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OSSIER VENETO L’INTERVENTO..........................................11 Bernabò Bocca Alessandro Bianchi Guido Carella

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Roberto Zuccato STRUMENTI PER LA CRESCITA ..............................22 Il manifatturiero veneto Roberto Luongo Giovanni Castellaneta

IL DISTRETTO DELLA CALZATURA ...........................62 Erasmo e Davide Righetto Giuseppe Baseggio MODELLI D’IMPRESA........................66 Bruno Giordano Stefano Pettenon Giovanni Pagotto Gianni Maitan Tiziana Busatto Tiziano Carnieletto Francesco Girolimetto Giulio Bidese Punto Srl Lino Crosato Franco Benvenuti

POLITICA ECONOMICA .....................32 Ferruccio Dardanello Alberto Bauli Lo scenario regionale Il mercato del lavoro Mario Zanardo

EXPORT...................................................90 Franco Dal Negro Antonio Cauzzo, Nicola Cauzzo, Giuliano Mechini e Alessandro del Torso Mattia Agnoletto Graziano Roman Andrea Colombini Renato Campana

PRESSIONE FISCALE ........................42 Clodovaldo Ruffato Giulio Pedrollo Alessandro Vardanega

INTERNAZIONALIZZAZIONE .........108 Aluk Group Spa Claudio Perissinotto Lino Zago

IMPRESA E SVILUPPO......................50 Emanuele Orsini Lucilla Lanciotti, Gian Piero Abbate e Marco Santoro

INNOVAZIONE .....................................118 Massimo Turri Luigi Cuozzo Luigi Tonon, Michele Roder e Davide Borsoi Antonio Liana Bruno Bellò Maurizio Zanon Luigi Rigon

ECONOMIA E FINANZA

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TECNOLOGIE.......................................134 Ingrid Monaco Martina Knoth e Alessia Muffato Bruno Giacomazzi Daniele Giunta Luciano Balada Omar Borgatti ed Emanuele Brugnoni Paolo Olivieri CONSULENZA.....................................150 Mario Capovin CREDITO & IMPRESE.......................153 La questione Antonveneta Vincenzo Consoli Eliano Omar Lodesani Claudio Maroccola VINITALY ...............................................170 Il primato dell’export ENOLOGIA.............................................174 Marilisa Allegrini Daniele Feletto PRODOTTI ALIMENTARI .................178 Alberto Lazzaris INFRASTRUTTURE DIGITALI ................................................180 Dalla banda larga all’ultrabanda


Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

SANITÀ

POLITICHE ENERGETICHE ............186 Simone Togni Agostino Re Rebaudengo

TURISMO .............................................202 Renzo Iorio Il primato del Veneto

POLITICHE SANITARIE...................236 Luca Coletto Progetto Escape

RINNOVABILI.......................................192 Christian Pistorello

INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI .....................208 Paolo Buzzetti Massimo Rustico

FARMACI .............................................240 Cesare Benedetti

GESTIONE RIFIUTI ............................194 Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati IMPIANTI ...............................................198 Marco Zoccarato

EDILIZIA ...............................................214 Stefano Barbi Simone Bergamasco Mendes Migotto ed Emanuela Pege Guido Barison Giuseppe Feroni Luigino Balin MATERIALI ..........................................228 Franco Bonotto INTERNI................................................230 Lucia e Cecilia Compri LOGISTICA...........................................232 Martina Montebovi Flavio Perini

DIAGNOSTICA....................................246 Alberto Scanagatta PROCREAZIONE ASSISTITA........248 Roberto Laganara ORTOPEDIA ........................................250 Piergiuseppe Parazzini CHINESIOLOGIA................................252 Giorgio Pasetto

RUBRICHE TRA PARENTESI ...............................254 Massimiliano Dona

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L’INTERVENTO

Servono nuove politiche turistiche di Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi

ono dati sicuramente negativi quelli che registra l’osservatorio del nostro centro studi per il 2012. L’anno appena trascorso, infatti, ha registrato una riduzione del 2,5 per cento di presenze alberghiere, soprattutto per il forte calo degli italiani (-5,4 per cento), mentre la componente straniera è cresciuta dell’1 per cento. Una perdita complessiva di 7 milioni di pernottamenti che si è aggiunta alla flessione dell’indotto e alla frenata delle tariffe, generando un calo stimabile attorno ai 3 miliardi di euro per il giro d’affari e a un decremento del 10 per cento dei fatturati delle imprese ricettive. Una delle principali conseguenze di questo complicato 2012 è stata la diminuzione del 3 per cento di lavoratori occupati, quantificabile nel solo comparto al-

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berghiero in 10mila unità e in 60mila a livello aggregato di settore. Se si guarda, però, al contesto internazionale c’è qualcosa che comincia a luccicare in fondo al tunnel. Come abbiamo visto, al buon risultato della clientela straniera, che anche nel 2012 ha continuato a scegliere l’Italia quale meta ideale per un periodo di vacanza, si contrappone il robusto calo della clientela interna, specchio della grave crisi economica che il nostro paese sta vivendo. Dove è possibile dunque scorgere qualche avvisaglia di ripresa? Nel raffreddamento dello spread, nella stabilizzazione dei mercati finanziari e nel contenimento del tasso d’inflazione, da cui potrebbero nascere le condizioni per ridare liquidità alle famiglie e di conseguenza nuovo vigore ai langui consumi turistici. È quello che ci

auguriamo per questo 2013, una ripartenza incoraggiata anche da delle tariffe ferme da tre anni e da delle proposte commerciali sempre più ricche di servizi aggiuntivi. Per favorire il cambio di passo ci aspettiamo che anche il mondo politico faccia la sua parte, agevolando il comparto turistico attraverso la riduzione di Imu e Tares, semplificando l’accesso al credito, promuovendo l’Italia verso quei paesi con una forte economia, riducendo drasticamente il costo del lavoro. Serve, inoltre, un piano strategico di breve e media durata che possa assicurare al turismo una lenta ma certa ripresa, indispensabile per tenere in vita le migliaia di imprese del settore, per garantire i milioni di posti di lavoro e per mantenere gli introiti fiscali delle casse erariali che ne derivano. VENETO 2013 • DOSSIER • 11



L’INTERVENTO

Nuovi strumenti per l’agroalimentare di Alessandro Bianchi, presidente della Camera di commercio di Verona

mportantissima per il sistema economico veronese, sia in termini di mercato interno che estero, l’industria agroalimentare e delle bevande che, con 4.286 imprese registrate alla Camera di commercio, ha dimostrato la propria solidità anche in situazioni congiunturali critiche. Tante sono le eccellenze dell’industria locale: il vino, l’olio di oliva, i prodotti lattiero-caseari, il settore dolciario, la produzione di alimenti conservati, il riso, la lavorazione della carne, la torrefazione e la produzione dei mangimi per l’alimentazione animale. Si tratta di comparti in cui Verona si trova spesso in posizione di leadership, anche in termini di esportazioni: il 2012 si è chiuso con un aumento dell’export del 13,6 per cento per i prodotti alimentari e del 8,5 per le bevande. Voce, quest’ultima, che in provincia è costituita quasi esclusivamente dal vino. Nel 2011 Verona era, infatti, la prima provincia italiana per export di bevande e la sesta per l’agroalimentare. Sono numerose le attività della Camera di commercio per incentivare il comparto: dalla partecipazione alle principali fiere internazionali in Italia e all’estero, alla realizzazione di presentazioni paese, workshop e incontri b2b, fino alla recente crea-

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zione del portale www.veronawineandfood.it, dedicato alla promozione internazionale delle imprese esportatrici e importatrici. Si tratta di uno strumento innovativo che offre alle imprese una vetrina internazionale attraverso la quale promuovere i propri prodotti e, nel contempo, offre all’utente informazioni aggiornate e affidabili sul comparto, con dati statistici, news e principali contatti istituzionali. Per il settore enologico, il concorso “Verona wine top”, che festeggia quest’anno i suoi primi 10 anni, rappresenta una punta di diamante che mira a far emergere le eccellenze del settore sia in Italia che sui principali mercati internazionali. Al concorso sono dedicati un sito internet, profili social network e un canale youtube (www.veronawinetop.it). Infine, un recentissimo prodotto del sistema camerale, che affiancherà il già esistente Sportello per l’internazionalizzazione della Camera di commercio: il sito internet www.worldpass.camcom.it, che offre alle imprese servizi di primo orientamento, assistenza e in-

formazioni specialistiche legate alle attività con l’estero. Vi si trovano strumenti informativi di supporto per esportare sui mercati esteri, schede paese e schede export, informazioni statistiche sul commercio internazionale, sulle economie e opportunità sui mercati esteri, agevolazioni e finanziamenti, nonché sulla principale normativa di riferimento. VENETO 2013 • DOSSIER • 13



L’INTERVENTO

Temporary manager: la lezione inglese di Guido Carella, presidente Manageritalia

mprese e istituzioni chiedono ai manager di contribuire a portare nel Paese innovazione, confronto con l’estero e quindi produttività e competitività. Giusto e sacrosanto. Ci vuole però anche un ambiente socio-economico che lo permetta. Nel Pubblico, slegando l’indirizzo della politica dalla gestione dei manager che, scelti per merito e valutati sui risultati, non devono dipendere da questa e guardare solo all’interesse comune. Nel privato è invece indubbia la carenza di manager, ma ancora piuttosto labile è poi la volontà di utilizzarli veramente. Così ci si nasconde dietro al costo, che stereotipando pochi eclatanti casi, si ritiene a torto eccessivo, e alla flessibilità, che conoscendo poco le realtà contrattuali si ritiene scarsa, mentre invece c’è eccome. Tra le tante ipotesi per aumentare la managerialità è oggi in voga il temporary manager. E qui l’anglismo ci mette del suo. Questa figura nasce in Uk e nel Nord Europa, dove chi finanzia le aziende vuole business plan seri e competenze capaci di implementarli. È un manager con forte competenza nella ristrutturazione di aziende e nello sviluppo di particolari mercati e azioni. L’azienda ne ha bisogno per cogliere opportunità sul mercato o ristrutturare. Ottenuti tali risultati, quel manager, che nel frattempo avrà sistemato e implementato le cose, spesso non ha più tanto da dare. Così può passare ad altre sfide. Al tempo stesso l’azienda si ritrova pronta a camminare con le sue gambe. Prerogativa del temporary manager è però una piena condivisione di intenti con la proprietà dell’azienda e, soprattutto, deleghe e poteri chiari per affrontare la difficile sfida e cogliere gli obiettivi. Ora, questa figura magica e salvifica è contrattualmente presente in Italia da decenni – oggi nel contratto dei dirigenti del terziario ha anche un articolo ad hoc – quello che manca è una vera domanda di manager di questo

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tipo, con questo ruolo e responsabilità. In Europa l’80 per cento delle imprese sono familiari. E l’Italia è il Paese con il più alto numero di Ceo appartenenti proprio alla famiglia titolare dell’azienda (84 per cento contro il 70 dell’Uk e il 62 della Francia) e soprattutto il management composto unicamente da familiari (66 per cento contro 35 in Spagna, 28 in Germania, 26 in Francia e 10 in Uk, dati Efige 2012). Allora ben venga il temporary manager, ma nell’accezione anglosassone, con deleghe, poteri e libertà di agire reali. E non in quella italica, dove spesso è un consulente “messo in naftalina”, un consigliere sporadico spesso non ascoltato. Ma soprattutto ben venga il tempo dei manager, che entrino nelle tante aziende che ne sono prive per affiancare, anche a tempo, l’imprenditore e i suoi familiari. E instillare in quell’azienda competenza e capacità di gestione manageriale. Solo da una forte sinergia tra imprenditori e manager troveremo la spinta per migliorare innovazione, produttività, competitività e organizzazione delle tante e virtuose Pmi che ci possono ridare crescita e sviluppo. VENETO 2013 • DOSSIER • 15


XXXXXXXXXXX IN COPERTINA

IL FUTURO DEL NORDEST SI GIOCA SU SCALA GLOBALE Dallo scorso 13 febbraio Roberto Zuccato è il nuovo presidente regionale di Confindustria. Le linee guida dell’imprenditore vicentino puntano a un nuovo Veneto, ancorato alla sua tradizione manifatturiera ma proteso verso le sfide dell’era digitale, per tornare a contare Teresa Bellemo

stata un’elezione all’unanimità quella che ha portato Roberto Zuccato alla presidenza di Confindustria. Vicentino, ex presidente degli industriali di Vicenza, presidente e amministratore delegato di Ares line e di Ares engineering, aziende dell’arredamento nel settore delle poltrone per ufficio e per gli spazi collettivi (dai teatri alle università), Zuccato sin da subito ha messo ai primi posti della sua agenda programmatica il rilancio della produzione veneta, consapevole del momento di particolare difficoltà per il territorio e per le imprese. Una consapevolezza che deriva anche dall’aver toccato con mano i dati dell’ultimo trimestre

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2012, dove proprio il settore da cui proviene, quello del legno e del mobile, ha segnato un calo del 6,7 per cento, il peggior dato di tutto il manifatturiero veneto, che nell’insieme ha chiuso il 2012 con il 3,4 per cento in meno. Ma, sostiene Zuccato, se negli scorsi anni il manifatturiero ha reso il Veneto la regione più industriale d’Italia e quella con la più elevata propensione all’export, è tornando a credere su questo settore che la regione potrà tornare a contare in Italia e nel mondo. Per questo, nella sua relazione programmatica, il manifatturiero ritorna punto centrale per poi rinnovarsi e contaminarsi con quelle che sono le nuove tecnologie - il digitale, l’in-

novazione - nella prospettiva di dare vita a inedite declinazioni del saper fare veneto con un unico obiettivo: tornare a crescere andando incontro a ciò che oggi vuole il cliente. «È un percorso che dobbiamo fare insieme, confrontandoci e individuando le linee necessarie per la crescita delle nostre imprese e, quindi, del nostro territorio». La sua candidatura è stata promossa da tutte le territorialità confindustriali. Quali le motivazioni? «Credo che convergere su una candidatura unitaria sia stato un grande segno di maturità da parte dell’associazione. In tempi così complessi, solo con uno sforzo comune si può uscire da un periodo pieno di difficoltà e il segnale di


Roberto Zuccato, presidente di ConďŹ ndustria Veneto


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unità fornito dalle territoriali è stato un importante avvio per la mia presidenza. L’associazione deve essere un luogo di indirizzo strategico per il Veneto delle imprese. Ma questo è un lavoro complesso, che va fatto contando sul supporto e sulle indicazioni provenienti da tutti i presidenti delle territoriali. Credo che questa regione possa rilanciarsi solo condividendo un disegno comune di sviluppo». Quali saranno i punti cardinali del suo mandato? «Nella mia relazione programmatica ho indicato che è necessario puntare a un nuovo manifatturiero e le cinque direttrici del mio lavoro a sostegno di questo disegno sono education, finanza, infrastrutture, attrattività e cultura. Sono tutti punti strettamente intrecciati tra loro, necessari per realizzare il filo conduttore del mio piano: rendere il Veneto e le sue imprese globali, in una logica di sistema. Il nostro cuore e le nostre radici sono qui, ma ormai la nostra casa è il mondo. O il Nordest inizia a pensarsi come una grande realtà 18 • DOSSIER • VENETO 2013

internazionale o siamo destinati a diventare sempre più marginali». Rimaniamo sulla sua relazione programmatica, uno degli aspetti centrali è l’innovazione. Come riuscire a innovare se le aziende sono strette tra ritardi nei pagamenti e credit crunch? «La prima leva da muovere è quella della rivoluzione tecnologica, quella che molti chiamano manifattura digitale. È caratterizzata dall’introduzione di innovazioni di prodotto e di processo e dallo sviluppo di nuovi materiali. Queste tecnologie consentono di ridurre considerevolmente il costo di gestione dei processi, di elabo-

rare logiche di personalizzazione al cliente finora sconosciute e di abbattere scorte e semilavorati. Tutti questi elementi rendono la rivoluzione tecnologica un ingrediente essenziale per il rilancio della nostra competitività a livello territoriale». Una domanda interessante che ha posto nel suo discorso è stata “Quale futuro vogliamo per il Veneto?”. Quale risposta darebbe oggi a un giovane? Su cosa consiglierebbe di investire il suo tempo e le sue energie? «Spendiamo molto tempo e risorse per formare studenti che quando si affacciano al mondo del lavoro


Roberto Zuccato

Il mio programma vuole rendere il Veneto globale, in una logica di sistema. Il nostro cuore e le nostre radici sono qui, ma ormai la nostra casa è il mondo

non trovano sbocchi adeguati. Una delle grandi contraddizioni italiane è che abbiamo un numero di laureati nettamente inferiore alla media europea e, allo stesso tempo, non riusciamo a dare lavoro nemmeno a quei pochi che abbiamo. Il motivo è che manca progettualità e soprattutto mancano collegamenti forti tra scuola, università e impresa. Ai giovani dico: fate ciò per cui vi sentite portati, non forzate la vostra natura. Studiate, fate un’esperienza all’estero, sfruttate ogni occasione possibile per svolgere stage all’interno delle aziende e capire come funziona il mondo reale».

Una delle caratteristiche del tessuto produttivo veneto è la piccola dimensione delle aziende. Una forza per la loro unità interna, ma anche una difficoltà nell’affrontare i mercati internazionali. Come sciogliere questo nodo? «Dobbiamo promuovere una revisione in termini moderni di quel sistema di spin-off che ha dato origine ai distretti degli anni 70 e la politica delle reti di impresa è una delle soluzioni disponibili. Se davvero il nostro obiettivo è competere con il mondo, abbiamo bisogno di mettere a sistema competenze, risorse e capacità».

Come ridare slancio al settore manifatturiero che per molti anni ha reso il Veneto modello di sviluppo? «Sul medio-lungo periodo dovremo, innanzitutto, realizzare una nuova fabbrica delle competenze: in questo progetto un ruolo determinante è svolto dalla formazione tecnica, dalla valorizzazione dei nostri centri di eccellenza universitari, dalle scuole di ingegneria, di economia e di management. Nel breve, dobbiamo partire da un nuovo rapporto con il mondo della finanza: senza non c’è innovazione, non c’è sviluppo, non c’è industria. Oggi la finanza in Italia è troppo condizionata dal sistema bancario che stenta a finanziare i nuovi progetti industriali e che sembra, in taluni casi, disinteressato allo sviluppo delle imprese». Negli anni scorsi molte aziende venete hanno delocalizzato, riducendo la forza in loco del manifatturiero. La ricetta dell’offshoring dunque era sbagliata? Come ridare forza a un comparto che nell’ultimo trime- VENETO 2013 • DOSSIER • 19


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Il valore aggiunto realizzato dal manifatturiero veneto è quello con la più alta incidenza sul Pil del Paese

stre 2012 ha perso il 3,4 per viante. Negli Stati Uniti l’indu- istituzioni da presidente di Concento rispetto al 2011? «Basta guardare agli Stati Uniti, da sempre anticipatori dei processi economici, per capire cosa sta accadendo: dopo anni di offshoring, gli americani si sono accorti che trasferire la produzione lontano dai propri confini diminuisce sensibilmente la capacità di innovare. D’altronde chi non fa, non impara. Nel Veneto il valore aggiunto realizzato dal manifatturiero sul Pil ha un’incidenza elevata, la più alta del Paese, per questo parlare di ritorno al manifatturiero è fuor20 • DOSSIER • VENETO 2013

stria conta meno del 10 per cento del Pil mentre da noi è più del 27 per cento. Quello che serve però è trovare un nuovo manifatturiero, sempre più innovativo e internazionale. Dobbiamo spingere perché il nostro sistema crei una nuova industria, molte delle imprese che vanno bene lo stanno già facendo». Finora abbiamo visto cosa devono fare le aziende. Quali sono invece le risposte che il mondo produttivo veneto attende dalla politica? Cosa chiederebbe alle

findustria Veneto e da semplice imprenditore? «Lo scenario che le elezioni nazionali ci hanno consegnato non induce certo all’ottimismo: il Paese aveva bisogno di tutto tranne che di un ulteriore periodo di instabilità. La speranza è che, nonostante tutto, ci sia la possibilità di formare un governo che porti a compimento quei pochi punti su cui è possibile trovare un’intesa, innanzitutto una legge elettorale che dia ai cittadini la possibilità di scegliere gli eletti e che garantisca maggioranze stabili e durature».



STRUMENTI PER LA CRESCITA

Un settore cruciale per la ripresa Il manifatturiero veneto fa i conti con la crisi economica. Ne esce un settore ancora forte ma che si prepara ad affrontare profonde trasformazioni che non possono prescindere della rivoluzione digitale Teresa Bellemo

onsumi e produzione in calo, riduzione delle vendite e delle erogazioni bancarie, è questo il perimetro entro il quale si muovono il Paese e il Veneto, che insieme scontano la difficoltà di uscire da una crisi economica che ormai sembra più strutturale che passeggera e per questo necessita di nuovi paradigmi per essere interpretata e superata. In Veneto la situazione rimane complessa, ma meno grave rispetto al resto del Paese, che secondo le previsioni chiuderà il 2012 con la produzione industriale ferma a -6,6 per cento, migliore soltanto della Spagna (-6,9%) nella classifica dei 17 paesi dell’Eurozona. Secondo i dati di Veneto Congiuntura, infatti, la produzione industriale regionale nel quarto trimestre 2012 ha mantenuto un andamento negativo con un calo del 3,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011 e anche in confronto al trimestre precedente, dove i livelli produttivi hanno segnato un ulteriore rallentamento riportando un -1,5 per cento. A farne le spese sono soprattutto le piccolissime aziende, ossatura

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del tessuto produttivo veneto, che hanno registrato una contrazione del 7,9 per cento. Ma è il fronte dell’innovazione e della ricerca a preoccupare maggiormente, soprattutto per quanto riguarda la facilità a reperire finanziamenti. Secondo la Fondazione Nord Est, sono proprio le aziende a forte carica innovativa quelle che faticano di più a ottenere credito da parte degli istituti bancari e, nel caso in cui gli venga concesso, sono anche quelle che lo pagano più a caro prezzo. Il 26 per cento delle loro pratiche, infatti, non vengono accettate e nel 31 per cento dei casi

le condizioni dei prestiti sono più gravose, mentre per le imprese che invece non innovano le percentuali sono rispettivamente del 21 e del 24. UNO SCENARIO IN CONTINUO CAMBIAMENTO È passato quasi un decennio da quando i due leit-motiv della produzione, non soltanto veneta ma mondiale, erano delocalizzare e piccolo è bello. Due mondi che sulla carta sembravano inconciliabili, perché la prima era soprattutto ad appannaggio delle grandi multinazionali, mentre la seconda


Il manifatturiero veneto

contraddistingueva quel sistema di produzione vincente che aveva reso il Veneto un modello da imitare: centinaia di piccole e piccolissime aziende, spesso unite in rete, che per decenni avevano reso grande il nome del manifatturiero e dell’export italiano nel mondo. Nella pratica, intanto, in nome di costi più bassi, meno norme e meno tutele, molti imprenditori della regione hanno visto nell’offshoring una grande opportunità di profitto e di sviluppo. Batte bandiera veneta, infatti, più del 22 per cento delle aziende italiane in Romania. Ben presto lo schema produttivo ha

Francesco Peghin, presidente dellla Fondazione Nord Est

mostrato la corda: le ramificazioni più sottili - e per questo più fragili e onnipresenti - che componevano quel tessuto veneto erto a modello si sono poco alla volta disidratate. Migliaia di laboratori, di piccole imprese a gestione familiare che spesso lavoravano su commissione di grandi marchi hanno dovuto cessare la propria attività. Stefano Micelli, professore di economia all’Università Ca’ Foscari di

Venezia e autore del saggio “Futuro artigiano”, è convinto che questo non sia stato necessariamente un errore. «Per un certo periodo è stato legittimo pensare che c’era una convenienza nello spostare la produzione nei Paesi emergenti. In alcuni casi, si è andati troppo in là, si sono intrapresi percorsi che hanno snaturato il vantaggio competitivo delle imprese. In confronto agli altri Paesi euro- VENETO 2013 • DOSSIER • 23


XXXXXXXXXXX STRUMENTI PER LA CRESCITA

Luca Zaia, affiancato dal presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, dal presidente della commissione Statuto Carlo Alberto Tesserin e dal vicepresidente Sergio Reolon, firma lo scorso aprile il testo dello Statuto della Regione Veneto

pei, però, l’Italia mantiene una bensì farlo in modo nuovo. […] È prodotto seriale, uguale a se base di competenze manifatturiere di gran lunga più consolidate e più consistenti rispetto ai concorrenti». In Italia, infatti, l’industria rappresenta ancora il 19 per cento del Pil, mentre in Inghilterra rappresenta solo il 16 per cento e in Francia il 12 per cento. RIPARTIRE DAL MANIFATTURIERO Del fatto che l’Italia e il Veneto abbiano ancora le carte in regola per tornare a competere sullo scenario produttivo mondiale ne è convinto anche Roberto Zuccato. Il neo presidente regionale di Confindustria ha improntato la sua intera relazione programmatica proprio sul manifatturiero come vettore di un nuovo ciclo economico positivo. «Per noi non significa fare qualcosa di sconosciuto, 24 • DOSSIER • VENETO 2013

proprio nel manifatturiero che ci sono i più elevati investimenti in ricerca e sviluppo, il maggior numero di brevetti, dove si creano i posti di lavoro più qualificati e meglio pagati, dove si fa più formazione. Oggi sono in molti a parlare di manifattura digitale. Sembra un ossimoro […] ma mette bene in evidenza come gli strumenti software stiano contribuendo a riorganizzare il mondo della produzione tradizionale». Negli ultimi anni si sono avute robuste trasformazioni sul fronte dell’offerta: grazie a una tecnologia sempre più economica è possibile, infatti, produrre manufatti in piccoli numeri senza privarsi dell’abbattimento dei costi un tempo ricavati solo dalle economie di scala. I cambiamenti hanno coinvolto anche la domanda: il

stesso, seppur di marca ha perso appeal; l’attenzione si è spostata verso l’hand made, verso il prodotto su misura. Ecco, dunque, il nuovo punto d’incontro tra prodotto e cliente, un fulcro particolarmente noto ai molti artigiani e imprenditori italiani e veneti, che da sempre hanno fatto leva proprio sul proprio saper fare per il successo delle loro attività. NEW DEAL 2.0 È il manifatturiero che ha tenuto in piedi il Paese anche quando nel 2007 iniziavano a intravedersi le prime avvisaglie della crisi economica, ma ora, come si è già accennato, s’impongono una nuova produzione e una nuova domanda. «L’Italia purtroppo ha creduto poco al commercio elettronico, forse perché non si adattava alle specificità


Il manifatturiero veneto

Stefano Micelli, professore di economia all’Università Ca’ Foscari

L’Italia mantiene una base di competenze manifatturiere di gran lunga più consolidate e più consistenti rispetto ai concorrenti

del nostro prodotto. Oggi, invece, le aziende si possono mettere in rete in autonomia o appoggiandosi a dei siti nuovi, che per la prima volta interpretano in maniera originale il made in Italy. Esistono, infatti, portali americani che investono sulla manifattura italiana partendo da San Francisco». Per il professor Micelli dunque è il web che deve legarsi, questa volta in maniera indissolubile, alla produzione italiana e veneta. Da qui si parte per una nuova rete d’impresa, fatta di condivisione di strumenti e di know-how, fatta sfruttando i nuovi mezzi della co-

municazione come il web e i social network. E in questo percorso non si può prescindere anche da un nuovo modo di conoscere il cliente, che questa volta è globale, più variegato e non facilmente classificabile nei vecchi quadrati semiotici. Serve dunque capire e introiettare un nuovo gusto: quello dei Paesi emergenti, della Cina e del Brasile, che prima di essere nostri competitor sono soprattutto nostre risorse, sono amanti del fare italiano, del made in Italy e non soltanto del lusso, ma anche della nostra meccanica, della nostra impiantistica. Il manifattu-

riero così ha forti potenzialità e ancora di più se coniugato alle green energy; un modo per ridurre la spesa, da troppo tempo tra le più alte dell’Eurozona, ma anche per dare il via a un nuovo modello di sviluppo in risposta ai punti interrogativi che posti della crisi economica. Per il presidente della Regione Luca Zaia la sfida è aperta. «Il nostro manifatturiero va specializzato, ma sappiamo ancora farlo meglio degli altri. Dobbiamo innovare e internazionalizzare: non a caso, chi lo ha già fatto, oggi cresce nonostante la crisi. Dico solo questo: la Germania si è data l’obiettivo entro il 2021 di ricavare l’80 per cento della sua energia da fonti pulite extra nucleare, perché noi non potremmo farlo? In Veneto abbiamo già 30mila impianti di produzione, grandi e piccoli; servono meno complicazioni burocratiche». VENETO 2013 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

Importanti acquisizioni Tra i nomi noti del made in Veneto c’è Bauli, l’azienda dei prodotti da forno e da ricorrenza, che poco più di un mese fa ha concluso un’altra importante acquisizione, dopo quelle degli ultimi anni. Alberto Bauli indica le strategie per contrastare la contrazione dei consumi Nicolò Mulas Marcello

uno dei marchi della pasticceria in Italia e non solo. Nel corso degli anni Bauli ha acquisito storici nomi come Motta, Alemagna, Tartufone, Dosia, Buondì, Girella, Yo-To e Ciocorì. Un Gruppo che quest’anno, con la recente acquisizione di Bistefani, si avvicina ai 500 milioni di fatturato e 1.100 addetti. Una multinazionale che tra panettoni, biscotti e merendine è tra i leader nel suo settore. Un vanto non solo per il Veneto ma per tutto il made in Italy, che con i suoi prodotti rafforza il peso dell’alimentare nostrano. «Potremmo fare di più – spiega Alberto Bauli, presidente di Bauli Group – se ci fosse una politica volta ad aiutare l’aggregazione delle imprese anziché penalizzarle. Aspettiamo pertanto che ci sia una politica industriale che capisca il momento in cui stiamo vivendo». Possiamo fare un bilancio del settore dei prodotti dolciari da ricorrenza? «Parlando del 2012 la flessione è stata piccola, circa di un punto e mezzo rispetto all’anno precedente. Ma lo scenario è caratterizzato da una discesa negli ultimi anni, dovuta non tanto al prodotto in sé quanto all’attività promozionale. In momenti di crisi la distribuzione tende a fare meno promozione». Negli ultimi anni avete portato a termine importanti acquisizioni societarie, di recente anche Bistefani. Come giudica l’attuale quadro competitivo? «Tutte le aziende alimentari nascono in genere da famiglie e sono oltre 6.000 quelle che superano i 9 dipendenti. Si tratta di aziende molto piccole. Mediamente la vita di un’azienda è di 30 anni. Ora ci troviamo in una fase storica per cui la pro-

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prietà dell’azienda fondata dal padre dovrebbe passare ai figli, i quali però dopo aver studiato non sempre hanno la voglia di fare i sacrifici che il padre ha fatto nel tempo. Credo che ci sarà un cambiamento legato a questo aspetto. Inoltre, più aumenta la moderna distribuzione, più frequenti sono le richieste di professionalità e occorrono di-


Alberto Bauli

Tutte le aziende alimentari nascono in genere da famiglie e sono oltre 6mila quelle che superano i nove dipendenti

Alberto Bauli, presidente di Bauli Group

mensioni più grandi. Anche le esportazioni meriterebbero un’attenzione maggiore perché il favore che c’è verso il cibo italiano contrasta con le piccole dimensioni delle imprese che esportano nel settore dolciario più di qualsiasi altro settore. Potremmo però fare di più se ci fosse una politica volta ad aiutare l’aggregazione delle imprese anziché penalizzarle. Si sta andando verso un mondo globalizzato e non verso uno autarchico». In che modo sono cambiate le dinamiche del mercato nel settore alimentare? E come avete reagito ai mutamenti delle abitudini dei consumatori? «Da un lato abbiamo registrato una riduzione dei

consumi abbastanza importante se la guardiamo da un punto di vista storico. Non si sono mai viste, infatti, percentuali negative di questa natura, si parla del 4,5 per cento. L’altro aspetto riguarda la distribuzione, la quale tende a imporre ai produttori i propri prezzi con una marginalità che è sempre più bassa in relazione agli investimenti che è possibile fare. Ecco che allora le aziende strutturate come la nostra richiedono fatturati maggiori. Essi si ottengono o con innovazione di prodotto, cosa che la nostra dimensione rende abbastanza arduo, oppure mediante aggregazione di aziende in modo tale da poter avere una massa maggiore su cui poter stemperare tutti i costi gestionali». Sempre più spesso la produzione industriale abbraccia la sostenibilità ambientale. Quanto incidono queste scelte sulla competitività di un’azienda? «Il calcolo non l’ho mai fatto ma è certo che noi oggi abbiamo una sensibilità verso questi aspetti che non è paragonabile a quando abbiamo iniziato a fare il nostro mestiere. La nostra è un’azienda che quotidianamente effettua migliaia di analisi e che ha una tracciabilità elevata dei nostri prodotti per cui, mediante i codici, riusciamo a risalire in modo veloce e preciso all’allevatore che ci ha dato il latte o alla farina usata per tutti i nostri prodotti. Rispetto anche a quello che sta accadendo in questi giorni riguardo la sicurezza degli alimenti, il monitoraggio contnuo dimostra come la nostra legislazione sia molto severa e la nostra azienda la sta ottemperando in una misura che riscuote anche i riscontri positivi delle numerose visite che ci vengono fatte dalle varie autorità preposte a questo». VENETO 2013 • DOSSIER • 35


POLITICA ECONOMICA

Il Veneto non si arrende Il manifatturiero veneto rimane un’eccellenza per il settore industriale italiano ma le flessioni dovute alla crisi economica si fanno sentire anche in questo territorio. Occorrono strumenti finanziari e di programmazione da mettere in atto per sostenere il tessuto imprenditoriale Nicolò Mulas Marcello

onostante la crisi globale non accenni a demordere neanche in Veneto, le pmi continuano a essere la spina dorsale dell’economia. Se in Italia la percentuale di investimenti privati in ricerca e innovazione si ferma al 50 per cento, così non è per il Veneto, dove le piccole imprese sono il cuore della produzione e il propulsore dell’innovazione. Sostenere la competitività delle pmi venete che operano a livello internazionale per il trasferimento tecnologico è fra le fondamentali strategie della Regione. «Dobbiamo supportare fattivamente – spiega Maria Luisa Coppola, assessore all’Economia e sviluppo – l’investimento in ricerca, nei giovani ricercatori, potenziare e consolidare una

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rete di relazioni europee, ma anche globali, con centri d’eccellenza e aziende leader nell’innovazione. Per farlo guarderemo innanzitutto alle nostre eccellenze, dandoci poi degli obiettivi strategici che ci consentano di posizionare il nostro sistema produttivo in prima fila nei settori che, nel prossimo decennio, traineranno la crescita globale». L’assessore Coppola ha in mente «strumenti finanziari e di programmazione da mettere in atto per sostenere il manifatturiero che è un’eccellenza del territorio». LE DIFFICOLTÀ DELLE PMI Nel quarto trimestre 2012, sulla base dell’indagine Veneto congiuntura, la produzione industriale ha mantenuto una tendenza negativa. Il calo è stato del 3,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011, sebbene meno marcata di quella del trimestre precedente (4,9 per cento), mentre la variazione congiunturale destagionalizzata ha registrato una flessione dell’1,5 per cento. L’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera di Unioncamere del Veneto, con la collaborazione di Confartigianato, è stata fatta su un campione di quasi 2.900 imprese con almeno due addetti. «È necessario – sottolinea Coppola – delineare un percorso che


Lo scenario regionale

Marialuisa Coppola, assessore allo Sviluppo della Regione Veneto

permetta alle imprese di svincolarsi dalle attuali difficoltà economiche, che utilizzi proprio la ricerca avanzata e l’innovazione tecnologica come asset fondamentali per ridare forza propulsiva al nostro Paese e all’Europa intera. Mondo accademico, imprese e pubblica amministrazione debbono quindi saper e poter agire come un sistema di vasi comunicanti». L’andamento negativo della produzione continua a interessare principalmente le microimprese, con un calo del 7,9 per cento, ma proprio queste realtà sono l’ossatura del manifatturiero veneto. Quindi, il sostegno dell’uno significa anche la ripresa dell’altro. «Il valore aggiunto del manifatturiero ammonta in regione a 34 miliardi di euro e il Veneto – ricorda Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto – è la regione più industriale d’Italia». Le direttrici del nuovo manifatturiero passano per l’education, per questo Confindustria Veneto sollecita le università

della regione a creare il politecnico del Nordest e per una finanza in grado di promuovere spin-off e start-up che hanno segnato le origini dei distretti, la cultura, una nuova capacità di attrazione. Ma, secondo Zuccato, «il modello del Nordest, che rischia di diventare obsoleto, deve anche andare oltre, aprirsi al resto d’Europa e non solo». IL CREDITO VERSO LA PA Per una regione vocata al manifatturiero come il Veneto, a preoccupare sono i tempi di pagamento sia tra grandi e piccoli imprenditori che tra la pubblica amministrazione e le imprese fornitrici. «Per quanto motivo – spiega Giuseppe Sbalchiero, presidente di Confartigianato regionale – è da dicembre dello scorso anno che predichiamo il recepimento tempestivo della direttiva europea che impone tempi certi di pagamento da 30 a un massimo di 60 giorni anche tra privati». Il rallentamento del ciclo economico, la cre-

Roberto Ditri Presidente Fiera di Vicenza

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POLITICA ECONOMICA

Corrado Facco, direttore generale di Fiera di Vicenza

I MUTAMENTI DEL MERCATO ORAFO icenza inizia a consolidare i risultati di un ri-orientamento delle sue fiere orafe, mantenendo il suo posizionamento internazionale in un settore dove la crisi e l’avanzata dei Paesi emergenti hanno stravolto non poco i riferimenti. VicenzaOro, la fiera più importante del settore, rimane un punto fermo per individuare i mutamenti del mercato. Gli espositori anche quest’anno sono stati 1.500 su oltre 28mila metri quadrati, quello che è cambiato è la lingua che essi parlano. «Solo dieci anni fa 1.400 di loro erano italiani» spiega il direttore, Corrado Facco. Storicamente la presenza italiana rappresenta la leadership del settore, ma oggi il mercato sta mutando pur mantenendo forti collegamenti con i mercati esteri tradizionali. «Vicenza oro – afferma Roberto Ditri, presidente di Fiera di Vicenza – è sempre di più un hub strategico per il mondo che ruota intorno al gioiello. Se lo dicessimo noi saremmo autoreferenziali, ma lo dicono gli altri». E a Vicenza la prova di questo ruolo, di questa «attrattività» ritrovata, è testimoniata, ad esempio, dalla presenza in forze di Swarovski, o quella di un big italiano come Damiani. «Una collaborazione, la prima, non immaginabile se non hai il posizionamento giusto» conclude Facco.

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scita del grado di restrizione del credito e l’incremento del costo dei finanziamenti si associano, in un mix velenoso per il funzionamento delle imprese, a un eccezionale aumento dei tempi di pagamento. L’allungamento dei tempi di pagamento è un fenomeno che sta colpendo pesantemente le micro e piccole imprese e l’artigianato: l’ultima rilevazione condotta su imprese artigiane dall’Osservatorio Ispo-Confartigianato indica che in Regione Veneto tra fine 2010 e ottobre 2011 i tempi medi di pagamento sono in forte crescita, aumentando in media di 46 giorni e passando, quindi, dai 91 giorni di fine 2010 ai 137 giorni di ottobre 2011. «Ben vengano – conclude Sbalchiero – i quattro decreti ministeriali pensati per realizzare un progressivo rientro del debito commerciale accumulato dalla pubblica amministrazione». 38 • DOSSIER • VENETO 2013



Il manifatturiero, criticità e prospettive Un’analisi critica delle difficoltà in cui si trova larga parte dell’industria manifatturiera italiana. Secondo Mario Zanardo è mancata la capacità di guardare ai problemi con nuovi occhi Valerio Germanico

e fino alla fine degli anni novanta la produttività industriale italiana si attestava ai massimi livelli, nell’ultimo decennio il nostro paese si è trovato agli ultimi posti nella classifica mondiale. Con l’avvento dell’euro, la globalizzazione dei mercati e la conseguente crescita di paesi molto più competitivi – come la Cina –, l’impresa italiana non ha saputo reagire in modo compatto e uniforme di fronte alle difficoltà dettate dalle nuove congiunture economiche. «Alcune grandi imprese hanno avuto a disposizione le risorse per reagire alla crisi e rinnovarsi, ma moltissime piccole e medie imprese, da sempre considerate il motore della nostra economia, si sono trovate nell’incapacità di interagire con le nuove dinamiche commerciali mondiali». Questa l’opinione di Mario Zanardo, amministratore delegato di Artinox – azienda specializzata nella lavorazione dell’acciaio inox e punto di riferimento nel settore della sub-fornitura industriale di semilavorati per ristorazione e

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settore alimentare –, che si ritrova anche ad ammettere che: «Il vero problema è che la reazione al contesto del mercato globale è stata condotta con l’approccio del mercato nazionale». A cosa imputa questo errore di strategia nell’approccio ai nuovi scenari internazionali? «Una grande responsabilità, per l’inadeguatezza delle imprese italiane di fronte alle nuove sfide poste dal mercato globale, è da ricercare, a mio avviso, nell’atteggiamento di Confindustria e dei nostri rappresentanti di categoria. Questi infatti non hanno saputo adottare le misure eccezionali e necessarie a fronteggiare le problematiche emerse dal processo di globalizzazione. Al contrario, hanno pensato di sostenere la delocalizzazione delle imprese, consegnando in modo gratuito il nostro know how alla concorrenza, che ha saputo approfittarne e oggi domina i nostri mercati». Quindi per lei è mancata una guida del processo.

Mario Zanardo, amministratore delegato della Artinox Spa di Conegliano (TV) www.artinox.com


Mario Zanardo

Siamo ben consapevoli che il futuro continuerà a dipendere dalle nostre idee e dalla nostra capacità di metterci in gioco

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«Indubbiamente, ma non è solo questo. Quando si afferma che oggi nel nostro paese ci sono circa 3 milioni di disoccupati, bisogna denunciare che esiste una anche consistente responsabilità che va ricondotta ai rappresentanti sindacali, che rimangono tuttora ancorati a vecchi schemi, ormai obsoleti, e portano avanti istanze troppo rigide e non conformi a quanto ci impone la globalizzazione». In qualità di amministratore delegato, è riuscito a dare un’impronta diversa e una strategia adeguata alla situazione alla sua impresa? «La nostra scelta è stata quella di non delocalizzare, perché i nostri dipendenti e collaboratori devono sentirsi parte dell’azienda e ritengo che ciò sia possibile solo restando sul territorio di fondazione dell’azienda. D’altra parte, per sopperire alle difficoltà – inasprite anche dal pesante carico fiscale –, abbiamo cercato di sviluppare dei nuovi prodotti, di alta gamma, puntando sulla qualità dei materiali, la personalizzazione, un design raf-

finato e fortemente emozionale. E orientando nel contempo le strategie commerciali verso nuovi mercati emergenti, come Russia e paesi dell’Est Europa e dell’Asia, che stanno vivendo una fase di forte dinamismo e sono gli unici attualmente in grado di apprezzare ancora la nostra creatività e il nostro stile». Quali sono i vostri prodotti di punta in questo momento? «Spaziamo dalla sub-fornitura industriale alla produzione di lavelli e vasche raggiate, dalle scaffalature professionali alle piastrelle in acciaio. Fiore all’occhiello sono i lavelli e le vasche raggiate a marchio Artinox, che, unendo l’eleganza e la raffinatezza nel design con la praticità e la funzionalità nella pulizia, stanno riscuotendo un notevole successo sia in Italia sia all’estero. Particolarmente apprezzato è anche il nuovo lavello Layer, che con diversi livelli permette un utilizzo dell’area lavaggio a 360 gradi, consentendo l’inserimento di una vasta gamma di accessori». Qual è il piano per l’anno appena avviato? «Per il 2013 i nostri obiettivi sono, da un lato, il consolidamento dei traguardi già raggiunti, dall’altro, l’investimento in ricerca e comunicazione. Questo secondo aspetto è importante soprattutto perché siamo ben consapevoli che il futuro continuerà a dipendere dalle nostre idee e dalla nostra capacità di metterci in gioco». VENETO 2013 • DOSSIER • 41


POLITICA ECONOMICA

Sostenere la nuova imprenditoria Il livello di disoccupazione in Veneto sale e investe anche le grandi realtà imprenditoriali. Per frenarla, bisogna riattivare il ciclo degli investimenti e creare il terreno favorevole alla crescita delle giovani aziende Giacomo Govoni

450 posti di lavoro in odore di taglio alla Benetton, insieme ai 373 esuberi annunciati il mese scorso nello stabilimento trevigiano di Electrolux sono solo la punta dell’iceberg di un panorama occupazionale veneto alle prese con una contrazione di addetti che non arresta il suo corso. A determinarla è un andamento economico regionale che, in base alle stime pubblicate a febbraio da Prometeia, nel 2012 ha visto un calo dell’1,9 per cento del Pil, portando a oltre 7 punti la flessione totale rispetto al 2007. Su questo sfondo, anche l’occupazione ha mostrato segni di debolezza, confermati dal primo bilancio dei flussi di ingresso e di uscita nel settore dipendente stilato dall’osservatorio regionale sul lavoro. A circa 15mila, secondo il report, ammonta il saldo negativo netto tra volume di assunzioni e cessazioni, con una significativa crescita dei licenziamenti nelle piccole imprese. Un dato poco incoraggiante che nel consuntivo regionale del 2012 fa il paio con quello sulle crisi aziendali, ulteriormente lievitate rispetto all’anno precedente. Dalle 1063 registrate nel 2011, salgono a 1502 le imprese che hanno annunciato l’avvio di nuove procedure di crisi, con relativo aumento del numero di lavoratori coinvolti.

