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OSSIER TOSCANA L’INTERVENTO.........................................13 Jacopo Morelli Riccardo Marini

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Simone Bettini L’ECONOMIA FIORENTINA ..............20 Il quadro provinciale Sviluppo e cultura Marco Stella POLITICA ECONOMICA .....................28 Bernhard Scholz Raffaello Vignali UNITÀ D’ITALIA....................................34 Giorgio Napolitano Pietrangelo Buttafuoco Stefano Lorenzetto

ECONOMIA E FINANZA IL FUTURO DELL’UNIONE................44 Alberto Quadrio Curzio Emmanuele Francesco Maria Emanuele OCCUPAZIONE .....................................52 Le proposte del governo Gianfranco Simoncini INNOVAZIONE ......................................58 Massimo Abbagnale Enrico Bocci LO STILE ITALIANO ............................64 Mario Boselli Michele Tronconi David Pambianco Raffaello Napoleone Vittorio Missoni Anna Zegna Lavinia Biagiotti Cigna IL SETTORE TESSILE ........................84 Dalila Mazzi, Giancarlo Mazzi e Marco Santi Ivo Vignali Rossano Biancalani Massimo Menchi Martelli Danio Melani Fabio Dani Alessandro Guarducci Alessandro Giraldi e Simone Fiaschi Alessandro Balleggi Riccardo Biagioni MANIFATTURA ITALIANA...............106 Luigi Messeri Alessandro Banchini MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO ...................110 Antonella Venturini Serena Fantozzi

IL DISTRETTO DELLA PELLE.........116 Leandro Calugi Franco Baccani Alessandro Innocenti Maurizio Fulignati Francesco Santini Paolo Viti e Monica Bonaiuti Ottavio, Matteo ed Erika Bravatà Gianni Chiarini Vieri Saccardi IL SETTORE CALZATURIERO........138 Isabella Balducci ARTE ORAFA .......................................140 Alano Galligani IL MERCATO DEL LUSSO...............142 Fabrizio Gallorini IMPRENDITORI DELL’ANNO .........146 Fabrizio Arnetoli Michele Ricatti e Massimo Pucci Nello Fantoni Daniela e Roberto Banelli Paolo Paci Pietro Pellegrini Sergio Mura e Giuseppe Matteuzzi Leonardo Masotti Alessandro Matteini Claudio Lastrucci Catia e Roberto Tempesti Claudio Giacometti Eugenio Stefani Tiberio Gazzei IL SETTORE CHIMICO......................184 Massimo della Gatta INDUSTRIA ALIMENTARE ..............186 Pier Luigi Tambellini Giovanni ed Enrico Giotti LA GRAPPA TOSCANA ...................192 Anna Maria Forni SICUREZZA SUL LAVORO .............194 Giancarlo Marchi SERVIZI PUBBLICI ............................196 Lucia Venuti e Gianenrico Spediacci

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Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

GIUSTIZIA

QUALITÀ DELL’ARIA .......................202 Giovanni Barca Antonio Corrado

INFRASTRUTTURE ..........................234 Pietro Ciucci Antonio Bargone Alberto Magnolfi Giovanni Lamioni Mario Berti

LEGALITÀ ............................................304 Andrea Barducci Lelio Grossi

TUTELA DEL TERRITORIO ............248 Enrico Rossi Alessandro Cosimi Maria Teresa Fagioli

POLITICHE SANITARIE....................310 Enzo Paolini Luigi Salvadori Daniela Scaramuccia

MOBILITÀ ...........................................208 Il piano green di Palazzo Vecchio Fulvia Fazio Andrea Alessi Jacques Bousquet GESTIONE DEI RIFIUTI ....................218 Livio Giannotti SERVIZI ENERGETICI......................222 Riccardo Matteini

RIQUALIFICAZIONE URBANA ......258 Massimo Mucci Beltrami Simone Gheri

INDAGINI GEOTECNICHE ..............224 Massimo Goretti

VIGILANZA PRIVATA.......................262 Luca Leonessi

RINNOVABILI......................................226 Fabrizio Piomboni Massimo Cardelli

MERCATO IMMOBILIARE ..............266 Alberto Ricci Alessandro Gabriele

SANITÀ

EDILIZIA................................................270 Claudio de Santi Emilio Marsella Moreno Paolo Torri Giovanni Bolignano Valter Cianfrocca MATERIALI ..........................................284 Aldo Papasogli Tacca INTERNI ................................................286 Andrea Mechini TURISMO .............................................290 Paolo Rubini Flavia Maria Coccia Cristina Scaletti Francesco Bechi Rodolfo Baggio Francesca Benati Dero Baldecchi

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L’INTERVENTO

Il futuro dell’Italia parte dal merito di Jacopo Morelli, presidente del gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria isogna partire dai giovani e agire nel loro interesse per avere delle prospettive perché la priorità del Paese in questo momento è la crescita economica e la creazione di posti di lavoro per i giovani. Stiamo proponendo che venga utilizzato già nella scuola un sistema meritocratico per fare in modo che gli studenti che hanno più capacità, indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia di origine, possano emergere. Affinché la parola merito torni ad avere pieno significato, non si può prescindere dal rilancio dell’università. Per spingere il sistema verso una competizione virtuosa fra atenei dobbiamo avere il coraggio di abolire il valore legale dei titoli di studio che alimenta l’illusione che tutte le scuole e le università siano uguali e che tutti i diplomi e le lauree siano uguali. L’università deve invece evolversi, in maniera più incisiva rispetto alle pur apprezzabili riforme attuali. Libertà di azione e merito sono gli unici parametri da adottare. Per aumentare autonomia e concorrenza nel sistema universitario, bisogna eliminare il tetto alle tasse universitarie e incrementare le borse di studio perché il successo di un Paese si misura sulla capacità di creare premi Nobel e attrarre studenti da tutto il mondo. Dobbiamo preoccuparci di attrarre talenti e cervelli perché dei quasi 3 milioni di studenti che tutti gli anni vanno in giro per l’Europa a studiare, noi riusciamo a intercettarne circa l’1,7%, che è un dato irrisorio. Bisogna puntare su un sistema universitario che dia spazio a corsi in grado di suscitare interesse e garantire libertà di ricerca e organizza-

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zione del lavoro a chi sceglie l’Italia. Non c’è una ricetta per Firenze o una per Siracusa, c’è una ricetta per l’Italia: diventare un Paese per giovani. L’ingrediente principale perché riesca in questo processo è detassare le nuove imprese. Abbiamo proposto una fiscalità di vantaggio, con aliquote tendenti allo zero, per i giovani e le donne che entrano nel mondo del lavoro. Anche la Banca d’Italia ha evidenziato come i salari di riferimento per i giovani siano drammaticamente scesi in questi ultimi anni e allora bisogna fare in modo che i giovani, all’inizio della loro carriera, possano avvantaggiarsi di una pressione fiscale meno accentuata. Questo porterebbe loro un vantaggio economico e l’iniziale sacrificio dell’Erario verrebbe ripagato subito in termini di sviluppo economico. Se la disoccupazione giovanile è in crescita, abbattere l’Irap sulle start up incentiverebbe l’imprenditorialità, a partire dai più giovani. È importante sviluppare la cultura d’impresa e celebrarne i successi e sviluppare il mercato del capitale di rischio, che premi progetti e innovazione. Israele, un Paese di 7 milioni e mezzo di abitanti, meno di quanti ne abbia la Lombardia, è stato definito “start up nation”, perché attraverso un uso consapevole della fiscalità ha saputo mettere vento nelle vele dei nuovi imprenditori. Israele oggi ha 125 imprese quotate al Nasdaq: più di tutti i paesi europei, Giappone, Corea, India e Cina messi assieme. L’Italia deve entrare con forza nella classifica dei Paesi che creano, che investono, che finanziano le idee, perché le energie e le competenze ci sono, e risiedono nei giovani. TOSCANA 2011 • DOSSIER • 13



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Timidi segnali di ripresa di Riccardo Marini, presidente dell’Unione Industriale di Prato

segnali sono positivi ma non bastano a compensare tutto ciò che abbiamo perso; ma soprattutto ci sono poche certezze per il futuro. Il mercato interno è poco ricettivo; i mercati esteri tradizionali non sono particolarmente vivaci e quelli dei paesi emergenti avanzano troppo lentamente, almeno per i prodotti del nostro livello, per riequilibrare la somma complessiva dell’export, che pure è certamente un punto di forza sia del distretto pratese sia della Toscana e dell’Italia. Ma ci sono tanti altri fattori che non ci lasciano tranquilli: la situazione della Grecia, le dinamiche valutarie, i costi delle materie prime e le relative speculazioni, una finanza internazionale che rimane una mina vagante. E poi ancora il credito, con lo spettro di Basilea 3, che rischia di assottigliare la liquidità potenzialmente disponibile per i finanziamenti a imprese e famiglie. Andiamo meglio, insomma, ma certezze ce ne sono poche. La situazione all’interno del settore tessile-moda è abbastanza variegata: sono andate bene alcune tipologie (lana, tessuti a maglia, arredamento, tessili tecnici), meno bene altre. Anche per i segmenti che hanno avuto le performance migliori rimane il problema grave dei margini, molto acuto soprattutto in questo momento in cui aumentano i costi sia delle materie prime che dell’energia: i mercati ancora fragili fanno fatica a recepire prezzi che assicurino guadagni tali da consentire nuovi investimenti. Preoccupa la situazione dell’edilizia, che

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fa fatica a trovare nuovo slancio. Del resto è comprensibile che con minori appalti pubblici e con una ridotta disponibilità di risorse da parte dei privati l’attività edilizia purtroppo ristagni. Per la Toscana valgono le cautele che richiamavo poco fa per Prato. È fondamentale che le imprese riescano a lavorare in un contesto favorevole o quantomeno non ostile: una condizione che però nell’intero paese, e non solo in Toscana, non si sperimenta spesso. Per quanto riguarda il nostro territorio uno dei problemi che rimane molto vivo è quello delle infrastrutture, essenziali per facilitare l’attività delle imprese. Qualcosa si sta muovendo, ma con molta lentezza e fatica. Come Unione Industriale peroriamo da sempre, ad esempio, la causa dello sviluppo dell’aeroporto di Firenze e anche la sinergia con Pisa. Due opzioni che non solo non si escludono a vicenda, ma anzi possono alimentarsi proficuamente. Sul fronte dell’occupazione dobbiamo dare atto alla Regione Toscana di avere avuto grande attenzione a questo tema nei momenti più acuti della crisi. Gli ammortizzatori sociali sono strumenti indispensabili per garantire il sostegno al reddito dei lavoratori, e in questo sta la loro grande funzione sociale; tuttavia la loro utilità è anche quella di limitare la dispersione di competenze, patrimonio essenziale dei singoli e delle aziende. Non a casa la nostra Unione si è massicciamente spesa su questo versante. TOSCANA 2011 • DOSSIER • 15


XXXXXXXXXXX IN COPERTINA

GLI STRUMENTI GIUSTI PER IL RILANCIO Contratti di rete, formazione di qualità e specializzazione di prodotto e di filiera. Facendo leva su questi asset, secondo il presidente di Confindustria Firenze Simone Bettini, le imprese toscane potranno proseguire sulla strada della crescita Michela Evangelisti

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el 2012 la parola d’ordine per le imprese, strette fra un mercato globale sempre più competitivo e, spesso, materie prime sempre più costose, dovrà essere “efficienza”. Questo il parere di Simone Bettini, co-fondatore del Gruppo Rosss, leader italiano nel mercato degli archivi e scaffalature per magazzini e negozi, e da maggio scorso numero uno degli industriali fiorentini. Nel secondo trimestre 2011 la provincia di Firenze, insieme a quella di Prato, ha fatto registrare una crescita della produzione industriale al di sopra della media regionale, con un valore di circa 11 punti percentuali; fatturato e ordinativi del manifatturiero, in aumento rispettivamente del 10,8 e del 7%, riflettono il buon andamento dell’export (+15,5%). Dall’ultimo rapporto Irpet emerge che il se-

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condo trimestre 2011 ha di fatto confermato il percorso di crescita della produzione industriale regionale iniziato nel 2010, anche se dati Istat evidenziano un lentissimo recupero di occupati. La rilevazione Unioncamere Toscana e Confindustria ha messo in luce una variazione positiva nella maggior parte dei settori del comparto manifatturiero; tuttavia, rispetto al trimestre precedente, si è assistito a una più forte divaricazione nella dinamica. Alcuni settori (moda, industria meccanica e chimica-farmaceutica) hanno fatto registrare marcati incrementi tendenziali della produzione, mentre altre branche sono passate in terreno negativo. La differenziazione nei comportamenti non è stata solo settoriale, ma ha investito anche la caratteristica dimensionale. Nell’industria, come messo in rilievo anche dall’aggiornamento congiunturale sull’economia della To-

scana pubblicato a novembre dalla Banca d’Italia, il miglioramento ha infatti interessato in prevalenza le imprese più grandi, oltre che la domanda estera. Presidente, in che misura si sta affermando sul territorio il modello di rete e con quali effetti sulla salute delle piccole imprese, frenate da limiti dimensionali? «Proprio pochi giorni fa abbiamo battezzato la nascita di tre reti nella filiera della pelletteria. Queste, insieme ad altre già realizzate, confermano la continuità del nostro impegno nell’innovare i processi di filiera delle piccole e delle medie imprese. Abbiamo contribuito alla realizzazione di tre contratti di rete nel settore biomedicale e dei servizi e si sta lavorando alla realizzazione di altri quattro contratti di rete, che verranno sottoscritti nel prossimo quadrimestre». A proposito di pelletteria, il polo fiorentino rappresenta un’eccel-



IN COPERTINA XXXXXXXXXXX

lenza mondiale. «Il polo comprende oltre 2.200 aziende, quasi un terzo di quelle toscane e un decimo di quelle nazionali del settore, che sanno mettere insieme saper fare, tecnologia e tradizione per realizzare prodotti di grande valore e qualità apprezzati in tutto il mondo. Sul territorio fiorentino fattura oltre 2 miliardi di euro ed è primo in termini di export regionale, escludendo il settore metalmeccanico. Ma qualche volta viene dimenticato. Per sostenere con forza questo comparto rilevantissimo abbiamo promosso politiche industriali e azioni tese a favorire l’applicazione dei contratti di rete, per consentire alle piccole imprese di agire in maniera coordinata e organica, secondo obiettivi e programmi di miglioramento di standard comuni e di innovazione, rispondendo ai principi etici delle norme Sa 8000. Questo settore può essere un’officina di innovazione per una nuova politica industriale; per questo abbiamo sostenuto con forza le imprese associate nella realizzazione dei contratti di rete». Quali strade avete seguito? 18 • DOSSIER • TOSCANA 2011

«Abbiamo favorito il rapporto fra le griffe e i partner di fornitura per definire gli strumenti di sostegno della filiera di produzione e i rapporti di governance con la rete. Abbiamo aiutato le imprese di primo livello e i subfornitori a individuare nel contratto di rete gli obiettivi e il programma, definendo le attività necessarie al miglioramento della competitività e dell’innovazione aziendale e mettendo a disposizione i servizi e le competenze offerte da Confindustria. Ma il nostro sostegno alle neonate reti non si conclude adesso: abbiamo già in cantiere attività legate alla realizzazione di piani formativi per varie competenze produttive e tecnologiche, di supporto alla pianificazione finanziaria e di garanzia con il sistema bancario, di definizione di programmi di ricerca e di innovazione con il supporto delle università e

centri di ricerca e, infine, stiamo lavorando ad alcune proposte di politiche industriali dedicate alla filiera». Il 2012 sarà per le imprese un anno delicato, visto l’attuale scenario internazionale. Quali rischi corrono e quali strategie dovranno mettere in campo per cogliere le opportunità di sviluppo? «Per le imprese l’efficienza è diventata fondamentale. Ed efficienza è grande attenzione alla formazione: avere personale sempre più qualificato, sempre più in grado di adeguarsi alle esigenze dei mercati è indispensabile. Del resto, nonostante le difficili condizioni dello scenario internazionale, oggi possono presentarsi anche delle opportunità che occorre saper cogliere e per farlo le imprese devono avere in mano tutti gli strumenti giusti». Internazionalizzazione è una pa-


Simone Bettini

Di recente abbiamo battezzato la nascita di tre reti nella filiera della pelletteria

rola chiave, nella stagnazione del mercato interno. «Ora il mercato globale è l’unico vero antidoto alla crisi. Ma per essere internazionali le piccole e medie imprese devono potenziare le proprie capacità, ovvero devono avere strumenti adeguati di conoscenza dei mercati, strategie produttive e commerciali mirate e supporti finanziari. Forte è in questa direzione l’impegno della nostra associazione, che sostiene le imprese anche nella creazione di proficui rapporti con il mondo del credito. Se la ripresa oggi ha bisogno dell’industria, l’industria ha bisogno di banche che siano imprese

per le imprese. Solo tutti insieme possiamo uscire da questa situazione». Avete di recente siglato un accordo con Legacoop Toscana: quali sono gli obiettivi di questa cooperazione e le vostre aspettative? «Il protocollo con la Legacoop toscana è solo una delle iniziative che stiamo portando avanti e mira ad attivare azioni che promuovano specializzazione di prodotto e di filiera. L’obiettivo è cooperare su attività comuni mirate, per stimolare la crescita delle filiere produttive e sostenere il rafforzamento delle strutture imprenditoriali delle medie imprese, con iniziative che

avvantaggino anche la piccola impresa. Una sempre maggiore specializzazione di prodotto e di filiera consentirà alle imprese di valorizzare ulteriormente il capitale umano giovane e di preservare quello specializzato e qualificato, in vista della futura ripresa economica. La difesa e la crescita delle filiere produttive strategiche per l’economia del territorio sarà perseguita anche attraverso rapporti più stretti e collaborativi con l’Università e con i centri di ricerca, per aiutare il sistema delle imprese a compiere quei salti di qualità necessari a rafforzare la loro competitività sui mercati». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 19


L’ECONOMIA FIORENTINA

Il regalo arriva dalla rete L’artigianato è ancora in difficoltà, dal turismo provengono segnali di ottimismo e i consumi ristagnano. Secondo il presidente di Confcommercio Firenze, Alessandra Signori, è alle porte un Natale «non brillante, ma nemmeno disastroso» Viola Leone

rano 108.849 a metà anno le imprese registrate in provincia di Firenze, numero che denota un certo immobilismo demografico. Lo rileva l’aggiornamento semestrale sull’andamento dell’economia fiorentina, pubblicato di recente dalla Camera di Commercio di Firenze. Il comparto dei servizi rappresenta una parte importante della demografia imprenditoriale locale, mentre quello artigiano proviene da due annualità in cui la consistenza ha continuato a evidenziare segnali di debolezza. Nel primo semestre 2011 permangono sul comparto, sia pur su livelli lievemente più bassi rispetto al 2010, i segni della crisi economica. Firenze, con Massa e Lucca, è una delle tre province toscane che riesce a contenere maggiormente le per-

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dite di fatturato. Per quanto concerne invece il settore del turismo, lo stesso rapporto evidenzia come i dati (non ancora ufficiali) relativi ai mesi estivi abbiano dato adito ad aspettative concrete circa un andamento sostenuto dei flussi turistici, tale per cui anche le stime sui proventi della tassa di soggiorno introdotta dall’amministrazione comunale di Firenze sono improntate a un certo ottimismo. Dal commercio al dettaglio nei primi mesi del 2011 non arrivano segnali incoraggianti: la crisi investe la regione Toscana, dove alcune province sembrano essere in maggior sofferenza, e a fare le spese della contrazione dei consumi, qui come altrove, sono soprattutto le imprese di più piccole dimensioni e attive nel ramo non alimentare. In concomitanza con l’uscita delle

previsioni dell’ufficio studi nazionale, Confcommercio Toscana ha pubblicato qualche settimana fa la sua elaborazione per i consumi natalizi in regione. Le previsioni sono in linea con la media nazionale, con consumatori e commercianti che mantengono una certa dose di fiducia: il 75% dei primi e l’80 dei secondi non si aspetta un Natale peggiore dello scorso anno. Ma l’attenzione al portafoglio aumenta per quasi il 90% dei toscani; la maggior parte degli intervistati continuerà a fare regali (anche se il 2,8% in meno rispetto al 2010), ma per la prima volta, in Toscana come nel resto del Paese, si comprerà meno tecnologia, e anche i capi di abbigliamento che fino al 2010 restavano tra i doni utili prediletti dalle famiglie di reddito medio e mediobasso, subiranno quest’anno, a


Il quadro provinciale

detta degli intervistati, una riduzione negli acquisti. «Per l’andamento delle vendite a Firenze ci si aspetta sicuramente un Natale meno brillante ma non disastroso, come del resto confermano gli studi di Confcommercio nazionale, che vedono un sentiment negativo ma non depresso» commenta il presidente di Confcommercio Firenze, Alessandra Signori. Per quanto riguarda l’inizio del nuovo anno, lo scenario «mostra da una parte una manovra Monti che porterà nuove imposte e tante altre azioni che potrebbero far pensare a un arresto dei consumi – prosegue – ma dall’altra vedo anche l’evoluzione dei nostri consumatori, che stanno diventando sempre più tecnologici: basti pensare che la quota di chi acquisterà il regalo di Natale su Internet supera il 13%». Di fronte a questo cambiamento gli imprenditori fiorentini si sono già rimboccati le maniche. «È in corso un adeguamento ai nuovi trend – precisa Signori – pur mantenendo vivi gli elementi di esclusività e di eccellenza che fanno di tante aziende l’elemento trainante». Le imprese diventano sempre più tecnologiche ma nel capoluogo toscano, come in tutte le città italiane, cresce il fenomeno della scomparsa dei negozi storici.

Come arginarlo? «Si dovrebbe investire in organi di sostegno e promozione degli esercizi storici, affinché le associazioni di categoria possano dare un contributo più ampio rispetto a quello attuale – risponde Signori –. Si dovrebbe poi agevolare il passaggio generazionale e attivare finanziamenti per il mantenimento e il restauro dei locali storici affinché ne sia mantenuta la destinazione d’uso». Anche la moda, che ha a Firenze una grande tradizione, negli ultimi anni ha visto la diminuzione di fatturato e occupazione e la crescita esponenziale della grande distribuzione e degli outlet, con ovvie ripercussioni sul commercio al dettaglio. In Toscana gli outlet sono stati di recente regolamentati con una nuova normativa, che, secondo la presidente di Confcommercio, «costituisce un indubbio passo avanti, poiché consente di mettere dei punti fermi alla loro attività, che fino a oggi ha goduto di pochissime limitazioni. Un aspetto importante – conclude la presidente di Confcommercio – è il fatto che anche questi esercizi oggi devono sottostare agli obblighi previsti dalle normative vigenti per tutte le altre tipologie di esercizi commerciali in materia di disciplina dei prezzi e di vendite promozionali e straordinarie». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 21


L’ECONOMIA FIORENTINA

Un futuro fatto di innovazione e sostenibilità Firenze si proietta verso il 2020, tra incubatori di imprese, scommesse sulla cultura come risorsa strategica e progetti per rilanciare la dimensione internazionale della città Viola Leone

n evento per parlare dei dieci anni che verranno, della Firenze del prossimo futuro. Questo il senso di “20Venti”, la due giorni di discussione e confronto su quanto è stato fatto nei primi due anni e mezzo di governo, sulle iniziative in corso e sui progetti futuri, voluta dal sindaco Matteo Renzi. «Governare Firenze è una sfida – ha sottolineato Renzi in chiusura della kermesse –. In questi primi due anni e mezzo chi ci ha votato e anche chi non ci ha votato ci riconosce che ci stiamo provando: dalle buche nelle strade fino ai grandi progetti, stiamo facendo del nostro meglio. Non ci accontentiamo e andiamo avanti». E nel futuro di Firenze il vicesindaco, Dario Nardella, vede soprattutto la sfida dell’innovazione. «Nel caso dell’amministrazione di una città penso che il modo più efficace di concepire l’innovazione sia quello di legarlo allo sviluppo del territorio, sia dal punto di vista materiale che immateriale – ha dichiarato –. Firenze, come città

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dello sviluppo, deve anzitutto porsi il tema dell’innovazione della sua risorsa più preziosa, ovvero il patrimonio culturale. Se l’Europa ha di fronte la scommessa della società post-industriale, allora Firenze può rivestire oggi un ruolo strategico in questa trasformazione sociale ed economica». Esiste, cioè, una via fiorentina al post-industriale. Negli ultimi anni è maturata una nuova consapevolezza del rapporto tra economia e cultura, e soprattutto del ruolo della cultura come risorsa strategica dello sviluppo locale. «Ciò è particolarmente vero per un territorio come quello di Firenze e della nostra regione, dove il binomio innovazione e patrimonio culturale possono rappresentare un veicolo per proporre e attrarre una serie di importanti risorse per il futuro – prosegue Nardella –. In questo percorso, il Comune può giocare un ruolo decisivo soprattutto con la realizzazione di una serie di azioni e di attività finalizzate allo sviluppo di progetti proposti da imprese, che possono a loro volta associare i con-

tributi di università e altri soggetti, per la realizzazione di nuove tipologie di prodotti e servizi applicabili al settore dei beni culturali». In questo senso il Comune di Firenze ha già mosso i primi passi e sta lavorando a un progetto di sviluppo di un parco urbano dell’innovazione, destinato a ospitare imprese nuove o esistenti attive nei settori produttivi delle tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali. Questo progetto si andrà ad aggiungere all’incubatore tecnologico del Comune di Firenze, la struttura che dal 2003 permette di agevolare, incentivare e aiutare la nascita di nuove imprese con forte connotazione innovativa e tecnologica. Il rapporto tra territorio e imprese passa anche dalla capacità di attrarre l’imprenditoria dall’esterno per insediarla in città. A questo obiettivo guarda il progetto “Investing Florence”, già partito l’anno scorso, con un programma di forte riproposizione della dimensione internazionale della città. «In questi mesi abbiamo presentato ai gruppi industriali e ai mer-


Sviluppo e cultura

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Il Comune di Firenze sta lavorando a un progetto di sviluppo di un parco urbano dell’innovazione

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cati europei, americani e asiatici una gamma di opportunità di investimento in città strutturato nel format “Investing Florence”, giornate di incontro con investitori stranieri che vengono a Firenze per conoscere opportunità di investimento» illustra il vicesindaco. Cinque sono pertanto le leve principali su cui si basa il modello di Firenze città dello sviluppo; la creazione e lo sviluppo di imprese hi tech anche in settori “tradizionali”; la creazione di nuove imprese innovative ma anche nell’artigianato artistico, grazie al rilancio del Vecchio Conventino, struttura che ospita imprese di eccellenza del settore, e al bando per le imprese dell’artigianato artistico ex legge Bersani lanciato dall’amministrazione; la presenza di imprese multinazionali e di grandi imprese sul territorio; la creazione di reti di impresa; le infrastrutture e gli spazi per nuovi centri di ricerca e università. «Firenze è il cuore

del quarto distretto metropolitano industriale dell’intero Paese e anche per questo è il perno economico, culturale, anche in termini di immagine internazionale, di tutta la Toscana – precisa Nardella –. Se Firenze è fragile è fragile tutta la Toscana, se Firenze è forte è forte anche tutta la Toscana». Lo sviluppo di Firenze non può che essere, però, uno sviluppo sostenibile. «Una città sostenibile – ha affermato il sindaco Renzi – si costruisce con un disegno complessivo, mettendo insieme le tante azioni quotidiane a un progetto di lungo periodo, unendo il piano strutturale a volumi zero alle pedonalizzazioni, il recupero di energia dall’Arno con le “briglie” idroelettriche agli interventi nel parco delle Cascine, le nuove costruzioni in classe A agli investimenti sulle piste ciclabili e sulla mobilità elettrica, per ridurre le emissioni in linea con i traguardi europei. Abbiamo molto da imparare dagli altri, ma anche qualcosa da dare». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 23


Più misure a sostegno delle imprese L’economia fiorentina, secondo il capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio comunale Marco Stella, sconta un grave ritardo nella realizzazione delle grandi infrastrutture. A partire dall’adeguamento dell’aeroporto di Peretola Michela Evangelisti

na serie di promesse mancate e l’aumento di tasse e tariffe. Questo in sintesi il giudizio che il gruppo Pdl ha pronunciato qualche settimana fa a Palazzo Vecchio sui primi due anni dell’amministrazione Renzi a Firenze. «Non bastano gli slogan per governare una città. In questi due anni il sindaco ha scelto di varare misure depressive per la nostra economia che hanno soltanto danneggiato le imprese e le attività commerciali – commenta il consigliere Marco Stella –. All’aumento delle imposte si sommano il dimezzamento dei metri quadrati disponibili per fare pubblicità, i provvedimenti viari che hanno di fatto isolato il centro dal resto della città, ztl notturna compresa, la riduzione dell’orario di accesso nella ztl per il carico e scarico merci». E tutto questo, secondo l’opposizione, non è stato bilanciato da provvedimenti per la crescita economica. Quali rimangono i fattori penalizzanti per lo sviluppo della città? «Il nostro territorio soffre di un grave ritardo nella realizzazione delle grandi infrastrutture,

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Marco Stella, capogruppo Pdl nel consiglio comunale di Firenze

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che creano efficienza e favoriscono lo sviluppo. Da troppo tempo aspettiamo un adeguamento dell’aeroporto di Peretola, attraverso una nuova pista parallela e l’ampliamento dell’aerostazione. Va risolto poi il problema della circonvallazione, lavorando al progetto della Barberino-Incisa per decongestionare la grande viabilità della Toscana centrale; occorre immediatamente rendere competitivo il polo espositivo della Fortezza da Basso, attraverso una ristrutturazione adeguata a ospitare fiere e congressi internazionali». Un punto debole in questa fase è rappresentato in particolare dalla dinamica della domanda interna: scendono i consumi e si contraggono le vendite. Quali strategie occorrerebbe mettere in campo per rivitalizzare il commercio, soprattutto al dettaglio? «Affrontare il tema del rapporto tra la città e il commercio è sempre un compito che appassiona, perché, al di là del significato economico, emerge forte il valore sociale e il contributo alla vivibilità dei nostri centri urbani che proviene dalle attività commerciali e turistiche. Dobbiamo pensare a progetti e


Marco Stella

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strategie più ampie di riqualiSul fronte del turismo la parola magica è sistema: ficazione territoriale delle dobbiamo integrare i servizi città, dei servizi e di tutte le variabili che ne condizionano la vita, dalle infrastrutture, all’accessibilità e ai trasporti, fino a garantire la al quale segue inevitabilmente una perdita di sicurezza. La base di partenza sono la capacità imprese e, quindi, di competitività. Nessun e la creatività dei nostri operatori, ma ciò va settore è risparmiato, perciò occorrono da accompagnato da una strategia innovativa, parte degli enti locali misure di intervento a con le amministrazioni locali in grado di af- favore dell’occupazione e dell’imprenditoria. frontare la sempre maggiore competizione che Abbiamo una serie di sfide da affrontare: evicaratterizza la nostra economia e i cambia- tare di perdere capacità produttiva, sviluppare menti socio-culturali». le competenze in settori innovativi e manteLa domanda turistica è in crescita ma, nere la competitività sui mercati internaziomentre aumenta del 10% la presenza stra- nali. In questo scenario le banche e le fondaniera, quella italiana è stagnante. Come zioni bancarie giocano una partita rendere la città maggiormente attraente per fondamentale: devono continuare a sostenere il turismo nostrano? finanziariamente le imprese, anche ampliando «Sistema è la parola magica. Il vero problema è e rafforzando la rete di garanzie pubbliche e che ognuno pensa per sé; bisognerebbe offrire private esistenti». al turista non il singolo servizio, ma tanti serL’economia locale è ovviamente legata a vizi, le strade dovrebbero essere efficienti, il doppio filo con il delicato scenario nazioterritorio dovrebbe valorizzare le risorse natu- nale e internazionale. Su quali temi fondarali, i musei dovrebbero essere sempre aperti e mentali occorre ora puntare per riprendere offrire prestazioni aggiuntive oltre alla sem- a crescere? plice visita. L’intraprendenza del singolo per «Oggi più che mai la filiera istituzionale ha il doanni ha sopperito a iniziative di sistema: oggi vere di mettere in campo tutti quei fattori di non basta più. Enti locali, privati e associa- competitività esterni all’impresa per consentire la zioni hanno l’obbligo di coordinare le forze». crescita delle dinamiche aziendali e allo stesso La dinamica della domanda di lavoro in re- tempo lo sviluppo del territorio: meno presgione si conferma bassa anche nel secondo sione fiscale sulle imprese e più infrastrutture, ad trimestre dell’anno. Qual è la situazione a li- esempio. Occorre sostenere le imprese attraverso vello locale e che misure occorrono? la possibilità di accedere al credito, avendo il co«La perdita di occupazione rappresenta un raggio di non analizzare soltanto il business plan forte impoverimento per il nostro territorio, dell’impresa ma anche l’audacia dell’idea».

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OCCUPAZIONE

Riformare il mercato del lavoro per crescere Dopo l’approvazione della manovra il governo Monti dovrà ora fornirle «il pezzo mancante che la sorregge», come lo ha definito il ministro Fornero. Tra le ipotesi, il modello della flexsecurity Leonardo Rossi

igore, equità e crescita: sono questi i tre pilastri sui quali il governo di Mario Monti ha annunciato di voler impostare la propria azione. La manovra economica varata dal Consiglio dei ministri ha subito tolto ogni dubbio sugli intenti di rigore, mentre l’equità è stata faticosamente cercata grazie anche al confronto con i gruppi parlamentari. Resta per ora inatteso il capitolo dedicato alla crescita, nella quale un ruolo importante dovrà assolutamente giocarlo anche una riforma del mercato del lavoro. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, si è già detto disponibile a una revisione in questo ambito, sostenendo che «il cambiamento nel sistema delle pensioni richiede a sua volta, come necessità e non come elemento optional, un diverso funzionamento nel mercato del lavoro e anche una diversa concezione del lavoro». La riforma del sistema previdenziale introdotta dalla manovra, infatti, «punta tutto su un’altra cosa che nella riforma non c’è», ovvero «il pezzo mancante che la sorregge: un mercato del lavoro che funziona. La riforma del lavoro è il pezzo su cui bisognerà concentrarsi appena finita questa prima parte. In un mercato più flessibile ci vogliono ammortizzatori sociali perché una società degna non lascia nessuno senza reddito. Ma qui ab-

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biamo bisogno di risorse e quindi di crescita. È una sfida, una vera sfida, non un esercizio accademico». Un’ipotesi di lavoro che il ministro potrebbe prendere in seria considerazione è quella da tempo ventilata, tra gli altri, dal senatore Pietro Ichino, e basata sul cosiddetto modello della “flexsecurity”, già adottato in alcuni paesi scandinavi. Un modello che Ichino riassume con lo slogan «tutti a tempo indeterminato, con un contratto più flessibile, ma con maggiore sicurezza nel caso di perdita del posto»: la proposta consisterebbe infatti in «una grande intesa tra lavoratori e imprenditori, nella quale questi ultimi rinunciano al lavoro precario in cambio di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, reso più flessibile con l’applicazione di una tecnica di protezione della stabilità diversa da quella attuale per i licenziamenti dettati da motivo economico-organizzativo». In sostanza, dopo un periodo di prova di sei mesi, per il lavoratore si applicherebbe la protezione prevista dall’articolo 18 dello Statuto per il licenzia-


Le proposte del governo

A sinistra, Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali; sopra, Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione

mento disciplinare e contro il licenziamento discriminatorio, per rappresaglia, o comunque per motivo illecito, mentre in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi il lavoratore riceverebbe dall’impresa un congruo indennizzo che cresce con l’anzianità di servizio. A questo si aggiungerebbe «un’assicurazione complementare contro la disoccupazione», finanziata interamente a carico delle imprese, «che porta il trattamento complessivo a un livello paragonabile a quelli scandinavi: durata pari al rapporto intercorso con limite massimo di tre anni, con copertura iniziale del 90% dell’ultima retribuzione (e decrescente nei due anni successivi fino al 70%), condizionata alla disponibilità effettiva del lavoratore per le attività mirate alla riqualificazione professionale e alla rioccupazione». Questo mentre il ministro Fornero ha già indicato il capitolo del reddito minimo garantito come una delle sue «preferenze» a titolo personale e «una direzione verso la quale il governo lavorerà». Non solo: durante la sua prima uscita a Bruxelles ha aggiunto che

«i difetti del nostro mercato del lavoro, il suo dualismo e i principi di flexsecurity che dovrebbero ispirarne la riforma» sono «ben chiari» al Governo. «So – ha concluso – che c’è molta attesa sulle azioni che prenderemo: voglio assicurare che l’Italia aderisce convintamente agli obiettivi ambiziosi della strategia 2020 e che il governo considera lo spirito di partnership e la cooperazione con la Ue essenziali». Ma al tema del lavoro è strettamente connesso anche quello della formazione, come ha sottolineato di recente il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo: «La nuova imprenditorialità è la vera sfida per i giovani», ha detto. «Io credo che il tutto si debba creare dalla scuola. È chiaro che la situazione per la creazione di posti di lavoro passa attraverso un percorso più articolato che significa capacità di attrazione da parte del territorio, di aziende e centri di ricerca». «Il Paese – ha aggiunto – ha bisogno di una ripresa dal punto di vista economico e nello stesso tempo di un’attenzione alla scolarità dei ragazzi». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 53


OCCUPAZIONE

Massimo impegno per giovani e donne Gianfranco Simoncini, assessore regionale a Lavoro e formazione, illustra interventi varati e progetti futuri. E dice: «Necessaria più aderenza ai bisogni del territorio» Riccardo Casini stato pubblicato lo scorso 15 dicembre il nuovo bando regionale per la presentazione delle domande per la legge per lʼimprenditoria di giovani, donne e lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali: secondo Gianfranco Simoncini, assessore con deleghe a Lavoro e formazione, si tratta della conferma dell’impegno della Regione in favore di queste fasce. «Lʼattenzione per lʼoccupazione dei giovani e delle donne – spiega – è massima: siamo infatti convinti che non possa esserci sviluppo senza un coinvolgimento maggiore di queste due componenti, che sono state fortemente penalizzate dalla crisi economica con le cui conseguenze stiamo tuttora facendo pesantemente i conti anche in Toscana. Ed è per questo che abbiamo messo in campo una serie di misure che vanno nella direzione di rafforzare le competenze dei giovani e delle donne, premiarne le idee imprenditoriali, sostenerne lʼaccesso al mercato del lavoro e contrastare la precarietà». La nuova legge per l’imprenditoria è compresa tra queste? «Certo. Grazie a essa mettiamo a disposizione risorse pari a circa 12 milioni di euro per favorire lʼaccesso al credito con garanzie, contributi in conto capitale o la partecipazione al capitale dellʼimpresa da parte di chi vuole costituire una nuova attività o consolidarne una già esistente da meno di tre anni. Per i giovani abbiamo previsto un limite di età a 40 anni, mentre per le donne e i lavoratori non cʼè un limite. Per il la-

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Sopra, Gianfranco Simoncini, assessore regionale a Lavoro e formazione

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voro delle donne sta poi per uscire un nuovo bando mirato, rivolto alle over 35, cui destiniamo circa 5 milioni». Quali provvedimenti sono in cantiere invece in favore del lavoro dipendente? Sono in programma ulteriori incentivi per le aziende che assumono? «Da diversi anni ormai finanziamo incentivi di questo tipo, con un occhio di riguardo per la stabilizzazione dei lavoratori precari, in particolare dei giovani e delle donne, ma anche dei lavoratori vicini alla pensione che hanno perduto il lavoro a causa della crisi. Abbiamo previsto, per il 2011, oltre 8 milioni di euro, cui se ne aggiungeranno altri 9 per il 2012: serviranno a favorire l’assunzione a tempo indeterminato, a tempo pieno o parziale, di donne over 30, di giovani laureati con contratti indeterminati o determinati di almeno un anno, di lavoratori provenienti da liste di mobilità, di soggetti svantaggiati, di disoccupati prossimi alla pensione, o ancora, per la stabilizzazione di precari, la proroga di contratti a tempo determinato e la trasformazione di contratti di collaborazione. Molti interventi riconfermano quelli varati lo scorso anno, ma ci sono anche misure nuove, studiate per favorire lʼoccupazione giovanile e contrastare forme di sfruttamento e precariato». Ad esempio? «Penso alla possibilità di incentivare assunzioni di dottori in ricerca o gli incentivi previsti per coloro che assumono un tirocinante. Da ricor-


Gianfranco Simoncini

Sulla formazione abbiamo operato un forte cambiamento: meno corsi tradizionali e più aderenza ai bisogni del territorio e del tessuto produttivo

dare anche lʼimpegno, che riconfermiamo, per cofinanziare e gestire la cassa integrazione e la mobilità in deroga e per le numerose vertenze aziendali, con lʼobiettivo di garantire la tenuta sociale e scongiurare gravi perdite produttive. Di grande importanza anche la formazione continua dei lavoratori e degli imprenditori, uno strumento sul quale contiamo per migliorare la qualità del lavoro, introdurre elementi di innovazione, favorire il rilancio e la riconversione di aziende in crisi». A proposito di formazione, quali sono le iniziative in programma in questo ambito? Quale contributo attendete ora da parte del Fondo sociale europeo? «Le attività di formazione professionale sono finanziate dalla Regione, che attribuisce le risorse alle Province. La principale fonte di finanziamento è il Fondo sociale europeo che destina alla Toscana, per il periodo 2007-2013, oltre 665 milioni di euro: una fetta consistente di queste risorse sono utilizzate per valorizzare

il nostro capitale umano. Negli ultimi anni, in Toscana, nel campo della formazione si è operato un forte cambiamento: meno corsi tradizionali e più percorsi mirati, più attenzione alla qualità e aderenza ai bisogni del territorio e del tessuto produttivo. Tutto questo si è tradotto in un nuovo meccanismo per lʼattribuzione dei fondi ai soggetti pubblici e privati, non più basato solo sulla “chiamata di progetti”, ma sempre di più sulla concertazione e lʼindividuazione di priorità. Una parte delle risorse viene così assegnata tramite gara di appalto, in modo da definire nel bando i criteri e le necessità». Quali risultati ha portato questo cambio di rotta? «Il bando per la formazione nei settori strategici dellʼeconomia ha dato già ottimi risultati anche in termini di occupazione. E con la recente revisione dei criteri di accreditamento, le agenzie formative sono passate da 1.082 a 633. Ma cʼè un altro intervento che qualifica la nostra azione in campo formativo: da quest’anno è partita

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XXXXXXXXXXX OCCUPAZIONE

Nel 2011 assunzioni in crescita ma il saldo resta negativo Secondo l’Indagine Excelsior sulle imprese del settore privato con almeno un dipendente, realizzata da Unioncamere Toscana in collaborazione con il Ministero del Lavoro, tornano a crescere le assunzioni programmate in regione per il 2011. Una crescita che porterà a un totale di oltre 60mila nuovi assunti previsti, ma che non è sufficiente per invertire il segno del saldo occupazionale tra entrate e uscite, che resta negativo per 3.750 unità (-0,5%). Le maggiori criticità si registrano nelle microimprese, che prevedono un saldo negativo dello 0,8%, così come quelle artigiane; in leggera crescita, invece, i livelli occupazionali delle imprese di maggiori dimensioni (+0,1% per quelle con almeno 250 dipendenti). A livello settoriale è l’edilizia a prevedere la flessione più consistente (890 posti di lavoro in meno, pari all’1,3%), comunque in attenuazione rispetto al calo del 4% registrato nel 2010, mentre l’industria, con una diminuzione dello 0,4% (1.050 posti di lavoro) si allinea alla dinamica occupazionale del commercio (-0,5%) e degli altri servizi (-0,4%). Per quanto riguarda i nuovi occupati, solo il 23% delle 60.280 assunzioni previste per il 2011 è a tempo indeterminato (-1,4% rispetto al 2010), mentre la forma contrattuale più utilizzata è il contratto a tempo determinato (35%, che sale al 52% in riferimento alle sole assunzioni non stagionali). Un altro dato rilevante è che per la prima volta dal 2007 diminuisce la quota, oggi pari al 9,5%, di laureati richiesti dalle imprese toscane sul totale delle assunzioni non stagionali. Tra le figure professionali più richieste, i lavoratori high-skill rappresentano il 18,7% delle assunzioni non stagionali, quota in aumento rispetto all’anno precedente anche se ancora inferiore rispetto al dato nazionale (22,4%). E fra le caratteristiche determinanti per l’assunzione, a contare in misura crescente è l’esperienza pregressa, rilevante nel 60,4% delle assunzioni programmate; discorso opposto per l’età, che risulta non rilevante nel 41,6% dei casi.

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lʼofferta regionale integrata di istruzione e formazione professionale, grazie a un finanziamento di oltre 10 milioni di euro. La giunta ha approvato gli indirizzi per organizzare i percorsi triennali, garantendo un’offerta univoca e finalizzata al rilascio delle qualifiche professionali definite secondo standard regionali e conseguite, in alternativa, negli istituti professionali, che rilasceranno qualifiche in regime di sussidiarietà secondo un modello integrato, o secondo i canali tradizionali della formazione professionale. Per quanto riguarda il Fse, la Toscana è impegnata in prima linea, anche come coordinamento della IX commissione nella Conferenza delle regioni, per rivendicare un ruolo nelle scelte determinanti della programmazione 2014-2020». Nei giorni scorsi ha chiesto anche un incontro con il neo ministro Elsa Fornero. Quali sinergie pensa sia possibile stabilire tra Regione e Ministero? «Abbiamo chiesto un incontro al ministro, sempre a nome del coordinamento della IX Commissione delle Regioni, perché è per noi indispensabile fare il punto su tante questioni aperte che richiedono una definizione in tempi brevissimi per scongiurare problemi a livello sociale e assicurare un reddito ai lavoratori colpiti dalla crisi: è il caso della cassa integrazione in deroga, che le Regioni gestiscono sulla base di un accordo con il governo che dovrà essere rinnovato. C’è poi il tema dellʼattuazione del testo unico sullʼapprendistato, su cui era stata ipotizzata la creazione di una cabina di regia Ministero-Regioni. Su tutti questi temi, come pure sul negoziato per il prossimo periodo del Fondo sociale europeo, credo e mi auguro sia possibile un lavoro comune». Ma come giudica i primi orientamenti del nuovo governo in materia di lavoro? «Sto seguendo con attenzione le proposte del governo: per quanto riguarda il lavoro, in particolare, cogliamo segnali positivi negli incentivi, inseriti nella manovra, per lʼassunzione di giovani e donne, mentre sul tema della crescita sono convinto che si possa e si debba fare qualcosa di più, che serva un investimento più forte».



INNOVAZIONE

Originalità e intraprendenza Oltre 300 progetti innovativi sviluppati sul territorio fanno della Toscana una delle regioni più avanzate dal punto di vista dell’impiego e della ricerca tecnologica. Massimo Abbagnale illustra gli investimenti e la ricettività delle imprese Nicolò Mulas Marcello

a Toscana è un territorio fertile per quanto riguarda l’innovazione. La presenza delle università, sinonimo di ricerca, e lo sviluppo di incubatori di impresa, sono motori per la crescita delle imprese del territorio e anche un motivo di attrazione per quelle aziende che vogliono insediarvisi. L’innovazione non riguarda solo i settori che per loro natura sono legati alle nuove tecnologie, ma anche quelli più tradizionali. «Il grado di innovazione delle aziende toscane – spiega Massimo Abbagnale, presidente di Sici, la società di gestione del risparmio del sistema finanziario toscano, è di alto livello, confermando, da una parte, lo spessore della ricerca e sviluppo condotta nei centri scientifici locali e, dall’altra, l’originalità, l’inventiva e l’intraprendenza di imprenditori e pmi del territorio». Possiamo fare un quadro generale del grado di innovazione delle aziende toscane? «Dall’osservatorio di Sici, dopo quasi quattro anni di operatività del Fondo Toscana Innovazione, abbiamo potuto rilevare come il quadro sia variamente articolato e caratterizzato da elementi positivi per quanto riguarda il grado di innovatività dei progetti e delle idee espresse dal tessuto economico regionale. Con un’intensa attività di scouting delle opportunità di investimento siamo riusciti a intercettare più di 300 progetti innovativi originati direttamente

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dal territorio, o che in questo volessero insediarvisi per lo sviluppo del business, trovandovi per vari motivi un contesto economico adatto per la crescita. La Toscana risulta, infatti, un’area fertile per l’innovazione, avvantaggiandosi della presenza di università e centri di ricerca prestigiosi, di numerosi incubatori per le start up e poli tecnologici, di grandi aziende storicamente votate all’innovazione tecnologica che nel tempo hanno dato vita a indotti e nuove imprese altamente specializzate». E le imprese che ruolo svolgono in questo sistema? «Non sono soltanto gli ambienti accademici, o di ricerca generalmente intesa, i soggetti principali dell’introduzione di innovazione di prodotto o di processo quanto, soprattutto, per quanto ci è stato possibile rilevare, le aziende stesse: il mondo industriale e il tessuto imprenditoriale giocano, infatti, un ruolo di primo piano nella continua proposta di introduzione di novità tecnologiche, sia nei settori tradizionalmente a più alti contenuti innovativi (energie rinnovabili, cleantech, nanotecnologie) sia in quelli più tradizionali e maturi, quali il tessile o la meccanica». Quali sono i settori più sviluppati e che investono in ricerca e innovazione? «A livello regionale possiamo individuare i cluster dell’Ict, concentrato soprattutto nella provincia di Pisa, e quello delle “life sciences” in


Massimo Abbagnale

generale, di cui una parte importante è insediata nel Senese. Anche nel biomedicale e nella meccanica possono essere rintracciati elementi di forte competitività e originalità». Qual è la situazione per quanto riguarda i fondi destinati alle imprese? «Oltre alle molteplici forme di sostegno in linea di debito, di finanziamenti e di contributi messi a disposizione dalla Regione o da Fidi Toscana, il Fondo Toscana Innovazione è oggi in piena attività nel supportare lo sviluppo e il consolidamento di quelle aziende che fanno dell’innovazione il driver fondamentale di crescita per superare con successo la crisi economica». Qual è il vostro compito e quali sono le previsioni per il futuro dell’economia toscana? «La mission che ci è stata affidata dai sottoscrittori, tra cui Regione Toscana e le fondazioni bancarie del territorio, è quella di investire in pmi toscane con forti prospettive di crescita e attive in settori ad alto contenuto tec-

nologico o innovativo, che stiano sviluppando innovazioni di prodotto e di processo e che vogliano crescere dando vita a nuovi sviluppi industriali. Interveniamo direttamente nel capitale sociale dell’azienda, supportando i processi di sviluppo con risorse finanziarie, competenze e capacità di network per raggiungere la massima valorizzazione possibile della stessa entro i termini d’intervento concordati. L’obiettivo è quello di innescare, attraverso la ricerca selettiva e mirata, la creazione e il consolidamento di nuove realtà industriali, cicli virtuosi di sviluppo per il contesto economico di riferimento e per tutti gli attori coinvolti, cercando di favorire nel tempo una gemmazione sempre più naturale di diverse e nuove opportunità, competenze e business. Oggi, il nostro portafoglio si compone di 13 partecipazioni e, con l’impiego delle risorse del Fondo ancora disponibili, ci attendiamo, nei prossimi due esercizi, di perfezionare ulteriori 10-15 investimenti in aziende toscane campioni d’innovazione».

Sopra, Massimo Abbagnale, presidente di Sviluppo imprese centro Italia

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INNOVAZIONE

Si può crescere I dati dell’Istituto regionale di programmazione economica della Toscana confermano il successo delle imprese che investono in innovazione. Enrico Bocci spiega quali sono le difficoltà delle pmi Nicolò Mulas Marcello

icerca e innovazione sono il volano per la crescita anche in tempo di crisi. In Toscana sono molte le imprese che puntano su questo aspetto, come quelle del settore della metalmeccanica e, in particolare, della meccanica di precisione. Ma l’ostacolo più grande rimane quello finanziario. L’accesso al credito è infatti un problema che permane anche in uno scenario intraprendente come quello toscano. La Regione sta pianificando supporti su questo fronte, cercando di mediare tra tessuto imprenditoriale e banche. «Innovazione, credito e internazionalizzazione – sottolinea Enrico Bocci, presidente della commissione Ict e servizi di Confindustria Toscana – sono i tre pilastri su cui si dovrebbe basare un rilancio dell’economia. Oggi si assiste anche a una contrazione, come si evince dalla manovra del nuovo governo, ma occorre vedere quali sono le misure previste per il rilancio. La crescita dovrebbe passare attraverso una defiscalizzazione, che però stride con ciò la nuova tassazione prevista». Dal punto di vista dell’attenzione alla tecnologia da parte delle aziende, la Toscana è una regione all’avanguardia. Qual è il livello di innovazione delle imprese del territorio? «I recenti dati Irpet dimostrano che le aziende che hanno successo e che galleggiano al di sopra della crisi con risultati, sono quelle che hanno investito in tecnologia, processo e in-

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novazione anche nei rapporti con gli altri. Stanno tra l’altro dando risultati i primi contratti di rete grazie ai quali le imprese rimangono all’avanguardia. Il livello è buono sia nei settori tradizionali sia in quelli legati alle tecnologie». Quali sono i settori più sviluppati per quanto riguarda le nuove tecnologie in Toscana e qual è il grado di esportazione di queste tecnologie? «Sicuramente la metalmeccanica che ha grandi risvolti tecnologici, con realtà molto importanti che però non avendo rinnovato il contratto, pur essendo all’avanguardia, rischiano di rimanere in crisi lo stesso. Le imprese però che stanno andando bene sono quelle che hanno innovato i prodotti e che sono connotate di forte innovazione tecnologica, cosa che ci permette di essere concorrenziali anche in mercati difficili come quelli internazionali. Il grado di esportazione è alto soprattutto per quanto riguarda la meccanica di precisione». Parliamo di investimenti. In tempo di crisi è difficile investire ma chi lo fa in innovazione ottiene quasi sempre ottimi risultati. Da questo punto di vista qual è stata nel-


Enrico Bocci

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Il grado di esportazione è alto soprattutto per quanto riguarda la meccanica di precisione

l’ultimo anno la propensione delle imprese del territorio? «La cosa più importante è che a chi decide di investire in innovazione non manchi poi “l’ultimo miglio” ovvero quella spinta finale data dagli strumenti che permettano di ottenere risultati. Oggi quello che trattiene lo sviluppo delle imprese spesso è la finanza. Credo che in questo momento occorre pensare ad una nuova “ici”, che sta per innovazione, credito e internazionalizzazione. Le banche in questo momento devono ripensare alla gestione del credito alle imprese. La Regione Toscana in questo momento si sta dando da fare per dare un supporto su questo fronte, ma ancora oggi accade che viene dato credito solo a chi non ne ha realmente bisogno, cioè a chi è già solido. C’è chi ha ottime idee e la metà dei mezzi per

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realizzarlo, quindi un ripensamento del credito va fatto. Innovazione, credito e internazionalizzazione sono i tre pilastri su cui si dovrebbe basare un rilancio dell’economia. Oggi si assiste anche a una contrazione, come si evince dalla manovra del nuovo governo, ma occorre vedere quali sono le misure previste per il rilancio. La crescita dovrebbe passare attraverso una defiscalizzazione, che però stride con ciò la nuova tassazione prevista». Qual è il rapporto tra imprese e università per quanto riguarda la ricerca nel campo delle nuove tecnologie e la loro applicazione nella produzione industriale? «Purtroppo l’impressione è che ricerca e innovazione vanno ancora su binari paralleli, mancano quegli scambi che permettano una gestione più agevole. L’esigenza dell’Università di fare cassa e di innovarsi da parte dell’impresa oggi è molto più stringente e ha fatto sì che i binari fossero più ravvicinati. Non mancano gli sforzi per far sì che le imprese entrino negli spin off universitari, che fanno parte della sopravvivenza della ricerca universitaria, e d’altra parte che il mondo universitario si pone con un linguaggio non molto vicino a quello che è il mondo dell’impresa».

In apertura, Enrico Bocci, presidente della commissione Ict e servizi di Confindustria Toscana

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IL SETTORE TESSILE

Nel cuore del distretto pratese Tecnologie, know how e capacità di innovazione hanno spinto le produzioni tessili verso una “maturità” neanche ipotizzabile decenni fa. L’esperienza della Rifinizione Nuove Fibre Antonella Chirico ra le aziende che hanno tracciato la storia del distretto tessile pratese e che ancora svolgono un ruolo primario, vi è la Rifinizione Nuove Fibre Spa. Il presidente Dalila Mazzi, e i consiglieri delegati Giancarlo Mazzi e Marco Santi, ci accolgono in via Reno, nel cuore della piana industriale. Nell'aria i vapori di un opificio che corre a pieno ritmo. Di sottofondo grandi linee di macchine in funzione. Musica, se consideriamo la pesante crisi che negli anni ha ridotto al silenzio tanti nomi storici di questa operosa orchestra del tessuto. Nuove Fibre ha però molto da raccontare. La crisi del distretto è parte di una storia che affonda le proprie radici fin dai primi anni '60, ed è stata il pungolo per rafforzarne i propositi di mercato, affrontandolo con nuova concretezza. «Partiamo da una nota positiva, - ha dichiarato Dalila Mazzi - le evo- Dalila Mazzi, con i luzioni di questo mezzo secolo consiglieri delegati Giancarlo Mazzi e hanno determinato una migliore Marco Santi. Rifinizione qualità del prodotto e del modo Nuove Fibre ha sede a di lavorare. Tecnologie, know Montemurlo (PO) www.nuovefibre.com how e capacità di innovazione hanno spinto le produzioni verso una "maturità" neanche ipotizzabile decenni fa. Le criticità degli ultimi anni, - continua - con la crisi globale, hanno però inciso sulla competitività dei nostri prodotti rispetto ad altri paesi, poiché le imprese italiane devono sostenere maggiori costi. Pensiamo solo al maggior impatto delle spese energetiche e dei significativi investimenti necessari alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza, senza però una corrispondenza aritmetica con le tariffe di lavorazione».

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Dalila Mazzi, Giancarlo Mazzi, Marco Santi

Ovviamente, recessione e nuove esigenze del mercato hanno indotto l’azienda ad apportare alcune modifiche strutturali. «Pur senza intaccare il valore e la qualità delle nostre produzioni, - ha ribadito il presidente della Rifinizione Nuove Fibre - i nuovi scenari hanno cambiato anche l'organizzazione generale della fabbrica. Oggi lavoriamo milioni di metri di tessuto all'anno, ma una gran parte di questi sono piccoli e medi ordinativi, spesso con lavorazioni complesse e impegnative. Per affrontare queste variazioni, abbiamo dato nuova energia a due fattori da sempre presenti nella nostra azienda. L'attenzione alle nuove tecnologie e la giusta valorizzazione dei "saperi" delle maestranze. Abbiamo cioè riaffermato il valore di alcune specificità esclusive per vocazione e tradizione. Da noi la parola "nobilitazione" acquista un significato ancora molto difficile da imitare, rintracciabile nella brillantezza di certi tessuti per l'arredo, nella mano dei velluti o nella sofisticata leggerezza della maglieria più preziosa». Attraverso questa filosofia d’azione, l’impresa si rivolge da sempre a più mercati, molto diversi tra loro. «Per noi, maglieria, settore auto, arredamento e abbigliamento, anche tecnico, sono diversi aspetti di un unico carattere: lo stile che ci contraddistingue. È un valore – chiosa Dalila Mazzi - che abbiamo sempre avuto. Con passione ed entusiasmo ci spingiamo verso procedimenti ad alto valore aggiunto, cercando, da sempre, modi nuovi per valorizzare il tessuto».

