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OSSIER MARCHE L’INTERVENTO ..........................................9 Roberto Luongo Guido Carella Claudio Schiavoni

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................14 Gianfranco Tonti POLITICA ECONOMICA ......................18 Giovanni Clementoni Adriano Federici Nando Ottavi Valter Taranzano Gian Mario Spacca Pietro Alessandrini MERCATI.................................................32 Cesare Romiti Ivan Malavasi Bernhard Scholz Cleto Sagripanti Claudio Marenzi RITRATTI ................................................46 Diego Della Valle

ECONOMIA E FINANZA ECONOMIA DIGITALE ........................52 Antonio Catricalà Giorgio Rapari Sergio Bozzi MERCATO DEL LAVORO ..................62 Maurizio Sacconi Francesco Casoli Adolfo Guzzini Umberto Sirico EXPORT ...................................................74 Giuseppe Cinalli Carlo Pigliapoco Doriano Marchetti Umberto Bilancioni Luciano Ghergo TECNOLOGIE.........................................84 Silvia Argalìa Massimo Federighi Giovanni Feliziani INNOVAZIONE.......................................92 Alfredo Maroni ENERGIA .................................................94 Marco Ciarmatori SICUREZZA............................................96 Davide Pieristè Luca Pecora MODELLI D’IMPRESA......................100 Giovanni Germondari Luca Stagnozzi IL DISTRETTO CALZATURIERO .................................104 Giuseppe Dari MODA E TENDENZE .........................106 Maurizio Coltorti POLITICHE AGRICOLE......................110 Nunzia De Girolamo Lamberto Vallarino Gancia

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TERMOMETRO DELLA CRISI .........118 Alessandra Ghisleri ACCESSO AL CREDITO ...................120 Carlo Sangalli I dati di Bankitalia CONSULENZA .....................................126 Ezio Lattanzio


Sommario TERRITORIO INFRASTRUTTURE............................130 Il piano del governo LOGISTICA............................................132 Daniele Pepa INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI ......................134 Paolo Buzzetti Massimo Rustico Massimo Ubaldi

AMBIENTE

GIUSTIZIA

INTERNI .................................................148 Sante Cantori Gabriele Miccini

RIFIUTI....................................................172 Luca Ceriscioli Valeria Mancinelli Romano Carancini Guido Castelli

PROFESSIONE FORENSE ..............184 Maurizio De Tilla Dario Greco Carlo A. Galli

POLITICHE TURISTICHE.................156 Alessandro Crucianelli

POLITICHE ENERGETICHE ............180 Agostino Re Rebaudengo

APPUNTAMENTI ................................142 Projets Prestige Made Expo

TURISMO CULTURALE....................162 Pier Luigi Celli Renzo Iorio Giovanni Puglisi Il Santuario della Santa Casa di Loreto

NOTARIATO .........................................192 Stefano Sabatini

SANITÀ RICERCA FARMACEUTICA.............196 Massimo Scaccabarozzi Carlo Cifani Pier Luigi Canonico STRUTTURE SANITARIE ...............204 Abdul Rahman Abu Eideh OBESITÀ...............................................206 Aldo Svegliati Baroni ORTODONZIA.....................................208 Paolo Pasquali

RUBRICHE GENIUS LOCI .......................................210 Moreno Cedroni IL COMMENTO....................................214 Sergio Travaglia

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L’INTERVENTO

Le sfide degli imprenditori di Claudio Schiavoni, presidente Confindustria Ancona

li ostacoli al fare impresa in Italia sono troppi e noti ai più: eccessiva burocratizzazione, stretta creditizia, peso della tassazione, mancanza di infrastrutture adeguate, giustizia lenta, costo del lavoro spropositato, costo dell’energia, che è del 30 per cento superiore a quella degli altri Paesi europei. La società e il sistema produttivo, le famiglie e le imprese italiane, stanno ancora pagando il conto salatissimo della più grave crisi dall’unità del Paese: -8,9 per cento il Pil, -1,7 milioni le unità di lavoro, -7,6 per cento i consumi, -27,1 per cento gli investimenti. Stiamo uscendo dalla recessione, ma rimaniamo dentro le conseguenze della crisi globale, resa più pesante per l’Italia dall’inconcludenza della politica nel realizzare rapidamente le riforme necessarie. Anche gli ultimi dati del centro studi di Confindustria Marche non sono confortanti: nel trimestre aprile-giugno 2013 la produzione industriale ha registrato una flessione dell’1,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con variazioni negative che hanno interessato gran

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parte dei principali settori dell’economia regionale, ad eccezione di alimentare, calzature e gomma e plastica che hanno fatto registrare modeste variazioni positive. Permane, dunque, il momento delicato per il territorio, così come la preoccupazione, soprattutto per i settori maturi, più in difficoltà nel trovare una via di uscita. Ma non dimentichiamoci che il nostro territorio, pur fortemente ancorato al settore meccanico, è caratterizzato da una multisettorialità che spazia dall’alimentare al chimico, dall’abbigliamento alla carta, dall’energia all’informatica. Ci sono aziende che stanno investendo e che vedono i primi ritorni. Sono segnali da cogliere, anche se, diversamente dal passato, questi episodi non sono ancora capaci di trainare la nostra economia locale fuori dalle secche. Tra i fattori principali di riposizionamento del sistema industriale, quello dell’internazionalizzazione è certamente prioritario: di solo mercato interno oggi le nostre aziende difficilmente possono vivere. Le realtà che rivolgono la loro attenzione ai mercati

esteri mettono in atto leve che consentono di guardare al futuro con un po’ di positività. Per approcciare i mercati esteri, però, è necessaria una vera e propria programmazione delle attività da realizzare, in sinergia con tutte le istituzioni sul territorio e il sistema bancario al fianco. Serve anche che le piccole aziende si mettano in rete, per affrontare più efficacemente i processi d’internazionalizzazione e d’innovazione industriale, oltre ad assicurarsi più competitività nei mercati nazionali. L’epoca del “piccolo è bello” italiano si è esaurita. Le imprese del futuro sanno pensare in grande, una grandezza che però non si misura più sulla base del numero di occupati e del fatturato, ma sulla capacità di specializzazione, di differenziazione, sulla detenzione di un sapere che distingua l’impresa dalle altre. Per uscire dal contesto attuale da vincenti non possiamo continuare a fare impresa con l’approccio di dieci anni fa: questo è il momento delle grandi sfide, è il momento di cambiare; e noi imprenditori, vocati alla modernità e all’innovazione, vogliamo essere i promotori di questo cambiamento. MARCHE 2013 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

