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OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO.........................................13 Pietro Ichino Umberto Veronesi

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Claudio Zavardino e Fabrizio Dal Pont IL COMMENTO......................................22 Roberto Formigoni

ECONOMIA E FINANZA POLITICA ECONOMICA.....................40 Alberto Barcella Carlo Sangalli Giorgio Squinzi Renato Mannheimer CONSUMI................................................50 Stefano Maullu Pier Andrea Chevallard

UNITÀ D’ITALIA ....................................26 Giorgio Napolitano Stefano Lorenzetto

MERCATI ESTERI ................................54 Stefano Poliani Raffaello Vignali Bernhard Scholz

VERSO LE ELEZIONI ..........................34 Mario Mantovani Maurizio Martina

ISTITUZIONI EUROPEE .....................60 Antonio Tajani Mario Draghi IL FUTURO DELL’UNIONE ................72 Emmanuele Francesco Maria Emanuele Alberto Quadrio Curzio LO STILE ITALIANO.............................78 Mario Boselli Michele Tronconi David Pambianco Anna Zegna Vittorio Missoni Lavinia Biagiotti Cigna NUOVI DESIGNER ...............................93 Chicca Lualdi Silvio Betterelli Mauro Gasperi Cristiano Burani DISTRETTI INDUSTRIALI................102 Valter Taranzano Francesco Bettoni Sergio Arcioni Bruno Amoroso IL SETTORE TESSILE........................112 Silvio Giani Andrea Ferrazzi Mario Montonati Antonio Pastorelli Maria Adele Brusa Grazia Cerini Renato Testori Debora Carabelli

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IMPRENDITORI DELL’ANNO .........132 Alessandro Reni Maria Pia Passatutto Giovanni Casaletti Angelo Galli Luciano Peri Alessandro Mari Emilio Longoni Piergiorgio Zanazza Antonio Iolli Massimo Boldrocchi Giancarlo e Stefano Giorgi Massimiliano Menichini Vittorio Gatti Rolando e Riccardo Rigolio e Vincenzo Cattaneo Federico Comincini Renzo Carrara Riccardo e Andrea Rota Luciana Casoni Mauro Sartorel Aldo Fumagalli Andrea e Claudio Leoni MERCATO DEI DIAMANTI...............182 Claudio Giacobazzi TELECOMUNICAZIONI.....................184 Luigi Meregalli Glauco Amonini Alberto Trondoli INFORMATION TECHNOLOGY .....190 Alberto Neri SOLUZIONI PER L’IMPRESA.........192 Angelo Corti Pedruzzi CONSULENZA.....................................196 Vittorio Buonaguidi DOCUMENT MANAGEMENT ........200 Alberto Berti VIGILANZA PRIVATA.......................202 Angelo Merlo Fabio Mura


Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

GESTIONE DEI RIFIUTI ....................210 Pierfrancesco Maran Sonia Cantoni Fulvio Roncari Massimo Pelti

SOCIETÀ PARTECIPATE................224 La vendita di Sea e Serravalle Riccardo De Corato

INTERNI ................................................252 Fabio Gasparini Donato Pasquale

LOGISTICA...........................................228 Riccardo Fuochi

AMMINISTRAZIONE CONDOMINIALE ................................258 Aldo Tincani

INVESTIMENTI E MERCATI ENERGETICI ...............220 Damiano Balzarini

TRASPORTI.........................................230 Anna Ambrosetti MERCATO IMMOBILIARE ..............232 Carlo De Albertis Lionella Maggi Simone Bianchi

NATURA E BENESSERE ................260 Fabio Rappo

GIUSTIZIA

EDILIZIA................................................238 Fulvio Rivolta Livio Fantin Filippo Lo Monaco e Davide Bisconti

SICUREZZA URBANA......................264 Romano La Russa Gian Valerio Lombardi Carlo Masseroli Alessandro Morelli

COSTRUZIONI....................................244 Danilo Campagna

SANITÀ

MATERIALI ..........................................246 Cava di Trezzano Alberto Donchi

MERCATO DEI FARMACI ...............274 Massimo Scaccabarozzi Silvio Garattini ODONTOIATRIA.................................282 Alessandra Vassilli FITOTERAPIA .....................................284 Gian Marco Carenzi

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IN COPERTINA

UN PONTE TRA L’ITALIA E IL MIDDLE EAST Un recente accordo li ha resi protagonisti nei rapporti tra l’Italia e il Qatar. Claudio Zavardino e Fabrizio Dal Pont hanno saputo conquistare il mondo delle spedizioni internazionali. La loro ricetta? Investire nelle nuove generazioni e nell’innovazione d’impresa Andrea Moscariello

rescono, in più regioni italiane, i volumi relativi all’export. Mentre calano i consumi sui mercati tradizionali, esiste un’enorme fetta di mondo che nel giro di pochi anni vedrà quasi triplicato il suo potere di acquisto. Ne consegue che le merci, sempre di più, vanno distribuite bene e in fretta. Per questo osservando le società di spedizioni si possono trarre interessanti analisi sull’andamento dei principali comparti economici internazionali. La Lombardia, in tal senso, può contare su alcune eccellenze. È questo il caso della realtà creata da Claudio Zavardino e Fabrizio Dal Pont, fondatori di quella Air Ocean Cargo riconosciuta dalla Camera di Commercio come una delle realtà maggiormente in crescita a livello nazionale. Un vero e proprio unicum sul panorama degli spedizionieri, punto di riferimento soprattutto per alcuni tra i principali

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brand della moda italiana. Azienda che proprio negli ultimi mesi ha aperto una nuova, e altamente tecnologica, sede nei pressi di Milano, a Limito di Pioltello. Una struttura nata grazie a un investimento di oltre nove milioni di euro. Ma a riportare sotto i riflettori la società non è tanto il dato di crescita postcrisi - l’azienda ha ripreso ed aumentato del 400% dopo il calo vistoso del 2009, raggiungendo nel 2011 un giro d’affari tra ricavi ed anticipazioni di oltre 50 milioni di Euro -, quanto un nuovo primato sul fronte globale. Air Ocean Cargo è, infatti, la prima società italiana ad avere ufficialmente aperto una sua sede a Doha, in Qatar. «Questo accordo rappresenta per noi un’occasione di sviluppo» spiega Claudio Zavardino. «Questo paese sta vivendo un incredibile momento di espansione, anche perché qui si svolgeranno i mondiali di calcio nel 2022» interviene il socio Fabrizio Dal Pont.

Il Middle East diventa la nuova “America” per gli imprenditori italiani. Ma non si rischia di fare il passo più lungo della gamba, come è accaduto a Dubai? C.Z.: «La prospettiva è differente rispetto al caso di Dubai, dove il crack immobiliare, la crisi e la speculazione finanziaria hanno mandato in fumo miliardi di euro e lasciato in sospeso numerosi progetti. Mentre Dubai nasce come porto franco, senza il petrolio, qui in Qatar l’oro nero non manca. Al tempo stesso, però, è diffusa la convinzione che non potrà sostenere il paese in eterno. I qatarini possono comunque contare sul secondo giacimento di gas al mondo dopo la Russia. Inutile dire a quanto possono ammontare gli investimenti che verranno fatti sul territorio in vista dei mondiali di calcio. L’emiro ha deciso di costruire una città dal nulla, con alberghi, otto stadi, centri commerciali. E in tutto questo la richiesta


Claudio Zavardino e Fabrizio Dal Pont

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IN COPERTINA

di made in Italy andrà alle stelle. Chi ama il lusso vuole i prodotti italiani». E qui entrate in gioco voi. F.D.P.: «Siamo la prima società italiana di spedizioni ad aprire ufficialmente in Qatar. Ciò non vuol dire che non vi fossero già dei nostri connazionali, ma noi siamo gli unici, al momento, a non utilizzare “prestanomi” locali. Ci siamo associati con una delle realtà edili controllate direttamente dallo sceicco, la famosa “Costruzione del Paese”. Da qui il passaggio è breve, siamo diventati un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono vendere merce in Qatar. Tramite Paolo Cani, il nostro Ceo in loco, fungiamo da ponte e filtro tra le nostre due realtà, presentando e introducendo le aziende italiane agli investitori locali, impegnandoci a spedire per loro le merci una volta conclusi i contratti. Una strategia semplice, ma estremamente funzionale. Nei nostri piani intendiamo diventare la prima realtà italiana nel trasporto per e da il Middle East». Che tipo di accordi avete già stipulato? F.D.P.: «Al momento abbiamo in attivo contratti per il trasporto di marmo, rubinetteria, abbigliamento, materiali deperibili. Grazie alla sapiente gestione in loco del nostro personale italiano riusciamo a offrire un servizio estremamente competitivo, oltre che a segmentare un nuovo mercato, che va ad affiancarsi a quello del Far East, dove siamo già una realtà di spicco sia per qualità che per quantità di volumi trasportati. Siamo orgogliosi di aiutare l'economia italiana spingendo le aziende dello Stivale a finalizzare contratti 18 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Un interno della società Air Ocean Cargo a Limito di Pioltello (MI) www.airoceancargo.com

ed esportazioni in Medio Oriente». Torniamo all’Italia, nel 2009 avete subito una perdita importante, di oltre il 40%. Poi la ripresa e, anzi, l’incredibile crescita. A cosa è dovuto? C.Z.: «Il 2011, per noi, è stato un anno importante, abbiamo ottenuto un ottimo consolidato rispetto al 2010. A salvarci è stata una visione lungimirante. Dopo il 2008 era chiaro per tutti che il mercato sarebbe cambiato e che i prezzi sarebbero crol-

lati. La nostra società, però, a differenza di molti altri competitor, ha scelto di non abbassarli drasticamente. Se così fosse stato non avremmo potuto più rafforzarci finanziariamente per investire nella nostra crescita strutturale e tecnologica. Il fatto di ragionare non sull’immediato, bensì su una prospettiva a lungo termine, ci ha reso più forti e credibili sui mercati». Trova che sul mercato italiano manchi questa prospettiva a lungo termine?


Claudio Zavardino e Fabrizio Dal Pont

L’accordo con il Qatar rappresenta un’occasione di sviluppo. Questo paese è in espansione, qui si svolgeranno i mondiali di calcio nel 2022

C.Z.: «È questo il vero problema della nostra cultura d’impresa. Se continuiamo a ragionare “alla giornata” non riusciremo mai a fare sistema, a creare nuovi colossi industriali, a conquistare i mercati esteri. Questo per noi è sempre stato un punto fermo. Air Ocean Cargo è nata nel 2000, in un momento storico per il nostro Paese. Di lì a breve saremmo passati all’Euro e avremmo vissuto uno dei decenni più critici della storia economica contemporanea. L’idea di dover cogliere i cambiamenti, evolvendoci di conseguenza, è sempre stata nel Dna di questa azienda. Molti altri imprenditori, però, non ragionano allo stesso modo». Eppure l’Italia è ricca di imprese di successo, affermate nel mondo. F.D.P.: «È vero, nessuno lo nega. Ma non possiamo nemmeno ignorare il fatto che alcuni imprenditori, sull’onda di un successo e di una crescita

durata decenni, hanno trascurato aspetti quali l’innovazione, il rinnovo strutturale, l’aggiornamento del management. Personalmente facciamo molta fatica, oggi, a trovare un management competente, in grado di portare avanti un’azienda. È molto più semplice, purtroppo, trovare dei cosiddetti “yes man”, persone abituate a confrontarsi con imprese paternali, e meno propense a fare gioco di squadra, a lavorare in team». Lo stesso vale anche per le nuove generazioni? C.Z.: «Questo no. I ventenni di oggi sono veloci, dinamici, abituati a confrontarsi con le nuove tecnologie. Purtroppo il mercato odierno offre loro meno possibilità di un tempo. Noi puntiamo moltissimo su di loro». A proposito di tecnologie, la vostra società investe buona parte dei suoi ricavati in innovazione. C.Z.: «Ciò è fondamentale soprat-

tutto ai fini della sicurezza. Specialmente con il mondo della moda, ci capita spesso di trasportare collezioni che valgono centinaia di migliaia di euro. Un solo campionario, se derubato o rovinato, può rovinare un’azienda. Per questo ci siamo adeguati adottando i più avanzati sistemi di sicurezza. Dalle telecamere a infrarossi agli allarmi satellitari di ultima generazione, fino ai rilevatori di calore». Perché insistere su questo punto? F.D.P.: «Perché con la crisi, mi duole dirlo, si stanno verificando molti furti, se non addirittura rapine a mano armata. Per fortuna ciò non è accaduto alla Air Ocean Cargo, ma lo stesso non si può dire per strutture distanti pochi chilometri dalla nostra. Ecco perché per un’azienda, trovare un partner capace di fornire garanzie e assicurazioni sotto questo profilo, fa realmente la differenza». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

Con l’ausilio di due macchine a raggi x e di una camera di decompressione siamo in grado di certificare sempre la sicurezza della merce in export in tempi rapidi

La vostra società è nata pochi mesi prima dell’attentato terroristico dell’11 Settembre. Da quel momento il mondo del trasporto merci internazionale è mutato profondamente. Anche sul fronte della sicurezza aeroportuale osservate un bisogno di rinnovo, di aggiornamento tecnologico e sistemico? F.D.P.: «A dire la verità non osserviamo particolari gap nelle realtà aeroportuali italiane. Certo, gli investimenti su Malpensa sono calati, specie dall’uscita di scena di Alitalia. In questo ambito, comunque, ora siamo divenuti anche noi un “soggetto doganale cad procedura semplificata” e presto anche deposito Iva. Questo ci consente di poter ricevere la merce direttamente dalla compagnia aerea o marittima, come fossimo un hub, e di sdoganare in tempi rapidi e in sicurezza. Inoltre abbiamo seguito tutte le procedure, tramite l’Enac, per essere un agente regolamentato. Quindi con l’ausilio di due macchine a raggi x e di 20 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

una camera di decompressione siamo in grado di certificare sempre la sicurezza della merce in export in tempi rapidi». Quanto incide questo a livello economico? C.Z.: «Moltissimo. Il poter eseguire le procedure doganali ci permette di ottimizzare i tempi e garantire puntualità nelle consegne». E questo non avviene anche negli aeroporti? F.D.P.: «Non sempre, non in questo Paese. E diremo di più, i rallentamenti che si possono subire negli aeroporti talvolta non sono nulla rispetto a quello che accade nelle realtà marittime. Genova e La Spezia, due tra i porti con cui lavoriamo maggiormente, presentano un deficit temporale e organizzativo insostenibile. Talvolta le merci rimangono ferme anche due giorni in attesa dei controlli. Non sarà un caso se molte aziende europee si stanno spostando su Rotterdam. Un’occasione mancata per l’Italia».

Quali aspettative riponete sul futuro del settore e della Air Ocean Cargo? C.Z.: «Le prospettive sono buone, anche a seguito dell’affare siglato in Qatar. Per quanto concerne l’Italia, la congiuntura negativa e i problemi sempre più frequenti legati alla riscossione dei crediti ci impediscono di pianificare il futuro in maniera lucida. Quel che è certo è il fatto che tutti noi attori del settore dobbiamo smetterla di “cannibalizzarci”». Vale a dire? C.Z.: «Non può reggere una concorrenza basata sulla sola logica del ribasso. Non dico che dobbiamo fare cartello, ma perlomeno ragionare secondo una strategia comune. Ricordiamoci che a causa della crisi molte compagnie di trasporto aereo hanno ridotto i voli. E laddove non hanno eliminato delle rotte, hanno alzato notevolmente i prezzi. Occorre quindi proiettare i propri investimenti e gli accordi contrattuali su uno scenario più complesso, e costoso, rispetto al passato».



IL COMMENTO

Avanti nonostante la crisi, la locomotiva non frena Secondo il presidente della Regione Roberto Formigoni «la Lombardia si sta facendo carico di un fardello importante, ma non ha fatto passi indietro e ha tenuto la barra dritta». E sulle priorità per il 2012: «In primis c’è ovviamente il rilancio della politica industriale, poi interventi per lavoro e formazione» Riccardo Casini

entre l’Ocse prevede una recessione nel 2012 per l’Italia, l’ultima indagine della Camera di Commercio di Milano ha evidenziato la disponibilità delle imprese milanesi a sostenere la ripresa del territorio e del Paese. Un segnale importante, in un momento delicato che tocca anche una delle “locomotive” dell’economia nazionale, come conferma il presidente della Regione, Roberto Formigoni, secondo cui «la Lombardia, come epicentro economico e finanziario dell’Italia, sta facendosi carico di un fardello importante». «Basti pensare – spiega – ai pesanti tagli ai trasferimenti subiti nell’ultimo biennio (1,5 miliardi di euro), ai limiti alla spesa imposti dal patto di stabilità e alla minor possibilità d’investimento che tutto questo comporta. Nonostante questa burrasca, però, la Lombardia non ha fatto passi indietro e ha tenuto la barra dritta: ce lo confermano gli ultimi dati diffusi da Unioncamere e Confcommercio Lombardia, oltre a quelli pubblicati dall’Annuario statistico regionale».

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Nessun passo indietro, ma neanche in avanti. «Non siamo cresciuti, è vero. Non avremmo potuto in queste difficili condizioni. Nonostante tutto però non ci siamo ridimensionati: alle incertezze che permangono in alcuni settori come artigianato o abbigliamento fanno da contraltare dati positivi come la diminuzione del ricorso alla cassa integrazione guadagni o le variazioni positive su base annua di svariati settori industriali, come siderurgia, meccanica e mezzi di trasporto». Ma in che modo oggi la Regione può aiutare le imprese? «Il compito della politica deve essere quello di riconoscere che ogni giorno ci sono migliaia di aziende che la mattina aprono i cancelli, alzano le saracinesche e contribuiscono, con la passione e la fatica di tutti quelli che vi lavorano, a mandare avanti il nostro Paese. La politica deve ascoltare le richieste che vengono dalle nostre imprese, che reclamano giustamente una riforma fiscale che incentivi chi innova e assume. A tale proposito parte delle risorse destinate al sistema pro-

Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia

duttivo, sotto forma di aiuto a fondo perduto, potrebbe essere veicolata tramite un sistema di crediti di imposta sugli investimenti che consente di premiare i comportamenti virtuosi delle imprese. Inoltre, per incentivare le microimprese a intraprendere strategie di espansione della scala dimensionale, si dovrà mettere mano a misure di incentivo che riducano la pressione fiscale per quelle che am-


Roberto Formigoni

Il compito della politica dev’essere quello di riconoscere che ogni giorno ci sono migliaia di aziende che contribuiscono, con passione e fatica, a mandare avanti il Paese pliano in modo stabile la propria pianta organica». Nel corso dell’ultimo anno ha espresso più volte il suo disappunto per i ripetuti tagli operati nei confronti degli enti locali. Quali difficoltà hanno comportato in particolare per la Lombardia? Quali sono oggi le sfide per chi è chiamato ad amministrare una regione, anche se tra le più virtuose? «La crisi ci impone anche di fare i necessari e giusti sacrifici, ma senza accettare l’approccio dei tagli lineari, che è scorretto e doloso. Bisogna evolvere verso un approccio di spending review se si vorrà realmente tagliare la spesa improduttiva e gli sprechi. I tagli devono sicuramente premiare chi ha attuato politiche virtuose e incoraggiarlo a continuare, ma al tempo

stesso devono costringere chi virtuoso non lo è stato ad adeguarsi a costi standard per l’erogazione dei servizi sanitari, di assistenza e di istruzione. E l’individuazione di benchmark per la determinazione dei costi favorirà la diffusione di servizi con il miglior rapporto qualità-costi su tutto il territorio nazionale». A proposito di virtuosità, quali sono invece i suoi principali motivi di soddisfazione per quanto fatto nell’ultimo anno in termini di contenimento dei costi? Come darvi seguito in concreto? «Questa amministrazione rappresenta un modello virtuoso che contraddice molti dei luoghi comuni sull’inefficienza della pubblica amministrazione e smentisce gli attacchi sommari rivolti indistintamente al settore pub-

blico: in questi anni abbiamo attuato un intenso lavoro di semplificazione e razionalizzazione, dimostrando che un sistema di funzionamento snello, efficiente e poco oneroso è possibile. Basti pensare che qui il costo generale di funzionamento per abitante è di 37 euro, mentre la media delle altre regioni supera gli 80 euro; allo stesso modo il personale della Regione è diminuito del 30% dal 1995 al 2010, mentre le spese di funzionamento della giunta sono state abbattute dell’15,4% nel quadriennio 20042007 e le auto di servizio sono diminuite del 23% dal 2010 a oggi. Questo è un modello che oggi propongo all’attenzione del Paese: in questo senso alcune possibili misure su scala nazionale possono riguardare l’adozione di costi standard in tutte le am- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 23


UNITÀ IL COMMENTO D’ITALIA

ministrazioni centrali e periferiche, fissando alcuni parametri obiettivo ai quali queste dovranno uniformarsi». Quali sono invece i punti principali della sua agenda per il 2012? Quali in questo momento gli obiettivi prioritari per la Lombardia? «In primis c’è ovviamente il rilancio della politica industriale. Credo infatti sia urgente sostenere la crescita dimensionale delle imprese anche attraverso forme di aggregazione e di rete, così come sostenere gli investimenti in ricerca e innovazione e la vocazione internazionale del nostro sistema imprenditoriale e potenziare la rete infrastrutturale: qui siamo riusciti nonostante tutto a dare impulsi significativi, agendo da una parte su infrastrutture più nuove e più intelligenti e dall’altra su potenziamento del trasporto pubblico, promozione del progresso nel trasporto privato e tutela della qualità dell’aria. Siamo dunque impegnati a progettare infrastrutture a medio e lungo periodo, anche anticipando i fondi del governo nazionale che, a distanza di due anni, ha sbloccato le risorse destinate alle aree sottoutilizzate. Un altro aspetto del nostro impegno dovrà poi riguardare le politiche per il lavoro e la formazione». Cosa è possibile fare in questo ambito? «Occorre difendere e promuovere il lavoro, sperimentando anche una riforma degli ammortizzatori sociali. È poi necessario utilizzare più efficacemente le risorse per quelli in deroga, differenziandole in relazione alle di-

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La Regione rappresenta un modello virtuoso che contraddice molti luoghi comuni sull’inefficienza della Pa

verse situazioni aziendali e personali dei lavoratori. E sarebbe necessario utilizzare uno strumento che permetta di verificare sul territorio i reali fabbisogni di assunzione da parte delle imprese e fare incontrare domanda e offerta di lavoro attraverso individuazione di lavoratori che necessitano di ricollocazione, valorizzando la rete degli operatori. Ma la produttività del lavoro va incentivata anche ricorrendo a un opportuno sistema di regole che disciplini i rapporti contrattuali senza appiattirli su standard uniformi a livello nazionale. Per quanto riguarda invece l’accesso al mondo del lavoro, dobbiamo prestare maggiore attenzione al sistema scolastico e universitario». In che modo? «Per quanto riguarda le università, l’obiettivo deve essere quello di creare una competizione positiva fra gli atenei, in modo da generare poli di ec-

cellenza in grado di fare da traino per le imprese ed essere riferimenti per i talenti provenienti da ogni parte del mondo. È necessario poi promuovere l’assunzione dei giovani talenti attraverso uno specifico trattamento economico e fiscale e offrire sostegno agli studenti più meritevoli. In questo senso la riforma dell’apprendistato approvata la scorsa estate ha l’obiettivo di fornire ai giovani un canale d’ingresso privilegiato nel mondo del lavoro e di garantire ai lavoratori e alle imprese una maggiore agibilità dello strumento attraverso la semplificazione della materia e la sua omogeneizzazione sul territorio nazionale. Ma ora è necessario attivare iniziative per promuovere questo strumento e colmare il gap rispetto a paesi come la Germania o l’Austria, dove circa il 5% dei lavoratori dipendenti sono apprendisti, rispetto al 2,5% dell’Italia».



VERSO LE ELEZIONI

Parola d’ordine, consolidamento Il senatore Mario Mantovani, coordinatore regionale del Pdl in Lombardia, guarda alle prossime tappe in vista delle elezioni amministrative del 2012: «L’alleanza con la Lega? Questa è la strada su cui lavorare per continuare a garantire il buongoverno alle nostre comunità locali» Riccardo Casini

el 2012 saranno ben 115 i Comuni lombardi chiamati a rinnovare i propri organi di governo: tra questi, anche due capoluoghi di provincia come Monza e Como, entrambi attualmente guidati da una maggioranza di centrodestra. E proprio da questa parte dello schieramento, che in Lombardia ha una delle proprie storiche roccaforti, sono attese le risposte più importanti, in particolare in seguito agli ultimi sviluppi nello scenario politico nazionale: i sommovimenti all’interno del Pdl e i rapporti con la Lega Nord, passata all’opposizione in seguito alla nomina del governo Monti, rappresentano altrettante incognite nella preparazione delle candidature per l’appuntamento elettorale della prossima primavera. Un cammino che vedrà una tappa fondamentale nei congressi comunali e provinciali del Pdl, in programma in questi mesi, che dovranno dare indicazioni certe su equilibri interni, alleanze e prospettive future. Già da ora tentiamo comunque di fare il punto della situazione con il senatore Mario Mantovani, coordinatore regionale del Pdl in Lombardia. Senatore, come potranno influire sulle prossime elezioni amministrative le ultime vicende po-

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Mario Mantovani, senatore e coordinatore regionale Pdl in Lombardia


Mario Mantovani

Il Popolo della Libertà dovrà ora proseguire con ancor più vigore il suo percorso di consolidamento e rafforzamento

litiche a livello nazionale, a partire dalle spaccature createsi all’interno del partito e che hanno portato in parte alle dimissioni del governo? «Silvio Berlusconi si è dimesso da presidente del Consiglio assicurando lealtà al governo Monti, come proposto dal presidente della Repubblica, per responsabilità e senso dello Stato, pur non essendo mai stato sfiduciato dal Parlamento. E la continua altalena dello spread e delle Borse ha evidenziato come i problemi dell’Italia non fossero certo attribuibili al leader del Pdl, ma alla debolezza politica ed economica delle istituzioni europee a sostegno dell’euro». Ultimamente però i dissidi tra le varie anime del partito erano divenuti evidenti, anche all’interno del Parlamento. «Di certo il Popolo della Libertà dovrà ora proseguire con ancor più vigore il suo percorso di consolidamento e rafforzamento, così da essere pronti ad affrontare e vincere le prossime elezioni politiche. I congressi provinciali e comunali, di cui auspico lo svolgimento in tempi brevi in Lombardia, non po-

tranno che riaffermare il Pdl fra la nostra gente: un ottimo punto di partenza per affrontare già le prossime elezioni amministrative». Intanto la Lega Nord ripete che a livello nazionale l’alleanza con il Pdl si è interrotta. Quali ripercussioni avrà questa decisione a livello locale? Come intendete procedere in vista dei prossimi appuntamenti alle urne? «Gli amici della Lega sono oggi in opposizione al governo Monti e non escludo fini elettorali: tre anni di governo a Roma e di lotta sul territorio sono difficili da far comprendere agli elettori di un movimento fortemente identitario e popolare come il loro. Detto questo, con la Lega governiamo tre Regioni, molte Province e migliaia di Comuni. Questa è la strada su cui lavorare per continuare a garantire il buongoverno alle nostre comunità locali. E sono certo che intorno a questo obiettivo continueremo a incontrarci». Tra i Comuni chiamati alle urne in regione figurano anche due capoluoghi, Como e Monza, entrambi attualmente guidati dal

centrodestra. A Monza la Lega pare intenzionata a ricandidare il sindaco uscente, Marco Mariani. Il Pdl è pronto a sostenerlo o state vagliando qualche alternativa? «Come in qualsiasi alleanza, i partiti avanzeranno le loro proposte e insieme si troverà la quadra più giusta e vincente. Ci faremo in particolare carico delle indicazioni che dirigenti, iscritti e militanti del Popolo della libertà rappresenteranno nel congresso provinciale e cittadino. Monza è una città strategica per la Lombardia e di certo il nostro impegno sarà massimo, a fianco del candidato che verrà scelto». A Como invece il sindaco Stefano Bruni sta giungendo al termine del suo secondo mandato. In che modo intendete procedere per scegliere il suo successore? «Per Como siamo stati chiari fin da subito: saranno le primarie o, come preferisco chiamarle io, le consultazioni popolari, a dire chi dovrà essere il nuovo candidato sindaco della città. Como ha conosciuto un periodo di grande cambiamento in questi anni e di certo non vogliamo tornare indietro». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 35


VERSO LE ELEZIONI

Riprendere il vento Scrollarsi di dosso gli strascichi del caso Penati per dar seguito alla scorsa stagione elettorale: questo oggi il compito del Partito Democratico in Lombardia secondo il suo segretario Maurizio Martina Riccardo Casini

rima la vittoria di Pisapia a Milano e lo slogan secondo cui “il vento è cambiato”; poi, in estate, la vicenda che ha coinvolto una personalità di spicco del Pd come Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, indagato per concussione e corruzione in merito a presunte tangenti intascate sulla riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni. Insomma, un 2011 a due facce per il centrosinistra in Lombardia, che ora tenta di rinserrare le fila in vista della prossima tornata elettorale, come conferma Maurizio Martina, segretario regionale del partito. Cosa è rimasto oggi di quella spinta propulsiva che ha portato al successo di Pisapia? Il centrosinistra può ripetersi all’appuntamento con le urne in primavera? «Sicuramente alle prossime elezioni amministrative in Lombardia il centrosinistra può proseguire la sua stagione positiva di cambiamento. La vittoria di Milano e di altre realtà importanti sul territorio hanno confermato che, quando le nostre proposte sono aperte e includenti, possiamo vincere e coinvolgere energie nuove. Per questo continueremo all’insegna dei progetti civici dove partiti e associazioni si incontrano e decidono di condividere idee per il

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futuro delle nostre città». Quanto influiranno a livello locale le dinamiche in atto nello scenario politico nazionale? Quali intese sono possibili in regione con il Terzo Polo? Come potranno influire sul rapporto con alleati come Idv e Sel? «È presto per capire se e come potranno esserci novità figlie del nuovo contesto nazionale. In ogni caso penso che a livello territoriale vada privilegiato il lavoro prodotto dal basso unendo le forze e le persone su precisi progetti di governo delle città. Con Idv e Sel continua un lavoro serio impostato da tempo. Con altri soggetti civici e moderati siamo interessati a dialogare uscendo dalle formule astratte di un certo politichese. Il punto è la condivisione dei programmi e degli obiettivi fondamentali delle proposte che formuliamo ai cittadini». A Como intanto si sono già svolte le primarie, con il successo di Mario Lucini. «Le recenti primarie di Como hanno rappresentato un bellissimo segnale, innanzitutto per la grande affluenza al voto. Hanno confermato che quando ci apriamo e coinvolgiamo i cittadini, questi rispondono in modo molto positivo. A Como con la candidatura di Lucini si darà vita a un forte pro-

getto civico in grado di coinvolgere la città in modo largo». Ma su quali temi dovrà incentrarsi il suo programma? «Sono certo che Lucini saprà organizzare un programma serio, concreto e utile a Como per uscire da questi ultimi anni molto difficili». A Monza invece le primarie sono in programma il prossimo 22 gennaio. Quali dovranno essere qui le priorità del nuovo primo cittadino? «Credo che anche a Monza ci siano tutte le condizioni per una proposta forte di cambiamento, visto il largo malcontento dei cittadini per l’amministrazione uscente che non ha certo brillato». A proposito di amministrazione uscente: il centrodestra e la Lega sembrano intenzionati a ricandidare l’attuale sindaco Mariani. «A prescindere dalle loro decisioni, credo che ci siano alcuni nodi cruciali, come la salvaguardia del territorio, il traffico e la mobilità, la difesa dell’ambiente e il potenziamento dei servizi sociali, dove noi possiamo mettere in campo idee e persone affidabili e credibili. Anche qui con lo stesso stile: apertura alle forze civiche della città, partecipazione dei cittadini, chiarezza nelle priorità e lavoro di squadra».





POLITICA ECONOMICA

Rigore e politiche di sviluppo La difficile situazione economica non ha esentato nemmeno la forte economia lombarda che attende misure per rilanciare le imprese. Alberto Barcella fa un ritratto del tessuto imprenditoriale regionale Nicolò Mulas Marcello

l 2011 si sta per concludere e la crisi economica non accenna a placarsi. Ciò che preoccupa maggiormente gli imprenditori lombardi è il calo degli ordini esteri in questo ultimo trimestre rispetto al resto dell’anno. Secondo Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia, questo aspetto unito al difficile accesso al credito e al rallentamento dell’economia globale rende ardua ogni previsione di crescita: «Confindustria spiega da tempo che la politica del rigore deve necessariamente essere affiancata a una politica di crescita». Possiamo fare un quadro generale dello stato di salute dell’imprenditoria lombarda? «Fino al secondo trimestre di quest’anno c’è stata una modesta crescita della produzione industriale, che però si è fermata nel corso del terzo trimestre e le attese per il quarto sono purtroppo negative. Questo è dovuto al rallentamento che si sta registrando anche nell’economia globale, che comporta un calo di ordini dall’estero, oltre a una ulteriore riduzione degli ordini interni. Il calo esterno preoccupa molto in quanto proprio le esportazioni hanno permesso alla Lombardia di crescere in questi ultimi trimestri. L’aspetto che

I Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia

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teme di più oggi l’imprenditoria è la certezza di una restrizione del credito o di un incremento significativo del costo del denaro che riduce la competitività delle imprese italiane rispetto ai concorrenti tedeschi. Questo è un ulteriore elemento di preoccupazione e di aumento del gap di competitività rispetto ai nostri partner europei». Le imprese milanesi si sono recentemente rese disponibili a sostenere la ripresa del paese, attraverso l’investimento di 2 miliardi in iniziative, come l’acquisto di Bpt. Con la richiesta però di non aumentare l’Iva e di aiutare lavoro e innovazione. Quali sono le previsioni sotto questi aspetti? «È un’iniziativa che ha un risvolto psicologico molto importante perché è una dimostrazione di fiducia nei confronti del Paese. Certo è che questa fiducia non può rimanere limitata soltanto all’Italia ma, nell’era della globalizzazione, deve essere estesa anche agli investitori istituzionali stranieri. Altrimenti rimarrà un bel gesto i cui effetti pratici saranno abbastanza contenuti. Per quanto riguarda l’incre-


Alberto Barcella

L’aspetto che gli imprenditori temono di più oggi è la restrizione del credito

2 mld BTP

La cifra messa a disposizione dagli imprenditori lombardi per l’acquisto di buoni del tesoro poliennali

70 mln EURO

L’ammontare di stanziamenti previsti da destinare al Patto di stabilità territoriale per gli enti più virtuosi secondo quanto affermato dal presidente Formigoni

mento dell’Iva e il sostegno all’innovazione, Confindustria spiega da tempo che la politica del rigore deve necessariamente essere affiancata a una politica di crescita e sviluppo. Senza di esse qualsiasi accanimento per la riduzione del debito è poco produttivo in quanto se non si crea ricchezza è difficile uscire dalla crisi e quindi non si riesce nemmeno a ripagare il debito. Per quanto riguarda l’Iva io sono fermamente convinto che azioni spot che sono state fatte sulle entrate, come quelle introdotte dalle manovre del precedente governo, rischiano di essere più dannose che produttive. Aumentare l’Iva può avere senso solo se nello stesso tempo si riduce la pressione fiscale sui redditi più bassi, altrimenti c’è il rischio di una ulteriore contrazione del mercato interno. Quando si cambia qualcosa nel sistema tributario occorre fare attenzione che tutto il resto sia collegato. Infine, sul piano dell’innovazione, se vogliamo competere dobbiamo proiettarci su produzioni con alto valore aggiunto che quindi contemplino risorse per ricerca e innovazione».

Una impresa su otto vuole fare rete per rafforzarsi e contrastare la crisi. Qual è l’incidenza delle reti d’impresa sul territorio lombardo e come si muove Confindustria per agevolare questo tipo di alleanze? «Confindustria è estremamente favorevole e sta sostenendo e promuovendo la creazione di reti sul territorio. Le reti sono un’invenzione italiana che ha cercato di superare un vincolo antropologico che caratterizza la nostra imprenditoria: la paura di perdere il controllo della propria azienda con aggregazioni che in qualche modo rischiano di spogliare l’imprenditore del controllo della propria azienda. Le reti dovrebbero provare invece i vantaggi di una maggiore dimensione che è un problema serio per il nostro paese, caratterizzato da tante piccole imprese che non riescono a far fronte alla globalizzazione. Esse quindi dovrebbero portare il vantaggio di una dimensione maggiore e allo stesso tempo garantire il controllo a ogni imprenditore della propria azienda. La sensazione è che le reti stiano aumentando, Confindustria pertanto fa di tutto per promuoverle». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 41


POLITICA ECONOMICA

Incentivi e non ostacoli Cala la fiducia delle imprese milanesi sulla congiuntura economica per i prossimi 12 mesi. Ma le aziende non rinunciano comunque a rincorrere la ripresa: lo spiega il presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli Francesca Druidi

li umori, i timori e le soluzioni alla crisi di 500 imprenditori milanesi sono raccolti in un’indagine effettuata da Ispo Ricerche per la Camera di Commercio meneghina, presentata l’11 novembre scorso in occasione del convegno “Imprese in rete oltre la crisi”. Dall’evento emerge la volontà delle aziende del capoluogo regionale di non rassegnarsi, nonostante le previsioni pessimistiche, ma di contribuire al rilancio del Paese. Già nel 2011 le imprese risultano stabili per fatturato e occupazione, con un valore dell’export positivo. A fare la differenza secondo Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio, è «in primo luogo la capacità creativa e innovativa, che ha permesso alla maggioranza delle imprese di qualunque settore e dimensione di reggere alla grande crisi». Non senza sacrifici. «Molti imprenditori hanno venduto beni personali per evitare la chiusura dell’azienda, nella quale identificano una parte della loro vita, del loro futuro e di quello della loro famiglia». Quali sono le iniziative, presenti e future, della Camera di Commercio a sostegno delle imprese? «Nel corso del 2011 l’ente ha stanziato circa 40 milioni di euro in interventi per le aziende. Penso alla priorità “Incentivi alle imprese che assumono”, che si è trasformata proprio recentemente nel “Bando Fare Impresa Milano

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Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano e di Confcommercio nazionale

42 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

2011”, grazie al quale abbiamo stanziato 1 milione e mezzo di euro per le giovani aziende con meno di 18 mesi. Il convegno ruotava attorno al tema delle aggregazioni, delle alleanze, delle reti tra imprese, che riteniamo strategico per il futuro delle pmi. Le reti possono, infatti, costituire il trampolino delle aziende per crescere, per ottenere più e miglior credito. E proprio alle reti, la Camera di Commercio, insieme ad altre istituzioni come la Regione Lombardia, ha dedicato il bando Ergon, aperto fino a metà gennaio, che mette a disposizione 24 milioni di euro per le imprese che vogliono innovare o andare all’estero facendo rete». Quali sono le reali opportunità e le principali criticità offerte dall’aggregazione? «Le reti di impresa, che godono di alcune facilitazioni fiscali, consentono alle piccole aziende di parlare con una sola voce alla Pa, alle banche e ai mercati, senza tuttavia perdere la loro indipen-


Carlo Sangalli

Finora le reti di impresa si sono sviluppate nell’ambito industriale, ma ne stanno nascendo anche nel terziario

denza e identità. Finora, le reti di impresa si sono sviluppate soprattutto nell’ambito industriale, ma ne stanno nascendo anche nel settore terziario. La Camera di Commercio ha previsto, per il 2012, la costituzione di hub informativi per mettere a disposizione delle imprese le novità legislative legate alle reti, le possibilità di finanziamento e le iniziative messe in campo dagli enti camerali per cercare business partner attraverso un’azione di matching». Viene bocciata dal 71% delle imprese milanesi l’aumento dell’Iva. «Escludo che un rialzo dell’Iva sia utile all’economia del nostro Paese. La tassazione dei consumi penalizza soprattutto i livelli di reddito medio-bassi, innesca processi inflazionistici e finisce per essere controproducente rispetto all’esigenza di recuperare l’evasione dell’Iva. Le imprese hanno bisogno di stimoli per crescere, non di manovre che finiscono per deprimerle. Chiedono, ad esempio, incentivi o facilitazioni per le nuove assunzioni, la defiscalizzazione del lavoro straordinario e degli utili reinvestiti nell’impresa. C’è molto da fare, se si pensa che oggi abbiamo ancora una tassa iniqua come l’Irap che penalizza le aziende che assumono e quelle

mln BANDO Ammontare delle risorse complessive stanziate dal Bando Ergon per le reti d’impresa

20% RETE Percentuale di imprese milanesi interessate a costituire una rete d’impresa

5% EXPORT

Percentuale di imprenditori milanesi che valuta l’export in miglioramento negli ultimi 12 mesi

che pagano interessi passivi». È l’instabilità politicoeconomica nazionale a preoccupare di più gli imprenditori. Cosa le aziende chiedono al governo tecnico, pur essendo disposte a investire in Bot e Btp? «Quello che stiamo attraversando è uno dei momenti più difficili della storia italiana dal dopoguerra a oggi. Le imprese sono disposte a fare sacrifici se le misure che adotterà il governo saranno efficaci, rigorose ed eque. Ma soprattutto se saranno orientate anche alla crescita. Premere solo o soprattutto sull’acceleratore del fisco significa mettere il sistema imprenditoriale in condizioni ancora più difficili, innescando una spirale negativa che può finire per mandare fuori strada la macchina Italia». Sempre in base all’indagine, i pessimisti circa la ripresa di Milano hanno per la prima volta superato gli ottimisti. «Serve ritrovare la fiducia nel futuro. Quella fiducia che permette alle imprese di investire e assumere, ai giovani di uscire di casa per affrontare la vita e agli anziani di pensare al domani senza angoscia. Un dato confortante è che, nonostante la crisi, a Milano continuano a nascere nuove aziende costituite da imprenditori coraggiosi e con idee innovative. Più in generale, la nostra città ha tutte le potenzialità per rimettersi in piedi, correre e progettare il proprio futuro. Ma, come l’Italia, ha bisogno di incentivi e non di bastoni tra le ruote». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 43


POLITICA ECONOMICA

Più ricerca e meno burocrazia la ricetta per la crescita Confrontarsi sempre con nuovi mercati e sfide produttive, investendo sulle risorse umane. Questa la politica d’azione del Gruppo Mapei, guidato da Giorgio Squinzi, che indica possibili traiettorie di sviluppo per le imprese italiane Francesca Druidi

a ricerca effettuata su 500 imprenditori milanesi, presentata dalla Camera di Commercio l’11 novembre scorso in occasione del convegno “Imprese in rete. Insieme per trovare la via di un nuovo sviluppo”, mostra come le aziende del capoluogo regionale non restino a guardare di fronte al complesso scenario economico e finanziario. Partendo dall’esperienza del Gruppo Mapei, l’amministratore unico Giorgio Squinzi identifica alcune misure utili alle imprese per segnare il passo rispetto alla crisi. Quali leve le aziende devono privilegiare in questo periodo storico per guardare alla ripresa? «Per definizione l’imprenditore reagisce, lotta, s’impegna per affrontare qualunque situazione avversa interessi la sua azienda e il suo lavoro. E, in questo atteggiamento, Milano vanta sicuramente una leadership, non solo in Italia. Premesso che ogni situazione aziendale e ogni imprenditore segue vie assolutamente personali per rispondere alle sollecitazioni del mercato, posso indicare gli ingredienti della strategia Mapei: specializzazione, internazionalizzazione

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44 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

e ricerca. È straordinariamente importante dedicare una parte considerevole del bilancio - nel caso di Mapei circa il cinque per cento ogni anno e oltre il dieci per cento del personale alle attività di ricerca e innovazione, con l’obiettivo di costruire e mantenere un vantaggio sui competitor grazie all’intelligenza. Penso potrebbero essere buone leve per rispondere all’attuale stallo». Sia sul versante produttivo che commerciale, il Gruppo Mapei è presente in tutti i cinque continenti. Qual è la direttrice seguita dal Gruppo sul fronte dell’internazionalizzazione? «Premesso che nella nostra “ossessione per la crescita” siamo stati aiutati nelle politiche di internazionalizzazione dalla nostra tipologia produttiva, che lega gran parte dell’economicità ai costi di trasporto, abbiamo scelto un modello aziendale molto particolare. Nelle nostre filiali estere, per scelta convinta, non abbiamo “espatriati” su base permanente». In che senso? «È stata impostata una struttura imprenditoriale specifica che rappresenta una sorta di cervello del Gruppo e copre tutte le diverse aree (operation, produzione, ricerca, marketing, vendite). In movimento tutto l’anno. Partendo da questi profili itineranti, nelle sedi locali abbiamo individuato profili operativi locali. Operiamo poi uno sforzo continuo teso a migliorare la qualità del nostro capitale umano, un aspetto al quale dedichiamo grande attenzione e investi-


Giorgio Squinzi

Abbiamo un bisogno direi vitale di un programma di semplificazione normativa

menti. Manteniamo contatti saldi e continui, legami forti con tutto il nostro management, trasmettendo i valori dell’azienda familiare. Le conseguenze di questo stile imprenditoriale, improntato al rapporto continuo, alla condivisione e all’ascolto, si traducono nel fatto che non abbiamo mai effettuato riduzioni di personale né un’ora di cassa integrazione, in nessuna parte del mondo. Mi sembra che i risultati ci confortino nelle scelte fin qui operate». Defiscalizzazione dello straordinario degli utili reinvestiti nell’impresa e tutela del made in Italy sono alcune delle priorità indicate dalle aziende milanesi nella ricerca Ispo per la Camera di Commercio. Quali elementi lei ritiene indispensabili? «Tutte le proposte emerse dall’incontro presso la Camera di Commercio sono, a mio avviso, intelligenti e molto utili se portate a sistema. Vorrei però soffermarmi su quelle che considero precondizioni fondamentali: la burocrazia e la ricerca. Innanzitutto la burocrazia. Abbiamo un

bisogno, direi vitale, di un programma di semplificazione normativa che vada ben oltre i provvedimenti già definiti, al fine di abbattere gli intralci gratuiti che ogni giorno ci complicano la vita. Un vero tangibile processo di riforma In apertura, Squinzi, della pubblica amministrazione con l’obiettivo di Giorgio responsabile evitare lo scontro con una burocrazia distante da- di Confindustria l’Europa gli interessi dei mondi produttivi. Il Censis, isti- per e presidente tuto degno di fiducia, ha calcolato che la buro- del Cefic, confederazione crazia incide per quasi il 2,5% sui costi ladelle industrie complessivi delle imprese ed è uno dei fattori che chimiche europee ha maggiormente influito sulla bassa crescita italiana di questi ultimi quindici anni». Poi c’è la ricerca. «Sì, sui temi della ricerca l’impegno deve essere più forte che mai. Ritengo che nel costruire le condizioni strutturali favorevoli alla crescita, non si possa prescindere dalla definizione e attuazione di politiche mirate al sostegno di ricerca e innovazione. Non intervenire con determina- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 45


POLITICA ECONOMICA

zione in questi settori sarebbe una scelta davvero miope, perché è su di esse che si poggia la competitività delle imprese. E senza imprese competitive non ci può essere crescita. Vi è poi un tema molto complesso e particolare, di non semplice trattazione: una giustizia civile al passo con i tempi. Ad esempio, l’aspetto del recupero crediti, che ha modi e tempi inaccettabili, penalizza le aziende corrette, che sono la stragrande maggioranza, ed esaspera le scorrettezze. Quando invito i miei amici a investire nel nostro Paese, mi rilevano proprio quest’aspetto come un impedimento fondamentale che li frena». Sempre in base all’indagine, sembra venire meno il clima di fiducia per la situazione milanese in generale. È una sensazione dettata dal più generale andamento nazionale o anche Milano avrebbe bisogno di maggiore slancio? «Milano e i suoi imprenditori hanno intelligenza e slancio da vendere. Ne sono assolutamente convinto. Hanno solo qualche “piccola” necessità perché non vivono su un altro pianeta. E queste “piccole” necessità sono ciò che servirebbe all’intero Paese. Chiedono solo di essere messi in condizioni di potere lavorare, senza lacci e lacciuoli. Mi riferisco non solo alla burocrazia, ma più in generale alla politica, quella con la p maiuscola. Senza una politica seria e responsabile, che risponda alle necessità della collettività, ogni sistema economico e sociale ha prospettive incerte. 46 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Nel costruire condizioni favorevoli alla crescita, non si può prescindere da politiche mirate al sostegno di ricerca e innovazione

E gli imprenditori sono una colonna portante e insostituibile del modello occidentale cui noi ci riferiamo. Vogliamo considerarli oppure osteggiarli? Questo è il bivio che ha di fronte in questo momento la politica, che nei prossimi mesi dovrà dimostrare di essere all’altezza del compito di guidare gli italiani attraverso la verità, anche quella più dolorosa. Gli italiani potrebbero essere disposti a sopportare una stagione di sacrifici, ma chiedono in cambio serietà, correttezze e trasparenza». Come muoversi allora? «Bisogna far uscire la politica dalle trincee nelle quali si è rifugiata e affrontare il peso e la sfida della riflessione e del confronto. Ho sempre rifiutato di attribuire alla sola classe politica la responsabilità di tutti i nostri mali, perché questa rappresenta solo una parte della classe dirigente del Paese. Penso sia il tempo di riferirci a una classe dirigente generale, della quale fanno parte con ruolo e responsabilità tutti quelli che sono in grado di esercitare una funzione di guida e di orientamento. Spero in scelte sagge, confortanti e di buon senso da parte di tutti. Un clima di fiducia ritrovata sarà una conseguenza ovvia».



POLITICA ECONOMICA

Segnali di ripresa per le imprese Ancora limitata la propensione del tessuto imprenditoriale a fare rete. Lo indica una ricerca Ispo che ha sentito un campione di 500 imprese milanesi. A spiegarne i punti salienti è Renato Mannheimer Francesca Druidi

andamento dell’economia milanese e le previsioni per i prossimi mesi. È il focus del rapporto effettuato da Ispo per la Camera di Commercio di Milano, presentato in apertura del convegno organizzato dall’ente camerale l’11 novembre scorso. Giunto alla quarta edizione, il Monitor Ispo ha analizzato l’andamento e le tendenze del sistema economico locale, indagando in particolare le opinioni delle imprese sulla ripresa del Paese, le aspettative future per la situazione economica della provincia e del settore, oltre all’andamento dell’azienda e alle previsioni future delle principali variabili economiche. Si tratta di un’indagine demoscopica di tipo quantitativo realizzata presso un campione di 500 imprese operanti nella provincia di Mi-

L’ Sotto, Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione

48 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

lano, «un campione statisticamente rappresentativo delle categorie e dei settori dell’imprenditoria del territorio» evidenzia il presidente di Ispo, Renato Mannheimer. «L’elemento che mi ha maggiormente colpito è il clima di pessimismo che si respira presso le aziende e che non favorisce l’uscita dalla crisi. Ci sono, a ogni modo, segnali di ripresa, soprattutto per le imprese che esportano». È l’instabilità politico-economica a livello nazionale a essere indicata dal 30% degli imprenditori milanesi come fattore che desta più apprensione. «Non mi stupisce, ciò si rileva in pressoché tutti i nostri sondaggi: l’imprenditore tende sempre a percepire come più critica la situazione del Paese rispetto alla propria dimensione aziendale, di cui ha maggiore controllo. Quello italiano è, in definitiva, un popolo che sa cavarsela, ma che spesso vuole agire da solo. Un altro elemento importante, infatti, che emerge dalla ricerca è la scarsa propensione del tessuto imprenditoriale a fare rete, sia per difficoltà pratiche che per mancanza di cultura in questo senso, una propensione che però sarà sempre più necessario sviluppare di fronte alla concorrenza internazionale». Infine, le aree di intervento ritenute prioritarie dalle aziende milanesi sono il credito, la flessibilità e gli adempimenti burocratici, che frenano l’attività delle imprese.



CONSUMI

Il commercio scommette sui distretti Anche in tempi di crisi il costo della vita in Lombardia è più alto rispetto alla media nazionale. A confermarlo è lo studio annuale della Camera di Commercio. Stefano Maullu illustra la situazione in regione Nicolò Mulas Marcello

e possibilità di risparmio dei cittadini si sono ridotte non solo a Milano, ma anche nel resto della regione. L’attenzione alle spese mensili per le famiglie lombarde è aumentata e le abitudini dei consumatori sono cambiate adattandosi al costo della vita. «Nonostante ciò – spiega Stefano Maullu, assessore al Commercio, Turismo e Servizi della Regione Lombardia – la percezione della qualità della vita in Lombardia, grazie anche alle buone politiche regionali, resta superiore non solo alla media nazionale ma anche al dato registrato in Spagna e in Francia, e in linea con la Germania». Qual è la situazione consumi nel resto della Lombardia? «In Lombardia le famiglie spendono 81 euro in meno rispetto a quelle milanesi e più della metà riesce a fare quadrare i conti, ma si sono ridotte le possibilità di risparmio e sono aumentati i prezzi. Nel 2010 circa il 58% delle famiglie lombarde ha chiuso l’anno con il proprio bilancio in pareggio, anche se, per far quadrare i conti, il 23% ha tratto dai propri risparmi o è ricorso al debito. Per far ripartire i consumi sono necessari interventi indirizzati alla tutela dei risparmi delle famiglie e all'incremento della loro capacità di spesa. Per reagire alla crisi le famiglie lombarde non hanno tagliato la spesa alimentare, ma hanno ridotto le spese meno prioritarie, quelle insomma dedicate al tempo libero e all’abbigliamento: si consuma di meno per le cene al ristorante, per la palestra e per i viaggi».

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Stefano Maullu, assessore al Commercio, turismo e servizi della Regione Lombardia

50 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Come sono cambiate le abitudini dei cittadini lombardi? «In Lombardia le famiglie preferiscono tirare la cinghia piuttosto che indebitarsi. Il credito al consumo è ancora sottoutilizzato, solo l’acquisto della casa o dell’automobile restano ancora gli unici buoni motivi per intraprendere pagamenti rateali. Preferendo la via dell’acquisto a prezzi più bassi per le spese alimentari, si è registrato un incremento di presenze nei mercati rionali, a “km 0”, i negozi di vicinato e anche nei discount e nei supermercati. Lo conferma un’indagine prodotta da Nielsen sulla grande distribuzione in Lombardia, secondo la quale negli ultimi tre mesi dello scorso anno l’80,3% delle spese effettuate in ipermercati e supermercati è stata destinata a generi alimentari, mentre il restante 20% a prodotti per la cura della casa o della persona; in particolare, i lombardi hanno speso in media per i generi alimentari oltre 70 euro in più di quanto è stato speso in media in Italia. Tuttavia nel nostro territorio esiste un’economia basata sulle nostre “eccellenze”, sulla cui valorizzazione continueremo sempre a investire».


