Dossier Piemonte 02 2013

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OSSIER PIEMONTE L’INTERVENTO ........................................07 Carlo Sangalli Michele Coppola Guido Carella

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................12 Ferruccio Dardanello IL RICORDO DELL’AVVOCATO........18 Jas Gawronski Alberto Mazzuca

ECONOMIA E FINANZA MERCATI ESTERI ................................24 Gianfranco Carbonato Ernesto Abbona Roberto Cota Alessandro Barberis INTERNAZIONALIZZAZIONE...........36 Giovanni Borsa Ernesto Angelo Cullino Gabriella Emanuele Paolo e Laura Sunino EXPORT...................................................44 Giuseppe Fusi Mas Pack Packaging Michela Righi

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INNOVAZIONE ......................................50 Luisa Denegri Gottifredi Maffioli Enzo e Guido Giletta Alessandro Sacchet

IMPRENDITORIA FEMMINILE ........114 Maria Luisa Coppa Silvana Neri Anna Ferrino Alessia Bertolotto

TECNOLOGIE.........................................60 Mario Fabbri Giovanni Radis Massimo Roccia Giuseppe Arietti Roberto Ferretti Riccardo Poletti Pierluigi Mantellaro Alberto Alberton

VIGILANZA............................................122 Marco Carlo Grossi

MODELLI D’IMPRESA ........................78 Amilcare Merlo e Andrea Bedosti Massimo Baudo Elena Piazza Giuseppe Colonna Gianni Olmo Susanna Lomagno Eligio Scotta Domenico Platini Alessandro Gino Enzo Garelli Beppe Vai Giovanni Basso Idexe’ Maria Grazia Rossi IMPRESA E SVILUPPO ....................110 Roberto Snaidero

SICUREZZA SUL LAVORO..............124 Deborah Tagliacozzo PRODOTTI ALIMENTARI.................126 Davide e Federica Fileppo Zop Mauro Mandirola Paolo Lasagna Giovanni Gullino CREDITO & IMPRESE.......................137 Giuseppe Provvisiero Pietro Mulatero FOCUS CUNEO ...................................143 Federico Borgna Luigi Isoardi Gianna Gancia Licia Viscusi


Sommario TERRITORIO

INTERNI .................................................192 Claudio Bertolotto

GIUSTIZIA

INFRASTRUTTURE............................154 Alessandro Andreetto Giuseppe Massano Mario, Luca e Paolo Giuggia

INFISSI...................................................196 Cristina e Gualtiero Capellino

REATI AMBIENTALI ..........................214 Vittoria Luda di Cortemiglia Massimo Settis

AMBIENTE

RUBRICHE

POLITICHE ENERGETICHE ...........200 Massimo Giordano

TRA PARENTESI ...............................220 Alberto Cirio

RINNOVABILI .....................................202 Antonio Martini Elisabetta Ballurio e Alessandro Salato

IL COMMENTO...................................222 Bruno Vespa

EDILIZIA ................................................160 Mauro e Giorgio Burdese Guido Martinengo Diego Dutto Alberto Ellena Andrea Manini Pasquale Palamara Giulia Mucciarelli Ferdinando Gandelli Iulian Frincu Rosario Catalano Giuseppe e Marco Mutti Giuseppe Garzena Giancarlo, Federica e Alessandro Frola Fabrizio Perino Savino Ordine

ENERGIA ..............................................206 Essepi ingegneria SMALTIMENTO RIFIUTI .................208 Mauro Besozzi RISORSE IDRICHE.............................210 Giuseppe Gerbotto IMPRESA E AMBIENTE....................212 Fabio Massimo Grimaldi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Il valore della cultura di Michele Coppola, assessore alla Cultura della Regione Piemonte l settore dei beni e delle attività culturali non può essere impropriamente contrapposto all’industria o ai servizi sociali: è ora di superare questa impostazione a favore di una concezione della cultura come motore di sviluppo economico in grado di creare ricadute occupazionali, turistiche e promozionali. Per questo assume un importante significato valutare e misurare il peso del settore culturale all’interno del sistema economico. Nel novembre scorso Unioncamere Piemonte, Camera di commercio di Torino, Finpiemonte e Compagnia di Sanpaolo hanno presentato il primo report sull’impatto economico della cultura in Piemonte intitolato “La cultura che stimiamo. Stimiamo la cultura”. Una ricerca che già nella sua definizione intende richiamare e sottolineare sia l’aspetto della cultura legato alla qualità della vita e del benessere sia il tentativo di “misurarne” la ricaduta economica. Quanto vale la cultura in Piemonte? Molto. Il rapporto ha infatti valutato per il 2011 un ammontare del valore aggiunto di 6,4 miliardi di euro generato dal sistema produttivo culturale piemontese, pari al 5,8 per cento del totale dell’economia. In Piemonte il sistema occupa quasi 120mila, pari al 5,9 per cento dell’occupazione locale. Esaminando la capacità del sistema culturale di incidere sull’economia delle singole regioni, il Piemonte occupa la quinta posizione dopo Lazio, Marche, Veneto e Lombardia. Nel 2011, anno delle Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, quasi 6 milioni di persone hanno visitato i musei e le mostre della nostra

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regione. Questi dati confermano un principio che da sempre ispira la nostra azione di governo regionale: la cultura come comparto economico-produttivo capace di generare ricadute economiche tangibili sul nostro territorio. Se si entra nel particolare si possono citare alcuni eventi e progetti culturali, come il Salone internazionale del libro con le sue ricadute economiche per 52 milioni di euro per le piccole imprese, i ristoranti e gli alberghi, secondo un dato riferito all’edizione 2008. E non si può tralasciare il sistema cinema piemontese che nel 2011, grazie al lavoro di Film commission Torino Piemonte, di Film investimenti Piemonte, Museo nazionale del cinema con i suoi festival, ha registrato 51 produzioni girate in Piemonte con quasi 10mila comparse, 800 tecnici - elettricisti, falegnami, parrucchieri, sarti - e almeno 100 attori locali con 30 milioni di euro privati investiti su tutto il nostro territorio. Sempre stando ai dati del 2011 si possono evidenziare i numeri del Weekend delle arti contemporanee 2011: oltre 125mila presenze, di cui 23mila tra turisti ed escursionisti richiamati a Torino dagli eventi di arte e design; una ricaduta economica diretta di circa 3 milioni e 700mila euro e una spesa giornaliera dei turisti doppia rispetto alla media cui la città di Torino è abituata. In una fase di crisi generalizzata come quella attuale, ecco perché la cultura rappresenta - ancora di più una leva strategica importante per il nostro Paese e soprattutto per il nostro territorio. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 9



L’INTERVENTO

Per superare il gap produttivo di Guido Carella, presidente Manageritalia

roduttività, questa è la parola che ci perseguita. Sono decenni che in Italia la produttività è in discesa e, più di recente, è crollata. Secondo la Commissione Europea, nel secondo trimestre 2012 l’Italia ha registrato la caduta di produttività più forte nella Ue: -2,1 per cento, dopo lo -0,8 per cento nel primo trimestre. Allora che fare? La produttività aumenta se migliorano le capacità dei fattori produttivi e il loro mix. Più istruzione e conoscenza per le persone, innovazione per i macchinari e organizzazione dei processi. Ma non basta, a tutto questo si deve aggiungere un’organizzazione del lavoro e una gestione sempre più manageriale. Ma per mille motivi nel nostro Paese questa indispensabile modernizzazione è rimasta a metà strada. Abbiamo aziende piccolissime (il 90 per cento ha meno di 5 addetti, il 95 meno di 10 e il 99,9 meno di 250) che non fanno ricerca e innovazione, che non hanno dimensione per fare economie di scala e di scopo, che hanno scarsissima o nulla presenza, competenza e gestione manageriale e quindi capacità organizzativa e gestionale. Abbiamo gap vistosi nella formazione, soprattutto nella sua capacità di sfornare persone con conoscenze allineate a quelle richieste dal mercato. Abbiamo un costo del lavoro e del fare impresa altissimo. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi decenni siamo stati incapaci di restare o spostare la nostra economia e le nostre aziende nei business a più alto valore aggiunto, dove la produttività e il successo sono meno legati a meri fattori di costo. L’aumento della produttività e del benessere di persone e aziende passano sicuramente per una ridefinizione dei modelli e delle culture del lavoro, in primis

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delle relazioni industriali e del ruolo delle cosiddette parti sociali. Per un forte aumento di presenza, competenza e gestione manageriale in gran parte delle imprese italiane. Ma, e ne è una conseguenza, passano soprattutto dalla diffusione di modelli organizzativi e strumenti volti a migliorare la vita dei singoli e delle imprese. Un cambiamento che per la grande maggioranza di manager e lavoratori italiani (intervistati per Manageritalia da AstraRicerche e Duepuntozero Doxa nel 2012) passa per: valutazione delle persone su merito e risultati (per il 96 per cento dei manager; 88 per cento degli italiani), gestione delle persone per obiettivi (93 e 81 per cento), più formazione (93 e 91 per cento), più gestione manageriale (92 e 72 per cento), più collaborazione e meno gerarchia (87 per cento per entrambi), maggior conciliazione tra vita professionale e personale (85 per cento) e introduzione di programmi di welfare aziendale (77 e 81 per cento). Insomma, il lavoro e il mondo del lavoro che ci servono e meritiamo richiedono una profonda rivisitazione, per non dire rottamazione. Merito, gestione per obiettivi, collaborazione, innovazione, conciliazione tra vita privata e professionale, managerialità e formazione continua sono alcune delle parole chiave per ripartire e raggiungere produttività e benessere. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 11


IN COPERTINA

PROMUOVERE IL MARCHIO ITALIA Superare l’approccio localistico che fino a ieri animava le strategie di penetrazione nei mercati internazionali per affacciarsi sulla scena estera con un piano di attività congiunto all’insegna del made in Italy. L’analisi di Ferruccio Dardanello Giacomo Govoni

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uando si siede ai tavoli istituzionali o in occasione degli incontri pubblici in cui è chiamato a intervenire, Ferruccio Dardanello non perde occasione per ricordarlo: dopo Coca Cola e Visa, «il made in Italy oggi è il terzo brand più conosciuto al mondo». Su questo fattore chiave, secondo il presidente di Unioncamere, è ora di scommettere senza indugi, per dare nuovo impulso al commercio internazionale delle nostre imprese e promuovere il marchio Italia nel mondo. «Finora il Paese degli 8.000 campanili – osserva Dardanello – ha sempre promosso il feudo locale, le tipicità dei territori, pensando che giacché i mercati internazionali chiedevano prodotti tipici locali la loro promozione andasse fatta ciascuno per conto proprio. Noi invece, ormai da quattro anni, stiamo lavorando per far sì che, rispettando le tipicità e le produzioni dei mille luoghi d’Italia, le azioni per incrementare la penetrazione dei nostri marchi 12 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

all’estero vengano fatte congiuntamente, evitando una sterile competizione tra realtà che invece sono complementari». Attraverso quali iniziative il sistema camerale si sta impegnando sul fronte della promozione congiunta del made in Italy? «Attraverso una strada semplice che si è rivelata vincente: una Camera di commercio specializzata su un determinato paese estero o su un determinato comparto produttivo svolge il ruolo di capofila per tutto il sistema nazionale, promuovendo - anche per conto delle altre Camere - le imprese di quei distretti, di quelle filiere, i loro consorzi e le varie organizzazioni di categoria. A dimostrazione che, se si lavora bene, c’è spazio per tutti». La promozione è uno degli asset che compone la strategia nazionale per l’internazionalizzazione, di cui avete avviato la cabina di regia alcuni mesi fa. Sulla base di quali sinergie si è snodata? «Fino a ieri era mancata anche la più semplice condivisione delle ini-

ziative e delle strategie del sistema pubblico e privato. Il sistema camerale, lo dico con una punta di orgoglio, era uno dei pochissimi soggetti nazionali a programmare assieme alle imprese e attivare per tempo gli strumenti e le iniziative per promuovere le aziende all’estero, assieme agli altri attori locali, dalle fiere alle missioni, dalla formazione all’incoming. Ma non poteva certo essere sufficiente. Oggi con le novità introdotte, quali la nuova agenzia Ice, la cabina di regia e soprattutto lo spirito nuovo che anima tutti gli attori del made in Italy, abbiamo gli strumenti per un coordinamento fattivo e concreto». Quali i passi mossi finora a livello operativo? «Un primo obiettivo è già stato raggiunto: Camere di commercio e Ice, a cui presto si uniranno anche le associazioni e le Regioni, hanno scritto un piano di attività congiunto, allo scopo di evitare sovrapposizioni e rendere più efficiente l’intervento pubblico. Ma


Ferruccio Dardanello

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IN COPERTINA

questo non basta: occorre arrivare a una messa in comune di risorse e di mezzi, non solo in termini di iniziative all’estero, ma a tutto tondo: penso al tema delle fiere internazionali, agli strumenti finanziari, alla formazione, al Mezzogiorno, al consolidamento di chi esporta solo saltuariamente all’estero, alle 70mila nuove potenziali imprese esportatrici che ancora sono restie a varcare i confini nazionali. È questo il lavoro che dovremo fare con il nuovo governo che si appresta a guidare il Paese». Il governo, appunto. In termini di politiche di rilancio del sistema produttivo italiano all’estero, quali azioni prioritarie chiederete al prossimo esecutivo? «Certamente serve un’azione più coordinata fra i vari attori. Ad esempio, per garantire una migliore presenza nelle manifestazioni fieristiche internazionali, anche attraverso i contratti di rete. Serve un raccordo più efficace del mondo del credito con le pmi, rafforzando e rendendo più efficienti i confidi. Occorre una formazione più qualificata, a partire dalle scuole e dalle università, per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro incoraggiando l’inserimento di giovani qualificati, anche con appositi incentivi, nelle professioni più innovative, dal marketing internazionale alle nuove tecnologie, più difficili da trovare nelle imprese di piccole dimensioni. E serve, infine, un piano concordato con le regioni del Sud che

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già ora, in molti casi, grazie al made in Italy sta riuscendo ad affermarsi su tanti mercati esteri». Un piano, quest’ultimo, che ridurrebbe il gap con le regioni settentrionali, ancora in cima alle graduatorie nazionali dell’export. Come il Piemonte, che nel 2012 ha ammortizzato la paralisi del mercato interno puntando sull’internazionalizzazione. È così? «In base alla fotografia sullo sviluppo del commercio piemontese all’estero scattata in chiusura del terzo trimestre 2012, il sistema produttivo regionale ha consolidato il quarto posto nazionale in termini di beni e servizi esportati, con una quota del 10,1 per cento sulle esportazioni complessive italiane. Una buona tenuta che si riflette anche nel valore dell’export piemontese realizzato fino a settembre, quantificabile in 29,4 miliardi di euro e in una crescita del 3,4 per cento, inferiore solo dello 0,1 per cento rispetto alla media nazionale. A dimostrazione che, in un contesto così fragile, le imprese piemontesi cercano di resistere alla crisi rafforzando le loro posizioni sulla scena internazionale». Le buone performance registrate sul versante estero, tuttavia, non hanno generato una crescita lineare in tutti i settori. «In effetti si registrano significative differenze fra un settore e l’altro. I risultati migliori hanno riguardato in particolare il comparto dei metalli e

dei prodotti in metallo, salito dell’11,5 per cento, la meccanica, primo settore per quota detenuta sull’export complessivo, balzata in avanti del 10,9 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2011 e il settore alimentare. A rallentare invece sono stati il settore dei mezzi di trasporto, che per via della contestuale diminuzione dell’export di componenti auto veicolari e delle vendite all’estero di autoveicoli, ha registrato una contrazione del valore delle merci esportate dell’1,9 per cento e il settore tessileabbigliamento dei prodotti, calato dello 0,7 per cento». Nel complesso, comunque, l’anno scorso l’interscambio commerciale piemontese ha premiato il piano triennale per l’internazionalizzazione varato un anno fa assieme alla Regione. Quali azioni


Ferruccio Dardanello

+2,8% LA CRESCITA DELLE ESPORTAZIONI REGISTRATA DAL SISTEMA IMPRENDITORIALE ITALIANO SULLA BASE DEGLI ORDINATIVI NEL 2012

Con la nuova agenzia Ice, la cabina di regia e lo spirito nuovo che anima gli attori del made in Italy, oggi abbiamo gli strumenti per un coordinamento concreto delle iniziative all’estero

prevede nei prossimi mesi? «Per evitare che il peso di ostacoli strutturali e la mancanza di credito limitino ulteriormente la competitività delle imprese, è fondamentale sostenere il nostro export con programmi volti a incrementare ordini, produzione e occupazione. Dopo l’attivazione dei cosiddetti multi-voucher, messi a disposizione delle aziende locali che partecipano a manifestazioni internazionali, il piano è giunto nelle scorse settimane alla seconda fase, con il battesimo dei Pim, progetti integrati di mercato e dei Pif, progetti integrati di filiera, finanziati nel complesso con 13,5 milioni di euro». Una nuova chance per rendere le realtà produttive locali sempre più “export-oriented”. È questo il messaggio che il sistema istituzionale piemontese vuole trasmettere? «L’internazionalizzazione è un driver strategico per lo sviluppo del nostro territorio, da perseguire continuando a programmare misure ad hoc. Ma questi nuovi progetti dimostrano anche come mettendo in comune le competenze presenti sul territorio e adottando politiche a lungo termine di programmazione e strategia, politica e tecnica, si possano dotare le nostre imprese di risorse finanziarie e strumentali, indispensabili per renderle dinamiche e farle camminare a testa alta nel mondo». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 15




IL RICORDO DELL’AVVOCATO

Oltre il mero interesse Gianni Agnelli si è spento il 24 gennaio 2003. Uno dei personaggi che maggiormente ha segnato la storia dell’industria e del costume italiani. A restituirne un ritratto in occasione dei dieci anni dalla scomparsa è Jas Gawronski Francesca Druidi

Italia è un Paese che, controvoglia, fa i conti con la propria storia e il proprio passato. Giovanni Agnelli, per tutti Gianni, è stato sicuramente uno dei simboli dell’Italia nel Novecento. A dieci anni dalla sua scomparsa, è tuttora elogiato ma anche criticato, discusso, forse dimenticato. A fornire la sua testimonianza è un amico dell’avvocato, lo scrittore e giornalista Jas Gawronki. Si può parlare di un’eredità ancora vivida dell’esperienza umana e imprenditoriale di Gianni Agnelli in quest’Italia così mutata? «Purtroppo è difficile parlare di un’eredità ancora vivida, quando di Agnelli si parla solo negli anniversari, e nemmeno in tutti ma solo in quelli a cifra tonda. In dieci anni, il nostro Paese è cambiato parecchio, soprattutto in peggio, e nel mondo di oggi Agnelli si sentirebbe spaesato, anche perchè per anni lui e la sua azienda hanno goduto di una impunità, di una impermeabilità alle critiche dei giornali e dell’opinione pubblica di cui oggi non potrebbero più godere. Non credo che nell’odierno panorama politico-economico italiano ci sarebbe spazio per un altro Agnelli,

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Jas Gawronski, presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma

tant’è vero che non c’è». Agnelli le ha confessato una volta che, se avesse avuto scelta, non avrebbe investito a Torino, in generale in Italia, e nel settore automobilistico in particolare. Quali sono, a suo avviso, le motivazioni che sottendono questa affermazione? «L’Italia non ha mai abbracciato fino in fondo il sistema capitalistico di mercato e la Fiat veniva vista non come un’azienda che può - e deve muoversi autonomamente in termini di strategie aziendali, bensì come una realtà che deve piegarsi a logiche di sistema. Lui perciò lamentava il fatto che la Fiat non fosse libera di perseguire logiche puramente aziendali e che questo ne minasse la capacità di sopravvivere sul mercato, come poi effettivamente si è visto. Ciò detto, anche se si rendeva conto che vendere o

esportare la Fiat sarebbe stato nell’interesse suo e della famiglia, non l’avrebbe mai fatto per il rispetto che nutriva per il suo Paese e anche per la cura che aveva della propria immagine, la quale sarebbe uscita drammaticamente scalfita da un’operazione del genere». La Fiat provoca da sempre sentimenti contrastanti. Cosa crede che l’Avvocato avrebbe pensato dell’operato di Sergio Marchionne, dell’acquisizione di Chrysler e delle strategie attuali del Gruppo? «Difficile rispondere. E la cosa strana è che i due, malgrado l’avvocato sia morto solo dieci anni fa, non si sono mai incontrati. Ciò dimostra come Marchionne sia emerso da un universo che inizialmente non gravitava attorno alla Fiat e che solo l’intuizione di Umberto Agnelli e di un


Jas Gawronski

Anche se Agnelli si rendeva conto che vendere o esportare la Fiat sarebbe stato nell’interesse suo e della famiglia, non l’avrebbe mai fatto

uomo capace come Gianluigi Gabetti lo abbia messo nella posizione di salvare la Fiat. Gianni Agnelli nulla amava di più che le persone di successo, e poiché Marchionne lo è certamente lo avrebbe apprezzato moltissimo anche solo per questo motivo. Ma avrebbe ammirato in maniera sconfinata anche la bravura mostrata da Marchionne nell’aggiudicarsi un marchio storico come Chrysler, un’operazione di cui solo una persona come l’attuale ceo di Fiat sarebbe stato capace, per via del suo background internazionale, della sua audacia e della stima di cui era circondato nel mondo dell’automobile Usa». Nell’avversario della sua morte, si alternano diversi ritratti di Gianni Agnelli, da quelli più celebrativi a

quelli più inclini alla demolizione della sua figura, sia pubblica che privata. Cosa ne pensa? Per come lo ha conosciuto, che uomo è stato tra pregi e difetti? «Certo, la sua immagine è stata intaccata dopo la sua morte dalla scoperta dei fondi reperiti all’estero. Ma è anche una dimostrazione dell’affetto e della stima di cui era circondato nel suo Paese il fatto che se ne sia parlato così poco e in termini così poco accusatori. Le sue qualità erano evidenti a tutti, i difetti un po’ più nascosti: un certo cinismo - se uno non gli stava più a genio sapeva liberarsene bruscamente, anche se erano stati amici - e poi una certa insofferenza alle critiche». “Agnelli più che un imprenditore era un prenditore”, Vittorio Feltri

in particolare non ha risparmiato critiche all’avvocato nel suo articolo, che ha incontrato molta eco. Al di là della stretta amicizia che vi legava, ritiene che vi siano state delle responsabilità in negativo da parte dell’Agnelli imprenditore? «Non sono un esperto di economia e tanto meno della storia della Fiat. Oggi sento molte voci, anche di chi gli era stato vicino per motivi di lavoro o di parentela, critiche nei suoi confronti, per come aveva gestito la sua azienda. Io sono rimasto con l’impressione di cui parlavo all’inizio: Gianni Agnelli è stato un uomo cosciente del fatto che sarebbe stato sua convenienza vendere e investire all’estero, e che non ha mai compiuto questo passo per motivi che vanno al di sopra del semplice interesse». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 19


POISONS IL RICORDO CLEVERLY DELL’AVVOCATO

Gianni Agnelli tra luci e ombre A dieci anni dalla scomparsa dell’Avvocato si oscilla ancora tra deferenza e critica più estremista. Il contributo di Gianni Agnelli al capitalismo italiano nell’analisi del giornalista Alberto Mazzuca Francesca Druidi

stato il re senza corona di questa Italia repubblicana. È stato il proprietario della Fiat. Ed è stato un convinto europeista. È stato, a lungo, l’uomo più importante del Paese e uno dei più importanti d’Europa». Così descrive Gianni Agnelli il giornalista Alberto Mazzuca che, insieme al fratello Giancarlo, ha ricostruito nel volume “La Fiat: da Giovanni a Luca, un secolo di storia sotto la dinastia Agnelli” la storia di un’azienda che ha rappresentato per decenni l’industria italiana. È possibile oggi compiere una riflessione ragionata su Gianni Agnelli? «Gianni Agnelli ha dato un’immagine di serietà, responsabilità e credibilità al capitalismo un tantino asfittico di casa nostra e a un’Italia un po’ contorta nelle sue vicende interne e, per questo, non facilmente comprensibile al di là delle Alpi e dell’Atlantico. Agnelli era, in sostanza, il nostro migliore ambasciatore all’estero. Henry Kissinger, suo amico e collaboratore, raccontava: “Se lo dice Agnelli, in America ci credono”.

«È

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In Italia, dove gli imprenditori non hanno mai avuto grandi capitali propri e dove la presenza di una forte industria pubblica e di un sistema bancario in mano ai politici ha dato fiato al malaffare e alla corruzione diffusa, Agnelli ha rappresentato un certo tipo di capitalismo, quello che potremo definire meno moderno». In che senso? «Un capitalismo rappresentato dall’appartenenza al cosiddetto salotto buono, allestito e mantenuto in piedi da Enrico Cuccia e Mediobanca con una ragnatela di alleanze. Si parlava di “ala nobile” del capitalismo italiano, poi di “un’ala più nobile dell’ala nobile” impersonata da Agnelli, Leopoldo Pirelli e Luigi Orlando. E senza quel club privato che si reggeva con i soldi pubblici e cu-

rava gli interessi di pochi, molte di queste imprese non esisterebbero più. Vittorio Valletta diceva che ciò che andava bene per la Fiat, andava bene anche per l’Italia. In effetti è stato così, anche con Gianni Agnelli. Non sempre, comunque, ciò che andava bene alla Fiat, andava bene anche alle tante piccole e medie imprese che rappresentavano e tuttora rappresentano lo scheletro industriale del Paese. Le lamentele, le proteste di questi imprenditori erano molte, ma non erano invece in molti a farsene carico». Quali ritiene siano stati i principali meriti attribuibili all’Avvocato? «Il suo principale merito è stato quello di aprirsi al mondo, di uscire dal provincialismo sabaudo che, a lungo, ha prevalso nella Fiat al punto


Alberto Mazzuca

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Una delle sue prime grandi responsabilità è avere acquisito l’Alfa Romeo solo perché non finisse nelle mani della Ford

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Alberto Mazzuca, scrittore e giornalista

da renderla non solo ai tempi di Valletta ma, anche con lui, poco internazionale. Ha portato avanti questa idea con molta chiarezza, facilitato forse dal fatto che è diventato presidente della Fiat a 46 anni, con alle spalle già una esperienza di vita. Ha mostrato attenzione a quello che gli amici americani gli dicevano in tema di management e del bisogno di massicce iniezioni di cultura industriale; non ha nascosto di credere al mito kennediano della nuova frontiera da applicare anche nell’ambito di una strategia industriale. Non sempre c’è riuscito. Aprirsi al mondo voleva dire portare la Fiat a essere presente in Europa e soprattutto negli Stati Uniti, voleva dire fare accordi con la Ford e la General Motors. Senza molto successo. A questa lucida visione, si con-

trapponeva l’altro lato della medaglia: aver mantenuto chiuso il mercato italiano alla concorrenza, che avrebbe fatto molto bene alla Fiat stessa, cercando di difendere in tutti i modi una posizione dominante». Quali sono le maggiori responsabilità di Gianni Agnelli nella parabola discendente che ha percorso la Fiat? «La prima grande responsabilità risale a metà degli anni Settanta quando era presidente di Confindustria: avere firmato con Luciano Lama l’accordo sulla scala mobile accettando, senza nemmeno discuterla, la proposta più radicale suggerita dalla Cisl di Carniti, mentre la Cgil era per una soluzione più moderata, e cioè il punto unico di contingenza per tutte le categorie. Come presidente della Fiat, una delle sue prime grandi responsabilità è avere acquisito l’Alfa Romeo, un marchio glorioso indebolito da anni di scelleratezze manageriali e sindacali, solo

perché non finisse nelle mani della Ford e la Ford entrasse, quindi, nel mercato italiano. Anni dopo, Montezemolo riconoscerà l’errore. Ma Agnelli ha un’altra grande responsabilità: aver lasciato esplodere la guerra di potere tra i due uomini forti della Fiat, Cesare Romiti e Vittorio Ghidella, che incarnavano visioni completamente diverse sul futuro dell’azienda. Alla fine, Agnelli ha scelto Romiti e Ghidella se n’è andato. E qui c’è un altro aspetto ancora più grave: Agnelli ha taciuto quando, nell’arco dei due anni successivi, sono stati fatti fuori (come dirà con un linguaggio forte l’economista Marco Vitale) circa 300 dirigenti tecnici considerati “ghidelliani”. Sono stati “fatti fuori” proprio quelli che capiscono l’auto e sanno fare le auto. Viene così innescato per le nomine del top management il meccanismo di selezione per fedeltà e non per meritocrazia. È l’inizio di quella discesa che solo Marchionne riuscirà a fermare». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 21




MERCATI ESTERI

Affermarsi nei paesi emergenti La fine della crisi in Piemonte è ancora lontana. I positivi flussi commerciali verso l’estero, tuttavia, sorreggono un sistema economico caratterizzato da una «qualità della manifattura riconosciuta e apprezzata». Il punto di Gianfranco Carbonato Giacomo Govoni na dinamica incolore, per non dire cupa, fino a inizio autunno e poi una tiepida risalita in chiusura d’anno, se non altro a livello di fiducia. A rileggere i risultati prodotti dall’economia piemontese nel 2012, si evince che per continuare nella riemersione dalla stagione recessiva il tessuto industriale locale dovrà scommettere forte sul commer-

U

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cio estero. Sulla scia del parziale recupero registrato nel quarto trimestre, in cui il saldo di ordini export è passato dal -5,7 per cento del precedente trimestre all’1,6. «Gli effetti della crisi – osserva Gianfranco Carbonato, presidente di Confindustria Piemonte – sono lontani dall’essere superati e, anche se tra i nostri colleghi imprenditori riportiamo alcuni primi e cauti segnali di ottimismo, siamo coscienti che il lavoro da fare è ancora tanto». Eppure l’ultimo trimestre 2012 sembra aver in parte rimediato a un’estate in chiaroscuro. «L’anno scorso ci ha mostrato che le nostre previsioni erano corrette. Da un lato, nonostante le aspettative dei nostri industriali siano in leggero miglioramento, ci rendiamo conto che i rischi restano estremamente elevati. Dall’altro lato, come sosteniamo da tempo, la chiave più efficace per muoversi oltre la crisi passa per i mercati esteri». Quali riflessioni si possono fare sull’anno appena concluso? «Nel 2012 l’economia piemontese è stata trainata dalle esportazioni, che hanno registrato una crescita notevole nei mercati extra Ue, a fronte della flessione in corso


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Carbonato

nell’area europea. La riflessione, positiva, deriva dalla mia diretta esperienza di imprenditore impegnato all’estero: la qualità della manifattura piemontese è riconosciuta e apprezzata, quindi dobbiamo lavorare e fare sistema, in primis con la Regione e il mondo camerale per accrescere la nostra competitività, sia in casa che fuori dai confini». Nonostante le sofferenze interne, le aziende piemontesi mostrano di saper difendere le loro posizioni all’estero. Quali traiettorie di mercato si stanno rivelando più interessanti? «L’Europa resta il primo partner commerciale per le nostre imprese, ma aree di crescente dinamismo economico come Brasile, Russia, Messico, Corea, Turchia, mostrano in questa fase maggior capacità di anticipare e amplificare la domanda di beni e attrezzature; per alcune tipologie di prodotti del Piemonte, poi, gli Stati Uniti restano un mercato centrale, anche se continuiamo a scontare il negativo cambio sul dollaro. I negoziati della Commissione europea per creare nuove aree

di libero scambio possono dare un’ulteriore In apertura, spinta al nostro commercio, purché garanti- Gianfranco Carbonato, presidente di scano condizioni favorevoli alla nostra Confindustria Piemonte economia. Per tutti questi motivi siamo impegnati a supportare il sistema industriale piemontese, soprattutto attraverso il Centro estero per l’internazionalizzazione del Piemonte». Il centro fa parte di Enterprise Europe network, rete che assiste le aziende nello sviluppo della loro attività su scala continentale. Che vantaggi offre alle imprese? «L’Enterprise Europe network è un’importante iniziativa coordinata dalla direzione generale per l’impresa e l’industria della Commissione europea. L’idea è molto interessante perché consente alle aziende piemontesi di accedere a una rete di oltre 600 centri, nonché a migliaia di opportunità commerciali e tecnologiche relative ad altre imprese e centri di ricerca continentali. Possiamo, inoltre, fornire assistenza normativa su tutti i Paesi dell’Eurozona e disponiamo di un canale diretto con Bruxelles per la risoluzione delle controversie o dei pro- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 25


ONE POISON MERCATI ESTERI T

Per alcuni prodotti del Piemonte gli Usa restano un mercato centrale, anche se continuiamo a scontare il negativo cambio sul dollaro

blemi incontrati dalle nostre imprese nella loro sto è centrale la stretta collaborazione che attività di business nel mercato unico. Finora i risultati sono stati molto positivi». Quali altre iniziative avete in corso per stimolare gli ordinativi stranieri? «Le nostre attività di rafforzamento del profilo estero delle imprese sono quotidiane. Di recente abbiamo avviato un approfondimento sul mercato americano, coinvolgendo un panel di esperti fiscali, doganali e legali che abbiamo portato a Torino dagli Usa a fine 2012. L’interesse delle imprese è stato elevatissimo. Anche su Expo 2015 tutto il sistema Confindustria è impegnato per rendere l’evento internazionale un driver di crescita economica e occupazionale. Più in generale, il nostro impegno è fornire servizi ad alto valore aggiunto alle imprese: per que-

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riusciamo a esprimere con il Ceip». Di quali misure prioritarie ha bisogno nel 2013 l’industria piemontese per imboccare con decisione la strada della ripresa? «La ripresa, purtroppo, richiede anche diversi interventi fuori dallo spazio di manovra politica regionale. A livello europeo, ma soprattutto nazionale, servono coraggiose riforme che riducano i freni alla competitività del nostro sistema industriale. In questi giorni, Confindustria ha lanciato un grande piano di proposte per il prossimo governo: interventi non più rimandabili. Per quanto riguarda il Piemonte, cito due leve importanti da azionare in fretta: il saldo dei debiti verso le imprese da parte delle Pa e la sburocratizzazione di norme e procedure».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Ernesto Abbona

Esaltare il saper fare manifatturiero

Per favorire l’ingresso della piccola industria piemontese nei grandi circuiti commerciali internazionali, sostiene Ernesto Abbona, occorre procedere a «una semplificazione normativa e al recupero di un ragionevole accesso al credito» Giacomo Govoni

Ernesto Abbona, presidente della Piccola industria di Confindustria Piemonte

progetti integrati di filiera e quelli di mercato, varati nelle scorse settimane nell’ambito del piano triennale dell’internazionalizzazione, sono gli ultimi strumenti messi in campo dalla politica economica piemontese per consentire anche alle pmi territoriali di misurarsi con il mercato globale. Una possibilità che in molti casi le pmi si trovano a scartare prematuramente, per via dell’insufficienza di risorse. «Assistiamo sempre di più al fenomeno di piccole imprese che, pur con idee e potenziale, – osserva Ernesto Abbona, presidente della Piccola industria di Confindustria Piemonte – non riescono a esprimersi sul mercato per i problemi di accesso al credito». Quanto lo scoglio economico sta frenando il potenziale internazionale delle pmi locali? «Lo scoglio economico è probabilmente il maggior fattore di freno, non solo per l’internazionalizzazione ma in generale per lo sviluppo delle pmi. Il rapporto con gli istituti erogatori si è fatto, nel corso degli anni, critico. Se a questo aggiungiamo gli enormi ritardi della pubblica amministrazione nel saldare i debiti con le imprese, si capisce come il sistema imprenditoriale, ancorché di-

I

namico e interessato a cercare nuove strade, si trovi paralizzato. Alcune iniziative, come l’anticipo del credito verso la Pa, sono state messe in campo, anche a livello regionale, per cercare di migliorare la situazione, ma il problema è ben lontano dalla soluzione». Quali settori, in virtù di buone performance già realizzate finora, possono porsi come traino delle pmi piemontesi verso i mercati stranieri? «L’aumento della domanda estera rappresenta certamente il dato più interessante del 2012.

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 27


MERCATI ESTERI

2,7%

LE IMPRESE PIEMONTESI CHE, SECONDO I CALCOLI REALIZZATI DA CEIP, SVOLGONO UN’ATTIVITÀ STABILE DI ESPORTAZIONE

Un’opportunità da cogliere per il nostro si-

stema produttivo, capace di eccellere in numerosi dei settori interessati da questo trend positivo: l’alimentare, il settore meccanico, metallurgico e plastico, la componentistica, il tessile e il chimico, sono l’espressione migliore del know how manifatturiero italiano, che ha reso il made in Italy uno dei brand più affermati a livello internazionale. Le prospettive dell’economia per il 2013 sembrano confermare il ruolo di traino dell’export che in Piemonte rappresenta circa il 25 per cento del valore aggiunto regionale e oltre il 10 per cento del totale nazionale». In base agli ultimi trend di ordinativi esteri che coinvolgono le pmi locali, a quali Paesi e prodotti converrà orientare nei prossimi mesi l’attività manifatturiera regionale? «L’agenzia statistica cinese ha reso noto il tasso di crescita dell’economia nazionale che nel 2012 ha raggiunto il 7,8 per cento: il dato più basso registrato dal 1999, e tuttavia estremamente più elevato di quanto possiamo sperare in Italia e nell’Europa. I dati relativi agli scambi internazionali del Piemonte nel 2012 ci indicano che i flussi in uscita verso Paesi extra-europei hanno riguardato in particolare gli Stati Uniti, i paesi dell’area Bric (Brasile e Russia, soprattutto), ma anche Messico, Giappone e la Corea del Sud; questa attività ha permesso di compensare in parte il calo della domanda interna ed europea, influendo positivamente sulla nostra

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produzione manifatturiera, comunque ancora sotto pressione». La pista del commercio internazionale è una sfida alla portata anche delle start up? E, nel caso, su quali leve devono scommettere? «Immaginare una start-up che si configuri da subito in una dimensione internazionale è possibile, anche se certamente non la norma. Se parliamo di imprese “dematerializzate”, ormai è assodato che sui mercati on-line è possibile raggiungere agevolmente grandi quantità di potenziali clienti. Se pensiamo a imprese più classicamente manifatturiere, assistiamo talvolta alla nascita di piccole aziende ad alta tecnologia che nelle proprie nicchie di mercato, sono conosciute e apprezzate a livello internazionale. Comunque, anche in questo caso, sempre più spesso il primo mercato di riferimento non si limita al Paese di origine, ma guarda ai principali mercati europei, a partire dalla Francia, anche per comodità logistica». Come concorre il sistema economico locale ad alimentare la capacità d’investimento delle pmi piemontesi e da quali attori è lecito attendersi di più? «Il Piemonte, sotto il profilo della governance delle risorse pro-imprese, presenta alcuni punti di forza rispetto ad altre regioni. Innanzitutto, la capacità di gestire e utilizzare i fondi europei, a oggi le sole vere possibilità economiche pubbliche per il supporto al sistema produttivo. In una complessiva penuria di risorse, dagli attori pubblici ci aspettiamo di più sul fronte della semplificazione normativa e della riduzione dei carichi burocratici che gravano sulle imprese; tra gli attori privati, chiediamo il recupero di un ragionevole accesso al credito, altrimenti rischiamo di soffocare le possibilità di uscita dalla crisi prima ancora che queste si manifestino».



MERCATI ESTERI

Conquistare il gradimento estero Offrire agli imprenditori stranieri un Piemonte attrattivo, che li invogli a investire risorse sul territorio. Roberto Cota si batte per la difesa della competitività regionale, sicuro che anche Fiat darà il buon esempio in questo senso Giacomo Govoni export piemontese è in salute nonostante la congiuntura internazionale tardi a volgere al sereno. Si sta rivelando indovinata la pista strategica lungo la quale, a febbraio dell’anno scorso, Regione Piemonte e Unioncamere hanno avviato il piano per l’internazionalizzazione. Un percorso triennale, finanziato con 20 milioni di euro, che mira a consolidare e ampliare il posizionamento estero delle realtà industriali presenti sul territorio. «Questo piano – spiega il governatore Roberto Cota – è uno strumento fondamentale per le aziende piemontesi, perché serve a far leva sui punti di forza e i casi di successo della nostra imprenditoria, a fronte di un contesto mondiale divenuto sempre più competitivo». Quali punti di debolezza si prefigge di colmare? «Il piano strategico triennale intende ottimizzare la capacità di intervento delle istituzioni in favore del sistema produttivo, puntando sull’attrazione di risorse esterne. Regione Piemonte e sistema camerale hanno potenziato la loro collaborazione firmando un apposito accordo quadro che punta a migliorare ogni sinergia fra le funzioni regionali di governo e di indirizzo e quelle proprie delle Camere di commercio, con particolare riferimento alla promozione dello sviluppo dei sistemi economici locali». Quali i maggiori frutti raccolti finora? «È ancora presto per fare un bilancio del piano, ma siamo fiduciosi sulla sua buona riuscita poiché già lo scorso anno, secondo i dati di Ceip, è aumentato l’interesse degli operatori stranieri nei confronti del nostro territorio». In chiusura di 2012 la Regione ha varato un

L’ Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte

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nuovo fondo di garanzia per l’internazionalizzazione. Come potranno impiegarlo le imprese e quali nuovi scenari può aprire alle pmi? «Il fondo di garanzia, gestito operativamente da Finpiemonte, è uno strumento per accelerare il processo di internazionalizzazione del sistema produttivo, con particolare riguardo a Paesi e mercati di grande dimensione e ad alto tasso di crescita. Possono parteciparvi le pmi piemontesi che negli ultimi tre anni abbiano avuto almeno il 20 per cento del proprio fatturato dedicato all’export, con priorità per quelle appartenenti a settori merceologici e filiere di eccellenza del sistema economico piemontese. È un fondo rotativo con una dotazione di un milione di euro, che servirà alle imprese per la realizzazione, per esempio, di uffici di rappresentanza esteri, punti vendita, post vendita, strutture distributive logistiche, partnership locali e altre infrastrutture stabili, purché preveda il mantenimento del con-


XxxxxxxRoberto Xxxxxxxxxxx Cota

trollo in Piemonte». Il Piemonte piace agli investitori esteri. Quali elementi stanno contribuendo ad aumentarne l’attrattività e su quali insistere in futuro? «Siamo impegnati a costruire un contesto favorevole affinché gli imprenditori stranieri investano nel nostro territorio. Abbiamo la fortuna di vivere in una regione dove l’eccellenza artigiana e industriale vanta lunga tradizione e credo che siamo riusciti a trasmettere questa consapevolezza anche al di là dei nostri confini. Uno dei più importanti provvedimenti previsti dal piano straordinario per l’occupazione che abbiamo realizzato in favore delle aziende provenienti da fuori regione è il contratto di insediamento. Credo sia stato apprezzato, così come nell’altra versione, quella per gli investimenti a entità contenuta. Dopo anni di delocalizzazioni, una misura che ha cercato di invertire il trend, creando nuovi posti di lavoro in Piemonte». Anche Fiat sta investendo sul potenziamento del suo profilo internazionale. Fin troppo, secondo alcuni. Su questo aspetto, come giudica gli orientamenti della casa torinese? «Su Fiat si fanno tante, a volte troppe, parole. Io guardo ai fatti. E rilevo con soddisfazione che uno degli impegni che Marchionne aveva preso sul nostro territorio è stato mantenuto: nella ex

Bertone da qualche giorno è in produzione la nuova quattroporte Maserati e tra qualche mese verrà prodotto un altro modello. Anche su Mirafiori mi pare chiara la volontà di portare nuovi modelli: non le vecchie utilitarie a cui ci siamo abituati in passato, ma modelli che possano vendere bene in tutto il mondo». Quindi non è troppo preoccupato per il futuro di un patrimonio industriale così importante. Cosa la rincuora? «I nostri lavoratori sanno fare le automobili, quindi penso sia comprensibile che i vertici Fiat vogliano scommettere su modelli di qualità, mettendo a frutto i tanti sforzi sulla ricerca e innovazione per l’automotive che il nostro territorio e la Regione hanno fatto negli ultimi anni. È vero che Fiat sta investendo molto sul suo profilo internazionale, ma è anche l’unica via che aveva per rilanciarsi rispetto a un mercato europeo dell’auto in grande difficoltà. In questo momento storico sono molte le nostre aziende che sfruttano i mercati esteri come trampolino per rilanciare gli stabilimenti di casa nostra». Quali ostacoli restano da rimuovere per dare ulteriore slancio alle aziende che puntano a proiettarsi sui mercati esteri? E dove la Regione può agire in maniera incisiva? «Bisogna lavorare moltissimo sul fronte della sburocratizzazione. Il peso della macchina burocratica, soprattutto all’estero, è percepito quasi come ostacolo insormontabile. Contestualmente, per quanto di nostra competenza, facciamo di tutto per alleggerire il carico fiscale alle aziende e i provvedimenti sugli sgravi Irap in favore delle imprese che assumono ne sono una chiara testimonianza. Infine, una buona strategia per rafforzare l’export piemontese è agire in squadra. Negli anni precedenti c’era troppa frammentarietà nella promozione del “made in Piemonte” ma adesso, grazie a una sinergia continua con il sistema camerale e le associazioni di categoria, stiamo riuscendo a invertire la tendenza». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 31


MERCATI ESTERI

Business, eventi e innovazione È stato assegnato a Torino il congresso mondiale delle Camere di commercio che si terrà nel 2015. Il presidente dell’ente camerale del capoluogo piemontese, Alessandro Barberis, spiega come la città ha fatto emergere la sua candidatura Renata Gualtieri

orino ha vinto sulle altre città candidate a ospitare il congresso mondiale delle Camere di commercio del 2015 presentandosi come città “oltre le aspettative”. L’intensa attività di lobbying è stata accompagnata da un ricco programma presentato in un libro di 150 pagine intitolato “Bid book”. Una presentazione che ha avuto successo, anche grazie all’impegno del sindaco Piero Fassino e dell’ambasciatore italiano in Turchia Gianpaolo Scarante. Sono molti i temi di spicco all’interno del programma scientifico presentato: dalle energie rinnovabili al valore delle start-up nella crescita e nella creazione di lavoro; dall’imprenditoria femminile, come risorsa alternativa alla crisi dell’economia globale, a nuovi modelli economici e sociali che favoriscano la partecipazione diffusa e l’interdipendenza. «Il successo ottenuto – commenta il presidente Barberis – è anche il risultato di un efficace lavoro di squadra: la stretta collaborazione con Turismo Torino e Provincia; il sostegno di molte istituzioni locali, nazionali e internazionali; l’appoggio di grandi imprese disponibili a sviluppare partnership per l’iniziativa». Quale sarà il contributo della Camera di commercio di Torino per sfruttare al meglio questa importante occasione e quali i prossimi passi per la promozione dell’evento? «Per Torino si apre un lungo periodo di pre-

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Alessandro Barberis, presidente della Camera di commercio di Torino

32 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

parazione al congresso, che porterà in città oltre 2.000 partecipanti per discutere gli ultimi trend economici, condividere best practice e sviluppare progetti innovativi a sostegno delle imprese. Importante la nostra partecipazione dal 22 al 25 aprile al World chamber congress di Doha, dove avverrà il passaggio di testimone e dovremo presentare al meglio le nostre proposte. Il congresso del 2015 sarà anche un’occasione per dare visibilità alle eccellenze produttive del territorio.


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Barberis

Per questo puntiamo sul sostegno di tutto il sistema imprenditoriale locale e nazionale». Il Piemonte occupa il quarto posto tra le regioni italiane esportatrici e nel 2012 sono state organizzate da voi numerose iniziative. Quali i risultati fin qui raggiunti? «A inizio anno le Camere di commercio piemontesi e la Regione Piemonte hanno presentato un piano comune triennale per l’internazionalizzazione che raccoglie l’esperienza di alcuni dei progetti speciali di cui oggi siamo capofila e che coinvolgono settori diversi: dall’automotive all’aerospazio, dal-

l’Ict alla meccatronica. Guardando al ritorno di investimento per il solo 2011 e limitandosi ai tre principali progetti di filiera da noi ideati, per un euro investito dalla Camera di commercio di Torino ne tornano 20 alle aziende in forma di commesse ottenute e 45 se consideriamo le negoziazioni in corso». Quanto le aziende piemontesi punteranno ancora sull’Africa e quali gli altri mercati di riferimento?

«Sono 15 i progetti di mercato approvati nel piano triennale per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro. Un progetto specifico, con riferimento alla filiera “progettarecostruire-abitare” è dedicato a nord Africa e Medio Oriente. Se qualche decennio fa l’export piemontese era quasi esclusivamente indirizzato verso i Paesi europei, ora il panorama si è molto più allargato verso i Brics e alle economie di nicchia e più vicine come l’area del Caucaso, il Golfo persico, le repubbliche dell’Asia centrale. I nostri 17 desk, presenti in diverse zone del mondo, assistono le aziende torinesi e piemontesi interessate ai nuovi mercati». Lo scorso novembre sono stati celebrati i 150 anni della Camera di commercio a Torino. Lo spirito imprenditoriale, che da sempre ha contraddistinto il territorio locale, come ha saputo sfidare la crisi e come l’ente camerale valorizza le aziende storiche e le nuove imprese di successo? «In 150 anni il nostro territorio è cresciuto, si è trasformato nella sua composizione sociale ed economica, ha dimostrato inventiva e capacità d’innovare e sono numerose le imprese che ancora oggi portano il “made in Torino” in Italia e all’estero. Due progetti della Camera di commercio valorizzano in particolare il patrimonio creatosi in questo arco di tempo, fatto di documenti, testimonianze, attestati e filmati. Il primo è MaToSto, archivio digitalizzato dei marchi storici torinesi, il secondo è il sito www.impreseneltempo-torino.it, dedicato alle imprese con oltre 50 anni di attività che hanno contribuito a fare la storia economica del Torinese». In una fotografia del quadro economico locale quali i punti deboli e quelli forti? E PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 33


ONE POISON MERCATI ESTERI T

quali gli asset su cui puntare nel 2013?

