dossier piemonte 03 2012

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OSSIER PIEMONTE L’INTERVENTO.........................................13

ECONOMIA E FINANZA

Mariella Enoc Pietro Ichino

INDUSTRIA AEROSPAZIALE...........26 Mario Calderini Giuseppe Giordo Francesco Caio Massimo Feira

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Elsa Fornero MERCATO DEL LAVORO ..................20 Claudia Porchietto Dario Odifreddi FORMAZIONE .......................................24 Andrea Gavosto

RICERCA E SVILUPPO.......................38 Fabio Massimo Grimaldi Marco Cantamessa Stefano Viglione

PROPRIETÀ INTELLETTUALE........116 Jacobacci & Partners SERVIZI ALL’IMPRESA.....................118 Roberta e Alessandra Rostagno

FOCUS NOVARA ..................................46 Andrea Ballaré Daniele Andretta Paolo Rovellotti Fabio Ravanelli

CONSULENZA.....................................120 Stefano Morel

SISTEMA FIERISTICO........................58 Ettore Riello Giada Michetti Régis Faure Rolando Picchioni

PRODOTTI ALIMENTARI.................124 Sergio Poletti Marco Invernizzi Domenico Toso Graziano Giglio Vigna

MODELLI D’IMPRESA........................68 Mario Travaini Giancarlo Freguglia e Alessio Travaini Giancarlo Vezzola Roberto Marengo Franco Fornacca Paola e Luca Tamponi Mario Martucci Stefano Quercetti e Manuela Pucci Valerio Leone

VERIFICHE SUGLI ALIMENTI ........134 Walter Lovato

TECNOLOGIE.........................................86 Angelo Carelli Francesco Martelli Claudio Piovano Alessio Ramini Grazia Patanè INNOVAZIONE.......................................96 Quadra Pro Gianni Boscolo IL SETTORE TESSILE.......................102 Mauro e Caterina Spriano Grazia e Laura Fontanella Gian Piero Argentero IL SETTORE CHIMICO......................108 Mario Fea

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SICUREZZA ...........................................110 Attilio Origo Marco Carlo Grossi Giorgio Fortis

MERCATO DELL’AUTO ....................122 Roberto Richetti


Sommario AMBIENTE ENERGIA................................................138 Riccardo Cassina Roberto Sacco Giovanna Travasa RINNOVABILI.......................................146 Ivo Destefanis Vincenzo Chiarelli BONIFICHE ..........................................150 Luca Poli

GIUSTIZIA

TERRITORIO IL NUOVO VOLTO DI TORINO ......154 Carlo Olmo Riccardo Bedrone Luciano Pia Benedetto Camerana EDILIZIA.................................................164 Manuela Paracchini e Alberto Pizzetti Pietro Franco Claudio Airaudo Giovanni Prunotto

MATERIALI ..........................................172 Paolo Tomola Emilio Vigolungo Marco Bruno

ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA ..200 Marcello Maddalena Luciano Panzani

INTERNI .................................................180 Max Georg Huber

SANITÀ

TRASPORTI..........................................182 Enzo Pirazzi TURISMO...............................................186 Piero Gnudi Fortunato Giovannoni Alberto Cirio Rinaldo Ocleppo Laura Morgagni

POLITICHE SANITARIE...................206 Paolo Monferino Giovanna Ventura DISLESSIA............................................210 Barbara Ramella RIABILITAZIONE ................................212 Mario Vannini PRESIDI ORTOPEDICI .....................214 Barbara Devietti Goggia COSMETICI...........................................216 Massimiliano Cerutti CHIRURGIA PLASTICA ....................218 Alberto Rivarossa

RUBRICHE TRA PARENTESI ...............................220 Ferruccio Dardanello IL COMMENTO...................................222 Anna Mantini

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IN COPERTINA

E ADESSO BISOGNA PASSARE DALLE PAROLE AI FATTI Diritto dei giovani al lavoro e al futuro. Più tutela per tutti i disoccupati “involontari”. Maggior competitività per le imprese italiane. Il castello della Cgil fatto di “ipergarantismo” è sotto assedio. Gli obiettivi della riforma del lavoro del ministro Elsa Fornero Renato Farina, deputato della Repubblica

ra qualche anno non sarà ricordata per quegli occhi annegati di pianto, ma per la riforma del lavoro. Che riforma sarà? I particolari si stanno definendo in queste settimane, toccherà al Parlamento dire di sì o di no, piacciano o no ai sindacati e ai conservatori di sinistra. Intanto però il ministro del Welfare e delle Pari opportunità Elsa Fornero ha disegnato il nuovo panorama. Ed è senza nebbie, aria pura, ma cime aspre, e rischio di valanghe. Più che una riforma, è una rivoluzione. Un’architettura dove cambia la prospettiva da cui guardare i contratti di lavoro, gli ammortizzatori sociali, i rapporti tra lavoratori e imprese. Non è soltanto la riforma del “mercato del lavoro”, ma dell’idea di lavoro. Un salto da watusso di mentalità. Lo scopo della politica non è cercare di garantire il posto, fisso o meno, utile o no, purché si campi: quello è il mito socialista. Ma bisogna anche che la persona non sia sola, abbandonata nella giungla del capitalismo selvaggio. Si chiama economia sociale di mercato, ed è quello che il centrodestra

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Elsa Fornero

Siamo molto prudenti nel dare per scontato che ce la farà. Però le sue idee, almeno quelle emerse fino a oggi, ci piacciono e guai a chi le tocca

ha scritto nei suoi programmi: si tratta piuttosto di fidarsi della società, e la politica deve sostenerla non sostituirla nella creazione del lavoro: un mondo dove ciascuno, a prescindere da età, origini sociali, condizioni di salute, sarà sostenuto nel dramma della vita dai suoi fratelli uomini. Un uomo, però, non un pulcino cui lo Stato e gli enti di previdenza, vigilati dai sindacati, devono accudire vita natural durante. Diciamo che – se il ministro ce la farà! – sarà come passare dalla guida a destra alla guida a sinistra (nessuna allusione politica): la direzione verso cui andare sarà sempre quella, e cioè dare sicurezza sociale, garantire che nessuno finirà nel disastro se dovesse chiudere un’azienda. Ma lo stile di guida, il senso di marcia è invertito. Si parte dal diritto dei giovani al lavoro e al futuro, dal merito (che non è essere solo bravi, ma anche buoni), invece che dal “diritto acquisito” dei già garantiti a essere più garantiti. Insomma, il castello dei sindacati, dove i vari re e regine tipo Camusso e Landini, regnano con l’alibi di difendere i lavoratori, è sotto assedio. Per questo, Susanna Camusso e la sua Cgil le stanno tentando tutte per togliersi dai piedi Elsa Fornero. Ahi, se fosse destra, l’avrebbero già fatta a pezzettini. Ma la professoressa Fornero appartiene a quella sinistra riformista con-

tro cui in passato (si spera sia solo in passato) le Brigate rosse hanno puntato le loro pistole (D’Antona, Biagi) o le loro minacce (Pietro Ichino). Tutto questo provoca nemici. E anche il suo carattere non è fatto per le battaglie dei cuscini, dove ci si tira dei gran colpi di piume d’oca. La drammaticità dell’ora, la dimensione cosmica della crisi, non ammette giochi a tamburello o rimandi alle calende greche quando saremo travolti dai guai senza rimedio. Un’impresa audace. Per questo siamo molto prudenti nel dare per scontato che ce la farà. Avvertiamo però che le sue idee, almeno quelle emerse fino a oggi, come terre emerse dal Mar delle Lacrime ci piacciono e guai a chi le tocca. Ricordate? Conferenza stampa, domenica 5 dicembre. Annuncia misure dolorose sulle pensioni accanto al presidente Monti, non riesce a trattenersi. Diciamo che le lacrime del primo giorno sono state un falso allarme, un’icona sbagliata. Non erano un avviso ai naviganti della politica e del sindacato perché tenessero conto che il loro interlocutore-avversario sarebbe stata d’ora in poi una donna emotiva, in fondo sentimentale. O peggio un’ipocrisia da coccodrilla (pardon, coccodrillo) dopo il pasto. Era l’avviso che faceva sul serio. Vediamo qualche punto, sapendo che il ministro è ancora nella fase in cui PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

ascolta tutti, lavora di scal-

pello e di cesello. Ma non sta “concertando”. Non pretende che siano tutti d’accordo. Non offrirà mezze porzioni. Alla fine, entro marzo, consegnerà il pacchetto della rivoluzione alle Camere. Si prendano la responsabilità di dire di no. E i sindacati di andare in piazza. 1) L’articolo 18. Non esiste in nessun paese del mondo. Garantisce i lavoratori delle grandi aziende: non possono essere licenziati, salvo in pratica la chiusura dell’azienda. Dopo di che per anni e anni hanno cassa integrazione eccetera. I famosi ammortizzatori sociali ordinari e straordinari. Be’, con molto coraggio Elsa Fornero ha spiegato che il 18 non è un numero perfetto. Anzi. È un totem di una tribù fuori dal tempo. L’impossibilità di licenziare in aziende sopra i 15 dipendenti frena le assunzioni, impedisce gli investimenti esteri. Nella lettera della Banca centrale europea spedita al Governo Berlusconi e fatta propria da Monti c’è l’invito a scardinare l’articolo 18: bisogna aumentare la flessibilità in uscita per agevolare maggiori assunzioni. E per riformare nel profondo il sistema delle imprese. Le aziende italiane combattono sui mercati esteri, sono ricche di competenze e di creatività imprenditoriali, ma sono piccole, non crescono dimensionalmente, fanno fatica a fondersi. I motivi sono molti: la nostra cul-

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tura, certo, l’ossessione del controllo. Ma anche, e forse soprattutto, l’articolo 18. Ha scritto il professor Giampiero Cantoni: “È paradossale ma va così: la paura di non poter licenziare domani spinge a non assumere oggi. E questo è tanto più vero nel caso di investitori stranieri. Chiunque guardasse la struttura produttiva italiana, abbondante di imprese medie e piccole, la immaginerebbe più interessante per i fondi di private equity (quelli che mettono capitali e competenze manageriali nelle imprese, per rivenderle una volta rese più efficienti) che la Francia, paese di aziende più grandi e con un ruolo di programmazione dello Stato molto più forte. Purtroppo non è così: si fa più private equity in Francia che in Italia. Sono tutti quattrini che perdiamo: chi viene dall’estero e porta risorse porta opportunità a tutti e, alla lunga, maggiore occupazione”. L’articolo 18 è un simbolo. Ma non dei diritti. Bensì dei diritti acquisiti a scapito di chi non ne ha né ne avrà. Per questo va tolto di mezzo, con la dovuta gentilezza e persino metten-

Susanna Camusso e la sua Cgil le stanno tentando tutte per togliersi dai piedi Elsa Fornero

dosi sugli attenti se serve, il simbolo di un’Italia irriformabile. Per questo si insiste sul punto. 2) Occorre cambiare i contratti. Per Fornero serve un contratto “in evoluzione”. Ha detto: «Occore un contratto che evolva con l’età dei lavoratori piuttosto che contratti nazionali specifici che evolvono per tutte le età». Quello a cui pensa il governo è un modello di contratto che si «iscrive attorno alla vita del lavoratore». Il tutto


Elsa Fornero

Nella pagina precedente, Maurizio Landini e Susanna Camusso; in basso, Marco Biagi

per favorire la «formazione e la partecipazione al mercato del lavoro ad ogni età». Insomma: è finita l’età dei contratti corporativi, di tessili, metalmeccanici, eccetera, ciascuno con clausole di anzianità che dipendono

dal momento di ingresso e non dall’età effettiva. 3) Il nemico non è il tempo determinato, ma la disoccupazione. Il giudizio è dunque positivo sui contratti flessibili. Ma occorre che sia una “ flessibilità buona”. Il governo non vuole abolirli ma “evitare che si passi da un contratto a tempo determinato all’altro restando sempre determinati”. Come uscirne: l’idea è quella del «premio di stabilità» per le imprese che trasformano i contratti flessibili in rapporti a tempo indeterminato. Insomma. Tu assumi a tempo? Paghi 100 di contributi. Rinnovi il contratto sempre a tempo? Aumentano, diventano 150. Poi se confermi il ragazzo a tempo indeterminato, pagherai 50 per un po’ di anni. Questo evita l’usa e getta dei giovani. Inoltre basta con lo stage gratuito, in realtà furti di lavoro. Piuttosto si affronti seriamente la

questione dell’apprendistato. 4) Gli ammortizzatori sociali. Il mito in corso è quello che i sindacati tutelerebbero questo sistema che garantisce alla gente di non finire sul lastrico se perde lavoro o la ditta va in crisi. Balle. Le prove? L’obiettivo del governo è quello di estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori (circa 12 milioni). Elsa Fornero ha scioccato tutti: oggi su questi 12 milioni quanti sono i tutelati da cassa integrazione eccetera? Cinque milioni! Sette milioni sono esclusi. Non si capisce perché debbano esserci degli esclusi. In presenza di risorse carenti, occorrerà spalmare le tutele su tutti, un po’ meno ma per tutti. Invece i sindacati, e in specie la Cgil, esigono che le tutele che hanno i 5 milioni siano trasferite per magia a tutti e dodici. Ovvio che sia impossibile, perché non esiste ancora il ministro della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma serve a tutelare il proprio castello e a ingannare i giovani. 5) Ci deve essere un reddito minimo per tutti i disoccupati “involontari”, e che sia uguale per tutti. È finita con la giungla dei casi particolari. Chissà quali altre cose verranno fuori, ma il disegno forneriano è quello. E se non la fermeranno cammin facendo cambierà in meglio l’Italia. Anzi permetterà all’Italia di esistere ancora. Siamo un po’ drastici è così. E allora altro che le lacrimucce della Fornero. Ahia, mi è scappato la preposizione articolata al femminile. Nessuno è perfetto. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 19


MERCATO DEL LAVORO

Orientare sempre più l’offerta formativa Per fronteggiare le criticità del mercato del lavoro, occorre partire da una migliore conoscenza delle sue dinamiche. Per questo, il Piemonte ha adottato un nuovo strumento. Ne parla l’assessore al Lavoro Claudia Porchietto Francesca Druidi

n modello informatico previsionale sul mercato del lavoro. A introdurlo, per prima in Italia, è la Regione Piemonte. «La Regione – spiega l’assessore al Lavoro e formazione professionale della Giunta Cota, Claudia Porchietto – aveva necessità di conoscere in modo dettagliato e puntuale le dinamiche del mercato del lavoro per poter assumere decisioni rapide e legate in presa diretta al comportamento della domanda e dell’offerta, in particolare per la programmazione dei corsi di formazione professionali e delle politiche occupazionali». Nasce così il Sis Mdl, Sistema informativo statistico del mercato del lavoro, frutto della collaborazione tra l’assessorato al Lavoro, l’Osservatorio regionale del mercato del lavoro, il Csi Piemonte e il Crisp, Centro di ricerca interuniversitario per i servizi di pubblica utilità. Quali vantaggi, in termini di tipologia di informazioni raccolte dal sistema, vi attendete dal nuovo sistema informativo? Quali ten-

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denze sul mercato del lavoro regionale emergono a una prima analisi? «Questo sistema offre un servizio di forecasting complessivo sulle assunzioni per tipologie di contratto e lo stato di salute delle singole professioni. Un vero e proprio elemento d’eccellenza, primo in Italia, che partendo da una serie storica di quattro anni di dati è in grado di rappresentare statisticamente il comportamento delle tipologie di contratto permanente e flessibile in modo previsionale rispetto all’anno precedente. Il primo dato positivo consiste nell’aver messo a sistema dei dati che spesso o non venivano proprio utilizzati oppure, trattati in modo parziale, potevano dare risultati differenti: oggi tutte le istituzioni piemontesi avranno parametri uguali. Si tratta, quindi, di un mezzo assolutamente innovativo che permetterà alla politica di programmare le proprie azioni di governo in modo scientifico, ottimizzando l’utilizzo delle risorse pubbliche sempre più scarse. La tendenza per il 2012 sarà, purtroppo, ancora negativa: sul ter-

ritorio piemontese prevediamo una contrazione degli avviamenti al lavoro pari al 7%». In Piemonte nel 2012 gli avviamenti al lavoro diminuiranno dell’1,9% rispetto allo scorso anno: il calo sarà del 4,2% per i contratti flessibili, del 6,6% per quelli permanenti. Come reagire di fronte a queste fosche previsioni? «In primo luogo, con uno stop ai contributi a pioggia. Bisogna che la politica concentri gli sforzi lad-


Claudia Porchietto

Il nuovo sistema informativo offre un servizio di forecasting complessivo sulle assunzioni per tipologie di contratto

dove esiste la reale possibilità di supportare i livelli occupazionali e il sistema produttivo sano. Secondariamente, occorre privilegiare le politiche attive rispetto al sostegno di tipo assistenziale: una scelta che, però, non può prescindere da una concertazione attenta con i sindacati e le parti sociali in genere. Il lavoro della Regione non può a ogni modo prescindere da seri interventi nazionali, che non si concentrino esclusivamente su una riforma del

mercato del lavoro di tipo giuslavoristico, ma che piuttosto optino per un vero rilancio della competitività italiana. Rilancio che passa attraverso l’abbattimento dei costi del lavoro, una fiscalità più amica delle imprese e un invito al sistema creditizio di supportare il sistema Italia. Senza questo salto di qualità, possiamo razionalizzare il numero di tipologie contrattuali, ripensare le regole del gioco, ma non creiamo nuovi posti di lavoro». La Regione finanzierà 20 corsi di formazione post laurea per un totale di 2milioni di euro. È significativo al momento lo scollamento in Piemonte tra domanda e offerta di competenze nell’ambito del mercato del lavoro? «Ritengo che in questi due anni di mandato la Giunta Cota abbia fatto fare passi da gigante alla nostra regione in termini di collaborazione tra imprese, accademie ed enti di formazione. Oggi stiamo legando sempre di più l’offerta formativa alle esigenze del mondo delle aziende: spesso coinvolgendo queste ultime nei processi formativi, in modo che

Claudia Porchietto, assessore al Lavoro e Formazione professionale della Regione Piemonte

le competenze dei lavoratori si sposino con le esigenze del datore di lavoro. Credo che nei prossimi tre anni il Piemonte potrà essere protagonista nel mercato del lavoro». È possibile ipotizzare oggi misure che incentivino - anche dal punto di vista motivazione e psicologico - i giovani sul mercato del lavoro? «Sicuramente il testo unico sull’apprendistato voluto dall’ex ministro Sacconi è il miglior incentivo per i giovani. Quando entrerà a pieno regime, un ragazzo potrà conseguire in azienda da una qualifica e diploma fino a una laurea e a un dottorato di ricerca. Anzi, già oggi la Regione Piemonte è la prima, con la Lombardia, ad avere attivato lauree e dottorati in apprendistato. La sicurezza, finito il percorso di studio, di poter contare al 100 per cento su un posto fisso ritengo possa costituire un ottimo incentivo. I dati, infatti, ci dicono che il 99 per cento consegue il titolo di studio e il 100 per cento ha un contratto a tempo indeterminato alla fine dei percorsi di alta formazione». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 21


MERCATO DEL LAVORO

Servono maggiori tutele per tutti Aiutare giovani e disoccupati sulla strada di una buona occupazione. L’esperienza della Compagnia delle Opere del Piemonte è raccontata dal presidente Dario Odifreddi Francesca Druidi Dario Odifreddi, presidente Compagnia delle Opere del Piemonte

e previsioni sul mercato del lavoro piemontese per il 2012 lasciano presagire un altro anno difficile sul fronte dell’occupazione, con un calo delle assunzioni dell’1,9%. «Solo se le imprese sapranno crescere e vincere la sfida si potrà assistere a una ripresa dell’occupazione» commenta Dario Odifreddi, presidente della Compagnia delle Opere del Piemonte. Quali sono le priorità da affrontare in tema di lavoro e occupazione? «Occorre mettere mano alla riforma del mercato del lavoro che, negli anni, ha cercato sempre più di salvaguardare le tutele di chi già lavorava a discapito dei cosiddetti outsider. L’attuale assetto competitivo mondiale ci costringe a rivedere il sistema delle tutele, che deve garantire equità per tutti. In questo senso il posto di lavoro non può essere un diritto che prescinde dalla situazione economica dell’impresa; non poter variare l’organico è il più grande incentivo a non assumere e a non correre ri-

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schi. Le tutele si devono, dunque, spostare sul percorso lavorativo». In che modo? «Garantendo a chi non ha il lavoro, oppure lo perde, opportunità reali di formazione e modalità di sostegno economico. Ma queste devono davvero essere legate alla disponibilità di chi cerca lavoro di cambiare mestiere, retribuzione e luogo di lavoro. Solo a queste condizioni si potranno, ad esempio, sperimentare contratti di inserimento per i giovani che non abbiano le caratteristiche della precarietà. Accettare questa sfida è una responsabilità dei singoli, ma anche delle parti sociali. Non attardiamoci su strumenti inadeguati come l’articolo 18, impegniamoci a equiparare il settore pubblico e quello privato. In tal senso, la grande responsabilità è quella di superare una visione che mette in contrasto le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori: la sfida per restare sui mercati è una sfida comune, è un interesse congiunto, la si vince o la si perde insieme».

Le maggiori problematiche sul versante dell’occupazione le incontrano proprio le giovani generazioni. Come intervenire? «Aiutiamo innanzitutto i giovani a percepire il valore del lavoro, incentiviamoli a fare esperienze lavorative già durante gli anni dello studio. Il lavoro è realizzazione di sé prima ancora di essere un “posto” più o meno sicuro. Per sostenere l’occupazione giovanile si deve partire, anche innovandoli, da strumenti che già esistono come, ad esempio, l’apprendistato in tutte e tre le forme in cui è stato articolato nella recente riformulazione. Un’altra opportunità è la formazione professionale che, unica in Italia in questi anni, ha difeso il valore del lavoro manuale, dando vita a esperienze eccellenti come quella della Fondazione Piazza dei mestieri di Torino. I dati Excelsior da anni ci dicono che esistono molte posizioni di lavoro scoperte, per le quali non si trova la relativa offerta, in particolare nelle professioni tecniche e nei mestieri artigiani».


Dario Odifreddi

Cosa fare allora? «Bisogna superare la concezione per cui tali percorsi sono considerati come un ripiego per chi non riesce ad andare al liceo: una concezione che ha creato, negli ultimi decenni, notevoli danni al nostro sistema sia educativo che produttivo. Non è un caso che nei paesi europei (Germania, Svizzera, Austria) in cui è più radicata la cultura della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro i tassi di disoccupazione giovanile sono assai più contenuti». Quali sono le iniziative più importanti che la Compagnia delle Opere regionale ha realizzato su questi fronti? «Abbiamo dato vita a un progetto, Formazione e mobilità professionale, che terminerà a dicembre

Per sostenere l’occupazione giovanile si deve partire da strumenti come l’apprendistato

2012, in collaborazione con la Fondazione Operti e l’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo. Si tratta di accompagnare i giovani disoccupati e gli adulti espulsi dal mondo del lavoro verso nuove opportunità di ricollocamento. Nel 2011 abbiamo sostenuto 240 persone che hanno avuto contratti di varia durata, ma sempre superiori all’anno. Il progetto offre alle aziende la possibilità di impiegare la persona per 5 mesi in un tirocinio (il costo è sostenuto dalla Compagnia di San Paolo) mirato all’assunzione. Il progetto ha coinvolto in tutto quasi 500 persone e

anche chi non ha trovato un’opportunità lavorativa ha recuperato la capacità e la voglia di cercare lavoro. Uno dei problemi più gravi, infatti, è la perdita della voglia di lottare, come ben dimostrano i dati inerenti le persone che non studiano, non lavorano e non cercano. Un’altra iniziativa è quella dei cavalieri del lavoro». In cosa consiste? «Imprenditori, dirigenti, direttori del personale si prendono gratuitamente carico di persone particolarmente in difficoltà, seguendole in un percorso di ricollocamento. Un’iniziativa decisiva, che non lascia le persone sole di fronte a queste problematiche, mostrando quella solidarietà intergenerazionale che è fattore educativo fondamentale di un popolo. Queste iniziative innovative e sperimentali possono, inoltre, diventare reali suggerimenti di policy per gli enti pubblici. La Regione Piemonte ha, infatti, appena emanato un dispositivo per favorire l’inserimento lavorativo che, tra gli altri elementi, prende spunto da questa esperienza. Credo che uno dei compiti delle realtà associative sia proprio quello di aiutare la politica a mettere in campo strumenti nuovi e efficaci per favorire l’inserimento lavorativo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 23


FORMAZIONE

Per una nuova scuola italiana Creare un efficace sistema di valutazione per conoscere punti di forza e di debolezza della realtà scolastica. Puntare sul capitale umano rappresentato dai docenti. Sono alcune delle proposte per innalzare il livello di istruzione avanzate dalla Fondazione Giovanni Agnelli, diretta da Andrea Gavosto Francesca Druidi

giovani studenti italiani rallentano notevolmente la loro capacità di approfondimento nel passaggio dalle elementari alle medie. Diverse sono, infatti, le criticità che investono la secondaria superiore di primo grado. E anche l’università potrebbe decisamente stare meglio. La Fondazione Giovanni Agnelli, che dal 2008 concentra le proprie attività di ricerca sul tema dell’education (scuola, università, lifelong learning), ha posto sul tavolo diverse proposte per migliorare il sistema educativo italiano. Ne parla il direttore Andrea Gavosto. Si possono considerare le scuole elementari come l’anello forte della scuola italiana? Se sì, per quali motivi? «Dai confronti internazionali emerge questa tendenza. Sotto il profilo della capacità di lettura a 10 anni misurata dall’indagine Pirls (Progress in international reading literacy study) e dell’abilità in campo matematico e scientifico, misurata dal Tirmss (Trends in international mathematics and science study), l’Italia risulta in entrambi casi superiore alla media

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Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli

dei paesi avanzati. La scuola elementare italiana è sicuramente accogliente dal punto di vista didattico-pedagogico; lo dimostra il fatto che, alla fine del ciclo primario, i risultati di apprendimento non sono legati all’estrazione sociale. Si rilevano forti capacità di coordinamento: i maestri dedicano diverse ore a programmare l’attività didattica in comune. Inoltre, si registra un’ottima preparazione dei docenti: alle conoscenze disciplinari si assomma l’abilità nel saperle trasmettere. Un grande problema della scuola italiana consiste proprio nel fatto che i docenti sono competenti nella propria materia, ma non possiedono una formazione specifica all’insegnamento». “Il rapporto sulla scuola in Italia 2011” ha evidenziato tutte le

carenze della scuola media italiana. Come dovrebbe essere una scuola media rinnovata, più giusta ed equa? «Abbiamo elaborato una serie di proposte che riguardano la programmazione didattica comune e il suo rinnovamento. Oggi nella scuola media italiana esiste solo la lezione frontale, quella tradizionale dalla cattedra, mentre sarebbe interessante sperimentare metodologie diverse, ampliando e arricchendo la “cassetta degli attrezzi” degli insegnanti. Le proposte principali sono due. La prima prevede l’estensione dell’orario scolastico fino al pomeriggio per realizzare una serie di innovazioni e sperimentazioni che necessitano di tempi inevitabilmente più lunghi, ma anche per aiutare e sostenere


Andrea Gavosto

La Fondazione ha elaborato per la scuola media proposte relative alla programmazione didattica comune

chi ha dei punti deboli, attraverso l’organizzazione di corsi mirati di recupero. Per quanto riguarda la seconda proposta occorrerà saper sfruttare l’occasione rappresentata dal prossimo pensionamento di un notevole numero di insegnanti per rinnovare in maniera adeguata il corpo docente. Serve insistere affinché i nuovi assunti abbiano una serie di competenze didattiche specifiche per ragazzi pre-adolescenti che vivono un’età complicata». Un’altra ricerca realizzata dalla Fondazione ha stilato una sorta di bilancio della riforma universitaria del “3+2”, che ha pro-

dotto alcuni esiti positivi ma presenta ancora diverse problematiche. Come intervenire affinché l’università riesca a produrre dei “buoni laureati”? «Il senso della proposta della Fondazione consiste in una differenziazione del sistema universitario, con una distinzione più netta tra formazione di base triennale, a vasta diffusione territoriale, e quella magistrale-dottorale. Proponiamo di ampliare il più possibile il numero di persone che conseguono la laurea triennale, ma al contempo di restringere il novero delle università accreditate per erogare le

lauree magistrali. È importante che gli atenei si specializzino nei campi dove sono più forti». La valutazione del sistema scolastico e il reclutamento del corpo docente rappresentano le principali sfide indicate anche dal Governo Monti per migliorare la scuola italiana. Quali prospettive individua rispetto a questi obiettivi? «Sul fronte del reclutamento, la realtà di bilancio permetterà in parte di rinnovare le uscite fisiologiche determinate dal pensionamento. Non credo che l’organico potrà aumentare, considerando anche che la scuola italiana presenta un numero di insegnanti nettamente superiore a quello degli altri paesi europei. Per quanto riguarda la valutazione, invece, si può fare ancora molto. Anche la Fondazione ha attuato una sperimentazione in questo senso. È importante valutare le scuole affiancando i risultati di apprendimento a una serie di visite di osservazione, dove si misurano aspetti e attività che non rientrano nelle prove Invalsi per ottenere un’immagine a 360 gradi degli istituti». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 25


INDUSTRIA AEROSPAZIALE

Innovazione ad alta quota Sulla scia dei tre prototipi già testati in orbita, il comitato del distretto aerospaziale del Piemonte si accinge a entrare nel vivo della fase 2 della piattaforma tecnologica. Ne parla Mario Calderini Giacomo Govoni

re progetti già ben avviati e da mantenere in orbita. Più altri due filoni innovativi partiti dalla rampa di lancio poche settimane fa per consolidare l’importante tradizione territoriale nel settore. Punta in alto, e non solo in senso figurato, l’industria aerospaziale piemontese. Dopo un quinquennio generoso di risultati sul piano della competitività tecnologica, alza di altre due tacche l’asticella dello sviluppo di un comparto che da solo copre il 25% dell’aerospazio italiano. «Le prossime sfide che ci attendono riguardano

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l’applicazione di un motore elettrico all’aeronautica e un sistema di gestione dei rifiuti orbitali». Scenari di conquista quelli delineati da Mario Calderini, presidente del comitato del distretto aerospaziale del Piemonte, legati a doppio filo alla «capacità che avremo di agganciare la fetta più corposa possibile dei 375 milioni sbloccati dal Miur per i distretti tecnologici del centro-nord». Sorto nel 2006 per volontà degli enti locali piemontesi, il comitato ha varato nei giorni scorsi la cosiddetta “fase 2” della piattaforma tecnologica, che si inserisce nel solco dei tre precedenti progetti: Smat 1, Steps e Great 2020. Dietro queste tre sigle ci sono i frutti degli ultimi anni di lavoro del distretto. Vuole illustrarceli? «Diciamo innanzitutto che questi progetti rappresentano le tre prime importanti traiettorie di ricerca attorno alle quali sette anni fa ha preso corpo l’idea stessa di riunire sotto un’unica regia grandi imprese, rappresentanti di piccole imprese, università e centri di ricerca. Si tratta di tre grandi filoni, il volo senza pilota per usi


Mario Calderini

Mario Calderini, presidente del comitato promotore del Distretto aerospaziale piemontese

civili, il motore a basso impatto energetico e la robotica per l’esplorazione spaziale, coordinati rispettivamente da Alenia, Avio e Thales. Un grande investimento su cui la regione ha fatto sforzi enormi, destinando 40 milioni nella prima fase e 25 in questa seconda. Il fatto che tre prototipi abbiano già volato ci riempie di soddisfazione e testimonia il raggiungimento di risultati concreti, che avvalorano la scelta di incorporare tutti i soggetti operanti nel comparto aerospaziale sotto il coordinamento unico del comitato». Quali vantaggi ha portato la costituzione del comitato? «È un’organizzazione molto leggera, costata pochissimo come spese indirette e che ha dato slancio a una piattaforma che oggi conta 13mila occupati con 2,7 miliardi di fatturato annuo complessivo. Risollevandola in tal modo da un periodo in cui disponevamo di finanziamenti e incentivi molto polverizzati e poco efficaci». Tra le parole d’ordine che incardinano l’attività del distretto, la pole position spetta all’innovazione. Disponete di sufficienti risorse economiche per perseguirla? «È bene essere realisti. Noi abbiamo usufruito di un finanziamento di quasi 60 milioni di euro, che dal punto di vista della Regione sono tantissimi. Però noi sappiamo che in ambiti come l’aeronautica e lo spazio non bastano. Il nostro obiettivo è chiaro: nel 201415 sul versante innovazione si apriranno partite importantissime. Dalle nostre attività non uscirà il veicolo del futuro, perché le risorse sono limitate, ma sappiamo che stiamo creando condizioni e capacità per essere molto competitivi su queste tematiche». Col fresco battesimo della fase 2, il mirino della vostra azione mette a fuoco proprio il comparto aerospaziale: quali i progetti pronti al decollo? «In primo luogo porteremo a com-

pimento le tre vecchie traiettorie, proseguendo la fase di sperimentazione e affinamento. Poi apriremo due nuove linee, di cui presto conosceremo attori e vincitori di bandi: un grosso investimento sull’applicazione del motore elettrico all’aeronautica e una linea per studiare un sistema di gestione dei rifiuti orbitali». Si vocifera anche dell’imminente nascita di un metadistretto a braccetto con la Regione Lombardia. È in grado di anticiparci qualcosa? «Siamo in attesa che esca a breve il bando sui distretti del centro-nord riconosciuti dal ministero. Il comparto aerospaziale nel tempo ha saputo generare distretti molto buoni oltre al nostro. Penso a Campania, Puglia e Lombardia. Con quest’ultima da tempo caldeggiamo l’idea di un metadistretto, che non significa unire i due soggetti ma vuol dire fare un tavolo di accordo su diversi progetti come l’internazionalizzazione o la gestione delle catene produttive. Una sorta di federazione». Un approccio così partecipativo faciliterà anche le operazioni di collaborazione sullo scenario europeo? «A livello europeo come sistema-Paese siamo un pelino in difficoltà, dobbiamo riguadagnare un po’ di posizioni, c’è un sistema di alleanze da rivisitare. In ogni caso, ci stiamo preparando a competere sul grande sistema di finanziamento della ricerca Horizon 20-20 che metterà a disposizione di tutti gli Stati membri 80 miliardi di euro, suddivisi in molteplici programmi di investimento in materia di ricerca. Dovremo essere bravi a intercettare più risorse possibili». Nel vasto piano d’interventi della piattaforma trovano posto anche misure specifiche per le pmi del territorio? «Abbiamo potenziato le quote di riserva dei bandi, nel senso che ciascun progetto prevede come condizione il coinvolgimento delle piccole e medie imprese. Intanto stiamo pensando a metodi più efficaci come lo strumento delle reti d’impresa che vorremmo riservare trasversalmente solo alle piccole medie imprese». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 27


INDUSTRIA AEROSPAZIALE

Nome nuovo, eccellenza antica Un’azienda con ramificazioni in tutto il mondo, che rappresenta un modello di sviluppo per il settore scientifico e tecnologico del territorio piemontese. Giuseppe Giordo tiene a battesimo la “nuova” Alenia Giacomo Govoni

re siti nel territorio della provincia di Torino, per un totale di 3.100 risorse e un indotto di 5mila addetti suddivisi in circa 45 aziende fornitrici. Sono alcuni dei numeri che tratteggiano il profilo di Alenia Aermacchi, la nuova azienda aeronautica sorta a inizio 2012 dalla fusione dei marchi Alenia e Aermacchi, ma che affonda le radici in una storia industriale a pochi mesi dal compiere un secolo. Tra le colonne portanti del distretto aerospaziale piemontese, le attività svolte dalla società riguardano principalmente l’assemblaggio e l’integrazione finale di velivoli militari caccia (Eurofighter Typhoon) e da trasporto (C-27J) e la messa in linea di volo di velivoli prototipi e di serie. «In quanto maggior in-

T Giuseppe Giordo, amministratore delegato di Alenia Aermacchi

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dustria aeronautica italiana attiva nella progettazione, sviluppo, produzione, manutenzione e revisione di velivoli civili e militari, di velivoli non pilotati e aerostrutture – spiega l’amministratore delegato Giuseppe Giordo – siamo alla guida del settore aeronautico di Finmeccanica». Anno nuovo, nome nuovo. Perché questa scelta? «A gennaio è nata Alenia Aermacchi, una nuova azienda la cui fusione rappresenta la sintesi di un secolo di storia, di tradizione, di esperienza e di successi dell’industria aeronautica del nostro Paese. Il processo di integrazione mtte a fattor comune uno straordinario patrimonio di conoscenze, di tecnologie e di prodotti, con l’obiettivo di far sì che l’industria aeronautica italiana possa continuare, anche nei prossimi anni, a recitare un ruolo di primo piano all’interno di un mercato sempre più globale. Venegono Superiore, in provincia di Varese, storico quartier generale di Aermacchi, ospita la sede legale, affiancata da due sedi operative, Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, per il settore civile e Torino Caselle per i velivoli da difesa e addestramento militare». Come sono suddivise le fasi progettuali e produttive tra i vari presidi? «Le sedi operative sono il baricentro di attività industriali omogenee realizzate in sei diversi centri integrati di produzione (sistemi di addestramento, velivoli da difesa, velivoli da trasporto militare, velivoli civili, materiali com-


Giuseppe Giordo

positi, strutture metalliche) distribuiti su nove siti dislocati sull’intero territorio nazionale, per un organico complessivo di circa 11mila addetti. L’integrazione fra Alenia Aeronautica e Alenia Aermacchi consente di implementare le sinergie industriali, realizzando rilevanti economie di scala, sia sotto il profilo dei processi sia per quanto riguarda i prodotti, attraverso il rafforzamento dell’ingegneria, la ridefinizione dei sistemi di produzione e della relativa catena di fornitura, nell’ottica della specializzazione di ciascun sito per tecnologia e prodotto». Che riflessi avrà la recente fusione sul territorio piemontese? «Il Piemonte continua a rivestire un ruolo strategico. Torino rappresenta la sede operativa per i velivoli da difesa con una head design organization di ingegneria dedicata specificatamente ai velivoli militari. Inoltre, si prevede di completare il trasferimento, sempre a Torino, di gran parte del management con l’obiettivo di consolidare e implementare le sinergie fra le funzioni di progettazione, produzione e funzioni di staff. È previsto nei prossimi anni il completamento del polo integrato di progettazione, produzione e test, attraverso il trasferimento delle attività di Corso Marche a Caselle. Quanto ai programmi, è stato annunciato il possibile sviluppo, attraverso una partnership internazionale, di un nuovo veicolo Uav della categoria Heavy Male, con forte orientamento al mercato, che avrà significative ricadute sui siti piemontesi. L’impegno sul territorio è ulteriormente confermato dalla partecipazione di Alenia alla recente costituzione della fondazione Its Aerospazio Piemonte, finalizzata alla

formazione post diploma, in modo da agevolare l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro». L’azienda rappresenta uno dei pilastri del distretto aerospaziale piemontese. Dove risiede il vostro valore aggiunto? «Il modello distrettuale viene considerato da Alenia Aermacchi un’efficace opportunità di sviluppo per le eccellenze industriali scientifiche e tecnologiche di un determinato territorio, in quanto naturale punto di incontro fra grandi aziende, pmi, centri di ricerca e istituzioni locali. Per questa ragione la nostra azienda ha sostenuto la nascita dei distretti nelle regioni italiane a più forte vocazione aeronautica, promuovendo inoltre le attività di coopera- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 29


INDUSTRIA AEROSPAZIALE

Come azienda capofila, siamo lieti che la Regione abbia confermato il sostegno al progetto di monitoraggio del territorio con sistemi Uas zione intradistrettuale tese a far raggiungere ai

sistemi territoriali la massa critica per competere con i grandi cluster aerospaziali internazionali, tra cui Tolosa, Montreal e Amburgo. In questo contesto il distretto piemontese è stato fra i primi a individuare piattaforme tecnologiche idonee a sostenere lo sviluppo industriale del territorio. Alenia Aermacchi, in particolare, è capofila del progetto regionale per la sorveglianza e il monitoraggio del territorio attraverso sistemi Unmanned. Siamo lieti che, attraverso un’apposita delibera, la Regione ha inteso confermare il sostegno all’iniziativa ribadendo l’importanza strategica dell’attività di ricerca svolta fino a oggi nel settore degli Uas». Alenia vanta ramificazioni commerciali e basi operative in tutto il mondo, tra cui Stati Uniti e Mosca, Francia. Un profilo globale destinato a crescere? «La società ha attivato una vasta rete di joint venture e partnership di prodotto e di programma quali Scac, con la russa Sukhoi, per la

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realizzazione del Sukhoi Superjet 100, nuova famiglia di velivoli regionali jet da 75-100 posti; Eurofighter, con Bae Systems, per la Gran Bretagna ed Eads per la Germania e la Spagna, per la realizzazione del velivolo supersonico bimotore Eurofighter Typhoon; GMAS, con L-3, per il velivolo da trasporto tattico C-27J per gli Stati Uniti; Atr, con Eads, per la realizzazione dei velivoli regionali a turboelica. Siamo responsabili dello sviluppo delle versioni speciali dell’Atr da pattugliamento marittimo e per la lotta antisommergibile. Alenia Aermacchi partecipa come partner strategico di Boeing alla progettazione e produzione di significative parti strutturali del nuovo B787 Dreamliner. Al centro dei nostri investimenti in ricerca e sviluppo vi è anche il settore degli Unmanned Aerial Vehicle: la società ha già realizzato piattaforme non pilotate sviluppate specificatamente come dimostratori di tecniche e tecnologie innovative e partecipa a programmi di collaborazione internazionale».



INDUSTRIA AEROSPAZIALE

L’alta tecnologia italiana vola nello spazio Ha contribuito in maniera determinante alla messa in orbita del vettore europeo Vega. Francesco Caio presenta Avio, uno dei sette pilastri dell’aerospazio piemontese. E ne anticipa le strategie Giacomo Govoni

el fitto reticolato di imprese che gravita attorno al sistema aerospaziale piemontese, Avio è una delle sette grandi sorelle. Gruppo internazionale tra i più quotati nella progettazione e produzione di componenti e dispositivi per la propulsione aerospaziale, dal 2008 coordina “Green Engine for Air Transport in 2020”, uno dei tre progetti cardine della piattaforma tecnologica entrata da poco nella fase 2, dedicato allo sviluppo di motoristica aeronautica eco-comp a t i b i l e . Un’azienda in significativa crescita, che medita l’ingresso in Borsa e che lo scorso febbraio ha messo la proverbiale ciliegina su un periodo decisamente roseo in chiave di consolidamento della competitività. «Il lancio di Vega – commenta l’amministratore delegato Francesco Caio – rappresenta una tappa

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Francesco Caio, amministratore delegato di Avio Group

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fondamentale nel percorso di sviluppo delle nostre attività spaziali che contribuiscono ai ricavi del Gruppo con una quota intorno al 20 per cento». Con la messa in orbita di Vega, Avio proietta l’Italia nel novero dei paesi in grado di accedere allo spazio con tecnologia propria. Come inciderà questo sugli sviluppi futuri vostri e del distretto? «Vega è un progetto europeo al quale l’Italia e Avio hanno dato un contributo fondamentale. Il nostro vettore spaziale è stato progettato, sviluppato e prodotto in gran parte nei nostri stabilimenti di Colleferro (Roma). Dopo il lancio di qualifica dello scorso 13 febbraio, sono previsti ulteriori 5 lanci nel prossimo triennio. In parallelo inizieremo la fase di commercializzazione dei lanci che prevediamo possa svilupparsi nell’arco dei prossimi 15/20 anni. Vega è un elemento centrale del nostro sviluppo in campo spaziale. Il settore spazio dell’azienda conta circa 800 dipendenti, divisi tra Colleferro, Rivalta di Torino e Kourou, nella Guyana francese». Il lancio del vettore corona un 2011 che ha registrato un +14,5 per cento di fatturato rispetto all’anno precedente. A cosa è dovuto questo incremento? «Il lancio di Vega rappresenta una tappa fondamentale nel percorso di sviluppo delle nostre attività spaziali che contribuiscono ai ricavi del gruppo con una quota intorno al


Francesco Caio

A sinistra, P80, primo stadio del lanciatore Vega; sotto, Nicolas Sarkozy in visita agli impianti Vega di Avio in Guyana Francese

20%. Tuttavia il nostro core business è costituito storicamente dalla produzione di componenti e sistemi destinati alla propulsione aeronautica. In questo campo, la partecipazione ai maggiori programmi motoristici internazionali, ha permesso ad Avio di incrementare sia il fatturato sia l’Ebitda, che ha superato i 380 milioni di euro». Il vostro portafoglio ordini da 6 miliardi di euro dice che per voi l’urto della crisi non è stato così violento. «Lo scenario economico internazionale rappresenta una sfida ulteriore per qualsiasi soggetto industriale. I risultati ottenuti in questi anni ci permettono di guardare al futuro con ottimismo. Per Avio sarà centrale il tema dell’internazionalizzazione e degli investimenti in ricerca e sviluppo che nel 2011 hanno superato i 170 milioni di euro». È in fase di valutazione anche l’approdo in Borsa: avete già in mente una data indicativa? «Nella seconda metà dello scorso anno eravamo pronti all’ingresso nel mercato aziona-

rio ma abbiamo preferito sospendere il processo di Ipo in considerazione del contesto generale. Riteniamo, in concerto con i nostri azionisti di riferimento , che la quotazione in Borsa rappresenti un’occasione di crescita e sviluppo per il gruppo e valuteremo eventualmente nei prossimi mesi modalità e tempi in funzione del contesto finanziario internazionale». Circa la metà dei vostri ricavi proviene dal mercato nordamericano. Sono previsti mutamenti nella composizione delle relazioni commerciali future? «Gli Stati Uniti e il Canada rappresentano un mercato strategico per i nostri prodotti grazie a partner come General Electric e Pratt&Whitney, con i quali prosegue da decenni una collaborazione proficua che contiamo di accrescere ulteriormente. Parallelamente stiamo consolidando la nostra presenza in Cina, dove stiamo terminando la costruzione di uno stabilimento, e in Brasile». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 33


INDUSTRIA AEROSPAZIALE

Sostegno finanziario per agevolare lo sviluppo Una delle soluzioni più efficaci per reperire risorse utili all’evoluzione produttiva del territorio è il ricorso alla finanza agevolata. Massimo Feira descrive attività, risultati e forme di supporto proposte dalla società in house della regione Piemonte Giacomo Govoni

ta per tagliare il traguardo la “fase 1” della piattaforma tecnologica aerospaziale piemontese, snodata su tre assi principali di ricerca che hanno generato un volume d’investimenti pari a 51 milioni di euro. Di questi, 30 li ha erogati la Regione attraverso Finpiemonte, braccio operativo ed economico dell’ente regionale. «A questo intervento, seguirà la “fase 2” – spiega il presidente Massimo Feira – con una nuova azione che comporterà l’investimento di circa 20 milioni di euro dei fondi Por-Fesr 2007-2013». Improntata alla competitività e all’accesso al credito, l’attività di Finpiemonte a favore dell’aerospaziale offre manforte a un comparto territoriale quanto mai strategico. «Intendiamo attivare nuovi progetti di ricerca e sviluppo per 40 milioni di euro con un pari investimento da parte dei privati, puntando soprattutto sulla crescita delle Pmi». Quali città e comparti produttivi nel 2011 hanno attinto maggiormente ai vostri fondi? «Tra contributi, finanzia-

S Massimo Feira, presidente di Finpiemonte,

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menti e garanzie, nel 2011 Finpiemonte ha erogato in tutto il Piemonte circa 350 milioni di euro, raggiungendo 6.000 beneficiari: imprese, enti pubblici, organizzazioni no profit persone fisiche. Le province che hanno ricevuto il maggior numero di fondi sono Torino, con oltre 220 milioni di euro, Cuneo, con 49 milioni e Alessandria, con oltre 20. Gli ambiti più beneficiati sono stati l’industria, con oltre 135 milioni di euro, i servizi, con 128 milioni e il turismo, con circa 28 milioni. Oltre 243 milioni di euro sono andati alle imprese, 73,5 milioni per promuovere gli investimenti in ricerca e innovazione e circa 70 milioni per favorire l’accesso al credito. Inoltre, a sostegno dell’artigianato e del commercio sono stati erogati circa 31 milioni di euro». Le imprese piemontesi sono adeguatamente informate su vantaggi e supporto allo sviluppo che fornite? «Per dare maggiore diffusione tra tutte le province piemontesi alle opportunità finanziarie gestite, Finpiemonte coopera sistematicamente con il sistema bancario, le associazioni datoriali, l’ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili e l’Università degli studi di Torino. Presso le sedi provinciali delle Camere di Commercio e delle Unioni industriali operano già dal 2010 sportelli informativi rivolti alle imprese che illustrano le agevolazioni attive. Recentemente Finpie-