Diverse produzioni richiedono differenti pratiche di finissaggio e tintoria, e ovviamente specifici macchinari, per questo il gruppo guidato dai titolari Dalila e Giancarlo Mazzi e da Marco Santi investe significative somme sul rinnovamento aziendale. «L'alta specializzazione delle lavorazioni – afferma - pretende tecnologie sempre più adeguate e investimenti importanti. Ma questi ultimi riguardano anche spese rivolte ai tempi di realizzazione del lavoro. Molte volte per ottenere uno specifico effetto cromatico o una specifica caratteristica, l’iter produttivo richiede dei passaggi ulteriori per completare il processo. Alcune lavorazioni, effettuate con macchinari di ultimissima generazione, si avvicinano moltissimo al concetto di artigianalità. Ma, nonostante le attrezzature moderne, non c'è centimetro di tessuto che non passi più volte dalle mani di operai esperti. Le tariffe rimangono quelle di una lavorazione concorrenziale, ma il quid in più che offriamo al cliente è la nostra attenzione quotidiana». Con queste solide basi, il futuro non sembra così nefasto. «Gli ultimi tre anni – conclude l’imprenditrice - hanno richiesto un notevole, costante e straordinario impegno sia nostro, sia di tutte le persone che lavorano con noi. Le difficoltà legate al mercato globalizzato non sono mancate, ma siamo certi che il futuro abbia buoni margini di ottimismo, soprattutto per le aziende che, come la nostra, hanno continuato a crederci e a investire in maniera coscia e strategica». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 85


Nuove lavorazioni per i tessuti Grazie all’innovazione tecnologica, oggi si effettuano sui tessuti lavorazioni speciali, come la graffatura, la spazzolatura e la marcatura laser. L’esperienza di Ivo Vignali

gni settore produttivo si modifica con il passare del tempo. Cambiano le esigenze, varia la domanda e, di conseguenza, il servizio o bene commercializzato si trasforma. Le imprese, consapevoli di questo dato di Antonella Chirico fatto, cercano di rinnovarsi e aggiornarsi continuamente, per non farsi trovare impreparate alle richieste. Il punto di Ivo Vignali, titolare della Rifinizione Vignali, che lavora nel mondo del tessile da oltre mezzo secolo La sua azienda è impegnata continuamente nella ricerca di nuove tecnologie che permettano di valorizzare una storica tradizione. Quale percentuale del vostro fatturato viene investita in ricerca e quali sono le ultime tecnologie da voi introdotte? «La Rifinizione Vignali si è sempre distinta per le continue innovazioni introdotte all’interno della filiera produttiva dell’impresa. Prima della crisi del 2008, la quota di fatturato che ogni anno era destinata ai nuovi investimenti, oscillava intorno al 6-7%. Dopo tale data, ovviamente, la percentuale ha subito un lieve calo, ma nonostante tutto, abbiamo acquistato nuovi macchinari. Grazie

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Ivo Vignali

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Oltre ai tessuti naturali quali il cotone e il lino, proponiamo anche tessuti sintetici e artificiali come il poliestere, il nylon, l’acrilico, la viscosa e le loro miste

Ivo Vignali, titolare della Rifinizione Vignali di Montemurlo (PO) www.vignali.com

all’innovazione tecnologica, siamo in grado di effettuare sui tessuti lavorazioni speciali, come la graffatura, la spazzolatura (a disegno e a effetto cavallino) e la marcatura laser». In cosa consistono queste tecniche e quali risultati permettono di ottenere? «Le lavorazioni speciali presentano caratteristiche diverse: la goffratura imprime un disegno a caldo sul tessuto; nelle spazzolature a disegno si determinano diverse direzioni del pelo del velluto in base all’ornamento scelto; l’effetto cavallino invece riproduce l’aspetto del mantello del puledro; mentre la marcatura laser consente tagli e incisioni superficiali sui tessuti, con figure personalizzabili in base alle richieste dell’utenza». Quale tipologia di tessuti lavorate? «Lavoriamo sia tessuti destinati all’abbigliamento che tessuti per arredo, anche se il nostro core business si concentra su quest’ultimo comparto. Presentiamo alla nostra clientela un vasto ventaglio di offerta. Oltre ai tessuti naturali quali il cotone e il lino, proponiamo anche tessuti sintetici e artificiali come il poliestere, il nylon, l’acrilico, la viscosa e le loro miste. Con i nostri articoli, siamo presenti in tutto il territorio nazionale e in molti paesi esteri». Come ha reagito la società alla crisi mondiale e su quali aspetti ha puntato soprattutto per non perdere terreno? «La crisi del 2008 è stata molto pesante per

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tutti e la Rifinizione Vignali ha reagito ristrutturandosi per essere adeguata alle nuove domande del mercato. Fortunatamente, seppur con qualche perdita, siamo riusciti a mantenere numeri importanti di clienti. L’azienda dal 1947, anno della sua fondazione, ad oggi ha incrementato la sua proposta costantemente non solo per fronteggiare momenti negativi come questi, ma per rimanere altamente competitiva». La Rifinizione Vignali, nel corso della sua storia è cresciuta parecchio, per il prossimo futuro si prospetta uno scenario che segua questa tendenza? «Quando le redini del gruppo, sono passate nelle mie mani, la società ha cambiato volto. Innanzi tutto abbiamo rinnovato l’intero comparto macchine, costruendo una sede più grande a Montemurlo, dove ci troviamo attualmente. Nel 1965 abbiamo acquisito la Rifinizione Sintofibre specializzata per i tessuti a maglia, e nel 1973, sempre per incrementare la nostra capacità produttiva, abbiamo fondato una nuova tintoria (Tintoria MA-VI) che affianca quella interna già esistente. Recentemente abbiamo sviluppato applicazioni di lamine a disegno, prodotti poliuretanici, ignifughi e nanotecnologici. L’impresa è impegnata continuamente nella ricerca di nuove tecnologie che possano permettere di valorizzare tutti i nostri sforzi economici e umani, per tale motivo, per il futuro contiamo di proseguire su questa strada». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 87


Il capo in lana non teme la crisi Un settore che non conosce crisi. I capi in Alpaca, Angora, Mohair e Cashmere tengono il mercato anche nel generale calo dei consumi del settore dell’abbigliamento. Le ragioni spiegate da Massimo Menchi Martelli Valerio Germanico

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Alpaca è una fibra rinomata per la sua leggerezza, per le sue caratteristiche termiche e per la speciale sensazione al tatto – che la rende simile alla seta –, però la particolarità che la rende veramente unica è che viene prodotta naturalmente dall’animale in 22 diverse varietà di colori: dal bianco più puro al nero carbone, passando per il fulvo, compresa l’intera gamma di marroni e beige. Inoltre è una fibra priva di lanolina, che non infeltrisce e non causa reazioni allergiche, essendo ben tollerata anche quando portata direttamente sulla pelle». A parlare è Massimo Menchi Martelli, titolare dell’impresa che detiene il titolo di primo produttore europeo di tessuti realizzati con questa fibra. «La percentuale di tessuti di Alpaca, o misto Alpaca, all’interno della nostra produzione, ricopre circa il 30% del fatturato. Il resto deriva dalla lavorazione di altre fibre pregiate come l’Angora, il Mohair e il Cashmere». La Menchi Tessuti è un’impresa specializzata nel settore dei tessuti di gamma medioalta. Menchi Tessuti si è da sempre focalizzata sulla produzione di tessuti lanieri per capospalla. Quali particolari lavorazioni sono destinate a questo tipo di tessuti? «Si tratta di un numero elevato di lavorazioni – i nostri tessuti vengono sottoposti, nel solo processo di finissaggio, in media, a una ven-

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Massimo Menchi Martelli, titolare della Menchi Tessuti Spa, Prato www.menchitessuti.it


Massimo Menchi Martelli

tina di lavorazioni differenti. È quindi difficile riassumere o spiegare in poche battute i numerosi e complessi processi che intervengono nella produzione di questi tessuti. Si può comunque affermare che la parte concernente il finissaggio è la più importante, essendo quella in cui si crea la maggior parte del valore aggiunto di un tessuto». Il vostro segmento di mercato ha risentito della crisi o, rivolgendosi a un target alto, ha tenuto meglio il mercato? «Lavorando per i grandi nomi della moda nazionale e internazionale – come il gruppo Max Mara, Armani, Prada, Burberry, Aquascutum, Massimo Dutti, Vestebene, Gil Bret, El Corte Inglés – il nostro prodotto è rimasto all’interno di un canale di vendita privilegiato e fuori dal raggio di azione della crisi economica. Quindi la scelta di rivolgerci a una fascia alta o medioalta del mercato – che generalmente ha tenuto meglio sul fronte dei consumi – è sicuramente ancora premiante e, in ogni caso, è l’unica possibile per un produttore italiano che punti sulla qualità del prodotto e della lavorazione». Quali sono attualmente le vetrine più importanti e i mercati che offrono le maggiori opportunità? «Finora i nostri mercati principali sono stati, oltre a quello italiano, la Russia, gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, la Francia e il Regno Unito. Quindi tutta l’area europea e americana, che sono gli sbocchi tradizionali dell’alta moda. Adesso però lo scenario sta cambiando e si affacciano possibilità in nuovi territori, come quelli del Far East, oggi sempre più avidi di prodotti fashion e soprattutto di made in Italy. Fra questi, sicuramente, le opportunità maggiori sono nel mercato cinese». Una domanda sulla moda. Quali saranno

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Lavorando per i grandi nomi della moda, il nostro prodotto è rimasto in un canale di vendita privilegiato

le tendenze per i capospalla in tessuti lanieri per il prossimo inverno 2012? «Continuerà a esserci una ricerca su aspetti vintage, un look che si rifà agli anni Settanta, con tessuti doppi, tripli o in ogni caso molto compatti per dar vita a capi strutturati. Le mani saranno crêpe e in ogni caso compatte, anche laddove c’è la necessità di una certa morbidezza al tatto. I colori, generalmente sobri, non disdegneranno qualche inserimento di disegni brillanti, sia nelle linee uomo che in quelle per la donna. Tuttavia, la preoccupazione di avere delle rimanenze tende a far sì che i nostri clienti siano mediamente prudenti nel cedere agli eccessi stilistici». Possiamo fare un bilancio dell’ultimo biennio di attività e delineare le prospettive per il prossimo futuro? «Menchi Tessuti non ha risentito della crisi del 2009 e, negli ultimi cinque anni è sempre cresciuta, passando da un fatturato di 16 milioni di euro a una previsione di circa 25 milioni per il 2011. Per il futuro – salvo stravolgimenti economici di portata mondiale – pensiamo di poter continuare a crescere con l’obiettivo di raggiungere quota 30 milioni di euro nel prossimo triennio».

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IL SETTORE TESSILE

Particolari lavorazioni del cashmere R

Le imprese nostrane, per fronteggiare la crisi e porre basi solide per il futuro, investono sempre di più in macchinari tecnologicamente avanzati e in metodi di ultima generazione. L’analisi di Danio Melani Antonella Chirico

Danio e Stefano Melani, titolari della Marshbird. L’azienda ha sede a Prato www.marshbird.com

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innovarsi senza tralasciare i sistemi e i prodotti tradizionali. Si può sintetizzare così l’azione delle aziende italiane in questo particolare momento storico. Le società puntano su novità che possono attirare il mercato, mantenendo alta l’attenzione sui punti di forza tradizionali. Le imprese investono buona parte del fatturato, su metodi moderni e innovativi macchinari. Danio Melani, responsabile dell’ufficio tecnico della Marshbird, ci racconta l’esperienza quarantennale dell’azienda tessile toscana. Marshbird da sempre si distingue sul mercato per la scelta di trattare fibre pregiate quali cashmere, seta e angora. Quali i motivi di questa scelta e quanto è stata premiante fino ad oggi? «Ci siamo letteralmente innamorati del cashmere durante il nostro primo viaggio in Cina. Lì abbiamo visitato i luoghi d’origine di questa pregiata fibra e abbiamo potuto toccare con mano le sue eccelse proprietà, decidendo di investire su di essa. Ad oggi la scelta è stata ben ripagata. Ci rivolgiamo a una fascia di pubblico alta e medio/alta che richiede elevata qualità. Non solo cashmere ma anche seta e angora, tutti prodotti richiesti da questo tipo di clientela». Come ha reagito la fascia alta del mercato alla crisi economica? «Ovviamente ne ha risentito in maniera minore rispetto ad altre fasce. La nostra azienda lavora per una clientela che non fa parte della porzione più consistente del mercato, dove invece la crisi ha inciso notevolmente. La nostra azienda si è posizionata nell’elite degli operatori del settore fibre tessili pregiate raggiungendo traguardi ragguardevoli con i seguenti target di incrementi: abbiamo chiuso il 2010 con un + 80% circa sull’esercizio precedente e il 2011 con un + 90% circa sui risultati del 2010». Come fare a mantenere questi standard se la ripresa generale tarda ad arrivare?


Danio Melani

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Gli investimenti in macchinari tessili altamente tecnologici, supportati dall’alta qualità del prodotto ottenuta con tecniche innovative e da personale specializzato, sono le nostre strategie vincenti

«Puntando su innovazione e ricerca. Abbiamo in sede un laboratorio interno, che ci consente di monitorare accuratamente la qualità, e di selezionare i prodotti migliori. Siamo dotati di una colour card composta da un’ampia gamma di colori e diverse gradazioni ma soprattutto, offriamo al cliente il servizio on-size che permette allo stesso di fornirci la sua personale nuance e successivamente noi la riproduciamo. Inoltre, disponiamo di filato di latte o Milk Fibre. Questo particolare filato, viene realizzato a partire dal latte scremato che, privato dell’acqua e con l’aiuto delle più moderne tecniche bioingegneristiche, viene reso nuovamente fluido per la tessitura ad umido. In commercio è presente puro, sia sotto forma di filato che di filamento, oppure può essere mischiato con altri filati (cashmere, seta, lana, cotone). Il tessuto realizzato in filato di latte presenta determinate caratteristiche: leggerezza, morbidezza, permeabilità, freschezza e luminosità». Quali particolari lavorazioni invece richiede la fibra cashmere? «La fibra di cashmere si ottiene esclusivamente dalla capra Hyrcus, ogni animale produce solamente 150/200 grammi di fibra al-

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l’anno, per questo il cashmere è così prezioso. Il processo di produzione di questo prodotto, si compone di tre fasi principali: raccolta, lavaggio, egiarratura. Con il supporto di un efficiente staff, siamo in grado di offrire una nutrita varietà di prodotti in cashmere disponibili in fiocco e/o rigenerato e filati». Su quali territori puntate, e quali mercati ritiene che oggi offrano le migliori opportunità? «Oltre l’Italia, i nostri principali mercati di riferimento sono gli Usa, e l’intera Europa. I territori che offrono le migliori opportunità economiche, malgrado le difficoltà trascorse, rimangono sempre gli Stati Uniti d’America, ma registriamo positivamente la crescita dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), e in tale direzione si muove capillarmente la nostra azione d’espansione». È possibile delineare le prospettive dell’azienda per il prossimo futuro? «Abbiamo una capacità produttiva di 15/20mila Kg di filato al mese, e confidiamo che la Marshbird manterrà questi numeri, e attraverso i nuovi macchinari e le nuove tecniche inserite in azienda questo numero, a mio parere, può solo aumentare».

Fasi di controllo qualità nel laboratorio interno

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IL SETTORE TESSILE

Un tocco di artigianalità per la camicia a progressiva affermazione delle catene di abbigliamento e dei prodotti monomarca ha imposto sui mercati globali della moda l’omologazione. La personalità non trova facilmente espressione se lo stile del vestiario viene costruito con gli elementi uniformanti che si trovano comunemente in commercio. In controtendenza rispetto a questo fenomeno si pongono soltanto alcune produzioni, che nel mare magnum dell’industria dell’abbigliamento nazionale e internazionale si collocano inevitabilmente in un mercato di nicchia. «Nelle produzioni in serie non c’è posto per la differenziazione, che sopravvive soltanto nei capi realizzati ancora con una cura del dettaglio – che può essere rappresentata, sulle camicie, dai ricami o dai pizzi macramè. Ma per fare ciò è necessario rivolgersi a una fattura che preveda l’artigianalità ed è proprio su questo che noi abbiamo puntato». A parlare è Fabio Dani, titolare insieme alla sorella Valentina della camiceria omonima di Pistoia. «Il nostro prodotto si rivolge alla donna che vuole esprimere attraverso la camicia che indossa la propria personalità. Per trovare riscontro in questo target abbiamo scelto di non tagliare i ponti con i vecchi canoni, rinnovando nel contempo lo stile, perché se continuassimo a produrre i modelli che facevamo qualche anno fa, probabilmente, oggi ci troveremmo già fuori dal mercato. Alla base del nostro lavoro abbiamo posto la qualità e il gusto: solo con questi presupposti possiamo continuare a proporre le nostre linee di camicie». Dani produce e distribuisce all’ingrosso camicie da donna sotto il marchio Vlt’s by Valentina’s. Queste vanno dalle misure slim fino alle conformate, con una linea per le più giovani – Miss Valentina – e un’altra per le taglie

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La personalità di un abito dice molto di chi lo indossa. L’omologazione dei capi della grande distribuzione annulla lo stile. Fabio Dani spiega qual è il valore aggiunto di una camicia realizzata a mano e come questo tipo di lavorazione sia un unicum anche nel made in Italy Valerio Germanico

forti – Io donna by Valentina. «Realizziamo naturalmente anche gli intramontabili modelli basici, che ogni donna tiene costantemente nel proprio guardaroba e che sono adattabili a ogni situazione, sia nei modelli fashion, impreziositi da particolari come strass, pietre gioielli, sia in tinta unita, sia stampate. Le realizziamo in tessuti di ogni genere e colore sulla base delle più recenti tendenze di moda. Siamo sempre pronti a innovare i nostri modelli, l’unico punto fermo è quello di

La Dani Confezioni Spa ha sede a Bottegone (PT) www.valentinas.it


Fabio Dani

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Il nostro prodotto si rivolge alla donna che vuole esprimere attraverso la camicia che indossa la propria personalità. Per questo curiamo i dettagli e applichiamo a mano ricami e pizzi macramè

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una produzione totalmente made in Italy. E con molte fasi di lavorazione svolte ancora a mano». In tempi di crisi non è facile mantenere il mercato senza scendere a compromessi, tuttavia l’azienda è riuscita nell’ultimo biennio a raggiungere l’obiettivo di incrementare il fatturato di quasi il 25%. «Ci siamo affidati soprattutto al mercato italiano – la risposta migliore è venuta dalle aree centrosettentrionali –, mentre l’export incide per appena il 10% della nostra produzione, che raggiunge principalmente i mercati di Francia, Spagna e Gran Bretagna. In questo settore è necessario sviluppare un rapporto stretto fra fornitore, cliente e acquirente finale. È difficilissimo stare sul mercato, ma noi vogliamo provarci in questo modo. Abbiamo investito molto sui

media e la pubblicità e questo ci ha dato dei riscontri addirittura superiori alle nostre previsioni. Inoltre, in un futuro pieno di punti interrogativi, bisogna avere il coraggio di investire sui giovani e portarne quanto più possibile all’interno delle aziende, altrimenti perdiamo le migliori forze e capacità». La produzione del marchio Valentina’s è totalmente italiana e localizzata nel territorio toscano. Interne all’azienda sono anche le stiliste e le modelliste, che seguono trend e tendenze del fashion e sono capaci di trasferire queste informazioni rapidamente nella produzione, adeguandola alla moda del momento. «Abbiamo ancora gruppi di persone che ricamano a mano i nostri capi e che eseguono manualmente molte delle lavorazioni – questo tipo di figure professionali ormai è una rarità anche in Italia. La limitazione degli eventuali difetti di fabbricazione nei nostri articoli è limitata grazie a un controllo costante sui tessuti, le rifiniture, l’applicazione degli accessori e non da ultimo la vestibilità dei capi. Puntiamo inoltre sulla qualificazione del nostro marchio Vlt’s controllando i nostri canali distributivi e con importanti investimenti in pubblicità e comunicazione. Abbiamo creduto molto in questo mezzo e ci ha portato degli importanti riscontri sia economici che di immagine, promuovendo il nostro brand soprattutto sulla stampa periodica specializzata e femminile». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 95


IL SETTORE TESSILE

Lo stile made in Italy dei tessuti stretch Senza delocalizzare e senza tradire la qualità della tradizione, puntando su un target giovane e dinamico è ancora possibile realizzare capi dal forte impatto di immagine. L’esperienza di Alessandro Guarducci Valerio Germanico

a tradizione del tessile di Prato continua a rappresentare un’eccellenza a livello europeo e globale, come dimostra la partecipazione delle maggiori aziende del settore alle fiere internazionali. Il prossimo febbraio sarà un mese importante per la promozione dello stile e della moda made in Italy nel mondo, dato che in meno di venti giorni si succederanno le esposizioni di Munich Fabric Start, Milano Unica e la Première Vision di Parigi. A tutti e tre questi eventi parteciperà, con i suoi modelli e tessuti, la Arpatex, azienda specializzata nell’abbigliamento donna e che dagli anni 90 ha avviato il recupero di un’antica tradizione di famiglia. Come spiega il titolare

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A destra, Alessandro Guarducci, co-titolare del Lanificio Arpatex Srl, insieme a Luciano Biagiotti responsabile commerciale estero www.arpatex.it

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Alessandro Guarducci: «I nostri tessuti sono ancora realizzati esclusivamente in Italia: dalla progettazione allo studio delle collezioni, fino alla creazione dei prototipi e alla produzione, comprese tessitura, tintoria e finissaggio. La vita di ogni nostro tessuto inizia in modo quasi artigianale. L’attenzione ai particolari non si ferma al disegno, bensì prosegue con l’attenta selezione delle materie prime e continua nel momento della produzione». Qual è il target del vostro prodotto? «Via via siamo passati da un prodotto più legato alla tradizione verso un prodotto giovane e innovativo. Questa evoluzione ci ha permesso di posizionarci nel mercato dei tessuti mediofini, dello sportwear e del fashion, sia a livello europeo che mondiale. Abbiamo anche sviluppato diversi tessuti per il settore camiceria, con particolare attenzione ai tessuti stretch – che sono il nostro core business. Ciò ci ha permesso di aprire i nostri orizzonti a target sempre più ampi. Oggi ci collochiamo su un target giovane e femminile, informale, brillante ed energico». Quali sono i materiali che lavorate maggiormente? «Lavoriamo soprattutto con tessuti di cotone e misti di nylon e cotone. Il nostro filo conduttore è il capo di abbigliamento elasticiz-


Alessandro Guarducci

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Lavoriamo tessuti di cotone e misti di nylon e cotone. Il nostro filo conduttore è il capo elasticizzato. Puntiamo ad abiti con il massimo grado di comfort e vestibilità

zato per il quale abbiamo creato degli articoli che puntano sempre al massimo del comfort e della vestibilità, che sono i requisiti fondamentali di chi acquista tessuti elasticizzati. Per la camiceria, i pantaloni e le giacche lavoriamo sia tessuti mono che bistretch, che arricchiamo di contenuti ed effetti di tintura, sovratintura e delavature. Facciamo molta ricerca sul colore e sulle fantasie, abbinando tessuti tintofilo e tintopezza, uniti e disegnati, quadrettati e rigati». Il vostro prodotto è destinato anche all’estero. A quali mercati in particolare? «Noi copriamo tutta l’Europa, anche se attualmente il mercato nel quale siamo più presenti e che ci offre maggiori opportunità è quello tedesco. Siamo poi presenti, anche se in misura minore, in Francia, Belgio, Olanda e Spagna. Tuttavia le maggiori difficoltà attualmente derivano dal mercato interno: il settore in Italia sta soffrendo, sia a causa della crisi – che però è ovunque – sia per problemi locali. Noi cerchiamo di fronteggiare a queste difficoltà con il servizio, con la velocità di consegna e puntando su prodotti giovani e più facili da vendere, cercando di rea-

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lizzare modelli dal grande impatto di immagine». Qual è il bilancio dell’ultimo biennio e quali le prospettive per il futuro? «La nostra azienda, anche grazie alle vendite all’estero, in questi anni, è riuscita a lavorare bene. Tuttavia siamo stati toccati in una certa misura anche noi dalla crisi. Per questo motivo il futuro è abbastanza incerto. Ma dobbiamo essere ottimisti e moltiplicare – se necessario – gli sforzi sia nella produzione che nella promozione del made in Italy». Quali saranno le tendenze per la moda del prossimo anno? «In generale ci sarà un ritorno a prodotti e materiali semplici – come capita sempre dopo che la moda si è spinta troppo in là, è inevitabile un ritorno al grado zero. Ci sarà una grande ricerca per quanto riguarda l’aspetto e la mano di tessuti semplici con immagini nuove: anche una semplice tela se lavata, smerigliata e ricamata può assumere un aspetto particolare. Nello specifico, la collezione estiva si orienterà su colori solari e forti, con fantasie macroscopiche e microscopiche, sia per le camicie che per l’abbigliamento pantalone e giacca. Una delle novità sarà costituita dalle sovratinture a freddo su basi unite e fantasia, che valorizzeranno il tessuto di base, rendendo il prodotto giovane e dall’aspetto movimentato. La prossima collezione invernale, invece, avrà piccole fantasie e accostamenti di colori discreti e in tono tra loro». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 97


Cresce l’export per il tessile Tessuti, abiti e stile. Un marchio inimitabile, quello del made in Italy e della tradizione manifatturiera toscana. Alessandro Giraldi e Simone Fiaschi raccontano della loro strategia in cui l’unione ha fatto la forza. Come dimostra il 40% di export della loro impresa di abbigliamento Valerio Germanico

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uando competenze differenti, frutto di lunghe specializzazioni produttive, confluiscono in un nuovo soggetto di impresa, non si ottiene una semplice somma di forza lavoro, bensì un salto di qualità che apre la strada a nuovi scenari di innovazione e crescita. Due tradizioni della lavorazione dei tessuti si sono incontrate nella nascita del Gruppo GF. Come spiegano i due amministratori del gruppo: Alessandro Giraldi e Simone Fiaschi. «Avendo una maggiore forza produttiva, sia in termini di quantità che di qualità, è stato possibile avviare una serie di investimenti per i quali le imprese preesistenti non avevano le risorse» afferma Alessandro Giraldi. Continua Simone Fiaschi: «Abbiamo iniziato ad ampliare lo spettro delle produzioni, creando anche un nostro brand e uscendo dal campo nel quale eravamo sempre stati, la fattura di abiti, passando anche al settore degli accessori». Il gruppo GF oggi ha come orizzonte il mercato globale, nel quale continua a misurarsi grazie alla forza del mar-

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Nella pagina a fianco, Simone Fiaschi e Alessandro Giraldi, amministratori del Gruppo GF, Prato www.gruppogf.it (ph: Michela Pandolfi)


Alessandro Giraldi e Simone Fiaschi

chio made in Italy. Sia dal punto di vista pratico che della lavorazione dei tessuti, quale valore aggiunto ha rappresentato la fusione dei lanifici Gifitex e Tegitex? Alessandro Giraldi: «Il valore aggiunto, dal punto di vista della produzione, è stato dato da un’importante ottimizzazione dei tempi di lavorazione e dei costi di gestione. Essendo due realtà con storie imprenditoriali diverse, non si è trattato semplicemente di un incremento di forza lavoro, ma di un arricchimento di competenze diversificate. Infatti, Gifitex era un’azienda specializzata e con una lunghissima esperienza nella produzione di tessuti cardati. Mentre Tegitex aveva l’eccellenza nei tessuti pettinati destinati a essere impiegati negli accessori». Quali risultati sono stati raggiunti in termini di fatturato? Simone Fiaschi: «I fatturati delle singole aziende, prima della fusione, erano, rispettivamente, di circa 5 milioni per Gifitex e 2 milioni per Tegitex. Oggi, invece, l’unione ci ha portati a un fatturato di circa 17 milioni di euro. E questo risultato è stato raggiunto nonostante la crisi, che nell’ultimo biennio ha inciso parecchio. Infatti, nel 2009 abbiamo perso circa il 20% del fatturato rispetto all’anno precedente, chiudendo il bilancio con all’incirca 10 milioni di euro. Il 2010 è stato l’anno di una fortissima ripresa, tanto che abbiamo recuperato il 40% del fatturato, ovvero quanto perso nel 2009. Per il 2011 la previsione è di chiudere con un ulteriore incremento del 20%». La fusione e i risultati hanno anche aperto la strada a nuovi investimenti? A. G.: «Da un certo punto di vista, è stata la fusione stessa a rappresentare un investimento che ha avuto una ricaduta sul tipo di produzione. L’unione delle competenze ha permesso di migliorare le lavorazioni più ricercate –soprattutto quella di accoppiatura e spalmatura per tessuti destinati a essere impiegati negli accessori moda. Naturalmente, maggiori forze finanziarie ci hanno permesso anche di fare

17 mln EURO

Fatturato 2011 del Gruppo GF, che registra un incremento del 20% rispetto all’anno precedente

investimenti in nuovi macchinari. Fra questi i telai Jacquard e le macchine di resinatura e spalmatura, tecnologie grazie alle quali abbiamo potuto orientarci anche oltre il settore dell’abbigliamento, aprendoci ad altri segmenti di mercato come, appunto, quello degli accessori. Il risultato di questi investimenti è stato l’avvio una produzione di sciarpe e il lancio di un nostro brand di abbigliamento». Qual è la capacità di penetrazione dei vostri prodotti nei mercati esteri? S. F.: «Attualmente il 40% del nostro giro d’affari deriva dall’export. I Paesi esteri sui quali abbiamo riscontrato maggiore successo sono tutti europei: Germania, Francia e Regno Unito. Per il futuro, tuttavia, la previsione e l’obiettivo è quello di riuscire a entrare in mercati più lontani e dalle possibilità ben più ampie in termini di vendite, come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Alla base di questo tentativo, ci saranno altri investimenti su nuovi prodotti e sulle macchine per realizzarli, dato che le risorse destinate alla tecnologia sono il nostro lascia passare per competere all’interno del mercato globale». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 99




IL SETTORE TESSILE

Il sistema Italia punta sulla qualità Riprende quota l’industria tessile toscana, spinta soprattutto dall’aumento della produzione nel settore pelletteria. Alessandro Balleggi analizza la situazione, tra criticità e nuove opportunità di sviluppo Guido Puopolo

elletteria e calzaturiero sono senza dubbio due ambiti che hanno contribuito a diffondere il made in Italy nel mondo. Una peculiarità che, nonostante le problematiche connesse all’attuale situazione economica e alla concorrenza proveniente da paesi come India e Cina, è ancora in grado di fare la differenza. «L’“italianità” continua a essere portatrice di un importantissimo valore aggiunto sul mercato, in quanto è sinonimo di qualità, innovazione e gusto, requisiti che solo un prodotto fabbricato in Italia possiede». Lo afferma Alessandro Balleggi, presidente della Cantini Lorano, storica azienda fiorentina leader nel settore delle forniture e della commercializzazione di accessori e tessuti di rinforzo per calzature, pelletteria e abbigliamento, che da quasi un secolo opera al fianco di alcuni tra i più importanti marchi della moda mondiale. La crisi ha colpito fortemente anche il settore calzaturiero e quello dell’abbigliamento. In che modo la vostra attività è stata influenzata da questa situazione e quali strategie avete adottato per riuscire a non

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Il presidente della Cantini Lorano, Alessandro Balleggi, con il suo staff cantinilorano@inwind.it

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perdere competitività? «Chiaramente come tutti, anche noi abbiamo risentito di questa negativa congiuntura. Il 2009 è stato sicuramente l’anno più difficile, in quanto coinciso con un crollo verticale della produzione calzaturiera. Proprio per far fronte a questa situazione, però, abbiamo in parte modificato il nostro business, concentrando la nostra attenzione prevalentemente verso il mondo della pelletteria. Il polo fiorentino della pelletteria, infatti, ha dimostrato di possedere una grande vivacità, tanto che, nonostante la crisi, negli ultimi anni sono diverse le nuove realtà produttive sorte sul territorio. Questa nuova impostazione ci ha permesso di raggiungere immediati risultati, visto che siamo riusciti a rafforzare la nostra posizione sul mercato, con riscontri molto positivi anche in termini di fatturato». Quali provvedimenti potrebbero essere presi, a suo avviso, per tutelare e valorizzare ulteriormente il sistema produttivo


Alessandro Balleggi

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Ci proponiamo alle firme più prestigiose forti di una consolidata esperienza nel settore, maturata in quasi cento anni di vita dell’azienda

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italiano, soprattutto nel campo della moda? «Per tutelare maggiormente gli interessi del nostro settore di riferimento, costretto a fare i conti con la fortissima concorrenza portata da quei paesi caratterizzati dalla presenza di manodopera a basso costo, abbiamo a più riprese manifestato, anche attraverso gli appositi canali rappresentativi, la necessità sempre più sentita di rendere il made in Italy una vera e propria certificazione, che possa così garantire l'acquirente sulla bontà e sulla reale “italianità” di tutta la filiera produttiva». Quali sono attualmente i principali mercati di riferimento per la Cantini Lorano? «La nostra offerta commerciale si rivolge quasi esclusivamente all’area toscana, all’interno della quale serviamo alcuni dei pro-

duttori più importanti a livello mondiale. Non bisogna infatti dimenticare che Firenze è un po’ la culla dell’alta moda internazionale, visto che proprio in città hanno sede le fashion house di numerose griffe conosciute e apprezzate in tutto il mondo». Quali sono, quindi le caratteristiche principali alla base della vostra attività, che vi hanno permesso di collaborare con i marchi più importanti del territorio? «Ci proponiamo alle firme più prestigiose forti di una consolidata esperienza nel settore. L’assoluta puntualità e serietà nelle consegne, unitamente a una conoscenza approfondita e una costante ricerca dei migliori materiali, oltre che a un’impostazione di tipo familiare, rappresentano gli elementi alla base del nostro lavoro. In questo modo siamo riusciti a soddisfare anche le più specifiche esigenze via via manifestate dai produttori di pelletteria, sempre più aperti alle innovazioni tecnologiche, proponendo loro manufatti all’avanguardia e di altissima qualità». Anche sulla base della sua esperienza, crede che l’industria tessile e calzaturiera toscana possa continuare a recitare un ruolo da protagonista anche nel prossimo futuro? «Le potenzialità di certo non mancano. Sono sempre di più, infatti, i produttori che scelgono la Toscana per realizzare i loro articoli, soprattutto pelletteria di alta gamma, attratti dalla grande capacità, sia artigianale che commerciale, di cui sono dotati gli operatori del settore presenti sul nostro territorio. Non mancano poi iniziative, pubbliche e private, che contribuiscono a garantire sempre un livello di eccellenza del servizio, e che ci inducono a guardare al futuro sia del settore, che della nostra azienda, con giustificato ottimismo». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 103


IL SETTORE TESSILE

Stoffe che arredano Ricerca su materiali e tecniche di lavorazione. È questo il valore aggiunto del know how toscano nel settore dei tessuti per l’arredamento. Riccardo Biagioni spiega il valore dell’innovazione e dell’investimento su un team giovane e dinamico Luca Cavera

Riccardo Biagioni, titolare di Bimitex Srl, Montemurlo (PO) www.bimitex.it

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e stoffe e i tessuti per l’arredamento sono l’espediente più pratico e creativo per poter rinnovare frequentemente il design dei propri interni. Le soluzioni non mancano nell’offerta di un settore che si contraddistingue per la dinamicità e l’innovazione nei materiali e nelle tecniche di lavorazione, che permettono così di avere prodotti dalle caratteristiche sempre differenti. Una delle aziende italiane che si distingue anche e soprattutto all’estero per questo comparto del tessile è la Bimitex, oltretutto una delle poche realtà imprenditoriali del proprio territorio che segue l’intero ciclo di produzione al proprio interno. Senza esternalizzare alcuna fase, l’azienda riesce ad avere un controllo assoluto sul tessuto e a garantirne qualità e stile tipicamente made in Italy. Ne parliamo con il titolare, Riccardo Biagioni. Qual è la particolarità che vi distingue? «Il vero vantaggio del nostro processo produttivo è la sinergia costante tra i reparti di studio e i reparti di produzione. Questo stretto rapporto consente di dare una risposta rapida, efficace e soprattutto attuabile alle richieste del mercato. La nostra è una delle ultime e pochissime realtà che ancora conserva un ciclo produttivo completo, che comprende quindi anche il reparto finissaggio e una moderna sala per la tessitura. Inoltre, uno dei nostri punti di forza è il nostro team, giovane e motivato, che è l’arma più importante per dirigersi verso l’in-

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Riccardo Biagioni

novazione». Quale percentuale del vostro fatturato viene investita in ricerca e innovazione e come gestite in azienda il comparto dedicato alle nuove tecnologie? «Relativamente al bilancio dello scorso anno, il 2010, la percentuale di fatturato investita nel reparto ricerca e sviluppo si è aggirata intorno al 3 per cento. Per l’anno in corso la percentuale di investimento è stata mantenuta costante. Per quanto riguarda la gestione, all’interno della nostra azienda abbiamo due tecnici che si occupano esclusivamente di ricerca sulle nuove strutture del tessuto e un tecnico si dedicata allo sviluppo di innovazioni per il finisaggio e la tintura». Quali sono le ultime tecnologie che avete introdotto in azienda e quali performance produttive vi permettono di ottenere? «Più che sulle nuove tecnologie, la nostra realtà investe nella ricerca sui nuovi materiali e sulle nuove tecniche di lavorazione, cercando quindi di individuare altre vie per lo sfruttamento delle potenzialità della tecnologia già in nostro possesso. I risultati che finora abbiamo ottenuto in termini di performance produttive sono il frutto dell’introduzione di alcune importanti innovazioni della fase di tintura sia dei filati che dei tessuti. Queste ci hanno permesso di produrre manufatti difficilmente realizzabili da altre realtà industriali». Gran parte della vostra produzione è destinata all’export. Quali sono oggi i mercati che offrono maggiori opportunità per la tipologia dei vostri prodotti e in quali altri Paesi intendete espandervi in futuro? «Il nostro mercato di riferimento è quello

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La nostra è una delle ultime realtà che ancora conserva un ciclo produttivo completo, che comprende anche il reparto finissaggio e una moderna sala per la tessitura

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del Regno Unito. I nostri piani di sviluppo commerciale hanno come obiettivi, nei prossimi anni, la penetrazione progressiva nei mercati di Russia, India e Cina. In generale, tuttavia, attualmente, i mercati che offrono le maggiori opportunità sono ancora quegli europei e quello degli Stati Uniti». Qual è il bilancio dell’ultimo biennio di attività e quali sono le prospettive per il prossimo futuro? «Nonostante la situazione di crisi economica globale, che non ha risparmiato il nostro settore, il bilancio dell’ultimo biennio, per quanto ci riguarda, è stato senza dubbio positivo. Abbiamo registrato un aumento del fatturato e questo ci ha permesso di proseguire sui nostri piani di crescita e di investimento in innovazione. Per gli anni a venire le prospettive sono quelle di riuscire ancora a crescere o quantomeno di consolidare i fatturati».

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MANIFATTURA ITALIANA

L’occhio toscano sul dettaglio di moda Il made in Italy è ancora il marchio più riconosciuto nel mondo del fashion. Luigi Messeri spiega perché, nonostante la competizione del low cost asiatico, le manifatture italiane siano ancora al primo posto nelle scelte degli stilisti più importanti Luca Cavera

e grandi firme della moda, a parte un lieve calo nel 2008, anno della crisi globale, hanno tenuto il mercato come pochi altri settori. L’anno che sta per concludersi ha oltretutto segnato incrementi di fatturato generalizzati non inferiori al 20% per ciascun marchio. In questo scenario, limitarsi a parlare di ripresa risulta quindi limitativo. «Il nostro prodotto si rivolge a un target che non conosce crisi. Inoltre, i tempi del fashion fanno sì che ci sia una continua offerta di nuovi prodotti, dato che le mode resistono al massimo per qualche stagione, lasciando presto spazio ad altre forme, colori e materiali». A parlare è Luigi Messeri, titolare della Messeri s.r.l. che proprio in quest’anno record per la moda festeggia i quarant’anni di attività nel settore, come partner dei più importanti stilisti italiani e stranieri. «Ottone, acciaio Inox, zama, ma anche materiali insoliti come il plexiglass. È con queste materie prime che, grazie al lavoro dei nostri collaboratori, realizziamo un campionario di accessoristica completo ed estremamente innovativo ad ogni stagione». Le esigenze del vostro target e le dinamiche attuali del mondo del fashion come hanno

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inciso sulla vostra struttura aziendale? «Lavorare nel mondo della moda, specialmente oggi, vuol dire andare oltre la proposta di un concetto di stile. Esistono problemi di gestione manageriale molto delicati. La nostra scelta, da questo punto di vista, è stata quella di creare nel tempo una struttura molto flessibile e dinamica, che è quella migliore per chi si confronta con più partner contemporaneamente. La parola stessa, “moda”, sta a indicare l’idea del cambiamento. Ciò vuol dire che pressoché di stagione in stagione bisogna realizzare nuove tipologie di accessori, di prodotti e di finiture. E una struttura flessibile è l’unica che ci consente di essere sempre pronti a evolverci e a cambiare tipo di organizzazione e approccio». Quest’anno ricorrono i quarant’anni della

Luigi Messeri, titolare della Messeri s.r.l. di Scandicci (FI) www.messeri.biz


Luigi Messeri

vostra attività. Quali sono stati i momenti più significativi della vostra storia imprenditoriale? «Certamente il momento più importante è stato l’esordio, quando siamo entrati nel settore della moda e ci siamo trovati in un mondo per noi del tutto nuovo. Ci sono stati poi altri momenti importanti nel corso degli anni, in corrispondenza del consolidamento delle partnership che oggi ci permettono di lavorare con le firme più importanti del mondo della moda. Questo vuol dire rivolgersi a un target d’élite, che ha esigenze molto particolari e che però sa dare anche molte soddisfazioni. Vorrei sottolineare che questi risultati sono stati raggiunti grazie all’apporto fondamentale dei nostri collaboratori». Quanto è importante nel vostro lavoro la ricerca sul prodotto e il design di nuove soluzioni? «Fino a quindici anni fa eravamo noi a proporre nuovi progetti agli stilisti. Nel corso di questi anni però la situazione è totalmente mutata. Sono le firme e i loro stilisti che ci richiedono il prodotto del quale hanno bisogno. Tuttavia, anche se noi

non facciamo più ricerca sul disegno del prodotto, il nostro lavoro si è fatto più complesso, perché dobbiamo individuare, nel breve intervallo fra la commissione del progetto e la consegna del pezzo finito, anche il miglior fornitore della materia prima. Se, per esempio, viene richiesto un accessorio con componenti in plexiglass, bisogna individuare una struttura che garantisca di fornire il materiale con le caratteristiche estetiche e di qualità adatte al nostro target». A quali mercati vi rivolgete per l’approvvigionamento delle materie prime? «Perché il risultato finale sia all’altezza del livello dei nostri partner, quindi di altissima qualità, ci rivolgiamo esclusivamente al made in Italy. Questa è per noi una scelta importante. Nonostante parte del mercato sia stato stravolto dallo spostamento di alcuni prodotti in Cina – inseguendo i prezzi bassi –, chi cerca la qualità non può che continuare ad avere rapporti con i fornitori che producono in Italia. Oltretutto, la lavorazione italiana ha acquisito maggiore visibilità proprio per il confronto con i prodotti low cost, dal quale spiccano le differenti caratteristiche di fattura». Quali saranno i materiali e le tendenze stilistiche che caratterizzeranno il nuovo anno? «Nel 2012 saremo ancora impegnati nella realizzazione di chiusure e finiture particolari. Per quanto riguarda i piccoli accessori molto ricercati – che finora hanno avuto un ruolo di primo piano –, invece, prevediamo un calo di richieste. Si sta imponendo un modello di borsa lineare, dal disegno pulito e semplice. Certamente questa sarà una tendenza che coprirà il mercato per un paio di stagioni. Tuttavia questa tipologia di prodotto perde appeal rapidamente, quindi si tornerà presto a prodotti più sofisticati. A riscontro di ciò ci sono le prospettive della pelletteria in Toscana, che si prevedono ottime». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 107


IL SETTORE MODA

Quel made in Italy che non teme la concorrenza orientale Grazie alla qualità e alla forza del “made in Italy”, le aziende impegnate nel settore della produzione di accessori moda in metallo riescono a contrastare la concorrenza dei paesi emergenti. La parola ad Alessandro Banchini Emanuela Caruso

a qualità italiana che oggi si esprime con il termine “made in Italy” ha origini antiche. Nei secoli si è affinato il gusto attraverso l’arte, la cultura e le tradizioni artigiane del Belpaese e oggi il genio creativo, l’operosità e la produttività italiani sono stati tutelati nel mondo attraverso il marchio di certificazione “100 per cento made in Italy”. Tra le tante zone del nostro paese che possono proclamarsi culle della tradizione artistica e culturale nazionale c’è la Toscana e la sua Firenze, nel cui bacino produttivo si colloca l’attività della Iab, sita a Campi Bisenzio e specializzata nella produzione di accessori metallici per calzature, pelletteria e abbigliamento. «Siamo nati nel 1972 – spiega Alessandro Banchini, responsabile della produzione – dalla fusione di cinque imprese artigiane, che unendosi sono riuscite a dar vita a una società dal ciclo produttivo

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Alessandro Banchini, responsabile della produzione della IAB Srl, Industra Accessori Bigiotteria di Campi Bisenzio (FI). Nelle altre immagini, momenti di lavoro www.iabsrl.it

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completo. Da sempre grandi fautori del “made in Italy”, abbiamo fatto della creatività e della maestria professionale i nostri punti di forza». È ben noto come il vostro settore di riferimento sia totalmente in mano alle grandi griffe nazionali e internazionali. Come ha influito e influisce questo fattore sull’attività della Iab? «L’avere a che fare con grandi realtà imprenditoriali ha comportato una trasformazione dell’attività sia a livello di metodo commerciale che a livello di metodo produttivo, in quanto siamo dovuti passare da una produzione su nostri campionari a una realizzazione su commesse dei clienti. A fronte di tale situazione è stato necessario modificare l’iter produttivo ed esaltare la qualità del prodotto, l’innovazione tecnologica, l’elasticità e la flessibilità aziendale, il servizio di creazione di modelli in esclusiva, e la rapidità e l’efficienza delle consegne. In questo modo siamo sempre riusciti a cavalcare l’onda del mercato, a soddisfare i clienti e a mantenere un gap notevole per qualità e design tra noi e la concorrenza».


Alessandro Banchini

Quali materiali utilizzate e come si sviluppa il vostro ciclo produttivo? «In prevalenza impieghiamo metalli, zama e ottone; per i colori di finitura utilizziamo invece metalli preziosi, come l’oro, il palladio e il rutenio, o metalli meno nobili quali, ad esempio, rame e nickel. La Iab può vantare un iter produttivo completo, che parte dalla progettazione, passa per la prototipazione, lo stampaggio, la vibratura e arriva alla fase comprendente le varie tipologie di lavorazione quali la personalizzazione, la pulimentatura, la finitura galvanica e la verniciatura. In seguito, i prodotti vengono sottoposti a un attento controllo di qualità». Un ruolo importante ai fini della vostra attività è quello giocato dall’indotto della Iab. «Certo, in quanto avere un ampio e ben organizzato indotto ci permette di far fronte anche a richieste di grandi quantitativi e di rispettare sempre i termini di consegna. Attualmente, abbiamo creato un indotto di piccole aziende di alta precisione che realizzano stampi e attrezzature a noi necessarie, e un ulteriore indotto composto da imprese che effettuano lavorazioni di montaggio, smaltatura e verniciatura». A partire dal 1997, la Cina ha invaso il settore della moda e dei suoi accessori imponendosi come nuova potenza emergente. In che modo avete contrastato tale avanzata? «Siamo riusciti a mantenerci competitivi e operativi sul mercato grazie a una serie di importanti investimenti in ambito tecnologico. Abbiamo acquistato nuovi macchinari, quali il centro di lavoro per l’ottone, il laser, ampliato l’impianto galvanico e le macchine per la pressofusione, e acquisito innovative tecnologie volte al miglioramento dello stampaggio della zama e delle finiture, così da rendere tale materiale il più simile possibile al più prezioso ottone, già abbondantemente utilizzato dalla nostra griffe».

In ogni circuito produttivo odierno, spesso, la qualità soggiace a strategie di risparmio e offerte “low cost”. Con tale premessa, come riuscite oggi a rendervi competitivi, mantenendo però invariati i livelli qualitativi dei vostri prodotti? «Non potendo essere competitivi sul prezzo al pari di altri paesi, quali ad esempio, la Cina, il Brasile e il Messico, a causa del costo elevato della manodopera, che incide del 35% sul valore dei prodotti a marchio Iab, manteniamo la nostra posizione sul mercato prestando un servizio di alta qualità nei confronti del bacino d’utenza, così da compensare in maniera positiva l’eventuale differenza di prezzo tra un articolo “made in Italy” e un prodotto concorrente». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 109


MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO

Quando l’autoregolamentazione fa la differenza Due Diligence e strategie sociali nell’esperienza italiana della New Point. Antonella Venturini amministratore delegato della società toscana, delinea i cambiamenti necessari di un’impresa per adeguarsi e competere con le “sorelle” europee Antonella Chirico

er sostenere il passo delle aziende europee, quelle del Belpaese devono cercare di adattarsi agli standard imposti dal Vecchio Continente. Ovviamente tutto diviene doppiamente difficile se si deve affrontare un periodo di difficoltà economica come quello degli ultimi anni. Ma, se determinate azioni sono state messe in campo in anticipo, risultati positivi si possono ottenere. Come ci spiega Antonella Venturini amministratore delegato della New Point, società di Signa, in provincia di Firenze, che opera nel settore del commercio all'ingrosso dell’abbigliamento. «Tra il 2007 e il 2008, la società – afferma la dirigente toscana - ha realizzato un nuovo stabilimento per lo sviluppo della capacità produttiva in vista di un prevedibile incremento del fatturato. Questo ha portato la New Point a commercializzare, nel corso del 2009, prodotti per 20 milioni di euro con l’assunzione di numerosi dipendenti e l’acquisizione di nuove tecnologie». Punti focali dell’azione imprenditoriale della ditta sono l’organizzazione del lavoro e la responsabilità sociale. «L’impresa – chiosa Antonella Venturini - è socialmente responsabile, in quanto attraverso un processo interno di autoregolamentazione nello svolgimento della propria attività, tiene conto nei processi decisionali di aspetti di carattere pubblico ed ecologico. Il gruppo - continua - non redige il bilancio sociale, ma è una delle pochissime aziende italiane

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che effettua la Due Diligence di tutti i fornitori, analisi che comporta l’esclusione di tutte quelle imprese che non raggiungono standard europei di tutela dei lavoratori. Nella scelta dei partner il possesso di certificazioni Iso 14001 e S.A. 8000 è considerato fattore selettivo. Gli altri interventi riguardano la realizzazione di un orario flessibile secondo le esigenze dei dipendenti con particolare attenzione alle istanze delle madri lavoratrici». L’azienda ha comunque dovuto affrontare la crisi del mercato e le nuove forme adottate dal suo bacino di riferimento, ma, nonostante tutto, nelle parole dell’amministratore delegato si scor-


Antonella Venturini

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Siamo consapevoli che il futuro commerciale necessita di una maggiore qualità ma a importi contenuti, per tale motivo proponiamo ai nostri mercati di riferimento prodotti sempre più “accattivanti” sia come stile che come prezzo

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La New Point Srl si trova a Signa (FI) www.new-point.it

gono speranza e crescita. «Siamo consapevoli afferma - che il futuro commerciale necessita di una sempre maggiore qualità ma a importi contenuti, per tale motivo proponiamo ai nostri mercati di riferimento, la Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) e il retail, prodotti sempre più “accattivanti” sia come stile che come prezzo. Negli ultimi tempi, stiamo sviluppando questa politica commerciale su altri settori, come l’arredo casa e l’abbigliamento per bambini e ragazzi, sempre con marchi di alto gradimento e specializzazione come Lonsdale e Maui Sport».

Antonella Venturini sottolinea però che alcune variazioni di rotta sono estremamente necessarie. «Già da tempo la nostra azienda sta attuando una generale revisione dei costi e una generale riorganizzazione, al fine di ottimizzare, dal punto di vista gestionale/operativo, sia le risorse umane sia le varie procedure interne. In questa stagione, per la prima volta, - ribadisce Venturini - anche il solido mercato della Gdo ha risentito della congiuntura negativa e di conseguenza si stanno adottando delle politiche commerciali molto cautelative con forti diminuzioni del budget di acquisto e la ricerca di prodotti con più alta marginalità». Fra i vari cambiamenti 2010 per la New Point Srl anche uno d’impatto positivo. «A seguito della decisione della proprietà del gruppo Basic Italia Spa di collaborare direttamente con il mondo della Gdo, - precisa la dirigente del gruppo fiorentino - nel corso dell’esercizio dello scorso anno, è stato sottoscritto il contratto di agenzia con il marchio Kappa; così la società è divenuta il Centro Nazionale Servizi della griffe per il mercato della Grande Distribuzione Organizzata Italiana. L’obiettivo è quello di sviluppare ed incrementare notevolmente la distribuzione dei prodotti Kappa con collezioni, prezzi e servizi sempre più mirati a questo mercato. Tale contratto ha riportato risultati molto buoni grazie al perfetto connubio del know-how della nostra azienda e la potenzialità della firma che è di altissimo gradimento nel mercato di massa della Gdo». Con questi presupposti, non è di certo una sorpresa, scoprire che in cantiere la società ha già sul tavolo importanti programmi. «La sfida della nostra impresa – conclude Venturini - è quella di realizzare un progetto branded corner all’interno dell’area dei punti vendita delle più importanti insegne della Gdo, in modo tale da creare delle aree di distribuzione ben organizzate e visibili per una mirata promozione e commercializzazione dei marchi della nostro gruppo». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 111


IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO

Il mercato chiede prodotti di qualità a un prezzo accessibile a crisi in atto impone alle famiglie un’attenzione maggiore al contenimento delle spese e un uso oculato delle risorse. Così, le prerogative per i nuovi acquisti sono l’utilità dell’oggetto e il miglior rapporto qualità/prezzo. Il settore dell’abbigliamento, in particolare, è uno dei comparti che più di altri sta risentendo dell’effetto - crisi: la sostanziale stagnazione, che ha contraddistinto nel 2011 la spesa delle famiglie per il tessile-abbigliamento, lascia presagire risultati ancora poco confortanti, con una predilezione per l’acquisto di capi di abbigliamento che garantiscano qualità a prezzi abbordabili. Ancora una volta, diversificare l’offerta e contenere i costi, sembrano essere le strategie obbligate per resistere in tempi difficili, come testimonia Serena Fantozzi, alla guida di un negozio storico di Pescia, la Giannino Srl. Quale strategia avete messo in atto per tenere il mercato con la difficile congiuntura di questi anni? «La scelta aziendale è stata quella di avvicinarsi sempre di più a un prodotto di tendenza venduto a un prezzo accessibile. Le persone oggi sono indubbiamente più attente al portafoglio. Spendono meno e, quando acquistano qualcosa, vogliono essere convinte di quello che comprano. Per la verità, Giannino, ha sempre adottato questa strategia, anche in tempi non sospetti, quando si faceva meno caso al risparmio. È nella filosofia della nostra azienda, infatti, offrire un assortimento molto ampio, con capi di abbigliamento che garantiscono un ottimo rapporto qualità/prezzo». Il vostro è uno dei negozi storici di Pescia. Possiamo ripercorrere brevemente le tappe principali dell’azienda? «La Giannino è a Pescia da oltre 100 anni. Nata come piccolo negozio di merceria e maglieria in un piccolissimo fondo in Piazza della Maddalena,

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Un vasto assortimento, che spazia dall’abbigliamento agli articoli per la casa. Grande attenzione al rapporto qualità prezzo e, soprattutto, un servizio ineccepibile. La strategia di un negozio storico nelle parole di Serena Fantozzi Eugenia Campo di Costa

si è poi trasferita nella stessa piazza in un negozio più ampio. Ha cominciato così a dare spazio ai tessuti in pezza per biancheria e, successivamente, anche ai tessuti per confezione. Già in quei tempi la clientela veniva anche da fuori per acquistare i nostri tessuti. Negli anni ‘50 – ‘60 mio padre, Virgilio Fantozzi, cominciava anche la vendita all’ingrosso in locali adiacenti, attività che ha poi trasferito ad Altopascio dove ha trovato spazi e consensi importanti. Negli anni 70 il negozio si è invece trasferito nell’attuale sede, in via Cesare Battisti, accanto all’ospedale». Quale particolare rapporto vi lega alla città? «Ci lega a Pescia un rapporto molto stretto. Per i nostri clienti siamo un punto fermo, una certezza. Oltre alla confezione da donna, da uomo


Serena Fantozzi

Serena Fantozzi e la sua squadra nello storico negozio Giannino di Pescia (PT) gianninopescia@gmail.com

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e ai reparti jeanseria e abbigliamento giovane, offriamo anche una vastissima gamma di articoli da bambino e poi l’intimo, la calzetteria, gli articoli per i neonati, la biancheria per la casa, che occupa un grande spazio con migliaia di articoli. Negli anni, abbiamo sempre aumentato l’assortimento, diversificandolo il più possibile. Senza falsa modestia, per quanto riguarda il tessile, possiamo dire che ormai da noi il cliente può trovare qualsiasi articolo cerchi. La nostra offerta riesce a soddisfare tutte le tasche, toccando ogni fascia di prezzo, e la scelta di ogni articolo è sempre curata in ogni dettaglio». Come selezionate i vostri prodotti? «La ricerca dei prodotti è continua, sia in Italia che all’estero. Trattiamo sia i grandi marchi che gli articoli dei piccoli artigiani sia per quanto riguarda il tessile che gli accessori per la casa. Su quest’ultima tipologia di prodotti, in particolare, stiamo puntando molto, in quanto consiste in un’offerta destagionalizzata, che trova riscontro lungo tutto l’arco dell’anno e che ci sta dando grande soddisfazione». Giannino è famosa anche per l’organizzazione di iniziative particolari. «Sì, bella questo anno è stata la nostra festa di pri-

La ricerca dei prodotti è continua, sia in Italia che all’estero. Trattiamo sia i grandi marchi che gli articoli dei piccoli artigiani

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mavera, che organizziamo verso la fine del mese di marzo, con allestimenti di fiori e piante all’esterno del negozio e tanti giochi per i bambini. Durante le serate estive di apertura serale, invece, organizziamo altri eventi come la “Fashion Tshirt Night”: i nostri clienti possono comprare una T-shirt, disponibile in quattro modelli, e quattro bravissime artiste realizzano per loro splendidi disegni. Anche le vetrine sono per la nostra realtà un aspetto molto importante: oltre a essere, chiaramente, un’esposizione dei nostri prodotti, sono anche un modo per “comunicare” con i visitatori, nonché un mezzo per lanciare dei messaggi e fare delle riflessioni». Quali prospettive intravede per il prossimo futuro? «Ovviamente l’attuale scenario è preoccupante. Ma i momenti di crisi possono anche celare nuove opportunità. L’azienda sta reagendo con energia e spirito di squadra, e puntando sul servizio. Sono convinta sia fondamentale seguire il cliente nella scelta dei prodotti in modo ineccepibile, offrendo un servizio estremamente curato. Se il prodotto è importante, l’assortimento necessario, il prezzo fondamentale, trovo che la differenza la faccia sempre la persona e il suo comportamento. Ecco perché mi piace definire le persone che lavorano con me “indipendenti”, perché solo rendendosi conto che, con il loro lavoro, possono fare la differenza, si raggiungono i risultati auspicati». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 113




IL DISTRETTO DELLA PELLE

Un mestiere custodito nel patrimonio culturale toscano A cavallo fra la dimensione artistica e quella artigianale, la pelletteria rappresenta per la Toscana una tradizione di grandissimo valore e distinzione. Leandro Calugi spiega come rinnovare questo prestigioso e apprezzato retaggio Lodovico Bevilacqua

a lunga tradizione toscana nell'arte della lavorazione della pelle affonda le proprie radici in un retaggio di sapiente manualità e brillante estro creativo. E, come si trattasse del rinnovamento di una tradizione familiare, l'eccellenza e la qualità della pelletteria toscana si ripropone ancora oggi; dal cuore pulsante e vitale situato nei distretti artigianali di Firenze e Pistoia, la qualità dei prodotti finali incanta ancora gli acquirenti di tutto il mondo, ispirando stilisti e raccogliendo prestigiosi

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Leandro Calugi, titolare insieme a Massimo Calugi della Missardi S.p.A. di Lamporecchio (PT) www.missardi.com

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consensi. Ma quali sono i segreti per mantenere ineguagliato questo livello di eccellenza? Forte della propria esperienza e latore di una grande professionalità, prova a spiegarlo Leandro Calugi, titolare della prestigiosa fashion factory Missardi, specializzata in capi in pelle e pellicceria. «Bisogna considerare che, nonostante la tecnologizzazione produttiva – d'altronde necessaria per gestire i ritmi e i volumi imposti dal mercato –, stiamo parlando di un'attività che a me piace pretenziosamente accostare ad una vera e propria arte; la creatività e la manualità necessarie ad eccellere in quest'arte sono dunque custodite nel patrimonio culturale toscano». Una visione davvero suggestiva. Ma passando a una dimensione descrittiva più pragmatica, come nascono le vostre creazioni? «La Missardi dispone di un'organizzazione rodata e all'avanguardia, capace di mettere i designer e gli artigiani nelle condizioni migliori per rendere al massimo. Esistono varie fasi nella lavorazione della pelle, gestite da diversi agenti; tutto nasce nel laboratorio, dove si sperimentano nuovi materiali e si effettuano ricerche su accostamenti cromatici sempre nuovi e sorprendenti. Di competenza della modellistica è invece lo sviluppo del processo creativo attraverso un'attenta ricerca stilistica. Segue la fase di produzione, dove esperti artigiani danno forma alle intuizioni


Leandro Calugi

stilistiche dei modellisti. Nella fase di confezionamento il prodotto finale prende invece la sua forma definitiva». Come si sviluppa il processo di fornitura del pellame? «La pelle è un materiale dalle grandi potenzialità, ma – quasi come un diamante – deve molto del suo valore estetico alla lavorazione e al trattamento che subisce. Buona parte del nostro pellame proviene da concerie italiane dalla grande tradizione e affidabilità, che hanno investito grandi risorse nello sviluppo di metodi di concia sempre migliori; in particolare desidero segnalare le concerie della zona di Solofra e di Santa Croce. Nondimeno è apprezzabile la qualità del pellame che proviene da Spagna e Francia». Quanto c'è di vostro nella qualità del prodotto finale? «La Missardi ha sempre creduto nelle potenzialità della sperimentazione, in particolar modo in un ambito come quello della moda, fatto di estro e intuizione. La ricerca continua di nuovi materiali, nuovi sistemi di lavorazione, nuovi accoppiamenti, soluzioni cromatiche sempre migliori e accattivanti, sono ciò che ci ha permesso di raggiungere il livello

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La pelle è un materiale dalle grandi potenzialità, ma – quasi come un diamante – deve molto del suo valore estetico alla lavorazione e al trattamento che subisce

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di pregevolezza riconosciuto da tutti e confermato dalla lunga serie di prestigiose collaborazioni che possiamo vantare». Che momento sta vivendo il mercato della pelletteria e come si inserisce la Missardi in questa congiuntura? «Come molti altri settori il mercato della pelletteria sta attraversando un periodo di preoccupante flessione. Da parte nostra, abbiamo avuto la fortuna e la bravura di lavorare in controtendenza. La dinamica vivacità a livello di design e nuove proposte, la qualità delle nostre lavorazioni – ormai ambita e conosciuta da tutti –, sono caratteristiche che si hanno permesso di mantenere negli ultimi anni un trend estremamente positivo, garantendo la possibilità di effettuare nuove assunzioni e istituire inedite e sempre più prestigiose collaborazioni con affermati stilisti e grandi marche». Come si traduce, dal punto di vista finanziario, questo positivo trend che state vivendo? «Sovvertendo le previsioni, il rendiconto dell'anno è stato oltremodo positivo, segnando un incremento di fatturato del 70 per cento rispetto al 2010. Altrettanto favorevoli sembrano essere le proiezioni per il 2012, che dovrebbe essere caratterizzato anche da nuove ulteriori assunzioni e da un incremento del lavoro». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 117


IL DISTRETTO DELLA PELLE

Le Pmi vincono con il contratto di rete La B&G ha firmato l’accordo per la creazione di una rete d’impresa nel polo della manifattura delle pelletteria, in partnership con Gucci. Il punto dell’Ad Franco Baccani Eugenia Campo di Costa

re reti di impresa per 24 aziende della filiera di Gucci, che ne sarà sponsor. Sono stati sottoscritti a Firenze, a metà dicembre, tre contratti promossi da Confindustria Firenze, relativi alle filiere di piccola pelletteria, borsetteria e valigeria. Obiettivi dell’iniziativa, coordinare in modo più efficace le attività produttive, attivare investimenti comuni in innovazione tecnologica e organizzativa, garantire elevati standard condivisi di qualità e sicurezza. «Un progetto importante per un territorio importante - ha commentato Aldo Bonomi, vicepresidente nazionale di Confindustria con delega ai distretti industriali -. Abbiamo bisogno delle Pmi e delle imprese che fanno la filiera, il contratto di rete é una grande opportunità per le aziende, che mantengono la loro autonomia e la loro voglia di fare impresa, perché l’industria italiana sia sempre più forte». Rientra nell’accordo, anche la B & G Srl che fornisce servizi alla produzione di articoli di pelletteria con particolare attitudine al settore borse, a Gucci e ad altri grandi nomi della moda italiana e straniera. L’azienda è guidata da Franco Baccani. Perché è così importante il concetto della rete d’impresa, nel mondo dello stile e dell’artigianato? «Due sono i valori fondamentali: uno è il mettere in collaborazione in maniera paritetica, creando un dialogo, i vari imprenditori, che è la cosa più importante ma al tempo stesso più difficile, ad oggi, da realizzare. Quindi, collaborare in maniera trasparente per creare ottimizzazioni in termini economici, di risorse e logistici. Con le reti d’imprese abbiamo un insieme di economie di scala su ogni aspetto, sia produttivo

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che logistico e finanziario». Nell’ultimo ventennio il made in Italy si è dovuto confrontare con sempre più competitor internazionali. Oggi ha perso, anche con la crisi, la sua ricezione da parte dei mercati? «No, anzi, la crisi ha rivalutato il made in Italy. Anche se all’estero ci sono molto competitor, per quanto bravi possano essere, non hanno l’estro, la manualità che abbiamo noi italiani. Un altro dato di fatto è che molti imprenditori che negli anni scorsi hanno approcciato esperienze all’estero, delocalizzando la produzione e lo sviluppo dei progetti, stanno riportando in Italia le loro attività». Dunque tutti quegli imprenditori affascinati dall’immediato risparmio della delocalizzazione poi sono rientrati vedendo venire meno il guadagno a lungo termine. «Esatto. Si cerca sempre di ottimizzare i costi ma il valore aggiunto che la nostra esperienza, il nostro saper fare e l’amore che noi italiani met-

Franco Baccani, titolare della B & G di Lastra a Signa (FI) franco baccani@beg-srl.com


Franco Baccani

tiamo nel realizzare i nostri prodotti non ha prezzo». Lei, come imprenditore, ha difficoltà a trovare tra le nuove generazioni maestranze valide, persone preparate e propense a lavorare in una realtà come la vostra? «Questo per noi è un punto estremamente importante, sul quale intendo lavorare molto nei prossimi mesi, perché si è persa negli anni la volontà di far capire ai giovani, anche tramite le associazioni degli industriali di cui io peraltro fac-

cio parte, l’importanza dell’avvicinarsi al mondo della pelletteria. Se su altri settori c’è un’attenzione diversa, il comparto della pelletteria negli ultimi anni è stato molto trascurato, a causa di una serie di condizioni, tra cui l’idea erronea, diffusa, che in questo settore si venga sottopagati, si lavori in condizioni non idonee, senza professionalità. È tutto assolutamente falso. Dobbiamo riportare i giovani ad apprezzare questo lavoro perché dà grandi opportunità: nei prossimi anni, secondo le statistiche fatte dai centri di ricerca, il settore della pelletteria compatibilmente alla situazione economica e finanziaria che stiamo affrontando, dovrebbe crescere nei prossimi anni. Questo significa la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, ma innanzi tutto bisogna fare formazione, insegnare la conoscenza delle pelli e le diverse lavorazioni». Voi lavorate tutti i tipi di pelle, giusto? «Sì, alla base di questo lavoro c’è uno studio e una conoscenza non scontati. È una professionalità che si acquisisce anno dopo anno ed è anche difficile da tramandare, perché prevede un percorso molto lungo, molto impegnativo. La principale attività svolta dall’azienda è realizzare le idee degli stilisti dando forme e volumetrie attraverso la ricerca di soluzioni tecnicamente avanzate. Tutto ciò si traduce nel reperire e lavorare materiali di ogni tipo e genere, dalle pellicce, alle pelli di coccodrillo, di struzzo, di pitone. Lavorazioni particolari realizzate con macchinari ad altissima tecnologia, ma anche con la ricerca di abili artigiani che realizzano complesse lavorazioni. Nascono così manufatti di alta qualità che trasmettono artigianalità, stile e una profonda ispirazione a forme con carattere innovativo». Cosa si aspetta dal nuovo anno? «Per il prossimo anno, più che parlare di aspettative, credo che sia opportuno pensare a lavorare in modo tale che la rete appena costituita ci possa aiutare a creare flessibilità, organizzazione e obiettivi comuni, i quali sono gli ingredienti necessari per affrontare la competizione dei mercati». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 119


IL DISTRETTO DELLA PELLE

La pelle italiana veste l’alta moda Un mix di artigianalità e tecnologia capace di cavalcare un mercato in continua evoluzione, a braccetto con i brand dell’alta moda. Maurizio Fulignati, titolare di Zenith Italiana, guarda alle nuove sfide nella lavorazione della pelle Viola Leone

n settore nel quale professionalità ed esperienza regnano ancora sovrane. Parliamo della lavorazione del pellame, operazione completamente artigianale, che dà vita a capi di abbigliamento e accessori tagliati e assemblati uno a uno da mani esperte. La Zenith Italiana di Vinci e la famiglia Fulignati vi si dedicano da più di cinquant’anni e oggi lavorano in private labeling con importanti brand della moda mondiale, da Giorgio Armani a Michael Kors, da Haider Ackermann ad An Demeulemesteer . «Progettiamo e realizziamo solo abbigliamento in pelle, accessori e interni in tutti i tipi di pelliccia pronti per l’applicazione sul capo del committente, tutto esclusivamente made in Italy - precisa il titolare, Maurizio Fulignati -. Teniamo moltissimo all’italianità del nostro prodotto, alle sue radici nella nostra terra, alla manualità dei nostri collaboratori». L’azienda, che impiega 22 tecnici e collaboratori specializzati nella sede principale e altri 8 nell’im-

U Maurizio Fulignati, titolare della Zenith Italiana di Vinci (FI) insieme a Giampaolo Fulignati, responsabile del prodotto www.zenithitaliana.it

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pianto di produzione distaccato dedicato all’assemblaggio esclusivo dei capi prototipi e delle collezioni, è animata da un’idea guida: il made in Italy è oggi più che mai sinonimo di qualità e di bellezza. «Questa convinzione trova conferma in tanti nostri clienti – commenta Giampaolo Fulignati – responsabile del prodotto, che, dopo esperienze all’estero alla ricerca di un prezzo più vantaggioso, hanno finito per tornare a rivolgersi a noi. Purtroppo si tratta di un patrimonio ancora poco difeso, ma che dà prestigio e, soprattutto, lavoro a migliaia di italiani dalla grande professionalità». L’italianità del prodotto è per voi un fattore imprescindibile. Quanto è importante, in particolare, il legame con il territorio sul quale operate, culla italiana della moda e del buon gusto? «Il legame con la Toscana, e soprattutto con la provincia di Firenze, è per noi indissolubile e totale. Qui ci sono le nostre radici, la cultura e l’esperienza necessarie per poter svolgere il nostro lavoro al meglio. È dunque impensabile per noi qualunque forma di delocalizzazione o produzione all’estero». Progettazione, realizzazione, sviluppo, produzione e distribuzione di abbigliamento in pelle e shearling da più di cinquant’anni. Che cosa è cambiato da quando avete mosso i primi passi ad oggi? «Sono avvenute molte trasformazioni, sia sotto il profilo tecnologico che organizzativo. L’uso dei computer e del Cad-Cam ormai è indi-


Maurizio Fulignati

spensabile, le comunicazioni via mail e in teleconferenza sono la regola, i tempi di realizzazione delle collezioni sono sempre più compressi, le varie tecniche di applicazione sui pellami - engraving, embossing, washing, waxing e via dicendo - sono ormai una costante». C’è uno stile distintivo che caratterizza i vostri capi? «La nostra azienda lavora solo in private labeling con importanti brand della moda mondiale. Abbiamo l’onore e il piacere di produrre sofisticati capi nei pellami più pregiati per alcuni fra i più importanti stilisti del mondo, primi fra tutti gli italiani. Ci siamo dedicati a questo tipo di collaborazioni in esclusiva dal 1992; da allora non abbiamo, quindi, un brand di nostra proprietà». Il mercato a cui vi rivolgete è in veloce evoluzione e saper cogliere con sensibilità i cambiamenti che lo guidano rappresenta spesso la chiave vincente per riuscire ad affermarsi. Quali sono le esigenze del momento? «I mercati che serviamo sono globali. Ognuno ha le proprie peculiarità, ma per tutti il buon rapporto prezzo-qualità-servizio è indispensabile; questo nonostante la nostra produzione, totalmente made in Italy, sia high-end e quindi

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Teniamo moltissimo all’italianità del nostro prodotto e alla manualità dei nostri collaboratori

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rivolta a un mercato con buone disponibilità economiche». Verso quali obiettivi state indirizzando la ricerca per mantenere il vostro prodotto unico e di qualità? «La ricerca è rivolta alla sperimentazione di nuove rifiniture, nuovi trattamenti, nuovi spessori con morbidezze prima impensabili, il tutto sposato con tecniche di lavorazione innovative, per nostra esperienza possibili solo in Italia». Negli ultimi anni si parla molto di ecopelle; qual è la sua opinione su questo tema? «L’eco-pelle è tutto fuorché ecologica. È un prodotto dell’industria della plastica e quindi non ecologico per definizione. Noi lavoriamo pellami, cioè materiali organici, vivi e reattivi; la lavorazione è completamente differente da quella dell’eco-pelle, così come la resa in capi destinati a essere apprezzati da esigentissimi clienti in tutto il mondo».