«Il Torinese, nel corso degli anni, ha saputo diversificare la propria base economica e coniugare la propria vocazione industriale con nuove specializzazioni produttive: dalle biotecnologie all’Ict, dalle nuove forme di mobilità all’enogastronomia. Anche il modo di produrre si è modificato: è più distribuito e rende fondamentali gli investimenti nella logistica e nei collegamenti. Negli ultimi anni, nonostante il calo generale del sistema economico, a Torino alcuni settori sono in crescita, per esempio il turismo con un +2,9 per cento nel 2011 e i servizi alle persone +2,1 per cento. Credo che oggi occorra lavorare a un nuovo modello di sviluppo, sostenibile, puntando su accessibilità, reti di imprese, ricerca e innovazione, internazionalizzazione, promozione delle eccellenze e formazione del capitale umano. Infine sono essenziali un più facile accesso al credito per le imprese e il coraggio, da parte del sistema bancario, di supportare le buone idee imprenditoriali». Quali i risultati dell’Osservatorio sulle imprese innovative in provincia di Torino che più la preoccupano e quali quelli più incoraggianti? «I dati ci dicono che le imprese innovative sono soprattutto quelle di piccole dimensioni, che

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operano in settori a intensità tecnologica medio- alta e dichiarano nell’ultimo biennio tassi di crescita positivi sia del fatturato, con il 63,1 per cento, sia dell’export, con il 56,4 per cento. Per oltre il 61 per cento di queste aziende l’innovazione è proattiva e non difensiva, volta cioè a individuare nuovi prodotti e non solo a ridurre i costi. Infatti, nonostante il difficile periodo economico, ben il 42 per cento delle aziende ha in campo progetti d’innovazione a medio e lungo termine e il 65 per cento delle imprese ha dichiarato però di essersi autofinanziato per gli investimenti in R&S». Con quale scopo nasce il portale iTo e qual è oggi il grado di visibilità all’estero dell’eccellenza locale? «iTo nasce per fare rete, promuovere l’eccellenza, migliorare le relazioni e favorire l’interscambio tecnologico tra le aziende innovative del territorio, a oggi sono 150 quelle raccolte nel nuovo portale. Con iTo vogliamo non solo raccontare esperienze e casi di successo a livello internazionale, ma anche formare una comunità attiva di imprese eccellenti a cui parlare di innovazione, rivolgere servizi ad hoc gratuiti e a valore aggiunto, anche favorendo scambi di tecnologie e brevetti. Tutte le imprese del portale www.innovativetorino.it sono riconoscibili grazie a un marchio di eccellenza innovativa».



INTERNAZIONALIZZAZIONE

Torino resta un riferimento per l’automotive i è chiusa una stagione difficile per il comparto dell’automotive. Tante le sfide che attendono non soltanto le case automobilistiche, ma anche le industrie che rappresentano il loro indotto, impegnate nella realizzazione degli impianti fondamentali allo sviluppo delle linee di produzione. Ma seppure in un contesto recessivo, si confermano alcune mosche bianche, in crescita e sempre più competitive. La torinese Tekno Alfa ha chiuso il bilancio 2012 non soltanto consolidando il fatturato, ma ottenendo un incremento pari a cinque punti percentuali. Secondo Giovanni Borsa, amministratore unico dell’azienda, la cui sede si trova a Beinasco, «la specializzazione tecnica del nostro staff, costantemente al fianco dell’officina di produzione, ha favorito un processo di crescita che ci ha portato ad assumere

S Giovanni Borsa, amministratore unico della Tekno Alfa Srl con sede a Beinasco (TO) www.teknoalfa.it

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Si espande nel mondo, mantenendo il cervello a Beinasco. Le prospettive della Tekno Alfa dalle parole del suo amministratore Giovanni Borsa. «Innovazione e nuovi mercati, questo il futuro» Paolo Lucchi

nuovi tecnici, soprattutto ingegneri meccanci ed elettronici, in un periodo dove la maggior parte delle imprese si è prefissata come obiettivo la riduzione del personale e le dismissioni aziendali». Su più fronti, dagli economisti ai sindacati, si sono accusate le industrie italiane del settore di non aver investito in ricerca al pari dei competitor stranieri, su tutti quelli tedeschi. Nel vostro caso si sente di poter rispedire le accuse ai mittenti? «Direi proprio di sì. La ricerca per Tekno


Giovanni Borsa

Alfa ha una rilevanza strategica, tanto per lo sviluppo di nuove tecnologie, quanto per la formazione del personale tecnico. La società si pone come obiettivo per il futuro l’applicazione di software altamente innovativi per le fasi progettuali. Intendiamo applicare programmi di simulazione di ultima generazione su più fronti, dalla robotizzazione alla visione fino alla manipolazione e alla misurazione. Stiamo inoltre creando uno spazio adibito ad aula didattica per poter testare e simulare le nostre idee». La vostra realtà non è più unicamente italiana. L’internazionalizzazione è la strada da perseguire? «Certamente. A oggi, siamo presenti con i nostri partner in Vietnam, India, Russia, Polonia e Sud America. Ma per crescere non basta presenziare all’estero. Il nostro valore aggiunto è un patrimonio di conoscenze e di innovazioni che ci rende credibili ed estremamente competitivi». Cosa rappresenta per voi l’Italia? «La sede di Beinasco è la “custode” del nostro know how, cui abbiamo affiancato una vasta rete di assistenza in tutto il mondo». Se dovesse scommettere su dei mercati, quali sarebbero? «Attualmente siamo convinti che le migliori prospettive di business derivino dai paesi asiatici, in primis Cina e Vietnam, ma anche da India e Sud America. Crediamo in questi nuovi mercati e abbiamo incentivato il settore commerciale a ricercare e visitare nuovi clienti in questi paesi. I risultati non si sono fatti attendere e si sono già concretizzati nell’acquisizione di forniture per il mercato cinese e nell’acquisizione di una serie di progetti in co-design con importanti partner del sud-America. Questi ultimi finalizzati allo sviluppo di impianti di produzione altamente tecnologici».

La ricerca ha una rilevanza strategica, tanto per lo sviluppo di nuove tecnologie, quanto per la formazione del personale tecnico

Ad esempio? «È in fase di realizzazione un impianto per ammortizzatori auto con una società leader nel settore. Il progetto prevede la standardizzazione del processo produttivo e qualitativo di costruzione degli ammortizzatori in tutti i suoi stabilimenti sparsi per il mondo. Fattore che renderà il nostro partner molto più concorrenziale in termini di qualità e prestazioni». Su quali elementi dovranno porsi le basi per un ulteriore sviluppo della vostra azienda? «Non soltanto produzione: occorre puntare sull’efficienza dei servizi, essere presenti e affidabili per i nostri clienti e partner a livello globale. In secondo luogo la logistica, per questo disponiamo di un magazzino ricambi strategico all’interno dell’azienda. Chiaramente, come ho già sottolineato, la differenza continueranno a farla l’innovazione e le risorse umane. E per ultimo, ma non meno importante degli altri punti, l’impegno ad affinare le procedure e i meccanismi della filiera produttiva, sempre legati alla certificazione Uni En Iso 9001:2008». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 37


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Nuovi mercati per l’automazione torinese Continua il trend positivo della Nke Automation. Complici la partnership tra Fiat e Chrysler e i nuovi mercati in espansione, l’azienda torinese, forte di 40 anni di storia, è sempre più presente negli Stati Uniti e in Brasile. E consolidando il fatturato, rilancia gli investimenti in innovazione Filippo Belli

i apre all’insegna dei nuovi mercati il 2013 della Nke. La società di Alpignano, nel torinese, azienda di spicco nell’ambito dell’automazione dedicata all’automotive, trova nell’internazionalizzazione e nell’export le chiavi per superare la congiuntura negativa. «Quest’anno è iniziato nel migliore dei modi, acquisendo commesse importanti tanto in Europa quanto in Sud America - spiega il presidente Ernesto Angelo Cullino -. Ci ripromettiamo di consolidare la nostra presenza anche in Nord America, dove siamo approdati l’anno scorso e dove abbiamo in corso nuove importanti installazioni». Il business dell’azienda piemon-

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Ernesto Angelo Cullino, presidente della Nke Automation con sede ad Alpignano (TO) www.nke.it

tese è cresciuto negli anni grazie a un fondamentale presupposto: l’innovazione tecnologica. Un’attenzione, quasi spasmodica, allo sviluppo high-tech, che ha permesso di ottenere standard di eccellenza e di certificazioni di primo livello. Fattore, quest’ultimo, che ha garantito una crescita costante anche negli anni di crisi. «Nelle ultime stagioni abbiamo vissuto una forte ripresa - sottolinea Cullino -. Nel 2011 abbiamo ottenuto importanti commesse per la fornitura di diversi impianti, sia glazing che filling, per gli stabilimenti Fiat di Pomigliano d’Arco e in Serbia. Tutte opere proseguite nel 2012». «A fronte di un fatturato previsto superiore ai 12 milioni di euro per l’anno in corso - fa presente l’amministratore delegato Dario Borello - possiamo sostenere che


Ernesto Angelo Cullino

l’incremento medio annuo, negli ultimi esercizi, si è attestato tra il 12 per cento e il 17 per cento». Per Nke si è certamente rivelata felice la scelta, da parte di Fiat, di puntare alla Chrysler. L’affare, fortemente voluto dal management guidato da Sergio Marchionne, ha aperto importanti prospettive in territorio statunitense. E ha favorito il consolidamento dei rapporti già in essere sul mercato brasiliano, tra quelli in maggiore espansione. Proprio nel paese sudamericano la realtà presieduta da Cullino si è particolarmente introdotta negli ultimi quattro anni, grazie a molteplici forniture per Fiasa, nell’area di Belo Horizonte. Non a caso, anche in vista di un nuovo progetto a Pernambuco, Nke Automation ha aperto una società in Brasile, con il nome di Nke Automaçao, il cui scopo principale è quello di offrire assistenza e consulenza ai clienti già acquisiti, nonché di contattare nuovi potenziali investitori. Rivolgendosi a una precisa nicchia del mercato, l’azienda ha ritenuto utile continuare a investire in innovazione andando a conquistare anche quei mercati tradizionalmente trascurati. «Investiamo costantemente nella ricerca di nuove soluzioni, sia sotto il profilo tecnologico sia nello sviluppo di componenti e metodi di avanguardia. Sempre operando con una filosofia flessibile. Non possiamo seguire un’ottica di standardizzazione produttiva, per ogni committenza dobbiamo necessariamente soddisfare esigenze specifiche. Questo è ciò che ci rende competitivi». Il presidente evidenzia anche come «a oggi, lo stato dell’arte del prodotto ci permette di essere graditi, oltre che per la qualità della performance, anche per l’attenzione prestata alla semplicità nella conduzione degli impianti, alla loro affidabilità, alla semplicità degli interventi manutentivi e alle nuove prescrizioni dettate dal World Class Manufacturing». E a differenza di altre realtà italiane, del tutto concentrate sui mercati in via di sviluppo, Cullino

Investiamo nella ricerca di nuove soluzioni, sia sotto il profilo tecnologico sia nello sviluppo di componenti e metodi di avanguardia

non manca di rinnovare un forte interesse nei confronti di quelli tradizionali. «L’area di utenza rimane quella dell’automotive. Naturalmente i mercati in espansione sono i nostri punti di riferimento - prosegue -. Ma stiamo prestando un occhio particolare al mercato tedesco, dove chiaramente gli standard sono elevatissimi. I nostri sforzi sono indirizzati a 360 gradi nel migliorare la nostra gamma di prodotto. Innovare per noi significa affinare la tecnologia, aumentare l’affidabilità e rendere il più possibile la macchina un supporto all’uomo».

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L’high-tech conquista l’agricoltura on un 2012 in controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato, paiono positive le prospettive per la Cosmo. La società con sede a Busca, nel cuneese, è un vanto per il primario italiano, essendo il più grande costruttore di spandiconcime al mondo, con oltre 25mila unità prodotte all’anno. «Nel corso degli ultimi dodici mesi abbiamo riscontrato l’apertura di nuovi mercati, il consolidamento degli esistenti e una leggera ripresa di quello italiano» sottolinea l’amministratore Gabriella Emanuele. Un quadro che permette all’azienda piemontese di gettare le basi per un ulteriore consolidamento. L’obiettivo, per il 2013, è anzitutto il mantenimento del livello produttivo grazie a una struttura interna ben avviata, attiva da 25 anni. «Restare competitivi è un imperativo, specie oggigiorno, per questo occorre assicurare i nostri acquirenti garantendo il miglior prodotto possibile per ogni ti-

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È cuneese una tra le più importanti produzioni di spandiconcime al mondo. Che ora punta a conquistare nuove aree strategiche. Diversificando e innovando su larga scala, come conferma l’amministratore della Cosmo, Gabriella Emanuele Filippo Belli

pologia di lavorazione, dalla fertilizzazione alla semina». Sulla crisi, che non ha certamente risparmiato il comparto agricolo, Emanuele sostiene che «la congiuntura ha costretto molte aziende a limitare gli investimenti, rendendo necessari soltanto quelli strutturali». La strategia della Cosmo ha rivolto prevalente-


Gabriella Emanuele

Fasi di lavoro all’interno della Cosmo Srl di Busca (CN) www.cosmosrl.com

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Le aziende sono ancora disposte a investire per ottenere un prodotto qualitativamente riconosciuto, in grado di assicurare un buon risultato finale

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mente la sua attenzione su un’agricoltura di precisione, più versatile. «Abbiamo introdotto sul mercato modelli in grado di offrire nuove soluzioni di lavoro con un solo prodotto. Questo ci permette di abbracciare un’ampia varietà di mercati - spiega l’amministratore -. In molti paesi europei, ad esempio, sono necessarie specifiche omologazioni per poter richiedere incentivi ai rispettivi governi. I nostri macchinari le hanno ottenute e i tecnici della Cosmo sviluppano e testano continuamente le produzioni». Non solo certificazioni. A caratterizzare l’andamento dell’azienda è anche una sempre più evidente propensione al rinnovo in chiave tecnologica. Un interesse nei confronti dell’innovazione, in particolare dei sistemi robotizzati, che permette una produzione su scala industriale sempre maggiore. «Tutti i componenti delle nostre macchine vengono realizzati e prodotti grazie all’ausilio delle più moderne tecnologie, dalla tramoggia al riduttore. È innegabile che il livello di precisione e innovazione raggiunto sia ciò che ci permette di espanderci globalmente». Un obiettivo messo a segno dopo un lungo percorso imprenditoriale. Nel 1986, anno della sua nascita, Cosmo era una piccola azienda focalizzata sulla costruzione di alcuni macchinari come spacca-

legna, biotrituratori e ranghinatori stellari. Ma sono bastati pochi anni per comprendere l’importanza di specializzarsi in un determinato settore produttivo, mirando a una giusta proporzione tra qualità e prezzo. Da lì la scelta di concentrarsi sul campo degli spandiconcime e spandisale. Già agli inizi degli anni Novanta vengono aggiunti nuovi modelli. Una strada che ha portato, nel tempo, a un ampliamento significativo della gamma proposta, che va dal semplice “cosmino”, con una capacità di 50 litri, al modello trainato NT da 8 tonnellate. Per il futuro l’orizzonte pare sempre più amplio. «I mercati dai quali attendiamo maggiori riscontri per questo 2013 sono gli stessi che, fino a ieri, erano considerati “poveri”, come il Nord Africa, un’area oggi in forte espansione e in grado di sfruttare nuove risorse». Un tassello che consentirà di rafforzare ulteriormente la riconoscibilità del marchio Cosmo nel mondo. «Le aziende sono ancora disposte a investire per ottenere un prodotto qualitativamente riconosciuto, in grado di assicurare un buon risultato finale. Ed è sulla base di questa certezza che dobbiamo determinare la nostra strategia». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 41


INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’imballaggio fra global e local Lo stampaggio delle materie plastiche per l’industria del food. Paolo e Laura Sunino presentano le strategie che hanno permesso al gruppo industriale Sunino di raggiungere una dimensione internazionale Manlio Teodoro

bbiamo scelto di seguire la filosofia del think global, act local. E ciò, secondo noi, è concretizzabile solo investendo sulle risorse umane, sulle migliori tecnologie e delocalizzando quando necessario». È questa la strategia – messa nero su bianco da Laura Sunino – dietro all’azione di Plastic Legno, società del gruppo Sunino specializzata nella produzione di imballaggi ecocompatibili per alimenti e non solo. L’azienda di Castellamonte, nella provincia torinese, infatti ha fra i propri partner anche imprese dei settori giocattolo, calzature sportive, articoli promozionali, articoli elettrici e automotive. Come spiega Laura Sunino, amministratrice insieme al fratello Paolo dell’azienda fondata dal padre Carlo: «È difficile elencare le numerosissime opportunità offerte dallo stampaggio delle materie plastiche. Noi abbiamo spinto sulla tecnologia e sull’automazione in Italia e scelto in alcuni casi di produrre nei paesi emergenti, in maniera tale da consolidare, allo stesso tempo, sia la nostra posizione sul mercato interno, sia quella sul mercato globale nel settore del labour-intensive». E aggiunge Paolo Sunino: «In modo molto trasparente possiamo affermare che il gruppo ha sempre investito e creduto nei propri partner. E proprio per questo li abbiamo seguiti prima nell’Europa dell’Est e in seguito in India. E anche

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all’estero ci siamo contraddistinti per l’investimento nelle risorse umane locali. Infatti l’aspetto più affascinante della nostra esperienza lavorativa è dialogare giornalmente con collaboratori che possiedono mentalità e aspetti caratteriali diversissimi. Questo ci permette di instaurare rapporti di fiducia crescente che dà valore alle diverse realtà. Abbiamo fatto ciò applicando, in tutte le sedi, lo stesso rigore produttivo, qualitativo e organizzativo». La vita dell’azienda inizia negli anni Sessanta, quando Carlo Sunino crea una tra le prime


Paolo e Laura Sunino

Da sinistra, Paolo Sunino, Idelba Rocco, Carlo e Laura Sunino, componenti del Cda di Plastic Legno Spa di Castellamonte (TO) www.grupposunino.com

aziende trasformatrici di polistirolo espanso. Nell’Italia del boom economico Plastic Legno cresce e matura importanti collaborazioni con le principali aziende piemontesi dell’elettronica, dell’auto e del dolciario. La componente global arriverà con gli anni Ottanta, quando nasce un primo nucleo di produzione di imballaggi termoplastici con l’acquisto delle prime presse a iniezione, cui seguirà la nascita delle consociate con sedi in Romania, Moldavia e India. Ma quali sono le dimensioni dell’azienda attuale? A parlare sono i risultati. Con oltre mille addetti, il gruppo Sunino può contare su più di cento presse a iniezione da 50 a 600 tonnellate. E inoltre linee di assemblaggio dotate di attrezzature automatiche per la tampografia, la saldatura a ultrasuoni e la decorazione con aerografi. Questo insieme di persone e tecnologie permette a Plastic Legno di garantire e gestire forniture per milioni di pezzi. «Nel corso degli anni – spiega Laura – abbiamo creato linee di produzione dedicate ai contenitori per alimenti, puntando fortemente sull’automazione di tutti i processi produttivi in una logica di efficienza. Questo ci consente oggi di collocarci sul mercato come punto di riferimento per tutte le grandi aziende

Abbiamo scelto di investire sulle risorse umane, sulle migliori tecnologie e sulla delocalizzazione quando necessario

che abbiano la necessità di condividere specifici progetti». A completare l’offerta food, accanto alle linee di stampaggio a iniezione, grazie all’acquisizione di un’altra azienda, si è aggiunta la produzione di articoli termoformati con cui vengono serviti clienti del caseario, dolciario, cosmetico ed elettronico. In conclusione, Paolo Sunino descrive in questo modo le tappe fondamentali del processo produttivo dell’azienda: «Il nostro ufficio tecnico-commerciale esplica la sua attività recependo tutte le esigenze del cliente e presentando un primo rendering del prodotto ispirato alle normative del settore. Si passa alla progettazione dello stampo e infine alla realizzazione per il mercato globale, cercando di coniugare le esigenze di tempestività, produttività, efficienza». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 43


EXPORT

L’export, la vera chance delle Pmi Il rapporto 2012 stilato da Unioncamere fotografa la situazione italiana in lenta ripresa grazie all’export. Giuseppe Fusi presenta le possibilità del settore della produzione di resistenze elettriche Valeria Garuti

econdo le previsioni del rapporto Unioncamere 2012, il difficile contesto economico che sta attraversando il nostro paese continuerà a penalizzare soprattutto le imprese maggiormente legate ai consumi interni. Dal punto di vista delle esportazioni, invece, sembra che il made in Italy continui a essere apprezzato e richiesto. Positivo l’indicatore export soprattutto per le aziende del Nord Ovest, che l’anno scorso hanno registrato un aumento del 2,8 per cento. Rappresentativa di questo trend è Nuova Inox-

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44 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

tecnica, realtà milanese che opera nel campo della produzione di apparecchiature elettriche per i settori elettromedicale, wellness e ristorazione. «Resistiamo alla crisi – afferma il titolare Giuseppe Fusi – perché esportiamo. Purtroppo i nostri potenziali clienti italiani non riescono ad affrontare il costo di articoli d’alta gamma, ma grazie all’export i settori della sterilizzazione e dei produttori di vapore in generale hanno registrato una lieve ripresa nel 2012. Nel campo della cottura invece, l’incompatibilità dei nostri articoli con le diverse


Giuseppe Fusi

Nuova Inoxtecnica Srl, Abbiategrasso (MI) www.nuovainoxtecnica.com

+2,8% INCREMENTO DELL’EXPORT RELATIVO ALL’ANNO 2012 REGISTRATO DALLE PMI ITALIANE DEL NORD OVEST (FONTE: UNIONCAMERE)

abitudini culinarie dei paesi esteri ha determinato un calo di circa il 30 per cento rispetto al 2008». Nel suo pacchetto clienti, l’azienda di Abbiategrasso vanta grandi nomi internazionali. Melag, azienda di Berlino leader mondiale nella produzione di apparecchi di sterilizzazione, Zirbus, sempre tedesca, la spagnola J.P. Selecta e l’inglese Eschmann – anche queste nel settore delle sterilizzazioni. Questi sono solo alcuni dei clienti importanti con cui opera Nuova Inoxtecnica. «Nella ristorazione italiana – aggiunge – collaboriamo con Angelo Po e poche altre aziende che rispondono in maniera positiva a standard qualitativi di un certo livello». Seguire i trend del momento e l’export è quindi fondamentale per le Pmi, che tra le priorità non devono dimenticare il rispetto per l’ambiente. «Non sempre le tecnologie che fanno moda – continua Fusi – sono la soluzione dei nostri problemi. Le tecnologie tradizionali, infatti, se usate bene, hanno ancora molto da dire. La nostra azienda è produttrice di apparecchi per cottura a induzione, che consentono di risparmiare energia evitando la dispersione di calore. Inoltre puntiamo

molto anche sulle resistenze corazzate saldate direttamente sotto le piastre Fry Top e Grill; con questo sistema è possibile raggiungere grandi risultati con elevati risparmi energetici tanto da poter equiparare il loro rendimento a quello dei modelli a induzione. Nonostante l’attenzione costante alle tecnologie tradizionali, Nuova Inoxtecnica non manca di investire in sviluppo e innovazione, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente le prestazioni dei suoi prodotti, e diversificare la produzione rivolgendosi a settori differenti. «La nostra ricerca – continua Fusi – non si limita soltanto a creare nuovi articoli. Il nostro personale specializzato li progetta, li testa e li migliora, per ottenere una continua evoluzione. Inoltre, in quest’ultimo mese, abbiamo contattato circa 2mila nuovi potenziali clienti in tutto il mondo, proponendo i nostri prodotti a diversi settori. Attualmente ci stiamo muovendo anche nel settore della distillazione di oli essenziali, che si ottengono proprio utilizzando il vapore. Continuiamo a proporre nuove soluzioni, per cercare di stimolare il mercato. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere di nuovo i livelli del 2008». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 45


Il packaging punta sui mercati in crescita L’imballaggio made in Italy sembra cavalcare la ripresa, puntando soprattutto sull’export, sulla scoperta e sullo sviluppo di nuovi mercati. L’esperienza di Dario Scaglione Eugenia Campo di Costa

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n controtendenza rispetto all’andamento generale dei mercati, il settore dell’imballaggio sembra reggere, avendo mantenuto costante, nel 2012, il fatturato complessivo. Come ha confermato il report congiunturale semestrale redatto dall’Osservatorio IpackIma, uno degli appuntamenti fieristici più importanti del settore, il packaging made in Italy pare aver consolidato la ripresa 2010-2011, puntando soprattutto sull’export, sulla scoperta e sullo sviluppo di nuovi mercati. Conferma questa tendenza l’esperienza della Mas Pack Packaging Srl di San Marzano Oliveto (AT) che già nel 2011 aveva registrato un aumento di fatturato pari al 18 per cento, e che ha chiuso il 2012 46 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

con un ulteriore più 20 per cento. «Nell’ultimo anno – commenta Dario Scaglione, titolare dell’azienda – abbiamo acquisito e consolidato importanti posizioni di mercato all’interno di grandi gruppi internazionali». La Mas Pack Packaging progetta e produce una gamma completa di macchine per tutta la linea dell’imballaggio, con la stessa efficienza produttiva per linee da 1.000 a 30.000 contenitori/ora: partendo dalla depalletizzazione, alla formatura e chiusura di cartoni americani, passando dall’incartonamento bottiglie in posizione verticale o orizzontale, chiudendo le linee con sistemi di paletizzazione e isole robotizzate per creazione di display pallet.


Mas Pack Packaging

Quali sono i vostri principali mercati di riferimento sia dal punto di vista territoriale che in qualità di settori industriali? «Circa l’80 per cento del nostro core business deriva dal settore vino e beverage, il 10 per cento dall’alimentare e il restante 10 per cento dalla chimica. Dal punto di vista territoriale, circa il 60 per cento dei nostri lavori interessano l’Europa, in particolare Italia, Francia Spagna e Portogallo, il 20 per cento il Sud America, in particolare Cile, e i restanti sono suddivisi tra Sud Africa, Australia, Cina e Russia». Da quali mercati derivano oggi le migliori risposte in termini commerciali e quali altri target potreste conquistare in futuro? «Gli scenari su cui oggi otteniamo i migliori riscontri sono Francia, Spagna, Portogallo e Cile. La nostra specializzazione è progettare e automatizzare il ciclo di produzione e per il futuro puntiamo su sui mercati in crescita come Sud America, Cina e Russia». Quali sono le caratteristiche peculiari della vostra produzione, che riscuote così successo anche all’estero? «La nostra forza è quella di fare progetti su misura per le esigenze del cliente finale, con soluzioni innovative per risolvere problematiche di spazio, di produzione, di instabilità del prodotto da manipolare. Tutti gli impianti vengono interamente progettati e sviluppati con la tecnologia 3d dal nostro ufficio tecnico. Il flusso delle commesse viene poi armonizzato da un sistema gestionale, quindi ogni fase di realizzazione avviene all’interno della struttura: dalla progettazione meccanica ed elettrica, al taglio laser delle lamiere, fino al software di automazione. Il cliente alla fine viene invitato nel nostro salone di montaggio dove trova la sua linea assemblata e collaudata esattamente come sarà nel suo stabilimento». Per un settore come il vostro è fondamentale la ricerca e l’investimento in innovazione tecnologica. Quali gli ultimi aggiornamenti introdotti in azienda? «Il nostro business, per un buon 30 per cento,

60%

EXPORT È LA PERCENTUALE DI FATTURATO DERIVANTE DAI MERCATI STRANIERI. MAS PACK PACKAGING SRL È PRESENTE IN OLTRE 25 PAESI consiste proprio in ricerca e sviluppo, in quanto sviluppiamo nuove soluzioni per il cliente finale, avvalendoci delle ultime tecnologie abbinate al nostro know how. Tra le ultime innovazioni tecnologiche introdotte in azienda, comunque, spiccano le soluzioni con robot antropomorfi, che sono sicuramente il futuro del nostro settore». Su quali presupposti avete cominciato il nuovo anno e quali prospettive vi riserva? «Il 2013 si sta prospettando un anno ancora positivo, avendo già completato a gennaio gli ordinativi per i primi due quadrimestri. Realizzeremo inoltre un ampliamento dei locali di circa 2500 mq, di cui 400 mq saranno adibiti ad uffici commerciali. Inoltre, come ogni anno, anche nel 2013 stiamo valutando l’assunzione di altre cinque persone».

Dario Scaglione, secondo da destra, insieme al team di Mas Pack Packaging. L’azienda ha sede a San Marzano Oliveto (AT) www.maspack.com

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 47


EXPORT

Cresce l’export del metallurgico In Italia rallenta il settore della rubinetteria. Ma l’esportazione mantiene ancora trend positivi. E le aziende italiane incrementano le tecnologie per stare al passo con la clientela estera. Il punto di Michela Righi Valeria Garuti

rganizzazione e programmazione. L’approccio della clientela d’oltralpe ha sempre avuto un impatto positivo sulle realtà italiane. In particolare, il settore della rubinetteria – che negli ultimi anni ha subito un rallentamento dovuto alla crisi dell’edilizia – mantiene un trend positivo solo grazie alle esportazioni.

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48 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

«Mentre il mercato italiano si sviluppava in modo confuso – afferma Michela Righi, titolare dell’omonima società di rubinetteria in provincia di Novara –, negli anni sessanta abbiamo implementato la nostra crescita tecnica, rispondendo alle richieste esigenti della clientela tedesca e francese. Più recentemente anche il mercato interno ha visto lo sviluppo di eccellenze orientate soprattutto all’esportazione, con le quali collaboriamo fattivamente anche alla realizzazione di nuovi progetti. Ad esempio, gli investimenti attuali sono rivolti al settore del riscaldamento a pavimento, che sta crescendo in tutti i mercati europei. In collaborazione con l’ingegner Enzo Farace, oggi proseguiamo nel percorso di innovazione di prodotti e processi rivolta in particolare ai mercati esteri della rubinetteria». Oggi l’export rappresenta l’ottanta per cento del fatturato della Righi, l’azienda di Armeno produttrice di componentistica per la rubinetteria in ottone e altri metalli, specializzata nelle lavorazioni in grande serie rivolte ai produttori e ai distributori. «L’anno scorso – continua – abbiamo registrato un incremento del 25 per cento rispetto al 2011, anche se la marginalità è stata penalizzata a causa dell’incidenza dei costi che, nel nostro paese, gravano molto sul mercato del lavoro». Costante attenzione al miglioramento dei processi produttivi e all’innovazione di pro-


Michela Righi

Reparto presse dell’azienda Righi Spa, Armeno (NO). A fianco, reparto presse dei primi del 1900. Nella pagina accanto, Michela Righi con Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere durante la cerimonia di riconoscimento dell’ azienda come “Impresa Storica Italiana” www.righi.it

UN’IMPRESA STORICA TRA LE REALTÀ DI NOVARA andelabri, bottoni per l’esercito e chiavi idrauliche. Sono i manufatti che la Righi produceva agli albori, nel lontano 1854. Una prima attività che volgerà nel campo dell’industria di rubinetteria quasi un secolo dopo, quando si avviava all’utilizzo di energia idraulica con l’aiuto di un canale, allo scopo di fornire spinta a mulini e piccoli opifici. La tipologia di produzione non sarà più solo quella dei rubinetti, bensì si produrranno minuterie metalliche per rubinetteria. L’attività proseguì anche nonostante la seconda guerra mondiale, durante la quale l’abitazione della famiglia Righi fu bruciata dai fascisti. Non venne mai meno l’attività dell’azienda, anzi, si potenziò il settore della cromatura, ampliando le strutture insediative. L’ingegnere Michela Righi, in collaborazione con il marito, anch’esso ingegnere, oggi prosegue nel percorso di innovazione di prodotti e processi rivolta in particolare ai mercati esteri della rubinetteria. Alla fine del 2012 la Righi viene inserita nel “Registro delle Imprese Storiche Italiane” di Unioncamere, per i 100 anni di iscrizione alla Camera di Commercio di Novara.

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dotto per incrementare l’esportazione. Ma anche qualità e un servizio completo. Sono questi i concetti che hanno sempre caratterizzato le scelte e il successo dell’azienda in provincia di Novara. «Cerchiamo di cavalcare l’onda dell’attuale crisi finanziaria – aggiunge – mantenendo la serietà e l’etica imprenditoriale che la nostra storia ci testimonia. La nostra politica è sempre stata quella di ottimizzare i processi produttivi e di adeguare i prodotti alle esigenze del mercato. Un’attenta gestione delle risorse con un sistema informatico integrato, che abbiamo adottato già da molti anni, tende a ridurre gli sprechi e a ottimizzare le risorse». Per contenere i consumi di risorse, di materia e di energia, l’azienda gestisce le proprie attività anche in modo da ridurne il più possibile l’impatto ambientale. «Siamo particolarmente attenti al rispetto del territorio. Per questo motivo abbiamo deciso di valorizzare la nostra posizione tra le colline e i laghi della zona. Siamo partiti con un primo impianto, tutt’oggi funzionante, che produceva energia elettrica autoprodotta, per arrivare, oggi, all’installazione

di un moderno impianto fotovoltaico. Inoltre, in occasione del nostro inserimento nel “Registro delle Imprese Storiche Italiane” stilato da Unioncamere nel 2012, abbiamo ricoperto il ruolo di editore per la pubblicazione di un volume di ricerche storiche dedicato alla valorizzazione del territorio che comprende tutta la provincia di Novara, in particolare del suo monumento più significativo, la Chiesa Romanica dell’Assunta di Armeno». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 49


INNOVAZIONE

Nuovi impieghi per l’automazione econdo i dati che fotografano il valore complessivo del mercato italiano dell’automazione industriale, il comparto ha evidenziato sul 2012 segnali di rallentamento. Tuttavia in uno dei momenti più bui degli ultimi decenni, alcune imprese hanno accelerato la leva strategica dell’innovazione. «La situazione attuale di crisi internazionale – spiega Luisa Denegri, amministratore delegato di Alusic – sta continuando a penalizzare tutti i settori produttivi e solo con una diversificazione dei prodotti si può far fronte a questo momento ricco di incertezze e che coinvolge tutto il

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50 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

Nonostante la crisi, nel comparto dell’automazione sembrano emergere dinamiche di evoluzione, complici l’eccellenza tecnologica, l’innovazione e nuovi campi di applicazione delle tecnologie. Il punto di Luisa Denegri Viviana Dasara

mercato a livello mondiale. La crisi ha dato un impulso al riposizionamento competitivo delle imprese italiane e nel cogliere i vantaggi della diversificazione, anche in termini di marketing, abbiamo potuto basare gli investimenti in nuove forniture, registrando risultati significativi. Un importante fattore di crescita per noi è stata la specializzazione nel settore fotovoltaico, dove anche le nostre tecnologie, originariamente destinate al contesto industriale, hanno trovato nuovi impieghi. È questo il motivo per cui nella nostra proposta sono presenti prodotti apparentemente distanti tra loro che hanno permesso di proseguire ed ampliare il nostro settore di attività storico, legato principalmente all’automazione industriale, affiancandolo ad altri ambiti che hanno conosciuto una forte espansione negli ultimi anni». Alusic, da anni eccellenza nel settore dell’automazione, si è distinta anche nel campo delle energie rinnovabili in Italia, per la versatilità e l’impegno nel produrre nuovi componenti funzionali e innovativi rispetto ai tradizionali materiali da costruzione come l’acciaio. L’evoluzione dell’azienda in questi anni è il riflesso dell’importanza che viene data alla ricerca e allo sviluppo. «La nostra produzione – continua Denegri – risponde ad ampi settori mer-


Luisa Denegri

A destra, profili strutturali in alluminio Sotto, Luisa Denegri, amministratore delegato della Alusic Srl di Mondovì (CN) www.alusic.com

ceologici quali abbigliamento, automazione, alimentare ed energie rinnovabili. Per noi fondamentale è stata l’apertura verso nicchie di mercato in campi diversi di applicazione delle tecnologie. Inoltre, le produzioni realizzate all’interno dei nostri stabilimenti presentano un livello estremamente basso di impatto ambientale proprio per la loro natura. I vantaggi della lega di alluminio sono molteplici e risiedono nel peso ridottissimo, nella resistenza elevata, nella semplicità di realizzazione, nell’impatto estetico ridotto al minimo, nell’assoluta diamagneticità del materiale e nella grande facilità di riciclio e riutilizzo in caso di smantellamento». È stata questa la scelta strategica per un’azienda che negli ultimi anni ha colto l’opportunità di diversificare le forniture anche nei settori delle rinnovabili e dell’efficienza con particolare attenzione, testimoniata dalla certificazione di qualità Iso 9001:2008, alla qualità della fornitura e al controllo delle lavorazioni. Complice un’attenta progettazione attraverso sistemi di disegno tridimensionale e testata con l’ausilio delle tecniche di prototipazione rapida. «Lo sviluppo di nuovi componenti

Un importante fattore di crescita è stato lo sviluppo nel settore fotovoltaico, dove anche le nostre tecnologie hanno trovato nuovi impieghi

viene realizzato all’interno del nostro ufficio tecnico che si avvale del laboratorio prove presente in azienda e di una tecnologia di prototipazione rapida in 3D, ancora oggi marginalmente diffusa in Italia. Abbiamo puntato sulla realizzazione di vari componenti per impianti su coperture, con un livello estremamente basso di impatto ambientale, rispetto agli impianti installati a terra. Inoltre, la lavorazione dell’alluminio, materiale che, oltre ad essere ampiamente utilizzato è anche riciclabile all’infinito, genera una quantità irrisoria di scarti e residui. Questo metodo di lavoro, che offre numerosi vantaggi, sta funzionando anche sul mercato estero. Abbiamo quindi una buona prospettiva per il futuro in un settore non saturo, ma con ampi margini di miglioramento». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 51


INNOVAZIONE

Dalla lean manufacturing alla glocalizzazione Il percorso di una delle società più innovative del 2012. I fratelli Enzo e Guido Giletta descrivono la “piccola rivoluzione culturale” che hanno saputo imprimere al loro gruppo industriale Valerio Germanico

nnovare radicalmente tutte le aree aziendali: dai prodotti ai processi fino al modello di business, ampliando la presenza nei mercati esteri». È con questa motivazione che Giletta Spa ha ricevuto dal Cotec (Fondazione per l’Innovazione tecnologica) il Premio dei Premi per l’Innovazione 2012. Questo riconoscimento arriva a conclusione di un percorso che, fra il 2005 e il 2011, ha visto l’azienda, specializzata nella costruzione e commercializzazione di mezzi per la viabilità invernale, assumere sempre più le dimensioni di un gruppo industriale a vocazione glocal. Infatti,

«I

Nella pagina a fianco, i fratelli Enzo e Guido Giletta, amministratore delegato e presidente della Giletta Spa di Revello (CN) www.giletta.com

54 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

come spiega Enzo Giletta, amministratore delegato della società, diretta insieme al fratello Guido, che ricopre la carica di presidente: «Lo scorso anno abbiamo messo in atto un ambizioso processo di glocalizzazione. Pensiamo infatti che per soddisfare al meglio i mercati esteri e le loro specificità, la via migliore e duratura sia quella di andare presso di loro. E questo perché il nostro obiettivo è quello di essere il costruttore di riferimento del mercato internazionale». In che modo è stato avviato il processo di glocalizzazione? GUIDO GILETTA: «Abbiamo costruito una struttura che ci permette di gestire da Revello – ed esattamente con gli stessi standard qualitativi in diversi paesi al mondo – i grandi settori come la R&d, gli acquisti, il controlling e l’assemblaggio degli spargisale. Per fare questo abbiamo acquisito diverse società, fra le quali la Assaloni.com di Bologna, leader nella produzione di lame spazzaneve, e la tedesca Gmeiner, leader in Germania negli spargisale a basso centro di gravità. Allo stesso tempo abbiamo avviato la costruzione di uno stabilimento a Kaluga, in Russia, che sarà pronto a giugno 2013 e che dovrà produrre gli spargitori per la Russia e l’area Cis».


Enzo e Guido Giletta

La vostra organizzazione attuale, in realtà, è il risultato di un processo iniziato alcuni anni fa. Qual è stato l’input iniziale? ENZO GILETTA: «Nel 2005 ci siamo resi conto che la situazione globale del mercato sarebbe cambiata. E anche noi avremmo dovuto cambiare approccio verso il mercato, con prodotti più moderni e standardizzati, ma soprattutto con un processo che ci permettesse una maggiore flessibilità produttiva. Abbiamo quindi individuato nel sistema lean manufacturing la soluzione migliore». Perché questa scelta? G. G.: «Il nostro primo impatto con la “produzione snella” è avvenuto visitando alcuni stabilimenti in Gran Bretagna e Australia – appartenenti al gruppo Bucher, multinazionale svizzera che detiene parte del nostro capitale. Quello che ci colpì maggiormente fu la possibilità di produrre un alto numero di macchine in stabilimenti di dimensioni ridotte rispetto a quello che succedeva con le produzioni classiche come la nostra. Così decidemmo di iniziare il processo, che partiva dalla riprogettazione dei prodotti in modo da poterli produrre con sistemi robotizzati e attraverso la linea di montaggio». Dalla produzione al prodotto quindi. Quali altri cambiamenti sono stati introdotti poi?

+93%

INCREMENTO DI FATTURATO REALIZZATO DA GILETTA SPA NEL PERIODO FRA IL 2005 E IL 2012: PASSANDO DA 29 A 56 MILIONI DI EURO

E. G.: «Dato che per lavorare in linea era neces-

sario riprogettare completamente, oltre ai processi produttivi, anche i prodotti, fra il 2005 e il 2011 abbiamo fortemente potenziato l’area R&d e le unità dedicate alla programmazione della produzione dello stabilimento di Revello. Oggi, grazie a questo lavoro di standardizzazione, nel nostro settore, siamo la società con la gamma più ampia, in grado di soddisfare tutti i mercati». Cambiare è stato solo una questione di organizzazione produttiva? G. G.: «È stato necessario un vero e proprio cambio di mentalità, una piccola rivoluzione culturale che ha portato tutti i dipendenti a crescere professionalmente. La cosa di cui andiamo più fieri è che abbiamo realizzato questi cambiamenti tutti in house: dalle linee agli impianti specifici e alle macchine. E adesso possiamo affermare di avere una struttura moderna e consapevole. Questo ci ha permesso di incrementare il fatturato, passando da 29 a 56 milioni di euro, e soprattutto di imparare a “osare” e avviare progetti ambiziosi. Riteniamo che il vero valore dell’azienda, oggi, sia proprio la capacità del gruppo di operare secondo schemi moderni». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 55


INNOVAZIONE

Il colore dell’innovazione Il caso di un’idea imprenditoriale vincente che, grazie alla tecnologia, ha portato un team italiano ai vertici di una società internazionale dell’industria del colore. Sotto la guida di Alessandro Sacchet Andrea Moscariello

redere nel valore dell’innovazione. Crederci, ma soprattutto investirci, anticipando le esigenze del mercato e strutturando l’operatività d’impresa su un progetto a lungo termine. Formula, questa, che non tutte le aziende possono permettersi. Perché la ricerca e lo sviluppo, concetti che troviamo da anni sulla bocca di tanti manager, sono in realtà molto meno presenti nei bilanci delle attività da loro gestite.

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Nelle immagini, alcune fasi produttive e di progettazione all’interno dello stabilimento della Hero Europe Srl di Salmour (CN)

56 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

Fattore che l’Italia paga, a caro prezzo, in termini di competitività internazionale. Lo sa bene Alessandro Sacchet, amministratore della Hero Europe, oggi uno dei più importanti produttori e distributori di macchinari per il settore delle pitture e delle vernici. Una storia, la sua, che dimostra come alla crisi si possa reagire. «Tutto è partito dalla nostra tecnologia spiega Sacchet -. Quando, agli inizi dello scorso decennio, ho compreso di avere tra le mani un sistema valido e competitivo, sapevo di dover trovare il modo di proporlo al mondo. La mia azienda non aveva la forza necessaria per svilupparne il potenziale». Più che un’intuizione, una necessità. L’industria del colore, infatti, rappresenta un mercato di nicchia in cui, per fare dei numeri, l’Italia non basta. La competizione diventa così, fisiologicamente, globale. A Sacchet occorreva un nome, un partner, ma soprattutto una struttura in grado di far crescere la sua tecnologia. E li ha trovati. «Nel 2006 sono entrato in contatto con Hero, un gruppo leader in Nord e Sud America, con la sede principale in Canada - racconta l’amministratore -. Erano sì affermati, ma sofferenti per un gap produttivo non da poco. Hero, infatti, era specializzata nella realizzazione di tintometri manuali. Una produzione dal contenuto molto meno tecnologico rispetto a quella che avevo concepito. Tant’è che erano leader in America, mentre in Europa, dove l’automazione è estremamente avanzata in questo settore, non erano competitivi». Inizia così una lunga trattativa tra l’imprenditore italiano e i vertici del gruppo canadese. Trattativa che si conclude alle soglie del 2008.


Alessandro Sacchet

«Non è stato facile in quanto loro mi vendevano un passato sicuro, concreto, un nome e una riconoscibilità internazionale. Mentre io proponevo un futuro ipotetico, una tecnologia sulla carta vincente, ma mai proposta sul mercato». Alla fine l’ha spuntata Sacchet. E oggi Hero Europe, la compagine italiana, detiene il controllo del gruppo internazionale. «Dalla sera alla mattina ci siamo ritrovati a controllare tre stabilimenti produttivi: il nostro in Italia, quello canadese, e un altro in India, a Mumbai». Risultato: dal 2009 il fatturato è in crescita. E anche nel 2012, nonostante la crisi dei mercati, si è chiuso con un + 15 per cento. «Questo settore è in crisi ma con la nostra tecnologia siamo riusciti a erodere importanti fette di mercato ai competitor. Ci stiamo allargando nei paesi in via di sviluppo, dal Brasile all’India. E stiamo crescendo nell’Est Europa». Più difficile, invece, resta la penetrazione nei mercati tradizionali. «In Francia e Germania ci confrontiamo con realtà estremamente radicate. Non è semplice convincere un’azienda a cambiare tutte le sue macchine, in alcuni casi centinaia. Implica uno sforzo economico non da poco. Ma ci stiamo riuscendo. Solo ci vuole più tempo. L’innovazione paga, è innegabile». Ma perché, allora, molti dei nostri imprenditori faticano a comprenderlo? Secondo Sacchet «in Italia abbiamo maestranze e produzioni

41 MLN FATTURATO RELATIVO AL 2012. UN DATO CHE EVIDENZIA UNA CRESCITA DI 15 PUNTI PERCENTUALI RISPETTO AL FATTURATO DELL’ANNO PRECEDENTE

eccellenti. Ma si è investito troppo poco nel loro sviluppo e nella loro crescita tecnologica. Forse qualcuno storcerà il naso, ma negli anni abbiamo visto tutti come alcuni imprenditori si siano arricchiti con gli utili delle aziende. Forse avrebbero dovuto utilizzare quei capitali per sviluppare le loro attività. Solo così si può essere temibili agli occhi delle imprese straniere. Solo così si allenano i muscoli per affrontare le crisi». Ragionare a lungo termine implica anticipare le richieste dei committenti. «I mercati vanno sempre studiati con attenzione. Nel nostro caso non restiamo ad attendere le richieste degli acquirenti. Cerchiamo di leggere tra le righe, di assimilare gli input che ci giungono da chi utilizza i nostri macchinari. Anticipandone le esigenze». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 57


INNOVAZIONE

PRESENTI IN 150 PAESI nnovare l’industria del colore offrendo nuovi metodi, tecnologie e servizi. Questo il claim della Hero Europe, la società con sede a Salmour, in provincia di Cuneo. Il vertice di una realtà globale che da oltre 40 anni produce e distribuisce macchinari per il settore delle pitture e delle vernici. Oggi Hero distribuisce i propri prodotti in circa 150 paesi su quattro continenti, producendo macchine anche a livello locale grazie ai suoi tre stabilimenti in Canada, Italia e India. I suoi committenti sono i maggiori produttori di pitture e vernici internazionali. Solo nel 2011, Hero ha venduto 10mila macchine, tra tintometri e miscelatori, e vanta oltre 20mila tintometri già installati sul mercato con la sua tecnologia innovativa. www.eu.hero.ca

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Altra nota di orgoglio è rappresentata dalla

valorizzazione dell’ingegno italiano. «Le idee si sviluppano presso il nostro stabilimento di Salmour, nel cuneese. In Italia si trova il “cervello” del gruppo. Tutta la ricerca e lo sviluppo, i nuovi prodotti e la prototipazione vengono pensati, studiati e realizzati qui in Piemonte da uno staff che comprende quasi 50 elementi. Così come tutte le parti chiave delle nostre macchine, sia meccaniche che elettroniche e di gestione, nascono da noi, per poi essere inviate negli altri stabilimenti». Ma le sedi straniere non sono solo un “mero” braccio produttivo. «I nostri partner internazionali sono affidabili e sempre coinvolti. Credo fortemente nelle autonomie locali. Un canadese

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saprà sempre meglio di chiunque altro come muoversi all’interno del mercato nordamericano. E viceversa. Tra l’altro, i vertici locali sono coinvolti in prima persona possedendo ognuno un’importante quota azionaria». Sul futuro, Sacchet è ottimista. «Noi italiani dobbiamo lasciarci alle spalle una situazione drammatica che dura da cinque anni. Ormai il fondo lo stiamo toccando e sono certo che risaliremo la china. Perché è tanta la voglia di riprendersi e soprattutto tanta è la nostra capacità di creare, di innovare, di competere. Il desiderio di crescere sarà il nostro più grande stimolo e non posso credere che in un mondo dominato dalle tecnologie, dal web, dalle comunicazioni senza barriere resteremo ancora a lungo a subire inermi questa congiuntura. Sapremo reagire, nella speranza che tutto il tessuto produttivo abbia fatto tesoro della dura lezione impostaci dalla crisi, e che non ricadrà negli errori del passato».