Massimo Feira

Con la commissione regionale Abi, abbiamo siglato di recente una convezione per servizi informativi alle imprese presso le filiali delle banche aderenti

monte e la commissione regionale Abi si sono impegnate con una convezione a fornire servizi informativi alle imprese presso le filiali delle banche aderenti. Finpiemonte svolgerà un importante servizio di formazione che permetterà al personale delle banche del territorio di essere costantemente aggiornato sulle agevolazioni attive, requisiti per l’accesso al credito e modalità di presentazione della domanda». Quali sono gli interventi in Piemonte per il settore aerospaziale, strategico per lo sviluppo tecnologico del territorio? « Il sostegno della Regione al comparto aerospaziale, fondato su 7 grandi imprese leader di settore e circa 200 pmi, si articola in due interventi: la valorizzazione del distretto come sistema competitivo integrato e lo sviluppo di grandi progetti di ricerca secondo il modello delle piattaforme tecnologiche europee per la ricerca e l’innovazione. Nevralgico è il ruolo esercitato dalla Regione Piemonte e dal governatore Cota, dal comitato del distretto aerospaziale Piemonte, presieduto dal professor Mario Calderini, e per gli aspetti organizzativi e finanziari da Finpiemonte. Tale presenza manifatturiera costituisce circa il 25% dell’intero comparto nazionale ed è strettamente legata al sistema piemontese della ricerca aerospaziale (Politecnico di Torino, Università di Torino, Università del Piemonte orientale, Inaf, Inrim,

Ismb). L’utilizzo dei circa 30 milioni che la Regione nel 2008 ha destinato a tre linee di ricerca nell’aerospazio ha attivato un investimento complessivo pari a 51 milioni di euro. Fondi che hanno generato risultati eccellenti nel campo dei velivoli senza pilota (Uav) per il monitoraggio del territorio (il 30 settembre è stato raggiunto il record europeo con la missione contemporanea di 3 Uav), nello sviluppo di motoristica aeronautica eco-compatibile (Green Engine) e nelle tecnologie per l’esplorazione spaziale (Luna e Marte)». Che ruolo rivestite nel piano straordinario per l’occupazione varato dalla Regione? «Quale braccio operativo della Regione, Finpiemonte ha gestito importanti misure relative alle politiche attive del lavoro, competitività e accesso al credito. La maggior parte degli interventi ha riguardato l’accesso al credito e il sostegno alle politiche del lavoro (71.885.000), nonché la ricerca e l’innovazione (32.764.00) e gli investimenti nel settore dell’energia (4.218.000), per un totale di 109 milioni di euro degli oltre 460 milioni complessivi del piano straordinario per l’occupazione. Nel corso del 2011 Finpiemonte ha pure contribuito significativamente a far raggiungere alla Regione gli standard di spesa fissati dalla Commissione europea sui fondi strutturali, piazzandola tra le prime in Europa per capacità di utilizzo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 35




RICERCA E SVILUPPO

Envipark, un’impresa tra le imprese Le aziende piemontesi che investono sull’innovazione non si rivolgono più alla Regione ma dialogano direttamente con il parco tecnologico grazie alla sua struttura d’impresa. Il punto di Fabio Grimaldi Elisa Fiocchi

n un territorio come Torino, dove sono presenti importanti centri di produzione e di conoscenza, si colloca uno dei parchi scientifici e tecnologici più importanti d’Europa. Nato nel 1996 su iniziativa della Regione, della Provincia, del Comune di Torino e dell’Unione europea Environment Park stimola e raccoglie la domanda di ricerca da parte delle aziende, promuovendo iniziative progettuali che coniugano l’inno-

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Fabio Massimo Grimaldi, amministratore delegato di Environment Park

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vazione tecnologica all’ecoefficienza. «Oggi andiamo incontro a due principali esigenze delle imprese», spiega l’amministratore delegato del parco, Fabio Massimo Grimaldi. «La prima è quella di mettere in network le aziende che fanno cose simili ma che, non tanto per ragioni di concorrenza quanto di non conoscenza, non appartengono ancora a una rete unica; la seconda è di ottenere l’accesso ai finanziamenti pubblici per prodotti specifici attraverso una struttura come la nostra che facilita il dialogo perchè si comporta da impresa con le imprese». I progetti di ricerca e sviluppo si concentrano negli ambiti operativi della bioedilizia, dell’energia e delle nanotecnologie, per un valore economico che s’aggira attorno ai 2,5 milioni di euro. Quali nuovi strumenti offre Envipark per agevolare le imprese? «Un decennio fa l’efficienza energetica era possibile ancora grazie a caldaie a cippato, cioè quelle a legna, rispetto all’utilizzo del gas. Erano i primi momenti in cui si parlava di fotovoltaico. Oggi, grazie all’esperienza accumulata in questi anni, ab-


Fabio Massimo Grimaldi

biamo creato e poi sviluppato assieme alla Regione Piemonte un cluster di ricerca e sviluppo dedicato alle tecnologie dell’edilizia sostenibile e dell’idrogeno totalmente coordinato da Envipark, a cui aderiscono 130 aziende. Si utilizzano materiali più leggeri, a basso impatto ambientale ed ecoefficienti in termini di energia, e allo stesso modo si sono sviluppate le tecnologie legate all’idrogeno». A che scopo Polight fornisce servizi alle aziende? «Per sostenere la cooperazione e lo scambio di competenze tra le imprese regionali e i centri di ricerca; per promuovere la partecipazione delle imprese regionali in programmi europei, nazionali e regionali a supporto dello sviluppo innovativo e della ricerca applicata; per fornire informazioni e supporto agli aderenti su tematiche di mercato, tecnologiche e normative; infine, promuovere le competenze e le conoscenze tecnologiche dei membri». Nel terzo programma del 2012 di Polight sono presenti 24 proposte in fase di valutazione: quali i progetti più innovativi? «Uno di questi è il progetto Mos Fc, che punta a sviluppare un prototipo di macchina operatrice semovente (Mos) ad alta efficienza energetica e a zero impatto ambientale, integrata con attrezzatura idonee alla movimentazione e gestione di materiali derivati da raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, recupero materie prime e scarti di lavorazione. Il mezzo sarà equipaggiato con pila a combustibile (fuel cell) alimentata a idrogeno. Questa configurazione sostituisce il tradizionale motore a combustione interna, tipicamente ad alimentazione diesel». Quali nuovi parametri caratterizzano il concetto di ecoefficienza oggi? «L’ecoefficienza è legata sostanzialmente alla bioedilizia e alla scelta di alcuni specifici materiali nelle nuove costruzioni. La trasformazione che ha riguardato Torino ad esempio, nell’ultimo decennio, anche grazie alle olim-

piadi del 2006, l’ha resa una vera smart city che compete con altre città europee. Questo concetto è legato alla mobilità, al risparmio energetico, a una città vivibile sotto tutti i profili, anche riferiti alla cultura e all’eccellenza. A tal proposito, il ruolo di Envipark su alcune call europee è proprio quello di partner tecnico rispetto al progetto Smart city». Una delle caratteristiche di Envipark riguarda anche la nuova centralina idroelettrica inaugurata nel febbraio 2011. Che tipo di funzione ha all’interno del parco? «Intanto è la prima opera di questo genere in un contesto urbano e, con una produzione annua di 3,5GWh, consente un risparmio annuale, in termini di emissioni di gas serra in atmosfera, di 1.900 tonnellate di anidride carbonica. L’energia “pulita” prodotta a Environment Park viene poi venduta all’Enel che la distribuisce in rete, sul territorio del parco e nella Spina 3». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 39


RICERCA E SVILUPPO

Le imprese torinesi nell’incubatore Dopo l’informatica e il comparto green, è il turno delle imprese del settore medtech. Marco Cantamessa illustra le attività di I3P e gli strumenti offerti agli imprenditori per creare un solido piano industriale Elisa Fiocchi

3P è oggi il principale incubatore universitario italiano e uno dei maggiori a livello europeo in grado di favorire la nascita di nuove imprese science-based, fornendo spazi attrezzati, servizi di consulenza e professionali e un network di imprenditori, manager e investitori. «Incubatore è un neologismo inventato prendendo spunto dall’incubatrice, che permette ai bambini prematuri di vivere in un ambiente protetto» spiega il presidente Marco Cantamessa. «Noi facciamo qualcosa di simile: aiutiamo giovani e meno giovani che hanno un’idea d’impresa in forma ancora embrionale a concretizzarla in un piano industriale e poi ad attuarla, generando innovazione e posti di lavoro». In dodici anni di vita, I3P ha avviato ben 140 aziende in tutti i settori, con un tasso di successo molto elevato. Attraverso quali strumenti, progetti e collaborazioni si genera un’imprenditoria ad alta intensità di conoscenza? «Per prima cosa, la vicinanza al Politecnico di Torino, che è una vera e propria fucina di idee e competenze. Ogni anno riceviamo dall’ateneo e da altri canali quasi 300 idee, ma siamo assai selettivi, e in media, solo una quindicina diventano aziende. I3P ha poi un’ottima di rete di contatti nel mondo fi-

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Marco Cantamessa, presidente e amministratore delegato di I3P

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nanziario, con banche, business angel e fondi di venture capital, e aiutiamo le imprese nelle trattative per finanziarsi. In più, funzioniamo come una sorta di agenzia matrimoniale: spesso chi ha un’idea non ha ancora lo spirito da imprenditore. In questi casi aiutiamo a formare questi team: l’esperto di business development con lo scienziato, il giovane talentuoso con il manager d’esperienza». E quali sono i punti di forza di una città come Torino in termini di competitività? «Per una start-up con forte contenuto tecnologico Torino è una miniera di competenze. Quando poi le nostre imprese devono iniziare a industrializzare e a produrre si possono rivolgere a una rete di aziende di assoluta eccellenza nel campo manifatturiero. Torino è invece un po’ più debole dal punto di vista dello spirito imprenditoriale. Il “fare impresa” a Torino è tradizionalmente legato al modello della “committenza” secondo cui prima acquisisci un cliente e poi ti metti a lavorare. Sono più rari imprenditori e manager dotati dell’ambizione e del-


Marco Cantamessa

Servono politiche per lo start-up perchè le imprese che reggeranno domani l’economia sono quelle che stanno nascendo oggi

l’esperienza che permettono di sviluppare prodotti e poi di andare a venderli in giro per il mondo. Lo scenario sta però cambiando, anche perché i giovani stanno facendo sempre più esperienze internazionali». Per entrare nell’incubatore le imprese devono dimostrare di saper sviluppare progetti ad alta intensità di conoscenza. Cosa è valutato interessante oggi sui mercati? «La regola per un’impresa di successo è sempre la stessa: un prodotto possibilmente difficile da imitare e che sia di forte utilità per un mercato ben definito, un mercato grande e possibilmente in espansione e un buon team imprenditoriale. Quando gli imprenditori si affacciano da noi per la prima volta alcuni di questi elementi mancano o non sono messi correttamente a fuoco, e noi li aiutiamo a farlo. Parlando di settori, si va a ondate: dopo quella dell’informatica e delle imprese green, stanno oggi arrivando molte imprese del medtech, settore che nei prossimi anni vedrà cambiamenti molto importanti a causa dell’invecchiamento della popolazione e della

necessità di ridurre i costi del sistema sanitario». Teatrabit concilia idee e business su internet. A chi si rivolge il progetto? «È un open space in cui ricercatori, studenti e aspiranti imprenditori possono incontrarsi, iniziare a sviluppare le loro idee, costruire una prima base di utenti e verificarne la validità in base al traffico generato, il tutto prima di dover costituire l’impresa. Treatabit è un gioco di parole, che vuole esprimere il senso del progetto: “trattare bene” i bit perché si trasformino in servizi e esperienze di valore, ma anche “tritare” i bit, appoggiandosi alle competenze tecniche disponibili sul territorio. In pochissimi mesi si sono insediati all'interno di Treatabit una quindicina di progetti, di cui due sono già diventati impresa». Quali nuove prospettive attendono le aziende high-tech piemontesi e in quali ambiti di ricerca e s’indirizzano i futuri investimenti? «Ritengo che i settori della salute, della mobilità e dell’energia siano quelli che riserveranno grandi chance per le start-up che sapranno fondere tecnologie tradizionali e innovative e integrare i prodotti “in rete”. Per quanto concerne le politiche di supporto, penso che le imprese high-tech non si attendano tante misure di sostegno ma, semmai, di poter operare in un paese normale, con una burocrazia funzionante, una pressione fiscale ragionevole, tempi di pagamento accettabili e, soprattutto, una sana concorrenza che stimoli la domanda». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 41


RICERCA E SVILUPPO

La cultura con l’innovazione Il Politecnico di Torino amplia l’offerta formativa nel Cuneese con tre master universitari che fanno parte del pacchetto di 20 corsi di formazione post laurea ai quali la Regione Piemonte ha dato il via libera con un contributo complessivo di 2 milioni di euro. Ne parla Stefano Viglione, sindaco di Mondovì Tiziana Achino

uneo possente e paziente, e al vago declivio il dolce Mondovì ridente…” nella nota opera “Piemonte” di Giosuè Carducci si evidenzia la ricchezza paesaggistica e di accoglienza di uno dei maggiori Comuni, definiti le sette sorelle, della provincia di Cuneo. Il sindaco Stefano Viglione sottolinea l’essenzialità oggi di saper generare un connubio tra storia e cultura da un lato e innovazione tecnologica e internazionalizzazione dall’altro, per poter dare opportunità alle nuove generazioni e contemporaneamente non dimenticare l’essenzialità delle basi formative di chi ha conoscenza per esperienza.

“C Stefano Viglione, sindaco di Mondovì

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È notizia recente che tre nuovi master universitari sono pronti a partire nella sede decentrata del Politecnico di Mondovì. «Si tratta di una notizia molto importante per tutto il territorio cuneese: l’intenso lavoro svolto in questi mesi ha dato frutti e ha meritato il finanziamento regionale. Si è fatto un gioco di squadra che vede uniti gli enti, il mondo dell’impresa, come Confindustria, e quello della formazione con il Politecnico. Una vera università del territorio, perché i master rispecchiano la vocazione imprenditoriale e industriale locale: un’opportunità per non disperdere il patrimonio scientifico e tecnico accumulato in questi anni». Quali ambiti riguardano i master? «I tre corsi previsti a Mondovì sono: “Innovazione sui sistemi meccatronici”, “Programmazione e gestione dei sistemi energetici “ e “Ingegneria dell’acqua per uso potabile, civile e industriale “. Si tratta di un programma formativo, con livelli di specializzazione molto alti, che risponde appieno alle esigenze del mondo dell’impresa del territorio e che prevede una fase in cui gli studenti possano svolgere tirocini direttamente nelle aziende. Un’occasione per mettere in contatto il mondo della formazione con quello del lavoro». E il rilancio del Politecnico non si esaurisce con i master. «Si sono poste le basi per una nuova fase del polo provinciale del Politecnico, dopo la decisione del senato accademico di chiudere


Stefano Viglione

Si tratta di un programma formativo, con livelli di specializzazione molto alti, che risponde appieno alle esigenze dell’impresa locale

l’attività didattica tradizionale in tutte le sedi distaccate regionali. Oltre ai master, il rilancio dell’università a Mondovì passa attraverso la realizzazione di laboratori di servizio e ricerca e la recente inaugurazione di quello sulle acque è un tassello ulteriore per un consolidamento dell’attività di ricerca. A partire da questo anno accademico, inoltre, è stata attivata una struttura decentrata di supporto agli studenti (denominata Sdss) tesa a fornire a Mondovì un modello di apprendimento attivo e collaborativo che prevede sia una parte a distanza, che una a diretto contatto con il docente». Cambiamo argomento: quali strumenti per un Comune sempre più vicino al cit-

tadino? «Di recente abbiamo riorganizzato lo Sportello del cittadino e i risultati del servizio, già molto elevati, sono sempre più apprezzati. In questi giorni partirà anche una nuova iniziativa: “Piemonte Facile”, attraverso cui cittadini e imprese potranno trovare sul sito del Comune o sul portale PiemonteFacile un accesso semplice e diretto ai servizi pubblici digitali, realizzati e gestiti dal Csi-Piemonte». A breve è previsto il restyling del sito comunale. Inoltre copriremo alcune aree pubbliche con connettività wi-fi per permettere l’accesso gratuito a Internet: più innovazione e più accessibilità alla rete a servizio di cittadini e turisti». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 43




FOCUS NOVARA

UN PATTO CIVICO DI RESPONSABILITÀ 300 3500 MIGLIAIA DI EURO

CREATIVI

Le risorse messe a disposizione del Comune di Novara per l’erogazione dei contributi per il fondo "Emergenza Lavoro". Destinatari del fondo sono le famiglie che a fronte della perdita del posto di lavoro possono ottenere un contributo finalizzato al sostegno delle spese arretrate di locazione o per la stipula di un nuovo contratto di locazione

I professionisti che hanno preso parte a BestCreativity, un servizio che affida ai creativi italiani la realizzazione di progetti di design grafico e creatività per il progetto No++

46 • DOSSIER • PIEMONTE 2012


Andrea Ballaré

Diventare un centro logistico e culturale del Nord Ovest. È il traguardo che Andrea Ballaré vuole per Novara, che alle prese intanto con la stagione economica più dura dell’ultimo biennio. Da sciogliere anche il nodo delle nuove aree industriali, su cui il sindaco allontana le critiche di scarso decisionismo. «Il punto non è fare qualcosa pur di fare, ma farlo bene» Giacomo Govoni

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MIGLIAIA DI EURO L'importo è stato stanziato per la seconda tranche dei lavori del progetto MOVIlinea riguardante il trasporto pubblico locale. L'intervento prevede una spesa complessiva di 1.538.920 euro, di cui 1.000.000 finanziati dalla Regione Piemonte e 538.920 dal Comune. L'intero progetto prevede interventi su 119 fermate

egli impegni programmatici sottoscritti con la cittadinanza lo scorso maggio, al momento della nomina a primo cittadino, al primo posto figura il tema “Lavoro e sviluppo”. Un obiettivo che richiede di risposte rapide e che Andrea Ballaré ha perseguito negli ultimi mesi attraverso un primo ciclo di visite presso alcune aziende rappresentative del tessuto locale. «Le imprese rientrano tra quei soggetti sociali più significativi – afferma Ballaré – che devono avvertire il dovere civico di assumersi una nuova responsabilità sociale, per contribuire a costruire il futuro della città». A che punto è il suo tour nelle imprese del territorio? Quali i riscontri ottenuti? «Abbiamo iniziato questa serie di incontri con le più importanti realtà imprenditoriali del nostro territorio nelle ultime settimane del 2011 e stiamo per riprenderlo dopo una breve interruzione. Non si tratta, come abbiamo detto più volte di una passerella a uso mediatico, ma dell’inizio di un rapporto che vogliamo sia

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quanto più possibile costruttivo. Il mio obiettivo è quello di cambiare il rapporto tra l’ente pubblico e le imprese. Il Comune non deve porsi come “ostacolo” (burocrazia, tempi lunghi, problemi organizzativi). Le imprese non possono porsi solo con l’atteggiamento di chi consegna “l’elenco della spesa”. I soggetti sociali più significativi - e le imprese sono tra questi devono avvertire il dovere civico di assumersi una nuova responsabilità sociale, per contribuire a costruire il futuro della città. Per questo motivo abbiamo organizzato queste visite: per proporre quello che ho definito un “nuovo patto di corresponsabilità sociale». Dalla cronaca del vostro territorio si apprende che siete alle prese con scelte cruciali legate a prossimi insediamenti di aree industriali. Risvolti urbanistici a parte, cosa rende questa decisione così delicata? «Il tema degli insediamenti produttivi ha impegnato dal primo giorno la nostra agenda. Ce ne siamo occupati non superficialmente o in modo propagandistico ma con la coscienza di

Andrea Ballaré, sindaco di Novara

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 47


FOCUS NOVARA

avere a che fare con operazioni di grande deli- corso per promuovere il nostro territorio e catezza per la città. Stiamo parlando di insediamenti di milioni di metri quadrati, non di un sottotetto. Il problema non è tanto la localizzazione, sulla quale non abbiamo pregiudiziali o preferenze, ma il livello qualitativo delle infrastrutture, l’impatto sul sistema urbano e sugli equilibri del territorio, i saldi reali dal punto di vista occupazionale. Il punto non è fare qualcosa, pur di fare. Il problema è fare bene. Perché non va dimenticato che l’obiettivo finale è favorire lo sviluppo di Novara, e creare posti di lavoro. Gli insediamenti industriali sono certamente un fattore positivo in questa direzione, ma non sono di per sé il fine ultimo». Le ultime previsioni congiunturali redatte dalle associazioni industriali e commerciali novaresi suonano l’allarme sul versante occupazione. Come vi state muovendo su questo terreno? «È chiaro che il tema occupazione è il fronte più complesso dell’attività di governo, a tutti i livelli. Nessuno, noi compresi, ha la bacchetta magica per risolvere una situazione che ha aspetti di grande drammaticità anche per i risvolti sociali che trascina con sé. Anche in questo caso credo che una via d’uscita sia la cooperazione rafforzata tra l’ente pubblico e il sistema produttivo. Una sfida da vincere insieme: il Comune si impegna a costruire le condizioni per un “nuovo corso” dello sviluppo a Novara, che valorizzi la creatività e l’innovazione, le buone idee; le imprese si assumono il compito di far ripartire un ciclo virtuoso dell’occupazione e del lavoro». Un’operazione di promozione e valorizzazione del capitale produttivo di Novara potrebbe giovare al rilancio delle imprese locali. Avete in corso o in vista iniziative in questo senso e a favore di quali comparti in particolare? «Sono molte le iniziative che abbiamo in 48 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

con esso il sistema produttivo. Rispondiamo alla crisi accelerando il profondo processo di rinnovamento in cui l’amministrazione è impegnata fin dall’inizio della sua attività: un nuovo e più forte posizionamento della città e del suo ruolo nel Nord Ovest. Per questa ragione è nato il progetto “No++”, dove No è la sigla di Novara ma anche l’acronimo di Nord Ovest e i due segni più, attingendo al lessico scientifico di cui la nostra città è la

culla nazionale, indicano l’ambizione di mirare a un continuo e costante miglioramento». Nel dettaglio, di cosa si tratta? «“No++” sarà sinonimo di più bellezza, intesa come maggior educazione civica, attenzione alla città e rispetto per la cosa pubblica; più cultura, come momento di sintesi fra tutte le operazioni locali e nazionali in svolgimento; più famiglia ovvero maggior attenzione alle esigenze della popolazione, dai bambini agli anziani, alle donne; più impresa, intesa come sviluppo della rete di ascolto tra azienda e istituzione, potenziamento delle infrastrutture, sviluppo della logistica. Più talento, inteso come implementazione delle sinergie tra università e mondo del lavoro; più turismo per la promozione delle bellezze territoriali, supporto per la recettività e sviluppo delle attrattive. Esercitando fino in fondo il suo ruolo naturale di capoluogo del Nord Ovest d’Italia, Novara vuole proporsi come nuovo centro logistico e culturale dell’area compresa fra Torino, Milano, la Svizzera e il mare».


Daniele Andretta

NESSUNA RISPOSTA CONCRETA ALL’URGENZA LAVORATIVA «Invece di mettere in campo una decisa azione amministrativa per fronteggiare l’emergenza lavoro, la Giunta Ballarè continua a far prevalere una politica degli slogan e dell’immagine». Il punto di Daniele Andretta Giacomo Govoni

on la fine di marzo si chiuderà per Novara un semestre che, soprattutto in chiave di rilancio economico, offre ben pochi spunti per sorridere. Sia sotto il profilo dei dati consuntivi di fine 2011, che sistemano la città in coda alla classifica regionale in termini di produttività industriale, sia sul piano della fiducia, crollata dell’11% rispetto al precedente rilevamento. Un malumore diffuso che secondo il capogruppo del Pdl locale, Daniele Andretta, l’amministrazione comunale non aiuta a risollevare. «La ricetta di questa giunta – osserva Andretta – è deprimente e mortificante perché in pochi mesi ha già fatto intendere che la direzione presa va verso l’aumento di imposte e tariffe, senza garantire nulla in cambio». Negli ultimi mesi Ballarè ha fatto visita ad alcune realtà aziendali del Novarese, dove ha portato una proposta di patto di corresponsabilità sociale. Come giudica questa mossa?

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«Un giro propagandistico e autoreferenziale, dove la precisa volontà di promuovere e tutelare l’immagine del sindaco prevalgono sullo scopo stesso dell’iniziativa che, neanche a dirlo, non ha sortito in concreto alcun effetto. Nessun rendiconto, nessun risultato sugli effetti di questo oramai presunto patto di corresponsabilità sociale da sottoscrivere con le aziende del territorio. Purtroppo dobbiamo ancora constatare che prevale la politica degli slogan e della tutela dell’immagine, sulla politica vera e concreta del “fare” e della buona amministrazione per il bene comune». Dalla cronaca del vostro territorio si apprende che Novara è alle prese con scelte cruciali legate a prossimi insediamenti di aree industriali. Risvolti urbanistici a parte, cosa rende questa decisione così delicata? «La delicatezza deriva dalla drammatica considerazione che è necessario fare presto perché l’urgenza economica e lavorativa a

Sopra, Daniele Andretta, capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio comunale

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 49


FOCUS NOVARA

Novara, come in altre parti, ha ampiamente superato il livello di guardia. Servono risposte di buon senso che permettano, finalmente, una visione d’insieme, programmando con raziocinio, senza sogni irrealizzabili, il futuro economico della nostra città. Il Pdl, per il bene dei cittadini

sostenere e non da odiare a prescindere, il nuovo ospedale, il parcheggio di largo Bellini pronto da cantierizzare, l’insediamento di nuove imprese, la formazione dei giovani verso le nuove attività di impresa. Questi sono soltanto alcuni degli argomenti che abbiamo sostenuto in consi-

-8,6%

OCCUPAZIONE Il saldo ottimisti/pessimisti del primo trimestre 2012 circa la volontà di procedere ad allargamenti della base occupazionale

e la tutela del territorio, è certamente pronto a fare la propria parte con onestà intellettuale e serietà». Le ultime previsioni congiunturali redatte dalle associazioni industriali e commerciali del territorio suonano l’allarme sul versante occupazione. Cosa si può fare per spegnerlo? «L’inadeguatezza e l’impreparazione ormai conclamata di una giunta e di un’intera maggioranza ad amministrare Novara la si sconta soprattutto in frangenti come questo. E, cosa ancor più grave, dobbiamo constatare che è lo stesso sindaco Ballarè a detenere la delega al lavoro. Ci aspettavamo un’azione amministrativa decisa in tal senso, invece nulla. Anzi ci siamo trovati davanti a un vero e proprio commissariamento delle forze sindacali che si sono trovate costrette, loro stesse, a chiedere un consiglio comunale straordinario sull’emergenza lavoro. E dire che le opportunità non mancano: lo Sporting village da 50 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

glio, ma evidentemente, meglio non fare nulla, no?». Non crede che un’operazione di promozione e valorizzazione del capitale produttivo della città potrebbe giovare al rilancio delle imprese locali? «La passata amministrazione di centrodestra in alcuni ambiti, peraltro importantissimi, nel sociale, nello sport, nella cultura, nelle politiche giovanili, ha già avuto modo di dimostrare che con la reciproca collaborazione le sinergie tra pubblico e privato possono raggiungere quel “cambio di marcia” verso traguardi inimmaginabili. La ricetta di questa giunta invece è deprimente e mortificante nel verso opposto, in pochi mesi ha già fatto intendere che la direzione presa va nell’aumento di imposte e tariffe, senza ottenere nulla in cambio. E, teniamoci forte, siamo pronti a scommettere che in occasione del prossimo bilancio 2012 si aumenterà nuovamente di tutto e di più. Naturalmente spero di sbagliarmi, ma temo proprio che non sarà così».



TENERE ALTA LA COMPETITIVITÀ «Solo un territorio competitivo può esercitare attrazione e sviluppare un percorso di crescita». Paolo Rovellotti illustra la sua exit strategy da questa delicata congiuntura Giacomo Govoni

785mila EURO La somma che la Camera di Commercio destinerà alle imprese novaresi nel 2012 per potenziarne l’internazionalizzazione

nnovazione, certificazione e internazionalizzazione. Questi i tre grandi canali che imprese e artigiani novaresi dovranno imboccare per uscire al più presto dalle secche della recessione. Così la pensano alla Camera di Commercio di Novara che fino a fine 2011, sotto forma di bandi di contributo, ha fatto scorrere nei loro alvei 2 milioni e 800 euro. «Più 550mila euro – fa notare il presidente Rovellotti – riservati alle pmi attive nella produzione primaria di prodotti agricoli». La vostra struttura si avvale di un sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro. Cosa

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racconta la fotografia più aggiornata? «Gli ultimi dati disponibili, aggiornati a dicembre 2010, evidenziano un incremento delle ditte individuali e le società a responsabilità limitata in provincia di Novara. Si attenua, inoltre, l’entità del calo occupazionale: la variazione annuale degli addetti - imprenditori e lavoratori dipendenti – è passata infatti dal -2,4 per cento del 2009 al -1,5 per cento del 2010. L’artigianato, parimenti, si caratterizza per un rallentamento dell’emorragia occupazionale, con le imprese artigiane che tuttavia diminuiscono in valore assoluto e la componente occupazionale autonoma che si ridimensiona per il secondo

anno consecutivo (-1,2 per cento nel 2009, -0,9 per cento nel 2010). Valori che, sommati alle indagini sulla congiuntura, non lasciano presagire un’inversione di tendenza, quanto piuttosto una prosecuzione del calo occupazionale». Quale identikit deve avere una realtà produttiva che aspiri a far parte del repertorio delle imprese innovative che gestite? «Il repertorio include 200 imprese regionali, di cui 24 novaresi, che su base volontaria hanno deciso di aderire all’indagine. Tra 2008 e 2010 tali imprese hanno realizzato almeno un’iniziativa di innovazione tra progetti di ricerca di base o applicata in un partico-


Paolo Rovellotti

lare ambito tecnologico e scientifico; progetti di sviluppo di nuovi prodotti e servizi o di miglioramento di quelli già esistenti; progetti di riorganizzazione di processi aziendali. Le risposte delle imprese, riassunte da un indice aggregato di innovazione, evidenziano le principali caratteristiche della performance in termini di intensità dell’attività innovativa, investimenti in ricerca e sviluppo e modalità di finanziamento, capacità di interazione con soggetti esterni all’impresa, sistemi di management dell’innovazione e intellectual property rights». In quali ambiti avete ritenuto prioritario destinare i finanziamenti a favore delle

imprese del territorio? «Nel progettare l’utilizzo delle risorse destinate alle imprese novaresi abbiamo agito in un’ottica di competitività: solo se è competitivo un territorio può esercitare una capacità di attrazione e sviluppare un percorso di crescita. Le leve su cui puntare sono innovazione, certificazione e internazionalizzazione, per le quali abbiamo realizzato specifici bandi di contributo. In particolare, le risorse finora stanziate per il bando innovazione e ammodernamento, che si è chiuso a fine 2011 e per il quale è allo studio una nuova misura agevolativa, ammontano a 1 milione e 840mila. Toccano invece i 600mila euro le risorse per la certificazione, mentre si attesta a 365mila lo stanziamento dedicato alla partecipazione a eventi fieristici». In che misura incentivate le imprese novaresi a percorrere la pista internazionalizzazione? «Tra gli interventi economici per oltre 3,2 milioni di euro previsti nel 2012 dalla Camera di Commercio, ben 785mila euro sono finalizzati a potenziare l’internazionalizzazione delle imprese locali. Le principali iniziative verranno realizzate attraverso la nostra azienda speciale Evaet, promuovendo la partecipazione a fiere di settore e missioni imprenditoriali. A tale scopo, è stato rifinanziato con 100mila euro il bando di contributo “Interventi per la partecipazione a fiere”, accompagnato da una serie di progetti di va-

lorizzazione dell’agroalimentare novarese sui mercati esteri, con particolare riferimento ai Paesi Bassi, proseguendo così l’incoming di tour operator olandesi realizzato a ottobre. Lo scorso 17 febbraio, Regione e sistema camerale hanno inoltre sottoscritto e finanziato con 20 milioni di euro un piano strategico triennale per l’internazionalizzazione, che prevederà una struttura globale più solida e competitiva, prestando un’attenzione particolare alle aziende agli stadi più bassi di apertura internazionale». Le ultime performance di vendita delle imprese turistiche che scenari prefigurano per il comparto nel breve termine? «Le prenotazioni registrate dagli operatori novaresi per i primi mesi del 2012 si mantengono pressoché in linea rispetto all’anno precedente, con un lieve calo a gennaio. Leggermente più alte le prenotazioni nelle strutture extralberghiere della provincia che, forti della prossimità della bella stagione, di cui si avvantaggiano anche le imprese legate al prodotto natura, evidenziano aumenti tendenziali del +2,3 per cento nel primo mese dell’anno e di circa il +4 per cento nei due successivi. Tale scenario si allinea ai risultati su scala regionale, che rispetto al 2011 appaiono tuttavia meno favorevoli, complici le nevicate tardive che hanno frenato le prenotazioni anticipate della clientela e la crisi dei consumi, specie della domanda italiana».

A sinistra, Paolo Rovellotti, presidente della Camera di Commercio di Novara

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FOCUS NOVARA

INVESTIRE PER GUARDARE LONTANO

Il tessuto produttivo di Novara sta attraversando una stagione non certo facile dal punto di vista economico. Ma per Fabio Ravanelli propensione all’export e investimenti sono le armi giuste per risalire Giacomo Govoni

19,1% 46,1% PRODUZIONE

INVESTIMENTI

Secondo un’indagine dell’Associazione degli industriali di Novara è la percentuale di imprenditori che ha in programma un ampliamento della capacità produttiva

Il numero di imprenditori che secondo i dati di Ain Novara intende rinnovare gli impianti nel trimestre gennaio-marzo

renata della produzione industriale e termometro della fiducia in raffreddamento. A guardare i dati consuntivi regionali del terzo trimestre 2011 stilati da Unioncamere, e incrociati con le aspettative degli operatori economici piemontesi raccolte da Confindustria per i primi tre mesi del 2012, non viene certo da fregarsi le mani. Tanto più se i riflettori stringono su Novara, che l’indicatore di produttività disaggregato per provincia colloca sul gradino più basso con un calo del 3,5 per cento, in coabitazione col Verbano Cusio Ossola. Ma il presidente degli industriali novaresi, Fabio Ravanelli,

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non ne fa un dramma e, spostando lo sguardo al capitolo investimenti, comunque «in crescita e persino in controtendenza rispetto alla media nazionale», dispensa ottimismo. Previsioni economiche, prima ancora dei conti da far quadrare c’è un clima di pessimismo da combattere. Cosa raccomandate agli industriali in questo senso? «Nulla in particolare. Sono persone intraprendenti, che hanno sempre dimostrato di sapersela cavare, anche nei momenti difficili. Recentemente, inoltre, la loro propensione agli investimenti è indicativa di una notevole lungimiranza e fiducia nelle proprie capacità. Su questo


Francesco Fabio Ravanelli Fanti

tema le nostre previsioni per i primi tre mesi dell’anno sono addirittura in controtendenza rispetto alla media nazionale: intende ammodernare gli impianti il 46,1 per cento degli imprenditori novaresi, mentre il 19,1 per cento di loro ha in programma un ampliamento della capacità produttiva. Mi sembra che sia la migliore dimostrazione dell’atteggiamento più corretto per contrastare questa fase di difficoltà». Quanto è prioritario uno snellimento delle procedure burocratiche - fiscali e doganali - per ridare slancio all’economia del territorio? «Il tema è fondamentale, e a volte l’impegno diretto delle

imprese consente di raggiungere risultati encomiabili. Una nostra azienda del comparto del valvolame, grazie al certificato “Aeof ” rilasciato dall’Agenzia delle Dogane, ha garantito solvibilità finanziaria, appropriati standard di tenuta delle registrazioni contabili e in materia di sicurezza, consentendo un migliore accesso alle semplificazioni doganali, facilitazioni per i controlli di sicurezza e una significativa riduzione delle procedure burocratiche. In questo modo ha aumentato la velocità nelle sue spedizioni e la comunicazione tra le varie funzioni della catena logistica. Si tratta di un esempio virtuoso che dovrebbe essere seguito».

Sul versante dell’export l’analisi trimestrale aggiornata allo scorso settembre pone Novara all’1% circa sotto alla media nazionale. Come colmare il lieve divario nei mesi a venire? Dallo stesso rapporto, si segnala un comparto manifatturiero che traina le esportazioni, ben orientate anche verso i Paesi Bric. Quali sono i prossimi settori in rampa di lancio? «Le aziende novaresi hanno mediamente una propensione all’export superiore al A sinistra, 70 per cento del fatturato, Fabio Ravanelli, per cui scarti congiunturali presidente Ain di quell’entità non sono preoccupanti. Per cogliere le migliori opportunità, quando la crisi allenterà la presa, dovranno avvicinarsi il più pos- PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 55


FOCUS NOVARA

70% EXPORT La propensione alle esportazioni delle aziende novaresi in media supera il 70 per cento del fatturato

sibile ai mercati emergenti, giunturale anche nel primo come ad esempio ai paesi Brics. In questi anni l’Associazione sta dando un fattivo contributo all’internazionalizzazione delle aziende sue associate, che sono oltre 500, con circa 32mila dipendenti, ad esempio grazie all’apertura di sportelli informativi esclusivamente dedicati alla consulenza e al problem solving per chi opera in Cina, Brasile, India, Russia e Turchia». Il nodo più intricato da sciogliere sembra quello relativo all’occupazione. A preoccupare in particolare è la progressiva contrazione della base lavorativa, che anche in prospettiva non offre segnali di ripresa. «Proprio così. A livello con-

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trimestre 2012 le previsioni di occupazione sono negative. Il saldo tra ottimisti e pessimisti relativo alla volontà di procedere ad allargamenti della base occupazionale è sceso a -8,6 punti dai precedenti 1,9. Peggiora anche il dato riferito alla cassa integrazione guadagni, con il 20,7 per cento delle imprese che dichiara di voler ricorrere a questo strumento, contro il 13,9 per cento del trimestre precedente. Solo il recupero di capacità competitiva e di quote di mercato da parte delle imprese potrà interrompere questo trend». Tra i dati che consolano, ci sono quelli inerenti agli investimenti, a cui voi avete con-

tribuito con l’iniziativa dei “bond territoriali” Quali sono i settori che manifestano una più spiccata volontà di sviluppo produttivo? «A livello settoriale in questi mesi regna l’incertezza tanto nel chimico quanto nel metalmeccanico, mentre sono positive solo le prospettive a breve termine per il tessileabbigliamento. Attendiamo però le prossime rilevazioni per verificare l’effettiva portata di questa possibile inversione di tendenza. Il successo dei “bond territoriali”, che abbiamo promosso per primi in Piemonte e che sono stati emessi nell’ottobre scorso dal Banco Popolare di Novara, sulla base di un accordo con la nostra associazione, è stato un elemento molto positivo per il Novarese. Le obbligazioni emesse hanno costituito la metà di un plafond destinato a essere erogato a favore delle aziende aderenti all’Ain e finalizzato per l’80 per cento al sostegno di nuovi investimenti e per il 20 per cento del capitale circolante. Attraverso l’emissione dei bond sono state raccolte 115 sottoscrizioni per complessivi 6,386 milioni di euro e sono stati concessi 35 finanziamenti, per quasi 13 milioni in tutto, che hanno sostenuto investimenti in nuove tecnologie, macchinari, impianti, insediamenti produttivi e scorte di magazzino delle aziende di tutti i settori. Speriamo di poter ripetere l’iniziativa nel prossimo autunno».



SISTEMA FIERISTICO

Le vetrine importanti del made in Italy Le fiere sono un elemento rilevante del comparto industriale di un Paese. Ettore Riello, presidente dell’Associazione esposizioni e fiere italiane, invita a superare «il “localismo” che penalizza le manifestazioni per dare spazio a territori lontani e più difficili da conquistare» Renata Gualtieri

e fiere sono uno snodo nevralgico del settore industriale: vi transitano 60 miliardi di fatturato e quasi il 10 per cento dell’export italiano è generato da trattative che avvengono nell’ambito di manifestazioni fieristiche, ma comunque appare come un settore in sofferenza. «Il 2011 è partito abbastanza bene – precisa il presidente dell’Aefi, Ettore Riello – ma da fine maggio ha avuto una svolta pesantissima, con impatto tutt’altro che banale sulla progettualità delle aziende. Non fa eccezione la fiera, pur sempre un soggetto economico che vive di un suo conto economico». Cosa occorre per superare questa fase critica e quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi? «Il 2012 si presenta a tinte fosche ma la crisi viene affrontata con molto coraggio. Si assisterà comunque a un incremento significativo delle rassegne internazionali che passano da 193 a 209. Certamente le fiere che più di altre hanno saputo e sanno rinnovarsi possono affrontare l’anno con maggior tranquillità. Credo inoltre che sia indispensabile una regia unica che regolamenti il sistema. Con Giandomenico Auricchio, presidente del Comitato fiera industria, stiamo lavorando a un patto interassociativo che vada a sollevare i più importanti temi aggreganti per l’intero comparto fieristico, come l’in-

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Ettore Riello

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Il 2012 si presenta a tinte fosche, ma le fiere che più di altre hanno saputo e sanno rinnovarsi possono affrontare l’anno con maggior tranquillità

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Ettore Riello, presidente dell’Associazione esposizioni e fiere italiane

209 FIERE

Le rassegne internazionali previste per il 2012

-2% SPAZI VENDUTI Calo nel 2011 degli spazi fieristici venduti

ternazionalizzazione, le armonizzazioni dei calendari, le economie di scala e le certificazioni, per fornirne un’accurata analisi e presentazione al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera». Nel 2011 gli spazi fieristici venduti sono calati del 2 per cento, con un indebolimento dei prezzi al metro quadro. Perché è avvenuto ciò? «Le esposizioni fieristiche fanno parte di quelle attività promozionali su cui le aziende in tempo di crisi devono tagliare, ma sono sicuramente le ultime a cui si vuole rinunciare. C’è però la tendenza a selezionare e scegliere le manifestazioni che permettono di soddisfare al meglio tutte le esigenze». «Il sistema fieristico può reagire alla crisi solo rinnovandosi». Ma che cosa vuol dire in concreto per un quartiere fieristico? «Significa adattare i format delle manifestazioni alle esigenze del mercato, alle necessità degli espositori. Pensare e presentare nuove formule, prodotti e, soprattutto, servizi aggiuntivi da erogare per generare profitti anche

fuori dalla manifestazione. Ogni rassegna andrebbe arricchita con innovativi programmi di convegni e congressi appositamente studiati per gli addetti del settore in modo da offrire a operatori ed espositori interessanti ed efficaci occasioni di formazione. Gli organizzatori dovrebbero poi creare convegni anche fuori dalla manifestazione stessa, nelle città che attirano anche il pubblico internazionale». La tendenza a sondare le opportunità dei mercati globali è un fenomeno in atto da tempo, anche a causa delle minori prospettive del mercato interno. Quali sono oggi i modi per internazionalizzarsi e quali sono i quartieri fieristici in grado di farlo? «Milano, Verona, Bologna e anche Rimini sono gli organizzatori che più facilmente possono perseguire la strada dell’internazionalizzazione. Esistono poi altri soggetti minori che lavorano su iniziative spot. Diversi sono i metodi per internazionalizzare: in join venture, gestendo direttamente gli eventi o commerciando prodotti. Personalmente credo molto nella gestione diretta da parte degli organizzatori poiché questo non solo consente di sviluppare servizi collaterali aggiuntivi, ma anche di evitare di dover fare i conti con gli interessi di terze parti non sempre collimanti con quelle dell’ente fiera. Sul fronte internazionale, con Aefi stiamo operando per superare l’individualismo, le “caratterizzazioni di territorio”». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 59


SISTEMA FIERISTICO

Un anno di grandi sorprese e conferme Essere al servizio del mercato e dare al pubblico un prodotto coinvolgente. È questa la mission con cui è nata Gl events Italia, braccio italiano del Gruppo francese attivo negli eventi fieristici. L’amministratore delegato, Giada Michetti, traccia le prossime sfide del mercato Renata Gualtieri

l events, gruppo quotato alla Borsa di Parigi tra i leader nell’organizzazione di eventi, gestione di quartieri fieristici e fornitura di servizi correlati, ha chiuso il 2011 con un fatturato di 727,2 milioni di euro, un portafoglio di 2.700 eventi organizzati con il coinvolgimento di 30.000 espositori e 8 milioni di visitatori. Con i suoi 91 uffici in 14 diversi paesi, tra proprietà e gestione, conta 35 strutture suddivise in quartieri fieristici, centri congressi o poli multifunzionali. In Italia, paese secondo solo alla Francia per investimenti, è presente attraverso i due quartieri fieristici di Lingotto Fiere a Torino e Padova Fiere. Attraverso Gl events Italia, di cui

G Giada Michetti, amministratore delegato Gl events Italia Spa

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Giada Michetti è amministratore delegato, si occupa dell’organizzazione di eventi nel settore dell’automotive. «Il Gruppo – tiene a precisare la manager – guarda con attenzione al nostro Paese come ai mercati esteri; lo dimostra il successo della seconda edizione del Qatar motor show, della cui organizzazione Gl events Italia è parte integrante». Come si posiziona oggi il mercato fieristico italiano rispetto agli altri mercati? «Rispetto a quello tedesco, mercato di riferimento in Europa, il mercato italiano si caratterizza per il numero elevato di quartieri fieristici. Il fenomeno della parcellizzazione e il numero di metri quadrati disponibili, che supera la domanda, rendono dunque il mercato fieristico italiano iper competitivo e, di fatto, privo di una regia. Ciò rappresenta uno svantaggio sia per gli stessi quartieri che “sovrappongono” l’offerta di manifestazioni, sia per gli espositori per i quali l’evento fiera, a causa di questa parcellizzazione, viene meno al suo ruolo di incontro, di respiro di certo più limitato». Tra i mercati emergenti quali quelli a più alto potenziale? «Anche dal punto vista fieristico i paesi Bric hanno un elevato potenziale. A questi aggiungerei il Sud Africa, che non va sottovalutato ma osservato con attenzione». Come ha reagito il settore fieristico alla crisi e cosa si aspetta dai prossimi mesi? «A seconda delle diverse merceologie, il set-


Giada Michetti

tore fieristico ha di fatto tenuto laddove i distretti economici giustificavano le manifestazioni espressione di quel determinato territorio. Ma anche in questi casi ha registrato comunque una battuta d’arresto. Di certo il 2012 non si prospetta come un anno positivo». Lingotto e My special car show a Rimini. Quali le prossime sfide di Gl events? «Il 2012 è un anno importante per Lingotto Fiere, che ha in calendario due manifestazioni B2C come il Salone del gusto e il Salone internazionale del libro. Ma si tratta anche dell’anno di Expoferroviaria, vetrina B2B della tecnologia ferroviaria italiana, e del rilancio di Restructura. Lingotto Fiere dunque guarda oltre il proprio territorio, con eventi a elevato interesse nazionale. Sul fronte dell’automotive, quest’anno la manifestazione My special car show festeggia la sua decima edizione e

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Il Motor show deve continuare a essere il punto riferimento per il settore, forte dei risultati dello scorso anno

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stiamo lavorando per fare in modo che tutti gli appassionati non restino delusi dall’appuntamento che è di fatto l’unico punto di riferimento del settore della personalizzazione dell’auto; settore di nicchia, peraltro non supportato da una legislazione come invece avviene in Germania. La decima edizione di My special car show avrà luogo a Rimini Fiera dal 30 marzo al 1 aprile, ma uscirà dal quartiere fieristico per ospitare l’inedito appuntamento “Rallyronde My special car show”, che vedrà le vetture cimentarsi su una spettacolare prova speciale che si snoda tra le colline di Rimini e il mare». E cosa ci si aspetta dal Motor show di Bologna? «Nonostante un mercato ancora in difficoltà, l’appuntamento bolognese ha il dovere di continuare a essere il punto riferimento per il settore, forte dei risultati dello scorso scorso anno che ne evidenziano il successo: 856.314 visitatori, il 5% in più rispetto al 2010; 48 anteprime di prodotto tra nazionali, europee e mondiali; 258 espositori e 37 marchi automobilistici presenti». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 61


SISTEMA FIERISTICO

Piattaforme più forti e competitive Régis Faure, direttore generale della società Lingotto Fiere, individua i passi per potenziare il ruolo del centro fieristico e il suo peso a livello nazionale e internazionale Renata Gualtieri

a sua azione prosegue nel segno della continuità rispetto a quanto fatto in passato, sin dall’inizio della gestione Gl events in Italia, e a Torino in particolare. Una città che Régis Faure, direttore generale di Lingotto Fiere, aveva già potuto apprezzare in passato. Tra i suoi obiettivi c’è il rafforzamento della collaborazione con le istituzioni, enti e associazioni di categoria per individuare insieme priorità, necessità e punti di forza del territorio in termini sia di sviluppo industriale sia di servizi. «Solo così – precisa Faure – il nostro lavoro può davvero essere un mezzo efficace per mettere in vetrina questi settori, con lo strumento giudicato di caso in caso più adatto, che sia una fiera o un congresso o un altro tipo di evento». Va in questa direzione il protocollo d’intesa sottoscritto con Regione, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Torino per la realizzazione di una cabina di regia delle manifestazioni fieristiche pubbliche e private da programmare nei prossimi anni a Torino, con l’obiettivo di coordinare gli indirizzi strategici e operativi e ottimizzare l’impiego delle risorse. Spazio poi alla promozione

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Régis Faure, direttore generale di Lingotto Fiere

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degli eventi per interessare potenziali visitatori nelle regioni confinanti, puntando sull’appeal che temi quali design ed enogastronomia possono suscitare. Quali sono le differenze principali nella gestione degli eventi e dei quartieri fieristici, anche in termini di approccio, tra il settore fieristico italiano e quelli esteri? «Un primo tratto positivo rispetto al mercato francese riguarda il peso che viene dato al settore fieristico in Italia, percepito e riconosciuto come un vero e proprio comparto economico, su cui i mercati concentrano attenzione e risorse. Il mercato italiano, senza dubbio uno dei più importanti in Europa, è più maturo e avanzato in termini di marketing, con quartieri fieristici di grandi dimensioni, soprattutto al Nord. Il tasso di concorrenza è di conseguenza molto elevato: questo, se da un lato può essere stimolante, dall’altro fa emergere anche una mancanza di coordinamento, scatenando una “guerra” che non porta benefici a nessuno. Un altro dato rilevante riguarda il tessuto imprenditoriale, composto da moltissime piccole e medie imprese di grande qualità: una caratteristica che favorisce una forte specializzazione del knowhow e la nascita di eventi “distrettuali”. Per quanto riguarda l’aspetto della gestione, in Italia i poli espositivi sono per la quasi totalità dei casi gestiti da enti pubblici, mentre la tendenza generale va verso una gestione delegata a soggetti privati, con una partecipa-


Régis Faure

c zione del pubblico, che spesso detengono la proprietà immobiliare. Lingotto Fiere, in questo panorama, è un’eccezione». Fermo restando la situazione economica molto complessa, dove occorre più investire per aumentare l’efficienza del centro fieristico torinese? «Occorre reinventare le modalità di svolgimento e l’offerta delle fiere. Dobbiamo capire meglio le esigenze di operatori e aziende: in tempi di crisi l’obiettivo primario è aumen-

Dobbiamo capire quello che vogliono operatori e aziende: l’obiettivo primario è comunque aumentare le vendite e i saloni

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tare le vendite e i saloni, rispetto ad altri strumenti della comunicazione, hanno comunque un costo più basso. Pertanto il nostro compito è quello di renderli ancora più efficaci per chi partecipa, potenziando il contatto diretto con i clienti, per creare occasioni uniche di interazione e approfondimento, senza sprechi di tempo ed energie. Insieme a enti e istituzioni dobbiamo concentrare le risorse per offrire piattaforme forti e competitive». Guardando agli eventi fieristici, ci saranno novità nel calendario dei prossimi anni? «Già quest’anno abbiamo in programma due importanti appuntamenti nel settore medico: il 24° congresso nazionale della Società italiana di diabetologia a maggio e il 45° congresso nazionale della Società italiana di radiologia medica a giugno. Certo, stiamo lavorando su nuovi progetti, sia valutando le possibilità di adattare per il nostro mercato eventi già esistenti nel portafoglio del gruppo, sia con altri operatori italiani ed esteri. Un’opportunità che non vorremmo perdere è rappresentata dall’Expo 2015, data la nostra vicinanza territoriale: sarebbe un vero peccato non sfruttare un’occasione così di visibilità importante».