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IL DISTRETTO DELLA PELLE

Il distretto della pelle chiede l’attenzione dei giovani Nonostante il settore della pelletteria rientri in quegli ambiti poco considerati dai più giovani, “l’arte del lavorare la pelle” viene ancora fortemente richiesta dal mercato. A parlarne è Francesco Santini Emanuela Caruso

ià da qualche anno, l’economia italiana ha assunto il ruolo di protagonista in uno scenario dove a giocare sono due fattori tra loro contrastanti, ovvero l’abbondanza di lavoro da una parte e la mancanza di professionalità specifiche dall’altra. Se, infatti, si continua ad assistere alla crescita di posti di lavoro destinati a operai specializzati, a periti tecnici, a fornai e ad artigiani della pelletteria, al contempo si continua a osservare inermi una diminuzione, se non addirittura la mancanza, di giovani interessati a questi mestieri. A fare da traino in tale situazione, tra tutte le città italiane è Firenze, che offre lavoro nei settori della produzione, quelli dove vengono richiesti profili altamente qualificati e formati che assicurano prestigio, carriera e guadagni. Ci vorrebbero più giovani con la voglia e lo spirito di sacrificio necessari ad apprendere e specializzarsi nei

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Tecnopel ha la sede a Fucecchio (FI) info@tecnopel.it

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settori della meccanica, della programmazione a controllo numerico, del tessile e della pelletteria. Proprio in quest’ultimo ambito si colloca l’attività della Tecnopel di Fucecchio, diretta testimone della scarsità di attenzione e interesse per i lavori inerenti “all’arte della pelle”. «Lavorare la pelle – spiega Francesco Santini, titolare dell’azienda – è qualcosa che i giovani non vogliono fare. Al pari di ogni altro settore manifatturiero, anche il nostro necessita di amore per il materiale che ci si ritrova tra le mani e per il prodotto che si va a realizzare. Ogni pelle è diversa dalle altre e quindi va vissuta, capita e studiata, e ormai sono ben poche le persone e i giovani disposti a confrontarsi con un mestiere dove serve preparazione, impegno e passione». Dal 1979, anno in cui è iniziata la vostra attività, a oggi, come si è evoluta la Tecnopel? «L’azienda, nell’attuale denominazione, nasce nel 2003, ma fonda le sue origini nel 1979 quando i due attuali soci hanno cominciato


Francesco Santini

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I nostri operai specializzati si occupano della scelta delle materie prime e di tutte le lavorazioni che trasformano la pelle grezza nel prodotto finito

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a lavorare nell’azienda di famiglia, la cui attività era allora suddivisa in due rami principali, calzaturificio e commercio pellami. Ben presto abbiamo voluto interessarci anche ad altri ambiti, come quello della conceria, e abbiamo iniziato a ingrandire il portafoglio clienti e a elevare la qualità dei nostri prodotti e delle nostre pelli, puntando quindi a quella specializzazione dell’attività grazie alla quale oggi produciamo articoli fortemente competitivi e molto apprezzati dai consumatori». A quali lavorazioni sottoponete il pellame e quali articoli producete? «Il ciclo di lavorazione parte con la scelta della materia prima da parte dei nostri operai specializzati e prosegue con l’arrivo nello stabilimento della pelle grezza in pelo. Attraverso, poi, alcuni interventi quali, ad esem-

pio, la stiratura e la rifinitura si arriva al prodotto finito. In particolar modo, ci occupiamo di pelli bovine di diverse taglie e provenienze, e con esse produciamo un’ampia gamma di articoli, dalle calzature ai pellami per fodera alla tomaia, dalla pelletteria all’accessoristica, fino ad arrivare all’abbigliamento. Effettuiamo, inoltre, lavorazioni particolari e su richiesta specifica del cliente». Quali sono i mercati che richiedono i vostri prodotti e quali commissioni rappresentano per la Tecnopel la massima fonte di guadagno? «I mercati che richiedono la nostra maestranza e cura nel trattare la pelle sono in particolare quello italiano e quello americano e in entrambi i paesi lavoriamo per tutte le firme del calzaturiero. Proprio le commissioni di calzature rappresentano le maggiori entrate per la Tecnopel, che non ha risentito della crisi economica scoppiata in Italia e nel resto del mondo dal 2008, ma che anzi, proprio a partire da quell’anno, ha potuto contare su aumenti di fatturato notevoli e costanti, nell’ordine del 20-30% in più ogni anno». Cosa pensa dell’eco-pelle? «Nonostante l’eco-pelle abbia invaso un po’ tutti i settori del pellame, della conceria e del calzaturificio e rappresenti la risposta alla necessità di realizzare prodotti più rispettosi dell’ambiente e della salute dell’uomo, sul mercato non sta ricevendo né feedback positivi né la giusta risonanza. La nostra stessa azienda ha investito in alcune linee eco, dove abbiamo eliminato l’uso di metalli e abbiamo cercato di far diventare davvero ecologico il prodotto, sia per quanto riguarda lo scarico dell’azienda che a livello di articolo finito, ma purtroppo abbiamo riscontrato che il consumatore medio preferisce ancora comprare il prodotto “normale” e non quello in ecopelle». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 125


IL DISTRETTO DELLA PELLE

Progetti mirati per l’atelier della moda iù che a un’azienda ci piace pensare la nostra realtà come ad un grande atelier in cui si ricevono principalmente progetti di sviluppo». Racconta Paolo Viti, titolare insieme a Monica Bonaiuti di Exin Group di Bagno a Ripoli. L’idea di base che caratterizza la realtà fiorentina è sempre stata quella di lavorare su progetti mirati dove qualità, stile, prestigio enfatizzino il made in Italy. «La nostra equipe di modellisti elabora i cartamodelli relativi ai disegni che riceviamo. Successivamente vengono passati al reparto di assemblaggio, presso il quale personale estremamente specializzato costruisce il primo prototipo. L’oggetto è analizzato nel suo insieme, soprattutto nella sua volumetria, e vengono studiati tutti i vari dettagli da mettere a punto. L’opera viene poi completata con la realizzazione del campione definitivo costruito da mani sapienti e rigorosamente controllato prima della consegna». Monica Bonaiuti spiega cosa c’è alla base di questo lavoro. «Soprattutto un’attenta interpretazione del disegno in questione affinché la sua trasposizione in oggetto sia il

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Capacità di realizzare collezioni moda con dinamicità e standard qualitativi elevati. È stata questa la ricetta che ha permesso alla Exin Group di crescere in tempi brevi e attirare griffe importanti. Ne parliamo con Paolo Viti e Monica Bonaiuti Nicoletta Bucciarelli

più fedele possibile all’immagine e allo spirito stesso che il designer desidera attribuire. Il lavoro in questione riguarda anche il giusto utilizzo dei materiali scelti che spaziano dai pellami più morbidi e raffinati (sia bovini che ovini), fino a giungere a cuoi invecchiati e molto resistenti d’allure “vecchia selleria”, oppure pellami esotici quali vero coccodrillo o vero pitone che richiedono una conoscenza e un’attenzione particolarmente approfondita». I lavori commissionati alla Exin


Paolo Viti e Monica Bonaiuti

Paolo Viti e Monica Bonaiuti, titolari di Exin Group di Bagno a Ripoli (FI) www.exingroup.it

fanno oggi capo a firme importanti nel mondo della moda «Da un anno a questa parte» prosegue Monica Bonaiuti «stiamo lavorando al progetto di borse di lusso su misura con il nostro marchio Minobossi Gold presentato per la prima volta lo scorso febbraio durante la sfilata del fashion week di Milano. Stiamo prendendo contatti importanti per dare sviluppo a questo nuovo comparto per noi molto significativo. La nostra azienda ha avuto la possibilità di crescere in un tempo relativamente breve, so-

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Siamo riusciti ad attrarre quel settore della moda che ha necessità di realizzare prodotti fashion di lusso in tempi sempre più brevi e con standard qualitativi elevati”

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prattutto per la nostra flessibilità e per l’estrema rapidità nella realizzazione di collezioni. La moda, soprattutto negli ultimi anni, ha accelerato di gran lunga le tempistiche di consegna delle collezioni per la grande e spietata concorrenza mondiale. La politica vincente della nostra società è stata quella di creare un team capace di accettare e far sua la nostra filosofia incentrata nella massima disponibilità di servizio. Questo ha portato alla costruzione di un’identità aziendale che ci ha permesso di attrarre quel settore della moda che nel corso degli ultimi tempi ha necessità di realizzare prodotti fashion di lusso in tempi sempre più brevi e con standard qualitativi elevati. L’esperienza acquisita in questi anni è quella di pellami sempre più naturali, trattati con processi particolari che danno risalto alla naturalezza e trasparenza del pellame stesso. La difficoltà più elevata consiste nel rendere il più perfetto possibile un oggetto fatto di pellami sempre più imperfetti perché naturali. Sono state perfino adottate tecniche specifiche affinché si potesse dare una sapore ancor più vissuto agli oggetti di pelletteria sia uomo sia donna. Il “tinto in capo” è un esempio di quest’espressione, che prevede la realizzazione del capo in pelle grezza e inviato a tingere solo dopo la sua costruzione. Questa è una tecnica che il gusto vintage ha sviluppato enormemente in questi

ultimi due anni che tuttavia dà risultati positivi solo se trattato con standard qualitativi molto elevati. L’utilizzo dei materiali esotici è ancor più complesso, rischioso e oneroso ma consente una specializzazione sempre più dettagliata delle varie tecniche di lavoro e rappresenta il fiore all’occhiello della pelletteria». Le principali aziende del settore della moda si sono date ambiziosi obiettivi, impegnandosi a ripulire tutta la catena produttiva entro il 2020, eliminando le sostanze tossiche dalle loro filiere produttive. «Questo riguarda principalmente il settore conciario e della metalleria applicata alla pelletteria» conclude Paolo Viti. «Noi aziende produttrici abbiamo cercato di allinearci con l’esigenza di utilizzare pellami e accessori metallici privi di sostanze classificate dannose. In tal senso forniamo garanzie attraverso l’adeguamento al reach, che non è altro che un regolamento europeo che sancisce le varie regole del caso. Di contro, non possiamo definire che nel nostro settore produttivo esistano elementi così dannosi da eliminare per garantire un sempre minore impatto ambientale. Certamente l’ottemperanza delle varie norme di sicurezza e soprattutto un miglior servizio comunale per lo smaltimento dei rifiuti tossici sarebbe auspicabile da parte delle nostre autorità». VENETO 2011 • DOSSIER • 127


IL DISTRETTO DELLA PELLE

Un prestigioso retaggio da salvaguardare La tradizione italiana nella lavorazione delle pelli ha reso questo particolare comparto artigianale una punta di diamante del made in Italy. Ottavio, Matteo ed Erika Bravatà spiegano come rimanere all'altezza della grande tradizione che li ha preceduti Lodovico Bevilacqua

rande attenzione alla qualità delle materie prime, esperienza e professionalità derivate da un retaggio secolare, mantenimento dei tradizionali metodi e sistemi di lavorazione. Queste le semplici caratteristiche che hanno portato la pelletteria italiana a livelli di eccellenza e che ancora oggi permettono ai latori di questa secolare tradizione produttiva di raccogliere ammirazione e consenso in tutto il mondo. Una vera e propria arte, che ancora mantiene – con alcune inevitabili concessioni all'aggiornamento tecnologico – la sua vocazione prettamente artigianale. Un capitolo interessante, quello della convivenza fra nuovo e antico, fra tradizione e innovazione; un’apparente dicotomia che ha tuttavia trovato una soluzione presso molti degli artigiani impegnati in questo ambito. Parte di questa categoria è la

G Sirio ha la sede a Fucecchio (FI) info@sirio-srl.it

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famiglia Bravatà, nelle persone del padre Ottavio Bravatà e dei due figli Matteo ed Erika, titolari della S.I.R.I.O. Lavorazione Conciaria S.R.L. di Fucecchio. L'azienda dell'hinterland fiorentino si è ritagliata uno spazio importante nel mercato della lavorazione delle pelli, diventando un punto di riferimento per i propri clienti e tagliando di recente il prestigioso traguardo dei trent'anni di attività. Ricorda Ottavio Bravatà: «la S.I.R.I.O. Nasce nel 1980, impegnandosi inizialmente nella lavorazione conciaria per conto terzi. Le proporzioni della neonata azienda erano piuttosto ridotte e la dimensione del mercato di riferimento era esclusivamente nazionale». Molti anni sono passati da allora e la sana ambizione dei proprietari, unita a una gestione virtuosa dell'azienda, ha portato la S.I.R.I.O. ad ampliare notevolmente il suo raggio d'azione commerciale, aumentando il portafoglio dei clienti e potenziando i propri mezzi dal punto di vista economico e operativo. Interviene Matteo Bravatà a tale proposito. «L'evoluzione che ha caratterizzato la S.I.R.I.O. ha conseguito notevoli interventi di adeguamento del potenziale operativo alle nuove esigenze produttive, caratterizzate da


Ottavio, Matteo ed Erika Bravatà

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la S.I.R.I.O. ha sempre puntato tantissimo sulla formazione del personale, per dotarsi di uno staff esperto e specializzato

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volumi sempre maggiori e da una costante ricerca del miglioramento qualitativo dei prodotti. Abbiamo occupato una nuova sede – più ampia ed efficiente – e abbiamo aggiornato il parco macchinari, dotandoci di nuove e migliori attrezzature». Naturalmente questa espansione produttiva è stata la conseguenza della scelta di estendere le proprie competenze, come ricorda ancora Matteo Bravatà. «Fino al 1994 la S.I.R.I.O. si occupava solo della fase di rifinizione del pellame; da quell'anno in poi, invece – grazie all'acquisto e alla messa in opera di lavatrici e bottali per riconciare il pellame wetblue –, siamo divenuti in grado di eseguire il ciclo completo di lavorazione della pelle». Parlando della fase produttiva, vale la pena di soffermarsi nuovamente sulla questione relativa all'identità artigianale di questa attività, apparentemente minacciata dall'invasivo avvento della tecnologia, sempre più necessaria per mantenere i ritmi produttivi adeguati alle richieste del mercato. Si esprime a questo proposito Erika Bravatà. «Dagli impianti di pigmentazione automatica, dalle lavatrici alle presse rotative, è innegabile che l'aspetto tecnologico abbia assunto – nell'industria della lavorazione del pellame – un ruolo sempre più inclusivo. Rimane comunque preponderante la vocazione artigianale dell'attività, sempre supervisionata con cura e dedizione da arti-

giani esperti e preparati, cui alcune delle più delicate fasi della lavorazione vengono ancora delegate». Una produzione che si sfoga in un mercato ormai ben più ampio dei confini nazionali. «I nostri clienti esportano i prodotti in tutto il mondo e copriamo con efficacia anche il mercato italiano. I comparti cui è destinata la nostra produzione sono principalmente quello delle calzature e quello della pelletteria, con una larga preponderanza del primo rispetto al secondo». Risultati di grande prestigio, conseguibili solo con una politica aziendale saggia e sagace, che tenga in buon conto le priorità strategiche dell'azienda. «La qualità della produzione è l'assioma che sta alla base della nostra strategia; di conseguenza la S.I.R.I.O. ha sempre puntato tantissimo sulla formazione del personale, per dotarsi di uno staff esperto e specializzato e sull'aggiornamento tecnologico, con un occhio di riguardo per l'ecosostenibilità della produzione». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 129


Artigianalità tecnologica La professionalità e l'esperienza della tradizione artigianale può coesistere con l'utilizzo di moderne tecnologie. Matteo ed Erika Bravatà raccontano la loro esperienza nel settore della lavorazione della pelle Lodovico Bevilacqua

Ottanio srl ha la sede a Fucecchio (FI) ottaniosrl@cgn.legalmail.it

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ella fama che l'industria della moda made in Italy può vantare a livello internazionale, il contributo della manifattura toscana occupa un ruolo di grande rilevanza. La sapienza e l'esperienza degli artigiani toscani ha fatto di questa terra un punto di riferimento imprescindibile a livello nazionale e internazionale, tanto da costituire ancora oggi un esempio di eccellenza. Nel variegato ambito della moda e dell'abbigliamento, la competenza in particolari metodi di lavorazione – modulati sul tipo di materiale lavorato e sul risultato da ottenere – richiede un altissimo livello di specializzazione, derivante da una vasta esperienza e una grande manualità. Queste le doti ricercate da Matteo ed Erika Bravatà, titolari della Ottanio S.r.l. di Fucecchio, ditta specializzata nella realizzazione di pellami verniciati ed abrasivati di altissima

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Matteo ed Erika Bravatà

qualità. «La nostra azienda – esordisce Erika Bravatà – è una neonata nel panorama manifatturiero fiorentino, ma la dedizione e l'attenzione con cui abbiamo preparato quest'esordio hanno reso i primi mesi di attività estremamente soddisfacenti, sia in merito all'acquisizione di prestigiose collaborazioni, sia in merito al successo nel tentativo di rispettare gli elevati standard di qualità produttiva che ci eravamo prefissati. Lavoriamo per conto terzi e si rivolgono a noi Concerie e Commercianti di pellame ». Naturalmente, come continua Erika Bravatà, in un ambito così specializzato come quello della pelletteria artigianale, affidarsi alle mani di professionisti esperti e navigati costituisce una condizione imprescindibile per il successo commerciale. «Nonostante la nostra società abbia solo pochi mesi di vita, i dipendenti che compongono il nostro staff sono artigiani dalla ventennale esperienza e dalla vasta competenza». Aggiunge Matteo Bravatà, «Come spesso capita in questo settore, anche la Ottanio si è trovata a dover gestire il compromesso fra la vocazione artigianale dell'attività svolta e le esigenze produttive che spesso impongono una meccanizzazione della produzione stessa. L'artigianalità dell'industria della lavorazione delle pelli è una caratteristica irrinunciabile, costitutiva della natura stessa dell'attività; noi riteniamo di aver salvaguardato il suo mantenimento – anche conservando inalterati i metodi e i tempi di lavorazione tradizionali – pur integrando le fasi manuali della produzione con l'utilizzo di macchinari all'avanguardia». Nel rispetto delle rigorose norme ambientali, molto del successo ottenuto è dovuto oltre al rapporto con la clientela ed al continuo confrontarsi per creare prodotti sempre più ricercati ed attenti alla richiesta del mercato, anche ad una struttura che ci permette di effettuare internamente le fasi più importanti per la preparazione e verniciatura del pellame grazie a macchinari di ultimissima generazione, che asciugano le pelli con forni elettrici creando un prodotto di ottima qualità . «In un ambito produttivo che vede la contrapposizione fra prodotti a basso costo di realizzazione – e naturalmente di vendita –,

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Siamo una ditta specializzata nella realizzazione di pellami verniciati ed abrasivati di altissima qualità

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con una compromissione della qualità e prodotti che invece fanno proprio della qualità la loro caratteristica principale, la nostra scelta in favore della seconda opzione determina, nel rapporto con la clientela, da una parte una stretta fidelizzazione con il cliente, dall'altra una proficua collaborazione con i clienti stessi, che non si esaurisce nella fase di fornitura, ma si estende anche a quelle di produzione e di campionatura». Proprio in relazione alla fase di produzione, è importante sottolineare come il più consistente vantaggio concesso dalla tecnologizzazione produttiva consista nella possibilità di aumentare il ventaglio di soluzioni sperimentali di ricerca della qualità. TOSCANA 2011 • DOSSIER • 131


IL DISTRETTO DELLA PELLE

A passeggio con il design Pellami originali combinati alla semplicità di modelli di borsa e a contrasti di colore. Senza lasciare in secondo piano l’ottica del riuso. Ne parliamo con Gianni Chiarini, titolare della Contemporary Bags&Accessories Marco Tedeschi

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el cuore di Firenze, nel 2002, è stato aperto un Temporary Store che ha condotto la Contemporary Bags&Accessories verso nuovi scenari. «Espositori modulari di cartoni componibili, tenuti insieme da cinghie rosse, inseriti in un antico locale, il cui soffitto ligneo è stato mantenuto intatto. Questo è come si presenta il Temporary Store». A raccontarcelo è Gianni Chiarini, un’esperienza ventennale nel mondo della pelletteria e titolare dell’azienda che sorge a Firenze, fulcro del distretto conciario italiano. In che modo riuscite a plasmare la materia e soprattutto una materia particolare come la pelle per arrivare ad un risultato così interessante sotto il punto di vista del design ? «Il segreto è soprattutto nella continua ricerca di pellami originali che combinati con la semplicità dei modelli danno un gusto fresco alle nostre borse. Ogni stagione ci concentriamo nel creare nuove stampe che danno alle borse ricchezza e originalità». Quali sono le caratteristiche che vengono apprezzate maggiormente nei vostri prodotti? «Il nostro target di riferimento apprezza soprattutto la praticità. Per questo motivo quello che viene richiesto è una borsa che la donna dinamica di oggi possa indossare con facilità ma che allo stesso tempo sia attuale». In un’ottica di “riciclo” tema molto attuale e su cui viene impostata la base della futura economia, esiste un modo per recuperare gli “scarti” delle lavorazioni? «Quasi tutte le nostre borse sono dotate di piccole bustine e portachiavi che vengono ricavati durante il processo di lavorazione dando un valore aggiunto al prodotto». In che modo siete riusciti a ritagliarvi una fetta importante di mercato internazionale e a diventare un punto di riferi-

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Gianni Chiarini

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Nella borsa c’è un forte ritorno al classico e alle forme più strutturate che rendono la donna più elegante ma soprattutto più femminile

Gianni Chiarini è titolare della Contemporary Bags & Accessories di Firenze www.giannichiarini.it

mento nel mondo? «Direi che i fattori sono stati molteplici. Innanzitutto la freschezza del nostro prodotto unito ovviamente alla ricerca di pellami originali e alla semplicità dei modelli. In ogni caso quello che ha attirato maggiormente il mercato internazionale è stata un’ottima qualità e una linea ricercata coniugata alla cosa più importante, ovvero il prezzo». Quanto conta per un’azienda come la vostra essere nata e trovarsi nel territorio fiorentino? «Firenze è stata in passato una delle città più importanti per la pelletteria italiana e soprattutto l’ombelico della moda ancora prima di Milano. Nascere a Firenze sicuramente ha determinato l’acquisizione di tutte quelle che sono le tradizioni della pelletteria italiana e soprattutto il gusto del bello che contraddistingue la nostra città e la nostra cultura». Come è organizzata la rete vendita? «Il nostro marchio può essere trovato in negozi monomarca ma è anche distribuito attraverso una rete vendita internazionale in grado di

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consegnare un prodotto che unisce bellezza, qualità e gusto immediatamente riconoscibili: un piccolo "lusso" quotidiano alla portata di tutti». Dal punto di vista dell’estetica e del design quali sono le ultime tendenze del prodotto? «C’è un forte ritorno al classico e alle forme più strutturate che rendono la donna più elegante ma soprattutto più femminile. Questo è quello che cerchiamo di trasmettere tramite le nostre borse». Qual è la filosofia che fa da piedistallo al marchio Gianni Chiarini e che vi ha permesso di restare competitivi nel mercato? «La filosofia è stata sempre quella di cercare di dare un prodotto attuale con una buona qualità e un buon prezzo, il successo è stato inoltre determinato dall’energia e l’entusiasmo che io ed il mio staff mettiamo nel nostro lavoro. Per questo cerchiamo sempre di migliore orientandoci sempre di più verso forme semplici rese sempre più originali da contrasti di colore e mix di pellami». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 133


IL DISTRETTO DELLA PELLE

Cinture che legano lo stile La cintura negli ultimi tempi rappresenta sempre di più un accessorio atto a consolidare lo stile. In particolar modo della donna. Vieri Saccardi racconta la sua esperienza alla guida di Studio Pelle, realtà legata alla produzione di articoli in pelle da tre generazioni Nicoletta Bucciarelli

l settore conciario troppo spesso si trova a dover scontare un’immagine negativa derivante per un verso dall’impatto ambientale e per l’altro dall’assimilazione della conceria ad azienda chimica. Molto è stato fatto sul versante dell’impatto ambientale soprattutto in tema dell’inquinamento delle acque; l’intero comparto, costruendo impianti di depurazione, ha investito importanti risorse per disinquinare le acque di scarico. L’attenzione per gli aspetti ambientali è continuamente protesa verso le innovazioni, le opportunità e le possibilità di introdurle. Lo sa bene Studio Pelle, azienda di Scandicci che da generazioni si occupa di lavorazione conciaria, oggi sotto forma di cinture in pelle. «Ci avvaliamo di tutte quelle iniziative, regionali ma anche private, per lo smaltimento dei materiali inutilizzabili. Collaboriamo inoltre con aziende che utilizzano parte dello scarto dei pellami per produrre pelle rigenerata». Sottolinea Vieri Saccardi, titolare insieme ai fratelli dell’azienda. Dagli ultimi dati relativi alle vendite sembra che i prodotti in pelle e soprattutto gli accessori come guanti, cinte e borse siano tornati d’estrema attualità. Che cosa rilevate voi sotto questo punto di vista? «Per noi la crisi è stata meno forte rispetto ad altri settori. Acquistare un accessorio di marca oggi è molto più facile grazie a costi più accessibili rispetto ad un abito. Inoltre con

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Vieri Saccardi, titolare dello Studio Pelle di Scandicci (FI) info@studiopel.com

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una cintura e una borsa di ottima qualità e design ogni persona può rappresentare al meglio il proprio gusto. Per questo è possibile affermare che il nostro mercato di riferimento non ha subito una flessione troppo forte». La cintura, soprattutto per la donna, è diventata negli anni una componente fondamentale per una ricerca e un consolidamento dello stile. In che modo riuscite a supportare questo aspetto? «Soprattutto tramite un feed-back continuo con i nostri interlocutori. Così facendo riusciamo a capire le loro esigenze e che cosa desiderano da quest’accessorio sempre più di tendenza. Grazie alla sinergia con i nostri clienti e alle capacità del nostro staff riusciamo a offrire stagionalmente un prodotto sempre rinnovato ed eccellente». Studio Pelle si è specializzata negli anni nella produzione di cinture per uomo e donna. Potrebbe raccontarci quali sono i maggiori cambiamenti che avete dovuto affrontare nel corso del tempo? «I maggiori cambiamenti sono soprattutto dipesi dalla moda che, specialmente negli ultimi 15-20 anni, è in continuo mutamento. Negli anni abbiamo assecondato ogni singola esigenza e intuizione necessaria per riuscire ad essere competitivi oggi». Che cosa vi ha portato a specializzarvi prevalentemente nella produzione di cinture in pelle? «Siamo arrivati a specializzarci proprio nella lavorazione di cinture in pelle soprattutto grazie all’esperienza accumulata in tre generazioni di


Vieri Saccardi

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Collaboriamo con aziende che utilizzano parte dello scarto dei pellami per produrre pelle rigenerata

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pellettieri, nostro nonno prima, mio padre e adesso noi tre fratelli». Quali sono le lavorazioni che vengono richieste? «Dietro ad una cinta di pelle c’è un grandissimo lavoro che è strettamente collegato alle lavorazioni meticolose e precise necessarie per un risultato eccellente sia dal punto di vista qualitativo che di estetica. Alla base c’è sicuramente artigianalità, tanta competenza e alta qualità,ma soprattutto amore per quello che facciamo». Dal punto di vista dell’estetica e del design quali sono le ultime tendenze del prodotto? «Le tendenze sono molteplici e tutte seguono le linee trasmesse dai grandi nomi della moda internazionale. Accessori sempre più ricercati, qualità dei materiali esclusivamente made in Italy, pelli pregiate e mano d’opera di altissima qualità, rappresentano la chiave per soddisfare e assecondare queste nuove tendenze». Che cosa prevede per il vostro mercato di riferimento? «Mi auguro che l’impegno e la competenza che ci caratterizza all’interno del nostro distretto risultino le doti fondamentali e che davvero contino per affrontare i mercati. In questo modo, anche in un momento difficile come quello che stiamo vivendo è possibile vedere degli spiragli che facciano tornare ad un equilibrio economico». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 135




IL SETTORE CALZATURIERO

Per i passi dei bambini Strutture anatomiche, materiali idonei, attenzione al dettaglio sono le caratteristiche fondamentali delle calzature Balducci, destinate ai più piccoli. Per una crescita sana e corretta. Il punto di Isabella Balducci Eugenia Campo di Costa primi anni di vita sono fondamentali per una crescita sana e corretta, che passa anche attraverso calzature capaci di favorire un giusto sviluppo dei piedi e della deambulazione. A questo scopo, sono necessarie scarpine la cui struttura anatomica sia opportunamente calibrata, flessibile, leggera e spaziosa nella zona anteriore, più sostenuta e resistente in quella posteriore. Le dita del bambino, ancora in formazione, devono potersi articolare agevolmente in uno spazio confortevole, piegandosi naturalmente durante la marcia dritta, ma anche nel corso di un’improvvisa torsione. Parimenti, il calcagno deve essere sempre sorretto attraverso un’opportuna presa, solida e

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Nella pagina a fianco, Isabella Balducci, titolare della Balducci Spa. Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda che ha sede a Pieve Nievole (PT) www.balducci.it

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rassicurante, perché l’assetto della figura corporea, nella sua interezza, risenta appieno di tutti i benefici di una base armoniosa. Su questi presupposti tecnici e di ingegneria fisiologica si impronta da sempre la ricerca della Balducci, azienda leader nella realizzazione di scarpe per bambini, guidata da Isabella Balducci. Quali caratteristiche deve possedere una calzatura per favorire un giusto sviluppo dei piedi e della deambulazione? «Le scarpine devono conformarsi sempre all’anatomia del piede del bambino, nel suo naturale sviluppo, seguendone puntualmente le fasi motorie. In particolare, la calzatura fisiologica deve essere stretta nel tallone e abbondante in punta per evitare lo schiacciamento delle falangi, deve anche essere flessibile e morbida sull’avampiede, affinché il bambino la possa dominare completamente, e più sostenuta sul retropiede, per evitare che il calcagno, ancora in formazione, possa scivolare all’esterno». Balducci, nelle sue lavorazioni, coniuga artigianalità e tecnologie. Quali fasi della lavorazione restano prettamente artigianali e quanto investite invece nell’aggiornamento tecnologico e nello sviluppo di nuovi modelli di calzature? «Balducci è nata nel 1934 come laboratorio artigiano e da allora sono rimaste artigianali la progettazione delle linee e la cucitura delle tomaie che, ancora adesso, viene fatta a mano. Per il resto, nel corso del tempo, abbiamo investito moltissimo in nuove tecno-


Isabella Balducci

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Le scarpine devono conformarsi sempre all’anatomia del piede del bambino, nel suo naturale sviluppo, seguendone le fasi motorie

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logie e nell’acquisto dei macchinari più evoluti. Gli aggiornamenti tecnologici sono continui, sia per quanto riguarda la progettualità, sia per la parte grafica, che nel bambino è molto complessa. Ogni anno, inoltre, lavorano per noi i migliori stilisti di settore e ideiamo nuove linee e nuovi modelli». Quali materiali, in particolare, risultano essere i più adatti nella realizzazione di calzature fisiologiche per i più piccoli? «Indubbiamente quelli naturali, nello specifico la pelle e il cuoio. In inverno possono essere anche adatti, per parti della tomaia, tessuti tecnici e, in primavera, cotoni e lini. La moda e il clima impongono le suole gommose in TR. L’importante è che queste siano leggere e flessibili e che all’interno della scarpina la fodera e il sottopiede siano realizzati in pelle». Come riuscite a coordinare il benessere dei piedini con le esigenze della moda e quali sono, in particolare, le tendenze per la prossima stagione? «Non necessariamente una scarpina corretta

dal punto di vista anatomico, deve essere sgraziata. Le nostre linee seguono sempre le tendenze della moda maschile e femminile e, naturalmente, anche la scarpina più fantasiosa e “aggressiva” è realizzata su una forma anatomicamente corretta. Per la prossima primavera, le calzature per bambine saranno ricche di pietre e di strass, per i maschietti, invece, sempre attuale è il tema che evoca il mare e le regate o la tecnologia». Com’è andata l’azienda negli ultimi anni di crisi generale dei mercati e quali sono le prospettive per il futuro? «La crisi economica mondiale ha rallentato molto la crescita delle aziende e anche la nostra ha avuto stagioni non facili. Ho imparato, comunque, che è proprio nei momenti di crisi che il vero imprenditore deve dare il meglio di sé e affrontare con coraggio nuovi investimenti. Stiamo creando, infatti, una catena di store di nostra proprietà, allo scopo di essere più vicini ai nostri consumatori finali con un assortimento molto vasto e prezzi contenuti. L’anno nuovo comincerà proprio con l’inaugurazione di uno di questi store a Gallarate (VA). A livello di mercato, restiamo principalmente in Italia, ma le prospettive sembrano buone per quanto riguarda i paesi dell’Est Europa». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 139


ARTE ORAFA

Un nuovo concetto di gioiello Piccole beads rifinite con la cura artigianale degli orafi toscani e composte da materiali preziosi, straordinariamente versatili. Alano Galligani ha creato il marchio Tedora perché «mancava un gioiello che rendesse ogni donna protagonista, non solo nell’indossarlo ma anche nel realizzarlo» Adriana Zuccaro

erseguire e interpretare le tracce della tradizione, in qualsiasi ambito questa si collochi, non significa distogliere lo sguardo da nuovi accadimenti che nel tempo possono trasformarsi in storia. Quando poi si affrontano più da vicino i capitoli “arte” e “artigianato” e si indagano le maestrie che hanno lasciato il segno o l’eredità creativa, la tradizione diventa un patrimonio imprescindibile e trampolino di lancio verso l’innovazione. In Toscana, una delle più ricche tradizioni che continua a dare voce all’autenticità del made in Italy è rappresentata dall’arte orafa. Alano Galligani, imprenditore esperto in materia di gioielli, creatore del marchio Tedora, nel ricercare un quid innovativo che scuotesse il mercato dei gioielli dal “convenzionale” concetto di accessorio di abbellimento, è giunto a concretizzare una nuova idea di gioiello componibile, “tutto da creare”, straordinariamente personalizzabile e versatile. «Era giunto il momento di pensare ai gioielli come a qualcosa di più personale e meno standard – spiega Galligani –. Un oggetto prezioso che consentisse a ogni donna di essere protagonista, non solo nell’indossarlo ma anche nel realizzarlo». Quali sono gli aspetti dei gioielli Tedora che più richiamano la tradizione orafa toscana e quali invece, esprimono un di-

P Alano Galligani, creatore del marchio Tedora, gioielli componibili. Nelle altre immagini, momenti di lavoro e rifinitura delle beads www.tedora.it

retto stile moderno, avanguardistico e innovativo? «Ogni gioiello componibile Tedora richiama in tutto e per tutto la tradizione orafa Toscana. È un nuovo concetto di gioiello, ma la sua realizzazione si basa sulla capacità ed esperienza delle maestranze artigiane toscane. Ogni elemento racchiude la passione e la competenza di persone che da anni lavorano i metalli preziosi. Basta pensare come si sviluppa ogni singola bead, ogni piccolo soggetto. Un elemento poco più grande di un centimetro che viene curato con attenzione sin dalla nascita. Si parte da un disegno fatto a mano, per poi creare i soggetti in gomma e passare, dalla fusione alle varie finali fasi di rifinitura. Tradizione però non vuol dire non-sviluppo. Infatti, sperimentare e ricercare costantemente per trovare nuove applicazioni e materiali, ci porta a proporre, con grandi soddisfazioni, soggetti nuovi come quelli in resina, un materiale di per sé non nobile ma che grazie a particolari trattamenti ha dato come risultato meravigliose beads e di conseguenza gioielli nuovi, particolari e preziosi». Ma in virtù del successo riscosso dal marchio Tedora, perché un bracciale componibile rappresenta una scelta più “appetibile” rispetto al gioiello tradizionale? «Perché significa possedere un gioiello davvero unico, dove per unicità si intende non solo il valore dell’oggetto, ma la totale diversità ad


Alano Galligani

ogni altro. I tanti elementi firmati Tedora consentono davvero la realizzazione di gioielli “totalmente personali”. Legati quindi a momenti, ricordi, passioni». Attraverso quali strategie commerciali viene diffuso il marchio Tedora? «Tedora è un marchio che inizialmente ha trovato spazi interessanti all’estero. Fino allo scorso anno il 90% del fatturato veniva realizzato in Europa, America e Australia. Oggi la tendenza sta cambiando. Il mercato italiano è in grande crescita infatti occorre puntualizzare che il 2011 è stato un anno di svolta: dopo aver chiuso con il distributore e aver preso in mano direttamente la parte commerciale, sono stati effettuati molti investimenti. Oltre a quello pubblicitario è stato creato un sostanzioso progetto dedicato ai punti vendita con la realizzazione di corner con mobili a marchio Tedora, sulla base di sviluppo del progetto “shop in shop”. Attualmente accanto al mercato tradizionale stiamo sviluppando nuovi canali quali il duty free, linee aeree, crociere». Qual è la linea più innovativa che avete prodotto di recente? «Se per più innovativo ci si riferisce ai materiali

allora bisogna ricordare le resine, se invece ci si riferisce alle collezioni, quella che ci distingue di più è sicuramente “diario di viaggio”, dove sono raccolte beads che raffigurano i monumenti più rappresentativi dei luoghi e delle città più belle del mondo». Cosa rappresenta per lei il made in Italy? «Non amo i luoghi comuni o le frasi citate troppo spesso che riducono il valore delle parole, ma io credo che per le aziende medio-piccole il made in Italy sia ancora l’unico, vero punto di forza. Ci ho sempre creduto e continuo a farlo. Questo non solo nel rispetto del prodotto, ma di tutti i servizi aggiuntivi e gli strumenti di supporto alla vendita che portano la firma delle professionalità italiane». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 141


IL MERCATO DEL LUSSO

Il difficile mercato dei metalli preziosi L’attuale andamento del settore dei metalli preziosi non aiuta né l’innovazione né l’attività delle varie aziende, che però non si danno per vinte e continuano a investire nella lavorazione “made in Italy” dell’oro e dell’argento. L’esperienza di Fabrizio Gallorini Emanuela Caruso

e il 2010 era stato un anno eccezionale per il settore dei metalli preziosi, il 2011 si è invece dimostrato meno dinamico e ha portato a galla qualche piccolo problema. A differenza dell’anno scorso, quando ognuno dei quattro metalli preziosi, oro, argento, palladio e platino, aveva registrato una crescita dai valori a doppia cifra, aveva visto aumentare gli investitori e aveva assistito alla riapertura di vecchi siti minerari, quest’anno ci si è soffermati a considerare gli inconvenienti causati dall’incremento della produzione e dei prezzi, ovvero l’eccesso di offerta e il rischio di inflazione. Il riavviamento delle miniere cadute in disuso, infatti, ha creato un’eccedenza produttiva di milioni di once, frenando il prezzo dei metalli e rallentando il commercio e l’economia del settore. Inoltre la situazione poco rosea dell’Eurozona, protagonista ancora una volta della crescita del debito, ha portato gli investitori a voler salvaguardare la propria ricchezza e il proprio potere d’acquisto dall’inflazione dilagante attraverso la domanda di metalli preziosi, facendo così aumentare la già notevole speculazione. Tra le aziende del

S Sotto Fabrizio Gallorini. La Sampa Spa, Affinazione e recupero metalli preziosi, ha sede e stabilimento a Laterina (AR) www.sampaspa.it

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settore ben consapevoli di tali meccanismi e di tale scenario, troviamo anche la società Sampa, sita a Laterina, in provincia di Arezzo. «Oggi – spiega Fabrizio Gallorini, responsabile alla produzione e all’ambiente dell’attività – le quotazioni dei metalli preziosi, invece di essere guidate dalla reale domanda-offerta dei mercati, sono fortemente influenzate dalla speculazione e, di conseguenza, i prezzi risultano gonfiati. In una situazione del genere, per un’impresa come la nostra, che si occupa


Fabrizio Gallorini

della lavorazione di oro e argento, è necessario rilanciare il mercato e il settore attraverso il ridimensionamento del numero delle società e degli investitori e l’utilizzo del marchio “made in Italy” come garanzia di un prodotto completamente realizzato in Italia e caratterizzato dal nostro know how nazionale, da sempre apprezzato in tutto il mondo». Tra le varie attività svolte dalla Sampa, tutte ruotanti attorno al settore orafo e argentifero, il core business è senza alcun dubbio il recupero e l’affinazione di metalli preziosi. «Il recupero e l’affinazione consistono nell’estrazione di oro e argento dagli scarti delle lavorazioni orafe tramite alcuni particolari e complessi processi chimici applicati alla metallurgia. A questa attività, negli anni, abbiamo aggiunto altri servizi dedicati sempre agli orafi, quali ad esempio il banco metalli, ovvero il commercio dei preziosi, e la galvanica». La Sampa riesce a lavorare i metalli con precisione ed efficienza grazie all’aiuto di specifici macchinari di cui dispone. «Per il recupero e l’affinazione – continua Fabrizio Gallorini – utilizziamo forni fusori e reattori sia in vetro pirex che in acciaio inox e ci avvaliamo inoltre di strumentazioni elettroniche per l’analisi dei metalli preziosi e di impianti per la tutela dell’ambiente, per esempio i distillatori per gli scarichi idrici e i neutralizzatori e i depolverizzatori per le emissioni gassose. A breve, l’azienda investirà anche ingenti capitali nell’ammodernamento di alcuni impianti fondamentali ai fini della nostra atti-

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In un periodo come quello che ci stiamo trovando a vivere, mantenere elevato lo standard qualitativo dei preziosi “made in Italy” è fondamentale

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vità». Tecnologie, macchinari e investimenti della Sampa hanno l’obiettivo comune di mantenere elevata e competitiva la qualità dell’azienda. «Il concetto che sta guidando il nostro lavoro in questo periodo è il raggiungimento di standard qualitativi sempre più importanti sia in termini di prodotto che in termini di rapporto con la clientela, formata da orafi, banche, società d’energia e gas, imprese chimiche e produttori di materiali refrattari. Per riuscire nell’intento ci serviamo di sistemi gestionali all’avanguardia, come l’Iso 9001, e di strumentazioni tecnologiche studiate per la determinazione dei titoli tanto sul prodotto in uscita quanto su quello in entrata. Purtroppo, attualmente, a causa della difficile fase economica mondiale, siamo deficitari in campo innovativo, anche se continuiamo a tenerci aggiornati grazie all’operato dei nostri consulenti». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 143




IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione italiana che seduce i mercati Anche in un oggetto apparentemente semplice, come una testina per rasaerba, si possono racchiudere l’impegno e la dedizione della migliore industria italiana. Il caso della fiorentina Arnetoli Motor direttamente dalle parole del suo presidente, Fabrizio Arnetoli Filippo Belli

opo aver rivoluzionato in pochi anni la produzione delle testine rasaerba, Arnetoli Motor prosegue nel suo percorso di affermazione sui mercati internazionali. Un piano di espansione per l’azienda di Reggello, in provincia di Firenze, che avviene senza snaturare alcune sue peculiarità fondamentali. A cominciare dalla produzione rigorosamente made in Italy e dall’attenzione costante al rinnovo tecnologico e all’innovazione del prodotto, a prescindere dalla fascia cui questo è rivolto. «Siamo una delle poche aziende del settore rimaste a produrre tutto internamente» sottolinea il presidente Fabrizio Arnetoli. Il prodotto viene progettato e messo in commercio direttamente dall’Italia. Dunque si continua a investire sul nostro Paese? «Assolutamente. Per quanto ci riguarda è impensabile produrre al di fuori dei nostri confini nazionali. Made in Italy, anche nel nostro settore, è un sinonimo di qualità, eccellenza del prodotto, attenzione al valore innovativo di ciò che andiamo a proporre agli acquirenti. I mercati lo sanno bene e a questo rispondono positivamente». La crisi quale effetto sta avendo sulla vostra impresa? «Ovviamente il mercato sta vivendo una delle

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sue stagioni più difficili. Non possiamo però lamentarci. Arnetoli Motor sta mantenendo i suoi livelli produttivi e di fatturato. Un dato da non sottovalutare proprio in virtù della congiuntura negativa che ha toccato l’economia europea. La crisi ha purtroppo travolto ogni comparto produttivo. Nel nostro caso, però, ci ha premiato una politica basata su investimenti mirati, a partire dell’ambito commerciale, oltre che su una continua ricerca di nuovi prodotti». Da dove derivano i maggiori investimenti? «Se siamo riusciti a ottenere risultati importanti è principalmente grazie alla nostra rete di distributori e al mondo dei costruttori. Da questo settore abbiamo ottenuto i feedback migliori. Del resto prestiamo un’estrema

Fabrizio Arnetoli, presidente della Arnetoli Motor Srl di Reggello (FI)


Fabrizio Arnetoli

Ci ha premiato una politica basata su investimenti mirati, a partire dell’ambito commerciale, oltre che su una continua ricerca di nuovi prodotti

attenzione all’andamento dei mercati e ci fidiamo molto della nostra intuizione. Proprio nei momenti di maggiore crisi ci siamo resi conto del valore che riveste la nostra abilità nel rinnovarci, anche sotto un profilo gestionale. È questo che ci ha reso un grande marchio nel mondo». Quali sono le novità più importanti riguardanti la produzione? «Proponiamo, da sempre, diverse linee rivolte a più mercati. Tra questi anche Energy Line, un filo super professionale che presenta ottime condizioni di elasticità. Fattore, quest’ultimo, garantito da un rotobox con tappo, l’ultima innovazione di Arnetoli Motor». Cosa lo rende innovativo? «Il nuovo rotobox contiene al suo interno dell’acqua che, una volta assorbita dal filo, lo rende più forte e resistente alle abrasioni. Queste condizioni rimangono invariate nel tempo poiché il tappo sigilla la confezione creando al suo interno un effetto sauna. Il nuovo rotobox è stato disegnato in maniera

tale da permettere uno stoccaggio sicuro e salva spazio, potendo impilare le confezioni l’una sull’altra. L’affermata qualità del nostro filo rende anche Energy Line un prodotto unico sul mercato». Quali altre linee stanno dando risultati importanti? «A trainare la nostra crescita resta sicuramente anche la serie F-ONE, la linea di testine più innovative tra quelle che proponiamo sul mercato. F-ONE racchiude in un unico prodotto la soluzione alle principali problematiche degli utilizzatori di oggi. Anche in questo caso, il valore aggiunto è garantito dalla nostra attenzione spasmodica al rinnovamento tecnologico, che ci accompagnerà anche nelle sfide che si presenteranno in futuro». Perché è così importante la scelta del filo? «In quanto determina il buon funzionamento della testina rasaerba e, di conseguenza, del decespugliatore. Non è un caso, dunque, se TOSCANA 2011 • DOSSIER • 147


IMPRENDITORI DELL’ANNO

UNA PRODUZIONE ITALIANA La gamma di articoli proposta dalla Arnetoli Motor si progetta e si costruisce all’interno dello stabilimento di Reggello, oltre 4mila metri quadrati dedicati all’innovazione e alla qualità italiana rnetoli Motor ha iniziato l’attività nel 1984 e, grazie ad un’attenta valutazione delle esigenze dell’utente, ha rivoluzionato in pochi anni il concetto della produzione di testine rasaerba. Nel giro di un

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ventennio si è imposta a livello mondiale grazie ai suoi prodotti esclusivi e innovativi. Arnetoli Motor vanta infatti una tra le più vaste gamme di testine rasaerba, delle quali può vantare di avere in catalogo ben 50 modelli, dalle manuali alle automatiche, dalle semiautomatiche alle batti e vai. «Continueremo a produrre con qualità e professionalità, sia dall’accessorio più tecnologico e specialistico, a quello hobbistico ed economico – dichiara il presidente Fabrizio

abbiamo una gamma di fili variegata e adattabile alle più svariate esigenze. Ad esempio produciamo, oltre all’innovativo Energy Line, anche altre tipologie di filo, fra le quali Maxi-Line e Professional. Anche loro stanno ottenendo importanti risultati a livello commerciale». Il vostro reparto ricerca e sviluppo si è sempre concentrato sui materiali da utilizzare. «È evidente che il materiale scelto determina la qualità del prodotto. Dopo tanti anni di esperienza nella produzione di testine per decespugliatori, siamo riusciti a sviluppare una vasta gamma di filo in nylon, riuscendo anche in questo a soddisfare le esigenze del mercato con professionalità ed efficienza». Il lavoro della vostra azienda quali riscontri sta ottenendo sui mercati internazionali?

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Arnetoli –. Importante fattore per noi è la continua ricerca tecnologica e il mantenimento del made in Italy». L’azienda, certificata Iso 9001:08 già dal 1998, fin dall’inizio della sua attività ha mirato a garantire la qualità totale dei suoi articoli e ha sempre prodotto il tutto internamente. Oggi occupa una superficie lavorativa di 4.500mq ed è composta da numerosi reparti che seguono la progettazione, la costruzione degli stampi, lo stampaggio delle materie plastiche, la pressofusione per componenti in alluminio, la lavorazione dei componenti metallici, l’estrusione monofilo, l’assemblaggio e il confezionamento. www.arnetolimotor.it

«Positivi, senza alcun dubbio. Per questo riteniamo importante il prendere parte ad alcune strategiche fiere di settore nel mondo. Abbiamo presenziato, per citare le più importanti, all’Expo degli Stati Uniti, al Gardex in Giappone, al Gafa in Germania e, ovviamente, anche all’italiana Expogreen». Quale formula seguite per garantire una gamma produttiva così vasta? «Per noi è fondamentale strutturarci nella maniera più flessibile. Soprattutto, riteniamo opportuno focalizzarci su una costante analisi dell’andamento del settore. Studiare la domanda ci permette di individuare i target proponendo a ognuno di loro i prodotti più indicati. Lavoriamo, tra l’altro, seguendo una suddivisione della destinazione e della collocazione geografica di ciò che noi produciamo».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Un codice etico per l’industria meccanica Lavorare lontano dalla luce dei riflettori, puntare su maestranze giovani e provenienti dal territorio, mettere in primo piano la qualità e la sicurezza dell’ambiente di lavoro. La politica aziendale di Techno Service raccontata da Michele Ricatti e Massimo Pucci Amedeo Longhi no dei due stabilimenti principali della storica industria meccanica Nuovo Pignone si trova a Massa e alimenta un indotto in cui confluiscono la maggior parte delle aziende del settore dell’alta Toscana. Dai tempi di Enrico Mattei – il primo a intuire le grandi potenzialità di questa struttura – molte cose son cambiate, la proprietà è oggi dell’americana General Electric, ma l’importanza di questo storico marchio per il tessuto economico locale è ancora capitale. Michele Ricatti e Massimo Pucci sono gli amministratori

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La Techno Service Srl ha sede a Massa (MS) www.technoservice-srl.com

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della Techno Service Srl, società operante nel settore del montaggio di impianti industriali (Oil&Gas) che opera prevalentemente nell’indotto del Nuovo Pignone, pur distinguendosi per alcune peculiarità che la differenziano sostanzialmente dalle concorrenti: «Rivendichiamo una precisa scelta di politica aziendale – ricorda Ricatti – che, a differenza della maggior parte delle aziende del settore, alcune delle quali più conosciute e celebrate della nostra, ci porta ad assumere persone del nostro territorio, anche se sono giovani e non ancora formate. È una decisione derivante dalla volontà di valorizzare la forza lavoro locale e creare uno staff di lavoro cresciuto all’interno dell’azienda». Grande attenzione viene rivolta anche a quello che si potrebbe definire il “codice etico” della Techno Service, una serie di punti che la direzione e il personale aziendale si impegna ad attuare per portare avanti l’attività in maniera sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale: «Attuare e mantenere un efficace sistema di gestione ambientale, assicurarsi che le condizioni di lavoro non possano in alcun modo nuocere alla salute e sicurezza dei lavoratori, diffondere all’interno e all’esterno dell’azienda i concetti di qualità, rispetto dell’ambiente e salvaguardia della sicurezza, minimizzare gli impatti ambientali, ridurre i consumi energetici, la produzione dei rifiuti, le immissioni di rumore e le emissioni inquinanti sono solo alcuni dei capisaldi della nostra attività», spiega in proposito Pucci. La provenienza e la storia professionale degli attuali dirigenti della Techno Service sono alla base di queste


Michele Ricatti e Massimo Pucci

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Rivendichiamo una precisa scelta di politica aziendale che ci porta ad assumere persone del nostro territorio, anche se sono giovani e non ancora formate

scelte: «I nostri amministratori prima sono stati operatori sul campo, meccanici, saldatori e tubisti. Per questo conoscono bene sia le esigenze del personale sia, dopo aver maturato una certa esperienza anche tramite l’acquisizione di commesse in Italia e all’estero». Una menzione particolare viene riservata anche ai partner che affiancano l’azienda nell’attestazione e nel mantenimento della qualità dei processi produttivi e gestionali: «Con importanti enti certificativi come Sqs - IQnet abbiamo un rapporto stretto, duraturo, collaborativo e di stretto controllo. Siamo monitorati assiduamente non solo per poter mantenere il classico bollino, ma anche per proseguire il cammino di crescita della qualità nella giusta direzione. Questo ci permette di affacciarci sul territorio, grazie soprattutto alla collaborazione con il Nuovo Pignone, rispettando standard molto elevati. Soprattutto sotto il profilo della sicurezza abbiamo raggiunto un livello veramente alto: l’indice riguardante gli infortuni lo scorso anno è stato pari a zero rispetto alle ore lavorate, non ci sono stati incidenti». Proprio il Nuovo Pignone rappresenta una delle maggiori fonti di lavoro per la Techno Service, anche se non la sola: «Abbiamo

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acquisito circa il settanta per cento delle commesse per la sala prove e l’area test della struttura di Massa. Stiamo anche svolgendo un importante lavoro di ampliamento e rinnovo di tutto l’apparato relativo al sistema antincendio. Tuttavia, abbiamo ritenuto opportuno non affidarci solo a questo canale. Per questo ci siamo uniti con altre realtà della zona che coprono altri aspetti del nostro lavoro, come quello civile, attività elettriche ed elettrostrumentali. Abbiamo costituito un consorzio per affacciarci sul mercato nazionale al di là del Nuovo Pignone». La solidità che la consolidata collaborazione con questo polo garantisce da un lato e le nuove opportunità che la diversificazione offre dall’altro, hanno consentito alla Techno Service di superare indenne il difficile momento che l’economia internazionale sta attraversando: «Il momento di maggior splendore – conclude Ricatti – lo stiamo vivendo proprio adesso. Insieme al nostro personale e alle competenze e capacità dell’azienda, stanno crescendo anche le prestazioni economiche, che fortunatamente ci permettono di porci sul mercato, che pure sta attraversando una fase critica, con ottimismo e tranquillità». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 151


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’eccellenza elettronica parla italiano È l’innovazione tecnologica la molla che può consentire, anche alle piccole e medie imprese, di ritagliarsi spazi importanti sui mercati internazionali. I nuovi scenari nel campo della produzione elettronica illustrati da Daniela e Roberto Banelli Guido Puopolo

una realtà forse ancora poco nota al grande pubblico, eppure sempre più importante. L'industria elettrotecnica ed elettronica italiana si colloca infatti al terzo posto in Europa, con 56 miliardi di euro di fatturato aggregato, pari all’11,1% di quello Ue. Un settore caratterizzato dall’alto contenuto tecnologico, in cui la ricerca e la capacità di sperimentare e innovare sono gli unici elementi che possono permettere, anche ad aziende di piccole e medie dimensioni, di operare con successo su mercati caratterizzati da una competizione serrata: «Molti tendono a identificare la produzione elettronica esclusivamente con le grandi multinazionali asiatiche o americane. In realtà anche in Italia esistono eccellenze di primissimo livello, che con il loro lavoro contribuiscono a creare non soltanto ricchezza, ma anche occupazione». È questo il pensiero di Roberto Banelli, che insieme alla sorella Daniela è oggi alla guida di MB Elettronica Srl, azienda di Cortona, in provincia di Arezzo, fondata cinquant’anni fa dal padre, Francesco Banelli, e diventata nel tempo un punto di riferimento per tutto il settore, non soltanto a livello nazionale. «Assembliamo quasi mezzo milione di schede elettroniche all’anno, destinate ai più svariati ambiti applicativi», conferma Daniela. L’azienda opera a supporto del mondo

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ferroviario, avionico, biomedicale, civile e della difesa. Quali tra questi settori presenta attualmente le performance migliori e quale quello che, in prospettiva, offre le maggiori opportunità di crescita? Roberto Banelli: «Settori strategici come il ferroviario e la difesa costituiscono al momento il nostro core business, contribuendo per quasi il settanta per cento del fatturato aziendale. Tuttavia stiamo notando un costante incremento delle richieste provenienti dal comparto medicale e dal mondo “consumer”, sulla scia di una ripresa dei consumi che, seppur ancora flebile e incerta, mostra segnali incoraggianti. Videogiochi, broadcasting e fitness rappresentano gli altri campi di riferimento della nostra attività». Da un punto di vista pratico, quali applicazioni hanno i vostri prodotti? Daniela Banelli: «Come accennato in precedenza, le nostre schede sono utilizzate in innumerevoli ambiti. Realizziamo prodotti che vengono impiegati per il controllo dei sistemi frenanti di treni e metropolitane, così come per la videosorveglianza all’interno dei mezzi di trasporto. Al Ministero della Difesa italiano forniamo invece visori che agiscono, come una sorta di occhio elettronico, in sostituzione dei militari di vedetta che fino a poco tempo fa erano costretti, per controllare


Daniela e Roberto Banelli

Abbiamo portato a termine lo sviluppo di un ricognitore interstellare, che permette di riconoscere stelle a bassa intensità luminosa e di controllare l’orientamento dei satelliti

Daniela e Roberto Banelli insieme al padre Francesco. MB Elettronica ha la sua sede a Cortona (AR) www.mbelettronica.com

il territorio, a stare sulle torrette dei carri armati e dei “Lince” – uno dei mezzi più utilizzati dal nostro esercito -, col rischio di rimanere vittime del fuoco nemico. Le applicazioni delle nostre schede, però, non finiscono qui. Esse sono indispensabili, tra le altre cose, per regolare, ad esempio, il funzionamento dei tapis roulant presenti nelle palestre ma anche, in campo medico, per le apparecchiature utilizzate per eseguire le analisi del sangue». L’aggiornamento tecnologico e l’innovazione rivestono quindi un ruolo fondamentale nel vostro lavoro. Quanto investe l’azienda mediamente in attività di ricerca e sviluppo e con quali organismi collaborate per lo sviluppo dei vostri prodotti? DB: «Negli ultimi anni abbiamo instaurato partnership molto proficue con diversi Enti di Ricerca e Università. Tra questi possiamo citare il Cnr, l’Università Sant’Anna di Pisa e il Polo d’Innovazione Cnt, oltre che numerose aziende impegnate nel settore spaziale e della difesa. Gli investimenti in ricerca e sviluppo costituiscono per noi una necessità imprescindibile, tanto che in quest’ultimo anno abbiamo stanziato ben 800.000 euro per l’acquisto di TOSCANA 2011 • DOSSIER • 155


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nuove attrezzature e per attività di formazione e aggiornamento del personale. Sempre in un’ottica di ulteriore potenziamento della nostra struttura abbiamo recentemente inaugurato, a Firenze, un ufficio di progettazione, all’interno del quale operano professionisti altamente qualificati. È anche grazie a questa politica aziendale che siamo riusciti a portare a termine, in collaborazione con la Selex Galileo, azienda fiorentina facente parte del gruppo Finmeccanica, lo sviluppo di un ricognitore interstellare, che permette di riconoscere stelle a bassa intensità luminosa e di controllare l’orientamento dei satelliti». Da un punto di vista produttivo, quale fetta del vostro bilancio proviene dai mercati esteri e in quali Paesi siete maggiormente presenti? RB: «L’Italia costituisce ancora il fulcro della nostra attività. Qui, per motivi logistici e di contiguità territoriale, operiamo prevalentemente nelle regioni centrali, anche se siamo presenti praticamente su tutto il territorio nazionale. Negli ultimi anni abbiamo però puntato con decisione anche sull’internazionalizzazione del nostro business. Attualmente l’export assorbe circa il 30 per cento del fatturato globale, ma crediamo di poter ampliare questa quota nel prossimo futuro, investendo soprattutto sul mercato tedesco». Quali sono attualmente i vostri principali committenti? DB: «Tra i nostri partner figurano nomi di spicco del panorama internazionale, come ad esempio Finmeccanica, con la quale abbiamo instaurato una collaborazione a 360 gradi, che va dalla settore spaziale a quello della difesa, senza dimenticare la divisione radaristica e quella delle telecomunicazioni, dove abbiamo contribuito alla realizzazione del Tetra, il sistema di comunicazioni protette per le forze di sicurezza. Operiamo inoltre al fianco di KnorrBremse, multinazionale tedesca con 25 sedi nel mondo, che ha scelto MB Elettronica per la produzione di schede elettroniche considerate di importanza strategica, e di Elettromeccanica CM, colosso del comparto ferroviario per la quale realizziamo schede e cablaggi». 156 • DOSSIER • TOSCANA 2011

La recente crisi economica ha colpito in maniera indiscriminata praticamente tutti i settori produttivi, ma la vostra azienda non sembra aver risentito particolarmente di questa situazione. Come siete riusciti a superare indenni questo momento così delicato? RB: «In effetti, in controtendenza rispetto alla situazione economica generale, dal 2000 a oggi siamo cresciuti a un ritmo pari a circa il 20 per cento annuo. Questo è senza dubbio merito della disponibilità sempre dimostrata nei confronti dei nostri committenti, oltre che della varietà di ambiti a cui si rivolgono le nostre produzioni. Siamo dotati di un’organizza-

Cinquant’anni di successi È grazie all’intuizione e allo spirito imprenditoriale di Francesco Benelli che nasce nel 1961, esattamente cinquant’anni fa, la Ca.f.el – Camucia Fabbrica Elettronica, inizialmente specializzata nella produzione di telecomandi per la televisione e giradischi. Con l’ingresso in azienda dei figli Roberto e Daniela, l’azienda entra in una nuova fase, assumendo l’attuale denominazione MB Elettronica e puntando con decisione sullo sviluppo delle nuove tecnologie. «Il passaggio generazionale non è stato per nulla traumatico, cosa che non sempre a livello imprenditoriale è così scontata», sottolinea Roberto. «Questo perché nel nostro lavoro abbiamo cercato di dare continuità all’opera intrapresa da nostro padre – conclude Daniela – che ancora oggi è per noi un punto di riferimento costante, sempre prodigo di consigli e insegnamenti».