Gianfranco Tonti, presidente di Confindustria Pesaro Urbino

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Tonti

INTERCETTARE IL CAMBIAMENTO PER FAR CRESCERE LE IMPRESE «È tempo per fare quello che serve, non quello che si può». È il motto del neo presidente degli industriali di Pesaro e Urbino, Gianfranco Tonti, che indica le possibili traiettorie di ripresa. Innovazione, internazionalizzazione, ricerca e sviluppo. Strategie che vanno però accompagnate da un nuovo approccio Francesca Druidi

a crisi strutturale che imperversa in Italia e a livello mondiale sta imponendo un’evoluzione repentina delle modalità competitive delle imprese. Da qui, la necessità di un rinnovato modello operativo che sempre più pretende l’apertura ai mercati stranieri e l’incremento dell’innovazione di processo e di prodotto. Ciò vale anche e soprattutto per Pesaro Urbino, che vede il neo presidente degli industriali, Gianfranco Tonti, impegnarsi concretamente per superare le difficoltà delle imprese del territorio. Ha annunciato di voler dare la priorità al territorio e alle istanze

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locali. Su quali parole chiave incentrerà il suo mandato? «L’obiettivo è lavorare su 5 temi, quelli che - insieme - possono fermare il grave peggioramento delle imprese di questa provincia: ricerca, innovazione, design, qualità dei prodotti ed export. Sono temi che valgono per tutti i settori di attività: dal turismo all’edilizia, dalla manifattura ai servizi. Centrale sarà soprattutto il turismo, per la capacità di generare a cascata occupazione e ricchezza. Un altro obiettivo sarà quello di proseguire la semplificazione della struttura organizzativa di Confindustria Pesaro Urbino, riducendo i costi di

gestione. Vorrei che proseguisse l’importante iniziativa pensata e gestita dal gruppo dei giovani imprenditori, tesa a favorire startup per creare nuovi imprenditori. Inoltre, ho intenzione di incontrare, fin da subito, gli amministratori pubblici delle principali comunità, le autorità, le parti sociali e le altre associazioni di categoria per cercare punti di convergenza negli obiettivi: non è più tempo in cui ciascuno vada per la sua strada, è tempo di unire gli intenti e i mezzi a disposizione». La fase di rallentamento dell’economia marchigiana ha caratterizzato anche il secondo trime- MARCHE 2013 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

stre 2013, interessando tutte le evitando il luogo comune che vuole province. Come definirebbe il quadro relativo a Pesaro e Urbino? «Gli indicatori economici di questa provincia sono fortemente negativi: cassa integrazione in crescita rispetto al 2012; disoccupazione in aumento, specialmente quella dei giovani; export molto scarso. Noi imprenditori dobbiamo essere tra i primi a reagire attraverso un nuovo modo di fare impresa, perché il modello socioeconomico che ha tenuto fino al 2007 non funziona più. Del passato dobbiamo salvare i valori, ma abbandonare i metodi e le pratiche. L’aspetto che più mi preoccupa è la resistenza al cambiamento che riscontro nella nostra categoria e non solo. È tempo per fare non quello che si può, ma quello che serve. Sono fiducioso che gli imprenditori si attiveranno per primi,

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siano sempre gli altri a risolvere i problemi. Sono convinto che occorre riscrivere ogni elemento dell’impresa, mettersi davanti a un foglio bianco con tanta umiltà e impegno». Per il 2014 prevede una ripresa? «Non credo che nel 2014 si possa verificare una situazione migliore; l’importante sarebbe vedere segnali di reazione delle forze in campo, i risultati poi arriveranno di conseguenza». Quali sono le esigenze delle piccole e medie imprese del territorio sul fronte dell’internazionalizzazione? E cosa intende fare Confindustria per affiancarle in questo processo? «Le piccole e medie imprese di questa provincia dovranno attivarsi per modificare i prodotti in base alle esigenze dei paesi esteri verso i quali


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Tonti

Le pmi di questa provincia dovranno attivarsi per modificare i prodotti in base alle esigenze dei paesi esteri verso i quali esportare

si vuole esportare. Dovranno, inoltre, strutturarsi diversamente da oggi. È comunque doveroso ricordare che ci sono imprese del nostro territorio che stanno crescendo, assumono e sono in buona salute: hanno un comune denominatore, esportano oltre il 50 per cento delle loro produzioni. Confindustria Pesaro Urbino chiederà a imprenditori e manager di imprese export oriented di portare testimonianze e know-how ai tanti loro colleghi che devono avanzare in tale direzione. Confindustria, inoltre, creerà momenti di incontro, quali convegni e seminari, per illustrare le linee guida

necessarie a praticare innovazione e design, con identica finalità». Cosa serve alle imprese della provincia, e della regione, per compiere un definitivo salto di qualità nei settori della ricerca e dell’innovazione? «Prima di tutto, la convinzione che solo queste pratiche ci porteranno fuori dalla recessione. Chi sarà attivo su questi fronti dovrà poi investire, ma il ritorno di quegli investimenti avverrà in tempi medio-lunghi. Sarebbe perciò importante poter ottenere credito dal sistema bancario, nella logica dei rispettivi diritti e doveri». MARCHE 2013 • DOSSIER • 17


POLITICA ECONOMICA

Investiamo sui giovani Formare le nuove generazioni in base alle reali esigenze delle imprese. Intensificare l’impegno su internazionalizzazione, credito e burocrazia. Sono questi gli imperativi del neo presidente di Confindustria Macerata, Giovanni Clementoni Francesca Druidi

estano negativi i principali indicatori economici della regione nel secondo trimestre del 2013. In base ai dati diffusi dall’analisi congiunturale di Confindustria Marche, la produzione industriale fa registrare una diminuzione dell’1,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un dato che a livello nazionale si attesta comunque sul -3,1 per cento. A incidere sullo scenario regionale restano le pesanti dinamiche della domanda interna e le criticità che le aziende incontrano sul fronte del credito e della liquidità. E se la ripresa è giocoforza rimandata, le aspettative più favorevoli continuano a essere legate all’export. Il debole andamento dell’attività economica si conferma trasversale a tutte le province marchigiane, anche se Macerata ha mostrato una flessione dell’attività produttiva inferiore alle altre realtà della regione, mostrando una componente estera positiva. Ed è proprio al commercio estero e alla crescita delle aziende che guarda con attenzione il neo eletto presidente di Confindustria Macerata, Giovanni Clementoni, amministratore

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Giovanni Clementoni, presidente di Confindustria Macerata

delegato dell’omonima azienda di giocattoli con sede a Recanati, il cui mandato durerà fino al 2016. Su quali obiettivi si focalizzerà il suo programma? «La priorità del mio programma è quella di procedere sulla strada avviata dai colleghi che mi hanno preceduto, adoperarmi cioè per la crescita delle nostre aziende. Sono convinto che solo attraverso la ripresa delle aziende potremo innescare quel processo virtuoso che porta allo sviluppo del territorio dove viviamo e operiamo.

