Dossveneto122013

Page 1




OSSIER VENETO L’INTERVENTO .......................................09 Marta Dassù Lella Golfo Matteo Zoppas Guido Carella

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Fernando Zilio

ECONOMIA E FINANZA

A

POLITICA ECONOMICA .....................48 I dati della regione Alessandro Vardanega Massimo Pavin

EXPORT...................................................88 Michael e Marika De Martin Alfio e Gianpietro Pravato Marcello Calcagni Lucia Zilio Paolo e Stefano Sacchetto Paolo Mason

IMPRESA E SVILUPPO......................56 Roberto Snaidero Alberto De Zan

STRATEGIE ............................................20 Roberto Zuccato Franco Antiga Giorgio Grosso Ettore Riello Marco Brazzolotto Enrico Carraro Francesca Todeschini

MODELLI D’IMPRESA........................62 Andrea Ferrari Corrado Menegazzo Elisabetta Gaspari Giuseppe Salafia Giancarlo De Paoli Domenica Mercadante Giuseppa Manera Giambattista Favero Giovanni De Martin

MERCATI.................................................40 Luisa Todini Riccardo Monti Ivan Malavasi Bernhard Scholz

INNOVAZIONE.......................................84 Nicola Ferrari Claudio Andreoli

6 • DOSSIER • VENETO 2013

FINANZA PUBBLICA ........................104 Roberto Ciambetti Giorgio Dal Negro AGROALIMENTARE ..........................110 Luigi Scordamaglia Domenico Zonin Riccardo Ricci Curbastro Carlo Caramel Salvatore Lovo INVESTIRE NELL’ARTE ..................122 Guido Guerzoni Franca Coin TESSILE.................................................128 I nomi del made in Italy Bruno Amoroso Giuliano Secco


Sommario TERRITORIO POLITICHE TURISTICHE .................138 Marino Finozzi Antonello De’ Medici EDILIZIA ................................................144 Roberto, Maurizio e Renato Grigolin Giancarlo Venturini Nicola Grudina Daniel Baldisseri MATERIALI ...........................................152 Paola Sempreboni RINNOVABILI.......................................156 Alberto Rui INTERNI .................................................158 Lucio De Majo Tiziano Carnieletto SPAZI VERDI ......................................164 Simone Bellamoli e Silvia Dalla Mura

GIUSTIZIA

SANITÀ

L’OPINIONE..........................................169 Marco De Bellis

POLITICHE SANITARIE ....................178 Enrico Garaci Gino Gumirato

CONTRAFFAZIONE............................170 Bruno Buratti Silvio Paschi Daniela Mainini

MAL DI SCHIENA ..............................188 Davide Maddalozzo

VENETO 2013 • DOSSIER • 7



L’INTERVENTO

Le imprese devono fare rete e anche squadra di Guido Carella, presidente Manageritalia

na recente indagine realizzata su un migliaio di dirigenti da AstraRicerche per Manageritalia e Fondir (Fondo Paritetico Interprofessionale per la Formazione Continua dei Dirigenti del Terziario), ci aiuta a capire cosa le aziende stiano facendo per competere al meglio. Emerge che quasi tutte puntano su aumento dei ricavi (91,4 per cento), contenimento dei costi (85,2 per cento) e produttività (83,3 per cento). Elevato anche il numero di chi punta su aspetti di innovazione di processo (67,9 per cento) e organizzativa (66,7 per cento). Grave è, invece, che solo un terzo punti su export (34,9 per cento) e internazionalizzazione e apertura di sedi all’estero (32,4 per cento). In Italia l’andare all’estero è direttamente proporzionale alla crescita dimensionale delle aziende. Soprattutto, le nostre aziende nazionali e multinazionali ci vanno molto meno delle multinazionali estere. Come fare per superare questo gap? Non saremo mai un’economia di grandi imprese, non sarebbe né possibile né logico. Oggi anche la più grande corporate del mondo è vincente solo se è capace di essere parte di una catena del valore nella quale deve per forza collaborare, al meglio, con fornitori, clienti e anche con gli stessi concorrenti. Gli esempi sono tanti. Ferrero e Mars hanno collaborato per innovare logistica e distribuzione dei prodotti. Boeing ha costruito il 787 Dreamliner che ha il 70-80 per cento dei suoi componenti progettati e prodotti da partner esterni dislocati nell’intero pianeta. Insomma, chi non è in rete e non collabora è destinato a

U

scomparire. Allora potremmo prendere i famosi “due piccioni con una fava”, anzi una rete. Quella costituita da una serie di aziende che condividono tutti o alcuni aspetti del loro processo produttivo e commerciale, che diventa il luogo dove condividere e sviluppare gestione, innovazione e tanto altro. Diventa l’unico modo per chi, piccolo, vuole andare sui mercati globali ed entrare nelle catene del valore che sono l’asse portante dei vari settori e business. Certo bisogna cambiare mentalità, cultura, strategia e approccio al business. Serve mettere a capo della rete un manager che ragioni e faccia ragionare, in modo strategico e operativo, tutte le imprese come una squadra coesa e compatta. Serve che questo manager abbia esperienza e visione e che, fatta la squadra, sappia guidarla sui mercati internazionali. Basta che sia chiaro che andare oltreconfine a vendere, anche solo esportando, implica entrare a pieno titolo, con diritti e doveri, in una o più catene del valore. Non è più il tempo del commesso con la valigia. Il valore si crea e si mantiene se si riesce a essere una vera rete di imprese, che opera come un grande gruppo per diventare un anello indispensabile di una o più catene globali. E a guidare, sviluppare e mantenere il tutto ci vogliono imprenditori brillanti, manager intelligenti e capaci di consolidare le maglie di questa rete, agganciandosi agli anelli delle catene del business globali. VENETO 2013 • DOSSIER • 13



L’INTERVENTO

Impresa e cultura per ripartire dalle basi di Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Venezia

egli ultimi anni abbiamo conosciuto gli effetti negativi di una crisi finanziaria ed economica mondiale che si è rivelata particolarmente aspra e prolungata. Alcuni Paesi, però, hanno dimostrato di possedere delle basi solide, capacità rigenerative e caratteristiche di adattabilità che hanno permesso loro di riprendersi più in fretta. Io credo che questa forza sia soprattutto di ordine culturale. A livello internazionale la cultura italiana è considerata una ricchezza, a tal punto da concorrere a garantire al nostro Paese il mantenimento di un’invidiabile posizione tra le nazioni leader. Eppure non riusciamo a sfruttare appieno questo patrimonio. Credo che per tornare a crescere e abbattere una disoccupazione giovanile dilagante ci serva una nuova visione strategica, condivisa dalla politica dal mondo produttivo e dal mondo della cultura, che metta in relazione le aziende, i poli di ricerca e formazione, le risorse umane, le ricchezze paesaggistiche e artistiche. Le nostre aziende, in particolare le pmi, faticano a sviluppare procedure interne d’innovazione conti-

N

nua di prodotto e di processo e potrebbero beneficiare enormemente di un rapporto di collaborazione costante con gli istituti di ricerca e gli atenei che favorirebbe anche l’inserimento di giovani negli organici delle aziende. In un mercato in cui la competizione si sposta sempre più sul terreno dell’immaterialità, inoltre, la cultura, che per le imprese si traduce in know-how, diventa un elemento indispensabile per incrementare la percezione di qualità che è solitamente associata alle produzioni del manifatturiero italiano, per trasmettere esclusività e sfruttare l’immagine vincente del made in Italy. Del resto, l’impresa può considerarsi a pieno titolo un’espressione culturale, poiché nasce dall’interazione virtuosa di saperi diversi e specifici, e produce a sua volta ricadute benefiche nell’area che la ospita. Per mantenere un vantaggio competitivo bisogna però coltivare e attrarre nuovi talenti, sviluppare la formazione scientifica e la ricerca, elaborare strategie di promozione efficaci che permettano di acquisire una crescente visibilità sui nuovi mercati. Investire in ricerca, formazione, training on

the job e stage - come Confindustria Venezia ha fatto grazie a una partnership con Ca’ Foscari - significa incentivare lo scambio di merci e intelligenze, innescare esperimenti di contaminazione con altri Paesi, favorire, in generale, la costruzione di una società vivace e meritocratica. Nel contempo, il nostro territorio, in larghissima parte a forte vocazione turistica, sarebbe una piattaforma ideale per la promozione e l’internazionalizzazione delle imprese locali che potrebbero crescere e garantirsi nuovi sviluppi. Eppure, spesso, le aziende non sono percepite come una ricchezza del territorio da valorizzare e da integrare. Condivido pienamente il “Manifesto della Cultura”, promosso da Confindustria e dal Sole24Ore, che auspica una maggiore complementarietà tra settori pubblico e privato tale da attivare esperimenti continui di cultura diffusa sostenibili grazie a investimenti congiunti, magari stimolati attraverso un sistema intelligente di sgravi fiscali. Occorre fornire tutti gli strumenti necessari affinché le componenti più vitali del nostro Paese si riattivino, tornando a produrre valore e benessere. VENETO 2013 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

RILANCIARE IL MADE IN VENETO Unioncamere Veneto conferma il suo ruolo di sostegno alle imprese sul fronte dell’internazionalizzazione e di ponte con l’Unione europea. Ne parla Fernando Zilio, neopresidente del sistema camerale della regione Francesca Druidi are una risposta concreta alle esigenze del tessuto imprenditoriale e del mondo economico. È la sfida di Fernando Zilio, presidente della Camera di commercio di Padova, eletto lo scorso novembre alla presidenza di Unioncamere Veneto per il prossimo biennio. Raccolto il testimone da Alessandro Bianchi, l’obiettivo di Zilio è di formare subito una squadra forte e coesa in grado di coordinare lo sforzo delle singole Camere di commercio del territorio, riservando sempre maggiori risorse ed energie all’apertura dei mercati internazionali e al rapporto con l’Europa. «Unioncamere Veneto deve essere il punto di riferimento e la cabina di regia delle sette camere di commercio della regione e di tutto il tessuto imprenditoriale – ha affermato – continuando e, al contempo, ampliando la sua opera di collegamento con le politiche e i finanziamenti dell’Unione europea attraverso Eurosportello». Quale sarà l’obiettivo principale del suo mandato? «Dobbiamo ridare progressivamente fiducia ai nostri imprenditori e, in questo difficile scenario economico,

D

16 • DOSSIER • VENETO 2013

disegnare una cornice in cui si possa inserire la ripresa sviluppando ulteriormente la collaborazione con la Regione, soprattutto per quanto riguarda l’internazionalizzazione». Considerando le imprese che hanno ottenuto il premio “Marco Polo”, quali sono le caratteristiche che rendono le aziende venete oggi competitive sui mercati internazionali? «Nell’attuale difficile contesto, le esportazioni e gli ordini esteri restano l’unico traino per l’economia regionale. Tuttavia, imporsi sui mercati esteri per le nostre aziende non è semplice, soprattutto a causa delle dimensioni piuttosto contenute di gran parte di loro. Il premio che consegniamo ogni due anni a 14 aziende venete - due per ciascuna provincia, alternando realtà di grandi e piccole dimensioni - vuole essere sia un riconoscimento per quanto fatto all’estero, esportando e rafforzando la qualità e l’autorevolezza veneta, sia uno stimolo per l’intero tessuto imprenditoriale a guardare oltre confine. Per ampliare i propri orizzonti, le nostre aziende devono però aggregarsi e fare massa critica, puntando su innovazione, tecnologia, originalità e su quell’innato valore ag-

giunto garantito dal “made in Veneto”, che da sempre contraddistingue le nostre produzioni». Dopo un 2012 con un debole incremento delle esportazioni (+1,6 per cento per un valore di oltre 51 miliardi di euro), anche nel primo semestre 2013 l’export del Veneto ha evidenziato una dinamica poco vivace con un +1,1 per cento. Cosa devono fare le imprese per incrementare il processo di internazionalizzazione e come i soggetti economici e istituzionali possono accompagnare e sostenere il loro sforzo? «Il Veneto si sta velocemente adeguando ai continui mutamenti economici, ricercando interlocutori oltre confine sempre più competitivi e portatori di sviluppo. Le imprese devono puntare maggiormente sui mercati internazionali che crescono di più: Turchia, Russia, Messico, Brasile e Indonesia. Il sistema Veneto ha ancora margini di crescita se “ripensa” la propria competitività presidiando i nuovi mercati di sbocco, migliorando le reti di distribuzione, aumentando la produttività attraverso l’innovazione, sviluppando un’organizzazione produttiva internazionale e stringendo relazioni


Fernando Zilio

VENETO 2013 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

commerciali sugli assi transeuropei. Tutti però devono fare la loro parte: l’operatività dell’Ice dovrebbe essere più rivolta alle specifiche esigenze delle economie regionali, abbandonando forme di centralizzazione che non hanno mai dato buoni esiti; l’azione delle Camere di Commercio essere più incisiva nella fase di accompagnamento e sostegno alle imprese per una presenza stabile sui mercati internazionali; la Regione dovrebbe adottare politiche mirate per migliorare la competitività delle eccellenze regionali». Unioncamere regionale promuove Eurosportello Veneto. Qual è il bilancio di questa iniziativa? «L’autorevolezza dell’Eurosportello Veneto è cresciuta negli anni e oggi la struttura rappresenta il coordinatore per il Nord Est di Enterprise Europe Network, la rete europea di servizi e assistenza gratuita alle imprese della Commissione europea che copre 52 paesi attraverso 600 uffici. L’obiettivo è aiutare imprese ed enti regionali a integrarsi nell’Unione europea e utilizzare al meglio i finanziamenti comunitari. Nel biennio 2011-2012, il Consorzio Een Veneto ha coinvolto 708 organizzazioni in iniziative d’informazione, consulenza e promozione, 134 organizzazioni in missioni ed eventi B2B, ha organizzato 621 incontri d’affari e cooperazione tecnologica tra organizzazioni italiane e straniere, ha erogato 237 servizi specialistici in materia d’internazionalizzazione e innovazione alle pmi, infine, ha siglato 22 accordi di cooperazione tra organizzazioni italiane e straniere, di cui 6 in ambito commerciale, 7 tecnologico e 9 di ricerca per la par18 • DOSSIER • VENETO 2013

tecipazione al 7° Programma quadro. All’orizzonte c’è il grande traguardo di Europa 2020, pertanto i progetti e le sempre più esigue risorse a disposizione vanno necessariamente e coerentemente canalizzate in direzione di questo grande impegno europeo». Vi sono in programma iniziative specifiche che interessano i Paesi extra-Ue, quelli che in base agli ultimi dati risultano i mercati più promettenti per i prodotti made in Veneto? «Da quasi due anni è operativa Veneto Promozione, la società consortile costituita da Regione e Unioncamere regionale. La gamma di interventi che l’ente si propone di attuare va dalla promozione del sistema Veneto in tutti i suoi aspetti economico-produttivi alla diffusione dell’informazione sulle politiche commerciali, produttive e finanziarie nei paesi terzi. Fra le attività, rientrano l’attivazione di sportelli, ban-

che dati, repertori sull’internazionalizzazione dell’economia e delle imprese; la realizzazione di iniziative di formazione manageriale, aggiornamento e specializzazione sulle tematiche dell’internazionalizzazione d’impresa e promozione di servizi specialistici innovativi in materia contrattualistica. E poi joint venture, ricerca di partner e tutte le azioni che consentono alle pmi un approccio mirato sulle proprie effettive dimensioni e capacità. Si tratta di offrire una serie di servizi alle pmi che, da un lato, abbattano i costi attraverso azioni collettive organizzate e co-finanziate da Regione e camere di commercio, dall’altro, consentano un’adeguata visibilità territoriale e di sistema». Il Veneto mostra un’evidente difficoltà ad attrarre nuovi capitali esteri. Come invertire la tendenza? «In un Paese che continua a perdere appeal internazionale, anche il Veneto evidenzia difficoltà nell’attrar-


Le esportazioni e gli ordini esteri restano l’unico traino per l’economia regionale

re nuovi capitali dall’estero, da cui invece il sistema economico trarrebbe beneficio, soprattutto se destinati all’avvio di nuove attività economiche o all’innalzamento del livello tecnologico delle produzioni locali. La presenza limitata di imprese a partecipazione estera è in parte ascrivibile alle peculiarità del tessuto produttivo regionale, estremamente polverizzato e caratterizzato dalla prevalenza di imprese di piccola e piccolissima dimensione, in prevalenza dedite a produzioni di media e medio-bassa intensità tecnologica. Imprese che risultano comparativamente meno appetibili per le multinazionali estere. A livello burocratico e amministrativo, urge una razionalizzazione delle risorse umane e finanziarie, attraverso la riorganizzazione dello Stato e della pubblica

amministrazione, al fine di ridurne i costi, migliorarne l’efficienza e l’efficacia, così da poter liberare risorse a vantaggio dell’intera società e del settore imprenditoriale, spesso gravato da vincoli burocratici». Come si profila allo stato attuale il rapporto con il credito, non solo sul fronte dell’internazionalizzazione? «Il problema principale che riscontrano le imprese, in particolare in questa fase di recessione, non è tanto quello di contrattare e ottenere prestiti a tasso agevolato, fattore comunque non secondario visto il differenziale dello spread Btp-Bund, quanto quello di reperire liquidità e accedere al credito per attività d’impresa. Il cistema camerale veneto, come principale forma di sostegno al credito, utilizza la contribuzione

diretta ai consorzi di garanzia fidi, ritenendolo lo strumento più immediato ed efficace per aiutare le imprese in difficoltà a ottenere prestiti bancari. Lo scorso anno le camere di commercio venete hanno erogato circa 12 milioni di euro ai Confidi, destinando gran parte delle risorse a favore della prestazione di garanzie delle imprese del territorio, risorse utilizzate poi dalle aziende per investimenti produttivi e per l’internazionalizzazione. È in corso di valutazione, inoltre, lo sviluppo di sinergie con la finanziaria Veneto Sviluppo per avviare iniziative congiunte sul credito. L’idea è una collaborazione volta a creare, gestire e promuovere un fondo di rotazione comune a sostegno del credito alle pmi per il finanziamento di startup e imprese innovative». VENETO 2013 • DOSSIER • 19


STRATEGIE

Progetti di crescita oltre confine Il Veneto sta confermando la sua vocazione internazionale. Il leader degli industriali, Roberto Zuccato, indica cosa serve alle imprese per costruire e sviluppare i rapporti con l’estero Renata Gualtieri

fine 2011 le imprese multinazionali venete erano 1.304, pari al 15,3 per cento di tutte le imprese multinazionali italiane. Le imprese estere partecipate sono state, invece, quasi 3.700 (il 13,5 per cento del totale nazionale) e hanno occupato poco meno di 152.300 dipendenti (9,8 per cento del totale nazionale), con un giro d’affari aggregato di circa 25 miliardi di euro (4,2 per cento del totale nazionale). «Abbiamo però un’evidente difficolta` ad attrarre nuovi capitali esteri - riflette il presidente di Confindustria Veneto, Roberto Zuccato - da cui il sistema economico potrebbe trarre beneficio, soprattutto se destinati all’avvio di nuove attività economiche o al potenziamento di quelle precedenti, ovvero capaci di contribuire all’innalzamento del livello tecnologico delle produzioni locali. Su questo fronte bisognerà lavorare molto». Quali le prossime iniziative e il supporto di Confindustria alle aziende interessate a espandersi all’estero? E quali i mercati da guardare con più interesse? «Come associazione siamo costantemente al fianco delle nostre imprese che vogliono internazionalizzarsi. Le forme dell’aiuto possono essere molteplici: dalla consulenza dei nostri esperti e funzionari al coordinamento per la partecipazione a fiere o eventi all’estero,

A

20 • DOSSIER • VENETO 2013

passando per l’intermediazione con il mondo del credito o alla collaborazione nelle reti d’impresa. I mercati su cui oggi insistono di più le imprese venete sono l’area mediterranea, l’area subsahariana e il Sudafrica, i Paesi del Golfo Persico (Emirati Arabi, Arabia Saudita), la Russia, il Kazakhistan e, in America latina, il Messico e il Brasile. Infine, com’è ovvio, la Cina e i nuovi mercati asiatici». Quali sono le principali difficoltà riscontrate dalle imprese del territorio nei processi d’internazionalizzazione? «Le nostre pmi utilizzano ancora molto l’autofinanziamento, che non è adatto per sviluppare e costruire rapporti con l’estero. Le banche, in questo momento di crisi, non hanno sviluppato veri e propri strumenti di supporto per favorire l’internazionalizzazione delle pmi. L’altro grande problema per l’internazionalizzazione è quello dimensionale, servono uomini

EXPORT

18%

IL PESO DELL’EXPORT REGIONALE CALCOLATO SUL VALORE TOTALE DELLE ESPORTAZIONI NAZIONALI

e risorse per affrontare i mercati esteri: dobbiamo partire dalle aggregazioni, dalle reti d’impresa, e tutto ciò che favorisce sinergie ed economie di scala. Su questo fronte le associazioni di categoria possono giocare un ruolo nel creare servizi mirati e di tutoraggio, magari in collaborazione con il sistema universitario». Quanto è importante, specie per le pmi, avere dei supporti per varcare i confini nazionali da parte delle banche del territorio e qual è la situa-


Roberto Zuccato

Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto

zione in regione? «Per un sistema imprenditoriale come il nostro diventa impossibile investire all’estero senza un supporto vero da parte del mondo del credito e della finanza. In particolare, per le imprese che non sono di grandissime dimensioni, ma che fanno prodotti di qualità appetibili oltre confine, avere un appoggio forte che arriva dal territorio è indispensabile. Il Veneto, pur in tempi diffi-

cili, sta confermando la sua storica vocazione internazionale: il peso dell’export regionale sul totale nazionale è pari al 18 per cento del valore. La maggiore apertura dell’economia della nostra regione la rende tuttavia più sensibile alle dinamiche del commercio mondiale, per certi versi più che a quella nazionale. Ciò spiega sia il crollo delle transazioni con l’estero subite nel corso del 2009 (-23,5 per cento), sia la consistente ripresa nel corso del 2010 (+16,2 per cento); così come la tenuta del 2011(+10,2 per cento) e, infine, la frenata del 2012 (+1,6 per cento)». Quanto è stato fondamentale nella sua esperienza da imprenditore rivolgersi ai mercati esteri e quali i risultati più importanti ottenuti in un settore, quale quello dell’arredamento per l’ufficio, che dal 2007 ha perso il 48 per cento dei ricavi?

«Assolutamente necessario, il mio è stato un settore che più di molti altri ha patito la crisi. Anche perché le difficoltà erano iniziate molto prima: abbiamo registrato un calo medio annuo delle esportazioni di quasi l’1 per cento negli ultimi dieci anni. Ciò nonostante, il nostro saldo commerciale è ancora positivo per oltre 3,1 miliardi, ossia il 17 per cento della bilancia commerciale attiva del Nordest. E vorrei sottolineare come proprio nel comparto dei mobili l’industria del Nordest misuri, rispetto all’Italia, la massima specializzazione internazionale: il 43 per cento dell’export italiano ha infatti provenienza dal Nord Est. Il settore sta attraversando una fase di riorganizzazione internazionale del processo produttivo, che si manifesta sia con l’aumento di valore aggiunto del legname importato sia con lo sviluppo di attività manifatturiere all’estero».

Dobbiamo partire da aggregazioni, reti d’impresa e tutto ciò che favorisce sinergie ed economie di scala

VENETO 2013 • DOSSIER • 21


STRATEGIE

Sostegno al sistema industriale Veneto Sviluppo chiuderà l’anno raggiungendo il numero delle 10mila imprese assistite. Il presidente Giorgio Grosso indica le operazioni più importanti realizzate e anticipa i nuovi investimenti che aiuteranno le imprese a ripartire Renata Gualtieri

eneto Sviluppo nei primi dieci mesi del 2013 è riuscito a soddisfare finanziamenti per circa 300 milioni di euro, registrando +27 per cento rispetto al 2012, e sta procedendo ad aumentare le risorse pubbliche a disposizione per incentivare quelle misure che stanno permettendo alle imprese del territorio non solo di rifiatare, ma di ripartire. Tra le scelte più importanti di sostegno al sistema industriale regionale effettuate dalla nuova gestione, attiva da poco più di un anno, c’è la riassicurazione del credito in sinergia con il sistema dei Confidi e con quello bancario, che ha premesso proprio ai Confidi veneti da luglio a ottobre di prenotare più di 1.300 domande di accesso e utilizzo di questo sistema, per un importo di finanziamenti bancari superiore ai 104 milioni di euro. «Questa misura - spiega il presidente di Veneto Sviluppo, Giorgio Grosso - si affianca a quella dei tranched cover, assicurazioni di portafoglio che ci permetteranno a breve di soddisfare finanziamenti complessivi per 127 milioni di euro erogabili a circa 500 imprese». Un’altra importante scelta è quella di sburocratizzare le prescrizioni amministrative esistenti, realizzando un

V

24 • DOSSIER • VENETO 2013

Al centro, Giorgio Grosso, presidente di Veneto Sviluppo

regolamento di utilizzo unico per i fondi di industria, artigianato e commercio. «Questo ci permetterà di gestire tutti i settori produttivi e commerciali allo stesso modo, con ulteriore velocità di risposta, adeguandoci alle necessità impellenti dell’impresa». Quali le operazioni previste per il 2014? «Abbiamo già varato un importantissimo piano di finanziamenti per tutte le nostre imprese fortemente energivore, permettendo loro di accedere a fondi di rotazione finalizzati al ricevimento di contributi in conto capitale e interessi per un

totale di 38,8 milioni di euro, per realizzare impianti di cogenerazione e ridurre drasticamente i costi della bolletta energetica». Come finanziare le imprese nel 2014? «Chiuderemo l’anno abbattendo il numero delle 10mila imprese assistite, ovvero dei mille piani di ammortamento in essere per un controvalore prossimo a 1,2 miliardi di euro. Per il 2014 stiamo ormai predisponendo i nuovi progetti di aggiornamento degli strumenti esistenti, che ci permetteranno di ampliare il nostro raggio d’intervento e azione, sorreggendo e rilanciando an-


Giorgio Grosso

FINANZIAMENTI

300 mln

L’AMMONTARE DI FINANZIAMENTI CHE VENETO SVILUPPO È RIUSCITO A SODDISFARE NEI PRIMI DIECI MESI DEL 2013

che e soprattutto le medie imprese, che da troppo tempo convivono così duramente con la crisi in atto». Quale il sostegno e i finanziamenti previsti per le pmi che vogliono crescere e investire sui mercati internazionali? «Intendiamo scommettere nel 2014 sul rilancio, quello che noi abbiamo denominato “ri-start-up”, di aziende con fatturati inferiori alla soglia dei dieci milioni di euro e che hanno bisogno di sostegno ai loro business plan. Progetti imprenditoriali che mirino alla riqualificazione industriale, all’aggiornamento tecnologico, allo sviluppo d’innovative

proposte di processi e prodotti e che cerchino come orizzonte di mercato quello internazionale». Anche per questo è nato il progetto partnership con Friulia, a sostegno del tessuto imprenditoriale del Veneto e del Friuli Venezia Giulia? «È un progetto finalizzato all’aumento della massa critica di competenze e fondi disponibili dedicabili alle attuali e stringenti necessità delle pmi, con l’ulteriore dichiarato obiettivo di attrarre anche capitali privati. A brevissimo saranno trasferite nella nuova Fvs Sgr le competenze e professionalità già presenti nelle struttu-

re delle due realtà aziendali, in modo tale da gestire da subito più fondi di investimento, proseguire l’attuale attività di equity delle due finanziarie regionali, con l’obiettivo di gestire masse pari ad almeno 100-150 milioni di euro, segmentate in maniera da coprire tutte le esigenze delle pmi delle due regioni, sia nella fase di startup che in quella di ri-start-up». Come è stato possibile rilanciare l’azienda Acc Compressors? «Nel caso dell’Acc Compressors di Mel, in provincia di Belluno, Veneto Sviluppo ha messo a frutto l’enorme expertise dei suoi dirigenti per trovare in tempi irrisori la risposta ponte alle esigenze di 620 famiglie della Valbelluna, erogando una somma di poco inferiore al mezzo milione di euro. Ci siamo di fatto resi cessionari pro solvendo del credito Iva aziendale, permettendo così ad Acc Compressors di disporre immediatamente della liquidità necessaria al prosieguo delle vita aziendale. Un provvedimento straordinario e mai eseguito prima inquadrabile e considerabile come intervento di “finanza ponte”, nell’attesa a breve che il pool di istituti di credito coinvolti nella vicenda possa erogare la somma necessaria al perseguimento degli obiettivi delineati nel Piano industriale di riassetto e rilancio di Acc». VENETO 2013 • DOSSIER • 25


STRATEGIE

L’evoluzione della fiera Non più solo un evento espositivo, ma una piattaforma competitiva per le aziende venete attenta ai processi di internazionalizzazione. È il profilo della fiera contemporanea secondo il presidente di Veronafiere Ettore Riello, che ne illustra le strategie di sviluppo Francesca Druidi

l 2013 per Veronafiere è stato all’insegna di un forte slancio progettuale. A evidenziarlo è il presidente Riello: «Abbiamo consolidato ulteriormente il nostro portafoglio di manifestazioni, abbiamo lanciato una startup nel settore dell’efficienza energetica, Smart Energy Expo, che ha subito incontrato il parere positivo di espositori e visitatori, oltre ad aver potenziato l’attività all’estero». Il polo fieristico pensa, però, già al futuro e procede con il suo piano industriale, il cui obiettivo è raggiungere nel 2016 un fatturato superiore a 100 milioni di euro. Quali sono i piani per il 2014? «Continuerà la nostra mission di accompagnamento delle imprese italiane nella loro crescita in Italia e sui mercati internazionali. Il 2014 per Veronafiere sarà un anno denso di eventi: torneranno ad animare i nostri padiglioni alcuni tra i più importanti eventi biennali e triennali, come Fieragricola, Progetto Fuoco e Samoter. Abbiamo in calendario anche nuovi eventi quali OilNonOil, la rassegna dedicata a tutta la filiera della distribuzione carburanti». E per il futuro? «Veronafiere continuerà ad avere un occhio attento sui mercati

I

26 • DOSSIER • VENETO 2013

emergenti: punti fermi restano, infatti, l’internazionalizzazione e la creazione di fortissime sinergie tra le nostre manifestazioni domestiche e la loro crescita oltre confine, per favorire senza soluzione di continuità l’incontro tra domanda e offerta, durante più momenti nel corso dell’anno, e presidiando più mercati, con Verona quale vero e proprio epicentro da cui far partire e a cui far tornare il vero e proprio circolo virtuoso che nasce dalla nostra capacità di sviluppare network». Quali fattori rendono solida la gestione dell’ente? «La gestione diretta delle manifestazioni è sicuramente una strategia vincente. Il successo di un evento non si basa soltanto sulle infrastrutture e sulle capacità ricettive, ma anche sulla qualità della rassegna, che funziona nel momento in cui si evolve e offre servizi aggiuntivi. E per offrire innovazione sono indispensabili un controllo forte e importanti investimenti, possibili solo se è lo stesso ente a occuparsi dell’organizzazione». Ci sono servizi che oggi una fiera deve garantire alle imprese che vi partecipano per mantenere la propria competitività? «Affinché continuino a essere perce-