Daniela e Roberto Banelli

L’ultimo biennio è stato per noi un periodo di grande crescita, formativa ed economica, che ci ha portato ad acquisire nuove commesse e ad ampliare ulteriormente il nostro mercato

zione che ci permette di soddisfare in maniera precisa e puntale anche le più specifiche esigenze dei nostri partner, diventando in un certo senso, parte integrante della loro struttura produttiva. Tutto questo però non sarebbe stato possibile senza l’instancabile lavoro portato avanti dai nostri collaboratori, disposti a sopportare qualsiasi sacrificio pur di garantire sempre livelli di professionalità ed efficienza difficilmente riscontrabili altrove. Un altro valore aggiunto, nel nostro servizio, è inoltre rappresentato dalla possibilità di poter disporre in tempi brevissimi dei materiali che poi provvediamo ad assemblare, ottimizzando e massimizzando tempi e modi di produzione». Nonostante l’azienda abbia raggiunto volumi d’affari considerevoli, possiede ancora un’impostazione di tipo familiare. Quale vantaggio competitivo deriva da un’organizzazione di questo tipo? RB: «È vero. Abbiamo ereditato da nostro pa-

dre valori importanti come il rispetto, la serietà e l’onestà, che spesso si tendono a tralasciare in un mercato caratterizzato da interessi economici e finanziari fortissimi. Per un imprenditore infatti il profitto è un aspetto importantissimo, ma non può essere l’unico obiettivo da perseguire». Quali sono, infine, i programmi per il futuro di MB Elettronica? DB:«L’ultimo biennio è stato per noi un periodo di grande crescita, formativa ed economica, che ci ha portato ad acquisire nuove commesse e ad ampliare ulteriormente il nostro mercato, con un fatturato che per il 2011 si dovrebbe consolidare attorno ai 14 milioni di euro. Per il futuro stiamo allestendo un centro interno per la progettazione di power supply, gli alimentatori che sono da tempo un nostro cavallo di battaglia. Inoltre stiamo ultimando l’ampliamento dello stabilimento aziendale, e questa è la prova migliore che vogliamo continuare a crescere». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 157


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il passaggio generazionale nel settore siderurgico Nel settore siderurgico, spesso soggetto a un’organizzazione di tipo industriale, c’è ancora spazio per le imprese a conduzione familiare. Paolo Paci racconta il suo caso, che da ormai tre generazioni è ispirato a questo modello d’impresa Amedeo Longhi

alta Toscana è una zona dalla spiccata vocazione all’industria pesante che, in particolare nel settore siderurgico, ospita grandi aziende che hanno fatto la storia industriale dell’intero paese. In provincia di Firenze esiste una realtà pienamente inserita in questo ampio circuito, ma che rivendica orgogliosamente un carattere e un’impostazione ancora oggi fortemente improntata sulla famiglia. Paolo Paci appartiene alla seconda generazione della famiglia Paci,

L’ La Paci Paolo Siderurgica Srl ha sede a Montelupo Fiorentino (FI) www.pacipaolosiderurgica.it

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che da oltre quarant’anni opera nell’industria siderurgica: «L’ingresso dei Paci in questo campo risale alla fine degli anni Sessanta: a quell’epoca Azelio Paci, mio padre, fondò la Paci Ferro Snc, alla cui conduzione partecipavamo anche io e mio fratello Guglielmo». Nel 2009, per rinfrescare l’attività sia dal punto di vista dell’immagine sul mercato che sotto il profilo societario, è stato pianificato e attuato un cambio di nome: «La nuova compagine, nata due anni fa dalla vecchia azienda, si


Paolo Paci

Il nostro intento è stato quello di mantenere una forte continuità con la precedente esperienza, in modo da trasmettere l’esperienza quarantennale che si portava dietro anche alla nuova realtà

chiama Paci Paolo Siderurgica Srl ed è un’azienda commerciale che opera nel settore siderurgico. Nonostante questa evoluzione, il nostro intento è stato quello di mantenere una forte continuità con la precedente esperienza, in modo da trasmettere l’esperienza quarantennale che si portava dietro anche alla nuova realtà». La scelta del nome è stata il segnale della chiara volontà di ispirarsi al personaggio simbolo dei progressi che sono stati fatti nel corso di questi lunghi anni, Paolo Paci. «Il mio modo di fare impresa e l’obiettivo che mi sono sempre posto si fondavano e si fondano ancora oggi sul coinvolgimento e sulla motivazione di collaboratori e dipendenti nel perseguire il fine comune di fare della Paci Paolo Siderurgica sempre più un punto di riferimento fondamentale per tutti i fruitori di materiali e sevizi di questo settore». L’impegno, la serietà e la professionalità sono i capisaldi della politica dell’azienda, che oggi offre prodotti e servizi rivolti soprattutto ai settori carpenteria, meccanica ed edilizia. «L’esperienza che ho accumulato in questi anni – racconta Paolo Paci – non mi serve solo per portare avanti l’azienda, ma anche per formare e per costituire un esempio per i miei quattro figli, Valentina, Nicoletta, Donata e Leonardo, che mi affiancano nell’attività lavorativa e si propongono di continuare il mio operato anche in futuro. È preziosissimo, anzi insostituibile per capacità e volontà che sanno garantire, l’apporto dei miei due generi, Maurizio e Fe-

derico, che collaborano alla direzione dell’azienda, gestendola con nuove idee, passione ed entusiasmo». A oggi la Paci Paolo Siderurgica si presenta come una solida realtà nel mercato siderurgico, toscano e non solo: «Possiamo contare su due sedi operative – sottolinea Paci –, quella di Montelupo Fiorentino e quella di Cerreto Guidi. La nostra struttura è organizzata per offrire prodotti di elevato standard qualitativo, che siamo in grado di consegnare puntualmente e con mezzi nostri in tutta la regione». L’azienda dispone di lamiere nere, decapate, lucide, zincate, inox, alluminio, da treno, forate, stirate, grecate o pre-coibentate per tetti o pareti, oltre a una vasta gamma di travi Ipe, Hea, Heb, Hem, Np, personalizzabili per taglio e misura. «Siamo inoltre in grado – prosegue Paci –di fornire un ampio assortimento di laminati mercantili, tubolari quadri, rettangolari e tondi in ferro grezzo, zincato, acciaio inox e alluminio». Numerosi e molto ben forniti sono anche i settori complementari, ma non meno importanti, come il reparto del ferro battuto e semilavorato, il reparto grigliati, scale e soppalchi metallici, recinzioni in reti o pannelli, reti metalliche per protezioni e altri ancora. «Il supporto che ci proponiamo di fornire all’utilizzatore finale – conclude Paci – è il più completo possibile. Cerchiamo di mettere a disposizione consulenza ed esperienza per affrontare e risolvere le varie problematiche lavorative». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 159


IMPRENDITORI DELL’ANNO

“L’arma” vincente dell’innovazione a continua evoluzione tecnologica delle armi e la maggiore complessità del ruolo sostenuto nella moderna società dalle forze dell'ordine, unitamente alla crescente attenzione verso elevati standard di sicurezza e performance, sono gli elementi che gli operatori di questo particolare settore devono tenere in considerazione nel momento in cui vanno a realizzare prodotti dai quali, in un certo senso, può dipendere l’incolumità e la vita di una persona. È il caso delle fondine per pistole, accessori solo apparentemente secondari nell’equipaggiamento, ad esempio, di poliziotti e uomini dell’esercito: «Il nostro è un settore “di nicchia”, che di certo non subisce le tendenze e le influenze tipiche degli articoli destinati al mercato di massa, e che anche per questo non è stato particolarmente colpito dalla crisi internazionale», afferma Pietro Pellegrini, amministratore delegato della Radar Leather Division, azienda di Fucecchio, in provincia di Firenze, specializzata nella progettazione e nello sviluppo di fondine ed equipaggiamenti d’eccellenza.

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La società Radar ha sede a Fucecchio (FI) www.radar1957.it

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Prodotti pensati per garantire performance di primissimo livello, anche e soprattutto nelle situazioni più estreme. Sono le fondine per pistole, che oggi vengono realizzate utilizzando tecniche e strumenti d’avanguardia. Il punto di Pietro Pellegrini Diego Bandini

Questa storica realtà, presente sul mercato da oltre cinquant’anni, è divenuta oggi un punto di riferimento del settore a livello internazionale, essendo entrata ormai a far parte del ristretto numero di fornitori ufficiali dei più prestigiosi corpi di polizia e forze armate, sia nazionali che esteri. «La nostra è un’azienda dinamica e moderna – spiega Pellegrini -, che facendo leva sulla ricerca e sull'innovazione tecnologica ha sperimentato con successo l'uso di materiali tecnicamente all'avanguardia, riuscendo a formulare, sviluppare e brevettare tecnologie e soluzioni costruttive esclusive e performanti. Se in origine le nostre fondine erano realizzate principalmente in cuoio, oggi utilizziamo anche Polimeri high tech, dotati, però di elevati standard qualitativi, che permettono di ottenere fondine che garantiscono il massimo della sicurezza e dell’affidabilità. Molle, perni e vari sistemi di bloccaggio appositamente studiati, ad esempio, assicurano, una volta riposta la pistola nella fondina, la messa in “sicurezza” della stessa, ma allo stesso tempo anche grande facilità di estrazione dell’arma».


Pietro Pellegrini

Uno sforzo notevole quello sostenuto dall’azienda in questi ultimi anni, che però è stato premiato dalle risposte ottenute dal mercato, visto che la quota di esportazioni è in continuo aumento: «Oltre all’Europa, al momento il nostro mercato di riferimento è rappresentato dagli Usa, da dove proviene quasi il 25 per cento del nostro fatturato. Qui infatti, nonostante abbiano sede le maggiori industrie del settore a livello mondiale, i nostri ar-

Se in origine le nostre fondine erano realizzate principalmente in cuoio, oggi utilizziamo anche Polimeri high tech, dotati però di elevati standard qualitativi

ticoli, frutto anche della creatività e della capacità innovativa tipica delle produzioni made in Italy, riscuotono un grande successo». Pur essendo rivolti prevalentemente a poliziotti, professionisti della sicurezza e polizie locali e municipali, i prodotti Radar sono indicati anche per sportivi e cacciatori, come spiega Pellegrini: «Senza dubbio le forniture a livello istituzionale, non soltanto in Italia ma anche all’estero, rappresentano il nostro core business. Tuttavia nel corso degli anni abbiamo cercato di diversificare i nostri impegni,

per conquistare nuovi mercati ma anche per ridurre i rischi d’impresa derivanti dalla dipendenza da un unico settore. A livello nazionale abbiamo instaurato una proficua collaborazione con vari Ministeri (Interno, Difesa, Finanze, ect…), in un’ottica di ammodernamento degli equipaggiamenti delle nostre forze dell’ordine, piuttosto obsoleti e scarsamente performanti. Purtroppo però notiamo che spesso l’assegnazione degli appalti pubblici in Italia è eccessivamente influenzata dalla logica del minimo ribasso, che non tiene in alcuna considerazione la qualità del prodotto finale e che finisce per penalizzare notevolmente tutte quelle realtà che, come la nostra, investono quotidianamente in ricerca e innovazione per assicurare sempre articoli di altissima qualità e al passo con i tempi moderni». Per il futuro però, non mancano le opportunità di crescita, come ricorda lo stesso Pellegrini: «Recentemente abbiamo vinto un’importantissima commessa per produrre ben 35000 fondine destinate alla polizia portoghese. Siamo inoltre in attesa dei risultati di alcuni bandi internazionali a cui abbiamo partecipato, sfidando i più importanti colossi americani. Se queste gare dovessero andare a buon fine – conclude Pellegrini - garantiranno all’azienda commesse pluriennali, con la possibilità di crescere e consolidare ulteriormente la nostra posizione di leadership a livello mondiale». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 161


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Chi sceglie di non delocalizzare La delocalizzazione produttiva rischia di minare la qualità del lavoro e dei prodotti “made in Italy”. Sono però ancora molte le aziende che puntano sull’italianità delle produzioni e delle lavorazioni. Ne parlano Sergio Mura e Giuseppe Matteuzzi Emanuela Caruso

e già prima delle crisi economica la delocalizzazione produttiva era un fenomeno che stava prendendo piede velocemente, con l’avvento e il protrarsi del difficile periodo vissuto dal mercato la tendenza a spostare tutta o parte della propria attività all’estero, per poter trarre vantaggi dai minori costi di manodopera e produzione, è dilagata. Proprio a tal proposito, l’Unione Europea ha di recente denunciato la gravità della situazione, incolpando la delocalizzazione produttiva di due problemi che stanno interessando in particolar modo i vari settori del manifatturiero. Il primo effetto negativo è la perdita di posti di lavoro e, di conseguenza, di operatori qualificati; gli stessi dati statistici di-

S Da sinistra, Sergio Mura e Giuseppe Matteuzzi, soci fondatori della CSO Srl di Badia a Settimo (FI) veronicamura@yahoo.it

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mostrano che un posto di lavoro su quattro viene perso per questo motivo e che la percentuale di occupati lasciati a casa in seguito a processi di delocalizzazione è pari al 6,4%. Il secondo problema riguarda, invece, la contrazione dei costi di lavoro, che con sé porta un’inevitabile diminuzione della qualità dei prodotti e dei servizi delle rinomate produzioni “made in Italy”. Ci sono però realtà aziendali che continuano a sostenere l’importanza di mantenere localizzata la produzione. Tra tali società si colloca la Cso, impresa specializzata nella realizzazione di strumenti oftalmici. «In quanto azienda italiana – spiegano Sergio Mura e Giuseppe Matteuzzi, soci fondatori della Cso – ci teniamo a rimanere italiani, ragione per cui, da sempre, la produzione meccanica e di software e la spedizione avvengono nell’area industriale di Scandicci e le materie prime provengono al 90% dal territorio nazionale. In questo modo difendiamo la qualità dei nostri prodotti e i dipendenti della società, la nostra risorsa più importante dato che molti dei componenti delle strumentazioni fabbricate vengono assemblati a mano». Oltre che sul capitale umano, costituito a


Sergio Mura e Giuseppe Matteuzzi

oggi da 140 persone, la Cso può contare su punti di forza quali flessibilità e ricerca. «Grazie al carattere dinamico con cui abbiamo impostato la struttura organizzativa della nostra impresa – commenta Sergio Mura –, ci occupiamo non solo della linea a marchio Cso, ma lavoriamo anche conto terzi, soddisfacendo così le esigenze di qualsiasi tipo di cliente. Per quanto riguarda la ricerca, ogni anno investiamo ingenti capitali, potenziando inoltre lo staff tramite assunzioni di nuovi ingegneri e programmatori». Com’è facilmente intuibile, partendo con tali presupposti la Cso è in grado di sfornare prodotti sempre più tecnologici, innovativi ed efficienti. «Abbiamo integrato il nostro articolo base, ovvero la lampada a fessura, di cui realizziamo 500 pezzi al mese, con interessanti sistemi computerizzati e l’abbiamo poi abbinata a strumentazioni d’avanguardia, in modo da permettere un’analisi precisa dello stato dell’epitelio corneale. Fanno parte delle tecnologie avanzate il microscopio endoteliale, il topografo corneale, gli oftalmometri, i tonometri e i proiettori di ottotipi». Ma la vera evoluzione portata avanti dalla Cso in relazione alle apparecchiature si evince da due prodotti specifici, il Retimax e il Cobra. «Il Retimax – continua Giuseppe Matteuzzi – è uno strumento che unisce l’elettrofisiologia standard ai test più avanzati studiati per la diagnosi funzionale precoce del glaucoma e delle maculopatie correlate all’età. Attraverso queste tecnologie di ultima generazione, Re-

Nonostante i costi di produzione del nostro specifico settore siano molto elevati, facciamo di tutto per non delocalizzare l’attività

timax consente di rilevare in anticipo disfunzioni entro 20-40 gradi di area nella struttura retinica, così da anticipare eventuali anomalie periferiche del campo visivo. Il Cobra, invece, è un’innovativa fundus camera digitale non-midriatica, in grado di integrare tutte le funzioni necessarie per un rapido e ottimale screening delle condizioni della retina. Utilizzando un nuovo sistema ottico, questo strumento può fornire immagini del fondo oculare di alta qualità. Cobra è stato studiato per essere molto ergonomico e per ridurre al minimo il disagio del paziente al momento del flash». Tutti questi prodotti, di cui molti sono brevetti della stessa Cso, non vengono venduti solo in Italia, ma anche sul mercato internazionale. «Il 70% della produzione della nostra impresa– chiarisce ancora Giuseppe Matteuzzi – viene esportato in tutta Europa, in Asia e in America; la distribuzione avviene tramite un capillare ed efficiente staff di collaboratori e addetti al settore commerciale». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 163


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Il tocco versatile della tecnologia laser Dai trattamenti estetici alle operazioni di pulizia delle opere d’arte: Deka, una delle poche aziende italiane a disporre di una vasta gamma di laser, ha fatto della ricerca il suo riferimento. «Il futuro? È all’insegna della chirurgia mini-invasiva». Ne parla il presidente Leonardo Masotti Paola Maruzzi l laser nelle sue applicazioni, dall’ambito medico-clinico e industriale alla conservazione dei beni culturali». Questo è il vasto campo d’azione del gruppo El.En cui appartiene la Deka, società ad alto contenuto innovativo in provincia di Firenze, secondo il suo presidente, Leonardo Masotti. Parlare di questo sorprendente dispositivo in grado di emettere un fascio di luce cosiddetto “coerente” significa, infatti, sconfinare in settori molto diversi tra loro. In comune c’è, però, il tocco leggero e preciso della tecnologia, sia che si tratti di trattamenti estetici sia delle operazioni per ripulire i bronzi dorati del celebre Donatello. Mentre si consolida l’impegno internazionale della Deka, è già in corso il prossimo progetto. «Per il futuro stiamo sviluppando un ulteriore ramo dell’attività – spiega il presidente –, in cui sarà previsto lo

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sviluppo di laser idonei alla chirurgia mini-invasiva utilizzando una robotica appositamente studiata per gestire strumenti chirurgici laser che possano assistere il medico». Tra le applicazioni forse meno conosciute c’è quella per i beni artistici: in cosa consiste? «In pratica abbiamo sviluppato dei laser per la pulitura di statue in marmo, in bronzo dorato, per affreschi e arazzi. Abbiamo già sperimentato questa tecnica su statue, bassorilievi di Donatello e sui bronzi dorati che ornano le Porte del Ghiberti del Battistero di Firenze. Dalla pelle del viso siamo così passati alle delicate superfici delle opere d’arte, riuscendo a vaporizzare lo sporco, i depositi e le “croste” causate dall’inquinamento atmosferico». Come siete riusciti a creare una strumentazione così sofisticata? «Abbiamo sviluppato dei laser ad hoc, partendo da studi di fisica e d’ingegneria: questi ci hanno permesso di capire quali fossero le diversità presenti sullo stesso tipo di opera, ovvero se erano presenti aggressioni da inquinamento atmosferico, residui d’acqua o se, invece, si trattasse di al-


Leonardo Masotti

Al momento la medicina riparatrice dei tessuti è l’ambito più studiato nel settore del laser

In apertura, Leonardo Masotti, presidente della Deka Srl di Calenzano (FI). Nelle altre immagini, momenti di applicazione dei laser Deka www.deka.it

tre forme di degrado». Ma siamo sicuri che il laser non danneggi l’opera? «Sì, perché abbiamo prima vagliato gli effetti fisici di ognuno di questi fattori e poi abbiamo prototipato le apparecchiature, verificando e testando le loro potenzialità su diversi tipi di oggetti in modo da garantire che il trattamento laser potesse andar bene e non comportasse rischi di alcun tipo. Non è un caso che oggi siamo una delle poche aziende produttrici che dispone di vari tipi di laser, diversi tra loro per colore, dimensione, lunghezza d’onda, potenza, modo di gestire il fascio ed erogazione nel tempo dell’energia». Dall’odontoiatria all’oftalmologia alla chirurgia: sono moltissime le tipologie di laser che riuscite a distribuire nel mercato, ma in

questo momento qual è l’apparecchiatura più innovativa? «La più recente e più completa è il laser SmartXide2: si tratta di un dispositivo chirurgico ma con applicazione anche nel campo dell’estetica, quindi adatto alla chirurgica, generale ed estetica, alla ginecologia e all’otorinolaringoiatria. È uno strumento molto raffinato, da un lato facendo l’irradiazione laser su un foglio di carta bianca si riesce ad assottigliarne lo spessore senza cambiare il colore o “sfondare”, dall’altro arrivando a tagliare degli spessori di alcuni millimetri di tessuto vascolare. Ha due sorgenti laser interne:una serve per le applicazioni su certi tipi di tessuto biologico e la seconda per altri tessuti ancora. Inoltre, stiamo portando avanti degli studi, sia in Italia che all’estero, per lo viluppo di laser destinati alla stimolazione dei tessuti per la rigenerazione: al momento la medicina riparatrice è l’ambito più studiato nel nostro settore». Come vi ponete nei confronti dell’internazionalizzazione? «Direi che abbiamo già una copertura molto vasta. Siamo presenti in Germania, Svezia, Francia, Spagna, Inghilterra, Russia, Australia e Africa. Negli Stati Uniti abbiamo un’azienda, Cynosure, quotata in Nasdaq, che si occupa di laser per il settore estetico. E sempre negli States abbiamo una distribuzione a nome Deka per la chirurgia. Poi distribuiamo anche in America del Sud, in Giappone, dove ci sono due strutture nostre, e nei Paesi Arabi». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 165




IMPRENDITORI DELL’ANNO

Gioielli d’oro senza cadmio Il 2012 si apre con l’entrata in vigore della normativa per l’eliminazione dei metalli tossici dai gioielli. L’ingegner Alessandro Matteini spiega che l’industria del made in Italy si è già organizzata per rispettare le nuove regole e realizzare monili assolutamente sicuri per la salute di chi li indossa Salvatore Cavera

a produzione di monili attraverso la tecnica dell’elettroformatura d’oro in varie carature, fino a oggi ha previsto l’impiego di oro, rame e cadmio come elementi di lega. A partire da gennaio 2012, entrerà in vigore una nuova normativa, che impone l’eliminazione del cadmio come elemento di lega. Questa norma rientra nella complessiva limitazione e, progressivamente, nella messa al bando dei metalli tossici nella fattura di oggetti per l’oreficeria e la gioielleria, previste dal regolamento Reach (Registration, Evaluation and Authorization of Chemicals). Gli addetti ai lavori sono pronti a recepire questo cambiamento nei propri cicli di lavorazione? E come questa innovazione normativa si inserisce in un momento di difficoltà complessiva delle imprese? Ne parliamo con l’ingegner Alessandro Matteini, responsabile divisione engineering di Italfimet, società specializzata nella fornitura industriale di impianti, prodotti chimici e know how per i processi di finitura superficiale ed elettrofor-

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matura dei metalli destinati all’oreficeria, alla gioielleria e alla bigiotteria, ma anche destinati agli accessori di moda e all’odontotecnica prostetica. «Il settore e anche la nostra azienda, sono già pronte a porre in commercio nuovi prodotti chimici per l’elettroformatura dell’oro senza cadmio. Questo permetterà alle imprese che usano questo tipo di prodotti di continuare a lavorare anche dopo gennaio 2012 nel totale rispetto della normativa». Questa evoluzione dei limiti sui materiali da utilizzare si colloca alla fine di un ciclo eco-

L’ingegnere Alessandro Matteini della Italfimet Srl di Monte San Savino (AR) www.italfimet.it


Alessandro Matteini

Negli ultimi anni è cambiato il modo di lavorare all’interno delle aziende che producono gioielli e accessori fashion

nomico in cui il settore dell’oreficeria e gioielleria e dell’alta moda made in Italy ha già subito importanti riassestamenti, soprattutto di ordine tecnico-commeriale. «Negli ultimi anni è cambiato il modo di lavorare all’interno delle aziende che producono gioielli e accessori fashion. I venti di crisi si sono fatti sentire in maniera sensibile, soprattutto nel mercato nazionale, e inoltre bisogna fare i conti con la concorrenza dei Paesi emergenti. Ciò ha determinato una ristrutturazione delle aziende, che hanno puntato su un più alto livello di know how, unito a soluzioni tecniche che consentano una tipologia di produzione da riversare nei Paesi in via di sviluppo il cui ceto medioalto, grazie al benessere crescente, è sempre più alla ricerca di prodotti di alto livello qualitativo».

Questa fase di ristrutturazione aziendale si è mossa di pari passo con la necessità di utilizzare metodi di lavorazione più sicuri ed ecologici e di produrre, di conseguenza, prodotti ecocompatibili, con caratteristiche di tossicità potenziale sempre più basse per il consumatore. «Ciò è stato anche dettato sia dall’evoluzione normativa relativamente alla gestione della sicurezza negli ambienti di lavoro, sia per l’orientamento alla salvaguardia dell’ecosistema e al miglioramento qualitativo delle caratteristiche dei prodotti di consumo. Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre puntato su una filosofia di lavoro che coniugasse la qualità con la sicurezza, sia di chi lavora sia di chi consuma. Tutti gli sforzi sono stati convogliati su una crescita del made in Italy più puro e, se vogliamo, “integralista”. Non tanto

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il mercato dell’oreficeria e della gioielleria richiede monili e gioielli con una varietà sempre maggiore di forme geometriche, di elevatissima qualità e con un peso contenuto

per motivi di rifiuto di quanto proviene dalle realtà estere, quanto per poter garantire alle aziende italiane la possibilità di continuare a esistere, svilupparsi e mantenere un livello qualitativo degno della nostra tradizione. La delocalizzazione produttiva ha portato e porta all’impoverimento progressivo del tessuto produttivo nazionale, cosa ancora più grave se investe le idee e il know how. Pertanto la nostra missione – totalmente condivisa anche dagli altri soci dell’azienda: Amulio Liberatori e Patrizio Capaccioli – è sempre stata quella

di cercare di mantenere all’interno dei nostri confini ciò di cui l’Italia ha e avrà sempre più bisogno nel futuro: ovvero la possibilità di produrre industrialmente, sebbene con caratteristiche artigianali, prodotti unici ed esclusivi. Il mercato dell’oreficeria e della gioielleria richiede monili e gioielli con una varietà sempre maggiore di forme geometriche, di elevatissima qualità e con un peso contenuto. La tecnica dell’elettroformatura dell’oro, in varie carature, e dell’argento permette di raggiungere questi obiettivi. Tale innovazione di prodotto comporta la necessità di realizzare produzioni sempre più variegate, in piccole quantità però, per non creare aggravi di costo tali da porre l’azienda produttrice fuori mercato dal punto di vista commerciale». Italfimet ha una struttura produttiva organizzata in tre divisioni: impianti, chimica e odonto. «Le attività della divisione impianti riguardano principalmente la progettazione e la realizzazione di macchine e impianti di processo per la galvanostegia, la finitura delle superfici, il recupero e la trasformazione di metalli preziosi e comuni, la depurazione di acque primarie, la depurazione di acque secondarie di processo, la depurazione di fumi. A queste si aggiungono la consulenza, lo studio e l’installazione di sistemi hardware e software per l’automazione di macchine e impianti di processo. Nella maggior parte dei casi, le macchine e gli impianti sono realizzati in maniera personalizzata, per questo risulta fondamentale l’interazione con la divisione chimica». Questa produce e commercializza prodotti chimici destinati alle aziende che operano nei settori dell’oreficeria, della bigiotteria e dell’accessoristica di alta moda. I prodotti sono utilizzati per i processi galvanici, per il trattamento delle superfici e per il trattamento acque di processo. «Il nostro laboratorio chimico interno formula la maggior parte di questi prodotti chimici – infatti in-


Alessandro Matteini

La ricerca per la biocompatibilità Il trattamento superficiale per via galvanica degli articoli di oreficeria, degli oggetti di gioielleria e delle parti metalliche per gli accessori di alta moda è fondamentale per conferire il tratto distintivo della tonalità di colore desiderata. Negli ultimi anni si è moltiplicata la richiesta di finiture di vario genere da parte del mercato. Contemporaneamente, l’evoluzione normativa ha imposto l’eliminazione graduale dei metalli tossici contenuti negli oggetti. Questi due fattori hanno fatto sì che Italfimet investisse, con uno sforzo importante, nel campo della ricerca. Questa ha dato i suoi frutti, con la messa a punto di una serie di processi ecocompatibili e grazie alla messa a punto di prodotti chimici privi dei metalli tossici utilizzati in passato, come piombo, nichel, cadmio, cobalto e loro complessi. Il laboratorio test di Italfimet è attrezzato con macchine certificate per effettuare prove normate di corrosione accelerata su oggetti metallici, prove necessarie a garantire la qualità di trattamento sia a livello di ricerca e sviluppo che a livello di controlli periodici di produzione. Inoltre, negli ultimi anni, la società ha incentrato l’attività di ricerca e sviluppo nello studio e nella sperimentazione di nuovi processi di finitura galvanica a basso impatto ambientale.

clude un settore ricerca e sviluppo, per la creazione e la messa a punto di processi innovativi. Inoltre svolge le analisi e i controlli necessari al corretto mantenimento dei prodotti e per un impiego ottimale in lavorazione». Dal 2002 ha iniziato a lavorare la divisione odonto, che produce e commercializza macchine e prodotti chimici per il processo galvanico di elettroformatura in campo odontotecnico. «Questo processo si basa sulla deposizione a spessore di oro 24 carati biocompatibile su stampi in gesso metallizzati, per la creazione di cappette che, una volta svuotate e trattate termicamente, costituiscono la base per il riporto di polveri di ceramica a caldo per la creazione di denti artificiali. In più, per la deposizione su strutture telescopiche in acciaio, opportunamente pretrattate, da inserire su impianti dentali – normalmente in titanio o in leghe biocompatibili – si utilizza il bagno galvanico». L’avvio di questa divisione ha permesso a Italfimet la stipula di contratti di fornitura con società inserite del settore odontotecnico – alcune delle quali multinazionali – che si occupano della vendita, della formazione e dell’assistenza tecnica nei cinque continenti. «Produciamo principalmente due tipi di macchina per l’elettrodeposizione: una manuale e una completamente automatica, che calcola autonomamente le superfici da elettrodepositare con grande precisione. I bagni galvanici – commercializzati grazie al certificato di libera vendita rilasciato dal ministero della Salute e valido in tutto il mondo e sono certificati con la marcatura Ce relativa ai dispositivi medicali – sono di vari tipi, con concentrazioni variabili di oro al loro interno. Anche in questo settore di attività si è inserita la logica di realizzazione di prodotti chimici ecocompatibili e biocompatibili, fattore peraltro necessariamente raggiunto da anni per i dispositivi medicali». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 171


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tre proposte per il sistema imprenditoriale I problemi che sta attraversando l’economia italiana in questo periodo sono il sintomo di un sistema malato e di una cultura d’impresa da rifondare. Claudio Lastrucci analizza la situazione e avanza alcune proposte Amedeo Longhi vasione fiscale, pesanti ritardi nei pagamenti, eccessivo e indiscriminato ricorso al credito, sono solo alcuni dei comportamenti illeciti e immorali che caratterizzano oggi l’operato di molti protagonisti del mondo imprenditoriale italiano. Lo sa bene Claudio Lastrucci, proprietario della CFG, storica azienda toscana da anni attiva nel settore della progettazione e realizzazione di divani letto: «È inutile nasconderlo, i nostri mali oggi sono dovuti a una cultura economica da rifondare, liberandola da atteggiamenti errati che non fanno altro che nuocere agli imprenditori che ancora giocano seguendo le regole». Secondo la sua esperienza quotidiana, quali sono le criticità più gravi? «Oggi siamo arrivati al punto che la concorrenza fra aziende deriva dal fatto che alcune di esse hanno tutte le maestranze in regola, mentre altre aziende, che io mi ritrovo anche come concorrenti, lavorano fuori dei paletti normativi e per questo sono in grado di praticare dei costi inferiori ai miei. Siamo noi imprenditori che sostituiamo la banca nel concedere credito a chi acquista: i pagamenti vengono dilazionati a novanta giorni, ma il debitore spesso se ne approfitta e salda anche con centottanta giorni di ritardo. Purtroppo sono talmente tanti coloro che adottano questo comportamento che se dovessi smettere di fare affari con loro rischierei il fallimento io stesso. A questo proposito, chi ha intenzione continuare a svolgere la propria attività rispettando le regole dovrebbe unirsi e attuare una politica

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Claudio Lastrucci, titolare della CFG Srl di Montelupo Fiorentino (FI) www.hopplaiprontoletto.it

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Claudio Lastrucci

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Ritengo un dovere morale e civile pagare le tasse: l’evasione fiscale deve essere combattuta alacremente sia dal punto di vista giuridico sia dal punto di vista culturale

imprenditoriale comune allo scopo di reintrodurre i concetti di legalità ed etica nel modo di fare impresa». Quali sono i suoi suggerimenti per mettere in pratica questo nuovo modello? «Ho in mente tre proposte concrete che secondo me avrebbero la capacità di porre paletti importanti e capaci di risollevare la situazione. Per prima cosa, le bolle dovrebbero essere vidimate, numerate col timbro della Guardia di Finanza, per evitare il nero; naturalmente questo accorgimento dovrebbe essere accompagnato da controlli puntuali e severi. In secondo luogo, ogni azienda dovrebbe essere certificata dalla banca e soggetta a una valutazione che ne stabilisca la solvibilità e la capacità economica; un rating negativo dovrebbe portare al ritiro della licenza e della partita Iva, per evitare che società insolventi continuino a operare a credito sapendo già di non poter onorare i propri debiti. Infine, ritengo un dovere morale e civile pagare le tasse: l’evasione fiscale deve essere combattuta alacremente sia dal punto di vista giuridico, colpendo gli evasori, sia dal punto di vista culturale, instillando nella classe imprenditoriale un maggiore senso di responsabilità». Nello specifico, come si articola l’attività della CFG? «Noi siamo un’azienda che ha impostato la propria lavorazione su divani letto trasformabili e letti tessili, con rivestimenti di tessuto, pelle e altri materiali. Abbiamo fatto un ragionamento molto semplice: anche se ha bisogno solo di un divano, a fronte di un prezzo quasi equiparabile

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e di un livello di comfort analogo, l’acquirente spesso è portato a comprare un divano letto, quindi un oggetto con una doppia funzione. Noi partiamo dal presupposto che produciamo e vendiamo un divano di qualità, soffice e confortevole, che però può essere utilizzato anche per dormire. Questa nostra filosofia era racchiusa in uno slogan che avevamo scelto: “mettere tutti a letto”. Oggi il nostro motto e il nostro marchio è “Hopplà”, che deriva dal fatto che il divano fisso, comodo e bello da vedersi, con un gesto – accompagnato dalla classica esclamazione “hopplà” – diventa letto. I nostri divani letto sono molto facili da trasformare: con un gesto diventano letto e con un altro tornano divano. Questo è quello che ci ha reso famosi. La specializzazione in questa nicchia particolare, insieme a quella dei letti tessili, ci ha permesso di ritagliarci un mercato dedicato, senza andare a competere direttamente né con i produttori di divani né con quelli di letti. Al momento lavoriamo solo sul mercato italiano, anche se abbiamo molte richieste provenienti dall’estero. Stiamo valutando ogni opportunità, poiché questa è una fase molto delicata e dobbiamo essere attenti e ricettivi nei confronti delle esigenze del mercato». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 173


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Packaging di lusso per l’alta moda l mondo della moda, si sa, rappresenta da sempre una delle eccellenze che hanno reso il made in Italy un vero e proprio “marchio di fabbrica”, grazie anche e soprattutto al lavoro portato avanti da tantissime imprese di piccole e medie dimensioni che, resistendo alla tentazione di delocalizzare la loro produzione, continuano a difendere le peculiarità tipiche delle produzioni italiane. È il caso, ad esempio, del Sacchettificio Toscano Srl, storica azienda di Cerreto Guidi (FI), fondata nel 1977 dalla famiglia Tempesti e oggi riconosciuta come realtà di primissimo piano nella produzione di sacchetti di pregio e qualità sartoriale, shoppers in tnt e tela di cotone, sacchetti di carta ed ecocompatibili, in grado di impreziosire e proteggere articoli di pelletteria, calzature, argenterie, accessoristica e cristallerie. «Per riuscire a competere su mercati altamente competitivi come il nostro, dare carattere

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Catia e Roberto Tempesti, amministratori del Sacchettificio Toscano Srl di Cerreto Guidi (FI) www.sacchetificiotoscano.it

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Tecnologie innovative e manodopera specializzata. È questo il binomio vincente che permette alle aziende italiane di competere nel mondo. La produzione di sacchetti di pregio, tra artigianalità e macchinari d’avanguardia, nell’esperienza di Catia e Roberto Tempesti Guido Puopolo

alle nostre produzioni con il “printing italiano” non è solo una scelta, ma per certi versi anche una necessità», afferma Catia Tempesti, attualmente al vertice del gruppo insieme al cugino Roberto. Come si è evoluto, negli ultimi anni, il vostro settore di riferimento? Roberto Tempesti: «Il nostro è un packaging di lusso, che si rivolge prevalentemente al mondo dell’alta moda. Oggi però, anche a seguito della crisi, stanno mutando profondamente le esigenze dei nostri committenti, sempre più attenti nel richiedere prodotti di elevata qualità a un prezzo il più competitivo possibile». Da parte vostra, come siete riusciti a coniugare questi due aspetti? Catia Tempesti: «Abbiamo cercato di far fronte a questa nuova situazione puntando sull’ottimizzazione dei processi produttivi e sull’innovazione tecnologica. Tutte le nostre fasi di lavorazione sono sottoposte a rigidi controlli, in modo da poter individuare eventuali errori e rimediare praticamente in tempo reale, offrendo cosi un prodotto di assoluta qualità. Recentemente, inoltre, ci siamo trasferiti all’interno di un nuovissimo stabilimento, dotato di un ampio magazzino che ci permette di avere ingenti scorte di materiali sempre disponibili. Lavoriamo per cercare di offrire ai nostri committenti sacchetti capaci di coniugare design e funzionalità, nel solco di


Catia e Roberto Tempesti

Anche se utilizziamo macchinari speciali per effettuare lavorazioni che un tempo venivano eseguite manualmente, le capacità degli operatori rivestono ancora un ruolo fondamentale

quella tradizione artigianale tipica delle produzioni made in Italy». Per la realizzazione dei vostri articoli vi servite di particolari tecnologie oppure la capacità artigianale degli operatori rappresenta ancora l’elemento in grado di fare la differenza? R.T.:«Il nostro patrimonio sartoriale è indubbiamente una risorsa preziosissima, da tutelare e salvaguardare. A testimonianza di questo impegno l’azienda è certificata ISO 9011, e ha recentemente conseguito anche la certificazione SA 8000 per la responsabilità sociale. Oggi utilizziamo macchinari speciali per effettuare lavorazioni che un tempo venivano eseguite manualmente, ma al di là di ciò le capacità degli operatori rivestono ancora un ruolo fondamentale. Per questo investiamo costantemente nella formazione e nell’aggiornamento del personale, insegnando ai ragazzi le tecniche e i segreti alla base del nostro lavoro». Oggi la tutela dell’ambiente ricopre un ruolo sempre più importante, anche all’interno del vostro settore. Quali misure e politiche ha attuato l’azienda per ridurre l’impatto ambientale delle proprie lavorazioni? R.T.: «I nostri sacchetti sono prevalentemente

realizzati in cotone, anche se con la messa al bando dei sacchetti in plastica ci siamo specializzati anche nella produzione di shopper e buste al 100% ecologiche. Inoltre ricicliamo tutti gli scarti di lavorazione, mentre le varie stampe apposte sui sacchietti sono realizzate con inchiostri all’acqua, che hanno un impatto ambientale pari a zero. Attualmente stiamo valutando di acquisire la certificazione ISO 14001, perché crediamo che rispettare la natura oggi ci permetterà di vivere in un mondo migliore domani». Quali sono gli obiettivi che il Sacchettificio Toscano intende perseguire nel prossimo futuro? C.T.:«Stiamo lavorando a nuove e importanti collaborazioni, attualmente ancora in fase embrionale. Certamente la condizione di incertezza che stiamo vivendo non aiuta nel programmare nuove investimenti. Mi piacerebbe che a livello istituzionale ci fosse un maggior supporto nei confronti di quelle imprese che, come la nostra, con il loro lavoro, contribuiscono a difendere il made in Italy e a generare ricchezza e occupazione sul territorio, perché il mondo imprenditoriale italiano non ha da invidiare niente a nessuno». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 175


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Avanza la ricerca sul tessuto-non-tessuto Comfort, vestibilità e soprattutto minor sensazione di umidità. Queste le caratteristiche che i prodotti della Texsus, devono avere, puntando sempre più sulla ricerca. Ne parliamo con l’ Amministratore Delegato Claudio Giacometti Marco Tedeschi

isogna puntare sulla ricerca e portarla ai livelli europei». È questo il monito ribadito dal nuovo ministro dell’istruzione e della ricerca Francesco Profumo. E puntare sulla ricerca, sarà un’operazione da realizzare nel medio periodo e per la quale l’Europa metterà a disposizione 80 miliardi di euro. Sulle modalità di tale salto di qualità c’è ancora molto mistero, ma per quelle aziende che da sempre puntano sull’innovazione come parte fondante del loro lavoro, risulta sicuramente una buona notizia. Tra queste realtà bisogna annoverare la Texsus

«B

S.p.A., azienda in cui la ricerca ricopre da sempre un ruolo fondamentale. Soprattutto per un settore in continua evoluzione e in cui si sperimentano nuovi materiali come quello trattato dalla Texsus. «Noi seguiamo indicazioni di mercato e richieste di implementazioni tecniche che pervengono direttamente dai grandi gruppi del settore. Possiamo inoltre contare su un team di ricerca che lavora costantemente allo sviluppo di prodotti alternativi con migliore valore tecnico aggiunto». A spiegarlo Claudio Giacometti, Amministratore Delegato della Texsus, azienda che da più di trent’anni produce TesTexsus S.p.A. ha la sede a Chiesina Uzzanese (PT) www.texsus.it

176 • DOSSIER • TOSCANA 2011


Claudio Giacometti

Stiamo ampliando lo stabilimento italiano con la messa in opera di due nuovi impianti di produzione. Inoltre stiamo seriamente valutando la realizzazione di siti produttivi in due paesi stranieri

suto Non Tessuto per l’impiego nel settore igienico sanitario e più precisamente in quello dei pannolini per bambini , degli assorbenti igienici e per l’incontinenza di adulti. Il tutto puntando sempre sulle migliori tecnologie e su investimenti mirati ad una ricerca continua. Relativamente ai materiali utilizzati, la Texsus impiega soprattutto fibre tessili, artificiali e/o sintetiche. Recentemente l’azienda di Chiesina Uzzanese, in provincia di Pistoia, si è ancora di più specializzata nella produzione di “Airthrough bonded”. «Si tratta di un TessutoNon-Tessuto utilizzato per la distribuzione e acquisizione dei liquidi nei sistemi assorbenti», spiega Giacometti. Questo a sottolineare come la ricerca si stia sempre di più indirizzando verso il massimo del comfort possibile garantendo allo stesso tempo igiene e funzionalità. Un settore, quello della Texsus, altamente specifico. «Texsus opera nel

comparto igienico sanitario», prosegue l’Amministratore Delegato Claudio Giacometti, «con produzione di TNT, ovvero Tessuto Non Tessuto, utilizzato per pannolini per bambini, per incontinenza e assorbenti igienici per signora. La mia esperienza assunta negli anni di lavoro con Dow Chemical, mi ha dato modo di sviluppare l’interesse nel settore chimico tessile che, già da allora, presentava grandi prospettive». I mercati di riferimento di Texsus S.p.A. spaziano da quello nazionale a quello internazionale. «Italia, Europa, Medio Oriente e Nord Africa sono i nostri principali interlocutori. Ad ogni modo, sporadicamente, ci rivolgiamo anche a Stati Uniti e Sud America». Giacometti, getta poi uno sguardo sulla situazione del mercato del suo settore, inquadrando il tutto in un contesto molto più ampio. «In un periodo di stasi del mondo occidentale, si registra un buon tasso di crescita in alcuni paesi emergenti, ma soprattutto è importante sottolineare come, in una situazione di stallo di ogni settore dell’industria, noi riusciamo a conservare un tasso di crescita del 20% annuo. Tutto ciò è la diretta conseguenza degli investimenti che portiamo avanti dal punto di vista tecnologico e innovativo». Per il futuro la Texsus ha in cantiere delle “solide” idee. «Stiamo ampliando lo stabilimento italiano con la messa in opera di due nuovi impianti di produzione. Inoltre stiamo seriamente valutando la realizzazione di siti produttivi in due paesi stranieri. Continuiamo fortemente a credere nella nostra industria e soprattutto proseguiamo nello sviluppo legato alle tecnologie sempre più innovative e a nuovi prodotti». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 177


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Industria: il futuro è nella qualità Formazione del personale e collaborazione con la clientela sono i punti cardine di un efficace servizio di supporto tecnico per le aziende. Eugenio Stefani ci spiega perché, descrivendo la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

Eugenio Stefani, titolare della Synthesis Srl di Firenze www.synthe.it

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ell'era dell'automazione industriale, lo sviluppo di soluzioni tecniche per la produzione sempre innovative ed efficaci – che permettano di adeguare i cicli produttivi alle esigenze del mercato – diventa una condizione imprescindibile per aziende di qualsiasi natura. La concorrenza globale ha inoltre annullato le distanze reali creando un antagonismo commerciale e industriale spinto e continuo, che impone alle aziende un’attitudine di estrema flessibilità, creatività e ricettività nei confronti dello sviluppo tecnologico. Queste ardue condizioni di concorrenza spesso superano le possibilità degli uffici tecnici interni e diviene quindi necessario demandare la delicata fase di ricerca e sviluppo ad agenti terzi. L'intuizione della necessità di fornire un servizio di questo tipo ha spinto Eugenio Stefani – trent'anni fa – a fondare una società con tali prerogative. «La Synthesis nasce con l'intenzione di costituire un prezioso supporto alle aziende di qualsiasi settore e dimensione e con lo scopo di risolvere al meglio le problematiche di natura tecnica in cui queste possono incorrere». Si tratta dunque di un'azienda poliedrica, con una gamma di competenze piuttosto ampia. Quali sono i servizi che siete in grado di offrire? «Per conto terzi svolgiamo qualsiasi mansione di natura tecnica, inerente all'ambito della progettazione meccanica – automazione di cicli produttivi, misura ed analisi – dello sviluppo di calcoli meccanici o strutturali verificati, dei disegni su commissione o del trasferimento di disegni forniti in formato cartaceo o elettronico ai nuovi modellatori solidi. Ci occupiamo di industrializzazione e brevetti di prototipi e della redazione di manuali e fascicoli tecnici. Tramite officine esterne, curiamo anche la costruzione di macchine e impianti tecnici. Tra le nostre realizzazioni ci sono apparecchi di misura, macchine di assemblaggio, mini-robot, grosse carpenterie». Che tipo di preparazione e formazione sono

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Eugenio Stefani

necessarie per un ventaglio di competenze così ampio? «L'esperienza e la formazione del personale sono sicuramente uno dei punti di forza della nostra società. La preparazione che mi ha dato la mia esperienza professionale come progettista in varie aziende è stato il fulcro attorno a cui ho costituito – insieme ai miei due soci iniziali – la mentalità della Synthesis. Parliamo inoltre di un settore in continua evoluzione, dove il rinnovamento costante delle competenze e la conoscenza e la padronanza di ogni innovazione tecnologica costituiscono un bagaglio professionale irrinunciabile per ogni operatore. La gestione del personale – con la formazione dei dipendenti e la capacità di valorizzare le competenze di ogni singolo – rappresenta dunque una voce di importanza capitale presso la Synthesis. Nel corso degli anni ci siamo certificati ISO 9001 e abbiamo ottenuto anche la certificazione internazionale di Gestione Etica e Sociale SA 8000-

Come risorsa esterna, Synthesis offre soluzioni innovative nel campo della progettazione meccanica

2008, utile nei rapporti con le istituzioni». Quanto conta l'aggiornamento tecnico nella vostra attività? «Qualsiasi tipo di innovazione deve essere subito recepito ed applicato. L'esperienza accumulata ci ha insegnato l'importanza dell'aggiornamento tecnologico ed è una lezione che abbiamo interiorizzato fin da subito. Per esempio, siamo stati tra i primi a sostituire i vecchi tecnigrafi e la trigonometria con computer e tavolette grafiche, un passo di grande importanza, visto il livello di informatizzazione della nostra attività». Quali sono le altre priorità nella vostra strategia aziendale? «La nostra intenzione è quella di proporci come veri e propri partner, più che come semplici esecutori d'opera esterni. Questa scelta rappresenta una condizione per rendere efficace e concreto il nostro contributo, poiché presuppone un rapporto di strettissima collaborazione con il cliente, che ci trasmette il suo know-how. Questi scambi continui ci mettono in grado di capire perfettamente il problema e lavorare coscientemente alla sua soluzione. Come risorsa esterna, Synthesis offre soluzioni innovative nel campo della progettazione meccanica, portando uno sguardo più distaccato e una valutazione più obiettiva su quei prodotti e quei processi che a volte dall’interno si danno per scontati. Spesso per rinnovarsi occorre accogliere esperienze diverse, e l’innovazione è ormai un obbligo nell’era della concorrenza globale». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 179


L’imprenditoria italiana vista attraverso il vetro La lavorazione del vetro appartiene a una delle tradizioni artigianali più rinomate del nostro paese. Come moltissimi settori tuttavia, anche questo sta sperimentando le difficoltà della crisi economica, come spiega Tiberio Gazzei Amedeo Longhi

lemento che presenta grandi qualità sia funzionali che estetiche, il vetro trova posto in innumerevoli prodotti e lavorazioni. Conseguentemente, gli operatori del settore hanno la fortuna di collaborare con le nicchie di mercato più disparate, dall’edilizia al complemento d’arredo. «Questo può essere un vantaggio – spiega Tiberio Gazzei, titolare della Vetreria Vitrum –, ma devo comunque rilevare che come tutte le aziende manifatturiere italiane che operano in questi settori, siamo oggi alle prese con la più grande crisi che si ricordi». Come interpreta la situazione attuale dell’imprenditoria italiana e che suggerimenti si sente di dare in proposito? «Sappiamo fare il nostro lavoro, ma le sfide imprenditoriali delle piccole e medie imprese italiane vanno tutale e difese dall’aggressività di determinati mercati che introducono elementi di competizione che, se non arginati, rischiano seriamente di far saltare il sistema su cui si radica la civiltà occidentale. Se la politica non riesce a farsi interprete dell’interesse nazionale, presto

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sarà tardi per qualsiasi tipo intervento». Che tipo di lavorazioni svolgete e come portate avanti la vostra attività? «Lavoriamo gran parte dei tipi di vetro, praticamente in ogni spessore. La nostra specialità è l’argentatura, un processo che consiste nel trasformare il vetro in specchio, rendendo possibile ogni tipo di intervento, dalla serigrafia più complessa alle incisioni da dietro, su ogni tipo di vetro da 2 a 19 mm, sia dritto che sagomato, piano o curvo, con risultati ottimali per durata e resa estetica. Possiamo anche sabbiare, incidere, seri-

Tiberio Gazzei, titolare della vetreria Vitrum di Lucignano (AR) www.vetreriavitrum.it


Tiberio Gazzei

grafare, saldare, sagomare, molare, curvare, ma queste sono soltanto alcune delle lavorazioni disponibili. Se questa terminologia tecnica può risultare poco comprensibile ai non addetti ai lavori, per rendersi conto del risultato basta vedere i numerosi prodotti dell’arredamento di marca in Italia e all’estero, soprattutto in Germania, che montano nostre componenti. Infatti, collaboriamo a stretto contatto con importanti industrie del mobile e del complemento d’arredo, che si rivolgono alla nostra azienda per inserire nei loro prodotti gli elementi in vetro che li caratterizzano». Come avete affrontato il passaggio da tecniche di lavorazione interamente artigianali a nuove modalità più avanzate, di carattere industriale? «Vitrum è un’azienda che è nata e cresciuta durante l’evolversi della trasformazione industriale che ha interessato la lavorazione del vetro nel secolo scorso. Da laboratorio completamente manuale, dove l’abilità dell’artigiano era il fulcro centrale della lavorazione, negli anni si è costantemente evoluta e aggiornata con tecnologie all’avanguardia, senza però mai perdere di vista quella abilità e quella passione acquisite in tempi lontani. Ancora oggi, così come in passato, l’azienda non è un’entità astratta ma un luogo dove le persone rimangono insieme per gran parte della vita, una realtà radicata nel tessuto socio-economico locale, che intende continuare a lavorare nel territorio con la coesione di tutto il personale e il piacere della sfida che ci sono di aiuto in momenti critici come questo». Che ruolo può avere il vetro dal punto di vi-

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Sappiamo fare il nostro lavoro, ma le sfide imprenditoriali delle piccole e medie imprese italiane vanno tutale e difese dall’aggressività di determinati mercati

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sta del risparmio energetico? «Nel settore dell’edilizia, prima della crisi attuale, la nostra azienda ha potuto beneficiare di una forte spinta dovuta alle politiche nazionali sul risparmio energetico. Come sappiamo, la nostra nazione non è un produttore di energia e si trova quindi costretta ad acquistare all’estero ciò che le serve per soddisfare il proprio fabbisogno. Ridurre i consumi e di conseguenza abbattere i costi che gravano su questa voce di bilancio è stato un passo importante anche dal punto di vista ambientale. Il meccanismo è diventato virtuoso quando, circa cinque anni fa, sono stati istituiti incentivi consistenti – pari al cinquantacinque per cento della spesa sostenuta – per chi impiegasse materiali “evoluti” nelle costruzioni edili. I serramenti, e quindi il vetro, giocano un ruolo fondamentale per combattere la dispersione termica ed è qui che la nostra azienda, impiegando professionalità, tecnologie avanzate e materiali fino a qualche anno fa ignorati dal mercato, ha potuto dare le giuste risposte incrementando quantità e qualità dei prodotti offerti». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 181




IL SETTORE CHIMICO

L’industria chimica punta sulla diversificazione La commercializzazione di prodotti chimici interessa i settori più diversi. Come guadagnare quote di mercato allargando le proprie specializzazioni e investendo nell’acquisizione di nuove partecipazioni e competenze. La parola a Massimo della Gatta Manlio Teodoro l territorio toscano è tradizionalmente noto per la sua vocazione imprenditoriale nei settori del tessile e del conciario. Di conseguenza, l’intero tessuto produttivo della regione ha accompagnato questo sviluppo, come, per esempio, l’industria chimica. «Inizialmente, la nostra attività era rivolta quasi esclusivamente al settore tessile, dato che avevamo un’importante richiesta da parte del territorio. Nel tempo ci siamo però specializzati anche nella commercializzazione e distribuzione di altri tipi di prodotti, in linea con la crescita dell’azienda. Questo è stato dettato anche dalle difficoltà emerse nell’economica italiana e internazionale, che ci hanno fatto cambiare strategia, sia a livello gestionale sia commerciale. Abbiamo investito in acquisizioni e siamo entrati in mercati che non erano stati di nostra competenza in precedenza. Abbiamo diversificato

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l’attività e oggi siamo così divenuti fornitori di diversi settori industriali, commercializzando prodotti per il trattamento delle acque reflue e di quelle potabili, per il settore cartario, galvanico, chimico, della detergenza e farmaceutico». A parlare è Massimo della Gatta, amministratore delegato di Toscochimica. «Ciò che ci ha permesso di crescere è stata la volontà di investire su noi stessi. Abbiamo così convogliato molte risorse nella creazione di una nuova sede, più moderna e funzionale, anche considerando che occorrono tecnologie adeguate per il trattamento in sicurezza dei prodotti chimici. Però, soprattutto, abbiamo acquisito partecipazioni importanti in altre aziende, come la Toscolapi che opera nel settore conciario a Santa Croce sull’Arno, la Bonazzi di Mantova e la Uct di Milano. La nostra società ha inoltre il controllo della Scipe di Firenze e abbiamo a nostra disposizione più serbatoi di stoccaggio presso il porto di Napoli, che ci consentono l’approvvigionamento via mare di grosse quantità di prodotto». Toscochimica distribuisce i prodotti sia delle industrie chimiche italiane, sia internazionali. «Le multinazionali del settore chimico seguono dei


