DossSicilia122011

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OSSIER SICILIA L’INTERVENTO.........................................13 Enzo Taverniti Pietro Ichino

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Domenico Bonaccorsi di Reburdone IDEE PER PALERMO .........................22 Alessandro Albanese Roberto Helg AMMINISTRATIVE 2012 ...................40 Il puzzle delle alleanze

ECONOMIA E FINANZA

AMBIENTE

OCCUPAZIONE.....................................44 Giuseppe Arrica Pietro Agen Andrea Piraino Santo Francesco Scirè

TUTELA DEL TERRITORIO .............108 Corrado Clini

COMMERCIO ESTERO.......................54 Giuseppe Pace Silvio Ontario Grazia Clementi

POLITICHE ENERGETICHE .............114 Gianni Chianetta Simone Togni Andrea Clavarino Pietro Maria Putti Alessandro Spadaro

TECNOLOGIE.........................................60 Giovanni Marcianò Maurizio Ninfa Giovanni Muscato

RINNOVABILI.......................................126 Giorgio Parisi Francesco Mulè

IMPRENDITORI DELL’ANNO ...........70 Guido Caporale, Giuseppe Prestigiacomo, Imc, Gaetano Biuso, Antonino Graziano, Vito Sciacca e Michele Rocca

IMBALLAGGI ECOLOGICI ...............130 Guglielmo Santospagnuolo

INDUSTRIA ALIMENTARE................88 Francesco Pantaleo

GESTIONE RIFIUTI.............................132 Concetta Italia e Fabrizio Patania Manuel Caschetto Gregorio e Silvia Bongiorno

PRODOTTI ALIMENTARI...................90 Salvatore Puglisi Cosentino AGROALIMENTARE............................94 Gaetano Caltabellotta Gianni Nicosia Salvatore Blanco Paolo Munafò GASTRONOMIA ..................................102 Nunzio Invernino TRADIZIONI ITALIANE .....................104 Maria Luisa Averna

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SICUREZZA IN MARE........................110 Petra Volklandt Ciancio


Sommario TERRITORIO

GIUSTIZIA

SANITÀ

INFRASTRUTTURE............................138 Pietro Ciucci Le opere cantierabili Walter Venniro

LEGALITÀ..............................................188 Giuseppe Caruso Pietro Alongi

POLITICHE SANITARIE ..................200 Adelfio Elio Cardinale Gaetano Sirna

NOTARIATO ........................................196 Giuseppe Pilato Maurizio Citrolo Franco Salerno Cardillo

STRUTTURE SANITARIE ...............206 Benedetto Morana Ettore Denti

TRASPORTI..........................................148 Maurizio Biundo NAUTICA ...............................................150 Annalisa Gargiuolo

ANDROLOGIA......................................212 Francesco e Ignazio Gattuccio

EDILIZIA ................................................154 Giuseppe Puccio Giosafat di Trapani Grazia e Carla Chiarenza Vincenzo Vultaggio RESTAURI.............................................164 Rosario Ferrara MATERIALI ...........................................166 Vincenzo Caci Crispino Giuffrè Pietro Occhipinti e Antonino Corallo Francesco Minardi e Rosanna Bocchieri TURISMO...............................................176 Paolo Rubini Flavia Maria Coccia Bernabò Bocca Giuseppe Cassarà Santo Torrisi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Ragusa guarda al Nord Africa di Enzo Taverniti, presidente di Confindustria Ragusa a piaga della disoccupazione giovanile non è solo un problema economico, ma anche sociale e culturale. Siamo di fronte a una crisi generalizzata, con moltissimi giovani che non studiano e non cercano nemmeno lavoro. Questo è un dato allarmante, che testimonia una scarsa propensione al lavoro e al sacrificio da parte delle nuove generazioni. Come Confindustria abbiamo sponsorizzato un progetto dal titolo “Il talento delle idee”, rivolto alla valorizzazione di quelle aziende gestite da giovani imprenditori in grado di proporre ricette innovative, e purtroppo devo ammettere che è stato molto difficile individuare, sul nostro territorio, realtà imprenditoriali di questo tipo. Sono però convinto che i giovani rappresentino una grande risorsa, da aiutare e guidare, anche col sostegno delle istituzioni scolastiche, alla riscoperta di valori come la determinazione e la cultura di impresa, requisiti fondamentali di cui disponevano i nostri padri e che oggi si stanno smarrendo. La provincia di Ragusa sconta un significativo deficit infrastrutturale, verso il quale però un’organizzazione come Confindustria può fare ben poco. La nostra mission, infatti, consiste nel sostenere gli interessi degli imprenditori e, in questo senso, non possiamo fare altro che sollecitare azioni politiche che, nella pratica, spettano però ai nostri governanti. Oltre al raddoppio della tratta Ragusa-Catania sono diverse le priorità che dovrebbero essere affrontate da questo punto di vista, prime tra tutte le problematiche riguardanti l’aeroporto di Comiso e il

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miglioramento del porto commerciale di Pozzallo. Nello specifico, per quel che riguarda la Ragusa-Catania credo che i tempi di realizzazione dell’opera saranno lunghi, anche perché nel frattempo sono cambiate le condizioni di quelle aziende che avrebbero dovuto partecipare al projet financing e che, a causa della crisi economica in atto, sono restie a effettuare nuovi investimenti. La crisi è stata generale, anche se alcuni comparti hanno subito le conseguenze di questa situazione in maniera più pesante. Per un certo periodo era sembrato che l’industria fotovoltaica potesse trainare la ripresa, ma anche questo settore non è riuscito a sfruttare appieno le possibilità offerte, anche a causa delle lungaggini burocratiche che spesso finiscono con lo scoraggiare potenziali investitori. Il turismo, invece, che attualmente rappresenta circa il 7% del fatturato, potrebbe costituire una risorsa su cui puntare, ma per svilupparsi avrebbe bisogno di strutture ricettive e infrastrutture adeguate che attualmente scarseggiano. Il Maghreb è un territorio sul quale riponiamo grandi aspettative. Recentemente abbiamo stretto accordi commerciali con l’Egitto, l’Algeria e la Tunisia, anche se gli ultimi avvenimenti hanno un po’ rallentato lo sviluppo di queste partnership. È importante, però, che le nostre aziende non utilizzino questi territori per delocalizzare le loro produzioni, anche perché una politica di questo tipo sarebbe controproducente. Dobbiamo invece considerare i paesi del Nord Africa come mercati da cui partire per conquistare il mondo, una via d’accesso per valorizzare il made in Italy e le nostre eccellenze. SICILIA 2011 • DOSSIER • 13


XXXXXXXXXXX IN COPERTINA

MISURE IMMEDIATE PER LO SVILUPPO L’economia siciliana naviga tra deboli segnali di ripresa e forti incertezze. Domenico Bonaccorsi, presidente degli industriali catanesi, chiede alla Regione provvedimenti concreti. A partire da un «taglio alla spesa improduttiva, per liberare risorse da destinare agli investimenti» Michela Evangelisti

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el corso del primo semestre del 2011 i segnali di ripresa emersi nel 2010 hanno perso gradualmente di intensità e il quadro congiunturale si è nuovamente indebolito. È quanto emerge dal rapporto di aggiornamento sull’economia siciliana pubblicato a novembre dalla Banca d’Italia. Nonostante i risultati economici delle imprese industriali siano lievemente migliorati rispetto all’anno precedente, beneficiando anche dell’andamento positivo delle esportazioni, le attese degli operatori rimangono improntate al pessimismo. «Molte sono le incertezze sul futuro e difficili da interpretare sono i riflessi della crisi finanziaria che sta attanagliando l’Europa e il nostro Paese – commenta Domenico Bonaccorsi, presidente di Confindustria Catania –. Il

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rischio di una possibile “recessione” avanza sulle pagine dei giornali, esaltando visioni apocalittiche che certamente non contribuiscono a mantenere la giusta lucidità per andare avanti». Se le imprese delle costruzioni hanno continuato a risentire della fase congiunturale difficile e nel comparto dei servizi l’attività è rimasta complessivamente debole, segnali di ripresa provengono dal mondo del lavoro: secondo dati Istat l’occupazione nel primo semestre è aumentata dello 0,6%, in recupero rispetto alle contrazioni manifestatesi nei tre anni precedenti. «Servono misure immediate per fare ripartire lo sviluppo» ha chiesto di recente Bonaccorsi in un incontro con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo. «Occorre risolvere con provvedimenti concreti alcuni nodi critici che frenano le imprese, partendo dal taglio alla spesa impro-

duttiva per liberare risorse da destinare agli investimenti». Cosa chiedono, dunque, gli industriali all’amministrazione regionale? «Il peso dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese ha assunto proporzioni allarmanti. È necessario rendere operativa subito la norma che prevede l’obbligo di certificazione dei crediti da parte delle amministrazioni debitrici, in modo da consentire alle imprese di cedere i loro crediti alle banche. Urge poi accelerare la spesa dei fondi europei. A due anni dalla chiusura della programmazione comunitaria 20072013, su un totale di quasi 6,5 miliardi di euro, la Sicilia ne ha realmente spesi soltanto l’8%, con il rischio sempre più reale, alla fine dell’anno, di un disimpegno delle somme destinate all’Isola di circa 1


Domenico Bonaccorsi di Reburdone

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IN COPERTINA

miliardo di euro». Quali interventi infrastrutturali sarebbero più urgenti per favorire il rilancio dell’economia regionale? «Chiediamo la realizzazione di un sistema di trasporto intermodale veloce che colleghi Augusta all’area tirrenica del Nord Italia. Prioritaria è anche la realizzazione del corridoio europeo 1, con l’inclusione della Sicilia che, diversamente, rimarrebbe tagliata fuori dall’Europa e dai processi di sviluppo che interessano tutta l’area mediterranea. Infine, sarebbe utile dotare tutti gli edifici pubblici di impianti solari: investire in efficienza energetica consentirebbe di trasformare gli obblighi comunitari di sostenibilità ambientale in un volano di crescita industriale per le nostre aziende». Che fase sta attraversando, in particolare, l’industria catanese? «Non possiamo fare a meno di osservare che mantiene a tutt’oggi il vantaggio di una “buona tenuta”. E ciò nonostante le sempre più frequenti e diffuse difficoltà economiche accusate dalle imprese, in gran parte ricollegabili alla mancanza di liquidità, agli aumenti dei costi diretti, materie prime, energia, imposte, tributi locali, le cui impennate, effetto delle manovre che si sono susseguite in questo ultimo semestre dell’anno, si ripercuoteranno, senza ombra di dubbio e pesantemente, sulla capacità produttiva, frenando ulteriormente gli investimenti. L’industria catanese, tuttavia, rimane ancorata al suo territorio e pronta a reggere le sfide di un percorso irto e difficile». Quali segnali provengono dalle vostre associate? «I dati raccolti confermano la spinta 18 • DOSSIER • SICILIA 2011

dinamica del nostro tessuto imprenditoriale. Confindustria Catania, fatta di 904 tra imprese e unità locali, conta circa 26mila dipendenti, un valore di produzione che supera abbondantemente i 3 miliardi di euro l’anno e un saldo occupazionale attivo negli ultimi 12 mesi di 907 unità, esclusa l’edilizia. Dalla lettura degli indici di natalità e mortalità del registro imprese riscontriamo, altresì, che Catania ha avuto nel 2010 un incremento di nuove imprese in linea con i dati rilevati a livello nazionale e regionale ma, di contro, un tasso di mortalità inferiore: 4,83% contro il 5,8% della Sicilia e il 5,28% nazionale. Guardando ai dati rilevati nei primi nove mesi del 2011, risultano lievemente migliorati il fatturato e le esportazioni, queste ultime trainate da agroalimentare, microelettronica e chimico-farmaceutico, che rappresentano i settori di punta del variegato tessuto industriale catanese». Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? «È possibile, date le ultime proie-

La diversificazione delle attività industriali sarà un valido antidoto alla crisi

zioni, che l’anno 2011 chiuderà con valori diversi, meno confortanti. Gli effetti attesi, ma ancora non prevedibili, delle manovre finanziarie e l’incertezza dello scenario economico attuale incideranno, infatti, inevitabilmente sulle scelte di breve periodo delle imprese. Tuttavia sono certo che la diversificazione delle attività industriali, che ha giocato da sempre un ruolo importante nell’evoluzione del nostro tessuto economico, potrà, come già in passato, rappresentare un valido antidoto alla crisi, e ci consentirà di mettere in campo la giusta energia reattiva per una possibile ripresa. Per questo non dob-


Domenico Bonaccorsi Xxxxx di Reburdone cxpknefv

biamo perdere di vista il valore di prospettiva e dobbiamo andare avanti, oltre il comune sentire, con scelte responsabili che ci consentano di rimuovere gli ostacoli e uscire da questa spirale di lento e, in molti casi, mancato sviluppo». Quali sono a livello locale gli ostacoli di cui parla? «In pieno accordo con Confindustria regionale, abbiamo evidenziato come le inefficienze della macchina burocratica e i costi nascosti indotti dall’illegalità, dalle carenze delle infrastrutture e dei servizi, i cui standard ancora ben lontani dai livelli normali, pesino sull’agire quotidiano delle nostre imprese. Abbiamo altresì sollecitato interventi urgenti per garantire sicurezza del territorio e dignità alla zona industriale: diritti, più che fattori, che riteniamo indispensabili e imprescindibili per iniziare una nuova attività imprendito-

riale e restituire al territorio la giusta attrattività di nuovi investimenti». Come si configurano, infine, le relazioni tra banche e imprese sul territorio? «È fondamentale rafforzarle, in un contesto territoriale e congiunturale quale l’attuale in cui credito e finanza sono leve essenziali per la crescita del sistema produttivo. L’insufficiente capitalizzazione delle imprese e l’eccessivo indebitamento, peraltro sbilanciato sul breve termine, hanno infatti condizionato e continuano a condizionare lo sviluppo delle imprese, soprattutto piccole e medie. Questo vale anche per il nostro territorio, dove il ricorso a canali alternativi di finanziamento resta ancora limitato». Quali sono, dunque, le vostre richieste? «In una situazione pesante di crisi finanziaria, che tocca le imprese ma

anche il sistema bancario e creditizio, chiediamo una maggiore apertura al fine di evitare ulteriori dannose restrizioni nell’accesso al credito delle imprese. E lo chiediamo partendo da un nuovo concetto di impresa, intesa, in linea con i principi costituzionali, quale strumento idoneo a produrre ricchezza e fattore di raccordo tra capitale e lavoro e, quindi, componente essenziale del tessuto sociale. Auspichiamo un cambiamento di prospettiva, dove le banche possano, nell’ambito dell’autoregolamentazione loro attribuita, porre in essere una gestione del credito che sappia coniugare al meglio l’applicazione di modelli di rating basati sui dati di bilancio con tecniche oggettive basate sulla conoscenza delle imprese, dei loro imprenditori e delle loro potenzialità, a lungo termine, di crescita e redditività». SICILIA 2011 • DOSSIER • 19




IDEE PER PALERMO

Per superare l’impasse un piano in sette mosse Confindustria Palermo ha promosso la realizzazione di un masterplan che cambia il volto della città. Oggi il presidente Alessandro Albanese dice: «Non pensiamo di avere alcun copyright su queste idee, ma abbiamo trovato le risorse e ci è sembrato giusto accelerare» A destra, Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo

Riccardo Casini

ette aree di intervento per cambiare volto alla città e risollevare al contempo l’economia: questi gli intenti del masterplan recentemente presentato da Confindustria Palermo, che ne ha affidato la realizzazione agli architetti Alfonso Femia e Gianluca Peluffo dello studio genovese 5+1AA. Il piano, che prevede interventi per 500 milioni di euro e 3,7 milioni di metri quadri di nuovo verde, si concentra infatti sull’area del velodromo, nei pressi dello Zen, dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio del Palermo calcio, ma anche sulla Fiera del Mediterraneo (che verrebbe trasformata in centro congressi e shopping), sulla zona del mercato ortofrutticolo (dove nascerebbe una cittadella della scienza e della tecnica), del mercato ittico (dove è previsto un acquario sul modello di Genova), dei capannoni della Zisa (che dovrebbero lasciare spazio a un di-

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stretto della cultura e dello spettacolo), di piazza Politeama (dove nascerebbe un Urban center) e di piazza Einstein. Un progetto che, secondo Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo, «vuole creare sviluppo in una città che negli ultimi 20 anni non ha visto realizzarsi nessuna opera pubblica, e che anche sul piano del trasporto pubblico locale è rimasta decisamente indietro». Ma com’è nato il masterplan? Perché la scelta dei progettisti è ricaduta su uno studio genovese? «Ci siamo semplicemente chiesti quali fossero le attività che, senza cambiare le destinazioni d’uso nel piano regolatore del Comune, potessero costituire un volano per l’economia, producendo al contempo occupazione. Abbiamo poi commissionato il lavoro scegliendo volutamente architetti non palermitani, in modo che avessero una vi-

suale disincantata, libera da affetti personali; ovviamente a questo si sono aggiunte le competenze specifiche di pianificazione urbanistica che l’architetto Peluffo e il suo team hanno maturato in contesti come Tangeri e, in passato, Marsiglia». Quali sono le linee guida degli interventi contenuti nel piano? «Ovviamente, essendo nato da un’associazione di industriali, il masterplan risente delle necessità che abbiamo dettato, e che sono di natura strettamente economica. Ma le sette grandi opere previste sono sicuramente accomunate anche dal filo conduttore dell’impatto ambientale; in tutti i casi si tratta di interventi che vanno a rivitalizzare aree inutilizzate o abbandonate della città, senza però modificare la morfologia o l’aspetto sociale di queste zone. Inoltre, non essendo necessarie varianti urbanistiche, sono immediatamente realizzabili e interamente a


Alessandro Albanese

carico dei privati, che potrebbero veder remunerato l’investimento in pochi anni. Il fatto di evitare il ricorso a varianti poi è motivato anche dalla nostra volontà di non infilarci in uno strumento come quello urbanistico, che dovrebbe essere di natura tecnica e invece è divenuto di carattere politico. Al contrario vorremmo che la politica, questa volta, prendesse solo atto». A questo proposito non si può non notare che i piani di sviluppo sono in genere redatti dalle amministrazioni locali. Qualcuno dice che Confindustria si è sostituita alla politica. Era necessario? «Capisco che possa essere sembrata una provocazione, ma non era questa la nostra intenzione. Indubbiamente oggi registriamo un’impasse della politica a livello locale, ma è altrettanto vero che molti di questi in-

terventi erano già stati pensati dalla politica stessa: il problema è proprio che, a distanza di 10 anni, non è stato realizzato nulla. Confindustria non ha mai pensato di avere alcun copyright su queste idee, ma ha trovato le risorse e per questo ha voluto accelerare; tutto questo grazie all’intervento diretto degli imprenditori e a fondi di investimento che si sono mostrati disponibili, mostrando così che se un’operazione risulta redditizia, gli investitori si trovano». Concretamente, quali riflessi potrà avere allora questo progetto sull’economia e sull’occupazione? «Se, solo per fare un esempio, stimiamo che il nuovo centro congressi potrà attirare circa 3mila visitatori per 200 giorni l’anno, si capisce che valore potrà avere per l’economia, turistica e non solo. Oppure è sufficiente guardare i dati relativi all’ac-

quario di Genova per capire che impatto potrebbe avere l’intervento nella zona del mercato ittico. Industria, servizi, commercio: tutti ne beneficerebbero. A livello occupazionale poi, tra indotto diretto e indiretto, potrebbero crearsi decine di migliaia di posti di lavoro. Ma vogliamo anche stimolare gli imprenditori, ad esempio sul merchandising che si potrebbe sviluppare intorno alle nuove opere». Cosa manca ora per partire? «Nel caso della cittadella della scienza, dove non possiamo dimenticare il valore sociale che avrebbe la restituzione alla città di uno spazio storico come quello dell’Ucciardone, destinando contemporaneamente i carcerati a una nuova struttura più ampia, parliamo indubbiamente di un progetto ambizioso, sul quale restano ancora difficoltà di natura tec- SICILIA 2011 • DOSSIER • 23


IDEE PER PALERMO

Si tratta di interventi che vanno a rivitalizzare aree inutilizzate o abbandonate della città, senza però modificare la morfologia o l’aspetto sociale di queste zone

nica e culturale, e sul quale stiamo tendiamo che si chiudano le liste, cio, e mi ha chiarito i suoi rilievi. ancora riflettendo. Ma su altri interventi siamo già pronti a partire: come detto, gli investitori non mancano. Così come abbiamo registrato positivamente la sponda offertaci immediatamente dalla Regione, che ha inserito il progetto tra le opere di interesse strategico». Nel 2012 si eleggerà il nuovo sindaco di Palermo. Inutile dire che il masterplan costituirà uno dei punti sui quali i candidati dovranno necessariamente confrontarsi. «Vedremo se la nuova amministrazione sarà disponibile a portare avanti questo progetto. Noi vogliamo solo fare gli imprenditori, questo abbiamo voluto dire alla politica di oggi e di domani. Ora at-

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poi ci confronteremo con i candidati che vorranno farlo, ribadendo anche un altro aspetto che ci sta a cuore: la gestione dei servizi pubblici locali, oggi per il 90% in mano al settore pubblico, necessita di imprese che hanno mercati». Tornando al masterplan, il presidente di Confesercenti, Giovanni Felice, ha dichiarato di temere che «dietro al centro congressi e shopping della Fiera del Mediterraneo e all'Urban center dell’area Palagonia in realtà ci sia la volontà di realizzare nuovi centri commerciali». «Con lui mi sono confrontato preventivamente sul progetto, avendolo condiviso in Camera di Commer-

Personalmente credo che il protezionismo vada relegato a una visione antica dell’economia, e che oggi vi siano città a vocazione turistica nelle quali nascono migliaia di negozi senza dare fastidio a nessuno. In questo senso i progettisti hanno pensato che la creazione di un centro congressi possa essere accompagnata da nuovi esercizi commerciali a supporto, che potrebbero contribuire ad ammortizzare i costi e a rendere il quartiere più vivibile. Mi pare più opinabile la nascita di centri commerciali all’altro capo della città, piuttosto che attorno a poli che erogano servizi. Insomma, credo sia giusto che sia il mercato a dettare le regole».



IDEE PER PALERMO

Rilanciare il turismo congressuale e culturale Roberto Helg, presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Palermo, si dice d’accordo con le linee guida del masterplan. E precisa: «È prioritario il nuovo centro congressi, ma anche la valorizzazione dell’aeroporto» Riccardo Casini

ono state molte le voci che nell’ultimo mese si sono espresse a sostegno del masterplan di Confindustria: tra loro anche quella di Roberto Helg, presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Palermo, secondo cui «è già positivo il fatto che gli industriali si siano fatti carico di realizzare questo studio». Uno studio «che ci è stato mostrato in anteprima e del quale ho seguito attentamente lo sviluppo. Ho apprezzato in particolare – dice oggi Helg – che l’incarico sia stato affidato ad architetti non palermitani, che hanno potuto quindi approcciarsi al progetto da un punto di vista esclusivamente professionale». Ma come giudica i singoli interventi? Rispondono alle esigenze della città? «Ritengo validi tutti gli interventi, anche se al primo posto colloco indubbiamente il centro congressi: una struttura fondamentale per una città come Palermo, che riuscirà a svilupparsi solo grazie a un incremento del turismo. Se a ciò aggiungiamo che

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un recente studio di Boston Consulting ha mostrato come Palermo sarebbe una delle città europee maggiormente gradite per l’organizzazione di congressi, si capisce perché su questo punto conduca anch’io personalmente una battaglia da un paio d’anni». Perché lo ritiene così fondamentale? «Come detto, Palermo crescerà se riuscirà a far crescere il turismo. Così come oggi non cresce perché mancano le iniziative. Ecco perché occorre muoversi in questa direzione, a partire dalla valorizzazione dell’aeroporto: se è vero infatti che gli ultimi dati mostrano una sua crescita, è anche vero che osservandoli attentamente si nota come questa sia dovuta esclusivamente ai palermitani che si spostano per studio o lavoro, e non ai flussi turistici. Per incrementarli servono allora iniziative di co-marketing con le compagnie low cost: il turismo, in particolare quello culturale, va assolutamente sviluppato in una città che ospita tante bellezze che valgono una visita. Per quanto riguarda in-

vece il centro congressi, mi trova d’accordo sia la struttura modulare sia la scelta dell’area. E personalmente sarà la prima iniziativa che proporrò ai candidati sindaco». Non vi sono proprio elementi migliorabili nel progetto? «Il presidente di Confesercenti si è già espresso sui progetti riguardanti Fiera del Mediterraneo e area Palagonia, temendo l’arrivo di nuovi centri commerciali. Anche io vorrei capire precisamente quali aree saranno dedicate al commercio, e a quale tipo. Ma credo si tratti di particolari sui quali il confronto potrà avvenire in corso d’opera». Recentemente ha dichiarato che


Roberto Helg

In apertura, Roberto Helg, presidente di Confcommercio e Camera di Commercio di Palermo

La vicenda del piano regolatore del porto è un perfetto esempio di mala gestio da parte della politica

Palermo «ha bisogno di una scossa elettrica» e che la città «è peggiorata nettamente negli ultimi 14 anni». «Confermo quanto detto sulla scossa elettrica, anzi alla luce degli ultimi dati aggiungerei “violenta”: il periodo delle festività infatti sta andando peggio rispetto a quanto previsto, con un crollo totale dei consumi. La parte finale dell’anno è caratterizzata da richieste di cassa integrazione anche nel commercio, negozi semivuoti e stipendi non pagati. A questo oggi si aggiunge la quasi certezza che nei primi 3 o 4 mesi del 2012 si registreranno ulteriori crolli anche per gli esercenti nel centro della città, e non più solo in periferia. Crolli che nemmeno l’apertura di due o tre nuovi centri commerciali può compensare, visto che i grandi marchi non fanno un

conto economico proiettato all’anno in corso, ma hanno la possibilità di progettare investimenti che possono andare a reddito anche dopo tre anni senza che per loro cambi nulla. Detto questo, il problema principale resta l’assoluta incertezza sul futuro». Le colpe vanno ascritte solamente alla politica e alle varie amministrazioni locali che si sono succedute? «La politica è indubbiamente la principale responsabile, non solo negli ultimi dieci anni ma anche nel decennio precedente. E non parlo di una persona o di un’amministrazione in particolare, quanto della classe politica in generale. Basti pensare al piano regolatore del porto, un’incredibile opportunità per attivare investimenti tenuto fermo in consiglio comunale per

3 anni a causa di contrapposizioni e diverse opinioni, e poi improvvisamente approvato grazie a una piccola modifica: non è un perfetto esempio di mala gestio da parte della politica?». Non è un caso allora che siano stati gli industriali a presentare un piano di sviluppo della città, sostituendosi in parte alla politica stessa. «No, come non è un caso che in queste festività siano stati i commercianti a organizzare eventi, a chiedere la chiusura delle strade al traffico e a creare momenti di attrazione. Per quanto riguarda il masterplan, anche la Camera di Commercio ha dato il proprio contributo alla realizzazione del progetto. Tutti segnali che dicono che, se stimolate, le imprese si muovono. La politica, purtroppo, no». SICILIA 2011 • DOSSIER • 27




UNITÀ D’ITALIA

Un futuro da costruire insieme Nel 2011 l’Italia ha festeggiato 150 anni della propria Unità nazionale. Il Senato, che il presidente Renato Schifani ha da sempre inteso come la “casa di tutti gli italiani”, ha partecipato alle celebrazioni invitando il Paese a ricompattarsi. Per affrontare le sfide di oggi e, soprattutto, di domani Leonardo Testi

i chiude un 2011 costellato dalle ricorrenze per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia: occasioni per rileggere pagine che si credevano dimenticate del nostro passato e della nostra storia, dando loro nuova forza e nuovo significato. Se il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il suo volume Una e indivisibile, ha voluto raccogliere le proprie riflessioni sull’anniversario dell’Unità del Paese sottolineando che “non si è trattato di un’accensione passeggera né di una parentesi che si è già chiusa, ma di un risveglio di coscienza unitaria e nazionale, le cui tracce resteranno sempre, e i cui frutti sono ancora da cogliere”, anche le altre istituzioni dello Stato hanno dato il loro contributo alle celebrazioni. Tra queste, il Senato - presieduto da Renato Schifani - ha dedicato all’occorrenza una serie di pubbli-

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cazioni, convegni, seminari e incontri avviati con la mostra sui padri fondatori, visitata anche da Napolitano. Alla vigilia del 17 marzo, proprio Schifani dichiarava: «L’Unità d’Italia non è solo il ricordo di un passato di eroi, battaglie, avvenimenti, ma soprattutto memoria della Nazione. Il Risorgimento è una pagina di storia ricca di idealismo, coraggio, onestà, libertà; l’Unità della Repubblica e della Nazione è un valore che non può e non deve creare contrapposizioni ma sul quale istituzioni, politica e società civile sono chiamate a convergere senza alcuna incertezza». Concetti che il presidente del Senato non ha smesso di ribadire lungo tutto l’anno in eventi pubblici e manifestazioni legate alle celebrazioni ufficiali. In occasione della presentazione del libro Matera Italia e ritorno. Viaggio all’interno della dimensione lucana di

Franco Di Pede, svoltasi a fine settembre nella Sala Capitolare della Biblioteca del Senato, la seconda carica dello Stato ha evidenziato la bellezza e l’unicità di Matera, ricordando come sia stata la prima città del Sud d’Italia a ribellarsi ai nazisti. «È uno dei tanti esempi delle meraviglie che racchiude questa nostra Italia, questo Paese di cui abbiamo appena celebrato il centocinquantesimo dell’Unità, questa splendida terra che può e deve essere valorizzata al meglio e ancor meglio, per incentivare un turismo che è fonte di reddito e lavoro ma anche per dare a noi tutti, che ne siamo i fortunati abitanti, la possibilità di apprezzare ogni giorno i luoghi in cui siamo nati, luoghi che a volte diamo per scontati, ma dei quali andare orgogliosi. Tutti noi – ha proseguito Schifani – dobbiamo andare fieri di una storia di lotte e di battaglie realizzate negli anni passati con


Renato Schifani

Il passato è fondamentale per comprendere il presente e progettare il futuro Renato Schifani, presidente del Senato, con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

grandi sacrifici, anche di vite umane, per raggiungere questi 150 anni di unità d’Italia». Sempre nel nome dell’unificazione, Schifani ha ricordato la figura di Alcide De Gasperi, il cui 57esimo anniversario della scomparsa ricorreva il 19 agosto, e commentato la festa di San Francesco il 4 ottobre: «L’impegno di Francesco era quello di servire e promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona. Un sentimento che chiamiamo patria. La sua testimonianza e il suo insegnamento sono, anche per noi, più di una speranza, sono fiduciosa certezza per l’avvenire dell’Italia. Un avvenire che si può e si deve costruire insieme». Infine, il 22 ottobre

scorso Schifani si è recato a Rieti proprio per la celebrazione del 150esimo anniversario dell’Unità, offrendo una lettura della ricorrenza legata al periodo turbolento e complesso che il Paese si trova ad attraversare. «Molte volte ho avuto occasione di dire che il passato è fondamentale per comprendere il presente e progettare il futuro. Questa affermazione mi pare tanto più valida nel 150esimo anniversario dell’Unità della nostra Patria, ma anche in questo particolare momento di crisi economica difficile e lunga, che richiede misure importanti e tempestive». Il richiamo a un clima di coesione ha fatto da contrappunto anche al concerto di

Natale che si è tenuto nell’Aula del Senato il 18 dicembre scorso, eseguito quest’anno dall’Orchestra del Teatro Verdi di Salerno diretta dal maestro Daniel Oren, il cui incasso è stato devoluto in beneficienza. «Il prestigio e la ricchezza di un vastissimo patrimonio artistico e culturale - si legge nella presentazione del Concerto del presidente Schifani nel libretto distribuito in Aula - sono stati costruiti lungo l’asse fondamentale dell’Unità nazionale, valore irrinunciabile di una comunità che sa ritrovarsi anche dopo le prove più dure, perché capace di riconoscere i valori fondamentali dell’intera umanità come propri irrinunciabili principi e ispirazioni ideali». SICILIA 2011 • DOSSIER • 35


UNITÀ D’ITALIA

È ancora Padiglione Italia L’inaugurazione del padiglione piemontese della 54esima Biennale d’Arte contemporanea di Venezia, voluto da Vittorio Sgarbi, è l’occasione per fare il punto sul 150esimo anniversario dell’unificazione nazionale. Tra arte e politica Francesca Druidi

tto finale per il Padiglione Italia della 54esima edizione della Biennale di Venezia, inaugurato a Torino il 17 dicembre, non senza polemiche. Ma, del resto, quando il curatore è Vittorio Sgarbi non poteva che essere altrimenti. «Oltre a essere l’ultimo capitolo di questa edizione della Biennale dedicata al 150esimo dell’Unità d’Italia – spiega il critico ferrarese – l’esposizione (che sarà aperta fino alla fine di gennaio) nasce dall’idea di verificare lo stato dell’arte d’Italia». Più di 600 artisti sono in mostra nei 12mila metri quadrati della Sala Nervi del Palazzo delle Esposizioni nel capoluogo piemontese, «una cosa assolutamente senza precedenti», tra pittura, scultura, installazioni e fotografia. «L’obiettivo era quello di non precludere al pubblico la possibilità di conoscere alcuni artisti rimasti esclusi da Venezia e, in generale, chi non rientra nel novero dei soliti noti». Il motto della manifestazione è, infatti, “concedere agli artisti la dignità della propria esistenza”. E se Torino è stata una delle capitali d’Italia, l’iniziativa potrebbe avere un’ulteriore coda nel 2012 a Salemi, di cui Sgarbi è primo cittadino dal 2008, e che è stata la prima capitale d’Italia, pro-

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Vittorio Sgarbi, critico d’arte e sindaco di Salemi

tagonista di una delle pagine più importanti del Risorgimento italiano. Molti sono stati i progetti che Sgarbi ha improntato per onorare la ricorrenza, come ad esempio l’inaugurazione del Museo della Mafia e di quello dedicato al paesaggio. Ma cosa hanno lasciato in eredità all’Italia i festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’Unità nazionale? «Il risultato politico è stato quello di aver lasciato la Lega da sola, evidenziando la necessità di rifondare l’Italia sul piano dell’unità politica». E, a proposito di politica, ormai da tempo si rincorrono incalzanti diverse voci sulle intenzioni del critico di candidarsi a

presidente della Regione Siciliana oppure a sindaco di Agrigento o di Palermo. «Si tratta di espressioni di attenzione a quadri politici che vanno continuamente mutando. Probabilmente intraprenderò uno di questi percorsi: allo stato attuale, rappresentano i primi segnali di una ripresa dell’attività politica sul piano delle amministrazioni locali che, con il prossimo anno – tra primarie e inizio della campagna elettorale per le prossime politiche –, genereranno una serie di nuove aggregazioni. Da questo punto di vista, anche le candidature per alcune città costituiscono atti politicamente rilevanti».



AMMINISTRATIVE 2012

Primarie e partecipazione, così i partiti si preparano al voto Quello della prossima primavera si prospetta come un appunto elettorale importante per la Sicilia. Non solo perché in ballo c’è l’elezione del sindaco di Palermo, ma anche perché sarà cruciale la scelta degli alleati. Con terzo polo e Grande Sud a fare da ago della bilancia Renata Saccot

apabili, autocandidature, passi indietro e rifiuti. Primarie sì, primarie no. Finora, però, di candidature ufficiali nessuna. In Sicilia, oltre al rinnovo dell’amministrazione provinciale di Ragusa, sono 141 i comuni che andranno al voto nel 2012. Tra questi ci sono tre capoluoghi di provincia - Agrigento, Palermo e Trapani - e alcuni centri importanti come Gela, Caltagirone, Marsala, Modica e Paternò. Certo non si chiedono tutti i nomi dei candidati a 5 mesi dalle elezioni, ma in regione non è possibile fare chiarezza nemmeno sulle eventuali

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alleanze. Anche su questo versante, infatti, tutto tace mentre i notabili dei partiti lavorano alacremente sulle intese giuste per portare a casa la vittoria. Le amministrative della prossima primavera hanno gettato i partiti politici dell’Isola nel caos, nessuno escluso. Nemmeno il Popolo della Libertà, che in Sicilia non ha mai “sofferto” dal punto di vista elettorale. Questa volta però la strada non sembra essere tutta in discesa. Nonostante i 100mila iscritti al partito abbiano galvanizzato gli animi - i coordinatori regionali Domenico Nania e Giuseppe Castiglione hanno parlato di

«risultato che ha superato le più rosee aspettative» - il Pdl dovrà fare i conti con la criticata gestione Cammarata a Palermo, cercare di riconfermare un suo candidato a Trapani (unica provincia, insieme a Caltanissetta, dove la campagna di tesseramento non ha soddisfatto i vertici) e strappare all’Udc quello di Agrigento, dove sinistra e terzo polo stanno cercando di esprimere un candidato alternativo all’attuale primo cittadino. Il partito del segretario Alfano è incalzato sul fronte interno anche da Gianfranco Miccichè, che spinge sulla necessità di fare presto un nome. Il leader di


Il puzzle delle alleanze

Palermo, candidato cercasi

Grande Sud, infatti, ha parlato di «un centrodestra che si va liquefacendo giorno dopo giorno», lanciando l’idea di una “Casa dei moderati”, «che si contrappone agli estremismi della Lega da una parte e alla sinistra dall’altra». Poi, parlando delle amministrative, l’ultimatum: «Continuiamo a chiedere con insistenza un incontro al Pdl. Tuttavia, vorremmo che, qualora si decidessero, ci si possa confrontare con uno e non con cinque coordinatori provinciali. Questo che lanciamo – ha avvertito Miccichè – è un ultimo appello. Dopo le feste natalizie presenteremo il nostro candidato a sindaco, non solo a Palermo, sperando che possa essere quello della coalizione». E se a Palermo la situazione è questa, il centrodestra sta cercando la quadra anche ad Agrigento e Trapani. Nella città dei Templi, dove i rapporti con l’attuale sindaco sono ai minimi storici, il coordinatore provinciale Renato Rametta ha chiesto, a metà dicembre, alle associazioni imprenditoriali, sociali e culturali della città di partecipare alla “rinascita di Agrigento”, per arrivare un accordo di programma unitario per la scelta del candidato sindaco, attraverso «eventuali

Leoluca Orlando e Giuseppe Mauro. Sono questi, oggi, gli unici candidati ufficiali alle prossime comunali di Palermo. Il primo è il nome su cui l’Idv ha deciso di puntare per la sua corsa in solitaria per Palazzo delle Aquile, spaccando il partito in città - il candidato naturale, Fabrizio Ferrandelli, intenzionato comunque a correre per la poltrona di sindaco con una lista civica, è stato messo all’angolo perchè reo di essersi proposto senza il sì del partito -. Il secondo, invece, è il candidato su cui scommette l’Alleanza di centro di Francesco Pionati. Nel mezzo tanti possibili nomi ma poche certezze. Rumors cittadini dicono che i giochi sono difficili perché nel 2013 ci sarà da scegliere anche il governatore della Regione, questo fa sì che la corsa per Palazzo delle Aquile escluda quella per Palazzo d’Orleans. Quindi chi, tra i candidati, ha velleità da governatore preferisce stare a guardare. Per il Partito Democratico la candidatura di Rita Borsellino ha provocato la rottura del partito di Bersani con l’Idv e, se la sorella del magistrato vittima della mafia dovesse essere confermata dalle primarie, il Pd perderebbe l’appoggio di Mpa e terzo polo. L’europarlamentare palermitana ha, infatti, posto il suo veto a una possibile alleanza con il partito del governatore Lombardo e quelli di centro, aprendo invece «solo a quei cittadini che intendono realmente promuovere il risanamento e lo sviluppo di questa città, sotto il profilo economico, culturale ed etico. E che chiude a quelle vecchie pratiche e a quei vecchi schemi che hanno affossato Palermo», continua a ribadire la Borsellino. Questo atteggiamento sta creando un po’ di freddezza all’interno del Pd palermitano che, intanto, guarda a nomi che potrebbero aprire ai partiti oggi esclusi dalla Borsellino. Il Pdl, dopo il no del rettore Roberto Lagalla, Massimo Costa e Francesco Cascio, ha ricevuto l’autocandidatura di Marianna Caronia, del Pid dell’ex ministro Saverio Romano. Restano, comunque, ancora in campo i nomi di Francesco Scoma, coordinatore provinciale del partito, e di Simona Vicari, ex sindaco di Cefalù. Nel terzo polo ci si prepara a una corsa in solitaria in caso la Borsellino dovesse vincere le primarie. E i nomi che circolano sono quelli degli attuali assessori regionali Massimo Russo e Gaetano Armao e di Caterina Chinnici. Ma Carmelo Briguglio, forte della sua riconferma per acclamazione a responsabile di Fli in Sicilia, cerca di accelerare: «Abbiamo due ottimi parlamentari a Palermo, Nino Lo Presti e Alessandro Aricó, che sono pronti a scendere in campo per le amministrative. Se il terzo polo dovesse ancora attardarsi noi come Futuro e Libertà lanceremo una nostra candidatura a sindaco».