Trading online: a resistere sono gli specialisti Sono sempre meno le società di intermediazione finanziaria e le banche che offrono servizi di trading online. I costi e la crisi permettono solo alle realtà più focalizzate di crescere e restare sul mercato. Il caso della torinese Directa dalle parole di uno dei suoi fondatori, Mario Fabbri Aldo Mosca

n’idea vincente che ha anticipato un trend internazionale: dare ai privati un modo di gestire l’acquisizione e la vendita di titoli azionari sui mercati finanziari direttamente dal proprio computer. È un’intuizione che, agli inizi degli anni Novanta ebbero in pochi nel mondo. Tra questi, anche un

U 60 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

piccolo team italiano, più precisamente torinese, composto da Massimo Segre, Mario Fabbri e Andrea Grinza, oggi rispettivamente presidente, amministratore delegato e direttore amministrativo di Directa sim, la cui nascita nel gennaio 1995 segna l’inizio del trading online italiano. Directa restò poi l’unica attrice del settore fino al


Mario Fabbri

L’Ingegnere Mario Fabbri, fondatore della Directa Sim Spa con sede a Torino www.directa.it

1998, quando scoppiò la new economy, e nel 2000 gli intermediari che proponevano trading online arrivarono a essere molte decine. Ma da allora la situazione è profondamente mutata: «Oggi lo scenario, complice la crisi, si è fatto molto più difficile - spiega Mario Fabbri - e in Italia le società di intermediazione finanziaria, che propongono trading online sono quasi scomparse. Anche le Banche, che offrono il trading online abbinato all'home-banking, si contano ormai sulle dita di una mano». Il trend negativo ha colpito anche Directa? «Il nostro andamento è storicamente in lenta crescita. Certo, il 2012 ha visto fasi alterne e l’inizio è stato migliore della fine, questo calo di fine anno è dovuto alla crisi e alle comprensibili insicurezze degli investitori sulle quali non abbiamo titolo di intervenire: il nostro è solo un ruolo di intermediari. Offriamo lo strumento per effettuare le operazioni sui mercati, ma non sollecitiamo a operare né forniamo indicazioni di acquisto o vendita». Uno dei fattori più critici è quello dei costi. «È la ragione per cui molti dei nostri concorrenti hanno dovuto abbandonare il campo. Hanno lasciato persino alcune grandi banche. Noi abbiamo una struttura leggera e possiamo contare su volumi e ricavi adeguati, per cui siamo rimasti costantemente in utile, anno dopo anno, dal 1997». A proposito di banche, anche voi offrite un servizio grazie al quale i trader, tramite Directa, possono appoggiarsi a un istituto. Perché gli utenti prediligono questa formula? «È una decisione personale. Alcuni apprezzano la semplicità di avere un unico interlo-

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31 MLD

ISTITUTI DI CREDITO CONVENZIONATI CON DIRECTA SIM. IN TUTTO I SUOI CLIENTI OPERATIVI SONO A OGGI, 17.259

L’INTERMEDIATO DI DIRECTA, IN EURO, SUI MERCATI CASH. I CONTRATTI DERIVATI SONO 4,1 MILIONI

cutore, altri si sentono più sicuri nel tenere fondi e titoli in una banca, ecco perché offriamo due opzioni. La prima è di affidare alla nostra Sim, oltre che la raccolta ordini e negoziazione, i fondi liquidi la custodia e amministrazione dei titoli, che sono gratuite. In tal modo non serve aprire un conto bancario. Nel secondo caso si può utilizzare il trading Directa, aprendo un apposito conto presso uno dei circa 180 istituti di credito con noi convenzionati. Optando per questa soluzione si potrà operare tramite la nostra piattaforma alle stesse condizioni dei nostri clienti diretti. In genere alla banca si pagano altri costi, ma si ricevono anche interessi sulla liquidità non impegnata». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 61


TECNOLOGIE

LA TRADIZIONE DELL'INNOVAZIONE perativa da marzo 1996, Directa Sim è la pioniera del trading online italiano. È da sempre focalizzata sugli investitori molto “attivi”, ai quali offre l’operatività sulla Borsa di Milano, su NYSE, NASDAQ, AMEX, CME, OTC americano, EUREX, EUROTLX, LIFFE, XETRA di Francoforte, CHI-X di Londra e sul mercato FOREX, tramite LMAX Exchange. La società di Torino mette a disposizione dei trader tutta una serie di strumenti esclusivi come il multiBook, che in un’unica finestra mostra quotazioni e grafici di più titoli in una struttura ordinata e compatta; la flashBoard, che consente uno scalping velocissimo su molti titoli ma occupando poco spazio su video; il flashBook, potente book verticale di Directa per il trading a un clic; il grafico java, personalizzabile realizzato da Traderlink, che è produttrice anche di VT, sofisticato softwear di analisi tecnica perfettamente integrato con la piattaforma Directa. Nel 2011 tutti questi strumenti sono confluiti in Darwin, una piattaforma innovativa che consente di utilizzare tanti elementi diversi componendoli sullo schermo a proprio piacimento. Per l’operatività mobile l’ultima piattaforma rilasciata è touchTrader, scaricabile dall’App Store della Apple che trasforma iPad e iPhone in potenti stazioni di negoziazione sui mercati finanziari.

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Mi perdoni, ma visti gli ultimi scandali verrebbe da dire che non è così scontato che ci si fidi di più di una banca. «Una volta l’immagine delle banche in effetti era molto migliore, mentre il fatto che noi fossimo una Sim era visto come una carenza. Ora non è più così. Occorre comunque fare un distinguo: noi lavoriamo soprattutto con piccole banche locali, verso le quali permane un atteggiamento di fiducia e soddisfazione più alto rispetto a quello di cui godono i grandi istituti». Parlando di investimenti, uno dei mercati più interessanti è quello delle commodities, delle materie prime. «Sicuramente è un mercato che attrae sempre più

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investitori. Noi in aggiunta a oro, petrolio e gas naturale, dal momento che operiamo con molte casse rurali e banche di credito cooperativo, stiamo avviando un’offerta di trading sui derivati del grano, verso cui stiamo riscontrando un certo interesse. Vedremo gli sviluppi». Chi è, oggi, il tipico utente italiano che decide di utilizzare i vostri servizi e dedicarsi al trading online? «I nostri clienti sono essenzialmente degli appassionati di finanza che desiderano seguire da vicino e in prima persona l’andamento dei mercati». Sono più esperti anche tecnologicamente? «Nel 1993, quando abbiamo cominciato a pensare a Directa, internet non esisteva ancora, mentre nel 1996, quando abbiamo cominciato a cercare i primi clienti, la maggioranza di coloro


Mario Fabbri

Noi offriamo uno strumento, una piattaforma tramite cui gestire gli investimenti. Non dettiamo indicazioni di acquisto o cessione dei titoli

con cui entravamo in contatto non aveva ancora utilizzato un pc. L’idea che tramite computer, modem e telefono si potessero inviare ordini in Borsa destava stupore e perplessità. Oggi, ovviamente, gli utenti non hanno più bisogno di tante spiegazioni». Offrite strumenti anche per il trading in mobilità? «Abbiamo offerto una prima soluzione mobile già da maggio 1999 e in questo, per quanto ne sappiamo, Directa è stata la prima al mondo. Abbiamo battuto sul tempo anche i broker americani. Come volumi siamo rimasti a lungo sul 2 per cento degli eseguiti, ma poi abbiamo migliorato molto la qualità dell’offerta e ora, circa il 5 per cento dei nostri volumi vengono da touchTrader, la nostra App per iPad e iPhone, comparabile nelle prestazioni all’uso di un pc». Il vostro è uno dei rari casi di startup total-

mente autofinanziata. «Questo è per noi motivo di orgoglio. Siamo partiti con il capitale minimo richiesto - 2 miliardi di lire - e delle idee originali. Tranne un piccolo aumento di capitale, per ripianare le perdite dei primi due anni, lo sviluppo di Directa è stato finanziato unicamente dagli utili di gestione, ossia dai nostri clienti». Per il futuro quali sono le sue prospettive? «Un passaggio strategico rilevante è lo sviluppo della nostra nuova offerta FOREX. Siamo i primi in Italia ad offrire l’accesso a L-MAX Exchange di Londra, un vero mercato delle valute, con un vero book, nel quale si possono anche collocare i propri ordini. Inoltre manteniamo alta l’attenzione al miglioramento della qualità tecnologica e del servizio in genere. Per questo puntiamo molto sullo sviluppo di Darwin, la nostra piattaforma integrata lanciata a maggio 2011. Quest’ultima, molto apprezzata dai trader, l’abbiamo resa disponibile in prova gratuita sul nostro sito ottenendo ottimi riscontri». Cosa offre? «Permette di scegliere delle tessere-strumenti sia operative, sia informative, da disporre liberamente per comporre più piani di lavoro. Il repertorio di tessere disponibili è vasto e il trader può costruirsi e memorizzare svariate soluzioni. In Darwin personalizzarsi la piattaforma di trading è molto più facile e piacevole che in tutte le soluzioni concorrenti che abbiamo visto finora». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 63


TECNOLOGIE

Nuove soluzioni per il mercato finanziario Banche in una fase delicata. Mediamente non aumentano gli investimenti per le aziende ICT e i progetti per nuove strategie di mercato. Esperto in tecnologia dell’informazione, Giovanni Radis illustra alcune considerazioni sulle prospettive per il settore Finance Valeria Garuti

umenta l’attenzione verso la gestione corrente mentre non decolla ancora l’auspicata innovazione tecnologica e i relativi investimenti». Giovanni Radis, amministratore delegato e fondatore della Finance Evolution, riassume così le principali problematiche delle imprese del proprio settore. «L’attuale congiuntura economica nazionale, legata all’andamento dei mercati internazionali, ha causato una flessione al nostro comparto industriale, quello dell’ICT e servizi collegati. Salvo casi particolari e non rimandabili, riscontriamo la tendenza da parte delle aziende a ridurre i progetti di largo respiro. Manca la visibilità di medio e lungo periodo nel budget di investimenti. Anche la nostra clientela verticale, legata alla sfera finanziaria, nell’ultimo periodo ha riscontrato una riduzione di costi che, di conseguenza, hanno un impatto sul conto economico delle imprese. Inoltre, la forte riduzione della presenza delle banche estere ha un impatto importante nel nostro mercato».

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A fronte di questa situazione, in cosa consiste il vostro operato? «La nostra è una giovane compagnia privata, in attività dal 2007 come azienda dedicata alle soluzioni, ai servizi e alla fornitura di prodotti per l’ICT. Negli ultimi anni ci siamo focalizzati prevalentemente sul mercato della finanza e delle sub industries, occupandoci di consulenza di processo, system integration a livello progettuale di soluzioni proprie o di terzi e consulenza IT prevalentemente in modalità progettuale. Collaboriamo attivamente con oltre cento risorse tra specialisti senior che vantano esperienze importanti nel settore e giovani che provengono da percorsi di studio in ambito economico o informatico. In cinque anni, i ricavi della Finance Evolution sono cresciuti in modo lineare fino a raggiungere i 6,5 milioni di euro». Quali prodotti proponete? «La nostra clientela è composta prevalentemente da istituti di credito e assicurazioni. Operiamo con alcune delle banche principali, filiali di banche estere, istituti popolari e di credito cooperativo e, nell’ambito delle finanziarie, sia con players privati che pubblici. Inoltre, offriamo servizi per la sfera dei Confidi. I nostri prodotti principali sono l’XBS – eXstended Banking System –, un sistema informativo bancario che utilizziamo nei paesi europei emergenti, il Risk Management e


Giovanni Radis

Il team di Finance Evolution di Torino. Accanto, Giovanni Radis, Ad e fondatore della società. Membro del direttivo ICT dell’Unione Industriale di Torino e consigliere di Assinform www.finance-evolution.it

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Oltre al mercato italiano, i prossimi investimenti saranno rivolti ad alcune aree strategiche: i paesi dell’area balcanica e del Sud America

Tesoreria (RMT) e il GT-Way per la gestione e il monitoraggio dell’interscambio di flussi bancari e/o con operatori del settore». Quali sono le peculiarità dei vostri servizi? «Si tratta soprattutto delle nostre esperienze professionali intercorse nel tempo. Oltre all’attività informatica e alla conoscenza degli aspetti funzionali dell’azienda-banca e di altri intermediari creditizi, le principali “best practice” che diversificano il nostro portafoglio di offerta sono rappresentate dalla localizzazione di banche estere in Italia e dall’installazione e avviamento di asset come sistemi informativi bancari all’estero; offriamo servizi in modalità BPO per le segnalazioni di vigilanza verso Banca d’Italia e altri enti di controllo. Forniamo altresì servizi di Application Maintenance System a banche tradizionali e “specializzate”, come le banche depositarie; le conoscenze acquisite e i progetti per le divi-

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sioni bancarie “securities services” ci permettono di operare in questo settore molto specialistico. Inoltre, ci siamo organizzati per fornire sempre più servizi di back office». Quali sono stati gli investimenti più recenti che hanno riguardato la vostra realtà? «Investiamo mediamente il 7 per cento dei nostri ricavi in prodotti e soluzioni e nel mantenimento dei medesimi alle disposizioni degli organi di controllo, al fine di garantire lo staffing dei progetti nazionali e internazionali. Attiviamo corsi base di inserimento nel nostro settore di giovani laureati, con l’obiettivo di disporre di nuovi professionisti da affiancare agli attuali senior. Oltre al mercato italiano, i prossimi investimenti saranno rivolti ad alcune aree strategiche, verso le quali riteniamo giusto porre particolare attenzione. In particolare, mi riferisco ai paesi comunitari in via di sviluppo e quella che viene chiamata “la nuova Europa”, rappresentata dai paesi dell’area balcanica. Anche per quanto riguarda il Sud America il nostro interesse è molto alto». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 65


L’automazione riparte dalla ricerca L’ottimizzazione di processo porta le aziende a ridurre le fasi di lavorazione del prodotto in termini di tempi e costi. Il punto di Massimo Roccia sull’importanza di un’automazione di qualità Valeria Garuti

entre la crisi economica sta fortemente condizionando i mercati, sia nel nostro paese sia nel resto del mondo, nel campo dell’automazione industriale resistono quelle aziende che puntano sulla qualità dei prodotti, allo scopo di garantire l’ottimizzazione del processo di produzione. Ad esempio, la società specializzata nelle curvatrici per lamiera e profili MG, con sede a Fossano, nella provincia di Cuneo, nel 2012 ha riscontrato grandi successi a livello internazionale per la vendita di macchinari che superano i 5 metri di lunghezza. «Sono macchine per la costruzione di grandi cisterne che si usano per lo stoccaggio e il trasporto di liquidi, come ad esempio i carburanti. Calandrare pezzi più lunghi porta al vantaggio di avere subito un prodotto più vicino a ciò che

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deve essere il risultato finale, che non necessita per esempio di saldature. E questo è un modo per diminuire i costi nelle successive fasi di lavorazione». «I nostri macchinari – continua Roccia – vengono utilizzati in lavorazioni particolari. Ciò che i committenti richiedono sono grandi


Massimo Roccia

competenze e precisione. Grazie al continuo impegno, siamo riusciti a fabbricare un prodotto che consente di ottenere ottimi risultati. Non a caso abbiamo vinto la maggior parte delle gare di appalto». Grazie a 50 anni di continue ricerche e aggiornamenti del prodotto, uniti all’impiego di componenti e soluzioni sempre all’avanguardia, la MG è oggi in grado di rispondere a qualsiasi esigenza di calandratura e propone una vasta gamma di modelli con lunghezza utile di lavoro da 0,5 a 8 metri e capacità fino a 300 mm di spessore. «La MG ha anche lavorato molto per migliorare gli accessori che si possono applicare sulle macchine curvatrici. Primi fra tutti il supporto verticale. Il nostro team di ricerca ha realizzato una nuova versione che, grazie a un movimento traslatorio che si aggiunge al classico di tipo verticale, accompagna letteralmente la lamiera in tutti i suoi movimenti sulla macchina, durante tutte le fasi della lavorazione, specialmente quando si eseguono calandrature a raggio variabile. L’altra importante innovazione che abbiamo apportato di recente è sul controllo numerico computerizzato chiamato Touch Command, anche questo già esistente, ma che ora offre la possibilità di programmare i movimenti del supporto centrale fin dalle operazioni di auto-calcolo delle lavorazioni da eseguire. Una volta determinate le caratteristiche del materiale da utilizzare e inseriti i dati necessari per la creazione delle librerie nell’apposita sezione, è possibile

AUTOMAZIONE INDUSTRIALE G nasce a Fossano (CN) nel 1959, specializzandosi nella costruzione di automazioni industriali. A partire dall’inizio degli anni Ottanta l’azienda avvia la costruzione di curvatrici per lamiera, per poi, nel 1983 concentrare i propri sforzi e investimenti nel miglioramento della produzione di curvatrici oleodinamiche. Oggi MG risponde a qualsiasi esigenza di calandratura ed è in grado di proporre una vasta gamma di modelli con lunghezza utile di lavoro da 500 a 8000 mm e capacità da 1 a 300 mm. Le curvatrici serie MH, AK e MK, frutto di una continua ricerca e aggiornamento del prodotto – raggiunta anche grazie all’impiego di componenti e soluzioni sempre all’avanguardia –, sono progettate e costruite per ottenere prestazioni pari a tre volte il diametro del loro rullo superiore e con lamiere a snervamento 260N/mm2. Non solo, la MG si è specializzata nella costruzione di calandre a due rulli, la serie PK. Pensate per piccoli spessori, queste macchine riescono a chiudere virole di diametri veramente piccoli, in pochissimi secondi.

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scegliere la lavorazione da eseguire che si ritiene più adatta». Una vasta gamma di prodotti, diversificata per rispondere a ogni esigenza del cliente, contraddistingue la produzione della MG. «Dal Canada all’Argentina, dal Nord Africa alla Nuova Zelanda, fino ai paesi dell’Estremo Oriente – conclude Roccia –, le caratteristiche innovative che contribuiscono a garantire l’alta qualità dei macchinari vengono ampiamente riconosciute da tutti i partner».

Macchinari prodotti dalla MG Srl di Fossano (CN) www.mgsrl.com

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TECNOLOGIE

Innovazioni per l’industria Automatizzare la produzione controllando i costi e ottimizzando il processo, senza impatti sul ciclo. Giuseppe Arietti presenta i sistemi Ict di gestione della manutenzione per ambiti complessi Valerio Germanico

n significativo abbattimento dei costi. Minimizzazione dei rischi nel cambiamento di processi mission critical. Due esigenze fondamentali per le aziende manifatturiere che intendono implementare sistemi di gestione automatizzata del processo di produzione, con l’obiettivo di ottimizzare le attività e di raggiungere un abbattimento dei costi di prodotto. «Soprattutto nella gestione di progetti con elevato impatto su impianti e applicazioni critiche, le aziende chiedono garanzie sull’esecuzione e sui costi “nascosti” del cambiamento. La nostra società può rispondere a queste richieste mettendo a disposizione un

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team di cento consulenti, progettisti e sviluppatori software, specializzati nei diversi settori produttivi, come automotive, elettronico, farmaceutico, logistica, trasporti su ferro e utilities». A parlare è Giuseppe Arietti, amministratore di Solve.it, azienda del settore Ict, caratterizzata da una forte componente di innovazione e una conoscenza approfondita delle esigenze delle realtà produttive italiane medie e grandi – oltre che per la consulenza sui temi della gestione e della sicurezza del dato. Quali sono le principali soluzioni che proponete? «Per le aziende che hanno investito negli scorsi


Giuseppe Arietti

Giuseppe Arietti, amministratore della Solve.it Srl di Torino www.solve.it

anni sulle piattaforme standard “de facto” per i sistemi di automazione industriale (Dec), per esempio, proponiamo una soluzione di virtualizzazione che permette di migrare le applicazioni su una nuova piattaforma, allo stato dell’arte e senza nessun tipo di modifica. Operando in questo modo il processo di riposizionamento e messa in sicurezza viene effettuato molto rapidamente, senza impatti né rischi per lo svolgimento del ciclo produttivo». Vuole presentare un progetto recente? «Abbiamo recentemente realizzato un sistema di gestione della manutenzione di tutti i cespiti aziendali di una linea ferroviaria per un importante gruppo estero. Il sistema gestisce la manutenzione ordinaria e straordinaria di infrastrutture ferroviarie, Ict, civili e parco rotabili, integrando la gestione del magazzino scorte e coordinando le squadre di intervento sul territorio e l’impiego delle attrezzature. Inoltre, questa soluzione è completamente integrata con i sistemi di campo e ne massimizza l’efficacia nel garantire l’uso ottimale di impianti e risorse – è in grado di tracciare tutte le attività sugli apparati, fornisce gli indicatori essenziali per controllare il raggiungimento delle prestazioni globali attese. L’applicazione specifica di questa soluzione non la rende limitata a questi ambiti, è infatti un sistema implementabile anche in altri settori con problematiche di manutenzione di ambienti complessi – per esempio, un grande ospedale oppure un aeroporto». La crisi dell’industria, soprattutto nazionale, ha influito sui vostri bilanci degli ultimi anni? «Negli ultimi anni siamo cresciuti in modo lineare con un incremento del 10 per cento annuo. E nel 2012 abbiamo registrato un fatturato di 6,2 milioni di euro, con una crescita del 12 per cento. Lo sviluppo regolare è stato accompagnato da un costante miglioramento

6,2 mln FATTURATO REALIZZATO NEL 2012 DA SOLVE.IT SRL. RISULTATO DELL’INCREMENTO DEL 12% RISPETTO ALL’ESERCIZIO PRECEDENTE

della marginalità, che ci ha consentito di autofinanziare lo sviluppo e ridurre al minimo la dipendenza dal credito. E, fattore strategico, la crescita è stata accompagnata dall’assunzione di personale con elevate competenze e dall’inserimento e formazione di numerosi giovani. L’unica criticità che abbiamo riscontrato è l’allungamento dei tempi decisionali dei nostri clienti e il rinvio degli investimenti». Con quali aspettative affrontate il 2013? «Quest’anno stimiamo una crescita attorno al 10 per cento e una marginalità stabile – e questo nonostante il permanere delle difficoltà di mercato. Oltre a ciò intendiamo realizzare importanti investimenti in competenze e formazione, soprattutto per avvicinarci a nuove aree, come la sicurezza e la mobilità, che riteniamo ci permetteranno di cogliere pienamente le opportunità della ripresa. Vogliamo investire per presentarci preparati all’appuntamento con la nuova fase di sviluppo economico». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 69


TECNOLOGIE

Soluzioni touch per l’impresa L’elettronica di consumo sta imponendo la propria grammatica a tutto il mondo dei dispositivi e delle interfacce. Comprese quelle industriali. Roberto Ferretti spiega le ragioni di una certa resistenza al nuovo e il metodo per superarle Valerio Germanico

n milione di smartphone venduti ogni giorno nel mondo. È questo il dato emerso in occasione dell’International Ces 2013 di Las Vegas. In uno scenario del genere è inevitabile che la diffusione capillare di telefoni “intelligenti” e di tablet stia condizionando tutti i settori dell’elettronica. Anche quelli più lontani dalle fasce consumer e, per impostazione, più lenti nell’allinearsi a un universo che si rinnova integralmente al massimo ogni sei mesi. «Indubbiamente l’esplosione della diffusione di queste tecnologie sta determinando una rivoluzione nel modo di concepire le interfacce, anche quelle impiegate in ambito in-

U Roberto Ferretti, titolare della Albatron Srl di Guarene (CN) www.albatron.com

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dustriale. Se prima le interfacce uomo-macchina utilizzavano soluzioni con numerosi pulsanti e indicatori, la tendenza oggi è quella di portare il touch screen ovunque». Questa l’esperienza in prima persona di Roberto Ferretti, titolare di Albatron, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di dispositivi elettronici a uso industriale. Le soluzioni touch screen permettono all’operatore un uso più semplice e intuitivo delle macchine. Per quali motivi però c’è ancora una certa resistenza da parte delle imprese ad adottare queste soluzioni? «Indubbiamente le soluzioni touch offrono schermi più dettagliati dal punto di vista delle informazioni, con la possibilità di interagire in modo differente. Dall’altra parte però pongono un problema connesso alla forte evoluzione che caratterizza tablet, smartphone e relative app. Forte evoluzione significa inevitabilmente una vita breve dei dispositivi, che “invecchiano” troppo rapidamente rispetto alle esigenze di ritorno degli investimenti da parte dell’impresa. È questa la ragione alla base di un certo conservatorismo». La vostra azienda però ha scelto di orientarsi anche verso questo tipo di soluzioni. Perché e con quali obiettivi? «In questo momento di difficoltà abbiamo preferito scommettere sulla realizzazione di prodotti nuovi, piuttosto che cercare di an-


Roberto Ferretti

dare a cercare ulteriori sbocchi per soluzioni sviluppate e consolidate negli anni scorsi. Lungo questo percorso, la nostra ambizione è stata quella di far sì che l’“inseguimento” delle tecnologie in evoluzione diventasse solo una parte del lavoro. E che soprattutto questo si riducesse a un’attività di adattamento. Abbiamo imboccato per questo un nuovo modello di sviluppo, che ci permettesse di essere molto più pronti e reattivi nell’adattare le applicazioni ai nuovi dispositivi. Alla base c’è stato tuttavia il fatto che negli ultimi due anni ci siamo orientati meno verso i dispositivi di tipo industriale e più verso quelli di tipo consumer, collaborando con aziende che hanno investito in questo genere di sviluppo. Così abbiamo anche intensificato l’attività di consulenza e progettazione per prodotti che poi vengono realizzati da altre aziende». Quali sono stati i risultati di questa scelta? «Nell’ultimo anno abbiamo registrato un incremento di fatturato intorno al 20 per cento. Risultato proprio del potenziamento di questa parte di fornitura di servizi e di progettazione. Allo stesso tempo ciò ha comportato investimenti in training, formazione e documentazione sulle nuove soluzioni tecnologiche. Sono stati investimenti che abbiamo fatto nell’ottica del consolidamento di opportunità e proiezioni future. I primi risultati ci hanno confermato di aver attuato una scelta corretta». Quindi la vostra realtà si è evoluta di pari passo con il mercato? «È stata parte dell’evoluzione anche il fatto che l’approccio a idee di prodotto innovative richiedeva una certa dote di rischio per quanto riguardava l’aspetto tecnico. Infatti stiamo lavorando su prodotti che, a livello

Stiamo lavorando su prodotti che, a livello mondiale, sono delle novità assolute, da pochissimo disponibili sul mercato

mondiale, sono delle novità assolute, da pochissimo disponibili sul mercato. L’ulteriore evoluzione, poi, è il tentativo di colmare la distanza fra le tecnologie diffuse nel mondo consumer e quelle utilizzate in ambito industriale. Stiamo mettendo a punto delle soluzioni che permettano di sviluppare velocemente applicazioni per varie piattaforme, in modo da utilizzare il nostro know how sia per le problematiche che affrontiamo quotidianamente con i nostri clienti, sia per le soluzioni di largo uso». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 71


TECNOLOGIE

Quando capiremo che l’acqua è preziosa Sistemi di erogazione che permettono di risparmiare l’acqua per uso sanitario all’interno delle strutture aperte al pubblico. Riccardo Poletti presenta le ultime novità per il settore rubinetteria Valerio Germanico

conomizzare il consumo di acqua e di energia è già una sfida. E lo sarà ancora di più nei prossimi anni. Soprattutto per quanto riguarda l’acqua, che all’estero è già tariffata come un bene prezioso – anche per stimolare il consumatore a disporne con parsimonia. «La gestione scrupolosa delle risorse idriche a uso sanitario permette non solo una riduzione dei costi di approvvigionamento, ma anche un risparmio aggiuntivo, rappresentato dalla riduzione dei costi energetici per la produzione di acqua calda». È su questo filone – come rivelano le parole dell’amministratore di Idral – che si è inserita da quarant’anni la società di Riccardo Poletti, specializzata nello sviluppo e produzione di rubinetteria sanitaria destinata a comunità e locali pubblici. L’azienda, guidata da un management giovane e dinamico, ha investito sull’integrazione fra l’innovazione tecnologica e la qualità del design italiano. Con i propri punti di riferimento nel Regno Unito, nell’Europa continentale, in Australia e da ultimo è entrata in Cile e Sud Africa, la società ha visto confermate le proprie strategie anche sul mercato internazionale, che oggi rappresenta il 55 per cento del fatturato di Idral – soprattutto perché nel nostro paese non si è ancora affermata un’adeguata sensibilità intorno alla questione del risparmio delle risorse idriche.

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Sotto, rubinetterie prodotte dalla Idral Spa di Gargallo (NO) www.idral.it

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«Nei prossimi anni, l’acqua si imporrà come il bene di maggiore valore. La nostra produzione interpreta le esigenze di tecnologie a basso consumo, garantendo al contempo il rispetto dei requisiti di igiene e di idoneità ai disabili necessari per l’impiego di questi dispositivi all’interno dei servizi pubblici. Proponiamo diverse soluzioni per soddisfare le esigenze di un consumo razionale. Fra queste, i rubinetti a chiusura automatica – temporizzata o elettronica –, che adeguano la durata del flusso al tempo effettivo di utilizzo da parte dell’utente, interrompendone automaticamente l’erogazione; poi, i di-


Riccardo Poletti

spositivi di limitazione della quantità erogata – economizzatori e riduttori di portata –, che applicati ai rubinetti permettono di ridurre la portata e quindi il consumo d’acqua. Il nostro catalogo, che ci permette di offrire una gamma completa e un servizio chiavi in mano per la struttura pubblica, comprende anche tutti gli accessori e i prodotti per l’ausilio dei diversamente abili. Oltre che al risparmio, ci siamo concentrati sull’aspetto igienico, realizzando tutta una serie di dispositivi che permettono di limitare al minimo il contatto fra le mani e le rubinetterie». Questi risultati sono il frutto di un investimento costante in una ricerca orientata a migliorare continuamente le prestazioni. «Stiamo investendo molto a livello di prodotti nuovi, anche per allargare la gamma. Attualmente stiamo sviluppando un progetto per le docce di strut-

55% EXPORT FATTURATO DELLA IDRAL SPA REALIZZATO IN REGNO UNITO, EUROPA CONTINENTALE, AUSTRALIA, CILE E SUD AFRICA

La nostra produzione interpreta le esigenze di basso consumo, garantendo i requisiti di igiene e idoneità ai disabili dei servizi pubblici

ture come palestre e fitness center. Si tratta di un pannello doccia con arresto meccanico temporizzato che permette di ottenere l’adeguamento ai sistemi a basso consumo con una spesa contenuta e un intervento non invasivo. Inoltre, un settore nuovo che stiamo sviluppando è il mondo dell’infanzia. Abbiamo realizzato e stiamo già commercializzando rubinetti, accessori e lavabi per i bambini – abbiamo battezzato questa linea Idralkids. Questi prodotti sono progettati nell’ottica di aiutare il bambino a risparmiare l’acqua e lo fanno anche modo giocoso, attraverso un design studiato appositamente per i più piccoli. Abbiamo anche previsto un sistema di controllo per l’erogazione dell’acqua calda – impostata automaticamente a una temperatura tiepida –, in maniera tale che sia impossibile l’uscita accidentale di acqua ad alta temperatura. Questo da una parte salvaguarda il bambino e dall’altra consente di risparmiare energia per il riscaldamento dell’acqua».

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TECNOLOGIE

Le luci del futuro Un risparmio energetico indiscutibile, un impatto ambientale ridotto ai minimi termini e una longevità anche di dieci volte superiore. Ecco le principali caratteristiche dei sistemi d’illuminazione a led di nuova generazione, descritti da Pierluigi Mantellaro Renato Ferretti

uesto è un mercato in subbuglio, perché ormai tutti ne hanno capito le potenzialità». Pierluigi Mantellaro introduce la tecnologia led dando pochi cenni, quanto basta per tracciare un solco tra questa e i vecchi sistemi d’illuminazione. Per il presidente della Bmt Lighting Factory, la differenza è talmente evidente che non c’è bisogno di aggiungere altro. «Il risparmio energetico di una lampada a led rispetto a una tradizionale lampada a incandescenza – dice Mantellaro – varia dal 40 fino al 70 per cento sul consumo di corrente a parità di illuminazione, e ha una durata effettiva molto maggiore. Inoltre, cosa non di poco conto, non è influenzata dalla frequenza di accensione e spegnimento. Per non parlare del basso impatto ambientale che il led può vantare, con più del novanta per cento di materiale riciclabile. Negli ultimi anni, intraviste le opportunità che la ricerca stava producendo, gli investimenti sullo sviluppo di questa tecnologia si sono moltiplicati, dando risultati inimmaginabili solo cinque anni fa: adesso sono disponibili sistemi d’illuminazione a led anche per gli stadi». La vicenda imprenditoriale della Bmt ben rappresenta le conseguenze di questa “rivoluzione”. «Fino a due anni fa – ricorda Mantellaro – la La Bmt Lighting Factory ha sede a Vigliano Biellese (BI) nostra azienda si occupava p.mantellaro@bmt-trading.com

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di software per il settore tessile e per questa attività avevamo anche un ufficio in Cina. Ma la crisi ci ha travolti ed è risultato impossibile competere con i mercati cinese e indiano. Abbiamo così deciso di procedere a un’operazione di diversificazione radicale e dedicarci all’importazione dei nuovi sistemi a led, ma con una logica diversa rispetto alle aziende concorrenti. La nostra strategia non poteva ignorare le nostre dimensioni ridotte: i nostri prezzi sono per forza di cose un po’ più elevati rispetto ai grandi importatori. Per questo abbiamo deciso di puntare a una proposta diretta al cliente finale invece di affidarci esclusivamente a dei canali di distribuzione. Grazie ad accordi che siamo riusciti a stringere con società finanziarie e d’installazione, abbiamo creato un pacchetto “chiavi in mano”. Questo pacchetto dà una redditività imme-


Pierluigi Mantellaro

Il risparmio energetico di una lampada a led rispetto a una tradizionale varia dal 40% al 70% sul consumo di corrente, a parità d’illuminazione

diata, infatti, significa sostituire i vecchi impianti d’illuminazione con installazione e noleggio dei nuovi, con manutenzione, garanzia e bolletta in un costo complessivo inferiore a quello che l’utenza da sola comporta. Certo, questo prezzo così conveniente è possibile per noi perché siamo importatori diretti, mentre di solito ci sono più passaggi che aumentano i costi». Il piano d’azione finora sembra funzionare come una macchina ben oliata e ora Mantellaro può puntare su due progetti, declinazione operativa della strategia di mercato: il “progetto Comuni” e il “progetto Supermarket”. Entrambi prevedono una soluzione interamente finanziata. «In particolare – spiega il presidente di Bmt – il “progetto Comuni”, studiato per la sostituzione dei lampioni esistenti con quelli a Led, propone un sistema

con delle caratteristiche molto particolari. Infatti, secondo le strade e del traffico, i nuovi lampioni si attivano in modo diverso secondo le fasce orarie e l’intensità del traffico. Ogni lampione ha un suo interruttore crepuscolare che lo accende e spegne automaticamente secondo l’intensità della luce. In più, la loro luminosità può ridursi del 50-60 per cento, arrivando così a un risparmio anche del 70-80 per cento. Avendo poi una vita che arriva a 50.000 ore di funzionamento (circa quattordici anni) si riducono quasi a zero i costi di manutenzione. Questa soluzione viene interamente finanziata utilizzando solo in parte i risparmi ottenuti: così il Comune può rimanere all’interno anche del “patto di stabilità” non aumentando le sue spese (anzi riducendole leggermente) pur facendo degli investimenti considerevoli». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 75


MODELLI D’IMPRESA

Innovazione tecnica, prerogativa italiana Il cavalier Amilcare Merlo e Andrea Bedosti dimostrano come lo sviluppo tecnologico porti a nuove soluzioni, economicamente apprezzabili, nonostante la crisi di settori come l’edilizia Remo Monreale 78 • DOSSIER • PIEMONTE 2013


Amilcare Merlo e Andrea Bedosti

he l’eccellenza non sia sempre premiata dal mercato è una delle contraddizioni alla base del capitalismo, un dato di fatto con cui ogni azienda che punti alla qualità deve fare i conti. Ma non mancano quelle eccezioni che assicurano il progresso tecnologico e quindi soluzioni al passo con i problemi sempre più numerosi all’interno di un dato settore. Il gruppo Merlo, nato nel 1964 e che

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produce sollevatori telescopici a ciclo integrato, rientra in quella categoria d’impresa che ha vinto le sue scommesse continuando a investire in ricerca. Come spiegano il cavalier Amilcare Merlo, fondatore e presidente del gruppo, e il direttore commerciale, Andrea Bedosti. «La tecnologia, l’innovazione e l’industrializzazione – dice Merlo – sono nel nostro Dna aziendale, da sempre sono le chiavi del nostro apprezzamento sul mercato. Abbiamo un patrimonio di conoscenze tecniche che è fondamentale per creare prodotti innovativi». Quali sono i campi in cui vengono richiesti maggiormente i vostri prodotti? AMILCARE MERLO: «I settori di maggior interesse per i nostri prodotti, sono edilizia e agricoltura. Il primo è stato quello che ha maggiormente sofferto. L’agricoltura ha avuto momenti di rallentamento, ma ora si sta riprendendo. All’inizio del 2009 è apparso evidente che l’economia e la finanza stavano entrando in una fase difficile: troppi paesi ne erano coinvolti. Dovevamo reagire senza perdere tempo e prendere decisioni strategiche per proporre macchine più innovative, sicure e affidabili, ma anche costruite in modo più razionale». Come avete reagito? A.M.: «Abbiamo creduto nel prodotto, nei nostri uomini, e nel nostro paese, e abbiamo PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 79


MODELLI D’IMPRESA

A sinistra, il dottor Andrea Bedosti, direttore commerciale del Gruppo Merlo con sede a San Defendente di Cervasca (CN). A destra il cavalier Amilcare Merlo, presidente e fondatore dello stesso www.merlo.com

«Siamo stati in grado di andare in controtendenza chiudendo il 2012 con un aumento di fatturato rispetto 2011. Questi risultati rappresentano il nostro spirito innovativo, come ricetta per affrontare la crisi di cui parlavamo poco fa. Da sempre abbiamo creduto nella meccanizzazione agricola e in questo settore per primi abbiamo introdotto un sollevatore telescopico realizzato in maniera industriale». In questo senso, come sono state accolte le vostre ultime produzioni? A.B.: «Abbiamo presentato all'Eima di Bologna (la fiera agricola più importante in Europa del 2012) due nuovi sollevatori: il Multifarmer 40.9 ed il Turbofarmer 50.8. Questi due modelli sono la punta della tecnologia Merlo con le più avanzate soluzioni tecnologiche per la sicurezza, per la riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti e per l’aumento della produttività. Le riviste di settore e i tecnici hanno apprezzato la portata di queste innovazioni premiando i due nuovi modelli con il prestigioso riconoscimento “Novità Tecnica Eima 2012”». State quindi investendo sul prodotto, ma in quale altro settore state concentrando i vostri sforzi? A.B.: «Siamo convinti che i clienti vadano tutelati anche dopo l'acquisto affinché la loro soddisfazione resti sempre elevata. Per questo un investimento importante che abbiamo effettuato nel corso del 2012 è stato la realizzazione del nuovo centro ricambi inaugurato all’inizio dell'anno scorso ed è oggi pienamente funzionale. La completa automazione A.M.:

avviato la più grande rivoluzione industriale

nella storia della Merlo. Coinvolgendo tutte le specializzazioni collegate al prodotto, dall’industrializzazione, ai collaudi e all’organizzazione, basati sulle nuove tecnologie informatiche. Il nostro ufficio commerciale, che è il timoniere, è fortemente coinvolto nel dare vita a nuovi mercati e a nuove filiali. Per sopravvivere industrialmente, in un paese così complesso e conflittuale come il nostro, le strade sono poche ma efficaci per qualsiasi impresa, grande o piccola che sia». Quindi una strategia vincente è possibile. ANDREA BEDOSTI: «Il tentativo deve essere quello di avere un prodotto di qualità con prezzi competitivi, con l’idea di esportare il più possibile. Ma l’esportazione deve essere incentivata, con strutture nazionali di appoggio nei diversi paesi emergenti, e non con le attività residenti negli uffici centrali di Roma o Milano. Tra le difficoltà maggiori bisogna segnalare l’elevatissima burocrazia italiana, che rappresenta una criticità: penalizza qualsiasi iniziativa, e sarà il problema più difficile da risolvere». Come riassumerebbe i risultati raggiunti nell’ultimo difficile periodo?

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Amilcare Merlo e Andrea Bedosti

La nostra ricerca è stata premiata e i nostri due nuovi modelli hanno ricevuto il riconoscimento “Novità Tecnica Eima 2012”

di questo servizio lo ha reso molto più efficiente, garantendo tempi di evasione rapidissimi degli ordini di ricambi da parte del cliente». A proposito di clienti, da quali mercati stanno derivando le migliori risposte in termini commerciali? A.B.: «Nel 2012 le maggiori soddisfazioni sono giunte dai mercati di elevata tecnologia come Germania, Austria, Paesi Scandinavi, Svizzera e Canada, dove abbiamo quote di mercato elevate. Abbiamo ottenuto ottimi risultati commerciali anche da mercati come Russia, Ucraina, Australia e Algeria. Nel prossimo futuro creeremo delle filiali commerciali

dirette nei Paesi Emergenti». Quali obiettivi e sfide attendono l’azienda nel nuovo anno? A.M.: «In questo contesto socio-economico è difficile fare previsioni anche solo a 12 mesi. Certamente sarà difficile assistere a una forte ripresa economica nel breve periodo, fermo restando comunque il fatto che il comparto agricolo è quello che risente meno della crisi. Per quanto riguarda il nostro Gruppo penso che affronteremo il nuovo anno con lo stesso spirito di sempre cercando di fronteggiare la crisi con gli investimenti in tutti i settori: nel prodotto, nella produzione, nella rete commerciale e, ovviamente, nelle persone». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 81


MODELLI D’IMPRESA

L’innovazione investe anche il cemento Reinvestire gli utili per evitare problemi di liquidità, sviluppando nuovi prodotti in grado di conquistare i mercati. Massimo Baudo della Pavesmac racconta la sua strategia contro la crisi del settore edile Lucrezia Gennari

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al 2007 al 2012, la produzione italiana di cemento è passata da 46 milioni a 26 milioni di tonnellate annue. Un dato che conferma il trend negativo del settore edile. «Negli ultimi anni la domanda è calata del 50 per cento – afferma Massimo Baudo, titolare

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della Pavesmac di Peveragno (CN), azienda leader nella produzione di manufatti in cemento –. Al calo della domanda si aggiungono le altre criticità del settore che riguardano il difficile accesso al credito da parte della potenziale clientela e, purtroppo, i continui ritardi nei pagamenti da parte delle istitu-

zioni pubbliche». Pavesmac opera principalmente nell’edilizia residenziale (imprese edili e clientela privata) e nell’edilizia pubblica e, nonostante il crollo della domanda, è riuscita a mantenere inalterato il fatturato nell’ultimo anno. Le strategie messe in campo dall’azienda per non perdere ter-


Massimo Baudo

reno riguardano soprattutto una seria ed efficace politica legata al reinvestimento di tutti gli utili prodotti dall’azienda. «Il fine di questo reinvestimento – spiega Baudo – è evitare i problemi di liquidità, che ormai perseguitano la maggior parte delle aziende operanti nel settore dell’edilizia; e investire in ricerca, sviluppo e innovazione prodotto, in modo da poter aggredire mercati nuovi e poter combattere così il costante calo della domanda». Il prodotto storico di Pavesmac è il Porfidbloc, di cui l’azienda detiene un brevetto europeo. «Si tratta di un cubetto di pietra ricostruita dalle prestazioni meccaniche ed estetiche superlative e con un rapporto qualità/prezzo eccezionale. Al Porfidbloc affianchiamo la produzione di altre linee di prodotti come masselli autobloccanti e lastre, pietre naturali, cordoli, muri per contenimento terra, blocchi per murature, arredo urbano». L’azienda è in costante evoluzione e attualmente sta studiando nuovi prodotti sia nel campo delle lastre che dei muri di contenimento. «Nel 2012 – continua Baudo – abbiamo lanciato il modello depositato Opus, una lastra per pavimentazione ad alta carrabilità che ricorda per il suo aspetto le pavimentazioni in pietra naturale posate con la tecnica detta “opera incerta”. “Opus” nasce anche per soddisfare le esigenze di molti committenti che sono alla ricerca sempre più frequente di belle pavimentazioni

L’azienda è in costante evoluzione e attualmente sta studiando nuovi prodotti sia nel campo delle lastre che dei muri di contenimento

che consentano però di drenare, attraverso di esse, le acque meteoriche. Un altro prodotto lanciato sempre nel corso del 2012 riguarda un innovativo sistema di contenimento terra, prodotto da Pavesmac sotto licenza dell’azienda americana Keystone, leader sul mercato per queste tipologie di prodotto». L’azienda investe molto anche in innovazione tecnologica: l’ultimo impianto di produzione, costato 5 milioni di euro, è entrato in funzione nel mese di gennaio del 2010, ovvero nel momento di piena crisi del settore. Tale impianto costituisce un vero e proprio fiore all’occhiello per Pavesmac e rappresenta quanto di meglio il mercato possa offrire in termini di produttività, qualità e sicurezza. Attualmente Pavesmac opera in Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta e parte della Francia, trasportando il materiale con i

propri mezzi e, grazie all’affiliazione di posatori che vantano una grande esperienza nel settore, è in grado di garantire la perfetta posa in opera a regola d’arte di tutti i suoi prodotti, compresa quella di cubetti, lastrame in pietra e cordolature in pietra naturale, quale, luserna, porfidi, marmi, ciottoli e graniti, provenienti dalle migliori cave di estrazione di tutto il mondo. L’azienda punta comunque a un’espansione futura e a un aumento del fatturato. «Credo che già nel corso del 2013 potremmo intraprendere un percorso di crescita – conclude Baudo – ma i risultati continueranno ad arrivare, principalmente, dagli sforzi compiuti in materia di ricerca e sviluppo, in quanto è ancora troppo presto per poter pensare a un’espansione derivante da un aumento delle richieste del mercato».

