e i progetti sono la parte più significativa del lavoro di un serramentista. «Abbiamo investito su diversi campioni di serramento curvo, sia quelli utilizzati per la certificazione, sia quelli assemblati per scoprire le problematiche e i vantaggi di una nuova tipologia di serramento curvo, quello in pianta. La realizzazione dei serramenti curvi in pianta è molto più complessa e occorre tenere conto del fatto che in essi andrà poi inserito un vetro non planare, cosa che rende particolarmente ardua la realizzazione dello stesso serramento». Oggi la realtà di San Lazzaro di Savena collabora prevalentemente con clienti italiani, anche se in passato si è occupata di lavorazioni all’estero. Diverso

il discorso della fornitura che si appoggia soprattutto a contratti stipulati con l’estero presso aziende che garantiscono la fornitura continua di serramenti curvi di alta qualità. «Il mercato di nostra preferenza è senza dubbio quello delle strutture e delle abitazioni private. Di rado svolgiamo lavori per enti pubblici, poiché riteniamo che, lavorando direttamente con i singoli soggetti, sia più semplice giungere a un vero e proprio confronto e ottenere quindi la soluzione migliore». Le prospettive future di 2p Serramenti riguardano la realizzazione di nuovi prototipi di serramento curvo da proporre a clienti e architetti, sulla base di idee innovative. «Nel corso di quest’anno – conclude Poggioli – ci muoveremo per incrementare il rinnovamento dei materiali, così come il funzionamento dei nostri articoli». 233


Estetica efficiente Alto grado di riciclabilità, trasmittanza termica, resistenza ad acqua, aria, vento e acustica sono prerogative di un ottimo serramento. Però, per molti, sono caratteristiche difficili da coniugare al design. Marco Lambertini racconta i prodotti tutto vetro Essenza di Renato Ferretti

Quando si raggiunge l’orizzonte in cui forma e performance toccano l’apice, allora si entra di diritto nel campo dell’eccellenza. Un obiettivo per pochi specialisti, gli unici che hanno accesso a un mercato d’elite come quello dell’edilizia residenziale londinese. È il caso del GSG International Spa, di cui il presidente Marco Lambertini racconta l’esperienza. «Il gruppo – ricorda – è nato come azienda di produzione di ferramenta per porte e finestre in alluminio, dunque la nostra collaborazione con i serramentisti è stata costante fin dall’inizio. Consapevoli che le performance dei serramenti tradizionali potevano essere potenziate, abbiamo deciso di costruire e disegnare tutto, dall’accessorio fino ai profili e alle guarnizioni. È nata così la linea ESSENZA®. Siamo partiti dallo scorrevole 234

che ritenevamo un serramento funzionale, ma migliorabile. Quando lo abbiamo fatto, collaboravamo con architetti che chiedevano finestre minimal con più vetro possibile. Così abbiamo cercato di coniugare queste esigenze di mercato con un serramento scorrevole, altamente performante e di design». Ora Lambertini e il suo staff lavorano su residenze private «In particolare a Londra – spiega –. Sta diventando per noi un mercato molto interessante, perché oltre Manica l’edilizia residenziale è sempre più moderna, quindi gli studi di architettura cercano i nostri prodotti. Nella capitale inglese stanno costruendo molto, ci sono grossi gruppi a livello mondiale. Le prospettive sono verso quei mercati che chiedono un serramento tecnologico e attraente. La finestra


FILIERA DEL SERRAMENTO | Marco Lambertini

Londra sta diventando per noi un mercato molto interessante, perché oltre Manica l’edilizia residenziale è sempre più moderna

ESSENZA® di GSG International SPA ha sede a Fossatone di Medicina (BO) www.essenzafinestra.it

tradizionale non si sposa più con i dettami architettonici dell’ultimo decennio» È stato proprio il contatto con il mondo dell’architettura più esigente che ha portato al tentativo di unire la performance all’estetica. «Ci sono tanti serramenti ben fatti – dice Lambertini –, ma i nostri prodotti sono altamente tecnologici, rispettano i criteri dettati dalle nuove tendenze architettoniche e al tempo stesso rimangono competitivi. Difficile trovare queste tre cose insieme. L’alto grado di riciclabilità, trasmittanza termica, resistenza ad acqua, aria, vento e acustica sono prerogative di un ottimo serramento, che però sono difficili da coniugare al design. Quando il cliente vede la finestra si innamora, quando si rende conto dei suoi dati

tecnici si stupisce». Dati tecnici che promettono prestazioni invidiabili. «Per quanto riguarda i materiali – comincia Lambertini – usiamo acciaio inox, tecnopolimeri, leghe di zinco: rendono i prodotti funzionali e totalmente riciclabili. Riguardo alle loro prestazioni posso dire che il vetro e soprattutto il vetro-camera ha un ottimo isolamento e quindi trasmittanza termica. Il vetro abbraccia il telaio e rende il sistema con un valore d’isolamento termico molto alto. Estetica efficiente, potremmo definirla. Per ottenere il massimo risultato, ci siamo sforzati di trasformare la nostra produzione da azienda industriale con milioni di pezzi, ad azienda artigianale, per controllare meglio i processi. Così siamo riusciti a costruire direttamente il vetro camera e unendolo al profilo di alluminio è diventato un serramento strutturale. La tecnologia dell’incollaggio strutturale diventerà uno standard nel futuro perché permette una resistenza enorme minimizzando gli spazi». 235


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