XXXXXXXXXXX 2012 AMMINISTRATIVE

In Sicilia sono 141 i comuni che andranno al voto nel 2012

In senso orario, dall’alto, Palermo, Agrigento e Trapani

primarie di coalizione aperte a tutta mal di pancia di troppo ai dirigenti la cittadinanza». Intanto, l’eventuale ricandidatura del sindaco Marco Zambuto con molta probabilità sarà orfana dei voti di terzo polo, Grande Sud, Mpa e Partito Democratico. Tutti partiti oggi impegnati in prove tecniche di alleanza e in forte pressing sull’Udc affinché faccia fare un passo indietro a Zambuto. A Trapani per adesso tutto tace all’interno del Pdl. Qui il Pid di Romano e Alleanza per la Sicilia fanno sapere agli azzurri di essere in grado di esprimere un loro candidato e che attenderanno fino a gennaio che il Pdl suggerisca un nome su cui discutere. In caso contrario, tanto per Maria Pia Castiglione del Pid che per Giuseppe Bica di Alleanza per la Sicilia, «sarà troppo tardi per ragionare sui programmi e sulle eventuali primarie di centrodestra». Sul fronte Pd, la situazione, se possibile, è ancora più complicata. Se a Palermo l’investitura “romana” di Rita Borsellino ha creato qualche 42 • DOSSIER • SICILIA 2011

locali, ad Agrigento sembra configurarsi un’alleanza di larghe intese che va dalla sinistra al terzo polo. La conferma arriva da Emilio Messana, segretario provinciale del Pd, il quale parla di «disponibilità a collaborare con chiunque abbia proposte e programmi che guardino al territorio. Noi abbiamo già incontrato il Mpa e i partiti della sinistra per cercare di creare una coalizione alternativa al centrodestra». Ad Agrigento il Pd ha lanciato il progetto “Agrigento On 100 idee per Agrigento”, una piattaforma di democrazia partecipativa attraverso a quale tutti gli agrigentini potranno progettando insieme «una visione di città finalmente rispettosa dell’ambiente, equa, solidale, e ricca di opportunità per il lavoro, la cultura e il tempo libero». A Trapani a dettare il ritmo al Partito Democratico è Sel, che per primo ha chiesto alla segreteria locale del Pd di lasciare alle primarie, e quindi ai cittadini, la scelta

del candidato sindaco di centrosinistra. Ma il partito di Vendola si spinge oltre e, per bocca del suo segretario provinciale, Massimo Candela, non chiude «alle forze moderate della città» perchè, fanno sapere, alle amministrative prevale l’interesse locale. La stessa richiesta arriva dai dipietristi, con un distinguo, «l’Italia dei Valori fa riferimento esclusivamente a primarie di coalizione di centrosinistra e di conseguenza non intende fare pseudo-alleanze con partiti che vanno al di là di questo schieramento». I giochi sono tutti ancora da fare, ma già da queste prime battute si capisce quanto risulteranno fondamentali le alleanze che i due principali partiti stringeranno da qui alla prossima primavera.



OCCUPAZIONE

Interventi strutturali per rilanciare l’occupazione La contrazione della forza lavoro in Sicilia è stata arginata. Ma rimangono ancora molti problemi, come la rinuncia delle persone disoccupate a cercare un impiego. A fare il punto sul mercato del lavoro è Giuseppe Arrica, direttore della sede di Palermo della Banca d’Italia Francesca Druidi

erde di slancio il timido tentativo di ripresa che si era registrato in Sicilia nel 2010, mostrando nel primo semestre 2011 un indebolimento generale del contesto economico. Lo riporta la nota congiunturale di novembre redatta dalla sede di Palermo della Banca d’Italia. Concentrando l’attenzione sul mercato del lavoro, emerge ad ogni modo un aumento dell’occupazione dello 0,6 per cento, in recupero rispetto alle contrazioni manifestatesi nei tre anni precedenti. Il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa si attesta al 42,6 per cento, un valore sostanzialmente in linea con quello dello stesso periodo del 2010. Dato positivo è la riduzione del numero di persone in cerca di un primo lavoro, pari al 6,6 per cento. Aumentano però dell’8,9 per cento, nei primi nove mesi del 2011, il numero di ore di cassa integrazione guadagni (Cig) autorizzate in Sicilia rispetto allo stesso periodo del 2010. Restano, in definitiva, più ombre che luci a caratterizzare il quadro occupazionale della regione, come sottolinea Giuseppe Arrica, direttore della sede palermitana della Banca d’Italia. A che cosa si deve, secondo lei, questo quadro in lieve miglioramento dove il tasso di disoccupazione finalmente è in decremento? «La modesta ripresa dell’occupazione rispetto al

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Sopra, Giuseppe Arrica, direttore della sede di Palermo della Banca d’Italia

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primo semestre del 2010, periodo nel quale l’impatto della crisi è stato particolarmente pesante, si è verificata soprattutto nel settore dei servizi diversi dal commercio, come per esempio i trasporti, e nel comparto industriale. Non a caso, si tratta dei settori per i quali gli indicatori sono lievemente migliorati nei primi mesi del 2011. Teniamo comunque conto che, dal 2006, anno in cui le persone al lavoro in Sicilia avevano superato il milione e mezzo di unità, l’occupazione è costantemente scesa, soprattutto con il sopraggiungere della crisi internazionale. Complessivamente, da allora, si sono persi circa 60mila posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione, seppur in lieve calo, rimane tuttavia su livelli tra i più elevati in Italia. In Sicilia, inoltre, continua a persistere il fenomeno dello scoraggiamento tra le persone non occupate, che rinunciano a cercare attivamente un lavoro». È in rialzo l’occupazione femminile (1,4 per cento rispetto al primo semestre 2010); in quali settori produttivi è stata assorbita questa quota? «Tradizionalmente, l’occupazione femminile si concentra nel terziario. L’incremento recente ha riguardato, in particolare, i servizi diversi dal commercio. Va comunque sottolineato che la partecipazione delle donne al mercato del la-


Giuseppe Arrica

Il tasso di disoccupazione, seppur in lieve calo, rimane tuttavia su livelli tra i più elevati in Italia voro in Sicilia è ancora modesta: meno di una donna su tre ha un’occupazione, mentre per gli uomini il tasso di occupazione sfiora il 57 per cento». E a che punto si attesta la disoccupazione giovanile? C’è stato qualche miglioramento in questo senso? «Nel 2010 il tasso disoccupazione giovanile ha superato il 40 per cento. Anche in questo caso, il dato è uno dei più elevati tra le regioni italiane e si confronta con una media nazionale del 27,8 per cento. In mancanza di dati regionali più recenti, possiamo dire che nel primo semestre dell’anno in corso il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto sostanzialmente stazionario sia nell’intero Paese sia nel Mezzogiorno rispetto allo stesso periodo del 2010». In base allo scenario dell’economia siciliana e delle tendenze attuali, quali sono le previsioni per l’occupazione nei primi mesi del 2012? «Le indicazioni provenienti dal campione di imprese che contattiamo abitualmente in occasione delle nostre rilevazioni statistiche non sono molto positive. La quota di imprese indu-

striali che prevede di ridurre il personale è di gran lunga superiore a quella di chi ha programmato nuove assunzioni». Da quali leve, secondo lei, l’economia della regione deve partire per guardare alla ripresa? «Le prospettive sono incerte ed è difficile dire se e quando i segnali positivi che talvolta pure si manifestano, possono considerarsi un momento di robusta inversione di tendenza. In una prospettiva di medio e lungo termine, occorre lavorare sulle difficoltà strutturali dell’economia siciliana, che poi non sono tanto diverse da quelle nazionali. In particolare, occorre stimolare la diffusione dei valori del merito e della competenza nella pubblica amministrazione, innalzare la qualità dei servizi pubblici e favorire politiche che stimolino l’irrobustimento della struttura produttiva, caratterizzata da imprese troppo piccole per competere nello scenario internazionale. Infine, non va dimenticato che un freno decisivo allo sviluppo economico della Sicilia è costituito dalla presenza della criminalità organizzata; pertanto ogni sforzo per contrastare questo fenomeno rappresenta un investimento per il nostro futuro». SICILIA 2011 • DOSSIER • 45


OCCUPAZIONE

Riqualificazione e infrastrutture Il calo dei consumi, complice il clima di incertezza che si respira nel Paese, si abbatte sui livelli occupazionali che diminuiscono nel commercio e nei servizi. A individuare possibili vie di uscita è il presidente di Confcommercio Sicilia Pietro Agen Francesca Druidi

n base ai dati della rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, contenuti nella nota di aggiornamento congiunturale di novembre redatta dalla Banca d’Italia, l’occupazione in Sicilia registra una lieve ripresa che però non riguarda il settore del commercio, alberghiero e della ristorazione (-7,1% rispetto al primo semestre

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Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia

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2010). A commentare l’attuale scenario critico è il numero uno di Confcommercio Sicilia, Pietro Agen, che prende in esame alcuni dei punti fermi da cui partire per risollevare le sorti del sistema regionale e del mercato del lavoro, illustrando anche la novità rappresentata dal nuovo codice etico, con il quale i soci dell’associazione si impegnano “a rifiutare qualsiasi forma di estorsione, usura o altre tipologie di reato mafioso e di collaborare con le forze dell’ordine e le istituzioni preposte, denunciando direttamente o con l’assistenza del sistema associativo, ogni episodio di attività illegale di cui sono vittime”. Conferma i dati diffusi dalla banca d’Italia e questo preoccupante andamento per il commercio? «Sono assolutamente d’accordo sulla tendenza in calo: sono drammaticamente diminuiti i consumi, ne hanno di conseguenza risentito i livelli occupazionali nel commercio, nel turismo, nei servizi. Non mi risulta la lieve ripresa in altri settori. In termini di occupazione, non credo vi siano segnali di crescita in alcun comparto, neanche in quello dell’edilizia che è il più resistente, e che è in crisi anche più del commercio. Forse il dato include forme di occupazione quali le assunzioni a termine di matrice pubblica: si tratta di lavoro precario, di lavoro stagionale, che ben poco incide sul tessuto socio-economico ed è tutt’altro che risolutivo. La criticità è evidente: manca il lavoro, non c’è reddito, calano i consumi e l’economia va in crisi. Su questa situazione incide pesantemente an-


Pietro Agen

L’unica progettualità a breve e medio termine deve guardare a un rilancio dell’economia attraverso il settore dell’edilizia e del suo indotto

che l’effetto paura, la preoccupazione del futuro che viene dichiarata a tutte le latitudini, al Sud come al Nord. In Sicilia, agli effetti drammatici di questa crisi aggiungiamo anche una cronica debolezza delle esportazioni. In altre regioni alcuni mercati italiani e stranieri riescono a resistere alla crisi e a compensare alle carenze del mercato interno proprio grazie all’export». Una delle soluzioni possibili individuate per garantire la salvaguardia del commercio al dettaglio, è la formazione degli imprenditori del comparto, soprattutto in un’ottica futura. Confcommercio ha intenzione di

predisporre iniziative in questo senso o, in generale, prevede progetti per sostenere le imprese del settore? «Sono convinto che la formazione sia essenziale. Ma trovo che ci sia una contraddizione nelle politiche del settore: si sostiene di nuovo che formare gli imprenditori del comparto sia necessario. Eppure, qualche anno fa, la formazione è stata abolita, poiché si è ritenuto più importante dare libero accesso all’attività imprenditoriale. Un tempo, l’imprenditore commerciale doveva frequentare un corso prima di avviare un’attività. Oggi non è più così, tranne che per il settore della somministrazione alimenti e bevande. Superata questa contraddizione, penso che l’unica progettualità a breve e medio termine debba guardare a un rilancio dell’economia attraverso il settore dell’edilizia e del suo indotto. Non mi riferisco soltanto alle in- SICILIA 2011 • DOSSIER • 47


OCCUPAZIONE

Il continuo replicarsi di inutili centri commerciali rischia di spopolare il tessuto urbano dal commercio

frastrutture, che pure sono carenti in Sicilia, gozio, una chiesa, una via, una sosta in un ma a interventi di riqualificazione dei nostri centri storici, ai piani del colore, al recupero degli edifici di pregio: sarebbe un recupero del decoro urbano e dell’ambiente e, al contempo, si darebbe una grossa spinta all’economia turistica». Arginare la grande distribuzione, in particolare nei centri città, è una politica che sta iniziando a diffondersi in Italia. La ritiene una strada da percorrere anche in Sicilia? «Ritengo che i centri storici debbano sempre essere il fulcro dell’economia cittadina. Un centro storico è già di per sé un centro commerciale naturale e non è necessario inventarlo. Il continuo replicarsi di inutili centri commerciali rischia di spopolare drammaticamente il tessuto urbano dal commercio. Una città senza negozi è una città morta. È un errore che rischia di pagare anche il turismo. Non esistono turisti disposti a chiudersi per ore in un centro commerciale: il turista ama alternare la sua visita, tra un museo, un ne48 • DOSSIER • SICILIA 2011

bar. Quella dei centri commerciali è una standardizzazione che non ha senso per realtà che sono in massima parte d’interesse turistico». È stato presentato il nuovo codice etico approvato all’unanimità da Confcommercio Sicilia e composto da 11 articoli in cui i soci si impegnano non solo a “rifiutare ogni rapporto con le organizzazioni mafiose”, ma anche a “fornire una guida morale ai consumatori”. Cosa cambia con questo testo e quanto si fa sentire ancora il problema dell’estorsione e dell’usura? «Il problema delle estorsioni, come quello dell’usura, incombe certamente, ma il fronte di resistenza è cresciuto. Possiamo affermare che è un allarme di cui si è presa coscienza. Si sono create le pre-condizioni per reagire. Questo è il significato della decisione che abbiamo voluto assumere con l’adozione del codice etico di Confcommercio Sicilia. La classe dirigente di Confcommercio ha deciso di offrire il buon esempio, di guidare la rivolta contro racket e


Pietro Agen

Il rilancio parte dal turismo La riorganizzazione degli enti deputati alla formazione è il prossimo obiettivo da perseguire per l’assessore regionale Andrea Piraino L’andamento dell’occupazione in Sicilia migliora nella prima parte del 2011 rispetto al 2010, anche se lo scenario resta piuttosto critico. L’assessore regionale alle Politiche sociali, Andrea Piraino (nella foto), indica le prospettive per l’immediato futuro. In che modo legge questo tenue segnale positivo?

«In maniera confortante, come frutto dell’azione politica di questo governo che è riuscito, tra mille difficoltà, ad avviare dei percorsi di difesa e di crescita del lavoro efficaci. La speranza è che questo trend si riconfermi in modo totalmente positivo e che si riveli non di natura contingente ma strutturale, che sia il prodotto non di una fase momentanea, ma di una crescita della base produttiva». Migliora la situazione nell’industria, in agricoltura e nei servizi mentre l’occupazione si è ridotta nell’edilizia (-4,2 per cento) e nel settore del commercio, alberghiero e della

ristorazione (-7,1 per cento). Identifica misure che possano fermare l’emorragia di posti di lavoro in questi comparti?

«Gli interventi possibili passano dal rilancio del turismo attraverso il quale possano trovare risposte diversi settori (ristorazione, alberghiero), ma naturalmente l’offerta turistica andrebbe diversificata e resa più attrattiva con proposte più mirate. Immagino, ad esempio, il rilancio del settore congressuale e di quello religioso, non trascurando il turismo sportivo. In questo periodo, tantissime squadre italiane ed europee vanno a svernare negli Emirati. Basterebbe rendere più appetibile la nostra regione con una migliore ricettività degli alberghi - e qui entra in ballo anche il settore edile - e delle infrastrutture sportive vere e proprie». A che punto è il processo di innovazione delle politiche formative e del lavoro improntato dalla Regione Sicilia per arginare il fenomeno della disoccupazione

usura. Presto pubblicheremo i nomi di chi ha già detto no al fenomeno delle estorsioni e saremo in tanti a metterci la faccia. Ci aspettiamo che questo possa rappresentare un incentivo forte, in grado di far uscire tutti allo scoperto e di indurre a denunciare questi fenomeni, che rappresentano un cancro del nostro sistema produttivo». L’innalzamento dell’Iva nel secondo semestre 2012 e l’instabilità dei mercati rendono lo scenario per il futuro piuttosto cupo. Identifica strategie possibili per risollevare l’occupazione e, in generale, il commercio? «Innanzitutto mi auguro che non venga aumentata l’Iva nel secondo semestre dell’anno prossimo. Spero proprio che non ce ne sia bisogno: sarebbe, a mio parere, un errore cla-

giovanile? Quali i prossimi step da raggiungere?

«Il settore della formazione professionale in Sicilia sta finalmente registrando una riforma strutturale che dovrebbe portare all’individuazione di percorsi formativi funzionali a quella che è la richiesta del mercato del lavoro oggi, non incline con l’offerta di lavoro che si registra. Il prossimo obiettivo immediato da raggiungere, in questa prospettiva, è quello della riavviata riorganizzazione del sistema degli enti che si occupano della formazione con un loro rilancio qualitativo». Come valuta l’accordo che sancisce il passaggio di Termini Imerese dalla Fiat a Dr Motor?

«Sicuramente un passaggio obbligato, che potrà essere positivo se Dr Motor manterrà gli obiettivi che si è proposta di raggiungere come si legge dal piano industriale, che non potrà essere soltanto in funzione dei contributi stabiliti dalla Regione».

moroso, perché farebbe ripartire un fenomeno inflattivo, aggravando una situazione già difficile. Penso che sia più importante, per innescare un processo virtuoso, intervenire in modo decisivo per far ripartire l’economia. Si riparte solo quando si decide di fare investimenti intelligenti atti a produrre ricchezza, a stimolare nuove opportunità occupazionali e a impedire quelle scelte sbagliate che riescono soltanto a creare sacche di precariato. Prima di tutto, la Sicilia dovrà impegnarsi per recuperare il gap infrastrutturale, che è innegabile rispetto agli standard europei e al resto del Paese. Il Ponte sullo Stretto è un’opera importante, senza dubbio, ma servirà a poco se non viene realizzata un’adeguata rete stradale e ferroviaria». SICILIA 2011 • DOSSIER • 49


OCCUPAZIONE

Realizzarsi attraverso il lavoro «Riacquistare la passione per il lavoro, la famiglia e i percorsi di crescita personali» è il percorso che per Santo Francesco Scirè, presidente di Acli Sicilia, occorre intraprendere per uscire da uno stato di sconforto che paralizza ogni slancio alla crescita Francesca Druidi

ttivato nel 2009 da Acli Sicilia, l’Osservatorio regionale per le famiglie riesce ad avere il polso della situazione nei singoli territori, soprattutto in quelli più svantaggiati, riguardo allo stato di difficoltà dei cittadini. «L’osservatorio – spiega il presidente regionale dell’Associazione cristiane lavoratori italiani, Santo Francesco Scirè – tramite i nostri Punto famiglia collocati in tutte le nove province siciliane, elabora costantemente una valutazione delle diverse esigenze ovvero una descrizione effettiva delle situazioni familiari “a rischio” sul territorio siciliano. L’ultima indagine evidenzia disoccupazione dilagante, redditi inadeguati e sfiducia nelle istituzioni». La disoccupazione è, infatti, in testa alle paure espresse dai nuclei familiari; vince nettamente su rischio della solitudine, povertà, delinquenza e malattia. A preoccupare è soprattutto la disoccupazione femminile e giovanile, dove va considerata la componente rappresentata dal lavoro nero. Quali sono le prospettive e le criticità relative al mondo del lavoro che riguardano sia le giovani generazioni che gli adulti? «Il lavoro è considerato dalla nostra associazione la chiave della questione sociale e il caposaldo del nostro agire associativo; per questo, non è solo un tema da trattare, ma diventa un’emergenza da porre all’attenzione. Al centro delle nostre riflessioni poniamo costantemente il tema dell’occupazione che non c’è e che va creata. Ritengo che il primo passo debba partire dall’individuo: si deve avere un’autocoscienza molto forte delle proprie risorse e abbandonarsi alla libertà creativa; le generazioni più adulte, secondo me, devono

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A destra, Santo Francesco Scirè, presidente di Acli Sicilia

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“servirsi” in modo creativo dei giovani talenti, delle loro competenze e attitudini». A giugno la Banca d’Italia aveva lanciato l’allarme in regione per l’elevata percentuale di Neet, ragazzi che non sono impegnati né nello studio né nella ricerca di un lavoro. È possibile, secondo lei, far ritrovare alle nuove generazioni speranza e voglia di fare? «Strumentazione tecnica e progresso, sapere scientifico, tutti i beni della natura, insieme al lavoro dell’uomo e alla disponibilità di capitali, possono riunirsi in un unico obiettivo: servire l’uomo. E tutta l’umanità ha diritto a “provare il gusto e il desiderio per il lavoro”. Invece, a mio parere, la società di oggi ci ha spento anche il desiderio. Allora, come Acli, dobbiamo costruire-ricostruire la “fiducia” per riportare a galla il desiderio insito nell’uomo. Esistono migliaia di possibilità nella realtà per lavorare, ma se non corrispondono al progetto che si ha nella propria mente o al titolo che si possiede, si passa il tempo a dormire. Occorre una libertà creativa e dinamica che si opponga alla pigrizia, la grande malattia della gente. Per questo, le


Santo Francesco Scirè

Acli si interrogano anche sulla necessità di una sana e piena realizzazione proprio attraverso l’impegno lavorativo». Quali misure, allo stato attuale, potrebbero essere applicate per risollevare l’andamento dell’occupazione in Sicilia? «Le forze politiche devono concentrare la loro efficienza sulle questioni di maggiore importanza che riguardano il Paese, spendendo il proprio operato per quelle riforme indispensabili, la cui mancanza ci impedisce di uscire da questa situazione. Il clima di scoraggiamento e di depressione rischia di diventare cronico, intrappolando i cittadini nei propri mali, rallentando la crescita e lo sviluppo delle comunità e delle persone. Occorre dirigere il proprio agire intorno a sani e severi criteri morali ed etici, analizzando quanto delle proprie azioni e delle proprie abilità è diretto

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Le generazioni più adulte devono “servirsi” in modo creativo dei giovani talenti, delle loro competenze e attitudini

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concretamente al beneficio collettivo. Per liberarsi dalla percezione di questo disagio morale che serpeggia nel nostro Paese, dobbiamo inquadrare come obiettivo primario il “bene comune” e orientare le energie verso quella parte di collettività che impegna il proprio operato per uscire dalla crisi morale, sociale, economica, politica. Bisogna, quindi, ritrovare gli autentici punti di forza su cui si regge ancora il Paese e riacquistare la passione per il lavoro, la famiglia, la città, i percorsi di crescita personali». SICILIA 2011 • DOSSIER • 51




COMMERCIO ESTERO

Il made in Sicily punta al raddoppio Prodotti petroliferi, agroalimentare e settore lapideo sono per Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia, i tre punti di forza che trainano l’export regionale. Dopo i buoni risultati dei mesi precedenti, in arrivo c’è un’ondata di fiducia sui mercati esteri Paola Maruzzi

ai momenti di crisi si possono trovare spunti per andare avanti e la crescita dell’export ne è una dimostrazione. Anche nei periodi di difficoltà, per gli imprenditori il bicchiere deve essere sempre mezzo pieno». Per Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia, i primi mesi del 2012 si prevedono all’insegna delle caute speranze. Inutile negare che «il periodo non sia dei migliori, l’aria che si respira è quella della recessione, ma le turbolenze dei mercati finanziari e il calo dei prezzi potrebbero portare le imprese straniere a scegliere il made in Italy». Parlando di export, il presidente dei giovani di Confindustria Sicilia ha detto che gli enti locali non devono disperdere le già poche risorse e concentrarle sulle misure che possono dare competitività alle imprese. Secondo lei di cosa c’è realmente bisogno? «In base alla mia esperienza, la qualità è e dovrà essere la parola chiave. I mercati sono esigenti e i consumatori sempre più informati. Per questo le imprese siciliane non si possono far trovare impreparate alla sfida della globalizzazione. Bisogna puntare sulla qualità e sulla tipicità dei prodotti. Non è un caso che i settori che piacciono di più agli stranieri siano quelli che hanno a che fare con l’agroalimentare, dalle conserve al vino e all’olio. Ma per essere competitivi è anche necessario in-

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Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia

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vestire sull’innovazione e sul marketing per far conoscere all’estero le produzioni della nostra terra». Nei primi nove mesi del 2011, l'export siciliano ha registrato buoni risultati. Grazie a quali settori? «Complessivamente la performance è positiva. Il segno più è davanti ai dati degli ultimi mesi e anche da luglio e settembre, cioè l’ultimo semestre analizzato, l’export ha continuato a crescere registrando un incremento del 22,6%, il più alto d’Italia. Al di là dei prodotti petroliferi che da sempre trainano le esportazioni, i settori più richiesti sono quelli dell’agroalimentare e del marmo sia grezzo che lavorato, proveniente soprattutto dalla provincia di Trapani». Guardando ai dati provinciali sembra stia emergendo un nuovo fenomeno. «Esatto, ultimamente le performance migliori arrivano dalle realtà territoriali più piccole. Oltre Trapani, è da citare il caso di Ragusa».


Giuseppe Pace

frutta e ortaggi lavorati (+82%) e bevande (quasi +24%)». Tra i paesi acquirenti c’è qualche nuovo partner? «I nuovi mercati di sbocco sono Ungheria, Austria e Turchia, mentre si confermano Giappone e Stati Uniti. La Camera di Commercio di Trapani ha raccolto i frutti di un intenso periodo di promozione dei prodotti locali e di missioni alL’export chiama in causa le reti d’impresa. A che punto siamo? Quali altre strategie bisogna adottare per dare nuova grinta al made in Sicily? «In campo di internazionalizzazione vale il motto “l’unione fa la forza”. Mettersi insieme ad altre aziende può aiutare le piccole imprese a essere più forti e quindi a essere presenti sui mercati esteri. È importante non abbassare mai la guardia, rafforzare i rapporti con i buyer e crearne sempre di nuovi. In questo senso le Camere di Commercio svolgono un ruolo chiave soprattutto adesso che è stato soppresso l’Ice, l’Istituto per il commercio estero». Lei è anche presidente della Camera di Commercio di Trapani. Che scenario si apre? «Da gennaio a giugno 2011 le esportazioni di merci provenienti dalle aziende della provincia sono aumentate dell’11,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si è trattato di un trend positivo che ha contribuito alla performance delle esportazioni dalla Sicilia che, nel periodo preso in considerazione, ha registrato una crescita del 29,2%, una delle migliori del Paese. A tirare la volata dell’export trapanese è stato ancora una volta l’agroalimentare, con in testa

l’estero». Quali sono stati i settori maggiormente coinvolti? «Entrando nel dettaglio merceologico, le vendite di frutta e ortaggi lavorati all’estero hanno fatto un balzo dell’82%, passando da 7,5 milioni a oltre 13,5 milioni di euro di ordini. A parte il Canada che, grazie al raddoppio degli acquisti (2 milioni), rappresenta il principale mercato di sbocco, i prodotti trapanesi hanno riscosso successo anche in Giappone (1,6 milioni di euro), Turchia (1,5 milioni di euro), Stati Uniti (1 milione di euro) e, new entry, in Sudafrica (700 mila euro). Sono state apprezzate dagli stranieri anche le bevande che, con un incremento del 24%, recuperano il terreno perso nell’anno precedente. A tale recupero hanno contribuito in maniera sostanziale Stati Uniti e Germania (che hanno ampiamente superato i 3 milioni di euro di controvalore, con incrementi attorno al 25%), e due nuovi acquirenti: Ungheria, con 1,3 milioni di euro, e Austria, con 900 mila euro. È stato notevole anche il trend di acquisti da parte del Giappone che ha raddoppiato lo shopping. È crollato, invece, l’export vinicolo verso la Russia». SICILIA 2011 • DOSSIER • 55


COMMERCIO ESTERO

Barra dritta verso i mercati esteri L’export siciliano ha un volto giovane e, con green economy e Ict in testa, vuole aprire nuove strade. Silvio Ontario esorta la politica locale a fare la sua parte: «Chiediamo meno burocrazia, una virata netta verso il digitale e la connettività ad alta velocità in tutta la regione» Paola Maruzzi

Silvio Ontario, presidente del Gruppo giovani di Confindustria Sicilia

tando a quanto analizzato dall’Istat, la crescita dell’export nazionale (+13,5%) dei primi nove mesi del 2011 può definirsi positiva ma sostenuta. Tra le regioni che hanno fornito il maggior contributo si segnalano l’Emilia Romagna (+14,3%), la Toscana (+13,9%) e il Lazio (+15,1%). Elevati incrementi tendenziali sono stati rilevati anche per Sicilia, Puglia, Liguria e Abruzzo. Silvio Ontario, presidente del Gruppo giovani di Confindustria Sicilia, è convinto che nel Mezzogiorno è in corso un deciso cambio di passo. «Le nostre imprese hanno capito da tempo che l’unico modo per crescere è guardare ai mercati esteri», una scelta che va sostenuta. Cosa fare per mantenere questo trend positivo? «I processi di internazionalizzazione non sono semplici e veloci, quindi sono necessari investimenti importanti e profondi ripensamenti dei modelli di business. Le

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buone performance sono legate a questa consapevolezza e alle relative strategie che le imprese hanno adottato. Come sistema confindustriale, cerchiamo sempre di essere vicini agli imprenditori e di anticipare le tendenze. Per questo, negli ultimi anni, abbiamo puntato molto su missioni di internazionalizzazione e workshop tematici per comprendere le opportunità che hanno da offrire i mercati esteri, ma anche i rischi a cui prestare attenzione. L’ultima iniziativa in ordine temporale è quella che stiamo portando avanti con Unicredit: molti nostri giovani imprenditori stanno partecipando a una “export business school” per comprendere le dinamiche e affrontare con più preparazione il tema dell’export». Cosa possono fare gli industriali per aumentare il volume delle esportazioni? «La retorica non ci appartiene. Pensiamo ad azioni concrete, volte allo sviluppo delle imprese e alla crescita delle risorse umane che ne fanno parte e l’export può garantire entrambi questi obiettivi. Il nostro compito è quello di cogliere le opportunità dei nuovi mercati, con intraprendenza, curiosità ma anche con una


Silvio Ontario

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I giovani imprenditori sono pionieri nei settori più nuovi e a più alto potenziale. Hanno saputo diversificare i business di famiglia o crearne di nuovi

rinnovata capacità di collaborazione. Mi riferisco allo strumento delle reti d’impresa, che sono un ottimo veicolo per aumentare la capacita delle imprese di essere competitive sui mercati internazionali». Cosa chiedete alla politica locale? «Di non disperdere le già poche risorse di cui disponiamo e concentrarle sulle misure che possono dare competitività alle imprese, per esempio garantendo servizi efficienti e infrastrutture materiali e immateriali adeguate ai tempi. Per essere chiari, meno burocrazia e una virata netta verso il digitale e la connettività ad alta velocità in tutta la regione». E al governo centrale? «Che restituisca all’Italia la credibilità che merita a livello mondiale, che punti a valorizzare il made in Italy, un brand dal valore inestimabile. E, infine, che sia driver di sviluppo per la grande industria nazionale, che inevitabilmente ha ricadute positive anche sulle pmi dell’indotto». Commentando la manovra Monti, Jacopo Morelli ha detto: “Bene il rigore, ora giovani e crescita”. Come viene vissuto questo mo-

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mento dai giovani imprenditori siciliani? «Con grande attenzione e grande senso di responsabilità. Siamo concentrati sul presente delle nostre aziende e al contempo sul futuro dei nostri business. Cerchiamo di stringere i denti per mantenere i livelli occupazionali, magari formando le persone se le attività si riducono, e facciamo grandi sacrifici per trovare ulteriori commesse. Nonostante tutto, investiamo parte del nostro tempo per diffondere la cultura d’impresa nei più giovani, spronarli a migliorasi e combattere tutto quello che ostacola l’attività delle aziende». Dal suo osservatorio, quali sono i settori più virtuosi in fatto di export? «I giovani imprenditori sono pionieri nei settori più nuovi e a più alto potenziale. Hanno saputo diversificare i business di famiglia o crearne di nuovi. Questo è accaduto con l’Ict negli scorsi anni, e ora assistiamo invece a una concentrazione forte sulla green economy. Si affiancano alla nostra tradizionale forza nell’export agroalimentare anche settori ad alto potenziale di innovazione, penso ad esempio al settore delle scienze e tecnologie della vita». SICILIA 2011 • DOSSIER • 57


COMMERCIO ESTERO

Mediterraneo, bacino naturale dell’export siciliano Monitorare le opportunità offerte dalla Comunità europea e trasferirle alle pmi; aiutare gli imprenditori a incrementare le collaborazioni con i paesi esteri, soprattutto con quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Questa è la strategia d’azione del consorzio Med Europe export Paola Maruzzi

a spina dorsale della struttura produttiva siciliana è caratterizzata da una presenza diffusa di piccole imprese. «La qualità dei loro prodotti è notevole ma per farsi valere fuori dai confini bisogna lavorare sulla formazione e migliorare la cultura dell'associazionismo» spiega Grazia Clementi, presidente del consorzio Med Europe export, nato all'interno della Confindustria Palermo nel 1996 con l’obiettivo di assistere le aziende nella fase della programmazione e pianificazione delle attività promozionali, consentendo un approccio facilitato sui mercati esteri. Vista la posizione geografica della Sicilia, i Paesi limitrofi sono stati quelli che hanno consentito maggiori scambi e più concrete collaborazioni. «Ecco perché – rimarca Clementi – è d’obbligo presentare la Sicilia come hub nel Mediterraneo, al fine di indurre gli operatori esteri a investire sul nostro territorio». Per superare il periodo di profonda crisi che stanno attraversando le pmi siciliane è d’obbligo «adottare un’adeguata strategia di internazionalizzazione, puntando a contrastare la concorrenza dei paesi emergenti, asiatici prima di

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tutto. È indispensabile promuovere l’associazionismo e creare filiere in grado di fare gioco di squadra utilizzando i finanziamenti nel modo più opportuno». Ma con la crisi che ha investito l’Unione europea, fare promozione all’estero è diventato sempre più difficile e non sempre si possono applicare le stesse strategie. Le regole vanno aggiornate di volta in volta. «Per esempio – racconta il presidente – abbiamo partecipato poco alle fiere perché, nonostante siano utili per dare visibilità, sono risultate poco interessanti per quanto riguarda sia l’avvio di rapporti concreti sia la conclusione dei contratti, mentre ha dato ottimi risultati organizzare all’interno dello spazio fieristico incontri ad hoc tra gli operatori». Per facilitare lo scambio tra le imprese siciliane e i mercati esteri, il consorzio Med Europe export ha stipulato convenzioni e accordi con vari Paesi, consentendo alle imprese un'assistenza personalizzata e trasmettendo informazioni su iniziative di comune interesse. «Per permettere agli operatori di presentare al meglio la propria azienda abbiamo organizzato diverse attività formative. Quello che più ci preoccupa oggi è infatti la perdita di competitività e il possibile aumento del divario tra noi e i paesi in via di espansione, con il rischio di compromettere anche le opportunità di crescita che le imprese siciliane hanno nei mercati emergenti. È necessario, quindi, incentivare e favorire forme di collaborazione tra le imprese,stimolando lo sviluppo di adeguate strategie di marchio e soprattutto presentando la Sicilia come hub sul Mediterraneo».



TECNOLOGIE

Crescere e imparare con i robot «Con la robotica si propone ai ragazzi una visione più ampia del mondo digitale, integrato negli aspetti meccanici, elettronici e informatici». Giovanni Marcianò ci spiega il suo impegno nella divulgazione della robotica educativa Nicolò Mulas Marcello

a passione per la robotica può partire come un gioco fin da bambini. Tutto ciò che è automazione incuriosisce molto i bambini, ed è compito degli insegnanti guidarli nella scoperta del funzionamento di questi dispositivi. Uno studio che stimola la logica e il ragionamento. «Le conoscenze sparse che i ragazzi hanno dei robot – sottolinea Giovanni Marcianò, coordinatore della Rete di scuole per la RoboCup Junior Italia – attingono molto ai film e cartoni animati, alla fantascienza ma anche ai robot industriali e ai primi robot di servizio pubblicizzati: aspirapolvere, tagliaerba e da ultimo auto che parcheggiano da sole». Ci può spiegare cosa si intende per robotica educativa? «L’educazione al corretto uso delle tecnologie è un obiettivo importante, direi strategico dal punto di vista socio-economico, che solo la scuola può perseguire. Con la robotica si propone ai ragazzi una visione più ampia del mondo digitale, integrato negli aspetti meccanici, elettronici e informatici. Evitando i rischi di rappresentazioni puramente virtuali, come invece la multimedialità e il web propone loro. Per questo “robotica educativa”, perché sia strumento prima di tutto di educazione e poi anche di formazione e apprendimento». In cosa consiste brevemente il suo metodo di didattica laboratoriale?