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La Torino di ieri, oggi e domani «Il Salone del libro ha accompagnato Torino in tutti i mutamenti radicali che in quest’ultimo quarto di secolo l’hanno letteralmente vista cambiare pelle». Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura, illustra progetti e aspettative legati alla XXV edizione della manifestazione Renata Gualtieri

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l Salone internazionale del libro ormai da anni si è stabilmente assestato ben sopra la soglia dei 300 mila visitatori. Un record in Italia e in Europa, tanto più tenendo conto della difficile situazione economica attuale. «Le attese per questa edizione – commenta Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura – sono quelle di un pubblico che ci premia sempre con il proprio affetto e che viene attirato non soltanto dall’offerta editoriale immensa, forte di quasi 1.500 editori, ma da un programma culturale che quest’anno si preannuncia particolarmente ricco di grandi nomi internazionali e attento ai linguaggi delle nuove tecnologie che hanno cambiato il nostro modo di scrivere e di leggere». Grande fiducia è poi riposta nella Romania quale paese ospite del 2012, perchè possa stimolare il coinvolgimento della comunità romena torinese, che con 80.000 persone è la prima comunità straniera della città. Venticinque anni fa nasceva il Salone internazionale del libro. Quali i cambiamenti più significativi che hanno interessato l’evento e la città di Torino? «La fine della città fabbrica segnata dai ritmi fordisti e la riscoperta di una nuova nozione di socialità; il passaggio dalla produzione di beni alla produzione di servizi e conoscenza; la rivoluzione demografica e sociale con l’aper-

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Rolando Picchioni

Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura che promuove il Salone Internazionale del Libro di Torino

tura alle culture e ai nuovi cittadini di un mondo globalizzato. Infine, il recupero di enormi spazi e contenitori urbani lasciati liberi dall’industria e restituiti con nuovi significati alla creazione di cultura e qualità della vita. È un processo di cui il Lingotto è il simbolo più macroscopico: non per niente il Salone fu la prima grande manifestazione culturale ad approdare nell’ex stabilimento Fiat dopo i primi anni a Torino Esposizioni. Di tutti questi processi il Salone non è stato solo testimone fedele, ma spesso rabdomante e anticipatore». In che modo tutto ciò sarà raccontato attraverso il progetto “La città visibile”? «Assieme al Circolo dei lettori abbiamo individuato sette grandi temi: sette filoni attraverso i quali, a nostro avviso, in questi venticinque anni è passata la metamorfosi dell’identità di Torino. L’avventura del Salone, l’economia e società, la riscoperta di antiche e nuove vocazioni come il cinema e il teatro, l’arte contemporanea, le trasformazioni nell’architettura, nell’urbanistica e nel design, la fioritura letteraria con la nascita di realtà importanti come lo stesso Salone, il Circolo dei lettori, la Scuola Holden. Su ogni tema si confrontano testimoni storici e giovani già affermati, giornalisti ed esperti, in uno scambio di idee senza il timore di usare la libertà d’esercizio critico. E che, soprattutto, sottoponga a un’attenta verifica anche l’etichetta di “Torino città laboratorio”, troppo spesso ripetuta in modo acritico per non meritare di essere riesaminata senza enfasi o sentimentalismi». Questa road map culminerà on una mostra, allestita nei padiglioni del Lingotto Fiere, dei venticinque oggetti simbolo del cambiamento. Può indicarne alcuni? «L’elenco, per il momento, è ancora top secret. Assieme al curatore Luca Beatrice stiamo mettendo a punto la lista definitiva. Ma, per dare un’idea delle scelte, posso dire che saranno icone che hanno cambiato il volto di Torino, il nostro modo di vivere e percepire la città, il nostro costume. Si tratta di oggetti che sono stati inventati a Torino e di qui sono partiti per conquistare l’Italia e il mondo, come lo zai-

netto Invicta, le cialde Lavazza o il lettore mp3 di Leonardo Chiariglione. Oppure simboli della cultura scientifica e tecnologica, come la stazione spaziale o il motore Common rail. O magari oggetti arrivati da molto lontano, la cui irruzione nella vita quotidiana dei torinesi ha però cambiato in modo irreversibile le loro abitudini. Ogni oggetto sarà anche raccontato dalle parole di uno scrittore o testimone». Lei ha dichiarato di aver voluto contenere il più possibile la passerella dei soliti noti e delle figure troppo istituzionali. Quali i motivi alla base di questa scelta? «Mi riferivo al progetto “La Città Visibile”. La scelta forse controcorrente è derivata dal voler privilegiare le voci nuove, le visioni laterali e “off”, rispetto agli stakeholders che occupano abitualmente il palcoscenico e il dibattito pubblico con le loro opinioni. Per una volta, abbiamo voluto dare anche voce al ragazzo che fa rap nelle cantine, al giovane artista che lotta per esporre nei musei, allo scrittore che ha spiazzato le classifiche con la sua opera prima. Potremo così ascoltare letture più vivaci e non convenzionali dei fenomeni dove si annida la creatività, e intercettare quei fermenti di novità, quegli enzimi di cambiamento che, magari in modo carsico e sotterraneo, stanno già preparando oggi la Torino che incontreremo fra altri venticinque anni». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 65




Si amplia il mercato per l’industria pesante Individuare nuovi spazi e nuove nicchie di mercato. E al contempo investire nella ricerca e nello sviluppo di competenze e tecnologie. La risposta di Mario Travaini alla crisi economica Manlio Teodoro

industria piemontese nel 2011 è cresciuta del 2,2 per cento, superando la crescita media nazionale dell’1,9 per cento. Nonostante sia un dato positivo, è pressoché dimezzato rispetto allo stesso valore riferito al 2010, quando il Piemonte aveva avuto una performance di crescita industriale del 4,7 per cento, che anche in questo caso superava di poco la media nazionale del 4 per cento (fonte Istat e Prometeia). Passando da una visione macroeconomica a una microeconomica, Mario Travaini, titolare delle carpenterie omonime, definisce efficacemente la situazione esprimendo un «giudizio timidamente positivo». Alla domanda su quale bilancio possa trarre dell’ultimo biennio dal suo osservatorio di dirigente di un’azienda dell’industria pesante – specializzata nella realizzazione di strutture, parti di macchine, impianti e macchinari per il settore ceramico, siderurgico e dell’energia – risponde: «Il nostro fatturato è aumentato sia nel 2010 sia nel 2011, in realtà nel 2011 ha avuto un incremento particolarmente significativo, al quale tuttavia ha fatto da contrasto la diminuzione del margine operativo. Per quanto ci riguarda non possiamo che confermare il perdurare di una situazione di crisi sia per il mercato italiano che per quello in generale dell’eurozona. In questo scenario, la strategia imprenditoriale, che ci ha

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Mario Travaini

La nostra strategia imprenditoriale è stata quella di cercare di ampliare il mercato, sia all’interno sia all’esterno del core business

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permesso di rimanere comunque in attivo, è stata quella di cercare di ampliare il nostro mercato. Sia instaurando rapporti con nuovi partner nei settori nei quali siamo attivi da diversi anni e per i quali abbiamo già un know how strutturato. Sia creando nuove possibilità di ingresso in nicchie di mercato nelle quali prodotti analoghi a quelli della nostra produzione normale potessero trovare un riscontro – su questo fronte finora non siamo riusciti a esprimere nella sua completezza il nostro potenziale». Il core business della Travaini è venuto così a collocarsi nella produzione di macchine e impianti per il settore del cemento, per quello minerario e della lavorazione della ceramica, per i quali l’azienda realizza principalmente mulini di macinazione di varie tipologie e dimensioni e forni per la cottura, oltre ad altre parti accessorie. «Siamo anche molto presenti nel settore dell’energia, attraverso la costruzione di macchine per centrali termoelettriche, idrauliche e valvole di grosse dimensioni per l’industria petrolifera. La spinta verso nuove opportunità di partnership ci ha portato a individuare nuovi target commerciali nei paesi del Nord Africa, che si sono venuti ad affiancare al nostro mercato di riferimento storico che è quello europeo. Abbiamo anche avviato numerosi progetti con società del Centro e Sud America e del mercato asiatico». Parallelamente a questo sviluppo esterno,

l’azienda ha puntato anche a rafforzare le proprie competenze interne, investendo in ricerca, innovazione e sviluppo. «È fondamentale la ricerca di nuovi direzioni, sia per riuscire a cogliere in anticipo le nuove richieste del mercato che per proporre soluzioni che il mercato sta cercando e per le quali non esiste ancora una risposta. La capacità operativa dell’azienda è cresciuta notevolmente in questi anni, anche attraverso l’assunzione di personale specializzato, l’ampliamento dei reparti produttivi e l’installazione di nuovi macchinari ad alto contenuto tecnologico. In particolare è stato realizzato un nuovo reparto di carpenteria e meccanica pesante, all’interno del quale possiamo lavorare pezzi fino a 150 tonnellate di peso. Il nostro ufficio tecnico è costantemente impegnato nella ricerca di nuove soluzioni più funzionali ed economiche, che realizza anche su richieste specifiche dei nostri partner per realizzare strutture, parti di macchine, impianti e macchinari completi su disegno. Saldare le nostre relazioni di partnership e fidelizzarle è infatti attualmente la strategia migliore, dato che per il 2012 i segnali finora raccolti mostrano una prospettiva uguale se non addirittura peggiore di quella degli anni appena trascorsi. Noi puntiamo quindi a mantenere gli standard di produzione e di fatturato – entrambi gli obiettivi, data l’incertezza, saranno una sfida per la nostra azienda».

La Travaini Carpenterie Spa ha sede a Fontaneto d’Agogna (NO) www.travaini.it

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MODELLI D’IMPRESA

Il ruolo della flessibilità nell'industria pesante Esperienza e professionalità nell'ambito della produzione di macchinari per lo stampaggio. Queste le caratteristiche fondamentali per domare un mercato sempre più specialistico e selettivo. Giancarlo Freguglia racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

a specializzazione produttiva, l'evoluzione di competenze e prerogative, l'implementazione tecnologica e progettuale, sono caratteristiche importanti, l'acquisizione e il mantenimento delle quali segna – in questo periodo così delicato per l'economia internazionale – la differenza fra la competitività di mercato e la regressione a semplici comprimari. Un miglioramento progressivo e coerente, che si basi sull'esperienza maturata negli anni, permette inoltre di offrire ai clienti una qualità produttiva e una professionalità sempre maggiori, contribuendo alla fidelizzazione degli stessi. Coscienti di questi pochi, semplici principi, Giancarlo Freguglia, Alessio Travaini e Ampelio Bettanello, attuali soci della FTB di Bogogno, si esprimono al riguardo di un mercato che ormai conoscono bene. «In un ambito specialistico come quello della realizzazione di macchinari per lo stampaggio a caldo e a freddo, la richiesta di customizzazione produttiva proveniente dal mercato influisce in maniera sempre più inclusiva nei criteri di progettazione e produzione, imponendo alle aziende una preparazione e una elasticità sempre maggiori». Come vi mettete nelle condizioni di gestire un mercato

L Sotto, Giancarlo Freguglia e in alto, Alessio Travaini, due dei soci della FTB Srl di Bogogno (NO) www.ftb.it

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così esigente e selettivo? «Il nostro retaggio aziendale costituisce il valore aggiunto che tuttora ci permette di rimanere estremamente competitivi. Il gruppo dirigente, composto, oltre che dal sottoscritto, da Ampelio Bettanello – responsabile di officina ed esecuzione lavori – e da Alessio Travaini – responsabile della fase progettuale, ha maturato una sintonia e un affiatamento particolari, grazie allo stretto contatto collaborativo nato nel 1979, quando la FTB si occupava ancora della revisione e manutenzione di macchine utensili in genere». Quali evoluzioni hanno caratterizzato la FTB dalla sua origine? «L'esperienza acquisita nel corso dell'attività manutentiva di cui si occupava inizialmente la società ci ha permesso di evolvere le nostre competenze e cimentarci anche nell'ambito produttivo; al principio degli anni Ottanta ci siamo concentrati sulla creazione di prototipi di macchine speciali per l'industria nazionale e in breve tempo abbiamo esordito con il nostro primo prodotto: la sbavatrice automatica a ta-


Giancarlo Freguglia e Alessio Travaini

Il ciclo di produzione dei macchinari deve avere una grandissima flessibilità, permettendo di realizzare tanto piccoli lotti di pezzi molto speciali quanto grandi quantità di prodotti di serie

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vola rotante per stampati nel settore della rubinetteria. L'esperienza e gli investimenti hanno successivamente consentito alla FTB di estendere le proprie prerogative in ambito di produzione, specializzandosi nella realizzazione di bilancieri a frizione e linee di stampaggio automatizzate». Quali sono i vantaggi che offrite? «La qualità dei nostri prodotti è certificata. Oltre a questo sta diventando sempre più importante – in un mercato dalle esigenze molteplici e composite – essere in grado di offrire all'utenza percorsi personalizzati di progettazione e produzione di macchinari, modellati sulle richieste specifiche del cliente stesso; è fondamentale sottolineare che il ciclo di produzione dei macchinari commissionati deve avere una grandissima flessibilità, permettendo di realizzare tanto piccoli lotti di pezzi molto speciali quanto grandi quantità di prodotti di serie a basso valore aggiunto». Quali servizi accessori siete in grado pro-

porre? «Fedeli al nostro retaggio manutentivo, offriamo un preciso e puntuale servizio di assistenza, che effettuiamo sia sulle parti meccaniche che sugli impianti. Integriamo inoltre questo servizio con la produzione autonoma e specializzata dei pezzi di ricambio. La FTB si occupa infine della formazione del personale della committenza, in modo da mettere il cliente nelle condizioni di sfruttare in pieno le potenzialità produttive dei nostri efficienti macchinari». Che tipo di competenze progettuali mettete al servizio della clientela? «Un pacchetto di competenze completo e adatto a tutte le necessità. Oltre alla customizzazione progettuale, la FTB – per assecondare la crescente richiesta di automazione, di controllo e di sicurezza unita alla necessità di sostituire impianti elettrici obsoleti – grazie al suo reparto impiantistico è in grado di progettare e realizzare nuovi apparati con l'ausilio dell'elettronica più aggiornata». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

Meno piombo e nichel nelle nuove leghe entrata sul mercato di prodotti provenienti da economie emergenti ha avuto ripercussioni negative anche sul settore della rubinetteria e sul suo indotto. La ricerca di nuove leghe con caratteristiche più performanti è la carta da giocare per una spinta di competitività. In particolare, la Vezzola Metalli, azienda della provincia di Novara guidata da Giancarlo e Franco Vezzola, ha puntato sulla specializzazione produttiva dell’ottone. «Nel nostro territorio l’industria della rubinetteria è uno dei settori trainanti – spiega Giancarlo Vezzola -. La nostra azienda, producendo l’ottone, si è quindi adattata alle esigenze di mercato delle imprese locali e il nostro core-business è rappresentato dalla rubinetteria nel suo complesso, cioè valvole, rubinetti, contatori dell’acqua e tutto quello che riguarda l’ottone». La produzione originaria della Vezzola Metalli, quella dei lingotti di ottone, si basava su una monolega, ma le richieste di mercato hanno spinto l’azienda nella direzione della specializzazione e della ricerca di una maggior diversificazione di prodotto con l’inserimento di leghe speciali e la commercializzazione di barre di ottone. Per i prossimi anni è prevista un’evoluzione dei materiali nel vostro settore di riferimento. In che modo vi state preparando a questo cambiamento? «Investendo in nuove tecnologie ma soprattutto garantendo un’alta

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Giancarlo Vezzola, titolare della Vezzola Metalli Spa di Borgomanero (NO) www.vezzolametalli.it

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La competitività nel settore della rubinetteria è legata alle potenzialità delle materie prime. Nei prossimi anni, sulla scia del modello americano, si imporranno nuove leghe metalliche. Giancarlo Vezzola ne spiega l’importanza per la concorrenza al low cost Manlio Teodoro

e costante qualità del prodotto, resa possibile innanzitutto dall’acquisto iniziale di materiali qualitativamente superiori e dal nostro laboratorio che certifica il rispetto delle normative del prodotto attraverso analisi chimiche metallografiche e meccaniche». Quali sono le ragioni che vi stanno portando a puntare su queste nuove materie prime? «Da alcuni paesi, come la Germania e gli Stati Uniti, aumentano sempre di più le richieste di rubinetteria a minor impatto ecologico, con la riduzione nella lega dei tenori di alcuni elementi inquinanti e nocivi per la salute dell’uomo, quali piombo, nickel o antimonio, che possono essere rilasciati dal passaggio dell’acqua per l’alimentazione umana». Quali sono per voi i prezzi attualmente non comprimibili? «Essere competitivi sul mercato oggi è sempre più difficoltoso sia a causa della forte domanda di materia prima da parte dei paesi emergenti che ha fatto lievitare i prezzi in modo considerevole, sia per le continue speculazioni borsistiche sul rame che ne fanno oscillare il valore, anche in modo considerevole, da un giorno all’altro, creando una situazione di instabilità sui mercati e, di conseguenza, sui prezzi sia di ac-


Giancarlo Vezzola

Il futuro della rubinetteria sarà sempre più legato all’uso delle nuove leghe con meno piombo e nichel

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quisto che di vendita. Per contrastare questa emorragia di materie prime, rottami e scarti di qualsiasi genere, si deve aumentare la qualità dei prodotti partendo, nel nostro caso, da leghe di ottone di purezza maggiore, con conseguente diminuzione dell’utilizzo di materiali scadenti». In questa situazione di difficoltà, quale bilancio potete trarre dall’ultimo biennio? «Anche se i margini sulle vendite si sono ridotti sia per la scarsa liquidità del mercato, sia per le risorse e il tempo che vengono persi per i diversi aspetti burocratici, nel nostro caso specifico, la quantità di lavoro è rimasta costante. Questo è stato possibile anche perché siamo ormai l’unica azienda rimasta a produrre lingotti in ottone sul territorio dove sono dislocati la maggior parte dei nostri clienti. In sostanza, siamo una realtà molto radicata in Piemonte e, per incrementare il servizio offerto sul territorio, abbiamo anche aperto un magazzino per il commercio di barra di ottone che in questo momento è più richiesta rispetto al lingotto tradizionale. Questo ci ha permesso di offrire un servizio adeguato alle richieste dei nostri clienti per qualità, quantità e tempistica». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 73


In crescita il mercato dei container Una strategia di ottimizzazione e investimento in ricerca e sviluppo di nuove soluzioni per il trasporto di merci e per la realizzazione di soluzioni abitative. Roberto Marengo spiega in che modo si muove l’industria italiana del container Valerio Germanico

dati disponibili sul transito di container nei porti italiani nei primi cinque mesi del 2011 rivelano una crescita del traffico del 6% (fonte ufficio studi di Contship Italia). Da gennaio a maggio dell’anno scorso nel nostro paese sono stati movimentati 4,14 milioni di teu, quasi la metà del dato relativo all’interno 2010 (9,86 milioni di teu). Poiché di solito il secondo semestre è quello in cui il mercato dei container accelera i traffici, si prevede che i dati com-

I La Sicom Spa si trova a Cherasco (CN) www.sicom-containers.com

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pleti del 2011 dovrebbero confermare un anno di crescita del settore, sulla linea del trend avviatosi dopo l’anno di crollo, il 2009, che aveva toccato il fondo di –9,7% rispetto al 2008. Il mercato dei container non è limitato però al solo trasporto via mare, dato che una parte consistente di questi viaggia su strade ferrate e su gomma, sia in combinazione con altri mezzi – trasporto intermodale – sia in modo esclusivo. Per capire a quale ampia gamma di usi siano destinati i container parliamo con Roberto Marengo, titolare di Sicom, società specializzata nella produzione di container per lo shipping, il container leasing, il trasporto intermodale internazionale, ma anche enti statali, protezione civile, esercito italiano e forze armate di tutto il mondo. «Nonostante la crisi e come confermato anche dai dati di Contship Italia, il settore è riuscito a reagire e a crescere – anche se dietro la crescita complessiva, nel dettaglio, molti operatori portuali hanno perso quote di mercato a vantaggio dei porti nord africani. Per quanto riguarda la nostra realtà di costruttori di container, nell’ultimo biennio siamo riusciti a mantenere stabile il fat-


Roberto Marengo

❝ turato, anche grazie all’attivazione di nuove linee di prodotti, che hanno ricevuto un generale positivo consenso da parte del mercato. L’innovazione è rientrata in una strategia complessiva di controllo e ottimizzazione dei costi di esercizio e della produzione. Il risultato è stato quello di un allargamento delle possibilità di business. Le linee di produzione sono attualmente quattro, di cui due dedicate alla produzione di container da trasporto merce, una dedicata ai container speciali, mentre l’ultima è focalizzata sui container abitativi per permanenze a lungo termine con allestimenti esterni e interni particolari. Comprendiamo tutta la gamma di container Iso intermodali in acciaio da 10 a 40 piedi, open top, dry box, flat rack, ventilati, bulk, open side. Abbiamo anche aggiunto portacoils, casse mobili e allestimenti per semirimorchi». La strategia della Sicom ha quindi previsto da un lato un’ottimizzazione interna e dall’altro un investimento maggiore nell’innovazione. La scelta non è stata però priva di criticità, come spiega Marengo: «La ricerca e lo sviluppo sono fattori estremamente importanti per la competitività di un’azienda: sono i nostri punti di forza da anni e ci hanno portato a essere una figura di rilievo del settore container. Non si investe mai abbastanza in questo ambito, anche se i risultati diventano premianti nel medio-lungo periodo. Sicuramente però la congiuntura economica tende a reprimere gli investimenti, che dovrebbero per

Il mercato europeo rimane il nostro punto di riferimento, tuttavia stiamo espandendo il nostro business anche in Australia

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questo essere favoriti e maggiormente supportati a livello fiscale». Il mercato di riferimento della società, inizialmente solo italiano, oggi guarda all’Europa e alle possibilità di sviluppo anche fuori dai confini comunitari. «Il mercato europeo rimane ancora oggi il nostro punto di riferimento, tuttavia stiamo espandendo il nostro business nel mercato australiano, per il quale prevediamo solide e interessanti possibilità di sviluppo nei prossimi mesi. Tuttavia fare previsioni a lungo periodo non è possibile. Indipendentemente dalle dimensioni della nostra rete commerciale, però, è nostra intenzione continuare a supportare il tessuto industriale italiano non delocalizzando la produzione. Una scelta del genere oltre che un danno per il sistema nazionale rappresenterebbe anche la perdita del nostro know how, che ci consente oggi di sviluppare anche soluzioni personalizzate alle esigenze dei singoli partner. La nostra posizione geografica, inoltre, è strategica per la logistica dei nostri prodotti, dato che siamo vicini ai porti di Savona, Genova e La Spezia, oltre che alle principali linee ferroviarie europee di collegamento con Francia, Svizzera, Austria e Germania. Abbiamo anche un nostro terminal ferroviario per la spedizione delle unità direttamente sui principali scali merci italiani ed europei».

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MODELLI D’IMPRESA

Nuove applicazioni del polistirolo C

Dall’architettura alla comunicazione visiva, all’interior design, sono numerosi i campi in cui questo materiale può essere utilizzato. Come spiega Franco Fornacca, sono sempre di più coloro che stanno imparando a conoscere e apprezzare la sua versatilità Amedeo Longhi

Franco Fornacca, direttore commerciale della Altec Italia di Vigliano Biellese (BI) www.altec-italia.it

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assette per il pesce, imballaggi per televisori e poco altro erano una volta i soli utilizzi a cui era destinato il polistirolo. Oggi questo materiale è diventato protagonista di molti settori, svolgendo compiti non solo funzionali ma anche estetici e comunicativi. «Il polistirolo è stato recentemente scoperto anche da architetti e designer ed è diventato una base di supporto polivalente su cui potersi sbizzarrire», spiega Franco Fornacca, direttore commerciale di Altec Italia, azienda biellese che ha anticipato i tempi, avviando un percorso di ricerca su materiali e tecnologie per sfruttare al meglio questa risorsa. Quali sono le modalità e le tecniche per trattare questo materiale? «Qui si apre un ampio ventaglio di possibilità a seconda della situazione. In ambito edilizio si restringe il range allo spruzzo con malta cementizia. Nel campo dell’insegnistica, quindi insegne da interno o da esterno, si possono utilizzare la gommatura a spruzzo o lo spruzzo di poliuretano per rendere le superfici dure e lucide. Per l’arredo design si realizza uno spruzzo in poliuretano che viene poi rifinito e carteggiato in carrozzeria, riuscendo a ottenere una laccatura sul polistirolo, come si può vedere per esempio nei banconi da bar e reception o componenti d’arredo. A ogni impiego corrisponde una differente rifinitura, di cui il polistirolo è il supporto di partenza. Addirittura abbiamo realizzato degli elementi per gioielleria e la finitura è stata fatta a spruzzo con effetto velluto (floccatura)». Uno degli utilizzi principali è quello in campo edilizio. «Sì, in particolare nell’isolamento della casa: il cappotto è composto all’85-90% da polistirolo, anzi polistirene, che è polistirolo non espanso, quindi un estruso. Il rimanente è fatto da sughero o altri materiali, che però hanno dei costi molto superiori. Sempre in ambito edilizio, il po-


Franco Fornacca

❝ listirolo viene utilizzato anche per fare delle cornici, marcapiano, che sono poi trattate con malta cementizia, oppure come negativo per le gittate di calcestruzzo per costruire archi, scale o altri elementi architettonici, in virtù della sua facilità di lavorazione». Come si struttura quindi la vostra attività? «Principalmente vendiamo macchine per tagliare il polistirolo in una vasta area che va dal Portogallo all’Iran. Per la nostra zona produciamo service. L’attività di lavorazione è limitata alle provincie di Biella e Vercelli, in quanto il polistirolo, leggero ma voluminoso, richiede elevati costi di trasporto. Le due attività sono però strettamente collegate: per vendere la macchina dobbiamo poter mostrare cosa essa è in grado di fare. Chi acquista le nostre macchine è quindi in grado di realizzare diversi tipi di taglio a seconda delle sue necessità, grazie anche ai corsi di formazione che teniamo presso la nostra sede. È con un pizzico di orgoglio che annoveriamo tra i nostri più importanti clienti il Teatro alla Scala di Milano, le Università di Napoli, facoltà di Architettura, e di Forlì, facoltà di Ingegneria Aeronautica, oltre ad aziende di rilievo in diversi campi commerciali e studi televisivi. Per loro è molto utile possedere un sistema per tagliare il polistirolo, materiale leggero, che permette di realizzare elementi anche di grandi volumetrie e che si adatta alla loro necessità di variare spesso».

Il polistirolo è stato recentemente scoperto anche da architetti e designer ed è diventato una base di supporto polivalente su cui potersi sbizzarrire

Quali sono le particolarità dei materiali utilizzati? «Negli anni abbiamo portato avanti un percorso di ricerca finalizzato a individuare i materiali di rifinitura, le colle, le resine, le malte, ottimali per questo tipo di lavorazione. Pur essendo un derivato del petrolio infatti, il polistirolo ha bisogno di essere trattato con sostanze a base di acqua e che non contengano solventi. Questo naturalmente è anche un aspetto positivo dal punto di vista del contenimento dell’impatto ambientale. In più, se il polistirolo è destinato a impieghi per uso interno – per esempio per comporre lo stand di una fiera, componenti di arredo, scenografie, il materiale di partenza deve essere ignifugo in classe 1. Il fornitore è quindi tenuto ad accompagnare la merce con una certificazione conforme a una rigida tabella in merito. A proposito dell’approvvigionamento della materia prima, quando un nostro cliente acquista la macchina è nostra cura inserirlo nel circuito di fornitori di materiali selezionati e testati prima da noi. Tutti gli scarti della nostra lavorazione vengono raccolti e restituiti al produttore di polistirolo, che li ricicla nella nuova produzione per uso industriale. Nulla va gettato in discarica, a salvaguardia dell’ambiente».

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MODELLI D’IMPRESA

Cresce l’educativo sul mercato del giocattolo entre il settore del giocattolo paga lo scotto di un generale calo del giro di affari, cresce di sette punti percentuali il fatturato della storica azienda Quercetti. Il marchio torinese, noto per la sua produzione dall’alto contenuto formativo, ha saputo reggere all’onda d’urto della crisi. «Innovazione, qualità, cura e prezzo sono le nostre caratteristiche vincenti, ma anche tanta sicurezza per ciascun prodotto» spiega Stefano Quercetti, la cui famiglia gestisce l’azienda sin dal 1950, anno in cui avvenne la fondazione da parte di Alessandro Quercetti. Da allora l’attività è ruotata attorno a una linea di prodotti divenuti il simbolo del giocattolo educativo made in Italy. L’ultimo anno è stato strategico anche in virtù del restyling e del potenziamento del sito web, ora una vera e propria piattaforma e-commerce che, in soli sei mesi, ha registrato ottimi risultati, diventando una case history nazionale

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La Quercetti & C. Spa ha sede a Torino www.quercetti.it

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Sempre più attenti agli aspetti formativi delle attività ludiche, i consumatori scelgono con cura i giocattoli per l’infanzia. Non stupisce, dunque, il trend positivo del marchio Quercetti, che ora punta a un rinnovo delle sue strategie commerciali Andrea Moscariello

di assoluto rispetto. «Lo scorso anno abbiamo lavorato su tutte le leve del marketing mix, non solo su quelle che vedono il web come grande protagonista – sottolinea Stefano Quercetti –. Abbiamo rafforzato la nostra presenza sul territorio, facendo importanti cambiamenti nella struttura del team vendite». È ora Manuela Pucci a coordinare il commerciale per l’Italia, la quale ha da subito potenziato il comparto attraverso un nuovo gruppo di agenti e politiche più incentivanti e mirate. «Il risultato è stato un aumento dei punti vendita direttamente serviti, un assortimento più profondo sugli scaffali, una più chiara presentazione del nostro product portfolio» spiega direttamente la Pucci. Sull’onda del successo del sito web molte novità in arrivo anche sul fronte delle applicazioni dedicate a smartphone e tablet, tese a incrementare il traffico degli utenti e ad accrescere la presenza del marchio nei motori di ricerca. «Miglioreremo la shopping experience proposta anche investendo in un contatto sempre più


Stefano Quercetti e Manuela Pucci

Cerchiamo di consolidare il riconoscimento dei colori, i concetti topologici, avviando quindi al ragionamento logico

diretto con i consumatori, attraverso laboratori, eventi e concorsi». Molte le novità che Quercetti ha in serbo per i prossimi mesi e che contribuiranno a dare un ulteriore slancio alla crescita dell’azienda. «Proporremo prodotti ancora più innovativi ed estremamente educativi, dedicati soprattutto alla prima infanzia. Punteremo a uno sviluppo della linea Girl con nuove proposte accattivanti di assoluto appeal verso le bambine, un restyling nel design e nelle linee giochi già presenti a catalogo, un’ampia offerta di prodotti a licenza Disney, la distribuzione esclusiva per l’Italia dei bellissimi prodotti Geomag» annuncia Quercetti. «Ci stiamo impegnando a proporre soluzioni innovative per i nostri prodotti, apparentemente “classici”, ma in realtà rispondenti alle esigenze di crescita e sviluppo dei nostri clienti, vale a dire i bambini di tutto il mondo». Il legame tra il fattore ludico e formativo resta centrale nella progettazione del giocattolo Quercetti. Oggi ci si concentra in particolare sulla coordinazione oculo-manuale.

«Cerchiamo di consolidare il riconoscimento dei colori, i concetti topologici, avviando quindi al ragionamento logico». Il daisy shape sorter, il primo gioco del 2012 presentato dall’azienda alla Fiera internazionale del giocattolo di Norimberga, rappresenta la realizzazione di questo obiettivo educativo. «È il classico intramontabile gioco delle forme che, nel bambino di tenerissima età, suscita grande interesse e divertimento in quanto ogni piccola mossa rappresenta un successo e una vittoria. La crescita dei bambini vede fasi diverse e, con queste, lo sviluppo di più capacità che noi supportiamo con prodotti specifici». Così, lo Stencil design è dedicato alle capacità creative, il Fantacolor Educo mira alla comprensione del trascorrere del tempo, Pascalina e Tubo Pitagorico aiutano nel prendere dimestichezza con i numeri e le prime operazioni, Pallino propone primi rudimenti di informatica, Georello, Marble run ed Elifly avvicinano al mondo della meccanica e della fisica. «I nostri processi progettuali e produttivi sono influenzati dalla scelta dei materiali e della tecnologia di trasformazione – spiega Stefano Quercetti –. Recentemente abbiamo investito molto sulla tecnologia di produzione e di prodotto». E anche nel mondo dei giocattoli, a garantire un buon riscontro sul mercato è il valore del made in Italy. «È un valore aggiunto assoluto – conclude il titolare –. I consumatori ci riconoscono una capacità realizzativa con forti connotazioni originali a prezzi concorrenziali: siamo la prova che produrre in Italia è possibile».

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MODELLI D’IMPRESA

Materiali di qualità per la sicurezza dei bambini e biciclette delle linee kids, a differenza di quelle da adulto, hanno subito negli anni minori cambiamenti tecnologici. Una scelta legata soprattutto al contenimento del costo del prodotto, che altrimenti lieviterebbe eccessivamente rispetto alle attese del target di riferimento. Ciò su cui hanno investito le imprese costruttrici di biciclette per bambini è invece il design, puntando a individuare gli elementi di maggiore presa sui gusti dei più piccoli, che spesso sono maggiormente attratti appunto dal disegno e dallo stile del mezzo a due ruote, piuttosto che dalle sue dotazioni tecniche. «La vera rivoluzione nel nostro settore – spiega Valerio Leone, presidente di Dino Bikes – è stato il passaggio dalla bicicletta generica a quella personalizzata con immagini e richiami ai personaggi e agli eroi di cartoni animati, film o altre categorie di prodotti destinati ai bambini, come Barbie, Winx, Hello Kitty, Spiderman, Ben10 e Dragon Ball».

L Valerio e Roberto Leone, presidente e amministratore delegato della Dino Bikes Spa di Borgo San Dalmazzo (CN) www.dinobikes.com

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In un mercato invaso da prodotti importati e costruiti fuori dal controllo delle norme comunitarie, la sicurezza è garantita soprattutto dai prodotti italiani. Ne parliamo con Valerio Leone Valerio Germanico

La vostra azienda possiede le licenze d’uso di numerosi brand commerciali. Quali vantaggi e criticità comportano queste partnership? «Il mondo dei piccoli è cambiato: non si accontentano più di una semplice bicicletta, bensì vogliono qualche cosa che li faccia sentire partecipi del mondo dei loro idoli. Il vantaggio maggiore, per noi, c’è se si riesce a ottenere la licenza nel momento di popolarità del marchio. Le criticità, invece, sono diverse. La prima è il costo per i diritti, che riusciamo a coprire soltanto nel caso in cui le vendite vadano bene. La seconda è rappresentata dalla concorrenza delle importazioni illegali dalla Cina e da quella dei prodotti contraffatti. Oltretutto questi, anche se costano meno, comportano un rischio per la salute. Non sono infatti prodotti a norma di legge e presentano l’utilizzo di materiali proibiti dalla Comunità Europea, sia per la tossicità che per la scarsa qualità dei componenti stessi. Questo è un punto fondamentale al quale i genitori dovrebbero prestare enorme attenzione al momento della scelta». Qual è la situazione, in Italia, per quanto riguarda la presenza di questi prodotti non a norma? «Nel nostro paese vengono importate ancora troppe biciclette in modo illegale. Biciclette sulle quali non sempre viene utilizzato materiale autorizzato dall’UE, quindi di scarsa qualità e a volte addirittura tossico. Tutto questo natural-


Valerio Leone

❝ mente per avere un prezzo più competitivo. Personalmente credo che un genitore non debba badare al risparmio quando si tratta della sicurezza dei propri figli. Tutto questo si riflette anche sulle aziende che rispettano le normative e che ancora cercano, a fatica, di mantenere le sedi di produzione in Italia». Per la progettazione delle bici, soprattutto per la linea “kids”, vi avvalete di uno studio interno o esterno? «Per la linea giocattolo, la grafica è realizzata da uno studio esterno, mentre tutto il resto viene progettato internamente. Per la linea bambino di alta gamma abbiamo utilizzato uno studio esterno molto qualificato, che ci ha aiutati nella

Nel nostro paese vengono importate ancora troppe biciclette in modo illegale e sulle quali non sempre viene utilizzato materiale autorizzato dall’UE

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progettazione e realizzazione della nuovissima linea che sta riscuotendo un grande successo. È stata lanciata nel 2012 e si rivolge a bambini e ragazzi nella fascia di età 3-12 anni. La gamma comprende biciclette dalla misura 12” alla 24” e una BMX freestyle, disponibili con telaio in acciaio o alluminio idroformato, cambio shimano completo, cerchio a doppia camera, catena in tinta con i particolari della bicicletta e varie caratteristiche che rendono la bicicletta esclusiva». Quali sono le sostanziali differenze tra il movimento nylon e il movimento sfera? «Per semplificare, diciamo che il movimento nylon indica bici giocattolo, mentre il movimento sfera si riferisce a una bicicletta vera e propria. Premesso che noi le produciamo entrambe, vorrei precisare che la Dino Bikes fabbrica biciclette con movimento nylon dal 1964 e da allora sono stati fatti passi da gigante. Infatti, il movimento nylon utilizzato per produrre le nostre biciclette è realizzato con un materiale particolare, caratterizzato da una lunga durata – pertanto la bicicletta può essere utilizzata tranquillamente tutti i giorni». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 85


TECNOLOGIE

Dall’Ict una leva per lo sviluppo A luglio ha portato a termine un’acquisizione che la renderà protagonista sul settore multimediale. E intanto prosegue nel suo progetto di espansione verso il Nord Est. Così, la società Omicron Consulting si conquista un’ulteriore fetta del mercato Ict Filippo Belli

resce il peso dell’Ict sul Pil italiano. Il comparto informatico ha fronteggiato un biennio critico ma, al tempo stesso, ha dovuto rispondere a una crescente richiesta di supporti innovativi da parte di quelle imprese che, proprio attraverso l’investimento in tecnologia, hanno ristrutturato gli asset gestionali, razionalizzando i costi e rendendo più efficiente il loro operato. Un trend che conferma anche Angelo Carelli, al vertice della società Omicron Consulting. «Nonostante la difficile stagione dei mercati, la società ha mantenuto e consolidato la propria dimensione a livello nazionale, rafforzando, in particolare, la propria presenza nel Nord Est italiano». Il caso della Omicron è significativo. Grazie ai suoi software proprietari quali Archivia, HR, ma anche attraverso soluzioni come Sap, Jde, Microsoft e servizi SaaS, contribuisce ogni giorno al successo delle aziende che l’hanno scelta come fornitore/partner. Ultimo tassello, fondamentale, è stata l’acquisizione, a luglio, della società Vieweb.it, che contribuisce all’espansione multimediale di Omicron Consulting. «L'acquisizione del ramo d’azienda Vieweb Meeting Services è un passaggio importante e conferma la validità della particolare strategia di crescita che stiamo portando avanti spiega Diego Piras, amministratore di Omicron -. Siamo estremamente contenti di aver acquisito il marchio Vieweb.it e tutte le persone che hanno contribuito nel costruire una gamma di servizi come Vieweb Connect e

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Vieweb Training». Gli fa eco Carelli, il quale sottolinea come l’attività acquisita, «grazie alla sua specializzazione in comunicazione multimediale interattiva, ha sviluppato una proposta in grado di offrire un insieme coordinato di strumenti con cui erogare formazione a distanza. Dalle video lezioni fruibili individualmente alle aule virtuali, per le lezioni o i workshop di gruppo, fino alle video conferenze in streaming. Questi servizi andranno a completare l’offerta attuale di Omicron Consulting e contribuiranno a costruire un forte posizionamento globale in questi mercati». Anche l’ex amministratore di Vieweb.it, Enrico Grillo, ha commentato positivamente l’operazione: «Concluso il proficuo periodo trascorso nell’incubatore del Politecnico, vediamo con fiducia questo matrimonio con un’azienda in grado di portare le nostre soluzioni al mercato». Prosegue, così, il piano di sviluppo societario. Ma perché puntare, geograficamente, soprat-

Angelo Carelli e, nella pagina a fianco, lo staff della Omicron Consulting Srl. La società ha sedi a Torino, Milano, Roma, Padova e Parma www.omicronconsulting.it


Angelo Carelli

Oggigiorno l’efficienza delle aziende è dovuta alla bontà del sistema informativo sul quale queste hanno investito

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tutto sul Nord Est? «La forza produttiva di quest’area costituisce una delle più importanti risorse del nostro Paese – afferma Carelli –. Omicron Consulting lo sa bene e per questo motivo ha deciso di potenziare la filiale di Padova, rendendola un polo strategico in cui le parole d’ordine sono professionalità, competenza, passione e, soprattutto, affidabilità. Tutto ciò è reso possibile da una nostra costante presenza storica sul territorio e dagli importanti investimenti finalizzati a potenziare il settore Finance con nuove competenze verticali». Si investe su un mercato che deve molto probabilmente ancora esprimere tutto il suo potenziale. «Il settore Ict è sempre stato una leva strategica, ancora di più, in questa difficile stagione economica dove il business si deve istantaneamente adeguare alle esigenze di nuovi mercati – sottolinea Carelli –. Globalmente, l’investimento da parte delle nostre aziende clienti è molto diversificato. Si va dalla razionalizzazione di procedure già esistenti, con l’ottimizzazione dei processi già in essere, alla messa in esercizio di nuove procedure, al fine di coprire nuovi processi, magari derivanti dall’adeguamento delle imprese all’at-

tuale situazione di mercato». «Oggigiorno l’efficienza delle aziende è dovuta alla bontà del sistema informativo sul quale queste hanno investito – interviene Carelli –. Ecco perché i manager aziendali sono alla ricerca del partner informatico affidabile con il quale trovare soluzioni che meglio siano adeguate alle nuove realtà economiche presenti sul mercato». Omicron Consulting vanta, inoltre, nel suo portafoglio clienti anche diversi enti pubblici. Tra questi, l’ultimo ad essersi aggiunto, nel 2011, è la Regione Puglia. A tal proposito, come spiega Carelli «è stato fondamentale specializzarci nell’area Safety e nella progettazione e realizzazione di infrastrutture di networking. Le soluzioni SaaS sono particolarmente comode ed efficienti in quanto non necessitano né istallazioni varie, né costi dovuti all’aggiornamento del prodotto». Omicron Consulting, attraverso la sua articolata offerta, può garantire supporto sia con la fornitura di consulenza organizzativa e soluzioni verticali Erp, sia attraverso le sue soluzioni proprietarie per la gestione elettronica dei documenti, per la conservazione sostitutiva a norma di legge e per la fatturazione elettronica. Ecco perché il carnet dei committenti si rivela sempre più variegato. Omicron Consulting ha clienti sia nel settore della finanza, manifatturiero, servizi ed enti pubblici. Le aziende che si rivolgono alla Omicron vanno dalla piccola media impresa al grande cliente multinazionale. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 87


TECNOLOGIE

La diversificazione come strategia ultimo anno si è chiuso con un bilancio negativo per il mercato pubblicitario. Secondo le stime dell’Upa, Utenti Pubblicità Associati, la flessione si aggira intorno al 4%. La causa del calo di investimenti, ovviamente, è da imputare alla dura crisi economica, che vede le aziende poco propense a spendere risorse come alcuni anni fa sul mercato pubblicitario. Tutto l’indotto della pubblicità è, naturalmente, coinvolto in questa difficile realtà e, ancora una volta, la strategia migliore sembra essere la diversificazione. Questa è la strada imboccata dalla Italgrafica Srl di Novara. Fondata nel 1980, l’azienda ha alle spalle una lunga tradizione nel campo della stampa offset e digitale. Proprio l’investimento in nuove tecnologie, in particolare, su quelle di stampa digitale, ha permesso all’azienda di ampliare la clientela, chiudendo il bilancio in positivo. «La crescita del nostro fatturato si è attestata intorno a un + 10 per

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Francesco Martelli, titolare della Italgrafica Srl di Novara. Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda

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Ampliare il ventaglio dei servizi rimane una delle strategie migliori per tenere il mercato. Una scelta intrapresa anche dalla Italgrafica che, negli ultimi anni, ha puntato sulla stampa digitale. L’esperienza di Francesco Martelli Carlo Gherardini

cento – spiega Francesco Martelli, titolare dell’azienda -. Un risultato soddisfacente nell’attuale scenario, ottenuto grazie all’ampliamento del nostro target di riferimento». In che modo avete diversificato il vostro servizio? «Negli ultimi cinque anni abbiamo introdotto la stampa digitale, sviluppando sempre di più il comparto ad essa dedicato con investimenti in macchinari di ultima generazione. La tecnologia digitale permette di stampare, ad altissima qualità, piccole tirature, che con la stampa off-set non sono attuabili. Oggi quindi lavoriamo anche su tirature inferiori, potendo accontentare quelle realtà che necessitano di lavori di alto livello ma in piccole quantità». Quali particolari tipologie di prodotto potete realizzare? «Offrendo soluzioni di stampa offset e stampa digitale, possiamo quindi stampare cataloghi, brochure, depliant, opuscoli, espositori, cartelli, cartelloni, riviste, periodici, album, inserti pubblicitari, volumi, collane di libri, biglietti da visita, calendari e agende sia in alta che in bassa tiratura. Siamo specializzati anche nel kittaggio degli stampati e della cartellonistica per la grande distribuzione. È evidente che queste tipologie di prodotto possono soddisfare le esigenze di qualsiasi tipo di azienda».


Francesco Martelli

La tecnologia digitale permette di stampare, ad altissima qualità, piccole tirature, che con la stampa off-set non sono attuabili

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Italgrafica segue la realizzazione dei suoi prodotti editoriali dall’inizio alla fine. Possiamo descrivere i vari step che portano alla realizzazione di un catalogo piuttosto che di una brochure? «La filosofia alla base del nostro lavoro è quella di realizzare nel migliore dei modi le idee del cliente. A questo scopo, da tempo abbiamo affiancato alla nostra tradizionale attività di stampa la progettazione grafica, la fotocomposizione, la fotolito e, appunto, la stampa digitale per le tirature limitate. La nostra struttura vanta un team di professionisti della grafica, prestampa e stampa tale da offrire prestazioni e servizi di alta qualità. Il primo step è quello grafico, di progettazione, al quale segue la fase di stampa. Si giunge quindi all’ultima, ma non meno importante, fase: la confezione del prodotto. I prodotti finiti vengono consegnati al cliente in tempi rapidi senza dimenticare la qualità nella scelta delle materie prime e l’alta professionalità nell’esecuzione degli stampati anche su carta certificata FSC e PEFC». In un’attività come la vostra, l’investimento in innovazione tecnologica è fondamentale. Quali le ultime novità introdotte in azienda e quali i progetti di investimento per l’anno appena cominciato?