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IL NODO CASSA INTEGRAZIONE A un numero sempre maggiore di lavoratori veneti che vedono i loro rapporti professionali interrompersi prima del tempo, corrisponde la crescita delle ore di cassa integrazione, pari a 102,9 milioni, in rialzo di oltre il 18 per cento rispetto al 2011. Una dinamica che, peraltro, deve fare i conti con lo stop alle autorizzazioni per la Cig di42 • DOSSIER • VENETO 2013

sposto nei mesi scorsi dal Ministero, sul quale i sindacati non hanno tardato a far sentire la loro voce. «Abbiamo ricevuto rassicurazioni sull’imminente risoluzione del problema – afferma Giulio Fortuni, responsabile Cisl Veneto per le politiche sul lavoro – e confidiamo che alla nostra regione vengano assegnati quei 20 milioni di euro già in budget 2012, vitali per saldare i conti con i cassaintegrati e i disoccupati che aspettano le indennità del 2012». Quasi 3mila, secondo una verifica svolta dagli uffici regionali, sono le domande di Cig in deroga 2012 bloccate, con una ricaduta su oltre 18mila lavoratori. L’EDILIZIA LA PIÙ COLPITA Assieme all’industria manifatturiera, che tra aziende metalmeccaniche e quelle operanti nel made in Italy, nel 2012 ha lasciato per strada 11mila addetti, a pagare questa fase recessiva del mercato del lavoro è stato ancora una volta il settore delle costruzioni, alleggerito di altre 7mila unità. Una parabola discendente che, stando ai rilievi effettuati da Ance Veneto, dal 2007 a oggi è costata la perdita complessiva di 40mila occupati. «Il livello degli investimenti in edilizia – sottolinea il presidente dei costruttori veneti Luigi Schiavo – ha raggiunto il valore più basso degli ultimi 40 anni. Il nostro settore rappresenta la filiera più estesa e produttiva del sistema manifatturiero. Riattivare il circuito degli investimenti nelle costruzioni non va a vantaggio solo di un ambito economico, ma del sistema produttivo nella sua interezza». Visto il clima di crescente sfiducia che circola fra gli edili veneti, per Schiavo il tempo


Il mercato del lavoro

regole del patto di stabilità interno che blocca in Veneto oltre 1 miliardo e 300mila euro».

Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto

degli indugi è scaduto e invoca un’assunzione di responsabilità in primis dalla sfera politica. «Per invertire la rotta – spiega – occorre un piano di incentivi fiscali e lo smobilizzo di fondi strutturali e Fas da destinare a progetti di riqualificazione urbana, quali il Piano città, e alla salvaguardia del territorio. Occorre un rilancio degli investimenti in infrastrutture, attraverso il recupero delle risorse dai tagli alla spesa pubblica e il sostegno a forme di partenariato pubblico-privato. Maggiore semplificazione burocratica e una drastica riforma delle

PIÙ PESO AI GIOVANI Come si evince dall’andamento dei licenziamenti individuali, in forte ascesa rispetto a quelli collettivi registrati nel territorio veneto nel 2012, sono le piccole imprese ad assorbire con più fatica i colpi della crisi. Tra i principali fattori che spesso ne provocano la resa, c’è la tendenza all’individualismo che in passato è stato il segreto del successo del sistema imprenditoriale veneto, ma che oggi, a detta di Alberto Baban, presidente delle pmi Confindustria Veneto, bisogna ripensare in una chiave innovativa. «Nel corso del tempo, il nostro territorio ha maturato la cultura imprenditoriale giusta. Abbiamo 406mila partite Iva su 4,8 milioni di abitanti, 33mila società di capitale: è un’ecosistema ideale dove incubare chi ha desiderio di realizzare. Siamo l’incubatore naturale più interessante presente sul mercato». Secondo Baban, buona parte del rilancio economico della regione passerà dalla capacità delle grandi imprese consolidate di trasferire la loro eccellenza competitiva alle realtà che si misureranno con i mercati di domani. «Quello di cui abbiamo bisogno – sostiene – è un’alleanza che permetta di iniettare innovazione nelle pmi permettendo alle start-up di sbocciare e svilupparsi. Un’impresa strutturata non rischia di morire di burocrazia, mentre una start-up sì: e allora adottiamo, incubiamo startup all'interno dell’impresa. Si attiverà uno scambio continuo che permetterà ai giovani di crescere e all’azienda già esistente di irrobustirsi». VENETO 2013 • DOSSIER • 43


XXXXXXXXXXX PRESSIONE FISCALE

Proposte per allentare la morsa del fisco Il sistema produttivo veneto chiede alle istituzioni strumenti per diminuire il peso delle imposte e far ripartire i consumi. Ad analizzare la fase di instabilità politica ed economica del momento intervengono Clodovaldo Ruffato e Giulio Pedrollo Elisa Fiocchi

li italiani sono uno dei popoli che pagano più tasse. Il record mondiale nella pressione fiscale effettiva - cioè il peso fiscale che grava sui contribuenti in regola - ha raggiunto il 55 per cento del Pil, stando alla “Nota sulle determinanti dell’economia sommersa” pubblicata dall’ufficio studi di Confcommercio, collocando il nostro paese oltre le medie europee con cinque punti percentuali assoluti sopra la Germania (40,4 per cento), sette sul Regno Unito (38,1 per cento) dodici sulla Spagna (32,9 per cento), quindici sul Giappone (30,6 per cento) e quasi venti sugli Stati Uniti (26,3 per cento). «Non serve certo essere degli economisti per cogliere gli effetti della pressione fiscale sulle nostre aziende e sulle famiglie» afferma Clodovaldo Ruffato, presidente del Consiglio regionale del Veneto, che mette al centro delle proposte del Pdl una serie di strumenti urgenti per «allentarne la morsa e favorire la ripresa e i consumi». Dalla trasformazione epocale che interessa l’economia mondiale e dai nuovi processi in atto che generano instabilità, parte l’analisi di Giulio Pedrollo, alla guida

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dei giovani imprenditori di Confindustria Veneto, fino ad arrivare a un paese come l’Italia che sente oggi il peso della situazione finanziaria e dall’instabilità politica. «Le risorse pubbliche utilizzabili – spiega – sono ormai in continua, rapida diminuzione, ogni disponibilità dovrà essere quindi gestita con la massima attenzione e con l'obiettivo di risultati concreti e ritorni rapidi soprattutto per riattivare il motore dell’economia». AZIENDE E PRESSIONE FISCALE Secondo un rapporto del centro studi di Unimpresa, il 2013 rischia di essere un anno nero per le aziende italiane e cinque su sei temono di fallire entro il mese di dicembre. «Per l’anno in corso i segnali non sono incoraggianti – continua Pedrollo – e nei prossimi mesi continueranno ad alternarsi fasi di recupero e di rallentamento che renderanno ancora più difficile il quadro dentro il quale gli imprenditori saranno chiamati a operare, generando preoccupazione e sfiducia nel futuro». In cima ai principali problemi s’inserisce il rapporto con le banche per la concessione del credito. Già nel mese di gennaio 2013, secondo i dati di


Clodovaldo Ruffato, Giulio Pedrollo

A sinistra, Clodovaldo Ruffato, presidente del Consiglio regionale del Veneto; sopra, Giulio Pedrollo, alla guida dei giovani imprenditori di Confindustria Veneto

Bankitalia, i prestiti al settore privato hanno registrato una contrazione dell’1,6 per cento su base annua: quelli alle famiglie sono scesi dello 0,6 per cento e quelli alle società non finanziarie del 2,8. «Occorre un approccio innovativo, servono interventi strutturali diretti a recuperare competitività, riducendo la spesa pubblica e il carico fiscale, avviando un vero federalismo che inizi dalle regioni virtuose attuando misure di liberalizzazione in economia ma anche di disciplina del sistema finanziario». Mentre Clodovaldo Ruffato apre il campo anche agli effetti sociali ed economici devastanti ai danni della Grecia e al recente blocco da parte della Svizzera delle forniture di sangue per sottolineare come «la politica del rigore a senso unico imposta dall’Europa stia producendo più danni che risultati positivi». LO SCENARIO REGIONALE «Le aziende venete stanno reagendo e molte stanno raccogliendo i primi risultati, altre sono in una fase di stabilizzazione, altre ancora stanno soccombendo» dice Pedrollo, fotografando l’attuale situazione regionale dove il comparto manifatturiero resta ancora la principale

vocazione economica del territorio. È su questa leva competitiva, «che comprende anche innovazione, dimensione d’impresa, internazionalizzazione, filiere, ruolo del web e delle nuove tecnologie», che gli imprenditori dovranno puntare e le politiche regionali concentrarsi per ritornare a crescere. La proposta che giunge invece dal Pdl, per voce di Ruffato, propone la detassazione sulle nuove assunzioni e sugli utili reinvestiti in azienda, oltre a una serie di misure per alleggerire il gettito fiscale: «Niente aumento dell’Iva, azzeramento dell’Irap in cinque anni partendo da lavoro, dalle piccole-medie industrie e dagli artigiani; un punto in meno all’anno di pressione fiscale; l’abolizione e la restituzione dell’Imu relativa alla prima casa; il “condono Equitalia” con cancellazione di multe e penalità come incentivo a pagare le tasse non versate precedenza». Ma non solo l’Italia soffre la recessione e per il bienno in corso, l’intera economia dell’Eurozona è destinata a restare debole. La Banca centrale europea ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita e per il 2013 si attende un Pil tra -0,9 e -0,1 per cento che, solo nel 2014, è previsto in crescita tra lo zero e il due per cento. VENETO 2013 • DOSSIER • 45


PRESSIONE FISCALE

Il peso delle imposte affossa le imprese L’impatto della crisi ha reso più fragili molte aziende della manifattura. «La pressione fiscale sulle imprese – spiega Alessandro Vardanega – è la più elevata tra i paesi avanzati e questo comporta dei gravi handicap di competitività per il nostro tessuto industriale» Elisa Fiocchi

onostante il numero dei fallimenti sia rimasto praticamente stabile, la situazione finanziaria delle imprese nell’anno 2012 è peggiorata drammaticamente. A dirlo, i dati pubblicati dalla Cgia di Mestre che fotografano uno scenario drammatico per l’Italia in cui i prestiti crollano di 38,6 miliardi di euro e le sofferenze aumentano di oltre 14 miliardi. Pesano sui bilanci aziendali, la contrazione degli ordinativi, l’aumento dei tempi di pagamento e del carico fiscale, la stretta creditizia in atto e la crescente difficoltà a restituire i prestiti ricevuti. «Come avviene da tempo – spiega il presidente di Unindustria Treviso, Alessandro Vardanega – si salvano solo le imprese che operano nei mercati esteri, ma pur apprezzando tali risultati e facendo ogni sforzo per incentivare la penetrazione internazionale del nostro sistema industriale, dobbiamo anche far crescere il mercato interno per garantire sviluppo e lavoro». Soltanto il gettito fiscale relativo alla Tares, la nuova tassa sui rifiuti che da quest’anno sostituisce la vecchia Tarsu, costerà agli italiani almeno due miliardi di euro in più con una spesa complessiva a carico delle famiglie e delle im-

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prese di almeno otto. «A questa situazione si aggiunge ora l’instabilità politica con possibili ripercussioni per la tenuta, non solo dell’Italia, ma dell’intera Europa». Da una recente indagine risulta che tutte le aziende venete con un fatturato superiore ai 5 milioni di euro - più di 7mila in totale - hanno un rapporto di indebitamento finanziario superiore al patrimonio netto. «Molte imprese sono sottocapitalizzate ed è un problema italiano e non solo veneto: lo considero un limite del nostro capitalismo e da anni la nostra associazione è impegnata tra gli imprenditori per indicare modelli innovativi per la gestione finanziaria d’impresa. Sarebbe fondamentale riuscire a far sì che le imprese possano trovare risorse anche al di fuori del sistema bancario, che tuttora copre la quasi totalità del credito. Bisogna incentivare una maggiore ca-


Alessandro Vardanega

Il fisco dovrebbe essere una leva di crescita e di attrattività degli investimenti come avviene in altri paesi

Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso

pitalizzazione delle imprese attraverso una legislazione che, in modo strutturale, incentivi fiscalmente gli investimenti e la patrimonializzazione delle imprese. Ci vogliono poi nuovi strumenti finanziari che diano risorse alle aziende anche di piccole dimensioni mentre i fondi di private equity operano generalmente su una scala d’impresa più grande. Si è parlato di mini-bond o di cambiale finanziaria e anche in questo caso un incentivo fiscale potrebbe essere utile». Quanta parte dell’indebitamento va ricondotta al peso fiscale e alle tassazioni? «Il fisco viene visto sempre e solo come un dispositivo per drenare risorse a favore di un apparato pubblico ipertrofico e incapace di una profonda autoriforma mentre come avviene in molti paesi dovrebbe essere una leva di crescita e di attrattività degli investimenti. Questo ec-

cesso di tassazione ha effetti deprimenti sui consumi e produce un ulteriore avvitamento recessivo della nostra economia con pesanti effetti sociali. L’esito del voto è anche lo specchio di questa situazione. Confindustria ha proposto una “terapia d’urto” che prevede, tra gli altri provvedimenti, il pagamento immediato di 48 miliardi di debiti commerciali accumulati da Stato ed enti locali, il taglio dell’8 per cento del costo del lavoro nel manifatturiero e la cancellazione, per tutti i settori, l’Irap che grava sull’occupazione». Nello specifico, ritiene che l’introduzione della Tares per negozi e locali rappresenti l’ennesima stangata per le realtà produttive del territorio? «La nuova tassa pone indubbiamente nuovi oneri, prima attribuiti alla fiscalità generale, a carico di cittadini e imprese attraverso un incre- VENETO 2013 • DOSSIER • 47


XXXXXXXXXXX PRESSIONE FISCALE

mento della tariffa rifiuti applicata sulla superfi- governare e di confrontarsi con le richieste e le cie che quindi penalizza chi vive o lavora in edifici di grandi dimensioni anche se non produce più rifiuti. La nuova tassa presenterà anche problemi di riscossione a causa dell’obbligo di raccogliere il tributo solo con modello F24 o bollettino di conto corrente postale. È un nuovo, ennesimo, aggravio in un quadro di imposizione fiscale che è già ai massimi europei a parità di servizi erogati. Si continua a cercare di aumentare il gettito fiscale mentre rimangono sempre timidi i tentativi di tagliare la spesa corrente. Le Associazioni imprenditoriali trevigiane hanno chiesto congiuntamente il congelamento della maggiorazione prevista dalla Tares fino a nuovo accordo, mantenimento della tariffa puntuale come corrispettivo e la conferma dell’utilizzo degli strumenti attualmente in essere di riscossione della tariffa rifiuti». Ha esortato le forze del paese a scendere in campo per dare un messaggio forte alla comunità nazionale e ai mercati contro ogni tipo di speculazione. Che cosa si aspetta dai vari segmenti della società in questa particolare fase di transizione? «La drammaticità della situazione economica e sociale non consente alle forze politiche di perdere tempo in logiche di schieramento nella ricerca del proprio limitato vantaggio di breve periodo: occorre assumersi la responsabilità di 48 • DOSSIER • VENETO 2013

esigenze dei cittadini e delle loro rappresentanze nella società. La situazione è incerta e potenzialmente rischiosa per il Paese in una fase dove sarebbe invece fondamentale avere un governo stabile e autorevole per ridare nuove basi per far crescere l’economia e il lavoro. Anche prima del voto, le previsioni degli analisti economici erano negative sull’andamento della congiuntura per il nostro paese, con particolare preoccupazione per i dati su occupazione e consumi interni. È stato un voto “contro”, sintomo di una fase di prolungata difficoltà, se non di sofferenza, attraversata da larghe fasce della popolazione, e accanto alla protesta vi è stata la richiesta di profonda discontinuità nell’amministrazione dello Stato. A questo occorre rispondere». In che modo? «Un’agenda di provvedimenti da adottare urgentemente è da tempo sul tavolo. Ne ricordo solo tre: la riforma elettorale, la riduzione dell’apparato dell’amministrazione pubblica attraverso tagli e abbattimento della burocrazia e, infine, ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sull’attività d’impresa così da liberare risorse per ridare competitività e rilanciare i consumi. Galleggiare e rinviare non è più possibile, occorre invece ricucire un paese lacerato e passare da un voto “contro” a un voto “per” lo sviluppo e il futuro dei più giovani».



La ricostruzione in Emilia riparte dal legno

A Finale Emilia, FederlegnoArredo, con più di 80 imprese, enti pubblici e progettisti, ha realizzato un nuovo complesso scolastico in legno di 1.600 metri quadrati. Che tra alcune settimane sarà in grado di ospitare 240 bambini dai due ai sei anni. La parola a Emanuele Orsini Cristiano Fieramonti

l 20 e il 29 maggio 2012 due violente scosse di grado 5.9 e 5.8 della scala Richter hanno segnato profondamente la quotidianità degli abitanti di Emilia Romagna e Lombardia. A Finale Emilia, piccolo comune del modenese di circa 16mila abitanti, uno dei paesi più colpiti dal terremoto, la maggior parte delle strutture, in particolare scuole, palazzi storici e chiese, hanno subito forti danni. E, dopo il terremoto, non hanno più avuto la possibilità di riprendere le normali attività. L’Asilo Sacro Cuore, storica scuola di Fi-

I Emanuele Orsini, consigliere incaricato Gruppo Case ed Edifici a Struttura di Legno di Assolegno/FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it

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Emanuele Orsini

Anche iGuzzini per l’asilo di Finale «La iGuzzini ha sempre creduto al valore dell’associazionismo, come fatto culturale di condivisione di valori, esperienze, conoscenze», sottolinea Paolo Guzzini (nella foto), Vice Presidente di iGuzzini. «L’attività associativa contribuisce a far crescere la cultura non solo della singola azienda, ma di interi comparti. Per questo siamo stati tra i fondatori di Assoluce, l’associazione di riferimento per le imprese di illuminazione domestica. Crediamo inoltre che un’impresa ha come compito quello di contribuire alla crescita dei territori in cui si trova ad operare. Una crescita che non sia soltanto in termini di persone impiegate e in termini di ricchezza, ma di una crescita sociale, che si manifesta in attività culturale, attività sportiva, un generale benessere sociale, appunto, condiviso. Per questo abbiamo aderito con entusiasmo, donando nostri apparecchi d’illuminazione, al progetto promosso da FederlegnoArredo che intende sostenere la rinascita dell’Emilia, colpita dal terremoto, proprio intervenendo a favore dell’educazione, della formazione dei più giovani».

nale Emilia che ospitava 160 bambini dai tre ai sei anni, è stata una delle strutture maggiormente danneggiate dal sisma, riportando danni irreparabili. «Fin dai primi momenti, FederlegnoArredo è entrata in contatto con la Protezione Civile e le autorità pubbliche locali per capire come poter contribuire all’emergenza di queste aree» spiega Emanuele Orsini, consigliere incaricato Gruppo Case ed Edifici a Struttura di Legno di Assolegno/FederlegnoArredo. Quali le priorità di questo intervento? «Nel dialogo con la comunità locale è emersa l’esigenza di concentrare i primi sforzi della ricostruzione sugli edifici scolastici di Finale Emilia. Tra questi, in particolare, l’Asilo Sacro Cuore è stato individuato come quello maggiormente bisognoso di un intervento. Da qui la

L’esperienza di Finale Emilia può essere considerata il primo vero esempio di rete di impresa nel nostro settore

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scelta di FederlegnoArredo, con Made expo e Cosmit, di impegnarsi nel progetto di costruzione di un nuovo complesso scolastico Sacro Cuore, con l’obiettivo di completare il nuovo edificio, che rappresenta una delle più grandi opere donate in tutta la ricostruzione dell’Emilia Romagna, entro la fine del 2012 e cioè dopo soli sei mesi e mezzo di lavoro. Viste le elezioni di febbraio, e per evitare quindi che l’iniziativa venisse usata da qualcuno per motivi elettorali, abbiamo deciso di spostare l’inaugurazione di qualche settimana». Il vostro progetto ha raccolto il sostegno di numerose aziende. «Il progetto ha raccolto un ampio sostegno da parte di molti partner in tutta Italia, e si è dimostrato una straordinaria e concreta opportunità di fare rete tra aziende e di collaborazione tra settore pubblico e privato. Grande in particolare è l’entusiasmo che ha accompagnato le moltissime imprese della filiera legno-arredo, che si sono impegnate direttamente nel sostegno dell’iniziativa, testimoniando, in un momento di grande difficoltà economica, che è sempre possibile essere protagonisti nella costruzione di una società più umana. L’iniziativa ha raccolto anche recentemente l’attenzione di tante realtà del mondo eco- ›› VENETO 2013 • DOSSIER • 51


IMPRESA E SVILUPPO

Finale, l’esperienza di Claudio Giust «Quella di Finale è stata un’esperienza nuova sia dal punto di vista emozionale sia da quello imprenditoriale», spiega Claudio Giust (nella foto), titolare de La Edilegno e consigliere incaricato del Gruppo costruttori in legno di Assolegno-FederlegnoArredo. «Collaborare con un’ottantina di aziende, alcune delle quali dirette concorrenti sul mercato, che hanno donato il materiale mi ha aperto nuove prospettive confermando quanto già sapevo, ovvero che uniti si possono raggiungere risultati insperati. Ecco perché dico che a Finale è nata la prima rete di impresa del nostro settore e, anche se l’obiettivo in questo caso era di carattere umanitario e non di business, mi auguro che si potrà ripetere già a breve con il bando per la costruzione di 23 manufatti di legno nel sito di Expo 2015. I requisiti richiesti e la tempistica ravvicinata rendono difficile la partecipazione di un’unica azienda, ma unendoci in una associazione temporanea di imprese coordinata da una figura competente potremmo avere delle importanti soddisfazioni. In FederlegnoArredo ci stiamo muovendo in questa direzione che, ripeto, è sicuramente quella giusta, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale».

›› nomico, associativo, produttivo e dello spettacolo». La particolarità di questa struttura è quella di essere stata interamente realizzata in legno. «Fondamentale nella buona riuscita del progetto è stata la scelta operata da FederlegnoArredo di realizzare il nuovo complesso scolastico con strutture portanti in legno, un sistema costruttivo che sta conoscendo un crescente successo, sia in Italia sia all’estero, e che offre numerosi vantaggi competitivi». 52 • DOSSIER • VENETO 2013

Quali? «È antisismico, altamente ecologico e permette un elevato risparmio energetico, oltre a essere particolarmente indicato in situazioni di emergenza che necessitano di tempi di realizzazione brevi, come l’esperienza del progetto del nuovo Sacro Cuore ha dimostrato. Il risultato è una struttura monoplanare di oltre 1.600 metri quadrati, realizzata interamente in legno coniugando tre diversi metodi costruttivi: pannelli XLam, pannelli a telaio, sistema MHM Massive Holz Mauer. Una volta terminato, il nuovo complesso scolastico sarà in grado di ospitare fino a 240 bambini da due a sei anni, suddivisi tra le due sezioni di nido e le sei sezioni di scuola materna». L’esperienza di Finale potrebbe fare da apripista per altre collaborazioni tra aziende del settore? «Assolutamente sì. Questo può essere considerato il primo vero esempio di rete di impresa nel nostro settore. E ritengo che potrebbe essere riproposta per partecipare ai bandi previsti per l’Expo 2015».



Verso una nuova rivoluzione industriale uesta non è una delle “consuete” crisi congiunturali periodiche: è un cambiamento strutturale paragonabile a quelli che hanno segnato profondamente la storia, come la rivoluzione industriale». Nelle parole dell’ingegner Lucilla Lanciotti, Ceo di R.Q., l’analisi sulle condizioni dei mercati occidentali cambia decisamente prospettiva: la crisi, da quest’angolazione, non è un fenomeno passeggero e la sua fine non riconsegnerà l’economia mondiale così come l’abbiamo conosciuta. È più simile, invece, alla crisi del paradigma che descriveva Thomas Kuhn ne “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, in cui, dopo lo scontro tra il sistema e le sue anomalie, si instaura un nuovo ordinamento. Il gruppo di Lanciotti, al timone insieme con il dottor Gian Piero Abbate e l’ingegner Marco Santoro, ha assistito centinaia di aziende in progetti di sviluppo tecnologico e organizzativo, si è specializzato in attività legate alla ricerca industriale e all’innovazione di bu-

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Internazionalizzazione e ricerca, due obiettivi irrinunciabili. Eppure appaiono così lontani dalle Pmi italiane. La chiave di lettura di Lucilla Lanciotti, Gian Piero Abbate e Marco Santoro per le difficoltà del nostro tessuto industriale Renato Ferretti


Lucilla Lanciotti, Gian Piero Abbate e Marco Santoro

La soluzione Open Innovation Una possibile soluzione ai crescenti costi degli investimenti in ricerca è operare con una rete d'Impresa, per suddividere i costi, ma questo impone un obiettivo comune. Una soluzione alternativa, e spesso parallela, è adottare le modalità dell'Open Innovation. «Il concetto di “Innovazione Aperta” riguarda l’opportunità per ogni impresa d'innovare avvalendosi di una grande varietà di fonti per il suo processo di trasformazione della conoscenza». La descrive così il dottor Gian Piero Abbate, Ceo di Link Srl e manager di rete di IBN, ma anche esperto della Commissione Europea in materia e socio di Eidon Lab. «Le risorse esterne – continua Abbate – costituiscono quindi un’opzione strategica caratterizzata da integrazione, collaborazione e intensa condivisione tra portatori di conoscenze diverse. Innovare dovrebbe significare sviluppare un nuovo valore del prodotto o del servizio. Si parte dal cliente, studiando soluzioni in grado di soddisfare nuove esigenze, sviluppando soluzioni a valore aggiunto. Prodotti come l'i-Pad sono un chiaro esempio, perché non è un miglioramento di un prodotto esistente, ma la generazione di un prodotto innovativo, pur basandolo su tecnologie e funzioni esistenti. Si tratta di fare Ricerca con un metodo per conseguire velocemente i risultati, qualitativamente elevati e con una riduzione dell'investimento totale. Ormai è più importante trasformare rapidamente un’idea in un prodotto di successo che preoccuparsi della sua protezione brevettuale».

siness: ha sviluppato così una propria metodologia, denominata “Research Qualification” (per l’appunto R.Q.). La visione proposta da Lanciotti spiegherebbe la lunga durata della profonda impasse, ma suggerisce anche la grave inadeguatezza di visione dimostrata in ambito imprenditoriale. «Il processo di trasformazione dei flussi economici mondiali – dice Lanciotti – è ancora vissuto semplicisticamente come periodo di depressione». Secondo questa impostazione, le aziende non

possono più aspettare cercando di resistere. «È l’innovazione tecnologica – continua Lanciotti – la strada più promettente per riavviare la crescita economica. Riuscire a trasformare i risultati delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico in valore economico, è, però, un’abilità non comune che necessita di nuovi strumenti e nuove tecniche organizzative. La valorizzazione della ricerca comporta innanzitutto un approccio complessivo all’innovazione da parte dell’azienda: non è sufficiente ottenere nuovi prodotti con nuove tecnologie ma è necessario aggiornare tutte le funzioni aziendali dalla produzione al marketing, dalle vendite alla finanza e al personale. In altre parole bisogna cambiare modo di pensare. Ma tutto ciò, anche se di difficile realizzazione, non è sufficiente se l’imprenditore e l’azienda non rivolgono la loro attenzione all’esterno dell’azienda, da una parte smettendo di vedere gli attori del proprio settore solo come concorrenti, e dall’altra allargando la visuale a tutto il mondo».

In apertura, l’ingegner Lucilla Lanciotti, Ceo di R.Q. Srl e manager di rete di linkinnovazione.net. In alto, l’ingegner Marco Santoro, Ceo dell’Eidon-Lab e manager della rete Coin, e, a lato, il dottor Gian Piero Abbate, Ceo di Link Sr e manager di rete IBN www.rqsrl.it www.linkinnovazione.com www.eidon-lab.eu

L’INNOVAZIONE TRASVERSALE

Se è vero che l’innovazione è la chiave, è altrettanto vero che la capacità di creare idee e ri- ›› VENETO 2013 • DOSSIER • 55


IMPRESA E SVILUPPO

›› sultati di ricerca spesso non si trasforma facil-

mente in una successiva valorizzazione economica di tali risultati. «Ciò – spiega Lanciotti – è dovuto principalmente a due aspetti tra loro correlati: la trasformazione del processo di innovazione e la necessità di finanziare le diverse fasi che portano dall’idea creativa al business su di essa costruito. Da uno studio che abbiamo condotto, risulta chiaro che, se alcuni anni fa le idee innovative erano sviluppate prevalentemente all’interno di un singolo settore ed erano originate da know-how specialistici, oggi nascono attraverso l’utilizzo contemporaneo di conoscenze provenienti da settori diversi oppure attraverso la trasposizione di concetti e tecnologie già adottate all’interno di un differente settore tecnologico: un’innovazione “trasversale”, quindi». Questa trasformazione si basa su un approccio alla ricerca e innovazione globalmente definito “Open Innovation” che favorisce strutture di ricerca “aperte”, intersettoriali e di piccole dimensioni, spesso formate da giovani ricercatori.

«Dato il suo tessuto industriale formato soprattutto da Pmi, l’Italia sembra avere una naturale predisposizione a questo tipo di ricerca. I problemi emergono invece con riferimento alle strutture che dovrebbero supportare sia tecnicamente sia finanziariamente questi


Lucilla Lanciotti, Gian Piero Abbate e Marco Santoro

L’accrescimento della capacità innovativa e della competitività passa attraverso il modello di rete d’impresa

gruppi di ricerca. In Italia, in primo luogo, manca un sistema condiviso di selezione delle idee e dei progetti da supportare che genera una certa confusione: le Università e gli incubatori pubblici adottano criteri diversi dalle banche, che adottano strumenti diversi dai venture capitalist, che adottano sistemi diversi dai business angel. In questo modo, un’idea che ottiene un finanziamento iniziale di seed, spesso non riesce a portare a casa un secondo finanziamento per le successive fasi di sviluppo dell’attività e così, di norma, muore». Di conseguenza, per trasformare in business una buona idea non è sufficiente raggiungere il risultato tecnico. «Spesso, soprattutto quando il gruppo di ricerca è indipendente e di piccole dimensioni, una volta raggiunto il risultato tecnologico della ricerca non si riesce a progredire nella fase successiva di messa a punto di un prodotto commercializzabile. Sono numerosi i motivi che spiegano il fenomeno per cui, nelle varie fasi di lancio e consolidamento del progetto, lo stesso s’incaglia. Ma è certamente più interessante guardare alle possibili soluzioni».

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LA FRONTIERA DELLE RETI D’IMPRESA

Nel quadro attuale la ricerca è tanto importante quanto proibitiva, soprattutto per le Pmi, non soltanto per le somme ingenti di capitali di cui necessita, ma anche «perché i processi innovativi – spiega il dottor Gian Piero Abbate, Ceo di Link Srl e manager di rete di IBN, costole del gruppo R.Q. – sono sempre più difficili all’esterno dei “flussi tecnologici” costruiti su reti internazionali. In definitiva, va considerata la globalizzazione dei mercati. Questa presenta la necessità per le aziende che sviluppano nuovi prodotti di fare in modo che essi siano immediatamente profittevoli nel massimo numero possibile di paesi. L’apertura di filiali di distribuzione, la ricerca di agenti e rappresentanti e la partecipazione a fiere di settore comportano investimenti, rischi, difficoltà e lunghi tempi di esecuzione incompatibili con il mercato». Ma qual è allora la possibile risposta per le Pmi italiane sempre più in difficoltà? Abbate risponde con un concetto non certo estraneo a chi si occupa di economia. «L’accrescimento ›› VENETO 2013 • DOSSIER • 57


IMPRESA E SVILUPPO

›› della capacità innovativa e della competitività – dice Abbate – passa attraverso il modello di rete d’impresa. Lavorare in rete è una modalità che può dare risultati notevoli, ma che deve essere acquisita: conviene farsi aiutare da professionisti, come gli Innovation Broker, che individuano strategie per accelerare i processi di innovazione, ricercano gli strumenti per realizzarli, li rendono disponibili. “Link innovazione” ha collaborato alla costruzione di una rete internazionale, denominata IBN (Innovation Broker Network), all’interno della quale si sono raggruppati. Il risultato è la possibilità da parte di questi professionisti di effettuare programmi operativi per le imprese che li richiedono in ogni parte del mondo». La rete d’impresa è un insieme di aziende, giuridicamente autonome, i cui rapporti si basano su relazioni fiduciarie e su specifici accordi contrattuali. «Il contenuto del contratto di rete non è predeterminato, ma lascia ampia libertà di scelta ai partner rispetto all’oggetto e alle modalità di realizzazione. Il contratto, ad esempio, può riguardare la condivisione di attività strategiche quali produzione, ricerca e sviluppo, internazionalizzazione, formazione e marketing». A parlare questa volta è il Ceo di due altre “creature” di R.Q., l’ingegner Marco Santoro è infatti alla guida dell’Eidon-Lab ed è Manager della rete Coin. «Non importa il settore di appartenenza o la dimensione delle aziende – dice Santoro –, l’approccio del lavorare in gruppo e in modo coordinato, se condotto con cognizione di causa e professionalità, dà sempre ottimi risultati». Per Research Qualification, lavorare in reti collaborative è un modo strategicamente acquisito dal 2006. «In questi anni – ricorda Santoro – si è consolidata una forte esperienza professionale, ma anche pratica nella costruzione, sviluppo, gestione di reti di imprese. 58 • DOSSIER • VENETO 2013

Un “collegamento” alla ricerca Nella sua attività di supporto alle aziende, RQ ha costruito negli anni molte decine di reti d’imprese orientate all’innovazione e allo sviluppo di nuove tecnologie: tra queste c’è Link innovazione. L’ingegner Lucilla Lanciotti, Ceo di R.Q. e manager di rete di linkinnovazione.net, ne spiega gli obiettivi. «Link innovazione è un business network che adotta modelli organizzativi, di comunicazione e gestionali che consentono l’eccellenza in ciascuna delle attività, utilizzando le competenze dei partecipanti al network. È finalizzata alla realizzazione di un programma di sviluppo denominato Kicks – Knowledge Intensive Cloud Keyboard Services – e riguarda la realizzazione di servizi di gestione in outsourcing secondo il modello Cloud Services di tipo Saas, basati su una piattaforma di collaborative working originale. Il collegamento di queste reti ai network internazionali dell’innovazione (come Een, Insme, Inno.Biz, Earto, Ninesigma) consente di operare su scala globale anche senza effettuare investimenti in strutture internazionali».


Lucilla Lanciotti, Gian Piero Abbate e Marco Santoro

Nel solo anno 2011 R.Q. ha costruito, in qualità di consulente esperto o di partner, diverse decine di reti di imprese, soprattutto in ambiti legati all’innovazione o alla ricerca e sviluppo».

solo alla ricerca, ma sarà aperto all'innovazione: cambierà molte regole di partecipazione per le imprese, soprattutto le Pmi, ed è stato pensato per una nuova crescita che incrementi i posti di lavoro in Europa. In conL’EUROPA TENDE LA MANO: creto, l'Unione ha fissato una serie di obiettivi HORIZON 2020 ambiziosi in cinque aree strategiche in mateL'Europa è di fronte all'ennesimo giro di boa ria di occupazione, innovazione, istruzione, nella lunga regata dei "Programmi Quadro inclusione sociale e clima/energia, da ragper la Ricerca". In quest'anno la sua settima giungere entro il 2020». Lanciotti sottolinea versione chiuderà i battenti, per passare a una gli aspetti più interessanti del progetto euronuova formula denominata "Horizon 2020". peo, sotto un punto di vista dal quale è im«Dal 2014 al 2020 – dice Lanciotti –, il nuovo possibile non considerare l’ottava versione del programma dell'Ue non sarà più finalizzato programma come una grande opportunità. «Avendo integrato i vari aspetti – conclude Lanciotti –, Horizon 2020 è in Trasformare l’attività di ricerca grado di garantire anche una semplificazione attrae sviluppo in valore economico verso un unico insieme di è un’abilità che necessita di nuovi norme, mentre attualmente strumenti e nuove tecniche organizzative i finanziamenti sono suddivisi tra diversi strumenti non omogenei né coordinati tra loro. Ogni Stato membro ha adottato i propri obiettivi nazionali in ciascuna delle aree indicate. Ma la complessità del programma e l'ingente stanziamento previsto, impongono la capacità di fare sistema a livello locale, e in Italia siamo tra i peggiori in questo. Per questo sarà necessario ricorrere a specialisti del settore, come alcuni esperti che operano in R.Q., per cogliere questa opportunità sia per le imprese che per le organizzazioni pubbliche».

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IL DISTRETTO DELLA CALZATURA

Il calzaturiero sopravvive con la fascia alta N La crisi dei consumi sta facendo sparire i prodotti di prezzo medio dal mercato interno, nel quale resiste solo il lusso. Erasmo e Davide Righetto confermano i dati che vedono soltanto l’export in crescita. E le aziende non possono che adeguarsi Luca Càvera

Fasi della produzione delle sneaker della Leo Sport Srl di Galta di Vigonovo (VE) leosportsnc@libero.it

el 2012 il fatturato del settore calzaturiero italiano si è fermato a 7,1 miliardi di euro, con una flessione dell’1,4 per cento in valore rispetto al 2011. Con 200 milioni di paia di scarpe prodotte, l’anno scorso non è riuscito a migliorare il risultato precedente, vedendo diminuire il prodotto del 4,1 per cento. Unico indice in attivo è l’export, cresciuto del 2,8 per cento in valore, al quale non è però corrisposto un incremento di volumi, calati del 6,2 per cento, soprattutto a causa della minore richiesta sul mercato europeo. A controbilanciare però sono i Bric, soprattutto Cina-Hong Kong (più 27,6 per cento) e Russia (più 14,7 per cento). A confermare questi dati e a sottolineare la necessità di rimappare la geografia dei mercati da sorvegliare sono Erasmo e Davide Righetto, titolari di Leo Sport, terzista nella progettazione e realizzazione di scarpe per i primi cinque brand al mondo del segmento sneaker. «Il mercato italiano recepisce i nostri prodotti in maniera molto ridotta, a causa del ridotto potere di acquisto delle famiglie - spiega Erasmo Righetto, responsabile dell’area amministrativa -. Per questo motivo ci stiamo attrezzando per vendere all’estero attraverso i marchi per i quali lavoriamo. I mercati più promettenti in questo momento sono quelli extraeuropei, come i paesi arabi e le Americhe». Orientandosi a un prodotto di fascia alta, Leo Sport, nella propria produzione, fa confluire l’abilità manifatturiera di uno dei distretti più importanti per la scarpa – Galta di Vigonovo, territorio che produce per tutte le firme mondiali della calzatura – con la capacità di essere ricettiva rispetto alle tendenze internazionali. «Ci sono


Erasmo e Davide Righetto

luoghi speciali – interviene Davide Righetto, che segue da vicino gli aspetti stilistici dell’azienda – in cui i trend nascono. Londra e New York sono città che per tradizione arrivano prima. Da lì si parte per vedere quale sarà la tendenza futura – colori, materiali, suole –, da lì si lavora con il committente e si studia la fattibilità. Per essere maggiormente ricettivi, per l’ufficio stile preferiamo avvalerci di collaboratori esterni, perché è meglio avere degli stilisti liberi, non condizionati, che viaggiano molto e che per questo non sono legati a particolari situazioni. Questo è anche l’unico modo per continuare a collocarci nella fascia alta del mercato, che si sta sempre più orientando verso il lusso. La fascia intermedia sta scomparendo, in tutti i settori». Si riconferma così il problema dell’imitazione e anche quello della contraffazione. «Tutti i giorni qualcuno può contraffare, chi fa contraffazione non ha niente da perdere spiega Erasmo - Sono tutti personaggi già abituati a delinquere. Il problema è a livello legislativo. Se viene trovata della merce e viene sequestrata, questa rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, mentre sul mercato è già arrivata gran parte dei prodotti. E in più, anche interrompendo una produzione, ce n’è già un’altra pronta a partire. Questo ci spinge a rivedere anche i nostri costi di produzione, in modo da permettere ai marchi di proporre scarpe con un prezzo più appetibile per il

I mercati più promettenti in questo momento sono quelli extraeuropei, come i paesi arabi e le Americhe

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consumatore». «Noi, per esempio, da dieci anni facciamo eseguire in Romania l’assemblaggio della parte superiore della scarpa, la tomaia - sottolinea Davide -. In Italia naturalmente restano il design e l’artigianato, ma la cucitura della tomaia possiamo farla soltanto in Romania. E non è solo una questione economica, siamo obbligati a delocalizzare parte del processo produttivo. In Italia questi lavori non si fanno più, non ci sono persone – soprattutto fra i giovani – che vogliano farli». In conclusione, Erasmo presenta le prospettive per il 2013: «Se le banche non danno fiducia alle imprese non ci si può rialzare. Non c’è disponibilità né nelle banche locali né in quelle nazionali, non vogliono rischiare. E il dramma è che per anni siamo stati una regione trainante, mentre in due anni è stato distrutto quello che era stato costruito in trenta – prima avevamo molti settori, ora di questi non va bene neanche uno. Siamo sempre stati pronti ad affrontare i problemi con le solite armi, perché bene o male si lavorava. Ma adesso il treno si è fermato. L’economia è ferma a zero e per ripartire da zero ci vuole molta forza».