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«Il laboratorio che è possibile realizzare in ogni scuola con un minimo investimento economico permette ai docenti di avere un ambiente di apprendimento multiforme, che permette agli studenti di vivere l’esperienza dell’imparare facendo, di mettersi alla prova lavorando in gruppo, negoziando e collaborando a un unico progetto di soluzione di “problemi robotici” che nel metodo sono ricondotti a tre “teoremi”, ovvero percorsi di sviluppo di competenze che permettono diversi livelli di padronanza del robot da parte degli alunni. Il metodo è applicabile nella scuola dell’infanzia come nei licei, ovviamente con spazi di sviluppo diversi ma con un approccio didattico comune». Qual è l’interesse delle nuove generazioni per quanto riguarda la robotica in giovane età? «La proposta didattica si basa proprio sul fascino che il robot ha sui giovani. In un recente corso di formazione (tra parentesi, anche gli insegnanti imparano facendo, vivendo in prima persona il laboratorio nel ruolo di discente) una maestra di scuola d’infanzia ha proposto a bambini di quattro anni una attività da noi indicata per i cinquenni. Ascol-


Giovanni Marcianò

La rete di scuole per la Robocup Jr Italia fondata nel 2008 ha avuto una crescita ben oltre le aspettative di chi l’ha fondata

tando le verbalizzazioni raccolte dalla maestra dopo l’attività didattica, ho dovuto realizzare che anche a quattro anni i bambini hanno una loro precisa - ovviamente magica - idea del robot. Non è un pupazzo, non è un animale, non è una persona. È un robot. Comunque in qualunque contesto sia stato avviato un progetto di robotica con il brainstorming che serve a capire che idea hanno gli alunni del robot, la mappa risultante è sempre stata ricca e complessa. Le conoscenze sparse che i ragazzi hanno dei robot attingono molto ai film e cartoni animati, alla fantascienza ma anche ai robot industriali e ai primi robot di servizio pubblicizzati: aspirapolvere, tagliaerba e da ultimo auto che parcheggiano da sole. Il robot fa scattare nei ragazzi l’innata voglia di scoperta e il fascino per le nuove tecnologie». Qual è il grado di ricettività della scuola italiana a proposte di robotica educativa? «La rete di scuole per la Robocup Jr Italia fondata nel 2008 ha avuto una crescita ben oltre le aspettative di chi l’ha fondata. Ma si tratta certamente di una goccia nel mare. Tuttavia in questo ultimo anno le richieste di informazioni, la partecipazioni a convegni (gli ultimi a Mi-

lano a Robotica2011, e a Bari e Pescara orga- Giovanni Marcianò, nizzate da scuole della rete a beneficio delle coordinatore della Rete di scuole per la scuole di quei territori) hanno registrato parte- RoboCup Junior Italia cipazioni che mi hanno fatto tornare ai tempi dei primi impieghi scolastici dei computer multimediali, alla fine degli anni Novanta. Ho sentito di nuovo aria di pionierismo scoprendo che a Bari erano giunte due insegnanti dalla Sicilia, viaggiando per una intera notte in autobus per poter partecipare ai lavori». Come coinvolgete le scuole? «Su questo entusiasmo e voglia di innovare nel primo ciclo dell’istruzione sta crescendo la sezione “Under14” della rete per la Robocup Jr Italia, rivolta agli studenti dai 5 ai 14 anni, e quindi coinvolgendo le scuole d’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. A loro vengono proposti percorsi specifici di robotica educativa che non sono affatto versioni “mini” di quelli già sperimentati con successo nella scuola superiore, nella Under 19. Si usano robot e kit diversi, adeguati alle diverse età degli alunni, e si propongono problemi compatibili con quegli alunni (e quei Robot!). La SICILIA 2011 • DOSSIER • 61


TECNOLOGIE

istituti tecnici e professionali in particolare. Oggi invece abbiamo molti licei e centri di formazione professionale, e pure un bel gruppo di scuole del primo ciclo (elementari e medie, anche paritarie) attivi nella Rete nazionale di scuole; una rete istituzionale dato che è espressione dell’Autonomia scolastica (art. 7 DPR 275/99). La gara nazionale giunta alla IV edizione, a Riva del Garda dal La scuola capisce il senso didattico ed educativo 19 al 21 aprile 2012, qualificherà le squadre di Rescue (socdella robotica se questa viene proposta corso) e Dance per i mondiali nel rispetto della sua tradizione di 2012 che si terranno a luglio a Città del Messico. Quest’anno abbiamo provato ad anticipare scuola capisce il senso didattico ed educativo l’iscrizione, con una prima fase a novembre, predella robotica se questa viene proposta nel ri- liminare alle usuali iscrizioni di gennaio. Ebbene, spetto della sua tradizione. E non dimenti- al 30 novembre abbiamo già iscritte ben 75 chiamo che l’Italia ha il primato della didattica squadre da 30 Istituti: alla III edizione (Catania nella scuola elementare e viene studiata (e co- 2011) le squadre iscritte erano 82 da 45 Istituti. piata) in tutto il mondo, dagli States come Si prefigura quindi una edizione record, che cerdalla Cina. Mia preoccupazione è che non si tamente a fine gennaio supererà quota 100 squaripetano gli errori già visti con l’informatica, dre in campo. Intanto a Riva del Garda potremo la multimedialità, internet e l’e-learning: ap- degnamente celebrare il primo titolo Robocup plicazioni “tecniche” invece che “didattiche” Jr mondiale conquistato dall’Italia a Istanbul delle tecnologie. Obiettivo della “robotica edu- 2011: primi al mondo per la documentazione cativa” non è il “montare e far agire un robot”, del progetto di “Ulisse”, il robot di soccorso (rema impiegarlo nel problem solving, con ampi scue) dell’ITI Michelangelo di Trento». spazi per usi creativi e di continuo miglioraE per i docenti? mento. Come per l’appunto la formula robo- «Ai docenti sono invece dedicate diverse inicup Jr propone: cinquanta anni di progressi ziative formative, e i primi testi a loro rivolti, per vincere la sfida di mettere in campo una come l’appena pubblicato “Imparare con la rosquadra di robot contro la nazionale campione botica” per insegnanti di Matematica e Fisica del mondo di calcio, una sorta di trasposizione dei licei, e il testo “Robotica educativa” di canella robotica della sfida informatica al cam- rattere più generale, rivolto al metodo di dipione del mondo di scacchi». dattica laboratoriale applicabile dalla scuola Parliamo di Robocup Jr. Italia. Di cosa si dell’infanzia alle superiori. Per dettagli e agtratta e qual è la risposta dei giovani a que- giornamenti invito a visitare il sito www.robosta iniziativa? ticaeducativa.it, e registrarsi per ricevere la «Nel 2008 abbiamo pensato che questa “sfida” newsletter che da gennaio curerò in collaborapotesse innescare la diffusione della Robotica zione con molti colleghi da anni impegnati nelle scuole. Ma pensavamo alle scuole superiori, nella ricerca in questo campo».

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Maurizio Ninfa

Una logica di utilizzo La robotica è sempre più impiegata non solo nei settori a elevato sviluppo tecnologico ma anche in quelli tradizionali. Maurizio Ninfa spiega i progressi e le prospettive per il futuro dell’Italia in questo settore Nicolò Mulas Marcello

e nuove tecnologie sono sempre più importanti nella vita quotidiana. I dispositivi di automazione hanno conquistato anche le nostre case e non sono più solo una prerogativa dei macchinari di produzione industriale. Il futuro è rivolto quindi a un continuo sviluppo della robotica, e a una maggiore integrazione dei vari dispositivi. Tutto questo viene discusso annualmente all’Expobit di Catania dove si pensa al futuro: «La sfida – sottolinea Maurizio Ninfa, presidente di Expobit – è quella di sviluppare una logica di utilizzo della robotica, e una proficua interazione tra questi dispositivi e la vita umana». A un mese dalla chiusura dell’edizione 2011 dell’Expobit possiamo stilare un bilancio della fiera di quest’anno? «Diciassette anni fa, quando abbiamo pensato questa manifestazione, l’innovazione tec-

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Maurizio Ninfa, presidente di Expobit

nologica era legata solo alla vita quotidiana di una parte di noi. Oggi invece tocca tutti i settori importanti del nostro quotidiano. Abbiamo lavorato su quei segmenti dove l’innovazione tecnologica è un aspetto importante, non solo come sostegno alle attività produttive, ma anche come sistema di risparmio per alcuni settori come la sanità. A tal proposito quest’anno abbiamo inaugurato un’ala della manifestazione nominata proprio Expo medicina, che il prossimo anno sarà molto più grande. Qui abbiamo presentato numeri e statistiche che hanno consentito alla pubblica amministrazione di rendersi conto che tecnologia applicata al modello sanitario può dare vantaggi dal punto di vista economico, mantenendo inalterata la qualità del servizio. Questo è un esempio di focus che dovrebbero realizzare anche altri settori per capire come applicare in maniera corretta le nuove tecnologie. Anche per una più proficua interazione con gli altri soggetti. Nasce, infatti, la necessità che tutte le piattaforme possano interagire tra loro anche tra diverse amministrazioni». Quali sono i rapporti con l’estero e quali le prospettive per il futuro? «L’interazione con altri paesi è importante, soprattutto nell’area del Maghreb, dove ci sono possibilità di accrescere l’occupazione attraverso le università, in termini di innovazione tecnologica, ma anche di avvantaggiare economicamente questi paesi. Possiamo quindi uscire dalla crisi se capiamo che possiamo operare sui mercati, spostando la produzione in altri paesi». SICILIA 2011 • DOSSIER • 63


TECNOLOGIE

L’innovazione tecnologica può essere utilizzata anche come sistema di risparmio per alcuni settori tipo la sanità

Scorrendo la lista degli espositori si nota che la partecipazione delle aziende siciliane è elevata. Qual è la propensione all’innovazione da parte delle imprese siciliane? «Io stesso sono promotore di un grande accordo che riguarda l’innovazione tecnologica che coinvolge francesi, russi, americani e, naturalmente, anche un gruppo italiano. Questo è l’unico brand internazionale sull’innovazione tecnologica in cui ci sarà, ad esempio, la copertura televisiva e radiofonica e giornalistica con lo stesso format in vari paesi. Inoltre, si svolgerà periodicamente un tavolo scientifico italiano e internazionale dove si approfondiranno le novità in campo tecnologico. Questo progetto ci consentirà di portare

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avanti un brand italiano importante per le aziende e di avere risalto internazionale». Quali sono le prospettive per il futuro della produzione industriale grazie a questo tipo di dispositivi di automazione? «Oggi sono tante le aziende che applicano automazione non solo nel campo industriale o sanitario, ma anche in quello domestico. La svolta è quella di integrare più dispositivi in un’unica struttura, come è accaduto ad esempio per tv, lettori di videocassette o dvd e decoder. Lo sviluppo della robotica è passato da 0 al 30% in poco tempo. La sfida quindi è quella di sviluppare una logica di utilizzo della robotica, e una proficua interazione tra questi dispositivi e la vita umana».



TECNOLOGIE

La robotica è sinonimo di futuro Se un tempo molte idee erano considerate pura fantascienza, oggi sono realtà. Giovanni Muscato spiega quali applicazioni robotiche sono entrate nell’uso industriale e perché è importante la ricerca Nicolò Mulas Marcello

no dei campi più apprezzati dai giovani è sicuramente quello della robotica. Oltre ad avere un fascino legato alla curiosità e al futuro, questo settore offre, dal punto di vista universitario, una preparazione specifica sempre più richiesta anche dalle aziende. «La robotica – spiega Giovanni Muscato, docente della facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania – sta vivendo un momento di grande espansione in molti settori applicativi. Tutto ciò è testimoniato anche dal crescente numero di studenti che si avvicinano agli studi legati al mondo della robotica e dell’automazione in generale». Qual è l’interesse dei giovani laureandi in ingegneria per quanto riguarda il settore della robotica? «Il corso di laurea magistrale in Ingegneria dell’automazione e del controllo dei sistemi complessi dell’Università degli Studi di Catania, comprende diverse materie in cui vengono approfondite le tematiche legate alla robotica, all’automazione e allo sviluppo di metodologie di controllo. Questo corso è tra l’altro interamente svolto in lingua inglese. Ciò consente ai nostri studenti di imparare a meglio interagire in tale lingua e agevola la frequenza del corso da parte di studenti stranieri. In molte delle discipline che compongono il corso di laurea gli studenti sono impegnati in numerose attività di laboratorio, nelle quali sono chiamati a risolvere dei pro-

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Giovanni Muscato, professore di Automatica presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania

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blemi applicativi in gruppo. Il poter svolgere parte del proprio corso in laboratorio se, da un lato, rappresenta un ostacolo per alcuni studenti, in quanto richiede una frequenza e un impegno costanti; dall’altro, consente loro di acquisire una maggiore dimestichezza nell’affrontare problemi pratici e applicativi». Quali opportunità di impiego offre questa specializzazione e qual è l’incidenza di assunzioni dopo la laurea? «I principali sbocchi occupazionali dei nostri studenti sono le aziende interessate allo sviluppo di processi automatici e, in particolare, tutte quelle aziende o enti in cui sono richieste competenze multidisciplinari nella gestione e progettazione di sistemi complessi. Un numero non trascurabile di studenti continua a occuparsi di ricerca sia presso le università sia presso aziende o enti di ricerca. Pur vivendo in una situazione economica non


Giovanni Muscato

I nostri laureati in Ingegneria dell’automazione trovano tipicamente impiego al massimo entro pochi mesi dalla laurea

favorevole, il settore dell’ingegneria dell’automazione vive il momento di crisi attuale in forma relativamente ridotta. La mia esperienza vede i nostri laureati in Ingegneria dell’automazione trovare tipicamente impiego al massimo entro pochi mesi dalla laurea. Una discreta percentuale riesce a collocarsi in ambito locale, mentre molti altri, per scelta o per necessità, devono allontanarsi andando presso aziende del nord o estere. Aver appreso come progettare e realizzare un robot significa saper mettere insieme in un unico sistema concetti riguardanti la meccanica, l'elettronica, le misure, l’automazione, l’informatica, le scienze cognitive e molto altro». Dal punto di vista della ricerca qual è il bilancio della vostra facoltà? «Il nostro gruppo di ricerca è impegnato in molteplici progetti di ricerca europei e nazionali. Un settore che ci sta vedendo sempre più coinvolti è quello che si riferisce alle applicazioni della robotica in agricoltura. Ad esempio abbiamo sviluppato prototipi per l’irrorazione autonoma delle serre o per la raccolta automatica di frutta e ortaggi. Una maggiore automazione in ambito agricolo sarà sempre più importante per cercare di mantenere competitive le nostre produzioni in un’economia globalizzata. Altri progetti che ci vedono impegnati in questo periodo concernono la robotica in neurochirurgia, la realizzazione rapida di

componenti meccanici per l’industria aerospaziale, l’ispezione di pareti di impianti industriali, la robotica a ispirazione biologica, l’ispezione dei vulcani e la pulizia automatica di pannelli fotovoltaici». Qual è il rapporto del vostro dipartimento con le imprese? «In primo luogo vanno menzionati gli scambi e i progetti intrapresi con la STMicroelectronics e in particolare con la loro sede di Catania. Insieme affrontiamo numerosi progetti riguardanti applicazioni di componenti a semiconduttore nell’automazione e nella robotica. Inoltre svolgiamo attività di ricerca con le maggiori industrie di robotica nazionali e collaboriamo nell’ambito di progetti di ricerca europei con molte altre imprese Europee. Tali collaborazioni, oltre a incrementare le possibilità per noi di sviluppare avanzati progetti, sono anche un’occasione per introdurre, nell’ambito di stage formativi, tirocini o tesi svolte presso le aziende, i nostri laureandi presso il mondo del lavoro. Molte delle attività che svolgiamo possono sembrare fantascienza, ma tra pochi anni saranno probabilmente prodotti di comune impiego. Facciamo molto, ma con un minimo di attenzione maggiore da parte delle istituzioni, potremmo certamente incentivare sempre più investitori a credere nel nostro territorio e contribuire a creare nuove opportunità di lavoro in un settore strategico». SICILIA 2011 • DOSSIER • 67




L’industria siracusana sempre più internazionale È ufficialmente siglata la joint venture tra l’italiana SIM e la serba BMR. Accordo che amplia le prospettive di crescita di uno degli attori principali del polo industriale di Priolo Gargallo. Una strategia che l’amministratore delegato Guido Caporale intende replicare su altri contesti stranieri Aldo Mosca

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l 2011 si è rivelato un anno decisivo per la siracusana SIM. La società leader nell’ambito delle lavorazioni meccaniche ha consolidato la sua posizione internazionale chiudendo importanti progetti in Germania, Olanda e Francia. In particolare le prime settimane sono state segnate da una decisiva joint venture siglata con la società metalmeccanica BMR, una realtà industriale serba di primaria importanza nazionale. «Questa joint venture è il frutto di una precisa strategia aziendale che ha visto la SIM impegnata, per mesi, in un’attenta analisi dei mercati “to served” – dichiara l’Ad Guido Caporale –. Questa operazione ci ha consentito di penetrare in uno scenario in forte espansione come quello Serbo. Si tratta di un mercato le cui potenzialità necessitano di un approccio diretto e costante, che poteva essere garantito solo attraverso la creazione di una partnership con un attore locale, profondo conoscitore delle dinamiche territoriali e delle strategie necessarie per affrontarle». E così è nato il nuovo consorzio. Quali risultati avete già ottenuto? «La prima opportunità colta è stato il Modernization Project, occasione in cui si sono create e definite le basi di una collaborazione in termini

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Guido Caporale, amministratore delegato della SIM Spa di Priolo Gargallo (SR) www.simspa.net


Guido Caporale

Un accordo di portata internazionale

di medio e lungo periodo per l’esecuzione di lavori meccanici da realizzare nella Repubblica Serba. Si tratta di un’importante commessa nel campo petrolchimico, che rientra nel più ampio e complesso progetto di costruzione dell’hydrocraking process della raffineria di Pancevo per la NIS, società di stato serba, che fa parte del gruppo Gazprom. Un progetto ambizioso che vede il consorzio impegnato nella prefabbricazione del piping, per un totale di 328mila manhours e un picco di risorse umane coinvolte di 250 unità tra staff, tecnici e operai altamente spe-

La joint venture si presenta come uno strumento indispensabile per creare un prodotto finale che soddisfi i requisiti economici, ma soprattutto tecnici, richiesti negli appalti italiani ed europei

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Alla manifestazione organizzata per presentare la joint venture tra l’italiana SIM e la serba BMR hanno partecipato, tra gli altri, il ministro del commercio e dell’agricoltura della Repubblica Serba, Dusan Petrovic, l’ambasciatore italiano Armando Varricchio, l’amministratore delegato di SIM Spa Guido Caporale, e Dragisa Despotovic, patron della BMR Serbia e Austria. A questi si aggiungono personalità politiche e rappresentanti di CBI & Lummus, società di progettazione e main contractor per i progetti acquisiti, e NIS Gazprom Neft, cliente finale. Nel corso dell’evento, Guido Caporale ha parlato di «una nuova sfida importante: esperienza, professionalità e qualità si trovano in un percorso comune con una società estera di grande livello». Anche l'ambasciatore italiano ha sottolineato come «le nostre imprese danno fiducia per la loro bravura e credono nella Serbia e nel suo futuro in Europa».

cializzati. Alla base di tutta l’operazione serba vi è l’importante supporto di SACE Roma. Quest’ultima, in collaborazione con Unicredit, ha fornito le garanzie alla polizza fidejussoria dando quindi il proprio supporto all’ intera operazione finanziaria». Anche il contratto per il montaggio del prefabbricato è stato ottenuto da voi. Questo cosa significa? «È un altro tassello fondamentale. Il progetto di montaggio, ottenuto ad agosto 2011, prevede l’impiego di 320mila manhours con un picco medio di persone di 300 unità. Infine, lo Steam Methane Reformer vede impegnato il consorzio SIM-BMR nei lavori di montaggio. Lo start-up del progetto è avvenuto nel mese di luglio 2011 e il suo completamento è previsto a febbraio ›› SICILIA 2011 • DOSSIER • 71


IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› 2012. Si tratta di un lavoro sicuramente di por- pacchetto di soluzioni integrate ad alto livello che tata inferiore rispetto agli altri due, ma di contro prevede la realizzazione di attività specialistiche che richiedono l’impiego di risorse umane altamente specializzate. Si tratta di un traguardo che non avremmo potuto raggiungere senza l’esperienza maturata in progetti europei portati avanti per clienti come BP, Technip France, Total Petrochem, Esso, Enel,Techint, Foster Wheeler France, Polimeri Europa, Erg, Ansaldo, Lukoil, Tecnicas Reunidas, solo per citare i principali». Quella delle joint venture è una strategia che voi perseguite da tempo. Come si è giunti a questa scelta? «Si tratta dell’approccio che, più di tutti, è in grado di rispondere alle attuali dinamiche di mercato e alle sempre più crescenti complessità progettuali. Oggi, infatti, la partecipazione ad appalti italiani ed europei richiede capacità produttive e finanziarie di livello tale per cui la joint venture si presenta come uno strumento indispensabile per creare un prodotto finale che soddisfi i requisiti economici, ma soprattutto tecnici, richiesti. Il tutto permettendo di realizzare un

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vede coinvolti partner diversi ma specializzati nell’erogazione di uno specifico servizio. Proprio il successo conseguito in Serbia, oltre alla recente costituzione di una società in Romania, ci impone, per il 2012, di perseguire questa consolidata strategia che vede SIM legarsi a società locali in mercati di difficile “lettura” per un’azienda europea come la nostra». Quali? «Intendiamo attingere a un bacino di manodopera altamente specializzato e trainabile dal nostro know how. Da qui, la volontà nei progetti a breve-medio termine di sondare nuove aree di intervento, in cui è richiesta un’alta specializzazione, come quelli dell’Europa dell’Est. Stiamo, inoltre, operando commercialmente su aree altamente sfidanti e di potenzialità estrema come il Middle East, in particolare l’Iraq, l’America latina, e l’area del Maghreb. Tutti mercati, questi, che si presentano oggi come aree di forte investimento e di espansione, che la nostra azienda sta cercando di “approcciare” per mezzo di joint venture/consortium agreement locali». Torniamo alla Sicilia, il vostro è uno degli insediamenti industriali più significativi nell’area siracusana. Attualmente cosa si trova nel vostro stabilimento di Priolo Gargallo? «Abbiamo la fortuna di operare in una delle più importanti aree industriali petrolchimiche europee. Attualmente lo stabilimento vanta tre officine di prefabbricazione interamente attrezzate, grazie alle quali la società è in grado di realizzare fino a 40mila pollici di saldatura al mese. Le nostre officine di Priolo Gargallo si estendono su una superficie totale di 17mila metri quadri, mentre l’area destinata alla produzione ne ricopre circa 3500. La parte restante è dedicata a tutte le attività a corredo della prefabbricazione,


Guido Caporale

❝ come le aree di stoccaggio materiali, il magazzino, la manutenzione e gli uffici. Una terza officina, invece, è localizzata in contrada Cusumano, ad Augusta, e si sviluppa su un’area di 24mila metri quadrati. All’attività di prefabbricazione si associa quella del montaggio, on site, per un totale di capacità produttiva di circa 4-5mila tonnellate annue di piping». Qual è il vostro indotto occupazionale? «Impieghiamo circa 750 persone. Un numero importante che riusciamo a gestire grazie alla forte organizzazione centralizzata a Priolo, le cui fila però si estendono anche in aree strategiche europee come Belgio, Francia e Grecia, oltre che in società partecipate localizzate in mercati in forte sviluppo come la Romania e, appunto, la Serbia. In questa visione di dislocazione territoriale rientra la necessità di dare ai nostri cantieri un’organizzazione mediante una struttura consolidata e, quindi, efficace, che vada a garantire una mobilitazione in tempi rapidi e qualitativamente efficienti assecondando le richieste della committenza internazionale». Dunque il 2012 sarà un anno di ulteriori accordi internazionali? «Non solo. Al di là di nuovi mercati da esplorare,

Attualmente siamo interessati ai Paesi del Middle East, dell’America Latina e dell’area del Maghreb. I loro mercati si presentano oggi come aree di forte investimento e di espansione

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il 2012 sarà anche l’anno di un nuovo approccio operativo che vedrà la società coinvolta nell’attività di costruzione degli impianti on shore. Ci riferiamo alla modularizzazione degli impianti che ci permetterà di preassiemare grosse parti dello stesso completandolo nella sua multidisciplinarità. Da questo punto di vista stiamo, inoltre, cercando di massimizzare l’indotto locale subappaltando tutti i lavori di verniciatura, coibentazione, CND, parte elettrica e strumentale a nostri subappaltatori di fiducia la cui competenza e professionalità è riconosciuta grazie a collaborazioni consolidate, partecipazioni a progetti di notevole complessità e, soprattutto, a un iniziale processo di qualifica degli stessi. Impegneremo in prima persona, per la selezione e valutazione delle aziende, i nostri quality e safety departments. Tali prospettive, strategie e approcci operativi hanno un unico obiettivo: rafforzare l’immagine di SIM Spa come “Global Solution Provider”».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

I vantaggi della zincatura a caldo La zincatura a caldo è un processo di lavorazione che si applica ai manufatti in acciaio per prevenirne la corrosione. Come spiega Giuseppe Prestigiacomo, soprattutto nelle strutture pubbliche il suo impiego è fortemente indicato Amedeo Longhi

gni sette anni la Torre Eiffel deve essere sottoposta a un’impegnativa operazione di manutenzione che dura diversi mesi, richiede l’intervento di venticinque operai specializzati e l’impiego di più di cinquanta tonnellate di vernice nuova. Questo avviene perché, com’è noto, la famosa torre doveva essere smontata al termine dell’Esposizione Universale del 1889, per cui era stata realizzata, e non era quindi progettata per durare nel tempo. «Il modo migliore per evitare la manutenzione continua sarebbe stato sottoporre le componenti metalliche del manufatto a un processo di zincatura a caldo prima di procedere al

O Giuseppe Prestigiacomo, titolare della Tecnozinco di Carini (PA) www.tecnozinco.it

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montaggio». È questa la soluzione proposta da Giuseppe Prestigiacomo, presidente della palermitana Tecnozinco. In cosa consiste, dal punto di vista tecnico, questo tipo di lavorazione? «La zincatura a caldo avviene attraverso l’immersione del manufatto da trattare in un bagno di zinco fuso alla temperatura di circa 450°C. Essa assicura le migliori prestazioni in termini di aderenza del rivestimento al substrato, grazie a una vera e propria compenetrazione tra strato di zinco e substrato di acciaio che determina la formazione di strati continui di lega Fe-Zn». Che vantaggi comporta la zincatura a caldo? «Il rivestimento di zinco può garantire una protezione sia attiva che passiva. Quest’ultima avviene grazie alla separazione fisica della superficie dell’acciaio dall’atmosfera con il semplice effetto barriera. La protezione di tipo attivo è data dalla differenza di potenziale elettrochimico tra i metalli: lo zinco opera una protezione catodica, cioè tende a sacrificarsi salvaguardando ferro e acciaio. Inoltre, il processo ossidativo dello zinco è rallentato dalla formazione di uno strato barriera superficiale sottile ma compatto, composto da carbonati e ossido, che si oppone all’ulteriore corrosione degli strati superficiali sottostanti isolando lo


Giuseppe Prestigiacomo

c zinco dall’atmosfera. Uno studio tedesco ha comparato l’impatto della verniciatura con la zincatura; il risultato è nettamente favorevole a quest’ultimo tipo di applicazione e porta alla conclusione che, considerando il quantitativo annuale di acciaio lavorato e non zincato in Italia, la sostituzione della zincatura alla semplice verniciatura consentirebbe un abbattimento delle emissioni pari a un milione di tonnellate di CO2 l’anno». Può fare qualche esempio di prodotti a cui può giovare questo trattamento? «Si tratta di un’applicazione finalizzata a garantire la protezione dalla corrosione di manufatti metallici utilizzati nei più svariati settori, dalla carpenteria strutturale pesante ai componenti di arredo urbano, dai manufatti stradali alla zootecnia e serricultura, dalle ringhiere al tondo alla rete elettrosaldata per cemento armato. La zincatura a caldo trova una vasta gamma di attuazioni sia nell’edilizia pubblica che in quella privata, così come in molte infrastrutture ed elementi di arredo urbano». A questo proposito, ritiene che si tratti di un processo che dovrebbe entrare a far parte della prassi procedurale nell’ambito lavori pubblici? «La zincatura a caldo garantisce una serie di vantaggi diretti e indiretti che una Pubblica amministrazione non può non prendere in

La zincatura a caldo garantisce una serie di vantaggi diretti e indiretti che una Pubblica amministrazione non può non prendere in considerazione

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considerazione: preserva il valore economico di un investimento e quello funzionale di una struttura, permette di evitare onerose operazioni di manutenzione risparmiando costi, risorse energetiche e materie prime, riduce i materiali di scarto e quindi l’inquinamento, aumenta la fruibilità, la sicurezza e l’affidabilità nel tempo delle opere realizzate». Com’è organizzata l’attività dell’azienda? «Il nostro stabilimento di produzione è situato nell'area industriale di Carini ed è realizzato con le tecnologie più avanzate, tanto da poter essere oggi annoverato fra i più moderni d’Europa. Disponiamo di ampi piazzali per lo stoccaggio e la movimentazione dei manufatti trattati ed effettuiamo il servizio di presa e resa dei materiali. I controlli accurati su tutte le fasi di lavorazione e la collaborazione con i committenti per la messa in atto di tutti gli accorgimenti tecnici necessari garantiscono alti standard qualitativi di produzione. L’azienda inoltre, certificata Uni En ISO 9001:2008, Uni En ISO 14001:2004 e registrata EMAS Al n. It-001145, è costantemente impegnata nel raggiungimento di obiettivi mirati alla riduzione dell’impatto ambientale».

1 mln CO2 La quantità di emissioni che si potrebbe risparmiare ogni anno in Italia sostituendo la zincatura alla verniciatura

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Il siderurgico punta sulla diversificazione Le aziende che realizzano prodotti siderurgici e acciai speciali in mono prodotto hanno avvertito le difficoltà in cui versa l’economia italiana più di quelle che hanno investito nell’ampliamento della produzione. L’analisi di Francesco Cardinale Valerio Germanico

n 10 per cento di incremento annuo di fatturato è un dato più che positivo nella fase di stagnazione economico-finanziaria che ha colpito i settori industriali. È tuttavia un dato che non fa i conti con le effettive potenzialità di sviluppo di molte imprese, che, con le stesse condizioni interne, in uno scenario esterno differente, avrebbero potuto esibire performance ben più aggressive. È questo il caso della Imc di Trapani, centro di produzione siderurgico specializzato nella produzione di acciai piani neri zincati e preverniciati, acciai speciali, laminati, lamiere e nastri. Come spiega uno dei titolari, Francesco Cardinale: «La nostra è un’azienda giovane, che punta molto sui giovani e avrebbe avuto le potenzialità per ottenere margini di crescita a due cifre che sarebbero andate oltre il dato del 10 per cento, se il mercato non si troLa Imc Spa si trova a Trapani vasse in questa situazione di stallo. Non a www.industriemetallicardinale.it caso abbiamo continuato ad assumere

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personale, ritenendo le risorse umane valide, una ricchezza assoluta della società stessa. La forza dell’Imc è stata infatti quella di puntare sulla diversificazione produttiva, cercando di offrire al mercato la globalità della gamma dei prodotti siderurgici e rivolgendosi anche a nuovi settori. «In questo momento il fotovoltaico è il settore che fa da traino, e dove peraltro si apprezza una certa disponibilità finanziaria, e per questo motivo ci siamo inseriti nella produzione di semilavorati e profili aperti destinati a questa tipologia di impianti. Questo è stato possibile grazie a un forte investimento in tecnologia e nell’innovazione. Per il prossimo triennio abbiamo già programmato nuovi investimenti in strumentazioni e macchinari che ci permetteranno di interrompere l’acquisto all’esterno di molti componenti tecnologici, poiché inizieremo a produrli internamente». Attualmente orientata a fornire i suoi prodotti in tutto il Meridione dell’Italia – avendo come mer-


Imc Spa

A partire dal 2012 inizieremo a investire per entrare nel mercato nordafricano, il primo obiettivo sarà la Tunisia

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cati di riferimento Sicilia, Calabria, Puglia e Campania –, la società prevede nei prossimi anni di espandere i propri mercati anche all’estero, guardando all'area Maghrebina. «A partire dal 2012 inizieremo a investire per entrare nel mercato nordafricano, il primo obiettivo sarà la Tunisia. Da diverse analisi macroeconomiche, emerge infatti che nel prossimo decennio, anche grazie all’avvio del processo democratico in seguito ai rivolgimenti della cosiddetta “primavera araba”, si apriranno importanti opportunità di sviluppo e crescita in questi paesi. Oltretutto, questi paesi guardano con interesse agli investimenti stranieri, dato che sono per loro delle occasioni di ingresso di tecnologia e per incrementare la ricchezza». Come molti imprenditori del Sud Italia, anche Francesco Cardinale si trova a lamentare gli alti costi dell'energia e dei prodotti energetici come gas e petrolio, oltre alle lungaggini burocratiche che rubano tempo prezioso alle imprese e l’assenza di piani che favoriscano la competitività e l’iniziativa di impresa come gli elementi che maggiormente pesano sull’arretratezza economica del Meridione. Quest’ultimo è fatto ancora spesso di imprese a conduzione familiare, che costruiscono la propria capacità di tenere il mercato

+10% CRESCITA

con le proprie forze interne. Non fa eccezione Imc, che è stata fondata da Vincenzo Cardinale e dai figli Francesco e Andrea nel 1997. «Siamo riusciti a costruire un insediamento industriale e a investire in tecnologie innovative e in un personale altamente qualificato, anche lottando quotidianamente con l’assenza di servizi di questo territorio. Per esempio, anche per il semplice allacciamento alla rete elettrica, alla fondazione della nostra impresa, i tempi di attesa hanno superato i sette mesi – intervallo di tempo che a un’azienda può costare moltissimo in termini di ritorno degli investimenti. Siamo riusciti comunque a focalizzare l’attenzione sulla qualità dei prodotti, che ci ha permesso di avviare rapporti privilegiati e consolidati con i più importanti attori del mercato internazionale che commerciano in prodotti siderurgici, carpenterie leggere e pesanti, cantieristica navale, allestitori di veicoli industriali, installatori di impianti fotovoltaici.

Incremento di fatturato registrato da Imc Spa nel 2011 rispetto all’anno precedente

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Importanti novità nella produzione delle cabine elettriche Un nuovo metodo di lavorazione nella realizzazione delle cabine elettriche prefabbricate consente di ottimizzare le procedure, conseguendo un notevole risparmio in termini di costi e di tempistiche. Gaetano Biuso descrive questo innovativo sistema “a monoblocco” Amedeo Longhi

n unico getto di cemento per realizzare in un colpo solo tutta la struttura della cabina. È questa la novità introdotta dal nuovo sistema di produzione che la Nuova Sistemi Elettrici, apripista in Italia per quanto riguarda questo aspetto. La società catanese è oggi diretta da Gaetano Biuso, che descrive così i dettagli della lavorazione: «La vera novità dal punto di vista tecnico è che realizziamo le cabine in un unico getto, facendo sia le pareti che la base in un’unica soluzione, grazie a una cassaforma idraulica. Molti concorrenti, soprattutto al Nord, utilizzano prevalentemente il metodo a pannelli: singoli moduli che, successivamente accostati l’uno

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Gaetano Biuso, amministratore unico della Nuova Sistemi Elettrici di Catania www.nuovasistemielettrici.it

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all’altro, vengono assemblati realizzando il box. Questo tipo di lavorazione richiede una tempistica maggiore di montaggio e più personale». Quali sono invece i tempi del vostro sistema? «Con il nostro nuovo metodo abbiamo ridotto sensibilmente le tempistiche: la mattina si monta la struttura in acciaio – basamento e pareti – e nel pomeriggio viene fatto il getto di cemento. Con questo ritmo siamo in grado di realizzare una cabina al giorno, per ogni dimensione. Oltre a questo, in cui siamo all’avanguardia, vorrei citare un altro aspetto tecnico molto importante: il tetto della cabina è facilmente asportabile, realizzato e montato a parte. Una volta completata la struttura infatti, viene prodotta la copertura superiore, che può anche essere montata in un luogo separato, un po’ come il coperchio di una scatola da regalo. Questo consente di collocare all’interno in brevissimo tempo tutti i dispositivi elettrici necessari – scomparti, inverter, trasformatori e altri – direttamente dall’alto, senza laboriose manovre per introdurre questi macchinari nella cabina attraverso la porta con sollevatore o altre attrezzature. Con questa novità, una fase di lavoro che si faceva in mezza giornata richiede attualmente all’incirca un’ora». Che riscontro ha avuto questa nuova tecnica dal punto di vista commerciale? «Ci ha dato l’importante opportunità di fare ma-


Gaetano Biuso

La novità dal punto di vista tecnico è che realizziamo le cabine in un unico getto, facendo sia le pareti che la base in un’unica soluzione, grazie a un cassero idraulico

gazzino. Abbiamo creato cabine di differenti dimensioni – dalla più piccola alla più grande, cosi come si evince dal nostro sito ove si possono vedere le varie tipologie – che ci danno l’opportunità di avere diverse soluzioni per alloggiare le apparecchiature elettriche all’interno e possiamo tranquillamente stoccare nell’apposito spazio di cui disponiamo. Prima lavoravamo su commessa: il cliente ordinava una cabina e in circa tre settimane lavorative gli veniva consegnato il prodotto finito. Oggi siamo in grado di migliorare il servizio grazie a tre aspetti fondamentali. Il primo è che, potendo fare magazzino, disponiamo di una gamma di prodotti standard in pronta consegna. Il secondo è che abbiamo la possibilità di realizzare il cemento in un giorno e per poi passare subito alle lavorazioni esterne – rifiniture, impianto elettrico, porte, finestre. Il

terzo è dato dai prodotti utilizzati che sono di ultima generazione». Il resto del mercato è ancora ancorato al vecchio metodo di produzione? «Sì, mentre noi lavoriamo a monoblocchi gli altri, soprattutto al Nord, lavorano ancora con i pannelli. È vero che anche chi si affida al vecchio sistema ha il materiale a magazzino, ma per il montaggio sono richiesti almeno due giorni ed è necessario inviare il personale sul posto per reaGIORNI lizzare tutte le rifiniture. Noi invece possiamo Il tempo richiesto consegnare nel giro di un giorno e, una volta efper completare fettuata la connessione con i cavi, la cabina è già una cabina a monoblocco. operativa. È importante sottolineare anche che Per una a pannelli produciamo interamente all’interno dello stabioccorrono circa otto giorni limento. Questo ci consente di lavorare tutti i giorni dell’anno, per quanto riguarda sia l’aspetto cementizio strutturale che per le rifiniture. Non siamo condizionati dagli aspetti climatici, come pioggia, caldo d’estate e freddo d’inverno, operiamo sempre all’asciutto e in condizioni di umidità e temperatura ottimali». Dal punto di vista societario, cos’è cam-

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Oggi, confrontando i risultati attuali con quelli dell’anno procedente, posso dire che l’azienda ha incrementato il suo fatturato nonostante il periodo difficile

biato negli ultimi anni?