«Nel 2011 abbiamo acquistato la Xerox Igen 4, macchinario che rappresenta la massima evoluzione tecnologica per la stampa digitale, oltre a un nuovo plotter, che va ad affiancarsi a quelli già in nostro possesso, e che ci permette di stampare direttamente su materiali rigidi, anche con inchiostro bianco. Tra i prossimi investimenti, in linea con le richieste del mercato, abbiamo in progetto l’acquisto di una macchina per produrre e confezionare packaging di qualità, destinato in particolare ai settori farmaceutico, profumeria, erboristeria e alimentare. Purtroppo i macchinari di questo tipo sono estremamente costosi e trovo che servirebbero più agevolazioni per gli investimenti nel nostro settore». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 89


TECNOLOGIE

Continue evoluzioni per le materie plastiche e loro grandi potenzialità – unite a una notevole versatilità applicativa – hanno reso le materie plastiche uno degli elementi più utilizzati per la realizzazione di prodotti complementari per l'industria, creando un settore dedicato e contraddistinto da un considerevole livello di specializzazione e da un’impetuosa propulsione evolutiva. Lo sviluppo tecnologico, sollecitato da una diffusione sempre più capillare dell'utilizzo delle materie plastiche, ha concepito diverse tecniche di trattamento e lavorazione delle stesse, che offrono vantaggi differenti, conformi alle esigenze del committente. Titolare di una delle società più prestigiose e longeve di questo settore – la Mtp di Torino – Claudio Piovano ammette come l'esperienza giochi, anche in questo caso, un ruolo importante. «La nostra azienda nasce nel 1921 e da allora sino ad oggi ha ma-

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M.T.P. Piovano ha la sede a Torino www.mtp-piovano.it

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Sfruttare le proprietà delle materie plastiche attraverso l'applicazione delle più recenti e sofisticate tecnologie produttive. Claudio Piovano racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

turato grande competenza e professionalità nel trattamento delle materie plastiche; in un percorso storico lungo quasi un secolo abbiamo fronteggiato le epoche più diverse, vivendo da protagonisti i numerosi cambiamenti che hanno caratterizzato questo settore e non mancando di fornire il nostro contributo all'evoluzione dello stesso». Piovano entra poi nel dettaglio dei prodotti. «Il nostro core business è la produzione di beni strumentali per movimentazione di particolari industriali, di sistemi completi di packaging, di vassoi o blister plastici per trasporto particolari industriali, di particolari plastici per rivestimenti esterni ed interni, di manufatti in polipropilene alveolare; una grande varietà di prodotti, che si associa alla fornitura di preziosi servizi complementari di studio e progettazione, in un ambito collaborativo che coinvolge in maniera attiva e propositiva anche i clienti stessi». Una strategia aziendale arbitraria e consapevole. «Il livello di specializzazione – prosegue Piovano – sem-


Claudio Piovano

Siamo una delle pochissime aziende italiane in grado di utilizzare la termoforatura in twin-sheet, una tecnologia di stampaggio altamente innovativa ed efficace

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pre crescente che caratterizza questo mercato impone una capacità di customizzazione produttiva che non può prescindere da una stretta collaborazione con l'utenza, in modo da recepire in maniera pronta ed efficace le esigenze più dettagliate e specifiche espresse dai clienti. Per questo motivo abbiamo creato una struttura organizzativa elastica ed efficiente, in grado di affrontare qualsiasi sfida a livello progettuale e realizzativo, grazie alla competenza del nostro staff e alla dotazione di macchinari all'avanguardia». La tecnologia ricopre un’importanza fondamentale per la Mtp. «Si tratta senza dubbio di un ruolo preponderante. Un capitolo essenziale della strategia della MTP è quello relativo agli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico e nell'ade-

guamento strutturale del sito produttivo. Fin dai primi anni di attività siamo stati estremamente recettivi nei confronti delle innovazioni in ambito di tecnologia produttiva e ancora oggi mettiamo a disposizione della clientela le più sofisticate ed efficienti tecniche; nella fattispecie siamo una delle pochissime aziende italiane in grado di utilizzare la termoforatura in twin-sheet, una tecnologia di stampaggio altamente innovativa ed efficace. Fine ultimo di questa ambiziosa politica di investimento è – naturalmente – offrire prodotti di qualità superiore, sempre nel rispetto dei parametri di sicurezza imposti dalle attuali normative. A dimostrazione di ciò dall’anno 2011 è in corso la certificazione Iso Ts 16949 che si va ad aggiungere a quella Iso 9001 ottenuta dodici anni prima». I prodotti realizzati dalla Mtp sono sicuramente caratterizzati da una grande versatilità. «Una piccola percentuale di prodotti trova collocazione nel mercato dei contenitori plastici e dei particolari estetici, ma il settore che riforniamo in maniera più significativa è probabilmente quello dell'automotive, che assorbe una quantità superiore al venti per cento della nostra produzione. Negli ultimi anni l’azienda infatti, oltre al Gruppo Fiat, ha acquisito altri clienti europei che operano nel campo dell’automotive». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 91


TECNOLOGIE

Oggi la sfida è nella velocità di trasmissione I

In un settore che ha già raggiunto un livello tecnologico estremamente elevato, la domanda del mercato e gli obiettivi della ricerca sono oggi mirati principalmente a massimizzare la rapidità della trasmissione dei dati, come spiega Alessio Ramini Amedeo Longhi

l mondo delle telecomunicazioni è caratterizzato da un tasso di sviluppo tecnologico talmente elevato che è quasi impossibile parlare di “recenti novità”, negli ultimi quindici anni il passaggio ai diversi sistemi di trasmissione è stato rapido: dal Gsm al Dcs, sino ad arrivare all’attuale Umts, comunemente detto 3G. Quest’ultimo fornisce una copertura sempre maggiore sul territorio nazionale e l’obiettivo è quello di renderlo sempre più funzionale e performante. Mauro Ramini è amministratore unico della Algor, società a conduzione familiare che dirige insieme al figlio Alessio e che da dieci anni opera nel settore delle telecomunicazioni: «La velocità di trasmissione dati – conferma Ramini – è sicuramente la richiesta più forte proveniente oggi dal mercato ed è per questo che, a mio avviso, la sfida tecnologica è sviluppare nuove e più efficienti tecnologie». L’azienda piemontese opera prevalentemente nel settore privato, rappresentato dai maggiori operatori di telefonia cellulare. L’acquisizione delle commesse avviene, per la maggior parte, mediante inviti di partecipazione a “gare su listino”, la cui tipologia cambia leggermente da gestore a gestore. «Per prima cosa – spiega Ramini – occorre superare la fase di prequalifica atta a documentare le caratteristiche tecniche dell’azienda: la forza lavoro che si metterà a disposizione, la strumentazione, i mezzi, le infrastrutture dedicate e così via. Se il committente ritiene adeguati gli standard e la professionalità dell’azienda, si passa alla seconda fase, che rappresenta la vera e propria gara. Qui, nuovamente a seconda al cliente, ci sono diverse modalità di svolgimento, anche se la più diffusa è la gara on-line al ribasso a partire da un listino base. Alla fine della stessa è possibile ottenere una graduatoria e un relativo contratto, che solitamente dura dagli uno ai tre anni. Oltre a questo tipo di acquisizione ne


Alessio Ramini

Puntiamo molto sulla formazione del personale, che effettua continuamente corsi dedicati sia alla sicurezza che all’installazione delle nuove tecnologie

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esistono altri specialmente per le piccole commesse, dove per ogni lavorazione si redige un preventivo di massima a cui, se accettato, segue l’ordine di lavoro. Sicuramente il vendor-rating dell’azienda è sempre un ottimo biglietto da visita per l’acquisizione di nuove commesse». L’Algor è un’azienda in controtendenza rispetto alle altre: la consuetudine attuale, soprattutto da parte delle grandi aziende, è quella di non affidare le lavorazioni a personale interno ma assegnarlo in subappalto o farlo eseguire a personale in distacco. «Quello che potremmo definire outsourcing sotto il profilo economico è certamente vantaggioso poiché consente di ottenere un margine sicuro sulle lavorazioni e l’azienda si può permettere una minor forza lavoro, un numero limitato di mezzi, attrezzature e infrastrutture da gestire e, nell’eventualità di poche commesse e assegnazioni, non rischia di dover sostenere dei costi fissi». C’è però un rovescio della medaglia: nella maggioranza delle lavorazioni così gestite, il livello della qualità del lavoro e della sicurezza del cantiere cala vertiginosamente, proprio per far fronte probabilmente ai prezzi sempre più bassi che si è obbligati ad accettare per acquisire le nuove commesse. Ramini ritiene che andare in controtendenza rispetto a questa pratica sia proprio il punto di forza dell’Algor. «La nostra azienda – pro-

segue– effettua le lavorazioni con il suo personale e subappalta unicamente le attività che richiedono l’utilizzo di mezzi speciali, quali elicotteri o autogrù, oppure lavorazioni specialistiche peculiari come la realizzazione di micropali. Puntiamo molto sulla formazione del personale, che effettua continuamente corsi di formazione, dedicati sia alla sicurezza che all’installazione delle nuove tecnologie. Al nostro interno organizziamo training relativi ai collaudi, all’installazione e alla sicurezza, redatti dai nostri vari responsabili. Le squadre vengono dotate delle migliori attrezzature e strumentazioni in commercio. A ogni cliente viene destinata una figura di riferimento che, insieme ad altri collaboratori, segue le lavorazioni dall’inizio alla fine». Ramini conclude descrivendo i due filoni lungo i quali si sviluppa l’attività aziendale: «Il primo si occupa di opere edili, bonifiche, manutenzioni, impianti elettrici, impianti di messa a terra, condizionamento e fornitura Shelter. Il secondo si occupa di installazione e collaudo dei sistemi trasmissivi, dei ponti radio e degli impianti in fibra ottica».

La Algor Srl si trova a Nucetto (CN) www.algorsrl.com

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INNOVAZIONE

La “filiera dell’ingegno” Non più vincolati ai fornitori esterni, la progettazione dei componenti rientra negli uffici delle grandi case automobilistiche, coadiuvata da una nuova generazione di studi tecnici improntati al valore dell’innovazione: il caso della torinese QUADRA PRO Andrea Moscariello

on solamente produzione. Le potenzialità di riscatto del comparto automobilistico italiano risiedono anche nell’abilità di chi, l’auto, la disegna. Dal modello su carta, a quello tridimensionale, fino al prototipo. Questo il processo fondamentale che getta le basi per la competitività dell’industria dell’automotive. Una “filiera dell’ingegno” che, ovviamente, non è passata indenne alla crisi. La bravura però premia, non c’è congiuntura negativa che tenga. Lo sanno bene i fondatori dello studio tecnico QUADRA PRO di Torino, che dopo un 2009 segnato da un meno 70 percento di fatturato rispetto all’anno precedente, sono riusciti a risalire la china, fino a toccare il record del 2011, rivelatosi l’anno di maggior successo per questa giovane ma già affermata realtà. Attraverso i più avanzati sistemi Cad, lo studio è in grado di affiancare i designer delle maggiori

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I quattro soci della QUADRA PRO Srl di Torino, da sinistra, Luca Nepote Pola, Dario Gaiotto, Danilo Marsero, Giorgio Veglio www.quadrapro.it

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case automobilistiche, aerospaziali, nautiche e ferroviarie nella definizione progettuale e nella realizzazione di fresati, stereolitografie e piccole campionature. «Nonostante la crisi non ci siamo scoraggiati – spiega Luca Nepote Pola, uno dei quattro soci –. Abbiamo potenziato l’ufficio con nuovi software e integrato lo staff con personale diretto, oltre ad avvalerci di consulenti esterni». Sembra paradossale, ma proprio nel 2009 sul mercato si è reso disponibile un serbatoio di ottimi progettisti resi orfani dalla crisi. «Certo, per una realtà mediopiccola fare nuove assunzioni è oggi un azzardo – interviene Giorgio Veglio, anche lui socio dello studio –. Nel nostro caso la crescita è strettamente vincolata a quanto si vuole rischiare a livello personale». Ma a incidere, ovviamente, sono anche i crediti bancari. «Abbiamo fatto i conti con quanto il mercato


QUADRA PRO

mette a disposizione. Ottenere credito è sempre più difficile, senza garanzie di carattere personale difficilmente si ricava qualcosa – spiega sempre Veglio –. Stesso discorso riguarda i finanziamenti europei: se non ti unisci ad altre aziende risulti troppo sottodimensionato per accedervi». Nel caso di QUADRA PRO, comunque, a dare uno slancio decisivo è stato un preciso orientamento stilistico, se non filosofico. Veglio e Nepote Pola, insieme ai soci Dario Gaiotto e Danilo Marsero, hanno puntato a riappropriarsi di un valore che i tecnici definiscono “responsabilità progettuale e innovativa”. «Questa è stata la nostra salvezza – interviene Gaiotto -. Vale a dire avere internamente la conoscenza specifica verso il prodotto». Anni di collaborazione con i produttori del settore hanno fatto sì che all’interno dello studio si creasse un polo di conoscenza, riversatosi verso i maggiori gruppi automobilistici. «Alcuni nostri competitor hanno invece puntato sulla quantità, a discapito della qualità – ci tiene a evidenziare Danilo Marsero –. Ma questa strategia ha funzionato fin quando le attività non sono calate, se non si sono addirittura fermate del tutto». Colpisce il fatto che all’interno dello staff operano tecnici che, un tempo, lavoravano per Fiat, uno dei maggiori clienti di QUADRA PRO. Viene da domandarsi perché, allora, Fiat si sia lasciata scappare maestranze che ora ricerca in outsourcing. «Prendiamo, ad esempio, gli interni delle auto e in particolar modo i sedili sui quali lavoriamo moltissimo – spiega Nepote Pola -. È molto difficile, in questo ambito, proporre innovazioni se il componente viene affidato interamente al fornitore. Quest’ultimo, è ovvio, non rischia più di tanto in quanto non è incentivato a investire in know how così come avrebbe fatto Fiat al suo interno. La società, di conseguenza, dopo aver lasciato uscire dai suoi uffici molti progettisti e designer, per tagliare i costi, deve ora rivolgersi a realtà

Una sfida indipendente QUADRA PRO nasce paradossalmente in un periodo poco redditizio per il settore auto. Siamo nel 2005 quanto tre dipendenti e il socio di uno studio tecnico, da anni appartenente a un gruppo internazionale, decidono di acquistarlo dalla società madre. Quest’ultima, a causa della crisi, decide infatti di eliminare dall’organigramma le piccole aziende, proponendone l’acquisto a chi vi lavorava, pareggiando le perdite a bilancio. I quattro diventano così proprietari, cominciando nel 2006 un’avventura in proprio. Le strategie iniziali sono poco articolate e si basano soprattutto sulla specializzazione nella progettazione di sedili per auto, ambito in cui vantano l’esperienza maggiore. Alla fine del primo anno il bilancio risulta faticosamente in pareggio, grazie al mantenimento dei clienti storici. Il 2007, poi, è l’anno della svolta. Dopo i primi assestamenti, QUADRA PRO si propone a più committenti allargando il proprio raggio d’azione. Il fatturato cresce del 44% rispetto all’anno precedente. L’ambito della prototipia copre il 7,5% del totale. Mediante un piano di investimenti, i soci decidono di potenziare il personale e rinnovare i mezzi tecnologici a loro disposizione. Inizia così la lunga manovra di avvicinamento a Fiat Auto, per la quale, fino a questo momento, lavorano solo in seconda o terza battuta. L’obiettivo primario è fornire direttamente Fiat. Si giunge così al 2008, con l’implemento di quattro nuovi clienti. Ma la crisi inizia a farsi sentire, e nel 2009 la società perde il 70% dei ricavi. Al termine di questo periodo negativo, ai primi albori di ripresa del mercato, in concomitanza delle trattative di acquisto della Chrysler, finalmente lo studio aggancia le prime commesse direttamente da Fiat. Il resto della storia la raccontano i numeri. Il 2011 si è chiuso con il fatturato più alto mai raggiunto dallo studio.

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INNOVAZIONE

áá esterne come la nostra. QUADRA PRO dispone di tutti gli strumenti e le conoscenze tali da poter suggerire ai fornitori canoni ed elementi di innovazione». «Con il nostro ausilio è più facile, per i tecnici Fiat, giungere a una valida soluzione per poi proporla al fornitore esterno – interviene Giorgio Veglio –. Al tempo stesso, pur dovendo tenere conto delle necessità e del taglio stilistico delle aziende clienti, ci risulta più semplice pensare e progettare in ottica innovativa, non avendo particolari vincoli». La parola d’ordine resta quindi innovazione. «Nel nostro piccolo abbiamo continuato a perseguire l’idea di “innovazione del prodotto”. I clienti hanno apprezzato lo sforzo, specie in virtù del fatto che fino a pochi anni prima si affidavano soprattutto ai fornitori di prodotto, che si occupavano anche di progettazione, ma la cui tendenza, come dicevamo prima, era quella di presentare soluzioni “shelf ” – spiega Gaiotto -. È in questo che emerge il concetto di riappropriazione della responsabilità progettuale e innovativa». I prossimi frutti di questo modus operandi? «Sicuramente porteremo avanti le commesse del 2011, tra cui un sedile innovativo che per Fiat rappresenta una novità assoluta, se andrà in produzione, e che molto probabilmente verrà pro98 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

Con il nostro ausilio è più facile, per i tecnici Fiat, giungere a una valida soluzione per poi proporla al fornitore esterno

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posto su una prossima vettura. Il sogno sarebbe riuscire a seguire l’azienda oltre oceano, vista l’acquisizione della Chrysler, ma al momento è poco più che un’idea» spiega, senza nascondere un desiderio di internazionalizzazione, il socio Danilo Marsero. Ma da bravi piemontesi, i quattro restano con i piedi per terra. «Occorre essere realisti, vista la situazione del mercato – sostiene Nepote Pola –. Ciò non toglie che, in un’ottica di espansione, abbiamo deciso di trasferire la nostra sede in locali più ampi, investendo anche nell’aggiornamento di hardware e software». Obiettivo principale è il consolidamento del fatturato raggiunto, perseguibile soltanto attraverso una maggiore diversificazione della committenza. «La diversificazione, però, dovrà avvenire senza penalizzare il nostro core business. È anche grazie a questo se oggi, a Torino, alcune grosse realtà straniere, come ad esempio indiane e cinesi, stanno iniziando a interessarsi al nostro operato».



INNOVAZIONE

L’avanguardia nel tessuto non tessuto L’investimento costante in ricerca e innovazione ha portato il Gruppo Albis a raggiungere grandi traguardi nell’ambito del tessuto non tessuto per applicazioni igienico sanitarie. Il punto di Gianni Boscolo Lucrezia Gennari l costante investimento in ricerca e sviluppo rappresenta per molte aziende la carta vincente per restare competitive su un mercato sempre più complesso. Soprattutto per quanto riguarda particolari settori, che richiedono avanguardia tecnologica e prodotti di qualità. Proprio sulla ricerca di prodotti e tecnologie innovative punta da sempre la Albis International, specializzata nella realizzazione di tessuto non tessuto per applicazioni igienico sanitarie. Albis è una realtà ormai affermata sullo scenario internazionale con una sede a Roasio in provincia di Vercelli, che rimane la casa madre, sede del R&D e dello sviluppo economico del gruppo, e altre due filiali all’estero: la Atura, fondata nel 2002 in Israele, qualificata nella produzione di filati e fibre e la Amantea, inaugurata nel 2005 negli Stati Uniti a Cincinnati in Ohio, e specializzata nella produzione di non tessuto per il settore igienico sanitario.

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Momenti di lavoro all’interno della Albis International Srl di Roasio (VC) www.albisnw.com

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La missione del Gruppo Albis è di creare valore tramite l’innovazione, sia tecnica sia commerciale, producendo non tessuti appositamente ideati per applicazioni igienico, sanitarie e medicali. «La produzione del gruppo – spiega Gianni Boscolo, che fondò nel 1995 la sede italiana - è articolata su diversi componenti del pannolino baby, dei pannolini per incontinenza e dell’assorbente igienico femminile. Le proprietà del non tessuto vengono adattate, in produzione, per far fronte alle diverse applicazioni: ad esempio, possiamo di volta in volta necessitare di non tessuto per laminazione, per il contatto con la pelle del bambino, per la parte assorbente del pannolino ecc. Abbiamo inoltre una produzione di nicchia per tutte le specialties legate alla cosmesi e ai trattamenti topici». Grazie alla costante ricerca, negli anni, di prodotti e tecnologie innovative, Albis detiene oggi innumerevoli brevetti a copertura del processo e del


Gianni Boscolo

Grazie alla costante ricerca di prodotti e tecnologie innovative, Albis detiene innumerevoli brevetti a copertura del processo e del prodotto

prodotto: «Abbiamo numerosi brevetti di attuazione internazionale – continua Boscolo - sui macchinari, che ci hanno permesso di ottenere benefici in termini di efficienza e di capacità produttiva, e sui prodotti stessi». L’incessante ricerca in tecnologie innovative nel campo del non tessuto ha portato l’azienda all’adozione di tecniche esclusive per la lavorazione dei tessuti non tessuti che le permettono oggi di presentare miglioramenti per mezzo dell’innovazione, anticipando le necessità dei clienti. A questo proposito, Boscolo sottolinea che «molto lavoro viene fatto in collaborazione con i fornitori di materia prima e con i clienti stessi». Certificata Iso 9001:2008 l’azienda ha fatto della qualità il suo punto chiave. Producendo per applicazioni igienico-sanitarie, Albis International infatti focalizza molto l’attenzione sulla selezione dei materiali in

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ingresso, il controllo del ciclo produttivo, la pulizia e l’ordine degli impianti. «La nostra filosofia – precisa Gianni Boscolo - è inoltre quella di mantenere il minor impatto possibile sull’ambiente: è per questo che siamo molto attenti a essere sempre allineati alle normative vigenti in termini di emissioni in atmosfera, in suolo e nei fiumi e sull’utilizzo di materiali riciclabili. Le acque reflue sono raccolte e smaltite da ditte esterne specializzate, il calore di recupero dai forni di asciugatura viene riutilizzato per il riscaldamento ed altri usi tecnici. Albis è inoltre dotata di un avanzato laboratorio interno per eseguire le analisi necessarie al rilascio di tutti i certificati analisi e garantire un’assoluta e costante qualità del prodotto». Il Gruppo Albis ha, al momento, una capacità annua di circa 30mila tonnellate di tessuto non tessuto, che viene distribuito principalmente sul mercato dell’Emea: Europa e Medio Oriente, Africa del nord, del Cirs e del Nord America con un fatturato di circa 70 milioni di euro l’anno. Nonostante i risultati soddisfacenti, il gruppo non si ferma: «Abbiamo in programma per il 2012 nuovi investimenti con tecnologie di nostro brevetto che dovrebbero portare il Gruppo Albis a raggiungere un turn-over attorno ai 90 milioni di euro entro il 2015». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 101


IL SETTORE TESSILE

Autentico made in Italy Flessibilità, finissaggi particolari, materiali di qualità. Sono i presupposti su cui si fonda l’attività della Mauro Spriano, specializzata nella realizzazione di tessuti per la moda femminile. Il punto di Mauro e Caterina Spriano Carlo Gherardini

Mauro e Caterina Spriano dell’azienda Mauro Spriano Srl di Borgosesia (VC)

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vanguardia tecnologica e flessibilità. È questa la forza, oggi, delle aziende tessili che devono essere in grado, soprattutto nelle produzioni per conto terzi, di realizzare texture personalizzate e speciali, nonché articoli esclusivi per i singoli stilisti. Su questi aspetti punta una piccola realtà che si sta distinguendo nel panorama tessile piemontese, con referenze in Italia e all’estero. È la Mauro Spriano Srl di Borgosesia, guidata da Mauro e Caterina Spriano e da sempre impegnata nella costante ricerca dell’eccellenza, della qualità, di un prodotto che rispecchi tutte le caratteristiche dell’autentico made in Italy. Specializzata nella moda femminile, l’azienda offre un prodotto in costante rinnovamento, attento alle tendenze della moda, e propone finissaggi particolari. Quali tessuti lavorate principalmente? MAURO SPRIANO «Proponiamo tessuti con finissaggi realizzati in lane fini, misti lana, sia in tinta unita che a fantasia, gessati e jacquard, anche in versione stretch con pesi che vanno da 100 a 400 gr/mtl. Un altro nostro prodotto di punta è il doppio apribile creato in tutte le forme e fantasie. Per le collezioni estive proponiamo tessuti in cotone, cotone extratorto, misti di cotone, di lino con seta e/o viscosa, canapa. Abbiamo deciso di non concentrarci su unico tessuto ma di lavorarne un’ampia varietà in modo da rispondere al meglio alle esigenze dei com-

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Mauro e Caterina Spriano

Proponiamo tessuti con finissaggi realizzati in lane fini, misti lana, sia in tinta unita che a fantasia

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mittenti che si aspettano sempre nuove proposte: cercano tessuti per ogni tipo di prodotto, dal peso camiceria al cappotto double face, collezioni complete con varie tipologie di tessuti e con le più differenti applicazioni». Tessuti diversi richiederanno differenti tecniche di finissaggio e tintoria. Quanto conta, nella vostra realtà, l’investimento in nuove tecnologie? M.S. «La ricerca rappresenta il nostro successo e, da sempre, per noi è fondamentale utilizzare le tecnologie più evolute. Al momento della creazione del campionario, dedichiamo un’alta percentuale del nostro budget a questa voce». Quali sono le ultime tendenze dettate dalla moda femminile e presenti nella vostra collezione? CATERINA SPRIANO «Le nostre collezioni devono essere il giusto compromesso tra i dettami della moda, cui rivolgiamo sempre un’attenzione particolare, e la nostra identità, il nostro stile. Per esempio quest’anno la moda impone mani morbide e scivolose e noi abbiamo proposto dei doppi apribili in viscosa, una novità per noi in quanto la mano è fluida

ma la costruzione è sempre rigida e compatta come deve essere quella di un articolo come il doppio». Numerose sono le vostre collaborazioni con gli stilisti. A quale fascia di mercato vi rivolgete in particolar modo e quali sono i vostri principali mercati di riferimento? C.S. «La nostra collezione si rivolge a una fascia medio alta di mercato. Le collaborazioni con gli stilisti sono frequenti con tutti i pro e i contro del caso. La velocità e la disponibilità nel cambiamento repentino diventano fondamentali. I nostri mercati più importanti sono l’Italia, la Francia e gli Stati Uniti. Ultimamente lavoriamo molto bene anche con l’Inghilterra». È possibile fare un bilancio della vostra attività nell’ultimo biennio, quello più critico a livello globale? M.S. «L’ultimo biennio è stato un momento di svolta, molte situazioni sono cambiate ma il risultato per la nostra azienda è stato soddisfacente. Abbiamo cercato di seguire tutti i repentini cambiamenti del mercato senza mai abbandonare la nostra immagine e qualità. Abbiamo puntato sulla nostra forza: la disponibilità alla ricerca e il servizio, sempre veloce e modellabile in base alle richieste del cliente». Recentemente avete introdotto anche una linea accessori. Quali le prospettive per il prossimo futuro? C.S. «Stiamo arricchendo la nostra offerta con una linea di accessori: sciarpe, scialli, plaid in fibre nobili. Per il prossimo futuro continueremo a puntare sulla strategia che fino a oggi è risultata vincente, quella di offrire il meglio non solo in fatto di disegnature, materiali, mani e finissaggi, ma anche nell’ambito dei servizi, flessibili e veloci, in sintonia con i tempi del mercato attuale che non consente più ordini previsionali». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 103


Made in Italy in ogni dettaglio e il “basso costo cinese” invade i mercati italiani, dando filo da torcere alle nostre realtà nei più diversi settori, il made in Italy, invece, spopola in Cina. Per lo meno, nella fascia più alta del mercato, quella che continua a preferire, alla scarsa qualità del prodotto locale, l’alto livello della nostra produzione. A confermare questo quadro è l’esperienza di Effe 2 Studio e Confezioni Srl, nelle persone dei titolari Tiziano e Grazia Fontanella e con il contributo della figlia Laura. Effe Grazia e Laura Fontanella di Effe 2 Studio e Confezioni Srl. 2 Studio e Confezioni L’azienda ha sede a Borgosesia (VC) s.r.l. è specializzata laura.fontanella@effe2srl.net nella confezione di capi di abbigliamento per conto di affermate aziende italiane ed oggi punto di riferimento per marchi di fama internazionale che da sempre credono nella qualità manifatturiera italiana e che hanno fatto della realtà tes-

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I prodotti a basso costo non rappresentano più una minaccia per la qualità italiana. Almeno non all’estero, dove persistono alte fasce di mercato che scelgono il made in Italy. Ne parlano Grazia e Laura Fontanella Eugenia Campo di Costa sile nazionale il proprio sigillo di garanzia. «Produciamo e commercializziamo pregiate linee di tshirt, polo e camicie in maglia, principalmente nei tessuti jersey e piquet – afferma Laura Fontanella -. Il nostro è un prodotto made in Italy in ogni dettaglio. Ci avvaliamo di fornitori, tanto di materie prime quanto di fasi di lavorazione, esclusivamente italiani». Crede che la qualità italiana rappresenti ancora oggi un valore aggiunto o risenta un po’ della concorrenza di prodotti a più basso costo? LAURA FONTANELLA «Credo che un prodotto 100% made in Italy come il nostro non tema la concorrenza di prodotti a basso costo, in quanto solo con un controllo completo della filiera si può garantire qualità. E la produzione italiana os-


Grazia e Laura Fontanella

❝ serva severamente questo aspetto. Noi abbiamo investito prima di tutto in bravi tecnici e abbiamo scelto partner produttivi che condividessero in pieno il nostro obiettivo. L'unione di questi elementi, insieme alla massima elasticità aziendale, ci permettono di trovare soluzioni innovative su prodotti finiti, pur mantenendo un livello molto alto di prodotto». Il made in Italy continua a essere molto apprezzato soprattutto all’estero. Quali sono quindi i vostri principali mercati di riferimento a livello internazionale? GRAZIA FONTANELLA «Per i nostri clienti i mercati prioritari sono oggi Cina, Stati Uniti e Russia, con una probabile prossima apertura al mercato indiano. Il nostro è un prodotto che si rivolge ad una fascia alta di mercato, che per sua stessa natura riceve le attenzioni di coloro che, nel mondo, hanno mantenuto una notevole capacità di spesa nonostante la crisi globale. La nostra esperienza ci conferma che tali potenziali acquirenti non desiderano il “made in Cina” ma prediligono il “fatto in Italia”, che significa qualità, consegne, rispetto delle regole». Dunque tenete bene il mercato, nonostante la crisi. Com’è andato per Effe2 Srl l’ultimo biennio, quello più critico per tante realtà su tutti i mercati internazionali, e quali strategie imprenditoriali avete messo in atto per non perdere terreno? G.F. «Abbiamo concluso un biennio positivo oltre ogni aspettativa. I buoni risultati conseguiti sono frutto però di una strategia maturata negli

Il nostro è un prodotto completamente made in Italy. Ci avvaliamo di fornitori, tanto di materie prime quanto di fasi di lavorazione, esclusivamente italiani

anni precedenti, quando sembrava che solo le produzioni straniere, con prezzi bassi, dovessero avere successo. Noi, fautori del made in Italy, consapevoli della nostra professionalità tecnica, abbiamo deciso di collaborare con clienti di fascia molto alta, esigenti, che cercano il made in Italy in ogni fase di produzione. Questa scelta è stata vincente». Oltre che convinta paladina del prodotto italiano, Effe 2 Studio e Confezioni Srl rivolge inoltre la propria attenzione alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica. In che maniera questa filosofia si traduce nella vostra attività? L.F. «Facciamo testare presso istituti certificati tutti i prodotti che lavoriamo, al fine di accertarne la conformità rispetto alle normative internazionali vigenti. La tutela dell'ambiente, infatti, si ottiene controllando che tutta la filiera lavori nel rispetto delle regole. E solo dopo aver positivamente testato le materie prime ed i semilavorati, il prodotto finale può essere distribuito». Siamo all’inizio di un nuovo anno. Quali le previsioni per il 2012 e su quali aspetti andrete soprattutto a investire per crescere ulteriormente? G.F. «Per il 2012 gli ordini in mano sono come da previsione. Siamo molto fiduciosi».

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IL SETTORE TESSILE

Criticità e sfide per i trader del tessile Il settore tessile risente più di altri comparti delle oscillazioni di prezzo delle materie prime, della flessione della domanda e della stretta creditizia. Poche aziende riescono a districarsi in un mercato sempre più arduo. Il punto di Gian Piero Argentero Eugenia Campo di Costa

l 2011 è stato un anno di grandi difficoltà per le società industriali europee oppresse tra le forti oscillazioni del prezzo delle materie prime, la flessione della domanda interna e la stretta creditizia delle banche. Il settore tessile, che si trova in continuo stato di crisi e di ristrutturazione, subisce in maniera ancora più forte queste incertezze. Ne deriva come, per tenere il mercato, le aziende del settore debbano agire su diversi fronti. Ne è un esempio l’esperienza della Novalfa di Verrone che, come racconta l’amministratore delegato Gian Piero Argentero, fa fronte all’attuale scenario seguendo tre linee principali. «Innanzi tutto – spiega Ar-

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Gian Piero Argentero, amministratore delegato della Novalfa Srl di Verrone (BI) www.novalfa.it

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gentero – agiamo sul controllo più severo del credito assicurando totalmente i clienti e attenendoci strettamente ai limiti imposti dalle compagnie di assicurazione. Inoltre, siamo concentrati sullo sviluppo di nuovi articoli, con caratteristiche di specialità, a supporto di clienti con produzione di tessuti più sofisticati quindi meno esposti alla concorrenza asiatica. A questo fine, abbiamo registrato tre marchi che si riferiscono a fili e fibre funzionali nei settori dell’ecologia, della protezione dal fuoco e dell’abbigliamento sportivo. Infine, sul fronte economico finanziario, ci impegniamo ad aggiornare e vitalizzare il rapporto con gli istituti di credito per superare le problematiche interne che il sistema bancario sta vivendo in questo momento». Proprio l’assenza di liquidità e la difficoltà di accesso al credito sono tra i temi più scottanti per le imprese negli ultimi anni. Qual è la vostra esperienza a riguardo? «Il rapporto di collaborazione con gli istituti di credito è assolutamente strategico per il nostro sviluppo futuro e, grazie a questo impegno, le banche mantengono inalterata la fiducia nel lavoro e nella continua evoluzione della nostra società». Quali sono stati i risultati più significativi conseguiti dalla Novalfa nell’ultimo anno


Gian Piero Argentero

❝ di attività? «Novalfa, come tutte le società attive nel suo settore, ha avuto ottimi risultati economici nel primo semestre dell’anno e deludenti nel secondo a causa delle oscillazioni di prezzo delle resine sintetiche. In questo scenario abbiamo aumentato gli sforzi per scostarci dalla vendita delle cosiddette commodities a favore di specialità con minore concorrenza e migliore marginalità. Il risultato più interessante è stato proprio quello di avere raggiunto gli obiettivi di crescita su questi articoli». Quale particolare tipologia di prodotto oggi rappresenta la percentuale maggiore del vostro core business? «Il nostro business principale sono le fibre di poliestere per l’industria dell’imbottitura e del tessuto non tessuto, settore in cui siamo sicuramente i leader tra gli importatori europei e i fili continui di poliestere destinati al settore della maglieria sportiva e del tessile tecnico». Novalfa ha inoltre mostrato crescente interesse verso le fibre riciclate e l’impatto ecologico dei materiali. «La fibra da imbottitura prodotta da scarti tessili e bottiglie di Pet è oggi una grande e consolidata realtà. Solo Novalfa ne ha vendute oltre 4mila tonnellate nel 2011, quindi sono molti i milioni di bottiglie che non sono an-

Abbiamo aumentato gli sforzi per scostarci dalla vendita delle cosiddette commodities a favore di specialità con minore concorrenza e migliore marginalità

dati a riempire le discariche ma che hanno trovato un riutilizzo. Inoltre stiamo sviluppando con il marchio Refil un filo continuo prodotto da bottiglie riciclate che ha caratteristiche quasi identiche a un filo nato da resina vergine». Quali obiettivi e sfide attendono Novalfa nell’anno appena cominciato? «Io dico sempre che la prima sfida nel tessile è la sopravvivenza e penso che noi abbiamo sicuramente le carte in regola per andare avanti. Le nostre sfide sono quella di non subire perdite significative sui crediti pur non rinunciando al ruolo di finanziatori della filiera tessile, quella di continuare a crescere nelle specialità, e quella di ottimizzare la rotazione dei nostri magazzini. Tra gli obiettivi a breve c’è quello di ampliare la nostra presenza all’estero - attualmente abbiamo 10 magazzini dislocati sul continente e tre società europee – installandoci nel Regno Unito con l’acquisizione di una società esistente. Riteniamo necessario, infatti, avere un magazzino locale per potere fornire quel mercato a causa degli alti costi di trasporto per attraversare la Manica».

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SICUREZZA

Sicurezza nella navigazione Le normative che regolano i controlli e la manutenzione sui mezzi di salvataggio delle navi. Un sistema ibrido di propulsione per una traversata silenziosa e pulita. Il punto di Attilio Origo Manlio Teodoro

n seguito ai drammatici fatti dell’Isola del Giglio, il tema della sicurezza in mare è tornato di grande attualità, nonostante sia rimasto un argomento rilevante per gli addetti del settore. «I motivi principali di questa situazione sono la scarsa manutenzione dei mezzi in questione e la poca pratica di molti equipaggi in merito al loro uso. Inoltre, i mezzi di salvataggio, le loro attrezzature di bordo, così come gli apparati propulsivi, devono passare prove molto severe per ottenere la certificazione che ne permetta l’impiego a bordo». A parlare è Attilio Origo, titolare di Scandiesel, società che commercializza motori nautici e che effettua un servizio di manutenzione e certificazione sui mezzi di salvataggio. «Per porre rimedio alla situazione critica, l’International Maritime Organization ha emanato una circolare che, oltre a puntualizzare quelli che sono gli obblighi degli equipaggi per le operazioni di manutenzione dei mezzi di salvataggio, stabilisce che i mezzi e le relative attrezzature devono essere sottoposti a controllo, manutenzione e ottenere la relativa certifica-

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Attilio Origo, titolare di Scandiesel Srl, Trecate (NO) www.scandiesel.it

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zione con cadenze annuali e quinquennali». All’attività di commercializzazione di motori nautici delle principali case produttrici, Scandiesel ha affiancato lo sviluppo – in collaborazione con il dipartimento di ingegneria elettronica dell’università di Roma Tre – di un sistema di propulsione ibrido. «Un mezzo può essere mosso utilizzando una sorgente di potenza a combustibile o attraverso una sorgente di energia accumulata. Con l’avvento della propulsione ibrida in campo automobilistico, si è sentita la necessità di proporre qualche cosa di analogo anche nel settore marino. Soprattutto per avere la possibilità di navigare a zero emissioni nei parchi e nelle oasi marine. Grazie all’aiuto che abbiamo ricevuto dai ricercatori dell’università di Roma Tre, oggi siamo in grado di proporre un sistema di propulsione ibrido con caratteristiche di leggerezza, compattezza e potenza che non ha attualmente concorrenti sul mercato». Lo sviluppo del progetto ha richiesto sei anni di ricerche. «Alla fine siamo arrivati alla configurazione definitiva, un sistema ibrido parallelo, mentre un sistema ibrido integrato è stato progettato per fornire una soluzione completa in termini di potenza e propulsione alle piccole imbarcazioni. Entrambi i sistemi offrono il loro rendimento ottimale durante le navigazioni a basse e medie potenze. Siamo riusciti a utilizzare al meglio


Attilio Origo

Proponiamo un sistema di propulsione ibrido con caratteristiche di leggerezza, compattezza e potenza che non ha attualmente concorrenti

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questo principio basilare nel nostro sistema. Il motore endotermico è dimensionato per fornire la potenza massima richiesta dall’imbarcazione, mentre la propulsione elettrica è progettata per soddisfare le richieste alle medie potenze. Questo rende possibile l’impiego di componenti di minori dimensioni, garantendo un efficace rapporto fra costo e prestazioni». Durante le crociere a basse e medie velocità, il motore elettrico

può fornire propulsione all’imbarcazione utilizzando l’energia accumulata nel banco di batterie. «Quando le batterie saranno scariche si avvierà il motore principale per continuare la navigazione. Da questo momento in poi il motore elettrico svolge la funzione di generatore, ricaricando le batterie. Quando le batterie saranno cariche, si potrà tornare a navigare con la propulsione elettrica, oppure si potrà conservare l’energia accumulata nelle batterie per poter fare ancoraggi o ingresso nei porti in modo silenzioso alla fine della giornata». Durante le navigazioni a vela, l’elica può essere bloccata o lasciata libera di ruotare. «La rotazione dell’elica trascinerà il motore/generatore, che potrà così ricaricare le batterie. Tuttavia, questo processo di carica avrà un’azione frenante sull’imbarcazione, per non ottenere questo effetto basterà eliminare il processo di carica dal pannello di controllo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 111


La flessibilità, un supporto per la sicurezza A Una gestione operativa versatile, diversificata e aggiornata tecnologicamente è garanzia di un efficace servizio di vigilanza privata. Ma al settore safety, per evolversi, occorrono maggiori sostegni dal Pubblico. L’opinione di Marco Carlo Grossi Filippo Belli

La Sicur 2000 Srl ha sede a Tortona (AL) info@sicur2000vp.it

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umenta la microcriminalità ma, al tempo stesso, aumentano gli strumenti per la sicurezza a disposizione di cittadini, aziende ed enti pubblici. Si mantiene dunque stabile anche il mercato, sempre più vasto, della vigilanza privata. «Rispetto al passato si verifica uno spirito maggiormente collaborativo da parte della nostra committenza». A osservarlo è Marco Carlo Grossi, a capo della Sicur2000, tra le realtà più dinamiche sul panorama di settore. La parabola della società di Tortona, in provincia di Alessandria, evidenza una tendenza tipica dell’impresa italiana contemporanea, che ora caratterizza anche il mercato del safety. «Nel nostro caso diversificazione e flessibilità si sono dimostrate fondamentali – spiega Grossi –. Soprattutto, si è rivelato vincente l’utilizzare per tutti i nostri servizi in outsourcing quel modus operandi preciso e dedito alle regole che caratterizza l’attività di vigilanza. Abbiamo, per intenderci, trasferito la nostra meticolosità anche in tutti i servizi integrati per aziende e pubblico che hanno ampliato l’offerta della società negli ultimi anni». Ad esempio, oggi Sicur2000 si è specializzata nell’impiantistica e nella manutenzione degli apparati di sicurezza elettronica,


Marco Carlo Grossi

Oggi sono le aziende, per prime, a richiedere determinati supporti tecnologici in favore della sicurezza

dalla videosorveglianza ai sistemi di allarme. «Grazie a questo ampliamento di competenze siamo in grado di seguire i nostri committenti a 360 gradi – spiega il titolare –. Ci permette di intervenire tempestivamente su guasti, problemi ed emergenze». Un punto da non sottovalutare, anche perché, ben più delle armi, oggi la tecnologia si rivela essere la migliore alleata della sicurezza. Grazie ai sistemi informatici e di videosorveglianza, le aree vengono costantemente monitorate dalla centrale operativa, consentendo così di agire nei tempi più rapidi in caso di necessità di intervento. Un valore aggiunto riconosciuto, in primis, dalle imprese. «Quando, oltre dodici anni fa, iniziammo l’attività, le aziende richiedevano più che altro servizi di controllo. Oggi, invece, sono loro, per prime, a richiedere da subito determinati impianti tecnologici. Il tessuto sociale è ben consapevole del valore aggiunto che questi apparati comportano». E certamente il fatto di interagire con un unico soggetto tanto per la sicurezza in loco, quanto per quella remota, fa risparmiare tempo e denaro alle imprese, fattore non trascurabile in questo periodo. Sempre secondo Grossi, però, esistono ancora ampi margini di miglioramento. «Oggi rappresentiamo un utilissimo strumento integrativo per le forze dell’ordine – spiega Grossi –. La collaborazione con Polizia di Stato e Carabinieri è molto forte, ma si può fare di più. Si parla sempre, anche a sproposito, di sicurezza, manca però quella spinta affinché attori privati e Forze dell’Ordine collaborino in maniera ancora più sinergica, per il bene dell’intera comunità». Per il futuro l’azienda di Tortona intende ampliarsi ulteriormente. A patto, però, che si verifichino importanti riforme strutturali in favore delle imprese e del settore. «Riponiamo molte

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aspettative nei confronti dell’azione riformatrice del Governo – sottolinea Grossi –. L’auspicio è che le riforme vengano realizzate in favore delle imprese. Senza adeguati strumenti gli imprenditori come possono riuscire a investire e ad assumere nuovo personale?». Proprio sul tema delle risorse umane, Sicur2000 ha da sempre speso affinché l’organico possa conoscere una concreta crescita di professionalità. «Vogliamo continuare a investire nelle nostre risorse. In azienda puntiamo a formarle internamente sotto ogni aspetto, da quello puramente operativo a quello, ben più complesso, legislativo. Il lavoratore va incentivato, educato. Il lavoro, oggi, è riconosciuto come un valore assoluto ma ciò non è sufficiente. Occorre a mio parere una propensione totalmente diversa, non si possono chiedere solamente diritti, serve una maggiore presa di coscienza sui doveri e sulle responsabilità sociali di ogni lavoratore. Al fine di questo rinnovamento culturale l’auspicio è che le parti sociali, i sindacati, le imprese, trovino il modo di dialogare in maniera costruttiva, permettendo così al sistema Paese di ripartire». Per il futuro dell’azienda, Grossi è ottimista. «Paradossalmente abbiamo registrato un trend di crescita costante con il coincidere della crisi, dal 2008 a oggi. Segno che la qualità dei servizi e la strategia di diversificazione e ampliamento in outsourcing ha funzionato. Per il 2012 prevediamo di continuare a crescere e investire sulle nostre migliori risorse». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 113


SICUREZZA

Aumenta la richiesta di sicurezza degli italiani ono circa 350mila i tentati furti in casa ogni anno in Italia, secondo quanto riporta una recente indagine dell’Istat. Di questi, 230mila vanno a segno, provocando un danno economico per i derubati che ammonta mediamente a 4400 euro. Alla realtà statistica si accompagna una sensazione soggettiva sempre più diffusa di insicurezza e vulnerabilità da parte degli italiani: un’altra ricerca, curata dall’Osservatorio Assiv e basata sempre su dati Istat, il 59,3 per cento dei nostri concittadini teme di subire un furto in casa e, fra questi, 36,5 per cento si dichiara abbastanza preoccupato e il 22,8 per cento addirittura molto preoccupato. Prevedibilmente, questa apprensione ha generato una considerevole impennata dei ricorsi a sistemi di protezione e controllo: il 4,7 per cento delle famiglie è oggi dotato di un sistema di allarme collegato a una centrale operativa e gestito da agenzie di vigilanza privata,

S Giorgio Fortis, fondatore e titolare della Guardian Angels di Gattico (NO) www.guardianangels.it

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Diversi fattori hanno contribuito, negli ultimi tempi, a far aumentare alcune tipologie di reato, come i furti in casa. Giorgio Fortis fa il punto sull’aumento del senso d’insicurezza e della richiesta di protezione Amedeo Longhi

contro il 4,1 per cento del 2002. Forte di un’esperienza più che quarantennale, Giorgio Fortis ha assistito personalmente a questa escalation di “ansia da furto”, non infondata in quanto supportata da dati in continua crescita: «Opero nel settore della vigilanza privata dal 1972 – racconta Fortis – e in questo campo ho collaborato con i più importanti istituti. Nel 1991 ho deciso di aprire una mia società, la Guardian Angels, che si occupa di installare impianti di allarme a enti pubblici, aziende, centri commerciali e soggetti privati». A cosa è dovuto secondo lei questo picco di furti domestici? «La crisi economica globale che stiamo attraversando è una delle principali cause del fenomeno, sempre più diffuso, dei furti in abitazioni e in esercizi pubblici, poiché le difficili condizioni socio-economiche spingono molti soggetti a delinquere. Ogni giorno veniamo tempestati di notizie sconfortanti su rapine in attività commerciali, scippi e violenze in abitazioni private, anche per pochi euro. Trattandosi di reati che colpiscono la persona in maniera diretta, fisica, nella sua quotidianità, la paura da parte dei cittadini è tanta e le contromosse che adottano non sono, a oggi commisurate. Da


Giorgio Fortis

Da qualche anno a questa parte stanno aumentando sensibilmente le famiglie che scelgono di avvalersi di sistemi di sicurezza per difendere la propria casa

qualche anno a questa parte, stanno aumentando sensibilmente le famiglie che scelgono di avvalersi di sistemi di sicurezza per difendere la propria casa o la propria attività commerciale, acquistando strutture come serramenti di sicurezza, antifurti a sensori interni ed esterni, sistemi antirapina e di video sorveglianza e molto altro ancora. A volte però anche queste precauzioni sono insufficienti a garantire una sicurezza totale». In che modo è possibile integrare questi sistemi e migliorare la copertura? «Si può fare combinando l’installazione di infrastrutture per la sicurezza con il servizio offerto dalle agenzie di vigilanza privata e dalle Forze dell’Ordine. Come Guardian Angels, oltre all’offerta commerciale, portiamo avanti anche un’attività di informazione e sensibilizzazione riguardo a queste tematiche: ogni venerdì e sabato, dalle 9 alle 15:30, organizziamo un open day in occasione del quale mostriamo e illustriamo i più sofisticati sistemi di sicurezza di cui disponiamo». Quali sono i costi indicativi di un impianto antifurto?