Occorre pertanto adoperarsi per rivestire sempre di più un ruolo chiave nelle varie sedi istituzionali, tendere a essere un punto di riferimento per la società economica e civile, contribuendo in modo sostanziale a operare, dentro e fuori Confindustria, per lo sviluppo della nostra provincia». Come si muoverà nel concreto? «Ho concentrato la mia proposta su alcune aree tematiche a cui tengo molto, condivise appieno dal consiglio direttivo che presiedo. In particolare, ho incentrato la pro-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giovanni Clementoni

+3,3% AUMENTO DEL COMMERCIO ESTERO NELLA PROVINCIA DI MACERATA NEL TRIMESTRE APRILE-GIUGNO 2013 RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO PRECEDENTE Fonte: Indagine Trimestrale di Confindustria Marche

Ci sono ancora difficoltà da superare: i consumi interni troppo bassi, l’elevato costo del lavoro, la troppa burocrazia, la contrazione del credito

gettazione su scuola e formazione, internazionalizzazione, credito e cultura, intesa nel senso ampio del termine e cioè a salvaguardia del patrimonio umano, valore imprescindibile per fare impresa. Riguardo ai nodi su cui intervenire, sono quelli già espressi: alcuni, come la troppa burocrazia o l’eccessivo peso fiscale, non dipendono da noi, ma di certo faremo pressione nelle sedi opportune e con le modalità consentite per sensibilizzare la politica affinché intervenga in tal senso. La nostra azione sarà sempre volta a favorire il cambio di mentalità necessario per guardare al futuro».

Ha posto l’accento sui giovani e sull’importanza della formazione, orientata ad esempio all’internazionalizzazione. Come favorire la valorizzazione delle nuove generazioni? «Credo molto che la crescita e l’innovazione passino per i giovani. E questo non per fare del giovanilismo di tendenza, ma perché ritengo che i giovani - attraverso la forza innovativa delle loro idee possano portare all’impresa quella dinamicità necessaria a farla restare al passo con i tempi. Questo senza demonizzare l’esperienza data dal vissuto, che è sicurezza di base. Il connubio tra i due mondi

è, infatti, garanzia di progresso per l’azienda. Di certo, si è investito poco sui giovani, servono più ragazzi nelle nostre imprese e per fare questo vorremmo ulteriormente potenziare le iniziative promosse, già da anni, da Confindustria Macerata». Quali, ad esempio? «Progetti di alternanza scuola-lavoro e anche attività rivolte ai docenti, in modo che possano fare da tramite tra i due mondi. Punteremo sulla concretezza, favorendo iniziative che riportino la formazione tecnica e professionale dentro le imprese, con percorsi che prevedano lezioni tenute dai nostri manager, in collaborazione con i docenti, su tematiche chiave per le imprese, come le aree commerciali, gestionali, produttive e tecniche. Il processo di internazionalizzazione passa anche da questo: dalla capacità che avremo di fornire ai ragazzi quelle competenze specifiche reali che sono alla base di elaborazioni e progetti innovativi. Favoriremo sempre un approccio di rete che, nel rispetto della peculiarità del singolo, faccia del confronto l’elemento vincente». Qual è nello specifico lo scenario economico di Macerata? MARCHE 2013 • DOSSIER • 19


POLITICA ECONOMICA CQECQEC

Ho incentrato la progettazione su scuola e formazione, internazionalizzazione, credito e cultura

-0,4% DIMINUZIONE DELLA PRODUZIONE NELLA PROVINCIA DI MACERATA NEL TRIMESTRE APRILE-GIUGNO 2013 RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO PRECEDENTE Fonte: Indagine Trimestrale di Confindustria Marche

«Sono convinto che a dettare i industriale è prevalentemente di ritmi dell’economia e, di conseguenza, del benessere di un territorio è l’industria. La nostra provincia ha vissuto per anni il successo del cosiddetto “modello Marche”, che è stato vincente, ma che in questo momento sta vivendo una fase di grande difficoltà, complici sia la crisi che l’incapacità di andare avanti su schemi ormai sorpassati. Si sta pagando lo scotto dell’assenza di una politica industriale che consenta di tenere il passo sui mercati internazionali. La nostra realtà 20 • DOSSIER • MARCHE 2013

piccola dimensione e manifatturiera; sono soprattutto le aziende che rivolgono la produzione quasi esclusivamente al mercato interno a soffrire di più. L’accesso al credito è un problema, così come la troppa burocrazia e la grave pressione fiscale, ma questo non vale solo per le imprese del nostro territorio, ma per tutto il Paese». Che tipo di previsioni è possibile fare per l’economia del territorio per il 2014? «Ritengo che la sorte dell’economia del territorio sia strettamente col-

legata a quella del Paese. Fare previsioni non è semplice, non credo comunque che ci saranno a breve forti cambiamenti. Alcuni segnali confermano che una ripresa, seppur lieve, è in atto, ma ci sono ancora evidenti difficoltà non facili da superare: i consumi interni troppo bassi, l’elevato costo del lavoro, la troppa burocrazia, la contrazione del credito. Su tutto pesa poi l’instabilità politica. Sono certo che la ripresa dell’economia passerà per il superamento di questi ostacoli e sarà favorita dalla capacità di fare squadra, unendo energie e risorse in progetti con obiettivi comuni per il benessere della collettività. E questo vale soprattutto in realtà provinciali e regionali piccole come le nostre».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Adriano Federici

Un laboratorio per fare rete Lo strumento delle reti d’impresa sta incontrando il favore delle imprese marchigiane, soprattutto in questo periodo di generale difficoltà del sistema economico. Adriano Federici ne spiega i vantaggi Nicolò Mulas Marcello

e Marche sono una delle regioni italiane con più distretti produttivi presenti sul proprio territorio. Questa conformazione industriale è significativa per analizzare la propensione delle imprese marchigiane ai contratti di rete rispetto al resto del Paese. «Nel corso dell’ultimo anno spiega Adriano Federici, presidente di Unioncamere Marche - lo strumento delle reti d’impresa ha avuto una forte accelerazione sul territorio». Nelle Marche è nato il Laboratorio regionale per le reti d’impresa. In cosa consiste e quali sono gli obiettivi? «Unioncamere Marche ha costituito, assieme a Banca dell’Adriatico, questo strumento per promuovere la nascita e lo sviluppo di reti formali fra imprese, garantendo servizi e un supporto adeguato agli imprenditori della regione. Il laboratorio si propone lo scopo di aumentare la competitività delle nostre piccole e medie imprese, attraverso azioni comuni e un adeguato sostegno creditizio. Unioncamere Marche, di fronte alle piccole e medie imprese interessate alla costituzione di reti, si pone al loro fianco, promuovendo e organizzando tavoli tecnici, se-

