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OSSIER PIEMONTE L’INTERVENTO ..........................................9 Alessandro Barberis Ferruccio Dardanello

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................12 Gianfranco Carbonato IL PUNTO .................................................16 Roberto Cota PERSONAGGI........................................20 Corrado Passera GLI ASSET PER LO SVILUPPO..............................24 Giorgio Squinzi IL COMMENTO .....................................28 Cesare Romiti ENTI LOCALI..........................................32 Valerio Cattaneo Piero Fassino LIBERALISMO.......................................36 Gaetano Quagliariello Giovanni Orsina IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA .................................40 Patrizia Catellani Klaus Davi Renato Mannheimer

ECONOMIA E FINANZA STRATEGIE ............................................46 Giuseppe Donato Massimo Giordano RICERCA SCIENTIFICA .....................52 Luigi Nicolais CREDITO & IMPRESE ........................56 Antonio Nucci IL RUOLO DELLE FONDAZIONI .....60 Sergio Chiamparino Giuseppe Guzzetti MODELLI D’IMPRESA........................64 Attilio Fresia Sergio Topino Giacomo Bonù Massimo Domenicale Massimo Palombaro Donatella e Sandra Tibaldi Daniela Actis Dato Elena Pescetto Roberto Botta Giuseppe Pugliares Marcello Bettelani Susanna Dalle Vedove Domenico Marcomini Giuseppe Colonna Mario Fea Samantha Liscio TECNOLOGIE.......................................102 Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Gianpiero Ciola e Fiorenzo Orlandinotti Claudio Arcano Carlo Cocirio Luca Saladino Claudio Perlo e Oscar Polato Valter e Alessandro Monticone Marco Melotto Renato Battaglino INNOVAZIONE.....................................128 Emilio Carpaneto Ezio Boasso Cristina Betti INTERNAZIONALIZZAZIONE.........134 Sergio Bertin Eligio Gervasoni Fabrizio Di Cesare Ivan Di Dio

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ENERGIA ...............................................142 Franco Campodonico CONSULENZA.....................................144 Enrica Acuto Jacobacci Evelina Dapueto Rossella Barsotti MANAGER E IMPRESA ....................152 Mario Piccoli BROKER DI ASSICURAZIONI .......154 Emanuele Cordero di Vonzo INDAGINI PERITALI ..........................156 Attilio Mercalli


Sommario TERRITORIO LA CULTURA DEL CIBO ...................161 Roberto Burdese Franco Cuccolo LOGISTICA............................................168 Oliviero Baccelli Bartolomeo Giachino TRASPORTI ..........................................172 Piergiorgio Burzio Evelina Garzino

AMBIENTE EDILIZIA.................................................176 Roberto Russo Piero Sassone Marco Buttieri Diego Cerrone Domenico Tomatis

RINNOVABILI.......................................198 Igino Memé ENVIRONMENT PARK ...................200 Mauro Chianale e Fabio Massimo Grimaldi

MATERIALI ...........................................188 Mario Strumia

GIUSTIZIA

COMMERCIO........................................192 Antonio Maria Bardelli

NOTARIATO ........................................204 Grazia Prevete

TURISMO ..............................................194 Loris Cappelli

SANITÀ MALPRACTICE MEDICA.................206 Roberto Agosti Renato Ambrosio Ugo Marchisio Fabrizio Fracchia POLITICHE ANTIDROGA .................216 Giovanni Serpelloni ELETTROMEDICALI .........................220 Ivan Mangone

RUBRICHE TRA PARENTESI ...............................222 Paolo Crepet

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Buone prassi e nuove idee per tornare a crescere Di Alessandro Barberis, presidente della Camera di Commercio di Torino

ome Camera di Commercio abbiamo un punto di osservazione privilegiato sul mondo che produce e che innova: da qualche anno vediamo aumentare le fatiche degli imprenditori, piccoli e grandi, che sostengono il nostro tessuto economico. Il Fondo monetario internazionale nel mese di luglio ha previsto una contrazione del Pil nazionale nel 2012 pari al 2 per cento e dello 0,3 per cento nel 2013. Queste stime vengono confermate dalla Banca d’Italia che, per uscire dalla fase recessiva, non vede alternative al proseguimento dell’azione di risanamento della finanza pubblica e delle riforme strutturali, per migliorare l’efficienza dell’amministrazione pubblica e rendere lo spazio economico più favorevole all’attività d’impresa. La crisi economica internazionale colpisce duramente anche l’economia torinese: il primo trimestre 2012 ha evidenziato una variazione negativa della produzione industriale del 5,4 per cento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, risultato peggiore di quello rile-

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vato sia a livello regionale (-3,6 per cento), sia a livello nazionale (-3,8 per cento). Il fatturato dell’industria manifatturiera subalpina ha manifestato una riduzione ancora maggiore (-6,9 per cento nei confronti dei primi tre mesi del 2011). Si tratta della prima performance negativa dopo otto trimestri di risultati positivi in seguito alla crisi del 2008. Peggiorano gli ordinativi interni (-6 per cento nei confronti dell’intervallo gennaio-marzo 2011), mentre quelli esteri tengono, manifestando una crescita del 3,2 per cento. Ed è nell’export che troviamo le imprese che riescono a reggere meglio di altre l’onda della crisi, grazie alla capacità di intercettare le opportunità offerte dai mercati internazionali. Le previsioni non sono confortanti: circa il 43 per cento degli imprenditori intervistati dalla consueta indagine congiunturale della Camera di Commercio prevedevano per il secondo trimestre dell’anno una diminuzione della produzione manifatturiera e un calo del fatturato. Il tema della crescita è all’ordine del giorno: il problema è diffuso in tutta Europa, ma in Italia e sul nostro territorio richiede un intervento deciso per dar vita a un’azione che riesca a mantenere un equilibrio e affronti i numeri negativi del nostro Paese. Non esistono ricette magiche, ma è necessario intervenire per dare risposte concrete anche se ciò richiede diversi tentativi, decisioni difficili e l’impegno di coloro che sul territorio hanno responsabilità precise. La crisi evidenzia che per ripartire è necessario sviluppare nuovi paradigmi, modelli di sviluppo diversi da quelli precedenti, da trovare e ricercare insieme. Inoltre, ci ha dimostrato che siamo immersi in un sistema di elementi connessi e che se qualcosa va male in un ambito questo si ripercuote su altri aspetti del sistema. Ma, rovesciando la prospettiva, è anche vero il contrario: buone prassi e la circolazione delle idee possono avviare, in un sistema di elementi connessi, un circolo virtuoso. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 9



L’INTERVENTO

Proposte per la crescita di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere

opo quattro anni di crisi, il tessuto produttivo del Paese appare chiaramente provato. Queste difficoltà si riflettono in maniera diretta sull’occupazione che, secondo i primi dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, quest’anno potrebbe ridursi di altre 130mila unità. Il quadro che emerge dalla lettura del Rapporto Unioncamere, diffuso in occasione della 10° Giornata dell’economia alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, mette in evidenza il fatto che le manovre di finanza pubblica, indispensabili per riportare i conti sotto controllo e riguadagnare la fiducia dell’Europa e dei mercati internazionali, quest’anno avranno un costo, in termini di recessione, molto elevato: -1,5% il calo del Pil che prevediamo quest’anno, con picchi intorno al -2% per quasi tutte le regioni meridionali. È chiaro che oggi il rigore non basta. Bisogna tornare a crescere, con interventi cantierabili nell’immediato che rilancino i consumi e attivino di nuovo la propensione all’investimento. L’aspetto che abbiamo ben presente, dopo questi anni così difficili, riguarda il fatto che i grandi mutamenti dello scenario geopolitico e le ricorrenti crisi del sistema economico-finanziario mondiale ci hanno fatti entrare in un’era nuova. Dobbiamo prenderne atto e smettere di comportarci come se tutto, tra poco, dovesse tornare com’era prima. Non succederà. Se l’impresa si riorganizza

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nel segno dell’efficienza, della qualità e dell’innovazione, anche le istituzioni - e le Camere di Commercio per prime lo sanno - devono fare lo stesso. Per questa ragione, abbiamo identificato cinque temi su cui lavorare e su questi abbiamo sviluppato le nostre proposte. Gli interventi che abbiamo ideato sono diversi e tutti privi di oneri sul bilancio dello Stato; riguardano la semplificazione, l’internazionalizzazione, gli investimenti, il credito, la diffusione delle imprese e il supporto al lavoro. Tra questi, la possibilità di ammortizzare gli investimenti aggiuntivi delle imprese in tre anni per rilanciare lo sviluppo; un patto tra governo e Camere di Commercio per portare sui mercati internazionali altre 10mila imprese nel prossimo triennio; una disciplina speciale che impedisca il fallimento delle aziende causato dai ritardi nei pagamenti della Pa, ma anche la proposta molto concreta - già affidata al Parlamento - di attribuire alle Camere di Commercio il compito di rilasciare una certificazione formale del credito tra imprese, esigibile in sede giudiziaria con tempi rapidissimi. Per sostenere la diffusione delle imprese, inoltre, proponiamo un rinvio dei pagamenti Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove realtà mentre, in materia di lavoro, chiediamo di sostenere concretamente la riforma dell’apprendistato in chiave europea, realizzando un sistema stabile di certificazione delle competenze che, come in Germania, faccia perno sulle Camere di Commercio. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 11


IN COPERTINA

INFRASTRUTTURE E CAPITALE UMANO, I PILASTRI DELLO SVILUPPO Il passaggio di consegne alla guida degli industriali piemontesi cade in una fase delicata per l’economia regionale, in cui anche l’export rallenta il passo. Ma secondo Gianfranco Carbonato il sistema imprenditoriale ha tutte le qualità per accelerare il ritmo della ripresa Giacomo Govoni

l cammino verso la crescita del sistema industriale piemontese procede a rilento. Lo certifica l’analisi congiunturale del bimestre luglioagosto condotta da Unioncamere regionale, che consegna al Piemonte un bollettino economico in chiaroscuro. Intatta la voglia dei piemontesi di reagire alla crisi, espressa dal saldo positivo di 335 imprese, a guastare l’immagine del tessuto imprenditoriale sono le numerose cessazioni, che condizionano pesantemente la dinamica espansiva della regione. Oltre 3.100 quelle registrate nel bimestre estivo, per un tasso di crescita complessivo dello 0,07 per cento, inferiore a quello del nord-ovest e meno della metà

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dello 0,16 per cento nazionale. Da questo campanello d’allarme, ma anche dalla fiducia nella «capacità del fare delle nostre maestranze a tutti i livelli», parte la sfida di Gianfranco Carbonato, dallo scorso luglio presidente di Confindustria Piemonte. Presentata poche settimane fa la sua squadra, il nuovo numero uno degli industriali piemontesi trascriverà nella sua agenda di mandato quanto di buono fatto da Mariella Enoc, integrandolo «con alcune specifiche focalizzazioni e con particolare attenzione al tema della semplificazione». Quale associazione le ha lasciato chi l’ha preceduta? «Negli ultimi anni Confindustria Piemonte si è rafforzata sia nell’at-

tività interna al sistema confindustriale, con il coordinamento delle associazioni territoriali e col trasferimento a Confindustria centrale delle priorità del Piemonte, sia nella continua attività di rappresentanza delle istanze del sistema imprenditoriale nei confronti della Regione Piemonte». Quello della semplificazione è un tema che toccherà in primis la fisionomia interna di Confindustria. Quali rifiniture ha in mente? «Faremo un approfondimento generale sul sistema di rappresentanza nelle sue varie articolazioni. Anche Confindustria ha bisogno di diventare più snella ed efficiente per essere sempre più vicina alle esigenze


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Carbonato


IN COPERTINA

delle imprese attraverso un profondo rinnovamento che, visti i tempi, è in primo luogo una precisa esigenza dettata dalle minori risorse economiche disponibili». Quali saranno i punti chiave della sua agenda? «In questo difficile momento l’associazione valorizzerà e svilupperà alcuni temi decisivi per il futuro delle imprese e per consolidare la ripresa economica del territorio piemontese quali infrastrutture e logistica, capitale umano, Europa e internazionalizzazione, ricerca e innovazione. Il legame tra crescita del tessuto imprenditoriale, formazione, innovazione e concorrenza in ambito internazionale rappresenta la chiave per lo sviluppo economico duraturo del Piemonte». A quali di questi, in particolare, darà priorità? «In campo infrastrutturale, le priorità d’intervento sono ampiamente condivise. Tuttavia la loro realizzazione risente di lentezze e carenza di risorse non più accettabili. E senza un sistema efficiente di infrastrutture e trasporti si rischia l’isolamento e perdite molto elevate in termini di competitività. Perché non si allarghi ul-

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teriormente il divario rispetto a realtà europee più avanzate, è indispensabile mettere a punto strumenti agili che rendano conveniente l’intervento del capitale privato. Occorre agire rapidamente prendendo a modello le migliori esperienze in campo europeo ed eliminando tutti gli intoppi che ostacolano l’utilizzo di strumenti già esistenti come il project financing». Quali sono le virtù e i vizi del sistema economico piemontese? «In una fase molto difficile come quella attuale l’industria piemontese continua a far registrare tassi di export molto positivi in tutti i paesi del mondo. Risultati che non si improvvisano, ma sono il frutto del livello competitivo delle produzioni piemontesi. Non è un caso che in Pie-

monte le imprese destinino alla ricerca e all’innovazione più di un terzo di quanto si investe in tutto il territorio nazionale. Accanto a queste certezze, il Piemonte può trarre sostegno da alcune nuove opportunità, tra cui il turismo, che sta vivendo una fase di sviluppo molto interessante. Molte virtù, che rischiano tuttavia di non poter esprimere le loro potenzialità se non si potenziano i collegamenti con il resto del Paese e soprattutto con l’Europa. In questo quadro la Tav è essenziale per lo sviluppo del Piemonte». Sul patrimonio umano della regione, invece, come interverrà? «È necessario valorizzare la centralità della formazione permanente, con particolare riguardo alla formazione continua e all’apprendistato, tenere conto dei fabbisogni delle imprese e investire nell’orientamento non solo degli allievi, ma anche di famiglie e docenti. È indispensabile investire sul capitale umano, in primo luogo attraverso una formazione vicina al mondo imprenditoriale e un maggiore raccordo tra le politiche regionali del lavoro e quelle formative». Restando sul tema dell’occupazione, nelle scorse settimane ha espresso il suo disappunto sulla sentenza Fiat di Pomigliano. A tal proposito, che posizione assumerà Confindustria nei confronti del Lingotto? «Certamente la Fiat manterrà l’impegno preso da tempo con l’Unione industriale di Torino, anche se la crisi generale e del mercato auto certamente non l’aiutano: in ogni caso farò tutto quanto è in mio potere per sanare questa criticità. Credo che anche le grandi imprese e le multinazionali possano trovare


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Carbonato

0,07%

CRESCITA IL TASSO DI CRESCITA FATTO SEGNARE DALL’ECONOMIA PIEMONTESE NEL BIMESTRE LUGLIO-AGOSTO 2012, INFERIORE ALLO 0,16% NAZIONALE

nel sistema confindustriale professionalità, servizi, rappresentanza in grado di rendere più efficiente le relazioni con i territori e le istituzioni che li governano, soprattutto a livello regionale». All’indomani della sua nomina ha annunciato l’impegno a rafforzare il dialogo con istituzioni e parti sociali. Da dove inizierà? «Dal rafforzamento delle relazioni con l’Europa, dove la nostra presenza deve trovare forti partnership con regioni europee altamente industrializzate. Il sistema camerale, le altre categorie imprenditoriali e le organizzazioni sindacali, con cui il rapporto è già un proficuo, rappresentano i principali interlocutori per la condivisione di poli di sviluppo industriale e territoriale». In proiezione internazionale, su quali driver strategici insisterà maggiormente? «Aree industrializzate come il Piemonte possono mantenere un ruolo di rilievo solo se investono per innalzare costantemente la qualità,

l’efficienza dei prodotti e dei servizi offerti e il grado di innovazione, una delle più importanti leve per creare sviluppo. L’internazionalizzazione, in questa fase, è particolarmente strategica, mentre la difesa e l’incremento delle quote di export delle nostre imprese rappresentano oggi i primi fattori per il rilancio e la crescita economica dell’intero Paese. È necessario allargare il numero di imprese che riescono a stare in maniera competitiva sui mercati internazionali in un contesto molto più ampio e sfidante che in passato». Secondo Banca d’Italia, nel 2011 il ritmo di crescita dell’export piemontese ha subito una lieve frenata. Quali strategie ha in cantiere per rilanciarlo? «Se raffrontata con la performance del 2011, quella del primo trimestre di quest’anno è indubbiamente una frenata. Ma non bisogna dimenticare che in poco tempo il quadro economico internazionale è sensibilmente peggiorato, coinvolgendo

anche grandi paesi importatori di prodotti non solo italiani come la Cina. D’altra parte ricordo che a tutt’oggi, malgrado le positive diversificazioni, più della metà del nostro export si dirige verso i paesi europei, più di altri al centro della crisi mondiale. La ripresa del nostro export presuppone innanzitutto una ripresa dell’economia europea. Non meno importanti sono le azioni che la Regione Piemonte sta mettendo a punto per favorire l’internazionalizzazione e accrescere la presenza delle nostre imprese sui mercati esteri, puntando su filiere e paesi promettenti». Lungo quali assi di sviluppo correrà il rilancio dell’industria regionale e quali vocazioni produttive puntate a risvegliare? «Il sostegno ai poli di innovazione, le reti d’impresa, la semplificazione, l’Europa e l’internazionalizzazione, la formazione e l’education, le infrastrutture e la logistica, sono i temi su cui dovremo lavorare insieme alle istituzioni per favorire il rilancio dell’industria piemontese che presenta eccellenze, in un’articolata serie di differenziazioni produttive e merceologiche che rispecchiano la storia industriale del nostro territorio». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 15


IL PUNTO

Una sussidiarietà federalista La spending review obbliga gli enti locali a ottimizzare le risorse, senza però rinunciare ai servizi essenziali per i cittadini. Roberto Cota illustra le politiche adottate dalla sua amministrazione Nicolò Mulas Marcello

a Regione Piemonte ha adottato una serie di riforme per snellire l’amministrazione e per continuare a garantire i servizi ai cittadini, nonostante la diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione. «Per quanto riguarda la riforma della sanità piemontese – spiega Roberto Cota, presidente della Regione – per la prima volta dopo 15 anni la spesa è stata messa sotto controllo e si iniziano a registrare importanti risparmi che vengono impiegati nei settori più critici, come quello dell’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti. Abbiamo, inoltre, messo in campo misure importanti a favore delle imprese che assumono nuovi lavoratori o decidono di insediarsi qui in Piemonte. In virtù di questa politica siamo forse la regione dove è più conveniente insediare un’azienda. Si tratta di un’impostazione nuova, dove la politica si mette davvero al servizio del territorio e dei cittadini, lottando contro una burocrazia che in questo Paese è sempre riuscita in un modo o nell’altro ad autoalimentarsi e sopravvivere». Entriamo nel concreto della spending review. Cosa cambierà per il Piemonte? «Su questo tema non abbiamo veramente trascurato alcun settore e

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siamo naturalmente partiti dai costi della macchina regionale con una bella dieta salutare, che in realtà era già stata impostata nei primi giorni della legislatura con la riduzione di due unità dei componenti della giunta e una riduzione dei nostri stipendi oltre che di quelli delle figure apicali delle partecipate regionali. A questo abbiamo aggiunto una serie di provvedimenti di spending review che hanno portato, ad esempio, al congelamento al 5 agosto dei budget delle segreterie degli assessori, alla revisione di tutti i contratti di affitto e di quelli relativi alla pulizia, vigilanza e manu-

tenzione degli uffici regionali, allo stop degli acquisti di quotidiani e riviste e alla riduzione del parco auto di servizio». Per quanto riguarda il debito? «Siamo riusciti a fermare la continua crescita del debito, che progressivamente aggrediremo con una gestione oculata delle risorse. Sulla base dei nostri obiettivi, la manovra di assestamento consisterà in una previsione di maggiori entrate per 109 milioni, derivanti dal recupero dell’evasione Irap, dalla quota residua del perequativo Irap, da una maggiore restituzione da Finpiemonte, la finanziaria re-


Roberto Cota

Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte

gionale. A questa cifra si aggiunge il contenimento della spesa per 469 milioni complessivi attraverso una riduzione effettiva di 25 milioni su alcune direzioni. Nel settore Patrimonio e personale, ad esempio, andremo ad applicare i primi principi di revisione della spesa, congelando i budget delle segreterie degli assessori che dal 2013 saranno ridotti del 15%. Sono confermati naturalmente gli stanziamenti nelle politiche sociali, ambiente, università e ricerca, edilizia, così come i trasferimenti agli enti locali». Quali sono le misure che avete adottato per snellire la burocrazia? «In tema di lotta alla burocrazia, oltre a essere la prima Regione ad aver abolito l’inutile balzello del bollino blu per l’auto, abbiamo redatto una nuova legge urbanistica che andrà a sostituire quella in vigore ormai da 35 anni: una nuova normativa messa a punto dopo un lungo lavoro di confronto con il territorio e con cui si introducono concetti moderni e agili che fanno della sburocratizzazione e della velocizzazione delle pratiche un pilastro». Come si inserisce il federalismo in questo campo? «Si applicherà in modo esemplare il concetto federalista della sussidiarietà, con la responsabilizzazione dei territori, che consente di

accelerare molto le pratiche. I Comuni - ed è questa la grande novità - avranno titolarità, in collaborazione con la Regione e le Province, per l’approvazione dei piani urbanistici. Rispetto a prima, ogni nuovo piano regolatore dovrà essere pronto in due anni anziché in sei, risparmiando così almeno quattro anni. Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto che permetterà ai piani regolatori di non nascere più già vecchi».

Nell’ambito delle politiche per il lavoro, qual è la situazione occupazionale del Piemonte e cosa sta facendo la Regione per aiutare le famiglie che hanno perso il lavoro? «Il Piemonte è stato colpito duramente, soprattutto nel settore manufatturiero, dalla crisi. La Regione è intervenuta su due filoni paralleli: da un lato, spingendo sul sostegno sociale con cassintegrazione e risoluzione delle vertenze con metodi PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 17


IL PUNTO

innovativi, ad esempio bandi anti-

chiusura per imprese che salvano altre imprese, e dall’altro, incentivando la ripresa con misure ad hoc per chi assume, specialmente categorie di lavoratori di difficile reinserimento come gli over 45. Tre milioni e 600 mila euro di risorse messe a disposizione degli enti locali e destinati a finanziare progetti di reinserimento al lavoro di disoccupati con età superiore o uguale a 45 anni. Un’altra misura importante è quella per gli over 50, che prevede l’introduzione di bonus fiscali che riescono praticamente ad azzerare l’Irap». Per le imprese invece? «Le nostre imprese possono essere competitive solo se aiutate a stare in un contesto globale, diminuendo pressione fiscale e burocrazia. Per questa ragione abbiamo messo in

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Abbiamo messo in campo misure a favore delle imprese che assumono nuovi lavoratori o decidono di insediarsi in Piemonte

campo anche un pacchetto di misure per l’accesso al credito (in alcuni casi all’1%), per l’internazionalizzazione, per sostenere il manifatturiero innovativo, per chi lavora nell’ambito del green tech, per favorire le aziende che capitalizzano nelle società. Un grande lavoro è stato infine fatto attraverso una profonda revisione dell'istituto dell’apprendistato, fondamentale per fare incontrare domanda e offerta di lavoro nel mondo reale». Quali sono i prossimi obiettivi della Regione?

«Portare a regime la riforma sanitaria, integrando la sanità di base con quella ospedaliera e post-acuta; ultimare la riforma dei trasporti, modulando con criteri di efficienza il sistema dei trasporti ferro-gomma su tutto il territorio regionale. Nel contempo dobbiamo continuare nell’opera di risanamento dei conti della Regione e con la politica di incentivo al lavoro e alle imprese, perchè credo davvero che il Piemonte sotto questo aspetto possa essere un modello, anche per chi governa a Roma».



IL COMMENTO

Ritorno alla manifattura In Italia serve una rivoluzione che tolga lo scettro del comando alla finanza per restituirla all’economia reale. Una rivoluzione che parta necessariamente dall’entusiasmo dei giovani. Guardando a Oriente. L’opinione di Cesare Romiti Francesca Druidi

a contribuito a scrivere pagine decisive della storia del capitalismo italiano. Cesare Romiti è stato uno dei più importanti dirigenti d’azienda del nostro Paese: amministratore delegato di Alitalia e Fiat, presidente della stesso gruppo di Mirafiori, di Rcs e di Impregilo. Nel suo libro-confessione, scritto con il giornalista Paolo Madron, “Storia segreta del capitalismo italiano”, emergono retroscena e aneddoti dei protagonisti, che insieme a Romiti, hanno segnato il sistema economico, politico e finanziario degli ultimi cinquant’anni. Una fase caratterizzata da storture, come la degenerazione del rapporto tra impresa e politica evidenziata da Ferruccio De Bortoli nella prefazione del libro, ma anche da slanci oggi impensabili. Qual è l’aspetto maggiormente positivo del “capitalismo” da lei vissuto, da cui l’odierna imprenditoria dovrebbe imparare? «Gli uomini che si sono occupati dell’economia, dell’industria e dell’imprenditoria italiana, dalla fine del secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni Novanta, erano gli stessi imprenditori che, da “piccoli”, sono diventati sempre più grandi e, nel caso delle aziende prin-

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Cesare Romiti, presidente della Fondazione Italia Cina

cipali, erano manager che hanno fatto dell’appartenenza all’azienda una vera e propria filosofia. Porto me stesso come esempio: prima ancora di essere stato presidente, in veste di amministratore delegato della Fiat, gioivo e soffrivo molto più degli azionisti. L’azienda era più mia che degli Agnelli, in senso metaforico. Ho sempre rifiutato concessioni di stock option. La mia attività doveva essere libera dal pensiero che, nel prendere una decisione piuttosto che un’altra, potevo inconsapevolmente favorire i miei rendimenti anziché l’interesse del gruppo che dirigevo. Oggi accade il contrario, ed è una sostanziale differenza». L’elemento più deleterio del-

l’economica odierna? «Questa trasformazione dell’industria manifatturiera in impresa sul mercato attraverso la finanza. La finanza è sempre stata considerata da me, e da chi lavorava al mio fianco, come un mezzo per ottenere dei risultati, non un fine. Oggi è tutto proiettato come se la finanza di per sé portasse ricchezza; la finanza aiuta, quando può, a raggiungere dei risultati, ma alla fine sono le idee e la produzione a fare la differenza». Quando la finanza in Italia ha finito con il prendere il sopravvento? «Dagli anni Novanta in poi, in Italia, in Europa e nel mondo. Ciò ha portato al progressivo deterioramento di quella che era l’attività produttiva. Del resto, è più facile


Cesare Romiti

L’Italia deve ritornare a essere un paese che sa come produrre

parlare di questioni finanziarie che non gestire l’economia reale, pensare ai mercati e alle modalità di produzione. I figli degli imprenditori, da un certo punto in poi, non sono più stati mandati in fabbrica a farsi le ossa, ma sono stati mandati a New York o a Londra per imparare la finanza ed è stato il disastro del mondo. I guai provocati dalla finanza malsana sono enormi, non sappiamo o non vogliamo valutarli per non spaventare e spaventarci». Si può invertire questa tendenza? «Se non la invertiamo il mondo andrà alla rovina. A mio avviso, non solo si può ma si deve». A partire da quali leve l’Italia può riuscire a risollevarsi dalla crisi attuale?

«L’Italia deve puntare sulla manifattura, deve ritornare a essere un paese che sa come produrre e abbandonare gli eccessi di finanza. Occorre, inoltre, riportare i giovani a comprendere l’importanza di sporcarsi le mani e partire dall’officina per imparare la propria attività. E poi c’è l’estero. Prendiamo due brillanti studenti che vantano nel loro curriculum vitae un’esperienza oltre confine, tra chi l’ha fatta a Londra o Parigi e chi, invece, l’ha vissuta a Pechino o Shanghai, scelgo il secondo studente perché è in Oriente che si trova ancora una filosofia improntata al fare e al produrre». Lei invoca una rivoluzione pacifica da parte dei giovani. Crede ne esistano i presupposti, dal punto di vista economico, sociale, ma anche da quello culturale, considerando la sfiducia delle giovani generazioni? «Non mancano le basi, ma gli uomini. Non è che i giovani non rea-

giscano, ma servono persone capaci di galvanizzarli, di spronarli a offrire il loro contributo alla società. Se lei ha modo di parlare singolarmente con i giovani, ottiene delle risposte speranzose per il futuro. È da lì che bisogna proseguire e, se avessi qualche anno di meno, mi piacerebbe occuparmene». Se fosse un manager agli inizi del proprio percorso professionale, quali mercati, produzioni e politiche strategiche consiglierebbe? «Di fronte a una carta geografica, inviterei i giovani a rivolgere il loro sguardo non a sinistra, verso gli Stati Uniti ad esempio, ma a destra. Il futuro del mondo, che ci piaccia o meno, è in Cina e nei paesi asiatici. In qualità di presidente della Fondazione Italia Cina, mi capita tutti i giorni di indirizzare qualche giovane in questi territori, perché solo laggiù oggi si può imparare davvero a essere umili e soprattutto a lavorare». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 29




ENTI LOCALI

I tagli necessari e i piani di crescita Prima ancora che arrivasse la scure della spending review sugli enti locali, il Consiglio regionale del Piemonte aveva provveduto a tagliare il superfluo. Ma il presidente Valerio Cattaneo avverte: «Spesso i costi della politica di cui meno si parla non sono le indennità, ma le mancate decisioni che impediscono alla comunità di crescere» Tiziana Achino

osti della politica, tagli agli enti pubblici, crisi economica e ripresa, lavoro e leve dello sviluppo. Sono questi gli argomenti che Valerio Cattaneo, presidente del Consiglio regionale del Piemonte, affronta quasi al giro di boa della legislatura, analizzando l’andamento dei lavori del consiglio che in questo mandato si è trovato ad affrontare passaggi difficili quanto importanti, a partire dalla battaglia a carte bollate sul riconteggio delle schede elettorali fino all’adozione del nuovo regolamento interno del consiglio, dal riordino dei conti all’ammodernamento del sistema sanitario, dai piani di sostegno a imprese e famiglie alla semplificazione burocratica. «Alcuni passaggi delicati sono stati comunque affrontati e superati, se non nella condivisione, almeno nel merito, grazie all’adozione di un metodo di confronto condiviso, in virtù soprattutto dei principi stabiliti dal nuovo regolamento» tiene a preci-

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Valerio Cattaneo, presidente del Consiglio regionale del Piemonte

sare Cattaneo. Se dovesse fare un bilancio di questi primi due anni, quali aspetti metterebbe in evidenza? «Sul piano politico non compete a me dare una valutazione sull’attuazione del programma della giunta. In qualità presidente del consiglio regionale ho il ruolo di garantire sia alla maggioranza che all’opposizione la possibilità di svolgere le rispettive funzioni, nell’interesse complessivo dell’ente. Mi limito a osservare che alcuni passaggi delicati sono stati comunque affrontati e superati, se non nella condivisione, almeno nel me-

rito, grazie all’adozione di un metodo di confronto condiviso, in virtù soprattutto dei principi stabiliti dal nuovo regolamento. Approvato nella precedente legislatura ed entrato in piena operatività in quella corrente, il testo richiede tuttavia degli aggiustamenti, dettati appunto dal primo periodo di sperimentazione. Ci stiamo lavorando come giunta per il regolamento e confido che entro l’anno si spossa giungere alle modifiche necessarie. La prima parte del mandato è stata influenzata dalle vicende legate al risultato elettorale e ai ricorsi in sede di giu-


Valerio Cattaneo

Il consiglio regionale ha adottato misure di contenimento delle indennità dei consiglieri e degli assessori

stizia amministrativa e ordinaria. Tuttavia, grazie al senso di responsabilità di tutti i protagonisti, queste vicende non hanno coinvolto il consiglio regionale come istituzione, anche nei momenti più “caldi” del riconteggio delle schede e il pur legittimo confronto non ha pregiudicato, da un lato, la possibilità della giunta di compiere le proprie scelte, dall’altro, dell’opposizione di esprimere valutazioni alternative». Una costante di questi ultimi anni nel dibattito politico, non solo regionale, è stata quella dei costi della politica, qual è la sua opinione a riguardo? «Anche in questo caso il consiglio regionale ha agito con grande senso di responsabilità, adottando misure di contenimento delle indennità dei consiglieri e degli assessori, limitando le missioni e i viaggi, abolendo i vitalizi, riducendo le spese di gestione dell’ente, provvedimenti che hanno portato consistenti risparmi, dell’ordine di 25 milioni di euro nell’arco dei cinque anni. Vorrei

ricordare che abbiamo garantito, tra l’altro, parte dei fondi per le borse di studio agli universitari. Ora abbiamo attivato un tavolo di concertazione, al quale partecipano tutti i gruppi consiliari, per definire entro ottobre ulteriori misure di risparmio gestionale, sulle quali si riscontra fin d’ora una buona convergenza. Queste misure non devono essere viste come risposte demagogiche a un’esigenza fortemente avvertita dall’opinione pubblica. Sono convinto che il sistema pubblico nel suo complesso debba “dimagrire”, cioè gravare meno sull’economia complessiva del Paese, mentre oggi supera la metà del prodotto lordo nazionale. Questo non significa che la democrazia non possa e non debba avere “costi”, perché storicamente le alternative sono ben peggiori. Il tutto sta nel senso della misura e dell’opportunità. Spesso i costi della politica di cui meno si parla non sono le indennità, ma i ritardi nelle decisioni o le mancate decisioni, che impediscono alla comunità di crescere».

La crisi ha colpito pesantemente anche il Piemonte, lei vede una luce in fondo al tunnel? «Sono ottimista per natura e credo che compito del politico sia anche quello di guardare oltre. Indubbiamente, questa lunga crisi non sarà senza conseguenze, nel senso che molte cose non saranno più uguali a prima. È finito il tempo in cui le scelte dolorose si potevano rinviare, oggi ci è stato presentato il conto, ed è salato. Ma sono convinto che il Piemonte, forse più di altri, ha la forza, ha i “fondamenti” per rialzarsi e tornare a essere una regione all’avanguardia, assumendo una funzione guida in campo produttivo, integrando le eccellenze nella ricerca e nell’università, sfruttando le potenzialità di settori trainanti come il turismo e l’agroalimentare. Nella seconda metà del mandato il consiglio avrà l’importante compito di favorire questi sviluppi, mettendo la Regione in condizione di sostenere gli sforzi che ogni giorno i cittadini, le famiglie, le imprese e i professionisti compiono per far progredire l’intera comunità piemontese». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 33


ENTI LOCALI

Condivisione ed efficienza Il Comune di Torino crede nell’istituzione dell’area metropolitana e già da tempo ha imboccato il percorso che condurrà alla sua creazione proseguendo la strategia intrapresa di risanamento finanziario. Lo spiega Piero Fassino Francesca Druidi

n progetto coerente con gli obiettivi di efficienza finanziaria e amministrativa, da costruire attraverso la convergenza delle esigenze e delle finalità delle amministrazioni comunali coinvolte. Il primo cittadino di Torino, Piero Fassino, ha espresso l’intenzione di “accompagnare la fase costituente della città metropolitana fin da subito con un’impostazione della policy che porti a condividere le politiche che facciamo con gli altri Comuni”. Il riassetto istituzionale contemplato dalla spending review non è

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Il sindaco di Torino, Piero Fassino

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l’unica sfida per la Giunta Fassino, impegnata sul fronte della riduzione del debito, della razionalizzazione della spesa e della gestione dei tagli alle risorse. Quali i principali fronti strategici nell’istituzione della città metropolitana e i principali benefici per Torino e i suoi cittadini? «È interesse di molte città, e non solo previsione normativa, partecipare alla fase costituente di questo nuovo ente previsto dal legislatore più di venti anni fa. Per questa ragione saranno attivati quanto prima tutti i percorsi politico-amministrativi indicati dalla legge

approvata ad agosto dal Parlamento. Il “fronte principale” è la costruzione di nuove modalità di rappresentanza dei diversi territori, affinché ognuno si senta valorizzato e non penalizzato e perché di questa novità ognuno possa cogliere i benefici, oltre all’aspetto meramente burocratico e organizzativo. E poi la modalità di gestione delle competenze: trasporti, sistema scolastico superiore, ambiente e territori, servizi, ovvero tutte quelle funzioni strategiche per il governo “di area vasta”, principale obiettivo per cui si costituisce la città metropolitana. Per Torino è un compito impegnativo in quanto comune capoluogo, senza però dimenticare gli altri “poli d’area”: grandi città della provincia, come i piccoli-medi comuni cui fanno riferimento le comunità del territorio». Quali ritiene siano le aspettative dei torinesi, il loro “sentimento” nei confronti del nuovo apparato amministrativo? «I cittadini si aspettano un ente leggero, non costoso - le cariche non avranno compenso - e capace di interpretare le loro necessità; per questo la fase costituente è delicata e necessita di un grande impegno». Identifica aspetti più critici da


Piero Fassino

Il fronte principale nella creazione della città metropolitana è la costruzione di nuove modalità di rappresentanza dei diversi territori

affrontare in questo processo? «Attualmente Torino e le piccolemedie realtà, vuoi per la carenza di risorse o per la complessità dei processi e dell’articolazione delle competenze, lavorano insieme in mille modalità: enti, consorzi, comunità, associazioni. Una difficoltà, ma anche una grande opportunità in campo sarà quella di valorizzare queste esperienze, collegandole fra loro, con le diverse città riferimento e con la città capoluogo, avendo cura di non comprimere le diverse specificità e di far emergere l’insieme di un’area promuovendone lo sviluppo». Come avverrà nel concreto il confronto con i sindaci nell’area metropolitana? «Tra responsabili, ognuno alla pari,

delle proprie comunità piccole o grandi che siano. La legge prevede un primo organismo, la Conferenza metropolitana, in cui affrontare con tutti i sindaci le questioni sul tappeto e individuare l’architettura del nuovo ente. Starà a noi renderlo operativo ed efficiente». Nonostante Torino abbia ricevuto 170 milioni di euro in meno, ha dichiarato che l’amministrazione cittadina è pronta ad avviare la fase due della spending review. Quali saranno le prossime mosse da intraprendere per proseguire nella direzione del risanamento finanziario? «Il percorso nel piano di rientro sul debito della città è avviato e seguirà nel medio periodo un andamento lineare. Alla fine del 2012 l’indebitamento segnerà un

calo di oltre 80 milioni di euro. La spending review nazionale, per ora, si è articolata in ulteriori tagli agli enti locali. Per la nostra città si tratta di circa 14 milioni per il 2012 e di 56 milioni per il 2013. La città di Torino ha individuato, già sei mesi fa, alcune aree di ristrutturazione e riorganizzazione, tra cui quelle riferita a personale e organizzazione (rilevamento carichi di lavoro), utenze, costi di funzionamento e forniture, contratti di servizio (igiene, manutenzioni, illuminazione). Un ulteriore settore di intervento riguarda le procedure amministrative, la dematerializzazione e l’informatizzazione. Ben prima, quindi, della spending review nazionale avevamo intrapreso un percorso virtuoso». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 35


LIBERALISMO

Un’amara liberalizzazione Lo stallo dei partiti italiani in deficit di leadership può rappresentare l’occasione per una rinnovata spinta liberale. Ma a pesare, secondo il professor Giovanni Orsina, sono crisi e globalizzazione: «La paura non aiuta il liberalismo» Francesca Druidi

ggetto di numerose disamine ma disatteso fino a oggi nei fatti, il liberalismo resta una proposta tutta da decifrare per quanto riguarda il nostro Paese. «Il liberalismo ha una grandissima fiducia nella capacità della società civile di funzionare bene in maniera spontanea – evidenzia Giovanni Orsina, docente di storia presso la Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli e autore di diversi saggi – ma in Italia fiducia nella società non c’è mai stata. È sempre stata diffusa la convinzione che la società civile è immatura, arretrata, e che, quindi, vi sia bisogno di un

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grande sforzo per farla crescere». Cosa ha frenato l’applicazione dei principi liberali fino a questo momento in Italia? «Il nostro è un paese più a tradizione giacobina, con l’idea di una classe dirigente e di uno Stato che impongono alla società di funzionare in una determinata maniera. Anche il liberalismo che si è sviluppato, quello del periodo pre-fascista, è di carattere interventista e statalista, dove la libertà non sorge dal basso ma si costruisce dall’alto. Poi nel corso del Novecento si sono susseguiti il fascismo e il comunismo, che di liberale hanno naturalmente ben poco, e il cattolicesimo politico, che

di liberale avrebbe avuto molto, ma che dagli anni Cinquanta in poi ha visto prevalere una corrente non liberale. De Gasperi era un cattolico politico fortemente liberale, Sturzo era un liberale con alcune caratteristiche ben precise; Fanfani e Moro non erano liberali, non saprei dire quale dei due lo fosse di meno». Nel contesto attuale di crisi, esistono i margini per una svolta maggiormente liberale? «È molto difficile. L’Italia è un paese che perde i treni della storia e il treno della storia del liberalismo è transitato negli anni Ottanta. È stato quello il momento di grande fortuna, almeno del liberalismo economico: molti, infatti, all’idea di considerare Reagan e Thatcher dei liberali storcerebbero il naso. L’Italia ha perso quell’ondata, anzi in quegli anni ha accumulato il proprio debito pubblico. Poi, in qualche modo, ha


Giovanni Orsina

Nella pagina precedente, Giovanni Orsina, docente e direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi di Roma

Saremo costretti a compiere dei passi in termini di liberalizzazione economica, ma non vedo nessuno che possa “vendere” agli italiani queste misure

acchiappato la coda di quel treno con il 1994, ma quell’operazione non è stata portata a compimento, non ha funzionato. Oggi, da un lato, l’unica strada che possiamo seguire per cercare di adattarci alla situazione a livello mondiale è quella di liberalizzare, affrontando la competizione internazionale in una forma più dinamica di quanto non sia stato fatto fino ad ora, dall’altro lato la gente è atterrita». Da cosa in particolare? «La parola globalizzazione, che aveva un sapore buono a metà degli anni Novanta, ha progressivamente perso il suo gusto piacevole. Se, inizialmente, l’idea che l’Italia fosse coinvolta nei processi di globalizzazione suscitava speranze, oggi genera più che altro timori. Dopo quindici anni, ci sono stati prima l’11 settembre e poi la crisi economica. Per l’opinione

pubblica il mondo è un posto pericoloso dal quale difendersi, non certo un luogo di opportunità. E la paura non aiuta il liberalismo». Non è ottimista sul fatto che possa esserci un cambio di rotta? «Saremo costretti a compiere dei passi in termini di liberalizzazione economica, ma non vedo nessuno che possa “vendere” agli italiani queste misure come azioni da adottare con entusiasmo. Sono “pietanze” da far ingoiare all’opinione pubblica come una medicina amara piuttosto che come un buon pasto». Lei è direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi di Roma, che in un recente convegno ha lanciato una proposta alternativa di riforma del finanziamento dei partiti. Di che cosa si tratta? «è una proposta che parte comunque dal presupposto che la politica è necessaria. Nessun liberale affermerebbe il contrario, a meno che non si trattasse di un esponente di estrema destra liberale (libertaria). La politica costa ed è giusto che venga finanziata. Per un liberale il meccanismo prevalente di finanziamento deve es-

sere volontaristico, proveniente cioè dai cittadini e non dallo Stato. La proposta è quella di un modello misto con un piccolo rimborso-spese elettorale, mirato in maniera esclusiva all’appuntamento con le urne, in ragione di un euro per voto e con forme di sgravio fiscale per chi, invece, intende finanziare liberamente i partiti. In quanto strumento dello Stato, le elezioni resterebbero così sostenute da quest’ultimo, mentre il funzionamento della politica e dei partiti sarebbe ad appannaggio della società civile, aiutata in questo caso delle agevolazioni fiscali». Quali sono le possibilità che questa proposta venga recepita e accettata dalla classe politica? «A parole possono essere tutti d’accordo, nei fatti assolutamente no. Un modello di questo tipo costringerebbe i partiti italiani a mettersi a “ribussare” alle porte e a cercare di recuperare il contatto e il dialogo con i cittadini per chiedere e ottenere finanziamenti. Alcuni politici sono esplicitamente contrari, come ad esempio Violante, denunciando il rischio di consegnare la politica al controllo dei poteri forti. Chi si dice favorevole a parole, poi nei fatti non lo è davvero». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 39


IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA

La comunicazione dei fatti La comunicazione politica al tempo della crisi e del web 2.0. La docente di psicologia politica Patrizia Catellani analizza i principali cambiamenti avvenuti rispetto al recente passato, con lo sguardo rivolto al prossimo appuntamento elettorale Francesca Druidi

l dilagare dell’antipolitica e le condizioni critiche in cui versa il Paese renderanno ancora più cruciali le prossime elezioni. A illustrare le strategie comunicative che potrebbero fare la differenza è Patrizia Catellani, docente di Psicologia sociale della politica e Psicologia della comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano. Come i politici dovrebbero usare il linguaggio per raggiungere i propri obiettivi? «Il politico dovrebbe soprattutto cercare di dire con chiarezza agli elettori chi è, in cosa è simile a loro e, soprattutto, quali obiettivi condivide con loro. Quanto al primo punto, un politico per diventare leader deve possedere un elemento che lo distingue dagli altri, che colpisce l’attenzione e rimane chiaramente impresso. Ora che l’affidabilità e l’onestà sono considerate caratteristiche cruciali, è probabile che chi riesce a connotarsi come persona onesta e degna di fiducia abbia maggiori possibilità di affermarsi. Vista la mancanza di stima nella classe politica nel suo insieme, chi non ne fa parte o vi entra adesso ha dunque maggiori possibilità di successo? Non necessariamente, perché le persone hanno bisogno di tempo

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per imparare a fidarsi. Potrebbe riuscire qualcuno che sia nuovo alla politica, o conosciuto per altre ragioni, ma che sia anche appoggiato da una personalità di cui già ci fidiamo. Ad esempio Monti, che pure godeva di un’ottima reputazione, è stato molto avvantaggiato dall’appoggio del presidente della Repubblica. Così ora chi che fosse appoggiato da Monti (oltre che naturalmente Monti stesso) avrebbe sicuramente buone probabilità di successo». E per quanto riguarda il secondo punto, cioè il fatto che il politico deve comunicare agli elettori la sensazione di essere vicino e simile a loro? «Bisognerebbe chiedersi se i nostri politici adesso lo stanno facendo. Per quel che vediamo in televisione e leggiamo sui giornali, forse non abbastanza. Pensiamo alle concertazioni in atto per costruire le alleanze in vista delle prossime elezioni. È naturale che, avvicinandosi l’appuntamento elettorale, una parte consistente dell’attività politica venga dedicata agli intrecci e ai negoziati tra i diversi leader, partiti e correnti, ma questi processi devono concludersi entro tempi ragionevoli. In ogni caso, quanto accade non dovrebbe indurre nei cittadini l’impressione

Patrizia Catellani, docente di psicologia politica

di trovarsi di fronte a una politica delle parole e non dei fatti o a politici che parlano solo tra loro e non con gli elettori. Non possiamo pensare che alle persone interessi sapere solo chi ha litigato con chi, è necessario capire che cosa i politici hanno da proporci, che cosa intendono fare e quali obiettivi vogliono raggiungere. Insomma, i politici dovrebbero trasmettere l’idea che quello che stanno facendo ha un valore, richiede una competenza specifica, è qualcosa che altri non saprebbero fare con uguale risultato». Quali differenze esistono tra il linguaggio dell’attuale classe politica e quello scelto dalle nuove liste e movimenti civici? «Una prima differenza, almeno fino ad ora, è l’uso massiccio, a volte quasi esclusivo, della rete da parte delle nuove liste e movimenti. Internet è uno strumento


Patrizia Catellani

Uno degli aspetti che caratterizza alcune delle nuove liste e movimenti è il ricorso a un linguaggio molto esplicito

formidabile e poco costoso per raggiungere un numero molto ampio di persone in poco tempo. Consente di comunicare in modo fresco, forte e immediato. Presenta, tuttavia, anche dei rischi, perché le emozioni politiche e la partecipazione che nascono online sono forti, ma rischiano di essere di breve durata. Perché la passione politica rimanga tale è, dunque, essenziale che i movimenti sviluppino in parallelo forme di vita politica condivisa, reale, direi pienamente “fisica”. Un altro

aspetto che caratterizza alcune delle nuove liste e movimenti è il ricorso a un linguaggio molto esplicito, duro, tranchant, a volte anche offensivo. In una realtà di profonda incertezza e instabilità come quella che viviamo oggi, le persone, più ancora di quanto non facciano di solito, possono essere orientate a farsi convincere da discorsi “estremi”». Quali sono gli aspetti fondamentali di acquisizione di consenso per questi soggetti? «Innanzitutto chiarezza e univocità, evitando - nella comunicazione e nei fatti - di suscitare l’impressione di avere divisioni al proprio interno. Per i movimenti emergenti, più che per la politica tradizionale, è fondamentale la compattezza. Ad esempio, nel Movimento 5 Stelle, che si è sviluppato così in fretta e in maniera così estesa, è inevitabile che vi siano diverse anime e il rischio che si creino divisioni e fram-

mentazioni è sempre dietro l’angolo. Movimenti di questo tipo possono entrare in una coalizione con partiti tradizionali? Potrebbero, ma solo se riescono a dare l’impressione di non tradire la motivazione per cui sono nati e di costruire alleanze solo per poter agire politicamente in modo ancora più efficace. Sia i movimenti sia i partiti tradizionali di coalizione, dovrebbero nel caso saper comunicare in modo ben chiaro che l’unità nella diversità è uno dei valori fondanti cui l’alleanza si ispira». Quali saranno le parole chiave della comunicazione elettorale nel 2013? «Nuova politica, rinnovamento, crescita, sviluppo, lotta alla disoccupazione, futuro per i giovani». E quali istanze faranno presa sugli elettori? «Ciò che andrebbe fatto in questo momento è un altro tipo di comunicazione, una comunicazione basata su fatti, su dati, su proposte concrete, con tempi e modalità di realizzazione». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 41


VAGH IL LINGUAGGIO LINDABSDELLA POLITICA

Credibilità prima di tutto Avere uno stile e una comunicazione chiari, attendibili e coerenti, anche sul piano umano. Fidelizzare i propri elettori, mettendo a frutto anche le peculiarità dei new media. Per Klaus Davi sono le strategie oggi vincenti per i politici italiani Francesca Druidi

ià proiettati verso la campagna elettorale per le elezioni politiche 2013, diventa interessante andare a esaminare quelli che potrebbero essere i fattori decisivi nella comunicazione politica, alla luce delle trasformazioni avvenute in questi anni nel panorama italiano dei media e del clima di evidente malcontento nei confronti della classe dirigente. A dare una lettura dell’attuale situazione è il massmediologo Klaus Davi. Se e in che modo l’uso di internet e dei social media ha influenzato l’attuale comunicazione politica? «Ha inciso enormemente. I social media sono diventati un canale di comunicazione ma anche di verifica dell’operato della politica, usati dai politici e al contempo dagli elettori. Prima non esisteva un controllo così stringente. Con internet, invece, si può accedere alle delibere, ai soldi spesi, a un bacino più vasto di informazioni. Oggi, attraverso il web e i social network, i cittadini possono - anche senza la mediazione dei giornalisti - attivare dei meccanismi di pressione potenti. I new media hanno, inoltre, avvicinato alla politica italiani che non andavano a votare».