Massimo della Gatta

diodi o, are-

oosì na he ate hiarla nta Uct llo oto ao». nLe dei

La Toscochimica Spa ha sede a Prato www.toscochimica.com

metodi di vendita piuttosto omogenei. Queste realtà vantano sedi anche sul territorio italiano, permettendoci di instaurare un rapporto stretto e continuativo, così come avviene con le aziende nazionali. Il nostro modo di interfacciarci invece è completamente differente nei confronti dei partner dell’Estremo Oriente. Con questi esistono rapporti meno consolidati – e per certi versi meno consolidabili. Per questo motivo, tendenzialmente, privilegiamo le imprese occidentali, poiché i contesti di mercato tradizionali riescono a garantirci una maggiore sicurezza e, di conseguenza, a nostra volta possiamo garantire i nostri clienti». Particolarmente importanti, da questo punto di vista, sono le certificazioni. «La nostra azienda si è dotata della qualifica Esad (European Single Assessment Document) – necessaria per la collaborazione con le multinazionali del settore chimico, è certificata Iso 9001:2008 ed esegue

tutti gli adempimenti della Direttiva Seveso. Più che un riconoscimento in termini di redditività, questi attestati consentono una migliore organizzazione interna, un “biglietto da visita” per i nostri partner. I clienti, soprattutto quelli di fascia alta, non è un caso se selezionano i fornitori anche in base a tali certificazioni. Grande attenzione viene riposta, poi, all’impatto ambientale, per cui abbiamo iniziato a fornire prodotti specifici per la potabilizzazione, la depurazione delle acque e per il trattamento dei fanghi. Ci impegniamo inoltre, sul fronte della sicurezza, in particolare nella prevenzione degli incidenti». Parlando di bilanci e prospettive, Massimo della Gatta spiega che «nel 2011 abbiamo ottenuto un trend di crescita positivo, che ci auguriamo di mantenere nel corso del prossimo anno. Anche se il settore, nel suo complesso, presenta parecchie criticità. La situazione economica, con la crisi europea, non permette di prevedere gli sviluppi e le evoluzioni che potranno esserci sul mercato. La carta che la nostra azienda sta giocando, già da alcuni anni, è quella di capitalizzare, in modo da poter reggere eventuali “scossoni” futuri. In un momento in cui né il sistema bancario né il sistema Paese aiutano le imprese, lavorare con le proprie sole forze, è l’unica possibilità». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 185


INDUSTRIA ALIMENTARE

La grande distribuzione guarda al chilometro zero «Promuoviamo ancora i prodotti locali e a chilometro zero. Combinando i prezzi da Gdo con la qualità dell’antico negozietto sotto casa». L’esperienza di Pier Luigi Tambellini Manlio Teodoro

nche la grande distribuzione, per quanto riguarda il settore gastronomico e ortofrutticolo, guarda alla promozione del localismo come a un fattore di crescita e fidelizzazione del consumatore. Diventa sempre più importante quindi la selezione e la certificazione dei fornitori, meglio se questi propongono prodotti a chilometro zero. «Questa riscoperta del valore del prodotto locale può sembrare in contrasto con le dinamiche e i grandi numeri della Gdo. Tuttavia non c’è nessun contrasto se si considera un punto vendita della grande distribuzione come la naturale evoluzione di u n’ a n t i c a bottega dalla tradizione secolare». Pier Luigi Tambellini spiega così le tendenze che oggi percorrono l’offerta

A Pier Luigi Tambellini, titolare della T&T Srl di Lucca pierluigi.tambellini@tin.it www.supermercato-tet.com

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gastronomica e alimentare in genere della Gdo, una realtà che Tambellini scruta attentamente da un osservatorio particolare, poiché è il titolare della società T&T di Lucca, un market oggi facente parte della catena Conad, che ha le sue origini nella bottega che già nel 1870 – data delle prime notizie certe – era una rivendita di alimenti e bevande. A causa della crisi, quali le maggiori criticità che sta affrontando il settore della Gdo? «In questo momento, è innegabile che vi sia un calo dei consumi anche nel settore alimentare – questo forse è il segno più grave della crisi. I consumi delle famiglie stanno cambiando e visto che le tasche dei consumatori sono sempre meno piene, c’è la tendenza a effettuare spese “giornaliere”. Il consumatore ha capito che il primo risparmio è nel non gettare, da qui è sorta l’esigenza di effettuare quasi quotidianamente la spesa. In questo bisogno si inserisce la forza del negozio “sotto casa”. Non c’è da stupirsi che gli


Pier Luigi Tambellini

Una bottega del terzo millennio ipermercati siano in crisi a fronte dei consumi che si vanno riducendo». Quali sono le strategie che mettete in atto per fidelizzare i consumatori? «La mia idea è che un negozio di alimentari debba poter offrire i prezzi e l’offerta dei grandi supermercati, mantenendo però il gusto del tradizionale. Per questo puntiamo su prodotti di alta qualità. Anche perché i consumatori sono sempre più esigenti e informati. Pertanto, quando è possibile, cerchiamo di proporre prodotti di alto livello a un prezzo contenuto. Importanti sono poi le promozioni che lanciamo sulle varie famiglie merceologiche, che aiutano a supportare e a non appesantire le spese dei clienti. Abbiamo anche avviato una campagna per la spesa giornaliera – che va incontro alle nuove abitudini di acquisto. La sua filosofia è quella di comprare quotidianamente il necessario, di livello e magari a buon prezzo». La vostra storia imprenditoriale è anche una vicenda familiare. Quali sono state le tappe fondamentali? «La famiglia Tambellini ha preso la proprietà del negozio nel 1932. All’epoca era una rivendita di caffè, alcuni prodotti alimentari e da forno. Nell’epoca postbellica e per tutti gli anni Cinquanta la bottega divenne anche un lungo di aggregazione e ritrovo, principal-

Con una storia che si perde oltre il 1870, la bottega di Sant’Alessio a Lucca si è evoluta enormemente da quando era un piccolo negozietto meta e luogo di ritrovo per viandanti, pastori e agricoltori. Fu Pietro Tambellini, nel 1932, insieme ai nipoti Luigi, Lorenzo e Pietrino a dare impulso all’attività. Dopo la morte dello zio, i due nipoti Luigi e Pietrino edificarono due nuove strutture a Sant’Alessio, una destinata alla panificazione e l’altra alla vendita di generi alimentari. Luigi continuò la sua attività nella bottega anche negli anni Settanta e Ottanta, con il sostegno dalla moglie Pia e dei figli Giuliano e Marcello. Furono proprio questi ultimi a continuare la gestione dell’impresa di famiglia e a farla crescere. Agli inizi degli anni Novanta i due fratelli costruirono una nuova struttura per poter ampliare l’attività: era il 1995 quando fu inaugurato l’attuale supermercato. A credere in questa nuova impresa è Pier Luigi, figlio di Marcello, che continua l’attività famiglia.

mente per i contadini, dato che si trovava in prossimità di una zona in cui l’agricoltura era ancora l’attività principale. La vera svolta è arrivata però negli anni Novanta, con la costruzione di una nuova struttura e l’avvio di un vero e proprio supermercato. Nasce così T&T, una società moderna e versatile che opera nel settore alimentare, con interessi anche verso altri mercati sempre di natura alimentare». In futuro su quali ambiti si orienteranno i vostri principali investimenti? «La comunicazione è fondamentale per le nostre attività. Abbiamo investito molte risorse nella tecnologia e nella comunicazione, affidandoci a un’agenzia specializzata nel web marketing. Ci siamo dotati di un nuovo sito web e di un piano di social media marketing, che saranno prossimamente online. Per il prossimo anno, abbiamo programmato una forte campagna di comunicazione». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 187


INDUSTRIA ALIMENTARE

Il laboratorio toscano degli aromi Un raffinato processo produttivo che porta alla creazione di essenze ed estratti per l’industria alimentare. Giovanni ed Enrico Giotti illustrano come si ottiene un aroma grazie alla selezione di speciali materie prime da parte degli aromatieri Luca Cavera

progressi raggiunti nel campo della chimica permettono di riprodurre la maggior parte delle molecole responsabili dell’odore degli alimenti, sia sinteticamente che in modo naturale. Significa che, per esempio, la vanillina – come quasi tutte le altre molecole odorose – può derivare sia da un processo di sintesi organica, sia da un elaborato processo di biosintesi naturale. Ma cosa sono gli aromi? Ogni cucina che si rispetti ha la sua scorta di preparazioni aromatiche, che danno sapore e profumo ai piatti. Tralasciando le classiche erbe e spezie, tutte le dispense sono piene di preparazioni aromatiche, che danno gusto e modificano – o caratterizzano – le pietanze. La stessa cosa avviene nelle “grandi cucine” delle imprese che producono ali-

I Giovanni, presidente, ed Enrico Giotti, amministratore delegato della Enrico Giotti Spa, Scandicci (FI) www.giotti.it www.giocan.it

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menti. Queste hanno a disposizione gli aromi, che sono il frutto di un processo di ricerca assai raffinato. La Enrico Giotti Spa è un’affermata realtà industriale con una lunga tradizione nella produzione di aromi, estratti e succhi concentrati. Giunta ormai alla terza generazione, Giovanni ed Enrico Giotti ci introducono ai segreti di questo mondo sconosciuto ai più. Può spiegare come si presenta l’impianto produttivo di un’azienda che produce aromi? Giovanni Giotti: «È innanzitutto necessaria molta tecnologia per riuscire a produrre tutte le diverse tipologie di aromi, estratti e semilavorati destinati all’industria alimentare, farmaceutica e nutraceutica – che sono i nostri settori industriali di riferimento. Per questo ogni tipologia di prodotto è realizzata in un reparto dedicato. Abbiamo un reparto succhi, uno di


Giovanni ed Enrico Giotti

La nostra libreria di molecole aromatiche ci fornisce gli elementi base da assemblare, scomporre e ricombinare nella costruzione di un aroma determinato

aromi ed estratti atomizzati, uno per la miscelazione delle polveri, un reparto estrazione e concentrazione, uno per gli aromi in emulsione e un altro ancora per quelli in soluzione e per finire il reparto solubili e distillati. Ma il processo di creazione inizia nel nostro laboratorio di ricerca, dove tutti gli aromi vengono concepiti e formulati e sono poi trasferiti ai laboratori applicativi. Qui sono sottoposti a prove di stabilità e vengono provati direttamente negli alimenti ai quali sono destinati tramite impianti pilota». Come viene creato un aroma? Enrico Giotti: «Abbiamo a disposizione una libreria completa e continuamente aggiornata di molecole aromatiche isolate e di estratti ed oli essenziali provenienti da ogni parte del mondo. Questa libreria fornisce gli elementi base per assemblare, scomporre e ricombinare qualsiasi tipo di aroma il quale andrà a

caratterizzare il gusto ed il profumo degli alimenti. In altri casi si procede per estrazione e distillazione. Questi due processi antichi – emblematici del lavoro dell’aromatiere – sono riletti e rivisitati alla luce delle più moderne tecnologie. Il risultato aromatico finale è l’esito di un complesso processo e di una strategia produttiva articolata in specifiche fasi, laddove ognuna costituisce il presupposto decisivo per la successiva e per l’intero processo». Può fare un esempio concreto dell’impiego nell’industria alimentare dei vostri prodotti? E. G.: «L’industria alimentare ha il grosso problema di standardizzare i propri prodotti, ma anche di reperire, per esempio, materie prime di natura vegetale spesso difficilmente disponibili durante l’intero arco dell’anno. Inoltre le loro produzioni passano anche attraverso processi industriali, come ad esempio la pastorizzazione, per cui si osserva un naturale decadimento delle sostanze aromatizzanti presenti all’origine. Ecco allora che un estratto di aglio o di basilico, un aroma naturale di arancio o di vaniglia, consentono di ottenere prodotti alimentari come mortadelle o pesto alla genovese, bevande agrumate o gelati con elevati “standard” qualitativi, garantendo quell’appeal che il consumatore si aspetta». Occupandovi di un prodotto così raffinato, avete dei particolari parametri di qualità da rispettare? E. G.: «Un rigido monitoraggio segue ogni singola fase dei processi produttivi, dalla selezione dei fornitori alla scelta accurata delle TOSCANA 2011 • DOSSIER • 189


INDUSTRIA ALIMENTARE

materie prime e la produzione con impianti ad alta tecnologia. Eseguiamo severi controlli e verifiche in ogni fase di lavorazione non potendo prescindere da una scrupolosa gestione dell’autocontrollo aziendale basato sull’Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Point). Grazie al nostro costante impegno abbiamo ottenuto due importanti certificazioni: Brc (British Retail Consortium) e Ifs (International Food Standard), che evidenziando i livelli raggiunti di qualità e sicurezza igienico-sanitaria dei nostri aromi». Il 2010 è stato un anno record per la vostra azienda. Quali sono state le ragioni del successo? G. G.: «L’anno passato ha rappresentato un vero e proprio exploit per la nostra realtà. Siamo infatti passati da un fatturato di 24 mln di euro del 2009 a quasi 32 mln. Questa esplosione è stata in buona parte favorita dal nostro ingresso nel settore del riempimento di lattine. Sviluppato nel

2009, attraverso importanti investimenti tecnologici, oggi, nel pieno dell’efficienza produttiva, ne stiamo raccogliendo i frutti, avendo raggiunto quest’anno il superamento della soglia simbolica dei 100 mln di pezzi riempiti. Lo stabilimento Giotti di confezionamento in lattine (GioCan a Fidenza) si sta infatti imponendo sul mercato europeo, grazie ai nuovi formati fashion delle bibite in lattina da 355 ml e 568 ml, oltre all’intera gamma dei prodotti tradizionali e anche grazie alla sinergia con la R&D della casa madre fio-

CHE COS’È UN AROMA? A rispondere è Donato Creti, Direttore Tecnico ed Aromatiere della Enrico Giotti Spa, il quale spiega che alla base degli odori e dei sapori che percepiamo e che ci fanno apprezzare i cibi ci sono complesse formule chimiche. Decenni di studi hanno permesso la riproduzione di queste molecole. n aroma è tutto ciò che conferisce sapore e odore a un alimento, indipendentemente dal suo potere nutrizionale. Non tutti gli aromi vengono introdotti dall’uomo negli alimenti, in quanto la natura stessa ha già conferito un certo sapore e un certo odore, più o meno marcati, a tutti gli alimenti. Dal punto di vista chimico, le sostanze che compongono un aroma sono da

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dividere in due gruppi. Ci sono le molecole leggere, che ci fanno sentire l’odore degli alimenti – si tratta di sostanze volatili, che hanno la capacità di evaporare molto facilmente e che vengono percepite all’interno della cavità nasale dall’epitelio olfattivo. Ci sono poi le molecole pesanti, ovvero sostanze non volatili, che però, disciolte dalla saliva, raggiungono le papille

gustative poste sulla lingua e ci consentono di percepire i sapori degli alimenti. Esistono odori molto potenti, come gli oli essenziali estratti dalle bucce degli agrumi o dalle spezie – tipo la cannella, i chiodi di garofano e la noce moscata. Ne esistono altri più blandi, ma non per questo meno efficaci. Sono le preparazioni aromatiche ottenute dagli infusi di erbe come il the, il caffè, il


Giovanni ed Enrico Giotti

rentina, proponendo quindi un Il sapore atteso di prodotto “chiavi in mano”, dallo studio una bevanda può della ricetta al proessere ottenuto solo dotto confezionato». con un giusto equilibrio A questo propotra succo di frutta sito, come si colloca rispetto ai e aroma relativo mercati esteri la vostra società? G.G.: «La nostra strategia è quella di effettuare acquisizioni in campo nazionale e internazionale. Abbiamo delle sedi produttive all’estero, che si trovano in Macedonia, Russia e Ucraina. I nostri uffici di rappresentanza oltre che in Italia si trovano anche in Algeria, Francia, Germania, Libia e Regno Unito. Abbiamo già esportato il nostro modello di business in Europa e nell’Africa Mediterranea, mentre oggi ci stiamo proiettando verso i mercati emergenti dell’Est Europa, dove siamo presenti con società controllate. Guardiamo all’estero non solo per la produzione, ma anche e soprattutto per la commercializzazione – e in questo GioCan ha affiancato efficacemente Giotti Aromi. Per questo promuo-

viamo periodicamente la nostra attività partecipando alle più importanti fiere del settore, come la Plma (Private Label Manufacturers Association) di Amsterdam e la Food Ingredient Europe». Quali sono i vostri obiettivi futuri di innovazione? E. G.: «Per noi innovare significa adattarsi ai repentini cambiamenti degli scenari nazionali e internazionali intercettando i bisogni dei clienti acquisiti e futuri, per proporre autentiche novità frutto di accurate ricerche. L’innovazione non deve essere soltanto una prerogativa dei laboratori o della produzione, ma è invece una fortunata opportunità per fare business con nuove modalità di servizio e attraverso figure professionali altamente specializzate, nuovi contenuti dei prodotti e soprattutto nuove idee. La società sta puntando su una politica di formazione del personale attraverso un costante arricchimento professionale, favorendo una condivisione delle informazioni che coinvolga tutti i comparti: tecnico, commerciale, produttivo e amministrativo. Un’impresa di rete giovane, dinamica, serena e aperta nella quale tutti sono consapevoli di contribuire al successo dell’impresa».

rabarbaro, la genziana, le bacche di vaniglia del Madagascar – queste ultime si usano per realizzare cibi dolci. Esistono anche infusi di cipolle, gamberetti o estratti da carni, usati per insaporire i cibi salati. Gli aromatieri, nei secoli, non hanno fatto altro che imparare a riconoscere ed estrarre quelle componenti aromatiche e gustative contenute nelle spezie, nelle erbe e in molti altri alimenti, riuscendo anche a impiegarle separatamente dalla matrice in cui erano naturalmente presenti. Negli

ultimi 60 anni, le indagini analitiche hanno permesso agli addetti ai lavori di riconoscere la maggior parte delle molecole responsabili dell’odore e del sapore degli alimenti. Ed oggi, attraverso raffinate reazioni chimiche e biochimiche, nonché attraverso sofisticati sistemi di estrazione da prodotti naturali, gli aromatieri sono in grado di ricombinare quegli elementi per realizzare qualsiasi tipo di aromatizzante rendendo i cibi più appetibili e per un periodo di tempo molto più lungo.

TOSCANA 2011 • DOSSIER • 191


LA GRAPPA TOSCANA

Ogni grappa è un evento a sé

ll’incrocio fra tre importanti culture enologiche – quella del Chianti, quella del Brunello di Montalcino e Anna Maria Forni spiega come dalla buccia di vino, con la quale quella della Vernaccia di San Gisi ottiene un distillato raffinato come la grappa, sia possibile ottenere mignano – si colloca una tradizione che dal 1926 ne esalta sa- un insieme completo di prodotti utili al mondo agricolo e non solo pori e profumi, attraverso la Luca Cavera distillazione di grappe monovitigno. È qui che in quell’anno la famiglia dei marchesi Torrigiani di Santa Cristina fonda una piccola distilleria – chiamata Lo Stillo –, nei pressi «La distillazione delle vinacce avviene attradel fiume Elsa. «Nel 1976 abbiamo rimoder- verso moderni alambicchi sottovuoto, costannato le strutture dell’antica distilleria che oggi temente sorvegliati. La cura che accompagna il è diventata uno dei punti di riferimento per delicato processo di distillazione consente di l’intera produzione della grappa toscana». A mantenere perfettamente intatte le fragranze parlare è Anna Maria Forni, titolare della di- originarie e di personalizzare il prodotto fistilleria, che oggi si chiama Deta, che ha adat- nale attraverso l’uso dei moderni processi di tato le moderne tecnologie e però tenuto in- lavorazione. Questi consentono di fare di tatto il grande patrimonio di tradizione che ha ogni grappa un evento a sé, riconoscibile per reso famoso e apprezzato questo prodotto in le particolari caratteristiche di gusto, aroma e tutto il mondo. purezza». Quali sono i particolari metodi e struQual è l’apporto della moderna tecnologia menti di distillazione e invecchiamento dei nella vostra produzione? vostri prodotti? «La distillazione avviene con alambicchi conti-

A


Anna Maria Forni

La distillazione avviene con alambicchi continui ed è controllata attraverso un sistema computerizzato che monitora temperatura, pressione ed estrazione dei distillati

Anna Maria Forni, titolare della distilleria Deta Srl, Barberino Val d’Elsa www.detadistilleria.it

nui ed è controllata attraverso un sistema computerizzato – che monitora temperatura, pressione ed estrazione dei distillati. Questo ci permette di tenere sotto controllo in tempo reale i parametri fondamentali per la produzione di distillati di qualità. Alcuni di questi vengono sottoposti a invecchiamento in tonneaux e in tini. L’invecchiamento ha una durata minima di 18 mesi e durante questo periodo di distillati subiscono dei passaggi in roveri diversi. Questo metodo permette di ottenere delle riserve articolate e ben strutturate». Com’è organizzata la distilleria per quanto riguarda il reperimento delle materie prime e dei sottoprodotti per la lavorazione? «La raccolta delle vinacce è fatta in modo capillare in tutto il territorio. Le aziende agricole ci forniscono le vinacce fresche in sacchi chiusi ermeticamente, in modo da evitare che il prodotto entri a contatto con l’ossigeno. In questo modo si impediscono fermentazioni ano-

male e si mantengono intatti i profumi originari delle vinacce». Quindi esiste un rapporto molto stretto fra la vostra attività e il territorio. «Numerose fattorie della zona ci hanno scelto per la produzione delle proprie grappe. Dalle loro cantine pervengono le vinacce ancora fresche e gocciolanti che, affidate all’abilità e all’esperienza dei nostri distillatori, diventano la loro grappa personalizzata. Alla Deta la produzione viene eseguita in modo tale da ottenere dei prodotti unici e diversificati: dalla grappa al distillato di uva, dall’acquavite di vino fino al tartrato di calcio e al concime biologico». Come si inseriscono nella vostra produzione il tartrato di calcio e il concime biologico e che importanza rivestono dal punto di vista commerciale? «Da un sottoprodotto della vinificazione così povero quale è la vinaccia è stato possibile creare un’attività completa, sia dal punto di vista commerciale che ambientale. Infatti, dalle vinacce non si estrae soltanto la grappa – che è il prodotto più nobile della nostra distilleria. Dalle vinacce, per esempio, si estrae anche il vinacciolo e questo si ottiene l’olio di vinaccioli. Si tratta di un olio alimentare annoverabile fra i migliori oli di semi, in quanto il suo alto punto di ebollizione gli permette di non sviluppare tossine a differenza degli altri oli di semi». Esistono anche altri prodotti delle vinacce? «La vinaccia, dopo la disalcolazione, viene trattata per produrre l’acido tartarico, un conservante alimentare. Inoltre, la buccia della vinaccia viene usata come combustibile o come alimento animale. Le acque di lavaggio finali vengono sfruttate per produrre biogas – quindi per produrre energia elettrica o termica. Dal digestato, che si ottiene attraverso la digestione anaerobica, si ottiene un ottimo fertilizzante. Insomma, dalla buccia dell’uva è possibile estrarre un’attività complessa e dei prodotti molti vari e destinati ad attività differenti». VENETO 2011 • DOSSIER • 193


SICUREZZA SUL LAVORO

Nel 2011 sono calati gli incidenti sul lavoro I dati Inail sull’infortunistica relativi al primo semestre del 2011 rivelano che gli sforzi verso la prevenzione stanno dando i primi frutti. Il commento di Giancarlo Marchi, consulente per i sistemi di gestione della sicurezza delle imprese Luca Cavera

nche per l’anno 2011 si conferma il trend positivo per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro. Nel primo semestre sono stati denunciati in Italia circa 16mila casi in meno rispetto allo stesso periodo del 2010, corrispondente a un decremento del 4%, passando da circa 388mila casi a 372mila. Il dato è confortante, soprattutto se confrontato col fatto che l’anno scorso, la diminuzione degli incidenti rispetto al 2009 si era fermata all’1,9% (fonte: Inail). «L’analisi degli ultimi dati resi

A Giancarlo Marchi, titolare della Marchi Consulting, Carrara (MS) www.marchiconsulting.it www.gruppomarchi.com

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disponibili dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro relativi al fenomeno infortunistico nelle varie attività economiche dimostra una riduzione diffusa, tuttavia differenziata per settore. Il dato certamente più importante è quello di un –5,8 di incidenti nel settore edile – tuttavia questo va valutato sulla base del fatto che le costruzioni hanno diminuito i propri occupati nel 2011 di circa il 4%. Segue il –5,6 dell’industria, –3,2 nei servizi e un –2,6 nell’agricoltura. Nonostante l’ottimismo che possono ispirare questi dati, bisogna sottolineare che se è calato il numero degli infortunati, non è calato il numero degli incidenti mortali sul lavoro, rimasto pressoché immutato – 428 vittime quest’anno, rispetto alle 431 del primo semestre 2010». A commentare questi dati è Giancarlo Marchi, titolare di Marchi Consulting, società che si occupa di sicurezza sul lavoro e infortunistica. A chi si rivolgono i vostri servizi? «Ci rivolgiamo alle aziende interessate a migliorare l’organizzazione interna. La nostra assistenza si svolge attraverso un continuo monitoraggio delle attività fino alla costituzione di un completo sistema di gestione della sicurezza aziendale in riferimento alla valutazione dei rischi e del rumore, alle procedure di sicurezza per la movimentazione dei materiali nelle varie tipologie lavorative. Inoltre ci occupiamo di valutazione del rischio di


Giancarlo Marchi

Il dato certamente più importante è quello di un –5,8% di incidenti nel settore edile, seguito dal –5,6% dell’industria

incendio e relativi piani di emergenza, valutazione del rischio chimico, ma anche dei rischi da stress psicosociale». Molti incidenti potrebbero avere esiti meno gravi o essere evitati del tutto con un’adeguata formazione del personale. Esiste un vostro impegno in questo senso? «L’attività di formazione è fondamentale per la prevenzione. Fra le nostre attività abbiamo previsto dei corsi di formazione rivolti a tutte le figure aziendali e per la nomina dei preposti aziendali e dei responsabili servizio prevenzione e protezione, responsabili pronto soccorso e antincendio. Ovviamente sono importantissimi anche i corsi di base per i lavoratori, oltretutto obbligatori per legge». Offrite anche una consulenza di tipo tecnico-legale? «Svolgiamo la carica di periti, anche presso i tribunali, sia per gli aspetti tecnici di perizia sui danni sulle persone e le cose. Inoltre, dal punto più strettamente legale ci occupiamo di perizie di responsabilità civile, ricostruendo i fatti su infortuni stradali e perizie di responsabilità anche penale sugli infortuni sul lavoro. Il nostro studio offre, inoltre, il servizio professionale di arbitro o conciliatore per contenziosi fra imprese e privati. Infatti è sempre più frequente il ricorso alla figura dell’arbitro conciliatore che assicura maggiore riservatezza e rapidità di emissione del giudizio, dato che l’arbitro deve pronun-

ciare la sentenza entro il termine di 180 giorni». La sicurezza ambientale delle imprese rientra fra le vostre competenze? «Abbiamo dei servizi di consulenza e assistenza specifici per gli adempimenti amministrativi, il registro di carico e scarico dei rifiuti prodotti dalla aziende. Inoltre, per quel che riguarda le emissioni in atmosfera di gas, polveri e fumi, seguiamo le aziende nell’adempimento dei requisiti di legge per l’installazione di nuovi impianti o la modifica di quelli esistenti. A questo si aggiunge la consulenza in materia di esposizione al rumore, con relativo rilievo fonometrico per la verifica la valutazione del rischio rumore. Infine, per il settore specifico delle aziende produttrici, conserviere o commerciali di generi alimentari, curiamo gli obblighi normativi in ambito di igiene e controllo sulla catena del freddo». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 195


SERVIZI PUBBLICI

Nuovi scenari nella gestione ambientale L’Italia del pubblico servizio non è solo quella delle lungaggini burocratiche. Alcune aziende virtuose si stanno distinguendo per l’apporto concreto fornito alle amministrazioni locali in termini di innovazione e know-how. L’esempio di Amia illustrato da Lucia Venuti e Gianenrico Spediacci Erika Facciolla

a corretta gestione del territorio e dei servizi pubblici a esso connessi rappresenta un tema di fondamentale importanza, soprattutto in un momento delicato come quello attuale in cui la società è sempre più esposta ai rischi derivanti da un uso improprio delle risorse energetiche e naturali. Lo sviluppo ecosostenibile, il risparmio energetico, il corretto trattamento e riciclo dei rifiuti urbani, sono i punti cardine da cui dipende la salute del cittadino e del territorio stesso. Occorre ponderare ogni intervento sulle specifiche esigenze e peculiarità della realtà territoriale in cui si opera, aprendosi al cambiamento e alla ormai ineludibile riconversione tecnologica suggerita dalla Green Economy. Per ristabilire

L

Da sinistra, il presidente di Amia, Gianenrico Spediacci, e il direttore, l’avvocato Lucia Venuti www.amiacarrara.it

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quel giusto e sano equilibrio tra uomo e ambiente urbano c’ è bisogno del lavoro e della professionalità di realtà come Amia, azienda operante nel comune di Carrara che da anni rappresenta un esempio di virtuosità nel panorama delle aziende pubbliche italiane. Nata nel 1964 come azienda municipalizzata con il compito di gestire i servizi acquedotto, trasporti, igiene urbana e pubblica illuminazione, Amia ha dimostrato negli anni vitalità, prontezza e partecipazione attiva che l’hanno resa protagonista di molti processi virtuosi promossi dall’amministrazione comunale. L’esempio più concreto di tale impegno è quello profuso sulle energie rinnovabili, con otto impianti fotovoltaici realizzati dall’ufficio progetti di Amia che ne ha curato anche la messa in opera e ne segue ora l’andamento. È la prova più significativa di come, accanto all’impegno tradizionale, l’azienda toscana abbia saputo puntare su scelte strategiche positive innanzitutto per i cittadini. Approfondiamo la conoscenza di questa realtà con il direttore, Lucia Venuti e il presidente di Amia Gianenrico Spediacci. Il tema degli spazi verdi e dello sviluppo sostenibile del territorio urbano è al centro delle vostre politiche. Quali saranno, a tal proposito, i progetti più significativi per il prossimo biennio? Lucia Venuti: «Accanto al tema della gestione dei


Lucia Venuti e Gianenrico Spediacci

L’efficienza dei servizi, specie se strategici per la qualità della vita come sono i servizi pubblici locali, si può e si deve realizzare fuori da logiche di mercato

rifiuti sono e saranno sempre più strategici i fronti riguardanti le energie rinnovabili e l’alta qualità dell’ambiente urbano. Amia ha saputo darsi una mission rinnovata che, accanto alla conservazione dell’esistente, ci ha visto protagonisti di un’innovazione nel rapporto tra la città e l’ambiente. L’obiettivo è accelerare il passo sulle energie rinnovabili realizzando nuovi impianti, sperimentando nuove possibilità di produzione di energia verde e approfondendo anche la collaborazione con quel tessuto di imprese locali che fatica a convertirsi alla Green Energy e che potrebbe avere in Amia un partner fondamentale». Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani, quali sono i punti di forza di Amia? Gianenrico Spediacci: «Un segno di distinzione di Amia è il parco mezzo che in questi ultimi anni è stato potenziato con mezzi di ultima generazione capaci di coadiuvare nelle performance aziendali e assolutamente al passo con la normativa relativa alla sicurezza sul lavoro. Dai nuovi mezzi per il porta a porta, ai compattatori per la raccolta tradizionale, alle spazzatrici, alle lavastrade, alle autoscale per il servizio di verde pubblico e pubblica illuminazione etc. Maggiore rendimento, più qualità, più sicurezza e minore impatto ambientale sono i punti di riferimento nella gestione di un parco automezzi assolutamente di prim’ordine». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 197


SERVIZI PUBBLICI

Da questo punto di vista, che tipo di opportunità e criticità presenta il territorio di Carrara? G.S.:«Carrara ha un patrimonio verde notevole che deve essere conservato e attualizzato. La città come giungla d’asfalto, come dormitorio, come luogo in cui il cittadino si sente sempre più estraneo, non rappresenta la dimensione ideale per l’uomo del Terzo Millennio. Serve ristabilire l’equilibrio tra le esigenze dell’uomo, quelle dell’ambiente urbano e, non ultimo, quelle della natura di cui dobbiamo tornare a essere parte. Molto di tutto questo passa inevitabilmente per il nostro lavoro e per i nostri progetti». Quali sono gli attori coinvolgibili in questo progetto? G.S. «Naturalmente la città, a partire dalla sue espressioni più dinamiche, come gli imprenditori, i commercianti, le scuole, i giovani, le associazioni che hanno grande voglia di esserci e rappresentano un capitale prezioso su cui investire». Per quanto concerne il vostro settore, qual è la lezione più importante che potete trarre dalla crisi economica? L.V.: «Forse l’urgenza di un ripensamento dei nostri stili di vita. Per troppo tempo la nostra società ha vissuto delegando al domani le risposte ai problemi che inevitabilmente il nostro modo di vivere avrebbe posto. Oggi quel futuro Il gruppo dei capi servizio Amia: Norberto Borzacca (Igiene Urbana). Mikado Menconi (Verde Pubblico), Gianenrico Spediacci (presidente), Benedetto La Rosa (Servizio Elettrico), Lucia Venuti (direttore) Andrea Massa (Servizi Tecnologici), Michele Donati (Amministrazione)

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L’obiettivo è accelerare il passo sulle energie rinnovabili sperimentando nuove possibilità di produzione di energia verde e approfondendo la collaborazione le imprese locali che faticano a convertirsi alla Green Energy

è arrivato e, dai rifiuti al decoro urbano, dagli spazi di una nuova socialità all’uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili, tutto pone l’urgenza di trovare nuove strade. Ecco perché è straordinario poter contare, come accaduto con il nostro ‘porta a porta’, su una cittadinanza che non subisce il cambiamento ma lo stimola». Su quali aspetti occorre fare leva per far evolvere positivamente il rapporto tra Amia, enti pubblici e cittadinanza? G.S.: «Tra i tanti aspetti il più importante è senza dubbio la ‘presenza’. Troppo spesso il servizio pubblico è stato dipinto come il regno delle lungaggini e dei rinvii. Al contrario, Amia c’è e i cittadini hanno percepito questa presenza, che poi si traduce in serietà, costanza, disponibilità che sono la chiave per incassare non solo la fiducia della cittadinanza ma anche la sua piena collaborazione».


Lucia Venuti e Gianenrico Spediacci

Quali le sfide principali che attendono la società nel 2012? G.S.: «La prima sfida è già in atto ed è l’iter per portare il settore ‘igiene urbana’ in una nuova macroazienda che servirà ben centoundici comuni dell’Ato di Costa. Questo percorso si inserisce nel quadro di un processo di liberalizzazioni, anche del servizio pubblico locale, che l’Ue ha chiesto al nostro paese e che l’attuale governo sembra intenzionato a realizzare». Possiamo quindi parlare di una ridefinizione del servizio pubblico locale? L.V.: «Certamente e siamo intenzionati a parteciparvi da protagonisti e con la certezza di portare un’azienda in piena salute a livello professionale, umano ed economico. Fin da subito, infatti, abbiamo raccolto e vinto la sfida di aggiornare alle esigenze della contemporaneità il servizio pubblico. Speriamo, nell’interesse delle comunità, che la politica sappia governare questo passaggio». Su quali leve occorrerà spingere in tal senso? G.S.: «Sarà fondamentale che entrino energie nuove da parte degli imprenditori, tenendo presente che l’efficienza dei servizi, specie se strategici per la qualità della vita come sono i servizi pubblici locali, si può e si deve realizzare fuori da logiche di mercato. Rinnovare i servizi, specie in momento come questo in cui i rischi per il paese sono grandi, è un percorso che va affrontato avendo ben chiare le prerogative di tutti quei cittadini per i quali il servizio pubblico rappresenta un’opportunità». Negli ultimi anni, qual è stato l’investimento più significativo operato dall’azienda? G.S.: «Di certo l’investimento più importante è stato quello sul lavoro. In un momento certamente difficile, Amia non ha ceduto sui diritti, sulla dignità e sulle tutele dei lavoratori. Anzi, in questi anni l’azienda ha ottenuto le certificazioni sulla qualità e sulla gestione etica. Proprio l’appartenenza alla squadra aziendale, unita alla consapevolezza di essere al servizio della città e alla volontà di dare il massimo per l’azienda, è stata la marcia in più che ci ha consentito di raggiungere risultati importanti che sono solo tappe di un percorso di crescita

Certificazioni di qualità Amia è un’azienda all’avanguardia grazie al percorso intrapreso nel 2003 che ha portato allo sviluppo di un Sistema di Gestione della Qualità e di Responsabilità Sociale che governa e applica la filosofia del servizio pubblico e costituisce un elemento decisivo per la competitività dell’azienda a capitale pubblico. La politica della qualità e della responsabilità sociale, esplicitata in un documento pubblico dal titolo ‘Politica per la Qualità e l’Etica’, è applicata tramite due manuali: ‘Manuale di Gestione Qualità’ e ‘Manuale per la Gestione Etica’, e descrive gli impegni che AMIA assume per garantire il controllo ed il miglioramento dei processi aziendali. AMIA ha conseguito nel 2003 la certificazione del ‘Sistema di Gestione della Qualità’ conforme alla norma UNI EN ISO 9001:2000. Nel 2005 ha certificato il proprio sistema Etico conforme alla norma SA8000. Tali certificazioni coinvolgono tutte le risorse ed i processi aziendali e testimoniano la convinzione che qualità ed etica siano elementi decisivi per la competitività dell’azienda.

che l’azienda è intenzionata a continuare». Dove si concentreranno, infine, i vostri prossimi interventi? L.V.: «Sicuramente investiremo sull’estensione del ‘porta a porta’ che dal 2008 è un elemento strategico nei piani dell’azienda e dell’amministrazione comunale. Raggiungere le percentuali di differenziazione dei rifiuti imposte dalla norme comunitarie e far rendere questo sistema di raccolta in termini economici, oltre che ambientali, sono due obbiettivi che impongono di allargare il raggio della portata di un servizio che sta dando grandi soddisfazioni; prima fra tutte un 77% di differenziata ottenuto grazie al nostro lavoro ma anche alla risposta di una cittadinanza che è protagonista di questa sfida». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 199




XXXXXXXXXXX QUALITÀ DELL’ARIA

Trend in miglioramento, ma non ovunque Mobilità, riscaldamento domestico, inquinamento industriale. Sono queste le variabili che più influenzano la salubrità dell’aria. Giovanni Barca, direttore generale dell’Arpat, fa il punto della situazione Toscana Renata Saccot

l tema della qualità dell’aria è di primaria importanza, anche a causa degli effetti sulla salute della popolazione esposta. Si tratta di un problema complesso, dipendente da diversi fattori, tra i quali uno dei principali è rappresentato dal traffico dei veicoli, ma su cui incidono con contributi importanti anche il riscaldamento civile e le emissioni industriali. In Toscana, dalla relazione sullo stato dell’ambiente per il 2011, presentata a inizio dicembre dall’Arpat, si capisce come queste variabili giochino un ruolo fondamentale. «La qualità dell’aria presenta un’importante tendenza al miglioramento nel tempo – spiega Giovanni Barca – ma permangono ancora criticità per alcuni inquinanti, in particolare il PM10, gli ossidi di azoto e l’ozono, soprattutto nell’area metropolitana centrale e

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nella piana lucchese». Dunque, le zone a più alta concentrazione di traffico e insediamenti industriali. Per quanto riguarda in particolare le polveri sottili, il cui limite di 50 microgrammi per metro cubo è da non superare più di 35 volte in un anno, le 32 centraline di rilevamento della regione, gestite direttamente dall’Arpat, hanno registrato il superamento di questo limite in 7 stazioni, concentrandosi essenzialmente nella zona di Firenze, Prato, Pistoia e in provincia di Lucca, mentre 5 hanno segnato valori molto vicini al superamento. una situazione, per il direttore generale dell’Arpat, non risolvibile nel breve periodo, ma con misure strutturali da adottare nei tre settori maggiormente “incriminati”. Qual è la vostra analisi dell’andamento della qualità del-

l’aria in regione? «Gli indicatori che descrivono lo stato della qualità dell’aria sono nel tempo in generale miglioramento: negli ultimi anni alcuni inquinanti hanno mostrato valori costantemente inferiori ai limiti come per il benzene, in altri casi addirittura rilevabili solo in tracce come il monossido di carbonio e il biossido di zolfo. Queste situazioni sono il frutto di provvedimenti strutturali e miglioramenti tecnologici; in particolare, l’estesa metanizzazione, con quasi totale abbandono di combustibili fossili, e il miglioramento delle prestazioni e delle emissioni degli autoveicoli. Rispetto a questo andamento positivo, almeno negli ultimi anni, altri inquinanti non mostrano una uguale tendenza alla diminuzione. Tra questi sono da tenere in particolare considerazione le polveri sottili (tecnicamente PM10), gli


Giovanni Barca

ossidi di azoto e l’ozono». Quest’anno è cambiato il vostro sistema di rilevamento. Sono state individuate 5 zone omogenee su cui rilevare gli agenti PM10, PM2.5, NO2, SO2, CO, benzene, Ipa e metalli. È possibile fare un bilancio di questo primo anno di transizione? «In riferimento alla nuova normativa nazionale, la Regione Toscana, titolare del rilevamento della qualità dell’aria, ha effettuato la suddivisione del territorio regionale in zone e agglomerati, con la classificazione di tali zone rispetto ai vari inquinanti e l’individuazione della rete regionale di rilevamento della qualità dell’aria, strutturata in accordo con le nuove norme. In questo percorso Arpat, dopo aver fornito supporto tecnico alla Regione, da gennaio 2011 gestisce direttamente questa nuova rete e ne cura anche il completamento in termini di nuova strumentazione e nuova localizzazione di stazioni. Questa attività di aggiornamento della rete regionale proseguirà anche per il 2012, fino ad arrivare alla configurazione strumentale prevista. Un bilancio ragionato potrà esserci solamente dopo che questo percorso sarà effettivamente completato». Dal vostro rapporto 2011 su dati dello scorso anno risulta che la qualità dell’aria presenta una tendenza al miglioramento, ma permangono ancora criticità per alcuni inquinanti, in particolare il PM10, gli ossidi di azoto e l’ozono, soprattutto nell’area

Occorre fare una riflessione sulla necessità di andare concretamente verso un nuovo modello di sviluppo

metropolitana fiorentina e nella piana lucchese. A cosa è dovuta questa situazione? «Gli inquinanti ricordati sono molto diversi tra loro: il PM10 proviene sia dalla diretta emissione di polvere che attraverso la sua formazione in aria da altri inquinanti; gli ossidi di azoto sono il prodotto di qualunque processo di combustione; l’ozono è inquinante estivo che si forma attraverso reazioni che coinvolgono altre sostanze inquinanti. La loro presenza è comunque, in larga misura, dipendente dalle attività dell’uomo: i miglioramenti tecnologici ricordati in precedenza, accompagnati da un generalizzato miglioramento delle prestazioni degli impianti produttivi, sono stati il volano che ha condotto al generale miglioramento della qualità dell’aria. Purtroppo, in zone particolarmente antropizzate quali quelle richiamate e con condizioni meteo climatiche sfavorevoli al tra-

sporto ad alla diffusione degli inquinati (alta pressione, scarsa In apertura, ventilazione), quando il livello Giovanni Barca, direttore generale delle emissioni aumenta (riscal- dell’Agenzia regionale damento, maggiore richiesta di per la protezione della mobilità privata) come nel pe- ambientale Toscana riodo autunnale-invernale, in alcune zone della regione si osservano ancora estesi superamenti dei limiti. Si sottolinea come il dato meteo climatico sia quello principalmente responsabile delle situazioni critiche: è chiaramente visibile come, in un quadro emissivo che varia molto poco da un giorno al successivo, si osservino anche grandi variazioni delle concentrazioni di inquinanti solamente in relazione a cambiamenti sostanziali delle condizioni meteorologiche (forte vento, pioggia)». Quali iniziative si sono dimostrate più efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico? «Non ci sono iniziative speciali o risolutive per risolvere il pro- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 203


XXXXXXXXXXX QUALITÀ DELL’ARIA

blema dell’inquinamento del- cuni degli interventi strutturali sono esserlo: puntare decisal’aria nel breve periodo, ma tutta una serie di misure strutturali che devono interessare i tre grandi settori che incidono maggiormente, quali la mobilità, il riscaldamento, le emissioni industriali. L’incentivazione al rinnovo del parco veicolare circolante e miglioramento della fruibilità del trasporto pubblico (con particolare riferimento a quello meno inquinante come il treno, le tranvie), l’evoluzione dei sistemi di riscaldamento accompagnata da migliore efficienza energetica degli edifici, l’adeguamento delle emissioni degli impianti produttivi alle migliori tecnologie disponibili sono solo al-

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che possono risultare efficaci nel diminuire le emissioni in atmosfera e quindi l’inquinamento atmosferico». A suo avviso su che cosa dovrebbe puntare per contrastare efficacemente l’inquinamento? «In generale direi che occorre fare una riflessione sulla necessità di andare concretamente verso un nuovo modello di sviluppo, in cui non si curino solamente gli effetti, ma si punti decisamente sulle cause dell’inquinamento. Da questo punto di vista, ad esempio, le scelte di carattere urbanistico sono assai importanti, ma anche quelle relative al recupero del patrimonio edilizio pos-

mente ad esempio sul risparmio energetico nei nuovi edifici e in quelli ristrutturati, realizzare laddove è possibile il teleriscaldamento, potrebbe avere effetti importanti. Infatti, la parte dell’inquinamento atmosferico riguardante il riscaldamento, nelle aree urbane, è valutato essere una quota importante (2040%) delle emissioni totali annuali, ma che risulta particolarmente impattante in quanto concentrato nei 3-4 mesi più critici dell’anno, nei quali si presentano spesso condizioni meteorologiche sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti, e quindi i ripetuti superamenti dei limiti di legge».


Antonio Corrado

Polveri sottili, gli effetti sulla salute Antonio Corrado, direttore dell’Unità di terapia intensiva polmonare dell’ospedale Careggi di Firenze, spiega in che modo le polveri fini influiscono sul corpo umano, quali sono le conseguenze sulle salute e come proteggersi Renata Saccot

on vi sono dubbi sul fatto che l’inquinamento atmosferico rappresenti un rischio per la nostra salute, anche se, a tutt’oggi, per molte delle sostanze appartenenti al mix nocivo che determina l’inquinamento atmosferico gli effetti non sono del tutto noti. Tra queste sostanze, le polveri - PM10, PM2.5, PM0.1 - rappresentano l’inquinante di maggior impatto nelle aree urbane. «In generale, più fine è il particolato maggiore è la sua capacità di penetrazione all’interno dell’organismo – chiarisce Antonio Corrado dell’ospedale Careggi di Firenze –. Il PM 2.5 per le sue caratteristiche chimico-fisiche è il maggior responsabile degli effetti tossici del particolato atmosferico. Sia il PM10 (particolato fine) che il PM 2.5 (particolato ultrafine) sono direttamente responsabili dell’insorgenza di patologie acute, quali problemi cardiaci, attacchi di asma, recrudescenza di sin-

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tomi respiratori, soprattutto nei soggetti che soffrono di malattie polmonari, e di patologie croniche a carico dell’apparato respiratorio e cardio-circolatorio». Quali processi determinano queste microscopiche particelle che penetrano facilmente nell’organismo umano? «Il meccanismo preciso con cui il particolato interferisce con l’organismo non è stato ancora delucidato. Comunque, è noto che al diminuire delle dimensioni del particolato la possibilità di interazione biologica aumenta. Le polveri PM10 raggiungono i polmoni (frazione toracica), le PM 2.5 arrivano fino ai bronchioli terminali e agli alveoli (frazione respirabile) mentre le PM0.1 penetrano ancora più in profondità, attraversano la membrana alveolo capillare e diffondono nella circolazione sanguigna. Il particolato presenta una tossicità intrinseca che viene amplificata dalla capacità di assorbire so-

stanze gassose quali gli idrocarburi policiclici aromatici e i metalli pesanti, alcuni dei quali sono potenti agenti cancerogeni. Gli idrocarburi e so- Sopra, prattutto i metalli pesanti una Antonio Corrado, direttore della Unità volta penetrati è difficile eli- di terapia intensiva minarli e la loro persistenza respiratoria e del di all’interno dell’organismo è Laboratorio fisiopatologia toracica alla base di danni talora irre- dell’ospedale Careggi versibili a carico delle cellule di Firenze dove queste sostanze si depositano. È stato osservato, infatti, che bastano solo sette giorni con i livelli di PM10 sopra la soglia limite per scatenare un fenomeno di “riprogrammazione dei geni”. È stato riportato che in soggetti esposti ad alti livelli di PM10 il livello di metilazione del DNA (aggiunte di particolari gruppi chimici a regioni specifiche del DNA) è maggiore rispetto a soggetti non esposti». Esistono anche rischi indiretti derivanti dall’immissione di particolato nell’atmosfera? «Da studi epidemiologici importanti è emerso che le parti- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 205


QUALITÀ DELL’ARIA

celle in sospensione come della vita e aumentare il ri- gruppo di controllo non espoPM10 e PM2.5 sono risultate essere l’indicatore di qualità dell’aria più frequentemente associato a una serie di effetti avversi sulla salute, quali riacutizzazione di sintomi asmatici, ospedalizzazioni e mortalità in soggetti adulti. Secondo l’Oms, il rischio di verificarsi di eventi sanitari a breve termine aumenta linearmente con l’aumento della concentrazione di PM10 ed è possibile associare una quota precisa di rischio per ogni incremento unitario di PM10. Un recente studio epidemiologico europeo ha dimostrato che l’esposizione all’inquinamento atmosferico prima della nascita può indurre le vie aeree a infiammarsi, rendendo più difficile il respiro ai bambini. Le variazioni precoci della funzionalità polmonare possono influenzare la salute dei polmoni nelle fasi successive

schio individuale di sviluppare asma o allergie». Oltre a quelle legate all’apparato respiratorio, quali sono le altre patologie più diffuse causate dall’inquinamento atmosferico? «Un’altra patologia è la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). Va detto però, che la correlazione tra esposizione a sostanze inquinanti e la malattia non è del tutto provata; tuttavia alcuni studi hanno riportato che un’esposizione fin dall’infanzia a elevati tassi di inquinamento atmosferico determina un’elevata possibilità di contrarre la malattia in età avanzata; uno studio tedesco ha riportato che in donne tra 50-59 anni che vivono a meno di 100 metri da strade trafficate un rischio di sviluppare Bpco di quasi 2 volte in più (OR=1.79) rispetto a un

Le donne in gravidanza sono i soggetti più a rischio a causa degli effetti indiretti sul feto

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sto. Esiste comunque un rapporto fra inquinamento atmosferico e ricoveri ospedalieri di pazienti affetti da Bpco, come riportato da diverse ricerche condotte in grandi città europee. Il tumore del polmone è un altro effetto a lungo termine dell’esposizione all’inquinamento atmosferico. Come riportato in un importante studio europeo il rischio di contrarre tumore polmonare cresce per esposizioni a concentrazioni superiori a 30 mcg/m3 di NO2 (biossido di azoto)». Quali sono le persone più a rischio? E quali le precauzioni da adottare? «Sicuramente le donne in gravidanza, per gli effetti indiretti sul feto. Seguono i soggetti affetti da asma bronchiale, pazienti con patologie croniche respiratorie e cardiocircolatorie e gli anziani. La rimozione dei rischi necessita di un intervento da parte dei governi attraverso politiche di regolamentazione. Tali politiche, nel corso degli ultimi anni hanno prodotto numerosi risultati positivi tra cui l’abbattimento delle concentrazioni di biossido di zolfo (SO2), di piombo e di monossido di carbonio (CO). Oggi le maggiori problematiche sono legate a inquinanti atmosferici la cui principale fonte è il traffico veicolare come il biossido di azoto (NO2) il PM10 e l’ozono (O3), per i quali solo recentemente si è presa coscienza dell’effettiva criticità».



MOBILITÀ

Firenze accelera sulla sostenibilità L’accordo con due case automobilistiche, Nissan e Renault, fa del capoluogo toscano una delle città più verdi d’Italia. In attesa del 2016, quando nel centro storico entreranno solo le auto elettriche Luca Donigaglia

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Il piano green di Palazzo Vecchio

al 2016 l’accesso al centro di Firenze sarà vietato alle auto, salvo quelle elettriche, perché l’obiettivo è uno: trasformarsi nella capitale mondiale della sostenibilità. Nell’ambito del maxi progetto sulle pedonalizzazioni, che quest’estate l’ha letteralmente spaccato in due la città tra super favorevoli (ambientalisti ma non solo) e super contrari (associazioni di categoria), il capoluogo toscano guidato dal sindaco-rottamatore Matteo Renzi procede spedito verso le nuove frontiere della mobilità green. Renzi e il suo assessore alla Mobilità, Massimo Mattei, perorano la causa ormai da un anno. «Quando il sistema tramviario sarà completato, nel 2016, pensiamo di bloccare le auto di chi sta fuori Firenze se non sono elettriche. Non si potrà entrare pagando, ma solo se si ha l’auto elettrica. Altrimenti, chi verrà da fuori dovrà utilizzare il sistema tramviario o il car sharing», prometteva Renzi in consiglio comunale in tempi non sospetti, a inizio 2011. Poi, lo scorso ottobre, è arrivato l’accordo con

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EXPORT MOBILITÀ

AVANTI CON LA RICARICA ELETTRICA “EUROPEA” Per favorire la diffusione della mobilità elettrica in Italia, Enel ha siglato accordi con le principali case automobilistiche e con enti locali e esperienze di successo delle città europee più all’avanguardia sul fronte delle politiche a favore di una mobilità sostenibile sono caratterizzate da misure che vanno dall’incentivazione del trasporto pubblico o di nuovi servizi, quali il car sharing e car pooling, a politiche di gestione della domanda (riduzione del traffico o limitazione della circolazione in precise zone delle città), fino a progetti volti a incentivare e diffondere la mobilità elettrica, che ha aperto una “rivoluzione” nel settore che interessa tanto le case automobilistiche e gli amministratori locali quanto le società di distribuzione dell’energia, tra cui Enel. Su questa scia, anche alcune tra le grandi città italiane hanno avviato un percorso di sviluppo della mobilità elettrica basato su nuove infrastrutture intelligenti dedicate alla ricarica dei veicoli. Il punto di Fulvia Fazio, co-

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ordinatrice del progetto Mobilità elettrica di Enel. Quante colonnine di ricarica sono state installate e in quali città? «Negli ultimi tre anni Enel ha ideato, realizzato e sperimentato su larga scala il suo sistema di infrastrutture di ricarica, in preparazione dell’avvio nel 2012 del mercato di veicoli elettrici. Cinquecento sono oggi le infrastrutture di ricarica Enel, domestiche e pubbliche, installate sul territorio italiano nei vari progetti pilota in cui Enel è attivamente impegnata tra Roma, Pisa, Milano, Bologna, Perugia e Genova». A che punto è la predisposizione di tecnologie e procedure per ricaricare l’auto elettrica allo stesso modo in tutta Europa? «I distributori di energia elettrica europei sono uniti nel portare avanti un

Renault-Nissan per uno svi- merci (van sharing elettrico), centivare i veicoli elettrici) ma luppo efficace della mobilità a “zero emissioni”. Con una sola parola d’ordine: energia elettrica. Cosa prevede l’intesa che Renzi ha siglato con Jacques Bousquet e Andrea Alessi, rispettivamente presidente di Renault e amministratore delegato di Nissan in Italia, per superare i vecchi modelli di mobilità? Anzitutto, diversi “esperimenti”. In ballo, oltre alla fondamentale ottimizzazione dell’infrastruttura di ricarica pubblica per i veicoli elettrici, ci sono la verifica di nuove soluzioni di mobilità pubblica e privata (car sharing elettrico) e di soluzioni più ecologiche per il trasporto di 210 • DOSSIER • TOSCANA 2011

ma anche la promozione dell’utilizzo di veicoli elettrici da parte di specifici target, come hotel e turisti. Il Comune, però, si impegna anche a produrre una ricognizione del proprio parco mezzi attuale, tanto per restare concreti. Con le stesse Renault e Nissan, infatti, la giunta si è impegnata a introdurre politiche pubbliche per promuovere l’acquisto e l’utilizzo di veicoli elettrici da parte di utenti privati e professionali (si va dalle agevolazioni fiscali, dagli sconti nei parcheggi e in eventuali pedaggi ad apposite regolamentazioni della mobilità in grado di in-

pure a completare uno studio della flotta pubblica per valutarne la potenziale parziale conversione in elettrica. «Vogliamo fare di Firenze una capitale dell’ambiente e della sostenibilità» è il traguardo che si è posto Renzi. Il Comune sta investendo in modo sistematico per questo obiettivo: dal piano strutturale a “volumi zero” alla mobilità tranviaria e metropolitana, dal recupero dell’energia tramite le briglie sull’Arno agli interventi edilizi con i criteri di risparmio energetico di Casa Clima, alle pedonalizzazioni. Così, il protocollo firmato con le case automobilistiche è di-


Xxxxxxxxxxx Il piano greenXxxxxxx di DCEwcwcwqew Palazzo Vecchio

grandissimo e complesso lavoro sul tema della rete di ricarica interoperabile a livello europeo. Enel, per vocazione e in quanto global company, ha un ruolo molto attivo sia in Europa che in Italia nei comitati Iec e Cei sugli standard delle infrastrutture di ricarica. Inoltre, è responsabile del board che coordina tutti i Paesi europei nel progetto finanziato dall’Unione europea “Green e-motion”, rivolto alla definizione della comune piattaforma. A breve verrà pubblicato ufficialmente un documento tecnico che costituisce un notevole passo in avanti su questo fronte». È previsto che le soluzioni tecnologie adottate per il riconoscimento e l’autorizzazione dei clienti e per il relativo addebito dei consumi energetici consentano al consumatore di usufruire di eventuali tariffe dedicate e di avere un unico contratto di fornitura che includa sia le ricariche pubbliche sia quelle domestiche. Quando ciò potrà accadere? «Già oggi la tecnologia delle infrastrutture Enel e il contratto di fornitura di energia consentono ai clienti

ventato «un ulteriore tassello che va in questa direzione e che pone le basi per la diffusione delle auto elettriche in città», ha rimarcato il sindaco. Intanto, sempre sul fronte della

di ricaricare il loro veicolo con la medesima card e senza costi aggiuntivi sia sulla loro home station sia sulle public station Enel o su infrastrutture di ricarica interoperabili con quelle di Enel (è il caso di Modena e Imola, con le infrastrutture del distributore locale Hera). I punti di ricarica elettrica di Enel sono dotati di un contatore elettronico e hanno un loro autonomo allaccio alla rete. Poiché, dunque, i consumi sono misurabili e fatturabili separatamente da quelli della casa, sarà tecnicamente possibile applicare anche tariffe specifiche per la mobilità elettrica. La questione è all’attenzione dell’Autorità dell’energia elettrica e il gas». Quali e quanti benefici, in termini numerici, soni stati raggiunti sul fronte delle emissioni dovute alluso dei combustibili fossili e al contrasto dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane? «Il lancio effettivo dei veicoli elettrici da parte della grandi case automobilistiche è cominciato in questi giorni e vedrà i primi numeri importanti nel 2012. Non è quindi possibile fare un

consuntivo dei benefici ambientali. In compenso si possono fare delle previsioni, tanto più rosee quanti più mezzi elettrici sostituiranno quelli a benzina o diesel. Il contratto Enel per la mobilità elettrica fornisce energia “verde”, abbiamo quindi praticamente un azzeramento totale di emissioni per ogni macchina o motorino. Va ricordato che, anche nel caso i mezzi elettrici venissero alimentati con energia elettrica prodotta con il mix nazionale di combustibili, le emissioni si ridurrebbero notevolmente: fino al 53% in meno di emissioni di CO2, gas responsabile del riscaldamento atmosferico, e 30% in meno di anidride solforosa».

mobilità intelligente, Firenze punta a diventare subito una “città infomobile”. In ballo ci sono rapidi accessi informativi online, anche sui cellulari, per potersi muovere nel traffico a

portata di clic (il tutto sotto la supervisione di Elisa, la sigla del programma nazionale di riferimento illustrato da Renzi e colleghi in un convegno ad hoc all’inizio di dicembre). In sostanza, già dai primissimi mesi del 2012 a Firenze comincerà il rodaggio del “supervisore della mobilità”, che riceverà e gestirà in tempo reale tutte le principali informazioni sulla mobilità pubblica e privata. Direttamente sui satellitari e sui cellulari si verrà aggiornati sulle strade non congestionate, sui percorsi disponibili, sulla geografia della mobilità e del trasporto pubblico locale in città e in provincia.