Stefano Maullu

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Si è registrato un incremento di presenze nei mercati rionali

-5,9% IMMOBILI Il calo del giro di affari del mercato immobiliare nel corso del 2010 in Lombardia

200 DISTRETTI

Il numero dei distretti del commercio attualmente presenti su tutto il territorio lombardo

Quali sono le spese più onerose che devono affrontare i cittadini in tutta la regione? «È ovvio che anche per i cittadini di tutto il territorio lombardo l’impegno più gravoso riguarda l’acquisto della casa. Così come non è un mistero per nessuno che siano fermi tanto il mercato immobiliare quanto l’edilizia. La crescente fragilità delle famiglie italiane, il brusco innalzamento del costo del credito e la rigidità della concessione dei mutui hanno creato un trend negativo che ha messo sotto pressione il mercato immobiliare da almeno 6 anni. Dai dati di uno studio realizzato da Ance Lombardia risulta, infatti, che dopo il massimo storico raggiunto nel 2006, con un giro d’affari record di poco inferiore ai 40 miliardi di euro, il business del mercato immobiliare lombardo si è ridotto di circa 44 punti percentuali, con una perdita di 17,3 miliardi di euro di fatturato. Tuttavia anche se il 2010 si è chiuso in negativo (-5,9%), rispetto all’anno precedente (chiuso con un -23,7%), il mercato è in ripresa. Questa lieve crescita del numero di compravendite residenziali interrompe un triennio particolarmente difficile. La ripresa ha riguardato però solo i comuni capoluogo

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(+4,7%) mentre negli altri si è registrata un’ulteriore lieve flessione dello 0,6%». Quali sono gli interventi in programma da parte della Regione per incentivare il commercio e migliorare i servizi? «Per rilanciare il commercio come strategia di riqualificazione urbana, la Regione Lombardia, grazie alla sinergia tra settore pubblico e privato, ha istituito i “distretti del commercio”: strumenti strategici per incentivare i consumi, per la difesa della rete commerciale e delle attività turistico-culturali. A oggi sono duecento, 176 dei quali hanno ricevuto finanziamenti per un ammontare di quasi 75 milioni di euro. E sono circa 800 i comuni delle dodici province lombarde ammessi ai finanziamenti. I distretti valorizzano il ruolo del territorio come volano per il sistema economico e sono delle aree produttive dove cittadini, imprese e formazioni sociali, liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio. Rappresentano lo strumento adatto anche per aiutare la ripresa del settore dell’edilizia: perché non serve puntare alle grandi infrastrutture ma occorre fare sistema con le piccole realtà territoriali attraverso investimenti di qualificazione urbana del territorio. A breve la Regione lancerà un vero e proprio marchio di qualità per i distretti, che servirà a certificare l’importanza di questo strumento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 51


CONSUMI

I consumi dei milanesi Le famiglie milanesi spendono circa 3mila euro al mese ovvero 400 euro in più rispetto alla media nazionale. Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di Commercio di Milano, illustra l’indagine sui consumi giunta alla sua quinta edizione Nicolò Mulas Marcello

consumi delle famiglie milanesi sono cresciuti nell’ultimo anno. A confermarlo sono i dati dell’ente camerale milanese. Cosa pesa di più sulle tasche dei milanesi? «La casa, tra mutui, affitti, costi varie e utenze – spiega Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di Commercio di Milano – resta la voce principale di spesa con un peso di circa il 39%». Secondo l’ultima indagine della Camera di Commercio e del Comune ogni famiglia spende quasi 3.000 euro al mese. Quanto ha inciso la crisi economica? «L’indagine sui consumi delle famiglie milanesi, giunta ormai alla quinta edizione, ci con-

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In alto, Pier Andrea Chevallard, presidente della Camera di Commercio di Milano

52 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

segna la fotografia di una città con un alto livello di consumi che nel 2010 registrano una ripresa rispetto all’anno precedente e in cui la spesa media a famiglia è superiore alla media italiana di circa 400 euro al mese. Ma è anche la Milano delle differenze, tra centro e periferia, tra famiglie con figli e senza, tra giovani e meno giovani e in cui negli ultimi anni si registrano sempre maggiori difficoltà nella capacità dei nuclei familiari di far quadrare i conti e arrivare alla fine del mese. Una situazione su cui l’incertezza economica degli ultimi anni ha pesato non ancora in termini di contrazione dei consumi ma più che altro nella composizione degli stessi. L’indagine attualmente in corso sui consumi delle famiglie milanesi nel 2011 ci permetterà, nei prossimi mesi, di valutare appieno l’impatto che la crisi avrà avuto sui consumi e sulle capacità di spesa delle famiglie della nostra città». La voce casa è quella che incide maggiormente sul bilancio familiare, subito dopo vengono gli alimentari. Come sono cambiate le abitudini dei milanesi? «Le famiglie milanesi hanno continuato a consumare anche in questo periodo difficile causato dalla crisi internazionale ma è cambiato cosa e come


Pier Andrea Chevallard

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Sono aumentati i prezzi di energia elettrica, gas e altri combustibili

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consumano. Tra mutui, affitti, costi varie e utenze, la voce principale di spesa resta la casa, con un peso di circa il 39%. Sono spese che, soprattutto a livello di mutuo e affitti, sono parecchio superiori alla media italiana, circa 120 euro al mese ad esempio per i mutui, ma sulle quali per lo più le famiglie non possono attuare politiche di risparmio. Così come non è possibile contrarre molti consumi che riguardano i figli, come ad esempio quelli per l’istruzione. Diminuiscono invece i consumi per i beni alimentari, che in un anno si sono ridotti del 4,6%. In un contesto comunque difficile diventa sempre più importante il ruolo della rete di supporto parentale su cui molte famiglie italiane e milanesi possono contare, non solo in termini di aiuto pratico nella gestione familiare, ma adesso anche in termini di vero e proprio sostegno economico». A cosa è dovuto questo crescente costo della vita nel capoluogo lombardo? «L’indagine sui consumi ci dice che un terzo delle famiglie che ha aumentato le proprie spese lo ha fatto perché è cresciuto il costo della vita. Sono aumentati i prezzi delle materie prime come il petrolio (+27% a giugno) ma anche trasporti, energia elettrica, gas e altri combu-

stibili, alcuni alimentari e bevande. Nel frattempo molte famiglie hanno visto ridursi i propri redditi. Oltre una famiglia su quattro, tra quelle che hanno ridotto i consumi, ha dovuto farlo per le minori entrate economiche familiari. Non dimentichiamo però che Milano è tradizionalmente prima in Italia per livello dei consumi ma anche per ricchezza prodotta e reddito procapite. Le capacità di spesa delle nostre famiglie sono pertanto superiori al resto del Paese, indice di una vitalità che è comune a imprese e cittadini». Una famiglia milanese su cinque non è in grado di fronteggiare spese impreviste di 1.000 euro con risorse proprie. Come è possibile arginare questo problema? «Non dimentichiamo che ricchezza delle famiglie e ricchezza delle imprese sono legate, soprattutto in un territorio come il nostro dove il rapporto fra imprenditorialità, nuclei familiari e sviluppo economico è così forte. Proprio per questo è necessario che istituzioni nazionali e locali, con la collaborazione delle associazioni di categoria, mettano in campo misure a sostegno della crescita senza dimenticare la tutela dei posti di lavoro e le misure a favore dello sviluppo dell’occupazione giovanile».

39% SPESA La percentuale della spesa mensile dei milanesi destinata alla casa nell’ultimo anno

4,6% ALIMENTARI Il calo della spesa mensile dei cittadini milanesi nell’ultimo anno per quanto riguarda gli alimentari

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 53


MERCATI ESTERI

Export e reti d’impresa In Lombardia le aziende hanno da tempo capito l’importanza dell’aggregazione, soprattutto in un periodo di crisi economica. Stefano Poliani svela tutte le opportunità che le aggregazioni riservano anche nei mercati internazionali Nicolò Mulas Marcello

l difficile periodo economico ha costretto anche le aziende lombarde a operare scelte diverse. Chi è riuscito a esportare i propri prodotti ha retto l’impatto con la crisi. Ma il tessuto imprenditoriale è fatto soprattutto di piccole aziende che hanno bisogno di crescere dal punto di vista dimensionale per poter affrontare un percorso che richiede importanti investimenti come quello dell’internazionalizzazione. «Per crescere all’estero le imprese lombarde – spiega Stefano Poliani, vicepresidente di Confindustria Lombardia – devono aumentare la loro dimensione, e per far questo devono capire che si devono mettere insieme». Come si rapportano attualmente le imprese lombarde al mercato estero? «Le modalità principalmente sono due: una

I Stefano Poliani, vicepresidente di Confindustria Lombardia

54 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

legata alle esportazioni e una agli investimenti. La quota di fatturato derivata dalle esportazioni è in costante aumento negli ultimi anni, le imprese lombarde che sono riuscite ad arrivare nei nuovi mercati sono anche quelle che hanno investito nell’export e nella competitività». La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende della Lombardia su questo fronte? «La crisi ha sicuramente ridotto gli investimenti in generale, non solo per colpa degli ultimi aumenti dello spread che li ha fermati, ma anche a causa dell’accesso al credito che risulta sempre difficile. Le imprese lombarde continuano comunque a cercare opportunità per sviluppare la quota di export. Rispetto al 2008 il numero delle partecipate estere è cresciuto dal 2,5% al 3,5%. La crisi ha spostato il focus sui piani di sviluppo. L’Europa e gli Stati Uniti perdono attrattività a vantaggio di India, Cina, Sud America, Turchia e tutti quei paesi dove le opportunità di business sono migliori. Direi quindi che la quota di export non si è fermata ma si è modificata. Si assiste anche a uno spostamento delle attività produttive più verso la Cina e l’India». Per quanto riguarda Confindustria, qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Il tessuto economico lombardo è fatto in gran parte di piccole aziende e poterle


Stefano Poliani

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L’Europa e gli Stati Uniti perdono attrattività a vantaggio di India, Cina, Sud America, Turchia e tutti quei paesi dove le opportunità di business sono migliori

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riunire sotto il “cappello” di Confindustria permette a tutti i soggetti erogatori di servizi di internazionalizzazione, di mettere a disposizione le loro iniziative a tutte le aziende, di proporre loro i business plan e di avere rapporti con le banche e per poter usufruire di strumenti finanziari appropriati. Dall’altra parte quello di Confindustria è un ruolo cardine, in quanto essa valorizza le eccellenze degli imprenditori e li condivide organizzando forum o serate come quella organizzata da Confindustria Lombardia a Como, dedicata al marketing internazionale, dove si sono analizzati casi reali di pmi che hanno affrontato il mercato cinese in maniera innovativa. Quindi è molto utile condividere le esperienze e il lavoro di Confindustria è orientato anche a questo aspetto». Quali sono le prospettive per il futuro? «L’enorme difficoltà creata dalla crisi mette le aziende lombarde in una situazione di allerta per capire come muoversi. Sicuramente ci sono alcuni driver di sviluppo fondamentali, ovvero le aziende lombarde devono diventare piccole multinazionali, ovvero mantenere la loro agilità ma essere presenti sui mercati lontani, dove non basta vendere ma è anche necessario avere sedi, unità produttive e catene distributive. La Germania che ha aziende di dimensioni più grandi di quelle italiane riesce a essere meglio rappresentata su questi mercati. Il tema della crescita delle dimensioni e dell’aggregazione è pertanto centrale nello sviluppo delle imprese del paese. Quelle lombarde che sono già evolute stanno già intraprendendo percorsi di questo tipo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 55


MERCATI ESTERI

Cogliere le opportunità per crescere L’aggregazione delle varie competenze è il segreto per affrontare i mercati internazionali e crescere anche individualmente. Bernhard Scholz spiega come aiutare le aziende che vogliono sviluppare le proprie dimensioni Nicolò Mulas Marcello Europa rimane uno dei mercati più importanti per l’Italia, ma occorre affacciarsi anche ai nuovi scenari internazionali per poter crescere e trovare nuove opportunità di export. A sostenerlo è Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, il quale spiega quali politiche occorre adottare perché le imprese intraprendano facilmente percorsi di sviluppo: «Tutto parte dalla formazione degli imprenditori, in secondo luogo bisogna incentivare la creazione di reti tra imprese: l’aggregazione tra soggetti che mettono in comune competenze, progettualità e capitali mantenendo però la loro autonomia è un passaggio molto adatto al tessuto delle pmi italiane. Infine, bisogna sostenere per lo sviluppo delle imprese che siano indirizzati proprio alle aziende che innovano e che internazionalizzano, favorendo così questi percorsi». A giugno si è svolto Matching Russia. Il mercato russo, una volta considerato emergente, oggi è una realtà consolidata. Qual è l’interesse degli imprenditori italiani per questo mercato? «La prima edizione di Matching all’estero è stata una conferma della grande vitalità delle pmi italiane. Ciò dovrebbe far comprendere che quando le imprese sono adeguatamente sostenute e accompagnate sono anche in grado di cogliere le opportunità per crescere e rafforzarsi

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56 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

all’estero. Continuare a puntare sul mercato russo è importante per consolidare le sinergie commerciali avviate a Mosca e che hanno già permesso a molte aziende di compiere passi importanti nei loro settori di riferimento». L’internazionalizzazione rappresenta un modo per contrastare la crisi economica, ma non tutte le imprese riescono ad affrontare un

In alto, Bernhard Scholz, presidente dell’Associazione Compagnia delle Opere


Bernhard Scholz

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Bisogna riguadagnare l’abitudine alla libertà di azione senza preconcetti, inclusa quella di ampliare la propria attività verso nuovi mercati

percorso di questo tipo. Come incentivare l’export? «La prima questione, anche se spesso viene trascurata, è formarsi: ogni imprenditore è chiamato a una continua riscoperta delle potenzialità interne ed esterne dell’azienda e poi, nei limiti del possibile, alla loro attuazione. Senza questo aspetto né la competitività né la produttività potranno accrescersi e tantomeno sarà possibile affacciarsi sui mercati internazionali. In secondo luogo, bisogna sostenere la creazione di reti tra imprese: l’aggregazione tra soggetti che mettono in comune competenze, progettualità e capitali mantenendo però la loro autonomia è un passaggio molto adatto al tessuto delle pmi italiane. Anche su questo serve molta formazione e la consapevolezza che collaborare è qualcosa di fondamentale. Poi, certamente, occorrono incentivi per lo sviluppo delle imprese che siano indirizzati proprio alle aziende che innovano e che internazionalizzano, favorendo così questi percorsi». Come sono cambiate le abitudini degli imprenditori italiani alla luce della crisi? «Dal punto di vista culturale, il costo più grosso

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della crisi è stato l’affermarsi di una certa tendenza all’individualismo, come si è visto in molti settori della vita sociale e pubblica. In campo imprenditoriale questo si è tradotto in uno smarrimento del senso ultimo del lavoro, come se la propria opera non fosse realmente un bene per tutti. Bisogna riguadagnare “l’abitudine” alla libertà di azione senza preconcetti, inclusa quella di ampliare la propria attività verso nuovi mercati». Quali sono i mercati internazionali più reattivi attualmente? «C’è un dato positivo su cui riflettere: le vendite verso l’estero dell’Italia hanno superato il livello precedente alla crisi del 2008 e nei primi nove mesi del 2011 l’export è cresciuto del 13,5%. Quindi da questo punto di vista le cose stanno migliorando. L’Europa è ancora molto importante per le imprese italiane e pesa circa il 57% del nostro export. Evidentemente bisogna fare ancora molto per incrementare i rapporti commerciali con i Paesi del Mediterraneo, con l’Est europeo e con i cosiddetti Brics. Il nostro contributo in questa direzione, insieme con le decine di missioni imprenditoriali già programmate per il 2012, è la seconda edizione di Matching all’estero, questa volta in Cina. A giugno infatti, dopo un accurato percorso di formazione e conoscenza del mercato che si svolgerà nei prossimi mesi, accompagneremo più di cento aziende a Shanghai». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 57


MERCATI ESTERI

Alleanze per la crescita Le basi e gli strumenti per fare rete ci sono, quello che manca è la volontà. A sostenerlo è Raffaello Vignali, il quale spiega come occorre muoversi nel percorso dell’internazionalizzazione e quali opportunità rappresentano le reti d’impresa Nicolò Mulas Marcello

l di là degli ostacoli burocratici, la cui riduzione è richiesta a gran voce dagli imprenditori, quello che manca spesso alle pmi è la volontà di fare rete. Spaventate dai costi, e anche dalla paura di perdere una propria individualità, le piccole e medie imprese spesso rinunciano a percorrere la strada dell’internazionalizzazione perché frenate dalle proprie dimensioni e dalla lunga trafila burocratica. «Il primo problema dei nostri imprenditori – sostiene Raffaello Vignali, fautore dello Statuto delle imprese – è la burocrazia, che li distrae dal loro lavoro principale e cioè fare impresa». Parliamo di pmi e internazionalizzazione. Quali sono le difficoltà dei piccoli imprenditori su questo fronte? «Esistono innanzitutto difficoltà legate alla dimensione, ma che sono superabili alleandosi, facendo rete con altre imprese dello stesso settore, della medesima filiera, ma anche di settori differenti che insistono sullo stesso mercato. Potremmo citare numerosi esempi di successo,

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come quello del Consorzio Premax di Premana, che riunisce piccolissimi produttori di forbici e coltelli, che esporta in tutto il mondo. Vi sono poi difficoltà legate alla mancanza di informazioni e di strumenti pubblici ben identificabili. In questo caso il primo consiglio è di rivolgersi alle associazioni di categoria e all’ente camerale locale, che può facilmente avviare i contatti con la Camera di Commercio italiana all’estero. Non vanno poi dimenticate le potenzialità di Internet, che consente di raggiungere tutto il mondo con un piccolo investimento: le imprese che lo utilizzano ottengono risultati notevoli». Si parla sempre dell’opportunità di “fare rete”, ma in Italia non sempre ci sono le basi e gli strumenti per realizzarle. Come occorre aiutare le pmi da questo punto di vista? «La base c’è e sono gli imprenditori. Fare rete non è innanzitutto un problema di strumenti, ma di come l'imprenditore pensa alla propria realtà: nessuna impresa è un'isola. L’altro, nell’economia globalizzata, non è un nemico, ma un alleato. Un artigiano che produce calzini e


Raffaello Vignali

uno che produce maglieria intima possono scambiarsi le aree commerciali, fare gruppo d'acquisto, andare insieme alle fiere, alleandosi. Per quanto riguarda gli strumenti, ci sono le Ati, i consorzi, i contratti di rete. Questi ultimi godono anche di benefici fiscali. Le politiche pubbliche, a ogni livello, iniziano pure a premiare chi è in rete, ma pensare di stipulare un contratto di rete per ottenere denaro pubblico non ha senso. Ripeto: è questione di volontà, non di strumenti. Conosco imprenditori che hanno fatto alleanza con una semplice stretta di mano». Lei ha affermato che le imprese non vo-

gliono sussidi ma più libertà. In che senso? «A parte il fatto che le piccole imprese i sussidi non li hanno mai visti, tutte le indagini fatte in questi anni concordano: le aziende anelano a una maggiore libertà. Il primo problema dei nostri imprenditori è la burocrazia, che li distrae dal loro lavoro principale e cioè fare impresa. In un mercato sempre più turbolento, veloce e concorrenziale, i nostri imprenditori vogliono potersi concentrare sul mercato, non sulle scartoffie burocratiche che, oltre al tempo che sottraggono, costituiscono costi improduttivi a carico delle imprese e, quindi, minore produttività e minore competitività. Soprattutto in una fase di estrema difficoltà come quella attuale, gli imprenditori vogliono uno Stato che faccia il tifo, non che metta i bastoni tra le ruote. In attesa che scendano le tasse, lo Stato deve ridurre la burocrazia. In Italia costa alle imprese oltre un punto di Pil, 16 miliardi di euro. Ridurre la burocrazia, dare più libertà a chi rischia del proprio è il primo e più importante incentivo. Questo vale anche per le nuove imprese: quanti si arrendono prima di iniziare a causa della burocrazia italiana? Se Steve Jobs fosse nato in Italia, Apple non sarebbe mai stata fondata, perché da noi non è possibile aprire un'azienda nel garage. Senza libertà di fare impresa non c'è possibilità di crescita». Dopo l’approvazione dello statuto delle imprese, quali opportunità di sviluppo possono aprirsi per gli imprenditori? «La legge 180/2011 contiene numerosi principi e norme attuative che possono cambiare di molto la vita delle imprese e, in particolare, quella delle piccole: dalla semplificazione burocratica agli appalti, dai pagamenti alla riserva degli incentivi, dall’istituzione del Garante alla legge annuale per le piccole imprese. Un esempio di provvedimento, tra le decine contenute nello statuto, è la legittimazione per le associazioni di categoria, anche locali, di promuovere cause per i loro associati: oggi molti rinunciano per paura di ritorsioni. La cosa importante è che gli imprenditori conoscano il loro statuto, per potere utilizzare tutti gli strumenti che contiene. Possono trovare il testo e la spiegazione al sito www.statutodelleimprese.it».

In apertura, Raffaello Vignali, deputato del Popolo della Libertà

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IL FUTURO DELL’UNIONE

L’Europa e la sua moneta davanti a un bivio P Secondo Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, «occorre rivedere gli accordi di Maastricht, le strategie da adottare sui debiti sovrani e il ruolo della Banca centrale europea». «Sul piano internazionale – dice – la crisi può fornire l’opportunità di scrivere regole nuove» Michela Evangelisti

Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, professore di Scienza delle finanze e politica economica e vice rettore per l’internazionalizzazione dell’Università europea di Roma

uò l’Italia uscire dall’euro? Ha preso le mosse da questa domanda il convegno di recente organizzato dalla Fondazione Roma e dedicato al destino dell’Europa e della sua moneta. La crisi che ha investito le economie e i mercati di tutto il mondo, portando all’attuale situazione finanziaria, ha posto infatti sotto i riflettori il sistema dell’euro, sollevando molteplici interrogativi. «O si rivedono gli accordi che hanno sancito la nascita dell’euro o, nel caso in cui tale revisione non possa realizzarsi, si deve ipotizzare per l’Italia l’uscita dall’Eurozona – è il parere di Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione –. Sulla questione della moneta, come sostengo da sempre, sarebbe inoltre opportuno sentire il parere degli italiani attraverso una consultazione popolare, visto che nel nostro Paese l’entrata nell’euro è stata una decisione adottata dal governo». L’agenzia internazionale di rating Moody’s, in uno speciale report sull’Europa sconvolta dalla crisi del debito, ha dipinto un’Eurozona vicina a un bivio, che la porterà verso una più stretta integrazione o verso una maggiore frammentazione. Come si è arrivati a questo punto di svolta? «L’attuale crisi non ha fatto altro che mettere in evidenza quello che ho sempre sostenuto, os-


Emmanuele Francesco Maria Emanuele

sia che l’Europa unita è stata un’avventura tanto ambiziosa quanto male avviata, e che il nostro ingresso è stato negoziato solo sulla base del debito, senza considerare il grande patrimonio artistico, naturale e personale degli italiani. Come segnalavo già in un mio discorso a Firenze nel 1978, lo Sme si sarebbe dovuto basare su una politica comune nei confronti del dollaro e delle principali monete extra Cee, e si sarebbe dovuta imporre una convergenza, sul lungo periodo, delle varie politiche economiche e fiscali nazionali dei paesi aderenti. Il tempo ha palesato l’inesistenza, oltre che di un’unità politica, anche di una politica monetaria comunitaria, con il risultato di ridurre lo Sme a una semplice area di libero scambio. Si è partiti dalla moneta, convinti che l’unione politica sarebbe scaturita di conseguenza. Adesso si è capito che era necessaria un’unione prima politica e poi monetaria». Quali sono allora le prospettive future? Come occorrerebbe agire per rafforzare l’euro? «Occorre necessariamente rivedere gli accordi di Maastricht, le strategie da adottare sui debiti sovrani e il ruolo della Banca centrale europea, il cui abito è stato ritagliato secondo le esigenze di un unico cliente, la Germania. Un paese che ha di fatto commissariato l’intera Eurozona, imponendo un cieco rigorismo

agli altri membri, mentre le sue banche praticano una politica spregiudicata al di fuori dei confini nazionali, dagli Usa all’Irlanda, dalla Spagna alla Grecia e all’Islanda. Ma soprattutto bisogna partire dalla presa d’atto che l’Europa in effetti non esiste e che prima di rimodellare l’impianto della moneta è necessario intervenire sulla struttura giuridica dell’intera Unione. L’Europa dovrebbe costituirsi come una federazione di Stati-nazione, che lasci integre le diverse identità e parte della sovranità interna, e che riservi alle decisioni federali tutto il resto, realizzando così il progetto concepito dai padri fondatori». Ipotizzando che l’esecutivo guidato da Mario Monti governi fino alle politiche del 2013, quali sono i principali obiettivi che dovrebbe porsi? «A mio avviso la sua azione dovrebbe misurarsi su due piani: da una parte promuovere una riforma strutturale della costruzione europea, dall’altra porre in essere una concreta manovra di politica economica. Non mi riferisco a ciò che si dice da sempre, cioè a una politica fiscale basata su imposte sul patrimonio immobiliare o mobiliare. Prima di svuotare il lavandino bisogna chiudere il rubinetto. Occorre quindi operare un drastico taglio alla spesa pubblica improduttiva, a cominciare da quella della classe politica, mettere sul mercato i beni pubblici improduttivi e sostenere il sistema produttivo con la riduzione delle aliquote delle imposte, se- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 69


IL FUTURO DELL’UNIONE

condo la nota teoria di Laffer. Sono decenni che

facciamo manovre di risanamento e di adeguamento ai parametri europei basate su prelievi e fantasiose imposte, ma il debito non ha cessato di crescere. Sono dell’idea che sarebbe preferibile avere un debito pubblico fisiologicamente espanso, ma disporre di una dinamicità tale da accrescere la nostra competitività. Usare solo la leva fiscale significa farsi del male». Fino a qualche anno fa riteneva opportuno cercare di trasformare la crisi economico-finanziaria, nonché quella del welfare, in “un’opportunità per rigenerare il benessere delle comunità, per dare regole certe all’economia e alla globalizzazione”. Visti gli scenari attuali, sostiene ancora questa visione? Quali strade per la crescita sono percorribili? «Alla manovra appena illustrata bisogna accompagnare una radicale revisione del nostro sistema di welfare, secondo il modello del “terzo pilastro”, come io l’ho chiamato in un mio saggio uscito nel 2008, Il Terzo Pilastro. Il non profit motore del nuovo welfare. Si tratta di un modello non dissimile dal concetto di Big Society, il progetto che ha contribuito nel 2010 al successo elettorale del premier inglese David Cameron. Sul piano internazionale, la crisi economico-finanziaria può fornire l’opportunità di scrivere regole nuove, in modo da governare una globalizzazione che presenta profondi squilibri. In Italia occorre

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dare la possibilità alle libere forze della società civile di intervenire, per garantire in misura efficace una rete di protezione sociale che il perdurare delle difficoltà economiche ha reso ancora più necessaria. Nel rispetto del principio della sussidiarietà previsto dalla Costituzione, il terzo settore deve diventare il “terzo pilastro”, assieme allo Stato e al mercato, per costruire una welfare community meno dispendiosa e più efficiente». Ha affermato che la cultura può fare la differenza in Europa. Come le politiche culturali potrebbero contribuire a far uscire l’Italia dalla crisi? E, soprattutto, come andrebbero concepite? «L’arte e la cultura, come ha affermato Tolstoj, rappresentano gli strumenti principali per unire gli uomini, perché abbattono le differenze parlando un linguaggio universale. Al tempo stesso sono un formidabile strumento di crescita e di sviluppo. Sono, come io le definisco, l’“energia pulita” in grado di riavviare il motore arrugginito dell’Italia e farla uscire dalle secche della crisi. La cultura è il principale asset del nostro Paese, ma la classe politica non ne ha mai compreso l’importanza. Alla tutela e alla valorizzazione dei beni e delle attività culturali viene destinato solo lo 0,2% del Pil. Lo Stato dovrebbe non solo aumentare i propri investimenti in questo campo, piuttosto che in altri in cui riversa da tempo risorse ingenti senza risultati, ma creare anche le condizioni perché l’azione del privato sociale possa svolgersi senza troppi ostacoli, favorendo la migliore utilizzazione del nostro patrimonio, che è la vera ricchezza tangibile del Paese».



IL FUTURO DELL’UNIONE

Un governo economico per l’Europa «Solo una forte azione coordinata delle banche centrali per acquistare titoli di Stato della Uem e immettere liquidità può riportare la fiducia sui mercati». Il professor Alberto Quadrio Curzio fa chiarezza sull’attuale scenario economico-finanziario internazionale Michela Evangelisti

a questa crisi nessun paese europeo esce da solo». Così il professor Alberto Quadrio Curzio commenta l’ultimo economic outlook semestrale pubblicato dall’Ocse, che rivede drasticamente al ribasso le previsioni per la nostra penisola e dipinge per il 2012 un’Italia in recessione. «L’euro ha unificato i destini dei paesi di Eurolandia, quindi o si rilanciano tutti o nessuno cresce quanto basta –

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Alberto Quadrio Curzio, economista e professore emerito di Economia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano

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precisa –. Anche la Germania, che si illude di poter crescere da sola, se non ci fosse la domanda degli altri paesi, dove andrebbe?». È vero in tutto questo che ogni paese deve riguadagnare efficienza e l’Italia più degli altri. Ma la Uem e la Ue, secondo il professore, devono saper combinare le regole di sana finanza pubblica con gli investimenti per la crescita. «Anni fa si parlava della regola aurea per cui le spese per investimenti avrebbero dovuto essere non computate sul lato delle spese del Patto di stabilità europeo – prosegue –. Adesso sembra che al pareggio di bilancio non si possa derogare neppure nei casi di gravi recessioni. L’Unione economica e monetaria avrebbe bisogno invece di un governo economico vero, con quelle discrezionalità che la politica economica richiede. In sua assenza, ci si affida a regole rigide che hanno anche aspetti di pericolosità». A proposito di Germania, lo spread tra Btp e Bund è il protagonista in questi giorni della nostra cronaca. Quali sono gli effetti più gravi di un suo mantenersi a livelli elevati? «A luglio lo spread si attestava intorno ai 200 punti base e nel giro di pochi mesi è cresciuto fino a superare quota 520 verso la metà di novembre. Adesso i livelli stanno scendendo, ma le conseguenze sono comunque di rilievo. Aumenta l’onere di interessi che lo Stato deve pagare sui titoli del debito pubblico associato alla caduta nei loro prezzi, con conseguenze sulla patrimonializzazione delle banche che quindi riducono il credito e praticano tassi più alti. Così cala la liquidità per le imprese. In questa situazione solo una forte azione coordinata delle banche centrali per acquistare titoli di Stato della Uem e immettere liquidità può riportare la fiducia sui mercati. La Bce ha degli impedimenti giuridici a essere ac-


quirente di ultima istanza, ma con operazioni triangolari o pentagonali con altre banche centrali può farlo. Bisognerà darle, oltre al compito della stabilità dei prezzi, anche quello della stabilità del sistema finanziario». Dalla Germania è arrivato un nuovo coro di no all’emissione a breve scadenza di Eurobond. Quali vantaggi potrebbero portare in una situazione come l’attuale? «Gli Eurobond, o meglio gli EuroUnionBond, secondo la più recente proposta fatta da me e da Romano Prodi, dovrebbero essere emessi da un Fondo finanziario europeo al quale dare un capitale reale costituito dalle riserve auree ufficiali dei paesi di Eurolandia e dalle azioni di società delle reti infrastrutturali. Questa garanzia reale dovrebbe tranquillizzare la Germania sul fatto che nessun paese europeo intende addossarle oneri impropri. Nell’ipotesi di un’emissione di EuroUnionBond pari a 3.000 miliardi di euro abbiamo calcolato che basterebbe un capitale di 1.000 miliardi con leva di 3. L’Italia dovrebbe conferire al Fondo circa 200 miliardi di capitale.

Entità abbordabile. Con 2.300 miliardi di obbligazioni collocate sui mercati mondiali il Ffe dovrebbe poi comperare titoli di Stato dei paesi Uem e con 700 miliardi fare investimenti infrastrutturali per la crescita. Siamo convinti che questa sarebbe una grande scelta politica, economica e finanziaria da parte della Uem. Ma la Germania non lo capisce, come non capisce che un crollo dell’euro sarebbe devastante anche per essa stessa visto che il suo commercio estero è orientato per quasi il 60% verso gli altri paesi di Eurolandia». Moody’s ha pubblicato una nota in cui sottolinea che la rapida escalation della crisi del debito dell’area euro e la crisi di liquidità delle banche mettono a rischio i rating di tutto il vecchio continente. Crede che sia davvero tangibile il pericolo di default multipli nell’Ue? In generale, come giudica il peso che oggi rivestono le agenzie di rating? «Le agenzie di rating sono state oggetto di molte critiche. Eppure continuano a emettere i loro verdetti e a condizionare i comportamenti sui

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IL FUTURO DELL’UNIONE

mercati. Le tre «sorelle» americane (Moody’s, Standard&Poor’s, Fitch) fanno tremare Stati, imprese e banche perchè controllano il 95% delle valutazioni mondiali. Si tratta di un quasimonopolio che non viene certo intaccato dall’agenzia di rating cinese, la “Dagong” (che sta aprendo una sede a Milano). Con riferimento alla crisi del debito, per rimettere un po’ di ordine bisognerebbe sottrarre alle agenzie di rating i giudizi sui titoli di Stato, che andrebbero valutati da agenzie pubbliche. Ma anche questo non ci lascia del tutto tranquilli perché l’Eba (European banking authority), che vigila sulle banche, ha inventato tempo fa una regola assurda: quella di obbligare le banche a valutare a prezzi di mercato i titoli di Stato di proprietà, anche quelli che deterranno fino alla scadenza, dando perciò per scontato che gli stessi possano subire delle perdite da default». Il presidente americano Obama ha suggerito un intervento della Banca centrale europea a offrire liquidità illimitata, per garantire le banche europee più fragili. Quale ruolo deve rivestire in questo momento la Bce? «Il rischio maggiore che oggi corre la Uem, malgrado i suoi buoni fondamentali, è quello di una sfiducia generalizzata che impedisca il rifinanziamento dei suoi titoli di Stato e delle sue banche e una pesante recessione con un avvitamento sulla disoccupazione. È perciò diffi-

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cile vedere altre soluzioni se non quella di una Banca centrale che svolga il ruolo di prestatore di ultima istanza. Tuttavia, questo la Bce a norma di statuto e di trattati non lo può fare. Ma potrebbero essere messe in pratica due soluzioni: quella di fare operazioni indirette tramite altre banche centrali o quella di finanziare il Fondo salva-Stati, al quale l’attribuzione della qualifica di banca consentirebbe di accedere al finanziamento della Bce. Questo fondo creato dalla Uem più di un anno fa ha fatto per ora poco o nulla e molti sospettano che anche qui ci sia quell’impronta tedesca dell’“ordine statico” a tutti i costi. Anche a quello di una recessione e di fallimenti che poi creerebbero altro disordine, compreso quello sociale». Quali insegnamenti possiamo trarre dagli americani per l’uscita dalla crisi? E come vede il futuro del rapporto euro-dollaro? «Gli Usa hanno una situazione di finanza pubblica e privata molto più pesante di quella della Uem. Ma hanno anche un pragmatismo formidabile e una moneta che tuttora rappresenta il fulcro del sistema monetario e finanziario mondiale. Tutto ciò ha consentito loro di affrontare la crisi, che essi stessi hanno generato, con una determinazione senza vincoli. Questo li sta aiutando tant’è che la crisi si è spostata in Europa. Ciò detto bisogna rilevare che la loro finanza “acrobatica” ha messo a rischio tutto il mondo e che prima o dopo la stessa andrà disciplinata. Quanto al rapporto euro-dollaro credo che sia soggetto a due forze contrastanti. In base ai fattori fondamentali l’euro non dovrebbe deprezzarsi; in base ai fattori politici dovrebbe invece deprezzarsi. Vedremo come andrà a finire».





Dopo Francia e Cina, ecco Tel Aviv La moda italiana allarga i suoi orizzonti e sceglie Israele per nuovi scambi e investimenti. Mario Boselli illustra tutte le strategie internazionali e, nonostante il trend al ribasso, assicura: «Il settore non avrà cadute simili al 2009» Elisa Fiocchi

opo il protocollo d’intesa firmato con la Francia nel 2005 e il più recente con la Cina, la Camera nazionale della moda italiana si lega a doppio filo con Israele, per promuovere la collaborazione e lo scambio di esperienze tra le due industrie di moda, con l’arrivo di stilisti israeliani sulle passerelle milanesi e stage per i nuovi talenti. Se con Francia e Cina sono stati valutati aspetti strategici di ampio respiro, con effetti che incidono su aspetti strutturali del sistema moda dei rispettivi paesi, «l’accordo con Israele e con altre fashion week di minori dimensioni – sottolinea Mario Boselli, presidente della Cnmi – s’inquadra in uno scenario di collabora-

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A destra, Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana

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zione meno strutturale ed è riferito a un’alleanza su temi più specifici». A livello operativo, in che cosa consiste l’intesa? «Scambiare dati economici e informazioni rilevanti sulle opportunità di affari, promuovere investimenti e alleanze strategiche, mantenere armonizzaati i calendari delle rispettive fashion week, favorire scambi tra gli stilisti dei due paesi». Intanto, quali primi risultati sono stati raggiunti dopo l’accordo strategico con la Cina? «Dopo aver firmato il protocollo d’intesa il 27 marzo 2011, abbiamo organizzato un forum a Pechino nell’ottobre scorso, durante il quale ab-


Mario Boselli

biamo fissato interessanti e proficui incontri di lavoro con la China fashion association e abbiamo firmato un altro accordo con la China national garment association (Cnga), che rappresenta, attraverso dieci comitati, tutti i tipi di prodotti di abbigliamento per uomo, donna, bambino e accessori». Durante la presentazione del calendario di Milano moda donna, ha annunciato di avere dimezzato le previsioni di crescita del comparto per il 2011 da +8% a +4%. Che contraccolpo può rappresentare per il settore e per quali specifici comparti produttivi? «È vero, ma se consideriamo il timore che anche nel 2012 si potesse verificare uno scenario simile a quello del 2009, che ha raggiunto la peggior caduta da quando esiste il sistema moda con un -15%, queste previsioni ora non sono così negative. Sia per come si sta chiudendo il 2011, sia per le previsioni di ordini che stiamo monitorando, sia per il modo in cui le aziende si sono ristrutturate dopo la crisi. Il settore non avrà cadute simili e il sistema moda, con i suoi valori fondamentali, reggerà. I fattori che incidono sono comunque conseguenti alla crisi finanziaria dei mercati che abbiamo vissuto durante l’estate e che purtroppo continuiamo a subire». Il Castello sforzesco sarà la nuova sede delle passerelle moda donna? «Sarebbe una location ottimale, comoda, prestigiosa e all’altezza di Milano Moda Donna, però, anche alla luce di passate esperienze, riteniamo prudente attendere le conferme ufficiali da parte delle autorità competenti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 79


LO STILE ITALIANO

Asia, Russia e Brasile, le nuove speranze del made in Italy «La nostra qualità è apprezzata dai tanti nuovi benestanti ed è grazie a loro che abbiamo ancora un futuro» afferma Michele Tronconi, analizzando la crisi finanziaria in peggioramento negli ultimi mesi: «Registro forti preoccupazioni da parte degli associati» Elisa Fiocchi

l giro d’affari complessivo del comparto moda italiano cresce del 4,8% nel 2011 e si riporta sopra i 50 miliardi di euro. Un risultato certamente positivo, anche se non ancora concorrenziale rispetto ai livelli pre-crisi che indicavano un flusso economico di 56 miliardi nel 2007. L’impulso maggiore deriva ancora una volta dall’export, stimato in crescita del 6,2%, con vendite sui mercati internazionali che si porteranno sugli oltre 26 miliardi di euro, mentre il saldo commerciale supererà i 6 miliardi. «L’Asia, in particolare, e

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la Russia, ma anche altri Paesi ormai completamente “emersi”, come il Brasile – commenta Michele Tronconi di Sistema moda Italia – rappresentano sicuramente un parte importante del futuro del nostro settore». Intanto le stime dell’anno 2012 aprono uno scenario in positivo aumento, con un fatturato totale al +5,9%, l’attività produttiva sul +6,1%, mentre l’export farebbe registrare un incoraggiante +7,1%. Preoccupante invece è la sofferenza occupazionale che prospetta una contrazione della manodopera di circa 9mila posti di lavoro


Michele Tronconi

La parte maggiore delle nostre esportazioni è ancora realizzata nei mercati maturi, Europa e Stati Uniti

(-2%). E dovrebbe proseguire con una flessione dell’1,9% rispetto al primo semestre del 2011. Michele Tronconi analizza le variavili di mercato, tra costo delle materie prime, crisi dei mercati, qualità del made in Italy e sostegno all’internalizzazione. In merito all’export, quali prospettive sono attese per il primo semestre del 2012? «A settembre, utilizzando un modello econometrico sviluppato in collaborazione con la Libera Università Carlo Cattaneo, prevede-

vamo una crescita del +5,9% del fatturato totale del primo semestre 2012, con una crescita dell’export di circa 7,1%. Contestualmente, tuttavia, l’erosione occupazionale dovrebbe continuare, con una flessione dell’1,9%. Il forte peggioramento della situazione finanziaria internazionale degli ultimi mesi ha portato tutti gli organismi internazionali a rivedere In alto, Michele Tronconi, al ribasso le precedenti previsioni. Registro presidente di forti preoccupazioni da parte di gran parte dei Sistema moda Italia nostri associati, molti dei quali mi segnalano cali importanti degli ordinativi. Mi auguro che si possano mantenere, comunque, le quote di export già raggiunte». Quanto incidono i costi delle materie prime, dell’energia, del credit crunch e del LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 81


XXXXXXXXXXX LO STILE ITALIANO

I big della moda dominano il mercato In Italia sono cinquanta le aziende che vantano già le caratteristiche per quotarsi in Borsa, mentre tra le piccole e medie società esistono alcune eccellenze, come il brand Kiko. David Pambianco illustra tutte le strategie rincaro dell’lva nella filiera produttiva?

«La materie prime, tutte le materie prime, nel giro di poco più di un anno hanno visto mediamente raddoppiare le loro quotazioni per poi tornare a scendere negli ultimi due mesi; il settore continua a pagare l’energia un 30% in più dei Paesi concorrenti europei; le restrizioni al credito stanno mettendo in grande difficoltà il nostro settore che ha oltre il 90% delle aziende con meno di dieci dipendenti e, dunque una bassa patrimonializzazione, il rincaro dell’Iva ha ulteriormente contribuito a deprimere i consumi già da alcuni anni in calo. Tutto ciò incide fortemente sui margini, soprattutto sulle imprese a monte della filiera». In particolare, la crescita complessiva è da imputarsi all’aumento del costo dei materiali o al reale incremento di vendite? «In termini reali non stiamo assistendo a una crescita, ma a un mantenimento della reazione alla crisi intervenuta nel 2010, rispetto al terribile 2009. Sicuramente l’aumento del valore del fatturato complessivo è stato in larga misura determinato dalla crescita dei prezzi delle materie prime. Gli scenari futuri sono influenzati al momento da altre, preoc-

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aumento del numero dei marchi presenti sul mercato spinge sempre più aziende a utilizzare lo strumento delle ricerche per conoscere il loro posizionamento e decidere poi strategie più appropriate. Lusso, abbigliamento, pelletteria, cosmetica, casa&design, sono solo alcuni dei settori in cui opera Pambianco Strategia d’Impresa, l’agenzia di pubblicità, comunicazione e marketing attiva nel nostro Paese e anche in Europa, Russia, Usa, Giappone e Cina. «Offriamo un supporto concreto legato all’analisi del mercato per capire che tipo di concorrenti sono presenti, quali canali distributivi sono più adatti al prodotto e anche quali possono essere i partner con cui valutare l’avvio del prodotto» dichiara il vicepresidente David Pambianco. «Il mercato ora più richiesto è la Cina, ma è molto vasto e non è per tutti: presume un certo tipo di investimento, prodotti di una fascia qualitativa alta, un marchio e si entra solo aprendo un negozio». Anche per questo motivo, i grandi marchi del mercato della moda trovano una corsia preferenziale per accedere ai vari mercati. Proprio dal risultato di una recente ricerca compiuta dall’agenzia milanese è emerso che le aziende di dimensioni maggiori, sia italiane sia estere, crescono di più e hanno una redditività più elevata: «I marchi più forti possono accedere ai migliori partner perchè sono brand attraenti e sono in grado di stringere collaborazioni all’estero con partner locali molto importanti». Senza contare le sinergie nell’accesso ai punti vendita monomarca, come ricorda Pambianco: «Montenapoleone, ad esempio, è monopolizzata dalle griffe del lusso perchè hanno le risorse per poter pagare le buone uscite dei negozi e sinergie tali da comprare gli spazi pubblicitari per milioni di euro, così il prezzo unitario a pagina scende ed è poi ripartito tra i vari brand». In sintesi, le grosse aziende diventano potenti e appetibili sul mercato grazie a due vantaggi competitivi che si esprimono nelle sinergie di volume e in quelle qualitative. Tra le migliori dell’anno spiccano i due marchi Gucci e Prada che hanno registrato performance brillanti, «aziende che non sentono assolutamente la crisi», mentre per le società di piccole dimensioni esistono alcune eccellenze e tante che invece soffrono. «Kiko è l’esempio concreto di un’azienda di medie dimensioni in controtendenza perchè a cinque anni dalla nascita ha raddoppiato il fatturato con redditività molto alte in Italia e all’estero». Il grosso punto di forza? Risiede nel know how di retail che «appartiene alla società che ha sviluppato marchi come Zara e Benetton, si tratta perciò di un esempio di start-up ma all’interno di un gruppo solido e di grande esperienza». Scorrendo le stime dell’indagine, sono poi cinquanta le aziende italiane che, sulla scia di Gucci e Prada, avrebbero già le caratteristiche per quotarsi in Borsa.

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Michele Tronconi

cupanti variabili». I mercati emergenti si dimostrano molto interessati al made in Italy. Quale risorsa rappresenta l’Asia per il business italiano? «L’Asia, in particolare, e la Russia, ma anche altri Paesi come il Brasile, rappresentano sicuramente un parte importante del futuro del nostro settore. Lo dimostrano i tassi di crescita delle nostre esportazioni verso quei mercati. Va però ricordato che, per ora, la quota parte maggiore delle nostre esportazioni è ancora realizzata nei cosiddetti mercati maturi, Europa e Stati Uniti. Alcuni grandi gruppi del tessile-moda hanno la Cina come primo mercato, ma si tratta ancora di casi abbastanza circoscritti». La domanda di beni di lusso è prevista in crescita quest’anno e anche per il 2012: quali ripercussioni potrebbero registrare le aziende medio piccole della moda? «Sistema moda Italia sostiene la necessità che la nostra industria, per continuare a crescere, debba posizionarsi sulle fasce più alte del mercato. Il made in Italy è apprezzato dai tanti nuovi benestanti da questi Paesi: decine e de-

cine di milioni di persone destinate a crescere ulteriormente, per i quali i nostri prodotti rappresentano una dimostrazione dello status sociale raggiunto. E’ grazie a loro, ripeto, che abbiamo ancora un futuro». Una maggiore promozione internazionale e più strumenti a sostegno dell’internazionalizzazione dei produttori tessili, come potrebbero favorire lo sviluppo del settore? «Se tutto quello che ho appena detto è vero, è evidente la grande importanza che hanno questi aspetti nella nostra industria. Ma, a causa di una decisione profondamente errata presa dal precedente governo, ci siamo ritrovati per diversi mesi privi di uno strumento come l’Istituto per il commercio con l’estero, che andava sì riformato ma non abolito. I nostri partner europei stanno tutti, con diversi strumenti, sostenendo le proprie esportazioni, solo noi che siamo il Paese con la componente manifatturiera più importante, stavamo facendo il contrario. Fortunatamente, per decisione del Governo Monti, l’Ice è stato ripristinato, evitando il prolungarsi degli effetti di un grave errore». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 83


LO STILE ITALIANO

Una vera esperienza sartoriale «L’innovazione è visione strategica». Anna Zegna, image director e presidente della Fondazione Zegna, spiega come sta cambiando l’industria della moda tra ricerca della qualità, rispetto per l’ambiente e fedeltà alla tradizione sartoriale italiana Renata Gualtieri

a globalizzazione è la dimensione sempre più concreta in cui sono immerse le aziende di moda, costrette a confrontarsi con aspettative comuni, dal punto di vista degli standard di qualità, con le differenti esigenze espresse dai mercati. L’atteggiamento che ha aiutato la maison Zegna a far fronte a questo orizzonte dinamico e differenziato è stata la fedeltà ai valori di qualità e innovazione, principi trasversali e apprezzati in qualsiasi Paese e continente. Anche la creatività e l’innovazione Zegna sono vissuti come elemento multidimensionale e vengono applicati a tutti i livelli della filiera, dalla materia prima per la realizzazione di un tessuto di pregio al capo in collezione, dall’abito sartoriale su misura alla cura di ogni dettaglio d’ambiente e di servizio dei negozi. A questo va aggiunta la visione “glocal”: una profonda conoscenza del mercato da cui deriva un imponente sviluppo del segmento retail. «Abbiamo aperto store monomarca a gestione diretta in tutto il mondo. È questo modello di rete – sottolinea Anna Zegna, image director e presidente della Fondazione Zegna – il vero elemento vincente nella strategia delle global luxury brands». Quale attenzione c’è per l’italian style sui mercati

L Sotto, Anna Zegna, image director e presidente della Fondazione Zegna

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internazionali? «L’italian style da sempre è apprezzato in tutto il mondo. A settembre, per esempio, abbiamo celebrato i vent’anni della nostra presenza in Cina e in Turchia, dove i nostri clienti stanno imparando a conoscere sempre di più la cultura italiana del prodotto di alto profilo, il nostro modo di realizzare qualcosa di unico, grazie alla straordinaria tradizione della sartoria. Gli ultimi anni hanno messo in evidenza un notevole interesse dei clienti cinesi per il look tradizionale dell’uomo d’affari e per l’abbigliamento casual d’alta gamma. L’innovazione è anche e soprattutto visione strategica. In questo caso, essere i primi a entrare in questi Paesi ci ha permesso di avviare una sorta di “educazione” al gusto per l’italianità, cui lo stile Zegna risponde ai più alti livelli in tutti i Paesi dove è presente». Cosa chiede oggi il consumatore italiano a un marchio d’eccellenza come Zegna? «Quello che il cliente chiede al nostro brand è una vera e propria esperienza sartoriale per l’aspetto estetico e l’esperienza di una qualità estrema, frutto dell’enorme lavoro che precede il prodotto finito. La nostra clientela è fortemente indirizzata all’abbigliamento su misura, che esprime il grado più alto dei presupposti di unicità e di eccellenza tipici della tradizione sartoriale italiana. Siamo riusciti inoltre ad applicare il servizio di personalizzazione anche alla maglieria in cashmere con il progetto “Personalized premium cashmere”, collezione rivolta in particolare agli estimatori della maglieria di pregio, che possono sce-


Elemento chiave nella soddisfazione del cliente è il total lifestyle Zegna

gliere di adattare in lunghezza maglie girocollo, scollo V e mezza zip, grazie al servizio “size exstension”, adattando busto e maniche del capo rispetto alle taglie standard. La richiesta verte inoltre sull’abbigliamento casual e sui capi sportivi, dove l’innovazione tecnologica trasforma in qualche cosa di completamente nuovo le fibre naturali come la seta o i tessuti tecnici, come nylon e poliestere, per creare nuovi materiali altamente performanti. L’altro elemento chiave nella soddisfazione del cliente è il total lifestyle Zegna, la scelta di completare un guardaroba che nasce dal tessuto con collezioni di leather goods, scarpe e accessori che esprimono la medesima impronta di eleganza e la medesima cura della qualità». Quali i progetti più interessanti in cui è impegnata la Fondazione Zegna? «La fondazione ha sviluppato un ventaglio di iniziative no profit in campo ambientale, culturale, sociale e scientifico. Tra le attività di tutela ambientale c’è la collaborazione con la fondazione Care & Share, attraverso la quale la nostra fondazione provvede all’istruzione e all’assistenza di bambini e ragazzi indiani che vivono un contesto di povertà e disagio nelle zone rurali e nei ghetti urbani. Dal 2006 sosteniamo, inoltre, il St. Jude children’s research hospital nella lotta contro la leucemia infantile e condivide da molti anni la missione del Fai, del quale sono membro del consiglio di amministrazione dal 2009, promuovendo una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e

“Microsilk”, innovativo abbinamento di giacca casual e impermeabile realizzati in materiali tecnici e performanti, Ermenegildo Zegna P/E 2012


Trench bicolore rivestito da uno strato di resina ad altre prestazioni, Ermenegildo Zegna P/E 2012

L’innovazione tecnologica trasforma le fibre come seta, nylon e poliestere

delle tradizioni d’Italia. In campo ambientale internazionale, abbiamo scelto di collaborare dal 2004 con Wwf China nella zona delle montagne del Qinling, con il progetto “Corridoio del panda”, per promuovere l’abbinamento fra ecoturismo e conservazione, salvaguardando l’habitat del panda gigante; Quest’anno, in occasione del Natale, Zegna sosterrà Amref attraverso una donazione, alla quale tutti potranno contribuire, per fronteggiare l’emergenza umanitaria dovuta alla siccità che si è abbattuta sul Corno d’Africa; l’obiettivo è la realizzazione di nuovi punti di approvvigionamento idrico». Come la moda può essere sostenibile? «La ricerca della qualità, il rispetto per l’ambiente e per le persone sono capisaldi che Zegna si è sempre impegnata a rispettare anche nel fare “moda”. Nell’area prodotto, in questi anni, abbiamo realizzato Ecotene, attraverso un approccio applicato a quei materiali tecnici dove il valore aggiunto dato all’uomo e legato alla funzionalità si sposa con il rispetto dell’ambiente. Questo capo “intelligente” è realizzato da tessuto in poliestere ad alte prestazioni, ricavato al 100% riciclando materiale rigenerato, che viene utilizzato per strato esterno, fodere, nastratura delle cuciture e membrana interna. La ricerca ci ha inoltre consentito di realizzare tessuti le cui funzionalità s’ispirano alla natura, come Elements. Si tratta di un capo d’abbigliamento innovativo, che si adatta alle temperature esterne in maniera autonoma ispirandosi alla natura e al lavoro della pigna, di cui riproduce la flessibilità e la reattività alla temperatura, grazie alla reazione della fibra che si dilata o si richiude. E infine Oasi cashmere, un tipo di lavorazione e di tintura dei tessuti completamente naturale, senza uso di prodotti chimici. Tutti questi prodotti e best practicies sono figli della stessa visione e del medesimo amore per la natura e per l’ambiente».



LO STILE ITALIANO

Lusso italiano e internazionale Dall’Italia all’elite di Hollywood. Vittorio Missoni, consigliere delegato di Missoni, ricorda che «il mondo non va sottovalutato in nessuno dei suoi spazi, bisogna essere presenti su tutti i mercati» e raccontare storie attraverso gli abiti che hanno un’anima Renata Gualtieri

l primogenito di Ottavio e Rosita Missoni, Vittorio è sempre stato «un amante della vita on the road». Inizia i suoi viaggi subito dopo il liceo, tra Inghilterra e Usa. «Sono viaggi determinanti, di formazione, perché mentre approfondisce l’inglese lavora a Londra in un importante fashion store e a New York nel settore marketing di una catena di department store». Dagli anni Settanta ha inaugurato il rapporto di Missoni con mercati esteri quali Giappone Hong Kong e Korea, rafforzando il mercato americano ed europeo. «Artefice, insieme ai fratelli, delle decisioni e dei cambiamenti che, dall’identità delle collezioni al carattere delle comunicazioni pubblicitarie, hanno fatto del brand Missoni un fenomeno di moda oggi di nuovo all’avanguardia». Il Rodeo Drive Committee e la Città di Beverly Hills hanno premiato recentemente la maison Missoni per il “Rodeo drive walk of style award”, il riconoscimento che viene assegnato ogni anno dal 2003 alle leggende dello stile per il loro contributo al mondo della moda e dello spettacolo. «Missoni è uno dei simboli internazionali del lusso italiano – commenta Peri Ellen Berne, presidente della Rodeo drive walk of style –. La famiglia Missoni ci ha sempre sorpresi con nuove fantasie e combinazioni di colori- dalla boutique di lusso in Rodeo Drive all’attuale partnership con Target. Non stupisce, quindi, che le loro creazioni siano state indossate dall’elite di Hollywood e dalle socialite del mondo intero».

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Che cosa rappresenta il modello italiano per la sua casa di moda e come lo si può reinventare ogni giorno, mantenendo fede alla qualità? «Il made in Italy rappresenta una scuola di qualità e cultura produttiva. Siamo fieri di continuare ad applicare il modello italiano, per noi è vitale, pur essendo un brand globale, continuiamo a valorizzare la nostra azienda che rappresenta una fucina di creatività. Un laboratorio dove, tra le nostre macchine e telai, sperimentiamo continuamente nuovi prodotti». Com’è vista l’italianità all’estero e come il mondo della moda dovrà evolversi per poter competere nel nuovo scenario di mercato? «L’italianità emerge spontaneamente se si mantiene fede al proprio spirito; è un valore riconosciuto dai nostri clienti. Per rimanere competitivi occorre combinare la creatività, il livello qualitativo e produttivo con le esigenze dei mercati e questo non è semplice perché i mercati si evolvono velocemente. La competizione oggi è principalmente tecnica perché occorre rispettare tempistiche produttive, badare ai costi, cercando le migliori soluzioni possibili. La vera difficoltà è la mancanza dell’indotto; una volta in provincia di

Sotto, Vittorio Missoni, consigliere delegato di Missoni Spa


Vittorio Missoni

Varese esistevano 200 industrie tessili, oggi invece siamo davvero in pochi. Bisogna poi cercare delle soluzioni moderne, guardando alle nuove tecnologie. Noi siamo abituati a fare le cose belle, ben fatte. Un capo di abbigliamento ha un’anima che va raccontata al cliente. Non si compra solo un vestito ma c’è una storia da vendere, solo così si trasmettono i valori e il lavoro che c’è dietro». Qual è il grado di internazionalizzazione dell’azienda e quali i mercati più interessanti da “aggredire”? «Il mondo non va sottovalutato in nessuno dei suoi spazi, bisogna essere presenti su tutti i mercati. Il sud-est asiatico e la Cina Pur essendo sono in forte espansione, ma un brand globale oggi non basta essere un marchio italiano, occorre continuiamo presentare il proprio capo ad applicare il come qualcosa di speciale. modello italiano Tutti i mercati sono in evoluzione, però richiedono grandi investimenti: Brasile, Messico e Stati Uniti, ma anche i mercati dell’Est e il Medio Oriente, oggi in grande crescita». Quali i prossimi obiettivi strategici della maison? «La nostra è un’azienda di famiglia che ha una sua tradizione e continua a portarla avanti, per cui l’obiettivo rimane quello di mantenere alto il nostro prodotto che non ha mai mire di grandissima espansione, perché è esclusivo e va “dosato” con attenzione. Bisogna guardare ai nuovi mercati e sostenere quelli esistenti. Attualmente grandi soddisfazioni stanno arrivando dalla nostra collezione casa, dove possiamo utilizzare i nostri materiali, stampe e disegni e trasmettere il nostro dna e, diversificandoci rispetto all’abbigliamento, abbiamo ottenuto ottimi risultati. Si può continuare a far crescere il nostro brand rendendolo attuale perché, oltre all’evoluzione dei mercati, ci sono le nuove generazioni, a cui va trasmessa la conoscenza del marchio e questo si può fare con prodotti creativamente nuovi».