Ettore Riello, presidente di Veronafiere

pite come una reale piattaforma competitiva per le aziende, le fiere devono saper cogliere le tendenze e offrire soluzioni e servizi per sostenere il loro sviluppo. Oggi la fiera non è più un marketplace basato su uno spazio fisico: negli ultimi 10 anni ha mutato ruolo, passando da costruzione dell’offerta a costruzione della domanda, dove il vero valore era far convogliare sugli eventi, le relazioni, gli opinion leader e i buyer, grazie a una grande conoscenza dei mercati. Oggi siamo in una fase ancora diversa. Le aziende chiedono sempre di più, non solo consulenza


Ettore Riello

Agroalimentare e marmo sono due eccellenze del distretto produttivo veneto che Veronafiere supporta in maniera significativa grazie a Vinitaly e Marmomacc

ma un lavoro di strategia tailor made su ciascuna impresa». Come muoversi allora? «Di fronte all’aumentata competitività dei mercati esteri, è necessario puntare sull’innovazione, avere il coraggio di cambiare e rinnovare i format delle manifestazioni per adattarsi ai nuovi trend e alle mutate esigenze di operatori e visitatori. Una fiera svolge la sua funzione strategica nel momento in cui evolve e offre nuove opportunità e servizi: di formazione, per conoscere meglio i mercati, finanziari, per assistere le vendite all’estero, ma anche di supporto alla penetrazione dei mercati, per esempio fornendo concreta assistenza nella gestione delle procedure doganali». Veronafiere e sistema produttivo veneto. Quale rapporto si delinea allo stato attuale e come prevedete di intensificarlo? «Agroalimentare e marmo sono sicuramente due eccellenze del distretto produttivo veneto che Veronafiere supporta in maniera significativa gra-

zie a Vinitaly e Marmomacc. L’agroalimentare, in particolare - in cui Veronafiere è leader in Italia con una quota delle manifestazioni fieristiche relative al comparto pari al 45 per cento -, è un settore che produce valore, export e continua a crescere sui mercati storici. Le linee principali del nostro piano industriale prevedono il consolidamento del portafoglio di manifestazioni e lo sviluppo di nuovi eventi per presidiare i settori emergenti e garantire al quartiere un elevato indice di rotazione, così da incrementare ulteriormente l’indotto sul territorio, stimato in un miliardo di euro. Va in questa direzione l’accordo con Expo 2015, che prevede una collaborazione tra le due realtà espositive con una serie di attività che inizieranno già con il prossimo Vinitaly per culminare durante i sei mesi dell’Esposizione con l’evento itinerante di “OperaWineExpo”. Inizialmente, la manifestazione si svolgerà a Verona, dal 14 giugno al 6 settembre 2015, sotto forma di mostra per-

manente presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona durante la stagione lirica dell’Arena; il progetto di intesa prevede, inoltre, che in autunno la manifestazione si sposti sul capoluogo lombardo, per chiudere il calendario dell’Expo con un grand tasting che vedrà la presenza dei migliori produttori italiani di vino e illustri ospiti internazionali». Quali direttrici l’ente sta seguendo in ambito internazionale? «Negli ultimi anni, Veronafiere ha portato la sua attività oltre confine a un livello più elevato, che non si misura più tanto in numero delle singole manifestazioni, quanto nello sviluppo di piattaforme forti e punti di riferimento permanenti sui mercati esteri. La strategia è quella di creare nei vari mercati delle piattaforme che permettano, da un lato, di organizzare gli eventi e, dall’altro, di generare, attraverso le realtà con cui opera, una crescita delle manifestazioni veronesi. Un indicatore importante della presenza di Veronafiere sui mercati in- VENETO 2013 • DOSSIER • 27


STRATEGIE

FATTURATO

100 mln AMMONTARE DEL FATTURATO CHE NEL 2016 IL GRUPPO VERONAFIERE PREVEDE DI SUPERARE IN QUANTO OBIETTIVO DEL PIANO INDUSTRIALE 2012-2016

FIERE

5 NUMERO DI MANIFESTAZIONI ORGANIZZATE DA VERONAFIERE ALL’ESTERO NEL PRIMO SEMESTRE 2014 IN USA, BRASILE, CINA E QATAR

ternazionali non è solo il successo degli eventi organizzati in quei mercati, ma è anche quanto quegli eventi riescono ad attrarre espositori, buyer e opportunità di contatti per gli eventi a Verona. Un altro aspetto importante della piattaforma è la volontà di essere un punto di riferimento per le aziende italiane che approcciano quei mercati. In quest’ottica rientra anche la recente apertura dell’ufficio di rappresentanza di Vinitaly presso l’ufficio Ice di Shanghai, così come la nascita di Veronafiere do Brasil che permette all’ente di presidiare la filiera della pietra naturale nel continente americano». Quali i principali appuntamenti sul fronte domestico e internazionale di Veronafiere nel prossimo anno? «Sul fronte nazionale, abbiamo ampliato ulteriormente il nostro portfo28 • DOSSIER • VENETO 2013

L’evento Vinitaly International Usa 2013 organizzato da Veronafiere

lio prodotti, rafforzando comparti esistenti ed entrando in nuovi settori altamente strategici. Solo nel primo semestre 2014, abbiamo in calendario una ventina di rassegne in Italia e 5 all’estero. L’anno inizierà con Motor Bike Expo, a febbraio tornerà la biennale Fieragricola, che sarà un’importante occasione per fare il punto sulla nuova riforma della Politica agricola comunitaria. Dopo Progetto Fuoco, la mostra internazionale di impianti e attrezzature per la produzione di ca-

lore ed energia della combustione di legna, dal 6 al 9 aprile il nostro quartiere sarà interamente dedicato all’appuntamento più atteso del primo semestre: Vinitaly, che quest’anno avrà anche un intero spazio dedicato ai vini biologici. Cresceranno, inoltre, le manifestazioni all’estero: tra le novità, dall’11 al 14 dicembre in Egitto, al Cairo, si terrà la prima edizione di MS Africa & Middle East e Vinitaly International farà tappa anche a Chengdu».



STRATEGIE

Innovazione glocalizzata Per conquistare i mercati stranieri, occorre una strategia improntata su azioni mirate a livello organizzativo e commerciale. L’esperienza di Gasparini, una delle imprese recentemente insignite del Premio Marco Polo Francesca Druidi

una delle 14 aziende regionali che più ha contribuito all’interscambio internazionale del Veneto. Gasparini Spa, che produce macchine e impianti hi-tech di profilatura per l’industria della lavorazione della lamiera, ha fatto dell’internazionalizzazione uno strumento di sviluppo aziendale. Lo spiega il marketing manager Marco Brazzolotto. Le esportazioni hanno trainato la crescita di Gasparini passando, dal 2008 a oggi, dal 58 al 97 per cento di incidenza sul fatturato. Come l’azienda ha ottenuto questo risultato? «La nostra realtà, forte di un’esperienza da leader da più di 60 anni nella costruzione di impianti flessibili di profilatura, si basava su una consolidata presenza nel mercato italiano ed europeo, avendo sviluppato negli anni soluzioni tecnologiche all’avanguardia che ci hanno permesso di crescere. Il logico proseguimento è stato quello

È

30 • DOSSIER • VENETO 2013

Marco Brazzolotto, marketing manager di Gasparini Spa, con sede a Mirano, in provincia di Venezia

di consolidare la nostra presenza nei mercati che già conoscevamo, ponendo grande attenzione e studio ai trend e agli indicatori di settore internazionali del comparto delle macchine utensili. Al marketing è stata delegata l’analisi più puntuale di quello che accade nel mondo, orientando l’attenzione agli sviluppi economici dei paesi target». Quali sono state le strategie impiegate? «Le nostre scelte commerciali sono strutturate su un’analisi a più livelli e seguono la logica e la dinamica dei vari mercati. Una valutazione

attenta è necessaria per pianificare le attività, fissando delle priorità per non dissipare le energie e le risorse disponibili. Abbiamo rafforzato la nostra presenza a livello mondiale mediante il consolidamento della rete commerciale, soprattutto con i dealer locali, e la creazione di filiali e uffici con nostro personale diretto di supporto tecnico-commerciale. Crediamo molto in una continua presenza diretta per incontrare i clienti nei vari paesi. Missioni, visite e la partecipazione a 5-20 fiere all’anno di settore in tutto il mondo rappresentano un investimento fondamentale


Marco Brazzolotto

L’innovazione e la flessibilità sono le chiavi di volta dei nostri impianti

per poter competere. Un processo di internazionalizzazione, soprattutto in un settore come il nostro, passa attraverso un lavoro di medio-lungo periodo che coinvolge tutti le funzioni aziendali». Azioni future? «Sono legate all’obiettivo di consolidare il lavoro fin qui svolto, implementando l’attività di ricerca e sviluppo indispensabile per poter essere competitivi e migliorando continuamente tutti gli aspetti legati ai processi di organizzazione». I mercati extra-europei, dai Brics agli Stati Uniti, sono sempre più importanti per Gasparini. Che tipo di criticità si presentano nel confronto con questi mercati? «Sono emersi molti punti di contatto ma, al contempo, anche la necessità di avere prodotti adattati alle specifiche locali. È, quindi, diventato indispensabile ridefinire le strategie di innovazione seguendo logiche di glocalizzazione, riduzione dei tempi di sviluppo e com-

pressione dei costi attraverso il miglioramento dell’efficienza. Volersi affermare in un nuovo mercato comporta un grosso dispendio di tempo e risorse, e non sempre le aziende possono far fronte a questo tipo d’investimento. Vi sono poi, ovviamente, le barriere doganali e i dazi: qui la legislatura internazionale non è sempre chiara e trasparente; spesso gli accordi internazionali danno adito a interpretazioni diverse che vanno attentamente valutate». Cosa rende gli impianti di profilatura Gasparini competitivi oltre confine? «La tecnologia italiana ha un appeal internazionale che molto spesso non le viene riconosciuto in patria. Nel settore delle macchine utensili, l’Italia è il terzo paese al mondo come volume esportato, superata solo dal Giappone e dalla Germania. È un’indicazione importante di come la tecnologia italiana sia apprezzata e riconosciuta in tutto il mondo. La nostra

industria non è solo food&fashion, abbiamo sviluppato nel corso degli anni le nostre competenze e lavoriamo in un settore strategico per le aziende che hanno bisogno di aumentare e migliorare la propria produttività. Ai nostri clienti non si propongono macchinari da catalogo, ma soluzioni. Il processo di sviluppo di un nostro nuovo impianto ha l’obiettivo di diventare parte integrante dei piani di sviluppo dell’azienda che si è rivolta a noi». Quanto conta l’innovazione nella vostra propensione all’export? «L’innovazione e la flessibilità sono le chiavi di volta dei nostri impianti. Saper soddisfare un bisogno, non essere solo un costruttore ma una società di engineering che guarda oltre a quelle che sono le richieste dei clienti, è il nostro scopo. Proporre nuove soluzioni ci permette di avere dei vantaggi competitivi nei confronti degli altri player, stranieri o locali che siano». VENETO 2013 • DOSSIER • 31


STRATEGIE

Un modello che cambia La crisi economica ha mutato profondamente il concetto di impresa anche nel Nordest, roccaforte delle pmi. Enrico Carraro spiega quali caratteristiche devono avere le imprese di oggi Nicolò Mulas Marcello

l modo di fare impresa nel Nordest è significativamente cambiato. Ciò è avvenuto per naturale evoluzione, ma anche e soprattutto a seguito della crisi. In tale contesto, il modello Nordest, quello del “piccolo è bello”, ha lasciato spazio a nuove forme di managerialità per far fronte alla criticità del momento. «Viviamo in un’area competitiva globale - spiega Enrico Carraro, presidente di Carraro Group - quale che siano i nostri mercati di riferimento. È necessario capire che bisogna avere dimensioni adeguate, spirito internazionale e capacità di innovare. Non si può pensare di conquistare quote di mercato se mancano tali premesse». Come hanno reagito gli imprenditori alla crisi economica? E, nello specifico, quali strategie ha messo in campo Carraro Group? «È difficile generalizzare su tutta la categoria degli imprenditori del Nordest. Di certo chi ha deciso di adottare una mera strategia di low cost, andando prima a produrre in Romania, poi in India, poi in Cina, poi in Bangladesh e così via, ha impostato un modello difficilmente sostenibile nel lungo periodo. Avere un approccio di nomadismo industriale non aiuta, anche perché ci sarà sempre un Paese meno costoso. Noi, dal

I

32 • DOSSIER • VENETO 2013

’97 a oggi, abbiamo invece scelto di internazionalizzare, piuttosto che delocalizzare. Abbiamo aperto sedi produttive in India, Germania, Argentina e Cina, ma nella logica di avvicinarsi al mercato e ai clienti per migliorare il servizio, dedicando risorse ed energie specifiche a ogni singolo mercato. Questa strada, che definiamo “local for local”, è la più corretta per rafforzare la propria posizione competitiva. Di pari passo, inoltre, mai bisogna perdere la visione sul futuro, quindi è necessario investire in ricerca e innovazione per anticipare i bisogni dei mercati. Tutto ciò, però, non è possibile se non si mantiene una forte competenza sul “saper fare”, nella qualità; in tale logica, sono perfettamente d’accordo sul concet-

to del “back to manufacturing”». I mutamenti dei mercati e le difficoltà rappresentate dalla crisi economica hanno, secondo lei, reso indispensabile per gli imprenditori rivolgersi a manager sempre più specializzati? «Non direi che vi sia una reale necessità di specializzazioni, forse è vero il contrario. Un buon manager oggi deve essere piuttosto flessibile e avere una visione molto aperta. Certo, è indubbio che è sempre più necessaria una nuova sensibilità alle tematiche economico-finanziarie, anche nella valutazione di una qualsiasi relazione di partnership con clienti e fornitori. Ma non ci si può permettere di lavorare a compartimenti stagni. Una risposta è efficace solo


Enrico Carraro

se è puntuale. Per tale ragione le nostre organizzazioni devono imparare a sviluppare un reale knowledge sharing e, allo stesso tempo, comprendere quali servizi dare ai diversi attori con cui quotidianamente abbiamo a che fare. Ad esempio, non possiamo dimenticarci il cliente interno per favorire il cliente esterno. Per prima cosa un buon manager deve essere in grado di costruirsi una squadra solida, capace ed efficiente. Se dimentica ciò, andrà avanti da solo e non potrà in alcun modo raggiungere gli obiettivi aziendali». Carraro è un gruppo leader nel suo settore, presente con sedi produttive in diversi paesi nel mondo. Come vede il futuro del gruppo sul piano internazionale? «Oggi oltre l’85% del nostro fatturato è rivolto all’estero e oltre la metà delle nostre persone sono fuori dall’Italia. Questi due dati, da soli, sono la dimostrazione di quanto sia determinante la dimensione internazionale per il Gruppo. Proprio grazie alla nostra so-

lida piattaforma industriale globale, siamo stati in grado di andare oltre la crisi del 2008 e siamo convinti che la scelta sia vincente in modo ancora più significativo nel prossimo futuro. Oggi noi siamo dove ci sono i nuovi mercati e soprattutto dove si stanno consolidando i mercati di domani; e non è detto che il nostro percorso si arresti qui, anzi. Il settore agricolo evidenzia interessanti tassi di crescita, ad esempio in India, e non si è ancora arrestato lo sviluppo del settore costruzione in Cina. Ma sono numerose le aree geografiche che possono evidenziare importanti progressi. Contestualmente, però, riteniamo che anche l’Italia possa rivestire un ruolo strategico. E proprio in tale logica abbiamo di recente sottoscritto con tutte le sigle sindacali – Fiom, Fim, Uilm – un importante accordo che prevede il “ciclo continuo” negli stabilimenti italiani del Gruppo, capitalizzando al massimo gli investimenti e saturando la capacità produttiva delle macchine utensili, unico modo per renderle competitive».

Enrico Carraro taglia il nastro all’inaugurazione della sede del centro di ricerca e una nuova linea produttiva in India con l’ambasciatore Daniele Mancini (alla sua destra)

VENETO 2013 • DOSSIER • 33


STRATEGIE

Verona a misura di turista La Cooperativa Albergatori Veronesi è il trait d’union tra chi cerca soluzioni alberghiere e chi le offre, contribuendo alla promozione di Verona nel mondo. Partner di privati e istituzioni, ha ottenuto il Premio Marco Polo Francesca Druidi

l’unica realtà appartenente al settore turistico ad aver ottenuto il riconoscimento “Marco Polo” conferito da Unioncamere lo scorso novembre. Nata nel 1990, la Cooperativa Albergatori Veronesi ha saputo implementare un centro telefonico di prenotazione alberghiera, affiancato dal 2005 dal portale online (oggi www.veronabooking.com) e dal front office di Piazza Brà, presso l’Ufficio di informazione e accoglienza turistica. Riunendo circa 40 strutture ricettive dalle 2 alle 5 stelle, distribuite tra centro storico di Verona e provincia (con oltre 2.500 camere a disposizione), la Cooperativa rappresenta un modello efficace di gestione del turismo leisure, ma anche business e congressuale, e di promozione del territorio. Francesca Todeschini, direttore della cooperativa, delinea le prospettive di un soggetto che, negli ultimi anni, è diventato un punto di riferimento del comparto turistico per attori economici e istituzionali quali Comune, Provincia, aeroporto e Fondazione Arena (della quale è sponsor tecnico), generando dal 2005 un volume d’affari di circa 15 milioni di euro.

È

34 • DOSSIER • VENETO 2013

Perché la forma associativa è risultata essere quella ideale? «La questione centrale non è tanto la forma associativa quanto il concetto che veicola. Secondo il nostro punto di vista, ma anche osservando lo scenario di mercato, l’unione oggi fa veramente la forza. Non c’è solo l’incisività di una pluralità dell’offerta nel servizio al turista, c’è anche la massa critica che si viene a creare nel momento in cui si forniscono servizi ai nostri stessi soci in forma aggregata, quali ad esempio i gruppi di acquisto. Di fronte ai grandi portali che la fanno da padrone su internet e all’esigenza del turista di voler comunque scegliere, aver riunito circa 40 alberghi serve a dare un miglior servizio al cliente». Il segreto del successo di Veronabooking risiede nell’integrazione delle tre modalità di prenotazione previste: telefonica, online e presso lo sportello fisico? «Sì, questa articolazione è funzionale a soddisfare le esigenze delle diverse modalità con cui si declina l’identità del turista o visitatore a Verona, considerando anche la vocazione della città sotto il profilo fieristico e congressuale. Diversificare i canali è stata, insieme, un’opportunità e

un’esigenza. Strutturarsi oggi solo attraverso un portale online sarebbe stato limitativo. Numerosi sono, infatti, i viaggiatori in arrivo a Verona che non possiedono né un tablet né una prenotazione alberghiera. Da qui, l’apertura dello sportello nel centro storico presso lo Iat, dove l’operatore, di persona, può comprendere ancora meglio cosa il turista desidera fare e vedere, fornendo le indicazioni più appropriate sugli hotel. Quest’anno, abbiamo attivato un ulteriore front-office alla stazione di Porta Nuova: un’espe-


Francesca Todeschini

Il direttore della Cooperativa Albergatori Veronesi, Francesca Todeschini

La Cooperativa rappresenta un modello efficace di gestione del turismo leisure, ma anche business e congressuale e di promozione del territorio

rienza che contiamo di poter ripetere anche nei prossimi anni. Lo stesso accade con il call center: i nostri operatori hanno maturato talmente tanta esperienza da riuscire spesso a intercettare non solo le esigenze dichiarate, ma anche i bisogni inespressi. E l’utente non può che esserne soddisfatto». La Cav ha ottenuto il riconoscimento “Marco Polo” per l’azione di promozione del territorio scaligero che ha portato avanti oltre confine attraverso l’attività del servizio di prenotazione. Come si prefigge

la Cooperativa di incrementare l’utenza internazionale? «La quota di prenotazioni effettuata dall’estero si attesta su di una media di circa il 40 per cento. Si tratta, però, di numeri che puntiamo a far salire: stiamo, infatti, per realizzare un importante investimento che consentirà a Veronabooking di atterrare su un grosso portale di comparazione come Trivago. Una mossa dalla quale ci attendiamo un ragguardevole aumento dell’affluenza straniera. In base alle tendenze che registriamo attualmente, sono gli europei i principali visitatori di Verona, mentre per quanto riguarda l’extra Ue, vanno forte americani, brasiliani, arabi e turisti e asiatici. A giocare un ruolo determinante sono le tratte di collegamento aeroportuale; per questo, ad

esempio, l’incremento dei voli tra Mosca e Verona ad opera della S7 Airlines dovrebbe rendere il mercato russo ancor più interessante per il nostro territorio». La Cooperativa offre, inoltre, ai consociati di alcuni servizi importanti. «Sì, ci occupiamo anche di altri aspetti: la gestione della struttura ricettiva, la formazione attraverso corsi specializzati in management alberghiero, la promozione, l’ottimizzazione degli acquisti. E poi c’è un aspetto molto importante: se un singolo albergo non è in grado di accettare o garantire completamente una prenotazione, quest’ultima non viene persa ma viene reindirizzata alla Cooperativa e, quindi, a un altro hotel che invece può farsene carico». VENETO 2013 • DOSSIER • 35


POLITICA ECONOMICA

Export, chiave della riscossa Non tira più aria di recessione, ma i tempi di ripresa dell’economia veneta rimangono avvolti nell’incertezza. Conforta l’andamento degli scambi commerciali con l’estero, ma il mosaico produttivo regionale perde ancora pezzi Giacomo Govoni

G

raduale contenimento della caduta produttiva, flussi di merci verso l’estero che mantengono una buona dinamica, ma sistema industriale ancora alle prese con significative debolezze. Qualsiasi indagine o rapporto congiunturale si prenda per misurare il polso all’economia veneta, questi sono i denominatori comuni che emergono e disegnano il quadro di un tessuto produttivo che nei primi 6 mesi del 2013 ha scontato un ulteriore allargamento delle sue maglie, con la perdita di 5mila imprese attive. Bilanciato, però, dai primi sprazzi di risveglio ventilati dall’analisi di Veneto Congiuntura relativi al terzo trimestre. «Analizzando i dati dei mesi estivi – osserva il presidente della Camera di commercio di Verona, Alessandro Bianchi – sembra più netta la

48 • DOSSIER • VENETO 2013

sensazione che le imprese industriali stiano sperimentando una ripresa dell’attività economica. I ritmi di uscita dalla crisi appaiono ancora lenti, tuttavia dopo due anni di segni negativi possiamo affermare il superamento del punto di minimo». I dati evidenziano una variazione congiunturale destagionalizzata in crescita dello o,9 per cento, la prima positiva dopo sette trimestri consecutivi di discesa. L’indice senza dubbio più incoraggiante, assieme al rialzo degli ordinativi, trainati dalle performance di vendita estere e, in particolare, dalle esportazioni verso i mercati extra Ue. Un trend determinato in larga misura dal +5,9 per cento messo a segno dalle grandi imprese e da cui invece restano escluse le micro realtà, che fra luglio a settembre hanno registrato un calo di fatturato del 2,7 per cento.


I dati della regione

BENE I MACCHINARI, IN AFFANNO IL TESSILE

In uno scenario settoriale dalle tinte chiaroscure, spiccano le variazioni positive dei mezzi di trasporto, in salita del 4,6 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2012, e delle macchine elettriche ed elettroniche, in aumento del 3,8 per cento. Un plus di produzione che si riflette anche nei volumi di fatturato, in cui ai progressi di questi comparti si affianca l’incremento del 2,2 per cento della gomma e della plastica. Tra i settori più in ritardo, invece, quelli legati all’andamento negativo del comparto edile. Dal legno e arredaI ritmi di uscita dalla crisi appaiono mento, che evidenzia una contrazione produttiva lenti, ma dopo due anni di segni pari al 6,8 per cento, al marmo, vetro e ceramica, in ribasso del 4,7 per cento. Gli stessi settori, penegativi si intravede il superamento raltro, che lamentano la flessione più consistente del punto di minimo in termini di addetti (nell’ordine del 2 per cento solo nell’ultimo trimestre) assieme all’alimentare, che registra un calo di occupati del 5,6 per cento. In difficoltà anche il tessile-abbigliamento e le cal- rati rispettivamente del 6,6 e dell’8,9 per cento. zature, che continua a essere penalizzato dal calo Non per nulla, l’espansione di una piattaforma logistica proiettata verso i grandi mercati stradei consumi delle famiglie. nieri, dell’est Europa in primis, rappresenta una PROSPETTIVE E STRATEGIE DI RIPRESA delle direttrici di sviluppo lungo cui corre “Avviso Con un saldo degli ordini interni in caduta li- Comune”, manifesto programmatico per il ribera anche nel terzo trimestre e una situazione lancio dell’economia regionale varato di recente politica nazionale che non contribuisce a infon- da Confindustria Veneto in accordo con i sindadere ottimismo, le previsioni degli imprenditori cati. «Gli altri due asset su cui si sviluppa il doveneti per i prossimi mesi si aggrappano all’ap- cumento – ha spiegato il presidente degli prezzamento internazionale nei confronti dei industriali veneti, Roberto Zuccato – sono il lanprodotti tipici della manifattura veneta. Su que- cio di un nuovo manifatturiero e il ripensamento sto versante, le stime di fatturato annunciano del turismo in ottica industriale». Un messaggio una crescita di 4,7 punti percentuali, sulla scia di unione e condivisione che mira a coinvolgere dei buoni risultati già centrati nella prima metà anche la Regione, chiamata a pianificare a breve dell’anno soprattutto in Usa e in Russia, dove gli la destinazione del miliardo e 300 milioni in arscambi commerciali su base annua sono miglio- rivo dai fondi europei per lo sviluppo.

VENETO 2013 • DOSSIER • 49


POLITICA ECONOMICA

«Politica industriale, ora i fatti» Il 2014 si preannuncia un anno con luci e ombre. A sostenerlo è Massimo Pavin, secondo cui «le imprese padovane sono molto caute sull’imminenza di una svolta ciclica», occorrono segnali dal fronte legislativo, riduzione del cuneo fiscale in testa Giacomo Govoni

Q Massimo Pavin, presidente di Confindustria Padova

uasi quattro su dieci si attendono gli ultimi colpi di coda, mentre per uno su quattro siamo ancora ai penultimi. Gli imprenditori padovani non si fidano di chi sostiene che la recessione sia finita. A rivelarlo è l’ultima indagine condotta dall’ufficio studi di Confindustria Padova, da cui emerge una bassa propensione a credere nella ripresa, per lo meno a breve termine. Tanto è vero che, malgrado gli indicatori più aggiornati dell’industria locale suggeriscano un arresto della caduta, il 25 per cento degli imprenditori la rinvia al 2015. «I segnali di recupero resteranno deboli - avverte il presidente degli industriali padovani Massimo Pavin - se non si agisce in modo radicale su costi, pressione fiscale, burocrazia e liquidità. Altrimenti la deindustrializzazione sarà difficile da arginare». Sta per chiudersi un anno che, secondo gli analisti, dovrebbe segnare il passaggio dalla crisi alla ripresa. Come lo ha trascorso il tessuto industriale padovano? «Dopo aver toccato il fondo a giugno, l’industria padovana ha iniziato la lenta risalita. Nel terzo trimestre, dopo sette consecutivi in caduta, la produzione ha registrato la

50 • DOSSIER • VENETO 2013

prima variazione positiva, partendo da livelli bassissimi. Ma le condizioni rimangono difficili. Il dato più rilevante è la forte polarizzazione tra chi ha recuperato buone performance, grazie a innovazione e capacità di internazionalizzarsi e chi, soprattutto le imprese più piccole, è tuttora intrappolato nella spirale di bassa domanda, crediti non riscossi, credit crunch». Nella prima metà di quest’anno l’export provinciale ha viaggiato più forte sia di quello veneto che italiano. Quali settori e tipologie di aziende hanno fatto da locomotiva? «Le esportazioni hanno segnato un +3,4 per cento nei primi sei mesi, spinte dal +12,7 per cento delle vendite extra-Ue e dalla cre-


Massimo Pavin

LA PRODUZIONE SALE A PICCOLI PASSI scita su mercati come Cina (+24,9%) e penisola araba (+29,9%). La parte del leone la fa quella “prima linea” di medie aziende di vari settori, metalmeccanica in testa, che anche grazie ad apertura e presidio diretto di nuovi mercati, sta uscendo prima e meglio dalla crisi. Senza internazionalizzazione non c’è ripresa, ma non basta esportare, bisogna radicarsi sui mercati per intercettarne la domanda. Da qui il nostro impegno al fianco delle imprese, per attrezzarle a un approccio organizzato e consapevole ai nuovi mercati, puntando anche su reti e aggregazioni». Intanto però 6 imprenditori su 10 si affacceranno al 2014 con pessimismo. Quali fattori principali alimentano i loro timori? «Le imprese padovane sono molto caute sull’imminenza di una svolta ciclica, anche perché non vedono un progetto Paese per la crescita. Il 60 per cento si aspetta un

cettici nella capacità di riforma che saprà mettere in campo il nostro sistema Paese, ma non per questo meno laboriosi e intraprendenti. Il malumore generato da un’azione politica ritenuta insufficiente non basta a pregiudicare quella che Massimo Pavin definisce «l’ostinata vitalità degli industriali padovani». Un’attitudine espressa dai numeri raccolti nel periodo luglio-settembre di quest’anno e contenuti nello studio promosso da ConfindustriaFondazione Nord Est. Cresce del 2 per cento netto rispetto alla congiuntura estiva 2012 l’indice della produzione industriale padovana, che rimedia al calo del 3,2 per cento del secondo e del 5,6 per cento del primo trimestre. In un panorama manifatturiero che migliora complessivamente del 2,9 per cento, spicca la performance del metalmeccanico, in aumento del 7,2 per cento. L’andamento positivo è dovuto interamente alle imprese con oltre 50 addetti, in risalita del 5,9 per cento, mentre arretrano di un ulteriore 8,2 per cento quelle piccole. Si attenua, infine, la flessione degli ordinativi, che cala del 2,1 per cento su base annua. GG

S

VENETO 2013 • DOSSIER • 51


POLITICA ECONOMICA

21% LA PERCENTUALE DI IMPRENDITORI PADOVANI CHE DICHIARA DI ATTENDERSI UNA SVOLTA GIÀ NEL 2014

altro anno difficile e solo il 21 per cento vede arretrati della Pa, rilancerebbe la domanda una svolta nel 2014. Più positivo è il giudizio sulla salute della propria azienda: la larga maggioranza la ritiene in linea coi concorrenti, mentre il 30,5 per cento pensa di fare meglio. Per il 76,8 per cento degli imprenditori il rischio di instabilità politica è la prima preoccupazione, per gli effetti negativi che avrebbe sugli sforzi di risalita, più temuto della debolezza della domanda interna (51%) e del credit crunch (35,7%)». Per guardare allo sviluppo, oltre a riorganizzare bisogna tornare a investire. Quali segnali si attende dal mondo politico? «Cito solo un dato: secondo l’ultimo rapporto Agici-Bocconi, il “non fare” nel nostro Paese costa 40 miliardi l’anno: un danno enorme sia economico che sociale. La politica si decida a prenderne coscienza e a fare. Sul cuneo fiscale chiediamo di inserire nella legge di stabilità una semplice norma, un automatismo, che destini ogni euro recuperato dai tagli di spesa e dalla lotta all’evasione, a ridurre le tasse sui lavoratori e sulle imprese. Insieme al sostegno agli investimenti privati in ricerca e innovazione, con il credito d’imposta, e al pagamento degli

52 • DOSSIER • VENETO 2013

pubblica e privata e gli investimenti». E a livello regionale? «Bisognerà spendere al meglio i fondi strutturali dell’Europa. Il prossimo ciclo di risorse 2014-2020 è un’opportunità decisiva da far convergere su poche, chiare priorità: il nuovo manifatturiero, l’estensione della garanzia pubblica al credito, la logistica, mobilità e infrastrutture, il turismo e la cultura». In molti si augurano che l’anno prossimo coincida con la svolta. Da quali certezze dovrà ripartire l’economia padovana? «Una su tutte: la centralità della manifattura e del lavoro. La fiducia, e l’orgoglio, di avere know how, un tessuto imprenditoriale e lavoratori straordinari su cui puntare. E poi la convinzione che la migliore difesa è l’attacco. Che vuol dire intraprendere percorsi di crescita orientati ai nuovi mercati, all’innovazione tecnologica, ma anche gestionale, organizzativa e finanziaria. Confindustria Padova è concretamente al fianco delle aziende per aiutarle a ripensare il proprio modello di business. Dalla crisi si esce ripartendo da noi stessi e dalla nostra intelligenza manifatturiera. La vera svolta nascerà ancora una volta dentro i capannoni».