Seconda da sinistra, Fulvia Fazio, coordina il “Progetto Mobilità Elettrica di Enel” ed è responsabile dell’unità “Sviluppo e promozione ambientale”, nell’area Innovazione ambiente divisione Ingegneria e Innovazione

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MOBILITÀ

Emissioni zero, Renault c’è «Entro il 2015, grazie all’alleanza con Nissan, produrremo 500mila veicoli elettrici e batterie». Jacques Bousquet, presidente di Renault Italia, lancia la sfida verde al settore delle automobili. E rilancia: «I veicoli elettrici sono la soluzione per le città del futuro» Luca Donigaglia

er abbattere l’impatto ambientale delle automobili, la strategia di Renault punta direttamente all’elettrico. E con Kangoo Z.E., Twizy, Fluence Z.E e Zoe, le prime vetture a zero emissioni, la casa francese strizza l’occhio ai clienti green d’Europa. Dopo un tour tra Europa e Turchia, a ottobre il roadshow Renault è arrivato in Italia, toccando Milano, Roma e Firenze, dove il gruppo Renaul-Nissan ha firmato un protocollo d’intesa con l’amministrazione comunale fiorentina. Ne parla Jacques Bousquet, presidente di Renault Italia. Nell’ambito dello sviluppo di una mobilità più eco-compatibile, l’alleanza RenaultNissan e il Comune di Firenze contribuiscono con una propria strategia alla diffusione su larga scala dei veicoli 100% elettrici. Perché è stato importante l’accordo firmato in ottobre? «Il protocollo d’intesa siglato in

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Sopra, Jacques Bousuet, presidente di Renault Italia

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ottobre a Firenze è per Renault una tappa molto importante nel progetto di fare della mobilità elettrica una soluzione di mobilità concreta, reale e diffusa in ambito urbano. Simbolo delle città d’arte italiane, con una grande ricchezza di monumenti sensibili all’inquinamento atmosferico, Firenze è uno scenario ideale per la mobilità a zero emissioni. Il nostro proposito è quello di collaborare con l’amministrazione per fare della città un modello di mobilità sostenibile, dove la disponibilità e l’adozione di veicoli a zero emissioni innovativi e accessibili incontrino la sensibilità dei cittadini, agevolati da servizi e

regolamentazioni che ne promuovano lo sviluppo». In generale, come Renault contribuisce a diffondere mezzi eco-compatibili come quelli elettrici? Quando è prevista l’immissione sul mercato delle auto elettriche? «Renault è impegnata nello sviluppo della mobilità a zero emissioni, mediante la commercializzazione dell’unica gamma completa di veicoli 100% elettrici in arrivo sul mercato a partire dalla fine del 2011 (la furgonetta Kangoo Z.e., la berlina familiare Fluence Z.e., il veicolo urbano Twizy e la berlina compatta Zoe). Una gamma di veicoli in grado di


Jacques DCEwcwcwqew Bousquet

incontrare le diverse esigenze della mobilità urbana, sia privata che professionale». Il caso di Firenze dimostra la vostra partnership consolidata con Nissan: qual è il vostro approccio a “fare sistema” con gli enti pubblici a proposito di eco-mobilità? «L’alleanza Renault-Nissan punta a diventare leader mondiale nella mobilità a emissioni zero, e alla commercializzazione di massa delle auto elettriche. A tal fine, l’alleanza sta adottando un approccio di sistema, volto a collaborare con governi, amministrazioni locali e aziende energetiche per predisporre le infrastrutture, le soluzioni e le misure politiche necessarie a favorire il passaggio a questa nuova modalità di trasporto. A oggi, sono oltre 100 le partnership sottoscritte da

Renault e Nissan». Che capacità produttiva potete assicurare come RenaultNissan? Quanti veicoli elettrici verranno messi sul mercato di qui ai prossimi anni? «Entro il 2015, grazie all’attività dei siti industriali in tutto il mondo, l’alleanza raggiungerà una capacità produttiva di 500mila veicoli elettrici e batterie, diventando l’unico gruppo sul mercato automobilistico a produrre veicoli elettrici e unità di alimentazione a questo livello». Ottobre ha visto, oltre all’intesa di Firenze, il debutto a Milano, in piazza Duomo, del roadshow con le auto “Zero emissions” di Renault. Milano ha inoltre scelto Renault come partner per il progetto E-moving, in collaborazione con la

A2A. Come raggiungere l’obiettivo di promuovere per tutti la mobilità elettrica a emissioni zero nei grossi centri metropolitani? «L’interesse che il Comune di Milano sta manifestando per lo sviluppo della mobilità elettrica è un segnale molto importante per Renault, che concorda nel vedere nell’auto elettrica il nuovo orizzonte della mobilità urbana. I veicoli elettrici a zero emissioni rappresentano la soluzione di mobilità ideale per le città del prossimo futuro che si devono riorganizzare in modo nuovo e più sostenibile. Il trasporto merci, ad esempio, contribuisce in maniera significativa alle emissioni inquinanti in ambito urbano e si presta alla definizione di piani che ne favoriscano una maggiore ecocompatibilità». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 213


MOBILITÀ

Un’elettrica per il mercato italiano on ha la forma avveniristica delle concept car, i prototipi delle auto del futuro che sempre più spesso si vedono nei saloni dell’auto da Tokyo a Detroit, da Ginevra a Francoforte, fino a Parigi. Eppure la Leaf rappresenta una rivoluzione per l’industria automobilistica perchè è la prima vettura 100% elettrica che è già in commercio. Alimentata con batterie al litio, la vettura è il frutto dell’esperienza pluriennale della casa giapponese nel settore della mobilità elettrica, iniziata nel 1947 con la Tama. Da allora fino a oggi, la ricerca Nissan si è indirizzata soprattutto sulle batterie di alimentazione delle autovetture. «Oggi Nissan detiene la leadership per le batterie avanzate agli ioni di litio compatte per veicoli elettrici», spiega Andrea Alessi, amministratore delegato di Nissan Italia, che annuncia la commercializzazione della Leaf in Italia per il 2012, anche se «la vendita in Italia parte con il forte handicap della mancanza di incentivi», tiene a precisare il manager. Anche per questo, gli accordi con le singole amministrazioni comunali potrebbero rivelarsi strategiche. Come nel caso di Firenze. L’alleanza Renault-Nissan e il Comune di Firenze, nell’ambito della propria strategia di diffusione su larga scala

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L’elettrico chiama, Firenze risponde. In attesa dell’arrivo di Nissan Leaf, nel 2012, prima auto alimentata completamente con batterie, Palazzo Vecchio firma un accordo proprio con la casa giapponese per migliorare la mobilità cittadina. La parola ad Andrea Alessi Luca Donigaglia

dei veicoli 100% elettrici e di leadership del mercato a zero emissioni, hanno firmato in ottobre un’intesa mirata a introdurre e promuovere sia l’utilizzo sia la diffusione dei veicoli elettrici. In che modo Nissan si è impegnata e si impegna a favore della eco-mobilità? «Forse non tutti sanno che Nissan ha una lunga esperienza nello sviluppo di veicoli alimentati elettricamente. La prima fu la Tama, nel 1947. Nissan è stata anche la prima azienda a utilizzare le batterie di ioni di litio - con l’elettrica Prairie Joy nel 1996 - che venne

seguita dall’elettrico ultracompatto Hypermini realizzato nel 1999. I prototipi di recente realizzazione come la Mixim, la Pixo 1 e 2, la Nuvu e la Townpod sono gli ultimi esempi del nostro investimento continuo nella mobilità elettrica. Un aspetto molto importante dal punto di vista strategico è rappresentato dalle partnership tecnologiche che Nissan ha avviato con società specializzate in infrastrutture di carica e sistemi It e relative alle attività di ricerca e sviluppo sulle batterie agli ioni di litio». Da quanto il gruppo si dedica sistematicamente alla


Andrea Alessi

mobilità elettrica? «Già da 20 anni. Nell’aprile 2007, Nissan ha creato una joint venture strategica con il colosso dei chip Nec, Aesc (Automotive energy supply corporation), finalizzata allo sviluppo e alla produzione di batterie avanzate agli ioni di litio per applicazioni automotive su larga scala. Oggi Nissan “detiene” la leadership per le batterie avanzate agli ioni di litio compatte per veicoli elettrici che, rispetto alle tradizionali batterie cilindriche, offrono capacità e potenza doppia, ma anche metà dello spazio a parità di peso». Il vostro gruppo ha già commercializzato in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa la Nissan Leaf, il primo veicolo al mondo completamente elettrico e quindi con zero emissioni allo scarico. Che progetti avete per l’Italia? «Il piano di commercializzazione mondiale comprende la realizzazione di cinque stabili-

menti per la produzione di batterie e tre impianti per la produzione di veicoli elettrici: a pieno regime l’alleanza RenaultNissan produrrà oltre 500.000 batterie l’anno, metà delle quali alimenteranno i veicoli elettrici Nissan. Attualmente la produzione di veicoli elettrici è già iniziata nello stabilimento giapponese di Oppama. Nel 2012 la capacità produttiva aumenterà con l’inaugurazione dello stabilimento statunitense di Smyrna, cui seguirà nel 2013 l’apertura dello stabilimento produttivo di Sunderland, in Inghilterra. Le consegne sono iniziate lo scorso dicembre negli Stati Uniti e in Giappone e attualmente sono state immatricolate complessivamente 15.000 unità, 7.000 unità negli Usa, 7.000 in Giappone; in Europa le vendite sono cominciate durante la prima parte del 2011, con priorità ai mercati che offrono incentivi governativi e, al momento, sono state consegnate 1.000 unità.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo la programmazione di commercializzazione, le prime unità arriveranno entro i primi mesi del 2012». Eppure nel nostro Paese non esistono veri e propri incentivi come nel resto d’Europa. Meglio procedere per accordi territoriali come avete fatto a Firenze? «La vendita delle vetture elettriche in Italia parte con un forte handicap, che è proprio quello degli incentivi statali, cosa che avviene invece nei principali Paesi europei. Confidiamo, comunque, in accordi con le realtà locali per avviare un percorso innovativo, quale premessa per una maggiore sensibilizzazione e attenzione delle istituzioni centrali. Per questo motivo siamo stati orgogliosi di aver siglato in ottobre un accordo come quello che ci permetterà di avviare una solida partnership con la città di Firenze, che ha intrapreso un reale percorso per migliorare le condizioni di vivibilità della cittadinanza». La mobilità elettrica è davvero il futuro? «Nel 2020 il 10% dei veicoli in circolazione sarà elettrico: ciò significa che il 90% continuerà a essere non elettrico. I veicoli elettrici sono l’ideale per gli spostamenti di routine prevedibili, prevalentemente nell’abito urbano. La tecnologia in-car di Nissan, ad esempio, aiuterà l’automobilista a ottimizzare l’autonomia della vettura e a trovare, strada facendo, le stazioni di carica più vicine».

In apertura, Andrea Alessi, amministratore delegato di Nissan Italia

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Ottimizzare la raccolta dei rifiuti Differenziare la raccolta dei rifiuti per massimizzare i flussi di materiali destinati al riciclaggio. Parte da Firenze un sistema di gestione innovativo, fatto di infrastrutture e tecnologie d’avanguardia. Il punto di Livio Giannotti Guido Puopolo

La Quadrifoglio Spa si trova a Firenze www.quadrifoglio.org quadrifoglio@quadrifoglio.org

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a raccolta differenziata, in un’ottica di gestione ottimale dei rifiuti, costituisce senza dubbio un elemento indispensabile, che deve però avere come obiettivo finale il riciclaggio e il riutilizzo di tutti quei materiali “salvati” dalla discarica. «È partendo da questa empirica constatazione che piuttosto che guardare a incomparabili graduatorie percentuali, preferiamo applicare correttamente una contabilità ambientale delle nostre azioni, in applicazione delle metodologie Life Cycle Assesment», afferma Livio Giannotti, amministratore delegato della Quadrifoglio Spa, azienda fiorentina tra le più importanti realtà a livello nazionale nel campo del-

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l’igiene urbana. «Oggi infatti non basta differenziare le raccolte dei rifiuti, ma bisogna favorire a valle le attività di valorizzazione di tali raccolte, sviluppando il mercato delle “materie prime-seconde” e dei prodotti che con esse si possono ri-produrre». Firenze, il cui centro storico è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, unitamente ad altri undici comuni dell’area metropolitana, costituisce il complesso territorio operativo della Quadrifoglio, come sottolinea Giannotti. «Ai 645 mila abitanti residenti nel capoluogo toscano, ogni anno vanno aggiunte oltre 10 milioni di presenze turistiche, che concorrono a una produzione totale rifiuti di circa 454.500


Livio Giannotti

La rete del sistema interrato di raccolta garantisce buoni volumi giornalieri, uniti a un livello più alto di decoro cittadino

tonnellate, con una percentuale media di raccolta differenziata del 46,85%». L’organizzazione aziendale, sempre più orientata all’applicazione di moderne tecniche industriali finalizzate a massimizzare l’efficientamento, come testimoniato anche dalle ultime rilevazioni, assicura ottimi risultati sia in termini qualitativi che quantitativi delle varie frazioni dei rifiuti raccolte. Questo senza dover ricorrere a sistemi ad alto impatto per gli utenti, come il cosiddetto “porta a porta”, difficilmente sostenibili nel medio periodo per gli alti costi di esercizio, e impraticabili in città ad alta presenza residenziale e turistica quale è Firenze e il suo hinterland: «Realizzazione di infrastrut-

ture di raccolta a scomparsa nei centri storici di pregio, utilizzo del controllo volumetrico per lo svuotamento, e calotte a chiavetta per il conferimento della frazione residua non differenziabile dei rifiuti nei contenitori stradali – spiega Giannotti - sono i sistemi scelti per rendere efficace la raccolta dei rifiuti, garantendo una continua crescita dei flussi di materiali differenziati da avviare al riciclaggio». Percorrere questa strada significa inevitabilmente puntare sulla Ricerca e sull’innovazione, e non è un caso che ogni anno l’azienda investa oltre venti milioni di euro in queste attività, per offrire un servizio sempre più rispondente alle esigenze della comunità. «La rete del si-

stema interrato di raccolta, recentemente introdotta, garantisce infatti buoni volumi giornalieri, uniti a un livello più alto di decoro cittadino, eliminando la continua esposizione di materiali in varie fasce orarie della giornata, o il loro accumulo in certi periodi dell’anno, conseguente alla complessità urbana, antropica e commerciale-produttiva di un territorio come quello fiorentino. Una metodologia di raccolta innovativa è stata invece realizzata attraverso l’installazione, presso molte Scuole e Circoli ricreativi, delle cosiddette Ecotappe, luoghi in cui i cittadini possono portare quei rifiuti che non vanno nei cassonetti e che sono di dimensioni ridotte quali: Raee, toner, far- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 219


GESTIONE DEI RIFIUTI

maci scaduti e pile esauste, oli della sede stradale e dei mar- però, attendono l’azienda nei

Un’immagine dell’impianto per la produzione di biogas sito all’interno del Polo Tecnologico di Case Passerini

esausti. Piccoli contenitori diffusi sul territorio che consentono una offerta capillare di raccolta per tutti quegli oggetti o materiali dei quali i cittadini intendono “disfarsi” in maniera corretta, per avviarli al giusto smaltimento». Anche sul fronte della pulizia dei marciapiedi e delle strade, Quadrifoglio sembra confermare la propensione all’innovazione, avendo introdotto, tra le prime aziende in Italia, la tecnologia “Sweepy Jet”, una spazzatrice che permette di effettuare lavaggi a fondo

ciapiedi senza obbligare gli utenti a spostare frequentemente auto e motoveicoli. «Tale sistema, il cui uso, dopo Firenze, si sta estendendo anche ai centri storici di altri comuni della cintura – evidenzia Giannotti - ha permesso una significativa riduzione delle ordinanze di divieto di sosta: riducendo il disagio si è teso a migliorare la qualità della vita cittadina, a fronte di un servizio innovativo che interviene sui marciapiedi con una pulizia a fondo degli stessi». Nuove e stimolanti sfide,

A breve partiranno i lavori per la costruzione di un nuovo termovalorizzatore, che sorgerà all’interno del Polo Tecnologico di trattamento rifiuti di Case Passerini

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prossimi mesi. Per raggiungere anche l’obiettivo dell’autosufficienza territoriale nello smaltimento dei rifiuti non avviabili a riciclo, ottemperando alla “gerarchia europea” in materia di rifiuti, Quadrifoglio metterà infatti a disposizione il proprio know-how per la costruzione e la futura gestione di un termovalorizzatore, che secondo quanto previsto avrà una capacità giornaliera di smaltimento pari a circa 400 tonnellate, come spiega Giannotti. «Per la realizzazione dell’impianto, che sorgerà a Sesto Fiorentino, all’interno del Polo Tecnologico di trattamento rifiuti di Case Passerini dove già si trova un impianto di recupero del biogas, si prevede un investimento di circa 135 milioni di Euro. Conclusa la fase di selezione del partner tecnologico ci si avvia ora alla costituzione della New. Co., con l’avvio dell’iter autorizzativo nei primi mesi del 2012 e la cantierizzazione entro lo stesso anno. Il progetto selezionato – conclude Giannotti - prevede la costruzione di un impianto che, una volta ultimato, sarà sicuramente all’avanguardia per quanto riguarda i sistemi di abbattimento, controllo e monitoraggio delle emissioni post-combustione, con performance superiori a quelle previste dalla normativa europea».



Verso l’efficienza energetica Ottimizzare e razionalizzare i servizi energetici può generare notevoli risparmi per i cittadini, con un impatto positivo anche per quel che riguarda la riduzione dell’inquinamento. L’analisi del direttore di Estra Clima, Riccardo Matteini Guido Puopolo uso razionale dell’energia, ad esempio nel riscaldamento di un immobile, presuppone alcuni elementi essenziali, quali la piena e totale efficienza delle centrali termiche e la gestione ottimizzata e mirata della centrale stessa. Due principi validi sempre, sia nel caso di un uso singolo della centrale ter-

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Il direttore di Estra Clima Srl, Riccardo Matteini. www.estraclima.it

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mica, che di un uso collettivo (abitazione in condominio). «Se in passato il cosiddetto “riscaldamento centralizzato”, tipico degli stabili con molte abitazioni, era una sorta di freno a un uso più razionale dell’energia, oggi non è più così. Anzi, una gestione oculata ed efficiente può comportare la capacità di ottenere una temperatura uniforme in tutte le unità abitative presenti, favorendo un risparmio di energia e un comfort elevato per tutti». Lo afferma Riccardo Matteini, direttore di Estra Clima Srl, azienda specializzata nella fornitura di servizi energetici all’interno del gruppo Estra, multiutility toscana nata sulla base di una sinergia tra diverse holding, con l’obiettivo di offrire servizi integrati nel settore energetico. Le potenzialità di risparmio derivanti da un corretto uti-

lizzo delle caldaie nelle abitazioni domestiche, dunque, sono enormi. «Assolutamente si. In questi mesi ci siamo dedicati alla realizzazione e promozione di servizi e soluzioni legate proprio al tema del risparmio energetico a favore degli edifici residenziali esistenti. È in questo settore, infatti, che l’azione di efficientamento del sistema edificio/impianto permetterà di contrarre marcatamente i consumi, e quindi l’impatto ambientale e i costi. Crediamo inoltre che sia fondamentale sensibilizzare la popolazione a un uso più attento e consapevole dell’energia, e per questo per il futuro intendiamo promuovere anche soluzioni che sfruttino le opportunità offerte dallo sviluppo della domotica». Estra Clima si pone però come interlocutore privile-


Riccardo Matteini

Il cogeneratore di Calenzano, di proprietà della società Biogenera e gestito da Estra Clima, oggi fornisce energia pulita a quasi 700 appartamenti e a numerosi edifici pubblici

giato per la progettazione e realizzazione di impianti termici energetici di varie tipologie. In quali altri ambiti opera l’azienda? «Oltre agli impianti a gas con caldaia, pannelli solari termici e fotovoltaici, impianti a biomasse, a cogenerazione e teleriscaldamento rappresentano il nostro core business. Degli stessi impianti Estra Clima cura la gestione, regolata da un contratto di manutenzione all-inclusive, e ottimizzata da moderne ed efficienti tecnologie come il telecontrollo. L’azienda svolge inoltre attività di riqualificazione energetica degli edifici attraverso interventi di isolamento termico e di contabilizzazione singola su impianti centralizzati. Infine Estra Clima offre il cosiddetto Global Service, un contratto che consiste nella gestione e manutenzione globale degli immobili anche ad uso condominiale privato, e che è un vero facility management per le aziende in quanto consente loro di rafforzare l’organizzazione societaria nelle

aree fondamentali, esternalizzando le attività di contorno». Recentemente l’azienda ha acquisito la gestione del modernissimo impianto di cogenerazione a biomasse sito a Calenzano (FI). Quali i vantaggi prodotti da un impianto di questo tipo? «Dalle biomasse può essere prodotta energia elettrica sfruttando il tradizionale elemento termico, lo stesso principio su cui si basano le centrali termoelettriche a gas, a olio combustibile, a carbone. Nel caso delle biomasse però la materia prima energetica è di natura vegetale e ciò consente una serie di vantaggi, tecnologici e ambientali. Sfruttando questi elementi, e grazie anche al recupero dell’energia termica, il cogeneratore di Calenzano, il più grande in Toscana di questa tipologia, di proprietà della società Biogenera e gestito da Estra Clima, oggi fornisce energia termica pulita a numerosi edifici pubblici, tra cui i due palazzi comunali, la biblioteca, l’università, gli im-

pianti sportivi e alcune scuole e a quasi 700 appartamenti privati, con la previsione di un raddoppio delle utenze allacciate per i prossimi anni». È possibile tracciare un bilancio dell’attività di Estra Clima in questo ultimo anno e delineare gli obiettivi futuri? «Nel 2011 l’azienda ha ottenuto commesse significative, tra cui ad esempio la gestione, manutenzione e conduzione degli impianti termici per il comune di Poggibonsi. Inoltre vanta numerosi rapporti consolidati con amministrazioni pubbliche e aziende private e una ultra decennale esperienza di collaborazione con condomini e clienti residenziali.. Per il futuro intendiamo continuare a qualificarci come azienda che consente di ottenere grandi risparmi energetici, economici ed ambientali alla propria clientela grazie all’impiego di tecnologie avanzate mirate alla massima efficienza del processo di trasformazione e di utilizzo dell’energia». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 223


INDAGINI GEOTECNICHE

Più sostegno alle Pmi l progetto di una fondazione, di un edificio, di una paratia per il contenimento di un fronte di scavo o di qualsiasi altro manufatto, non può essere elaborato in maniera appropriata senza una conoscenza precisa delle caratteristiche dei terreni interessati. L’insieme della prove di cantiere e di laboratorio necessarie ad acquisire tali conoscenze è alla base di quelle che vengono definite indagini geotecniche. Come si può facilmente intuire, questo è un ambito assai delicato, che richiede competenze specifiche e un elevato livello di innovazione tecnologica. «Oggi però per chi opera in questo settore risulta molto difficile riuscire a garantire standard di servizio adeguati, a causa degli enormi problemi che le piccole e medie imprese sono costrette ad affrontare quotidianamente». Non usa giri di parole l’ingegner Massimo Goretti, amministratore della Soiltest Srl, società di Arezzo specializzata in indagini geotecniche e nella realizzazione di opere di consolidamento. Quali sono le maggiori difficoltà che oggi un imprenditore come lei è costretto ad affrontare? «In primo luogo la crisi, che ha colpito pesantemente il settore delle costruzioni, ha ridotto in maniera notevole le opportunità di lavoro. Al di là di questo

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Gli imprenditori italiani sono alle prese con una situazione di estrema difficoltà, che rende difficile programmare il futuro. La testimonianza di Massimo Goretti, che opera nel campo dell’ingegneria geotecnica Guido Puopolo

però, credo che il problema maggiore sia rappresentato dalla totale assenza di certezze con cui dobbiamo fare i conti, che ci impedisce di programmare in maniera adeguata investimenti e strategie di crescita. La mia azienda, ad esempio, ha recentemente provveduto ad aggiornare i macchinari a sua disposizione, con l’obiettivo di garantire la massima sicurezza degli opera-

tori all’interno dei cantieri. Nel prossimo futuro però, se la situazione non dovesse cambiare, investimenti di questo tipo saranno difficilmente ripetibili». Si spieghi meglio. «Per le aziende, a prescindere dal loro ambito di competenza, diventa sempre più complicato riuscire a riscuotere i crediti maturati, con conseguenze spesso disastrose per l’intero tessuto economico. Questo

Massimo Goretti, amministratore della Soiltest Srl di Arezzo www.soiltest.it


Massimo Goretti

Le istituzioni dovrebbero cercare di sostenere maggiormente l’attività delle Pmi che, nonostante tutto, rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana

non vale solo nei rapporti coi privati ma anche con le pubbliche amministrazioni, anch’esse spesso impossibilitate a mantenere gli impegni assunti a causa dei vincoli di bilancio a cui sono soggette. Le banche, inoltre, sono sempre meno disponibili a concedere prestiti ed è chiaro che, in un contesto di questo genere, pensare di investire nuovi capitali nell’aggiornamento tecnologico e nell’acquisto di macchinari più performanti è praticamente impossibile». Quali soluzioni potrebbero essere attuate, dunque, per far fronte a questa situazione? «Al momento navighiamo a vista, e in tutta sincerità non sembrano intravedersi all’orizzonte soluzioni capaci di diradare questa nebbia. Le istituzioni dovrebbero cercare di sostenere maggiormente l’attività delle Pmi che, nonostante tutto, rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana. Penso, ad esempio, a un provvedimento che possa ridurre l’imposizione fiscale a carico delle aziende. L’attuale sistema, infatti, penalizza tutti quei soggetti che cercano di operare nel rispetto della legge, favorendo invece i soliti “furbetti”. In questo senso considero l’Irap una tassa profondamente ingiusta, in quanto, essendo calcolata sulla base delle contribuzioni erogate, colpisce esclusivamente le aziende con dipendenti, mentre premia chi, evitando di assumere perso-

nale, decide di subappaltare i lavori ai cosiddetti padroncini». Il vostro, come detto, è un lavoro di grande responsabilità. Crede che, proprio in considerazione della situazione attuale, privati e pubbliche amministrazioni possano finire con l’affidare le indagini geotecniche a imprese poco qualificate, ma in grado di offrire costi contenuti? «Il rischio esiste, anche se di solito questa questione emerge solo in seguito al verificarsi di eventi tragici. Per poter operare nel nostro campo è necessario essere in possesso di apposite autorizzazioni ministeriali. Purtroppo, però negli ultimi anni queste concessioni sono state erogate in maniera piuttosto “facile”, senza sottoporre le aziende ad adeguati controlli, permettendo così l’ingresso sul mercato ad attori in regola da un punto di vista burocratico, ma non sempre affidabili all’atto pratico». Come si pone Soil Test all’interno di questo contesto? «Da buon imprenditore, nonostante la situazione sopra descritta, cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno. Per quel che ci riguarda continueremo a operare con la massima serietà, pronti a sfruttare le nuove opportunità che si dovessero presentare». VENETO 2011 • DOSSIER • 225


RINNOVABILI

Fotovoltaico, tra grid parity e nuove opportunità di sviluppo on circa 12 GW, l’Italia si avvia a diventare, entro la fine di quest’anno, il Paese con il più alto tasso di potenza fotovoltaica installata nel mondo, superando anche la Germania, che attualmente detiene il primato. A certificare il possibile raggiungimento di questo lusinghiero record, è stato recentemente il Gestore Servizi Energetici - GSE, secondo le cui elaborazioni presto il numero di impianti sul nostro territorio toccherà le trecento mila unità. Un risultato straorinario, soprattutto in considerazione del fatto che lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese è una “conquista” piuttosto recente, ottenuta dopo un lungo periodo di stasi e malgrado le tante difficoltà e incertezze con cui devono ancora fare i conti gli operatori del settore. Profondo conoscitore di questa situazione è Fabrizio Piomboni, amministratore delegato di ESP Srl, azienda di Poppi, in provincia di Arezzo, fondata nel 2007 e specializzata nella progettazione e realizzazione delle strutture per gli impianti fotovoltaici su coper-

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226 • DOSSIER • TOSCANA 2011

La crescita delle rinnovabili in Italia non sembra conoscere crisi, nonostante il permanere di alcuni elementi di criticità. Fabrizio Piomboni analizza la situazione del settore Guido Puopolo

ture a terra, oltre che nella realizzazione di inseguitori solari biassiali e monoassiali e di tutta la gamma di componenti elettronici per la tecnologia fotovoltaica. Il fotovoltaico in questi anni è stato protagonista di un

vero e proprio boom, con importanti conseguenze non soltanto da un punto di vista ambientale ma anche economico. Qual è la situazione attuale del settore? «Il fotovoltaico in Italia sta

Fabrizio Piomboni, amministratore delegato della ESP Srl www.esp-italia.com


Fabrizio Piomboni

In Italia siamo veramente vicini al raggiungimento della grid parity, soprattutto in ragione del fatto che i costi della componentistica, e in particolare dei moduli, si stanno fortemente riducendo

ancora vivendo una fase di forte espansione, anche se in questi ultimi anni molte cose sono cambiate, con conseguenze non sempre positive. Attualmente infatti lo sviluppo delle fonti rinnovabili sul nostro territorio è strettamente legato all’erogazione dei finanziamenti e alle normative ambientali. Ad oggi per quel che riguarda il primo aspetto stiamo assistendo a un blocco sostanziale del credito alle imprese, dovuto principalmente alla situazione di crisi del sistema bancario. Per quel che riguarda il secondo aspetto, invece, speriamo di ricevere dal nuovo ministro dell’ambiente e dagli esiti delle attività normative internazionali un nuovo impulso normativo, che possa favorire la sostituzione delle fonti energetiche inquinanti e costose, perché collegate al petrolio, con le fonti rinnovabili, con particolare riferimento al solare fotovoltaico». Quali sono, nello specifico, le principali criticità con cui le aziende del settore sono costrette a fare i conti?

«Senza dubbio le lungaggini burocratiche e la normative urbanistiche, che richiedono pratiche complesse e costose per le autorizzazioni degli investimenti, rappresentano uno scoglio contro cui rischiano di arenarsi moltissimi progetti. Basti pensare che, in linea di massima, le tempistiche necessarie per ottenere tutti i permessi del caso da parte delle autorità competenti sono superiori ai termini di realizzazione dell’opera stessa. A questo, come accennato in precedenza, si aggiunge la crisi del sistema finanziario, che ritarda o esclude la possibilità di finanziare gli impianti. In tal modo il ritorno dell’investimento diviene incerto e la disponibilità finanziaria dei committenti e degli enti finanziatori si riduce, salvo richiedere agli operatori come noi garanzie e anticipi finanziari sugli investimenti che hanno un costo e un rischio elevato». Nonostante tutto, però, il fotovoltaico è uno dei pochi settori in crescita all’interno del nostro sistema economico. Crede che que-

sta tendenza possa continuare anche nei prossimi anni o c’è il rischio che la riduzione degli incentivi possa rallentare questa piccola “rivoluzione” a cui stiamo assistendo, anche alla luce dell’entrata in vigore del Quarto Conto Energia? «L’impressione è che lo scenario generale sia comunque ancora favorevole allo svi-

TOSCANA 2011 • DOSSIER • 227


RINNOVABILI

luppo del settore, soprattutto se gli aspetti sopra citati troveranno soluzione. La riduzione del costo degli impianti, unitamente all’aumento del numero delle aziende costruttrici e alla crescita vertiginosa del costo dell’energia elettrica dovuta all’impennata dei prezzi dei combustibili fossili, sono tutti elementi che stanno spingendo gli utenti a considerare la costruzione di un impianto fotovoltaico come un investimento di sicuro affidamento. Credo però che nel futuro bisognerà puntare soprattutto sulla diffusione degli impianti di piccole e medie dimensioni e sulla copertura di abitazioni e aziende, cercando invece di limitare l’installazione dei gradi impianti a terra». Diversi studi indicano per l’Italia il raggiungimento della grid parity già nel 2013. Crede sia un obiettivo alla portata? «Quando si parla di grid parity si fa riferimento a quel punto di equilibrio in cui produrre elettricità dal sole costerà quanto produrla con i combustibili fossili. Ritengo che in Italia siamo veramente vicini al raggiungimento di questo traguardo, soprattutto in ragione del fatto che i costi della componentistica, e in particolare dei moduli, si stanno fortemente riducendo. Questa si228 • DOSSIER • TOSCANA 2011

tuazione rende assolutamente plausibile il raggiungimento della grid parity entro il 2013, anche in relazione all’aumento del costo dell’energia, che nell’ultimo anno potrebbe superare il 20 per cento rispetto al 2010». Quali conseguenze potrà avere questo risultato sul settore? «Il raggiungimento della grid parity renderebbe il settore non più dipendente dagli incentivi statali, con un potenziale di acquisto molto maggiore da parte di privati e aziende. Chiaramente uno scenario di questo tipo potrebbe far vivere all’intero comparto un nuovo boom, sia in termini di attività che di fatturato». La sua azienda è specializzata nella realizzazione di strutture per tetti, ma anche di diverse strutture a terra, come inseguitori, vele solari e geofix, oltre che nella costruzione di pensiline fotovoltaiche, e nella produzione di tutti i componenti di servizio all’impianto. Quali sono attualmente le soluzioni più richieste dal mercato e quali quelle che in prospettiva presentano le migliori prospettive di crescita? «ESP è capace di progettare e realizzare sistemi fotovoltaici, individuando la migliore so-

luzione e garantendo così il massimo delle prestazioni. Sicuramente le soluzioni per le strutture speciali e per le coperture esistenti, che le aziende costruttrici di strutture a catalogo in genere non riescono a fornire, rappresentano ad oggi il nostro core business. Per quel che riguarda il futuro, anche in relazione al possibile conse-


Fabrizio Piomboni

In queste immagini, impianti realizzati da ESP

ESP è capace di progettare e realizzare sistemi fotovoltaici individuando la migliore soluzione e garantendo così il massimo delle prestazioni

guimento della grid parity cui accennavo prima, pensiamo di assistere a una crescita delle applicazioni per le pensiline fotovoltaiche e per quelle a terra, unitamente a una maggior richiesta, da parte dei committenti, dei servizi associati, quali la manutenzione e il controllo degli impianti esistenti e delle componenti installate». L’azienda opera praticamente su tutto il territorio nazionale. Quali sono stati gli interventi più significativi portati a termine negli ultimi anni? «Senza dubbio i grandi impianti a terra in Puglia e Sicilia, per i quali abbiamo fornito le strutture e le componenti elettriche, e gli impianti chiavi in mano per le coperture di stabilimenti esistenti realizzati con i sistemi a inseguimento di nostra produzione». È possibile fare un bilancio dell’ultimo biennio di attività aziendale e delineare obiettivi e progetti per il prossimo futuro? «Gli ultimi due anni sono stati per noi molto positivi, non soltanto in termini di fatturato ma anche e soprattutto di soluzioni tecniche innovative messe a punto, come dimostrato dall’alto numero di brevetti depositati. Per il prossimo futuro intendiamo consolidare la

nostra posizione sul mercato, con una maggiore diffusione anche della realizzazione di impianti di dimensione media e piccola, ampliando anche l’offerta dei servizi per la manutenzione e il controllo degli impianti. Pensiamo anche di rivolgere la nostra attenzione verso nuovi mercati, principalmente all’interno di quei Paesi che applicano il sistema degli incentivi per gli impianti fotovoltaici, allargando anche quelle collaborazioni commerciali che già abbiamo in corso. Infine auspichiamo una crescita dimensionale dell’azienda, magari con l’acquisizione di realtà societarie complementari alla nostra e con la realizzazione di interventi anche nell’ambito delle altre energie rinnovabili ormai maturate. Penso, ad esempio, al geotermico e alla bioenergia, ma anche a soluzioni di risparmio e innovazione energetica, come con la cogenerazione. Mi preme sottolineare che, a questo proposito, ESP ha in corso una serie di collaborazioni con diversi Enti di Ricerca universitari e scientifici, con l’obiettivo di mettere a punto nuovi prodotti e nuove offerte per soddisfare le esigenze di un mercato in rapida evoluzione, all’interno del quale vogliamo continuare a essere protagonisti». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 229


AGRICOLTURA E RINNOVABILI

Agricoltura “alternativa” Soluzioni innovative e integrate per risollevare l'agricoltura specialistica e promuovere la produzione di energia alternativa. Questa la nuova e ambiziosa tendenza illustrata da Massimo Cardelli Lodovico Bevilacqua

n un periodo di declino generalizzato per l'agricoltura, chiusa nella stretta fra i cali delle rendite e il volume sempre maggiore del capitolo burocratico e normativo, la produzione di strutture per la coltivazione – di serre in modo specifico – richiede contributi sempre maggiori in termini di inventiva e di versatilità applicativa. Nel tentativo di “cavalcare la tigre” – mutuando un antico proverbio cinese – esistono oggi proposte commerciali che associano la realizzazione di serre per la coltivazione alla produzione di energia alternativa e pulita. Questa l'intuizione di Massimo Cardelli, uno dei titolari della pistoiese Artigianfer, azienda familiare fondata a condotta dai Cardelli. «L'unione della tecnologia fotovoltaica alla produzione di serre è stata un'idea innovativa e apprezzata, che consente di coniugare una redditività agricola soddisfacente con la produzione di energia alternativa da riu-

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Massimo Cardelli, uno dei titolari della Artigianfer di Santa Lucia Uzzanese (PT) www.artigianfer.com

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tilizzare o mettere in rete». Come è nata l’idea? «Quest'ultima soluzione produttiva è frutto di un'idea innovativa ma anche dell'esperienza accumulata negli anni dalla nostra azienda. Sono infatti più di cinquant'anni che la Artigianfer è impegnata nella produzione di serre per ogni esigenza produttiva o economica. Dai più abbordabili tunnel coperti con film plastici agli impianti più costosi e sofisticati, la Artigianfer garantisce la qualità delle proprie serre, corredando la fornitura con una assistenza completa al cliente. Tutta la fase precedente al montaggio – dalla progettazione alla realizzazione – avviene in totale autonomia nella sede produttiva dell'azienda, che si prende carico della esecuzione di tutti i compiti di natura progettuale o burocratica. A questa complessa e delicata fase segue quella del montaggio e della formazione del personale committente incaricato di condurre gli impianti. L'assistenza agli impianti stessi è inoltre garantita per anni, con possibilità di interventi di manutenzione e

adeguamento». Esperienza e capacità operative al servizio del cliente, dunque. Doti necessarie alla concezione del progetto con cui si apre la discussione? «Senza dubbio sì. Anni di esperienza ci hanno suggerito la possibilità di investire in un connubio tecnologico dalle grandi potenzialità come quello fra coltivazioni specializzate e produzione di energia alternativa. L'idea si è rivelata senz'altro vincente, raccogliendo numerosi ed entusiastici consensi sia in Italia che all'estero, al cui mercato è destinata una parte significativa della nostra produzione». Come sono strutturate, nello specifico, queste particolari serre? «L'applicazione di moduli fotovoltaici alla struttura delle serre non è certo semplice. Esistono diverse problematiche da affrontare e la sfida a livello progettuale è stata ardua. Nonostante ciò, tuttavia, pienamente superata, con l'adeguamento dei nostri impianti alle normative CEI di riferimento e ai parametri stabiliti dai produttori


Massimo Cardelli

di moduli fotovoltaici quali per esempio First Solar; il tutto grazie anche alla collaborazione con importanti aziende specializzate del settore italiane ed estere. L'impianto è sostanzialmente composto da falde alternate; i moduli fotovoltaici sono montati sulle falde esposte a sud, mentre quelle esposte a settentrione sono realizzate in vetro con sistemi automatici di apertura». Quali sono i risultati di questa soluzione intuitiva? «Il problema più grosso da affrontare è la diminuzione della quantità di luce filtrata attraverso le falde a beneficio delle colture. Un'oculata selezione dei prodotti agricoli e dei sistemi di diffusione della luce

statici (vetri prismatici) o mobili (sistemi di ombreggiamento automatici) hanno tuttavia permesso di individuare una serie di specie di vegetali adatte a queste condizioni di luminosità. L'installazione dei pannelli fotovoltaici, da parte sua, garantisce invece una totale autonomia energetica per il produttore e permette – inoltre – di ricavare una ulteriore fonte di reddito attraverso gli incentivi derivanti dal Conto Energia e dalla vendita dell’energia elettrica». Esistono dei difetti riscontrabili in merito all'utilizzo delle vostre serre Solar? «Dal punto di vista operativo no. Recentemente ne sono purtroppo emersi dal punto di vi-

Anni di esperienza ci hanno suggerito la possibilità di investire in un connubio tecnologico dalle grandi potenzialità come quello fra coltivazioni specializzate e produzione di energia alternativa

sta burocratico, poiché le recenti modifiche normative al progetto Conto Energia hanno inopinatamente declassato le serre – in termini i tariffa – al livello di pergolati e tettoie, vanificando il lavoro delle aziende come la nostra. Artigianfer continua tuttavia a crede fermamente nell'efficacia del connubio fra agricoltura specializzata ed energia pulita, rappresentata non solo dal fotovoltaico ma anche da generatori a biogas e biomassa con funzione di produzione elettrica e teleriscaldamento per le serre, nella speranza che anche le istituzioni si ravvedano, cogliendo le grandissime potenzialità di questa sintesi virtuosa». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 231




INFRASTRUTTURE XXQSQQDCQ

Al via l’autostrada della discordia «Ormai è opinione condivisa – sottolinea Antonio Bargone, presidente della Società Autostrada Tirrenica – che la realizzazione dell’autostrada è indispensabile per lo sviluppo e la crescita economica del territorio» Renata Gualtieri

autostrada tirrenica è già in corso di realizzazione ed entro Natale la procedura dovrà arrivare al Cipe. Ma «non realizzeremo autostrade se non ci sarà un tracciato condiviso con il territorio» ha dichiarato Antonio Bargone, presidente della società. «Non ci sentiamo “antagonisti” ai territori, lo dimostra il fatto che abbiamo dato incarico, spendendo anche parecchio, di verificare ogni ipotesi». A sostenere il progetto è stata la necessità di affrontare il problema degli incidenti e della sicurezza stradale, essendo un percorso tra i più pericolosi in Italia e la necessità di sviluppo delle attività economiche. «Questa consapevolezza è aumentata tra le popolazioni e le amministrazioni locali,

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mentre la Regione Toscana ha sempre ritenuto l’opera necessaria alle attività di chi vive e lavora nella zona». Come si sta procedendo dunque? «Sono già in fase di realizzazione il primo lotto, di 4 km circa, da Rosignano a S. Pietro in Palazzi, e il lotto 6A, di 15 km circa, da Civitavecchia a Tarquinia, entrambi realizzati a stralcio e in anticipazione rispetto al progetto di completamento dell’intera tratta da Rosignano a Civitavecchia, con l’obiettivo prioritario di cominciare a dare una prima concreta risposta a due punti critici nodali della rete stradale nazionale. Rispetto a questi due lotti, è attualmente in approvazione il progetto definitivo di completamento dell’intera tratta da S. Pietro in Palazzi a Tarquinia. Sul progetto presentato si è già giunti alla condivisione sostanziale del tracciato, con osservazioni più o meno localizzate, riguardanti sopratutto le viabi-

lità locali connesse alla realizzazione dell’autostrada, con la sola eccezione della tratta tra Grosseto sud e Orbetello per la quale, su richiesta degli enti locali, si stanno studiando modifiche che interessano principalmente l’attraversamento del Comune di Orbetello. Pertanto, attualmente è in fase di ultimazione l’istruttoria del progetto da parte dei ministeri interessati e della commissione Via per la parte di tracciato già condivisa dal territorio, mentre si stanno studiando le modifiche da apportare al tratto Grosseto sud-Orbetello. Dunque al fine di non rallentare il processo realizzativo in corso, molto probabilmente si porterà prossimamente all’approvazione del Cipe l’ulteriore tratto già condiviso, lasciando a una fase immediatamente successiva la parte


Cqwcqwc Antonio Bargone wdvwr

Per l’attraversamento di Orbetello sono allo studio modifiche richieste dagli enti locali

per la quale sono in corso gli approfondimenti progettuali per i quali occorre ancora trovare un’intesa». Il tracciato autostradale presentato da Sat come influenzerà l’economia del territorio maremmano? «Ormai è opinione condivisa che la realizzazione dell’autostrada è indispensabile per lo sviluppo e la crescita economica di un territorio paesaggisticamente unico e ricco di beni storico-culturali, scarsamente servito, però, da un punto di vista infrastrutturale e sopratuttto non facil-

mente accessibile. Gli economisti ci portano a stimare che l’investimento legato alla realizzazione della Tirrenica, pari a 2 miliardi di euro, produrrà a fronte di un Pil stazionario da alcuni anni, un incremento pari allo 0,2% circa, destinato a incrementarsi ulteriormente per effetto dei valori derivanti da attività connesse e dell’indotto. L’incremento a livello occupazionale è stimato in circa 80mila unità lavorative nell’intero periodo di costruzione. Se si considera il sistema economico regionale, l’effetto della realizzazione dell’autostrada può determinare un incremento del Pil dell’ordine del 1,5%. Si

pensi, per esempio, al sistema della portualità tirrenica tosco-laziale. È indubbio che la realizzazione dell’autostrada agirebbe da incentivo per il rilancio di investimenti promossi da privati (finora penalizzati dall’assenza di una In apertura, adeguata via di comunica- Antonio Bargone, zione), unitamente all’avvio presidente della Società Autostrada di una più adeguata strategia Tirrenica di riorganizzazione logistica dei vari terminali, come ad esempio l’interporto di Civitavecchia e quello di Livorno. Ma si avrebbero ricadute positive immediate anche per l’economia legata al turismo e alla agricoltura». Quale opinione prevale tra le popolazioni interessate e da quali fattori arriva la TOSCANA 2011 • DOSSIER • 239


INFRASTRUTTURE XXQSQQDCQ

scelta di questo tracciato?

«Il tracciato presentato da Sat, con la sola eccezione dell’attraversamento di Orbetello, è il più largamente condiviso dal territorio. Con l’utilizzo quasi totale del sedime della strada Aurelia di fatto si concretizza quella che è stata per anni la maggiore richiesta da parte di tutte le istituzioni ovvero quella di consumare il meno possibile un territorio pregiato dal punto di vista paesaggistico e ambientale, evitando quindi di incorrere nel ritrovamento di importanti reperti archeologici. È un rischio che potrebbe diventare con ogni probabilità certezza se ci si allontanasse dal tracciato dell’Aurelia, che è l’unica parte del territorio attraversato, già ampiamente esplorato e conosciuto. Del

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resto ciò è stato dimostrato dallo studio di archeologia preventiva realizzato da un gruppo di studiosi facenti capo all’Università di Tor Vergata, che per la prima volta ha accompagnato la progettazione per la realizzazione di un’autostrada». Quale soluzione sarà attuata nella zona di Orbetello? «Sono allo studio modifiche al tracciato, richieste dagli enti locali, per le quali sono in corso approfondimenti di natura paesaggistica e archeologica». Come sarà possibile realizzare un progetto economicamente sostenibile? «Il progetto presentato è stato accompagnato da un piano finanziario che dimostra la sostenibilità dell’investimento previsto, senza gravare sulla

Per la prima volta uno studio di archeologia preventiva ha seguito la progettazione di un’autostrada

finanza pubblica, anzi con positivi ritorni economici per lo Stato. Ovviamente, se si dovessero modificare gli investimenti per venire incontro alle richieste legittime del territorio, ma che non riguardano la specifica realizzazione di quest’opera, e nel contempo si mettesse in crisi il sistema dei ricavi, con la richiesta di non applicare il pedaggio su ampie percorrenze, di fatto si minerebbe il giusto equilibrio tra costi e ricavi che si è trovato con le condizioni previste nel piano finanziario presentato».


Alberto Magnolfi

Collegamenti moderni contro l’isolamento della regione Il carente sistema stradale e ferroviario condiziona le imprese, l’offerta turistica e la qualità della vita dei toscani. Ne parla Alberto Magnolfi, presidente del gruppo Pdl in consiglio regionale Renata Gualtieri

l Popolo della Libertà ha da tempo avanzato proposte concrete incentrate alla soluzione dei gravi problemi di viabilità che interessano l’hinterland di Firenze, come la necessità di realizzare una metropolitana di superficie tra Pistoia-Prato e Firenze e un collegamento tra l’autostrada A11 e l’uscita di Barberino della A1, valorizzando la Val di Bisenzio. Opere che potrebbero da un lato alleggerire il traffico su Firenze e, dall’altro, collegare direttamente parte della montagna alle infrastrutture di carattere nazionale che solcano il territorio regionale. Stessa cosa potrebbe accadere per la Garfagnana, oggi costretta a gravare su Lucca per raggiungere l’autostrada più vicina. C’è poi tutto il capitolo delle infrastrutture ferroviarie, cominciando dal raddoppio della tratta ferroviaria Firenze -Pistoia-Lucca-Viareggio. «Nel 2011 è improponibile – sottolinea il presidente del

I Alberto Magnolfi, presidente del gruppo regionale del Popolo della Libertà

gruppo regionale del Popolo della Libertà, Alberto Magnolfi – che un turista impieghi 90 minuti per spostarsi da Firenze a Siena o che per raggiungere l’aeroporto Galilei di Pisa siano necessari tutt’oggi 40-50 minuti». In testa alle priorità dunque ci sono le infrastrutture: in questo settore la Toscana sconta un grave ritardo. A cosa è dovuto? «Innanzitutto a un fattore culturale collegato a un approccio ideologico che la sinistra non ha mai abbandonato e che vede nella modernizzazione delle infrastrutture un elemento di penalizzazione ambientale, invece che una potenzialità di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita. Questo ha portato a scelte di conservazione e a un vero e proprio isolamento della Toscana. Adesso si tenta di rilanciare, ma infrastrutture decisive e strategiche come l’autostrada Tirrenica, la Due Mari (E 78), il potenzia-

mento dell’Autopalio, la cosiddetta bretella Signa-Prato, attese da decenni, rimangono al palo. Tra le buone intenzioni e i fatti realizzati corre ancora un abisso». Quali le priorità da cui partire? «Le priorità sono sempre le stesse; Rossi le elenca, per l’ennesima volta, anche nella legge finanziaria 2012 e l’assessore Ceccobao le ha ricordate durante l’informativa sul piano regionale integrato infrastrutture e mobilità in consiglio regionale: si va dal potenziamento dell’aeroporto di Firenze, che resta un TOSCANA 2011 • DOSSIER • 241


INFRASTRUTTURE

tabù per certa sinistra, allo quello presentato dall’assessviluppo del sistema ferroviario, al miglioramento della rete viaria. Ma in un panorama davvero desolante una novità c’è stata negli scorsi mesi, cioè l’accordo tra il precedente governo e la Regione. Un’intesa che, grazie alla sensibilità dell’ex ministro Matteoli, uomo di Toscana, ha destinato al nostro territorio 6,3 miliardi di euro. Ma il prezzo da pagare per i ritardi maturati nei decenni non è ancora esaurito. Un esempio su tutti: il piano straordinario pluriennale per la viabilità regionale 20022007 non è stato ancora completamente ultimato con aggravi di spesa pazzeschi». Cosa pensa del piano regionale integrato infrastrutture e mobilità e che importanza avrà per il futuro della Toscana? «È l’ennesimo piano, uno dei tanti che in Toscana racchiudono interi volumi di buone intenzioni. Un documento,

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sore Ceccobao, in cui si parla di tutto: dalla mobilità ciclabile all’alta velocità, senza però indicare le priorità assolute che realisticamente la giunta regionale riuscirà a portare avanti, considerate le divisioni che permangono nella sinistra, anche tra i gruppi consiliari di maggioranza». Paolo Enrico Ammirati ha parlato di «una relazione che non ha dato risposte concrete e che non ha indicato le cose concrete che si vogliono e si possono realizzare». Riscontra anche lei questa mancanza di concretezza? «Certamente. Le considerazioni del vicepresidente Ammirati rispecchiano a pieno le posizioni del gruppo regionale Pdl. Forse il presidente Rossi ha adottato una nuova strategia, quella della prudenza: dopo essersi lanciato in annunci fantasmagorici, si trova sistematica-

Tra le priorità ci sono il potenziamento dell’aeroporto di Firenze, il miglioramento del sistema ferroviario e della rete viaria

mente smentito dalle divisioni che permangono nella maggioranza e nel suo partito. La vicenda del piano d’indirizzo territoriale, e in particolare le scelte da adottare per lo sviluppo dell’aeroporto Vespucci di Firenze, sono solo l’ultimo clamoroso esempio». Come giudica il tracciato proposto da Sat per il corridoio tirrenico? «Appare una mediazione accettabile tra le diverse ipotesi e sarebbe ora che venissero meno le ultime frange di resistenza che si frappongono al completamento di un’opera essenziale per la Toscana. Certamente le esigenze delle comunità vanno ascoltate e tenute in debita considerazione, ma non per questo un’arteria tanto importante deve essere bloccata. Laddove c’è da migliorare, è doveroso farlo».



INFRASTRUTTURE

La Maremma è a rischio isolamento Il presidente della Camera di Commercio di Grosseto, Giovanni Lamioni, è favorevole all’autostrada ma «l’attuale progetto potrebbe costituire un aggravio per una rete infrastrutturale già inadeguata» Renata Gualtieri

ente camerale grossetano ritiene la realizzazione dell’autostrada Tirrenica una priorità assoluta per lo sviluppo del territorio, ne auspica la realizzazione nei più brevi tempi possibili, ma raccomanda di modificare il progetto presentato nello scorso mese di luglio da Sat, affrontando gli evidenti problemi. «Il tracciato autostradale presentato da Sat – commenta Giovanni Lamioni, presidente della Camera di Commercio di Grosseto – a una prima analisi presenta gravi problematiche che, se non adeguatamente affrontate, potrebbero rivelarsi potenzialmente devastanti per il territorio maremmano». Qual è il grado d’interesse che ruota attorno al progetto per il corridoio tirrenico, quali le attese e come influenzerà l’economia del territorio? «Il nostro grado di interesse è fortissimo in quanto questa in-

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Giovanni Lamioni, presidente della Camera di Commercio di Grosseto

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frastruttura rappresenta l’ossatura di tutto il territorio. Oggi sull’Aurelia transitano 14.500 veicoli al giorno, destinati a diventare 25.000 entro 10 anni; con la realizzazione dell’autostrada a pedaggio, il 30% di questo traffico è destinato a transitare sulla viabilità alternativa. Il territorio maremmano presenta un significativo deficit infrastrutturale rispetto a tutto il resto di Italia ed è per questo motivo che la Maremma, senza un adeguato progetto, rischia di rimanere isolata, senza scambi economici e flussi turistici». Cosa le piace e cosa no del tracciato? «La zona sud della provincia risulterà penalizzata dalla scelta di sovrapporre completamente il tracciato autostradale all’Aurelia, a differenza di quanto previsto dal progetto del 2008, che ipotizzava la trasformazione dell’Aurelia in “strada parco” e la sua conservazione come complanare a servizio del traffico lungo la costa. Sat non ha previsto di realizzare una vera e propria viabilità compla-

nare, ma semplicemente di “ricucire” la viabilità provinciale e comunale. Questa ipotesi creerà grandissime difficoltà perché non in grado di assorbire il carico di traffico di pendolari, residenti e turisti che lasceranno l’autostrada sia per evitarla sia per raggiungere le proprie destinazioni, ingolfando la fascia costiera con evidenti danni per l’economia del territorio. Sia pure con minori disagi, analoghe difficoltà si riscontrano anche nel tracciato a nord della provincia e per l’area di Grosseto: la mancanza di un adeguamento della rete di viabilità alternativa e complanare comporterà un aggravio di difficile gestione per le città di Grosseto e Follonica, oltre a Braccagni dove la vecchia Aurelia attraversa la frazione e serve l’area del Madonnino». Sono a rischio le attività produttive da Grosseto a Orbetello? «Se non ci sarà una reale comunione di intenti e un’unica volontà politica, tutta la costa soffrirà dal punto di vista economico e turistico per le scelte sconsiderate che questa infra-


Sat non ha previsto di realizzare una vera e propria viabilità complanare, ma semplicemente di “ricucire” la viabilità provinciale e comunale

struttura già si porta avanti da anni, gravando su tutto il territorio. Senza la presenza di una viabilità alternativa, 500 attività produttive e abitazioni, tra Grosseto sud e Orbetello, rischiano di rimanere blindate all’interno del proprio recinto. Gli asset vincenti per proporre fuori dei confini regionali e nazionali il nostro territorio come sistema sono turismo e agroalimentare. Maremma wine shire e Maremma food shire sono i progetti di marketing territoriale della Camera di Commercio di Grosseto volti alla promozione della produzione vitivinicola e agroalimentare delle imprese della provincia di Grosseto.

L’ente camerale attraverso questa linea strategica si pone come obiettivo di creare un marchio, il “brand Maremma”, da proporre fuori dei confini regionali e da spendere anche a livello internazionale, affinché le imprese maremmane possano avere una valida opportunità per farsi conoscere da esperti del settore e da buyer nazionali e internazionali e presentare così le proprie produzioni locali». Ha spesso evidenziato come in Maremma siano presenti grandi criticità, una per tutte, una dotazione infrastrutturale quasi inesistente. Quali dunque le priorità per la viabilità e

le infrastrutture a Grosseto? «Sono due i nodi da sciogliere per questo territorio: l’aeroporto e l’autostrada. Tutti gli economisti sono concordi nel dire che la sua presenza incrementa il Pil di 2 punti percentuali e che per il turismo esso è più importante della presenza del mare. Grosseto deve dotarsi di un aeroporto, che nella realtà già c’è, ed è tra i più ampi d’Italia, ma oggi è solo un aeroporto militare. Un aeroporto che al momento non permette di andare oltre l’operatività alba tramonto, riducendo le possibilità di sviluppo dello scalo civile maremmano». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 245


Urgono interventi sulla rete viaria Già da qualche tempo è scattato l’allarme per le disastrose condizioni delle strade italiane, ma gli interventi continuano a ritardare. Mario Berti spiega come migliorare la situazione Emanuela Caruso na delle situazioni più preoccupanti che si possono registrare e osservare in Italia è senza dubbio quella riguardante le condizioni della rete viaria nazionale. Molti tratti

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delle strade e autostrade italiane versano, infatti, in un grande degrado, soprattutto a livello di manto stradale, che ormai sempre più spesso appare usurato, ammalorato e cosparso di buche e fessure. Causa di tutto ciò sono i mancati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, la scarsità di fondi e la poco ottimale gestione degli investimenti in atto. Fortunatamente, a portare una ventata di speranza e di ottimismo ai viaggiatori, agli enti pubblici preposti alla cura delle strade e alla nazione stessa, sono le molte aziende del settore dei lavori stradali,

che a livello regionale operano per migliorare la situazione. Tra queste anche la società Berti Sisto. «La cura della nostra rete viaria – spiega Mario Berti, presidente del consiglio d’amministrazione dell’impresa – è stata protagonista di un lungo periodo di inoperosità, che ha avuto come effetto il ritardo prolungato nella riorganizzazione e nel riammodernamento delle infrastrutture. Oggi, è assolutamente necessario intervenire con decisione e rapidità, cercando di porre rimedio alle pessime condizioni delle nostre strade e di ottenere benefici anche in termini ambien-


Mario Berti

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Dobbiamo cominciare a realizzare manti stradali adatti al carico veicolare a cui saranno sottoposti e a utilizzare bitumi rispettosi dell’ambiente

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tali». La Berti Sisto si occupa anche della lavorazione dei prodotti di cava e del confezionamento di conglomerati bituminosi. Quali vantaggi trae l’azienda da una forza imprenditoriale così diversificata? «Il vantaggio più grande è sicuramente quello di poter utilizzare nei nostri cantieri per la messa in opera di nuove strade gli stessi materiali prodotti nelle cave di proprietà dell’azienda, senza perciò l’obbligo di dover ricevere forniture da altre imprese. In altre parole, potendo contare su una tale diversificazione la nostra filiera è In apertura, Mario Berti, presidente del consiglio composta dalla d’amministrazione della Berti Sisto e C. Lavori Stradali Spa di Firenzuola (FI) sola Berti Sisto, www. bertisisto-lavoristradali.com con conseguenti benefici economici, qualitativi e produttivi». Quanto ha inciso il progresso tecnologico sulla crescita della Berti Sisto? «Da sempre, la nostra società segue attentamente i progressi tecnologici del settore, tanto a livello di cantiere

quanto a livello di processi produttivi, ragion per cui disponiamo degli impianti meccanici e delle strumentazioni più innovativi del momento. In questi anni, inoltre, abbiamo indirizzato l’evoluzione tecnologica verso una politica di salvaguardia dell’ambiente, utilizzando macchine e impianti volti a minimizzare gli impatti acustici e la dispersione di polveri in atmosfera e ad aumentare il recupero e il reimpiego dei sottoprodotti usati. Un esempio concreto è il riciclo dell’acqua utilizzata per il lavaggio degli aggregati, che dopo essere stata depurata viene rimessa in ciclo senza dispersione nell’ambiente esterno». Parlando di manti stradali, non si potrebbe sostituire l’asfalto con un altro materiale ecocompatibile? «Non esistono materiali ecocompatibili che abbiano le giuste caratteristiche prestazionali per sostituire gli asfalti. Proprio per questo motivo, la tecnologia esistente viene impiegata per

rendere ecosostenibili gli stessi asfalti attraverso l’uso di particolari materie prime e tecniche innovative. Ecco allora che possiamo produrre conglomerati bituminosi con speciali polimeri che ne rendono possibile il confezionamento e la stesura a basse temperature, con conseguenti miglioramenti in termini di emissioni e di risparmi energetici. Ancora, si può usufruire di bitumi composti con materiali di riciclo e modificati in modo da garantire una miglior durata e prestazione». Come si rendono sicure le nostre strade? «La sicurezza delle strade si ottiene intervenendo sinergicamente a livello stradale, con miglioramenti nella costruzione della pavimentazione, a livello segnaletico, potenziando le opere di contenimento e adottando i giusti segnali, e a livello di veicoli, dotandoli degli idonei sistemi di sicurezza. Inoltre, il manto stradale dovrebbe sempre essere eseguito in funzione del carico veicolare medio di quello specifico tratto viario». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 247


È ora di cambiare La Regione Toscana modifica la legislazione in materia di governo del territorio e si prepara ad ampi lavori di analisi e ricognizione del suolo. «Ora il problema è come trovare le risorse» avverte Enrico Rossi Michela Evangelisti

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e nuove norme in materia di governo del territorio e di difesa del suolo contenute nella Finanziaria 2012 della Regione Toscana si propongono di spostare l’ottica, riaffermando un principio che negli ultimi tempi era rimasto un po’ in secondo piano. «Nelle zone a elevato rischio idraulico è bene passare dal concetto di messa in sicurezza a uno più ampio – chiarisce il governatore, Enrico Rossi –. Le zone di pertinenza fluviale, anche se non coincidenti con l’alveo, devono essere lasciate alla vita del fiume».

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L’articolo 138, “Tutela dei corsi d’acqua”, contiene appunto nuove disposizioni per l’edilizia nelle aree a rischio idrogeologico. Cosa cambia? «L’articolo rimarca un’attenzione particolare al controllo delle attività che si svolgono in aree di pertinenza fluviale, in particolare sottolineando la necessità di evitare ogni forma di infrastruttura che limita o interferisce con i corsi d’acqua, soprattutto, per esempio, i tombamenti, alla luce di quanto è accaduto in Lunigiana e all’isola d’Elba». Con l’articolo 139 si modi-


fica, invece, la legge regionale in materia di bonifica. Che vantaggi porterà nel caso di eventi imprevedibili? «Le nuove disposizioni servono solo a velocizzare la spesa. Per gli interventi urgenti in caso di eventi imprevedibili di competenza dei consorzi di bonifica modificheremo la legge in modo da superare gli effetti del blocco del Patto di stabilità e finanziare direttamente i consorzi. In questo modo avremo una semplificazione procedurale e amministrativa». Sono in programma inter-

venti di messa in sicurezza? «Si prevede di attuare tutte le possibilità tecnico amministrative per velocizzare la realizzazione delle opere già previste nella pianificazione esistente. Da questo punto di vista la novità più importante è la legge regionale 35 del 2011 sulle opere strategiche, che ci permette di individuare caso per caso le procedure più utili a accelerarne la realizzazione». Quali studi e ricognizioni sono previsti per i prossimi mesi? «Nei prossimi mesi saremo impegnati a concludere lo

Bisogna evitare ogni forma di infrastruttura che limiti o interferisca con i corsi d’acqua

studio sugli argini dei corsi d’acqua, che sappiamo essere una delle opere strategiche per la difesa dei nostri centri abitati. E nel 2012 metteremo mano anche alla ricognizione dei tombamenti esistenti per valutare e risolvere, dove possibile, quelle situa-

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TUTELA DEL TERRITORIO

Occorrerebbero provvedimenti analoghi anche a livello nazionale

zioni in cui si può ristabilire fologica del territorio, va

Sopra, Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana

lo stato dei luoghi preesistente. È logico che ci sarà da aggiornare il quadro dopo le alluvioni di Lunigiana e Elba. Detto questo, ad oggi, in base ai vari piani di bacino, per ridurre in modo sostanziale il rischio idraulico e idrogeologico in Toscana stimiamo una necessità di almeno 3 miliardi di euro. Il problema è come trovare le risorse. Perché tutti conoscono gli enormi tagli fatti ai ministeri competenti da Tremonti. Adesso ci auguriamo che questo governo faccia la sua parte». Le nuove norme hanno dato una svolta importante per la messa in sicurezza del territorio ma tanto resta ancora da fare. State lavorando al Testo Unico per la difesa del suolo e alla revisione della legge 1 del 2005 per il governo del territorio, che sarà portata a termine nel corso del 2012. Può darci qualche anticipazione? «L’impianto della legge 1 del 2005, che si confronta con molteplici situazioni di pericolosità idraulica e geomor-

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ripensato, considerati i forti cambiamenti climatici che si sono verificati in questi anni, modificando portata e frequenza degli eventi meteorologici. L’adeguamento normativo cui si sta lavorando sarà pertanto integrato con nuove disposizioni che si pongono l’obiettivo da un lato di un atteggiamento più precauzionale nei confronti delle trasformazioni del territorio, dall’altro di un adattamento degli edifici che già insistono in aree a pericolosità idraulica» L’assessore al governo del territorio ha sottolineato quanto le norme approvate dalla giunta siano avanzate rispetto al contesto italiano. «Ci vorrebbero provvedimenti analoghi anche a livello nazionale. Per quanto riguarda il Testo unico sulla difesa del suolo, sarà un testo in cui l’acqua viene concepita come risorsa da difendere e al tempo stesso come una risorsa dalla quale difendersi. Sicuramente faremo una legge che semplifichi

l’attuale sistema di competenze, che garantisca sempre più presidio del territorio, che migliori la manutenzione dei corsi d’acqua e velocizzi la realizzazione delle nuove opere». Avete sottolineato come possa essere importante mettere in rete le diverse conoscenze presenti nelle strutture regionali e in quelle del mondo universitario toscano: quali forme di collaborazione avete in programma? «È ovvio che l’unione fa la forza e da questo punto di vista proprio in Lunigiana stiamo sperimentando un modello che prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali. A questo proposito mi ha fatto piacere che in Lunigiana le università toscane e non solo abbiano offerto gratuitamente il loro contributo in termini di conoscenza e di ricerca sul territorio. Credo che con le dovute relazioni e rapporti, questo sia un modello per la difesa del suolo da esportare su tutto il territorio regionale».