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Efficienza energetica, l’Italia ha molta strada da fare econdo il “Dossier Kyoto 2013” l'Italia ha centrato il target di riduzione delle emissioni di gas serra fissato dal protocollo di Kyoto. Le emissioni sono diminuite infatti in media del 7 per cento nel periodo Nicoletta Bucciarelli compreso tra il 2008 e il 2012, rispetto ai valori del 1990, anno di riferimento assunto dal protocollo che dava come obiettivo -6,5 per cento al nostro Paese. Eppure l’Italia ha ancora molta strada da fare. «L’innovazione a favore dell’efficienza energetica e della riduzione delle emissioni inquinanti – spiega Bruno Giordano - viene recepita di più nel nord Europa che nel sud del continente». Bruno Giordano è alla presidenza del Gruppo Giordano, realtà industriale presente sul panorama nazionale e internazionale con soluzioni di sistemi integrati per l’automazione, la gestione e il risparmio energetico. Che obiettivi avete raggiunto nel corso del 2012? «Noi puntiamo ogni anno a crescere del 20 per cento e questo risultato è stato raggiunto anche nell’anno appena concluso. Ci siamo inoltre dati l’obiettivo di crescere fuori dall’Italia e possiamo registrare le maggiori crescite proprio oltre i confini nazionali. Il motivo è semplice. Noi siamo

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Bruno Giordano è presidente del Gruppo Giordano, con sede principale a Villa Bartolomea (VR) www.gruppogiordano.com

In tema di efficientamento energetico e riduzione delle emissioni inquinanti non siamo assolutamente al pari di Paesi come Olanda e Germania. L’analisi di Bruno Giordano


Bruno Giordano

orientati all’innovazione in direzione dell’efficienza energetica e della riduzione delle emissioni inquinanti. Questioni che vengono recepite soprattutto nel Nord Europa. Sotto questo punto di vista possiamo affermare che la punta di diamante dell’Europa in questo momento è rappresentata dall’Olanda. Fortunatamente collaboriamo con aziende olandesi che ci fanno da faro per il futuro. L’Italia purtroppo è ancora troppo attenta al costo immediato delle cose piuttosto che a quanto si può risparmiare nel futuro. L’italiano non è abituato a ragionare pianificando, ma a guardare solo a ciò che sembra un beneficio immediato. Questo si ripercuote anche sugli edifici, che nel Nord Europa sono costruiti con standard e criteri decisamente superiori ai nostri». Parliamo del sistema Milkyway: quali primi feedback state raccogliendo? «Milkyway nasce dal desiderio d’innovazione nel settore dell’efficientamento energetico. A un certo momento ci siamo sentiti pronti a raggruppare tutte le nostre conoscenze per gestirle nell’ottica del massimo comfort e del minor consumo energetico. Si tratta di un sistema che dal punto di vista funzionale gestisce le varie fonti di energia e le mette insieme per utilizzare quella che più conviene in quella determinata condizione. È un innovativo sistema di Home Energy Control (con gestione dell’efficienza energetica) basato su sensori e attuatori senza fili e senza batterie, che sfruttano tecnologie di energy harve-

Una delle novità è Lisa, un sistema che ci permette di rendere massima l’efficienza in ogni combustione

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sting. L’idea è di attenzione all’ambiente senza disperdere l’energia che naturalmente si produce in quell’ambiente. Finora abbiamo avuto riscontri significativi in un mercato mirato. Soprattutto in Olanda e in Germania». In media investite un milione di euro all’anno in ricerca, innovazione e sviluppo. Su quali aree e tecnologie si concentreranno gli investimenti previsti per il 2013? «Sicuramente nell’efficienza della combustione nelle caldaie. Abbiamo scoperto un principio che ci permette di rendere massima l’efficienza in ogni combustione. Si tratta di una novità assoluta che abbiamo appena presentato a Francoforte e in Cina; un principio coperto da più brevetti su cui continueremo a investire e a cui abbiamo dato il nome di Lisa». Quanto il settore al quale appartenete potrebbe essere una chiave di svolta in questa crisi che non sembra avere una fine? «Noi operiamo in settori che opportunamente stimolati con una regolamentazione creerebbero un volano per le aziende che operano nel comparto e allo stesso tempo sarebbe un grande passo avanti per l’ambiente. Quelli che abbiamo in Italia sono dei sistemi che nella maggior parte d’Europa sono da tempo banditi. L’Italia deve adeguarsi. Questo sarebbe un motore per l’economia e un vantaggio per il paese».

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MODELLI D’IMPRESA

Tra funzione e design Il packaging è fusione di grafica e funzionalità. Con uno spiccato interesse per il controllo, il miglioramento continuo e il rispetto per l’ambiente. Il punto di Stefano Pettenon Marco Grandi

Pack + Srl si trova a Castello di Godego (TV) www.packpiu.com

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appresenta l’unione tra grafica, architettura e funzionalità. Il packaging contiene design, tecnica e comunicatività espressiva. All’interno di questo comparto da anni opera Pack+ producendo packaging e display box in cartone, e ha conquistato una posizione di riferimento nel mercato della fornitura di astucci per le aziende del settore erboristico, parafarmaceutico, cosmetico. «Si parte sempre dall’idea del cliente – spiega Stefano Pettenon, amministratore unico dell’azienda - che sia un campione fisico o solo una bozza di design. Il personale Pack+ poi sviluppa l’astuccio di cartone, studiando la sua conformazione, realizzando la fustella, stampando i fogli, piegandoli e incollandoli, fino alla consegna». Il 2012 per Pack+ ha segnato una tappa importante nel processo di continua evoluzione dell’attività, soprattutto sotto il profilo della qualità e della sicurezza, basilare nel settore. «Nel corso dell’anno abbiamo ottenuto la certificazione Pefc, che attesta la capacità e la struttura per gestire correttamente materie prime prodotte da foreste a loro volta certificate Pefc. Oltre a questo, l’azienda ha implementato nuovi e più potenti sistemi di controllo in grado di ottimizzare ancor più la produzione. L'obiettivo raggiunto è un’ulteriore riduzione degli sprechi di carta, di energia, di inchiostri e acqua, un risparmio che si traduce concretamente in un maggiore rispetto ambientale. Per far questo si è affinata la procedura di avviamento della stampa dei fogli che diverranno astucci: grazie alla preparazione tecnica del personale e a particolari strumenti di controllo, ora vengono stampati solo pochi fogli prima di raggiungere la qualità ottimale per la produzione. Inoltre, i fogli di questo avviamento vengono riutilizzati, stampandoli anche sul retro durante al-

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Stefano Pettenon

tri avviamenti. Solo a questo punto sono indirizzati alla raccolta differenziata. Una volta partita la tiratura, grazie al monitoraggio effettuato, vengono sostanzialmente azzerati i surplus di produzione, che pur rientrando nelle tolleranze previste dalle norme commerciali tipografiche, creano un potenziale spreco di materiale e di energia, oltre ad aumentare i rifiuti». L'attenzione a minimizzare l'impatto ambientale non è solo precisa volontà della proprietà, ma è una gestione integrata nella pratica produttiva. «Pack+ ha ottenuto nel 2011 la certificazione ambientale Uni En Iso 14001 - 2004. Questo vuol dire essere consapevoli di tutti gli aspetti in cui la produzione può incidere sull’ambiente circostante, aver preso tutte le precauzioni affinché ciò non avvenga, monitorare costantemente l'efficacia delle precauzioni, valutare i punti in cui è possibile ulteriormente migliorare le prestazioni. Vengono così svolti esami accurati delle emissioni in atmosfera, delle acque in ingresso (esame utile anche per il controllo della qualità della stampa) e di quelle in uscita». Al di sopra di tutto il processo produttivo vigila un sistema di controllo e gestione della qualità. «Questo si concretizza in un’elevata quantità di controlli cui è sottoposta la produzione: alcuni preventivi, altri a campione, altri ancora effettuati sulla totalità degli

Un sofisticato sistema ottico verifica ogni singolo pezzo stampato, controllandone la corrispondenza cromatica rispetto al campione vidimato dal cliente

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astucci prodotti. Un sofisticato sistema ottico, ad esempio, verifica ogni singolo pezzo stampato, controllandone la corrispondenza cromatica rispetto al campione vidimato dal cliente, la corretta messa a registro tra stampa del fronte e quella del retro, oltre che tra stampa e fustella. Inoltre il sistema svolge un controllo di antiframmischiamento, gestito in una frazione di secondo in continuo lungo la linea di produzione, dove i singoli astucci vengono piegati e incollati. A seguire, il personale effettua altri controlli di qualità, oltre che un controllo a campione durante il confezionamento, con un metodo in grado di minimizzare il margine di errore». Per completare il servizio nel migliore dei modi, una logistica attenta e precisa, è in grado di soddisfare nei tempi concordati, con una qualità totale, le richieste del cliente. «Anche quelle più esigenti – precisa Pettenon - come ad esempio, la gestione delle informazioni sul pack riportate con la scrittura Braille per i non vedenti». VENETO 2013 • DOSSIER • 69


Il made in Italy delle opportunità Dall’esperienza imprenditoriale di Giovanni Pagotto, un’analisi della visione aziendale che ha portato il Gruppo Arredo Plast al successo internazionale in modo diversificato. Grazie anche alla capacità di saper anticipare e accogliere nuove sfide ed opportunità Remo Monreale reare nuove occasioni di business in tutto il mondo. Questo per noi è costruire il futuro». Ad analizzare bene le parole di Giovanni Pagotto, per quanto sintetiche, si possono trovare tutti i diktat della moderna imprenditoria: dalla diversificazione che le “nuove occasioni” implicano, all’internazionalizzazione che solo uno sguardo su “tutto il mondo” permette. Il futuro per Pagotto si costruisce con mattoni diversi, “fatti” di plastica, vetro e metallo: infatti, il gruppo industriale Arredo Plast, di cui è Presidente, si occupa della lavorazione e commercializzazione di in queste tre macro- categorie attraverso l’operato di 7 aziende di cui detiene la proprietà. Il core business del Gruppo è ancora oggi rappresentato dalla lavorazione delle materiale plastiche, accomunate alla lavorazione del metallo con un’unica gestione strategica ed innovativa. Certo, una produzione interamente made in Italy offre un biglietto da visita vantaggioso, soprattutto all’estero. «Tutte aziende – dice

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Sopra, Piazza Costituzione Kharkiv (Ucraina) con l’arredo urbano realizzato da City Design, società del gruppo Arredo Plast. Il gruppo ha sede a Ormelle (TV) www.arredoplastgroup.com

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il Presidente Pagotto – che fanno dell’eccellenza il loro tratto distintivo, in termini di design come di innovazioni tecnologiche. Il Gruppo Arredo Plast, la cui sede principale si trova ad Ormelle (TV), è una realtà produttiva e commerciale che da oltre 40 anni è presente sul mercato internazionale che rappresenta più dell’80 per cento della produzione. a.b.m. Italia, Plastistecnica, City Design, Vetroelite, Prisma e City House hanno sede nella provincia di Treviso, le quattro filiali europee di a.b.m. Italia sono localizzate rispettivamente in Germania, Francia, Spagna e Turchia, e a.b.m. Canada, a copertura del mercato americano, ha il suo sito produttivo e commerciale a Toronto. Il gruppo dà lavoro a più di 650 dipendenti e continua a registrare un ottimo andamento di bilancio. IL DESIGN D’ECCEZIONE NELL’ARCHITETTURA URBANA

Per comprendere meglio la strategia con la quale Arredo Plast è riuscita a rispondere alle nuove esi-


Giovanni Pagotto

genze del mercato bisogna individuare i punti di forza delle singole proposte. Uno di questi è rappresentato da City Design, azienda del gruppo impegnata nel settore dell’arredo urbano e dell’illuminazione pubblica. «Con oltre 500 articoli a catalogo – spiega il Presidente Pagotto – City Design offre un servizio che comprende lo studio, la produzione, l’assemblaggio e la posa in opera di prodotti creati anche “su misura”. I suoi elementi di arredo urbano coniugano stile, qualità, funzionalità e rispetto per l’ambiente, valorizzando le caratteristiche e le peculiarità dei luoghi dove s’inseriscono, uniti ad apparecchi d’illuminazione da esterno a tecnologia Led. In questi campi di specializzazione, City Design ha incrementato la propria attività di là dai confini nazionali e soprattutto nei mercati emergenti dell’Est Europa, che negli ultimi anni hanno dimostrato un crescente interesse al rinnovamento architettonico e dell’arredo urbano». Uno degli esempi cui Pagotto fa riferimento è Piazza Costituzione a Kharkiv (in Ucraina).

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IL FATTURATO COMPLESSIVO DEL GRUPPO ARREDO PLAST REGISTRATO ALLA CHIUSURA DEL BILANCIO RELATIVO AL 2012

«Uno dei luoghi – ricorda il presidente di Arredo Plast – più rappresentativi della città. Le sedute su misura ergonomiche dal design originale, i lampioni con struttura in acciaio inox, le lampade a Led con componenti di ultima generazione ad alta efficienza ed elevato risparmio energetico sono stati pensati per valorizzare il monumento dedicato alla libertà, che rende il cittadino l’elemento centrale della progettazione». LA LAVORAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE SECONDO LO STILE ITALIANO

a.b.m. Italia rappresenta il cuore pulsante del Gruppo Arredo Plast per la capacità di innovazione e l’attenzione al design, che si concretizza ›› VENETO 2013 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

›› attraverso prodotti in plastica per l’organizza- House. Prisma, entrata di recente nel Gruppo, da zione dello spazio domestico e per lo smaltimento di rifiuti ospedalieri speciali, attraverso i marchi Kis e APmedical. Plastitecnica, moderna e tecnologicamente avanzata, soddisfa le esigenze di grandi marchi internazionali dedicandosi alla produzione conto terzi sino a diventare, come spiega il presidente Pagotto, «il più importante fornitore mondiale di Ikea nei manufatti in plastica grazie alla qualità produttiva e l’automazione spinta». Sull’argomento plastica, il Presidente del gruppo veneto fa una panoramica su quanto sta caratterizzando l’evoluzione del mercato della materia prima. «Questo è un argomento complesso, che afferisce a due ordini di problemi: le fonti di approvvigionamento e l’aspetto ambientale. I significativi aumenti del costo della materia prima che abbiamo subito nel corso del 2011 inducono infatti a un serio ragionamento sul futuro utilizzo dei derivati del petrolio. La salvaguardia dell’ambiente, inoltre, è un’esigenza ormai imprescindibile all’interno della moderna società, e proprio per soddisfare queste necessità ci stiamo muovendo nell’ottica di un riciclo completo del materiale trasformato. Già oggi, ad esempio, alcune tipologie di prodotto sono fabbricate con materiali plastici post-consumo o post-lavorazioni industriali».

oltre 30 anni produce soluzioni innovative per la cucina professionale e il self-service, prodotti disegnati e realizzati su misura, con elevati standard di igienicità e sicurezza. Inoltre è leader europeo nelle forniture per il settore navale. L’esperienza trentennale nel campo della ristorazione professionale insieme allo stile di un noto architetto italiano e la consulenza di cuochi e laboratori di ergonomia hanno dato vita al progetto Abimis. È di questi ultimi mesi il lancio di queste cucine di alta gamma, interamente in acciaio inox, fabbricate a mano in Italia e rivolte ad appassionati del cucinare. Con Abimis Prisma si propone per una consulenza a 360 gradi nella progettazione dello spazio cucina. E infine City House è l’ultima sfida del Gruppo Arredo Plast. Fortemente voluta dal Presidente Giovanni Pagotto, la società progetta e realizza abitazioni con strutture pre-assemblate in acciaio per complessi residenziali. Ricchissime di vantaggi strutturali (antisismiche, ignifughe, con materiali riciclabili, classi energetiche B o A) questo tipo di costruzioni apre nei paesi in via di sviluppo, Medioriente e Americhe nuove frontiere per l’edilizia, e nuove soluzioni di sopraelevazione per tutta l’Europa. La forza e i successi passati del Gruppo Arredo Plast sono a garanzia di questo nuovo business, del quale lo stesso Giovanni Pagotto ha fiutato l’importanza, nelLE NUOVE FRONTIERE DI ARREDO PLAST l’incessante sforzo di far fronte alle nuove esigenze Completano il profilo del Gruppo Prisma e City di mercato.

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MODELLI D’IMPRESA

La concia si fa sostenibile l rapporto Unic (Unione Nazionale Industria Conciaria) rivela un 2012 green per il settore. Per produrre un metro quadrato di pelle sono stati utilizzati in media 1,91 chili di prodotti chimici, 108 litri di acqua e generati 1,85 chili di rifiuti. Questi tre parametri mostrano un passo in avanti. Dieci anni fa, infatti, per ottenere la stessa quantità di prodotto erano necessari 116 litri di acqua e i rifiuti erano 2 chili. A dare un contributo al processo di transizione verso lo sviluppo sostenibile sono state anche le innovazioni introdotte da aziende come la Gemata di Trissino, specializzata nella produzione di macchine per la rifinitura superficiale di pelli e vetri piani. Come spiega il direttore generale della società, Gianni Maitan: «Le nostre macchine per la rifinitura delle pelli intere impiegate nell’arredamento e nella carrozzeria auto ha permesso di raggiungere notevoli benefici ambientali e anche economici, senza con questo pregiudicare il risultato finale del prodotto, che anzi ha visto migliorare la propria qualità». Quali sono i dati che supportano la sua affermazione? «La nostra soluzione, rispetto ai sistemi tradizionali, ha dimezzato la quantità di prodotti chi-

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I dati raccolti dall’Unione Nazionale Industria Conciaria mostrano un decennio di miglioramenti nel consumo di risorse e nella riduzione della produzione di rifiuti per i processi di lavorazione delle pelli. Ne parliamo con Gianni Maitan Manlio Teodoro

Da sinistra: Rino Mastrotto titolare di Rino Mastrotto Group, presidente di Unic., di Cotance e prossimo presidente dell’Associazione Mondiale dei Conciatori, Daniele Gastaldello, titolare di Synbios Spa, Gianni Maitan, direttore generale di Gemata Spa www.gemata.com


Gianni Maitan

I nuovi impianti per la rifinizione a rullo delle pelli, hanno ridotto della metà il consumo di prodotti chimici rispetto ai sistemi tradizionali a spruzzo

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mici dispersi nell’ambiente. Inoltre consente un risparmio di acqua del 95 per cento, un risparmio del 99 per cento sui costi di smaltimento dei fanghi prodotti, usa il 95 per cento in meno di aria compressa e consente un risparmio energetico dell’80 per cento. Un’ulteriore conferma dei benefici ambientali conseguibili con questa macchina è data dal fatto che il ministero dell’Ambiente tedesco ha concesso un finanziamento di 80mila euro a un partner che, per un progetto pilota, ha scelto di adottare il nostro prodotto». Al di là di questi importanti contributi al risparmio energetico e delle risorse, quali sono gli altri valori aggiunti proposti dalla vostra realtà al settore della concia? «La chiave del nostro successo è l’elevata professionalità di tutto il personale e il nuovo modello organizzativo. Tutto il processo aziendale è orientato alla percezione dei bisogni del potenziale partner e alla loro traduzione in modo rapido, economico ed efficace, in un prodotto che li soddisfi, e che viene costantemente monitorato e migliorato. In quest’ottica, ogni macchina viene progettata all’interno dell’azienda da un ufficio ricerca e sviluppo e testata prima internamente e successivamente presso i nostri principali par-

tner. Inoltre, siamo l’unica azienda del settore che mette a disposizione dei clienti un laboratorio dotato di macchine con una dotazione di circa 700 differenti cilindri per la rifinizione delle pelli, dei tessuti e del vetro piano all’interno del quale è possibile svolgere attività di ricerca per la realizzazione di nuovi prodotti. Infine mettiamo a disposizione un servizio post-vendita sempre pronto a intervenire rapidamente in tutti i paesi del mondo». Dunque, la vostra attività di ricerca non si svolge solo fra le mura del vostro stabilimento. «No, al contrario. Uno dei nostri principali elementi di forza è proprio il fatto che nelle attività di ricerca vengono coinvolte anche le più importanti aziende chimiche – come Lanxess, Basf, Tfl, Stahl, Clariant –, che a loro volta sperimentano nei loro laboratori di ricerca i nuovi prodotti chimici sulle nostre macchine. Dopo questi test, ogni azienda chimica ci fornisce un report sulla base del quale modifichiamo e adattiamo i nostri sistemi, per portare al massimo grado la compatibilità fra le due componenti del processo di concia». VENETO 2013 • DOSSIER • 75


MODELLI D’IMPRESA

I tessuti italiani sono più sicuri processi di serigrafia e stampaggio dei tessuti rappresentano la fase di maggiore rischio di contaminazione da agenti tossici. «Per questo motivo è da preferire la scelta di tessuti sui quali siano stati utilizzati soltanto prodotti di colorazione rigorosamente italiani e a base di acqua. Dato che i capi e i tessuti importanti dall’estero non viaggiano accompagnati da adeguate garanzie circa il tipo di trattamento al quale sono stati sottoposti. Se infatti la legge italiana impone alle imprese precisi limiti e divieti per l’uso dei solventi chimici, all’estero esiste una selva di normative diverse, fra le quali per il consumatore può non essere semplice districarsi, soprattutto nel momento dell’indecisione di fronte a un acquisto interessante». È questo il consiglio che Tiziana Busatto, socio amministratore della Elleti Serigrafia di Ponzano Veneto – azienda specializzata nella stampa su qualsiasi tipo di tessuto e materiale tessile e inoltre nella stampa ignifuga su tute da gara automobilistica e kart – dà ai con-

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Il nostro paese ha stabilito precisi limiti e divieti per l’uso dei solventi chimici nel trattamento dei capi di abbigliamento. Le stesse garanzie non possono esistere per i prodotti di importazione. Tiziana Busatto consiglia i consumatori per un acquisto sicuro Rita Margo

sumatori italiani. Ci sono degli indicatori che permettono di riconoscere il tipo di processo al quale è stato sottoposto un tessuto? «Noi seguiamo le rigorose normative dell’Oeko-Tex Standard 100, standard di sicurezza che permette una valutazione oggettiva delle componenti potenzialmente nocive contenute nei tessuti e le loro qualità ecologiche. Mediante l’Oeko-Tex Standard 100, i prodotti tessili vengono controllati lungo tutte le fasi della produzione e si può evitare di duplicare i controlli. Si basa su cento parametri di controllo, fondati su procedure riconosciute a livello internazionale. Ogni prova è effettuata sulla base delle sostanze chimiche utilizzate e che contribuiscono a modificare il prodotto sotto l’aspetto qualitativo. Quanto più il tessuto è destinato a essere a contatto con pelle umana, tanto più i parametri si fanno severi». Quali sono i vantaggi per l’azienda che adotta questo standard? «Questa “trasparenza” della produzione, oltre a garantire la sicurezza per chi acquisterà e indosserà il capo, permette alle aziende di risparmiare tempo e quindi risorse. E dunque l’adozione dello standard si traduce an-


Tiziana Busatto

Lo standard che utilizziamo permette una valutazione oggettiva delle componenti potenzialmente nocive contenute nei tessuti

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che in un sistema di incremento della competitività». Quali sono le dinamiche operative attraverso le quali realizzate grafica e stampa serigrafica? «Possiamo partire sia da una grafica realizzata dal nostro committente che da una progettazione ed elaborazione grafica da zero. Una volta che è definito il progetto grafico, da

questo vengono sviluppate tante pellicole quanti sono i colori di stampa. Queste verranno poi incise sui telai serigrafici – che corrisponderanno ognuno a un colore. Una volta pronti, i telai sono montati sulle macchine serigrafiche automatiche o manuali, si preparano i colori – rigorosamente a base di acqua –, si registrano i valori cromatici di stampa e quindi si procede alla produzione o eventualmente alla realizzazione del campionario». Quali sono stati i vostri più recenti investimenti in tecnologie di stampa? «Abbiamo da poco tempo introdotto una macchina da stampa in digitale – che si è aggiunta alle altre macchine serigrafiche già in nostro possesso che ci permettono di processare qualsiasi tipo di tessuto e fibra. Stampiamo fino a un massimo di dieci colori contemporaneamente, con un formato di stampa utile di 60 per 100 centimetri. Le nostre realizzazioni comprendono stampe lucide, spessorate, in quadricromia, in policromia, microsfere, microsfere con applicazione in mylar, applicazione a ultrasuoni e stampe su capo finito. Inoltre realizziamo applicazioni con presse: flock, lucidatura, transfer e transfer sublimatici».

Tiziana Busatto, socio amministratore unico e, nella pagina accanto, Gabriele Cestari, amministratore delegato della Elleti Srl di Ponzano Veneto (TV) www.elletiveneto.com

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MODELLI D’IMPRESA

Sartorialità e filiera breve per la svolta del tessile Design, ricerca, internazionalizzazione, uniti all’impegno di produrre in maniera sostenibile, interpretando lo stile contemporaneo con personalità, sono i punti focali della strategia di crescita del tessile. Ne parla Tiziano Carnieletto Viviana Dasara

a contrazione del mercato interno è stata sicuramente un elemento sfavorevole per molte imprese. Inoltre, si è riscontrato un certo rallentamento in termini di strategie commerciali nella distribuzione italiana. Come ha recentemente riportato il neo-eletto presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato “…siamo veneti e italiani. Ma la nostra casa è il mondo”. Non possiamo che concordare in questa direzione, convinti che sia la strada giusta da perseguire». Con queste parole Tiziano Carnieletto, uno dei titolari di Twils, ha indicato l’importanza di tutelare i valori, già caldeggiati

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Tiziano Carnieletto titolare di Twils con sede a Cessalto (TV). Nelle altre immagini, letto Calvin e momenti di lavoro www.twils.it

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dallo stesso Zuccato, in perfetta sintonia con quelli che richiede l’attuale mercato: hand made, sartorialità, made in Italy, filiera breve, design ricercato, comunicazione attiva, con un occhio attento all’ambiente e alla sostenibilità. «Crediamo che le leve strategiche su cui puntare siano tuttora queste – continua Carnieletto –. La nostra è sempre stata un’azienda di profondo stampo italiano, e l’hand made il principale punto di forza. Tutto viene prodotto nello stabilimento di Cessalto, privilegiando i materiali naturali e riciclabili. Siamo convinti che l’elemento strategico per superare la crisi risieda nella capacità tutta italiana di innovare prodotti e processi, senza dimenticare le radici che affondano nelle tradizioni artigianali storiche. Noi abbiamo reagito innovando, introducendo elementi significativi nelle collezioni, operando importanti cambiamenti nel nostro sistema distributivo nazionale e potenziando l’export». Vero e proprio “Lifestyle brand”, il marchio Twils nasce da una consolidata esperienza ventennale nel settore dei letti tessili imbottiti, come un’azienda sartoriale che offre prodotti di altissima qualità, interamente cuciti a mano e prodotti con filiera breve. «La filiera breve comporta solo vantaggi: permette di produrre, controllare e consegnare in tempo reale, e consente di dare un contributo alla sostenibilità ambientale. Per l’origine familiare dell’azienda, siamo propensi all’accurato controllo di ogni singola fase produttiva e a una crescita atten-


Tiziano Carnieletto

L’elemento strategico per superare la crisi risiede nella capacità tutta italiana di innovare prodotti e processi

tamente controllata. Stiamo valutando un incremento della nostra presenza su nuovi mercati con l’obiettivo di un ulteriore sviluppo. Un modo di agire comune all’industria italiana, che attualmente si conferma al primo posto come numero di imprese attive nel settore del mobile, pari al 19 per cento di quelle presenti in Europa». La sartorialità si esprime nel concetto di massima personalizzazione che arriva fino alla produzione di rivestimento letto, biancheria e accessori. Il letto tessile ad esempio si conferma come vera star della zona notte, subentrando ai letti in legno, ottone e ferro che fino a pochi anni fa detenevano la supremazia del mercato. «Si è ormai affermata una tipologia di letti più accoglienti,

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morbidi, vere e proprie aree di benessere, curate nei dettagli. E noi, che precorrendo i tempi abbiamo intuito le potenzialità del letto tessile sartoriale, coordinato con biancheria e complementi glamour, abbiamo avvalorato e imposto la nostra identità in maniera significativa». Nonostante la sofferenza del mercato interno, allargando lo sguardo c’è ancora spazio per la crescita, interpretando lo stile contemporaneo con personalità e ponendo grande attenzione all’equilibrio e all’accuratezza dei dettagli. Contano più le idee dei numeri, e i valori sono più importanti dei prezzi, ma è fondamentale anche un assetto industriale che renda compatibile l’aspetto artigianale con i tempi e i costi di una produzione modernamente improntata. In quest’ottica Twils ha messo in atto una strategia di comunicazione al passo coi tempi, multicanale e differenziata. «Abbiamo avviato un’intensa attività social, uno spazio aperto dove gli utenti possono condividere contenuti, idee e confrontarsi sul letto come oggetto importante della casa, associandolo alla moda, allo spazio abitativo, al comfort, al corpo, al design». VENETO 2013 • DOSSIER • 79


L’investimento paga ocietà di servizi specializzata nel settore del controllo e garanzia della qualità di prodotti e componenti, la Italsabi opera sia a livello nazionale che internazionale, effettua controlli non distruttivi, analisi chimiche e metallurgiche, trattamenti termici e servizi di ispezione impianti. Si rivolge, tra l’altro, a impianti chimici, petrolchimici e per la produzione di energia elettrica. La difficile congiuntura economica ha inciso anche sui bilanci della società veneta, anche se non in maniera pesante come per altre realtà. «La crisi ha toccato tutti - conferma Giulio Bidese, titolare della Italsabi - anche se possiamo affermare che siamo in controtendenza rispetto ad altri in termini di fatturato e ciò ha sicuramente premiato i nostri sforzi commerciali. Notiamo però già da qualche anno un serio peggioramento in termini di liquidità dovuto ovviamente al rallentamento sostanziale dei pagamenti da parte dei clienti, situazione che sta diventando quasi cronica». Giulio Bidese prova a trovare una soluzione su cosa imprese, banche e associazioni di categoria dovrebbero fare per rilanciare il tessuto produttivo locale. «Non vorrei risultare ripetitivo ma oggi noi imprenditori dovremmo avere degli in-

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La Italsabi Srl ha sede a Sandrigo (VI) www.italsabi.it

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Investimenti costanti sia in termini di attrezzature, che di formazione specifica dei tecnici. Così Giulio Bidese, titolare della Italsabi, guarda al domani con l’obiettivo di espandersi Lorenzo Brenna

terlocutori politici che siano in grado di attuare delle riforme sostanziali. I temi sono sotto gli occhi di tutti: riforma del mercato del lavoro, alleggerimento della pressione fiscale per le imprese, obbligo di non superare il tetto dei 60 giorni nei pagamenti, riforma della giustizia, semplificazione burocratica». E nonostante tutte le difficoltà Italsabi investe con costanza in ricerca e sviluppo. «Noi siamo continuamente rivolti all’inseguimento di nuove tecnologie di controllo - afferma il titolare che necessitano di investimenti costanti sia in termini di attrezzature, che di formazione specifica dei nostri tecnici, i quali sono qualificati da enti terzi per ogni diversa metodologia di controllo. Oggi Italsabi conta 135 dipendenti


Giulio Bidese

Noi siamo continuamente rivolti all’inseguimento di nuove tecnologie di controllo che necessitano di investimenti costanti

suddivisi in sei sedi: Sandrigo, Udine, Ancona, Siracusa, Cagliari e Novara». Quest’anno si celebrano i quaranta anni di attività dell’azienda. Il filo rosso che unisce la storia di Italsabi è il forte legame tra l’impresa e la famiglia Bidese. «La storia di Italsabi nasce in Sicilia, quando 40 anni fa mio padre, Giuseppe Bidese, decise di seguire lo sviluppo del sito chimico e petrolchimico di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa. Fu nell’ambito della costruzione e dell’ammodernamento di quegli impianti che Italsabi mosse i primi passi nell’esecuzione di controlli non distruttivi e trattamenti termici. Nel 2003 è venuto a mancare mio padre per cui il passaggio generazionale è stato un momento molto forte. Ho preso in mano le redini dell’azienda insieme a mia madre, devo dire con non poche difficoltà, ma con l’idea di credere nel nostro marchio e in quel bagaglio tecnico costituito soprattutto dalla nostra storia e dai dipendenti a cui dobbiamo tanto e con i quali siamo riusciti a tornare a crescere. Da circa un anno è entrata in

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azienda anche mia sorella Anna, con lo scopo appunto di mantenere un forte legame tra Italsabi e la famiglia soprattutto nel presidio di quei processi aziendali più critici quali la gestione commerciale, amministrativa e del personale». Infine Giulio Bidese guarda all’anno in corso con fiducia e con l’intento di aumentare la presenza in modo capillare soprattutto nella regione di nascita, il Veneto, con un occhio particolare a est. «Il nostro scopo sarà sempre di più quello di valorizzare quei clienti “sani” con cui siamo spesso riusciti a creare un rapporto di partnership che va oltre la logica del cliente fornitore. Ciò che voglio dire è che quelle realtà che sono riuscite a non subire le società di controllo, ma che ne hanno fatto una leva determinante per il miglioramento produttivo, sono coloro che oggi rilevano dei netti vantaggi competitivi nei confronti dei propri concorrenti». VENETO 2013 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

Il vero made in Italy l settore manifatturiero, inteso in ogni suo singolo comparto, negli ultimi anni ha subito un duro colpo. Infatti, oltre a una forte contrazione della domanda e ai tagli al personale che le piccole e medie aziende sono state costrette a effettuare per sopravvivere alla crisi economica, è stato protagonista di un fuggi fuggi da parte di alcune grandi e importanti realtà imprenditoriali, che hanno scelto di delocalizzare la produzione all’estero, in paesi dai costi di manodopera di gran lunga inferiori. I problemi più urgenti riguardano l’elevato costo del lavoro, la scarsa flessibilità in entrata e in uscita, nonché le difficoltà nel ricevere agevolazioni per quegli investimenti che permetterebbero di mantenere la realtà produttiva sul territorio nazionale. Con questi esempi davanti agli occhi e nonostante le prospettive non proprio incoraggianti, ci sono state però delle imprese che hanno deciso di rimanere italiane e fronteggiare la situazione. Una di queste è Momenti di produzione dei filati Cucirini Internazionale, la trevigiana Punto, speciaun marchio di proprietà della Punto Srl lizzata da trent’anni nella di Biadene di Montebelluna (TV)

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www.cuciriniinternazionale.com

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Nonostante la diffusa tendenza alla delocalizzazione, ci sono ancora aziende convinte che rimanere sul suolo italiano sia il miglior modo per trasmettere un know-how e una qualità davvero made in Italy. Il caso della Punto Srl Emanuela Caruso

commercializzazione di accessori e macchine per calzaturifici e nella produzione di filati Cucirini dal marchio Cucirini Internazionale. La filosofia alla base di questa azienda ha continuato a essere, anche durante la crisi, quella di mantenere una connotazione al 100 per cento italiana e di piccola-media impresa; e questo non solo perché la Punto è un’attività manifatturiera dove il costo di manodopera è elevato e il margine operativo molto contenuto, ma anche perché tale filosofia rappresenta l’unico modo per garantire una personalità e una qualità del tutto made in Italy ai vari prodotti. Nonostante la parvenza di piccola impresa e proprio per assicurare la massima qualità, da sempre la Punto si è impegnata in investimenti costanti e rilevanti. Ne sono un esempio quelli realizzati per acquistare nuovi macchinari o adeguare le apparecchiature già in uso, strategia che ha permesso all’attività di difendersi e reagire all’interno di un contesto complicato e delicato e, al tempo stesso, di aumentare il livello qualitativo – già riconosciuto a


Punto

La Punto Srl si impegna da trent’anni per dare ai suoi prodotti e filati una personalità e una qualità al 100 per cento italiana

livello nazionale, internazionale – dei prodotti. Piuttosto lungimirante anche l’introduzione di nuove tecnologie per la bonderizzazione e per il rispetto dell’ambiente. Le prime permetteranno alla Punto di sviluppare nuovi articoli nelle linee standard, acquisire nuovi clienti e soddisfare in pieno le loro esigenze; le seconde dimostrano come la società trevigiana sia attenta alla riduzione dell’impatto ambientale, di cui è ulteriore prova la certifcazione Oeko-tex standard 100 di cui godono tutti i filati Cucirini. Proprio grazie a questi punti di forza, l’azienda della famiglia Zanata, attualmente gestita da Stefano e Luca Zanata, è riuscita a chiudere il 2012 con risultati soddisfacenti. Nonostante, infatti, l’anno sia stato impegnativo, il fatturato abbia visto una flessione del 20-25 per cento e siano stati utilizzati per la prima volta dalla fondazione della società gli ammortizzatori sociali, la Punto ha messo a segno anche traguardi di un certo peso, come il raggiungimento di una maggiore efficienza aziendale e l’apertura di un centro di distribuzione in Asia, al fine di offrire un servizio globale a quel bacino d’utenza che ha dislocato le produzioni in Estremo Oriente. Nuovo obiettivo, invece, per il 2013 sarà quello di aggredire settori e mercati ancora inesplorati, così da

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mettere a disposizione un know-how del tutto italiano e garante di anni di esperienza. Al momento, nei primi mesi dell’anno la Punto ha registrato segnali positivi nei volumi di vendita e da un mercato di riferimento in prevalenza italiano – l’85 per cento del fatturato è maturato su suolo nazionale – e da un settore di principale interesse come quello della calzatura sportiva – comparto che crea il 90 per cento del fatturato – si sta ampliando verso nuovi mercati: quello della pelletteria e del salotto che riservano sicure prospettive di crescita nei prossimi anni. VENETO 2013 • DOSSIER • 85


Investire sulla diversificazione ino Crosato, titolare di Ge.La., azienda specializzata nella lavorazione della lamiera per progetti in campo civile e industriale, è molto chiaro: «In questo periodo storico di grossa incertezza, nel nostro settore dei rivestimenti e delle coperture metalliche come in tutti gli altri settori dell'edilizia, la flessibilità produttiva acquisita in più di trent'anni ci sta permettendo di mantenere salde le posizioni. Il rispetto degli equilibri economici aziendali ci ha permesso di proseguire la strada dell’innovazione, portandoci all'aggiornamento di alcuni impianti importanti, mentre invece altre aziende, a causa del blocco degli investimenti, si trovano impegnate ad onorare gli impegni economici che dovrebbero essere i più semplici per definizione – salari e imposte – ma che sono diventati i più impegnativi». Qual è il suo bilancio degli ultimi anni? Quali le difficoltà? «Dopo il picco di fatturato raggiunto nel 2007, il nostro bilancio si è assestato, e questo è stato possibile grazie alla diversificazione che ci ha permesso di compensare cali in alcuni settori. Molte aziende hanno registrato difficoltà nell’accesso al credito, noi invece, grazie alla poli-

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Le difficoltà di un settore eccessivamente legato al mondo delle costruzioni. Lino Crosato ha scelto di proporre il proprio know how nella lavorazione del metallo a nuovi indirizzi. Come l’arredamento e il design. In questo articolo spiega le tappe del percorso Manlio Teodoro

tica adottata negli anni di reinvestire gli utili in azienda creando valore, stiamo attraversando questo periodo con un po' più di serenità». Avete subito indirettamente gli effetti della mancanza di liquidità? «Alcune aziende, nostre clienti da decenni, trovandosi in difficoltà, hanno scaricato volontariamente o involontariamente i loro problemi sui fornitori, creando indubbiamente delle problematiche a tutta la filiera». Quali sono a suo avviso le soluzioni praticabili?

Lino Crosato, titolare di Gela, società che ha sede a Roncade (TV) www.gela.it


Lino Crosato

«Faccio mio l'intervento del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che ha esortato le banche a non essere solo attente alle garanzie reali delle imprese, ma anche al tipo di prospettive che hanno davanti. Insomma a mettersi di più in gioco in questo difficile momento economico per permettere al tessuto industriale di fare quelle innovazioni e cambiamenti necessari. È necessario che le istituzioni in prima persona mettano in campo delle iniziative di rilancio dell’industria. Quanto meno su due punti. Onorare i debiti che hanno ingessato la nostra economia. E, in secondo luogo, per il nostro ambito specifico, creare agevolazioni sulla ristrutturazione del patrimonio edilizio già presente. I due punti a mio avviso sono legati fra loro e dovrebbero camminare di pari passo». Come state affrontando la crisi dell’edilizia? «L’edilizia è il nostro mercato principale, sia diretto che indiretto – diretto per la fornitura e la posa di coperture e rivestimenti metallici, indiretto per la fornitura di componenti metallici per la lattoneria. E questo settore in Italia è praticamente fermo. Per questo stiamo portando avanti dei progetti di internazionalizzazione e di apertura verso ambiti finora poco esplorati, come l’arredamento e il design. Il metallo, in fondo, si trova in qualsiasi settore, basta trovare il giusto progetto per la sua applicazione e utilità».