«La Nuova Sistema Elettrici è nata, con la nuova gestione, nel 2005. Ci tengo a sottolineare questa cosa perché la vecchia azienda, che esiste dai primi anni Ottanta, pur avendo lavorato con Terna, Enel e altri grandi fornitori, ha passato un periodo bruttissimo. Nel 2005 la proprietà ha fatto una scommessa impegnandosi a risollevare e a rilanciare sul mercato una struttura che ormai aveva perso clienti e know-how. La nostra è una realtà nuova, caratterizzata da gestione e politiche aziendali innovative. È importante per noi rimarcare l’importanza di questo passaggio, perché la vecchia società, la Sistemi Elettrici, era ben conosciuta, ma per via delle ultime difficoltà vissute la sua immagine sul mercato era diventata fortemente negativa. Il nostro obiettivo è stato cancellare tale immagine e rilanciare la società. Oggi, confrontando anche i risultati attuali con quelli degli anni precedenti, posso dire che l’azienda ha incrementato il suo fatturato nonostante il periodo

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difficile e può dirsi a tutti gli effetti risanata». Il mercato adesso è abbastanza stabile? «Quello in cui operiamo è un contesto commerciale molto strano. La nostra attività ordinaria è rappresentata dai rapporti con Enel e quindi dalla realizzazione di cabine elettriche. Fino allo scorso anno poi, abbiamo usufruito anche noi dei benefici portati dal boom del fotovoltaico, che ha dato lavoro a tutti. Nel 2010 si faceva addirittura fatica a evadere tutti gli ordini e consegnare le cabine. Quest’anno però la nicchia di mercato legata al solare ha rallentato moltissimo, anche se siamo riusciti ugualmente a mantenere un fatturato stabile. Per quanto riguarda i rapporti con la committenza, il nostro è un lavoro prettamente commerciale: chiunque sia l’ordinante, soddisfiamo la commessa che ci giunge, cabina per cabina. Abbiamo diverse certificazioni e qualificazioni, fra cui l’Attestato di qualificazione per la produzione in serie dichiarata delle cabine in c.a.v. per attrezzature elettriche, rilasciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici Servizio Tecnico Centrale; la ISO 14001:2004 ambientale, a cui teniamo tantissimo; siamo iscritti alla SOA per le categorie OS 13 IV e la OG10 III per la partecipazione alle gare indette dagli enti pubblici; infine, abbiamo la Iso 9001:2008 per il Sistema Gestionale Qualità. Siamo qualificati anche Enel, che annualmente svolge controlli nel nostro stabilimento e di cui siamo fornitori ufficiali per quanto riguarda le cabine di consegna DG2061e DG2092. Il nostro core business è la fornitura di cabine elettriche, ma ci occupiamo anche della realizzazione di quadristica bassa e media tensione e collaboriamo con Terna, per la quale costruiamo chioschi metallici».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’avanguardia della carpenteria marina e industriale n prossimità del porto di Pozzallo, dal quale annualmente passano circa 1,5 milioni di tonnellate di merci, sorge il cantiere navale della Tec Service Italia. «Ci troviamo in un punto strategico per l’ingegneria navale mediterranea, a circa 50 miglia marine da Malta e sulla rotta dei collegamenti con il Nord Africa. Inoltre, il nostro porto, progettato per una movimentazione stimata in 500mila tonnellate all’anno, ha già triplicato il proprio traffico, collocandosi fra i porti più importanti dell’intera isola». A parlare è Antonino Graziano, direttore esecutivo e amministratore della società, specializzata nella costruzione e riparazione di imbarcazioni e che dispone di una sala di prova motori fra le più avanzate a livello nazionale. «Il nostro cantiere navale è il frutto di un investimento che ha portato qui in Sicilia la tecnologia più avanzata per la costruzione di imbarcazioni in acciaio e alluminio marino, permettendo lo svi-

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La Tec Service Italia Srl ha sede a Modica (RG) www.tecserviceitalia.it

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Uno dei centri siciliani più avanzati per la costruzione di imbarcazioni da diporto e da pesca. Antonino Graziano presenta il suo cantiere, dove si realizzano barche disegnate dai più prestigiosi studi navali italiani Manlio Teodoro

luppo di una cultura tecnica e costruttiva che pone il nostro territorio al top della categoria a livello italiano». La società realizza costruzioni navali da diporto, da pesca e da lavoro – come imbarcazioni di salvataggio, pilotine e rimorchiatori. – fino a una lunghezza di 50 metri fuori tutto. «La nostra tecnica costruttiva navale è improntata a criteri di realizzazione che conciliano la robustezza delle strutture portanti e del fasciame esterno all’estrema flessibilità in qualsiasi ambiente marino. Particolare cura è anche data nella progettazione degli arredamenti e degli interni – disegnate


Antonino Graziano

dai migliori studi navali italiani – per tutti i tipi di imbarcazioni, anche quelle che non sono destinate all’uso di piacere. Possiamo montare, su richiesta, diversi sistemi di propulsione, o anche realizzare il solo guscio del natante». Alla decennale esperienza tecnica nella costruzione di imbarcazioni offshore si è recentemente affiancato un reparto commerciale. Tec Service è infatti concessionaria, per la Sicilia, dei motori marini Lombardini, Deutz, Boni Valmet e Farymann. «Il nostro impegno di produzione di imbarcazioni pone al primo posto dispositivi antinquinamento. Per noi l’innovazione e la tutela ambientale devono andare di pari passo e cerchiamo di coniugare quanto più possibile le ragioni dello sviluppo tecnologico con la necessità di rendere le attività umane e marine al minimo distruttive dell’ecosistema marino». «Abbiamo una sala per la prova dei motori con potenza fino a 3mila cavalli. I banchi sono completi e performanti, adatti a testare motori di qualsiasi tipo in tutte le condizioni possibili. Abbiamo l’impiantistica adeguata per il normale svolgimento delle prove anche con motori privi di ausiliari o sistemi di raf-

Il nostro cantiere navale è il frutto di un investimento che ha portato in Sicilia la tecnologia più avanzata per la costruzione di imbarcazioni

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freddamento e lubrificazione propri. Ogni banco è dotato di un software per l’analisi dei dati. Abbiamo tre modelli di banchi, tutti certificati Rina, che permettono di rilevare le caratteristiche nei diversi regimi di funzionamento: dal minimo fino a quello massimo consentito dalle caratteristiche dei motori». La società ha anche un reparto mobile di assistenza che può intervenire in tutto il mondo – ha al suo attivo interventi in Brasile, Nigeria, Egitto, Emirati Arabi, Tunisia, Israele, Croazia, Spagna e in tutto il Nord Europa –, anche fuori dal contesto navale, per la riparazione di motori diesel industriali. «Abbiamo maturato oltre un decennio di esperienza nella manutenzione di stabilimenti di produzione energetici e petroliferi. Nel settore petrolifero siamo impegnati nel campo della sicurezza e dell’ambiente con manutenzioni e riparazioni di gruppi motocompressori, gruppi motopompe antincendio, barriere antinquinamento e gruppi motopompe schiumogeni. Nel settore industriale in genere effettuiamo riparazione e manutenzione generale di motori diesel di qualsiasi tipo e potenza, di macchine utensili e di parti di motore. Inoltre lavorazioni meccaniche di pezzi fino a 10 tonnellate di peso, carpenteria leggera e pesante di materiali come ferro, acciaio Inox, ottone e leghe leggere». SICILIA 2011 • DOSSIER • 83


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Chi vigila sulla sicurezza della navigazione Dalle bussole delle piccole navi da pesca alle zattere “large capacity” delle grandi navi crociere. Michele Rocca e Vito Sciacca illustrano quali controlli vengono eseguiti periodicamente per assicurare il corretto funzionamento al bisogno dei mezzi di salvataggio delle navi Manlio Teodoro ome in qualsiasi altro contesto, anche sul mare, le dotazioni di sicurezza sono dettagliatamente precisate. Per il particolare contesto e per il numero di persone che coinvolgono i mezzi di salvataggio delle navi devono essere annualmente sottoposti a verifiche secondo specifiche normative, da tecnici qualificati e presso aziende allo scopo autorizzate a operare. Quella fondata dal Capitano di L.C. Michele Rocca e dal Dott. Vito Sciacca è la Navigation’s Srl di Mazara del Vallo. Nata per eseguire i controlli dispositivi di salvataggio delle navi da pesca della più grande flotta peschereccia italiana, negli anni è cresciuta arrivando a essere ora operativa in tutti i porti nazionali e tra i primi nel Mediterraneo. Ne parliamo con entrambi gli artefici e conduttori della Società. In che modo la vostra società contribuisce a garantire la sicurezza nella navigazione? Vito Sciacca: «Attraverso l’erogazione una serie di servizi, tra i quali l’ispezione e la manutenzione delle zattere di salvataggio autogonfiabili e dei sistemi di evacuazione marini o delle imbarcazioni di salvataggio e

C Vito Sciacca, Quality & Technical Manager, e Michele Rocca, General & Production manager di Navigation’s Srl, Mazara del Vallo (TP) www.navigations.it

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dei relativi dispositivi di ammaino e sgancio. Ovvero degli impianti antincendio di bordo, di ogni tipo. Da aggiungere la periodica misurazione dello spessore delle lamiere dello scafo, eseguita con sofisticata apparecchiatura a ultrasuoni. Specialistico è inoltre il controllo delle bussole magnetiche, sia se eseguito a bordo che nei nostri laboratori». Fornite alle navi solo servizi? Michele Rocca: «Assolutamente no! Curiamo nei dettagli anche il commercio dei dispositivi di salvataggio, dei quali assicuriamo poi l’assistenza, e forniamo dotazioni ed equipaggiamento di ogni tipo, necessari e indispensabili per la sicurezza in mare. Oltretutto progettiamo e costruiamo gru per battelli di emergenza e soccorso come da specifica Direttiva Europea, alcune interamente in alluminio». V.S. : «Proprio perché costruttori di davit for rescue boat, dal 2009 siamo Membro Effettivo della ILAMA, International Life-Saving Appliances Manufacturer’s Association, cioè l’associazione internazionale dei costruttori di dispositivi di salvataggio per navi». In quali porti siete presenti? M.R. : «Dal 1977, da Mazara, operiamo in tutti i porti della Sicilia. Dal 2000 anche nel Golfo di Napoli, a seguito di un’accorta e mirata azione manageriale, convincente della validità e della certezza dell’azione Navigation’s. Non è stato


Michele Rocca e Vito Sciacca

semplice. Ma oggi vantiamo tra i nostri Clienti le principali Compagnie che con navi HSC curano i collegamenti tra Napoli e le Isole. Coi siti operativi di Livorno, Civitavecchia, Salerno e Gioia Tauro, siamo ora presenti in tutto il Tirreno, servendo navi di ogni tipo, dimensione e nazionalità. Intervenendo all’occorrenza anche in porti esteri e non solo mediterranei. Per interventi effettuati in un anno siamo tra i primi in Italia. Sicuramente i primi ad aver installato su navi italiane zattere da 300 persone, con scivoli per la loro evacuazione in pochi minuti». Di quali autorizzazioni e certificazioni disponete per lo svolgimento del vostro lavoro? V.S. : «Per il controllo annuale delle zattere di salvataggio e dei sistemi di evacuazione, le nostre stazioni di revisione di Mazara del Vallo, Gioia Tauro, Salerno e Livorno sono approvate con decreto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per l’ispezione e la manutenzione delle imbarcazioni di salvataggio e dei relativi dispositivi di ammaino e sgancio, siamo in possesso di una speciale autorizzazione decretata dallo stesso Ministero sotto il controllo del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. Sono di riferimento le norme IMO (International Maritime Organization)». M.R. : «È da precisare che ogni intervento a bordo delle navi, specialmente estere, è possibile aperché i nostri servizi sono certificati dalle più accreditate Società di classificazione navi. Dal Rina al Bureau Veritas, comprendendo Lloyd’s Register, Germanischer Lloyd, Det Noske Veritas, American Bureau of Shipping, Russian Register e Nippon Kaiji Kyokai». Chi sono i vostri principali clienti? M. R. : «Da tempo forniamo le navi della Ustica Lines e della Siremar, ora quelle della Tirrenia, della Grimaldi, dell’Alilauro, della Grandi Navi Veloci, della Medmarnavi e della Moby Lines. Allo stesso modo tante navi da carico, porta container, petroliere, chimichiere, sia italiane che estere. È nostro key customer la MSC Crociere, della quale curiamo il controllo delle zattere di salvataggio e dei sistemi di evacuazione di tutte navi. Stessa attenzione riserviamo ai nostri

primi storici clienti: i pescatori!» Per aggiornarvi sulle novità normative, sottoponete il personale ad attività formative periodiche? V.S. : «Non è possibile eseguire il controllo di una zattera o di un MES o di una imbarcazione di salvataggio o di una gru di messa in mare senza una specifica formazione. Tutti i nostri Operatori sono in possesso delle richieste certificazioni, da rinnovare ogni tre anni. Impegno non da poco se si pensa che i nostri principali Costruttori accreditanti sono esteri. In più in Navigation’s è attiva la formazione e informazione continua su ogni modifica tecnica o normativa sopravvenuta. Tutto ciò è comprensibile se si tiene presente del compito delicato e determinante cui siamo chiamati». SICILIA 2011 • DOSSIER • 85




INDUSTRIA ALIMENTARE

L’industria alimentare punta sulla qualità Poco danneggiato dagli effetti della crisi economica, il comparto alimentare italiano punta a una crescita sul mercato globale coadiuvato da aziende dotate del giusto know-how e ben radicate sul territorio. Il caso della siciliana Ri.fra nelle parole di Francesco Pantaleo Erika Facciolla

rapidi cambiamenti registrati dal settore alimentare italiano negli ultimi anni impongono alle aziende produttrici la definizione di partner strategici in grado di offrire margini competitivi sempre crescenti. Modificare, migliorare e adeguare continuamente tutti gli aspetti della produzione alimentare secondo le richieste del mercato sono i parametri imprescindibili per mantenere alto il livello di competitività dell’intero comparto nei confronti della concorrenza straniera. Occorre dunque aprirsi all’innovazione tecnologica, puntare sulla qualità dei prodotti potendo contare sulla collaborazione di aziende dall’esperienza e affidabilità consolidata. Un esempio illuminante in tal senso è rappresentato dalla Ri.fra, azienda siciliana con sede a Marsala nata nel 1986 come distributrice di additivi e

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Francesco Pantaleo, a sinistra, titolare della Rifra Srl di Marsala (TP), con Giuseppe Alagna, collaboratore commerciale www.rifrasrl.eu

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coadiuvanti per l'industria di trasformazione agrumaria. Da allora, Ri.fra ha perseguito una politica commerciale sempre attenta alle esigenze di mercato, si è evoluta nella sua attività riuscendo ad ampliare sia la gamma dei prodotti offerti che il campo d'azione. L’azienda guidata da Francesco Pantaleo occupa, oggi, una posizione di rilievo nel mercato siciliano e calabrese, ma anche in chiave nazionale, con partnership di prestigio che l’hanno resa una delle maggiori realtà commerciali nella fornitura di materie prime ed ingredienti alle industrie alimentari. Ci spiega tutto proprio il titolare, Francesco Pantaleo. Qual è la definizione che descrive meglio il ruolo di Ri.fra nel settore agro-alimentare? «Un partner d’eccellenza dell’industria alimentare italiana che dal 1986 non ha mai smesso di evolversi e soddisfare le esigenze di ogni singolo settore». Come è organizzata la rete commerciale di un’azienda come Ri.fra? «La rete vendita è seguita da un team di collaboratori specializzati nei vari settori di afferenza che attualmente sono rappresentati dalla trasformazione agrumaria, il dolciario, la panificazione, la protezione cereali e il lattierocaseario. Oggi, grazie agli ottimi risultati ottenuti, la nostra azienda può avvalersi di uno staff di consulenti e tecnici e della collaborazione delle più note multinazionali in campo alimentare».


Francesco Pantaleo

L’obiettivo è quello di iniziare una nuova avventura con l’acquisizione di altre linee di prodotti

Quali sono i maggiori ostacoli incontrati lungo il suo percorso? «Bisogna ricordare che la nostra è una realtà situata nel profondo Sud dell’Italia, dove lo sviluppo e l’imprenditorialità trovano ostacoli di diversa natura». Attraverso quali scelte strategiche intendete superare tali difficoltà? «Avvicinandoci alla seconda generazione e potendo disporre di nuova linfa, continueremo ad investire nella ricerca di prodotti e nello sviluppo di nuovi sistemi per soddisfare le continue esigenze dell’industria alimentare». La vostra offerta è destinata a diversi “rami” del settore alimentare. In che modo servite questi comparti? «La nostra società serve i diversi comparti tramite mezzi propri ed in certi casi, per velocizzare il servizio, si avvale di corrieri espressi affidabili e puntuali». Da quest’anno Rifra comincerà a servire anche il settore lattiero caseario: quali prodotti offrirete a questo specifico mercato? «In generale sfrutteremo le linee produttive già commercializzate, poiché molti prodotti accomunano già i diversi settori di nostra competenza. L’inserimento del settore lattiero-caseario ci spinge a introdurre anche prodotti specifici come il caglio, i fermenti,

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cere, aromi e altri additivi e coadiuvanti». Quali controlli vengono effettuati sulle sostanze destinate al settore food in modo da garantirne la totale qualità? «Essendo una delle poche aziende commerciali certificate ISO 9001, i prodotti commercializzati vengono controllati da un responsabile di qualità appositamente preposto». Quanto conta per la vostra realtà l’investimento in ricerca e sviluppo? «Questo aspetto, riferito ad una realtà commerciale come la nostra, si traduce in un’analisi di mercato continua, supportata dalla partecipazione a fiere e convegni di settore tesa ad allargare sempre più l’offerta dei prodotti». Volendo tracciare un bilancio dell’ultimo quinquennio e ipotizzando le strategie future, quali sono le prospettive di crescita per Ri.fra? «Negli ultimi cinque anni la nostra azienda ha conosciuto un trend di crescita notevole grazie ad importanti clienti acquisiti. Per il futuro, l’obiettivo è quello di iniziare una nuova avventura con l’acquisizione di linee di prodotti di cui abbiamo notato, a partire dai nostri stessi clienti, una crescente richiesta». SICILIA 2011 • DOSSIER • 89


Cresce l’itticoltura, tra industria e ambiente Controlli severi, rispetto per l’ambiente e qualità certificata: sono questi i requisiti che fanno del prodotto ittico italiano un’eccellenza apprezzata in tutto il mondo, nonostante la crisi e la concorrenza straniera. Lo conferma anche Salvatore Puglisi Cosentino, Ad di Acqua Azzurra Spa Erika Facciolla

egli ultimi anni, l’itticoltura in Italia ha assunto un ruolo sempre più importante nell’intero comparto alimentare, stimolata da una domanda crescente di prodotti ittici da parte del mercato che ne ha riconosciuto il valore e l’ottimo rapporto qualità-prezzo. Oltre che da un punto di vista meramente economico, l’itticoltura rappresenta una grande risorsa anche in chiave ambientale permettendo di ridurre l’eccesivo sfruttamento delle risorse marine selvatiche, in particolare di quelle specie di maggior pregio che scarseggiano nel pescato. Da un punto di vista qualitativo, i prodotti ittici provenienti da allevamenti controllati italiani si distinguono per le eccellenti proprietà organolettiche garantite da una lunga e severa rete di controlli svolti a tutela del consumatore finale. La trasformazione dell’itticoltura, un tempo relegata ad un ruolo di ‘nicchia’ nel mercato, in una eccel-

N Salvatore Puglisi Cosentino, Amministratore delegato della Acqua Azzurra Spa www.acquaazzurra.it

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lenza del made in Italy si deve anche all’operato di aziende e maestranze che oggi più che mai rappresentano un patrimonio umano e professionale di enorme valore. Ne è convinto anche Salvatore Puglisi Cosentino, Amministratore delegato della società Acqua Azzurra, azienda siracusana, con sede a Pachino, nata nel 1988 e specializzata nella riproduzione e vendita di avannotti di specie marine pregiate e nella produzione e commercializzazione di pesci da 200 gr. ad 1,5 kg, divenuta ormai un punto di riferimento per l’intero settore grazie all’altissimo grado di specializzazione conseguito in oltre vent’anni di esperienza. Quali sono i numeri che fanno di Acqua Azzurra un’impresa leader del mercato italiano? «L’anno in corso si chiuderà con un fatturato di circa diciotto milioni di euro, con un incremento del venti per cento rispetto al 2010. L’attuale produzione di oltre duemila tonnellate annue di prodotti ittici ci permette di avere una fetta di mercato pari al dodici per cento. Questi numeri, conseguiti anche grazie al supporto di un valido


Salvatore Puglisi Cosentino

La nuova piattaforma logistica a terra ci consentirà di essere presenti sul territorio del Centro Nord

staff di oltre cento dipendenti, ci danno la forza per tentare di creare un polo di eccellenza in una terra spesso difficile». E quali, a suo parere, le mosse vincenti che hanno reso possibili tali risultati? «I risultati positivi scaturiscono principalmente da una programmazione che ci ha permesso di incrementare la produzione di pesce a taglia commerciale grazie all’introduzione di gabbie di nuova tecnologia e di aumentare le vendite degli avannotti, la maggior parte delle quali rivolte al mercato estero (Croazia, Malta, Grecia, Nord Africa) e a società italiane che non hanno al loro interno impianti di riproduzione». Ci sono dei margini di crescita ulteriori su cui state investendo? «A breve dovremmo ottenere una nuova concessione demaniale in Toscana, nel Golfo di Follonica, dove prevediamo di installare ventiquattro nuove gabbie a mare, con una piattaforma logi-

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stica a terra nella quale confezionare il prodotto Nelle immagini, alcuni allevato. Tale investimento, oltre ad aumentare la momenti di lavoro capacità produttiva, ci consentirà di incrementare all’interno della filiera produttiva dell’azienda ulteriormente la nostra presenza sui territori del di Pachino (SR) Centro Nord». Le evoluzioni del mercato corrono di pari passo a quelle delle società: credete di allargare la produzione e puntare su altri target? «Nei primi mesi del 2012 sarà ultimato l’impianto di trasformazione, finanziato in parte attraverso il FEP 2007/2013. Questo ci permetterà di fare un nuovo passo in linea con l’attuale evoluzione del mercato, differenziando la tipologia dell’offerta con l’introduzione di prodotti pronti da cucinare e adatti ad una clientela con poco tempo a disposizione, ma che non vuole rinunciare a un prodotto sano, fresco e nutriente come il pesce». Quali sono le scelte strategiche sulle quali è ›› basata la vostra attività? SICILIA 2011 • DOSSIER • 91


PRODOTTI ALIMENTARI

Una crescita nel segno della modernità Oltre a spigole e orate, Acqua Azzurra sta intensificando la produzione di nuove specie, quali le ricciole, le ombrine, i pagri e i saraghi, la cui produzione è stata avviata con successo negli ultimi anni. Nel corso del 2010 la società ha effettuato una piccola produzione sperimentale di seppie che intende intensificare negli anni successivi. Acqua Azzurra produce attualmente il 12% circa della produzione nazionale ed è capace di far fronte alle richieste in termini di diversificazione del prodotto, logistica e freschezza delle più grosse catene di grande distribuzione. Il 70% circa della produzione viene allevato a mare in gabbie off-shore. La società dispone di una modernissima avannotteria a circuito chiuso che ha permesso di intensificare la commercializazione degli avannotti negli ultimi anni sia in Italia che negli altri paesi del Mediterraneo.

›› «Priorità assoluta è stata assegnata al controllo quattro ore successive alla pesca. Il consumatore della qualità del pesce, dell’ambiente di allevamento e alla scelta di mangimi di qualità superiore e certificati. Tali fattori hanno permesso l’inserimento del prodotto in molte primarie GDO nazionali, come Coop Italia, Carrefour, Despar, Conad, SMA, Esselunga. Acqua Azzurra è inoltre l’unica azienda italiana ad essere inserita nel programma produttivo “Oasi Plasmon”». In tal senso, quanto conta la collaborazione e il supporto dei principali istituti di ricerca e università? «Direi che il ruolo di queste collaborazioni è fondamentale per la nostra azienda. Un grande aiuto ci viene fornito proprio dai programmi di ricerca e sviluppo che portiamo avanti con il supporto delle università, del Parco Scientifico e Tecnologico di Sicilia e del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Con loro stiamo sviluppando la riproduzione di nuove specie, nuove tecnologie di allevamento ed alimenti sempre più ecosostenibili». Come è strutturata la vostra filiera produttiva? «Il pesce allevato è assolutamente sicuro e controllato, ma la sua caratteristica principale è la freschezza. Una volta pescato, viene immediatamente confezionato e arriva nelle piattaforme di distribuzione di tutta Italia nell’arco delle venti92 • DOSSIER • SICILIA 2011

dispone pertanto di un prodotto veramente fresco e genuino». Oltre alla qualità e ai controlli, quali sono le proprietà che caratterizzano e distinguono il pesce italiano da quello straniero? «Il pesce di allevamento italiano vanta un ragguardevole livello di acidi grassi omega 3, tanto importanti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nel combattere i radicali liberi, principali responsabili dell’invecchiamento. La freschezza, l’esiguo contenuto di grassi e le proprietà organolettiche garantite lo rendono un prodotto leggero e gustoso che può essere consumato in grosse quantità». I consumatori hanno oggi l’opportunità di riconoscere la provenienza del pesce acquistato. Su quali aspetti, però, si potrebbe fare ulteriormente leva per garantire una maggiore trasparenza? «Il processo di rintracciabilità della filiera produttiva è estremamente agevole, in virtù del fatto che l’intero ciclo di vita del pesce si svolge all’interno dell’azienda, dalle uova depositate dai nostri riproduttori fino al pesce fresco pronto da vendere. Su ogni singolo pesce viene apposto un sigillo, al fine di permettere al consumatore di identificarlo e riconoscerne la provenienza. Purtroppo, ancora diffusa è l’abitudine di molte pescherie di


Salvatore Puglisi Cosentino

Il prodotto italiano, rispetto a quello importato, presenta un grado di freschezza superiore. Il sistema di controlli coinvolge molte autorità

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togliere il sigillo, in modo da confondere pesci con provenienze diverse, il più delle volte, allevati in impianti non italiani, nei quali l’attenzione ed i controlli non sono pari a quelli da noi vigenti». Esiste, dunque, un gap nei controlli di qualità tra il pesce importato e quello nazionale? «Il prodotto italiano, rispetto a quello importato, presenta un grado di freschezza superiore. Inoltre il sistema di controlli coinvolge un gran numero di autorità competenti che vigilano ulteriormente sulla salubrità dei prodotti. Infine, esiste un codice di condotta e un disciplinare di produzione redatto dall’API (Associazione dei Piscicoltori Italiani), cui aderiscono gli impianti di acquacoltura italiani, che disciplina ulteriormente le produzioni italiane e le contraddistingue per qualità e requisiti etici e ambientali». Come si traduce

l’impegno di Acqua Azzurra rispetto alle importanti tematiche ambientali intrinseche al settore? «L’azienda ha ottenuto la certificazione ambientale da “Friend of the Sea” e sta conducendo un programma di ammodernamento degli impianti al fine di ottimizzare le risorse energetiche e ridurre gli sprechi, oltre a un progetto in itinere per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Bisogna segnalare ancora l’impegno nella valutazione del ‘Carbon Footprint’, importante indicatore dell’impatto ambientale dell’intero ciclo produttivo». Per concludere, quali sono gli obiettivi che intende perseguire nel futuro? «Entrati a regime con il nuovo impianto in Toscana e con il reparto di trasformazione e lavorazione di Pachino, punteremo con decisione verso un allargamento dell’offerta di nuove specie e con la creazione di uno stabilimento per la preparazione di prodotti di terza generazione. Tutto questo sperando che anche in Italia si capisca meglio l’importanza dell’itticoltura e di come essa possa essere una risorsa e un opportunità di crescita e sviluppo». SICILIA 2011 • DOSSIER • 93


AGRICOLTURA

Lo zolfo tutela le coltivazioni o zolfo è un elemento fondamentale nella difesa fitoiatrica dei vigneti e di molte altre colture, in virtù del suo particolare meccanismo di azione che, mediante un processo di sublimazione, inibisce la catena respiratoria delle spore fungine dell’oidio, provocando la morte di questi pericolosi parassiti. «Lo zolfo ha tre funzioni principali: fungicida, nutriente e correttiva», sottolinea l’attuale amministratore della Caltabellotta Srl, Gaetano Caltabellotta. L’azienda di Lercara Friddi, fondata nel 1908 dal bisnonno Salvatore Caltabellotta, è oggi una realtà leader a livello nazionale nella produzione e commercializzazione di zolfi per l’agricoltura. «Da qualche anno alla produzione tradizionale di zolfo scorrevole e ramato, abbiamo affiancato la produzione di zolfi correttivi che, in quanto acidificanti, servono a correggere il ph del terreno, svolgendo contemporaneamente un’importantissima funzione nutritiva per il terreno stesso, alla pari di elementi come azoto, fosforo e potassio». Come nasce, in Sicilia, questa particolare attività? «La Sicilia è storicamente una regione ricca di miniere di zolfo. Nel secolo scorso queste miniere hanno rappresentato una risorsa importantissima per il nostro territorio, in quanto hanno dato vita a una serie di attività collaterali legate all’estrazione e al trasporto dello zolfo stesso. Molte famiglie lercaresi, infatti, in quegli anni iniziarono a lavorare lo zolfo, che veniva macinato per poi essere venduto nei paesi li-

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Gaetano Caltabellotta, amministratore della Caltabellotta Srl di Lercara Friddi (PA) www.caltabellottazolfi.it

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Elemento dotato di numerose proprietà, lo zolfo è da tempo utilizzato in agricoltura come antiparassitario. Gaetano Caltabellotta analizza la situazione del settore, anche in relazione ai mutamenti avvenuti in campo agricolo Guido Puopolo

mitrofi. L’avvento dell’energia e dei mulini elettrici modificò radicalmente il modo di operare, generando un incremento notevole della produzione, con l’esigenza di trovare nuovi sbocchi di mercato. Tuttavia, dopo una fase di boom, alla fine degli anni 60 le miniere di zolfo in Sicilia furono chiuse, perché considerate antieconomiche, e questo obbligò gli operatori a importare la materia prima dalla Francia. Molte imprese non riuscirono a superare questa fase di cambiamento, durante la quale la nostra azienda, allora guidata da mio zio Cristoforo, gettò le basi per consolidare invece la sua posizione di mercato». Qual è, invece, la situazione attuale del settore? «Dagli anni 90 in poi è iniziato un lento declino nei consumi di zolfo in agricoltura, a causa della presenza di prodotti alternativi “spinti” da multinazionali potentissime, come Bayer, Basf e Syngenta, ma anche della diminuzione della superficie coltivata a vigneto in quanto, almeno in Sicilia, gli agricoltori stanno risentendo notevolmente della crisi economica, e le uve sono pagate sempre meno». Anche in considerazione di questo, quali sono le peculiarità che hanno permesso alla Caltabellotta di attraversare indenne più di cento anni di storia?


Gaetano Caltabellotta

Alla produzione tradizionale di zolfo scorrevole e ramato, abbiamo affiancato la produzione di zolfi che servono a correggere il ph del terreno

«La nostra è un’azienda gestita da sempre in modo familiare, all’interno della quale le persone che si sono avvicendate al vertice sono sempre state capaci di prendere le decisioni giuste al momento giusto. Siamo ben consapevoli che lo sforzo da compiere ogni giorno per assicurare al mercato la qualità totale dei nostri prodotti è enorme, ma siamo altrettanto certi che senza di questo non potremmo lavorare per molto tempo ancora. Abbiamo ben chiaro il concetto che le diverse fasi della nostra attività, sia la produzione sia la commercializzazione, sebbene distinte, non possono essere considerate separatamente, perché realizzare un buon prodotto senza la serietà nella fase di commercializzazione e viceversa, ci porterebbe in breve a perdere la fiducia e la stima dei nostri partner». Da un punto di vista geografico, su quali mercati è attiva oggi l’azienda?

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«Siamo molto legati al territorio e alle nostre tradizioni, ma questo non ci ha impedito di aprirci a nuove realtà, soprattutto negli anni 90. Da allora, infatti, sotto la guida di mio padre Michelangelo, abbiamo iniziato a operare su tutto il mercato nazionale, facendo nostro il motto “pensa globale e agisci locale”, ampliando il nostro raggio d’azione e cercando di adeguarci alle diverse esigenze dei nostri committenti». In questi anni la Caltabellotta ha ricevuto diversi riconoscimenti per la sua attività. Che valore hanno per voi questi premi? «È vero. Nel 2003 siamo stati insigniti del premio “Lercara che lavora”, destinato a quelle aziende che operano sul territorio da molti anni. Nel 2007 abbiamo invece ricevuto il prestigioso premio “Guarino”, che la CCIAA di Palermo riserva alle imprese che hanno lavorato per oltre 30 anni nello stesso settore economico. Un motivo di grande soddisfazione, in quanto questi riconoscimenti sono la migliore testimonianza della bontà del lavoro che portiamo avanti ormai da quattro generazioni». SICILIA 2011 • DOSSIER • 95


GASTRONOMIA

Un laboratorio gastronomico per la sicilianità Una cucina improntata sul rispetto della ricetta, sull’accostamento delle pietanze e dei sapori. E sulla cultura del gusto tipica della terra iblea. Nunzio Invernino racconta perché, dopo aver lavorato nei ristoranti di tutta Europa, è voluto tornare a Comiso Luca Cavera

a parola siciliana “shauru” significa “profumo di cose buone”. E shauru è il nome che lo chef Nunzio Invernino ha scelto per il suo laboratorio gastronomico di Comiso, dove si può assaporare un’ampia e ricercata proposta di piatti della tradizione siciliana. «Dietro ogni sapore della mia cucina – dice lo chef – c’è una cultura gastronomica millenaria, fatta di innesti e contaminazioni delle diverse civiltà che hanno colonizzato la Sicilia o che nell’isola sono transitate. Erroneamente si ritiene che la cucina siciliana sia povera, ma è un paradosso. Se andiamo a ritroso nella storia, scopriamo che i coloni nella nostra terra hanno introdotto i rudimentali principi di ciò che oggi noi conosciamo come scienza dell’alimentazione. Ecco perché so-

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Nunzio Invernino, chef del laboratorio gastronomico Shauru, Comiso (RG) www.shauru.it grandopera@virgilio.it

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stengo che nella mia cucina non ho inventato nulla di nuovo, ma ho valorizzato la nostra storia culinaria per realizzare pietanze che hanno una base comune di sicilianità». Quanto è stata importante la cucina siciliana nella sua formazione professionale? «È proprio questa la mia tipologia di approccio con un mestiere che va vissuto in modo simbiotico, senza reticenze e con grande generosità. Ogni giorno metto la cucina siciliana in vetrina, abbandonando l’idea di una cucina priva di identità, ma che sia una continua ricerca del gusto, di sapori propri della nostra terra, amalgamati insieme in continuo divenire, in una sorta di laboratorio gastronomico. La mia cucina la interpreto come l’innovazione del piatto che non considero mai completo, bensì suscettibile sempre di modifiche ed evoluzioni». Quali sono i segreti della sua cucina e dei suoi piatti? «La mia cucina non ha particolari segreti. È improntata sul rispetto della ricetta, sull’accostamento delle pietanze e dei sapori, e sulla cultura del gusto. Partendo dal presupposto che l’ideazione dei miei piatti, paradossalmente, non nasce mai in cucina, bensì all’esterno. Per esempio quando sono alla guida, per ingannare il tempo, comincio a ideare pietanze, accostamenti, pensando anche ai probabili ingredienti. Questo è l’unico momento della giornata in cui mi posso dedicare alla creazione, perché poi,


Nunzio Invernino

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Erroneamente si ritiene che la cucina siciliana sia povera, ma è un paradosso. Se andiamo a ritroso nella storia, scopriamo che i coloni nella nostra terra hanno introdotto i rudimentali principi di ciò che oggi noi conosciamo come scienza dell’alimentazione

quando sono davanti ai fornelli, non ho più la possibilità e il tempo di pensare a nuove ricette». In quale momento queste idee di pietanze diventano dei piatti veri e propri? «Il momento di ispirazione è quando sono davanti alla dispensa aperta e ai frigoriferi. Tiro fuori tutto ciò che c’è e comincio a preparare, inventare, sperimentare, sognare e poi gustare. Ma questo non può avvenire mai davanti ai fornelli, in quel momento si deve essere rigorosi, attenti e osservatori di se stessi: per rispettare in pieno le materie prime che si hanno tra le mani e per mettere il proprio impegno nella realizzazione di un’idea. La scopo e il motore che muovono un’idea – affinché da sogno

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passi a realtà – sono la capacità di offrire individualità, personalizzazione e superamento del già definito». Com’è nata la voglia di creare un laboratorio gastronomico a Comiso? «Comiso è la mia città natale, dalla quale, per motivi professionali, sono stato lontano per trentacinque anni. Dopo tanti anni distante dalla mia terra, ho deciso che non potevo più vivere in nessun luogo se non nella terra Iblea. Qui ho ritrovato continue gratificazioni da parte di chi assaggia la mia cucina e riesce a coglierne le sfumature. Creare il laboratorio gastronomico Shauru è stato un modo per dare un’impronta tangibile alla mia esperienza di chef». SICILIA 2011 • DOSSIER • 103


TRADIZIONI ITALIANE

Il futuro dell’amaro Un classico della tradizione degli amari italiani che non guarda solo al passato, ma pensa in prospettiva e cerca di offrire nuovi prodotti. Ne parla Maria Luisa Averna Francesco Bevilacqua

Maria Luisa Averna, vicepresidente del Gruppo Averna di Caltanissetta www.averna.it

giunto il momento di parlare del futuro, anche per un’azienda che fa di una tradizione ultracentenaria uno dei suoi punti di forza. «Questo è stato un anno che ci ha indotto a guardarci dentro e a capire come razionalizzare le risorse e ripresentarsi sul mercato forti e rinnovati». A parlare è Maria Luisa Averna, rappresentante della quarta generazione della famiglia Averna, che da 1868 produce e commercializza uno degli amari più conosciuti al mondo.

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Dopo questa riflessione, quali iniziative avete pensato per affrontare al meglio le sfide del mercato? «Quest’anno siamo usciti con alcune novità, la più significativa delle quali è un nuovo prodotto: una crema di amaro Averna. Un drink che punta a un target più giovane, capace di accostare il sapore del nostro prodotto principale, l’amaro classico, al gusto delle nuove generazioni, con una modalità diversa e più fresca. Questa scelta è stata frutto di numerosi studi che hanno rilevato che questa tipologia di prodotto trova il consenso dei consumatori e raggiunge un target più giovane, incontrando anche il favore del pubblico femminile. Dunque, perché non far provare il gusto dell’amaro attraverso la crema? Sul fronte dolciario abbiamo messo a punto un nuovo prodotto anche per la Pernigotti, la prestigiosa azienda cioccolatiera piemontese che abbiamo acquisito nel 1995: siamo usciti già da alcuni mesi con una crema di fondente alla gianduia, una nuova proposta che vuole avvicinare consumatori già esperti di cioccolata, che amano l’intenso gusto del fondente». Il 20 per cento della vostra produzione viene esportata e sono circa 60 i paesi in cui siete presenti. «Non vogliamo solo presentarci con nuove proposte, ma anche proporci su mercati del tutto nuovi. È proprio ciò che ci stiamo apprestando a fare in questi mesi, visto che i mercati europei, che sono le nostre destinazioni di elezione, stanno vivendo momenti non facili. Da qui la scelta di affacciarsi su nuove piazze, forti della qualità dei nostri prodotti e del classico bere italiano. L’Ita-


Maria Luisa Averna

lia infatti, ha molto da dire da questo punto di vista. I paesi per noi più importanti sono quelli in cui il gusto dell’amaro è già consolidato, quindi la Germania e l’Austria, anche se in questo momento stiamo cercando di riproporre questi sapori in Sud America, dove ci sono tanti italiani, magari di seconda generazione, che sicuramente conosceranno il nostro prodotto e lo ritroveranno con piacere, anche se per via delle particolari condizioni dei mercati locali, non è facilissimo raggiungere questo obbiettivo». Promozione e comunicazione sono sempre stati ambiti e da voi meticolosamente curati. «Come tutti i marchi di largo consumo, è molto importante sapersi proporre in maniera sempre nuova e accattivante sul mercato. Dobbiamo essere capaci di parlare con il pubblico, raccontare i nostri prodotti, tramandare la storia del nostro brand, far capire l’importanza dell’attenzione che rivolgiamo ai metodi di produzione, trasmettere a chi beve il nostro amaro che proponiamo le stesse emozioni che proviamo noi nel realizzarli. E siamo convinti di riuscirci, perché dietro a ogni messaggio risiedono approfonditi studi e tecniche comunicative, che per noi rivestono grande importanza». Cosa volete comunicare a chi consuma il vostro amaro? «Vogliamo trasferire tradizione e qualità, poiché dietro ai nostri liquori e distillati si cela un ap-

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A chi consuma il nostro amaro vogliamo comunicare tradizione e qualità, poiché dietro ai nostri liquori e distillati si cela un apparato produttivo preciso ed efficiente

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parato produttivo preciso ed efficiente, disponiamo controlli molto severi finalizzati a garantire la qualità di quello che proponiamo. Dico sempre che dalle nostre aziende voglio che non esca niente che noi non siamo orgogliosi di dare anche ai nostri figli». Vuole concludere con una considerazione sul prossimo futuro? «Da donna vorrei sottolineare il ruolo di grande importanza che può giocare il genere femminile: le donne hanno la capacità di essere più lungimiranti di quanto non siano gli uomini e servono a completare la visione maschile. Si tratta di due entità complementari che si fondono in un unico elemento, in cui la parte femminile possiede la capacità di pensare di più alle generazioni future e di lanciare lo sguardo in prospettiva. Stiamo vivendo un momento negativo, ma si sta facendo molto perché ci possa essere un avvenire pieno di speranza per le generazioni che ci seguiranno. Il nostro obiettivo è che il pubblico impari ad apprezzare la qualità dei prodotti che offriamo e lo sforzo che si cela dietro a questa qualità».