Alcune immagini di lavoro all’interno della Pavesmac Srl. L’azienda ha sede a Peveragno (CN) www.pavesmac.com

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MODELLI D’IMPRESA

Le proprietà del nichel chimico utomobili e macchinari industriali sono costituiti per la maggior parte da componenti metallici, costantemente sottoposti a sollecitazioni violente, situazioni di stress e temperature elevate. Va da sé come la protezione e l’allungamento della vita di tali componenti sia di fondamentale importanza per garantire all’utilizzatore performance elevate, risparmio di tempi e di costi di riparazione o sostituzione. Il trattamento superficiale dei metalli serve proprio a questo scopo. In questo settore, e più in particolare in quello dei rivestimenti superficiali tecnologici di nichel chimico e nei codepositi di nichel con carburo di silicio e di nichel con PTFE, opera dal 1979 la S.T.A. di Castagnito proprietaria della for-

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La S.T.A. Srl ha sede a Castagnito (CN) www.sta-italia.com

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La necessità di migliorare la qualità e la durata dei particolari ha fatto sì che venissero impiegati trattamenti con il nichel chimico o le sue codeposizioni in diversi settori, anche nell’automotive. L’esperienza di Elena Piazza Lucrezia Gennari

mulazione dei bagni che utilizza per le lavorazioni. «Abbiamo sviluppato ed effettuiamo i trattamenti Nikelchimico, Silican e Nikel PTFE» afferma Elena Piazza, titolare dell’azienda. Il primo è il trattamento di nichelatura chimica che consiste in una deposizione, priva di intervento di corrente, di un deposito costituito da un lega di Nichel-Fosforo. Il risultato che si ottiene è un rivestimento che presenta uniformità di spessore in ogni punto del particolare trattato, evitando così le classiche lavorazioni meccaniche necessarie dopo un trattamento elettrolitico. «Gli spessori che si possono depositare – spiega Elena Piazza – raggiungono i 70-100 μ. Il nikelchimico è un tipo di deposizione con caratteristiche essenzialmente tecniche, con costi superiori ai trattamenti elettrolitici, che conferisce ai particolari trattati elevate proprietà meccaniche, quali durezza superficiale e resistenza alla corrosione. Il nikelchimico è depositabile su quasi tutte le leghe ferrose, ghise, acciai inossidabili, rame e ottone. Acciai nitrurati o cementati, alluminio e sue leghe necessitano invece di una sabbiatura prima della deposizione. Non è depositabile su piombo, zinco e loro leghe». Per soddisfare esigenze particolari di durezza superficiale e resistenza all'usura, la S.T.A. ha


Elena Piazza

sviluppato un trattamento che deposita particelle di dimensioni micrometriche di carburo di Silicio che vengono inglobate nella matrice di nikelchimico, con percentuali del 15-20 per cento. Si tratta del Silican. «Il risultato che si ottiene è una durezza media di 1400 HV nel caso di acciai e ottoni e di 700 HV per l’alluminio. I particolari vengono messi in rotazione per assicurare un’uniforme distribuzione delle particelle. Le applicazioni riguardano soprattutto industria tessile, estrusori per plastica, industria del vetro, industria meccanica, calibri e tastatori». Nel caso di esigenze particolari riguardanti invece un basso coefficiente di attrito e potere autolubrificante, la S.T.A. ha sviluppato un processo che coniuga alcune caratteristiche del nikelchimico con quelle del PTFE. «Il Nikel- PTFE consiste in un bagno di nikelchimico in cui vengono immesse particelle di PTFE che durante la deposizione vengono inglobate nella matrice conferendo al deposito proprietà autolubrificanti, basso coefficiente d’attrito. Tale procedimento trova applicazione in settori come lo stampaggio, il petrolifero, movimento terra, meccanico – tessile, elettronica». I trattamenti innovativi effettuati in azienda, hanno permesso alla S.T.A. di consolidare nel corso del 2012 il fatturato dell’anno prece-

Nel 2012 abbiamo acquisito clienti in settori nuovi, anche se il core business rimane il settore metalmeccanico e in particolare quello automobilistico e delle macchine movimentazione terra

dente, acquisendo clienti in settori nuovi, anche se il core business rimane il settore metalmeccanico e in particolare quello automobilistico e delle macchine movimentazione terra. La ricerca non si ferma: «Sono allo studio e in fase di sperimentazione altre tipologie di codeposizioni che possano soddisfare le rinnovate esigenze tecniche nel campo del trattamento dei metalli. La nostra aspettativa è che l’impegno nell’innovazione che negli anni ha premiato la nostra attività, possa ampliare l’interesse verso questo tipo di tecnologia, permettendoci l’acquisizione di nuovi settori. D’altra parte – conclude Elena Piazza – una ventina di anni fa, nessuno avrebbe pensato che alcuni particolari delle automobili potessero essere trattati con il nikelchimico o sue codeposizioni, ma la necessità di migliorare la qualità e la durata dei particolari ha fatto sì che venissero impiegate tecnologie alternative».

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MODELLI D’IMPRESA

La trasversalità come valore aggiunto n nuovo linguaggio per un diverso approccio al mondo industriale. È questa la sfida lanciata al mercato da STC, società torinese specializzata in cost engineering e progettazione. Una volontà di innovare che per prima investe la modalità gestionale dell’azienda medesima, che ha infatti scelto di puntare su un personale giovane, il più adatto – nella vision del management – per assumere ruoli trasversali. Come afferma Giuseppe Colonna, presidente e fondatore della società: «Questa è forse proprio la peculiarità più importante di STC. L’avere creato delle figure professionali capaci di muoversi e agire trasversalmente fra le diverse attività aziendali. Avere formato un team con que-

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L’ottimizzazione di prodotto non è solo un’attività, ma una filosofia. Giuseppe Colonna presenta il suo innovativo approccio al mondo industriale, reso possibile investendo soprattutto sulle persone Valerio Germanico

ste caratteristiche ci permette di essere estremamente flessibili nelle relazioni con i nostri partner, nel raggiungimento degli obiettivi e nelle modalità operative. In questo modo riusciamo a far evolvere i nostri metodi e le nostre competenze, agganciandoli alle realtà che di volta in volta si presentano». In che modo questo approccio viene declinato nel vostro settore? «Innanzitutto bisogna definire la nostra realtà. Siamo un’azienda che si occupa di ottimizzazione di prodotto. Questa è soprattutto una filosofia, un sistema di idee che investe tutte le procedure e i processi di un’attività produttiva per orientarli verso il miglioramento continuo. Il prodotto, o il processo, muove di vita propria, e richiede quindi delle cure, che sono necessarie per adattarlo alle condizioni dettate dall’evoluzione dei mercati, delle nuove tecnologie e delle normative internazionali». Scendendo più nel concreto, in cosa consiste l’ottimizzazione di prodotto? «La nostra mission è supportare i partner nel raggiungimento dei loro obiettivi. Questo si traduce in un confronto costante sia all’interno delle nostre business unit, sia nel confronto con le aziende. Spesso riscontriamo che il punto fondamentale per intavolare un rapporto fruttuoso risieda nell’aiutare il partner a definire attentamente lo scopo dell’attività. Per

Giuseppe Colonna, presidente e fondatore della STC di Torino www.stc-srl.eu


Giuseppe Colonna

Potremo collocarci fra le grandi aziende e proporci come alternativa vincente all’interno di progetti sempre più complessi

questo dedichiamo a questo momento un’attenzione spasmodica, in modo da chiarire con maggiore evidenza gli elementi che possono rappresentare il più solido punto di partenza, per poi definire il percorso e in punto di arrivo di un progetto. In seguito condividiamo con il cliente una pianificazione che tenga conto dei suoi tempi e del lavoro da svolgere. Creiamo una piattaforma con le risorse necessarie in termini di persone e funzioni aziendali, in modo da dare al progetto la giusta attenzione senza sprechi o ridondanze». È in questa fase che entrano in gioco le vostre figure professionali trasversali? «Esattamente. E queste rappresentano il vero propulsore che spinge l’azienda. Nel tempo abbiamo formato delle figure che siano in grado di operare all’interno delle nostre tre business unit, in modo da seguire i progetti sino al loro completamento, raggiungendo risultati in alcuni casi addirittura impensabili in fase di pianificazione. Con questa trasversalità siamo in grado di offrire la massima qualità e velocità di esecuzione. Impieghiamo, infatti, le risorse necessarie e sufficienti affinché un progetto si completi nei tempi della pianificazione, evitando di far pagare ai nostri clienti i tempi morti fisiologici del medesimo e riallo-

cando le risorse con un dinamismo quasi quotidiano». È una modalità di lavoro particolare. Come viene valutata dai vostri partner? «Il nostro obiettivo, nel rapporto con i partner, è di creare con questi ultimi una vera e propria partnership operativa, offrendo un supporto che completi le potenzialità della sua struttura. Inoltre, generiamo con lui la parte fondamentale dell’ottimizzazione prodotto e cioè l’idea. Parlando di valutazione, fino a oggi siamo sempre riusciti a trovare un riscontro positivo, soddisfacendo queste due condizioni, al punto che i primi clienti di dieci anni fa sono ancora con noi e apprezzano questa modalità di lavoro». A grandi linee quali figure professionali compongono il vostro staff? «Abbiamo riunito all’interno dell’azienda alta professionalità, grande disponibilità e singolare umanità. Tutte caratteristiche che contribuiscono a generare in STC un ambiente dinamico, composto da persone che dedicano al lavoro il tempo necessario perché lo stesso sia svolto al meglio e, contemporaneamente, sanno trarre stimoli continui dal suo svolgimento. Per creare questo contesto abbiamo scelto una modalità che prevede che una per- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 87


MODELLI D’IMPRESA

LE TRE BUSINESS UNIT TC viene fondata nel 2002 a Torino. La società è partner di multinazionali dei settori automotive, areospace, earth moving, agriculture e manufacturing e opera, oltre che in Europa, anche negli Stati Uniti, in America Latina e nel Sud Est asiatico. A oggi si avvale di un team di quarantatré collaboratori, organizzati in tre business unit. La prima è quella riferita all’“analisi del prodotto”. Questa unità ha lo scopo di analizzare e confrontare un prodotto o un processo per definire le caratteristiche

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peculiari che permettono di pensare a un’evoluzione del medesimo. La seconda è legata allo “sviluppo del prodotto”. Si tratta di un vero e proprio studio di ingegneria evoluta, in grado di sviluppare un componente o un sistema complesso dalla sua ideazione alla sua prototipazione. L’ultima unità si occupa di “validazione e conformità del prodotto”. All’interno di quest’area confluisce tutta la gestione documentale e sperimentale dei sistemi complessi: omologazione, direttiva macchine e Dfmea.

sona competente ed esperta guidi persone gio- sponsabili della STC con competenze molto vani verso il raggiungimento della professionalità richiesta dall’attività». Quali sono i vostri obiettivi per il futuro? «Stiamo sviluppando la STC in termini di competenze e metodologie innovative. Inoltre abbiamo iniziato a rivolgerci al mercato extra-europeo, in particolare a quello statunitense. Riceviamo richieste di supporto da questi paesi che hanno difficoltà a reperire adeguate professionalità nell’ambito dell’ottimizzazione – con particolare riferimento all’ottimizzazione legata al cost engineering. Abbiamo poi in cantiere alcuni progetti molto importanti che ci permetteranno di concorrere in termini di qualità e risultati con aziende molto più grandi della nostra. Per quanto riguarda la formazione, nel biennio 2013-2014, proseguiremo con lo sviluppo professionale dei nostri collaboratori. Abbiamo già avviato dei corsi di management aziendale avanzato che ci permetteranno di “allevare” i futuri re-

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elevate in termini di comunicazione, programmazione e gestione strategica. Solo così potremo collocarci fra le grandi aziende e proporci come alternativa vincente all’interno di progetti sempre più complessi». Quindi nel vostro presente e sul vostro orizzonte non si profilano particolari criticità. «Sul nostro sito campeggia una frase che recita: “dietro a ogni problema si nasconde un’opportunità”. Noi la vediamo così. Tuttavia, esiste un’indubbia criticità. Potrà apparire come un controsenso, ma in un periodo in cui scarseggia il lavoro fatichiamo a trovare sul mercato figure professionali già adeguatamente formate. Il mio invito va quindi ai giovani di buona volontà: fatevi avanti e preparatevi il più possibile, cercate di raggiungere molto più di quello per cui vi prepara la scuola. Leggete, informatevi, documentatevi, imparate cose nuove. Solo così sarete competitivi e potrete aspirare alle posizioni migliori».



MODELLI D’IMPRESA

Il siderurgico scommette sulla diversificazione Ampliare la gamma dei prodotti, acquisendo nuove aree di competenza. Su questa strategia si basa l’impresa di Gianni Olmo, che ottiene buone performance nel settore siderurgico Lucrezia Gennari

al 2008 il commercio dei prodotti siderurgici risente della crisi generale, che ha causato una forte diminuzione dei consumi, complice anche la contrazione delle vendite del settore automobilistico e immobiliare. In questa situazione, aumentare le aree di competenza, diversificare i prodotti e ampliare i servizi offerti si sono rivelate carte vincenti per la Cfm di Mondovì specializzata nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti siderurgici, quindi travi, tubi e tubolari, lamiere, trafilati, laminati e acciai in qualità. «Oggi offriamo la possibilità del

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Gianni Olmo, direttore della Cfm – Commercio Ferro e Metalli Srl di Mondovì. Nelle altre immagini, alcuni prodotti commercializzati dall’azienda www.cfmferro.com

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Gianni Olmo

40% L’INCREMENTO DEL FATTURATO REGISTRATO NEL 2010 DALLA CFM E MANTENUTO COSTANTE NEGLI ULTIMI ANNI

taglio su misura grazie a quattro linee di lavorazione e abbiamo elevato il livello qualitativo dei servizi di vendita attraverso l’acquisizione della certificazione del processo produttivo – afferma Gianni Olmo, direttore dell’azienda –. Dal 2010 infatti siamo certificati Uni En Iso 9001:2008 col Bureau Veritas e siamo iscritti al Consiglio superiore dei lavori pubblici come centro di trasformazione. Abbiamo inoltre scelto di trattare quasi totalmente acciaio di provenienza nazionale, perché convinti della maggiore qualità rispetto al materiale di origine estera». Grazie alla vostra strategia imprenditoriale siete riusciti a ottenere buoni risultati nell’ultimo anno. «Le vendite del 2012 si sono consolidate sugli stessi livelli dell’anno precedente che aveva visto un incremento del 40 per cento rispetto al 2010, pertanto, considerando l’andamento generale, non possiamo che essere soddisfatti dei risultati raggiunti. Inoltre, la scelta di andare incontro alle mutate necessità del mercato diversificando l’offerta ha sicuramente avvantaggiato le performance ottenute». I vostri prodotti siderurgici sono destinati a diversi settori. Quali mercati rappresentano la percentuale maggiore del vostro core business? «Abbiamo una clientela molto eterogenea che spazia dalle carpenterie alle industrie, dal settore delle energie alternative al fabbro. Ciascuna di queste categorie ha necessità commerciali molto differenziate alle quali rispondiamo con procedure personalizzate. Siamo inoltre in grado di adattare la gamma in tempi rapidi proponendoci come partner il più possibile completo e affidabile». In risposta alla crisi Cfm ha anche deciso di

La scelta di andare incontro alle mutate necessità del mercato diversificando l’offerta ha sicuramente avvantaggiato le performance ottenute

aumentare le aree di competenza. Quali zone coprite oggi e da quali territori stanno derivando le migliori risposte in termini commerciali? «Da piccola attività commerciale circoscritta al territorio del monregalese la Cfm è cresciuta negli anni sia dal punto di vista strutturale, sia come organico. Anche l’area di competenza ha subito un’evoluzione favorita dalla nostra posizione geografica, arrivando alla distribuzione attuale rivolta alle provincie di Cuneo, Torino, Asti e Savona, pur mantenendo un occhio di riguardo alle attività circoscritte al monregalese». Quali prospettive si aprono per l’azienda in questo nuovo anno? «Non è facile ad oggi prevedere quale sarà l’evoluzione per i prossimi mesi. I miei collaboratori e io auspichiamo come tutti una generale ripresa dell’economia, pur non intravedendo attualmente alcun segnale di crescita. La nostra azienda continuerà a ricercare professionalità e alto livello qualitativo dei prodotti e dei servizi offerti. Confidiamo tuttavia nella storica capacità delle imprese piemontesi di saper far fonte alle sfide che il futuro ci prospetta». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 91


MODELLI D’IMPRESA

L’impiantistica, tra export e innovazione Oggi sono i mercati stranieri a offrire le migliori opportunità per lo sviluppo dell’impiantistica legata alle energie rinnovabili. Mentre sul mercato interno vince l’innovazione. Il punto di Eligio Scotta Carlo Gherardini

attuale situazione economica e politica spinge molte realtà di diversi settori a guardare fuori dai confini nazionali e a puntare sui mercati stranieri. Come afferma Eligio Scotta, titolare della Scotta Spa, azienda specializzata nella progettazione, realizzazione e installazione di centrali idroelettriche, impianti per la generazione dell’elettricità e automazione industriale: «per il 2013 si prevede una diminuzione del fatturato legato al mercato italiano, un calo che si spera sia bilanciato da un aumento del fatturato legato ai mercati esteri, che negli ultimi anni hanno segnato un continuo sviluppo in positivo». La strategia per mantenere su livelli accettabili anche il fatturato relativo al mercato italiano, se-

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Eligio Scotta

Momenti di lavoro all’interno della Scotta Spa di Villafalletto (CN). Nella pagina accanto, in basso, impianto idroelettrico denominato “Maddalena” a Pontechianale (CN) – 1600 m.s.l.m. - potenza installata 2500 kW www.scotta.it

condo Eligio Scotta, è l’innovazione: «sul mercato interno – afferma – stiamo puntando su nuovi prodotti e nuove soluzioni che si adattino alle esigenze tecnico – economiche del settore». Scotta Spa opera principalmente nel settore delle energie rinnovabili, idroelettrico, fotovoltaico e biogas con particolare attenzione al mini idroelettrico con soluzioni water to wire. «Anche se il nostro principale mercato rimane indubbiamente l’Italia centro-settentrionale, negli ultimi anni ci stiamo consolidando nel mercato latinoamericano, con particolare attenzione allo scenario cileno. Gli obiettivi di medio termine sono di conquistare alcuni mercati europei come Francia, Romania ed Est Europa e di consolidare la posizione in America Latina». Oltre che con la crisi economica, il settore delle rinnovabili e tutto l’indotto, deve fare i conti con le normative, in continuo cambiamento. «Il crollo degli incentivi statali per il 2013 ha colpito non solo il fotovoltaico ma anche altre tipologie di energie rinnovabili, incluso l’idroelettrico, che rappresenta una parte importante del nostro core business. Oggi le maggiori criticità – continua Eligio Scotta – sono proprio la mancanza di una regolamentazione certa e duratura, sia per l’ottenimento dei permessi di costruzione che per il valore delle tariffe di vendita dell’energia. A questo si aggiunge la difficoltà di accesso al credito e la lentezza nell’ottenimento dei permessi per costruire, derivante dai motivi più svariati. Per far fronte a tali criticità, la nostra azienda ha investito molto nella formazione del personale e nello sviluppo di nuove soluzioni che le permettessero di essere competitiva sul mercato italiano ed estero». Gli investimenti non sono stati vani, infatti Scotta Spa ha chiuso il 2012 in positivo, con un consolidamento del mercato italiano e un incremento del fatturato legato al mercato stra-

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Il crollo degli incentivi statali per il 2013 ha colpito non solo il fotovoltaico ma anche altre tipologie di energie rinnovabili, incluso l’idroelettrico

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niero. «La ricerca e lo sviluppo sono basilari per il consolidamento di un’azienda come la nostra, in quanto permettono di essere competitivi e di offrire prodotti nuovi e vincenti in un mercato sempre più complesso, in cui il prodotto per ottenere successo deve essere performante ed economico». Per far fronte a una concorrenza sempre più agguerrita, l’azienda ha deciso di integrare diverse attività, in modo da porsi come unico interlocutore in grado di seguire il cliente per varie tipologie di impianti, con i servizi connessi. «Da sempre ci poniamo come unico interlocutore per tutte le fasi di progettazione, realizzazione e revamping degli impianti. Si tratta sicuramente di una carta vincente in quanto il cliente gradisce interfacciarsi con un unico soggetto – conclude Scotta –; al tempo stesso questo permette all’azienda di avere maggiore flessibilità nell’organizzazione delle distinte commesse e di ottenere la fornitura di un prodotto che risponda completamente alle indicazioni in termini di qualità e di rapidità di esecuzione». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 95


MODELLI D’IMPRESA

La meccanica punta sui servizi su misura Più controllo delle spese per gli acquisti e meno scarti di produzione. Rispetto dei tempi di consegna e completezza del servizio. Così le aziende meccaniche reggono la crisi. Il caso di un’officina di Novara Valeria Garuti

avorando con i paesi esteri i problemi di pagamento si riducono al minimo. L’Italia, al contrario, si trova in tremenda sofferenza». Questo il commento di Domenico Platini, titolare dell’omonima officina meccanica di Novara. Una piccola realtà che, lavorando conto terzi esclusivamente per il mercato estero, riesce ancora a mantenere una posizione competitiva sul mercato. «Produciamo particolari meccanici di precisione per

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Fasi di lavoro nell’officina meccanica Platini, Fontaneto d’Agogna (NO) www.platiniweb.it domenicoplatini@tiscali.it

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diverse categorie produttive», aggiunge Platini. «I nostri settori di riferimento variano dal packaging al tessile, fino alla robotica per l’automobilistico e a quello degli elettrodomestici. Si tratta, in prevalenza, di piccole nicchie di mercato, caratterizzate da un basso livello di concorrenza perché la qualità dei prodotti è elevata e riconosciuta a livello mondiale. Infatti, i nostri clienti finali sono aziende come la Cavanna Packaging Group, il leader mondiale dell’automazione per imballaggio e la Sant’Andrea, importante realtà produttrice di macchine tessili». Inoltre, rispettare i tempi di consegna e offrire un servizio completo, sono valide strategie che permettono alle imprese meccaniche di superare la crisi. «Dieci anni fa – continua – abbiamo deciso di investire parecchie risorse al fine di migliorare la qualità del nostro servizio e oggi, in un periodo di crisi come quello che stanno attraversando quasi tutte le realtà del nostro settore, questo si è rivelato di grande aiuto. Infatti, nel 2012 abbiamo registrato un aumento del fatturato del 5 per cento rispetto all’anno precedente». In una realtà come quella dell’officina, l’attenzione al dettaglio tecnico è una priorità. «Controlliamo il pezzo sia durante il trattamento a cui lo sottoponiamo sia prima della consegna. In questo modo, anche le più piccole anomalie vengono modificate in modo da portare il


Domenico Platini

+5%

AUMENTO DI FATTURATO REGISTRATO DALL’OFFICINA MECCANICA PLATINI NEL 2012 RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE GRAZIE ALL’OTTIMIZZAZIONE DEL SERVIZIO

pezzo perfettamente a disegno. Nel caso in cui non sia possibile modificare l’articolo, avvisiamo l’ufficio tecnico dei nostri clienti e rendiamo loro nota l’imperfezione. In questo modo, le probabilità di inviare un pezzo non conforme diminuiscono notevolmente. In più, non solo la nostra squadra è in grado di offrire una prestazione rapida, della quale i clienti fidelizzati sono ormai certi del risultato, ma anche completa, perché al momento della consegna i nostri articoli sono già pronti per il montaggio. Grazie alla nostra attenzione per

l’efficienza, i conti sono tornati e oggi siamo in grado di autofinanziarci». Attiva dal 1976 come impresa artigiana conto terzi che lavorava valvole per il settore petrolifero grazie a un tornio parallelo, a causa del considerevole calo di ordini dovuto alla crisi petrolifera degli anni Ottanta, oggi l’officina meccanica di Fontaneto d’Agogna è una realtà terzista che punta a un servizio su misura e cerca di contenere al massimo le spese. «Il nostro magazzino è fornito del minimo necessario a evadere gli ordini e l’acquisto di utensili è sempre ben ponderato. Gli scarti di produzione sono inferiori all’uno per cento. È importante evitare di investire capitali dove non ne vale la pena. Per questo motivo, noi cerchiamo, piuttosto, di concentrarci sugli utili. Il nostro staff è formato da persone motivate e sempre aggiornate sulle ultime novità tecnologiche». Per il futuro, Domenico Platini prevede un ulteriore aumento di fatturato. «Abbiamo in programma di potenziare la nostra officina meccanica, sia a livello di personale, sia di macchinari». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 97


MODELLI D’IMPRESA

Usato e online, i nuovi trend dell’auto Chi desidera acquistare un’auto, ormai, si reca su internet ancora prima che in concessionaria. Un trend che la Gino Spa ha saputo cavalcare consolidandosi a livello nazionale. Il punto del direttore generale Alessandro Gino Filippo Belli

anto l’offerta, quanto l’approccio commerciale, sono profondamente mutati sul mercato dell’auto. Lo ha compreso Alessandro Gino, direttore generale di una tra le più importanti reti di concessionarie e officine italiane, con oltre nove sedi dislocate tra il Piemonte e la Liguria. Gino Spa è oggi un unicum sul panorama di settore, rappresentando ben 10 marchi, tra cui Mercedes , Bmw, Mini, Smart, Abarth, Alfa Romeo, Jeep, Lancia, Toyota, Volvo. Realtà che ha saputo mantenere, durante la crisi, notevoli volumi di vendita.

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Alessandro Gino, direttore generale della Gino Spa di Cuneo www.ginospa.com

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La vostra strategia pare oggi focalizzarsi su nuovi canali, anzitutto l’usato aziendale. «Una scelta dettata dalla necessità di adeguarci all’andamento del mercato. Forti del nostro potere di acquisto, sicuramente maggiore rispetto alla classica concessionaria, possiamo proporre un range di autovetture dal livello qualitativo paragonabile al nuovo e superiore all’usato classico. Non solo, su questo frangente siamo i soli in Italia a vantare un numero così alto di marchi disponibili». Quali target si rivolgono a questo segmento? «Il bacino di acquirenti è trasversale. Osservo, su ogni fascia, un approccio psicologico prudente. Sotto l’influenza della crisi, anche chi potrebbe permettersi un’auto nuova, preferisce optare per un investimento più cauto. Noi assecondiamo questo trend proponendo, per varietà e qualità, una scelta difficilmente riscontrabile altrove. Abbiamo creato uno specifico brand, GinoStore, per collocarci come specialisti dell’aziendale, che ha contribuito a far crescere il volume dell’usato a oltre il 27 per cento sul fatturato totale. Solamente a gennaio 2013 abbiamo chiuso circa 130 contratti con questa formula. Nello stesso periodo, lo scorso anno, ne avevamo chiusi 35». Il suo gruppo sta puntando molto anche sul web. «È dall’inizio del 2012 che stiamo investendo importanti somme e risorse per l’ampliamento del nostro sito, ginospa.com, e per l’utilizzo di piat-


Alessandro Gino

taforme innovative e social network. Già il 9 per cento del nostro fatturato deriva dall’acquisto online. Le nostre offerte, siglate in esclusiva con le case madri per quel che concerne il nuovo e da noi studiate per il brand GinoStore, vengono promosse sulla home page. Chiunque, da ogni parte d’Italia, cliccando sui banner può contattare direttamente i nostri operatori. Non solo. Abbiamo scoperto che circa il 35 per cento delle persone che si recano fisicamente presso le nostre concessionarie, lo fa dopo aver studiato le offerte presenti sul sito. Attualmente stiamo gestendo oltre 60mila visite al mese che portano, sempre mensilmente, a una media di 500 trattative e a 70 auto vendute». Dunque non è vero che gli italiani acquistano online solo i beni di consumo. «Ormai internet è la porta di accesso per l’acquisto di ogni tipologia di prodotto. Il nostro obiettivo è quello di integrare il canale virtuale, anche attraverso l’utilizzo dei social network, con quello fisico rappresentato dai nostri showroom. Siamo molto attenti anche ai momenti di contatto del “ciclo vita del cliente”: è per questo motivo che l’assistenza post vendita è così importante nel nostro gruppo». Vale a dire? «È fondamentale seguire il cliente dall’acquisto della prima auto alle sue manutenzioni, fino al ricambio. Per questo ci siamo strutturati anche con 12 officine. L’automobilista si sente seguito, curato. E lo stesso discorso vale per i finanziamenti e le assicurazioni. Un’auto su tre che esce dalle

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Sotto l’influenza della crisi, anche chi potrebbe permettersi un’auto nuova, preferisce optare per un investimento più cauto

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concessionarie Gino, lo fa avendo acquistato anche un nostro prodotto assicurativo. Grazie all’accordo con un grande broker assicurativo possiamo offrire condizioni estremamente vantaggiose. Per esempio, proponiamo un’assicurazione su incendio e furto che garantisce, integralmente, per i primi tre anni il prezzo di acquisto della vettura grazie all’applicazione di un rilevatore satellitare compreso già nel prezzo». Avete attuato una politica estremamente competitiva anche sul fronte dei finanziamenti. «Avendo alle nostre spalle le case tedesche, possiamo appoggiarci alle loro finanziarie. Attualmente una banca tedesca acquista il denaro molto più facilmente. E può veicolare al cliente delle condizioni migliorative». Cosa si aspetta dal 2013? «Saremo impegnati sullo sviluppo della partnership con Bmw e Mini nella Liguria di Ponente, dove abbiamo da poco acquisito un nuovo concessionario. Per il resto un’ulteriore crescita del brand “GinoStore” e delle vendite online». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 99


MODELLI D’IMPRESA

Veicoli industriali e commerciali, si punta al postvendita Per fronteggiare il calo delle vendite, il gruppo Garelli ha investito nello sviluppo di una rete di officine, stimolando un nuovo importante core business. Enzo Garelli fa il punto della situazione Filippo Belli

Nella pagina accanto, Enzo Garelli, seduto, presidente della Garelli Spa di Mondovì, e Gianluca Garelli, amministratore delegato www.garelli.eu

nticipare il trend del mercato, ricalibrando le strategie e prevedendo le esigenze dei committenti. Non tutte le imprese ci riescono, ma chi si è dimostrato in grado di aggiustare il tiro ha potuto affrontare la crisi a testa alta. Lo dimostrano i risultati della Garelli Spa, la società con sede a Mondovì, in provincia di Cuneo, oggi a capo della maggiore rete di concessionarie e punti assistenza per mezzi pesanti e veicoli commerciali in Piemonte. Asti, Cuneo, Saluzzo, Mondovì, Fossano, Alba. Questi i luoghi dove, nell’ultimo decennio, il Gruppo ha investito circa 40 milioni di euro aprendo non soltanto saloni, ma vere e proprie officine e centri di assistenza postvendita. Nel 2012 le Officine Garelli si sono classificate prime, a livello nazionale, nell’ambito del “CSI Network After Sales - Market Italy”, una speciale graduatoria redatta da Iveco che misura il grado di soddisfazione dei clienti che hanno usufruito di servizi di assistenza presso le Officine di Concessionaria della propria rete Italia. «La nostra è stata una scelta oculata, dettata dalle previsioni che ci indicavano un calo tendenziale della vendita dei mezzi nuovi» spiega il presidente Enzo Garelli, alla guida della società insieme al figlio Gianluca, amministratore delegato.

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Enzo Garelli

56 MLN

FATTURATO RELATIVO AL GRUPPO GARELLI PER L’ANNO 2012. DI QUESTI, BEN 26 MILIONI DI EURO DERIVANO ESCLUSIVAMENTE DALL’ATTIVITÀ DI ASSISTENZA POST-VENDITA

Dunque non solo vendita? «Ora il fatturato deriva soprattutto dai servizi, dalle riparazioni. Su un totale di 56 milioni di euro, circa 26 derivano esclusivamente dall’assistenza postvendita». Quale situazione di mercato osserva? «Decisamente grave. Il 2012, in particolare, è stato l’annus horribilis per le vendite di mezzi nuovi. Nelle ultime stagioni le vendite sono scese del 50, se non addirittura del 60 per cento. Questo è il dato generale. Nel nostro specifico, il calo è stato attutito, attestandosi sui 40 punti percentuali». E in più c’è la diversificazione, che è la vostra ancora di salvezza. «Questo è fondamentale. Orientando il nostro business sull’assistenza e la riparazione abbiamo affrontato la congiuntura negativa includendo nuove importante voci nel nostro bilancio». Perché, in Piemonte, Garelli detiene la fetta di mercato maggiore? «Per la nostra capillarità. Sappiamo tutti che gli autotrasportatori non hanno alcuna intenzione di percorrere molti chilometri per ricevere assistenza. Il fatto di trovarci in più posizioni strategiche del territorio ci rende raggiungibili. Siamo

divenuti un vero punto di riferimento». Le vostre concessionarie vendono esclusivamente veicoli Fiat e Iveco. Nell’assistenza, invece, potete operare su più marchi? «Anche questo è un punto di forza. Le officine Garelli sono attrezzate per operare su tutte le tipologie di veicoli commerciali e industriali di tutte le marche. Fattore, quest’ultimo, da non sottovalutare e che ci permette di fidelizzare un nuovo segmento di clienti». Nel 2013 aprirete una nuova officina. «Tra pochi mesi inizieranno i lavori per ampliare la nostra sede di Alba. Seppure in un momento molto difficile per l’intero mercato del veicolo commerciale e industriale, abbiamo deciso di investire in questa struttura. La costruzione avrà inizio a fine 2013 e prevede, oltre al punto di vendita veicoli nuovi del marchio Fiat Professional, usati e ricambi, una nuova officina di circa 5mila metri quadrati». Nei prossimi mesi crede che il mercato invertirà la tendenza? «Sarà difficile. Fino a quando non ripartirà il settore edile, prima fonte di business per gli autotrasporti, tutto resterà bloccato. Dal canto nostro le previsioni sono di stabilizzazione del fatturato, dunque puntiamo a non perdere quote rispetto al 2012. Ripeto, il fatturato potrà mantenersi stabile soprattutto grazie alle riparazioni e al commercio dell’usato in tutta Europa, ma ci vorrà ancora tempo prima che il mercato del nuovo riparta in maniera significativa». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 101


MODELLI D’IMPRESA

Il tessile riparte dal made in Italy nei periodi di crisi che nascono gli stimoli per creare nuove opportunità». Questo il monito di Beppe Vai, titolare della Valdi, per contrastare il difficile momento che il tessile sta attraversando. Nel 2012 la realtà di Novara, produttrice di abbigliamento per la cerimonia maschile di alta fascia, ha chiuso con un bilancio non del tutto negativo. Questo è dovuto principalmente dal fatto che l’azienda opera in un mercato, quello del formal wear, di nicchia. Una piazza, quindi, caratterizzata da una minore esposizione alla concorrenza, una maggiore possibilità di soddisfare i clienti rispetto ai brand generalisti, offrendo prodotti e ser-

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La flessione del tessile è stata notevole, ma la ripresa non è impossibile. «Servono idee nuove e un prodotto realizzato, davvero, in Italia». Beppe Vai fa il punto sul settore cerimonia uomo Valeria Garuti

vizi che seppur richiesti in misura minore hanno una loro domanda costante rispetto alla media. «Abbiamo contenuto la riduzione del giro d’affari in modo da non recare danno all’azienda – aggiunge Vai –, ed è risultata un’operazione strategica. Inoltre, consideriamo molto valida l’acquisizione di alcuni importanti clienti stranieri, avvenuta proprio lo scorso anno».


Beppe Vai

Una creazione della Valdi Srl di Novara Nella pagina accanto, il titolare Beppe Vai www.valdi.it

IL MADE IN ITALY

Fin dagli inizi, negli anni Ottanta, l’arma vincente della realtà di Novara, è stata il made in Italy. «Partendo dalla produzione dei tessuti per abiti e gilet, ad altri accessori come i cravattoni e le fasce smoking, fino ad arrivare al vasto assortimento di gemelli, laminati in palladio, oro o argento 925, i nostri prodotti sono interamente realizzati in Italia. Ovviamente, il valore del made in Italy acquisisce un’importanza ancora maggiore nel momento in cui si posiziona tra le fasce alte di mercato. La clientela d’élite, soprattutto quella dell’area Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – è sempre di più attratta dal prodotto di qualità e dalla garanzia che precede ed è parte integrante del marchio italiano». STILI E TENDENZE

In un mercato in continua evoluzione, dove gli stili, le mode e le tendenze cambiano e si ripropongono per poi mutare ancora, fattore determinante è la creatività. «Le tendenze attuali, anche in un settore specifico come quello della cerimonia, sono indirizzate verso uno stile sobrio-aggiornato, in linea con le esigenze di oggi. L’uomo, desidera essere elegante, ma vuole anche apparire rilassato. Sono da dimenticare certi aspetti formali del passato che facevano apparire la persona piuttosto “ingessata”. Parlando di trend e di materiali, invece, nel nostro settore è sempre molto richiesta la seta, per quanto riguarda gilet e cravattoni. Per gli abiti, invece, si possono usare le fibre più varie, avendo cura di non trascurare una buona percentuale di lana. L’abito per l’occasione importante deve avere aspetti particolari che fibre non di lana aiutano ad ottenere».

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Il valore del made in Italy acquisisce un’importanza ancora maggiore nel momento in cui si posiziona tra le fasce alte di mercato

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IL RUOLO DEGLI ARTIGIANI

Spinte da una continua voglia di cambiamento, le aziende che chiedono proposte nuove e complete sono sempre più numerose. Sono da rivalutare e mettere in luce, quindi, le idee innovative e la disponibilità, intesa come elasticità e velocità, nel rispetto dei tempi di consegna. «Questo per noi è possibile anche grazie ai nostri fornitori artigiani, che garantiscono sempre un alto livello di qualità. Solo così siamo in grado di seguire in modo efficiente realtà assolute a livello mondiale come Versace, Dolce & Gabbana, Pal Zileri e Ralph Lauren, solo per citare alcuni brand». In più, Valdi ha messo a punto proposte “chiavi in mano”. «Svolgiamo un’attività di consulenza per quelle aziende di confezione maschile che desiderano proporre una linea cerimonia completa di accessori. Proponiamo tessuti e modelli curati in ogni dettaglio, – anche dal punto di vista logistico. Seguiamo il cliente dal nostro laboratorio fino al suo magazzino spedizioni e per il 2013 l’obiettivo è espandere il numero di clienti esteri». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

Urge un sostegno per il tessile ccorre intervenire sul sistema, sostenere concretamente il comparto riducendo il costo del lavoro e colpendo le speculazioni». È chiaro il monito di Giovanni Basso, titolare della Tintoria di Pollone, con sede a Biella, ormai una tra le poche aziende sul territorio nazionale specializzata nella tintura di filati di varia composizione. Dalle fibre tessili naturali, come cotone, lino, lana, seta, a quelle artificiali, come viscosa, modal, acetato e sintetiche in poliestere. «Quasi il 70 per cento dei concorrenti è stato costretto a chiudere. Noi abbiamo resistito, grazie alla professionalità, ma la crisi non ci ha risparmiato». La tintoria, specializzata nello “stone wash” e nelle tinture con effetto delave, bicolor, e mélanges, ha trovato nella sua poliedricità di prodotti e servizi la chiave per mantenersi compe-

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La parola a Giovanni Basso, titolare della Tintoria di Pollone, una delle poche realtà del settore che resistono e innovano. «Ma occorre ribaltare il sistema, o le Pmi del comparto scompariranno definitivamente» Paolo Lucchi

titiva. «Diversificando le tecniche e le lavorazioni possiamo conquistare importanti nicchie di un mercato che, via via, si fa sempre più esigente». L’obiettivo è mantenere elevati gli standard qualitativi. E soprattutto allargare gli orizzonti di business. Secondo Giovanni Basso «Occorre aprirsi velocemente ai mercati esteri. Quello interno ormai è inesistente, vittima di speculazioni, costi energetici e di manodopera non più sostenibili. Se si aspettano che a risollevare la domanda interna siano le Pmi, allora qualcuno ci deve aiutare: il sistema Paese prima di tutto, il sistema finanziario poi». La crisi, purtroppo, ha schiacciato la redditività delle imprese di settore. Da quanto osserva il titolare dell’azienda piemontese, «solo pochi grandi realtà del tessile continuano a guadagnare. Ma ciò avviene unicamente dinanzi a grandi volumi di esportazione». È duro lo scenario descritto dall’imprenditore. «In questi giorni è stata divulgata un’analisi in cui si evidenzia come la pressione fiscale sia aumentata arrivando al 64,4 per cento. I dati non sono confortanti se pensiamo all’Imu sui capannoni e sugli immobili in cui si svolge la produzione. Le aziende come la nostra fanno fatica a ribaltare sia i maggiori costi variabili che i maggiori costi fissi sul prezzo di vendita. Al tempo stesso il sistema finanziario ha paura,


Giovanni Basso

Giovanni Basso è titolare della Tintoria di Pollone Srl con sede a Biella amministrazione@tintoriadipollone.it

non eroga, e, quando lo fa, ti mette dinanzi a numerosi paletti». Un meccanismo che, secondo Basso, fa scattare un circolo vizioso. «Le grandi aziende, che hanno un potere ovviamente maggiore rispetto ai piccoli, cosa fanno per non intaccare il loro rating? Si finanziano con i fornitori. Questo è quello che sta succedendo e che sta distruggendo il tessuto industriale italiano». Ma ciò nonostante lo spirito d’iniziativa e il desiderio di continuare a fare impresa non cala in chi, come Basso, crede fortemente nel proprio progetto aziendale. «Nonostante questo scenario allarmante, il mio gruppo di lavoro non ha perso l’entusiasmo e la voglia di fare. Occorre rimboccarsi le maniche e non farsi trovare impreparati dinanzi a ogni segnale di ripresa». Segnali che, secondo l’azienda di Biella, pare si stiano palesando. «Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un incremento della richiesta di prodotti made in Italy da parte del mercato mondiale, da parte di una crescente quota di popolazione benestante in Cina, Russia e Brasile, senza dimenticare la ripresa di Stati Uniti

Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un incremento della richiesta di prodotti made in Italy da parte del mercato mondiale

e Giappone». Secondo il titolare «in questo ambito la differenza non è dettata dall’utilizzo di tecnologie avanzate. È la qualità dei materiali, affiancata alle nostre tecniche, a convincere gli acquirenti. Tutte le materie prime, ossia i coloranti e gli ausiliari, sono certificate, compatibili con l’ambiente, così come lo sono le nostre fasi di produzione». Secondo Basso, «le vere innovazioni, nel nostro campo, sono rappresentate dalle idee, dalla voglia di inventare e proporre qualcosa di nuovo. Ciò per noi è fondamentale, operando all’interno di un settore, quello della moda, in continua evoluzione». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 105


MODELLI D’IMPRESA

Nuovi business per la moda bimbo Il marchio IDEXE’ continua la scalata del mercato dell’abbigliamento per bambini, attraverso l’apertura di nuovi punti vendita in Italia e all’estero e un piano di sviluppo strategico Eugenia Campo di Costa

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on 190 negozi monomarca, dislocati tra centri commerciali e punti vendita presenti nei centri storici delle maggiori città italiane, e circa 40 negozi all’estero, diffusi tra Grecia, Albania, Slovenia, Croazia, Malta, Turchia, Kazakistan e Arabia Saudita, paesi dell’Est europeo, il marchio IDEXE’ si conferma uno dei principali protagonisti della moda italiana destinata ai piccoli.

Massima attenzione alla qualità dei tessuti, alla cura dei dettagli, al comfort e allo stile sono i tratti distintivi dei capi che vestono i bambini da 0 a 14 anni e vengono distribuiti dalla Re.Com di Revello. L’azienda studia stilisticamente e industrialmente le collezioni, dal disegno alla modellistica, alla scelta dei materiali. L’organizzazione distributiva è diretta ed efficace, i prezzi competitivi e soprattutto la qualità di prodotto alta. All’interno dei punti vendita, ogni aspetto è curato nei minimi particolari: dall’immagine, alla presentazione del prodotto, al servizio. L’ambiente, studiato appositamente per il target di riferimento, è sempre sobrio, accogliente e molto funzionale, rappresentando un modello di successo, destinato a un crescente sviluppo e al consolidamento sul mercato. Le prospettive di crescita e di apertura di nuovi punti vendita, infatti, non mancano: l’obiettivo di Re.Com è una copertura ancora più capillare del territorio, con l’apertura di altri punti vendita in Italia, anche nelle città che, pur essendo più piccole, hanno un alto potenziale di visibilità, bacino d’utenza e conseguente business. Il piano di sviluppo prevede l’apertura di 10-15 negozi all’anno e, oltre ai nuovi negozi stranieri, si propone di raggiungere in tempi brevi quota

Nelle immagini, alcuni capi della collezione a marchio IDEXE’ www.mammaidexe.com

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IDEXE’

Il piano di sviluppo prevede l’apertura di 10-15 negozi all’anno e, oltre ai negozi stranieri, si propone di raggiungere quota 200 punti vendita in Italia

200 punti vendita in Italia. Il marchio punta moltissimo sul rapporto con la clientela. I focus principali sono la famiglia e la mamma e proprio per soddisfare al meglio le esigenze del target di riferimento, nel 2013 partirà un piano di comunicazione via web tramite i canali social, in cui verranno pubblicati articoli di interesse quotidiano e si potrà fruire di situazioni interattive che favoriranno il gioco e lo scambio tra genitori e bambini, con l’obiettivo di instaurare un rapporto continuativo con le Clienti anche al di fuori del negozio. Quest’anno continuerà inoltre il progetto di loyalty avviato ad aprile 2012, la Carta Fedeltà IDEXE’. In soli otto mesi sono già 260 mila le Clienti titolari della Carta che, raggiungendo determinate soglie di punti, hanno diritto a scegliere come premi i capi della collezione che preferiscono. Nella filosofia del marchio, il contatto con la clientela è curato in maniera particolare, l’obiettivo è quello di essere vicini al proprio target senza risultare invadenti. A questo scopo vengono curati canali via web, a partire dal sito internet che verrà a breve rinnovato. Inoltre, le titolari della Carta Fedeltà IDEXE’, possono usufruire di un servizio via sms che permette loro di essere sempre aggiornate in tempo reale sulle iniziative commerciali, con la conseguente ed esclusiva opportunità di poterne approfittare tempestivamente. Le iniziative non si fermano qui: importanti partnership con aziende leader in altri settori

merceologici dedicati ai più piccoli, hanno decretato, dal 2009, una progressiva notorietà del marchio che ha conquistato nuove e significative quote di mercato. Anche per il 2013 l’azienda ha deciso di percorrere la stessa strada, siglando nuovi accordi con noti marchi vicini alle famiglie. La realizzazione dei capi è affidata alla Mauli Spa, primo produttore italiano di abbigliamento bambino, leader nel settore da più di 40 anni. Fondamentale nella creazione di un vestito IDEXE’ non è solo lo stile, ma anche e soprattutto il comfort e la sicurezza del bambino. A questo scopo, ogni anno vengono investite ingenti risorse nella ricerca e nello sviluppo. L’ideazione delle collezioni è affidata e coordinata da stilisti validi e affermati e l’alto livello qualitativo dei capi è garantito grazie a personale diretto, estremamente competente, che esegue rigorosi controlli di qualità durante i processi produttivi. Ulteriori controlli vengono infine effettuati anche al termine della produzione, quando i capi vengono ulteriormente selezionati e preparati prima di essere immessi sul mercato. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 107


LegnoArredo: rilanciare i consumi nazionali

Dopo un annus horribilis, il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, guarda avanti: «La priorità è il rilancio dei consumi interni. Chiediamo alle istituzioni di includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento» Renato Ferretti

umeri da settore trainante e fama da made in Italy affermato non bastano. Il legno arredo rimane una sezione dell’economia italiana di cui si parla poco, se non si tengono in considerazione le eccezioni fornite dagli eventi come i Saloni di Milano. È quanto denunciano i più importanti attori del comparto, impegnati a far fronte all’emergenza del crollo dei consumi, che ha contribuito nel 2012 alla perdita di 8mila posti di lavoro oltre che alla chiusura di 2400 imprese. Ciò non toglie che questo rimane un settore cardine per l’economia reale italiana. A sostenerlo con forza è la FederLegnoArredo, cui

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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it

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Roberto Snaidero

Giovanni Anzani, presidente di Assarredo

L’ARREDO MADE IN ITALY GUARDA OLTRECONFINE n mercato interno in stallo e un’assoluta esigenza di business stanno spingendo tutto il settore legno-arredo sui mercati esteri. In particolare le aziende di arredamento, che nel 2012 hanno registrato l’ennesimo crollo nelle vendite in Italia (-20 per cento), guardano sempre più oltreconfine per trovare quell’ossigeno necessario per affrontare l’incerto futuro con maggiore serenità e speranza, e spesso, così facendo, trovano terreno fertile per la propria offerta. «A livello internazionale sottolinea Giovanni Anzani, presidente di Assarredo -, chi ha disponibilità economica cerca i nostri mobili. Dobbiamo spingere al massimo perché l’eccellenza della nostra produzione sia conosciuta, educando al bello i mercati, in particolare quelli emergenti. È soprattutto un problema di comunicazione: i nostri mobili sono i migliori al mondo; dobbiamo essere sempre più bravi a dirlo e a dirlo nel modo più convincente. E dobbiamo essere uniti. In questo momento, soprattutto all’estero, se non facciamo sistema non abbiamo molte chance di competere».

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dà voce il Presidente Roberto Snaidero. «Se consideriamo i numeri della filiera legno arredo – dice Snaidero – salta immediatamente all’occhio l’importanza che questa rappresenta per il Paese e per il suo tessuto sociale: circa 70mila aziende, oltre 370mila addetti, 28,5 miliardi di euro di fatturato di cui 12,4 di esportazioni. Cifre che fanno esigere il massimo rispetto e la massima attenzione. Le istituzioni e il mondo della politica, invece, spesso si dimostrano distratti da altri settori produttivi forse più accattivanti mediaticamente, ma sicuramente meno importanti del nostro». In particolare quale andamento sta registrando il settore e quali le criticità maggiori? «Il “Termometro Vendite”, elaborato a settembre dal Centro Studi FederlegnoArredo, ha rilevato per il 2013 un netto miglioramento del clima di fiducia delle imprese, sostenuto soprattutto dall’export. Ma la situazione del mercato interno è decisamente grave, con una perdita superiore al 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fino a quando non saranno adottate misure serie a sostegno dei consumi interni penso che sarà difficile operare con l’efficacia che ha sempre contraddistinto le nostre imprese».