Avete quindi in programma degli investimenti in tecnologia e innovazione? «Investire in queste due direzioni è cruciale per vari aspetti. Il primo, e più scontato, è mantenere la qualità dei prodotti in una posizione più elevata rispetto alla concorrenza. Il secondo è cercare di aumentare le possibilità di lavorazione offerte ai nostri partner. Come si fa in tutti i settori, cerchiamo di trasmettere delle emozioni positive a chi fa l’acquisto, sia per catturare la sua attenzione sia per indurre una maggiore intenzione di spesa. Così nell’ultimo anno, abbiamo aggiornato la calandra – che ora può lavorare acciaio Inox dello spessore di 2 mm su 8,60 ml (un’esagerazione per il settore della lattoneria ma importante per quello dell’arredamento di interni) – e una nuova punzonatrice (da affiancare all'esistente che lavora in linea) con sistema automatico di carico scarico (questa può lavorare fino a 5 mm di spessore in regime non presidiato). Quest’ultimo impianto ha anche ampliato l’offerta delle lavorazioni, introducendo la filettatura e la deformazione P&f dal basso verso l’alto. Senza innovazione l’economia nel nostro Paese non può sperare si progredire». VENETO 2013 • DOSSIER • 87


EXPORT

Gioco, cambiano le “carte” in tavola Come un marchio storico, le cui carte da gioco rappresentano la tradizione nell’immaginario comune, affronta gli stravolgimenti del mercato. Franco Dal Negro parla delle iniziative che hanno trasformato la sua produzione Renato Ferretti

Franco Dal Negro testa alcuni giochi insieme ai membri del direttivo della Dal Negro Spa con sede a Carbonera (TV) www.dalnegro.com

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l calo dei consumi, il cambiamento delle abitudini e quello profondo dei parametri di mercato. Sono fenomeni che su un prodotto tradizionale, come le carte da gioco, non possono che avere forti ripercussioni. Eppure la Dal Negro, una specie d’icona internazionale nell’ambito e la cui prima fabbrica risale al 1756 continua la sua produzione con un fatturato di tutto rispetto e non accenna al minimo cedimento. Gli elementi destabilizzanti, che hanno colpito anche l’azienda ora guidata da Franco Dal Negro, hanno origine nelle trasformazioni che la cultura stessa del gioco ha subito nel corso degli anni anche a causa dell’evoluzione tecnologica. Il patron dell’azienda trevigiana accetta di descrivere almeno in parte le strategie che hanno permesso alla Dal Negro di rimanere punto di riferimento nel settore e come si è adeguata alle nuove inclinazioni. «Abbiamo ripreso a lavorare con l’estero – dice –, cosa che in passato si era quasi annullata: chi ha cominciato a muoversi prima ha avuto più possibilità di superare la crisi che stava colpendo in patria. Poi abbiamo diversificato, mentre una volta facevamo solo carte da gioco ora facciamo “gioco” a 360 gradi per tutte le età e per tutte le tasche». L’internazionalizzazione ha dunque giocato un ruolo molto importante. Come illustrerebbe la geografia del fatturato della Dal Negro? «Le carte da gioco vanno dove ancora i consumi non sono scesi sotto certi livelli e dove i casinò lavorano bene. Abbiamo filiali in Inghilterra, Russia e ci stiamo interessando anche al mercato cinese: oggi i casinò sono concentrati in aree precise, come l’America con Las Vegas e Atlantic city, o la Cina con Macao, ma anche in

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Franco Dal Negro

1,5 Mln

MAZZI DI CARTE VENDUTI, COMPLESSIVAMENTE, E DISTRIBUITI NEL MONDO CON IL MARCHIO DAL NEGRO. IL DATO È RELATIVO AL 2012

Cile. La premessa doverosa quando si parla di carte da gioco è che il gioco si fa solo se ci sono i soldi sulla tavola, a prescindere da tutte le idee che si possono avere a riguardo. Con un’economia in crisi, la mancanza drammatica di liquidità, il gioco non può che subire una violenta riduzione. Al momento l’export copre circa il 19 per cento». Un fatturato che nonostante tutte le difficoltà elencate non sembra aver subito grandi ridimensionamenti. «Abbiamo chiuso con dieci milioni di euro il 2012, e questo significa una certa flessione rispetto al 2008, ma siamo comunque soddisfatti della performance date le circostanze. Di

questi dieci milioni sei riguardano la distribuzione dei mazzi di carte, mentre gli altri quattro rispondono alle produzioni intraprese negli ultimi anni». In che modo la crisi vi ha portato a riformulare il vostro modus operandi? «C’è da premettere che la nostra fortuna sta nel numero molto esiguo di concorrenti: in Italia siamo in due e solo dieci in tutto il mondo. Da circa una decina d’anni, però, abbiamo cominciato un processo di diversificazione sempre nel settore gioco. Contribuiamo a distribuire prodotti con altre aziende come Mattel, Lego, Hasbro con cui abbiamo rapporti di sinergia e soddisfiamo diverse domande di mercato. Inoltre siamo licenziatari Walt Disney e distriáá buiamo Ravensburger e Wizard». VENETO 2013 • DOSSIER • 91


EXPORT

La nascita del mazzo di carte

áá Quali altri momenti difficili ricorda? «Certamente quello del passaggio generazionale è stato un momento molto critico, cosa che penso sia abbastanza frequente nelle famiglie come la nostra. E quando hanno chiuso le osterie: chi andava all’osteria fumava e beveva tra gli schiamazzi, giocando per ore». Come sta cambiando in Italia e nel mondo la cultura del gioco? «Oggi, soprattutto i giovani soddisfano il bisogno di gioco su internet. Quella online è sicuramente una formula nuova che sta mettendo in crisi anche i casinò, perché toglie del pubblico a questi ultimi: per non parlare delle somme di denaro che sono spese in questo modo. L’aspetto preoccupante è la solitudine nella quale si ritrova il giocatore online, ognuno si fa gli affari suoi senza aver nessun riscontro o controllo, tranne, per forza di cose, da parte di chi gestisce il gioco e i conti giochi. Questa privacy assoluta è molto pericolosa, perché il gioco in compagnia permette un freno: da soli davanti a un computer non si ha nessuno intorno che può fermare chi esagera, magari usando soldi dei genitori, nel caso dei più piccoli. In un 92 • DOSSIER • VENETO 2013

Le figure delle carte da gioco rimangono inalterate da più di 500 anni. Franco Dal Negro, la cui famiglia ha contribuito a questa tradizione, racconta come ha perfezionato la tecnica di fabbricazione nel tentativo di raggiungere il massimo standard qualitativo. «Il processo che porta alla nascita di un mazzo di carte da gioco – spiega Dal Negro – comincia con la scelta del materiale più adatto: cartoncino o plastica. Le carte da gioco sono stampate su fogli unici che, in seguito, ricevono uno strato di vernice per esaltare la brillantezza dei colori, per la scivolosità e per la durata nel tempo. Esistono prodotti “high quality” che, subendo trattamenti superficiali quali la calandratura e telatura, assicurano il massimo della resa per un uso professionale. I fogli sono tagliati in bande, cioè strisce verticali che, a loro volta, sono tagliati in carte singole. I mazzi così ottenuti passano uno a uno attraverso il processo di arrotondamento degli angoli. Infine, il mazzo viene avvolto in cellophan e inserito nell'astuccio».

certo senso penso che si sia perso l’aspetto ludico: nei giovani non riscontro più lo stesso principio di socializzazione che c’era una volta». La Dal Negro si può dire un’icona nel settore. «È un prodotto che fino al 1973 è stato ritenuto genere di monopolio e veniva venduto solo dalle tabaccherie, dove la marca del bollo dello Stato valeva più del mazzo di carte. Nel 1973 questa regola è venuta meno perché si è applicata l’Iva. Le carte sono diventate oggetto e genere di lusso, dopo le hanno degradate a prodotto tradizionale e questo ha comportato che il prodotto fatto in Italia, con un certo tipo di tassazione, garantisse il valore della stessa. Per cui siamo gli unici ad avere un cartoncino definito triplex in formazione intondo, che vale più di 7,5 euro al kilo contro lo 0,5 che vale


Franco Dal Negro

normalmente un kilo di carta». Chi ha inventato la grafica che caratterizza le carte Dal Negro? «La grafica delle carte Dal Negro ci è arrivata in eredità insieme alla fabbrica, ma interventi successivi sono stati fatti da artisti locali, tipo Sante Cancian che era un nostro collaboratore interno, oppure da piccoli artigiani e scalpellini che operavano nel territorio». Adesso invece attraverso quali canali distribuite? «Non abbiamo una regola né facciamo discriminazione, qualsiasi canale può funzionare per i nostri quattro cataloghi: dalla grande distribuzione al tabaccaio, dal cartolibrario al bazar

Si è perso l’aspetto ludico: nei giovani non riscontro più lo stesso principio di socializzazione che c’era una volta

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e ai distributori di benzina. Siamo come il prezzemolo: l’ultimo obiettivo è andare anche in farmacia. Insomma vogliamo arrivare ovunque». Quali novità di prodotto per i prossimi mesi? «Realizziamo due prodotti nuovi all’anno per il gioco in senso lato, invece per il gioco di carte recentemente abbiamo migliorato un certo tipo di status. Siamo riusciti, a trovare una nuova formula che nobilita la carta: abbiamo introdotto, infatti, la debatterizzazione del prodotto grazie a tecnologie nanoscopiche, per cui chi gioca a carte non trasmette più batteri». Come imprenditore che futuro prospetta per la filiera manifatturiera veneta e su cosa le imprese dovrebbero fare leva per sostenere la ripresa? «Si dovrebbe far comprendere a tutti il concetto di rete di impresa, a prescindere dalle capacità e dalle peculiarità: tutti dovremmo mettere a disposizione le nostre competenze per contribuire a realizzare prodotti alternativi, per fare innovazione. Questo permetterebbe una nuova crescita». VENETO 2013 • DOSSIER • 93


Allevamenti avicoli, il panorama internazionale Una realtà che guarda all’intero scenario globale del mercato alimentare per la produzione intensiva di uova. Antonio e Nicola Cauzzo, Giuliano Mechini e Alessandro del Torso tirano le somme di un quinquennio a segno più per la Tecno Poultry Equipment Spa. E le previsioni a medio termine sono di crescita Manlio Teodoro na quota di export dell’85 per cento e un fatturato raddoppiato negli ultimi anni. È questa la cifra di una delle realtà italiane più conosciute a livello mondiale per la realizzazione e l’installazione di impianti avicoli dedicati all’allevamento per la produzione di uova che muovendosi in tutto il globo, è riuscita a non risentire della crisi economica – né della crisi che ha colpito direttamente il settore avicolo in alcuni paesi. Il risultato è che la Tecno Poultry Equipment Spa ha mantenuto nell’ultimo quinquennio un trend di crescita costante, chiudendo il 2012 raggiungendo tutti gli obiettivi programmati e consolidando la posizione a livello commerciale. Come spiega il presidente Antonio Cauzzo: «In controtendenza rispetto all’andamento del mercato italiano, all’estero stiamo procedendo

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Antonio Cauzzo, Nicola Cauzzo, Giuliano Mechini e Alessandro del Torso

Abbiamo fatto grandi investimenti per incrementare la produzione e la flessibilità, anche nella direzione di un contenimento dei costi

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in maniera più che soddisfacente. Abbiamo ottenuto il rafforzamento non solo del mercato europeo, ma anche di quello extraeuropeo, in particolare in Africa, Asia, Nord America, e Middle East. Alla luce di questi risultati, prevediamo di mantenere questo andamento anche nei prossimi anni. Le previsioni per il prossimo triennio sono più che positive e siamo fiduciosi di riuscire a conquistare i target prefissati». Ma quali sono i fattori che hanno consentito e stanno consentendo all’azienda di Marsango di Campo San Martino, in provincia di Padova, di esprimere queste perfomance? Entra nel dettaglio il direttore commerciale, Giuliano Mechini: «La nostra rete commerciale si è sviluppata nel corso di molti anni. Oggi è composta da un team di persone con l’adeguata preparazione tecnica per supportare le specificità dei diversi mercati e per la-

vorare a stretto contatto con gli utilizzatori La Tecno Poultry Equipment Spa finali dei nostri prodotti, contribuendo in ha sede a Marsango di Campo San Martino (PD) questo modo a inviare feedback al nostro re- www.poultryequipment.com parto R&D per migliorare le caratteristiche www.tecno-spa.com e l’efficienza dei nostri sistemi. In particolare cerchiamo di rispondere a quelle che sono le due principali richieste: la qualità del prodotto e la flessibilità nell’offrire ai propri clienti/mercati prodotti in linea con le loro aspettative. Quindi i nostri sforzi sono commerciali e logistici, ma alla base c’è un investimento annuo importante dedicato allo sviluppo dei prodotti. Benché non ci siano soluzioni rivoluzionarie all’orizzonte, sul prodotto è comunque possibile effettuare dei piccoli miglioramenti in grado di dare risposte sui grandi numeri degli allevamenti intensivi – le innovazioni tecnologiche permettono infatti di avere un prodotto che facilita il lavoro di pulizia, di manutenzione, áá VENETO 2013 • DOSSIER • 95


EXPORT

SOLUZIONI PRODUTTIVE áá di costante controllo sia dell’animale che della produzione di uova. Dobbiamo anche intervenire per adeguare le gabbie alle normative che via via vengono emanate nei vari paesi. In ogni caso, questo triplice approccio – commerciale, logistico, R&D – è quello che ci ha permesso, da una parte, di consolidare il presidio nei mercati in cui siamo tradizionalmente presenti, dall’altra, è lo strumento per acquisire nuove quote di mercato nei paesi emergenti. In questi ultimi, infatti, le soluzioni che proponiamo rappresentano il primo vero contatto con questo tipo di tecnologia». Per via dell’evoluzione delle normative europee sulle modalità di allevamento avicolo, l’azienda ha speso molte energie per sviluppare prodotti in linea con quanto richiesto ma nel contempo ha mantenuto l’attenzione verso i paesi in via di sviluppo visti come un mercato importante nel presente e fondamentale nel futuro. Come aggiunge infatti l’Amministratore delegato Nicola Cauzzo: «Benché la nostra quota di export sia già considerevole, siamo concentrati a indivi96 • DOSSIER • VENETO 2013

I sistemi di allevamento sviluppati da Tecno Poultry Equipment Spa sono studiati per ridurre i costi di investimento e di produzione e allo stesso tempo facilitare il lavoro degli operatori attraverso soluzioni che assicurano una gestione pratica. Infatti, la costruzione a elementi modulari unisce alla semplicità di montaggio la possibilità di riutilizzare tutti i materiali nel caso di rinnovo dei modelli di gabbia. Le soluzioni produttive offerte garantiscono elevata automatizzazione, ridotta manutenzione, attenzioni ai consumi energetici, senza trascurare la qualità del prodotto finale: l’uovo.

duare nuovi sbocchi commerciali, dato che ci troviamo a dover controbilanciare una progressiva flessione europea e pertanto siamo orientati ad un mercato globale». Insistendo su una strategia commerciale che non è mai focalizzata su un solo paese, ma guarda al mercato mondiale, la Tecno Poultry Equipment riesce dunque a compensare le crisi economiche e produttive di alcune aree. Fra queste anche di quella italiana: «Il distretto alimentare italiano – spiega Mechini – è certamente fra quelli in difficoltà, sia per la situazione di stallo dell’intera economia che per la crisi dei consumi che ne è derivata. La quota del mercato interno è per noi significativa, dato che rappresenta il 15 per cento del nostro fatturato».


Antonio Cauzzo, Nicola Cauzzo, Giuliano Mechini e Alessandro del Torso

10%

Se è possibile continuare a crescere guardando oltreconfine, diverso è il discorso per quanto riguarda il supporto istituzionale e bancario. A questo proposito, Alessandro del Torso, direttore amministrativo e finanziario della società, fa il punto sullo scenario: «Grazie ai risultati di fatturato, in questi anni siamo riusciti a procedere con le nostre forze. Siamo un’azienda finanziariamente solida e questo ci ha permesso di fare grandi investimenti per incrementare la produzione e la flessibilità, anche nella direzione di un contenimento dei costi che è sicuramente necessario in questo momento

QUOTA DEL FATTURATO CHE LA SOCIETÀ DESTINA ALLO SVILUPPO DEL PRODOTTO. L’OBIETTIVO È INCREMENTARE LA QUALITÀ RIDUCENDO GLI SPRECHI

per competere con i concorrenti internazionali. Siamo insomma riusciti a limitare la necessità di ricorrere all’appoggio degli istituti di credito. Con questi ultimi, tuttavia, possiamo affermare di avere confermato anche negli ultimi tempi degli ottimi rapporti – collaboriamo con una quindicina di istituti bancari. La nostra forza economica, poi, ci ha permesso, soprattutto con i partner italiani, di offrire noi stessi un supporto finanziario – dato che molte aziende non riescono a trovare un adeguato riscontro da parte delle banUn triplice approccio – commerciale, che. In questo modo riulogistico, R&D – ha permesso a Tecno sciamo a dare un po’ di Poultry di consolidare il presidio ossigeno a realtà che altrinei mercati storici e di acquisire nuove menti sarebbero vittime della stretta sul credito e quote nei paesi emergenti non riuscirebbero a investire né a crescere».

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EXPORT

Dove si gioca l’economia reale Mattia Agnoletto spiega come sia possibile per la produzione “reale”, cui tanto deve il Nord Est, resistere all’attacco dei mercati finanziari. E garantisce «la competizione orientale è ancora molto lontana dai nostri standard» Renato Ferretti

a stretta dei mercati finanziari sull’economia reale non è ineludibile. Per quanto astratta possa sembrare, una conclusione come questa è possibile anche al di fuori di una dimensione ipotetica, se si considerano non pochi casi specifici, e quindi concreti, di strategie aziendali con risultati da eccellenza. Inoltre, capita spesso che queste siano per lo più sconosciute, aggravando la suggestione degli osservatori meno attenti, che vedono il giogo del “virtuale” sulla produzione come un impedimento fatale. Un esempio di economia reale forte, che offre una prospettiva meno pessimistica, è la Inox Tech, azienda “nascosta” nella provincia di Rovigo, un’area da sempre considerata fanalino di coda dell’economia veneta. L’azienda produce tubi saldati in acciaio di grandi dimensioni per gasdotti, vende in tutto il mondo e continua ad aumentare utili e volumi da quasi dieci anni. Il direttore commerciale, Mattia Agnoletto, accetta di svelare, anche se per sommi capi, alcune delle linee guida che hanno tracciato il percorso dell’impresa rodigina.

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Mattia Agnoletto, direttore commerciale della Inox Tech con sede a Lendinara (RO) www.inoxtech.com

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«Le condizioni del mercato internazionale sono peggiorate sicuramente – dice Agnoletto – ma lavorando soprattutto all’estero, la nostra situazione è sicuramente migliore delle aziende italiane che hanno in patria il proprio giro d’affari e che magari lavorano con le pubbliche amministrazioni». Quindi, se anche all’estero i problemi non mancano, la necessità di trovare strategie efficaci per superare l’impasse non risparmia neanche chi basa la propria attività sull’export. «È stato necessario trovare delle contromisure rispetto ai clienti che pagavano in ritardo – continua Agnoletto – o alle commesse sospese. C’è da dire, poi, che nonostante in questo momento il Paese sia sotto la morsa della stretta creditizia, nel nostro caso le banche ci seguono entusiaste. E questo non può che essere un buon segno. A premiarci è stata la forte attenzione riposta non solo al lato economico del mercato, ma anche alla gestione dei flussi finanziari. In più, l’incremento della qualità dei prodotti ha portato a una selezione “naturale” dei clienti, che non sono più sconosciuti o poco affidabili come poteva succedere dieci anni fa. Ma non solo, i miglioramenti ot-


Mattia Agnoletto

20 mila TONNELLATE PRODOTTE tenuti in produzione hanno permesso una gestione dei flussi finanziari più attenta. Questo significa, per esempio, cercare di comprare le materie prime nel momento più opportuno e con le modalità più consone ai flussi finanziari. Regolare la produzione significa anche regolare i debiti con i fornitori». I risultati della filosofia illustrata da Agnoletto sono decisamente incoraggianti. «Dal 2002 fino al 2009 – ricorda il direttore commerciale – non abbiamo mai smesso di crescere. Il contraccolpo della congiuntura si è manifestato nell’ultimo triennio con alti e bassi, ma l’azienda ha continuato a crescere in termini di know how, d’investimenti, di profitti. Abbiamo avuto un picco nel 2011, con il record assoluto di 140 milioni di fatturato e 30mila tonnellate di produzione. Nel 2012 abbiamo registrato 105 milioni di fatturato e circa 20mila ton di volumi di produzione. Potrebbe sembrare un peggioramento della performance, ma l’utile è rimasto in valore assoluto lo stesso, nonostante il fatturato sia diminuito: vuol dire che in percentuale è aumentato molto». La geografia dei paesi che investono su Inox Tech, e quelli che potrebbero essere interessanti per l’azienda, risulta piuttosto frastagliata. «Noi lavoriamo nel mercato dell’oil&gas – spiega Agnoletto –, i nostri prodotti sono richiesti negli impianti di trasporto, processo e trattamento

DALLA INOX TECH NEL 2012, CON UN FATTURATO DI 105 MILIONI DI EURO

degli idrocarburi, quindi gas naturale e petrolio. Per questo mercati come quello mediorientale, ma anche il Nord Europa e tutti i paesi scandinavi, sono per noi importanti. Ma lavoriamo molto anche in Estremo Oriente, soprattutto in Giappone, perché ci sono importantissime società di ingegneria nostre clienti. In conclusione, però, non possiamo fare una lista esaustiva, perché abbiamo lavori in tutto il mondo. Il vantaggio competitivo che ci permette di essere forti all’estero è il livello di qualità che possiamo offrire che non è ancora raggiungibile dalla competizione orientale, come quella cinese». VENETO 2013 • DOSSIER • 101


EXPORT

Mercati esteri, il traino per l’Italia Con la ripresa della domanda interna e con un accesso al credito meno restrittivo l’Italia potrà ritrovare la sua competitività. Per ora ciò che traina è l’estero. Il punto di Graziano Roman Marco Tedeschi

l 2012 si è concluso con un segno positivo per quanto riguarda l’export italiano, che cresce del 3,6 per cento su base annua, trainato interamente dai mercati extra-europei (+10,9 per cento) mentre l'Europa cede terreno appesantita dalla flessione di quasi quattro punti della Germania. Sono pertanto i mercati extra europei a trainare in modo particolare l’export italiano. Una situazione che rispecchia perfettamente la realtà della Sormec, azienda del trevigiano occupata nella progettazione e realizzazione di automazioni e macchine speciali, che esporta il 70 per cento del suo prodotto. In modo particolare in mercati emergenti. «I nostri mercati di riferimento – spiega il presidente Graziano Roman - sono:

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Cina, Romania, Polonia, Russia, Turchia e Cuba. Con questi Paesi abbiamo instaurato una vera e propria partnership affrontando progetti di grandi dimensioni». Su quali fronti avete in mente di ampliarvi nel prossimo futuro? «Sicuramente contiamo di allargarci verso il Messico e il Brasile e prevediamo un’ulteriore espansione verso la Russia. Si tratta di conquiste importanti per la nostra attività; conquiste che si sono rese possibili grazie ai continui investimenti in nuove tecnologie e in innovazione di prodotto, tutti progetti frutto della nostra inventiva e del dinamismo». Che progetti state portando avanti e come si prospetta il futuro per la vostra realtà?

In alto a destra, Graziano Roman è presidente di Sormec, Treviso www.sormec.it


Graziano Roman

Il nostro fatturato rispetto al 2011 ha avuto un incremento del 20 per cento. Questo grazie alla domanda estera

«La nostra attività si basa sulla capacità di offrire, in tempi rapidissimi, soluzioni che oltre a dare vantaggi competitivi, abbiano un alto tasso d’innovazione tecnologica. In linea con questa filosofia abbiamo avviato, con il nostro servizio di engineering interno, una linea di prodotti per la manipolazione, pallettizzazione, integrati con sistemi di visione avanzati. Grazie a questa iniziativa guardiamo con ottimismo al futuro; crediamo infatti che questi servizi saranno sempre più apprezzati dal mercato». Che situazione riscontra nel suo settore e quali interventi auspica da parte delle istituzioni per far riprendere quota al mercato? «Il nostro mercato potenziale è molto vasto. In Italia investono però solo le aziende che esportano, ma sempre in maniera più occulta poiché l’accesso al credito è difficile e farraginoso. È necessario, pertanto, che riprenda la domanda interna e soprattutto che l’accesso al credito diventi meno restrittivo. Questo è quanto chie-

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diamo alle istituzioni. Malgrado questa situazione generale possiamo registrare un andamento positivo. Il nostro fatturato rispetto al 2011 ha avuto un incremento del 20 per cento. Questo solo e soltanto grazie alla domanda estera; esportiamo infatti circa il 70 per cento del prodotto verso mercati emergenti in cui aziende italiane ed europee hanno delocalizzato. La situazione che registriamo è di grande difficoltà per l’Italia e sicuramente l’Euro non aiuta e ogni giorno che passa la nostra competitività si assottiglia». Quali sono i vostri punti di forza e quali prospettive avete per il 2013? «Sicuramente la creatività e la rapidità di risposta sono delle carte che giocano a nostro favore. Fortunatamente i nostri tecnici conoscono molto bene la tecnologia di processo dei settori cui Somec si rivolge: sono motivati perché affascinati e stimolati da questo tipo di lavoro e rispondono con la massima disponibilità, flessibilità di orario e spostamento. Per il 2013 abbiamo un portafoglio ordini che ci permette di essere sufficientemente tranquilli e consentirà inoltre di incrementare ancora il fatturato. È importante però sottolineare una cosa. Il mercato di Sormec ruota intorno alla vendita di tecnologia produttiva di prodotti maturi, in Paesi emergenti o verso aziende che hanno delocalizzato. C’è da augurarsi però che queste aziende mantengano lo sviluppo dei nuovi prodotti e la ricerca in Italia: se cominceranno a delocalizzare anche in questo ambito il nostro futuro diventerà sempre più duro, in quanto verranno a mancare gli stimoli e la conoscenza necessaria». VENETO 2013 • DOSSIER • 103


EXPORT

Il calo di fiducia investe i consumi Tengono il lusso e l’export. Crollano le vendite nella fascia media e langue il mercato interno. Questo lo scenario del settore abbigliamento e accessori in Italia. Le principali difficoltà delle imprese secondo Andrea Colombini Valerio Germanico

ultima “Global Survey sull’indice di fiducia dei consumatori e sulle intenzioni di spesa”, elaborata da Nielsen, rivela un dato in flessione. Nell’ultimo trimestre del 2012 la fiducia degli italiani è calata di sette punti rispetto al trimestre precedente, classificandosi in quart’ultima posizione dopo Portogallo, Ungheria e Grecia. A questo calo di fiducia corrisponde un ridimensionamento importante dei consumi, che investe pressoché tutte le categorie merceologiche, con punte particolarmente profonde in alcuni

L’ La Ska Italia Srl ha sede a Padova www.skaitalia.com

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settori specifici. Fra i dati più sconfortanti si collocano quelli per la spesa in abbigliamento: il 67 per cento degli italiani infatti a fine 2012 ha ridotto il proprio budget per scarpe e cappotti – rispetto al 58 per cento della media europea e al 52 della media mondiale. A confermare questi dati con la sua esperienza diretta è Andrea Colombini, amministratore di Ska Italia, azienda specializzata nella produzione di chiusure lampo: «Non vi è alcun dubbio che il settore abbigliamento e accessori stia subendo un rallentamento delle vendite. Da questo restano esclusi soltanto i marchi del lusso e quelle aziende che, per tempo, si sono organizzate per esportare i loro prodotti nelle nazioni emergenti, come Cina, Russia e Brasile. Il resto del mercato arranca, scaricando sui fornitori le carenze di liquidità». Nonostante l’azienda padovana abbia chiuso il bilancio 2012 con un incremento delle vendite, Colombini considera il risultato deludente: «Abbiamo registrato un incremento del 7,5 per cento. Se a prima vista questo dato può sembrare un buon risultato – soprattutto in questo momento –, in realtà lo consideriamo insufficiente rispetto alla portata degli investimenti in progettazione e ricerca che stanno dietro la realizzazione dei nuovi prodotti. Comprendiamo che siano necessari tempi tecnici per raccogliere pienamente i frutti di queste innovazioni, tuttavia avremmo voluto vedere una reazione più rapida del mercato. Questa oltretutto ci avrebbe consentito di acquisire nuove risorse da reinvestire


Andrea Colombini

in nuovi progetti che abbiamo nel cassetto». Quanto detto, poi, va di pari passo con le difficoltà nell’accesso al credito. «Noi imprenditori sentiamo costantemente propagandare l’innovazione, la modernizzazione e l’espansione dei mercati. Ma sono soltanto parole. Un’azienda ha bisogno di risorse finanziarie per avviare un percorso del genere e invece trova un muro, dato che gli istituti di credito non sono in grado di sostenere l’iniziativa di impresa e manca un progetto governativo allo sviluppo delle piccole e medie aziende che, come sappiamo, sono il nerbo dell’industria italiana. Inoltre, guardando oltreoceano, non possiamo non notare il comportamento pragmatico del governo statunitense – che ha stampato dollari e finanziato il mercato – rispetto all’austerity europea. Da noi, una politica deflattiva e una fortissima imposizione fiscale non hanno fatto altro che aggravare la povertà generata dalla crisi economica, generando come primo effetto tangibile la mortificazione dei consumi». A fronte di tali difficoltà, Ska ha comunque puntato, oltre che sulla ricerca e lo sviluppo, anche sulla produzione e lo ha fatto iniziando a “riportare” nel nostro paese le linee produttive, che aveva delocalizzato nel Far East. «Nel gennaio 2012 è diventato operativo un nuovo stabilimento a Vercelli, dove abbiamo anche trovato competenze e manodopera. Abbiamo inaugurato questa nuova realtà guardando al

La politica deflattiva e l’imposizione fiscale hanno generato come primo effetto tangibile una mortificazione dei consumi

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futuro e per offrire ai nostri partner consegne rapidissime e prodotti di alta qualità. Soddisfatti di questa scelta abbiamo in programma di riportare in Italia anche la produzione di una nuova chiusura lampo simmetrica». In conclusione, Colombini espone le sue prospettive per il 2013: «Nonostante la situazione sia difficile, siamo certi che quest’anno realizzeremo un ottimo sviluppo della produzione – le vendite dello scorso anno sono state un’“anteprima”, che ci ha permesso di far conoscere al mercato il servizio che siamo in grado di offrire. Inoltre, contiamo sui rapporti con i partner esteri per un incremento dell’export. Infatti stiamo già espandendo le vendite in Danimarca, Norvegia e Svezia, mentre intendiamo consolidare i mercati nei quali siamo già presenti: Germania, Francia e Spagna». VENETO 2013 • DOSSIER • 105


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Pronti per i nuovi mercati Rispondere con reattività ai cambiamenti dei mercati. Cesare Dal Bon, Giampaolo Zanini e Giorgio Ubaldini raccontano la riorganizzazione internazionale di un'azienda di sistemi per serramenti e facciate in alluminio Luca Càvera

on si possono affrontare i nuovi mercati senza evolvere e migliorare. In questi mesi stiamo lavorando a una profonda riorganizzazione che punta a innovare la nostra struttura, a migliorarla e a renderla più funzionale alla complessità dei mercati esteri» esordisce così Giampaolo Zanini, amministratore delegato di Aluk, società specializzata nella realizzazione di sistemi per infissi e facciate in alluminio. «Il mercato italiano – spiega Cesare Dal Bon, direttore generale – sta attraversando un periodo molto difficile. Pertanto il nostro obiettivo è da una parte mantenere e rafforzare le attuali quote di mercato, dall’altra sfruttare le grandi potenzialità dell’estero. Per far questo abbiamo dovuto innanzitutto riorganizzare la struttura commerciale. Fulcro della nuova organizzazione è la figura dell’area-manager – che farà riferimento alla direzione generale. Ogni area-manager acquisisce una maggiore rilevanza operativa e potrà dedicare il tempo e l’attenzione necessari allo sviluppo dei mercati obiettivo». Fra questi, da alcuni anni, il Middle East rappresenta per molti aspetti una zona strategica. Grazie al suo ufficio di rappresentanza a Dubai, Aluk dialoga in modo diretto non solo con i paesi degli Emirati Arabi,

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Cesare Dal Bon, direttore generale di Aluk Group Spa di San Giovani Lupatoto (VR). Sopra, centro direzionale Uti a Bucarest; a fianco, villa residenziale a Malcesine (VR) e un primo piano dei profili in alluminio www.aluk.it


Aluk

Un gruppo da 300 milioni di euro

ma anche con l’Arabia Saudita – che sta rivelando grandi soddisfazioni in termini di fatturato –, lo Yemen e il Qatar, con cui sono stati instaurati importanti rapporti in vista dei mondiali di calcio del 2022. Inoltre, Dubai sta sempre più assumendo il ruolo di hub internazionale, attraverso cui entrare in contatto anche con Paesi dell’Africa settentrionale e occidentale. «Da poco più di due anni – aggiunge Dal Bon – è entrata a far parte dei nostri obiettivi anche la Turchia. Poiché questa è geograficamente vicina a tutte le nazioni meridionali dell’ex Unione Sovietica stiamo anche cercando di capire se può diventare la base per distribuire i nostri prodotti in un’area più ampia. Spostandoci nel Far East, ci stiamo concentrando in particolare su Vietnam e Thailandia, non trascurando partner storici in Malesia e Singapore – paese quest’ultimo che potrebbe avere la stessa importanza strategica di Dubai. In Cina, dove siamo presenti da undici anni, la riorganizzazione commerciale è stata av-

Nata a San Giovani Lupatoto (VR) nel 1969, Aluk conosce una prima grande trasformazione societaria nel 2005. Nel giugno del 2011, poi, nasce l’accordo con il gruppo francese Valfidus, società protagonista sul mercato d’oltralpe attraverso diversi marchi, sia di sistemi per facciate e serramenti, sia per la produzione e commercializzazione di serramenti finiti. L’operazione è avvenuta all’insegna della continuità. Aluk è entrata a far parte di un gruppo da 300 milioni di euro mantenendo la personalità e lo stile che da sempre la caratterizzano. La partnership industriale infatti si è stabilita fra due società che condividono valori, obiettivi e strategie di crescita nel settore. Anche Valfidus è una società a carattere famigliare che nel suo quarantennale processo di sviluppo e nella sua attuale struttura ricorda da vicino Aluk per pragmatismo, efficacia, impegno e performance.

viata circa un anno fa. Sono stati siglati quattro nuovi contratti di promotion agreement che coprono integralmente le aree di maggior sviluppo del paese. Abbiamo costituito un nuovo ufficio tecnico per dare supporto a una clientela che richiede prodotti sempre più prestazionali, realizzando anche un nuovo showroom che offre la possibilità di vederli e testarli direttamente». La riorganizzazione ha coinvolto però tutti i reparti, non solo la struttura commerciale. «L’area tecnica – prosegue Dal Bon – è stata suddivisa in quattro dipartimenti, ognuno con un proprio responsabile: ricerca & sviluppo, supporto tecnico, progettazione e laboratorio prove. Per rendere più efficiente la struttura distributiva, i depositi di Verona, Milano e Firenze sono di- áá VENETO 2013 • DOSSIER • 109


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Dubai sta sempre più assumendo il ruolo di hub internazionale, attraverso cui entrare in contatto anche con Paesi dell’Africa settentrionale e occidentale

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áá ventati magazzini e centri distribuzione, occu- i media di settore, online e offline, a Internet. Da

Sopra, supporto tecnico Aluk; sotto, nuova sede dell’Assemblea Legislativa dello Stato di Sarawak (Malesia)

pandosi esclusivamente della preparazione dei materiali e delle consegne ai clienti. Stiamo inoltre valutando di aprire un nuovo magazzino in Sicilia, che ci permetterebbe di servire anche Malta». Ma Aluk sta rinnovando anche l’impostazione grafica di tutti i suoi strumenti di comunicazione. Come spiega Giorgio Ubaldini. «Abbiamo iniziato un’evoluzione di immagine e di restyling, che riguarderà grafica e contenuti. Gli strumenti sono molteplici e diversificati: dalla depliantistica al nostro magazine, col quale cerchiamo di veicolare sempre più contenuti di valore per i nostri clienti e novità riguardanti l’estero; dal nostro ufficio stampa, con cui consolidare i rapporti con

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pochi mesi poi è stato pubblicato il nuovo sito corporate e stiamo lavorando a un rinnovato sito aziendale. Abbiamo in cantiere, inoltre, parecchie novità di prodotto che saranno presentate con campagne pubblicitarie ad hoc. Sempre dal punto di vista promozionale, sarà ulteriormente sviluppato il servizio Dps (Develop to Project Specification), una struttura tecnico-commerciale, il cui compito fondamentale è quello di promuovere le nostre soluzioni presso architetti, studi di progettazione e imprese». Questo per quanto riguarda l’organizzazione e il marketing. Ma quali sono le innovazioni produttive? «I serramenti in alluminio – dice Zanini – hanno fatto passi da gigante dal punto di vista prestazionale ed estetico. Le crescenti richieste di effetti legno ci hanno spinto a sostituire l’impianto di ossidazione di Isola della Scala (VR) con un nuovo impianto di sublimazione estremamente moderno, che ci permette di creare un realistico effetto legno sui profili pre-verniciati. Grazie alla sua capacità di mantenere costante la temperatura interna, assicura un effetto legno omogeneo e di pregio. L’alto standard qualitativo è dato anche dall’utilizzo di vernici omologate Qualicoat classe 1, che sono resistenti all’azione degli agenti atmosferici e agli sbalzi di temperatura. L’impianto non è ancora a pieno regime, ma non appena lo sarà si potranno realizzare dai 30 ai 40 diversi effetti legno».



INTERNAZIONALIZZAZIONE

Da Treviso una diagnostica tra medicina e geologia xport e tecnologie altamente avanzate. Sono queste le basi su cui si è fondato il percorso di un’azienda nata in un garage per sviluppare un’idea di prodotto dimostratasi vincente. Micromed è una realtà nata nel 1982. Si occupa della progettazione produzione e vendita di apparecchiature di diagnosi medica in ambito neurofisiologico - diagnosi del sistema nervoso centrale (cervello) e periferico (nervi e muscoli - oltre a strumentazioni per applicazioni geofisiche, sviluppate a partire dal 2005. «Andrebbe fatta una riflessione sul fatto che oggi questo tipo d’iniziative sarebbero difficilmente ripetibili, - spiega Claudio Perissinotto, amministratore e co-fondatore della Micromed - essendoci ora normative e necessità di certificazioni varie che, se da un lato garantiscono maggiormente utilizzatori e mercato, di fatto creano una barriera d’ingresso insuperabile ai più, soprattutto per

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Apparecchiatura LTM (Long Term Monitoring) utilizzata per il monitoraggio di bambini epilettici e realizzata dalla Micromed Spa di Mogliano Veneto (TV) www.micromed.eu

Come può un’impresa che si occupa di tecnologie altamente avanzate restare competitiva in questo periodo? Semplice, fondendo approccio artigiano e internazionalizzazione. Ne parliamo con Claudio Perissinotto Marco Tedeschi

prodotti indirizzati alla sanità e alle pubbliche amministrazioni». TECNOLOGIE TRASVERSALI

Prodotti, quelli sviluppati da Micromed, che abbracciano una tecnologia trasversale. «La nostra è una tecnologia che può applicarsi alla medicina così come alla geofisica. Come ad esempio per Tromino, strumento per l’analisi della vulnerabilità sismica di terreni ed edifici, unico nel suo genere (brevettato). Data la sua estrema portabilità è stato ampiamente usato per rilievi in occasioni dei recenti terremoti dell’Aquila e dell’Emilia. Viene molto usato per la caratterizzazione dinamica delle strutture, dagli edifici storici ai moderni grattacieli ed altre


Claudio Perissinotto

PROSPETTIVE

Lo strumento Tromino, a sinistra utilizzato in occasione dell’eruzione del vulcano Eyjafjöll (Islanda - 2010, courtesy of British Geological Survey)

applicazioni quali il monitoraggio dei movimenti franosi. Viene usato inoltre in ambito archeologico per la ricerca di giacimenti fossili (individuazione in Patagonia del cimitero dei dinosauri). Tromino è apprezzato internazionalmente e attualmente diffuso in Canada, Stati Uniti, America Latina, Cina, Russia e Australia nonché in Europa oltre che in Italia». IN CRESCITA

Il 2012 è stato per Micromed un anno particolarmente positivo. «Rispetto al 2011 il fatturato è aumentato di circa il 14 per cento (vicino agli 8 mln di euro). Si è intensificata l’attività export e si sono acquisiti due centri d’eccellenza in Germania, uno privato in Baviera e uno pubblico, presso l’Università di Bonn. Nel centro bavarese la fornitura è stata conclusa con successo tanto da ricevere il riconoscimento e i complimenti da parte del committente con la definizione “La Mercedes delle istallazioni”. Si tratta, probabilmente, del centro per indagini pre-chirurgiche dell’epilessia tecnologicamente più avanzato in Europa».

Il 2013 si preannuncia ugualmente positivo. «Il core business di Micromed rimangono le apparecchiature di diagnosi medica in neurofisiologia e in particolare quelle dedicate alle indagini pre-chirurgiche in Epilessia (LTM), settore di nicchia e in continua espansione. In questo settore siamo leader in Europa con istallazioni nei più importanti centri Ospedalieri e Universitari della Francia, del Belgio e Olanda oltre che in Portogallo, Inghilterra e Germania; abbiamo istallazioni nei principali centri a Pechino in Cina, negli Stati Uniti e America del Sud. Quello che ci contraddistingue, rispetto ai nostri competitors americani, è la nostra capacità di fornire soluzioni ad hoc sia tecniche che funzionali. Tutto questo richiede una flessibilità operativa e una capacità di innovazione e velocità di adeguamento, tipiche di un’azienda artigiana. In una situazione internazionale che vede un accorpamento dei competitors verso poche multinazionali - conclude Perissinotto - per la peculiarità di questo mercato, il nostro penso sia l’approccio vincente, possibile però solo con dimensioni di azienda contenute e con il coinvolgimento totale dei collaboratori». E i numeri confermano questo pensiero. Il mercato export di Micromed rappresenta infatti circa il 70 per cento delle vendite, circa il 45 per cento in Europa e il rimanente nel resto del mondo. VENETO 2013 • DOSSIER • 113


INTERNAZIONALIZZAZIONE

La zootecnia internazionale e sostenibile La produzione di macchine per la zootecnia affronta i difficili mercati internazionali a suon di innovazioni tecnologiche e tecniche il cui unico obiettivo è quello di aiutare gli allevatori nella crescita del bestiame. Ne parla Lino Zago Emanuela Caruso

er migliorare la gestione di un’azienda zootecnica è necessario adottare un corretto sistema di alimentazione del bestiame. Un sistema che sappia garantire importanti incrementi nella produzione di latte e al contempo apportare notevoli riduzioni di tempi e di costi di lavoro. L’Unifeed Tmr è oggi la tecnica più diffusa tra gli allevatori che puntano a ottenere la massima risposta produttiva in termini di latte e carne. A spiegare il funzionamento di questa tecnica è Lino Zago, presidente della società Zago, sita a Campo S. Martino e da quarant’anni specializzata nella produzione di macchine per l’alimentazione zootecnica e per l’ecologia. «Il Tmr favorisce il processo di assimilazione alimentare facilitando l’ingestione di una miscela con una quota corretta di tutti gli ingredienti con caratteristiche nutrizionali costanti. In questo modo all’animale viene garantito un ambiente ruminale dal ph costante. Il fulcro della tecnica Tmr è l’utilizzo del carro trincia-miscelatore. Proprio di questo macchinario e della Unifeed Tmr la Zago ha fatto uno dei suoi maggiori punti di forza». Alla tecnica Unifeed Tmr la Zago ha dedicato un’intera divisione aziendale. Quali sono i suoi compiti? «La Unifeed Division si occupa della produzione di una vasta gamma di carri trincia-miscelatori-

P

114 • DOSSIER • VENETO 2013

Lino Zago, presidente della Zago Srl di Campo S. Martino (PD) www.zago-srl.com

distributori – possono essere verticali o orizzontali, trainati o semoventi – adatti a ogni tipo di realtà aziendale: allevamenti di pecore, di vacche da latte o da ingrasso, e di bufale. Così facendo, aiutiamo l’allevatore nell’uso corretto delle tecniche Unifeed e nella scelta delle attrezzature che riusciranno a fargli raggiungere una maggiore produttività e qualità di latte e carne. Proprio in questo campo, ormai da vari anni, la nostra società sta introducendo importanti innovazioni attraverso brevetti internazionali, frutto di anni di progetti riconosciuti e certificati da università e istituti indipendenti». Oltre alla Unifeed Division, la Zago può vantare anche una Green Division, di che cosa si tratta? «La nostra divisione Green promuove uno svi-


Lino Zago

500

NUMERO DI MACCHINE REALIZZATE OGNI ANNO NEI 20MILA METRI QUADRATI DI STABILIMENTO DELLA ZAGO SRL

luppo sostenibile teso al rispetto delle tematiche ambientali, sociali ed economiche attraverso la progettazione e la produzione di soluzioni tecnologiche per il reimpiego di scarti organici o industriali nel ciclo ecologico. L’ampia gamma di tecnologie proposte dalla nostra impresa si rivolge a manutentori del verde, municipalità, compostatori, florovivaisti, aziende agricole, consorzi di bonifica e depurazione, enti per la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti. E proprio nel riciclaggio, nella separazione dei rifiuti e nella preparazione del compost è specializzata la Zago. Per quanto riguarda il riciclo ecologico, la società si impegna nella progettazione di macchinari tesi a soddisfare gli obiettivi dei trattamenti biologici; mentre at-

traverso il compostaggio controlliamo, acceleriamo e miglioriamo il processo naturale delle varie sostanze organiche, trasformandole in un prodotto da reimpiegare in molteplici usi agricoli e non agricoli». La vostra realtà guarda da sempre con molto interesse ai paesi esteri. Quanto incide l’export e da quali mercati vi attendete i migliori feedback nel corso del 2013? «Forti del bagaglio tecnico acquisito in così tanti anni di attività, abbiamo consolidato la nostra presenza in oltre 40 paesi distribuiti in cinque continenti, e oggi esportiamo il 90 per cento delle macchine realizzate ogni anno. Già dall’inizio del 2013 abbiamo avuto segnali positivi dai nostri áá VENETO 2013 • DOSSIER • 115


Abbiamo messo a punto una nuova serie di macchine ad alto risparmio energetico destinate all’alimentazione zootecnica in collaborazione con un’importante università italiana

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áá mercati tradizionali, ovvero Francia, Germania e sviluppo e con quali novità la Zago si presenGran Bretagna, ma ci aspettiamo buoni risultati anche nei paesi del Bric, in particolare in Cina e Russia». Quale bilancio può trarre sull’andamento del business e dell’attività della Zago nel corso del 2012? «Nonostante il perdurare del duro e lungo periodo di stagnazione economica tanto a livello nazionale quanto a livello internazionale, il 2012 è stato per noi un anno positivo. La spinta dei mercati esteri e un’ottima tenuta sui confini italiani hanno permesso all’impresa di raggiungere un apprezzabile fatturato di 7,5 milioni di euro, cifra che conferma la crescita aziendale che abbiamo registrato nell’ultimo biennio». Quali strategie avete messo in campo al fine di superare la crisi mantenendovi competitivi sullo scenario internazionale? «Abbiamo agito sia sul versante aziendale che sul versante del mercato. Per aumentare l’efficienza aziendale abbiamo intrapreso un complesso lavoro di riorganizzazione, formazione e informatizzazione di tutte le funzioni e le divisioni interne della nostra società. A livello di mercato, invece, ci siamo concentrati sul rafforzamento del marchio, sulla personalizzazione dei nostri prodotti e sullo studio di politiche commerciali di penetrazione nei paesi emergenti più interessanti». Quanto investite in ricerca, innovazione e 116 • DOSSIER • VENETO 2013

terà sui mercati nei prossimi mesi? «Gli investimenti in ricerca e sviluppo ammontano al 5 per cento del fatturato complessivo, questo perché sin dall’inizio della nostra avventura imprenditoriale abbiamo creduto nel valore del lavoro e della ricerca, uniche fonti di miglioramento e crescita. Senza investimenti in questo senso – investimenti che di certo nel breve periodo sacrificano una remunerazione economica, ma che poi nel lungo periodo consentono di essere competitivi in un mercato sempre più globalizzato – non è possibile creare un futuro per la propria azienda. Attualmente, il nostro reparto di ricerca e sviluppo ha messo a punto in collaborazione con un’importante università italiana una nuova serie di macchine ad alto risparmio energetico destinate all’alimentazione zootecnica». Come pensa che si rivelerà questo 2013 per il vostro settore e, più in generale, per l’economia del Veneto? «All’interno del nostro settore di appartenenza ancora nessuno se la sente di fare previsioni a livello generale per questo 2013; quello che posso dire è che noi, come realtà imprenditoriale, siamo ottimisti e crediamo che con il buon lavoro, la serietà e la professionalità si possano raggiungere anche quest’anno traguardi importanti, stimolanti e soddisfacenti».