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minari ed eventi pubblici dedicati alle imprese di specifici settori, filiere e distretti. Tra l’altro, l’ente metterà a disposizione le competenze e le esperienze maturate nella partecipazione al progetto nazionale di accompagnamento delle reti d’impresa, finanziato nell’ambito di un accordo di programma tra Ministero dello sviluppo economico e Unioncamere nazionale». Qual è l’andamento delle reti d’impresa nelle Marche? «Nel corso dell’ultimo anno lo strumento delle reti d’impresa ha avuto una forte accelerazione in regione. Se dodici mesi fa se ne contavano

27, con la partecipazione di 88 aziende, oggi sono diventate 53 e coinvolgono 166 imprese. Pur essendo una regione relativamente piccola, con appena 1,6 milioni di abitanti, siamo al settimo posto tra le regioni italiane come numero di contratti di rete. Quasi la metà delle imprese in rete sono del settore industriale (47,3 per cento), mentre il 29,7 per cento sono imprese dei servizi, il 21,2 per cento imprese edili e solo l’1,8 per cento imprese agricole. Si tratta di uno strumento che si adatta molto bene a una realtà imprenditoriale di eccellenza come quella delle Marche, dove il

Adriano Federici, presidente di Unioncamere Marche

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POLITICA ECONOMICA CQECQEC

53 IL NUMERO DI AGGREGAZIONI CHE NEL 2013 COINVOLGONO 166 AZIENDE NELLA REGIONE MARCHE

sistema produttivo è formato prevalentemente da piccole aziende, che da sole non hanno massa critica sufficiente per affrontare processi di innovazione o progetti di internazionalizzazione». In termini di ricerca e innovazione, le reti di impresa danno più chance di sviluppo? «Sicuramente sì, e le imprese ne sono consapevoli. Infatti, i principali obiettivi delle imprese che si mettono in rete sono proprio quelli di migliorare la promozione commerciale e avere più strumenti per la ricerca, l’internazionalizzazione e l’efficienza produttiva. Come dimostra una recente indagine dell’Osservatorio sulle reti d’impresa curato da Intesa Sanpaolo, le imprese manifatturiere 22 • DOSSIER • MARCHE 2013

La rete è il motore delle piccole e medie imprese per competere sui mercati internazionali

che partecipano a una rete sono le più presenti all’estero, fanno ricerca, brevettano e sono attente alla certificazione della qualità». L’aggregazione delle imprese costituisce un modo efficace anche per competere sul piano internazionale? «Certamente. La rete è il motore delle piccole e medie imprese per competere sui mercati internazionali. Conquistare, ad esempio, quote di mercato nei Paesi Bric è difficile se si opera in solitudine.

Le nostre imprese hanno bisogno di strumenti mirati per accedere a programmi di internazionalizzazione. Mettersi in rete, indubbiamente, rafforza la competitività; ma solo questo non basta. C’è bisogno di una seria politica industriale e che le Istituzioni creino i presupposti per costruire e sostenere legami e alleanze tra i soggetti pubblici e privati portatori di nuovi saperi e nuove conoscenze: imprese, università, centri di ricerca».



POLITICA ECONOMICA

Export scaccia crisi Il mercato interno ristagna. Per questo le aziende marchigiane, da sempre abituate a guardare oltre i confini nazionali, stanno aumentando i legami con l’estero. Con ottimi risultati Teresa Bellemo

el primo semestre del 2013 le Marche hanno fatto registrare la miglior performance tra tutte le regioni italiane, con un incremento delle esportazioni del 12,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. Il risultato della regione, in controtendenza rispetto alla media nazionale (-0,4 per cento), evidenzia come le imprese del territorio siano state in grado di sfruttare al meglio gli spazi offerti dall’evoluzione della domanda estera e dalle opportunità di business aperte nei mercati internazionali. È chiaro dunque che l’internazionalizzazione oggi costituisce una leva strategica fondamentale per sostenere la competitività delle imprese e per consentire loro di superare le attuali difficoltà, tornando a crescere. Da questo punto di vista anche la Cina sarà sempre più strategica. Secondo il centro studi di Confindustria, in futuro il Celeste Impero crescerà a ritmi meno rapidi di quelli osservati nei passati vent’an-

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Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche

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ni, ma il contributo della spesa dei consumatori continuerà a salire. Per questo Confindustria Marche, grazie a un lavoro di squadra che vede coinvolte tutte le sedi provinciali e la Regione, è impegnata a concretizzare le esigenze delle imprese regionali. «Ad esempio, insieme alla Regione e all’Istao, l’Istituto di alta formazione Adriano Olivetti di Ancona, contribuiamo alla preparazione di figure specializzate nell’internazionalizzazione e nel supporto alle imprese nella loro strategia di apertura all’estero» precisa Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche. Altri progetti di Confindustria

Marche su questo fronte? «Ospitiamo molte delegazioni economico-istituzionali provenienti da Paesi esteri e promuoviamo giornate di approfondimento sui quei mercati internazionali che più interessano alle nostre imprese. Inoltre, progettiamo e realizziamo iniziative mirate verso determinate aree, fra le quali i Paesi dell’Africa mediterranea (Marche Contract, Progetto Mediterraneo, Libya Build), i paesi dell’Europa dell’Est, gli Stati Uniti. In particolare, ci stiamo concentrando su New York con lo scopo di dare un mercato alle pregiate produzioni alimentari e vinicole regionali. Il piano di promozione dell’agroalimentare negli Usa è


XxxxxxxNando Xxxxxxxxxxx Ottavi

+32,4% NEL PRIMO SEMESTRE 2013 GLI SCAMBI DELLE IMPRESE MARCHIGIANE CON LA CINA HANNO VISTO UN FORTE AUMENTO RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DEL 2012

un progetto integrato partito da oltre un anno con diverse attività e che questo mese ha visto a New York diverse iniziative presso ristoranti di prestigio, rivenditori specializzati, showroom di eccellenze marchigiane, con eventi anche culturali per promuovere il “brand Marche”». Come sta cambiando la geografia delle esportazioni marchigiane? «Nell’attuale difficile quadro congiunturale, gli unici indicatori positivi sembrano essere quelli relativi alle esportazioni. Per questo Confindustria Marche monitora con attenzione l’andamento economico di tutti quei Paesi che possono rappresentare potenziali aree di destinazione delle nostre produzioni. Non si può non considerare che i Paesi europei, verso i quali è diretto il 60,1 per cento delle esportazioni regionali, stanno risentendo e risentiranno ancora degli effetti della crisi economica. Invece cresce, anche se a ritmi meno sostenuti che in passato, la domanda proveniente dai Paesi emergenti». A proposito di mercati lontani, le esportazioni delle Marche verso la Cina continuano a far registrare buone performance. «I consumi cinesi sono in crescita, spinti dagli aumenti salariali, dall’avanzamento delle politiche a tutela della salute e previdenziali e dal-