Quale valore aggiunto offre la Federazione? «La nostra federazione è forse l’unica al mondo che racchiude in sé tutti gli attori della filiera, dalla foresta al prodotto finito. Questo consente alle imprese associate di tenere sotto controllo le eventuali criticità e, quindi, di risolverle in tempi rapidi e con efficacia. Ultimamente stiamo proferendo grandi sforzi per crescere in numeri. Solo con una federazione sempre più forte, infatti, le aziende potranno sfruttare pienamente le grandi opportunità offerte dalla filiera. A questo proposito, aggiungerei che la federazione è intensamente impegnata a sviluppare reti di impresa efficaci affinché le aziende che vi aderiranno potranno operare con sempre maggiore efficacia sui mercati mondiali. È un progetto sicuramente ambizioso, ma sono certo che ce la faremo». In che modo avete agito finora? «La nostra mission consiste nel sostenere il desiderio di fare impresa e lo sviluppo delle realtà associate. Per renderla concreta ci stiamo muovendo su più fronti, nel tentativo PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 111


IMPRESA E SVILUPPO

Claudio Luti, nuovo presidente di Cosmit www.cosmit.it

28,5 mld

IL FATTURATO COMPLESSIVO DELL’INTERO SETTORE LEGNO ARREDO, CON CIRCA 70MILA AZIENDE E OLTRE 370MILA ADDETTI

ATTESI OLTRE 300MILA VISITATORI AI SALONI 2013 al 9 al 14 aprile 2013 Milano si trasformerà nella capitale mondiale del design. Il capoluogo lombardo ospiterà infatti la 52esima edizione del Salone Internazionale del Mobile, il più importante evento fieristico internazionale dedicato al settore casa-arredo, che anche quest’anno sarà in grado di dettare le tendenze ospitando le più importanti novità e anteprime di prodotti e progetti in corso. «La chiave del nostro successo - sottolinea il presidente di Cosmit Claudio Luti - è rendere il Salone il luogo per eccellenza dell’innovazione. Presentare prodotti nuovi, infatti, non solo può emozionare il pubblico, ma anche motivare la forza vendita». Anche per questa edizione, a cui sono attesi oltre 300mila visitatori da 160 paesi, il Salone Internazionale del Mobile sarà affiancato dal Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, dalle biennali Euroluce e SaloneUfficio e dal Salone Satellite dedicato ai giovani designer emergenti.

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112 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

di offrire reali opportunità di business in Italia e all’estero. Per quanto riguarda le politiche interne, recentemente abbiamo siglato un accordo con il Gruppo Autogrill, per promuovere sul territorio nazionale l’utilizzo di sistemi costruttivi di legno per la realizzazione e ristrutturazione dei propri punti vendita, mentre sull’estero ci stiamo muovendo con grande determinazione sui mercati più promettenti, tra cui Stati Uniti e Russia. Dall’11 al 16 novembre abbiamo organizzato la terza missione negli Usa con incontri B2B tra dodici aziende italiane ed esponenti dei principali studi di architettura degli Stati Uniti: un’iniziativa che ha permesso di confrontarsi con i maggiori operatori americani». Che tipo di interventi avete chiesto alle istituzioni? Quali sono le urgenze su cui adoperarsi? «In questo momento la priorità è sicuramente il rilancio dei consumi interni. Ecco perché stiamo chiedendo con forza alla politica di sostenere la nostra proposta di includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento. Questa misura non comporterebbe nessun incremento aggiuntivo dei costi per lo stato, generando invece un aumento dei consumi nazionali dell’arredamento di oltre il 20 per cento rispetto all’anno precedente. La misura sarebbe inoltre in grado di sostenere il mantenimento dell'occupazione del settore, evitando il ricorso agli ammortizzatori sociali e, particolarmente, ai licenziamenti.



ONE POISON T FEMMINILE IMPRENDITORIA

Il nuovo corso dei servizi Le imprenditrici piemontesi reagiscono meglio alla crisi, ma serve sfruttare questo momento complesso per riscrivere regole e sinergie, in modo da ripartire più preparati per essere da subito competitivi Teresa Bellemo

a situazione di crisi economica non fa differenze tra imprese femminili e maschili. Le ultime analisi dell’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere, però, sembrano attribuire alle imprenditrici piemontesi una maggior capacità di resistenza rispetto ai colleghi. Tra settembre 2011 e settembre 2012 le imprese femminili piemontesi hanno infatti registrato un saldo negativo tra aperture e chiusure pari a -909, corrispondente a una diminuzione dello 0,81 per cento. Nello stesso periodo le imprese maschili hanno invece presentato una diminuzione pari all’1,41 per cento, con un saldo negativo di 5.037. Per Maria Luisa Coppa, da poco diventata presidente di Confcommercio Piemonte, i numeri fanno ben sperare ma non devono servire per spostare l’attenzione rispetto alla necessità di una revisione delle priorità e dei meccanismi che regolano i servizi, settore privilegiato per le imprese rosa. «Per quanto riguarda il ruolo delle donne in Confcommercio il processo è iniziato da tempo proprio per questa affinità tra donne e terziario. Attraverso il mio mandato intendo valorizzare il ruolo della nostra componente femminile, il gruppo Terziario

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donna, protagonista di numerose e importanti iniziative sia a livello territoriale sia a livello regionale». Come viene affrontata la crisi nel territorio piemontese? «Nonostante situazioni e contesti economici piuttosto diversificati, è indubbio che la situazione di sofferenza è ormai diffusa su tutto il territorio. A resistere meglio continuano a essere quelle realtà che possono contare su una struttura imprenditoriale articolata, con una forte componente turistica, che riesce a contenere gli effetti della deindustrializzazione, ancora lontana da una significativa inversione di marcia. Per questo motivo serve una convergenza a tutti i livelli istituzionali per rilanciare il terziario che in tutte le economie occidentali contribuisce alla formazione del valore aggiunto e dell’occupazione per più del 50 per cento. Sono fermamente convinta che una ripresa di efficienza del nostro sistema economico richieda la definizione di nuove e


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Maria Luisa Coppa

servizi e ripensandone i rispettivi campi di azione puntando sulla loro reciproca integrazione». Come opera e qual è il suo giudizio sul protocollo d’intesa tra Abi, Regione e Unioncamere per favorire le donne nell’accesso al credito? «Credo che rappresenti una testimonianza concreta della capacità di fare sistema tra le componenti pubbliche e private. Mi riferisco anche alle organizzazioni imprenditoriali che quotidianamente mettono a disposizione le loro strutture nell’assistenza delle startup e delle imprese femminili già in attività con i diversi servizi specialistici di cui le pmi hanno bisogno, come l’accesso al credito tramite i Il terziario contribuisce per più Confidi. Presso i nostri sportelli le del 50 per cento alla formazione imprenditrici e le donne che indi valore aggiunto e occupazione tendono mettersi in proprio possono ricevere un’assistenza completa su tutti gli strumenti regionali, dall’avvio di una nuova atsolide basi che possono prendere spunto dalle tività all’assistenza per ristrutturazione, alle numerose indagini promosse dalla Commis- esigenze di liquidità, senza dimenticare l’assione europea». sistenza della conciliazione tra lavoro e famiÈ diventata da poco tempo presidente di glia della legge 53/2000». Confcommercio Piemonte. Quali saranno Confcommercio è in prima fila nello le direttrici del suo mandato? sportello per l’assistenza nei progetti e l’at«Penso che anche le organizzazioni di cate- tuazione della legge 53 del 2000. Quali goria siano chiamate a innovare, a partire sono le finalità e come opera? dalla messa a punto di un nuovo modello di «Operiamo come capofila tra le organizzazioni rappresentanza e di accompagnamento delle della piccola e media impresa, una rete di quasi imprese. Si tratta di definire un modello che 50 sportelli a livello regionale riconosciuti dalla non sia più soltanto una tutela o una salva- Regione per la prestazione di servizi di assiguardia degli interessi delle aziende, ma che stenza e consulenza alle piccole imprese femle orienti e le indirizzi verso mercati e, so- minili per la formulazione di progetti da prattutto nel nostro caso, verso consumatori presentare ai sensi della legge “Misure a sostein continua trasformazione. Gli effetti dei gno della flessibilità di orario” dell’8 marzo nuovi processi di internazionalizzazione e di 2000. Presso i nostri sportelli le imprese posliberalizzazione non devono trovarci impre- sono pertanto trovare supporto nella predispoparati, ma già pronti per cambiare lo scena- sizione di progettualità specifiche su tematiche rio della nostra economia. Per questo servono quali la conciliazione tra lavoro e famiglia, inpolitiche di settore adeguate e differenziate, cluse le relative azioni di flessibilità come il partseparando la politica industriale da quella dei time e l’orario flessibile».

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Maria Luisa Coppa, presidente di Confcommercio Piemonte

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IMPRENDITORIA FEMMINILE

Se l’impresa è micro La difficoltà economica può diventare occasione per sperimentare un nuovo modello di sviluppo, rivedendo le scale d’importanza. In questo modo le aziende possono crescere uscendo dall’atomismo e dall’isolamento che oggi non paga più Teresa Bellemo

n Piemonte la crisi colpisce anche le aziende in rosa. Se, infatti, si osservano i dati storici della quinta regione italiana per numero di imprenditrici, dal 2010 a oggi si evidenzia una leggera diminuzione (circa 600) del numero di imprese femminili piemontesi rispetto ai dati riferiti al 2011, ma si registra una loro maggiore incidenza (24,1 per cento) rispetto al totale delle imprese registrate. La crisi ha quindi avuto ricadute anche sull’imprenditoria femminile, ma in numeri molto contenuti. Il problema però è la dimensione: su 111.654 imprese ben 108.242 hanno una classe dimensionale da 1 a 9 addetti. Su questa realtà si concentra il Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Torino,

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che monitora tutto il mondo dell’imprenditoria femminile della provincia e promuove le imprese attraverso eventi che possano mettere in luce le eccellenze al femminile, sviluppando tematiche in grado di migliorare la vita e le attività non solo delle imprenditrici, ma del mondo imprenditoriale nel suo complesso. Ne parliamo con la sua presidente, Silvana Neri, che sottolinea: «Occorrono maggiori strumenti di sostegno - come il credito per le imprese, oggi ridotto al lumicino - ed è necessario mantenere e potenziare le misure adottate dalla Regione Piemonte per l’avvio di impresa, come per esempio il fondo di garanzia». Come si presenta lo scenario torinese e piemontese dal punto di vista dell’imprenditoria femminile? «Il territorio vive drammaticamente la crisi economica ma ha anche una grande volontà di contrastarla. Soprattutto le imprese femminili, che hanno sempre retto meglio gli effetti della recessione, hanno capito che da questa crisi sarà necessario uscire con un nuovo modello imprenditoriale, più vicino alla risorsa umana (sia che si tratti del titolare dell’azienda o dei collaboratori) prestando una maggior attenzione alla responsabilità sociale e alla sostenibilità dell’impresa. È indispensabile utilizzare al meglio questo periodo per sco-


Silvana Neri

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In passato si ostentava “il piccolo è bello”, oggi se le aziende micro non si coalizzano rischiano tanto

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La presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Torino, Silvana Neri

prire nuove opportunità: molte imprese stanno contrastando la crisi attraverso l’internazionalizzazione, il miglioramento di prodotti e servizi con l’ausilio delle nuove tecnologie, la razionalizzazione delle risorse umane che vivono con l’imprenditore tutta l’incertezza e la drammaticità di questo momento». Quali sono i principali ostacoli per l’impresa al femminile? «Sicuramente la conciliazione fra vita lavorativa e lavoro familiare. Non è solo un problema italiano, anche l’Europa dibatte molto su tale argomento, ma in Italia il rapporto è più pesante. Non ci sono sufficienti servizi per la prima infanzia e per gli anziani. La maggior parte delle attività di cura è a carico delle donne e molte volte le responsabilità familiari non sono equamente distribuite, limitando notevolmente le loro possibilità di iniziativa (lavorativa e non). È un tratto comune per tutte le donne che lavorano ma, in molti casi, chi lavora in proprio ha meno tutele rispetto alla lavoratrice dipendente e in caso di maternità e malattie sono soprattutto le titolari delle micro imprese che rischiano la chiusura dell’attività, proprio perché non hanno nessuno che le possa sostituire durante il periodo di assenza». Ma allora come far crescere le aziende, dato che la maggior parte di quelle gestite da donne è micro? «Negli ultimi anni sta aumentando la partecipazione femminile anche nelle società di capitale, per lo più caratterizzate da una

struttura medio-grande. Ciò detto, ritengo che il problema della crescita non debba solo intendersi legato al mondo dell’imprenditoria femminile, ma a tutte le aziende operanti nei diversi settori. La crisi ha fatto capire che occorre innovare e trovare modalità nuove per organizzarsi meglio, per riuscire a sopravvivere. Se in passato si ostentava “il piccolo è bello”, oggi se le aziende micro non si coalizzano rischiano di non andare avanti. Le opportunità ci sono: ad esempio possono organizzarsi all’interno delle associazioni di categoria, dove vengono attivate politiche di sostegno e di promozione». Qualche esempio? «Oggi fare una fiera in Europa in modo organizzato comporta una facilitazione delle procedure e un notevole contenimento di costi. È possibile attivare un sito web con altri, utilizzare le nuove tecnologie di comunicazione, i social network, la creazione di vetrine virtuali: tutti strumenti che possono ovviare al fatto di essere piccoli e isolati. I contratti di rete possono essere utili per le aziende più strutturate, anche se a mio avviso andrebbero maggiormente semplificati. Questo aiuterebbe a superare blocchi psicologici, sempre presenti nel piccolo imprenditore, portato a operare e decidere in proprio. Da anni il nostro comitato insiste con le imprenditrici e le organizzazioni affinché queste tematiche diventino risorse e opportunità non solo anticrisi, ma un supporto per un nuovo modello organizzativo di impresa che sia al passo con i tempi». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 117


ONE POISON T FEMMINILE IMPRENDITORIA

Il business è donna È finito il tempo degli affari coniugati solo al maschile. Oggi gli indicatori delle aziende rosa mostrano più vitalità e longevità, forse proprio per le loro caratteristiche, ma devono imparare a guardare all’estero Teresa Bellemo

e difficoltà per le donne sono soprattutto a livello di spazi, di occasioni. Quando però questi spazi e queste occasioni si creano, le loro capacità fanno sì che spesso abbiano la strada spianata. È una questione di sensibilità, di maggiore empatia, di attenzione alle sfumature che permette di operare con maggiore facilità, soprattutto nell’ambito commerciale e negli affari. «Ho sempre svolto mansioni commerciali e ho sempre reputato un vantaggio essere donna, perché puoi avere la possibilità di un dialogo più leggero, stabilendo con il tuo buyer quel contatto personale che poi si rivela fondamentale per la trattativa. Questo a conferma che anche il lato umano è fondamentale e le donne sono sempre più attente a questo aspetto». Ne è convinta Anna Ferrino, presto nominata membro del Comitato per la promozione dell'imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Torino e amministratore delegato di Ferrino, storica azienda del settore outdoor equipment. Tutto è nato nel 1870, quando nel suo vecchio negozio di vernici Cesare Ferrino ha ideato quella tela cerata che non solo ha accompagnato alpinisti ed esploratori in numerose avventure, ma fa anche parte dell’equipaggiamento dell’Esercito italiano o delle capotte delle coupé firmate Fiat. Per Anna Ferrino essere donna

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Anna Ferrino, amministratore delegato di Ferrino e presto nominata membro del Comitato per la promozione dell'imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Torino

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non solo non è sintomo di debolezza ma è un vero e proprio asset su cui puntare, al di là dei generi, per uscire dalla crisi. «Il problema non è tanto incentivare o meno l’imprenditoria femminile. È vero che le cifre sono basse, in Italia ci si aggira attorno al 14 per cento, ma serve decidere se incentivare o meno l’imprenditoria in generale». Cosa significa essere l’amministratore delegato di un’azienda come Ferrino? «Ferrino è un’azienda fortemente al femminile: il 70 per cento della nostra forza lavoro è composta da donne, cosa abbastanza comune per un’azienda tessile. Nel mio lavoro non ho mai avuto problemi per il fatto di essere una donna, anzi la considero sinceramente un’opportunità straordinaria. Ho sempre trovato naturale interfacciarmi con l’universo maschile e non mi sono mai sentita svantaggiata. Credo che una donna sia invece


XxxxxxxAnna Xxxxxxxxxxx Ferrino

più portata ad analizzare gli scenari familiari e culturali, sia più attenta a comprendere le necessità delle lavoratrici perché, essendolo, ha una sensibilità maggiore rispetto queste tematiche». Per lei esistono dunque delle caratteristiche “rosa” nella gestione aziendale. «Credo di sì. Come dicevo prima la donna ha una sensibilità maggiormente introspettiva, quel sesto senso tipicamente femminile che le permette di valutare l’interlocutore più in profondità. Queste caratteristiche a volte possono fare la differenza. Un’altra importante caratteristica femminile è la scrupolosità, che deriva dalla logica dell’essere madre di famiglia e di aver dunque gestito da sempre un budget ben definito. Per questo credo che ci sia più attenzione nei confronti dei costi e dei ricavi e che sia meno predisposta al rischio. È più conservatrice e questo riflette nella gestione aziendale». Forse anche per questo le aziende al femminile sono molto piccole. Come incentivarle a uscire da questo nanismo? «Oggi senza l’export, senza uscire dal proprio guscio, non si sopravvive. All’interno di quel piccolo 14 per cento di aziende rosa, anche se sono più sane rispetto a quelle maschili sia per longevità che per performance, se guardiamo alle figure dedicate all’export la situazione si aggrava ancora e si scende sotto l’8 per cento. Ferrino esporta il 40 per cento e siamo in crescita perché il momento spinge a puntare su questo settore. Per il futuro, data la crisi interna, si deve puntare ai mercati esteri». Quanto conta oggi l’innovazione e la ricerca nella vostra azienda? «Continuiamo a investire molto, anche per un migliore posizionamento sul mercato.

Oggi lo scenario commerciale è cambiato, ci sono molti più prodotti di quanti ne chiedano i consumatori, ci sono le catene e le private label. I marchi non producono quasi più il basic, ma puntano a migliorare il loro posizionamento a livello di immagine e brand awareness. Per un’azienda tecnica come la nostra l’immagine deriva proprio dai grandi sforzi che mettiamo nel campo della ricerca. Collaboriamo molto con il Soccorso alpino e con tutte le organizzazioni di professionisti della montagna, in questo modo creiamo dei nuovi progetti testati in modo rigoroso così siamo sicuri della qualità del prodotto che diamo ai nostri consumatori. Oggi stiamo investendo sulla protezione anti-valanga collaborando con il Soccorso alpino e con il Centro di medicina di alta montagna di Aosta: stiamo progettando degli zaini a cui applichiamo il sistema “Snow pulse”, una specie di airbag azionabile in caso di pericolo che fa esplodere una specie di pallone dallo zaino. Sono progetti complessi che portiamo avanti da diversi anni, ai quali dedichiamo molte risorse perché è questo il nostro valore aggiunto». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 119


IMPRENDITORIA FEMMINILE

Energia verde virtuosa Un’azienda attiva nel settore ambientale che gestisce 60 impianti, tra discariche e centrali a biomasse, e trasforma gli scarti agricoli in biogas ed energia pulita. L’esperienza del gruppo cuneese Marcopolo raccontata da Alessia Bertolotto Tiziana Achino

na giovane imprenditrice che esprime perfettamente lo spirito imprenditoriale della famiglia. Alessia Bertolotto è azionista di maggioranza e portavoce di Marcopolo environmental group, azienda di Borgo San Dalmazzo leader nella produzione di energia verde virtuosa. In che modo l’azienda investe nel futuro con l’energia pulita? «“Il futuro è di chi ha un passato”, così diceva qualcuno. Pertanto prima di parlare di futuro occorre capire come quel futuro se lo si è costruito in anni di duro lavoro. Il Gruppo ambientale Marcopolo è innanzitutto un precursore in Italia della produzione di energia pulita da fonti alternative: il nostro cammino imprenditoriale inizia a fine anni 70 grazie ad Antonio Bertolotto che come allevatore aveva la necessità di smaltire letami e liquami prodotti dagli allevamenti di bovini della sua azienda agricola. La legge Merli mise nell’impossibilità di proseguire l’attività se non si fosse trovata un’alternativa allo smaltimento dei liquami. Questa necessità e gli studi di Antonio Bertolotto, ricercatore autodidatta titolare di 26 brevetti, fondatore del Gruppo e attuale amministra-

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tore delegato e presidente, diedero il via al primo impianto di biomasse zootecniche da cui si riusciva a produrre energia elettrica. Purtroppo, però, l’Italia non era pronta in quel periodo a parlare di energia verde, cosi ci siamo sviluppati nel campo della valorizzazione ecologica ed energetica dei rifiuti, da cui nacque la base per la prima attività dell’azienda, la produzione di energia pulita attraverso la messa in sicurezza delle discariche con captazione del biogas, sua depurazione e successiva distruzione e reimpiego come combustibile alternativo al fossile, che oggi rappresenta il nostro core business». “Abbiamo a cuore il vostro futuro” apre il sito internet aziendale. Quali i vostri obiettivi? «Quella frase non è stata messa a caso: con le attività di produzione di energia di filiera virtuosa, Marcopolo fa del bene all’ambiente e


Xxxxxxx AlessiaXxxxxxxxxxx Bertolotto

all’uomo e la naturale conseguenza di chi svolge un’attività come questa è proprio quella di avere a cuore il futuro dell’ambiente e dell’uomo. Se non credessimo fermamente a questo principio non lo faremmo, in quanto gli ostacoli che incontriamo sono molteplici. Oggi abbiamo 42 impianti di biogas da discarica, 3 di biomasse agro zootecniche a ciclo chiuso, 8 impianti eolici e 7 impianti fotovoltaici, 60 in tutto; un centinaio di MW in iter autorizzativo o di costruzione tra eolico, fotovoltaico, biomasse e biogas discarica nel 2013-2014. Abbiamo circa 130 risorse presenti in quasi tutte le regioni italiane, più due in Portogallo». Come avviene la ristrutturazione dei terreni fertili con l’humus? «Anche all’interno della produzione di energia da biomasse vi possono essere delle diffe-

Alessia Bertolotto, azionista di maggioranza e portavoce di Marcopolo environmental group

renze: ci sono quelli virtuosi, quelli meno e quelli per nulla ecocompatibili. Recuperare e valorizzare le deiezioni animali con processo di digestione anaerobica (biomasse zootecniche) significa recuperare le deiezioni animali in surplus prodotte presso gli allevamenti intensivi riqualificando i terreni. Trasformare le deiezioni animali in pregiati ammendanti, la linea Humus anenzy, è l’ulteriore valore aggiunto. Questo prodotto è un ristrutturante microbiologico per i terreni, oltre che un ammendante per gli stessi. Siamo orgogliosi di avere clienti in ambito vitivinicolo, orticolo, frutticolo e florovivaistico che hanno sposato la nostra filosofia e sono diventati a tutti gli effetti nostri partner in questo ciclo virtuoso capendo che non è etico ed ecocompatibile coltivare i campi per produrre biomassa agricola da utilizzare come combustibile per produrre energia pulita. Diverso invece è fare biomasse agricole da scarti agricoli poiché anche in questo caso uno scarto diventa una risorsa». Veniamo alla difficile situazione economica del Paese. Qual è il suo punto di vista? «Mi sono laureata nel 2007, ma da quando avevo 5 anni accompagno mio padre e mia madre in giro per il mondo, quindi sono cresciuta “a Marcopolo”. Dal 2007 a oggi è davvero cambiato il mondo. L’anno appena trascorso è stato difficile e intenso sia per noi che per tutte le piccole e medie aziende italiane che rappresentano il reale motore della nostra economia e che è dovere di tutti sostenere pienamente. Credo, però, che occorra prepararsi a periodi migliori con lungimiranza; ma questo può avvenire solo se tutti i collaboratori delle imprese fanno gioco comune, perché le aziende sono formate da persone, l’imprenditore da solo non farebbe molta strada, pertanto è in questi periodi che tutti devono dare il massimo. Marcopolo seguirà questo nuovo ritorno al concreto, ma seguendo l’esponenzialità degli sviluppi tecnologici, ossia cavalcherà lo sviluppo moltiplicando i contatti e il sapere con il mondo reale che oggi comunica e impara con tempi e velocità impressionanti». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 121


VIGILANZA

La flessibilità, un supporto per la sicurezza Una gestione operativa versatile, diversificata e aggiornata tecnologicamente è garanzia di un efficace servizio di vigilanza privata. Ma al settore safety, per evolversi, occorrono maggiori sostegni dal Pubblico. L’opinione di Marco Carlo Grossi Filippo Belli

umenta la microcriminalità ma, al tempo stesso, aumentano gli strumenti per la sicurezza a disposizione di cittadini, aziende ed enti pubblici. Si mantiene dunque stabile anche il mercato, sempre più vasto, della vigilanza privata. «Rispetto al passato si verifica uno spirito maggiormente collaborativo da parte della nostra committenza». A osservarlo è Marco Carlo Grossi, a

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capo della Sicur2000, tra le realtà più dinamiche sul panorama di settore. La parabola della società di Tortona, in provincia di Alessandria, evidenza una tendenza tipica dell’impresa italiana contemporanea, che ora caratterizza anche il mercato del safety. «Nel nostro caso diversificazione e flessibilità si sono dimostrate fondamentali – spiega Grossi –. Soprattutto, si è rivelato vincente l’utilizzare per tutti i nostri servizi in outsourcing


Marco Carlo Grossi

quel modus operandi preciso e dedito alle regole che caratterizza l’attività di vigilanza. Abbiamo, per intenderci, trasferito la nostra meticolosità anche in tutti i servizi integrati per aziende e pubblico che hanno ampliato l’offerta della società negli ultimi anni». Ad esempio, oggi Sicur2000 si è specializzata nell’impiantistica e nella manutenzione degli apparati di sicurezza elettronica, dalla videosorveglianza ai sistemi di allarme. «Grazie a questo ampliamento di competenze siamo in grado di seguire i nostri committenti a 360 gradi – spiega il titolare –. Ci permette di intervenire tempestivamente su guasti, problemi ed emergenze». Un punto da non sottovalutare, anche perché, ben più delle armi, oggi la tecnologia si rivela essere la migliore alleata della sicurezza. Grazie ai sistemi informatici e di videosorveglianza, le aree vengono costantemente monitorate dalla centrale operativa, consentendo così di agire nei tempi più rapidi in caso di necessità di intervento. Un valore aggiunto riconosciuto, in primis, dalle imprese. «Quando, oltre dodici anni fa, iniziammo l’attività, le aziende richiedevano più che altro servizi di controllo. Oggi, invece, sono loro, per prime, a richiedere da subito determinati impianti tecnologici. Il tessuto sociale è ben consapevole del valore aggiunto che questi apparati comportano». E certamente il fatto di interagire con un unico soggetto tanto per la sicurezza in loco, quanto per quella remota, fa risparmiare tempo e denaro alle imprese, fattore non trascurabile in questo periodo. Sempre secondo Grossi, però, esistono ancora ampi margini di miglioramento. «Oggi rappresentiamo un utilissimo strumento integrativo per le forze dell’ordine – spiega Grossi –. La collaborazione con Polizia di Stato e Carabinieri è molto forte, ma si può fare di più. Si parla sempre, anche a sproposito, di sicurezza, manca però

Oggi sono le aziende, per prime, a richiedere determinati supporti tecnologici in favore della sicurezza

quella spinta affinché attori privati e Forze dell’Ordine collaborino in maniera ancora più sinergica, per il bene dell’intera comunità». Per il futuro l’azienda di Tortona intende ampliarsi ulteriormente. A patto, però, che si verifichino importanti riforme strutturali in favore delle imprese e del settore. «Riponiamo molte aspettative nei confronti dell’azione riformatrice del Governo – sottolinea Grossi –. L’auspicio è che le riforme vengano realizzate in favore delle imprese. Senza adeguati strumenti gli imprenditori come possono riuscire a investire e ad assumere nuovo personale?». Proprio sul tema delle risorse umane, Sicur2000 ha da sempre speso affinché l’organico possa conoscere una concreta crescita di professionalità. «Vogliamo continuare a investire nelle nostre risorse. In azienda puntiamo a formarle internamente sotto ogni aspetto, da quello puramente operativo a quello, ben più complesso, legislativo. Il lavoratore va incentivato, educato. Il lavoro, oggi, è riconosciuto come un valore assoluto ma ciò non è sufficiente. Occorre a mio parere una propensione totalmente diversa, non si possono chiedere solamente diritti, serve una maggiore presa di coscienza sui doveri e sulle responsabilità sociali di ogni lavoratore. Al fine di questo rinnovamento culturale l’auspicio è che le parti sociali, i sindacati, le imprese, trovino il modo di dialogare in maniera costruttiva, permettendo così al sistema Paese di ripartire». Per il futuro dell’azienda, Grossi è ottimista. «Paradossalmente abbiamo registrato un trend di crescita costante con il coincidere della crisi, dal 2008 a oggi. Segno che la qualità dei servizi e la strategia di diversificazione e ampliamento in outsourcing ha funzionato. Per il 2012 prevediamo di continuare a crescere e investire sulle nostre migliori risorse».

La Sicur 2000 Srl ha sede a Tortona (AL) info@sicur2000vp.it

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PRODOTTI ALIMENTARI

Un primato a prova di mercato Come reagisce un noto marchio alimentare, dopo un secolo di tradizione, alle sfide dell’economia attuale? L’esperienza di Davide e Federica Fileppo Zop alla guida di un’azienda storica Renato Ferretti

a tradizione, per quanto importante sia, da sola non basta. Neanche quando si parla di un secolo di esperienza tramandata di generazione in generazione per un prodotto pluripremiato. Inseguire con successo gli imprevedibili movimenti del mercato è una prova che qualsiasi azienda, non importa quanto blasonata, deve superare. E così anche il marchio Mario Costa, noto gorgonzola novarese, ha dovuto sviluppare strategie e nuove soluzioni per restare competitivo. L’idea dei due fratelli Davide e Federica Fileppo Zop, ora consiglieri delegati dell’impresa novarese, è quella di «unire la lavorazione di una volta alle esigenze diverse dei molti clienti, anche esteri, grazie all'introduzione di nuove tecnologie, alla programmazione oculata degli investimenti, alla cura della comunicazione e alla tutela del consumatore. Confezionare il nostro gorgonzola significa obbedire ad antichi riti sapienti da una parte, e dall’altra coniugare l’attività secondo innovative strategie aziendali, che hanno impresso nuovi ritmi produttivi». Come si coniuga alla tradizione lo sforzo verso l’innovazione? DAVIDE FILEPPO ZOP: «Difficile spiegare come applicare il concetto di innovazione a un prodotto tradizionale e artigianale come il nostro,

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Nella pagina a fianco, Davide e Federica Fileppo Zop, consiglieri delegati della Mario Costa Spa con sede a Novara

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tra le altre cose protetto da una Dop. Innovare però vuol dire per noi tante cose: migliorare costantemente la qualità, perseguire obiettivi di “stabilità” di un prodotto che cambia (colore, gusto e consistenza) secondo una serie di fattori (in primo luogo quelli stagionali), sviluppare relazioni di partnership con i fornitori strategici al fine di assicurare la disponibilità delle migliori materie prime e di mantenere alto il livello di fidelizzazione dei nostri clienti». Quali sono i risultati che la vostra politica aziendale ha dato nel corso del 2012? D.F.Z.: «Nel complesso, considerato il quadro macroeconomico e le sue deleterie conseguenze sulla capacità di spesa del consumatore, possiamo dichiararci soddisfatti dei risultati otte-


nuti nel corso del 2012. I livelli di fatturato sono rimasti in linea con gli anni precedenti e con le nostre previsioni. Tra gli obiettivi più significativi mi sentirei di citare i progressi raggiunti nel progetto di trasferimento della produzione, attività “speciale” tuttora in corso che ha assorbito parecchio tempo e parecchie energie». La ricerca della tradizione è una peculiarità che caratterizza i consumatori italiani. La crisi quanto incide su tale fattore? FEDERICA FILEPPO ZOP: «Risulta un po’ complesso definire una relazione tra la crisi e la tendenza del consumatore a ricercare la tradizione. Penso che il consumatore più attento ricerchi la tradizione per una questione di sicurezza e di garanzia di qualità, nei momenti di crisi così come

In generale l’azienda ha l'ambizione di produrre prodotti di alta gamma e finora il mercato ci ha premiato

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PRODOTTI ALIMENTARI

Nella pagina a fianco, una veduta dall’alto della nuova struttura, in corso d’opera, della Mario Costa Spa

nei momenti di maggiore pro-

sperità. A mio avviso la ricerca della tradizione è più legata al livello di educazione a un consumo consapevole delle famiglie piuttosto che alla congiuntura economica». Quali i mercati e i target da cui attendersi i feedback migliori? D.F.Z.: «L’estero rappresenta per la nostra realtà una valvola di sfogo estremamente importante. Oggi il nostro export s’incanala principalmente nei paesi in cui esiste una tradizione di consumo del prodotto caseario, quali la Svizzera e la Francia. La grande sfida per il prossimo futuro sarà di riuscire a fare breccia anche nei paesi non caratterizzati da un elemento di tradizione così marcato, ma che per dimensioni e caratteristiche del mercato, potrebbero assorbire parte della nostra produzione». A tal proposito su quali presupposti e con quali prerogative è stato pensato il progetto per il nuovo stabilimento e quale valore aggiunto potrà garantire? F.F.Z.: «La scelta di spostare la produzione non era una scelta obbligata. La decisione di co-

L'analisi chimica e microbiologica del gorgonzola rivela una vera e propria miniera di valori nutrizionali 128 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

struire un nuovo stabilimento è diventata però una scelta obbligata nel momento in cui abbiamo ritenuto fosse venuto il momento di guardare al futuro con obiettivi di crescita. Il valore aggiunto del nuovo stabilimento consisterà principalmente in un ampliamento della capacità produttiva e nella razionalizzazione dei flussi della logistica, nell’ottica di un maggior livello di efficienza». Il vostro è un prodotto declinato in più varietà. Attualmente quali sono le linee da cui ricevete i migliori riscontri commerciali? F.F.Z.: «Ci sono due macro-linee: banco taglio e libero servizio. Indubbiamente per l'azienda ha un peso preponderante il taglio, dove il prodotto può esprimere al meglio le sue peculiarità (freschezza e cremosità) e rappresenta più del settanta per cento delle vendite. Il libero servizio assume più importanza quanto più ci si allontana dal mercato nazionale e dalle aree di maggior consumo; esigenze come conservabilità


Davide e Federica Fileppo Zop

e porzioni più contenute favoriscono questo formato, inoltre sono pochi i paesi esteri in cui è presente il banco assistito. Più in generale l’azienda ha l’ambizione di produrre prodotti di alta gamma (fascia Premium) e fortunatamente fino a ora il mercato ha premiato e riconosciuto questa capacità. In particolare potranno forse cambiare il packaging, le grammature, potranno cambiare i canali di distribuzione, ma “Dolce” e “Piccante” continueranno a rimanere le colonne portanti della nostra proposta commerciale». A proposito delle linee di produzione, come nasce il vostro gorgonzola? F.F.Z.: «Vorrei premettere che per una forma di circa 12 Kg ci vuole quasi un quintale di latte. La preparazione avviene per stratificazione con cagliate raffreddate. Dopo qualche giorno si procede alla salatura a secco che è continuata per alcuni giorni in ambienti con temperatura a 18-20°. La stagionatura, che si protrae da due a oltre tre mesi, è effettuata in ambienti umidi a 2-4°. Durante la maturazione la forma viene più volte forata per favorire lo sviluppo della varietà ai ceppi del pennicillum, caratteristici del gorgonzola e determinanti la colorazione verde/blu (erborinatura). In una semplice fetta di prodotto si nasconde un enorme patrimonio proteico a elevato valore biologico. Ricco di sali minerali come calcio, ferro, fosforo, il gorgonzola è un prodotto completo, equilibrato, altamente digeribile, ricco di tutti quegli elementi necessari per le funzioni ottimali dell'organismo. L'analisi chimica e microbiologica rivela una vera e propria miniera di valori nutrizionali». A vostro giudizio su cosa, imprese, Pub-

UN NUOVO STABILIMENTO avide e Federica Fileppo Zop, alla guida della Mario Costa Spa, rendono conto della decisione di investire in una nuova struttura. Una sfida impegnativa. «Abbiamo scelto una struttura in acciaio reticolare – spiegano –, innovativa per il mercato italiano e che ha diverse peculiarità. Oltre a un’elevata resistenza sismica, una delle principali peculiarità dello stabilimento è l’estrema modularità, anche in un’ottica di possibili future esigenze di ampliamento. Il nuovo insediamento occuperà uno spazio di circa 5mila metri quadrati (su di un’area di circa 28mila) e la sua particolare struttura consentirà di avere un vano tecnico lungo tutto lo stabilimento che permetterà un’elevata tenuta igienicosanitaria delle lavorazioni (ogni tipo d’impianto o manutenzione non coinvolgerà gli ambienti) oltre a offrire la possibilità di realizzare un innovativo percorso di visita. Dal punto di vista energetico la scelta, con una particolare attenzione alle politiche ecologiche, è ricaduta su un impianto di tri-generazione energetica». www.mariocosta.it

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blica amministrazione e associazioni di categoria devono fare leva affinché si possa sostenere la crescita del settore alimentare italiano? D.F.Z.: «Le imprese italiane, non solo quelle operanti nel settore alimentare, si trovano a misurarsi in un contesto internazionale dove purtroppo soffrono una posizione di svantaggio rispetto agli altri. La pressione fiscale, il costo dell’energia e il costo del lavoro impongono enormi sacrifici agli imprenditori del nostro paese. Un sistema d’incentivazione selettiva, che premi le aziende virtuose e i progetti meritevoli, potrebbe aiutare le imprese a colmare questo gap». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 129


PRODOTTI ALIMENTARI

La qualità artigianale diventa sperimentazione n Italia abbiamo l’oro e non ce ne rendiamo conto». Il Cavalier Mauro Mandirola indica così uno dei motivi che starebbero dietro all’arresto del nostro sistema economico e produttivo. Per lui, che si definisce un artigiano ed è salumiere da tre generazioni nella Val Bormida, la tradizione indica la via per realizzare prodotti di una qualità superiore. E almeno per quanto riguarda il suo settore, difficilmente si trovano gli argomenti per dargli torto. «La qualità delle vecchie maniere, della lavorazione manuale porta lavoro – dice Mandirola – anche in tempi di crisi. Questo non vuol dire che noi non la sentiamo, dagli anni scorsi a oggi abbiamo subito

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I metodi tradizionali sono quanto distingue la migliore gastronomia italiana, ma questo non significa che non ci sia spazio per nuove intuizioni. Mauro Mandirola spiega come unire la ricerca alle vecchie e buone maniere Renato Ferretti

una diminuzione del dieci per cento. Ma io posso comunque definirmi un fortunato». Fortunato nonostante un calo così significativo? «Nella nostra zona non si contano più le salumerie che hanno chiuso, o quelle che fanno fatica a mantenere la produzione. Sono convinto che alla base ci siano scelte profondamente sbagliate, come quella di passare da un prodotto di qualità alla quantità industriale: il risultato ottenuto sono salami e insaccati mediocri e gravissime difficoltà economiche. Io preferisco portare avanti una ricerca scrupolosa di carni suine certificate e degli altri prodotti per la lavorazione, cosa che non può prescindere dall’esperienza maturata in anni. Inoltre gli attenti controlli effettuati su tutte le materie prime consentono di garantire l’assenza completa, da tutta la produzione, di glutine, lattosio e derivati del latte, così da aumentare sempre di più la genuinità dei propri prodotti e renderli accessibili anche a chi presenta problemi di intolleranze e allergie».


Mauro Mandirola

Nella pagina a fianco, “Assaggio”, il salame con formaggio del salumificio Cereda. A fianco, il Cavalier Mauro Mandirola, titolare del salumificio Cereda con sede a Castellazzo Bormida (AL) www.salumificiocereda.it

Meglio fare poco e bene? «Meglio fare i conti con la situazione attuale. La nostra qualità è richiesta: perché avventurarsi in produzioni enormi, con prodotti inferiori? Se poi i tuoi clienti sono i grandi supermercati, la riscossione del dovuto non è scontata. Per quanto ci riguarda, abbiamo clienti come le piccole gastronomie, salumerie o ristoranti, il pagamento avviene al momento della consegna. Questo è il motivo per cui continuiamo a fare dieci quintali la settimana, nonostante abbia solo sette dipendenti. Per questo dico: meglio provare a inventarsi qualcosa di diverso, ma sempre a partire dal sapere che si tramanda da secoli e che garantisce salumi ottimi». Quali sono i risultati di questa visione? «Io sono nato in mezzo ai salami e sono affezionato al prodotto tipico. Ma sono sempre stato convinto che tutti siamo curiosi di assaggiare novità, cibi a cui non siamo abituati o che magari ritornano da una tradizione dimenticata. Per questo “Assaggio”, che è un salame con un cuore di formaggio, ha subito riscosso molto successo: in un contesto come un aperitivo o all’interno di un antipasto, ispira curiosità. Certo non è stato facile trovare la formula definitiva». In cosa consisteva la difficoltà? «Si tratta di due prodotti salati, per cui bisognava abbassare la sapidità della carne con il rischio che non si conservasse come deve. Nei primi tentativi di unione abbiamo buttato via quintali di materie prime. Alla fine abbiamo trovato le dosi giuste grazie all’uso di un grasso di per sé già un po’ salato. E abbiamo vinto la nostra sfida confezionando un prodotto richiestissimo per l’equilibrio straordinario che si riscontra tra i due sapori».

“Assaggio” è un salame con un cuore di formaggio e ha subito riscosso molto successo

Ha in mente altri esperimenti? «Ancora non so cosa svilupperemo, ma posso dire che negli ultimi mesi ha riscosso un successo assolutamente inaspettato la nostra “testa in cassetta”. È da agosto che, dopo averlo presentato in qualche degustazione, mi viene sempre più richiesto. Si tratta di un affettato povero ed è parte della tradizione piemontese, ligure, toscana ma anche sarda. Ora, dai cento chili che producevamo, siamo passati ai due quintali e mezzo. Penso che il suo successo sia dovuto anche alla facilità di abbinamento, perché si accompagna bene con il purè, ma anche con la peperonata, o ancora meglio con la mostarda di Voghera». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 131


PRODOTTI ALIMENTARI

Filiera corta e chilometro zero olto spesso confuse e utilizzate indistintamente, le formule “filiera corta” e “chilometro zero” esprimono in realtà due concetti ben diversi. Con “filiera corta” si intende il contenimento massimo dei possibili passaggi della catena distributiva dal produttore al consumatore, mentre “chilometro zero” identifica il prodotto tipico del territorio. Paolo Lasagna, presidente e amministratore delegato di Eutourist Serv System Spa, azienda di Orbassano (TO) leader nel settore della ristorazione collettiva, orgoglioso delle proprie origini sabaudo-piemontesi, proprio su questi concetti impronta da sempre la sua realtà imprenditoriale. «Credo che la crescente attenzione delle Pubbliche amministrazioni ai prodotti locali dovrebbe interessare anche le società di ristorazione – afferma Lasagna –, che dovrebbero poter usufruire di qualche vantaggio. Noi acquistiamo principalmente a li-

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Paolo Lasagna, presidente e amministratore delegato di Eutourist Serv System Spa di Orbassano (TO) www.eutourist.it

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Dal produttore al consumatore. La ristorazione collettiva oggi punta su prodotti locali e sul massimo contenimento dei passaggi nella catena distributiva. L’analisi di Paolo Lasagna Carlo Gherardini

vello locale, contribuendo così allo sviluppo del territorio e mi piacerebbe che venissero premiate a punteggio non solo la disponibilità all’inserimento aggiuntivo nel menù dell’Asparago di Santena o del Peperone di Carmagnola, eccellenze della provincia di Torino, ma anche l’ubicazione della sede legale e la storia dell’azienda. Privilegiare i prodotti del territorio è anche fare “Educazione alimentare”, che non è solo conoscenza dei nutrienti, dei corretti apporti calorici, della necessità di una dieta variegata, ma è anche storia, geografia, è cultura nel senso più ampio del termine!». Una buona fetta del vostro core business è rappresentata dalla ristorazione scolastica. «La ristorazione scolastica ricopre circa il 70 per cento del nostro fatturato globale. Sia in questo ambito che in altri segmenti della ristorazione collettiva, cresce la richiesta di materie prime provenienti da filiere controllate, con particolare riferimento ai prodotti del territorio. Per questo siamo costantemente impegnati nella ricerca di produttori locali che siano in grado di rapportarsi anche con i volumi e le reti distributive proprie della ristorazione collettiva. Parallelamente all’ampliamento della gamma dei fornitori, per soddisfare la domanda di prodotti provenienti dal nostro territorio, abbiamo anche rivisitato i nostri layout produttivi, ampliando gli spazi utili per lo stoccaggio sino a diventare di fatto piattaforma interna sul territorio».