Alessandro Vardanega

Manifattura fulcro della ripartenza Il motore industriale della Marca trevigiana si rimette in carreggiata. Recuperati con fatica i volumi produttivi e di fatturato, rilancia su export e innovazione per agganciarsi alla ripresa. L’analisi di Alessandro Vardanega Giacomo Govoni

U

n clima che ha smaltito gli accenti pessimistici di qualche mese fa, ma che resta improntato a un sostanziale attendismo. Questo è il sentimento con cui gli imprenditori trevigiani si preparano ad affrontare la sfida del nuovo anno. Con il conforto di una congiuntura che a fine settembre conferma la tenuta dei livelli produttivi del manifatturiero e il buon passo degli ordinativi esteri, ma non riporta ancora dati significativi sul fronte interno e in termini occupazionali. «Anche se negli ultimi mesi i segnali di stabilizzazione sono più duraturi – commenta Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso – il bilancio complessivo di questo 2013 non è certo favorevole». Come ne esce il tessuto industriale trevigiano? «La crisi più acuta degli investimenti e nei consumi sembrerebbe superata, ma la ripresa prevista è lontana dai livelli pre-crisi e non consente di affrontare problemi gravi come l’alta disoccupazione. Questo dato si inserisce in un naturale processo di trasformazione del sistema produttivo locale determinato da globalizzazione, diffusione dell’Ict e dall’euro che colpisce purtroppo, spesso per motivi finanziari, anche imprese innovative. Il Nord Est rimane in ogni caso un’area competitiva di valore europeo e la prova è nella crescita delle esportazioni anche verso i nuovi mercati». La congiuntura estiva ha visto un recupero produttivo del tessile-abbigliamento, settore importante per l’economia trevigiana. In virtù di quali fattori? «Le dinamiche del sistema moda sono molto diversificate perché è fortemente internazionaliz-

Sopra, Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso

zato. In questo scenario, siamo convinti vi sia spazio per un recupero della manifattura, che va curata e mantenuta perché appartiene a quella storia di successo che chiamiamo made in Italy e di cui Treviso è un riferimento a livello nazionale. Vi è poi l’esigenza di innovare, e proprio a Treviso è attivo da alcuni anni il primo corso universitario in Fashion design promosso dallo Iuav. VENETO 2013 • DOSSIER • 53


POLITICA ECONOMICA

La situazione del mercato del lavoro produce particolare sofferenza nella comunità trevigiana, che viene da anni di sostanziale piena occupazione

Un generatore di energie e idee giovani che sta

dando ottimi risultati e apporta innovazione e nuova cultura, in sintonia con le ultime tendenze internazionali». Quali altri settori stanno trainando l’economia locale e quanto la capacità d’internazionalizzare ha inciso sulla loro tenuta? «L’internazionalizzazione, nei settori e nelle aziende dove è più praticabile, è un fattore di successo trasversale a molti comparti. A partire dal metalmeccanico con la produzione di macchine industriali o di elettrodomestici o dal settore del mobile, che proprio sui mercati esteri compensa la diminuzione della domanda interna. Lo stesso avviene nella lavorazione di materie plastiche, altra eccellenza di quest’area. Quanto alla moda, un comparto fortemente internazionalizzato è quello della calzatura sportiva. Senza dimenticare il successo nel mondo raggiunto dai nostri vini, il prosecco in primis, e dai prodotti alimentari, con trend di esportazione rilevanti. Un asset economico che diventa anche “ambasciatore” del territorio». Ultimamente l’abbiamo sentita spronare a una minor resistenza rispetto a certi lavori. In che misura un cambio di mentalità sul tema occupazione ricadrebbe positivamente sulla

54 • DOSSIER • VENETO 2013

crescita del sistema produttivo trevigiano? «La situazione del mercato del lavoro è vissuta con particolare sofferenza da una comunità come la nostra, che viene da anni di sostanziale piena occupazione. Il mio richiamo non vuole ovviamente negare il problema, sentito e condiviso da ogni imprenditore, quanto invitare a guardare con maggior fiducia e spirito di adattamento alle opportunità che comunque ci sono, offerte da aziende che continuano a crescere. Ciò non significa rinunciare a diritti sostanziali quali sicurezza, orario, stipendio, quanto, ad esempio, disponibilità a viaggiare anche all’estero, a fare turni nei weekend, a lavorare in più se ci sono picchi di produzione, ad apprendere nuove competenze e così via. È una questione di atteggiamento positivo nei confronti del lavoro». Per guardare allo sviluppo le imprese hanno bisogno di prospettive d’investimento. Dal canto vostro, con quali iniziative le sostenete? «Confindustria a inizio anno ha presentato un piano preciso e ricco di dati e proiezioni con una terapia d’urto per rilanciare lo sviluppo del Paese basata sulla competitività dell’industria manifatturiera come fulcro della crescita complessiva. Si tratta, come è già stato fatto in Germania, di darsi questa priorità anche per invertire il trend di crescita della disoccupazione». In questo senso, che segnali si attende dalla politica? «Purtroppo i segnali che giungono sono contraddittori e poco coraggiosi. Basta guardare alla situazione delle imposte sulla casa e agli altri pagamenti di fine anno. A questo si aggiunge il nodo del credito, il cui accesso rimarrà difficile e, anche dopo la crisi, avrà modalità molto diverse rispetto al passato».



IMPRESA E SVILUPPO

Le nuove rotte del design FederlegnoArredo in una mostra itinerante a bordo della portaerei “Cavour”, in tour nelle località strategiche del Golfo Persico e dell’Africa Chiara Sirianni

inque mesi di navigazione, sedici tappe. Il 13 novembre la portaerei della Marina Militare Italiana “Cavour” è partita da Civitavecchia, per un’operazione molto diversa da quelle cui è abituata: smetterà i panni dell’arma per vestire quelli inusuali di ambasciatrice dello stile. Impiegata come “fiera galleggiante”, l’ammiraglia resterà sei mesi lontano dall’Italia facendo sosta nelle località commercialmente più strategiche del Golfo Persico e dell’Africa, con rientro il 7 aprile 2014, per un tour di promozione del made in Italy. La missione è duplice. Da una parte umanitaria, fortemente voluta dal ministro della Difesa Mario Mauro. Dall’altra il bisogno di mostrare a paesi in via di sviluppo, o già sviluppati, le eccellenze della produzione italiana. «Nei container – spiega Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo – c’è la nostra area espositiva: 150 metri quadrati per esporre i 90 prodotti delle 36 aziende che hanno deciso di accettare questa sfida internazionale. L’Operazione Cavour rappresenta l’occasione per consolidare proficue sinergie tra le aziende, le istituzioni e le associazioni di categoria di settore allo scopo di garantire ritorni tangibili non solo in termini di immagine, ma anche sotto il profilo dei risultati commerciali, presidiando mercati strategici per l’eccellenza del

C

56 • DOSSIER • VENETO 2013

Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo. Nella pagina a fianco, veduta della mostra “Il cuore dell’abitare italiano. La nostra passione è la tua casa” www.federlegnoarredo.it

made in Italy. Gli altri paesi guardano all’Italia come alla patria del design. Molti vengono alle fiere di settore, come il Salone del Mobile o Made Expo. In questo caso siamo noi ad andare direttamente a casa loro». La Cavour ha fatto tappa a Gibuti, sul Mar Rosso, per mettere a punto aspetti tecnici dell’allestimento espositivo, per poi partire con il percorso vero e proprio da Abu Dhabi,


c

L’area espositiva è nei container della nave: 150 metri quadrati per 90 prodotti di 36 aziende alla fine di novembre. Poi Kuwait, Dubai, il Mozambico, Città del Capo in Sudafrica intorno a febbraio. Angola, Congo, Nigeria, Ghana, Senegal, Marocco, Algeria e per finire Taranto, dove la Cavour approderà ad aprile. Cinque mesi in cui verranno organizzati incontri fruttuosi dando vita a un B2B (business to business) in movimento su una portaerei. L’installazione, dal titolo “Il cuore dell’abitare italiano. La nostra passione è la tua casa” prevede l’esposizione di prestigiosi arredi e finiture made in Italy che costruiranno un percorso ideale, per mostrare l’Italia come vera e propria culla di manualità, ricerca e innovazione. «La casa è l’anima del design – dice Snaidero –. Per questo vogliamo portare pezzi di casa italiana, in giro per il mondo,

d

per dare un messaggio positivo dell’Italia e del suo stile unico. Vi sarà un insieme di moduli di legno che presenteranno i prodotti come in una sorta di set. L’offerta di ciò che mostreremo sarà ampia sia in termini di categorie, che di tipologie di prodotti (arredamento, accessori, illuminazione, legno e altri materiali) per mostrare un po’ di tutto ai paesi che ci ospiteranno. Già molti ambasciatori ci hanno confermato che verranno a visitare la Cavour. E vorremmo anche che venissero portati in visita scuole, studenti e università». Quella sulla “Cavour” si inserisce in un contesto piuttosto numeroso di iniziative. «Abbiamo un articolato programma di missioni (B2B) – continua Snaidero –, partecipazioni fieristiche, attività di scouting VENETO 2013 • DOSSIER • 57


IMPRESA E SVILUPPO

LE MISSIONI DI FEDERLEGNOARREDO l tour sulla portaerei “Cavour” non è l’unica iniziativa che FederlegnoArredo ha in programma per supportare il made in Italy del legnoarredo «Tra le altre – ricorda Roberto Snaidero, presidente di Federlegno Arredo – si segnalano, in particolare, le prossime missioni negli Emirati Arabi e in Qatar l’8-12 dicembre (arredo, legno strutturale e case in legno) e in India il 9-13 dicembre, per il settore porte e finestre, arredo urbano e pavimenti in legno. Con oltre 40 milioni di euro nel 2011 il nostro paese è risultato il quarto esportatore in India dopo Cina, Germania e Malaysia. Non a caso, la nostra Federazione opera qui da 8 anni: il mercato asiatico in generale rappresenta una grande opportunità per il settore legno-arredamento. Ma il programma 2014 prevede missioni B2B non solo in Asia, come in Cina, Azerbaijan, Qatar, Indonesia, Arabia Saudita, ma anche in Russia, Ghana, Nigeria, Kenya, Libano, Kazakistan, Algeria, Iran, Turchia, Marocco, Emirati Arabi, Iraq, Israele, Stati Uniti e Messico».

I

per le aree focus e un follow up mirato sugli operatori internazionali e sulle imprese associate, con l’obiettivo di allargare gli orizzonti e creare nuove opportunità di business per le aziende dei settori legati al legno e all’edilizia». Sono venticinque le aziende associate coinvolte: Alias, Annibale Esposti, Artemide, Ceramiche dal Prà, Fantoni, Galassia, Gal58 • DOSSIER • VENETO 2013

lotti & Radice, Golran, Koh-I-Noor Carlo Scavini & C, La Murrina, Leucos Group, Magis, Modenese Gastone Group, Molteni & C, OAK Industrie Arredamenti, Pataviumart, Poliform, Rapsel, Seguso Gianni, Sistem Costruzioni, Smania Industria Italiana Mobili, Stratex, Unifor, Villari e Zanaboni Salotti Classici. «Uno dei fattori che hanno consentito al settore di superare le fasi più dure della crisi è sicuramente la forte spinta all’internazionalizzazione – ha aggiunto Snaidero – che, però, va adeguatamente supportata con missioni B2B, incoming e iniziative di larga portata. Capaci di dare la giusta visibilità alle aziende associate, soprattutto in aree dalle enormi potenzialità di sviluppo come l’Africa e il Medio Oriente che nel prossimo futuro saranno sempre più ricettive per i nostri prodotti».


Alberto De Zan

Stimolare la fiducia degli imprenditori La contrazione del mercato interno frena il settore degli elementi d’arredo per ufficio. Alberto De Zan spiega come le aziende italiane hanno puntato sull’export per ottenere risultati Nicolò Mulas Marcello

l comparto dei mobili per ufficio ha iniziato a soffrire dal settembre 2008. In quest’arco temporale il settore ha subìto la chiusura di circa 40 aziende, con la perdita di circa 500 addetti (dati 2012). Questo è il riflesso di una situazione economica europea in difficoltà, con una diffusa propensione a posticipare gli investimenti di acquisto o di rinnovo di uffici. «La forte riduzione degli investimenti immobiliari commerciali – sottolinea Alberto De Zan, presidente di Assufficio – ha influito negativamente sull’opportunità di arredare nuovi ambienti di lavoro; determinante si è rivelata anche la crisi delle banche e delle società finanziarie, che da sempre sono i migliori clienti del nostro settore». Quali sono i numeri del settore in questo periodo di crisi economica? «Il mercato italiano ha riscontrato dal 2008 al 2012 una riduzione media pari al 60 per cento circa, mentre in Europa abbiamo assistito a una riduzione media del 40 circa, con percentuali diverse in funzione del mercato di riferimento. I paesi che hanno segnato un trend positivo sono quelli extra europei, in particolare il mercato russo e quello mediorientale, che hanno dato maggior soddisfazione alle aziende italiane; anche la zona del Maghreb, in seguito alla sua stabilizzazione politica, ha visto crescere richiesta di arredo per ufficio di provenienza italiana». Quanto incide il made in Italy sull’export di questo comparto?

I

«Il made in Italy è per i clienti esteri garanzia di qualità e di buon gusto in tutto quello che la nostra produzione nazionale può esprimere. Nel caso specifico dell’arredo ufficio, il made in Italy è senz’altro un elemento importante che enfatizza il valore insito nella proposta italiana, a cominciare dalla nostra capacità di creare ambienti di lavoro confortevoli e in grado di stimolare la collaborazione e la produttività nel rispetto delle regole e delle certificazioni internazionali, a garanzia

Alberto De Zan, presidente di Assufficio

VENETO 2013 • DOSSIER • 59


IMPRESE E SVILUPPO

Nel caso specifico dell’arredo ufficio, il made in Italy è senz’altro un elemento importante che enfatizza il valore insito nella proposta italiana

del prodotto e del servizio».

Quali iniziative e progetti ha messo in campo Assufficio per stimolare lo sviluppo del settore? «Le associazioni imprenditoriali oggi hanno la priorità di creare un ambiente che stimoli la partecipazione e il confronto tra gli imprenditori, amplificata dalla necessità di fare squadra per affrontare il mercato globale. La dimensione piccola o media delle aziende nel settore mobili per ufficio ci impone tutti gli sforzi possibili per creare delle reali collaborazioni. Per raggiungere questo obiettivo, il primo passo fondamentale è stimolare la fiducia tra imprenditori. Oltre a perseguire questa mission, le attività che Assufficio porta avanti sono molteplici. Ad esempio, l’iniziativa “Ufficio Fabbrica Creativa” è un progetto culturale iniziato nel 2007. In occasione dell’Assemblea Assufficio dello scorso settembre, sono state presentate le performance economiche delle aziende che avevano investito significativa-

60 • DOSSIER • VENETO 2013

La scorsa edizione della fiera “Neocon” di Chicago

mente in questo progetto, e sono stati messi a punto nuovi strumenti di comunicazione dedicati alle problematiche relative all’ambiente ufficio. Inoltre, è stato attivato il corso “Office Design”, giunto ormai alla sua terza edizione e realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano. Si tratta di un corso di alta specializzazione per giovani Architetti e Progettisti che desiderano concentrarsi interamente nella progettazione di ambienti di lavoro». Quali sono le prossime fiere che riguarderanno gli arredi da ufficio? «A ottobre 2014 andrà in scena “Orgatec, il Salone Ufficio di Colonia”, appuntamento internazionale importante anche per le aziende italiane. Nel 2014 sarà, inoltre, possibile assistere ad altre manifestazioni dedicate all’arredo da ufficio tra cui, nella prima metà dell’anno, alcune delle più importanti sono “Office Next” a Mosca e “Workspace” a Dubai, entrambe a maggio, e “Neocon” di Chicago a giugno».



MODELLI D’IMPRESA

Energia, la lezione della crisi Il customer relationship management come strumento fondamentale per rispondere con rapidità alle esigenze del mercato. L’esperienza di Andrea Ferrari negli anni della sfiducia e della diffidenza Luca Càvera

apoleone diceva che ci vuole più carattere nell’amministrare che nel fare la guerra. Non aveva tutti i torti». Esordisce così Andrea Ferrari, uno dei dirigenti della cremonese Caldaie Melgari, società protagonista del settore dell’energia a vapore che possiede il più ampio parco caldaie italiano per centrali termiche. «Dalla crisi abbiamo imparato che è possibile rimanere a galla, se non addirittura crescere, com’è stato per noi. Questo è possibile a patto di implementare un’attentissima cura dei dettagli, non solo negli aspetti tecnici e tecnologici, bensì anche nell’amministrazione aziendale. È facile navigare in un mare tranquillo. È quando il mare è mosso che nasce la vera sfida imprenditoriale e un capitano deve, grazie alla propria leadership, motivare e condurre l’equipaggio, avendo ben chiara la rotta intraprendere». Fuor di metafora, Ferrari indica nel cliente il soggetto verso il quale deve guardare chi sta sul ponte di comando: «Perché è lui il vero “boss”, e può addirittura contribuire a far chiudere l’azienda, semplicemente decidendo di andare a spendere i suoi soldi altrove». Nel settore energia siamo in pieno boom

«N

62 • DOSSIER • VENETO 2013

della green economy. Come vi ponete rispetto a essa? «La green economy rappresenta un percorso che porta a risultati solo nel lungo termine. Per questo richiede ingenti investimenti e pazienza. Per quanto ci riguarda, il nostro reparto di ricerca e sviluppo è concentrato, da un lato, sull’applicazione di fonti di energia alternative ai generatori di vapore – da sempre legati al mondo dei combustibili fossili. Dall’altro, a sofisticate strumentazioni con cui accessoriare le nostre caldaie. Il fine è il recupero energetico, il contenimento delle dispersioni di calore, la riduzione dei consumi e, non da ultimo, l’abbattimento delle emissioni nocive». Qual è, oggi, la rotta più sicura? «La crisi ha portato dietro di sé un diffuso sentimento di sfiducia e diffidenza. Per questo la prima mossa è saper rassicurare il proprio interlocutore, garantendogli, e soprattutto dimostrandogli, che siamo in grado di mantenere le promesse e soddisfare con efficacia le sue necessità. Se fino a pochi anni fa il customer relationship management si limitava a tener traccia delle aziende con le quali si lavorava, adesso è lo strumento fondamentale per rispondere con rapidità,


Andrea Ferrari

In basso, il gruppo dirigente di Caldaie Melgari: Andrea FerrarI e Gabriele Melgari. Seduti, Michele Melgari e Sonia Cantarelli www.caldaiemelgari.it

c

Dovremo investire in formazione e specializzazione avanzata e modificare l’offerta, rendendola ancora più customizzabile

se non addirittura prevedere, le esigenze delle persone. E per questo utilizziamo sempre più intensamente sistemi di misurazione delle performance e di monitoraggio della customer satisfaction». Misurare la soddisfazione è cruciale. Ma come crearla? «Innanzitutto occorre capire cosa è importante per il cliente, a quali aspetti del prodotto o servizio dà valore e cosa invece costituisce per lui un costo o un sacrificio. Non solo: bisogna anche

d

comprendere le sue aspettative, spesso basate sulle precedenti esperienze di acquisto. È qui che il marketing deve dare il massimo, nell’ascolto prima ancora che nella promozione o nella distribuzione. Certo nel settore industriale mancano molte delle attività “emozionali” che i colleghi del consumo affiancano alla vendita, ma da noi sono le relazioni durature che contano. A partire dai rapporti interaziendali, diventa ogni giorno più importante la presenza di un brand forte che sappia conquistare la fiducia grazie a un dialogo diretto col cliente e a una comunicazione coerente e personalizzata». Questo implica nuovi investimenti. È praticabile in questa fase del mercato? «Deve esserlo. Dovremo saper investire in formazione, specializzandoci in ambiti professionalmente avanzati. E soprattutto saper modificare la nostra offerta, rendendola ancora più customizzabile. Dobbiamo fare i conti col fatto che oggi ciascuno è disposto a pagare solo per quello di cui ha davvero bisogno. Ogni prodotto o servizio che distribuiremo, quindi, dovrà contenere esattamente il valore per cui il cliente è disposto a pagare, non un euro in più, non un euro in meno». VENETO 2013 • DOSSIER • 63


MODELLI D’IMPRESA

La ricerca che produce innovazione I comparti del benessere, dell’ortopedia e degli articoli medicali stanno per essere profondamente rivoluzionati dall’ingresso nel mercato di prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati. Ne parliamo con Corrado Menegazzo Emanuela Caruso

e aziende italiane non possono più contare solo ed esclusivamente su aiuti e contributi esterni per crescere, ma devono investire in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e su nuovi mercati con le risorse di cui dispongono». È questa la lezione più preziosa che la crisi ha insegnato al mercato italiano secondo il parere di Corrado Menegazzo, amministratore della Meccanica Stm, impresa specializzata da quasi quarant’anni in realizzazione, manutenzione e collaudo di

«L Corrado Menegazzo insieme ai figli, con cui gestisce la Meccanica Stm Srl di Crocetta del Montello (TV) www.meccanicastm.com

64 • DOSSIER • VENETO 2013

stampi in acciaio e alluminio destinati ai più svariati settori. «A mio avviso – chairisce Corrado Menegazzo – è indispensabile una decisa inversione di rotta rispetto a ciò che era negli anni 80 e 90, quando la maggior parte dei piccoli imprenditori nazionali, e in particolare veneti, si concentrava soltanto sulla crescita, indebitandosi e non preoccupandosi della capitalizzazione aziendale, ma contando ciecamente sul sostegno economico del sistema bancario. Ebbene, attraverso la mia esperienza personale, ho constatato che per quanto riguarda le piccole imprese, la comunità europea concede ben pochi aiuti, e parte di questa situazione è anche dovuta alle associazioni di categoria, che non danno abbastanza informazioni». Quanto la vostra flessibilità e la vostra diversificazione produttiva si sono rivelate utili nell’affrontare uno scenario come quello appena descritto? «Queste due qualità che ci contraddistinguono sin dall’inizio dell’attività si sono rivelate importantissime per affrontare al meglio la crisi economica. Siamo profondamente convinti che l’investimento costante nella ricerca di nuovi prodotti e nuovi settori su cui puntare sia una variabile determinante e imprescindibile per il successo aziendale, nostro ma anche delle altre aziende del territorio. E, infatti, nonostante il duro periodo di stagnazione,


Corrado Menegazzo

abbiamo investito in nuove attrezzature e macchinari d’avanguardia, così da potenziare l’assetto tecnologico della nostra impresa, che diversificando l’attività in vari settori, ha bisogno di essere sempre aggiornata dal punto di vista delle tecnologie impiegate. Siamo presenti nel settore tecnico con la produzione di stampi e lo stampaggio di prodotti finiti; nel comparto ortopedico con l’ampia gamma di articoli sanitari di cui riforniamo le maggiori aziende leader sul mercato; nel ramo medicale con la produzione di dispositivi medici basati sull’ossigenoterapia distrettuale e di solette terapeutiche basate su riflessologia plantare e magnetoterapia». A fronte di questi investimenti e delle strategie messe in atto, che anno è stato il

2013 per la Meccanica Stm? «Il 2013 è stato un anno di svolta e di importanti risultati, in quanto le idee e le innovazioni che abbiamo proposto al mercato hanno saputo suscitare ampio interesse da parte degli specialisti dei vari comparti. Quest’anno abbiamo indirizzato molti investimenti verso l’impiego di risorse umane altamente specializzate, lo sviluppo di nuove strategie di comunicazione, e l’incremento ulteriore della qualità dei nostri prodotti e dei processi aziendali. Per il nuovo anno abbiamo Sempre nei mesi scorsi, abbiamo ottedeciso di concentrare le nuto le certificazioni Iso 9001 e Iso 13485, indice di qualità di tutti gli risorse soprattutto nel settore step produttivi, certificazioni che si medicale e di puntare tanto sono poi estese anche ai prodotti mesul mercato italiano quanto dicali e ortopedici, che hanno così posui mercati esteri tuto assumere la denominazione di dispositivi medici certificati Ce, áá

~

VENETO 2013 • DOSSIER • 65


MODELLI D’IMPRESA

áá conformemente ai requisiti stabiliti dalla Di-

In alto, fasi di realizzazione di articoli sanitari e alcuni degli innovativi prodotti realizzati dalla Meccanica Stm Srl

rettiva Comunitaria 93/42 Cee. Infine, per garantire al bacino d’utenza un prodotto finito vero e proprio, abbiamo affiancato alla Meccanica Stm, anche la Plastics Stm, che si occupa dello stampaggio delle materie plastiche e della produzione in serie di svariati articoli». Per il 2014, invece, che cosa ha in programma la Meccanica Stm? «Per il nuovo anno abbiamo deciso di concentrare le risorse soprattutto nel settore medicale e di puntare tanto sul mercato italiano quanto sui mercati esteri, che rappresentano un’importante opportunità per la nostra azienda. Siamo certi che la certificazione aziendale appena ottenuta ci permetterà di accedere anche a nuovi settori, dove sono richieste elevata specializzazione e competenza tecnica. Anche nel 2014, continueremo a fare del nostro core business, ovvero la progettazione e la produzione di stampi per materie plastiche, il nostro punto di forza, in modo da soddisfare le esigenze del bacino d’utenza storico, che nel corso degli anni ha contribuito notevolmente alla crescita dell’azienda». Su quali innovazioni si sta concentrando

66 • DOSSIER • VENETO 2013

attualmente la Meccanica Stm? «Stiamo ponendo molte risorse sui prodotti Aurumtaerapi – di cui abbiamo già brevettato 25 combinazioni diverse a livello italiano, europeo e mondiale – e Home. Oltre a queste novità, con l’anno nuovo presenteremo anche la linea Medicalab per l’ortopedia e prodotti sanitari». Che cosa sono i prodotti Aurumtaerapi e che tipo di riscontro stanno incontrando? «I feedback che ci stanno arrivando da questa serie di prodotti sono estremamente positivi, ragion per cui stiamo continuando a investire risorse nella diffusione della conoscenza generale del prodotto. Si tratta di una serie di solette terapeutiche per diabete e ipertensione, ideate insieme a un collaboratore esperto del piede e della calzatura. Il componente principale della soletta è il cuoio naturale, su cui sono ricamati in filo d’argento rivestito in oro dei punti in grado di


Corrado Menegazzo

stimolare specifiche zone della pianta del piede, zone nelle quali sono riflessi gli stati di determinati organi del corpo. La soletta porta a un miglioramento del benessere generale, alleviando disturbi e disordini quali problemi di circolazione sanguigna, mal di schiena, mal di testa e tensioni nervose. Dalla soletta Classic abbiamo sviluppato la versione Superior, in cui abbiamo apposto un magnete al neodimio a disco dorato in corrispondenza del punto di riflesso collegato al sistema nervoso centrale. Il magnete, a cui sono associate proprietà antiinfiammatorie, una volta a contatto con il piede va a sciogliere le tensioni muscolari e articolari aumentando l’effetto benefico del prodotto. La punta di diamante della gamma Aurumtaerapi, infine, è la soletta Exclusive, concepita per soggetti diabetici e ipertesi; in particolare la soletta per il diabete è sotto test clinico presso due policlini, che ne stanno verificando e formalizzando l’efficacia». Invece, di cosa si tratta il prodotto Home citato in precedenza? «È una Camera Normobarica per Ossigenoterapia distrettuale, un dispositivo concepito per il trattamento di ulcere cutanee e lesioni di tessuti devitalizzati degli arti. L’ossigenoterapia normobarica differisce dalla tecnica iperbarica in quanto la diffusione di ossigeno avviene per “contatto” anziché per “conduzione”; il livello dell’ossigeno contenuto nella Camera Home ha una concentrazione pari al 95 percento, ossia un valore quadruplo rispetto a quello ottenuto con l’iperbarica, che non può essere spinta oltre a causa delle note controindicazioni sistemiche. Intendiamo fornire agli istituti ospedalieri un prodotto certificato, sicuro, del tutto privo di controindicazioni, efficace, economicamente accessibile e dispo-

Nel 2014, proporremo al mercato le solette terapeutiche per diabete e ipertensione, la camera per ossigenoterapia distrettuale e nuovi prodotti sanitari

~

nibile per un elevato numero di pazienti. Grazie a questa tecnologia d’avanguardia, i pazienti possono sottoporsi alla cura da casa e, di conseguenza, l’ospedale può contenere le risorse connesse all’ospedalizzazione. Attualmente, stiamo collaborando con due importanti policlinici italiani, i quali stanno testando su vari pazienti l’efficacia del dispositivo, che, ribadisco, a differenza della tecnica iperbarica non presenta controindicazioni. Ancora ben lontani dall’essere pienamente soddisfatti, stiamo definendo, anche se è già stata brevettata, una nuova camera per l’ossigenoterapia distrettuale per le piaghe da decubito sul sacrale». VENETO 2013 • DOSSIER • 67


MODELLI D’IMPRESA

Elettronica e automazione cambiamenti in atto L’analisi di Giuseppe Salafia sul mercato dei prodotti elettrici ed elettronici, non solo in Italia, ma con uno sguardo al contesto mondiale. «Assisteremo al risveglio del distributore di nicchia» Remo Monreale

e l’onda anomala della crisi è determinata dai colossi dei diversi settori, quali sono gli strumenti in mano alle Pmi per reagire? Nell’esperienza di Giuseppe Salafia, presidente della Teleindustriale, si trova una risposta con cui analizzare il problema in modo imparziale. E forse non pessimistico come si crederebbe. Con sede a Verona e Padova, la Teleindustriale opera nella distribuzione elettrica ed elettronica con più di trent’anni di esperienza: è presente in tutta Italia e sta espandendo l’organizzazione in Europa e Nord Africa. Si tratta di una realtà giovane, che però affonda radici profonde nel passato. Il giusto mix tra l’espe-

S 70 • DOSSIER • VENETO 2013

rienza dei soci fondatori e l’innovazione delle nuova generazione e dello staff. «La nostra – dice Salafia – è un’azienda di piccole medie dimensioni, dotata di elasticità e flessibilità e questo rappresenta il punto di forza che ci consente di crescere in un mercato altamente competitivo. Abbiamo un portafoglio prodotti molto ampio che va dalla semplice fascetta, al finecorsa, dal pressacavo al connettore plastico o metallico, alle guaine corrugate o termoretraibili nere o colorate, alle pinze e attrezzature manuali o automatiche, alle termocamere a infrarossi e alle lampadine Led». Il settore come ha reagito alla crisi?