Capitalizzare l’innovazione Massimo Turri esplora le radici e le conseguenze di una filosofia aziendale votata alla massima qualificazione tecnologica. Ecco in che modo l’innovazione influenza le strategie di mercato, aprendo nuove opportunità. «Determinazione, diversificazione, specializzazione tecnologica e sinergie» Renato Ferretti

ualità, standard d’efficienza ai massimi livelli, tempi sempre più ridotti delle consegne. L’avanzamento tecnologico segue criteri ben precisi per soddisfare le strategie aziendali che puntano all’eccellenza, strategie di ampio respiro con ritorni che attendono a volte anche anni prima di mostrarsi. Il Veneto definisce un’area in cui si annoverano numerosi esempi di aziende che hanno potuto capitalizzare gli investimenti in ricerca fatti negli anni. Il gruppo Aiem di Rovigo rappresenta uno degli esempi più chiari di uno sviluppo aziendale pianificato in questi termini. Dal settore dell’automazione, del telecontrollo e del monitoraggio ambientale, l’impresa, guidata dal suo presidente Massimo Turri, ha espanso le proprie competenze a vari altri ambiti. «Siamo partiti 25 anni fa nel cuore del Veneto vedendo nel progetto “auto-

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118 • DOSSIER • VENETO 2013


Massimo Turri

50 Mln FATTURATO REGISTRATO ALL’INTERNO DEL GRUPPO AIEM, APPROSSIMATIVAMENTE STABILE NELL’ULTIMO TRIENNIO

Da sinistra, Elia Lubian, direttore commerciale, Alessandro Turolla, direttore tecnico, gruppo Aiem, Massimo Turri, presidente, e Claudio Masin, direttore tecnico Aiem www.aiemgroup.it

mazione e telecontrollo” una prospettiva: da qui è nata Aiem. Per affrontare la grande concorrenza, abbiamo puntato fin da subito alla personalizzazione dei prodotti e servizi, alla massima qualificazione tecnologica e qualitativa. Con determinazione abbiamo dedicato costante impegno all’innovazione attraverso il continuo sviluppo di progetti di ricerca innovativa, diversificazione strategica e specializzazione. Grazie a questa politica, nel tempo Aiem è diventato un gruppo fortemente diversificato». Tra le altre, al suo interno si annoverano una società nel settore delle telecomunicazioni, un’importante società di ingegneria, una specializzata in ambito spaziale e, infine, società una serie di realtà strategiche che si occupano di energie rinnovabili in Italia e all’estero. Rispetto agli esordi ora il mercato vi costringe a prove molto diverse. «Anche nel 2012 i risultanti aziendali sono stati ottimi. Per il 2013 il permanere di una situazione d’incertezza e instabilità del mercato interno, e una ormai totale contrazione dei lavori pubblici e blocco dei pagamenti, unito alla complessità di accesso al sistema bancario, ci impongono di riconsiderare le strategie di medio periodo. Il ricco portafoglio ordini ci permetterà di ritarare nel corso dell’anno la strategia di sviluppo aumentando gli obiettivi prossimi sul mercato estero. Fortunatamente, dal 2010 abbiamo iniziato un intenso percorso di internazionalizzazione, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili.

L’esperienza e le grandi referenze maturate in Italia come sviluppatori, realizzatori Epc e gestori di progetti di energia rinnovabile l’abbiamo portata all’estero, dove siamo presenti in forma stabile e organizzata in diversi paesi, a partire dall’Africa (Sud Africa, Zimbabwe, Mali), Europa dell’Est (Romania, Croazia, Bulgaria, Moldavia) e America Latina (Cile, Uruguay, Argentina, Panama)». E per quanto riguarda il vostro core business storico? «Possiamo vantare la nostra presenza in molti tra i più importanti grandi progetti nazionali dove l’automazione, il telecontrollo e il monitoraggio rappresentano lo strumento di governo e gestione di grandi strutture. In particolare i grandi sistemi e impianti di potabilizzazzione, depurazione, irrigui, reti gas, lavorazione rifiuti, inceneritori, reti di mobilità, reti di navigazione, produzione energetica da fonti tradizionali e rinnovabili, industriale di produzione, farmaceutico e terziario. Con una storia di 25 anni abbiamo già un portafoglio clienti molto importante. E continueremo a coltivarlo elevando il contenuto tecnologico dell’offerta fornendo soluzioni altamente personalizzate». Da quali delle altre anime del gruppo, invece, vi aspettate le performance migliori? «Punteremo all’efficientamento energetico, in special modo di grandi infrastrutture commerciali e di edifici pubblici, dove il costo energetico risulta particolarmente rilevante. Questa attività è fortemente legata a quella successiva, che si occupa del áá VENETO 2013 • DOSSIER • 119


INNOVAZIONE

Diversi know how, un unico gruppo Le competenze stratificate negli anni, grazie ai continui investimenti in ricerca e sviluppo, hanno portato Aiem a diventare un gruppo formato da più società specializzate e indipendenti. «I nostri ottanta collaboratori – spiega l’amministratore delegato Massimo Turri – sono divisi tra più società, oltre a quella da cui il gruppo prende il nome e che si occupa di automazione, telecontrollo, Epc e general contractor. Gavia System offre servizi gestione, installazione, collaudo e consulenza nel campo delle telecomunicazioni dati e servizi informatici. Il consorzio Geas come general contractor offre soluzioni globali per il settore pubblico e privato. La Oempv è gestisce e manutenziona impianti fotovoltaici ed eolici. Infine, ma non ultima, Eurmeia è l’azienda con cui il gruppo ha attivato un importante e strategico percorso di internazionalizzazione nel settore delle energie rinnovabili».

áá mantenimento nel tempo dell’efficienza energe- mulate in oltre due decenni, la proposta di servizi tica raggiunta. A tal proposito fa parte del gruppo l’azienda Oempv, che ha nel suo core business le attività specifiche di monitoraggio e manutenzione di sistemi energetici, oltre che sistemi di produzione energia da fonti rinnovabili. Un altro specifico settore di sviluppo riguarda da un lato la realizzazione d 60 impianti di produzione mini eolici e la realizzazione di diversi impianti fotovoltaici a terra, da realizzare in aree terremotate dove direttive del GSE permettono di usufruire di tariffe incentivanti ancora interessanti. Anche da Space Tecnology ci aspettiamo lo sviluppo di alcune importanti commesse grazie ai consolidati rapporti con primarie aziende Italiane impegnate nell’ambito spaziale». A proposito di gestione e mantenimento di impianti rinnovabili, anche in questo settore avrete incontrato una forte concorrenza. In cosa si distingue la vostra offerta di O&M? «Nell’ottenimento della massima efficienza degli impianti. Con le competenze tecnologiche accu120 • DOSSIER • VENETO 2013

che portiamo è fuori dalla portata di molti competitor. Grazie al nostro gruppo di società altamente specializzate, riusciamo a fornire un pacchetto di servizi integrati unici nel genere: con la nostra società di ingegneria, siamo specializzati, attraverso l’attività di auditing, nell’individuare e analizzare velocemente lo stato di salute dell’impianto, calcolare le perdite di rendimento e definire le soluzioni e gli interventi necessari per ottimizzare l’efficienza. Qualora gli interventi siano rilevanti, il ruolo di Epc di Aiem fornisce le opportune garanzie. A quel punto interviene la nostra società specializzata nella gestione: OMPV che prende in carico l’impianto e ne garantisce con le proprie competenze la gestione. Il nostro core business storico è il controllo e monitoraggio finalizzato a ottimizzare la gestione degli impianti. Spesso bastano piccoli miglioramenti per garantire una resa finanziaria di gran lunga superiore: ma per farlo serve un know how che non è alla portata di tutti».



INNOVAZIONE

Grid parity, le occasioni non sono in Italia o sviluppo esponenziale delle energie rinnovabili che si è registrato in Italia in questi ultimi anni ha permesso di sviluppare competenze e modelli organizzativi altamente performanti, ora pronti per essere esportati. Una missione che rappresenta il cuore di Eurmeia, società del gruppo Aiem, nata con il preciso intento di «internazionalizzare le attività del settore delle energie rinnovabili rivolgendosi a un mercato in espansione, valorizzando le esperienze e l’alto profilo aziendale conseguiti nel mercato interno. Compito di Eurmeia è quindi quello di analizzare i mercati internazionali, verificare le diverse opportunità e proporsi agli investitori come partner tecnico organizzativo per la autorizzazione e costruzione di impianti energetici basati su fonti rinnovabili». A parlare è l’ingegner Luigi Cuozzo, amministratore della società, che fa il punto sulle opportunità del comparto nella situazione at-

L Eurmeia, società del gruppo Aiem, ha sede a Rovigo www.aiemgroup.it

Il caso di Eurmeia, una delle società del gruppo Aiem, impegnata nel settore della green energy. Luigi Cuozzo spiega le strategie con le quali aggredire il mercato internazionale Remo Monreale

tuale del mercato estero. «Fin tanto che la forza trainante delle energie rinnovabili – dice Cuozzo – e il mix delle fonti della produzione di energia sono stati incentivati, l’interesse degli operatori del settore si è rivolto verso i paesi dove i governi avevano varato programmi e schemi per agevolare gli investimenti in questo settore. È stato allora che il nostro gruppo ha acquisito posizioni di prestigio e competenza diventando azienda di riferimento come


Luigi Cuozzo

85 MW POTENZA COMPLESSIVA DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI AUTORIZZATI DALLA EURMEIA IN ZONA EASTERN CAPE (SUD AFRICA)

Epc e sviluppatore per l’intera catena del valore delle rinnovabili in Italia. Questa è stata la premessa per poi affacciarci in modo strutturato al mercato estero». La prima tappa è rappresentata dal Sudafrica in quanto «sembrava offrire un programma di incentivi molto attraente. Le opportunità nate in quel paese ci hanno permesso di sviluppare processi che hanno portato ad autorizzare più di 85 MW nella zona Eastern Cape. Ciò ha permesso a Eurmeia di strutturarsi per offrire, oltre all’attività di scouting per la partecipazione a bid statali, anche servizi energetici alle industrie, puntando a diventare interlocutore stabile per la fornitura di sistemi energetici integrati di alta qualità». La tecnologia, in questi ultimi anni, ha avvicinato il costo di produzione di energia elettrica da fonti di rinnovabili alla cosiddetta grid parity, cioè al costo di energia elettrica da fonti convenzionali. «Ciò ha cambiato gli scenari, convincendoci a puntare verso lo sviluppo di impianti specializzati che non usufruiscono dell’incentivazione, ma che, grazie all’elevato livello di irraggiamento, permettono di raggiungere rendimenti comunque di tutto rispetto, diventando appetibili per investitori e strutture fortemente energivore. È con questa vision che la nostra struttura ha predisposto progetti per la

costruzione di parchi a servizio di miniere che hanno storicamente necessità di molta energia». Così, si sono identificate altre aree geografiche strategiche che rispondono a due requisiti: elevata presenza di irraggiamento solare e forte domanda di energia per sostenere lo sviluppo economico. «Abbiamo puntato sull’Est europeo, dove fra Romania, Croazia, Bulgaria, Repubblica della Moldavia sono stati sviluppati più di 80 MW, e sul Sud America, dove Eurmeia si è ben inserita in diversi stati quali Cile, Uruguay, Argentina, Paraguay, Ecuador, Repubblica Dominicana e Panama. Qui, si stanno sviluppando progetti in vari stadi di sviluppo per circa 200 MW». In particolare, in Cile, per lo sviluppo di parchi fotovoltaici al servizio delle miniere, e a Panama, per le necessità energetiche legate al raddoppio del canale. In ogni stato l’approccio è differente, in relazione alle sensibilità economiche dei diversi paesi. «In molti casi la rete energetica nazionale, risultando carente, non permette di connettere impianti di grandi dimensioni. E noi, di conseguenza, sviluppiamo anche progetti di piccolo profilo, da 5-10 MW. Ciò può avvenire a seguito di un’analisi approfondita, da parte del nostro team, il cui obiettivo è ridurre il rischio dell’investimento e definire piani costruttivi con tempistiche ridotte, ottimizzando l’utilizzo di risorse e personale, direttamente gestiti dall’Italia». VENETO 2013 • DOSSIER • 123


INNOVAZIONE

L’estrusione che innova Il settore delle guarnizioni e dei profili estrusi propone articoli sempre più competitivi dal punto di vista tecnologico e dei materiali. Prodotti che stanno conquistando il favore tanto del mercato italiano quanto di quelli esteri. La parola ad Antonio Liana Emanuela Caruso

iocare” con i materiali e le tecnologie per migliorare, innovare e rendere più competitivi i prodotti. Anche in tempo di stagnazione del mercato. Percorrere una strada in controtendenza e investire sui punti di forza. Sono queste le strategie che la società Liana Srl, sita a Casale sul Sile e specializzata nella produzione di guarnizioni e profili in materie plastiche, ha attuato per differenziarsi in un mercato difficile

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Antonio Liana, titolare della Liana Srl di Casale sul Sile (TV), all’interno di uno dei reparti produttivi. Nella pagina accanto, a sinistra esempi di alcune matrici prodotti dalla Liana Srl e, a destra, alcuni profili realizzati con PP, ABS, SEBS, PVC, TPV, TPE e conduttivi www.liana.it

come quello italiano. «Per fronteggiare la crisi economica che ci ha colpito dal 2009 al 2011 e che ci ha portato a perdere il 20 per cento del nostro fatturato – commenta Antonio Liana, titolare della società – abbiamo deciso di puntare tutto sui pilastri della nostra attività, ovvero i materiali, la fidata clientela, la qualità del prodotto finito, le risorse umane interne e le avanzate tecnologie – per esempio gli impianti di estrusione. Così facendo siamo riusciti a chiudere il 2012 quasi alla pari del 2008, e il primo trimestre 2013 ha registrato un aumento del 18 per cento rispetto al corrispondente trimestre 2012». Nello specifico, come si è evoluta negli


Antonio Liana

anni la Liana? «La nostra azienda a conduzione familiare è nata nei primi anni 80, anni durante i quali ci siamo specializzati nella produzione di guarnizioni per il settore dei serramenti in legno, alluminio e pvc. L’entusiasmo e la voglia di affermarci hanno fatto sì che nei successivi dieci anni la società si sviluppasse tanto da cominciare a diversificarsi e ad affrontare nuovi mercati di riferimento con prodotti coestrusi e triestrusi in pvc e materiali termoplastici. Infine, all’inizio del nuovo millennio, abbiamo arricchito la gamma dei materiali con il PP – PE – PU – PC – PMMA – ABS – SEBS – EPDM – silicone – materiali conduttivi – espansi e altro, inoltre, abbiamo fatto un ulteriore passo avanti, rafforzando la nostra competitività attraverso un’officina meccanica e una struttura tecnico-commerciale molto competente». Quindi, oggi, in quali settori e mercati siete presenti? «Attualmente lavoriamo sia sul territorio italiano, in particolar modo con grandi aziende e multinazionali, sia su quello estero – Eu-

ropa, Sud America e paesi Arabi –. Grazie alla diversificazione e al graduale ampliamento produttivo, serviamo i settori del serramento, dei box doccia, dell’automazione per cancelli e delle attrezzature sportive; e ancora il navale, la sicurezza industriale, l’illuminazione, la refrigerazione industriale e alimentare, la pavimentazione per esterni e tanti altri». Qual è il settore che in questo momento vi sta dando più soddisfazioni? «Sicuramente il settore dell’automazione è quello che ci sta impegnando di più. Oltre ai prodotti per cancelli automatici e simili, abbiamo realizzato dei sistemi con dei profili di sicurezza da porre intorno a svariati macchinari industriali, delle vere e proprie guarnizioni dotate di particolari sensori che intervengono in caso di emergenza e bloccano all’istante la macchina, garantendo così l’incolumità della persona. Ognuno di questi prodotti viene realizzato di volta in volta in base alle specifiche esigenze dei committenti e del loro settore di apparteneneza. Inoltre, stiamo realizzando un prodotto luminescente pensato per la casa. Questi articoli saranno realizzati con materiali termoplastici e creeranno figure luminose in grado di conferire agli ambienti di un’abitazione una luce molto diversa da quella a cui siamo abituati. Lo scopo di ogni nostro articolo è quello di dare soluzioni, sicurezza e design». VENETO 2013 • DOSSIER • 127


Ricerca e tecnologia, motori di sviluppo Confindustria e il Consiglio nazionale delle Ricerche hanno da poco stilato un accordo per promuovere ricerca e innovazione. Maurizio Zanon racconta le innovazioni sviluppate per la produzione di film in materiali plastici Marco Tedeschi

icerca e innovazione come carta prioritaria da giocare per lo sviluppo del Paese. Per Confindustria una convinzione e un impegno che nel mese di febbraio ha avuto un ulteriore tassello nella firma di un accordo con il Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche. «L'intelligenza e la conoscenza, cioè la ricerca e l'innovazione, sono la via insostituibile per lo sviluppo economico e sociale del Paese», sono le prime parole del comunicato messo a punto dopo la firma di Confindustria e Cnr. Ne è cosciente Pati, azienda che nasce nel 1962 e da allora ha costantemente sviluppato la produzione di film in materiali plastici, sia destinati alla serricoltura, sia ai mercati di alta tecnologia nei settori

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130 • DOSSIER • VENETO 2013

dell’aereonautica e dell’automotive di alta gamma. «Le attività dell’azienda – spiega il titolare Maurizio Zanon - sono sempre state improntate allo spirito di ricerca conoscitiva e d’innovazione tecnologica, fattori che ci hanno resi, nei settori in cui siamo attivi, un’azienda di riferimento nel mercato». Pur nelle difficoltà di questi ultimi anni, anche il 2012 é stato superato positivamente dall’azienda trevisana. «Questo non solo grazie a una prudente gestione commerciale e finanziaria, ma anche grazie alla realizzazione di progetti di espansione dei nostri mercati, soprattutto all’estero. Le nostre produzioni destinate alla serricoltura si sono decisamente irrobustite nei mercati americani, specialmente in Canada e in Messico, mentre quelle desti-

In apertura, il Coca Cola Pavillon, realizzato da P.A.T.I. in occasione delle Olimpiadi di Londra. Nella pagina accanto Maurizio Zanon, titolare dell’azienda con sede e sito produttivo in San Zenone degli Ezzelini (TV) www.pati.it


Maurizio Zanon

nate all’industria hanno trovato nuovi sbocchi commerciali negli Usa, in Cina e in Corea. Queste ultime, costituite da film fluoropolimerici, vengono impiegate nei cicli di produzione dei materiali compositi in fibre di carbonio, quindi nella produzione di componenti strutturali in aereonautica, nella nautica, e nelle automobili di alta gamma sia sportive che da corsa. Possiamo dire che contribuiamo anche alla componentistica delle Formula Uno». Un’ulteriore applicazione, ormai in fase di sviluppo avanzato, è quella della produzione di film in Fep ed Etfe per realizzazioni architettoniche. «In questo campo per imporci come attori prioritari abbiamo installato tre anni fa la più grossa linea di estrusione esistente al mondo, specificatamente progettata per questa tipologia di materiali plastici. Questa linea, dotata di un sofisticato sistema di controllo degli spessori, ci ha consentito di entrare nel mondo delle applicazioni architettoniche, con la fornitura di film per diverse realizzazioni, ultime tra le quali un palazzetto esposizioni a Verona, il Coca Cola Pavillon alle Olimpiadi di Londra, e attualmente in

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Sono attualmente in discussione forniture per uno stadio sportivo in Qatar, e un centro commerciale in Cina

fase di costruzione un centro commerciale, l’Abdali Mall ad Amman. Sono attualmente in discussione forniture per uno stadio sportivo in Qatar, e un centro commerciale in Cina. I futuri e più immediati investimenti riguarderanno l’implementazione della linea di produzione, lo sviluppo dei processi di stampa dei film in Etfe, il perfezionamento delle formulazioni per migliorare le caratteristiche radiometriche dei film ai fini di risparmio energetico all’interno delle realizzazioni». L’export rappresenta sicuramente una fetta importante di mercato Pati. «Nel 2012 abbiamo realizzato un fatturato di 17.000 Mln di Euro, di cui il 30 per cento come export. Le nostre aspirazioni – conclude Zanon – sono di portare la quota export al 40 per cento nell’arco di 2-3 anni e di incrementare la presenza nei settori industriale e architettonico al 40 per cento». VENETO 2013 • DOSSIER • 131


TECNOLOGIE

Il futuro europeo dell’Ict sarà in cloud anda larga, servizi digitali e cloud, diritto d’autore e copyright in rete. Questi i punti chiave dell’Agenda digitale Ue presentata a dicembre 2012 dal commissario europeo Neelie Kroes. Secondo Kroes, la concretizzazione di questi impegni, entro il 2020, porterà il settore informatico a valere 5 punti del Pil dell’Unione. Un treno da non perdere per le società italiane attive nell’Ict. Per capire quale futuro è alle porte ci rivolgiamo a Ingrid Monaco, responsabile comunicazione e marketing di Nest2 Spa, società di engineering e system integrator concentrata sulle problematiche delle reti e delle telecomunicazioni, fuori e dentro il sistema aziendale. «Se le linee di azione stabilite nell’Agenda digitale si concretizzeranno, il concetto di networked society non sarà più solo un’idea. Passando dalle parole ai fatti, si creeranno nuove e molteplici opportunità. Sarà però necessario il contributo di tutti i soggetti coinvolti (cittadini, Pa, aziende) per sviluppare nuovi modelli di business, che pongano al centro innovazione e produttività per progettare nuove infrastrutture e processi di provi-

B Ingrid Monaco, responsabile comunicazione e marketing di Nest2 Spa di Limena (PD). Nelle pagine successive, alcuni addetti di Nest2 al lavoro www.nest2.com

Ingrid Monaco traduce in opportunità gli scenari aperti dall’Agenda digitale Ue. Gli strumenti, le tecnologie e le possibilità di crescita. Sia per il settore informatico e Tlc, sia per le imprese che sapranno investire sulla nuova rivoluzione digitale Luca Càvera

sioning funzionali a collegare cittadini, aziende e amministrazioni, che condivideranno enormi quantità di dati in sicurezza, in qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo connesso alla rete». Fra le altre priorità dell’Agenda digitale c’è il cloud computing, soprattutto per la Pa. Quale scenario prevede? «Il cloud è il nuovo approccio tecnologico. Esso prescinde dalla localizzazione fisica dei dati, astraendo le risorse hardware e software utilizzate. Ciò significa che tutti potranno raggiungere i dati e le applicazioni con qualsiasi dispositivo connesso a Internet, in qualsiasi parte del mondo si trovino. Ed essendo un servizio fornito, evita all’azienda di fare investimenti hardware e software, con evidente risparmio sulla manutenzione ed evoluzione. L’azienda può anche decidere un utilizzo a ore delle risorse, evitando inutili investimenti». Questi vantaggi non portano con loro anche qualche inconveniente? «Naturalmente non posso non ricordare alcune criticità e polemiche aperte che riguardano la sicurezza dei dati e la continuità del servizio. La prima nasce dal fatto che i dati sono gestiti da fornitori terzi ed è opportuno, quindi, scegliere bene quelli che saranno “in


Ingrid Monaco

3,8 Mln

NUOVI POSTI DI LAVORO DISPONIBILI ENTRO IL 2020 CON the cloud” e tutelarli sia da un punto di vista tecnico che legale. La seconda è legata all’affidabilità del fornitore e alla capacità della connessione. Un disservizio potrebbe bloccare le attività dell’azienda, provocando un danno economico non controllabile interamente. Il problema è però risolvibile prevedendo una ridondanza sia delle risorse di elaborazione remota sia delle connessioni Internet». Queste criticità sollevano ancora perplessità nelle piccole realtà imprenditoriali, quali sono le strategie per comunicare efficacemente le possibilità offerte dall’Ict? «Innanzitutto è importante rivolgersi alle Pmi parlando un linguaggio non tecnico, semplice, che sappia calarsi con esempi pratici nella quotidianità lavorativa e che evidenzi con chiarezza le funzioni che svolgono i servizi di sicurezza informatica. Talvolta è necessario per prima cosa fare formazione sui rischi legati all’uso scorretto delle tecnologie e poi responsabilizzare le Pmi, affinché conquistino un atteggiamento consapevole sul fatto che

LA MESSA IN PRATICA DEI PUNTI PREVISTI DALLA NUOVA AGENDA DIGITALE UE (STIME DELLA COMMISSIONE EUROPEA)

l’integrazione di sistemi tecnologici messi in sicurezza è indispensabile per favorire lo sviluppo e la crescita del loro business. Tirando le somme, abbiamo imparato nel tempo e con molti sforzi che è fondamentale il “modo” di comunicare con le piccole e medie imprese. Queste infatti, a differenza delle grandi aziende, non hanno in organico personale Ict specializzato e, talvolta, colui che decide l’architettura di sicurezza della rete è lo stesso titolare». Sul fronte appunto della capacità di promuovere l’Ict – soprattutto in tempi di crisi –, qual è stato nell’ultimo biennio l’andamento del settore? «Gli ultimi due anni sono stati molto impegnativi. Abbiamo continuato a veder calare la spesa nel settore delle tecnologie dell’infor- áá VENETO 2013 • DOSSIER • 135


TECNOLOGIE

❝ áá mazione e della comunicazione, con un calo

Le soluzioni cloud sollevano le aziende dall’investire in hardware e software, con evidenti risparmi anche sulla manutenzione

del 3,6 per cento rispetto al 2011. E nondimeno, il comparto Tlc, vede le spese di telefonia fissa calare del 4,2 per cento rispetto al 3 per cento di quella mobile. Non ci resta che sperare che il 2013 sia un anno diverso. Non possiamo certo puntare il dito contro l’andamento degli ultimi due anni, perché viviamo in un periodo di transizione globale e non dimentichiamo che rispetto a quindici anni fa il settore delle telecomunicazioni ha registrato una crescita del 66 per cento». Per ciò che riguarda la vostra azienda, come si è concluso il 2012? «Abbiamo chiuso il fatturato 2012 in positivo rispetto al 2011, riuscendo a garantire continuità per il futuro lavorativo di tutta l’azienda. L’esperienza maturata con le grandi aziende – il nostro target spazia dalle Pa alle assicurazioni, dai carrier al commercio, dalle forze armate all’industria, dagli istituti di credito alle organizzazioni di categoria, dai trasporti al mondo della sanità e alle società di servizi sia nel settore privato che bancario – ci ha permesso di proporre anche alle Pmi soluzioni di sicurezza informatica e servizi integrati di alta qualità a prezzi accessibili. Il nostro servizio Giano “sicurezza informatica gestita” è stato molto apprezzato dalle im-

prese. Questo si caratterizza per essere un servizio completo di consulenza e rappresenta la soluzione ideale per mettere in sicurezza le aziende dai pericoli legati alla navigazione Internet e dalle possibili intrusioni nel sistema informatico». Quali sono gli investimenti che avete programmato per il 2013 e quali le prospettive e gli obiettivi che attraverso questi investimenti intendente raggiungere? «La nostra forza è anticipare le tendenze di mercato con soluzioni innovative, affidabili e di qualità. Per fare questo investiamo costantemente nella ricerca di nuove soluzioni e nell’aggiornamento del personale tecnico e commerciale. Per il 2013 – ma è un piano di sviluppo che investirà interamente il prossimo biennio – abbiamo in programma la messa a punto di nuove soluzioni di comunicazione e collaborazione studiate appositamente per le Pmi, anche sfruttando le possibilità offerte dall’approccio cloud, rispondendo così alla domanda di innovazione digitale, sempre più sentita in Italia».

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TECNOLOGIE

Sosteniamo la crescita con l’innovazione n un periodo aggravato dalla crisi economica e dopo anni di mancati investimenti, molte aziende hanno bisogno di un piano di rinnovamento strutturale e tecnologico, sia per rimodernizzare il parco macchine obsoleto sia per riqualificare la produzione. Il mercato ha voglia di novità e le istituzioni italiane dovrebbero aiutare le Pmi per favorire nuovi investimenti, agevolando gli sgravi fiscali diretti e indiretti, e appoggiandole con specifici piani di innovazione». Questa secondo Bruno Giacomazzi, titolare di Cutting Trading, una delle misure da adottare tra gli interventi per sostenere la crescita economica e per rilanciare la competitività del sistema produttivo del nostro paese. «E non ultimo, mettere le banche nella condizione di essere più generose nell’erogazione del credito, sostenendo gli imprenditori a crescere e tutelando il made in Italy. Soprat-

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Cutting Trading ha sede a Castelfranco Veneto (TV). Nelle immagini, macchine relative al taglio del tessuti tecnici in genere www.cuttingtrading.com

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Incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Bruno Giacomazzi interviene sulle misure da adottare per sostenere e promuovere la crescita economica e rilanciare la competitività del sistema produttivo del paese Viviana Dasara

tutto per quelle aziende che meritano assolutamente di essere appoggiate, aziende che non riescono a decollare a causa della forte crisi economica, per l’assenza di iniziative e di garanzie da parte dello Stato e per la mancanza di mezzi finanziari adeguati». La Cutting Trading, investe in ricerca e innovazione, e si distingue nel mondo del taglio. Forte di un’esperienza ultra ventennale nel mercato della stesura e del taglio dei tessuti nei più svariati settori che vanno dall’abbiglia-


Bruno Giacomazzi

mento, al mobile imbottito, all’automotive, al tessuto tecnico. «Nel nostro settore – continua Giacomazzi – la ricerca di nuove tecnologie e l’innovazione del prodotto sono fondamentali per la crescita. L’obiettivo di una maggiore competitività delle imprese passa anche per la Il mercato ha voglia di novità e le istituzioni ricerca tecnologica e lo sviitaliane dovrebbero favorire nuovi investimenti luppo di novità e nuove percon specifici piani di innovazione formance. Oggi la nostra azienda è concentrata sullo studio di utensili e sistemi di taglio innovativi che porteranno a soluzioni produttive attualmente non soddisfatta dei continui riscontri positivi da ancora presenti sul mercato». Dunque, re- parte della propria clientela e sicura di poter stano saldi gli obiettivi e le prospettive, no- affrontare con il prodotto Raptor tutte le pronostante il clima di incertezza politica ed eco- blematiche che il mercato richiede per la lanomica. L’esperienza acquisita attraverso la vorazione di tessuti tecnici sempre più innocollaborazione con alcune delle più presti- vativi. «Dall’inizio della crisi nel 2008 le giose aziende internazionali del settore ha perdite sono state considerevoli e bisognerà lapermesso a Cutting Trading di conseguire un vorare ancora molto per poter riportare elevato livello di conoscenza nella gestione l’azienda in una situazione economica che si del taglio di diversi materiali quali carbonio, possa considerare buona. Tuttavia, le criticità kevlar e fibra di vetro, ma anche pvc, gomma, riscontrate in questo percorso ci hanno spinto pelle e naturalmente tessuto. La macchina a fare importanti investimenti per realizzare Raptor è stata realizzata pensando a una mac- un prodotto che oggi tutti riconoscono tra le china industriale a tutti gli effetti, non a un eccellenze nel settore. Tra questi investimenti semplice plotter, sia per precisione che per so- rientrano i mercati internazionali per prolidità, affidabilità e facilità d’uso. Nel mercato muovere l’immagine del prodotto italiano attuale la macchina Raptor rispecchia l’eccel- nel mondo, pur non trascurando l’Italia, lenza: il software è interamente realizzato da mercato in cui continuiamo a credere e che Cutting Trading e pacchetti software perso- ci obbliga a fare notevoli sforzi. Ci aspetnalizzati vengono creati per risolvere le varie tiamo inoltre molto anche dai paesi delproblematiche che insorgono durante le la- l’America Latina e non ultimo puntiamo sul vorazioni. Cutting Trading è particolarmente mercato russo».

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TECNOLOGIE

Pmi, un accesso più rapido alle informazioni Gestire la documentazione sottrae risorse alle imprese. In termini di tempo, di costi, di opportunità. Daniele Giunta presenta i sistemi di document and business process. Soluzioni dedicate alle Pmi per un accesso all’informazione in tempo reale Valerio Germanico

l patrimonio più importante, per un’impresa, è l’informazione. Cioè tutti i documenti, attivi e passivi, in digitale e analogico, prodotti e ricevuti, la loro reperibilità per l’approvazione di pratiche e progetti. A motivare questa affermazione ci sono i numeri: il 20 per cento del tempo lavorativo è dedicato alla gestione dei documenti, il 40 per cento dei documenti viene copiato almeno quattro volte all’interno delle macchine. E ancora, l’80 per cento dei documenti archiviati non sono più utilizzati, perché se ne ignora l’esistenza. Il restante 20 non è dispo-

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Daniele Giunta, titolare della D. G. Global Service Srl di San Giovanni Lupatoto (VR) www.dggs.it

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nibile mai immediatamente nel momento in cui serve. «Solo una gestione strutturata e controllata, un’archiviazione che assegni a ogni informazione una casella precisa e che consenta il recupero in tempo reale, può permettere di ridurre i tempi decisionali e di ottimizzare i costi di un’impresa». A porre la soluzione in questi termini è Daniele Giunta, titolare della D.G. Global Service, società di servizi Ict per le imprese, che si rivolge al mercato nazionale ed estero. Com’è possibile definire questa soluzione? «Stiamo parlando di document & business process. Le aziende sono sommerse da dati e informazioni, che sono certamente utili per la loro attività, tuttavia non lo sono tutte contemporaneamente. Al contrario, le informazioni vanno organizzate, rese disponibili e soprattutto significative, in maniera tale da poter essere facilmente connesse con i processi operativi e decisionali. Sintetizzando, le informazioni vanno valorizzate. Per far questo occorrono degli strumenti». Quali sono i principali? «Si parte dall’implementazione di un buon sistema di archiviazione, che acquisisca i documenti dalle diverse fonti: documenti elettronici, cartacei, sistemi informatici. Una volta poi che l’informazione è stata archiviata, il sistema deve mettere a disposizione una serie di interfacce semplici da gestire e che facilitino


Daniele Giunta

Se le informazioni sono organizzate, disponibili e significative, possono essere facilmente connesse con i processi operativi e decisionali

la comunicazione fra tutti i soggetti che devono condividere l’informazione. Infatti la gestione documentale da sola non basta. Anzi, può rappresentare la tomba dei documenti. Che invece devono poter essere messi in circolo all’interno dell’azienda sia attraverso workflow di processo visuali, sia integrati con il gestionale in uso». Una volta fatto ciò, quali sono i passaggi successivi? «Stabilito il punto di partenza sul quale innestare un motore di gestione delle informazioni proattivo che combina un insieme flessibile di operazioni e utenti, in modo graduale sarà possibile gestire tutte le informazioni e stabilire dei percorsi per incanalare l’avanzamento o lo sviluppo di una determinata informazione. Inoltre, con un sistema organizzato correttamente, tutta l’informazione può essere catalogata, classificata e archiviata in maniera semplice e di facile reperibilità. E diventa anche realistico fare a meno della carta, arrivando alla smaterializzazione dei documenti (archiviazione sostitutiva), recuperando così gli spazi per lo stoccaggio fisico». Qual è oggi la situazione del vostro mercato di riferimento? «Per quanto riguarda il mercato interno è senz’altro critica. Mancando la domanda da parte dei consumatori, le aziende si trovano con i magazzini pieni. Di conseguenza si fermano le produzioni, con un danno per i lavoratori, che essendo a loro volta dei consumatori fanno sì che questo circolo vizioso non si spezzi mai,

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anzi, si rafforzi. Non a caso le uniche aziende che continuano a procedere con fatturati in attivo sono quelle che lavorano con l’estero. Noi stessi ci siamo già avviati verso questa direzione e stiamo cercando dei partner che vogliano investire in una collaborazione con lo scopo di potenziare la nostra capacità di muoverci nei mercati oltreconfine». Nel vostro settore è importante l’investimento in R&d. Quanto investite? «La nostra è una realtà piccola, ma abbiamo sempre cercato di investire un 20-25 per cento del nostro fatturato nell’innovazione e nella ricerca. Destinare queste risorse, purtroppo, negli ultimi anni, non è stato possibile a causa della situazione di crisi. Tuttavia siamo consapevoli che in questo settore sia necessario avere a disposizione più risorse, anche con un aiuto dello Stato e delle banche. Per tornare a investire sarebbe significativa anche soltanto una diminuzione della pressione fiscale». VENETO 2013 • DOSSIER • 143


TECNOLOGIE

L’ingegneria per il trattamento termico Lo stato di salute dell’industria dell’acciaio. Il mercato è fermo. Tuttavia alcune aziende stanno approfittando del “momento di tranquillità” per massimizzare gli investimenti degli anni scorsi. Luciano Balada, per la sua impresa, ha scelto di puntare sul risparmio energetico Manlio Teodoro

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opo i fatturati record ottenuti nel 2008, per noi produttori di forni industriali, il trend è sempre stato in negativo. La situazione del settore sicuramente risente della crisi e del suo perdurare. Però registriamo che alcune grosse aziende stanno sfruttando questo “momento di tranquillità” per massimizzare la resa dagli investimenti in aggiornamenti tecnici e produttivi». È questo il quadro presentato da Luciano Balada, titolare della Sigma Engineering, azienda del mondo acciaio, specializzata nella produzione di forni da trattamento termico, da forgiatura e gruppi di miscelazione combustibili. «Sicuramente per ridare impulso al nostro settore è necessaria una maggiore attenzione nella proposta, da parte delle istituzioni, di strumenti specifici per supportare le aziende e incentivare la produzione e l’innovazione. Questi due fattori sono infatti la base per un qualsivoglia sviluppo presente e futuro». L’azienda di Rogno, in linea con le criticità del comparto, ha registrato negli ultimi anni una flessione significativa, che ha trovato infine una leggera inversione di tendenza nel corso del 2012. Dato non certamente sufficiente a parlare di recupero, tuttavia un primo segnale di incoraggiamento. «La maggiore criticità non è tanto legata per noi al trend negativo, che dipende dal mercato. Bensì dalla contrazione totale delle possibilità di accesso al credito, che sta portando molte aziende a seri problemi di liquidità, dato che siamo costretti, per la nostra tipologia di prodotto, a esporci finanziariamente attingendo alle risorse interne». Quanto alle criticità del mercato, le difficoltà della Sigma Engineering sono dovute soprat-

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Luciano Balada

Abbiamo investito su un impianto da 200 tonnellate con efficienze termiche che arrivano fino all’85 per cento

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tutto alla sua dipendenza dal mercato italiano. «La nostra operatività è rivolta per il 90 per cento al territorio nazionale. La restante quota, destinata all’estero, è legata alle nostre partnership con altre aziende italiane che hanno stabilimenti all’estero, principalmente sul mercato europeo. Possiamo sicuramente dire che il mercato estero nobilita il nostro lavoro, perché riconosce la qualità e la professionalità – in Italia, invece, si guarda solo al valore puramente economico». Gli impianti prodotti dall’azienda guidata da Balada sono destinati soprattutto all’industria della lavorazione dell’acciaio a caldo per la forgiatura e per lo stampaggio, nonché al trattamento termico. «In uno spettro più ampio si possono inserire anche quelle nicchie di mercato in cui può essere necessario un ciclo termico. È il caso per esempio degli essiccatoi, dei sistemi di essicazione per trattamenti refrattari e dei sistemi di combustione per il trattamento del vetro». In tutte queste lavorazioni è fondamentale un’attenzione massima per gli aspetti ambientali. Sotto questo profilo l’attenzione della Sigma Engineering è massima. «Da anni abbiamo sviluppato e introdotto sul mercato sistemi di combustione ad alta efficienza e bassissime emissioni. Tutti i nostri sistemi sono basati sul

recupero del calore contenuto nei fumi di scarico, che rappresentano una quantità molto rilevante dell’energia introdotta nel sistema e che permette infatti di ottenere recuperi che vanno dal 20 al 50 per cento rispetto ai sistemi tradizionali. Inoltre, abbiamo recentemente investito su un impianto per forno da forgia da 200 tonnellate nel quale abbiamo introdotto dei bruciatori a rigenerazione di calore con efficienze termiche che arrivano fino all’85 per cento, che sfruttano tecnologia americana e sistemi di controllo e automazione tedeschi. Quest’ultimo investimento rappresenta per noi il fiore all’occhiello del nostro impegno nel risparmio energetico e nella riduzione al minimo dell’impatto ambientale del ciclo produttivo. Infine, su questo fronte, studiamo la fluidodinamica e la trasmissione di calore per avere il miglior bilancio di utilizzo dell’energia». Come a rimarcare il significato del nome della propria azienda, Luciano Balada, parlando dell’anno in corso, conclude che: «Anche se il settore sta attraversando un momento di difficoltà economica, sono fortemente convinto che la tecnologia, e l’ingegneria in particolare, possa guardare avanti e porsi degli obiettivi sempre più specifici e qualitativi, magari puntando anche sul controllo e l’abbattimento dei costi».