I consumatori cinesi sono attratti dai prodotti marchigiani e stanno imparando a riconoscerne il valore

l’inarrestabile processo di urbanizzazione. I consumatori cinesi sono attratti dai prodotti italiani e marchigiani e stanno imparando a riconoscerne il valore, anche al di fuori dei marchi noti e anche quando non si tratta di beni della fascia più alta. Nel primo semestre 2013 le esportazioni marchigiane verso la Cina hanno mostrato un incremento del 32,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, anche se è importante ricordare che il loro peso sul totale non raggiunge l’1,9 per cento. Quasi la metà del nostro export verso la Cina è rappresentato da prodotti del sistema moda, che nei primi sei mesi del 2013 hanno registrato un incremento del 30 per

cento circa». Quali sono le previsioni? «Credo che questo mercato potrà rappresentare in futuro sempre maggiori opportunità strategiche di sbocco per le nostre produzioni di alta qualità, considerato il crescente aumento nel paese di una classe benestante sempre più interessata a comprare beni di qualità e capaci di dare emozione. L’interesse verso le produzioni calzaturiere italiane e marchigiane è testimoniato anche dallo svolgimento della fiera Micam a Shanghai, rassegna dedicata alla calzatura internazionale, dall’11 al 13 ottobre 2013, cui ha partecipato una nutrita delegazione di imprese marchigiane». MARCHE 2013 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

Appuntamento con l’Europa La programmazione dei fondi strutturali europei 2014-2020 è un passaggio importante in ottica futura, da portare avanti in maniera condivisa con il territorio. Ne parla il presidente della Regione, Gian Mario Spacca Francesca Druidi

dati congiunturali lo confermano. La fase recessiva non è ancora terminata, nelle Marche come nel resto d’Italia. Ma la volontà politica di superare le difficoltà non manca, così come una visione di lungo periodo che, partendo dai punti di forza e di debolezza del tessuto economico regionale, mira a preservare e incrementare la vocazione produttiva delle Marche. Premiata

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come “Regione imprenditoriale europea 2014” (marchio del Comitato delle Regioni dell’Unione europea), le Marche sono pronte a intraprendere le misure necessarie per cogliere tutte le opportunità di rilancio. La produzione industriale continua a restare critica in regione nei primi sei mesi del 2013. Qual è il bilancio della situazione economica delle Marche?

«Dopo 6 anni di crisi, di cui 4 di recessione, in Italia e in Europa, è inevitabile che le famiglie e le imprese soffrano. Questo ci ha posto e continua a porci di fronte a problemi molto forti. La Regione li ha affrontati con un’energica azione di resistenza che consente alle Marche di presentarsi all’appuntamento con la ripresa - che gli osservatori danno per imminente - con indicatori positivi. Nonostante la cri-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gian Mario Spacca

La Regione ha avviato una forte riflessione sull’elaborazione dei progetti da presentare per il prossimo periodo di programmazione europea 2014-2020

Il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, riceve il Premio Regione imprenditoriale europea

si, la regione conserva, infatti, il più alto tasso di imprenditorialità in Italia, la più elevata vocazione produttiva del Paese che la pone ai primi posti tra le regioni dell’Ue. Il Pil pro capite regionale è superiore alla media nazionale e la contrazione dell’occupazione resta, invece, inferiore. Oggi il tasso di disoccupazione, anche se in crescita, permane inferiore alla media italiana». Gli ultimi dati vedono un export in aumento. «È uno dei nostri punti di forza. Nel periodo della crisi, la bilancia commerciale della regione si è mantenuta, infatti, sempre ampiamente positiva, mentre quella del Paese è risultata sempre negativa. Le Marche confermano la propria vocazione all’export e si attestano come prima regione italiana per crescita delle esportazioni nel primo semestre 2013, con un incremento del 12,7 per cento contro il calo nazionale dello 0,4 per cento. L’Istat cita MARCHE 2013 • DOSSIER • 29


POLITICA ECONOMICA

Il futuro del modello Marche “Marche +20” è un documento strategico che guiderà la politica economica della Regione. Ad anticiparne le linee guida è il coordinatore del progetto, Pietro Alessandrini n progetto triennale, commissionato dalla Regione Marche, che terminerà nel maggio 2014. Realizzato con il supporto di un comitato scientifico del quale fanno parte 5 esperti di livello nazionale (le elaborazioni dei dati statistici sono invece condotte all’interno della Regione), coordinato da Pietro Alessandrini (nella foto), docente di Politica economica presso l’Università Politecnica delle Marche. «Gli obiettivi di “Marche +20” riguardano l’individuazione delle principali linee evolutive di lungo periodo dell’economia e della società della regione e la predisposizione di strumenti e azioni per correggere le tendenze negative e sostenere quelle premianti».

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del radicamento territoriale. I processi di cambiamento innovativo e organizzativo vanno gestiti attivamente. In particolare, il fenomeno in atto della delocalizzazione di alcuni rami e settori produttivi può diventare un fattore di sviluppo e non di depauperamento, se e nella misura in cui viene mantenuta la capacità direzionale e gestionale all’interno della regione. Inoltre, la manifattura regionale dovrà evolversi a livello qualitativo sia nei settori tradizionali, che fanno capo ai prodotti per la persona e per la casa, sia nei nuovi settori produttivi aperti per prossimità cognitiva». È possibile anticipare le linee strategiche individuate dal rapporto?

«Le linee strategiche del rapporto, che

Come si articolerà “Marche +20” e non è stato ancora portato a termine, riguardano l’attivazione di più motori di quali aree riguarderà?

«Il progetto è stato articolato su tre piani di lavoro. Il primo riguarda l’analisi della situazione economica e sociale della regione. Il secondo piano di lavoro è stato dedicato all’individuazione di 18 ambiti territoriali dello sviluppo locale, per mettere in evidenza le diverse caratteristiche e le diverse esigenze del policentrismo regionale. Il terzo piano ha riguardato l’obiettivo di contare su diversi motori di sviluppo, distinti in due tipologie interattive: i motori che producono reddito e quelli che producono benessere. L’evoluzione delle Marche deve essere realizzata su entrambi i fronti: produrre reddito consente di investire anche nel benessere della popolazione (formazione, sanità, servizi sociali, governo del territorio); investire in benessere consente di ottenere vantaggi anche in termini di produzione del reddito». Quali fondamenta della struttura produttiva delle Marche restano punti fermi? E su quali, invece, si è ritenuto opportuno dover intervenire?