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Con la pesante crisi in atto e l’avanzare dell’antipolitica, quali sono i passi fondamentali che un politico dovrebbe seguire per comunicare in maniera efficace? «Un politico è un testimonial della propria politica. Predicare tagli e sobrietà con un Parlamento di sprechi già condanna il politico alla poca credibilità. È importante innanzitutto dare segnali chiari dal punto di vista del comportamento personale e stabilire un rapporto di fidelizzazione con l’elettorato: se attivi un blog rispondi; se ricevi un’email rispondi, perché anche questi aspetti contano. E poi occorre uno stile credibile: non serve promettere la luna perché non ti votano. Bisogna promettere cose reali, non sogni». Ha modo di intervistare i membri della nostra classe politica all’interno di “KlausCondicio”, la trasmissione che conduce su YouTube. Chi oggi tra i politici sa utilizzare meglio le potenzialità dei new media? Chi invece boccerebbe? «Su internet funziona il messaggio diretto rivolto agli elettori, insieme alla provocazione e alla boutade. È uno strumento - scontato dirlo - usato

Klaus Davi, scrittore e giornalista

bene da Grillo, da Di Pietro e dai movimenti di protesta. Per quanto riguarda, nello specifico, le interviste su YouTube, funzionano bene quei personaggi che parlano chiaro, in maniera netta: i De Magistris, le Santanchè, le Serracchiani, gli Stracquadanio. YouTube è un canale dove è fondamentale emerga una frase emozionale in grado di arrivare al pubblico e a cui si colleghi tutto il discorso. Internet, in generale, non ama le mediazioni: Enrico Letta è un bravissimo politico, ma sul web sfonderà solo in caso di gesti clamorosi. Purtroppo non dice mai una frase che resti in mente. L’iper-razionalità non va bene, sul web bisogna saper un po’ emozionare, anche con dei dati, dei numeri o degli aneddoti. Lo stile di un politico come Enrico Letta, fatto di sfumature, fatica a imporsi. La Dc, salvo qualche eccezione, con internet


Klaus Davi

La televisione resterà importante, checché se ne dica, con talk show e confronti. Internet rappresenterà uno strumento di difesa ma anche di attacco in campagna elettorale

non avrebbe mai funzionato». In previsione delle prossime elezioni politiche del 2013 verrà privilegiato un medium piuttosto che un altro? «Non si può prevedere ora. La televisione resterà importante, checché se ne dica, con talk show e confronti. Internet rappresenterà uno strumento di difesa ma anche di attacco in campagna elettorale. Saranno sempre più rivalutate le radio e, in base al sistema elettorale, conterà più o meno la stampa locale». Quali saranno, invece, le strategie utilizzate dai politici in cam-

pagna elettorale? «Anche in questo caso, impossibile prevederlo. Si può, usando il buon senso, pensare a un marketing mix che impieghi tutte le leve, ma poi dipende anche dallo stile del politico e del partito. Ad esempio, il Pdl, che aveva un po’ sottovalutato la rete, sta ora investendo molto su internet. Un’altra variabile è rappresentata dai soldi che gireranno e non va escluso il porta a porta. Questo discorso è, ad ogni modo, condizionato dal sistema elettorale: se rimane quello bloccato, prevarranno i sistemi generalisti. Se ci sarà la preferenza, internet rivestirà un

ruolo ancora maggiore. L’uso dei media non va pensato in astratto, ma declinato in concreto». L’elettorato da quale elemento rimarrà più colpito? «Gli elettori andranno a vedere persino cosa i politici “hanno nelle mutande”, ossia conterà ogni aspetto. E potendo misurare tutto, peserà la coerenza del politico in questi cinque anni. Poi naturalmente incideranno elementi che variano da persona a persona. Le leve di marketing più forte saranno, in generale, la coerenza, l’attività svolta e, certo, inciderà anche la comunicazione». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 43


IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA

È finita l’era del politichese Semplicità e chiarezza sono le parole d’ordine per far presa su un elettorato in larga parte sfiduciato nei confronti della politica dei partiti. L’opinione di Renato Mannheimer Francesca Druidi

li italiani ce la possono fare, basta unire tutte le forze produttive del paese». Frasi come questa, che campeggiano sui quotidiani oppure rimbalzano dalla rete alla Tv, andrebbero evitate dai politici. È l’opinione di Renato Mannheimer, noto sondaggista e presidente dell’Ispo (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione). «Gli italiani cercano oggi messaggi chiari, non più il politichese». Qual è il problema più evidente sul fronte della comunicazione politica? «Si presenta un doppio nodo: da un lato, i politici continuano per lo più a non offrire proposte chiare, semplici e concrete. E, dall’altro, c’è proprio un deficit di credibilità. I politici non sono percepiti come credibili perché in passato non hanno saputo mantenere le promesse fatte». Rileva differenze tra “i tecnici” e il resto della classe politica? «Il governo tecnico è creduto di più, anche se è riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissato inizialmente. Si segnalano differenze di stile piuttosto forti tra i messaggi dei membri del governo tecnico più diretti e precisi - e quelli dei politici tradizionali, maggiormente vaghi e indistinti. Basti prendere ad

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esempio il caso della riforma elettorale: tutti i politici affermano che occorre una riforma elettorale utile per il Paese ma senza entrarvi davvero nel merito perché, in realtà, non vogliono né parlarne né portarla a termine». Nei recenti sondaggi, il consenso degli italiani nei confronti del Movimento 5 Stelle supera ormai la soglia del 20 per cento. Che cosa convince? «Non è una questione di convincimento. È che il Movimento 5 Stelle se la prende con i partiti. È così grande la sfiducia nei confronti dei partiti tradizionali che i cittadini o dicono che non vanno a votare - il 50 per cento in questo momento - o vanno in cerca di una sponda che li rappresenti contro questi soggetti». Quanto funziona oggi un linguaggio acceso? «Ha sempre funzionato. Ha cominciato Bossi e ha subito avuto successo. In base alle analisi che avevamo realizzato al tempo, emergeva l’apprezzamento verso un certo tipo di linguaggio un po’ grezzo, perché riproduceva a grandi linee le conversazioni nei bar sotto casa, trasmettendo una

Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione

sensazione di vicinanza all’elettorato. Bossi identifica un estremo di questa tendenza, ma comunque un linguaggio un po’ grezzo solitamente aiuta. Ciò che conta davvero è la semplicità dei messaggi, come ha dimostrato il Berlusconi dei tempi d’oro». Quali strategie utilizzeranno i politici nella prossima campagna elettorale? «Mi auguro per loro che sapranno essere più convincenti rispetto a quanto hanno saputo fare finora». Su quali temi verterà la corsa elettorale? «La principale preoccupazione per gli italiani è il lavoro, anche per chi ha il posto fisso. Chi saprà fare maggiore presa su questo versante partirà con un sostanziale vantaggio».



STRATEGIE

Un territorio a vocazione internazionale Il Piemonte è la quarta regione esportatrice in Italia ma vanta anche centri di eccellenza nella ricerca, una spiccata cultura industriale e una forte spinta all’innovazione. Giuseppe Donato, presidente di Ceipiemonte, indica su quali temi occorre far leva per posizionarsi con maggior successo sui mercati Renata Gualtieri

l Piemonte gioca un ruolo essenziale nello sviluppo dell’economia italiana, affiancando tradizione industriale e capacità d’innovazione, propensione alla ricerca e qualità della vita, patrimonio artistico ed enogastronomia. Una regione che è conosciuta nel mondo come capitale dell’industria automobilistica italiana, ma che vanta aziende di rilievo in numerosi comparti tra cui la robotica, l’Ict, le energie rinnovabili, l’aerospazio, il design e l’agroalimentare. «Nonostante la crisi economica e finanziaria mondiale – tiene a precisare Giuseppe Donato, presidente del Centro estero internazionalizzazione Piemonte – le nostre imprese mantengono una forte propensione al commercio internazionale: nel 2011 il nostro export, al netto del comparto auto, che soffre di una crisi oggettiva, ha registrato un +40 per cento rispetto al 2010, percentuale nettamente al di sopra dell’analogo dato medio nazionale fermatosi al +12 per cento». In cosa emerge la competitività del territorio? «Competenze tecniche, università di eccellenza, centri di ricerca, cultura industriale,

I Giuseppe Donato, presidente del Centro estero internazionalizzazione Piemonte

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qualità della vita, agevolazioni regionali per insediamenti: sono alcune delle buone ragioni che possono spingere a investire a Torino e in Piemonte, un territorio favorito anche dalla posizione geografica che offre l’accesso al più ricco mercato mondiale, con 497 milioni di persone, di cui oltre 330 condividono la stessa moneta unica. Su questi temi occorre fare leva per posizionarsi come “business destination” di qualità, favorendo al contempo il radicamento di chi nel Piemonte ha già creduto e vi si è insediato. Tuttavia è indispensabile che il governo intervenga sulle cause che rendono titubanti gli investitori esteri, al punto che negli ultimi anni gli investimenti verso l’Italia sono stati minori di un terzo rispetto a Inghilterra e Germania e della metà rispetto a Francia e Spagna. Tra le cause ci sono l’elevato carico fiscale, l’atteggiamento ideologico ostile di una parte del sindacato, l’eccesso di burocrazia, la scarsa certezza del diritto e la durata eccessiva dei procedimenti». Qual è oggi il grado d’internazionalizzazione delle imprese piemontesi e come giudica gli investimenti in innovazione?


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Donato

10,3% EXPORT LA PERCENTUALE DI ESPORTAZIONI DEL PIEMONTE SULLA QUOTA COMPLESSIVA NAZIONALE «L’internazionalizzazione è una vocazione storica del nostro territorio, non a caso il Piemonte è la quarta regione esportatrice italiana, con il 10,3 per cento dell’export complessivo nazionale. Il Piemonte inoltre può contare su centri ricerca e poli d’innovazione di livello internazionale, che contribuiscono al consolidamento di un’economia basata sulla conoscenza e sullo sviluppo di servizi avanzati che consente al nostro sistema d’imprese di evolversi e di essere competitive in Italia e nel mondo». Che importanza ricopre il mercato nordafricano e sub-sahariano per la regione? E come il Ceipiemonte segue le imprese nel percorso di sviluppo del proprio business? «Negli ultimi anni il continente africano ha assunto sempre maggiore importanza, dando forti segnali di sviluppo economico. Se si considera l’intera area del nord Africa, l’Italia è, dopo la Francia, il secondo fornitore tra i paesi dell’Unione europea con una quota pari al 10,1 per cento e si colloca al primo posto tra i mercati di sbocco per le esportazioni dell’area. Uno scena-

rio dunque di estremo interesse che stiamo seguendo da vicino accompagnando le imprese in un percorso conoscitivo e di reale sviluppo del proprio business. Per favorire i rapporti economici con l’area nord africana nel 2012 abbiamo organizzato numerose iniziative su incarico della Camera di Commercio di Torino con risultati estremamente incoraggianti: solo per il Marocco l’attività di questi mesi ha generato un flusso di offerte per un valore di circa 29 milioni di euro. Occorre comunque focalizzarsi maggiormente su tutto il continente africano che registra cambiamenti rapidi. Basti pensare che in Congo a PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 47


STRATEGIE

Il principale bacino di riferimento per l’export piemontese è l’Unione europea, che convoglia il 61,7 per cento del nostro export

inizio anno è stato lanciato il primo tablet afri-

cano, Way-C, efficiente e a buon mercato, e che per la fine del 2012 è atteso Elikia, il primo smartphone, che costerà circa 130 euro». Quali gli altri mercati interessanti per le imprese piemontesi? «Il principale bacino di riferimento per l’export piemontese è l’Unione europea, che convoglia il 61,7 per cento del nostro export. In funzione del settore, delle dimensioni e dell’organizzazione aziendale ci sono poi mercati più lontani che possono essere di estremo interesse: penso al Brasile, che ha un radicato legame con il nostro Paese, basato sulla presenza di numerose comunità d’italiani e italo-brasiliani e imprese italiane, e che quindi presenta opportunità interessanti per le aziende di dimensione medio-grande e per le più piccole; all’area del Golfo, particolarmente dinamica nel settore immobiliare e non solo, alla Cina, all’India. Penso a paesi che presentano molte opportunità, ma certamente lontani e difficili, dove le nostre imprese possono essere più competitive superando la tendenza all’individualismo, come stanno facendo, e presentandosi in cordate».

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Quali le iniziative che vedranno protagonista il Centro estero per l’internazionalizzazione nei prossimi mesi? «A settembre siamo stati protagonisti a Helsinki, durante gli eventi della capitale mondiale del design 2012, e a Londra al 100% Design, in ottobre saremo a Designblok, principale manifestazione internazionale di settore della Repubblica Ceca. Sempre in ottobre saremo all’Expo real, importante manifestazione di promozione immobiliare, e al Gitex di Dubai, una delle più importanti fiere mondiali dell’Ict. In novembre ospiteremo due business convention a Torino: una dedicata al settore salute e cosmesi, l’altra alla meccatronica. In dicembre saremo all’Aeromart di Tolosa, uno dei più rilevanti eventi dedicati all’aerospazio, e stiamo già lavorando a un grande appuntamento del 2013: la quarta edizione di Aerospace & defence meetings, unica business convention internazionale in Italia del settore. Tutte iniziative che gestiamo su incarico dei nostri soci, molte di queste sono finanziate dalla Camera di Commercio di Torino. Il piano per l’internazionalizzazione varato dalla Regione e dal sistema camerale ci vedrà coinvolti in prima linea con tanti progetti e attività».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Massimo Slightly Giordano schizoph

Piani operativi per la crescita del Piemonte

La situazione economica rimane difficile ma le imprese piemontesi non abbandonano la voglia di fare impresa. E le politiche regionali, assicura l’assessore allo Sviluppo economico Massimo Giordano, intervengono a sostegno di giovani, occupazione e internazionalizzazione Renata Gualtieri

a Regione Piemonte ha risposto alla crisi con azioni concrete e con risorse reali. Il piano sull’occupazione, sulla competitività, per i giovani e per l’internazionalizzazione, insieme a un reale modo di concertare gli strumenti con le parti sociali, ha permesso al governo regionale di mettere a disposizione almeno un miliardo di euro per interventi a favore delle aziende piemontesi, per aumentare l’occupazione, per agevolare il credito e attrarre risorse. «Sappiamo benissimo – commenta l’assessore allo Sviluppo economico Massimo Giordano – che stiamo attraversando un periodo molto difficile. La crisi uccide la voglia d’impresa e mortifica molti tentativi di ripresa, ma la risposta che in questi mesi il Piemonte ha saputo dare è stata straordinaria». Ha dichiarato di voler accelerare sull’internazionalizzazione, come procederà dunque? «Un piano strategico triennale, finanziato con 20 milioni di euro, per rendere le imprese piemontesi sempre più forti sul mercato internazionale e per ottimizzare la capacità d’intervento delle istituzioni in favore del sistema produttivo, puntando sull’attrazione di risorse esterne. La Regione e il sistema camerale hanno deciso di dotarsi di uno strumento di raccordo strategico e operativo in materia di internazionalizzazione, un piano per rendere più efficaci i rispettivi

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percorsi di programmazione e per realizzare una crescente convergenza sui prioritari obiettivi di sviluppo». Cosa più frena i giovani piemontesi a dar corpo alle loro idee? E quali le azioni previste per favorire la nascita di imprese ad alto contenuto tecnologico? «Soprattutto la mancanza di credito da parte del sistema finanziario che taglia spesso gli entusiasmi dei nostri giovani. Poi la burocrazia fa la sua parte. Il governo regionale ha varato il piano giovani per operare in tre direzioni principali: rimuovere gli ostacoli di accesso al sistema delle opportunità, individuare nuovi canali di dialogo per recepire istanze spesso inespresse, costruire un contesto favorevole alla valorizzazione del merito e della creatività. Sono dieci idee per i giovani piemontesi, con uno stanziamento ini- In alto, Massimo ziale di 11 milioni di euro, per favorire un Giordano, assessore Sviluppo nuovo patto generazionale in favore dell’oc- allo economico della cupazione e dell’imprenditorialità. Le azioni Regione Piemonte intraprese vanno dallo sgravio ai fini dell’Irap per le assunzioni degli under 35 al sostegno finanziario per l’avvio di nuove imprese, dai percorsi di formazione presso le aziende alla creazione di nuove figure professionali». Quali novità possono arrivare dalle tecnologie pulite e come verranno coinvolti i poli d’innovazione del settore? «L’intenzione è di mettere in moto un pro- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 49


STRATEGIE

20 mld INTERNAZIONALIZZAZIONE LE RISORSE MESSE A DISPOSIZIONE DELLA REGIONE CON IL PIANO STRATEGICO TRIENNALE

cesso virtuoso che generi “clean tech”. Ciò si- nuove specializzazioni bisogna lavorare sulla dignifica mettere insieme le eccellenze piemontesi nei diversi settori per realizzare un vero e proprio comparto clean, una sorta di “distretto” grazie agli incubatori rappresentati dai poli di innovazione, che sia la risposta sul mercato globale della capacità piemontese di fare impresa competitiva e innovativa. Per questa ragione l’indirizzo generale del piano strategico per la competitività individua nelle smart&clean technologies la categoria su cui concentrare il sostegno delle politiche pubbliche». In che modo incentivare la ricerca come fattore di sviluppo, promuovendo la collaborazione tra le diverse realtà esistenti? «Il più importante strumento per il superamento dei limiti dimensionali è costituito dalle reti d’impresa o cluster, cui deve essere affidato il compito di favorire il processo di riassetto e ricostruzione di importanti filiere produttive ancora presenti sul nostro territorio. Con questo obiettivo è evidente che il sostegno ai processi di aggregazione deve necessariamente superare le tradizionali logiche territoriali o settoriali per privilegiare, al contrario, forme di cooperazione e alleanza il cui elemento integratore sia costituito dalla capacità di sviluppare allo stesso tempo applicazioni per i nuovi mercati di sbocco, a prescindere dalla comune appartenenza settoriale. Per ciò che riguarda la ricerca di 50 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

versificazione delle nuove imprese e sulla capacità di attrarre investimenti diretti esteri a elevato contenuto di conoscenza e in grado di portare valore aggiunto sul nostro territorio. Le nostre misure sui contratti di insediamento sono la migliore risposta a questa esigenza basilare». È importante che anche la scuola sia al passo con i tempi. Come giudica il percorso d’innovazione della didattica che sta portando avanti il Piemonte? «Estremamente positivo perché non si può prescindere da un sistema didattico che non sia adeguato al salto in avanti che dobbiamo necessariamente compiere. E non mi riferisco solo ai cardini dell’insegnamento basico, ma anche a quello che tende a specializzare i nostri ragazzi e che riesce a trarne le migliori aspirazioni, fornendo loro gli strumenti utili per entrare nel mercato del lavoro alla pari con i loro coetanei europei e di altri paesi. Parlando di azioni concrete, voglio sottolineare l’accordo che la Regione ha siglato da qualche giorno con il Ministero dell’Istruzione: 4,3 milioni di euro per le scuole piemontesi. Serviranno per l’informatizzazione a tappeto in ogni classe e per garantire la funzionalità delle scuole di montagna, dove i disagi logistici spesso sono enormi. Questi sono gli investimenti che garantiscono un futuro al territorio».



RICERCA SCIENTIFICA

Le eccellenze e le difficoltà della ricerca in Italia Occorre attrarre e trattenere il capitale creativo, valorizzarne ruolo e funzione, nella prospettiva di rilancio e crescita del Paese. Luigi Nicolais illustra luci e ombre della ricerca scientifica in Italia Nicolò Mulas Marcello l Cnr è nato ormai 90 anni fa ed è il maggior ente di ricerca italiano in cui si svolge ricerca di base e applicata. Oggi lo stato di salute della ricerca nel nostro Paese, secondo Luigi Nicolais, presidente del Cnr, è per così dire “resistente”: «Nel senso che, a fronte di alte e qualificate prestazioni confermate dai risultati e dai riconoscimenti internazionali conquistati dai nostri bravi ricercatori, la quotidianità è condizionata da numerosi e sfibranti problemi. Tra i principali, l’esiguità di risorse, un eccessivo precariato, una burocrazia molto articolata e complessa, la frammentazione delle strutture scientifiche e formative, le dimensioni degli apparati produttivi, la bassa propensione al rischio da parte del mondo finanziario, l’assenza di ecosistemi di innovazione. Insomma: fare ricerca in Italia, tra le criticità proprie del sistema, non è facile né agevole, per certi aspetti è addirittura disincentivante. Ecco perché la definirei una ricerca resistente». Parliamo delle eccellenze. Quali sono i settori nella ricerca nel nostro Paese che maggiormente possono competere con

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Luigi Nicolais, presidente del Cnr

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l’Europa e il resto del mondo? «La ricerca italiana è eccellente in tutti i settori: dalla linguistica all’oncologia, dall’Ict alle nanotecnologie, dal diritto alla fisica, solo per citarne alcuni. Il dato positivo, che si dovrebbe con maggior coraggio assumere a punto di forza, è che non abbiamo particolari ritardi a livello internazionale, come dimostrano i numerosi indici di produttività scientifica, se non nella scarsa utilizzazione dei risultati conseguiti dalla ricerca e nel loro mancato trasferimento al sistema produttivo e dei servizi, anche per la scelta di molte imprese di puntare su altri fattori di competitività: contrazione dei salari, delocalizzazione, mantenimento di infrastrutture e tecnologie datate. Tutto ciò genera un corto circuito, di non facile soluzione, che condiziona la tenuta competitiva dell’intero Paese e innesca pericolosi circoli viziosi dagli effetti devastanti». Si parla sempre di fuga di cervelli, ma qual è il problema di fondo e come si scelgono i settori strategici su cui investire? «La fuga dei cervelli è collegata alle difficoltà da parte del mondo della ricerca pubblica e privata di offrire, in tempi ragionevoli, prospettive di stabilità e progressione ai ricercatori. L’immobilismo in cui la ricerca è costretta viene da lontano ed è il risultato di criticità spesso interne alla stessa comunità scientifica. È necessario un intervento straordinario da parte del governo, ma anche un impegno forte da parte del sistema produt-


XxxxxxxLuigi Xxxxxxxxxxx Nicolais

I giovani sono necessari alla ricerca, servono ad assicurare al settore continuità e creatività: senza di loro non è possibile far avanzare le conoscenze, esplorare nuovi campi

tivo, finanziario e scientifico. L’obiettivo da perseguire è quello di attrarre e trattenere il capitale creativo, valorizzarlo, nella prospettiva di rilancio e crescita del Paese. È indubbio poi che tra gli investimenti, soprattutto per quelli provenienti dal mondo industriale, vanno date priorità alle nanotecnologie, all’Ict, alle energie rinnovabili, alle biotecnologie, settori che promettono riscontri applicativi e vantaggi competitivi più immediati». Parliamo di giovani. È cambiato in qualche modo negli ultimi anni l’atteggiamento verso la ricerca da parte dei neolaureati? «Negli ultimi anni si è andata affermando un’idea di successo sociale che ha avuto un effetto devastante su scuola, università e ricerca. I cali delle iscrizione ai licei e delle immatricolazioni universitarie rappresentano solo la punta più avanzata di fenomeno che denuncia una sottintesa sfiducia verso la conoscenza come fattore di mobilità e affermazione. In questo contesto, chi sceglie

la via della ricerca è altamente motivato ed è consapevole di cosa lo attende. E, per fortuna, molti tra i giovani neolaureati scelgono di proseguire la loro esperienza formativa e di affermazione professionale continuando a restare nel mondo della ricerca. Ma gli abbandoni causati dalla mancanza di opportunità, dall’assenza di risorse, da scelte e comportamenti miopi e sleali rappresentano una perdita enorme per tutta la comunità scientifica. E un torto e un’offesa alla parte migliore del Paese e al suo futuro. Questi abbandoni disincentivano, demotivano, ingrigiscono e ingessano ulteriormente il sistema. Tutto ciò ci impoverisce e ci fa retrocedere. I giovani sono necessari alla ricerca, servono ad assicurare al settore continuità e creatività: senza di loro non è possibile far avanzare le conoscenze, esplorare nuovi campi, il loro entusiasmo, la loro passione sono contagiosi. Bisogna operare affinché sempre più giovani scelgano la via della ricerca e che vi restino con successo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 53



CREDITO & IMPRESE

QUALITÀ DEL CREDITO ANCORA IN AFFANNO Il peggioramento del quadro congiunturale nell’ultimo scorcio del 2011 ha avuto serie ripercussioni sulla dinamica del credito alle imprese. In base al rapporto di Banca d’Italia sull’economia piemontese, il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti, che era diminuito di 0,2 punti percentuali nei primi nove mesi dell’anno, attestandosi all’1,5 per cento, è tornato ad aumentare nel quarto trimestre (1,6 per

cento). L’impegno del sistema bancario è quello di restare al fianco delle imprese, operando con le istituzioni per dipanare i principali nodi relativi all’accesso al credito, tra cui la comunicazione tra banche e realtà produttive e i crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pa. Un ruolo sempre più importante, sul fronte economico, sociale e culturale, è rivestito anche dalle fondazioni di origine bancaria. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 55


CREDITO & IMPRESE

UN MIGLIORE RAPPORTO TRA BANCA E IMPRESA L’Abi mette in campo a livello nazionale e regionale iniziative per smobilizzare i crediti che le imprese vantano nei confronti della Pa e per agevolarne il rafforzamento patrimoniale. Ne parla il presidente della commissione piemontese, Antonio Nucci Francesca Druidi

l credito bancario alle imprese, che era tornato a crescere all’inizio del 2011, a partire dall’autunno ha ripreso a contrarsi (-1,3 per cento nel dicembre scorso); un calo che si è protratto nei primi tre mesi del 2012 (con una diminuzione, ancora non definitiva, del 2,7 per cento). Antonio Nucci, presidente della commissione Abi Piemonte, fa il punto sul mercato del credito in regione. Qual è la situazione, tenendo conto dello scenario generale? «In Italia, come nella nostra regione, con il proseguire delle tensioni sui mercati finanziari internazionali, il ciclo economico continua a permanere stagnante. Tra i settori che soffrono c’è anche quello bancario, le cui sofferenze sono in costante crescita e raddoppiate negli ultimi anni. Il deterioramento della

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congiuntura nella seconda parte del 2011 si è riflesso inevitabilmente sulla qualità del credito. Oggi gli impieghi risentono dell’andamento dello spread e della difficile fase dell’economia italiana e specialmente della contrazione degli investimenti. Sulla dinamica del credito impattano le difficoltà di raccolta delle banche sui mercati internazionali connesse con l’insorgere delle tensioni sul debito sovrano italiano e l’indebolimento della domanda da parte delle imprese, dovuto all’evoluzione negativa della congiuntura». E quale sarà, a suo avviso, l’andamento nei prossimi mesi? «È auspicabile che grazie al piano anti spread deciso dalla Bce e all’attesa normalizzazione del mercato, fortemente influenzato da fenomeni speculativi, il credito migliorerà nei prossimi mesi».


Sono state varate nuove misure per l’accesso al credito delle pmi. «Il sistema bancario sta facendo il massimo nelle attuali, difficili, condizioni e continua a svolgere un ruolo cruciale per il buon funzionamento dell’economia del Paese. In questa fase occorre bilanciare il sostegno all’economia con i limiti imposti dalle norme, dai vincoli organizzativi e dalla crisi delle risorse. Occorre, inoltre, ragionare su misure non convenzionali, come la moratoria sui crediti con le associazioni d’impresa e quella con le associazioni dei consumatori. È ciò che l’industria bancaria continua a fare. Proprio a febbraio di quest’anno è stata raggiunta l’ennesima intesa sulle misure da adottare per il credito alle pmi, al fine di assicurare la disponibilità di adeguate risorse per le imprese che, pur registrando tensioni, presentano comunque prospettive economiche positive. Nell’ambito di quello stesso accordo, sono state avviate altre importanti iniziative a favore delle aziende, ossia la costituzione del plafond “Progetti Investimenti Italia” per il finanziamento delle pmi e operazioni di smobilizzo dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione». Sono previsti ulteriori accordi e iniziative?

«A livello regionale sono in corso di definizione tra le istituzioni e la commissione Abi alcune iniziative l’accordo tra queste, con Finpiemonte per il cofinanziamento, attraverso provvista Bei e fondi bancari, per agevolare il rafforzamento della struttura patrimoniale delle piccole e medie imprese mediante prestiti partecipativi. Inoltre, la convenzione per favorire la realizzazione di interventi di risparmio energetico negli edifici esistenti e il ripristino del fondo temporaneo di garanzia per le grandi imprese». Un’impresa non va valutata solo dal punto di vista del bilancio, ma anche sotto il profilo del suo valore intrinseco, spesso non quantificabile con i numeri. Come si può migliorare la comunicazione e, in generale, il rapporto Il presidente tra banche e imprese? della commissione «Banche e imprese stanno già lavorando di Abi Piemonte, concerto per favorire la comunicazione fi- Antonio Nucci nanziaria, quindi per migliorare la modalità di relazione reciproca. Proprio in Piemonte a ottobre prenderà il via un’iniziativa sviluppata congiuntamente dalla commissione regionale dell’Abi, dal comitato Piccola industria dell’Unione industriale di Torino e dall’Ordine dei commercialisti di Ivrea, Pinerolo e Torino, co-finanziata dalla Camera di Commercio PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 57


CREDITO & IMPRESE

Banche e imprese stanno già lavorando di concerto per favorire la comunicazione finanziaria, quindi per migliorare la modalità di relazione reciproca

e dall’Unione industriale di Torino, all’in- rito creditizio significa mettere in pericolo, di terno del progetto chiamato “Una migliore relazione banca e impresa: un percorso comune”». Basterà ciò per favorire la ripresa? «Esistono caratteristiche strutturali tipiche del comparto produttivo nazionale che andrebbero superate: la ridotta dimensione delle imprese può rappresentare un freno alla ricezione delle innovazioni e allo sviluppo aziendale, specialmente quello rivolto alle esportazioni verso quei paesi con le migliori prospettive di crescita. A ciò si associa una struttura finanziaria delle nostre imprese sbilanciata sul debito e con modesta patrimonializzazione. In questa situazione di generale contrazione di risorse, le banche non hanno mai smesso di far mancare il loro appoggio alle imprese e alle famiglie meritevoli di credito, varando anche una serie di provvedimenti, unici in Europa, che hanno liberato un ampio volume di liquidità per quelle più colpite dalla crisi. È nell’interesse collettivo che gli istituti di credito rimangano in salute e non mettano a repentaglio i risparmi depositati dai cittadini. Il credito non è altro se non l’impiego dei soldi raccolti dalle banche dai piccoli risparmiatori, dalle famiglie e dal mercato finanziario. Chiedere di concedere credito senza l’adeguata valutazione del me-

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fatto, i risparmi degli italiani». Quali investimenti possono rilanciare l’economia piemontese? «L’economia piemontese ha potenzialità tali da poter ripartire non appena si manifesteranno le prime avvisaglie di crescita. La cultura imprenditoriale è diffusa, i prodotti realizzati sono innovativi, ricercati ed esportati in tutto il mondo; le maestranze hanno un’alta specializzazione. È attivo uno fra i più apprezzati Politecnici europei. Le imprese piemontesi, per favorire l’uscita dalla crisi, devono puntare ancora di più su investimenti in innovazione e formazione, così come devono utilizzare ogni strumento utile alla crescita dimensionale, al fine di incrementare il volume delle esportazioni verso quei paesi che possono godere di un forte sviluppo economico. Ciò permetterà di contrastare la riduzione della domanda interna e, quindi, di favorire l’aumento dell’occupazione. Innescando un meccanismo virtuoso per la ripresa dei consumi. È altrettanto necessario concretizzare gli investimenti infrastrutturali, per essere al centro del crocevia est-ovest e del collegamento tra i paesi del nord Europa e quelli del Mediterraneo, al fine di intercettare le linee del commercio internazionale».



IL RUOLO DELLE FONDAZIONI

SERVE DIALOGO TRA POLITICA E FONDAZIONI Sergio Chiamparino, presidente della Compagnia di San Paolo, conferma i settori di intervento della fondazione, affiancando alle finalità più propriamente sociali un notevole sforzo in ottica sviluppo. Con un occhio di riguardo a ricerca e formazione Francesca Druidi

opo Torino, una delle maggiori fondazioni private d’Europa. L’ex sindaco Sergio Chiamparino ha assunto dallo scorso maggio la presidenza della Compagnia di San Paolo, principale azionista di Intesa SanPaolo. Il suo insediamento avviene in un momento particolare, non solo per le delicate condizioni economiche attuali, ma anche per il recente varo della Carta delle Fondazioni, un codice di autodisciplina che pone dei paletti ben definiti nel rapporto tra politica e fondazioni bancarie. Come valuta questa esigenza di affermare “nero su bianco” principi come l’autonomia, considerando anche la sua esperienza di politico e amministratore? «Uno dei problemi dell’Italia, in tutti i campi, è la scarsa attenzione che si è sempre posta ai

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conflitti di interesse reali o potenziali. In questo caso, il fatto che si introducano elementi in grado di rafforzare l’autonomia e l’indipendenza dei componenti delle fondazioni è positivo. Però io stesso nel congresso nazionale dell’Acri dello scorso giugno a Palermo mi sono battuto per far passare - ed è stato accolto - un emendamento che allargasse l’area del cosiddetto freezing. L’esigenza di avere garanzie sul fronte dell’autonomia rispetto ai ruoli che si ricoprono prima e dopo la partecipazione agli organi delle fondazioni, è giusta ma deve valere anche per altri ambiti. La politica può essere portatrice di conflitti di interesse potenziali e di un uso della fondazione a fini di carriera personale, ma non identifica l’unico caso, basti pensare al contesto accademico in cui possono verificarsi conflitti di interessi


forti, anche se meno evidenti». Come si ridefinisce il rapporto delle fondazioni con la politica? «Si profila un rapporto di autonomia, di reciproco confronto dialettico ma non di reciproca esclusione. La politica può piacere o meno, può essere fatta bene o male, ma è ciò che ci governa nella vita quotidiana. Le fondazioni hanno una funzione sussidiaria rispetto alla pubblica amministrazione, che risponde del suo operato in modo diretto al cittadino». La capacità erogativa messa in campo nel 2012 dalla Compagnia di San Paolo è in aumento rispetto ai precedenti esercizi. «Dovremmo riuscire a mantenere il budget di erogazione senza intaccare il fondo di stabilizzazione, registrando forse anche un lieve aumento nella capacità erogativa. Siamo relativamente tranquilli circa la possibilità di far fronte all’indubbio aumento di richieste che ci aspettiamo si verificherà sul versante sociale e non solo. Ma l’obiettivo è anche quello di guardare alla crescita come necessario veicolo di uscita dalla crisi. Per questo, investire nella ricerca scientifica e nella formazione per noi resta uno dei punti fermi; riusciremo, a questo proposito, a mantenere e probabilmente ad aumentare il nostro plafond. Lo scenario attuale genera inevitabilmente delle preoccupazioni, ma posso contare su una macchina gestionale che, grazie alla professionalità e alla

lungimiranza con cui sono stati diversificati gli investimenti patrimoniali, permette alla Compagnia di San Paolo di affrontare il presente con una certa serenità». Quali sono le linee guida di intervento della fondazione per il prossimo futuro? «Nel 2011 sono stati stanziati circa 130 milioni di euro: 45 milioni per le politiche sociali e l’educazione, 30 milioni per il patrimonio storico-artistico e le attività culturali e altri 45 circa per ricerca scientifica e tecnologica, formazione e sanità, ai quali si affianca una parte minore dedicata a specifici progetti e iniziative. Continueremo a concentrarci su queste direttrici trainanti. C’è poi un capitolo interessante rappresentato dai cosiddetti “mission-related investment”, ancora marginali per quanto ci riguarda (20-30 milioni sono investiti nell’housing sociale) ma destinati a rivestire un ruolo ancora più significativo nel futuro, in quanto si tratta di investimenti che abbinano la generazione di un’adeguata redditività al perseguimento dei rispettivi obiettivi di missione». Quale ruolo le fondazioni bancarie sono destinate a ricoprire? «Le fondazioni di origini bancaria vedono progressivamente accrescere il loro ruolo, perché sono partner essenziali su almeno tre versanti: le politiche di sviluppo locale, le politiche di welfare legate al sociale e le politiche di valorizzazione dei beni culturali».

Sergio Chiamparino, presidente della Compagnia di San Paolo

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MODELLI D’IMPRESA

Diversificare, puntando sull’economia reale La crisi del settore automotive spinge le aziende dell’indotto ad ampliare il raggio d’azione. Affiancando settori affini. Secondo Attilio Fresia, però, gli investimenti in ricerca, formazione e tecnologia di produzione restano i capisaldi per la rimodulazione strategica Luca Cavera

nvestimenti, formazione e verticalizzazione del processo. È intorno a questi tre concetti che si è concentrata la strategia di San Grato Spa, azienda specializzata nello stampaggio a caldo degli acciai per il settore automotive. Queste scelte hanno permesso alla società di San Carlo Canavese di chiudere il 2011, anno in cui ricorreva il cinquantenario dalla fondazione, con livelli di fatturato e produzione prossimi a quelli precrisi, quando erano state raggiunte le 43mila tonnellate di acciaio trasformato, avviando nuove partnership anche sul fronte della ricerca e dello sviluppo, in sinergia con centri universitari. E questo nonostante il

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Attilio Fresia, amministratore delegato della San Grato Spa di San Carlo Canavese (TO) www.sangrato.it

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mercato di riferimento non stia attraversando uno dei suoi momenti migliori. «Questi risultati – afferma l’Ad Attilio Fresia – sono legati indubbiamente al mercato estero – che rappresenta il 50 per cento del fatturato –, in particolare Francia e Germania, che sono i nostri due primi mercati europei per importanza. Tuttavia l’attuale crisi pone dei seri interrogativi sull’espansione: la componente fiducia al momento è piuttosto bassa. Noi cerchiamo di contrastare questa situazione mantenendo invariata la quota dei nuovi investimenti e diversificando anche al di fuori del nostro core business». La ricerca di fonti di produzione da energia rinnovabile, contraddistingue altresì la politica finanziaria aziendale. «Nel 1994 si è compiuto l’acquisto di una centrale idroelettrica in Piemonte, con la capacità produttiva di 15 milioni di Kw. Nel 2010, poi, abbiamo terminato l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti di entrambi gli stabilimenti, con un progetto integrato che ha ottimizzato anche l’impatto ambientale». Quali fattori hanno contribuito all’elaborazione della vostra strategia, rivelatasi vincente? «I continui rapporti con le società europee, oltre a offrire chiari vantaggi di arricchimento tecnico-culturale, ci hanno permesso di cogliere quale sia l’importanza strategica della formazione del personale. E questo, con l’indispensabile supporto del direttore degli stabilimenti, ci


Attilio Fresia

40.000

TONNELLATE A TANTO AMMONTA

LA QUANTITÀ DI ACCIAIO TRASFORMATO DA SAN GRATO SPA NEL 2011

ha spinto a dare vita a un progetto di formazione mirata rivolto a tutti i livelli aziendali. Per quanto riguarda la verticalizzazione del processo, questa è stata dettata dalla tendenza del mercato a orientarsi sempre più spesso verso l’acquisto di un prodotto finito, pronto all’assemblaggio in linea. Abbiamo risposto prontamente a questa necessità, avviando joint venture con aziende di lavorazione meccanica e trattamento superficiale, questo ha prodotto un miglioramento del valore aggiunto e ci ha spinto verso la ricerca specifica su particolari più complessi e innovativi». Quali sono stati i progetti, in tal senso, che vi hanno consentito di compiere i passi più significativi? «L’interscambio di idee e l’impiego di nuove metodologie nella costruzione degli stampi hanno consentito di razionalizzare la progettazione, la realizzazione e la produzione. Abbiamo investito in macchine Cnc di ultima generazione, necessarie per la lavorazione delle attrezzature di stampaggio che permettono di ottenere dei risultati, sia in termini produttivi che qualitativi, tali da ridurre i costi e ottimizzare la resa degli stampi, sopportando lavorazioni molto gravose anche su materiali molto resistenti e tenaci, che accrescono la durata in produzione». E, invece, quali sono state le maggiori criticità che avete dovuto affrontare? «Mentre il fattore critico rappresentato dalla concorrenza dei paesi low cost risulta attenuato dalle performance globali che riusciamo a fornire ai nostri partner in termini di total cost, il vero

problema si confermano i costi del sistema Italia, che non ci permettono di essere così competitivi come sarebbe auspicabile per l’intero indotto. I maggiori costi che gravano sulle aziende italiane rispetto ai concorrenti europei, come quelli energetici, il cuneo fiscale e il costo della burocrazia – espresso sia in termini economici che in fattore tempo – sono le componenti che maggiormente pesano sul bilancio delle aziende e sulla competitività». Ritiene che si stia lavorando per eliminare o attenuare il peso di queste problematiche? «Certamente sono tematiche di estrema attualità. Notiamo che da parte degli esponenti politici e di Confindustria vengono spesso menzionate, ma con esiti tuttora troppo scarsi rispetto alle motivate e giustificate necessità degli imprenditori e dei cittadini. Per far fronte a questo “fardello” di oneri finanziari, il nostro must è l’efficienza, la riduzione dei costi e degli sprechi. In tal senso la difficile situazione scaturita nel quarto trimestre del 2008 ha sicuramente segnato una svolta nell’approccio ai problemi, nel valutare con maggior attenzione l’evoluzione del debito pubblico mondiale e la speculazione finanziaria. La pesante crisi del 2008 ha obbligato la struttura manageriale a rivedere in maniera significativa l’organizzazione dei nostri due stabilimenti, ottimizzando l’utilizzo delle risorse grazie alla nascita e allo sviluppo di una serie di attività sinergiche». Con quali azioni avete reagito? «La strategia che abbiamo adottato per combat- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 65


MODELLI D’IMPRESA

SPECIALIZZAZIONE E DIVERSIFICAZIONE n concorrenza con i principali esponenti internazionali, la San Grato Spa propone da cinquant’anni soluzioni innovative nello stampaggio a caldo degli acciai, soprattutto nel comparto delle sospensioni per automobili e veicoli commerciali, avendo come mercati di riferimento principali Francia e Germania. La società nell’ultimo quinquennio ha dedicato una particolare attenzione allo sviluppo dell’ufficio progettazione, mediante l’utilizzo di software mirati e alla costante forma-

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zione delle giovani risorse umane che vi operano. Attualmente, a causa della crisi del settore automotive, l’azienda di San Carlo Canavese sta diversificando la propria produzione nell’ambito delle macchine agricole, movimento terra, motociclistica e applicazioni industriali. Per soddisfare i requisiti di mercato, San Grato ha ottenuto le certificazioni ISO/TS 16949 Third Edition, ISO14001:2004 ed ha avviato le procedure per ottenere la OHSAS 18001 per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

tere sia la concorrenza dei paesi low cost, sia i svolto la collaborazione con il mondo unimaggiori costi che dobbiamo sostenere in Italia, è caratterizzata da attività di co-design, dall’investimento in macchinari di nuova tecnologia, dall’automatizzazione dei processi e dall’aver avviato collaborazioni con università e centri di ricerca – voci che sommate rappresentano, annualmente, il 5-6 per cento del fatturato. I nuovi macchinari – robot antropomorfi e presse di nuova concezione interamente progettate e costruite in Italia – sono in grado di produrre in maniera più performante, con canoni qualitativi ancora più elevati, atti a garantire una continuità e una ripetibilità del prodotto tali da fornire al cliente una sicurezza superiore alla media. La riduzione dei costi non poteva non contemplare l’utilizzo delle automazioni, che sono state inserite sia nel processo di stampaggio, sia nelle operazioni accessorie che sono tipiche dei particolari di sicurezza». Quale ruolo ha

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versitario e della ricerca? «Abbiamo iniziato a lavorare con l’Ateneo di Torino e alcune società di servizi a esso legate, con le quali abbiamo sviluppato alcuni progetti, riuscendo a fornire al cliente la completa prototipazione virtualizzata dei componenti. Ovvero analisi statiche in campo elastico lineari e non, analisi di comportamento dinamico, analisi modale delle vibrazioni, analisi cineto-dinamica, calcolo del grado di sicurezza e resistenza alla fatica dei particolari con sollecitazioni dinamiche forzanti imposte dall’esterno, verifica di instabilità e dei carichi di punta, analisi agli urti, studio di ottimizzazione della geometria con riduzione peso e redistribuzione delle masse». Come si sta evolvendo dunque l’approccio e il modus operandi nei confronti dei principali attori del settore automotive? «La fidelizzazione è un aspetto che certamente rende il rapporto più costruttivo e duraturo. In quest’ottica proponiamo al mercato risposte sempre più complete. Cerchiamo, oltre a essere propositivi, di anticipare le richieste e le necessità dei nostri partner, presentando soluzioni innovative che non siano soltanto vantaggiose in termini di costi, bensì siano anche in grado di ottimizzare


Attilio Fresia

Abbiamo introdotto l’automazione sia nel processo di stampaggio, sia nelle operazioni accessorie dei particolari di sicurezza

le fasi di lavorazione e di assemblaggio nei processi dei nostri committenti. Essendo il nostro mercato di riferimento essenzialmente estero, abbiamo puntato anche sulla preparazione del personale in termini professionali di competenza linguistica, in maniera tale da poter dialogare direttamente con i resident engineer stranieri. In considerazione del fatto che in questo momento il settore dell’auto è in crisi, parallelamente stiamo cercando nuovi sbocchi». In quali direzioni vi state muovendo? «Ritengo che l’importanza e la solidità di un’azienda si giudichino anche dalla sua diversificazione, sia in termini di clienti che, soprattutto, dai settori di mercato. Per questa ragione stiamo riducendo l’impatto dell’incidenza dell’automotive a favore di altri mercati. Fra questi quello delle macchine agricole, movimento terra, motociclistico e delle applicazioni industriali. Attualmente il settore più soddisfacente è proprio quello agricolo, dove la tecnologia, il design e la funzionalità stanno contrastando con successo la complessa situazione economica. Il movimento terra, seppur con qualche recente diminuzione dei volumi, rappresenta uno dei primi settori dove abbiamo verticalizzato il processo di produzione e anch’esso è parte importante del fat-

turato. Ci stiamo quindi rivolgendo con maggiore vigore a questi due settori, che riteniamo possano fornire delle soddisfazioni più durature e costanti rispetto ad altri in cui la speculazione finanziaria determina in maniera quasi speculare l’andamento». Quali i progetti, le sfide e gli obiettivi che attendono la vostra realtà imprenditoriale nei prossimi mesi? «La concorrenza a livello globale è sempre più agguerrita. Nel 2008, quando le indicazioni di mercato fornivano ancora previsioni ottimistiche di incrementi del 10-15 per cento per tutti gli anni fino al 2013, si è generata una capacità installata che oggi va ben oltre la domanda effettiva. Per questo la necessità più attuale è quella di ammortizzare i nuovi impianti – necessità diventata un obbligo di sopravvivenza per le aziende stesse, con prezzi che talvolta vanno al di sotto della soglia del break-even point. Per contrastare questo basso livello dei prezzi, continuiamo a investire in macchinari innovativi, dando massima fiducia alla capacità tecnico-commerciale delle persone, le quali lavorano sempre più spesso in team».