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LO STILE ITALIANO

Cashmere tricolore in passerella Dalla prima sfilata a Pechino nel 1988, al Grande teatro del Cremlino nel 1995, agli ultimi defilé, con la bandiera italiana come protagonista. Lavinia Biagiotti Cigna, vicepresidente di Biagiotti Group, racconta una storia fatta di moda e arte Renata Gualtieri

ell’anno delle celebrazioni per l’Unità d’Italia i grandi marchi della moda riflettono sull’importanza del made in Italy nel mondo. «È un valore molto importante che mi è stato insegnato sin da quando ero bambina – sottolinea Lavinia Biagiotti Cigna –. Siamo stati i primi a portare in passerella i grandi campioni dello sport, dopo le Olimpiadi di Sidney 2000, dopo che il presidente Ciampi aveva richiamato l’attenzione del nostro Paese sulla bandiera italiana». Da allora l’azienda si è sentita in dovere di puntare sull’eccellenza italiana attraverso i suoi prodotti. Quest’anno sono diventate un must le sciarpe di cashmere tricolore, indossate da Laura e Lavinia Biagiotti nel finale della sfilata della collezione di febbraio, interamente dedicata all’Unità d’Italia. Chanel diceva: «Se non sono forte in Francia non posso esserlo in nessun altro posto». Qual è la forza della maison in Italia e quale la prossima sfida per il futuro dell’azienda? «Avere successo in Italia è per noi sicuramente una grande soddisfazione. Il profumo Roma, dedicato alla Capitale, è il simbolo della nostra italianità. In questo 2011, anno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, abbiamo anche rilanciato un nostro grande cult: il profumo Venezia. In un momento in cui il mercato italiano sta soffrendo bisogna continuare a investire proprio in Italia. Oggi ottiene buoni risultati di fatturato chi lavora molto bene all’estero, in particolare in Cina e in Russia. Si tende a disinvestire in Italia ma questo non ci trova d’accordo, anzi cerchiamo

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di offrire sempre emozione, sogno e qualità, ma anche con un’attenzione maniacale ai costi e di conseguenza ai prezzi». Diversi anni fa la maison Biagiotti è stata tra le prime case di moda a sfilare in Cina. Cosa è cambiato da allora? Dopo la prima sfilata a Pechino, quali i mercati a esteri a cui prestate più attenzione? «Quando mia madre andò lì nel 1988, il marchio Biagiotti era visto come l’impero del lusso, adesso le parti si sono quasi invertite. Dunque è abbastanza sconvolgente quello che è successo in soli venti anni. Andarci allora è stato davvero pioneristico e un po’ folle ma ci ha permesso di aprire un mercato che rimane per noi un riferimento molto importante. La Cina dunque e la Russia, che è un altro dei mercati in cui noi siamo stati i primi ad andare a sfilare con la moda italiana nel 1995. La Cina rimane un mercato più difficile, mentre la Russia è uno dei mercati più forti per il Gruppo e poi grande importanza all’Europa». Quale il contributo che può venire dalla Camera della moda? «Io ho avuto l’opportunità e l’onore di essere stata la più giovane consigliera mai eletta, all’età di 24 anni, e questo rafforza il mio senso di appartenenza al made in Italy. Mio papà è stato per tantissimi anni vicepresidente della Camera della moda e, alla sua scomparsa, è diventata vicepresidente mia madre, quindi la storia della mia famiglia è legata inevitabilmente a questo ente. Oggi il presidente Boselli sta facendo un lavoro davvero straordinario, in un momento molto difficile, e i soci e le griffe stanno rispondendo bene. La Camera ha con-


Lavinia Biagiotti Cigna

tribuito a svegliare lo spirito di squadra degli stilisti italiani che solitamente sono molto individualisti come tutti i creativi». Tecnologia e moda e arte e moda sono binomi fortunati? «Sono tre mondi che possono lavorare molto bene insieme. Arte e moda è un binomio importantissimo per la nostra azienda e per tutto il made in Italy. Nelle nostre collezioni c’è sempre un’ispirazione d’arte, dalla forma del profumo Roma, che ricorda una colonna romana, ai riferimenti futuristici di Giacomo Balla del quale possediamo, attraverso la Fondazione Biagiotti Cigna, oltre 200 opere. Trovo importantissima, ad esempio, l’operazione che Della Valle sta facendo con il Colosseo, perché ciò

vuol dire che la moda può sostenere l’arte in maniera concreta. Noi abbiamo fatto tanti restauri, anche con il contributo dei nostri profumi, tra cui quello della Scala Cordonata di Michelangelo in Campidoglio nel 1999». Cosa ha imparato da sua madre e qual è l’importanza dei giovani in azienda? «È fondamentale puntare sulla formula junior più senior, è la forza dell’Italia. Mia madre, a prescindere dal mio ingresso in azienda, ha sempre amato contornarsi di giovani. L’ideale è un’osmosi tra i due elementi: uno assicura qualità e continuità e l’altro freschezza e idee e questo è il modo migliore di lavorare con umiltà e pazienza. E auguro ai giovani una sete disperata di imparare, a qualsiasi costo».

Lavinia Biagiotti Cigna, dal 2005 è vicepresidente e responsabile del settore Licenze e della comunicazione di Biagiotti Group

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Chicca Lauldi

Un pezzo di vita in ogni stagione «Le ispirazioni non sono sempre volute o consce, ma il riflesso di ciò che cattura la propria sensibilità, la vita stessa, chi incontri e frequenti, ciò che vedi e che ti cattura nel quotidiano». Lo stile minimal e contemporaneo di Chicca Lauldi Elisa Fiocchi

n un percorso ispirato all’essenza, Chicca Lualdi esprime la sua vocazione minimal che si sostanzia in linee pulite e tagli decisi. La sua donna, “BeeQueen”, è un’avventura partita dopo gli studi tra Milano e New York, un’esperienza decennale con alcuni importanti brand italiani e la vincita, nel 2009, del concorso Fashion incubator della Camera nazionale della moda. Tra Londra, Parigi, Tokyo, passando per le geometrie di alcuni importanti architetti e designer come Frank Lloyd Wright e Hitoshi Abe, di cui l’affascinano «le opere e la loro storia personale». Si è laureata in Economia per passare agli studi in fashion design. È vero che i suoi abiti passano attraverso una visione architettonica della moda? «L’architettura è una mia passione e mi piace prendere ispirazione dai volumi geometrici e rigorosi di alcuni designer o dai colori puri e assoluti di alcune materie. Mi accompagna nel mio percorso come spunto iconografico». Da stilista emergente, come definisce il suo approccio con i grandi della moda italiana? E quali dettagli appartenenti al made in Italy hanno influenzato il suo lavoro? «Il mio approccio ai grandi nomi passa attraverso l’ammirazione totale verso donne come Miuccia Prada o Consuelo Castiglioni, stiliste e imprenditrici capaci e di coraggio, che hanno saputo proporre e imporre una loro visione, portando avanti un messaggio coerente, proprio e originale, sfidando tempi e mode, rimanendo

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solidi punti di riferimento e rinnovandosi ogni stagione. Del made in Italy, apprezzo il dettaglio di tessuti ben fatti, della dedizione e cura sartoriale». Chicca Lauldi, designer del marchio Chicca Lualdi BeQueen Linee, colori, volumi: quali altre ispirazioni artistiche e riferimenti culturali sono racchiusi nei suoi abiti? «Ultimamente un viaggio a Londra e un vecchio libro sulla moda degli anni Sessanta mi hanno offerto molte ispirazione. Ma la meta preferita per i miei spunti creativi rimane New York. Nel futuro penso a un viaggio alla ricerca di ispirazione nell’estremo Oriente, dove ci sono clienti che apprezzano molto il mio stile». Come sintetizza la sua collezione e come desidera sia interpretata dal pubblico? «Minimal, contemporenea e quotidiana, con un femminilità sofisticata e understated. Penso a una donna femminile ma determinata e indipendente, moderna ma attaccata alla tradizione e sensibile alla qualità, con un’ottima cultura di prodotto e moda». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 93


XXXXXXXXXXX NUOVI DESIGNER

Il valore della materia Ciascun designer può esprimere il made in Italy che è fatto di flessibilità, curiosità e sperimentazione, «ma nessuno – afferma Silvio Betterelli – può mettere in discussione l’esclusività dei nostri tessuti, i materiali e il know how produttivo» Elisa Fiocchi

iplomato in Sardegna in arte del tessuto, Silvio Betterelli sviluppa l’amore per la matericità del capo moda all’accademia Naba di Milano nel corso di fashion textile design per poi perfezionarsi alla University of Plymouth in Inghilterra. Per questo giovane stilista, il designer del terzo millennio è, prima di tutto, un operaio: «Si lavora davvero tanto e duramente e sono richieste sempre maggiori capacità tecniche operative per poter seguire e far nascere una collezione». Con questa forte consapevolezza, sceglie fin dagli ultimi anni di studio di collaborare come consulente stilista, contribuendo ad alimentare il proprio bagaglio di conoscenze e abilità che lo hanno portato nel 2003 a ottenere il secondo posto al concorso internazionale Mittelmoda, a essere l’unico italiano al Fashion Grand Prix in Giappone nel 2006 e a disegnare per la stagione autunno-inverno 2009/10 una collezione di scarpe e accessori per il progetto Furla Talent Hub, nato per promuovere promettenti designer emergenti. Oggi la cura del dettaglio e delle rifiniture restano i tratti caratteristici delle sue collezioni unite a una sperimentazione formale su camice, giacche e pantaloni. Il suo marchio? Nient’altro che un’identità in evoluzione: «Faccio molta fatica a inserirmi in un’immagine definita – spiega Betterelli – perché ogni volta che prendo in mano una matita, succede qualcosa che mi fa rimettere in discussione tutto ciò che ho già fatto».

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Lo stilista Silvio Betterelli

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La sua ricerca mira, infatti, allo stravolgimento del classico e del formale che deve essere contemporaneo, elegante e non mancare mai di un qualche elemento di rottura destabilizzante. Di ciò che lo stilista definisce «intruso». Diplomato in arte del tessuto, che valore ha la materia del capo moda nella sua interpretazione stilistica? «Nel mio percorso ho sempre tenuto in grande considerazione il valore della materia. Da sempre mi dedico con passione alla ricerca di materiali e di nuove soluzioni per rendere unici e speciali i materiali e le loro superfici. Credo che più che mai oggi sia fondamentale lo studio di nuovi materiali, che, nel mio caso, servono a rendere esclusivi anche capi dai tagli e dalla vestibilità molto semplici». Ha studiato anche in Inghilterra: quali influenze stilistiche vanno ricondotte a quel periodo? «Anche in quel caso ho potuto lavorare sulla materia ma con un approccio molto artistico, si trattava di un corso di textiles design all’interno del dipartimento di fine art. Ho trovato molto rispettosi i docenti e tutto il personale e i ritmi e le dinamiche di progetti artistici erano anche molto complessi. Senz’altro la libertà con la quale mi approccio allo sviluppo dei temi delle mie collezioni, deriva da questa importante esperienza». Che cosa significa per lei il made in Italy? «È una risorsa che vivo ogni volta che ho la possibilità di confrontarmi con piccolissime realtà sparse per il paese, in particolare in Puglia e nel Salento, dove ha sede la Sps Manifatture, l’azienda che produce la mia collezione. Ogni volta che scopro un nuovo laboratorio, una rica-


Silvio Betterelli

Quando scopro un nuovo laboratorio m’accorgo di quanto noi designer italiani siamo fortunati a lavorare in Italia

matrice, un artigiano con cui lavorare, mi rendo conto di quanto noi designer italiani siamo fortunati a poter lavorare in questo Paese». Chi esprime al meglio la tradizione della moda italiana? «I designer che lo fanno al meglio sono tanti, ognuno a modo suo perchè la flessibilità, la curiosità, la sperimentazione è alla base del made in Italy e si esprime sui tessuti stampati, sulla confezione, sui ricami, sui tessuti in generale o sui filati. In qualche modo chiunque lavora nei laboratori o con aziende italiane sparse per l’Italia scopre eccellenze diverse a seconda delle zone. Se qualcuno ha talvolta criticato le passerelle di Milano per carenza di ricerca o creatività, nessuno potrebbe mai metterle in discussione per l’esclusività dei tessuti, i materiali e il know how produttivo». Quali sono invece le sue principali fonti di ispirazione in campo internazionale? «Osservo interessato le ricerche dei colleghi inglesi ma in particolare m’interesso molto di product

design e oggi c’è un grande fermento tra i giovani creativi del nord Europa ma non solo. Trovo molta ispirazione attraverso le mostre d’arte e i saloni di design». Come descrive la sua donna nell’ultima collezione e quale lavoro di ricerca ha compiuto, da quali luoghi, stili e prodotti si è lasciato influenzare nella realizzazione dei capi? «La donna della mia ultima collezione era più femminile e sensuale. I materiali sono preziosi e le lavorazioni discrete ma molto speciali. Mi sono rifatto ad un immaginario quasi retrò pensando alla vestinbilità degli anni Cinquanta, reinterpretata da tagli e modelli molto contemporanei con enormi jabot che corrono sulla schiena delle modelle. I colori sono tenui e polverosi e anche la mano dei tessuti lascia questa sensazione un po’ d’antan. Ho inserito anche una particolare stampa in degrade cromatico, con motivi di fiori secchi che crescendo nella lunghezza del capo si impasta diventando macchie di colore».

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NUOVI DESIGNER

Sotto, Mauro Gasperi

L’Italia si sente nel tessuto Uno stilista che ama i dettagli e i materiali: «Il made in Italy si sente subito da come si lavora, da come scivola...», racconta il giovane stilista bresciano Mauro Gasperi, classe 1979, vincitore del concorso “Fashion incubator” della Camera nazionale della moda italiana Elisa Fiocchi

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a formazione stilistica di Mauro Gasperi comincia all’istituto internazionale Polimoda di Firenze, specializzandosi nel settore stilismo, moda e maglieria. Solo un anno dopo viene selezionato come stilista per la linea Paola Frani e nel 2003 è chiamato a lavorare nell’ufficio stile di Dolce & Gabbana a Legnano. Nel 2007 la voglia di affermarsi lo spinge a disegnare una sua linea donna completamente made in Italy e, un anno dopo, è già pronto a inaugurare il primo monomarca “Mauro Gasperi” a Brescia, la sua città natale. Con uno suo stile eclettico che ama sperimentare, lo stilista gioca con i tessuti, mescolano stoffe di qualità come la lana a tessuti sintetici come il jersey per una donna «cosmopolita, attenta alla moda e alla cura del dettaglio». Che cosa ha appreso dai grandi couturier e designer del passato? «La lavorazione dei tessuti in primis, ma imparo e apprendo tanto anche dai designer con-

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Mauro Gasperi

Il Giappone nelle strade più nascoste, nella sua cultura, nella sua tradizione, nella natura della gente, è un luogo in realtà sconosciuto a molti

temporanei. Nel passato ho letto, incontrato e sono rimasto molto affascinato dall'architettura, in particolare da quella di Massimiliano Fuksas, che ho avuto il piacere di conoscere recentemente a Roma. Le mie collezioni sono dei total look donna che hanno una parte strutturata, ispirata all’architettura e una parte fluida completa di jersey e maglieria, tessuti sui quali lavoro bene grazie a i miei studi al Polimoda di Firenze e alla mia predisposizione per la ricerca di filati e tessuti stretch». Il viaggio alla ricerca di luoghi sconosciuti: quali hanno ispirato la sua ultima collezione? «Tokyo, il Giappone nelle strade più nascoste, nella sua cultura, nella sua tradizione, nella natura della gente, è un luogo in realtà sconosciuto a molti».

In quali dettagli della moda ritrova il made in Italy? E quali elementi della sua collezione vanno ricondotti alla tradizione stilistica italiana? «Nei tessuti. Si sente subito se il tessuto è made in Italy da come si lavora, da come scivola. Per quanto riguarda i miei elementi, sono in particolare i dettagli. La cura dei dettagli, nella parte sia strutturata che fluida delle mie collezioni, è fondamentale. I miei buyer sono molto attenti e riconoscono che tutto ciò che produco e disegno è made in Italy». Chi invece l’affascina tra gli stilisti del panorama internazionale? «Céline e Jil Sander. Ultimamente mi piace molto l’evoluzione stilistica di Stella McCartney». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 97


NUOVI DESIGNER XXXXXXXXXXX

Il buon gusto delle donne, tra casual e soluzioni couture Un medico chirurgo cambia rotta alla conquista delle più celebri passerelle internazionali: «Per la collezione primavera-estate 2012 ho scelto il pitone lucido». Ecco il viaggio sperimentale di Cristiano Burani Elisa Fiocchi

el 2011 è entrato nel calendario ufficiale di Milano Moda Donna, dopo aver trionfato all’edizione di N.U.DE, dedicata ai giovani designer. In pochi anni, il reggiano Cristiano Burani è divenuto uno degli stilisti emergenti più apprezzati nel mondo, da Milano a Tokyo, passando per Mosca, Berlino e Parigi. Nel suo curriculum, anche una laurea in medicina prima di conseguire il diploma in Fashion design alla Parson’s School di New York: «Aver studiato il corpo dall’interno – racconta lo stilista – mi aiuta a capirlo all’esterno e quindi a vestirlo, i miei abiti hanno tagli anatomici, che assecondano i movimenti». La sua personale e omonima linea d’abbigliamento si rivolge a una donna raffinata, lussuosa e seducente che del vintage apprezza gli anni Venti, caratterizzati da silhouette fluide, drappeggi di ispirazione neoclassica e ricami geometrici. Quanta italianità esprime la sua donna e quali elementi stilistici vanno invece ricondotti a contaminazioni internazionali? «La mia donna è italiana al 100%, a cominciare dai tessuti che sono interamente prodotti in Italia, come i ricami a mano e la confezione tutta italiana di cui sono molto orgoglioso. Traggo tanta ispirazione dai viaggi che caratterizzano e condizionano le mie collezioni. L’ul-

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A destra, Cristiano Burani, stilista

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tima è il risultato di riflessioni in seguito a viaggi a New York, Mosca, Parigi, Kiev, Stoccolma, Helsinki. Sono un globetrotter». Da dove trae ispirazione e perchè? «Sono ispirato da tutte le donne che incontro anche per strada e che comunicano originalità e buon gusto attraverso il modo di vestire». Il casual si fonde a soluzioni più couture: chi e che cosa contamina l’uno e l’altro aspetto dell’abito? «La sartorialità dei dettagli e delle lavorazioni


Cristiano Burani

La mia collezione è un viaggio sperimentale all’interno del buon gusto

manuali riconducibili all’alta moda rappresentano uno dei miei segni distintivi, con contaminazioni di elementi e soluzioni rubati al mondo dello sport e del casual come nota up to date. Lo chiffon è il tessuto che meglio esprime l’essenza della femminilità: è fluido, leggero, lascia intravedere senza mostrare. Mi è piaciuto mescolarlo a un elastico super rigido utilizzato solitamente per l’abbigliamento sportivo, per creare nuovi abiti eleganti, insoliti, moderni». Da dove nasce la scelta dello chiffon per gli abiti double face? «L’accessorio è il completamento ideale della collezione. Nasce dal mio desiderio di veicolare

un messaggio originale di stile a tutto tondo. Per la collazione P/E 2012 ho scelto il pitone lucido mescolato al camoscio in colori sgargianti: un ottimo contraltare ai toni neutri e pastello utilizzati nell’abbigliamento». Nella sua collezione gli accessori hanno un ruolo di primo piano. Che valore esprimono all’interno della collezione? «La collezione è una sorta di viaggio sperimentale all’interno del buon gusto per donne che amano la qualità, l’unicità e la ricerca. Voglio esprimere una femminilità nuova, discreta e dettagliata». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 99




DISTRETTI INDUSTRIALI

Distretti tradizionali, addio Secondo Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia, «non è più sufficiente la vicinanza territoriale per essere competitivi nell’economia globale, ma sono fondamentali contenuti innovativi e una presenza attiva sul mercato internazionale» Riccardo Casini

ira il freno la produzione industriale regionale, almeno stando all’analisi congiunturale di Unioncamere Lombardia riferita al terzo trimestre del 2011. L’indagine registra infatti una variazione quasi nulla rispetto ai tre mesi precedenti (+0,1%) e un incremento del 2,8% su base annua, contro l’8,2% di inizio anno e il 4,9% del secondo trimestre. Dati che diventano ancor più pesanti se si guardano le sole aziende artigiane manifatturiere, dove sia il dato tendenziale che quello congiunturale sono negativi (-0,9%). Le tinte fosche caratterizzano poi anche l’orizzonte, con una previsione di calo per quanto riguarda gli ordinativi (-2,2% per quelli esteri e -4,8% per gli interni) e una contrazione delle aspettative degli imprenditori, negative in particolare per quanto riguarda domanda interna e occupazione. Secondo Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia, «il problema vero della crisi che stiamo vivendo in questi mesi è che ri-

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guarda sostanzialmente tutta l’economia, lombarda e non solo. Ed è una crisi in qualche modo “importata” dal mondo della speculazione finanziaria che ha potuto giocare sulla debolezza dei bilanci di alcuni Paesi europei, Italia compresa, mettendo in discussione l’intero sistema dell’euro». Ma vi sono alcuni settori che stanno rispondendo meglio in regione? Quali sono oggi le prospettive? «L’economia reale non si è ancora ripresa dalla brusca caduta del 2008-2009, ma molti indicatori produttivi e di export lasciavano intravvedere prospettive discrete, che si sono infrante quest’estate contro il muro dello squilibrio dei conti pubblici, della necessità di ridurre rapidamente il debito e di riconquistare fiducia nella solidità dell’Italia sui mercati internazionali. In questo quadro critico, la meccanica e la siderurgia hanno continuato comunque a registrare incrementi produttivi attorno al 5% su base annua. All’estremo opposto, tessile e abbigliamento, assieme ai minerali non metalliferi, confermano difficoltà crescenti anche per i prossimi mesi». Infatti, sempre secondo la vostra analisi congiunturale, proprio il settore tessile ha fatto registrare una lieve contrazione su base annua nella produzione industriale (-0,7%). Che momento stanno vivendo i vari distretti regionali in questo comparto? Quali sono le principali cause delle loro difficoltà? «Il tessile e l’abbigliamento hanno subito negli ultimi vent’anni un continuo processo di ridimensionamento produttivo e occupazionale, determinato da diversi e concomitanti fattori: la concorrenza dei Paesi emergenti per i prodotti di


Francesco Bettoni

Il tessile bresciano? Rischiamo di essere bravi a produrre, ma non sempre a guardare con attenzione al mercato mondiale e alle sue richieste

fascia meno elevata, ma anche lo sviluppo tecnologico, che soprattutto nel tessile ha modificato ulteriormente il rapporto “macchine-lavoratori”, e il modificarsi continuo della domanda mondiale, sia in quantità che in qualità. A noi, alle nostre imprese e ai nostri distretti resta spazio esclusivamente nelle produzioni di qualità: qualità del prodotto e, soprattutto nell’abbi- A sinistra, gliamento, capacità di incorporare nel prodotto Francesco Bettoni, quel “made in Italy” che è in continua evolu- presidente di Unioncamere zione e che richiede adattamenti costanti sui di- Lombardia versi mercati internazionali. Non basta più neppure produrre capi di buona qualità e a buon prezzo se non sono accompagnati da adeguate strategie di marketing e di presenza sui mercati più dinamici». Sette dei 16 distretti industriali presenti in regione sono specializzati in questo settore. La loro esistenza trova ancora una ragion d’essere in questa economia globale? «Se per distretto s’intende rigidamente un bacino caratterizzato dalla mera vicinanza territo-

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DISTRETTI INDUSTRIALI

Con gli strumenti di comunicazione oggi disponibili, l’aggregazione tra imprese avviene anche indipendentemente dalla vicinanza geografica

riale di un elevato numero di piccole imprese dello stesso settore o filiera, forse i distretti non esistono più. Ma se si allarga la definizione ai cosiddetti “metadistretti” o alle reti d’impresa, anche non necessariamente formalizzate, il discorso cambia. Non bastano più infatti, anche se possono essere d’aiuto, la vicinanza territoriale e i conseguenti effetti di “contaminazione” e imitazione per fare un distretto che sia oggi competitivo nell’economia globale». Quali sono allora gli ingredienti necessari? «A rendere competitivi oggi sono la qualità, il contenuto innovativo del prodotto e dei servizi connessi, la capacità di essere attivamente presenti sul mercato internazionale: tutti elementi che le micro e piccole imprese faticano ad acquisire se non si pongono in una logica di rete con altre imprese, facendo massa critica, mettendo in comune conoscenze e capacità. E con gli strumenti di comunicazione e relazione oggi disponibili, questo processo di aggregazione avviene anche indipendentemente dalla vicinanza geografica o meno». Nel Bresciano la contrazione della produzione su base annua nel comparto tessile ha toccato addirittura il 16%. Qual è la situazione del distretto della Bassa Bresciana? Quali direzioni deve imboccare per uscire dalla crisi? «Non esistono ovviamente ricette universali: ogni impresa deve fare i conti con le proprie caratteristiche e con i propri punti di forza in tema di competitività, ma anche con i punti di debolezza. Rischiamo, anche nei distretti bresciani, di essere bravi a produrre, a lavorare bene e tanto, ma non sempre a guardare con attenzione al mercato

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mondiale e alle sue richieste. Soprattutto, rischiamo di concentrarci su noi stessi, sulla nostra impresa, sull’illusione di poter da soli affrontare le complessità enormi dell’economia globale, senza renderci conto che servono risorse economiche, umane, culturali e tecnologiche che spesso vanno ben oltre le possibilità oggettive della singola impresa». Qual è la soluzione allora? «Noi usciremo dalla crisi solo se riusciremo a esportare una quota crescente delle nostre produzioni, che devono essere di qualità elevata, “uniche” sul mercato e caratterizzate da una forte immagine del “made in Italy”. Ma per fare tutto ciò dobbiamo metterci assieme, fare rete, valorizzare le migliori competenze di ognuno». Qual è oggi l’impegno delle Camere di Commercio lombarde in questa direzione? «Le Camere di Commercio confermano il loro essere vicine alle imprese, non solo per servizi anagrafici e certificativi, pur importanti per la trasparenza sul mercato, ma soprattutto nel supportarle, singolarmente e come sistema locale, nei processi di sviluppo competitivo: le Camere lombarde lo scorso anno hanno investito in iniziative promozionali per le imprese circa 110 milioni di euro, vale a dire il 55% di quanto incassato con il diritto annuo. E le iniziative promozionali, come bandi, progetti locali, assistenza diretta o servizi, sono volte proprio ai nodi della competitività, vale a dire innovazione, internazionalizzazione e capitale umano, con un’attenzione costante a favorire le imprese che affrontano questi temi aggregandosi fra loro: proprio in questo periodo, ad esempio, è aperto il bando “Ergon”, cofinanziato con Regione e Ministero dello Sviluppo economico, e dedicato proprio ai progetti di innovazione e internazionalizzazione sviluppati da almeno tre imprese in rete fra loro».



DISTRETTI INDUSTRIALI

Il miglior asset è la qualità La perdita di competitività non deriva dalla mancata modernizzazione delle imprese ma dai costi della manodopera e dell’energia, dalle normative per la tutela dell’ambiente: «Partiamo in svantaggio rispetto agli asiatici». Interviene Sergio Arcioni Elisa Fiocchi

risultati del distretto tessile lecchese mantengono nel complesso una presenza economica buona sui mercati soprattutto per quanto riguarda il tessile per l’arredamento, la specializzazione preponderante sul territorio che detiene una buona fetta del mercato di riferimento. Tuttavia, come sottolinea Sergio Arcioni, coordinatore del distretto e vicepresidente di Confindustria Lecco: «L’intero settore, anche a livello nazionale, è stato colpito dalla concorrenza asiatica di fronte a cui non abbiamo chance competitive nelle produzioni di grandi quantitativi a basso costo». Una condizione permanente anche se tutte le imprese nel Lecchese si sono già dotate di quelle risorse necessarie ad affrontare la crisi e delle strategie per dare maggiore spinta ai fattori trainanti come l’internazionalizzazione, la ricerca stilistica e quella per i nuovi prodotti. La svolta sul territorio lombardo sembra racchiusa nelle potenzialità dei distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza che, attraverso azioni concertate, potrebbero piazzarsi al primo posto su scala nazionale. Il comparto tessile lombardo rischia comunque di perdere 3.400 posti di lavoro se la situazione continuerà a peggiorare nei prossimi due anni. «La perdita di competitività e di posti di lavoro che abbiamo subito in questi ultimi anni non è certamente dovuta a una mancata modernizzazione delle imprese in termini di management, di macchinari o di processi produttivi, ma i costi della manodopera e dell’energia, le normative per la tutela dell’ambiente ci fanno

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partire in svantaggio rispetto ai competitor di provenienza asiatica. La nostra preoccupazione è quindi tanta perché, malgrado gli strumenti offerti anche da Confindustria Lecco in vari ambiti fra cui l’internazionalizzazione, siamo in difficoltà a causa dei prezzi, anche se i nostri competitor non eguagliano la nostra qualità e i nostri servizi. Non per questo smetteremo di credere nelle nostre imprese». Nel 2012 saranno stanziati quasi quattro milioni di euro dalla Camera di Commercio di Lecco: di quali investimenti necessita il

Sopra, Sergio Arcioni, coordinatore del distretto tessile lecchese e vicepresidente di Confindustria Lecco


Sergio Arcioni

600 mila FONDO

Il finanziamento destinato all’accesso al credito sul territorio

17 mila

settore tessile? «Abbiamo sostenuto due progetti importanti del distretto tessile: la riqualificazione delle risorse umane del settore tessile e il master di primo livello della scuola di design del Politecnico di Milano “New Tech-Style Design. I territori del tessile italiano”. Il primo nasce a seguito dell’indagine sui fabbisogni di figure professionali con una duplice finalità: supportare lo sviluppo delle imprese favorendo la formazione dei profili professionali non facilmente reperibili sul territorio e offrire ai

ADDETTI

Il totale dei dipendenti attivi dei distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza

I distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza rappresentano 350 imprese, uniti sarebbero al primo posto in Italia

lavoratori in stato di crisi aziendale un percorso di crescita professionale che offre buone possibilità di sbocco e completamente gratuito. Il master vede invece l’adesione del distretto tessile lecchese, tramite il finanziamento di due borse di studio, a un’iniziativa che punta sul design applicato al settore come valore strategico e elemento di competitività per le imprese». I quasi 600mila euro destinati all’accesso al credito sul territorio, come potranno garantire maggiore sicurezza al tessuto imprenditoriale? «I fondi destinati all’accesso al credito, ai quali si unisce l’azione dei confidi che da sempre supporta le imprese saranno fondamentali nel prossimo periodo. Inoltre Confindustria Lecco, che associa un numero importante delle imprese tessili del territorio, già da tempo ha sviluppato servizi dedicati all’area della finanza d’impresa e oggi li sta ulteriormente implementando, anche con un nuovo progetto per il check-up finanziario che affianchi le imprese nei processi di ottenimento di credito. Viste le difficoltà delle imprese su questo fronte, il favorire un modo di porsi più moderno nei confronti di Istituti bancari sarebbe sicuramente importante per sostenere la loro crescita. Confido anche nello Statuto delle Imprese, che da attuazione concreta ai principi dello Small Business Act, come un elemento importante che favorirà l’avvio di nuove attività imprenditoriali, la crescita e lo sviluppo dell’economia tessile lecchese». Quali rapporti e future collaborazioni sono in cantiere con gli altri distretti tessili regionali nell’ottica di fare sistema? «Il gruppo tessile di Confindustria Lecco ha valutato, con i colleghi delle sedi territoriali di Confindustria di Como e Monza e Brianza, la possibilità di azioni concertate, pur tenendo contro delle differenze fra le nostre specializzazioni produttive. Vorremmo, infatti, giungere alla proposta di soluzioni trasversali a beneficio di tutto il settore. Nel complesso, i tre gruppi rappresentano oltre 350 imprese e circa 17mila addetti, un dato che porrebbe i tre distretti al primo posto in Italia». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 109


DISTRETTI INDUSTRIALI

L’export trascina l’economia Il punto di forza della realtà varesina sta nella «produzione diversificata», spiega Bruno Amoroso. Ma il tessile soffre e in tre anni ha perso quattromila posti di lavoro Elisa Fiocchi

ei momenti di sofferenza economica è la possibilità di dare la precedenza ad alcuni settori, tutelando quelli che invece faticano a sopportare la crisi, la vera carta vincente secondo il presidente della Camera di Commercio di Varese, Bruno Amoroso, che considera «anomala» la situazione sul suo territorio. «La nostra è una zona verde bellissima, con insediamenti produttivi che non deturpano l’ambiente, e possiamo contare su una diversificazione produttiva che le altre province lombarde non hanno, essendo loro particolarmente forti in alcuni settori specifici». Questa condizione ha permesso alle aziende varesine di resistere più che dignitosamente sul mercato, anche grazie a una serie di strumenti come i recenti 220mila euro stanziati nel bando “Credito agevolato”, messi a loro disposizione per consentire operazioni di finanziamento effettuate tramite organismi di garanzia fidi. Quali sono gli altri punti vitali dell’economia locale? «Anche le nostre aziende risentono della crisi, sarebbe una bugia affermare il contrario. Ma fortunatamente possiamo contare su produzione, tecnologia, ricerca e innovazione molto avanzate. Altro aspetto importante deriva dalla quota export che non è stata modificata, con una percentuale di esportazioni del 35%, superiore alla media lombarda e nazionale. È un dato davvero importante che non solo ci fa

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Sopra, Bruno Amoroso, presidente della Camera di Commercio di Varese

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stare tranquilli, ma dimostra la nostra competitività sul mercato globale, di cui possiamo sentire la concorrenza solo con prodotti di alta qualità». Per quali realtà produttive la resistenza sul mercato si fa più difficoltosa? «È il commercio a soffrire di più perchè legato al potere d’acquisto dei consumatori che è in calo. La ripresa, infatti, si può avere solo con un potere d’acquisto che consente la produzione e la messa in vendita di prodotti sul mercato. Fino a quando non ci sarà un ritorno della domanda, le imprese non potranno di conseguenza garantire alcuna offerta, ed è così che si rallenta la produzione. Il commercio soffre proprio perchè legato al confronto tra consumatori e produttori. E se questi ultimi possono indirizzarsi altrove, chi deve vendere i prodotti non ha grosse alternative». Il settore tessile lombardo potrebbe perdere altri 3.400 posti a rischio. Quali previsioni riguardano la provincia di Varese? «Dal 2007 a oggi abbiamo perso circa 4mila posti di lavoro, scendendo da 21mila lavoratori agli attuali 17mila. Le previsioni dicono che il peggio è ormai passato e ci attendiamo solamente un livellamento al basso ma non certo con la percentuale che è stata registrata negli anni passati. In questa direzione, anche i progetti regionali possono porre rimedio ad alcune criticità, generando un effetto positivo anche per tutte le altre province».



IL SETTORE TESSILE

Il settore tessile punta sulla filiera corta l buon andamento di ogni produzione dipende dalla peculiarità degli elementi che la compongono. Per tale motivo, nei vari comparti industriali l’attenzione nella scelta dei componenti è massima. Anche in periodi di ristrettezza economica, come quello che stiamo vivendo, le aziende non possono rinunciare a determinati requisiti per realizzare i loro prodotti. Il nostro Paese vanta numerose imprese che rispondono ai parametri imposti dal mercato. Questo, grazie a mirate strategie. Per la Tessitura Armand Saccal, l’arma vincente è la “filiera corta”. «L’azienda tessile – afferma il CEO Silvio Giani - ha investito costantemente in strutture collaterali e complementari, acquisendo Silvio Giani, CEO della Tessitura Armand Saccal stabilimenti di finissaggio di Busto Arsizio (VA) e nobilitazione dei tessuti, www.armandsaccal.it crescendo in maniera esponenziale fino a diventare oggi un vero e proprio gruppo industriale. Il fatto che - continua Giani - tutta la struttura faccia parte della stessa famiglia, garantisce un’immediatezza di decisioni, di strategie, di servizi e come diretta conseguenza di risultati». Per poter mantenere e supportare questi principi, ritenuti determinanti per il CEO dalla Tessitura Armand Saccal, grandi sono stati gli investimenti. «La società –di-

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Un impegno economico e finanziario prudentemente gestito e programmato. Investimenti costanti in strutture collaterali e complementari alla produzione tessile. Silvio Giani descrive le strategie di ricerca e sviluppo della Tessitura Armand Saccal Antonella Chirico

chiara Giani - impiega in ricerca e sviluppo importanti percentuali del fatturato. La tecnica digitale ed il controllo di tutti i processi di lavorazione permettono di tracciare il prodotto dalla tessitura, con qualsiasi tipo di filato (viscosa – nylon – cotone – lino – lana – poliestere – gomma), alla tintura, all’idrorepellenza, alla marezzatura, all’antisfilo e all’accoppiatura fino ad arrivare alla confezione». Per conservare questo standard di offerta, l’azienda si affida ad un nutrito patrimonio di risorse umane. «Oggi – prosegue l’industriale contiamo quarantadue dipendenti, alcuni dei quali vantano oltre 35 anni d’esperienza. Grazie al loro lavoro, inserito in una direzione creativa e moderna, la T.A.S. si conferma partner ideale per la ricerca di nuovi progetti tessili e tecnologici». Risultati, sottolinea sempre Silvio Giani, nati grazie al cospicuo ventaglio di proposte dell’azienda. «Le prime produzioni di rasi e di crepe si sono subito imposte per l’alta qualità, anche sui mercati internazionali; questi tessuti sono tuttora utilizzati per la creazione di corsetterie e per la rea-


Silvio Giani

❝ lizzazione di articoli e oggetti sacri, quadri e astucci per la presentazione e custodia dei gioielli. Il gruppo – prosegue l’imprenditore - ha poi messo a punto la produzione del moire utilizzato principalmente per fodere di articoli per pelletteria. Tale prodotto viene ancor oggi ottenuto con lavorazione artigianale che permette di realizzare il caratteristico effetto cromatico occhio di pernice. Lo sviluppo – afferma - ha preso consistenza dopo la nascita dei tessuti gros grain, elasticizzati, jacquard e lamè, tipologie destinate all’industria della pelletteria, della calzatura, della legatoria e ai comparti che utilizzano tessuti, detti, di fascia alta». Ma, per imporsi in questo settore e con questi esiti positivi, fondamentale, ha precisato Giani, è stata la sinergia con un altro marchio. «È il 1997 quando la Omniatess Srl si affianca alla sede storica con il compito di finissaggio e commercializzazione dei prodotti T.A.S. Quando la società – continua - è stata presa in mano dalla mia famiglia, ci furono dei radicali cambiamenti. Innanzitutto, a supporto della consociata Omniatess, l’attività è stata trasferita nella nuova sede di Busto Arsizio e sono stati sostituiti i vec-

La Tessitura Armand Saccal è un’impresa tutta italiana, che non si è data limiti nell’impegno economico e finanziario prudentemente gestito e programmato

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chi telai, affidando l’intera struttura produttiva a macchinari di ultima concezione tecnologica». Per concludere, il «fare tutto in casa» come sottolinea ancora Silvio Giani è sicuramente una carta in più. «Gli immobili dove le aziende producono sono di proprietà del gruppo e un ulteriore sviluppo delle attività, sarebbe possibile senza particolari problemi di spazio. Allo stato attuale, la gestione è particolarmente premiata con sensibile risparmio nelle incidenze dei costi di trasporto e logistici in generale. La Tessitura Armand Saccal è un’impresa tutta italiana, che non si è data limiti nell’impegno economico e finanziario prudentemente gestito e programmato. La società ha gestito anche un funzionale indebitamento a sostegno dell’innovazione. Tali equilibri – conclude l’imprenditore lombardo hanno permesso una crescita armonica dell’azienda, donando una buona tranquillità per poter pensare di ottenere nuovi traguardi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 113


IL SETTORE TESSILE

Come è cambiato il processo di nobilitazione dei tessuti Lo spostamento dei processi di nobilitazione di tessuti e filati di categoria mediobassa verso Est ha riportato nelle aziende italiane le produzioni di fascia alta. Tuttavia con un calo generale dei quantitativi. La strategia della G. Tosi per tenere il mercato Luca Cavera

alla metà degli anni ‘90 è iniziata l’involuzione del settore della nobilitazione dei tessuti. Due terzi delle aziende italiane, negli ultimi 15 anni, hanno chiuso. La quantità totale di prodotto lavorato però non si è semplicemente ridotta, bensì è arrivata a dimezzarsi. «Noi lavoravamo circa 6 mln di kg di tessuti e filati l’anno, oggi ne lavoriamo poco più di 3». Questa la testimonianza di Andrea Ferrazzi, membro del Cda e responsabile del settore commerciale della tintoria Tosi, un’impresa storica, fondata alla fine dell’800 – e rifondata nel 1948 per opera di

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Andrea Ferrazzi, membro del Cda e responsabile del settore commerciale di Tosi Spa, Busto Arsizio (VA) www.gtosi.com

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Aldo Orsenigo e Bruno Tosi – e una delle poche che hanno tenuto, nonostante la fuga delle produzioni verso Est. «Se siamo riusciti a resistere è perché abbiamo avviato una consistente ristrutturazione produttiva, virando verso un target di prodotto del tutto diverso da quello che era il nostro tradizionale». Qual è stata la scelta davanti alla quale vi siete trovati e con quale strategia l’avete affrontata? «La decisione poteva orientarsi verso un ridimensionamento degli stabilimenti, in funzione della ridotta capacità del mercato. Oppure verso l’ampliamento, diversificando e potenziando gli impianti per sviluppare una maggiore competitività, salvando le competenze tecniche del nostro personale e realizzando un prodotto a più alto valore aggiunto, meno soggetto alla concorrenza dei Paesi emergenti. La nostra società ha optato per la seconda ipotesi». Quindi è stata avviata una strategia di diversificazione. «Il progetto si è concretizzato nel


Andrea Ferrazzi

Per sviluppare una maggiore competitività, abbiamo puntato sull’ampliamento, la diversificazione e il potenziamento degli impianti

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2009 grazie ad accordi commerciali che hanno reso immediata l’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto. La nobilitazione tessile comprende più sottocomparti: tintura dei filati, dei tessuti, dei tessuti a maglia, stampa e tintura dei capi. Di questi cinque noi ne copriamo quattro – esclusa la tintura dei capi. La diversificazione ha riguardato sia le fibre – non più solo cotone, ma anche viscosa, seta, lana, poliestere e poliammide – sia il tipo di prodotto: abbiamo abbandonato le produzioni mediobasse per orientarci verso le collezioni di moda e di fascia alta. Abbiamo aggiunto alle tradizionali attività di tintura dei filati e dei tessuti a maglia, la stampa dei tessuti e anche la tintura e il finissaggio di tessuti a catena trama». Oltre che sul prodotto e le lavorazioni, in cosa è cambiato il vostro lavoro? «Abbiamo elevato insieme alla qualità del prodotto anche quella del servizio. Questo è stato possibile grazie all’implementazione di macchine per produzioni di piccoli lotti, destinati alla presentazione delle collezioni e dei campionari. Sempre per i piccoli lotti abbiamo creato nuove ricette di tintura e un sistema di controllo della qualità apposito. È quindi cresciuta anche la sezione ricerca e

sviluppo: fino a dieci anni fa il nostro laboratorio occupava una sola persona, adesso sei. Avevamo poche macchine di tintura per i piccoli lotti, adesso abbiamo triplicato questa linea». Quanto è importante per voi la limitazione dell’impatto ambientale della produzione? «Il nostro impegno nella produzione di un prodotto ecologico e a basso impatto è certificata dal marchio internazionale Oeco Tex. A parte questo, di fronte a normative sempre più stringenti, il rispetto dell’ambiente è pressoché un obbligo, però lo viviamo anche come un’opportunità. Infatti, la questione dell’ecosostenibilità può avere una triplice valenza: etica, di marketing ed economica. Per quanto riguarda l’ultimo punto, in particolare, ottimizzare il consumo delle risorse può rappresentare una svolta nel bilancio aziendale, dato che una delle voci di spesa che più pesa è quella del costo dell’energia – negli ultimi mesi cresciuto del 30%». Qual è il bilancio dell’ultimo biennio e quali le prospettive per il futuro? «Il 2009 è stato un anno negativo. Però è stato anche l’anno zero dell’avvio delle nuove produzioni di stampa e tintoria a catena trama. Quando si avviano nuove linee produttive ci sono molti costi e all’inizio si hanno anche scarsi ricavi, in più, in un anno di crisi, non potevamo essere diversamente. Il 2010 ha visto un sensibile recupero di fatturato. L’anno in corso è stato su questa linea fino al primo semestre, per poi rallentare negli ultimi mesi».

35 mila KG

Capacità produttiva giornaliera della Tosi Spa. La produzione reale varia da 18mila a 25mila kg giornalieri secondo il periodo dell’anno

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Il tessile italiano sfida la globalizzazione La vocazione tessile appartiene alla tradizione storica e produttiva del territorio varesino. Ma di fronte alle pesanti sfide di oggi, le aziende del settore devono continuare a promuovere un rinnovamento strategico Leonardo Testi

ultima indagine congiunturale realizzata dall’Unione Industriali della Provincia di Varese registra una frenata nella produzione per quanto concerne il settore tessile-abbigliamento, una frenata determinata soprattutto dalla forte instabilità sui mercati e dal conseguente indebolimento dei consumi. In questo scenario, dove però va segnalato il dinamismo del comparto sul fronte delle importazioni e dell’export, le realtà produttive che operano nel tessile gallaratese sono chiamate a fronteggiare le criticità con il bagaglio di know how di conoscenza ed esperienza che hanno maturato nel corso dell’attività. L’azienda Giovanni Clerici & Figli identifica una di queste realtà, che ha vissuto in prima istanza le principali tappe della storia dell’industria cotoniera lombarda. Attiva dal 1869 nei segmenti della tintoria e della nobilitazione dei tessuti conto terzi, la società ha saputo, nell’arco di 142 anni, operare le neces-

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sarie trasformazioni, riuscendo a superare le crisi strutturali, la crescente concorrenza dei paesi in via di sviluppo e le delicate fasi imposte dal passaggio generazionale. Gli attuali amministratori Mario Montonati e Filippo Clerici hanno, infatti, raccolto il testimone da Carlo Montonati e Giovanni Clerici, ora presidente onorario. È Mario Montonati a illustrare le strategie con cui la società affronta lo scenario presente, guardando al futuro. Come l’azienda mira a restare competitiva sul mercato? «Nell’opificio, sempre ubicato nella sede storica di viale Milano 22, si esercita l’attività di candeggio, tintoria e finissaggio di tessuti ortogonali di cotone, lino, elastici, destinando mirate energie alla ricerca di lavorazioni sempre più raffinate, dotate di alte caratteristiche qualitative, attente a cogliere le opportunità innovative e tecnologiche che il comparto meccano-tessile propone e che la richiesta di un mercato sempre


Mario Montonati

Il settore soffre ancora un forte disagio, ma c’è la volontà di proseguire lungo un percorso improntato a un costante investimento in macchinari e risorse umane

più esigente impone». Quali sono i fattori determinanti nella gestione dell’impresa? «Oggi, come sempre, l’amore per il lavoro, l’impegno costante al miglioramento, la continua attenzione alla dotazione di strumenti in grado di dare corpo alle capacità tecnico-creative della clientela, per interpretarne al meglio le idee più ambiziose e per affiancarla coraggiosamente in un clima di reale collaborazione, sono le caratteristiche salienti della dirigenza e di tutti i collaboratori della Giovanni Clerici & Figli Spa». Quanto, nel vostro settore, è determinante poter fare affidamento su personale esperto? «Lo spirito imprenditoriale fortemente radicato nella famiglia, confermato dal recente ingresso in azienda della settima generazione incarnata da Alberto Montonati, unito all’insostituibile – indispensabile – qualificata opera dell’intero organigramma aziendale, risultano fattori fondamentali, oltre che molla propulsiva per reggere la globalizzazione del mercato. Tutti sono pronti, con sempre rinnovata fermezza e consolidata competenza, a raccogliere nuove sfide e ad affiancare partner storici e nuovi che vorranno condividere le future evoluzioni dell’impresa». Anni fa era un paese emergente, oggi è un colosso ormai consolidato. In che modo affrontate la competizione cinese? «Il settore soffre ancora un forte disagio a causa degli effetti della globalizzazione, ma c’è la volontà di proseguire lungo un percorso improntato a un costante investimento in macchinari e risorse umane per trovare soluzioni

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efficaci alla concorrenza internazionale. Una di queste vede l’azienda concentrarsi anche su articoli di nicchia che permettono di ampliare la gamma dei prodotti da trattare. E poi occorre puntare senza riserve sulla qualità, con il cuore nel passato, il braccio nel presente e la mente nel futuro». Individua nuovi obiettivi per il futuro della società? «La prossima mossa potrebbe essere quella di investire risorse ed energie nel campo dei tessili tecnici, che possiedono molteplici applicazioni, dalle vele delle barche ai rivestimenti fino ai tessuti performanti per lo sport, ma al momento non si può ancora parlare di business quanto piuttosto di un progetto in fase di sviluppo».