Alessandro Cosimi

Salvaguardia e sviluppo Sono questi, secondo il presidente di Anci Toscana, Alessandro Cosimi, i principi da coniugare per un buon governo del territorio. E aggiunge: «Occorre snellire le procedure burocratiche» Michela Evangelisti

Alessandro Cosimi, sindaco di Livorno e presidente di Anci Toscana

Anci Toscana ha condiviso lo spirito delle disposizioni di tutela del territorio adottate dal governo regionale nella finanziaria 2012 e ha contribuito alla loro stesura. «Si tratta di provvedimenti che nascono sull’onda dei forti cambiamenti climatici che investono il pianeta e dei conseguenti eventi meteorologici che colpiscono anche il territorio toscano» spiega il presidente, Alessandro Cosimi. L’obiettivo è quello di rispondere meglio alle sempre più frequenti situazioni di pericolosità idraulica e geomorfologica che interessano il territorio. «Anche le amministrazioni locali hanno la responsabilità di dare indirizzi precisi nella “manutenzione” del territorio e nell’individuare aree dove è bene evitare edificazioni, calcolando che ormai i tempi di ritorno degli eventi climatici eccezionali sono sempre più corti – prosegue Cosimi –. Occorrono norme e nuova consapevolezza culturale, di amministratori, progettisti e cittadini, nel comprendere che nella “sfida estrema” con la natura l’uomo ha spesso la peggio». La Toscana conta ben 263 Comuni a rischio. Quali sono le situazioni che vi preoccupano maggiormente? «Le aree classificate “a pericolosità idraulica molto elevata” dalla legge finanziaria della Toscana per il 2012 ri-

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coprono una superficie complessiva di 973 chilometri quadrati, pari al 4% circa del territorio regionale e al 7% delle zone pianeggianti. Su di esse sarà consentita esclusivamente la realizzazione di infrastrutture di tipo lineare non diversamente localizzabili, a condizione che sia garantita la realizzazione, preventiva o contestuale, di interventi di messa in sicurezza senza aggravare la pericolosità idraulica a monte e a valle. Le zone che destano maggiore preoccupazione sono quelle che hanno subito le inondazioni di novembre; non a caso nella carta del rischio idrogeologico della Toscana le aree indicate più in pericolo sono quelle costiere delle province di Pisa, Lucca e Massa e l’isola d’Elba». La Regione sta lavorando al Testo unico per la difesa del suolo e alla revisione della legge numero 1 del 2005 per il governo del territorio. Quali sono i vostri auspici? «Da parte dei Comuni c’è un’ampia disponibilità al confronto con la Regione e una sostanziale convergenza sull’esigenza di evitare il consumo di suolo e prediligere il riuso, il recupero e la riqualificazione del territorio, arginando quelle pressioni speculative finalizzate esclusivamente a remunerare una rendita fondiaria improduttiva. Ma c’è un punto TOSCANA 2011 • DOSSIER • 251


TUTELA DEL TERRITORIO

Sono i Comuni gli unici enti titolari della pianificazione operativa

fermo che per i Comuni deve essere mantenuto: quello relativo all’assetto istituzionale, ovvero ai rapporti fra gli enti territoriali, che devono rimanere di collaborazione orizzontale e di sussidiarietà, non gerarchici o di contrapposizione. La Regione svolge un ruolo importante di indirizzo, ma sono i Comuni gli unici enti titolari della pianificazione operativa, responsabili delle scelte che vanno direttamente a incidere sullo sviluppo dei propri territori». Cosa stanno facendo concretamente i Comuni per la tutela del territorio? «La Toscana ha saputo, in questi anni, ben coniugare i principi della tutela e dello sviluppo: una contrapposizione forzata tra questi due concetti non fa bene al governo del territorio. Questo significa da un lato tradurre in disposizioni efficaci le esigenze di salvaguardia e valorizzazione delle risorse essenziali del territorio,

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dei suoi beni culturali e paesaggistici e di tutti quei valori “identitari” che vanno difesi, rafforzati e trasmessi alle generazioni future; dall’altro agire con tempestività, verificando nella redazione dei Piani strutturali la coerenza delle scelte urbanistiche locali con quelle strategiche della Regione e dei Comuni contermini, per sostenere le iniziative capaci di dare dinamicità e valore aggiunto al territorio». Qual è al momento una priorità per Anci su questi temi? «Sta molto a cuore ai Comuni l’esigenza di semplificazione e snellimento delle procedure, eliminando passaggi burocratici talvolta inutili o una duplicazione dei procedimenti, con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati. È possibile farlo, trovando il giusto equilibrio tra i principi fondamentali di salvaguardia e una realizzazione degli interventi in tempi ragionevolmente più rapidi,

così da rispondere alle esigenze dei territori e delle comunità ed evitando, per quanto riguarda in particolare il sistema produttivo, di perdere occasioni di sviluppo e occupazione». Anci Toscana organizza ogni anno dal 2009 un meeting formativo sul governo del territorio. Quali spunti e contributi sono emersi dall’incontro di quest’anno? «Quest’anno l’iniziativa è stata l’occasione per ritornare sulla proposta di regolamento elaborata da Anci Toscana e dalla sezione Toscana dell’Inu - con il contributo delle federazioni regionali degli Ordini professionali degli architetti, degli ingegneri, dei geometri e dei periti edili - finalizzata a una progressiva unificazione a livello regionale della terminologia tecnica, a cominciare dai parametri urbanistici ed edilizi. Auspichiamo che questa proposta possa essere presto portata all’approvazione del Consiglio regionale».



TUTELA DEL TERRITORIO

Meno cultura dell’emergenza, più prevenzione La ricostruzione idro-geo-sostenibile del territorio nazionale può scongiurare disastri futuri. Ma anche, secondo Maria Teresa Fagioli, «essere un’occasione unica di rilancio del Pil» Michela Evangelisti

ono arrivate dure dichiarazioni da parte dell’Ordine dei geologi della Toscana sugli ultimi tragici eventi che hanno colpito il territorio nei mesi di ottobre e di novembre. I disastri in Lunigiana e all’Isola d’Elba, spiega la presidente Maria Teresa Fagioli, «dimostrano ancora una volta gli effetti combinati di omessa manutenzione ordinaria del territorio e urbanistica suicida». La categoria, consapevole del fatto che alterare equilibri naturali per crearne di nuovi artificiali è difficile e richiede di operare sempre al massimo stato dell’arte, viene spesso tenuta ai margini del mondo edilizio e urbanistico. «Ma aggirare, eludere, minimizzare prescrizioni e previsioni (e notule) dei geologi non risolve il problema» ammonisce Fagioli.

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Il governo sostenibile del territorio passa necessariamente attraverso la vostra professionalità. «Serve una politica urbanistica che coinvolga i geologi prima di decidere cosa fare e dove farlo e che consideri le nostre prescrizioni e il costo del nostro lavoro una polizza sulla vita dei cittadini e delle imprese. Serve prevenzione, includendo nella prevenzione sia la conoscenza del territorio che la sua manutenzione ordinaria. Serve una pianificazione dell’uso del territorio che ne assecondi e sfrutti al meglio le dinamiche evolutive naturali indirizzandole con cognizione di causa». La cultura della prevenzione, quindi, si contrappone a quella diffusa dell’emergenza. «Sono intrinsecamente diverse: la prima impone tra-

sparenza e modera gli appetiti indebiti, la seconda non lascia tempo per pensare e premia i “furbi”. La prima prevede e previene i problemi del territorio, la seconda li trasforma in lucrose occasioni di ulteriore aggiramento di norme. Per la prima servono professionalità tecnicamente ed eticamente ineccepibili, la seconda alimenta il fiorire di “esperti” improvvisati e giustizialisti. È necessario dare priorità al territorio, cominciando con il valutare la sostenibilità di certa edilizia. Purtroppo la riforma delle professioni che porta a far entrare soci di capitali nelle società di professionisti non faciliterà per nulla il processo». Cosa intende? «Quella del geologo è una professione socialmente critica; l’intera collettività dipende, ad ogni scala, dalle scelte sul ter-


Maria Teresa Fagioli

Serve una pianificazione dell’uso del territorio che ne assecondi e sfrutti al meglio le dinamiche evolutive naturali

ritorio e la nostra filosofia professionale contrasta con una certa concezione di sviluppo. Nel momento in cui l’impresa fagociterà il professionista geologo, questo approccio intellettualmente libero e trasparente andrà perso». Qual è attualmente l’assetto del territorio toscano? «Di fatto gli insediamenti abitativi o industriali in aree a rischio idrogeologico elevato sono molti, per la massima parte edificati negli anni 6080. Già dalle immagini da satellite le aree a rischio sono ben visibili. Ma se per Arno e Serchio i punti potenzialmente critici balzano all’occhio anche di un inesperto, non bisogna dimenticare che è la rete di torrenti e fossi minori, tombati o canalizzati senza criterio per far spazio alle costruzioni, che porta a situazioni come le alluvioni recenti dell’Isola d’Elba o Genova, e in questi casi il territorio va studiato localmente, caso per caso e con

grande dettaglio». Come valuta l’operato della Regione Toscana in materia di tutela del territorio? «Una legge a livello nazionale che una volta per tutte regoli la fruizione sostenibile del territorio manca; ma di fatto controlli, repressione e incentivi sono gestiti dalle amministrazioni regionali. La Regione Toscana ha una normativa che è fra le migliori nel panorama nazionale. Non basta però avere buone norme per una buona politica territoriale; sono altrettanto necessari i controlli sistematici, non a campione, ed è indispensabile che si coinvolgano tutte le professionalità, compresa quella del geologo. E in questo, ahimè, in Toscana non siamo all’avanguardia: il servizio geologico regionale di fatto non esiste e ai livelli dirigenziali della Regione figura un solo collega. Né alla base della piramide della pubblica amministrazione andiamo meglio:

ben pochi sono i Comuni che hanno un geologo nel proprio staff». Spera, quindi, in un cambiamento di rotta. «Dobbiamo farci promotori di una cultura positiva del territorio, di ciò che si può fare e di dove è possibile e saggio farlo, ma anche avere il coraggio di dire con fermezza verità spiacevoli ed essere parte integrante della programmazione territoriale. Se le nuove generazioni di amministratori avranno la volontà di resistere alle lusinghe delle potenti quanto ottuse cordate palazzinare, allora potrebbe anche accadere che la via italiana per uscire dalla crisi diventi quella di recuperare il proprio orgoglio di maestri della creazione di territori splendidi. La riprogettazione e la ricostruzione idro-geo-sostenibile del territorio nazionale potrebbe essere un’occasione unica di rilancio del Pil, dell’occupazione e dell’orgoglio di essere italiani».

Sopra, Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei geologi di Toscana

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Da sobborgo di periferia a compact city Scandicci si presenta con una nuova centralità urbana e interconnessioni in tutta l’area urbana fiorentina. «Interamente pedonale, spazi a misura d’uomo, un luogo in cui sia piacevole vivere». Racconta il progetto Massimo Mucci Beltrami Elisa Fiocchi

l 15 novembre 2010 è stata posata la prima pietra del cantiere per la costruzione del nuovo centro cittadino di Scandicci. A cambiare il volto di una periferia satellite, il masterplan firmato dall’architetto Richard Rogers che offrirà una moderna centralità urbana grazie a un’aerodinamica tramvia di collegamento con tempi certi e rapidi per Firenze. A un anno di distanza dall’inizio dei lavori, le strutture sono in via di completamento, mentre a breve partiranno anche le opere di finitura e le facciate. «Stiamo completando la copertura dell’edificio residenziale, le strutture in acciaio dell’Auditorium e il blocco di collegamenti verticali del centro direzionale», racconta Massimo Mucci Bel-

I Massimo Mucci Beltrami, presidente Scandicci Centro

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trami, presidente della società Scandicci Centro, concessionaria della realizzazione del progetto, i cui soci rappresentano imprese toscane operanti ai più alti livelli nel settore delle costruzioni e dello sviluppo del territorio. «Per la realizzazione della stazione della tramvia dovremo attendere la prossima estate così da garantire la massima sicurezza e il minimo disagio ai cittadini». Il progetto, redatto su incarico del Comune nel 2003 attraverso un project financing, si concluderà nel 2013 con un costo complessivo di 33.950.000 euro. Secondo il cronoprogramma concordato con l’amministrazione, i lavori saranno completati a partire dall’edificio residenziale entro l’autunno 2012, fino al settembre 2013 per l’Auditorium e

tutte le altre opere pubbliche, inclusa la stazione e la nuova grande Piazza. Saranno realizzati spazi residenziali per 7.258 metri quadri, ambienti per il commercio per 2.363 mq, superfici direzionali per 3.962 metri quadri e 2.697 metri quadri per l’auditorium. Come apparirà il nuovo volto urbano di Scandicci? «Più contemporaneo, europeo, di grande qualità per la vita dei cittadini più di quanto non lo siano altre aree in trasformazione del territorio fiorentino. Quest’iniziativa non è solo una riqualificazione e inserimento di nuove funzioni in un’area urbana, ma ha un’ambizione molto più ampia: vuole definire gli standard di riferimento per i futuri interventi in un contesto


urbano cruciale per lo sviluppo di questo territorio». Il primo piano dell’edificio culturale sarà costituito da un unico ambiente di circa 750 metri quadri, alto 6 metri, completamente libero da colonne e altri elementi verticali, mentre l’edificio direzionale sarà il più alto della piazza. In quali altri elementi compare la mano dell’architetto Richard Rogers? «Lo Studio Rogers ha sviluppato il progetto fin dalle primissime fasi prestando la massima cura per i materiali, i dettagli co-

struttivi, le tecnologie energetiche più efficienti. La grande qualità di questa architettura risiede proprio nella composizione dei suoi ingredienti: per dirne alcuni, le facciate sono rivestite in cotto imprunetino e ricorsi in fibrocemento, le grandi superfici vetrate hanno prestazioni energetiche al massimo degli standard, le slanciate strutture in acciaio dell’auditorium e della stazione sono rivestite con grigliati in alluminio high tech, la torre dei collegamenti verticali del centro direzionale è finita con un particolare tipo di calcestruzzo facciavista ottenuto con specifiche tecnologie a casseri rampanti». La stazione della linea 1 della tramvia Scandicci-Santa Maria Novella metterà al centro dell'intera area urbana la principale infrastruttura di

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La realizzazione della stazione della tramvia è prevista la prossima estate

collegamento dell’area fiorentina: come si snoda il progetto? «Sarà un polo attrattore nella linea della tramvia, non un semplice punto di passaggio. Le nuove funzioni insediate (commerciali, culturali e ricreative, direzionali, abitative) saranno immediatamente interconnesse con tutto il sistema territoriale dell’area urbana fiorentina. La sfida per Scandicci, così come per tutte le altre realtà delle cosiddette periferie urbane, sarà proprio quella di trasformarsi da trascurati dormitori a nuovi centri, nei quali possa concretizzarsi il concetto di qualità della vita nelle città».

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RIQUALIFICAZIONE URBANA

Una porta verso Firenze Il sindaco di Scandicci, Simone Gheri, monitora l’andamento dei lavori e dice: «nel 2013 vogliamo inaugurare l’intero progetto. Ma già con la prima linea della tramvia i visitatori sono in aumento» Elisa Fiocchi

el 2003, quando il progetto di “compact city” venne affidato all’archistar Richard Rogers, era assessore all’Urbanistica. Oggi Simone Gheri è diventato sindaco di Scandicci, e spera di riuscire a vedere compiuta l’opera entro la fine del suo secondo mandato, che scadrà nel 2014. Un’opera che lui stesso definisce ambiziosa, ma al contempo necessaria. «Siamo gli unici in Europa – dice – che nel 2011 decidono di ridisegnare il centro storico invece di costruire fuori. Ma la nostra è una scelta precisa, perché la città di Scandicci era priva di un vero baricentro e dopo questi lavori avrà una nuova centralità». A proposito di lavori, oggi come stanno procedendo? «I lavori procedono speditamente, ed è una fortuna considerando il periodo non facile dell’economia. Nel 2013 vogliamo inaugurare l’intero progetto: per ora si stanno realizzando le residenze, gli uffici e l’auditorium, mentre la piazza centrale e la tramvia costituiranno gli interventi finali. Il cambiamento in atto comunque si vede già, anche nel valore

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Simone Gheri, sindaco di Scandicci

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degli immobili e negli investimenti che si indirizzano a un collegamento di tipo europeo. E le aspettative dei soci di Scandicci Centro sono altissime, perché su 215 ben 83 hanno dichiarato di voler venire ad abitare qui». Quali sono i principali elementi innovativi del progetto? «Il nostro progetto è innovativo sotto molteplici aspetti. È contraddistinto da un alto valore ambientale con i suoi elementi architettonici e soprattutto da una sobrietà strutturale, anche se dietro c’è la firma di un architetto celebre come Rogers. Da un certo punto di vista, i ritardi che hanno accompagnato il progetto del 2003 hanno permesso di riadattarlo e snellirlo soprattutto per quanto riguarda i parametri energetici. Possiamo dire che, se il progetto originale aveva un forte impatto architettonico ed era più monumentale, quello attuale è invece all’insegna della sobrietà». Richard Rogers è dello stesso parere? «Rogers è venuto lo scorso settembre a monitorare il cantiere e si è detto molto soddisfatto. Tra l’altro ha raccolto l’apprezzamento anche di Massimiliano

Fuksas, che ha speso buone parole sul progetto. Un progetto che rappresenta una sfida sul tema dell’architettura contemporanea, assieme a quella relativa all’alta velocità». Quale potrà essere l’indotto che muoverà questo progetto una volta ultimato? «Già con la prima linea della tramvia si percepisce un aumento del numero di visitatori: lo dicono i commercianti, che registrano un maggior numero di persone che arrivano a Scandicci per fare acquisti. Ora la prospettiva è quella di realizzare il prima possibile la seconda e la terza linea, che aumenteranno le potenzialità dei servizi infrastrutturali, soprattutto considerando i loro tracciati. Ovviamente speriamo che i ritardi riscontrati per la prima linea non si ripetano più». Oltre al commercio, ne trarrà giovamento anche il turismo. «Certo, basti pensare alla costruzione di strutture alberghiere lungo l’asse della tramvia. E quando ci sarà anche il parcheggio scambiatore sull’autostrada del Sole, avremo una porta da e per Firenze: il nostro interesse insomma non è solo residenziale, ma anche metropolitano».



SICUREZZA

Il general contractor della sicurezza privata uesto è un momento di forte concorrenza sul fronte della sicurezza. La crisi, determinando carenze di liquidità, ha fatto diminuire gli investimenti da parte di chi richiede servizi si salvaguardia di proprietà e interessi e questo ha reso più competitivo il mercato. Di contro, di fronte a una molteplicità di richieste di servizi diversi per tipologia e portata, oltre che dalla copertura territoriale spesso nazionale – se non internazionale –, è stata di fatto operata una selezione fra le società in grado di offrire soluzioni personalizzabili. Le uniche a poter gestire come un unico referente un alto numero di servizi sono i general contractor della sicurezza, come Gecom, una società per azioni che ha strutturato la propria offerta attraverso la compartecipazione con diverse imprese che operano nella vigilanza, nell’investigazione e in servizi analoghi. Come spiega il presidente, Luca Leonessi: «Noi ci rivolgiamo a tutti i soggetti che hanno la necessità di interfacciarsi con un unico interlocutore per tutto ciò che

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Il coordinamento e la personalizzazione dei servizi di tutela per enti e soggetti economici che hanno i propri interessi dislocati su ampi territori, anche internazionali. Luca Leonessi spiega quali sono gli attuali orientamenti nel settore della salvaguardia di beni e valori Manlio Teodoro

concerne i servizi di sicurezza, vigilanza e trasporto valori, soprattutto quando questi si sviluppano su grandi aree geografiche». Nello scenario di crisi di tutti i settori, esiste anche una crisi della sicurezza pri-

vata? «Certamente abbiamo registrato una riduzione degli investimenti da parte dei nostri partner. Di fronte a questa situazione, la nostra strategia per evitare perdite di fatturato è stata quella di incre-


Luca Leonessi

La nostra specificità è quella di essere un unico interlocutore che offre la globalità dei servizi di sicurezza

mentare la platea dei soggetti che si avvalgono dei nostri servizi di sicurezza. La nostra presenza diffusa a livello nazionale e internazione ci ha permesso così di compensare il calo degli investimenti con un aumento dell’attività ope-

rativa. Oltre a mantenere il fatturato, siamo anche riusciti a ottenere un incremento di circa il 20% – oltretutto superiore a quello degli anni scorsi che avevano già tracciato un costante trend di crescita». Questo plus di risorse sarà destinato a investimenti? «La crescita ci sta consentendo di investire per ampliare maggiormente la gamma dei nostri servizi. Soprattutto nella direzione di potenziare le tecnologie per la sicurezza e la vigilanza, dato che siamo in possesso dell’autorizzazione del prefetto per esercitare l’attività di istituto di vigilanza e quindi siamo nelle condizioni di poter installare e centralizzare impianti di allarme , sistemi video tecnologicamente avanzati, impianti Gps di e controllo». Qual è il target di soggetti che si avvale dei vostri servizi di sicurezza? «Diamo una risposta ai

gruppi della grande distribuzione, ai gruppi bancari e a enti nazionali e multinazionali. La nostra specificità è quella di essere un unico interlocutore che poi, attraverso le proprie società partecipate o controllate, può offrire la globalità dei servizi di sicurezza più richiesti: servizi di vigilanza , servizi di portineria ed accoglienza clienti , servizi di pulizia e facchinaggio ,sicurezza aziendale e informatica, ispezioni, bonifiche ambientali e telefoniche, servizi di antirapina e antitaccheggio, risk analisys, consulenza per la sicurezza, assistenza a fiere ed eventi». Avete varie sedi in Italia.

Luca Leonessi, presidente di Gecom Spa, Arezzo www.gecom.biz

VENETO 2011 • DOSSIER • 263


SICUREZZA

Sicurezza strutturata a 360 gradi Con sedi operative dislocate a Roma, Milano, Perugia, Arezzo e Firenze, Gecom riesce a offrire un coordinamento nazionale e internazionale alla propria offerta strutturata di servizi di sicurezza personalizzati. La società ha costituito un network che collega consociate specializzate in settori specifici – dal trasporto valori alle investigazioni – e si propone rispetto ai propri interlocutori con una sola voce, occupandosi di tutta la preliminare contrattazione e assicurando la gestione e il controllo dell’applicazione dei servizi. Questo permette anche di avere servizi personalizzati sulle esigenze specifiche – anche lo sviluppo del metodo operativo è in linea con le diverse necessità. L’azienda è certificata Uni En Iso 9001:2000, 14001 e Ohsas 18001, mentre il personale multilingue di Gecom è abilitato e addestrato per curare la sicurezza di vip nazionali e internazionali, oltre che effettuare servizi di intelligence, di investigazioni – per la verifica delle differenze inventariali nella grande distribuzione – e di organizzazione di attività di vigilanza armata sia sul territorio nazionale sia all’estero, con strutture partecipate o controllate.

Queste sono collegate e coordinate fra loro? «Le nostre sedi operative sono dislocate a Roma, Perugia, Arezzo, Firenze e Milano. Tuttavia tutte le nostre attività sono controllate dalla nostra central station di Firenze. Da Firenze riusciamo, in maniera centralizzata, a gestire e supervisionare impianti di allarme, sistemi di videosorveglianza, apparati Gps e per la localizzazione di mezzi mobili o persone su tutto il ter-

264 • DOSSIER • VENETO 2011

ritorio nazionale. La nostra central station occupa attualmente una decina di persone, ma siamo in fase di ampliamento: stiamo cercando di inserire nella nostra centrale delle sale operative di altri gruppi che operano nella sicurezza». Come avete costituito il vostro network? «Abbiamo scelto i nostri partner dopo un’attenta selezione sulla base di precisi standard qualitativi. Molte di queste società avevano una lunga espe-

rienza di professionalità nel settore della sicurezza. La selezione tiene anche conto delle esigenze dei clienti, che richiedono servizi differenziati e diversi – dalla sicurezza dei negozi alle pulizie e alla vigilanza –, ai quali noi cerchiamo di dare una risposta quanto più possibile completa e personalizzabile. In questo senso ci proponiamo come general contractor, perché strutturiamo l’offerta di sicurezza sulla base dell’offerta e della domanda, proponendo un contratto che coordiniamo e gestiamo direttamente. Questo ci permette di avere minori costi di gestione e problemi organizzativi, sia sotto l’aspetto amministrativo che tecnico operativo». Quali sono le prospettive per il futuro della vostra attività? «Grazie al continuo sviluppo di soluzioni all’avanguardia e grazie alla continua espansione del network di aziende, la nostra società nei prossimi anni si arricchirà di competenze e renderà più solida la propria. I nostri partner possono aspettarsi servizi versatili e dinamici, all’altezza delle loro attività e perfettamente in linea con le loro richieste. Il punto forza di Gecom è proprio la capacità camaleontica di adattarsi a qualsiasi tipo di situazione, intuire le esigenze del cliente, sottoscriverle in forma di contratto e operare affinché queste siano rispettate».



MERCATO IMMOBILIARE

Compravendite, è crisi generalizzata Non esistono più isole felici, sostiene Alberto Ricci, ma i prezzi reggono perché l’Italia non ha subito la bolla immobiliare: «Non si è costruito ovunque e a ogni costo» Elisa Fiocchi

l mercato immobiliare residenziale si è mantenuto su livelli sostenuti in Toscana fino al 2006, anno in cui si sono raggiunte le quasi 56mila transazioni. Il rallentamento si è verificato dall’anno successivo, trasformandosi, nel 2008 e 2009, in un vero e proprio tracollo, seguito nel 2010 da un modesto rimbalzo. «La situazione del secondo semestre del 2011 continua a mostrare segnali di difficoltà legati evidentemente alla situazione economica generale su cui si è inserita la recentissima manovra “salva Italia”», afferma il presidente di Ance Toscana Alberto Ricci. «In particolare – continua – segnali di crescente difficoltà si registrano rispetto al rapporto tra banche e imprese e di conseguenza i potenziali acquirenti, mentre le imprese, ma anche altri operatori del settore come le cooperative di abitazione, segnalano casi crescenti di “diniego” all’erogazione di mu-

I Nella pagina a fianco, Alberto Ricci, presidente di Ance Toscana

266 • DOSSIER • TOSCANA 2011

tui pur in presenza di idonee garanzie dei richiedenti». I dati registrati a livello provinciale confermano nel primo semestre del 2011 un arretramento più generalizzato, contenuto a Prato e Firenze (-3,5% e -4,3%) e assai elevato a Siena (-18,3%), Livorno (-15,2%) e Grosseto (14,9%). Il numero uno dei costruttori toscani fa il punto sul mercato immobiliare e valuta alcuni provvedimenti interessanti per il futuro: «Come il “Progetto Giovani” della Regione, al cui interno sono presenti misure finanziarie per favorire la locazione a giovani coppie e l’acquisto differito di

abitazioni e i piani di “rigenerazione urbana”». In merito alle compravendite di unità non residenziali a destinazione economica, il calo più rilevante riguarda gli immobili destinati al commercio con cali attorno al 50% e al 40% per le attività manifatturiere. Quali provvedimenti saranno mirati a incentivare questi investimenti sul territorio? «Il mercato non residenziale risente evidentemente in termini ancor più amplificati dei fattori di crisi del residenziale e della situazione economica generale. Nello specifico oc-


Alberto Ricci

La scelta di chi ha investito nel mattone si conferma ancora una delle migliori

Toscana: compravendite residenziali

55.182

60mila

55.970

Il mercato immobiliare residenziale si è mantenuto su livelli sostenuti in Toscana fi no al 2006, anno in cui si è raggiunto il massimo con quasi 56.000 transazioni: dall’anno successivo è iniziato un rallentamento che, nel 2008 e 2009, si è trasformato in un vero e proprio tracollo, seguito nel 2010 da un modesto rimbalzo.

50mila

39.755

45mila 40mila

40.646

45.135

55mila

35mila 30mila 2006

2007

2008

2009

2010

corre poi valutare le segmentazioni del mercato che si articola in direzionale, commerciale, turistico ricettivo, produttivo, logistico; all’interno di queste fasce le prospettive si presentano in misura sicuramente non omogenea anche dal punto di vista territoriale, credo ad esempio che il completamento dell’Av ferroviaria e della rete della tramvia nell’area fiorentina potrebbe avere effetti positivi sul mercato direzionale, così come il completamento degli investimenti previsti sulla viabilità regionale e sulla portualità potrebbero avere ricadute positive sulla domanda di infrastrutture logistiche e produttive». Durante l’incontro “Il mercato immobiliare in Toscana” è emerso che sul territorio calano le vendite degli immobili ma reggono i prezzi e la Toscana è la terza regione italiana i cui comuni turistici presentano le quotazioni immobiliari più alte

pur con un volume delle compravendite in flessione. Grazie a quali strumenti il mercato riesce a mantenersi competitivo? «La sostanziale tenuta dei prezzi non è riferibile solo al mercato turistico ma è generalizzabile a tutto il mercato residenziale, pur con differenziazioni territoriali. Le motivazioni sono essenzialmente due, in primo luogo nel nostro Paese in generale e con riferimento al mercato abitativo, non si è verificato nell’ultimo decennio un fenomeno di “bolla immobiliare” paragonabile a quello registrato in altri paesi europei (Spagna, Portogallo, Gran Bretagna). In secondo luogo l’investimento immobiliare rappresenta ancora per le famiglie italiane una destinazione importante dei propri risparmi, questa scelta, che rappresenta uno dei punti di forza della nostra economia nell’affrontare la crisi finanziaria mondiale, ha con- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 267


XXQSQQDCQ MERCATO IMMOBILIARE

Il muro dei finanziamenti bancari A frenare il mercato immobiliare è il ruolo delle banche e, aggiunge Alessandro Gabriele: «Dal 2012 anche l’obbligo di Ace e Ipe nella pubblicità, un danno enorme per gli agenti» a crisi dell’industria delle costruzioni è esplosa a livello nazionale nel 2008 e si è accentuata nel biennio 2009- 2010, come testimoniano i dati sugli investimenti, scesi dai 116 miliardi di euro del 2008 a meno di 100 miliardi nel 2010. In Toscana, la stessa configurazione del ciclo si può riassumere nell’andamento del valore aggiunto che, dopo il picco del 2006, discende ininterrottamente dal 2007 senza segnali di ripresa nel biennio 2011-2012. «In questo momento, in assenza di una politica capace di ridare forza al mercato del finanziamento della casa, ora chiuso per la Toscana ma anche per tutto il Paese, le prospettive future sono incerte», dichiara Alessandro Gabriele, presidente della Federazione italiana mediatori agenti d’affari della Toscana.

L

Alessandro Gabriele, presidente di Fimaa Toscana

Quali variabili stanno influenzando il mercato immobiliare toscano?

«Il mercato oggi più che mai si muove in rapporto alle banche, ma è da sempre che l’andamento dei finanziamenti per l’industria, il commercio, la casa standard e soprattutto la prima casa, influenzano il suo andamento. Con la lira, il mercato subiva una influenza pari all’85-90% delle operazioni sulla prima casa tramite finanziamento, mentre con l’euro, e quindi l’aumento dei valori rispetto alla perdita di potenzialità economica delle singole famiglie, questo dato è ulteriormente cresciuto». Cosa compromette l’attività degli agenti immobiliari?

«Dal 1 gennaio 2012, oltre all’obbligo, che ritengo giusto, in atto della certificazione energetica dell’Ace e dell’Ipe, scatterà quello di indicazione nella pubblicità degli agenti immobiliari, compresi cartellini, giornali, portali immobiliari, della certificazione Ace e Ipe. La regione Lombardia sta già attuando sanzioni dai mille ai 5mila euro di multa per ogni immobile che ne risulta sprovvisto. Mentre per la Toscana, l’obbligo scatterà a gennaio anche se non sono ancora previste sanzioni. Ciò significa che ogni singolo proprietario, intenzionato a vendere un qualsiasi immobile - tranne le nuovi costruzioni che ne sono già provviste - è obbligato a presentare le due attestazioni, e quindi a spendere ulteriori soldi, altrimenti l’agente immobiliare rischia la sanzione. Così ci ritroviamo a fine anno con un balzello che sta creando una turbativa tremenda per il settore. Già è difficile avere le esclusive per le vendite, in più dobbiamo pressare i proprietari per il rispetto di questa obbligazione. È un danno enorme e io spero che la norma sia rivista». Come si risolleva il mercato?

«Sappiamo che la voglia d’acquisto della casa è sempre un desiderio forte nelle persone, sebbene chi vuole farlo si trova davanti al muro del sistema economico dei finanziamenti bancari. Consideriamo l’esempio di un cliente che va in banca a chiedere un finanziamento ma non è in grado di sapere se quella banca può in quel momento erogarlo o meno, di quali disponibilità e tempi dispone: il rischio è di girare due o tre banche con un numero maggiore di difficoltà». 268 • DOSSIER • TOSCANA 2011

tribuito anche negli ultimi anni ed in un quadro di crisi economica, a mantenere una certa stabilità ai prezzi. Se guardiamo all’andamento dei mercati finanziari negli ultimi 12 mesi e alle quotazioni di sofisticati strumenti finanziari, spesso dalla struttura incomprensibile, la scelta di chi ha investito nel mattone si conferma ancora una delle migliori». Più allarmante la situazione in provincia di Siena dove il settore, che rappresenta il 30% del Pil provinciale, ha perso negli ultimi tre anni il 26% delle aziende e 1.600 unità lavorative. Come intervenire? «La situazione di crisi è generalizzata a livello regionale e nazionale, non esistono più “isole felici”. Ance chiede in primo luogo il superamento dei vincoli del patto di stabilità, i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione stanno letteralmente uccidendo le aziende. Riteniamo che la Regione debba farsi carico di assicurare adeguate ricadute per le imprese locali, esigenza quest’ultima prevista anche dalla recente legge “norme per la tutela della libertà d’impresa” che espressamente prevede un adeguato coinvolgimento nella realizzazione di grandi infrastrutture delle piccole e medie imprese».



EDILIZIA

Il settore edile che punta sul restauro Tra alti e bassi, il comparto edile italiano cerca di recuperare credibilità puntando su alcune attività di grande rilievo come il restauro monumentale. Ne parla l’architetto Claudio de Santi Emanuela Caruso

ur rimanendo uno dei comparti più affascinanti del campo dell’edilizia, quella del restauro monumentale è un’attività che non tutte le aziende del settore sono in grado o vogliono sviluppare e portare avanti. La ragione di questa scelta è da ricercare in alcuni elementi che rendono il lavoro di restauro una vera e propria arte a cui è necessario dedicare pazienza, fondi e ricerca. Prima di affrontare un intervento di questo tipo, infatti, è fondamentale conoscere a fondo la storia del manufatto e del luogo in cui è inserito, e rilevare in modo accurato e dettagliato lo stato di conservazione o di degrado del monumento. In altre parole, ciò che bisogna fare prima di iniziare le varie operazioni di recupero è leggere l’edificio e le sue caratteristiche. Solo così è possibile studiare e ideare un progetto su misura dell’edificio e, soprattutto, un intervento in grado di non stravolgere l’anima del fabbricato preesi-

P

270 • DOSSIER • VENETO 2011

stente. Sono questi i fattori di cui deve tener conto la Iris Costruzioni di Firenze, che tra le tante attività in cui è specializzata annovera anche il restauro monumentale. «Nonostante in Italia le risorse dedicate al patrimonio storico-culturale siano da sempre insufficienti – spiega Claudio de Santi, fondatore e titolare dell’azienda –, abbiamo fatto del restauro uno dei punti forti della nostra attività. L’aspetto più interessante di tale

campo applicativo dell’edilizia è rappresentato dal fatto che, pur essendo caratterizzato da linee guida tecniche molto vincolate, restano compito dell’impresa la scelta del modo in cui intervenire e la gestione delle operazioni». Quali sono stati i principali cambiamenti cui la Iris Costruzioni ha assistito nel corso degli anni nel mondo del restauro? «I cambiamenti più significa-

Claudio de Santi, seduto, con il figlio Lorenzo, in piedi alle sue spalle, e parte del team della Iris Costruzioni. Nelle altre immagini, momenti di lavoro restaurativo e cantierizzazioni www.iriscostruzioni.it


Claudio de Santi

tivi riguardano in particolar modo i metodi applicativi del restauro, molto meno invece i materiali tipici di questi interventi. Infatti, se da un alto la base del restauro è data dall’utilizzo di materiali naturali e quindi già prestabiliti e non modificabili, dall’altro lato i modi di applicazione nelle varie opere provvisionali del cantiere permettono una maggiore libertà di movimento e di conseguenza si sono fortemente evoluti. Per tale ragione è necessario aggiornare e preparare il personale delle imprese edili attraverso specifici ed elaborati corsi di formazione». Cosa comporta oggi essere responsabile di un grande lavoro di restauro monumentale? «Avere la responsabilità di una grande opera di restauro monumentale significa innanzitutto essere accreditati, cioè essere in possesso di tutte le autorizzazioni burocratiche di

La Iris Costruzioni è impegnata sul fronte delle ristrutturazioni edili, dei risanamenti conservativi e dei restauri monumentali. Ma l’attività si concentra anche sulla manutenzione di fabbricati ed edifici privati

base, quali l’attestazione di qualifica per lavori pubblici Soa e l’Iso 9000. Ma vuol dire anche essere dotati di buona capacità aggiudicativa e di grande rispetto per tutte le persone coinvolte nell’intervento, dal proprio staff tecnico alla manodopera, dai direttori dei lavori allo storico dell’arte e al geologo. Peculiarità del restauro è infatti quella di avere una natura profondamente interdipendente. Infine, dover occuparsi di un restauro monumentale comporta un efficiente studio progettuale iniziale, il supporto di laboratori di ricerca e interessanti affinità con

le università coinvolte». Il restauro monumentale è però solo una delle attività svolte dalla Iris Costruzioni. Quali sono le altre e quale rappresenta il vostro core business? «La Iris Costruzioni, insieme alla consociata Impresa San Giovanni, opera anche nell’ambito della ristrutturazione edilizia, del risanamento conservativo, della manutenzione ordinaria e straordinaria dei fabbricati e del servizio di piccola manutenzione all’utente privato. Il core business dell’attività è rappresentato dalla ristrutturazione edilizia e dal re-

VENETO 2011 • DOSSIER • 271


EDILIZIA

stauro monumentale, operati-

vità specifiche a cui l’azienda è più adatta». Quali sono i principali mercati di riferimento della vostra azienda e su quali territori lavorate? «La nostra attività abbraccia svariati campi, da quello prettamente edile a quello elettrico e a quello idraulico. La Iris Costruzioni si rivolge in particolar modo al mercato toscano per piccoli, medi e grandi lavori, ma ci è capitato anche di operare in zone al di fuori della regione, ad esempio in Emilia Romagna, a fronte di grandi commesse in grado di farci rimanere in linea con il mercato e di non far lievitare troppo i costi di realizzazione». 272 • DOSSIER • VENETO 2011

I giochi al ribasso nelle gare d’appalto e gli scarsi incentivi e finanziamenti da parte del Governo e delle soprintendenze continuano ad agire a scapito del prodotto edile finale

In un momento di crisi economica e di impasse dell’edilizia come quello che sta vivendo il mercato odierno, quale valore aggiunto rappresenta per la Iris Costruzioni l’avere un’attività fortemente diversificata? «La diversificazione gioca un importante ruolo finanziario ed economico all’interno della nostra realtà aziendale, poiché ogni attività di cui ci occupiamo porta sempre nuovi sviluppi e nuove commesse, che vanno così a incrementare la forza della Iris Costruzioni. Inoltre, dover mantenere diversificata l’attività sprona a operare senza sosta anche a livello

interno, ovvero a migliorare con continuità l’organizzazione e la gestione dell’azienda, in modo da far fronte alle esigenze del mercato con prontezza e puntualità. In un periodo di crisi economica come quello in cui siamo caduti dal 2008, il poter contare su più specificità e il poter operare con clienti diversificati, ha permesso alla Iris Costruzioni di tenere bene il mercato e la posizione raggiunta nei precedenti anni di operato, perché non appena risentiamo di un calo del lavoro in uno dei rami della nostra at-


Claudio de Santi

tività, compensiamo la perdita accettando più commesse in un altro ambito. Questo non significa che non abbiamo sentito il colpo della recessione, ma solo che lavorando di più siamo riusciti a rimanere sul mercato con risultati abbastanza buoni». Nonostante in Italia esistano studi e progettualità molto dettagliate e di grande qualità, mancano però le capacità finanziarie applicative. E questo è solo uno dei punti critici del settore dell’edilizia. Può delineare un quadro generale del mercato in cui la Iris Costruzioni opera? «La situazione del settore edile è davvero critica, perché a fronte di innumerevoli problemi, le soluzioni adottate

sono sempre troppo poche. A tal proposito, gli impegni assunti dal Governo negli ultimi dieci anni sono stati vari e interessanti, ma la maggior parte è stata vanificata da una congiuntura internazionale molto negativa. In Italia, Nord e Sud, seppure con difficoltà diverse, sono protagonisti di un comparto edile che continua a essere stagnante. Tutto il CentroNord, e in particolare la Toscana, non riesce a far vivere le grandi aziende, che da qualche anno sono sempre le prime a fallire o a incappare in ostacoli insormontabili. Al Sud, invece, il problema principale è ancora rappresentato dalla scarsa e dubbia legalità delle commesse e delle acquisizioni. Parlando

poi di settore pubblico o privato, noi della Iris Costruzioni prediligiamo l’appalto privato, perché quello pubblico è ancora vittima di una competizione estrema e spesso di una progettazione non esemplare e di qualità. Purtroppo è ancora largamente in voga la tendenza a giocare al ribasso e né la legislazione né le normative riescono a evitare questa situazione, che come unico risultato ha quello di non garantire l’esito finale delle operazioni di lavoro, cioè l’edificio ricostruito o ristrutturato. Infine, un problema tipico degli ultimi anni è il rapporto asettico e sterile con le soprintendenze, che di certo non aiuta VENETO 2011 • DOSSIER • 273


EDILIZIA

100 ANNI DI STORIA Da quando venne fondata la prima azienda del gruppo oggi guidato dall’architetto Claudio de Santi e dal figlio Lorenzo sono passati ormai più di cento anni e si sono succedute ben cinque generazioni. A formare la forza imprenditoriale della famiglia de Santi e del gruppo societario sono, oltre alla Iris Costruzioni, l’Impresa edile San Giovanni, che, nata nel 1966, si occupa di ristrutturazioni, di opere stradali e della commercializzazione di immobili; la Ripa Brev, impegnata invece nella produzione e messa in commercio di pezzi speciali per la riparazione di acquedotti e gasdotti, nonché prima azienda a produrre l’innovativo e apprezzato giunto in tre pezzi; e l’Arcipelago, la Cota Quinta e la Chiusa di Rio, tutte aziende turistiche site sull’Isola d’Elba, territorio per cui da sempre Claudio de Santi nutre una grande passione, e specializzate nella ristrutturazione e apertura di residence

gli accreditamenti e le acquisi-

zioni». Su quali punti di forza o aspetti avete puntato per riuscire a contrastare l’impasse del mercato dell’edilizia? «Per restare in linea con il mercato e le sue esigenti richieste, che hanno continuato a presentarsi anche con la crisi e la stagnazione, ci siamo basati sull’unico principio che guida un’azienda seria e professionale, lavorare sempre di più e sempre meglio. Per farlo abbiamo cer-

274 • DOSSIER • VENETO 2011

cato di mantenere inalterato quanto fatto e raggiunto negli anni precedenti, sia a livello patrimoniale che a livello di esperienze e competenze acquisite e maturate. Abbiamo investito nell’aggiornamento tecnico, in quanto unica strategia per aumentare la qualità dei nostri servizi, e abbiamo dimostrato ai clienti e a noi stessi che la credibilità, la fiducia e l’affidabilità di cui godiamo non cambiano a seconda del periodo economico che ci troviamo a vivere

ma rimangono sempre le stesse. Sia la Iris Costruzioni che l’Impresa San Giovanni si sono quindi impegnate nel continuare a operare con cura e meticolosità e nel rispettare le richieste e le necessità del proprio bacino d’utenza». Nel corso degli anni avete portato avanti interessanti collaborazioni e partnership. Una di queste è quella con la Nocentini Group, un importante gruppo industriale con cui state operando sull’Isola d’Elba sia a livello di ristrutturazioni industriali sia per quanto riguarda la ricerca di acque termali nel Comune di Rio Marina. «La Nocentini Group è un’azienda leader del settore del commercio alimentare. Per loro siamo riusciti a realizzare in un anno un nuovo discount, un fast food e svariate altre ristrutturazioni. La sinergia che si è instaurata da subito tra la Iris Costruzioni e la Nocentini Group è dovuta a una comunione d’intenti e a una medesima visione imprenditoriale. Dall’anno scorso, sempre insieme, abbiamo intrapreso una scommessa importante per l’Isola d’Elba: la ricerca di acque termali a Rio Marina. Gli esiti finora accertati hanno dato risultanti molto positivi, in quanto è stata ritrovata un’importante falda di acqua calda termale a 42°, di cui si stanno già studiando gli effetti medicali».



EDILIZIA

Criticità e prospettive del settore edile Puntare sulla qualità del costruito impone di concentrarsi sui veri obiettivi dell’edilizia, ovvero ecosostenibilità ed edifici a misura d’uomo. L’analisi di Moreno Paolo Torri Emanuela Caruso ualche anno fa, nel comune di Calenzano, situato tra Firenze e Prato, sono iniziati i lavori di costruzione di un impianto a biomasse destinato alla produzione di energia elettrica ed energia termica per il riscaldamento e il condizionamento degli edifici del paese. L’impianto, che utilizza il cippato prodotto da un mix di tipologie di specie arboree e vegetali di cui la zona è estremamente ricca, assume quindi la funzione di micro-cogeneratore e

Q

Moreno Paolo Torri, amministratore della Baitor Spa di Prato www.baitor.it

278 • DOSSIER • TOSCANA 2011

teleriscaldamento civile. Se da subito è andato a fornire solo le abitazioni e le attività commerciali di Calenzano, è stato verso la fine del mese di novembre di quest’anno che il teleriscaldamento è stato allacciato anche al palazzo municipale, agli uffici comunali e alle varie scuole. I vantaggi che si possono trarre da un impianto del genere sono molti, ad esempio meno caldaie nelle case e costi minori per gli utenti, anche se il beneficio maggiore resta quello di carattere ambientale, notevoli riduzioni delle emissioni nell’atmosfera e mantenimento dei boschi e delle campagne. A sfruttare in pieno le potenzialità del teleriscaldamento è stata anche l’impresa edile Baitor Spa di Prato, che proprio a Calenzano sta completando un edificio che è stato progettato con l’obiettivo di conseguire la certificazione energetica in classe A, «risultato che pensiamo di raggiungere anche con il contributo di un sistema di riscaldamento a pavimento– spiega Moreno Paolo Torri, amministratore dell’azienda –, collegato in modo diretto all’impianto a biomasse del Comune». Quali altri progetti interes-

santi sono stati sviluppati nell’area di Calenzano? «L’obiettivo della Baitor è sempre stato quello di realizzare una edilizia residenziale di qualità ed a misura d’uomo, e questo è quanto ci ha portato a costruire, sempre nel Comune di Calenzano ed assieme ad altri partner che hanno condiviso con noi obiettivi e scelte, un complesso residenziale che abbiamo seguito dalla progettazione alla fase esecutiva. È composto da circa 140 appartamenti, sviluppato con soluzioni progettuali e di impiantistica all’avanguardia e, nonostante sia a soli 150 metri dal centro della città, è posizionato lungo un interessante corso d’acqua e inserito in un contesto con molte piste ciclabili e molto verde». Come si sviluppano le acquisizioni delle commesse o delle aree edificabili? «Occupandoci in prevalenza di edilizia residenziale e meno di quella industriale e commerciale, il più delle volte cerchiamo e individuiamo da soli l’area e la zona su cui poter costruire, seguiamo la progettazione dell’edificio o del complesso di abitazioni, costruiamo


Moreno Paolo Torri

Per far fronte alla crisi del mercato edile, la Baitor ha allargato l’attività al settore pubblico e ha deciso di puntare sulla qualità delle zone edificabili

il tutto e infine lo commercializziamo. In questo modo aiutiamo anche la clientela interessata alla realizzazione e all’acquisto a orientarsi in mezzo a tanti e diversi aspetti che un’operazione immobiliare comporta». L’attività della Baitor prevede di operare anche con il settore pubblico? «Sì, soprattutto in questi anni di crisi economica abbiamo cercato di ampliare le nostre possibilità lavorative rivolgendoci anche al settore pubblico. Questa scelta ha comportato l’esigenza di dovere richiedere tutte le certificazioni necessarie per potere, appunto, partecipare alle gare pubbliche. Pertanto abbiamo richiesto e ottenuto tutte le certificazioni necessarie, da quella per la Gestione Qualità Iso 9001, a quella per la Gestione Ambientale 14001, all’attestazione Soa categoria Og1».

Come ha reagito la Baitor alla situazione di grande impasse del mercato edile causata dalla crisi economica degli ultimi anni? «Oltre ad allargare il fronte della committenza, accettando commesse dal settore pubblico, abbiamo preso la decisione di smettere di realizzare edifici con un numero elevato di appartamenti, per concentrarci su costruzioni medio-piccole e inserite in contesti particolari. In altre parole, abbiamo deciso di puntare maggiormente alla qualità, occupandoci di un’edilizia di pregio in luoghi con una certa valenza dal punto di vista ambientale. Attualmente stiamo completando due progettazioni per due lottizzazioni proprio di questo genere, e di cui una interessa la nostra vallata». Quali sono le maggiori problematiche del mercato edile attuale?

«I problemi del nostro settore sono tanti e molti si sono accentuati con l’avvento del duro periodo economico. Uno dei principali, che però non è collegato alla situazione contingente, riguarda il modo con cui si può accedere a questo mestiere. Infatti, oggi, all’imprenditore edile non è richiesto nessun requisito particolare, nessuna preparazione, se non semplicemente l’iscrizione della ditta alla Camera di Commercio. La conseguenza è una scarsa professionalità che potrebbe incidere negativamente sul modo di costruire, ovvero, qualità del prodotto, sicurezza sui luoghi di lavoro, gestione delle maestranze, eccetera. Quanto sopra richiederebbe più attenzione e tutela da parte delle istituzioni ed anche di maggiori controlli. Oggi, sarebbe necessario ridisciplinare l’intero settore edile». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 279


Il rilancio parte dalle grandi opere Sul progresso non si risparmia. Anche a dispetto della profonda crisi che sta investendo il settore dell’edilizia, l’Italia ha un solo obiettivo: adeguarsi alle esigenze dei cittadini. La Mugello Lavori accetta la sfida delle infrastrutture Matteo Fiorino

In queste pagine, immagini di cantieri in corso d’opera della Mugello Lavori Spa Costruzioni Generali con sede a Barberino di Mugello (FI) www.mugellolavori.it

280 • DOSSIER • TOSCANA 2011

tando al Rapporto dell’Osservatorio Ance, tutti i comparti del settore delle costruzioni, a partire dalla produzione di nuove case, hanno registrato un ribasso pari a poco più del 40%. L’unico settore che può ancora contare, da una parte, sulle casse dello Stato, dall’altra, sul soccorso delle banche è quello delle grandi opere che deve rispondere alle esigenze di un paese industrializzato. Per la realizzazione di grandi progetti, la carta vincente è ancora una volta quella di un pacchetto di servizi che risolva tutte le problematiche nella gestione degli appalti e che non lasci al caso nessuna contingenza esecutiva. La Mugello Lavori Spa, garantisce al cliente la soluzione chiavi in mano nella gestione

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del complesso sistema di progettazione di una nuova opera o nella sua ristrutturazione. Come ci illustra il geometra Stefano Cianti, «A nostro avviso è fondamentale avere una struttura dinamica. Il mercato necessita di risposte competitive in termini economici e soprattutto qualitativi, la nostra forza imprenditoriale viene costantemente alimentata con le grandi sinergie delle nostre risorse umane. Inoltre l’azienda è guidata da un team management di nuova generazione pronto a confrontarsi con le sfide di un mercato sempre più tecnologicamente avanzato». General contractor nel settore delle costruzioni generali e grandi opere, da diversi anni si è attestata come partner di sicura affidabilità aziendale sia in termini di assistenza glo-


Stefano Cianti

bale che di qualità nella realizzazione edilizia. «L’impresa, certificata Iso 9001:2008 e Ohsas 18001:2007, è in grado di acquisire una commessa dai preliminari, gestirla nella fase complessa degli appalti, nell’impiantistica dei cantieri, negli scavi, nelle costruzioni in getto e prefabbricate, fino alle complesse opere di impiantistica civile ed industriale. L’esperienza nella realizzazione di immobili ad uso commerciale, direzionale e industriale, attestata dalla consolidata collaborazione con utenti pubblici e privati, ci posiziona come partner in grado di fornire una consulenza completa a tutti i propri interlocutori». Ma alla base del successo dell’azienda vi sono anche le sinergie collaborative, come quella con Toscana Cave, leader nell’estrazione di materiali

inerti calcarei. «Le sinergie collaborative con Toscana Cave sono volte a creare un ciclo completo della catena cinematica del nostro settore. In una realtà come quella del Mugello, che ci vede operativi da decenni, i minerali sono alla base delle progettazioni per l’edilizia. La materia prima sarà sempre un punto di partenza importante per un progetto che ha bisogno di certezze». Un’azienda, la Mugello Lavori, che nel corso degli anni si è strutturata in modo organico, in modo da rispondere alle esigenze di un mercato sempre più esigente e articolato. La struttura del Cda è snella e flessibile ma adeguata nello stesso tempo a gestire tutte le attività dalla fase di offerta sino alla consegna al cliente finale. Le grandi commesse sono poi uno stimolo ad approntare soluzioni sempre più capaci

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Le sinergie collaborative con Toscana Cave sono volte a creare un ciclo completo della catena cinematica del nostro settore

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di prevedere quali saranno le future esigenze degli utenti di un’infrastruttura: «Sperimentiamo soluzioni tecnicocostruttive per realizzare il massimo del comfort unendole all’alto standard qualitativo nella realizzazione dell’immobile. Pensiamo all’economia italiana come una sorta di work in progress nel quale siamo tutti attori. Continueremo a credere nel nostro lavoro, nelle risorse umane e soprattutto non smettere mai di perfezionarci ed adeguarci ad un sistema che ha necessità di aggiornamenti continui e intensi». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 281


EDILIZIA

Progettare un nuovo volto per il tessuto urbano Le aziende che si occupano di edilizia devono far fronte non solo alla crisi ma alle nuove esigenze dei tessuti urbani. Il punto di Valter Cianfrocca, titolare dell’Angelica Costruzioni Antonella Chirico

li agglomerati urbani sono caratterizzati da un insieme non omogeneo di nuovi e funzionali edifici e case vecchie e fatiscenti. Molti immobili presentano delle caratteristiche inadeguate perché sono nati in periodi storici economicamente svantaggiati e tecnicamente arretrati. Attraverso le conoscenze e le tecniche ingegneristiche attuali, i soggetti coinvolti nella sistemazione del tessuto urbano, stanno attivando nuove strategie per donare moderni volti alle bellissime città italiane. Ci si muove su diversi fronti: da un lato c’è un piano edilizio che parte da zero e prevede la costruzione ex-novo di palazzi e abitazioni, dall’altro c’è invece una messa a norma e un conseguente abbellimento di case già esistenti. Fra gli esperti di ristrutturazioni, Valter Cianfrocca, Legale Rappresentante della Angelica Costruzioni Srl di Cortona, fa il punto sulla provincia di Arezzo.

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Cosa vuol dire per lei realizzare un immobile? «Delimitare gli spazi, dar loro esistenza. Ci occupiamo di realizzazione di edifici residenziali e non, sappiamo che ogni mattone che acquistiamo, ogni progetto che va-

lutiamo, ha un unico fine ovvero quello di “accogliere” la vita delle persone. Quando lavora, quando rientra a casa dalla propria famiglia, un soggetto deve sentirsi appagato, e il luogo in cui questo avviene ha un ruolo importante».


Valter Cianfrocca

Quali caratteristiche deve avere l’immobile? «Gli immobili devono essere sicuri ed efficienti innanzitutto. Devono poter rispondere ai bisogni quotidiani. Se si tratta di un’abitazione residenziale questa deve essere accogliente, solida, ben illuminata, tanto per citare qualche attributo. Se invece si parla di un edificio adibito per svolgere un attività lavorativa, deve possedere grandi spazi, deve essere facilmente raggiungibile e rispettare parametri standard di funzionalità. Ovviamente la lista delle caratteristiche, in entrambi i casi sarebbe infinita, ma la cosa essenziale è sempre la stessa: capire e plasmare le idee di chi richiede il nostro intervento». Come vi approcciate alla ristrutturazione? «Il tempo porta con sé il decadere, il mutare e l’usura degli immobili. L’Angelica Costruzioni si fa carico delle necessità dei clienti e riporta al primitivo splendore alla precedente nitidezza, l’antica funzionalità. Tutto, cercando di alzare il livello di qualità del bene sul

quale l’azienda è chiamata ad intervenire. Per conseguire tali risultati sono essenziali determinate competenze: capacità di progettare, attenzione nell’assemblare l’operato dei collaboratori e creatività nell’articolare le soluzioni». Il suo operato è apprezzato dalla comunità aretina? «Ho avuto l’estremo piacere di ricevere nel 2005 il premio Italia che lavora Edizione Speciale Uomini e Aziende, e nel 2006 il riconoscimento Artefici Cristiani del mondo del lavoro. Sono contento che la comunità valuti positivamente il mio operato anche perché io sono molto legato ad essa, ne è prova il fatto che fino a qualche mese fa ero uno dei dirigenti della Cortona Volley. Spirito di collaborazione, passione e determinazione sono caratteristiche che mi hanno sempre contraddistinto e che oggi vengono portate sul campo dalla mia azienda». A questo proposito sottolineerei il suo impegno per un intervento molto importante in Congo. «Ho fondato una Onlus per il recupero dei bambini soldato in Congo. Il progetto ha previsto l’acquisto di un terreno sul quale abbiamo iniziato la costruzione di un villaggio che accoglie i bambini, orfani e in difficoltà, ed è dotato di laboratori, nei quali i bimbi possono imparare diverse attività, dormitori e mense». In conclusione, può fare

un bilancio dell’ultimo biennio caratterizzato da una crisi economica molto rilevante? «Ogni gruppo, giovane o storico che sia, ha dovuto affrontare questi anni con forza e coraggio. Dal 2008 in poi c’è stato un calo che ha colpito ogni settore industriale, non poter investire denaro in nessun comparto ha portato la conseguente stasi economica. Oggi guardiamo al 2012 con la speranza che il buono fatto in questi anni, e i sacrifici necessari degli ultimi due, possano donare alla Angelica Costruzioni Srl un terreno fermo su cui costruire un produttivo futuro».