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MODELLI D’IMPRESA

L’ingegneria dell’automotive targata Torino l Piemonte annovera il 40 per cento del settore automotive italiano. Ma la crisi sta colpendo duramente questo indotto, in modo particolare Torino che si trova sotto il livello minimo. Il settore dell’automotive sopporta da mesi infatti quote di produzione incompatibili con la sua esistenza. Quasi metà delle aziende della fornitura e le società della componentistica sono state travolte dal crollo delle vendite in Europa. Futuro fosco, ma non per tutti. Un quarto delle società vive egregiamente anche in periodi di crisi e macina il 90 per cento degli utili del settore. Utili importanti. Nel 2011 la componentistica auto nel mondo ha realizzato più guadagni dei costruttori. Inoltre la differenza tra il gruppo del primo venticinque per cento dei fornitori mondiali e il resto delle società del settore va aumentando in modo vistoso; per questo motivo rimanere nel primo quarto dei componentisti è decisivo. E visti i

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Sergio Topino è titolare della Eucom Disegni Industriali di Rivoli (TO) www.eucom.it

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Salvaguardare e far crescere le potenzialità e le competenze ingegneristiche del polo tecnologico di Torino. È questa la missione che sta portando avanti Eucom. Ne parla Sergio Topino Marco Tedeschi

numeri e le collaborazioni, sembra proprio essere in quel 25 per cento Eucom, società torinese fondata negli anni ottanta che si è specializzata nel settore dell’automotive, in modo particolare nei sistemi di produzione per l’assemblaggio e la saldatura. Ne parliamo con Sergio Topino, titolare dell’attività. Da cosa è rappresentato il know-how della Eucom oggi? «Con l’attuale specializzazione, ormai consolidata nel tempo, possiamo fornire tutta una serie di attività che sono necessarie per soddisfare un servizio “chiavi in mano” dal punto di vista dell’ingegneria. Le attività riguardano simultaneous engeneering, studi di fattibilità, metodi di saldatura, analisi tempi, cartellini operazioni, processi di assemblaggio e saldatura, progetto di attrezzature prototipali, progetto di isole e linee automatiche, simulazione robot (robcad / Delmia Robotics). Per coprire tutte le richieste del mercato per quanto riguarda la progettazione meccanica oltre l’automotive, la Eucom ha come consociato lo studio tecnico S.T.M. Con queste risorse si aggiungono alle forniture sopramenzionate anche le attività di progettazione di macchine utensili per lavorazione meccanica, di linee automatiche di montaggio meccanico e di movimentazione in genere (trasportatori, pick up, manipolatori)».


Sergio Topino

Negli anni di crisi abbiamo diversificato, aggiungendo al know how nell’automotive la progettazione per il settore aeronautico e sviluppando attrezzature per EADS-CASA e per il Boeing A350

Torino rappresenta un importante centro a livello ingegneristico e di automotive. In che modo vi si inserisce la Eucom? «La Eucom ha dovuto subire, come tutte le aziende del settore automotive, la terribile crisi degli anni 2009/2010. Purtroppo le conseguenze per il polo tecnologico di Torino, già indebolito da anni per l’effetto della globalizzazione e per il decentramento di varie ditte in paesi low-cost, sono state nefaste. Una competenza che ci era riconosciuta e pure invidiata anche da paesi come Germania e Francia rischia pertanto di ridursi fino a scomparire. Purtroppo dobbiamo amaramente constatare che il governo, di qualsiasi tendenza, si è troppo spesso dimenticato di quest’area dell’Italia che in passato forniva lavoro e tecnologia a tutto il mondo. Ebbene, davanti a questo scenario non abbiamo esitato a proporci in tutto il mondo, perché siamo coscienti che le conoscenze che abbiamo ce lo consentono e soprattutto perché l’obiettivo che ci siamo preposti è di dimostrare che si può fare azienda in Italia, esportando le nostre conoscenze». Come ci siete riusciti? «Negli anni di crisi abbiamo deciso di diver-

sificare l’attività, progettando per il settore aeronautico sia attrezzature per EADS-CASA sia attrezzature per il Boeing A350. Abbiamo inoltre continuato a supportare l’automotive e oggi possiamo vantarci di aver disegnato impianti automatici per i maggiori costruttori d’auto del mondo: Volkswagen, Mercedes Benz, Psa, Fiat, Seat, Skoda, Ferrari, Bmw, Ford». Quindi come va oggi il mercato per la Eucom? «Possiamo affermare che in sostanza la Eucom è uscita dal periodo di crisi rafforzata e al momento possiede un ottimo portafoglio ordini soprattutto per costruttori tedeschi. Annoveriamo tra i nostri fornitori alcune aziende indiane per dei lavori di sviluppo, lavori in cui i concetti base di engineering partono da noi. Vogliamo continuare a dimostrare che si può continuare a lavorare dall’Italia e da Torino perché le competenze ci sono e ci vengono riconosciute. Se poi qualcuno che comanda questa nazione bistrattata, si renderà conto che esistono queste realtà aiutandole a sopravvivere in condizioni migliori, allora qualcun altro anziché andarsene da questo paese ci potrebbe ripensare».

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MODELLI D’IMPRESA

L’indotto automotive guarda all’estero l mercato nazionale dell’auto si conferma in flessione anche a luglio, con un meno 21,39 per cento di immatricolazioni rispetto a un anno fa (fonte: ministero dei Trasporti). In un 2012 che si conferma di profonda crisi, quindi, la possibilità di guardare all’estero costituisce l’unica chance per le imprese italiane dell’automotive e dell’indotto. «Negli ultimi anni l’export è diventato sempre più importante per la nostra attività» afferma Giacomo Bonù, fondatore e attuale presidente di Agla, azienda specializzata nella produzione di pulegge monolitiche, poly-V, mozzi in lamiera, componenti per smorzatori. Oggi la Germania rappresenta da sola il 70 per cento del nostro fatturato, mentre il mercato interno si è ridotto al 21 per cento. Prevediamo comunque un incremento di questa quota, grazie a un’importante

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Da sinistra, Stefano Bonù, servizio tecnico, Giacomo Bonù, presidente, Oscar Bonù, amministratore delegato, e Luca Bonù, responsabile di produzione della Agla Power Transmission Spa di Avigliana (TO) www.aglapowertransmission.com

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Mentre in Italia le immatricolazioni continuano a soffrire, con percentuali negative di mese in mese, i protagonisti del know how made in Italy nella componentistica si consolidano in Germania, America e mercati asiatici. La parola a Giacomo Bonù Mauro Terenziano

commessa ottenuta da Maserati». Tuttavia uno dei più importanti risultati raggiunti da Agla nel 2011 è l’acquisizione dell’omologazione Volkswagen. Quindi la tecnologia e il know how italiani, applicati al settore automotive, sono apprezzati oltre confine, come dimostra il risultato con la casa tedesca? «Sono molto apprezzati all’estero, perché garantiscono un’ottima qualità del prodotto. L’acquisizione dell’omologazione Volkswagen è un risultato strepitoso, raggiunto grazie alla ricerca continua e allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche sia per le attrezzature che per i prodotti finiti. È stato anche reso possibile dal processo di verticalizzazione dell’azienda, che ha permesso di racchiudere al nostro interno tutte le fasi di lavorazione, dalla progettazione allo stampaggio, dalla rullatura alla verniciatura e all’assemblaggio degli elementi finiti. Inoltre, essendo un’azienda di dimensioni relativamente piccole, riusciamo a mantenere bassi i costi fissi e allo stesso tempo a garantire un’alta flessibilità decisionale e di conseguenza la massima velocità di esecuzione. Oltre all’espansione sul mercato tedesco, l’omologazione ottenuta dal gruppo Volkswagen ci aprirà le porte di nuovi mercati». A quali paesi esteri guardate per l’avvio di


Giacomo Bonù

Oltre all’espansione sul mercato tedesco, l’omologazione ottenuta dal gruppo Volkswagen ci aprirà le porte di nuovi mercati

nuove partnership? «Siamo in costante e continuo sviluppo e per essere più vicini alle esigenze dei nostri partner e prevediamo di aprire in America un nuovo stabilimento entro la fine del 2012. Da parte dei nostri committenti abbiamo richieste anche per quanto riguarda la Cina, per la quale valuteremo in un secondo momento l’eventuale possibilità di creare una joint venture in loco. Dunque certamente i mercati più importanti per noi sono quello americano e quelli asiatici». Quanto investite in ricerca e sviluppo e su quali progetti state lavorando in questo momento? «La ricerca e lo sviluppo sono un aspetto fondamentale in un settore come quello dell’automotive, caratterizzato di anno in anno dall’introduzione di innovazioni tecnologiche. Il nostro investimento nel 2011 è stato del 5,5 per cento del fatturato. In questo momento stiamo lavorando su nuovi progetti riguardanti i torsional damper con Audi e Volkswagen e su progetto di volani per cambio automatico con Maserati». Quali sono le prospettive, gli obiettivi e gli investimenti previsti per il medio e lungo periodo? «Per la chiusura del 2012 non prevediamo di re-

gistrare un grosso incremento di fatturato. Quello in corso infatti rappresenta per noi un anno di “preparazione” per le nuove commesse che entreranno in lavorazione a partire dal 2013 e dal 2014. Grazie a queste, guardando al prossimo triennio, prevediamo di raggiungere nel 2015 un aumento del fatturato dell’ordine del 100 per cento rispetto al 2012. Per quanto riguarda gli investimenti già programmati, oltre all’apertura dello stabilimento in America, entro fine anno inizieranno i lavori per l’ampliamento dello stabilimento in Sant’Ambrogio – inoltre sono previste ulteriori risorse da destinare all’acquisizione di nuovi macchinari e attrezzature per la produzione. Il 2012 sarà un anno importante non solo per l’avvio di questi nuovi progetti, ma anche perché a ottobre l’azienda Bonù, dalla quale è nata l’Agla, festeggerà i cinquant’anni di attività. Ed è motivo di grande soddisfazione essere già riusciti ad avviare il passaggio generazionale, con mio figlio Oscar in qualità di amministratore delegato e i miei nipoti Luca, responsabile di produzione, e Stefano, al servizio tecnico». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

Superare gli ostacoli, con il lavoro d’équipe Il lavoro di squadra, l’investimento in tecnologia e soluzioni innovative, sono una chiave risolutiva, per aziende come la OCS, che opera nel settore degli stampi, particolarmente gravato dagli effetti della congiuntura. Il punto di Massimo Palombaro Anastasia Martini

a situazione sembra “non dare scampo” al settore, ma molte aziende che realizzano stampi, stanno cercando di reagire, con energia. I dati di Ucisap (Unione Costruttori Italiani Stampi & Attrezzature di precisione) relativi al primo trimestre 2012 restituiscono un quadro negativo, con un fatturato che segna un meno 41,5 per cento, il meno 19 per cento dei profitti e meno 18 per cento di occupazione, per investimenti allo 0 per cento. Una situazione che riguarda anche la OCS, azienda che si occupa della costruzione di stampi. «La nostra impresa – spiega l’amministratore, Massimo Palombaro – è nata circa 30 anni fa come officina per lavorazioni conto terzi di meccanica generale, specializzata nella fabbricazione di stampi per tegole ceramiche e loro accessori e, in particolare per lavorazioni meccaniche di alta precisione. Negli anni la nostra attività è cresciuta, maturando una professionalità che ci ha permesso di mettere a punto nuove soluzioni. Purtroppo la crescita della OCS ha subito una battuta d’arresto nel 2008, con l’affermarsi della crisi globale, preceduta, qualche anno prima, da uno stravolgimento della situazione, causato da alcune vicende giudiziarie che hanno coinvolto in altrettanti crack finanziari le più importanti aziende per le quali lavoravamo».

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La OCS Srl ha sede a Monastero Vasto (CN) www.stampi-OCS.it


Massimo Palombaro

La OCS ha deciso di investire sull’ampliamento degli spazi e su macchine tecnologicamente avanzate per affrontare le sfide del mercato

Le difficoltà non hanno impedito alla OCS di elaborare strategie finalizzate al contrasto di una situazione apparentemente priva di sbocchi. «L’azienda – prosegue Palombaro – decise di investire sull’ampliamento degli spazi e sull’acquisto di macchine tecnologicamente avanzate per affrontare direttamente il mercato e per ottemperare al business planning, in cui era previsto di proseguire sulla strada della specializzazione per la realizzazione di macchinari e accessori necessari per la produzione di tegole ceramiche stampate». Negli anni la società si è allargata, e dall’esperienza nel settore dei laterizi, l’azienda ha sviluppato una macchina di nuova concezione nella movimentazione delle sue parti meccaniche, per lo stampaggio di tegole, coppi e accessori vari. Sviluppata secondo le indicazioni fornite dal mercato dei laterizi, sempre più indirizzato alla produzione di tutti gli accessori del tetto (tegole paraneve, tegole con camino, coperchi per comignoli, faldine), la macchina tiene conto della velocità di produzione (10

stampate al minuto), senza pregiudicare la qualità del risultato finale. La OCS si è anche “attrezzata” per realizzare lavori di grossa e media carpenteria; inoltre i locali presentano un’area metrologica per il controllo dei particolari meccanici con una macchina di misura automatica tipo adibita a tale funzione. E malgrado il momento storico «Continuiamo a eseguire – afferma Palombaro – lavorazioni d’altissima precisione meccanica che ci vengono ancora commissionate dalle più prestigiose aziende di livello internazionale, grazie all’acquisizione di macchine CNC di ultima generazione. La professionalità di tutto lo staff, l’esperienza tecnica, la tenacia dei collaboratori più stretti, la serietà e la volontà e il sacrificio dell’amministratore, sono i valori che servono da esempio e forniscono l’energia per poter continuare a sperare che un giorno non lontano, proprio questi stessi valori tornino ad essere alla base di tutti coloro che operano per il bene sociale comune». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 75


MODELLI D’IMPRESA

Una filiera orientata all’ecologia Scelta ponderata delle materie prime. Assenza di metalli pesanti nell’inchiostro utilizzato. Una gestione produttiva secondo regole di lavorazione e smaltimento dei materiali. Una linea ecologista che per Sanicart è certificabile in ogni passaggio della filiera. Ne parliamo con Donatella e Sandra Tibaldi Marco Tedeschi

Donatella e Sandra Tibaldi sono titolari della Sanicart di Moncalieri (TO) www.sanicart.com

on il riciclo di carta e cartone si risparmia, secondo una media nazionale italiana, circa un 40 per cento di materiale primario. Per produrre una tonnellata di carta vergine occorrono 15 alberi, 440.000 litri d'acqua e 7.600 kwh di energia elettrica mentre per produrre una tonnellata di carta riciclata bastano 1.800 litri d'acqua e 2.700 kwh di elettricità. Le cifre fanno ben intendere come, oltre a una necessaria e sempre più indispensabile co-

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scienza ecologica dovuta alla crescente difficoltà nel reperire acqua e fonti energetiche, il guadagno avviene anche dal punto di vista economico. Ed è questa la strada che ha deciso di seguire Sanicart, azienda torinese specializzata nella produzione di tovagliati in carta e carte per uso alimentare, da sempre molto attenta alla scelta delle materie prime. Ne abbiamo parlato con Donatella e Sandra Tibaldi. Quali iniziative avete intrapreso in tema d’impatto ambientale? DONATELLA TIBALDI: «Sanicart si sta muovendo parecchio in questa direzione. Siamo da sempre attenti all’impatto ambientale dei nostri articoli partendo proprio dalla scelta delle materie prime. Le cartiere che ci forniscono, qualora non si tratti di prodotti riciclati, attuano programmi specifici di rimboschimento e tutte prevedono interventi di depurazione sulle acque di lavorazione e dei gas emessi in atmosfera. I nostri fornitori d’inchiostro garantiscono l’assenza di metalli pesanti e l’idoneità alla stampa di prodotti per uso alimentare. La scelta di utilizzare solo prodotti con queste caratteristiche, rintracciabili e certificati, si accompagna a una gestione produttiva secondo regole specifiche di lavorazione e smaltimento dei materiali. Da quest’anno inoltre, è stata chiusa la linea che utilizzava inchiostri a base solvente, suggellando definitivamente la nostra scelta ecologista». In che misura l’attenzione all’ambiente e


Donatella e Sandra Tibaldi

al risparmio energetico può favorire l’impresa in tempi di crisi? SANDRA TIBALDI: «Un prodotto che segue una politica socialmente responsabile, è sempre un prodotto che ha caratteristiche superiori a ciò che un mercato volto solo al risparmio può offrire. La conferma l’abbiamo avuta da alcuni nostri clienti che, ricevendo controlli da parte delle Asl locali hanno avuto da noi percorsi di tracciabilità e certificazioni di tutti i prodotti Sanicart presenti nei loro magazzini. Questo ha permesso un’immediata soluzione di eventuali contestazioni e ha dato a noi l’enorme soddisfazione di dimostrare l’affidabilità di un fornitore serio e presente. In alcuni di questi casi il valore aggiunto si è rivelato davvero importante». Sanicart distribuisce i prodotti soprattutto sul mercato alimentare. Quali sono i principali interlocutori e quali le caratteristiche imprescindibili della produzione? D. T.: «Il mercato di riferimento della Sanicart sono i rivenditori di carta e in genere i fornitori di negozi per alimenti, ristoranti e bar, distribuiti su tutto il territorio nazionale. I nostri clienti sanno che per noi la qualità non è un punto di arrivo ma un attributo imprescindibile». Le vostre proposte si distinguono anche per piccole idee innovative che fanno la differenza. Può farci qualche esempio? S. T.: «Sulla carta per macelleria, quella che arriva nelle case delle famiglie, abbiamo stampato le diverse caratteristiche dei tagli del bovino e i consigli per cucinarli. Alcuni mesi dopo l’uscita di questo prodotto, abbiamo saputo che molti macellai hanno incrementato la vendita di tagli poco richiesti solo perché meno conosciuti, ma molto saporiti e più economici. Lo stesso è accaduto con la carta per le gastronomie, in cui abbiamo scelto di suggerire abbinamenti e brevi ricette per gustare al meglio i prodotti tipici nazionali, o con le

tovagliette regionali, arricchite dalle foto dei posti più belli da visitare e le prelibatezze locali. Sono piccole cose che suscitano curiosità in chi le utilizza e noi crediamo nel valore positivo della curiosità, che spinge a crescere e a migliorare sempre». Quale bilancio può trarre dall’attività della Sanicart relativamente all’ultimo anno? D. T.: «Si tratta di un bilancio sicuramente positivo: il 2012 ha visto infatti il consolidarsi della nostra azienda come riferimento di serietà, costanza qualitativa e innovazione nel settore cartario alimentare monouso. Il risultato più significativo è stato proprio la conferma che lavorare scegliendo sempre le materie prime migliori, seguendo i processi produttivi e avvalendosi della collaborazione di personale specializzato per garantire un prodotto finito di alto livello, è la strada giusta per il successo, anche in momenti in cui sembra necessario rincorrere la convenienza che, per un prodotto povero come il nostro, purtroppo va sempre a discapito della qualità». Quali le ultime innovazioni introdotte nella vostra offerta? S. T.: «Se in passato innovazione voleva dire soprattutto puntare su nuovi macchinari acquistati per ottimizzare la produttività e il pac- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 77


MODELLI D’IMPRESA

kaging dei nostri articoli, oggi possiamo affermare che l’innovazione più importante è la flessibilità: un modo di lavorare che ci siamo imposti per essere più che mai vicini alle esigenze dei nostri clienti e, laddove necessario, riuscire ad offrire un articolo perfettamente rispondente alle loro esigenze, che insieme all’unicità artigianale offra la precisione ed i costi contenuti delle lavorazioni industriali. Per tutti i prodotti da catalogo, come le carte per alimenti, le caratteristiche sono specifiche e non sempre personalizzabili: in questi casi interveniamo proponendo grafiche nuove, più accattivanti e interessanti. Nel caso di prodotti per la tavola (tovaglie e tovagliette) siamo costantemente alla ricerca di nuove proposte e nuovi materiali». Quali gli investimenti fatti nell’ultimo anno nell’ambito di macchinari e nuove tecnologie?

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Nel caso di prodotti per la tavola, tovaglie e tovagliette, siamo costantemente alla ricerca di nuove proposte e nuovi materiali

D. T.: «Come già detto abbiamo fatto grandi in-

vestimenti recentemente. Quest’anno la parola d’ordine è stata dismettere. Nei momenti difficili talvolta anche saper tagliare i “rami secchi” può rivelarsi la scelta giusta. È importante riconoscere quando mantenere attive vecchie produzioni diventa un elemento frenante per l’azienda. Abbiamo eliminato una linea produttiva che era diventata troppo dispendiosa e, anche se non è stato facile, perché fondamentalmente ci si affeziona anche ai propri guai, questo ha permesso di rendere la nostra azienda più “snella”, ridarle nuovo smalto, migliorando spazi e produttività. Ha creato inoltre il giusto presupposto mentale per proiettarci in nuove ricerche». Quali le prospettive per il 2013 dell’azienda? S. T.: «Siamo molto determinati a continuare sulle basi di qualità, ecologia e flessibilità. Anche la nostra “squadra” è forte e capace. L’obiettivo è quello di migliorare sempre, la sfida sarà riuscirci».



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Lo stampaggio punta sulla diversificazione Lavorare su più settori permette agli imprenditori di salvaguardare maggiormente gli investimenti, nonché di crescere su mercati diversi. È questa la strategia scelta dalla MCT, azienda di stampaggio termoplastico. Il punto di Daniela Actis Dato Lucrezia Gennari

a diversificazione rappresenta un punto di forza nel mercato odierno. Non accentrare gli investimenti su un unico prodotto o un’unica tipologia di target permette alle imprese di correre meno rischi e di compensare il lavoro sui settori che soffrono di più, attraverso gli introiti derivanti da altri segmenti di mercato. Per la MCT Srl di Caluso è proprio la diversificazione la carta da giocare per continuare a crescere nonostante la complessità dello scenario attuale. L’azienda, specializzata in stampaggio termoplastico, lavora su diversi settori, come Daniela Actis Dato, uno dei soci: «La nostra scelta imprenditoriale è stata quella di non concentrarci su un unico mercato, ma di adattare il nostro servizio a quanti più ambiti merceologici possibili. Così oggi, ci rivolgiamo a settori che spaziano dal tessile, al movimento carta, banconote e carte rigide, dall’automotive al biomedico. Partendo dal progetto del cliente, realizziamo lo stampo, stampiamo il particolare, lo sottoponiamo a un controllo qualitativo interno e consegniamo direttamente il prodotto finito imballato». Il principale settore in cui l’azienda opera è quello dell’automazione, in particolare scorrimento carta/banconote. Nonostante ciò, Da-

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Momenti di lavoro all’interno della MCT. L’azienda ha sede a Caluso (TO) www.mctcaluso.com

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niela Actis Dato tiene a sottolineare come questo sia solo uno dei settori in cui l’azienda è specializzata e non l’unico e quale valore fondamentale abbia la differenziazione per lo sviluppo della MCT: «Credo che la diversificazione sia un punto di forza nel mercato odierno, non solo perché permette di spalmare gli investimenti su più “rischi” in modo da potersi salvaguardare laddove vi siano problemi di ritorno nell’investimento. Oltre al fattore economico, ritengo che sia importante


Daniela Actis Dato

anche quello qualitativo: la capacità di adattarsi alle richieste più disparate dei clienti permette alla nostra realtà di crescere, acquisendo familiarità con diversi materiali e settori». Proprio questa strategia imprenditoriale ha permesso all’azienda di ottenere buoni risultati anche negli ultimi anni di crisi dei mercati: «Nonostante le difficoltà attuali, la MCT non ha registrato grossi cali nel lavoro e nel fatturato e, nel 2011, l’azienda è anche riuscita ad acquisire clienti in nuovi settori. Al momento stiamo lavorando a un progetto molto importante nell’ambito medico – sanitario. Ci piacerebbe in futuro ampliare ulteriormente il nostro mercato in questo settore, lavorando magari anche con l’estero». L’azienda opera in conto terzi, principalmente nel Nord Italia, in particolare nelle zone eporediese e torinese. Il cliente sottopone la sua idea a MCT che con i suoi progettisti studia come svilupparla. «Costruiamo lo stampo all’interno dell’officina meccanica. Passiamo quindi alla prova stampo, nel reparto stampaggio, verifichiamo la campionatura e, una volta eseguite le ultime modifiche, procediamo con la produzione. Infine i particolari vengono selezionati e controllati con il nostro sistema interno di qualità, e imballati per essere consegnati. Il cliente generalmente lascia da noi lo stampo in prestito d’uso». La qualità e la sicurezza sono gli aspetti sui quali MCT sta investendo maggiormente, sia per quel che riguarda il lavoro dei dipendenti che rispetto alla salvaguardia dell’ambiente, con il controllo dei fumi dispersi nell’atmosfera, del rumore e delle vibrazioni.

Ci piacerebbe in futuro ampliare ulteriormente il nostro mercato nel settore medico sanitario, lavorando magari anche con l’estero

«Al momento la nostra attenzione è concentrata soprattutto sul rispetto delle norme di sicurezza e sull’impatto ambientale. Gli investimenti in nuove tecnologie sono senz’altro importanti e in questo senso aggiorniamo annualmente il software Solidworks per la parte progetto stampi e il software Featurecam per quanto riguarda il percorso utensili delle frese CNC ed elettroerosione a filo. Inoltre, laddove vi sia una lacuna a livello di attrezzatura in officina, si procede naturalmente a colmarla». Seppure è difficile fare previsioni in un contesto globale ancora troppo incerto, Daniela Actis Dato non limita i suoi progetti: «Abbiamo in previsione un ampliamento dei locali. Inoltre – conclude l’imprenditrice –, stiamo lavorando sulla nostra immagine, rinnovando il sito web e stiamo pensando di rilanciarci sul mercato con un nuovo logo. Anche se il momento storico è veramente complesso, non perdiamo la fiducia: la nostra azienda è giovane e sta crescendo in ogni sua parte e i riscontri ottenuti finora sono positivi». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 81


MODELLI D’IMPRESA

L’impulso generato dagli investimenti Il mercato parla chiaro: gli investimenti in tecnologie, formazione e capacità industriale sono l’unico strumento con cui volgere al meglio una situazione che stenta a riprendersi e che necessita di stimoli nuovi. L’esperienza di Elena Pescetto Emanuela Caruso

i fronte a un mercato che sempre più si dimostra poco stimolante e sfiduciato, per le aziende che puntano a mantenere una buona posizione e una certa competitività è importante studiare strumenti, strategie e prodotti capaci di ridare vigore e voglia di fare a un commercio stagnante. E l’unica possibilità per raggiungere questo obiettivo è quella di investire sulle tecnologie, sulle lavorazioni e sulla propria azienda. È un esempio di quanto gli investimenti possano giovare a un’attività l’impresa Zurvit, sita in provincia di Torino e specializzata nella tornitura di anelli per cuscinetti a rotolamento e di particolari per mozzi ruota in acciai speciali. «Abbiamo previsto una serie di investimenti a breve e lungo termine – spiega Elena Pescetto della Zurvit

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Momenti di lavoro all’interno della Zurvit di Baldissero Canavese (TO) www.zurvit.it

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– che prevederanno l’ampliamento sia dell’area industriale sia della forza tecnologica, inseriremo infatti nuove macchine utensili verticali a controllo numerico che saranno in grado di incrementare la produttività per quel che riguarda la realizzazione di particolari di medie e grandi dimensioni. Oltre ad apparecchiture verticali, c’è anche l’intenzione di dotarsi di sistemi robotizzati per il potenziamento della produzione e della qualità in uscita dei nostri prodotti, qualità che si manifesterà con una maggiore precisione della lavorazione e, di conseguenza, dell’articolo finito. Altri investimenti, poi, sono stati destinati a corsi di formazione e aggiornamento volti alla crescita professionale delnostro personale». Una serie di investimenti, quella della Zurvit, che fa perno in modo particolare sulla tecnologia, a cui l’azienda da sempre affida grandi responsabilità. «La nostra impresa sin dall’inizio dell’attività – continua Elena Pescetto – ha deciso di adottare tecnologie di ultima generazione e di utilizzarle in sinergia in modo da concorrere alla realizzazione di prodotti ottimali. Possiamo contare su torni orizzontali e verticali bimandrino e su programmi informatici capaci di ridurre al minimo il margine d’errore. Inoltre, disponiamo di una sala metrologica a temperatura controllata e dotata di un’avanzata strumentazione elettronica per


Elena Pescetto

l’esecuzione di accurate verifiche dimensionali, di profilo e di condizioni superficiali. Infine, avendo degli obblighi nei confronti dell’ambiente che ci circonda e in cui lavorano i nostri dipendenti, la Zurvit presenta un impianto centralizzato di filtraggio del refrigerante, un efficace impianto di aspirazione dei fumi e dei vapori e un adeguato sistema di trattamento del truciolo». La società piemontese, il cui core business attuale è la tornitura di precisione volta a soddisfare i settori industriale, ferroviario e automotive dei mercati tedesco e italiano, ha saputo nel corso degli anni instaurare solide e proficue collaborazioni, tra le quali la più rilevate è quella con l’impresa Massucco Industrie. «Il rafforzamento della collaborazione tra la Zurvit e la Massucco Industrie – commenta ancora Elena Pescetto – ha portato alla fondazione nel 2007 della Mitor Kft, situata in Ungheria e attiva sempre nel settore degli anelli per cuscinetti a rotolamento, realizzati con macchine e processi uguali a quelli della nostra azienda. Sempre la partnership con la Massucco Industrie ha anche consentito lo sviluppo di un processo di lavorazione integrato che partendo dalla materia prima e dal prodotto stampato giunge al prodotto finito di torneria». Attraverso strategie vincenti, prodotti di qualità e collaborazioni interessanti, la Zurvit non solo ha saputo destreggiarsi in un periodo di profonda crisi economica e finanziaria, ma ha anche fatto registrare buoni risultati. «Nonostante da qualche tempo a questa parte le premesse con cui ogni anno iniziamo le attività non siano mai delle più rosee – conclude infine Elena Pescetto –, il bilancio riguardante l’ultimo anno è comunque positivo. Grazie infatti all’aumento di commesse fatte da importanti

Da settembre, partirà una serie di investimenti destinati al rinnovo delle tecnologie e del parco macchine aziendale

clienti, siamo stati in grado non solo di riprenderci dal brutto periodo di stallo che incombe sul mercato italiano e mondiale, ma anche di aumentare la nostra produttività interna, ottenendo così risultanti che ci danno forza e ottimismo. All’interno di un mercato dove la concorrenza è agguerrita, cerchiamo, quindi, di porci come impresa formata da giovani, flessibile, dinamica, innovativa e soprattutto di qualità, un’azienda che ha voglia di fare e di continuare a migliorare il settore in cui opera».

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MODELLI D’IMPRESA

Alluminio, un metallo sempre più prezioso Il suo utilizzo si allarga a macchia d’olio investendo più settori, non solo produttivi. E ne riscoprono le qualità anche le aziende e i privati attenti all’ambiente. Roberto Botta mostra alcune delle proprietà, anche commerciali, del metallo factotum Renato Ferretti

osa succede quando l’economia virtuale delle speculazioni e delle scommesse schiaccia quella reale? Certo, la crisi è dovuta a questo fenomeno che sembra impossibile invertire. Ma la domanda è: in che termini si traduce nel mondo produttivo? L’alluminio è un ottimo esempio per rispondere. Come spiega Roberto Botta, titolare della Botta Forni Industriali, questo metallo sta diventando sempre più diffuso e aumentano i settori in cui viene utilizzato. Ma proprio per questo recentemente banche e società di trading, fiutando l’affare, ne hanno accumulate enormi scorte, creando una scarsità artificiale. Il risultato è che non solo si è inabissata la sua reperibilità, ma ovviamente i costi sono lievitati a dismisura. I produttori internazionali, quindi, non possono lamentarsi della situazione attuale. «In realtà – spiega Botta – a causa dell’attuale congiuntura

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Roberto Botta, titolare della Botta Forni Industriali Srl con sede a San’Albano Stura (CN) www.bottaforni.it

economica, lo scenario italiano non è dei più favorevoli. Noi comunque riusciamo a mantenere un fatturato in lieve crescita anno per anno grazie all’export, che per la nostra società è di considerevole importanza». Quali sono i mercati esteri di riferimento? «In termini di fatturato il mercato principale resta quello italiano anche se l’Est Europa rappresenta ormai un’importante realtà produttiva in quanto il basso costo della manodopera spinge sempre di più investitori verso questi paesi. Il mercato dell’Est Europa e dell’ex Jugoslavia è per noi importante in quanto le vecchie fonderie esistenti sono state acquisite e vengono rimodernate con importanti investimenti anche con fondi europei che permettono a questi clienti di produrre particolari di buona qualità e di essere in concorrenza con i produttori europei, anche il Sud America rappresenta un’importante area commerciale e di un futuro sviluppo per il nostro mercato». E i settori con i quali lavorate più frequentemente? «Per noi, che produciamo forni per la fusione, il mantenimento e il trattamento dell’alluminio e delle sue leghe, il settore più importante rimane quello metalmeccanico. Anche se l’alluminio grazie alle sue partico-


Roberto Botta

lari proprietà, trova molteplici applicazioni e il suo utilizzo segue un andamento costante di crescita. Infatti viene utilizzato in quasi tutti i settori, nella produzione di serramenti, nell’arredamento, nell’elettronica, nell’illuminazione, nell’uso domestico, nell’alimentare e non per ultimo nell’edilizia. L’utilizzo è destinato progressivamente a crescere perché le sue proprietà sono particolarmente apprezzate dai progettisti, architetti e ingegneri, dai costruttori e dagli utilizzatori finali del prodotto, inoltre il suo impatto ambientale è piuttosto scarso, nessuno dei suoi processi produttivi comporta rischi rilevanti per la salute o l’ambiente. L’industria dell’alluminio si è infatti adoperata negli anni per ridurre l’inquinamento e le conseguenze ambientali». Quali risultati hanno dato gli studi sull’impatto ambientale dell’alluminio e della sua lavorazione? «Importanti studi e sviluppi sul risparmio energetico e sui materiali vengono testati con il Gruppo Teksid di Carmagnola ottenendo da anni notevoli soddisfazioni. Da sempre la continua ricerca sui materiali utilizzati, sui fornitori e sul risparmio energetico fa parte del nostro impegno e sviluppo nella costruzione dei forni, negli ultimi anni sono stati realizzati forni che recuperano i fumi caldi prodotti dai bruciatori, grazie a questo ennesimo sviluppo tecnologico i consumi di gas metano necessari per fondere l’alluminio sono stati ridotti di circa il 40 per cento di quanto utilizzato nella produzione di impianti precedentemente costruiti». Qual è stato l’ultimo lavoro più rilevante?