La Sigma Engineering Srl ha sede a Rogno (BG) www.sigmaeng.it info@sigmaeng.it

VENETO 2013 • DOSSIER • 145


TECNOLOGIE

Soluzioni software per l’impresa n un mercato che sembra accusare il peso di una crisi senza fine, il comparto delle tecnologie e dell’informatica sembra resistere meglio di altri. Merito della potenzialità di reazione, e del fatto di essere basato su tecnologie indispensabili e coerenti con il funzionamento dell’impresa. «Il progresso tecnologico – spiega Paolo Olivieri, titolare della A&P Group -, evidente nel nostro settore, aiuta le imprese a conseguire riduzioni nei costi affrontando meglio le dinamiche dei mercati». La neonata A&P Group è la naturale evoluzione della A&P Olivieri e, ancor prima, della Olivieri Danilo Snc, aziende che sono sempre state gestite dalla famiglia degli attuali titolari. Eredita dunque un’esperienza di oltre 68 anni di attività nel settore e si pone come punto di riferimento sul mercato di Verona e provincia per la fornitura di servizi e beni per gli uffici: dai sistemi di stampa per piccole e grandi aziende alle soluzioni documentali più complesse, alle più sofisticate soluzioni di arredo. Ora, anche grazie alla collaborazione con l’importante leader giapponese Sharp, il mercato sembra ripagare ancora di più l’azienda veronese. «A&P Group ha saputo consolidare la presenza centrando gli obiettivi fissati sin dall’inizio dell’anno. La nostra clientela è fidelizzata e questo ci consente di allargare la gamma di prodotti grazie alla continua e mirata offerta di strumenti per migliorare il modo di lavorare in ufficio. Le criticità maggiori s’incontrano nell’approccio ai prospect, dove incisività e concretezza, che non

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La partnership con il leader giapponese Sharp ha consolidato il mercato dell’azienda veronese A&P Group. Merito anche di un settore, quello delle tecnologie e dell’informatica, che ha saputo reagire meglio di altri alla crisi. La parola a Paolo Olivieri Marco Tedeschi

ci mancano, si scontrano con l’incertezza che condiziona i tempi delle scelte verso nuovi prodotti e fornitori». Nuovi prodotti che significano nuove soluzioni tecnologiche. «Il nostro gruppo ha sempre investito nell’aggiornamento tecnologico e nella formazione dei collaboratori. Il rinnovamento è l’attitudine che va interiorizzata, pena l’incapacità di convincere i clienti dell’opportunità di cambiare: essere un partner di riferimento significa essere sempre alla ricerca di nuovi prodotti, monitorare con attenzione le novità proposte e adeguare di conseguenza l’of-

A&P Group ha sede a Verona www.aeptecnologie.it


Paolo Olivieri

ferta commerciale. La richiesta, da parte dei clienti, di analisi dei costi e loro ottimizzazione sta generando un’interessante interazione con la prospettiva di proporre soluzioni software che completano la tradizionale offerta di sistemi multifunzione per ufficio». Come accennato, tra le novità significative c’è la collaborazione con Sharp, un’azienda che da oltre 100 anni ha fatto dell’innovazione un motore pulsante. «A&P Group ha sempre cercato novità e dinamismo: Sharp è un marchio che s’incontra di frequente nei momenti salienti dell’innovazione tecnologica dell’elettronica, con una propensione impressionante per la creazione di prodotti tecnologicamente oltre la frontiera del presente. La gamma di sistemi di stampa multifunzione per ufficio, ad esempio, è una delle più complete e articolate, caratteristica fondamentale per avere un portafoglio flessibile di prodotti. Negli uffici, oggi, è necessario ben altro: dalle lavagne interattive per l’allestimento delle sale riunioni, ai videoproiettori ad alta definizione fino ai monitor componibili, i videowall, per l’allestimento di show room attrezzati con prodotti di standard elevato. La partnership è nata perché A&P Group cerca prodotti per differenziare la propria offerta, e Sharp offre esattamente il valore desi-

Il rinnovamento è l’attitudine che va interiorizzata, pena l’incapacità di convincere i clienti dell’opportunità di cambiare

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derato da A&P insieme a flessibilità e un supporto che difficilmente trovano pari tra altri attori del mercato». Una partnership, quella con Sharp che ha aperto nuove prospettive. «Questa collaborazione ha consolidato la nostra leadership e ci ha consentito di seguire al meglio i clienti, concentrandoci sul territorio di Verona e provincia senza rinunciare a seguire grandi clienti con sedi sul territorio nazionale grazie a una rete di aziende partner. L’offerta di Sharp combina hardware e software consentendoci di sviluppare l’attività sui clienti di dimensioni medie e grandi per diventare un punto di riferimento sul territorio. Soprattutto l’introduzione delle soluzioni video professionali come le lavagne touch screen e dei sistemi di stampa per Alto Volume b/n e colore – conclude Olivieri - permetterà di ampliare l’offerta in aree di mercato a elevato valore aggiunto». VENETO 2013 • DOSSIER • 149


CONSULENZA

Ambienti lavorativi, come si controlla il rumore mmaginate di entrare in un ristorante bellissimo, di grande impatto visivo, ma dove, una volta seduti, è impossibile comunicare con le altre persone al vostro tavolo per colpa del riverbero, dei troppi rumori e della confusione acustica. Ritornereste in un locale del genere? Probabilmente no. E questo perché i suoni e i rumori sono la prima cosa che una persona individua entrando in un qualsiasi tipo di ambiente – commerciale, industriale, esterno o interno – e a nessuno fa piacere essere bombardato di input acustici fastidiosi e caotici. Immaginate, poi, di trovarvi all’interno di uffici open space o all’interno dei reparti produttivi di un’azienda, dove i rumori possono arrivare a livelli altissimi e il rischio uditivo – ovvero la possibilità di perdere l’udito – può diventare pericolosamente elevato. È di queste situazioni che si occupa la Marvinacustica, società di Schio. Come spiega Mario Capovin, titolare dell’impresa: «Da oltre trentacinque anni operiamo nel settore dell’isolamento acustico industriale e civile, offrendo la soluzione più adatta per ogni specifico caso, in piena conformità alle vigenti normative acustiche in ambito lavorativo esterno o interno». Nello specifico, come interviene la Marvina-

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Mario Capovin, titolare della Marvinacustica Srl di Schio (VI) www.marvinacustica.it

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Lo studio acustico dell’ambiente, attraverso rilievi fonometrici permette di comprendere quali sono le fonti del rumore e gli elementi che incidono sul disturbo per poi eliminarli. Mario Capovin fa il punto sulla sicurezza acustica Emanuela Caruso

custica in caso di disturbo da rumore? «Partiamo con l’analisi del problema, cercando di capire quali sono le fonti del rumore e quali elementi incidono sul disturbo, e poi procediamo con lo studio acustico dell’ambiente attraverso rilievi fonometrici e intensimetrici che individuano il livello e la qualità del rumore. Le varie misurazioni possono essere fiscali, cioè confrontate con i valori stabiliti per legge, oppure non fiscali ed eseguite soltanto perché si desidera migliorare il comfort acustico di un locale. Lo studio acustico preliminare è una fase molto importante, in quanto ci permette di capire meglio il problema e ottenere valori “ante operam” da confrontare poi con il risultato finale». I vostri interventi, però, non si limitano alla sola fase preliminare, ma offrono un servizio completo. «Esatto. Al contrario di molte altre imprese che, una volta effettuata la consulenza e individuato il problema, abbandonano a se stesso il cliente, noi diamo un servizio che mira a risolvere del tutto il disturbo. Ecco perché ogni volta che veniamo contattati valutiamo e studiamo ogni singolo caso, prepariamo un progetto da far ac-


Mario Capovin

I nostri interventi mirano ad abbattere il rischio uditivo in qualsiasi tipo di ambiente: industriale, civile, esterno e interno

cettare, lo realizziamo e poi lo installiamo. Infine, collaudiamo ogni impianto o intervento svolto per essere certi dell’efficienza della nostra soluzione. In questo modo, non solo soddisfiamo a 360 gradi le esigenze dell’utente, ma ci differenziamo sul mercato». Il vostro mercato di riferimento è in particolar modo quello italiano, ma siete presenti anche all’estero. Come è riuscita la Marvinacustica a espandersi fuori dai confini nazionali? «La possibilità di lavorare in paesi come Spagna, Francia, Germania e Svizzera si è realizzata grazie alla joint venture stretta con la società inglese Iac-Acoustics, leader mondiale nel settore del controllo del rumore, di cui siamo distributori ufficiali per l’Italia relativamente a cabine per prove audiometriche e camere anecoiche. Grazie a questa collaborazione siamo riusciti ad avere contatti con gli altri paesi europei». Quanto è importante per un settore come il vostro la ricerca di nuovi materiali e nuove tecniche d’intervento? «La ricerca è importante, ma non tanto quanto in altri settori, per esempio l’elettronica. Questo perché prima di avere dalla ricerca risultati

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effettivi e attuabili passano lunghi periodi di tempo, parliamo di svariati anni, e di certo le aziende come la nostra non possono star lì ad aspettare. La vera ricerca la facciamo noi lavoratori attraverso l’esperienza e gli interventi che quotidianamente effettuiamo». Per concludere, quale andamento ha seguito la vostra attività nell’ultimo biennio? «Siamo stati fortunati, abbiamo sempre lavorato con continuità. L’andamento positivo della nostra azienda è dovuto al fatto che questo settore è regolato da norme ben precise da cui le imprese difficilmente possono svincolarsi. Operare in un ambiente tranquillo, silenzioso e sicuro è qualcosa di molto importante e solo pochissime società sono disposte a rinunciarvi. Inoltre, lavorando per medie e grosse aziende che investono nella sicurezza acustica e programmano in anticipo ogni intervento, anche in questi duri anni siamo stati ben apprezzati e abbiamo avuto una mole di impegni e commissioni costante». VENETO 2013 • DOSSIER • 151



CREDITO & IMPRESE

SOSTEGNO ALL’ECONOMIA In un momento di conclamata recessione, che rischia di trascinarsi per gran parte del 2013, banche e imprese si trovano, di fatto, su due fronti contrapposti. La negativa congiuntura economica, il ribasso dei consumi, la riduzione del risparmio, hanno fatto aumentare i rischi per le banche, che sono sempre più prudenti e selettive nell’erogare finanziamenti verso il tessuto produttivo. Gli stessi istituti di credito sono accusati

di aver chiuso i cordoni della borsa, mettendo in difficoltà aziende che dipendono strettamente dall’erogazione del credito come fonte esclusiva di finanza esterna. Del resto, l’acceso al credito ha registrato un innegabile rallentamento. Servono nuove politiche di azione e uno sforzo ulteriore in favore del dialogo e della trasparenza per alleviare il credit crunch e migliorare l’interdipendente rapporto tra banca e impresa. VENETO 2013 • DOSSIER • 153


CREDITO & IMPRESE

UNA BANCA PER IL TERRITORIO Luca Zaia ha invitato istituzioni, imprenditori e sistema bancario della regione a interrogarsi sull’opportunità di fare fronte comune per “riportare a casa” Antonveneta, qualora dovesse risultare uno scenario possibile. Le reazioni e le prospettive Leonardo Testi

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on il cambiamento di status che interesserà la Banca popolare di Milano, si torna a parlare della trasformazione delle banche popolari in società per azioni. Un tema preso in esame anche dal convegno dedicato al ruolo delle banche popolari, svoltosi lo scorso 22 febbraio a Bergamo, nel corso del quale è stata ribadita l’importanza di preservare il modello cooperativo, un modello che ha saputo garantire attenzione alle istanze del territorio e a quelle del tessuto produttivo e sociale. A incidere in questo senso probabilmente il fatto che gli ultimi esempi di trasformazione di una banca popolare in Spa non si siano rivelati positivi. Ogni riferimento ad Antonveneta non è puramente casuale se il presidente Zaia ha esortato le forze imprenditoriali e bancarie della regione a unirsi in uno sforzo condiviso per riportare dentro i confini veneti il controllo della banca acquisita dalla Monte Paschi di Siena, dopo la trasformazione in società per azioni nel 2002 e diversi passaggi di proprietà 154 • DOSSIER • VENETO 2013

(Abn-Amro e Banco Santander). Nonostante l’asset non sia sul mercato, per il presidente della Regione l’attuale situazione di Mps incoraggia comunque a ipotizzare un progetto di intervento nell’eventualità che si riapra uno spiraglio sul capitolo della vendita. Di fronte alla sollecitazione mossa da Zaia si sono susseguiti molti commenti ma nessun segnale di volersi esporre è stato lanciato dai soggetti chiamati in causa dal governatore. Il past president di Confindustria Veneto e di Fondazione Nord Est, Andrea Tomat, ha invitato alla prudenza, rilanciando l’azione di Veneto Sviluppo nello studio del dossier su Antonveneta e nella disamina del reperimento di risorse “in ambito finanziario, banche o altri attori del settore”. Contro l’ipotesi di costituire una cordata di imprenditori per rilevare Antonveneta si è schierato Alberto Bombassei, patron della Brembo e neo eletto alla Camera dei deputati nella Lista Monti, affermando come gli imprenditori debbano fare “il loro mestiere, che non è certo quello del banchiere”. Tra gli ex imprenditori raccolti in Del-


taerre, c’è chi ha passato la “palla” a Veneto Banca e a Banca popolare di Vincenza e c’è chi si è dichiarato d’accordo sulla carta, riconoscendo però tutte le difficoltà dell’operazione. Brucia ancora, dunque, la ferita prodotta dall’acquisizione di Antonveneta, interpretata soprattutto come una perdita significativa di peso specifico e di identità economica del Veneto. Considerando la centralità che oggi occupa la questione del credito, è facile ipotizzare che nel prossimo futuro istituzioni e player economici continueranno a ragionare in termini di valorizzazione della funzione di “banca del territorio”. L’ex ministro del lavoro Maurizio Sacconi ha evocato la creazione di un nuovo grande soggetto bancario del Triveneto, sottolineando l’importanza di un “processo di integrazione tra le maggiori banche che hanno radici e mercato di primo riferimento a Nord Est”, nell’ottica di operare acquisizioni per rafforzare il presidio sul territorio, sostenendo le imprese nel mercato interno e soprattutto oltre confine. In questo contesto, a pesare sono anche le con-

dizioni del mercato del credito in regione. La fase congiunturale negativa ha continuato, infatti, a deprimere la domanda di finanziamenti bancari, frenati anche dall’orientamento selettivo operato sul versante dell’offerta di credito. In base agli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia, lo scorso mese di giugno i prestiti bancari e quelli delle società finanziarie al settore produttivo, calavano del 5,1 per cento su dodici mesi. Hanno registrato un calo particolarmente pronunciato dei prestiti il settore delle costruzioni e quello manifatturiero, nello specifico i comparti del metallurgico, del tessile e abbigliamento e dei macchinari. Il rapporto banca-impresa è da sempre cruciale per le pmi, soprattutto nel Nord Est, dove le realtà produttive soffrono non solo la dimensione, ma anche la scarsa capitalizzazione. Una possibile boccata d’ossigeno può arrivare dall’intesa tra i commercialisti e i contabili delle Tre Venezie e Confindustria Veneto, che hanno elaborato un sistema di rating per rendere più semplice e più veloce l’accesso al credito per le piccole e medie imprese. VENETO 2013 • DOSSIER • 155


CREDITO & IMPRESE

PIÙ DIALOGO TRA BANCA E IMPRESA Sono diversi gli accordi siglati da Veneto Banca per incentivare l’economia del territorio. Un ulteriore passo in avanti, come rileva l’amministratore delegato Vincenzo Consoli, per migliorare il rapporto tra imprese e istituti di credito Francesca Druidi

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l credito all’economia è in flessione. Gli ultimi dati di Banca d’Italia, calcolati a fine novembre, confermano anche per il Veneto un andamento negativo per gli impieghi alle imprese e un trend discendente per i prestiti alle famiglie. In questo scenario di generale contrazione, le banche del Gruppo Veneto Banca hanno operato, nel corso del 2012, in controtendenza rispetto a questi numeri. Hanno, infatti, erogato finanziamenti per più di 27 miliardi di euro, segnando l’1 per cento in più rispetto alla fine del 2011. Ulteriori note positive per il gruppo provengono da un utile netto consolidato di 87 milioni di euro nei primi nove mesi del 2012, da una crescita della clientela pari al 4 per cento e dall’acquisizione di 20mila nuovi soci. L’istituto, che punta al traguardo dei 100mila soci entro tre anni,

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ha inoltre registrato, sempre per quanto riguarda i primi nove mesi del 2012, una raccolta diretta in aumento del 2,3 per cento e una raccolta indiretta del 4,7 per cento. Le sofferenze restano al di sotto della media nazionale. Nei prossimi mesi Veneto Banca sarà impegnata in diverse operazioni, tra cui l’annessione di CariFabriano, ma un altro obiettivo centrale a breve termine, come rileva l’amministratore delegato Vincenzo Consoli, consisterà nel sostenere l’economia e i risparmiatori, famiglie e imprese. In un contesto decisamente critico, Veneto Banca segnala numeri incoraggianti. Come si sono raggiunti questi risultati? «Confermo che Veneto Banca è andata in controtendenza rispetto al sistema bancario nazionale, continuando ad aumentare gli impieghi. Siamo una banca popolare e il servi-


Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca

Dall’inizio della crisi abbiamo lavorato a stretto contatto con le associazioni di categoria e con i consorzi di garanzia, concludendo numerosi accordi

zio al territorio è nel nostro Dna. In un contesto economico molto difficile, ci siamo impegnati fortemente per sostenere famiglie e piccole e medie imprese. Abbiamo potuto farlo perché la nostra è una realtà solida che, anche in questa fase, gode della fiducia di soci e clienti. Ne è conferma il recente successo del collocamento del nostro prestito obbligazionario convertibile, per il quale abbiamo avuto molte più richieste dell’importo disponibile. Tutte le banche soffrono per il deterioramento della qualità del credito, che deriva dalla congiuntura economica negativa. Noi stiamo gestendo la situazione con la massima serenità e abbiamo i mezzi necessari per continuare sulla strada intrapresa: eroghiamo gli impieghi, avvalendoci della nostra profonda conoscenza del tessuto economico-produttivo delle aree dove operiamo».

Adottando quali parametri? «Quando valutiamo il merito creditizio, prendiamo in considerazione tanti elementi, non solo i bilanci e i rating a questi legati. Per capire le pmi non basta leggere i bilanci: è necessario conoscere gli imprenditori, il management e il contesto nel quale operano. Ed è indispensabile dialogare, visitare gli impianti, osservare come si produce, “annusare” il clima dell’azienda. È quello che facciamo da sempre, cercando di capire quali tra tante aziende, comprese quelle che soffrono, meritano la nostra fiducia in una prospettiva di breve oltre che di medio periodo. I risultati continuano a confermare la validità del nostro approccio». Come definirebbe l’attuale situazione del mercato del credito in Veneto? E quale sarà a suo avviso l’andamento nei prossimi mesi in termini di qualità del credito ed erogazioni a VENETO 2013 • DOSSIER • 157


CREDITO & IMPRESE

famiglie e imprese?

«Anche il Veneto è in difficoltà: purtroppo la qualità del credito continua a peggiorare e le richieste di finanziamento sono ormai quasi unicamente finalizzate al pagamento delle tasse e alla ristrutturazione di debiti, non a nuovi investimenti. Fortunatamente, però, non mancano le imprese che hanno saputo far fronte alla crisi, puntando per tempo sull’innovazione di processo e di prodotto e sull’internazionalizzazione. E non mancano gli imprenditori di carattere, capaci di affrontare nuove sfide. Per il futuro, non ho la sfera di cristallo e non so prevedere quando potremo contare su una vera ripresa. Posso però affermare con sicurezza che Veneto Banca si è spesa e si sta spendendo con coraggio per i propri clienti ed è pronta ad accompagnarli fuori dalla crisi». In quali iniziative siete coinvolti, di concerto con gli altri attori economici e istituzionali, per facilitare l’accesso al credito delle pmi? «Collaboriamo da sempre con tutti gli attori economici e istituzionali dei nostri territori. Dall’inizio della crisi, abbiamo lavorato a stretto contatto con le associazioni di categoria e con i consorzi di garanzia, concludendo numerosi accordi. Gli ultimi tre li abbiamo firmati in queste settimane. Il primo con Confindustria Vicenza, mettendo a disposizione un plafond di finanziamenti da 50 milioni di

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euro per gli associati; il secondo con Ascom, Cna e Confartigianato della provincia di Treviso, riservando ai loro iscritti altri 50 milioni di euro; il terzo con Unindustria Treviso, rinnovando un plafond da 30 milioni di euro già messo a disposizione delle imprese associate qualche mese fa. In tutti e tre i casi, abbiamo concordato i criteri di valutazione con le associazioni e ci siamo impegnati a garantire tassi altamente concorrenziali e tempi di risposta davvero molto rapidi. Si tratta di iniziative concrete e molto efficaci, perché nascono da un dialogo costruttivo tra banca e rappresentanti delle pmi». Come valuta la proposta dell’ordine dei commercialisti e di Confindustria di elaborare un criterio di valutazione delle pmi che possa agevolarle nel rapporto con le banche? «A volte può sembrare che quello tra banche e imprese sia un dialogo tra sordi, nel quale ciascuno porta avanti solo le proprie esigenze, senza voler comprendere quelle della controparte. Valuto, quindi, molto positivamente tutto quanto possa garantire la trasparenza reciproca tra banca e cliente. Molti degli accordi che abbiamo già firmato con tante associazioni di categoria vanno proprio in questa direzione. Senza trasparenza, non ci può essere fiducia e il credito, pensiamo all’etimo stesso della parola, si basa proprio sulla fiducia».


AGEVOLATORI IN CHIAVE EXPORT Affiancare le imprese nei loro progetti di internazionalizzazione. Potenziando il dialogo con le realtà produttive in termini di trasparenza e conoscenza. L’impegno di Intesa Sanpaolo nelle parole del direttore generale dell’area nord-est, Eliano Omar Lodesani Francesca Druidi

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n un clima di generale tensione e di forte instabilità economica, le banche sono particolarmente sollecitate sul fonte dell’erogazione del credito. Eliano Omar Lodesani, direttore in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige di Intesa Sanpaolo (che in Veneto controlla Cassa di risparmio del Veneto e Cassa di risparmio di Venezia), commenta l’attuale situazione del mercato del credito. Che punto si può fare sul mercato del credito in regione? E quale sarà l’andamento in termini di qualità delle erogazioni? «La situazione del mercato del credito è in contrazione e probabilmente, visti gli scenari economici, continuerà purtroppo ancora a esserlo. In termini di qualità, cito un recentissimo dato della Banca d’Italia sulle sofferenze, il cui tasso di crescita negli ultimi 12 mesi è stato del 17,5 per cento rispetto al 16,6 per cento del mese precedente. Anche sul versante della qualità, quindi, non si vedono al momento miglioramenti. Questi dati ovviamente sono delle medie. Se focalizziamo

l’attenzione sui singoli territori e sulle caratteristiche delle aziende che vi operano, osserviamo differenze significative con alcune eccellenze positive. In particolare, notiamo che le imprese che si stanno internazionalizzando e puntano sulla continua innovazione, registrano delle performance positive». Risulta ancora debole la domanda di credito delle imprese. Quali sono le attuali esigenze e le priorità delle realtà produttive? «In questo momento così difficile ci sono anche opportunità. Le priorità delle nostre imprese riguardano soprattutto la riorganizzazione, distribuzione, internazionalizzazione e il mercato. L’aspetto finanziario è spesso una conseguenza di queste scelte. Oggi il nostro ruolo non è solo quello di essere finanziatori, ma anche di agevolatori, ad esempio come aiuto nei processi d’internazionalizzazione, vista la nostra esperienza in moltissimi mercati esteri. Proprio in Veneto ha sede il nostro servizio internazionalizzazione imprese per favorire e stimolare sempre di più l’accesso ai mercati esteri delle aziende, in particolare le piccole VENETO 2013 • DOSSIER • 159


Eliano Omar Lodesani, direttore di Intesa Sanpaolo in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige

e medie che rappresentano la maggior parte forze a compiere la nostra. Solo insieme, prendelle aziende italiane, e venete in particolare. Al suo interno, ci sono cinque desk geografici specialistici (Cina, Americhe, Asia, EuroMedAfrica, Est Europa) attivi nella pianificazione e nella realizzazione di un investimento diretto all’estero, oltre che nella gestione delle controllate oltre confine. A oggi sono stati siglati numerosi accordi di collaborazione con associazioni di categoria, consorzi export, camere di commercio e le loro aziende speciali per l’internazionalizzazione, università e altri organismi istituzionali». In che modo Intesa Sanpaolo intende sostenere concretamente l’economia del territorio veneto? «Noi siamo tra le più importanti banche del territorio, se non la più importante. Viviamo nel territorio, con il territorio e per il territorio. Siamo parte dell’economia delle nostre terre. Senza economia produttiva, senza i nostri clienti non potremmo esistere. È per noi vitale rimanere al fianco dei nostri clienti. Così come è fondamentale fare sistema tutti insieme. Le logiche di accuse incrociate non portano a nulla. Nessuno pensi di potersi salvare da solo: banche, imprese, governo ed enti pubblici e famiglie in questo momento sono tutti chiamati a fare la loro parte, sia di sacrifici sia di contributi alla ripresa della crescita. Noi siamo impegnati con tutte le nostre

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dendosi ognuno le proprie responsabilità, possiamo creare il nostro futuro». Come si può migliorare la comunicazione, e in generale, il rapporto tra banche e imprese? Come valuta la proposta dell’ordine dei commercialisti del Triveneto e di Confindustria di elaborare un criterio di valutazione delle pmi che possa aiutare le aziende nel rapporto con le banche? «Con la costruzione di linguaggi comuni e basando i rapporti sulla reciproca trasparenza. Ben vengano, quindi, iniziative tese a condividere le logiche di valutazione delle imprese. Oggi più che mai è importante consolidare e rafforzare il dialogo tra banca e impresa: la prima ha bisogno di conoscere più a fondo la seconda e, nel contempo, l’azienda ha la necessità di conoscere e capire i meccanismi attraverso cui la banca valuta il suo merito creditizio. Il nostro Gruppo sta lavorando da tempo per favorire questo dialogo. Il recente accordo firmato con le pmi aderenti a Confindustria punta proprio a rafforzare il rapporto tra banca e impresa, valorizzando la creatività e la determinazione che contraddistinguono la nostra piccola impresa. Il dialogo, che è il tratto distintivo di questi accordi con l’associazione degli industriali, è fondamentale per conoscere e approfondire difficoltà e potenziale delle imprese».



CREDITO & IMPRESE

TASSI ALTI E CRITERI SELETTIVI In uno scenario che conferma anche per il Veneto la stretta creditizia, restano per molti versi contrapposte le ragioni delle banche e quelle di imprese e famiglie. Le posizioni di Adico e Confartigianato Veneto Francesca Druidi

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l ferimento, lo scorso febbraio, del direttore del Credito cooperativo di Campodarsego, Pier Luigi Gambarotto, da parte dell’imprenditore Luciano Franceschi, al di là delle specificità dell’episodio, è sintomo di un clima generale di forte nervosismo che serpeggia tra le banche, il mondo imprenditoriale e i risparmiatori in generale. Una situazione che rischia di degenerare a causa del protrarsi della fase economica recessiva e alla quale non giova di certo l’inchiesta che sta riguardando il Monte dei paschi di Siena. Il neo presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha respinto le accuse rivolte da tempo al sistema bancario italiano di mantenere un atteggiamento restrittivo nell’erogazione del credito e di operare prevalentemente secondo logiche finanziarie, affermando in un’intervista recente che «le banche che operano in Italia prestano molto

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più di quello che raccolgono: impiegano il 120 per cento della loro raccolta». FAMIGLIE IN CRISI Non la pensa allo stesso modo Carlo Garofolini, presidente di Adico (Associazione difesa consumatori): «La persistente stretta creditizia ai danni di famiglie e aziende, nonostante la massiccia iniezione di liquidità nel sistema bancario europeo voluta nei mesi passati dalla Bce, non fa che confermare come le banche non facciano gli interessi dei consumatori, ma agiscano solo con l’obiettivo di alimentare la spirale di interessi finanziari che sostengono il sistema stesso». L’instabilità della situazione politica italiana potrebbe, per Garofolini, aggravare l’attuale quadro già critico, offrendo agli istituti di credito «l’alibi» per stringere ulteriormente i cordoni; «purtroppo tra spread, mancati prestiti e pagamenti, le aziende venete e, quindi il nostro tes-


Giuseppe Sbalchiero, presidente di Confartigianato Imprese Veneto

suto sociale, soffriranno ancora molto». Le iniziative messe in campo dall’Associazione bancaria italiana, dalla sospensione delle rate dei mutui alle famiglie a quella delle rate dei finanziamenti alle imprese, secondo il presidente di Adico non sono sufficienti. «Le famiglie e le aziende “aiutate” dagli istituti del territorio sono una goccia nel mare». L’Associazione difesa consumatori registra un numero sempre più allarmante di richieste di aiuto da parte di famiglie costrette a rivolgersi alle finanziarie. «Sono in tanti – conferma Garofolini – a restare vittime dell’usura e della criminalità». E anche per chi riesce ad accedere al sospirato mutuo «ci sono gli interessi, che la stessa Banca d’Italia ha certificato essere tra i più alti in Europa».

evidenzia il presidente di Confartigianato Imprese Veneto, Giuseppe Sbalchiero, che parla di «un accesso al credito anche molto, troppo costoso». Uno scenario che, anche per il numero uno della Confartigianato regionale, è probabilmente destinato a peggiorare con l’incertezza della governance politica legata al risultato elettorale. «Le nostre imprese, nonostante la politica monetaria espansiva, nel corso del 2012 hanno dovuto riconoscere al sistema bancario un tasso di interesse di quasi un punto (97 punti base) superiore alla media dell’Eurozona. Uno spread che, nei confronti dei colleghi tedeschi, è arrivato addirittura a 148 punti base. È un divario che ha determinato maggiori costi del credito per le imprese italiane per 14,3 miliardi». Per SbalCREDITO PER LE PMI chiero, il sostegno rappresentato dai ConA segnalare crescenti difficoltà di accesso al fidi, che hanno svolto il fondamentale ruolo credito sono anche le imprese artigiane, come di ammortizzatori sociali nel rapporto tra VENETO 2013 • DOSSIER • 163


CREDITO & IMPRESE

FINANZIAMENTI A BREVE E A MEDIO TERMINE (variazioni percentuali) 20 10 00 -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 Belluno

Padova

Rovigo

Treviso

Venezia

Verona

Vicenza

Finanziamenti a breve termine

Veneto Finanziamenti a medio/lungo termine

Fonte: Confartigianato Imprese Veneto (Campione CONFIDI Veneto)

banche e imprese, «assumendo una quota ri- corre poi diffondere in maniera più efficace – levante del rischio economico connesso alle azioni di finanziamento del sistema produttivo» – non basta più a far fronte alle esigenze. «Non a caso, in un recente sondaggio da noi realizzato su 1.000 imprenditori, alla domanda sulle priorità dell’agenda degli artigiani, gli intervistati hanno posto ai primi posti la compensazione debiti/crediti con lo Stato e la semplificazione dell’accesso al credito per le pmi». Confartigianato non si limita a restituire lo stato d’emergenza, ma suggerisce anche alcune proposte per arginare il credit crunch, in primis recuperare la solidità patrimoniale dei Confidi di matrice associativa e rendere maggiormente fruibile, da parte delle piccole e medie realtà produttive, il Fondo di garanzia per le pmi, considerata ormai un’infrastruttura permanente in grado di facilitare l’accesso al credito. «Oc-

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prosegue Sbalchiero – le soluzioni condivise definite tra le associazioni di rappresentanza imprenditoriale e il sistema bancario». Altri due punti da perseguire consistono nel favorire gli strumenti di pagamento elettronici, riducendo gli oneri per le imprese, e nel sviluppare, in particolare in sede europea, un’iniziativa per i correttivi ai parametri di Basilea 3, «finalizzati a contrastare in modo significativo effetti restrittivi per l’accesso al credito delle micro-piccole-medie imprese». Il Movimento consumatori guidato da Lorenzo Miozzi ha, inoltre, chiesto di inserire nell’agenda delle forze politiche la riforma della finanza e, in particolare, «la separazione tra banche d’affari e banche commerciali, un’adeguata regolamentazione dell’utilizzo dei derivati e il divieto di remunerare gli amministratori in base ai risultati di breve periodo».



CREDITO E IMPRESE

Più credito al manifatturiero Politiche economiche mirate e più fiducia da parte degli istituti bancari sono condizioni essenziali per il rilancio del manifatturiero. Perché, anche chi lavora con l’estero, non è del tutto al sicuro. L’esperienza di Claudio Maroccola Eugenia Campo di Costa

e prospettive nel breve periodo non sono positive per il manifatturiero. Come conferma l’esperienza della Martinica Belts, azienda di Povegliano Veronese specializzata nella produzione di cinture per uomo e donna, anche le imprese con una forte propensione verso i mercati stranieri stanno poco a poco risentendo della contrazione della domanda, dovuta a una lenta ma continua espansione della crisi economica in tutti i paesi europei. «Per far fronte ai problemi urgono politiche economiche adeguate – afferma Claudio Maroccola, titolare dell’azienda insieme al fratello Gian Vittorio –. Le banche dovrebbero ritornare a concedere credito soprattutto alla piccola e media industria, affinché questa possa reinvestirlo in nuove tecnologie e in personale specializzato». Martinica, negli ultimi due anni, ha registrato una costante contrazione dei fatturati, una maggiore difficoltà nel recupero dei crediti e un continuo aumento dei prezzi delle materie prime, con conseguente difficoltà nel contenimento dei costi. «Il progressivo calo

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del potere di acquisto del ceto medio ha inciso sulla riduzione delle vendite e quindi sul fatturato, nonostante il nostro sia un prodotto artigianale e pregiato, destinato alla fascia medio-alta del mercato». Nella realizzazione delle cinture, commercializzate con i marchi Martinica e Studs, vengono utilizzati pellami pregiati, quali coccodrillo, pitone, lucertola, ma anche pellami classici come il vitello o il cavallino trattati con tinture in capo e lavaggi morbidi e stonewashed. «Negli anni abbiamo collaborato anche con molte aziende note a livello internazionale per la produzione di private label di cinture e accessori in pelle come Emporio Armani, G-Star, Benetton, Sisley, Gas, Trussardi Jeans, Tru Trussardi, Jigsaw, Mauro Grifoni e da qualche anno produciamo anche tutta la linea cinture e bracciali Barbara Bui». Una produzione dal respiro internazionale, se si considera che la distribuzione delle cinture di Martinica Belts copre ormai tutto l’emisfero, dal Giappone all’Europa, dagli

Alcuni dettagli di produzione delle cinture Martinica Belts. L’azienda ha sede a Povegliano Veronese (VR) www.martinicabelts.it


Claudio Maroccola

Nella realizzazione delle cinture vengono utilizzati pellami pregiati, quali coccodrillo, pitone, lucertola, ma anche i pellami più classici, come vitello o cavallino

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30 MILA PEZZI PRODOTTI OGNI STAGIONE DALLA MARTINICA BELTS GRAZIE ANCHE AL SUPPORTO DI ALCUNE STRUTTURE SATELLITE

Stati Uniti al Medio Oriente. «Il mercato estero negli ultimi anni ha raggiunto un’incidenza pari al 50 per cento del nostro intero fatturato – spiega Maroccola –. A differenza di qualche anno fa, quando per noi l’estero era sinonimo di Giappone, oggi il 90 per cento del fatturato ė rappresentato dal mercato francese. Tuttavia stiamo lavorando per espandere la nostra rete di distribuzione verso nuovi mercati, attraverso alcuni contatti da concludere a breve». L’azienda ha retto l’impatto con la recessione grazie all’internazionalizzazione: «Se non fossimo stati attivi sugli scenari stranieri, anche noi saremmo stati costretti a chiudere come tanti piccoli imprenditori del manifatturiero». Il successo degli articoli Martinica Belts sta nello stile e nei continui investimenti sullo sviluppo del prodotto. «Nel nostro piccolo abbiamo sempre cercato di innovare la nostra produzione, introducendo più che altro nuove metodologie per rendere il prodotto meritevole del marchio made in Italy, ma anche avvalendoci di nuove tecnologie. Da ul-

timo, l’acquisto di un macchinario a taglio pneumatico a disegno Cad, grazie al quale riusciamo a soddisfare le esigenze dei clienti in fase di campionatura con estrema rapidità e flessibilità». I materiali e gli accessori che caratterizzano le collezioni uomo e donna sono il frutto di continue ricerche portate avanti da personale molto qualificato. La parte stilistica delle collezioni viene sviluppata internamente alla struttura da Claudio e Maximiliano Maroccola e si può dire che ogni collezione Martinica nasca da un’interpretazione creativa nella lavorazione e nella rifinitura dei diversi pellami. «La ceratura delle croste scamosciate, la tintura a mano dei pellami pregiati, o la spazzolatura a cera, e non ultimo il lavaggio in capo – conclude Maroccola – fanno sì che il prodotto finito abbia sempre un tocco di personalità Martinica». VENETO 2013 • DOSSIER • 167




VINITALY

La vetrina del vino italiano Le manifestazioni che rappresentano comparti industriali di rilevanza internazionale sono occasioni di contatti, scambi e relazioni con gli altri attori del mercato e un ottimo strumento d’internazionalizzazione per il sistema Paese. Il Vinitaly ne è un esempio Renata Gualtieri

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urante la conferenza stampa di presentazione del 47° Vinitaly, Ettore Riello in qualità di presidente di Veronafiere e di Aefi ha puntato l’attenzione sul ruolo delle fiere al tempo della globalizzazione, «un ruolo strategico – ha dichiarato – che noi operatori continuiamo a potenziare interrogandoci costantemente sulla nostra mission. Un ruolo che resta fondamentale grazie a una costante evoluzione che permette di accompagnare e anticipare cambiamenti e innovazioni offrendo supporto e servizi utili allo sviluppo dell’impresa, dentro e fuori i confini nazionali. La fiera non è solo contatto, ma è valore aggiunto, relazione, formazione e disegno di strategie di crescita del comparto che rappresenta». Il sistema fieristico italiano costituisce un comparto industriale rilevante, lo dimostrano i 3 miliardi di euro di fatturato tra diretto e indotto, i 6mila addetti tra diretti e indiretti e le oltre mille manifestazioni presenti in calendario ogni anno. Durante le fiere si chiudono accordi per circa 60 miliardi di euro di fatturato e dalle fiere internazionali passa il 15 per cento dell’export italiano. Veronafiere, come ha ricordato il presidente Ettore Riello, presidia saldamente il settore agroalimentare, detenendo il 45 per cento dell’intera offerta fieristica nazionale dedicata al comparto e per questo può essere considerata la capitale italiana dell’agroalimen-

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tare. «L’agroalimentare italiano rappresenta un patrimonio in termini di tipicità e qualità del prodotto non replicabile per il legame al territorio e che proprio su questa unicità deve portare avanti la propria sfida con i tanti e sempre più agguerriti competitor internazionali. L’Italia sui valori di questo comparto può e deve giocare la carta dell’eccellenza del made in Italy e anche per questo Vinitaly ha una sempre più forte declinazione oltre confine con Vinitaly international». EXPORT E INTERNAZIONALIZZAZIONE Il 40 per cento del fatturato della produzione vitivinicola italiana è generata dall’export però, sottolinea Riello, «possiamo e dobbiamo fare meglio perché anche se siamo bravi, ci sono ancora grandi mercati che dobbiamo aggredire e presidiare maggiormente: penso alla Russia, alla Cina, all’India ma anche al nord


Il primato dell’export

Europa, senza comunque mai dimenticare gli Usa, dove la competizione è fortissima e basta poco per cambiare lo scenario. Come organizzatori diretti di fiere stiamo costruendo, ad esempio in India e Brasile, delle vere e proprie piattaforme di promozione che, pur nascendo legate ad altri settori di attività, sono pensate in prospettiva per creare valore anche al comparto agroalimentare». INNOVAZIONE E TECNOLOGIA Tutto il sistema è caratterizzato da una costante innovazione. «Un’innovazione che – continua Riello – al tempo della globalizzazione ci porta immediatamente a pensare ad alcuni termini precisi: partecipazione e condivisione più tecnologia». Vinitaly è partecipazione e condivisione con produttori, grandi protagonisti, organizzatori di degustazioni, operatori di caratura internazionale come Opera wine, ma

anche oli e agroalimentare di qualità con il salone dedicato Solagrifood e Enolitech, dedicato Sopra, Ettore Riello alle tecnologie innovative per la filiera del vino e Giovanni Mantovani, presidente e direttore e dell’olio e la preview di Pastatrend. Vinitaly generale della fiera è anche tecnologia «che utilizza e cavalca per di Verona amplificare la forza di propulsione del proprio brand. Per questa edizione – annuncia il presidente di Veronafiere – ci apprestiamo a presentare un nuovo, importante e strategico strumento come il progetto di e-commerce Vinitaly wine club». Si tratta di una piattaforma di promozione e vendita online, che come spiega il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, ha l’obiettivo di offrire ai produttori «la possibilità di raggiungere nuovi consumatori, dando loro l’opportunità di scoprire nuovi vini provenienti da ogni angolo della Penisola. Il 6 aprile presenteremo in anteprima il progetto completo nell’ambito di Opera wine, evento in collaborazione con Wine spec- VENETO 2013 • DOSSIER • 171


VINITALY

IL VINO IN ITALIA E NEL MONDO e condizioni climatiche e riduzione del vigneto mondiale sono i fattori che peseranno sul dato produttivo mondiale del 2012, che, secondo il rapporto sulla congiuntura vitivinicola mondiale - Oiv, ottobre 2012 - dovrebbe attestarsi intorno ai 248 mhl, esclusi succhi e mosti, con una flessione stimata del 6 per cento sul 2011. Si attendono dati in crescita per Stati Uniti con 20,55 mhl, +7 per cento; Sudafrica 10 mhl, +3,6 per cento; Cile 10,9 mhl, +3,9 per cento e Australia per la quale si prospetta un + 4,1 per cento 11,5 mhl grazie ai vini bianchi. In flessione le stime per la Francia: 40,5 milioni di hl, -19 per cento. In Spagna ci si attende una riduzione del 6 per cento e del 3 per cento in Germania. Tra i Paesi vinicoli rilevanti dell’Ue in controtendenza Portogallo e Grecia, dove si prospetta un aumento dei volumi. Per quanto riguarda l’Italia, invece, con 40,8 milioni di ettolitri prodotti nel 2012, di cui oltre il 60 per cento destinato ai 521 vini a denominazione d’origine, il nostro Paese è il

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primo produttore a livello mondiale. Un settore che conta, nel nostro Paese, 383.645 imprese vitivinicole produttrici e impiega 700mila addetti per una produzione che supera il milione di etichette. Mentre i consumi interni calano sotto la soglia di 40 litri pro capite all’anno l’export mantiene alto il fatturato del vigneto italiano. Infatti, secondo i dati Istat relativi ai primi 11 mesi del 2012 elaborati da Federvini, il vino italiano sui mercati internazionali ha incamerato un +7,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, portando il fatturato dell’export a 4,66 miliardi di euro nonostante una contrazione nei volumi dell’8,3 per cento; un calo che non ci fa perdere l’ottima posizione nella classifica dei maggiori Paesi esportatori con 15 milioni di hl. A trainare il fatturato dell’export sono Stati Uniti, con oltre 730 milioni di euro, la Germania con 675 milioni, il Regno Unito (370 milioni di euro), Giappone +35 per cento, Svezia +26,4, Francia +15,2 e Canada +14,8.

Fonte dati: Rapporto Ismea, 7 febbraio 2013. Elaborazione dati Servizio stampa Veronafiere/Vinitaly su fonte: Oiv, Istat, Ismea, Federvini, Uiv, Assoenologi secondo ultimi dati disponibili e ufficiali

tator, e dal 7 aprile sarà attivo anche l’e-com-

merce. Il Vinitaly wine club è l’estensione digitale e sinergica dell’attività di promozione e sviluppo portata avanti dalla fiera fisica». A Vinitaly 2013 parteciperanno per la prima volta una delegazione del Ministero del commercio cinese e colossi del commercio online. «Con la diffusione dell’informatica e dei social media – ribadisce Riello – la vendita al dettaglio del vino trova un canale sempre più ampio attraverso il web e l’e-shop si afferma come strumento di propulsione alle vendite. Si stimano circa 190 milioni di acquirenti cinesi sul web e sono in continua crescita». I NUMERI DEL VINITALY Oltre il 35 per cento del totale della media annua dei visitatori di Vinitaly proviene dall’estero. Lo scorso anno, gli operatori stranieri sono stati 48.544 da 116 nazioni su un’af-

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fluenza complessiva che ha registrato 140.655 presenze, tra le quali 2.496 giornalisti accreditati da 45 Paesi con 170 tra radio e tv, 105 quotidiani e 110 testate online. Le adesioni a Vinitaly 2013 confermano a oggi i dati dell’ultima edizione: si prevede, secondo il direttore generale Giovanni Mantovani, di superare i 4.200 espositori da più di 20 nazioni per una superficie espositiva che, grazie all’ampliamento del padiglione 11, sarà superiore ai 95mila metri quadrati netti espositivi, in aumento sul 2012. «L’attività di conoscenza, scouting, contatto che Vinitaly compie all’estero con Vinitaly international, in collaborazione attiva con gli attori del sistema vino e tramite la rete di delegati di Veronafiere in 60 Paesi, si traduce nella presenza al Vinitaly in Italia di un significativo numero di buyer e opinion leader provenienti dalle aree geografiche di maggior interesse per il consumo di vino».