Lo staff della Giovanni Clerici & Figli Spa di Gallarate (MI). Da sinistra, Alberto e Mario Montonati, Giovanni e Filippo Clerici www.giovanniclerici.it

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IL SETTORE TESSILE

Produzioni sostenibili Comfort, resistenza e vantaggio ecologico. È ciò che oggi viene richiesto al settore tessile. Antonio Pastorelli parla dei nuovi finissaggi ecologici riconosciuti dal marchio Oeko-Tex Standard 100 Antonella Chirico

el comparto del tessile anche il più piccolo dettaglio, che poi dettaglio non è, deve essere selezionato con estrema attenzione per creare prodotti raffinati. Per distinguersi, e poter ritagliarsi un ruolo di rilievo sul mercato, affrontando i momenti di crisi, molte aziende decidono di rivolgere il loro impegno nella produzione di elementi specifici. È il caso della Tessitura Marco Pastorelli Spa, specializzata nella produzione di tessuti per fodere. Antonio Pastorelli espone benefici di una produzione estremamente settoriale. Quale valore aggiunto offre una fodera di qualità ad un capo d’abbigliamento? «Convinti che, l’abbigliamento di classe comincia dalla fodera, come recita il nostro slogan, la Tessitura Marco Pastorelli Spa impiega nella produzione fibre naturali e artificiali specificatamente lavorate. Le fibre vengono predisposte in modo tale da appagare tutte le caratteristiche tecniche richieste, quali: aspetto, confort, resistenza e vantaggio ecologico». Quali tessuti selezionate principalmente? «Gestiamo una grandissima varietà di tessuti tra tinto in filo, tinto in pezza, tessuti lisci, operati, jacquard e

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Antonio Pastorelli, presidente della Tessitura Marco Pastorelli Spa di Gallarate (VA) www.pastorelli.it

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stampati. Ogni tipologia offre infinite possibilità di combinazione. Chi opera all’interno dell’azienda cerca di ottenere il massimo da ogni utilizzazione senza tralasciare le personalizzazioni degli articoli venduti». A quali trattamenti vengono sottoposte le fibre utilizzate per le vostre fodere prima di diventare un prodotto Pastorelli? «Tutte le fibre artificiali: cupro, viscosa, acetato; naturali e sintetiche anche in misti, passano attraverso i finissaggi ecologici riconosciuti dal marchio Oeko-Tex Standard 100. Questi procedimenti garantiscono, a noi e ai nostri clienti, prodotti privi di sostanze tossiche e nocive. Ogni fase di lavorazione è costantemente monitorata e verificata per garantire la massima qualità del prodotto; operatori competenti verificano ogni metro di tessuto prima della vendita». Quali territori rappresentano i vostri principali mercati? «L’organizzazione delle vendite è concepita al fine di assicurare la presenza sul territorio nazionale, e in quest’ottica vantiamo collaboratori in tutte le regioni d’Italia. Grande impegno è dedicato alla presentazione del campionario, con partecipazione a fiere specifiche, sul territorio europeo e internazionale dove sviluppo e crescita sono ancora parole di significato». La sua impresa è sul mercato da ormai mezzo secolo. Quali evoluzioni ha vissuto il vostro settore, soprattutto negli ultimi anni? «Il recente trascorso ha lasciato profonde negatività anche in questo settore. Gli ultimi


Antonio Pastorelli

anni, caratterizzati da una grave e pesante crisi rispetto al passato, raccontano forse la normalità che andremo a vivere nel futuro. Quindi, progetti e obiettivi devono oggi essere valutati con grande responsabilità, coscienti che sbagliare potrebbe compromettere gravemente il domani di un’azienda e di tutti i suoi lavoratori. Essere specializzati nella produzione di un determinato materiale, come le fodere nel nostro caso, rappresenta una via di fuga dalla recessione che il mercato sta vivendo». Su quali aspetti avete puntato per affrontare i momenti negativi? «Coadiuvati dalle nuove generazioni, oltre che da validi collaboratori, cerchiamo di mantenere un costante andamento, anche

Grande impegno è dedicato alla presentazione del campionario, con partecipazione a fiere specifiche, sul territorio europeo e internazionale

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quando il mercato non lo permette, puntando sulla qualità dei prodotti. Questo prevede dei sacrifici economici notevoli, ma che non devono mai depauperare i comparti essenziali della fabbricazione. Per noi la scelta delle materie prime è essenziale, e la cura delle stesse non può essere un optional ma la costante che accompagna il nostro lavoro. Questo è il robusto biglietto da visita della nostra impresa per competere e superare gli ostacoli». Parlando del futuro, quali previsioni si sente di fare, sia in termini di bilancio che di progetti da portare a termine? «La Tessitura Marco Pastorelli Spa si propone, nel breve periodo, di continuare con impegno ad affrontare e a superare le attuali difficoltà che il mercato prospetta. Ma, siamo consapevoli che è essenziale innovarsi continuamente, puntare su macchinari moderni e maestranze specializzate, e su questa scia viaggiano i nostri prossimi progetti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 119




Prospettive di crescita per il tessile I dati più recenti sull’andamento del settore dei tessuti e della moda relativi al 2011 mostrano un quadro di sostanziale ripresa. Il fatturato di quest’anno supererà i 52 miliardi di euro. Questo trend proseguirà nel 2012? Ne parliamo con Maria Adele Brusa Valerio Germanico

Maria Adele Brusa, amministratore delegato e presidente del Cda di TBM Srl, Bisuschio (VA) www.tbmsrl.it

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ulla base dei calcoli dell’ufficio studi di Sistema Moda Italia, elaborati in collaborazione con l’istituto Carlo Cattaneo, il settore tessile potrà archiviare il 2011 come un anno positivo, benché non eccezionale. La soglia dei 52 miliardi di euro – a fronte di una crescita del 4,8% –, sembra un traguardo certamente centrato e rappresenta un ulteriore passo, che si somma al +7,2% del 2010, verso il recupero del –15,4% che si abbatté sulla filiera in un sol colpo nel 2009. Ma quali sono le prospettive per il 2012? Ne parliamo con Maria Adele Brusa, amministratore delegato e presidente del Cda di TBM, un’azienda impegnata nel processo di nobilitazione dei tessuti, che così commenta le stime presentate sull’andamento del settore nel prossimo anno. «Considerando l’andamento in attivo dell’anno in chiusura, il primo semestre del prossimo anno prevedibilmente seguirà il trend – che è stato trainato principalmente dall’export. Tuttavia, anche se il recupero si è avviato, siamo ancora lontani dal dato precrisi del 2007: allora il fatturato del settore raggiungeva i 56 miliardi». L’azienda tessile guidata dalla signora Maria Adele Brusa si occupa di nobilitazione per conto dei maglifici e converter che a loro volta lavorano per le più importanti firme della moda made in

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Maria Adele Brusa

Anche se il recupero si è avviato, siamo ancora lontani dal dato precrisi del 2007: allora il fatturato del settore raggiungeva i 56 miliardi

Italy, come Etro, Armani, Benetton, Calzedonia. «La nostra azienda è specializzata nella tintura e nel finissaggio di tessuti a maglia. Trattiamo tessuti che saranno poi impiegati per l’intimo, per la maglieria esterna, per le calzature o per l’arredamento. L’attività principale è costituita dalla lavorazione di tessuti a maglia, in tubolare o in aperto, indemagliabili, pizzi, tendaggi nelle più diverse fibre: naturali, artificiali, sintetiche e miste. Nel nostro settore è l’esperienza che caratterizza la qualità delle produzioni. Le innovazioni sono continue, giorno per giorno, ma si basano sempre sull’esperienza nella personalizzazione delle tinture e nei finissaggi frutto della quarantennale esperienza dei nostri tecnici e delle nostre maestranze – non a caso il laboratorio è il reparto fulcro attorno al quale ruota tutta l’azienda». Il mercato di riferimento di TBM è quello italiano, dato che la società ha fatto una precisa scelta strategica: lavorare solo con e per il meglio delle aziende made in Italy. «Nel nostro laboratorio siamo in grado di eseguire processi estremamente personalizzati. La produzione è just in time, la fase preparatoria delle campionature ci coinvolge in prima persona, per aiutare i nostri partner nella progettazione e messa a punto dei modelli». Mentre le tintorie industriali vendono, letteral-

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mente, la propria mano d’opera ed energia produttiva, la società di Bisuschio ha scelto di porsi come risorsa per il territorio, valorizzando le risorse umane specializzate. «Inoltre, cerchiamo di rispettare il più possibile l’ambiente utilizzando le più efficienti metodologie per il recupero di calore e per la depurazione delle acque, che avviene mediante un impianto biologico. Una gestione rigorosa, accompagnata dall’affidabilità della produzione, ci ha permesso di lavorare fino a oggi. Ma è chiaro che non esiste un concreto sostegno verso la nostra categoria imprenditoriale. Buona parte degli utili vengono quasi completamente assorbiti dalle imposte sul lavoro e sull’attività produttiva. Il sistema della moda italiana è senza dubbio all’avanguardia nel mondo ed è sinonimo di qualità. Ma questa qualità, espressa solo dal marchio made in Italy, non trova ancora un effettivo riscontro da parte di chi contribuisce in massima parte a far crescere il settore, che sono ovviamente le piccole e medie imprese. Le nostre prospettive per il futuro sono quelle di una maggiore voglia di fare sistema, con l’auspicio che i grandi marchi e i grandi buyer riconoscano la nostra professionalità e non pretendano di pagare il nostro lavoro ai prezzi possibili solo in mercati come quelli emergenti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 123


IL SETTORE TESSILE

Un progetto per rilanciare il tessile lombardo oloTexSport è un progetto cofinanziato dalla Regione Lombardia che intende favorire le condizioni per il rilancio, lo sviluppo, l’integrazione e la cooperazione delle imprese dei settori tessile, abbigliamento, moda. Questi tre settori nel contesto lombardo sono costituiti da numerose piccole imprese, prevalentemente a diretta conduzione dell’imprenditore. Queste sono spesso dotate di specificità di buon livello, ma poco emergenti nell’attuale difficile situazione del mercato. In molte piccole imprese si avverte la necessità di puntare su nuovi prodotti, ma ci si scontra poi con difficoltà nel dare concretezza sia a nuove applicazioni tecnicamente di valore, sia all’innovazione dei processi. Parliamo di questo progetto con Grazia Cerini, Direttore Generale di Centrocot (Centro tessile Cotoniero e Abbigliamento) di Busto Arsizio. Quali sono le difficoltà alle quali intende dare una soluzione il progetto? «Per competere a livello globale nei confronti di prodotti a bassissimo costo di produzione, l’elevata capacità tecnica – se pure fondamentale e diffusa – si rivela purtroppo insufficiente. Risulta perciò indispensabile ricorrere a un approccio assai più sistematico e integrato. A livello regionale e nell’ambito delle politiche di sostegno al tessuto industriale del territorio, la giunta del Comune di Busto Arsizio ha presentato un’idea-progetto per lo sviluppo di un polo tessile di eccellenza nell’ab-

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Grazia Cerini, Direttore Generale di Centrocot Spa, Busto Arsizio www.centrocot.it

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Un progetto che ha l’obiettivo di far confluire le piccole imprese del tessile regionale verso obiettivi comuni. Unico sistema per incrementare la competitività di un settore tradizionale che oggi si scontra contro i prezzi irraggiungibili della concorrenza straniera. Ne parla Grazia Cerini Luca Cavera

bigliamento sportivo, incentrato sulle imprese che insistono nelle aree del bustocco e dell’alto milanese, territori di antica tradizione tessile». Qual è stato il contributo che Centrocot ha dato a PoloTexSport? «Abbiamo cercato di contribuire alla creazione e allo sviluppo di un polo distrettuale tessile specializzato nella fabbricazione di prodotti di alta qualità destinati al settore sportivo e del tempo libero. In concreto abbiamo progettato e realizzato nuovi laboratori per la misurazione oggettiva delle caratteristiche innovative di tali prodotti». Quali sono le prove che è possibile eseguire in questi nuovi laboratori? «Di particolare rilievo è stata la realizzazione della Rain Tower che permette di misurare la resistenza alla pioggia dei capi tessili. Si tratta di un “doccione” posto a oltre 5 metri di altezza e provvisto di 682 ugelli che erogano goccioline d’acqua con la frequenza di 450 litri per metro quadro all’ora; in poche parole una simulazione realistica della pioggia. Al centro di tale struttura è posto un manichino alto 1 metro e 80 centimetri al quale vengono fatti indossare di volta in volta i capi da testare. Il nostro Centro si è altresì dotato di nuovi strumenti in grado di riprodurre le sollecitazioni a cui viene sottoposto l’abbiglia-


Grazia Cerini

Realizziamo prove specifiche per certificare il valore giunto dei prodotti innovativi

mento motociclistico in condizioni reali di utilizzo e fornire in questo modo dati rilevanti per migliorare la qualità tecnica dei prodotti». Per quali altri tipi di prove sono predisposti i vostri laboratori? «I nostri laboratori sono predisposti per tutte le prove tecnologiche, chimiche, tintoriali, ecologiche, biologiche, antibatteriche, battericide, di protezione da varie tipologie di rischio, termo fisiologiche e sensoriali applicabili al settore del Tessile Abbigliamento, Moda, Tessile Specialistico e Tessile Tecnico. Sono previste a listino 1200 prove di laboratorio oltre a certificazioni e marchi. Il laboratorio esegue prove con metodi riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale, opera come terza parte indipendente ed è accreditato Accredia n. 0033 per 402 prove. I laboratori hanno ottenuto il riconoscimento dall’Ente Americano che si occupa della sicurezza del consumatore, in particolare per prove ecologiche come la determinazione di piombo e ftalati nei prodotti destinati ai bambini e la prova di infiammabilità dei tessuti. Eseguiamo, inoltre, prove per la conformità dei prodotti per il mercato cinese. Le imprese che esportano in Cina si trovano ad affrontare un'effettiva barriera tecnica all'ingresso, non conoscendo gli

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standard di prodotto, vedono bloccate le loro merci. Centrocot offre servizio di consulenza sugli standard cinesi, dando informazioni utili alle imprese che esportano. In collaborazione con la camera di commercio di Varese, abbiamo aperto un ufficio di rappresentanza a Shanghai, che consideriamo un link strategico a sostegno del business italocinese». Svolgete anche attività di ricerca e sviluppo? «Centrocot svolge un ruolo di raccordo tra gli enti di ricerca istituzionali e il mondo delle imprese. Oltre a favorire costanti contatti con partner europei e internazionali, promuove e attua progetti di ricerca. Funzionalizzazione dei tessili, nanotecnologie, smart-textile, liquidi ionici e materiali a cambiamento di fase sono alcune delle linee di ricerca proposte alle nostre imprese». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 125


IL SETTORE TESSILE

l settore tessile si caratterizza da sempre per una continua e costante evoluzione dei macchinari, che nel corso degli anni ha portato a miglioramenti delle capacità produttive eccezionali. Messo da parte il telaio a navetta, giunto ormai alla fine della sua vita tecnologica e utilizzato ancora solo in pochissime aziende, oggi si è fatto spazio a macchine di ultima generazione, che puntano tanto a migliorare la qualità e le tipologie del prodotto filato, ovvero il tessuto, quanto la velocità di produzione. A fare capolino tra le tante tecnologie proposte al mercato negli ultimi anni è la tessitura con telai con inserzione di trama a getto d’aria, che grazie alle sue molteplici peculiarità ha riscosso un enorme successo. Questo specifico macchinario, infatti, lavora a una velocità di produzione altissima, dell’ordine di 900 giri al minuto, e consente un buon controllo della difettosità eliminando tempi di lavoro manuale e di controllo successivi alla tessitura. A conoscere alla perfezione tutte le caratteristiche e le potenzialità di questi telai è la Testex, azienda sita a Lainate e specializzata nella distribuzione e nel commercio di macchinari tessili. «Insieme alla tessitura a getto d’aria – commenta Renato Testori, portavoce dell’impresa –, hanno avuto uno sviluppo e una diffusione preponderanti anche le macchine per orditura, dedicate alla preparazione degli orditi e migliorate dal punto di vista tecnologico attraverso l’applicazione di robot adibiti alla programmazione della catena del subbio e dell’intero ciclo realizzativo». La Testex può contare su una storia più che secolare alle spalle. Potrebbe raccontarci un particolare ricordo che la lega all’evoluzione dell’azienda? «Ciò che preferisco ricordare, e che serve come continuo sprone al miglioramento, è l’avvicendamento di produttori di telai che

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L’evoluzione dell’industria tessile Negli ultimi anni, il settore tessile non solo ha rivoluzionato la tecnologia produttiva, ma ha anche rinnovato le sue richieste, interessandosi di più alla varietà di tessuti e articoli che alla quantità e velocità di produzione. Ne parla Renato Testori Emanuela Caruso

la nostra azienda ha dovuto fronteggiare. Fino agli anni 70, infatti, abbiamo venduto i macchinari di un produttore francese che, avendo innovato i suoi strumenti con telai a pinza, era a sua volta stato rilevato da un importante gruppo svizzero, di cui noi per con-

Testex ha sede a Lainate (MI) testex@testex.it


Renato Testori

seguenza siamo diventati rappresentanti. Dopo 15 anni, però, la casa svizzera ha deciso di fermare la produzione di telai e noi ci siamo trovati a dover cercare nuovi fornitori, che abbiamo individuato in un’impresa belga, fino ad allora mai rappresentata in modo ottimale in Italia. Purtroppo, dopo altri 15 anni, anche la collaborazione con questa azienda è terminata e ancora una volta abbiamo ricominciato a lavorare con produttori tedeschi. Questo episodio ci ha fatto capire che, nonostante le difficoltà, saremo sempre in grado di scovare il metodo giusto per risolvere i problemi legati alla nostra attività». A proposito di situazioni difficili, la Te-

L’evoluzione tecnologica ha fatto sì che i telai a navetta fossero sostituiti da quelli a getto d’aria e da macchine a pinza

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stex come ha vissuto e superato la crisi economica degli ultimi anni? «Abbiamo sopperito al duro periodo economico proprio come una volta, cioè acquisendo nuove case di rappresentanza. In tal modo, a fronte di una pur considerevole riduzione delle vendite di macchinari e telai, siamo però riusciti a mantenere inalterato il numero del personale impiegato. Inoltre, abbiamo ampliato la nostra attività incrementando l’assistenza presso i clienti e aumentando la fornitura di ricambi per le macchine già installate». E proprio l’assistenza e la fornitura di ricambi rappresentano la vostra capacità di reinventarvi a seconda del momento storico. Quali sono le strategie che vi hanno consentito questa flessibilità e adattabilità alle richieste del mercato? «Più che di strategia, è bene parlare di intuito. Infatti, fin dagli anni 70, abbiamo avuto la giusta intuizione nel capire che le macchine per tessere, data la velocità dell’evoluzione tecnologica e il costante incremento delle prestazioni e dei relativi consumi, avrebbero ben presto avuto necessità di maggiore assistenza e pezzi di ricambio. Abbiamo quindi deciso di organizzare tanto un servizio tecnico post-vendita quanto un efficiente servizio di magazzino». Verso quali ambiti si sta dirigendo la ricerca all’interno del vostro settore? «Le aziende produttrici che rappresentiamo sono sempre più orientate verso il risparmio energetico e la semplificazione sia della costruzione che dell’operatività, tutto questo per cercare di aumentare la propria competitività. Oggi sta invece calando l’interesse verso la rincorsa all’incremento della velocità di produzione, poiché il mercato del tessuto, e in particolare quello di Europa e Stati Uniti, richiede varietà di articoli e non grandi produzioni». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 127


IL SETTORE TESSILE

Innovazione e risparmio energetico per il meccanotessile Attraverso il progetto Sustainable technologies, Fadis promuove lo sviluppo di soluzioni che riducano il consumo di energia, acqua e sostanze chimiche. Debora Carabelli presenta la tecnologia italiana che rivoluziona la lavorazione dei filati a livello globale Luca Cavera

partire dal 2011 Fadis, specializzata nella produzione di macchine roccatrici a guidafilo elettronico con incrocio di precisione, per la lavorazione di tutti i tipi di filato, è parte attiva del progetto Sustainable technologies avviato da Acimit (Associazione dei Costruttori Italiani di Macchinari per l’Industria Tessile), che promuove lo sviluppo di soluzioni che pongano al centro del processo produttivo la riduzione di energia, acqua e sostanze chimiche, per un ciclo di produzione più responsabile e attento ai consumi nel rispetto dell’ambiente. Debora Carabelli, responsabile comunicazione della società, descrive il pro-

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Debora Carabelli, responsabile comunicazione di Fadis Spa con i fratelli Elena, Giuseppe e Raffaella, Solbiate Arno (VA) www.fadis.it

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getto: «L’impegno è rappresentato concretamente dalla riduzione dei consumi energetici raggiunta dalle macchine della serie “Sincro” prodotte dall’azienda, che hanno registrato una riduzione dei consumi energetici anche superiore al 12%. Questo vuol dire minore CO2 immessa in atmosfera, oltre che un risparmio di costi energetici molto importanti per i nostri clienti. Su ogni macchina viene applicata una “green label”, che riporta l’effettiva emissione di CO2 per chilo di prodotto lavorato». Per voi innovazione è sinonimo anche di rispetto per l’ambiente. Qual è il percorso che vi ha portato a questi ultimi risultati? «La nostra tecnologia abbina innovazione, efficienza, sicurezza e bassi consumi energetici. La produzione Fadis è stata certificata ecosostenibile e innovativa già nel 2002, quando il ministero delle Attività produttive ha riconosciuto nei nostri progetti una nuova generazione di macchine per roccatura, programmazione e controllo computerizzati a elevata flessibilità, con una significativa riduzione del consumo energetico e anche dell’inquinamento acustico. Oltre che nella produzione, il nostro impegno si concretizza anche nei processi energetici che utilizziamo. Nel 2010 abbiamo sostituito tutti gli impianti elettrici e di riscaldamento e avviato un impianto fotovoltaico con una riduzione di immissione di CO2 pari a 11,6 tonnellate». Quanto investite, globalmente nell’inno-


Debora Carabelli

Le nostre macchine hanno registrato una riduzione dei consumi energetici anche superiore al 12%. Questo vuol dire minore CO2 immessa in atmosfera

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vazione tecnologica? «Il nostro investimento annuo non è mai stato inferiore all’8% del fatturato. Inoltre, cerchiamo di utilizzare le proposte in cui, tramite bandi statali o regionali, sono messi a disposizione mezzi e risorse per progetti ad alto livello di innovazione. A questo proposito, quest’anno abbiamo portato a termine due progetti cofinanziati dalla Regione Lombardia. Il primo ha raggiunto l’obiettivo di gestire in remoto le nostre macchine presenti in tutto il mondo. Questo ci permetterà di intervenire immediatamente nella risoluzione di eventuali problemi e diminuire i costi dell’intervento diretto dei nostri tecnici». E l’altro? «L’altro progetto riguarda lo sviluppo e la realizzazione di una nuova “testa” di roccatura. La particolarità riguarda il fatto che questa è stata creata sulla base di conoscenze e con l’impiego di materiali innovativi tradizionalmente utilizzati da settori ad alto contenuto tecnologico, come, per esempio, quello aereonautico. Questo progetto permetterà di ottenere macchine con prestazioni elevatissime e con una produttività superiore del 30% rispetto agli attuali sistemi». Le vostre macchine sono presenti in tutto il mondo. Quali sono le cifre? «Esportiamo oltre il 90% della nostra produzione. Questa è destinata a tutto il mondo, ma in modo particolare verso quei Paesi nei quali il

13 mln EURO

settore tessile è diventato un mercato fondamentale, come India, Cina, Turchia, Bangladesh, passando per il Sud America. Esportiamo anche in Europa e ovviamente una parte della produzione, sebbene minima, resta in Italia, dove secondo noi risiede ancora un mercato fatto di qualità e di esperienza e dove la filiera produttiva è il massimo dell’eccellenza». Attraverso quali attività avete promosso e promuovete il vostro prodotto per raggiungere questo risultato di export? «Partecipiamo a tutte le più importanti fiere del settore. Lo scorso settembre, a Barcellona, abbiamo partecipato alla più importante fiera del meccanotessile, Itma. È una fiera che si svolge ogni quattro anni e alla quale partecipano oltre 1.400 espositori. Viste le difficoltà economiche del momento, non ci saremmo aspettati una grande affluenza, invece è stata una fiera dei record, con più di 100mila visitatori provenienti da 139 differenti Paesi. In quest’occasione abbiamo concluso parecchi accordi che ci garantiranno un portfolio ordini per i prossimi sei mesi».

Fatturato realizzato nel 2011 da Fadis Spa. L’8% è destinato a ricerca e sviluppo

90% EXPORT Fadis Spa è presente in 70 Paesi. Esporta soprattutto nei nuovi mercati del tessile: India e Cina

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 129




IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione che genera sicurezza L’aumento dimensionale e l’internazionalizzazione sono oggi parole d’ordine per le imprese italiane. L’esperienza di aggregazione operata dal Gruppo Aturia, è in questo senso emblematica. Ne illustra le peculiarità il presidente Alessandro Reni Leonardo Testi

opo gli eventi di Fukujima, il nucleare subisce ancora le pressioni dei governi e dei mass media ma è, tuttavia, destinato con tutta probabilità a conoscere, nel prossimo futuro, evoluzioni tecnologiche che potranno garantire un superiore livello di sicurezza degli impianti. Sempre più importanza stanno assumendo, inoltre, le infrastrutture di importazione del gas, quali rigassificatori e gasdotti, necessari anche per aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti. A imporsi come interlocutore degli operatori del mercato energetico globale è il Gruppo Atura, leader nella produzione industriale di pompe, guidato da Alessandro Reni, il cui modello di gestione aziendale guarda alla managerialità e all’aggregazione. Aturia, Rotos, Audoli & Bertola, Marelli, Aris Chiappa, fanno parte della vostra scuderia. Che politica vi ha guidato nell’organizzazione del Gruppo? «Nel 1990 abbiamo perseguito una politica di aggregazione tutta italiana

D Alessandro Reni, presidente di Gruppo Aturia Spa www.gruppoaturia.com

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di medie e piccole aziende che affiancavano a un marchio importante e conosciuto una tecnologia apprezzata in molti anni di presenza sul mercato. Non è stato facile, considerando anche la struttura industriale italiana composta da piccole e medie imprese a conduzione familiare; in molti casi è la famiglia stessa ad aver dato il nome all’azienda, alla quale si sente legata da un vincolo quasi di “sangue”. Pur avendo un azionariato molto coeso, abbiamo sempre preferito gestire l’azienda in forma manageriale, lontano dal modello italiano nel nostro settore». Aggregazione, dunque, solo italiana? «Si, ma solo fino al 2006, quando ci siamo convinti a internazionalizzare, scartando i paesi “low cost” oggi così in auge. Abbiamo puntato su aziende ad alta tecnologia localizzate nel cuore dell’Europa. La scelta è caduta su due imprese: una in Svizzera, Rutschi Fluid Ag, e una in Francia, Pompes Rutschi Mulhouse, che già facevano parte di uno stesso gruppo e avevano il loro core business nelle “canned motor pumps” e, in generale, nelle pompe per chimica, petrolchimica e nucleare». Non è una scelta po’ controcorrente dopo l’incidente alla centrale di Fukujima? «Si, ma solo in alcuni paesi. Stiamo fornendo più di 200 pompe per le centrali di terza gene-


Alessandro Reni

razione di Flamanville (Francia), Olkiluoto (Finlandia) e Taishan (Cina): una tecnologia che si distingue per gli altissimi standard di sicurezza richiesti. Per questo, abbiamo dovuto progettare e realizzare macchine completamente nuove, puntando sull’esperienza trentennale dell’azienda nel settore nucleare, nel quale sono stati forniti più di 150 reattori nel mondo». Dal suo punto di vista, quali Paesi stanno affrontando una politica energetico/nucleare lungimirante, proficua e sicura? «Il rifiuto del nucleare è ovviamente legittimo, ma è una scelta dei paesi “ricchi” con una struttura di produzione energetica tradizionale già forte, tassi di crescita bassi e soldi da investire in fonti alternative caratterizzate da ritorni produttivi limitati. Tutti i paesi rivolti a un più forte sviluppo stanno continuando sulla strada del nucleare. La Cina ha dichiarato che renderà più sicuri i suoi nuovi reattori in fase progettuale e in costruzione, passando di fatto alla terza generazione. Proprio in Cina stiamo concludendo la creazione di una joint venture con un partner locale, considerato strategico dal governo ci-

Continuerà anche la crescita tramite acquisizioni, ma sempre mirata a realtà medio-piccole ad alta tecnologia situate in paesi industrializzati

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nese, per produrre con la nostra tecnologia relativa a pompe di ultima generazione. Lo definirei un bell’attestato di fiducia. Siamo stati coinvolti in due progetti in Brasile e stiamo partecipando a tender in India. Edf (Electricité de France), che ci considera ormai un partner strategico, ha progetti in Gran Bretagna, Usa e altri paesi nel mondo, per i quali ha già chiesto la nostra disponibilità a seguirli». In che modo le innovazioni proposte dal gruppo possono essere applicate trasversalmente a più realtà produttive? «Le strutture a cui facevo cenno, coinvolgono non solo gli stabilimenti di Francia e Svizzera, ma anche la nostra sede principale di Milano (alla quale si affiancano i due siti produttivi a Torino e Rovigo), fomentando una cultura di

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› alta qualità che beneficia tutti gli altri nostri prodotti. L’innovazione e le caratteristiche delle pompe del nucleare possono trovare applicazione anche per usi meno gravosi, come nel settore chimico e petrolchimico. Un po’ come avviene per la ricerca in Formula 1, che può avvantaggiare anche le normali autovetture». Che filosofia di crescita avete adottato? «Innanzitutto per linee interne, integrando prodotti e clienti delle aziende acquisite. Un unico fornitore può, infatti, arrivare a soddisfare diverse esigenze di clienti anche complessi, come società d’ingegneria o “end user” importanti. Un’altra strada è quella di sfruttare le sinergie applicative: se per la chimica l’uso delle “canned motor pumps” della Rutschi è frequentemente richiesto, a completamento gamma possono trovare applicazione le pompe a trascinamento magnetico della nostra Rotos, prodotte nello stabilimento di Rovigo. Continuerà anche la crescita tramite acquisizioni, ma sempre mirata a realtà medio-piccole ad alta tecnologia situate in paesi industrializzati. La nostra joint venture cinese potrà, inoltre, fornirci componentistica di alta qualità, trattandosi di uno stabilimento per il nucleare, e prezzi competitivi anche per applicazioni diverse come la chimica o la petrolchimica». Quali sono i prodotti che maggiormente caratterizzano le società che avete aggregato? «Aturia è stata pioniera per le pompe sommerse, con applicazioni anche particolari come le piattaforme petrolifere off-shore. Per Rotos il core business è rap134 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

I nostri prodotti sono installati nei principali impianti industriali, petrolchimici e di generazione di energia, nonché all’interno degli impianti di distribuzione delle acque delle principali società di gestione

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presentato dalle pompe per il processo. Marelli è un nome noto in tutto il mondo per grossi circolatori per usi civili. Audoli & Bertola ha una gamma vasta di pompe verticali, anche per importanti stazioni di pompaggio. Fiori all’occhiello sono i nostri sistemi “Fire Fighting” per applicazioni importanti e gravose. Siamo i soli in Europa ad avere un’azienda dedicata, Audoli & Bertola appunto, sia per la progettazione che per l’esecuzione e con la certificazione più ambita che è la “Factory Mutual”. Forniamo raffinerie, piattaforme petrolifere off-shore e grandi complessi industriali dove la prevenzione incendi è di vitale importanza». Quali sono stati i progetti più importanti in cui siete stati coinvolti? «Oltre ai recenti progetti legati alle centrali nucleari di terza generazione, quali Flamanville, Olkiluoto e Taishan, i nostri prodotti sono installati nei principali impianti industriali, petrolchimici e di generazione di energia del territorio nazionale e internazionale, nonché all’interno degli impianti di distribuzione delle acque delle principali società di gestione sia italiane che straniere. In particolare, Aturia ha partecipato con forniture di successo al “National Wheat Program” in Sudan, programma basato anche sul trasferimento delle acque del Nilo in aree da destinare alla produzione di


Alessandro Reni

Parola d'ordine: integrazione Composto da 5 prestigiose realtà. Aturia, Rotos, Audoli&Bertola, Marelli, Aris Chiappa, il Gruppo Aturia produce da oltre 60 anni pompe industriali, tra cui elettropompe sommerse, pompe di superficie, pompe per impianti chimici, petrolchimici e gruppi di pompaggio, pompe di elevata tecnologia che rispondono alle esigenze di molteplici settori produttivi. Il Gruppo dispone di un’importante struttura operativa dotata di tre unità produttive: una a Gessate, in provincia di Milano; una a Taglio di Po, in provincia di Rovigo e infine a Torino. L’impegno del Gruppo per il miglioramento della qualità è stato riconosciuto dal Lloyd’s Register con la certificazione del Sistema Qualità. La qualità del prodotto è garantita dal controllo totale di tutti i componenti. Le prestazioni delle pompe vengono verificate nelle apposite sale prove delle strutture.

grano. Gruppo Aturia è presente nelle vendor list delle principali contractor e società di ingegneria nazionali ed estere e questo ci offre l’opportunità di essere coinvolti in progetti ad ampio respiro». Per il futuro invece? «Abbiamo in corso diverse commesse importanti, ma in particolare siamo molto orgogliosi della scelta compiuta da un cliente prestigioso per l’installazione dei nostri package antincen-

dio su piattaforme off-shore in Malaysia. Di grande rilevanza è, inoltre, la fornitura sia dei nostri package antincendio che di pompe di servizio in un terminale Lng in Polonia (LNG Polskie –Świnoujście site), struttura per il prelievo e ri-gassificazione di gas naturale liquefatto». Quale effetto sta avendo la crisi e che ricadute sta producendo sulla vostra impostazione manageriale? «Le crisi identificano, in fondo, anche importanti opportunità e quindi se il 2011 non sarà certo un anno da festeggiare, per il 2012 pensiamo di tornare a risultati importanti. Abbiamo colto altresì l’occasione per effettuare un cambio generazionale in tutto il Gruppo con due nuovi Ceo in Italia e Svizzera, nuovi manager in posizioni chiave, dando vita a un team giovane, preparato e molto motivato. Investiremo sempre di più nelle risorse umane: gli uomini, infatti, costituiscono il vero patrimonio delle aziende». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 135


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il settore petrolifero tra crisi e nuove N opportunità Lo stoccaggio dei prodotti petroliferi rappresenta un’attività indispensabile per garantire poi una corretta distribuzione dell’“oro nero”. Maria Pia Passatutto, che con l’azienda di famiglia è presente sul mercato da oltre quarant’anni, analizza la situazione attuale del settore Guido Puopolo

La San Castriziano Petroli ha la sua sede a Uboldo (VA) www.sancastrizianopetroli.it

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el settore petrolifero, l'insieme delle infrastrutture necessarie allo stoccaggio e al successivo trasferimento alla fase di distribuzione del prodotto finale, si colloca nell’ambito dei servizi di logistica. Deposito e trasporto rappresentano infatti il necessario anello di congiunzione tra la fase della raffinazione e quella della distribuzione finale e, proprio per questo ricoprono un ruolo strategico. Proprio la disponibilità di un capiente deposito di stoccaggio, ubicato alle porte di Milano, in un’area strategica fra i comuni di Uboldo e Cerro Maggiore, e le province di Milano e Varese, fa della San Castriziano Petroli – SCP Srl una storica realtà nel campo dello stoccaggio e della commercializzazione di prodotti petroliferi, oli combustibili, gasoli e oli vegetali. «Siamo presenti sul mercato dal 1969», ricorda l’amministratrice, Maria Pia Passatutto. «In quasi quarant’anni di attività abbiamo vissuto e attraversato gli innumerevoli cambiamenti sociali che hanno caratterizzato le alterne fasi economiche e politiche della storia italiana, e che hanno avuto conseguenze dirette anche per il nostro lavoro. Penso, ad esempio alla crisi petrolifera degli anni Settanta, così come all’introduzione delle misure di austerity che portarono a riscoprire l’uso della bicicletta e addirittura del calesse, ma anche allo scoppio dello scandalo-petrolio che deter-


Maria Pia Passatutto

minò la chiusura di numerose aziende, fino ad arrivare al costante e continuo rialzo del prezzo del petrolio di questi ultimi anni. Per questo credo che la crisi che stiamo attraversando oggi – prosegue la signora Passatutto debba essere affrontata con spirito positivo, perché solo così sarà possibile superare questa fase di estrema difficoltà che si trascina ormai da diverso tempo». Negli ultimi anni, per far fronte a questa situazione e consolidare la propria posizione sul mercato, la San Castriziano Petroli ha attuato una nuova strategia imprenditoriale, senza però venire meno a quei valori e ideali che da sempre sono alla base della sua attività, come spiega la signora: «Consideriamo l’azienda come una grande famiglia, all’interno della quale tutti lavorano per raggiungere un obiettivo comune. È questa la grande lezione che abbiamo imparato da mio marito, il Cavalier Attilio Spoggi, che con il suo entusiasmo e il suo carisma è riuscito a creare una realtà caratterizzata da un’ipostazione familiare ma allo stesso tempo assolutamente efficiente e affidabile. Ultimamente abbiamo cercato di attualizzare questi principi, adattandoli a un concetto di imprenditoria manageriale che meglio si adegua alle mutate condizioni del mercato in cui ci troviamo a operare. Il nostro staff è formato da dipendenti e collaboratori altamente specializzati e di elevata esperienza, con un’organizzazione tale da permetterci di coprire in maniera capillare non soltanto il territorio lombardo». Oggi infatti la Società, che dispone di un proprio parco autobotti di svariate dimensioni e capacità, attraverso cui poter intervenire con tempestività e puntualità per assecondare le esigenze dei propri committenti, commercializza circa 40.000 tonnellate di prodotti petroliferi ed ecologici all’anno. «Negli anni abbiamo instaurato solidi rapporti con i nostri partner “storici”, con i quali lavoriamo da sempre in un’ottica di serietà e collaborazione, con grande soddi-

Oggi la Società, che dispone di un nutrito parco di autobotti, di svariate dimensioni e capacità, commercializza circa 40.000 tonnellate di prodotti petroliferi ed ecologici all’anno

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sfazione reciproca», specifica l’amministratrice. «Il messaggio che più volte abbiamo lanciato alle forze che collaborano con SCP, si basa sulla consapevolezza che il nostro settore di riferimento, così variegato, complesso e articolato, è un’ottima palestra in cui ciascuno trova un proprio campo di crescita, di maturazione e di evoluzione». È sulla base di questi presupposti, dunque, che la San Castriziano Petroli si prepara ad affrontare il futuro: «Stiamo imparando a guardare gli accadimenti giornalieri senza troppi coinvolgimenti emotivi, a cogliere gli aspetti positivi delle varie situazioni e a “lasciar andare” quelli negativi. Soprattutto nei momenti di difficoltà – conclude la signora Passatutto - è fondamentale riuscire a conservare la giusta dose di ottimismo, senza lasciarsi andare a considerazioni superficiali e al facile disfattismo, perché solo così sarà possibile riuscire a cogliere tutte quelle opportunità che, nonostante tutto, il mondo del lavoro continua a offrire». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 137


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il boom del GPL aiuta l’indotto dell’automotive La sempre maggiore attenzione rivolta verso tipologie alternative di carburante e a minore impatto ambientale sta modificando gli equilibri produttivi dell’indotto del settore automobilistico. Giovanni Casaletti analizza la situazione Amedeo Longhi

e bobine sono componenti di primaria importanza per la realizzazione delle elettrovalvole, a loro volta parti integranti degli impianti Gpl. È quindi interessante notare come chi lavora in questo specifico campo dell’immenso indotto dell’automotive possa avere una visione chiara e aggiornata della salute del mercato. È proprio questo il caso di Giovanni Casaletti, titolare della Ae.Cas srl di Nova Milanese, azienda che da più di trent’anni si occupa della produzione di dispositivi elettrici ed elettromeccanici per elettrodomestici e nell’automotive in particolare alla realizzazione di bobine per elettrovalvole. «L’automotive è un settore molto grande, sia dal punto di vista produttivo che da quello commerciale. La nostra specializzazione ci porta a concentrarci sulla parte relativa alle energie alternative: GPL e metano». Il calo che ha avuto il settore automobilistico negli ultimi tempi ha influito anche sulla vostra attività? «Questo è un dato molto interessante da analizzare. Da molti anni a questa parte il mercato dell’auto sta vivendo una crisi abbastanza profonda a livello generale. Tuttavia la nicchia – se ancora di nicchia si può parlare – dei carburanti alternativi a gasolio e benzina è aumentata molto rispetto ai prodotti tradizionali in valore asso-

L Giovanni Casaletti, titolare della Ae Cas di Nova Milanese (MB) www.aecas.it

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luto. In pratica, complessivamente sono state vendute meno auto, ma il numero delle vendite di quelle a carburanti alternativi alla benzina è aumentato. Adesso il GPL è il settore che va ed è anche quello verso cui rivolgiamo la maggior parte della nostra attività». La crescita di GPL e metano registrata negli ultimi anni ha quindi favorito anche il potenziamento della vostra azienda? «Sicuramente il settore è progredito molto, sia dal punto di vista produttivo che da quello commerciale, senza contare l’aspetto tecnologico. Questo ci ha permesso di migliorare molto le prestazioni delle bobine e delle valvole: Ae.cas infatti realizza la bobina che verrà poi assemblata dal nostro cliente sul suo impianto. La nostra azienda investe moltissimo in automazione in qualità e ricerca. Siamo anche in fase di certificazione Iso Ts obbligatoria per il settore automobilistico che richiede i massimi livelli di qualità, produttività e competitività per i propri prodotti, oltre al loro continuo miglioramento. Per raggiungere questo obiettivo, molti produttori di veicoli insistono con i propri fornitori affinché si attengano alle severe specifiche tecniche delineate in uno standard di gestione della qualità per i fornitori del settore automobilistico, noto come Iso/Ts 16949:2009. Certificazione che puntiamo di conseguire nell’anno 2012. Nell’automazione , realizziamo impianti e linee dedicate su misura per ogni committente. L’ottimizzazione di tutti i processi rappresenta un aspetto molto


Giovanni Casaletti

❝ importante perché permette di ottimizzare la qualità, la capacità produttiva e punto fondamentale la competitività sul mercato». Questo ha consentito una crescita anche a livello economico? «Fortunatamente sì: adesso siamo ai livelli di fatturato del 2008, periodo di massima produttività per molti settori. Il settore automobilistico soprattutto in quell’anno ha avuto un picco notevole, anche in funzione dei molti in-

La nicchia dei carburanti alternativi al gasolio e alla benzina, è aumentata molto rispetto ai prodotti tradizionali

centivi messi sul mercato, boom economico seguito purtroppo da una forte crisi produttiva nel 2009 e una successiva reazione positiva nel 2010. Per noi, il 2011 è stato un ottimo anno, che ha fatto segnare prestazioni analoghe a quelle del 2008. Un paio di anni fa abbiamo anche vissuto un’importante trasformazione a livello di assetto aziendale: da gruppo artigiano siamo diventati industria. Questo dal punto di vista organizzativo ha comportato un’implementazione di personale partendo dall’ufficio tecnico, alla qualità, controllo e un aumento di personale della struttura, soprattutto a supporto della produzione». Quali sono gli altri settori in cui operate? «Diciamo che oltre a quello dell’automotive, che per noi è il mercato trainante, operiamo in tutti i campi dove sono necessarie le bobine: idraulico, pneumatico, ferroviario e civile. I prodotti finali ai quali vengono applicati i nostri prodotti spaziano dall’elettronica a comandi di quadri elettrici e di comando industriali e civili, così come comandi idraulici per tutti i mezzi movimento terra, quali ribaltabili, gru, trattori, piattaforme e settore pneumatico per azionamento di valvole di comando per cilindri, pinze».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Le oscillazioni del prezzo del rame L’incertezza dei mercati, le speculazioni e la carenza di liquidità hanno compromesso il trading delle materie prime come il rame. Luciano Peri traccia lo scenario problematico di una situazione economica che sta frenando gli investimenti e che i trader riescono ad affrontare solo grazie all’operatività internazionale Luca Cavera

La Mega Metal Srl si trova a Basiano (MI) www.megametal.it

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egli ultimi mesi, il prezzo del rame ha avuto fluttuazioni giornaliere anche dell’ordine di 300 dollari. Questo mantiene gli operatori, i produttori e i trader in una situazione di particolare incertezza, alla quale si sommano anche le difficoltà, soprattutto in Italia, di gestire i costi del mercato del rame, a causa di problemi di liquidità e di incertezza sugli incassi. «Chi opera nel trading dei rottami per il recupero del rame vede la propria attività soggetta alle mutazioni dell’andamento del London Metal Exchange, la borsa dei metalli di Londra. Il prezzo del rame, infatti, vi è strettamente correlato e inoltre vi è correlato lo sconto, rispetto alla quotazione, relativo alla recuperabilità del rame

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Luciano Peri

Il nostro compito è fornire qualsiasi residuo contenente rame e preziosi quali oro, argento, platino e palladio, recuperati da materiale elettronico

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contenuto nei vari residui». A spiegare quale sia la situazione del mercato e del settore è Luciano Peri, titolare di Mega Metal, società che in Italia fa da rappresentante per il secondo produttore mondiale di catodi di rame. «Alla luce dell’attuale situazione dei mercati, la congiuntura negativa incide pesantemente sulla nostra attività. Quando si parla di prezzo del rame ci si riferisce a quotazioni che oggi sono di 5750 euro a tonnellata, vuol dire che un camion trasporta valore compreso tra i 150 mila e i 200 mila euro. È necessario perciò avere a disposizione ingenti disponibilità di liquidità, cosa purtroppo oggi sempre più difficile per l’atteggiamento delle banche, disponibilità sempre minore, tassi di interesse sempre più alti e non ultimo i rischi legati alla solvibilità dei clienti finali anch’essi “vittime” della mancanza del credito, più che delle loro incapacità. Il partner che rappresentiamo è il secondo produttore al mondo di rame in catodi, ottenuti dalla lavorazione dei minerali e dai residui vari, con stabilimenti in Germania, Belgio e Bulgaria. Il nostro compito è fornire loro qualsiasi residuo contenente rame e preziosi quali oro, argento, platino e palladio, recuperati da materiale elettronico. Ci occupiamo anche di alluminio, dato che spesso le fonti di approvvigionamento sono le stesse. Solitamente vendiamo questo pro-

dotto in Italia, ma svolgiamo la nostra attività anche in molte altre nazioni, soprattutto quelle che si affacciano sul Mediterraneo – Slovenia, Croazia, Albania, Grecia, Malta, Tunisia e Francia – e anche al di fuori del Mediterraneo come Russia e Romania. In un mercato dalle prospettive non particolarmente rosee, la forza di un trader rimane quella della professionalità, della conoscenza del mercato e della capacità di muoversi contemporaneamente in mercati diversi. «Quello che finora ci ha permesso di mantenere in piedi la nostra impresa è il fatto di avere accesso a mercati diversi e di proporre metalli diversi. Trattando più materie prime di differente qualità è possibile di volta in volta individuare il settore migliore su cui puntare nel momento del picco della domanda; purtroppo le prospettive generali non sono delle migliori: come si può fare sviluppo senza risorse, senza una massiccia immissione di liquidità nel sistema? Nel momento in cui possiamo solo contare sulle nostre forze economiche, col rischio anche di incappare in partner insolventi, la prima voce di spesa sulla quale siamo costretti a tagliare sono gli investimenti. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 143


La meccanica italiana guarda a nuovi mercati La meccanica conquista nuovi spazi, puntando sull’innovazione tecnologica e sulla flessibilità produttiva. Le ultime tendenze e le prospettive del settore illustrate da Alessandro Mari Guido Puopolo

o scorso 24 novembre si è svolto a Milano un importantissimo evento organizzato dalla Fondazione ItaliaCina, durante il quale sono stati consegnati i “China Awardws 2011”, un prestigioso riconoscimento assegnato a tutte quelle realtà imprenditoriali che in quest’ultimo anno sono state capaci di affermarsi sul difficile mercato cinese. Tra le aziende vincitrici spicca OMP Mechtron Spa, società di Usmate Velate fondata nel 1987 e oggi universalmente riconosciuta come uno dei principali produttori nel campo della meccanica e dell’integrazione elettronica a livello mondiale. «Nel 2009, nel pieno della tempesta innescata dallo scoppio della crisi internazionale, al contrario di quanto fatto dai nostri

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principali competitor, abbiamo deciso di scommettere e investire sulle potenzialità del mercato cinese, realizzando a Shanghai uno stabilimento produttivo speculare in tutto e per tutto a quello presente in Italia. A due anni di distanza dall’inizio di questa avventura, il premio ricevuto rappresenta un’ulteriore testimonianza della bontà della nostra scelta», spiega Alessandro Mari, Marketing and Sales Development Manager del gruppo brianzolo. Lo “sbarco” di OMP in Cina si inserisce all’interno di un’efficace politica di internazionalizzazione del business, che rappresenta un po’ la chiave della crescita fatta registrare dall’azienda in questi anni. «Esattamente. All’interno della struttura cinese


Alessandro Mari

A partire dal 2007, attraverso un’apposita divisione interna, abbiamo avviato l’attività di integrazione elettronica che si pone in maniera complementare alla produzione meccanica

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produciamo infatti componenti destinati a soddisfare esclusivamente le richieste provenienti dal florido mercato locale e, più in generale, da tutta la zona Apac. Essendo direttamente presenti in loco abbiamo così la possibilità di offrire un servizio completo e puntuale, cosa che ci garantisce un vantaggio competitivo notevole rispetto alla concorrenza. Mi preme però sottolineare che questa operazione non ha avuto alcuna ripercussione sull’attività portata avanti da OMP in Europa, tanto che, nonostante la difficile congiuntura economica, non solo siamo riusciti a salvaguardare tutti i posti di lavoro, ma abbiamo addirittura provveduto a nuove assunzioni». La vostra produzione si caratterizza anche per la capacità di adattarsi alle esigenze di svariati ambiti industriali. Da quali settori derivano attualmente le performance migliori e quali invece, presentano le maggiori opportunità di sviluppo? «La diversificazione produttiva è senza dubbio un altro dei fattori che ci ha permesso di assorbire la crisi senza particolari contraccolpi. Sono diversi i settori industriali in cui OMP Mechtron opera con successo: ferroviario, broadcasting, militare, biomedicale e telecom, ancora oggi storico mercato di riferimento per l’azienda. Per quel che riguarda il futuro, crediamo che lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie a livello mondiale possa garantirci, nel breve e medio periodo, grandi soddisfazioni. Basti pensare che in Cina esistono progetti per la costruzione di ben dodici metropolitane e che lo stesso Obama, negli Usa, ha lanciato un piano di investimenti destinato a potenziare proprio le reti ferroviarie. Lo stesso discorso può essere fatto per il settore elettromedicale, dove OMP è già presente al fianco delle più importanti aziende produttrici

di macchinari biomedicali e dove contiamo di acquisire, nei prossimi mesi, nuove e importante commesse». Lo sviluppo tecnologico è parte essenziale Alessandro Mari, della vostra attività. Quali sono le novità in- Marketing and Sales Development Manager trodotte dall’azienda a questo proposito? di OMP Mechtron Spa «La ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni, ca- www.ompmechtron.it paci di rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione, rappresentano il cuore del nostro lavoro. Recentemente, ad esempio, abbiamo rinnovato il nostro parco macchine, sostituendo le vecchie presse piegatrici con macchinari elettrici che garantiscono minore impatto ambientale e migliore qualità di lavorazione. L’innovazione più importante, però, è stata sicuramente realizzata a partire dal 2007, quando attraverso un’apposita divisione interna abbiamo avviato l’attività di integrazione elettronica che si pone in maniera complementare alla produzione meccanica. Una piccola “rivoluzione” nel mondo della meccanica, che ha conferito un significativo valore aggiunto ai nostri prodotti e che è stata molto apprezzata dai nostri partner». Quali sono, nello specifico, le peculiarità che permettono a OMP di operare con successo su mercati altamente competitivi? «Le grandi multinazionali con le quali collaboriamo hanno la necessità di rapportarsi con un interlocutore unico, che possa garantire l’elevata qualità dei prodotti e la presenza costante nel mondo. Per questo credo che la flessibilità produttiva rappresenti il segreto del nostro lavoro. Pur essendo ormai presenti su scala globale conserviamo, infatti, ancora una struttura che ci ›› LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 145


IMPRENDITORI DELL’ANNO XXXXXXXXXXXXXXXXX

›› permette di soddisfare in maniera rapida ed esau-

stiva le richieste provenienti dai nostri committenti, ai quali riusciamo a garantire una produzione “just in time” e, laddove richiesto, soluzioni meccaniche “custom”, studiate e realizzate ad hoc. Per ottimizzare tempi e modi di produzione, inoltre, nello scorso settembre abbiamo inaugurato il nuovo stabilimento aziendale a Usmate Velate, dove abbiamo raggruppato le

Lavoriamo per la creazione di sinergie e collaborazioni con numerose realtà brianzole, per aumentare la competitività delle decine di piccole e medie imprese presenti sul territorio

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fasi di montaggio prima suddivise in quattro diverse location, razionalizzando così tutti i processi produttivi». Nonostante una visione ormai globale, infatti, uno dei punti di forza del gruppo consiste proprio nel grande legame col territorio brianzolo. Crede che oggi il made in Italy possa ancora rappresentare un valore aggiunto sul mercato? «Il made in Italy non si esplica solo nella moda o nel design. In campo meccanico, infatti, le produzioni italiane sono molto apprezzate all’estero, in virtù di competenze tecniche e capacità operative difficilmente riscontrabili altrove. La Brianza, nello specifico, rappresenta un territorio con una grande tradizione a livello di meccanica che, soprattutto in un momento come quello attuale, necessita di un supporto concreto per evitare che tutto questo patrimonio vada disperso. Nel nostro piccolo in questi anni, abbiamo quindi cercato di promuovere, al fianco delle associazioni di categoria e alle sedi locali di Confindustria di cui siamo partner, una seria politica di valorizzazione del territorio. Lavoriamo infatti per la creazione di sinergie e collaborazioni con numerose realtà locali, con l’obiettivo di aumentare la competitività delle decine di piccole e medie imprese presenti, per assicurare loro un futuro di crescita e occupazione». Quali saranno, invece, le novità nel futuro di OMP? «In questi anni abbiamo raggiunto risultati importanti, sia in termini di produzione che di fatturato, che nel 2010 è stato superiore addirittura del 30% rispetto al target che ci eravamo posti inizialmente. Intendiamo quindi consolidare e, laddove possibile, rafforzare la nostra presenza sul mercato. Nei prossimi mesi completeremo il parco macchine del plant di Shanghai mentre apriremo nuove filiali aziendali in India e Messico, per proporci su nuovi e importanti mercati forti del know-how e dell’esperienza maturati in venticinque anni di attività».



Un concetto di qualità che comprende tutta la filiera Implementazione di tecnologie, ricerca e sviluppo. Coinvolgendo le risorse umane che rappresentano la continuità del progetto aziendale. L’imprenditore Emilio Longoni individua le strategie con cui affrontare il mercato globale Miriam Fratta

a Commissione europea punta sui 23 milioni di piccole e medie aziende per rilanciare le opportunità di sviluppo del Vecchio Continente promuovendo un nuovo partenariato che mira a sostenere le Pmi nei processi d’internazionalizzazione, sopratEmilio Longoni, amministratore delegato e direttore tutto verso quei paesi extragenerale del Mollificio Lombardo di Milano www.mollificio.lombardo.molle.com Ue che mostrano i tassi di crescita più significativi nei prossimi anni. A guardare con interesse ai mercati di India e Cina è anche il Mollificio Lombardo, che sviluppa e produce numerose tipologie di molle, componenti elastici che trovano applicazione in diversi ambiti, dall’elettronico all’automotive, dall’elettromeccanico all’aeronautico, sino ai segmenti della sicurezza e della comunicazione.

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«Che siano semplici o complesse, la qualità del prodotto finito delle nostre molle non cambia, ma al tempo stesso deve essere commisurata all’applicazione finale», spiega Emilio Longoni, amministratore delegato e direttore generale dell’azienda, fondata nel 1932 dal nonno Emilio. «È importante la scelta delle materie prime – acciaio ferroso e acciaio inossidabile, nastro e filo – per ottenere il miglior risultato possibile, ma anche il servizio, il soddisfare le sempre più diverse richieste della clientela, risulta oggi determinante». Attualmente, il Mollificio Lombardo è una realtà che impiega circa 70 dipendenti; la struttura di Carvico, in provincia di Bergamo, consta di circa 9mila metri quadrati coperti su di un’area di 18mila. Dopo un 2010 positivo – con un incremento del 19% rispetto all’anno precedente, e un altrettanto significativo incremento per il 2011 del 21% – Emilio Longoni illustra le leve con cui puntare a rinforzare la crescita aziendale.