-40%

GAS METANO PER I FORNI BOTTA DI ULTIMA GENERAZIONE I CONSUMI DI INQUINANTI PER LA PRODUZIONE DELL’ALLUMINIO SONO RIDOTTI RISPETTO AI PRECEDENTI

«Durante l’anno in corso è stato acquisito un importante ordine per la fornitura di due forni fusori, per la produzione di motori alla Dacia Automobili in Romania. Dal mio punto di vista questo importante obiettivo è stato raggiunto grazie a una costante ricerca della qualità e servizio offerto al cliente e a una stretta collaborazione con il gruppo Renault di cui Dacia fa parte». In cosa si concretizza la ricerca della qualità? «Nella continua ricerca dei materiali utilizzati e nell’attuazione del risparmio energetico e delle riduzioni di emissioni in atmosfera». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 85


MODELLI D’IMPRESA

Materie plastiche, tra riciclo e sperimentazioni Riciclaggio, ristrutturazioni aziendali e nuove sperimentazioni. Sono questi i campi in cui le aziende di materie plastiche intendono investire per far fronte alla crisi. Il focus di Susanna Dalle Vedove Martina Carnesciali

l mercato delle materie plastiche, così come tutti gli altri settori dell’industria italiana, non è immune alla crisi. Se si considerano i primi mesi dell'anno, il comparto gomma-plastica accusa una flessione dell'8,9 per cento rispetto al medesimo periodo del 2011. Ci sono aziende, come la Oder di Torino, che però resistono e investono nel riciclaggio; ne parla Susanna Dalle Vedove. Rispetto al contesto generale, come si delinea in questo periodo lo scenario del settore delle materie plastiche? «Il periodo in effetti continua a essere difficile, data la continua assenza di nuova richiesta sul mercato interno. Il nostro settore, poi, risente dei continui aumenti intervenuti sui costi

I Susanna Dalle Vedove, con le socie della Oder di Torino, Daniela e Katia Dalle Vedove www.oder.it

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energetici e sulle materie prime, entrambi legati all’andamento del petrolio e delle valute. I fattori positivi sono da individuare nell’evoluzione dei materiali utilizzati e, quindi, nel poter proporre prodotti rispondenti, oltre che per caratteristiche tecniche, anche a requisiti normativi». In termini di fatturato che andamento state seguendo? «Il fatturato della nostra azienda si è rivelato in costante crescita. Dal 2009, però, ha subito un calo non indifferente; in questi ultimi mesi l’andamento è sostanzialmente stabile, un po’ anche per la scelta di affiancare alle lavorazioni originarie quelle che il mercato ha richiesto». Avete dei settori in cui lavorate particolarmente? «Il nostro core business è rappresentato dall’estrusione di una vasta gamma di tubi e profili nei diversi materiali, dimensioni e colori, distinguendoci per la capacità di riuscire a soddisfare richieste relative allo studio e realizzazione di profili e lavorazioni su richieste e disegni. Ciò ha permesso di non essere vincolati ad alcun settore in particolare, ma di poter diversificare i potenziali committenti». Su quali presupposti basate le vostre modalità produttive? «I nostri processi hanno dovuto subire delle variazioni conseguentemente alle scelte com-


Susanna Dalle Vedove

merciali e all’impossibilità di prevedere il futuro dei volumi produttivi. Siamo intervenuti cercando di ottimizzare la gestione delle risorse umane e riducendo al minimo gli scarti di lavorazione attraverso il reintegro totale degli stessi nel ciclo produttivo interno». Un settore di particolare interesse è quello della rigenerazione. Quando e com’è nato e come si svolge il vostro lavoro in quest’ambito? «Ci occupiamo di riciclaggio delle materie plastiche da molti anni, particolarmente applicabile al settore industriale dove gli scarti devono necessariamente trovare una ricollocazione, permettendo di risparmiare e allo stesso tempo di dare un contributo rilevante all’ecosistema». In cosa consistono le novità e i progetti che avete introdotto? «Abbiamo messo a punto un progetto con So-

nia Bellezza, una sperimentazione in campo con un nuovo sistema che prevede la copertura del suolo con un tunnel realizzato in Pvc riciclato al 100 per cento, riutilizzabile allo stesso modo, che permette di controllare la crescita degli infestanti e di aumentare la produttività e la qualità del prodotto ortofrutticolo». Quanto e come investite in termini di ricerca e sviluppo? «I nostri investimenti purtroppo seguono l’andamento del mercato, quindi a rilento. Molto influisce la mancanza di liquidità e la quasi impossibilità di accedere al credito bancario o a finanziamenti agevolati legati a regole sempre più restrittive e rigide». Il vostro mercato si rivolge al territorio locale e nazionale, o lavorate anche all’estero? «Il nostro mercato è in prevalenza nazionale, ma lavoriamo anche per aziende straniere nell’ambito Cee e in Nord Africa. Purtroppo la tipologia dei nostri prodotti risente molto del fattore trasporti anche in funzione del rapporto peso-volume, mettendoci in condizione di non essere competitivi a confronto delle aziende locali». Quali obiettivi intendete realizzare per il futuro? «Il nostro primo obiettivo è rappresentato da una ristrutturazione aziendale che prevede la sostituzione di alcuni impianti per produzioni specifiche e l’ottimizzazione dei tempi di produzione. Inoltre intendiamo investire in formazione del personale. Unico requisito necessario: una rinnovata fiducia da parte dei mercati». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 91


MODELLI D’IMRESA

Criticità e prospettive per il settore della gomma La crisi economica ha portato le aziende piemontesi a guardare a sud del bacino del Mediterraneo per l’avvio di nuove partnership. La crisi politica ha però parzialmente bloccato il processo. Facciamo il punto con Domenico Marcomini Manlio Teodoro

partire dagli anni Ottanta, in molte imprese di medie e grandi dimensioni specializzate nella lavorazione della gomma, è stato avviato un processo di delocalizzazione di alcune produzioni di articoli e prodotti ormai considerati maturi. Le cause di questo spostamento della produzione sono state diverse: diminuzione delle quantità richieste dal mercato, processi non più economicamente convenienti o che imponevano at-

A

Domenico Marcomini, titolare della Diemme Gomma Srl di Caselle Torinese (TO) www.diemmegomma.com

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trezzature ormai considerate obsolete, costi di gestione elevati e inoltre cambiamenti nelle procedure di controllo qualità. La disponibilità, sia nel territorio piemontese sia in altre regioni italiane, di trasformatori di prodotti in gomma ha reso possibile questo trasferimento all’esterno di alcune produzioni di basso profilo, permettendo così alle aziende più avanzate tecnologicamente di concentrare la propria attenzione sui prodotti complessi, caratterizzati da particolari di alta precisione e rispondenti a rigorose norme e capitolati che implicano competenze specifiche e di settore. È stato in questo contesto che è nata e si è sviluppata Diemme Gomma, fondata e amministrata da Domenico Marcomini. La vostra azienda come ha reagito a questi ultimi anni, caratterizzati da una crisi diffusa e da un rallentamento della produzione industriale italiana? «Anche la nostra società è stata lambita dalla crisi generale, di cui purtroppo vendiamo ancora distante la risoluzione. Per la prima volta nella nostra storia aziendale abbiamo visto interrompersi il trend di crescita che procedeva da oltre un ventennio. Per fare da contrasto a questa situazione di criticità, ci siamo dedicati con impegno alla creazione di partnership con realtà distribuite in tutto il bacino del Mediterraneo. Abbiamo incontrato aziende pronte alla collaborazione e soprattutto a importare forniture di alta qualità. In particolare, in Tunisia, abbiamo avviato degli accordi con produttori locali im-


Domenico Marcomini

pegnati nella produzione di particolari di componentistica destinati a un nuovo impianto automobilistico francese». Dunque avete trovato in Nord Africa delle importanti opportunità per reagire alla crisi economica italiana ed europea. «In realtà la possibilità di concretizzare occasioni di creare business a sud del Mediterraneo si sono attualmente bloccate, a causa degli sconvolgimenti politici della primavera araba. Infatti, nel 2010 la Camera di commercio di Tunisi aveva varato il progetto Tunis Medindustrie, che prevedeva, per il giugno 2011, l’apertura del Salon international du partenariat industriel et de l’innovation. Un’iniziativa che avrebbe permesso di sviluppare accordi fra le due sponde del Mediterraneo e che prevedevamo si sarebbe rivelata una favorevole occasione, in particolare per le Pmi, di intraprendere un proficuo scambio di tecnologia, forniture, servizi. Tuttavia, il processo di democratizzazione del Nord Africa, ancora in corso, ha naturalmente ribaltato l’ordine delle priorità e fatto saltare questo evento. Ci auguriamo però che possa essere rilanciato nel medio termine, anche per contribuire alla ricostituzione del tessuto economico nordafricano». Qual è oggi la specificità della vostra produzione? «La nostra azienda si caratterizza per la sua attitudine a non lavorare prodotti a catalogo, bensì solo tailor made che realizziamo, sfruttando le più aggiornate tecnologie disponibili nel settore dello stampaggio della gomma, sulla base delle specifiche previste dai nostri partner. Le categorie di prodotti ai quali ci rivolgiamo maggiormente sono le guarnizioni per la te-

La nostra produzione, esclusivamente tailor made, sfrutta le più aggiornate tecnologie per lo stampaggio della gomma

nuta di olio destinate agli alberi rotanti, le guarnizioni per ammortizzatori automobilistici, guarnizioni per comandi oleopneumatici, tenute per sistemi frenanti e componenti vari per l’autotrazione. Inoltre produciamo particolari per la Difesa e la manutenzione ferroviaria». Quali sono le prospettive per il medio e lungo periodo? «Intendiamo confermarci come produttori di componenti di assoluta eccellenza. Il mercato ci ha riconosciuto la capacità di conciliare l’elevata qualità con le produzioni in serie. E questo ci ha consentito di soddisfare tanto le esigenze delle grosse tirature della grande industria sia delle piccole serie. In questo modo abbiamo sia instaurato rapporti con mercati che fanno riferimento a un’ampia platea di utenti che con prestigiosi settori di nicchia che necessitano di piccole serie che, per una produzione esclusiva, non sarebbero economicamente sostenibili». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 93


MODELLI D’IMPRESA

Investiamo sulle persone Mai come oggi vi è la necessità di formare in modo sempre più attento le persone. A tal proposito la STC ha deciso di fare crescere giovani neodiplomati o neolaureati per realizzare l’Ottimizzazione Prodotto che, come spiega Giuseppe Colonna, non è solamente un’attività, ma una filosofia

all’inizio dell’anno la nostra società ha assunto dieci persone, tutte con contratto a tempo indeterminato, optando per giovani neodiplomati o neolaureati da formare». Mentre l’Istat registra dati preoccupanti relativi alla disoccupazione, in particolare quella giovaAnastasia Martini nile (15-24 anni), con un secondo trimestre del 2012 che ha segnato un meno 48mila unità in un anno, e l’Anagrafe dei Precari si avvia verso i 2.100 iscritti, Giuseppe Colonna, presidente e fondatore della STC, azienda torinese che si occupa di cost enge- dotto (o il processo) muove di vita propria e neering e progettazione, va in controten- richiede le cure necessarie per adattarsi alle denza, scommettendo sui giovani. condizioni dettate dall’evoluzione dei mer«La nostra azienda – spiega Colonna – si oc- cati, delle nuove tecnologie e delle normative cupa di Ottimizzazione Prodotto, defini- internazionali. La nostra mission è supporzione questa, dietro cui si cela tutto il pro- tare i clienti nel raggiungimento dei loro cesso che ha portato la STC allo stato obiettivi. Operativamente ciò si traduce nel attuale. L’ottimizzazione prodotto non è so- confronto costante all’interno delle nostre lamente un’attività, ma una filosofia, che business unit e con le aziende. Spesso ripermea tutte le procedure e i processi di una scontriamo che il punto fondamentale per tensione al miglioramento continuo. Il pro- instaurare un rapporto fruttuoso, è aiutare l’utente a definire attentamente lo scopo di un’attività: dedichiamo a questo momento un’attenzione scrupolosa al fine di chiarire con il maggior numero di elementi possibili il punto di partenza, il percorso e in punto di arrivo del progetto. Una volta messi a fuoco questi aspetti, condividiamo con il cliente una pianificazione che tenga conto dei suoi tempi e del lavoro da fare, creando una piattaforma, con le risorse necessarie in termini di persone e funzioni aziendali, in modo da dare al progetto la giusta attenzione, evitando sprechi o ridondanze». Una modalità lavorativa che si basa su un’architettura aziendale strutturata in maniera ordinata, ma mai rigida. La STC, presente a Torino, lavora per importanti multinazio-

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Giuseppe Colonna, presidente e fondatore della STC di Torino www.stc-srl.eu


Giuseppe Colonna

Abbiamo scelto la metodologia che si usava nell’antica Grecia, la maieutica: una persona con esperienza consolidata guida i giovani al perseguimento degli obiettivi aziendali

nali dei settori dell’Automotive, Areospace, Hearth Moving, Agriculture e manufacturing, presenti oltre che in Europa, anche negli Stati Uniti, in America Latina e nel Sudest asiatico. A oggi si avvale di un team di 37 collaboratori divisi in 3 business unit. «La prima business unit – spiega Colonna – è quella riferita all’analisi prodotto, che ha lo scopo di analizzare e confrontare un prodotto o un processo per definire le caratteristiche peculiari che permettono di pensare a un’evoluzione dello stesso. La seconda è legata allo sviluppo prodotto ed è formata da uno studio di ingegneria evoluto in grado di sviluppare un componente o un sistema complesso dalla sua ideazione alla sua prototipazione. L’ultima unità si occupa di validazione e conformità prodotto. All’interno di quest’area confluiscono tutta la gestione documentale e sperimentale dei sistemi complessi: Omologazione, Direttiva Macchine, DFMEA». Prerogativa delle business unit, è il fatto di avere dei comuni denominatori, che trovano la loro ragion d’essere nella trasversalità di alcune figure professionali, il che permette: «Di essere flessibili – sottolinea il presidente – in relazione al cliente, agli obiettivi da rag-

giungere e alle modalità operative, adattando cioè i nostri metodi e le nostre competenze e stabilendo una sinergia con la realtà che si presenta. La trasversalità è la vera killer application all’interno dell’azienda. Abbiamo formato nel tempo, delle figure che siano in grado di operare all’interno delle tre business unit in modo da poter seguire i progetti che ci vengono affidati sino al loro completamento, raggiungendo risultati in alcuni casi di elevata eccellenza, impensabili in fase di pianificazione. In questo modo, riusciamo a realizzare il felice connubio tra la massima qualità e la velocità di esecuzione. Impieghiamo, infatti, le risorse necessarie e sufficienti affinché un progetto si completi nei termini della pianificazione, evitando di far pagare ai nostri clienti i tempi morti fisiologici del progetto riallocando le risorse con un dinamismo quotidiano”. Una modalità che ha permesso alla STC di sviluppare partnership efficaci e di fidelizzare una fetta importante di committenza, avvalendosi di risorse umane qualificate. «All’interno dell’azienda – prosegue Colonna – lavorano persone eccezionali dotate di competenza, grande disponibilità e singolare umanità, cose che concorrono a definire ❯❯ PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 95


MODELLI D’IMPRESA

❯❯ un ambiente in cui operare in maniera in- giose, per rimanere nella STC. Dal canto formale, ma nella massima professionalità. Per generare il tutto abbiamo scelto la metodologia che si usava nell’antica Grecia, la maieutica: una persona con esperienza consolidata, guida persone giovani e dinamiche al perseguimento degli obiettivi aziendali. Per questo abbiamo sette collaboratori esperti che affiancano lo staff composto da giovani motivati e alla continua ricerca di stimoli. Inoltre investiamo circa il 10 per cento del nostro budget annuale in formazione tecnica e metodologica. È successo che persone che lavorano con noi abbiano rifiutato offerte di lavoro provenienti da realtà presti-

nostro, cerchiamo di offrire un ambiente in cui crescere e cerchiamo di motivare continuamente lo staff organizzando attività collaterali per coinvolgere le persone. Ad esempio, quest’anno, in occasione della ricorrenza del decennale dell’azienda, si è deciso di offrire a tutti i dipendenti una crociera, che partirà da Venezia per raggiungere le isole della Grecia e visitare poi la Grecia classica. Una settimana in cui è nostra intenzione illustrare la visione di STC alle persone presenti, che avranno occasione di godere di un periodo di riposo». Le persone, quindi, sono importanti per la STC. Nonostante le difficoltà a reperire personale qualificato, in particolare quando sono richieste determinate specializIl punto fondamentale per instaurare zazioni, la società torinese ha un rapporto fruttuoso è aiutare l’utente compiuto una scelta chiara. a definire attentamente lo scopo di un’attività «Sul nostro sito – spiega Colonna – campeggia questa frase: Dietro a ogni problema si nasconde un’opportunità. Noi la vediamo così, ma un problema c’è. Sembra un controsenso: in un periodo in cui scarseggia il lavoro, noi abbiamo assunto dall’inizio dell’anno 10 persone, con contratto a tempo indeterminato, ma abbiamo deciso di scegliere giovani neodiplomati o neolaureati da formare in quanto non troviamo figure già formate sul mercato. Per questo vorrei rivolgere un invito ai giovani volenterosi: preparatevi molto di più di quello per cui vi prepara la scuola. Solo così potrete essere competitivi e potrete aspirare ai posti migliori».

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TECNOLOGIE

L’informatizzazione, motore di sviluppo entre all’estero, nel complesso, il 2011 è stato un anno di crescita per l’Information Technology, il mercato italiano ha chiuso in negativo. Il rapporto Assinform ha registrato un complessivo meno 4,1 per cento. Le cause? A pesare è stata la restrizione della spesa della Pubblica amministrazione – la cui informatizzazione massiccia è ancora da venire –, ma soprattutto il calo di investimenti dell’impresa privata, che rappresenta il 90 per cento della domanda di informatizzazione e che, l’anno scorso, ha diminuito la destinazione di risorse per almeno il 4,3 per cento. In questo scenario di crisi si sono distinte alcune eccezioni, come quella della ComTel, system integrator che anche nel 2011 è riuscito a centrare l’obiettivo crescita, segnando a bilancio una crescita di fatturato del 17,5 per cento rispetto al 2010, attestandosi così a quota 47 milioni di euro. Per spiegare le ragioni del successo in controtendenza intervengono Giovanni Grechi, presidente e amministratore delegato della società, e Vincenzo Cassese, suo direttore generale. A fronte di un settore in difficoltà, qual è

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Giovanni Grechi, presidente e Ad della ComTel Spa di Milano, insieme al direttore generale Vincenzo Cassese www.comtelitalia.it

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Gli scenari dell’Information and Communication Technology per il 2012. Le soluzioni, le visioni e la capacità di intercettare le esigenze di una platea variegata di soggetti e utenti. Ne parliamo con Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Valerio Germanico

stata la leva che ha permesso di proseguire nello sviluppo? Giovanni Grechi: «Alla base della nostra performance di successo continua a giocare il suo ruolo fondamentale la nostra strategia di innovazione tecnologica. A questo, nello specifico, si è aggiunto, come determinante fattore di crescita, l’apertura ai mercati internazionali. Infatti, siamo ormai presenti in 130 paesi nel mondo, grazie a un network di system integrator stranieri. Questo significa che ComTel, attraverso il proprio sistema tecnico e organizzativo, può fare da focal point per tutte le problematiche tecniche e di sviluppo di soluzioni Ict per qualsiasi azienda italiana presente all’estero con sedi, filiali o uffici». Quali sono stati, in concreto, i prodotti e i servizi che hanno fatto da traino? Vincenzo Cassese: «L’azienda è cresciuta perché ha saputo evolvere specializzandosi nell’offerta di soluzioni che vanno dal cablaggio fisico al networking, dal VoIP ai sistemi di video intelligence, video conference e applicativi. Inoltre, grazie al nostro Network Operation Center (NOC), attivo 24 ore su 24, possiamo affrontare e risolvere in tempo reale qualsiasi problema tecnico che dovesse interessare i sistemi dei nostri clienti. Questi sono rappresentati da piccole, medie e grandi imprese, compresa la


Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese

Le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Noi le accompagniamo nell’implementazione

pubblica amministrazione. La nostra forza è anche quella di saper rispondere alle esigenze diversificate di una schiera così varia di attori economici». Com’è organizzata internamente ComTel? G.G.: «Abbiamo due divisioni: Reti ed Enterprise. La prima è attiva sui mercati carrier, svolge attività di installazione, collaudo e manutenzione di apparati di telecomunicazione per gli operatori Tlc che erogano servizi locali, a lunga distanza o ad alto valore aggiunto. Invece, la divisione Enterprise, con una capillare distribuzione sul territorio nazionale e internazionale, si rivolge a una clientela business, proponendo soluzioni per reti voce, dati e convergenti, in grado di rispondere alle esigenze di sempre maggiore efficienza delle aziende di oggi». Quali sono le vostre previsioni sull’andamento del mercato nel 2012 e quali le strategie per affrontarlo? V.C.: «Per raggiungere l’affermazione in un mercato globale e competitivo, le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Però, alle reti e ai sistemi non chiedono più soltanto l’efficienza e l’affidabilità, bensì anche la capacità di integrarsi con una visione più ampia dei processi di business, che permettano di supportarne nuove strategie, applicativi e servizi.

FATTURATO

47 mln LA CIFRA REALIZZATA NEL 2011 DA COMTEL SPA, SOCIETÀ DEL SETTORE ICT

Oltre che rispondere alle attese crescenti di una nuova generazione di utenti. Per assecondare questa richiesta – certo frenata a livello di investimenti dalla crisi, ma tuttora attuale per lo sviluppo del nostro paese –, stiamo proseguendo nella nostra politica di destinazione di risorse nell’aggiornamento, nell’adeguamento delle strutture e delle risorse e nella ricerca e sviluppo di servizi e prodotti in linea con gli scenari del futuro. Fra questi, nel 2012, la sfida maggiore sarà rappresentata dal cloud». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 103


TECNOLOGIE

Fare impresa nell’era del cloud Una tecnologia “cloud ibrida” che riesce a funzionare sempre, anche in assenza di linea per giorni. Su questa e altre innovazioni si sta concentrando la Datago.it di Asti, un system integrator che fornisce consulenza informatica per le Pmi Marco Tedeschi

n “Restart, Italia!”, il rapporto della task force sulle startup istituito dallo Sviluppo Economico, fortemente voluto dal ministro Corrado Passera, si è delineato un quadro ben preciso di come far ripartire il Paese. Puntare su una politica industriale che sappia favorire la “proliferazione” delle aziende giovani, la contaminazione delle idee e il germogliare di finanziamenti piccoli e grandi per trasformare un sogno in un'impresa. E sono proprio queste le basi su cui si sono fondate tante piccole e medie imprese italiane che hanno puntato sull’innovazione e la contaminazione d’idee. Come Datago.it azienda di Asti nata nel 2001 come system integrator focalizzato nella consulenza in ambito informatico rivolta alle Pmi. «Grazie alle no-

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Gianpiero Ciola e Fiorenzo Orlandinotti della Datago.It di Asti www.datago.it www.oracolo.eu info@oracolo.eu info@dataon.it

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stre certificazioni Microsoft e Vmware – spiega l’amministratore Gianpiero Ciola – la società si è espansa in tutto il Nord-Ovest potendo contare anche sulla strategica partnership con DELL che ci ha permesso di fornire una soluzione in ambito IT a 360 gradi. Un passo significativo è stato fatto a luglio del 2011 quando, dopo dieci anni di attività, abbiamo fondato la Dataon, una start-up controllata, nata per veicolare Oracolo®, un prodotto innovativo in ambito retail: una nuova sfida per un nuovo mercato». Negli ultimi due anni l’azienda di Asti ha seguito un cammino ben preciso. «Abbiamo lavorato molto su due fronti – spiega Fiorenzo Orlandinotti, amministratore della Dataon – da un lato per incrementare il nostro fatturato dall’altro per raccogliere e organizzare risorse per dar vita al progetto Oracolo®. Anche il 2012, confesso non con pochi sforzi, si sta rivelando un anno positivo; questo ci sta permettendo di andare avanti con serenità senza ridurre gli investimenti tecnologici che abbiamo in corso». Investimenti fondamentali per fornire soprattutto un alto valore aggiunto. «Inoltre – prosegue Gianpiero Ciola – per poter emergere rapidamente in mercati che spesso risultano saturi e in un contesto economico nazionale non del tutto favorevole, occorre inserire molta tecnologia in ogni fase del ciclo produttivo delle aziende nostre clienti. Per esempio Oracolo® in ambito retail ha saputo innovare il ciclo di vendita nonostante


Gianpiero Ciola e Fiorenzo Orlandinotti

Sotto, interfaccia ibrida per l’inserimento di documenti back-office

sia un processo collaudato da anni. Nell’era digitale globale in cui viviamo adesso, conoscere in tempo reale i dati di approvvigionamento e di vendita è diventato indispensabile per una catena di negozi che vuole reagire dinamicamente all’andamento del mercato; Oracolo® consente la circolarità, disponibilità e utilizzo delle informazioni (prezzi, articoli, cataloghi, listini, tessere, ecc.) in tempo reale nell’intera struttura aziendale dislocata ovunque nel mondo». Oracolo®, un progetto altamente tecnologico su cui l’azienda lavora da anni. «Si tratta – spiega Orlandinotti – di una piattaforma operativa per il mercato retail; spazia dal punto cassa intelligente integrato con il misuratore fiscale, ai dispositivi mobile, e a un back-office web-based. Tutto il sistema protegge i dati salvandoli e custodendoli nel cloud. In assenza di linea internet tutte le applicazioni principali continuano a funzionare correttamente, permettendo al personale di continuare col processo di vendita: carico di magazzino, stampa etichette o emissione scontrini. Spesso capitano guasti o anomalie ai collegamenti che rendono impossibile lavorare nel cloud; i nostri clienti sposano volentieri la tecnologia che abbiamo voluto definire come “cloud ibrida” proprio perché può funzionare sempre anche in assenza di linea per giorni. Pochi secondi di disponibilità dell’accesso a

Oracolo® è una piattaforma operativa per il mercato Retail, spazia dal punto cassa intelligente integrato con il misuratore fiscale, ai dispositivi mobile, a un back-office web-based

internet sono sufficienti per riallineare gli archivi in maniera del tutto trasparente all’utente attraverso l’utilizzo di Web-Services. Abbiamo lavorato molto sull’esperienza utente; il punto cassa, nonostante le numerose funzionalità, è utilizzabile dall’operatore senza alcuna formazione. Oracolo® viene commercializzato come servizio, evitando pertanto gli investimenti iniziali (acquisto infrastrutture hardware e software) classici dei software tradizionali». I programmi della realtà di Asti si reggono su un piano industriale ben definito. «Certamente – conclude Ciola – contiamo di ampliare la nostra clientela; per questo nei progetti abbiamo anche la realizzazione di una rete di partner strutturati nel territorio che possano seguire da vicino i clienti. Nel 2013 inoltre rilasceremo un aggiornamento importante che tra le varie funzionalità introdurrà la multi-fiscalità, la multivaluta e il multi-lingua per tutte quelle realtà che hanno punti vendita non solo in Italia ma anche all’estero».

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 105


TECNOLOGIE

Radiocomandi, si aprono nuovi scenari Le difficoltà del settore dei trasporti stanno rendendo altalenante anche il mercato legato ai radiocomandi. Grazie però a scelte oculate e a collaborazioni con mercati sani, come quello tedesco, per il comparto si aprono nuovi sbocchi. L’analisi di Claudio Arcano Nicoletta Bucciarelli

ostenere imprenditori con progetti capaci di creare valore nel lungo periodo. È questo lo scopo con cui è stato istituito il Fondo Nord Ovest, un fondo chiuso di diritto italiano attivo dal 2005 con un patrimonio di 30 milioni di euro, interamente sottoscritto da investitori italiani. Le risorse sono destinate alle Pmi con sede o che propongano nuove iniziative imprenditoriali nel Nord Ovest d’Italia. Un focus territoriale che riesca a supportare aziende “sane” che forniscono un valore aggiunto al territorio. È stato ad esempio il caso della Sistematica, realtà operante nel campo dell’ingegneria elettronica. Sistematica produce sistemi di controllo radiocomandato che trovano applicazione nei settori in cui l’operatore, per esigenze di sicurezza o ergonomia, si trova a lavorare a distanza dalla macchina. L’azienda del cuneese ha saputo far tesoro delle opportunità offerte dal fondo, aumentando in questo modo il knowhow e con questo, la ricchezza dell’area in cui si trova. «L’intervento del Fondo Nord Ovest, gestito dall’SGR “Strategia Italia”, – sottolinea Claudio Arcano, general manager – ha consen-

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Claudio Arcano è general manager di Sistematica Spa di Manta (CN). Nelle altre immagini momenti di ricerca, sviluppo e collaudo di radiocomandi www.sistematica.it

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Claudio Arcano

tito, grazie a una nuova gestione e a investimenti cospicui ma oculati, la rinascita dell’azienda. Da ciò risulta evidente che, quando gli strumenti di Private Equity non pensano unicamente al risultato finanziario ma hanno come obiettivo principale lo sviluppo del territorio, possono dare ottimi risultati come nel nostro caso». Anche grazie al Fondo Nord Ovest, oggi qual è l’andamento del vostro business? «Nonostante la contingenza direi più che buono. Nel 2010 abbiamo chiuso con un +46 per cento rispetto all’anno precedente mentre nel 2011 l’incremento percentuale è stato di +18 per cento. Un ottimo risultato visto che nel 2008 ci siamo trovati a far fronte alla crisi che tutti conosciamo, con una situazione di seria difficoltà economica. Nonostante la disponibilità di prodotti e clienti, stavamo inesorabilmente procedendo verso l’orlo del fallimento. Poi, abbiamo saputo sfruttare bene l'ingresso del Fondo». Che andamento si è registrato invece nel primo semestre del 2012? «Molto altalenante. La situazione generale non è delle migliori: non dimentichiamo che il nostro settore di riferimento è quello dei trasporti, che è particolarmente colpito dalla crisi. Si rivolgono a noi infatti costruttori di allestimenti per veicoli industriali, agricoli e nautici. A ciò si aggiungono, nel settore industriale, costruttori di sistemi d’immagazzinaggio compattabili e piattaforme di sol-

9%

INVESTIMENTI QUOTA DEL FATTURATO CHE OGNI ANNO SISTEMATICA DESTINA A RICERCA E SVILUPPO. UNA BATTAGLIA CHE PER I RADIOCOMANDI SI GIOCA SUL PIANO DELLA SICUREZZA, DELL'ERGONOMIA, DELLA ROBUSTEZZA E DELL'AFFIDABILITÀ

levamento veicoli. Ciononostante le prospettive per l’ultima parte dell’anno sono buone, grazie anche all’acquisizione di un significativo numero di nuovi clienti». Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno? «La Comunità Europea (prevalentemente l’area tedesca), l’Australia e gli Stati Uniti. Nonostante la situazione in Italia sia stagnante, di recente abbiamo rilanciato l’attività commerciale acquisendo nuovi clienti. I programmi commerciali futuri sono al momento finalizzati a crescere ulteriormente nei paesi dove siamo già presenti prima di ampliare il raggio di azione. In Germania, stiamo raccogliendo sempre più consensi e questo rappresenta per noi un ottimo biglietto da visita. Il mercato tedesco è ritenuto a livello mondiale sinonimo di qualità e affidabilità dei prodotti». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 107


TECNOLOGIE

Dal punto di vista dei brevetti e della protezione della proprietà intellettuale a livello industriale, credete che gli strumenti legislativi attualmente disponibili vi garantiscano? «Non abbiamo avuto ancora la possibilità di testare il livello di protezione dei brevetti in quanto la concorrenza, a parte un caso che è rientrato in tempi brevi, non li ha ancora aggrediti. In generale sono del parere che i brevetti rappresentino un vantaggio competitivo che consente di penetrare per primi il mercato». Oltre il 9 per cento del fatturato è investito in ricerca e sviluppo e un terzo del personale è impegnato nell’ufficio tecnico.

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«Al momento, in collaborazione con i costruttori dei vari allestimenti, siamo concentrati nella ricerca di nuove applicazioni e personalizzazioni dei prodotti a catalogo. Stiamo lavorando anche all’introduzione di alcune novità tecnologiche sui nostri prodotti che possano creare un valore aggiunto significativo. Posso dire che miglioreranno il comfort e la sicurezza dell’utente finale, consentendo di abbattere ulteriormente il muro di diffidenza verso i radiocomandi». Quali sono e in che Paesi si trovano i vostri maggiori competitors? «Il nostro settore, pur di nicchia, è costellato di competitors più o meno importanti e presenti in quasi tutti i paesi. La “battaglia” si gioca sul piano della sicurezza, dell'ergonomia, della robustezza e dell'affidabilità, del livello di servizio fornito al cliente e, non ultimo come importanza, della stretta conformità alle normative che regolano il settore. A tal proposito mi sento di affermare che, in considerazione degli enormi passi avanti fatti negli ultimi anni dalla nostra azienda, in Europa siamo diventati leader in diversi settori legati al trasporto». Cosa pensate del complesso legislativo cui siete sottoposti? «Una semplificazione sarebbe d’obbligo. A mio avviso, ad esempio, si dovrebbero accorpare in un unico pacchetto gli argomenti legati alla legge 231/2011 che disciplina varie responsabilità dell’azienda e la legge sulla privacy, che fanno riferimento l’una all’altra ma che essendo di fatto disgiunte, costano due volte all’azienda in termini di personale e consulenze». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Per il medio periodo ci poniamo come obiettivo di ampliare ulteriormente la gamma di applicazioni dei nostri prodotti aumentando contemporaneamente la presenza nelle aree geografiche dove siamo già presenti. Per il lungo intendiamo aumentare il parco prodotti e contemporaneamente incrementare la copertura commerciale nelle aree geografiche dove la nostra presenza è attualmente scarsa».



TECNOLOGIE

Investire nell’information technology uarto mercato Ict europeo, il nostro è quello che, insieme alla Spagna, sta calando di più dal punto di vista dell’andamento. I dati a cura dell’European Information Technology Observatory parlano di un decremento del 4 per cento registrato nel 2011 che, nel 2012, è valutato in calo dell’1,8 per cento. Ancora una volta a mancare in Italia sono gli investimenti in banda larga e una politica industriale seria e in grado di definire i settori su cui puntare per tornare a crescere. Un quadro della situazione che sembra trovare d’accordo i protagonisti di questo settore in continua evoluzione. «Indubbiamente la crisi si sente, ma più di tutto si sente l’incertezza sul futuro prossimo – spiega Carlo Cocirio titolare della Qtech, società di Torino che dal 2004 opera nell’Information Technology –. Proporre prodotti di alta qualità non è sufficiente per potersi sentire al riparo da una situazione economica di tale

Q Qtech si trova a Torino www.qtechsrl.it www.arqivia.com

110 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

I dati del Rapporto 2012 dell’European Information Technology Observatory confermano la crescita di un settore in continua evoluzione che deve però essere supportato da una politica industriale seria. Ne parliamo con Carlo Cocirio Marco Tedeschi

portata, per questo ai prodotti vanno comunque affiancati tutta una serie di servizi necessari durante la fase di sviluppo/installazione del prodotto. La qualità a dispetto della quantità». Quello dell’information technology è un settore in continua evoluzione e per poter competere sul mercato è indispensabile disporre di prodotti di assoluta qualità ed efficienza. «Indubbiamente il settore nel quale lavoriamo si evolve molto rapidamente sia per quanto riguarda i prodotti che per i servizi richiesti dai clienti. La nostra filosofia non è quella di proporre l’ultima novità a tutti i costi, bensì soluzioni testate che siano stabili e sicure allo stesso tempo. Questa filosofia deve essere ovviamente adattata alle esigenze del cliente, il quale, deve poter acquistare un prodotto ad hoc, studiato e costruito in base alle specifiche richieste del suo lavoro». In questi anni Qtech ha instaurato partnership importanti a livello mondiale. «Le collaborazioni con i più importanti player del settore sono fondamentali, in quanto garantiscono informazioni dettagliate sui nuovi prodotti in anticipo rispetto al mercato. Nel nostro caso, scegliere player che interagiscono già durante la fase di sviluppo di una nuova piattaforma, da la possibilità di poter creare un prodotto con


Carlo Cocirio

Negli ultimi 12 mesi c’è stata molta richiesta di Storage e di Workstation per la digitalizzazione immagini senza dimenticare i prodotti Calcolo

componenti che tra loro sono stati certificati dai produttori; un vantaggio che ci mette al riparo da incompatibilità individuabili esclusivamente al momento della produzione che può, in certi casi, ritardare la consegna in modo significativo. Al momento i principali player con i quali collaboriamo sono Intel, Mitac, Tyan, Emacs, Areca, Western Digital, Open-e ed AIC». Tutti i prodotti realizzati dall’azienda sono rivolti a una clientela variegata. «Si tratta – spiega Cocirio –, dei più svariati settori anche non prettamente di tipo informatico; come ad esempio il mondo del broadcasting video, quello medicale, del digital signage o dell’automazione industriale. Non esiste, in questo preciso momento d’incertezza economica, un prodotto che spicchi rispetto agli altri; sicuramente negli ultimi 12 mesi c’è stata molta richiesta di Storage (i dati da archiviare crescono in modo esponenziale) e di Workstation per la digitalizzazione immagini senza dimenticare i prodotti Calcolo». L’azienda piemontese opera in tutta Italia, ma tramite i suoi partner, i prodotti sono stati in-

stallati in quasi tutto il mondo. Cosa importante in un momento economicamente difficile come questo. E i risultati per l’anno 2011 hanno premiato queste scelte. «Parlando del 2011 mi sento di poter dire che è stato un anno positivo, si è lavorato bene su progetti industriali che, in controtendenza, sono aumentati nel corso dell’anno. Le criticità sono state rilevate dall’ultimo mese del 2011 fino ad oggi, vedendo nuovi progetti fermati, rinviati e, nella peggiore delle ipotesi, definitivamente annullati principalmente per mancanza fondi e/o tagli ai budget. È questa incertezza che blocca gli investimenti e di riflesso tutti i nuovi progetti con conseguenze di paralisi dell’indotto, in ogni campo di applicazione». Un’incertezza che comunque non impedisce al titolare di Qtech di guardare con ottimismo ai prossimi progetti. «Il futuro impone sicuramente nuove sfide – conclude Cocirio –. Il nostro obiettivo rimane in ogni caso quello di proporre al mercato soluzioni di alto livello, dove non è sufficiente la vendita ma bisogna abbinare competenze post vendita che oggi, a certi livelli, non tutti riescono a fornire». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 111


Innovazione costante nella meccanica l 60 per cento del fatturato reinvestito, negli ultimi ventiquattro mesi, nel rinnovamento del parco macchine e della logistica produttiva. È questo il dato che rappresenta al meglio l’impegno di Oms sul fronte dell’innovazione tecnologica, oltre che su quello della formazione e della sicurezza. E che colloca l’azienda di Avigliana come main contractor all’interno dei progetti comunitari di ricerca e sviluppo e come committente e partner privilegiato del Politecnico di Torino. Da oltre un ventennio l’azienda guidata da Luca e Paolo Saladino è un attore di primo piano, a livello internazionale, nel settore delle lavorazioni meccaniche hi-tech. In particolare nella progettazione e costruzione di componenti di altissima precisione per il settore,aerospaziale, alta

I

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Un’azienda a stretto contatto con l’industria internazionale e i maggiori centri di ricerca europei e mondiali. Luca Saladino presenta i risultati raggiunti nell’ultimo anno da una delle eccellenze piemontesi nel campo dell’aerospaziale, dell’aeronautico e del racing Manlio Teodoro

velocità, e ultravuoto. Inoltre è fornitore ufficiale nel settore racing, con lavorazioni destinate ai campionati mondiali di Formula Uno e Moto Gp. «Oggi la nostra realtà ha raggiunto un’attitudine world wide – spiega Saladino –, come dimostra il fatto che per uno dei nostri principali partner il purchase depth si trova a Singapore». Fra le iniziative più recenti, Oms coordina il


Luca Saladino

progetto europeo Tmac64, che prevede la collaborazione fra quattro aziende europee e due università con l’ambizioso obiettivo – finora mai realizzato – di costruire un rotore per turbina hi-vacuum in lega di titanio Ti64Al da un blocco pieno di materiale. SETTORI DI SPECIALIZZAZIONE La società, oltre a lavorare con partner multinazionali come Agilent, Brembo, Faiveley Transoport – per i quali realizza, fra gli altri, componenti per applicazioni turbomolecolari e analisi chimica, sistemi frenanti pneumotronici per treni ad alta velocità di ultima generazione , collabora con il Politecnico di Torino, in particolare con il dipartimento di Ingegneria aeronautica e aerospaziale e il Disat (Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia). Come ricorda Saladino: «Per la creazione dell’ultravuoto, le più prestigiose istituzioni scientifiche internazionali, come Nasa e Cern di Ginevra, utilizzano le pompe turbomolecolari di Agilent Technologies,(Ex Varian) società della quale siamo un fornitore strategico e con la quale abbiamo stretto un partenariato tecnologico e progettuale lungo più di un ventennio. La nostra eccellenza tecnologica inoltre ci ha visto fornitori, in ambito aerospaziale, di elementi per i razzi vettori Ariane 6 e Ariane 7. Il costante progresso e lo sforzo di ricerca hanno poi portato l’azienda ad affermarsi i nel-

60%

INVESTIMENTI QUOTA DEL FATTURATO CHE OMS HA DESTINATO NELL’ARCO DEGLI ULTIMI 24 MESI AL RINNOVAMENTO DEL PARCO MACCHINE AZIENDALE

l’universo racing,e nel 2004 viene ufficialmente riconosciuta come fornitore ufficiale di Brembo Racing Spa, partner per il quale Oms ha prodotto pezzi di cruciale importanza, che sono stati impiegati nelle più importanti competizioni agonistiche di Formula Uno e Moto Gp. «Questi risultati sono stati raggiunti grazie a un processo di specializzazione avviato più di venti anni fa nella lavorazione di vari tipi di materiali speciali, aeronautici, aerospaziali e vari ac- Luca Saladino, ciai inossidabili (Aisi 303, 304, amministratore delegato della Oms Srl. 316 e 416L) e oggi possiamo L’azienda ha sede vantare una particolare espe- presso Avigliana (TO) rienza, sia in termini di risorse www.omsht.it tecniche e umane, sia nell’utilizzo di attrezzature e utensileria dedicata alle lavorazioni di tutti i tipi di leghe di alluminio (avio- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 113


TECNOLOGIE

nal, ergal, anticorodal e altre)». La selezione di commissionati a Oms dal Politecnico di Tomateriali e fornitori, correlata alle analisi chimico-fisiche e di conformità, permette a Oms di mantenere standard elevati e all’avanguardia. «Da sempre attenti alle evoluzioni tecnologiche dei processi e dei macchinari di produzione, utilizziamo le più moderne procedure di analisi di dati e processi, come l’Spc (Statistic Processing Control), il Doe (Design Of Esperiment), il sistema qualità Sei Sigma (scarto quadratico medio). La produzione e l’analisi dimensionale sono affidate ai più moderni centri di lavoro e strumenti di misura, con i quali possiamo garantire una precisione quantificata entro tolleranze di 0,002 millimetri».

rino. «Per il progetto Vortex, abbiamo realizzato delle soluzioni di raccordo intercambiabili con innesti a vite e oring di tenuta, ridisegnando e ridistribuendo i flussi di gas ad alta pressione con un miglioramento della tenuta e dell’efficienza del reattore. Quando è stato necessario per raggiungere gli obiettivi della ricerca, questo sistema ha permesso la sostituzione di una singola valvola di gestione del flusso gassoso senza dover ricorrere alla sostituzione dell’intero sistema di iniezione del gas ad alta pressione, offrendo un notevole risparmio sia in termini economici che di tempo». Un altro progetto recente ha previsto la costruzione di uno stampo in molibdeno. «A REATTORE VORTEX E ALTRI causa della criticità dell’applicazione – si tratta PROGETTI 2012 di un metallo con particolari caratteristiche Un reattore ad alta pressione da reingegneriz- meccaniche e di resistenza e caratterizzato da zare. È questo uno dei progetti recentemente un elevato punto di fusione –, insieme al dipartimento di Scienza e chimica dei materiali, si è trattato di affrontare una sfida finora mai sperimentata: eseguire lavorazioni meccaniche di precisione su una lega di molibdeno al Per l’esclusiva One Off 99 per cento». della Lamborghini abbiamo realizzato Recentemente OMS ha consegnato il primo di 2 Prototipi lavorati,con il suddetto materiale. un sistema di quattro terminali Fra i recenti traguardi della società, vanno ridi scarico che si contraddistingue cordati anche la partecipazione al progetto per l’assenza di ogni riferimento Lamborghini Reventon J (l’auto più esclusiva alla geometria euclidea del salone di Ginevra 2012, pezzo unico venduto a 2.100.000 euro) e al progetto Carter Harley D. «Come esempio di particolari che dichiarano prestigio e unicità, abbiamo realizzato quattro terminali di scarico in AISI-416L, per la One Off della Lamborghini, gli stessi realizzati da blocco pieno con lavorazione a 5 assi continui quattro terminali di scarico che si contraddistinguono per l’assenza di ogni riferimento alla geometria euclidea. Da un unico blocco sono stati creati disassamenti ed effetti ottici scomposti che emergono soltanto nella visione di insieme. Inoltre, per Carter Harley, ci siamo inseriti nel solco della tradizione di un brand universale per la realizzazione di un concetto di design in puro stile ita-

114 • DOSSIER • PIEMONTE 2012


Luca Saladino

L’AVANGUARDIA NELLE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE egli ultimi 9 mesi Oms ha investito in due nuovi impianti produttivi hi-tech di ultima generazione: un centro di fresatura a cinque assi Nmv 5000 Mori Seiki e un Integrex Gt. Il primo sistema è dotato di righe ottiche di precisione e grazie a sessanta utensili e al sistema di misura e correzione automatica dei parametri, insieme al controllo della vita utensile, consente di lavorare ai più elevati livelli tecnologici. Destinato alla produzione di particolari Racing, hi-vacuum e pneumotronici, l’Nmv 5000 ha permesso a Oms di rivedere il proprio processo produttivo di alcune tipologie di pompe, riducendo le fasi di lavorazione da sette a tre e realizzando così un abbattimento dei costi stimato fra l’8 e il 14 per cento. L’implementazione di Integrex Gt, invece, utilizzato al 50 per cento per la produzione vacuum, ha portato a un’industrializzazione del processo produttivo per i rotori che si è tradotta in una maggiore efficienza economica dei prodotti – di circa l’8 per cento per i rotori turbo e di circa il 15 per cento per gli spacer spring e i bottom flange – e in un’elevata garanzia di

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liano. Lo stile è stato anteposto alla precisione, per far emergere il lato estetico del lavoro della fresa e sono stati realizzati alcuni particolari estetici di fortissimo impatto». POLITICA DELLA QUALITÀ Come dimostrano gli ingenti investimenti in innovazione e sperimentazione, Oms è alla continua ricerca di nuove tecnologie che permettano di perfezionare ulteriormente la qualità del prodotto e ottenere la massima efficienza economica. «La nostra politica aziendale prevede una ricerca continua di nuove tecnologie, che siano in grado di innalzare le performance dei nostri prodotti e la soddisfazione dei committenti. Per questo siamo impegnati anche nell’interazione con i partner, ai quali offriamo il supporto tecnico necessario a individuare eventuali soluzioni alternative, che ci permettano di migliorare il rapporto fra qualità e prezzo. La collaborazione è anche un’occasione di progressiva crescita professionale e valorizzazione delle nostre risorse umane».

eccellenza produttiva. Quest’impianto è stato progettato e costruito sulle specifiche di Oms e dispone di un centro tornitura e fresatura a nove assi controllati da due Cnc, ottanta utensili, righe ottiche, sistema misura utensili laser, sistema misura pezzo e autocorrezione parametri dimensionali a contatto, Robot CNC di carico e scarico pezzo.

Oltre a essere certificata secondo le norme Iso 9001-2008 e ad avere un reparto a temperatura e umidità controllate, che è il fulcro della ricerca e controllo, da circa cinque anni Oms ha adottato un sistema di certificazione e immagazzinamento dati dei nostri prodotti denominato Spc (System Processing Control). «Questo ci permette di avere un quadro generale sulle quote critiche di ogni particolare riferito al lotto di produzione, che garantisce una quota dimensionale vicina a quella nominale. Inoltre, l’area riservata al controllo sul processo di produzione è dotata di macchine di misura a coordinate, che attingono a un data base esclusivo per il monitoraggio dei particolari in lavorazione. In questo modo il ciclo produttivo è costantemente sottoposto a controlli di processo: il prodotto viene seguito e certificato a partire dall’accettazione del materiale di utilizzo, si prosegue con le fasi di lavorazione e di imballaggio e infine è sottoposto a un accurato collaudo di fine produzione, che è l’ultima verifica sulla qualità prima della messa in esercizio». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 115


TECNOLOGIE

Soluzioni gestionali made in Italy Un sistema ERP internazionale non deve obbligatoriamente essere straniero. Ne è un esempio il software Si5 progettato e realizzato dalla Sorma, azienda torinese oggi presente praticamente in tutto il mondo. Il punto di Claudio Perlo e Oscar Polato Diego Bandini

uando si parla di made in Italy si fa riferimento a quel processo di rivalutazione della produzione artigianale e industriale italiana che, negli anni, ha portato alcuni prodotti nostrani a eccellere nella competizione commerciale internazionale, soprattutto nel campo della moda e dell’alimentazione. Ma l’Italia ha le potenzialità per primeggiare anche in molti altri ambiti, forse meno noti perché di nicchia, molto specialistici o magari perché non rappresentano un numero significativo di addetti. È questo, ad esempio, il caso delle soluzioni ERP, dove gli operatori italiani non hanno nulla da invidiare ai loro competitor stranieri. La prova evidente è rappresentata da Sorma, società piemontese partecipata dal gruppo Sole24Ore che tra le proprie referenze può vantare aziende di caratura internazionale, clienti in 22 paesi, una

Q Da sinistra, Claudio Perlo, presidente, e Oscar Polato, amministratore delegato di Sorma Spa, Torino www.sorma.com

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soluzione ERP tradotta in 14 lingue, ideogrammi compresi. Ne parliamo con il suo presidente, Claudio Perlo, e con l’amministratore delegato Oscar Polato. Come può un’azienda di medie dimensioni come Sorma competere all’interno di un mercato caratterizzato dalla presenza di “colossi” internazionali? CLAUDIO PERLO: «La maggior parte delle grandi aziende straniere che operano nel mercato delle soluzioni ERP sono nate da acquisizioni e fusioni realizzate da società di private equity o venture capital, che hanno come mission la massimizzazione dei risultati degli investimenti, indispensabile per ripagare gli investitori. Per questo devono disporre di prodotti che raccolgano il consenso nel maggior numero possibile di aziende, in tutti i settori merceologici e possibilmente su scala mondiale. Con questi presupposti il prodotto Erp dovrà essere per forza “generalista”. Questo però porta a tralasciare lo sviluppo di specificità proprie di alcuni settori merceologici, che risulterebbero dispersive e poco profittevoli in rapporto agli investimenti fatti. In questo scenario si creano gli spazi per quei player che decidono di non puntare sui grandi numeri ma sulla specializzazione». Proprio la strategia adottata da Sorma. C.P.: «Esatto. Sorma fin dalla sua nascita ha puntato sulla specializzazione, focalizzandosi esclusivamente sulle esigenze delle aziende manifatturiere. Il nostro prodotto di punta è la soluzione Erp Si5, la sintesi delle espe-


Claudio Perlo e Oscar Polato

rienze trentennali dei nostri capi progetto nei settori della logistica e della produzione, tanto che oggi è considerato un punto di riferimento per tutte quelle imprese attive nel settore della componentistica auto e degli elettrodomestici». Di cosa si tratta nello specifico? C.P.: «Il nostro sistema Erp Si5 è stato progettato e realizzato per migliorare le performance delle aziende manifatturiere grazie alla gestione, al controllo e alla pianificazione di tutti i processi d'impresa, passando attraverso la ricerca della massima efficienza e automazione nel rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. A oggi nel mondo sono oltre 40mila gli utenti che usufruiscono di questo prodotto». Chi sono i vostri partner e in quali settori operano? C.P.: «Lavoriamo al fianco di grandi gruppi industriali, con decine di stabilimenti nel mondo e migliaia di dipendenti. Tra questi possiamo citare Bitron, Gavazzi e Sews Cabind, che usano Si5 in tutti i loro stabilimenti produttivi, ma anche piccole realtà locali con poche decine di addetti, tutte con un’esigenza in comune: gestire in modo completo la produzione e tutti i fenomeni a essa connessi, quali la pianificazione dei materiali e tutta la catena della fornitura (supply

chain). Abbiamo clienti che producono macchine utensili, trattori e macchine agricole, farmaci, integratori alimentari, macchine per la dialisi e apparecchiature biomedicali, componentistica elettronica, cantieristica navale e molto altro ancora». Quali sono le motivazioni che hanno portato realtà di livello internazionale ad affidarsi a Sorma e al suo software ERP Si5? C.P.: «Le motivazioni sono molteplici, prima tra tutte l’elevato livello di competenze organizzative che possiamo assicurare nell’ambito della produzione. Faccio un esempio concreto, che possa rendere meglio l’idea. In passato l’amministratore di un’azienda che opera nel settore della costruzione di macchine per la pulizia industriale ci chiese un’offerta per il rifacimento del sistema informativo aziendale: anziché un’offerta generica preferimmo sottoporgli una proposta per un check-up preliminare, finalizzato ad analizzare le esigenze e definire correttamente il modello organizzativo. Solo dopo questi passaggi, infatti, saremmo stati in grado di presentare la nostra offerta, accompagnata anche da una relazione nella quale avremmo illustrato le criticità emerse, i suggerimenti per modifiche organizzative e il modello gestionale che avremmo applicato nel futuro si- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 117


TECNOLOGIE

stema informativo». Quale risultato avete ottenuto? C.P.: «Al termine del check-up l’amministratore mi chiamò per dirmi che nei quattro giorni in cui aveva affiancato il nostro capo progetto, aveva scoperto più criticità e anomalie gestionali di quante scoperte nei precedenti tre anni dal suo insediamento; inutile dire che ci commissionò la realizzazione del progetto». Quali sono gli altri fattori che hanno contribuito al successo di Sorma sui mercati internazionali? C.P. : «Senza dubbio far parte del gruppo Sole24Ore rappresenta una garanzia di continuità e stabilità per i nostri committenti, assicurandoci al contempo la reattività e la snellezza tipica delle piccola azienda italiana. Altro aspetto da non sottovalutare è il fatto che, di norma, molti dei prodotti presenti sul mercato sono distribuiti attraverso una rete di installatori. Sorma, invece, è sia il produttore che l’installatore del prodotto: ciò significa maggior conoscenza del prodotto, ma anche possibilità di implementazioni dello stesso su specifica richiesta del cliente». Come siete riusciti a consolidare le vostre 118 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

Il nostro sistema Erp Si5 è stato progettato e realizzato per migliorare le performance delle aziende manifatturiere

installazioni in ben 22 Paesi nel mondo? OSCAR POLATO: «Il processo di globalizzazione dei nostri partner è iniziato molti anni fa, in particolare per quel che riguarda il settore della componentistica auto. Questa tendenza si è poi estesa anche ad altri settori, come quello delle macchine agricole e degli elettrodomestici, consentendoci via via di aumentare il numero delle installazioni all’estero. Un processo in continua evoluzione, che ci vede protagonisti con diversi progetti nei mercati emergenti, soprattutto in India, Cina, Brasile e Lituania, a testimonianza del fatto che, con la specializzazione, anche le piccole aziende come Sorma possono contribuire alla diffusione del made in Italy in mercati e settori tipicamente presidiati da concorrenti stranieri».