«Un punto fermo è quello di mantenere la vocazione manifatturiera del sistema produttivo marchigiano, coniugando i vantaggi della globalizzazione con quelli

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sviluppo. A livello produttivo non solo attività industriali, ma anche la valorizzazione delle attività rurali con riflessi positivi sulla tipicità dei prodotti locali, sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio. Altri due motori di sviluppo vanno attivati con maggiori investimenti. Il primo riguarda i servizi avanzati a livello di comunicazione e di distribuzione. Su questo fronte, le Marche debbono compiere sostanziali passi in avanti. Il secondo riguarda il turismo e la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico». Quale ruolo giocherà il modello distrettuale?

«Il modello distrettuale è anch’esso in forte evoluzione produttiva, organizzativa e territoriale. Contano sempre più le reti di impresa, che hanno una filiera produttiva distribuita su territori più estesi rispetto a quelli originari dei distretti. Contano progetti che integrano più competenze di imprese diverse. Occorre rafforzare la cintura di medie imprese, che è un problema italiano, oltre che marchigiano. Sono importanti le reti finanziarie che sappiano raccogliere capitale e investirlo nella regione». FD


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gian Mario Spacca

non a caso le Marche tra le regioni in espansione che si segnalano come particolarmente dinamiche». La Regione ha ricevuto in estate il riconoscimento European Entrepreneurial Regions 2014, in virtù della strategia regionale in materia di politiche industriali. Cosa rappresenta questo risultato? E su quali direttrici le Marche stanno costruendo il proprio futuro? «Aver ricevuto il premio significa aver ottenuto l’importante ratifica da parte dell’Europa della nostra visione e del nostro spirito imprendi-

toriale, della qualità, efficacia e successo a lungo termine della strategia regionale per le pmi e della volontà politica di attuarla. Un premio che assume un valore ancora maggiore in considerazione del fatto che le Marche sono la prima regione italiana a esserne insignita e tra le 12, in tutta Europa, ad averlo ricevuto. Potersi fregiare del marchio Eer consente alle Marche di incrementare la visibilità, interna ed esterna, divenendo un punto di riferimento per altre regioni e un esempio di approccio strategico alle politiche per le pmi da seguire e imitare. Le

Marche vogliono sempre di più essere e vivere l’Europa ed è per questo che la Regione ha avviato una forte riflessione sull’elaborazione dei progetti da presentare per il prossimo periodo di programmazione europea 2014-2020. È qui che ci giocheremo il nostro futuro». Quali misure, nello specifico, la Giunta andrà a discutere e a definire nei prossimi mesi in base alle priorità del sistema sociale e produttivo? «La Regione ha adottato, per fronteggiare la durissima crisi internazionale, una decisa azione di resistenza. Resistere solamente però non basta, perché la resistenza è una strategia senza futuro. È questo il momento di decidere il nostro domani, perché l’appuntamento con la programmazione dei fondi strutturali europei 2014-2020 è di straordinaria importanza. È fondamentale, in questa fase, concentrarsi e selezionare, per cogliere al meglio le opportunità offerte dal principale strumento che avremo a disposizione da qui a sei anni. La Regione vuole farlo attraverso il confronto sul territorio con i cittadini, gli amministratori, con i centri nervosi della nostra vita di comunità. Abbiamo quattro mesi per selezionare gli obiettivi, da organizzare poi in progetti da affidare al governo italiano, il quale a sua volta li trasmetterà all’Europa. Tra gli asset che vogliamo sicuramente porre al centro della progettazione regionale, il capitale umano con la formazione e l’istruzione; l’innovazione; strumenti di carattere finanziario per sostenere il rilancio delle imprese; la connettività con la banda larga; progetti per l’entroterra». MARCHE 2013 • DOSSIER • 31


MERCATI

Terzo millennio, missione Cina Gli imprenditori italiani che accettano la sfida del mercato con gli occhi a mandorla aumentano sempre di più. La Fondazione Italia Cina, guidata da Cesare Romiti, le accompagna in un percorso non sempre facile

Cesare Romiti, presidente della Fondazione Italia Cina

Teresa Bellemo

l governo cinese ha selezionato sette settori strategici emergenti per facilitare lo sviluppo di una nuova struttura industriale del Paese. Risparmio energetico e protezione ambientale, tecnologie informatiche di ultima generazione, biotecnologie, produzione di macchinari avanzati, energie alternative, nuovi materiali e veicoli ecologici. Sono questi dunque i territori in cui dovrebbero avventurarsi gli imprenditori che volessero penetrare il mercato cinese. Un’opportunità enorme, soprattutto oggi che le piazze occidentali viaggiano a ritmi più lenti. La Fondazione Italia Cina promuove proprio gli scambi economici e culturali tra il nostro Paese e la Repubblica popolare cinese. Da ormai dieci anni, assiste gli operatori italiani attraverso attività formative, progetti di penetrazione del mercato, consulenza strategica e legale. Collabora, inoltre, con le autorità dei due paesi, al fine di contribuire a più strette relazioni economiche e commerciali. A presie-

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dere l’ente è Cesare Romiti, che sottolinea quanto la Cina costituisca molto più spesso una risorsa piuttosto che una minaccia. «L’interesse per il suo mercato e la sua cultura è in continua crescita. Nel corso di questi anni abbiamo organizzato decine di eventi che vogliono dimostrare le opportunità che derivano dalla crescita cinese e conferire visibilità ai casi di successo delle nostre imprese laggiù». Quali le prossime iniziative della fondazione?

«Il 28 novembre saranno consegnati i “China Awards”, con i quali ogni anno vengono premiate quelle aziende italiane che meglio hanno colto le opportunità del mercato cinese e le aziende cinesi che meglio hanno colto le opportunità del mercato italiano. In questo modo vogliamo comunicare l’importanza dell’internazionalizzazione e dei benefici che derivano dai flussi di capitali, persone, idee, beni e servizi tra i due Paesi». Quali sono le potenzialità del-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Cesare Romiti

+3,8% L’AUMENTO TENDENZIALE DELLE

ESPORTAZIONI ITALIANE VERSO LA CINA NEI PRIMI 7 MESI DEL 2013

L’Italia per i cinesi è il paese del gusto, della bellezza e della qualità

l’interazione tra Italia e Cina? «Da sempre cerchiamo di far capire agli imprenditori che ci seguono quanto le potenzialità siano enormi. Dal punto di vista del mercato, secondo i dati che ogni anno elabora il nostro centro studi, le prospettive di crescita per le imprese estere continuano ad aumentare. Nello specifico vediamo che il valore dell’export italiano in Cina è cresciuto del 3,8 per cento nei primi 7 mesi del 2013 rispetto al 2012. Da un punto di vista culturale, registriamo una sempre maggiore attenzione allo studio della lingua e della cultura cinese sia da parte di studenti che di professionisti e imprenditori. La nostra scuola di formazione permanente lavora proprio su questo, assicurando una proposta didattica di qualità e su misura».