Emilio Longoni

Il Mollificio Lombardo incarna perfettamente l’esempio di un’azienda longeva, a gestione familiare, che ha saputo rinnovarsi, mantenendo però una costante attenzione alle risorse umane. «Il mio avvento, una ventina di anni fa, ha coinciso con una riorganizzazione aziendale che amo definire ‘dal basso’, ossia con un coinvolgimento importante dei dipendenti e un’ottimizzazione delle risorse. Non a caso proprio il fattore umano è uno dei punti di forza del Mollificio. Destiniamo, infatti, il 3% delle ore lavorate alla formazione: ciò induce una partecipazione positiva dei dipendenti ai nostri progetti, concorrendo al miglioramento qualitativo dell’azienda. Un atteggiamento condiviso anche dai miei predecessori, per cui la società è sempre stata pervasa da uno spirito di fedeltà e di correttezza da parte dei collaboratori percepito anche dai clienti. La cosiddetta customer loyalty l’abbiamo conquistata sul campo, grazie anche a un codice etico ben definito all’interno dell’impresa. Scorrendo la monografia dedicata ai “75 anni di molle in famiglia”, si legge, infatti, che 280 collaboratori sono rimasti in azienda per ben 36 anni, includendo spesso due o tre generazioni della stessa famiglia». Cosa distingue il Mollificio Lombardo dai suoi competitor? «Una concezione aggiornata di qualità, che non si identifica solo e semplicemente con l’eccellenza di un prodotto o di un servizio. Oggi qualità significa destinare la massima attenzione a tutta la filiera organizzativa aziendale. In poche parole significa massimizzare il rapporto costi-prestazioni e controllo, introducendo metodi di lavoro come Smed, Kaizen, Lean Six Sigma o Muda. Solo in questo modo si evitano tempi morti e sprechi di ogni genere, garantendo un giusto prezzo al prodotto. Il Mollificio Lombardo

persegue costantemente questo modello di qualità, che si declina anche in una perfetta tracciabilità del prodotto. Infine, il termine qualità si lega a quella virtù che accomuna tutti gli imprenditori: la passione per il lavoro, quella che dà emozioni e che la famiglia Longoni conosce bene». Quali investimenti sta effettuando l’azienda? Con quali obiettivi per il prossimo futuro? «Il 10% del fatturato viene investito in tecnologia produttiva e macchinari, il 2% in sistemi hardware e software, l’1% in ricerca e sviluppo. Abbiamo già acquistato un’azienda specializzata nel settore delle minuterie metalliche sul territorio e siamo intenzionati a portare a termine una seconda acquisizione oltre che ad aver già deliberato un ulteriore ampliamento della struttura. Mentre un’altra nostra azienda, con sede a Milano, è in fase di implementazione dei propri prodotti. Si tratta di Dim (Distribuzione Immediata Molle) che rende disponibili oltre 2000 tipologie di molle per la vendita in piccoli quantitativi a catalogo, con spedizione garantita in 24 ore e servizio just in time. Oggi il 70% del fatturato è generato dal mercato italiano, il 30% da quello estero. Ma puntiamo all’India e alla Cina al Brasile come potenziali mercati sui quali dirigerci». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 149


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Gli infrarossi per il riscaldamento L’uso della tecnologia a raggi infrarossi offre oggi la possibilità di riscaldare in maniera ottimale anche grandi ambienti e spazi aperti, nel pieno rispetto dell’ambiente e con un notevole risparmio economico. Le novità illustrate da Antonio Iolli Diego Bandini

ell'ambito delle molteplici attività industriali, sono sempre stati utilizzati sistemi di riscaldamento di svariate tipologie. Agli inizi del secolo scorso, ad esempio, gli stabilimenti utilizzavano stufe a legna o a carbone, che attenuavano il freddo ma creavano una situazione di lavoro precaria, con i lavoratori costretti a riscaldarsi a turno intorno alle stufe stesse. Con lo sviluppo industriale sono stati creati sistemi a gas, ad aria e a tubi radianti, tutti strumenti che indubbiamente hanno avuto una certa importanza, ma che presentavano comunque diversi limiti, come ad esempio la scarsa efficienza, gli ingenti costi di manutenzione e i consumi troppo elevati, senza dimenticare i problemi causati dal rumore, dal sollevamento delle polveri e, non ultimi, dai molti vincoli di gestione. «Oggi la nuova frontiera nel riscaldamento è rappresentata dall’utilizzo degli apparecchi elettrici a raggi infrarossi IRK», afferma Antonio Iolli, presidente di Star Progetti Tecnologie Applicate Spa, azienda di Tribiano (MI) conosciuta a livello internazionale per aver prodotto il famoso Fungo® a gas, utilizzato ormai in tutto il mondo per riscaldare gli spazi aperti, come dehor e verande. La propensione all’innovazione che caratterizza l’attività di Star Progetti sembra essere confer-

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La Star Progetti Tecnologie Applicate Spa ha la sua sede a Tribiano (MI) www.starprogetti.com

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mata dalla nuova linea produttiva che, come spiega Iolli, sfrutta proprio le potenzialità offerte dalla tecnologia dei raggi infrarossi a onde corte: «L’infrarosso rappresenta un veicolo importante per la trasmissione del calore. Quello che noi abbiamo fatto è stato ricreare artificialmente le stesse condizioni che è possibile trovare in natura, con l’obiettivo di mettere questa innovativa tecnologia a disposizione degli ambienti di lavoro e delle attività sociali». Gli apparecchi Helios Radiant Infrared IRK, progettati e realizzati dall’azienda, rappresentano infatti la soluzione ideale per diversi ambiti applicativi, anche se attualmente sono usati prevalentemente per il riscaldamento a zone e per l’Industrial Processing. «I vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi innovativi apparecchi sui luoghi di lavoro sono notevoli, soprattutto se confrontati con i classici sistemi di riscaldamento – sottolinea Iolli -. Gli impianti tradizionali producono generalmente aria calda, che però si disperde nell’ambiente e nel vuoto


Antonio Iolli

Rispetto agli impianti tradizionali, utilizzando come vettore di calore i raggi infrarossi, è possibile ottenere una migliore efficienza e un grande risparmio nei consumi

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dei soffitti. Utilizzando come vettore di calore i raggi infrarossi, è invece possibile ottenere una migliore efficienza e un grande risparmio nei consumi. I diversi modelli di apparecchi Helios Radiant Infrared IRK, grazie alla possibilità di dirigere il calore degli infrarossi, permettono di riscaldare esclusivamente la zona desiderata, con immediatezza e solo per il tempo necessario, senza alcuna emissione di sostanze nocive. Il loro utilizzo è inoltre semplice ed economicamente vantaggioso, in quanto le spese di manutenzione sono praticamente nulle. Sulla base di queste considerazioni si può ragionevolmente affermare che l’uso di questi apparecchi possa garantire, nell'immediato, un risparmio di oltre

il 60 per cento rispetto ai “normali” sistemi di riscaldamento. Ancora più importante, però, è il fatto gli apparecchi Helios Infrared IRK contribuiscono al risparmio energetico nazionale in quanto, non emettendo CO2, rispettano l'ambiente e si collegano perfettamente allo sviluppo delle energie alternative». Alla base del lavoro portato avanti da Star Progetti c’è un’intensa attività di ricerca e sviluppo, indispensabile per proporre prodotti altamente efficienti e performanti, capaci di soddisfare le esigenze di settori tra loro così diversi, anche in termini di design. «Grazie a un software applicativo, ad esempio, siamo in grado di offrire, a chi richiede i nostri servizi, il modello su cui realizzare l’impianto a infrarossi, tenendo conto di tutte le variabili presenti. I risultati forniti dal software – prosegue Iolli - vengono integrati con i dati contenuti in un ampio data base tecnico di riferimento, primi fra tutti l’architettura del sistema e le proprietà delle apparecchiature, con l’obiettivo di ottenere i migliori risultati ai costi più contenuti». Attualmente in Europa sono già numerose le grandi realtà industriali che usufruiscono della tecnologia a infrarossi proposta da Star Progetti, che con i suoi modelli ha dato inizio a una nuova era nell’utilizzo dell’energia elettrica, rivolta non solo al settore del riscaldamento industriale: «I nostri prodotti – conclude Iolli - possono essere utilizzati anche all’interno di laboratori artigianali, officine, luoghi di culto, così come per il riscaldamento di abitazioni private, bar, ristoranti, terrazze e gazebo. In questo modo rendiamo fruibili anche gli spazi aperti, con notevole comfort e libertà delle persone, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle normative in vigore». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 153


L’industria pesante punta sui paesi emergenti lla luce dei dati analizzati nell’anno 2011, le statistiche parlano ancora una volta di ottime performance dei paesi in via di sviluppo che hanno vissuto una fortissima espansione, contrapposta purtroppo al costante declino dei paesi occidentali. Questa crescita è destinata a non arrestarsi; si prevede infatti che continui la sua corsa con percentuali che si aggireranno intorno al 5-7%. Attualmente i paesi emergenti contribuiscono alla metà del prodotto interno lordo mondiale e per queste ragioni risulta fondamentale interessarsi ad aree così lontane geograficamente da noi, specialmente alla luce della recente situazione economica italiana. A fare il punto della situazione Massimo Boldrocchi, presidente dell’omonima azienda di Biassono, che produce ventilatori speciali centrifughi e assiali, scambiatori di calore a uso industriale, apparecchiature ed impianti per la protezione dall’inquinamento acustico e per la depurazione di fumi e delle emissioni gassose. La vostra produzione è diretta nella quasi totalità al mercato dell’industria pesante e a

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Se il mercato occidentale non riesce a risollevarsi dalla crisi mondiale, i paesi in via di sviluppo risultano in costante e continua crescita. A parlarne è Massimo Boldrocchi Belinda Pagano

quello della produzione di energia. Qual è la situazione italiana in questo momento? «Questi due mercati attualmente ristagnano tant’è che l’industria è praticamente ferma e priva di nuovi investimenti e il mercato dell’energia è saturo perché risulta preclusa l’ipotesi del nucleare e le alternative concrete come ad esempio quella del carbone pulito, sono molto difficili da imporre all’opinione pubblica. Per sopravvivere in questa situazione per nulla positiva, l’unica alternativa è affacciarsi al mercato estero a noi più lontano, in particolare quello connesso ai paesi in via di sviluppo, poiché in Europa la situazione è in un certo verso simile a quella italiana». Non è facile rifiutare la logica della delocalizzazione per sfruttare la manodopera a basso


Massimo Boldrocchi

Per sopravvivere in questa situazione per nulla positiva, l’unica alternativa è affacciarsi al mercato estero a noi più lontano

Nella pagina a fianco, una fase del processo produttivo. In questa pagina, Massimo Boldrocchi, presidente dell’omonima azienda di Biassono (MB) www.boldrocchi.it

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costo. Quali sono state le valutazioni produttive e commerciali che vi hanno portato in India e negli altri paesi in cui siete presenti? «I prodotti con alto contenuto tecnologico e know-how vengono realizzati nelle nostri sedi italiane proprio per mantenere al nostro interno queste ricchezze. Ovviamente gran parte della produzione è accompagnata da costruzioni senza specifiche rispondenze tecnologiche e di conseguenza risulta vincente produrre localmente sia per ragioni di costo, quindi mano d’opera e trasporti, sia per esigenze politiche e contrattuali. I paesi in via di sviluppo infatti, appunto perché tali, privilegiano e pretendono il coinvolgimento di operatori locali su cui far ricadere l’occupazione». Quali sono i vantaggi e le eventuali problematiche che si presentano nell’operare in paesi in via di sviluppo? «I vantaggi sono essenzialmente connessi alle numerose opportunità di business e al contenuto tecnologico del prodotto esportato. Tutto ciò consente di competere in mercati che fanno del prezzo solo una componente per la scelta del fornitore e non l’unico parametro, come purtroppo spesso succede. Gli svantaggi invece possono nascere dalla difficile logistica e organizza-

zione poiché la distanza da questi paesi può essere qualche volta considerevole. L’unione fra importanti investimenti con carenza di infrastrutture locali adeguate o di sub-fornitori culturalmente non avvezzi a collaborare con ditte europee, può essere fatale». Nel prossimo futuro, su che zone è giusto maggiormente puntare? «Crediamo fortemente nel mercato indiano, equiparabile a quello cinese, in quello del Sud America e Brasile in particolare, in quello dell’Africa Nord Occidentale e al Middle East, compreso la Russia e l’Australia per i prodotti destinati alla produzione di energia». In tutto questo percorso, rimane comunque fondamentale il valore del made in Italy? «Certamente. Consideri che le nostre forniture sono all’insegna del tailor made solutions e nulla è destinato a una produzione di serie. Questo necessariamente comporta una costanza negli investimenti che ogni anno e sempre con più consistenza vengono indirizzati in azienda, a scapito del tornaconto degli owners, proprio per prepararla ad affrontare un futuro per il quale crediamo che il marchio made in Italy nel mondo, anche se si parla di prodotti industriali, possa essere la chiave del successo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 155


IMPRENDITORI DELL’ANNO

I nuovi business del settore cleaning Con l’avvento del fotovoltaico si sta creando un nuovo business connesso alla necessità della pulizia dei pannelli. Approfondiamo il tema con Giancarlo e Stefano Giorgi della Cleaning Management Marco Tedeschi

uanto perde in resa un pannello fotovoltaico sporco? Moltissimo. È per questo che si sta creando un vero e proprio business per tutte quelle imprese di pulizia specificatamente attrezzate. «La pulizia dei pannelli è assolutamente fondamentale per trarre il maggior beneficio dal fotovoltaico. Tutti sappiamo che installare un pannello fotovoltaico sottintende un investimento notevole soprattutto per i primi anni. Per questo è necessario trarre il maggior beneficio dai propri pannelli e per far questo bisogna tenerli il più puliti possibile. Le piogge sempre più sporche così come il pulviscolo che discende dall’atmosfera per via dei possibili cantieri vicini possono ricoprire la superficie del pannello con uno sporco che va ad intaccarne il funzionamento. E spesso l’acqua della pioggia non basta a pulire la superficie». Ad introdurci in questo nuovo business è Stefano Giorgi, direttore generale della Cleaning Management, azienda specializzata nel settore dei prodotti per la pulizia ad uso Cleaning Management ha la industriale, professionale o di tutti i sede a Concorezzo (MB) www.cleaningmanagement.it giorni, nei prodotti monouso e di consumo, nelle attrezzature per le pulizie e nell’antinfortunistica.

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«A livello energetico» riprende Stefano Giorgi, «la percentuale di energia dispersa se un pannello fotovoltaico non è ben pulito è molto alta. Noi, come Cleaning Management, con 2000 mq di pannelli fotovoltaici per 64 KW di potenza, siamo arrivati a perdere nei primi quattro mesi in cui non abbiamo pulito i pannelli ben oltre il 60 % dell’energia producibile». Per la pulizia dei pannelli fotovoltaici esistono dei prodotti ben precisi. «Abbiamo due tipi di soluzione a seconda dei pannelli», prosegue Stefano Giorgi, «Se infatti i pannelli sono installati su un tetto in cui c’è un accesso, è sufficiente una spazzola come quella utilizzata per pulire le macchine con fuoriuscita integrata di acqua. Se il pan-


Giancarlo e Stefano Giorgi

nello è particolarmente sporco è necessario utilizzare del detergente, altrimenti è sufficiente dell’acqua demineralizzata. L’importante è usare una spazzola con setole morbide che non righino il pannello. Cleaning ha inoltre realizzato un’asta di carbonio che arriva a 15 m d’altezza, adattabile in base all’inclinazione del pannello fotovoltaico». Cleaning Management intrattiene rapporti collaborando con paesi emergenti come la Cina. Un aspetto “internazionale” dell’azienda altamente significativo. «Più che internazionale» sottolinea Stefano Giorgi, «direi globalizzato, ed internet è stato il motore di tutto che tutto’ora ci spinge sempre di più a migliorare. Stiamo ad esempio sviluppando un’applicazione per l’I-phone proprio per la “pulizia”. L’applicazione risulterà differenziata per il settore domestico e quello professionale. Basterà cliccare sull’icona e si apprenderà come pulire cucine, uffici, industrie, sale operatorie, saloni. Credo che, vista la velocità con cui si accede alle applicazioni e la necessità degli interventi, avrà un grande successo». Tutto ciò che ha bisogno di pulizia rientra nel campo di produzione della Cleaning Management. Pulizia che si lega anche ad un altro comparto, ovvero l’ecologia. «Stiamo commercializzando una bicicletta elettrica che abbraccia in pieno la nostra idea di ecologia. I nostri prodotti infatti sono all’interno di un comparto che potenzialmente potrebbe inquinare moltissimo. Per questo stiamo sempre di più soddisfacendo i requisiti previsti da Ecolabel, spiegandone soprattutto l’utilità legata all’ottimizzazione del prodotto». Il presidente Giancarlo Giorgi, approfondisce la situazione della Cleaning inquadrandola nello scenario di crisi globale. «Crediamo che le aziende che riusciranno a venir

Stiamo sviluppando un’applicazione per l’I-phone su come pulire. L’applicazione risulterà differenziata per il settore domestico e quello professionale

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fuori da questo momento di recessione saranno le aziende più veloci. Non arriveranno mai gli aiuti dai sistemi bancari, per questo è necessario contare solo e soltanto sulle proprie iniziative. Malgrado la nostra azienda sia una start-up quest’anno abbiamo superato i 4 mln di fatturato e, se vanno a buon fine alcuni progetti in cantiere, prevediamo un aumento per l’anno prossimo del 20%. Siamo inoltre una delle poche aziende della zona che sta assumendo dei giovani». L’assunzione dei giovani rappresenta proprio uno degli obiettivi per il futuro. «Potenziare il personale con dei giovani», riprende Stefano Giorgi, «è il modo per trasformare l’azienda in gruppo, e il gruppo è ciò che rende un’azienda vincente. Oltre a migliorare il fatturato, quello che ci siamo prefissi è investire sulle risorse umane. Prima che dai numeri un’azienda è fatta di persone, per questo è necessario sceglierle bene».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il vapore secco, un risparmio economico ed ecologico Satured dry steam. Una tecnologia per la pulizia industriale che permette di eseguire i processi di disinfezione in un’unica fase. Con un consistente risparmio di acqua e di tempo. Funzionamento e applicazioni di questa soluzione spiegati da Massimiliano Menichini Manlio Teodoro

l 90% delle contaminazioni degli alimenti avviene durante il loro processo produttivo e di confezionamento. Per questo motivo l’industria alimentare adotta severi programmi di pulizia e disinfezione per eliminare dagli ambienti di lavorazione ogni tipo di batteri, muffe e virus. Le tecniche di pulizia tradizionale si sviluppano attraverso quattro fasi distinte: lavaggio con acqua e detergenti, disinfezione con prodotti chimici, risciacqui e asciugatura. Si tratta di un processo complesso e costoso, sia in termini di tempo che di risorse. Una delle soluzioni per ottimizzare questo processo necessario è l’impiego di macchine a vapore industriale. Queste permettono di accelerare drasticamente il processo, garantendo allo stesso tempo una totale sanificazione, grazie all’eliminazione dei microrganismi per shock termico. Inoltre, poiché il

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Massimiliano Menichini, general manager di Menikini Srl, Albairate (MI) www.menikini.com

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processo di pulizia avviene in assenza di liquidi, è possibile utilizzare il vapore industriale anche su componenti elettrici ed elettronici, oltre a poter raggiungere zone e anfratti difficili da detergere con i metodi tradizionali. Ne parliamo con Massimiliano Menichini, general manager di Menikini, azienda che produce questo tipo di sistemi. Oltre che nell’alimentare, quali applicazioni ha questo strumento di pulizia? «Ha applicazioni in tutti gli ambienti industriali, ma anche in quelli sanitari. In media, il servizio sanitario cambia detergenti ogni mese per combattere i batteri che si immunizzano agli agenti chimici. Le macchine per il vapore saturo secco, rispondono al nuovo piano sanitario di tutela della salute e dell’ambiente e possono essere efficacemente impiegati per la profilassi delle malattie infettive e per l’assistenza veterinaria. Anche nel settore enologico la nostra soluzione risponde a molte esigenze, poiché si presta a igienizzare molti ambienti e attrezzature che si puliscono e sanificano in modo ottimale solo con il vapore – come tubature, flange e rubinetti». Qual è la tecnologia che sta dietro questa soluzione e quale percorso di ricerca vi ha portato a svilupparla? «Il cuore tecnologico di questa macchina è in grado di generare una temperatura di 185 °C e una pressione di 10 bar. Questo permette di


Massimiliano Menichini

L’utilizzo del vapore saturo secco riduce drasticamente il consumo d’acqua in tutte le attività di pulizia domestica e industriale

generare un vapore saturo secco, adatto e concepito per la pulizia e la sanificazione di superfici, attrezzature e ambienti industriali in genere. È il risultato del nostro investimento in ricerca e sviluppo, che rappresenta il 5% del nostro fatturato annuo. Attualmente stiamo lavorando per lanciare sul mercato interno un nuovo brand: Steamy car wash, un sistema in franchising per il lavaggio auto sia interno che esterno. Il progetto è già stato sviluppato all’estero, in particolare in Polonia e Russia, dove sta avendo un successo incredibile». Quanto è ecofriendly la vostra macchina di pulizia? «L’utilizzo del vapore saturo secco riduce drasticamente il consumo d’acqua in tutte le attività di pulizia domestica e industriale. Si possono ottenere risultati eccellenti in termini di pulizia, risparmiando fino a 100 volte sul consumo di acqua. Inoltre, l’assenza di detergenti ha un effetto benefico sulle acque di scarico perché protegge le falde acquifere dall’inquinamento di sostanze chimiche. In

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aggiunta ai benefici ambientali si ottiene un notevole risparmio economico sul consumo d’acqua e sui costi di depurazione. Complessivamente un impiego massimo della nostra tecnologia in ambito industriale può portare a una riduzione del consumo di acqua del 96%». Quale bilancio può trarre dall’attività e dal fatturato della vostra società nel corso dell’ultimo biennio? «La nostra azienda negli ultimi anni ha registrato un continuo incremento di fatturato. Il nostro mercato di riferimento sono il settore dei trasporti e il food. Tuttavia anche gli altri settori sono in crescita, dato che si diffonde la consapevolezza dell’utilità e della convenienza dell’impiego del vapore secco. Per questo motivo prevediamo nei prossimi anni un raddoppio del fatturato derivante dall’utilizzo della tecnologia a vapore destinata al settore industriale».

14 mln EURO

Fatturato di Menikini Srl. Il 50% degli utili è generato esclusivamente dal settore vapore

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Ricerca e tecnologie per l’industria cartaria l settore cartario può vantare un’antica tradizione nazionale. L’apporto che l’industria chimica è in grado di offrire a questo settore dipende dalla realizzazione di sostanze e formulati per l’ottenimento di specifiche “performance” nei prodotti finali. Kemind dal 1985 produce formulati chimici per il settore della carta e del trattamento delle acque trasferendo in questo mondo tecnologia, ricerca e innovazione per ottenere prodotti con prestazioni sempre più avanzate, nel pieno rispetto delle norme per la sicurezza del consumatore e dell’ambiente. «I formulati chimici da noi presentati sul mercato sono studiati per ridurre al minimo l’impatto ambientale, ne consegue che tutti i prodotti dovranno avere la capacità di essere trattenuti prevalentemente dalle fibre componenti la carta rilasciando minime tracce nelle acque di fabbricazione». Approfondiamo il tema con Vittorio Gatti, titolare insieme a Graziano Nobili della Kemind. Che cosa significa innovare per un settore come il vostro? «L’innovazione è la forza della nostra impresa che, nata con 50 prodotti, ne propone oggi sul

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Vittorio Gatti è titolare della Kemind di Parabiago (Mi) www.kemind.it

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Qual è il supporto che la chimica può dare all’industria cartaria? Con Vittorio Gatti parliamo delle evoluzioni di un settore oggi orientato alla soluzione dei problemi connessi all’impoverimento delle materie prime Nicoletta Bucciarelli

mercato cartario oltre 350. Infatti in un mercato come quello europeo e in particolare quello italiano è determinante, per il successo, riuscire a presentare soluzioni innovative sia dal punto di vista tecnologico che economico. L’innovazione da noi presentata è orientata alla soluzione dei nuovi problemi che si vengono a creare per l’impoverimento della qualità delle materie prime utilizzate, per la riduzione del consumo di acqua (chiusura dei cicli), con conseguente maggiore contaminazione sia microbiologica che di sostanze solubili e per il continuo aumento delle velocità di produzione che richiedono carte meno difettose e con resistenze più elevate». Attualmente su cosa vi state concentrando nella ricerca? «Innanzitutto sul miglioramento delle caratteristiche ottiche delle carte da stampa e da imballo, così da permettere un impoverimento qualitativo delle materie prime fibrose utilizzate, mantenendo o migliorando nel contempo le caratteristiche di impatto visivo. Lavoriamo inoltre sullo studio di prodotti antischiuma di elevatissime prestazioni sia come abbattitori che come disaeranti, che siano in grado di operare in condizioni di cicli di acque molto contaminate con l’im-


Vittorio Gatti

Ci stiamo orientando verso mercati esteri dove solo ora si inizia ad avvertire la necessità di interventi quali la depurazione delle acque o la riduzione degli scarichi e degli scarti

piego di quantitativi estremamente ridotti così da non influire ulteriormente sul degrado della qualità delle acque stesse. Stiamo sviluppando formulati capaci di ripristinare le resistenze meccaniche degli agglomerati fibrosi come carta, cartoni, cuoio rigenerato, per sopperire alle carenze provocate dall’impoverimento qualitativo delle materie prime e studiamo dei prodotti capaci di aumentare la vita degli articoli commestibili deperibili, conservati negli imballi sia cartacei che in materiale plastico». Quali sono le normative italiane che regolano il vostro settore e quali quelle degli altri paesi? «In Italia il Ministero della Sanità ha stilato delle norme per le carte che vanno a diretto contatto con gli alimenti, e per il medesimo settore ci sono le normative Tedesche BfR, le normative U.S.A. FdA e le regolamentazioni Europee. Nel settore del trattamento delle acque vengono seguite le normative presenti nei vari stati in materia di livello di accettabilità dei vari componenti presenti all’atto dello scarico in termini di ioni presenti, come ad esempio BOD e COD». Formulati chimici e causa ambientale. Due

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ambiti che apparentemente possono sembrare agli antipodi. La Kemind sotto questo punto di vista come si muove? «La sensibilità di Kemind sull’impatto ambientale da parte dei prodotti chimici trattati è sempre stata molto elevata tanto che ha tenuto conferenze pubbliche sia in Italia che all’estero relativamente a questo argomento specifico sia nell’ambito delle Associazioni di categoria sia in ambito universitario. A questo riguardo, proprio grazie all’esperienza maturata in ambito internazionale abbiamo organizzato corsi formativi presso la nostra clientela proprio con lo scopo di sensibilizzare gli utilizzatori di prodotti chimici al miglior impiego e manipolazione dal punto di vista della minimizzazione dell’impatto ambientale». Che evoluzioni avete in serbo per il futuro? «Siamo orientati al settore delle bio e nano tecnologie per il momento solo utilizzate marginalmente e all’espansione verso mercati esteri dove solo ora si inizia ad avvertire la necessità di interventi quali la depurazione delle acque o la riduzione degli scarichi e degli scarti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 163


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Nuove tecnologie per la verniciatura VLP è l’acronimo che raggruppa le iniziali di quattro termini che spiegano il principio che sta dietro a questa tecnologia: High Volume Low Pressure, cioè l’emissione di un particolato fluido, vernice o qualsiasi elemento da applicare, mediante un sistema che lavora con pressioni basse e utilizza grandi volumi di aria. Così la vernice non viene più sparata contro la superficie su cui deve essere applicata ma depositata in maniera uniforme. Questo fa sì che la facilità d’uso dell’apparecchio sia molto accentuata e che si ottengano anche da parte del dilettante o del privato faidate ottimi risultati senza alcun training preventivo. Mentre la verniciatura a spruzzo ad alta pressione è patrimonio esclusivo del professionista, una verniciatura a bassa pressione può essere effettuata con risultati di livello professionale anche dall’hobbista. La Rigo, di cui Rolando e Riccardo Rigolio sono presidente e amministratore delegato e Vincenzo Cattaneo è agente di vendita, produce e commercializza apparec-

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Da sinistra, Rolando Rigolio, Presidente, e Riccardo Rigolio, Amministratore Delegato della Rigo Srl di Olgiate Olona (VA) www.rigosrl.com

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La HVLP è una tecnica che permette di verniciare a spruzzo coniugando basso impatto ambientale, economicità e facilità di utilizzo. Rolando e Riccardo Rigolio e Vincenzo Cattaneo ne descrivono le caratteristiche Aldo Radici

chiature per verniciatura a spruzzo ed è specializzata nella tecnologia HVLP. Quanto è importante l’aspetto ambientale? RICCARDO RIGOLIO «Oggi è uno dei nostri punti di forza proprio perché il concetto HVLP permette un transfer– cioè un’applicazione del prodotto sulla superficie da coprire – superiore rispetto alle tecniche tradizionali, per cui si evitano l’overspray e l’emissione di polveri sottili in eccesso, salvaguardando l’ambiente e l’operatore. Questa tecnologia è nata con lo scopo di combinare la salvaguardia dell’ambiente con l’economicità dell’applicazione stessa, perché chiaramente più prodotto si riesce ad applicare su un supporto, più è efficiente il materiale utilizzato». Come avete af-


Rolando e Riccardo Rigolio e Vincenzo Cattaneo

frontato questo problema dal punto di vista della progettazione e costruzione? RI. R. «È uno dei punti più importanti da affrontare nei progetti. Questi vengono ideati e realizzati in casa, facendo anche delle simulazioni su prototipi e lavorando su prove e test. Abbiamo una cabina di verniciatura che ci permette di verificare l’efficienza. Cerchiamo sempre di seguire quelle che sono le indicazioni dei clienti e del mercato, perché tante volte c’è qualcuno che arriva con una sua richiesta o propone una miglioria e noi ne teniamo conto». Come si sono evolute le esigenze degli utenti nel tempo? ROLANDO RIGOLIO «Sono cambiate per una questione economica e non solo funzionale. Abbiamo dovuto adattarci, ma siamo sempre stati quelli che, a parità di qualità, proponevano prezzi inferiori rispetto agli altri, perché alla fine dobbiamo rendere il prodotto il più possibile appetibile. Per il settore e per il livello in cui siamo collocati, il rapporto qualità/prezzo è ottimo. Alcuni dei nostri prodotti dopo vent’anni tornano indietro per cambiare due filtri e questo vuol dire che la qualità è talmente elevata che il prodotto ha una vita quasi troppo lunga per riuscire ad avere un giro commerciale ottimale, ma questo è il nostro punto di forza». Quali sono i principali campi di applicazione? VINCENZO CATTANEO «Dai campi di utilizzo più tipici, quelli della verniciatura di oggetti o di interni o esterni, ai progetti specifici e mirati come l’applicazione di particolari prodotti di altissima tecnologia. Entriamo così nel campo delle nanotecnologie con soluzioni di biossido di titanio per vetrate, pannelli fotovoltaici e solari, superfici che devono essere mantenute pulite il più a lungo possibile. Ciò è possibile grazie a questa so-

stanza che ha la proprietà di rendere la superficie refrattaria allo sporco. In futuro potremmo pensare anche a un trattamento simile per vetri, cristalli auto o addirittura vestiti. Estremizzando si può parlare anche di Spray Tanning, ovvero l’applicazione sulla pelle di vernici alla caffeina, all’hennè o ad altre tinture naturali per dare una parvenza di abbronzatura alle carnagioni particolarmente chiare. Questo servizio di Beauty Care è molto diffuso in Nord Europa e comincia a prendere piede anche da noi». Com’è strutturato il vostro apparato commerciale e distributivo? RO. R. «È in evoluzione ed è strutturato in maniera differente per il mercato italiano e per quello estero, dove abbiamo distributori che seguono i mercati nazionali, alcuni con private label altri con marchio Rigo. In Italia abbiamo una rete capillare che serve direttamente il negozio di colori e vernici e di conseguenza, anche se il volume dei singoli ordini è inferiore a quanto normalmente fornito ai clienti esteri, il territorio è ben coperto. Oltre al ramo d’azienda dell’HVLP abbiamo anche quello degli applicatori per schiume di poliuretano espanso. In questo caso però vendiamo solo con private label di grossi gruppi internazionali. Siamo presenti in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, Nuova Zelanda, Filippine, Malesia, India, Centrafrica e Sudamerica. Il fatturato estero incide per il 95% sul totale». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 165


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Velocità ed efficienza per la logistica del freddo La movimentazione di merci deperibili non ammette errori: si lavora sempre sul filo del rasoio per consegnare prodotti freschi. Come spiega Renzo Carrara, flessibilità e infrastrutture adeguate sono fondamentali Amedeo Longhi

atticini e formaggi vari, salumi interi e affettati, insalate, funghi, tartufi sono i principali prodotti di cui si occupa chi gestisce i trasporti nella catena del freddo. In questo campo non si tratta di offrire un servizio più o meno efficiente: «La nostra è un’attività che non si può improvvisare, prima bisogna essere certi di poterla svolgere e solo dopo ci si può organizzare per avviarla e acquisire le commesse. Capacità logistica, funzionalità delle infrastrutture ma anche conformità alle rigide norme di carattere igienico-sanitario sono requisiti essenziali». Sono queste le considerazioni di Renzo Carrara, titolare della New Special e detentore di una lunga esperienza sul campo. Quali sono le problematiche connesse al trattamento di merci deperibili e che struttura serve per fare questo? «L’infrastruttura, oltre ovviamente alla capacità professionale, che è un requisito fondamentale, è un basilare punto fermo. La merce arriva a bordo di camion refrigerati ed entra nei nostri magazzini anch’essi refrigerati, dove sosta il tempo minimo indispensabile per essere poi dirottata ai porti o agli aeroporti di partenza. In queste

L Renzo Carrara, titolare della New Special di Gallarate (VA) www.newspecial.it

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fasi contano l’efficacia, la flessibilità e la celerità delle operazioni: meno merce rimane giacente in magazzino più efficiente l’organizzazione, poiché vuol dire che il prodotto entra ed esce subito dopo». Quali sono quindi le tempistiche che scandiscono il vostro lavoro? «Sarebbe bello dal punto di vista operativo poter ricevere la merce e mandarla via dopo due giorni, avendo così tutto il tempo per organizzarsi in tempi normali. Questo però non è possibile, anche perché la consegna degli alimenti da parte dei vari produttori, in funzione delle richieste dei ricevitori esteri, deve essere fatta all’ultimo minuto. Per esempio, la mozzarella prodotta ieri ci viene consegnata oggi e deve partire oggi stesso o domani. Questa è la tempistica e noi viaggiamo sempre sul filo del rasoio. Un altro paletto di cui tenere conto sono i rigorosi termini dei gate di chiusura degli aeroporti, condizionati anche dalle diverse procedure di security, più o meno complesse anche a seconda del paese di destinazione. La nostra struttura di Gallarate


Renzo Carrara

La consegna degli alimenti da parte dei vari produttori, in funzione delle richieste dei ricevitori esteri, deve essere fatta all’ultimo minuto

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nostra capacità di eliminare i rischi che questi “tempi morti” comportano». Quali sono i presupposti sulla base dei quali è nata l’attività? «Fino a quindici anni fa non c’era nessuno dedicato completamente alla logistica del freddo per i paesi extraeuropei. Da questa valutazione è nata l’idea di proporre un servizio anche per altri continenti. Prima di avviare l’attività però ne ho voluto parlare con le mie

è stata in funzione dello sviluppo della Malpensa, che poi ha avuto alti e bassi. Per noi è molto comoda dal punto di vista logistico: dal magazzino all’aeroporto impieghiamo mediamente dai dodici ai quindici minuti e questo è un considerevole vantaggio, accelera i tempi e ci permette di ricevere e poi consegnare il più tardi possibile». Che difficoltà presentano le operazioni di carico? «Esistono diverse forme di spedizione dei prodotti deperibili, dipendenti sia dalla destinazione che dal tipo di aeromobile che viene utilizzato. Possono essere usati i classici container aerei oppure degli imballi specifici che produciamo noi, che fungono da protezione per la merce quando attraversa fasi non coperte dalla catena del freddo. Quando essa esce dal magazzino e va sotto bordo dell’aereo infatti, non viene caricata subito ma viene predisposta in anticipo e per poi sostare in pista, magari sotto il sole, e se non è adeguatamente protetta deperisce. Qui entra in gioco la

figlie, allora studentesse: ricevuti da loro l’appoggio e la garanzia che avrebbero preso in mano e portato avanti l’azienda, il progetto è partito. Oggi sono parte attiva della società e rappresentano il suo futuro. Mi piace pensare che questa bella iniziativa di imprenditoria giovanile e femminile sta avendo il successo che merita, sia dal punto di vista del riscontro commerciale, che da quello degli apprezzamenti che riceviamo dai nostri partner e dei contatti che intratteniamo con loro. Siamo infatti un’azienda piccola ma ben conosciuta nell’ambiente, grazie al dinamismo che cerchiamo di infondere in ogni momento della nostra attività». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 169


Il binomio italo – cinese Quando si uniscono l’efficienza cinese e la qualità italiana il risultato è vincente. Mauro Sartorel illustra le scelte strategiche di una realtà che offre un’ampissima gamma di articoli per la casa, di alta qualità e a basso costo Lucrezia Gennari

l baricentro dell’economia mondiale si sta spostando. La Cina è diventata la seconda economia del mondo. Quello cinese non deve quindi essere più considerato un mercato emergente, bensì una realtà ipercompetitiva e in costante espansione. In questo quadro, avviare e consolidare relazioni con la Cina, è sicuramente una strategia vincente. Nella AB.M- IDEA Srl, azienda con sede a Concorezzo, la qualità italiana si coniuga perfettamente all’efficienza cinese. Si tratta infatti dell’unica azienda in Italia che opera con il binomio italo cinese, importando dalla Cina una vastissima gamma di articoli per la casa, idee regalo, oggetti di uso quoti-

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diano. «L’azienda è stata fondata nel 2003 da Mao Aibin (meglio conosciuto come Giovanni) e da Xia Limin (meglio conosciuta come Limin) - spiega Mauro Sartorel, direttore generale – e nel suo organico presenta professionisti sia italiani che cinesi. È evidente come, dal punto di vista dell’impatto occupazionale, un’impresa di queste dimensioni, rappresenti anche per i nostri connazionali un’ottima opportunità». La AB.M IDEA Srl rappresenta una realtà lavorativa di tutto rilievo, con un magazzino di circa 10.000 mq, tra casalinghi, articoli regalo, cancelleria, fiori artificiali, bricolage, articoli elettrici, pulizia casa, profumazioni


Mauro Sartorel

AB.M Idea dispone di un ampissimo show room che può essere visitato direttamente da negozianti e grossisti per valutare gli articoli che meglio soddisfino le loro esigenze commerciali

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ecc. Grazie a un’attenta e accurata ricerca sui mercati internazionali, il campionario proposto dall’azienda viene sempre rinnovato. «Ci rivolgiamo a negozianti e grossisti – continua Sartorel – e rappresentiamo per moltissime aziende cinesi un punto di riferimento fondamentale per la distribuzione in Italia». La rete di vendita dell’azienda copre infatti tutto il territorio nazionale e l’obiettivo è quello di far conoscere il marchio ABM anche a livello europeo. AB.M –IDEA si differenzia “per natura” da molti altre aziende importatrici. Infatti, essendo la proprietà cinese, e dal momento che operiamo ovviamente in stretto contatto con la Cina, che rappresenta un mercato in costante crescita, i risultati sono positivi. L’organizzazione dei cinesi, quindi anche il dialogo con i produttori cinesi, è diversa rispetto a quella italiana, tant’è che abbiamo aperto degli uffici anche in Cina in modo da poter curare direttamente tutti quei servizi che qualsiasi altro importatore italiano non può offrire». In questo modo, infatti, controllando direttamente i prodotti che andrà a importare, l’azienda riesce a garantire sempre l’alta qualità dei propri articoli, al di là dei prezzi competitivi. Ampissimo lo show room che può essere visitato direttamente da negozianti e grossisti per valutare gli articoli che meglio soddisfino le loro esigenze commerciali. Tre i punti fondamentali che AB.M- IDEA garantisce al mondo della distribuzione tradizionale e al consumatore finale: assortimento, qualità e servizio. «L’assortimento si basa sulla selezione accurata degli articoli, un’in-

finita gamma che mira a soddisfare qualsiasi esigenza per ogni ambiente di casa, garantendo prodotti sempre freschi e unici, a testimonianza dell’alta rotazione dei prodotti». Forte di un’offerta che coniuga al meglio prezzi bassi e alta qualità, AB.M-IDEA è riuscita a tenere bene il mercato anche negli ultimi anni di difficile congiuntura, registrando una crescita costante dal 2003 a oggi. «Le persone oggi vogliono risparmiare, ma senza rinunciare ad avere prodotti di qualità – spiega Sartorel -. La nostra offerta rispecchia esattamente queste esigenze, pertanto la crisi economica non ha colpito l’azienda, ma ha coinvolto maggiormente realtà imprenditoriali specializzate in prodotti di medio - alto livello, che magari hanno anche un catalogo più povero del nostro». Su queste basi, le prospettive per il futuro restano ottimistiche e mirano a un ulteriore ampliamento del mercato: «Speriamo che il nostro prodotto si possa diffondere in tutta Italia – conclude Sartorel -. L’obiettivo è espandersi ulteriormente a livello nazionale, ottimizzando la nostra forza vendite e magari con l’apertura di nuove sedi anche in altre regioni d’Italia, per significare una maggiore diffusione del nostro marchio e nello stesso tempo una maggiore vicinanza alla nostra clientela».

In alto, Mao Aibin e Xia Limin, proprietari della AB.M IDEA Srl di Concorezzo (MB). Sotto, Mauro Sartorel, direttore generale www.abm-idea.it

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Candy GrandÓ Evo, tra design e risparmio energetico Perfetta ergonomia, efficienza energetica, design accurato e velocità nel funzionamento sono le richieste che i consumatori hanno rivolto al mercato dei grandi elettrodomestici. Aldo Fumagalli presenta la rivoluzionaria lavabiancheria Candy GrandÓ Evo Emanuela Caruso

l settore dei grandi elettrodomestici ha raggiunto un nuovo traguardo nell’evoluzione dei sistemi di lavaggio. È stata infatti presentata al mercato l’innovativa tecnologia Mix Power System, in grado di miscelare acqua e detergente in un’unica soluzione altamente concentrata e di spruzzare all’interno del cestello della lavatrice un getto ad alta pressione che penetra nei tessuti fibra per fibra. In questo modo viene aumentato il potere lavante del detersivo permettendo allo stesso tempo di abbassare le consuete temperature di lavaggio. Mix Power System è stato brevettato da Candy ed è stato inserito nella rivoluzionaria lavatrice presentata dal Gruppo nell’aprile di quest’anno, la Candy GrandÓ Evo. «Con questa lavatrice – spiega Aldo Fumagalli, presidente operativo e Ceo dell’azienda – è oggi possibile lavare a 20 gradi con la stessa efficacia del precedente programma a 40 gradi, senza dover dividere capi bianchi e colorati. Inoltre, essendo certificata in Classe A+++ e A++, GrandÓ Evo garantisce un risparmio di elettricità fino al 60% e una diminuzione del consumo di acqua fino al 15%. Questa lavatrice unisce a un design fatto di linee sinuose ed eleganti grande attenzione all’ergonomia, dispo-

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Aldo Fumagalli, presidente operativo e CEO di Candy Hoover Group www.candy.it

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nendo così di un ampio oblò posizionato molto in alto, pensato apposta per facilitare le operazioni di carico e scarico». Come ha reagito il mercato davanti a questo rivoluzionario prodotto? «Sin dalla presentazione della GrandÓ Evo abbiamo riscontrato feedback molto positivi e i successivi ordini e vendite hanno confermato il successo ottenuto. Questa lavatrice non solo ha risposto alla specifica richiesta dei consumatori di lavare a basse temperature per proteggere tessuti e colori e contribuire al risparmio energetico, ma ha anche spronato i produttori di detersivi a lanciare nuove miscele capaci di lavare in modo ottimale alle basse temperature. Inoltre, avendo reso disponibili modelli con capacità differenti in dimensioni standard o con profondità 40 cm, soddisfiamo le esigenze di qualsiasi consumatore». Quali evoluzioni nella storia dell’azienda hanno permesso a Candy Hoover Group di diventare uno dei leader mondiali di elettrodomestici da incasso e da accosto? «La nostra storia parte 66 anni fa quando l’azienda ha prodotto la prima lavatrice per famiglie. Nonostante i primi anni di attività siano stati improntati alla ricerca e sviluppo piuttosto che alla commercializzazione, nel secondo dopoguerra è arrivato il boom di richieste, grazie alla consapevolezza acquisita dei vantaggi apportati dal possedere una lavatrice. Da quel momento in poi la forza produttiva e innovativa


Aldo Fumagalli

Candy GrandÓ Evo tutela l’ambiente, riduce le emissioni di anidride carbonica e diminuisce i consumi energetici, è ergonomica e semplice da utilizzare

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dell’azienda si è scatenata, prendendo in considerazione la progettazione di nuovi macchinari e l’espansione verso nuovi mercati. Oggi abbiamo centri produttivi nei più importanti Paesi europei e asiatici; filiali dall’America del Sud all’Asia; e 41 imprese consociate che si occupano dei servizi post-vendita e ricambio. Siamo specializzati nella produzione di elettrodomestici per lavaggio, cottura, freddo e floor-care». La vostra vocazione al miglioramento si è esplicata in particolar modo nell’ecologia dei prodotti. Come ci siete riusciti? «Abbiamo avviato un programma di impegno ecologico volto a tutelare l’ambiente, ridurre i consumi di elettricità e acqua, migliorare la qualità dell’aria e abbattere le emissioni di CO2 sin dal 1996. Fin da allora ci siamo impegnati nella realizzazione di prodotti al massimo dell’efficienza energetica, oggi oltre la Classe A+++. A tutti i prodotti applichiamo poi le normative europee per l’Ecodesign e le sostanze dannose.

Abbiamo così creato lavabiancheria la cui riciclabilità è pari all’86%; e abbiamo ideato lavastoviglie a tre cesti in grado di utilizzare solo 10 litri d’acqua per 15 coperti». Un altro fattore fondamentale per la produzione di Candy Hoover Group è il design, perché? «Per catturare l’attenzione del consumatore, un prodotto deve funzionare bene ma essere anche bello da vedere e da contestualizzare nella propria abitazione, motivo per cui l’importanza di affidarci a designer di grande fama per lo sviluppo dei nostri elettrodomestici ci è sembrata da subito una strategia vincente. I designer che hanno collaborato con la nostra azienda, tra cui Joe Colombo, Mario Bellini, Piero Geranzani, Giugiaro e Momo, sono riusciti a imprimere ai nostri articoli forza, riconoscibilità, gradevolezza ed ergonomia». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 177


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Qualità garantita da controlli e test empirici o zoccolo duro dell’industria italiana è l’export: l’Italia rimane l’ottavo paese esportatore al mondo e i prodotti del made in Italy sono il principale canale di riconoscimento dei nostri beni all’estero. La qualità italiana continua dunque a imporsi sul mercato internazionale. E, spesso, sono proprio le imprese che puntano ai mercati stranieri a ottenere i risultati più soddisfacenti. Ne è un esempio l’esperienza dell’azienda di Bellusco Fratelli Leoni, guidata dai fratelli Andrea e Claudio Leoni e specializzata nella produzione di fettucce elastiche in gomma naturale destinate al settore moda e tecnico. «Il mercato internazionale oggi per noi è vitale – afferma Andrea Leoni - se negli anni 80 e 90 avevamo un 70-80% di distribuzione in Italia e un 20% all’estero oggi siamo arrivati a capovolgere totalmente il quadro». Dagli alberi dell’Africa e dell’Asia viene raccolto il caucciù che arriva, dopo rigorosi controlli, alla linea di produzione dell’azienda. Qui avviene l’intero processo produttivo, con le fasi di miscelazione della mescola, di calandratura, vulcanizzazione, lavaggio e severi test atti a garantire l’assoluta qualità di un prodotto che, al di là della materia prima necessariamente straniera, è di realizzazione totalmente made in Italy. Come riuscite a garantire gli alti

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Da sinistra, Andrea e Claudio Leoni titolari della Fratelli Leoni Srl di Bellusco (MB) www.fratellileoni.com

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Realizzare un prodotto perfetto. Attraverso una serie di test e controlli in ogni fase produttiva. Andrea e Claudio Leoni raccontano la realizzazione delle loro fettucce elastiche Eugenia Campo di Costa

standard qualitativi che contraddistinguono il vostro prodotto? ANDREA LEONI «Abbiamo sempre puntato sulla qualità e per questo motivo, nonostante le varie crisi o i restringimenti di mercato avvenuti nel corso degli anni, siamo riusciti ad andare avanti con soddisfazione. Garantiamo alti standard di prodotto grazie ai controlli quotidiani, sia a livello visivo che di test empirici. Questo ci ha permesso di ampliare nel tempo l’ambito dei settori di riferimento: dai costumi da bagno all’abbigliamento sportivo, fino agli articoli per la casa o ai copri fodere per auto. I test cui sottoponiamo quotidianamente le nostre fettucce e, di conseguenza, la loro grande resistenza, ci hanno permesso di imporci su una fascia alta di mercato». Possiamo descrivere più nello specifico le diverse fasi di realizzazione delle fettucce elastiche? CLAUDIO LEONI «Una delle prime fasi di produzione è la calandratura, ma ancora prima, testiamo le mescole a crudo con il viscosimetro per valutare la viscosità e la durezza della mescola. Uno dei primi aspetti che viene osservato in fase di calandratura è se la mescola,


Andrea e Claudio Leoni

Garantiamo alti standard di prodotto grazie ai controlli quotidiani, sia a livello visivo che di test empirici

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dato che calandriamo spessori molto sottili, fa buchi o meno. Nel 99% dei casi è perfetta e già questo significa che supera il primo test visivo. Segue la fase di vulcanizzazione, che effettuiamo secondo un procedimento computerizzato, che permette di controllare la temperatura durante le diverse fasi di cottura. Il prodotto, infatti, viene esposto a elevate temperature per stabilizzarlo e indurirlo». In effetti, la gomma di per sé elastica, deve essere stabilizzata dalla vulcanizzazione? C.L. «Dalla vulcanizzazione e dalla mescolanza della gomma 100% naturale con altre sostanze quali titanio di primissima qualità, zinco, carbonato di calcio. Una volta effettuata la vulcanizzazione, che prevede tempi diversi a seconda degli articoli, dobbiamo avvolgere il prodotto finito, e qui si introduce un altro controllo molto importante: dobbiamo infatti rimisurare gli spessori, controllare l’impressione tela del prodotto che deve essere perfetta. Infine, seguono la fase di siliconatura, con l’applicazione di un’emulsione siliconica, e il taglio. La nostra infatti è una produzione seriale che comprende una gamma enorme di misure». Quali sono, invece, i test cui sottoponete i vostri prodotti? A.L. «Effettuiamo tutti i test previsti dalla normativa Uni: il nostro è un prodotto che deve resistere all’acqua della piscina, ai cosmetici, al calore, e i nostri test comprendono anche prove empiriche, pratiche: ad esempio, esponiamo il pezzo di gomma per certo lasso di tempo alla luce del sole, o lo immergiamo nella crema abbronzante per vederne la reazione, insomma controlliamo che abbia tutte le caratteristiche necessarie a garantire la più

alta qualità». A proposito di qualità, temete la concorrenza dei produttori stranieri, più economici ma qualitativamente inferiori? A.L. «Un tempo la fettuccia zigrinata, cioè quella con impressione tela, era un prodotto tipico italiano, un’eccellenza davvero solo italiana. Oggi non lo è più, viene prodotta anche in Cina, anche se sicuramente la qualità cinese è inferiore. È evidente comunque l’azione di disturbo che i competitor asiatici effettuano sul mercato, soprattutto a livello di prezzo. A volte, vedendo il prezzo che queste aziende straniere riescono a fare, ci chiediamo come sia possibile: la gomma, infatti, è un prodotto quotato in borsa, quindi ha un prezzo standard che è lo stesso per noi e per loro. Di qui si evince come quella di certi competitor sia effettivamente una guerra effettuata semplicemente per immettersi su un mercato e acquisire clienti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 179




Il “bene rifugio” più sicuro? Il diamante da investimento Elitari e prestigiosi. I diamanti da investimento, con taglio rotondo brillante e certificato internazionale, hanno un valore di prodotto finanziario riconosciuto in tutto il mondo. Claudio Giacobazzi spiega i vantaggi di investire nel mercato dei diamanti Adriana Zuccaro

ontro la perdita d’acquisto della moneta, il portafoglio di un facoltoso risparmiatore può essere protetto da investimenti effettuati sui cosiddetti “beni rifugio”. Si tratta di beni fisici, nonché di merci il cui valore tende a crescere se sale l’inflazione. Oltre la casa, che è però intrasportabile, gli altri beni rifugio di natura finanziaria, quindi scambiabili nella versione cartacea dei certificati o dei titoli che li rappresentano, sono l’oro, l’argento, il platino. Un posto a sé occupano i diamanti, per l’alto valore misto alla trasportabilità. «Se osserviamo l’andamento delle quotazioni dei diamanti possiamo affermare con certezza che si tratta di un investimento che premia in qualsiasi condizione di mercato». Dal consiglio di amministrazione della Intermarket Diamond Business, società per azioni attiva dal 1976 nell’intermediazione tra investitori e mercato dei diamanti, Claudio Giaco-

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Claudio Giacobazzi, amministratore delegato della Intermarket Diamond Business con sede a Milano www.idb.it


Claudio Giacobazzi

bazzi descrive le ragioni per cui «la pietra più rara e più dura al mondo, unica per la luminosità che emana, rappresenta oggi come sempre, il bene rifugio per eccellenza». Perché? «Il diamante rappresenta un investimento sicuro innanzitutto perché, se certificato, ha un valore di prodotto finanziario riconosciuto in tutto il mondo. A differenza di altri beni di rifugio come l’oro, la quotazione del diamante non è influenzabile da situazioni politico-valutarie di carattere locale. Questa magnifica pietra preziosa che è il diamante ha il più alto valore per unità di volume, è un bene di libera circolazione e il suo acquisto, quando documentato da regolare fattura, è trasparente e anonimo nei confronti del fisco. Essendo poi il diamante in via di rarefazione, il suo valore da investimento è destinato ad aumentare gradatamente nel tempo». Oltre la certificazione, in cosa si riconosce il diamante da investimento? «Quando si tratta di un diamante certificato dai maggiori organismi internazionali (I.G.I. Anversa - H.R.D. Anversa - G.I.A. New York) l’analisi gemmologica riconosciuta dagli stessi istituti, indica le caratteristiche desunte in termini di purezza, caratura, qualità di taglio, colore, fluorescenza. L’unica tipologia di taglio ammessa per i diamanti da investimento è il taglio rotondo brillante con 57 faccette + 1 (che è la limatura del culet). Il taglio brillante è il miglior modo per restituire la luce in riflessione e rifrazione. I tagli fantasia, invece, sono soggetti a mode del momento quindi non adatti all’investimento». Come e in cosa è cambiata la concezione del diamante? «L’investimento in diamanti è ormai diventato una componente abituale della diversificazione del portafoglio della clientela in funzione di una maggiore cultura finanziaria degli investitori. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a ripetute “altalene” economico-finanziarie che hanno messo in luce la funzione di eccellente bene rifugio dell’investimento in diamanti». Da dove provengono i diamanti della Intermarket D.B. e in che modo giungono agli

L’investimento in diamanti è ormai diventato una componente abituale della diversificazione del portafoglio della clientela in funzione di una maggiore cultura finanziaria degli investitori

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investitori? «I principali paesi da cui si estraggono i diamanti sono i paesi del centro e sud Africa, Canada, Russia e Australia; i più grandi centri di taglio sono invece Anversa, New York, Tel Aviv e Mumbay. Per una maggiore praticità e sicurezza nell’acquisto, oggi è possibile investire in diamanti presso oltre 7mila sportelli bancari su tutto il territorio nazionale che sono convenzionati con la nostra società e che propongono il nostro servizio». Secondo le recenti quotazioni, quanto conviene oggi investire sui diamanti? «La linearità degli incrementi delle quotazioni dei diamanti da investimento che sono svincolate da fasi emotive e speculative fanno di questo investimento uno strumento importante in situazioni difficili come quelle che stiamo vivendo. Altri investimenti in beni rifugio come l’oro, sono soggetti ad andamenti altalenanti dovute alle punte speculative, mentre investimenti in arte o in gioielli e oggetti rari presuppongono una competenza specifica dell’investitore». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 183


TELECOMUNICAZIONI

Le nuove frontiere della comunicazione «L’ampliamento della banda larga, la convergenza fisso/mobile, la virtualizzazione di servizi, la nuova generazione dei servizi mobili per terminali LTE faranno superare i limiti attuali delle telecomunicazioni». Il punto di Luigi Meregalli Belinda Pagano

a comunicazione a distanza fra più persone ha avuto, soprattutto negli ultimi due secoli, delle evoluzioni a dir poco straordinarie. Dalla radio al telefono fino alle più moderne tecnologie di quella che è considerata la terza rivoluzione industriale, i nuovi sistemi di comunicazione hanno notevolmente influito sullo sviluppo della New economy e su tutta l’evoluzione socio-economica mondiale. A parlare delle possibili trasformazioni in questo complicato settore, Luigi Meregalli, direttore generale e legale rappresentante dell’azienda CIE Telematica che progetta, realizza e offre consulenza nella gestione di reti di telecomunicazioni collaborando con Imerio e Mario Torta, co-direttori con responsabilità nella direzione vendita. Questo particolare settore segue di pari passo le innovazioni tecnologiche che vengono prima sperimentate poi messe sul mercato. Quali sono le ultime frontiere innovative che si possono oggi riscontrare? «Innanzi tutto è doveroso precisare che l’innovazione tecnologica viene normalmente recepita dal mercato con un po’ di ritardo, tuttavia molto spesso subisce una rapida accelerazione quando si intuiscono chiaramente i benefici in termini economici e funzionali. Il rapido ritorno degli investimenti e la riduzione dei costi di gestione nelle reti di telecomunicazione di nuova tecnologia sono

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senz’altro degli elementi trascinatori per affacciarsi a soluzioni tecnologiche innovative e, tra le ultime frontiere va sicuramente menzionata l’innovazione che arriverà sulle reti mobili dove l’apparato terminale, il cellulare, assumerà una veste di vero terminale multi-funzione capace di consentire la connettività ai più svariati servizi che gli operatori telefonici e altri service-providers metteranno a disposizione». Da questo punto di vista come ci si può muovere per riuscire a rimanere al passo coi tempi? «Per prima cosa bisogna ascoltare il mercato per cercare di capire come e quando potrebbero avvenire eventuali evoluzioni tecnologiche. Tuttavia è meglio affidarsi a chi offre consulenza nella gestione delle reti. La CIE telematica, ad esempio, non solo analizza i dati del settore e le moderne tecnologie, ma si confronta con i vari partner internazionali , come ad esempio: RAD Datacommunications, Ceragon, Fibrolan, Microsens e altri ancora, per verificare come sia possibile far fronte alle nuove esigenze. I partner interna-

Luigi Meregalli, direttore generale e legale rappresentante dell’azienda CIE Telematica di Monza www.cietelematica.it


Luigi Meregalli

La tendenza negli ultimi anni si è indirizzata in modo sempre più evidente verso l’outsourcing di servizi globali

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zionali con cui collaboriamo, avendo una visione globale del settore, sono sempre aggiornati e pronti alle novità. Ciò permette di rimanere in sincronismo con i tempi e con le domande del mercato stesso». Cambiando le tecnologie, variano anche le esigenze dell’utente? «Principalmente l’utente segue l’evoluzione tecnologia se questa ovviamente riuscirà a soddisfare le sue nuove esigenze applicative in modo da apportare risparmi e ottimizzazioni. Ovviamente risulta fondamentale saper dimostrare che un nuovo investimento tecnologico risulti adeguato in termini di risposta alle esigenze organizzative ed economiche del cliente, che nel breve/medio periodo si ripaghi e che permetta una riduzione dei costi di gestione operativa. Inoltre la tendenza che negli ultimi anni si è indirizzata in modo sempre più evidente verso l’outsourcing di servizi globali, dalla fornitura di sistemi di

rete alla gestione e conduzione degli stessi, ci ha portato a comprendere quanto sia importante accrescere la propria capacità in termini di servizi pre-post vendita per poter dare una risposta sempre più qualificata e aggiornata». Secondo lei quale sarà la nuova frontiera da abbattere e quale sarà il prossimo passo tecnologico? «Ci sono parecchi limiti nel mondo delle telecomunicazioni che saranno superati nei prossimi anni. Sicuramente tra questi si possono citare l’ampliamento della banda larga, l’utilizzo diffuso di connettività in fibra ottica in casa d’utente (FTTx), la convergenza fisso/mobile, la virtualizzazione di servizi, la nuova generazione dei servizi mobili per terminali LTE, e molto altro. Parecchie barriere potranno essere superate potenziando e ampliando le infrastrutture di rete pubbliche degli operatori in maniera strutturata e con una maggiore copertura geografica poiché già oggi sono state sperimentate soluzioni innovative tendenti a fornire più servizi e più banda all’utenza ma in modo ancora limitato». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 185


TELECOMUNICAZIONI

Servizi integrati per le telecomunicazioni l mercato delle telecomunicazioni, in questi anni, è stato soggetto a una vera e propria rivoluzione che ha prodotto una sorta di “selezione naturale” tra le imprese operanti al suo interno. Per quel che riguarda il mondo della telefonia, ad esempio, le grandi multinazionali del settore oggi necessitano di partner capaci di offrire servizi sempre più complessi e tra loro diversificati, come spiega Glauco Amonini, direttore generale di Smart World Srl. L’azienda di Cassano Magnago, in provincia di Varese, nata nel 1998 come centro assistenza e riparazioni Motorola per la provincia di Varese e per il nord ovest d’Italia, rappresenta attualmente un punto di riferimento per il settore delle telecomunicazioni a livello nazionale: «Se avessimo continuato a svolgere esclusivamente un’attività di riparazione degli apparecchi telefonici, probabilmente oggi non saremmo riusciti a superare questo delicato momento storico, in cui tantissime realtà sono state costrette a chiudere i battenti», sottolinea Amonini. Quale strategia avete quindi adottato per riuscire ad affrontare con successo l’evoluzione del mondo delle telecomunicazioni? «La diversificazione del business attuata in questi anni è la chiave