TECNOLOGIE

Perché investire nei macrotrend Per riuscire ad affrontare il periodo di crisi, Elettro-Tech ha elaborato una personale “manovra”. Investimenti mirati in materia di supporto tecnologico e di immagine aziendale. Ne parliamo con Valter e Alessandro Monticone Marco Tedeschi

er chi punta a investire in un’ottica di lungo periodo, la risposta è nei macrotrend. Un riferimento importante perché indica i temi di maggior sviluppo nei decenni a venire. Dall’energia al cloud computing. Di alcuni dei temi dominanti nel lungo periodo si ha percezione già oggi. È il caso, per esempio, della questione energetica o della tecnologia, cruciale nello sviluppo dell’ultimo decennio. Sul fronte informatico, il tema principale sarà il cloud computing, che vede il passaggio dalla logica di acquisto a una di locazione. Un cambio di prospettiva che viene incontro ai budget ristretti di aziende e uffici pubblici, spostando il centro della gestione presso società specializzate che in molti casi possono trovarsi anche a migliaia di chilometri dal cliente. Molte sono le realtà che, soprattutto in questo periodo di difficoltà, hanno deciso di puntare su investimenti importanti. Tra queste la ElettroTech, azienda di Torino che si occupa di progettazione e realizzazione di quadri e impianti elettrici, destinati principalmente al mondo dell’industria, della robotica e dell’automazione. «Abbiamo molto creduto nella parola “investire”– spiega Valter Monticone, che insieme al figlio Alessandro gestisce l’azienda. La nostra reazione al difficile momento, infatti, è stata più simile a un’accelerata che ad una frenata per utilizzare un riferimento automobilistico. Abbiamo infatti deciso di affinare ed attualizzare le attrezzature, i supporti hardware e software specifici del nostro settore. Molti sforzi sono stati realizzati anche dal punto di vista dell’immagine e del marketing. Ci proponiamo ora sul mercato

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con un sito interattivo nuovo, completamente restaurato e modernizzato secondo i canoni attuali. Grazie a questo e al consueto materiale cartaceo di presentazione (anch’esso modernizzato) abbiamo potuto fornire forti e validi strumenti conoscitivi e di interscambio a quelle realtà verso le quali abbiamo mirato per generare partnership finalizzate all’espansione del nostro pacchetto clienti». Alla base di questi investimenti ci sono motivazioni particolari per la Elettro-Tech. «Abbiamo spinto – spiega Alessandro Monticone –, contemporaneamente su due fronti. In primo luogo poiché crediamo ancora nella nostra Italia, abbiamo investito molto per creare e consolidare collaborazioni con aziende presenti sul territorio nazionale ampliando la gamma dei servizi offerti. In tal senso ci ha fatto estremo piacere scoprire

Elettro – Tech si trova a Torino www.elettrotech.net


Valter e Alessandro Monticone

che in Italia ci sono ancora delle sane aziende fatte di serie persone volenterose e lavoratrici con le quali è possibile lavorare nel modo che ha sempre contraddistinto noi Italiani. Certo non è nemmeno paragonabile la situazione attuale a ciò che è stato il mercato nazionale di 10/15 anni fa ma l’aver creato e rafforzato i citati rapporti ci fa ben sperare». Il secondo fronte è sicuramente rappresentato dalle opportunità offerte dai mercati esteri. «Pensiamo sia fuori discussione concordare sul fatto che molti di questi mercati siano più attivi e dinamici rispetto a quello nazionale. Ed è per questa ragione che abbiamo messo in essere un vero e proprio programma di internazionalizzazione dall’azienda. Stiamo gradualmente costruendo interessanti rapporti di penetrazione paese per paese. Puntiamo come leva principale sulla oggettiva qualità che abbiamo sempre espresso e su competitività economica e servizi che grazie a una efficiente organizzazione interna riusciamo a offrire. Crediamo comunque fortemente nel made in Italy ed auspichiamo in una rapida e duratura ripresa economica italiana ed europea». «In questo periodo di crisi, del quale non si vede ancora un epilogo – continua Valter Monticone –, ogni azienda è stata messa di fronte a scelte difficili ma necessarie. Abbiamo visto aziende travolte che hanno dovuto chiudere i battenti ed altre che hanno risposto tagliando il più possibile sui costi fissi mentre altre ancora si sono viste costrette a ridurre le risorse umane. Forse è stato un azzardo ma dal canto nostro abbiamo deciso di andare contro corrente. Anche noi siamo stati messi di fronte a decisioni difficili ma le abbiamo sempre operate pensando ad obiettivi a medio e lungo termine e finalizzate alla crescita e al consolidamento della nostra realtà. Anche noi come le altre aziende abbiamo dovuto elaborare una nostra “manovra” per rispondere a questa pressante situazione. Abbiamo, come logico, rivalutato al meglio i costi fissi, tagliando dove era possibile ma comunque investendo dal

Siamo gli unici a proporre una domotica wireless a costi ragionevoli per una configurazione che può incidere fino al 40% sulla bolletta

punto di vista delle risorse umane, delle tecnologie e della ricerca. Un esempio di questa nostra filosofia è rappresentato dallo sviluppo di sistemi di “recupero energetico”. Questo ci ha consentito di proporci sul mercato come fornitori di soluzioni che puntano al risparmio e all’ottimizzazione energetica. Siamo infatti gli unici a proporre una domotica wireless espandibile a 360° a costi veramente ragionevoli e interamente finanziabile con un offerta di configurazioni specifiche che possono generare fino al 40 per cento di risparmio sulla bolletta» e di conseguenza anche abbattendo sensibilmente le emissioni di CO2. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 121




INNOVAZIONE

L’elettrico investe in start up Tecnologie rivolte alle telecomunicazioni e alle energie alternative, in particolare al fotovoltaico. Questa è la tipologia di start up che il Gruppo Carpaneto Sati ha preso in considerazione per consolidare la propria presenza sul mercato. Ne parla Emilio Carpaneto Emanuela Caruso

irare in remi in barca e aspettare con tranquillità e pazienza che la bufera passi. È questa la reazione che molte solide realtà dell’imprenditoria italiana hanno scelto per affrontare e superare il difficile periodo di crisi. Tante altre, al contrario, hanno deciso di prendere di petto la situazione e investire in innovazione facendo scouting di nuove e promettenti tecnologie. Tra queste anche il Gruppo Carpaneto Sati, impresa industriale e commerciale impegnata da cinquant’anni all’interno del settore

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Emilio Carpaneto, presidente del Gruppo Carpaneto Sati con sede a Rivoli (TO). Nella pagina accanto, kit fotovoltaico a isola con doppia armatura a Led e il prodotto Hot Spot Pro www.gruppocarpanetosati.it

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elettrico. «Abbiamo deciso di scommettere e investire nelle start up tecnologiche italiane e in particolare piemontesi – commenta Emilio Carpaneto, presidente della società – portando così avanti una scelta illuminata e coraggiosa per il momento storico in cui ci troviamo a operare. Il percorso intrapreso ha ripagato le aspettative, in quanto ci ha consentito di porre le basi per una diversificazione dell’attività del gruppo e una maggior penetrazione nel mercato internazionale, le cui esigenze sono in continuo e profondo cambiamento. L’idea di puntare sulle start up tecnologiche era presente già da una decina di anni, ovvero da quando è stato deciso di passare attraverso la realizzazione di siti di produzione e l’acquisizione di progetti innovativi». È proprio durante lo sviluppo di questo percorso che il Gruppo Carpaneto Sati ha capito su quali settori fosse più opportuno investire. «Siamo stati folgorati dall’intuizione che il futuro si sarebbe concentrato in particolar modo attorno allo sviluppo delle telecomunicazioni e della ricerca di fonti di energia alternativa, ragion per cui abbiamo creato un nuovo ramo aziendale dedicato alla produzione e commercializzazione di prodotti e soluzioni innovative specifiche e appetibili per questi settori. Fondamentale in questa fase della nostra storia è stato l’incontro con l’Incubatore del Politecnico di Torino (I3P), un centro di eccellenza italiana che supporta decine di start up d’avanguardia». La Wi-Next e la Wit Sa sono le due società del Gruppo Carpaneto Sati più fortemente


Emilio Carpaneto

orientate all’innovazione tecnologica. Nello specifico, di cosa si occupano? «Le soluzioni offerte da queste due realtà del nostro gruppo, la prima con sede in Italia a Cascine Vica (Torino) e la seconda in Francia a San Laurent du Var (Nizza), consentono di rispondere a una vasta gamma di esigenze operative di aziende pubbliche e private. Ad esempio WiNext propone soluzioni idonee alla creazione di reti Wi Fi Mesh che grazie a un esclusivo software riescono a generare reti wireless completamente auto-configuranti in grado anche di interagire con l’ambiente circostante attraverso sensori e attuatori presenti su ciascun apparato; mentre WIT propone soluzioni per la gestione del risparmio energetico, il controllo degli accessi, arrivando a soluzioni di nicchia come il controllo delle esondazioni dei fiumi con relativa allarmistica». Particolare attenzione è rivolta al tema della Green Efficiency. In che modo e con quale tipo di prodotto riuscite a farlo? «Abbiamo studiato una serie di soluzioni volte al controllo e all’ottimizzazione dei consumi energetici e alla trasmissione dei dati attraverso infrastrutture alimentate a energia solare. Gli investimenti effettuati hanno portato alla produzione del primo kit fotovoltaico dedicato esclusivamente all’illuminazione pubblica stradale e alla commercializzazione del nuovo kit fotovoltaico a isola, che trova applicazione non solo nell’illuminazione pubblica, ma anche negli ambiti dell’illuminazione di pannelli pubblicitari e segnaletica stradale, della videosorveglianza, delle antenne radiotrasmittenti e degli apparati wi-fi».

Facendo scouting di nuove tecnologie, siamo riusciti a trasformare delle semplici start up in prodotti veri e propri dall’elevata competitività

Quali prospettive di sviluppo intravedete per l’immediato futuro del Gruppo Carpaneto Sati? «Sicuramente, i settori delle tecnologie di telecomunicazione a banda larga e del fotovoltaico sono le due aree di business su cui la società intende puntare anche nel medio-lungo periodo. Stiamo effettuando anche importanti investimenti nella progettazione e produzione delle tecnologie nei nostri stabilimenti perché crediamo fortemente nell’opportunità del made in Italy nel mondo, anche per il settore tecnologico. Inoltre, vogliamo continuare a rafforzare la nostra posizione da leader nel comparto dell’impiantistica elettrica industriale e, per farlo, provvederemo a consolidare la nostra capacità di rispondere in modo puntuale ed efficiente a ogni tipo di esigenza di installazione. In questo, partiremo dal core business aziendale, ovvero dai sistemi di canalizzazione metallica per impianti elettrici industriali, e passeremo poi a prodotti più di nicchia quali, per esempio, la schermatura elettromagnetica». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 129


INNOVAZIONE

La chimica rivoluziona il tessile l mercato europeo dei materiali chimici e tecnologici impiegati nel settore tessile è stato agitato, in questi anni, dalla concorrenza dei prodotti provenienti dall’Estremo Oriente. Questi si sono concentrati in una fascia di mercato poco innovativa, ma consolidata. Nonostante tutto però, il mercato tessile italiano occupa ancora un posto di rilievo a livello mondiale, grazie soprattutto alle continue novità che è in grado di esprimere. «Purtroppo non siamo più alle grandi tirature di un tempo, ma quanto si progetta e realizza in Italia ha ancora un qualcosa di unico, capace di innovare e fare tendenza». Ne è convinto Ezio Boasso, titolare della Rescom, azienda torinese specializzata nella ricerca e produzione di materiali chimici innovativi, destinati soprattutto al settore tessile. Tra le novità recentemente introdotte dall’azienda c’è il Solar’Res, un materiale impiegato per la produzione di articoli capaci di garantire il massimo benessere a chi li in-

I Ezio Boasso, titolare della Rescom Srl di Settimo Torinese (TO) www.rescomsrl.it info@rescomsrl.it

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Una membrana ceramica traspirante e impermeabile, ideale per la realizzazione di abiti invernali e da lavoro. È l’ultima delle innovazioni introdotte dalla Rescom, come racconta Ezio Boasso Guido Puopolo

dossa. Quali sono state le considerazioni che vi hanno portato alla produzione di questo materiale? «Solar’Res è una membrana ceramica traspirante impermeabile, che emette radiazioni del lontano infrarosso e interagisce con la fisiologia del corpo. Si sa che la sensazione di calore che noi sentiamo quando siamo al sole deriva da quella porzione di raggi infrarossi che penetrano nella cute. Questi sono proprio i raggi del lontano infrarosso, di lunghezza compresa tra i 4 e i 16 micron. Partendo da questo principio abbiamo sviluppato la membrana Solar’Res, che ha un potere riscaldante tre volte superiore alle normali membrane in commercio». A quale settore è destinato? «Solar’Res rappresenta la soluzione ideale per l’abbigliamento invernale e da lavoro, in quanto può permettere di ridurre sensibilmente l’imbottitura dei capi, a parità di potere coibentante, assicurando un comfort elevato. Solar’Res può essere usato anche su un capo leggero estivo, ma in questo caso la membrana deve essere applicata a zone, solo in punti strategici, come ad esempio la zona lombare e le articolazioni». Quale riscontro sta avendo sul mercato? «Il Solar’Res è stato brevettato nel 2006 grazie anche all’apporto del fisico francese Jacques Casper, ed è stato insignito della medaglia d’oro al Salone dell’Invenzione di Strasburgo.


Ezio Boasso

Il Solar’Res brevettato nel 2006, è stato insignito della medaglia d’oro al Salone dell’Invenzione di Strasburgo

Per il momento abbiamo avuto molto successo in Francia, Svizzera, Inghilterra e sta per essere lanciato negli Stati Uniti mentre, per il momento, in Italia la situazione è stazionaria». Quali sono le linee guida alla base del vostro lavoro? «Siamo sempre alla ricerca di prodotti altamente innovativi per finissaggi, effetti e tatti diversi; prodotti che spesso vengono sviluppati in collaborazione o in esclusiva con i grandi marchi. A volte vengono sviluppati prodotti che si posso adattare agli impianti e alle tipologie richieste dai clienti. Altre volte sono pure invenzioni nostre che proponiamo al mercato. Possiamo dire che produciamo idee e captiamo esigenze. I nostri laboratori hanno il compito di valutare tutti i più avanzati prodotti chimici di base per formulare prodotti specifici e sviluppare nuove tecnologie». Rescom pone da sempre particolare attenzione alla salvaguardia dell’ambiente nelle sue lavorazioni. Come si esplica nella pratica questa attenzione? «Da anni cerchiamo di sviluppare prodotti in emulsione acquosa, che possano sostituire quelli in solvente. Commercializziamo e produciamo resine traspiranti in acqua, poliuretani in soluzione colloidale ed in dispersione acquosa completamente esenti da coalescenti

e privi in assoluto di sostanze volatili specifici per il settore tessile, per la rifinizione delle pelli e per le vernici. L’ultima novità in fase di sperimentazione è una vernice catalitica che depura l’aria». Come è andata l’attività di Rescom nell’ultimo anno? «Abbiamo avuto un notevole aumento di fatturato nel 2010, raggiungendo il massimo storico nel 2011, con un incremento del 34 per cento. Tuttavia questo risultato assai positivo è stato controbilanciato da una riduzione degli utili dato che, negli ultimi tempi, non è stato sempre possibile trasferire l’incessante aumento del costo delle materie prime sul prezzo di vendita. Riscontriamo inoltre un’enorme difficoltà negli incassi, e i termini di pagamento si sono allungati a dismisura». Spesso, per prudenza, ci vediamo costretti a rifiutare alcuni ordini». Su cosa punterete per il prossimo futuro? «Vogliamo proseguire nel solco tracciato in questi anni, investendo sullo sviluppo e sull’innovazione di prodotto. Recentemente abbiamo depositato un nuovo brevetto, e un altro è in corso di realizzazione. La nostra strategia è quella di non rincorrere fatturato e quantità, ma puntare su prodotti sempre più esclusivi e difficili da sostituire e da imitare».

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INNOVAZIONE

La tradizione prende forme innovative Negli anni 50, Alfredo Betti ha puntato al mercato estero, in maniera pionieristica, aprendo nuovi sbocchi alle Vetrerie Betti Torino . I figli ne hanno raccolto l’eredità, impostata sulla ricerca continua di soluzioni innovative, come spiegato da Cristina Betti Roberta De Tomi

ispetto a molti settori, particolarmente afflitti dalla crisi, quello del vetro sta andando in controtendenza, come dimostrano anche i dati di Assovetro: nel 2011 la produzione ha sfiorato i 5,2 milioni di tonnellate contro 5,05 milioni del 2010, evidenziando un incremento del quasi 2,5 per cento. Nello specifico, per il vetro cavo, l’aumento nel 2011 è vicino al 2 per cento, con oltre 3,7 milioni di tonnellate di produzione, contro i circa 3,65 milioni di euro del 2010. Un trend positivo, confermato anche dal caso delle Vetrerie Betti Torino, presente da quattro generazioni sul mercato, nonché esempio di

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Cristina Betti, amministratore delle Vetrerie Betti Torino Spa di Settimo Torinese (TO) www.vetreriebetti.com

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un’impresa a conduzione famigliare che ha saputo ritagliarsi, in maniera anche pionieristica, un ruolo di punta nel settore di riferimento, anche a livello internazionale. In che modo e con quali esiti riuscite a conciliare la tradizione dell’arte vetraria con le esigenze del mercato odierno? «Le nostre parole d’ordine sono tenacia, qualità e rinnovamento, cui si sommano anche l’intuito e il coraggio che non ci sono mai mancati. Per affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione, abbiamo fatto leva sulla qualità, sulla rapidità e sulla competitività dei nostri servizi. In particolare ci concentriamo sull’elaborazione di contenitori personalizzati, curando i dettagli e il design e ponendo molta attenzione a tutti i processi innovativi. Ciò ci ha premiato nei risultati e in maniera gratificante, in quanto abbiamo raggiunto il traguardo di esportare in più di 40 paesi nel mondo». A chi vi affidate per la produzione dei contenitori da commercializzare? «Abbiamo attivato collaborazioni con diversi partner, in Italia e all’estero, per poter offrire ai clienti una gamma di prodotti completa, che un singolo partner commerciale non sarebbe in grado di offrire. Quindi, in base alle richieste, ci rivolgiamo allo stabilimento produttivo capace di andare incontro alle specifiche della committenza».


Cristina Betti

Quali sono state le tappe che hanno permesso alle Vetrerie Betti di diventare un punto di riferimento per i mercati di 40 paesi nel mondo? «La famiglia Betti è attiva da quattro generazioni nel campo del vetro cavo: nel 2005 abbiamo festeggiato il centenario. Il mio bisnonno, Arturo, era direttore della Vetreria Astigiana, ma fu mio nonno Francesco a iniziare l’attività di vendita. Negli anni ’50, quando ancora il mercato globale era un’utopia, mio padre Alfredo, in maniera pionieristica, ha sviluppato, maggiormente il lavoro focalizzando le vendite sul mercato estero, soprattutto in Francia, ma anche in altri paesi europei. I miei fratelli prima e in seguito anch’io, abbiamo intensificato quest’espansione verso l’estero mettendo in questo tutta la nostra passione e attenzione, e anche se oggi la concorrenza è forte in molti paesi abbiamo il vantaggio di essere un’azienda conosciuta da lunga data e da sempre un partner affidabile». Quanto incide il supporto tecnologico sui bilanci dell’azienda? «In termini di tempo, parecchio. La dottoressa Cristina è sempre impegnata nello studio di nuovi modelli da proporre al mercato. È lei che cura il prototipo, in tutte le sue fasi: dal disegno iniziale, alla fabbricazione dello stampo pilota, alla presentazione della campionatura e alla produzione del contenitore. Il suo staff commerciale si occupa poi della diffusione dei nuovi modelli e della sua continua disponibilità». In che termini si misura il valore aggiunto della “personalizzazione” dei contenitori? «Il valore aggiunto di un contenitore personalizzato è inestimabile in quanto un’azienda si distingue sul mercato utilizzando un contenitore originale e unico nella forma che la rende riconoscibile nel tempo all’occhio del consumatore. Nel caso in cui la committenza non decida di investire in un nuovo stampo possiamo anche personalizzare un articolo esistente limitando i costi. Talvolta invece si decide di rendersi “originali”

Negli anni 50, quando ancora il mercato globale era un’utopia, mio padre Alfredo, ha sviluppato il lavoro, focalizzando le vendite sul mercato estero

attraverso la decorazione di una bottiglia esistente. Anche in questo campo ci affidiamo a validissimi partner, fornendo bottiglie con serigrafia, verniciatura, applicazione di etichette speciali e chiusure originali». Come riuscite a rendervi competitivi in un mercato sempre più sotteso ai prodotti “low cost”? «Come già rilevato, al momento la qualità del vetro e la modernità degli impianti a cui ci rivolgiamo per le nostri produzioni, ci hanno permesso di non risentire di questa concorrenza. E soprattutto, con noi, i clienti – in particolare quelli esteri – che ci contattano proprio per contenitori di qualità, non corrono il rischio di ricevere produzioni cinesi di bassa qualità». Quali obiettivi vi ponete per il futuro? «Il nostro futuro sarà impegnato a mantenere attive le vendite nei paesi in cui siamo gia presenti e a sviluppare una maggiore rete di vendita. Al contempo è importante accettare nuove sfide in termini di originalità dei prodotti senza mai dimenticare l’importanza della qualità degli stessi». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 133


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Continuano gli investimenti nelle macchine da stampa Gli investimenti nella digitalizzazione delle macchine da stampa hanno permesso alla Monigraf di crescere esponenzialmente e di allargarsi a importanti mercati esteri. Tra tutti, la Cina e l’America. Ne parliamo con Eligio Gervasoni, presidente dell’azienda Marco Tedeschi

a carenza in infrastrutture tecnologiche del nostro paese figura tra le prime cause del perché le aziende italiane non investano in innovazione. È quanto emerso dal rapporto presentato da Business International alla tavola rotonda con il governo intitolato “Come prosperare in una decade di crescita zero”. Tra le cause del ritardo nell’investimento, oltre la crisi, ci sarebbero l’attuale quadro normativo e la scarsa disponibilità delle banche a finanziare i progetti. In questo quadro che fotografa la limitata capacità d’innovarsi delle aziende italiane sembra andare in controtendenza la Monigraf, realtà nata nel 1973 con lo scopo di migliorare e automatizzare

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Monigraf ha la sede a Torino www.monigraf.it

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i dispositivi delle macchine da stampa. «Sin dai primi anni ottanta – spiega Eligio Gervasoni, presidente dell’azienda -, la Monigraf, si è impegnata a rendere più facile e veloce il compito agli operatori. Per far questo abbiamo impiegato le nuove tecnologie elettroniche digitali che pian piano andavano a sostituire con successo gli strumenti analogici all’ora in uso. In campo digitale possiamo dire di essere stati dei pionieri». Qual è stato l’apporto più significativo che avete realizzato nel settore delle macchine da stampa? «Sicuramente l’automazione del processo di inchiostrazione. Abbiamo completamente digitalizzato le regolazioni a distanza del flusso di inchiostro necessario alla stampa di alta qualità. Siamo riusciti a rendere possibili le operazioni in modo facile, preciso e veloce. Abbiamo inoltre reso memorizzabili e disponibili le regolazioni eseguite per un’eventuale ristampa anche a distanza di tempo. In questo modo gli scarti della carta, di inchiostri e il tempo necessario per l’esecuzione del lavoro vengono notevolmente ridotti. I costi di produzione diminuiscono, così da poter disporre di maggior tempo produttivo e aumentare le tirature riducendo i tempi passivi di avviamento». State studiando altre novità? «Le novità che stiamo sviluppando sono sempre in linea al nostro pensiero ispiratore, ovvero grande attenzione alla qualità, produtti-


Eligio Gervasoni

2012, Drupa. Giancarlo Terzuolo, vice presidente della Monigraf e presidente della Beijing Monigraf Automation, insieme alla delegazione cinese

vità, facilità e velocità di esecuzione del lavoro. Questo avviene grazie ad acquisizioni automatiche di dati provenienti dalle apparecchiature dedicate alla preparazione delle matrici di stampa e al controllo di qualità, attivando processi automatici di “close-up” che consentono un migliore e più efficace sfruttamento degli impianti stessi». Su cosa state investendo oggi? «Nell’aggiornamento delle macchine da stampa. Queste macchine ovviamente sono meno produttive di quelle di ultima generazione per una carenza di automatismi che possono collegarsi a tutte le informazioni derivanti dall’universo dei processi delle apparecchiature necessarie per la preparazione alla stampa. In quanto a investimenti per la ricerca e nuovi prodotti, la nostra azienda rende sempre disponibile il 6 per cento del fatturato annuale». Monigraf ha anche una fortissima presenza a livello internazionale. «L’universalità e la flessibilità del nostro prodotto, utile non solo per la stampa di qualità commerciale e nella tiratura dei quotidiani, offre la possibilità di attrezzare indifferentemente macchine a foglio, a bobina, per la stampa della carta moneta e della litolatta (bevande, prodotti alimentari). Questo ha permesso di farci conoscere in tutto il mondo, creando così, per una corretta azione su mercato, una serie di rappresentanze e di aziende produttrici sia in America che in Cina. Per il mercato cinese è stata necessaria una joint venture con una delle maggiori aziende costruttrici di macchine per la stampa in

Per il mercato cinese è stata necessaria una joint venture con una delle maggiori aziende costruttrici di macchine per la stampa, la BMA, con il 51 % Monigraf

Cina. Il nostro vanto in Cina é di essere stati scelti per equipaggiare con il nostro prodotto tutte le macchine delle Banknote Company che servono alla produzione della stampa della carta moneta. Nella seconda metà del 2011 abbiamo costituito la Monigraf-Inc. nell’area di Chicago, Illinois, per servire in modo adeguato il nord, centro e sud America». Potrebbe farci un bilancio del 2011 e di come sta andando il 2012? «L’andamento delle vendite nell’anno 2011 ci ha permesso una chiusura di bilancio positiva; per l’anno in corso, fino al 31 maggio 2012, anche tenendo conto della congiuntura negativa dell’economia, la Monigraf segna ancora un attivo del bilancio. Il nostro portafoglio ordini ci consente di vedere ancora in modo positivo il seguito della nostra attività fino alla fine dell’anno». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 137


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Nuovi mercati per i coloranti italiani Burocrazia e costi che aumentano non aiutano certamente le Pmi che operano in settori come quello dei coloranti, sottoposti agli adempimenti richiesti dal Reach. L’analisi di Fabrizio Di Cesare Roberta De Tomi

n consorzio è la soluzione concretizzata da alcune Pmi che lavorano nel settore dei coloranti, per far fronte alle incombenze del Reach (Regolamento CE n. 1907/2006). Tra queste imprese, la Kem Color, azienda di Settimo Torinese che rileva le difficoltà intrinseche al regolamento, legato a una burocrazia onerosa, che, come riferito dal titolare, Fabrizio Di Cesare, non aiuta le aziende in tempi di crisi. «Provando a sintetizzare un regolamento complicato come il Reach – spiega – esso prevede che le industrie che producono o importano una sostanza chimica al di sopra dei 1.000 chilogrammi all’anno, la registrino all’Echa (Agenzia Europea per le sostanze chimiche), attraverso la presentazione di un dossier tecnico, che ne analizzi l’impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. A oggi sono ormai due le date di scadenza, in base alla fascia di tonnellaggio di produzione o importazione: nel 2013 per i grossi volumi e nel 2018 per le sostanze in fascia di tonnellaggio minore e meno impattanti, che riguarderanno quasi esclusivamente le Pmi. Il Reach è un regolamento che condiziona la maggior parte dell’industria manifatturiera comunitaria, poiché coinvolge tutti gli attori della catena di approvvigionamento (escludendo dalla partecipazione le parti extraeuropee). Ogni cittadino, senza esserne consapevole, viene coinvolto e condizionato dal regolamento, poiché un’industria come Kem

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La Kem Color Spa, operante nel settore dei coloranti rivolti al tessile, ha sede a Settimo Torinese (TO) www.kemcolor.it

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Color ha già preso i dovuti provvedimenti per affrontare l’oneroso iter che il regolamento impone». «Sebbene le finalità del Reach siano doverose e apprezzabili – sottolinea Di Cesare – dal punto di vista dell’imprenditoria, però, si è rilevato l’ennesimo scoglio, poiché la burocrazia e i costi aumentano, a fronte di un mercato in forte affanno. Per questa ragione la nostra azienda ha cercato in primo luogo di formare i dipendenti e adeguare la politica aziendale ai cambiamenti legislativi imposti, ma soprattutto di partecipare alla creazione di un consorzio aperto e senza fini di lucro, con altre importanti Pmi del settore dei coloranti per il tessile-cuoio-carta, con lo scopo di mutua assistenza e condivisione, al fine di poter ottemperare al meglio agli obblighi di registrazione


Fabrizio Di Cesare

Reach. Attualmente il consorzio sta collaborando con alcune università e istituti di ricerca italiani, istituendo borse di studio inerenti alla parte scientifica della registrazione, sia con organismi nazionali che con altri internazionali, per sviluppare ricerche di test alternativi, per evitare la sperimentazione animale, che ci permettano di abbattere i costi della registrazione, coprendo il gap informativo tecnico sui coloranti che, soprattutto nell’abbigliamento, sono parte della nostra vita quotidiana». Kem Color, che ha come core-business proprio i coloranti destinati all’industria tessile, cerca di adeguarsi alle specifiche dei clienti, ponendo come punta di forza il servizio di assistenza tecnica fornito ai committenti, con cui andare incontro a diverse tipologie di richieste. I mercati in cui l’azienda è presente si collocano anche all’estero, sulla scia delle scelte fatte da diverse imprese tessili nostrane volte «a cercare una soluzione all’incremento dei costi – rileva Di Cesare – nella delocalizzazione all’estero, in particolar modo nell’area dell’Est Europa e del Nord Africa. Per questo motivo la nostra società ha sempre tenuto in alta considerazione i mercati esteri. Sono così nate agenzie di Kem Color in paesi come la Romania, la Bulgaria, la Turchia, il Marocco, la Tunisia. Questa scelta ha permesso di contrastare i cali del mercato interno e pertanto viene considerata tutt’ora attuabile: stiamo infatti cercando di penetrare in mercati nuovi per noi, come il Sud America. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo sviluppato una nuova

Abbiamo creato il consorzio per ottemperare al meglio agli obblighi di registrazione Reach

linea di prodotti, destinati al tessile tecnico nostrano, ambito che sta risentendo meno della congiuntura economica». Per Kem Color lo sviluppo di nuovi prodotti è un efficace strumento anti-crisi. «All’interno del nostro laboratorio – rileva il titolare – i tecnici chimico-tintori eseguono controlli di qualità sia sulle materie prime che sui prodotti finiti, avvalendosi di strumenti come spettrofotometri e colorimetri, soluzionatrici e pipettatrici automatiche, gascromatografo e xeno-test per la solidità alla luce. Resta forte però l’influenza della componente umana, dove l’occhio difficilmente può essere sostituito da una macchina. Sfortunatamente la crisi ha colpito il tessile italiano fin dalla fine degli anni ’90 e da allora si protrae e per far fronte alla situazione, oltre allo sviluppo di nuove linee prodotti, Kem Color ha ad esempio investito in fonti rinnovabili, con l’installazione di un impianto fotovoltaico, che permetta di contenere i costi energetici. In questa fase storica, la volontà è quella di superare le difficoltà, guardando al futuro, mantenendo però saldi i principi che ci legano al servizio al cliente e alla qualità dei prodotti, stando pronti al rilancio dell’attività, quando ci si porranno le condizioni adeguate». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 139


INTERNAZIONALIZZAZIONE

La tecnologia italiana conquista le Olimpiadi Per il Villaggio Olimpico di Londra è stato scelto un marchio made in Italy: Urmet, che con questo riconoscimento festeggia i 75 anni di attività. Ivan Di Dio ne spiega il successo e svela i prossimi obiettivi. «Export, innovazione e rinnovabili» Renato Ferretti

ome fa una grande impresa, italiana per giunta, a non cedere sotto i colpi della depressione? Si potrebbe erroneamente pensare che le dimensioni delle risorse spendibili facciano la differenza con le più sfortunate Pmi. Invece le regole cui rispondere per non arretrare non sono diverse. Lo dimostra l’esperienza di Urmet, noto gruppo torinese, che negli anni ha diversificato le proprie aree di business e oggi sviluppa e commercializza prodotti e sistemi in tre aree differenti: sistemi domotici per la comunicazione e sicurezza integrata, sistemi per la gestione e il risparmio dell’energia e sistemi e soluzioni per le telecomunicazioni. Il Gruppo Urmet ha puntato sui mercati esteri, ha sviluppato nuove tecnologie grazie ad investimenti sulla ricerca e recentemente ha allargato l’attività anche all’ambito

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Ivan Di Dio, responsabile marketing operativo e della comunicazione del gruppo Urmet con sede a Torino www.urmetgroup.com www.urmet.com

delle energie rinnovabili. Tutti aspetti della gestione d’impresa che da anni costituiscono tappe obbligatorie per combattere la crisi. «Quest’anno – ricorda con orgoglio Ivan Di Dio, responsabile marketing operativo e comunicazione del Gruppo Urmet – celebriamo i settantacinque anni di attività e abbiamo festeggiato raggiungendo un grande traguardo: Urmet è stata scelta dai costruttori del Villaggio Olimpico di Londra 2012». Qual è stato il vostro ruolo all’interno dell’evento? «Abbiamo partecipato al progetto del Villaggio Olimpico, una struttura che ha ospitato più di 17mila persone e ha all’interno il più grande centro commerciale d’Europa con 229 negozi, installando il sistema videocitofonico IperVoice in 3000 appartamenti suddivisi in 66 blocchi. Si tratta di un nuovo sistema di videocitofonia che, basato su cablaggio CAT 5, non ha vincoli e limiti di estensione e distanza, di colonne montanti, di centralini e di utenze e che nel contempo semplifica l’installazione e il funzionamento degli impianti di grandi complessi residenziali. Tale soluzione è estremamente affidabile e permette di integrare diverse funzioni con la videocitofonia, come ad esempio il con-


Ivan Di Dio

trollo accesi, la videosorveglianza, l’antincendio e l’antintrusione, in modo semplice». Con questo riconoscimento il respiro internazionale del vostro Gruppo è dato di fatto. «Se da una parte abbiamo sempre cercato di mantenere un elevato grado di specializzazione, dall’altro abbiamo tentato di ampliare il nostro ambito competitivo con un processo di internazionalizzazione. Questa strategia di espansione verso i mercati esteri, ha condotto il gruppo a divenire una solida realtà italiana, composta da oltre 50 Società, 4.000 dipendenti e con una presenza capillare a livello mondiale in più di 100 paesi». Com’è possibile perseguire la specializzazione da un lato e la diversificazione di cui parla dall’altro? «La crescente sensibilità degli utenti verso tematiche legate alla sicurezza, al comfort e al risparmio energetico delle abitazioni, fa sì che il settore della domotica costituisca, per noi, un ottimo ambito in cui investire per acquisire nuove quote di mercato. Il futuro è “l’edificio intelligente”, che consente di gestire in maniera integrata tutti gli impianti tecnologici presenti in casa. Lo sviluppo di nuove tecnologie, sempre più sofisticate, permette, infatti, di raggiungere la perfetta automazione delle varie funzioni domestiche: climatizzazione, distribuzione acqua, gas, energia e impianti di sicurezza».

Il futuro è “l’edificio intelligente”, che gestisce tutti gli impianti tecnologici presenti in casa

Dunque ora vi occupate anche di energia. In che modo? «Provvedendo noi stessi allo sviluppo di tecnologie per la gestione e controllo dei consumi. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, in particolare, ci occupiamo di fotovoltaico, idroelettrico, biomassa, eolico e geotermia. Urmet Engineering, “systems’ integrator” del Gruppo, realizza gli impianti seguendo le fasi di studio, progetto, start up, formazione e manutenzione, tanto in Italia quanto all’estero. Un esempio è l’impianto FV da 383 kW composto da 1480 moduli installato sul tetto della sede Urmet a Torino con il quale provvediamo al fabbisogno elettrico della nostra struttura. Per quanto riguarda la gestione e risparmio termico, Urmet Energy, altra società del Gruppo, ha sviluppato Iperthermo, un sistema di termoregolazione e contabilizzazione con valvole termostatiche e ripartitori di calore elettronici. Questi permettono agli utenti di pagare, pur in presenza di impianti di riscaldamento centralizzato, solo quello che consumano. Un altro esempio che spiega l’idea di edificio intelligente».

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 141


CONSULENZA

Supportare l’innovazione l primo semestre 2012 si è dimostrato particolarmente penalizzante per la produzione nostrana. Eppure l’industria italiana ha deciso di non smettere d’innovare. Anzi, l’innovazione si sta dimostrando proprio l’unica arma vincente in questa situazione di crisi generale. «Noi possiamo testimoniare – racconta Enrica Acuto Jacobacci, della Jacobacci & Partners – che alcuni clienti che esportano prodotti innovativi o di alta gamma, soprattutto al di fuori dell’Europa, vedono crescite considerevoli, alcune, anche migliori rispetto al periodo precedente la crisi». Jacobacci & Partners, la cui sede principale si trova a Torino, ma che può contare su una presenza europea grazie alle sue sedi in Svizzera, Spagna e Francia, da 140 anni è specializzata nella proprietà intellettuale. Da un lato si assicura che la proprietà intellettuale di un’azienda sia al riparo da qualsiasi rischio, dall’altra pianifica lo sfruttamento e lo sviluppo con un’attenta analisi delle potenzialità.

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Enrica Acuto Jacobacci, consigliere delegato, fa parte dell’executive board della Jacobacci & Partners insieme ad Andrea Beckert, Paolo Crippa, Gerardo Defilippi e Carlo Alberto Demichelis jpto@jacobacci.com www.jacobacci.com

Nell’ultimo anno sono aumentati nel Paese i depositi di nuovi brevetti. I dati dell’Ufficio Brevetti Europeo, parlano di un +0,4 per cento per l’Italia nel 2011. Un segnale dell’attenzione dell'industria all'innovazione come arma per uscire dalla crisi. Ne parlano l’executive board della Jacobacci&Partners ed Enrica Acuto Jacobacci Marco Tedeschi

Nell’ultimo anno, qual è stato l’andamento del vostro business. «Nel 2011 abbiamo mantenuto la posizione dell’anno precedente, senza significative variazioni. Mentre il primo semestre di quest'anno segnala un andamento di crescita moderata rispetto al precedente esercizio. I segnali positivi arrivano maggiormente dall'area brevetti e in particolare stanno aumentando i depositi di nuovi brevetti che leggiamo come un'attenzione dell'industria all'innovazione per uscire dalla crisi. I dati dell’Ufficio Brevetti Europeo, vedono l’Italia a +0,4 per cento nel 2011, che se confrontato con un +0,5 per cento della Germania tenuto conto della recessione italiana e crescita tedesca è un ottimo risultato. Se poi parametrizziamo questi dati alla luce del numero di aziende impegnate in ricerca e sviluppo, il dato è ancora più favorevole all’Italia». Registrate qualche muta?


Enrica Acuto Jacobacci

MARCHI

100 mila SONO GESTITI DALLA JACOBACCI & PARTNERS. IN TOTALE L’AZIENDA GESTISCE OLTRE 80 MILA BREVETTI

mento nella considerazione dell’importanza della proprietà intellettuale in una prospettiva di apertura al mercato globale? «L'apertura al mercato internazionale e il confronto con realtà produttive a livello mondiale hanno spinto le aziende italiane a una maggior attenzione alla protezione giuridica di prodotti, marchi e processi produttivi. Tuttavia, se da un lato il mercato globale rappresenta un'enorme opportunità dall'altro le aziende italiane di dimensione medio piccola e che operano in settori tradizionali non hanno solo la sfida di contrastare i contraffattori, quanto piuttosto contrastare la sleale concorrenza in termini di dazi, costo del lavoro, di produzione e di sistema senza contare i temi relativi alla sicurezza ambientale e sociale». In quali fattori emergono i più significativi elementi d’“innovazione” nel vostro ambito di intervento? «È limitante pensare che i brevetti o i marchi vadano bene solo per alcuni settori e che esista davvero il mercato delle “cose che non si possono innovare”. Tutto si può innovare: lo dimostra un recentissimo brevetto su un telaio in legno di una bicicletta pubblicato a marzo del 2012 mentre il primo telaio per biciclette risale al 1817. La domanda di brevetto internazionale rivendica un telaio in legno, assai più economico del composito con fibre di carbonio e con una resi-

stenza paragonabile all’acciaio. Per quanto riguarda i marchi, l’innovazione è più che altro legata alla comprensione della necessità di portare all’interno del perimetro aziendale tutti gli elementi di valore che sono in astratto disponibili». Ritenete necessaria l’introduzione di nuove misure per la tutela del segreto industriale? «Il segreto industriale è nella norma modificata nel 2005 D.L. 30/2005 tutelata molto bene, alla stregua di un’invenzione brevettata. Sono le aziende che devono predisporre all’interno procedure scritte per la salvaguardia di questo segreto. Noi le affianchiamo proprio in questo compito. La nostra convinzione è che non sono necessarie altre leggi e norme, ma una più forte attenzione e comprensione di dove stia il valore aziendale e di come tutelarlo». Anche alla luce del vostro essere soci del consorzio Proplast di Alessandria, come viene percepito in questo momento il tema dell’investimento in ricerca e sviluppo? «Credo si possa dire che se certamente è difficile mobilitare risorse in un momento economico come l’attuale, nello specifico c’è una generale consapevolezza del fatto che l’innovazione e la sua tutela, così come la capacità di portare, mantenere e gestire in azienda tutto il valore che ne deriva sono asset fondamentali in qualunque mercato. Di conseguenza la ricerca e sviluppo sono – pur tra molte difficoltà – tuttora elementi

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CONSULENZA

❯❯ presenti nelle strategie d’investimento aziendali là ove l’innovazione viene percepita in modo corretto. Non a caso le aziende si consorziano per promuovere la ricerca». La vostra società di consulenza ha un respiro internazionale. In quali aree geografiche state lavorando maggiormente? «I paesi europei nei quali siamo presenti stanno tutti vivendo un periodo di crisi, in Spagna permangono comunque occasioni di crescita soprattutto per quanto riguarda la domanda di protezione da parte di soggetti esteri sul mercato locale. Gli ultimi dati di bilancio della nostra controllata ci permettono un moderato ottimismo sull’evoluzione della domanda di servizi di proprietà intellettuale in Spagna. In Francia la nostra presenza è recente ed è ancora in una fase di start-up ma con un andamento in crescita mentre la realtà svizzera è più consolidata ed è collocata in una condizione d’equilibrio». J&P spicca nel panorama italiano per due elementi: l’80 per cento di donne in azienda e un’età media inferiore ai 40 anni. Quale vantaggio competitivo vi garantiscono questi due aspetti? «La nostra realtà ha sempre valorizzato il capitale delle risorse umane aziendali. Consapevoli dell'elevato grado di professionalità e della lunga 146 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

Gli ultimi dati ci permettono un moderato ottimismo sull’evoluzione della domanda di servizi di proprietà intellettuale in Europa

formazione necessaria per presidiare gli aspetti consulenziali, operativi e manageriali, abbiamo creato nel corso dei secoli una “scuola Jacobacci” nella quale gli spazi per la mediocrità si sono azzerati e la pressione della concorrenza ci impone di trovare soluzioni nuove e creative per rispondere adeguatamente ai bisogni e mezzi dei clienti». Quali sono le prospettive per il futuro e quali gli obiettivi che vi siete prefissati di raggiungere? «Nonostante la situazione economica mondiale, l’obiettivo che ci siamo dati per il 2012 è stato quello di una crescita, anche se moderata e non paragonabile a quella della prima metà degli anni 2000, per garantire la dinamica naturale dei costi e il mantenimento di livelli di redditività proporzionalmente invariati. Per il momento siamo in linea con questi obiettivi e questo risultato di metà anno ci dovrebbe consentire di guardare al futuro in modo meno pessimistico di quanto spesso si sente sui mass-media. Siamo consapevoli del valore strategico dei servizi che offriamo e crediamo nell’industria italiana e nella sua capacità di reazione».