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«Si può avere un impianto in locazione al costo di poche decine di euro mensili oppure acquistarne uno con uno sconto interessante sui prezzi di listino.. A chi compra un nostro impianto “Angel’s eyes” regaliamo una telecamera e un monitor che consentiranno, in caso di segnalazione di allarme, di visionare da remoto in tempo reale su Pc, i-Phone o i-Pad ciò che avviene presso la propria abitazione o azienda. Come si pone Guardian Angels sul mercato della Sicurezza? La ricerca attenta di quanto propone il mercato mondiale della sicurezza, l’opera di tecnici altamente qualificati, l’esperienza derivante dall’installazione di diverse migliaia di impianti e gli strumenti all’avanguardia per qualsiasi tipo di progettazione e test, ci consentono di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza. In particolare, progettiamo e installiamo antifurti, antincendio, antirapina e impianti dotati di video di sorveglianza. Inoltre, siamo in grado di provvedere ad allestire collegamenti con la vigilanza e le forze dell’ordine, di offrire consulenze su servizi di sicurezza a privati e aziende e di garantire assistenza e manutenzione tecnica con un servizio di reperibilità ventiquattr’ore su ventiquattro». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 115


Il terziario che valorizza il know how industriale La rapida evoluzione dello scenario competitivo globale impone strategie a protezione della proprietà intellettuale. E una valorizzazione sempre più consapevole. Parliamo di questi temi con l’executive board di Jacobacci & Partners Valerio Germanico Andrea Beckert, Gerardo Defilippi, Enrica Acuto Jacobacci, Paolo Crippa, Carlo Alberto Demichelis, componenti dell’executive board di Jacobacci & Partners Spa www.jacobacci.com

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uello fra impresa e consulente è un binomio che va ripensato, riprogettato su basi più evolute. Fino a costituirsi come una partnership creatrice di valore. Se è vero che ricerca e innovazione sono essenziali per emergere sul mercato, la proprietà industriale è lo strumento che permette agli imprenditori di difendere gli investimenti fatti per sfruttare e mantenere i vantaggi competitivi. «Contribuire a orientare le scelte aziendali per far crescere e consolidare il valore che le aziende creano e sviluppano innovando, presidiando con successo i mercati e conquistandone di nuovi». Carlo Alberto Demichelis, responsabile BU Marchi di Jacobacci & Partners, riassume così gli obiettivi con i quali la società di consulenza si pone rispetto al mondo delle imprese. Di fatto, la nostra economia pone ancora degli ostacoli alla comprensione piena dell’importanza della proprietà intellettuale. Come aggiunge Paolo Crippa, responsabile BU Brevetti: «In Italia la consapevolezza del valore degli as-

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Jacobacci & Partners

set immateriali deve ancora crescere. Molte aziende si sono concentrate eccessivamente sul prodotto e la competizione produttiva dei paesi low cost le ha messe in una posizione debole. Questo mette a rischio l’intero sistema paese, la non adeguata tutela delle “idee” rischia di far perdere un enorme patrimonio di “buon gusto estetico” e di know how artigianale e manifatturiero». Con la sua sede torinese all’interno di un complesso di archeologia industriale, che ha segnato la storia economica della città, Jacobacci ha realizzato il recupero del passato manifatturiero, per una piena padronanza del presente. Come spiega Enrica Acuto Jacobacci: «La scelta della nostra sede di Torino, situata nella sede storica del Gft rappresenta non solo il bisogno di individuare una struttura in grado di rispondere alla domanda di tutela della proprietà industriale attraverso la multidisciplinarietà professionale e l’organizzazione produttiva, ma anche un omaggio culturale verso la città che ci ospita e che sta riconfigurando il proprio assetto economico, compiendo importanti scommesse sul proprio futuro». Esempi? «Nel campo dell’istruzione di alto livello – prosegue Acuto Jacobacci – il Politecnico di Torino sta investendo in ricerca, attraendo studenti stranieri. Questo sta contribuendo alla nascita di start-up che si radicano sul territorio avviando un circolo virtuoso. Sul nostro territorio esistono altri esempi di eccellenza, noi stessi siamo soci del consorzio Proplast di Alessandria, un polo tecnologico di livello europeo, nato per offrire al mondo industriale eccellenti servizi di R&D e formazione nell’area della trasformazione dei materiali plastici, dell’ingegneria dei materiali, dell’ingegneria di prodotto». La Jacobacci ha tutelato le invenzioni di Galileo Ferraris, di Riccardo Arnò e di Alessandro Cruto e ha accompagnato molti imprenditori

55,2 mln EURO

della prima rivoluzione industriale. Aggiunge Acuto Jacobacci: «Crediamo nell’innovazione come portatrice di sviluppo e che sia possibile nel prossimo futuro una nuova rivoluzione economica, sebbene orientata da un altro paradigma perché la globalizzazione e la crisi hanno cambiato completamente gli scenari nei quali operiamo». Gerardo Defilippi, CFO, spiega quali sono le aspettative che la società ripone nei prossimi mesi e per il corso del 2012: «Siamo positivi, ma anche consapevoli di tutte le difficoltà del momento economico che stiamo vivendo. Noi ci occupiamo sia di marchi sia di brevetti, poiché i primi hanno un andamento ciclico e i secondi anticiclico, ci aspettiamo risultati in linea con gli anni precedenti». Andrea Beckert, organizzazione e HR arricchisce il quadro: «Nella ricerca di una maggiore efficienza, sfida alla quale siamo tutti chiamati indipendentemente dal settore, la nostra strategia è di puntare su formazione e organizzazione. Abbiamo un unico capitale, costituito dalle risorse umane. La nostra forza è tutta in questo fattore: i migliori professionisti e il miglior servizio sono l’ingrediente per mantenere e sviluppare la nostra leadership». «Professionalità elevata, integrazione culturale, infrastruttura informatica e organizzazione per garantire a tutti i clienti delle sedi italiane ed europee il medesimo elevato livello di servizio, sono la nostra sfida quotidiana» conclude Enrica Acuto Jacobacci.

Ricavi consolidati nel 2010 da Jacobacci & Partners Spa

100 mila MARCHI

E 80mila brevetti gestiti da Jacobacci & Partners Spa 10 sedi, oltre a Torino: Milano; Roma, Brescia, Padova, Kilometrorosso (BG), Ginevra, Madrid, Alicante e Parigi

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 117


SERVIZI ALL’IMPRESA

Esternalizzare i processi aziendali e attività amministrative che le imprese sono tenute a svolgere per legge hanno un peso consistente sull’organizzazione e la suddivisione del lavoro fra le varie risorse. Spesso queste attività – necessarie, ma collaterali – gravano tanto sull’impresa da sottrarre tempo e personale dalle mansioni specifiche di core business. Tale problema investe nella stessa misura tanto le aziende fortemente strutturate quanto quelle con un’organizzazione essenziale. Le prime sono spesso troppo grandi e ramificate per garantire la flessibilità adatta a gestire documentazioni massive, le seconde, invece, mancano di figure dedicate e formate. Da queste esigenze sono nate delle società di Office Problem Solving, specializzate nella

L Roberta e Alessandra Rostagno, titolari della Comete Srl di Cuneo (Foto di Massimo Ravera) www.cometesrl.com

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L’esternalizzazione delle pratiche amministrative e di back office è un’opportunità per le aziende. Roberta e Alessandra Rostagno spiegano il funzionamento di un servizio che permette di risparmiare tempo e risorse Luca Cavera

gestione esternalizzata di processi aziendali e in grado di dare una risposta a entrambe le tipologie di impresa. Come spiega Alessandra Rostagno, titolare della società Comete insieme alla sorella Roberta: «Il nostro obiettivo è quello di lasciare all’interno delle aziende nostre partner tutta l’attività che riguarda il loro core business e di prendere in carico la parte amministrativa e di back office collaterale, che spesso è quella più onerosa. Esternalizzare queste attività vuol dire liberare ore, personale e risparmiare risorse». Aggiunge Roberta: «Solitamente le attività non inerenti direttamente al core business vengono cogestite su turnazione dal personale interno. Questo si traduce nel fatto che una certa mole di lavoro deve essere “spalmata” su più persone, dato che queste non possono dedicarvi la totalità del tempo. Esternalizzando queste mansioni a società come la nostra, invece, la stessa mole di


Roberta e Alessandra Rostagno

lavoro è affidata a un singolo operatore. In questo modo, in scala, riusciamo a smaltire la stessa quantità di lavoro con un numero di persone inferiore e anche in un intervallo di tempo più breve – questo grazie alla nostra flessibilità e all’organizzazione per gruppi di lavoro specializzati». Il servizio svolto da Comete è quindi di stretta collaborazione con l’impresa, con il vantaggio però di essere dislocato all’esterno e organizzato in maniera indipendente, con la garanzia di tempi certi, controllo e requisiti di output. «Benché utile per le imprese – spiega Alessandra –, il nostro servizio non è ancora un prodotto facilmente riconoscibile, per questo ci proponiamo direttamente al cliente. Una volta avuto il contatto, ci viene sottoposto un problema organizzativo o un arretrato. Questo implica inizialmente una fase di organizzazione, sia per lo smaltimento che per il mantenimento – cioè lavorare per non generare ulteriori arretrati. La nostra attività è tipicamente d’ufficio, svolta principalmente tramite terminali, anche perché i nostri partner si stanno orientando sempre di più verso una digitalizzazione delle pratiche, delle fasi di controllo e degli archivi. In generale la carta è usata sempre meno a vantaggio di documenti digitali, gestibili dai software gestionali. Questa spinta verso la tecnologia ci permette anche di poter lavorare direttamente dai nostri uffici di Cuneo su pratiche

Attualmente la carta è usata sempre meno a tutto vantaggio dei documenti digitali, che sono coordinati più efficacemente dai software gestionali

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caricate da tutta Italia. Siamo specializzati nel settore bancario, ma operiamo in molti altri settori con strutture idonee. In ogni caso siamo sempre pronti a riorganizzarci per venire incontro alle esigenze specifiche di un nuovo partner». Roberta, in conclusione, fornisce qualche dato: «Sul fronte del controllo documentale massivo gestiamo 180.000 registrazioni contabili e 80mila fascicoli all’anno. Prima questa mole di lavoro veniva gestita interamente su supporto cartaceo. Progressivamente, insieme ai nostri clienti, ci siamo spostati verso un’informatizzazione maggiore e oggi gestiamo tutto in maniera digitale, con un risparmio ingente di carta e inchiostro e quindi di risorse». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 119


MERCATO DELL’AUTO

Il marchio Jeep in Italia è destinato a crescere n controtendenza rispetto al dato del settore, che ha fatto registrare forti cali, il marchio Jeep sta aggredendo con decisione il mercato italiano: a gennaio del 2012 le vendite della casa americana, fresca di festeggiamenti per il suo settantesimo anniversario, sono aumentate del 43,8 per cento, mentre la quota è passata dallo 0,3 per cento allo 0,5 per cento. «Questi dati confermano le ottime prospettive della scelta commerciale che abbiamo effettuato», spiega Roberto Richetti, amministratore delegato della valdostana Nuova Autoalpina, che conduce insieme al presidente Giovanni Paternolli. La concessionaria, da trent’anni legata al Gruppo Fiat, ha infatti deciso di puntare con decisione sul brand americano. Come si può riassumere la vostra strategia commerciale, anche in chiave del lancio di Jeep? «Abbiamo deciso di proporre questo marchio

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Roberto Richetti, amministratore delegato della Nuova Autoalpina di Charvensod (AO) www.autoalpina.it

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La partnership fra i gruppi Fiat e Chrysler sta favorendo l’affermazione dei prodotti Jeep sul mercato italiano. Roberto Richetti fa il punto sulla diffusione di questo marchio, relativamente nuovo nel nostro Paese Amedeo Longhi

per completare la gamma, composta da prodotti Fiat, Alfa Romeo e veicoli commerciali. Avevamo bisogno di una linea di vetture di mediaalta gamma e, trovandoci in una zona di montagna, con soluzioni 4x4. Il listino Jeep è molto competitivo anche dal punto di vista economico: un Compass può partire dal 25/26.000 euro, un prezzo molto competitivo rispetto ad altri concorrenti, come il Toyota Rav4. Si arriva poi al top della gamma, il Grand Cherokee, che costa circa 60.000 euro nella sua versione più accessoriata». Per quanto riguarda questa particolare nicchia, com’è la situazione di mercato? «Su scala nazionale si può notare che i prodotti di bassa gamma, quindi i segmenti A e B, sono stati i più penalizzati dalla crisi degli ultimi anni, mentre quelli di alta gamma hanno avuto meno problemi. È però anche vero i numeri sono molto diversi: nel primo caso un calo di pochi punti percentuale significa migliaia di vetture in meno vendute nell’arco dell’anno, mentre nel segmento medio-alto si parla di cifre molto più contenute. Un altro aspetto importante, che ci ha anche influenzato nella scelta del nuovo marchio da lanciare, è che in questo momento il Governo Monti ha introdotto una serie di controlli su molti beni, fra cui le autovetture, nell’ambito


Roberto Richetti

della lotta all’evasione fiscale. Vorrei però specificare che il parametro che fa fede è la potenza del motore, non la sua cilindrata, come molti pensano. Il problema è che la preoccupazione diffusa frena comunque il mercato di prodotti che pure non sono a rischio. Noi abbiamo fatto una scelta che speriamo sia vincente, anche perché proponiamo veicoli non soggetti a questi nuovi controlli». In prospettiva come vede la situazione? «A mio avviso Jeep avrà una crescita esponenziale, a partire da quest’anno e nel 2013-2014 ancora di più, grazie anche al lancio di nuovi prodotti. Il marchio era poco conosciuto perché aveva una rete distributiva contenuta e un apparato di marketing poco sviluppato. Finché non è entrato a far parte del Gruppo Fiat, sul panorama pubblicitario era quasi inesistente, mentre adesso la promozione dei prodotti Jeep è molto forte. Inoltre il suo ingresso è avvenuto attraverso la rete Fiat, che dal punto di vista commerciale è molto aggressiva». La partnership con il Gruppo Fiat ha influenzato anche la vostra scelta? «Assolutamente sì, anche perché uno dei risultati di questo sodalizio è stato l’uscita del marchio

Jeep avrà una crescita esponenziale, a partire da quest’anno e nel 2013-2014 ancora di più, grazie anche al lancio di nuovi prodotti

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Chrysler dall’Italia e il passaggio di molti suoi prodotti sotto i marchi Fiat o Lancia. Gli esempi sono il Fiat Freemont, derivante direttamente dal Chrysler Dodge, e le due nuove nate in casa Fiat, la nuova Thema e il Grand Voyager della Lancia, entrambi scaturiti dalle omologhe vetture Chrysler. L’unico marchio che viene venduto autonomamente in Italia è proprio Jeep». Quali sono i servizi paralleli alla vendita che propone la concessionaria? «Offriamo servizi sia di assistenza postvendita che finanziari e assicurativi. L’ultimo prodotto che abbiamo perfezionato e lanciato è un pacchetto che permette al cliente che ha acquistato una vettura di usufruire degli stessi servizi di cui dispone chi effettua un noleggio a lungo termine: pagando una quota, che può anche essere finanziabile, ha la possibilità di effettuare la manutenzione ordinaria e straordinaria della macchina». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 123


PRODOTTI ALIMENTARI

Il caseario scommette sul consumatore consapevole Informato, alla ricerca della qualità artigianale, incuriosito dai metodi di produzione. Il consumatore di gorgonzola si evolve, cambiando le regole del mercato di riferimento. E le aziende rispondono, come spiega il numero uno del “Palzola”, Sergio Poletti Andrea Moscariello

a qualità è una variabile tutt’altro che scontata sul mercato alimentare contemporaneo. A determinare le strategie di crescita delle produzioni più importanti sono anzitutto i numeri. Ma se per molti anni il “tanto” è prevalso sul “buono”, l’industria deve ora fare i conti con una mutata sensibilità del consumatore italiano medio. «È vero, per le famiglie oggi il risparmio rappresenta una priorità, ma sono sempre di più coloro i quali preferiscono acquistare marchi qualitativamente migliori, dal carattere artigianale, piuttosto che prodotti puramente industriali». La riflessione di Sergio Poletti, amministratore del Caseificio Paltrinieri Renato, produttore del Pal-

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Sergio Poletti, amministratore del Caseificio Paltrinieri Renato Srl di Cavallirio (NO), produttore del gorgonzola “Palzola” www.palzola.it

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zola, tra i più rinomati gorgonzola piemontesi, scaturisce a seguito di un biennio in cui, nonostante la crisi, l’azienda di Cavallirio, nel novarese, è riuscita a mantenere inalterati i ricavi. «Non si è verificata una crescita rispetto al 2010 – ci tiene a precisare Poletti –. Certo è, comunque, che siamo riusciti a consolidarci e a gettare le basi per una ristrutturazione profonda del nostro processo di controllo sulla qualità del prodotto». A novembre 2011, infatti, l’azienda casearia ha ottenuto alcune importanti certificazioni internazionali. Tra queste anche la Iso 22000:2005, uno standard per la certificazione di sistemi di gestione della sicurezza in campo alimentare, e la Iso 22005, che si applica a tutto il settore ed è destinata a diventare il documento di riferimento internazionale per la certificazione di sistemi di rintracciabilità agroalimentari. «Le certificazioni ottenute rappresentano un valore aggiunto, soprattutto per la nostra gestione interna». Quale visibilità garantiscono, invece, all’esterno? «Talvolta è difficile far comprendere al consumatore la qualità del prodotto che acquista. La Gdo, ovviamente, si concentra sulla valorizzazione dei suoi marchi. Sta a noi imprenditori, in prima persona, metterci la fac-


Sergio Poletti

Ogni membro dell’azienda deve vantare una conoscenza della cultura casearia tale da permetterci di non proporre un prodotto standardizzato

cia per raccontare il prodotto, spiegare come si realizza, garantirne il livello qualitativo». Ma i consumatori cercano queste informazioni, oppure bisogna attirare la loro attenzione? «Da qualche anno all’interno dell’azienda abbiamo un nostro piccolo spazio, per la vendita diretta. E più si va avanti e più mi accorgo che moltissimi clienti fanno anche venti o trenta chilometri per acquistare direttamente da noi. Questo avviene perché è aumentata la loro sensibilità rispetto a ciò che acquistano. L’amante del gorgonzola ci tiene a visitare il luogo in cui questo viene realizzato. Vuole, per così dire, “toccare con mano”». Questo, comunque, non è sufficiente. E lo dimostra il fatto che Palzola investe molto sul marketing. «Sì, però lo facciamo in una maniera non scontata. Sinceramente non mi aiuterebbe investire in qualche spot televisivo, anonimo, freddo. Preferisco coinvolgere il consumatore, parlargli direttamente. Per questo, ad esempio, puntiamo molto sulla radio. Ogni quindici giorni andiamo in onda, su un’emittente locale, con un nostro programma in cui

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si parla e si discute di tutto ciò che si cela dietro la produzione casearia. Non solo, sempre in radio abbiamo realizzato un programma di dediche, non necessariamente rivolte al nostro formaggio. Ogni settimana selezioniamo la migliore e inviamo al vincitore un pacco regalo». Da tempo vi impegnate anche in ambito scolastico. A quale scopo? «Per promuovere e far apprezzare anche alle nuove generazioni un prodotto dalla memoria millenaria. Si è appena conclusa la terza edizione del concorso riservato alle scuole elementari e medie “Disegna e Racconta il Gorgonzola”, che già lo scorso anno ha visto partecipare decine di classi e centinaia di allievi in tutto il Nord Italia. Questa iniziativa áá PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 125


PRODOTTI ALIMENTARI

áá

ha costituito, com’era nelle nostre intenzioni, il segno tangibile dell’attenzione che dedichiamo alla didattica e alla formazione dei “consumatori di domani” su un prodotto tanto interessante quanto tipico come il gorgonzola. Comunicare un passato fatto di qualità e tradizione alle nuove generazioni significa rendere omaggio a secoli di storia che caratterizzano un grande formaggio». Quali strumenti avete utilizzato? «Abbiamo realizzato un libro a fumetti che intende rispondere, con un tocco di creatività, alle mille domande che quotidianamente grandi e piccini si pongono in merito ai segreti della produzione del gorgonzola. Stimolare l’attenzione delle nuove generazioni a capire qual è la vera differenza fra un prodotto “globalizzato” e un formaggio dalle caratteristiche artigianali ci ha convinto a realizzare il volume “Il Gorgonzola a Fumetti”, che con un linguaggio semplice e i

bei disegni di Oreste Sabadin e Roberto David, costituisce un utile strumento didattico e di dialogo con i piccoli “cittadini e consumatori di domani”». Lei sottolinea il valore artigianale. Paltrinieri, però, è anche una struttura semiindustriale, ricca di automazione, tecnologia. Non è un paradosso? «Assolutamente no. Tecnologia non significa annientamento dell’artigianale. Anzi, all’interno del nostro stabilimento ogni persona deve vantare una esperienza ed una conoscenza della cultura casearia tali da permetterci di non proporre mai un prodotto di tipo industriale e standardizzato. Mi spiego meglio. Proprio perché siamo una piccola realtà, non ragioniamo sui grandi numeri. La normativa impone una stagionatura minima di 50 giorni che noi invece portiamo fino a 80/100 giorni. Un affinamento sicuramente più oneroso a fronte di una qualità organolettica finale, intesa in termini di cremosità e sapore, decisamente L’amante del gorgonzola ci tiene a visitare superiore». Chi acquista se ne il luogo in cui questo viene realizzato. rende conto? Vuole, per così dire, “toccare con mano” «Quando dico che dobbiamo “seminare” per raccogliere i frutti in futuro mi riferisco proprio a questo. Con l’azienda ci impegniamo in un’opera di sensibilizzazione, di educazione al gusto. Per noi è fondamentale far capire la grande differenza che c’è tra un formaggio che rincorre le consuete regole di produzione industriale e il nostro gorgonzola che, come testimoniano i nu-

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Sergio Poletti

merosi riconoscimenti ricevuti, vuole porsi sul mercato con caratteristiche di assoluta qualità e prestigio. Ciò è frutto di un impegno che accomuna tutti coloro che operano, dalle prime ore del mattino, presso il nostro stabilimento, dove il latte viene lavorato subito e con attenzione per porre le giuste basi di un lungo processo di produzione. Un ciclo di lavoro che è volutamente mantenuto in gran parte manuale». Sotto quali aspetti, soprattutto, le innovazioni garantiscono una maggiore qualità e sicurezza? «Sicuramente sul controllo del latte. La nostra azienda lavora cinque giorni a settimana, ma non riceviamo nulla il sabato e la domenica. Ogni goccia di latte è freschissima, appena munta. Il che rappresenta un costo maggiore, per noi, ma è una garanzia di qualità imprescindibile. L’innovazione, in questo ambito, si rivela fondamentale. All’interno dell’azienda abbiamo installato un sistema di verifica molto particolare. Ogni giro di raccolta latte è dotato di chiavetta magnetica che identifica univocamente il latte conferito, lo separa e ne estrae in automatico i campioni da inviare successivamente alle analisi di laboratorio per effettuare tutti i controlli di qualità necessari». Per il futuro proporrete nuovi prodotti? «Siamo sempre aperti a nuove sperimentazioni. Da pochi anni abbiamo, per esempio, proposto un erborinato al peperoncino, che abbiamo chiamato Palfuoco. Non ha ancora preso piede, è ovviamente un prodotto di nicchia, ma sta ottenendo ottimi riscontri da tutti coloro che lo provano. In futuro credo che Palfuoco potrà riservarci ottime sorprese in termini commerciali». L’azienda ha investito, negli anni scorsi,

Alla ricerca di nuovi assaggiatori Tra pochi mesi inizierà, presso lo stabilimento Palzola di Cavallirio, un nuovo corso di assaggiatore di formaggi di primo livello, articolato in dieci lezioni. A conferma dell’attenzione che l’azienda ripone nei confronti della didattica e del sostegno alla cultura agroalimentare di qualità. A gestire la didattica per questa nuova iniziativa sarà direttamente l’Onaf, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi, attraverso il proprio personale docente. «La nostra azienda metterà a disposizione i locali e i supporti audiovisivi per le lezioni che avranno una durata indicativa di circa due ore ciascuna» spiega Sergio Poletti, che ha fortemente voluto l’iniziativa. La prima lezione prenderà il via giovedì 5 aprile 2012, mentre il termine del corso è previsto per la fine del mese di maggio 2012.

circa mezzo milione di euro per installare un impianto fotovoltaico. Quali risultati vi garantisce? «Siamo stati i primi nel settore del gorgonzola ad avere fatto un investimento di questo tipo. Sono ormai tre anni e mezzo che usufruiamo dell’impianto fotovoltaico, che non copre ovviamente tutto il nostro fabbisogno, ma ci consente comunque si produrre dai 90 ai 110 mila kilowattora all’anno. Oltre che a rappresentare un ingente risparmio a lungo termine per l’azienda, l’impianto è anche un forte segnale che abbiamo voluto dare a dimostrazione che le imprese devono agire rispettando l’ambiente in cui operano». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 127


PRODOTTI ALIMENTARI

Il Gorgonzola che si distingue Nel 2011 la produzione di Gorgonzola è cresciuta del 3,5 per cento. E le esportazioni crescono a confermare un gradimento del prodotto non limitato geograficamente. Marco Invernizzi della Si Invernizzi di Novara spiega le ragioni di questo successo Luca Cavera

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el 2011 la produzione di formaggio Gorgonzola ha toccato livelli mai raggiunti in precedenza. L’analisi dell’andamento del settore ha registrato una produzione di quasi 4,2 milioni di forme – pari a oltre 419 milioni di litri di latte –, con un incremento del 3,5 per cento, equivalenti a 142mile forme in più rispetto al 2010. E oltre la metà dell’intera produzione è stata realizzata da aziende localizzate nella provincia di Novara (fonte Consorzio di tutela del Gorgonzola). Questi dati non fanno che confermare il gradimento di questo formaggio e la crescita di un settore tradizionale del made in Italy, che si trova in attivo, in controtendenza alla situazione generale dell’economia nazionale. Come spiega Marco Invernizzi, dell’impresa casearia Si Invernizzi, che gestisce in comproprietà con il fratello Mattia: «L’anno scorso il mercato ci ha dato delle risposte importantissime, confermando che il valore del cibo di qualità resiste anche negli anni di crisi. Inoltre, i dati ci dicono che il Gorgonzola è un formaggio apprezzato in tutto il mondo grazie alla sua versatilità, che si esprime attraverso il tipo dolce e piccante. Noi ci proponiamo di farlo conoscere il più possibile. Attualmente la nostra percentuale di esportazione si aggira intorno al 18 per cento e l’Europa è il nostro mercato di riferimento per l’export, anche se stiamo entrando nei competitivi paesi del Far East e nelle Americhe». La tutela commerciale, oltre che qualitativa, del Gorgonzola è garantita dal marchio Dop (Denominazione di Origine Protetta), che ne ha fissato i criteri di produzione e la provenienza, salvaguardando il territorio novarese. «Il marchio Dop in realtà serve anche al consumatore, perché gli garantisce la costante sicurezza del prodotto che acquista e porta in tavola. È la certezza che sia un prodotto totalmente italiano e che le sue caratteristiche sono tali grazie all’impegno delle persone che l’hanno saputo

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Marco Invernizzi

Dalle casere al marchio Dop Il Gorgonzola, formaggio erborinato italiano Dop, ha origine in Valsassina e precisamente nelle antichissime grotte delle sue montagne, dette “casere”, dove i formaggi bianchi venivano lasciati stagionare per un paio di mesi a sviluppare le inconfondibili venature azzurrine. Il luogo in cui il formaggio crebbe d’importanza a partire dal 900 fu Novara. A questi due luoghi è legata la storia del caseificio Si Invernizzi, dato che Ambrogio Invernizzi, appresa l’arte della trasformazione del latte in formaggio, si trasferì da un paesino della Valsassina a Novara, avviando l’azienda nella città che stava per diventare la capitale del Gorgonzola. Le vicende della famiglia Invernizzi si sono così intrecciate saldamente con la storia di questo formaggio unico al mondo, tanto che oggi è Renato Invernizzi a presiedere il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola.

Si Invernizzi Srl ha la sede a Trecate (NO) www.invernizzisi.it

creare a partire da latte controllato e in condizioni climatico-ambientali specifiche. Inoltre, la denominazione mette noi e il consumatore al riparo da qualsiasi trovata commerciale che possa intaccare la salubrità o l’identità di questo formaggio made in Italy». La famiglia Invernizzi produce il Gorgonzola da tre generazioni. Nel tempo la tecnologia è entrata nel sistema produttivo, rispettando però le procedure tradizionali che ne conservano il sapore autentico. «Noi siamo una delle poche e ultime aziende rimaste sul territorio a effettuare la lavorazione del latte in caldaie da 700 litri, che permettono di avere la diretta cura dei delicati passaggi di caseificazione. E

siamo riusciti a congegnare un binomio vincente: mantenere la tecnica artigianale e ottimizzarla attraverso apparecchiature e strutture industriali. La tecnologia ci ha permesso di massimizzare la qualità, garantire la sicurezza alimentare e offrire una produzione più corposa. Ogni settimana dal nostro caseificio escono 2mila forme che non contengono né conservanti né coloranti alimentari. Questo perché all’interno del nostro stabilimento eseguiamo anche la preparazione dei fermenti del latte, che sono alcuni degli ingredienti fondamentali per ottenere le caratteristiche organolettiche esclusive di un gorgonzola purissimo». Le fasi seguenti di stagionatura e confezionamento sono valorizzate dalle moderne strumentazioni industriali. «Anch’esse sono rese migliori grazie alla nostra storica competenza. Ad esempio, la selezione delle qualità, avviene attraverso gli impianti di taglio a ultrasuoni, metal detector e atmosfere dei locali in sovrappressione. In questo modo tentiamo di coniugare la qualità con la convivialità insita nel prodotto. Questo è quello che vogliamo trasmettere. Ci piace pensare che è possibile gustare il nostro prodotto mentre si sta in compagnia, tra gli amici o in altre situazioni». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 129


PRODOTTI ALIMENTARI

La qualità italiana è sempre più apprezzata all’estero P

Una tradizione familiare lunga un secolo e mezzo nella produzione di pasta e un legame con il territorio gelosamente custodito e valorizzato. Domenico Toso li illustra insieme agli investimenti finalizzati al rinnovamento tecnologico Lodovico Bevilacqua

Rey Pastificio ha la sede a San Damiano D’Asti (AT) reypasta.domenico@gmail.com

iatto nazionale, apprezzato e ricercato all'estero, consumato con gelosa avidità dagli italiani, la pasta è l'emblema gastronomico del nostro Paese. Alimento semplice, la cui qualità è determinata dal pregio del grano e dalla sapienza della lavorazione. Preceduto nella sua attività da cinque generazioni familiari, Domenico Toso – amministratore unico del Pastificio Rey – sottolinea con una punta di orgoglio il legame della sua azienda con il territorio che rappresenta. «Il Pastifico Rey è profondamente integrato con la realtà locale del borgo di San Damiano e la sua natura artigianale è rimasta attuale anche oggi». Una storia come tante, con una donna di casa che produceva pasta per i compaesani, in un'epoca in cui la frenesia odierna era ancora latente e la vita scandita da ritmi più dolci e benevoli. «Le origini del nostro pastificio sono in realtà incerte, sicuramente anteriori alla metà dell'Ottocento. La vocazione artigianale del pastificio, apparentemente compromessa dalla conversione alla meccanizzazione produttiva, rimane tuttavia un connotato effettivo e attuale, che rivive nella passione e nella professionalità dei dipendenti e degli amministratori della società». Una passione che rimane la migliore garanzia di qualità. «La strategia aziendale è sempre orientata verso il mantenimento della qualità certificata dei nostri prodotti, attraverso investimenti finalizzati al rinnovamento tecnologico e attraverso scelte coerenti e responsabili». Come quella di affidare a dipendenti interni il controllo di qualità prima demandato a un laboratorio esterno. «Le analisi autonome della pasta prodotta garantiscono il massimo rigore e la massima trasparenza nella produzione; trasparenza certificata anche dalla tracciabilità della pasta, resa possibile da un sistema che


Domenico Toso

La strategia aziendale è sempre orientata verso il mantenimento della qualità certificata dei nostri prodotti, attraverso investimenti finalizzati al rinnovamento tecnologico

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permette di associare ogni singola confezione distribuita alla partita di grano con cui è stata prodotta». Trasparenza e qualità certificata, perché queste sono le caratteristiche premiate dal mercato e perché questa è la vocazione del Pastificio Rey. Il tutto – naturalmente – senza perdere d'occhio le esigenze produttive. «La nostra azienda prepara 200 tonnellate di pasta al giorno e per mantenere questi ritmi produttivi non abbiamo esitato a convogliare una parte significativa del fatturato recente in direzione di investimenti finalizzati all'acquisto di macchinari sempre più evoluti, che ga-

rantiscano alti ritmi di produzione e – allo stesso tempo – valorizzino la qualità del nostro grano selezionato». Un volume produttivo di tutto rispetto – dunque – destinato a soddisfare le esigenze di approvvigionamento di un mercato che si compone in massima parte di esportazione. «Il 98 per cento della pasta che produciamo trova collocazione in mercati esteri, da quello russo a quello cinese, da quello europeo a quelli giapponese e coreano, dove riscontra un particolare successo. Estremamente recettivo nei confronti della nostra pasta è infine il mercato tedesco, entusiasta consumatore dei prodotti Rey, tanto da premiarli per sette anni consecutivi con un attestato di qualità conferito dall'associazione consumatori». Grande attenzione all'estero, ma anche considerazione per il mercato domestico, conclude Toso. «In omaggio al nostro borgo di origine, abbiamo creato una linea di pasta denominata Paste antiche delle colline Alfieri, divisa in dieci differenti forme e prodotta nella misura di mille quintali. L'esclusiva della distribuzione di questo pregiato prodotto è affidata – per l'Italia nord-occidentale – alla Coop». Legame con il territorio, esperienza produttiva, qualità certificata. Questo il dogma del Pastificio Rey per mantenere alto il nome della gastronomia italiana nel mondo. PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 131


PRODOTTI ALIMENTARI

La ristorazione punta sulla qualità Il settore della ristorazione deve saper rispondere alle attuali esigenze dei consumatori, che sono sempre più attenti alla qualità degli alimenti. La strategia della Full Residence nelle parole di Graziano Giglio Vigna Carlo Gherardini

ell’ultimo decennio le esigenze alimentari degli italiani sono cambiate notevolmente, in linea con le necessità di una società che detta tempi sempre più veloci. Nonostante i ritmi moderni, i consumatori non rinunciano a mangiare bene, nel rispetto della migliore tradizione culinaria e, soprattutto, sono sempre più attenti alla qualità e alla genuinità degli alimenti. Le aziende che operano nel campo della ristorazione devono rispondere al meglio a queste esigenze, con severi controlli sulle materie

N La Full Residence Srl di Pont Saint Martin (AO) fullresidence@libero.it

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prime, sulla preparazione dei piatti e, perché no, anche sulla loro presentazione. «La presentazione delle portate deve essere particolarmente curata, attenta non solo alla quantità ma soprattutto alla qualità dei cibi e alla loro disposizione sul piatto di portata» afferma Graziano Giglio Vigna, titolare della Full Residence Srl di Pont Saint Martin, presente da oltre 20 anni nel settore della ristorazione collettiva. La Full Residence opera in Valle d’Aosta e sul territorio nazionale ed estero con diversi locali fra cui, i più noti, sono il Ristorante Self-Ser-


Graziano Giglio Vigna

La qualità del servizio offerto, in ogni ambito della ristorazione che ci compete, parte dalla selezione dei migliori fornitori di materie prime

vice Les Arcades a Pont St. Martin, il Ristorante SelfService di Hone e il SelfService Pizzeria di Via Berchet a Torino. La famiglia Giglio Vigna vanta un’esperienza sessantennale nell’ambito del catering, della ristorazione collettiva, selfservice, gestione di hotel, ristoranti e bar, con servizi caratterizzati dal rispetto della tradizione, velocità, particolare cura nel rapporto con il cliente. Full Residence opera anche nel settore della ristorazione aziendale e scolastica, gestendo e avendo gestito il servizio di ristorazione presso importanti aziende e comuni. «La qualità del servizio offerto, in ogni ambito della ristorazione che ci compete – afferma Graziano Giglio Vigna - parte dalla selezione dei migliori fornitori di materie prime, dal personale qualificato e costantemente formato, dall'assistenza post - vendita al cliente. In particolare, i fornitori vengono selezionati sulla base di protocolli e questionari prestando molta attenzione alla provenienza dei prodotti. Privilegiamo infatti la filiera corta e i marchi di primaria importanza sul mercato, inserendo inoltre prodotti derivanti da terreni di famiglia ed acquisizione di terreni vari producendo il 60% delle materie prime biologiche». Queste caratteristiche hanno permesso all’azienda, nonostante la crisi economica, di

mantenere un prezzo accettabile e un fatturato stabile anche nell’ultimo anno, grazie proprio alla fidelizzazione della clientela che, grazie al conseguente passaparola, si rivela anche un ottimo punto di partenza per ampliare il mercato. «Instaurare un rapporto stretto e di fiducia con i nostri consumatori, ci permette anche di conoscere più da vicino le loro abitudini e, quindi, di anticiparne i gusti». L’area di riferimento in cui Full Residence opera principalmente è il territorio nazionale. «Oggi siamo attivi anche a Mosca, presso i magazzini Gymm, in Romania a Timisoara e Arat con Geox, Zoppas, Coca-Cola e Goodyear e in Albania per le forze armate. Oltre ad ampliare i nostri territori di riferimento – conclude Graziano Giglio Vigna – abbiamo intenzione anche di includere nel nostro servizio settori di attività collegati alla ristorazione, come l’ambito della pulizia e dell’assistenza. Un progetto cui stiamo lavorando in collaborazione e con il supporto del Consorzio del Canavese, e che ci sta particolarmente a cuore, è la futura collaborazione con una struttura in Brasile, un Paese emergente che potrebbe dare ottime possibilità di lavoro e sviluppo». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 133


Il controllo sugli additivi: una garanzia di sicurezza Walter Lovato spiega l’importanza delle verifiche su oligoelementi, amminoacidi, vitamine, conservanti e acidificanti usati nei settori agro, feed, food e pharma. Da questi dipendono l’integrità e la qualità del prodotto finale che arriva al consumatore Manlio Teodoro

Walter Lovato amministratore delegato della Compagnia Commerciale Europea Srl, Cressa (NO) info@cce-srl.it

ebbene associati alla moderna industria alimentare, gli additivi sono da sempre presenti, in forme diverse, nel trattamento dei cibi. Semmai è recente l’estensione del loro impiego anche ad altri settori produttivi. Paradossalmente, nel senso comune, la percezione negativa degli additivi alimentari è scattata quando negli anni Ottanta è stata imposta per legge la specificazione, nelle etichette, del nome del singolo additivo chimico, che prima invece era “coperto” da categorie generiche, come conservanti, antiossidanti, coloranti. In realtà, la specificazione

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134 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

esplicita andava e va nella direzione di un uso sempre più strettamente regolamentato e controllato degli additivi, soprattutto in ambito alimentare. Come spiega Walter Lovato, amministratore delegato della Compagnia Commerciale Europea, società che opera a livello internazionale che commercia materie prime e prodotti – come oligoelementi, minerali, additivi, chelati, proteici, energetici, fibre vegetali, amminoacidi, vitamine, conservanti, acidificanti – per i settori alimentare, agricoltura, farmaceutico e zootecnico: «Oggi vengono applicate procedure di controllo che assicurano la sicurezza del prodotto in modo sistematico. I programmi di autocontrollo, secondo la procedura Haccp (Hazard Analysis and Critical Control Points), comprende tutte le attività e i processi dall’acquisto allo stoccaggio, fino al trasporto e alla vendita. Lo scopo di queste procedure è quello di iden-


Walter Lovato

10 mln EURO

Il fatturato medio annuo della Compagnia Commerciale Europea Srl, che collabora con oltre 200 clienti attivi in tutta Europa

tificare e valutare tutti i pericoli, potenziali e reali, ai quali può essere esposto il prodotto e stabilire misure per l’efficace controllo del rispetto dei limiti, sia interni che di legge». Infatti, gli additivi alimentari hanno un ruolo fondamentale, è grazie al loro impiego che le derrate alimentari hanno maggiori garanzie di sicurezza e igiene, migliore conservazione, incremento della disponibilità di prodotti stagionali tutto l’anno e mantenimento del valore nutrizionale. La Compagnia Commerciale Europea, lavorando in stretto contatto con realtà produttive di molti paesi, è in grado di proporre sul mercato prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati. «La prima selezione avviene sui fornitori. Questi vengono scelti sul mercato in base all’andamento delle varie materie prime, alle specifiche richieste dei partner, ma soprattutto – e questo riguarda in maniera particolare i nuovi potenziali fornitori – sulla base della capacità di adempiere agli obblighi legislativi richiesti dalla Comunità europea. Ogni fornitore è valutato attraverso una spe-

Oggi vengono applicate procedure di controllo che garantiscano la sicurezza del prodotto in modo sistematico

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cifica procedura di qualifica. I criteri non valutabili preventivamente vengono valutati al momento della fornitura, quando cioè viene stilato da parte del responsabile della qualità un modulo per la valutazione del fornitore. In questo modulo viene stabilito un punteggio in base al quale il fornitore può essere approvato o ritenuto critico o non approvato. Allo stesso modo vengono valutati anche i fornitori di servizi di trasporto e gli operatori doganali». Altrettanta attenzione è posta nella ricerca dei prodotti. «Abbiamo sviluppato un’esperienza trentennale nel settore della chimica che ci ha portato ad avere un know how completo. La nostra selezione avviene sia in seguito a quanto richiesto dal mercato, oppure su nostra proposta, soprattutto per quanto riguarda nuovi prodotti e nuove tecnologie. Per questo motivo non ci proponiamo come un semplice distributore commerciale, bensì come un partner che offre anche un servizio di informazione sull’andamento del mercato, dei prezzi, sulle novità. Infatti, i nostri contatti, prima che con i responsabili degli acquisti, avvengono con i tecnici e con i ricercatori delle società partner. Questo ci permette di capire quali sono le reali necessità e le problematiche e di cosa abbia necessità il cliente in quel momento. Oltre che capire quali sono le idee per lancio di nuovi prodotti finiti – in questo particolare caso possiamo dare i nostri suggerimenti e i nostri consigli su quali additivi è preferibile utilizzare e come». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 135




ENERGIA

Il mercato energetico verso la grid parity In occasione dei 50 anni della Cte, Riccardo Cassina racconta le sue esperienze imprenditoriali. Realizzazioni “a tempi record” di impianti per il trasporto e distribuzione di energia elettrica. Senza lasciare in secondo piano il nuovo mercato delle rinnovabili Marco Tedeschi

a Circolare applicativa del Decreto Interministeriale del 25 Novembre 2008 definisce le modalità operative del “Fondo Kyoto” destinato ad incentivare gli interventi di efficienza energetica e produzione di energia da fonti rinnovabili. Una notizia importante per quelle aziende impegnate nella fornitura di energia elettrica come la Cte, che da cinquant’anni realizza impianti per il trasporto e la distribuzione di

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energia elettrica. «Il core business della Cte» spiega il presidente Riccardo Cassina, «sono sempre state le linee elettriche aeree sino a 380 kV ad alta tensione e altissima tensione. Oggi siamo fra le principali aziende italiane che operano in questo campo sui maggiori progetti di rifacimento e ampliamento della rete». Tra le attività della Cte spicca anche la produzione di energia da fonti rinnovabili. «In merito alle fonti rinnovabili e alla grid parity, siamo coinvolti con Terna, Enel e varie aziende private, nel collegamento di nuovi impianti alla rete. Personalmente ritengo che la politica italiana verso le fonti rinnovabili non abbia tenuto conto di alcuni fattori specifici del paese. In Italia, dove c’è il vento ed il sole ci sono poche industrie e quindi inevitabilmente la produzione da fonti rinnovabili

è “lontana” dal punto di reale utilizzo. Inoltre per problemi burocratici e autorizzativi una fonte rinnovabile naturale come l’idroelettrico è di difficile attuazione e con tempi molto incerti. Non nascondo però che per il nostro settore gli investimenti nelle “rinnovabili” hanno permesso di sviluppare un notevole fatturato per tutto il comparto elettrico italiano». Su cosa state investendo in questo periodo? «Ci stiamo concentrando in ricerche di mercato per ampliare l’attività nel settore linee di trasporto in altri paesi europei ed extra-cee. Inoltre stiamo parte-

Riccardo Cassina è Presidente della CTE Spa di Acqui Terme (AL). Nelle altre immagini realizzazioni di impianti per il trasporto e la distribuzione di energia elettrica eseguiti dalla CTE www.cte-spa.com


Riccardo Cassina

Gli investimenti nelle “rinnovabili” hanno permesso di sviluppare un notevole fatturato per tutto il comparto elettrico italiano

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cipando, come partner geotecnico, a tender internazionali per importanti progetti come la realizzazione di nuove infrastrutture ferroviarie in Francia. In un momento difficile riteniamo importante operare in settori in cui siamo esperti e possiamo portare il nostro Know-how come valore aggiunto». Come è andato il 2011 per Cte e quali sono le prospettive per il 2012? «Il 2011 é stato positivo, con un aumento della produzione circa del 9,5 per cento rispetto al 2010 e prevediamo un ulteriore 6-7 per cento nel 2012. Abbiamo importanti commesse per oltre 30 Milioni di euro. Permane in ogni caso la criticità negli incassi, soprattutto per la quota di lavoro eseguita come sub-appalto. Ci auguriamo che reali semplificazioni siano apportate al mondo dell’impresa italiano. Un mondo che di fronte alle resistenze per le liberalizzazioni

può dimostrare che si vive e produce anche con la prospettiva dell’aggiudicazione al massimo ribasso se si è produttivi, seri e corretti». Potrebbe raccontarci un progetto realizzato di recente? «La Cte è sempre stata presente sui principali progetti infrastrutturali degli ultimi anni; Autostrada A 32 (Frejus), Passante di Torino, Linea AV TOMI, Passante di Mestre. Recentemente, proprio per il passante di Mestre, siamo stati coinvolti nella risoluzione “a tempo record” di oltre 150 interferenze elettriche che abbiamo progettato, autorizzato e realizzato contestualmente alla costruzione dell’infrastruttura autostradale permettendo il compimento dell’opera nei tempi. Nel 2011 Cte ha eseguito un importante collegamento alla nuova centrale Iren di Torino Nord, sita nell’area compresa fra Corso Regina e la tangenziale. Anche per quest’attività di progettazione e realizzazione di

linee 220 kV aeree e interrate ci è stata riconosciuta la capacità di realizzare l’opera nei tempi contrattuali pattuiti». Quali sono le criticità nel lavorare a stretto contatto con gli Enti pubblici e quali i punti a favore? «Come in tutti i lavori negli ultimi anni le difficoltà non si riscontrano nell’esecuzione lavori ma nella burocrazia connessa alle autorizzazioni e alle richieste di documenti e spesso quello che è sufficiente a Milano non va bene a Torino creando incertezza e lungaggini. Nell’ultimo periodo la situazione è diventata purtroppo critica anche dal punto di vista degli incassi; ciò comporta un indebitamento maggiore in un momento in cui il sistema bancario si è irrigidito. Si tratta di un fenomeno che sta portando al fallimento di tante piccole realtà per mancanza di liquidità di cassa, e sta bloccando gli investimenti delle piccole e medie aziende». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 139


ENERGIA

Energia pulita e a impatto zero Una filiera locale che garantisce la fornitura della biomassa necessaria alla produzione di energia pulita e un’importante fonte di reddito per il territorio. È quanto ha ottenuto Ago Energia con l’avvio della centrale di Cossato. A descriverla, Roberto Sacco Adriana Zuccaro

econdo uno studio del Joint Resarch Center della Commissione europea, entro il 2020 la maggior parte degli stati membri otterranno un surplus di energia verde che servirà a compensare i deficit di paesi meno virtuosi. Tra questi, fanalino di coda, l’Italia. «Dovendo risolvere il gap rispetto agli altri paesi, l’Italia si è subito concentrata sul fotovoltaico e successivamente sull’eolico, considerando l’utilizzo delle biomasse un’attività di nicchia, probabilmente perché, mentre il sole e il vento sono elementi facili da reperire, la gestione e il reperimento delle biomasse è un po’ più complesso e richiede un’organizzazione locale importante». Ha invece creduto subito nelle biomasse la società torinese Ago Energia che, con Roberto Sacco alla presidenza e un know-how maturato in partnership con un’importante società tedesca,

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ha sviluppato una struttura tecnica e gestionale totalmente autonoma, in grado di mettere a punto filiere locali che garantiscono la fornitura della biomassa necessaria alla produzione di energia pulita e un’importante fonte di reddito per il territorio. Ultima prova di tale lungimiranza, «la centrale di Cossato recentemente inaugurata, con un impianto di cogenerazione alimentato da cippato di pioppo, produce energia pulita, è predisposto per fornire il teleriscaldamento per circa 15mila abitanti nel comune biellese, e muove la debole economia agricola del territorio». Roberto Sacco descrive il progetto, la gestione della filiera e il valore, ambientale ed energetico, delle biomasse. Come avviene la produzione dell’energia da biomasse? «Il ciclo di funzionamento è semplice: la legna bruciando in

una caldaia crea dei fumi caldi che a loro volta producono vapore acqueo che viene convogliato in una turbina che genera corrente; tramite uno scambiatore di calore, lo stesso vapore all’uscita della turbina cede calore agli utilizzatori, come il teleriscaldamento. Alla fine del ciclo il vapore viene ricondensato e ritorna acqua, mentre i fumi della combustione passano attraverso una serie di filtri tecnologicamente all’avanguardia che garantiscono delle emissioni al camino di gran lunga inferiori ai limiti di legge. L’impianto è inoltre a CO2 zero, in quanto grazie al principio della fotosintesi clorofilliana l’anidride carbonica emessa viene riassorbita dalle piante stesse. Gli elementi base del processo sono dunque legno e acqua, quanto di più semplice ed ecologico esista in natura».