Paolo Lasagna

Quale particolare tipologia di alimenti destinate alla ristorazione scolastica? «Con la collaborazione dell’Accademia delle Tradizioni Enogastronomiche del Piemonte, abbiamo rivisitato, adattandole alla ristorazione scolastica, alcune ricette dei ripieni delle paste farcite, per arrivare a produrre direttamente “in casa” agnolottini del plin di magro o di carni, agnolotti alla piemontese, ravioli alle tome pregiate e tanti altri prodotti tipici, che di fatto sono un vero e proprio esempio di filiera cortissima, dal produttore al consumatore». Quali sono i tratti distintivi che permettono alla vostra realtà di mantenersi competitiva sul mercato nonostante la crisi generale? «Le nostre unità produttive non sono semplicemente dei tradizionali centri di cottura, ma veri e propri stabilimenti di produzione, tant’è che il nostro personale è inquadrato nel rispetto del CCNL Industria Alimentare, siamo in possesso di numero Ce per la lavorazione delle carni e Macelleria autorizzata dal Consorzio di Tutela della Razza Piemontese Coalvi. Inoltre, provvediamo con automezzi e personale nostri alla logistica, attività fino a pochi anni fa terzializzata a società specializzate, e abbiamo una struttura organizzativa generale molto snella che ci permette di contenere al massimo i tempi gestionali di risposta alle tante variabili operative del quotidiano». Quello da poco concluso è stato un anno difficile anche per il vostro settore. Cosa vi aspettate dal 2013? «Nel 2012 si è sofferto soprattutto per i tempi dei pagamenti delle Pubbliche Amministra-

21 mln IL FATTURATO MEDIO REGISTRATO OGNI ANNO DALLA EUTOURIST SERV SYSTEM SPA. CIRCA IL 70 PER CENTO DERIVA DALLA RISTORAZIONE SCOLASTICA

zioni, anche a fronte della nuova normativa che impone il pagamento dei fornitori di prodotti deperibili a 30 giorni dalla fattura, senza dimenticare che la nostra è una Società di servizi e la percentuale del costo in risorse umane rappresenta mediamente oltre il 55 per cento del fatturato. È evidente che confidiamo molto nella nuova normativa comunitaria che dovrebbe obbligare le Pubbliche Amministrazioni a rispettare termini di pagamento tra i 30 e i 60 giorni dalla data di ricevimento fattura. Ci auguriamo poi di riuscire a confermare gli appalti in scadenza nell’anno, a prescindere dalle residue marginalità, per dare continuità e vita all’azienda e soprattutto per confermare il posto di lavoro al nostro personale che, unitamente agli immobili produttivi, è il vero e proprio patrimonio aziendale. Proprio in questi giorni è in fase di aggiudicazione l’appalto pluriennale del nostro principale cliente e la specifica offerta è stata formulata per tutelare e garantire la sopravvivenza della nostra organizzazione, presente sul territorio sin dal lontano 1976, anno di fondazione». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 133



CREDITO & IMPRESE

IL CREDITO ALLE IMPRESE Secondo i dati della Banca d’Italia nei primi sei mesi del 2012 la contrazione del credito erogato da banche e società finanziarie alle imprese piemontesi ha interessato tutte le principali branche di attività economica ed è stata più intensa in quella manifatturiera. Il calo si è esteso anche alle forme tecniche legate alle esigenze di finanziamento del capitale circolante, che erano ancora cresciute l’anno precedente; ha continuato a ridursi la

componente a scadenza protratta, legata agli investimenti delle imprese. La dinamica negativa del credito è riconducibile anche nel primo semestre del 2012 a fattori sia di domanda sia di offerta. La domanda di prestiti bancari da parte delle imprese si è ulteriormente indebolita, soprattutto nel comparto delle costruzioni, riflettendo principalmente il calo delle richieste per finanziare gli investimenti. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 137


CREDITO & IMPRESE

LA PROFONDA CRISI DELL’EDILIZIA Dall’ultima indagine diffusa dall’Ance sul secondo semestre del 2012 è emerso che il settore delle costruzioni ha raggiunto il livello più basso dal 2002: fatturato e occupazione sono in fortissimo calo. E secondo il presidente di Ance Piemonte, Giuseppe Provvisiero, il 2013 non sarà l’anno della ripresa Renata Gualtieri

ono dati sempre più allarmanti quelli analizzati dall’Ance a inizio 2013. L’emorragia di posti lavoro non si arresta ed è ormai arrivata a colpire anche le strutture imprenditoriali più solide. Da tempo viene denunciata la grave crisi del settore delle costruzioni e i dati che emergono ne rappresentano la drammaticità: a livello nazionale i disoccupati nel settore sono 360mila, 550mila se si considera tutto l’indotto, e le imprese fallite nei primi 9 mesi del 2012 hanno raggiunto le 9.500 unità, una cifra record. «Fa più scalpore la chiusura di un intero stabilimento industriale – commenta Giuseppe Provvisiero – ma ricordiamo che i posti di lavoro persi nel 2012 sono pari a 72 Ilva di Taranto, 450 Alcoa o 277 Termini Imerese. Vi sono enormi problemi occupazionali e l’intero tessuto industriale italiano rischia di scomparire». Quanto la preoccupa la crisi del mercato delle costruzioni e come si aspetta che il nuovo governo affronti questa emergenza? «Siamo molto preoccupati per il futuro del no-

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138 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

stro settore, un comparto che da solo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è in grado di risollevare l’intera economia. Ci aspettiamo interventi urgenti e soprattutto una politica in grado di ascoltarci e di puntare sull’edilizia, con provvedimenti concreti. L’Ance nazionale sta incontrando i candidati alle prossime elezioni ai quali sottopone un vero e proprio manifesto con le problematiche del settore e con le proposte per lo sviluppo. La stessa azione verrà intrapresa dall’Ance Piemonte, per rimarcare i temi». Una situazione che, come ha dichiarato il presidente Paolo Buzzetti, rischia di peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi se non si metteranno subito in campo interventi utili ad arrestare il declino. La situazione rimane così difficile anche in Piemonte e quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi? «In Piemonte il settore delle costruzioni soffre e così anche l’intera economia. Le nostre imprese stanno cercando in tutti i modi di sopravvivere ma senza provvedimenti mirati non potranno resistere a lungo. Dall’ultima indagine


Giuseppe Provvisiero, presidente di Ance Piemonte

L’emorragia di posti lavoro non si arresta ed è ormai arrivata a colpire anche le strutture imprenditoriali più solide

diffusa relativa al secondo semestre del 2012 è emerso che il settore ha raggiunto il livello più basso dal 2002: fatturato e occupazione sono in fortissimo calo. Purtroppo il 2013 non sarà l’anno della ripresa, soprattutto se non verranno attivati determinati interventi chiesti ormai da diverso tempo». Quali a livello regionale i provvedimenti urgenti per superare gli ostacoli normativi e burocratici che impediscono lo sviluppo del settore delle costruzioni? «Occorre risolvere alcune problematiche che stanno mettendo in ginocchio l’edilizia. Mi riferisco, in particolare, al gravissimo problema dei ritardati pagamenti che ha raggiunto livelli non più tollerabili, con attese che superano i 150 giorni e raggiungono anche i tre anni. È necessario rivedere i parametri del patto di stabilità, principale causa dei ritardi, introdurre regole che possano salvaguardare la componente di investimento nei bilanci delle amministrazione pubbliche interessate ed escludere dal patto stesso gli interventi che riguardano la

messa in sicurezza del territori e degli edifici. La direttiva europea sui ritardati pagamenti deve essere applicata senza incertezze e occorre definire un piano di smaltimento dei debiti pregressi. Per bloccare la perdita di posti di lavoro prima di tutto bisogna ridurre il costo del lavoro, tornare a investire e aiutare le imprese in difficoltà. È indispensabile inoltre riattivare il circuito del credito e ridurre il peso insostenibile del fisco sul bene casa, con una correzione dell’Imu, bloccando gli aumenti Iva sulla casa ed eliminando l’Iva dalla responsabilità solidale». Quali le proposte di Ance Piemonte e gli aspetti chiave su cui insistere per risollevare il settore? «Le nostre proposte si riassumo, principalmente, in quattro punti fondamentali: il piano città, basato su trasformazione, riqualificazione e rigenerazione urbana. In particolare è necessario favorire la rottamazione dei vecchi fabbricati e la loro sostituzione con edifici di nuova generazione, migliorare l’efficacia della detrazione del 36 per cento in- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 139


CREDITO & IMPRESE cludendo demolizione e ricostruzione, riqualificare il patrimonio scolastico e agevolare l’utilizzo di capitali privati. Il secondo punto riguarda la casa, con una politica che garantisca l’accesso all’abitazione e che incentivi gli investimenti sulla sicurezza e sul risparmio energetico; ciò significa individuare un piano di edilizia per fasce sociali deboli che non riescono ad accedere al libero mercato, aumentare l’offerta di abitazioni in locazione, alleggerire le imposte sui trasferimenti, mettere in sicurezza gli edifici dal punto di vista sismico e rendere stabile la detrazione del 55 per cento per il risparmio energetico degli edifici. Poi le infrastrutture, con nuove regole a favore della concorrenza, della trasparenza e della legalità, con un’attenzione nella selezione delle imprese, favorendo requisiti reputazionali, che dimostrino l’affidabilità delle imprese, la solidità patrimoniale e la qualità delle opere realizzate. L’ultimo punto riguarda il lavoro, puntando a eliminare la disparità tra il settore edile e gli altri settori industriali». Anche il settore dei mutui è paralizzato. Quanti sono stati gli investimenti in regione nel 2012 nelle costruzioni? E come è possibile riattivare il circuito finanziario, bloccare la restrizione al credito e sostenere le pmi? «Il problema del credito è molto sentito, la liquidità delle imprese e delle famiglie ha raggiunto minimi storici: in Italia nel 2012 i mutui per l’acquisto della casa sono dimezzati mentre i prestiti alle imprese hanno subito una flessione del 9 per cento; in Piemonte dal 2007 al 2011 i mutui per investimenti in edilizia residenziale sono scesi del 26,4 per cento mentre i mutui erogati alle famiglie sono diminuiti del 21,5 per cento. A livello regionale alcuni modesti interventi sono stati attivati ma abbiamo bisogno di strumenti che stabiliscano un’interazione positiva tra banche e imprese e che consentano alle famiglie di accedere al mercato dei mutui per l’acquisto di abitazioni. È anche necessario un fondo di garanzia statale per le fasce più deboli della popolazione e per i giovani». 140 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

GARANZIE CONTRO IL CREDIT CRUNCH In questi anni di crisi economica e diffusa difficoltà di accesso al credito per le pmi, Unionfidi Piemonte ha continuato a offrire sostegno ai propri soci. Ne parla il presidente Pietro Mulatero Renata Gualtieri

el 2012 Unionfidi è intervenuto a favore delle pmi piemontesi permettendo ai propri soci di ottenere nuovo credito, rinnovo o allungamento di credito già in essere per oltre 300 milioni di euro, ricorrendo ampiamente alla controgaranzia del Fondo centrale. «Delle operazioni di nuovo credito - precisa il presidente Mulatero - circa il 75 per cento ha riguardato il breve termine, anticipo fatture e scoperto di conto». Quali le incognite per il 2013? «Più che di incognite parlerei di possibili situazioni che possono mettere in difficoltà i confidi. Tra questi, la flessione dell'attività in termini di garanzie rilasciate, con conseguente calo delle commissioni incassate, abbinato al costante trend di crescita delle sofferenze, che comportano elevati accantonamenti, e liquidità per pagare le escussioni. Tutto ciò può portare

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Pietro Mulatero, presidente di Unionfidi Piemonte

L’emorragia di posti lavoro non si arresta ed è ormai arrivata a colpire anche le strutture imprenditoriali più solide

all'indebolimento patrimoniale dei confidi, con conseguente necessità di ridurre la propria operatività, se non sospenderla, per rispettare i ratios di vigilanza». In che modo Unionfidi Piemonte sta sostenendo le pmi? «Con le proprie garanzie e attraverso attività di consulenza e assistenza su tematiche finanziarie. In merito al primo aspetto il confidi, quale vigilato da Banca d'Italia, ha operato essenzialmente con garanzie a prima richiesta “Basilea compliant” e controgaranzia del Fondo centrale, con conseguente risparmio di patrimonio da parte del Confidi stesso, e quelle della banca finanziatrice. Inoltre, essendo il credito in gran parte sul circolante, il confidi ha creato con talune banche specifici prodotti in grado di soddisfare al meglio tale esigenza. Circa il secondo aspetto, per il tramite della propria controllata Finindustria, il confidi ha operato sulla valutazione della presenza dei requisiti delle pmi per accedere al Fondo centrale e la lettura ragionata della centrale rischi, con osservazioni e suggerimenti». Quali invece le proposte per facilitare l'accesso al credito? «Non abbiamo ricette miracolose, ma cerchiamo di raggiungere tale obiettivo con una

gestione attenta, ricorrendo ai controgaranti istituzionali, e cercando di mantenere con le banche con cui operiamo un clima di collaborazione, seppur nella legittima tutela delle nostre prerogative. Proprio con alcune banche proponiamo ai nostri soci o pmi credito garantito, dopo avere valutato l'impresa con esito positivo». Come nel resto d'Italia, anche in Piemonte l'edilizia soffre. Quali gli strumenti utili per i costruttori edili per l'accesso al credito? Esistono particolari linee di credito a condizioni vantaggiose? «Siamo consci del particolare stato di difficoltà che da tempo interessa questo comparto. Purtroppo il confidi non sempre può dare un contributo significativo dal momento che la selettività sta in primis nel sistema bancario e nei suoi sistemi di rating, che spesso tendono a escludere le pmi edili che usualmente necessitano di crediti di elevato importo, spesso eccessivi per un confidi. In ogni caso Unionfidi, che conta circa 1.100 soci appartenenti al settore sui 14mila totali, è attivo nei confronti dello stesso anche per le relazioni con le associazioni che lo rappresentano, presenti con i loro vertici nel nostro consiglio di amministrazione». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 141



FOCUS CUNEO È la provincia a più bassa fiscalità in Piemonte, tra le più competitive in Italia ed è prima a livello nazionale sotto il profilo della trasparenza. Ma a fermare la crescita sono l’emergenza del sistema socio-sanitario e quella del commercio soffocato dalla crisi PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 143


FOCUS CUNEO

CONTRO LA CRISI TURISMO E WELFARE La crisi si sta facendo sentire anche a Cuneo, da sempre considerata un’isola felice. «Al di là di quello che si sta facendo sul fronte del welfare occorre promuovere il territorio e attrarre investimenti». Il punto del sindaco Federico Borgna Renata Gualtieri

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l 2 febbraio sì è tenuta a Cuneo una manifestazione pubblica in difesa del sistema di welfare provinciale. La giornata di mobilitazione contro il ritardo dei pagamenti da parte della Regione e delle Asl verso il settore socio-assistenziale ha visto la partecipazione di più di 2 mila persone. A dimostrazione che la tutela dei diritti sociali, dei servizi per le famiglie e le persone più fragili e le politiche sociali sono una priorità fondamentale per la comunità. «Gli obiettivi, in parte già raggiunti, – spiega Borgna – erano l’istituzione di un tavolo di crisi sulla situazione provinciale dei servizi sociali, la definizione di un piano di rientro dei debiti

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della Regione e delle Asl, la priorità nei pagamenti ordinari delle di queste ultime ai soggetti che operano nel campo dei servizi alla persona e il sostegno con risorse aggiuntive alle aziende sanitarie più colpite dalla stretta finanziaria». Come il Comune sta cercando di tamponare l’emergenza? Ritiene a rischio attualmente l’erogazione dei servizi socio-sanitari ai cittadini? «Ci siamo battuti, con la collaborazione dei molti soggetti interessati, per attivare un finanziamento dal Gruppo Ubi, garantito dalla Fondazione Crc, per permettere ai consorzi di pagare immediatamente gli arretrati ai fornitori di servizi e di beni. Per il resto,

come hanno ammesso i consorzi, i comuni sono stati gli unici che si sono fatti concretamente carico della continuità dei servizi sociali, versando con regolarità le loro quote e in molti casi addirittura aumentandole. Certo è che se non interviene la Regione con atti concreti rischiamo veramente di distruggere un settore fondamentale come quello del welfare. Per adesso supplisce la professionalità e la dedizione dei vari operatori, molti dei quali stanno lavorando pur non percependo lo stipendio. Ci sono voluti decenni per costruire il sistema di welfare, se salta ci vorranno di nuovo anni per ricostruirlo».


Federico Borgna

20 mln EURO

Cifra che le cooperative socio-assistenziali devono ricevere da Regione e Asl, che porta al problema dei pagamenti dei dipendenti del settore

A fine dicembre ha incontrato una delegazione dell’Associazione Giuseppe Biancheri per la valorizzazione della linea ferroviaria Val Roya. A cosa porterà questa collaborazione? E quali i settori che interesserà? «L’obiettivo è allontanare il rischio di smantellare una linea che noi riteniamo strategica per tutto il territorio, ma non abbiamo dei segnali incoraggianti da parte della Regione e di Trenitalia. L’idea è quella di creare una forte collaborazione tra Cuneo, Ventimiglia e Nizza in campo economico e turistico. Stiamo organizzando con i Comuni di Ventimiglia e della Val Roya una manife-

stazione chiamata “Alpi del mare in rosa”, che vede una serie di eventi itineranti legati dal filo conduttore della promozione del ruolo attivo delle donne». Come Cuneo continuerà a svolgere il ruolo di trait d’union sociale e culturale tra le terre cisalpine e l’Europa, dal Mediterraneo ad Aosta, dall’Alessandrino a Aix en Provence? E quali sono le potenzialità di Cuneo sotto l’aspetto culturale? «Il ruolo di cerniera tra le terre cisalpine e l’Europa è fondamentale per Cuneo, perché quello è il nostro bacino di riferimento. In questo senso i margini di miglioramento sono enormi. Sono convinto che il

turista che può essere attratto dal “prodotto Cuneo” sia sensibile e attento all’offerta culturale, e su questo aspetto dobbiamo fare ancora di più. Se poi si riuscirà a proporre delle iniziative legate al tema della montagna sarà ancora meglio, perché noi siamo alle pendici di sei splendide vallate, punto di In apertura, riferimento di un sistema in cui Federico Borgna, la montagna rappresenta uno sindaco di Cuneo dei punti più forti e appetibili». Quanto la preoccupa la situazione che vede in crisi anche grandi aziende come Miroglio e Alpitur? E quale sarà il sostegno dell’amministrazione comunale per i lavoratori in difficoltà e le sue proposte per il futuro? «I casi di Miroglio e Alpitour PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 145


FOCUS CUNEO

non possono essere sovrapposti mato assieme al prefetto Paperché in un caso si tratta di un’azienda che ha chiuso, nell’altro di un trasferimento ad altra sede, senza perdita dei posti di lavoro. La preoccupazione rimane comunque alta e credo che il compito del Comune debba essere quello di promuovere il territorio, anche per quello che riguarda la possibilità di attrarre investimenti. In questo senso essere un’organizzazione che sa dare risposte rapide ed efficienti ai bisogni di cittadini e imprese può essere utile anche per attrarre investitori da fuori. Per questo abbiamo di recente provato a modificare l’impostazione generale della macchina comunale ridistribuendo le deleghe ai dirigenti». Prima di fine anno ha fir-

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trizia Impresa il patto per la sicurezza tra la prefettura e il Comune di Cuneo. Quale l’impegno delle due parti e le azioni per migliorare la vivibilità e la sicurezza della città? «Lo spirito del patto è creare una forte integrazione tra tutte le forze dell’ordine presenti sul territorio con l’obiettivo di avviare un puntuale e utile scambio d’informazioni per prevenire situazioni critiche o rischiose. L’aspetto sul quale si punta e sul quale bisognerà aumentare la collaborazione e concentrare gli sforzi è la prevenzione, più che la repressione. Per quello che riguarda il Comune stiamo cercando di aumentare il presidio del territorio da parte delle forze di po-

lizia municipale, utile sia come strumento di dissuasione nei confronti della microcriminalità che come supporto alla percezione di sicurezza da parte dei cittadini». Quali le prossime sfide che vedranno impegnata l’amministrazione comunale? «Le sfide sono tante e cercheremo di farci trovare pronti. Sicuramente il Pisu rappresenta una delle occasioni più importanti, perché cambierà la faccia della città. Poi il completamento dell’autostrada, con il lotto 1.6 della tangenziale, e la raccolta differenziata “porta a porta”, di prossima attivazione. Infine la sfida più difficile ma appassionante: rendere sempre più bella e a misura d’uomo la nostra città».


Luigi Isoardi

IN CITTÀ RALLENTA ANCHE IL COMMERCIO Si arrendono anche i negozi storici. Il presidente di Ascom, Luigi Isoardi, sottolinea come nel III trimestre 2012 sia emerso il dato peggiore a livello regionale tra aperture e chiusure di negozi

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Renata Gualtieri

La percentuale del settore commerciale sul totale delle imprese della provincia di Cuneo

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i arresta, secondo i dati Unioncamere Piemonte e Camera di Commercio di Cuneo, nel III trimestre 2012, il dinamismo del sistema imprenditoriale cuneese. Tra luglio e settembre il bilancio demografico rilevato attraverso i registri camerali ha censito 627 nuove iscrizioni, numero inferiore sia rispetto a quello registrato nel trimestre precedente sia al III trimestre 2011, quando le iscrizioni ammontavano a 729. Le cessazioni, valutate al netto delle cancellazioni di ufficio, si sono attestate a quota 643, risultando in diminuzione rispetto alle 731 registrate nel II trimestre dell’anno, ma in aumento rispetto alle 576 registrate nel periodo luglio-settembre del 2011. Il saldo del III trimestre 2012 risulta

COMMERCIO

pertanto di -16 unità. Analizzando la composizione settoriale del tessuto imprenditoriale cuneese emerge come, anche nel III trimestre 2012, il settore che assorbe il maggior numero di imprese è l’agricoltura, che registra una variazione di stock del 0,18 per cento rispetto al periodo precedente; seguono gli altri servizi con una quota del 20 per cento e una variazione di stock dello 0,08 per cento, il commercio che conta il 19 per cento delle aziende cuneesi e registra una variazione negativa dello 0,24 per cento e il comparto delle costruzioni, con un’incidenza del 15 per cento e una flessione in termini di numerosità delle imprese dello 0,59 per cento. Il presidente dell’associazione dei commercianti di Cuneo Luigi Isoar-

di commenta i dati e indica le Luigi Isoardi, priorità da affrontare in riferi- presidente di Ascom Cuneo menti al rilancio del commercio. «Ogni serranda che si abbassa è una parte della città che muore» ha dichiarato commentando il caso Miroglio, negozio storico costretto alla chiusura. Come giudica questa vicenda e quante sono le realtà cittadine soffocate dal peso della crisi? «Ha fatto scalpore perché la PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 147


FOCUS CUNEO

ditta Miroglio era un punto di ri- si ha preso trasversalmente tutferimento per tutti gli altri negozi di Cuneo essendo la più grande impresa commerciale della città, e lo dimostra il fatto che avesse circa 60 dipendenti. Probabilmente però il tipo di struttura non era più adeguata ai tempi e non c’è stato un ricambio generazionale in grado di dare slancio a quest’attività. I titolari hanno fatto di tutto per evitare la chiusura. Questo è il caso più eclatante, però la crisi ha colpito pesantemente tutta la nostra zona. Quando in altre zone si era registrato un calo dei consumi noi avevamo ancora tenuto perché a Cuneo abbiamo una grande diversificazione di imprese. Quando un settore era in difficoltà magari erano gli altri a tenere; a un certo punto però la cri-

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ti i settori e anche il sistema Cuneo ha ceduto e abbiamo avuto per la prima volta nel III trimestre 2012 il dato peggiore a livello regionale tra aperture e chiusure di negozi. Fanno meno notizia ma anche le piccole aziende registrano numeri che creano preoccupazioni». A circa un mese dall’inizio dei saldi, qual è il bilancio che si può registrare tra i negozianti cuneesi e l’atteggiamento con cui guardano al futuro? «Come a livello nazionale anche a Cuneo i saldi sono partiti con il botto. I primi giorni sono stati buoni rispetto alle aspettative, ma dopo una settimana si sono arenati perché il budget a disposizione delle famiglie è diminuito, come già

avevano evidenziato le previsioni. Arriviamo però da una stagione veramente critica dal punto di vista delle vendite e, complice il bisogno dei negozianti di fare cassa, i saldi sono partiti con delle percentuali anche molto alte rispetto agli altri anni. A livello provinciale siamo al 5-7 per cento di calo di vendite rispetto al 2012. La propensione all’acquisto è diminuita e si compra solo se c’è la gran convenienza». A fine gennaio le maggiori organizzazioni dell’artigianato, del commercio, dei servizi e del turismo Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti hanno organizzato una giornata di mobilitazione nazionale per denunciare la drammatica situazione che il nostro sistema di imprese sta vivendo. Quali i punti di maggiore criticità per le imprese dei settori rappresentati? «Quando si muovono queste organizzazioni vuol dire proprio che la situazione diventa molto grave e c’è stata una grande partecipazione anche da parte dei commercianti. Uno dei problemi più grandi riguarda la burocrazia che andrebbe snellita perché questo toglie tempo al lavoro. Ecco perché molti decidono di chiudere e ritirarsi dignitosamente, così i vecchi negozi di tradizione familiare vengono sostituiti da catene di franchising. Fare commercio oggi è difficilissimo. Bisogna studiare bene il mercato altrimenti si è destinati a essere espulsi nel giro di un paio d’anni. Infatti assistiamo a un grande turnover qui come da altre parti».



UNA GESTIONE VIRTUOSA E TRASPARENTE È la provincia a più bassa fiscalità in Piemonte e tra le più competitive in Italia. La presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia, commenta soddisfatta le ottime performance riconosciute a livello nazionale Renata Gualtieri

«I

risultati eccellenti, testimoniati anche dai numeri, premiano l’impegno di giunta e dipendenti in misura superiore alle più rosee previsioni». Sono queste le dichiarazioni con cui Gianna Gancia commenta i dati che fotografano i progressi nel processo d’informatizzazione dei servizi della Provincia di Cuneo effettuati lungo il 2012. In particolare, la digitalizzazione a 360 gradi delle comunicazioni e dei processi amministrativi. Lo confermano i numeri e i fatti: crollo delle spese postali, che nel 2012 si fermano 86.053 euro, poco oltre la metà dei 164.857 euro impegnati nel 2009. 150 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

86.000 EURO L’ammontare delle spese postali della provincia di Cuneo nel 2012, poco oltre la metà dei 164.857 euro impegnati nel 2009

Quali i progressi effettuati nel processo d’informatizzazione dell’ente nel corso del 2012? «Era un impegno con gli elettori. Abbiamo informatizzato tutti i procedimenti, dematerializzando ogni atto amministrativo. In quattro anni quest’operazione strutturale ha consentito di risparmiare tempo, dimezzando per esempio i giorni necessari per l’esecutività di una delibera. Ma anche soldi e carta: qualcosa come 20 tonnellate, equivalenti a 48 alberi d’alto fusto. Risultati che ci sono valsi il primo premio nel concorso nazionale riservato alle pubbliche amministrazioni “La carta da abolire”».

La Provincia di Cuneo è prima a livello nazionale sotto il profilo della trasparenza. Come è stato possibile raggiungere queste performance e quali i prossimi obiettivi? «Per me questo traguardo è motivo di particolare orgoglio. Un risultato raggiunto grazie all’impegno di tutti: di giunta e consiglio per quanto di competenza, ma anche dei dipendenti che hanno saputo affrontare le nuove sfide e le nuove tecnologie senza trincerarsi ma mettendosi in gioco». Può tracciare un bilancio del sistema produttivo ed economico locale? «Difficile tirare le somme in un momento tanto complesso. I dati macroeconomici conti-


Gianna Gancia

nuano a fotografare una provincia operosa, con tessuti produttivi migliori che altrove, ma la crisi morde anche qui. Lo dimostra il ricorso, tuttora eccezionale, agli ammortizzatori sociali». Quali sono i dati che più la preoccupano e quali invece quelli che considera incoraggianti? «Tiene l’export. Ed è un segnale incoraggiante in una provincia con 80mila aziende, per lo più a dimensione familiare, che hanno dimostrato d’essere competitive anche all’estero. Tiene, soprattutto, la voglia di lavorare, che qui non manca. Ed è forse il segnale più incoraggiante». Qual è in concreto il contributo della Provincia a soste-

gno dell’economia locale e delle imprese? «La Provincia deve prima di tutto concentrarsi sui propri compiti fondamentali: dalla viabilità alle politiche attive del lavoro, dalla formazione professionale all’edilizia scolastica, deve creare le condizioni operative e servizi per aziende e famiglie. Cerchiamo di farlo al meglio, senza pesare sulle tasche dei contribuenti. Tant’è che siamo la provincia a più bassa fiscalità in Piemonte e tra le più competitive in Italia. Questo perché sia io che la giunta ci siamo rifiutati di mettere le mani in tasca ai contribuenti aumentando le tasse». Quale sviluppo economico e occupazionale prevede per la provincia nei prossimi anni? E quali le prossime sfide all’interno del suo programma per migliorare anche la qualità della vita dei cittadini? «Siamo di fronte a snodi decisivi. Niente sarà più come prima, se pensiamo di vivere di rendite di posizione. Potremo ripartire se invece ci mettiamo in gioco con tanta capacità d’innovare e perfino, uso un termine forte, di fare qualche sacrificio. Fondamen-

tali, questi ultimi, che qualificano la nostra comunità. L’idea che la soluzione arrivi dallo Stato mi trova lontanissima. Forse il presidente Reagan esagerava quando diceva che lo Stato non era la soluzione ma il problema. Lo statalismo, invece, è la peggior bestia. Lo Stato che fa tutto e male deve lasciar posto a una struttura che fa meno cose e le fa meglio. Nel nostro piccolo, lo facciamo già: la provincia ha dismesso o liquidato 13 società partecipate, rinunciando alla nomina di 119 poltrone. Nel contempo, abbiamo usato queste risorse per investire su strade e scuole. E abbiamo ottimizzato i tempi burocratici». Come la Provincia si muove a sostegno dell’imprenditoria femminile e qual è l’apporto delle donne nella gestione delle imprese, spesso a conduzione familiare, della Granda? «Al di là d’ogni retorica, la presenza attiva delle donne è fondamentale in aziende come le nostre, perlopiù a dimensione familiare. Ne sono protagoniste, in famiglia e nell’impresa, dove portano il loro prezioso contributo sette giorni su sette».

A sinistra, Gianna Gancia, presidente della Provincia Cuneo

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ISTRUZIONE E FORMAZIONE PER LO SVILUPPO Le nuove regole sull’apprendistato che sulla carta dovrebbero favorire l’occupazione giovanile si scontrano nella realtà con le difficoltà del mercato del lavoro dovute alla crisi. Il punto dell’assessore provinciale all’istruzione Licia Viscusi

1.280 STUDENTI Il totale degli allievi coinvolti nei progetti di formazione per i quali la Provincia di Cuneo ha stanziato 1.546.248 euro destinati a 19 agenzie formative

Tiziana Achino

L’

assessore all’Istruzione e formazione professionale, cultura e decentramento universitario della Provincia di Cuneo, Licia Viscusi, illustra i lavori che si sono svolti sull’apprendistato e le recenti innovazioni introdotte dal decreto legislativo 167/2011, oltre agli indirizzi della giunta regionale. Con gli esperti e addetti del settore sono state ritenute fondamentali le analisi e gli approfondimenti sull’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e sull’apprendistato e di alta formazione e ricerca. Come si articola in re152 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

gione la formazione giovanile con l’apprendistato dopo la riforma? «La recente riforma dell’apprendistato è un importante riferimento per contrastare la disoccupazione giovanile e favorire l’assunzione di giovani qualificati per le imprese. Ma il difficile contesto economico e i dati sempre più preoccupanti sull’andamento dell’occupazione giovanile impongono cautela sugli effettivi esiti occupazionali che la riforma potrà favorire. Solo la prassi applicativa che ha, fin da subito, chiamato in campo il ruolo della Regione, delle province e delle parti sociali consentirà di misurare il successo del nuovo apprendistato

quale canale privilegiato per rendere trasparente e maggiormente fluida la transizione dalla scuola al lavoro. Nel suo contesto generale la riforma ci consegna un contratto di lavoro certamente utile e innovativo che potrà assicurare ai giovani maggiore stabilità e adeguate prospettive occupazionali e di carriera. Il nuovo apprendistato dovrà favorire l’integrazione tra i sistemi di istruzione e formazione e il mercato del lavoro, riqualificherà il lavoro manuale, i mestieri e i percorsi di formazione, anche teorica e di ricerca, e garantirà un maggiore e migliore allineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro. L’obiettivo


Licia Viscusi

5.008 ORE Le ore di formazione che saranno erogate per le competenze di base e trasversali. 5.940 quelle per le competenze tecnico-professionalizzanti che si svolgeranno nelle imprese

è anche quello di valorizzare nuovi modelli di apprendimento lavorativo che possono consentire non soltanto la professionalizzazione, l’apprendimento di un mestiere, ma anche l’acquisizione di titoli di studio di livello secondario o terziario compresi i dottorati di ricerca. La nostra azione istituzionale dovrà quindi agevolare e sviluppare la valenza educativa e culturale dell’apprendistato». E quali sono i progetti nel Cuneese? «In provincia stanno terminando le attività formative finanziate per i progetti della prima annualità per un finanziamento di 1.546.248 euro destinato a 19 agenzie forma-

tive. Sono coinvolti nelle attività formative 1.280 allievi, di cui 12 in età di obbligo formativo, mentre sono in corso di attivazione 29 progetti formativi. Saranno erogate 5.008 ore di formazione finalizzate alle competenze di base e trasversali e 5.940 ore alle competenze tecnico-professionalizzanti, che si svolgeranno tutte in impresa. È stato attivato un altro sportello per la presentazione di progetti per le seconde annualità, poi nel 2013 ci sarà ancora un ultimo e definitivo sportello per concludere i percorsi finanziati relativi “vecchia” normativa, secondo gli articoli 49 del decreto legislativo 276/2003 e 16 della legge 196 del 1997.

Le donne cuneesi scelgono settori nuovi di studio per il lavoro futuro? «Nella formazione per le giovani c’è la tendenza a restare nel settore tipico di estetista o parrucchiera, ma ci sono alcune donne della nuova generazione che hanno optato per meccanica d’auto o impiantistica elettrica. Nell’Istituto tecnico Vallauri di Fossano, ad esempio, ci sono alcune ragazze iscritte a una scuola superiore tipicamente maschile. Parecchie comunque scelgono indirizzi tecnologici come il liceo scientifico e scienze applicate. Nella popolazione scolastica nel suo complesso i risultati migliori ottenuti sono delle donne».

Licia Viscusi, assessore all’Istruzione e formazione professionale della Provincia di Cuneo

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INFRASTRUTTURE

L’Italia che esporta brevetti Il recente progetto di trasporto a “nastro volante” per la cava di Barroso in Brasile. Affidato alla storica azienda funiviaria torinese. L’ingegnere Alessandro Andreetto spiega i fattori che hanno portato le loro tecnologie in tutto il mondo Luca Càvera

na commessa da 25,5 milioni di euro. Questo il valore del progetto per un sistema di trasporto materiale a “nastro volante” che sarà realizzato a Barroso, in Brasile, presso la cava della svizzera Holcim. Oltre 7 chilometri di collegamento fra la cava principale e il sito di lavorazione, con una portata oraria di 1.500 tonnellate di inerte. E il brevetto di questa tecnologia – Flyingbelt – appartiene a un’impresa italiana, la Agudio (società del gruppo Leitner), che è la stessa che realizzerà l’intera progettazione e costruzione delle opere elettromeccaniche, nonché eseguirà le delicate operazioni di stesura, montaggio, giunzione e tensionamento delle funi e del nastro. «Flyingbelt – spiega l’ingegnere Alessandro Andreetto, presidente della società – è un brevetto recente. E rappresenta la summa dell’oltre secolo e mezzo di esperienza di Agudio nel settore. Abbiamo installato

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In queste pagine, impianti di trasporto a fune realizzati dalla Agudio Spa di Leini (TO) www.agudio.com

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il primo Flyingbelt lo scorso anno, presso la cava di Henry Leygue, a Pouzols, in Francia. Subito dopo abbiamo ottenuto la commessa brasiliana, la cui inaugurazione è fissata a fine 2014». Ciò che ha permesso alla storica azienda funiviaria torinese di conquistare la commessa è stata la presentazione di un progetto basato sull’esclusivo brevetto Flyingbelt. «Questo – prosegue Andreetto – è in grado di coniugare basso impatto ambientale, economia di esercizio, semplicità costruttiva e di manutenzione e bisogna considerare che questo impianto sarà in funzione per i prossimi quarant’anni per 24 ore al giorno e 365 giorni l’anno. E inoltre l’abbiamo progettato per essere performante e con una totale adattabilità al tracciato, particolarità, quest’ultima, molto importante nella zona del Minas Gerais, caratterizzata da una fitta vegetazione e dirupi scoscesi.


Alessandro Andreetto

Ogni installazione ha bisogno di una fase di ricerca e sviluppo dedicata. Infatti, poiché ogni applicazione è speciale, ogni installazione è diversa dall’altra e cambiano le condizioni e gli scenari, anche climatici oltre che di destinazione d’uso». Agudio si conferma così una realtà ai vertici mondiali del settore degli impianti di trasporto materiali su fune. E quest’ultima commessa internazionale va ad arricchire il catalogo di lavori realizzati in Romania, Portogallo, India, Etiopia e Perù. Tuttavia Agudio ha una storia ben più corposa, dato che la fondazione risale all’epoca dell’unità nazionale. «Nello specifico campo funiviario, è al fondatore dell’azienda, l’ingegnere Tommaso Agudio, che va attribuita la concezione di un particolare sistema di trasporto misto tra una funicolare e una cremagliera. Questo sistema, all’epoca innovativo, assicurava la trazione anche su forti pendenze. Tanto che già nel 1863, Agudio utilizza la sua tecnologia per costruire la funicolare di Dusino, seguita da impianti similari al Moncenisio, sulla cordigliera cilena e, nel 1880, dalla funicolare di Superga». Nel periodo fra le due guerre mondiali, Agudio è presente in modo significativo nel comparto degli impianti a fune, con realizzazioni che

Flyingbelt è un brevetto che rappresenta il risultato di oltre un secolo e mezzo di esperienza di Agudio nel settore funiviario

sono entrate nella storia delle grandi funivie: come la Plan Maison-Cime Bianche-Plateau Rosa a Cervinia (1939) e altre linee importanti (Abetone, Limone Piemonte e Bardonecchia). In seguito, si specializza anche nella realizzazione di sistemi per la costruzione di dighe. Da qui in poi si susseguono progetti – in Italia e all’estero –, collaborazioni e fusioni societarie importanti. Fino al 2007, quando la società riacquista

l’identità iniziale nell’ambito degli impianti speciali. «Oggi siamo attivi in tutto il mondo, ma legati al territorio piemontese. Inoltre, poiché pensiamo che le persone siano il primo valore, abbiamo investito per essere una realtà giovane. Siamo appena una cinquantina di ingegneri e specialisti di montaggio. E per questo viaggiamo moltissimo per riuscire a seguire i numerosi progetti sparsi in tutto il mondo». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 155


INFRASTRUTTURE

Più sostenibilità sulle strade I lavori di costruzione e manutenzione delle strade hanno toccato nel 2012 la quota più bassa degli ultimi venti anni. Ma c’è ancora spazio per l’innovazione e la ricerca. L’esperienza e le soluzioni a basso impatto ambientale di Giuseppe Massano Viviana Dasara

ispetto a due anni fa, quando ancora c’era l’illusione di un rilancio, la situazione nel comparto è precipitata – spiega Giuseppe Massano titolare della Massano Group Srl –. Nonostante la crisi nel campo dei lavori stradali non abbiamo rinunciato ad investire sia nell’impiego di macchinari e attrezzature all’avanguardia sia nelle tecnologie di stesa dell’asfalto per garantire la sicu-

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La Massano Group Srl ha sede a Montanera (CN) www.massanogroup.it

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rezza sulle strade». Lavori stradali e pavimentazioni sono l’attività principale della Massano Group che opera prevalentemente con enti pubblici e privati per reti viarie urbane ed extraurbane, o realizzazioni di fibre ottiche, scavi e posa di cavi per reti telefoniche in ambito nazionale e internazionale. La storica impresa si è evoluta nel settore edile stradale e delle pavimentazioni in conglomerato bituminoso drenante grazie all’impegno e alla determinazione

del titolare Giuseppe Massano, rendendola una delle realtà di riferimento del mercato con un trend di crescita negli ultimi anni. «Il nostro mercato si estende in tutto il Nord d’Italia e oltre alle lavorazioni di tipo tradizionale, si sono aggiunte le realizzazioni di infrastrutture e posa di reti in fibra ottica sino a giungere alla copertura dell’intero territorio nazionale». La Massano Group può infatti vantare una grande esperienza anche nel campo delle teleco-


Giuseppe Massano

municazioni. Il nome dell’azienda si è contraddistinto per l’alto livello qualitativo e la professionalità anche in nuovi rami di attività relativi all’impiantistica telefonica. L’apertura e l’abilità tecnica in questo settore hanno permesso all’impresa di effetturae vari tipi di interventi dallo scavo tradizionale, con preventive indagini nel sottosuolo e di messa in sicurezza dell’area di lavoro, alle operazioni di perforazione sotterranea, di realizzazione del tracciato condotta o taglio pavimentazione stradale. L’uso di tecnologie di avanguardia nell’esecuzione dei lavori edili stradali e la conoscenza dei materiali di ultima generazione hanno permesso alla Massano Group di eseguire interventi di alta qualità di resistenza e ad alto potere drenante, con notevoli vantaggi in caso di pioggia o in zone soggette a precipitazioni nevose. «L’utilizzo di bitume modificato con polimeri Sbs e fibre in vetro – continua Massano – è particolarmente vantaggioso per l’eliminazione del fenomeno “aquaplaning” e dell’effetto “nube di acqua”. L’evidente miglioramento della visibilità e della trazione sul bagnato riescono ad assicurare così la diminuizione degli spazi di frenata e della sicurezza di marcia in genere. Questa tecnologia è particolarmente indicata su autostrade e strade ad alto scorrimento di traffico di pianura. Ma è possibile utilizzarla anche in zone montane, usando particolari soluzioni sa-

line durante i trattamenti antighiaccio, per conferire alla pavimentazione ottime qualità di resistenza e sicurezza». Visto il notevole incremento che negli ultimi anni l’azienda ha avuto nel comparto delle pavimentazioni e costruzioni stradali e con uno spirito di miglioramento continuo, oltre alla coltivazione di una cava per estrazione inerti, è entrata in piena attività anche la produzione e l’uso di materiale riciclato proveniente dallo smaltimento e dal recupero di pneumatici, uno dei materiali più difficilmente smaltibili. «Senza trascurare l’aspetto am-

bientale, testimoniato dalle nostre certificazioni di qualità aziendale, la gomma derivante dal riciclo degli pneumatici, fino al 20 per cento, viene trasformata in asfalto ecologico. Questo materiale alleggerito con l’uso di granuli in gomma permette di diminuire fino a dieci decibel il rumore provocato dal traffico, associando un buon effetto drenante a ottimi valori di fonoassorbenza. L’utilizzo di questa tecnologia permette dunque di realizzare asfalti sostenibili ed ecologici con ottime proprietà fisiche, senza impatti per ambiente e salute». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 157


INFRASTRUTTURE

Riqualificare in tempi record I lavori per la ripavimentazione della pista dell’aeroporto di Torino Caselle. Una sfida vinta da Mario, Luca e Paolo Giuggia in appena 87 ore. Riducendo al minimo le perdite dello scalo in termini economici e di traffico Valerio Germanico

n appalto da oltre 5,5 milioni di euro realizzato in sole 87 ore. Il dato temporale è stato certamente quello più significativo nei lavori realizzati nel luglio 2012 presso l’aeroporto di Torino Caselle. Dietro questo record c’è il know how della Giuggia Costruzioni e delle due aziende che hanno partecipato in associazione (Brillada e Borio). Come spiega l’ingegnere Mario Giuggia, amministratore dell’impresa insieme

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ai figli Luca e Paolo: «Si è trattato di un lavoro importante e impegnativo, sia in fase di gara – per rispondere ai requisiti del bando europeo – sia in fase di organizzazione e realizzazione dei lavori». Questi hanno previsto la riqualificazione delle pavimentazioni e degli impianti della seconda metà della pista per uno sviluppo di 1.460 metri e una larghezza di 60, la riqualificazione della taxiway, la via di rullaggio percorsa dagli aeromobili per entrare o uscire

dalla pista per una lunghezza di 670 metri e una larghezza di 20 e di due raccordi tra le due piste. «Interventi di questo tipo – prosegue Giuggia – vengono eseguiti in media ogni trent’anni e prevedono l’asportazione delle pavimentazioni esistenti, la preparazione dei sottofondi con la stabilizzazione a cemento e la successiva stesa di nuova pavimentazione aeroportuale. Le quantità sono impressionanti: 120mila metri quadrati di intervento, 20mila metri cubi di


Mario, Luca e Paolo Giuggia

Gli ingegneri Luca, Mario e Paolo Giuggia, amministratori e direttori tecnici della Giuggia Costruzioni di Villanova di Mondovì (CN) www.giuggia.it

pavimentazioni asportate, quasi 50mila tonnellate di conglomerati bituminosi stesi provenienti da sette impianti di produzione che sono rimasti operativi per 60 ore consecutive. E ancora, 800 persone coinvolte e quasi 500 mezzi provenienti da tutto il Nord Italia». In che modo è stato possibile fare tutto in appena 87 ore? «In un lavoro come questo – risponde l’ingegnere Luca Giuggia – la fase organizzativa che precede l’intervento vero e proprio è fondamentale. Come fondamentale è il controllo delle tempistiche preventivate. Controllo che veniva effettuato di ora in ora direttamente dall’interno della centrale operativa – e questo ha permesso di intervenire con le necessarie correzioni nei momenti più critici. E ovviamente il coordinamento di tutto il personale impiegato». Paolo Giuggia spiega poi le ragioni che costringono a eseguire un lavoro tanto impe-

Nel lavoro dell’aeroporto di Torino Caselle la fase organizzativa che ha preceduto l’intervento è stata fondamentale

gnativo in così poche ore: «La scelta è stata dettata dalle caratteristiche della struttura aeroportuale di Torino Caselle. Quest’ultima è dotata di un’unica pista e, pertanto, la sua chiusura prolungata avrebbe causato notevoli perdite in termini di volumi trasportati. La committenza ha perciò deciso per questa tipologia di intervento, che non era mai stata applicata in Italia. E noi abbiamo accettato e vinto la sfida». La capacità di raccogliere e portare a termine nuove sfide caratterizza la lunga storia della Giuggia Costruzioni che fu fondata nel 1881. In oltre un secolo l’azienda ha attraversato diversi settori del campo edile: dalla coltivazione di cava e vendita del materiale estratto alla produzione di conglomerati bituminosi e ce-

mentizi, per poi arrivare alla realizzazione di lavori stradali e infine all’attività di edilizia prima abitativa e poi industriale. Le specializzazioni più recenti, come il progetto presentato dimostra, sono andate nella direzione dei lavori di riqualificazioni portuali (porto di Genova) e aeroportuali. In conclusione, Mario Giuggia, torna a commentare il lavoro eseguito nell’aeroporto torinese, sottolineando come questo progetto abbia rappresentato una crescita per l’azienda: «Appalti come questo non capitano tutti i giorni. Siamo quindi soddisfatti per il lavoro svolto, soprattutto perché abbiamo avuto la conferma di poter contare su una struttura capace di affrontare interventi anche molto impegnativi, adattandosi anche a sfide inedite». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 159


EDILIZIA

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Mauro e Giorgio Burdese

Il volto high tech dell’impiantistica Tra cautele e sprint inattesi, le parole di Giorgio e Mauro Burdese moltiplicano le interpretazioni sulle condizioni degli impianti tecnologici e dell’edilizia in generale e permettono di scorgere soluzioni inedite. A patto di avere le necessarie competenze «la crescita è possibile» Renato Ferretti

na delle poche retrospettive positive, un’ancor più rara previsione ottimistica del prossimo futuro. Nel campo dell’impiantistica non capita spesso di avvistare spiragli di ripresa, e ormai neanche le rinnovabili fanno più eccezione. Quello che portano i fratelli Giorgio e Mauro Burdese, invece, è un esempio raro di azienda impiantistica, se non altro per l’ottimismo che ispira la loro vicenda. La Tecnelit, fondata a Torino dai due fratelli nel 1987, si occupa principalmente di costruzione d’impianti tecnologici elettrici e termofluidici, oltre a sviluppare interventi mirati di edilizia chiavi in mano. Ora è tempo di tirare le somme sui risultati dell’anno appena trascorso e Giorgio Burdese inizia con calma la sua disamina. «Nel 2012 abbiamo festeggiato il 25° anniversario dalla fondazione della società – ricorda –, e indubbiamente avremmo desiderato festeggiarlo in un contesto di maggiore serenità. Invece

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è stato un anno contraddittorio, stimolante e gratificante da un lato, duro e pesante sotto altri punti di vista. Considerando tuttavia la situazione generale e del nostro settore in particolare, possiamo ritenerci soddisfatti dell’anno passato e delle prospettive per il nuovo anno». Quali sono le vostre valutazioni sull’andamento del settore? «Il 2012 è stato ancora un anno di grave recessione per l’economia italiana, e in questo contesto il settore delle costruzioni sta vivendo la crisi più grave dal dopoguerra ad oggi. La riduzione degli investimenti nel settore delle infrastrutture, la difficoltà di accesso al credito, i gravi ritardi nei pagamenti e il peso crescente della burocrazia hanno messo in ginocchio il settore, portando anche alla chiusura numerose società pur validamente strutturate e radicate nel territorio. D’altro canto la competitività è aumentata a livelli che oserei definire patologici e assistiamo all’acquisizione

di molte gare a valori assolutamente non remunerativi, sperando forse di sfruttare una Mauro e Giorgio sorta di effetto volano sino al Burdese, soci fondatori momento dell’auspicata ripresa. della Tecnelit di Torino Per Tecnelit Spa, grazie alla www.tecnelit.it grande determinazione, alla consolidata struttura aziendale, alle strategie di espansione, agli investimenti in strutture e sull’organico operativo, l’anno si è chiuso con un incremento del 6 per cento della produzione e un aumento del portafoglio ordini che garantisce già allo stato attuale il mantenimento del fat- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 161


EDILIZIA

AVANGUARDIA TECNOLOGICA iorgio Burdese, affiancato dagli altri due soci operativi della torinese Tecnelit, Mauro Burdese e Gabriele Iuorio, indica alcune delle opere ad alto tasso tecnologico in programma nei prossimi mesi. «Per quanto riguarda l’impiantistica – dice Burdese – l’intervento di maggior prestigio e impegno nel 2013 sarà la realizzazione degli impianti tecnologici del grattacielo Intesa San Paolo a Torino, un intervento di elevata visibilità, con soluzioni tecniche al top della tecnologia, con un’integrazione globale di sofisticati impianti elettrici, termofluidici, antincendio, idraulici, trasmissione dati e supervisione BMS. Nell’ambito dell’edilizia generale ci auspichiamo che proceda celermente la fase di stipula del contratto per la costruzione del nuovo poliambulatorio presso l’ex Marco Antonetto a Torino, importante intervento di progettazione e costruzione integrata di cui, dopo l’aggiudicazione definitiva, abbiamo ricevuto la validazione, ma che è attualmente in standby per la situazione economica contingente legata alla sanità».