CONSULENZA

La consulenza per scalare il mercato Il consulente direzionale tesse le strategie per la crescita delle imprese, divenendo uno dei principali responsabili della ripresa. Evelina Dapueto descrive metodi, piani e stato di salute di un’attività complessa Renato Ferretti

a consulenza aziendale è un mare magnum di aspetti e problematiche spesso difficili da decodificare. Eppure la qualità del lavoro, soprattutto in un periodo così difficile come l’attuale, risulterà decisiva per la salute delle imprese apportando benefici alla tenuta economica in generale. Evelina Dapueto, titolare di Soart Group, presenta una panoramica delle condizioni in cui versa il proprio ambito e delle prospettive d’intervento. E non si mostra pessimista. «Temiamo – dice – per la nostra economia, a livello non solo europeo, ma siamo convinti che la professionalità frutti sempre. A patto di non puntare ai fasti del 2005/2008». Che bilancio si può fare della vostra attività degli ultimi due anni?

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Evelina Dapueto e, nell’immagine a fianco, Ginevra ed Edoardo, della Soart Group di Torino www.soart.it

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«Le attività di una società di consulenza, in anni sabbiosi come questi, si possono dividere in diverse categorie: tenere la barra al centro, sopravvivere o tirare la serranda e andare a coltivare l’orto. Noi siamo qui, fra qualche peripezia e molte soddisfazioni: siamo cresciuti con l’acquisizione di clienti nuovi, che si sono affidati per progetti strategici, andando a rinfoltire un portafoglio che non ha salutato la partenza di nessuno verso altri mari. I clienti di lungo corso si evolvono, e questa è una delle nostre ricchezze significative. Abbiamo stretto partnership con differenti attori, fra cui una rete d’imprese, per rafforzarci e garantire un’offerta sempre ampia e dettagliata. In generale siamo in linea con gli anni precedenti». Da quali settori stanno derivando le opportunità di business più significative? «I nostri clienti standard sono legati al mondo della produzione: macchinari, impianti, componentistica, HW/SW, commodities, trading: il nostro know-how si svolge all’interno di questo arco già ampio. A questo mondo offriamo una gamma di servizi che spaziano fra management, head hunting, controlling, planning, IT, marketing. I settori sono guidati dai mercati: chi opera su scenari competitivi offre al consulente opportunità di pregio. Non parliamo quindi di beni, ma di interpretazioni del mercato». Oggi, anche in virtù della crisi che stiamo vivendo, qual è il modo più efficace di seguire le imprese? «È un tema molto dibattuto anche in Aidda,


Evelina Dapueto

l’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda di cui faccio parte dal 1988. Noi prima di tutto dobbiamo dare un modello di coraggio. E poi essere pazienti. Lo spirito più puro dell’imprenditoria non sta nella spregiudicatezza. Infatti sono convinta che il consulente bravo sia quello che trae da aspetti apparentemente illogici, insight concreti per le aziende. Il consulente fortunato ha clienti che ascoltano, si arrabbiano, contestano, chiedono varianti sui loro stessi progetti, per poi ritornare alla prima versione proposta, di cui si appropriano il merito. Il consulente che vuole fatturare, invece, si accontenta di vedere applicate le proprie idee, e trae soddisfazione dai successi del committente». Quanto investite in ricerca e sviluppo? Su quali progetti state lavorando in questo momento? «Investiamo sulla nostra formazione sia normativa, sia tecnica. Abbiamo dato uno standing alone alla divisione marketing con un sito nuovo, la registrazione del marchio e un polmone temporale di business development». In particolare quali aspettative e novità ci sono per Soart Group? «Ci aspettiamo un biennio complesso, con il comparire di professionalità sconosciute fino a qualche anno fa. Coltiviamo i nuovi talenti, anche se notiamo un certo decadimento dei giovani: la formazione deve tornare a essere un po’ più complessa, per allenare i ragazzi alle difficoltà. Andiamo verso l’homo homini lupus, è vero, ma i lupi sanno fare branco, isolando chi non è funzionale al gruppo ed eleggendo i leader capaci e motivati». Quali sono le nuove tendenze in materia di software e applicazioni informatiche? «Sicuramente il cloud e la device economy saranno argomenti importanti. Il web è stata la terza rivoluzione industriale, smartphone e tablet chiamiamoli gravi sommosse. Ad oggi tutto deve essere ottimizzato su iOS o An-

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Il business è una sfida affascinante e difficile in cui l’imprenditore necessita di una guida sicura

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droid, il nostro dipartimento IT si sta divertendo un mondo». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Puntiamo a consolidare le aree di business già in essere e a sviluppare quelle appena nate. Mi riferisco a Psycommuniquette, la nostra realtà di consulenza per il marketing, l’advertising e la comunicazione commerciale. Si tratta di applicare le basi della psicologia cognitiva e della percezione a un settore che ne ha sempre fatto un uso un po’naif . Il mercato sta rispondendo con interesse a questo approccio pionieristico. Quando fra 10 anni sarà una componente essenziale negli uffici marketing di tutto il mondo, speriamo di poterne vantare l’impegno lungimirante». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 149


MANAGER E IMPRESA

Il valore della ricollocazione manageriale

Per tornare a essere competitive nel mercato globale le aziende hanno bisogno di contare su figure manageriali competenti. Per questo è fondamentale fornire un outplacement in lingua inglese. Il punto di Mario Piccoli

ra i fenomeni che vengono riscontrati con la crisi e che, sotto un certo punto di vista, diventano concausa di un indebolimento del mercato, troviamo il downsizing di moltissime posizioni manageriali. «Il downsizing delle posizioni manageriali – spiega Mario Piccoli, amministratore di Career Counseling di Torino - nasce negli Usa molto prima della crisi. Oggi il fenomeno si è solo allargato per ragioni di costo congiunturali. Nessuna azienda, per quanto grande, è più in grado di condizionare il prezzo per remunerare l’organizzazione che si è scelta. Paghiamo ritardi nelle scelte. Oggi la dimensione conta meno rispetto alla rapidità di analisi e di azione: è il pesce veloce che mangia quello lento. Su 10 posizioni manageriali perse se ne creano 6 o poco più». Career Counseling è una società nata negli anni novanta per il supporto alla ricollocazione professionale. La società registra tempi medi di ricollocazione che vanno dai 3 ai 6 mesi in base alla professionalità e all’inquadramento del candidato seguito. Un servizio fondamentale nel periodo che stiamo attraversando. «Career Counseling è nata 22 anni fa a Torino e da allora è sempre cresciuta diventando leader in Italia in un mercato dominato prima dalle multinazionali del settore (oggi assorbite dalle Agenzie per il Lavoro). Ricollocarsi vuol dire aprirsi al nuovo, al cambiamento e in questo siamo profondamente piemontesi. Per questo ora offriamo ai manager una ricerca a livello globale e li accompagniamo in un percorso per ottenere tutte le competenze necessarie per presentarsi con credibilità sul mercato». Tra le scelte portate avanti dalla realtà torinese c’è

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Marco Tedeschi

Mario Piccoli, amministratore di Career Counseling, Torino careerto@careercounseling.it careerst@careercounseling.it www.careercounseling.it

anche la scelta di investire su un servizio di outplacement in lingua inglese. «Le posizioni che si aprono per i dirigenti – prosegue Piccoli - sono sempre più lontane dal nostro territorio e specificatamente anche per le ricerche in Piemonte vengono richieste specifiche competenze lingui-


Mario Piccoli

stiche e un approccio globale. Noi sosteniamo queste necessità e per preparare al meglio tutti i nostri candidati per i colloqui forniamo anche outplacement in inglese. Mettiamo a loro disposizione consulenti madrelingua che ci aiutano anche in una mediazione culturale di alto livello, sia per posizioni a livello nazionale che internazionale». Un’apertura al mercato internazionale che necessita in ogni caso di un grande impegno e di un livello elevato. «La qualità del nostro management è elevata ma necessita di un supporto e un training specifico per ottenere una buona capacità di presentarsi, anche in altra lingua e in altri contesti. Le nostre imprese hanno bisogno di competenze manageriali per essere competitive nel mercato globale. Lo sviluppo delle suddette competenze risulta quindi la chiave per aumentare le posizioni dirigenziali del territorio piemontese». La competitività in ambito internazionale deriva per Career Counseling anche dalle importanti collaborazioni che vengono portate avanti. «L’esperienza di global partner della più grande multinazionale del settore ci ha insegnato come muoverci e non commettere gli errori dei grandi gruppi. Abbiamo una nostra presenza a Londra, centro mondiale della ricerca e selezione di manager e professional. Abbiamo referenti nelle maggiori aree di sviluppo: nordics, paesi dell’Est, India e Far East con cui scambiamo informazioni in tempo reale, coadiuvati da nuovi sistemi di collegamento e di ricerca di dati». In questo scenario gli obiettivi, le sfide e le prospettive di crescita risultano strettamente collegate alle capacità acquisite dai collaboratori, risorsa e punto focale dell’azienda. «Ci siamo riorganizzati per affrontare questa nuova sfida

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Abbiamo referenti nelle maggiori aree di sviluppo, come Londra, i paesi dell’Est, India e Far East, con cui scambiamo informazioni in tempo reale

ampliando e aumentando il numero, le capacità e gli anni complessivi d’esperienza dei nostri collaboratori. A malincuore abbiamo rinunciato a collaboratori capaci, ma costosi e carenti delle competenze necessarie per aiutare i nostri candidati a vivere la globalizzazione. Stiamo operando un massiccio piano formativo a livello aziendale. Abbiamo aperto nuove sedi, consolidando la presenza in aree, anche del territorio, che hanno retto la crisi e che possono rappresentare uno sbocco per i nostri manager. Abbiamo rinnovato e ampliato i nostri servizi per rispondere alla sempre maggiore domanda che proviene dai professional che non vogliono essere coinvolti dalle conseguenze di questa crisi e voglio continuare la loro carriera. Facciamo quello che deve fare un’azienda sana per superare la crisi: una forte attenzione allo sviluppo, integrata da una continua spinta all’efficienza».

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BROKER DI ASSICURAZIONI

Soluzioni ad hoc per i rischi delle imprese Emanuele Cordero di Vonzo fa un quadro del mercato italiano dei broker assicurativi. Settore in crescita che sta occupando lo spazio lasciato vuoto dagli assicuratori tradizionali. Prospettive e investimenti per il Piemonte e Torino Manlio Teodoro

n un 2011 di complessiva difficoltà per il mercato assicurativo italiano, contrassegnato da una decisa contrazione della raccolta premi (meno 12,5 per cento rispetto al 2010), i broker hanno ulteriormente incrementato la propria incidenza. Infatti, il totale dei premi è salito a 22,2 miliardi di euro (più 4 per cento rispetto al 2010) per una quota di mercato complessiva del 21,1 per cento. Nei soli rami danni, i broker che agiscono in Italia hanno gestito 17,7 miliardi di euro, cifra che rappresenta una quota del 48,9 per cento sul totale nazionale. Inoltre, a fronte di un calo nel numero degli agenti assicurativi, la professione del broker ha registrato un’ulteriore espansione. A fine 2011 risultavano iscritte al registro unico degli intermediari 1.683 aziende di brokeraggio, con un incremento di quasi il 10 per cento rispetto alla fine del 2010. Quali sono le ragioni di questa forte spinta in avanti del brokeraggio? Ne parliamo con Emanuele Cordero di Vonzo, consigliere di amministrazione del gruppo Assiteca Spa e amministratore delegato di Assiteca Ba Torino. Cosa ha determinato la crescita dei broker e la contemporanea diminuzione del numero di assicuratori tradizionali? «Negli ultimissimi anni la politica delle principali compagnie assicurative è stata quella di trasformare le proprie reti di vendita. In pratica, le agenzie, prima impegnate sia nel settore

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Emanuele Cordero di Vonzo, Consigliere di Amministrazione di Assiteca SpA e Ad di Assiteca Ba Torino Spa www.assiteca.it

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industriale che in quello personal line, si sono progressivamente spostate verso il mercato delle persone. Ciò ha significato una riduzione nelle dimensioni delle agenzie, e un corrispondente ridimensionamento del segmento di mercato. La conseguenza è stata che lo spazio di mercato


Emanuele Cordero di Vonzo

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MILIONI DI PREMI INTERMEDIATI DEL GRUPPO ASSITECA. 42 MILIONI DI EURO I RICAVI, 17.500 SINISTRI GESTITI ANNUALMENTE, 100 I PAESI IN CUI IL GRUPPO RENDE SERVIZI ATTRAVERSO NETWORK DI PARTNER

ascrivibile al settore industriale è rimasto in larga parte scoperto. Ed è qui che si è concentrato l’interesse dei broker, determinandone la loro crescita». Come si è posta Assiteca rispetto a questo fenomeno? «Il Gruppo Assiteca si pone con un trend di crescita maggiore rispetto a quello medio dei broker attivi in Italia. Questo è stato possibile grazie alla nostra strategia di investimento sulla struttura, che ci ha portato a un buon ritorno in termini di sviluppo organico dell’attività. Mentre i broker internazionali stanno industrializzando il proprio servizio, con prodotti tendenzialmente sempre più standardizzati, noi abbiamo scelto di offrire qualità e specializzazione. Per questo abbiamo investito sulle persone e sulla costituzione di team focalizzati su problematiche specialistiche. Un esempio, è quello della nostra Divisione speciale credito commerciale, rischio che è oggi molto sentito dalle aziende. Inoltre, in questo anno, stiamo sviluppando un importante progetto che prevede una totale innovazione della nostra offerta. Crediamo nei valori delle imprese italiane e vogliamo essere percepiti come il loro migliore partner nella gestione dei loro rischi, che sono in continua evoluzione». Quali ragioni vi hanno spinto a investire nonostante il momento difficile per l’economia? «Crediamo che proprio nei momenti difficili sia il momento di investire e di innovare. Noi condividiamo la filosofia seguita dalle imprese che hanno compreso che è necessario investire per uscire da questo momento di crisi. Infatti è questa la fase critica per ricercare nuove strade, migliori dal punto di vista qualitativo rispetto al passato, evitando di concentrare tutto

l’interesse solamente sul prezzo più basso, che è un fattore di successo solo apparente. In materia di prodotti assicurativi, infatti, non sempre ci si può affidare a un prodotto standard per la copertura dei propri fattori di rischio. La nostra volontà è quella di far capire che in molti casi è necessaria un’assistenza specialistica e che noi abbiamo la competenza per offrirla, naturalmente a costi estremamente competitivi». Come si inserisce in questa strategia l’azione di Assiteca Ba in Piemonte e in particolare a Torino? «Torino è un nodo strategico per la nostra attività. Stiamo puntando a essere presenti non solo come sponsor, ma anche attraverso accordi con le Associazioni di imprese in Piemonte oltre che a Torino. La nostra consulenza si rivolge ovviamente a favore delle aziende associate e il nostro obiettivo è sia quello di promuovere l’offerta dei nostri servizi e prodotti assicurativi “tailorizzati”, sia quello di fare cultura sulla gestione dei rischi all’interno dell’azienda. Questa cultura, in Italia infatti, è ancora poco diffusa, e riteniamo le sedi associative quelle più adatte per questo scopo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 155


INDAGINI PERITALI

Sinistri e perizie, criticità del settore Un’attività rivolta alla “loss prevention” porta a privilegiare i valori, spesso in conflitto con gli interessi economici di una società come ED, specializzata in indagini peritali. Ma l’etica gioca un ruolo centrale, come evidenzia Attilio Mercalli Roberta De Tomi

introduzione di una rigida documentazione amministrativa e fiscale è una valida strategia per evitare speculazioni nelle indagini peritali attivate dalle compagnie assicurative. Come spiegato dal fondatore e amministratore, Attilio Mercalli, per ED (Engineering Data), società operante da oltre 40 anni nel settore in questione, la procedura deve infatti essere improntata su valori etici centrali per lo svolgimento delle attività, rivolte a un target molto ampio: le assicurazioni e i terzi in genere, merci e beni trasportati e beni-ex leasing, di cui viene valutato il valore residuo. La nascita di ED presenta un curioso antefatto. Ce lo vuole raccontare? «In un certo senso ED è “figlia” di un incidente, avvenuto nel 1965, ai tempi in cui ero direttore di un’azienda milanese che commercializzava prodotti elettrici ed elettronici. A seguito della vertenza assicurativa aperta per un episodio di allagamento di una zona dell’edificio, conobbi il perito che si occupava del caso. Il professionista intendeva cedere la sua attività, che entrò nell’orbita delle mie mire professionali, coronate soltanto dopo un certo periodo». Su cosa si orienta in

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Attilio Mercalli, amministratore della ED Srl, con sede a Torino www.engineeringdata.it

particolare la vostra attività? «Un sinistro e il relativo contenzioso rappresentano un danno sociale. Da questa constatazione nasce il nostro orientamento alla “loss prevention”, spinti da un’etica professionale che ci porta a privilegiare i valori, malgrado questi spesso confliggano con i nostri interessi economici». Come si è evoluto il vostro bacino di utenza negli anni? «Negli anni il nostro bacino d’utenza è cresciuto notevolmente: da un iniziale 80 per cento di compagnie assicuratrici, prima solo italiane, poi straniere, è passato a una diversificazione del servizio peritale in ambiti che ci hanno permesso di valorizzare la nostra “loss prevention”. A oggi lavoriamo soprattutto con le assicurazioni, che rappresentano il 60 per cento della nostra attività, mentre per il resto operiamo per grandi aziende, di trasporto o dell’industria, banche, società di leasing». È possibile prevenire comportamenti speculativi, spesso ricorrenti nelle vertenze assicurative? «Alla luce dell’esperienza e di diverse casistiche che si sono reiterate nel tempo, possiamo dire che è possibile prevenire questi comportamenti. Per farlo, abbiamo indirizzato le indagini in maniera anti-speculativa, introducendo una rigida documentazione amministrativa e fiscale».


Attilio Mercalli

Abbiamo ben presente il concetto di “pronto intervento”, spesso disatteso dalla lentezza di trasmissione del mandato peritale

Secondo quali dinamiche operate? «Abbiamo ben presente il concetto di “pronto intervento”, spesso disatteso dalla lentezza di trasmissione del mandato peritale. Per questa ragione, 24 ore su 24, per 365 all’anno è attivo un servizio, con cui ci rendiamo disponibili a ricevere l’incarico di perizia in maniera tempestiva». Quando venite contattati, che iter si attiva? «Quando il mandato di perizia viene inoltrato, l’operatrice trasferisce al perito di competenza la documentazione necessaria, completata dagli elementi identificativi in nostro possesso nel caso di precedenti interventi realizzati presso l’ente mandante. Contemporaneamente nel nostro sistema informatico viene creato un file, all’interno del quale vengono inseriti tutti i nuovi elementi legati all’iter. Il file viene periodicamente controllato, affinché possano essere inviati richieste o rapporti interlocutori sullo stato dell’indagine. Gli enti preposti alla diramazione dell’incarico peritale sono poco orientati alla chiamata diretta dell’assicurazione, mentre nel mondo anglosassone l’ente peritale fiduciario è indicato sul contratto assicurativo, con conseguente restringimento dei tempi».

La vostra attività si svolge soprattutto in Piemonte, ma anche sul territorio nazionale e, ancora di più, all’estero. Avete l’obiettivo di crescere? «Di norma, lo sviluppo di realtà come la nostra avviene nell’area d’insediamento. L’espansione solitamente è stimolata dalle esigenze di qualche cliente importante, orientato all’omogeneità del servizio su tutto il territorio di riferimento e sulle necessità di contenimento del rapporto interlocutorio con un unico soggetto. La creazione di una rete nazionale di corrispondenti, operanti sotto un’unica direttiva, stimola in termini di economie di scala l’opportunità di offrire lo stesso servizio a più organizzazioni, sia italiane che straniere». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 157





Enogastromia, è il tempo dell’eccellenza Realtà come Slow Food, Eataly, la Biteg e il Salone del Gusto e Terra Madre, prossimo al via, sono i manifesti più riusciti di un sistema enogastronomico piemontese che negli ultimi anni ha compiuto, letteralmente, un salto di qualità Giacomo Govoni n conteggio esatto al riguardo non è ancora stato prodotto, ma per misurare il tasso d’incidenza degli eventi di carattere enogastronomico sull’intero campionario di iniziative e manifestazioni che ogni anno vanno in scena in Piemonte, basta scorrere il calendario 2012 delle fiere e mostre mercato redatto dalla Regione. Se ne evince che sui 544 appuntamenti in programma quest’anno, almeno due terzi ruotano attorno ai prodotti tipici locali. Un asset, per dirla in termini economici, in cui secondo una recente indagine di Coldiretti, il Piemonte occupa il quarto gradino nazionale con 363 specialità tipiche censite. Quarto posto che diventa primo se si stringe la lente sulla sfera enologica, in cui il Piemonte recita la parte del leone, riferisce l’osservatorio annuale sul turismo del vino in Italia, con il 20% di viticoltori di qualità sul totale nazionale e una produzione tutelata da ben 18 Docg e 44 Doc. Barolo, Alta Langa e Moscato d’Asti che, assieme agli altri vini di pregio prodotti da queste terre, formano la punta di diamante di

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un sistema agroalimentare piemontese composto da 67.000 aziende agricole, 200 cooperative, 6.000 imprese agroindustriali e 4.000 artigianali, per un fatturato complessivo di 12 miliardi di euro, il 10 per cento di quello nazionale. Numeri importanti su cui la Regione Piemonte, con un fresco stanziamento di 20 milioni rivolto a progetti di promozione dei prodotti agroalimentari piemontesi di qualità sui mercati domestici ed esteri, dimostra di non volersi sedere. Da difendere c’è un’eccellenza agroalimentare costruita con impegno negli ultimi vent’anni, contraddistinti da una metamorfosi produttiva che ha saputo interpretare in chiave qualitativa l’inevitabile riduzione dei volumi. Una piccola rivoluzione culturale votata alla riscoperta dei valori primari dell’enogastronomia, che deve il suo abbrivio a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food. Movimento che non ha bisogno di presentazioni, tanta è la strada che ha percorso in questi anni verso la diffusione di un nuovo modello alimentare, diventando una realtà di riferimento anche all’estero con sostenitori in 150 Paesi. Una maxi-opera di sensi-

bilizzazione al cibo “buono, pulito, giusto”, come recita il suo motto, che ha fatto breccia nel territorio piemontese, aprendolo a nuove iniziative di spessore come la Borsa internazionale del turismo enogastronomico, l’evento di promozione e vendita del prodotto turistico enogastronomico più rappresentativo in Italia, acquisito dalla Regione nel 2008. O ancora, ispirando forme inedite di mercato come quella promossa da Eataly, un marchio in grande ascesa costituito da un gruppo di piccole aziende che intrecciano la vendita di “alti cibi a prezzi sostenibili” con la ristorazione e la didattica. Ma tra tanti veicoli di valorizzazione del territorio più o meno affermati, l’ammiraglia resta senza dubbio il Salone del Gusto e Terra Madre, concepito da Slowfood nel 1996 e diventato presto la vetrina più ambita per gli operatori agroalimentari di tutto il mondo. Giunto alla nona edizione, la rassegna punterà anche quest’anno a consolidare il valore di un brand, quello del Salone, stimato da un recente studio in 2,35 milioni di euro, con una ricaduta sul territorio per 65 milioni. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 161


LA CULTURA DEL CIBO

La rivoluzione del gusto parte dalla terra Coniugare il piacere del cibo con una spesa più responsabile e scelte alimentari più sensibili alla pianificazione agricola territoriale. È l’idea che il movimento internazionale di Slowfood porta avanti fin dalle sue origini. Parola a Roberto Burdese Giacomo Govoni

l pianeta del cibo e della gastronomia non possono prescindere da chi lavora la terra, da chi trasforma ogni giorno la natura in cultura. Alla promozione di questo nuovo paradigma alimentare, si consacra da anni l’impegno di Slowfood al Salone del Gusto, in programma a Torino a fine ottobre. Un modello in cui «non è il mercato a stabilire ciò che mangiamo – spiega Roberto Burdese, presidente di Slowfood Italia – ma una scelta di gusto, dettata dal progressivo avvicinamento del consumatore al mondo della produzione». “Cibi che cambiano il mondo” è lo slogan che celebrerà il sodalizio fra Salone e Terra Madre in questa edizione della kermesse torinese, che ospiterà anche il sesto congresso mondiale del movimento fondato da Carlo Petrini. Proprio il patron di Slowfood, in un intervento a Bruxelles della scorsa primavera, ha invocato la risco-

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Sopra, Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia

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perta della “sovranità alimentare”, rigettando la visione settoriale del tema agricolo. Quanto l’adozione di una simile “forma mentis” sarebbe in grado di incidere sulle sorti della crisi globale? «Noi abbiamo cominciato a elaborare riflessioni sulla sovranità alimentare già prima dell’avvento della crisi. La necessità di sviluppare nuove visioni ci giungeva da un modello economico senza prospettive di lungo termine come quello in cui abbiamo vissuto negli ultimi 50 anni. Questa visione significa sostanzialmente ridare centralità al cibo, che in fondo accomuna la vita di tutti tre volte al giorno. In base alle scelte alimentari che facciamo determiniamo la qualità dell’ambiente, della nostra salute e delle nostre comunità». Nell’ambito delle nostre abitudini alimentari, quali buone pratiche possiamo adottare?

«Cambiando il nostro approccio al cibo s’innescano una serie di meccanismi che attraverso, ad esempio, il consumo di cibi locali di stagione, magari servendosi direttamente dai produttori, consentono di fare piccole economie molto utili in questo periodo. All’interno delle nostre diete e compatibilmente con la disponibilità economica, poi, possiamo ridurre la carne e fare in modo che quando la si mangia sia di qualità migliore. O ancora, destinare una parte del budget per la spesa ai legumi, di cui il nostro Paese è ricchissimo, significa far del bene alla nostra salute con proteine e vegetali, prima ancora che all’ambiente. Sono solo alcuni dei suggerimenti che possiamo dare». Per ulteriori consigli, il prossimo appuntamento utile sarà Torino, dunque. «Proprio così. Il Salone del Gusto e Terra madre è un grande evento dove tutta la rete di sog-


Roberto Burdese

SPRECO

12,3 mld IL VALORE DI CIBO CONSUMABILE CHE, SECONDO UNA RECENTE RICERCA DELLA FONDAZIONE PER LA SUSSIDIARIETÀ E POLITECNICO DI MILANO, VIENE BUTTATO OGNI ANNO IN ITALIA

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Le scelte alimentari che facciamo determinano la qualità dell’ambiente, della nostra salute e delle nostre comunità

getti coinvolti e le nostre proposte verranno presentate al pubblico. I visitatori troveranno lì la cassetta degli attrezzi da usare a casa». Quali altre iniziative avete in programma per favorire l’accorciamento della filiera produttore-consumatore? «Noi abbiamo una serie di iniziative permanenti. Ad esempio, i 20 mercati della Terra in giro per l’Italia dove pratichiamo la vendita diretta attraverso artigiani e contadini produttori. Un’altra attività è quella formativa, con corsi per i nostri soci: dalla degustazione del vino alla conoscenza dell’olio e della carne fino a corsi di spesa quotidiana. Poi ci sono i grandi appuntamenti, come la conferenza a Bruxelles sulla riforma della Pac, di pochi giorni fa, a cui abbiamo partecipato perché è proprio dalla politica agricola che parte il meccanismo che arriva sulle nostre tavole».

Dall’inizio della crisi, vi siete accorti che la gente è più sensibile alle vostre istanze? «Certamente sì. Proprio a partire dal 2007 abbiamo notato che non solo nella gente, ma anche nei media e nella politica ancorché lontana da comprendere la complessità della questione, l’attenzione intorno a noi stava crescendo. Lo vediamo anche nella partecipazione ai nostri eventi, nel numero di persone che si avvicinano all’associazione in cerca di risposte nuove che noi dal 2002 stiamo tentando di dare». Mangiare è innanzitutto una questione di educazione. In quest’ottica, come s’inserisce l’esperienza dell’Università di Scienze gastronomiche e quali risultati ha dato finora? «Quando parliamo di educazione alimentare lo facciamo partendo dalle scuole elementari, dove facciamo gli “Orti in

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condotta”, fino ai corsi per gli adulti. E poi nel 2004 ci siamo inventati l’università perché riteniamo che il mondo del cibo abbia bisogno anche di un’istituzione accademica che non sia una scuola di cucina o la facoltà di agraria, ma debba essere al centro di un sistema complesso che tocca economia, agricoltura, socialità, medicina, ambiente, cultura, antropologia ecc. Un’esperienza straordinaria e con un potenziale di espansione enorme, perché ormai i nostri studenti arrivano da tutto il mondo. Già oggi i laureati nei master della nostra università trovano lavoro nelle comunità agricole in Kenya, piuttosto che nelle grandi industrie nazionali e portano questa nuova visione. Il cambiamento passa anche da giovani che non hanno solo passione, ma anche competenze scientifiche per rendere più veloce questa rivoluzione di cui abbiamo bisogno». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 163


LA CULTURA DEL CIBO

Cibi e sapori da esposizione Alle porte del capoluogo piemontese, l’eccellenza enogastronomica locale e le tradizioni alimentari di ieri e di oggi diventano patrimonio espositivo, custodito e raccontato all’interno delle sale di un museo. Franco Cuccolo ci guida alla scoperta di questo “unicum” culturale Giacomo Govoni

on licenza di carpire alcuni segreti dell’arte della promozione del territorio, poche settimane fa da queste parti, si son visti persino i turchi. Delegati istituzionali e culturali dell’estremo oriente europeo sbarcati a Frossasco, cittadina a pochi passi da Torino, per ammirare il primo museo italiano dedicato alla conservazione e alla scoperta del patrimonio enogastronomico locale. «Il rapporto del Museo del gusto con il territorio, soprattutto quello piemontese – spiega il presidente del museo Franco Cuccolo – è prezioso e determinante per la tutela e valorizzazione del prodotto tipico». Quali sono i percorsi più gustosi che il museo offre agli occhi e al palato del visitatore?

C Sopra. Franco Cuccolo, presidente del Museo del Gusto di Torino

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«Il menu del museo propone diversi piatti. Si va da un “percorso sensoriale” alla scoperta dei cinque sensi con una cartolina-gioco a un itinerario nelle tradizioni alimentari italiane con le ricette tipiche presentate in video. Inoltre, c’è la possibilità di conoscere la storia di vari alimenti tra cui pane, pasta, vino, miele, acqua, erbe officinali, liquori alpini. Istruttivo e divertente è anche il gioco delle calorie, che fa seguire al visitatore un ideale conteggio delle calorie dei cibi ingeriti in una giornata. In più, ci sono laboratori didattici dedicati alle scuole e la Scuola internazionale di cucina con attrezzature d’avanguardia. La visita si conclude sempre con una degustazione di prodotti stagionali». Nella gestione del museo, affidata a un’apposita asso-

ciazione, vi avvalete di un comitato tecnico scientifico. Con quale criterio si è costituito e di cosa si occupa? «Il comitato scientifico è sin dalle origini del museo lo strumento fondamentale che dà valore alle attività e alla mission dell’istituzione. Il progetto si è avviato grazie alla collaborazione della Regione Piemonte, la Provincia di Torino, le comunità montane e il Comune di Frossasco, con l’apporto di esperti e nutrizionisti di livello internazionale, di varie università, Asl, medici, giornalisti ed educatori, che negli anni seguono le proposte museali e danno le indicazioni scientifiche. Il comitato tecnico ha il compito di seguirne le direttive, programmare le attività e sviluppare i collegamenti con gli enti, le associazioni e il ter-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Franco Cuccolo

LIBRI

3.000 I VOLUMI DI CULTURA CULINARIA STORICA E DI ATTUALITÀ PRESENTI NELL’ARCHIVIO STORICO DELLA BIBLIOTECA DEL MUSEO, DISPONIBILI ALLA CONSULTAZIONE

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Al museo c’è la possibilità di entrare in contatto diretto con produttori e artigiani che nelle cascine o nei laboratori accolgono visitatori e scolaresche

ritorio locale e nazionale». Attraverso quali strumenti l’attività del museo può innescare una dinamica virtuosa per le aziende enogastronomiche locali? «Determinante è la collaborazione del museo con la Camera di Commercio di Torino, quindi con le aziende del territorio e non solo. Nelle sale di analisi sensoriale e di degustazione, il museo offre spazi per presentazioni di prodotti e corsi di conoscenza dei diversi alimenti. Il museo partecipa a varie manifestazioni, mostre, convegni per diffondere la cultura del cibo italiano, dell’alimentazione equilibrata, del modo di cucinarli e della filiera produttiva a km 0». Sulla vostra scia, altri piccoli comuni stanno gradualmente alimentando il grande sogno di un circuito nazionale dei musei del gusto. A che ritmo procede questo cammino? «Il Museo del gusto, modello unico a livello nazionale, ha avviato negli anni rapporti con

varie regioni italiane al fine di valorizzare le realtà locali e le produzioni tipiche di un panorama enogastronomico tra i più diversificati al mondo. In Italia e in Europa esistono molti musei degli alimenti, dal museo del parmigiano, al prosciutto, alla pasta, ai musei del vino. Tuttavia, manca un circuito nazionale dei musei del gusto e in tal senso la rete è già avviata con la Sicilia, Calabria, Lombardia, Marche, Toscana, Abruzzo e Liguria». Strumenti come videoricette o una App ad hoc dedicata al museo, sposano al meglio tradizione e tecnologia. In quali altre forme esaltate questo matrimonio? «La tradizione è rappresentata dal ricco patrimonio di tradizioni orali che i “testimoni del tempo in cucina” trasmettono alle generazioni future. Soprattutto attraverso nonne e mamme, che in filmati, corsi e conferenze raccontano le loro esperienze, le tecniche di raccolto e la trasformazione e preparazione dei cibi. Il museo dà

la possibilità di entrare in contatto diretto con produttori e artigiani che ospitano nelle cascine o nei laboratori visitatori o gruppi di scolaresche ai quali spiegano la loro attività. L’innovazione sta in tutte le tecniche più avanzate che il museo offre per promuovere le sue iniziative: Facebook, QRcode, Flickr, App per smartphone, oltre a periodiche newsletter». In quali iniziative si tradurrà l’alleanza siglata pochi mesi fa con il Parco nazionale del Gran Paradiso? «Il partenariato con il parco del Gran Paradiso offre ai due enti la possibilità di presentarsi a pubblici diversi con materiali promozionali, vetrine e scambi di programmi didattici, incontri periodici e percorsi del gusto e della qualità. È importante la promozione da parte del museo dei prodotti e produttori a marchio di qualità Gran Paradiso, circuito che identifica operatori del settore turistico, artigianale e agroalimentare che potranno così entrare in una rete più vasta».

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LOGISTICA

Abbandoniamo la politica del non fare «Se non saranno effettuati interventi sulla logistica andranno in fumo 200 miliardi di euro e si perderanno decine di migliaia di posti di lavoro». L’Università Bocconi, tramite uno studio curato dal vicedirettore del Certet Oliviero Baccelli, ha rivelato cosa accadrà se non verrà attuato il piano nazionale della logistica Renata Gualtieri

n un contesto economico segnato dalla crisi, gli unici segnali positivi dall’economia provengono dagli interscambi commerciali e questo richiede di considerare ancor più strategiche le politiche tese a rendere efficienti le porte di accesso ai mercati internazionali. Il tema del continuo incremento del costo di attraversamento delle Alpi, della mancata disponibilità di fondi per poter adeguare le infrastrutture portuali e retro portuali alle esigenze espresse da operatori sempre più sottoposti alla competizione basata su pochi punti percentuali di margine è cruciale per poter cogliere le opportunità offerta da un’industria, quella dei trasporti e della logistica, in grado di offrire importanti occasioni di sviluppo economico. L’anomalia più grave emersa dallo studio curato da Oliviero Baccelli, vicedirettore del Centro di economia regionale trasporti e del turismo dell’Università Boc-

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coni, è stata quella di non aver voluto prendere atto, con adeguamenti normativi e con investimenti infrastrutturali, della necessità di rafforzare i meccanismi d’interdipendenza economica e commerciale con un sistema dei trasporti e della logistica efficiente. Da cosa dipende l’inefficienza logistica italiana? «Da aspetti specifici della domanda, molto frammentata perché proveniente da tante piccole e medie imprese e con forti sbilanciamenti nei flussi fra nord e sud, ma anche da aspetti legati all’offerta. Infatti, i fattori di inefficienza principali sono legati alla quasi totale dipendenza dal solo trasporto stradale per le direttrici nazionali e dalla difficoltà di avviare servizi ferroviari di trasporto merci realmente competitivi a causa sia di restrizioni imposte da infrastrutture obsolete, sia del permanere di assetti organizzativi superati. Inoltre, il mancato coordinamento fra

enti pubblici contribuisce a innalzare i costi per le imprese». Quanto può pesare sulla logistica la politica del non fare? «I costi del non fare sia per le imprese manifatturiere che per gli stessi operatori dei trasporti e della logistica sono superiori alla media europea a causa delle inefficienze ma anche per gli alti costi del gasolio e dei trafori alpini. Dal punto di vista sociale si rischia di perdere l’occasione di far evolvere il settore che è basato su un sistema dell’autotrasporto molto frammentato che vede una continua erosione di quote di mercato degli operatori nazionali a vantaggio di imprese dell’est Europa facenti parte di multinazionali ben coordinate nella gestione delle flotte e degli autisti. Dal punto di vista ambientale, pur considerando un successo la politica nazionale per l’Ecobonus, sono ancora enormi i recuperi di efficienza attuabili attraverso sia un politica di modal shift sia attra-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Oliviero Baccelli

verso la riduzione dei percorsi a vuoto». Le potenzialità logistiche del nostro Paese e della pianura padana passano inevitabilmente dalla Tav? «Sulle direttrici Italia-Francia le anomalie di cui abbiamo accennato si acuiscono. Il 90 per cento dei flussi sono stradali e i pedaggi ai trafori sono i più elevati dell’arco alpino, con l’eccezione del passaggio per Ventimiglia. È chiaro che la nuova linea Torino-Lione può contribuire a modificare tempi e costi della logistica del Nord verso Francia, Spagna e Gran Bretagna, attraverso la riduzione dei costi di trazione ferroviaria, l’incremento di capacità dei treni e la riduzione delle percorrenze rispetto all’attuale linea che ha oltre 140 anni di storia. Questo può ampliare il bacino di riferimento dei porti e delle piattaforme logistiche settentrionali, rendendo credibile la scelta

di localizzare al Nord sia magazzini sia centri distributivi su scala internazionale». La realizzazione di 4 corridoi europei nella pianura padana potrà influenzare realmente la competitività delle imprese e mettere nel prossimo futuro l’Italia al centro degli scambi commerciali? «I quattro corridoi saranno a regime per fasi e con un orizzonte temporale di almeno quindici anni, pertanto è importante accompagnare questi aspetti infrastrutturali anche con politiche di breve e medio periodo. Queste politiche devono esser tese al recupero di competitività, valorizzando le economie di scala e di agglomerazione necessarie anche per mantenere i centri decisionali del settore, ormai caratterizzato da grandi multinazionali. Le infrastrutture della rete Ten costituiranno un ottimo hardware, ma sarà anche il software, cioè

il know-how e i modelli organizzativi delle imprese e dei sistemi pubblici di interfaccia, a far la differenza nell’essere o meno al centro degli scambi internazionali». Quali infrastrutture ritiene indispensabili allo sviluppo economico e sociale del Piemonte? «I progetti previsti nella rete Ten sono essenziali, ma anche l’ammodernamento dei nodi intermodali per ridurre i costi di manovra, rendere concorrenziali le operazioni di interscambio e ampliando le aree dedicate ai magazzini a supporto di uno sviluppo della ferrovia, sono importanti. Infatti è nel tentativo di influenzare le scelte di localizzazione di attività retroportuali, di distribuzione e di perfezionamento delle produzioni in queste piattaforme logistiche che si gioca il futuro dell’occupazione nei trasporti e nella logistica in Piemonte».

Sopra, Oliviero Baccelli, docente Economia dei trasporti e vicedirettore del Centro di economia regionale trasporti e del turismo dell’Università Bocconi

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LOGISTICA

Dalla logistica la spinta all’economia Le azioni in programma per ridurre l’inefficienza infrastrutturale del nostro Paese porteranno vantaggio anche al sistema produttivo piemontese. Bartolomeo Giachino, presidente della Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica, spiega come ciò avverrà Renata Gualtieri

l nuovo piano nazionale della Logistica 2012-2020 delinea le azioni da attuare per mettere in rete col sistema di trasporti le grandi reti di trasporto su rotaia (reti TenT) decise dall’Europa il 19 ottobre 2011 grazie all’impegno del precedente governo. Attraverso quelle indicazioni il Piemonte sarà uno dei perni della grande area logistica del Sud Europa che si insedierà nella pianura padana. L’incrocio tra la Tav e la Genova-Rotterdam consentirà ai porti liguri di attirare più merce e quindi darà maggiori introiti fiscali e domanda di trasporto. «Il piano – precisa il presidente della Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica Bartolomeo Giachino – a differenza dai lavori del passato indica le scelte da fare a breve per ridare più efficienza al sistema logistico nell’attesa che si realizzino le nuove infrastrutture. Ciò vale soprattutto per il Piemonte: ridurre il costo della logistica, così

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come quello dell’energia, sarebbe un buon incentivo contro la delocalizzazione della Fiat, dell’Indesit e della sede direzionale della Tnt». Il Piemonte è ancora relativamente sconnesso dalla rete infrastrutturale internazionale. Da cosa dipende tutto ciò? «Dal fatto che è una regione in cui si crede poco nella logistica, e lo si vede dal numero più basso rispetto alla media nazionale di aziende logistiche; in più, parte dei trasporti originati dal Piemonte vengono effettuati da aziende non piemontesi. Ma dipende anche dalle lentezze della sinistra, che storicamente è sempre stata contro le autostrade, e il risultato è che Torino è l’unica grande città italiana che non ha un anello tangenziale completo. Facciamo persino fatica a realizzare la seconda canna di sicurezza del tunnel del Frejus, al contrario della Francia. Per non parlare della Tav». Può tracciare le linee strate-

giche da adottare nel breve e nel medio periodo per aumentare la competitività e la crescita del nostro Paese e del Piemonte in particolare? «Occorre lavorare su tre piani: sulla realizzazione delle infrastrutture strategiche, quindi Tav, tangenziale est, autostrada AstiCuneo e Pedemontana; sugli interventi minori, prevalentemente ferroviari: Novara e Luino, che consentono da subito un aumento della efficienza dei trasporti ferroviari merce; mettere in moto misure a costo zero che efficientano il processo logistico. Occorre solo la volontà politica, che sin qui il governo dei tecnici non ha messo in campo, per attuare le prime 4 misure di attuazione approvate alla unanimità dall’assemblea della Consulta dell’autotrasporto e della logistica». Torino alle prese con la logistica intelligente e la sperimentazione del “City log”. Cosa si metterà in campo per ottimizzare i processi relativi


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Bartolomeo Giachino

alla distribuzione delle merci nelle città? «L’amministrazione comunale di Torino si sta muovendo bene e poi Torino ha delle eccellenze in questo campo che altre città italiane non hanno: Centri di ricerca Fiat, Telecom, Rai, la società 5 T, la Magneti Marelli e Viasat, associazioni di autotrasporto molto evolute. Con l’assessore Lubatti ho collaborato sulla distribuzione urbana delle merci, coinvolgendo gli operatori logistici e i commercianti dell’Ascom. Risultato importantissimo l’approvazione da parte delle tre giunte comunali di Torino, Milano e Napoli di un protocollo, che avevo preparato da presidente della Consulta, per una collaborazione sistematica sulla distribuzione urbana delle merci. Sottolineo che nelle grandi aree urbane si producono 2/3 del Pil e la congestione del traffico nelle Città

oltre a produrre Co2 e Pm10 costa al Paese 10 miliardi di euro, vale a dire 1/4 dell’inefficienza logistica del nostro Paese». C’è qualche interessante novità finanziaria per le pmi riguardo il trasporto su gomma? «Negli anni del Governo Berlusconi l’unico settore cui sono state aumentate le risorse è l’autotrasporto che riceve ogni anno dallo Stato oltre 500 milioni di euro, rimborso delle accise a parte. Oltre ai costi minimi della sicurezza abbiamo ridotto il costo dell’Inail, abbiamo dato lo sconto sul bollo dei tir, aumentato le risorse per gli sconti sui pedaggi autostradali, stanziato soldi per la formazione e sbloccato gli incentivi per le autostrade del mare, togliendo dalla strada almeno 500mila tir all’anno. Inoltre, ed è un’iniziativa su cui sollecito un maggiore

impegno dell’attuale governo, ho istituito per la prima volta il Fondo di garanzia per le aziende di autotrasporto, cui hanno già avuto accesso 4.000 aziende, di cui oltre 500 piemontesi». Come si può razionalizzare il servizio ferroviario e superare le criticità territoriali? «È stato un grande motivo di soddisfazione ottenere l’aumento dei treni Alta velocità e le fermate a Porta Susa. Nel piano della logistica abbiamo presentato un elenco di opere minori che però dal punto di vista dell’aumento a breve della efficienza del trasporto merci su rotaia possono dare risultati importanti e alcune sono molto utili al Piemonte, nell’area novarese, a Luino. Un certo salto di qualità lo avremo anche con il termine dei lavori tecnologici sulla linea ferroviaria tradizionale che collega Torino con Venezia».