Roberto Sacco, presidente di Ago Energia, società con sede a Torino. Nelle altre immagini, parte di un impianto, fase di produzione di cippato e area tecnicoprogettuale www.ago-energia.it


Roberto Sacco

Con un impianto di cogenerazione alimentato da cippato di pioppo, la centrale di Cossato produce energia pulita

Per il reperimento della materia prima necessaria alla centrale di Cossato, Ago Energia si è rivolta all’azienda agricola Pellerei. Quali vantaggi ha creato tale collaborazione? «Creare e azionare una centrale come quella di Cossato presupponeva la risoluzione di alcuni aspetti fondamentali: il reperimento della materia prima, individuata nel cippato di pioppo, e la garanzia della fornitura nel tempo, nelle quantità e qualità necessaria. Quale poteva essere la migliore partnership, se non creando una società tra chi è in grado di realizzare e gestire un impianto, (Ago Energia), e chi ha un’esperienza decennale nella coltivazione dei pioppo e nella pro-

duzione del cippato di legno (la famiglia di agricoltori Pellerei)? Oggi questo progetto è l’unico in Italia che comprende una filiera completa interamente sul territorio, che parte dalla coltivazione delle piante e produzione della materia prima, e che produce energia elettrica e termica per il teleriscaldamento locale». Perché è stato scelto proprio il pioppo? «Ago Energia realizza impianti in tutta Italia, dove ogni regione, a seconda delle sue caratteristiche, ha differenti tipologie di biomassa. Nel biellese, dove il terreno presenta buone quantità d’acqua, i pioppi trovano l’ambiente ideale per svilupparsi e crescere velocemente. Pertanto a Santa Luce, ad esem-

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pio, in provincia di Pisa, dove stiamo realizzando un secondo impianto, utilizzeremo i residui della pulizia dei boschi delle colline toscane, mentre in Puglia, una volta superata la fase autorizzativa per un nuovo impianto, usufruiremo delle potature degli ulivi». A Cossato avete realizzato un impianto da 2,8 megawatt elettrici e uno da 8 termici. Quali vantaggi apportano ai produttori e agli utilizzatori finali? «Il vantaggio per l’utilizzatore finale è avere il riscaldamento prodotto in totale rispetto dell’ambiente e a costi assolutamente competitivi rispetto al riscaldamento prodotto da fonti tradizionali. Per il produttore il fatto di godere degli incentivi legati alla produzione di energia da fonti rinnovabili genera una fonte di reddito e un ritorno dell’investimento veramente interessante. Non dimentichiamo infatti, che un áá PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 141


ENERGIA

áá impianto di questo tipo produce energia per 8.000 ore all’anno». Dal progetto all’avviamento di un impianto a biomasse, quale iter operativo occorre seguire? «La prima attività, fondamentale per la realizzazione di un impianto a biomasse, è l’analisi del reperimento della materia prima a livello locale. Uno dei punti di forza di un impianto di questo tipo è portare benefici sul territorio utilizzando biomasse che sarebbero invece inutilizzate. Mi riferisco ai residui delle pulizie dei boschi e delle potature; materiale di scarto che altrimenti andrebbe smaltito e che noi invece utilizziamo per produrre energia pulita, garantendo oltretutto un reddito alla popolazione locale grazie a un prodotto che altrimenti sarebbe solo un costo per lo smalti-

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Per la realizzazione di un impianto, il team di esperti di Ago Energia sviluppa anche l’iter autorizzativo, tecnico e burocratico

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mento. Altro passaggio importante è la ricerca di un utilizzatore locale del termico». Perché è così importante tale aspetto? «L’energia termica che il sistema produce, se non utilizzata, andrebbe dissipata, quando invece può essere utilizzata localmente a costi decisamente inferiori rispetto al calore generato da fonti tradizionali. Gli utilizzatori possono essere di vario tipo: teleriscaldamento per case, scuole, edifici pubblici, ospedali, grandi magazzini, serre e tutte le aziende che necessitano di calore per il loro processo

produttivo. Verificate le due condizioni di reperimento di biomasse e utilizzatori, si parte con l’iter autorizzativo che in Italia è particolarmente problematico a causa della lentezza e complessità del processo. Ago Energia si è comunque organizzata con un team di esperti per sviluppare tutto l’iter, sia dal punto di vista tecnico che burocratico, fino ad arrivare all’autorizzazione completa». Cosa succede al completamento dell’iter autorizzativo? «Ottenuta l’autorizzazione, la realizzazione dell’impianto chiavi in mano richiede massimo un anno, dall’inizio della progettazione, all’installazione dei componenti fino al montaggio e la messa a punto finale. Per questo gli specialisti di Ago Energia hanno una notevole competenza che li induce a individuare e scegliere le soluzioni tecniche più all’avanguardia e più affidabili che si possano realizzare. Una volta installato l’impianto, Ago Energia offre anche la possibilità di gestione e manutenzione dell’impianto stesso per la produzione dell’energia, sollevando il cliente da ogni onere o preoccupazione».



ENERGIA

In crescita l’uso del Gpl Considerata una fonte energetica economicamente conveniente, rispettosa dell’ambiente e di facile stoccaggio, il Gpl oggi è sempre più utilizzato. Giovanna Travasa illustra vantaggi e criticità riguardanti i processi di distribuzione di questo gas Guido Puopolo

Alpigas Srl ha la sua sede ad Aosta www.alpigas.com alpigas@autogasnord.it

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l Gpl - Gas di Petrolio Liquefatto – è un gas costituito da propano, che viene prodotto dalla raffinazione del petrolio. Questo combustibile è allo stato attuale una tra le fonti energetiche più indicate per svariate applicazioni, in quanto caratterizzato da un alto potere calorico e un ridotto impatto ambientale. «L'energia del Gpl è pulita, sicura, comoda ed economica. Per questo, sia in ambito civile che industriale, si conferma come una delle risposte più razionali per soddisfare ogni necessità relativa al riscaldamento, alla produzione di acqua calda e al condizionamento». Ne è sicura Giovanna Travasa, consigliere di amministrazione della Alpigas Srl, società di

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Aosta facente parte del gruppo Autogas Nord e specializzata nell’installazione di serbatoi Gpl per ogni specifica esigenza, dalla villetta isolata all’intero Comune. «I vantaggi derivanti dall’uso del Gpl per i consumatori sono duplici», spiega Travasa. «Se confrontato con il gasolio, il Gpl ha un prezzo minore, anche se il suo potere calorifico è leggermente inferiore. Rispetto al metano, invece, ha un potere calorifico maggiore, ma ciò che conta è il fatto che, utilizzando questo gas, l’utente non è sottoposto a quello che si chiama monopolio nella distribuzione. Questo è un aspetto molto significativo, soprattutto in Valle d’Aosta, dove i tempi di attesa per gli allacci alla rete sono notevoli e le spese di allacciamento piuttosto elevate». Oltre ai serbatoi ad uso di singoli utenti, in questi ultimi anni Alpigas si è specializzata nella costruzione di reti canalizzate che, con un unico grande serbatoio, permettono di rifornire interi paesi o frazioni. «La distribuzione del Gpl attraverso le reti canalizzate si sta diffondendo rapidamente», evidenzia Giovanna Travasa. «Sono diversi i Comuni della nostra regione non serviti dal metano che si stanno orientano verso questo tipo di fornitura, che consente di eliminare i vari serbatoi sparsi sul territorio e che soprattutto permette di pa-


Giovanna Travasa

gare esclusivamente ciò che si consuma, anziché tutta la fornitura. Dai sondaggi che periodicamente effettuiamo, obbligatori per mantenere la certificazione di qualità Iso 9001-2008 di cui siamo dotati, gli utenti risultano essere pienamente soddisfatti del servizio offerto, ma anche dei costi, che per questo tipo di fornitura risultano essere molto inferiori alla media». Proprio il costante monitoraggio del livello di soddisfazione dei consumatori si inserisce all’interno di una più ampia politica aziendale portata avanti da Alpigas, che prevede anche un servizio di assistenza continua, attivo 24 ore su 24. Questo, come sottolinea la signora Travasa «rappresenta un importante valore aggiunto, soprattutto in un momento in cui le relazioni interpersonali sono sempre più ridotte. Coltiviamo infatti un rapporto diretto con gli utenti, che possono rivolgersi a noi con una semplice telefonata o venendoci a trovare direttamente presso i nostri uffici. Anche le sagre e le fiere, che periodicamente vengono organizzate sul territorio regionale, sono un’occasione importante per conoscersi e scambiarsi opinioni e idee». Gli sforzi che l’azienda è chiamata a sostenere per garantire alla popolazione la sicurezza dell’approvvigionamento sono però notevoli, anche a

Le difficoltà nella distribuzione del gas non mancano, e la particolare conformazione della Valle d’Aosta di certo non aiuta

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causa della complessità geografica del territorio all’interno del quale si trova a operare: «Certamente le difficoltà nella distribuzione del gas non mancano, e la particolare conformazione della Valle d’Aosta di certo non aiuta. Le strade infatti sono strette e tortuose, e durante l’inverno i nostri autisti sono costretti davvero a un superlavoro. Un altro fattore che condiziona negativamente la nostra attività è rappresentato da una burocrazia lenta e invasiva, che sottrae ore preziose al lavoro, il più delle volte per compilare moduli e documenti assolutamente inutili. Nonostante tutto, però, riusciamo a essere sempre presenti, e ad assolvere in pieno il nostro compito». Dopo aver concluso un anno estremamente positivo, l’azienda è oggi proiettata verso il futuro: «Grazie a una strategia di razionalizzazione dei costi e di ottimizzazione del servizio, il nostro fattu-

rato in questi ultimi anni ha abbondantemente superato gli otto milioni di euro. Attualmente – conclude Travasa – siamo impegnati nella progettazione e realizzazione di nuove reti canalizzate, una sfida complessa ma che sono sicura riusciremo a portare a termine in maniera brillante». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 145


RINNOVABILI

Il fotovoltaico premia la qualità Puntare su affidabilità ed eccellenza tecnica, per affermarsi all’interno di un settore altamente competitivo e in rapida evoluzione. Il mondo del fotovoltaico e le sue prospettive di sviluppo illustrate da Vincenzo Chiarelli Guido Puopolo

a convinzione che l’esigenza di individuare fonti di energia alternative rispetto a quelle tradizionali avrebbe offerto buone prospettive di crescita alle aziende operanti nel settore delle energie rinnovabili, ha rappresen-

L TecSolis Spa ha la sua sede a Chivasso (TO) www.tecsolis.com

148 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

tato la molla che ha portato alla nascita di TecSolis Spa. La società di Chivasso, fondata nel 2007 da un gruppo di soci con conoscenze e competenze nel campo della finanza, dell’ingegneria e della fisica dei dispositivi, è specializzata nella progettazione e installazione di sistemi fotovoltaici chiavi in mano, ideali per produrre energia elettrica in maniera pulita e sostenibile, non soltanto da un punto di vista ambientale, ma anche economico. «Oggi il settore è caratterizzato dalla presenza di tantissime aziende, con un’offerta molto variegata sia in termini di qualità che di prezzi», afferma l’amministratore delegato di TecSolis, Vincenzo Chiarelli. «Per questo diventa

indispensabile disporre dei migliori materiali possibili e assicurare un’accurata esecuzione dei processi tipici di realizzazione di un impianto fotovoltaico». Perseguendo questa politica, in breve tempo TecSolis è stata in grado di affermarsi come realtà di primo piano su scala nazionale, grazie anche alla collaborazione con SunPower, azienda leader mondiale nella costruzione di moduli fotovoltaici, di cui TecSolis è Premier Partner: «In questi anni abbiamo installato oltre 25 MW di moduli Sunpower, universalmente riconosciuti come i più efficienti sul mercato», sottolinea Chiarelli. «Abbiamo messo le nostre competenze al servizio di gruppi industriali del calibro


Vincenzo Chiarelli

Il calo degli incentivi per il fotovoltaico è coinciso con decrementi significativi nei costi dei materiali impiegati

di PiberGroup e 3M, per i quali abbiamo realizzato impianti che ci hanno fatto guadagnare le copertine delle principali riviste di settore». Anche l’azienda torinese negli ultimi mesi è stata però costretta a fare i conti con il caos generato dall’entrata in vigore del Quarto Conto Energia, in quanto, spiega Chiarelli, «c’è voluto un bel po’ per far comprendere a tutti che gli incentivi avrebbero continuato a supportare la diffusione del fotovoltaico in Italia, seppur con tariffe ridotte. La pubblicazione del Quarto Conto Energia è stata un’operazione necessaria per assicurare la sostenibilità del sistema di incentivazione del fotovoltaico, così come per mettere un freno all’aumento esponenziale dei grandi parchi solari, guidato da logiche speculative e con forti interessi da parte di attori stranieri. Tuttavia – prosegue l’amministratore – credo che questa operazione sia stata gestita in maniera piuttosto approssimativa, con ripercussioni che hanno condizionato negativamente l’intero comparto per diversi mesi». Al di là di tutto però, ricorda Chiarelli, investire sul

~ +30 mln EURO

fotovoltaico continua a essere conveniente, «perché il calo degli incentivi è coinciso con decrementi significativi nei costi dei materiali impiegati. Ad oggi, infatti, si possono ancora ottenere impianti con redditività a due cifre, anche se per avere gli stessi ritorni in valori assoluti servono ora spazi più ampi». L’azienda è attualmente presente su tutto il territorio nazionale, dove agisce come unico interlocutore nei confronti dei committenti: «Realizzare un impianto fotovoltaico – specifica Chiarelli – non significa solo fornire materiali, tecnici e manodopera di assoluta qualità. TecSolis è in grado di gestire, per conto del cliente, anche tutti gli adempimenti amministrativi necessari, dai rapporti con gli enti locali a quelli con il gestore della rete elettrica, dal Gse - Gestore Servizio Elettrico all’Agenzia delle Dogane». Un’impostazione vincente, che ha permesso alla

società di raggiungere eccellenti risultati, con un fatturato che nel 2010 ha raggiunto i 30 milioni di euro. «Lo scorso anno, con un settore praticamente “ingessato”, TecSolis ha addirittura superato tale valore. Considerando che i prezzi di vendita si sono nel contempo dimezzati, si evince che nel 2011 abbiamo praticamente raddoppiato quanto installato nel 2010. Un trend positivo che vogliamo rafforzare, anche attraverso l’inserimento di nuove unità in azienda». Il futuro, dunque, si preannuncia ricco di soddisfazioni e novità per TecSolis: «Intendiamo espanderci sui mercati esteri, e ampliare il nostro raggio d’azione ad altre tipologie di fonti rinnovabili», conclude Chiarelli. «Il tutto però dovrà avvenire in maniera ponderata, con un piano di sviluppo “sostenibile”, proprio come le energie che trattiamo».

A tanto ammonta il fatturato di TecSolis per l’anno 2011

PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 149


Soluzioni integrate contro l’amianto er diversi decenni in Italia l’amianto è stato un materiale tra i più utilizzati in campo edile e industriale, soprattutto per la copertura di tetti e capannoni, in virtù delle sue particolari qualità di resistenza e isolamento. Ancora oggi però, nonostante siano passati esattamente vent’anni dalla sua messa al bando, questa particolare fibra continua a rappresentare una minaccia concreta per la salute delle persone, tanto che ogni anno si calcolano circa 3000 decessi per malattie dovute proprio all’esposizione all’amianto. «E probabilmente il picco massimo deve ancora

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150 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

essere raggiunto, visto che l’incubazione delle patologie da amianto può raggiungere anche i 30/40 anni», afferma Luca Poli, che insieme alla moglie è alla guida della Mb Bonifiche, azienda di Sommariva del Bosco specializzata nella copertura e nella bonifica di superfici contenenti amianto ed eternit. «Siamo stati tra i primi, in Piemonte, a intraprendere questo tipo di attività, e sulla base dell’esperienza maturata posso dire che la strada per mettere completamente in sicurezza il nostro territorio è ancora lunga». L’azienda cuneese, infatti, oggi dispone di un consolidato know how in materia,

Quello dell’amianto è un problema quanto mai attuale, che deve essere affrontato con le dovute attenzioni e precauzioni. Per questo sono indispensabili strumenti adeguati e competenze specialistiche da parte degli operatori, come spiega Luca Poli Guido Puopolo

in grado di operare con un approccio integrato, che le permette di offrire ai suoi committenti un servizio “chiavi in mano”, come spiega Poli: «Ogni cantiere su cui interveniamo ha le sue specificità, e deve quindi essere trattato in maniera adeguata. Per questo come prima cosa effettuiamo un sopralluogo mirato, per valutare il contesto

Mb Bonifiche Srl ha la sua sede a Sommariva del Bosco (CN) www.mbbonifiche.com


Luca Poli

operativo in cui andremo ad agire. Solo dopo questo fondamentale passaggio possiamo procedere con la bonifica vera e propria e con il rifacimento della copertura, utilizzando materiali idonei e rispondenti ai più moderni standard qualitativi e ambientali». Ultimamente, anche a seguito del boom delle rinnovabili fatto registrare in Italia, Mb ha instaurato una serie di collaborazioni strategiche con diversi produttori di pannelli fotovoltaici, ampliando così il suo raggio d’azione e conquistando nuove fette di mercato. «Laddove richiesto effettuiamo la posa e l’installazione di pannelli su tetti e superfici bonificate. Questa è una soluzione sempre più ricercata da chi si rivolge a noi, anche perché gli incentivi previsti dal Quarto Conto Energia sono davvero molto convenienti. In un’ottica di diversificazione aziendale, inoltre, già da diverso tempo realizziamo anche lavori di carpenteria e tinteggiature industriali e civili, con mezzi di sollevamento e piattaforme di nostra proprietà che ci permettono di agire in totale autonomia». In un settore così delicato è chiaro che la formazione e il costante aggiornamento degli operatori ricoprono un ruolo di fondamentale importanza, per riuscire a ga-

Siamo stati tra i primi, in Piemonte, a intraprendere questo tipo di attività, e posso dire che la strada per mettere completamente in sicurezza il nostro territorio è ancora lunga

rantire sempre un servizio in linea con le aspettative della clientela. «Il nostro personale – sottolinea Poli – è dotato di competenze specialistiche, attestate dalla periodica frequenza di appositi corsi. Disponiamo di tutte le certificazioni necessarie, senza dimenticare che siamo anche iscritti all’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti». Anche grazie a questi requisiti Mb è attualmente presente su tutto il territorio nazionale, dove interviene tanto sui piccoli impianti quanto sulle grandi superfici. «La nostra è un’azienda a conduzione familiare, che è riuscita nel tempo a guadagnarsi la credi-

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bilità e la fiducia del mercato. Al momento, ad esempio, abbiamo avviato una serie di cantieri in Liguria, mentre a breve prenderanno il via i lavori di bonifica di un’area di oltre 50.000 metri quadrati nella zona di Pavia». Sono tanti, dunque, gli impegni in agenda per i prossimi mesi, anche se la crisi, pur non influendo direttamente sull’attività di Mb, continua a farsi sentire: «Nonostante questo, però, siamo molto fiduciosi – conclude Poli -. Abbiamo ambizione, voglia ed entusiasmo, qualità indispensabili che ci permetteranno di raggiungere gli obiettivi di crescita che ci siamo prefissati». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 151




IL NUOVO VOLTO DI TORINO

Il plus dell’urbanistica sulla città sociale «In vent’anni Torino è passata da una cultura della quantità a una della qualità, da una cultura di massa a una di consumi individuali». Il punto di Carlo Olmo sul futuro urbanistico della città, tra rigenerazione urbana e vivibilità sociale Elisa Fiocchi

l volto urbano di Torino oggi racconta di una città che ha continuato a fare dell'accoglienza la sua cifra fondamentale e che ha saputo declinarla rendendo più confortevoli molte delle sue zone urbane. A sostenerlo è lo storico dell’architettura Carlo Olmo, che sottolinea quanto «la cultura, le università, i musei, la produzione di prodotti multimediali e l’arte contemporanea siano le ricchezze immateriali di domani che Torino ha saputo ben cogliere». Un’altra nota di merito rispetto ad altre città italiane sta nell’impegno applicato nel portare avanti un piano della vivibilità che condurrà, nei prossimi dieci anni, a un concetto di smart city declinato in tutte le sue forme.«Il piano vero che Torino sta faticosamente portando avanti è quello della mobilità pubblica, il piano che molte città

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Nella pagina successiva, Carlo Olmo, storico dell’architettura, preside della Facoltà di architettura del Politecnico di Torino dal 2000 al 2007

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europee hanno non solo avviato, ma anche concluso». Carlo Olmo interviene sulle scelte urbanistiche che potrebbero mutare ancora una volta l’assetto della città, con un occhio attento al delicato cambio di generazione che sta avvenendo e alla situazione di crisi generale. Tra i tanti interventi che hanno coinvolto l’assetto urbanistico della città di Torino negli ultimi anni quali soluzioni rispondono al tentativo di rendere l’ambiente urbano un luogo più vivibile e sostenibile e quali invece suscitano forti perplessità? «Concentrandosi sugli ultimi dieci anni, gli aspetti positivi riguardano la rigenerazione urbana che ha in alcuni suoi luoghi i suoi esempi più noti, come le piazze, le sponde dei fiumi, l’area del Lingotto, i parchi e la profonda trasformazione di alcuni quartieri come S. Salvario, Vanchiglia e

altri. Ma è stata la gestione di un processo così variegato e ampio forse il vero valore aggiunto che la trasformazione della città fisica e spaziale ha offerto alla “città” sociale e produttiva. I limiti stanno nella difficoltà che hanno avuto alcune culture (professionali, imprenditoriali, tecniche) a fare di uno straordinario volano pubblico l’occasione (di dimensione, organizzazione, qualità) per crescere poi su mercati non locali». Ritiene gli schemi di città e di mobilità attuali vicini ai modelli di sostenibilità, vivibilità ed efficienza attuati in alcune città europee? «Torino più che altre città italiane ha portato avanti un piano della vivibilità. Chiunque oggi arrivi in questa città lo coglie e lo riconosce. La sostenibilità, che forse bisognerebbe meglio definire, appartiene a una stagione che in


Carlo Olmo

Italia purtroppo sta iniziando da poco. La città conosce anche qui eccellenze, il trasformare la scarsa sensibilità di privati, imprese e pubblici uffici rispetto a un tema, quello ad esempio dell’energy saving. Non è un problema solo di investimenti e politiche ma di cultura urbana, e su questo piano in Italia si sono fatti oggettivamente passi indietro. Sulla mobilità, l’orografia della città è molto migliorata con l’interramento del piano del ferro, ma i fiumi, che sono una ricchezza di questo territorio, costituiscono indubbiamente “naturali” strozzature». La città si trova al vertice della classifica dell’ecomobilità in Italia: è una vera smart city? «Bisognerebbe capire cosa s’intende per smart city. Mi vengono in mente almeno cinque, sei possibili declinazioni. Alcune hanno a che fare con la città smart e su questi

piani Torino ha lavorato molto. Ma la tematica della smart city è molto complessa perchè va dall’agenda digitale all’open access, dall’intelligent building alle politiche sociali sulla formazione. Esistono programmi europei su questi terreni e Torino sta concorrendo e attrezzandosi per essere in grado di poter accedere a queste risorse, che saranno fondamentali nei prossimi dieci anni». Dalle Olimpiadi invernali del 2006 la città è stata impegnata in un susseguirsi di investimenti rilevanti. Come giudica la centralità di questi investimenti? «Le Olimpiadi in primis, ma non solo, hanno costituito un vero piano keynesiano che ha aiutato non tanto la crescita ma la rigenerazione urbana: e questa è stata la vera scommessa vinta da Torino. Certo hanno pensato a una rigenerazione ancora con il para-

digma della crescita e ciò non ha consentito forse di selezionare meglio obiettivi e risultati. Ma questa città è passata in vent’anni da una cultura della quantità a una della qualità, da un cultura di massa a una cultura di consumi individuali, cambiamento che era davvero difficile governare». Quale nuovo volto urbano attende la Torino del futuro? «Io credo che la scommessa da vincere per la Torino del futuro sarà quella di ampliare l’offerta di opportunità rivolte ai giovani, ai ricercatori, agli imprenditori, ma anche agli stranieri, e anche di saper declinare una terza stagione del lavoro come riscatto, forse un po’ più allegro e meno legato a condizioni dove lavoro e fatica siano sempre coincidenti. Ritengo che il lavoro, inteso come riscatto, è una fondamentale speranza e forse oggi ne offriamo troppe poche nella società europea». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 155


IL NUOVO VOLTO DI TORINO

Contro una dissennata politica di sostituzione Torino non ha bisogno di inutili e costosi monumentalismi. «Vanno invece rispettati gli elementi fisici che caratterizzano la sua felicissima collocazione». Il punto di Riccardo Bedrone Elisa Fiocchi

e trasformazioni che hanno riguardato Torino negli ultimi anni, l’hanno catapultata nelle fila delle medie metropoli europee che hanno attuato le maggiori modifiche

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della propria struttura e del proprio paesaggio urbano, aprendosi a uno sviluppo sostenibile, che passa in primo luogo attraverso la riqualificazione di edifici ex industriali. Il risultato è un buon equilibrio tra i nuovi progetti realizzati e l’impegno nella conservazione del patrimonio storico e dell’identità del tessuto urbano. Lo sostiene Riccardo Bedrone, presidente dell'Ordine degli architetti torinesi, osservando i cambiamenti imposti dal declino industriale e dall’esigenza di un rilancio della città da parte degli amministratori, pronti a rivalutarne aspetti dimenticati durante gli anni del grande sviluppo produttivo. «Ad esempio nelle testimonianze di una capitale europea che ha voluto e saputo, poco a poco nei secoli, rivaleggiare nel disegno urbano e nell’architettura, affidandosi a grandi architetti come Castellamonte, Guarini, Juvarra o Antonelli, con le sedi di ben più importanti case regnanti». Riccardo Bedrone guarda con

altri occhi al futuro recupero del centro storico di Torino, come pure delle eredità minori, la cui bellezza e la cui importanza, afferma, «sono state offuscate per anni dal vacuo mito del nuovo, che spesso non ha portato granché in termini di qualità del costruito e d’efficienza funzionale». Cosa s’intende oggi per recupero urbano responsabile e quali progetti sono in fase operativa? «Una sostituzione selettiva del patrimonio edilizio, non necessariamente in qualche zona specifica, pur tenendo conto che Torino non differisce molto da tante altre città italiane in termini di invecchiamento e di superamento dei requisiti fisici e funzionali ottimali del suo edificato. I dati di cui tutti dispongono dimostrano che c’è e ci sarà moltissimo da “rifare”, per raggiungere gli standard d’efficienza energetica e di riduzione dell’inquinamento che le norme ci impongono. Ma questo non deve condurre ad


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Riccardo Bedrone

La zona nord della città è un tessuto industriale dismesso che potrà diventare in futuro un nuovo centro

una dissennata politica di sostituzione: c’è anche molto tessuto che merita di essere conservato, opportunamente adattato ai nuovi parametri prestazionali, perché connota in modo specifico l’evoluzione storica della città. Un’iniziativa avviata anni fa e che merita attenzione, per le metodologie sperimentate e i risultati ottenuti, è il “progetto speciale periferie”, ammirato anche in altri paesi europei e che meriterebbe di essere rilanciato». Il futuro sviluppo urbano di Torino su quali criteri architettonici dovrà dunque fondarsi perché incarni una moderna cultura del progetto urbano e territoriale? «Conservando alcune caratteristiche che già possiede e che la rendono unica: una maglia ortogonale, strade larghe e rettilinee, compattezza dell’edificato ma con una den-

sità non eccessiva e quindi ospitando edifici che siano mediamente non più alti del suo profilo attuale. Se “grattacieli” si devono fare, siano collocati non casualmente, ma in parti specifiche della città in cui non offendono il panorama visuale e che li possano accogliere senza le difficoltà create dall’eccessivo flusso di persone e di mezzi». Quali progetti futuri reputa interessanti per la città? «La riqualificazione della zona nord della città, al di là della Dora: un tessuto industriale misto dismesso a poco a poco, in certi casi da molto tempo, che potrà diventare con pazienza in futuro, tra 20 o 30 anni, un nuovo centro urbano, dosando con attenzione il recupero con la sostituzione (in alcuni casi non solo opportuna ma necessaria), considerando la vetustà e l’impraticabilità di molti edifici.

In secondo luogo, la progressiva estensione della metropolitana opportunamente integrata con il sistema ferroviario passante, consentirà di ridurre il traffico automobilistico, posto che non siamo costretti a farlo forzosamente prima, per altre cause contingenti: l’inquinamento crescente e il costo del carburante». Scattando una panoramica generale della città, quali sono le maggiori problematiche ancora irrisolte in termini urbanistici? «La mancata creazione del governo metropolitano, della cosiddetta “grande Torino”. Nessun paese civile può più permettersi di consentire comportamenti amministrativi non omogenei, per non parlare del maggior costo di servizi che potrebbero essere metropolitani e che invece si continuano a gestire localmente».

In apertura, Riccardo Bedrone, presidente dell’Ordine degli architetti di Torino

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IL NUOVO VOLTO DI TORINO

Casa Hollywood, volumetrie e trasparenze L’intervento residenziale progettato a Torino si sviluppa verso l’alto e si spalma su 3mila metri quadrati, di cui il 10 per cento adibito al terziario. Protagonista assoluta è la facciata in doppia pelle che protegge dai rumori e tutela l’ambiente Elisa Fiocchi

ì dove si incontrano corso Regina Margherita e corso San Maurizio l’architetto Luciano Pia realizzerà un progetto di grande impatto visivo nella sede di Casa Hollywood, un ex cinema a luci rosse. La costruzione dell’edificio, promosso dalla società De-Ga Spa, prevede la certificazione in classe “A” e si caratterizza per la facciata vetrata realizzata in “doppia pelle” che garantisce il totale isolamento dai rumori esterni e funziona al contempo come collettore solare per produrre calore a fini energetici, consentendo di eliminare l’utilizzo di combustibili e abbattere i costi di gestione. «Realizzare un edificio sostenibile – racconta Luciano Pia – è stata una scelta ben precisa fin dall’inizio, anche se questa certificazione richie-

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Nella pagina successiva, Luciano Pia l’architetto

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deva una variante al piano regolatore che il Comune ha poi accettato». L’architetto torinese, classe 1960, ha dedicato molta parte della sua formazione professionale alla sperimentazione del recupero architettonico e di maturazione stilistica, grazie al sodalizio con Andrea Bruno, col quale inizia a collaborare nei progetti di recupero d’importanti edifici monumentali. La collaborazione professionale con De-Ga, avviata nel 2000, gli permette poi di acquisire un’importante notorietà internazionale con il progetto per la Scuola universitaria interfacoltà di biotecnologie di Torino (2004-2006) e attraverso il lavoro di ricerca in ambito accademico su modalità progettuali alternative nel campo del consumo energetico e dell’impatto sull’ambiente, con docenze

presso la Normale di Pisa, il Politecnico di Milano e di Torino. Cosa l’ha spinta a ristrutturare Casa Hollywood, situato in una delle zone della città di Torino un tempo considerate difficili? «Intanto è bene precisare che oggi questa parte della città non è più critica, grazie principalmente alla serie d’interventi che l’hanno trasformata e resa interessante, valorizzando la sua impronta artigianale e i suoi tanti laboratori. Si trova, tra l’altro, in una posizione strategica perchè molto vicina al centro storico e Casa Hollywood, nello specifico, è situata proprio al limite tra il centro storico e la variante 200, uno dei punti nodali della città. Prima di diventare un cinema, fu il Teatro popolare di Torino nel 1880, poi nel dopoguerra fu trasformato in un ci-


Xxxxxxx Luciano Xxxxxxxxxxx Pia

nema e, infine, in un cinema a luci rosse». Il progetto residenziale com’è stato accolto in città? «Abbiamo già venduto più del 70% delle residenze fin dalla partenza del progetto. E questi numeri non sono legati soltanto a Casa Hollywood, la cui maggior parte delle unità è in classe A, alcune in A+ e due in passivo, ma anche a tutto il fermento che la circonda, grazie a nuovi interventi strutturali come la sede della Facoltà di giurisprudenza, una linea metropolitana e il nuovo headquarter di Lavazza». L’intervento residenziale su 3mila metri quadrati ha pareti trasparenti. Quali altri dettagli contraddistinguono il progetto? «L'edificio si collocherà tra due fabbricati molto differenti tra

loro, nel mezzo tra una casa degli anni Cinquanta e un edificio dell’Ottocento, entrambi differenti anche per le volumetrie». Proprio la volumetria è un tratto essenziale del progetto: quale valore apporta alla struttura? «La scelta di creare una volumetria molto alta ha parecchi vantaggi. Per rendere l’idea, il primo piano abitabile si trova a un’altezza di undici metri e 50 cm. L’ultimo, che corrisponde al sesto piano ma negli edifici tradizionali sarebbe il nono, si trova all’altezza di 30 metri. La scelta di alzare il livello abitativo consente intanto di essere più protetti dall’inquinamento e dal traffico, ma anche di salvaguardare una vista panoramica stupenda che s’affaccia sui Giardini reali, con l’ulteriore vantaggio di non avere nessuno

di fronte». La facciata vetrata a “doppia pelle” garantisce il totale isolamento dai rumori esterni, funzionando nel contempo come collettore solare. Com’è strutturata? «Si prende l’aria interna della parte nord che viene poi inserita in un convogliatore d’aria e, infine, condotta nella doppia pelle. Il calore è smaltito poi dall’alto. Le funzioni della doppia pelle sono principalmente due: per prima cosa creare una chiusura vetrata che attutisca il rumore nella facciata nord che è costruita piena e caratterizzata dal forte isolamento, e sfruttare dietro la facciata sud, che è invece completamente vetrata, le serre bioclimatiche che consentono di migliorare il comfort ambientale delle residenze». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 163


EDILIZIA

Il nuovo volto di Stresa Gli ingegneri Manuela Paracchini e Alberto Pizzetti spiegano gli interventi che hanno portato al rinnovamento di Stresa. Città ricca di edifici storici, alberghi e dimore private che si affacciano sulle rive del lago Maggiore Manlio Teodoro

estituire all’antico splendore ville di prestigio. Ridare bellezza e armonia a volumi esistenti che risultavano privi di una loro identità. Questo è il compito degli ingegneri Manuela Paracchini e Alberto Pizzetti che proseguono il lavoro avviato da tre generazioni nello studio di progettazione di famiglia, che si trova a Stresa. Ed è questa città che lo studio ha contribuito a plasmare e oggi contribuisce a rinnovare, dato che la crisi ha rallentato – ma non arrestato – le nuove

R L’ingegner Manuela Paracchini, il padre geometra Giuseppe (seduto) e l’ingegner Alberto Pizzetti dello studio ParacchiniPizzetti di Stresa (VB) www.albertopizzetti.it

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edificazioni e che si punta molto a ristrutturare l’esistente. Come spiega Alberto Pizzetti: «Entrambi ci siamo occupati oltre che di ristrutturazione di edifici storici – che nella zona piemontese del lago Maggiore abbondano – anche della progettazione di alberghi e di nuove dimore private, cercando di contribuire a migliorare l’aspetto architettonico della nostra cittadina e del territorio circostante il lago». Quali sono stati i vostri progetti più importanti degli ultimi due anni?

MANUELA PARACCHINI «I progetti più rilevanti hanno interessato la ristrutturazione di due ville della prima metà Novecento, tipiche della nostra zona, e l’edificazione di una nuova villa sulla prima collina stresiana. Molta soddisfazione ci ha dato anche l’intervento su una proprietà situata direttamente al lago e che era priva di una sua caratterizzazione architettonica. Abbiamo rinnovato completamente sia la distribuzione interna che i prospetti, per i quali si è ricomposta l’armonia delle aperture e si sono aggiunti dei motivi decorativi. L’intervento ha anche incluso la riqualificazione della vasta area verde circostante e la costruzione di un nuovo pontile». Quanta attenzione ponete nella progettazione di edifici che abbiano il minore impatto ambientale possibile? M.P. «Di solito le nostre ristrutturazioni sono talmente ben inserite nell’ambiente circostante che quasi non si nota dove, come e quando siamo intervenuti, come il caso di un nuovo edificio plurifamiliare costruito una decina di anni fa, ben visibile anche dal lago, e che viene


Manuela Paracchini e Alberto Pizzetti

In alto, l’hotel Della Torre, completamente ristrutturato, e sotto, l’hotel Astoria, con la nuova veranda e la fontana

scambiato spesso per una vecchia villa ristrutturata. Inoltre, ogni nostro intervento, sia sull’esistente sia sul nuovo, prevede l’utilizzo di sistemi e tecnologie rivolti al risparmio energetico, essendo questo l’aspetto verso il quale la committenza rivolge sempre più attenzione». Qual è la situazione attuale nel settore edile nel vostro territorio? ALBERTO PIZZETTI «Il settore edile è stato uno dei più col-

piti dalla crisi economica, e ancora oggi il mercato delle vendite immobiliari è stagnante, ma pur essendo in una congiuntura non favorevole, la nostra capacità di diversificare ci ha consentito di avere sempre una certa operatività nel settore privato. Infatti, la crisi ha frenato l’edificazione di nuovi edifici a vantaggio delle ristrutturazioni. Se questo è vero in generale, entrando in contesti territoriali specifici è possibile trovare però situazioni differenti. Nei territori maggiormente interessati in passato da interventi di costruzione, oggi si edifica poco

anche per l’assenza di nuovi spazi. Tuttavia in alcune località, anche grazie a nuovi strumenti urbanistici, è ancora possibile realizzare edifici totalmente nuovi». Quindi l’attuale andamento del settore edile vi ha spinto a privilegiare un tipo di committente rispetto a un altro? A.P.«Il nostro studio non si è mai rivolto solo a specifiche tipologie di committenti, restando disponibile ad affrontare le più svariate tematiche progettuali e offrendo una progettazione completa dell’immobile in ogni dettaglio, sia dal punto di vista della composizione architettonica degli esterni, delle strutture, che dell’arredamento degli interni. In questo momento abbiamo ancora una buona clientela straniera e non mancano committenti della zona e piccole imprese che investono nel recupero funzionale di edifici esistenti, nella speranza della ripresa del mercato». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 165


EDILIZIA

Come diffondere la cultura green Non basta solo parlare di sostenibilità e risparmio energetico. Occorre informare, diffondere e applicare ogni principio della cultura “green”. Soprattutto in edilizia. L’analisi di Pietro Franco e l’annuncio di un nuovo progetto sostenibile Adriana Zuccaro

ono ancora molte le lacune inerenti due ambiti di forte attualità: energie rinnovabili ed edilizia sostenibile. Le ragioni possono essere rintracciate nell’ancora debole sensibilizzazione del grande pubblico e nell’insufficiente partecipazione attiva degli operatori e utilizzatori già coinvolti. «Bisognerebbe formare un’istituzione dedicata, cui facciano capo le iniziative di diffusione delle tematiche connesse al-

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In basso, un esempio di edilizia residenziale di pregio. Nella pagina accanto, un complesso condominiale e un cantiere diretto da Carmine, Nello, Salvatore e Pietro Franco mathifllifranco@alice.it

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l’impiego di energie rinnovabili e dell’edilizia sostenibile». Il monito di Pietro Franco, portavoce e legale rappresentante dell’impresa di costruzioni Fratelli Franco, palesa quelle esigenze, esplicite o latenti, che dall’interno del settore edile giungono fino ai mercati di riferimento e agli utilizzatori finali. Quali percorsi andrebbero intrapresi per informare, diffondere e concretizzare una cultura “green”? «Andrebbero incrementati e potenziati gli organi di informazione radicati nel nostro Paese attraverso le manifestazioni diffuse nel territorio, quelle non limitate agli operatori specialistici ma il più possibile aperte e dotate di strumenti di comunicazione in grado di sensibilizzare il grande pubblico. Si avverte inoltre la necessità di una struttura che favorisca la semplificazione delle attuali procedure burocratiche che consentono l’accesso alle agevolazioni fiscali, e che promuova l’incremento delle risorse pubbliche desti-

nate alla ricerca e all’innovazione nel campo dell’efficienza energetica; risorse che al momento risultano appannaggio di gruppi politicizzati oppure inesistenti o quanto meno inadeguate». Dal punto di vista strettamente operativo, c’è un progetto in cui la Fratelli Franco esemplifica appieno i paradigmi dell’ecoedilizia? «Con il proposito di conseguire il compendio delle esperienze e delle innovazioni adottate negli ultimi anni, abbiamo avviato la progettazione preliminare di un complesso residenziale che sorgerà in un’area libera in prossimità del centro storico di una cittadina piemontese. Il complesso si può configurare come una piattaforma “green” realizzata in sottosuolo da cui emergono i corpi di fabbrica elevati a tre piani fuori terra. Ciascuno dei corpi di fabbrica provvisto di spazi all’aperto, porticati e locali con destinazione commerciale al piano terra, comprenderà varie tipologie residenziali ai piani superiori con logge,


Pietro Franco

Nel nuovo complesso, l’approvvigionamento energetico sarà affidato principalmente al solare termico e al fotovoltaico

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lastrici solari e terrazzi coperti. La piattaforma in sottosuolo in grado di ospitare autorimesse private e locali di servizio, sarà innervata dalla rete degli impianti tecnologici generata dalle rispettive centrali cui è affidata la gestione dei servizi idrici, elettrici, pneumatici, di riscaldamento e condizionamento». Quali accorgimenti costruttivi garantiranno il massimo risparmio energetico? «Al solare termico e al fotovoltaico è principalmente affidato l’approvvigionamento energetico dell’edificio grazie alla notevole dotazione di superfici e al favorevole soleggiamento delle componenti architettoniche. A questo si aggiungeranno i dispositivi per il riciclaggio delle acque reflue attraverso cicli di biodepurazione, la raccolta e l’immagazzinamento delle acque meteoriche oltre che la gestione dei rifiuti. Quanto ai materiali che saranno impiegati per la realizzazione dell’involucro la

scelta è orientata verso i blocchi a cassero in conglomerato di legno-cemento posati a secco, mentre per gli orizzontamenti saranno impiegati solai costituiti da pannelli preassemblati in elementi di legno-cemento ad elevato isolamento termo-acustico». Dalle attività in cantiere, alla gestione aziendale. Qual è il valore preponderante della Fratelli Franco? «La nostra è un’impresa fondata sulla forza della gestione familiare che si è proposta negli oltre 30 anni trascorsi con un’operatività che si potrebbe definire “a geometria variabile”. La caratteristica di flessibilità e capacità di adattamento continuo alle esigenze

della committenza ha determinato nel lungo periodo una significativa radicalizzazione nel territorio del Basso Canavese e delle Valli di Lanzo. Nella gestione delle dinamiche imprenditoriali, la figura di riferimento più significativa è certamente Carmine, il maggiore dei quattro fratelli, rivelatosi nelle più importanti occasioni di crescita e di trasformazione il “trascinatore”. È stata la sua fermezza, insieme all’intraprendenza di Nello e alla determinazione di Salvatore, a conferire alla Fratelli Franco capacità e competenza, valori che continuano ad alimentare la competitività dell’impresa, dentro e fuori i cantieri». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 167


In cantiere, al passo con i tempi D

La costruzione di complessi residenziali ad alte prestazioni energetiche e l’organizzazione industriale dell’impresa. È questa la doppia svolta che Claudio Airaudo ha portato nell’azienda fondata dal padre Emanuela Caruso

In queste pagine, progetti di edilizia privata realizzati dalla Airaudo Costruzioni Srl con sede a Bagnolo Piemonte (CN) www.airaudocostruzioni.it

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i padre in figlio, è questo quello che molto spesso succede in modo più o meno spontaneo nelle aziende di carattere familiare. Si crea un passaggio generazionale dell’attività che, se in alcuni casi sfortunati può portare alla fine dell’avventura, il più delle volte sfocia in un consolidamento dell’impresa attraverso innovazioni e nuovo sprint imprenditoriale. La Airaudo Costruzioni è nata proprio così. Fondata più di trentacinque anni fa da Ferdinando Airaudo, la società si è specializzata nella realizzazione di opere edili destinate ai settori residenziale, commerciale e industriale, trovando subito un ottimo riscontro sul mercato, anche grazie alla correttezza professionale e

alla puntualità nelle consegne. Ma il vero salto dimensionale è stato fatto con l’ingresso in azienda, nel ruolo di amministratore unico, di Claudio Airaudo, figlio del fondatore, che fresco di studi da geometra e di lunghi tirocini in cantiere inizia subito ad apportare alcuni cambiamenti e svariate migliorie. «Senza stravolgere il lavoro fatto da mio padre, tutt’ oggi protagonista delle più importanti decisioni direzionali, ho cercato di organizzare l’azienda in modo più industriale – spiega Claudio Airaudio –, così da poter ricevere commesse tanto da clienti privati quanto pubblici». E questa strategia si è rivelata vincente perché il fatturato è subito aumentato e il raggio d’azione della società si è ampliato notevolmente. «A oggi ci


Claudio Airaudo

La realizzazione di parchi commerciali per la grande distribuzione è stata per la Airaudo Costruzioni la mossa vincente contro la crisi

occupiamo della costruzione e ristrutturazione di complessi residenziali e industriali, di edifici per uso pubblico, di complessi turistico-alberghieri e di infrastrutture. In questi ultimi anni il passo una volta spedito e dinamico del mercato immobiliare ha perso vigore e di conseguenza abbiamo dovuto pensare e capire quale strategia ci avrebbe consentito di mantenere forte e non diminuire l’attività dell’azienda: abbiamo quindi sviluppato un settore interno impegnato nello sviluppo e realizzazione di parchi commerciali per la grande distribuzione. Siamo riusciti a garantirci un numero costante ed

elevato di commesse e a oggi il nostro portafoglio di lavori relativi alla realizzazione di parchi commerciali, appalti pubblici e complessi residenziali da realizzare e in corso d’opera supera i 200 milioni di euro». Gran parte del successo della Airaudo Costruzioni è da attribuire però anche all’ottimo lavoro svolto dal personale interno altamente qualificato. «Il nostro staff aziendale è formato da giovani professionisti, operai specializzati, artigiani motivati e seri che seguono l’evoluzione normativa e tecnologica del mercato edile e immobiliare attraverso la partecipazione a corsi di aggiornamento. Lavo-

rando poi in profonda collaborazione gli uni con gli altri riusciamo a controllare ogni singola fase del processo di costruzione, dal progetto al cantiere, e ad assistere il committente durante tutto il periodo di realizzazione». Questa organizzazione ottimale ha permesso all’azienda di ricevere commissioni non solo a livello nazionale ma anche internazionale, come dimostra il progetto affidato alla società dal Governo algerino. «Grazie al conseguimento di consistenti appalti in Algeria, abbiamo fondato la Airaudo Algerie Sarl, che entro la fine dell’anno darà inizio alla realizzazione di opere e appalti di edilizia popolare di notevoli dimensioni».