Giuseppe Salafia

Nella pagina a fianco, il presidente di Teleindustriale Giuseppe Salafia con Beatrice Salafia, responsabile ufficio acquisti e qualità e Laura Salafia, responsabile finanziario. L’azienda veneta ha sede a Verona e Padova www.teleindustriale.it

c

Assisteremo a una sorta di risveglio e rinnovamento del distributore di nicchia, che è venuto a mancare negli ultimi anni

«Ci sono stati degli errori sostanziali, per esempio da parte delle case costruttrici aver privilegiato solo pochi grandi distributori: per superare i momenti difficili, i produttori avrebbero dovuto consolidare una rete di distributori di nicchia locali e specializzati. I grossi distributori internazionali in Italia non hanno senso, perché il target di aziende cui si rivolgono non è fatto di grandi società. Non sono state fatte scelte oculate in passato, perché tutto andava bene: ora alla crisi sopravviverà solo chi sarà in grado di fare le scelte più giuste». Quali sono le prospettive, quindi, nei prossimi mesi? «Assisteremo a una sorta di risveglio e rinnovamento del distributore di nicchia, che è venuta a mancare negli ultimi anni. Con la globalizzazione, il produttore si è rivolto soprattutto al distributore che poteva disporre di un numero elevato di punti vendita e assicurare una buona copertura in diversi paesi. Questa è stata una decisione sbagliata». Qual è, invece, la vostra esperienza diretta delle criticità legate alla recessione? «I nostri problemi sono legati al mercato mosso dalle decisioni delle multinazionali. La nostra è un’azienda piccola che ha scelto di

d

legarsi sempre a marchi di alto livello e di offrire una consulenza specializzata. Le aziende si affidano a noi perché siamo in grado di consigliare il prodotto ideale per ogni tipo di applicazione: da noi trovano supporto e competenza. Il nostro obiettivo, essendo un’impresa di nicchia, rimane quello di porsi come partner attivo verso i clienti, affiancando l’ufficio tecnico o la produzione delle grandi e piccole aziende, nella scelta del componente ed offrendo un servizio ad alto valore aggiunto». Nella fattispecie, quali sono le contromosse che avete adottato? «Per un’attività commerciale come la nostra dare un servizio ottimale sia dal punto di vista tecnico, operativo che logistico è di fondamentale importanza. Per tale ragione sul piano della logistica stiamo continuando a investire nel magazzino. Le due sedi di Verona e Padova sono collegate per gestire le scorte on time, garantendo dei tempi di consegna brevissimi. Quest’ultima scelta, in controtendenza rispetto ai competitor, ha sicuramente premiato, soprattutto in questi ultimi anni, dove il mercato è completamente cambiato. La programmazione delle grandi aziende è pressoché nulla e la necessità di queste ultime, ma soprattutto degli indotti che si vengono a creare, è un ridotto tempo di approvvigionamento». VENETO 2013 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

Il valore della produzione invisibile Giambattista Favero sull’inside wear, un mondo di particolari “invisibili” che concorrono alla qualità superiore dei capi d’abbigliamento più disparati. «Il miglioramento costante è l’unica via d’uscita alla crisi» Renato Ferretti

ll’interno di qualsiasi abito si nascondono trucchi che chi acquista il capo non guarda, ma che “sente” appena lo indossa. Si tratta di particolari come un nastro di sbieco, una cintura o un rinforzo che garantiscono al taglio, alla linea e alla vestibilità di rimanere inalterati nel tempo. Si tratta di una produzione, in un’ultima analisi, che rimane invisibile, eppure è decisiva per la qualità del capo finito. Si addentra in questo mondo per lo più sconosciuto, Giambattista Favero, titolare della veronese Nat insieme a Elena Favero. Sorta come azienda artigiana, Nat si è dotata nel tempo di macchinari industriali che le hanno consentito di aumentare la sua capacità produttiva nell’inside wear, la qualità delle lavorazioni e la varietà della sua offerta, adattando ricerca e sviluppo nella produzione di accessori e semi-lavorati per l’industria dell’abbigliamento. «Dal 1973 – dice Favero – seppur lentamente siamo sempre cresciuti di anno in anno. Presenti sul mercato inizialmente a carattere regionale, negli ultimi 10 anni, anche grazie all’inserimento di una figura commerciale in azienda, abbiamo sviluppato una rete di clienti su tutto il territorio nazionale. Questo passaggio ha coinciso anche con un momento estremamente difficile del settore, nel quale le aziende veronesi hanno smesso di produrre internamente o tramite terzisti per acquistare il prodotto finito all’estero, inizialmente in Nord Africa per poi rivolgersi direttamente in Cina». Gli ultimi risultati dell’azienda veronese sono incoraggianti nonostante le difficoltà del pe-

A

78 • DOSSIER • VENETO 2013

riodo. «Siamo riusciti a consolidare il fatturato, a rimanere in linea con gli standard quantitativi prodotti, senza una riduzione di collaboratori e senza accedere alla cassa integrazione: operiamo nell’abbigliamento, settore profondamente segnato dalla crisi sia internazionale che interna. Questa resistenza nell’essere sempre e comunque presenti ci permette di rispondere con soddisfazione alle condizioni accelerate del mercato, dove le tempistiche tra creazione e realizzazione del capo finito si sono notevolmente ridotte». L’intenzione della Nat è di rivolgersi a chi continua a produrre in Italia, in particolare ad


Giambattista Favero

La Nat Snc ha sede a Verona www.natinsidewear.com

c

Particolari come un nastro di sbieco, una cintura o un rinforzo garantiscono al taglio, alla linea e alla vestibilità di rimanere inalterati nel tempo

aziende con un target qualitativo medio-alto e con esigenze tecniche altrettanto alte. «La scelta nazionale – spiega Favero – ci ha portato a migliorare più fattori della nostra attività. Innanzitutto la qualità delle lavorazioni, sia con un controllo più accurato delle fasi di produzione, sia con l’acquisto di macchinari precisi ed elettronicamente più avanzati. Un altro aspetto della trasformazione sta nel maggior controllo e conoscenza dei diversi tessuti applicati nella confezione, seguendo le tendenze moda. Parallelamente, abbiamo perseverato nella ricerca di nuove applicazioni per una costante collaborazione e interazione degli uffici tecnici, che ci porta a concretizzare un’idea stilistica da una parte, e dall’altra a proporre noi stessi nuove soluzioni. Inoltre siamo riusciti a potenziare il fattore commerciale con uno degli importanti produttori di tessuti Tnt (tessuti non tessuti) per l’abbi-

d

gliamento presente su tutti i mercati mondiali. Infine, abbiamo curato un packaging personalizzato per ogni cliente che ci ha aiutato ad accompagnare nel mondo il prodotto con un ritorno pubblicitario». L’impresa di Favero possiede anche qualche primato. «Oltre al rinnovamento costante delle macchine strettamente legate alla produzione – continua il titolare –, siamo stati i primi in Italia a realizzare cuciture a ultrasuoni, vale a dire a rendere invisibile le cuciture del riavvolgimento in sbieco per i tessuti e Tnt sintetici». Per Favero il 2014 è un’ulteriore sfida di competitività nel settore abbigliamento. «Vogliamo fortemente continuare la nostra ricerca di nuovi prodotti che nascono soprattutto dalla sinergia con il cliente finale, ma anche attraverso l’aggiornamento di idee e progetti visitando fiere e mercati di settore». VENETO 2013 • DOSSIER • 79


MODELLI D’IMPRESA

La nautica chiede un intervento deciso Crescita del mercato dell’usato e trasferimento delle imbarcazioni all’estero. Sono queste le dirette conseguenze di una politica economica che continua a penalizzare pesantemente la nautica da diporto. Ne parliamo con Giovanni De Martin Marco Tedeschi

Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche (Ucina) ha messo a nudo, all’inizio del 2013, la grave crisi che sta attraversando il comparto della nautica da diporto. Secondo i dati diffusi a febbraio 2013, l'indotto avrebbe perso 950 milioni, con un calo del 49 per cento come contributo al Pil, del 45 per cento come fatturato, del 43 per cento sull'occupazione, del 26 per cento per gli ormeggi, del 33 per cento del traffico in transito, del 39 per cento dei ricavi da ormeggi, del 30 per cento delle spese riferite alle imbarcazioni e del 60 per cento delle spese del diportista sul territorio. «Il Governo Monti ha massacrato la nautica da diporto italiana, raccogliendo con l'ultima tassazione appena 24 milioni di euro sui 150 milioni stimati. Nel mese di Settembre 2013 si è tenuto a Caorle il congresso nazionale di “Scelta Civica” durante il quale, nel suo intervento personale, il professor Monti ha recitato il mea culpa per quanto fatto nei confronti della nautica asserendo che tali scelte oggi non sarebbero da rifare, purtroppo oggi è troppo tardi e tali affermazioni non servono a nulla. Per

L’

© Giuseppe dall’Arche

L’ingegner Giovanni De Martin è titolare dei Cantieri Navali Caorle (VE) www.cnc-yachts.net

80 • DOSSIER • VENETO 2013

questo l’esecutivo Letta deve assolutamente mettere in campo nuove iniziative per promuovere in modo unitario il settore nautico-turistico in ambito nazionale e internazionale». La situazione economica del comparto resta pertanto in deficit di un intervento concreto e decisivo. «A partire dal 2012 – spiega l’ingegner Giovanni De Martin, titolare dei Cantieri Navali Caorle - abbiamo purtroppo registrato una forte battuta d’arresto dovuta alla crisi e, soprattutto, alla politica economica negativa che penalizza i beni considerati di lusso, nei quali rientra la nautica. La prima conseguenza di tali decisioni governative è stata un calo negli acquisti di nuove imbarcazioni da diporto, in modo particolare dai 12 ai 18 metri. Un massiccio ricorso alla


Se persiste la politica economica recessiva iniziata con il governo Monti risulta difficile se non impossibile pensare a una ripresa del settore nautico da diporto

vendita dell’usato ha fatto crollare il mercato, portando alla chiusura di prestigiosi cantieri navali. Abbiamo percepito chiaramente una perdita di entusiasmo da parte degli utilizzatori i quali hanno provveduto al trasferimento di molte imbarcazioni da marine nazionali a marine fuori dal territorio italiano. Molti hanno infatti trasferito la loro imbarcazione in Croazia e Montenegro, dove il peso fiscale non si fa sentire allo stesso modo che in Italia». Per Cantieri Navali Caorle ciò ha comportato un calo del fatturato di circa il 15 per cento su base annua per il 2013 e un outlook negativo per il 2014 di un ulteriore 12 per cento. «In questo panorama negativo siamo comunque orgogliosi di essere riusciti a mantenere l’occupazione delle maestranze grazie alla professionalità e all’impegno dei soci che hanno finanziato alcuni progetti nei momenti più critici». Progetti che possono considerarsi quasi unici nell’area di competenza. «Le nostre origini coincidono con la mancanza di un polo di servizi nell’area dell’alto adriatico per imbarcazioni sino a 35 metri. Per questo motivo fin dall’inizio ci siamo specializzati nell’alaggio, manutenzione, rimessaggio e varo di imbarcazioni in legno e vetroresina, nonché alcune attività su imbarcazioni in alluminio. Chi ci affida le proprie imbarcazioni sa inoltre che in

qualsiasi momento potrà contare su un servizio di assistenza anche per imprevisti in mare». Da fine 2013 Cantieri Navali Caorle sarà inoltre in grado di recepire imbarcazioni fino a 35 metri. «Al primo cantiere si è aggiunto il nuovo stabilimento dotato di travel-lift da 130 tonnellate con un bacino utile di alaggio e varo pari a 35 per 9 metri. Sotto questo punto di vista siamo molto attrezzati in quanto dotati di mezzi di movimento e allo stesso tempo di personale altamente qualificato». Malgrado le qualifiche dei Cantieri Navali Caorle, per rilanciare il settore è necessario però un intervento decisivo. «Se persiste la politica economica recessiva iniziata con il governo Monti e ancora in atto, risulta difficile se non impossibile pensare a una ripresa del settore nautico da diporto. Per questa ragione stiamo rivolgendo la nostra attenzione ad appalti di manutenzione e ristrutturazione su moto-battelli pubblici e similari. Questo ci permetterà di mantenere l’occupazione in attesa di tempi migliori. La nostra volontà – conclude l’ingegner De Martin - è di portare avanti un’attività unendo strumenti tecnologicamente avanzati, professionalità delle persone impiegate, testardaggine e forza di volontà tipica degli imprenditori del Nord-Est». VENETO 2013 • DOSSIER • 81




INNOVAZIONE

Ingegneria a filo d’acqua Un’eccellenza veneziana nelle applicazioni idrauliche e navali, secondo l’esperienza di Nicola Ferrari, le cui piattaforme galleggianti sono richieste anche per eventi e spettacoli internazionali. «Combattiamo la crisi con la creatività» Renato Ferretti

el campo delle realizzazioni eccezionali, gli italiani sono famosi in tutto il mondo. Ma la culla storica degli ingegneri idraulici e navali è sicuramente Venezia. Nicola Ferrari, presidente della società di ingegneria Servizi Tecnici Srl , offre un esempio delle competenze e delle possibilità con cui il capoluogo veneto stupisce a livello internazionale. La società di Nicola Ferrari si è specializzata negli ultimi anni nello sviluppo di soluzioni galleggianti per costruzioni, servizi ed eventi. «La nostra caratteristica principale – spiega Ferrari – è l’utilizzo di esperienza e creatività, unite a competenze ingegneristiche idrauliche e navali, per la progettazione di piattaforme galleggianti di ogni forma e portata: le nostre soluzioni si adattano alle richieste di

N

La società d’ingegneria Servizi Tecnici Srl ha sede a Venezia www.stvenezia.com

84 • DOSSIER • VENETO 2013

clienti privati e istituzionali, anche in campo internazionale. Inoltre, curiamo la gestione di un cantiere operativo in porto a Venezia, dove sviluppiamo ogni nuova idea con costruzione di prototipi e macchinari per allestimenti speciali nel campo dei servizi marittimi. Tutto questo avviene in un considerevole squilibrio tra le dimensioni piuttosto ridotte della società e l’importanza delle commesse realizzate. Non abbiamo collaboratori esterni ma dipendenti regolarmente assunti a tempo indeterminato, cosa non usuale negli altri studi tecnici». L’importanza delle commesse di cui parla Ferrari si concretizza anche in diversi eventi che la Servizi Tecnici ha contribuito a realizzare. «Un’importante realizzazione nell’ambito dei grandi eventi – dice Nicola Ferrari – è stata la lounge area galleggiante di Moet Chandon installata in darsena grande dell’Arsenale di Venezia durante lo svolgimento delle World Series dell’America’s Cup. Di fronte alla mancanza di chiatte tradizionali disponibili per l’evento la nostra azienda è stata in grado di realizzare in poche ore una terrazza galleggiante di 250 metri quadrati per ospitare i concorrenti degli equipaggi dopo la gara. Per la Biennale di Venezia del 2012 abbiamo realizzato un’altra installazione per Ole Sheeren, architetto salito alla ribalta per i suoi grattaceli. Si tratta di una platea galleggiante lunga quasi 30 metri con forme prismatiche su vari livelli, da cui 250 invitati hanno potuto assistere alla proiezione spettacolare di un video dedicato alla costruzione di importanti grattacieli in Medio Oriente. Il tutto è stato allestito in pochi giorni


Nicola Ferrari

Il sistema Litefloat garantisce resistenza meccanica, stabilità e inaffondabilità, con pesi ridotti ed elevata flessibilità di utilizzo

di lavoro in un contesto unico al mondo: la darsena grande dell’Arsenale di Venezia ed è stata poi pubblicata su Wallpaper, una delle riviste di architettura più prestigiose al mondo». Tra gli eventi cui la Servizi Tecnici ha partecipato ce ne sono anche di inediti e singolari. «Nel mese di novembre del 2012 – ricorda Ferrari – siamo stati contattati da un’importante azienda nazionale produttrice di fuochi artificiali per aiutarli ad allestire il più grande spettacolo pirotecnico galleggiante del mondo, che si è concluso con la conquista del Guinness dei primati per l’emiro del Kuwait. Sono state costruite circa 50 postazioni galleggianti da circa 60 mq, per essere caricate complessivamente con circa 250 tonnel-

late tra esplosivo e mortai. Gli effetti pirotecnici sono stati distribuiti lungo 6 km di costa nel golfo persico, di fronte alla sky line di Kuwait city». Per l’azienda di Ferrari l’innovazione è la principale via da percorrere contro la recessione economica. «Stiamo superando la crisi mettendo in campo creatività e competenza. Lo scorso anno abbiamo progettato e registrato il marchio Litefloat. Si tratta di un sistema per la realizzazione di piattaforme galleggianti modulari con l’utilizzo di blocchi strutturali compositi formati da pannelli in Pvc reticolare a cellula poliedrica chiusa, ricavati da scarti di lavorazione industriale. I blocchi sono realizzati con pannelli di diverse densità e caratteristiche che offrono resistenza meccanica e inaffondabilità introvabili in prodotti similari, con pesi ridotti ed elevata flessibilità di utilizzo». VENETO 2013 • DOSSIER • 85


EXPORT

Cresce l’export per la componentistica Il mercato estero continua a rappresentare per molte Pmi italiane la fonte di guadagno principale e la risorsa che riconosce il vero valore del prodotto. Ne parliamo con Michael e Marika De Martin Marco Tedeschi

P

88 • DOSSIER • VENETO 2013

siano cercati nuovi sbocchi di mercato e ci si sia concentrati nella diversificazione della produzione il fatturato ha subìto una flessione del 14 per cento. Nel primo semestre del 2013 siamo riusciti a recuperare in parte il calo del fatturato dell’anno precedente, riconquistando un 3 per cento grazie alla flessibilità che abbiamo dimostrato in alcuni comparti. Innanzitutto nei tempi di consegna, che sono sempre più stretti (anche 24 ore), fattibili solo se si fa magazzino. Siamo inoltre intervenuti nelle quantità e nelle personalizzazioni, andando a produrre varianti

© Giuseppe dall’Arche

er i Paesi del G7 e per i Brics, l’export torna a crescere nel terzo trimestre dell'anno, dopo la contrazione dei tre mesi precedenti. Secondo le rilevazioni dell'Ocse l'insieme dell’economia del G7 e dei Brics ha registrato una crescita dell'1,4 per cento del commercio estero ma con andamenti piuttosto divergenti. Il rimbalzo maggiore è stato registrato dall'area euro. In particolare in Germania l'export cresce del 4,6 per cento e in robusta crescita anche le importazioni con un +4,7 per cento. Bene anche l'Italia con l'export che mostra una crescita del 4,4 per cento. Dati che trovano riscontro in molte piccole e medie imprese italiane come O.M.S., azienda che dal 1980 opera nel settore della sedia per ufficio, progettando e producendo componentistica metallica per sedute operative e che ha fatto dell’export una grande risorsa. «Le esportazioni iniziate nel 1985 – spiega Michael De Martin, oggi a capo dell’azienda insieme alla sorella Marika e al padre e fondatore Giovanni – ci hanno fortunatamente inserito in un contesto dapprima europeo e in seguito mondiale. Oggi il 50 per cento del nostro prodotto è destinato all’estero». Qual è stato il vostro andamento negli ultimi anni? MARIKA DE MARTIN: «Il 2012 non è stato un anno facile, la domanda del settore dell’ufficio si è ulteriormente contratta e sebbene si

Michael e Marika De Martin sono a capo della O.M.S. di Zoppé di San Vendemiano (TV) www.omscomponents.it


Michael e Marika De Martin

I mercati più importanti sono Germania, Francia e Colombia. Gli Stati Uniti sono il sesto mercato estero

che soddisfano le singole esigenze. Ultimamente purtroppo abbiamo difficoltà soprattutto nel reperire sul mercato manodopera produttiva qualificata. A causa della contrazione delle risorse finanziarie disponibili è difficile inoltre effettuare nuovi investimenti produttivi e stiamo anche registrando dei problemi nell’incasso dei crediti». Dove vi affacciate all’estero? MICHAEL DE MARTIN: «I mercati più importanti sono Germania, Francia e Colombia. Gli Stati Uniti sono il sesto mercato estero. La situazione del mercato italiano in questo momento invece è molto difficile; nessuno vuole fare magazzino e le richieste vengono avanzate all’ultimo minuto. In questo modo noi fornitori ci ritroviamo a fungere da magazzino anche per i committenti che non sempre fanno previsioni di acquisto, lasciando a noi la responsabilità della scelta del livello di magazzino da tenere. Fortunatamente il mercato estero ci sta dando soddisfazioni, riconoscendo la qualità del prodotto, l’innovazione del processo produttivo e l’affidabilità del marchio nell’ambito delle meccaniche per sedute operative». Come state affrontando il passaggio gene-

razionale all’interno dell’azienda? MARIKA DE MARTIN: «Si tratta di un processo in corso anche se, di fatto, le redini dell’azienda sono ancora in mano a mio padre. Per quanto riguarda le decisioni importanti è ancora basilare la sua presenza e la sua parola, essendo il fondatore e avendo creato l’azienda in ogni sua parte. Certo, quella che stiamo attraversando è una fase delicata e difficile, che richiede un confronto su scelte imprenditoriali che a volte risultano discordanti per la diversa capacità intuitiva e propensione al rischio». Dove state concentrando i vostri investimenti? MICHAEL DE MARTIN: «Sicuramente nella ricerca e sviluppo, aspetto fondamentale per la sopravvivenza di un’azienda. In questo momento stiamo lavorando a vari progetti di meccaniche nuove e rinnovamento di prodotti esistenti oltre a collaborare con altre aziende del settore per sviluppare delle migliorie a prodotti già presenti sul mercato. In ogni caso per il medio e lungo periodo intendiamo ampliare la gamma di prodotto e aumentare i volumi attraverso una strategia push di vendita. Soprattutto all’estero». VENETO 2013 • DOSSIER • 89


EXPORT

La lenta ripresa del siderurgico Se nel 2014 il comparto siderurgico italiano farà registrare ancora una crescita molto lenta, i protagonisti del settore hanno deciso di puntare sui prodotti di alto valore aggiunto. Molto richiesti anche all’estero. Ne parliamo con Marcello Calcagni Marco Tedeschi

acciaio italiano nel 2014 crescerà molto lentamente. È quanto ha spiegato durante il ventinovesimo Steel Market Outlook Gianfranco Tosini, responsabile dell'Ufficio Studi Siderweb. «La notizia positiva - ha detto - è il ritorno del segno più sui consumi del comparto siderurgico. Ma la crescita della domanda sarà di entità molto con-

L’

92 • DOSSIER • VENETO 2013

tenuta, non sufficiente a controbilanciare i cali dell'ultimo anno». Nel settore dell'auto, infatti, ci sarà un incremento del 3,1 per cento della richiesta, che però viene dopo il -7,2 per cento del 2013. E così avverrà anche per molti altri segmenti, come l'edilizia. A livello europeo «il mercato è spaccato in due: il nord farà registrare una performance migliore, mentre il sud arrancherà ancora». I competitor internazionali più agguerriti saranno ancora una volta i turchi: «che hanno un mercato interno in crescita e confinano con Paesi in forte sviluppo». Un’analisi che rispecchia in pieno quanto sta facendo registrare Nlmk Verona, parte del Gruppo internazionale Nlmk, specializzato nella produzione e commercializzare di prodotti siderurgici e, in modo particolare, di lingotti da forgia, lamiere di alto spessore e lamiere da treno. «A livello internazionale – spiega il dottor Marcello Calcagni, amministratore di Nlmk Verona - quello siderurgico è un settore che sta andando abbastanza bene, con una crescita del 3 per cento, concentrata soprattutto nel Sud Est Asiatico (Cina e India), oltre a Russia, Turchia, Brasile e Sud Africa. In Europa c’è invece una stagnazione e un basso utilizzo degli impianti. Questo comporta costi notevoli ed eccessivi oltre a una competiti-


Nlmk Verona si trova a Vallese di Oppeano (Verona) www.eu.nlmk.com/verona

Abbiamo appena approvato un piano strategico di cinque anni che ci porterà a una riduzione dei costi di produzione

vità feroce. In Italia la situazione sotto certi punti di vista è ancora peggiore perché abbiamo una recessione oltre che stagnazione». Per Nlmk Verona in ogni caso, il 2013 ha rappresentato un anno importante di ripresa. «Nel corso dell’anno abbiamo avuto una crescita dei volumi di vendita dell’8 per cento circa. Parliamo di 25.000 tonnellate in più rispetto all’anno scorso. In termini di fatturato non abbiamo avuto grossi cambiamenti; i volumi infatti sono aumentati ma a causa della crisi che ha fatto scendere il prezzo dei prodotti, il nostro fatturato è rimasto praticamente identico rispetto agli anni scorsi. Siamo riusciti a diminuire le perdite rispetto all’anno precedente e per l’anno prossimo prevediamo di consolidare un risultato operativo positivo trainato da un’ulteriore crescita di altre 30.000 tonnellate. Per questo le aspettative future sono molto buone». I risultati positivi sono dovuti principalmente a un’attenzione maggiore ai costi. «Abbiamo migliorato i parametri tecnici/operativi e ci siamo concentrati su un cambiamento della gestione aziendale. Fino all’anno scorso produ-

cevamo infatti anche per lo stock mentre da quest’anno produciamo solo a fronte di ordine cliente. Questa strategia produttiva è sicuramente è più complessa e meno flessibile ma, accompagnata dal forte miglioramento dei parametri operativi, ha consentito un’ottimizzazione del ciclo produttivo e la riduzione delle scorte. Siamo inoltre migliorati a livello di qualità del prodotto e di servizio al cliente oltre ad aver inserito nuovi prodotti a catalogo con un’intensa attività di sviluppo prodotto tutt’ora in corso. L’insieme di questi fattori ci fa ben sperare soprattutto per l’anno prossimo». L’impianto di Verona è indirizzato ora a una produzione di materiale di alta qualità con una gamma di spessori da 20 mm fino ai 1000 mm. «Nlmk Verona è stata acquisita dal Gruppo Nlmk nel 2011. Tutto ciò ha comportato dei grandi cambiamenti nella produzione; se prima infatti si utilizzava principalmente il forno elettrico per le produzioni di più bassa gamma, ora acquistiamo direttamente i semiprodotti a prezzi più competitivi da Nlmk in Russia. Per quanto riguarda invece i materiali di alta qualità, questi conti- VENETO 2013 • DOSSIER • 93


EXPORT

+8%

LA CRESCITA DI VOLUMI FATTA REGISTRARE DA NLMK VERONA NEL CORSO DELL’ULTIMO ANNO

nuano a essere fabbricati internamente e hanno

sicuramente guadagnato in qualità. È su questa tipologia di materiali, ovvero ad alto valore aggiunto, che puntiamo per il futuro». Tra questi, ci sono i forgiati, lamiere di grosso spessore di qualità chimica dell’acciaio molto sofisticata. «Verona è l’unico stabilimento al mondo in grado di produrre i forgiati laminati in linea. In particolare i blocchi di acciaio con chimica molto sofisticata, caratteristiche metallurgiche elevate e peso ridotto garantiscono un risparmio notevole e un utilizzo maggiore e più duraturo, oltre a un’accuratezza superficiale notevolmente più elevata rispetto agli acciai normali». Per quanto riguarda le lamiere commerciali, i settori che si rivolgono di più a Nlmk Verona sono soprattutto i carpentieri per infrastrutture in generale. «Si tratta soprattutto di grossi costruttori che lavorano spesso con il pubblico. Questo comporta ovviamente problemi legati ai notevoli

94 • DOSSIER • VENETO 2013

ritardi nei pagamenti. Se la Pubblica amministrazione non rispetta i termini di pagamento è difficile che il nostro committente riesca a pagarci in tempo». Dal punto di vista organizzativo Nlmk Verona è completamente autonoma. «Siamo noi a occuparci – sottolinea Calcagni della vendita di tutto quello che produciamo sia sul mercato italiano che su quello estero. Sempre più spesso utilizziamo il network commerciale del Gruppo Nlmk, soprattutto per l’estero. Circa il 30 per cento della nostra produzione viene esportato soprattutto in Paesi europei come Germania, Spagna e Portogallo, o in Nord America e Sud Est Asiatico. Si tratta di Paesi ricettivi soprattutto nei confronti dei nostri prodotti di alta qualità. Esportare infatti commodities significherebbe competere con molti altri attori come i Russi, che hanno costi di produzione bassissimi grazie alla disponibilità delle materie prime, o i cinesi e i turchi, e risultare perciò poco competitivi. Per quanto riguarda invece i materiali più sofisticati i primi competitor sono sicuramente i tedeschi, dotati di ottima tecnologia». Per l’azienda di Verona il 2014 apporterà delle novità ben precise. «Abbiamo appena approvato – conclude Calcagni - un piano strategico di cinque anni che ci porterà a una forte riduzione dei costi di produzione rendendo lo stabilimento ancora più competitivo specialmente nei prodotti ad alto valore aggiunto. Il piano è stato formalmente approvato un mese fa ed entro la fine dell’anno spiccheremo i primi ordini per realizzare questa rivoluzione tecnologica. Il tutto accompagnato da un piano di marketing concreto e ben articolato».