A sinistra, Bartolomeo Giachino. In alto, il Centro internazionale merci di Novara. Sotto un tratto della A33 Asti-Cuneo

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TRASPORTI

La catena dell’insolvenza che penalizza le Pmi Cento miliardi di euro. Questa la cifra che la Pubblica amministrazione deve ancora alle piccole e medie imprese italiane. Piergiorgio Burzio evidenzia le conseguenze dell’insolvenza della Pa sul mondo dei trasporti di inerti, settore legato all’edilizia Valerio Tedeschi

onostante le proteste, le iniziative e le promesse, il ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione si conferma come una delle principali criticità per le imprese italiane. Il dato parla da sé: 100 miliardi di euro. A tanto ammonta il debito della Pa rispetto alle aziende (fonte: ilSole24Ore.com). Questa difficile realtà colpisce soprat-

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Master Trasporti si trova a Carmagnola (TO) mastertrasporti@gmail.com

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tutto le aziende del settore delle costruzioni, ma a catena raggiunge anche quelle realtà che, pur non essendo direttamente coinvolte negli appalti, vantano crediti da parte delle aziende appaltatrici. È questa l’esperienza di Piergiorgio Burzio, titolare della Master Trasporti di Carmagnola, in provincia di Torino, società specializzata nel trasporto di materiali inerti, conglomerati, materiali di risulta e macchine operatrici. «Oggi la situazione risulta particolarmente difficile a causa dei tempi lunghi nell’incassare i pagamenti e, a volte, nell’incertezza dell’incasso. Questo deriva dal fatto che noi lavoriamo molto spesso per aziende che collaborano con gli enti pubblici. E questi ultimi non sempre rispettano i pagamenti. Di conseguenza subiamo dei ritardi anche noi. Nel 2011 abbiamo avuto un utile piccolissimo, dovuto al fatto che dobbiamo ancora incassare molti crediti che sono rimasti fermi in

stallo. E non sempre ricorrere alla via legale è la scelta giusta, anche perché in questo momento il settore edile è quello più duramente colpito dalla crisi economica. Cerchiamo in ogni caso di guardare avanti, contando sui nostri mezzi e restando forti all’interno del settore. Una scelta che negli anni ha pagato». Se i crediti ancora da riscuotere spingono le aziende a selezionare le nuove commesse soprattutto guardando alla solvibilità e solidità delle imprese, un’ulteriore criticità è rappresentata dal calo nel numero dei lavori. «Quello che stiamo vivendo adesso – prosegue Burzio – è probabilmente il momento più delicato. Cerchiamo in ogni caso di guardare in prospettiva futura, attendendo gli incassi e cercando nuove collaborazioni. In passato abbiamo avuto molta più possibilità di scelta, perché in Piemonte ci sono state le Olimpiadi invernali e i cantieri per l’Alta Velocità. Oggi


Piergiorgio Burzio

invece è diminuito anche il lavoro, quindi è molto più difficile fare selezione e si è costretti ad accettare lavori da aziende che non possono darci sufficienti garanzie per i tempi di pagamento». Un punto di forza della Master Trasporti è stato il mantenimento di un buon rapporto con gli istituti di credito. «Grazie alla nostra solidità, le banche, in linea generale, si sono invece dimostrate collaborative. In questo caso ha molto contato la nostra esperienza. Naturalmente registriamo una richiesta di maggiori garanzie – un ragionamento corretto, che però impegna molta liquidità». Altra criticità per il settore, oltre a quelle sul fronte finanziario, è rappresentata dagli aumenti del prezzo del carburante. «La corsa del prezzo del gasolio, inevitabilmente, ha inciso sui nostri costi e ci ha costretti a rivedere le tariffe. Questo, ovviamente, in un momento di crisi e di scarsità di commesse, è stato un nuovo ostacolo allo sviluppo». Sono state superate invece, secondo Burzio, le problematiche emerse con l’introduzione nel 2007 di un sistema di controllo elettronico, valido a livello europeo, che regolamenta gli orari di lavoro dei conducenti delle società di trasporti – novità normativa che ha in-

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Dopo la difficoltà nella programmazione dei viaggi, il problema è stato far capire al mercato che erano cambiati i tempi e anche i prezzi

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fluito anche su un settore, come quello dei trasporti di inerti, che ha tempi e modalità di lavoro ben diversi da quelli dei trasporti di linea, non prevedendo lunghe tratte. «Essendo il nostro un settore edile-stagionale – il lavoro è concentrato in estate –, queste norme ci hanno vincolato molto. La normativa infatti prescrive che sia possibile guidare 90 ore alla settimana, ma il problema vero sono le pause. Facendo infatti delle tratte brevi non sempre è facile rispettare le pause imposte dalla normativa, che ha notevolmente cambiato le regole del trasporto movimento terra. Se prima infatti noi potevamo iniziare a lavorare alle 6:30 e terminare alle 18:00, effettuando la pausa a pranzo, ora

non è più possibile. Siamo obbligati a fermarci alle 11:00 e questo ha creato delle difficoltà, costringendoci a stravolgere i nostri orari. Infatti, se l’autista guida anche solo un minuto in più del tempo consentito, il sistema lo segnala a chi effettua il controllo e per l’azienda scatta una sanzione. Dopo una difficoltà iniziale nella programmazione dei viaggi, il vero problema è stato far capire al mercato che erano cambiati i tempi e anche i prezzi. Oggi, tuttavia, siamo riusciti a regolarizzare i costi e anche i nostri committenti si sono adattati alle nuove tempistiche imposte dalle norme, che del resto hanno come obiettivo quello di salvaguardare i lavoratori e quindi il settore». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 173


TRASPORTI

Nuove strategie per i trasporti Ottimizzare i costi e la logistica per non gravare sulle strutture aziendali, già pesantemente provate dal perdurare della crisi e dagli aumenti del carburante. Sono strategie studiate da aziende come l’Eurotrama, di cui parla Evelina Garzino Martina Carnesciali

a scelta di percorsi alternativi, per ridurre i costi dei pedaggi autostradali e dei trafori, è una strategia mirata a contrastare le difficoltà che interessano il settore dell’autotrasporto nazionale e internazionale, fortemente gravato dal connubio crisiaumento dei costi dei carburanti.

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Ad adottare questa strategia l’Eurotrama, azienda di autotrasporti internazionali con diciotto dipendenti e quindici mezzi che movimenta merci sul territorio europeo, che puntando all’ottimizzazione dei costi sostenuti per l’attività, riesce a mantenere saldo il proprio ruolo nell’ambito di competenza. Come spiega la titolare Eve-

La società di trasporti Eurotrama si trova a Costigliole Saluzzo (CN) www.eurotrama.it

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lina Garzino, «nell'anno 2011 il fatturato è stato di due milioni di euro con una crescita del 30 per cento rispetto all’anno precedente: il fatturato del primo semestre 2012 è invece stabile rispetto all’anno scorso. Il costante aumento dei carburanti, però, incide pesantemente sul bilancio: la strategia adottata è stata ridurre i costi di percorrenza e ridurre i costi complessivi del sistema azienda mediante l'utilizzo di procedure informatiche di ultima generazione». Anche i percorsi sul territorio sono mutati: «sono stati studiati e adottati percorsi alternativi per ridurre i costi dei pedaggi autostradali e dei trafori mediante un meccanismo di incentivazione per gli autisti che effettuano percorsi a costi più contenuti. Si è inoltre lavorato per costruire una rete di corrispondenti sul territorio che possa effettuare le prese della merce o la parte


Evelina Garzino

terminale del percorso di consegna, ottimizzando la logistica ed evitando ai mezzi percorsi non remunerativi in termini di rapporto carico del mezzo e km percorsi», racconta la titolare. «Usufruiscono principalmente dei servizi aziendali ditte che producono merci destinate alla grande distribuzione (vestiti, giocattoli, articoli per lo sport e il tempo libero). Per alcuni di questi clienti l’azienda effettua servizio di magazzinaggio della merce. Da sempre si dedica la massima attenzione a tutti i clienti, compresi quelli che usufruiscono saltuariamente dei servizi aziendali; questo ha consentito la creazione di un portafoglio clienti molto diversificato e ridurre il rischio di insolvenze importanti». E, a proposito di clienti, «l’azienda opera prevalentemente nell’area dell’ovest Europa, con l’ottanta per cento delle consegne sul territorio francese e il restante venti in Belgio, Olanda, Svizzera, Inghilterra e nord Italia: lavoreremo anche su un ampliamento sul territorio nazionale», aggiunge la Garzino. Sempre a proposito di progetti: «per il prossimo futuro vorremmo l'implementazione di un sistema di localizzazione avanzato che consenta la gestione del percorso di viaggio dalla sede per rispettare me-

glio i tempi di consegna. I programmi informatici di supporto per la logistica e il magazzinaggio sono all’avanguardia e consentono una razionalizzazione dei costi per il personale che opera in ufficio, un efficace passaggio di ogni documentazione per vie informatiche, la creazione di un archivio storico consultabile contenente la cronologia e la documentazione relativa ad ogni movimento effettuato». La cura dei mezzi è fondamentale, spiega la titolare. «La flotta è costantemente rinnovata per garantire la massima efficienza dei mezzi e ridurre i costi delle riparazioni. L'azienda intende dotarsi di nuovi mezzi per implementare un sistema di copertura capillare mediante la suddivisione in settori del territorio e la presenza costante di un mezzo in passaggio in ogni zona al fine di garantire la massima tempestività nell'effettuazione di prese e consegne. In quest’ottica, obiettivo dell’azienda è l’apertura di una filiale sul territorio francese». Caratteristica distintiva della ditta è «la flessibilità verso le esigenze del cliente che può contattare in ogni momento l’azienda e parlare direttamente con chi gestisce la logistica o la contabilità, avendo informazioni esaurienti. Altro elemento distintivo è la presenza di personale madrelin-

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Sono stati studiati e adottati percorsi alternativi per ridurre i costi dei pedaggi autostradali

gua francese e la conoscenza di quest'ultima da pare di tutti gli operatori, autisti compresi, per consentire una maggior efficacia nelle comunicazioni». E, infine, gli obiettivi dell’Eurotrama, conclude Evelina Garzino: «obiettivo dell’azienda è trovare la miglior strada possibile per ogni merce presa a carico, in modo da garantire la consegna rispettando le esigenze e le tempistiche del cliente e allo stesso tempo ridurre quanto più possibile i costi di percorrenza e del sistema azienda nel suo complesso».

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EDILIZIA

Opere come investimento Infrastrutture pubbliche per favorire lo sviluppo. È questo il concetto che la Provincia di Cuneo ha applicato per superare la crisi economica in atto attraverso lo stanziamento di ingenti risorse finanziarie. Ne parla l’assessore competente, Roberto Russo Tiziana Achino

onostante il periodo di grave crisi economica, in provincia di Cuneo si investirà quest’anno oltre un miliardo di euro in opere pubbliche. L’assessore provinciale Roberto Russo, con deleghe a trasporti, piano nodi e investimenti su rete stradale trasferita, urbanistica e programmazione territoriale, industria, commercio e artigianato, innovazione tecnologica, evidenzia: «Uno dei fattori di sviluppo di una determinata zona può essere rappresentato fortemente da scelte urbanistiche, come la previsione di nuovi insediamenti produttivi, ma anche residenziali o di pianificazione infrastrutturale». Assessore, l’urbanistica resta un punto cardine del Cuneese? «L’urbanistica e la pianificazione territoriale sono settori

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strategici per il territorio. Le prossime modifiche della legge urbanistica regionale 56/77, attualmente in discussione in Regione, confermano e rafforzano la conferenza di pianificazione quale strumento di approvazione dei piani regolatori dei Comuni. Con questa nuova modalità di lavoro, sperimentata fin dal 2007, Comune, Provincia e Regione pianificano le scelte urbanistiche insieme, votando a maggioranza sull’approvazione dei piani regolatori dopo averne discusso ampiamente i contenuti ed aver partecipato attivamente al processo di formazione e valutazione. Tale nuova impostazione impone alle Province un sempre maggiore impegno e una più accurata conoscenza del territorio e delle sue caratteristiche». Prospettive future? «L’attuale iter legislativo, che

ha come obiettivo la razionalizzazione del numero delle Province e il riordino delle loro competenze, non mi permette di esprimermi completamente sulle prospettive future. Certo è che il ruolo attivo delle Province, accresciuto negli ultimi anni, ha influito positivamente sulle scelte di pianificazione dei territori. Sarebbe sicuramente un errore limitare o arrestare questo processo». Pianificazione territoriale e semplificazione normativa. Cosa fare? «Il governo del territorio viene esercitato dagli enti locali sulla base di un insieme di leggi e regolamenti, nazionali e locali, che si sono sedimentati nel tempo. Da qui l’esigenza pressante di svecchiare ma soprattutto unificare i Testi unici, data la complessità di norme sparse in una miriade di testi. Negli ul-


Roberto Russo

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Un’opera strategica cui si sta lavorando è il polo logistico a Mondovì con funzione di retroporto anche per Savona

timi anni si è cercato di andare nell’auspicata direzione della semplificazione, ma sono state anche introdotte molte novità che sovente hanno messo a dura prova la capacità organizzativa e gestionale degli enti locali». Quali gli ambiti maggiormente interessati? «Tra i vari temi degni di interesse sul piano dell’innovazione normativa vanno sottolineati: il percorso di riforma relativo alla strumentazione urbanistica e territoriale che è andato di pari passo con l’attenzione per i temi ambientali all’interno della pianificazione degli utilizzi del suolo; il progressivo spostamento di interesse dall’espansione edilizia ai temi di recupero e di qualificazione urbana; la riforma del sistema dei lavori pubblici che è stata avviata con il varo della cosiddetta Legge Merloni. A

questi grandi temi si aggiungano altri provvedimenti, sempre nell’ottica della semplificazione delle procedure, come il Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità e il Testo unico in materia edilizia. È evidente poi la correlazione tra le scelte di programmazione esercitate da chi ne ha competenza e l’economia di un territorio: uno dei fattori di sviluppo di una determinata zona può essere rappresentato fortemente da scelte urbanistiche, come la previsione di nuovi insediamenti produttivi, ma anche residenziali o di pianificazione infrastrutturale». Quali le opere pubbliche più rilevanti in provincia? «Nonostante il periodo di grande difficoltà economica nella nostra provincia si investirà quest’anno oltre un miliardo di euro in opere pubbliche. Le più significa-

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tive sono: il completamento dell’autostrada Asti-Cuneo, attraverso la realizzazione dell’ultimo lotto più una serie di opere complementari e di adduzione all’autostrada che riqualificheranno una parte importante della rete stradale provinciale; il raddoppio del tunnel del Colle di Tenda, con la costruzione della sua seconda canna, che avrà una valenza prevalentemente turistica. Inoltre, sono state realizzate in questi ultimi anni importanti varianti di alcuni Comuni con lo scopo di liberare dal traffico i centri abitati e di migliorare e rendere più sicura la viabilità provinciale. Infine, un’opera strategica cui si sta lavorando è il polo logistico a Mondovì con funzione di retroporto anche per Savona, che produrrà forti ricadute economiche su tutto il territorio provinciale».

In apertura, Roberto Russo, assessore della Provincia di Cuneo con deleghe a trasporti, urbanistica, industria, innovazione tecnologica

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EDILIZIA

Promuovere il partenariato pubblico-privato In tempi di spending review e di tagli agli enti locali a Cuneo è nato un comitato di indirizzo e monitoraggio per la promozione e diffusione degli strumenti di partenariato pubblico-privato. Piero Sassone spiega finalità e compiti dell’ente Tiziana Achino

n punto di congiunzione tra il pubblico e il privato per l’attivazione di operazioni immobiliari a interesse pubblico in un periodo di scarsa disponibilità agli investimenti delle risorse pubbliche nel settore edile». Il presidente di Fingranda Piero Sassone illustra questi e altri obiettivi nel settore immobiliare e di servizio al tessuto produttivo cuneese. Quali i nuovi strumenti a supporto dello sviluppo di iniziativa nel settore edile? «Su iniziativa regionale, in particolar modo dell’assessore agli enti locali, è stato stipulato il protocollo d’intesa per la costituzione di un comitato di indirizzo e monitoraggio per la promozione e diffusione degli strumenti di partenariato pubblico-privato a favore degli enti locali. Fingranda, tramite la control-

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lante Finpiemonte Partecipazioni, uno dei firmatari di tale protocollo insieme a Regione Piemonte, Finpiemonte e altri enti, provvederà, con riferimento alla provincia di Cuneo, a favorire la condivisione delle conoscenze e competenze sull’utilizzo di strumenti di partenariato pubblico-privato, come project financing, leasing in costruendo, concessione di costruzione e gestione; a supportare gli enti pubblici e locali nella scelta delle metodologie di intervento di partenariato pubblico-privato; fornire orientamenti e proposte sulla fattibilità dei “progetti locali” quali, ad esempio, operazioni di riqualificazione o ristrutturazione del patrimonio edilizio scolastico. Tale strumento risulta strategico per l’attivazione di operazioni immobiliari a interesse pubblico in un periodo di scarsa disponibilità

agli investimenti delle risorse pubbliche nel settore edile». Quali i progetti legati allo sviluppo immobiliare di servizi al tessuto produttivo? «Come da piano industriale presentato agli azionisti lo scorso novembre, Fingranda ha espresso interesse a concorrere all’iniziativa denominata Pass per la creazione di un polo agroalimentare per servizi allo sviluppo nell’area Miac, Mercato ingrosso agroalimentare di Cuneo, localizzata a nord della città in prossimità dell’ingresso autostradale. Lo scopo di tale progetto consiste nella realizzazione di un centro di servizi alla produzione altamente specializzato in categorie merceologiche tipiche del distretto produttivo locale. In questo modo si potrà sostenere e incrementare la competitività e lo sviluppo del settore agroalimentare, facendo di quest’ultimo il motore di


Piero Sassone

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Fingranda provvederà a fornire orientamenti e proposte sulla fattibilità dei “progetti locali”

una catena del valore integrata (turismo, cultura, ambiente e servizi) che potrà rappresentare la vetrina delle eccellenze enogastronomiche concorrendo al superamento delle condizioni di perifericità della zona di Cuneo. Parallelamente è stata costituita la Piattaforma logistica intermodale Mediterraneo, società progetto finalizzata alla promozione di un terminal intermodale su strada rotaia nel cuneese che abbia le caratteristiche di essere aperto a tutti gli operatori logistici, a pari condizioni di mercato, di essere a servizio delle esigenze del tessuto economico locale, di essere capace di attrarre attività logistiche a valore aggiunto, di essere idoneo a favorire l’insediamento di operatori economici e di creare una rete con il sistema logistico della macro-area del

Nord Ovest. Il progetto risponde a un’esigenza reale e importante del tessuto economico locale e coglie l’opportunità di inserirsi nell’ambizioso programma di sviluppo del porto di SavonaVado in funzione retroportuale». Quali altri ambiti prendete più in considerazione in questo periodo economico? «Fingranda si occupa di molti settori partendo da quello agroalimentare attraverso la società progetto Sia, Sviluppo Investimenti Agroindustriali, il cui obiettivo è quello di promuovere la realizzazione nella zona del saviglianese di un centro agroalimentare di trasformazione della frutta per la produzione di prodotti di nicchia sia per il mercato finale sia per l’industria agroalimentare. Questo centro potrà essere completato

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da un impianto di consolidamento logistico, utilizzabile anche per altre filiere produttive, e sarà concepito in ottica di sostenibilità ambientale ed energetica. Un altro ambito di intervento è quello dell’efficientamento energetico attraverso la valutazione di nuove iniziative in campo idroelettrico nelle zone montane delle valli del cuneese e attraverso la filiera corta del legno anche in termini di cogenerazione energetica. Fingranda si occupa anche del settore turistico attraverso il supporto allo sviluppo degli impianti sciistici della Lift, società di Limone Piemonte. Fingranda inoltre svolge un’attività di supporto agli enti locali per lo sviluppo degli strumenti messi a disposizione per la programmazione negoziata sul territorio della Regione».

Sopra, Piero Sassone, presidente di Fingranda

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EDILIZIA

Il diritto alla casa per le fasce più deboli Vista la difficile congiuntura economica, il compito delle istituzioni è quello di non far mancare il proprio sostegno ai cittadini meno abbienti attraverso progetti innovativi e attenti al territorio. Il caso dell’Atc di Cuneo Tiziana Achino arco Buttieri, presidente d e l l’ A g e n z i a territoriale per la casa della Provincia di Cuneo, evidenzia i principali obiettivi e le prospettive future sottolineando come «in questa fase di crisi è fondamentale che le amministrazioni investano sui piani regolatori per innovare e riqualificare il patrimonio esistente creando così la possibilità di attrarre investitori, ridurre le emissioni e ripopolare i vecchi quartieri». Quali sono i principali obiettivi dell’Atc di Cuneo? «L’Atc è un ente pubblico ausiliario della Regione che ha lo scopo di gestire e costruire nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica per i meno abbienti. Con difficoltà il nostro ente cerca di dare una casa a canone bassissimo - la media provinciale è 102 euro al mese - a chi non ce l’ha. Abbiamo inoltre un programma costruttivo finanziato dalla Regione e da fondi propri che dovrebbe incrementare il nostro patrimonio del 5 per cento nei prossimi due anni. Numeri assolutamente non sufficienti. Oggi

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Sopra, Marco Buttieri, presidente dell’Agenzia territoriale per la casa della Provincia di Cuneo

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la richiesta in provincia è superiore a 600 appartamenti». Come vede nel vostro settore le prospettive future? «Purtroppo il governo ha assoggettato i nostri alloggi al pagamento dell’Imu che, sommata alle imposte ordinarie che già versiamo allo Stato, porta la pressione fiscale a più del 60 per cento. In queste condizioni è difficile operare nel sociale. Sicuramente i nostri enti dovranno essere propositivi con il governo nazionale e regionale affinché siano attivate nuove forme di auto-finanziamento e di organizzazione, altrimenti si rischia il default. L’Atc di Cuneo ha attivato finanziamenti europei finalizzati all’edilizia per anziani, risorsa importante per le nostre piccole comunità provinciali. Stiamo, inoltre, predisponendo dei progetti per intercettare dei finanziamenti europei. Sentiamo lo Stato molto distante e questo non è un bene per il nostro settore». L’immobiliare resta un investimento in questo periodo di difficoltà economica? «Per chi può ancora investire sì. Ritengo che sia fondamentale

che le amministrazioni investano sui piani regolatori per riqualificare il patrimonio esistente creando così la possibilità di attrarre investitori, ridurre le emissioni e ripopolare i vecchi quartieri creando, grazie a nuove attività e introiti di oneri, un volano per far ripartire l’economia della nostra provincia. Certo lo Stato ci deve mettere del suo». Può indicare alcuni particolari progetti edilizi e le loro finalità? «Come accennavo prima, abbiamo avviato il progetto “Alcotra” con la vicina Francia per il recupero di una ex casa di riposo nel centro di Savigliano che sarà oggetto di una nuova concezione di edilizia agevolata per anziani in partnership con la Croce Rossa. L’Atc fornirà oltre al singolo appartamento tutti i servizi primari (luce, acqua, pulizie, assistenza) a un costo “sociale” che è pari a circa il 50 per cento di un normale appartamento in condominio. Le nuove unità saranno 34, ristrutturate con criteri di alta efficienza energetica. Questo vuole essere un progetto pilota con prospettive di sviluppo».



EDILIZIA

Un general contractor internazionale Vivere la crisi come un’opportunità. Diversificazione dell’attività ed espansione verso i mercati esteri. Diego Cerrone racconta la sua esperienza e il futuro del Gruppo Dimensione Emanuela Caruso

fide complesse e rischiose, ma, alla fine, gratificanti. Come i lavori al Museo del Risparmio di Intesa SanPaolo, in un edificio storico di Torino; o intervenire sulle infrastrutture interrate del Cern di Ginevra. Nel primo caso sono state realizzate le reti impiantistiche a elevato contenuto tecnologico e l’integrazione di quest’ultime con gli apparati audiovisivi e multimediali che caratterizzano il museo. Nel secondo caso, invece, nell’ambito del nuovo progetto di ricerca del Cern sullo scarico delle particelle sono state effettuate massiccie opere di sbancamento del terreno e delicati interventi sulle strutture esistenti, rispettando i rigidi target dimensionali del committente. Ad accomunare

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A lato, realizzazione di un nuovo dump per lo scarico di particelle nucleari presso il Cern di Ginevra. In alto, progettazione ed esecuzione della sala operatoria ibrida, Ospedale Umberto I, Torino www.gruppodimensione.com

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questi due progetti costruttivi è la società che si è occupata di tutte le operazioni del caso, il Gruppo Dimensione, con sede a Grugliasco, in provincia di Torino, e impegnato come general contractor nel settore delle ristrutturazioni civili e impiantistiche. «Oltre ai due interventi appena citati – commenta Diego Cerrone, presidente dell’impresa – abbiamo recentemente ultimato, sempre presso il Cern di Ginevra, la costruzione di un nuovo edificio sviluppato con componenti progettate e realizzate per ottenere un fabbricato a basso consumo energetico, chiamato casa passiva. Abbiamo operato su tre fronti: la copertura, completamente rivestita con pannelli solari amorfi; gli elementi vetrati, con l’utilizzo di gas kripton tra le lastre di vetro in modo da raggiungere eccezionali valori di trasmittanza termica; e la qualità dell’impiantistica».

TUTTE LE REALTÀ DEL GRUPPO Il Gruppo Dimensione riesce a proporsi da oltre venticinque anni come general contractor grazie soprattutto alla collaborazione sinergica di tutte le divisioni e società controllate che ne fanno parte. «Il gruppo – spiega Diego Cerrone – è costituito da una società capogruppo in grado di sviluppare tutta la filiera esecutiva edile e impiantistica, tanto elettrica quanto meccanica, con risorse dirette; da alcune divisioni, come quella di serramentistica e carpenteria leggera e quella


Diego Cerrone

+10%

specializzata nel settore ospedaliero ed elettromedicale; e infine dalle società controllate o partecipate di ingegneria e di facility management». La possibilità di disporre di più società e sedi dislocate sul territorio nazionale ed estero ha consentito all’azienda di rendere il servizio ancora più completo, competitivo ed efficiente. «La sede principale è a Torino, mentre quelle secondarie sono collocate a Roma, Milano e Ginevra; le aziende partecipate sono invece in Tunisia e a Nairobi».

FATTURATO È L’INCREMENTO MEDIO SETTORI D’INTERESSE CHE IL GRUPPO DIMENSIONE REGISTRA OGNI ANNO Come racconta il presidente Cerrone, «il Gruppo Dimensione è specializzato in svariati settori. Quello bancario e assi- raneo, zone in cui i commitcurativo, per cui l’azienda si oc- tenti ricercano sempre partner cupa della progettazione e del affidabili ed esperti nel proprio successivo allestimento di filiali lavoro. Attualmente, la società e uffici; quello delle organizza- sta riscontrando un ragguardezioni internazionali italiane ed vole successo soprattutto in estere; e infine quello sanitario, Svizzera. «Nel 2011 – continua in cui la società si distingue per Diego Cerrone – ci siamo agla progettazione e realizzazione giudicati una gara internazio“chiavi in mano” di sale opera- nale, acquisendo un contratto torie, strutture ospedaliere pluriennale per la manutencomplete, laboratori di analisi e zione di tutte le infrastrutture radiologia, centri diagnosi e edili del Cern di Ginevra, in ambulatori medici». Svizzera. Al fine di organizzare al meglio le attività, abbiamo IL GRUPPO anche acquistato un immobile NEL MONDO dove è stata poi installata la sede Sin dall’inizio dell’avventura operativa». imprenditoriale, il Gruppo Dimensione ha intuito di disporre ULTIMI INVESTIMENTI E di una notevole vocazione in- PROSPETTIVE FUTURE ternazionale, vocazione che l’ha Come da ormai vari anni a portato a essere presente nel questa parte, anche per il 2012 Centro e nel Nord Africa, con gli investimenti sviluppati dal le società di Tunisi e Nairobi, e Gruppo Dimensione sono stati a privilegiare le aree dell’Est Eu- incanalati verso due direzioni ropa e del bacino del Mediter- principali: il personale e le in- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 183


EDILIZIA

frastrutture operative. «È stato

Dall’alto, progettazione ed esecuzione chiavi in mano per l’estensione del ristorante n.1, Cern, Ginevra; progettazione esecutiva degli impianti termo-fluidici ed elettrici, Fiat Motorvillage, Torino

deciso di investire nel potenziamento dell’organico aziendale – commenta ancora il presidente Diego Cerrone – obiettivo che abbiamo raggiunto inserendo nel nostro staff risorse specializzate nei nuovi settori d’interesse, dotate di un’eccellente conoscenza delle lingue straniere e in possesso di grande esperienza, maturata soprattutto all’estero. La società ha poi investito nell’acquisto della sede di Ginevra e nella realizzazione all’interno dello stabilimento di Gruglia-

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sco di un laboratorio per l’allestimento di sale operatorie mobili. Quest’ultimo progetto è stato studiato e portato a termine perché una società inglese in forte espansione sul mercato europeo ha scelto il nostro gruppo come interlocutore e partner tecnico per lo sviluppo e la riqualificazione delle proprie unità mobili». Per l’immediato futuro, il Gruppo Dimensione spera di consolidare i risultati finora raggiunti e la presenza sul territorio internazionale, incrementando al contempo i settori strategici per l’attività, ovvero le organizzazioni internazionali e il comparto sanitario. «Siamo convinti che all’estero ci siano grosse opportunità per imprese come la nostra, poiché operare in paesi internazionali significa aumentare e diversificare il rischio imprenditoriale, ampliare le conoscenze e competenze, confrontarsi con realtà all’avanguardia e creare una rete di eccellenza».

UN BILANCIO DEGLI ULTIMI ANNI Nonostante la difficile congiuntura economica che pende come una spada di Damocle sulle spalle dell’Italia e del settore edile in particolare, il Gruppo Dimensione è riuscito a mantenere un andamento molto positivo del proprio business, registrando addirittura una crescita media del fatturato del 10 per cento. «Questo aumento costante del volume d’affari – conclude Diego Cerrone – ci permette di guardare al futuro con più ottimismo, ma soprattutto ci ha consentito di confermare il piano di investimenti programmato per il periodo 2010-2013». E sempre a dispetto della crisi che imperversa, la società sta raccogliendo proprio ora i frutti di alcune strategie coraggiose messe in atto alcuni anni fa, quando i sintomi del tracollo economico italiano cominciavano solo a intravedersi. «Appena abbiamo notato che il nostro mercato di riferimento stava iniziando a mostrare troppi punti deboli e troppi segnali di impoverimento e contrazione, abbiamo deciso di differenziare l’attività aziendale ed espanderne il raggio d’azione verso nuovi mercati sia italiani che esteri. È grazie a questa strategia che continuiamo a crescere senza mai fermarci».



EDILIZIA

Il noleggio, ossigeno per le imprese edili L’edilizia è in un momento di forte incertezza, ma il noleggio di autopompe e autobetoniere operanti nel calcestruzzo continua a funzionare, a prescindere dalla crisi. Ne parla Domenico Tomatis Martina Carnesciali

oprattutto in tempo di crisi, la scelta di noleggiare attrezzature per l’edilizia ha numerosi vantaggi: non solo riduce notevolmente i costi di gestione, ma permette di avere sempre a disposizione il macchinario specifico per il tipo di lavoro che si deve svolgere senza essere

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obbligati ad acquistarlo. L’esperienza della Tomatis Domenico Srl, che fornisce il noleggio di autopompe nel settore del calcestruzzo, di cui parla lo stesso titolare Domenico. Nell’ultimo biennio qual è stato l’andamento del vostro business? «Nell’ultimo biennio, nono-

Nella pagina accanto, Domenico Tomatis, titolare dell’omonima azienda di Sant’Albano Stura (CN). Sopra, l’innovativa pompa CIFA K45L durante la gittata al cantiere Torre San Paolo a Torino tomatis.trasporti@gmail.com

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stante il forte periodo di crisi, siamo comunque riusciti a emergere sul mercato. Abbiamo avuto un notevole incremento di fatturato; il 2010 rispetto all’anno 2009 ha registrato un incremento del 40 per cento e il 2011 è stato più moderato ma l’incremento è stato comunque superiore al 10 per cento. Durante il primo semestre 2012, però, la crisi si è fatta sentire. Ma abbiamo continuato a operare: l’edilizia è in un momento di forte incertezza ma stiamo riuscendo a superarlo». Quali categorie e settori industriali si rivolgono alla vostra attività? «La nostra tipologia di servizio è richiesta soprattutto nelle fasi iniziali di realizzazione delle strutture portanti di quasi ogni tipo di costruzione, dalla piccola abitazione civile ai grandi impianti di biogas o addirittura grattacieli. Le commesse ci vengono richieste soprattutto dagli impianti di betonaggio, i quali


Domenico Tomatis

servono le imprese esecutrici dei lavori di costruzione». Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato interno? «All’estero abbiamo avuto commesse in Svizzera tramite la Condotte Cossi per la realizzazione del traforo del San Gottardo per il passaggio della ferrovia; in tale occasione abbiamo operato con un noleggio a freddo. Altre volte oltrepassiamo il confine della Francia. Il progetto di ampliare il nostro raggio d’azione è già in attivo da fine 2009, quando dalla provincia di Cuneo siamo arrivati a Torino; ora copriamo interamente il Piemonte e la Liguria». Quanto hanno inciso le certificazioni? «La nostra certificazione è in attivo solamente da fine 2011, quindi non siamo ancora del tutto coscienti del reale potenziale di tali certificati, ma abbiamo la certezza che in un futuro prossimo, dove la sicurezza e l’ambiente saranno sempre più importanti e sensibili, la nostra scelta di certificarci darà i suoi frutti e ci aprirà a un mercato del tutto nuovo». Due anni fa avete fatto un

LA FORZA DELL’INNOVAZIONE a Tomatis Domenico Srl, che negli anni 90 e 2000 ha avuto una continua crescita, nel 2011 raggiunge elevati standard qualitativi in relazione alla sicurezza. L’azienda ha sempre puntato verso una politica innovativa, anche in un momento difficile come questi ultimi anni. Si continua a investire in tale direzione tanto che nel 2010 ha acquistato, in primato mondiale, la pompa per il calcesctruzzo Cifa K45L Carbotech. Essendo una ditta di noleggio, punta sull’offerta di automezzi in ottime condizioni. Nel corso degli anni la Tomatis ha seguito diversi importanti progetti: la realizzazione della seconda gittata continuativa al mondo per ordine di grandezza presso il cantiere di costruzione della Torre Intesa San Paolo a Torino; la realizzazione del Mose di Venezia; la partecipazione al Traforo San Gottardo in Svizzera per il passaggio dei treni ad alta velocità; la realizzazione del tratto autostradale Asti-Cuneo; il viadotto autostradale della A6 all’altezza di Fossano.

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grosso investimento comprando la Cifa K45L, che risultati avete ottenuto? «L’investimento per l’acquisto della pompa è stato una grande scommessa. Abbiamo avuto fiducia nel marchio Cifa, con il quale lavoriamo da oltre 20 anni, a cui riconosciamo una forte competenza nel settore. Questo macchinario ha innalzato di molto lo standard qualitativo del nostro servizio, ci ha permesso di svolgere molte più commesse grazie alla sua maneggevolezza e sicurezza e, inoltre, è un mezzo con forti doti ecologiche». Che previsioni potete fare

nel medio e lungo periodo sugli investimenti futuri? «L’edilizia del futuro sarà la costruzione in elevazione. Tali realizzazioni richiedono appositi macchinari; puntiamo così a un mercato di nicchia, dove solo chi è davvero specializzato può inserirsi. Inoltre ho la convinzione che il mercato subirà una forte variazione proiettandosi verso la costruzione di edifici ecologici e con una migliore progettazione degli spazi che porterà, a parer mio, alla continua crescita della domanda di costruire con metodi e materiali innovativi ed ecologici». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 187


MATERIALI

Dall’essenza del legno antico Il design italiano, riconosciuto in tutto il mondo, si può respirare anche nel recupero e nella rivalorizzazione del legno antico. Il risultato? Un’essenza del passato che si sposa con il moderno. Il punto di Mario Strumia Marco Tedeschi

l recupero dei materiali è sicuramente uno dei temi e dei concetti che oggigiorno sta riscuotendo maggior successo come fondamenta di un’economia rivolta al futuro. Si

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Mario Strumia, titolare della Bosc Vej di Busca (CN) www.boscvej.com

coniuga infatti un’ottica sostenibile ad una crescita economica. Ancor più se il materiale in questione è il legno, essenza dell’ecosostenibilità. È con questo spirito che nasce la società Bosc Vej, realtà imprenditoriale rivolta al recupero, al restauro e alla rivalorizzazione del legno antico per la creazione di chalet, hotel, ristoranti, interni, riproduzione di mobili antichi, parquet, boiserie interne e rivestimenti esterni. Lavorazioni in acciaio e in ferro for-

giato, terrazze in Ipe, Larice e Teak e realizzazioni moderne contemporanee. Ne abbiamo discusso con Mario Strumia, che gestisce l’attività insieme a Celeste e Anselmo Ruà. In oltre 10 anni di attività, come è cambiato il mercato dell’arredamento in legno? «L’evoluzione che abbiamo notato riguarda le richieste che ci sono state rivolte. Un tempo, ad esempio, era impensabile abbinare il legno vecchio a un arredamento


Mario Strumia

moderno, (affiancando ad esempio acciaio o addirittura elementi in pvc), oppure eseguire trattamenti sul legno vecchio con l’utilizzo di colori che non fossero quelli al naturale. Oggi invece tutto questo è molto richiesto per le opere che ci vengono maggiormente commissionate. Mi riferisco agli chalet privati e alle realizzazioni rivolte a hotel e ristoranti, o alla creazione e restauro dei mobili antichi». Come si traducono alla Bosc Vej i concetti di “innovazione” e “qualità”? «Per noi il termine qualità significa soprattutto attenzione. In particolare alla nostra equipe di supporto tecnico chiediamo un’analisi attenta dei prodotti di fornitura. Analisi mirata soprattutto al materiale, alla provenienza, alle caratteristiche tecniche. Inoltre invitiamo i nostri fornitori a dimostrare sempre la qualità con certificazioni che rispettano i massimi standard richiesti. La stessa attenzione la riversiamo poi sul cliente offrendo un prodotto duraturo nel tempo e gradevole alla vista e al cuore. Innovare per noi significa grande spirito di adattamento ai tempi, ai luoghi e alle persone. Dell’innovazione prediligiamo

l’aspetto umano rispetto a quello tecnico. Si può assolutamente innovare il prodotto, migliorandolo, cambiandolo ma soprattutto si possono innovare le relazioni umane creando una trama indelebile e ben ramificata». Quali sono le strategie operative che coniugano l’antichità di alcune essenze con il nuovo? «Sicuramente accostare antico – moderno significa conoscere profondamente cosa si vuole realizzare e per chi lo si vuole fare. Un’esperienza molto proficua è stata l’arredamento dell’appartamento di un cittadino monegasco presso Limone Piemonte (CN). Un appartamento destinato alle vacanze invernali, caldo e accogliente per passare le giornate di relax con la famiglia. In questo caso antico e moderno si sono alternati in un equilibrio perfetto di calore e armonia, misto a rapidità e dinamicità. Per noi è sicuramente l’esempio migliore per descrivere un perfetto connubio. La casa vede saloni rivestiti di legno antico e arredati con materiali moderni. Una cucina in acciaio accostata ad un pavimento di legno antico. Una sala cinema interamente in legno che si accompagna a divani e poltrone modernissime. Il bagno

DAL RECUPERO DEL LEGNO ivalorizzare il legno antico. È da questa semplice intuizione di Celeste Ruà che nasce l’idea di proporsi come realtà imprenditoriale. «Non è stata assolutamente una scelta data da un’analisi di mercato. – Spiega Mario Strumia -. Tutto nasce dalla passione di Celeste, una passione tramandata dal papà e prima ancora dal nonno». Un inizio non facile, in cui è stato necessario trovare un connubio fra la qualità e un prezzo adatto. Dal quel connubio i soci Mario Strumia, Celeste e Anselmo Ruà, hanno provveduto a formare con esperienza e organizzazione una struttura solida. «Il neonato gruppo Bosc Vej Srl, Old Wood Suisse Srl, Hotel Le Gran Chalet Suisse, legando insieme le nuove tecnologie di lavorazione, è riuscito ad essere competitivo sui mercati sia esteri che italiani».

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principale accosta invece pareti in mosaico e docce con luci sgargianti a pavimentazioni in legno e pianali e mensole antiche». Quanto la tecnologia, resa supporto dell’artigianalità, incide sui vostri livelli di produttività? «La tecnologia innovativa ci ha aiutati molto, ad esempio nei trattamenti specifici di lunga durata a base di oli e cere naturali, trattamenti indirizzati all’eliminazione e alla prevenzione dei tarli, negli elettroutensili velociz- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 189


MATERIALI

L’attività conserva una forte impronta artigiana. Molte delle lavorazioni continuano ad essere eseguite “a mano”

zando la produzione e allo sformare le idee in disegni stesso tempo riducendo i rischi di infortunio. Nonostante questo, la nostra ditta conserva comunque una forte impronta artigiana, e molte delle lavorazioni che offriamo continuano ad essere eseguite “a mano”». Nel mercato del lavoro sono sempre meno i professionisti ebanisti specializzati nell’intaglio e nelle sculture del legno. Come siete riusciti a creare un team di esperti nell’arte dell’intaglio e della scultura lignea? «Nel nostro staff sono presenti architetti, geometri e ingegneri, tutti professionisti che hanno il compito di tra-

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esecutivi. La fortuna del gruppo Bosc Vej è stata la persona di Celeste Ruà, esperto ebanista, il quale anni fa, ha saputo formare lo staff di cui oggi ci avvaliamo». Da dove provengono le materie prime? «Le essenze maggiormente utilizzate sono l’abete antico, proveniente dal Trentino Alto Adige e dall’Alsazia, il noce e il castagno, provenienti dall’Austria, il ciliegio, il larice, il pino Cembro e il pioppo vengono recuperati nelle nostre vallate in Piemonte». Può descrivere un recente progetto portato a termine? «L’esempio che portiamo più volentieri è la trasformazione

di un sottotetto di un appartamento di Courmayeur in una magnifica mansarda arredata in vero stile montano. I committenti, amanti del legno antico si sono affidati alla nostra esperienza per realizzare un ambiente caldo e accogliente. Pavimenti, rivestimenti murali, trattamenti, cucina, camere da letto il tutto è stato creato ex-novo». Quali progetti avete in serbo per il futuro? «Con rammarico il nostro futuro e il nostro pensiero sono rivolti totalmente ad una forte espansione verso l’estero, non per volontà nostra, ma per una pura questione di sopravvivenza per il nostro indotto. Per noi rappresenterebbe un trionfo poter tornare a lavorare sempre di più nel nostro paese». C’è una realizzazione che vi sta particolarmente a cuore? «Penso di poter parlare anche a nome dei miei soci, Anselmo e Celeste. Più che le realizzazioni ci sono rimaste nel cuore soprattutto le persone con cui abbiamo lavorato. Fino ad oggi la nostra fortuna è stata quella di avere una clientela creatasi non tanto grazie al canale pubblicitario, ma grazie al “passaparola”».



COMMERCIO

Città Fiera: nuovi universi tematici per il centro commerciale Secondo l’Istat sta crollando il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Per sopperire a questo problema il centro commerciale deve sganciarsi dall’idea classica e abbracciare un’offerta differente. Ne parliamo con Antonio Maria Bardelli del centro Città Fiera di Udine Matteo Grandi l fermo delle retribuzioni e i prezzi in continua crescita comportano una stangata per ogni famiglia media di perdita di potere d'acquisto pari a 2.333 euro l'anno. A rilevarlo è l'Osservatorio Nazionale di Federconsumatori che commenta così i dati diffusi dall'Istat. «Questo inaccettabile andamento - afferma l'Osservatorio - continua a intaccare il già basso potere di acquisto delle famiglie che, dal 2008 ad oggi, ha conosciuto una caduta di oltre l’11,8 per cento». In questo scenario è necessario per chi gestisce una grande offerta di vendite studiare nuove soluzioni accattivanti e che incontrino le possibilità e i desideri della clientela. È quanto si sta operando al centro commerciale Città Fiera di Udine. «Il progetto di ampliamento del centro commerciale - spiega l’amministratore Antonio Maria Bardelli - è iniziato a luglio con l’apertura di Leroy Merlin, uno dei mas-

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Antonio Maria Bardelli. Il centro Città Fiera si trova a Udine www.cittafiera.it

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simi protagonisti del bricolage a livello internazionale. Questo ingresso rappresenta il primo tassello di quello che diventerà il settore casa del centro, un polo innovativo per il mercato italiano che sarà in grado di offrire al visitatore una gamma di prodotti inimmaginabile». Come è stato pianificato l’ampliamento? «Il segreto della crescita di Città Fiera risiede nella continua ricerca di nuovi sviluppi mai improvvisi ma ponderati nel tempo. Il piano di sviluppo complessivo prevede di passare dagli attuali 86 mila mq di superficie commerciale a 160 mila, a conclusione dello stesso il centro diventerà il più grande d’Italia. Obiettivo finale è la creazione di poli di attrazione in grado di allargare di molto l’attuale bacino di utenza. Il progetto rappresenta il superamento del centro commerciale classico grazie alla creazione di universi tematici attorno ai quali ruoterà un’offerta variegata e profonda: shopping, fashion home outlet, leisure. Il programma di sviluppo è molto

ambizioso ma, a differenza di altri centri, Città Fiera parte da una massa critica rappresentata da ben 8 milioni di visitatori e spazi di circa 86 mila metri quadri. Alla luce dei dati rilevati fino ad ora, Città Fiera diventerebbe il quarto o quinto Centro Commerciale in Europa ed il più grande in Italia». Quale il prossimo step? «Nel 2012 si darà il via ai lavori della nuova galleria grazie al recupero delle aree dell’ex ferramenta. Una nuova struttura situata strategicamente nella zona nord ovest dell’attuale centro commerciale a cui è collegata da uno degli ingressi più frequentati con un accesso privilegiato ai parcheggi multipiano. La galleria rappresenta un ulteriore passo avanti per la creazione di un anello che racchiuderà lo spazio commercial,e assicurando un flusso costante di pubblico. Agli attuali 86mila mq di superfici commerciali disponibili attualmente si aggiungeranno altri 26mila mq di superficie commerciale per le nuove aperture. La nuova galleria si


Antonio Maria Bardelli

UNA CRESCITA ESPONENZIALE

Superficie commerciale (GLA)

ATTUALE

SVILUPPO

86.000 mq

160.000 mq 30.000 mq

Outlet - HIC Ipermercato IPER Udine

7.450 mq

7.450 mq 1000 mq

Hard Discount 339 mq

2.154 mq

Altre superfici non alimentari

34.869 mq

53.396 mq

Totale commercio al dettaglio

42.658 mq

94.000 mq

Grandi negozi specializzati

10

15/20

Esercizi commerciali, servizi

190

300/350

Ristoranti, caffè e bar

19

25

Mercatino alimentare

3

5

11 sale

11 sale

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Altre superfici alimentari

Multisala Sala Giochi

svilupperà su due piani nella parte storica, che un tempo aveva la funzione di ferramenta, (la struttura risale al 1967): l’intervento in questo senso verrà effettuato con una moderna riqualificazione delle strutture industriali esistenti rispettando le sue caratteristiche originali. Mattone, vetro e acciaio i materiali che andranno a contraddistinguerla». Una grande attenzione alle iniziative umanitarie è inoltre una delle caratteristiche predominanti di Città Fiera. «Siamo molto contenti di essere conosciuti sul territorio non solo per gli spazi commerciali ma anche per le numerose attività di responsabilità sociale che portiamo avanti che riteniamo siano molto importanti per il territorio». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 193


TURISMO

Le vacanze, i vantaggi della multiproprietà Si è rivelata un’estate buia per il turismo italiano. Si registra un calo medio di presenze del 15 per cento. Necessario quindi puntare su risparmio, affidabilità e soddisfazione. La parola a Loris Cappelli Marco Tedeschi

e prime rilevazioni sulla stagione estiva presentano un quadro negativo per il settore turistico italiano, annunciando un calo medio di presenze del 15-20 per cento. La crisi economica ha rallen-

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Loris Cappelli è titolare del Gruppo Lcl di Torino www.gruppolcl.com

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tato i flussi turistici provenienti dall'estero e ha influito in maniera decisiva sul turismo interno; nonostante qualche segnale di ripresa nei dati di settembre, il bilancio della stagione si profila in rosso. In questo scenario difficile in cui la crisi ha inciso notevolmente sulle scelte fatte dagli italiani, le realtà coinvolte hanno ben chiaro quali sono gli aspetti su cui dover far leva. «Risparmio e soddisfazione – spiega Loris Cappelli, titolare del Gruppo Lcl di Torino, che opera nel settore delle vacanze in multiproprietà -. Nei momenti di crisi tutti noi siamo meno impulsivi, quindi è necessario riflettere su quanto si è speso negli anni passati per le proprie vacanze e su quello che si è disposti a spendere nel futuro. L’altro aspetto riguarda la soddisfazione e quindi la fidelizzazione del cliente». Quale bilancio potete trarre a seguito dell’ultimo anno di attività? «Il 2012 si sta dimostrando un

anno positivo per il nostro gruppo. Abbiamo inaugurato una nuova struttura nelle Alpi, esattamente a Ponte di Legno (Jolly Resort), è stato consolidato sempre più il rapporto con i nostri clienti attraverso il lancio della nuova guida servizi Essere Lcl e abbiamo, come da sempre, lavorato a contatto con i nostri clienti. Le maggiori criticità riguardano ovviamente l’incertezza sul futuro, che ha frenato diversi “potenziali clienti” ad affidare a noi le loro vacanze dei prossimi anni». Quali sono i servizi integrativi che offrite? «La nostra guida servizi Essere Lcl offre diversi programmi che rendono unico l’acquisto in multiproprietà. Tra i più gettonati sicuramente troviamo le Vacanze Essere Lcl, ovvero vacanze a tariffe vantaggiose nelle otto strutture Lcl. Tariffe che possono essere ancora più convenienti se pagate tramite i buoni vacanza del programma Essere Hotel.