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TUTELA DEL TERRITORIO

Il dissesto idrogeologico è una priorità assoluta Secondo i dati della Cgia di Mestre solo l’1 per cento dei 41 miliardi stanziati per la protezione dell’ambiente vengono spesi per contrastare il dissesto idrogeologico. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini presenta misure radicali tra gestione del territorio e dei fondi destinati alla prevenzione Renata Gualtieri

econdo le stime ufficiali dell’Ispra, negli ultimi vent’anni abbiamo avuto 1 miliardo di danni l’anno. In pratica si è speso molto più per riparare i danni che per prevenirli. Trascorso poco più di un mese dall’alluvione di Messina, interviene il ministro dell’Ambiente Corrado Clini sottolineando come per scongiurare altre tragedie si dovrà arrivare a «ragionare in una logica di prevenzione, piuttosto che di emergenza». Occorre dunque puntare, come ci chiede anche l’Europa, su misure strutturali che consentano programmazioni di lungo periodo per il riassetto e la protezione del territorio. «Le misure previste nel nostro decreto – afferma Clini – sono un primo passo in questa direzione». In uno dei prossimi Consigli dei ministri dovrebbe essere presentato un decreto che prevede l’istituzione di

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un “fondo nazionale di prevenzione” contro il dissesto idrogeologico, che dovrebbe contenere alcune “misure radicali”. Quali quelle più significative? «Le priorità sono la prevenzione e l’accelerazione dei meccanismi di spesa nelle emergenze. Priorità che andranno coniugate, ed è possibile, con scelte di fondo che impongono una riduzione radicale della spesa pubblica. Il decreto che abbiamo predisposto è incardinato su queste due esigenze. La prima esigenza è assicurare alle amministrazioni locali la capacità operativa in situazioni di emergenza, affinché l’intervento sia efficiente e più rapido; questa necessità si collega con l’urgenza di dotare il fondo per le emergenze con finanziamenti sufficienti per garantire la capacità effettiva di spesa. La seconda esigenza riguarda la prevenzione, che dal punto di vista strategico è prio-

ritaria: ciò significa aggiornare la mappa della vulnerabilità del territorio, vuol dire identificare le zone a rischio e in quali aree bisogna intervenire prima che siano colpite da catastrofi naturali; e poi significa adottare regole ferree nella gestione del territorio, a cominciare dalla lotta agli abusi edilizi, dalla lotta all’uso dissennato di territori vulnerabili, dalla lotta contro la deforestazione e nello stesso tempo una grande manutenzione del territorio. Si devono quindi garantire interventi strutturali, legati ai rischi derivanti dagli eventi climatici estremi, peraltro sempre più frequenti a causa dei mutamenti del clima che sono in atto».


Corrado Clini

Per queste misure come si dovrà ragionare? «In termini non di stretta copertura della spesa pubblica bensì di conto economico complessivo, che consideri anche i danni produttivi e il calo di produttività causati da frane o alluvioni, e valuti quindi le risorse investite in questo campo come un vero investimento produttivo. Per questo motivo abbiamo pensato a una forma di integrazione automatica del fondo di protezione civile e un credito d’imposta a favore dei privati che finanziano, su aree proprie o altrui, interventi di mitigazione del rischio idraulico individuati dal ministro dell’Ambiente. La bozza di decreto prevede inoltre la tracciabilità dei flussi finanziari e la verifica in tempo reale dello stato di avanzamento delle attività di erogazione e gestione dei fondi destinati alla prevenzione, ma prevede anche misure per garantire l’informazione ai citta-

dini sugli stati d’allerta e sui provvedimenti a tutela della pubblica utilità». Lei parla di regole di gestione del territorio. Ci sarà anche una revisione delle norme urbanistiche? «Ho parlato di revisione di normativa urbanistica perché occorre tener conto delle condizioni mutate di rischio. Perché è accaduto che sciagure e lutti siano avvenuti anche là dove si era costruito nel pieno rispetto delle norme urbanistiche e degli indici di rischio. Il problema è che rispetto alle previsioni di rischio di 30 o 40 anni fa, oggi ci troviamo dinanzi a una situazione profondamente modificata; credo naturale che la disciplina urbanistica debba adeguarsi alle condizioni climatiche nuove. Sono consapevole che una modifica della legge urbanistica chiede tempi lunghi, si può però cominciare con linee guida che indichino i nuovi criteri di cautela per la pro-

grammazione urbanistica nelle zone a rischio». Occorrerà rivedere anche il Patto di stabilità, i cui vincoli non permettono ai Comuni di attingere a risorse preziose per intervenire sulla messa in sicurezza del proprio territorio? «È un’esigenza recepita nella proposta di decreto. Pensiamo a una deroga al patto di stabilità per gli enti locali per gli interventi immediatamente successivi agli eventi che hanno causato danni. Abbiamo avuto un caso paradossale in Sicilia, dove i fondi per la tutela del territorio, stanziati dopo le alluvioni degli anni scorsi, non potevano essere usati perché la capacità di spesa era bloccata dal Patto di stabilità: abbiamo sbloccato quella situazione, ma c’è bisogno di una norma che ponga in via definitiva le risorse per la difesa del suolo e per la prevenzione fuori dai paletti del Patto di stabilità».

In apertura, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini

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SICUREZZA IN MARE

Prevenire l’inquinamento del Mediterraneo Le procedure di sicurezza antincendio e antinquinamento che prevengono la dispersione degli idrocarburi in mare. Petra Volklandt Ciancio spiega come si realizza la salvaguardia dell’ambiente nei porti di Augusta e Pozzallo Manlio Teodoro

a causa principale dell’inquinamento del mare Mediterraneo è l’elevato traffico di petroliere. Infatti, circa un quarto di tutte le navi che trasportano greggio nel mondo passano dal bacino mediterraneo. L’elevato traffico petrolifero naturalmente fa crescere il rischio di incidenti e dei conseguenti danni ambientali, particolarmente gravi in un contesto geografico di mare chiuso come è quello del

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Petra Volklandt Ciancio, presidente di Snad Spa, Augusta (SR) snad@snad.it

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mare che bagna Nord Africa ed Europa Meridionale. Per questo motivo esistono società specializzate nell’offrire servizi di sicurezza antincendio, prevenzione dell’inquinamento e, in seguito a incidenti, di disinquinamento. Nell’area del porto di Augusta e di Pozzallo, opera la Snad, società di navigazione dotata di mezzi e competenze per affiancare i maggiori operatori del settore petrolchimico nello svolgimento delle operazioni che determinano un rischio ambientale. Ne parliamo con la presidente Petra Volklandt Ciancio. Come si svolge concretamente il vostro lavoro? «Le procedure relative all’antinquinamento preventivo vengono eseguite con l’utilizzo di barriere galleggianti, poste attorno alle navi che effettuano attività potenzialmente pericolose – pronti a entrare in servizio, con ulteriori attrezzature come, per esempio, gli skimmer, in caso

di necessità. Per quelle relative al servizio integrativo antincendio – che garantisce la sicurezza a bordo delle navi che movimentano materiali pericolosi e inquinanti, soprattutto in ambienti particolarmente delicati, come i pontili delle raffinerie – sono deputate oltre settanta guardie ai fuochi». Chi sono i vostri principali partner? «Intratteniamo rapporti di collaborazione, garantiti da contratti di lunga durata, con i maggiori operatori portuali di Augusta, come per esempio Esso, Erg, Sasol. Inoltre, con la marina militare e i cantieri navali, oltre che con tutte le agenzie marittime che rappresentano l’armamento italiano e straniero e che approdano nel porto di Augusta». Di quali autorizzazioni si è dovuta dotare la vostra società per svolgere le attività? «Tutte le attività sono svolte in regime di concessione o di


Petra Volklandt Ciancio

autorizzazioni rilasciate sia dalla capitaneria di porto che dalle autorità portuale locali. Le attività relative alla tutela dell’ambiente, come la prevenzione dell’inquinamento e quelle, fortunatamente sempre minori, del disinquinamento a seguito di sversamenti in mare, sono svolte seguendo rigide regole dettate dalle ordinanze locali, dalle leggi nazionali e da quelle internazionali che regolamentano questi servizi». Di quali certificazioni siete dotati? «Da anni ormai la società gestisce tutte le attività secondo i dettami delle norme internazionali Iso 9001:2008, Iso 14001:2004 e Ohsas 18001:2007. Abbiamo ottenuto le relative certificazioni dal Rina, in qualità di organismo accreditato a rilasciare tali certificati e a verificare annualmente la corretta gestione del sistema integrato». E per quanto riguarda la formazione del personale? «La maggior parte del personale, sia amministrativo che

operativo, fa parte della società da oltre venti anni. Ha quindi sviluppato una lunga esperienza sul campo, oltre che attraverso momenti di formazione specifica. Questa esperienza, unita all’ingresso in azienda di tecnici giovani, garantisce una regolare trasmissione di competenze e know how, permettendo l’evoluzione continua delle capacità operative». Quali sono state le tappe fondamentali nella storia dell’azienda? «La società è stata fondata nel 1974 da mia suocera Anna Maria Amico, alla quale sono subentrata io nel 1993. Fin

dall’esordio, l’azienda ha avuto un orientamento preciso nel settore della navigazione antincendio e disinquinamento. Da allora la società ha lavorato, in un crescendo di attività, mezzi e competenze nel porto di Augusta e Pozzallo, sino a raggiungere un organico fisso di oltre 75 unità tra personale marittimo, operativo, tecnico e amministrativo. Con mia suocera prima e me dopo, le donne della famiglia hanno rappresentato il vero cuore organizzativo di questa realtà, garantendone, spesso con grossi sacrifici, la continuità e il rilancio delle attività». SICILIA 2011 • DOSSIER • 111


POLITICHE ENERGETICHE

Dal sole un’opportunità di crescita economica e occupazionale L’Italia è al primo posto nella graduatoria mondiale per potenza fotovoltaica entrata in esercizio nel 2011. «Ora serve innanzitutto un quadro normativo stabile» dice Gianni Chianetta, presidente di Assosolare Michela Evangelisti

resce il solare nel nostro Paese. Solo nel 2011 sono entrati in esercizio circa 6.500 megawatt di potenza fotovoltaica e ad oggi sono attivi oltre 270 mila impianti; la Puglia, con circa 1.685 megawatt per 17.812 impianti, mantiene il primato della regione con maggiore potenza installata, mentre la Lombardia resta in testa alla classifica delle regioni con maggior numero di impianti in esercizio (38.810 per 993 megawatt). L’andamento delle installazioni per l’anno in corso proietta di fatto l’Italia al primo posto nella graduatoria mondiale per potenza entrata in esercizio nel 2011. «Il settore ha visto una crescita esponenziale dell’installato, in modo particolare dal 2009, e contribuisce oggi per circa il 5% al fab-

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Gianni Chianetta, presidente di Assosolare


Gianni Chianetta

bisogno nazionale di energia elettrica – spiega il presidente di Assosolare, Gianni Chianetta –. Ma gli attuali risultati di mercato sono legati al vecchio conto energia; adesso iniziano a farsi sentire gli effetti del quarto conto, approvato a inizio maggio». Come promuovere ulteriormente il fotovoltaico e sostenere le imprese del settore affinché acquisiscano un ruolo sempre più importante nella competizione internazionale? «Serve innanzitutto una stabilità normativa che permetta agli attori del settore di operare in un quadro affidabile di regole con un respiro di medio e lungo termine. E va poi implementato in breve tempo un processo serio di semplificazione delle procedure autorizzative. È fondamentale, inoltre, che si lavori sul lato infrastrutture: lo sviluppo delle reti e l’introduzione di soluzioni di smart grid e di sistemi di accumulo sono alla base del futuro sviluppo della generazione distribuita. La formula giusta per lo sviluppo di un’industria italiana delle rinnovabili a nostro avviso sta, infine, negli sgravi fiscali e nelle agevolazioni per la ricerca e l’insediamento di stabilimenti produttivi sul territorio nazionale». La cultura del solare si sta radicando: quali sono le previsioni di ulteriore espansione? «Le previsioni sono difficili da fare. Tutto dipenderà dalla volontà poli-

tica del governo di continuare a sostenere il fotovoltaico fino alla grid parity. Nel breve termine, si vedrà uno sviluppo del segmento degli impianti a tetto, “privilegiato” dalla nuova normativa del quarto conto energia, con particolare riferimento agli impianti su tetto commerciale o industriale verso cui si sta orientando il mercato a seguito delle severe limitazioni imposte agli impianti a terra. Per i piccoli impianti residenziali, la crisi economica e un non facile accesso al credito potrebbero stemperare le potenzialità di sviluppo. Ferme restando queste difficoltà, però, molto può e deve essere fatto sul piano della divulgazione e della comunicazione. Il fotovoltaico ha subito attacchi mediatici di vario genere, prendendo a pretesto problematiche comuni a qualsiasi settore produttivo che sono state esasperate o distorte. La realtà è che l’energia del sole, fonte inesauribile e gratuita, rappresenta una modalità “democratica” di produrre energia elettrica, che per la sua semplicità e versatilità applicativa è destinata a crescere in tutto il mondo: questo, forse, anche a discapito di altre fonti». Quali sono le ultime novità sul fronte della ricerca e i prossimi obiettivi? «La ricerca si muove ad ampio raggio, dal miglioramento dei rendimenti della tecnologia esistente alla ricerca di nuovi materiali, fino alle sperimentazioni sul fotovoltaico or-

ganico. Il fotovoltaico a concentrazione rappresenta un’altra direttrice. Gli obiettivi sono quelli di arrivare a prodotti in grado di offrire rendimenti sempre maggiori a costi sempre più contenuti. Un segmento ad alto potenziale di innovazione, e in cui c’è ancora molto da fare, è l’integrazione architettonica: è in continua espansione e continuerà a esserlo nel prossimo futuro. L’altra vera sfida, non impossibile, sarà rendere programmabile e facilmente gestibile quanto prima le rinnovabili, e in particolare il fotovoltaico, con sistemi di accumulo e smart grid». Avete di recente definito le linee d’azione strategica dell’associazione per la fine 2011 e l’inizio 2012. Quali sono le priorità individuate? «La prima riguarda la promozione degli investimenti nel fotovoltaico e la crescita del mercato, attraverso la stabilità del quadro normativo. Secondo punto, la partecipazione attiva alla definizione dei prossimi provvedimenti legislativi a partire dalla prossima strategia energetica nazionale. Rimane poi l’impegno costante per la semplificazione dei processi autorizzativi ai fini del rilascio degli incentivi e la certezza sui tempi. Il quarto punto programmatico riguarda l’incentivazione dell’innovazione tecnologica e delle reti». Assosolare punta, inoltre, a favorire l’aggregazione tra le associazioni del settore. SICILIA 2011 • DOSSIER • 113


POLITICHE ENERGETICHE

10 mila MEGAWATT La quota ormai superata di potenza fotovoltaica installata sul territorio nazionale

350 mila IMPIANTI Le strutture attive, secondo le previsioni, in Italia entro la fine dell’anno

«Una voce compatta, che possa par-

lare a nome di tutto il fotovoltaico, può avere maggior peso ed efficacia nel raggiungimento di obiettivi che sono sostanzialmente comuni a tutte le realtà associative del comparto. Altra priorità è fare corretta informazione nei confronti dell’opinione pubblica e della classe politica, per far percepire i concreti vantaggi del fotovoltaico: il settore dell’energia solare in Italia è un’opportunità per la ripresa e la crescita economica e occupazionale, quanto mai indispensabile in un momento di crisi. Nel 2011 il settore ha contribuito significativamente al Pil, in controtendenza rispetto alla congiuntura economica generale del Paese, dando lavoro ai giovani, creando imprenditorialità diffusa e sviluppo tecnologico, attraendo ingenti investimenti dall’estero, rendendo le

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La ricerca si muove ad ampio raggio, dal miglioramento dei rendimenti della tecnologia esistente, alla ricerca di nuovi materiali, alle sperimentazioni sul fotovoltaico organico

imprese competitive a livello internazionale e favorendo l’indipendenza energetica dell’Italia». Quali dovrebbero essere le linee guida della futura strategia energetica nazionale? «La politica deve prendere atto delle potenzialità delle rinnovabili e adottare una chiara strategia energetica a favore delle energie pulite, con obiettivi numerici ambiziosi a step intermedi come ha già fatto la Germania. Strategia, questa, che dovrebbe superare le divergenze dei partiti politici e l’alternanza dei governi. La strada, se vogliamo guardare il problema in

modo realistico, è già tracciata. E non solo da politiche europee nel settore energetico-ambientale, ma anche da una serie di constatazioni ad ampio raggio che partono dall’insostenibilità ambientale dell’attuale paradigma energetico basato prevalentemente sui combustibili fossili, alle tematiche della dipendenza dell’Europa da paesi terzi, spesso instabili o inaffidabili. Le politiche italiane in tema di rinnovabili dovranno andare nella direzione già indicata dalle direttive Ue, adattandole alle peculiarità del Paese. L’Italia è il paese del sole. Non resta che usare al meglio questo dono».


Simone Togni

Più efficienza autorizzativa Un’industria forte e d’eccellenza, che però al momento subisce dure penalizzazioni. «Il settore eolico – sottolinea il presidente dell’Anev, Simone Togni – ha sofferto una riduzione dell’incentivo del 40% in quattro anni» Michela Evangelisti

n Italia nel 2010 sono stati prodotti circa 8,4 terawattora di energia elettrica da fonte eolica, pari al fabbisogno di quasi 8 milioni di persone. Una quota che rappresenta circa l’11% della produzione da rinnovabili nel nostro Paese, seconda solamente all’idroelettrico. Uno studio dell’Anev, basato sulle risultanze di un protocollo di intesa con le principali associazioni ambientaliste, prevede al 2020 un potenziale nazionale di 16.200 megawatt di potenza complessiva da fonte eolica, per una quota di energia pari a 27,5 terawattora. «Questi dati evidenziano una certa timidezza rispetto a quanto riportato nel Piano d’azione nazionale per l’eolico, e cioè circa 13mila megawatt al 2020 – commenta il presidente del-

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l’Anev, Simone Togni -. Alla luce dei 6.500 megawatt installati ad oggi, dal 2012 al 2020 ne resterebbero da installare 6.500 in otto anni, un obiettivo raggiungibile e coerente, ma non realizzabile senza una stabilizzazione del quadro normativo». Quali opportunità per le imprese e per lo sviluppo energetico ed economico del nostro Paese sono racchiuse nell’eolico? «La crescita delle installazioni eoliche negli ultimi 15 anni nel nostro Paese ha portato indubbi benefici in termini economici e occupazionali. Ad oggi si registrano circa 30mila occupati, diretti e indiretti, nel settore, con una potenzialità al 2020 di complessive 67mila unità, una producibilità energetica stimata in 27 terawattora, circa venti milioni di

tonnellate di Co2 risparmiate e una quota di investimenti privati prevista in oltre 10 miliardi di euro. Al momento, però, tutto questo è a forte rischio, soprattutto per le misure fortemente penalizzanti imposte anche retroattivamente al settore. Il settore, ad esempio, ha subito una riduzione dell’incentivo del 40% in quattro anni e per

Simone Togni, presidente dell’Anev

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POLITICHE ENERGETICHE

l’anno in corso si parla di un taglio del 22%, a cui si è già aggiunta ad agosto, con le misure contenute nella manovra, una tassazione ulteriore dei ricavi del 10,5%. Per questi motivi oggi molti progetti eolici sono tecnicamente in default con le banche». Verso quali obiettivi si muove la ricerca nel settore? «La ricerca nel settore potrebbe essere indirizzata su due binari, che in qualche modo possono procedere di pari passo: da un lato, sulla semplificazione della componentistica, che renderebbe sicuramente più agevole la fase di manutenzione su macchine che necessitano di una logistica operativa complessa. Dall’altra parte, varrebbe la pena ragionare su possibili evoluzioni tecnologiche che consentano di integrare meglio nelle reti gli impianti e viceversa; come noto, infatti, la non programmabilità di queste fonti rinnovabili deve vedere uno sforzo di integrazione forte tra il Gestore della rete e l’associazione di categoria, per evitare inefficienze e sprechi. Va registrato, comunque, come in ambito tecnologico ci siano in Italia numerose eccellenze e l’industria nazionale dell’eolico oggi sia esportatrice netta di tecnologia, con particolari eccellenze nel settore della componentistica meccanica». Quali sono al momento le linee guida dell’associazione? «L’Anev sta facendo molto per una corretta informazione e per la formazione e la promozione di questa 116 • DOSSIER • SICILIA 2011

tecnologia presso le istituzioni competenti e il grande pubblico. Organizza periodicamente, anche in concomitanza con le più importanti manifestazioni del settore, momenti di confronto e di informazione che culminano con le iniziative connesse alla “giornata mondiale del vento” di giugno, di cui è promotrice e organizzatrice. A livello istituzionale l’Anev è presente in numerosi gruppi di lavoro, tecnici e istituzionali, dove si discute del panorama legislativo nazionale nel settore delle energie rinnovabili. Per quanto riguarda l’attuale situazione regolatoria, l’associazione è attivamente coinvolta nella consultazione per l’emanazione dei decreti ministeriali attuativi per gli obiettivi delle rinnovabili al 2020». Quali misure occorrerebbero a livello nazionale a sostegno di un ulteriore sviluppo e della regolamentazione dell’eolico? «È assolutamente necessario intervenire con misure che consentano

di riallineare gli incentivi al costo delle tecnologie e al contesto di crisi finanziaria in corso. L’aumento del costo del denaro e la stretta del credito, insieme ai tagli paventati per gli impianti, possono essere in parte compensati dalla riduzione, seppur marginale, che il costo della tecnologia matura come quella eolica ha avuto. Bisognerebbe concentrarsi, perciò, quanto più possibile in azioni di efficientamento complessivo, annullando le inefficienze autorizzative, per esempio riducendo drasticamente i tempi di autorizzazione eliminando le barriere tecnologiche anche relative alla rete, evitando di introdurre ulteriori inefficienze». Quali priorità dovrebbe porsi il nostro governo in vista della futura strategia energetica nazionale? «È auspicabile che si punti in maniera decisa su fonti di energia che possano assicurare indipendenza energetica, sostenibilità ambientale, sviluppo tecnologico e occupazione, come appunto le rinnovabili».



POLITICHE ENERGETICHE

Riequilibrare il mix energetico L’Italia ha una quota di utilizzo di carbone estremamente bassa. «Siamo pronti a fare investimenti importanti, nell’interesse del Paese e nel pieno rispetto dell’ambiente» dice Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni Michela Evangelisti

Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni

a torta della produzione di energia elettrica italiana è unica in Europa: se la media vede generalmente una fetta pari al 60-70% circa generata da un mix variabile di carbone e nucleare, in Italia la fa da padrone il gas naturale (con una quota del 60% circa), che viene importato per l’85% dall’estero, soprattutto da Algeria e Russia. E mentre in Europa il 33% dell’energia elettrica è prodotta da carbone, in Italia la percentuale scende al 12%. «Tutti gli sforzi dovrebbero essere volti a riequilibrare il mix energetico nazionale – ammonisce Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni, associazione fondata nel 1897 che rappresenta oltre 90 aziende attive nel settore dei combustibili solidi –. Senza l’energia nucleare e con le rinnovabili ancora troppo costose, l’Ita-

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lia dovrebbe aumentare l’uso del carbone per superare una situazione che minaccia la sicurezza energetica del Paese e mina la competitività della sua industria». Secondo il World energy outlook 2011, nel 2010 il consumo mondiale di carbone è salito del 10,8% e il carbone è stato ancora una volta il carburante con la più rapida crescita. Nel corso degli ultimi dieci anni, la domanda globale di carbone è cresciuta di circa il 55%, una crescita sia in termini di volumi che di valore percentuale superiore a qualsiasi altra risorse energetica, incluse le rinnovabili. Quali sono oggi le reali possibilità del mercato italiano del carbone e quali previsioni di crescita si possono formulare? «Quest’anno l’Italia aumenterà le sue importazioni di carbone di circa il 7%. In seguito al no al nu-

cleare del referendum d’inizio anno, il mercato italiano del carbone è destinato a crescere anche nei prossimi anni; per sostenerlo, basterebbe permettere ai privati che hanno intenzione di investire nel settore di farlo. In Italia sono previsti investimenti per oltre 5,5 miliardi di euro per la conversione o la nuova costruzione di centrali a carbone di ultima generazione». A quali progetti in particolare fa riferimento? «Ai progetti Sei a Saline Joniche, alla conversione da olio a carbone della centrale Enel di Porto Tolle con l’installazione della tecnologia “carbon capture and storage” e alla riqualificazione dello stabilimento Tirreno Power a Vado Ligure. Investimenti che, oltre a creare più di 5 mila posti di lavoro, garantirebbero un’efficienza media dei nuovi impianti del 46% e porterebbero la


Andrea Clavarino

Da un maggiore sviluppo del carbone l’Italia ricaverebbe una riduzione della dipendenza da gas e più competitività per la sua industria manifatturiera

quota del carbone da un 12 a un 16%, valore comunque molto inferiore a quello europeo del 33% circa. Contiamo di ottenere i permessi in tempi non biblici: del progetto su Porto Tolle si parla da sei anni e la fase autorizzativa non è ancora terminata». Quali vantaggi porterebbe un maggiore sviluppo del carbone per il sistema Paese, oltre a una riduzione della dipendenza da gas? «Innanzitutto più competitività per la nostra industria manifatturiera. Non a caso la Germania, che oggi rappresenta il cuore manifatturiero d’Europa, vive sul carbone, oltre che sul nucleare». A quali livelli è arrivata la ricerca tecnologica nel settore? «Abbiamo investito moltissimo nella ricerca e negli impianti pilota. Tra i progetti più innovativi recenti, c’è quello lanciato da Enel

in collaborazione con Eni presso la centrale Federico II di Brindisi per realizzare un impianto pilota di cattura e sequestro della Co2. Gli impianti italiani sono meravigliosi, il carbone è tutto stoccato e sigillato, e hanno un’efficienza media del 40%, contro una media europea del 35%, con punte di eccellenza del 46% a Torrevaldaliga Nord: solo in Giappone e Danimarca ci sono impianti che possono competere con i nostri. Il paradosso è che, pur essendo davanti a tutti sotto il profilo della compatibilità ambientale, siamo i minori consumatori in Europa di carbone. In Italia 9 centrali a carbone su 13 sono certificate Emas - la certificazione ambientale di standard europeo, più severa rispetto alla certificazione Iso 14001; dovremmo essere premiati con un aumento delle quote, lasciando che i privati

facciano investimenti come nei loro progetti». Quali dovrebbero essere le linee guida della futura strategia energetica nazionale? «Cerchiamo di non aumentare la quota del gas, che è già molto alta, proviamo a portare il carbone al 20% e le rinnovabili a un altro 20%. Le rinnovabili nel 2012 costeranno al cittadino qualcosa come 6 miliardi di euro di incentivi; di questo passo in soli tre anni si raggiungeranno i 18 miliardi, una cifra colossale, che rappresenta più della metà della manovra attuata dal nostro primo ministro Monti. Le rinnovabili vanno benissimo, ma il cittadino sa realmente quanto gli costano? L’entità degli incentivi è stratosferica; mi chiedo se le nostre economie ci permettano di reggerla ancora per diversi anni». SICILIA 2011 • DOSSIER • 119


POLITICHE ENERGETICHE

In viaggio con la roadmap europea fino al 2050 L’Unione europea chiede una progressiva decarbonizzazione dell’economia. «Obiettivi che richiedono una profonda trasformazione del modo di produrre e consumare l’energia». Gli scenari di Enea, nel punto di Pietro Maria Putti Elisa Fiocchi

ei tredici programmi congiunti della European Energy Research Alliance, che coinvolgono più di 2mila ricercatori da più di 150 organizzazioni con un investimento pari a oltre 200 milioni di euro, ce n’è uno, quello di ricerca sulle celle a combustibile, affidato al coordinamento dell’Enea, uno dei 15 enti europei fondatori che costituiscono l’Executive Committee. «Rappresenta un’occasione di cooperazione per i centri di ricerca e le università che intendono condividere le loro com-

N Pietro Maria Putti, subcommissario di Enea

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petenze e collaborare allo sviluppo di tecnologie energetiche innovative», dichiara a tal proposito il subcommissario di Enea, Pietro Maria Putti. «L’agenzia partecipa anche ad altri programmi, tra cui quello sulle bioenergie, sulla geotermia, sui materiali per reattori nucleari e sull’energia eolica». Nell’insieme, si tratta di programmmi che riguardano le tecnologie energetiche relative al solare a concentrazione, l’energia marina, le smart cities, l’idrogeno e le celle a combustibile, lo stoccaggio dell’energia e lo studio di nuovi materiali e processi per applicazioni energetiche che vanno a coprire tutte le tecnologie del cosiddetto Strategic energy technology plan (Set Plan), programma della Commissione europea sulle azioni da intraprendere nel settore delle tecnologie a

bassa emissione di CO2 per contribuire al raggiungimento degli obiettivi 20-20-20. Quale ruolo avrà Enea nel futuro programma di finanziamento della ricerca europea Horizon2020, il futuro programma di finanziamento della ricerca europea, l’erede del 7° programma quadro, che partirà dal 2013? «Negli ultimi anni l’Enea ha saputo raccogliere molti successi e finanziamenti con la sua partecipazione alle attività del 7° programma quadro: dalle tecnologie per il solare termodinamico a concentrazione (simili a quelle del progetto Archimede), alle reti intelligenti, al fotovoltaico innovativo come quello a concentrazione. La riorganizzazione di Enea deve portare al potenziamento delle eccellenze presenti, ma anche a un sempre maggiore coordinamento con attività analoghe portate avanti da altri enti di ricerca. Le risorse


Pietro Maria Putti

sono scarse e il loro impiego va ottimizzato. Se a livello europeo si punta ai programmi congiunti della Eera, a livello nazionale occorre varare programmi pluriennali focalizzati sulle priorità individuate dal Set plan, in modo da essere pronti per un auspicabile co-finanziamento comunitario, compiendo al tempo stesso il massimo sforzo di coordinamento ed integrazione delle vaste ed eccellenti competenze esistenti». Quali altre collaborazioni sono state messe in atto con gli organismi europei di ricerca nel settore energetico per contribuire al raggiungimento degli obiettivi 20-2020? «Con questi ultimi programmi, che vanno a integrare quelli già esistenti, si coprono tutte le tecnologie energetiche del programma Set plan della Com-

missione Europea. S’intende così imprimere una forte accelerazione allo sviluppo di queste tecnologie a basso contenuto di anidride carbonica grazie all'allineamento delle reciproche attività di ricerca nazionali in programmi congiunti europei, permettendo così un’ottimizzazione delle risorse». In Italia come si sta evolvendo il settore delle tecnologie a bassa emissione di CO2 rispetto ai parametri richiesti dalla Commissione Europea? «L’Unione europea, dopo aver adottato la strategia clima-energia basata sugli obiettivi del pacchetto 20-20-20, ha approntato una roadmap per il 2050. Questa nuova strategia prevede una progressiva decarbonizzazione dell’economia, con un impegno di riduzione di gas serra dell’80% al 2050 e un’intensificazione dello sforzo al 2020. In Italia, le politiche e misure si

sono focalizzate sugli aspetti di mitigazione e sulle strategie energetiche. Dal 2005 al 2009 gli investimenti nella R&S in tecnologie a basso contenuto di carbonio sono aumentati del 230%, soprattutto per merito dei membri del G20. L’Italia, però, manifesta difficoltà nella tenuta competitiva della propria base industriale nei nuovi settori delle tecnologie low-carbon. Quali fattori impediscono la crescita del mercato? «Negli ultimi anni gli investimenti italiani in questi settori hanno mostrato un apprezzabile tasso di crescita, persino superiore a quello degli Stati Uniti, secondo paese in termini di investimenti totali dopo la Cina, ma risultano ancora scarsamente concentrati sull’innovazione tecnologica. Rispetto agli obblighi del Protocollo di Kyoto, l’Italia si trova in una si- SICILIA 2011 • DOSSIER • 121


POLITICHE ENERGETICHE

La nuova strategia Ue prevede un impegno di riduzione di gas serra dell’80% al 2050 e un’intensificazione dello sforzo per il 2020

tuazione più favorevole rispetto emissioni di Co2 sia legata in Sviluppo economico per il agli anni passati, non lontana dall’obiettivo di riduzione delle emissioni del 6,5%. Anche l’obiettivo di riduzione dei gas serra al 2020 per i settori nonEts, cioè non interessati dal sistema europeo di emission trading, sarebbe alla nostra portata qualora tutte le politiche e misure (attuate e operative, attuate e non ancora operative, programmate e previste) venissero predisposte». Quali scenari energetici di accelerazione tecnologica sono stati elaborati da Enea e con quali risultati? «Le nostre ricerche mostrano come l’effettivo raggiungimento degli obiettivi europei richieda una profonda trasformazione del modo di produrre e consumare l’energia. Gli scenari energetici per l’Italia evidenziano come, soprattutto nel breve-medio periodo (2020), la possibilità di riduzioni importanti delle 122 • DOSSIER • SICILIA 2011

primo luogo a un significativo miglioramento dell’efficienza energetica (quasi il 50% della riduzione è imputabile ad interventi di efficienza nei settori di uso finale) e a un uso massiccio di tecnologie più efficienti che richiedono investimenti importanti. Nel lungo periodo, invece, diviene necessario il pieno sviluppo delle tecnologie riguardanti la “carbon capture and sequestration” e le rinnovabili e, oltre alla decarbonizzazione dei sistemi di generazione elettrica, assume grande importanza un uso più razionale dell'energia da parte dei consumatori finali». Sono circa un centinaio i nuovi prodotti della ricerca realizzati dall'Enea per lo sviluppo delle rinnovabili e per l’efficienza energetica. Quali sono i principali obiettivi dell’accordo di programma siglato con il Ministero dello

triennio 2009-2011? «Il ruolo che l’Enea ricopre nel collaborare con il Ministero dello Sviluppo economico e con le istituzioni preposte alle tematiche energetiche ed ambientali si esplica in più settori: dal piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili a quello straordinario per l’efficienza energetica, che rappresentano importanti punti di riferimento per il conseguimento degli obiettivi europei al 2020. Infatti, all’impegno consolidato nei settori delle tecnologie per le fonti rinnovabili e per l’introduzione di innovazione nel sistema della produzione e dei servizi, si affianca l’affidamento all’Enea della funzione di agenzia per l’efficienza energetica. Inoltre, l’agenzia contribuisce alla definizione della politica energetica del Paese attraverso l’elaborazione di analisi di scenario».