Quali le direttici del cambiamento cinese? «Le imprese straniere devono fare i conti con il momento di transizione politica di questi ultimi mesi, continuando però a guardare al Dodicesimo piano quinquennale, che dice molto sulle linee di sviluppo economico e sociale dei prossimi anni e può perciò fare da guida per gli investimenti. Diffuso nel gennaio 2011, il piano concentra l’attenzione sulla continua urbanizzazione del Paese e su un minore affidamento dell’economia nazionale alle esportazioni e agli investimenti in capitale fisso. In questo senso, dal punto di vista macroeconomico, si andrà a ridurre il deficit tra Cina e Italia, in quanto le imprese nazionali cinesi saranno più orientate ai consumi interni. Cresceranno dunque le opportunità per

le aziende che esportano in Cina, ma anche per le aziende che sono insediate su altri mercati e hanno sofferto la concorrenza cinese in passato». Le esportazioni verso la Cina continuano a crescere. Quali sono però i settori su cui l’Italia dovrebbe scommettere di più? «Per le imprese straniere i settori più interessanti sono quelli delle energie pulite, dei servizi professionali e sanitario. Una strategia vincente per il mercato di massa è concentrarsi sui mercati di fascia alta e sulle nicchie. Non è più possibile pensare di servire il mercato cinese senza una presenza commerciale diretta, quindi il tema dell’export è direttamente legato a quello degli investimenti diretti. Anche il posizionamento territoriale è fondamentale: entro il 2035, in Cina, oltre un miliardo di persone vivrà in 600 città, con un aumento della popolazione urbana di circa 340 milioni di abitanti. Sicuramente le nostre imprese devono essere pronte a modificare le proprie strategie in funzione dei cambiamenti che la MARCHE 2013 • DOSSIER • 33


MERCATI

Gli aspetti più critici sono la violazione della proprietà intellettuale, le differenze linguistiche e culturali

Cina sta attraversando, per questo è importante un aggiornamento continuo». I cinesi come vedono l’impresa italiana? «Alle nostre aziende viene riconosciuto grande valore, soprattutto se guardiamo i settori del lusso. L’Italia per i cinesi è il paese del gusto, della bellezza e della qualità: la nostra tecnologia è un’eccellenza che dobbiamo proteggere e diffondere e in Cina questa nostra capacità viene riconosciuta e apprezzata, soprattutto in alcuni settori, come quello dei macchinari avanzati. 34 • DOSSIER • MARCHE 2013

Ma ci sono anche gli aspetti negativi. Le nostre aziende scontano un approccio poco pragmatico al mercato, la scarsa programmazione e la frammentazione del “sistema Italia”, punto fondamentale per i nostri imprenditori, che purtroppo faticano ad essere debitamente supportati dalle istituzioni». Per un imprenditore italiano quali sono le maggiori difficoltà, non solo economiche, ma anche culturali, nel penetrare il mercato cinese? «Il nostro centro studi ha elaborato un’indagine sulle principali barriere: gli aspetti più critici sono la violazione della proprietà intellettuale, le differenze linguistiche e culturali, le difficoltà nel trovare adeguati partner locali e gli aspetti legati alla burocrazia. Da un punto di vista culturale è fondamentale per i nostri imprenditori essere debitamente preparati, per questo la nostra scuola di formazione permanente da anni punta molto sulla formazione di aziende e pro-

fessionisti che intendono sbarcare in Cina. Come mi piace ripetere, una corretta interpretazione del mercato cinese parte da una corretta interpretazione della realtà cinese». Oltre alla formazione, come conoscere il mercato di riferimento? «Una strategia da non sottovalutare è quella delle risorse umane: un’impresa italiana che desidera avere successo in Cina deve mettere in conto che il management locale è fondamentale per poter comprendere il consumatore cinese, prendere decisioni in tempi rapidi e condurre in modo appropriato le relazioni politiche con le istituzioni cinesi. Per questo la Fondazione Italia cina promuove attività volte al supporto nella selezione del personale, sia con l’evento “Italy China career day”, la cui quinta edizione avrà luogo a Milano a gennaio 2014, sia con un portale che raccoglie quasi 3.000 curriculum di risorse italiane e cinesi esperte di Cina».



MERCATI

Innovazione e strategie Il dinamismo delle pmi italiane sui mercati esteri deve essere da esempio per la realizzazione di politiche di internazionalizzazione mirate. Il punto di Ivan Malavasi, presidente della Cna Francesca Druidi

e piccole e medie imprese italiane che esportano sono circa 187mila e assicurano quasi il 54% delle esportazioni totali del Paese. Dal 2007 a oggi, le vendite all’estero delle micro aziende (quelle che sui mercati internazionali realizzano un fatturato non superiore ai 75mila euro), sono aumentate del 31,3%. Solo nel 2012, sono aumentate del 6,5% rispetto al 2011. A stabilirlo è una ricerca di Cna, la Confederazione italiana dell’artigianato e della piccola e media impresa. Il presidente Ivan Malavasi illustra le potenzialità che caratterizzano queste realtà produttive. Con quali strategie le piccole e medie imprese italiane stanno affrontando la sfida dell’internazionalizzazione? «Le micro, piccole e medie imprese che esportano i loro prodotti, direttamente o indirettamente, appartengono soprattutto al comparto manifatturiero. La maggior parte delle imprese internazionalizzate non si limita a vendere all’estero, ma tende a sviluppare strategie complesse, dagli investimenti produttivi alle joint venture. Il successo di una strategia di internazionalizzazione passa quasi

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In alto, Ivan Malavasi, presidente della della Confederazione italiana dell’Artigianato e della Piccola e media impresa (CNA)

sempre attraverso un potenziamento della parte commerciale. Oltre a promozione, marketing e comunicazione, una componente molto importante è rappresentata dall’innovazione. Infatti, la maggior parte delle micro, piccole e medie imprese esportatrici deve il proprio successo in larga misura ai

prodotti e ai servizi innovativi sui quali ha puntato». Quali esigenze esprimono queste realtà nell’apertura ai mercati internazionali? «Il numero di queste imprese è minimo rispetto al totale delle imprese nazionali e anche al successo commerciale e mediatico del made