EXPORT

L’elettromeccanica fa leva sull’export Malgrado il ruolo primario che occupa in Europa, l’industria elettromeccanica sta vivendo una fase di recessione. Per contrastarla, le aziende puntano tutto sulla qualità delle materie prime e sull’estero. La parola a Lucia Zilio Marco Tedeschi

New Supply Group si trova a Ponzano Veneto (TV) www.newsupplygroup.com

96 • DOSSIER • VENETO 2013

industria elettromeccanica italiana occupa un ruolo di primo piano all'interno del panorama europeo, con una quota pari al 9 per cento sul valore della produzione aggregata dell'Unione Europea. Eppure, malgrado questo ruolo in prima fila, l’intero comparto sta vivendo un periodo di contrazione generale. Con qualche eccezione. «Se guardassimo il periodo di crisi che stiamo attraversando – specifica Lucia Zilio, titolare di New Supply Group con il marito Flavio Barzi - e poi confrontassimo il nostro trend, certamente potremmo vedere dei dati contrastanti. Veniamo da un 2010 record, un 2011 in lieve calo e quest’anno chiuderemo con un aumento del nostro fatturato di circa il 10 per cento». Il motivo di questo andamento positivo, in controtendenza con la difficile situazione italiana, è da ricercare nelle scelte oculate dell’azienda trevigiana che realizza cablaggi e assemblaggi di componenti elettrici ed elettronici nel campo elettrodomestico, industriale e meccanico. New Supply Group collabora con aziende leader mondiali nel settore delle macchine da caffè per bar, del vending, dell’automazione e della produzione di generatori per il trattamento dell’aria, lavastoviglie industriali, piani cottura, forni, pompe e motori elettrici. «La nostra fortuna è di lavorare con committenti italiani che sono grossi esportatori all’estero. Stiamo lavorando molto bene con i Paesi Arabi, l’America e l’Est. Si tratta di Paesi che apprezzano e vogliono il made in Italy. È su questi Paesi che l’Italia dovrebbe far leva per uscire dalla difficile situazione in cui si trova. È assolutamente necessario lavorare di più per difendere e valorizzare i nostri prodotti e non rovinarli con finti

L’


Lucia Zilio

Negli ultimi 3 anni abbiamo inserito nel nostro parco macchine due Tsa che ci permettono di operare contemporaneamente con più cavi

~

made in Italy. Lavorare in Italia oggi non è semplice; leggi, regole, tassazione, situazione politica e quant’altro, non sono certo dalla parte delle aziende. La nostra realtà ha da poco raggiunto il diciottesimo anno di attività e la politica di investire in qualità, tecnologia, innovazione e formazione è stata e rimane tuttora il nostro punto di forza sul quale abbiamo investito e deciso di perseguire per rimanere competitivi». Investimenti che si sono dimostrati basilari. «Siamo consapevoli che la qualità delle lavorazioni e delle materie prime a costi adeguati sia, non solo l’immagine della nostra società, ma soprattutto la risposta alla sleale concorrenza, alle importazioni di bassa qualità, al mancato rispetto delle normative costruttive nonché dei materiali utilizzati spesso pericolosi per l’ambiente e la salute del consumatore finale che arrivano da paesi extra Ue». Per questo motivo gli investimenti in ricerca sono continui per l’azienda. «Noi lavoriamo con il committente per lo sviluppo di nuovi prodotti e, per quanto ci riguarda, il nostro apporto può essere dato in-

vestendo in tecnologie che ci permettano di mantenere i costi sotto controllo. Da sempre abbiamo puntato sull’acquisto di macchine per il cablaggio che ci permettano di essere flessibili e veloci nei cambi di produzione. Purtroppo per chi produce in Italia il problema più grosso rimane il costo uomo e pertanto per ogni secondo che risparmiamo ne deriva un risparmio sul costo finale del prodotto. Negli ultimi 3 anni abbiamo inserito nel nostro parco macchine una Tsa che ci permette di operare con 2 cavi contemporaneamente e con 4 stazioni di lavoro e una Tsa che può lavorare fino a 36 cavi di colori e sezioni diversi con 7 stazioni di lavoro». Specificità che consentono l’elasticità necessaria a lavorare piccole e grandi serie di cavi. «Tutto ciò con pochissimi tempi morti. Attualmente, con le attrezzature che abbiamo, siamo in grado di soddisfare le più svariate richieste della clientela vecchia e nuova. Ovviamente – conclude Zilio - non ci tiriamo indietro se ci dovesse essere necessità di fare nuovi investimenti per altre lavorazioni». VENETO 2013 • DOSSIER • 97


EXPORT

La sedia artigianale nella modernità Una realtà unica nel panorama dei produttori italiani di sedute. La parola a Paolo e Stefano Sacchetto, eredi di una tradizione secolare di lavorazione del legno per la realizzazione di sedie. Dallo stile antiquario ai progetti dei designer contemporanei Vittoria Divaro

ra il 2009 e il primo semestre 2013, il settore del mobile veneto ha subito una forte contrazione. Contrazione che si è tradotta, a livello regionale, in una perdita di insediamenti produttivi pari al 14,5 per cento. Provincia per provincia, invece, la maglia nera è toccata a Verona, che tocca il punto più basso con 323 imprese in meno (fonte: elaborazione dell’ufficio studi della Camera di commercio di Padova su dati Infocamere). Le aziende ancora sul mercato sono riuscite a resistere grazie a un consistente ridimensionamento. È il caso della Mobili Sacchetto di Cerea, realtà eccentrica rispetto all’industria della sedia nazionale e locale. «Siamo sempre stati soprattutto degli esportatori – afferma Paolo Sacchetto, titolare dell’azienda con il cugino Stefano –, con una quota di export sul fatturato di circa il 90 per cento».

F Sotto, Paolo Sacchetto, nella pagina seguente, Stefano Sacchetto, titolari della Mobili Sacchetto di Cerea (VR) www.mobilisacchetto.i info@mobilisacchetto.itt

98 • DOSSIER • VENETO 2013

Quali sono le criticità che avete riscontrato in questi ultimi anni? STEFANO SACCHETTO «I nostri mercati di riferimenti principali sono il Regno Unito e gli Stati Uniti. E, per questo motivo, abbiamo iniziato ad avvertire le prime difficoltà subito dopo l’introduzione dell’euro, che rendeva sfavorevole le esportazioni. La situazione, però, si è aggravata negli ultimi due anni, quando, a causa della scarsa liquidità e della produzione a spot, abbiamo registrato una flessione di richieste di circa il 70-80 per cento. Questo ci ha costretto a ridimensionare notevolmente l’azienda». Questo ha avuto un riflesso sul tipo di produzione? PAOLO SACCHETTO «Seppure l’azienda sia stata ridimensionata nel numero di dipendenti, non abbiamo rinunciato alla nostra impostazione. Nella produzione di sedie artigianali, rappresentiamo la quarta generazione della famiglia Sacchetto. Abbiamo una tradizione secolare nella produzione di sedie in legno, che va dalle copie di pezzi antichi (a partire dal Seicento) fino a realizzazioni di modelli contemporanei. La nostra versatilità ci porta a produrre articoli non standardizzati e freddi, come lo sono i prodotti industriali di massa. E anche in questi anni di crisi abbiamo tenuto fede alla nostra missione di una produzione di fascia alta, continuando a realizzare delle sedie assolutamente diverse da quelle che escono fuori da altre zone di


Paolo e Stefano Sacchetto

Le macchine entrano soltanto nella fase di sbozzatura, mentre è la manualità che esegue tutta la finitura sulle essenze di noce, ciliegio, rovere e acero

~

produzione della provincia di Verona, di Padova e della Brianza». A livello di produzione, in che modo realizzate le vostre sedute? S.S. «La produzione Sacchetto si avvale ancora di sistemi produttivi di tipo artigianale, pertanto le sedie sono fatte ancora con un metodo tradizionale e manuale. La nostra strategia è sempre stata quella di una produzione di eccelsa qualità, quasi di nicchia. Seguiamo ogni fase con meticolosa cura dei dettagli e lavo-

riamo materie prime da sempre considerate le migliori – essenze come la noce, il ciliegio, il rovere, l’acero. Ricaviamo ancora le gambe dal pieno. Le macchine entrano soltanto nella fase di sbozzatura, mentre è la manualità che esegue tutta la finitura». In che modo l’export è diventato la voce di fatturato più importante? P.S. «Sebbene la gran parte della produzione Sacchetto sia sempre stata destinata all’estero, non sono mancati i contatti con antiquari fiorentini per la riproduzione di sedute storiche. È proprio dalla collaborazione con questi antiquari di Firenze, che a partire dall’immediato dopoguerra, abbiamo avuto l’opportunità di essere introdotti nel mondo del design e dell’architettura statunitensi. In questo modo possiamo dire di aver fatto sedere i potenti del mondo. Per esempio, le nostre sedie sono nelle case di Nixon, Nureyev e numerose star di Hollywood, oltre a essere comparse anche in film e telefilm americani grazie alla collaborazione con designer e architetti di fama internazionale. Di conseguenza, a parte sporadiche collaborazioni con produttori di mobili locali, abbiamo sempre guardato oltre confine e questo ci ha reso poco conosciuti in Italia. Naturalmente stiamo lavorando per entrare anche in nuovi mercati, ma non è semplice, dato che ci rivolgiamo esclusivamente a un target particolare». VENETO 2013 • DOSSIER • 99


EXPORT

Il made in Italy veste tutto il mondo Due marchi del Nord Est per la donna elegante e l’abbigliamento di ogni giorno. I risultati ottenuti nel 2013 da Paolo Mason di Plissè e gli obiettivi futuri per lo sviluppo dell’internazionalizzazione Luca Càvera

ntensificare la presenza e la visibilità all’estero, senza trascurare il mercato italiano. Sinteticamente è questa la strategia di Plissè, società che si inserisce nel mercato total look femminile con due brand – Beatrice B. e Sfizio – e che nel 2013 ha realizzato un incremento di fatturato del 15 per cento. «A trainare la crescita dei nostri marchi made in Italy – afferma l’amministratore Paolo Mason – è stato soprattutto l’export extra europeo, che da solo è cresciuto del 38 per cento, mentre Italia ed Europa si sono limitate a contribuire, rispettivamente, con un più 4 e 5 per cento». Nell’ultimo triennio i due brand Plissè si sono affermati nel mercato russo, che attualmente rap-

I Paolo Mason amministratore della Plissè Spa di Piombino Dese (PD) www.plissespa.it

presenta il principale sbocco commerciale. «Tuttavia, stiamo puntando su delle strategie di sviluppo internazionale, comuni per entrambi i marchi, e quest’anno abbiamo aperto il primo monomarca in Cina, a Wuhan. E sempre in Cina, il 24 dicembre, ci sarà l’apertura di un altro nuovo monobrand Beatrice b. a Chanchun. Questo è solo il primo passo di un progetto pianificato con il nostro distributore locale, che prevede l’apertura di altri quattro punti vendita nel 2014, per arrivare a quindici negozi nei prossimi cinque anni». Siete presenti anche negli store statunitensi. Qual è la strategia per questo mercato? «Sul suolo americano attualmente commercia-


Paolo Mason

lizziamo i nostri marchi attraverso un centinaio di partner. Proprio per questo gennaio 2013 abbiamo aperto una filiale distributiva a Los Angeles. Questa risponde all’esigenza di dare un servizio più reattivo, senza dover ricorrere all’intermediazione della nostra sede centrale in Italia, per quanto riguarda l’approvvigionamento dei capi e tutte le eventuali problematiche». Cosa caratterizza i vostri due brand? «Nel disegno dei nostri modelli siamo ispirati da un’eleganza sobria, che si concretizza in linee dalla straordinaria leggerezza, senza rinunciare alla creatività italiana unita al pragmatismo più autentico per realizzare collezioni dal carattere inconfondibile. Entrando nello specifico delle collezioni dei due diversi brand, Beatrice B. si rivolge a una donna che veste in maniera raffinata. Per questo i campionari comprendono tessuti ricercati, morbidi e comfort, modellati con un’attitudine di haute couture». E, invece, a chi si rivolge Sfizio? «Diversamente, La donna Sfizio è più moderna, più dinamica. Ama vestire bene, ma con uno stile quotidiano, quindi molto più veloce. Entrambi i marchi, tuttavia, si rivolgono a un target che spazia fra i 25 e i 50 anni e oltre. Ed entrambi vogliono essere rappresentativi del gusto made in Italy. Questo è un aspetto molto importante per noi. E lo rivela il fatto che ci interessa il mercato cinese per la commercializzazione, ma non come sede produttiva, che resta saldamente nel nostro paese». In che modo lavorate sulla costruzione dell’immagine dei marchi e quali sono le prossime iniziative in programma? «Per quanto riguarda la stampa italiana, ogni anno, per entrambi i marchi, lanciamo una campagna sulle pagine delle maggiori testate giornalistiche di settore. Per l’estero facciamo pubblicità su varie testate in Russia, in Regno Unito e a breve inizieremo anche in Cina, per supportare la rete distributiva. Invece, negli Stati Uniti aspettiamo di raggiungere dei numeri adeguati per iniziare anche con gli investimenti pubblicitari.

c

Stiamo puntando su strategie di sviluppo internazionale e quest’anno abbiamo aperto il primo monomarca in Cina, a Wuhan

d

Tornando al mercato italiano, da quest’anno avremo una nota testimonial per Beatrice B. e proporremo degli eventi organizzati nei punti vendita a marchio». Quali sono gli obiettivi per i prossimi anni? «Puntiamo a raggiungere un incremento del 20 per cento entro il 2014 e di raddoppiare il fatturato nell’arco del prossimo quinquennio. Per quanto riguarda le scelte di prodotto, nelle prossime collezioni continueremo a differenziarci da quanto proposto dai marchi dei nostri concorrenti. Quello che vogliamo ulteriormente valorizzare sono la dinamicità e l’uso del colore come stimolo per emozionare. Il tutto per rivolgerci alle donne italiane e del mondo con un’idea diversa del vestire». VENETO 2013 • DOSSIER • 101




FINANZA PUBBLICA

Opere pubbliche, ci sono le risorse «Il vero passo avanti, dopo anni di rigore, è il ritorno agli investimenti senza aumentare imposte e addizionali». L’analisi di Roberto Ciambetti, assessore al Bilancio e agli enti locali del Veneto Renata Gualtieri

I

Roberto Ciambetti, assessore al Bilancio e agli enti locali della Regione Veneto

conti della Regione Veneto mostrano la fotografia di un’amministrazione che, nonostante tutto, è riuscita a garantire i servizi principali, salvaguardando gli equilibri economico-finanziari senza ricorrere all’aumento di tasse, come l’addizionale Irpef che sin dall’inizio della crisi è rimasta bloccata al minimo previsto dalla legge, lo 0,90 per cento. «Su circa 12 miliardi e 600 milioni di uscite - precisa l’assessore regionale al bilancio Roberto Ciambetti - il 75,4 per cento riguarda la sanità, l’assistenza sociale, la formazione, il lavoro, la cultura, il 10,7 per cento ambiente e infrastrutture; il 2,1 per cento lo sviluppo economico, l’11,5 per cento le spese tecniche di funzionamento e l’assetto istituzionale, tra cui figura anche i costi della politica (0,2 per cento). Il lavoro incide per l’1,4 per cento della spesa». Quali i tagli al bilancio dovuti alla crisi economica a cui si è stati costretti negli ultimi anni? «Partiamo dal famigerato patto di stabilità che ha determinato il crollo del tetto di spesa, per risorse che abbiamo già in cassa, di oltre il 36 per cento: siamo passati da un tetto di 491 euro per abitante ai 312 euro imposti dal Governo Letta per il 2014. Altro dato eclatante: nel 2010 avevamo circa un miliardo e 600 milioni di euro per spese a libera destinazione; oggi siamo arrivati a 890 milioni. Abbiamo concentrato tutte le risorse su settori strategici: assistenza sociale, formazione e difesa del territorio, senza toccare gli standard della sanità che rimane un’eccellenza, anche per i conti, nel sistema europeo. In-

104 • DOSSIER • VENETO 2013

fine, i pagamenti ai fornitori di beni e servizi per il 93 per cento circa sono saldati entro 180 giorni e attorno al 75 per cento entro i 90 giorni». Il presidente Zaia ha dichiarato che se il rating delle Regioni non fosse agganciato a quello degli Stati di appartenenza, il Veneto avrebbe quello della Svizzera o della Baviera. «La frase è stata estrapolata dall’analisi che l’agenzia di rating Fitch ha fatto sui nostri bilanci: come accade per tante aziende italiane, ultimo caso quello delle Generali, paghiamo il “rischio paese”. Come Regione siamo solvibili e affidabili al 100%, è l’Italia a essere a rischio default; il Paese ha debiti, noi abbiamo un tesoretto bloccato, e parlo solo di cash, di circa un miliardo e 300 milioni. Stando ai dati di Unioncamere, ipotizzando che la pubblica am-


Roberto Ciambetti

200mln

GLI INVESTIMENTI DESTINATI A OPERAZIONI SU VIABILITÀ, INFRASTRUTTURE, EDILIZIA SCOLASTICA E INTERVENTI STRUTTURALI DELLE AZIENDE SANITARIE

ministrazione italiana si adeguasse ai parametri del Veneto per consumi intermedi, spesa per il personale e altre voci, si potrebbero avere a livello nazionale risparmi per 27,8 miliardi di euro: circa l’1,9 per cento del Pil». Di recente la giunta regionale ha presentato la bozza di bilancio per il 2014. Quali le cifre previste? «Per la parte corrente siamo negli stessi livelli del 2013 e, nonostante manovre e spending review statali, è già un buon risultato. Il vero passo avanti, dopo anni di rigore, è il ritorno agli investimenti continuando a non aumentare imposte e addizionali. Come filosofia siamo molto lontani dalla legge di stabilità del Governo Letta: l’austerità la pratichiamo e non la proclamiamo e ci siamo ritagliati un po’ di risorse da immettere nel territorio».

Tra gli investimenti quali saranno quelli più importanti da realizzare e quali settori dell’economia interesseranno? «Parliamo di 200 milioni per viabilità e le infrastrutture, l’edilizia scolastica e per esigenze dei Comuni, interventi edili e strutturali delle Ulss e per il fondo di rotazione istituito due anni fa dalla Regione per le strutture che ospitino servizi sociali e socio-sanitari, nonché 50 milioni per la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico». Quale sarà lo sforzo principale richiesto alla Regione per fronteggiare le emergenze dell’economia locale? «Innanzitutto tenere aperto il dialogo con le categorie economiche e le organizzazioni sindacali e monitorare la situazione, intervenendo laddove possibile o concordando strategie d’azione. Purtroppo con la legge di stabilità in discussione i margini per agire, come in verità potremmo se non fosse per i vincoli assurdi del patto di stabilità, sono molto risicati: oltre alle azioni che abbiamo consolidato in questi anni, come i fondi di rotazione e gli interventi di sostegno attraverso la nostra finanziaria Veneto Sviluppo, mi auguro che una spinta decisiva possa giungere dalla gestione dei fondi Por-Fesr del prossima programmazione comunitaria 2014-2020 che potrebbero risultare decisivi in alcuni comparti». VENETO 2013 • DOSSIER • 105


FINANZA PUBBLICA

I conti dei Comuni sono buoni, ma serve più chiarezza È positivo il lavoro svolto finora da molte municipalità venete. Il presidente dell’Anci regionale, Giorgio Dal Negro, chiede però maggiore autonomia e chiarezza sull’Imu e sulla nuova tassazione che entrerà in vigore dal 2014 Renata Gualtieri

L

Giorgio Dal Negro, presidente di Anci Veneto

e amministrazioni venete nella gestione dei bilanci sono sostanzialmente virtuose, a parte poche eccezioni. Qualcuno ha aumentato le aliquote in questo 2013 per mettere a posto i bilanci, tanti lo avevano già fatto nel 2012, ma nel complesso hanno operato bene e ciò viene riconosciuto anche da molti elettori. «Qualcuno - precisa il presidente dell’Anci Veneto Giorgio Dal Negro - è stato costretto comunque ad aumentare le aliquote, sulla seconda così come sulla prima casa, nel 2012, ma nella stragrande maggioranza per esigenze improcrastinabili e di equilibrio di bilancio». Quali sono stati i comuni più virtuosi e quali i risultati raggiunti? «È difficile una disamina al dettaglio, perché le municipalità virtuose in questione sono molto diverse l’una dall’altra. Pensiamo alle differenze tra quelle che hanno grandi zone industriali e artigianali piene di fabbricati, che garantiscono da sempre grandi introiti, quelle turistiche piene di seconde abitazioni e quelle confinanti con le grandi città che

106 • DOSSIER • VENETO 2013

Più autonomia alle amministrazioni comunali. Bisogna, in altre parole, tagliare del tutto il cordone ombelicale con lo Stato centrale


Giorgio Dal Negro

Un viaggio nella spesa pubblica italiana Continua a crescere in Italia il rapporto tra la spesa pubblica e il Pil. L’Osservatorio sul federalismo indica in quello veneto il modello da seguire economia veneta e italiana non riusciranno a riprendersi se lo Stato non ridurrà la spesa pubblica. La spending review ha provocato solo tagli che hanno martoriato gli enti locali e le realtà virtuose ma non ha infranto il debito pubblico, rappresentato dai 221 miliardi, su 749 miliardi di spesa pubblica complessiva, assorbiti ogni anno dall’amministrazione centrale per pagare dipendenti, sedi, beni e servizi. È quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio sul federalismo, il centro studi creato nel 2007 dal Consiglio regionale del Veneto e da Unioncamere del Veneto, che ha presentato lo scorso ottobre il settimo Rapporto sulla finanza pubblica in Italia. «Il profilo della spesa pubblica italiana negli ultimi anni ha spiegato il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato - evidenzia e conferma tutte le anomalie di uno Stato centralista, che taglieggia le autonomie locali e non riesce a razionalizzare i propri apparati e la spesa centrale. Basti pensare alla distribuzione del personale nella pubblica amministrazione: lo Stato con i suoi ministeri ha il 56 per cento dei dipendenti pubblici, le Regioni a statuto ordinario hanno l’1,15 per cento, mentre i dipendenti delle Province sono l’1,75 per cento». «La spending review ha tagliato in periferia ma non al centro - ha aggiunto Gian Angelo Bellati, segretario generale di Unioncamere Veneto -. Il peso dei tagli e del contenimento della spesa pubblica è gravato sinora per il 70 per cento su Regioni ed enti locali, aumentando il cosiddetto residuo fiscale, cioè il divario tra quanto un territorio versa in tasse allo Stato e quanto riceve in trasferimenti e servizi». Lo Stato centrale, che incassa il 78 per cento delle entrate tributarie, come risulta dal rapporto dell’Osservatorio, gestisce solo il 24 per cento della spesa primaria, mentre le amministrazioni locali il 33 per cento, pur potendo contare su appena il 18 per cento delle entrate pubbliche. «Se l’amministrazione centrale adottasse i costi ottimali di una Regione virtuosa come il Veneto - conclude Angelo Bellati - si potrebbero risparmiare 16 miliardi di euro di spesa pubblica. Se i parametri di virtuosità del Veneto fossero applicati alle spese di funzionamento di tutte le amministrazioni, locali e centrali, il risparmio complessivo salirebbe a 35 miliardi di euro, l’equivalente di tre manovre finanziarie». RG

L’

sono prevalentemente residenziali. Se però da Roma non sono mai intervenuti per i dissesti finanziari come hanno fatto invece in altre parti d’Italia, qualche motivo ci deve essere. Negli anni precedenti lo Stato centrale non ha consentito di allentare i vincoli del patto per gli investimenti. Quest’anno hanno ammesso tanti comuni del Veneto alla nuova contabilità sperimentale in vigore dal 1 gennaio 2015». A tal riguardo, sono 62 su 370 i Comuni veneti ammessi. Cosa comporterà e quanto è soddisfatto per questo riconoscimento? «La soddisfazione è tanta, perché l’ammissione costituisce di fatto un ulteriore riconoscimento del buon lavoro svolto finora dalle nostre amministrazioni locali. Si tratta di applicare le procedure contabili previste dal Codice civile, quindi della contabilità aziendale vera e propria che non si basa soltanto su meri principi di cassa. Con questa nuova modalità, di conseguenza, si potrebbe avere la fotografia reale della situazione finanziaria di un ente locale e si riuscirebbe a fare un passo più convinto verso l’efficienza e una maggiore equità contabile generale, proprio come richiesto in molte battaglie per una finanza locale diversa. Purtroppo dobbiamo frenare l’entusiasmo generale: la fase di sperimentazione, seppure con dodici mesi di

VENETO 2013 • DOSSIER • 107


FINANZA PUBBLICA

62

I COMUNI VENETI AMMESSI ALLA NUOVA CONTABILITÀ SPERIMENTALE SU UN TOTALE DI 370

tempo, è molto lunga e complessa; pertanto di creare un profondo caos e di aumentare anmolti comuni veneti, già alle prese con continue incombenze da chiudere durante l’anno, non hanno personale a sufficienza per attuare questo conversione e probabilmente si ritireranno dalla lista entro il corrente dicembre». Cosa occorre per una finanza locale più giusta, quali i nuovi principi contabili da applicare per la gestione della cosa pubblica? «Fondamentalmente più autonomia alle amministrazioni comunali. Bisogna, in altre parole, tagliare del tutto il cordone ombelicale con lo Stato centrale: quest’ultimo deve solo definire le aliquote massime, spetta poi ai sindaci stabilire l’ammontare dei tributi in base alle opere e agli interventi ritenuti necessari. È una forma di rispetto e di giustizia verso i cittadini, che possono valutare quanto fatto da chi guida il loro Comune, per poi effettivamente confermarlo o meno alle elezioni. Invece così ci ritroviamo a essere soltanto i gabellieri per conto dello Stato, con le mani totalmente legate e con molte responsabilità a cui far comunque fronte». Nel corso del direttivo che si è tenuto di recente nella sede di Selvazzano Dentro ha parlato di «comuni virtuosi sempre più mazziati». Quali i motivi di questa affermazione? «Il motivo principale è l’incertezza. Se lo Stato promette di rimuovere l’Imu sulla prima casa, deve farlo fino in fondo e non chiedere alle famiglie un esborso sulla seconda rata con le relative mini Imu e quant’altro, con il risultato

108 • DOSSIER • VENETO 2013

cora un malcontento diffuso. E così alcuni Comuni hanno chiuso i bilanci a giugno, ma tanti altri sono stati in grado di farlo soltanto a fine novembre. Altri ancora si ritrovano a fare il bilancio preventivo per il 2014 proprio in questi giorni: che senso ha? È un paradosso assoluto. Ne abbiamo parlato negli ultimi giorni con l’Anci nazionale. L’incontro, in programma il 5 dicembre, era finalizzato anche a stabilire con precisione le richieste di rimborso dell’Imu; su quest’ultimo punto, chiediamo in definitiva la restituzione del gettito del 2012 con le aliquote fissate nel 2013. Poi c’è da ridefinire la questione del fondo di solidarietà e di altri fondi che devono tornare nelle casse municipali, da affrontare opportunamente nel 2014». La situazione per molti enti locali è difficile. Quali le richieste di Anci Veneto al governo? «Sono tre. La prima è una maggiore autonomia. La seconda è l’Imu, questione esplosa in questi ultimi giorni, sulla quale si deve trovare una soluzione, visto che è stato il governo stesso a causare tutti i problemi relativi a questa tassa. Infine la nuova tassazione che entrerà in vigore a partire dal 2014, nella fattispecie la tassa sui servizi indivisibili e la service tax (per tutti gli altri servizi), per la quale chiediamo la massima chiarezza e il giusto confronto; non sono più accettabili scelte interamente calate dall’alto, con le conseguenze che abbiamo visto».



AGROALIMENTARE

Tutela e promozione del vino italiano Servono una strategia unitaria a livello nazionale e un impiego più efficace dei fondi europei. Le priorità per la valorizzazione del nostro vino sono indicate da Domenico Zonin, presidente dell’Unione italiana vini Francesca Druidi

L

Domenico Zonin, presidente di Uiv

a sfida ai mercati internazionali è una priorità per il vino italiano. Occorre, quindi, dispiegare tutti gli strumenti necessari per favorire l’export del settore vitivinicolo, sia sul fronte interno che sul versante delle politiche europee e degli accordi commerciali mondiali. Senza dimenticare l’opposizione a pratiche anti-dumping e protezionistiche dei competitor. La parola d’ordine per Domenico Zonin è promozione. Quali sono a livello internazionale le tendenze che si registrano per i nostri vini? «Il quadro è complessivamente molto positivo. Il vino italiano, con la sua ricchezza di vitigni e territori, è riuscito a imporsi su tutti i mercati mondiali come alternativa di eccellenza e ricercatezza all’egemonia francese che, fino a qualche anno fa, vantava una leadership incontrastata nel commercio internazionale. E questo vale sia per i paesi tradizionali consumatori, dove trovano crescente attenzione anche vini di territori meno noti, sull’onda del successo dei nostri fuoriclasse, sia per i cosiddetti mercati emergenti, dove la fama dei grandi vini italiani sta svolgendo una preziosa funzione di apripista. La tendenza generale è, quindi, di crescita, per tutte quelle etichette che sono riuscite a proporsi con una forte immagine di territorio o di brand aziendale. Assistiamo, ovviamente, all’alternarsi naturale delle fortune di alcune DO (denominazione di origine) o tipologie

112 • DOSSIER • VENETO 2013

Il vino italiano, con la sua ricchezza di vitigni e territori, è riuscito e imporsi su tutti i mercati mondiali

di vino a scapito di altre: con un’eccezione, che va menzionata, il caso del Prosecco, un successo in aumento, ormai da diversi anni, che sta facendo conoscere al mondo l’eccellenza delle bollicine italiane». Quali restano le principali criticità che il settore vinicolo italiano deve affrontare oggi, anche rispetto alla competizione internazionale? «La prima è a livello comunitario e riguarda le cosiddette barriere tariffarie - non tariffarie:


Domenico Zonin

Una piattaforma comune per l’estero La sta definendo l’Uiv per sostenere le imprese sui mercati esteri. Ne parla il direttore generale Francesco Pavanello l mercato italiano del vino è in stallo, così come accade in altri settori produttivi del nostro Paese. Ciò ha costretto le aziende del comparto a rivolgersi sempre più ai mercati esteri. «Dopo quattro anni di straordinario impegno delle singole imprese – commenta Francesco Pavanello, direttore generale di Unione italiana vini (nella foto) – è stato raggiunto l’obiettivo di contenere le perdite di fatturato generate dalla recessione del mercato domestico». Occorre però compiere un salto di qualità. «L’analisi delle performance nei paesi emergenti (Bric) – prosegue Pavanello – evidenzia la necessità di recuperare efficienza attraverso un’azione comune, poiché su questi mercati ciò che fa la differenza è sia un modello di promozione che identifichi l’Italia e l’Europa, sia la dimensione dell’investimento». Le attività di Uiv includono il sostegno all’internazionalizzazione delle aziende. «L’Associazione si sta focalizzando sulla definizione di un modello di promozione in cui le tre azioni strategiche on e offline - indagini di mercato, informazione e formazione - e i contenuti istituzionali (prodotti e territori) rappresentino una piattaforma comune dei vini italiani ed europei, a cui ogni singola impresa può agganciare i propri progetti di promozione».