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MATERIALI PER L’EDILIZIA

Un anno positivo per il settore lapideo Le regioni del Nord Ovest e fra queste il Piemonte hanno chiuso il 2011 con un incremento positivo nelle esportazioni di marmi e graniti lavorati e semilavorati. Parliamo dell’andamento del comparto della pietra con Paolo Tomola Manlio Teodoro

Il ragioniere Paolo Tomola, amministratore della Iselle Graniti Srl di Iselle di Trasquera (VB) www.isellegraniti.com

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dati dell’osservatorio Marmomacc – elaborati sui numeri dell’Istat – attestano che il 2011 è stato un anno di conferma per la lavorazione e commercializzazione dei prodotti lapidei. Il settore italiano ha consolidato i risultati incoraggianti registrati nel 2010 sotto le voci di import ed export di materiali lavorati, semilavorati e della materia prima. Nei primi tre trimestri del 2011 le esportazioni di marmi e graniti, sia come prodotti finiti che come semilavorati, sono cresciute di quasi il 4% rispetto al 2010 – hanno subito un lieve calo le importazioni (–1,1%). Se le regioni italiane più forti sono state Veneto, Toscana e Lombardia, si sono collocate bene anche le regioni Nord Occidentali – Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta – passate da un giro d’affari di 26,6 mln di euro del 2010 a 34,5 mln. Per comprendere qual è l’attuale esperienza sul campo, parliamo con il ragioniere Paolo Tomola, amministratore della Iselle Graniti Srl di Trasquera (VB), azienda artigianale specializzata nella lavorazione di marmi, graniti e serizzo antigorio-formazza destinati in particolare all’arredo urbano e alla realizzazione di

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cordoli, dissuasori e panchine. Qual è stato l’andamento della vostra azienda nell’ultimo biennio? «Abbiamo registrato un trend positivo. Ma il nostro è un caso particolare, dato che siamo riusciti ad avere sempre un fatturato in crescita. E questo nonostante la crisi economica. Nel peggiore degli anni abbiamo confermato il fatturato dell’anno precedente. Le ragioni di questo successo vanno ricercate soprattutto nella nostra strategia commerciale». In cosa consiste questa strategia? «La nostra forza risiede principalmente nel rapporto di collaborazione esclusiva che abbiamo instaurato con la società svizzera, la Interstein Ag. Questa è tra le più grandi società europee per la commercializzazione dei materiali lapidei di ogni genere e provenienza, e ha magazzini in diversi stati. Questo rapporto ci permette di avere una distribuzione capillare e garantita da rappresentanti di vendita specializzati». Esistono delle criticità o delle problematiche a livello produttivo? «Molte delle criticità nel tempo sono state superate grazie all’introduzione di nuove tecno-


Paolo Tomola

Abbiamo una richiesta di materiale altissima. Tanto che abbiamo creato un indotto di aziende partner che lavorano l’eccedenza

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logie, come quelle informatiche e con l’impiego di sistemi a controllo numerico. La tecnologia di taglio più impiegata è quella a utensili diamantati. Alcuni altri sistemi sono stati provati – come i sistemi di taglio ad acqua –, ma hanno dato buoni risultati soltanto in lavorazioni specifiche. Attualmente, tuttavia, tra i problemi per un’azienda come la nostra c’è anche quello dello smaltimento degli sfridi di produzione. Questi vanno portati in discariche autorizzate che spesso si trovano a centinaia di kilometri di distanza dagli stabilimenti e ciò incide fortemente sul costo finale del prodotto». Quali sono i vostri prossimi progetti per il futuro? «Oggi abbiamo una richiesta di materiale altissima, tanto che abbiamo creato un indotto di aziende partner che si occupano

della lavorazione che noi abbiamo in eccedenza – molte di queste aziende hanno la metà del loro core business legata al rapporto con la nostra produzione. Qualche anno fa abbiamo avviato un progetti di ampliamento. Però in questo momento il nostro business plan di espansione è rimasto nel cassetto, fermato dalla crisi e dalle incertezze sul futuro, oltre che dal freno delle banche nell’erogazione di finanziamenti. L’idea però è quella di trasferirci in un sito più ampio in modo tale da avere a disposizione un impianto effettivamente adeguato alle nostre potenzialità produttive». La vostra azienda nasce da una realtà originaria in cui si lavorava ancora di scalpello. Cos’è rimasto oggi di questa vena artigianale nel vostro lavoro?

«Seguiamo ancora la tradizione artigiana dei nostri avi, convinti che l’intervento umano è sempre indispensabile. Recentemente abbiamo realizzato alcuni monumenti e cippi per ricordare la strage di Nassiriya. Li abbiamo realizzati in granito turco e lavorati nel nostro stabilimento. Oggi sono collocati in varie città, come Galliate e Domodossola. La scelta della pietra da utilizzare era stata affidata a noi. Abbiamo scelto il granito turco perché il suo colore grigio e le sue puntinature ci sembravano adatti a far risaltare i caratteri in bronzo che ci era stato commissionato di applicarvi sopra». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 173


Cresce la domanda e l’impiego del pioppo Le ragioni dell’attuale successo vanno cercate nell’ecosostenibilità della pianta, nella leggerezza dei prodotti ricavati e nel costo altamente competitivo rispetto ad altri legni. Emilio Vigolungo spiega perché il pioppo, nei prossimi anni, si collocherà fra i materiali di livello medio alto Luca Cavera

l compensato e il multistrato in legno di pioppo sono due materiali dall’impiego consolidato in molteplici settori. Oggi una combinazione di diversi fattori sta portando il pioppo a guadagnare quote di mercato, anche a scapito di altri materiali più pregiati. Questa valorizzazione da parte del mercato si tradurrà nei prossimi anni probabilmente in una ricollocazione di questo prodotto, che potrebbe occupare, in futuro, una fascia di livello più alto. I fattori che stanno determinando questa avanzata del pioppo possono

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essere individuati nell’ecosostenibilità della materia prima, nella sua leggerezza combinata con una buona resistenza e nel suo prezzo, competitivo rispetto ad altre tipologie di compensati. Ci spiega meglio qual è l’andamento del settore Emilio Vigolungo, amministratore delegato e direttore generale della società Vigolungo, storica realtà industriale di Canale, in provincia di Cuneo, che da cinque generazioni lavora e produce legno di pioppo per la realizzazione di compensati e multistrati. Da quali ambiti produttivi è assorbito maggiormente il


Emilio Vigolungo

Il pioppo è leggero e ha la possibilità di essere trattato in modo da aumentarne la resistenza all’umidità e al contatto con l’acqua

vostro prodotto? «I principali settori di utilizzo, attualmente, sono quelli dei mobili, dei veicoli ricreazionali, come le roulotte e i camper, della nautica e dei giocattoli, senza dimenticare tutti gli impieghi in edilizia per usi non strutturali (pareti divisorie in sostituzione del cartongesso tanto per citarne uno). Le fluttuazioni di prezzo, inoltre, possono agevolare l’ingresso del compensato di pioppo in nuovi ambiti. Uno sviluppo recente, dovuto al prezzo conveniente rispetto ad altri pannelli, è stato, ad esempio, quello delle casseformi per le gettate di cemento nel settore edilizio».

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Il pioppo ha avuto una recente crescita di impiego nella nautica. Quali ne sono state le ragioni? «Questo è un caso particolare che ha la sua origine nella grande crisi della nautica. Il compensato di pioppo ha trovato maggiore spazio rispetto al passato poiché i cantieri, costretti a operare un taglio consistente sui costi, hanno iniziato a prendere in considerazione e a utilizzare il nostro pannello soprattutto per le parti interne in sostituzione del compensato di Okoumé , fino a qualche tempo fa leader indiscusso di questo comparto. Due le ragioni principali. La leggerezza

50% EXPORT La quota di fatturato della Vigolungo Spa che deriva dall’esportazioni di compensati e multistrati di pioppo

del pioppo innanzitutto, con tutte le agevolazioni in termini di consumo di carburante che ne derivano. Il prezzo più alto dell’okoumé, poi, combinato alla difficoltà di reperimento di questo legno proveniente dalle foreste tropicali, per ragioni politiche o di ecocompatibilità. Inoltre non è trascurabile il fatto che resistenza all’umidità e durabilità del pannello possono essere incrementate mediante incollaggi speciali fra i diversi strati, trattamenti particolari effettuati sul pannello o combinazioni con altri tipi di legni. In apertura, Emilio Vigolungo, Nella nostra gamma annove- amministratore riamo infatti, alcuni prodotti delegato e direttore cosiddetti “combi” dove il com- generale della Vigolungo Spa pensato di pioppo viene utiliz- di Canale (CN) zato nella parte interna di un www.vigolungo.com pannello la cui “facciata” viene rivestita con legni esotici come l’Ilomba, il Ceiba o l’Okoumè ›› PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 175


MATERIALI

›› stesso, con altri pannelli a base

legno come l’MDF, o con altri materiali come ad esempio i laminati plastici». Esiste un luogo comune abbastanza radicato che vede nei compensati e nei multistrati dei materiali di valore inferiore rispetto al legno massello. Qual è la sua opinione? «Sicuramente il massello rappresenta un po’ il vero legno nell’immaginario collettivo, soprattutto quando si parla di legni pregiati come noce o ciliegio, ma bisogna fare i conti con la disponibilità di risorse e con gli enormi costi di stoccaggio e stagionatura. Non dimentichiamo che i primi “esercizi di risparmio” mediante l’utilizzo di un piallaccio di qualche millimetro di spessore, incollato su un legno meno pregiato risalgono alla fine del settecento, dove per costruire i mobili si cominciò ad utilizzare questa tecnica. Il compensato in generale (esistono infatti anche quello di betulla, di abete, di pino, di faggio e altri) se vogliamo, nasce come pannello

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Una solida cultura del legno Il legame con il legno della famiglia Vigolungo resiste da cinque generazioni e coniuga la vocazione industriale con le sue tecnologie applicative e l’attenzione per l’ambiente. Le origini dell’azienda risalgono alla metà dell’800 e sono artigiane: all’epoca l’azienda era una piccola realtà fondata da Giovanni Vigolungo, falegname a Benevello, piccolo borgo delle alte langhe albesi. Da qui nel 1919 il figlio Pietro parte per trasferirsi a Borbore, zona più dinamica dell’asse Torino-Alba, dove l’attività artigianale di produzione di mobilio trova mercato e l’azienda inizia a crescere di dimensioni. Però il vero artefice del cambiamento è Emilio, figlio di Pietro, che abbandona l’artigianato per l’industria. All’inizio ancora mobili, negli anni 60 si passa alla produzione di pannelli compensati. Da allora è iniziata l’espansione progressiva grazie all’introduzione di tecnologie e attrezzature più competitive che hanno portato l’azienda attuale sui mercati internazionali. Nell’ultimo decennio si è inserita la quinta generazione dei Vigolungo, figli di Pietro, attuale presidente: Emilio Stefano, Severa Elvira e Stefano Agostino, amministratori delegati con, rispettivamente, delega commerciale, amministrativa e approvvigionamento materie prime.

povero per questo uso: sostituire il massello per essere rivestito solo superficialmente con un sottile strato di legno nobile. Paradossalmente, l’arrivo di altri pannelli a base legno più economici come il truciolare, l’MDF o il pannello di fibra hanno reso il compensato quasi un lusso. Oggi possiamo dire che almeno il novanta per cento dell’interno dei mobili viene realizzato utilizzando i prodotti sopraelencati, aventi valore assolutamente inferiore ri-

spetto al compensato. E mi riferisco anche a realizzazioni molto costose e dal design molto ricercato. Chiedere sempre la scheda prodotto per vedere quello che c’è dentro. Non sempre alla pretesa qualità di un manufatto corrisponde quella del suo materiale e viceversa». Una delle altre caratteristiche che stanno determinando il successo del compensato di pioppo è il suo alto margine di rinnovabilità. Può spiegare in cosa consiste? «Il pioppo è l’oro verde” della nostra Pianura Padana. È una


Emilio Vigolungo

pianta ad alto fusto che ha un ciclo di vita molto breve, il suo habitat naturale sono i terreni alluvionali adiacenti al Po e ai suoi affluenti, e il suo sviluppo completo avviene in circa dieci anni. In definitiva non utilizziamo alberi di foreste ma alberi coltivati che vengono immediatamente rimpiazzati dopo l’abbattimento. Questi due fattori insieme fanno sì che le aree agricole coltivate a pioppo risultino facilmente rinnovabili a seguito dell’abbattimento. E questo sarà anche il motivo per il quale il compensato di pioppo nei prossimi anni, molto probabilmente, vedrà accrescere il suo impiego. Come già descritto in precedenza, molti dei principali compensati “concorrenti” provengono da vere e proprie foreste tropicali africane o asiatiche a crescita molto più lenta, dove non esistono né cultura né mezzi per operare un corretto ed ecosostenibile sfruttamento delle risorse. La pianta di betulla stessa – anche se vogliamo tornare in ambito europeo – necessita di un periodo di sessanta anni per giungere al corretto diametro di abbattimento. Anche se sta aumentando il numero di piantagioni nel resto d’Europa il pioppo italiano rimane di gran lunga il migliore. La materia prima da noi utilizzata proviene quasi interamente da Piemonte e Lombardia. Anzi, non nascondo che questa, insieme alla consapevolezza di disporre di un’ottima manodo-

Non utilizziamo alberi di foreste, ma alberi coltivati che vengono subito rimpiazzati dopo l’abbattimento

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pera, è stata una delle ragioni principali per le quali abbiamo deciso di non delocalizzare la nostra produzione ma di continuare a investire qui, sul nostro territorio. Approvvigionarci di piante vicine a noi ci permette anche di avere maggiori certezze sulla costanza sia in termini di qualità che di quantità di prodotto». Quali sono gli investimenti più importanti che la vostra società ha fatto recentemente e in vista di quali obiettivi? «Gli investimenti attuati in questi ultimi anni hanno avuto come primari obiettivi l’ottimizzazione della produzione e l’incremento della qualità. Il nostro nuovo sito produttivo sorge sempre a Canale, non lontano dalla sede storica, su un’area di circa 85.000 metri quadrati di cui 18.000 adibiti a capannone. Qui è già funzio-

nante la più moderna e performante linea di essicazione e di scelta automatica dello sfogliato presente su territorio italiano, in grado di produrre anche fino al 50% in più delle due vecchie linee che saranno disinstallate, oltre che di incrementare considerevolmente la qualità del prodotto in uscita. La nuova linea di sfogliatura dei tronchi, la cui installazione sarà ultimata a breve ci permetterà di sfogliare dai cinque ai sei tronchi al minuto contro i due delle linee attuali. Pur non essendo il considerevole aumento quantitativo della produzione una priorità, l’installazione di moderni macchinari allo stato dell’arte porterà a un notevole incremento. Entro il 2013 tutta la nostra produzione (pressatura, finizione e stoccaggio del pannello) verrà trasferita nel nuovo insediamento». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 177


Il parquet certificato ed ecosostenibile Un gruppo di imprenditori del settore della pavimentazione in legno lancia un’iniziativa per sensibilizzare i consumatori a una scelta consapevole fra i prodotti certificati e quelli a basso costo. La parola a Marco Bruno Manlio Teodoro

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pplicare il concetto di “trasparenza” all’ambito produttivo. È questa l’iniziativa che alcuni produttori di pavimenti in legno associati alla Edilegno Arredo hanno intrapreso con il progetto Codice Trasparenza Parquet. L’obiettivo è quello di sensibilizzare il settore a orientarsi verso una produzione trasparente che metta in evidenza le caratteristiche e gli aspetti che possono essere rilevanti per il mercato. «Dando per scontato che tutte le normative di sicurezza sono già rispettate, ciò che vogliamo mettere in luce è che esistono procedure e scelte di produzione – che vanno oltre quanto imposto dalle leggi – che garantiscono alcune caratteristi-

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che al prodotto, come descrizione tecnica, provenienza delle specie legnose, luogo e tipo di lavorazione, luogo e tipo di trattamento della finitura. Vogliamo che il consumatore abbia presente cosa distingue il nostro prodotto da quelli della concorrenza low cost, in modo che possa capire che alla differenza di prezzo corrisponde una differenza di qualità. Quanto meno per una scelta consapevole». A spiegare lo spirito dell’iniziativa è proprio uno degli imprenditori coinvolti, Marco Bruno, amministratore delegato della Bruno Parquet di Mondovì, che commercializza in Italia e all’estero. In quale stato si trova oggi il mercato italiano del legno da pavimentazione?


Marco Bruno

«Purtroppo, negli ultimi anni, il mercato italiano del parquet sta vivendo momenti di marcata destabilizzazione del sistema vendite. La causa principale va ricercata nell’importazione selvaggia di materiale proveniente dal Sud Est asiatico – per lo più dalla Cina – che si traduce in prezzi bassi e scarsa qualità. A questo si somma la crisi dell’edilizia, che è in una grave stagnazione per la pesante recessione che colpisce i progettisti, i designer, i rivenditori e gli show room, compreso il mondo delle imprese e del contract alberghiero, turistico e commerciale. Inoltre manca fiducia nel futuro da parte dei privati. Il nostro settore ha sempre lavorato anche grazie alle giovani coppie che mettevano su casa. Fino ad alcuni anni fa, anche se a costo di un indebitamento, queste riuscivano a realizzarsi potendo contare sul sostegno del lavoro, oggi vivono una situazione di incertezza che frena qualsiasi iniziativa economica». Questa situazione a quali scelte vi ha costretto e quali ri-

sposte di reazione ha ispirato? «Nel corso dell’ultimo decennio e in particolar modo negli ultimissimi anni, il mondo del parquet è profondamente cambiato: siamo passati da una quasi totalità della richiesta di legni massicci da levigare e verniciare in opera – questa era la richiesta tipica anche dell’epoca in cui il parquet era ancora un prodotto di nicchia –, all’imponente utilizzo del prefinito. Questo è parquet che sottoposto a procedimenti produttivi accurati e tecnologici, una volta posato, è immediatamente calpestabile. Dunque se prima c’era la ricerca di qualcosa di particolarmente esclusivo, adesso si punta alla praticità e alla velocità di montaggio. È stata in questa direzione che la nostra azienda ha compiuto i passi più significativi». Ha ancora senso quindi fare una distinzione fra legnami nobili, destinati a parquet di prestigio, e legni di consumo? «Il mondo dell’interior design attribuisce ancora un’importanza crescente ai materiali di rivestimento e di pavimenta-

Oggi si guarda con attenzione all’ecosostenibilità di materiali, processi produttivi e al rispetto del patrimonio boschivo

zione. Tuttavia oggi ciò che fa davvero la differenza non è la pretesa nobiltà del legno, bensì si guarda con attenzione all’ecocompatibilità e all’ecosostenibilità di tutti i materiali, dei processi produttivi e al pieno rispetto verso il patrimonio boschivo. Anche per questo motivo noi ci siamo sempre più orientati a ricercare legname con provenienze sicure e finiture che non danneggino la salute del consumatore né quella dell’ambiente. Per esempio, nel campo della bioedilizia, sta dando utili e funzionali risposte a tutti coloro che desiderano utilizzare prodotti totalmente ecologici e biocompatibili il nostro Belle Epoque Bio, un pavimento in legno completamente ecocompatibile, frutto di lunghi studi nel campo delle finiture a olio e cera».

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In apertura, Marco Bruno, amministratore delegato della Bruno Srl di Mondovì (CN) www.brunoparquet.it

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INTERNI

La termostatica incontra il design Rubinetterie dalle linee ricercate che combinano sicurezza, risparmio d'acqua, energia e comfort. Dotate di dispositivi per il controllo costante della temperatura desiderata dell'acqua, anche in presenza di sbalzi improvvisi di pressione, dovuta a prelievi contemporanei di altre utenze. La parola a Max Georg Huber Manlio Teodoro

na vera novità nel settore della rubinetteria, capace di combinare i vantaggi del benessere, del risparmio idrico ed energetico e della sicurezza, è la miscelazione termostatica. Soluzione che il gruppo Huber, fra i primi cinque produttori nazionali di rubinetteria made in Italy e unico produttore in Europa a realizzare in maniera esclusiva rubinetteria termostatica, ha saputo combinare anche con un design coordinato e moderno. Come spiega il titolare, Max Georg Huber: «La miscelazione termostatica è una totale evoluzione funzionale rispetto alla miscelazione tradizionale. Questo grazie alle sue performance studiate attorno alle modalità di utilizzo delle persone e pensate per prevenire gli inconvenienti consueti delle rubinetterie ordinarie, nelle quali la miscelazione di acqua calda e fredda è soggetta a imprevedibilità che possono influire negativamente sull’uso». Il primo dei vantaggi delle rubinetterie termostatiche è che una volta scelta la temperatura desiderata dell’acqua, questa si manterrà costante per tutta la durata dell’utilizzo, anche in presenza di cali

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di pressione. «Una variazione di portata nella rete idrica o i contemporanei prelievi di acqua da altri rubinetti dell’abitazione possono causare un aumento o una diminuzione improvvisa della temperatura dell’acqua. Al contrario, utilizzando questa tecnologia, la presenza di uno speciale elemento termostatico impedirà lo sbalzo, reagendo istantaneamente a ogni variazione di pressione o di temperatura dell’acqua di alimentazione mantenendo inalterata la temperatura del liquido miscelato. Ciò vuol dire non solo un maggiore benessere, ma anche un risparmio di energia di risorse idriche, dato che vengono eliminate le lunghe regolazioni dell’acqua affidate alla sensibilità dell’utente. Inoltre, c’è un importante vantaggio di sicurezza per la presenza di un pulsante antiscottatura impostato sulla temperatura di 38° C». La semplice pressione sul pulsante permette infatti di evitare il rischio accidentale di posizionare la regolazione erroneamente e ottenere un’emissione di acqua troppo calda. «Oltre a questi vantaggi, i sistemi di rubinetteria termostatica sono provvisti anche di valvole di ritegno e


Max Georg Huber

Abbiamo progettato e realizzato i primi veri termostatici da sala bagno con design e caratteristiche adatte al mercato internazionale

sicurezza che evitano il riflusso, mentre, in caso di interruzione del flusso dell’acqua fredda, il miscelatore del termostatico blocca istantaneamente l’erogazione dell’acqua calda evitando bruciature involontarie». La tecnologia ha incontrato il design nelle creazioni Huber, concretizzandosi nel concetto di Aqua Emotions. «Abbiamo progettato venti serie complete di rubinetteria coordinata – oltre a numerosi articoli per installazione centrale e collettiva e per applicazioni specifiche, industriali e sanitarie. Le emozioni collegate all’acqua si esprimono al meglio nelle colonne nei soffioni

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per la doccia e le rubinetterie a cascata per la vasca e il lavabo, che montano tutti una sola cartuccia, realizzando così una soluzione pratica ed efficace per le manutenzioni e l’ottimizzazione delle risorse». La cartuccia universale e i diversi componenti dei prodotti Huber vengono progettati, prodotti, assemblati e controllati interamente all’interno degli stabilimenti piemontesi, proponendosi così come un prodotto interamente made in Italy e realizzando un concetto di controllo totale della qualità. Le origini dell’impresa risalgono alla fine degli anni Ottanta, quando Huber acquista una piccola azienda

artigianale italiana già specializzata nella produzione di termostatici per il mercato italiano. «Comprese le possibilità di sviluppo di questa tecnologia, all’epoca considerata spendibile esclusivamente in un contesto tecnico, decidemmo di progettare e realizzare – grazie a un team di tecnici e design – i primi veri termostatici da sala bagno con design e caratteristiche adatte al mercato internazionale. Esportiamo il 90% della nostra produzione in tutto il mondo e questo ci ha dato la possibilità di acquisire la Cisal, un’azienda storica del settore delle rubinetterie, e rafforzare la nostra posizione sul mercato».

La Huber Spa ha sede a San Maurizio (NO) www.huber-on-line.com

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TRASPORTI

Il prezzo del carburante spacca in due l’Italia Continua la corsa dei prezzi dei carburanti. I suoi effetti, diretti e indiretti, investono tutti i settori. Però i primi colpiti sono i trasporti. La Regione Piemonte ha scelto di introdurre le addizionali regionali. Enzo Pirazzi commenta le conseguenze di questa scelta Manlio Teodoro

Enzo Pirazzi, titolare della Pirazzi Autoservizi Srl di Nebbiuno (NO) www.pirazzi.it

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prezzi di benzina e gasolio non conoscono freni. Nei distributori, in media, il gasolio viene venduto a 1,8 euro al litro, mentre per la benzina è stata quasi raggiunta la quota di 1,74 euro al litro (fonte Quotidiano Energia, febbraio 2012). La soluzione più economica per il trasporto sembra attualmente limitata al Gpl, il cui prezzo si aggira intorno ai 74 centesimi al litro.

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Agli aumenti scattati con l’aumento delle accise introdotte dalla manovra Monti, si sono aggiunte anche le addizionali regionali, che la stessa finanziaria ha reso oggetto di valutazione ed eventuale applicazione da parte delle singole amministrazioni regionali. Le prime sei Regioni che hanno deciso di applicare questa possibilità sono state Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Lazio e Umbria. «La nostra azienda lavora su due fronti: il servizio di noleggio autobus ma anche nel campo del TPL. Questa misura – spiega Enzo Pirazzi – nelle intenzioni dell’esecutivo Monti, dovrebbe avere come fine quello di contribuire a finanziare il trasporto pubblico locale, per questo motivo ha trovato l’accordo degli enti locali. Temiamo però che l’effetto che si potrebbe percepire, contestualmente soprattutto ai tagli sul TPL, sia quello di una spaccatura tra utenza e concessionari». Enzo Pirazzi è il titolare della Pirazzi Autoservizi, società i cui servizi sono concentrati nel Nord Ovest, che prosegue: «L’introduzione delle accise regionali, stando così le cose, porterà nel 2012 alla


Enzo Pirazzi

creazione di due Italie per quel che riguarda il costo dei carburanti. Da una parte ci saranno alcune regioni – fra le quali il Piemonte e la Liguria – con prezzi più cari e altre regioni in cui sarà più conveniente fare un pieno di benzina. Per gli operatori delle autolinee che non coprono l’intero territorio nazionale, tuttavia, questo rappresenterà un’ulteriore difficoltà. Un’azienda come la nostra, per esempio, non ha strumenti per reagire al caro carburanti, al quale si aggiungono anche gli aumenti di gomme e assicurazioni. Possiamo soltanto subire questi aumenti e ridurre i nostri margini, anche perché ci troviamo di fronte a un calo delle richieste, a un aumento degli insoluti e a una disciplina europea sul trasporto di merci e persone molto rigida. Quindi la possibilità di rivalerci sull’utente con un rialzo delle tariffe di trasporto andrebbe solo a nostro svantaggio». Le prerogative per un rilancio della competitività dunque non possono che passare attraverso altre strade. «Cerchiamo di garantire continuità ai nostri passeggeri, investendo sui mezzi e sulle

L’introduzione delle accise regionali porterà nel 2012 alla creazione di due Italie per quel che riguarda il prezzo dei carburanti

nostre risorse umane – molti dei nostri autisti hanno una grande esperienza, dato che collaborano con la nostra società da oltre vent’anni. Quindi le parole chiave per noi sono comfort e servizio. Che sono del resto le richieste che vengono dal mercato e che accomunano tutti i target di viaggiatori – che in alcuni casi possono anche avere poi richieste specifiche. Noi lavoriamo principalmente con tour operator italiani e stranieri, ma anche per iniziative meno strutturate e maggiormente legate alle realtà locali e di paese, per le quali è richiesta un’assistenza del personale non meno professionale ed esigente rispetto a quella attesa dal turismo organizzato». La Pirazzi Autoservizi nasce nel 1948, per iniziativa di Giovanni Pirazzi che sfruttando la disponibilità di un

residuato bellico, iniziò a collegare i comuni dell’Alto Vergante con la stazione ferroviaria di Meina. «Nel 1952 è iniziata la svolta nel nostro servizio pubblico con l’estensione della linea al comune di Arona, che è proseguita negli anni Sessanta con la crescita del settore turistico nazionale e internazionale. Oggi siamo una società certificata da Moody secondo la norma Uni En Iso 9004. Questa garantisce ai nostri viaggiatori un elevato standard di qualità organizzativa. La nostra flotta è composta da quattro autobus di linea, sette speciali per il turismo, un minibus e un’autovettura. L’impegno costante e la passione dei soci – conclude Enzo Pirazzi – ci ha permesso di crescere, raggiungendo anche un ottimo livello di esperienza nel settore turistico-congressuale».

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TURISMO

Una casa comune per le vacanze Alla guida di Fiavet dall’11 febbraio scorso, Fortunato Giovannoni traccia un quadro del passato e del futuro del turismo italiano, ci svela i suoi obiettivi per l’Italia e il Piemonte e spiega perchè le nuove tecnologie hanno dato una spinta al settore Tiziana Bongiovanni

l 2011 non è stato un anno positivo per il turismo italiano, quali sono le cause e come è iniziato questo 2012? «Le cause sono da rintracciarsi principalmente nella crisi economica che sta ancora interessando l’Italia, ma anche molti altri Paesi europei ed extraeuropei. Ciò ha causato una contrazione dei consumi che si è registrata anche nel settore turistico che, quale bene voluttuario, ha un andamento che risente in modo particolare dei trend economici. A ciò si aggiunge la crisi politica del nord Africa, che ha rallentato i flussi turistici verso alcuni dei Paesi più importanti per il mercato turistico italiano: Egitto e Tunisia. Essi sono ormai tornati alla normalità e, anzi, ci auguriamo che il rilancio di queste destinazioni possa essere il volano per una pronta ripresa del settore». Da neopresidente quale sarà la sua agenda? «La mia attività politica si con-

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centrerà su tre punti, verso i quali cercherò di sensibilizzare gli attori istituzionali: la lotta all’abusivismo, che sottrae risorse a tutti gli operatori che lavorano in modo onesto e all’intera economia del comparto; l’armonizzazione legislativa e fiscale del settore turistico a livello europeo, perché in molti casi l’Italia paga un gap competitivo nei confronti degli altri Paesi; e la ricostituzione di una grande casa comune, in cui tutti gli operatori dell’intermediazione possano riconoscersi». Perchè ha messo al primo posto la lotta all’abusivismo? «Abusivismo è anche evasione fiscale. Il cosiddetto spesometro sta penalizzando gli operatori turistici, che temono una fuga di clienti, ipotesi plausibile soprattutto per quelle imprese che operano in località vicine ai confini». Quali altre necessità ha il settore? «Rilevanti sono le difficoltà di

accesso al credito, su cui si dovrebbe intervenire per un cambio di tendenza, o alcuni recenti provvedimenti che riteniamo necessitano di interventi migliorativi, tra cui la tracciabilità per i pagamenti sopra i mille euro». L’uso di Internet per gli acquisti di prodotti turistici sembra essere sempre più diffuso, quanto ciò ha inciso nella prenotazione di pacchetti di viaggio? «Sfatiamo subito un luogo comune: Internet non è nemico delle agenzie di viaggio e dei tour operator tradizionali. Bisogna, infatti, evidenziare che tutte le vendite di pacchetti di viaggio, anche quelle on line, possono essere effettuate solo da un’agenzia riconosciuta, munita di regolare licenza. Internet è solo uno dei tanti nuovi strumenti a disposizione degli operatori turistici, che deve saper essere utilizzato al meglio per poter trarne tutti i vantaggi».


Fortunato Giovannoni

La crisi politica del nord Africa ha rallentato i flussi turistici verso alcuni dei Paesi più importanti per il mercato italiano: Egitto e Tunisia

Le nuove tecnologie possono quindi aiutare anziché creare concorrenza? «Assolutamente sì. Vorrei presentare dei dati a supporto di quanto detto in precedenza. Da un’indagine condotta dall’Isnart per l’Osservatorio Fiavet emerge che, stimando in circa 6,6 milioni le vacanze in Italia per cui si è ricorso al sostegno dell’organizzazione degli agenti di viaggio o all’acquisto di pacchetti dei tour operator, circa la metà sono state acquistate da agenzie di viaggio on line. Questo dimostra come il web non solo non ha tolto mercato alle agenzie tradizionali, ma ha aggiunto nuove modalità e canali di acquisto». Parliamo del Piemonte. Quali sono i nuovi progetti che ha in mente per la federazione regionale piemontese?

«Dopo un periodo di transizione, nel prossimo mese di marzo, si procederà alla ricostituzione dei vertici di Fiavet Piemonte e Valle d’Aosta. Siamo sicuri che ciò potrà dare nuovo slancio alla vita associativa della federazione. Il punto forte di Fiavet è proprio la vicinanza al territorio e alle imprese che vi lavorano. Fiavet è l’unica associazione di agenzie di viaggio ad avere questa diffusione capillare sul territorio, con uffici in tutte le regioni d’Italia e sedi operative che lavorano a stretto contatto con le istituzioni locali». Dal 1 marzo Torino introdurrà la tassa di soggiorno, una misura che come associazione avete duramente contrastato. Può spiegarne i motivi? «La tassa di soggiorno è una tassa sbagliata, che danneggia il

turismo, soprattutto in un momento non facile come questo. Proprio la lotta contro la tassa di soggiorno potrà rappresentare un primo terreno su cui si dispiegherà l’azione comune che mi auguro possa coinvolgere tutte le categorie del turismo. Ma il discorso relativo al danno che alcune imposte possono arrecare alle imprese del settore può essere esteso anche ad altre tipologie: pensiamo, ad esempio, al canone speciale Rai per le imprese, su cui si è conquistata una prima vittoria della nuova dirigenza Fiavet, che ha ottenuto che il canone non dovesse essere pagato per il mero possesso di un pc, come ventilato inizialmente. Grazie anche alla dura presa di posizione di Fiavet, la Rai ha fatto un passo indietro e questo successo ci dimostra che è questa la strada da percorrere».

Sopra, Fortunato Giovannoni, presidente nazionale di Fiavet

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TURISMO

Tradizioni e grandi eventi Non solo enogastronomia, sport e cultura. Negli ultimi anni il Piemonte ha fatto dei grandi eventi il suo maggiore attrattore turistico. E ciò permette oggi alla regione di essere tra le mete preferite per le vacanze. Ne parla l’assessore regionale Alberto Cirio Tiziana Achino

lberto Cirio, assessore regionale all’istruzione, sport, turismo e opere post-olimpiche, evidenzia che «il Piemonte è noto nel mondo per la sua doppia anima, rivolta da una parte

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alla storia e alla tradizione e dall’altra all’innovazione e alla sperimentazione». Un connubio dove il passato rimane nella memoria e si adatta ai tempi odierni, mantenendo la sua originalità, e il futuro apre le porte alle nuove generazioni. Assessore Cirio, promuovere il turismo è uno dei vostri obiettivi? «Assolutamente sì. Il turismo in Piemonte è un’azienda al pari di qualsiasi altro comparto economico ed è un’impresa sana e in crescita, che vale oltre 12,3 milioni di presenze. I dati sui flussi turistici del 2011 sono ancora in fase di rielaborazione ma dalle prime proiezioni sappiamo che il trend è stato positivo, anche grazie alla vivacità degli eventi collegati ai festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Per il 2012 sarà ancora una volta la vocazione sportiva la grande protagonista, con nuovi importanti

eventi internazionali: oltre ai vari Campionati mondiali di sci in Valsusa, ospiteremo i Mondiali di motocross freestyle, il ritorno della Coppa del mondo di fioretto femminile, del Giro d’Italia e dell’Open di golf. Punteremo anche sul rilancio del patrimonio post olimpico e di tutte le location adatte ad accogliere ritiri e manifestazioni di squadre nazionali e straniere. Un patrimonio che promuoveremo insieme alle eccellenze enogastronomiche - a maggio tornerà ad esempio la Biteg, Borsa internazionale del turismo enogastronomico - e a quelle artistiche, culturali e dello spettacolo, come i concerti di altissimo livello che Torino ospiterà nei prossimi mesi e che negli anni hanno portato artisti del calibro di U2, Red Hot Chili Peppers e Coldplay». Vedete una possibile correlazione tra nuova tecno-


Alberto Cirio

Per il 2012 sarà ancora una volta la vocazione sportiva la grande protagonista, con nuovi importanti eventi internazionali

logia e tradizioni? «Più che possibile direi ormai indispensabile. D’altra parte il Piemonte è noto nel mondo per la sua doppia anima rivolta, da una parte, alla storia e alla tradizione e, dall’altra, all’innovazione e sperimentazione. La tecnologia è una risorsa preziosa anche per il settore turistico, basti pensare al valore delle piattaforme di booking on line e di e-commerce». Internet e offerta turistica. Quale sinergia? «Il turismo ha rappresentato la fortuna commerciale di Internet: più del 50% delle transazioni economiche sul web riguardano vacanze e viaggi. E allo stesso tempo la rete ha rivoluzionato l’universo della promozione turistica, diventandone la più potente piattaforma di comunicazione. Oggi è im-

possibile non essere on line con i nostri prodotti di punta». In che modo la Regione promuove la formazione per questi settori? «Proprio parlando di web i giovani rappresentano una risorsa preziosissima anche per chi è in questo settore da anni. Il mondo dei social network applicato al turismo, ad esempio, viaggia velocissimo e i giovani dialogano con questi nuovi canali di comunicazione in modo molto più immediato e intuitivo di quanto non avvenga per chi ha qualche anno di più. Proprio per questo abbiamo avviato nel corso del 2011 una sperimentazione con la Facoltà di Economia dell’Università di Torino, creando una “tribe” di circa 50 studenti che hanno lavorato con noi al potenziamento della promozione turi-

stica sul web. La tecnologia è necessariamente anche una componente indispensabile nel percorso formativo dei nostri futuri operatori, dalle scuole alberghiere ai corsi e master universitari dedicati al settore. E poi l’esperienza sul campo che non deve mai mancare, anche mettendosi alla prova e confrontandosi con realtà internazionali. Penso al valore di progetti come quello realizzato in collaborazione con gli chef delle Stelle del Piemonte per formare i nostri cuochi stellati di domani, o a quello che ha coinvolto quasi duemila studenti piemontesi in stage transfrontalieri scuola-lavoro, con il Piemonte capofila in collaborazione con Liguria, Valle d’Aosta, Rhône-Alpes e Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Esperienze dall’altissimo valore formativo su cui continueremo a puntare».

In apertura, Alberto Cirio, assessore al Turismo della Regione Piemonte

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TURISMO PURPLE

Nuove tecnologie per il turismo Innovazione e promozione turistica, un binomio non ancora decollato al meglio nel nostro paese. Eppure, per il presidente di Dylog Rinaldo Ocleppo, le nuove soluzioni gestionali per il booking alberghiero e delle agenzie di viaggio «è fondamentale per proporre in modo competitivo il “pacchetto Italia” » Tiziana Bongiovanni a ricchezza del turismo per l’economia e l’occupazione nazionale dipendono non solo dalle risorse ambientali e artistiche di cui il Paese dispone, ma anche dall’elaborazione di strategie efficaci di promozione e gestione turistica. Il ruolo delle nuove tecnologie, espresso tramite applicazioni per il booking alberghiero e la ricerca di informazioni utili per costruire un itinerario di viaggio personalizzato, è fondamentale per proporre in modo competitivo il “pacchetto Italia”. Rinaldo Ocleppo, alla guida delle software house Dylog, spiega visioni e soluzioni adottate in questo campo. Presidente, qual è il valore aggiunto di Dylog? «La modularità delle nostre soluzioni, grazie alle quali riusciamo ad accompagnare la nostra clientela nella crescita della propria attività e ad assisterla con continuità e puntualità. Non a caso abbiamo creato il più grande call center italiano di assistenza tecnica nell’informatica gestionale». Progetti futuri?

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«Grazie all’acquisizione di Buffetti, avvenuta nel 2006, creeremo sinergie che saranno la chiave del nostro successo futuro. Proseguiremo poi nel sviluppare l’eccellenza tecnologica del controllo di qualità non distruttivo a raggi X che sta sempre più consolidando la nostra leadership a livello mondiale in un settore di nicchia, ma ad altissima componente tecnologica». Invece per quanto riguarda la gestione e promozione turistica, su cosa vi state concentrando? «Abbiamo investito molto in questo settore. Per quanto riguarda la gestione tout court, stiamo rinnovando tutti gli applicativi del comparto “tradizionale” (imprese, consulenti del lavoro, commercialisti, amministratori di stabili) integrandoli con strumenti web e dispositivi mobili che consentiranno maggiore efficienza nei processi aziendali. Nel settore della promozione, invece, stiamo sviluppando soluzioni che interverranno decisamente sul business degli alberghi, delle associazioni e delle agenzie di viaggio. Solu-

zioni totalmente integrate con i sistemi di booking più diffusi sul mercato quali Expedia, Venere e con i Gds che accentrano tuttora la massima parte delle prenotazioni delle agenzie di viaggio». Quindi puntate sul web. «Sì, è il canale più promettente degli ultimi anni. Di recente abbiamo sviluppato e fatto uscire sul mercato un sistema di prenotazione dei pacchetti turistici dedicato alle piccole e medie agenzie di viaggio e tour operator, che sono i nostri clienti principali. Grazie a questo prodotto, le imprese che seguiamo si affacciano sul web e possono promuovere la loro attività con investimenti mirati a seconda della loro disponibilità economica». Qual è il punto di forza di questo sistema? «Consiste in tre aspetti: specializzazione nella parte tecnologica senza alcuna volontà di inserirci nel processo di business dei nostri clienti; integrazione totale nel sistema mondiale delle prenotazioni; disintermediazione. Riguardo al primo punto,


Rinaldo Ocleppo

L’imprenditore alberghiero può aumentare in modo significativo la quota delle prenotazioni acquisite mediante il proprio sito o attraverso portali di promozione del territorio Dylog ha un’offerta che non prevede mai una fee sul totale delle prenotazioni acquisite tramite i nostri sistemi; per il secondo, i nostri clienti non investono tempo nell’allineare le loro disponibilità con i numerosi portali di prenotazione; mentre riguardo al terzo aspetto, grazie ai nostri strumenti, un imprenditore alberghiero può aumentare in modo significativo la quota delle prenotazioni acquisite mediante il proprio sito o attraverso portali di promozione del territorio, con conseguente diminuzione delle fee corrisposte alle società di intermediazione internazionali, molto efficienti, ma anche costose». Nel settore del booking on line e più in generale degli applicativi sul web, siamo indietro rispetto agli altri paesi europei? «Penso sia improprio parlare di arretratezza. È evidente una bassa propensione all’investi-

mento, tranne alcune zone geografiche. Probabilmente lo sviluppo imponente dell’informatica, con particolare riferimento alle opportunità offerte da Internet dapprima e dai device mobili più di recente, ha colto impreparati gli imprenditori, che faticano ad adattare le loro strategie di business. Stiamo aspettando che la domanda prenda atto di queste opportunità e le trasformi in realtà. Sono molto fiducioso nella capacità di comprendere il valore rappresentato dalle nuove piattaforme applicative anche se penso sia necessaria una seria politica di incentivazione vista la difficoltà che molte aziende incontrano nel trovare risorse da investire». Cosa intende per seria politica di incentivazione? «Sono convinto che le aziende operanti nell’Ict nazionale posseggano competenze tecnologiche d’avanguardia. Investire in

information technology significa tenere il passo con l’evoluzione dei mercati puntando su un modello aziendale snello, flessibile ed efficiente. Purtroppo però, in un momento di difficoltà come quello attuale, servirebbero forti incentivi che invece sono quasi del tutto assenti. Le aziende stanno realizzando meno utili e nel contempo devono subire una tassazione sempre più elevata. Compito nostro, che operiamo in questo settore, ma anche e soprattutto delle istituzioni, è quello di affermare pienamente la strategicità e il valore che l’Ict può e deve rappresentare per il sistema economico nazionale». Occasioni perse? «Smart City, per la quale sono stimati investimenti pubblici e privati di 10-12 miliardi di euro da qui al 2020, una grandissima occasione per il nostro territorio, su cui siamo invece fortemente in ritardo».

Rinaldo Ocleppo, presidente di Dylog

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PURPLE TURISMO

Verso un turismo “personalizzato” App, blog, community e social network. Attraverso queste tecnologie il settore turistico sta cambiando volto. Per Laura Morgagni, direttrice della fondazione Torino Wireless, il settore sta andando sempre più verso una maggiore customizzazione dei servizi Tiziana Bongiovanni a Fondazione Torino Wireless opera come collegamento tra le politiche di sviluppo regionale e le imprese del settore dell’Information & communication technology. L’obiettivo è far crescere il distretto piemontese delle Ict - il primo distretto tecnologico italiano voluto dal Ministero della ricerca - sviluppando piattaforme innovative. In concreto, l’ente è un acceleratore di imprese, che da un lato interviene sulla singola azienda con consulenze, azioni di trasferimento tecnologico, business networking, assistenza nella partecipazione a bandi di finanziamento e progetti di ricerca; dall’altro, sviluppa progetti strategici per il territorio in settori dove l’Ict può apportare un valore determinante. Ci parla della fondazione la direttrice, Laura Morgagni, che fa il punto anche sul turismo digitale. Qual è stato il vantaggio di Internet per il settore turistico? «Indubbiamente quello di avvicinare grandi masse di consu-

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matori alle imprese turistiche di ogni dimensione e comparto, che hanno potuto promuovere e commercializzare i loro prodotti. Non a caso, il turismo rappresenta il 48,7% del mercato italiano dell’e-commerce ed è in costante crescita. Inoltre, le imprese turistiche possono ridefinire la propria struttura organizzativa, riuscendo ad ottimizzare i costi di gestione». A che soluzioni state lavorando in questo ambito? «Alla costruzione di una filiera di aziende che sviluppano sinergie nel campo del turismo, del commercio, dei beni culturali e della promozione territoriale». Che tipo di innovazioni ci sono nel settore? «Considerando la pervasività del fenomeno, partirei dal web 2.0. In origine furono le community, oggi sono i portali di viaggio, in cui accanto a forum e newsletter si possono creare blog o photoblog della vacanza, aggiungendo il carattere di collaborazione a quello di comunità. Poi c’è il social networ-

king, che ricalca il principio del passaparola. I dispositivi mobili saranno sempre più importanti, dalla realizzazione di siti web fruibili da smartphone, a particolari applicativi che consentiranno di creare itinerari turistici consultabili da cellulare, ottenere informazioni georeferenziate su punti di interesse culturale, artistico, naturale ed effettuare ricerche di prossimità su hotel, ristoranti, negozi, locali, servizi». E poi? «Tramite un sistema avanzato di grafica interattiva che potenzia la realtà aggiungendo contenuti virtuali è possibile visualizzare attraverso il proprio cellulare le informazioni di diversi punti di interesse, ma anche individuare gli esercizi commerciali dove spendere un plafond di buoni sconto per prodotti e servizi scelti in base a criteri personalizzati. Infine ci sono i servizi di pagamento elettronici che completano il quadro di successo dell’applicazione della tecnologia al settore turismo». Tornando in regione, qual è


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Umpteen Laura Morgagni progressi

la visione che Torino Wireless propone per il territorio piemontese? «Un esempio è rappresentato dal Polo di innovazione Ict, uno dei cluster piemontesi di maggior successo, su cui la Regione ha puntato per attivare percorsi di investimento sulla ricerca e sviluppo e per far collaborare le imprese in ottica di filiera». Quali sono gli attori con i quali promuovete la crescita del distretto? «Un processo complesso come quello di distretto richiede una forte sinergia e la capacità di agire in ottica di sistema, sono quindi molti gli attori costantemente coinvolti nel processo di innovazione e crescita competitiva. Fin dalla sua creazione, nel maggio 2003, la Fondazione ha racchiuso fra i soci i principali attori impegnati nello sviluppo regionale istituzioni locali, associazioni di categoria, università e centri di ricerca sulle Ict, banche e fondazioni bancarie, imprese del settore con sede in

Piemonte. Per ragioni di spazio, non posso elencarli tutti, ma voglio sottolineare la cifra che accomuna queste attività o progetti “speciali”, che si sommano alle azioni continuative di accelerazione di impresa proprie di Torino Wireless, e cioè la nostra disponibilità come partner di riferimento ogni qualvolta ci sia un progetto di innovazione». In definitiva, in che modo l’Ict può contribuire alla ripresa del mercato piemontese? «Attualmente si evidenzia una tendenza delle imprese ad autofinanziare processi di innovazione in ambito It, con azioni volte a razionalizzare i costi interni, ad esempio investendo in private o public cloud. Vi sono poi alcuni settori che saranno trainanti, ad esempio quello delle utilities, e tutti quei contesti in cui grandi moli di dati necessiteranno di sistemi di gestione delle informazioni, o come le banche, che richiederanno sistemi di digitalizzazione

e dematerializzazione di processi e documenti». In quali altri settori l’It può portare innovazione? «Nell’urbanizzazione. Entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale risiederà in contesti urbani (si parla di circa 6 miliardi di cittadini). Ci sarà l’esigenza di una maggiore efficienza nell’impiego delle risorse disponibili. Ed è in questo contesto che l’impiego di nuove tecnologie consentirà di connettere e supportare i diversi servizi a disposizione del cittadino, dalla pubblica amministrazione all’educazione, dal servizio sanitario alla sicurezza pubblica e alla gestione delle utilities e dei servizi energetici. Non a caso, stiamo lavorando al progetto Smart city insieme al Comune di Torino e al Csi Piemonte e siamo a disposizione delle aziende per portare le loro idee a questo tavolo».fatto un passo indietro e questo successo ci dimostra che è questa la strada da percorrere».