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turato e la piena occupazione

per il prossimo biennio». Quindi per voi il 2013 sarà “in discesa”? «Cautela, non può che essere questa la parola d’ordine: infatti, come risulta dall’indagine congiunturale Ance di Dicembre 2012, il settore delle costruzioni dal 2008 al 2013 avrà perso circa il 30 per cento degli investimenti, riportandosi a livelli della metà degli anni settanta. Se è vero che la crescita del Paese passa attraverso il rilancio del settore delle costruzioni, andrebbero rimossi i gravi problemi che la bloccano: sarebbe auspicabile liberare risorse per nuovi investimenti pubblici, attenuare il fenomeno dei ritardati pagamenti delle Pubbliche amministrazioni per

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lavori regolarmente eseguiti, riattivare il circuito finanziario a medio e lungo termine (che in questa fase rende estremamente difficile a imprese e famiglie l’accesso ai mutui) e alleggerire il carico fiscale. Direi comunque che per noi più che “in discesa” il 2013 sarà certamente un anno di ulteriore espansione, in cui riteniamo di poter consolidare i rapporti con la clientela storica e aumentare la quota di mercato. Certamente l’entusiasmo e la voglia di crescere non sono diminuiti, anzi la dimensione aziendale acquisita ci consente di proporci con credibilità in ogni contesto nazionale e di aprire i nostri orizzonti verso interventi fuori dai confini nazionali. Quali sono i vostri punti di

forza? «Penso che questi venticinque anni di attività abbiano creato uno “zoccolo duro” di collaboratori motivati, tecnicamente preparati e costantemente aggiornati. Preferiamo l’utilizzo di risorse interne rispetto all’affidamento dei lavori in subappalto; la struttura aziendale è molto snella e riteniamo che questo ci consenta una maggior attenzione e sensibilità verso le esigenze del cliente, tempi di reazione molto veloci, decisioni immediate anche in situazioni critiche. Abbiamo sempre puntato alla qualità totale curando con precisione tutte le attività, dai progetti costruttivi alle realizzazioni, dalla selezione minuziosa delle forniture alla tempistica di conse-


Mauro e Giorgio Burdese

gna, dalla perfetta posa in opera, alla messa in funzione e all’attivazione concordata con il cliente finale. Abbiamo sempre lasciato gli utili in azienda, preferendo reinvestire nella società per avere la forza finanziaria necessaria ad affrontare sfide sempre più impegnative. Certamente abbiamo passato momenti difficili come tutte le società, ma li abbiamo affrontati senza mai demoralizzarci e reagendo prontamente, adeguando la struttura alle necessità contingenti, sotto tutti i profili: organizzativo, tecnico e finanziario. Oggi siamo in grado di affrontare commesse impiantistiche di qualsiasi complessità e dimensione, e anche di approcciare serenamente interventi mirati nel settore dell’edilizia generale che inizia a darci le prime soddisfazioni». La vostra attività sembra piuttosto diversificata. «Tecnelit è nata costruendo impianti elettrici e speciali in ambito industriale e terziario, è quindi naturale che in questo settore abbia inizialmente sviluppato le proprie professionalità. Successivamente l’attività si è estesa alla costruzione di impianti termofluidici, con l’inserimento di nuove figure professionali specializzate con la ferma determinazione di mantenere nel nuovo settore lo

L’intervento di maggior prestigio e impegno nel 2013 sarà la realizzazione degli impianti tecnologici del grattacielo Intesa San Paolo a Torino

stesso livello qualitativo e professionale che ci ha consentito di ottenere importanti risultati nel settore elettrotecnico. Consolidati i due settori impiantistici, che continuano a costituire il nostro core business, da alcuni anni abbiamo intrapreso interventi di costruzione e ristrutturazione “chiavi in mano”. È ormai una divisione della nostra attività che sta dando ottimi risultati». Quali sono i vostri “fiori all’occhiello”? «I lavori sono le nostre creature, e ognuna ha le proprie caratteristiche ma è ugualmente importante. Indubbiamente il motore che ha consentito la nostra crescita aziendale é stato il settore degli impianti tecnologici elettrici e termofluidici integrati di elevata complessità e

dimensione. Abbiamo realizzato in questi anni impianti in edifici di notevole visibilità, tra i quali l’intervento presso gli ex uffici Telecom , il palazzo della Provincia di Torino, impianti tecnologici per gran parte delle aziende italiane del settore aeronautico, la costruzione di multisala cinematografiche a Torino e a Roma, il raddoppio dell’aeroporto di Torino per le Olimpiadi 2006. Infine, per quanto riguarda l’edilizia generale ricordiamo con affetto la completa ristrutturazione dell’edificio storico di via Roma Piazza De Ferrari a Genova, che è stata un po’ la nostra “palestra” per allargare il campo oltre l’impiantistica. In questi giorni stiamo terminando la costruzione della nuova Questura di Verbania». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 163


EDILIZIA

Il futuro dell’edilizia La bioedilizia crea abitazioni che nell’aspetto si presentano come quelle tradizionali, ma che offrono ambienti salutari, economici, rispettosi di uomo e ambiente. L’analisi di Guido Martinengo Eugenia Campo di Costa

a bioedilizia è il futuro del settore delle costruzioni. Secondo Guido Martinengo, amministratore unico della Villeurop di Cuneo, realtà specializzata nella realizzazione di abitazioni a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica, «tra 5 o 10 anni l’edilizia tradizionale non potrà più esistere se non solo per le ristrutturazioni. È impensabile che per costruire un palazzo di 15 piani si impieghino due, tre anni, quando, in bioedilizia si impiegano 4 mesi». La rapidità di costruzione è strabiliante, basti pensare che Villeurop garantisce la consegna della casa in Versione II (completamente finita da fuori) in 30 giorni e in Versione III (completamente finita, detta comunemente “chiavi in mano”) nei tre mesi successivi. La bioedilizia sfrutta tecniche innovative, per offrire la possibilità di vivere abitazioni che

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nell’aspetto si presentano come quelle tradizionali, in cemento armato e laterizi, ma che offrono ambienti salutari, economici, rispettosi di uomo e ambiente. «I vantaggi di una casa in bioedilizia sono molteplici – spiega Martinengo – . Innanzitutto non avere più nessun costo per il riscaldamento, la luce, la produzione di acqua calda e il cucinare grazie all’impianto da 3 kW, solo possibile nelle case con un K termico inferiore a 0.14. Sono inoltre abitazioni antisismiche, antincendio e certificate con il marchio CE, attestanti la qualità eccelsa dei legnami e di tutti gli altri materiali impiegati. Logicamente

si riscaldano molto più in fretta e a costi quasi nulli, inoltre, non temono muffe e umidità e sono totalmente isolate acusticamente». Nel 2007, prima in Italia, Villeurop ha istallato l’impianto con pannelli fotovoltaici da 3 kW su ogni singola casa delle quattro costruite in provincia di Varese. A questo impianto fotovoltaico ha collegato l’impianto di riscaldamento sottopavimento elettrico da 16 Volt (con un termostato che regola la temperatura in ogni stanza della casa), la linea-elettrica dell’abitazione per l’illuminazione dell’interno e dell’esterno, la pompa di calore (supportata da un serbatoio


Guido Martinengo

Alcune realizzazioni della Villeurop di Cuneo. Dal primo gennaio 2013, l’azienda è partner del più grande raggruppamento europeo di case in bioedilizia che rappresenta 7 marche, con 7 diversi sistemi costruttivi www.villeurop.it

È impensabile che per costruire un palazzo di 15 piani si impieghino due, tre anni, quando, in bioedilizia si impiegano quattro mesi

da 250 litri, per l’acqua calda) e la cucina elettrica a induzione, per cucinare. Tutto questo ha consentito agli abitanti di ogni singola casa di non sostenere più nessun costo per la luce, il riscaldamento, l’acqua calda e il gas per cucinare. «Abbiamo sperimentato questa nostra innovazione per 5 anni. Nei primi sei mesi del 2012, abbiamo effettuato tutte le più complete prove tecniche e di laboratorio al fine di controllare il campo elettromagnetico che poteva creare l’impianto di riscaldamento elettrico a pavimento. Il risultato è stato incredibile: 76 volte in meno di un comunissimo telefono

cellulare. Così abbiamo deciso di costruire le nostre case principalmente in questo modo, dotandole di tutte queste innovazioni, in modo da ottenere strutture attive. In questo momento si sta inseguendo la realizzazione delle costruzioni denominate “case passive”. Noi, questo concetto l’abbiamo superato cinque anni fa! Le nostre costruzioni oggi sono case attive!». L’innovazione più significativa introdotta da Villeurop è il completo miglioramento della qualità dell’abitare. Le case sono totalmente realizzate con materiali “caldi” e naturali: il legno, la lana di roccia e il “fibracell” (fibra di cellulosa grezza, pressata in autoclave, con lo stesso Ph della pelle umana) permettono, a chi le abita, di vivere e di percepire un microclima totalmente di-

verso da quello delle case tradizionali. «Le nostre abitazioni – continua Martinengo – non contengono sostanze nocive come il cloro, il cadmio, il Tba, la formaldeide e impediscono il ristagno del gas radon, attraverso una costante naturale aerazione degli ambienti interni, permessa proprio dai materiali naturali che impieghiamo. Le nostre costruzioni, infine, sono antisismiche per eccellenza: la struttura in legno infatti, diversamente da quella tradizionale in cemento armato, permette di muoversi insieme con le oscillazioni del sisma impedendo la rottura e quindi il crollo dell’edificio. Una nostra casa edificata nel 1973 a Venzone, Udine, è l’unica rimasta intatta nel paese stesso che è stato raso al suolo dal sisma del Friuli del 1977».

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EDILIZIA

Nel laboratorio che “testa” la qualità dell’edilizia A Cuneo, in uno dei pochi laboratori prove italiani impegnati nelle analisi e nei test dei materiali edili. Tra tecnologie e normative, parla l’architetto Diego Dutto Carlo Sergi

rescere e stabilizzarsi, nel settore dell’edilizia, è ancora possibile. In uno scenario critico come quello dell’ultimo triennio, è utile osservare il modus operandi di alcune imprese del comparto, capaci di affrontare la recessione proponendo innovazioni sui rispettivi mercati di riferimento. Una lezione che giunge anche dalla cuneese Engineering Controls. Una società, ma soprattutto laboratorio prove materiali e laboratorio geotecnico, divenuto punto di riferimento per testare i materiali edili utilizzati su innumerevoli progetti. «Questa azienda è costantemente cresciuta grazie ai continui investimenti in attrezzature e risorse umane - ci tiene a precisare l’architetto Diego Dutto, titolare e amministratore della società. Soprattutto, abbiamo puntato alla diversificazione, implementando i settori di intervento». Engineering Controls è oggi impegnata su più fronti: dalle prove sui materiali da costru-

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zione in edilizia e sui materiali stradali ai controlli sugli impianti funiviari di risalita. «Il 2012 è stato un anno di stabilità, in cui il fatturato è rimasto in linea con gli anni precedenti - spiega Dutto -. Considerando il difficile periodo congiunturale possiamo ritenerci soddisfatti». La parola d’ordine è “rinnovamento”. L’attività è stata potenziata con nuove apparecchiature

e si è investito nella formazione sempre più specialistica del personale tecnico. «Siamo molto attenti a ciò che la tecnologia offre nel nostro settore al fine di fornire un servizio all’avanguardia e soprattutto di garantire una sempre maggiore precisione delle misure - spiega l’architetto -. Recentemente abbiamo acquistato centraline elettroniche per le prove di carico, strumenti a ultrasuoni per il monitoraggio


Diego Dutto

Nelle immagini, i tecnici e gli operatori della Engineering Controls di Cuneo. Il laboratorio prove materiali e quello geotecnico sono autorizzati dal Ministero II.TT. ai sensi dell’art. 59 del DPR 380/01 www.engineeringcontrols.it

delle strutture in cemento armato, martinetti piatti per le prove sugli edifici in muratura. Non solo. Negli ultimi anni abbiamo automatizzato gran parte delle macchine per le prove di laboratorio, il cui funzionamento manuale e meccanico è diventato elettronico e servoassistito». Non tutti sono consci del ruolo che questi laboratori ricoprono. «Quando si costrui-

sce un edificio o un ponte, una qualsiasi struttura che assolva funzioni statiche, interveniamo per eseguire le prove sui materiali che compongono l’opera. Il direttore dei lavori ha infatti la responsabilità, per legge, di eseguire i prelievi sul calcestruzzo, sul ferro di armatura o su altri materiali impiegati per inviarli al laboratorio incaricato di eseguire le prove previste dalla normativa in vigore». L’attività è inoltre coinvolta nella prevenzione antisismica. «La tecnologia delle “prove non distruttive”, che abbiamo adottato da molti anni, è particolarmente indicata per il monitoraggio delle costruzioni esistenti». Anche in ambito stradale emerge il valore del gruppo guidato dall’architetto Dutto. «Eseguiamo tutte le attività di prova necessarie a garantire la corrispondenza dei materiali impiegati ai capitolati speciali d’appalto». Tra i principali committenti pubblici della Engineering

Controls si annoverano Anas Spa, Sitaf Spa (Società italiana traforo del Frejus), l’Autostrada Torino-Ivrea-Aosta e l’Autostrada Torino-Savona. «La legge sottolinea l’obbligatorietà dei controlli sui materiali da costruzione, ma stiamo assistendo a una crescita anche culturale. Soprattutto le nuove generazioni di progettisti sono particolarmente attente a questi aspetti. In 25 anni di attività possiamo affermare che si è verificata sicuramente un’evoluzione e che la sensibilità degli addetti ai lavori è notevolmente aumentata». Secondo l’architetto, obiettivo dell’attività del laboratorio è anche la diffusione e la spiegazione della normativa, attraverso incontri e convegni dedicati. «Ciò rientra nella nostra funzione di “pubblica utilità”. Le normative sulle costruzioni sono scrupolose e severe, il problema è applicarle seriamente e verificare che vengano rispettate». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 167


EDILIZIA

Laterizi, nuovi sistemi produttivi Cambiamento ed evoluzione sono le basi per la ripresa del settore edile. Alberto Ellena illustra le modifiche e le novità che hanno investito l’elemento da costruzione più semplice e antico: il mattone Valeria Garuti

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l processo di evoluzione che interessa il mondo delle costruzioni procede verso una sempre maggiore qualità e innovazione del prodotto. Allo scopo di ridurre drasticamente i consumi energetici degli edifici per riscaldamento e rinfrescamento, la fornace Garelli & Viglietti ha lanciato una nuova linea di blocchi a setti sottili: ECOTERM®. «Si tratta di un’evoluzione tecnologica per murature ad alta efficienza energetica» afferma il titolare Alberto Ellena. «I nuovi prodotti offrono pre-

stazioni straordinarie sotto il profilo statico, termico e acustico. Abbiamo ottenuto queste caratteristiche grazie all’innovativa conformazione interna dei blocchi a setti sottili. Tutto questo permette di garantire comfort e risparmio energetico, anche nel periodo estivo. In aggiunta, la parete mantiene le note caratteristiche di traspirabilità e naturalità, che solo il laterizio è in grado di assicurare». Era il 1911 quando i cugini Garelli e Viglietti, già fornaciai dalla metà dell’Ottocento, acquistarono la loro prima for-

nace, avviando un’azienda produttrice di laterizi che, dal 2012, compare nel Registro Nazionale delle Imprese Storiche, istituito da Unioncamere allo scopo di incoraggiare e premiare quelle imprese che, nel tempo, hanno trasmesso alle generazioni successive il loro patrimonio di esperienze e valori imprenditoriali. «Il laterizio – aggiunge Ellena – ha le carte in regola per soddisfare, allo stesso tempo, tutte le problematiche inerenti alla sicurezza strutturale, all’isolamento termo-acustico e alla


Alberto Ellena

durabilità nel tempo. È completo e multifunzionale poiché riesce a coniugare isolamento termico, traspirabilità e inerzia termica con una straordinaria resistenza meccanica. Inoltre, è un materiale estremamente duraturo, pressoché “eterno”. Non è da dimenticare il collaudato comportamento antisismico delle murature e dei solai costruiti in laterizio. Tutti i nostri prodotti sono, infatti, certificati secondo le più esigenti norme di legge e per questo perfettamente coerenti con le regolamentazioni attuali». In un contesto generale caratterizzato da una maggiore attenzione al rispetto dell’ambiente, il laterizio è un prodotto vincente anche per le sue caratteristiche di sostenibilità. «È composto da materie prime assolutamente naturali – pure argille locali, senza aggiunta di additivi, e acqua –, cotte nel nostro forno alimentato esclusivamente a gas naturale. Inoltre, il calore del forno di cottura viene recuperato per il riscaldamento dell’aria di essicazione, riducendo al minimo i consumi di combustibile. Ancora sul fronte dello sviluppo sostenibile, abbiamo installato due impianti fotovoltaici che sono perfettamente integrati nella copertura dei capannoni. Questo ci ha permesso di ridurre notevolmente le emissioni in atmosfera di anidride carbonica

La parete in laterizio offre caratteristiche di traspirabilità e naturalità che garantiscono sicurezza e comfort abitativo

e di creare energia pulita, completamente rinnovabile, da utilizzare per il nostro processo produttivo». Grazie allo sviluppo della ricerca tecnologica e dell’innovazione, gli impianti della Garelli & Viglietti sono sempre più efficienti e assicurano una maggiore gamma produttiva. «Oggi, la nostra linea produttiva è diventata estremamente elastica; capace quindi di cam-

biare tempestivamente il tipo di processo e prodotto in qualsiasi momento. Questo nostro adattamento è stato necessario perché il mercato richiede una gamma di articoli sempre più vasta, in grado di soddisfare tutte le esigenze dei progettisti, che si aggiornano sulle nuove modalità costruttive. Sulla base di questo genere di domanda offriamo prodotti estremamente differenziati e flessibili, che si caratterizzano per semplicità e rapidità di installazione, e che si distinguono in quanto permettono di contenere i costi di cantiere. Infine, offriamo anche un efficace servizio di assistenza tecnica ai progettisti e ai costruttori. Il futuro è la capacità di proporre non più solo un prodotto, ma veri e propri sistemi produttivi».

Garelli & Viglietti Srl di Mondovì (CN) www.garellieviglietti.it

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EDILIZIA

Basta la qualità per superare la crisi? È questa la domanda alla quale sta cercando di rispondere Pasquale Palamara. E incalza «non eseguiamo opere quando non possiamo garantirne la perfetta riuscita e grazie a questa politica abbiamo incrementato il fatturato negli ultimi due anni» Valeria Càvera

causa dell’attuale situazione economica nazionale, i Comuni non dispongono di fondi sufficienti per appaltare la manutenzione straordinaria della viabilità. Inoltre le poche opere finanziate vengono appaltate a prezzi troppo bassi, che penalizzano sia la qualità delle opere sia le imprese, causando un forte incremento dei contenziosi. Si assiste poi a un incremento degli adempimenti necessari per rispettare le normative, con la conseguenza che le aziende devono dotarsi di tecnici specifici. Pasquale Palamara che rappresenta la Palamara Scavi di Arona, spiega come in azienda hanno affrontato la situazione. «In generale, operiamo nel campo degli scavi e del movimento terra. In particolare offriamo servizi di demolizioni controllate, di trasporti di macerie e materiali di risulta, di scavi generali e in sezione ristretta, di trasporti di terre e

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La Palamara Scavi Srl ha sede ad Arona (NO) www.palamarascavi.it

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inerti, di opere di bonifica di terreni con incremento delle loro capacità portanti. Offriamo anche servizi per la messa in sicurezza di fronti di scavo e di scarpate, oltre che per la realizzazione completa di opere di urbanizzazione che comprendono la realizzazione di strade, piazzali e piazze, aree per parcheggi, fognature, acquedotti, metanizzazioni, illuminazioni pubbliche e private». «In questo periodo critico – continua – stiamo cercando di mantenere a un livello molto elevato lo standard delle lavorazioni. Non eseguiamo opere quando non possiamo garantirne la perfetta riuscita – perché il nostro miglior biglietto da visita sono i lavori eseguiti. Grazie a questa politica siamo riusciti a incrementare il fatturato in questi ultimi due anni». Per altro, la ricerca del continuo miglioramento qualitativo, ha portato l’azienda a collaborare con figure professionali in passato non necessarie. «Avviene

sempre più frequentemente che la committenza, per lo più privata, ci chieda di affrontare le varie problematiche mettendo a disposizione geologi e ingegneri in grado di progettare l’opera dalle sue origini, presentando un preventivo chiavi in mano ed evitando spiacevoli opere extra o di variante. Il risvolto della medaglia è che ciò ha comportato un aumento dei costi fissi. E con la carenza di appalti pubblici, l’aumento dei costi dei carburanti e la presenza di ditte che appaltano sotto costo, si è determinata una forte riduzione dei prezzi delle lavorazioni e degli utili d’impresa». Questo si traduce in una difficoltà ad affrontare nuovi investimenti. «Nel nostro settore gli


Pasquale Palamara

In questo periodo critico, stiamo cercando di mantenere a un livello molto elevato lo standard delle lavorazioni

investimenti sono sempre particolarmente gravosi. Riteniamo quindi doveroso, da un lato, continuare a incrementare il fatturato, accettando opere anche in località dove non ci conoscono, e, contestualmente, fornire un servizio sempre più completo e caratterizzante. Fondamentale è poi il supporto del sistema bancario. Il credito alle Pmi deve essere concesso, con tutte le garanzie del caso, ma concesso. Ciò che viceversa determina un ostacolo alla contrattualistica è rappresentato dalle informazioni che il sistema del credito utilizza. Esse non tengono conto dell’attività storica delle imprese, perché definiscono l’affidabilità sulla base delle disponibilità immediate.

Viceversa si dovrebbe considerare che molte ditte hanno già superato altre crisi senza lasciare insoluti o operando nella traslazione del debito o pagando. Purtroppo molte altre aziende hanno lasciato insoluti deprimendo il mercato e rendendolo particolarmente attento. D’altro canto molte aziende, pur di non chiudere, vengono continuamente finanziate da capitali dei soci che sono immessi nel momento del bisogno. Tale aspetto, che è reale, non è visibile dalle informative bancarie, che risultano troppo asettiche e non sono calate nella storia e nel buon nome aziendale. Ciò

implica che se un’azienda deve affrontare un acquisto importante per poter fornire un servizio, è obbligata a garantire il proprio acquisto con fidejussioni bancarie che riducono drammaticamente il contante disponibile – e non risulta possibile la fornitura e quindi l’appalto. Pertanto, accanto al credito, occorre introdurre strumenti meno invasivi, che consentano di superare questa situazione mantenendo la certezza dei pagamenti – come per esempio una polizza di indennizzo con costi che si riducono in funzione dei pagamenti rispettati». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 173


EDILIZIA

Verso un futuro sostenibile Passi importanti verso il risparmio energetico. La direzione delle imprese edili piemontesi è quella giusta. Ma per la vera ripresa servono più ricerca e innovazione. Ne parliamo con Giulia Mucciarelli Valeria Garuti

icerca e innovazione rappresentano il futuro dell’edilizia. Sono aspetti fondamentali che ogni impresa deve tenere in massima considerazione, soprattutto in momenti critici come quelli che stiamo attraversando». Queste le parole di Giulia Mucciarelli, head Designer dell’impresa di costruzioni CIAM. «Sicuramente – aggiunge – la ripresa del mercato dipende da innumerevoli fattori esterni, ma è importante essere pronti ad affrontare il futuro in modo competitivo. L’Italia ha tutte le caratteristiche per risollevarsi da questo momento di crisi economica. Il futuro dell’edilizia, anche in virtù del grande patrimonio architettonico che possediamo, sarà in mano alle aziende che oggi stanno investendo nella ricerca, nella comunicazione e nello sviluppo di tecnologie costruttive all’avanguardia». Le imprese edili stanno com-

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Alcune realizzazioni della CIAM Costruzioni Innovative, con sede a Boves (CN) www.ciamcostruzioni.it

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piendo i primi significativi passi verso il rispetto delle nuove normative energetiche. «Negli ultimi anni, le varie aree del nostro Paese hanno reagito in modo diverso alle normative sul risparmio energetico. In Piemonte ci sono grandi opportunità di sviluppo e, se sostenute, diventeranno un’importante risorsa per il futuro del settore». CIAM ha un forte legame territoriale con il Piemonte,

anche se opera in tutto il Nord Italia e non le mancano realizzazioni sul resto del territorio nazionale. «Abbiamo anche una filiale estera, con sede in Repubblica Ceca, che si occupa dell’Europa Centrale. Ma è il nostro team italiano che cura i progetti in tutto il resto del mondo, seguendo in particolare il mercato americano e africano». È proprio l’esperienza nell’utilizzo di un materiale


Giulia Mucciarelli

Eco sostenibile e versatile, il legno permette ad architetti e designer di creare strutture in armonia con il paesaggio

tanto eco sostenibile quanto versatile che ha permesso a CIAM di varcare la soglia dell’estero. «Il legno permette ad architetti e designer di creare strutture in armonia con il paesaggio. Adattandosi a ogni ambiente, permette di ottenere coesione tra l’edificio e l’ambiente circostante. Nelle nostre realizzazioni abbiamo scelto soluzioni in lamellare incrociato, chiamato anche Xlam. Grazie all’integrazione

dell’Xlam con sistemi costruttivi all’avanguardia come le soluzioni in Kerto – un Lvl ad alta prestazione –, possiamo garantire massima qualità, sicurezza sismica e resistenza al fuoco». Grazie a questo materiale, nel corso degli anni la realtà di Boves ha diversificato la propria offerta di servizio. «La diversificazione si è dimostrata una delle armi vincenti dell’organizzazione. Le nostre attività nei settori pubblico, commerciale e privato, spaziano dall’edilizia all’arredo e al restauro. Si sviluppano sulla base operativa della nostra azienda nel settore del design che, negli anni, ha acquisito particolare esperienza nel legno, con l’obiettivo di valorizzare principi universali come la sostenibilità, l’innovazione, l’armonia con l’ambiente». Attiva nel campo delle co-

struzioni ormai da tre generazioni, l’impresa continua a credere nei vantaggi di un’innovazione costante. «Il 2012 è stato per noi un anno di grande ricerca. Il rallentamento del settore ci ha permesso di focalizzare le nostre risorse per migliorare la nostra produzione. Ma è stato anche un anno di comunicazione. Infatti, abbiamo partecipato per la prima volta al MADE Expo, una delle più importanti fiere di settore. I riscontri positivi ci hanno permesso di guardare al 2013 con un sicuro ottimismo. È sotto quest’ottica che la nostra azienda sta organizzando la partecipazione all’edizione MADE 2013, coordinando uno stand che presenterà una sinergia tra alcune aziende piemontesi rappresentanti l’eccellenza della nostra regione nella costruzione in legno a 360 gradi». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 175


EDILIZIA

Legno, una risorsa anticrisi La bioedilizia continua la sua ascesa e si pone come medicina per il settore dell’edilizia tradizionale, in sofferenza in tutta Europa. Ferdinando Gandelli illustra le nuove opportunità e l’importanza ricoperta dai boschi Renato Ferretti

a foresta è come un conto corrente: non è importante quanto si preleva ma quanto si versa». Ferdinando Gandelli suggerisce così l’importanza del business che il legname rappresenta e sottintende che sarebbe auspicabile piantare più di quanto si taglia. Non solo, quindi, per una questione di carattere ambientale, ma anche dal punto di vista economico e produttivo. Se poi si aggiunge l’incuria in

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La Gandelli Legnami ha sede a Borgaro Torinese (TO) www.gandellilegnami.it www.gandellihouse.it

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cui versano i boschi italiani e la crisi edilizia, risulta semplice comprendere la sofferenza di questo settore nel nostro paese: così, in una singola affermazione, Gandelli ha dato una panoramica delle condizioni attuali delle imprese che, come la sua, si occupano della trasformazione del legno a partire dal tronco dell’albero. Ma il contesto culturale sta cambiando e si aprono prospettive positive per tutto il comparto. «Storicamente – spiega Gandelli – ci siamo sempre occupati di tutto il processo che porta alla fornitura del materiale necessario per la realizzazione di tetti e coperture degli edifici. Quindi, per questo segmento della nostra attività, i clienti rimangono per lo più le imprese e costituiscono un mercato in gran parte locale, perché le grandi coperture (come ad esempio per impianti sportivi, chiese, etc..) non sono più così frequenti. Negli ultimi anni l’azienda Gandelli ha puntato su una diversificazione che ha portato alla

fornitura e posa di edifici e case a struttura portante in legno, proprio come impresa edilizia. Abbiamo sposato la filosofia del “chiavi in mano” che necessita di molte figure professionali, dall’architetto all’ingegnere e soprattutto ci stiamo avvalendo dell’esperienza di professionisti del Nord-Est italiano, che vanta una tradizione delle costruzioni in legno molto radicata. Questo mercato sta crescendo in modo esponenziale e ha compensato le contrazioni che pure continuiamo a subire nel nostro storico ambito d’intervento, ovvero quello delle coperture ». Questo non significa che il mercato tradizionale non possa ricominciare a dare delle soddisfazioni in futuro. «Le opportunità – continua Gandelli – saranno rappresentate dalla specializzazione, dall’esperienza nel settore legno e dal miglioramento dei servizi da fornire alla clientela. È necessario un’ingegnerizzazione del prodotto, da cui ottenere risultati innovativi e che permettano l’inter-


Ferdinando Gandelli

Il legno viene scelto sempre di più per le case perché migliora la qualità delle abitazioni

nalizzazione e lo sfruttamento all’estero del “made in italy”». In un contesto del genere, per Gandelli, diventa indispensabile la certificazione a partire dalla gestione del bosco fino alla certificazione del prodotto finito. «Il possibile dubbio sulla scarsità della materia prima – spiega – è superato da una gestione sostenibile delle foreste che garantiscano l’approvvigionamento dei materiali, il rimboschimento e rendano possibile lo svi-

luppo della bioedilizia. Questa sta vivendo un vero e proprio boom, tanto da far prevedere un aumento della quota di mercato delle costruzioni in legno nell’ordine del quaranta per cento nei prossimi vent’anni. Dobbiamo prendere atto di una maggiore sensibilità, soprattutto delle nuove generazioni, per il rispetto verso l’ambiente, senza trascurare l’importanza del risparmio energetico e di conseguenza monetario, che sempre più rappresenta una variabile importante di scelta». Per il titolare dell’azienda piemontese il legno è scelto come materiale costruttivo, perché migliora la vivibilità. «Siamo convinti che la foresta sia un

bene essenziale per la vita dell’uomo e se l’uomo avrà l’intelligenza di usarla come risorsa nella maniera corretta, ne migliorerà il vivere quotidiano, sia esso in ambiente lavorativo che domestico. Il nostro legno proviene da foreste gestite con politiche ecosostenibili, non solo perché da un punto di vista imprenditoriale le foreste curate offrono una materia prima migliore, ma anche e soprattutto per una questione etica particolarmente sentita nell’azienda. Infatti la nostra è una tradizione che è iniziata dal lavoro in foresta del bisnonno boscaiolo: lui ha tramandato in famiglia il rispetto per i boschi, così come un marinaio rispetta il mare». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 177


Edilizia e ambiente

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uecentomila metri quadri di pannelli fotovoltaici posati negli ultimi tre anni. È questo, in termini di produttività, il risultato raggiunto dalla Dieffe Costruzioni Generali (Dcg) di Torino. L’azienda, fondata dall’imprenditore italo-romeno Iulian Frincu, ha ottenuto un valido riconoscimento con l’assegnazione proprio a Frincu del premio Mercurio d’Oro – per la prima volta ricevuto da un imprenditore straniero come prova di merito. La sua attività è concentrata nell’edilizia industriale e residenziale, sia per soggetti privati sia per enti pubblici, e include nel proprio know how anche l’esecuzione delle operazioni di bonifica di siti contaminati da amianto – ambito nel quale la società, specializzata in origine nella realizzazione di coperture, ha accumulato una solida espe-

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La testimonianza di un imprenditore edile originario della Romania che ha saputo sviluppare un business nel Nord Italia. Iulian Frincu spiega come si sviluppa il binomio tra le costruzioni e il rispetto ambientale Valerio Germanico

rienza. «Fra i lavori più importanti del nostro portfolio – spiega Frincu –, per quel che riguarda la posa di pannelli fotovoltaici – sia da terra che da coperture –, valgono una menzione i progetti per Gtt e per il centro commerciale Bricomat, entrambi realizzati a Torino. E poi KlinKer Sire di Cherasco, in provincia di Cuneo. Ma abbiamo anche realizzato da zero, con consegna chiavi in mano complessi residenziali, uffici, scuole, edifici sociali e di cultura. Come un palazzo da cinque piani a Torino, due palazzi da tre piani a Grugliasco». In più, Dcg ha appena ultimato i lavori di manutenzione

straordinaria della copertura del palazzo storico di piazza della Repubblica, nel cuore di Torino. «Sono poi stati numerosi i nostri interventi di bonifica e i rifacimenti di coperture con la contemporanea rimozione di pannelli in eternit. Fra questi abbiamo lavorato presso gli stabilimenti industriali FiatIveco, Huhtamaky, Pirelli, Indesit, Skf Industrie, Canavera & Audi, Liguria Gas, Ermenegildo Zegna, InCo, spostandoci anche in regioni limitrofe, come in Liguria e Veneto». Accanto a queste attività più prettamente edili, Dcg colloca il proprio impegno anche nell’intervento in situazioni di pe-


Iulian Frincu

In queste pagine, lavorazioni e realizzazioni della Dieffe Costruzioni Generali Srl di Torino www.dcgsrl.com

ricolo – come incendi, alluvioni e disastri naturali, supportando i vigili del fuoco nel contenimento dei danni. Da questo punto di vista, l’azienda collabora da anni con Belfor Italia e con Per, due macrosocietà specializzate in questo genere di azioni. Oltre che al territorio del Nord Italia, Dcg ha iniziato a essere attiva anche all’estero, dove ha già realizzato alcuni progetti. Non da ultimo Frincu sta riportando la propria esperienza anche in Romania, dove sono già stati avviati progetti nei vari settori di riferimento. Con le parole dell’imprenditore: «Pian piano stiamo allargando l’attività oltre i confini italiani. Grazie all’ottimo rapporto che abbiamo instaurato con il gruppo Ermenegildo Zegna, abbiamo già completato un progetto in Svizzera. Invece a Bacau, in Romania, abbiamo vinto una gara d’appalto che ci ha permesso di ricostruire il teatro estivo, un piccolo gioiello da 1.500 posti – struttura unica nel paese con una copertura centinata in legno lamellare con apertura senza colonne e punti di appoggio per quasi 50 metri. Proprio perché

guardiamo a tutte le opportunità di ampliare il raggio d’azione del nostro business, siamo impegnati in continue attività di aggiornamento e adeguamento alle innovazioni di settore, mantenendo allo stesso tempo saldo il legame con la migliore tradizione dell’architettura italiana». L’azienda è certificata Iso 9001 ed è in possesso dell’attestazione Soa per Og1 e Og12. Inoltre «è iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali per le attività di bo-

nifica amianto, il trasporto di materiali contenenti amianto e di rifiuti speciali non pericolosi, oltre che per il commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi. Poiché poniamo la massima attenzione alla gestione dei rifiuti – sia nella fase della produzione, sia durante il trasporto, fino allo smaltimento in discariche autorizzate –, abbiamo avviato la procedura per il conseguimento del certificato ambientale Iso 14001». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 179


EDILIZIA

L’innovazione alla base Manufatti come le pavimentazioni in calcestruzzo e resina necessitano di accorgimenti particolari per assicurarne la durabilità. Il punto di Rosario Catalano Manlio Teodoro

a nostra fortuna o abilità è stata la capacità di percepire in tempo utile i cambiamenti che stavano per investire la nostra realtà territoriale. E di conseguenza adeguarci al mutamento. In questo modo, le scelte che abbiamo adottato nell’ultimo anno ci hanno portato a risultati anche al di sopra delle aspettative più ottimistiche e per questo crediamo di poter proseguire e migliorare ancora». È con questo spirito che Rosario Catalano, titolare dell’omonima impresa di pavimentazioni industriali in calcestruzzo con sede a Rivalta, nella provincia torinese, ha reagito alla crisi nazionale del settore costruzioni, che ha determinato già non pochi danni a uno dei settori più importanti per l’economia del paese. Ma qual è stato il fattore determinante che ha permesso alla Catalano di mantenere la posizione sul mercato? Rosario Catalano la pone in questi termini: «Si-

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curamente il principale punto di forza, per noi, è stata ed è l’unione familiare. La coesione ci ha permesso di far evolvere e sviluppare quella che era nata soltanto come una piccola impresa artigiana e che oggi opera anche al di fuori del territorio nazionale, collaborando con grandi imprese italiane nella realizzazione di progetti in paesi come Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito, Polonia e Romania. Portare all’estero il know how è stato possibile grazie ai nostri elevati standard di qualità, uniti alla serietà e alla competenza. Questi due fattori hanno certamente contribuito alla nostra specializzazione. Ci siamo poi costantemente rinnovati, dedicando un’intera divisione alle pavimentazioni in resina a film sottile, a spessore, autolivellante, multistrato e massetto». E Catalano si propone sul mercato anche con costruzioni, ristrutturazioni, scavi, opere di urbanizzazione, demolizioni e trasporto macerie. «La possibilità di coprire

Nella pagina a fianco Rosario Catalano e i suoi quattro figli. L’azienda ha sede a Rivalta (TO) www.catalanorosario.it - www.catalanorosariopavimenti.com

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Rosario Catalano

Stiamo investendo per ampliare ulteriormente l’attività con un nuovo ramo d’azienda, che sarà dedicato alle pavimentazioni artistiche in resina

e riunire sotto un’unica insegna attività a volte così diverse – prosegue il titolare – è data dalla presenza in azienda dei miei quattro figli, ognuno dei quali si è specializzato in un determinato settore, sviluppandolo sempre mediante una combinazione di tradizione e progresso. Ma alla base di tutto c’è il fatto che l’innovazione procede instancabile». La soddisfazione del committente è il fulcro attorno al quale ruota l’intera

produzione, nei diversi step produttivi e nel post-vendita. «Manufatti come le pavimentazioni in calcestruzzo e resina, per esempio, necessitano di accorgimenti particolari per assicurarne la durabilità. Per aiutare a conservare le opere nello stato ottimale il più a lungo possibile, la nostra impresa mette a disposizione un manuale di uso e manutenzione specifico per ogni tipologia di pavimentazione realizzata».

Per il futuro Catalano ha già programmato gli obiettivi, che precisa essere orientati verso il continuo rinnovamento e sviluppo. «Stiamo investendo per ampliare ulteriormente l’attività, aggiungendo un nuovo ramo d’azienda, che sarà dedicato alle pavimentazioni artistiche in resina – prodotto sempre più ricercato dagli architetti. Abbiamo già dato avvio alla sperimentazione, con risultati ottimi sia a livello estetico che di resistenza all’usura. Lo scopo è quello di portare sul mercato questo prodotto con un buon rapporto fra qualità e prezzo e contribuendo a ridimensionare significativamente i listini attuali – in tal senso stiamo collaborando in modo proficuo con la Rt Automotive».

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EDILIZIA

L’edilizia cambia volto «È finita, almeno per il Piemonte orientale, l’epoca dei grandi complessi immobiliari, è meglio puntare sulla qualità di residenze dislocate nelle zone più apprezzate delle città». Il quadro di Giancarlo, Federica e Alessandro Frola sull’edilizia piemontese Carlo Gherardini

a situazione del settore edile è stata ulteriormente appesantita dall’introduzione dell’Imu. Secondo l’analisi di Giancarlo Frola, titolare del gruppo Frola di Novara, «l’Imu ha penalizzato la fetta di mercato che investiva sulla seconda – terza casa. A questo si aggiunge la difficoltà dell’accesso al credito, quindi ai mutui immobiliari, che ha contribuito a peggiorare ulteriormente il quadro. Infine, anche che la politica non aiuta certo le imprese, considerando il fatto che noi costruttori paghiamo l’Imu sugli immobili invenduti, tassa del tutto inappropriata». In tale contesto non è facile per le realtà del settore resistere sul mercato. Il Gruppo Frola ci è riuscito grazie all’investimento in tecnologie innovative, nelle risorse umane e nelle proprietà immobiliari. Come sottolinea Federica Frola, figlia di Gian-

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Nella pagina accanto, da sinistra, Federica, Giancarlo e Alessandro Frola. A destra, una delle realizzazioni del gruppo che ha sede a Novara www.frolagroup.it

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carlo, entrata in azienda insieme al fratello Alessandro nel 2006: «Credo che l’unica strategia utile, in tempi di crisi come quelli attuali, sia fare sempre investimenti più che ponderati cercando di limitare il più possibile i debiti verso le banche. È finita, almeno per quel che riguarda il Piemonte orientale, l’epoca dei grandi complessi immobiliari, è meglio puntare sulle piccole residenze dislocate nelle zone più apprezzate delle città. Solo in questo

modo è ancora possibile avere prospettive di crescita». Nel 2008, il gruppo ha istituito il marchio “Frola Group Costruzioni”: «Nel nostro comparto, purtroppo, è molto frequente incappare in realtà improvvisate – afferma l’architetto Alessandro Frola –. Il nostro, infatti, è l’unico settore in Italia in cui chiunque può iscriversi alla Camera di Commercio e decidere con relativa facilità di avviare un’impresa. Questo aspetto ha sempre agevolato la nascita


Giancarlo, Federica e Alessandro Frola

di aziende poco competenti che nel tempo non hanno fatto altro che screditare il ruolo di noi costruttori. È chiaro che la crisi ha favorito una “selezione naturale” delle aziende, colpendo soprattutto Chi lavora bene viene ripagato quelle che non hanno alcun e il marchio viene percepito background né le qualifiche da chi acquista come una garanzia per sopravvivere. Per quel che riguarda il nostro gruppo, il fatto di operare sul territorio dal 1955 e di aver creato il marchio d’impresa, ci ha per- In sostanza, chi lavora bene, palto di importanti opere che messo di essere considerati viene ripagato, e il marchio stanno partendo in Novara» un’azienda solida e affidabile. viene percepito da chi acquista afferma Giancarlo Frola. Le casa come una garanzia». prospettive del gruppo, che già Il gruppo attualmente com- nel 2006 era cresciuto con la prende l’Impresa Costruzioni fondazione di nuove società, Gieffe e la Gieffe Costruzioni mirano a un’ulteriore crescita, Srl che si occupano della rea- al di là del panorama poco raslizzazione degli edifici, la Aries sicurante del settore. «Il 2013 Srl e la Frola Srl che seguono e per l’edilizia non sarà sicuragestiscono lo sviluppo dell'at- mente un anno positivo – contività immobiliare. Oggi il set- clude Alessandro Frola – ma il tore dell’edilizia sembra guar- nostro gruppo guarda oltre: dare soprattutto al recupero e l’obiettivo è quello di ampliare alla ristrutturazione e, anche il nostro raggio d’azione in se il core business del gruppo è Lombardia e di investire in l’edilizia residenziale di nuova azienda istituendo un ufficio costruzione, di recente le so- di progettazione interna, per cietà hanno realizzato alcune soddisfare in modo ottimale ristrutturazioni: «stiamo con- le esigenze dei clienti e fornire siderando la possibilità di par- sempre una risposta adeguata tecipare ad alcune gare di ap- al mercato».

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 187


EDILIZIA

L’edilizia guarda fuori dall’Italia Purtroppo la crisi dell’edilizia si sente anche all’estero. In Romania, ad esempio è difficile accedere a lavori importanti. Però paesi come l’Etiopia, che al momento vive una situazione politica tranquilla, sono ricchi di opportunità. Il punto di Fabrizio Perino Lucrezia Gennari

edilizia e il suo indotto sono tra i settori che più soffrono la mancanza di liquidità. Alle difficoltà di accesso al credito, si affiancano anche i ritardi nei pagamenti, non solo da parte delle pubbliche amministrazioni, ma anche di clienti privati e delle municipalizzate. Molte aziende del

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La Perino Piero Srl ha sede a Torino www.perinopierosrl.it

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settore sono dovute quindi correre ai ripari. «Da agosto abbiamo deciso di diminuire il lavoro – afferma Fabrizio Perino, titolare della Perino Piero Srl di Torino – e da gennaio di ricorrere alla cassa integrazione per la prima volta. I motivi di questa scelta non derivano tanto dall’effettiva mancanza di commesse, quanto dalla vo-

lontà di ridurre il più possibile lo squilibrio tra uscite ed entrate, che ci avrebbe senz’altro portato a stretto giro a una mancanza di liquidità troppo grave». La Perino Piero Srl opera nel settore del movimento terra dal 1963, e successivamente si è sviluppata anche in altri settori come le demolizioni control-


Fabrizio Perino

late e le bonifiche. «Il nostro core business si suddivide in egual misura tra scavi, demolizioni e bonifiche, attività tra loro strettamente collegate – afferma Perino–. Oggi le normative di sviluppo a livello di piano regolatore prediligono l’abbattimento di edifici esistenti a favore della realizzazione di strutture nuove. Siccome sui fabbricati di vecchia data un minimo di contaminazione c’è sempre, ecco che alla demolizione si abbina la bonifica e alla bonifica segue lo scavo con il conseguente recupero dei materiali da riutilizzare». L’azienda opera in numerosi cantieri legati sia all’edilizia che alle opere stradali, eseguendo scavi e realizzando sottofondi per rilavati anche di notevole entità. Inoltre opera da ormai cinque anni anche in campo internazionale, nello specifico in Romania, con impianto di cava per inerti. «Purtroppo la crisi si sente anche all’estero – continua Perino –. In particolare, la Romania non ha un facile accesso al credito ed è difficile accedere a lavori importanti come le gare della comunità europea. In compenso, però, ci stiamo interessando all’Etiopia, un paese ricco di opportunità che al momento vive una situazione politica tranquilla. Abbiamo approcciato al mercato etiope con

Abbiamo riservato gli investimenti più recenti all’aggiornamento degli escavatori, nonché all’acquisto di impianti di recupero dei materiali inerti

la vendita di alcuni macchinari che non ci servivano più e che là hanno avuto successo». L’aggiornamento tecnologico è una delle costanti della Perino Piero Srl: il parco macchine dell’azienda è costituito da numerosi mezzi d’opera che per le loro caratteristiche tecniche permettono di effettuare le più svariate lavorazioni. «Abbiamo riservato gli investimenti più recenti all’aggiornamento degli escavatori, nonché all’acquisto di impianti di recupero dei materiali inerti, in particolare quello di bioventing su biopila statica, un impianto che permette il recupero di terreni contaminati da idrocarburi che permette di recuperare appunto i terreni e di ridurne la contaminazione al punto di renderli rimpiegabili». Nonostante le difficoltà, l’azienda ha chiuso il bilancio 2012 con risultati tutto som-

mato soddisfacenti, avendo portato a termine lavori importanti come lo scavo per la costruzione del grattacielo della Regione Piemonte. «Certo, se avessimo deciso di adottare un’altra politica, non quella di ridurre il lavoro, avremmo chiuso l’anno con un fatturato più alto, ma sicuramente con minor liquidità – conclude Perino –. Le speranze per il 2013 ci sono: a differenza degli ultimi sei mesi del 2012, ho l’impressione che il settore lanci segnali positivi per quanto riguarda le richieste di preventivo e le potenzialità lavorative. L’unico auspicio a questo punto è che le elezioni possano dare un input importante e che la classe politica, o gli enti competenti, possano finalmente lavorare in un’unica direzione per cercare di rimettere in moto una volta per tutte l’economia del paese». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 189


INTERNI

Il made in Italy apre nuove porte Nuovi mercati quali Asia, Nord America ed Emirati Arabi sono pronti ad accogliere modelli e lavorazioni artigianali, rigorosamente italiani. Il punto di Claudio Bertolotto Viviana Dasara

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Claudio Bertolotto

er il mercato delle costruzioni non si arresta la spirale che vede il settore fermo ormai dal 2008. I numeri con segno negativo contribuiscono in modo rilevante a inasprire le situazioni di criticità nel settore, eppure ci sono imprese che sono riuscite a dirottare le forze e gli investimenti per accrescere la competitività aziendale sui mercati. «Crediamo nel valore del made in Italy riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo – sottolinea Claudio Bertolotto titolare della Bertolotto Porte –. La porta è un prodotto che rimane in casa per tutta la vita, un complemento d’arredo molto importante. Nel nostro caso, fatto per durare almeno venticinque anni. Quindi, per noi che produciamo e progettiamo in Italia, la prima cosa è che sia testato e certificato per essere di grande pregio qualitativo, con una struttura solida e

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che duri nel tempo». Queste le carte vincenti della Bertolotto Porte, un’azienda che in venticinque anni si è distinta in Italia e in Europa nel settore delle porte d’interni e che guarda al futuro con solide radici nella tradizione e nell’innovazione creativa. Quale valore aggiunto offre oggi la qualità italiana sui mercati? «Arredare vuole dire, innanzitutto, creare il proprio ambiente: quello in cui vivere. Il made in Italy vince perché è l’unione tra il gusto e la qualità e, nel nostro settore, chi punta sul marchio e lavora sul design continua a Claudio Bertolotto crescere. La concorrenza dei titolare della Bertolotto Porte Spa prodotti a basso costo incide con sede a maggiormente all’estero, Torre San Giorgio (CN) dove sono forti i prodotti www.bertolotto.com turchi, cinesi e polacchi, mentre in Italia ancora molto poco. Infatti, nonostante il mercato estero sia ancora un po’ “digiuno” di design nel settore delle PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 193


INTERNI

Nonostante il mercato sia fermo, i risultati arrivano lavorando su un prodotto di qualità e sul design

porte, il prodotto italiano ri- prodotti moderni e di tenmane tra i più belli presenti sul mercato». Quale collezione riscuote maggior successo? «Negli ultimi anni abbiamo realizzato collezioni di interior design di alto valore estetico come quella a marchio BIhome. Una collezione di

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denza, che propone l’impiego sia di pannelli divisionali sia scorrevoli, sliding&doors in alluminio, legno e vetro laccato, sia porte classiche che tradizionali, in abbinamento alla gamma di porte a battente ispirate alla tradizione italiana. Queste tipologie,

unite alle collezioni Costellazioni e Natura, rappresentano l’icona dell’azienda. Anche le porte tradizionali, sia moderne che classiche, delle collezioni Baltimora hanno contraddistinto, negli ultimi quindici anni della nostra storia, la competitività aziendale». Quale costante accomuna tutta la gamma dei prodotti? «La qualità rappresenta una priorità assoluta: la gamma si distingue per la grande flessibilità di prodotto con circa 38mila modelli a catalogo. Realizziamo anche prodotti certificati Rei 30 e Rei 60 per il settore alberghiero. Quindi ogni progetto ha il suo prodotto di design e, oltre a tutto ciò che è di serie, viene realizzato anche su richiesta. La gamma è ampissima, parte dai prodotti più basici ed economici con porte tradizionali fino ad arrivare a prodotti decorati con il filo d’argento, d’oro, porte artistiche dipinte da pittrici o realizzate per mercati russi. E ancora, pannelli divisionali, rivestimenti con porte incassate a filo, prodotti su misura per progetti contract e progetti specifici in grado di interpretare la divisionalità degli ambienti». Cosa si aspetta dal 2013?