POLITICHE ENERGETICHE

Strategie solari Sono cresciute le imprese impiantistiche in Sicilia per la maggiore domanda del mercato, anche se le lungaggini burocratiche hanno frenato il pieno sviluppo del settore. Ne parla Alessandro Spadaro Elisa Fiocchi

on un incremento produttivo del 500% nel 2010, quella fotovoltaica è l’industria con il più alto tasso di crescita in Italia e in generale nel mondo, dove nel 2010, si è registrata una crescita del 118% sull’anno precedente. Nel nostro Paese sono più di 100mila le per-

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sone che lavorano nelle oltre 3mila imprese del solare che, nell’ultimo anno, ha generato un fatturato di 40 miliardi di euro e il 2% del Pil. Da questo punto di vista, la Sicilia si pone come regione strategica, avendo due punti di forza assoluti: la maggiore superficie e la maggiore irradiazione solare dell’intero terri-

Alessandro Spadaro, presidente della Piccola Industria di Confindustria Sicilia

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torio nazionale. «Anche dal punto di vista della produzione di componenti per energia da fonti rinnovabili, si registrano grossi interessi di aziende che hanno investito o vogliono investire in Sicilia» dichiara Alessandro Spadaro, presidente della Piccola Industria di Confindustria Sicilia. A testimonianza dello sviluppo energetico presente sul territorio, nel 2009, nelle campagne fra Corleone e Monreale, è stato realizzato il più grande tetto fotovoltaico della regione, sostituendo il pericoloso cemento amianto dei tetti di tredici capannoni di un’azienda agricola con oltre 10mila moduli fotovoltaici in silicio policristallino. In Sicilia, il prezzo dell’elettricità e del metano è il più elevato in Italia. Come la scelta di creare una grande industria del solare sta rivoluzionando l’approccio delle aziende sul territorio? «Il costo della bolletta energetica rappresenta uno dei principali fat-


Alessandro Spadaro

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La 3Sun ha realizzato a Catania un investimento di 358 milioni di euro, dando lavoro a 300 persone

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tori che minano la competitività delle imprese siciliane. Per tale motivo molte aziende hanno puntato sull’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, in particolar modo sul fotovoltaico. Purtroppo, le condizioni di contesto, mi riferisco soprattutto alle lungaggini burocratiche degli iter autorizzativi, hanno frenato il pieno sviluppo di un settore che in Sicilia, la regione con la maggiore insolazione, ha enormi potenzialità». Quale sviluppo stanno registrando le imprese attive in Sicilia e quale assistenza ed incentivi sono riservati a quelle interessate ad adottare le tecnologie per entrare nell’industria del solare? «Specialmente negli ultimi periodi si sono registrate buone performance delle imprese del comparto della green economy in Sicilia. Sono cresciute le imprese impiantistiche, in ragione della maggiore domanda del mercato. Per citare solo l’ultimo esempio in ordine di tempo, la

3Sun, la nuova azienda nata dall’iniziativa di Enel Sharp e St, sul fotovoltaico, ha realizzato a Catania un investimento di 358 milioni di euro e creato più di 300 posti di lavoro. Ritengo comunque che le potenzialità del settore nella nostra regione siano ancora notevoli». A Palermo è stato realizzato il più grande tetto fotovoltaico della Sicilia, a Ragusa si producono moduli particolarmente potenti con celle solari (tedesche) in silicio monocristallino ed è stato brevettato anche un boiler “a stratificazione forzata”. Quali altre imprese del territorio rappresentano l’innovazione e il futuro del comparto green siciliano? «Senza entrare nel merito delle singole aziende, ritengo in generale che la green economy possa diventare in Sicilia, ed in tutto il Mezzogiorno, un elemento catalizzatore della catena di connessione tra ricerca e innovazione e produzione per esprimere al meglio le potenzialità del

sistema universitario e di ricerca e del patrimonio territoriale: un terreno molto favorevole anche per gli spin-off per la ricerca pubblica e più in generale per la nascita e la crescita di imprese innovative». Nel comune di Castronovo sono stati installati 892 pannelli fotovoltaici sui tetti di cinque edifici comunali con un risparmio di 33mila euro all’anno sulla bolletta e di immissioni in atmosfera per oltre 130 tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Ci sono altri progetti simili attuabili in futuro sul territorio? «Prendendo in considerazione gli impianti in esercizio dal 1° al 4° conto energia, si rileva come la Sicilia abbia fatto registrare nell’ultimo periodo una migliore performance, che potrebbe essere ulteriormente rafforzata se solo si potesse disporre, all’interno dell’assessorato regionale, di una struttura adeguata per quantità e qualità di risorse umane». SICILIA 2011 • DOSSIER • 125


RINNOVABILI

Dagli oli alimentari ai biocarburanti A fronte dei nuovi sviluppi in ambito energetico e ambientale, il settore dei grassi per uso industriale sta continuando a crescere e a proporre soluzioni sempre più interessanti e innovative. Giorgio Parisi racconta la sua esperienza nel settore Emanuela Caruso

Europa continua a spronare i suoi Stati membri verso il conseguimento degli obiettivi posti dal Protocollo di Kyoto, ovvero incrementare del 20% l’utilizzo di fonti di energia alternative e sostituire il 20% della produzione di energia fossile con energia prodotta attraverso i biocombustibili. Per raggiungere tali traguardi, finora l’Italia si era servita, tra gli altri, degli oli vegetali, adatti sia a creare energia rinnovabile sia a produrre biodiesel. Oggi, però, alla luce dei nuovi aumenti di prezzo degli oli vegetali, a comparire nella lista di materiali idonei per scopi ecocompatibili sono i grassi animali colati, ottimamente utilizzabili per il risparmio energetico. A guardare con interesse a questi nuovi sviluppi del settore è la Sicilgrassi di Catania, specializzata nella produzione di concimi organici e grassi fusi, nella rigenerazione di oli alimentari esausti e nella raccolta di questi materiali. L’azienda è stata fondata da Domenico Parisi, tutt’ora una co-

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lonna portante dell’impresa. «Fino a poco tempo fa – spiega Giorgio Parisi, figlio del fondatore e Amministratore delegato e direttore tecnico dell’attività – gli usi dei nostri prodotti erano poco conosciuti e poco ambiti; oggi, invece, grazie ai nuovi scenari aperti dal risparmio energetico, i grassi e gli oli per uso industriale sono tornati alla ribalta e il nostro settore è l’unico che registra progressi e miglioramenti nonostante la crisi economica». Quanto incide sul vostro bilancio l’attività legata al trattamento degli oli per la produzione di biodiesel? «Il recupero degli oli alimentari esausti per la produzione di biocarburanti sta crescendo in maniera esponenziale e infatti nel 2010, questa specifica attività ha rappresentato circa il 30 percento della nostra produttività totale ed è stata rivolta in particolare all’esportazione verso Malta, Spagna e Nord Africa. Le previsioni future riguardo alla raccolta degli oli, così come dei grassi, sono ottime, in

quanto grazie agli incentivi economici stanziati dagli Stati gli operatori del settore sono spinti a raccogliere piuttosto che a disperdere. Inoltre, la richiesta di oli vegetali esausti sta aumentando non solo per la possibilità di produrre biodiesel, ma anche per l’opportunità di generare energia elettrica da biomassa». La Sicilgrassi si distingue anche per una costante ricerca volta al miglioramento dei processi di lavorazione. A tal proposito, quali sono state le innovazioni più recenti e

Giorgio Parisi, Amministratore delegato e direttore tecnico della Sicilgrassi di Catania giorgio@sicilgrassi.it


Giorgio Parisi

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Grazie ai nuovi scenari aperti dal risparmio energetico, i grassi e gli oli per uso industriale sono tornati alla ribalta e il nostro settore è l’unico che registra progressi nonostante la crisi economica

significative? «Tra le innovazioni più interessanti possiamo citare l’inceneritore-deodoratore, in grado di captare gli effluenti gassosi e di bruciarli, così da impedire che gli stessi si propaghino nell’ambiente circostante. Oltretutto, la combustione creata da questo impianto, unita all’azione di uno scambiatore di calore, permette di produrre vapore che l’azienda può riutilizzare nei vari processi di lavorazione. È importante ricordare anche lo “svecchiamento” che abbiamo effettuato l’anno scorso e che ci ha portato a sostituire un vecchio generatore di vapore con una nuova caldaia alimentata a metano. Infine, sono in fase di sostituzione anche le vasche di raccolta e l’impianto di macinazione; al loro posto impiegheremo tecnologie che consentiranno di contenere la diffusione degli odori e una migliore sterilizzazione dei pro-

dotti finiti». Quali sono stati i risultati più importanti conseguiti quest’anno? «Tra i più rilevanti si colloca senz’altro l’aumento del 60% della produttività aziendale, ma altrettanto importanti sono i risultati conseguiti sotto il profilo ambientale e sociale. Quest’anno, Sicilgrassi ha raccolto almeno 100mila tonnellate in più di sottoprodotti o scarti animali. Ciò significa che si è verificato, da parte di macelli e macellerie, un minore abbandono di scarti nelle discariche e nei cassonetti per R.S.U. Siamo riusciti a intercettarne diverse tonnellate che, in passato, sarebbero state conferiti, tramite trasportatori autonomi, in altre parti d’Italia. Questo è un passaggio fondamentale, in quanto la riduzione dei viaggi, via terra o via mare, di materiali altamente deperibili come gli organici, riduce la possibilità di

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propagazione del rischio biologico. Attraverso la nostra politica di incentivazione alla raccolta e alla conservazione di oli e grassi, siamo riusciti a recuperare materiali altrimenti inquinanti». Quali gli obiettivi e le sfide principali che attendono la Sicilgrassi nel 2012? «Essendo produttori di grassi animali colati e oli vegetali recuperati, ovvero di biomassa, stiamo orientando i prossimi investimenti verso la produzione di energia elettrica da biomassa. Inoltre, ci stiamo impegnando a promuovere la raccolta differenziata degli oli vegetali esausti direttamente nelle famiglie, ragion per cui speriamo di poter collaborare con i vari comuni al fine di introdurre questo nuovo concetto di riciclo dei grassi, che nel tempo porterà a una maggior tutela delle acque e a minori costi di depurazione».

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RINNOVABILI

Torniamo a sostenere il “potenziale solare” Nell’isola è stata raggiunta l’equivalenza di costi fra combustibili fossili e tecnologia fotovoltaica per produrre energia elettrica. Il settore cresce nonostante lo scarso sostegno istituzionale. Ne parla l’ingegnere Francesco Mulè Manlio Teodoro

Francesco Mulè, titolare di CM Costruzioni meccaniche Srl, Alcamo (TP) www.cmtrackers.it www.cmalcamo.it

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dati relativi alla crescita del settore fotovoltaico italiano collocano questa industria in testa alla classifica dei settori più produttivi del paese. Secondo i dati dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, fra il 2008 e il 2010 il fatturato delle imprese che lavorano nel solare è cresciuto del 125 per cento. Una delle regioni italiane che per prima ha raggiunto il traguardo della grid parity – ovvero l’equiparazione fra i costi per la produzione di elettricità dal sole e i costi per i combustibili fossili – è la Sicilia. Non a caso l’isola maggiore del Mediterraneo è anche la regione italiana più estesa e anche quella con la maggiore irradiazione solare. La sua

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vocazione al fotovoltaico è quindi iscritta nella sua stessa geografia, benché la grid parity, con una politica energetica più attenta, si sarebbe già potuta raggiungere da qualche anno. Parliamo di questi temi con l’ingegnere Francesco Mulè, titolare di CM Costruzioni meccaniche, azienda che lavora nel fotovoltaico sul territorio siciliano e anche nella produzione di stampi industriali. Quale è stato l’andamento del settore fotovoltaico in Sicilia nel 2011? «Per il fotovoltaico l’anno che sta per concludersi è stato quello dell’esplosione del settore. La nostra sola impresa ha installato impianti per un totale di 18 MW. Questo ci ha portato a decuplicare il fatturato rispetto al biennio precedente. Tuttavia, nonostante questi risultati e il raggiungimento della grid parity, le prospettive future per lo sviluppo del solare in Sicilia non sono rosee. E questo a causa delle nuove direttive, sia nazionali che soprattutto locali. Per questo la nostra impresa, che attualmente ricava il 99% del proprio fatturato dal fotovoltaico, sta cercando di diversificare la produzione anche verso altri settori». Cosa la preoccupa soprattutto delle ultime novità normative?


Francesco Mulè

«A livello regionale lo sviluppo del settore è stato ostacolato, sia per questioni burocratiche che politiche. Non c’è stata la volontà di favorire la crescita del fotovoltaico, che se è cresciuto è stato solo per propria spinta e non grazie all’aiuto delle istituzioni locali. E questo è paradossale sia perché la Sicilia è stata la prima regione a poter diversificare la propria produzione energetica allo stesso costo dei sistemi di produzione tradizionali, sia perché, se ci paragoniamo a regioni come la Puglia, le aziende del nostro settore lì hanno raggiunto dimensioni multinazionali, mentre qui siamo cresciuti certamente, ma siamo rimasti sottodimensionati rispetto alla potenzialità che abbiamo». La vostra attività è nata originariamente in Lombardia e solo in seguito si è spostata in Sicilia. Quali sono le differenze di mercato fra questi due territori? «Le differenze sono di diverso tipo. Dal punto di vista della

Per il settore fotovoltaico il 2011 è stato l’anno dell’esplosione. Abbiamo installato impianti per un totale di 18 MW

domanda, in Lombardia e nel Nord Italia in generale, la richiesta è di parecchie volte superiore a quella che attualmente esiste in Sicilia. Questo vuol dire però che esiste anche maggiore concorrenza. Qui al Sud la concorrenza è ancora poca, di contro però manca un indotto tecnologico. E questo determina che per molte delle nostre esigenze di approvvigionamento di componenti siamo costretti a richiederli da territori anche molto distanti. Le vere differenze fra Lombardia e Si-

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cilia, tuttavia, sono nel sistema di sviluppo, che qui semplicemente manca». Può delineare una geografia della vostra committenza e il tipo di richieste che ricevete? «In questo momento la maggior parte dei nostri committenti sono tutti siciliani, anche se questi a loro volta poi hanno un committente straniero – vista secondo quest’ottica, quest’anno il 20 per cento del nostro fatturato è stato generato da clienti americani. Noi produciamo impianti da installare sul terreno, che sono sostanzialmente diversi da quelli da applicare sui tetti, che richiedono la costruzione di un impianto differente. Un impianto a terra è sempre un progetto costruito su misura e adeguato alle condizioni del sito, sia dal punto di vista dimensionale che da quello della resistenza dei componenti alle condizioni atmosferiche». SICILIA 2011 • DOSSIER • 129


GESTIONE RIFIUTI

Un modello di business sostenibile na società a capitale misto pubblico-privato che, proprio per questa sua particolare composizione, è in grado di associare l’indirizzo generale, la visione dei problemi e la sensibilità ambientale tipiche del settore pubblico, con la managerialità, lo spirito di iniziativa e la ricerca del risultato economico, elementi che da sempre caratterizzano un’impresa privata. È questa, in sintesi, la forza di Mosema Spa, società fondata nel 1995 da Gesenu Spa, realtà leader nel settore della gestione ambientale, e dal Comune di Mascalucia, grosso centro urbano della Provincia di Catania. «La nostra mission può essere riassunta in due parole: migliorare la vita delle persone, migliorando l’ambiente in cui esse vivono»,

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spiega l’avvocato Concetta Italia, presidente del Cda di Mosema Spa. «Interpretare le esigenze e le aspettative dei nostri clienti, che oggi sono i cittadini di Mascalucia, San Gregorio, Sant’Agata Lì Battiati, San Pietro Clarenza, Pedara, Nicolosi, plasmando la nostra organizzazione in funzione di tale domanda, riteniamo sia un fattore chiave di successo», aggiunge l’ingegner Fabrizio Patania, amministratore delegato della società. Quali sono, nello specifico, gli ambiti operativi di Mosema? CONCETTA ITALIA «Nell’ambito dei servizi di igiene urbana, i servizi di raccolta differenziata costituiscono il core business aziendale, a cui si affiancano però servizi di pulizia locali e di gestione del verde pubblico. Negli ultimi mesi, per quel che riguarda la raccolta differenziata, Mosema ha realizzato un progetto di grande valore, che ha comportato un notevole sforzo organizzativo, ma che ha prodotto risultati eccellenti. Basti pensare che nel Comune di San Pietro Clarenza il livello di raccolta differenziata oggi è pari al 62%, mentre a Nicolosi ha raggiunto una percentuale del 56%. La prossima sfida sarà quella di completare, in tempi brevi e con la massima garan-

Una corretta gestione dei rifiuti, oltre a salvaguardare l’ambiente, permette di migliorare la qualità della vita delle persone. Il punto di Concetta Italia e Fabrizio Patania Guido Puopolo

zia per gli utenti, il progetto che porterà il nostro principale cliente, Simeto Ambiente Ato Catania 3, al raggiungimento dell’obiettivo del 65% di raccolta differenziata». Per raggiungere questi risultati però sono necessari ingenti investimenti. Quale politica ha attuato Mosema a questo proposito? FABRIZIO PATANIA «Guardiamo con estrema attenzione alle nuove tecnologie, per un crescente impiego nell’erogazione

Concetta Italia, presidente del CdA di Mosema Spa. A sinistra, l’amministratore delegato dell’azienda Fabrizio Patania www.mosema.it


Concetta Italia e Fabrizio Patania

dei servizi ai clienti e nella gestione dei nostri processi. Nell’ultimo anno, ad esempio, abbiamo implementato un innovativo sistema informativo modulare, per la gestione operativa integrata e il controllo di gestione dei centri operativi di igiene ambientale. Questo sistema permette di monitorare in tempo reale le principali variabili di conto economico, consentendo tempestivi interventi in caso di anomalie, oltre che un controllo del ciclo di lavoro settimanale e mensile grazie all’inserimento costante dei dati. Tutto ciò si traduce in efficienza, professionalità e risposte immediate ai problemi». Anche alla luce di questi investimenti, quale è la fotografia della realtà aziendale oggi? F.P. «Oggi Mosema, dopo una fase di ristrutturazione durata due anni, è un’azienda multiservizi moderna, snella e competitiva, attiva in settori strategici per la vita cittadina. Con un fatturato di oltre sette milioni di euro, in costante crescita, Mosema nel corso degli anni ha contribuito al progresso e alla stessa modernizzazione del comune di Mascalucia e dei comuni della provincia di Catania. Per questo pun-

Oggi Mosema è un'azienda multiservizi moderna e competitiva, attiva in settori strategici per la vita cittadina

tiamo a proseguire sulla strada intrapresa, sfruttando le opportunità del mercato per migliorare la qualità dei nostri servizi e l’efficienza dei nostri processi. Il raggiungimento dei risultati aziendali è garantito dalla scelta dei soci di affidare la gestione aziendale a un management determinato, giovane e competente e a un team motivato e intraprendente». Cosa si aspetta Mosema per il futuro? C.I. «L’azienda intende continuare a consolidarsi, sulla base di due principi fondamentali: la necessità di strutturarsi come azienda di riferimento nel settore delle multiutilities a livello regio-

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nale, dotandosi della “massa critica” indispensabile per competere in un mercato liberalizzato, e quella di essere sempre vicina al territorio e ai bisogni dei cittadini. Ci attendiamo inoltre una coraggiosa presa di posizione della Regione Siciliana, affinché metta in campo una strategia efficace per risolvere definitivamente le problematiche che in questi anni hanno messo in crisi il sistema rifiuti locale. Crediamo infatti sia indispensabile puntare sulla valorizzazione del settore ambientale, che con le sue enormi potenzialità di crescita dovrà essere posto al centro dello sviluppo economico siciliano». SICILIA 2011 • DOSSIER • 133


INFRASTRUTTURE

Le strade del rilancio Il potenziamento del sistema viario è una delle priorità della regione Sicilia. I progetti previsti hanno suscitato anche l’interesse di investitori cinesi, come è successo per il ponte sullo stretto di Messina Nicolò Mulas Marcello

è anche la Sicilia tra le regioni che nei giorni scorsi hanno firmato con il governo un accordo per accelerare e riqualificare l’utilizzo dei fondi strutturali comunitari. Governo e regioni del Sud hanno anche approvato un piano d’azione. Per quanto riguarda la rete ferroviaria del Sud, l’obiettivo è di migliorare la mobilità a lunga, media e breve percorrenza, oggi caratterizzata da tempi elevati e da condizioni di disagio nel servizio di trasporto. Tra gli in-

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terventi individuati per la Sicilia c’è l’asse Catania-Palermo. Questo, come gli altri progetti del sud, sarà supportato attraverso la riduzione del tasso di co-finanziamento dei fondi comunitari. Il potenziamento delle infrastrutture viarie, ferroviarie ma anche quelle logistiche e aeroportuali è sempre stato uno dei problemi più sentiti dai siciliani. Secondo il rapporto Svimez 2011, uno stanziamento di 15 miliardi di euro per completare il piano di grandi infrastrutture potrebbe, infatti, contribuire in modo

determinante al rilancio economico dell’isola. Intanto a fine novembre, i bandi per il ripristino del piano viabile e della segnaletica orizzontale lungo le autostrade Palermo-Catania, Palermo-Mazara del Vallo e la diramazione per l’aeroporto di Birgi, sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale. Ancora in fase preliminare, invece, la bretella Trapani-Mazzara del Vallo: «Essa rappresenta uno dei collegamenti più importanti per il territorio provinciale» spiega Girolamo Fazio, sindaco di Trapani. «Il progetto viene gestito dalla Provincia di Trapani ed è inserito nel progetto Piano Sud, per cui il Comune non ha competenza in merito. Si è comunque nella fase dell’espletamento delle procedure propedeutiche alla definizione del bando di gara». Ma i punti critici riguardano anche il trasporto su ferro: «Da anni – continua il sindaco – le Ferrovie in Sicilia non fanno investimenti per ammodernare la linea ferrata. Basti pensare che per raggiungere Palermo in treno da Trapani ci si impiega tre ore, tante quante ce


Le opere cantierabili

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Da anni le Ferrovie in Sicilia non fanno investimenti per ammodernare la linea ferrata

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ne volevano trent’anni fa. Chiaramente, viste le scelte operate dalle Ferrovie, l’utilizzo dei treni è stato sempre più ridotto, preferendo il trasporto su strada, che almeno consente di arrivare a Palermo in un’ora circa. Non sembra che vi sia intenzione da parte delle Ferrovie di effettuare investimenti. Nel tempo abbiamo visto da parte dei governi investimenti per la Tav o per i treni veloci in altre parti d’Italia, soprattutto al Nord, mentre la Sicilia è stata totalmente, per non dire volutamente, dimenticata». La rete ferroviaria sembra, quindi, insufficiente per il traffico commerciale, cui si

sopperisce con la rete stradale, oggi, rispetto al passato, di gran lunga più adeguata. Ma occorrono anche altri interventi nel trapanese: «Aggiungerei – conclude il sindaco Fazio - le opere di completamento delle banchine al porto di Trapani e il potenziamento dell’aeroporto di Trapani Birgi». Intanto il Ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture, Corrado Passera, così come già reso noto dal Cipe, ha confermato lo stanziamento di fondi che consentiranno la prosecuzione di diverse opere sul territorio nazionale. Tra queste sono presenti anche alcuni progetti siciliani: gli schemi idrici

della regione a cui sono destinati 30 milioni di euro, l’interramento della stazione di Catania per 11 milioni di euro e l’asse viario Palermo-Lercara Friddi per 212 milioni di euro. Infine, il ministro ha recentemente confermato il suo appoggio alla realizzazione del ponte sullo Stretto. La creazione di un aeroporto intercontinentale, il ponte e la velocizzazione del sistema di trasporti interno sono i maggiori attrattori per i principali fondi sovrani cinesi. La Sicilia sarà coinvolta nella trattativa per i nuovi fondi strutturali, anche se si tratterà di una riduzione da 350 a 330 miliardi di euro per il territorio. SICILIA 2011 • DOSSIER • 143


Parte dal mare la rinascita siciliana La Sicilia, attraverso lo sviluppo di infrastrutture adeguate, punta a diventare uno snodo strategico per il commercio internazionale. Ne parliamo con Walter Venniro, che nei trasporti via mare offre un supporto decisivo alle imprese sul territorio Guido Puopolo

l porto di Pozzallo, situato nel sud della Sicilia e quindi nel cuore del mar Mediterraneo, in questi ultimi vent’anni ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti, tanto da essere, attualmente, una delle strutture più importanti per quel che riguarda la movimentazione delle merci in entrata e in uscita dalla regione. Un impulso decisivo, in questo senso, è arrivato grazie all’attività intrapresa da un gruppo di aziende operanti nel settore marittimo che, po-

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ste sotto un’unica direzione, a partire dagli anni Novanta hanno letteralmente trasformato il volto del porto, inaugurando e sviluppando nuove rotte di comunicazione verso i cinque continenti. «Il nostro gruppo, specializzato nel segmento dei trasporti via mare, è composto dall’Impresa Portuale Sermi, dall’Agenzia Marittima Biarma Shipping, dalla società di spedizionieri marittimi MCS e dalla Logamed, che opera come deposito logistico del caffè», spiega l’amministra-

tore, Walter Venniro. Cominciamo dalla Sermi, ci può illustrare più nel dettaglio di cosa si occupa? «La Sermi, in qualità di Impresa Portuale e Terminal Container, è oramai da quasi un ventennio il punto di riferimento per gli operatori siciliani delle province limitrofe, per quel che riguarda l’importazione e l’esportazione di merci via mare. Possiamo dire che la

Nella foto l’amministratore Walter Venniro. Tutte e quattro le società del gruppo hanno la loro sede a Pozzallo (RG) www.sermi-srl.it www.biarma.com pozzallo@mcsline.it info@logamed.it


Walter Venniro

Sermi, fin dalla sua nascita, non si è limitata ad attendere i traffici, ma li ha reinventati, prendendone in mano le redini e riuscendo a condurre a Pozzallo linee navali, collegamenti armatoriali e movimentazioni di merci sino a pochi anni fa inimmaginabili per la comunità ragusana e per le aziende dell’hinterland. L’azienda, infatti, dispone di macchinari all’avanguardia, tutti rigorosamente di sua proprietà, tra cui quattro gru portuali sino a 100 tonnellate di portata, benne automatiche da 20 metri cubi per lo sbarco di merci alla rinfusa, forklifts sino a 45 tonnellate di portata per la movimentazione di merci e container all’interno del porto stesso. Questa tecnologia è però associata a un’organizzazione aziendale di primissimo livello, che garantisce celerità e sicurezza nelle operazioni di carico e

scarico, come testimoniato anche dalla certificazione ISO in nostro possesso». La possibilità di usufruire dei container, invece, è un’attività piuttosto nuova per quel che riguarda il porto di Pozzallo. «In effetti è così, anche se oramai sono otto anni che le più grandi Compagnie di Linea approdano a Pozzallo. La Sermi è infatti l’impresa terminalista della Medex Container Line di Malta, della Msc, della Mediterranean Shipping Company di Ginevra, e della Cma-Cgm di Marsiglia. L’azienda, attraverso questo servizio da essa stessa ideato, ha assicurato alla propria clientela siciliana la possibilità di ricevere e spedire le merci in container dal porto di Pozzallo ai maggiori porti del mondo. Consideri che il porto di Pozzallo, sito sulla costa sud orientale della

La Sermi è oramai da quasi un ventennio il punto di riferimento per gli operatori siciliani delle province limitrofe, per quel che riguarda l’importazione e l’esportazione di merci via mare

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Sicilia, è posto nella situazione ideale per essere il gate di entrata e uscita per tutte le merci che attualmente transitano dalla Sicilia orientale verso il bacino Mediterraneo e viceversa. Attraverso questo servizio abbiamo quindi completato il ventaglio di opportunità messe a disposizione dei nostri partner, con l’obiettivo di favorire la competitività e la produttività delle aziende siciliane nel mondo». Che tipologie di prodotti vengono movimentate dalla Sermi, nella sua veste di Impresa Portuale e Terminal Container, al porto di Pozzallo? «Le aziende site nelle pro- ›› SICILIA 2011 • DOSSIER • 145


INFRASTRUTTURE

›› vince limitrofe, sono eccezionalmente varie nelle loro attività produttive, e molte di queste hanno già affermato in modo altamente professionale la loro presenza nei mercati esteri. Quindi le tipologie di merci che trattiamo sono molto varie, dai cereali alle farine per uso zootecnico, marmi e graniti pregiati, ferro e alluminio, soia, fertilizzante, carta, legnami e derivati, grano per uso alimentare, caffè verde e tanto altro ancora».

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E il servizio in container, come opera logisticamente? «La nave dedicata a tale servizio include il porto di Pozzallo nel servizio diretto del Mediterraneo, toccando nel proprio routing i porti di Pozzallo, Malta, Tunisi, Valencia e Barcellona con cadenza settimanale, facendo poi transhipment dai porti Hub in modo da raggiungere in prosecuzione tutti i principali terminal portuali del mondo». Un cenno alla Biarma shipping. Ha detto che si

tratta di un’Agenzia marittima e Spedizionieri doganali? «Sì esatto. La Biarma shipping svolge la funzione di agente degli armatori che con le proprie navi scalano il porto di Pozzallo, e rappresenta il tramite tra gli armatori stessi e i clienti utilizzatori delle navi interessati al ricevimento delle merci, che ci affidano la documentazione e la rappresentanza presso le istituzioni marittime e doganali, certi della professionalità e della competenza che la Biarma garantisce ai propri committenti. Oggi, grazie soprattutto alle nuove linee di navigazione dettate dalla Biarma shipping, il porto di Pozzallo si è imposto di fatto tra i porti di interscambio di interesse internazionale. Attraverso la Biarma curiamo, infatti, il processo delle spedizioni via mare dalla fase iniziale fino alla sua conclusione, con un’attività che spazia dalla ricerca dei traffici, ai contatti armatoriali, sino al trasporto navale e alla consegna della merce presso il magazzino del cliente». E la Mcs di cosa si occupa? «La Mcs opera in rappresentanza e come agente della casa armatrice che scala col proprio servizio di linea in container il porto di Pozzallo. La Mcs quindi, effettua tutte le operazioni al carico per tutti i tipi di merce e per le destina-


Walter Venniro

zioni di competenza, occupandosi anche, laddove richiesto, dei servizi door to door, vale a dire dal magazzino del venditore al magazzino del compratore. Allo stesso modo l’azienda cura anche la preparazione dei documenti di trasporto, l'emissione delle polizze di carico e il trucking service sino a destino. Le continue relazioni coi nostri rispettivi agenti siti nei maggiori porti, disegnando una catena professionale di assoluto livello, assicurano una continuazione nell’accuratezza del trasporto e un servizio full business, prima, durante e dopo ogni singolo shipment». Una delle vostre società è specializzata nel ricevimento e nella distribuzione del caffè. A questo proposito qual è l’importanza che il commercio di caffè ricopre per il porto di Pozzallo? «Il caffè è una tipologia di

merce che merita una particolare attenzione, ed è proprio per questo motivo che abbiamo creato la Logamed, piattaforma logistica allo stato estero che immagazzina, smista, reinsacca e distribuisce il caffè destinato ai ricevitori siciliani. Lo stabilimento aziendale è ubicato nell’area retrostante il porto di Pozzallo, su un lotto di 10000 metri quadrati di cui 3000 metri quadrati adibiti a deposito doganale coperto. All’interno sono disponibili attrezzature innovative per i servizi resi al

Nella provincia di Ragusa esistono moltissime giovani aziende dotate di grandi capacità tecniche e organizzative, che stanno riscuotendo un notevole e meritato consenso anche sui mercati internazionali

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caffè, quali la sosta, la pesatura, la pallettizzazione, il ricondizionamento, e il rinsaccamento in big bags da 600 o 1000 kg per la consegna al cliente finale». Lei detiene la vicepresidenza della sezione Trasporti di Confindustria Ragusa. Anche sulla base della sua esperienza, che valutazione si sente di dare delle giovani aziende che cercano di affermarsi nel mercato estero? «Non posso che guardare con grande ottimismo alle nuove generazioni di imprenditori che si stanno affacciando sul mercato. In Sicilia, e in particolare nella provincia di Ragusa, esistono moltissime aziende dotate di grandi capacità tecniche e organizzative, che seppur giovani, promuovendo e diffondendo la qualità dei prodotti siciliani nel mondo, stanno riscuotendo, passo dopo passo, un notevole e meritato consenso anche sui mercati internazionali».

Sopra, operazioni di scarico dei container presso il porto di Pozzallo

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TRASPORTI

Una piattaforma logistica fra Europa e Africa La stabilizzazione democratica, dopo la primavera araba, aprirà nuove opportunità di sviluppo per le imprese che intendono investire a Sud del Mediterraneo. Maurizio Biundo parla del progetto che la sua società di trasporti sta portando avanti Manlio Teodoro

a caduta dei regimi nei paesi del Nord Africa e il prossimo avvento di nuove democrazie al di là del Mediterraneo potranno essere l’occasione di nuove opportunità di business, soprattutto per le imprese siciliane. Le aziende che sorgono sul fronte più meridionale della Sicilia guardano perciò con fiducia nel futuro di questi paesi, in vista della possibilità di avviare collaborazioni oltremare. Sul fronte

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Maurizio Biundo, amministratore della Autotrasporti Nuovo C.A.A.I.R. Srl, Vittoria (RG) www.trasporticaair.it

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della logistica e dei trasporti in particolare, la Autotrasporti Nuovo C.A.A.I.R. di Vittoria (RG) guarda alla costa tunisina e sta progettando di ampliare il proprio raggio d’azione dall’isola alla terra ferma africana. «Il nostro obiettivo per i prossimi anni – spiega Maurizio Biundo, amministratore dell’impresa –, una volta che si sarà stabilizzata la situazione politica, è quella di proporci come una piattaforma di connessione fra Nord Africa e Italia, ma anche fra Africa ed Europa continentale». Quali sono le mosse che intendete fare per dare alla vostra impresa un respiro intercontinentale? «La nostra azienda è nata in una delle zone più meridionali della Sicilia, per questo per noi è sempre stato naturale guardare più al Sud che al Nord. O comunque in entrambe le direzioni. La nostra in questo momento è soltanto una riflessione sulle possibilità di ampliamento dei mercati, ma che potrebbe concretizzarsi se

il processo politico in atto porterà rapidamente verso la pacificazione i territori nordafricani. La mossa fondamentale per noi sarebbe quella di stabilire una piattaforma logistica di import in Tunisia e trasferire lì la nostra sede legale, usufruendo in questo modo dei costi competitivi della mano d’opera locale. La strategia potrebbe anche ampliarsi e aggiungere all’import l’export verso il resto dell’Europa». Qual è il vostro core business e cosa vi rende competitivi? «La nostra azienda si occupa di trasporto di prodotti di ortofrutta in conto terzi. Il nostro servizio non si limita alla distribuzione tramite tir, ma inizia dalla logistica. Infatti preleviamo dal produttore o da magazzini – ovunque siano collocati in Sicilia – la merce con dei mezzi adeguati a un carico rapido. In seguito la merce viene raccolta nel nostro centro logistico e caricata su tir e distribuita. Ci proponiamo anche come partner per la Gdo, oltre che per le piccole


Maurizio Biundo

❝ e medie imprese, anche se entrare nel mercato della Gdo non è semplice per un vettore che non disponga di centinaia di mezzi e di una struttura da grande impresa». Attraverso quali investimenti intendete conquistare questa importante fetta di mercato? «Stiamo ultimando la predisposizione di una nuova area logistica di 35mila metri quadrati sita nelle vicinanze del Mercato Ortofrutticolo di Vittoria, la quale si aggiungerà alla nostra area già esistente di 17mila metri quadrati. Tale connubio affiancherà la realizzazione del grande progetto dell’autoporto di Vittoria, di cui la prima pietra è già stata posta, e che fungerà da collegamento tra il porto di Vittoria ed il vicino aeroporto di Comiso (RG). La realizzazione dell’area autoportuale è strategica anche di un futuro sviluppo

verso il Nord Africa. Attualmente il suo obiettivo, oltre al potenziamento della nostra attività, è quello di attrarre i grandi nomi della Gdo a usufruire dei nostri servizi anche soltanto come piattaforma logistica di trasporti in conto terzi». Avete una politica per il controllo qualità? «Abbiamo scelto di adeguare il nostro sistema per la gestione della qualità ai principi contenuti nella norma Iso 9001:2008. In questo modo abbiamo ottenuto un costante miglioramento delle performance di processo e della competitività. Fra i nostri obiettivi c’è anche quello di favorire la qualità adottando un’organizzazione interna che preveda degli indicatori in grado di definire il livello dei servizi e aumentando e valorizzando le risorse umane». Qual è il bilancio dell’ultimo anno di attività e quali

Stiamo ultimando la predisposizione di una nuova area logistica affiancata al grande progetto dell’autoporto di Vittoria

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gli obiettivi per il 2012? «Il 2011 ha rappresentato, più che un anno di crescita, un anno di consolidamento. Abbiamo avviato nuove relazioni di partnership con piccole e medie aziende. Nel complesso, nonostante la crisi, siamo riusciti a mantenere il nostro fatturato lineare. Questo è stato possibile perché a fronte di un calo della quantità di merci trasportate, siamo comunque riusciti a mantenere costante il nostro trend. Per il prossimo anno ci proponiamo di rimanere all’avanguardia nel settore dei trasporti, aggiornando costantemente l’offerta e i propri sistemi. Inoltre intendiamo ampliare i mercati, cogliendo le opportunità di nuovi spazi rispetto ai competitor». SICILIA 2011 • DOSSIER • 149


Quando un’idea cambia il modo di navigare Una particolare carena capace di fornire alle imbarcazioni un migliore bilanciamento ed eliminare il problema dell'appoppamento. Annalisa Gargiulo descrive l’invenzione che ha portato alla nascita della Master Gommoni e le innovazioni nel settore nautico Antonella Chirico

lla fine degli anni ’80, Pietro Gargiulo, proprietario insieme alla moglie della Master Gommoni Sas, inventò una particolare carena in doppia stampata capace di donare alle imbarcazioni un migliore bilanciamento ed eliminare il problema dell'appoppamento. Questa idea, poi concretizzata, diventò la chiave d’accesso per il lancio del marchio. Negli anni, questa particolare caratteristica fu migliorata da mirati accorgimenti estetici e funzionali. Oggi la Master Gommoni, con sede a

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Carini in provincia di Palermo, è presente, attraverso una fitta rete di vendita, in tutto il territorio nazionale e in molti paesi esteri. Il quadro di Annalisa Gargiulo, figlia dei proprietari dell’azienda e responsabile commerciale, di un comparto esclusivo come quello nautico. Anche nella progettazione di imbarcazioni è necessario pensare all’impatto ambientale. In che modo i vostri progetti rispettano l’ambiente? «Noi produciamo gommoni in vetroresina, è un lavoro arti-

La Master Gommoni ha sede a Carini (PA) www.mastergommoni.it


Annalisa Gargiulo

I nostri battelli sono progettati in maniera tale da adattarsi perfettamente a condizioni meteo-marine difficili

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gianale, ed è difficile avere macchinari a basso impatto ambientale, però, nel nostro piccolo, abbiamo comunque ottenuto l’Iso 14001 che, come è noto, attesta la conformità agli standard fissati dall’International Organization for Standardization per la realizzazione e adozione di un sistema di gestione ambientale all’interno di un’azienda». Come si compone la vostra offerta? «Proponiamo alla nostra utenza oltre 40 modelli di gommoni con dimensioni variabili dai 4,5 ai 10 metri. Seguiamo direttamente ogni fase costruttiva, dalla stampata, all’assemblaggio, fino all’allestimento, utilizzando esclusivamente resine, fibre di vetro, coremat e compensati di alta qualità. Anche per la costruzione dei tubolari adottiamo i migliori materiali, come il neoprene hypalon Orca della Pennel & Flipo. Il nostro catalogo comprende le serie Open, tradizionali battelli da turismo, Magnum e Diving. I Magnum, in particolare, sono gommoni a doppia stampata, con il piano di calpestio che si estende per tutto il perimetro

dell’imbarcazione. Sono progettati per durare nel tempo, per questo li commercializziamo con ben cinque anni di garanzia». Siete famosi anche per il settore della subacquea. «La serie Diving infatti è pensata appositamente per la subacquea, e tutti gli esemplari sono completamente personalizzabili. Il cliente può scegliere liberamente non solo il colore dell’imbarcazione, ma anche dove alloggiare govoni, console e rastrelliere. Una caratteristica, questa, che ha decretato il successo della serie presso scuole subacquee e centri d’immersione». Master Gommoni dispone di un parco clienti sia italiani che stranieri. A livello internazionale, quali sono gli scenari che oggi offrono le maggiori opportunità nel vostro settore? «Il gruppo è presente in molti paesi: Francia, Siria, Caraibi, Tunisia, Guadalupe, Libia, Spagna e Malta. Ma chi investe nei battelli, e nel mondo nautico in generale, sono sicuramente territori come il Marocco, gli Stati

Uniti d’America e gli Emirati Arabi. Grande richiesta la riceviamo poi dalle zone bagnate da acque “turbolente”. I nostri battelli, infatti, sono progettati in maniera tale da adattarsi perfettamente a condizioni meteo-marine particolari. Non è un caso che vengano utilizzati nella Nuova Caledonia e nel Nord della Francia, zone che presentano condizioni del mare costantemente “ostili”». Quali le prospettive per il futuro? «Siamo riusciti a superare l’ultimo biennio con un fatturato solido, anche se nettamente inferiore alla nostra media, ma fortunatamente non abbiamo mai avuto merce invenduta. Per il futuro, sperando in una crescita del mercato, noi continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, ovvero: dare ai nostri clienti professionalità, serietà e qualità». SICILIA 2011 • DOSSIER • 151




EDILIZIA

L’edilizia pubblica chiede una “ristrutturazione” Dividere i macroappalti pubblici in medi e piccoli appalti potrebbe essere la soluzione per dare respiro a tutto il settore edile. Il punto di Giuseppe Puccio Emanuela Caruso

l più grande cantiere attivo nella città di Palermo, quello che porterà al completamento del raddoppio dell’asse metropolitano, dopo innumerevoli ritardi, rallentamenti e inconvenienti che hanno causato non pochi disagi ai cittadini e allo sviluppo socio-economico del territorio, sta finalmente operando a passo spedito. La consegna dei lavori è infatti previ-

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L’architetto Giuseppe Puccio della società per azioni Almeida di Palermo. Nelle altre immagini, fasi di cantierizzazione www.almeidacostruzioni.com

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sta per il 2013. A testimoniare l’andamento della costruzione e a prenderne parte è la società Almeida Spa Costruzioni Generali di Palermo, specializzata da più di quarant’anni nel settore edilizio. «Il cantiere – commenta l’architetto Giuseppe Puccio, titolare dell’impresa – è gestito da un consorzio italospagnolo, di cui noi siamo una delle pochissime aziende fiduciarie. Per poter lavorare e collaborare con tale consorzio, in ottemperanza ai codici etici stabiliti tra il Comune di Palermo, la Regione Sicilia, l’Italferr e la società italo-spagnola, abbiamo dovuto dimostrare i valori etici e morali che da sempre guidano la nostra attività anche in un territorio difficile come il nostro». Dal 1968, anno di fondazione della Almeida Spa, a oggi, come si è evoluta la vostra attività? «Sin dai primi anni abbiamo operato nel settore delle costruzioni civili in genere, destinate sia a enti pubblici che a privati, anche se fino alla fine degli anni 70 abbiamo realiz-

zato prevalentemente opere di edilizia privata in ambito regionale. Nello stesso periodo abbiamo iniziato a occuparci anche di gestione, acquisto, vendita e permuta di immobili di qualsiasi natura e a eseguire opere relative ai lavori stradali, al movimento terra, alla costruzione di acquedotti e fognature e alla depurazione delle acque. Ci siamo poi interessati alla manutenzione e al restauro di immobili e ai lavori di fondazioni speciali e di consolidamento. Nei decenni successivi, abbiamo diversificato ancora l’attività, cominciando a rivolgerci in maniera più frequente al settore pubblico, essendo in possesso del NOS (Nulla Osta Segretezza), abbiamo cominciato a collaborare con il Ministero della Difesa, la Marina Militare Americana lavorando in tutte le basi Nato italiane. Negli ultimi anni, data la stagnazione del settore edile, e in particolare del ramo pubblico, abbiamo dirottato la nostra esperienza anche verso il settore privato».