Loris Cappelli

Direttamente dal nostro sito internet è possibile prenotare oltre 120.000 hotel con un rimborso di 50 euro (cumulabile) per ogni 100 spesi da detrarre alle già vantaggiose Vacanze Essere Lcl. L’opportunità di scambiare/accumulare le proprie settimane di multiproprietà nel catalogo RCI Points (oltre 4000 resort) è senza dubbio un servizio essenziale. Riscuotono sempre un notevole successo i forum, meeting con i nostri clienti che diventano occasioni di vacanze anche con gite organizzate durante le quali si crea un gruppo unico. La vacanza a 9€ (per settimana, per appartamento) come regalo di compleanno rimane comunque il servizio più gradito». Generalmente quali target si rivolgono a voi? «Il cliente “tipo” è la famiglia, anche perché la vacanza in un appartamento all’interno di un resort/villaggio offre il vantaggio della libertà di decidere come impostare la vacanza in relazione a come è composto il nucleo familiare. Noi proponiamo due principali soluzioni: la multiproprietà classica con rogito notarile, oppure una formula vacanza a tempo (5/10/15 anni). Le vacanze possono essere effettuate in mare, in montagna, in campagna o nelle località più belle d’Italia. Mettiamo a disposizione due resort nel Salento (Nardò - Puglia), uno nell’Ogliastra (Arbatax – Sarde-

Le vacanze in multiproprietà offrono un notevole risparmio nel tempo e la possibilità di cambiare il prodotto nel tempo a seconda delle esigenze

gna), a Ischia (Forio – Isola d’Ischia), Ponte di Legno (Val Camonica – Lombardia), Dolomiti (Sappada – Veneto), Alpi Giulie (Tarvisio - Friuli), Terre di Siena (Celle sul Rigo – Toscana). Tanti nostri clienti hanno più di una multiproprietà sparse in più località». Spesso le multiproprietà si rivelano una truffa. I consumatori a quali elementi devono porre attenzione al fine di comprendere se la società cui si rivolgono è seria oppure no? «Il nostro settore, come tanti altri, è costituito da operatori seri e operatori poco seri. Riconoscerli è semplicissimo, basta verificare le credenziali della società che vende: sede legale, legali rappresentanti, descri-

zioni e ubicazione del prodotto. Il principale “problema” di questo settore non è la truffa o il broglio, che capitano in tutti i settori, ma è un altro. Spesso infatti il prodotto che il cliente compra non corrisponde alle sue esigenze. Se le esigenze cambiano nel corso degli anni sarà nel nostro interesse cambiare il prodotto». Quali le sfide e gli investimenti in previsione per i prossimi mesi? «La nostra sfida principale riguarda la capacità di essere la società di riferimento per il mercato italiano della multiproprietà. Tutti i nostri sforzi e investimenti sono sempre in questa direzione, quindi maggiore efficienza nei programmi Essere Lcl». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 195




RINNOVABILI

Il Quinto Conto Energia criticità e prospettive Quale futuro per le imprese legate alla green–economy, in questi anni, in forte crescita? Gli incentivi destinati alle rinnovabili sono stati ridotti e già si teme per il supporto a questo ambito, che potrebbe fungere da volano all’economia nazionale. Il punto di Igino Memé Anastasia Martini

l Quinto Conto Energia è già entrato a regime, e già si teme, in un futuro molto prossimo, l’addio agli incentivi, sostituiti da detrazioni fiscali, che potrebbero essere previsti nella prossima delega fiscale, con il Tax Credit, ossia il credito d’imposta per infrastrutture e innovazione (settore delle energie rinnovabili comprese). I timori sono numerosi, in particolare di imprese che, grazie alla green economy, hanno spiccato un salto

I Il vice-presidente della Solerà Sc di Vidracco (TO), Igino Memé, a Damanhur Uria Sedano www.solera.info

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di qualità. Ma nel frattempo, come rilevato anche da Igino Memé, vicepresidente di Solerà, società del gruppo Damanhur specializzata nella realizzazione di impianti a energia rinnovabile, anche il Quinto Conto ha le sue criticità. Quali novità introduce il Quinto Conto Energia? «Per dare un parere preciso dovremo provare questo complesso apparato burocratico di cui mancano ancora dettagli e applicazioni. È difficile parlare di novità, in realtà si tratta di una vera riduzione degli incentivi e di una burocratizzazione che rende tutto molto incerto. Non parliamo del sistema bancario che, invece, di sostenere un volano per lo sviluppo dell’economia nazionale, decide di dirigere miliardi di euro all’acquisto dei titoli di stato». Quali conseguenze potrà avere questo provvedimento su un settore che, malgrado la crisi, in questi anni è cresciuto notevolmente, anche da un

punto di vista occupazionale? «Le conseguenze si potrebbero tradurre in un ulteriore aggravamento della disoccupazione. Ovviamente, come azienda stiamo cercando di evitare questa situazione, attraverso strategie ad hoc. Indubbiamente, i piccoli impianti, non essendo soggetti alla regolamentazione del registro, saranno ancora vendibili, ma se consideriamo il budget ridottissimo previsto dal Quinto Conto Energia, rischiamo un esaurimento dei fondi in pochi mesi». Crede che il fotovoltaico potrà essere in grado di fare a meno degli incentivi in tempi rapidi? «Già con questi nuovi incentivi il costo iniziale dovrà ulteriormente ridursi per poter proporre un rientro dell’investimento in tempi ancora utili. Tuttavia, si spera in qualche novità hi-tech che riesca a indurre l’abbassamento del costo dei pannelli al fine di proporre un impianto tecnologico a co-


Igino Memé

sti tali che possano essere compensati dal risparmio energetico realizzato in pochi anni». Oltre al fotovoltaico Solerà realizza anche impianti solari termici e geotermici. Con quali riscontri? «Gli italiani sono ancora molto lontani dal solare termico, ragione che ci sta spingendo alla realizzazione di una campagna divulgativa, per farne conoscere le dinamiche e i vantaggi. Parallelamente ci siamo strutturati per essere completamente autonomi nell’installazione. Per quanto riguarda la geotermia, la proporremo ai clienti che hanno già pensato al fotovoltaico: le pompe di calore utilizzano energia elettrica con un rendimento che arriva fino a quattro volte». Quale bilancio è possibile trarre dall’ultimo anno di attività dell’azienda? «L’ultimo anno di attività è andato discretamente. Malgrado il guadagno più contenuto, abbiamo scelto la qualità, vera e

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Relativamente al Quinto Conto Energia, è difficile parlare di novità; in realtà si tratta di una vera riduzione degli incentivi e di una burocratizzazione che rende tutto molto incerto

propria carta per distinguersi». Quali sono stati i progetti più significativi realizzati? «La realizzazione più importante per quest’anno è un impianto fotovoltaico da un Mwp installato sul tetto di un’importante azienda produttrice di tubi in acciaio inox. Tra le dotazioni l’impianto presenta un monitoraggio di stringa che controlla in tempo reale la produzione segnalando eventuali disfunzioni». Con quali problemi vi dovete confrontare? «La concorrenza “sleale” è una spina nel fianco: diverse aziende si possono permettere prezzi bassi, poiché non si dotano delle relative certificazioni di qualità. Per poter lavorare, questi competitor ci costringono al ribasso, e da ciò derivano margini di utili molto risicati».

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Quali sono gli obiettivi e le prospettive dell’azienda per il futuro? «Malgrado le prospettive per niente rosee, ci stiamo strutturando per proporre indagini energetiche e sistemi intelligenti di controllo dei consumi. Questi consentono risparmi energetici e, abbinati al fotovoltaico, sono in grado di accumulare energia nei momenti di esubero, consentendo di riutilizzarla nei momenti di massima richiesta. Inoltre puntiamo a nuovi mercati e nuove tecnologie. Per questo abbiamo partecipato come espositori a “Ener Solar + Brasil” e ci stiamo organizzando in tempi record per penetrare in questo difficile mercato. Presto saremo costruttori e distributori di stampanti tridimensionali».

Nelle immagini, fasi di installazione di pannelli fotovoltaici

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ENVIRONMENT PARK

Green economy, quando la ricerca è business I pionieri dell’energia pulita raccolgono i frutti, dopo anni di sperimentazioni portate avanti seguendo la logica del carbon free. Mauro Chianale e Fabio Massimo Grimaldi parlano delle nuove frontiere per l’Environment park di Torino Renato Ferretti

n tempi non sospetti, quando ancora non si parlava di crisi e investire sulle rinnovabili era tutt’altro che scontato, c’era già chi per convinzione puntò sulla ricerca come un’opportunità imprenditoriale. Si parla di circa quindici anni fa, quando fu istituito l’Environment Park di Torino. Ma neanche il luogo in cui fu realizzata la struttura è casuale, e risponde perfettamente alla filosofia di recupero che sta dietro all’attività del parco: questo infatti è collocato sulla spina 3 di Torino, un tempo sede della grande industria siderurgica del posto, come le ferriere della Fiat o della Michelin. Quali risultati ha portato l’operazione in termini di impresa? A rispondere sono il presidente e l’amministratore delegato dell’Enviroment Park, rispettivamente Mauro Chianale e Fabio Massimo Grimaldi. «Forse un esempio per tutti – esordisce Chianale – è Polight, il Polo di innovazione edilizia

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Da sinistra, Fabio Massimo Grimaldi, amministratore delegato, e Mauro Chianale, presidente dell’Environment Park di Torino. Nella pagina a fianco, il BioEnergy Lab www.envipark.com

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sostenibile e idrogeno, gestito da Environment Park e promosso dalla Regione Piemonte. È un’associazione temporanea di scopo di imprese e centri di ricerca attivi e innovativi nei settori della bioedilizia e della tecnologia dell’idrogeno. Oggi Polight conta 150 tra imprese e centri di ricerca e supporta la costruzione di nuove filiere produttive, nuove tecnologie, nuovi processi e nuovi modelli per rinnovare la vocazione produttiva del territorio. In tre anni, Polight ha movimentato circa 20 milioni di

euro tra finanziamenti regionali ed europei». In realtà non sono solo quelle “interne” le imprese che si rivolgono all’Envipark (come lo chiamano affettuosamente Chianale e Grimaldi). I tentativi e le sperimentazioni di trasferimento tecnologico dell’energia, della bioedilizia e delle nanotecnologie attirano molti altri imprenditori che non hanno sede qui. Nel corso degli anni il parco è diventato un punto di riferimento nella ricerca in una logica green economy. «Il proto-


Mauro Chianale e Fabio Massimo Grimaldi

collo Itaca per esempio – ci tiene a ricordare il presidente Chianale – è stato formulato qui e adesso è usato da 14 regioni italiane, come sistema empirico per il calcolo dell’efficientamento energetico in edilizia: in pratica indica le metodologie per fare gli edifici con l’efficientamento energetico certificato. La Regione Piemonte l’ha adottato come norma per poter finanziare gli interventi di edilizia residenziale pubblica. Oppure le celle a combustibile, una tecnologia basata sull’idrogeno, per la produzione di energia elettrica, adesso usate da grandi società di telecomunicazioni per alimentare gli impianti di trasmissione, sono state sperimentati qui. Tutto questo genera un altro aspetto che non deve essere sottovalutato, cioè le nuove aziende che sono sorte grazie al nostro lavoro. Gli ingegneri che sono stati formati nei nostri laboratori ora hanno qualificazioni professionali che hanno permesso loro di intraprendere una carriera professionale di successo. Una su tutte, molto famosa, è l’Eps». Ora ci sono nuovi progetti in

cantiere, che hanno bisogno a volte di qualche anno di sperimentazione, ma che gli amministratori del parco sperano possano fare la differenza nei prossimi anni. «Uno di questi – spiega l’amministratore delegato Grimaldi – è la centralina idroelettrica. Questa, sfruttando solo le acque della Dora Riparia, produce 1,6 Megawatt/ora di energia elettrica pulita. A pieno regime sarà in grado di arrivare a una potenza di quasi 4 Megawatt/ora, quanto basterebbe per alimentare oltre 1.000 abitazioni. È la prima opera di questo genere in un contesto urbano. L’impianto contribuisce a rifornire i 35.000 metri quadrati di uffici e laboratori del parco scientifico tecnologico. L’intervento si inserisce in un percorso verso l’indipendenza energetica e la sostenibilità ambientale che Environment Park ha intrapreso da oltre 10 anni, anticipando così la ricerca sulle fonti rinnovabili e la green economy. Un altro dato veramente notevole è il risparmio annuale di 1.900 tonnellate di emissioni di gas serra in atmosfera, che la centralina per-

TONNELLATE

-1900 RIDUZIONE ANNUA DI GAS SERRA CON LA CENTRALINA IDRO-ELETTRICA DELL’ENVIPARK

mette». L’ultimissima novità del parco sta nel nuovo laboratorio di ricerca dedicato alle tecnologie per la produzione di energia da biomasse, il Bio Energy Lab. «Tecnicamente – continua Grimaldi – stiamo sviluppando un “digestore”, un impianto dove i rifiuti fermentano in assenza di ossigeno rilasciando biogas, oggi utilizzato soprattutto per la generazione elettrica. Il prototipo di Envipark è bi-stadio, cioè in grado di produrre sia bioidrogeno che biogas, entrambi utilizzabili anche come eco-carburanti. Sono 9 milioni le tonnellate di rifiuti organici raccolti ogni anno in Italia: scarti che potrebbero essere utilizzati per produrre biometano, dando nuova linfa al mercato dei carburanti green e migliorando la gestione dello smaltimento dei rifiuti urbani». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 201




NOTARIATO

Novità per i professionisti della legalità Il notariato è alle prese con la riforma che modifica l’impianto della professione. Ma a cambiare deve essere anche l’approccio dei cittadini, che non deve tenere in considerazione soltanto il lato economico ma anche la fiducia Teresa Bellemo

el pacchetto liberalizzazioni, ritenuto necessario per rilanciare la crescita del nostro Paese, ci sono importanti mutamenti per le professioni, anche per quella notarile. Tra le tante disposizioni, un tirocinio di diciotto mesi, la formazione professionale continua, parametri certi per la liquidazione giudiziale dei compensi e un ampliamento della pianta organica della categoria. La risposta dei professionisti al cambiamento non si è fatta attendere. Se sotto alcuni aspetti la riforma viene promossa a pieni voti, tanto che alcuni punti erano già stati anticipati e adottati dal notariato, su alcuni le perplessità non mancano e anzi vengono visti come figli di uno stereotipo erroneo diffuso tra gli utenti riguardo la professione notarile. Uno di questi è certamente l’aumento del numero di posti disponibili, sul quale anche Grazia Prevete, presidente di Federnotai Piemonte, avanza delle riserve. «L’aumento dell’organico in una situazione di recessione che ha ridotto di oltre il 30 per cento le attività degli studi non mi sembra una priorità per il Paese, conside-

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Nella pagina successiva, Grazia Prevete, presidente di Federnotai Piemonte

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rando anche che il numero degli iscritti alla pratica notarile è in diminuzione». Quanto l’aumento dell’organico notarile è un reale bisogno del Paese? «Non penso sarà utile e credo sia anche in controtendenza data la diminuzione di potenziali iscritti alla categoria. Le cause credo siano i lunghi e pesanti studi richiesti per partecipare con successo al concorso e le difficoltà in cui versa la categoria per le considerevoli spese necessarie sia per l’apertura di un nuovo studio sia per la gestione dell’attività stessa. I notai aggiornano i pubblici registri, incassano e versano allo Stato le imposte, il tutto senza alcun aggio, ma con la necessità di numerosi dipendenti, il cui costo ovviamente, malgrado il calo delle pratiche e degli incassi, è rimasto lo stesso». Qual è la sua posizione nei confronti della recente riforma delle professioni? «Ritengo che essa fosse indispensabile. Anche questo settore, infatti, deve rispondere alle nuove necessità dettate dalla globalizzazione e dal mutamento della società. In anticipo rispetto alla riforma, il notariato ha di-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Grazia Prevete

scusso al suo interno e ha elaborato i principi che poi sono stati posti alla base della nuova normativa. I punti della riforma che il notariato ha sostanzialmente anticipato sono stati la formazione permanente, l’assicurazione obbligatoria, la pubblicità, la separazione fra commissioni di disciplina e organi di controllo. Questi cambiamenti hanno indubbiamente contribuito ad adeguare il notariato alle esigenze degli utenti». Quale sarà l’effetto concreto della norma che prevede la distinzione tra Consiglio di disciplina territoriale e Consiglio dell’ordine? «Già nel 2006 il notariato ha istituito le Coredi, le commissioni regionali di disciplina presiedute da un magistrato in attività. La nostra esperienza è sicuramente positiva, anche se per una più efficiente attività di sorveglianza sul comportamento dei notai sarebbe necessario dotare sia i consigli notarili sia le stesse Coredi di maggiori poteri di investigazione». I parametri di liquidazione dei compensi possono avere un reale beneficio in un’ottica di una maggiore trasparenza? «I parametri di liquidazione dei compensi non influiranno sulla trasparenza perché praticamente entrano in gioco solo quando si rivela necessaria la liquidazione del compenso da parte dell’autorità giudiziaria in caso di contrasti con l’utente. I parametri inoltre non devono far rientrare dalla finestra le tariffe abrogate dalla liberalizzazione. I cittadini devono imparare a usare meglio il servizio notarile, ad esempio rivolgendosi al

notaio in caso di acquisto di un immobile prima di aver assunto qualsiasi impegno, scegliendo il notaio in cui hanno fiducia e non il più economico». Di recente ci sono stati controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate in molti studi notarili torinesi. Come separare in maniera netta la categoria professionale dai frequenti casi di elusione fiscale, conquistando in questo modo un’ancora maggiore fiducia da parte dei cittadini? «Quei controlli hanno posto in luce che i casi di evasione fiscale fra i notai rappresentano una percentuale molto ridotta rispetto a quella di altre categorie di contribuenti. Infatti, si è trattato di otto casi su un totale di 220. Nonostante ciò, i professionisti coinvolti devono essere trattati come qualsiasi altro contribuente infedele, assumendo ciascuno la responsabilità delle proprie azioni. Ritorno a dire che gli utenti del servizio notarile devono imparare a valutare i preventivi, partendo dal principio che a un prezzo modesto corrisponde per lo più una prestazione modesta o, nel peggiore dei casi, un tentativo di evasione fiscale. Il consiglio è quello di farsi fare preventivi in forma scritta, chiedendo dettagliate spiegazioni allo studio notarile, soprattutto nel caso in cui ce ne siano alcuni con spese di diverso ammontare - le spese infatti sono identiche per tutti tenendo anche presente che un preventivo serio è solo quello che viene redatto in presenza di tutta la documentazione necessaria». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 205


MALPRACTICE MEDICA

La sicurezza passa dalla formazione Nelle strutture ospedaliere inizia a farsi necessario il risk manager, una figura che coordini e tuteli la sicurezza del paziente. Ma lo strumento più importante è la cultura della prevenzione che deve essere conosciuta da tutti gli operatori Teresa Bellemo

casi di malasanità hanno reso il tema della responsabilità del medico all’ordine del giorno ed è chiaro che tutti i professionisti del settore devono essere sempre più attenti a questo aspetto. Gli strumenti per prevenire l’incidenza di errori oggi sono molti e tutti hanno una riconosciuta validità internazionale. Anche a livello nazionale il Ministero della Salute ha pubblicato su questo tema molti testi, come ad esempio il Manuale per la sicurezza in sala operatoria del 2009. È ovvio però che per poter applicare gli strumenti e vedere poi un risultato concreto è necessario passare anche attraverso una fase di istruzione degli operatori, utile a diffondere la cultura della sicurezza. Proprio a questo scopo servono i programmi di formazione specialistica, ma per diffondere in maniera capillare una nuova cultura della sicurezza sarebbe importante coinvolgere tutte le strutture formative, università comprese. A pensarla così è Roberto Agosti, medico e coordinatore del master di Cineas in hospital risk management. «Ci auguriamo che la gestione del rischio possa diventare oggetto di attenzione anche nel percorso universitario, sia dei medici sia delle altre professionalità sanitarie, mentre oggi purtroppo nei programmi universitari non è previsto il rischio clinico». Il numero più alto dei casi di malasanità è

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concentrato al Sud, in particolare in Calabria e Sicilia, dove molte strutture sono lontane dagli standard di efficienza e sicurezza. Secondo lei, è realistico attendersi un cambiamento, visti anche i continui tagli alla sanità? «Il problema dei tagli alla sanità o dei suoi costi va d’accordo con il tema della sicurezza perché grazie a essa si ottiene comunque una maggiore efficienza proprio dal punto di vista economico. Non bisogna, infatti, vedere la sicurezza come una spesa aggiuntiva: riorganizzando i processi lavorativi e il decorso dei pazienti, adottando misure di prevenzione per gli eventi avversi si fa un’operazione virtuosa. Esistono poi situazioni a livello regionale, soprattutto al Sud, dove le strutture sono storicamente obsolete e, dunque, i problemi non solo organizzativi. In questi casi gli interventi dovrebbero avere un orientamento strutturale, e qui il problema dei costi è ovviamente differente. Se, infatti, certe realtà regionali negli anni hanno investito in maniera strategica in una riorganizzazione, in alcuni casi invece, in particolar modo al Sud, la distribuzione delle risorse è stata fatta con scarsa oculatezza. E oggi, in tempo di tagli il problema si fa evidente: investire a livello strutturale richiede una programmazione delle risorse che andrebbe stravolto». Che figure professionali prepara il master


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Agosti

Troppo spesso si pensa che i medici non debbano mai commettere errori, ma purtroppo non è così. Detto questo, è giusto che tutti i sanitari siano sempre più responsabilizzati rispetto alla sicurezza del paziente

in hospital risk management? E quali sono i loro ruoli all’interno della struttura ospedaliera? «Questo è un passaggio molto importante soprattutto dal punto di vista culturale. Da anni anche le istituzioni si sono rese conto che all’interno di ogni azienda ospedaliera è fondamentale attivare la funzione di almeno un risk manager, innanzitutto per un coordinamento dirigenziale, ma anche per applicare alcune delle pratiche di prevenzione indicate dal Ministero della Salute. Da questo punto di vista le nostre strutture ospedaliere sono ancora carenti. Per colmare questa lacuna il master forma figure in possesso delle competenze sia dal punto di vista professionale che manageriale. Per affrontare questo percorso si richiede un’esperienza minima di cinque anni all’interno di un ospedale, il minimo indispensabile per conoscere l’ambiente in cui poi si attueranno le politiche di riduzione del rischio». Spesso a ridosso di un caso di malasanità si parla di inasprire la responsabilità del medico. Lei cosa ne pensa?

«Questo è un aspetto molto delicato. Tutti noi siamo immersi in una cultura diffusa della colpa: si cerca sempre di identificare una specie di capro espiatorio, che sia il comandante della nave piuttosto che il medico. Per chi vede tutto dall’esterno, o addirittura per il paziente, può rivelarsi gratificante sapere che la direzione ha riconosciuto e punito il colpevole. In realtà questo è proprio l’approccio più scorretto dal punto di vista della riduzione del rischio, inoltre è stato dimostrato che non porta nessun miglioramento dal punto di vista di una maggiore sicurezza. La realtà è che non esiste l’infallibilità e tutti ogni giorno commettono degli errori. Troppo spesso invece si pensa che i medici, in quanto tali, non debbano mai commettere errori, ma purtroppo non è così. Detto questo, è giusto che tutti i sanitari siano sempre più responsabilizzati rispetto alla sicurezza del paziente. Questo non significa che si debba pagare chissà quale pena nel caso si verifichi un incidente. Essere responsabili significa piuttosto rispondere delle proprie azioni e non essere automaticamente colpevolizzati».

Nella foto, Roberto Agosti, hospital manager e coordinatore del master Cineas

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MALPRACTICE MEDICA

Riconoscere i diritti del paziente danneggiato Nell’ultimo decennio le richieste risarcitorie per presunti errori clinici sono lievitate in modo esorbitante. Pochissime le condanne penali, mentre «i procedimenti civili portano a ottenere giustizia e indennizzi in tempi mediamente brevi» spiega Renato Ambrosio Giacomo Govoni

contenziosi in sanità crescono a ritmi vertiginosi. Non tanto per un significativo peggioramento delle prestazioni mediche, visto che oltre il 90 per cento delle accuse legali contro il personale sanitario termina con un’assoluzione, quanto per una maggior sensibilità dei pazienti al tema, alimentata anche dalla recente messa in onda di messaggi promozionali ad hoc. Un caso che ha sollevato il dissenso di diverse associazioni mediche, preoccupate che tali iniziative contribuiscano a far impennare il ricorso alla medicina difensiva. Pratica che anche l’avvocato specializzato in risarcimenti da malpractice sanitaria Renato Ambrosio considera «inutile», perché rappresenta «un eccesso di zelo che non porta alcun vantaggio al medico. Il quale, quando opera nel rispetto delle norme deontologiche, delle linee guida e dei protocolli, tenendo correttamente la cartella clinica non ha nulla da temere dalla giustizia». Allo stato attuale, qual è l’andamento delle richieste di risarcimento per danni subiti in ambito sanitario? «Si avverte un incremento continuo delle richieste risarcitorie. Va detto però che la maggior parte di esse si risolvono in un nulla di fatto, specialmente quelle presentate in ambito penale per ottenere la condanna personale del medico. Al contrario, quelle presentate in sede civile, sempre ove supportate da un legale specializzato nel danno alla persona che si avvale di un medico altrettanto specializzato, producono risultati sod-

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disfacenti e quindi un riconoscimento dei diritti del danneggiato». Nell’ampia gamma di episodi di malasanità che si è trovato per le mani, quali i più ricorrenti? «I casi più ricorrenti sono quelli legati agli errori in ambito ortopedico, ginecologico, ma anche quelli legati alle imperizie dei dentisti e all’omissione di diagnosi. Rilevanti sono quelli riguardanti le infezioni ospedaliere contratte dai pazienti durante le fasi di ricovero o durante l’intervento in sala operatoria». Invece i più clamorosi? «I casi più eclatanti risolti di recente dal nostro studio sono stati quelli di una bambina, oggi diventata una donna di 29 anni, in coma da 24 anni per l’errore di un medico di base che non le somministrò un farmaco antichoc dopo una vaccinazione obbligatoria. La sentenza si è risolta con un risarcimento record da 1,8 milioni di euro, uno dei più alti in Italia. Altro caso esemplare da noi patrocinato è stato quello recentemente deciso dal tribunale di Torino che ha condannato l’azienda ospedaliera a risarcire oltre 2 milioni di euro al paziente entrato in ospedale per un intervento routinario al ginocchio e rimasto paralizzato nell’arco delle 24 ore dall’ingresso nel nosocomio. Da evidenziare come in quest’ultimo caso il procedimento venne avviato in sede penale ma il giudice, a oltre 5 anni dal fatto, non ravvisò elementi sufficienti per una condanna. Diversamente il procedimento civile si è risolto nell’arco


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Renato Ambrosio

Ogni buon medico deve conoscere i propri limiti professionali ed evitare di operare oltre la propria competenza

di un anno e mezzo». A quali strumenti può appellarsi chi ritiene di aver subito un trattamento sanitario inadeguato? «A un legale specializzato in responsabilità civile, in particolare nei casi di risarcimento del danno alla persona. Il legale si avvarrà della consulenza di professionisti altamente qualificati nel campo medico legale che a loro volta si avvarranno di altri specialisti ove il caso lo richieda. I consulenti medici sono indispensabili per conoscere la causa e l’entità del danno e, quindi, la possibilità concreta di ottenere il riconoscimento dei diritti del danneggiato in un’aula di giustizia. In casi particolari il pool di specialisti può arrivare anche a 4 o 5 unità, tutti coordinati dal medico legale». In tema di sicurezza e rischio clinico, quali sono gli obblighi a cui un medico non deve contravvenire? «Linee guida, protocolli medici, nazionali e internazionali, ma anche il semplice codice deontologico. In linea generale ogni medico deve conoscere i propri limiti professionali ed evitare di operare oltre la propria competenza. Da evitare

RISARCIMENTO

1,8 milioni LA CIFRA CHE A LUGLIO LA CORTE D’APPELLO DI TORINO HA RICONOSCIUTO A UNA DONNA RIMASTA IN COMA 24 ANNI PER L’ERRORE DI UN MEDICO

anche il rischio di trovarsi nella condizione di non riuscire a gestire i pazienti per un eccesso di clientela che riduce l’attenzione per il singolo caso dal quale può derivare la responsabilità professionale del medico. Inoltre, il buon medico è quello che ha una sufficiente conoscenza giuridica della materia, esattamente come il buon avvocato è quello che possiede una conoscenza, ancorché basilare, della medicina legale». Quali sono gli orientamenti più recenti della giurisprudenza in materia di malasanità e come li valuta? «La risposta non è semplice perché la giurisprudenza in questo settore è stata oggetto di notevoli cambiamenti negli ultimi 10 anni, per lo più diretti a garantire una maggiore tutela del paziente. Posso però dire che oggi la malasanità viene qualificata come un’ipotesi di inadempimento contrattuale che impone al danneggiante di fornire la prova che il danno si è verificato per causa a lui non imputabile. Da salutare anche con certo favore i disegni di legge e il dibattito parlamentare volto a depenalizzare la responsabilità del medico». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 209


MALPRACTICE MEDICA

Far crescere la cultura della sicurezza Per Ugo Marchisio, il contenimento dei rischi clinici e delle conseguenti denunce di malpractice sanitaria da parte dei pazienti, parte da «una trasmissione del flusso informativo tra gli operatori secondo prassi o procedimenti informatici unificati e univoci» Giacomo Govoni

econdo un’indagine curata a inizio anno da Medmal Claims, società specializzata nella gestione dei risarcimenti per presunti errori medici, il rischio clinico nel giro di un anno è cresciuto dell’8 per cento. Nella casistica degli errori più reclamati, svettano gli errori chirurgici, seguiti da quelli diagnostici e terapeutici. Una curva tendenziale che, sempre stando alla ricerca, toccherebbe il picco nelle strutture sanitarie del Sud, attenuandosi invece al Nord, dove sono più numerose le aziende ospedaliere che stanno provvedendo a dotarsi di un apposito servizio di gestione del rischio. «Non si tratta solo di creare una struttura di staff con l’etichetta “risk management” – sottolinea Ugo Marchisio, direttore di medicina d’urgenza dell’ospedale Maria Vittoria di Torino – ma di far crescere la consapevolezza del problema, la serenità di poter condividere i propri errori e i “near missing” che si vengono a conoscere, passando dalla cultura della colpa alla cultura della sicurezza». In cosa sono deficitarie le strutture ospedaliere che vengono meno al principio basilare di non arrecare danno al malato? «In senso lato sono in colpa le strutture

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Ugo Marchisio, direttore del reparto di medicina d’urgenza e del Dipartimento medico dell’ospedale Maria Vittoria di Torino

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ospedaliere che non promuovono una cultura diffusa del risk management tra i propri operatori sanitari. Bisogna, inoltre, che si crei un’alleanza terapeutica con i pazienti e i loro “proxies” anche su questo fronte: non più parti contrapposte di beghe legali, ma alleati che cooperano a individuare le situazioni di rischio per il bene di entrambi». Quali sono gli errori più ricorrenti in medicina e quali nuove strategie preventive stanno emergendo per mitigarne l’incidenza? «Le circostanze a più alto rischio di errore occorrono soprattutto nel settore dell’emergenza, dove si hanno in cura molti pazienti contemporaneamente, i tempi sono ristretti e il ritmo concitato, quelle in cui si passano le consegne o si trasmettono ordini o si trascrivono dati e terapie. Bisogna ridurre al minimo trascrizioni e passaparola, ovvero gli ordini verbali a infermieri e altri operatori, organizzare il flusso informativo, scheda terapia compresa, secondo prassi modulistica o procedimenti informatici unificati e univoci. La soluzione ideale è un applicativo informatico in cui ogni operatore, per la sua


Xxxxxxx UgoXxxxxxxxxxx Marchisio

DENUNCE

200% L’AUMENTO PERCENTUALE DEI FASCICOLI RELATIVI A MALA PRATICA SANITARIA ARRIVATI SUL TAVOLO DELLA CASSAZIONE NEGLI ULTIMI DIECI ANNI

competenza, aggiorna, firma e modifica un unico documento condiviso cui tutti fanno riferimento. Oggi però le realtà che hanno raggiunto questo livello di informatizzazione sono poche». Una recente ricerca restituisce dati allarmanti sul trend delle infezioni ospedaliere, che colpiscono soprattutto gli anziani. Come si può contrastare il fenomeno? «Le infezioni colpiscono soprattutto gli anziani perché sono la categoria che ha una degenza più lunga in ospedale. La prima vera prevenzione sarebbe quella di poterli mantenere il più possibile a domicilio e di non dover adibire gli ospedali a pensioni, perché si stenta a dimettere chi ha solo più necessità assistenziali e non mediche. Il fenomeno comunque si può contrastare, sotto il profilo tecnico, con un uso più accorto e mirato degli antibiotici, con il controllo epidemiologico dell’emergere di ceppi resistenti e la loro pronta eradicazione nell’ambiente di ricovero, con l’isolamento immediato dei pazienti infettati dai ceppi batterici multi resistenti e con l’uso scrupoloso delle misure di protezione dal contagio per contatto e aereo, sia da parte degli operatori che dei visitatori». Qual è il livello di sicurezza delle strutture piemontesi in questo senso?

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La prima vera prevenzione delle infezioni ospedaliere negli anziani sarebbe quella di mantenerli il più possibile a domicilio

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«La situazione dei nostri ospedali è tra le migliori in Italia e si attesta nella media europea. Sul problema delle infezioni ospedaliere in particolare, in virtù del fatto che nella nostra Asl abbiamo l’ospedale infettivo di riferimento regionale, la nostra azienda ha potuto realizzare un servizio preventivo delle infezioni ospedaliere. Un servizio molto evoluto e capillarmente operativo in tutti i settori di attività clinica, con un notevole impatto sulla sicurezza dei pazienti e sulla conoscenza scientifica dei problemi». Quando il caso può rientrare fra le attenuanti dell’operatore clinico? «Anche se, come dice Lupo Alberto, “la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”, lo spazio che la casualità può avere nel determinare l’errore clinico dovrebbe ridursi sempre di più nella misura in cui vengono implementati, nella nostra attività quotidiana, procedure sicure e sistemi di allerta efficaci. Le situazioni dove la sfortuna gioca un ruolo più determinante sono quelle in cui ci sono novità o ci si muove in terreni non ancora ben definiti e codificati, sia dal punto di vista scientifico che organizzativo. Ed è in questi casi che si devono moltiplicare i controlli perché il fattore umano acquista uno spazio prevalente su quello tecnologico e organizzativo».

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MALPRACTICE MEDICA

La comunicazione, medicina contro la diffidenza I casi di malasanità esistono e devono essere puniti. Ma si deve ritornare a un rapporto medico-paziente più umano, senza dimenticare che anche nella professione medica l’errore non può essere eliminato del tutto Teresa Bellemo

gni anno sono 34mila le denunce contro il personale medico dopo un ricovero in ospedale o un intervento. Una tendenza che ha visto una crescita esponenziale, tanto che le richieste di risarcimento sono aumentate del 250 per cento in 15 anni. Sempre più spesso i pazienti, vittime di presunti casi di malasanità, vogliono far valere i loro diritti, anche se alla fine poche sono le condanne per responsabilità in sede penale. Un sistema fortemente incentivato anche dal mondo delle assicurazioni e dagli studi legali che però pesa sulle casse del sistema sanitario nazionale e su quelle delle strutture private per diversi milioni di euro l’anno. Un clima poco sereno che causa una separazione sempre più netta tra personale medico e paziente, ulteriormente amplificata dal progresso tecnologico, che rende ancor più inspiegabile il fallimento di una terapia. Fabrizio Fracchia, presidente dei medici cattolici del Piemonte, ritiene che sia necessaria una revisione del rapporto medico-paziente, ricominciando ad ammettere che l’errore in medicina esiste e per questo si deve distinguere tutto ciò che è doloso dall’errore vero. «Puntiamo a costruire organizzazioni “buone” e, dato che l’errore non ha mai una sola causa e un solo colpevole, mettiamo in atto una comunicazione tempestiva, accurata, aperta, lavorando con la

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cultura di team. È importante invertire la tendenza e iniziare ad ammettere l’errore, mettendo al primo posto il risarcimento morale piuttosto che quello stabilito da una sentenza. Ciò che i pazienti non ci perdonano, più che l’errore, è la fuga, l’abbandono dopo che questo si è verificato». C’è un rapporto di diretta proporzionalità tra i progressi della tecnologia e la crescente intolleranza nei confronti dell’errore medico? «Certamente la medicina di oggi, grazie al progresso tecnologico e i suoi successi ha creato nell’opinione pubblica aspettative che prima non c’erano. L’iper-specializzazione ha modificato il rapporto medico-paziente. Il medico e la medicina non curano più il paziente ma la malattia, va scomparendo la figura del medico di fiducia che media il rapporto tra il malato e la sua infermità. In questo contesto dobbiamo porre una maggiore attenzione all’errore medico, che viene vissuto come tradimento della scienza e della pratica medica a cui si richiedono possibilità di guarigione sempre sopravvalutate. Inoltre, l’errore talvolta assume rilevanza perché fonte di risarcimento sulla spinta di legali con pochi scrupoli». In che modo superare la distanza dei pazienti nei confronti dei medici, quale la ricetta? «Occorre ricordare che il rapporto medico-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Fabrizio Fracchia

paziente è una relazione a due. Il paziente non è un individuo anonimo su cui vengono applicate delle conoscenze mediche, ma una persona responsabile, che deve essere resa partecipe del piano diagnostico e terapeutico durante tutto il tempo della malattia. Ciò significa una relazione non più basata sul paternalismo, ma su un atteggiamento attivo del malato, cioè su un’alleanza terapeutica. L’alleanza è una sintonia di sentimenti, un cammino di fiducia reciproca che indica come il rapporto medico-paziente non può essere fondato soltanto sulle competenze scientifiche, ma soprattutto sul valore assoluto della persona». Oggi si è tornato a parlare di accanimento terapeutico. Qual è la sua posizione? «Occorre riconoscere i limiti della medicina, spostare gli obiettivi terapeutici dal “guarire” al “prendersi cura” in un attento ascolto del paziente, restare vicini al malato dandogli la possibilità di esprimere i suoi sentimenti e in particolare rispettare il tempo del morire non cedendo alla tentazione di affrettarne o ritardarne il decorso. Il Codice di deontologia medica del 2006 nell’articolo 39 afferma che in caso di malattie in fase terminale, il medico deve risparmiare inutili sofferenze e fornire trattamenti adeguati alla qualità di vita e alla dignità della persona, evitando ogni forma di accanimento terapeutico. Su questa

posizione è anche il cardinal Sgreccia, che descrive come accanimento terapeutico l’impiego di terapie o procedure mediche di carattere sproporzionato». Nel 2011 in quasi tutte le province del Piemonte i medici obiettori erano più del 60 per cento. In questi casi il rischio è che un servizio sanitario dove la tempistica gioca un ruolo importante risulti fortemente menomato. Come conciliare professione ed etica? «Il medico, dal giuramento di Ippocrate in poi, mette come capisaldi della sua professione la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo dalla sofferenza, pertanto la tutela della vita e non la sua soppressione è compito deontologico. Altro caposaldo è la centralità della coscienza individuale, che può portare all’obiezione e che trova diritto, deontologia ed etica concordi a sua difesa. Per quanto riguarda il diritto infatti, la legge 194 tutela l’esercizio dell’obiezione di coscienza. I valori morali possono aprire spazi per una decisione di questo tipo quando una legge si ritiene ingiusta, lesiva di un bene, di un diritto fondamentale. In questi casi l’etica è preminente rispetto alla professione e occorre che il medico non solo adempia agli obblighi professionali, ma che dimostri quelle virtù in grado di rispondere alle domande lasciate senza risposta dal diritto a cui è sottoposto». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 213


TRA PARENTESI Paolo Crepet

on tutte le crisi vengono per nuocere. Interpellato in passato sui riflessi sociali che a suo giudizio questo lungo autunno economico sta lasciando e lascerà sulla società italiana, lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet, ha affermato che al nostro tessuto sociale di questo periodo rimarrà «una vita più sobria, più naturale, meno chimica», sostenendo in più occasioni che «la crisi economica avrebbe potuto rivelarsi un'opportunità». Gli sviluppi degli ultimi mesi sono serviti a rivedere o rafforzare la sua posizione? «Continuo a pensarla allo stesso modo. Stanno cambiando alcune cose, ma naturalmente non mi illudevo che gli effetti, in senso positivo o negativo, fossero immediati. Alcuni cambiamenti, non necessariamente negativi, si stanno già concretizzando e descriveranno la nostra vita nel prossimo futuro. Alcuni difetti degli ultimi decenni forse potranno uscirne in qualche misura corretti». La crisi picchia duro su un mo-

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} IL LATO BUONO DELLA CRISI 222 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

dello familiare che scricchiola pericolosamente. Cosa fare per restituirgli quell'antica funzione di anticamera formativa al mondo del lavoro e non solo? «Anche in questo caso, nelle pieghe della crisi ci possano essere dei risvolti non del tutto negativi. Intendo dire che venendo da una stagione in cui tutto funzionava bene, in passato non siamo stati costretti a fare delle scelte, a cui invece la situazione odierna ci obbliga. Una famiglia, ad esempio, dovrà per forza scegliere tra continuare a destinare i propri risparmi per comprare una casa per il figlio oppure investirli per assicurargli una buona formazione. Se sceglierà la seconda strada, significa che forse avremo capito la lezione». Che tracce sta lasciando la crisi sulle generazioni che oggi la vivono dai banchi di scuola e che lezione pensa potranno trarne? «Penso che i risultati degli sforzi dei genitori in questo difficile periodo si coglieranno in quei giovani capaci di comprendere a loro volta che non è la casa ciò di cui


hanno bisogno, ma una buona università. E che quella è l’autentico passaporto per mettere al sicuro il loro futuro». Gli ultimi provvedimenti promossi dal governo s’ispirano in fondo a un unico paradigma: l’appello al “sacrificio collettivo” per guadagnarsi la salvezza futura. Come lo abbiamo assimilato finora e quanto può durare un simile “accordo fra le parti”? «Credo che il governo stesso sappia che non può durare tanto. C’è da dire che siamo dentro a un terribile fuoco di bombardamento, quindi non oso pensare cosa sarebbe successo se non ci fosse stato questo governo. Andiamoci piano con le critiche, perché forse non ricordiamo come eravamo messi un anno fa. Detto questo, penso che riuscire ad allentare la morsa dei pagamenti sia nelle aspettative del governo. Il fatto che l’aumento Iva ventilato per settembre sia slittato in avanti, quantomeno lenirà il fardello. In ogni caso, spero che gli italiani si rendano conto di cosa vuol dire vera crisi».

Sarebbe a dire? «La vera crisi è quella a cui abbiamo assistito in Spagna e in Grecia: quando non ti danno la tredicesima. Se poi c’è qualcuno che ha le formule magiche, le ricette pronte, mi chiedo come mai non l’abbia detto prima. In tutto ciò continuo a vedere cose che non capisco, per esempio i miliardi spesi per la Difesa. Ci vuole un bel coraggio». Da crisi economica a crisi psicologica il passo è breve. Prova ne sono gli imprenditori che nelle scorse settimane si sono arresi, scegliendo la via estrema del suicidio. Come interpreta questi segnali che si levano dall’anima produttiva del Paese? «Innanzitutto ricordo agli addetti dell’informazione che quando qualche mese fa ci fu una sorta di ondata di suicidi che occupò le prima pagine di giornali e telegiornali, io sostenni che non era tutta responsabilità della crisi economica. Evidentemente ho avuto ragione perché adesso non mi pare che i giornali riportino casi

di suicidi. Quindi o ci siamo dimenticati dei suicidi o prima c’è stata un’esasperazione in cui c’è una grossa responsabilità anche dei media, troppo inclini alla strumentalizzazione». In ultima analisi, che eredità sociale lascerà questa crisi globale e, in attesa che passi, quali contromisure si possono adottare per mitigarne gli effetti? «Io penso che siamo di fronte a un passaggio di consegne molto virulento, di cui dobbiamo renderci conto. Noi, come Italia ed Europa, presto non saremo più in alcuna veste la locomotiva del mondo. Ci sono delle cose che avremmo dovuto capire e spero che avremo ancora occasione di farlo, voglio dire che o ci rendiamo conto che l’Europa deve diventare protagonista di qualche cosa o siamo tutti fregati, compresa la Finlandia, non solo Grecia e Spagna. Se tra qualche anno, passata la buriana, avremo imparato qualcosa, la crisi non sarà stata né vana né solo un’esperienza negativa». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 223


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