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Glauco Amonini, direttore generale della Smart World Srl di Cassano Magnago (VA) www.smartsrl.net

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Oggi la specializzazione non basta più. I mercati richiedono infatti competenze sempre più differenziate, che solo le aziende capaci di stare al passo coi tempi possono offrire. L’evoluzione del mondo delle telecomunicazioni analizzata da Glauco Amonini Diego Bandini

che ha permesso all’azienda di affermarsi come partner privilegiato di primarie realtà del settore. Se fino al 2006 il nostro referente principale è stato proprio Motorola, a partire dal 2007, grazie a una felice intuizione imprenditoriale e a un pizzico di fortuna, abbiamo instaurato una proficua partnership con il network provider H3G, che ha aperto la strada a ulteriori collaborazioni con nuovi vendor. Oggi siamo infatti hub nazionale per marchi del calibro di LG, Huawei, Zte e Onda, per i quali realizziamo oltre 300.000 interventi di riparazione all’anno, corredati da un servizio di assistenza a 360 gradi, che rappresenta la nostra vera forza». Quali sono, a suo avviso, le principali peculiarità che hanno consentito a Smart World di raggiungere questi risultati? «L’azienda opera con criteri altamente qualitativi: la gestione ricambi, il controllo del flusso degli interventi, e l’informatizzazione avanzata dei processi garantiscono tempi di intervento costanti, nell’ordine di pochi giorni lavorativi. Il lavoro di squadra nell’organizzazione e nella gestione delle attività, il


Glauco Amonini

coinvolgimento a ogni livello e la condivisione degli obiettivi sono i fattori che hanno consentito a Smart di raggiungere, in questi anni, importanti e ambiziosi traguardi». Nel 2008, inoltre, è nata la divisione Smart Sales, il primo passo di Smart nel mondo della vendita e della distribuzione di prodotti elettronici. Che bilancio può trarre da questa esperienza? «Questa è stata una tappa molto significativa per la nostra crescita, perché ci ha permesso di entrare in un mercato dalle grandi potenzialità. La vendita di apparecchi telefonici, fissi e mobili, rappresenta il core business di Smart Sale, che attraverso una presenza capillare della propria rete di distribuzione, grazie a numerose agenzie che coprono l'intero territorio nazionale, attualmente è in grado di servire circa 850 punti vendita, tra mass merchandisers, gruppi di acquisto, specialisti, e ridistributori. Un altro elemento da non sottovalutare nel successo di questa esperienza è dato dall’appartenenza di Smart Sales al gruppo storico di Smart, che consente alla divisione distributrice di porsi come unico interlocutore non soltanto per la vendita, ma anche per l’assistenza post-vendita e il supporto logistico, fornendo un servizio difficilmente riscontrabile altrove. I risultati fin qui conseguiti sono stati eccellenti, tanto che il fatturato generato da Smart Sale nel 2011 dovrebbe essere superiore addirittura del 50% rispetto a quanto fatto registrare l’anno passato». A questo proposito, quale valore aggiunto deriva dal servizio di logistica offerto dall’azienda? «La divisione Smart Logistic garantisce una gestione integrata di soluzioni di logistica, spedizione e stoccaggio delle merci, molto

A partire dal 2007 abbiamo instaurato una proficua partnership con il network provider H3G, che ha aperto la strada a ulteriori collaborazioni con nuovi vendor

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apprezzata dai nostri committenti. Disponiamo di un’area attrezzata con tutte le più moderne tecnologie e dotata di software innovativi, attraverso i quali siamo in grado di offrire soluzioni pensate ad hoc, sulla base delle specifiche esigenze dei nostri committenti». Quali sono, infine, le prospettive di Smart World per il nuovo anno? «Probabilmente a livello globale il 2012 sarà ancora più duro dell’anno che ci apprestiamo a terminare. Nonostante tutto però, l’azienda, pur in una situazione di difficoltà generale, è riuscita a consolidare la sua posizione sul mercato, ponendo le basi per importanti successi futuri. Insieme ai miei soci Giorgio Cadonici, Franco Paone, Davide Croci e Fabio Calzavara, con i quali da tredici anni condivido gioie e dolori, intendiamo quindi proseguire sulla strada tracciata, pronti a cogliere le nuove sfide e opportunità che si dovessero presentare». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 187


TELECOMUNICAZIONI

Per il futuro si scommette sulla fibra ottica Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha stilato, proprio in seguito al cambio di Governo, un nuovo regolamento per tracciare le reti del futuro. Fibra ottica, condivisione delle reti tra i vari operatori e catasto per le infrastrutture sono tra i primi punti approvati. Notizia importante per una realtà come Metroweb, proprietaria della più grande rete di fibre ottiche di Milano e della Lombardia. «Il nuovo regolamento dell’Autorità è un passo importante per lo sviluppo delle reti di nuova generazione in fibra ottica e va a coprire alcuni aspetti finora rimasti nell’incertezza», commenta Alberto Trondoli, CEO di Metroweb. Che cosa significa per il vostro settore questo regolamento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni? «Innanzi tutto c’è la conferma che le reti in fibra ottica costituiranno, sia a livello di trasporto che a livello di accesso, l’asse portante delle telecomunicazioni nel futuro e che anche a livello normativo ci sarà la massima attenzione sul loro sviluppo. I provvedimenti previsti contribuiranno a stimolare il mercato e gli investimenti degli operatori, seppure in un contesto di difficoltà come quello attuale. Per chi, come Metroweb, mette già a disposizione la propria rete ad altri operatori a condizioni non discriminatorie, il principio

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Alberto Trondoli, CEO della Metroweb di Milano www.metroweb.it

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Un settore la cui crescita esponenziale degli ultimi anni ci ha insegnato che fare previsioni a medio-lungo termine è sempre più difficile. E in cui «spesso la realtà ha superato di gran lunga le previsioni precedenti». Il punto di Alberto Trondoli Nicoletta Bucciarelli

della condivisione non può che essere valutato positivamente, sempre che salvaguardi gli investimenti e non deprima le opportunità di crescita delle singole aziende. Un contributo importante potrà venire anche dalle infrastrutture a livello urbano di aziende pubbliche che potranno essere messe a disposizione per facilitare il cablaggio a costi più contenuti. Infine, il catasto delle infrastrutture sarà importante per costituire una base comune a tutti gli operatori nella conoscenza di cosa potrebbe già essere utilizzabile a livello di rete senza necessità di nuovi impegnativi lavori di scavo». Metroweb è stato tra i pionieri delle reti in fibra ottica. In che modo avete intuito che questo sarebbe stato il futuro delle telecomunicazioni? «Quando Metroweb è nata anni fa le reti in fibra ottica erano già ampiamente utilizzate per i collegamenti di lunga distanza e interurbani, ma sembrava molto difficile portarle fino agli utenti finali, per gli impegnativi lavori necessari e i costi elevati. Però già allora si avvertiva la necessità di sviluppare delle nuove reti di accesso in ambito urbano per portare servizi a larga banda, in quanto i tradizionali doppini in rame inevitabilmente non sarebbero stati sufficienti. Puntare sulla


Alberto Trondoli

fibra ottica è stata una scommessa vincente e oggi quella di Metroweb è la rete metropolitana in fibra ottica più capillare in Europa ed è confrontabile con le più avanzate realizzazioni al mondo, come quelle in Estremo Oriente». Il vostro settore di riferimento è vivo e in continuo mutamento anche perché relativamente giovane. Che cosa prevede per i prossimi anni? «Negli anni il settore delle telecomunicazioni ha subìto profonde trasformazioni, passando da un mercato costituito dai grandi operatori nazionali, i cosiddetti “incumbent”, ad un mercato deregolamentato e caratterizzato da forte competizione. Si è quindi vissuta la stagione euforica della “new economy” e la successiva caduta con le crisi che si sono succedute. È quindi difficile fare previsioni per il futuro, considerando anche che stiamo parlando di un mercato estremamente dinamico ancora in forte evoluzione. Probabilmente assisteremo a un graduale consolidamento e concentrazione in pochi grandi gruppi dei numerosi operatori oggi presenti, sia a livello nazionale che internazionale. Contemporaneamente, però, potrebbero aprirsi interessanti settori di nicchia per operatori di piccole-medie dimensioni specializzati per

tipologie di servizi o per specifici target di utenza». Quali sono le criticità di un settore legato così tanto alla tecnologia e quali invece i punti di forza? «Direi che la dinamicità e la rapida evoluzione associate allo sviluppo della tecnologia costituiscono allo stesso tempo delle criticità e dei grandi punti di forza. Da un lato hanno obbligato le Autorità di Regolamentazione a livello nazionale e internazionale ad un imponente lavoro sulla definizione delle regole per una corretta competizione, spesso però con inevitabili ritardi e limitazioni rispetto alle necessità del mercato. Dall’altro lato, hanno reso il settore estremamente vitale e in grado di generare continuamente innovazione e nuove opportunità». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 189


INFORMATION TECHNOLOGY

Le imprese verso nuovi modelli di coverage Come ha reagito il comparto dell’IT di fronte alla minore disponibilità economica delle imprese ad investire e, in particolare, come ha reagito il comparto IT? Ne parliamo con Alberto Neri della società I.A.N. Srl, uno dei soggetti più innovativi sul panorama dell’Information Technology italiano Valerio Germanico

budget di spesa ridotti sono stati compensati dalla disponibilità di prodotti sempre più complessi, più facili da gestire e, pertanto, in grado di modificare sostanzialmente le aree a valore aggiunto, quelle in grado di differenziare la proposta commerciale. Per questo, la nostra società ha adottato modelli di sviluppo orientati a sostenere la trasformazione dei prodotti in soluzioni solide, efficienti ed economiche. La continua formazione del nostro personale è uno degli elementi fondanti della nostra capacità di adattarci al continuo processo d’innovazione tecnologica. La continua crescita a due digit del fatturato è la prova migliore di quanto la nostra clientela abbia apprezzato questi sforzi in qualità e formazione», dichiara l’ingegnere Alberto Neri, fondatore della società che opera sul mercato Storage e sicurezza dati fin dal 1979. La vostra crescita è giunta nonostante

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Alberto Neri, fondatore di I.A.N. Srl, Corsico (MI) www.ian.it

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il periodo di crisi dell’economia. «La crisi economico finanziaria che caratterizza gli ultimi anni è stata a sua volta la ragione di grandissimi cambiamenti nel mondo dell’Information Technology. In parole povere, la riduzione dei budget delle aziende ha stimolato la ricerca verso soluzioni più economiche ed efficienti, ricerca che è stata e continua a essere sostenuta dalla domanda crescente del “private business”, dei social network o, in generale, dal mondo della “rete”. La semplicità e il basso costo richiesti oggi sono ottenibili a patto di gestire la crescente complessità “automaticamente”, con un numero minore di addetti. Agli effetti della crisi occorre così aggiungere anche lo sforzo di tenersi allineati alla innovazione tecnologica, che sta facendo scomparire intere aree di valore aggiunto. L’effetto combinato della crisi e dell’innovazione costringe e sempre più costringerà le aziende del nostro settore a inventarsi in tempi brevi nuovi modelli di coverage. È una corsa contro il tempo, resa ancora più faticosa dal fatto che la rapidità delle innovazioni concede poco tempo alla conversione della formazione in aree di valore aggiunto». Dunque dal cambiamento legato alla crisi siete riusciti a cogliere un’opportunità di business? « Per quanto ci riguarda, questa lunga crisi ci ha spinto a imparare, ad aggiornarci, a non


Alberto Neri

Alcuni prodotti EMC commercializzati dalla I.A.N. Srl, considerati tra i migliori per tecnologia e innovazione

mettere il cervello in soffitta, a vivere il mondo da protagonisti e non da spettatori. La nostra gestione, improntata alla formazione, ha per così dire ricevuto la conferma della sua bontà. Confortati dal fatto che la formazione e il ha permesso all’azienda di esprimere un livello di qualità gradito dalla Clientela, continueremo sulla strada delle certificazioni ISO, della certificazioni del personale, della creazione di servizi in linea con le esigenze del mercato». Quale ruolo potranno giocare i vostri servizi nel favorire una ripresa e un avanzamento gestionale delle vostre realtà committenti? «Puntando sull’organizzazione, la sicurezza e la disponibilità delle informazioni, i nostri servizi forniranno ai nostri clienti non solo un accesso ottimizzato alle informazioni ma, addirittura, una leva per identificare le aree di criticità e di efficienza. Su questo campo dovremo confrontarci con grandi concorrenti , ma restiamo del tutto fiduciosi e ottimisti sul nostro futuro. Se ben ricordo, David l’ebbe vinta su Golia!». Sia lei che sua figlia Federica Neri, attuale presidente di I.A.N., avete interessi che vanno oltre l’ambito informatico. Questa forma mentis improntata alla multidisciplinarietà quanto vi aiuta nel rendere più flessibile la vostra impresa? «Così come fanno i maratoneti durante le gare, occorre sfruttare i rifornimenti distribuiti lungo il percorso per rigenerare l’energie necessarie a proseguire la gara. Rispettivamente per il sottoscritto e per mia figlia Federica, la scrittura e la creazione di un capo di vestiario sono gli equivalenti del rifornimento del maratoneta. Rappresentano il mondo magico nel quale la logica è sottoposta alla creatività. In

La crisi ci ha spinto a imparare, ad aggiornarci, a non mettere il cervello in soffitta, a vivere il mondo da protagonisti e non da spettatori

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questo andirivieni ricco di emozioni e d’intimità, nascono le idee che saranno poi trasformate in obiettivi, in strategie, in action program. La fantasia è infatti un alleato potentissimo: apre occhi interiori, che riescono a cogliere sfumature e particolari invisibili a quelli veri. Esercitarla non è solo una fuga dalla realtà. Piuttosto, è il modo migliore per associare fra loro fatti apparentemente estranei, per immaginare scenari “impossibili”, inimmaginabili, proprio come succede ogni giorno nello stravagante mondo della Information Technology. Senza l’aiuto della fantasia, la nostra azienda non avrebbe potuto arrivare alla soglia dei trentatre anni di vita né, chi ne è alla guida, avrebbe potuto superarli con la voglia di andare avanti, di cimentarsi con le sfide del nuovo mondo che stanno per piombarci addosso come una valanga». Quali obiettivi vi ponete per il futuro? «Completare la fase di cambiamento, imporre i nuovi servizi, insistere nella formazione e nel miglioramento. Sono esercizi costosi e in controtendenza con la marginalità operativa, ma sono il sacrificio necessario per garantirci il futuro». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 191


SOLUZIONI PER L’IMPRESA

Un sistema integrato per lo sviluppo nche se forse sono ormai inflazionate, è in parole come “innovazione” e “competitività” che si giocano la crescita e la sopravvivenza delle aziende. «La grande capacità creativa del made in Italy non è più sufficiente a contrastare competenze e concorrenze che giungono da Paesi che noi continuiamo a chiamare “emergenti”. Per decenni abbiamo considerato queste realtà solo sotto l’aspetto della capacità produttiva a basso costo, decidendo di attribuirci il ruolo di fornitore sofisticato. Oggi quello che si riscontra è che in Cina esistono aziende, magari carenti a livello manageriale, che però dispongono di tecnologie integrate all’avanguardia. Tecnologie che in Italia non si non adottano spesso per motivi di metodo e culturali». È questo il livello diffuso di avanzamento tecnologico che l’ingegnere Angelo Corti Pedruzzi, presidente di Softech – specializzata in soluzioni software integrate –, riscontra in molte delle piccole e medie imprese italiane, che ancora investono troppo poco in innovazione, tanto da essere scavalcate dalle nuove economie del Far East non più soltanto per i prezzi, ma anche per l’avanguardia industriale. «Il motivo economico per “non fare” ormai è difficile da difendere. Dato che negli ultimi dieci anni i costi sono diminuiti di almeno il 70-80%

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L’ingegnere Angelo Corti Pedruzzi, presidente di Softech – Software & Technology Srl, Milano www.stnet.it

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Soluzioni software modulari per la gestione di ogni tipo di processo produttivo. L’ingegnere Angelo Corti Pedruzzi analizza la situazione ancora inadeguata dell’innovazione tecnologica italiana Luca Cavera

in termini assoluti, rendendo possibile l’accesso ad aziende di sempre più piccole dimensioni. È quindi la comprensione, o meglio la condivisione, di un nuovo metodo e di una nuova cultura aziendale, di nuovi business driver che trova la maggiore difficoltà a passare. Purtroppo, di volta in volta, tale difficoltà si riscontra nell’imprenditore delegato alla scelta o nel manager dedicato alla gestione – ma anche negli stessi operatori. Da qui la necessità di un approccio integrato all’azienda, finalizzato alla costruzione di una partnership». Qualsiasi azienda, non solo quelle manifatturiere, esiste innanzitutto se ha un prodotto producibile, vendibile e supportabile. «Le richieste di soluzioni che dobbiamo soddisfare si sono fatte ormai molteplici e diversificate: sono relative al concept, alla progettazione dei prodotti, alla loro industrializzazione, alla fabbricazione, alla manualistica, al customer service post vendita. Ogni risposta deve essere basata su un intervento altrettanto fortemente integrato. Per questo noi siamo passati dalla proposta di sistemi di progettazione Cad – sempre più sofisticati e completi – a quella più allineata a una visione completa dei problemi aziendali, ovvero al sistema integrato per lo sviluppo del prodotto. La base è ovviamente la potenzialità dello strumento, ovvero della piattaforma tecnologica che rende disponibili


Angelo Corti Pedruzzi

e facilmente fruibili tutte le funzionalità necessarie. Noi siamo stati fra i primi a proporre in Italia il sistema PDS (Product Development System) di PTC (Parametric Technology Corporation), le cui scelte tecniche strategiche hanno portato alla realizzazione del progetto che in oltre un decennio ha portato alla costruzione di una piattaforma che rende disponibile in maniera modulare e scalabile tutte le funzioni che soddisfano completamente le differenti esigenze di ogni singolo ruolo aziendale». Quelli che prima erano moduli software indipendenti e anche molto diversi, nati nel tempo per soddisfare specifiche esigenze e divenuti riferimenti tecnici per l’intero mercato, si sono ora evoluti nelle numerose applicazioni della piattaforma CREO. «Progettazione tridimensionale parametrica e non, in ambiente di assemblaggio; disegno bidimensionale; “Apps” (applicazioni) per l’analisi, la simulazione e il controllo numerico in manufacturing. L’universalità di queste applicazioni, unita alla copertura funzionale, ha permesso a questa piattaforma tecnologica di trovare applicazione nei settori di mercato più diversi». La situazione attuale non richiede solo interventi sulla qualità del Progetto che tali moduli generano, ma anche la necessità di un recupero di competitività sulla gestione di processi la cui complessità e mole di documentazione trovano risposta nell’ambiente PLM di WINDCHILL.

Negli ultimi dieci anni i costi dell’innovazione sono diminuiti del 70-80%, rendendo di fatto possibile l’accesso a tutte le aziende

La copertura del 75% del territorio italiano raggiunta dalle unità operative di Softech con la propria offerta di soluzioni software è un traguardo importante, ma non l’esclusivo. «L’apertura, ormai dieci anni di fa, di un ufficio di rappresentanza a Pechino ha rappresentato per i nostri partner una porta di ingresso facilitata al mercato più grande del mondo, che con il nostro supporto sono sempre riusciti a posizionarsi alle prime posizioni dei vari settori – automotive, aereospace e difesa, macchine speciali, elettrodomestici, meccanica pesante – e hanno mantenuto il mercato anche in questi ultimi anni non facili. Fra i nostri obiettivi per il 2012 c’è l’incremento dell’attività avviata con le piccole e medie imprese, attraverso un programma di seminari tecnici e un progetto di consulenza che abbiamo battezzato SHARE THE VISION e destinato a generare una maggiore integrazione fra le esigenze dei partner e le nostre per una strategia comune di crescita».

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CONSULENZA

Il recupero sostenibile dell’impresa in crisi Piani di risanamento, accordi di ristrutturazione e concordati preventivi consentono di salvaguardare il patrimonio aziendale, agevolando un’efficace ristrutturazione del debito. L’esperienza di Vittorio Buonaguidi partner dello Studio Battagliese e Buonaguidi Erika Facciolla

estire la crisi, ottimizzare le risorse di un’azienda, promuovere un processo di ristrutturazione aziendale fondato su uno studio di fattibilità e un’analisi preliminare seria e puntuale: sono queste le prerogative dei professionisti e degli studi legali che mettono a disposizione delle aziende in difficoltà tutto il loro know-how per superare i momenti di crisi economica. E mai come negli ultimi anni queste figure sono diventare cruciali per la soL’avvocato Vittorio Buonaguidi dello studio legale pravvivenza di molte attività e tributario Battagliese Buonaguidi di Milano e di imprenditori duramente vittorio.buonaguidi@cbblex.eu colpiti dalla congiuntura economica negativa. In tale ottica è essenziale che il consulente legale sappia porsi come una figura di sostegno e riferimento, forte della sua esperienza nel settore e della capacità di fornire soluzioni immediate ed efficaci, sviluppate intorno alle peculiarità del committente. Forte della già consolidata esperienza maturata nei dieci anni di collaborazione tra gli avvocati Guido Battagliese e Vittorio Buonaguidi, lo studio oggi si colloca in un più alto placement sul mercato, grazie al potenziamento dei contatti

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internazionali e di importanti partnership. Lo studio legale Battagliese Buonaguidi coniuga il costante intervento dei name partners nella gestione e nella cura del cliente, con un’assistenza disegnata su misura. Un trend in continua ascesa che conferma la strategia vincente perseguita dai soci fondatori. Ne parliamo con l’avvocato Vittorio Buonaguidi. In un mercato in crisi come quello attuale, come si sostanzia l’offerta di consulenza legale all’impresa? «In stato di crisi, l’impresa necessita di una rinnovata guida. È dunque la distruzione di valore del capitale economico, quale anticamera di una successiva perdita strutturale della capacità di reddito, a spingere l’imprenditore verso l’assistenza di professionisti qualificati ed esperti, i quali, di fronte a crescenti flussi negativi, carenza di cassa e perdita di credito, ritrovano la fiducia del mercato attraverso interventi di corporate restructuring». In tal senso, che tipo di assistenza-consulenza è in grado di offrire lo studio? «Lo studio offre un’attività specializzata di consulenza, in grado di accompagnare l’impresa nel percorso di superamento della crisi, affiancando “chi è al comando” nel processo di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale. Importanti operazioni di salvataggio sono state agevolate grazie al sapiente impiego degli strumenti previsti dal diritto fallimentare, ancora poco usati nella pratica, quali piani di risanamento, accordi


Vittorio Buonaguidi

❝ di ristrutturazione del debito, concordati preventivi». Quali sono i fattori scatenanti della crisi? «La vera criticità è saper distinguere i veri fattori causali dagli effetti generati. L’incapacità di adeguarsi al cambiamento e la carenza del sistema di controllo gestionale e finanziario sono le criticità più diffuse. Un’eccessiva espansione non supportata da una corretta strategia di crescita nel medio-lungo periodo, la non competitività dei costi, una scorretta gestione del capitale circolante commerciale sono cause aggiuntive che acuiscono la crisi in presenza di forti discontinuità nella domanda del mercato, di una più accentuata concorrenza in termini di prodotti e prezzi di vendita, nonché di un avanzamento tecnologico continuo». Dunque, come può essere supportato concretamente l’imprenditore in questo percorso? «La difficoltà dell’imprenditore nel riuscire a individuare la reale causa del declino aziendale può essere risolta dal professionista proprio perché in grado di cogliere i punti deboli dell’azienda, coniugando esperienza e competenze tecniche, al fine di scegliere il mezzo giuridico più idoneo per adattarlo su misura al caso concreto». Il tema del restructuring è quanto mai centrale. Quali sono le prime operazioni da eseguire?

L’introduzione di un sistema di valutazione e di sviluppo del personale, soprattutto nella fase di rilancio dell’impresa, accompagnato da un adeguamento del sistema dei compensi, sono i punti chiave nella gestione delle risorse umane

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«Un’azienda in crisi ha sostanzialmente due alternative: il turnaround o l’insolvenza con esiti liquidatori. Noi lavoriamo con l’obiettivo primario di recuperare l’impresa in modo sostenibile nel tempo, quale risultato di un ritorno alla creazione strutturale di valore, grazie a una strategia difendibile e realistica». Su che cosa è fondata, nel concreto, tale strategia? «La duttilità dei mezzi giuridici a disposizione introdotti dal susseguirsi delle riforme delle procedure concorsuali - piani di risanamento, accordi di ristrutturazione, concordati preventivi - in aggiunta alle tradizionali operazioni di fusione e acquisizione, nonché agli istituti negoziali innovativi, di applicazione complementare o alternativa (come ad esempio il trust). consentono di salvaguardare il patrimonio aziendale, agevolando un’efficace ristrutturazione del debito». Ma come si giunge effettivamente a questo risultato e sulla base di quali studi preliminari?

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CONSULENZA

›› «Al risultato si giunge attraverso un percorso progressivo, cadenzato da poche fasi ben definite. L’intervento professionale non può che avere inizio da un’accurata diagnosi dell’azienda, rapida, ma non precipitosa, e da un esame della consistenza patrimoniale dell’impresa e delle prospettive economiche e finanziarie in modo da individuare le aree di intervento, già definendo le linee generali di un piano di risanamento con valutazione della relativa fattibilità». Che tipo di piani di sviluppo suggerisce, generalmente, un simile approccio? «I possibili sviluppi possono poi variare, spaziando da programmi più semplici di business transformation a quelli più complessi di ristrutturazione vera e propria, le cui componenti essenziali si riconoscono nell’attuazione di misure di stabilizzazione immediata, nella riorganizzazione societaria e del management, nell’acquisizione del sostegno degli stakeholders, nella focalizzazione strategica accompagnata dalla riforma del sistema dei controlli gestionali e finanziari, cui fa seguito, come logico sviluppo un cambiamento organizzativo». In caso di cambiamento drastico della vita di un’impresa, la gestione delle risorse umane rappresenta il nodo più complesso da sciogliere. «La discontinuità per un’azienda in distress è importante per riottenere fiducia e non può prescindere da una revisione generale del perimetro societario ai fini di una massima semplificazione, attraverso interventi per ridurre costo del lavoro ed eventualmente organici, con l’utilizzo di ammortizzatori sociali, le cui implicazioni negative, anche per l’azienda, non devono peraltro essere sottovalutate. Il rischio è infatti quello di dar luogo a riduzioni disordinate, specie in aree di attività nelle quali la forza lavoro andrebbe invece potenziata. L’introduzione di un sistema di valutazione e di sviluppo del personale, soprattutto nella fase di rilancio dell’impresa, accompagnato da un adeguamento del si198 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

È la distruzione di valore del capitale economico, quale anticamera di una successiva perdita strutturale della capacità di reddito, a spingere l’imprenditore verso l’assistenza di professionisti qualificati ed esperti

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Vittorio Buonaguidi

Corporate restructuring Adr, arbitrato, bancario, contenzioso civile, commerciale e tributario, contrattualistica, fallimento e ristrutturazioni, fusioni e acquisizioni, private equity, responsabilità civile, tax, trust, attività fiduciarie e tutela dei patrimoni. Queste le aree di attività dello studio Legale e Tributario Battagliese Buonaguidi. La struttura, forte della già consolidata esperienza maturata nei dieci fruttuosi anni di collaborazione tra gli avvocati Guido Battagliese e Vittorio Buonaguidi, oggi si colloca in un più alto placement sul mercato, grazie al potenziamento dei contatti internazionali e di importanti bestfriends, tra le quali spicca l’attività di consulenza dello Studio del professor Cesare Cavallini, ordinario di Diritto processuale civile dell’Università Bocconi di Milano. L’attività poliedrica dei professionisti dello studio Battagliese Buonaguidi si fonda principalmente sull’efficace gestione di un complesso contenzioso civile e commerciale, in sede sia giudiziale che arbitrale, indirizzandosi al contempo verso la consulenza e assistenza alle imprese in crisi, soprattutto nell’ambito di interventi di corporate restructuring. Il processo di ristrutturazione viene agevolato con l’innovativo impiego degli ultimi strumenti previsti dal diritto fallimentare (piani di risanamento, accordi di ristrutturazione del debito, concordati preventivi), nonché delle tradizionali operazioni di fusione e acquisizione, con particolare attenzione ai profili tributari, oggetto di costante aggiornamento. Ulteriore e peculiare expertise di Battagliese Buonaguidi è nel diritto del trust, istituto ormai non più sconosciuto nella dialettica legislativa italiana, anche per merito di importanti casi-pilota, esempi di successo propri dello Studio. La flessibilità del trust ne permette l’applicazione in più situazioni, quali il wealth management, il trapasso generazionale, le garanzie e il diritto delle successioni. Battagliese Buonaguidi coniuga il costante intervento dei name partner nella gestione e nella cura del cliente, con un’assistenza disegnata su misura. Un trend di continua ascesa conferma la strategia vincente.

stema dei compensi, sono inoltre i punti chiave nella gestione delle risorse umane». Che tipo di doti etiche e professionali deve dimostrare di possedere l’avvocato nei confronti dell’impresa in crisi? «L’etica professionale è un imperativo che in tale contesto è buon uso ricordare. Le qualità richieste al professionista sono lucidità, realismo, spirito creativo, sensibilità verso l’uso calibrato delle risorse disponibili, capacità negoziale, flessibilità e al contempo fermezza nelle decisioni, così da permettere all’imprenditore di beneficiare di un rassicurante riferimento». Cosa deve dimostrare il consulente legale per conquistare subito la fiducia dei referenti aziendali?

«È evidente come lo sforzo principale del consulente legale sia quello di coniugare le proprie competenze giuridiche con i profili tipici della realtà aziendale, aggiornando la propria formazione così da sviluppare l’expertise maturata, senza perdere di vista il core della professione forense. In tale scenario lo studio si dimostra preparato per affrontare con qualità ed efficienza la molteplicità degli aspetti che coinvolgono l’impresa, particolarmente vulnerabile nei periodi di difficoltà, diversificando le proprie competenze con l’ausilio di importanti bestfriends, specializzati nell’economia aziendale, nonché nell’audit economico-finanziaria». Quali sono gli obiettivi futuri che lo studio Battagliese Buonaguidi intende perseguire in futuro? «I risultati positivi ottenuti nel ramo fallimentare e nelle ristrutturazioni del debito, accompagnati dal potenziale incremento dell’impiego dei nuovi strumenti giuridici disegnati dal legislatore, fanno prevedere imminenti sviluppi e ulteriori progressi di attività, in una prospettiva di prevenzione dell’insolvenza dell’impresa grazie al tempestivo impiego di soluzioni variamente concordate in tutto o in parte stragiudizialmente. L’appoggio di nuove risorse professionali e la valenza di link esterni recentemente creati lasciano inoltre attendere il potenziamento del knowhow ad oggi acquisito». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 199


VIGILANZA PRIVATA

Cambiano le normative per la sicurezza privata Le novità che entreranno in vigore nel 2012 con il testo unico sulla vigilanza privata. Il ministero degli Interni stabilisce nuovi requisiti professionali e organizzativi e nuove possibilità di intervento. Angelo Merlo spiega cosa cambia per gli addetti ai lavori Valerio Germanico

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Angelo Merlo

partire dal prossimo anno entrerà in vigore il nuovo testo unico relativo alle caratteristiche e requisiti organizzativi e professionali degli istituti di vigilanza privata. Introdotto con decreto del ministero degli Interni del primo dicembre 2010, sarà effettivo a partire da settembre 2012. Il testo unico traccerà una linea di demarcazione nel mondo della vigilanza privata. «Questo nuovo strumento normativo, che disciplina i requisiti minimi organizzativi degli istituti e stabilisce gli standard professionali e i parametri di capacità tecnica e qualità dei servizi delle imprese di vigilanza privata, sotto certi aspetti operativi, semplificherà in modo significativo il nostro modo di operare». A parlare è Angelo Merlo, amministratore delegato dell’Istituto di Vigilanza Notturna Gallarate (Ivng), al quale abbiamo chiesto di spiegare in che modo cambierà il lavoro dei tecnici della sicurezza privata. Quali saranno le novità più significative per la vostra categoria? «Con questo decreto, per la prima volta e finalmente, il ministero degli Interni definisce chiaramente cosa si intenda per “obiettivi sensibili” e “siti con speciali esigenze di sicurezza”. Stabilisce inoltre che in questi ultimi la gestione della sicurezza può essere affidata soltanto alle guardie giurate, se non direttamente alle forze dell’ordine. Il testo unico prevede inoltre quali debbano essere le capacità finanziarie a disposizione degli istituti, stabilisce le regole per il percorso formativo delle guardie giurate, le caratteristiche delle centrali operative e, non da ultimo, una descrizione puntuale delle diverse tipologie di servizi che gli istituti possono svolgere». Ci sono degli aspetti che invece restano ancora scoperti e sui quali sentite l’esigenza di una più precisa regolamentazione? «Per quanto riguarda i lati da approfondire,

A

per raggiungere una maggiore chiarezza operativa da parte degli addetti ai lavori, per esempio, potrebbero essere introdotta una definizione specifica per quanto riguarda i sistemi di controllo della qualità del servizio. Totalmente non normato è rimasto poi l’annoso problema dei body guard, che sono di fatto rimasti una figura non riconosciuta da parte della legislazione italiana». Trova corretto affermare che sotto alcuni aspetti gli istituti come il vostro ricoprono dei “vuoti” lasciati dalle forze dell’ordine? «Oggi più che mai le forze dell’ordine possono, sia tecnologicamente sia strutturalmente, ricoprire tutti i servizi che vengono comunemente demandati agli istituti. Il vero problema è che una guardia giurata ha un costo molto più basso rispetto a un dipendente della pubblica amministrazione. Di conseguenza il costo sociale di messa in sicurezza di un bene è più basso utilizzando guardie giurate. Per quanto riguarda i “vuoti”, se questi esistono, possono essere di questo tipo: per esempio, il nostro personale in alcuni casi riceve dal soggetto tutelato le chiavi per l’accesso ai siti allarmati. Il possesso delle chiavi del soggetto tutelato e la personalizzazione dei servizi è ciò che ci contraddistingue dalle forze dell’ordine». Esiste anche un’interazione o una collaborazione fra il vostro staff e le forze di polizia? «La collaborazione con le forze dell’ordine esiste ed è delle migliori. Abbiamo anche creato sinergie con le polizie municipali di al-

Angelo Merlo, amministratore delegato di Ivng Spa, Gallarate (VA) www.ivng.com

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LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 203


VIGILANZA PRIVATA

La collaborazione con le forze dell’ordine è delle migliori. A breve partirà il progetto Mille occhi sulla città, che ci porterà ad avere maggiore integrazione con tutte le autorità competenti sul territorio in termini di sicurezza

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cuni comuni. Fra breve dovrebbe inoltre partire il progetto Mille occhi sulla città, che ci porterà ad avere maggiore integrazione con tutte le autorità competenti sul territorio in termini di sicurezza. Lo stesso decreto ministeriale ha anche formalizzato la possibilità che la vigilanza privata possa essere chiamata, in alternativa alle forze dell’ordine, a provvedere alla sicurezza di siti, sia pubblici che privati, di rilevanza strategica». Può approfondire questo ultimo punto? «Il testo unico definisce gli obiettivi sensibili e i siti con speciali esigenze di sicurezza da affidare alla vigilanza delle guardie giurate. Include tra i primi le centrali di produzione e distribuzione di energia elettrica, le raffinerie e i centri di stoccaggio di petroli e carburanti, le centrali telefoniche, le sedi di emittenti radiotelevisive nazionali. Fra i siti con speciali esigenze di sicurezza ci sono invece

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aziende e presidi ospedalieri, strutture pubbliche con centri elaborazione dati ad accesso limitato – come Regioni, Province, sedi dell’Inps –, ai quali si aggiungono tribunali e uffici giudiziari in genere, oltre a musei, pinacoteche e siti che ospitano opere di alto valore artistico ed economico». Quanto incide la tecnologia nel vostro operato e quali sono le apparecchiature più innovative? «La tecnologia è lo strumento che ci aiuta a essere più incisivi e più rapidi nei nostri interventi. Inoltre aiuta anche a ridurre notevolmente il costo della sicurezza. Tuttavia va sempre tenuto presente che il nostro lavoro è un’alchimia tra l’uomo e la tecnologia. Per quanto riguarda i prodotti innovativi, in campo civile, stanno arrivando sul mercato telecamere termiche a prezzi molto interessanti e si sta riducendo lo spread tra telecamere analogiche e digitali. È importante sottolineare che i clienti chiedono quasi sempre l’intervento, in un progetto di sicurezza, anche di un ispettore della vigilanza. Occorre quindi integrare le competenze di chi progetta l’impianto e di chi dovrà poi gestirlo». Qual è il vostro investimento nell’innovazione e nello sviluppo? «Innovazione e sviluppo sono strettamente legate e lo saranno ancora di più dopo l’entrata in vigore del nuovo testo unico, anche se è ancora da capire come i questori e i prefetti interpreteranno il dispositivo di attuazione


Angelo Merlo

per poi permetterci di operare al meglio. In termini di investimenti, quest’anno ci siamo dotati di tecnologie legate alla certificazione e alle norme Uni, aggiornando tutti i sistemi operativi – questo intervento ci permetterò di quantificare e misurare l’efficienza del nostro servizio sul territorio. Abbiamo ottenuto la certificazione Uni En Iso 9001: 2008 e quest’anno ci siamo certificati anche con la Uni 10891:2000 che è la certificazione specifica per gli istituti di vigilanza. Nel 2012 dovremmo conseguire la certificazione della centrale operativa Uni 11068». Negli ultimi anni la vostra società si è impegnata soprattutto nell’ambito aeroportuale. Con il ritorno dell’allarme terrorismo quali nuovi servizi vengono richiesti? «Siamo certificati Enac e presenti negli aeroporti sin dal 2003. Da allora a oggi, con il

nuovo programma nazionale di sicurezza redatto da Enac e il decreto ministeriale 85/99, poco è cambiato in termini di sicurezza. Ci sono stati alcuni momenti nei quali è stato ritenuto opportuno aumentare i controlli agli imbarchi, ma al di là di questo poco è mutato. Il programma nazionale di sicurezza ci permette di svolgere varie attività: controllo accessi nei piazzali, vigilanza sottobordo dell’aeromobile – con controllo delle stive –, per le destinazioni a maggiore rischio controlliamo il bagaglio a mano al gate al momento dell’imbarco». La crisi ha ridotto gli investimenti anche sul fronte della sicurezza privata? «Sicuramente la crisi ha fatto calare gli investimenti. Ma la cosa più preoccupante è la ricerca continua di sicurezza a basso costo. Questo porterà inevitabilmente a un abbassamento della qualità del servizio. Benché sulla carta tutti gli istituti offrano lo stesso servizio, la differenza si fa evidente nel momento in cui si verifica qualche problema. Solo allora – quando però è ormai troppo tardi – si fanno evidenti le caratteristiche dei diversi sistemi di organizzazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 205


SICUREZZA

Nuove normative per la vigilanza Quello della sicurezza è un tema sempre più sentito, testimoniato anche dalla crescente diffusione degli istituti di vigilanza privati. La nuova normativa e le prospettive del settore illustrate da Fabio Mura Guido Puopolo

o scorso 16 marzo è entrato in vigore il Decreto Ministeriale 269/2010, meglio conosciuto come “Decreto Maroni”, che ha ridefinito i requisiti minimi che un Istituto di Vigilanza deve possedere per dimostrare la sua capacità di fornire servizi conformi alla legislazione in vigore. La norma contiene indicazioni relative alle modalità di esecuzione del servizio, alle dotazioni tecniche e alle metodiche di controllo necessarie per lo svolgimento di vari tipi di servizi, quali ad esempio la vigilanza ispettiva, la vigilanza antirapina e la telesorveglianza. «Gli Istituti di Vigilanza oggi hanno l’obbligo di certificare la propria organizzazione ai sensi della norma UNI 10891:2000, in modo da fornire, altresì, maggiori rassicurazioni ai loro clienti, in merito alla capacità di operare in conformità ai requisiti stabiliti nello standard di riferimento». È questo il pensiero di Fabio Mura, presidente di Mondialpol Service Spa, realtà leader a livello nazionale, in grado di offrire un’ampia gamma di servizi affidabili e sicuri nell’ambito delle molteplici esigenze sia del cittadino che delle attività commerciali e industriali, dalla vigilanza al trasporto valori, fino alla contazione del denaro. «La speranza è che, in questo modo, venga finalmente impedito l’ingresso sul mercato a tutte quelle realtà che in questi anni hanno compiuto scellerate azioni di “dumping” sulle tariffe, con un danno enorme per

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Mondialpol Service Spa ha la sua sede a Milano www.mondialpol.it

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tutto il settore». Adeguarsi alla nuova legislazione richiede però ingenti risorse economiche, e questo ha spinto le piccole società a cercare nuove partnership con aziende maggiormente strutturate, proprio come Monidalpol. «Grazie a un’efficace politica di Merge & Acquisiton – conferma Mura - abbiamo assorbito diverse aziende, ampliando notevolmente il nostro raggio d’azione, tanto che oggi siamo presenti in tutto il nord Italia, con interessi anche in Umbria, Sardegna e Puglia». Aggiornamento tecnologico e competenza degli operatori rappresentano, per gli Istituti di Vigilanza, i due pilastri indispensabili per poter garantire sempre un servizio all’altezza delle aspettative del mercato, come conferma lo stesso Mura: «Non abbiamo mai smesso di investire nello sviluppo di nuove tecnologie e nella formazione del personale. Abbiamo infatti appena acquistato nuovi furgoni portavalori blindati dotati di sistemi di localizzazione satellitare all’avanguardia, ma anche macchine contamonete di ultima generazione. La disponibilità di personale preparato assume però un ruolo importantissimo nell’assicurare un soddisfacente li-


Fabio Mura

Recentemente abbiamo acquistato nuovi furgoni portavalori blindati dotati di sistemi di localizzazione satellitare, ma anche macchine contamonete di ultima generazione

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150 mln EURO

vello di competenza e addestramento necessario per lo svolgimento della nostra attività. Il nostro gruppo già da tempo ha ottenuto certificazioni relative alle norme Uni En Iso 9001:2008 “Sistemi di Gestione per la Qualità” e Uni 10891:2000 “Servizi Istituti di vigilanza privata”. Proprio in questi giorni la nostra controllata Vigilanza Vedetta 2 Spa ha ottenuto la certificazione della propria Centrale Operativa secondo la norma Uni 11068:2005 “Requisiti della Centrale Operativa”. Gli operatori di Mondialpol – prosegue Mura - sono sottoposti a continuo aggiornamento, relativo ai metodi e alle capacità richieste per eseguire correttamente tutte le tipologie di servizio assegnate. Ad esempio un gruppo di 15 nostri manager ha recentemente frequentato un corso di 90 ore, come prescritto dalla nuova normativa secondo i contenuti della norma Uni 10459:1995 “Funzioni e profilo del professionista della Security aziendale”. Chi lavora nel campo della vigilanza, infatti, è tenuto all’osservanza scrupolosa delle norme di legge che regolano il settore, ma anche delle regole relative al corretto

A tanto ammonta il fatturato complessivo delle società del gruppo Mondialpol per il 2011

utilizzo dei dispositivi di protezione e delle istruzioni operative questurini, che dettagliano i comportamenti da tenere nell’esecuzione dei vari servizi affidati». L’esperienza maturata e la credibilità di cui gode il gruppo all’interno del mercato, hanno permesso a Mondialpol di superare in maniera brillante anche la fase più acuta della crisi, come dimostrato dai dati relativi all’ultimo biennio di attività: «Abbiamo raggiunto risultati di assoluto riguardo, anche in termini di fatturato, che per il 2011 si dovrebbe attestare intorno ai 150 milioni di euro. Come accennato in precedenza – conclude Mura -, durante quest’ultimo anno abbiamo sostenuto considerevoli investimenti per adeguare ai nostri standard operativi le società recentemente acquisite. Siamo però conviti che questo ci permetterà di rafforzare ulteriormente la nostra posizione di leadership anche nel prossimo futuro, per continuare a mettere il nostro knowhow e la nostra serietà a disposizione di società commerciali, industrie, banche e privati cittadini, per garantire loro livelli di sicurezza sempre maggiori». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 207




GESTIONE DEI RIFIUTI

Dal Comune un piano per ridurre i rifiuti Abbattere del 10% la produzione di rifiuti entro il 2013. È la proposta, e insieme l’auspicio, dell’assessore all’Ambiente del Comune di Milano. Come? Chiedendo una mano e più senso di responsabilità ai milanesi. «In città c’è una produzione impressionante di rifiuti, i cittadini ci aiutino» Luca Donigaglia

econdo il rapporto “L’Italia del Riciclo 2011” promosso da Fise Unire (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel 2010 sono stati sottratti alla discarica quasi 34 milioni di tonnellate di rifiuti, un più 40% rispetto al 2009. L’inversione di tendenza registrata lo scorso anno è caratterizzata da una positività su quasi tutti gli indici dei sei principali flussi di recupero: rottami ferrosi (+67,9%), alluminio (+18%), carta (+9,3%), legno (+15,4%), vetro (+7,5%). L’unico comparto che ha registrato una riduzione è la plastica (-0,7%). A livello locale, per l'assessore Pierfrancesco Maran, ridurre e riciclare meglio i rifiuti farà di Milano una città con meno rifiuti e più solidale. Ciò sarà possibile attraverso azioni virtuose per imparare e dare il buon esempio in

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Pierfrancesco Maran, Assessore alla Mobilità, Ambiente, Arredo urbano, Verde

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alcune aree strategiche: riduzione dei rifiuti cartacei, riduzione di quelli da cibo, riutilizzo e riduzione degli scarti dovuti all’eccesso di imballaggi. La linea nazionale ed europea sui rifiuti prevede, ancor prima che la raccolta differenziata e le azioni di riciclo e riuso, una minore produzione


Pierfrancesco Maran

Bisogna riciclare più rifiuti ma anche produrne di meno, cosa che si può fare anche, magari, sensibilizzando i nostri concittadini

di spazzatura. Anche a Milano esiste il problema di un’eccessiva quota di rifiuti pro-capite, anche di più che in altre metropoli analoghe. Come amministrazione comunale che linee guida vi siete dati e vi darete per spingere tutti, cittadini e imprese, a comportamenti più virtuosi da questo punto di vista? «Vogliamo per Milano un vero e proprio piano di riduzione dei rifiuti. Ogni anno Amsa, l’azienda che gestisce il servizio rifiuti, raccoglie nella nostra città 711mila tonnellate di immondizia, mezza tonnellata per

ogni cittadino residente. È un dato impressionante che dobbiamo tutti contribuire a ridurre. L’obiettivo è abbattere del 10% la produzione di rifiuti entro il 2013. Per questo chiediamo ai cittadini di darci una mano e di condividere con noi proposte e buone pratiche per una città più solidale e con meno rifiuti». A Milano, recentemente, è stato organizzato da Eco dalle Città un convegno ad hoc, in occasione della Settimana europea della riduzione dei rifiuti, dove sono state presentate alcune buone

prassi. Da dove si può partire per promuovere comportamenti virtuosi? «Intanto stiamo partendo dalla raccolta dell’umido. Amsa sta elaborando un progetto che ci permette di ritornare a fare finalmente la raccolta dell’umido. I dati della differenziata a Milano sono bassi, quindi una svolta è necessaria. Poi c’è il grande tema della riduzione complessiva dei rifiuti: bisogna riciclarne di più ma anche produrne di meno, cosa che si può fare anche, magari, sensibilizzando i nostri concittadini». Uno dei temi in ballo resta

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 211


GESTIONE DEI RIFIUTI

Valorizzare gli scarti E all’Urban Center si scatena il workshop “alternativo” sui rifiuti: nel mirino gli sprechi di cibo e gli imballaggi Come evitare che tonnellate di cibo, in prevalenza ancora perfettamente commestibile, finiscano nei bidoni? Come diffondere i supermercati in rete col Banco alimentare o con altre associazioni per recuperare il cibo in scadenza e utilizzarlo per le mense dei poveri? Come regalare una seconda vita agli abiti, agli elettrodomestici, ai personal computer, ai mobili e ai giocattoli che rischiano di essere buttati solo perché ai proprietari non piacciono più e, dunque, si sono trasformati di colpo in uno scarto di lusso? Sono solo alcuni dei “dilemmi” toccati nell’ambito del workshop organizzato lo scorso novembre a Milano da Eco dalle Città, all’Urban Center di Galleria Vittorio Emanuele, in occasione della Settimana europea della riduzione dei rifiuti. Tra le tante proposte, la proiezione del documentario “Taste the waste” (“Assaggia i rifiuti”) di Valentin Thurn, regista tedesco impegnato da anni sui temi eco, ma anche i risultati di un’inchiesta ad hoc sulle possibilità di ridurre i rifiuti in una Milano dove ogni anno si producono 711mila tonnellate di immondizia, mezza tonnellata

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per ogni cittadino residente. Tra gli ospiti intervenuti, oltre ad addetti ai lavori di primo piano come la presidente di Amsa, Sonia Cantoni, e l’assessore della Giunta Pisapia a Mobilità, arredo urbano e verde, Pierfrancesco Maran, ha detto la sua anche Elena Jachia, direttrice dell’area Ambiente della Fondazione Cariplo. «Il tema dei rifiuti e della riduzione dei rifiuti – ha ribadito Jachia – deve tornare al centro delle politiche ambientali della città, è giunto il momento del fare». Particolare enfasi al convegno all’Urban Center è stata data alla questione degli imballaggi dei prodotti, considerate vere e proprie “gabbie” di spazzatura extra. «La merce sfusa? Al momento – ha osservato ancora la direttrice dell’area Ambiente della Fondazione Cariplo – è difficile trovarla, il ricorso ai gruppi di acquisto può facilitare il reperimento di prodotti in imballaggi più grossi ma non necessariamente privi di imballaggi. Dovrebbe essere una pratica diffusa in ogni supermercato, in modo da essere alla portata di tutti i consumatori».

quello degli imballaggi dei prodotti. Un cittadino milanese che voglia acquistare prodotti non imballati dove e come può farlo? «Per adesso le opportunità sono oggettivamente poche e chi lo vuole fare incontra molte difficoltà. Io credo che sia interesse dei cittadini ma anche delle aziende andare verso sistemi di questo tipo, che sono anche evidentemente meno costosi. Io credo di poterci arrivare nel corso degli anni: serve la consapevolezza dei consumatori ma serve soprattutto un’attenzione delle imprese, perché comunque nella riduzione della capacità di acquisto che ognuno di noi accusa in questo periodo ci devono anche essere delle possibilità di avere le stesse cose a un prezzo inferiore». In questo senso ci sono già accordi di qualche tipo con la grande distribuzione organizzata? «Si possono sviluppare. Io credo sia importante che il Comune cerchi di ricoprire un ruolo di regia, conscio che queste cose funzionano se non sono imposte dall’amministrazione comunale ma se si creano davvero un’attenzione e una sensibilità da parte di cittadini e imprese. Altrimenti finisce poi come spesso accade: si fanno dei protocolli che vengono disattesi dalla pratica quotidiana».


Sonia Cantoni

A Milano è lotta all’umido Una città virtuosa sotto il profilo della raccolta differenziata, ma che produce ancora troppi rifiuti. Per questo a Milano l’imperativo è produrre meno, come conferma Sonia Cantoni, presidente di Amsa, l’azienda che si occupa della raccolta in città. «Come tagliare i rifiuti? Agire sull’umido» Luca Donigaglia

l porta a porta nel capoluogo lombardo è ormai una realtà da anni ma secondo l’Istat nel 2010 a Milano è aumenta la produzione di rifiuti ed è diminuita la raccolta differenziata. Stando ai numeri, la produzione di rifiuti sarebbe stata di 539,8 kg per abitante nel 2009 e 543,4 kg abitante nel 2010. Mentre per quanto riguarda la raccolta differenziata, sempre secondo i dati Istat, la percentuale sarebbe scesa dell’1,2%: dal 37,1 del 2009 al 35,9% nel 2010. Una tendenza, quella sulla produzione, confermata anche dall’azienda milanese che gestisce i servizi ambientali e dalla Camera di Commercio meneghina. L’Amsa però, riguardo alla raccolta differenziata, presenta altri numeri: nel 2009 sono state differenziate 237.164 tonnellate, pari al 33,3% del totale dei rifiuti mentre, nel 2010, le tonnel-

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late di differenziata sono state 240.413, pari al 33,8% della raccolta totale. Ma, al di là delle cifre, si vede l’esigenza di diminuire la produzione di spazzatura. Su questo punto, sia il Comune che l’Amsa, sono concordi nel coinvolgere maggiormente i milanesi. L’obiettivo, per il presidente dell’Amsa, Sonia Cantoni, è raggiungere il 50% di differenziata entro la fine del prossimo anno. Per raggiungerlo le strade sono due: potenziare il servizio Amsa e incrementare la quantità di rifiuti “valorizzati”, carta e cartone su tutti. Ogni anno l’Amsa raccoglie a Milano circa 711mila tonnellate di rifiuti, mezza tonnellata per ogni cittadino residente. L’assessore all’Ambiente del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, lo definisce “un dato impressionante che dobbiamo tutti contribuire a ri-

durre”, ponendosi l’obiettivo di abbattere del 10% la produzione di rifiuti in città entro il 2013. Come si sta muovendo Amsa per cercare di invertire il trend attuale? «La quota significativa dei rifiuti a Milano è costituita dalla frazione umida, noi la stiamo già raccogliendo presso le grandi utenze e abbiamo in progetto la vera e propria raccolta differenziata della frazione umida domestica. Questo renderà sicuramente il Comune di Milano e i suoi cittadini più virtuosi di quanto non siano stati finora. Come al solito, è sempre meglio prevenire un problema piuttosto che mitigarlo o cercare di ripararlo a valle. Quindi, occorre lavorare sulla LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 213


GESTIONE DEI RIFIUTI

Occorre lavorare sulla frazione umida presente nei rifiuti, questo aspetto secondo noi è strategico

frazione umida presente nei leva su questa capacità per ri- fiuti prodotti, è anche vero rifiuti, questo aspetto secondo noi è strategico». A Milano, recentemente, è stato organizzato da Eco dalle Città un convegno in occasione della Settimana europea della riduzione dei rifiuti, dove sono state presentate alcune buone prassi. Restando sull’umido, si tratterebbe di partire da zero o ci sono esperienze virtuose già avviate in città? «A Milano ci sono dei circuiti già attivi di recupero degli scarti provenienti dalle mense aziendali o dei prodotti invenduti della grande distribuzione. In questi circuiti si lavora, anche grazie all’aiuto di molti volontari, per recuperare materiale e metterlo poi a disposizione di chi non ha cibo, di chi ne ha bisogno. Crediamo sia importante far 214 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

durre a monte un problema». Per contare sul senso di responsabilità dei cittadini è utile dare il buon esempio: Amsa come dà il suo contributo? «L’azienda ha quattro mense per un totale di 2.500 pasti al giorno, anche noi produciamo rifiuti nelle nostre mense. Li abbiamo pesati: si tratta di cinque tonnellate alla settimana, di cui due di rifiuti umidi, quindi scarti alimentari. Anche noi vogliamo lavorare cercando di accordarci con questi circuiti virtuosi, in modo che possano recuperare anche dalle nostre mense questi scarti, questi materiali: materiali che non sono ancora rifiuti e che possono essere preziosissimi per molte persone davvero». Tornando alle cifre sui ri-

che, finora, nel 2011 a Milano si è registrata una flessione del 2% rispetto al 2010. Dunque, la crisi non risparmia neanche la spazzatura. La raccolta differenziata, però, cala solo dell’1%, passando dal 34 al 34,4% della raccolta totale. «I milanesi, se da una parte consumano un po’ meno, differenziano anche un po’ di più. Speriamo che si riprendano i consumi ma che restino i comportamenti virtuosi. Il calo viene confermato dai dati sulla raccolta della carta, diminuita in totale del 4%. Una flessione sia nella carta selettiva, raccolta da uffici e aziende che l’hanno conferita direttamente al mercato senza passare da noi, sia in quella proveniente dalle case, dove si è proprio consumato meno».