Giuseppe Puccio

Che tipo di servizio offre la Almeida Spa, a clienti pubblici e privati? «Oltre un servizio completo a 360 gradi, al nostro bacino d’utenza garantiamo una facoltà finanziaria importante, in grado di facilitare pagamenti e burocrazia, un elevato know how, maturato in tanti anni di lavoro, e una grande serietà e affidabilità, che concretamente si esplicano con l’impegno di portare a termine le promesse fatte e le commesse acquisite. Quest’ultimo

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punto, in particolare, viene spesso dato per scontato, ma oggi, a causa della crisi economica che imperversa sull’Italia, sono sempre di più le aziende edili che accettano di realizzare opere che poi però non hanno le capacità economiche e organizzative per realizzare». Potete contare su un indotto consolidato? «Da oltre vent’anni ci riforniamo dagli stessi fornitori e collaboratori. Così facendo siamo riusciti a creare una profonda fidelizzazione che ci per-

Oggi, sono tante le società edili che accettano commesse, ma poche quelle che hanno le capacità e i mezzi per portarle a termine

mette di lavorare come una catena di montaggio e di essere competitivi non solo a livello di opere costruite, ma anche a livello di rapporto qualitàprezzo». Secondo lei, in che modo l’edilizia potrebbe tornare a essere un pilastro dell’economia italiana? «A mio parere, il segreto per far tornare grande l’edilizia è quello di dividere i macroappalti pubblici in medi e piccoli appalti, così da non coinvolgere nei lavori solo una ristretta quantità di società, ma creare un vero e proprio indotto sul luogo e un ampliamento della base economica di altre imprese, che potrebbero quindi tornare attive e operative». SICILIA 2011 • DOSSIER • 155


EDILIZIA

Il settore edile necessita di un sostegno concreto Con Giosafat di Trapani, consigliere delegato della Progetto Contract di Palermo, parliamo della situazione dell’edilizia siciliana. E del progetto legato al Centro Direzionale della Banca Nuova di Palermo Nicoletta Bucciarelli

Assemblea regionale siciliana ha approvato di recente u n’ i m p o r t a n t e legge sull'edilizia che consentirà di sostenere la domanda di abitazioni, molto forte in Sicilia. «La legge fornirà inoltre un concreto sostegno al settore edile in questo momento di grave crisi» afferma il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. «A causa della recente crisi economico-

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Giosafat di Trapani è consigliere delegato della Progetto Contract di Palermo www.progettocontract.com

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finanziaria che ha investito tutti i settori dell’economia, la situazione nel nostro settore in Sicilia è al momento particolarmente critica. Ciò per mancanza di nuovi investimenti, sia pubblici che privati, dovuta alla carenza di liquidità sia da parte degli investitori che del sistema bancario e per ultimo alla lentezza della burocrazia siciliana». A parlare proprio della situazione edile siciliana è Giosafat di Trapani, consigliere delegato della Progetto Contract di Palermo. Quali sono le principali attività svolte dalla Progetto Contract? «La nostra attività prevalente riguarda le costruzioni edili nell’ambito dell’edilizia civile, industriale e commerciale, sia pubblica che privata, comprese le opere di ristrutturazione di immobili, attività strumentali e connesse all’attività edilizia con particolare attenzione alla relativa impiantistica, nonché le iniziative connesse al mantenimento, conservazione di strutture immobiliari, sia pubbliche che private, la gestione e

la razionalizzazione dei servizi organizzativi delle attività in esse svolte. Recentemente abbiamo programmato la creazione di un polo logistico per l’archiviazione conto terzi di documenti cartacei e informatici». Che cosa a suo avviso andrebbe migliorato e potenziato nel settore per garantire un operato sempre più efficiente? «È fondamentale la professionalità degli operatori del settore, la ricerca e l’innovazione delle relative tecnologie, nonché un’adeguata ricapitalizzazione delle aziende interessate». Oltre la qualità, l’innovazione e gli investimenti, cosa rende vincente la politica di un’azienda come la vostra, da tempo attiva nel complesso e articolato mondo dell’edilizia? «La consapevolezza delle nostre potenzialità, l’esperienza pluridecennale nel settore dei nostri amministratori e la flessibilità della nostra struttura organizzativa, uniti alla necessità di diversificare l’attività, specialmente in questo pe-


Giosafat di Trapani

Il nuovo Centro Direzionale della Banca Nuova è uno dei lavori privati più importanti di valorizzazione e restauro che si sono realizzati a Palermo negli ultimi cinque anni

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riodo di crisi, ci hanno permesso, per esempio, nel corso di quest’anno di acquisire e portare a termine con successo l’esecuzione di un impianto fotovoltaico di oltre quattro megawatt, nei tempi ristrettissimi richiesti di circa 90 giorni». Dato che vi occupate anche di ristrutturazioni, quali sono i mezzi per non stravolgere e allo stesso tempo valorizzare l’anima di un edificio storico? «Porre la massima attenzione alle prescrizioni progettuali e a quelle della Sovraintendenza dei Beni Culturali, particolarmente attenta nel territorio della regione siciliana, nonché l’utilizzo di maestranze specializzate nel settore che sappiano utilizzare anche materiali innovativi per non alterare l’aspetto architettonico degli edifici da ristrutturare». Quali sono state secondo voi le principali e più proficue modifiche apportate nell’ultimo decennio alla progettazione e alla realizzazione in

ambito civile e industriale? «Sicuramente il miglioramento della qualità e delle tecnologie utilizzate che garantiscono ormai da tempo una maggiore conservazione e durabilità delle opere realizzate, nonché una migliore fruizione degli spazi». Vorrebbe parlarci di uno degli ultimi progetti seguiti? «Uno degli ultimi progetti di cui siamo molto orgogliosi riguarda il nuovo Centro Direzionale della Banca Nuova Spa di Palermo – Gruppo Banca Popolare di Vicenza - che ha sede nella Via Giacomo Cusmano angolo Via Cantore. È uno dei lavori privati più importanti di valorizzazione e restauro che si sono realizzati a Palermo negli ultimi cinque anni. Nel complesso immobiliare erano ubicati gli uffici e magazzini della sezione distaccata dell’Enel Palermo Centro. Il complesso è composto da otto corpi di fab-

brica, di cui cinque sottoposti al vincolo della Sovraintendenza dei Beni Culturali. I lavori hanno riguardato il restauro e la ristrutturazione di detti corpi per realizzarvi i nuovi uffici della Nuova Direzione Generale della Banca Nuova che prevede l’utilizzo di oltre duecento posti di lavoro. Nella corte interna, estesa circa mille mq, è stato realizzato, inoltre, un parcheggio privato pluriplano interrato». SICILIA 2011 • DOSSIER • 157




EDILIZIA

Più spazi verdi per l’abitare Tanto in Sicilia quanto nel resto d’Italia, l’edilizia combinata all’attenzione per gli spazi verdi non ha raggiunto il suo massimo livello di diffusione. Grazia e Carla Chiarenza delineano un quadro generale della situazione Emanuela Caruso

pazi verdi all’aperto, giardini lussureggianti e balconi colmi di piante e fiori. Sono questi gli elementi con cui, da sempre, la Sicilia testimonia il suo essere una terra sensibile e attenta alla cultura del verde, la sua abitudine a vivere e a circondarsi di spazi esterni e la voglia di creare un equilibrio sano tra uomo e ambiente. Partendo da tutti questi presupposti, dovrebbe giungere spontanea anche l’attenzione

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In queste pagine, uno scorcio di verde in villa e un complesso residenziale realizzato dalla Euroinvest Immobiliare Srl www.euroinvestimmobiliaresrl.it www.giardinodelleorchidee.it

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al verde e alla natura del settore edile siciliano, ma purtroppo così non è, in quanto continuano a essere ancora molte le imprese costruttrici di edifici residenziali che all’area verde preferiscono una zona parcheggio o una zona box, da vendere separatamente e da cui ricavare utili per l’azienda. A fare l’esatto opposto è la Euroinvest Immobiliare, società di Acireale impegnata nella costruzione e vendita di immobili commerciali e residenziali. «Ci piace realizzare solo edifici che rispettino l’ambiente – commentano Grazia e Carla Chiarenza, rispettivamente responsabile della progettazione e amministratore dell’attività – in un’ottica di sviluppo sostenibile, ragion per cui preferiamo sacrificare potenziali aree di vendita per creare aiuole e giardini, in grado di ingentilire l’aspetto delle costruzioni. Questa vocazione al verde ci è stata trasmessa da nostro padre Mario, che trent’anni fa coltivava in una piccola serra

orchidee provenienti da tutto il mondo; vocazione che si è trasformata anche nel Giardino dello Orchidee, un’ulteriore attività che opera nell’ambito della progettazione, realizzazione e manutenzione di parchi e riserve, giardini pubblici e privati, e allestimenti di aree verdi». Ma come si coniuga un’edilizia basata sul verde e sull’ecosostenibilità con un periodo di crisi economica e di grande stagnazione dello stesso comparto edile? «Bisogna fare un distinguo tra privato e pubblico – spiega l’ingegnere Grazia Chiarenza –. Il pubblico, oggi, è diventato un ambito molto difficile in cui operare, perché sia gli enti statali che quelli provinciali sono vittime di determinati limiti, quali ad esempio budget ridotti e lunghi ritardi nei pagamenti. La Euroinvest Immobiliare ha partecipato a diverse opere pubbliche e, con la necessaria cautela dovuta, continua a farlo anche ora. La situazione del pri-


Grazia e Carla Chiarenza

vato è diversa, perché nonostante ci siano ampi margini di evoluzione e opportunità per il nostro settore, la crisi si sta facendo sentire in modo accentuato e ha portato le famiglie a rinunciare ad alcune cose per prediligerne altre. A essere sacrificati sono sempre più spesso gli interventi di riqualificazione degli spazi verdi, considerati molto costosi anche se in realtà sono una spesa più che sostenibile». Il giro d’affari della Euroinvest Immobiliare rimane comunque molto alto e l’ha portata a occuparsi di commissioni importanti, con la necessità di capire con esattezza che genere di piante e di vegetazione utilizzare. «Disponiamo di agronomi specializzati il cui compito è quello di aiutarci a comprendere quale tipo di verde è più

idoneo all’ambiente che ci troviamo di fronte. Per farlo studiamo la vegetazione collocata nelle vicinanze e, nel caso di parchi e riserve protette, quali specie animali vi abitano. In generale, preferiamo le piante mediterranee, che importiamo ed esportiamo da tutte le parti del mondo». Per offrire prodotti e servizi di elevata qualità, la Euroinvest Immobiliare ha acquisito sistemi computerizzati d’avanguardia dedicati alla progettazione e restituzione dell’immagine. «Il nostro obiettivo – continua l’avvocato Carla Chiarenza – è anche quello di capire davvero che cosa desidera il cliente e a tal fine ci serviamo di apparecchiature altamente tecnologiche volte al trattamento delle immagini e dei grafici attraverso modelli di

simulazione, di rendering molto particolari e di dipinti». Una delle opere più recenti portate a termine dalla società è un grande edificio residenziale costruito al centro di Acireale «che dispone di appartamenti in classe energetica A e che risulta ingentilito da molte piante, decori raffinati e balconate realizzate artigianalmente in cemento bianco e polvere di marmo».

33 ANNI

È l’età media del dinamico team tutto al femminile che guida la Euroinvest Immobiliare Srl e il Giardino delle Orchidee

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MATERIALI

Materiali di qualità per il rilancio dell’edilizia Prodotti edili innovativi, caratterizzati da alti rendimenti e da una grande attenzione all’ambiente, due requisiti indispensabili per dare nuovo slancio a un settore strategico per l’economia siciliana. L’analisi di Vincenzo Caci Diego Bandini

Osservatorio regionale dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) - , in uno dei suoi ultimi rilevamenti, ha evidenziato il trend negativo che ormai da circa quattro anni investe tutto il settore edile siciliano, rimarcando anche i dati: -46,02% nel 2008, -25,29% nel 2009, 1,24% nel 2010. Una congiuntura negativa, questa, che il sistema edilizio ha pagato a caro prezzo, visto che in Sicilia sono tantissime le aziende che in questo lasso di tempo sono state costrette a chiudere i battenti, con il conseguente licenziamento di oltre 40 mila lavoratori. Una situazione ben nota all’ingegner Vincenzo Caci, responsabile di stabilimento della Sicilgesso Spa, azienda di Cala-

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L’ingenger Vincenzo Caci, responsabile di stabilimento presso la Sicilgesso Spa di Calatafimi Segesta (TP) www.sicilgesso.it

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tafimi Segesta, in provincia di Trapani, che da quasi cinquant’anni svolge un ruolo di primo piano all’interno del settore della produzione e della commercializzazione di prodotti edili a base gesso, come intonaci, finiture, rasanti, tramezzi e inerti. «Credo che nessuna realtà operante nel mondo dell’edilizia sia riuscita ad attraversare indenne questo particolare momento storico, in quanto la crisi ha colpito in maniera indiscriminata l’intero settore». Quali strategie sono state attuate da parte del management della Sicilgesso per cercare di far fronte a questa situazione? «In primo luogo abbiamo lavorato per ottimizzare modi e tempi del nostro ciclo produttivo, con l’obiettivo di ridurre i


Vincenzo Caci

costi e gli sprechi, senza però rinunciare alla qualità del prodotto finale. Oltre a questo abbiamo rafforzato la rete commerciale, in modo da poter garantire una copertura capillare del nostro territorio di riferimento e un efficace rapporto relazionale con i nostri committenti, assicurando loro assistenza tecnica e consulenza costante». Come è strutturata oggi l’azienda? «Sicilgesso attualmente appartiene per il 50 per cento alla Saint Gobain PPC Italia Spa, un valore aggiunto importante che la inserisce qualitativamente in un ambito professio-

nalmente garantito e le trasferisce visibilità oltre i confini regionali. L’azienda conta oggi quaranta dipendenti, suddivisi per competenze: direzione, amministrazione, produzione e commercializzazione. Addetti specializzati lavorano alle cave di gesso e all’interno dello stabilimento produttivo, mentre un laboratorio di tecnici porta avanti una costante attività di ricerca per lo sviluppo di soluzioni sempre nuove». In effetti, anche in campo edile, gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo sono fondamentali per offrire prodotti sempre più performanti e adatti alle esigenze dei com-

Abbiamo lavorato per ottimizzare modi e tempi del nostro ciclo produttivo, con l’obiettivo di ridurre i costi e gli sprechi, senza però rinunciare alla qualità del prodotto finale

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mittenti. Quali sono le ultime novità introdotte dall’azienda a questo proposito? «È vero. Come accennato in precedenza, la ricerca di soluzioni innovative è una delle peculiarità che da sempre contraddistingue l’azione di Sicilgesso. In particolar modo oggi notiamo una sempre maggiore richiesta di prodotti sostenibili da un punto di vista ambientale, e proprio per soddisfare queste nuove esigenze del mercato abbiamo effettuato significativi investimenti. A questo proposito abbiamo da poco introdotto sul mercato un massetto alleggerito isolante sotto il profilo termico, un intonaco leggero e isolante di base per interni e dei nuovi prodotti da finitura, assolutamente ecocompatibili e in linea con le più stringenti normative del settore». Negli ultimi anni l’azienda ha diversificato l’attività, inserendosi anche all’interno del mercato dei prodotti edili base cemento con il marchio Sicilmalte. Quali sono i risul- ›› SICILIA 2011 • DOSSIER • 167


MATERIALI

›› tati fin qui conseguiti attraverso questa nuova attività? «Da qualche anno Sicilgesso ha fatto il suo ingresso nel mercato dei prodotti edili a base cemento, mutuando le competenze e le professionalità acquisite in anni di ricerca e sperimentazione per il mondo del gesso, intuendo le enormi potenzialità di questo segmento di mercato. Facendo un bilancio di questi primi anni di attività, direi che i risultati ottenuti sono più che soddisfacenti, visto che questa diversificazione ci ha permesso di ampliare il nostro raggio d’azione, contribuendo in maniera decisiva anche al miglioramento della redditività aziendale». A livello geografico, all’interno di quali aree si concentra prevalentemente la vostra attività? «Naturalmente la Sicilia rappresenta da sempre il nostro

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Da qualche anno Sicilgesso ha fatto il suo ingresso nel mercato dei prodotti edili a base cemento, intuendo le enormi potenzialità di questo segmento di mercato

mercato di riferimento, a cui affianchiamo una presenza consolidata anche sul territorio maltese. In questi ultimi anni, inoltre, abbiamo conquistato spazi significati anche all’interno dei Paesi del Mediterraneo che, pur essendo attualmente interessati da una fase di profonda incertezza politica, presentano importanti prospettive di crescita». Quali sono, dunque gli elementi principali che oggi fanno di Sicilgesso una realtà leader nel proprio settore di riferimento?

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«La Sicilgesso, nella sua lunga presenza all’interno del mercato dell’edilizia, ha sviluppato una cultura del servizio che, oltre agli altissimi standard di qualità dei prodotti e a una grande attenzione nei confronti dell’ambiente, ne ha garantito e ne continua a garantire un’offerta capace di soddisfare pienamente le esigenze dei propri committenti, con un rapporto qualità prezzo difficilmente riscontrabile altrove. Alla base dei successi dell’azienda ci sono la forza di un marchio che si è reso visibile negli anni, e la professionalità di uno staff che ha saputo interagire e collaborare in maniera eccezionale, al fine del raggiungimento degli obiettivi posti. Negli ultimi due decenni il gruppo, sotto la direzione dell’ingegner Marzio Bresciani, si è caratterizzata per la sua spiccata vocazione all’innovazione, attraversando i cambiamenti a cui è stato soggetto il settore edile, e intercettando e interpretando le necessità degli operatori, all’interno di un mercato in continua evoluzione e segnato da una competizione sempre più serrata».



Il fascino della Pietra di Modica La tradizione, l’innovazione tecnologica e i materiali di pregio come la Pietra di Modica sono la forza dell’esigente mercato delle lavorazioni lapidee. Pietro Occhipinti e Antonino Corallo raccontano la loro esperienza nel settore Emanuela Caruso

Da sinistra, Pietro Occhipinti e Antonino Corallo della Occhipinti e Corallo Srl Lavorazione Pietre di Frigintini (RG). Nelle altre immagini, magazzino, fase di lavoro e opera urbana in pietra www.occhipintiecorallo.com

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a Pietra di Modica è diventata uno dei materiali più apprezzati e richiesti in ogni parte del mondo, grazie alla sua bellezza, alla possibilità di essere lavorata nello stesso modo del marmo e alle sue ottime caratteristiche meccaniche. Questa pietra è una roccia calcarea di origine sedimentaria estratta nella zona siciliana dei Monti Iblei ed è caratterizzata da colori chiari, che possono andare dal bianco all’avorio e dal grigio al beige, e dai cosiddetti “colpi di matita”, ovvero venature di quarzo perpendicolari alla stratificazione che conferiscono a questo materiale un grande fascino. A fare di tale fascino della Pietra di Modica uno dei punti forti della sua attività è stata la società Occhipinti e Corallo,

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specializzata da più di trent’anni nella lavorazione della pietra. «Abbiamo da poco aperto una nuova cava di estrazione dell’originale Pietra di Modica – spiegano Pietro Occhipinti e Antonino Corallo, fondatori dell’azienda – e abbiamo esteso la certificazione Ce, già presente sui nostri prodotti di frantoio, alla linea di prodotti lapidei creata proprio grazie a questa nuova fonte di approvvigionamento. In questo periodo, guidato da un mercato sempre più esigente e concorrenziale, in cui lo sviluppo, la ricerca e la certificazione degli articoli risultano fondamentali, la marcatura Ce è diventata un obbligo e una garanzia di qualità». La Occhipinti e Corallo, nata nel 1979, è stata protagonista di un’interessante evoluzione


Pietro Occhipinti e Antonino Corallo

che, nonostante l’abbia portata a raggiungere il successo, non le ha fatto perdere il suo tipico carattere familiare. «La nostra attività – commenta Pietro Occhipinti – è cominciata in un laboratorio di pochi metri quadrati, ma dopo solo una decina di anni, a fronte del crescente aumento delle richieste da parte dei clienti e della buona riuscita del nostro operato, si è reso necessario ampliare lo stabilimento e incrementare la capacità produttiva. Allo stesso tempo, l’esperienza maturata e il metodo di conduzione dell’azienda ci hanno permesso di conquistare la fiducia di grandi imprese del settore delle costruzioni, fattore che ci ha spinti a specializzarci anche nella produzione di inerti di qualità, così da creare calcestruzzi. Per dare forza a questa nuova attività, è stato deciso di installare un grosso impianto di frantumazione idoneo al recupero e al riutilizzo di tutte le pezzature non lavorabili per

La nostra azienda è attiva sia sul fronte della produzione di inerti che su quello della lavorazione di materiali lapidei

uso ornamentale; impianto che, oggi, è diventato un affermato centro di recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione. Attualmente, ci occupiamo inoltre della realizzazione di rivestimenti, sculture, camini, pavimentazioni, colonne e fontanelle e arredo da giardino». La Occhipinti e Corallo, il cui stabilimento ha sede a Modica e si sviluppa su un’area di 22mila metri quadrati, può contare su alcuni strategici punti di forza, gli stessi che l’hanno resa una realtà imprenditoriale di grande rilevanza. «Sin dall’inizio della nostra avventura – continua Antonino Corallo – abbiamo messo al centro della nostra attenzione le esigenze dei clienti, ragion per cui cerchiamo di soddisfare tutti i

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loro bisogni e le loro necessità, di mantenere fede alle promesse fatte e di migliorare in continuazione i servizi a loro dedicati. Altro punto focale dell’attività della Occhipinti e Corallo è anche la sua capacità innovativa e tecnologica, per cui si è sempre distinta; oltre al centro di frantumazione, disponiamo infatti di un moderno fabbricato per la lavorazione dei materiali lapidei, di impianti funzionali e di ultima generazione e di macchinari altamente tecnologici e d’avanguardia. Infine, non ci dimentichiamo mai di legare il nostro presente e il nostro futuro alle origini dell’azienda, ovvero a quella spinta imprenditoriale che ci ha permesso di iniziare a lavorare in un settore che ci appassiona profondamente». SICILIA 2011 • DOSSIER • 173


TURISMO

Festività, calano i consumi turistici Secondo Bernabò Bocca è necessario disciplinare l’utilizzo di Internet che ormai ha rivoluzionato il modo di vendere e commercializzare il turismo. E intanto 46 milioni di italiani hanno passato a casa il Natale Elisa Fiocchi

aranno 14,5 milioni gli italiani pronti a concedersi una vacanza tra il periodo di Natale e Capodanno. È quanto emerge dall’indagine previsionale di Federalberghi, secondo cui il 75% della popolazione dichiara che l’attuale situazione politico-economica condizionerà i consumi turistici non solo delle festività natalizie, ma anche dei prossimi mesi. Tra i 46 milioni di italiani che resteranno a casa, sono poi 24 milioni (rispetto ai 19 milioni del 2010) coloro per cui questa scelta è dettata da motivi economici, sebbene finora l’andamento del solo comparto alberghiero abbia mostrato nel 2011 segnali confortanti con un incremento di pernottamenti del 2,5%. Le regioni più gettonate saranno la Sicilia, con l’11,6% della domanda, seguita dal Trentino Alto Adige (9,5%), dalla Toscana (9,3%), dal Veneto (8,2%), dal Lazio (7,6%), dalla Lombardia (7%) e dalla Valle d’Aosta (6,8%). Il giro d’affari determinato da questo movimento turistico sarà di circa 8 miliardi di euro

S A destra, Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi

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(+3% rispetto al 2010) con una media di pernottamento, a Capodanno, di 3,3 notti per una spesa media pro-capite di 508 euro rispetto ai 473 del 2010. Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, analizza i consumi turistici nazionali e lancia un messaggio al governo: «È indispensabile che assicuri al più presto il funzionamento dell’Enit e colga le innumerevoli opportunità che il turismo può offrire all’economia nazionale, rivedendo alcune misure adottate nel proprio programma». Dai calcoli elaborati dal centro studi di Federalberghi risulta, infatti, che tra l’Imu e il possibile incremento dell’Iva nel 2012, le sole imprese turistiche del ricettivo dovranno far fronte a quasi 600 milioni di euro di aggravi fiscali, ai quali aggiungere l’imposta di soggiorno. La crisi economica, accompagnata dalla poca neve nelle località sciistiche, ha registrato una battuta d’arresto anche per il ponte dell’Immacolata, con una stima di mezzo milione di persone in meno rispetto al 2010, e un calo dell’8,3% del giro

d’affari legato al turismo. Questo calo è lo specchio di una reale flessione economica del comparto turistico nazionale nel 2011? «La flessione ha rispecchiato pienamente la congiuntura politico-economica che il paese sta attraversando. indubbiamente si tratta di un campanello d’allarme che deve far riflettere il governo e invogliarlo a definire piani e strategie mirati a un recupero di quote di mercato che, nel corso del 2011, hanno comunque caratterizzato in positivo il comparto alberghiero». Tra le varie preoccupazioni del comparto, il possibile aumento dell’Iva dal 10% al


Bernabò Bocca

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Un Paese turisticamente avanzato come l’Italia deve dotarsi sempre più di infrastrutture moderne e coerenti col vivere moderno

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12% a settembre 2012. Quali implicazioni avrebbe queste misura e quali altri pericoli potrebbero incidere sull’economia e l’occupazione del settore turistico? «Una simile misura è proprio in antitesi con quanto dicevo prima perché favorirebbe nostri competitor quali la Francia, che ha un’Iva sugli alberghi al 5,5%, e la Spagna, che ce l’ha all’8%, rendendo ulteriormente più marcato il divario tariffario tra offerte similari». I primi undici mesi dell’anno (rispetto allo stesso periodo del 2010) hanno evidenziato un +2,6% di presenze. Il turismo che ruolo potrebbe avere per la ripartenza dell’economia del nostro Paese e per farlo, di quali sostegni e risorse necessita? «Il turismo ha già un ruolo fondamentale per l’economia del paese, ma a nostro avviso sono tre le priorità da affrontare: ridare slancio all’imma-

gine turistica dell’Italia nel mondo, facendo funzionare l’Enit; porre attenzione al lavoro per un settore che ha bisogno sempre più di forme contrattuali flessibili; disciplinare il fenomeno indiscriminato dell’online, che ormai ha rivoluzionato il modo di vendere e commercializzare il turismo. Sappiamo bene che Internet rappresenta il presente e il futuro, ma occorre regolamentarlo con leggi attuali e in grado di renderlo ancora più efficiente e operativo, nell’interesse economico delle imprese e dei consumatori». Quali riflessioni si possono trarre sul sistema infrastrutturale del nostro Paese e sui differenti sviluppi dal Nord al Sud dell’Italia? «È fuori di dubbio che un Paese turisticamente avanzato quale l’Italia debba dotarsi sempre più di infrastrutture moderne e coerenti col vivere moderno. La raggiungibilità costituisce la discriminante nelle scelte turistiche non solo degli italiani, ma di qualsiasi turista proveniente da qualunque area del mondo». SICILIA 2011 • DOSSIER • 181


TURISMO

Una nuova legge sul turismo In Sicilia, la crisi ha portato all’aumento della disoccupazione tra gli operatori turistici. Colpa del costo del lavoro, sostiene Giuseppe Cassarà, ma anche dell’abusivismo sul web Elisa Fiocchi

Giuseppe Cassarà, presidente della Fiavet e vicepresidente di Confturismo con delega al Mezzogiorno

antenere alta la competitività rispetto alle altre regioni è una delle sfide più complesse per lo sviluppo turistico della Sicilia che, solo per la sua marginalità geografica rispetto all’Europa, deve fronteggiare un aumento del costo del trasporto. Se a questo si aggiunge l’inasprimento generale delle spese nel settore, ecco che la crisi economica raggiunge il terzo anno consecutivo con flessioni preoccupanti e un calo delle presenze, come fa notare Giuseppe Cassarà, che si esprime in doppia cifra e allarma tutti gli operatori turistici del territorio. «Purtroppo – spiega il presidente di Fiavet – la crisi ha già falcidiato in Sicilia almeno cinquecento agenzie di viaggi, pari a un terzo dell’esi-

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stente, con conseguente aumento della disoccupazione che, nel settore specifico, non ha precedenti». Si rende perciò necessario un intervento del governo regionale, chiamato a scendere in campo al fianco delle imprese private e con i sindacati dei lavoratori per porre fine a una situazione molto vicina al default. La crisi mette a rischio centinaia di agenzie di viaggi, pari a due milioni di posti di lavoro: quali sono le misure urgenti da valutare? «Per frenare l’emorragia occupazionale servono urgentemente almeno tre interventi: una legge organica sul turismo in Sicilia che detti regole certe per ridare fiducia sia agli operatori sia ai consumatori; un’urgente riduzione del costo

del lavoro, attraverso una seria defiscalizzazione degli oneri; una lotta senza quartiere all’abusivismo ormai imperante anche sul web». Le compagnie low cost come possono ostacolare gli operatori turistici e quali altre criticità frenano la crescita del settore? «Le compagnie low cost innescano un meccanismo di confusione nel settore della distribuzione in quanto creano l’illusione di viaggi aerei a pochi soldi. In realtà, se si fanno bene i conti, la favola si sgonfia di molto. Poi vi sono i costi che supporta la collettività attraverso gli aeroporti che pagano sostanziosi contributi a questo tipo di compagnie aggirando la regola europea degli “aiuti di Stato”. Infine, con le compa-


Giuseppe Cassarà

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Palermo si è largamente aggiornata dal punto di vista tecnologico, ma resta ancora molto da fare per le agenzie a conduzione familiare

gnie low cost, si può soltanto comprare al momento della accertata disponibilità. Non si può programmare per tempo, come normalmente avviene per i tour operator e le agenzie di viaggio. Serve anche in questo caso, una regolamentazione che eviti la continua concorrenza sleale». La spesa relativa dei consumatori è salita dagli 11 ai 13 miliardi di euro, grazie all’incremento dei pacchetti online: Internet rappresenta una nuova frontiera per lo sviluppo economico del comparto? «La spesa di 13 miliardi di euro è stata raggiunta nonostante le difficoltà. I pacchetti online non costituiscono un danno, ma lo diventano se non sono regolamentati e se non si fissano le sanzioni per chi non rispetta le regole fissate. È certo che Internet rappresenta il futuro e che non può essere considerato un nemico dell’agente di viaggio. È necessario soltanto che tutti vengano messi in condizione di operare, in una sana e libera concorrenza, sotto un’attenta vigilanza, anche per ridurre le truffe, a salvaguardia dei consumatori e della distribuzione stessa». Ritiene che le imprese nel turismo, con particolare riferimento alla realtà di Palermo,

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abbiano compiuto in tal senso un efficace adeguamento tecnologico e un buon percorso formativo? «Da questo punto di vista la Sicilia si è largamente aggiornati tecnologicamente, ma resta ancora molto da fare, sopratutto per le agenzie più piccole a conduzione familiare. Per quanto riguarda la formazione, anche in Sicilia siamo a buon punto». Ha espresso la necessità di una globalizzazione d’intenti contro l’attuale frammentazione svolta dalle varie associazioni di categoria. Da dove cominciare per fare sistema e offrire nuovo slancio soprattutto a quelle regioni, come la Sicilia, che vivono di turismo? «Le associazioni di categoria non creano frammentazione, anzi nascono e vivono di momenti di aggregazione. Il problema è che fra le di loro serve identificare obiettivi comuni importanti e, ove possibile, gestirli il più unitariamente. Così com’è ormai urgente una collaborazione più stretta fra network e agenzie di viaggi e fra queste e i grandi tour operator. È vero pertanto che la globalizzazione propone azioni unitarie, indispensabili per una diminuzione dei costi e per dare maggiori garanzie di chiarezza e qualità». SICILIA 2011 • DOSSIER • 183


Il “verde” è il futuro della Sicilia Terra di agricoltura, di suggestivi spazi verdi e di splendidi campi da golf, la Sicilia cerca di investire su se stessa attraverso l’attività di alcune interessanti aziende locali. Santo Torrisi racconta la sua esperienza Emanuela Caruso

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razie al suo clima e alle sue inestimabili bellezze paesaggistiche, culturali e storiche, la Sicilia potrebbe diventare la Florida d’Europa, un’ambita meta turistica e d’investimento. Soprattutto in termini di verde, attraverso il recupero di giardini storici e macro orti botanici, l’allestimento di zone naturali e la costituzione di un circuito di campi da golf giocabili per almeno 300 giorni all’anno, la regione potrebbe trasformarsi in una zona destinata al turismo di alta qualità. Purtroppo, la gestione da sempre incoerente e incostante delle risorse turistiche dell’isola, la sfiancante burocrazia tipica del nostro mercato e la deleteria bravura italiana nel

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riuscire a creare ostacoli dal nulla hanno causato la fuga degli investitori esteri. Nonostante tutto, alcune aziende siciliane continuano a credere nelle potenzialità del loro territorio e a impegnarsi per aumentare la bellezza e le possibilità offerte dalla Sicilia. Una di queste imprese è la Sicilverde. «Siamo stati una delle prime società a occuparsi esclusivamente delle opere in verde – commenta Santo Torrisi, amministratore unico della Sicilverde – e ormai da più di venticinque anni siamo specializzati nella realizzazione e manutenzione di tali opere, nell’ingegneria naturalistica, nel recupero ambientale e nell’irrigazione tecnologica. Particolare attenzione è poi dedicata alla costruzione di


Santo Torrisi

campi da golf». Quali sono le varie fasi di realizzazione di un campo da golf? «Si parte con lo scorticamento e l’accantonamento del terreno vegetale di superficie e con la movimentazione meccanica di tutta l’area, al fine di creare le quote di progetto e gli scavi per i laghi. Si procede quindi con la modellazione del campo e la formazione delle piste, fase a cui segue quella della costruzione delle parti più tecniche, ovvero greens, tees e bunkers, dei drenaggi e degli impianti irrigui con i relativi gruppi di pompaggio. Il complesso iter realizzativo si conclude con la stesura finale del terreno di coltivo, le lavorazioni specifiche dei substrati del campo, e la semina dell’intera area con differenti varietà di prato». La realizzazione di un campo da golf presuppone un ingente consumo di acqua. In tal senso, come Sicilverde riesce ad attuare misure ecologicamente sostenibili? «Grazie all’esperienza maturata nel settore dei prati e alle ana-

Risparmio idrico, reimpianto della vegetazione e riutilizzo degli scarti vegetali: così la Sicilverde rispetta l’ambiente

lisi svolte su ogni tipo di microclima e terreno, siamo in grado di consigliare le cultivar più idonee per ogni campo da golf, cultivar che sono quasi sempre macroterme, cioè varietà nobili di gramigna caratterizzate da una minore necessità di acqua. Sempre con l’obiettivo di ridurre il consumo idrico dei campi da golf, la Sicilverde recupera cospicue quantità di acqua attraverso i drenaggi naturali di superficie e i drenaggi canalizzati nel sottosuolo». Con quali altri accorgimenti operativi riuscite a esprimere il rispetto per l’ambiente? «Aumentiamo il nostro im-

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pegno ecosostenibile cercando di utilizzare solo materiali ecocompatibili e ponendo grande attenzione alla salvaguardia del sito oggetto dell’opera e della flora in esso presente, adattando il progetto alla vegetazione e alla morfologia già esistenti. Inoltre, recuperiamo parte della vegetazione del sito, reimpiantandola, e scarti vegetali derivanti dalla pulitura del campo, riutilizzandoli come ammendante del terreno». Quali sono le tecnologie più innovative del vostro settore? «Nel campo dell’irrigazione, sicuramente i sistemi di automazione monocavo radio e satellitare, con il relativo monitoraggio video di ogni singola parte di campo e di ogni singolo irrigatore. In materia di giochi d’acqua, invece, sono interessanti le nuove tecnologie che prevedono la movimentazione dei getti idrici in base alle note di un brano musicale».