I

proliferano in molti paesi disposizioni protezionistiche assunte unilateralmente che discriminano i vini europei, danneggiando le nostre esportazioni. Tariffe doganali proibitive, trattamenti discriminatori in dogana, pratiche burocratiche defatiganti o insufficiente tutela alle nostre indicazioni geografiche, per non parlare poi della Cina, dove il vino è ostaggio di tensioni bilaterali e vittima di ricattatorie e ingiustificate indagini antidumping, sono realtà verso le quali l’Ue deve intensificare i propri sforzi. A livello interno, invece, la principale criticità rimane la mancanza di una strategia promozionale nazionale che accentua la debolezza del nostro sistema produttivo, molto parcellizzato, e non permette l’ottimale gestione delle risorse economiche. Imperativo sempre più urgente, invece, considerando il graduale assottigliarsi delle disponibilità finanziarie di investimenti in promozione». Su quali istanze l’Uiv si concentrerà nel prossimo futuro? «Sono molte le questioni - normative, associative, produttive - su cui stiamo lavorando e la

cui soluzione inciderà positivamente anche sul nostro export. Le priorità, però, oggi sono due. A livello comunitario, continueremo il pressing sull’Ue perché chiuda il più rapidamente possibile i diversi accordi commerciali bilaterali ancora aperti. Sul fronte interno, invece, oltre alla necessità di arrivare ad una strategia nazionale della promozione all’estero, su cui continueremo a puntare in tutti i tavoli istituzionali dove siamo presenti, stiamo lavorando per modificare la misura “promozione” dei fondi Ocm vino: oltre 100 milioni di euro che, in questi anni, si sono rivelati determinanti nel sostenere il successo del nostro export. Dobbiamo spendere meglio questi fondi, promuovendo progetti efficaci - che cioè ritornino alle imprese in termini commerciali - ed evitare che le Regioni dirottino queste risorse, perché non utilizzate, su altre misure. Anche perché l’export, non dimentichiamolo, è oggi la vera fonte di reddito della nostra vitivinicoltura». VENETO 2013 • DOSSIER • 113


AGROALIMENTARE

Denominazione di qualità Promuovere le denominazioni tutelate con campagne di informazione nei principali mercati per il vino italiano, come quelli di Stati Uniti e paesi emergenti. È la mission di Federdoc, presieduta da Riccardo Ricci Curbastro Francesca Druidi

Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc

L’

identità dei vini italiani a denominazione è profondamente connessa al territorio di origine e al disciplinare di produzione, ma oggi è sempre più legata anche ai temi della sostenibilità ambientale e della riduzione dei gas climalteranti. Valorizzare e comunicare l’unicità dei vini italiani a denominazione d’origine è parte essenziale della strategia di sviluppo di questi prodotti sui mercati internazionali, una strategia alla quale contribuiscono i circa 100 consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine, riuniti nella Federdoc, guidata da Riccardo Ricci Curbastro. In che cosa consiste oggi il valore aggiunto dei vini Doc, Docg e Igt italiani? «Il valore aggiunto dei nostri vini a denominazione di origine è caratterizzato da un insieme di fattori: le caratteristiche chimico-fisiche, organolettiche, visive e i metodi di produzione che provengono da una tradizione di ingegno e di capacità artigianale secolare lontana dal prodotto di massa, oltre alla tracciabilità del prodotto attuata da un sistema di controllo che non ha eguali. L’Italia è, infatti, l’unico paese al mondo a controllare dalla bottiglia al vigneto, a garanzia del consumatore finale. In questo momento, la sostenibilità ambientale delle produzioni a denominazioni di origine sta divenendo obiettivo primario per elevare ancor di più la qualità dei nostri prodotti, offrendo ai consumatori un ulteriore valore aggiunto. I nostri vini a denominazione d’origine stanno cercando di essere maggiormente competitivi e all’avanguardia, grazie all’adozione di metodi di autocontrollo per mo-


Riccardo Ricci Curbastro

nitorare le emissioni di gas serra e fornire le conseguenti indicazioni, rendendo le produzioni più sostenibili anche dal punto di vista ambientale». Promozione, comunicazione, innovazione. Quali sono i fattori su cui puntare per imporsi nello scenario vitivinicolo internazionale? «Bisogna puntare su tutti e tre gli aspetti per imporsi sui mercati comunitari e internazionali. La promozione delle nostre denominazioni è una delle azioni cruciali per far crescere la loro notorietà e per conquistare un numero sempre maggiore di segmenti di mercato, unitamente all’azione di comunicazione attuata per veicolare messaggi forti e coerenti, in grado di sostenere la concorrenza sempre più spietata dei vini del “nuovo mondo”. L’obiettivo principale da raggiungere è il rafforzamento della presenza dei vini a denominazione di origine nei target di volta in volta individuati, valorizzando la loro immagine presso i consumatori e i media del comparto, per cercare di consolidare le posizioni raggiunte e, al contempo, informare sul sistema di tracciabilità da noi adottato a tutela del consumatore. Conoscere e valorizzare l’esistente, ma anche innovare il comparto con la sostenibilità ambientale per soddisfare le esigenze di un consumatore sempre più attento e consapevole. In questo modo, l’eccellenza è raggiunta sotto ogni aspetto». Qual è l’andamento delle esportazioni dei vini italiani a denominazione d’origine? Quali sono i mercati maggiormente ricettivi? «I primi dati 2013 sulle esportazioni dei vini a denominazione italiani sono più che soddisfacenti: l’aumento del loro valore, registrato dall’Istat, ammonterebbe al 9 per cento rispetto l’anno precedente. Abbiamo ricevuto ancora una conferma dell’apprezzamento dei nostri prodotti negli Stati Uniti, dove la crescita del volume di esportazioni è rilevante. Anche nel mercato europeo ci sono stati dei positivi riscontri, in particolare nel mercato tedesco e scandinavo dove l’aumento è stato evidente. La Cina è uno dei mercati emergenti sul quale in futuro si potrebbe puntare: a oggi, ab-

521

NUMERO DEI VINI A DENOMINAZIONE D’ORIGINE ITALIANI, TRA CUI 330 DOC, 73 DOCG, 118 IGT. IL PIEMONTE È LA REGIONE CON MAGGIOR DENSITÀ DI DENOMINAZIONI VINICOLE biamo rilevato una crescita dell’11 per cento circa, un dato che potrebbe salire date le potenzialità ancora da sviluppare di questo mercato». Cosa rappresenta per il comparto l’affaire cinese dell’indagine anti-dumping sul vino europeo? «Indubbiamente, l’indagine avviata lo scorso luglio dal governo cinese è stato un duro attacco alla viticoltura europea, accusata di ricevere aiuti di Stato dall’Unione europea generatori di condizioni di mercato anti-concorrenziali. Il rischio che le aziende vitivinicole corrono non è di poco conto: l’aumento dei dazi per le esportazioni dirette nel mercato cinese in caso di accertamento del dumping, equivale - in molti casi - a una forzata rinuncia di espansione in un mercato oggi emergente. Possiamo, senz’altro, apprezzare l’energia e la tempestività della risposta data dalle istituzioni comunitarie e nazionali. Il Ministero dello Sviluppo economico ha predisposto in brevissimi tempi un’assistenza determinante a favore delle aziende del comparto e, grazie alla collaborazione di queste ultime, l’Italia è uscita, per ora, indenne dall’inchiesta. Dobbiamo ora aspettare gli ultimi esiti, sperando nella loro positività per il comparto». VENETO 2013 • DOSSIER • 115


Veneto e vino, una filiera in crescita l valore dell’intera filiera vitivinicola veneta è di 2,2 miliardi di euro mentre l’export, da solo, vale 1,4 milioni. È quanto è emerso dalle ricerche realizzate dalla Regione Veneto e da Veneto Agricoltura per valutare e approfondire gli scenari futuri per le imprese vitivinicole venete, soprattutto in vista della nuova programmazione 2014-2020. Il settore vitivinicolo veneto si conferma in piena salute (prima regione viticola italiana) e con ampi margini di miglioramento del comparto, che può godere di un’estensione di oltre 76.000 ettari (39 per cento in provincia di Treviso, 35 per cento a Verona, 9 per cento a Vicenza, 8 per cento a Venezia, 7 per cento a Padova) ed é capace di produrre quasi 11 milioni di quintali di uva, trasformata in 9,26 milioni di ettolitri di vino. Di questi, il 35 per cento sono Dop bianco, l’11 per cento Dop rosso, 26 per cento Igp bianco, 16 per cento Igp rosso e solo l'8 per cento bianco comune e il 4 per cento rosso comune. Percentuali importanti che vengono confermate dai protagonisti del settore. «La nostra realtà – racconta Salvatore Lovo, a capo di Terre Gaie – è oggi in grado di produrre tre milioni di

I

118 • DOSSIER • VENETO 2013

Il comparto vitivinicolo veneto si dimostra anche quest’anno in piena salute. Estensione, produzione, varietà e qualità del prodotto continuano a crescere e ad avere successo all’estero. Il punto di Salvatore Lovo Matteo Grandi

Salvatore Lovo di Terre Gaie di Vò (PD) www.terregaie.it


Salvatore Lovo

Ogni spumante contiene una sottile nota aromatica che rielabora il sapore dei vigneti addossati nella fascia collinare euganea

~

bottiglie, 70 per cento delle quali a marchio Terre Gaie». Sono questi i numeri impressionanti che stanno dietro questo giovane marchio che, nel corso di dieci anni, è riuscito a costruire un’azienda vitivinicola basata su esperienza, qualità e territorio. Siamo infatti a Vò, un piccolo paese dei Colli Euganei. «Nelle nostre terre tutto profuma di vino ed è indelebile la traccia di una cultura enoica secolare. Qui sono riuscito a mettere insieme 8 ettari di proprietà sul versante ovest dei Colli Euganei e nel dicembre del 2004 abbiamo realizzato la prima etichetta firmata Terre Gaie». La realizzazione dei vini Terre Gaie è affidata alle più moderne tecnologie su cui l'azienda continua a investire. «La formazione stessa degli enologi che collaborano con l'azienda è da attribuire alla Scuola Enologica di Conegliano, una delle più antiche e prestigiose. Da parte nostra, controlliamo tutte le fasi del ciclo produttivo dei vini, seguendo passo dopo passo, con attenzione capillare, il percorso che dall'origine dei prodotti prima, passa attraverso la loro successiva trasformazione, fino al raggiungimento del risultato finale». Un risultato che parla di spumanti e vini fermi che stanno acquisendo sempre più importanza nel mondo. «Oggi, gran parte del prodotto, prende la via dell’estero, dal centro e Nord Europa fino all’America. Il segreto sta tutto nell'incessante dialogo tra passato, presente e futuro, in una fusione di prospettive che traendo costante nutrimento

dalla tradizione ne fanno un sistema di riferimento per rileggere e interpretare in chiave moderna, antichi e immutati sapori. Abbiamo in ogni caso sempre cercato di crescere, perfezionarci, essere abili pionieri del gusto, ascoltando la voce dei nostri clienti per appagare con cura e dedizione ogni loro più sottile esigenza, rimanendo però sempre fedeli alla tipicità assoluta del passato e arricchendola con le grandi opportunità offerte dalle moderne tecnologie». Un insieme di valori e ambizioni che fanno di Terre Gaie una realtà consolidata animata dalla condivisione della passione per il buon vino. «Azienda e territorio qui sono elementi complementari. Ogni vino, ogni spumante, ogni bottiglia, contiene una sottile nota aromatica che rielabora il sapore dei vigneti addossati nella fascia collinare euganea. In anni di passione per la vigna, di gestione della cantina e di amore per il vino – prosegue Lovo – l’azienda ha saputo radicare la cultura delle bollicine nel mondo, ricevendo prestigiosi riconoscimenti. Riconoscimenti che arrivano dopo anni di apprendistato e di duro lavoro se pensiamo che nel 2004, agli inizi della nostra storia, avevamo organizzato la cantina in modo da poter lavorare anche “conto terzi”, aiutando così quelle persone che, pur avendo buona uva, non avevano attrezzi o strutture per poi produrre in proprio. Da parte nostra invece abbiamo l’esperienza “tecnica”, ma anche l’affidabilità. È in questo modo che anche l’attività di contoterzista ha avuto rapido successo. Le buone uve coltivate con passione da sole non bastano, devono poter essere trasformate in buoni vini». VENETO 2013 • DOSSIER • 119




INVESTIRE NELL’ARTE

La cultura apre nuovi scenari Il settore espositivo tiene il passo sul mercato nonostante la contrazione dei consumi per il tempo libero. Guido Guerzoni analizza questi segnali di vitalità e spiega come oggi sia possibile produrre cultura e innovazione Renata Gualtieri

I

l mercato delle mostre regge nonostante la crisi economica. È questo il primo dato che emerge dalla ricerca sul settore espositivo condotta da Guido Guerzoni, docente all’Università Bocconi e amministratore delegato di Polymnia Venezia, e dal direttore della Fondazione Venezia, Fabio Achilli. Secondo i dati elaborati lo scorso anno sono state organizzate 7.555 mostre, contro le 6.120 dell’anno precedente, un incremento del 21 per cento. Il nord ha il primato, con 4.138 mostre, seguito dal centro (2.299) e dal Sud (1.118). Le esposizioni hanno avuto una durata media di 51 giorni, con una preferenza per gli eventi che durano meno di un mese e per l’arte contemporanea, 60 per cento, seguita dalla fotografia, con il 14 per cento. Il 52,1 per cento degli appuntamenti sono stati ospitati in luoghi privati, con un incremento del 2,5 delle aziende, e ciò dimostra un rapporto sempre più stretto tra imprese private e mondo della cultura. Negli ultimi anni sono stati inaugurati nuovi mu-

122 • DOSSIER • VENETO 2013

sei e spazi espositivi, soprattutto nei Paesi in forte crescita come la Cina. Le mostre temporanee sono in crescita anche nel mercato mondiale. Quali sono i motivi per cui questo mercato si presenta come uno dei più attivi? «La produzione di elementi temporanei è ormai uno strumento irrinunciabile nella programmazione di qualunque istituzione; di fatto, le collezioni permanenti non bastano più, salvo rarissimi casi di musei molto importanti che si rivolgono a un pubblico prevalentemente turistico. In altri mercati europei, come quello francese, tedesco o inglese, il 90 per cento delle mostre è prodotta da istituzioni museali mentre in Italia i musei arrivano al 35-40 per cento, ma abbiamo molte sedi che si prestano a essere utilizzate come spazi espositivi. Spesso gli enti locali per valorizzare l’affluenza turistica utilizzano le mostre temporanee, disponendo di setting molto fascinosi. La natura del patrimonio distribuito che connota il territorio italiano e la mancanza di risorse per potenziare i musei rende le mostre tem-


Guido Guerzoni

Guido Guerzoni, docente presso il Dipartimento analisi politiche e management pubblico dell’Università Bocconi di Milano e amministratore delegato di Polymnia Venezia

8 mld

LA SPESA PUBBLICA IN CAMPO CULTURALE IN ITALIA. PIÙ DEL 70 PER CENTO DI QUESTI FONDI NON SONO GESTITA DALLO STATO MA DAGLI ENTI LOCALI

poranee un’alternativa oggi molto valida». Più del 65 per cento delle mostre viene allestita con fondi non statali. Dunque esiste un’altra Italia che senza uso di fondi pubblici è riuscita a produrre cultura. Da chi è rappresentata? «In realtà non utilizzano fondi statali, ma pubblici. La produzione di mostre utilizza pochi fondi dello Stato, ricorre raramente ai fondi del Ministero, che per altro non avrebbe da distribuire, ma utilizza molte risorse degli enti locali. Va ricordato che in Italia la spesa pubblica in campo culturale si aggira attorno agli 8 miliardi di euro e, di questi, più del 70 per cento non è gestita direttamente dallo Stato ma dagli enti locali che investono soprattutto in eventi temporanei e di flusso come mostre e feste». In base a questi segnali, qual è il suo grado di fiducia nel futuro delle imprese creative? E cosa manca in Italia rispetto ad altri Paesi? «In linea generale manca una politica che miri a potenziare il ruolo delle imprese e delle industrie. In Italia le industrie creative, cioè quelle tradizionali editoriale, cinematografica e televisiva - sono in crisi e stentano a riprendersi e poi ci sono le cosiddette imprese creative - studi di grafica, comunicazione, società di produzione - che sono numerosissime, dotate di strutture piccole e sottocapitalizzate che non

hanno una fiscalità di vantaggio, spesso hanno competenze eccellenti, ma non riescono a raggiungere quella dimensione che le renda realtà più mature. Nella maggior parte dei casi sono retribuite poco perché c’è un eccesso di offerta, da qui l’elevato tasso di fallimenti e chiusure. Lo Stato e gli enti locali, poi, spesso pagano con ritardi enormi e questo spiega perché una società sottocapitalizzata non riesca a sopravvivere. Il settore è formato da piccole realtà che hanno come punto di riferimento un mercato provinciale o regionale e lavorano poco all’estero, quindi se il bacino territoriale va in crisi non riescono più ad andare avanti». Si è chiuso qualche giorno fa “CulT Venezie”, il Salone europeo della cultura. Quali gli spunti più interessanti emersi sulle tendenze all’avanguardia nei settori della cultura, dell’industria creativa? «Oggi è in atto un processo di trasformazione perché molti settori stanno riscoprendo il valore positivo della cultura specie sui mercati internazionali. Questo nuovo approccio è legato anche all’impatto della crisi della finanza pubblica, che ha costretto soggetti privati e imprenditori a inventarsi nuove modalità di sopravvivenza e sta facendo emergere dei soggetti molto più dinamici e capaci, assieme a nuovi modelli di utilizzo del patrimonio culturale». VENETO 2013 • DOSSIER • 123


TESSILE

Difendere il tessuto locale La mentalità del risparmio a tutti i costi favorisce il proliferare di laboratori cinesi e penalizza il made in Veneto. Occorre pertanto «convincere le imprese committenti a puntare sulla qualità della nostra produzione» sostiene Giuliano Secco Giacomo Govoni

H

a dovuto incassare la perdita di un colosso industriale del calibro di Benetton, che convertendosi a inizio anno alla manodopera straniera, ha determinato la chiusura di decine di aziende operanti nella sua orbita. Ma la filiera regionale del tessile-abbigliamento rimane comunque «una pattuglia di migliaia di super fornitori da catalogare e vendere sul mercato come driver fondamentale per attrarre i grandi brand internazionali». Ne è convinto Giuliano Secco, presidente del settore moda di Confartigianato Veneto, che pur osservando un tessuto produttivo territoriale “asciugato” negli ultimi 5 anni di 11mila imprese manifatturiere e 78mila addetti, sottolinea che «la forte propensione dell’artigianato veneto al manifatturiero è salva e ancor oggi rappresenta il 27 per cento del totale». Percentuale che, calcolata sull’insieme delle attività produttive, scende

7.170 IL NUMERO COMPLESSIVO DI IMPRESE CHE COMPONE IL SISTEMA MODA VENETO. DI QUESTE, IL 25,8% SONO A PADOVA

134 • DOSSIER • VENETO 2013

al 12,5 per cento in Veneto, al 12 in Italia e al 9 per cento medio in Europa. Quanto al distretto veneto dell’abbigliamento, come stanno reagendo le realtà locali al “trasloco” produttivo della United Colors trevigiana? «Guardando avanti. Per quanto riguarda la moda, che conta 23mila imprese, di cui 5mila industriali, 7mila artigiane e 11mila commerciali, e circa 75mila addetti, per lo più donne, ogni azione deve partire da due presupposti. Innanzitutto, convincere il maggior numero di imprese committenti, grandi e medie, a puntare sul 100% made in Italy. Se solo il 10 per cento delle produzioni locali rimanessero in regione, i laboratori esistenti potrebbero soddisfarne la domanda con reciproco vantaggio. In secondo luogo, far conoscere al mondo le peculiarità e le capacità straordinarie della nostra filiera».


Giuliano Secco

State lavorando per cambiare la mentalità delle imprese locali, favorendo l’incontro con operatori stranieri. Attraverso quali strategie? «Lo “choc Benetton” ci ha fatto bene. Grazie a Confartigianato Marca Trevigiana, abbiamo avviato una strategia d’uscita che coinvolge Treviso tecnologia, il corso di design della moda dell’Università Iuav di Venezia e Ice. Un progetto pilota, da estendere in seguito a tutto il territorio veneto, in tre mosse: mappare le imprese per censirne le potenzialità di mercato, favorire l’incontro domanda e offerta sui mercati esteri e arrivare a condividere un brand unico dell’artigianato trevigiano». Quali i primi riscontri? «A fine settembre c’è stato un passaggio decisivo: 6 operatori di Shanghai, 10 da Pechino e altrettanti tedeschi hanno visitato la Fornace di Asolo per incontrare 17 imprenditori trevigiani e vicentini. In calendario per il 2014 c’è una trasferta che porterà imprese venete in Cina e Germania e, forse, in Francia. La situazione di difficoltà ha dato impulso all’aggregazione. Ci sono quindi le condizioni per creare la rete». È di poche settimane fa la scoperta dell’ennesimo laboratorio cinese. Quanto pesa questo fenomeno in regione? «Il fenomeno sta tutto in tre numeri: 2.228 laboratori cinesi della moda attivi in Veneto, una presenza cresciuta del 231 per cento in 10 anni e un saldo positivo di 1.555 aziende che hanno compensato altrettante chiusure di laboratori italiani. Un effetto sostituzione che, nei fatti, non denuncia la mancanza di lavoro, ma la disponibilità a riconoscere un giusto prezzo. La ricerca del massimo risparmio, in barba a contratti, alle basilari regole di rispetto del lavoro, di sicurezza e dell’ambiente, sta facendo esplodere il ricorso ai contoterzisti cinesi anche in lavorazioni molto specializzate come per la calzatura d’alta moda della Riviera del Brenta». Come mitigarne la ricaduta? «L’azione di contrasto delle forze dell’ordine, almeno in Veneto, è lodevole. Ma non basta. Va intensificata con nuovi strumenti, come la verifica sistematica della regolarità contributiva e fiscale dell’impresa o del dipendente che effettua il versamento, prima del money transfer. O ancora con

l’introduzione della responsabilità solidale dei committenti qualora se ne dimostri il legame di lavoro e con la distruzione del materiale sequestrato». Sul versante della tracciabilità, l’anno scorso avete portato le vostre istanze anche a Bruxelles. Che sviluppi ci sono stati da allora? «Non so se sia stato per il nostro Tavolo di concertazione sistema moda del Veneto col commissario Tajani o se i tempi erano maturi. Fatto sta che, pochi mesi dopo le nostre solle-

La ricerca del massimo risparmio sta facendo esplodere il ricorso ai contoterzisti cinesi anche in lavorazioni molto specializzate

citazioni, la Commissione mercato interno e protezione dei consumatori del Parlamento europeo ha approvato l’obbligo di indicazione di origine contenuto nella proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. Un primo passo avanti dopo oltre 20 anni di battaglie, ma l’obiettivo non è ancora raggiunto: Parlamento, e soprattutto Commissione europea, dovranno pronunciarsi e per questo lavoreremo affinché anche i governi nazionali, in primis quello italiano, facciano la loro parte per difendere e valorizzare il modello Italia. Ci auguriamo che finalmente la difesa del “made in” trovi piena attuazione». VENETO 2013 • DOSSIER • 135




POLITICHE TURISTICHE

Per un turismo quattro stagioni Mentre a livello nazionale il settore arranca, quello veneto dimostra vitalità. Nonostante questo, però, serve ripensare l’offerta a partire dagli operatori, che devono aggiornarsi per trovare nuova linfa vitale. Il punto dell’assessore Marino Finozzi Teresa Bellemo

D Marino Finozzi, assessore al Turismo della Regione Veneto

opo un primo semestre negativo, l’estate 2013 si è chiusa con risultati positivi rispetto a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente. I dati definitivi di agosto parlano, infatti, di 2.675.536 arrivi registrati, pari al 7 per cento in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno. In una situazione nazionale dove tutte le regioni soffrono, il Veneto non subisce passivi, anzi il

Lago di Garda registra addirittura risultati positivi. Una dimostrazione, secondo l’assessore regionale al Turismo, Marino Finozzi, che quando la promozione viene mirata e fatta in maniera seria e costruttiva dà buoni frutti. Per questo le prospettive per l’anno nuovo sono quelle di confermare i buoni risultati del 2013. «Il forte incremento degli arrivi ha riguardato tutti i comprensori turistici e il Veneto si conferma dunque ancora in buonissima salute per quanto riguarda arrivi e presenze» rimarca Finozzi. Guardando alla stagione estiva, alcuni mercati, come quello russo, hanno permesso non solo di confermare i buoni numeri degli anni precedenti, dove la parte del leone la fanno ancora i paesi di lingua tedesca, ma addirittura di incrementare notevolmente sia arrivi che

presenze. «Gli arrivi dei russi sono, infatti, aumentati del 16 per cento, mentre le presenze addirittura del 20, a dimostrazione che non solo ne arrivano di più, ma si fermano anche per più tempo sul territorio». Ci sono aree o segmenti che hanno accusato un calo di visitatori? E quali mete intendete potenziare? «Non ci sono state zone che hanno subìto flessioni nei numeri. Certo esistono dei territori, come la montagna veneta, che sono legati a doppio filo con le bizze del tempo, soprattutto nella stagione invernale. Mi pare scontato che se non nevica la gente non si reca sulle piste. Proprio per questo stiamo lavorando alla promozione della montagna svincolata dalle piste da sci, soprattutto nel periodo estivo. Penso ai percorsi ci-

Siamo sempre più consapevoli che le fiere e i workshop rappresentano i veri punti di forza della nostra strategia di marketing

138 • DOSSIER • VENETO 2013


Marino Finozzi

Veneto for you, buona la dodicesima Il 10 ottobre scorso buyer e seller si sono incontrati in un workshop che ogni anno cerca non solo di fare il punto del turismo veneto, ma di tracciarne le coordinate future n un’ottica di ripensamento delle iniziative di b2b turistico, anche quest’anno “Veneto for you” si è confermato un importante appuntamento per il marketing veneto e un’iniziativa ancora molto valida. Arrivato ormai alla sua dodicesima edizione, l’obiettivo questa volta è stato quello di riposizionarsi e da un modello tradizionale di fiera si è tentato di seguire di più le nuove necessità dei buyer. In questi anni, infatti, stanno emergendo nuove dinamiche, su tutte una maggiore personalizzazione delle proposte in base a una reale segmentazione della clientela. Il modello legato a desk, hostess e brochure pare sorpassato, ciò che oggi sembra fondamentale è un modello fatto di appuntamenti specifici per gruppi omogenei di destinazioni. Più focalizzazione e meno generalismo, insomma. Al di là di un vero e proprio fact-checking, che potrà essere fatto solo nei mesi a venire, dal workshop “Veneto for You” è emerso che tutti i buyer presenti hanno confermato di aver aumentato notevolmente l’offerta veneta nei loro cataloghi. Dal punto di vista dei vettori turistici, invece, una delle novità più importanti dell’edizione appena conclusa è stata “Buy Veneto Brasil”, un appuntamento speciale del workshop dedicato esclusivamente al mercato brasiliano. Proprio per questa destinazione erano presenti oltre 40 buyer, sintomo che su questo fronte l’interesse è molto vivo. Anche la risposta dei seller locali è stata positiva, con la partecipazione di più di 200 operatori. TB

I

clo-escursionistici, alla delibera della giunta regionale che lo scorso anno ci ha permesso, per primi in Italia, di concedere durante l’estate i tracciati delle piste da sci alle mountain bike, con la nascita dei primi veri e propri bike park. Tengo, inoltre, a sottolineare, che tutto avviene nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale, che deve necessariamente essere il punto imprescindibile de-

gli amministratori a tutti i livelli. Per quanto riguarda le potenzialità, devo dire che il nuovo tema turistico, “Pedemontana collina veneta”, sta dando grandi risultati, e in poco più di due anni si sta già affermando come novità nel panorama delle offerte regionali». Qual è lo stato di salute e la qualità degli operatori turistici veneti? «Io posso fare una serie di considerazioni sul rapporto costante che la Regione tiene con le categorie maggiormente rappresentative del settore, sia a livello politico che tecnico, che permette a entrambi una valutazione congiunta di quelle che sono le necessità e i bisogni del settore degli operatori. Ritengo che questo VENETO 2013 • DOSSIER • 139


POLITICHE TURISTICHE

rapporto è stato davvero mercati in costante ascesa non potremo mancare agli apfondamentale per arrivare all’approvazione della nuova legge sul turismo, la 11/2013, che da luglio è andata a sostituire la vecchia legge quadro 33/2002. È stato soprattutto grazie alla condivisione dei contenuti con il territorio, gli enti interessati e gli operatori del settore che il testo, agile e moderno, è arrivato all’approvazione in Consiglio regionale all’unanimità. Sulla qualità degli operatori devo dire onestamente che è migliorabile, soprattutto alla luce dei cambiamenti del mercato. C’è bisogno, infatti, di un ricambio generazionale, soprattutto per quanto riguarda la capacità delle nuove leve di conoscere e approcciare i nuovi

140 • DOSSIER • VENETO 2013

come quello cinese, russo o indiano. Anche solo dal punto di vista linguistico e culturale esistono delle competenze che un tempo non venivano insegnate. La ricettività può essere certamente migliorata anche grazie alla formazione scolastica di queste nuove figure lavorative». Come si coordina la Regione sul fronte del b2b, delle fiere e dei workshop? Quali i prossimi obiettivi? «Siamo sempre più consapevoli che oggi i momenti b2b, le fiere e i workshop rappresentano i veri punti di forza della nostra strategia di marketing, e per questo cerchiamo di essere presenti e preparati nei posti che contano. Per quanto riguarda le fiere, naturalmente

puntamenti importanti, come la Free di Monaco, l’Itb di Berlino, la Mitt di Mosca e la Uit di Kiev, ovviamente con un occhio di riguardo ai mercati emergenti. Inoltre, dobbiamo tenere conto che il 2014 è già stato dichiarato anno del turismo Italia-Russia, con la possibilità per i turisti russi di avere per tutto l’anno il visto gratuito per viaggiare verso l’Italia. È un’occasione che non possiamo assolutamente farci sfuggire e, proprio per questo, stiamo concentrando le nostre forze su quel mercato. Nei primi giorni di dicembre la regione ha organizzato un workshop a Mosca che ha riscosso un grande successo da parte degli operatori presenti, ma soprattutto da parte dei compratori russi».