Sopra, a sinistra, Laura Morgagni, direttrice della fondazione Torino Wireless

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ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA

Nuovi tempi e criteri processuali «Bisogna avere il coraggio di scegliere quali processi fare e quali lasciar morire secondo criteri il più possibile oggettivi, predeterminati e condivisi». Ne parla Marcello Maddalena Elisa Fiocchi

l clima più sereno instaurato nel rapporto tra sistema politico e sistema giudiziario può lasciare più spazio ad alcune riforme per rilanciare il sistema. Lo ha dichiarato il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, insistendo sulla necessità di interventi urgenti che possano risolvere il problema dei tanti procedimenti che non riescono a essere smaltiti in tempi ragionevoli e sfociano in migliaia di sentenze di prescrizione dei reati. «Da un lato, vanno recuperate risorse umane, eliminando le formalità inutili, riducendo il numero e i casi di impugnazione, sospendendo i processi contro gli imputati irrimediabilmente irreperibili; dall’altro, va misurata la domanda di giustizia penale, introducendo la causa di estinzione del processo per la irrilevanza penale del fatto, depenalizzando quello che si può ancora depenalizzare, e vanno creati binari alternativi su cui inca-

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Sopra, Marcello Maddalena, procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Torino

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nalare i processi a seconda della loro maggiore o minore rilevanza e seguendo criteri tali da ridurre gli inevitabili spazi di discrezionalità del singolo magistrato o del singolo ufficio». Se ciò non avvenisse, infatti, l’Italia si vedrebbe costretta a riconsiderare il principio d’obbligatorietà dell’azione penale, che di fatto, secondo Maddalena, «già adesso rischia di essere vanificato dal numero esorbitante dei processi da celebrare». Come giudica gli oltre settemila procedimenti fermi contro indagati nella sola città di Torino nell’ultimo anno? «Paragonati a quelli di altre sedi i dati piemontesi appaiono persino rassicuranti, ma non è così. Colpisce in particolare l’arretrato che si va accumulando in Corte di appello, dove in tre anni il carico è passato da circa 10mila a 18mila processi pendenti e dove si sono registrate circa settecento declaratorie di prescrizione nell’ultimo anno. Tutto ciò sta a significare, da un lato, che negli stati e gradi


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Marcello Maddalena

precedenti si è lavorato inutilmente e, dall’altro, che se non si riesce a invertire la rotta prima o poi si arriverà a una sempre più generalizzata prescrizione di reati». Si è detto favorevole alla chiusura dei piccoli tribunali: una maggiore semplificazione del sistema quali vantaggi porterà? «La soppressione di alcune sedi giudiziarie comporterebbe la possibilità di una maggiore concentrazione, e quindi di una maggiore utilizzazione, dei magistrati e del personale amministrativo presso le sedi “accorpanti” e la possibilità di una maggiore suddivisione del lavoro secondo specializzazioni che garantirebbero sia una migliore qualità del prodotto finale sia una maggiore celerità nella trattazione delle pratiche. È, infatti, evidente che il magistrato “tuttofare”, costretto a passare continuamente da una materia all’altra, impiega inevitabilmente più tempo nella trattazione di ogni affare e non può garantire lo stesso livello qualitativo del magistrato che si è invece specializzato in un determinato settore». Per quanto riguarda i gruppi specializzati, cosa ne pensa della norma che obbliga i loro componenti a cambiare funzione dopo un certo numero di anni? «Può essere condivisibile l’idea di realizzare una certa mobilità ma una mobilità intelligente, non assurda e selvaggia come quella a cui stiamo assistendo ormai da svariati anni che mescola, in un unico calderone, tipologie di “specializzazioni” assolutamente diverse e non comparabili tra loro. Si dovrebbe prendere a esempio ciò che avviene in materia di

criminalità organizzata, suddivisa tra mafiosa o eversiva, dove il criterio di specialità è dato dalla conoscenza storica dei fatti e dei personaggi che operano all’interno delle associazioni criminali, o quello che avviene in materia di reati societari e fiscali, dove il criterio è invece quello della conoscenza tecnico-normativa della relativa disciplina. Per di più, vi sono settori (magistratura di sorveglianza, del lavoro, minorile) dove incomprensibilmente, nell’ottica del legislatore, la mobilità non opera. Anche se si tratta di normativa voluta da gran parte dei magistrati, si deve avere il coraggio di rivederla completamente». In Piemonte sono state condotte le operazioni Minotauro e Albachiara contro la criminalità organizzata calabrese. Quale sforzo è atteso da parte di tutte le istituzioni per vigilare sul fenomeno? «In Piemonte sicuramente non si registra nel tessuto sociale del distretto quella compenetrazione tra società civile e società mafiosa che si è constatata e si constata in altre realtà regionali; ma trattandosi di un fenomeno diffusivo, spesso di difficile percezione, è chiaro che il livello di vigilanza deve essere massimo specialmente nei settori, come quello delle opere pubbliche, degli appalti e dei subappalti, in cui più forte può essere l’interesse delle associazioni mafiose anche in considerazione della grave crisi economica nazionale che inevitabilmente è destinata a spostare sempre più l’attenzione delle cosche criminali verso le zone in cui si ritiene possa esservi maggiore ricchezza». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 201


ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA

Turn over fermo da dodici anni Il tribunale di Torino è noto per la sua efficienza ma l’assenza del personale sta creando troppi rallentamenti. «In Italia ci sono 1.200 magistrati in meno di quelli previsti» dice Luciano Panzani Elisa Fiocchi

Torino la continua collaborazione tra la magistratura, gli avvocati e gli enti locali ha alimentato negli anni uno dei tribunali più virtuosi nel panorama nazionale. «Ci sono ottime basi per continuare questa cooperazione con tutte le nostre forze» fa sapere Luciano Panzani. Per migliorare l’efficienza della giustizia civile come fattore di competitività del sistema Italia, il presidente del tribunale torinese analizza il vuoto d’organico che sta penalizzando l’iter di molti processi giudiziari, sia in Italia che sotto la Mole. «Purtroppo l’assenza dei cancellieri non consente di fare più di dodici udienze penali a settimana per ogni sezione». Servono, dunque, nuove assunzioni o una maggiore mobilità di personale tra le amministrazioni. La scarsità di organico è una delle principali emergenze che deve affrontare la giustizia italiana? «Mi preoccupo molto quando sento dire che

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Sopra, Luciano Panzani, presidente del Tribunale di Torino

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non dobbiamo lamentarci della mancanza di personale e di fondi perchè è un dato imprescindibile dovuto ai tagli al settore. Sono d’accordo, in un periodo di risorse decrescenti, a sfruttare al massimo quello che si ha, ma bisogna essere altrettanto consapevoli che oltre certi limiti non si può andare. Il nostro turn over è fermo da dodici anni e, da un’indagine sul settore penale del Tribunale Torino, stiamo cercando di verificare la nostra organizzazione e i servizi di cancelleria. Il primo dato emerso è che l’età media dei funzionari amministrativi del nostro tribunale è di 51 anni. Un’età elevatissima e dimostra che tanti vanno in pensione e nessuno viene sostituito. Ci siamo arrangiati, anche grazie agli stage attivati con l’università, ai cassintegrati a rotazione dalla Regione Piemonte, ma resta il fatto che mancano i cancellieri. È indispensabile dunque assumere personale o avviare, come pare sia disponibile a fare il ministro Severino, il discorso della mobilità tra le amministrazioni in cui c’è eccedenza di personale». Osservando i tempi giudiziari e la durata dei processi, i dati su Torino evidenziano come oltre 7mila procedimenti siano rimasti fermi nell’ultimo anno per prescrizione dei reati e settecento processi abbiano seguito la medesima sorte in Corte d’appello. «Quello di Torino è stato sempre considerato un tribunale efficiente e, anche grazie al progetto Strasburgo attuato nel 2001, si cerca di


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luciano Panzani

far durare le cause secondo il principio della ragionevole durata, ovvero non più di tre anni seguendo le indicazione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Oggi il 96 per cento delle cause civili rientra in questi parametri e più del 60 per cento dura un anno. Tuttavia, nell’ultimo anno e mezzo, abbiamo avuto un po’ più di problemi perchè mancano circa 1.300 magistrati rispetto a quelli che dovrebbero essere in servizio nel nostro Paese». Quali sono stati i casi di maggiore difficoltà? «Nel giorno della prima udienza del processo Eternit, ad esempio, vi erano 78 persone che si occupavano soltanto dell’organizzazione. Ciò nonostante, il tribunale è riuscito a mandare avanti altre situazioni ordinarie ma non semplicissime. Con 6.300 parti civili e altre complessità, è durato due anni e due mesi per tutto il dibattimento. Ciò significa che le cose funzionano bene ed è il risultato di un ottimo rapporto di collaborazione che non è così felice in altre sedi giudiziarie. Sono convinto che riusciremo a gestire altre emergenze, come ad esempio grossi processi che richiedono un’organizzazione particolare». Quali politiche attuate sul Torino hanno migliorato l’efficienza e l’autonomia del Tribunale? «Il 7 febbraio 2011 abbiamo stipulato, alla presenza degli ex ministri Alfano e Brunetta, un protocollo d’intesa diretto a sostenere il tribunale dal punto di vista delle esigenze materiali, dei servizi e dei finanziamenti. È poi se-

guita la costituzione dell’associazione Torino Giustizia, un soggetto indipendente che esamina i programmi del tribunale, li sottopone agli enti associati e, sulla base dei riscontri che riceve, decide quali progetti finanziare in modo da salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e al tempo stesso supportare le esigenze che i tagli al bilancio e alla spesa pubblica impediscono di soddisfare. Questa collaborazione ha portato a una prima convenzione con la Camera di Commercio di Torino e con l’Ordine degli avvocati per la fase di sperimentazione del processo penale telematico». Quali altri provvedimenti interessano il tribunale torinese in termini di efficienza e funzionalità del sistema giustizia? «C’è un altro tavolo che vede riunirsi una volta al mese i capi dei quattro uffici giudiziari di Torino con i presidenti degli ordini professionali. Durante questa riunione si segnala ai capi degli uffici giudiziari, disfunzioni e problemi di interesse comune così da intervenire prima che si creino delle difficoltà. Torino poi, assieme a Catania e d’intesa con il ministero della Giustizia, ha dato attuazione all’indicazione della Commissione per l’efficienza della giustizia civile del Consiglio d’Europa, atta a valutare il livello di soddisfazione degli utenti. Dallo spoglio dei questionari, i risultati su Torino sono confortanti perchè quasi tutti i parametri segnano un dato positivo e dimostrano che la giustizia è percepita come uno strumento che funziona». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 203




POLITICHE SANITARIE

Al via la razionalizzazione del sistema Sono state presentate le modifiche al riordino delle aziende sanitarie regionali e le integrazioni al piano socio-sanitario che l’assessore alla sanità, Paolo Monferino, definisce «il miglior compromesso possibile» Renata Gualtieri

ue le novità rispetto all’iniziale proposta del piano sanitario regionale della giunta regionale: l’accorpamento in un’unica azienda universitaria dei soli ospedali torinesi della futura Città della Salute (Molinette, Regina Margherita, Sant’Anna, Cto) e la nascita di sei federazioni sanitarie, sei organismi «che svolgeranno funzioni interaziendali e che avranno diversi compiti, dalla programmazione della rete ospedaliera e della rete distrettuale del territorio, alla gestione dei contratti del personaleai compiti di supporto tecnico amministrativo». Interviene sul tema l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Paolo Monferino. Come si è arrivati a queste ultime modifiche del piano sanitario? «Dopo la fase delle consultazioni e delle varie sedute di commissione abbiamo deciso di apportare alcune modifiche, confermando la priorità delle reti ospedaliere. La proposta illustrata in commissione coincide con un’effettiva razionalizzazione del sistema che ne be-

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L’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Paolo Monferino. Nella pagina seguente l’ospedale Molinette di Torino

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neficerà dal punto di vista economico e organizzativo. Quelle che abbiamo per il momento chiamato “federazioni” sono organismi che consentiranno la gestione integrata della rete ospedaliera, evitando le duplicazioni di attività, le sovrapposizioni di servizi e razionalizzando e liberando risorse che investiremo nei servizi territoriali e nell’area dell’integrazione socio-sanitaria. Tale configurazione, peraltro, garantisce anche la terzietà dell’ente sovraordinato rispetto al territorio e alla rete ospedaliera che dovrà gestire. Tutto ciò senza costi aggiuntivi perché il personale che svolgerà le funzioni succitate verrà distaccato dalle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali». Quali le richieste avanzate dai rappresentanti del territorio incontrati durante le fasi di consultazione nelle varie province del Piemonte? «Nella fase cosiddetta di “consultazione”, abbiamo recepito le istanze del territorio che, principalmente, convergevano sulla necessità di rivedere la decisione relativa alla separazione fra ospedale e territorio. Un elemento inserito nella nostra riforma ma per noi non imprescindibile, a differenza della rete ospedaliera e della centralizzazione dei servizi. Un problema affrontato e risolto. Altro aspetto emerso durante il dibattito è stato quello relativo al sociale: ci è stato chiesto, e lo abbiamo fatto, di integrare tale capitolo nell’ambito del piano». Che funzioni e compiti svolgeranno le fe-


Paolo Monferino

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L’invecchiamento della popolazione ci impone di valutare la situazione in prospettiva, realizzando strutture idonee ad accogliere gli anziani e a curare le loro patologie

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derazioni sanitarie? «I sei organismi svolgeranno i seguenti compiti: programmazione della rete ospedaliera e della rete distrettuale del territorio, gestione dei contratti del personale, compiti di supporto tecnico amministrativo (acquisti, logistica, gestione magazzini, reti informative)». Si può dire che l’attuale piano socio-sanitario è finalmente coerente con la proposta di riordino delle aziende sanitarie regionali? «Il riordino della rete ospedaliera, insieme alla centralizzazione dei servizi, è sempre stato il punto cardine della riforma alla quale stiamo lavorando. Soltanto in questo modo diventa possibile razionalizzare la gestione del sistema sanitario e liberare risorse che diventano sempre più necessarie per creare nuovi spazi da destinare alle non autosufficienze e al sociale». Un altro tema è quelle residenze socioassistenziali. In media al Nord ci sono dieci posti per 1.000 abitanti, qual è la situazione in Piemonte? «In Piemonte sono presenti 420 strutture per un totale di 24.000 posti letto. Altri 10.500 posti verranno riconvertiti con fondi Fas». Quali sono le principali criticità delle Rsa sul territorio e cosa sta facendo la Regione in merito? «I maggiori problemi che si riscontrano nell’ambito delle Rsa piemontesi sono legati alle

liste di attesa, generate da un sistema, quello sanitario, che assorbe forti risorse per la gestione degli ospedali non consentendo di liberare le risorse necessarie per creare spazi a favore dei non autosufficienti. Parallelamente l’invecchiamento della popolazione piemontese ci impone di valutare la situazione in prospettiva, realizzando strutture idonee ad accogliere gli anziani e a curare le loro patologie. Altra criticità è il fatto che la rigidità del modello organizzativo e gestionale non sempre consente di dare risposte idonee alle esigenze dei non autosufficienti. Un problema al quale stiamo lavorando per trovare un’adeguata soluzione». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 207


POLITICHE SANITARIE

Sanità a servizio di cittadini soddisfatti Ridurre i costi, garantire l’efficienza e l’ammodernamento delle strutture sanitarie. Giovanna Ventura, segretaria di Cisl Piemonte, indica le sue proposte per “salvare” la sanità e commenta il piano sanitario regionale Renata Gualtieri

ggi il livello di gradimento dei cittadini nei confronti della sanità piemontese è decisamente buono. Parte da questo assunto Giovanna Ventura, che tiene a sottolineare come il modello piemontese, basato su un sistema pubblico e una marginale presenza del privato, fino a oggi abbia funzionato. «Ora occorre continuare su questa strada, mettendo in atto un piano di ammodernamento delle strutture sanitarie e dedicando più attenzione al personale che non può solo essere oggetto di tagli, con conseguenze negative sul loro benessere psico-fisico e sulla qualità degli stessi servizi erogati. Dobbiamo guardare con fiducia in avanti, sapendo che abbiamo un gran bisogno di medici e infermieri. Chiediamo pertanto all’università di aprire le porte ai giovani

O Giovanna Ventura, segretaria di Cisl Piemonte

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motivati e capaci, rivedendo il metodo del numero chiuso». Come giudica le ultime modifiche al piano sanitario regionale? «Il piano che ci è stato proposto con il nuovo anno può essere una buona base su cui proseguire il confronto con la Giunta Cota. Abbiamo constatato che gli argomenti che noi abbiamo inserito nel nostro documento presentato alla competente commissione consiliare sono stati ripresi e maggiormente dettagliati. Se da un lato siamo soddisfatti per la maggiore attenzione all’integrazione dei servizi sanitari e sociali, dall’altro siamo decisamente contrari alla creazione di nuove sovrastrutture che farebbero lievitare ulteriormente i costi senza alcuna garanzia di maggiore efficienza». La Cisl in particolare come si è espressa sulle federazioni sanitarie? «Su questo punto siamo fortemente critici. Pensiamo che si possa comunque razionalizzare il sistema sanitario regionale attraverso ulteriori accorpamenti delle Asl sovraprovinciali fino a realizzare 6 Asl e non 6 federazioni, con una maggiore autorevolezza e autonomia decisionale dei direttori generali. Riteniamo che con le federazioni l’autonomia decisionale verrebbe inevitabilmente suddivisa tra i due direttori generali (uno di Asl e l’altro di federazione) generando conflitti, sovrapposizioni, confusione e provocando danni al funzionamento dell’intero sistema». Il piano sanitario presentato risponde, come


Giovanna Ventura

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Tra le priorità da noi individuate e poste con forza alla giunta regionale vi è la legge per la non autosufficienza

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sostengono alcuni, a una logica puramente economico-finanziaria? «Sappiamo che dobbiamo assolutamente rispettare il piano di rientro imposto dal governo centrale e che nei prossimi 2 anni l’ammontare dei tagli alla sanità piemontese sarà di 200 milioni di euro nel 2013 e di 430 milioni di euro nel 2014. Queste cifre ci obbligano a eliminare sprechi e inefficienze, evitando così di colpire i servizi alle persone. L’approccio al piano di rientro deve essere rigoroso ma anche responsabile, operando scelte che non pregiudichino il diritto alla salute dei cittadini». Il sistema socio-sanitario del Piemonte è in grado di porre la persona con i suoi bisogni al centro delle politiche di assistenza e sanità? «La nostra regione, oltre a presentare caratteristiche morfologiche tali da comportare spesso difficoltà nell’erogazione dei servizi socio-sanitari, figura tra le realtà italiane con un elevato tasso di invecchiamento. Queste considerazioni ci fanno propendere per un’organizzazione fortemente ancorata al territorio attraverso il Distretto, luogo di integrazione e di risposta ai bisogni dei cittadini. Per questa ragione noi chiediamo che esso venga rafforzato in termini di risorse e funzioni. Tra le priorità da noi individuate e poste con forza alla giunta regionale in questi

mesi vi è la legge per la non autosufficienza, con l’intento di garantire a tutte le famiglie che s’imbattono in questo problema di ottenere una risposta in primo luogo con servizi a domicilio e in alternativa in strutture residenziali (Rsa). Solo così si potrà veramente mettere al centro la persona con i suoi bisogni». Tagli sulla sanità. Quali gli interventi a breve termine che possono portare a ridurre sprechi e a risparmiare risorse? «A breve termine occorre intervenire sull’informatizzazione delle Asl, permettendo alle varie strutture di comunicare velocemente tra loro, e al medico di base di interfacciarsi con le strutture sanitarie, evitando perdite di tempo e una inutile produzione di carta. Gli acquisti, inoltre, devono essere centralizzati in maniera da avere un maggior controllo sulle gare e sui prezzi. Bisogna anche accelerare la trasformazione dei piccoli ospedali in strutture di lungodegenza, riabilitazione o residenzialità per non autosufficienti. In questo modo si possono realizzare due obiettivi: garantire maggiore sicurezza ai cittadini che si rivolgono a ospedali non adeguatamente attrezzati e operare risparmi, attraverso l’eliminazione di ricoveri impropri dovuti alla mancanza di strutture alternative al ricovero ospedaliero». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 209


DISLESSIA

a 170/10, da molti definita “legge sulla dislessia”, è stata accolta con favore da numerosi operatori impegnati da anni nel sostenere i soggetti affetti da tale patologia. Le normative redatte impongono, in particolare, nuove regole in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. «Questa legge è stata fortemente voluta e desiderata da chi, come la sottoscritta, lavora in quest'ambito». A sottolinearlo è la dottoressa Barbara Ramella, logopedista e deglutologa, responsabile dello studio Ri.Lò. di Orbassano, in provincia di Torino, oltre che membro dello staff medico dell'U.O. di Otorinolaringoiatria presso l'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico del San Raffaele di Milano. L’opinione della Ramella ha un peso specifico, essendo esperta in psicopatologia dell’apprendimento e in psicologia dell’apprendimento matematico, specializzata in Oral Motor Therapy e nel metodo Proel per la rieducazione della voce. È inoltre professionista in PNL, Programmazione NeuroLinguistica. Questa legge ha fatto discutere. «Come tutte le leggi non é perfetta, ma rappresenta un inizio per cercare di regolamentare e sistematizzare il percorso diagnostico-terapeutico dei soggetti con difficoltà o disturbo dell'apprendimento scolastico. Le Linee guida sulla Dislessia e la Consensus Conference, oltre al decreto attuativo della Regione Piemonte, danno un indirizzo su come fare diagnosi e terapia in questi casi». Se ne parla tanto, ma in realtà sulla dislessia c’è poca informazione. Potrebbe dirci, in parole povere, di che tipo di malattia parliamo? «La dislessia comporta una difficoltà nell’imparare a leggere. Con questo termine si tende a indicare anche la difficoltà a imparare a scrivere, disgrafia, a imparare a scrivere correttamente, disortografia, o a fare i conti, discalculia. Queste problematiche riguardano tra il tre

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Per il diritto di comunicare La dislessia non è più una patologia “oscura”. Ma la ricerca e l’attenzione, nei confronti di una disabilità che colpisce fino al quattro per cento della popolazione scolastica, non devono rallentare. La parola alla dottoressa Barbara Ramella Andrea Moscariello

e il quattro percento della popolazione scolastica e non sono causate da deficit di intelligenza ambientali o psicologici, né tantomeno da altri di carattere sensoriale o neurologico». Quali problemi, attualmente, stanno aumentando tra la popolazione? «Devo dire che negli ultimi anni le problematiche di voce, deglutizione e ritardo di linguaggio sono in aumento. Questo incremento scaturisce da tutto un insieme di fattori: i ritmi

La dottoressa Barbara Ramella all’interno del suo studio di Orbassano (TO) www.rilo-logopedia.it


Barbara Ramella

Una Onlus, a “misura di persona” AperCrescere, che sta per Abilità per Crescere, è una neonata Onlus che “vuole realizzare progetti a misura di persona”. «L’idea che ci guida è quella di una realtà a misura di disabile, come Persona, con tutte le sue esigenze e i suoi desideri: dall’intervento riabilitativo mirato, con tempi e modi ritagliati su misura, in accordo con il medico referente, a progetti legati alla scuola, al lavoro, allo sport e al tempo libero» spiega la dottoressa Barbara Ramella, tra le ideatrici del progetto. AperCrescere, inoltre, offre un supporto alle famiglie coinvolte nella loro quotidianità: dal sostegno psicologico e materiale, all’aiuto nel districarsi nelle pratiche legali e burocratiche legate alla disabilità. «Per realizzare tutto ciò abbiamo bisogno del sostegno di tutti, personale o economico». www.apercrescere.org

di vita sempre più rapidi e stressanti, il mantenimento di abitudini che non sviluppano l’intelligenza buccale, il minor tempo che abbiamo da spendere per giocare con i nostri bambini». Con quali tipologie di pazienti lavora, soprattutto? «In realtà lavoro sia con i bambini che con gli adulti, a seconda della patologia da trattare. In caso di difficoltà scolastiche o di disturbi pervasivi dello sviluppo, dunque autismo, si tratta soprattutto di bambini e adolescenti, mentre nelle difficoltà di deglutizione, per

cause oncologiche, neurologiche o degenerative, sono prevalentemente adulti. Esistono poi patologie che colpiscono trasversalmente qualunque fascia d’età, come le problematiche di voce, le difficoltà oromotorie e la balbuzie». La società odierna è ricca di canali comunicativi interattivi. Tutto questo quale incidenza può avere nella formazione e nello sviluppo delle capacità linguistiche dei bambini? «Io non demonizzo la tecnologia, anzi, ne sfrutto al massimo gli aspetti positivi. Credo che tutto, se usato nella giusta quantità, possa aiutare e non inibire delle abilità. Questo non vuol dire che mettere un bambino davanti alla televisione o al computer per tre ore al giorno lo renda più comunicativo e capace di relazionarsi con il prossimo. Ma se pensiamo alla difficoltà di apprendimento o a un adulto colpito da ictus, momentaneamente non in grado di comunicare, l’ausilio di un mezzo tecnologico può rivelarsi fondamentale». Rispetto al passato trova che gli italiani siano più consapevoli circa il ruolo e l’utilità del logopedista? «Direi proprio di sì. In questi anni sia la federazione logopedisti italiani sia l’associazione logopedisti piemontesi, di cui io faccio parte, ha fatto molto per promuovere la cultura della prevenzione, abilitazione e riabilitazione delle difficoltà comunicativo-linguistiche. Peraltro ogni anno, dal 2004, il 6 marzo si festeggia la Giornata Europea della Logopedia, che quest’anno ha come tema la balbuzie». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 211


RIABILITAZIONE

Il percorso verso la salute Eremo di Miazzina è sorto nel 1924 come struttura sanatoriale, per la cura della tubercolosi. La località in cui si trova aveva da tempo richiamato l’attenzione dei tisiatri, per le caratteristiche peculiari climatiche e terapeutiche. L’ubicazione favorevole del complesso ha consentito, nel tempo, una graduale trasformazione del centro, che si è evoluto specializzandosi nel campo della patologia pleuropolmonare e più in generale della riabilitazione. Dal 1999 è entrato a far parte del Gruppo Garofalo, uno dei principali gruppi sanitari privati in Italia. Come può affermare il direttore Mario Vannini: «Oggi siamo un centro riabilitativo caratterizzato dalla completezza delle prestazioni che può erogare nell’ambito delle post-acuzie – fra queste la riabilitazione neuromotoria e respiratoria, con la possibilità di eseguire riabilitazione in acqua – e della lungodegenza. Abbiamo una disponibilità di 299 posti letto, accreditati con il Servizio sanitario nazionale». Cosa significa dirigere un centro specialistico come l’Eremo di Miazzina? «Significa avere un impegno diretto, volto a interpretare al meglio le esigenze sanitarie delle

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La dottoressa Maria Luisa Garofalo e il dottor Mario Vannini direttore generale dell’Eremo di Miazzina www.eremodimiazzina.com

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Un centro di eccellenza. Che offre diversi servizi per la riabilitazione da molteplici patologie. E una specializzazione nel recupero delle patologie del sistema respiratorio. La parola a Mario Vannini, direttore dell’Eremo di Miazzina Luca Cavera

persone che si rivolgono ai nostri servizi. Poiché i servizi che offriamo sono assai diversificati, abbiamo creato, oltre alle attività di recupero e rieducazione funzionale, di riabilitazione respiratoria e di lungodegenza, anche una residenza sanitaria assistenziale per anziani non autosufficienti, e inoltre un nucleo sperimentale approvato dalla Regione Piemonte per i pazienti in stato di coma vegetativo persistente». Secondo quale standard procedurale pianificate la terapia riabilitativa per una determinata patologia? «I ricoveri di tipo riabilitativo sono una parte di quel percorso di cura pianificato dai servizi fisiatrici delle Aziende sanitarie locali. Ogni programma riabilitativo è personalizzato sul paziente, tenendo in considerazione non solo i dati clinici, ma, più complessivamente, tutto il per-


Mario Vannini

La tecnologia e l’informatizzazione hanno senz’altro migliorato le performance del nostro centro. Tuttavia è ancora il rapporto fra il medico e il paziente ad avere la prevalenza

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corso che la persona ha già compiuto e anche quello che, eventualmente, dovrà ancora percorrere per raggiungere la completa riabilitazione». Come sono soddisfatte all’Eremo le richieste di assistenza che pervengono al sistema specialistico? «La domanda di assistenza della persona che si rivolge all’Eremo si presenta sempre come un’esigenza di presa in carico complessiva del paziente, che è affetto da patologie croniche invalidanti o da patologie subacute che necessitano di una prosecuzione delle terapie dopo il ricovero acuto. Inoltre, le problematiche respiratorie sono quelle più diffuse, anche se quasi sempre associate ad altre che rendono sempre più frequente la presa in carico complessiva del paziente. A queste richieste la struttura risponde associando allo specialista in riabilitazione anche il medico internista, che segue l’aspetto sanitario nel suo complesso». Quanto la tecnologia e l’informatizzazione hanno inciso sull’evoluzione del centro? «La tecnologia e l’informatizzazione hanno senz’altro migliorato le performance del nostro cen-

tro. Tuttavia è ancora il rapporto fra il medico e il paziente ad avere la prevalenza. Per offrire nuovi e maggiori servizi l’Eremo sta costruendo una nuova struttura nel comune di Gravellona Toce della quale si prevede l’inaugurazione nei primi mesi del 2013, in grado di ampliare le prestazioni già erogate. Fra queste l’ambulatorio di posturologia con analisi del cammino e ricostruzione tridimensionale della colonna vertebrale, quello di medicina dello sport e quello di riabilitazione uro-ginecologica, oltre a quelli di cardiologia e oculistica. Inoltre nel nuovo centro sarà possibile la riabilitazione motoria in acqua». In Piemonte, l’offerta dei servizi di riabilitazione specialistica copre la domanda regionale oppure l’Eremo rappresenta una realtà speciale? «In Piemonte la Regione ha rilevato un esubero di posti di post-acuzie, fra queste è compresa la riabilitazione. Infatti ritengo necessario che a livello centrale si intervenga con una riforma che abbia come scopo il miglioramento dei servizi sanitari offerti al cittadino, in particolare sotto il profilo dell’organizzazione strutturale. L’Eremo effettivamente si colloca in una posizione speciale all’interno della realtà piemontese, proprio grazie alla differenziazione dell’offerta e alla peculiare modalità di presa in carico del paziente. Sono soprattutto questi due elementi che ne fanno una struttura che non ha eguali sul nostro territorio». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 213


PRESIDI ORTOPEDICI

Presidi ortopedici a misura di paziente usti, tutori e ortesi cervicali, così come corsetti, calzature e plantari sono, per chi soffre di determinate patologie, strumenti indispensabili per prevenire e curare malformazioni e traumi della colonna vertebrale e degli arti. Per realizzare questi prodotti servono dunque competenze tecniche specifiche, ma anche e soprattutto grandi capacità di adattamento da parte degli operatori, perché ogni paziente ha esigenze e bisogni diversi, che vanno capiti e tradotti in pratica. La conferma arriva dalla dottoressa Barbara Devietti Goggia, socia e responsabile qualità dello Studio Tecnico Ortopedico – S.T.O., dal 1975 universalmente riconosciuto come un’eccellenza nel campo dell’ortopedia piemontese. «Siamo una realtà all’avanguardia nella realizzazione di presidi ortopedici “su misura”. Un presidio creato ad hoc ha infatti una vaLa dottoressa Barbara Devietti Goggia, socia e responsabile qualità lenza decisamente sudello Studio Tecnico Ortopedico di Torino www.ortopedia-sto.com periore rispetto a un prodotto costruito in serie, in termini di tenuta, di resa e di adattabilità, caratteristiche che consentono di ottenere risultati ottimali da un punto di vista clinico». Come mai avete deciso di puntare su una produzione taylormade? «Crediamo nell’unicità delle persone, che in quanto tali non possono essere trat-

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Articoli realizzati ad hoc, in un settore in cui le abilità manuali possono ancora prevalere sugli apparati tecnologici. L’importanza e la delicatezza del ruolo svolto dalle officine ortopediche spiegato da Barbara Devietti Goggia Guido Puopolo

tate come numeri o semplici casi clinici. Per questo seguiamo i pazienti durante tutto il percorso riabilitativo, fornendo loro assistenza e supporto costante, anche da un punto di vista psicologico. A chi non piacerebbe poter indossare un abito su misura? Lo stesso discorso, in un certo senso, vale anche in ortopedia». Quali sono i vantaggi derivanti da questo tipo di impostazione? «Disponendo di un’officina interna alla nostra struttura, siamo in grado di intervenire praticamente in tempo reale, adattando e modificando i nostri tutori sulla base delle indicazioni raccolte dai tecnici. Questo approccio ci garantisce massima flessibilità nella produzione e tempi di realizzazione molto rapidi, qualità molto apprezzate dai medici e dagli specialisti che sempre più spesso si rivolgono a noi. Di contro è chiaro che i costi che siamo chiamati a sostenere sono nettamente superiori rispetto a chi invece produce in maniera “industriale”. Crediamo però che ne valga la pena, perché quando c’è di mezzo la salute delle persone non si possono lesinare energie». È corretto, quindi, definire l’attività dello S.T.O. come un’ortopedia “di nicchia”? «In un certo senso, sì. Lavoriamo ancora in maniera artigianale, perché siamo convinti che


Barbara Devietti Goggia

non sempre la tecnologia possa sostituirsi all’uomo, almeno non in un settore come il nostro, dove la sensibilità dell’operatore è ancora in grado di fare la differenza nella buona riuscita di un prodotto. Abbiamo intrapreso questa strada quasi quarant’anni fa, e la “fidelizzazione” dei nostri pazienti, unitamente al continuo passaparola tra gli operatori del settore, che riconoscono il valore della nostra attività, rappresentano il nostro miglior biglietto da visita, oltre che la nostra soddisfazione più grande». La formazione e l’aggiornamento delle risorse umane costituisce un elemento fondamentale nel successo della vostra struttura. «Assolutamente, e non soltanto perché la normativa internazionale ci obbliga a rispettare determinati requisiti. La passione e la dedizione che i nostri collaboratori mettono nel loro lavoro è davvero impareggiabile. Sono orgogliosa, ad esempio, di poter annoverare nel nostro staff un responsabile tecnico come il dottor Roberto Riva, un professionista esemplare con oltre quindici anni di esperienza alle spalle. Il know how dei tecnici è per noi un patrimonio di inestimabile valore, che i più “anziani” cercano di trasmettere alle nuove

Seguiamo i pazienti durante tutto il percorso riabilitativo, fornendo loro assistenza e supporto costante, anche da un punto di vista psicologico

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leve, assicurando così la continuità del lavoro dello Studio, sempre all’insegna della massima qualità». Quali sono, infine, i progetti e le aspettative per il futuro dello Studio Tecnico Ortopedico? «La consapevolezza di svolgere un lavoro difficile ma allo stesso tempo in grado di incidere concretamente sulla vita delle persone ci ha spinto a non mollare, e a superare anche periodi economicamente difficili come quello che stiamo vivendo. Sicuramente anche nel prossimo futuro il nostro core business rimarrà la produzione su misura di presidi ortopedici, rivolti principalmente a neonati, bambini e anziani. Abbiamo però in cantiere un progetto ambizioso, che ci dovrebbe portare a creare un vero e proprio centro fisioterapico specializzato nella cura della persona. Certo gli ostacoli da superare non mancheranno, ma sia chiaro, il nostro non è un sogno, quanto piuttosto un obiettivo concreto, che presto o tardi riusciremo a realizzare».

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COSMETICI

I benefici della cosmesi biologica Sfruttare le grandi potenzialità delle colture biologiche per rivoluzionare il mercato cosmetico. Un progetto ambizioso ma concreto. Forte della lunga esperienza e delle competenze acquisite, Massimiliano Cerutti racconta la sua storia imprenditoriale Lodovico Bevilacqua

a realizzazione e la distribuzione di prodotti biologici è diventata – negli anni – una realtà sempre più consolidata; grazie a normative orientate alla promozione e alla tutela di suddetta tipologia di prodotti – laddove siano auspicabilmente assenti frustrazioni e impedimenti di natura burocratica – il mercato del biologico si sta diffondendo in maniera sempre più efficacie e capillare. Fra le qualità dell'utilizzo di materiali biologici, spicca la versatilità applicativa, in sé una vera e propria virtù, che permette una elasticità produttiva ai limiti dell'eclettismo. Proprio dall'intuizione di queste potenzialità nasce l'esperienza imprenditoriale di Massimiliano Cerutti, fondatore e titolare della Nuova bio Leaves di Moransengo. «La nostra azienda nasce da quella che era inizialmente una semplice passione personale – ovvero la coltivazione di erbe aromatiche con tecniche biologiche e biodinamiche. Indagando sulle possibilità di applicazione di queste tecniche colturali ci siamo poi orientati verso l'introduzione del tipo di piante da noi prodotte nell'ambito cosmetico». Qual è stato il passaggio che ha determinato il vostro orienta-

L Massimiliano Cerutti è titolare della Nuova bio Leaves di Moransengo (AT) info@bioleaves.it

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mento commerciale? «Attivi nella coltivazione biologica e biodinamica di piante officinali fin dal 1973, abbiamo maturato una specifica esperienza in tale campo. Nel 2003 la svolta: consci delle potenzialità e dell'efficacia di tali piante e consapevoli della mancanza in Italia di un comparto cosmetico specializzato nel loro utilizzo e nella loro applicazione, abbiamo allestito la produzione di prodotti cosmetici biologici, utilizzando come sede e sito produttivo il podere di famiglia precedentemente deputato all'attività colturale». Quali vantaggi consegue questa vocazione artigianale e autoctona della vostra produzione? «Uno su tutti, fra l'altro garanzia di qualità e affidabilità: il compimento dell'intero ciclo produttivo in maniera totalmente autonoma. Dalla coltivazione alla raccolta, dalla lavorazione al confezionamento, tutte la fasi produttive sono svolte nel nostro stabilimento, con la garanzia di qualità del prodotto finale. La nostra efficienza produttiva si declina anche sotto un aspetto normativo: siamo stati infatti la prima ditta italiana a dichiarare le percentuali di prodotto biologico contenute nei nostri cosmetici». Entrando nel merito dell'aspetto di leggi e certificazioni, che margini di garanzia potete offrire a tale proposito? «Assoluta garanzia di qualità e trasparenza. La


Massimiliano Cerutti

nostra azienda è sottoposta a regolari controlli microbiologici deputati alla verifica dei rigidi parametri fissati da una circostanziata legge sanitaria. Esistono inoltre accertamenti compiuti da un ente certificatore delegato a controllare che vengano rispettate le quantità di prodotto biologico introdotte nei cosmetici. Esiste – inoltre – una ulteriore certificazione della qualità dei nostri prodotti, derivante tuttavia da circostanze contingenti; la nostra produzione è infatti destinata quasi interamente al mercato giapponese, che possiede regole estremamente rigide, intese sia come normative codificate, sia come consuetudini in merito alle aspettative sulla qualità del prodotto. Il fatto stesso di servire tale mercato costituisce – dunque – un incontestabile condizione di eccellenza produttiva e rispetto delle norme relative». Per quale motivo avete intrapreso questa scelta a livello di mercato? «É stata una scelta fisiologica. Il mercato giapponese è molto più recettivo nei confronti di questo tipo di prodotti e senza dubbio notevolmente più evoluto in materia di normative attestanti la qualità degli stessi. La presentazione della nostra offerta commerciale a clienti giapponesi – all'inizio della nostra attività – ha riscontrato entusiasmo e disponibilità, tanto da farci propendere per una scelta apparentemente radicale, dal momento che un esempio – seppur piccolo – di eccellenza produttiva come la Bioleaves è famoso e apprezzato agli an-

Dalla coltivazione alla raccolta, dalla lavorazione al confezionamento, tutte la fasi produttive sono svolte nel nostro stabilimento

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tipodi e sostanzialmente sconosciuto in Italia». Ritiene che questa situazione rimarrà inalterata? «Nelle nostre intenzioni, no. Il 2011 è stato un anno positivo dal punto di vista aziendale, che ha visto un fatturato vicino al milione di euro. Un punto di partenza per migliorare ulteriormente nell'anno corrente e una possibilità concreta per preparare l'uscita dei nostri prodotti – prevista per il 2012 – anche sul mercato domestico». Concludendo, come si spiega il successo dei vostri prodotti? «Entrando in merito a questioni più tecniche, rispetto alle altre aziende attive nel settore noi utilizziamo un metodo di lavorazione innovativo ed estremamente efficace, ovvero la tecnica di estrazione ad ultrasuoni, che consente – al contrario delle tecniche a pressione o a corrente di vapore – di conservare la quasi totalità del principio attivo del fiore o della pianta, per una efficacia maggiore del prodotto. Più in generale, l'autonomia produttiva e la competenza nata da anni di esperienza sono le nostre credenziali più importanti». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 217


TRA PARENTESI Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte e Unioncamere nazionale

e piccole e medie imprese vivono una situazione grave, pur rappresentando la spina dorsale dell’economia italiana. Per questo è importante aiutarle a superare la fase di crisi. Di questo si è parlato al convegno “Sosteniamo le nostre imprese: nuove misure per l'accesso al credito”, organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con Unioncamere, Camera di Commercio di Milano e Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito. «Le piccole e medie imprese – ha sottolineato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere – in questa fase congiunturale hanno bisogno di rimanere competitive, attraverso il ricorso al credito, senza il quale diventa difficile poter coniugare anche la crescita. Credito che ci risulta stia diventando sempre più difficile da reperire». Qual è attualmente il rapporto tra le banche e le imprese in Piemonte? «Le imprese della regione condividono, anche se con qualche accen-

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} NUOVE MISURE PER L’ACCESSO AL CREDITO 220 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

tazione in meno, le medesime difficoltà di accesso al credito delle aziende italiane. Dall’ultima indagine effettuata dal centro studi di Unioncamere nazionale emerge che quasi il 46% delle pmi manifatturiere ha avuto problemi a reperire risorse finanziarie nel secondo semestre 2011. Nel nord-ovest la quota è leggermente più bassa ed è di poco inferiore al 44 per cento». Per quali motivi le pmi trovano più difficoltà nel rapporto con il sistema bancario? «In realtà non credo si possa né si debba parlare di conflittualità perenne tra sistema bancario e sistema imprenditoriale. Essa semmai è emersa a seguito della crisi, per affrontare la quale le imprese hanno maggiori necessità di reperire risorse da destinare a investimenti che consentano loro di competere. Nel contempo, il sistema bancario si è trovato in questi anni a dover affrontare una vasta crisi sistemica e in molti casi ha reagito “razionando” il credito, accrescendo la richiesta di garanzie, alzando i tassi di interesse. In pro-


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Il Fondo centrale di garanzia per le pmi si è rivelato uno strumento di straordinaria efficacia

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spettiva, poi, le banche avranno ancora maggior necessità di effettuare ulteriori accantonamenti di capitale imposti da Basilea 3. Insomma, è un giro vizioso che, se da una parte mette al sicuro la stabilità del sistema finanziario dei paesi europei, dall’altra non favorisce certo lo sviluppo e la crescita indispensabili per rendere davvero efficaci le manovre di risanamento del bilancio». Quali iniziative ha in programma Unioncamere Piemonte per favorire i rapporti tra imprese e banche? «Le rispondo nel mio doppio ruolo di presidente di Unioncamere Piemonte e di Unioncamere nazionale: sosteniamo con convinzione l’iniziativa intrapresa insieme alle Camere di Commercio di Roma e Milano nelle scorse settimane. Attraverso gli organi di informazione

e in stretto raccordo con l’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito abbiamo rivolto un appello al governo affinché adotti tutte le misure necessarie in sede europea per non penalizzare ulteriormente il canale del credito bancario ed evitare così possibili situazioni di credit crunch. Sarebbe poi indispensabile individuare i più idonei strumenti normativi che consentano alle imprese di ottenere una compensazione, ad esempio sotto forma di credito fiscale, delle ingenti somme loro dovute dalle pubbliche amministrazioni di cui sono state fornitrici e rafforzare il Fondo centrale di garanzia per le pmi che si è rivelato uno strumento di straordinaria efficacia a favore del tessuto imprenditoriale». Quale approccio e quali strumenti servono a una pmi per crescere?

«Risorse economiche per sostenere gli investimenti; contatto e scambio con università e centri di ricerca per dare corpo all’innovazione; integrazione con il sistema della formazione per esplicitare le proprie necessità e orientare così i giovani verso un percorso di studio che possa più agevolmente consentire l’ingresso in azienda; un’amministrazione pubblica “amica” che semplifichi e non sia d’ostacolo al fare impresa. Infine, un clima di fiducia perché senza di quello anche l’imprenditore più volenteroso, capace e intraprendente, prima o poi, getta la spugna. Abbiamo tanti “lottatori” nel nostro Paese, tanti quanti sono gli imprenditori italiani. Sostenerli e credere nelle loro energie positive è l’unico vero sistema per uscire da questa tremenda crisi». NMM PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 221


IL COMMENTO

avvocato Anna Mantini ricopre la funzione di assessore nella giunta provinciale di Cuneo, a fianco della presidente Gianna Gancia, con delega al personale, pari opportunità, semplificazione amministrativa, assistenza ai piccoli Comuni, tutela dei consumatori. La tutela della differenza di genere, il rispetto della donna in tutte le sue funzioni, il tema purtroppo sempre in primo piano della violenza sulle donne sono alcuni degli ambiti del suo impegno. Quali sono le sue principali funzioni nell’ambito delle pari opportunità? «Effettuare indagini e ricerche sulle condizioni della donna, non-

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Tutelare la differenza di genere significa permettere a uomini e donne di accedere alle stesse condizioni di lavoro, istruzione e formazione. Con quali strumenti la Provincia di Cuneo garantisce le pari opportunità? Lo spiega l’assessore Anna Mantini 222 • DOSSIER • PIEMONTE 2012

ché organizzare incontri, convegni, seminari, conferenze e pubblicazioni attinenti agli aspetti della vita sociale ed economica locale, con particolare riguardo a quelle realtà che più di altre influiscono sulla condizione femminile e incidono sui suoi ruoli, come ad esempio il drammatico fenomeno della violenza nei suoi vari aspetti; adottare iniziative, interventi e ipotesi di soluzioni ai particolari problemi emergenti in questi ambiti, anche attraverso lo sviluppo di rapporti di collaborazione con le altre istituzioni della provincia e della regione, nonché con le associazioni che in vari modi si occupano di pari opportunità. Raccogliere e diffondere informazioni riguardanti la condizione femminile ricercando modalità per focalizzare l’interesse delle donne, al fine di stimolare una maggiore partecipazione delle stesse alla vita pubblica e promuovere ogni altra iniziativa utile, in relazione agli obiettivi che come giunta ci siamo dati, al fine di sensibilizzare sia il contesto sociale che quello istituzionale sul cambiamento, soprattutto culturale, che è necessario promuovere a questo fine». E gli obiettivi? «Promuovere e realizzare le pari opportunità tra donne e uomini, sostenendo e incentivando, attraverso iniziative e progetti la valo-


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Oggi le donne sono soggette a più interruzioni di carriera o hanno un orario di lavoro ridotto rispetto agli uomini

rizzazione delle differenze e delle specificità di genere, affinché uomini e donne possano accedere indistintamente alle medesime condizioni di vita, lavoro, istruzione e formazione. Tra gli obiettivi vi sono anche quelli di promuovere la parità nella vita economica e sociale e il riequilibrio della rappresentanza nei processi decisionali, nonché la parità di accesso e il pieno esercizio dei diritti sociali da parte di uomini e donne, oltre al fondamentale superamento degli stereotipi, culturali e sociali, legati al genere. Il raggiungimento di tali obiettivi viene perseguito attraverso il sostegno a quelle iniziative ed attività tese a realizzare la piena parità fra cittadini, uomini e donne, sancita dalla Costituzione, ad individuare e rimuovere gli ostacoli di diritto e di fatto, che impediscono il pieno sviluppo della personalità della donna e la sua effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica, sociale e culturale della collettività». Donne e lavoro: ci sono ancora oggi delle “differenze”? «Purtroppo sì, c’è molto da fare per contrastare le discriminazioni ancora esistenti per le donne sia nel momento dell’accesso al lavoro che in quello della formazione e della progressione di carriera, nonché sul divario salariale, che si attesta in media intorno al

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20%. A volte le donne percepiscono un salario inferiore rispetto a colleghi uomini che svolgono lo stesso lavoro. Una delle cause principali è costituita dal modo in cui vengono valutate le competenze delle donne rispetto a quelle degli uomini, con conseguenze discriminatorie anche sugli avanzamenti di carriera; spesso vengono impiegate in settori in cui il loro lavoro è meno considerato e retribuito rispetto a quelli a predominanza maschile, o in posti di lavoro non qualificati o scarsamente qualificati, venendo così a essere sottorappresentate nelle posizioni manageriali e direttive». Qual è la situazione invece nella formazione? «Malgrado il 55% degli studenti universitari sia rappresentato da donne, queste costituiscono una minoranza in campi quali la matematica, l’informatica e l’ingegneria. Ne consegue un numero minore di donne impiegate in lavori scientifici e tecnici, un fattore che in molti casi porta le donne a lavorare in settori dell’economia meno considerati e meno retribuiti. A causa di tali tradizioni e stereotipi, ci si aspetta che le donne riducano il proprio orario di lavoro o abbandonino il mercato del lavoro per occuparsi dell’assistenza ai bambini o agli anziani. La ripartizione delle responsabilità familiari e assisten-

ziali non avviene ancora equamente: il compito di prendersi cura dei familiari a carico, infatti, viene principalmente assunto dalle donne. Di conseguenza le donne sono soggette a più interruzioni di carriera o hanno un orario di lavoro ridotto rispetto agli uomini». Qual è la maggiore causa di discriminazione sui luoghi di lavoro? «Rimane la maternità, in occasione della quale particolarmente si sviluppano fenomeni persecutori come il mobbing e quei licenziamenti “spontanei”, spesso riconducibili a lettere di dimissioni in bianco fatte sottoscrivere preventivamente alle lavoratrici al momento dell’assunzione. In ogni caso non va dimenticato che una retribuzione inferiore genera al termine della vita lavorativa l’erogazione di una pensione di minore entità, che può essere causa di un maggiore rischio di povertà. Oggi viene impedito alle donne di continuare a scegliere se andare in pensione o rimanere al lavoro fino a 65 anni. Vengono penalizzate così le donne che hanno dovuto vicariare per tutta la loro vita alle carenze dei servizi, che si sono fatte carico di conciliare gli impegni professionali e il tempo per la famiglia, tralasciando spesso il tempo per sé. In definitiva sono state “ricompensate” da differenziali di carriera e di stipendio». PIEMONTE 2012 • DOSSIER • 223


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