GESTIONE DEI RIFIUTI

Una gestione corretta e sostenibile Incentivare la raccolta differenziata è importante, ma non è l'unica strada per una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti. Per Fulvio Roncari, amministratore delegato di Aprica, è necessario diffondere abitudini consapevoli e responsabili, e aumentare gli inceneritori Luca Donigaglia

rodurre meno rifiuti, utilizzare il più a lungo possibile gli oggetti di uso quotidiano e valorizzare i materiali di scarto attraverso la raccolta differenziata, permettendo di reinserirli nei cicli produttivi, sono gesti quotidiani sufficienti per dare il proprio contributo alla riduzione dei rifiuti prodotti e al raggiungimento dell'obiettivo del 65% di raccolta differenziata imposta del decreto legge sui rifiuti del 2006. Nel Bresciano, stando ai dati di Aprica, società che gestisce la raccolta, il traguardo non dovrebbe essere lontano. La provincia ha infatti raggiunto nel 2010 il 57,7% di differenziata. Ma, secondo Fulvio Roncari, ad della società, «questo non è l’unico elemento di virtuosità. Anzi, ne esistono di più importanti: riduzione della produzione dei rifiuti, recupero della materia e recupero energetico». E spinge contemporaneamente sugli inceneritori: «In Italia bisognerebbe realizzarne di più». La raccolta dei rifiuti con i cassonetti a calotta è già stata adottata da alcune amministrazioni comunali del Bresciano con risultati incoraggianti, dato che in pochi mesi

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la raccolta differenziata è quasi raddoppiata. Rispetto al sistema porta a porta, che vantaggi presenta questo tipo di raccolta? Che obiettivi vi ponete in vista delle norme Ue per il 2012? «Quello dei cassonetti a calotta è un metodo che ci piace molto. Nei Comuni dove è stato applicato, Capriano del Colle, Polaveno e Borgosatollo, sono state raggiunte percentuali di raccolta differenziata pari rispettivamente al 68%, al 75% e ancora al 75%: un’eccellenza assoluta. Si tratta di un metodo di raccolta molto efficiente rispetto ai sistemi tradizionali. Proprio l’area di Brescia, fra l’altro, con il gruppo Omb si è mostrata leader nel sistema di carico late-

rale dei cassonetti. I vantaggi rispetto agli altri modelli? Che, a parità di percentuali raccolta differenziata, i sistemi a calotta consentono un risparmio consistente. Raffrontando in modo congruo e prendendo in esame due Comuni di 10mila abitanti ciascuno, ad esempio, ci sono minori costi fino al 30%». Spostandosi a Bergamo, dal 2 dicembre il servizio di raccolta dei rifiuti organici presso le attività commerciali è stato esteso anche al borgo storico della città alta. Quali percentuali di raccolta differenziata potrete raggiungere in provincia di Bergamo per il 2012? «Il servizio di raccolta nella città alta offre un contributo limitato alla raccolta differenziata,


Fulvio Roncari

pari a 200 tonnellate all’anno per uno 0,3%. In ogni caso, si tratta di iniziative fondamentali da un punto di vista di sensibilizzazione collettiva. Inoltre, non dimentichiamo che è molto più semplice progredire da un 10% a un 20% piuttosto che, ad esempio, dal 50% al 55%. In generale, bisogna ricordare che le performance nella raccolta non vanno confrontate tra centri residenziali diversi tra loro, il paragone deve essere sempre omogeneo. Venendo ai numeri, in provincia di Bergamo la raccolta differenziata nel 2009 era al 54%, nel 2010 al 55%. A Bergamo città nel 2010 si era al 51,4%, con una tendenza al 52%». Al momento quali province della regione sono le più virtuose dal punto di vista di raccolta differenziata, riciclo e riuso? Rispetterete in ogni area in cui operate la normativa italiana ed europea che impone il 65% di raccolta differenziata entro il 2012? «Come Aprica operiamo nei territori di Brescia e di Bergamo. Considerando i dati regionali sulla base delle rilevazioni Ispra

2009, la provincia più virtuosa risulta quella di Cremona con il 59,1%, la meno virtuosa è Pavia con il 28,4%. Per quanto riguarda il rispetto delle normative, noi ricordiamo sempre che siamo enti gestori e che i percorsi per giungere agli obiettivi generali li fissano i singoli enti locali. Tra i territori di competenza di Aprica - 700 mila abitanti serviti complessivamente - cito la provincia di Brescia che, avendo raggiunto nel 2010 il 57,7%, dovrebbe considerare i traguardi del 2012 a portata. In ogni caso, noterei che, ancorché la si citi in continuazione come fosse l’unica variabile importante, la raccolta differenziata non è l’unico elemento di virtuosità. Anzi, ne esistono di più importanti: al primo posto collocherei la riduzione della produzione dei rifiuti, per proseguire con il recupero della materia, il recupero energetico. C’è poi il caso dei rifiuti derivanti dallo spazzamento stradale, che costituiscono dal 5 al 10% della totalità dei rifiuti urbani indifferenziati: in questo campo abbiamo un impianto realizzato a Brescia di circa 30.000 tonnel-

late di rifiuto in ingresso all’anno, il secondo impianto realizzato in Italia con tali caratteristiche. Il paradosso è che spesso si raccoglie in strada fino all’ultimo francobollo o all’ultimo stuzzicadente senza valutare le ricadute economiche e ambientali a valle: pensiamo alla carta, che in Italia ormai da duetre anni viene inviata a recupero nelle cartiere cinesi». Al momento gestite nel territorio due impianti di termovalorizzazione, quello di Brescia e quello di Bergamo: quanto questo genere di strutture sono ancora compatibili con la linea nazionale ed europea sulla gestione dei rifiuti? È possibile arrivare nel medio periodo ad una politica postinceneritori? «La linea Ue parla di non produzione e recupero, sostanzialmente. Gli inceneritori moderni consentono di recuperare energia elettrica e calore. Questi impianti sono necessari e indispensabili, se pensiamo che solo il 10% dei rifiuti solidi urbani finisce negli inceneritori. In Italia bisognerebbe realizzarne di più».

Fulvio Roncari, amministratore delegato di Aprica Spa

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GESTIONE DEI RIFIUTI

Una nuova vita per i rifiuti La sostenibilità ambientale dipende anche dalla capacità di recuperare e riutilizzare i rifiuti che, sottoposti ad adeguate lavorazioni, possono diventare una risorsa preziosa. L’analisi del direttore generale di Cem Ambiente, Massimo Pelti Guido Puopolo

na struttura di ultima generazione, che rappresenta un’eccellenza a livello europeo nel campo del trattamento dei rifiuti provenienti dalla pulizia meccanizzata delle sedi stradali. È l’impianto inaugurato nel 2008 all’interno del Centro Multi Materiale di Liscate, in provincia di Milano, da Cem Ambiente Spa, società a totale partecipazione pubblica specializzata nella gestione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti so-

U Alcune immagini dell’impianto gestito da Cem Ambiente, all’interno del Centro Multi Materiale di Liscate (MI) www.cemambiente.it

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lidi urbani. «La sensibilità verso una politica legata al riutilizzo dei rifiuti, rispettosa dell’ambiente e delle normative di settore, è alla base della scelta effettuata da Cem Ambiente, che ha portato alla realizzazione di un impianto in grado di valorizzare una tipologia di rifiuto da sempre destinata in discarica», sostiene il direttore generale del gruppo, Massimo Pelti. «Grazie a una tecnologia innovativa, che prevede un sistema di lavaggio dei rifiuti altamente performante,

siamo oggi in grado di recuperare circa il 60% di ciò che giunge presso l’impianto. Il risultato finale di questa lavorazione è la produzione di materiali quali la sabbia, il ghiaino e il ghiaietto, perfettamente rispondenti ai requisiti comunitari e utilizzabili in campo edile e nella realizzazione di opere civili. A questo proposito – sottolinea Pelti – forniamo all’azienda veronese Stone Italiana, leader nel settore dei marmi composti, la materia “primaseconda” derivante dal tratta-


Massimo Pelti

Dal trattamento delle terre da spazzamento stradale ricaviamo sabbia, ghiaia e ghiaino, utilizzabili in campo edile e nella realizzazione di opere civili

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mento delle terre da spazzamento stradale, che viene poi utilizzata per la produzione di mattonelle composite, conosciute sul mercato con il nome Dna Urbano». Proprio per questa particolare collaborazione, lo scorso 9 novembre Cem Ambiente ha ricevuto, all’interno della Triennale di Milano, il prestigioso riconoscimento Green Awards 2011, nell’ambito della mostra “Madre Natura”, nella categoria “invenzioni”. «L’azienda opera nel pieno rispetto di una precisa politica ambientale, in conformità alla certificazione Uni En Iso 14001, e alla registrazione del Sistema di Gestione Ambientale basato sul Regolamento Emas (regolamento n° 1221/09 CE). Tali riconoscimenti – prosegue Pelti testimoniano l’impegno verso la salvaguardia ambientale e il miglioramento continuo delle performance aziendali, nell’esclusivo interesse degli stakeholders e dei cittadini che usufruiscono dei nostri servizi». Oggi Cem Ambiente, i cui azionisti

sono la provincia di Milano, la provincia di Monza e Brianza, e 49 comuni dell’area Est milanese, opera infatti all’interno di un territorio complesso, che si estende per circa 600 kilometri quadrati e con un bacino di utenza di quasi 450.000 abitanti. «Il nostro – ricorda Pelti - è un servizio completo, che oltre all’attività di raccolta differenziata e di recupero dei materiali, comprende anche l’attività di spazzamento stradale, di gestione delle piattaforme ecologiche e di gestione degli impianti di trattamento dei rifiuti per conto dei comuni soci». Gli sforzi sostenuti da Cem Ambiente in questi anni hanno portato considerevoli benefici per il territorio in questione, con un incremento notevole delle percentuali di raccolta differenziata nei comuni serviti, come evidenzia lo stesso Pelti: «In oltre sedici anni di attività, nonostante le difficoltà insite in un’attività come la nostra, non si sono mai verificate particolari criticità. Dagli ultimi rileva-

menti risulta che per il 2010 la raccolta differenziata ha raggiunto, in media, la considerevole cifra del 70 per cento. Un risultato straordinario, ottenuto anche grazie a un’intensa campagna di sensibilizzazione della popolazione, oggi sempre più attenta al rispetto delle buone pratiche ambientali. Questo però – conclude Pelti - non deve rappresentare, per noi, un punto di arrivo, bensì uno stimolo per cercare di migliorare ulteriormente il servizio offerto, perché siamo convinti che esistano ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto per quel che riguarda la qualità dei materiali raccolti in forma differenziata». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 219


INVESTIMENTI E MERCATI ENERGETICI

Le opportunità della green economy Nei prossimi anni è attesa una riduzione del sostegno statale alle fonti rinnovabili. Per muoversi nel mercato dell’energia elettrica e garantire la redditività degli investimenti sarà basilare un’attenta gestione del rischio. L’analisi di Damiano Balzarini Luca Cavera

l contenimento delle emissioni di gas a effetto serra è riconosciuto in ogni settore industriale ed economico come un indicatore di efficienza, sviluppo tecnologico e sostenibilità ambientale. La produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e la compensazione volontaria (offset) delle emissioni derivanti dalla propria attività sono sempre più diffusi ed efficaci in termini di comunicazione aziendale e riscontro commerciale. «È cresciuta

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L’ingegnere Damiano Balzarini, amministratore unico di Zenergia Spa, Milano www.zenergia.eu

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l’esigenza di un soggetto in grado di offrire alle aziende i servizi richiesti per l’offset delle proprie emissioni e specializzato nel fare da trait d’union fra i titolari delle unità di produzione di energia elettrica e il mercato, per l’ottimizzazione delle strategie di vendita e la corretta gestione del rischio prezzo ». A parlare è l’ingegnere Damiano Balzarini, amministratore unico di Zenergia. Quali sono le attività che oggi impegnano maggiormente un trader del settore energetico? «Siamo specializzati nel trading all’ingrosso di commodity energetiche e certificati ambientali, nell’acquisto (origination) di energia elettrica, e dei relativi certificati, dai produttori italiani che usano sia fonti rinnovabili sia convenzionali. Offriamo servizi di carbon management per i soggetti inseriti nei piani nazionali di allocazione delle quote di emissione di gas a effetto serra, servizi di portfolio management per grandi produttori, consumatori e società di vendita di energia elettrica e gas na-

turale. Inoltre supportiamo aziende ed enti pubblici nelle proprie azioni di marketing ambientale e social responsibility, certificando la compensazione su base volontaria delle emissioni di gas a effetto serra (green economy)». Il mercato energetico richiede sempre più flessibilità. Qual è l’approccio che adottate per garantire gli interessi dei vostri partner? «I requisiti fondamentali per un’azione efficace sono l’indipendenza operativa e la velocità di reazione: ogni attività delegata rappresenta una perdita di opportunità, un rallentamento dell’operatività, un peggioramento dei risultati. Altro aspetto fondamentale per la comprensione dei mercati energetici è l’approccio multicommodity, che consiste nel presidiare i mercati relativi a tutte le commodity energetiche che risultano fortemente correlate. Per questo sviluppiamo una quotidiana attività di trading nei mercati energetici e dei certificati ambientali, rendendo disponibili le nostre competenze


Damiano Balzarini

Un aspetto fondamentale per la comprensione dei mercati energetici è l’approccio multicommodity

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per la gestione dei portfoli di soggetti terzi e svolgendo l’attività di origination in condizioni di assoluta indipendenza, a garanzia della tutela degli interessi dei nostri fornitori». Quale bilancio può trarre dall’attività nell’ultimo biennio? «Al terzo anno dalla costituzione della società, nutriamo grande soddisfazione per i risultati raggiunti da Zenergia. I valori di fatturato e gli indicatori economici di redditività sono risultati in costante e rapida progressione, supportando due aumenti di capitale sociale e la trasformazione della forma giuridica da Srl a Spa. Su questa linea, il fatturato del 2011 supererà i 22 milioni di euro. Inoltre, la nostra capacità fi-

22 mln EURO

nanziaria – requisito fondamentale per operare nei mercati energetici organizzati – è in forte crescita». E quali sono le prospettive e gli investimenti programmati per il 2012, anche sul fronte della green economy? «Su queste basi, sono fiducioso in un ulteriore consolidamento degli indici di crescita azien-

dale nei prossimi anni. Dal punto di vista operativo e commerciale prevediamo un trend positivo per tutti i comparti di interesse e l’incremento progressivo del portfolio dei partner. Nel 2012 inaugureremo una nuova divisione dedicata ai servizi di efficienza energetica e facility management per il settore immobiliare e delle costruzioni. Proseguirà l’azione di consolidamento patrimoniale, lo sviluppo delle attività commerciali e di trading e sarà inaugurata una nuova sede operativa a Milano. Per quanto riguarda la green economy, rafforzeremo la nostra presenza commerciale nel mercato italiano per i servizi di compensazione volontaria delle emissioni di gas a effetto serra, forti delle esperienze maturate a livello internazionale».

Il fatturato registrato nel 2011 da Zenergia Spa, trader del settore energetico

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SOCIETÀ PARTECIPATE

Sea, la priorità è fare cassa Il Comune di Milano ha messo in vendita una parte delle proprie quote di partecipazione nella società di gestione aeroportuale, della quale detiene oltre l’84%. Tra polemiche e un’inchiesta della Procura Leonardo Rossi

are cassa: questa oggi la priorità del Comune di Milano, impegnato ad approvare un bilancio 2012 che consenta di rientrare nei vincoli del Patto di stabilità. Ed è in quest’ottica che la Giunta Pisapia ha deciso la vendita di una parte delle quote di Sea, la società che si occupa della gestione aeroportuale degli scali di Milano Linate e Malpensa: attualmente il Comune detiene l’84,56% delle quote ma, da quando Bruno Tabacci ha preso posto all’assessorato al Bilancio, si è capito che una parte sarebbe presto finita nelle mani dei privati. Già lo scorso mese di giugno Tabacci aveva parlato, scorrendo il bilancio ereditato dalla precedente amministrazione comunale, di un disavanzo di 186 milioni di euro per le spese correnti: un “buco” che, secondo quanto dichiarato, avrebbe reso necessarie misure straordinarie. Per questo lo stesso Tabacci, presentando a fine settembre

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la delibera di salvaguardia in consiglio comunale, aveva precisato che «il bilancio è basato su due entrate straordinarie, quella proveniente dalla vendita di Milano Serravalle e il dividendo straordinario di Sea di 124 milioni» legato alla quotazione in Borsa, due operazioni entrambe avviate dalla Giunta Moratti. «Il venir meno anche di una sola di queste entrate entro il 31 dicembre – proseguì Tabacci – ci pone in aperta rottura del Patto di stabilità e rende impossibile presentare il bilancio 2012», con «l’avvio a carico del prefetto delle procedure commissariali». Salvo poi aggiungere che «difficilmente la quota del 18% della Serravalle, uno degli architrave della politica delle entrate della giunta Moratti, troverà un acquirente. Quei 170 milioni di euro noi non li recupereremo. Non ci sarà nessuno disposto ad acquistare per 170 milioni una quota del 18% che è bloccata, visto che la Provincia di Mi-

lano detiene il controllo assoluto». Dichiarazioni che costarono aspre e veementi critiche all’assessore e che, secondo alcuni, portarono a un esito a quel punto scontato: la gara per la vendita delle quote andò deserta. Contemporaneamente però F2i, il fondo guidato da Vito Gamberale e partecipato dalla Cassa depositi e prestiti e da altre banche e fondazioni di origine bancaria, lanciò una proposta diretta ad acquisire congiuntamente il 18,6% di Milano Serravalle e il 20% di Sea: l’offerta consisteva in una valutazione del 18,6% della Milano Serravalle, pari a 145 milioni di euro, e del 20% di Sea, pari a un multiplo di 8,82 volte l’Ebitda che Sea avrebbe conseguito nel corso del 2012. Di lì a poco il Comune di Milano prepara un nuovo bando di gara per la vendita di quote che, non a caso secondo alcuni, prevede due distinti pacchetti alternativi: uno contenente 74.375.000


La vendita di Sea

azioni di Sea, pari al 29,75% del capitale sociale, e un altro comprendente 33.480.000 azioni di Milano Serravalle Milano Tangenziali, più 50.000.000 azioni di Sea, corrispondenti rispettivamente al 18,6% e al 20% del capitale sociale. L’opposizione parte all’attacco, accusando il sindaco Pisapia e la giunta di scarsa trasparenza, se non addirittura di taciti accordi con il fondo di Gamberale. A dare seguito a queste voci, dopo l’approvazione della delibera di vendita al termine di un consiglio comunale durato 27 ore, è arrivata anche, nelle scorse settimane, la Procura di Milano, che ha aperto

un’inchiesta sulla vicenda: un’inchiesta, va detto, che al momento però non prevede né indagati né ipotesi di reato. Il sindaco Pisapia si è detto invece soddisfatto dell’approvazione: «Significa soprattutto – ha detto – non sforare il Patto di stabilità, continuando a mantenere il 51% del capitale di Sea. E questo significa soprattutto avere le risorse necessarie per il futuro della città e dei milanesi». Se rimarrà il prezzo della base d’offerta, infatti, entreranno subito nelle casse di Palazzo Marino 340 milioni di euro: in questo modo il Comune potrà anche garantire le en-

trate e riprendere i pagamenti dei fornitori che sono stati interrotti e assumere i nuovi dirigenti che sono stati annunciati, ma i cui contratti decorrono dal momento in cui tornano fondi in cassa. Nel frattempo Sea ha convocato un’assemblea per il 29 dicembre, nella quale si provvederà eventualmente a modificare (oltre allo statuto) il cda, in modo da garantire un’adeguata rappresentanza al nuovo acquirente. Oggi però, a tre giorni dal termine di consegna delle offerte e quindi di chiusura del bando, il futuro della società, così come quello del bilancio comunale, restano nebulosi. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 225


SOCIETÀ PARTECIPATE

Troppe parole e poca trasparenza Riccardo De Corato, ex vicesindaco e oggi consigliere comunale del Pdl, critica la giunta sulla gestione della vendita delle quote di Sea e Serravalle: «Credo che sarebbe stato meglio per tutti preparare due bandi di gara distinti» Riccardo Casini ono state necessarie 27 ore di consiglio comunale, lo scorso 15 novembre, per approvare la delibera per l’alienazione da parte del Comune di Milano delle quote azionarie delle partecipate Sea e Milano Serravalle Milano Tangenziali. Il bando definitivo prevede due opzioni di vendita alternative ma con uguale base d’asta fissata a 385 milioni di euro: da una parte la cessione del 20% delle quote di Sea e del 18,6% di Serravalle, dall’altra quella del 29,75% della sola società aeroportuale. Il via libera è stato preceduto da non poche polemiche da parte dell’opposizione, che contesta la decisione e le modalità con le quali vi si è giunti. L’accusa, rivolta in particolare all’assessore al Bilancio Tabacci, è in sintesi quella di scarsa trasparenza, come conferma Riccardo De Corato, oggi consigliere comunale del Pdl ma già vicesindaco nella precedente amministrazione. «L’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Milano – spiega – conferma tutti i nostri dubbi su questa ope-

S Riccardo De Corato, consigliere Pdl del Comune di Milano

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razione, anche se voglio precisare che le segnalazioni che hanno dato il via al procedimento non sono pervenute da parte nostra. Evidentemente però anche la Procura ritiene che potrebbero esserci profili di rilevanza penale». Ma quali sono a vostro avviso gli aspetti maggiormente critici di questo provvedimento? «Era stata la precedente amministrazione a prevedere la quotazione di Sea, così come la vendita delle quote della Milano-Serravalle. Poi però l’assessore Tabacci ha iniziato a dire che questa società non valeva niente e non avrebbe portato nulla alle casse comunali: alla fine il risultato è che non sono pervenute offerte. A quel punto è stato predisposto un secondo bando talmente veloce che nessuno se n’è accorto. Al terzo tentativo, infine, nel pacchetto sono state aggiunte inopinatamente le quote di Sea, al solo scopo di rendere più appetibile un’offerta che loro stessi avevano definito poco o per nulla interessante. Ma in realtà Sea in tutto questo non c’entra nulla». Cosa intende? «Sin dal primo tentativo di vendita della Milano – Serravalle si è registrata l’attenzione del fondo F2i. Finché uno scambio di lettere con il Comune ha rivelato l’esistenza di pre-intese e la co-

mune volontà di arrivare a una soluzione favorevole a Gamberale e soci». Ma quale effetto potrebbe avere tutto ciò sul tentativo di quotazione in borsa di Sea? «Il presidente Bonomi ci ha presentato la situazione dicendo che per la società non vi saranno particolari ripercussioni. Da parte di Sea, insomma, è arrivato un sostanziale via libera. E neppure io credo che vi saranno riflessi. Il problema vero era un altro, e se la Provincia di Milano e il presidente Podestà non si fossero resi disponibili a modificare lo statuto della Serravalle attribuendo un membro del cda ai privati, anche la vendita abbinata a Sea sarebbe servita a poco». L’amministrazione comunale ha motivato la necessità di vendere con le condizioni del bilancio. Si potevano trovare altre strade per evitare lo sforamento del Patto di stabilità? Quali sono le responsabilità da parte della precedente amministrazione, della quale faceva parte? «Credo che l’errore sia stato soprattutto parlare male della Serravalle, i problemi nascono da lì. A quel punto si è reso necessario inserire Sea nel pacchetto, ma credo che sarebbe stato meglio per tutti preparare due bandi di gara distinti».



LOGISTICA

Dalla logistica un impulso L alla crescita Un comparto strategico per lo sviluppo di ogni Paese, le società di logistica fronteggiano la crisi puntando su nuove rotte commerciali e sull’integrazione dei servizi offerti. Riccardo Fuochi illustra problematiche e prospettive del settore Guido Puopolo

Nella foto in alto Riccardo Fuochi, amministratore di Logwin Air + Ocean Italy Srl www.logwin-logistics.com

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a logistica, intesa in senso lato, è una delle attività più importanti per la nostra economia, tanto che, secondo recenti stime di Confetra, ha un’incidenza pari al 7% del Pil. La crisi globale, però, ha avuto un forte impatto sul mondo dei trasporti, influenzando inevitabilmente anche il settore della logistica: «Una drastica riduzione del flusso delle merci, la diminuzione dei noli, e profitti che spesso non permettono di coprire i costi di produzione sono solo alcuni dei problemi che le aziende operanti in questo campo si trovano a fronteggiare», spiega Riccardo Fuochi, amministratore di Logwin Air + Ocean Italy Srl, società di Milano facente parte del gruppo

Logwin International, specializzata nella fornitura di servizi logistici rivolti prevalentemente al mercato della moda. Come ha reagito Logwin Italy a questa situazione? «Da parte nostra ci siamo attrezzati per affrontare questa situazione attraverso scelte oculate e attente politiche gestionali, come l’estinzione anticipata delle obbligazioni societarie e l’eliminazione di costi dovuti a operazioni commerciali discontinue. Grazie a ciò l’andamento del segmento “Air+ Ocean” è stato molto positivo, generando sales per oltre un milione di euro nei primi nove mesi dell’anno. Considerato l’andamento stagionale, si prevede una riduzione dei volumi nell’ultimo quarto dell’anno, che non dovrebbe comunque compromettere i risultati fin qui raggiunti». Logwin fa parte di un network di livello mondiale, presente in oltre 40 Paesi che dà lavoro a quasi 6000 addetti. Quali sono attualmente le aree di maggior interesse per il vostro business?


Riccardo Fuochi

«Le nostre rotte commerciali ruotano intorno ai principali hub del Far East. Negli ultimi anni sono andati crescendo anche gli scambi verso paesi vicini, quali Turchia e Medio Oriente, per quanto gli scenari di geopolitica abbiano creato forti mareggiate. Per quel che riguarda l’Italia spiace constatare la perdita di competitività del nostro sistema portuale. Penso ad esempio al porto di Gioia Tauro, che potrebbe essere un punto di ingresso strategico per il traffico dalla Cina ma che, a causa di una burocrazia opprimente e di costi molto elevati, ha visto ridurre considerevolmente la sua importanza. Altro elemento negativo per il sistema logistico nazionale è la mancanza di un’ampia offerta di voli diretti dall’Italia: tanta merce che ora valica le Alpi per imbarcarsi su aerei che partono da Bruxelles, Francoforte, Amsterdam e Parigi, potrebbe imbarcarsi su aerei che decollano da aeroporti italiani». Logwin è in grado di offrire un servizio completo adatto a soddisfare i bisogni di innu-

Recentemente abbiamo preso parte alla manifestazione fieristica Marintec di Shanghai, e siamo stati partner della Settimana Internazionale della Moda in Malaysia

merevoli ambiti industriali. Quale vantaggio competitivo è in grado di garantirvi questa diversificazione? «Logwin cerca da sempre di offrire soluzioni personalizzate alle esigenze integrate dei committenti, ampliando le proprie competenze attorno ad alcuni settori quali la ship parts logistic, vale a dire le forniture a bordo nave, e il project logistic, attraverso la fornitura di trasporti eccezionali e impianti. Oltre a garantire servizi da e verso Hong Kong, Shanghai, Singapore, New York e Santos, il gruppo è specializzata anche in destinazioni di nicchia, tra le quali Mombasa. Recentemente inoltre, abbiamo preso parte alla manifestazione fieristica Marintec di Shanghai, e siamo stati partner della Settimana Internazionale della Moda in Malaysia». Quali sono oggi le criticità maggiori che oggi è costretto ad affrontare un’azienda ita-

~

liana operante nel settore della logistica internazionale? «In Italia problemi endemici penalizzano il settore logistico, e in particolare le Pmi. Fra questi, ad esempio, le attuali regole doganali, che di fatto mettono gli operatori in una posizione di estrema difficoltà rispetto ai colleghi stranieri, e lo strapotere delle amministrazioni locali, che spesso finiscono per bloccare anche grandi opere di valenza nazionale. È inoltre indispensabile attuare una seria politica di potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, per favorire quella conversione modale che i paesi confinanti hanno già impostato. Su questi temi ci piacerebbe instaurare un dialogo costruttivo con il ministero dell'Economia e l'Agenzia delle Dogane, affinché le categorie interessate possano far sentire la loro voce su temi che hanno un impatto decisivo sull'attività delle aziende che rappresentano».

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 229


MERCATO IMMOBILIARE XXQSQQDCQ

La casa è un buon investimento Tiene il residenziale, ma per dare una scossa all’intero mercato, creare occupazione e non far chiudere le aziende servirebbero, secondo Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil, incentivi, specie di natura fiscale Renata Gualtieri

opo quattro trimestri consecutivi di flessione, nel III trimestre 2011 il mercato immobiliare italiano, secondo i dati della Nota trimestrale dell’Agenzia del Territorio, torna a mostrare un segno positivo. Il tasso tendenziale annuo del volume di compravendite per l’intero settore immobiliare risulta, infatti, pari a +1,6%. L’aumento del mercato residenziale riscontrato a livello nazionale si evidenzia, con maggiore intensità,

D Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil Ance

232 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

anche nelle otto più grandi città italiane per popolazione. A fronte del rialzo, +1,4%, del mercato nazionale delle abitazioni, le grandi città mostrano, infatti, una variazione positiva del +2,7%. Tra le grandi città, gli aumenti maggiori si registrano in questo trimestre a Firenze e a Palermo +16% circa. Più contenuti, sebbene comunque più elevati del dato nazionale, gli incrementi a Milano, +3%, Genova, +2,1% e Napoli, +2%. Torino e Roma segnano rispettivamente un

rialzo del +1% e del +0,8%. Per contro l’unica grande città in perdita in questo trimestre è Bologna che, accentuando il calo registrato lo scorso trimestre, subisce un calo del -4,2%. Nei comuni della provincia delle principali città il mercato delle abitazioni presenta nel III trimestre del 2011 risultati diversi. Accentuati appaiono i segni di rialzo nei comuni delle province di Palermo, +8,3%, Bologna e Genova, intorno a +5%. Aumenti, sebbene più contenuti, si hanno anche nelle province di Roma e Milano, che mostrano tassi positivi del +2,1% e +3,8% rispettivamente. In leggero calo, risultano i mercati dei comuni non capoluoghi di Napoli, -0,9% e Torino, -0,5% mentre stabile è in questo trimestre il resto della provincia di Firenze. Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil, commenta questi dati e spiega perché l’edilizia e il mercato immobiliare soffrono più di altri comparti e da dove occorre partire per la ripresa. Ha parlato di una rivoluzione, con Milano e hinterland protagonisti, «perché nei cantieri le cose oggi pro-


Cqwcqwc Carlo De Albertis wdvwr

Se nel 2006 si costruivano in Italia 370.000 nuovi appartamenti, nel 2010 sono stati 160.000

prio non vanno». Quali i dati che la preoccupano di più? «C’è molta differenza tra Milano città e l’hinterland in questo momento. In città credo che ci siano dei programmi un po’ impantanati, ma questo il più delle volte è dettato dalla rigidità delle funzioni pretese dai piani urbanistici. In particolare, i problemi fondamentali sono legati alle destinazioni uffici e laboratori artigianali perché in questo momento il mercato immobiliare di queste funzioni è fermo, mentre il mercato residenziale in città ancora tiene. Nell’hinterland vi è un problema loca-

lizzativo, cioè se gli interventi sono localizzati, come dovrebbero, sulle grandi linee di trasporto pubblico gli interventi hanno fortuna. I tempi di vendita degli alloggi poi si sono dilatati: fino al 2006 la media era di circa 1 mese, sia a Milano che fuori, oggi è di circa 6. Uno dei nodi fondamentali rimane l’accesso al credito. Vista la mancanza di liquidità, in questo momento le banche non concedono mutui e le operazioni che non avevano già chiuso un finanziamento in essere si trovano impantanate. I contenziosi di molti proprietari immobiliari

con le banche sono inoltre cresciuti, per cui c’è anche una certa diffidenza». L’aumento del mercato residenziale riscontrato a livello nazionale nel III trimestre 2011 dall’Agenzia del territorio, si evidenzia, con maggiore intensità, anche nelle otto più grandi città italiane per popolazione, tra cui Milano con un +3%. Per gli imprenditori del settore questi sono dati incoraggianti, o si è ancora lontani dalla ripresa? «Non si può parlare di completa ripresa, anche e soprattutto per le condizioni dei mercati finan- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 233


MERCATO IMMOBILIARE XXQSQQDCQ

Compravendite di immobili nel III trimestre 2011 CITTÀ

I trim

II trim

III trim

Var % I trim

Var % II trim

Var % III trim

Roma

7.663

8.936

7.427

1,3%

-7,3%

0,8%

Milano

4.248

5.607

4.087

-0,9%

2,9%

3,0%

Torino

2.808

3.317

2.412

8,7%

1,5%

1,0%

Genova

1.621

1.955

1.538

5,2%

2,7%

2,1%

Napoli

1.612

1.790

1.313

-1,5%

-7,5%

2,0%

Palermo

1.380

1.427

1.159

2,4%

-8,5%

16,0%

Bologna

1.104

1.324

1.012

5,7%

-1,2%

-4,2%

Firenze

1.061

1.280

1.002

-0,6%

0,9%

16,4%

21.498

25.636

19.949

2,0%

-2,8%

2,7%

TOT.

fonte Agenzia del Territorio

Fino al 2006 il tempo medio di vendita degli alloggi era di circa 1 mese, oggi di circa 6

ziari, ma sono dati confortanti denziale tenga, ma se nel 2006 perché testimoniano che la gente crede nel mattone. L’aleatorietà dei mercati mobiliari e anche la Borsa spingono la gente verso l’investimento nell’immobiliare, perché il mattone è sempre un bene sicuro. Questo fa sì che il mercato resi234 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

si costruivano in Italia 370.000 nuovi appartamenti, nel 2010 ne sono stati costruiti 160.000». Sono 1.150 le imprese scomparse nel 2010, anno nel quale l’occupazione nel settore ha perso l’8% dei suoi lavoratori e ha visto gli

investimenti cadere a picco. Quali le sue previsioni per il futuro e come è possibile dare una scossa agli imprenditori? «Le mie previsioni non sono molto rosee. Non si è ancora capito che questo settore, che rappresenta direttamente l’8% del Pil, percentuale che sale al 17% se si considera l’indotto, è fondamentale e ha sempre avuto una funzione anticiclica. In realtà la politica gli fa assumere una funzione pro-ciclica, il che è assurdo perché se si vuole dare una spinta all’occupazione si deve spingere sull’edilizia; invece gli investimenti nelle opere pubbliche languono e noi oggi rischiamo di avere nel 2012 investimenti nelle infrastrutture pari all’1,8% del Pil, contro una media europea del 2,9%. D’altra parte vediamo che in Francia nei primi 10 mesi di quest’anno il mercato è salito del 16% grazie a incentivi sulle locazioni e sulle energie rinnovabili. Questo dovrebbe far capire che per dare una scossa al mercato, creare occupazione ed evitare che le aziende chiudano anche in Italia servirebbero incentivi, soprattutto di natura fiscale».



MERCATO IMMOBILIARE

Comunicazione mirata e accattivante «L’unica azione che conta è parlare il linguaggio delle persone a cui si intende comunicare». Simone Bianchi, amministratore unico di AdvMilano, aiuta a comprendere le esigenze comunicative del settore immobiliare Renata Gualtieri

gni settore del campo immobiliare, e nello specifico l’immobiliare per l’impresa e immobiliare residenziale, ha particolari esigenze di linguaggio e di comunicazione. Nel campo degli immobili per l’impresa la domanda è quantitativamente più esigua, ma qualitativamente più elevata. Un imprenditore in cerca di un immobile è sempre estremamente motivato a concludere la trattativa, e dall’operatore immobiliare si attende non solo un ventaglio di offerte, ma anche soluzioni collegate all’offerta, in altre parole, consulenza. «A parità di metratura – precisa l’amministratore unico dell’Agenzia di marketing

O

e comunicazione AdvMilano, Simone Bianchi – lo stesso immobile “non è lo stesso immobile” per un’azienda di prodotti rispetto a un’azienda di servizi. Proprio qui si misura il valore della consulenza, che non consiste nel presentare un generico ventaglio di offerte, ma nel selezionare solo quelle che hanno il valore aggiunto della soluzione». In questi casi, le esigenze sono molto elevate, l’imprenditore è sempre consigliato dai propri tecnici e ingegneri e la comunicazione deve essere altrettanto specifica. Nel settore residenziale, invece, la domanda è più abbondante ma meno qualificata, i potenziali acquirenti non hanno per forza un’esigenza ma possono essere mossi all’esplorazione del mercato anche da mera curiosità. «Le esigenze in questo caso sono più standardizzate e la comunicazione richiede un linguaggio decisamente più semplice». Quali le esigenze di comunicazione che arrivano dal settore immobiliare oggi? «Le esigenze sono piuttosto simili a quelle di

qualunque altro settore, sono le difficoltà a fare la differenza. Il mercato immobiliare sconta una tradizionale e generale arretratezza nella comunicazione, che si avverte in modo ancora più evidente quando ci si avvicina ai nuovi strumenti messi a disposizione da Internet. La rete impone logiche, linguaggi e soluzioni molto impegnative da adottare, specie in un settore abituato a una comunicazione di tipo fondamentalmente “vecchio”. Chi opera da imprenditore nel settore immobiliare deve comprendere che l’utente della rete si aspetta tantissimo in termini d’informazione: dati, immagini, contatti, accesso multi-dispositivo. È questo lo standard a cui lo ha abituato la rete: è così per tutti gli altri prodotti e servizi e occorre che sia così anche nei prodotti e servizi immobiliari». Quali gli strumenti di comunicazione che vengono più utilizzati da AdvMilano per il mondo immobiliare? «Sicuramente la frontiera più interessante è quella di Internet: la rete permette non solo


Simone Bianchi

Un mercato in riflessione La presidente di Fimaa Milano, Lionella Maggi, spiega i cambiamenti del mercato immobiliare milanese

«La casa è una componente essenziale della famiglia, un elemento cardine per la stabilità della famiglia e delle imprese. Ed è ancora oggi la miglior forma d’investimento». Serve solo un’iniezione di fiducia, e il mercato tornerà dinamico, secondo Lionella Maggi, presidente Fimaa Milano.

E il futuro? Quando il mercato tornerà dinamico?

Riferendosi al mercato immobiliare ha parlato non di flessione ma di ri-flessione, perché?

Un mediatore immobiliare su cinque, nel capoluogo milanese, vede emergere tra i suoi clienti la richiesta di una casa ecologica, anche con l’introduzione di esperti ambientali o bio-architetti nelle trattative e nei lavori. La qualità dunque sarà sempre di più il fattore decisivo per l’acquisto della casa?

«Riflessione perché i clienti-investitori “riflettono”, è ormai finito l’acquisto immobiliare a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, i clienti sono informati ed esigenti, hanno molta scelta e quindi impiegano più tempo per decidere». A Milano in particolare cosa sta accadendo?

«Gli acquirenti sono frastornati da tutte le informazioni che ricevono, il problema dell’acceso al credito è molto sentito, specialmente per le giovani coppie e per gli extracomunitari. I tempi delle vendite si sono allungati parecchio».

di veicolare una straordinaria quantità di informazioni, ma anche di intercettare utenti motivati a riceverle, che è il massimo dell’efficienza comunicativa. AdvMilano per esempio usa alcuni nuovi strumenti disponibili sui social network, tra cui Facebook Ads, che permettono di comunicare solo a utenti con un preciso profilo socio-economico e localizzati in prossimità dell’offerta immobiliare. In questo modo la comunicazione è più mirata, più economica (perché il suo costo è proporzionale al numero di clic sull’annuncio), e più efficacemente misurabile, per esempio per numero di utenti, pagine visitate, tempo di navigazione. Tuttavia Internet non è l’unico canale di co-

municazione, ma solo una componente - per quanto importante - di un più ampio mix di media, da “dosare” in relazione alle caratteristiche del progetto immobiliare. I tradizionali strumenti di advertising e comunicazione possono servire a intercettare un bacino iniziale più ampio, di cui la parte più interessata migrerà verso internet per ottenere maggiori informazioni». AdvMilano con quali azioni fa da “ponte” tra il linguaggio delle società immobiliari e i target cui si rivolgono? «L’unica azione che conta è parlare il linguaggio delle persone a cui si intende comunicare. I nostri autori sono copywriter esperti con ottimo

«Il mercato esiste, anche se a regime ridotto. Speriamo in una ripresa generale dell’economia, potremmo avere un mercato più dinamico quando avremo stabilità e certezza degli scenari politico-fiscali».

«La qualità è sempre premiante, specialmente nel mercato odierno in cui ci sono molte possibilità di scelta». Qual è la tipologia abitativa che riscuote maggiore interesse in questo momento?

«Al momento la maggior richiesta è per il piccolo trilocale al piano intermedio con balcone che va dai 70 ai 90 metri quadrati con cucina a vista, 2 camere e 1 o 2 bagni».

livello di cultura generale, per cui comprendono senza difficoltà il linguaggio tecnico immobiliare. Al momento di scrivere operano una distinzione: se l’offerta è aziendale impiegheranno con proprietà lo stesso linguaggio tecnico, magari con qualche miglioria estetica e stilistica; in caso di offerta residenziale, quindi per un pubblico profano ed eterogeneo, impiegheranno un linguaggio altrettanto preciso ma più semplice, evitando quei tecnicismi che anche loro, da “non addetti ai lavori”, riconoscono come incomprensibili e che renderebbero inefficace una comunicazione che deve invece essere il più possibile piacevole e accattivante».

In apertura, Simone Bianchi, amministratore unico AdvMilano

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 237


EDILIZIA

La bioarchitettura tra limiti e opportunità La bioedilizia è sempre più spesso confusa con l’efficienza energetica, fraintendimento che porta a credere nelle enormi potenzialità di diffusione della prima, quando invece continua a rimanere un settore di nicchia. Ne parliamo con Fulvio Rivolta Emanuela Caruso

el mondo dell’edilizia, sta diventando sempre più spiccata la tendenza italiana a conservare gli edifici già costruiti e a realizzarne di nuovi in aree ancora “incontaminate”. A prima vista, questo trend sembrerebbe del tutto normale, se non fosse però che rappresenta l’esatto opposto di quanto succede ne-

N

Lo studio dell’architetto Fulvio Rivolta ha sede a Lonate Pozzolo (VA) info@proget-srl.com

238 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

gli altri stati del mondo, dove le abitazioni vengono considerate beni altamente commerciali e quindi vendute, ristrutturate o abbattute per riutilizzarne l’area, e che contrasta con la scarsa disponibilità di spazio che il nostro territorio nazionale può offrirci. Proprio a fronte di questa situazione, molti studi architettonici si stanno specializzando nel recu-

pero degli edifici e delle aree edificabili già esistenti. Tra questi anche lo Studio Rivolta di Lonate Pozzolo, in provincia di Varese. «Nell’ultimo periodo – spiega l’architetto Fulvio Rivolta, titolare dell’attività – ci siamo impegnati nel recupero di un’ex area industriale, dove verrà inserito un complesso residenziale con alla base esercizi commerciali e attività di servizio, e nel recupero del territorio di un’ulteriore zona edificata, per cui sono previsti la demolizione del fabbricato preesistente, il solo utilizzo dell’area edificabile e la realizzazione di un nuovo edificio». Per quest’ultimo progetto, lo Studio Rivolta ha anche sviluppato un piano di costruzione volto all’impiego di fonti energetiche di tipo totalmente rinnovabile. «Il committente di tale specifico edificio ha richiesto la totale indipendenza da fonti di energia fossile, ragion per cui abbiamo dovuto ingegnarci e progettare qualcosa di innovativo ed ecosostenibile al cento per cento. Siamo partiti dall’analisi di alcuni interventi


Fulvio Rivolta

passati finalizzati all’efficienza energetica dell’involucro, vale a dire orientati verso la costruzione di strutture, pareti e coperture che fossero in grado, attraverso idonei materiali, di impiegare energie tradizionali con una maggiore efficacia ed efficienza energetica. Quindi prendendo spunto da quei progetti che avevano previsto la realizzazione di edifici fabbricati con metodi tradizionali e con strutture in cemento armato, provviste però di tamponamenti opachi in muratura, isolanti a cappotto e riscaldamenti a pavimento, abbiamo sviluppato un nuovo progetto che comprendesse anche l’impiego di pannelli fotovoltaici e correttori solari per la produzione di acqua calda. Così facendo, non solo abbiamo ottemperato all’obiettivo disposto dalle leggi vigenti di provvedere con le energie rinnovabili al 50% del fabbisogno di un edificio, ma abbiamo anche agito in modo da creare un totale supporto alle varie funzioni dell’edificio, dal funzionamento dei piani di induzione delle cucine al riciclo di acqua calda per uso domestico e sanitario, fino al riscaldamento elettrico attuato da serpentine poste nel pavimento». Nonostante tra le tante attività di progettazione architettonica lo Studio Rivolta si occupi, appunto, anche di bioedilizia, lo

L’efficienza energetica è ottenibile attraverso l’uso di materiali innovativi, di riciclo o biologici; la bioedilizia è ottenibile invece con l’impiego di materiali esclusivamente naturali

staff di architetti che lo compone è però ancora scettico nei confronti della diffusione di questo modo di pensare, vedere, gestire e realizzare l’edilizia. «Sempre più spesso, oggi, continua l’architetto Rivolta – si è portati a credere che la bioarchitettura raggiungerà livelli di apprezzamento e diffusione molto elevati e non resterà un mercato di nicchia perché la si confonde con l’efficienza energetica. Ma l’efficienza energetica e la bioedilizia sono due componenti del settore edile ben diversi. La prima impone di costruire edifici con materiali di origine biologica o di riciclo capaci di garantire un certo fabbisogno dello stabile e il raggiungimento di un determinato parametro deciso a monte della progettazione; la bioarchitettura, invece, richiede

l’utilizzo di materiali solo e del tutto naturali in grado di assicurare standard energetici prestabiliti. Lo sviluppo di un edificio interamente costruito in questo modo, però, è limitato da due aspetti essenziali, il primo riguarda la scarsa capacità del territorio e della manodopera di riuscire a realizzare un fabbricato fatto soltanto di materiali naturali, il secondo riguarda più nello specifico la durabilità di tali materiali. La bioedilizia necessita, infatti, di manutenzioni straordinarie e di grandi proporzioni circa ogni vent’anni, ma purtroppo in Italia la cultura della manutenzione non è né così puntuale né così efficiente. In definitiva, se è possibile raggiungere l’efficienza energetica, lo stesso non vale per la diffusione della bioarchitettura».

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LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 239


Il mattone è ancora un investimento sicuro A dispetto degli ultimi dati Istat sulla crisi del mattone, gli operatori del comparto edile non demordono. Per non soccombere, diversificazione, project management e strategie commerciali a favore della committenza sono le carte giocate da Filippo Lo Monaco e Davide Bisconti della Nuova Edil Costruzioni Giulio Conti

242 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

ono gli ultimi dati Istat del secondo trimestre 2011 che certificano la crisi del mattone. Le compravendite immobiliari sono calate del 3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e le stipule dei mutui sono crollate, scendendo dell’8,1% su base annua. «La crisi economica e la restrizione del credito degli istituti bancari hanno ridotto le disponibilità ad accedere all’acquisto della casa soprattutto da parte del ceto medio e giovane. Ciononostante, la percezione del valore del “bene casa” è rimasta immutata perché continua a rappresentare l’investimento più sicuro e preferibile a lungo termine». Se Filippo Lo Monaco non ha dubbi sull’importanza di

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investire su immobili residenziali, Davide Bisconti offre un resoconto sui nuovi schemi di fruibilità spaziale rintracciabili tra le offerte dell’odierno mercato immobiliare. «Nell’ambito residenziale gli acquirenti cercano in prevalenza unità più contenute come monolocali o bilocali, oppure unità di grandi estensioni, con sottotetti e terrazzi. È venuta un po’ meno in questi anni l’utenza classica dei tri-quadrilocali, anche in relazione alle mutate esigenze abitative di coppie giovani, single o persone in cerca di alloggi temporanei». Entrambi soci fondatori al vertice della Nuova Edil Costruzioni, società nata nel 1986 come realtà evoluta e ampliata sulle basi di un’altra impresa


Filippo Lo Monaco e Davide Bisconti

edile degli anni Sessanta, i geometri Lo Monaco e Bisconti, decidendo delle politiche strategiche e delle relative scelte organizzative, hanno fatto sì che l’azienda oggi raggiungesse le competenze, le strumentazioni e i giusti slanci innovativi per realizzare qualsiasi opera di ingegneria civile, con la sola esclusione del settore stradale, nei settori dell’edilizia residenziale, commerciale, industriale, terziario, religioso e di servizio. Indipendentemente dai diversi settori specifico in cui opera, La Nuova Edil è comunque in grado di offrire manufatti edilizi innovativi e all’avanguardia. «Siamo sempre attenti all’innovazione sia di prodotto che di sistema – afferma Lo Monaco –. Studi e pianificazioni dettagliate sono rivolti all’involucro, sia per motivi estetici concernenti facciate ventilate, facciate continue alluminio/vetro, frangisole, parapetti cristallo, gronde in vetro, e altro, sia per motivi funzionali connessi a elevati valori di isolamento termico, acustico e di inerzia termica». Negli interni invece, secondo quanto descritto da Bisconti, «le partizioni sono realizzate in

doppia lastra di gessofibra, gli impianti meccanici prevedono il riscaldamento e il condizionamento estivo mediante pannelli radianti a pavimento o a soffitto e la ventilazione meccanica controllata con recupero di calore. I generatori di energia termica e frigorifera possono essere le pompe di calore alimentate da acqua di falda, pannelli solari termici, caldaie a condensazione, oppure il teleriscaldamento dove esistente». In virtù della multidisciplinarietà del mondo delle costruzioni e dell’operatività della Nuova Edil, ma soprattutto oggi, «in un mercato che si va contraendo sul lato della domanda, è d’obbligo la diversificazione non solo dei campi di intervento ma anche delle modalità operative insite in ogni singolo progetto – afferma Lo Monaco –. In ambito residenziale, ad esempio, per venire incontro alle esigenze sempre mutevoli del mercato, si offre la massima flessibilità sia nelle tipologie strutturali che nei materiali di finitura». Di fatto, comprendendo in sé le caratteristiche dell’impresa di costruzioni e quelle dell’opera-

tore immobiliare la Nuova Edil porta avanti piani progettuali attentamente studiati per mantenere alti i livelli di qualità degli involucri edilizi e allo stesso tempo per contenerne i costi di realizzazione e poi, di manutenzione. Ma gli obiettivi dell’impresa di Nova Milanese riguardano ognuna delle attività di cui si rendono portavoce i suoi fondatori. Perché come infatti afferma Bisconti, «ogni commessa viene gestita sulla base dei principi del project management che assicurano costi non “altalenanti”, rispetto delle tempistiche concordate, qualità dell’oggetto edilizio e sicurezza sia in fase di posa in opera che nell’uso finale». Oggi la strategia dell’impresa è comunque quella di rimanere nel mercato in una posizione attiva, proponendo prodotti ad alto contenuto di innovazione e attingendo ai canoni della bioedilizia e del risparmio energetico, esteticamente validi, di qualità e a costi tutto sommato contenuti. «Anche le strategie commerciali vengono personalizzate in funzione del cliente e per superare le rigidità del sistema creditizio».

La Nuova Edil Costruzioni Srl ha sede a Nova Milanese (MI). In queste pagine, immagini di progetti immobiliari realizzati dalla società www.nuovaedil.it

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 243


COSTRUZIONI

Nuove prospettive ingegneristiche I grandi architetti contemporanei realizzano progetti suggestivi basati su forme irregolari e forti dissimmetrie. La difficile sfida degli ingegneri, come spiega Danilo Campagna, consiste nell’assecondare dal punto di vista strutturale queste opere Amedeo Longhi

uando un maestro dell’architettura come Zaha Hadid, Cesar Pelli o Renzo Piano presenta un progetto suggestivo ma particolare, asimmetrico, con grandi sbalzi, non gli si può chiedere di semplificarlo per facilitarne la costruzione e abbattere i costi. Lo sa bene l’ingegner Danilo Campagna, socio e consulente dello studio milanese MSC Associati: «Così come loro danno il massimo nel loro lavoro, anche noi dobbiamo garantire il miglior apporto possibile per conferire al progetto architettonico una solida base strutturale. Da decine di anni abbiamo a che fare con le più grandi firme internazionali e il servizio che offriamo, completo ed integrato, è proprio questo». MSC Associati è una realtà nata nel 1961 per volontà di Antonio Migliacci, già ordinario di progetti di struttura al Politecnico di Milano e tutt’ora presidente del master di specializzazione sulle costruzioni in cemento armato e cemento armato precompresso, successivamente affiancato da due soci che hanno arricchito la vocazione iniziale dell’ingegneria strutturale con la progettazione architettonica. Il prestigioso palmares dello studio vanta diversi primati: «Insieme a Cesar Pelli, il progettista delle Petronas Towers a Kuala Lampur, che fino a

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Danilo Campagna

Stiamo portando a termine la costruzione della famosa Torre A di Porta Nuova Garibaldi, che superando la torre della Regione Lombardia è diventato l’edificio più alto d’Italia

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poco tempo fa erano le torri più alte del mondo, stiamo portando a termine la costruzione della famosa Torre A di Porta Nuova Garibaldi, che superando la torre della Regione Lombardia è diventato l’edificio più alto d’Italia. Già una trentina d’anni fa inoltre, avevamo curato la progettazione della ciminiera di Porto Tolle, che ancora oggi, con i suoi 260 metri di altezza, detiene il primato di costruzione più alta d’Italia». L’attività dello studio è quanto mai variegata e passa con disinvoltura dai grandi edifici industriali e civili alle chiese: «Anche nel campo degli edifici religiosi abbiamo fatto cose interessanti – ricorda Campagna –: fra le altre, ho seguito personalmente la direzione lavori della chiesa del Giubileo 2000 di Richard Meyer a Roma, la chiesa delle Vele bianche. Per quanto riguarda la basilica di Padre Pio di Renzo Piano, sono il collau-

datore statico in corso d’opera; collaborare a questo lavoro è stata un’esperienza fantastica, è un’opera di grande fascino architettonico e strutturale». Un altro progetto civile sta mettendo attualmente a dura prova le capacità della società milanese: «Nell’ambito di CityLife, il grande piano di riqualificazione del quartiere della ex Fiera Campionaria di Milano, stiamo assistendo l’architetto Daniel Libeskind, che ha firmato il progetto di Ground Zero a New York, nella realizzazione di una torre a forma di spirale. È inutile dire che una simile conformazione comporta numerose problematiche in termini di stabilità strutturale, problematiche che spetta a noi risolvere». Campagna conclude avanzando una piccola ma legittima rivendicazione a proposito del lavoro oscuro che l’ingegnere strutturale è chiamato a svolgere: «È un impe-

gno considerevole seguire queste nuove architetture, dove le dissimmetrie sono all’ordine del giorno e tutto diventa più difficile sotto il profilo strutturale, bisogna seguire forme geometriche complesse e il nostro lavoro diventa sempre più impegnativo, anche se è poco acclamato perché noi operiamo nell’ombra. Tutti i meriti vanno sempre all’architetto, non si pensa mai allo sforzo dell’ingegnere che sta dietro di lui, necessario per concretizzare e rendere possibili queste forme complesse. La nuova ingegneria di alto livello si batte su questi nuovi fronti».