Antonello De’ Medici

Tanti Veneti, un’unica strategia Anche il Veneto è alle prese col cambio delle preferenze turistiche. Su questo si dovranno basare i programmi dei prossimi anni, che dovranno essere di sistema, per proporre un’offerta coerente e aperta ai nuovi mercati Teresa Bellemo

I

l Veneto continua a essere la prima regione italiana per numero di visitatori. Le ragioni sono da cercare principalmente nella forza del brand Venezia, ma anche in un’altra importante caratteristica di questo territorio: la pluralità di destinazioni eterogenee che non si fermano al semplice mare, ma spaziano dal Lago di Garda alle montagne delle Dolomiti, dalle città d’arte alle terme. Un panorama di offerta che è unico, non solo in Italia, ma anche nell’intero bacino del Mediterraneo. Serve, però, sottolineare che i flussi sono fondamentalmente di carattere spontaneo, legati alla fisicità propria dei luoghi e alla loro stagionalità. Nonostante l’eterogeneità, infatti, anche il Veneto vive la sua crisi e la durata media dei soggiorni è in flessione. Questo fenomeno indica che alcune realtà sono sempre più soggette a una forma di turismo breve, mordi e fuggi o da weekend estesi. Antonello De’ Medici, presidente di Federturismo Veneto, lancia le basi per il lavoro del 2014: «Non c’è una vera e propria strategia mirata di marketing e di esperienze. È su questo che dovremo concen-

trarsi per tornare a crescere e rinnovare certi tipi di turismo». Quali sono gli obiettivi per il 2014? «Le sfide sono essenzialmente due ed entrambe si basano su una programmazione delle attività di marketing delle destinazioni il più possibile coerente con l’offerta a pacchetto. Da una parte, serve recuperare i flussi dai mercati consolidati, come quelli provenienti da Germania, Nord Europa e Stati Uniti e, dall’altra, aprire ai mercati in espansione, e mi riferisco alla Russia, alla Cina, al Brasile e all’India. Per quanto riguarda il secondo vettore, bisogna soprattutto rimuovere le barriere all’ingresso e per farlo è indispensabile collaborare con le ambasciate per i visti. Per la sua eterogeneità, il Veneto ha tutti gli strumenti per integrare i soggiorni in base a una offerta multi-dimensionale, che aiuti a estendere le permanenze medie dei visitatori. Si potrebbero, ad esempio, abbinare Venezia alle Dolomiti, le Terme con enogastronomia, il turismo fieristico alle città

Un settore che sta crescendo molto è quello del turismo all’aria aperta, che segue un trend di domanda emergente e giovane

VENETO 2013 • DOSSIER • 141


POLITICHE TURISTICHE

d’arte, le spiagge insieme alla competitive e segue un trend Veneto e su quali intendete cultura. Infine, per rendere tutto più armonioso, serve migliorare la visibilità della regione attraverso il rilancio del web come canale di informazione e promozione». Quali i settori in cui la macchina turistica procede meglio e quali invece quelli da potenziare? «Sicuramente un settore con una buona dinamica è quello dell’ospitalità di fascia alta, delle strutture a 5 stelle, che però interessa una clientela di nicchia molto selettiva. Si tratta di un settore guidato soprattutto dalla forza dei brand e della distribuzione delle grandi catene, che ha maggiore concentrazione su Venezia. Un settore che sta crescendo molto è di certo quello degli agriturismi e delle strutture all’aria aperta, che punta ai volumi e a tariffe

142 • DOSSIER • VENETO 2013

di domanda emergente e giovane. Queste strutture sono concentrate soprattutto nelle aree del Lago di Garda, mentre, durante la stagione estiva, si sviluppano anche in zona costiera. La categoria che soffre di più è il settore dell’ospitalità indifferenziata, quello delle tre e a volte quattro stelle con strutture familiari che per lungo tempo non sono state rinnovate. Le cause principali si riscontrano nella pressione delle cosiddette “Bed bank” e nei costi di commissioni troppo elevati. Anche il settore termale evidenzia una crisi di flussi, ma qui la causa è una difficoltà di ricambio generazionale della clientela e della necessità di un complessivo ripensamento sia in chiave di offerta che di mercati target». In un’ottica b2b, quale l’andamento dei prodotti del

puntare nel 2014? «I grandi tour operator dei mercati emergenti guardano al Veneto con curiosità, attratti dal magnetismo di Venezia, e considerano come un’ottima opportunità i soggiorni estesi al resto della regione. Si tratta proprio di quei pacchetti complementari all’offerta veneziana, quelli che si orientano anche sulla montagna, sul mare e sulle terme, in alternativa ai tradizionali percorsi da gran tour che di solito comprendono Roma, Firenze e Venezia. Parlo in particolare dei mercati asiatici, Cina e Taiwan, ma anche Indonesia, Brasile, Middle East e Russia, con la necessità di passare, però, da una sola offerta passiva di alberghi a una costruzione di veri e propri percorsi esperienziali».



Edilizia, criticità e prospettive Se l’edilizia continua a perdere il 6 per cento su base annua, le aziende del settore rispondono puntando su prodotti altamente innovativi che soddisfino le esigenze del risparmio energetico e del recupero edilizio. La parola a Roberto, Maurizio e Renato Grigolin Matteo Grandi

l settore delle costruzioni non accenna a riprendersi. Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat dimostrano come a settembre la produzione sia diminuita dell’1,8 per cento rispetto al mese di agosto, stando all’indice destagionalizzato. Su base annua invece, il tonfo è stato del 6,1 per cento. Malgrado questi indici sconfortanti ci sono aziende italiane che continuano a crescere proprio nel comparto costruzioni. «La nostra azienda – racconta Maurizio Grigolin del Gruppo Grigolin - ha reagito bene alla crisi grazie alla diversificazione e all’innovazione. Alle prime avvisaglie abbiamo deciso di in-

I

144 • DOSSIER • VENETO 2013

vestire nel settore pitture e rivestimenti, mettendo a punto una nuova linea di colori e cappotti, tutte soluzioni innovative pensate per rispondere alle esigenze di risparmio energetico e recupero del patrimonio immobiliare storico». Oggi il Gruppo Grigolin, nonostante la flessione del settore costruzioni, è senza dubbio una realtà importante nel panorama industriale italiano. Amministrato dai fratelli Roberto, Maurizio e Renato Grigolin, rispettivamente a capo delle divisioni calcestruzzi, intonaci e asfalti, il gruppo si compone di 60 unità produttive e di 800 dipendenti. «Tra i nostri committenti – spiega Roberto Gri-

golin - vantiamo enti di prestigio come l'aeroporto Marco Polo di Venezia, il passante di Mestre, l’Armani Hotel di Milano, il complesso Milanofiori 2000 di Assago, l’Autodromo di Adria, la sede della Provincia di Treviso e il Mose di Venezia. Abbiamo anche effettuato il recupero e il ripristino del sito

Roberto, Maurizio e Renato Grigolin del Gruppo Grigolin di Ponte della Priula (TV) www.superbeton.it


Roberto, Maurizio e Renato Grigolin

estrattivo dell’Oasi Campagnola di Mareno di Piave e la bonifica dell’area militare dimessa dell’Ariec di Tauriano di Spilimbergo, opera per la quale abbiamo vinto il premio denominato Uepg Sustainable Development Awards 2007 a Bruxelles come recupero esemplare del territorio, andando ben oltre gli obblighi imposti dalle normative». Queste basi, sono state fondamentali per permettere all’azienda di consolidare altri progetti importanti e di guardare al futuro con ottimismo. «La recente realizzazione di un nuovo modernissimo forno per la produzione di calce che ha sostituito un vecchio forno ormai obsoleto ha rappresentato un ottimo investimento per l’azienda. Intendiamo inoltre sviluppare la ricerca, lo studio e l’applicazione di nuovi prodotti nel settore dei conglomerati bituminosi, quali l’asfalto ecologico, l’asfalto a freddo e a tiepido e l’asfalto colorato negli interventi di pavimentazione in ambito di arredo urbano. Nel settore dei calcestruzzi preconfezionati intendiamo invece sviluppare la produzione di calcestruzzi innovativi ecologici, fibrorinforzati, a stabilità volumetrica, impermeabili, architettonici e ad alta resistenza per offrire il massimo dell’innovazione in risposta alle sempre maggiori richieste nell’ambito

Abbiamo progettato e messo in produzione una nuova linea di colori e cappotti destinati al settore edile, tutti garantiti da certificazioni europee

delle costruzioni». In considerazione della crescita contenuta dell’edilizia per i prossimi anni, il Gruppo ha anche deciso di riorganizzarsi a livello strutturale. «La crisi persistente – specifica Renato Grigolin - penalizza tutti i settori e in modo particolare il pubblico, che ha difficoltà a sbloccare nuovi lavori per mancanza di finanziamenti e per ritardi burocratici. Ciò premesso, è opportuno pensare allo sviluppo futuro della nostra azienda con l’aggregazione tra soggetti aventi gli stessi obiettivi e guardando con interesse a Paesi nuovi in via di sviluppo. Occorre infatti puntare sull'innovazione per superare la crisi. Per questo, grazie al dipartimento ricerca e sviluppo del

~

nostro stabilimento tedesco di Ettlingen, abbiamo progettato e messo in produzione una nuova linea di colori e cappotti destinati al settore edile, tutti garantiti da certificazioni europee». Le nuove politiche sul risparmio energetico, infatti, favoriscono i lavori d’isolamento termico e sono molti i beni immobiliari di alto valore architettonico e artistico per i quali vengono richieste opere di restauro, ristrutturazione e ampliamento. «Si tratta di un patrimonio esteso – conclude Renato Grigolin - che richiede attenti interventi di risanamento e l'utilizzo di prodotti di qualità, in grado di offrire soluzioni tecnologiche in linea con i parametri richiesti dalle soprintendenze». VENETO 2013 • DOSSIER • 145


EDILIZIA

Edilizia, i vantaggi del noleggio È ora di superare la competizione al prezzo più basso. E progettare un servizio efficace anche sui cantieri più complessi. Nicola Grudina illustra le nuove opportunità del noleggio Marco Govoni

l comparto del noleggio delle piattaforme aeree e delle macchine movimento terra sconta l’imprevedibilità di un mercato interno che ha portato la competizione principalmente sul lato del miglior prezzo. Una risposta vincente sarebbe puntare all’innalzamento del livello qualitativo dei progetti, investire in innovazione e professionalità, garantendo sempre un servizio di assistenza qualificato anche sui cantieri più complessi. Ne sono convinti al Gruppo Venpa 3, impresa veneta con sede a Dolo, distribuita capillarmente con le sue sedi e filiali sul territorio nazionale e all’estero. Nicola Grudina, il direttore commerciale di Venpa, ci spiega le capacità di risposta dell’azienda per contrastare e superare questa condizione di difficile operatività in Italia. Da quali target e mercati

I

Nicola Grudina, direttore commerciale di Venpa Spa di Dolo (VE). Nella pagina accanto, una macchina movimento terra e una piattaforma aerea www.gv3.it

148 • DOSSIER • VENETO 2013

vi attendete i migliori feedback? «Continueremo a lavorare sui clienti che operano sui mercati globali e sui cantieri grandi e complessi, pur rimanendo sempre legati al mercato locale delle nostre filiali, che operano in stretta simbiosi con le piccole realtà artigiane, le quali restano per noi una grande risorsa». Quali saranno le maggiori criticità da affrontare, specie sul mercato estero?

«Sul mercato Italia la sfida è quella di aumentare la qualità a fronte di tariffe in discesa e rischi di credito in aumento. È fondamentale mantenere la rotta che abbiamo impostato, una strada che prevede rigore, massima attenzione sui costi e sull’alta qualità del servizio ai clienti. I mercati esteri impongono la capacità di ragionare su volumi importanti per singola fornitura e un’attenzione ancora maggiore sul mantenimento


Nicola Grudina Del progetto 4punto1 fanno parte le società Venpa Spa, E-mac, Milantractor Spa e Tecnifor-Fae www.4punto1.it

di alti standard qualitativi in fatto di servizio alla clientela. È proprio in risposta all’accresciuto numero di richieste dall’estero che Venpa ha creato un team in grado di operare in ogni parte del mondo: personale preparato sulle pratiche di esportazione e trasporto, service operativo in site e off site, conoscenza delle lingue e copertura assicurativa adeguata alle condizioni del paese ospitante». Su cosa si orienteranno i vostri prossimi investimenti? «Investiremo sui macchinari: macchine operatrici di grandi dimensioni, sia nel sollevamento, sia nel movimento terra per supportare i grandi progetti; piattaforme autocarrate da 20 a 30 metri per soddisfare compiutamente la domanda del mercato locale;

macchine e accessori speciali per assicurare quella versatilità e quell’assortimento necessari a dare risposte positive alle esigenze più diverse». Con quali novità vi presenterete sui mercati del 2014? «Negli anni, siamo diventati anche dei consulenti. Soprattutto nei grandi lavori, il cliente necessita infatti di essere formato, informato ed aiutato a prendere le decisioni più efficaci per il successo del singolo progetto. Il costo del noleggio incide percentualmente poco sul valore delle opere. Ma inefficienze o errati consigli possono creare danni notevoli in termini di mancata produzione. Il progetto 4punto1 si prefigge proprio l’obiettivo di prevenire i potenziali problemi con un’adeguata programma-

zione. Si tratta di una sinergia tra quattro aziende specializzate per fornire un “noleggio in azione”. Un programma che possa soddisfare in maniera dinamica tutte le esigenze del noleggio, affiancando il cliente nelle diverse fasi del lavoro, partendo dalla progettazione e consulenza tecnica, passando attraverso la fornitura di prodotti e mezzi e del loro trasporto in cantiere, finendo con la realizzazione e la necessaria assistenza per la manutenzione dei mezzi. In questo modo siamo in grado di ampliare l’offerta di prodotti e prestazioni al fine di essere coinvolti nella maggior parte delle lavorazioni e consentire alla clientela di lavorare meglio, contenere i costi e poter cogliere ulteriori opportunità». VENETO 2013 • DOSSIER • 149


MATERIALI

Sosteniamo la pietra italiana Il minor prezzo della manodopera all’estero ha gravemente colpito le aziende italiane operanti nel comparto del marmo che, a gran voce, richiedono un intervento da parte delle istituzioni. La parola a Paola Sempreboni Marco Tedeschi

l comparto del marmo oggi sta subendo notevoli ripercussioni e cambiamenti a causa della situazione economica in cui ci troviamo. Molte aziende non producono più e importano tutti i tipi di marmi e graniti dal mondo, per poi lavorarli internamente». È questo il quadro di salute del settore da parte di Paola Sempreboni, titolare di Stone Factory Pietropoli, azienda specializzata da oltre vent’anni nella lavorazione del marmo. Un settore che oggi si trova profondamente colpito dalla concorrenza estera. «I prezzi dei materiali estratti e lavorati all'estero sono decisa-

«I

152 • DOSSIER • VENETO 2013

mente più competitivi dato il minor costo della manodopera. Per questo stiamo puntando tutto sulla totale flessibilità alle consegne veloci e sull’esclusività made in Italy del nostro prodotto finito». Malgrado i problemi del comparto qual è il vostro bilancio del 2013? «Decisamente accettabile. Tra i risultati più significativi ci sono stati il mantenimento della clientela e l’aumento della tipologia di aziende, nelle quali vogliamo puntare e credere per il futuro. Si tratta di aziende che con enormi fatiche estraggono ancora da cave italiane; parliamo quindi di pietra italiana. Fare squadra con queste

realtà è di fondamentale importanza perché insieme possiamo dare vita a un prodotto finito di notevoli qualità. Molte volte le stesse cave non possono o non hanno più l'interesse ad attrezzarsi con macchinari per la trasformazione della stessa pietra estratta, per questo richiedono l'aiuto da aziende come la nostra». Che tipologie di pietra lavorate? «Molteplici tipi. Dalla Val d'Aosta con il Verde Argento, alla Pietra de Courtil, al Verde Dorato dalle colorazioni tipicamente verdi. Lavoriamo tutti i Porfidi del nostro Trentino Alto Adige che variano dal rosso, al verde, al grigio, al marrone, al giallo e al viola. La pietra Serena di Firenzuola, la Pietra del Cardoso e l'Arenaria di Muggia in Friuli Venezia Giulia e molte altre ancora. La pietra la maggior parte delle volte identifica il territorio da cui è estratta, rispettandone i colori e le caratteristiche della conformazione geologica. Per questo sarebbe molto bello che le opere delle nostre città, borghi storici o ponti, rispettassero tutto questo e fossero quindi costruiti con materiali di provenienza locale


Paola Sempreboni

c

Vogliamo collaborare di più con le aziende che con enormi fatiche estraggono ancora da cave italiane per tenere alto il made in Italy

d

Paola Sempreboni è titolare di Stone Factory Pietropoli di Dolcé (VR) www.stonefactory.it paolasempreboni@virgilio.it

accertata da documenti». Verso quali mercati vi rivolgete? «I nostri mercati di riferimento, proprio per la problematica legata al costo di trasporto, non possono essere molto lontani. Per questo, si concentrano tutti nel Nord Italia, Svizzera e Austria». Quali investimenti richiede il vostro settore? «Certo anche nel nostro comparto gli investimenti tecnologici rivestono un ruolo molto importante, soprattutto per velocizzare i tempi di consegna sempre più stretti, la precisione nei lavori svolti, senza dimenticare la maggiore sicu-

rezza sul posto di lavoro per i nostri dipendenti, cosa sicuramente non considerata allo stesso modo sui luoghi di lavoro dei nostri concorrenti all'estero, soprattutto in India, Cina e Turchia. Purtroppo negli ultimi anni gli investimenti si sono rallentati rispetto a un tempo a causa dell’incertezza del momento; le innovazioni e la sicurezza restano in ogni caso di primaria importanza e le istituzioni dovrebbero tenerne più conto per non far “morire” molte realtà italiane che sono depositarie di una grande esperienza». Quali sono i prossimi progetti?

«Intendiamo migliorare ulteriormente le nostre lavorazioni di taglio, fiammatura, satinatura, sabbiatura e spazzolatura messe a servizio dei clienti anche attraverso lo studio e la ricerca di nuove lavorazioni di superficie. In questo modo vogliamo continuare a proporre sul mercato, materiali sempre più ricercati e nuovi mantenendo lo standard qualitativo del nostro made in Italy. Intendiamo inoltre cercare di trasmettere quel senso di collaborazione che un po' manca nel nostro bellissimo settore, per riuscire a contrastare ancor meglio la concorrenza estera». VENETO 2013 • DOSSIER • 153




Dal classico al moderno, passando per il design A un bene di lusso viene riconosciuto il valore aggiunto che un oggetto unico, dalla grande valenza artistica e dall’intrinseca componente storico-culturale porta con sé. Lucio de Majo descrive la tradizione muranese Emanuela Caruso

ue tratti da sempre contraddistinguono la tradizione muranese della produzione del vetro: la lavorazione e il colore. Sì perché la lavorazione deriva dalla capacità di plasmare il vetro in forme che la maggior parte delle volte sono molto armoniche e con i loro spessori sottili sono in grado di trasmettere una particolarissima suggestione al vetro; mentre il colore è frutto di una ricerca pignola, quasi esasperata, ma anche di un’alchimia fatta di esperienza e sensibilità estetica. Caratteristiche del vetro di Murano, queste, che conosce fin nei minimi dettagli Lucio de Majo, amministratore

D

Lucio de Majo, amministratore unico della de Majo Illuminazione Srl di Murano (VE) www.demajoilluminazione.com

158 • DOSSIER • VENETO 2013

unico della de Majo Illuminazione. «Saper lavorare il vetro di Murano è la diretta conseguenza di un’abilità artigianale collaudata e di non facile reperibilità. La si acquisisce con il tempo, con l’esperienza, vivendo a fianco del maestro vetraio e a stretto contatto con la fornace. La tradizione muranese della produzione del vetro esiste da oltre mille anni e la nostra è rimasta una delle pochissime aziende che ancora la manda avanti come nel passato, ovvero attarverso il saper fare di un maestro e dei suoi assistenti». Nello specifico, di che cosa si occupa la de Majo Illuminazione? «La nostra è un’azienda di fa-


Lucio de Majo

miglia che nasce nel 1947. Per molto tempo siamo rimasti solo a Murano, mentre da circa una ventina d’anni abbiamo deciso di sdoppiare l’attività, lasciando a Murano la produzione relativa ai lampadari classici, e portando in terraferma veneziana la parte logistica dell’impresa, impegnata nella produzione di articoli dal design moderno. Produciamo apparecchi di illuminazione di tutti i tipi sia per interni che per esterni – anche se quest’ultima rappresenta una nicchia limitata del nostro fatturato – dal classico al moderno, passando per il design e il tecnicismo. La nostra produzione si focalizza soprattutto intorno ad apparecchi di illuminazione decorativi, ma ciò non toglie che utilizziamo anche le fonti di illuminazione più d’avanguardia come i led o altre tecnologie che sappiano ottimizzare i flussi luminosi. Infine, realizziamo anche lampadari speciali la cui peculiarità è quella di saper interpretare

c

Poiché il 60 per cento di ciò che viene immesso sul mercato non è vero vetro di Murano, noi disponiamo di un marchio pubblico che attesta l’originalità dei nostri prodotti

culture diverse da quelle tipiche veneziane e italiane; sono prodotti di straordinario impatto e di estrema complessità». Che cosa differenzia un prodotto creato con il vetro di Murano da un prodotto industriale? «Innanzitutto la serialità. I prodotti industriali appaiono rigidi e devono essere perfetti nelle misure e nelle forme per poter essere realizzati in serie. L’abilità di un maestro di Murano, invece, sta proprio nel saper ricreare sì lo stesso oggetto, ma sempre diverso, così che ogni prodotto sia un pezzo unico ed esclusivo. Analizzati con occhio industriale, i nostri lampadari non hanno una caratteristca di qualità, bensì di pregio. La qualità, infatti, è ripetere lo stesso oggetto sempre uguale, il pregio invece è

d

creare un prodotto unico perché fatto a mano. Per la nostra realtà imprenditoriale questo comporta il collocamento del prodotto in una fascia di mercato e di prezzo alta e significa che nel corso del tempo ci siamo specializzati in lampadari su misura e quindi in progetti studiati ad hoc per la clientela». Attualmente, quanto incide l’export sul fatturato della de Majo Illuminazione? «Se negli anni antecedenti alla crisi economica l’export ricopriva il 30 per cento del fatturato, oggi maturiamo il 70 per cento dei nostri guadagni annui proprio grazie alle esportazioni. I mercati più importanti sono la Russia e gli Emirati Arabi. È facile immaginare come i nostri investimenti siano tutti rivolti verso UU VENETO 2013 • DOSSIER • 159


INTERNI

I lampadari Attualmente, una residenza privata particolarmente lussuosa del Kuwait può vantare un’installazione firmata de Majo e costituita da un lampadario che si sviluppa in 76 metri di lunghezza. La lavorazione è avvenuta includendo al vetro la foglia oro, che sa conferire un aspetto di grande ricchezza e forme classicheggianti al prodotto finito, un prodotto realizzato ad hoc e molto esclusivo. All’interno dell’hotel Palazzo Giordano Bruno di Nola, invece, risalta un lampadario della collezione Vivaldi. Un corpo illuminante caratterizzato da un castello centrale formato da pastorali illuminati da lampadine alogene o al led; uno splendido connubio tra la ricca eredità culturale della lavorazione del vetro di Murano e le tecnologie del futuro. Infine, hotel di tutto il mondo – Hotel Evropa Garni di Belgrado, Intercontinental Hotel di Abu Dhabi, Hotel San Sebastiano Garden di Venezia, Blu Capri Resort Polo di Capri – hanno saputo apprezzare e valorizzare la collezione “Otto per Otto”, realizzata in cristallo extrachiaro e capace di trasmettere eleganza, armonia e sobrietà espressiva.

UU l’estero, per trasmettere la va- prare un prodotto originale. nell’Estremo Oriente, dove solo lenza unica di un prodotto profondamente legato al territorio. Disponiamo anche di un marchio pubblico, di proprietà della Regione Veneto, che garantisce a noi, di poter lavorare il vetro di Murano e ai clienti, che stanno per com-

160 • DOSSIER • VENETO 2013

Ben il 60 per cento del vetro di Murano che viene venduto, in Italia e all’estero, non è infatti autentico vetro di Murano, ma un falso». A livello di tendenze attuali, gli architetti e i committenti che cosa vi richiedono maggiormente? «Per quanto riguarda i lampadari classici e tradizionali, ci vengono richieste forme sempre più semplificate e lineari. Ma molto dipende anche dalla zona geografica da cui deriva la commessa. Nei Paesi europei o est europei per esempio, dove il design ha una valenza superiore, si prediligono lampadari minimalisti, con forme moderne e lineari, e caratterizzate da un disegno il più pulito possibile. Disegni più barocchi e opulenti vengono preferiti invece nel Medio e

la Russia si sta mostrando interessata a lampadari più asciutti e lineari». Per concludere, quali obiettivi è riuscita a raggiungere la de Majo Illuminazione durante il 2013? «Avendo risentito della crisi economica nei comparti del mercato interno e del mercato retail, abbiamo perso una buona fetta del fatturato relativo a questa fascia di clientela. Pe questo motivo durante l’anno siamo andati alla ricerca del settore contract, offrendo realizzazioni fatte su misura e collaborando con designer e architetti in tutto il mondo, in particolare in quei Paesi emergenti che rappresentano una grande possibilità di sbocchi commerciali. È proprio su questi mercati che abbiamo intenzione di puntare per il futuro».



SPAZI VERDI

Ridare valore agli spazi verdi Il pensiero di Simone Bellamoli e Silvia Dalla Mura sul valore dei giardini, anche nelle aree industriali devastate dal cemento. Uno stile di vita che li spinge a migliorare il quotidiano, anche in ambienti urbani Renato Ferretti

isogna dire basta alla logica del profitto come unico motore immobile, che porta all’oscenità delle aree industriali cementificate, ai tempi sempre strettissimi e alle corse inutili: dobbiamo ritrovare il valore sociale della bellezza nella serenità degli spazi verdi». Forse è colpa di una deformazione professionale, ma Simone Bellamoli, che insieme a sua moglie Silvia Dalla Mura realizza e cura giardini con la veronese Bellamoli

«B

164 • DOSSIER • VENETO 2013

Giardini, non può fare a meno di inorridire di fronte alla ristrettezza di vedute che ha portato alle grigie scelte architettoniche delle nostre città. Disegnare gli spazi verdi di cui parla Bellamoli è una passione e un’attività cui i due coniugi si sono votati, facendone uno stile di vita, e per cui hanno viaggiato «girovagando alla scoperta dei più bei giardini del mondo – continua Bellamoli –. Silvia è l’architetto che fornisce il progetto, che interpreta le esigenze della committenza creando am-

bientazioni nel verde e stanze nella natura, in armonia con la casa, i gusti e la personalità di chi lo vivrà. Una volta pianificato il progetto, il mio ruolo e dei diversi collaboratori è di concretizzarlo e in seguito di mantenerlo nel tempo. Il nostro obiettivo è di migliorare la quotidianità, anche in ambienti urbani». Per Silvia Dalla Mura la base di partenza sta innanzitutto in un buon progetto, con cui si può ottenere una crescita equilibrata e un mantenimento migliore.


Simone Bellamoli e Silvia Dalla Mura

La Bellamoli Giardini Srl si trova a Santa Maria in Stelle (VR) www.bellamoligiardini.it

«Anche se un giardino non è mai per sempre – precisa Dalla Mura –, cambia per tanti fattori: non bisogna dimenticare che è un insieme di creature vive. Nella scelta di piante, fiori, arbusti, bisogna operare sempre una mediazione fra lo slancio creativo e le esigenze di budget, che non sempre sono compatibili. È in questi casi che emerge l’abilità del progettista. Noi cerchiamo sempre le soluzioni meno impegnative, usando materiale vegetale d’effetto ma con uno sguardo attento al contenimento dei costi, proponendo giardini a bassa

c

manutenzione; inserendo poi nel contesto un elemento più prezioso, che abbia un legame con il committente e che può essere anche semplicemente una rosa. A noi piace tanto pensare al parterre (tratto caratteristico del giardino all’italiana modificato alla maniera francese) come un cratere dal quale debordano le fioriture scalari delle perenni, mescolate alla leggerezza delle graminacee, in una tavolozza di colori e texture che danno carattere all’intervento». Nel lavoro di costruzione del giardino emergono diverse spe-

Un giardino non è mai per sempre: non bisogna dimenticare che è un insieme di creature vive

d

cializzazioni «Tutte le figure professionali – spiega Simone Bellamoli – hanno una forte connotazione artigianale e i nostri collaboratori sono capaci di consegnare un giardino curato in tutti i particolari costruttivi: dall’impiantistica al progetto illuminotecnico, dalle scelte varietali all’arredo e all’allestimento. Inoltre gestiamo la vita successiva del giardino, con interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, che rappresentano il completamento della fase di costruzione. Ogni nostro giardino, quindi, è la sintesi di queste due sensibilità, che si sono formate anche con la contemplazione dei giardini più famosi. Le “jardin de la tortue” del “Museé du quai Branly” a Parigi, progettato da Gilles Clément è diventato uno dei nostri punti di riferimento». La filosofia dei Bellamoli ha portato la coppia a una grande attenzione ai dettagli, senza lasciare mai nulla al caso. «Le nostre – dice Dalla Mura – sono scelte volute, rigidamente autocritiche. Le nostre esperienze di viaggi all’estero hanno il preciso scopo di riportare nei nostri cantieri le esperienze di altri nel mondo, per migliorare. Ma questo è l’unico senso che vogliamo dare alla nostra internazionalizzazione: non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare il nostro paese». VENETO 2013 • DOSSIER • 165





L’OPINIONE

Dirigenti: quando si devono licenziare Di Marco De Bellis Avvocato del Foro di Milano Fondatore dello Studio Marco De Bellis & Partners

ra le varie figure di lavoratori subordinati, quella dirigenziale ha caratteristiche uniche. Il rapporto di fiducia con il datore di lavoro è tale per cui la stessa giurisprudenza inquadra il ruolo in modo particolare. Al pari di qualsiasi altro dipendente, il dirigente può essere licenziato legittimamente soltanto nel caso in cui venga soppressa la posizione di lavoro in cui è inserito (i cosiddetti motivi oggettivi o organizzativi), oppure nel caso di una sua grave mancanza (motivi disciplinari o soggettivi). Il primo caso è il più comune in questi tempi: non bisogna dimenticare, infatti, che il dirigente è il dipendente più costoso. Le ragioni organizzative, in sintesi, sono tutte riconducibili a una sola: la soppressione della posizione ricoperta dal dirigente licenziato. Questo non significa necessariamente l’eliminazione delle mansioni relative alla posizione, che possono essere gestite da altri dipendenti. Vuol dire, invece, che nessun dipendente con lo stesso inquadramento potrà assumere la medesima posizione; ciò anche se la stessa, pur formalmente diversa, nei fatti si rivelasse identica. Per verificare la legittimità del licenziamento, dunque, il datore di lavoro deve dimostrare l’effettività della soppressione. I principali contratti collettivi stabiliscono che il licenziamento del dirigente debba essere comunque “giustificato”. La “giustificatezza” è una nozione giuridica che non coincide con quella di giusta causa

T

o di giustificato motivo. Essa investe un concetto molto più ampio. Ciò è principalmente dovuto alla peculiarità della figura del dirigente, al livello gerarchico ricoperto e al grado di affidamento e di fiducia richiesto. Proprio per la particolarità del rapporto dirigenziale e per l’alto grado di fiducia richiesto, anche mancanze “veniali” (che, se fossero commesse da un impiegato, darebbero luogo a sanzioni disciplinari conservative) possono legittimare il licenziamento del dirigente. La legge Fornero ha comportato delle novità anche riguardo al licenziamento del dirigente. Certo, il quadro normativo di riferimento resta confuso. Ci sono comunque delle certezze. In particolare, il dirigente che intendesse chiedere la reintegrazione lamentando un licenziamento discriminatorio dovrebbe agire esclusivamente attraverso il nuovo rito introdotto dalla Legge Fornero. In breve, si tratta di un procedimento particolare che ha come caratteristica principale la circostanza di essere concentrato sull’unico argomento del licenziamento e a cui, proprio perché diretto alla reintegrazione, la legge assicura un percorso preferenziale e più rapido. VENETO 2013 • DOSSIER • 169


CONTRAFFAZIONE

Un fenomeno trasversale Evasione fiscale, riciclaggio, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento del lavoro nero. La contraffazione è ormai una vera e propria forza economica che rischia di uccidere l’economia sana Teresa Bellemo