In apertura, Santo Torrisi, amministratore unico della Sicilverde di Aci S. Antonio (CT). In alto, Golf Resort Donnafugata (RG); sotto, Golf Resort Verdura (AG) www.sicilverde.it

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LEGALITÀ

Il buon esempio della politica Pietro Alongi, vicepresidente della Provincia di Palermo, illustra le iniziative in atto e i progetti contro la criminalità organizzata. Ma dice: «È necessario recuperare il senso del termine legalità nel suo complesso» Riccardo Casini

a preso il via a ottobre il progetto della Provincia di Palermo “Right Economy. L’impresa legale, patrimonio sociale”. Secondo Pietro Alongi, vicepresidente della Provincia con deleghe a sicurezza, antiusura, antiracket e beni confiscati alla mafia, «si tratta di un progetto ampio, che prevede una serie di incontri formativi sul tema della legalità, in totale circa 70, nei vari comuni della provincia: a questo proposito abbiamo coinvolto le forze dell’ordine, ma anche l’associazionismo impegnato contro usura e racket e le parrocchie, divenute oggi un punto di riferimento importante per il confronto e la denuncia». Il progetto poi proseguirà fino a quello che Alongi definisce il «momento più importante»: «il prossimo mese di maggio, in occasione del ventesimo anniversario della strage di Capaci, si terrà la prima edizione

H A destra, Pietro Alongi, vicepresidente della Provincia di Palermo

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della Fiera della legalità, nella quale coinvolgeremo un centinaio di imprese della provincia, non solo quelle che hanno sporto denuncia ma anche quelle che, più silenziosamente, hanno sempre operato senza pagare il pizzo e versando regolarmente i contributi. Si tratta di un altro modo per raccontare com’è possibile oggi rispettare i principi di legalità». Nel 2011 però, secondo la Guardia di Finanza di Palermo, solo 4 persone hanno denunciato casi di usura. Come vincere l’omertà e aiutare l’emersione del fenomeno? «Mentre per il racket si è innescato un meccanismo virtuoso, grazie anche al sostegno della legislazione regionale nei confronti di chi denuncia, per l’usura le cifre sono ancora inammissibili, soprattutto in una città dove mafia e “cravattari” godono di risorse non indifferenti e dove indagini, intercettazioni e statistiche confermano che vi è un numero elevatissimo di usurati. Per questo occorre rafforzare il lavoro di sostegno e denuncia, ma anche intervenire sulle banche, che devono decidere se stare dalla parte del cittadino o, anche involontariamente, essere complici degli usurai: spesso infatti a famiglie o imprese non restano altre strade se gli istituti di credito chiudono loro le porte in faccia. Sempre in questo ambito, poi, abbiamo già presentato al Ministero dell’Interno un altro progetto, in attesa di finanziamento, che riguarda la realizzazione di 8 “antenne” contro usura e racket, una per ogni circoscrizione della città». Quale dovrebbe essere la loro funzione? «Vorremmo creare una serie di strutture riservate


Swdcwdcwadcawe Pietro Alongi

La Provincia sta lavorando alla costituzione di una rete territoriale, in collaborazione con la conferenza dei sindaci, per la gestione dei progetti di ridestinazione dei beni

al cui interno operino uno psicologo, un avvocato e un commercialista: queste figure potrebbero aiutare preventivamente anche chi, pressato dall’urgenza di ottenere un prestito, spesso non legge nemmeno il contratto di stipula con una finanziaria. Tra l’altro oggi ne stanno spuntando molte che concedono fidi anche a chi ha un piccolo stipendio, contribuendo così al debito delle famiglie. Al contempo, però, queste ultime vanno educate a un diverso rapporto con la spesa». A proposito di lotta al racket e all’usura, la Provincia di Palermo aveva anche annunciato l’apertura di uno sportello dedicato in un locale sequestrato a un prestanome di Bernardo Provenzano. «Abbiamo rimesso a nuovo i locali con una serie di interventi messi a bilancio, e a metà gennaio dovremmo finalmente essere pronti per partire a livello operativo. Ma oltre a questi impegni, credo che la politica debba agire anche in un altro senso». Quale? «I dati dicono che la corruzione complessiva, le-

gata alle pubbliche amministrazioni e non solo, movimenta un giro d’affari pari a quello di Cosa Nostra. È necessario allora recuperare un senso della legalità nel suo complesso, magari anche tramite meccanismi di screening e verifica della spesa, in modo da arginare il fenomeno del sommerso, divenuto eccessivo. E in questo la politica deve assolutamente dare l’esempio». Intanto lo scorso mese a Palermo è stata inaugurata la sede locale dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Contemporaneamente, dopo una vicenda durata anni, è stata finalmente siglata la destinazione del “Feudo Verbumcaudo”. «L’inaugurazione ha rappresentato un momento importante: una nuova sede in un contesto dove c’è conoscenza del territorio è utile soprattutto ai fini della consegna e della ridestinazione dei beni. Oggi tra l’altro stiamo assistendo a un parto continuo, con beni confiscati per un valore di circa 90 milioni di euro negli ultimi due mesi. Resta, però, il fatto che avere immobili o terreni ancora inutilizzati dopo 3 o 4 anni dalla confisca è un pessimo segnale: per questo la Provincia sta lavorando alla costituzione di una rete territoriale, in collaborazione con la conferenza dei sindaci, per la gestione dei progetti di ridestinazione dei beni. E nel 2012 sperimenteremo un progetto che porterà alcuni terreni confiscati a ospitare 4 campus formativi per giovani nel campo dell’agraria, i cui prodotti saranno poi venduti grazie a una convenzione con alcuni ipermercati in modo da far conoscere ulteriormente il progetto. Credo che anche queste piccole azioni possano dare slancio a un incubatore di legalità».

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NOTARIATO

Riaffermiamo il ruolo del notariato Giuseppe Pilato, presidente del Comitato regionale notarile della Sicilia, parla di un vero e proprio “umanesimo” notarile. Una dotta ricostruzione lungo la storia dell’arte del notaio, figura capace di interpretare differenti competenze per garantire la certezza del diritto Luca Cavera

Giuseppe Pilato, presidente del Comitato regionale notarile della Sicilia, notaio in Caltanissetta. Nel box, Maurizio Citrolo, notaio in Palermo, componente della Commissione studi del Comitato regionale notarile della Sicilia gpilato@notariato.it mcitrolo@notariato.it

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a figura del notaio viene comunemente percepita dalla collettività come quella di un esperto di problematiche giuridiche, dotato di notevoli qualità morali e tecniche, ma dal carattere freddo, dai modi e dai comportamenti distaccati. Di tale erronea impressione, forse, siamo colpevoli proprio noi notai che, in passato, non abbiamo utilizzato validi ed efficaci strumenti di comunicazione per smentire tale luogo comune». È questa l’autorevole opinione di Giuseppe Pilato, presidente del Comitato regionale notarile della Sicilia dal 2008 e delegato all’assemblea della Cassa nazionale del notariato dal 1993. Pilato dirige uno studio notarile che si occupa di tutti i settori del diritto civile e commerciale, con particolare riguardo alle transazioni immobiliari e al diritto societario e un’intensa attività di consulenza in materia di diritto di famiglia e successorio. Giuseppe Pilato spiega come al di là dell’immagine stereotipata esista un “umanesimo” notarile. È ancora diffusa, secondo la sua esperienza, un’immagine fredda del notaio? «Da qualche tempo mi capita sempre più frequentemente di ricevere ringraziamenti al termine di una stipula – che è il momento conclusivo e risolutivo di una serie di incontri e di colloqui con le parti, allo scopo di trovare la loro intesa e dirimere ogni eventuale divergenza. Mi ha particolarmente sorpreso che le persone, sorvolando quasi sull’aspetto tecnico-giuridico, abbiano voluto invece sottolineare la pazienza nell’ascolto delle loro esigenze e la disponibilità a comprendere prima e a risolvere poi i loro problemi. Insomma, si richiede al notaio quella qualità che in psicologia si definisce empatia, ovvero, la capacità di immedesimarsi in un’altra

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Giuseppe Pilato

Il convegno annuale di Taormina L’impegno del notariato siciliano per la diffusione della cultura giuridica. Un momento di incontro che porta professionisti e personalità nazionali e internazionali a confrontarsi sui temi più attuali del diritto civile e societario el panorama della cultura giuridica italiana e notarile in particolare, l’appuntamento di Taormina è uno dei convegni di studio di più antica tradizione e di più larga partecipazione, con la presenza di colleghi di tutte le regioni italiane. L’importanza dell’evento è confermata dall’autorevolezza degli ospiti, tra i quali ministri e sottosegretari, e persino delegazioni straniere, che nel corso degli anni hanno voluto, con la loro presenza, testimoniare il rispetto per la funzione notarile. Funzione che è da sempre caratterizzata dalla realizzazione degli intenti pratici dei cittadini e delle imprese attraverso l’adozione delle forme giuridiche più consone. Sempre più, oggi, il notaio funge da mediatore tra la volontà dei cittadini e delle imprese e gli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a loro disposizione, in un’incessante ricerca dello strumento più efficace, più sicuro e più economico, in conformità con le scelte e gli orientamenti del legislatore. Per questa ragione la scelta dei temi da dibattere nel convegno ha spaziato, nel corso degli anni, con un taglio che coniuga teoria e prassi, dalle classiche questioni di diritto civile – che riguardano tra l’altro i contratti, le successioni e il diritto di famiglia – ai problemi delle imprese nel confrontarsi con una legislazione da tempo non più cristallizzata in regole immutabili, ma soggetta alla continua ricerca di nuove soluzioni. Queste privilegiano a volte la flessibilità e l’ampiezza delle opzioni, altre la semplificazione e la snellezza operativa – senza peraltro trascurare le questioni di diritto tributario. In merito a queste ultime va sottolineata la peculiare posizione del notaio, fedele strumento dell’ordinamento che lo chiama a svolgere – gratuitamente – la funzione di percettore delle imposte per suo conto, ma al tempo stesso vicino al cittadino e suo consigliere nell’orientarsi alla scelta più corretta anche sotto il profilo fiscale. Il tutto – e in questo sta la peculiarità del nostro convegno – con un particolare riguardo ai temi che interessano il cittadino nella vita quotidiana e con l’occhio attento alla piccola e media impresa, protagonista dello sviluppo nel territorio meridionale e non solo.

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persona, calandosi nei suoi pensieri e stati d’animo». Esiste quindi un vero e proprio “umanesimo” notarile. Cosa caratterizza la figura del notaio? «Il notaio ha caratteristiche e qualità che lo avvicinano al magistrato, al giornalista, allo psicologo e anche al sacerdote – ciò è stato evidenziato da numerosi studiosi dell’arte notarile, che hanno avviato una ricerca utile a riscontrare l’influenza che il notaio ha avuto nel processo di crescita e di sviluppo della società italiana. Magistrato, per l’imparzialità e la profonda conoscenza giuridica. Giornalista, perché i suoi atti sono cronaca di vicende umane e di esperienze di vita, finestre aperte nella storia, negli usi, nei costumi, nelle tradizioni, nei sentimenti, nei rapporti patrimoniali e personali degli uomini. Psicologo, per l’indagine attenta e appassionata della volontà delle parti. Sacerdote, infine, perché depositario di intime e riservate vicende personali». Andando proprio sul profilo storico del notariato, qual è la storia di questa figura? «L’arte notarile ha origini lontane. Progenitori dei notai possono considerarsi, già in epoca romana, i semplici “scriba”, i più evoluti “notarii”, i “tabulari” e i “tabellioni”. Tuttavia è nell’età medioevale che si manifesta e afferma nella sua pienezza la figura del notaio: erudito esperto sia nelle questioni prettamente giuridiche che in quelle politiche, sociali e letterarie. Il notaio umanista, consigliere del signore, giurista e let- ››

di Maurizio Citrolo

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NOTARIATO

La pubblica funzione del notaio di tipo latino I

l fondamento giuridico-economico e sociale della pubblica funzione del notaio di tipo latino – presente nel mondo in 84 paesi – è rinvenibile nei connotati essenziali dei sistemi di civil law, ben diversi da quelli di common law. I primi, a differenza dei secondi, sono caratterizzati dalla presenza del diritto scritto. Come spiega Franco Salerno Cardillo, componente della Commissione studi internazioni del Consiglio nazionale del notariato: «Nei settori giuridico-economici più rilevanti, il problema del rispetto della legge viene affrontato in termini preventivi, in quanto considerato una questione di interesse generale e non ex post, come avviene invece nei sistemi di common law, che ricorrono per lo più ad una tutela di tipo risarcitorio». Al notaio è affidato un ruolo di garante del funzionamento di un sistema di giustizia preventivo, inesistente nei paesi di common law, dove tutto ruota attorno alla figura degli avvocati di parte. «Tale ruolo di garante non potrebbe essere affidato né alle parti, né ai loro avvocati, strutturalmente in conflitto di interessi, quanto piuttosto a un soggetto che – in quanto delegatario di pubblici poteri – svolge un ruolo di controllo della legalità. Inoltre, il notaio, esperto giurista, svolge un ruolo di tutore degli interessi dei privati attraverso un’attività di mediazione e consulenza imparziale, che assicura l’informazione, riducendo le asimmetrie informative dei contraenti». Si può dire quindi che il notaio di tipo latino è uno specialista indipendente, concessionario in outsourcing di funzioni di accertamento preventivo, dotato di affidabilità pari a quella del giudice, che unisce efficienza privata e onorabilità pubblica tali da giustificare l’attribuzione della “pubblica fede” – e quindi della massima forza probatoria consentita – e della forza esecutiva agli atti che pone in essere. «Il notariato di tipo latino costituisce il fedele riflesso di una determinata concezione culturale e giuridica, che a differenza di quanto avviene nei paesi di common law, lo rende, nei paesi di civil law, un’istituzione essenziale, fsalernocardillo@notariato.it portatrice dei valori di protezione dei cittadini e dell’interesse pubblico».

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Mi ha particolarmente sorpreso che le persone, sorvolando quasi sull’aspetto tecnico-giuridico, abbiano voluto invece sottolineare la pazienza nell’ascolto delle loro esigenze e la disponibilità a comprendere prima e a risolvere poi i loro problemi

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terato. Iacopone da Todi, Iacopo da Lentini, Cola di Rienzo sono gli epigoni di tali figure notarili. Per tali qualità e forse per altre ancora, Federico II di Svevia fece dono a Iacopo da Lentini del titolo di Magnifico. Carlo V, l’imperatore che non vedeva tramontare mai il sole nei suoi possedimenti, definì i notai milanesi “Viri clarissimi dei costumi, delle lettere e della pubblica fede”». Esistono esempi paragonabili in epoche più prossime ai nostri giorni? «Giungendo a tempi più recenti, riprendendo un articolo contenuto nella pubblicazione “Il risorgimento italiano e i notai”, è particolarmente significativo l’episodio descritto da Giovanni Verga nella novella Libertà. Si narra che i contadini ribelli, dopo avere ucciso Ignazio Cannata, notaio di Bronte, reo secondo loro di essere un borbonico lealista, nei giorni successivi alla sanguinosa rivolta, nel momento di procedere all’assegnazione delle terre, preoccupati di dovere subire prepotenze, si domandano preoccupati chi garantirà sulla correttezza delle procedure non essendo presente alla procedura un notaio. Ecco quindi chi è il notaio e a cosa serve: è il garante della legalità. Il suo ruolo serve a dare certezza, senza prepotenze e senza inganni».



POLITICHE SANITARIE

Una formazione d’eccellenza «Il servizio sanitario nazionale è al secondo posto in campo internazionale per la sua qualità, universalità e solidarietà». Il sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, individua nuove sfide per migliorarlo, a partire dalla qualità dei corsi di studio Renata Gualtieri

econdo il ranking stabilito dal Times, (The Times higher education), gli atenei italiani sono fuori dalle prime duecento posizioni. Sul podio troviamo l’Institute of Technology in California, Harvard al secondo posto, seguita da Stanford. L’università italiana dunque corre il rischio di perdere alcuni dei tradizionali punti di eccellenza riconosciuti a livello mondiale. A un mese dal suo giuramento, il sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, che tra i tanti incarichi ha presieduto la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Palermo dal 2001 fino all’anno scorso ed è stato vicepresidente nazionale della Conferenza permanente dei presidi delle facoltà mediche delle università italiane, individua le criticità del sistema universitario e la qualità dell’offerta formativa in campo medico e sanitario. Come metterà la sua esperienza al servizio della politica sanitaria del Paese? «Il servizio sanitario nazionale è va-

S Il sottosegretario alla Salute Adelfio Elio Cardinale

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lutato il secondo in campo internazionale per la sua qualità, universalità e solidarietà. Certamente come tutte le istituzioni merita una costante manutenzione con dei ritocchi mirati per migliorare sempre più la qualità del sistema, anche perché cresce nella popolazione la coscienza e l’aspettativa di salute. Uno dei punti più importanti, anche per l’esperienza vissuta, è migliorare l’appropriatezza delle prestazioni. Appropriatezza strutturale, tecnologica, farmacologica e clinica. Altro punto sul quale focalizzare l’interesse è quella della prevenzione. Prevenzione significa stili di vita, sicurezza sul lavoro, sugli alimenti e quant’altro. Se si riuscissero a ottimizzare prevenzione e appropriatezza avremmo una grande riqualificazione e un corposo piano di rientro economico e finanziario, senza ulteriori o dolorosi tagli trasversali. È questa la scommessa per il futuro». Sul fronte della formazione, possiamo dire di avere nel nostro Paese corsi di studio corrispondenti alle normative europee? «Certamente sì. L’alta formazione italiana in campo medico e sanitario - compreso il nesso inscindibile con la ricerca scientifica - è di pari valore alle normative e alle caratteristiche europee. Sono in corso comunque da parte della Conferenza dei presidi di medicina piccoli e continui aggiornamenti e adeguamenti. È testimonianza della buona qualità dei corsi


Adelfio Elio Cardinale

di studio il riscontro, ben noto, di tanti laureati o specialisti italiani che vanno all’estero e che sono chiamati a ricoprire funzioni e incarichi direzionali di alto prestigio, sia in strutture ospedaliere o accademiche europee o extra europee, come negli Stati Uniti». Qual è oggi lo stato di salute degli studi di medicina tra nord, centro e sud? E cosa ritiene necessario proporre per incentivare i percorsi di formazione? «Lo stato di salute degli studi di medicina è abbastanza omogeneo, come risulta da recenti statistiche comunicate sia da autorevoli riviste del settore, sia dal presidente della Conferenza dei presidi. I percorsi di formazione possono essere incentivati con un migliore sistema di diritto allo studio, che permette anche a persone provenienti dagli stati sociali meno agiati di partecipare attivamente alla formazione, realizzando quello che in termini sociologici e giornalistici si definisce “ascensore sociale”. Infine meritano perfezionamento problemi connessi alla omogeneizzazione del sistema e alla facilitazione della transizione scuola-lavoro, sbloccando per esempio i numerosi posti vacanti nelle strutture sanitarie pubbliche e, in primo luogo,

negli ospedali». Dal 2001 al 2010 è stato presidente della Facoltà di medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo: è una realtà formativa all’avanguardia? «La medicina accademica di Palermo è una realtà formativa paragonabile a quelle di altre facoltà italiane autorevoli per storia e tradizione. È certamente una buona facoltà, in crescita dal punto di vista strutturale, con aule e biblioteche sempre più numerose e con dotazioni tecnologiche nel Policlinico di altissimo livello, rispondenti alle esigenze di una formazione europea. Vorrei solo ricordare - ma è stato merito di tutti i professori - che nel Rapporto Censis di tre anni addietro - la Facoltà di medicina e chirurgia di Palermo era valutata al secondo posto in Italia per la qualità della didattica. Dare una formazione di eccellenza è dovere di chi, a vario titolo, riveste funzioni direttive. La globalizzazione comporta una competizione sfrenata. Tale dura competizione segue le leggi di Darwin: i più deboli saranno sconfitti. È nostro dovere, pertanto, fornire ai giovani armi e bagagli culturali per poter lottare alla pari nel prossimo avvenire». SICILIA 2011 • DOSSIER • 201


POLITICHE SANITARIE

Nuove impegnative sfide a tutela della salute a tre mesi a capo dell’Azienda sanitaria provinciale etnea, il commissario straordinario Gaetano Sirna, già direttore sanitario del Policlinico di Catania, è stato chiamato dalla Regione siciliana per riorganizzare la governance e ottimizzare il sistema, con l’obiettivo di consegnare ai cittadini catanesi un’azienda sanitaria moderna, efficiente e funzionale. Quali ritiene siano gli obiettivi primari dell’Asp di Catania in termini organizzativi e clinici? «L’obiettivo prioritario è rappresentato dalla tutela della salute, declinata in ogni sua forma: dobbiamo offrire un “servizio al pubblico” di qualità, agendo in sinergia con tutti gli attori del sistema che, con grande senso di responsabilità, devono condividere e supportare le strategie dell’Asp. Dal punto di vista strettamente sanitario, certamente stiamo ponendo grande attenzione agli screening oncologici, tra cui colon retto, mammella e collo dell’utero, promuovendo la cultura della prevenzione, migliorando i percorsi organizzativi e cercando di innalzare la risposta da parte degli utenti, in molti casi ancora troppo bassa». Ritiene necessari investimenti in nuove tecnologie per migliorare la qualità dei servizi offerti dall’Asp che dirige e affrontare nuove sfide? «Stiamo già investendo sull’hi-tech per mi-

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Il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania, Gaetano Sirna

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«Monitorare e analizzare i bisogni di salute dell’utente, per dare una risposta concreta e funzionale in termini organizzativi e clinici, conciliando l’applicazione e il funzionamento dei servizi con le risorse disponibili». Gli obiettivi del commissario straordinario dell’Azienda sanitaria etnea, Gaetano Sirna Renata Gualtieri

gliorare i servizi; basti pensare all’informatizzazione dei Presidi territoriali d’assistenza e degli sportelli dell’anagrafe assistiti per la scelta e revoca del medico di base e del pediatra di libera scelta; alla digitalizzazione dei referti diagnostici; ai servizi interattivi presenti nel nostro sito aziendale; alla creazione di un consultorio familiare virtuale per l’accesso degli utenti - soprattutto dei giovani - attraverso Internet. Le nuove tecnologie rappresentano oggi un valore aggiunto e uno strumento per snellire il lavoro: abbiamo messo in rete tutti i nostri presidi ospedalieri e con il potenziamento dei software che fanno capo al Cup riusciremo sicuramente ad abbattere le lista d’attesa e a ottenere un monitoraggio più veloce e completo di tutti i nostri pazienti». Gli operatori della salute hanno l’obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire un’assistenza qualitativamente utile. Com’è possibile oggi prendersi cura dei propri pazienti ed essere un buon professionista della sanità? «Oggi più che mai è necessario sapersi adeguare al cambiamento, riprendendo le parole di Albert Einstein, “non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La vera crisi, è la crisi del-


Gaetano Sirna

l’incompetenza. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. Nell’era della razionalizzazione delle risorse, dove tutti siamo portati a modificare lo status quo, diventa di fondamentale importanza mettere nuovamente al primo posto la passione per questo mestiere e la voglia di contribuire al miglioramento della salute della collettività, affrontando nuove impegnative sfide». Ha ricoperto numerosi ruoli dirigenziali nella sanità siciliana e si è formato all’Università di Catania. Quale ritiene sia la qualità dei percorsi formativi degli studi medici in regione, rispondono alle necessità di competenze che vengono dal territorio? «I percorsi formativi, all’interno degli atenei siciliani, sono qualitativamente buoni. Il sistema è però marcatamente “ospedale-centrico”, ovvero le figure che vengono formate rispondono tutte alle esigenze sanitarie dei presidi ospedalieri - con un’attenzione particolare agli acuti - e non a quelle territoriali. Basti pensare che non esiste nessuna specializzazione, nessun piano di studi relativo ai medici di medicina generale: un servizio fondamentale per la comunità, un ruolo che non viene valorizzato dai percorsi universi-

tari. Un ragionamento, questo, che cammina di pari passo con il decentramento attuato su scala nazionale, che mira a potenziare tutte le ramificazioni periferiche della sanità». Come pensa si possa frenare la migrazione sanitaria di tutti quei pazienti che si rivolgono alle strutture settentrionali? «Le eccellenze non mancano, ma la qualità e la presenza di tanti qualificati operatori deve essere accompagnata da un’etica e da una deontologia professionale forte, che si deve rispecchiare nel modo in cui i medici devono prendersi cura dell’utente che chiede soccorso e aiuto. Dobbiamo costruire insieme un nuovo profilo del sistema sanitario, inteso come servizio alla persona, ponendo la cultura dei valori alla base delle scelte cliniche e organizzative. La qualità che si cerca nei progetti di umanizzazione non è solo quella medica, ma coinvolge una sfera molto ampia che va da quella infermieristica a quella alimentare, da quella logistica a quella ambientale, dall’estetica degli arredamenti ai rapporti con i familiari dei pazienti passando per lo snellimento della burocrazia e l’organizzazione di attività ricreative “sociali”. Solo così riusciremo a bloccare la migrazione sanitaria, un fenomeno ancora troppo diffuso in Sicilia, che rappresenta una criticità da superare». SICILIA 2011 • DOSSIER • 203




STRUTTURE SANITARIE

Un centro per la cura delle malattie neurologiche L’invecchiamento della popolazione porterà entro venticinque anni al raddoppio dei malati di Parkinson. Questa malattia degenerativa, come l’Alzheimer oggi può essere solo attenuata e non curata. L’esperienza clinica del dottor Benedetto Morana Valerio Germanico

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Benedetto Morana

a malattia di Parkinson, secondo le stime, colpisce attualmente in Italia circa 150mila persone. L’età dell’insorgenza della malattia si aggira intorno ai sessant’anni, tuttavia in un caso su dieci i primi sintomi iniziano a comparire anche prima dei cinquant’anni. «Nel prossimo quarto di secolo, nei paesi europei, il numero dei malati di Parkinson raddoppierà, in linea con l’invecchiamento generale della popolazione. Questo vuol dire che nei prossimi anni, non solo aumenterà il numero delle persone affette da questa patologia, ma crescerà anche la spesa del sistema sanitario nazionale per l’assistenza e i farmaci destinati a questi pazienti». A parlare è il dottor Benedetto Morana, neuropsichiatra e direttore sanitario della casa di cura Morana di Marsala. «In seguito a una diagnosi di Parkinson la persona può subire un importante turbamento per le conseguenze che si prospettano sulla qualità della vita, tuttavia quest’ultima dipende in larga misura dalla disposizione che il paziente assumerà rispetto a una malattia con la quale inevitabilmente dovrà convivere». Si tratta di una

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delle più frequenti patologie degenerative del si- La Casa di cura Morana stema nervoso centrale; il disturbo principale in- si trova a Marsala (TP) teressa il movimento volontario e automatico, www.casadicuramorana.it che subisce un’alterazione, diventando rallentato e di difficile controllo ed esecuzione. «Questa situazione è spesso accompagnata dal noto tremore. Oltre a ciò, il paziente accusa numerose cause di sofferenza. Alla ridotta mobilità – che può essere facilmente causa di cadute –, si associano perdita di abilità, disturbi del sonno e, da non sottovalutare, disturbi dell’affettività e delle emozioni che possono degenerare in difficoltà relazioni con i familiari e la propria rete sociale. Quest’ultimo aspetto può anche portare all’isolamento del paziente, il che aggrava la sua situazione di salute, dato che la malattia nel suo decorso fa aumentare la necessità di assistenza». La casa di cura diretta dal dottor Morana accoglie ogni anno circa 1300 pazienti ricoverati sia in regime ordinario che in Day Hospital e di questi circa 400 sono affetti dalla malattia di Parkinson e di Alzheimer – altra patologia neurodegenerativa. A questa cifra si aggiunge la popolazione ambulatoriale per un totale di circa 2500 assistiti ogni anno. «Anche i malati di Alzheimer hanno bisogno di aiuto e particolare as- ››

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STRUTTURE SANITARIE

›› sistenza. Questa demenza attualmente colpisce il 5% degli ultrasessantenni e si stima che nel nostro paese vi siano almeno 500mila malati. Questi vengono colpiti nella memoria e nelle loro funzioni cognitive, con effetti sull’eloquio e sul pensiero, fino a disordini spaziotemporali. All’interno della nostra struttura curiamo questi pazienti seguendo i protocolli medici del caso, che prevedono la somministrazione di inibitori delle colinesterasi e di farmaci di ultima generazione come la memantina che limitano l’aggravarsi dei sintomi per un periodo di tempo purtroppo limitato. Una particolare attenzione viene dedicata alla cura dei disturbi del comportamento spesso presenti in questa patologia e che compromettono significativamente anche la vita dei caregivers, ovvero di chi presta assistenza al malato». Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire l’Alzheimer, si tenta di contenere i sintomi – tuttavia si sta lavorando per la sintesi di nuovi principi attivi che possano rallentare il decorso. L’iter diagnostico-terapeutico prevede l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia, tra le quali anche una risonanza magnetica da 1,5 Tesla, che può offrire anche altri servizi per altre patologie del distretto cerebrale, dei vasi epiaortici, della colonna vertebrale, del collo e di addome e torace e della mammella. «Questa macchina si distingue per la struttura del tubo, aperta alle estremità, che allevia al paziente la sensazione claustrofobica “di chiuso”, permettendo così la realizzazione dell’esame anche a molte persone che soffrono per questo tipo di patologia». Il particolare interesse per il sistema nervoso e le sue disfunzioni ha fatto sì che la casa di cura si sia specializzata nei ricoveri ordinari e in day hospital in neurologia 208 • DOSSIER • SICILIA 2011

I malati di Alzheimer hanno bisogno di particolare assistenza. Questa demenza attualmente colpisce il 5% degli ultrasessantenni e si stima che in Italia vi siano almeno 500mila malati

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e neuropsichiatria, con un totale di 45 posti letto di cui 28 per la degenza ordinaria, 12 posti letto per la riabilitazione e 5 posti letto per il day hospital. «Abbiamo anche un reparto di cura psichiatrica, con un’attenzione particolare ai disturbi dell’umore, come la bipolarità e altri disturbi dell’ansia, che vengono diagnosticati e curati grazie anche al supporto di un’équipe di psicologhe esperte, quindi attraverso la coniugazione di una cura farmacologica ad una psicoterapia iniziata già durante la degenza e proseguita dopo la fine del ricovero. A questo si affiancano due reparti di riabilitazione: psichiatrica e neurologica, studiati per assicurare la continuità assistenziale con lo spostamento del paziente che, per esempio necessita di fisioterapia dal reparto per la fase acuta a quello di riabilitazione». Nell’ottica della continuità assistenziale, la casa di cura Morana offre anche 79 posti di Residenza Sanitaria Assistita in una struttura che si trova nelle vicinanze, di cui 49 convenzionati con la ASP di Trapani, dedicati all’assistenza di disabili fisici, psichici e anziani non autosuffi-


Benedetto Morana

cienti che permangono nella struttura per lunghi periodi di tempo e ai quali viene fornita tutta l’assistenza necessaria medica e infermieristica. Dei 49 posti convenzionati, 19 sono dedicati esclusivamente alla cura di soggetti affetti da Malattia di Alzheimer. Fra le attività ambulatoriali, presso la casa di cura Morana, vengono eseguite visite neurologiche, metodiche diagnostiche neurofisiologiche, come l’elettromiografia – che conta circa mille prestazioni annuali –, i potenziali evocati multimodali, l’elettroencefalografia. Un esame disponibile da qualche mese è l’elettroencefalogramma Holter il quale permette di monitorare l’attività cerebrale nelle ventiquattro ore mediante una piccola scatola da portare a casa ed è particolarmente utile per la diagnosi di epilessia. «All’interno della nostra struttura è garantita la massima sicurezza per i malati. Le équipe mediche di ogni fascia funzionale, responsabili della salute dei pazienti, sono messe nelle condizioni strutturali e logistiche tali da potere svolgere il loro lavoro con le più adeguate e moderne tecnologie al momento disponibili. Inoltre la nostra casa di cura ha istituito sin dal 2003 un gruppo operativo per la prevenzione

delle infezioni ospedaliere allo scopo di garantire lo sviluppo e l’adozione di protocolli mirati alla riduzione del rischio di contrarre infezione ospedaliere. Il gruppo operativo – costituito dal dirigente sanitario, dal responsabile del laboratorio di analisi, dal capo sala e da un infermiere professionale – si riunisce con cadenza trimestrale per fare il punto sul monitoraggio delle infezioni ospedaliere, per adottare eventuali nuove strategie di lotta e per la verifica dell’idoneità dei protocolli e delle linee guida impiegate. Inoltre, partecipiamo al programma per la gestione del rischio clinico attraverso l’attività di autovalutazione svolta dal comitato per il rischio clinico». Tutte le attività della casa di cura sono svolte sulla base di un sistema di gestione delle qualità certificato secondo la norma Uni En Iso 9001:2000 – rilasciato da Tüv Italia. «Questo – dice in conclusione il dottor Benedetto Morana, allo scopo di orientare, monitorare e rendere il servizio erogato più vicino ai bisogni e alle aspettative dei cittadini. Questo ci permette anche di controllare la corretta esecuzione delle procedure, attraverso riunioni settimanali dei vertici aziendali, che valutano il buon funzionamento della struttura e verificano lo stato della dotazione tecnologica».

A sinistra, un interno della Residenza Sanitaria Assistita, nelle vicinanze della casa di cura Morana, per la riabilitazione dei disabili fisici, psichici e anziani non autosufficienti www.rsamorana.it

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ANDROLOGIA

Per un’andrologia sempre più autonoma Affrontare tutte le problematiche relative alla riproduzione e alla sessualità maschile, in maniera completa e autonoma. È questo oggi il ruolo dell’andrologo, come spiegano il professor Francesco Gattuccio, da 40 anni in prima linea nel diffondere gli sviluppi di questa disciplina sul territorio siciliano, e il dottor Ignazio Gattuccio Diego Bandini andrologia è una scienza piuttosto recente, nata come branca specialistica dell’endocrinologia e dell’urologia, dedicata allo studio della fertilità e della sessualità maschile. Le patologie di pertinenza andrologica, infatti, negli ultimi decenni hanno assunto un'importanza molto rilevante, tale da potere essere inquadrate come vere e proprie malattie sociali. Basti pensare al sostanziale aumento dell'incidenza, scientificamente provata, di problematiche quali l'infertilità maschile e le disfunzioni erettili, alle quali si associano, e talvolta ne sono causa, patologie quali il diabete e l’ipertensione, da sempre oggetto di

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Il professor Francesco Gattuccio e, accanto, il figlio, il dottor Ignazio Gattuccio prof.gattucciof@libero.it - ignaziogattuccio@hotmail.com

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studi, e quelle inerenti alla sfera psichica e prostato-vescicolare. In Italia lo sviluppo dell’andrologia risale agli anni Settanta, e affonda buona parte delle sue radici in Sicilia, grazie all’instancabile lavoro portato avanti da professionisti come il professor Jannì, endocrinologo di Palermo, e il professor Cittadini, ginecologo proveniente sempre dal capoluogo siciliano. «Possiamo dire che la nascita dell’andrologia in Italia – sottolinea il professor Francesco Gattuccio, specialista in andrologia, endocrinologia e radiologia, titolare della cattedra di Andrologia presso l’Università di Palermo dal 1986 al 2010 – ha contribuito a colmare il vuoto rappresentato dalla mancanza di specialisti che si occupassero della salute sessuale e riproduttiva dell’uomo con la stessa esclusività con cui operano, da almeno due secoli, i ginecologi nei riguardi della donna». Secondo Ignazio Gattuccio, figlio di Francesco e anch’esso affermato andrologo a Palermo, «l’andrologia ha avuto origine come specialità multidisciplinare; oggi, invece grazie ai progressi compiuti e a un intenso lavoro di specializzazione portato avanti negli anni, essa può essere finalmente gestita come una disciplina autonoma». Cosa è cambiato soprattutto? Ignazio Gattuccio: «Al contrario di quello che accadeva fino a qualche tempo fa, un solo specialista è in grado di seguire il paziente andrologico in maniera globale, accompa-


Francesco e Ignazio Gattuccio

gnandolo nel suo percorso dalla diagnosi alla fase terapeutica. Un risultato importante, per il quale ho operato con forza e determinazione durante tutta la mia carriera e che rappresenta il mio massimo orgoglio». Per poter raggiungere i livelli di eccellenza che oggi sono riconosciuti all’andrologia italiana, è stato quindi necessario un lungo percorso. Francesco Gattuccio: «Assolutamente sì. Un andrologo, come detto, per poter svolgere il suo compito in maniera completa deve essere in possesso di una serie di competenze che possono essere acquisite solo al termine di un lungo percorso formativo. Io stesso, cresciuto alla scuola di Cittadini e Schoysman, per ben sette anni ho fatto la spola tra Palermo, Bruxelles, Liegi e Charleroi, in quanto ero fermamente convinto del fatto che questa nuova disciplina richiedesse operatori capaci di agire in maniera globale. Sono stati anni difficili e faticosi, grazie ai quali ho però compreso come la strada da me intrapresa fosse quella giusta. Purtroppo però devo dire che la mia idea, condivisa a parole da tutti i professionisti del settore riuniti all’interno della Società Italiana di Andrologia, della quale sono stato consigliere dal 1989 al 1996, per molto tempo non si è potuta tradurre nella pratica». Quali sono gli ostacoli incontrati a questo proposito? F.G.: «Spesso mi sono trovato a combattere contro ostinati interessi di parte, perché sia la componente endocrinologica che quella urologica della Società non hanno mai voluto rinunciare a un settore,originariamente di loro competenza, che nel frattempo era divenuto molto importante dal punto di vista culturale, ma anche e soprattutto mediatico ed economico». Oggi però, possiamo dire che i vostri sforzi sono stati premiati. F.G.: «Certo. La mia esperienza è servita da stimolo per tanti giovani professionisti, tra cui

proprio mio figlio Ignazio. Anche lui, come me, è stato costretto a un lungo percorso necessario per specializzarsi, trascorrendo molti anni di intenso lavoro tra Trieste, Pisa e Roma, con brevi soggiorni di studio anche a New York, Amburgo, e Belgrado. Sacrifici necessari, che hanno portato alla realizzazione di quello che, in un certo senso, è sempre stato il mio sogno, vale a dire la “nascita” di un andrologo completo, dotato delle competenze necessarie per affrontare correttamente tutte le problematiche relative alla riproduzione e alla sessualità maschile, senza trascurare la prevenzione e la cura delle altre patologie che interessano l’uomo in tutto l’arco della vita». Entrando più nel dettaglio, quale deve essere oggi l’approccio dell’andrologo in

In alto, prelievo gametico nell’ambito dei programmi di fecondazione assistita in casi di azospermia. Sotto, sequenza della terapia percutanea mininvasiva di sclerotizzazione per varicocele

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ANDRLOGIA

Oggi l’andrologia può essere finalmente gestita come una disciplina autonoma, perché, al contrario di quello che accadeva fino a qualche tempo fa, un solo specialista è in grado di seguire il paziente andrologico in maniera globale

presenza di problemi legati all’infertilità? F.G.: «Nel

Occhiali per isolamento sensoriale e stimolazione virtuale in corso di ecocolordoppler penieno dinamico

caso dell’infertilità, possiamo effettuare indagini laboratoristiche dedicate allo studio qualitativo del seme e all’identificazione di eventuali condizioni curabili, come le infezioni genitali misconosciute, attraverso specifiche indagini colturali. Le concomitanti indagini ormonali permettono inoltre un inquadramento sistemico delle condizioni riscontrate e offrono un importante orientamento terapeutico e prognostico della coppia infertile». I.G.: «Le competenze che ho maturato in campo ecografico, dedicandomi anche, in qualità di docente, alla loro diffusione attraverso corsi teorici o pratici sparsi su tutto il territorio nazionale, consentono infine uno studio anatomico e funzionale gonadico approfondito, caratterizzando praticamente ogni eventuale affezione testicolare, oltre a garantire una stadiazione emodinamica precisa del varicocele, condizione di frequente riscontro in pazienti dispermici. L’esclusione di patologie neoplastiche, di incidenza non trascurabile in età giovanile, rappresenta un ulteriore ed essenziale vantaggio dell’approfondimento dia-

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gnostico strumentale andrologico, altrimenti spesso deficitario nella pratica clinica». Cosa ci può dire, invece, relativamente alle disfunzioni sessuali? I.G.: «Riguardo le disfunzioni sessuali, attraverso un approccio integrato medico e sessuologico, i pazienti oggi possono usufruire di approfondimenti ematologici e strumentali dinamici, dedicati allo studio del deficit erettile vasculogenico (ecocolordoppler) e alla registrazione delle erezioni notturne (rigiscan), molto utile nei giovani affetti da disfunzione psicogena». Quali, infine, i campi di intervento principali, per l’andrologo, da un punto di vista chirurgico? I.G.: «In campo terapeutico, la nostra esperienza, a parte la tradizionale chirurgia delle affezioni genitali, è dedicata al trattamento mini-invasivo del varicocele, effettuato mediante flebografia e sclerotizzazione del distretto venoso spermatico in anestesia locale, alla correzione delle malformazioni congenite ed acquisite del pene e al prelievo gametico, nell’ambito dei programmi di fecondazione assistita nei casi di azoospermia».



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