Claudio Bertolotto

«Il mese di gennaio 2013 è partito con un segno positivo, +6 per cento e i presupposti per l’anno in corso, per la nostra azienda, sono buoni grazie anche a tutti gli sforzi che stiamo impiegando a livello commerciale per innalzare il marchio. Nonostante il mercato vada a rilento, manteniamo e prevediamo un 10-15 per cento di incremento. I risultati arrivano lavorando, ovviamente su un prodotto di qualità e sul design». Quali sono stati gli ultimi investimenti in innovazione e tecnologia e quali quelli che avete programmato per il futuro? «I primi di aprile saremo presenti al Salone del Mobile di Milano, la più importante fiera internazionale, dove presenteremo una serie di

prodotti nuovi di arredamento, dal design moderno e contemporaneo: porte, divisori e armadi, armadiature e pareti a filo-muro, in completamento alla gamma delle porte. Poi, per ottobre 2013, saremo al Made Expo di Milano con le collezioni di due importanti designer di fama internazionale». Quanto investite in ricerca e sviluppo? «Ogni porta nasce dal sapiente incontro tra esperienza artigiana e innovazione tecnologica, sviluppato in anni di ricerche, investimenti e successi. Negli ultimi due anni abbiamo investito sulla robotica e stiamo implementando la produzione con nuove tecnologie di lavorazione di rifinitura dei materiali per l’effetto materico che oggi le superfici

nell’arredamento richiedono. Ma sperimentiamo anche prodotti in laminato, laccati o in essenza di legno, cercando di dare delle finiture di livello superiore a prezzi abbordabili». Quali sono le prospettive e gli obiettivi dell’azienda per il 2013? «Sicuramente la partecipazione alle fiere italiane di settore più importanti e altre fiere all’estero, previste in Qatar e a Mosca, per presentare le nuove collezioni. Inoltre, investiremo su nuovi mercati quali Asia, nord America, Emirati Arabi. E infine, punteremo ad aprire nuovi Bertolotto point, i nostri showroom, non per fornire campionature o prodotti da esporre, ma con l’idea di un progetto espositivo personalizzato». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 195


INFISSI

Serramenti e materiali naturali Le esigenze di un mercato instabile mettono a dura prova il settore dei serramenti. I produttori d’infissi reagiscono diversificando la produzione e puntano al risparmio energetico. Cristina e Gualtiero Capellino illustrano le ultime novità in materia di porte e finestre Valeria Garuti

inevitabile risultato di un settore, quello edilizio, al momento saturo e tendenzialmente sfiduciato». È il calo del bilancio dei serramentisti secondo Cristina Capellino, responsabile amministrativo di Doc Legno. «Nulla che però spaventi o che scoraggi la nostra azienda, che nell’ultimo biennio ha riscontrato risultati molto positivi. Nel 2010, infatti, abbiamo chiuso con un più 16 per cento rispetto al 2009, mentre nel 2011 con un più 12 per cento dall’anno precedente. Ma le esigenze del mercato e la crisi finanziaria hanno messo a dura prova il nostro settore». Oggi è alla terza generazione di falegnami. Nel corso di un secolo la Doc Legno si è trasformata da piccola bottega artigiana “tutto fare”, a vera e propria azienda con l’ausilio di sistemi avanzati a controllo

«L’

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numerico. Fondata da Tommaso Capellino nel 1920, l’azienda si occupava pressoché di lavori di falegnameria come arredamenti in stile, serramenti, botti per vino e articoli su misura. «Grazie a una trasformazione commerciale, gestionale e produttiva – afferma Gualtiero Capellino amministratore, insieme a Cristina, della società–, ora siamo in grado di realizzare i più svariati

generi di serramenti, dai più particolari per i singoli clienti ai grandi numeri per i cantieri. Nonostante il grande cambiamento interno, la nostra realtà ha sempre mantenuto l’impronta tipicamente artigiana, distinguendosi per l’eccellenza e la varietà dei prodotti così come dei servizi offerti. Utilizziamo materiali di qualità, ad alta prestazione energetica, verniciati con prodotti all’acqua».


Cristina e Gualtiero Capellino

Oltre a essere un complemento d’arredo, infatti, il serramento in legno è diventato, negli ultimi anni, una parte integrante dei muri di ogni edificio e concorre a tutti gli effetti al risultato energetico dello stabile. «I nostri serramenti – continua Gualtiero – sono realizzati con l’impiego di materiali naturali e delicati. La nostra attenzione alla ricerca è finalizzata verso l’ottenimento di un prodotto a risparmio energetico, certificato dall’agenzia Casa Clima. A questo proposito abbiamo una linea di prodotti realizzati in bio-architettura e un’altra finalizzata agli edifici a basso consumo energetico». Tradizione e qualità, unite all’innovazione produttiva, sono le caratteristiche grazie alle quali La Doc legno di Barge ha posto la sua firma sulle rifiniture e sui serramenti dei più prestigiosi alberghi in Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria. «Di recente ci siamo mossi oltre il confine francese lavo-

Il serramento in legno è diventato una parte integrante dei muri di ogni edificio e concorre a tutti gli effetti al risultato energetico dello stabile

rando nelle principali città turistiche della Costa Azzurra. Ci siamo occupati della realizzazione di infissi e rifiniture dei più prestigiosi alberghi della via Romana di Bordighera, della Via Aurelia da Sanremo a Varigotti nonché di scuole e abitazioni Monegasche, fino a Nizza e Cannes. Il prodotto made in Italy è sempre molto ricercato ed è richiesto da una fascia medio-alta di clienti. Questo ci ha garantito, tendenzialmente, l’incasso delle fatture». Ma non sempre. Secondo la responsabile amministrativa le leggi che tutelano il fornitore di prestazioni in appalto da eventuali insolvenze da parte dei clienti non sono sufficienti. «Spesso un’azienda è costretta a rinun-

ciare a intraprendere vie legali, perché il diritto italiano intraprende strade troppo lunghe e onerose, senza una totale garanzia di riuscire a recuperare il credito. La concorrenza sul mercato è sempre presente, e il cliente si rivolge a noi quando cerca un prodotto artigianale, una scelta accurata nei materiali e la professionalità del servizio. Ma servirebbero più tutele a livello legislativo per aziende sane come la nostra. Mi auguro che in futuro questo si possa realizzare. Intanto continuiamo sulla nostra strada, affrontiamo con cautela e determinazione il 2013 e cerchiamo di raggiungere gli stessi risultati dell’anno appena concluso, cercando di non recare danni all’azienda».

La Doc Legno Srl ha sede a Barge (CN) www.doclegno.it

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 197


Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network

recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il mercato britannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo

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sistema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette di offrire tariffe semplici e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume».

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A quali settori merceologici vi rivolgete? «Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esigenze molto diverse ma è particolarmente competitivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiple». Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: Economy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo dell’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di rimborso delle spese di spedizione – anche per le merci ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto espresso a proporre standard di servizio così elevato».

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Come riuscite a proporre un servizio altamente qualitativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i nostri indicatori di performance».

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POLITICHE ENERGETICHE

Un piano regionale per l’efficienza Cittadini e amministrazioni hanno concordato insieme i nuovi assi strategici in materia di energia pulita. «In Piemonte - dichiara Massimo Giordano - l’obiettivo è raggiungere il 15,1 per cento di consumi da energia rinnovabile entro il 2020» Elisa Fiocchi

Massimo Giordano, assessore allo Sviluppo economico, ricerca e innovazione della Regione Piemonte

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l Piemonte ha individuato quattro assi d’intervento nell’ambito del piano azione sull’energia che andranno a scandire la futura programmazione regionale fino al 2014. «Gli ambiti previsti riguardano la produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili, l’efficienza e il risparmio energetico, reti e generazione distribuita, la filiera della clean economy e la specializzazione dei cluster regionali», spiega Massimo Giordano, assessore allo Sviluppo economico, ricerca e innovazione del Piemonte. Alla loro definizione hanno contribuito anche i cittadini attraverso un forum sull’energia che ha reso possibile una condivisione d’intenti con l’amministrazione pubblica senza precedenti. Sono stati poi recentemente approvati anche cinque nuovi bandi, con una dotazione iniziale complessiva di 20,5 milioni di euro che introduce Massimo Giordano. Gli strumenti di sostegno previsti nei nuovi bandi regionali a quali finalità rispondono? «Sono volti a incentivare interventi di promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e di sviluppo dell’efficienza energetica e razionalizzazione dei consumi e sono destinati ad amministra-

zioni pubbliche e imprese attraverso la concessione di prestiti agevolati, cumulati o alternativi a contributi a fondo perduto, entro i massimali specificati nei bandi stessi. Abbiamo già presentato nei territori queste opportunità di finanziamento attraverso incontri specifici con il mondo imprenditoriale». Come giudica il cammino che sta percorrendo la regione per diventare un esempio di efficienza energetica per tutto il paese? «Gli obiettivi posti dall’Unione europea per il 2020 e la ripartizione dell’obiettivo vincolante sulle fonti rinnovabili a livello regionale impongono l’adozione di un nuovo piano energetico ambientale regionale che definisca i necessari indirizzi prioritari, le azioni e gli strumenti. Con il Piano di azione sull’energia il Piemonte è già sulla buona strada, avendo adottato uno strumento operativo che mette a disposizione risorse certe per gli investimenti nel settore. Il nostro obiettivo è raggiungere il 15,1 per cento di consumi da energia da fonti rinnovabili entro il 2020, rispetto ai consumi finali lordi». Lo stanziamento complessivo sarà di 39 milioni di euro: quali risorse saranno di competenza dell’assessorato e in


Massimo Giordano

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Sono stati approvati cinque nuovi bandi per l’energia con una dotazione complessiva di 20,5 milioni di euro

quali ambiti d’intervento verranno distribuite? «Nel dettaglio i fondi verranno così ripartiti: 5 milioni destinati alla promozione dell’efficienza energetica e fonti rinnovabili nelle imprese e altri cinque per impianti di biomasse forestali; 3,5 milioni per impianti termici fonti rinnovabili; 6 milioni per la razionalizzazione dei consumi energetici degli edifici pubblici; 2,5 milioni per la riqualificazione energetica delle coperture di amianto degli edifici scolastici; 4 milioni per il sostegno all’innovazione nel settore della clean economy; un milione per la clean economy come smart specialisation del Piemonte; 1,5 milioni per esperienze pilota smart building. Sulle esperienze pilota

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smart building, in particolare, verranno erogati anche parte degli 8 milioni di fondi Far messi a disposizione dall’accordo con il Miur. Con le risorse regionali derivanti da minori erogazioni o da revoche di contributi, si finanzierà invece nuovamente il bando sugli edifici a energia quasi zero che aveva fatto registrare ottimi riscontri esaurendo in poco tempo le risorse disponibili. Infine, saranno destinati tre milioni e 100mila euro per la riqualificazione emissiva ed energetica degli edifici». Per quanto riguarda la produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili, quali politiche sono state attuate finora e quali agevolazioni sono previste per il loro utilizzo da parte delle pic-

cole e medie imprese? «La regione ha investito sull’Asse 2 del Por Fesr circa 270 milioni di euro in misure a vantaggio delle piccole e medie imprese. Tra queste, ad esempio, la misura II.8 “+ green” del piano straordinario dell’occupazione che mirava a incentivare interventi di efficienza energetica nei processi produttivi, anche integrati con l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili. Alcune misure hanno consentito di premiare interventi che per le loro caratteristiche tecnologiche e per l’innovazione progettuale si ponevano come “dimostratori” sul territorio piemontese in grado di garantire, per gli indubbi vantaggi anche economici conseguibili, una futura replicabilità a minori costi sul territorio regionale. Tra queste rientra il recente bando Zeb che prevede la concessione di contributi per la realizzazione di edifici “a energia quasi zero”, ossia edifici ad altissima prestazione energetica e che utilizzano energia prevalentemente da fonti rinnovabili». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 201


RINNOVABILI

Il futuro del solare termico importante proporre soluzioni con prestazioni reali, non “inventate” solo per vendere». Le parole di Antonio Martini, la cui Tekno Energy è inserita nel campo del solare termico, fotografano quello che a buon diritto può essere considerata una devianza. Con la diffusione delle rinnovabili, avvenuta negli ultimi anni, non solo si è creato uno spiraglio nel mercato ingolfato dell’edilizia: come capita spesso in casi analoghi, l’occasione ha creato anche la proliferazione di aziende “improvvisate”, la cui incompetenza danneggia

«È

La Tekno Energy si trova a Cavallerleone (CN) info@teknoenergy.com

202 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

I produttori italiani nel campo delle rinnovabili continuano a far parlare di sé, e il loro mercato si allarga oltre confine. Antonio Martini illustra le imminenti novità tecnologiche del settore «che non smette di evolversi» Remo Monreale

tutto il comparto. Ma forse anche questo segmento è annoverabile tra quelli che, con il tempo, scremano in base alla qualità le diverse proposte presenti sulla piazza. La Tekno Energy, in particolare, si occupa di realizzare collettori solari termici. «Il vantaggio di essere produttori – spiega Martini – è di conoscere a fondo le problematiche e come sfruttare al massimo l’energia solare termica, che talvolta va al di là del semplice prodotto; infatti sempre di più diventa importante il sistema, ovvero la soluzione impiantistica efficiente e funzionale per permettere al pannello solare di rendere al massimo». La competenza sempre più specifica ricercata dall’azienda di Cavallerleone (CN) ha portato presto a soddisfazioni e riconoscimenti internazionali. «Con il tempo – ricorda Martini – si sono progettati, ricercati, sviluppati e realizzati altri componenti da abbinare e ottimizzare la resa del collettore solare: come il bollitore Fresh

Water, ovvero un accumulo che produce acqua calda sanitaria istantaneamente senza problemi di proliferazione batterica negli accumuli (come la legionella), mediante gestione elettronica con portate di flusso controllate. Il bollitore è stato uno dei dieci prodotti più innovativi della fiera ISH di Francoforte nel 2011. Inoltre abbiamo ottenuto la certificazione Iso 9001:2008 e i collettori solari termici sono dotati di “Solar Keymark” ovvero un marchio europeo di qualità facoltativo oltre al rispetto delle norme comunitarie». Dunque non è un caso che la produzione della Tekno Energy abbia conquistato un mercato esteso a tutta l’Europa, arrivando anche nei Balcani, in Nord Africa e Medio Oriente. L’attenzione di Martini e del suo staff non ignora il tema del difficile rapporto tra alta qualità e competitività. «Chi commercializza solamente un prodotto solare termico – dice il titolare –, solitamente si pone con un prodotto base di


Antonio Martini

più largo consumo puntando molto sul prezzo. La Tekno Energy, oltre ad un ottimo rapporto qualità prezzo, propone soluzioni impiantistiche dal kit solare per famiglie, alla soluzione personalizzata per grandi impianti di condomini, ospedali, alberghi, processi industriali, con prodotti studiati apposta per queste realtà. Un altro aspetto importante per permettere all’utente finale di avere un prodotto valido e che soddisfi le attese è che sia montato correttamene. Per questo vengono proposti presso la sede aziendale corsi teorici e pratici agli installatori idraulici e ai progettisti termotecnici: questa è una prerogativa importantissima per la scelta del prodotto, in base all’esigenza del cliente e soprattutto in questo modo i nostri prodotti possono essere

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Il vantaggio di essere produttori è di conoscere a fondo i problemi e come sfruttare al massimo l’energia solare termica

installati e mantenuti correttamente». Per una politica di diversificazione, d’obbligo per qualsiasi impresa di questi tempi, il gruppo guidato da Martini ha iniziato da alcuni anni anche la progettazione e la costruzione di caldaie a pellet. «Anche in questo caso, la politica aziendale è di porre sul mercato un prodotto di qualità che si differenzia da una semplice caldaia a legna trasformata a pellet, e concependolo per sfruttare al massimo l’energia di combustione del pellet e per garantire all’utente la minor manutenzione possibile». Impossibile non considerare,

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in un contesto aziendale come questo, uno sforzo costante rivolto alla ricerca. «Attualmente si stanno realizzando alcuni progetti di ricerca e sviluppo in collaborazione con il Dipartimento di Energia del Politecnico di Torino e con l’università del Piemonte Orientale. Infatti siamo in fase di realizzazione di un impianto pilota di solar cooling e solar heating, ovvero realizzare la climatizzazione estiva (acqua fredda per il “condizionatore”) partendo dall’energia solare termica (acqua calda) prodotta dai nostri pannelli solari, il tutto tramite un processo di adsorbimento a zeolite». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 203


RINNOVABILI

Energia pulita, una rivoluzione democratica Le rinnovabili secondo Elisabetta Ballurio e Alessandro Salato: un progresso tecnologico diventato sociale, che sembra promettere l’emancipazione dai grandi produttori di energia Remo Monreale

uella dell’energia è una vera e propria rivoluzione democratica, che sta sottraendo potere alle grandi multinazionali del petrolio per assegnare agli individui il controllo del proprio fabbisogno». Una dichiarazione d’intenti, un manifesto che spiega l’impegno e la dedizione a una causa: Elisabetta Ballurio e Alessandro Sa-

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204 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

lato spiegano così l’ambito in cui si muove Elementi Srl, di cui sono rispettivamente cofondatrice e socio di riferimento l’una, Ad e Direttore tecnico l’altro. In particolare l’azienda progetta impianti per la produzione di energia pulita con la formula “chiavi in mano”, servizi connessi alla gestione dell’energia, smaltimento e rimozione di coperture in amianto. I due ingegneri sono ben consci dell’im-

portanza dello sviluppo tecnologico senza il quale la “rivolta” non sarebbe stata possibile. «La tecnologia – dice la Ballurio – svolge un ruolo fondamentale per rendere economicamente sostenibile ciò che qualche anno fa era possibile solo nel chiuso dei laboratori: oggi l’energia fotovoltaica, ad esempio, costa già meno dell’energia elettrica acquistata in rete». Quali categorie di clienti si rivolgono più frequentemente a voi? ALESSANDRO SALATO: «La nostra clientela include tre macro-categorie. La prima si può definire la piccola-media impresa, di cui la pianura piemontese e padana è per fortuna ancora ricca. La pubblica amministrazione costituisce la seconda macro-categoria. Infine, i privati: singoli proprietari o condomini, sensibili al problema ecologico e attenti ai consumi energetici, che intendono valorizzare gli immobili investendo sul tetto». La seconda categoria dimostra spesso difficoltà di un certo rilievo.


Elisabetta Ballurio e Alessandro Salato

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Tra dieci anni forse potremo trasformare l’energia solare in idrogeno, e usare celle a idrogeno per riottenere altra energia

ELISABETTA BALLURIO: «Le PA mostrano una sempre maggiore propensione all’ecologico, ma allo stesso faticano a tenere il passo con le nuove tecnologie, a causa dei tagli progressivi imposti da politiche di contrazione della spesa. Elementi fornisce loro studi sui consumi energetici e la predisposizione dei capitolati per i bandi, tecnologia, realizzando gli impianti stessi, oppure aiuti finanziari, attivando investitori terzi per la realizzazione di centrali energetiche». Quali sono le ultime novità tecnologiche e quali quelle che si affermeranno probabilmente in futuro configurando il prossimo assetto?

E.B.: «La spinta non si ferma, e la ricerca rende disponibili materiali a maggior resa, di più semplice installazione. È probabile che nel prossimo futuro si vada verso una convergenza tra il settore della produzione elettrica e quella termica, e che diventino accessibili sistemi di accumulo energetico più efficienti. Tra dieci anni forse potremo trasformare l’energia solare in idrogeno, e usare celle a idrogeno per riottenere altra energia, compresi il riscaldamento e la mobilità». Dunque la ricerca svolge un ruolo decisivo anche per la vostra attività. A.S.: «Collaboriamo col mondo universitario, in particolare il Politecnico di Torino, e con società di sviluppo per influenzare la loro attività di ricerca. Ad esempio abbiamo investito per indirizzare lo sviluppo di turbine eoliche ottimizzate per la

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ventosità della pianura padana. Oggi, chi progetta e produce turbine eoliche, lo fa pensando ad un ambiente ideale, con una resa tecnica già ottimale. Questo però non va nella direzione di una tecnologia al servizio di molti utenti, che non si trovano in queste condizioni. Il nostro sforzo perciò è orientato allo sviluppo di tecnologie fruibili senza intermediari». Quali i punti di forza che vi distinguono? A.S.: «Elementi srl ottimizza gli impianti nell’esclusivo beneficio del cliente. Non è raro che il nostro consiglio sia di non investire, o di ridurre la dimensione dell’impianto per trovare il punto ottimale per il cliente, anche quando la nostra convenienza sarebbe diversa. Poi la vicinanza, che non si interrompe dopo la messa in funzione dell’impianto e il suo collaudo».

Sopra, dall’alto, l’ingegner Elisabetta Ballurio, cofondatrice e socio di riferimento di Elementi Srl, con sede a Ivrea (TO) e Alessandro Salato Ad e Direttore tecnico www.elementisrl.com

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ENERGIA

Un nuovo “carburante” per l’economia uella energetica è una delle questioni centrali per l’intero sistema economico e sociale, nonché politico, del mondo: che previsioni si possono fare e quali sono le soluzioni possibili? È un quesito che assilla da anni gli analisti internazionali e si sono moltiplicate statistiche e cifre, nel tentativo di rispondere. Una cosa però è certa, continuiamo a consumare sempre più combustibili fossili. «Il consumo di pe-

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Partendo da sinistra, Sampò Giorgio, Alberto Panero e Angaramo Gabriele di essepi ingegneria con sede a sant’Albano Stura (CN) www.essepiingegneria.it

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Il consumo dei combustibili fossili aumenta e non manca molto all’esaurimento delle scorte. Attraverso un’ottica imprenditoriale, Alberto Panero offre un esempio delle strategie di sfruttamento possibile, proiettate verso le future configurazioni energetiche Remo Monreale

trolio aumenta ogni anno del due per cento. Anche se prevedere l’evoluzione futura dei consumi energetici a livello globale è praticamente impossibile, perché il contesto economico attuale rende ogni previsione azzardata e priva di fondamento. Sicuramente in un futuro ormai prossimo saremo obbligati a fare i conti con una fonte energetica finita la cui produzione entrerà in crisi, sarà sempre più costosa e che oggi costituisce oltre la metà nel nostro mix energetico». A parlare è l’ingegner Alberto Panero, fondatore insieme all’ingegner Giorgio Sampò di essepi ingegneria, azienda specializzata nel settore degli impianti industriali: i due hanno un’idea molto precisa, nonostante l’incertezza del momento, di quali sono le reali opportunità che il contesto permette. «Paradossalmente – dice Panero – questa situazione sarà “carburante” per lo sviluppo dei nostri progetti e delle nostre attività che promuoveranno il ri-

sparmio energetico e le energie rinnovabili». In che modo la vostra azienda si muoverà in questo quadro? «Attualmente Essepi ingegneria si articola in due divisioni: ambiente ed energia. La divisione ambientale si occupa di tutto ciò che riguarda le attività produttive e l’ambiente in particolare: analisi degli aspetti ambientali e interazione con enti competenti in materia ambientale (Arpa, Provincia e Regione). La divisione energia sviluppa e analizza tutti gli aspetti energetici, con particolare riguardo al risparmio e all’efficienza energetica». In cosa consiste nello specifico il lavoro di questa seconda divisione? «Il nuovo quadro normativo e lo scenario energetico mondiale inducono sempre più a considerare delle soluzioni che consentano principalmente due cose: il risparmio economico nella gestione degli impianti e la riduzione dell’inquinamento.


Essepi ingegneria

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I nuovi assetti dovranno consentire un risparmio economico nella gestione degli impianti e la riduzione dell’inquinamento

La divisione Energia offre tutte le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva degli impianti residenziali. Nel rispetto delle norme vigenti vengono progettati impianti autonomi, centralizzati, sistemi di contabilizzazione e tele-gestione, centrali di quartiere, impianti di climatizzazione invernale ed estiva con sistemi radianti o corpi scaldanti tradizionali, reti idriche, impianti geotermici, impianti solari termici e fotovoltaici, impianti di cogenerazione e sistemi ad assorbimento». Che tipo di sinergia esiste tra le due divisioni? «La comunicazione è costante e

in questo modo riusciamo ad affrontare in modo efficiente tutte le sfide che il mercato in cui agiamo ci presenta. La divisione ambiente è dotata dei più innovativi sistemi di modellizzazione di calcolo e di verifica strumentale in opera ed è in grado di affrontare tutte le problematiche inerenti le variabili ambientali. Ma nel nostro campo non si può prescindere da un costante aggiornamento delle proprie competenze: da una parte c’è un panorama normativo sempre più complesso, e dall’altra una spinta continua all’innovazione. Per esempio, nell’ultimo periodo, sempre in coordinamento tra le due divisioni, stiamo testando i nuovi sistemi di costruzione edilizia propo-

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nendo al committente il “chiavi in mano” nel campo della certificazione termoacustica». E per quanto riguarda il settore più squisitamente finanziario? «Negli ultimi anni Essepi Ingegneria ha maturato una buona esperienza anche nel project financing, soprattutto per quanto riguarda il settore energetico. Avvalendoci di una fitta rete di rapporti con istituti bancari, regioni ed enti locali, siamo in grado di verificare la reale convenienza economica di un progetto, valutare le migliori condizioni bancarie per i propri clienti, accedere eventualmente ai bandi in essere per la concessione di contributi in conto capitale o conto interessi». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 207


SMALTIMENTO RIFIUTI

L’industria sarà moderna solo quando sarà sostenibile ripetuti scandali e ritrovamenti di discariche illegali minano ogni giorno la credibilità di chi opera nel settore dello smaltimento rifiuti. «Ciò non stupisce noi addetti ai lavori, in quanto giornalmente ci scontriamo con singolari politiche di prezzi e quotazioni troppo basse che rischiano di metterci in difficoltà. Tuttavia la principale criticità nasce dal fatto che la giustizia latita nel fermare o limitare il raggio d’azione di chi compie illeciti.

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L’azienda EcoGroup Servizi Srl ha sede a Torino www.ecogroupservizi.it

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Sviluppo economico e sostenibilità ambientale. Un binomio inscindibile per un’economia matura. Mauro Besozzi delinea un quadro del settore dello smaltimento rifiuti in Italia. Sottolineando criticità e punti di forza Luca Càvera

E purtroppo questi danneggiano non solo l’immagine dell’Italia e le nostre finanze già fortemente compromesse, ma soprattutto la salute e il futuro dei nostri figli, in quanto con la globalizzazione dei mercati, non possiamo non escludere l’arrivo sulle nostre tavole di cibi contaminati in conseguenza di questi atti criminali. Con una maggiore certezza di giustizia anche l’attività delle aziende eticamente corrette ne trarrebbe vantaggio». È questo il quadro che presenta Mauro Besozzi, socio e responsabile commerciale della EcoGroup Servizi di Torino, azienda specializzata nella risoluzione delle problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti industriali speciali, pericolosi e non pericolosi, e che svolge inoltre analisi chimiche, consulenze ambientali per la corretta gestione amministrativa dei rifiuti e bonifiche ambientali, anche di eternit. Facendo il punto anche sui ri-

sultati economici, Besozzi afferma che «come tutto il sistema industriale, anche questo settore è suscettibile ai movimenti oscillatori della produzione italiana ed europea. Però, nonostante le difficoltà, la EcoGroup Servizi, per quanto riguarda il fatturato 2012, è riuscita a posizionarsi in linea con l’andamento dell’anno precedente. Sono migliorati gli indici di redditività ed è cresciuto il numero di produttori di rifiuti che ci hanno concesso fiducia. Questo grazie alla scelta di investire in nuove tecnologie e di collaborare solo con partner affidabili». Negli ultimi anni, infatti, i temi dello sviluppo sostenibile e del rispetto ambientale sono stati sempre più propagandati dalle aziende. «Tuttavia al di là del marketing – prosegue Besozzi –, si tratta di principi fondamentali per una nazione


Mauro Besozzi

che vuole realmente raggiungere una fase di industrializzazione moderna. Se analizziamo i dati delle nuove realtà produttive in via di sviluppo (come Brasile, India, Cina e Messico) non possiamo che riscontrare un forte contrasto tra i crescenti risultati produttivi e i pessimi valori di inquinamento atmosferico e del suolo, dovuti a normative sullo smaltimento rifiuti ancora molto carenti. Al contrario, in Italia siamo notevolmente avanti rispetto agli esempi precedenti. Molto è stato fatto. Le imprese hanno investito in tecnologie e macchinari, riducendo a monte la produzione di rifiuto e attuandone il recupero. Dove

si deve fare ancora molto è invece nella ricerca di soluzioni alternative alle tradizionali discariche e agli obsoleti impianti di termodistruzione. Per migliorare non dobbiamo però guardare molto distante da noi. Oltre alla virtuosa Germania, i nostri rifermenti possono essere i paesi Scandinavi, dove norme e investimenti in tecnologie per il recupero sono operative da oltre un ventennio e hanno portato a considerevoli risultati attraverso il riutilizzo dei rifiuti speciali e lo sviluppo di energie alternative a bassissimo impatto ambientale». Dunque appare evidente che, al di là della responsabilità e del senso civico delle singole imprese, l’intervento legislativo continua a rappresentare l’input principale. «La nostra opinione, consolidata dall’esperienza quotidiana a contatto con le industrie, è che gli interventi legislativi siano pres-

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Sviluppo sostenibile e rispetto ambientale sono principi fondamentali per raggiungere una fase di industrializzazione moderna

soché sempre positivi, a patto però che siano attuabili, soprattutto nella direzione di portare a un miglioramento delle condizioni operative di servizio e limitando gli sprechi. Tuttavia ciò che realmente semplificherebbe il nostro lavoro sarebbe un maggiore e più equo controllo nell’applicazione delle normative esistenti. Che oltre tutto garantirebbe anche una concorrenza più vivace lungo tutto il sistema, favorendo le eccellenze e scoraggiando quegli operatori che possono garantire prezzi nettamente inferiori solo a patto di non rispettare tutto quanto è previsto dalla legge».

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RISORSE IDRICHE

Un corretto utilizzo dell’acqua L’alimentare è per definizione strettamente connesso al settore idrico. Se non altro la gestione dell’acqua sviluppa competenze traducibili in altri ambiti. L’operazione di diversificazione per opera di Giuseppe Gerbotto parte da qui Renato Ferretti

n filosofia, il procedimento che da una legge generica permette una conclusione all’interno di una dimensione particolare, è detto deduttivo. E con lo stesso attributo si potrebbe descrivere l’operazione imprenditoriale che la cuneese Idroricerche ha portato avanti negli ultimi anni: una diversificazione “deduttiva”. L’azienda guidata da Giuseppe Gerbotto è infatti partita dai “principi generali” della gestione dell’acqua, settore in cui

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Idroricerche ha sede a Chiusa di Pesio (CN) www.idroricerche.com

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ha sempre operato, per occuparsi anche di altri ambiti del food&beverage a questa molto legati, come il lattiero-caseario, il vitivinicolo e il birrario. L’esperienza ha permesso quindi un allargamento del mercato di riferimento, grazie a una trasposizione delle proprie competenze da una produzione alle altre. «Le problematiche presentate da questi nuovi settori – spiega Gerbotto – ci hanno spinto a sviluppare, approfondire e dedicare loro ap-

plicazioni già in parte studiate e realizzate per il settore acqua minerale, ma risultate vincenti anche all’interno di altri processi alimentari. Questo è stato possibile poiché l’acqua è da sempre un elemento fondamentale nell’industria alimentare». Gerbotto è riuscito negli anni a realizzare una struttura in grado di fornire non solo i servizi di progettazione, consulenza e assistenza tecnica, ma anche di trattamento delle acque e di


Giuseppe Gerbotto

prevenzione dei rischi d’inquinamento. Ma per quanto avvantaggiata, Idroricerche ha dovuto mettere a punto i singoli processi di produzione dei nuovi campi in cui si è spostata la sua azione. Seguendo il binomio imprescindibile “innovazione e investimento”. «Abbiamo investito in nuove partnership per essere più competitivi, cercando di offrire al cliente un sempre maggiore numero di opportunità e di soluzioni vantaggiose. Per questo abbiamo incanalato le nostre energie nella ricerca di soluzioni più economiche per i clienti, pur restando in una gamma di alta qualità, per prodotti e servizi offerti. Basandoci sul know how acquisito, abbiamo diversificato l’approccio al mercato inserendoci nel mondo delle energie rinnovabili: oggi Idroricerche è in grado di offrire un servizio completo per la realizzazione di impianti geotermici a bassa entalpia con sonde geotermiche e pozzi verticali». Risorse preziose quelle spese dall’azienda di Gerbotto, soprattutto considerando il periodo. «Gli ultimi anni sono

stati difficili per tutto l’alimentare. Ma per noi, più che dalla recessione, il 2012 è stato segnato dalla realizzazione di un nuovo sistema per il trattamento dell’acqua battezzato Idrosafe Compact, compatto e funzionale, destinato a soddisfare piccole esigenze del quotidiano e dal sistema MBR, impianto per il recupero dei reflui che è stato già installato in più cantine del nord Italia con eccellenti risultati». E questo come risposta alla cautela che l’attuale mondo imprenditoriale depresso vede come unica soluzione. «La capacità di sapersi mettere in gioco ad ogni livello – continua Gerbotto – rappresenta il requisito necessario per garantire prospettive di successo nel servizio al cliente, nella soddisfazione del personale e nel mantenimento del livello competitivo. È l’approccio con cui ci facciamo promo-

tori della cultura della qualità, sia nei confronti del personale che dei collaboratori esterni». Idrosafe, di cui l’azienda va orgogliosa, è un sistema di purificazione dell’acqua con la peculiarità di compiere tutto in unico passaggio «superando così – spiega il fondatore di Idroricerche – le macchine con i classici due o tre passaggi di micro filtrazione a cartuccia. Inoltre è semplicissimo da usare e offre costante sicurezza, con costi di gestione drasticamente ridotti rispetto ai sistemi tradizionali». Idroricerche non ha intenzione di fermarsi. «Per il 2013 l’azienda si propone l’obiettivo di “espatriare” non solo in Europa, ma anche nel Medio Oriente e nell’America Latina per sensibilizzare tali mercati al rispetto e al corretto utilizzo di una risorsa molto preziosa per il nostro pianeta». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 211


REATI AMBIENTALI

I traffici che inquinano l’ambiente L’interesse dell’impresa a disfarsi in fretta dei rifiuti fa il gioco delle cosiddette ecomafie, che offrono servizi illeciti a basso costo. Vittoria Luda di Cortemiglia analizza il fenomeno su scala internazionale e illustra le strategie di contrasto Giacomo Govoni

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el primo decennio degli anni Duemila, la movimentazione di rifiuti pericolosi dentro e fuori dall’Europa è raddoppiata. E in alcuni casi, come per la plastica, persino quintuplicata. Sono i preoccupanti tratti delineati da un report sulla criminalità ambientale redatto dall’Agenzia europea dell’ambiente, che fotografa l’escalation di un fenomeno sul quale negli ultimi tempi l’Unicri, istituto interregionale dell’Onu per la ricerca sul crimine e la giustizia, sta stringendo particolarmente la lente. «Come istituto della Nazioni unite – spiega Vittoria Luda di Cortemiglia, coordinatrice dei programmi sui reati ambientali presso Unicri – abbiamo il mandato di studiare i fenomeni criminali e di proporre misure più efficaci di prevenzione e di contrasto non solo in Italia, ma nel mondo». Il panorama internazionale in tema di reati ambientali è articolato: quali le tipologie più diffuse? «I più consueti sono il traffico di specie protette, sia di fauna che di flora. È regolamentato dalla Cites, convenzione internazionale che ne limita il commercio internazionale. Poi ci sono i reati legati all’inquinamento, come lo scarico di oli esausti in mare delle navi, il traffico delle soVittoria Luda di Cortemiglia, coordinatrice stanze lesive dell’ozono, i prodei programmi sui reati ambientali dotti chimici dei frigoriferi. dell’Unicri (United nations interregional E ancora la pesca illegale, che crime and justice research institute) 214 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

interessa in particolare il nord Europa, e la deforestazione abusiva. E in ultimo, il traffico illecito dei rifiuti, in crescita esponenziale per via dei sotterramenti abusivi attraverso cui i Paesi industrializzati maturi riducono a pattumiere i Paesi in via di sviluppo». Il vostro istituto svolge una mappatura internazionale del traffico dei rifiuti. Quali le rotte più congestionate? «Storicamente il traffico mondiale dei rifiuti ha viaggiato da nord a sud, ovvero dai paesi sviluppati all’Africa. Fino al 1989, quando la comunità internazionale ha adottato la convenzione di Basilea che ha vietato l’esportazione da paesi occidentali a paesi in via di sviluppo. A questa si è aggiunta nel 1991 la convenzione di Bamako, che ha sancito il divieto assoluto di rifiuti pericolosi in Africa. Insomma, una reazione sul piano normativo c’è stata, ma non tale da azzerare il fenomeno. Ha spostato le rotte, diversificandole in base ai materiali». E le organizzazioni criminali come hanno reagito? «Hanno cercando di aggirarle, modificando le modalità operative: oggi, ad esempio, al posto dei traffici illeciti diretti, del tipo ItaliaNigeria, ci sono triangolazioni che circonvengono il divieto. I container fanno giri strani in Olanda, Germania, paesi dell’Est e poi arrivano in Africa. Poi ci sono i falsi documentali, le scorrette classificazioni del rifiuto speciale, che con la tecnica del giro bolla viene girato fittiziamente a una società che s’impegna a trattarlo».


Vittoria Luda di Cortemiglia

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Invece dei traffici illeciti diretti, del tipo Italia-Nigeria, oggi i gruppi criminali compiono triangolazioni che aggirano i divieti

Quali azioni mettere in campo per arginare il business dei gruppi criminali? «Tali reati, in apparenza a basso allarme sociale e per troppo tempo ritenuti di serie B, nascondono operazioni molto serie in termini ambientali, di salute e di malaffare. In Italia c’è un’elevata consapevolezza del coinvolgimento delle organizzazioni criminali, mentre altrove questo tipo di reato non è ancora collegato. Per questo, a fine ottobre a Roma, abbiamo tenuto una conferenza internazionale per discutere l’importanza di questi “emerging crimes” e della necessità di mutuare buone pratiche da paesi che, come l’Italia, hanno dovuto affrontare queste problematiche». Qual è il grado di coinvolgimento delle industrie italiane? «Il coinvolgimento delle nostre industrie è a più livelli. Abbiamo notato che organizzazioni, come la camorra, fungono da broker. Alcune imprese ne hanno fatto l’unico sistema operativo. I dossier di Legambiente rilevano che l’asse principale vede un nord Italia che genera rifiuti per poi trasportarli in Campania, Calabria e anche Lazio. Ma per alcune tipologie come la plastica, anche in Asia, Cina e Bangladesh. E non di rado

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accade che ci sia un ciclo continuo fra traffico di rifiuti e la successiva contraffazione di prodotti, compresi i giocattoli e le tettarelle per bambini». Di recente ad Acerra sono stati chiesti 18 anni per i presunti responsabili del disastro. A tal proposito, come giudica l’impianto legislativo italiano? «Paragonato alla legislazione degli altri paesi, quello dell’Italia sul fronte ambientale è un assetto normativo di tutto rispetto. Tecniche investigative speciali come le intercettazioni, la confisca dei proventi dei reati e il reato di traffico organizzato di rifiuti, sono ottimi strumenti. Il punto debole, semmai, è il tempo di prescrizione per i reati, che andrebbe allungato. Troppo poche le condanne definitive passate in giudicato sul totale dei casi denunciati e dei processi avviati e spesso non commisurate alla gravità del reato. Noi riteniamo che la cosa importante, peraltro prevista dalla legge italiana, sia aggredire il patrimonio delle organizzazioni malavitose. Perché una condanna i gruppi criminali la mettono in conto, ma la confisca fa sì che il reato non si perpetui e fa terra bruciata attorno al business». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 215


REATI AMBIENTALI

Ridurre l’impatto dei cicli industriali In un panorama nazionale che vede la curva dei reati ecologici in progressiva salita, il Piemonte combatte la sua battaglia a difesa dell’ambiente disciplinando tutti i possibili impatti delle attività industriali. L’analisi di Massimo Settis Giacomo Govoni

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In alto, Massimo Settis, responsabile servizio ambiente presso l’Unione industriali di Torino

illecito ambientale, purtroppo, è un’attività anticiclica alla crisi. Stando, infatti, agli ultimi rilevamenti effettuati da Eurispes sul territorio italiano, i reati contro l’ambiente scoperti nel 2011 dalle autorità di controllo sono stati 33.817, oltre 5mila in più rispetto al 2009. Una dinamica che l’introduzione dei reati ambientali nell’impianto del decreto legislativo 231/2001, avvenuta nell’estate di due anni fa, punta a mitigare. Anche se, precisa Massimo Settis del servizio ambiente dell’Unione industriali Torino, «i possibili reati ambientali sono parte di un insieme molto più ampio, che può risultare piuttosto oneroso gestire nell’ambito di un modello organizzativo». L’allargamento del decreto ai crimini ambientali è datato luglio 2011. Quale ricaduta sta avendo sulle imprese, specie sulle pmi? «L’estensione ai reati ambientali della responsabilità delle persone giuridiche ha destato grande interesse tra gli operatori ambientali e del diritto, ma ha finora prodotto modeste ricadute presso le pmi. È opinione corrente che la realizzazione di un modello organizzativo, unica possibilità di evitare le sanzioni previste in capo alla società, deve

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essere estesa a tutti i reati, presupposto del decreto legislativo 231/2001, ormai molto numerosi». Quali sono le fattispecie di reati ambientali ecologicamente più pericolosi e più difficili da regolamentare? «I reati ecologicamente più pericolosi sono quelli in cui sostanze tossiche sono immesse nell’ambiente, nelle acque superficiali o sotterranee o nel sottosuolo. A livello di scarichi si tratta di eventi rari, associati di regola a incidenti non dolosi. Non a caso negli ultimi vent’anni l’aspetto ambientale più critico è generalmente considerato quello dei rifiuti. Il problema non si pone tanto a livello di produttore dei rifiuti, che può sempre trovare soggetti autorizzati allo smaltimento o al recupero in Italia o nella Ue, quanto nei passaggi tra operatori che il rifiuto subisce nelle fasi successive. L’intervento della criminalità organizzata ha infatti determinato in taluni casi l’interramento abusivo di materiali pericolosi». Quali sono i punti chiave di un modello organizzativo chiamato a svolgere azione di prevenzione a livello ambientale e come si declina in ambito piemontese? «Nella nostra realtà territoriale, a partire dalla


Massimo Settis

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Negli ultimi vent’anni l’aspetto ambientale più critico è generalmente considerato quello dei rifiuti

fine degli anni 90, hanno avuto ampia diffusione i sistemi di gestione ambientale basati sulla norma Iso 14001. Con tale sistema, l’impresa adotta uno strumento organizzativo volto al miglioramento continuo della propria prestazione ambientale, assoggettandosi volontariamente al controllo periodico di certificatori accreditati. L’esperienza ha dimostrato che la corretta adozione di un sistema di gestione ambientale rappresenta uno strumento molto potente per prevenire impatti ambientali negativi. In questi casi il passaggio al modello organizzativo di cui al decreto legislativo 231/2001 risulta diretto, anche se le filosofie della norma tecnica e della norma legale risultano piuttosto diverse». Quali garanzie offre il tessuto industriale locale alla conservazione della qualità del suo ecosistema? «Le garanzie sono offerte da un lato da un complesso sistema di norme, in larga parte di origine comunitaria, che disciplinano tutti i possibili impatti ambientali delle attività industriali; dall’altro dalle imprese stesse, per le quali le norme ambientali definiscono vincoli gestionali equiva-

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lenti a quelli che pongono altre discipline (sicurezza, fiscalità, legislazione del lavoro). Si tratta di regole operative che nei loro aspetti fondamentali sono ormai consolidate da anni e costituiscono prassi che le imprese conoscono e attuano. Al di là degli aspetti etici, che pure ispirano gli operatori aziendali, è interesse dell’impresa non creare situazioni conflittuali con l’ambiente, non solo per le sanzioni, a volte anche elevate, ma anche perché i costi del disinquinamento sono spesso difficilmente sopportabili». Uno dei nodi che più preoccupano le aziende - tenute a mettersi in regola sotto il profilo ambientale - riguarda i costi. Li ritiene congrui rispetto all’effettivo rischio che rappresentano per il territorio o pensa che si potrebbero ridurre? «Se i vincoli ambientali sono omogenei, almeno a livello Ue, i costi associati non incidono sulla competitività e non sono pertanto considerati preoccupanti. Diverso è il discorso nei confronti di Paesi in via di sviluppo, dove le regolamentazioni ambientali sono spesso in fase di avvio, ma non ancora comparabili con quelle europee. Posto che nell’accezione comunitaria il vincolo ambientale deve garantire la salute delle persone e degli ecosistemi, ma possibilmente senza comportare oneri eccessivi, i costi associati sono congrui per definizione. La loro riduzione è possibile, soprattutto attraverso l’evoluzione dei prodotti e delle tecnologie di produzione, come l’esperienza ha ampiamente dimostrato». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 217




TRA PARENTESI Alberto Cirio, assessore regionale all’istruzione, sport e turismo

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NELLE SCUOLE PER COMBATTERE LA LUDOPATIA 220 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

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ar capire quali siano i rischi del gioco compulsivo - evidenzia Alberto Cirio, assessore regionale all’istruzione, sport e turismo – partendo dalla scuola e dai giovani, è fondamentale. L’obiettivo non è demonizzare il gioco, ma ricondurlo con razionalità a ciò che è, e deve restare: un gioco appunto». Assessore, la formazione nelle scuole tocca nuovi settori? «La scuola deve necessariamente andare al passo con i tempi e, purtroppo, i casi di ludopatia registrati in Piemonte sono quadruplicati negli ultimi anni. Attualmente sono 950, ma la media dei soggetti a rischio nella nostra regione è più alta di quella nazionale. Stiamo parlando di persone che con il gioco si sono rovinate la vita e quella delle loro famiglie. Far capire quali siano i rischi del gioco compulsivo, partendo dalla scuola e dai giovani, è fondamentale». State preparando una campagna per i giovani sul gioco d’azzardo? «L’obiettivo non è demonizzare il

gioco, ma ricondurlo con razionalità a ciò che è e deve restare: un gioco appunto. Le indagini ci dicono che quasi la metà dei giovani piemontesi, tra i 14 e i 19 anni, ha già cominciato ad avvicinarsi al gioco d’azzardo ed è, quindi, fondamentale educarli non solo a farlo in modo consapevole, ma anche a comprendere che l’unico modo per vincere nella vita, quello realmente più facile e soprattutto di valore, è impegnarsi al meglio con tutte le proprie energie a scuola, in famiglia, tra gli altri, e un domani, da adulti, anche nel proprio lavoro. La campagna che abbiamo lanciato in queste settimane ha proprio questo scopo. Ma l’attenzione del nostro territorio sul tema non è una novità: il Piemonte, a partire dalla seconda metà degli anni 90, è stato un pioniere nel trattamento delle ludopatie. Nel 2010 il consiglio regionale ha approvato una proposta di legge al Parlamento per vietare l’installazione e l’uso nei locali e luoghi pubblici delle macchinette da gioco, mentre più recentemente il gioco


d’azzardo è stato ufficialmente inserito nel Piano regionale delle dipendenze, al pari di alcol e droghe». In che modo la matematica viene utilizzata come “antidoto logico” per combattere le ludopatie? «In pratica cercheremo di battere i numeri attraverso altri numeri. In media ogni italiano spende 1.300 euro all’anno per tentare la fortuna. E, seppur in un momento economicamente difficile come quello che stiamo vivendo, nei primi dieci mesi del 2012 la raccolta complessiva del gioco d’azzardo nel nostro Paese è stata di 70 miliardi di euro, in crescita del 13 per cento. La gente gioca con la speranza di quella vincita che cambia la vita. D’altra parte, qualcuno che vince c’è. Quindi, la domanda che ci si pone è: “Perché non potrei essere io?”. Ed è qui che entra in gioco la matematica, per dimostrare quale sia la probabilità di vincere veramente. Scopriamo così che quella per fare 6 al Superenalotto è di una su 600 milioni. Tradotto in un esempio concreto: è più facile telefonare a casa Buffon digitando

un numero a caso di Torino». Ci sono in corso collaborazioni con società di formazione e comunicazione scientifica? «Il format utilizzato è quello di “conferenze-spettacolo”, una modalità sperimentata con successo dalla società di formazione e comunicazione scientifica Taxi1729, che nel 2009 ha creato il format “Fate il nostro gioco”, specializzandosi su questo tema a livello nazionale. In Piemonte il progetto è stato avviato alcuni anni fa dalla Provincia di Torino, attraverso il Cesedi, e quest’anno la Regione ha deciso di estenderlo a tutto il resto del territorio, in sinergia con l’Osservatorio sul fenomeno dell’usura del consiglio regionale, l’Ufficio scolastico re-

gionale e il personale dei Sert, i dipartimenti di patologia delle dipendenze. Nel nostro tour gli interventi del matematico Paolo Canova e del fisico Diego Rizzuto vengono integrati con la partecipazione di medici specialisti. A breve lanceremo anche un concorso rivolto alle scuole superiori per la realizzazione di un video e gli autori dei dieci migliori elaborati riceveranno un premio in denaro, che potrà essere speso in materiale e attrezzature didattiche. Insomma, puntiamo a far comprendere le conseguenze del gioco compulsivo, ma anche una semplice verità: il banco non perde mai. E per quanto sia allettante l’idea di vincere è molto più grande ciò che rischiamo di perdere». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 221


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