I

l fenomeno della contraffazione è ormai trasversale e strettamente connesso a tutte le forme di criminalità economico-finanziaria e in Veneto anche i distretti produttivi del comparto tessile-calzaturiero della Riviera del Brenta sono stati oggetto di approfondite operazioni di controllo della Guardia di finanza. Anche qui, infatti, sono molti i laboratori clanIl generale di Divisione Bruno Buratti, comandante regionale della Guardia di Finanza del Veneto destini del falso. Dall’inizio con Luca Zaia, presidente della Regione Veneto del 2013 in Veneto sono state accertate complessivamente 510 violazioni, verbalizzati 656 sog- della Guardia di finanza del Veneto. getti, di cui 3 in stato di arresto, e sequestrati Quali le forme di illecito più diffuse e come oltre 3 milioni di prodotti contraffatti o non prevenirle? sicuri. Un fenomeno che nel nostro Paese «Il problema è che oggi nessun prodotto è produce annualmente un giro d’affari di circa immune dal rischio falsificazione, per questo 7 miliardi di euro. è necessario un contrasto a 360 gradi. In La contraffazione è ormai a tutti gli effetti un primo luogo, la Guardia di finanza cerca di vero e proprio comparto produttivo paral- intercettare i flussi di merci illecite all’inlelo, in concorrenza con l’economia legale, gresso nel nostro territorio. Per questo i noche però opera nella più totale illegalità e non stri reparti che collaborano con l’Agenzia conosce crisi. L’industria del falso, infatti, ca- delle Dogane tengono sempre alta l’attenvalca la crisi offrendo beni e prodotti a prezzi zione sulle partite di merce sospetta e sulle sempre più bassi: dall’abbigliamento di alta spedizioni anomale. In seconda battuta, le gamma alle carte da gioco, dai pezzi di ri- pattuglie su strada effettuano sistematicacambio ai detersivi, fino ai giocattoli e ai pro- mente un capillare controllo economico del dotti per l’infanzia, che sono peraltro fra gli territorio, per individuare gli opifici e i laboarticoli più pericolosi per la salute e la sicu- ratori clandestini, intercettare i corrieri adrezza. Ne parliamo con il generale di divi- detti allo smistamento illecito delle merci sione Bruno Buratti, comandante regionale contraffatte e scovare i depositi di stoccaggio 170 • DOSSIER • VENETO 2013


Bruno Buratti

Oggi nessun prodotto è immune dal rischio falsificazione, per questo è necessario un contrasto a 360 gradi

dei prodotti falsificati. Un terzo livello dell’azione di contrasto è costituito dalle indagini e dalle investigazioni di polizia giudiziaria attraverso le quali, sotto l’egida dell’autorità giudiziaria competente, miriamo a colpire i gruppi criminali che reggono le fila di questi traffici illeciti». Quali gli strumenti più efficaci per contrastare il falso in vostra dotazione? «Da qualche anno abbiamo la possibilità di utilizzare gli stessi strumenti investigativi del crimine mafioso e dei traffici di stupefacenti (consegne controllate, operazioni sottocopertura). Ma più di tutto è necessario colpire al cuore, aggredendo i patrimoni illeciti accumulati e intercettando i flussi di denaro e le rimesse finanziarie connesse ai reati di contraffazione prima che vengano fatte illecitamente uscire dall’Italia. Si tratta certamente di un fenomeno molto più ampio di quello del falso, ma buona parte del denaro uscito illecitamente dall’Italia è riconducibile, direttamente o indirettamente, proprio ai traf-

fici illeciti della contraffazione. Basta pensare che nel corso del 2013, nei tre principali aeroporti della regione - Venezia, Verona e Treviso - sono stati individuati ben 1.000 soggetti che cercavano di trasportare all’estero un valore complessivo di oltre 11 milioni di euro». Le notizie riguardanti sequestri di merce contraffatta sono all’ordine del giorno. Quale l’identikit dei venditori e quale invece quello di chi immette la merce nel mercato? «Troppo spesso associamo l’idea del fenomeno della contraffazione solamente ai venditori ambulanti abusivi che troviamo in spiaggia o nelle nostre città. In realtà, queste persone sono l’unico anello visibile di una lunga catena illecita, che si serve di loro e li sfrutta, soprattutto e quasi sempre perché si trovano in stato di necessità. A monte della filiera industriale illecita troviamo i produttori e i distributori, che spesso sono radicati sul territorio nazionale e si avvalgono di referenti locali per lo smistamento delle merci VENETO 2013 • DOSSIER • 171


CONTRAFFAZIONE

I nostri reparti che collaborano con l’Agenzia delle Dogane tengono sempre alta l’attenzione sulle partite di merce sospetta e sulle spedizioni anomale

contraffatte. Non di rado

questi soggetti sono affiliati ai gruppi della criminalità organizzata, con i quali - soprattutto in alcune aree del Paese - è necessario scendere a patti per riuscire a piazzare sul mercato clandestino i propri prodotti. Al livello superiore, infine, troviamo gli importatori, che si avvalgono di basisti sul territorio nazionale per gestire i traffici illegali senza mai palesarsi in prima persona. È questo, ovviamente, l’anello più difficile da colpire, perché l’individuazione dei responsabili e la raccolta di prove nei loro confronti richiedono quasi sempre l’avvio di lunghe e complesse indagini, fatte di appostamenti, pedinamenti, intercettazioni, incroci ed elaborazioni di dati». L’industria del falso penetra e dilaga anche sul web. Come si svolge la vostra attività di contrasto su questo fronte? «Internet è indubbiamente una grande risorsa per i cittadini, soprattutto per le giovani generazioni, che sono naturalmente portate a sfruttarne i vantaggi e le opportunità. Ovviamente, a fianco di questi innumerevoli risvolti positivi, si nascondono insidie e pericoli che i malfattori sfruttano a loro vantaggio. Il web consente una velocità di transazione inimmaginabile fino a pochi anni fa e, almeno in apparenza, fornisce la sensazione di godere di un apparente e totale

172 • DOSSIER • VENETO 2013

anonimato, non solo al trafficante di falsi, ma anche ai suoi potenziali clienti. Per questo viene preferito sempre di più. La difficoltà principale per noi è riuscire a stare al passo dei continui cambiamenti. La Guardia di Finanza, pertanto, ha creato apposite strutture specializzate per condurre indagini sempre più approfondite sui traffici illeciti online e per monitorare costantemente le piattaforme digitali più a rischio. Grazie a specifici finanziamenti comunitari, infine, ci siamo appena dotati del Sistema informativo anti-contraffazione (Siac), che sarà lanciato nel 2014 su tutto il territorio nazionale e consentirà, fra l’altro, uno stretto e sistematico rapporto di collaborazione con le aziende e le realtà produttive del mondo imprenditoriale, per avere informazioni “di prima mano” sul fenomeno contraffazione direttamente da chi subisce più di ogni altro le conseguenze. Il sistema, che è anche un sito aperto, sarà presto dotato anche di uno specifico motore di ricerca che ci aiuterà a scovare le piattaforme utilizzate per compiere traffici illeciti e per chi viola il diritto d’autore».


Silvio Paschi

Falsi amici Il web ha di certo aumentato il mercato del falso. Ma anche il Parlamento sembra non tutelare i nostri prodotti, dato che non segue le direttive europee. E il made in Italy non può che soffrirne Teresa Bellemo

L

e dimensioni dell’economia legata alla contraffazione sono ormai molto ampie e possiedono infiniti gangli di diffusione. È soprattutto la vendita online a trovare, negli ultimi anni, un’enorme espansione che difficilmente può conoscere regole. La complessità del web e quella delle filiere della contraffazione, infatti, si potenziano l’un l’altra fino a creare situazioni molto pericolose. Secondo Silvio Paschi, segretario generale di Indicam, l’istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione, bisognerebbe poter applicare una precisa responsabilità dei provider e delle piattaforme che rendono possibile la diffusione via web dei prodotti contraffatti. Ma non c’è soltanto il web. Serve comunicare meglio e di più, perché spesso questa tematica è ricca di informazioni poco chiare. L’Oriente è davvero la patria della contraffazione? «È errato. Senza una complessa logistica di trasformazione e di distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, infatti, questo fenomeno non esisterebbe. L’economia della contraffazione, come l’economia legale, è un fenomeno estremamente complesso: non si può quindi individuare un solo punto di rischio. In più, rispetto all’economia legale, si tratta di filiere volutamente confuse e non trasparenti. Un esempio può essere un capo di abbigliamento prodotto in Estremo Oriente che viene poi etichettato in Italia con un marchio contraffatto: si tratta di contraffazione cinese o italiana?»

L’Italian sounding in campo alimentare è più pericoloso della contraffazione di vestiti o scarpe? «È un luogo comune pensare che i rischi per il consumatore risiedano soprattutto nella contraffazione alimentare: un paio di scarpe contraffatte trattate con cromo esavalente, come sempre più frequentemente viene verificato, o un’apparecchiatura elettrica non a norma sono sicuramente più pericolose per il consumatore di una conserva fatta con pomodori turchi anziché italiani. In generale, il prodotto contraffatto è rischioso perché chi lo produce non ha nessun interesse a uniformarsi alle regole di sicurezza e di salubrità imposte dalla legislazione, che hanno un costo che taglierebbe i suoi illegittimi profitti». Il copyright è una tutela. Cosa fa l’Italia per salvaguardare il suo design? «L’interpretazione della tutela del copyright per i prodotti di design è chiaramente definita dalla direttiva europea 98/71/CE. La sua trasposizione nell’ordinamento italiano per oltre dieci anni è stata oggetto di distorsioni a opera di un ben identificato gruppo di copiatori italiani con appoggi politici bipartisan. Due anni fa una sentenza della Corte europea di giustizia ha posto fine alle distorsioni, ma l’Italia non si è ancora uniformata, tanto che nello scorso ottobre la Commissione europea ha instaurato una procedura di infrazione. Ma l’attuale testo della legge europea, in corso d’esame al Parlamento, farà finalmente giustizia».

Silvio Paschi, segretario generale di Indicam, l’Istituto Centromarca per la lotta alla contraffazione

VENETO 2013 • DOSSIER • 173


CONTRAFFAZIONE

Difendere il diritto d’autore Nella lotta alla contraffazione l’Italia ha molto da preservare, per questo sta facendo sistema. Ma se i confini sono europei, le soluzioni devono trovarsi a Bruxelles. Il punto di Daniela Mainini Teresa Bellemo

I

n un mondo sempre più globale, si globalizza necessariamente anche il problema della contraffazione. Ma prima di guardare fuori, serve fare ordine e coerenza al proprio interno. Con un lavoro di coordinamento tra 11 ministeri, l’Associazione nazionale dei comuni e oltre 150 associazioni di categoria, sono state stilate le macro-priorità del Consiglio nazionale anticontraffazione. Nel far ciò, il Consiglio ha puntato su un approccio partecipativo, per questo sono state proprio le commissioni tematiche a esplicitare le priorità nei settori di propria competenza. Da questo lavoro sono scaturite le 41 priorità in materia di lotta alla contraffazione e l'individuazione delle relative proposte di azione su cui ora si basa il nuovo

Piano nazionale anticontraffazione. Un lavoro che per la prima volta ha visto l’intero sistema Paese unito nella battaglia per la legalità e con uno sguardo strategico, ma purtroppo non basta. Ora serve uscire dai nostri confini per adottare uno sguardo più ampio ed europeo. Secondo Daniela Mainini, presidente del Cnac, «non aderire al sistema europeo del brevetto unitario significa tagliar fuori l’Italia dagli investimenti stranieri sull’innovazione, danneggiare pesantemente le nostre imprese nella lotta alla contraffazione e minare il prestigio del nostro Paese». Secondo la sua esperienza, quali i punti su cui serve insistere con più insistenza nella lotta alla contraffazione? «Occorre cessare di considerare la lotta alla contraffazione uno spot elettorale e quindi lavorare seriamente, riprendendo, e magari scoprendo per la prima volta, l’esistenza di un Piano nazio-

Nel 2014 entrerà in vigore il brevetto unitario, valido in tutta l’Unione europea, ma la miopia politica ha fatto in modo che l’Italia sia rimasta fuori dalla cooperazione rafforzata

174 • DOSSIER • VENETO 2013


Daniela Mainini

Daniela Mainini, presidente del Consiglio nazionale anticontraffazione

nale anticontraffazione e applicarlo con risorse e professionalità adeguate allo scopo. L’unica e istituzionale cabina di regia di questa lotta è già stata individuata dal legislatore nel Consiglio nazionale anticontraffazione, presieduto dal Ministro dello Sviluppo economico. Le norme esistono, basta applicarle bene. Ultima considerazione: occorre una seria rivalutazione dei reati di contraffazione come reati contro il patrimonio e non contro la pubblica fede». Quali le difficoltà e gli ostacoli maggiori attorno al brevetto unitario? «All’inizio del 2014 entrerà in vigore il brevetto unitario, un titolo unico valido in tutta l’Unione europea. Una Corte deciderà in merito a questioni di contraffazione e le sue decisioni avranno valore in tutti i Paesi dell’Unione. Si tratta di una grande semplificazione amministrativa e di un’enorme riduzione dei costi legati alla brevettazione. Ma una miopia istituzionale e politica ha fatto in modo che l’Italia sia rimasta fuori dalla cooperazione rafforzata. Lo Stato italiano ha perso la battaglia della Corte centrale che secondo molti “non avremmo mai potuto avere”. Diciamo che non ci abbiamo neppure tentato. Abbiamo presentato questa sconfitta come la “difesa dell’italianità”. Ora rimane la battaglia della sede regionale o almeno locale». Quali invece i vantaggi di una maggiore cooperazione dell’Ue? «Non possiamo prescindere da uno sguardo europeo, a maggior ragione nella lotta alla contraffazione, in cui le barriere per affron-

tare questo fenomeno sono europee, anche geograficamente, così come i modelli investigativi per le triangolazioni tra paesi, tipiche nella contraffazione. Pensiamo alle battaglie a difesa del made in Italy, perse proprio per una mancanza di visione europea nell’affrontare il problema. Abbiamo più provvedimenti di infrazione che risultati ottenuti. È ora di dire basta a proposte di legge sul made in Italy con sguardo solo italiano». Come arginare il problema della vendita di farmaci online? «La commercializzazione via internet di prodotti che possono essere venduti solo attraverso canali regolamentati, come i farmaci, sta raggiungendo proporzioni di giorno in giorno più allarmanti. Il fenomeno non è preoccupante solo per i titolari dei diritti di proprietà industriale violati, ma può avere conseguenze gravi anche per i consumatori, in quanto tali prodotti possono mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei cittadini. Il web è una grandissima opportunità ma, come noto a tutti, un enorme mercato a disposizione di consumatori spesso vittime di acquisti ritenuti legali. Una distribuzione con siti web certificati a livello nazionale si impone anche al fine di non eliminare un grande mezzo di vendita e al tempo stesso tutelare i titolari di segni distintivi e consumatori. Non si tratta di pregiudicare l’evoluzione tecnologica e la diffusione del commercio elettronico in chiave pre-concorrenziale, ma di introdurre meccanismi che tutelino i diritti violati delle privative industriali». VENETO 2013 • DOSSIER • 175




POLITICHE SANITARIE

L’unione fa l’efficienza In un momento in cui la spesa pubblica deve necessariamente ridursi serve riorganizzare anche le strutture sanitarie. È su questo principio che si basa il rafforzamento dei legami tra Mirano e l’ospedale di Mestre Teresa Bellemo

L

a nuova programmazione sanitaria della Regione Veneto arriva dopo 16 anni dalla precedente ed è frutto di un percorso di maturazione più che triennale. Un iter lungo, che però ha una priorità: unire le due componenti fondamentali che permettono il funzionamento della macchina sanitaria regionale. Pianificazione e programmazione andrebbero largamente disperse, infatti, se non fossero correlate a una profonda ridefinizione della pianificazione dei consumi, delle prestazioni e quindi dei loro costi e dei loro finanziamenti. Solo così potrà essere possibile dare risposta alle esigenze di qualità e razionalità imposte da una spesa sempre più controllata. Da questo punto di vista, chi si attende importanti cambiamenti di rotta

182 • DOSSIER • VENETO 2013

è l’Ulss 13 di Mirano, azienda virtuosa che però è bassa in classifica per quanto riguarda quota capitaria sanitaria, sociale e socio-sanitaria. Servono infatti forti investimenti sulle cure intermedie, hospice, ospedale di comunità, impegnative di residenzialità. Inoltre, bisogna investire in bio-tecnologie, in tecnologie dell’informazione e poter effettuare manutenzioni ordinarie e straordinarie sul patrimonio immobiliare. Proprio per mantenere l’efficienza della struttura, il direttore generale Gino Gumirato sottolinea l’importanza vitale di questi provvedimenti, «pena l’abbandono dei requisiti minimi per la sicurezza dei pazienti, dei cittadini e dei nostri lavoratori. Ci aspettiamo che tali cambiamenti avvengano subito, da gennaio 2014».


Gino Gumirato

I tagli lineari continueranno a omologare tutto e tutti, se mancheranno investimenti in tecnologie

Il direttore generale Gino Gumirato dell’Azienda Ulss 13 di Mirano

Quali gli aspetti più positivi e quelli più negativi della programmazione disposta dalla Regione? «Il riordino di una programmazione sanitaria e la sua contestualizzazione, dopo tantissimi anni dalla precedente, è opera estremamente complessa. Certamente la definizione di standard strutturali, tecnologici, organizzativi e di finanziamento nell’ambito territoriale delle Ulss, riferiti a criteri nazionali, è il vero importante merito del nuovo piano sanitario regionale. La sua integrazione con la territorializzazione della medicina e l’ulteriore spostamento del baricentro dell’attenzione delle Ulss verso gli aspetti sociali ne caratterizza ancor più la positività. Limitando l’osservazione alla nostra Ulss 13, forse l’aspetto più critico è rappresentato dall’insufficiente definizione dei profili dei due ospedali e il loro completo inserimento in reti cliniche evolute». Il reparto di cardiochirurgia viene definito a “esaurimento”. Cosa ne pensa? «La positiva esperienza storica della cardiochirurgia di Mirano non può sostituirsi ai criteri di una rigorosa programmazione nazionale e regionale. Gli standard parlano chiaro in termini di qualità, completezza, appropriatezza, rapporto costi-benefici; gli obiettivi della medicina pubblica europea sono di un centro cardiochirurgico ogni 700mila o un milione di abitanti con attività mai inferiori alle 400-

600 procedure annue. Riteniamo pertanto che solamente una rete e un programma cardiochirurgico di vasta area provinciale possa integrare e mettere a buon frutto la significativa realtà esistente e l’esperienza figlia di un passato pionieristico e lungimirante». I tagli alla spesa pubblica hanno colpito anche strutture virtuose come le vostre. Quali le possibili soluzioni? «I tagli alla spesa pubblica colpiscono le aziende virtuose quando sono lineari e non tengono adeguatamente conto dei profili di bisogno o, comunque, di consumo delle prestazioni. Noi faremo la nostra parte sui processi di razionalizzazione ancora possibili sugli immobili e le riorganizzazioni di rete, ma è indubbio che la bontà delle prestazioni erogate in questi anni è figlia solamente di una grande professionalità e disponibilità delle nostre risorse umane». La joint-venture con Mestre può dimostrarsi a questo riguardo una strada percorribile. Quali sono le prospettive? «La parola joint-venture è poco adatta e fuorviante tecnicamente: l’azienda deve costituire, sviluppare e rafforzare le proprie reti cliniche e gestire al meglio i processi assistenziali orizzontali e verticali. Gli ottimi rapporti di collaborazione con le Ulss della provincia di Venezia ci hanno già permesso di mettere a VENETO 2013 • DOSSIER • 183


POLITICHE SANITARIE

punto significativi progressi e con le nuove nutenzioni ordinarie e straordinarie dei nostri impostazioni di piano abbiamo gli strumenti per significative accelerazioni. La concentrazione provinciale di servizi e attività cliniche è già una realtà per parecchi mesi all’anno, dobbiamo puntare su una maggiore integrazione della comunicazione, sulla telemedicina, sulla suddivisione di compiti in un processo assistenziale codificato, anche con riferimento a strategie territoriali comuni». Spesso le conseguenze di una cattiva gestione ricadono purtroppo sui cittadini. Dove dovrebbe stare il confine tra modello aziendale e welfare? «Il modello veneto di welfare, basato sulla prevenzione da un lato e sulla integrazione ospedale-territorio dall’altro, non è in discussione; né è mai esistita nella nostra regione una radicalizzazione del processo di budgeting aziendale teso alla massima produzione possibile, né onestamente sono mai stati messi in discussione i servizi complessivamente resi ai cittadini delle nostre città. Ma ovviamente non mancano criticità nei nostri luoghi di cura, soprattutto se, come anticipato, i tagli lineari continueranno ad omologare tutto e tutti, se mancheranno investimenti in tecnologie o se banalmente non saremo nelle condizioni di effettuare le ma-

184 • DOSSIER • VENETO 2013

ospedali. Altresì vanno migliorati il rapporto e la comunicazione con i cittadini e con i media, spesso abituati al mito della lista d’attesa o allo scoop della malasanità, altrettanto spesso non in grado di fornire un adeguato approfondimento dei temi in discussione». Esistono delle pratiche diffuse nelle strutture ospedaliere che rappresentano uno spreco e che, a conti fatti, si potrebbero evitare? «È possibile che esistano ancora degli sprechi nell’acquisizione di beni e servizi, come nell’acquisto di farmaci, di tecnologie, di servizi. Dovrebbero essere sempre effettuati alle migliori condizioni economiche e tecniche ma a volte non succede. Anche l’organizzazione e la gestione delle risorse umane risente spesso di forti rigidità e, conseguentemente, di un cattivo utilizzo delle risorse pubbliche. La medicina difensiva e la massimizzazione delle quantità di prestazioni erogate rappresentano un’ulteriore potenziale dispersione delle risorse, soprattutto nelle aziende grandi e grandissime come le aziende ospedaliere universitarie. Per altri versi, andrebbe valutata con attenzione la spesa indotta a livello territoriale delle cure primarie: certamente andrebbe fortemente rivisto anche il rapporto con i medici di Medicina generale».





Dalla Corea una soluzione al mal di schiena Dolori alla schiena, alle cervicali e problemi posturali sono strettamente legati alle abitudini della società moderna. Davide Maddalozzo illustra le possibilità che le più recenti tecnologie, sviluppate in Estremo Oriente, rendono disponibili Valerio Germanico

In queste pagine, apparecchiature distribuite dalla DM Consulting Srl di Vigonza (PD) www.dmconsultingsrl.it

188 • DOSSIER • VENETO 2013

al dolore alla schiena derivano importanti problematiche in termini di stato sociale ed economico, oltre che in perdita di forza lavoro. Circa l’80 per cento delle persone di cinquant’anni soffre di dolori alla schiena in alcuni periodi della sua vita. E il 90 per cento dei casi di dolori acuti alla schiena necessita di giorni o settimane per migliorare e due mesi per un recupero completo, mentre nel restante 10 per cento il problema diventa cronico. Questo provoca ulteriori disabilità, un aumento delle spese per le cure e una perdita di capacità lavorativa. Se negli ultimi anni non è stato ri-

D


Davide Maddalozzo

L’eccellenza anche nel mondo della diagnosi vascolare periferica La risoluzione delle problematiche della schiena non è l’unico campo d’intervento della Dm Consulting. Davide Maddalozzo, amministratore dell’azienda padovana, descrive le proprietà di un’altra apparecchiatura per la diagnosi vascolare periferica. «Con l’idea di proporci ai nostri clienti con soluzioni valide da un punto di vista qualitativo e di prestazioni – spiega Maddalozzo –, ci siamo avvicinati all’azienda Israeliana “Viasonix”, specializzata nel settore vascolare, che ha sviluppato soluzioni vantaggiose da un punto di vista della correlazione tra le attività svolte dall’apparecchiatura e quelle svolte dal personale. In particolare l’apparecchiatura in questione abbina a delle prestazioni uniche nel suo settore la possibilità di visualizzare e analizzare da qualsiasi dispositivo non solo i valori rilevati dall’apparecchiatura durante gli esami, ma di poterne rivivere tutte le fasi, come se si fosse stati presenti durante l’esecuzione dell’esame. Ciò permette, abbinato ad una incredibile facilità d’utilizzo, di delegare l’esecuzione degli esami, potendoli rivisualizzare ed analizzare in qualsiasi momento. È chiaro che ciò permette di stravolgere completamente il modo in cui si condividono gli esami fatti, per esempio con altri specialisti, altri reparti o altri Ospedali. Tutto ciò a vantaggio del paziente, che sicuramente ha modo di essere seguito in modo più completo e accurato, e della comunità scientifica, che può trarre enormi vantaggi dalla condivisione e dalla comparazione di questi esami».

scontrato un aumento della casistica di queste problematiche nel frattempo sono aumentati i giorni di assenza dall’attività lavorativa. E questo perché il dolore alla schiena, per le sue molteplici cause e per la moltitudine di patologie riscontrabili, non è facilmente risolvibile. «E inoltre – afferma Davide Maddalozzo, amministratore della DM Consulting – il costo economico e sociale delle patologie legate ai dolori alla schiena sta crescendo in modo esponenziale e rappresenta una voce sempre più significativa dal punto di vista delle perdite economiche a cui si aggiunge la disabilità temporanea, calcolata in circa 160 giorni all’anno per 100 persone, con un costo sociale pari a quello causato dalle malattie coronariche, tre volte quello provocato dal trattamento dei pazienti affetti da cancro e cinque volte quello provocato dal trattamento del diabete». Una soluzione a questa situazione è quella pro-

posta dalla DM Consulting, società specializzata nella distribuzione di innovative tecnologie per la fisioterapia e la diagnostica vascolare e nella vendita di apparecchiature per la sterilizzazione e per le sale operatorie. «Noi – spiega Maddalozzo – rappresentiamo le tecnologie di un’azienda coreana, la Hanmed, che ha progettato e realizzato due apparecchiature finalizzate alla cura di tutte le patologie legate ai problemi della spina dorsale. Alla base dell’approccio progettuale di queste due apparecchiature c’è un contesto culturale verso il corpo profondamente diverso da quello occidentale». L’APPROCCIO COREANO

In Corea, come in genere in altri paesi del Far East, si dà molta importanza alla manipolazione del corpo. La visione orientale del massaggio lo considera una pratica comune. «In Ita- áá VENETO 2013 • DOSSIER • 189


MAL DI SCHIENA

áá lia – prosegue Maddalozzo –, come in molti fatti, per avere dei reali benefici, bisogna interpaesi europei, difficilmente ci si sottopone a venire a diversi livelli e con diverse metodologie un massaggio se non si hanno delle reali neces- perché il risultato finale non è dato solo da un sità dovute magari a delle patologie dolorose. Al elemento ma dal riequilibrio delle diverse comcontrario, in Corea è visto come una forma di ponenti che contribuiscono all’attività muscorispetto e di benessere del corpo, anche in as- lare e scheletrica. La manipolazione, la trazione, senza di patologie che ne prescrivano la neces- lo stretching muscolare e la compressione risità. Il punto di vista occidentale prevede una creano questo equilibrio. Tuttavia queste attività cura del corpo basata principalmente su forme finora non si sono mai potute svolgere condi movimento e di esercizi più dinamici, non temporaneamente e in modo oggettivo e misusempre però compatibili con determinate pa- rabile. Questo però è possibile con la Hanmed tologie o comunque spesso non applicabili in età avanzata». La diversa concezione alla base della progettazione delle due apparecchiature (già Il costo economico e sociale installate e operative presso alcuni cendelle patologie legate tri d’eccellenza in Italia e in Europa), ci permette di comprenderne il funai dolori alla schiena zionamento e i benefici.

KNX 7000

«Spesso le terapie per le problematiche e il dolore alla schiena prevedono la combinazione di diverse attività. In-

190 • DOSSIER • VENETO 2013

sta crescendo e rappresenta una voce significativa per il sistema sanitario

~


Davide Maddalozzo

Knx 7000». La base di partenza è la trazione, che rappresenta una metodologia tradizionale, in questo caso però affrontata e gestita in modo innovativo per ovviare ai difetti delle trazioni meccaniche. «Il paziente, disteso su un lettino, viene inclinato di pochissimi gradi per riuscire a ottenere una naturale trazione gravitazionale, gestita e controllata da un software dedicato. In combinazione a questo rilassamento, inizia a muoversi – gestito in modo estremamente fine dall’operatore attraverso la gestione del software – un morbido rullo che scorre sotto la schiena e provoca un ulteriore allungamento, creando anche un riallineamento a livello vertebrale. Tutto ciò non avrebbe lo stesso risultato se, in combinazione con questi trattamenti, non ci fosse anche un miglioramento muscolare nella zona del bacino e delle cosce, che permette un sostegno migliore del tronco. Per questo le gambe, che sono bloccate al lettino, vengono sollecitate con dei movimenti laterali e verticali. Così facendo l’apparecchiatura riesce a lavorare in modo deciso sulla schiena, senza tuttavia far perdere il fondamentale equilibrio di base. Ciò è evidente soprattutto nei trattamenti ai dolori cervicali, per i quali la combinazione di una trazione “meno invasiva” e di un movimento di stretching danno i migliori risultati». 3D NEWTON

Altre patologie della schiena sono dovute a uno sbilanciamento – o meglio a un non perfetto bilanciamento – della muscolatura che contribuisce alla postura corretta e al sostegno del tronco. Questo sbilanciamento, nella maggior parte dei casi, è dovuto alla percezione falsata della propria postura: questo induce a creare dei contro bilanciamenti che provocano infine le problematiche dolorose. «In tal senso Hanmed ha sviluppato un’altra apparecchiatura, 3D Newton, che ha come base di progettazione iniziale gli stessi principi della Knx 7000, e che

però interviene su due fronti ben distinti: quello muscolare e quello percettivo. 3D Newton ribilancia il tono muscolare attivando e ritonificando in modo equilibrato e mirato le muscolature del tronco, del bacino e delle cosce. E contemporaneamente riequilibra la percezione che il paziente ha della sua postura, riportandola a un’impostazione corretta. L’evidenza del risultato è data dal fatto che se creiamo un biofeedback che induca a mantenere una postura corretta e, contemporaneamente, ritonifichiamo tutte le muscolature per mantenere in modo equilibrato e naturale questa postura, avremo un beneficio per le problematiche dolorose della schiena. Grazie ai biofeedback, questa tecnologia può essere applicata ad altre patologie, come quelle legate all’ambito neurologico (per es. i malati di Parkinson) per le quali è fondamentale partire dalla percezione. Infine, il fatto di poter calibrare in maniera molto fine le configurazioni dell’apparecchiatura la rende idonea a tutte le fasce d’età ed anche agli utilizzi meno “terapeutici”: per le persone più anziane può essere un’ottima alternativa, essendo meno traumatica, all’attività fisica svolta in palestra, mentre, se imposta per un lavoro più profondo, può diventare uno strumento di fitness molto intenso, adatto anche a sportivi e ad atleti professionisti». VENETO 2013 • DOSSIER • 191


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.