ENOLOGIA

Un patrimonio culturale da export L’alta qualità non è solo di nicchia. Marilisa Allegrini svela i segreti dietro al successo internazionale della secolare azienda di famiglia: la bottiglia fa da volano per la cultura italiana Renato Ferretti

Marilisa Allegrini

www.allegrini.it

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olo vivendo l’azienda calata nel contesto dell’eccellenza made in Italy, il consumatore, insieme alla bellezza del territorio, può apprezzare appieno la tradizione enologica, culturale e culinaria straordinaria del nostro paese». Quest’idea, da un lato origina una precisa strategia promozionale e commerciale, dall’altro lascia pensare a una cura per i dettagli e una consapevolezza insostituibili per la ricerca della qualità. Alle parole di Marilisa Allegrini, responsabile marketing dell’omonimo gruppo, corrisponde un caso aziendale la cui attività si tramanda da generazioni (si presume addirittura secolare) e che ha reso la famiglia Allegrini tra i protagonisti della storia enologica della Valpolicella. Ma i numeri del gruppo non sono quelli di una piccola realtà con un mercato di nicchia, come si potrebbe immaginare. Insieme ai suoi fratelli Walter, responsabile della conduzione viticola, e Franco, enologo, Allegrini ha portato la sua esperienza e filosofia imprenditoriale anche al di fuori del Veneto. «Abbiamo investito costantemente – dice Allegrini – nelle relazioni commerciali in passato. Oggi lavoriamo con i partner esteri soprattutto promuovendo un'accurata ospitalità presso le nostre tenute in Veneto e Toscana, elemento importante di distinzione che ci permette di consolidare un rapporto fiduciario con il cliente finale. Questo tipo di attività nasce dall’attenzione con cui difendiamo la dimensione paesaggistica, in Valpolicella come a Bolgheri e a Montalcino, dove i vigneti sono coltivati il più possibile nel rispetto dell’agricoltura biologica e sostenibile». Quali risultati avete ottenuto? «L'azienda è in continua crescita, negli ultimi due

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Marilisa Allegrini

4,1 Mln NUMERO DI BOTTIGLIE VENDUTE DALLE AZIENDE ALLEGRINI SECONDO IL BILANCIO DEL 2012 CHE CONFERMA LA SOLIDITÀ DEL GRUPPO

anni il fatturato è aumentato mediamente, ogni anno, del 20 per cento: l’anno scorso siamo passati dai 22 milioni di euro del 2011 ai 27 milioni del 2012. Un trend straordinario, risultato di una politica lungimirante che ha sempre perseguito la valorizzazione del territorio, lo sviluppo di tecniche enologiche innovative e l’accurata selezione dei partner commerciali, con un occhio di riguardo ai mercati esteri in espansione: in particolare quelli emergenti, quali Brasile, Cina e Russia». Si presume un’organizzazione piuttosto articolata. Al momento ci presentiamo come un gruppo di quattro aziende: Allegrini e Corte Giara in Veneto, Poggio al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino. La struttura distributiva è capillare, cosa che permette di essere largamente presente sul mercato domestico e in più di sessantacinque paesi esteri». Quali sono le caratteristiche tecniche che hanno premiato i vostri prodotti? «I nostri standard qualitativi si spiegano soprattutto grazie ad alcune pratiche enologiche inno-

vative: Franco Allegrini ha messo in discussione la consolidata tecnica del ripasso, sostituendo l’utilizzo delle vinacce con quello delle uve passite, al fine di indurre la seconda fermentazione. Inoltre ha sostanzialmente modificato il metodo dell’appassimento con l’ideazione di un centro modello, Terre di Fumane, fiore all’occhiello dell’enologia della Valpolicella. In questo centro è finalmente possibile portare a termine il delicato periodo di appassimento mantenendo le uve perfettamente sane». Quali saranno le prossime mosse? «L'inserimento in nuovi mercati e consistenti investimenti in comunicazione e nuovi media saranno al centro del piano strategico per i prossimi cinque anni.In aggiunta, punteremo sul rafforzamento dei marchi più giovani del gruppo, Poggio al Tesoro e San Polo, e su una sempre più mirata focalizzazione su scelte viticole e produttive di tipo eco-sostenibile. A dimostrazione dell’impegno rivolto alla compatibilità ambientale, proprio la Cantina San Polo è stata la prima in Toscana, e seconda al mondo, ad avere ottenuto il marchio CasaClima Wine». VENETO 2013 • DOSSIER • 175


PRODOTTI ALIMENTARI

Potenziamo i prodotti della nostra terra Mele cotogne, frutta candita, olio di senape e mostarda veneta. Una produzione legata al territorio che si sta facendo strada all’estero. Alberto Lazzaris presenta la sua idea di “cultura della qualità”. Come l’eccellenza culinaria può farsi business

on l’allargamento dei mercati e l’introduzione dei processi di trasformazione industriale cresce l’esigenza di ripristinare il rapporto di fiducia fra produttore e consuma- Valerio Germanico tore. Anche perché quest’ultimo è sempre più attento alla provenienza e tipicità degli alimenti e desidera riscoprire e recuperare sapori La Lazzaris Srl ha sede a Conegliano Veneto (Treviso) antichi e profumi originari. In una parola è www.lazzaris.com attento alla qualità, concetto che investe più soggetti – produttore, consumatore, strutture pubbliche, organismi di controllo –, tanto che sarebbe più opportuno parlare di “sistema della qualità” e di una “cultura della qualità” in continua evoluzione. Tale cultura favorisce lo sviluppo di un’offerta di prodotti con un forte legame con territori e tradizioni. A confermare questa tendenza è Alberto Lazzaris, amministratore di un’azienda alimentare che alle sue spalle 110 anni di esperienza nella produzione di mele cotogne, frutta candita, olio di senape e mostarda veneta. «In oltre un secolo abbiamo sempre mantenuto un forte legame con i prodotti della nostra terra. E in futuro non vogliamo cambiare questa natura, anzi vogliamo potenziare questo aspetto, rendendoci visibili e disponibili al numero maggiore di consumatori, perché siamo convinti che il consumatore oggi sia molto più curioso che in passato e abbia voglia di conoscere realtà di nicchia come la nostra». Anche un menu di sapori così particolari riesce a trasformarsi in un business internazionale. «Nel 2012 siamo cresciuti soprattutto grazie allo sviluppo dei mercati esteri – oggi l’export vale il 30 per cento delle vendite to-

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Alberto Lazzaris

Il consumatore oggi è molto più curioso che in passato e ha voglia di conoscere le realtà di nicchia. E questo vale anche all’estero

tali e questa percentuale salirà nel prossimo futuro. Sono ormai diversi anni che abbiamo focalizzato la strategia commerciale sui nuovi mercati, in particolare i paesi extraCee. Non puntiamo più a conquistare la comunità di immigrati italiani, bensì di diffondere l’uso del prodotto presso tutti, attraverso distributori che coprono tutti i canali. Se infatti il canale storico di riferimento era ed è ancora il dettaglio specializzato, adesso vogliamo essere presenti anche sugli scaffali della Gdo italiana ed estera, che naturalmente ci permette una distribuzione più estesa e una maggiore opportunità di consumo dei nostri prodotti». Alla domanda su quali siano i prodotti maggiormente richiesti dal mercato, Lazzaris risponde: «Negli ultimi anni abbiamo registrato una forte crescita dei prodotti di abbinamento ai formaggi, in particolare una gamma di salse di frutta e verdura, dal sapore dolce e piccante, che si integrano con il ricchissimo panorama dei formaggi italiani. Proprio per assecondare questa richiesta quest’anno abbiamo lanciato tre nuove composte biologiche agrodolci – fichi con senape, ciliegie e zenzero, arancia e peperoncino – che completano la nostra offerta di prodotti da abbinamento». Un fattore chiave per la promozione di un prodotto naturale è farne

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comprendere le possibilità di destagionalizzazione. «Le mostarde tradizionalmente sono consumate prevalentemente nel periodo invernale, in particolare durante il periodo natalizio. In passato la mostarda non era altro che un modo di conservazione della frutta di stagione (mele, pere, mele cotogne). Infatti la frutta veniva cotta con il mosto d’uva – da qui il nome, lo zucchero era un ingrediente di lusso – e arricchita con senape o frutta candita, per poi essere utilizzata durante il periodo natalizio. Poiché ancora oggi l’abitudine di consumo è più o meno la stessa, il nostro obiettivo è far capire al consumatore che la mostarda è un prodotto utilizzabile sempre. A questo scopo abbiamo raccolto nel nostro sito web moltissime ricette in cui i nostri prodotti vengono utilizzati dagli antipasti al dolce e sviluppiamo l’idea di abbinamento dei nostri prodotti con alimenti che hanno caratteristiche meno stagionali, come formaggi e salumi». VENETO 2013 • DOSSIER • 179


INFRASTRUTTURE DIGITALI

Autostrade digitali ad alta velocità

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scilla fra il 24esimo e il 26esimo posto il piazzamento dell’Italia nella graduatoria relativa alla penetrazione delle connessioni internet a banda larga. A renderlo noto è l’ultimo studio compiuto dall’Ocse, che mette in risalto come a fronte di un settimo posto in fatto di numero complessivo di abbonamenti in broadband, il nostro Paese sia ancora in ritardo sul piano della rete di connettività, sopravanzata da economie più deboli come la Lituania, Cipro e Lettonia. In un tale scenario nazionale, anche una regione economicamente avanzata come il Veneto, dietro solo alla Lombardia in termini di Pil ed export, mostra ancora ampi margini di miglioramento, visto che in fatto di diffusione della banda larga, non va oltre il sesto-settimo posto. Fino alla scorsa primavera, il territorio – business e residenziale – che disponeva di una connessione di almeno 2mbps non arrivava al 50 per cento e anche oggi la strada da percorrere verso una compiuta digitalizzazione rimane lunga. «Il digital divide è un tema ancora riscontrabile nella nostra realtà territoriale, che limiteremo con lo sblocco di queste ulteriori risorse, destinate a coprire nuove aree del nostro territorio» sottolineava nelle scorse settimane l’assessore all’informatica ed e-government, Marino Zorzato, a margine del varo della seconda fase dell’accordo di programma fra Mise e Regione Veneto per la diffusione della banda larga. Un’operazione da 22 milioni, licenziata ai primi di gennaio, che segue l’investimento di 40 milioni deliberato a fine 2011. «Dei primi 130 interventi programmati due anni fa tra la Regione del Veneto e Infratel – rileva Gianni Potti, presidente Confindustria servizi innovativi Veneto – ne

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A fronte di un’economia regionale che sforna numeri secondi solo a quelli lombardi in fatto di produttività, il Veneto ha bisogno di allungare il passo sul fronte delle infrastrutture tecnologiche. Premessa necessaria per promuovere una cultura d’impresa più smart Giacomo Govoni

sono stati realizzati 64, 52 sono ancora in corso e 13 quelli di prossima apertura. Nella nostra regione ancora oggi un terzo delle imprese non è connesso a internet, addirittura il 43 per cento delle microimprese. Conseguenza è che oggi in Veneto solo il 10 per cento vende sul web, mentre l’e-commerce in Germania e Regno Unito è utilizzato dal 45 per cento delle imprese». Al di là dei tempi, dilatati in particolare dalle «lungaggini burocratiche per il via libera agli scavi» osserva ancora Potti, il progetto congiunto fra Regione


Dalla banda larga all’ultrabanda

L’ULTRABANDA CHE RILANCIA IL LITORALE Da alcune settimane il Veneto orientale ha l’opportunità di viaggiare in rete ad altissima velocità. Mauro Cunial spiega come e quali vantaggi ne posso derivare per il territorio a territorio considerato depresso sotto il profilo industriale ad area più smart del Veneto. È la metamorfosi in chiave digitale a cui punta il Veneto orientale, che a fine gennaio ha visto l’apertura della cosiddetta autostrada digitale, infrastruttura che consentirà ad aziende e utenti privati del territorio di viaggiare in rete su banda ultralarga. A firmare questo balzo quasi epocale dal punto di vista dell’evoluzione del network regionale è la web agency MM One Group di Noventa di Piave, che avrà funzione di “centro stella” nella diffusione di fibra ottica iper veloce a tutte le realtà che vorranno allacciarvisi. «Il centro stella – spiega il general manager dell’agenzia Mauro Cunial (nella foto) – è il principale nodo di traffico della rete Internet, inteso come accesso e smistamento della banda ultra larga di tutto il Veneto orientale. Nata a supporto del core business del nostro gruppo, in un secondo tempo abbiamo pensato di mettere l’infrastruttura a servizio del territorio circostante». Un nuovo punto di accesso, oltretutto alle massime performance di connettività che, comprese le zone industriali e il litorale, servirà un’area di oltre 200mila persone. Placando una «fame di banda», come la definisce Cunial, che da queste parti è sempre stata più intensa rispetto al resto della regione. «Il Veneto orientale era privo di infrastrutture. Con questo accesso, invece, le aziende locali hanno la possibilità di sviluppare modelli di business innovativi utilizzando software all’avanguardia». Vastissima la gamma di buone pratiche che grazie a questo nuovo hub informatico i soggetti economici pubblici o privati del territorio potranno declinare nel modus operandi delle loro attività. «Si potrà finalmente sfruttare a pieno il mondo del cloud – spiega Cunial – che centralizza la gestione software e hardware delle aziende e, facendo leva sull’affitto invece che sull’acquisto, abbatte i costi di manutenzione e assistenza. O ancora si potranno implementare le lan aziendali, collegando le varie sedi come fosse una intranet. Organismi come le associazioni di categoria o gli enti turistici ne beneficeanno enormemente, per non parlare dei visitatori, sempre a caccia di copertura wi-fi per navigare con smartphone e tablet». Anche a livello di pubbliche amministrazioni, l’impulso verso un compiuto sistema di egovernment sarà notevole. «Gli uffici della Pa avranno l’opportunità di rafforzare moltissimo i servizi di videoconferenza in hd. C’è poi il tema della digitalizzazione delle scuole, le biblioteche digitali, degli ospedali e una gestione documentale più smart». Una grande operazione che oltre al raggio di connettività, contribuirà a espandere anche la competitività sul mercato del tessuto produttivo veneto. Lo stesso Gianni Potti di Confindustria, si augura sia solo una tappa di un fruttuoso cammino. «L’apertura di questa autostrada è un importante passo avanti, che speriamo stimoli nuovi investimenti per connettere tutto il Veneto. Lo sviluppo della rete è in grado di agire sulla crescita, sullo sviluppo dell’industria in primis manifatturiera, per arrivare al modello di quella che noi chiamiamo la fabbrica intelligente».

D e Ministero per lo sviluppo economico, prevede che entro il 2014 la soglia dei 20 Mbps possa essere fruibile dal 95 per cento degli operatori sul territorio. Non solo attraverso l’estensione dell’infrastruttura a cavo, ma anche grazie allo standard Lte, banda via etere garantita fra i 50 e i 100 Mbps, attraverso cui i principali gestori telefonici potranno servire i centri urbani di Verona, Padova e Venezia entro la fine del prossimo anno. LA CULTURA D’IMPRESA: UN PASSAGGIO CHIAVE Tuttavia, al netto di una dotazione infrastrutturale del territorio ancora in via di sviluppo, le condizioni generali non consentono più all’imprenditore di attribuire a terzi la colpa del proprio gap nell’evoluzione digitale. Secondo Potti, in sostanza, serve uno salto di qualità anche sotto l’aspetto della cultura d’impresa. «Occorre un contesto nuovo che incoraggi la creazione di grandi progetti orientati a un sistema virtuoso di utilizzo delle risorse per continuare a investire su semplificazioni, risparmio, trasparenza”. Banda larga, ultralarga e anche wi-fi libero, a detta di Potti, rappresentano un detonatore fondamentale dello sviluppo moderno e il terreno su cui il modello produttivo veneto e il futuro occupazionale dei suoi giovani si giocherà il

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INFRASTRUTTURE DIGITALI

Fino alla scorsa primavera, il territorio, business e residenziale, che disponeva di una connessione di almeno 2mbps non arrivava al 50%

futuro. «Il problema del nostro sistema è certamente di infrastruttura, ma prima ancora di contenuti, di cultura anche di noi imprenditori, che dobbiamo affrontare il cambiamento, rimettendo la parola rischio al centro delle nostre scelte. Per questo Confindustria servizi innovativi Veneto ha organizzato un road show in tutte le provincie chiamato Veneto Digitale per colmare il gap della nostra area sull’utilizzo delle nuove tecnologie digitali». Un’iniziativa al servizio delle Pa e delle imprese che, conclude Potti, rappresenta una sorta di “evangelizzazione” del territorio per una nuova cultura d’impresa «dove il valore aggiunto si misurerà sempre più negli investimenti in Tlc, Ict, digitale, comunicazione». ACCELERARE SULL’AGENDA DIGITALE A monte di tutte le misure tese ad avvicinare tutte le realtà venete al concetto di smart cities, è necessaria però una strategia complessiva a livello governativo, sia regionale che nazionale. Esiste un’agenda digitale, nell’ambito della quale peraltro poche settimane fa il Mise ha liberato 900 milioni per investire in

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banda larga nel Sud, ma «mancano ancora la maggior parte dei decreti attuativi - sostiene il presidente Potti – e anche l’Agenda digitale del Veneto, più volte da noi sollecitata è ancora ben lontana da vedere una sua approvazione». L’appello di Potti, a nome di tutte le imprese di Confindustria Veneto punta pertanto a poter condividere con la Regione «una strategia complessiva a lungo e medio periodo, con date certe e piani finanziari specifici, mirata a creare nuovi modelli e nuovi strumenti. Siamo convinti che la dimensione regionale sia la più efficace avendo la possibilità di muoversi tra le necessità locali e i progetti nazionali e comunitari». La sfida, secondo Potti, sarà consegnare al Veneto una strategia organica, che permetta di definire piattaforme generali relative ai seguenti aspetti: infrastrutture tecnologiche, alfabetizzazione e politiche di educazione ai vantaggi degli strumenti digitali. «Solo direttive di semplificazione obbligatorie, come la pagella digitale, obbligano a cambiare marcia tutti noi e danno immediato beneficio al sistema. Chiediamo al governo, come alla Regione, come ai Comuni, uno, cento, mille di questi provvedimenti».





GESTIONE RIFIUTI

Aumenta ancora la differenziata in Veneto Le politiche ambientali della Regione Veneto stanno puntando su un modello di sviluppo sempre più sostenibile. Per questo è fondamentale incentivare al massimo il recupero dei materiali raccolti. Il caso della Esa-Com Marco Tedeschi

Pietro Caucchioli, presidente di Esa-Com di Nogara (VR). Nella pagina a fianco, Maurizio Brambati, direttore generale www.esacom.it

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er quanto riguarda la gestione dei rifiuti il Veneto si dimostra all’avanguardia nel panorama nazionale. La raccolta differenziata dei rifiuti urbani ha raggiunto infatti nel 2011 una media del 60,5 per cento del totale. Lo comunica, in una nota, la Regione Veneto. Ora la Giunta regionale, aggiunge la nota, su proposta dell’assessore alle politiche ambientali, Maurizio Conte, ha adottato, aprendo la fase della consultazione pubblica, il nuovo piano di gestione dei rifiuti che va ad aggiornare lo strumento attualmente in vigore, risalente al 2004, e si prefigge obiettivi ancora più ambiziosi. La prima novità è costituita dal fatto che, considerata l’evoluzione della gestione dei rifiuti nel Veneto, si è deciso di uniformare, all’interno di un unico elaborato, tutta la pianificazione in materia di gestione di rifiuti sia urbani che speciali. Per la

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raccolta differenziata, l’obiettivo posto è raggiungere con le azioni previste una quota del 65 per cento entro il 2015 e del 70 entro il 2020. Obiettivi che possono essere raggiunti grazie a realtà come la Esa-Com, società pubblica che si occupa della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti in 19 comuni della Bassa Veronese, ed è inserita tra le eccellenze del territorio nazionale per livello di raccolta differenziata e costi di gestione. «Tutti i nostri comuni – racconta il presidente Pietro Caucchioli - rientrano tra i comuni ricicloni anche per il 2012 con punte massime del 75.50 per cento di raccolta differenziata e i nostri cittadini pagano tariffe al di sotto delle medie nazionali». Caucchioli diventa presidente di Esa-Com spa (ex Eco Cisi spa) nel 2010 con il compito di dare solidità a una società che aveva già una buona gestione, ma con evidenti difficoltà finanziarie.


Pietro Caucchioli e Maurizio Barbati

Una società che da allora è notevolmente cambiata, anche grazie alla collaborazione del direttore, Maurizio Barbati. Quali sono stati i cambiamenti che ha apportato nella società? PIETRO CAUCCHIOLI «Uno dei primi atti formali è stato formulare un piano di rientro con la discarica che vantava un credito di circa 900.000 euro, il secondo è stato cercare banche che credessero in noi, visto che avevamo affidamenti per cassa di circa 300.000 euro. Oggi, grazie al patrimonio messo a riserva in questi anni e agli affidamenti, abbiamo una dispo-

5% INCREMENTO DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA GRAZIE ALLA SPERIMENTAZIONE EFFETTUATA DALLA ESA-COM

nibilità per 2,5 milioni di euro che ci permette di contrattare sconti con i fornitori pagando all’emissione della fattura. Il precedente presidente, Mauro Martelli, ha fatto un ottimo lavoro con il direttore Maurizio Barbati lasciandomi una società ben organizzata e operativamente ben gestita ma con evidenti problemi di liquidità dovuti alla presenza nel libro soci di Cisi spa in liquidazione; al mio arrivo è stato approvato un bilancio in attivo, ma avendo disponibilità finanziarie molto limitate avevamo

importanti esposizioni nei confronti dei fornitori». Perché cambiare il nome? P.C. «Dovevamo passare in assemblea per variare lo statuto e prevedere nello stesso la costituzione di un nuovo organismo che vigilasse sull’operato del Cda, per questo abbiamo costituito il Comitato per il controllo analogo congiunto che facilita il controllo da parte dei comuni soci, e visto che il socio Cisi si apprestava ad uscire dalla nostra compagine sociale era opportuno ribadirlo e nella stessa assemblea è stato dato áá

Cerchiamo di spingere i nostri cittadini ad aumentare la differenziazione, obbligandoli a produrre meno secco possibile

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GESTIONE RIFIUTI

Abbiamo aumentato gli incontri con la cittadinanza e coinvolto i bambini delle scuole con uno spettacolo di burattini che spiega loro come separare i rifiuti

áá il nuovo nome».

Il servizio fatto ai comuni è rimasto lo stesso? MAURIZIO BARBATI «Negli anni è migliorata la situazione economica, per questo ci siamo potuti concentrare sull’efficientamento del servizio e della raccolta differenziata. Nel 2010 abbiamo proposto le Eco Feste, nel 2011 con questo progetto abbiamo raccolto più di 15 tonnellate di polipropilene che ha portato alcuni comuni a migliorare la raccolta del 2 per cento. Nel 2012 abbiamo avviato una sperimentazione sulla raccolta della frazione indifferenziata prevedendo una frequenza di raccolta con cadenza quindicinale. La sperimentazione ha fornito risultati eccellenti, con un miglioramento di raccolta di circa il 5 per cento, e una diminuzione complessiva del rifiuto indifferenziato di circa 20 kg all’anno per abitante, tanto da avviare anche negli

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altri Comuni la raccolta quindicinale del rifiuto indifferenziato, prevedendo una riduzione del costo di smaltimento in discarica di circa il 10 per cento. La mission del Cda è rivolta alla salvaguardia dell’ambiente, per questo cerchiamo di spingere i nostri cittadini ad aumentare la differenziazione, obbligandoli a produrre meno secco possibile. Abbiamo aumentato gli incontri con la cittadinanza e coinvolto i bambini delle scuole con uno spettacolo di burattini che spiega loro come separare i rifiuti». Come variano i piani finanziari con il continuo aumento del costo della vita? M.B. «Negli anni siamo sempre riusciti ad aumentare i valori di raccolta differenziata mantenendo i piani finanziari dei comuni in leggero ribasso o invariati. Il tutto ottimizzando i servizi. Se consideriamo i continui au-

menti del costo della vita e del carburante, si tratta di un’impresa molto significativa». Quali progetti avete per il futuro? P.C. «Come Cda nel rispetto della normativa vigente, che permette a società in house di mantenere gli affidamenti anche dopo la costituzione dei bacini di ambito territoriali per i rifiuti, abbiamo proposto ai nostri soci di allineare la durata degli affidamenti con la durata statutaria della società, così da continuare a gestire direttamente il servizio. Inoltre il direttore Barbati sta avviando una sperimentazione per la raccolta mensile del secco. Negli ultimi anni sono diventati soci, affidando direttamente il servizio, il Comune di Erbè e il Comune di Isola Rizza. Su quest’ultimo c’è stato un ricorso al Tar che abbiamo vinto e tale sentenza non ha fatto altro che rinforzare la nostra posizione; ad oggi abbiamo la richiesta di diventare socio da parte del Comune di Ronco all’Adige e stiamo cercando un comune che ceda una piccola quota».



IMPIANTI

Rifiuti, evoluzione di un mercato indipendente Marco Zoccarato si spinge all’interno di un settore in cui tecnologie ed esigenze crescono, di pari passo, a un ritmo vertiginoso. La situazione economica interna è nota per non essere stabile, ma l’export ripaga Remo Monreale

l mercato italiano resta senza dubbio fondamentale, soprattutto perché rappresenta una vetrina importante per lo scenario internazionale». Il settore è quello della gestione rifiuti e l’analisi riassunta è di Marco Zoccarato, amministratore delegato della Forrec. Con queste parole Zoccarato spiega il successo dell’azienda padovana, dietro la quale c'è un team di professionisti che hanno formato le proprie competenze attraverso una pratica ventennale nel campo delle tecnologie per il trattamento dei rifiuti. Forti dell’esperienza accumulata negli anni, il team di Forrec sviluppa progetti e realizza macchine nel tentativo di rispondere a tutte le necessità di trasformazione dei rifiuti solidi. «Quattro – spiega l’amministratore delegato – sono i segmenti su cui Forrec concentra e sviluppa il suo impegno: trituratori e macinatori, impianti specializzati nella trasformazione dei rifiuti, servizi di assistenza e manutenzione, e infine sviluppo di tecnologie amiche dell'ambiente, in grado di operare in modo totalmente eco-compatibile». Il settore del riciclo e recupero dei rifiuti non cessa la propria

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Marco Zoccarato

evoluzione, grazie a leggi nazionali ed europee ma, soprattutto, alle mutate condizioni del sistema economico globale. «Queste – spiega Zoccarato – impongono uno sviluppo sempre più spinto di tecnologie per il trattamento dei rifiuti. In generale, però, è un mercato che non segue gli andamenti comuni, quindi anche difficilmente interpretabile. Per quanto riguarda Forrec, il 2012 si è concluso bene, direi oltre le aspettative, incrementando di un 30 per cento il fatturato 2011. I risultati più soddisfacenti sono senz’altro arrivati dall’export, segno che la strategia d’internazionalizzazione intrapresa si è rivelata vincente, ma bisogna ricordare l’importanza delle performance registrate nel mercato interno proprio come effetto sull’azione oltre confine. L’export si sta rivelando indispensabile per la nostra crescita e compensa le criticità derivanti dal business con aziende italiane che presentano equilibri finanziari sempre più precari. Ci siamo trovati spesso a valutare se rifiutare o meno una commessa a causa del tipo di pagamento: gli strumenti finanziari sempre più rigidi e clienti

con scarsa liquidità ci spingono a dare priorità all’estero dove i pagamenti sono regolati da crediti documentari, una garanzia assoluta per noi». Proprio in virtù dei repentini cambiamenti cui il tema rifiuti è sottoposto, nascono nuove esigenze, da parte dei clienti, che vanno intercettate al fine di garantire la competitività. «Certamente bisogna puntare sulla qualità dei prodotti – spiega Zoccarato – e sui bassi costi di gestione, ma è determinante per noi un post-vendita qualificato e reattivo. Stiamo investendo molto su questo: abbiamo un ufficio assistenza con tecnici preposti al problem-solving e a una gestione efficace e puntuale dei cantieri, diagnostica remota e furgoni attrezzati a officina, oltre che al magazzino ricambi». Forse a determinare gli atteggiamenti del mercato sono soprattutto gli stravolgimenti

tecnologici che si susseguono negli ultimi anni. «Condivisione, ascolto, aggiornamento e curiosità – elenca Zoccarato – sono alcuni dei parametri su cui puntiamo per lo sviluppo tecnologico. L’investimento si basa, principalmente, sul consentire ai nostri funzionari di essere presenti dove conta esserlo. Lo scorso anno abbiamo partecipato a molti eventi tra fiere e conferenze nel mondo, veicoli primari di flusso d’informazioni e aggiornamento. E grazie ai feed-back ricevuti stiamo lavorando su tecnologie dedicate allo smaltimento dei pannelli ad energia solare, alle batterie al piombo e televisori Lcd. Essere al passo con le nuove tecnologie ci ha permesso una gamma d’impianti con “impatto ambientale zero”. Questo significa massima attenzione alle emissioni di polveri in atmosfera, alla rumorosità, alla produzione di percolati».

Fasi di lavoro in uno degli impianti realizzati da Forrec Srl, che ha sede a Santa Giustina in Colle (PD) www.forrec.it

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TURISMO

Il turismo va in rete Se l’Italia è al quinto posto della classifica dei paesi più visitati i motivi sono molteplici. Per questo il nuovo piano strategico intende fare sintesi per rilanciare un settore che potrebbe trainare l’intera economia nazionale Teresa Bellemo

I Sopra, Renzo Iorio, presidente di Federturismo

l ministro per gli Affari regionali, il turismo e lo sport Piero Gnudi ha presentato lo scorso gennaio il primo piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia. Il documento illustra un’approfondita analisi dei punti di vulnerabilità del settore, indicando sette linee guida e 61 azioni specifiche da concretizzare in un periodo che va tra i 3 mesi e i 5 anni. Ma, oltre al piano, perché il nostro turismo torni a crescere servono anche un

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ministero con portafoglio, un lavoro sinergico e di rete con le Regioni e campagne promozionali efficaci perché, se nel 2010 i turisti nel mondo erano 890 milioni, nel 2020 saranno 1 miliardo e 350 milioni, di cui la metà proveniente da Paesi emergenti. Renzo Iorio, presidente di Federturismo, condivide il piano e rilancia: «Dobbiamo capire che per riuscire a riconquistare quelle quote di mercato che ci stanno sfuggendo e per realizzare condi-

zioni di contesto favorevoli a una vera politica turistica nazionale è indispensabile presentarsi uniti e ampliare l’attività di dialogo con le istituzioni e con le altre organizzazioni di rappresentanza». Quali sono i punti più importanti del nuovo piano strategico per lo sviluppo del turismo? «La presentazione di questo documento rappresenta un importante segnale di attenzione del governo verso un settore chiave dell’economia


Renzo Iorio

IDENTIKIT DEL VIAGGIATORE econdo i recenti dati Istat, nel 2012 i viaggi con pernottamento effettuati in Italia e all’estero dagli italiani sono stati 78 milioni e 703mila. Rispetto all’anno precedente la riduzione è stata del 5,7 per cento. Rimangono stabili sia l’ammontare dei pernottamenti con 501 milioni e 59.000 notti, sia la durata media dei viaggi, 6,4 notti. I viaggi di vacanza registrano il calo più significativo con un calo del 5,3 per cento. Rispetto al 2011, si riduce leggermente la quota di persone che mediamente viaggiano in un trimestre, dal 23,6 per cento del 2011 al 23,2 del 2012. Ma tra i residenti è al Centro la flessione più decisa, con il -5,6 per cento. Risultano stabili anche il numero medio di viaggi pro-capite 1,3 e le durate medie dei viaggi di vacanza e di lavoro, rispettivamente 6,9 e 2,9 notti. Il periodo estivo mostra una sostanziale stabilità rispetto al 2011 sia nell’ammontare complessivo dei viaggi e dei turisti, sia nella durata media delle vacanze lunghe. Si conferma una minor propensione a viaggiare dei residenti nel Mezzogiorno. I viaggi con mete italiane subiscono un calo dell’8,3 per cento mentre quelli verso l’estero mostrano una sostanziale stabilità, con un aumento dei flussi diretti verso i paesi extra-europei, +31,4 per cento. Diminuiscono le vacanze in montagna, -20,7 per cento, e le visite a città o località d’arte, -18,9 per cento, mentre aumentano le vacanze al lago, campagna e collina +52,5 per cento. Risultano in flessione le vacanze lunghe in albergo, -16,9 per cento, e quelle brevi in abitazioni di proprietà, -24 per cento. Restano invariati i viaggi nelle strutture ricettive collettive e negli alloggi privati. La prenotazione diretta si conferma la modalità di organizzazione preferita dal 52,7 dei viaggiatori e l’auto resta il principale mezzo di trasporto ed è utilizzata nel 60,5 per cento dei viaggi.

S nazionale. Il Piano è un primo passo su cui articolare interventi per riguadagnare le quote di mercato che l’industria turistica italiana ha perso negli ultimi anni. Innanzitutto c’è la necessità di un coordinamento delle politiche turistiche tra Regioni e governo centrale, semplificando la governance territoriale del turismo e per questo trovo necessario il rilancio dell’Enit che, a mio avviso, deve essere l’unico ente di promozione nazionale. È altrettanto prioritario stimolare la riqualificazione edilizia e urbanistica delle strutture ricettive, intervenire sui trasporti e sulle infrastrutture; infine, ridare centralità alla formazione professionale della scuola secondaria per creare una diffusa competenza e cultura dell’accoglienza nelle nuove genera-

zioni che si affacciano nel mondo del lavoro». L’obiettivo del piano sembra essere quello di accentrare la politica turistica per fare sistema in maniera più efficiente. Oggi che la maggior parte delle politiche turistiche sono in mano alle Regioni, c’è uno spreco di risorse? «Indubbiamente sì. Occorre innanzitutto semplificare e chiarire il quadro di governance: 13mila enti che si occupano a vario titolo di turismo sono troppi, inefficienti e inefficaci. Va quindi superata la competenza esclusiva delle Regioni, con una chiara suddivisione dei ruoli, dando competenza strategica allo Stato e snellendo la microgovernance locale. Inoltre, occorre metter mano a un sistema che disperde ri-

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TURISMO

Il nostro deficit competitivo è da imputarsi alla scarsa efficacia delle politiche di promozione

sorse mentre molte imprese e alla mancanza di coordina- l’industria turistica, modifisul territorio rischiano la chiusura. Si tratta di un impegno fondamentale che il nuovo governo dovrà assumersi». L’Italia è considerata da molti “il paese più bello del mondo”, ma è al quinto posto nella classifica dei paesi più visitati. Quali sono dunque i punti di debolezza a livello comunicativo e a livello imprenditoriale? «Nonostante la domanda turistica mondiale sia in costante aumento, con circa un miliardo di arrivi internazionali ogni anno, l’Italia cattura quote sempre minori di flussi turistici. È evidente che una parte rilevante di tale deficit competitivo è da imputarsi alla scarsa efficacia delle politiche di promozione e di quelle di attrazione del Paese

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mento tra le iniziative degli enti e degli operatori turistici. Dobbiamo, tra l’altro, risolvere al più presto la scarsa percezione del prodotto-destinazione, il vero male che attanaglia il turismo italiano. Per farlo, potrebbe risultare utile segmentare i mercati, innovare la metodologia del linguaggio online, rafforzare il brand e impostare una comunicazione più coerente ed integrata». Le nuove tecnologie hanno in qualche modo rivoluzionato il turismo. Come continuare a proporre qualità in una realtà iper-concorrenziale? Come usarle per aumentare il turismo in Italia, magari dai Paesi emergenti? «Negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno trasformato

cando i comportamenti dei consumatori e innovando la catena del valore del settore; hanno cambiato l’interazione tra domanda e offerta dei servizi turistici, imponendo anche ai grandi operatori una revisione delle politiche dei prezzi. La chiave di volta per rilanciare l’industria turistica italiana è dunque razionalizzare l’informazione, farla viaggiare nelle giuste direzioni, sfruttando le potenzialità del web e puntando allo sviluppo di un turismo interattivo. Per competere sui mercati internazionali, gli operatori italiani devono compiere un salto tecnologico, dotandosi di infrastrutture e competenze, per poter offrire prodotti e servizi secondo le modalità richieste dal mercato».


Il primato del Veneto

La regione dei record «Turismo per tutti» ha ricordato l’assessore Marino Finozzi alla presentazione di Gitando All, salone italiano ed europeo del turismo accessibile. Nel settore il Veneto è regione pilota a livello europeo, oltre a essere la prima regione italiana nell’economia turistica nel 2012 Renata Gualtieri

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l Veneto si conferma prima regione turistica d’Italia anche per il 2012, con 62.351.657 presenze, delle quali il 64,8 per cento provenienti dall’estero, così come da oltre confine giunge il 64,7 per cento dei 15.818.525 di arrivi. «Il Veneto conserva il suo appeal mondiale come regione ospitale e terra del bello, del buono e dell’accoglienza – spiega Marino Finozzi, assessore regionale al Turismo – anche se, in questo quadro

sostanzialmente luminoso per un’annata critica come quella trascorsa non mancano le ombre. I numeri confermano, infatti, la pesante crisi economica che morde sempre più gli italiani, che si riflette sulla capacità di spesa delle famiglie». Stando ai dati regionali, è positivo il dato relativo agli arrivi e non negativo quello delle presenze, che subiscono un lieve calo rispetto ai 63,4 milioni del 2011, che hanno tenuto grazie al turismo straniero, mentre quello nazionale è

crollato. Per mantenere la clientela, specie quella tedesca, che rappresenta il 22,4 per cento di tutti i pernottamenti e che è aumentata peraltro dell’1,9 per cento in arrivi e del 2,6 per cento in pernottamenti, «i prezzi però sono stati per così dire contingentati, con riflessi sul reddito delle imprese». «Da questi numeri e dall’andamento della stagione – ha commentato l’assessore Finozzi – si possono trarre molti insegnamenti. Il primo è che il turismo è dav- VENETO 2013 • DOSSIER • 205


TURISMO

vero il più importante set- milione di unità di lavoro. Si LE METE PREFERITE tore economico regionale e nazionale e che farlo crescere significa dare una mano al Paese. Il secondo è che per aiutarlo bisogna aumentare la concorrenzialità, ovvero diminuire i prezzi. Qui gli imprenditori hanno già fatto e ampiamente la loro parte. È invece lo Stato che dovrebbe impegnarsi di più sostenendo a fatti e non a parole il comparto, a cominciare dalla riduzione del peso della fiscalità. È quest’ultima che porta la nostra offerta a costare da un quarto ad un quinto in più di quella del resto d’Europa e circa il doppio di quella di altre destinazioni turistiche mondiali». Un’indagine del Centro internazionale di studi sull’economia turistica di Ca’ Foscari del 2011 ricorda che il turismo ha generato in Veneto un fatturato di 11 miliardi di euro e rappresenta l’8,2 per cento del Pil regionale, il 13 per cento dei consumi interni e mezzo

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tratta di un fatturato che vale tre volte e mezzo quello dell’agricoltura, tre volte e mezzo quello dell’alimentare, tre volte il fatturato del tessile e abbigliamento, il 54 per cento dell’intero fatturato regionale del commercio. In termini di occupazione, il turismo dà lavoro in Veneto al 15 per cento sul totale degli occupati e copre il 10,5 per cento di tutti gli addetti al turismo d’Italia. «Va anche sottolineata – aggiunge l’assessore – la trasversalità del turismo rispetto all’economia veneta, dove il Pil turistico è dato da una molteplicità di settori, non dai soli alberghi e ristoranti. Questi ultimi, anzi, rappresentano “solo” il 30 per cento del Pil turistico, dove il commercio incide per il 17,1 per cento, la locazione di fabbricati il 15,3 per cento, l’agroalimentare il 9,5 per cento, l’artigianato il 7,7 per cento, le attività culturali e ricreative il 6,7 per cento, i trasporti il 6,5 per cento».

I turisti che scelgono il Veneto prediligono il Garda, che vede crescere le presenze del 4,9 per cento grazie soprattutto al massiccio arrivo di tedeschi. Tengono bene le città d’arte, che registrano una lieve crescita dello 0,1 per cento, malgrado la performance altalenante di Venezia, che rimane comunque prima in assoluto con 9.310.132 presenze, e che Trivago, il più famoso motore di ricerca di mete turistiche, sancisce come la città italiana con le migliori strutture turistiche d’Italia, e di Verona, al secondo posto con circa 1.593.521 presenze. Cala invece la montagna, il settore balneare con -3,7 per cento e il comparto termale. TURISMO E FORMAZIONE Il Veneto però deve diventare leader anche in termini di cultura del turismo, lo dichiara il presidente di Federturismo Veneto, Antonello


Il primato del Veneto

De’ Medici, ma questo non è frutto d’improvvisazione. «Siamo una terra ricca in termini di offerte per il turista, dalla montagna, ai laghi, alle città d’arte ma c’è bisogno di un tessuto connettivo di professionalità che parta dalla formazione nelle scuole elementari dove va insegnata l’accoglienza e il sorriso, perché ciò che differenzia un territorio dall’altro sono le piccole cose. Poi si passa all’istruzione più qualificata accedendo alle scuole tecniche professionali; l’Itis di Iesolo, ad esempio, sta diventando una delle più importanti esperienze formative del territorio. Grazie anche all’apporto delle università bisogna sviluppare non solo un’economia del turismo ma anche l’hospitality management e le scuole di alta cucina. Il turismo è un settore che può diventare trainante per tutta una serie di settori satellite, acquisendo un ruolo di preminenza in un’econo-

mia in cui il Pil turistico co- Antonello De Medici – stituisce il 12 per cento del- manca di progettualità e di l’economia regionale». una visione del target da raggiungere. Diversa è, invece, TURISMO E WEB la commercializzazione che Nell’era del turismo 2.0 la deve essere fatta dai portali regione più turistica d’Italia specializzati». Nel fratsembra però rimasta indietro tempo, le buone notizie arrisu questo fronte. Gli opera- vano dall’università: il Ciset tori delle altre regioni, in- di Ca’ Foscari ha avviato il fatti, investono molto di più master “Online: la nuova dei veneti in rete. Solo il 10 frontiera del turismo” per per cento della promozione formare professionisti di è destinata al web. «Ve- web marketing, social media neto.to – rivela il presidente e web reputation. VENETO 2013 • DOSSIER • 207


Il fotovoltaico, elemento architettonico Strategie progettuali per nuovi edifici e soluzioni d’involucro a elevate performance. Perché tutelare l’ambiente e abbattere i consumi è la base dell’architettura di nuova concezione. La parola a Stefano Barbi Viviana Dasara

In apertura la sede europea del Gruppo Pellini Caffè. In basso, la sede del Caffè Vero di Vicenza. I progetti sono realizzati dalla Barbi Arca Studio Progetti di Bussolengo (VR) www.barbiarcastudio.it

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e nostre applicazioni di facciate fotovoltaiche sono scelte architettoniche che racchiudono simboli di una nuova imprenditorialità, non sono legate minimamente agli incentivi o ai vari contributi e sono suggerite dall’architettura stessa che viene integrata nel processo produttivo, in quanto sempre più dipendente dallo scenario delle differenti condizioni geografi-

«L

che, economiche e climatiche del territorio». Un segno identitario che trasmette simbolicamente l’attività imprenditoriale di un’azienda a servizio dell’ambiente. Come sottolinea l’ingegnere Stefano Barbi, titolare di Barbi Arca Studio Progetti. «Noi l’abbiamo fatto con la nuova sede del Pellini Caffè realizzata con l’impiego di una facciata puntuale per dare massima visibilità alla hall d’ingresso e un sistema di scher-


Stefano Barbi

Stiamo assistendo ad una rivoluzione progettuale e culturale che implica una maggior attenzione all’uso dei materiali e all’uso dell’edificio

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mature frangisole integrato. Abbiamo anche proposto per il restyling della nuova sede della ditta Lamacart, gruppo leader in Europa per il recupero della carta da macero, un rivestimento in “pelle fotovoltaica” integrato nell’architettura dell’edificio e che sottolinea un’architettura nuova e di qualità, volta alla sostenibilità ambientale. Come per il Pastificio Avesani, o la nuova sede del Caffè Vero di Vicenza, una torre destinata ad ospitare macchinari per la produzione del caffè, trasformata con l’applicazione di una facciata fotovoltaica in un elemento architettonico che proietta all’esterno tutto il contenuto tecnologico del processo produttivo. L’impianto installato ha una potenza di 57 KWp

capace di produrre 33.830 KWh/anno». Barbi Arca Studio Progetti opera da più anni nel campo dell’architettura e nella progettazione d’interni con interventi sia su edifici esistenti che su quelli nuovi, all’insegna di un raffinato design e di un rapporto d’emozione tra materiali e architettura. Le realizzazioni spaziano dai plessi industriali a quelli commerciali, direzionali e alberghieri e residenziali talvolta inseriti in piani attuativi urbanistici progettati dallo studio. «La riqualificazione e la manutenzione, visto il nostro patrimonio edilizio così diffuso e consistente, stanno assumendo un’importanza sempre maggiore nel campo dell’edilizia. Pertanto ritengo imprescin- áá VENETO 2013 • DOSSIER • 215


EDILIZIA E AMBIENTE

❝ áá dibile questo aspetto nella pia-

Sopra, una villa prefabbricata completamente in legno realizzata nei pressi del Lago di Garda e progettata con impianti ad alto risparmio energetico

nificazione urbanistica. “Algunos quierem cambiar el mundo, otros leerlo. Nosotros queremos hablar con el. (Alcuni chiedono di cambiare il mondo, altri lo interpretano. Noi chiediamo di parlare con lui)”. A questi versi di Octavio Paz citati all’apertura di un convegno sull’architettura è ispirata la nostra scelta progettuale degli ultimi anni. Semplicemente ci dobbiamo adeguare al momento storico che viviamo e sfruttare al meglio le nuove tecnologie in ambito edilizio. Stiamo assistendo ad una rivoluzione progettuale e culturale in quanto si assiste ad una maggior attenzione all’uso dei materiali e all’uso dell’edificio. Una maggior attenzione anche alla lettura dell’architettura per quanto riguarda la manutenzione degli

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Tra le abitazioni che stiamo realizzando, una villa completamente in legno progettata ad alto risparmio energetico

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impianti». Il progetto edilizio deve di fatto affrontare e risolvere correttamente i problemi e i vincoli derivanti dalle norme locali, regionali e nazionali in materia di urbanistica, edilizia, normativa tecnica sulle costruzioni e sul risparmio energetico. Il progetto architettonico fa qualche cosa in più: muovendosi all’interno di tutti questi vincoli, si propone di aggiungere equilibrio, armonia, innovazione, creativitá, emozione, qualità, gusto, stile e ricerca. «Anche le più recenti normative urbanistiche – continua Barbi – “premiano” in termini di volumi e di agevolazioni la qualità progettuale che favorisce la prestazione energe-

tica, si deve quindi “dialogare” con il clima e il contesto paesaggistico. Tra le abitazioni che stiamo realizzando, c’è un progetto a cui teniamo molto soprattutto perché incarna questa filosofia di dialogo: una villa prefabbricata completamente in legno, progettata con impianti ad alto risparmio energetico. Un’architettura nuova e moderna, approvata dai beni ambientali e inserita in un contesto naturalistico di pregio. In quest’ottica, saremo prossimamente impegnati nello sviluppo della qualità progettuale con l’approfondimento degli aspetti inerenti le costruzioni in legno prefabbricate per il settore residenziale».