Danilo Campagna, socio e consulente dello studio MSC Associati Srl di Milano. In apertura, un immagine del cantiere di una delle torri di Porta Nuova Garibaldi, alla cui realizzazione collabora la società milanese www.mscassociati.it

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 245


MATERIALI

Oggi anche il cartongesso è recuperabile el 2011 a Limbiate è stato attivato il primo impianto italiano per il recupero completo del cartongesso. Questo materiale, finora, era destinato per la quasi totalità a essere portato in discarica e sostanzialmente abbandonato a se stesso. Adesso, dopo due anni di studio sull’elaborazione autonoma di tecnologie statunitensi e britanniche e di un investimento pari a 2,5 mln di euro effettuato dalla società Cava di Trezzano, l’impianto costituisce una tra le più avanzate innovazioni tecnologiche a livello internazionale in questo campo. «Il management della nostra società – spiega il titolare Marco Lavatelli –, analizzando i segnali e le tendenze del mercato, ha individuato nelle attività connesse con la salvaguardia e la qualità dell’ambiente la direzione verso la quale orientare le proprie linee di sviluppo». Quali sono le

N

Marco Lavatelli, titolare dell’Immobiliare Cave Sabbia di Trezzano Srl, Milano www.cavaditrezzano.it

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Grazie a Cava di Trezzano oggi è possibile recuperare efficacemente molti dei materiali di risulta dell’edilizia. Marco Lavatelli, titolare dell’azienda, spiega inoltre i vantaggi della “Soluzione Massetti”, un sistema che permette di ottenere miscele di inerti controllate e replicabili a costi ridotti Valerio Germanico

potenzialità del vostro nuovo polo di Limbiate? «Il centro si sviluppa su una superficie di 8mila metri quadrati e una volta arrivato a pieno regime permetterà di smaltire 200mila tonnellate all’anno di rifiuti da cantiere: dalle macerie delle demolizioni ai materiali misti, come il legno, il vetro, la carta, il cartone, gli imballaggi e i metalli. Il servizio, inoltre, che è stato realizzato con oltre 300 cassoni scarrabili, sarà il primo in Italia che permetterà di recuperare il cartongesso, materiale che finora, dopo l’uso, era stato considerato e trattato esclusivamente come un rifiuto». Voi vi occupate anche di produzione di inerti. Di quali prodotti? «Noi abbiamo altri due impianti oltre a quello di Limbiate: quello originario di Trezzano e uno inaugurato nel 2010 a Trecate, in pro-

vincia di Novara. Produciamo inerti a marcatura CE che soddisfano le specifiche più restrittive sia per il confezionamento di calcestruzzi ad alta resistenza che per la realizzazione di miscele speciali per conglomerati bituminosi. Grazie alla recente introduzione di una linea di frantumazione con mulino a martelli realizziamo inerti poliedrici e sabbie più vive. Nel polo di Trecate produciamo giornalmente oltre 2mila metri cubi di materiali inerti, in particolare sabbia e ghiaia di alta qualità». Quali tecnologie utilizzate nei vostri poli produttivi? «Il materiale è lavorato da un impianto dotato di avanzate tecnologie di controllo e produce aggregati con ottime caratteristiche meccaniche e bassi valori del coefficiente Los Angeles – ossia il rapporto tra la perdita in


Cava di Trezzano

Il nostro è il primo sistema in Italia che permetterà di recuperare il cartongesso, materiale che finora, dopo l’uso, era stato trattato come un rifiuto

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peso e il peso iniziale dell’aggregato. Inoltre, l’adozione di una sezione di chiarificazione acque e pressatura fanghi, totalmente automatizzata, ha permesso di realizzare un ciclo chiuso dell’acqua di lavaggio che ci fa operare nel rispetto delle più severe normative in materia ambientale». Cos’è la vostra “soluzione massetti”? «È il frutto di uno studio tecnico durato quasi due anni. Si tratta di un sistema per la posa e la messa in opera di massetti di altissima qualità e con marcatura Ce. È composto da due elementi: un silo bicamera contenente sabbia

e cemento, o un legante a ritiro controllato, e una unità mobile, un furgone da 35 quintali di peso complessivo, sul quale sono installati la botte impastatrice, il compressore, un computer di controllo e attrezzature ausiliarie. L’interfaccia con l’unità mobile permette di approvvigionare la botte impastatrice di sabbia e legante pesando tutte le componenti dell’impasto durante l’operazione di carico. Anche l’acqua introdotta nell’impasto è pesata considerando la quantità di umidità già presente nella sabbia vagliata». Quali sono i principali vantaggi rappresentati da

questa soluzione? «La miscela rispetta esattamente la ricetta desiderata ed è replicabile con precisione in ogni singolo impasto. Tutte le operazioni sono automatizzate e le uniche maestranze necessarie sono gli staggiatori, che guidano il sistema per mezzo di un telecomando. Ogni silo permette di ricoprire una superficie di quasi 200 metri quadrati, con uno spessore di 5-6 centimetri di massetto. Inoltre ha ridotto i costi di manodopera, mantiene il cantiere pulito, non è necessario nessuno smaltimento e ha ridotto la possibilità di infortuni». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 247


Il legno, un buon amico dell’ambiente Sempre più imprese si dimostrano interessate all’ecosostenibilità e alcune di esse si distinguono per innovazioni e tecnologie davvero improntate al rispetto per l’ambiente. L’esperienza di Alberto Donchi Emanuela Caruso

ondata di rinnovato interesse e forte sensibilità nei confronti della salvaguardia dell’ambiente e del risparmio energetico ha portato la grande maggioranza delle aziende italiane a investire e a equipaggiarsi con impianti, tecnologie e strategie in grado di farle risultare ecosostenibili. In realtà, però, a proporre al mercato articoli, macchinari, utilizzi o lavorazioni dalla portata ecologica davvero innovativa sono an-

L’

In queste pagine, momenti di lavoro alla Donchi Srl di Seveso (MB) www.donchi.it

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cora in pochi. Proprio tra questi pochi si colloca l’impresa Donchi che, sita a Seveso e specializzata nella produzione di profilati in legno, ha ideato un interessante sistema di riutilizzazione dei cascami di legno generati dalla lavorazione della materia prima. «Grazie ad apparecchiature altamente tecnologiche – spiega Alberto Donchi, uno dei due titolari della Donchi – riusciamo a usare la compressione per produrre tronchetti da ardere del tutto

naturali, composti solo da legno vergine e nessun collante o additivo. Così facendo, i tronchetti realizzati possono essere impiegati per produrre energia per cucinare e riscaldare gli ambienti». Non ancora soddisfatta degli sforzi concentrati per mettere a punto questa particolare lavorazione, la Donchi ha anche investito nell’utilizzo delle energie rinnovabili. «Oltre agli impianti di abbattimento dei fumi e delle polveri, abbiamo installato un impianto


Alberto Donchi

I fornitori di legname della Donchi effettuano la ripiantumazione degli alberi utilizzati per la creazione dei nostri prodotti

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fotovoltaico a pannelli solari, che ci consente di produrre in proprio l’energia elettrica di cui abbiamo bisogno per laboratori e uffici». Proprio la tecnologia caratterizza l’evoluzione e i progressi dell’azienda, nata nel 1972 come impresa di artigiani falegnami conto-terzisti. «L’attività, fondata per volere di mio padre Carlo e mio zio Paolo, aveva l’iniziale obiettivo di realizzare prodotti sani, perfetti e belli da vedere, testimoni della qualità del “made in Italy” sui vari mercati. Negli anni il nostro scopo è rimasto lo stesso, ma si è adattato e migliorato a seconda delle esigenze moderne del settore e dei clienti tanto nazionali quanto esteri. Ad aiutarci a raggiungere il successo è stata la tecnologia che è andata a intervenire e a far progredire le nostre competenze su più fronti. Innanzitutto ha alleggerito la responsabilità dell’azienda verso le maestranze interne, che a un tratto si sono ritrovate a lavorare con macchinari più silenziosi, protetti e sicuri; in se-

condo luogo, ha permesso una maggiore soddisfazione della clientela, a cui oggi è possibile proporre articoli curati nei minimi dettagli e nelle rifiniture; infine, ha agito positivamente anche rispetto alla tutela della natura e dell’ambiente, riducendo i fumi e le polveri inquinanti emessi». La Donchi, che negli ultimi anni si è distinta dalle altre per accettare anche commesse di quantitativi minimi, si preoccupa da sempre di fornire all’utente articoli e servizi di qualità. «I nostri fornitori di legname – continua Alberto Donchi – sono tutti certificati e impegnati in prima linea nella questione ambientale, sono infatti specializzati nella ripiantumazione delle piante utilizzate per ricavare il legno di cui la nostra società necessita. In prevalenza i legnami usati sono il rovere, il frassino, il mogano, il pino e l’abete; ma anche il faggio e il

ciliegio. La nostra gamma di prodotti è molto ampia e spazia dagli zoccolini ai battiscopa, dalle perline agli angolari, dalle sagome ai coprifili. Realizziamo anche corrimani, paraspigoli, coprimuretto, listelli piallati e fermavetri. I mercati di riferimento dell’impresa sono in particolar modo quello nazionale, e poi quelli tedesco, russo e francese. Inoltre, produciamo e spediamo articoli in Medio Oriente». Tutte le fasi di lavorazione e produzione sono condotte con estrema attenzione e cura, così da garantire la qualità finale dei profilati in legno. «Il ciclo produttivo parte con il prelievo del legname necessario e con la sua sezionatura nel reparto segheria; continua poi con la creazione del pezzo grezzo e dell’articolo finito lucidato e laccato, pronto per essere imballato e spedito». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 249




INTERNI

Tende avvolgibili, la tecnologia che arreda Investire nella diversificazione per lanciarsi verso un nuovo mercato. In un certo senso creandolo. L’esperienza portata avanti da Fabio Gasparini nella combinazione della tradizionale tenda a rullo da ufficio con il design dei tessuti più ricercati per l’arredo di casa Luca Cavera

a tenda avvolgibile, a motore o manuale, è una tecnologia di schermatura della luce tipica degli ambienti professionali, diffusa nell’ambiente industriale come in quello del terziario. La recente crisi economica è stata lo stimolo che ha indotto un imprenditore, specializzato nella produzione di questo tipo di prodotto per la protezione solare, a tentarne il lancio anche fuori dai suoi tradizionali mercati di riferimento. È stata così proposta per l’arre-

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damento domestico la sintesi fra una tecnologia rodata e tessuti e design adeguati a un arredo di interni in linea con il gusto italiano. Ma adattare il layout industriale per l’introduzione di una nuova linea produttiva, con caratteristiche sostanzialmente diverse e l’impiego di nuovi materiali, non è stato un passaggio immediato, come spiega Fabio Gasparini, titolare di Resstende e protagonista di questa iniziativa di diversificazione produttiva. «Più che del lancio di un nuovo

prodotto, si è trattato di realizzare un progetto, che ha richiesto degli investimenti importanti. Non solo in termini economici, ma anche di coraggio imprenditoriale, dato che abbiamo spostato risorse per entrare in un mercato del quale non erano inizialmente chiare le effettive possibilità di sviluppo». Quali sono state le fasi di sviluppo del vostro progetto di diversificazione produttiva? «Il progetto è stato avviato circa due anni fa e nel 2011 è entrato a pieno regime. Le tappe


Fabio Gasparini

Abbiamo collaborato con i più bravi tessitori italiani per individuare la migliore sintesi fra creatività e soluzioni funzionali

Fabio Gasparini, titolare di Resstende Srl, Agrate Brianza (MB) www.resstende.com

fondamentali sono state il disegno dei prodotti e delle collezioni – con la scelta dei tessuti –, la realizzazione degli impianti e finalmente la messa in produzione e la commercializzazione. Di pari passo si è svolta anche l’attività di formazione del personale, per adeguarlo alle nuove tecniche di lavorazione. Una delle fasi più impegnative è stata certamente quella del confronto con il comportato tessile – abbiamo capito subito, infatti, che la selezione di tessuti con caratteristiche d’arredo era uno dei fondamenti per il successo

dell’intero progetto». Perché la scelta del tessuto è stata così importante? «Perché non potevamo pensare di sperimentare il mercato dell’arredo di interni con un prodotto con le caratteristiche del prodotto tecnico che si può trovare in un ufficio. Non a caso, con la nostra produzione di tende a rullo per il settore industriale e il terziario non eravamo mai riusciti a penetrare nell’arredo domestico. Una volta capito che in questo momento di crisi la nostra sola possibilità di incrementare le quote di mercato era puntare sulle case degli italiani, abbiamo fatto i conti con l’elemento che stabilisce il discrimine: ovvero il tipo di tessuto». Quali sono state le preferenze estetiche che hanno guidato la vostra scelta dei tessuti? «Abbiamo collaborato con i migliori tessitori italiani per individuare una sintesi fra creatività e soluzioni funzionali, puntando molto sul design. Ci siamo anche trovati ad acquisire competenze da editori tessili, dato che alcune tipologie di tessuti non esistevano ancora. Questo ha comportato anche un lavoro per la com-

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prensione delle tecniche e dei segreti di un settore vicino al nostro, ma sempre rimasto su un binario parallelo. I nostri tessuti si caratterizzano per linee che si sono ispirate alla natura, come Dune, Petali, Onde, o anche alla reinterpretazione dei tessuti siriani, con la linea Damasco». Quale risposta è arrivata dal mercato? «Abbiamo promosso il lancio del prodotto attraverso fiere e pubblicazioni di settore. Stiamo ricevendo interesse sia da parte del mercato interno che da quello europeo. Le prospettive sono di crescita, abbiamo anzi già preventivato un incremento di produzione nel breve periodo. Certamente non è ancora il momento di fare valutazioni sul ritorno di fatturato, poiché sarebbe prematuro data la giovinezza del prodotto – una ristrutturazione produttiva di questo genere non può essere valutata che dopo un periodo di almeno tre anni. Volendo parlare di numeri, un risultato importante potrebbe essere quello di un 5-10% di copertura del mercato italiano, che partendo da zero sarebbe già un successo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 253




Design sostenibile Le nuove frontiere degli accessori e delle tecnologie dedicati alla stanza da bagno sono rappresentate dal design sensoriale, dalle home spa e dal risparmio di acqua, ottenuto attraverso sofisticati e innovativi sistemi. La parola a Donato Pasquale Emanuela Caruso ersonalizzata, calda, innovativa, multi sensoriale :questi i termini con cui descrivere la moderna stanza da bagno che le tendenze di mercato richiedono in questo periodo e che le aziende specializzate in rubinetteria, sistemi doccia e arredobagno hanno presentato nel corso dell’ultimo anno. Tra le tante linee ideate e lanciate, spicca il nuovo marchio GROHE SPA, sviluppato dalla multinazionale tedesca Grohe, leader mondiale nel settore della rubinetteria sanitaria e per cucina. «La collezione GROHE SPA – spiega Donato Pasquale, amministratore delegato della sede italiana del-

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l’azienda – nasce da un progetto esclusivo che vuole proporre un nuovo stile di vita trasformando il bagno domestico in un vero e proprio tempio del benessere personale, in cui rilassarsi e godersi l’intimità della propria abitazione. GROHE SPA include prodotti e accessori premium in grado di far diventare un classico bagno, indipendentemente dalla sua superficie, in una home spa in grado di rigenerare mente e corpo». Il minimo comune denominatore di tutte le vostre linee, compresa GROHE SPA, è il design, su cui avete sviluppato una mirata filosofia aziendale.


Donato Pasquale

Il design dei prodotti Grohe si caratterizza per essere veicolo di un perfetto equilibrio tra tecnologia, estetica e qualità

«Sì, abbiamo aggiunto la cura del design alla qualità e all’innovazione che da sempre caratterizzano i nostri prodotti, in modo da rafforzare la marca e consolidare il target di riferimento. Da qui la decisione di spostare la nostra sede da Cambiago al centro di Milano, per avvicinarci anche fisicamente ai nostri principali target di riferimento e stabilire con loro un contatto più diretto, invitandoli a sperimentare in prima persona l’universo di valori Grohe. Per noi il design non è legato esclusivamente all’estetica, ma anche alle sensazioni che il prodotto è in grado di suscitare, ragion per cui i nostri articoli sono progettati per ispirare e creare un collegamento con il consumatore finale e per soddisfare a pieno le sue esigenze. La filosofia alla base del nostro design vuole garantire il perfetto equilibrio tra tecnologia, qualità e funzionalità, garantendo al consumatore performance elevate e un’esperienza unica con l’acqua, l’elemento fondante di tutta la nostra attività. Il design Grohe è semplice e funzionale, curato nei minimi particolari e per questo esclusivo». Un altro aspetto che caratterizza da sempre la vostra

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azienda è l’anima green dell’attività. Come si sviluppa questo valore aggiunto? «La sostenibilità ambientale è da sempre un elemento integrante della nostra cultura aziendale e incide profondamente a ogni livello, dalla progettazione alla produzione e alla vendita, fino ad arrivare all’esposizione. Attraverso la nuova policy Grohe SustainAbility abbiamo definito le linee guida per operare in chiave del tutto ecocompatibile, linee guida che comprendono la Grohe EHS-ellence, ovvero il programma con cui la società si propone di mantenere una condotta sensibile e un concreto impegno in ambito sociale, e la Grohe Water Care, ovvero l’ideazione di prodotti dotati di sofisticate tecnologie che assicurano risparmi di acqua ed energia e incoraggiano un uso più responsabile delle risorse senza dover rinunciare al comfort». Può fornirci qualche esempio di queste vostre innovative e interessanti tecnologie? «Rivolta al minor consumo delle risorse è la Grohe Ecojoy, una tecnologia brevettata dall’impresa per il risparmio idrico e di cui sono dotati la maggior

parte dei nostri miscelatori e soffioni doccia. Tutti i miscelatori monocomando dispongono, inoltre, di un limitatore di portata, in grado di ridurre ulteriormente il consumo di acqua fino al 50% rispetto ai miscelatori tradizionali. Abbiamo anche ideato tecnologie d’avanguardia per le piastre di azionamento per WC che oggi vantano sistemi quali il Dual Flush e lo Start & Stop, che consentono di scegliere tra due volumi di sciacquo e anche di bloccare, se necessario, il flusso d’acqua». Quali sono i numeri della Grohe? «La Grohe dispone di ben sei sedi produttive dislocate fra Germania, Italia, Portogallo, Thailandia e Canada impiegando oltre 5400 dipendenti. Il fatturato globale ha registrato, nei primi nove mesi del 2011, un incremento del 15%, attestandosi intorno a 836 milioni di euro. Risultati sorprendenti, ottenuti grazie alla nostra strategia basata su qualità, innovazione e design».

In apertura, Donato Pasquale, amministratore delegato della sede italiana della Grohe Spa di Milano. Nelle altre immagini, ambienti bagno firmati Grohe www.grohe.com

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AMMINISTRAZIONE CONDOMINIALE

Per la conservazione del “bene condominiale” “Conservare” il valore dell’edificio e dei suoi impianti nel tempo. Questo il compito basilare a cui un amministratore condominiale deve sottendere. Con Aldo Tincani parliamo delle evoluzioni della figura professionale Marco Tedeschi

icurezza, semplificazione e sviluppo sostenibile. Queste, in sintesi, le richieste avanzate di recente dall’Associazione nazionale amministratori condominiali e immobiliari in Parlamento e contenute in un documento “per la crescita”: protagonista una nuova tipologia di condo-

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Da sinistra, Tomaso Maria, Aldo e Jacopo Tincani, rispettivamente responsabile relazioni esterne, amministratore delegato e responsabile finanziario della società Studio T&M Srl di Bovisio Masciago (MB) aldo.tincani@studiotiemme.com

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minio, sicuro e anti sprechi, in grado di cogliere le trasformazioni e gli sviluppi che hanno interessato il settore immobiliare. Tra i punti evidenziati dall’Anaci anche quelli relativi all’amministratore condominiale, una figura che sta prendendo sempre più importanza. Non si tratta più infatti di un lavoro che può svolgere solo e soltanto chi ha tempo libero. La sua evoluzione come figura professionale è infatti documentata dalla legislazione speciale che gli ha affidato la tutela di numerosi interessi pubblici (fisco, risparmio energetico, sicurezza, ambiente). Come protagonisti delle evoluzioni di questa figura professionale troviamo sicuramente lo Studio T&M Srl con sede a Bovisio Masciago, in provincia di Monza e Brianza, e uffici anche a Milano. «Da oltre trent’anni» spiega l’amministratore delegato Aldo Tincani, «ci occupiamo esclusivamente di amministrazione condominiale. Ad oggi gestiamo un cospicuo numero di immobili condominiali, immobili di proprietà

di famiglie, di società e di fondazioni per un elevato capitale gestito». L’amministrazione dei condominii sottende a una serie di normative e procedure regolamentate da uno specifico ambito del diritto civile. Per i non esperti del settore, può indicare le principali norme cui devono far riferimento i professionisti dello Studio T&M? «Le principali norme da rispettare sono quelle indicate dagli articoli 1117 e seguenti del codice civile e quelle contenute nel regolamento contrattuale e/o assembleare del condominio». Quali sono invece i capisaldi normativi da tener presente nell’ambito delle amministrazioni immobiliari e patrimoniali? «L’obiettivo principale da tenere sempre presente per una buona amministrazione è quello di gestire il bene comune garantendo a tutti i condomini di usufruire dei servizi in modo efficiente e senza creare disparità di trattamento


Aldo Tincani

Gli aspetti critici dei moderni condomini sono spesso legati a carenze costruttive soprattutto a livello impiantistico

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tra i condomini stessi. Per la conservazione del bene condominiale amministrato i servizi devono essere mirati a “conservare” il valore dell’edificio e dei suoi impianti nel tempo. Per questo l’amministratore deve sottoporre all’assemblea condominiale un programma d’intervento manutentivo da attuarsi nel tempo di breve, medio e lungo periodo». Attraverso quali dinamiche operative, consulenziali e commerciali riuscite a entrare in contatto con nuovi interlocutori che decidono di affidare la gestione dei propri immobili allo Studio T&M? «La decisione di affidare allo studio T&M la gestione dei propri immobili non avviene attraverso dinamiche operative specifiche. La decisione avviene spesso su indicazioni dei nostri clienti anche storici che ci propongono ad altri e da operatori del settore notarile, bancario e finanziario».

Considerata l’esperienza sul campo dello Studio T&M, quali sono le principali “piaghe” che complicano la gestione dei moderni condomini e quali interventi potrebbero migliorare il sistema amministrativo a favore di ogni singolo condomino, della collettività, dell’amministratore e della proprietà? «Gli aspetti critici dei moderni condomini sono spesso legati a carenze costruttive soprattutto a livello impiantistico. Per ovviare a queste problematiche sarebbe utile il collaudo degli impianti da parte dell’autorità pubblica prima di rilasciare il certificato di agibilità dell’edificio. Attualmente l’autorità pubblica, eccetto casi particolari, non collauda gli impianti ma si limita a verificare le certificazioni rilasciate dagli installatori degli impianti stessi». Quali sono i rischi più grandi cui può incorrere una

società di servizi come lo Studio T&M e come riuscite a prevenirli o controllarli? «I rischi sono quelli legati alle inadempienze da parte dell’amministratore alle norme che regolano la sicurezza degli impianti condominiali (per esempio mancato controllo periodico degli impianti ascensori o centrale termica). Seguiamo con personale dedicato condominio per condominio controllando che le verifiche siano fatte dagli operatori con regolarità». Quali sono i criteri per valutare il servizio degli amministratori? «Un amministratore si sceglie non in base all’entità della parcella ma in base ai criteri di professionalità che possiede e all’organizzazione che lo affianca. Il servizio dell’amministratore lo si può valutare solo a posteriori e solo dopo la richiesta economica potrà essere concretamente quantificata». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 259


I Garden Center, luoghi di ritrovo per la green education Fiori, piante e animali. È questo il mondo con il quale i bambini italiani entrano in contatto ogni anno grazie alle iniziative promosse da Viridea. Il punto di Fabio Rappo, artefice di un programma di green educational Valerio Germanico

Fabio Rappo, titolare di Viridea Srl, Cusago (MI) www.viridea.it

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ivere la natura come fonte di benessere e armonia, cercando la qualità della vita nel pieno rispetto dell’ambiente è un valore che ha assunto in questi anni un ruolo sempre più di primo piano. Coinvolgere i più piccoli e sensibilizzarli ai temi della natura, insieme al desiderio di promuovere uno stile di vita responsabile e rispettoso dell’uomo e dell’ambiente, diffondendo conoscenza e consapevolezza sono gli obiettivi intrapresi dal progetto Pollicino Verde. Si tratta di un progetto, sviluppato a partire da settembre 2007, che si rivolge in modo diretto a bambini e ragazzi delle scuole materne, elementari e medie di tutta Italia. Come spiega Fabio Rappo, titolare di Viridea, azienda che porta avanti l’iniziativa: «Pollicino Verde è una delle attività di

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Viridea Educational avviate in partnership con il mondo della didattica. L’attività si articola in tre proposte distinte, tra loro coordinate e complementari: un kit didattico, che permette di assistere alla germinazione di alcuni semi e alla crescita delle piantine fiorite; una gara di creatività, che mette in palio l’occorrente per la realizzazione di un orto scolastico; e l’invito a un vero e proprio laboratorio di natura in uno dei garden center Viridea». Qual è la filosofia che sta dietro questo progetto? «La visione alla quale Viridea si ispira – e che si riflette anche nell’organizzazione interna dei nostri Garden – è quella di creare dei luoghi prima di tutto di ritrovo, che mettiamo a disposizione delle famiglie e nei quali queste possono trascorrere momenti di relax in grandi prati, sulle panchine, tra i giochi


Fabio Rappo

Il ciclo delle stagioni e la Magia del Natale Viridea dedica un’attenzione speciale all’avvicendarsi delle stagioni: la primavera, l’estate, l’autunno e soprattutto il Natale trasformano ciclicamente i garden center con le atmosfere e i colori più caratteristici. In particolare, a partire dalla metà di ottobre si rinnova ogni anno la Magia del Natale Viridea: un reparto esclusivo in cui lasciarsi trasportare da elfi e cuccioli del bosco alla ricerca di spunti e suggestioni per prepararsi all’arrivo delle feste. Tra le casette innevate e le bancarelle del mercatino d’ispirazione nordica trovano posto oltre 12.000 articoli: addobbi di ogni tipo, complementi d’arredo, candele, nastri e decorazioni per tutti i gusti, oltre agli abeti, sia veri che sintetici, luci e presepi, con una vasta gamma di articoli che spaziano da quelli etnici a quelli lavorati a mano, senza dimenticare i prodotti dedicati ai collezionisti e agli appassionati del fai-da- te.

o intorno al laghetto pieno di pesci colorati. Qui tutti sono liberi di esprimersi e divertirsi liberamente: adulti, bambini e animali. Non solo un punto vendita quindi, ma uno spazio che invita alla pausa, per assaporare tutti i benefici effetti del contatto con la natura». Questa vostra passione per il verde è resa evidente dal fatto che il vostro progetto educational è completamente gratuito. «Le nostre iniziative di formazione, ma anche di divertimento, rivolte ai più piccoli,

sono svincolate da qualsiasi strategia commerciale. Ci interessa che si sviluppi una coscienza e che l’amore per la natura sia divulgato quanto più possibile. Pensiamo che il mondo delle scuole, il mondo dei bambini, sia il terreno più fertile nel quale “buttare il seme”. Dall’avvio dell’iniziativa abbiamo distribuito in Italia oltre 9000 kit e accolto nei nostri garden center circa 700 bambini l’anno. E anche se la nostra azienda è presente solo in Lombardia, Piemonte e Veneto, i nostri kit sono stati inviati a

50 mln EURO

Fatturato di Viridea relativo tutte le scuole che ne hanno all’anno 2010. fatto richiesta, anche qualora La previsione di crescita per il 2011 fosse in territorio completaipotizza un mente fuori dal nostro raggio di fatturato di circa 52,5 mln di euro azione commerciale». La vostra azienda ha attivato numerose collaborazioni con enti e altre imprese. Può spiegare con quali obiettivi e con quali soggetti? VISITATORI «Con varie aziende e istituzioni abbiamo insieme sviluppato Il numero di persone che hanno progetti congiunti di carattere visitato i Garden non solo commerciale ma anCenter Viridea nel 2010 che, e soprattutto, ludico e didattico. Abbiamo individuato realtà che condividessero la nostra stessa filosofia di responsabilità sociale e il rispetto dell’ambiente e dell’uomo. In passato abbiamo collaborato ad esempio con il Museo Civico di Storia Naturale di Milano per ››

5,2 mln

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 261


NATURA E BENESSERE

›› l’allestimento del Biolab, un la- l’idea di Garden Center e attività ed entrare appunto nel boratorio didattico interattivo. Non mancano inoltre collaborazioni continuative con le realtà istituzionali del territorio, perché crediamo fortemente che fare impresa voglia anche significare una partecipazione attiva alla vita della collettività. Anche in questo caso, la maggior parte delle occasioni che ci vedono coinvolti tende a rappresentare per le famiglie un momento di socializzazione, svago e, perché no, anche di cultura». Quando e come è nata

qual è stata l’intuizione che le ha dato vita? «Noi veniamo dal mondo del verde, nasciamo come impresa di giardinaggio, quando la nostra attività era limitata alla progettazione, realizzazione e manutenzione di aree verdi. Da qui viene la nostra passione per la natura, che ci ha seguito anche quando siamo passati al grande target della vendita al pubblico di piante, prodotti per il giardinaggio e animali. A un certo punto abbiamo sentito l’esigenza di differenziare la nostra

Con varie aziende e istituzioni abbiamo sviluppato progetti congiunti di carattere non solo commerciale ma anche, e soprattutto, ludico e didattico

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commercio al dettaglio. La scelta è stata dettata dalla voglia di differenziare, ma anche dal fatto che vedevamo un’offerta di mercato inadeguata alla domanda. Ci siamo portati dietro il nostro background e abbiamo disegnato il negozio sulla misura della nostra passione, con l’intento di renderlo piacevole e confortevole a prescindere dall’acquisto». I Garden Center offrono migliaia di articoli sempre diversi. Come fate a mantenere questa costante ricerca di acquisto di materie prime e a quali mercati vi rivolgete? «Abbiamo una struttura specializzata all’interno dell’azienda che si dedica alla ricerca prodotti. È il nostro modo di sperimentare e provare cose diverse fra fiori, colori e profumi. È questa l’atmosfera che si respira nel nostro reparto dedicato al giardinaggio. È uno dei nostri spazi più importanti, riservato a fiori e piante comuni e rare, per interni o per esterni. Ci piace anche avere la possibilità di “sbagliare”, o meglio di provare un nuovo prodotto. Per riuscire a offrire novità continue, però, abbiamo bisogno anche dell’aiuto dell’addetto alla vendita, che sta in corsia – che non ha potere decisionale sull’acquisto – ma è importante per costruire una ricerca. Abbiamo bisogno anche del fornitore, avviando con questo un rapporto di vera collaborazione e un dialogo continuo».



SFVWVWWRW SICUREZZA URBANA

Soluzioni integrate e vigilanza La lotta alla microcriminalità passa attraverso repressione e prevenzione. «Occorrono politiche improntate all’inclusione sociale, al contrasto alla devianza e alla collaborazione con le realtà positive del territorio» sostiene l’assessore Romano La Russa Michela Evangelisti

uardia alta anche laddove i problemi sembrano meno evidenti». È questo il monito di Romano La Russa, assessore regionale alla Protezione civile, polizia locale e sicurezza. Se, infatti, Milano, in base alle ultime rilevazioni dell’Associazione nazionale funzionari di polizia su dati del ministero dell’Interno, si è aggiudicata il record dei reati (35 delitti denunciati ogni 1.000 abitanti), la città è terza dopo Lucca e Pavia per la piaga dei furti in casa - 486 ogni 100mila abitanti contro una media nazionale di 280 - e seconda per borseggi con indice 524, il triplo rispetto alla media, il resto del territorio regionale nel 2010, secondo un’indagine dell’Università Bicocca, ha rivelato una mappatura del rischio a tratti sorprendente: «Anche zone ritenute tra le più sicure, come le valli montane, in realtà non lo sono del tutto, a causa di fenomeni come invec-

«G A sinistra, Romano La Russa, assessore regionale alla Protezione civile, polizia locale e sicurezza

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chiamento della popolazione e spopolamento» spiega l’assessore. «È naturale che una grande città come Milano si aggiudichi, oltre a tanti record positivi, come il volontariato, anche qualche primato negativo – prosegue La Russa –. Ovviamente le periferie sono il luogo che desta maggior allarme, malgrado buona parte dei piccoli reati predatori avvenga nel centro cittadino. In periferia, infatti, si viene a creare l’humus fertile per la diffusione della criminalità». Come si articola la vostra azione istituzionale di contrasto alla microcriminalità? «A noi è affidato il compito di vigilare e di proporre soluzioni integrate sulla base delle evidenze raccolte. Integrate perché comprensive sia di un approccio repressivo sia preventivo, con politiche improntate all’inclusione sociale, al contrasto alla devianza e alla collaborazione con le realtà positive che il territorio esprime». In tempi di ristrettezze destinare uomini e mezzi alla sicurezza può essere vista come una spesa da tagliare. Qual è la situazione in regione? «Come amministrazione regionale non disponiamo di risorse da destinare alle forze dell’ordine, materia di stretta competenza statale. Il nostro compito è agevolare i Comuni, fornendo indicazioni e sostegno economico alle loro Polizie locali. Queste ultime sono oggi il primo baluardo contro l’insicurezza, in particolare quella percepita, e sono state loro assegnate funzioni di grande rilevanza». Il Paese sta attraversando un periodo di forte tensione sociale. Pensa che questo po-


Romano La Russa

41.228 FURTI IN ABITAZIONE La percentuale di aumento rispetto al 2009 è del 17,91%

20.313 FURTI IN ESERCIZI COMMERCIALI La percentuale di aumento rispetto al 2009 è del 7,89%

trebbe mettere in pericolo la sicurezza delle nostre città? «In effetti si segnalano tensioni sociali diffuse in tutto il Paese, che derivano più da un clima allarmistico veicolato anche da certi mass media, che da una reale emergenza di carattere economico e sociale. In questa fase non vorrei fossero trascurati punti critici come l’immigrazione irregolare e la diffusione di comportamenti violenti, specie tra i giovani. A Milano, ad esempio, stiamo assistendo al proliferare di bande giovanili a connotazione etnica, macchiatesi di delitti efferati negli ultimi tempi. Davanti a questi fenomeni dobbiamo ricordare che l’economia è certamente importante, ma non dobbiamo allentare la tensione di fronte a fenomeni sociali di tale rilievo». Di recente alcuni episodi di aggressione

hanno dimostrato che i mezzi pubblici locali rappresentano un punto dolente a livello di sicurezza. Quali strade sono percorribili per evitare che si ripetano? «È fondamentale aumentare il livello dei controlli, sia nella diffusione territoriale sia nella frequenza. I dipendenti e i passeggeri dei mezzi pubblici non possono essere oggetto di episodi di violenza efferati, proprio in un momento in cui con forza se ne vuole incentivare l’uso. Una soluzione percorribile è quella di affiancare i dipendenti con uomini della Polizia locale e delle forze dell’ordine, senza dimenticare le stazioni periferiche, quelle meno frequentate, in particolare nelle ore serali. Auspico, inoltre, la stipula di convenzioni tra i gestori del trasporto pubblico e le forze dell’ordine; in tal modo gli agenti potrebbero viaggiare sui mezzi a prezzi ridotti, in modo da poter esercitare il loro ruolo di tutori dell’ordine con maggior frequenza e più facilmente». Quali strumenti la Regione mette a disposizione degli amministratori locali che si trovano quotidianamente a dover affrontare i problemi del degrado urbano e della tutela dei centri storici? «Il mio assessorato è sempre al fianco degli amministratori locali, supportandoli nella fase di raccolta delle informazioni, offrendo anche consulenza legale e gestionale. In particolare, l’unità operativa Polizia locale mantiene uno stretto e costante raccordo con il territorio, promuovendo momenti di approfondimento e dialogo, dai quali nascono idee, proposte e suggerimenti applicabili in ogni Comune. Le nostre linee di indirizzo per la prevenzione del degrado sono chiare: aumento dei servizi di vigilanza, sinergie tra Comuni diversi, sperimentazione di iniziative innovative, come gli Smart, operazioni congiunte di Polizia locale volte al controllo capillare delle strade e del territorio. Tutto questo avvalendosi delle più moderne e avveniristiche tecnologie». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 265


SICUREZZA URBANA

Microcriminalità, numeri stabili La complessità della realtà metropolitana milanese rende difficile un controllo capillare. Ma la situazione, spiega il prefetto Gian Valerio Lombardi, non è preoccupante Michela Evangelisti

l quadro, che nel biennio 2009/2010 aveva registrato una decrescita della criminalità in generale rispetto al periodo precedente, appare tendenzialmente stabile. Questo, in sintesi, il punto del prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, sulla sicurezza nel capoluogo. «Da un raffronto tra il periodo gennaio-ottobre del 2010 e lo stesso periodo del 2011, si evidenzia un lieve aumento dei reati predatori, in particolare di quelli perpetrati su pubblica via, come i furti con strappo e i furti con destrezza - commenta -. Di contro, si è registrata una marcata diminuzione dei reati più gravi, come le rapine in banca, e anche di quelli a danno di esercizi commerciali, che impattano maggiormente sulla percezione della sicurezza». Negli ultimi mesi emerge un dato interessante, perché specchio dell’attuale situazione economica e sociale: sono aumentati i furti di piccola entità presso centri commerciali e supermercati, «spesso correlati – spiega il prefetto – a stati di bisogno». Ci sono zone della città maggiormente a rischio, che presidiate con più attenzione? «Le aree della città su cui si concentra una maggiore vigilanza sono quelle caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone, come la stazione Centrale, via Padova, piazzale Maciachini, via Imbonati o da un persistente degrado urbano, come via Rubattino».

I Gian Valerio Lombardi, prefetto di Milano

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Qual è, invece, la situazione sotto il profilo del decoro e del degrado urbano? «In diverse zone della città permangono aree di degrado, connesse a situazioni di abusivismo abitativo, con particolare riferimento agli immobili Aler nel quartiere Stadera, o zone che semplicemente risentono della concentrazione di locali pubblici o comunque di fenomeni di stazionamento di gruppi etnici o di popolazione giovanile, come la zona di piazza Vetra, la zona Ticinese, i Navigli. Tali situazioni sono oggetto di specifici servizi di prevenzione e controllo. È indubbio che la complessità della realtà metropolitana milanese comporti difficoltà a realizzare un controllo capillare». Quali sono le strategie portate avanti per il contrasto alla microcriminalità? «Le forze di polizia concorrono, nell’ambito delle rispettive competenze, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica con apprezzabili livelli di efficienza, con una quotidiana attività di prevenzione e repressione delle attività illecite, anche in concorso con la Poli-


Gian Valerio Lombardi

Polizia locale, presenza rafforzata «La sicurezza dei cittadini – dice il sindaco, Giuliano Pisapia – è una priorità della mia giunta» L’opposizione accusa l’attuale giunta cittadina di avere abbassato la guardia sul fronte della sicurezza urbana. Il sindaco del capoluogo lombardo, Giuliano Pisapia, non ci sta: «Per quanto riguarda il contrasto alla criminalità, ricordo che stiamo rafforzando la presenza sul territorio della Polizia locale: le pattuglie che girano per le attività di monitoraggio e controllo nelle vie sono 123 durante il primo turno, 105 per il secondo, 21 più 21 per attività speciali durante il terzo e 12 pattuglie notturne – risponde –. A breve partirà il progetto dei vigili di quartiere con almeno 350 agenti, destinati poi ad aumentare, in 88 quartieri cittadini». Inoltre, a conferma dell’impegno dell’amministrazione su questo fronte, il sindaco precisa: «La giunta ha anche deliberato l’aumento del numero di auto e moto a disposizione della Polizia locale rispettivamente del 10% e del 18%. La sicurezza dei cittadini è una priorità della mia giunta e faremo tutto ciò che ci è possibile perchè il numero dei reati diminuisca».

zia locale. Ciò è dimostrato dal positivo andamento dei risultati conseguiti e dalle elevate percentuali di casi in cui vengono individuati i responsabili degli illeciti. La prefettura di Milano ha, inoltre, sottoscritto il Patto per Milano sicura e promuove tavoli, come quelli predisposti con Aler e amministrazione comunale, al fine di contrastare il fenomeno delle occupazioni abusive degli immobili». Le forze e le risorse a vostra disposizione sono sufficienti? «Il personale impiegato risulta sufficiente, ma vi-

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Un incremento del personale renderebbe più efficace l’attività di vigilanza

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sta la complessità della realtà milanese - che concentra un numero straordinario di obiettivi sensibili, sedi consolari, istituti di credito, università, rappresentanze di alto livello di varie realtà istituzionali e un elevato numero di autorità di governo presenti sul territorio - un’ulteriore presenza di personale renderebbe più efficace l’attività di vigilanza e controllo del territorio». Ultimamente sulla cronaca locale si parla molto di sicurezza sui trasporti pubblici, in seguito ad alcuni recenti episodi di aggressioni. Quali misure sarebbe utile adottare? «Le specialità delle singole forze di polizia (stradale, ferroviaria, aeroportuale) assicurano un monitoraggio adeguato degli snodi e dell’intera rete del trasporto urbano. Recentemente d’intesa con il presidente di Atm Milano, Bruno Rota, sono stati rinforzati i presidi delle forze dell’ordine all’interno di alcune stazioni, affiancando in tal modo il personale già ordinariamente impiegato per la vigilanza sulla rete metropolitana milanese». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 267


SICUREZZA URBANA

Troppi tagli sulla sicurezza È un errore secondo Carlo Masseroli, capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio comunale, non far più leva sulla presenza dei militari. «Non rappresentano di per sé la soluzione ma un deterrente oggettivo» Michela Evangelisti

olestie e borseggi, ma anche episodi di aggressione, come quello avvenuto di recente ai danni di un dipendente Atm. La sicurezza sui mezzi pubblici milanesi desta preoccupazione. «Il Nucleo tutela trasporto pubblico della Polizia locale, composto da 27 agenti e 3 ufficiali, è attivo sulle linee di superficie e della metropolitana milanese, esclusivamente in territorio comunale, ed è quotidianamente impegnato nel garantire la sicurezza dei viaggiatori – ha commentato l’assessore comunale alla Sicurezza, Marco Granelli –. Il Nucleo, nonostante quanto sostengono alcuni esponenti dell’opposizione, esiste e non è mai stato indebolito da questa amministrazione». Differente il parere di Carlo Masseroli, capogruppo Pdl in consiglio comunale. «I nostri dati, purtroppo, sono diversi. Ci sembra che dei tagli operati finora abbiano risentito anche questi presidi e vediamo crescere i casi preoccupanti sui mezzi pubblici cittadini. Comunque già dal bilancio di previsione 2012 si vedrà quali saranno i soggetti e gli interventi sui quali questa amministrazione deciderà di investire – incalza –. Di recente sono stati introdotti anche i mezzi notturni, che sicuramente possono rappresentare un servizio in più per la città, ma che, come abbiamo letto sui quotidiani, sono molto utilizzati perché non pagati; il forte abusivismo è segnale di scarso controllo».

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Denunciate quindi una scarsa attenzione alla sicurezza da parte dell’attuale amministrazione? «Ovviamente non si può fare ricadere la responsabilità del dilagare della microcriminalità sull’attuale amministrazione; il problema mette le radici innanzitutto nello sfaldamento della famiglia, il primo livello del sistema

Carlo Masseroli, capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio comunale


Carlo Masseroli

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Per garantire sicurezza occorre un presidio reale in tutte le ore del giorno

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educativo. Sono due, invece, i temi tutti da addebitare a questo governo cittadino: la decisione di non far più leva sulla presenza dei militari - che certamente non rappresentano di per sé la soluzione ma un deterrente oggettivo - e la volontà di frenare lo sviluppo e la riqualificazione della città, già evidenziato anche con atti amministrativi. I quartieri degradati della città sono destinati a restare tali ancora per diverso tempo, e dove c’è degrado e non c’è vitalità la microcriminalità cresce». Ci sono tipologie di reato che destano particolare preoccupazione e zone della città più a rischio? «Tra le cose che non ci lasciano tranquilli ai primi posti sicuramente gli stupri e la violenza sulle donne. Vediamo poi la presenza in città, dopo tanto tempo, dei lava vetri e dei venditori ai semafori, soggetti che agiscono di solito in modo coordinato perché c’è qualcuno che li sfrutta: oltre a rappresentare un elemento di non grande civiltà, preoccupa il fatto che alle loro spalle cresca la criminalità organizzata. Ci sono sicuramente punti della città un po’ più a rischio di altri, ma la percezione di insicurezza nelle sere milanesi si ha anche in centro città, dovunque ci siano zone non adeguatamente illuminate e non sufficientemente frequentate».

Il sindaco ha promesso l’introduzione a breve dei vigili di quartiere. «Non so se li introdurranno o no, la definisco comunque un’idea simpatica, positiva ma insufficiente rispetto al bisogno che si ha di sicurezza: un conto è un vigile che passeggia per il quartiere la mattina, un altro conto è avere un presidio reale in tutte le ore del giorno». I lavori di decorazione delle pareti del sottopassaggio della stazione Garibaldi da parte di alcuni giovani artisti fanno parte di un’opera di riqualifica di alcuni luoghi della città allo scopo di dare una sensazione di maggior sicurezza ai cittadini. Cosa ne pensa? «Può essere piacevole trovare delle opere d’arte nei punti solitamente più dimenticati della città, ma non possiamo far dipendere da questo fatto una percezione di maggiore sicurezza. È un’associazione di idee che rasenta l’assurdo». Iniziative culturali, sportive e sociali che animino la città sono strade da percorrere per arginare microcriminalità e degrado. Quanto fa Milano sotto questi aspetti? «La rivitalizzazione della città genera attrattività e porta con sé una maggiore percezione di sicurezza; il tema dei militari, però, non è sostituibile con ragionamenti di questa natura. Non possiamo, nascondendoci dietro a più sport e più cultura, ridurre il livello di guardia. Tra l’altro i soldi pubblici sono finiti e il Comune non può più permettersi di finanziare di sua tasca la cultura e lo sport; quello che funziona è sostenere iniziative dal basso. Ma il sistema che questa amministrazione sta montando si fonda sulle tasse: più tassiamo e meno queste iniziative esisteranno».

101 RAPINE

Gli episodi registrati in abitazioni della città di Milano nel 2010. L’aumento rispetto al 2009 è del 13,48%

24.153 DANNEGGIAMENTI Gli episodi sono in crescita rispetto al 2009 del 4,36%

16.219 FURTI CON DESTREZZA Gli episodi sono in diminuzione rispetto al 2009 del 15,57%

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 269


SICUREZZA URBANA

Accendiamo luci nei quartieri «Le scelte dell’attuale giunta in materia di sicurezza non sono condivisibili» afferma il consigliere comunale Alessandro Morelli. E risponde al degrado con una «movida sostenibile» Michela Evangelisti

netto il giudizio della Lega Nord riguardo alla politica della Giunta Pisapia sul fronte della sicurezza. «Il sindaco ha deciso da subito di escludere la possibilità delle ronde con le pattuglie miste, che prima presidiavano molti quartieri “difficili” della città, come Corvetto e Quarto Oggiaro – segnala il consigliere comunale Alessandro Morelli –. Una scelta a nostro avviso sbagliata, che porta a una minore percezione di sicurezza». La Lega contesta al sindaco anche la decisione, «contenuta chiaramente già nel suo programma», di togliere potere alla Polizia locale, che negli ultimi anni ha giocato un ruolo importante per il controllo dell’ordine pubblico. «L’intenzione della sinistra è quella di trasformare i vigili in semplici scribacchini di multe – incalza Morelli –, che è importante per una questione di cassa, ma non fondamentale per il tema di cui stiamo parlando». Quali sono, dunque, le vostre richieste? «Non è importante solo l’intervento efficace quando avvengono episodi di microcriminalità; il semplice fatto di vedere una divisa in più

È Alessandro Morelli, consigliere comunale della Lega Nord

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per le strade è sempre cosa buona, soprattutto nei quartieri più a rischio. La Polizia locale ha un gruppo di intervento e di controllo che si concentra sul problema delle occupazioni abusive e un nucleo di tutela dei trasporti, che è stato premiato l’anno scorso con l’Ambrogino d’oro; noi siamo dell’idea di implementare il numero di questi agenti che presidiano il territorio». Dopo i recenti episodi di aggressione a un dipendente Atm e a un capotreno di Trenord, il Carroccio ha chiesto maggiori garanzie sulla sicurezza di chi viaggia e di chi lavora. «I dati riguardanti le aggressioni sui mezzi pubblici illustrati di recente dal presidente di Atm, Bruno Rota, sono positivi. Ma la giunta comunale ha da poco rinnovato il Cda dell’azienda trasporti cittadina: ritengo sia un errore, quando si hanno in mano dei buoni risultati, cambiare politica totalmente». Tra i punti del suo programma, una Milano sempre più attiva, che sprigiona energia a ogni ora. Pensa che sia una strada utile da percorrere anche per arginare il degrado? «Nella precedente giunta ero a capo dell’assessorato al turismo e abbiamo promosso numerose iniziative, come “Fuori Bit” o le serate di jazz nel quartiere Isola, in base alla logica di una movida sostenibile. Questi eventi, se organizzati secondo le regole, e coinvolgendo realmente la cittadinanza e gli operatori del territorio, accendono luci nei quartieri e creano una rete sociale contro la criminalità».





ODONTOIATRIA

La formazione degli assistenti alla poltrona Il settore odontoiatrico necessita sempre più di figure professionali capaci di rispondere alle esigenze dei pazienti e dell’attività stessa. Ecco perché stanno aumentando i corsi formativi per assistenti alla poltrona. Ne parla Alessandra Vassilli Emanuela Caruso

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ino a qualche anno fa, uno dei profili professionali che in Italia mancava e faceva pesare la sua assenza era sicuramente quello dell’assistente alla poltrona in ambito odontoiatrico. In realtà, già in passato, esistevano gli addetti a questa mansione, ma a mancare era personale normato, qualificato e certificato. Prima di alcuni decreti appositamente pensati, infatti, tutte le persone in possesso anche del solo diploma di terza media potevano decidere di essere assistenti e cominciavano a lavorare in tale posizione senza aver avuto alcuna preparazione o formazione, imparando il mestiere sul campo, durante l’affiancamento ai dentisti, e correndo tutti i rischi del caso. Fortunatamente, oggi, la sensibilità di governi ed enti pubblici nei confronti di ruoli professionali legati all’ambito sanitario è aumentata e sono state stabilite alcune leggi che delineano l’identità precisa dell’assistente di studio odontoiatrico quale figura essenziale alla riuscita ottimale dell’attività e quindi bisognosa di essere certificata e riconosciuta. Altro merito di queste norme, in particolare del Decreto n. 6481 del 14 giugno 2007, è quello di aver approvato a livello regionale l’istituzione di alcuni importanti corsi di formazione per assistenti alla poltrona. Alcuni di questi corsi sono tenuti dalla società Odontoservice. «Abbiamo studiato insieme alla regione Lombardia un progetto formativo idoneo a questa profes-

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Alessandra Vassilli

Attraverso i corsi formativi della Odontoservice cerchiamo di far crescere la consapevolezza del proprio ruolo nei vari partecipanti e futuri assistenti

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Odontoservice Formazione e Consulenza ha sede a Desio (MI) www.odontoservice.biz

sione – commenta Alessandra Vassilli, fondatrice dell’attività e abbiamo dato vita a un servizio ai clienti, futuri assistenti alla poltrona, composto da corsi di formazione e d’aggiornamento. Ci avvaliamo della collaborazione dell’associazione di categoria per odontoiatri, di medici e tecnici specialistici e di enti accreditati». Nel mondo lavorativo odierno, soprattutto quando si parla della salute e del benessere delle persone, è diventato di primaria importanza innalzare la qualità delle prestazioni, motivo per cui la Odontoservice propone corsi formativi completi, specifici e rispondenti a elevati standard qualitativi. «Mettiamo a disposizione dell’utenza percorsi di formazione serali e diurni, ognuno dei quali dura mediamente un anno e si divide in 500 ore di teoria, 100 ore di esercitazioni pratiche e 400 ore di stage. Ai corsi può partecipare chiunque, in quanto gli unici parametri di selezione sono un titolo di studio superiore alla terza media e, nel caso di personale straniero, documenti in regola. Alla fine dei vari percorsi consegnamo un attestato regionale che certifica la presenza e le competenze acquisite». Ma di cosa si occupa, nello specifico, un assi-

stente di studio odontoiatrico? «Questa figura professionale – continua Alessandra Vassilli – ha il compito di accogliere il paziente, accompagnarlo alla poltrona e gestire la relazione durante tutta la cura, offrendo supporto pratico-operativo e psicologico-relazionale. Inoltre fanno parte dei doveri dell’assistente il riordino e la sterilizzazione della strumentazione, nonché la sua preparazione per gli specifici interventi». Oggi, formare un assistente è più che mai importante, perché non ha più un ruolo subordinato rispetto all’odontoiatra, bensì una posizione di grande rilevanza e peso, per cui è necessario che chi si appresta a tale lavoro sia consapevole della propria attività e dei risvolti sociali e sanitari di cui potrebbe dover farsi carico. «Poter essere affiancati da assistenti preparati e professionali consente di ottimizzare i tempi, di lavorare meglio, di evitare danni e di non sprecare materiali. Uno studio odontoiatrico può quindi trarre grandi vantaggi dall’aiuto di un buon personale di assistenza, soprattutto adesso che i clienti-pazienti sono sempre più informati ed esigenti e necessitano di una figura in grado di rispondere con sicurezza, prontezza ed efficienza alle loro richieste e bisogni, anche quelli impliciti». Il futuro di questo settore e di questo mestiere presenta quindi ampi margini di miglioramento e di espansione, e, a riprova di tutto ciò, molte regioni oltre alla Lombardia, ad esempio Toscana, Lazio ed Emilia Romagna, hanno cominciato a proporre corsi simili. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 283


FITOTERAPIA

L’innovazione della fitoterapia integrata uello della fitoterapia integrata è un concetto innovativo nel campo dei prodotti naturali, in particolare per quanto riguarda le modalità di produzione. «Riguarda l’abbinamento di principi attivi di estrazione fitoterapica a oligoelementi, vitamine o minerali. I primi vengono standardizzati nei processi lavorativi, il che vuol dire che il prodotto finale ha uno standard qualitativo sempre uguale e conforme alla valenza nutrizionale e alla sicurezza. Proprio questa è la novità più rilevante introdotta da questa modalità di lavorazione». A parlare è Gian Marco Carenzi, responsabile marketing della Gricar, che da più di quarant’anni opera nel settore. «Alcune modalità produttive sono caratteristiche della nostra azienda, poiché nascono dal nostro specifico know-how nel selezionare le materie prime e nell’ottenere il massimo beneficio dai principi attivi utilizzati in ogni prodotto, in funzione della sua finalità e dell’uso a cui è destinato». Qual è stata l’evoluzione che ha portato negli anni a questi risultati? «La nostra azienda è nata nel 1970 come società di commercializzazione di prodotti naturali e questo per l’epoca era una novità. Gradualmente, si è trasformata nel giro di pochi anni da realtà commerciale ad azienda di produzione, ottenendo dal Ministero della Salute la serie di autorizzazioni necessarie per la produzione di integratori. Avviata la produzione, con il passare del tempo abbiamo accumulato il know-how e l’esperienza necessari per sviluppare il succitato

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284 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

L’attività di ricerca e sviluppo nel settore della produzione di integratori alimentari si è arricchita di nuovi concetti e di nuove formule per il benessere. Li descrive Gian Marco Carenzi, soffermandosi in particolare su un prodotto per la prevenzione dei disturbi della prostata Amedeo Longhi

Gian Marco Carenzi, responsabile marketing della Gricar di Brugherio (MB) www.gricar.net

concetto di fitoterapia integrata che si è affermato come una delle caratteristiche identificative di Gricar. Il desiderio di serietà e la forte professionalità cha fanno parte del nostro imprinting hanno anche portato Gricar ad essere una delle prime aziende del settore ad avere la certificazione ISO - 9002». La vostra attività è suddivisa fra commercializzazione e produzione. «L’azienda è composta da una divisione produttiva che realizza le referenze per il proprio listino e sviluppa formule e processi per la realizzazione di prodotti conto terzi. In questo ambito offriamo un servizio di full service


Gian Marco Carenzi

partnership, siamo cioè in grado di seguire la creazione di un prodotto per un’altra azienda in tutte le sue fasi: studio e sviluppo di formulazioni nuove e conformi alle normative, consulenza normativa per la notifica presso il Ministero della Salute, preparazione dei dossier tecnici per la notifica/registrazione, studio di tutto ciò che riguarda il packaging, stampa del materiale di presentazione, fino alla fornitura del prodotto. L’altra divisone, esclusivamente commerciale, vende i prodotti a proprio marchio e propone un listino con più di 150 referenze». Nel vostro listino compaiono più prodotti, ognuno indicato per un problema specifico. In particolare colpisce il vostro

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La fitoterapia integrata consiste nell’abbinamento di principi attivi di estrazione fitoterapica a oligoelementi oppure vitamine o minerali

Proskur. Può descrivere le sue caratteristiche fondamentali? «La patologia che colpisce più frequentemente la prostata è l’ipertrofia prostatica benigna o adenoma prostatico, che consiste in un ingrossamento dell’organo e un suo conseguente calo funzionale. È un evento tipico dell’età avanzata, che si presenta frequentemente dopo i sessant’anni. A riguardo, la fitoterapia può avere la molteplice valenza di elemento di controllo del disturbo prostatico, attenuandone i sintomi introducendo un integratore dietetico che costituisce l’elemento cardine del trattamento preventivo. Proskur, per esempio, è un integratore alimentare a base di vitamina E, zinco e di estratti vegetali di serenoa repens, trifoglio, zucca, ortica e verga d’oro; a ognuno di questi elementi si attribuiscono bibliograficamente proprietà in grado di intervenire positivamente sull’ingrossamento prostatico attraverso la fisiologica attivazione di un processo anti infiammatorio, antiossidante e cosi via. Associando le diverse piante è possibile quindi attivare diverse funzioni fisiologiche che integrandosi e potenziandosi fra loro, producono benefici tali da risultare molto utili in caso di Ipertrofia Prostatica Benigna, senza significativi effetti collaterali». Quindi Proskur può essere utilizzato da tutti? «In linea di massima sì, essendo un integratore alimentare con inserimento nel registro del Ministero della salute al n. M0614013-Y e reperibile senza ricetta medica nelle farmacie, nelle erboristerie e nei negozi di salutistica». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 285




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