Valter Cianfrocca, titolare dell’Angelica Costruzioni di Camucia di Cortona (AR) langelicacostruzioni@live.it

TOSCANA 2011 • DOSSIER • 283


MATERIALI

Il marmo italiano conquista il mercato internazionale Il grande pregio del marmo italiano e delle sue lavorazioni è riconosciuto da tutto il mondo da tempo immemore. Oggi, dopo un duro colpo inflitto dalla crisi, il mercato è di nuovo in crescita e l’export la fa da padrone. Il punto di Aldo Papasogli Tacca Emanuela Caruso

l settore del marmo italiano sembra essersi finalmente e definitivamente lasciato alle spalle il difficile biennio 2008/2009, ottenendo risultati addirittura migliori dell’anno scorso. Questo è quanto emerge dai dati elaborati dall’Osservatorio Marmomacc su fonte Istat relativi all’export/import di marmi e graniti finiti e semilavorati, grezzi con calcare, pietra da gesso, creta, ardesia e scaglie. Nei soli primi quattro mesi del 2011, infatti, le esportazioni complessive sono aumentate dell’8,1% rispetto a quelle dell’anno precedente, mentre le importazioni si sono attestate su un buon +7% rispetto al 2010. Trend positivo che è continuato nel corso di tutto l’anno e che ha contribuito all’ottimo andamento economico di molte aziende del settore. Lo sa bene la Carbonati Apuani, sita a Massa Carrara e prima impresa italiana a occuparsi in modo industriale della lavorazione delle scaglie, ovvero dei detriti e degli scarti derivati

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dalle escavazioni del marmo. «La maggior parte dei nostri prodotti – commenta Aldo Papasogli Tacca, che insieme al figlio Bernardino gestisce l’attività – è destinata all’export che, grazie all’apertura di mercati sempre più vasti nell’Unione Europea e nel bacino del Mediterraneo, rappresenta oltre il 50% del fatturato aziendale». Che cosa produce la Carbonati Apuani e quali fasi salienti segnano il vostro ciclo produttivo? «La nostra azienda realizza prodotti di nicchia quali granulati, polveri e microgranulati, destinati ai mercati europeo e nordafricano e ai settori dei rivestimenti murali, come intonaci e vernici, del vetro, delle colle per l’edilizia, fino ad arrivare ai terrazzo tyles. Il ciclo produttivo della lavorazione delle scaglie si compone di tre fasi principali: la frantumazione delle scaglie di marmo, la riduzione mirata, cioè adatta alle esigenze dei clienti, della granulometria, e la classificazione del materiale nelle diverse tipologie di pro-

dotti». Quali sono stati i principali cambiamenti vissuti dal mercato di riferimento dal 1948, anno di nascita dell’azienda di famiglia poi rinominata Carbonati Apuani, ad oggi e come si sono evolute le dinamiche di domanda-offerta? «Il cambiamento più evidente che abbiamo notato in oltre ses-

Sopra, una fase di lavorazione delle scaglie di marmo


Aldo Papasogli

Da sinistra, Aldo e Bernardino Papasogli Tacca della Carbonati Apuani di Avenza Carrara (MS) carbonati.apuani@tin.it

Il 50% del fatturato è dovuto all’esportazione verso i Paesi europei e nord-africani, e presto le nostre scaglie arriveranno nell’Est Europa e Medio Oriente

sant’anni di attività in questo settore è stato il progressivo aumento dell’attenzione alla qualità nel mercato dei granulati e delle polveri a granulometria controllata. Questo fattore ha spostato il focus del commercio e della nostra società verso una maggior capacità di capire e soddisfare le reali esigenze e richieste del mercato. Soprattutto negli ultimi vent’anni, si sono allineate a questo modo di operare e condurre il proprio lavoro molte imprese italiane ed estere e anche varie multinazionali, tutte spinte da un forte e costante incremento della domanda». In che modo la tecnologia influisce sulla lavorazione delle scaglie e come si misura la qualità del prodotto finito? «Le macchine automatizzate d’alto valore tecnologico rappresentano un aspetto importante in particolar modo durante il processo di classificazione del materiale. Negli ultimi decenni, sono stati fatti grandi passi avanti in questo senso e oggi le tecnologie di vagliatura sono il metodo mi-

gliore per garantire efficacia e precisione in fase di selezione del materiale per i diversi prodotti. Per quanto riguarda la qualità dei nostri granulati e delle nostre polveri, viene misurata attraverso la granulometria e il grado di bianchezza, in assoluto le caratteristiche più importanti per il mercato. La Carbonati Apuani tiene questi parametri sotto stretto monitoraggio quotidiano, grazie a una gestione e organizzazione dell’attività che sempre più mira alla qualità e all’attualizzazione della mission aziendale». In termini di produzione, innovazione, ricerca e investimenti strategici, quali progetti avete in serbo per il futuro e verso quali nuove “rotte” state puntando per proseguire nell’opera di internazionalizzazione? «Innovazione e miglioramento continuo rappresentano da sempre un impegno concreto e centrale, poiché indispensabili al fine di mantenere il livello competitivo raggiunto e la qualità dei prodotti. L’obiettivo principale che cercheremo di portare a termine nell’immediato futuro è quello di rafforzare la posizione della Carbonati Apuani presso i mercati di maggior interesse e lo faremo attraverso una fidelizzazione sempre crescente e affidabile con i clienti, soliti e nuovi. Le nuove frontiere che ci auguriamo di raggiungere sono l’Est Europa e il Medio Oriente». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 285


INTERNI

Nel cuore della tradizione artigiana Da un’approfondita conoscenza del ferro e delle possibilità offerte da questo metallo prendono vita lampadari unici, creati nel rispetto della più pura tradizione artigianale italiana. L’esperienza di Andrea Mechini Diego Bandini

artigianalità come valore sul quale fondare la propria produzione, con l’obiettivo di realizzare articoli di assoluta qualità, pezzi unici capaci di conferire eleganza e fascino agli ambienti . È questa la mission della Mechini, azienda fiorentina specializzata nella creazione di lampadari e complementi d’arredo, che con la sua attività creativa contribuisce a difendere e valorizzare il made in Italy nel mondo da oltre quarant’anni. «Abbiamo iniziato nel 1970, e ancora oggi costruiamo i nostri lampadari in maniera artigianale, uno per uno, curandone ogni minimo particolare», afferma il titolare dell’azienda, Andrea Mechini. Il messaggio trasmesso dall’azienda è molto bello e particoAndrea Mechini, titolare della Mechini Srl di Firenze www.mechini.com larmente interessante,

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in quanto lega il valore dell’artigianalità direttamente alla qualità del prodotto finale. In che modo oggi riuscite ad accordare questi aspetti con le richieste di un mercato che sempre più spesso tende a imporre tempi di produzione molto ristretti? «Chi si rivolge a noi è pienamente consapevole del fatto che, per ottenere un prodotto di valore come quello che proponiamo, sono necessarie accurate lavorazioni, che richiedono tempistiche certamente non paragonabili a quelle proposte da chi realizza articoli in serie. Mediamente, infatti, per ricevere un nostro lampadario occorrono almeno sessanta giorni, ma credo che alla fine il risultato possa ripagare ampiamente dell’attesa». Come è nata l’idea di specializzarvi proprio in queste lavorazioni così particolari? «Ci piace poter offrire ai nostri clienti quello che loro desiderano, accompagnandoli e affiancandoli nella scelta migliore, sulla base delle loro specifiche richieste ed esigenze. Gli effetti cromatici e ornamentali assolutamente originali dei nostri lampadari, ad esempio, sono il risultato di una sapiente decorazione eseguita esclusivamente a mano, da laccatrici esperte nell’uso delle tempere, della foglia d’oro e d’argento, capaci di unire gli Strass di Swarovski oppure il vetro di Murano alle


Andrea Mechini

creazioni in ferro battuto». Firenze è sinonimo di arte e cultura. Crede che il fatto di vivere all’interno di questa particolare atmosfera abbia, almeno in parte, influenzato la vostra attività? «Credo sia impossibile per chi vive in questa città, rimanere indifferenti a passati ma non svaniti venti di rinascimento, profumi lievi ma precisi di arte in ogni suo aspetto, che ancora oggi rappresentano un patrimonio di inestimabile valore per la comunità». Quali sono, attualmente, i principali mercati di riferimento per Mechini? «La continua ricerca della perfezione artigianale ha permesso alla Mechini di imporsi all’attenzione dei mercati di tutto il mondo, anche se chiaramente adesso alcuni Paesi si stanno dimostrando più “ricettivi” rispetto ad altri. Ci rivolgiamo a tutti coloro che cercano qualcosa di particolare, qualcosa che solo Mechini è in grado di offrire, ma che l’utente ha la possibilità di personalizzare con un suo tocco, una sua sfumatura, che permetta di rendere ogni lampadario un pezzo inimitabile. Il valore aggiunto delle nostre produzioni è infatti costituito dalla possibilità di realizzare lampadari in esclusiva, sulla base di idee o disegni persona-

lizzati, e di eseguire modifiche alle dimensioni e ai colori di tutti gli articoli di normale produzione». Considerato che il vostro è un prodotto piuttosto di nicchia e unico nel suo genere, è possibile affermare che la crisi non si è fatta troppo sentire nel vostro settore? «Mi piacerebbe, ma purtroppo non è cosi. Anche per noi, infatti, il 2010 ha fatto registrare una significativa flessione dell’attività, dovuta a una situazione di incertezza economico-finanziaria che sembra non trovare soluzione. Tuttavia crediamo fortemente che esistano le potenzialità per ripartire al più presto, e in questo senso i risultati conseguiti dall’azienda nel corso del 2011 ci inducono a una visione ottimistica del futuro». A questo proposito, avete in mente qualche particolare progetto da proporre nei prossimi mesi? «Siamo continuamente alla ricerca di nuove soluzioni. Tutti i giorni cerchiamo di sviluppare nuove idee, ma sempre rimanendo fedeli alla nostra alla nostra filosofia, perché credo che per armonizzare tra loro materiali così particolari sia indispensabile non soltanto tanta fantasia, ma anche un pizzico di “follia”». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 287




TURISMO

Emergenti in arrivo L’attività dell’Enit si sta concentrando oggi sulla promozione dell’Italia in favore dei paesi dell’area Bric che, come spiega il direttore generale Paolo Rubini, «rappresentano il futuro della nostra industria turistica» Riccardo Casini

on dimentichiamolo, il profilo turistico italiano è unico». In un clima che Roberto Corbella definisce «impazzito» è necessario ripartire da verità già note. Il presidente dell’associazione che raggruppa i tour operator italiani aderenti a Confindustria non teme il rischio di ripetersi affermando che le destinazioni preferite dai turisti stranieri sono, come sempre, le città d’arte. «La torre di Pisa, il campanile di Giotto, il Vaticano e tutto l’insieme di bellezze naturali, da Portofino alle Dolomiti, sono punti fermi che non temono concorrenze», cosa che invece non si può dire del prodotto mare, «interessante

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Paolo Rubini, direttore generale dell’Enit

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ma “fungibile”, per farlo funzionare bisogna o alzare il livello o puntare su chi vive nelle vicinanze, in modo che venga attratto dall’abbattimento dei costi di viaggio». Ricordare che le nostre città d’arte rappresentano quasi il 60% delle offerte vendute dai tour operator significa, quindi, puntare l’attenzione su ciò che contengono: gli eventi, le feste tradizionali, le manifestazioni culturali, le mostre d’arte, in una parola tutto ciò che fa scattare la molla al turista. L’Italia può contare, forse più di altri paesi, su un particolare tipo di offerta complementare legata al fermento culturale. Ma i tour operator riescono cogliere queste opportunità? «Sostengo da tempo che il viaggio motivazionale sarà sempre di più la tipologia prescelta. Per cogliere appieno questo fenomeno dobbiamo lavorare sulla pianificazione con maggiore anticipo. Chi è all’estero programma le partenze a lungo termine, quindi gioverebbe avere un calendario strutturato. Poi

bisognerebbe mettere a sistema tutte le offerte, non deve essere il turista a cercare gli eventi, ma devono essere questi ad andare incontro a un consumatore “segmentato” in base agli interessi. Oggi, non a caso, esiste la “profilazione” dei clienti: se, ad esempio, c’è un turista che ama la musica lirica bisogna informalo sulle varie proposte». Quali sono le manifestazioni che riscuoto più successo? «Tra tutti c’è il Carnevale di Venezia, un classico molto gettonato. Esistono una miriade di eventi e festival sparsi in tutta Italia che, sia per l’incapacità di accogliere un numero elevato di visitatori, sia perché sono sottodatati non riescono a fungere da richiamo: su questi bisogna lavorare. Un discorso a parte va fatto sull’offerta dei musei: non tutti, infatti, sono strutturati in maniera efficiente. Un museo deve essere visitabile anche dai non addetti ai lavori, fruibile dai bambini, dotato di spazi per fare un break, come una caffetteria e, perché no, elastico negli orari soprattutto d’estate, periodo in cui sarebbero opportune le aperture serali. Insomma, il sistema museale deve


XxxxxxxPaolo Xxxxxxxxxxx Rubini

dotarsi di una logica di marketing più spinta». Per l’Enit, il futuro dell’industria turistica è rappresentato dai paesi Bric. Cosa c’è in atto? «I paesi che stanno attraversando un forte sviluppo economico hanno desiderio di vedere e scoprire il mondo. Non è un fenomeno nuovo, pensiamo alle vacanze italiane negli anni del boom. Anche in questo caso bisogna muoversi con intelligenza: non ha senso che le singole Regioni vadano all’estero a promuoversi autonomamente. Nessuno verrà mai dalla Cina per visitare una piccola porzione del nostro paese, l’Italia è solo un assaggio di un più ampio viaggio verso l’Europa, quindi serve un’azione coordinata per

evitare inutili sprechi». Cosa si augura venga fatto al più presto? «A marzo scorso l’Enit ha formato il nuovo consiglio di amministrazione e solo a breve ci sarà la prima vera riunione, rimandata a lungo per via di questioni burocratiche. Trovo che queste perdite di tempo siano lussi che paghiamo a caro prezzo. Detto questo, mi auguro che le Regioni riescano a coordinare le politiche di promozione e che venga seguito un piano “scientifico”, fatto da professionisti, in modo che vengano ottimizzate le risorse». Dall’inizio dell’anno a oggi le vendite sul web sono cresciute del 20% e, anche grazie a realtà come Groupon, l’offerta turistica gioca un ruolo

di primo piano. Come si stanno comportando i tour operator di fronte a questi scenari? «Un fenomeno del genere va guardato con molta attenzione, senza averne paura. Groupon ha il merito di richiamare l’attenzione del consumatore e, per ora, non ci sono problemi di concorrenza perché propone prodotti meno complessi, che di norma non richiedono la mediazione del tour operator».

Sopra, la folla davanti all’entrata di “Italia comes to you” a Mosca

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TURISMO

Turismo in ripresa Flavia Maria Coccia, direttore operativo dell’Isnart, analizza i dati del primo semestre: arrivi e presenze in aumento, con il contributo dei turisti stranieri. «Merito anche – dice – delle crisi nel Nord Africa» Riccardo Casini l turismo nel Bel Paese è in ripresa. Questo almeno stando ai dati dell’Isnart, secondo cui nel primo semestre del 2011 i flussi registrati negli esercizi ricettivi hanno evidenziato un significativo aumento della domanda italiana e straniera rispetto allo stesso periodo del 2010: un aumento pari all’8,3% di arrivi (+2,2% italiani e +6,5% stranieri) e al 6,5% di presenze, dovuto in questo caso interamente agli stranieri. Contemporaneamente le imprese ricettive italiane hanno mostrato una certa stabilità sul fronte delle vendite, chiudendo però il semestre con un segno positivo grazie in particolare ai dati di giugno (+2,9%), come conferma Flavia Maria Coccia, direttore operativo dell’Istituto nazionale ricerche turistiche. «I segnali di ripresa – prosegue – non sono mancati neanche successivamente, con un’occupazione di camere pari al 63,6% in luglio e al 74,4% in agosto, a fronte rispettivamente del 60% e del 69% registrati nel 2010: nonostante non si tratti ancora di piena occupazione, possiamo dire di aver ripreso fiato, anche se è presto per pensare di essere

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usciti dal tunnel. Di certo abbiamo beneficiato degli scenari di crisi e di guerra, in particolare nel Nord Africa, che ci hanno consentito di riconquistare quote di mercato internazionale». Ma quali prodotti e settori hanno fatto registrare le migliori performance? «Il turismo balneare si conferma il più importante, soprattutto grazie ai nostri connazionali, mentre le destinazioni di campagna sono in forte crescita, in questo caso grazie anche al turismo internazionale. Pure i laghi hanno mostrato buoni segnali, sia per l’afflusso dall’estero che per un ritorno del turismo italiano che in passato aveva mostrato una certa disaffezione nei loro confronti». La vostra indagine sui comportamenti turistici degli italiani rileva anche come la durata media di un viaggio nel Paese si sia però ridotta di quasi mezza giornata rispetto al primo semestre 2010. «Il dato del primo semestre relativo alla durata è stato parzialmente smentito dall’estate, dove i numeri hanno sostanzialmente ricalcato quelli del 2010. Di certo il turismo italiano è quello ancora maggiormente in crisi,

come dimostrano il calo dei viaggi all’estero e la diminuzione percentuale di chi ha effettuato un doppio viaggio, in Italia e fuori: ovviamente qui a incidere sono le difficoltà economiche e le esigenze di risparmio». La maggioranza degli italiani infatti ha optato per le città d’arte (32,1%): si tratta delle mete privilegiate per il

Sopra Flavia Maria Coccia, direttore operativo dell’Istituto nazionale ricerche turistiche


Flavia Maria Coccia

cosiddetto turismo “mordi e fuggi”? «Si tratta in effetti di mete ideali non tanto per il “mordi e fuggi” da mattina a sera, quanto per quello del weekend. Anche in questo caso la contrazione delle spese ha favorito viaggi più corti, ma del resto ormai in tutto il mondo le città si vendono soprattutto nella modalità del cosiddetto “short city break”: per noi è un’evoluzione positiva del mercato, anche se nel campo del turismo culturale la maggior parte degli italiani resta maggiormente attratta dalle città estere, come Parigi, Barcellona e, ultimamente, Berlino e Monaco». Il 2010 è stato anche definito l’anno del turismo di nicchia e delle vacanze alla ricerca del gusto. Il trend sta proseguendo nel 2011?

«Il trend sta indubbiamente proseguendo, in particolare per quanto riguarda il turismo enogastronomico: se fino a poco tempo fa non era nemmeno considerato un prodotto turistico, oggi i soggiorni degli italiani con motivazioni di questo tipo sono raddoppiati, passando dall’1,8% del 2009 al 3,8% dello scorso anno. Un’altra nicchia che sta crescendo è poi quella del turismo termale, incentrato oggi più sul benessere che sulle cure. C’è infine, come detto prima, il turismo-natura, che ha coinvolto italiani ma anche stranieri: segno che, quando l’offerta è di buona qualità, riesce a convincere tutti». Quest’anno l’Italia ha festeggiato i 150 anni di Unità nazionale. Quale contributo hanno dato al turismo le varie celebrazioni in programma? «I dati definitivi in nostro possesso riguardano finora solamente il weekend del 17 marzo, che ha fatto registrare un picco di 3,5 milioni di partenze, ovvero il 44% del dato mensile complessivo. Tra l’altro, la quasi totalità di queste partenze ha avuto come destinazione mete italiane; sembra insomma che la crisi ci abbia portato proprio quest’anno a riscoprire il nostro Paese, con il quale abbiamo da sempre un rapporto difficile». Quali sono invece le tendenze attuali del turismo internazionale? «Il primo semestre ha fatto registrare una crescita complessiva del 3,5%, con punte del 38% dall’Australia, dell’84%

dal Messico e dell’86% dalla Cina. Come detto, stiamo godendo della momentanea assenza dal mercato delle destinazioni africane, che attirano indubbiamente molto gli stranieri. Ora speriamo di proseguire nel consolidamento: in questo può aiutarci l’incredibile capacità che abbiamo di fidelizzare il turista, come dimostra l’elevata percentuale (40%) di turisti “fedeli” sul totale della clientela degli alberghi». Quali sono oggi i prodotti più appetibili per i turisti stranieri? Che momento vive il turismo balneare? «In generale il comparto vacanziero, a differenza di quello degli affari che ha risentito della congiuntura economica, si è comportato bene in tutti i settori. Per quanto riguarda il balneare, solo alcune destinazioni come Puglia e Sicilia hanno lavorato bene attirando anche turisti internazionali; la maggior parte invece è ancora legata a un balneare tradizionale, caratterizzato da aperture per due mesi l’anno e poca animazione, che resta stabile ma corre il rischio di perdere terreno quando rientreranno in gioco le destinazioni africane. Occorre maggiore propositività, sfruttando anche risorse, come cultura o enogastronomia, che possono compensare un mare magari meno bello rispetto ad altre destinazioni estere: un esempio positivo in questo senso è costituito dal Salento, un modello sostenibile da seguire, con un’ampia gamma di offerte a livello di prezzi e un calendario denso di attività culturali». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 293


TURISMO

Numeri in crescita grazie agli stranieri «Siamo tornati ai livelli pre-crisi», annuncia Cristina Scaletti, assessore regionale al Turismo. Che aggiunge: «Da molti anni abbiamo puntato sul web e su un’innovativa strategia social» Riccardo Casini n momento positivo». Così Cristina Scaletti, assessore regionale al Turismo, descrive la fase che sta attraversando uno dei settori che da sempre “fa” economia in Toscana. Un settore che vive in gran parte grazie ai flussi dall’estero, visto che la Toscana rappresenta, anche nel 2011, la seconda regione italiana più commercializzata (dopo il Lazio) dai tour operator internazionali. E secondo l’osservatorio regionale di Unioncamere, nel 2012 la domanda di turismo nei confronti della regione registrerà un ulteriore aumento, Giappone escluso (-2,5%): gli incrementi più importanti verranno dai paesi Bric, soprattutto Russia (+30%) e Cina (+20%), ma anche da Europa (+9,3%) e Usa (+5,3%). «Il turismo – conferma l’assessore – ha ripreso a crescere, nel 2011 abbiamo registrato un aumento del 3%. La bella notizia è che siamo tornati ai livelli

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pre-crisi». Che momento vivono in particolare le città d’arte? «Le città d’arte hanno registrato buone performance grazie ai flussi provenienti dall'estero, e non solo dai paesi Bric: segnaliamo un vero e proprio exploit per Germania, Francia ed Est Europa. Firenze fa da traino, con un 10% in più rispetto al 2010. Seguono Pisa e Siena. Ma è stato un anno positivo anche per Cortona e Volterra. Tra l’altro la Toscana è una delle regioni in cui i turisti stranieri sono più degli italiani, circa il 60% del totale. E in tempi di crisi il turismo internazionale ha contribuito in maniera determinante al buon risultato raggiunto». Oggi, in Italia e all’estero, il web rappresenta uno dei principali mezzi per organizzare i propri viaggi. Come risponde la Toscana a questa esigenza? «La regione ha puntato da molti anni sul web. Nel 2008 è stata elaborata una nuova strategia di promozione che ha visto il portale regionale


Cristina Scaletti

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Il futuro del turismo culturale è rappresentato dai paesi dell’area Bric

Turismo.intoscana.it come il vero motore della nuova strategia. Una strategia basata non solamente sull’implementazione del sito, ma su un’innovativa strategia social che, utilizzando le possibilità offerte dal web 2.0 e integrandosi con gli strumenti di comunicazione più tradizionali, ci ha portato a essere i primi in Italia e i terzi in Europa fra i siti turistici istituzionali, dopo Londra e Parigi. I risultati sono stati così rilevanti che circa il 40% degli accessi al sito proviene dai social network, che presidiamo con un team dedicato. Dal 2010 abbiamo poi sviluppato una serie specifica di interventi dedicati all’orga-

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nizzazione e commercializzazione del prodotto turistico». Ad esempio? «Abbiamo creato una sezione di booking online nella quale è possibile trovare e acquistare soggiorni offerti da oltre 1.800 strutture ricettive toscane, senza costi aggiunti né per gli operatori né per i clienti. A breve creeremo spazi dove il turista potrà trovare, prenotare e acquistare tutti i servizi necessari a costruire la propria vacanza». Nel 2012 la Regione promuoverà “Art&Tourism”, la prima fiera internazionale del turismo culturale e artistico in programma a Firenze il prossimo mese di maggio. Cosa vi attendete da questa manifestazione? «È il primo appuntamento del genere in Italia e ci aspettiamo un effetto più che positivo sul turismo culturale. Firenze è da sempre una delle città d’arte più apprezzate al mondo, lo dicono autorevoli classifiche, e fare qui un

evento così importante non è altro che una conferma. Il brand Toscana ne uscirà rafforzato e sarà riconosciuto a livello internazionale come eccellenza del turismo culturale». Oggi come vede il futuro di questo turismo? In quali direzioni devono andare le politiche di promozione territoriale, anche da parte della Regione? «Il futuro del turismo culturale è rappresentato dai paesi emergenti dell'area Bric, l'unico bacino d'utenza destinato a crescere. La Toscana sta lavorando su una serie di offerte specifiche, puntando sul valore dell’esperienza, dedicate a un pubblico lontano dal turismo mordi e fuggi, che chiede qualità e vuole trovare qui qualcosa di unico. La Toscana, rispetto ad altre destinazioni, è arrivata prima. E considerando lo scenario di crisi, questa è la chiave di volta strategica per essere competitivi».

In apertura, Cristina Scaletti, assessore al Turismo della Regione Toscana

TOSCANA 2011 • DOSSIER • 295


TURISMO

Firenze tiene grazie agli Usa La ripresa del turismo dagli Stati Uniti ha consentito al capoluogo di chiudere il 2011 con un bilancio definito «buono» dal presidente di Federalberghi, Francesco Bechi. Che avverte: «Per il futuro le preoccupazioni vengono dal mercato interno ed europeo» Riccardo Casini

mmonta a 572 esercizi, oltre19mila camere e 43mila letti l’offerta di ospitalità a Firenze. Una città d’arte tra le più note al mondo, ma ciononostante non esente dal calo di cui ha risentito negli ultimi anni il turismo. Riferendosi in particolare al recente Ponte dell’Immacolata, il presidente di Federalberghi Firenze, Francesco Bechi, ha parlato di «una flessione che purtroppo è andata oltre il 10% che era stato preventivato a livello nazionale. Ma penso sia difficile mantenere una certa spensieratezza quando si sentono continui richiami all’austerity». E per le festività natalizie? «Il discorso è lo stesso: in questo periodo dell’anno – dice – lavoriamo molto con gli italiani, che oggi però tendono al massimo risparmio. Nello specifico, prevediamo un buon livello di occupazione nei due giorni legati al Capodanno, ma durante l’intero periodo delle festività non abbiamo mai lavorato moltissimo. Saremmo contenti di ripetere i numeri dello scorso anno, di certo non

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Francesco Bechi, presidente di Federalberghi Firenze

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prevediamo una crescita». In generale, quale bilancio può stilare per il 2011? «L’anno non è partito in modo eccezionale, poi abbiamo recuperato nel periodo da aprile a ottobre, in buona parte grazie al mercato statunitense, che già nel 2010 aveva dato segnali di ripresa. In bassa stagione però, quando questo mercato cala, i nodi vengono al pettine. Il bilancio complessivo è comunque buono rispetto agli ultimi anni, veramente devastanti». Stati Uniti a parte, quali mercati hanno mostrato un rinnovato interesse? «La clientela europea resta la principale, quest’anno grazie in particolare al risveglio del mercato tedesco; a seguire, quella statunitense. E va segnalata anche la crescita dei paesi Bric, anche se parliamo di numeri decisamente inferiori, con un passaggio dal 2,2% al 2,5% contro il 20% e oltre degli Usa. Per questo da un lato dobbiamo stimolare il ritorno dei turisti statunitensi, che hanno ottima capacità di spesa e propensione culturale,

e dall’altro puntare sui Bric, ovviamente con opportuni accorgimenti». Ad esempio? «Senza voler stravolgere le nostre strutture, credo sia necessario comprendere meglio i loro fabbisogni ed esigenze, ad esempio alimentari: penso in particolare al mercato indiano e ancor più a quello cinese, che mostra un trend in continua e grande crescita. Ma non dimentico quello brasiliano, che muovendosi in quella che per noi è bassa stagione, consente di operare in favore di una destagionalizzazione più spinta. O i russi, che vantano grandi capacità di spesa e una maggiore vicinanza geografica e culturale. Insomma, l’impegno dev’essere quello di affinare la nostra offerta, ma si tratta di un percorso di qualificazione già avviato». In un periodo di crisi come questo però le città d’arte italiane possono costituire anche la meta ideale per il turismo “mordi e fuggi” nostrano. A Firenze come si sta lavorando per intercettare questo tipo di richiesta? È


prevista la realizzazione di pacchetti low-cost? «Siamo preoccupati per il mercato italiano, che per noi resta il più importante, visto che i sacrifici porteranno a un’ulteriore contrazione dei consumi per un popolo di per sé già parsimonioso. Il low-cost? È un concetto di moda, che tra l’altro ci insegna che non per forza il turista sceglie il posto più affascinante, affidandosi piuttosto a quelli meglio collegati alle tariffe più basse, in particolare se ha a disposizione solo uno “short break”. Senza dimenticare che, risparmiando sul viaggio, restano più risorse da spendere sul territorio. In questo senso noi abbiamo la necessità di migliorare l’accessibilità delle nostre destinazioni. E il problema principale da rimuovere è quello dell’aeroporto, risolvibile creando una sinergia con Pisa». A proposito di sinergie,

quali vanno ancora create per aumentare l’attrattività turistica del territorio? In quali direzioni state lavorando? «Occorre pensare a offerte che prevedano servizi integrati, dall’alberghiero al museale, senza dimenticare l’enogastronomia. Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio unico al mondo, che per il valore aggiunto che offre può essere già definito low-cost, ma questo non è sufficiente. Con l’amministrazione comunale il confronto è costante: di recente abbiamo chiesto di mettere a punto la “Firenze card”, oggi limitata a 72 ore, un periodo insufficiente per noi albergatori. Al contempo stiamo lavorando anche a un nuovo progetto, ancora in cantiere, con il mondo dell’artigianato di altissimo livello. I mercati, d’altra parte, vogliono risposte rapide. E noi lavoriamo per

migliorare la qualità dell’offerta, anche se l’incremento dell’Iva andrà ulteriormente a incidere sui nostri fatturati, dal momento che vogliamo evitare di incrementare le tariffe». Qual è in questo contesto lo scenario ipotizzabile per il 2012? «Dalle fiere internazionali sono arrivati messaggi incoraggianti. Per quanto ci riguarda, speriamo di confermare il buon andamento del 2011, specialmente grazie al mercato internazionale che pare aver metabolizzato meglio la fase di difficoltà. Le incognite principali invece vengono dal mercato interno ed europeo, i cui flussi principali tra l’altro si registrano nei periodi di bassa stagione, consentendoci di lavorare per 12 mesi l’anno. Insomma, da parte nostra c’è un moderato ottimismo, ma non possiamo certamente dire che va tutto bene». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 297


TURISMO

Turismo e web, binomio di successo Il turismo online sta diventando sempre più una realtà consolidata. In Italia, però, non tutte le regioni impostano strategie vincenti di promozione su internet. Rodolfo Baggio fa il punto della situazione Nicolò Mulas Marcello

utilizzo di Internet nel settore turistico è ormai radicato nelle abitudini dei turisti di tutto il mondo. In Italia seppur gli utenti della rete si affidino sempre più spesso all’organizzazione delle proprie vacanze tramite i siti web, l’offerta da questo punto di vista risulta ancora scarsa in molte regioni italiane. L’investimento economico non basta se non è veicolato da una strategia che ne produce i vantaggi. Da qualche anno la Toscana ha pensato di puntare sulle nuove tecnologie applicate alla promozione turistica e i risultati hanno incominciato a vedersi. «La Toscana – spiega Rodolfo Baggio, professore al master in Economia del turismo dell’Università Bocconi – ha fatto una scelta da un paio d’anni, all’inizio considerata molto discussa, di puntare interamente sull’approccio tecnologico per tutto ciò che riguarda le proprie attività e i risultati si vedono».

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Rodolfo Baggio, professore al master in Economia del turismo dell’Università Bocconi e presidente del comitato tecnico scientifico di Bto – Educational

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Qual è l’incidenza dell’impiego delle nuove tecnologie applicate al turismo in Italia rispetto agli altri Paesi? «I turisti usano questi nuovi mezzi in Italia come nel resto del mondo. Da questo punto di vista non ci sono particolari differenze. Per quanto riguarda invece l’offerta, essa è decisamente più scarsa, non tanto quantitativamente, ma soprattutto dal punto di vista della qualità».

Questo sia per quanto riguarda il pubblico che il privato? «Io sono sempre stato un sostenitore del pubblico, perché penso che lavori meglio da questo punto di vista, lo si nota anche visitando i siti istituzionali. Questo perché le istituzioni sono forse meno motivate dal guadagno a ogni costo. Questo approccio sicuramente porta a una gestione migliore del servizio. Non tutti


Rodolfo Baggio

eccellono, ma ci sono molti ottimi servizi». Le amministrazioni pubbliche locali quindi si avvalgono secondo lei in maniera soddisfacente delle nuove tecnologie per la promozione turistica? «Ci provano, ma i risultati non sono tutti clamorosi. Anche qui ci sono alcune differenze. Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino sono come sempre le regioni più attente a questo tipo di servizi. La Toscana da un paio d’anni ha fatto la scelta, all’inizio considerata molto discussa, di puntare in-

teramente sull’approccio tecnologico per tutto ciò che riguarda le proprie attività e i risultati si vedono. Molte regioni del Sud scarseggiano da questo punto di vista, ma anche la Lombardia e il Piemonte non emergono per qualità». Questo dipende secondo lei dagli investimenti scarsi nella promozione del turismo locale attraverso internet? «Dipende sicuramente anche dagli investimenti ma c’è un problema di scarsa volontà a puntare su questo tipo di tecnologie. Da un nostro studio sul rapporto tra l’impiego di queste tecnologie nelle varie

regioni italiane, analizzando i siti istituzionali del turismo ma anche valutando le strategie, è emerso che la maggior parte sono veramente molto povere. Quello che viene esposto in maniera eclatante nei piani strategici, viene poi quasi sempre disatteso nei fatti. Le quattro regioni che prima citavo, invece, hanno un piano e questo vale di più degli investimenti. Investire con attenzione in piani di promozione turistica su Internet vale più di due giorni di esposizione alla fiera di Berlino». Come sono cambiate le abitudini dei turisti con lo TOSCANA 2011 • DOSSIER • 299


TURISMO

Cresce l’offerta online Non solo le giovani generazioni si affidano alle offerte turistiche online. Francesca Benati spiega i segreti del successo di una piattaforma nota da 13 anni come lastminute.com l booking online attira sempre più utenti e lastminute.com ne è uno degli esempi internazionali più evidenti. Come spiega Francesca Benati, country manager di Lastminute per l’Italia, la crescente concorrenza stimola lo sviluppo di proposte sempre nuove sul sito.

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Possiamo affermare che i turisti si affidano a internet in maniera abituale per le loro vacanze?

«Abbiamo riscontrato una continua crescita nel numero di coloro che si affidano alla rete, e nello specifico al nostro sito, per le loro prenotazioni. La familiarità degli italiani con il web si traduce, nel nostro caso, in una gamma sempre più ampia di prodotti acquistati. Soprattutto tra i più giovani, non è difficile trovare qualcuno che non ha mai prenotato una vacanza off line: una percentuale crescente di persone per cui vige l’equazione vacanza=internet». Come si è sviluppata nel tempo la piattaforma lastminute.com e quali sono le ultime novità?

«Insieme ai nostri colleghi inglesi, conduciamo costantemente test di usabilità, per essere certi che il percorso dei nostri utenti, alla ricerca di quello che stanno cercando e poi verso l’acquisto, sia sempre agevole e intuitivo. Tra le ultime novità andate live nella sezione ‘viaggi’, è stato implementato un motore di ricerca che permette di ricercare l’offerta più vicina alle proprie esigenze grazie alla possibilità di selezionare numerosi filtri. Inoltre il box di ricerca permette di comparare diverse destinazioni in tutto il mondo per trovare quella più adatta: abbiamo visto che molto spesso i nostri utenti stabiliscono un budget e scelgono tra le alternative che rientrano in quella fascia di prezzo». Qual è la tipologia di offerte vacanze che incontrano maggiore successo tra gli utenti del sito?

«Particolare successo, tra i pacchetti vacanza, incontrano le offerte all inclusive, che garantiscono la massima chiarezza sui prezzi. Hanno molto successo anche le promozioni targettizzate, rivolte a specifici segmenti di utenti. Per quanto riguarda gli hotel, invece, continuiamo a ottenere consensi per i nostri Top Secret Hotels: strutture di ottimo livello, 4 o 5 stelle, che propongono offerte davvero allettanti e prezzi assolutamente contenuti ma che non dichiarano la loro “identità”. Al momento della prentazione l’utente conosce la categoria, i requisiti e la zona della città in cui l’hotel si trova ma riceve dettagli relativi al nome della struttra solo dopo aver completato l’acquisto. In questo modo, i nostri clienti riescono a risparmiare fino al 50%». Come avete cercato di far fronte alla concorrenza?

«Il fatto di essere stati tra i pionieri rappresenta per noi un vantaggio, sia in termini di posizionamento sul mercato, che ci riconosce come leader nel settore, sia per quanto riguarda la numerosa base di utenti fedeli che da anni tornano ad acquistare sul nostro sito. Ci rendiamo comunque conto della maggiore complessità dello scenario attuale e, per questa ragione, cerchiamo di essere sempre al passo con le tendenze del mercato». 300 • DOSSIER • TOSCANA 2011

sviluppo sempre più incisivo del web e delle nuove tecnologie? «I turisti usano sempre di più il web per organizzare i propri viaggi, in tutte le fasi. Non c’è più diffidenza verso questo strumento in quanto, grazie ai forum e ai social network, le discussioni favoriscono molto gli utenti. Anche per quanto riguarda il booking online la diffidenza sta scemando, perché i siti di prenotazioni (seppur tutti stranieri) continuano a crescere e offrono un servizio affidabile. Anche le remore sui pagamenti online molte volte vengono superate dal fatto che, prenotando un albergo, il saldo viene effettuato solo sul posto». Si parla sempre di fare sistema, anche per quanto riguarda gli operatori turistici. Internet ha in qualche modo incentivato le reti nel settore turistico? «Purtroppo no, perché la mentalità non è ancora sviluppata. Il grande problema è che mentre fino a qualche anno fa si poteva tentare l’avventura da soli, oggi assolutamente non ce la si fa più. Se si vuole utilizzare bene la tecnologia, che porta a casa affari, visibilità e nome, il gioco è molto duro. Il 95% delle strutture turistiche italiane è classificato come piccolo o medio, anche se medio è già un sogno, in quanto il numero degli addetti va da 3 a 5. Le imprese, quindi, non possono permettersi di assumere una persona che si occupi a tempo pieno all’aspetto tecnologico. Bisogna capire che è necessario fare rete, anche perché le capacità e i modelli ci sono».



LEGALITÀ

Un patto comune contro l’usura trascorso più di un anno da quando, in occasione del convegno organizzato dall'assessorato provinciale alle Politiche sociali, sicurezza e politiche della legalità, Palazzo Medici Riccardi ha inaugurato un nuovo impegno in fatto di lotta all’usura. «È stato allora che abbiamo iniziato a dare rilevanza al tema – racconta il presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci – mostrando così la strettissima relazione esistente tra la crisi economica e occupazionale e il rischio usura, praticata da singoli cittadini ma che ha anche stretti legami con la criminalità organizzata operante nel nostro territorio». Dopo il convegno, svoltosi il 4 novembre del 2010, si è passati subito alla fase operativa, «convinti di portare a concretezza il protocollo con la Fondazione toscana prevenzione usura», un “patto” che nel tempo si è fortificato, dando buoni risultati. Oggi la Provincia di Firenze è particolarmente attiva nella lotta all’usura. Sensibilizzare è un compito importante ma di quale aiuto concreto ha bisogno chi decide di denunciare? «Chi denuncia ha senza dubbio bisogno di vedere concretizzare in tempi rapidi gli interventi delle forze dell’ordine e della magistratura e, in parallelo, del sostegno economico fornito da realtà quali appunto il fondo antiusura che abbiamo messo a disposizione. Quest’anno sono stati possibili ben 125 interventi grazie a tale fondo, per un totale di finanziamenti per 9 milioni e 100 euro complessivi. Quasi 500 cittadini si sono rivolti ai centri di ascolto e speriamo di poterne attivare altri in più realtà del nostro vasto territorio. È importante però ricordare che nella nostra provincia, presso le Misericordie, vi sono ben dieci centri di

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Secondo l’analisi del presidente Andrea Barducci, a Firenze e provincia sono in aumento i casi di povertà e emarginazione, fenomeni strettamente connessi al rischio usura. «Il nostro compito? Dare risposte concrete. Per ora ci stiamo riuscendo» Paola Maruzzi

ascolto della Fondazione toscana antiusura. Inoltre, tramite i centri per l’impiego, Anpas, Caritas e Arci, possiamo intercettare la domanda delle persone in difficoltà: non è secondario impegnarsi per migliorare l'informazione e le sinergie tra le varie realtà». In un momento come questo, in cui il mercato creditizio è alle strette, aumentano le potenziali vittime dell’usura. A Firenze e provincia che scenario si apre? «Purtroppo gli ultimi dati a nostra disposizione mostrano l’aumento di fenomeni di povertà, emarginazione e illegalità che alimentano il senso di insicurezza. Il nostro territorio è ricco di piccole imprese, di vari esercizi che stanno risentendo pesantemente della crisi. Così l’assenza di risorse, la difficoltà di accesso al credito, può arrivare talvolta a spingere esercenti e artigiani a far ricorso al prestito illecito, ossia all’usura. Per questo nel giugno scorso abbiamo sottoscritto un accordo con la Fondazione toscana prevenzione usura, in virtù del quale la Provincia di Firenze ha deciso di stanziare un vero e proprio fondo antiusura».


Di cosa si tratta? «Tramite questo fondo riusciamo a sostenere l’1% degli interessi maturati dal finanziamento, sotto forma di prestito rateale per un importo massimo di 250 euro. Nel caso in cui la vittima dell’usura debba sostenere un mutuo ipotecario, la somma del contributo è pari allo 0,25% per un massimo di 500 euro. Il contributo in questo caso viene riconosciuto a coloro che hanno già provveduto al pagamento delle prime dodici rate mensili di ammortamento». Da più parti si dice che il tallone d’Achille della lotta contro l’usura è la poca fiducia che la vittima ha verso le istituzioni. È un problema che sentite? «A essere onesti, al di là delle deleghe e delle competenze tecniche che le sono proprie, a me pare invece che la Provincia Firenze sia riuscita a stringere con il territorio un legame molto forte, anche tramite il contatto continuo che teniamo con le oltre mille associazioni di volontariato, del terzo settore e cooperative sociali che da anni fungono anche da centri di ascolto in materia di usura e di difficoltà di accesso al credito. Ma se ci vengono legate le mani, e mi riferisco sia ai tagli di trasferimenti agli enti locali, sia al

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Abbiamo siglato un protocollo d’intesa con i principali istituti di credito

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patto di stabilità che ci impedisce di spendere anche le risorse che invece avremmo, è chiaro che risposte particolarmente risolutive ai nostri cittadini diventa difficile darle». Quindi come avete compensato gli effetti del patto di stabilità, garantendo comunque un contributo alla lotta all’usura? «Abbiamo siglato un protocollo d’intesa con i principali istituti di credito al fine di favorire le aziende che avevano svolto dei lavori per l’ente. Grazie all’accordo firmato dal nostro assessorato al Bilancio è stato possibile effettuare la cessione dei crediti al sistema bancario o agli intermediari finanziari autorizzati. In pratica l’ente locale, su richiesta dell’impresa, ha rilasciato alle banche una certificazione che riconosce certezza, liquidità ed esigibilità del credito. Di fatto questo accordo ha permesso lo smobilizzo dei crediti vantati nei confronti della Provincia, proprio grazie alla cessione “prosoluto” alle banche. Così le imprese hanno potuto recuperare liquidità a un tasso concordato e particolarmente conveniente».

In apertura, Andrea Barducci, presidente della Provincia di Firenze

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LEGALITÀ

Dare ascolto per evitare nuove vittime Lelio Grossi, presidente della Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura, riflette sulle strategie di contrasto all’usura in un momento in cui le banche hanno problemi di liquidità Paola Maruzzi

sentire Marco Morelli, direttore generale di Intesa Sanpaolo, la manovra correttiva del governo Monti dovrebbe portare stabilità al mercato bancario. È una buona notizia anche per quelle organizzazioni, come la Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura, che concedono garanzie per gli istituti di credito andando in soccorso ai soggetti a rischio. In Italia il giro d’affari annuo legato all’usura si attesta sui 30 miliardi di euro, di cui il 36% viene controllato dal crimine organizzato; inoltre da qualche anno la crisi del mercato creditizio ha reso sempre più difficile arginare l’indebitamento che, per Lelio Grossi, rimane la causa principale dello strozzinaggio. Secondo l’ultimo rapporto Sos Impresa, l’associazione antiracket di Confesercenti, la Toscana presenta un tasso di criticità preoccupante e si colloca dietro solo ad alcune regioni del sud Italia e alla Lombardia. Livorno, Pistoia e il territorio del tessile pratese sono le zone più colpite. «Nei primi nove mesi del 2011 abbiamo inviato alle banche 125 domande di affidamento dagli sportelli antiusura per 9milioni e 100mila euro complessivi, ma il 43% delle richieste sono state declinate, un dato rilevante tenuto conto che nel 2007 le domande rigettate erano solo il 10%».

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Lelio Grossi, presidente della Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura

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Il mercato creditizio è alle strette e molti piccoli risparmiatori, presi dal panico, ritirano i soldi dalle banche. Cosa significa combattere l’usura in un momento come questo? «La mancanza di liquidità è un dato di fatto e l’atteggiamento di sfiducia dei risparmiatori incide sulle banche, che riducono il loro margine di intervento, anche se a penalizzarle sono i criteri di valutazione dei titoli di Stato stabiliti a livello europeo. Per la nostra fondazione la conseguenza è immediata: avendo minore disponibilità, gli istituti di credito diventano più selettivi nei confronti delle nostre richieste, accogliendone decisamente meno». Con un’apposita legge del 2009 la Regione riconosce e sostiene l’attività della Fondazione Toscana per la prevenzione dell’usura, erogando finanziamenti. Siete quindi un esempio virtuoso. «La Regione, in virtù di questa legge, ha iniziato la lotta al sovraindebitamento e quindi all’usura. Attualmente c’è una restrizione di disponibilità finanziaria ma sono comunque previsti capitoli di spesa significativi che dovrebbero garantire lo stesso impegno. Ci sono stanziamenti e interventi che partono dalle “radici”, come quello sull’uso corretto del denaro che vede il coinvolgimento dell’ufficio regionale agli studi: i nostri volontari, operando a costo zero, porteranno all’attenzione delle scuole medie e superiori la problematica del sovraindebitamento e dell’usura».


Lelio Grossi

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Quello che impedisce di esporsi è la vergogna, la difficoltà di ammettere a se stessi e agli altri di aver sbagliato

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Usura e criminalità organizzata: in Toscana che rapporto c’è? «Salvo alcuni casi eclatanti riconducibili a vere e proprie organizzazioni mafiose presenti soprattutto a Pistoia e Prato, la maggior parte delle vittime vengono colpite per mano dei cosiddetti colletti bianchi, cioè professionisti o persino funzionari bancari che vengono a conoscenza di alcune situazioni poco felici. L’affare consiste nell’acquistare beni e piccole imprese a prezzi nettamente inferiore al loro valore. La maggior parte dei casi coinvolgono la classe media e le abitazioni private sono i beni più a rischio. È per noi motivo d’orgoglio essere riusciti a salvare molte proprietà immobiliari». Secondo il rapporto di Sos Impresa, in To-

scana circa 8mila piccoli commercianti sono vittime dell’usura. Qual è la difficoltà che si riscontra nel portare allo scoperto il fenomeno? «Diversamente da quanto si possa credere non è la paura. Quello che impedisce di esporsi è la vergogna, la difficoltà di ammette a se stessi e agli altri di aver sbagliato e di aver agito all’oscuro persino dai propri familiari. La nostra caratteristica è proprio quella di metterci all’ascolto, ecco perché abbiamo aperto 40 centri in tutta la regione. Mediamente solo dopo due o tre colloqui si ha un quadro generale: a questo punto possiamo intervenire e per arrivarci si fa una fatica enorme. Interveniamo nei confronti dei creditori e offriamo gratuitamente consulenza, il finanziamento è quindi solo la punta dell’iceberg ma intorno c’è un’attività più complessa e ramificata. Solo per dare un’idea, all’anno incontriamo mediamente 1.700 persone. Di queste, mille non necessitano di un finanziamento ma hanno solo bisogno di un contributo». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 307




POLITICHE SANITARIE

Gli italiani scelgono il sistema misto Dal rapporto “Ospedali&Salute 2011” emerge un atteggiamento dei cittadini sempre più orientato a un sistema misto pubblico-privato accreditato di welfare, basato su criteri di qualità, appropriatezza e vicinanza. Ne parla il presidente dell’Associazione italiana ospedalità privata, Enzo Paolini Francesca Druidi

isurazione del livello di inefficienza sommersa dell’ospedalità pubblica in Italia - la somma delle singole inefficienze delle regioni conduce alla cifra record di circa 13 miliardi di euro su base nazionale-; miglioramento costante dell’offerta dei servizi, in particolare da parte delle strutture private accreditate, ma anche la crescente autonomia culturale e comportamentale dei cittadini rispetto alla scelta di un ospedale pubblico o privato accreditato. Sono i tre grandi temi presi in esame dal 9° Rapporto annuale “Ospedali&Salute 2011”, promosso dall’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) e realizzato dalla società Ermeneia. Ad approfondire queste istanze è il presidente di Aiop nazionale Enzo Paolini. Tra competizione e collaborazione, come valuta il rapporto in Italia tra strutture pubbliche e private accreditate? Considerando anche la qualità e la complessità delle prestazioni erogate dalle strutture private, come si potrebbe ulteriormente potenziare la cooperazione, nell’ottica di un si-stema misto? «Per affrontare il rapporto pubblico-privato nel settore ospedaliero occorre chiedersi preliminarmente che cosa vogliamo che sia la sanità nel nostro Paese, se vogliamo tollerare le sacche di inefficienza, la clientela politica, i privilegi baronali oppure se, invece, riteniamo che il settore della sanità debba essere il luogo nel quale coniugare la massimizzazione della qualità medica e organizzativa e la più efficiente razionalizzazione delle risorse a disposizione. È una

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Enzo Paolini

L’ospedalità privata in tutte le regioni è pronta a fare la sua parte

domanda preliminare che non pos- inefficienze dell’amministrazione pubblica. siamo eludere senza trasformare ogni L’ospedalità privata in tutte le regioni è ragionamento di politica sanitaria in pronta a fare la sua parte, frutto anche di retorica. Se crediamo in una sanità una politica associativa che ha dato un volto moderna, che utilizza la migliore tec- culturale uniforme all’imprenditoria sanitaria nologia e abilità medica a fronte di ri- italiana. Ma lo stesso volto uniforme non c’è sorse limitate, ma sufficienti, il rap- nell’amministrazione pubblica di tutte le reporto pubblico-privato potrebbe gioni ed è questo a creare un divario che, viversi in una dinamica emulativa che prima che organizzativo, è culturale». non potrà che fare del bene ad enIl 72,3% degli imprenditori delle strutture trambi, e nessuno avrà modo di rifu- private accreditate ha dichiarato di aver rigiarsi in posizioni autoreferenziali. sentito molto o abbastanza della crisi. Nel Pubblico e privato possiedono punti corso del 2011 si è dunque assistito a un ridi forza e punti di debolezza; la coo- pensamento continuo delle strategie da parte perazione potrà migliorare se la loro di queste strutture. In quale direzione si integrazione sarà definita non da una stanno muovendo? Adottando quali misure? pianificazione che, nella maggiore «La sanità privata italiana, anche se in modo parte dei casi si traduce in un dirigi- diversificato per settori e situazioni geografismo clientelare, ma dalle scelte con- che, è stata toccata dalla crisi non negli ultimi crete del cittadino, il vero centro della tre anni, ma almeno da un decennio, cioè da sanità, la ragion d’essere del sistema quando l’interruzione del cammino della risanitario nazionale». forma sanitaria del 1992 ha consentito la riLombardia ed Emilia Romagna rap- presa delle inefficienze nel pubblico e l’impresentano casi virtuosi di collabo- posizione di budget e contingentamenti razione efficace tra pubblico-privato. all’ospedalità privata. Si sa molto bene che la Cosa manca per estendere questi mo- situazione non consente uno sviluppo. Le delli positivi alle altre regioni? scelte, dunque, sono quelle del manteni«Occorre essere realistici e ammet- mento del livello qualitativo delle prestazioni, tere che molte situazioni di partenza, magari migliorandole con l’inserimento di diremmo infrastrutturali, sono di- nuovi processi di It applicate alla sanità, con verse e spesso si scontano ritardi mai un più rigido controllo dei costi». colmati. Ma è anche vero che manIl rapporto ha anche analizzato le inefficano scelte politiche coraggiose, vo- cienze dei conti degli ospedali pubblici delle glia di scommettere su modelli nuovi, regioni. Individua delle misure per arginare una capacità determinata di affron- questo fenomeno? tare quanti vivono e ingrassano sulle «In questi anni, abbiamo osservato il tenta- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 311


POLITICHE SANITARIE

Una priorità per l’agenda del nuovo governo è la trasparenza nei bilanci delle aziende ospedaliere pubbliche

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Numero delle strutture sanitarie private rappresentate da Aiop in Italia per un totale di 52.456 posti letto

23% INEFFICIENZA Percentuale di inefficienza sui costi totali dell’ospedalità pubblica in Toscana rispetto al 27,9%, media dei dati di 15 regioni Fonte: Aiop

tivo di tante regioni di tenere il passo, di rientrare nei conti pubblici, e molte iniziative sono state apprezzate. Ma se i margini di inefficienza si mantengono alti sempre nelle stesse regioni è perché queste scontano ritardi strutturali che potranno essere recuperati solo con un’azione di lungo periodo. E soprattutto con scelte attuali che abbiano il coraggio di rompere con il passato, coinvolgendo i protagonisti del sistema in un sforzo comune, tra istituzioni, erogatori e lavoratori. Il vero gattopardo della reazione vive soprattutto nella sanità». Aiop propone una riforma strutturale del sistema sanitario che tenga conto delle esigenze dei cittadini ma anche dell’ottimizzazione delle risorse. Come si articolerebbe nello specifico? «Venti anni fa, la situazione economica nazionale era molto simile a quella attuale. Il settore sanitario, che come oggi era uno dei maggiori protagonisti del debito pubblico, affrontò quella crisi con una riforma sanitaria moderna - quella del decreto legislativo 502/92 - che fece scuola in Europa. Se, quindi, fummo i primi ad approvarla, ci dimenticammo poi di applicarla, e sarebbe un esercizio interessante provare oggi a calcolare quante volte ci si è messo mano in questi vent’anni per togliere o aggiungere qualcosa. Eppure era una riforma che partiva dalla li-

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mitatezza delle risorse, dalla valorizzazione di tutti gli erogatori del sistema sanitario e soprattutto dalla centralità della scelta del cittadino. In questi vent’anni, troppe volte abbiamo ascoltato quanti ritengono che il cittadino-paziente debba essere sempre preso per mano, mentre invece sempre più la rete informatica ha reso il cittadino maggiormente libero e informato. Probabilmente, se andassimo a riprendere il testo originario di quella riforma, troveremmo tutte quelle intuizioni e quelle consapevolezze che abbiamo perso per strada con il risultato che, come sembra a tanti, invece di andare avanti siamo ritornati al punto di partenza. Nello specifico, oggi inserirei tre priorità nell’agenda del nuovo governo». Quali? «Innanzitutto, trasparenza nei bilanci delle aziende ospedaliere pubbliche, che oggi non vengono redatti secondo le norme del codice civile e non consentono di individuare i settori di spreco; terzietà dei controlli, rimuovendo il conflitto di competenze in capo al direttore generale: programmatore, finanziatore, erogatore di prestazioni, pagatore, controllore e controllato allo stesso tempo. Infine, il superamento dell’iniquo sistema dei tetti di spesa, che conduce inevitabilmente all’allungamento delle liste d’attesa e all’emigrazione sanitaria».


Luigi Salvadori

Un sistema che deve fare rete Non più competizione, ma collaborazione tra sanità pubblica e privata. Questo è il senso dell’accordo stabilito a inizio dicembre tra ospedalità privata e Regione Toscana. Nuove opportunità si aprono per la sanità toscana, come spiega Luigi Salvadori Francesca Druidi

o scenario della sanità in Toscana si sta delineando sulla base di una dimensione di rete estesa di produttori pubblici e di privati accreditati che erogheranno servizi per ampliare il ventaglio dell’offerta, nel rispetto dei crescenti livelli richiesti di appropriatezza delle prestazioni. A commentare le nuove prospettive del sistema sanitario regionale è Luigi Salvadori, presidente della commissione sanità di Confindustria Toscana, la quale ha lavorato - con la stessa Regione - al rafforzamento del dialogo con la Cina e a un protocollo per la promozione del sistema in terra asiatica. Tra le azioni individuate dal protocollo, la programmazione e realizzazione di iniziative pilota sul territorio cinese, l’individuazione delle aree di collaborazione, la creazione di “poli di competenza” integrati pubblico-privato. Quanto una migliore collaborazione tra sanità pubblica e sanità privata può servire a incrementare l’efficienza del sistema sanitario toscano nell’ottica del rispetto delle esigenze dei cittadini e della razionalizzazione delle risorse? Come valuta il recente accordo tra ospedalità privata e Regione Toscana? «L’obiettivo condiviso di queste azioni è fornire risposte coerenti alle aspettative dei cittadini, tenendo sempre presente l’ottimizzazione delle risorse: dato un budget di riferimento, bisogna ottenere l’interesse del cittadino. Non posso che giudicare bene l’intesa: era da tantissimo tempo che l’ospedalità privata lavorava per tagliare questo traguardo. Finalmente siamo arrivati a ottenere un unico regolamento che norma i rapporti di tutte le

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strutture presenti in Toscana. Prima si cor- Luigi Salvadori, presidente reva, infatti, il rischio di avere accordi diversi della commissione sanità di Confindustria Toscana a seconda dell’azienda sanitaria, ora il quadro è unificato. C’è la definizione di un budget triennale che serve, alla parte privata, per programmare sia le attività che gli investimenti. È stata soprattutto avviata una nuova modalità di relazione tra i principali attori del sistema sanitario toscano, pubblico e privato, non solo per quanto riguarda l’ospedalità, in quanto ci si avvia a far parte di un sistema che dovrà fare rete. Non ci si deve più considerare come avversari, ma come partner di uno stesso progetto, convogliando tutti gli sforzi verso uno scopo comune». Quali ritiene restino i punti di debolezza del sistema sanitario regionale? «Il federalismo regionale sul fronte sanitario ha rappresentato una fase importante perché, nell’ambito di un campo così importante per il Paese e in particolare per le regioni - l’80% dei bilanci regionali viene speso nella sanità - fa chiarezza sugli sprechi, sugli obiet- TOSCANA 2011 • DOSSIER • 313


POLITICHE SANITARIE

Cina. Quali possono essere i possibili vantaggi per il sistema? «La Toscana vanta diverse eccellenze in campo sanitario, così È stata avviata una nuova modalità come in quello farmaceutico. È di relazione tra i principali attori del sistema realmente un settore strategico sanitario toscano, pubblico e privato per la regione; per questo avere la possibilità di esportare il sistema in Cina, stabilendo un contatto diretto con quel paese, è motivo tivi e sui budget, rendendo possibile una di orgoglio e servirà senz’altro ad ampliare il maggiore efficienza nel futuro e una mag- mercato delle aziende del sistema. È una giore stretta nei confronti di quelle regioni grande opportunità, un orizzonte che si apre, che mostrano più difficoltà in questo senso. in particolare sul fronte dell’internazionalizCome dicevo poco prima, operiamo tutti in zazione che oggi più che mai identifica una un sistema nel quale si deve cercare di coo- leva decisiva per dare una boccata d’ossigeno perare, trovando un equilibrio che si ponga alle aziende. Il nodo cruciale sarà la speciacome obiettivo l’ottimizzazione delle risorse, lizzazione. I paesi emergenti sono più bravi di del servizio e della qualità. Un aspetto, in noi nel realizzare le cose più semplici e a imparticolare per quanto riguarda le forniture, parare da noi quelle più complicate. La Cina, è da migliorare: negli acquisti della sanità, nello specifico, ha bisogno di iniziare a sfrutnon solo in Toscana ma in Italia, occorre sì ri- tare la conoscenza dell’organizzazione del sicercare un costo favorevole, ma occorre anche stema sanitario italiano perché, prima o poi, prestare maggiore attenzione alla qualità del dovrà mettersi al passo sul versante della riprodotto. Il punto debole resta quello di una strutturazione del sistema sanitario. Ma non ricerca di coesione e di collaborazione che si sa, a ogni modo, come andrà e cosa succeancora non si è consolidata. Il lato positivo è derà nel futuro, senza dubbio si apre un merla chiarezza che, pian piano si sta facendo, sui cato e si cercherà di star dietro alle esigenze costi della sanità, sulle future richieste del del popolo cinese, sviluppando gli ambiti in settore e sugli obiettivi da perseguire all’in- cui siamo maggiormente specializzati, ad terno del sistema Paese». esempio le eccellenze nella produzione di laUn altro accordo, da lei stesso firmato, tra ser e di macchinari estremamente avanzati, teRegione e Confindustria Toscana stabilisce la nendo anche conto delle condizioni che si promozione del sistema sanitario toscano in verranno a creare».

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POLITICHE SANITARIE

Una più stretta collaborazione Pubblico e privato si uniscono in nome del miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, all’interno del processo di revisione dei percorsi assistenziali e dei servizi ospedalieri della Toscana. Lo sancisce un recente accordo illustrato dall’assessore Daniela Scaramuccia Francesca Druidi

ntegrazione progressiva e sussidiarietà tra pubblico e privato accreditato. Sono le direttrici lungo le quali muove l’accordo firmato il 2 dicembre scorso dalla Regione e dalle associazioni che rappresentano le strutture ospedaliere private: Aiop, Confindustria, Aris e Agespi. Si parla di 26 strutture private accreditate in tutta la Toscana, per un totale di circa 2mila posti letto. A illustrare i contenuti dell’intesa, frutto di un tavolo di concertazione regionale insediatosi nel settembre scorso, e che ha validità per il triennio 20122014, è l’assessore al Diritto alla salute della Regione, Daniela Scaramuccia. Cosa cambierà, in definitiva, per i cittadini toscani? «Aver reso le strutture private accreditate parte integrante del sistema fa sì che i cittadini che verranno curati e assistiti in queste strutture - sia perché si tratta di una loro libera scelta, sia per-

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Daniela Scaramuccia, assessore regionale al Diritto alla salute

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ché inviati dal sistema - avranno la garanzia di un’assistenza del tutto sovrapponibile a quella erogata dalle strutture pubbliche. Le modalità di accesso saranno le stesse, così come la qualità delle prestazioni, che verrà monitorata e valutata con gli stessi criteri». L’accordo definisce un sistema generale di regole che disciplinano l’erogazione delle prestazioni da parte delle strutture ospedaliere private. Può indicare a grandi linee i punti salienti? «Le tipologie e i volumi di attività affidati alle strutture private saranno identificati a seguito di una valutazione complessiva dei fabbisogni dell’Area Vasta, dalla quale discenderà l’allocazione tra i diversi produttori pubblici e privati, essenzialmente sulla base di criteri qualitativi. In questo modo, le attività delle strutture private accreditate contribuiranno alla costruzione dell’offerta complessiva, senza duplicazioni né sovrapposizioni. Alla sanità privata accreditata è stato chiesto di rimodulare il proprio profilo “storico” di attività, per renderlo aderente alle esigenze del sistema, avendo in cambio una garanzia di stabilità in un arco temporale medio-lungo». Il rapporto “Ospedali & Salute 2011”, realizzato da Aiop, segnala una crescita della quota d’inefficienza degli ospedali pubblici. Per quanto riguarda la Toscana l’indagine parla del 23% di inefficienza implicita sui costi totali. Come risolvere i nodi ancora critici? «Per quanto riguarda l’efficienza delle strutture pubbliche, negli ultimi anni molto è stato fatto dalla Regione Toscana per migliorare la capacità produttiva delle aziende sanitarie, senza assolu-


Daniela Scaramuccia

Le modalità di accesso saranno le stesse, così come la qualità delle prestazioni che verrà valutata con gli stessi criteri

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STRUTTURE Numero delle strutture private accreditate rappresentate dai firmatari dell’accordo con la Regione

2mila

POSTI LETTO Numero dei posti letto delle strutture private accreditate coinvolte nell’accordo

tamente minare la qualità complessiva dell’assistenza. Sicuramente esistono ancora margini di intervento sui quali stiamo lavorando, andando in particolare a intercettare ambiti di ottimizzazione nella maggiore integrazione e coordinamento tra i diversi servizi e ragionando in termini di flusso del valore per il paziente. In questa direzione va un programma specifico varato dall’Assessorato, che mira a incrementare le competenze per la gestione operativa dei percorsi, introducendo expertise e tecniche innovative per il mondo sanitario. Il collegamento e la massima sincronizzazione possibile tra le diverse parti del sistema costituiscono l’elemento chiave sul

quale intervenire e questo riguarderà anche le strutture private accreditate che saranno chiamate a dare risposte nei tempi adeguati». Nei prossimi tre anni ci sarà un impegno complessivo del sistema sanitario toscano pari a oltre 1.200 milioni. Come le risorse stanziate saranno utilizzate dalle aziende sanitarie? Quali le priorità d’intervento? «È da sottolineare che dei 1.200 milioni complessivi, più della metà provengono direttamente da risorse regionali stanziate nell’ultima legge finanziaria. Gli obiettivi strategici, che hanno costituito la principale destinazione delle risorse, riguardano la necessità di accompagnare il continuo progresso della tecnologia nel campo chirurgico e diagnostico, adeguando le strutture sanitarie alle più moderne forme di accoglienza del paziente e alle nuove modalità di cura, che comportano forme diverse di organizzazione del lavoro sanitario e degli spazi da destinare alle attività di ricovero, cura, diagnosi. A tal proposito, verrà dato impulso al completamento della rete degli ospedali portanti, alla prosecuzione degli interventi di riqualificazione delle strutture delle aziende ospedaliero-universitarie e alla riorganizzazione degli ospedali di primo livello. Il nuovo modello di assistenza necessiterà, inoltre, di una maggiore attenzione a strutture che possano garantire la continuità assistenziale fra ospedale e territorio. Si proseguirà nel processo di ammodernamento tecnologico in funzione della riorganizzazione e ottimizzazione dell’offerta». TOSCANA 2011 • DOSSIER • 317


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