EDILIZIA

“Ristrutturare” il mercato edile Nuovi materiali, innovazione tecnologica e grande attenzione al comparto della riqualificazione del patrimonio esistente. Questi i passi per rimetter in moto il mercato delle costruzioni. Ne parliamo con Simone Bergamasco Lorenzo Brenna

l settore delle costruzioni ancora non vede la luce in fondo al tunnel. Anzi, il 2013 potrebbe essere peggiore dell’anno precedente a causa del calo degli investimenti, che nel 2012 hanno subito una flessione del 7,6 per cento. Alla base del calo delle compravendite nel mercato immobiliare vi è l’incertezza che scoraggia le decisioni di investimento delle famiglie e le difficili prospettive del mercato del lavoro. Inoltre le persone hanno maggiore difficoltà ad accedere ai mutui per l'acquisto della casa. A risentire della crisi sono tutti i comparti, da quello della produzione di nuove abitazioni, all'edilizia non residenziale privata, alle opere pubbliche. Resiste solo il comparto della riqualificazione del patrimonio abitativo esistente. «È vero - conferma Simone Bergamasco, titolare della Bergamasco Costruzioni - la nostra azienda opera da decenni in contesti vincolati, in particolare con decine di restauri all'interno di uno dei borghi medievali più belli d'Italia. La città di

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Montagnana, nonostante le crisi del settore che si sono succedute ciclicamente, mantiene sempre un'alta quotazione degli immobili, grazie alla qualità del costruito, degli interventi di restauro e riqualificazione edilizia del centro storico, capace di attirare turismo». L’edilizia, come detto, è uno dei comparti in Italia più colpiti dalla crisi. Abbiamo chiesto a Simone Bergamasco quali interventi servirebbero per “rimettere in moto” il settore. «Prima di tutto un at-

tento studio e organizzazione del cantiere inteso come fabbrica mobile che si sposta da luogo a luogo, che deve tener conto di molteplici aspetti organizzativi. Riguarda aspetti relativi all'organizzazione del lavoro, la sicurezza, l'efficienza, l'innovazione nell'uso dei materiali: in questo modo siamo riusciti a mantenere quote di mercato agendo sull'efficienza del nostro lavoro. Gli interventi dovrebbero essere molteplici, ma La Bergamasco Costruzioni S.r.l. prima di tutto bisogna ha sede a Montagnana (PD) chiedersi se gli stru- www.bergamascocostruzioni.com


Simone Bergamasco

menti che governano l'organizzazione e lo sfruttamento del territorio sono ancora adeguati. Credo che si debba seriamente porre la questione dell'uso dei suoli, del paesaggio e della ricerca di qualità negli interventi, solo così saremo in grado di attirare investimenti». L’impresa Bergamasco Costruzioni è una delle aziende più all’avanguardia nel settore, riservando particolare attenzione a nuove metodologie e nuove soluzioni costruttive. «Crediamo molto nell’innovazione - sostiene Bergamasco - i nuovi materiali prima di tutto: non si può continuare a costruire e restaurare senza tener conto dell'innovazione tecnologica. Vi sono possibilità di intervento, anche sul costruito, che alcuni anni fa erano impensabili. L'efficienza energetica è possibile da realizzare con in-

terventi mirati in fase di restauro ma anche con interventi di piccola entità, e il miglioramento dell'involucro edilizio è un tema che nei prossimi anni sarà fondamentale». Per quanto riguarda il fatturato «L'ultimo anno ha rappresentato una conferma dell'anno precedente: la crisi è stata, speriamo, una pausa nella curva positiva. I risultati più significativi sono stati quelli relativi alla conferma di scelte fatte sull'organizzazione dei cantieri e sull'approccio innovativo alla realizzazione dell'involucro edilizio». La società veneta ha svolto lavori importanti, sia di ristrutturazione che di riqualificazione. «Tra i lavori più importanti una recente ristrutturazione di una banca nella piazza di Montagnana che ci ha impegnati per oltre un anno con

un intervento di consolidamento strutturale. Ora stiamo operando in un programma integrato con un’amministrazione pubblica nella riqualificazione di un intero ambito comprendente residenze, una piazza e degli edifici storici». Per concludere – spiega Bergamasco – l’azienda per il 2013 «ha in cantiere alcuni interventi in cui sfrutteremo un nuovo approccio progettuale, legato alla modularità degli ambiti, al fine di ottimizzare efficienza energetica, economie di scala e qualità di realizzazione». VENETO 2013 • DOSSIER • 219


Noleggio, la sicurezza detti le regole Semplificazioni che non semplificano. Mendes Migotto ed Emanuela Pege illustrano le criticità del decreto sulle verifiche periodiche e i loro effetti sul noleggio Valeria Garuti

l recente decreto sulle verifiche periodiche, entrato in vigore nel maggio 2012, stabilisce che è il datore di lavoro e, nel caso di noleggio, il cliente finale utilizzatore del bene, ad aver l’obbligo di richiedere agli organi competenti le verifiche periodiche dei mezzi di sollevamento, al fine di garantire una corretta gestione delle macchine sulla base dei requisiti di sicurezza previsti dalla legge. I noleggiatori aderenti ad Assodimi/Assonolo si sono trovati in forte disaccordo con ciò che prevede il decreto – in prima linea la veneziana Venpa storica società

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di noleggio specializzata nella fornitura di mezzi per il sollevamento di cose e persone e macchine movimento terra – e si sono quindi organizzati per svolgere tutte le procedure necessarie per l’attuazione delle regole: la richiesta formale all’organo competente, l’esecuzione dei controlli periodici e l’esecuzione delle verifiche periodiche previste con ente pubblico titolare della funzione o in mancanza di questo entro 30 giorni dalla richiesta, con organismo privato abilitato. Altro punto nevralgico di questo decreto sono le tempistiche di risposta degli enti compe-

tenti per le verifiche periodiche. «Decisamente troppo lunghi per un servizio di noleggio che deve essere rapido e immediato», afferma l’Ad di Venpa Mendes Migotto. «Quello che doveva essere il nuovo articolo 71 del Testo Unico voluto dal Ddl semplificazioni sta semplificando poco o nulla, con il rischio di aggiungere ulteriori costi ai già esistenti, diventando non solo un’opera incompiuta ma anche inutile. Bisogna ne-

Mendes Migotto, Ad di Venpa Spa con sede centrale a Dolo (VE). In apertura e nella pagina successiva alcuni macchinari dell’azienda www.gv3.it


Mendes Migotto ed Emanuela Pege

cessariamente apportare delle modifiche per permettere di operare con velocità e raziocinio, garantendo in primis la sicurezza nell’ambito lavorativo. Un forte segnale deve partire in maniera unisona da parte di tutte le aziende e le associazioni di settore coinvolte». Oltre a consegnare ai clienti macchine sicure, Venpa esige che queste siano manovrate da operatori opportunamente formati. «In qualità di ente formatore – prosegue Migotto – è da anni che effettuiamo corsi di sicurezza per operatori di piattaforme aeree, sollevatori telescopici, autogrù e macchine per il movimento terra. Il trasporto, la consegna e il ritiro del mezzo in cantiere sono eseguiti da personale Vlog (Venpa Logistica) o da vettori esterni selezionati e istruiti». La titolare Emanuela Pege spiega: «Un’azienda di noleggio come la nostra, che opera nel settore da oltre trent’anni, deve garantire un servizio

espresso ma senza inficiarne la qualità. Il noleggio professionale si distingue da quello improvvisato proprio perché riesce a mantenere un equilibrio tra i termini velocità e sicurezza. Negli anni abbiamo costruito un solido sistema di assistenza in cantiere, il First Care. Un team costituito da eccellenti tecnici si prende carico delle richieste di intervento e cerca la risoluzione telefonica o, se necessario, coordina grazie ai numerosi tecnici professionisti, il team di trasferisti per porre rimedio ai disagi causati da malfunzionamenti dei nostri mezzi». Un sistema, quindi, incentrato su controllo, riparazione e verifica periodica dei mezzi anche durante il noleggio degli stessi, che garantisce al cliente di lavorare in condizioni di sicurezza ed efficienza. «La richiesta di intervento – continua Pege – può pervenire telefonicamente o tramite smartphone e tablet entrando nell’area riservata

del sito, dove l’operatore trova i dati del mezzo a noleggio precompilati». Prima azienda in Italia ad aver introdotto la modalità del noleggio a freddo, con uno staff commerciale in grado di individuare la migliore soluzione anche lì dove la tipologia di lavori richiesti è fuori dall’ordinario, Venpa si impone sul mercato per la sua consolidata competenza e flessibilità. «Nonostante le premesse del mercato continuino a non essere incoraggianti – conclude Migotto – noi puntiamo su energia, idee, impegno e disponibilità. Guardiamo oltre ai confini fisici posti dalle nostre filiali e guidati da sani ideali e uno spirito forte, deciso, come i servizi che offriamo». VENETO 2013 • DOSSIER • 221


POLITICHE SANITARIE

Il Veneto guida la svolta digitale Il sistema sanitario regionale, considerato un modello di buona amministrazione, compie uno scatto decisivo sulla strada dell’ottimizzazione dei costi dei servizi al cittadino. Il punto di Luca Coletto Giacomo Govoni

A Sopra, Luca Coletto, assessore alla sanità della Regione Veneto

inizio anno, nell’ambito della presentazione pubblica dei nuovi manager delle aziende sanitarie territoriali, l’assessore alla sanità Luca Coletto aveva colto l’occasione per tracciare le linee d’indirizzo che detteranno le prossime scelte della Regione nel campo della salute. Rigore gestionale, lavoro sulle liste d’attesa e rafforzamento della medicina sul territorio sono i punti su cui Coletto ha insistito con forza, soffermandosi da ultimo sul completamento del percorso di informatizzazione dell’intero sistema sanitario locale. Già in una fase più avanzata di tutte le altre regioni italiane, in virtù del successo del progetto Escape, che suggella un cammino di dematerializzazione documentale avviato nel 2009. «Un risultato straordinario – afferma l’assessore – frutto del prezioso lavoro del consorzio Arsenàl.it, che raggruppa tutte le Ullss e aziende ospedaliere del Veneto per l’informatizzazione».

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Sul fronte della semplificazione digitale, qual è l’odierno scenario della sanità regionale e chi si occupa di renderlo più efficiente? «Già oggi tutti i 4.960.000 cittadini veneti possono scaricare i propri referti sul pc di casa e a farlo sono già 6 persone su 10. È un cammino che non abbiamo alcuna intenzione di interrompere, tant’è che già lo scorso agosto abbiamo avviato e finanziato l’operazione “fascicolo sanitario digitale”. Il consorzio Arsenàl predispone i progetti e li realizza per poi metterli a disposizione di tutti a costo zero. È un gioiellino di cui il Veneto va orgoglioso: vi lavorano 29 tecnici, con un’età media di 29 anni e con il 69 per cento di donne. Arsenàl, oltre che utilizzare i finanziamenti di fonte regionale, si occupa anche direttamente della raccolta di fondi da altre fonti». Si può quantificare il risparmio economico che deriverà da questa rivoluzione digitale? «In Europa solo il 4 per cento delle strutture sa-


Luca Coletto

nitarie offre questo servizio, in Italia il 26 per cento. Siamo quindi leader a livello internazionale, ma ciò che più conta, oltre a fornire nuovi servizi ai cittadini, è che otteniamo un risparmio annuo di 120 milioni di euro, stante che ogni referto scaricato da internet lascia nelle tasche degli utenti 12 euro in termini di minori costi sopportati per gli spostamenti verso gli sportelli». Quali i vantaggi sul piano pratico per il cittadino? Ogni referto scaricato da internet lascia «Oltre a quello economico, non nelle tasche degli utenti 12 euro in termini dimentichiamo i disagi ai quali di minori costi per gli spostamenti agli sportelli un paziente doveva sottoporsi per raggiungere gli sportelli e ritirare il referto cartaceo. Gli spostamenti, con mezzi propri o con quelli pubblici, sono fastidiosi e costosi: per di conoscere la storia sanitaria del paziente di cui gli anziani che magari hanno difficoltà di deam- si sta occupando anche se lo vede per la prima bulazione e per i giovani che devono prendersi volta. A nessuno sfugge l’importanza di conopermessi al lavoro. A proposito degli anziani, ci è scere la storia clinica di ogni singolo cittadino per stata posta la questione della loro possibile inca- decidere al più presto le terapie più adeguate». pacità di utilizzare il web. Il problema non si pone Quanto ci vorrà perché entri stabilmente perché l’utente, all’atto della prenotazione, viene nella dotazione del personale medico? dotato di una sua password personale. Con quella «Il fascicolo sanitario elettronico non sarà un può chiedere aiuto a un congiunto o andare nella cantiere aperto ex novo, ma lo sviluppo di farmacia più vicina o dal suo medico di base». altri già aperti, dallo stesso progetto Escape Prima si accennava al fascicolo sanitario al progetto Doge per la messa in rete dei medigitale. Di cosa si tratta? dici di medicina generale e dei pediatri di li«È un progetto avviato lo scorso agosto, finan- bera scelta. Le fondamenta del nuovo ziato con 12 milioni di euro. Con questo inve- progetto veneto si basano inoltre su una serie stimento produrremo minori costi per le Ulss di obiettivi già raggiunti: è stata realizzata fino a 111 milioni l’anno e minori spese per il un’anagrafica unica regionale; sono stati dicittadino per altri 104 milioni l’anno. Il perso- stribuiti i certificati di firma e autenticazione nale medico sarà agevolato nell’espletamento di degli operatori (il 100 per cento di loro già molte sue mansioni. Dovrà maneggiare meno oggi firma digitalmente i referti). Inoltre, in carta e risparmierà tempo da dedicare al suo la- tutte le aziende locali, è stato avviato il percorso voro, che non è quello del passacarte. Ma avrà di conservazione sostitutiva dei referti di laboanche un grande aiuto nell’assistere i pazienti. Il ratorio. In varie Ulss sono stati sperimentati e fascicolo digitale permette a ogni medico, da attivati i servizi anagrafici e di prescrizione eletquello di base a quello dell’urgenza-emergenza, tronica previsti dal progetto Doge».

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POLITICHE SANITARIE

Con Escape referti scaricabili da casa

Per il cittadino veneto relazionarsi con ospedali e ambulatori diventa ancora più facile. Grazie a un’informatizzazione del sistema regionale ormai arrivata a piena maturazione Giacomo Govoni

U

n risparmio di 72 milioni per i cittadini veneti e il recupero di un “tesoretto” di 56 milioni che potrà essere reinvestito per il potenziamento dei servizi sanitari regionali. È un’operazione destinata a fare scuola quella che il 14 marzo scorso a Treviso ha celebrato il suo atto finale con il convegno di chiusura del progetto Veneto Escape, iniziativa che permette oggi agli utenti privati di scaricare il propri referti di laboratorio direttamente dal sito internet di ciascuna azienda sanitaria. Tenuto a battesimo nel 2009, il progetto ha tagliato formalmente il traguardo a fine dicembre dell’anno scorso, con l’estensione e la standardizzazione del processo di gestione digitale dell’intero ciclo documentale a tutte le aziende sanitarie e ospedaliere della regione. A tirare le fila di questo imponente lavoro che consolida il primato del Veneto a livello europeo nel campo dell’eHealth, è stato il consorzio Arsenàl.It, centro veneto di ricerca e innovazione per la sanità digitale che ha come socie le 23 aziende sociosanitarie e ospedaliere

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venete. «Veneto Escape è un progetto che ha offerto una straordinaria occasione di miglioramento alle aziende Ulss e ospedaliere venete – sottolinea il Claudio Dario, presidente del consorzio – le quali hanno potuto effettuare un adeguamento tecnologico e infrastrutturale, ma soprattutto riorganizzare la loro struttura interna, aumentando le competenze del personale». Tecnicamente Veneto Escape è un progetto di riuso, pratica che garantisce la possibilità agli enti pubblici di usufruire di programmi informatici e soluzioni tecnologiche e organizzative già sperimentate da altri enti, abbattendo i costi iniziali di adozione. L’ente cedente è stato l’azienda Ulss 9 Treviso, di cui Dario è stato direttore generale fino a pochi mesi fa, che per prima ha sviluppato la soluzione di scarico referti online. SEMPLIFICAZIONE E RISPARMIO In secondo piano rispetto al miglioramento del processo di cura, ma in piena sintonia con la difficile fase economica che stiamo attraversando, il contenimento dei costi che Veneto Escape pro-


Progetto Escape

durrà nei confronti del sistema sanitario regionale è di tutto rispetto. «Grazie a questa soluzione – evidenzia Dario – le 23 aziende otterranno un risparmio 56 milioni di euro, cifra che garantisce qualche margine di tranquillità rispetto ai tagli e ai sacrifici stabiliti dalla spending review e, comunque, imposti dalla crisi globale. A questi si sommano i quasi 120 milioni di euro risparmiati dai cittadini grazie al referto digitale». A occuparsi del coordinamento degli enti riusanti, vale a dire le altre 22 aziende socio-sanitarie e ospedaliere venete, è stato il consorzio Arsenàl.It, che ha potuto così applicare sul campo il concetto di interoperabilità. «Il bilancio di Veneto Escape – afferma Dario – non può essere misurato solo sul piano numerico. Avere messo a disposizione in tutte le aziende socio-sanitarie venete il referto di laboratorio in formato digitale ha prodotto una serie di vantaggi non monetizzabili, in primo luogo la possibilità di offrire a ogni cittadino veneto un’occasione di cura migliore, più rapida e sicura, quindi più efficace». Ma anche spostandosi dall’ottica del paziente, il progetto si è rivelato un terreno di scambio ideale per gli operatori sanitari impegnati nei vari presidi territoriali. «Nel percorso progettuale è stata costruita e consolidata una rete tra i professionisti coinvolti – spiega Dario – che oggi rappresenta un esempio di task force per la sanità digitale che ha trovato il consorzio Arsenàl.It quale punto di riferimento tecnico, a supporto dei servizi informativi sanitari regionali. Veneto Escape ha pertanto fornito lo spunto per un confronto su tematiche di livello interno alle aziende, quali la firma digitale, infrastruttura aziendale e portali aziendali e interaziendale, come l’utilizzo di codifiche e standard internazionali condivisi».

Claudio Dario, presidente del consorzio Arsenàl.it

GLI ORIZZONTI DEL PROGETTO A riprova dell’indiscusso valore del progetto, nel 2013 Veneto Escape verrà “esportato”. Il team di Arsenàl.It, difatti, sarà impegnato a replicare la soluzione sviluppata dall’Ulss 9 Treviso declinandola su nuovo contesto regionale. L’obiettivo, che il consorzio metterà nel mirino in collaborazione la Regione Lazio e DigitPa, sarà quello di dematerializzare l’intero processo documentale nelle 12 Asl laziali. Del resto, che l’esperienza della gestione digitale dei certificati sanitari non rimanesse circoscritta al 2012 era negli intendimenti prefissati fin dagli albori del progetto. «La strada volta a rafforzare un’abitudine digitale nei confronti delle pratiche sanitarie proseguirà – conclude Dario – evolvendo naturalmente nel fascicolo sanitario elettronico, uno dei perni della sanità del futuro. Con l’adozione di questo ulteriore strumento, il cittadino sarà consapevole protagonista del proprio percorso di cura, con le garanzie di privacy e sicurezza che solo i professionisti clinico-sanitari, grazie al supporto delle nuove tecnologie, sono in grado di assicurare». VENETO 2013 • DOSSIER • 239


Il futuro del farmaco italiano Incognite si stagliano anche sul prossimo futuro di uno dei settori più stabili. Con Cesare Benedetti, il punto sulle strategie possibili e le prospettive probabili della farmaceutica Remo Monreale

he il prossimo governo intervenga. È l’augurio che in tutto il comparto si esprime. Quello farmaceutico, in realtà, è sostanzialmente stabile: l’Italia, per produzione, è seconda solo alla Germania e ha chiuso il 2012 con un valore di 25 miliardi, senza discostarsi molto dal precedente. Ma Farmindustria ha recentemente puntato il dito contro la spending review del governo Monti, con la quale si spiegherebbe il decremento dell’8 per cento registrato lo scorso dicembre. L’associazione delle imprese del farmaco si riferisce in particolare alla norma che prevede le prescrizioni con principi attivi, di cui beneficerebbero imprese che producono soprattutto all’estero, con un inevitabile aumento dell'import. «In questo periodo di grandi problematiche su tutti i fronti è veramente difficile poter dare delle sicure e reali risposte alle varie sollecitazioni dei mercati». Parla così il presidente di Zeta Farmaceutici, Cesare Benedetti, che ha portato l’azienda vicentina al servizio di 8mila farmacie e parafarmacie sulle 20mila presenti in Italia.

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Benedetti guida l’azienda insieme all’amministratore delegato Ida Filiaci, che si occupa anche dell’area commerciale e relative strategie, e con la figlia Marta, attuale responsabile delle vendite dirette e della ricerca e inserimento del mercato di nuovi prodotti. «La nostra realtà produttiva e distributiva – continua Benedetti –, conosciuta in Italia e in alcuni paesi limitrofi, cerca con le proprie forze di

Cesare Benedetti insieme all’amministratore delegato Ida Filiaci e alla figlia Marta, che ha da poco assunto la carica di Ad assieme alla madre www.zetafarm.it


Cesare Benedetti

20 mila

ANALISI ANNUALI EFFETTUATE DALLA ZETA contrastare questo generale senso di impotenza nei confronti dei paletti che vengono messi per annullare le iniziative private allo sviluppo del nostro paese: il trend di sviluppo aziendale ha visto migliorare le nostre performance in questi ultimi dieci anni a ritmi di crescita dall’8 al 12 per cento. Non vogliamo che sia smentito quest’anno, per quanto ricco d’incognite». In che modo? «Abbiamo diverse iniziative per aumentare il fatturato immettendo nuovi prodotti mirati ad accontentare sempre di più il farmacista. La nostra attività commerciale tende sempre a dare ai farmacisti tutti quegli strumenti utili da un lato a soddisfare la loro clientela, e dall’altro a mantenere il flusso di cassa in positivo. Altro fronte d’incremento del nostro fatturato è l’acquisizione di nuove commesse da clienti terzi, commesse che sono il risultato d’investimenti fatti in ricerca e sviluppo e della capacità di approntamento dei dossier richiesti dal Ministero della Salute». Cosa vi aspettate nei prossimi mesi?

FARMACEUTICI SU TUTTE LE MATERIE PRIME DEI CIRCA 800 PRODOTTI, REALIZZATI 4 VOLTE ALL’ANNO

«Affrontiamo il 2013 nella consapevolezza di voler continuare la nostra espansione in termini di fatturato e in termini di penetrazione del mercato. Sappiamo benissimo che ci aspettano momenti difficili, ma l’entusiasmo di tutta la nostra struttura è tale da farci mantenere un impegno sempre costante anche in questo momento critico e a dispetto delle forze controverse che animano il panorama attuale». Quale sarà la vostra strategia? «La quota più importante del nostro business resta quella della vendita diretta e il nostro ottimo risultato in questo campo è reso possibile da una forza vendita orientata a fornire costantemente un importante servizio al punto vendita, proponendo prodotti di altissima qualità per il benessere della persona e cer- áá VENETO 2013 • DOSSIER • 241


FARMACI

áá cando di fidelizzare la clientela in modo che il consumatore trovi quello che cerca: prezzo accessibile e qualità indiscutibile». Cosa vi permette di ottenere questo risultato in termini di standard qualitativi? «La qualità che forniamo è indiscutibile, perché operiamo in regime di Gmp (acronimo di Good Manufacturing Practice, cioè buona pratica di fabbricazione) in tutti i segmenti produttivi del gruppo. Ciò comporta un elevatissimo standard qualitativo, obbligatorio per la produzione farmaceutica, ma che seguiamo anche negli altri settori produttivi: cosmetici, integratori, dispositivi medici». Quanto risultano importanti per il vostro mercato i “non-farmaci”? «Non possiamo assistere impassibili all’evolu-

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zione del mercato nel nostro tradizionale punto vendita. I nostri padri erano abituati a una dinamica che vedeva entrare il cliente in farmacia perché doveva acquistare un farmaco prescritto dal medico e magari pagato dal servizio sanitario. Ora i margini del farmacista si sono fortemente ridotti, a causa di una restrizione da parte del Ssn sui farmaci rimborsabili e l’introduzione dei farmaci generici. Il farmacista per sopravvivere deve in un certo senso cambiare mentalità e orientarsi alla vendita di prodotti che gli permettano di recuperare quei margini che non ha più nella vendita del farmaco. E stiamo parlando di cosmetici, integratori, parafarmaco e servizi». Come vi ponete nei confronti dei farmacisti in merito a questo cambiamento? «I nostri clienti hanno costantemente bisogno di un servizio post vendita che permetta loro di avere a disposizione tutte le informazioni più aggiornate in modo da accontentare i clienti in cerca di consiglio. Non è più sufficiente che il venditore vada a proporre un prodotto per stimolare l’interesse del farmacista, perché questo è costantemente assillato da mille preoccupazioni e faccende diverse, e


Cesare Benedetti

Ricerca e diversificazione Cesare Benedetti, Presidente di Zeta Farmaceutici, approfondisce l’offerta di prodotti e illustra, con un esempio, alcuni dei problemi che stanno dietro ai processi chimici necessari. «Il gruppo si compone di tre marchi – dice Benedetti –, di cui due sono già consolidati, con cataloghi completamente diversi. Nel mercato possiamo dire di avere due grossi marchi: Zeta Farmaceutici e Marco Viti. Questi due hanno una piccola porzione di listino comune, ma uno è più orientato sulla cosmesi e l’altro più sugli integratori, per cui non si pestano i piedi a vicenda. Oggi puntiamo su EuPhidra (brand di cosmesi) e su Prolife, che sono prodotti da consiglio che ci danno molta soddisfazione per la loro connotazione “farmaceutica”. L’ultimo che ha avuto un background di ricerca molto approfondito è Prolife, una linea di integratori probiotici a base di fermenti lattici vivi che aveva bisogno di una serie di parametri che rendessero il principio attivo, cioè il fermento lattico vivo, più longevo e quindi più efficace».

non è sempre nella condizione ideale di poter ricevere tutte le informazioni che gli si vogliono dare. Perciò l’agente è portato ad approfondire la parte commerciale, trascurando la parte tecnica altrettanto importante». L’aspetto economico quindi ha acquisito un’importanza maggiore. Che soluzioni avete adottato? «Da una parte, gestendo oculatamente i costi, riusciamo a dare al farmacista la possibilità di offrire prezzi di vendita assolutamente competitivi con altri canali magari più frequentati. Questo è possibile perché è nel Dna aziendale non guardare solo al profitto, ma soprattutto alla possibilità di servire il consumatore, e di conseguenza il farmacista. In questa prospettiva uno degli obiettivi principali è ottenere la massima visibilità, fondamentale per un incremento di fatturato. Dall’altra, per non soccombere all’aspetto commerciale, organizziamo corsi, incontri, meeting in tutta Italia, ma soprattutto in azienda per permettere ai farmacisti di vedere di persona l’impegno con cui operiamo a beneficio della loro attività. Questo per rassicurare e informare sulla filosofia che guida il nostro lavoro e la nostra serietà».

I vostri partner, però, non si riducono alle farmacie. Infatti, parte della vostra produzione è conto terzi. «Per quel che riguarda i servizi che offriamo ai partner industriali, la nostra attività produttiva offre enormi opportunità alle grandi aziende farmaceutiche e cosmetiche che vogliono produrre in outsourcing, perché i nostri reparti sono calibrati per sopportare ingenti volumi. Questo ci rende competitivi sul mercato grazie ai costi contenuti, che ci permettono di proporre prezzi ridotti. Abbiamo messo in piedi linee produttive estremamente sofisticate, quali quelle per la produzione dei fermenti lattici “prolife” e quelle delle capsule molli. Il plus che ci avvantaggia nel mercato è il complesso dei due nostri siti produttivi, uno in Veneto e l’altro in Lombardia: entrambi tecnologicamente all’avanguardia e in grado di rispondere alle esigenze dei clienti in tempi rapidissimi». Tutto questo sembra suggerire un certo investimento in ricerca. «Abbiamo fatto molti investimenti per raggiungere il massimo grado di qualità: mi piace pensare che i nostri farmacisti acquistino da áá VENETO 2013 • DOSSIER • 243


FARMACI

Il farmacista deve cambiare mentalità e orientarsi su prodotti che gli permettano quei margini che non sono più possibili nella vendita del farmaco

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áá noi perché convinti della validità del nostro lavoro. La ricerca e l’attività di controllo hanno un’importanza per noi capitale: tra Ctf (cioè laureati in chimica e tecnologie farmaceutiche) e farmacisti, sono dieci i professionisti che si dedicano a tempo pieno a quest’ambito e portano avanti i singoli progetti. I processi che riusciamo a sviluppare, in conformità con le direttive del Ministero della Salute, sono sempre innovativi e complessi. Parte della nostra attività comprende la cosmesi, e in quel caso lo sforzo è concentrato sul garantire, oltre all’efficacia del prodotto, un alto profilo di sicurezza e una spinta all’innovazione per rispondere alle esigenze di un mercato sempre più sofisticato». Se doveste riassumere la vostra filosofia aziendale, che parole usereste? «“Non abbiate paura delle avversità, lavorando con dedizione, coraggio e onestà il mercato ci premierà”. Sono le parole del nostro amministratore delegato, Ida Filiaci, una previsione che ha trovato pieno riscontro nella realtà. Altro orgoglio aziendale è che in cinquant’anni di gestione non abbiamo mai 244 • DOSSIER • VENETO 2013

licenziato nessuno. Ci sono state delle defezioni, ma solo di carattere estremamente privato, dovute a scelte di colleghi dettate da esigenze familiari». Con quali propositi affronterete il 2013? «Se ci fossero meno ostacoli si potrebbe lavorare meglio, ma anche in questa fase delicata stiamo riuscendo a fare investimenti in reparti nuovi, quindi ci possiamo dire fiduciosi. Siamo sempre pronti ad assumere nuovo personale. Siamo costantemente in contatto con le università per confrontarci sul piano pratico e teorico per non commettere errori. Vediamo però che, nonostante le avversità, con la buona volontà e un pizzico di sacrificio tutto si appiana e l’azienda va verso traguardi importanti».



DIAGNOSTICA

Un nuovo test per la diagnosi del tumore al seno econdo le stime di un autorevole studio italo-svizzero pubblicato su “Annals of Oncology”, nel 2013, in Europa, si registreranno quasi 89mila decessi per cancro al seno. Nonostante sia una cifra importante, il dato è in diminuzione rispetto agli anni scorsi. Questo grazie alle campagne di sensibilizzazione e prevenzione e ai progressi della medicina nelle diagnosi precoce e nel trattamento. «Come per tutte le malattie – spiega il dottor Alberto Scanagatta, specialista in anatomia patologica e oncologia –, la prevenzione rappresenta l’arma di maggiore efficacia in mano a medico e paziente. E la diminuzione dei

S Il dottor Alberto Scanagatta, specialista in anatomia patologica e oncologia, dirige il Laboratorio di citoistopatologia di Verona. Nella pagina accanto l’attrezzatura per l’Halo test per la diagnostica citologica su secreto provocato scanagatta.lab@libero.it

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Alberto Scanagatta presenta l’Halo test. Uno strumento per la diagnosi precoce del cancro alla mammella. Infatti la prevenzione è ancora oggi l’arma principale a disposizione di medici e pazienti per ridurre il rischio di mortalità Luca Càvera

tumori al seno è dovuta quasi esclusivamente alla loro scoperta e diagnosi in fase iniziale. Se in questo è stata fondamentale l’informazione alle donne per i controlli periodici dopo i 25 anni, altrettanto rilievo ha avuto l’affinamento delle metodiche diagnostiche: mammografia, ecografia, Rmn mammaria, citologia agoaspirativa e da ultimo la citologia su secreto provocato Halo test». Scanagatta è direttore del Laboratorio di cito-istopatologia di Verona, struttura accredita con la Regione Veneto. Il centro ha sviluppato un pacchetto, Secur donna, che include i principali strumenti per la diagnosi preventiva di diverse patologie. Cosa comprende il pacchetto diagnostico Secur Donna? «L’elaborazione di questo pacchetto trova la sua motivazione nel fatto che il laboratorio è sempre stato orientato verso l’universo donna. Quindi abbiamo una particolare attenzione per esami di prevenzione come il Pap test – che eseguiamo con l’uso della citologia in strato sottile (Thin Prep) – tale esame viene spesso associato alla biologia molecolare che rileva la presenza di infezione virale da Hpv mediante il metodo Hc2 (Dna Pap). E prevede l’eventuale approfondimento con la P16 per evidenziare la progressione della malattia nella cervice uterina. Questi tre esami rappresentano il massimo della


Alberto Scanagatta

❝ prevenzione oggi messa a disposizione dalla scienza medica per quanto riguarda le malattie dell’apparato genitale. Ma il pacchetto include le diagnosi anche per altre patologie». Quali? «Un altro distretto particolarmente sensibile è quello senologico, quindi ecografia associata alla visita senologica, mammografia eseguita annualmente tra i 40 e i 55 anni, Rmn della mammella, approfondimento diagnostico mediante citologia agoaspirativa. Questi metodi hanno portato a un progresso enorme nella diagnostica preventiva del tumore della mammella, soprattutto grazie al fatto che sono ormai entrati, anche a livello culturale, nella sensibilità delle donne, che si dimostrano attente nel sottoporsi a visite periodiche. Sempre in questo ambito, per migliorare la propria capacità diagnostica, lo studio ha recentemente acquisito l’attrezzatura per un ulteriore test di prevenzione: l’Halo test per la diagnostica citologica su secreto provocato». Può spiegare le potenzialità e i vantaggi diagnostici di questa nuovo strumento? «Questo offre la possibilità di esaminare le cellule provenienti dai dotti mammari e di valutarne eventuali alterazioni iniziali, che potrebbero in futuro sviluppare lesioni precancerose. Si tratta di un esame indolore, che permette il

L’Halo test è indolore e permette di esaminare le cellule dei dotti mammari per valutarne alterazioni che potrebbero sviluppare lesioni precancerose

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riscaldamento, il massaggio e l’aspirazione sotto vuoto del secreto mammario bilaterale. Il metodo è indicato per le donne che hanno secrezione spontanea, per le donne che nell’arco di tempo tra i 25 e 40 anni non si sono sottoposte a mammografia, ma vogliono integrare l’esame ecografico con un esame di maggiore spessore diagnostico. Per una prevenzione puntuale è un test che andrebbe eseguito annualmente – esattamente come il Pap test – o, in ogni caso, la paziente andrebbe monitorata a intervalli determinati in base alla risposta al primo esame». Fra i dati del recente studio italo-svizzero pubblicato su “Annals of Oncology”, emerge una crescita esponenziale del cancro ai polmoni fra le donne. Che genere di prevenzione consiglia alle donne? «Purtroppo il dilagare del tumore al polmone è dovuto alla sempre maggiore diffusione del tabagismo da parte delle donne. Non c’è stata prova più veritiera di questo studio per la definizione del fumo come il principale agente patogeno di tale neoplasia, che risulta tuttora di non facile gestione». VENETO 2013 • DOSSIER • 247


PROCREAZIONE ASSISTITA

È in aumento la procreazione assistita In Italia un numero crescente di coppie si sottopone alla Procreazione Medicalmente Assistita, ambito che, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante. Anche se, nota Roberto Laganara, restano “nodi” ancora da risolvere, da parte della ricerca Anastasia Martini

er la PMA (procreazione medicalmente assistita), è un vero e proprio boom in Italia. Secondo le relazioni del Ministero della Salute, le coppie che si sono sottoposte a questa pratica, nel 2003 sono state 17.000, mentre nel 2009 sono passate a quasi 64.000. Per quanto riguarda i nuovi nati attraverso la PMA, dai 5.000 del 2005, si è sfiorata quota 11.000 del 2009. Contestualmente, è aumentato il numero dei centri specializzati nell’ambito: dai 120 del 2003, si è passati ai 352, attualmente registrati presso l’Istituto Superiore di Sanità. Numeri che, secondo il dottor Roberto Laganara, che opera presso il centro Biotech PMA, non si collegano tanto a un aumento della sterilità – da dimostrare – quanto a un maggiore ricorso delle coppie a tecniche che consentono di aumentare le possibilità di concepimento. E su queste tecniche “i miscroscopi sono ancora puntati”, per colmare le zone d’ombra. Quali sono i nodi insoluti nelle pratiche di procreazione assistita? «In primo luogo, si sta ancora cercando di capire i meccanismi insiti nell’impianto dell’embrione nell’utero, affinché si possa proce-

P

248 • DOSSIER • VENETO 2013

dere al trasferimento dei migliori, con risultati positivi, come invece spesso non avviene. Inoltre, sul fronte della FIVET (fecondazione in vitro e transfert di embrioni), si sta ancora lavorando sui protocolli di stimolazione ovarica, in modo da rendere il trattamento più accettabile e sostenibile da parte delle pazienti». A proposito della FIVET, quali problemi sono insiti in questa metodica e come vi rapportate alle pazienti che vi ricorrono? «Il rischio principale connesso a questa pratica, sono le gravidanze multiple. La legge 40 del 2004 favoriva il transfert di tre embrioni, per aumentare le possibilità di gravidanza sul singolo prelievo ovocitario, in controtendenza al resto del mondo che si sta orientando verso il transfert di un singolo embrione. Fortunatamente, nel 2009 il legislatore ha saggiamente pensato di rimettere ogni decisione riguardo il numero di ovociti da inseminare e di embrioni da trasferire in mano al medico, che ora è libero di programmare un trattamento “su


Roberto Laganara

64.000

COPPIE SI SONO SOTTOPOSTE NEL 2009

ALLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA, AMBITO CHE NEGLI ULTIMI ANNI SI STA EVOLVENDO RAPIDAMENTE

misura” in base alle caratteristiche della singola paziente, in modo da ottimizzare il risultato ottenibile con un singolo prelievo ovocitario e ridurre il numero di gravidanze gemellari, che costituiscono sempre un gruppo a elevato rischio ostetrico». Oltre a questa terapia, quali altre praticate e quali figure professionali sono coinvolte? «Oltre alla FIVET, il nostro programma include: la ICSI (fecondazione assistita dell’ovocita), la crioconservazione di ovociti, spermatozoi ed embrioni, l’inseminazione intrauterina e l’induzione all’ovulazione. Il nostro centro è strutturato in modo da poter pia-

nificare tutti i passi diagnostici e terapeutici, senza nessun tipo di attesa. Inoltre contiamo sulla consulenza scientifica di esperti del centro CPMA di Losanna (Svizzera), che ci consente di mantenere sempre aggiornato lo standard dei trattamenti proposti». A proposito di ICSI: come “funziona” e che cosa ha introdotto? «Questa metodica, che rappresenta un’importante tappa nell’evoluzione della PMA, ha permesso di trattare, dopo anni di ricerche, anche le forme gravi di sterilità maschile. Con la ICSI, infatti, basta iniettare uno spermatozoo nell’ovocita per la fecondazione, prelevandolo anche direttamente dal testicolo». A chi si rivolge la PMA e quali sono i limiti oggettivi di queste terapie? «La PMA è una pratica rivolta alle coppie che intendano aumentare le possibilità di concepimento. Un limite oggettivo, di cui però devono tenere conto, è l’età degli ovociti. Il loro invecchiamento, che subisce una forte accelerazione a partire dai 40 anni, diminuisce la fertilità. Contro questo fattore non è possibile fare nulla, salvo il ricorso agli ovociti di una donna più giovane, che è possibili in alcune nazioni, ma non in Italia».

Il dottor Roberto Laganara, ginecoloco ed esperto in PMA, lavora presso il centro Biotech Pma, che ha sede a Padova www.biotechpma.it

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ORTOPEDIA

La chirurgia robotica dell’anca e del ginocchio Grazie all’utilizzo del robot Mako, la precisione del posizionamento di una protesi è notevolmente aumentata. Piergiuseppe Perazzini analizza la chirurgia robotica applicata all’anca e al ginocchio Marco Tedeschi

Il dottor Piergiuseppe Perazzini, Responsabile dell’Unità Funzionale di Ortopedia e Traumatologia della Casa di Cura San Francesco di Verona www.casadicura.grupposanfrancesco.it

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el mese di Dicembre 2012 sono stati eseguiti i primi due interventi, al di fuori degli Stati Uniti, d’impianto di un’artroprotesi d’anca utilizzando il sistema robotizzato Rio, prodotto dall’azienda statunitense Mako Surgical. Si tratta dell’applicazione della Makoplastica, già in uso per il ginocchio, alla chirurgia sostitutiva dell’anca, con le necessarie modifiche al software e alla tecnologia del braccio robotizzato per adattarlo all’anatomia articolare dell’anca e alle tipologie protesiche utilizzate per questa articolazione. Gli interventi sono stati effettuati dal dottor Piergiuseppe Perazzini, responsabile dell’Unità Funzionale di Ortopedia e Traumatologia della Casa di Cura San Francesco. Quali sono i vantaggi della chirurgia robotica applicata all’anca e al ginocchio? «Nel caso dell’anca il vantaggio principale – oltre a quello di poter pianificare perfettamente l’impianto in fase preoperatoria – è quello di poter ripristinare il corretto centro di rotazione ottimizzando le forze muscolari che agiscono sulle componenti, riducendo così i rischi di instabilità della protesi e quelli di usura a breve medio termine connessi ad uno scorretto posizionamento. Inoltre è possibile controllare accuratamente la lunghezza degli arti, fattore fondamentale in fase intraoperatoria. L’innovazione è quindi soprattutto nel modo in cui viene applicata la protesi in titanio e il suo adattamento alla specifica anatomia del paziente. Per quanto riguarda il ginocchio, il vantaggio principale è di ottenere il posizionamento ideale per ogni articolazione correggendo la deformità e bilanciando in maniera ottimale l’apparato legamentoso; oltre a ciò c’è una minima invasività

N


Piergiuseppe Perazzini

Nel ginocchio c’è una minima invasività e una precisione tre volte maggiore rispetto alla tecnica tradizionale

e una precisione tre volte maggiore rispetto alla tecnica tradizionale. Con questa metodica si amplia notevolmente la tipologia di pazienti che può essere candidata alla sostituzione protesica mono compartimentale». Per quanto riguarda la riabilitazione? «Nell’ambito del recupero postoperatorio vi sono notevoli miglioramenti con accorciamento dei tempi di degenza e di rientro nell’ambito familiare. Per la Makoplastica d’anca nella maggioranza dei casi siamo a una settimana di degenza, seguita da un periodo di fisioterapia ambulatoriale. Per la Makoplastica di ginocchio nel 70 per cento dei casi la dimissione avviene in terza giornata con un programma di riabilitazione da svolgere a domicilio in totale autonomia». Le tecnologie utilizzate richiedono aggiornamenti particolari? «Il robot è stato prodotto in America e la nostra struttura è stata la prima in Europa a utilizzarlo. Si tratta di un’ apparecchiatura che standardizza e rende perfettamente ripetibili le procedure chirurgiche e noi siamo sempre aggiornati sulle novità. Cerchiamo, inoltre, di tenere corsi all’interno della nostra struttura per diffondere questa filosofia chirur-

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gica. Si tratta di un impegno importante, che stiamo portando avanti insieme al partner americano». Quali riconoscimenti avete ottenuto? «La Mako, società americana, ci ha chiesto di istituire presso la nostra Casa di Cura il primo centro d’istruzione di chirurgia robotica in Europa. Per loro rappresentiamo il centro di riferimento. All’inizio di marzo si è inoltre tenuto un congresso a Milano presieduto dal professor Norberto Confalonieri e dal dottor Sergio Romagnoli dal titolo “Small implants in compartimental knee reconstruction”. Io sono stato invitato a partecipare facendo una diretta televisiva dalla sala operatoria di un intervento di artroprotesi monocompartimentale di ginocchio; il giorno successivo ho presentato una relazione ed un video sugli impianti bimonocompartimentali, ossia l’applicazione di due protesi monocompartimentali nello stesso ginocchio. Un congresso internazionale che ha fatto il punto in un settore della chirurgia che è in continua crescita ed evoluzione. Nei prossimi anni, per esempio, sono previsti sviluppi che permetteranno di intervenire sull’usura di altri distretti articolari, sempre nel rispetto delle strutture ancora valide». VENETO 2013 • DOSSIER • 251


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