Ivan Malavasi

Pensare in modo globale Il leader degli industriali italiani, Giorgio Squinzi, vede nell’apertura ai mercati internazionali lo snodo cruciale di una visione strategica per l’Italia e l’Ue in Italy nel mondo. In larga parte, però, si tratta di micro, piccole e medie imprese che contribuiscono all’export italiano, secondo l’Istat, per oltre il 50 per cento. Di ciò devono rendersi conto gli enti pubblici che curano il coordinamento e la promozione dell’internazionalizzazione. Va ridefinito l’assioma che vede internazionalizzazione e grandi imprese procedere a braccetto. Non è vero, e i numeri lo dimostrano. I processi di internazionalizzazione, comunque, non coincidono solo con il fatturato esportato. Le imprese chiedono alle istituzioni che si occupano di internazionalizzazione di attivare iniziative e strumenti che sostengano a tutto campo la loro proiezione all’estero». Quali sono i fattori che rendono competitive le esportazioni delle micro imprese italiane? «La piccola impresa italiana che realizza prodotti unici al mondo -

ono in crescita le esportazioni italiane nel secondo trimestre 2013 ed è previsto che il loro volume aumenti del 2,9% nel 2014. A stimarlo è il centro studi di Confindustria. Le performance delle imprese italiane sui mercati esteri hanno sorretto l’intera economia nazionale in questi anni. Solo l’export della manifattura vale circa 500 miliardi di euro l’anno. «Le nostre imprese – ha sottolineato Giorgio Squinzi, leader di Confindustria – lottano su mercati sempre più difficili e reagiscono alle sfide con l’innovazione, guardano a nuovi clienti e studiano nuovi prodotti per nuovi consumatori». La capacità competitiva del made in Italy si mantiene nei settori dell’alimentare, della meccanica, dei beni strumentali, della chimica, del medicale, dell’aerospazio. Esistono però ancora ampi margini di miglioramento e di acquisizione di nuovi mercati. «Occorre estendere la base delle imprese manifatturiere esportatrici, con una particolare attenzione alle piccole e medie aziende, rafforzando l’attività dell’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) in stretto rapporto con le necessità del sistema produttivo» ha dichiarato Squinzi. Il numero uno di viale dell’Astronomia sostiene da tempo la necessità di

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aumentare in maniera considerevole il budget, attualmente di 30 milioni di euro, a disposizione dell’Ice. «Sono numeri assolutamente inadeguati per sostenere le imprese italiane che si vogliono internazionalizzare» ha precisato Squinzi il 23 settembre scorso, in occasione dell’inaugurazione della trentunesima edizione del Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredo bagno di Bologna (Cersaie). Presente alla fiera anche in veste di imprenditore, in quanto amministratore unico della Mapei (multinazionale che opera nel settore dell’edilizia e affini), Squinzi ha riconosciuto il valore di un appuntamento fieristico quale il Salone internazionale della ceramica. «Se produciamo in cinque continenti è anche grazie alla presenza trentennale a manifestazioni come questa, strumento fondamentale di internazionalizzazione». Favorire occasioni per sviluppare relazioni di business è determinante. Concentrando l’azione sui mercati dei paesi emergenti e, in generale, sulle economie che presentano un maggiore potenziale di crescita, Confindustria organizza missioni dedicate a filiere di produzione in Asia, Africa e sud America. L’associazione degli industriali italiani fornisce, inoltre, alle imprese - attraverso incontri e convegni - informazioni sugli strumenti finanziari oggi disponibili e sulle modalità operative dei programmi di finanziamento. Attraverso le sedi territoriali di Confindustria, sono molte, inoltre, le iniziative messe in campo per rafforzare la presenza delle aziende italiane oltre confine. «Dobbiamo pensare globalmente» ha sottolineato Giorgio Squinzi a Berlino intervenendo a un convegno nel settembre scorso; il leader degli industriali italiani ha esortato i politici europei ad adottare misure concrete di politica industriale, facendo tornare l’economia al centro della manovra degli Stati e ponendo le basi per una maggiore cooperazione, indispensabile all’Eurozona per fronteggiare la competizione internazionale. LT

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MERCATI

+2,3% 11,1 mld EXPORT

EURO

LA CRESCITA DELLE ESPORTAZIONI NEL PERIODO GENNAIO-AGOSTO 2013, L’AUMENTO HA INTERESSATO TUTTI I PRINCIPALI SETTORI

IL SURPLUS COMMERCIALE REGISTRATO TRA L’ITALIA E I PAESI EXTRA UE NEI PRIMI OTTO MESI DEL 2013

non solo abiti, mobili, formaggi, gliamo favorire il necessario salto netaria in alcuni paesi emergenti e ma anche macchine utensili e apparecchiature di precisione - probabilmente rappresenta la maggiore ricchezza del sistema Italia. L’innovazione di prodotto e di processo messa in campo da queste realtà ne costituisce un valore competitivo essenziale. Il problema per le piccole imprese non sono i prodotti, quanto piuttosto la capacità di penetrare i mercati esteri. Serve maggiore formazione all’internazionalizzazione. Su questo aspetto anche le associazioni imprenditoriali potrebbero fare di più. È nostro dovere recuperare terreno su questo fronte se vo38 • DOSSIER • MARCHE 2013

di qualità delle piccole imprese sui temi dell’export e dell’internazionalizzazione». Le piccole e medie imprese esportano soprattutto verso Europa e Africa. Ci sono margini per pensare di allargare i confini di azione? «Anche a livello geografico è necessario che la prospettiva degli scambi internazionali dell’Italia perda il perenne carattere di occasionalità e non corra più dietro a mode e innamoramenti improvvisi. La crisi dei cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), la forte svalutazione mo-

il calo dei consumi interni in altri, rendono ora più difficile l’accesso dei nostri prodotti di qualità a mercati considerati fino a poco tempo fa un approdo ideale. Le economie mature tornano a essere i nostri mercati di sbocco prioritari. I problemi maggiori per le nostre imprese sono costituti, però, soprattutto dall’euro tenuto artificialmente fortissimo e dalla pubblica amministrazione italiana. Se si riuscisse a sciogliere questi nodi, le piccole imprese potrebbero sprigionare le proprie potenzialità e guadagnare in competitività. Su ogni mercato».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Bernhard Scholz

Guida all’export Investire risorse ingenti non è l’unica strada con cui le imprese italiane possono sviluppare business oltre confine. Esistono altre soluzioni. L’analisi di Berhard Scholz, a capo delle Compagnia delle opere Francesca Druidi

a nove anni la Compagnia delle opere organizza l’evento Matching 2.0: un ciclo internazionale di incontri b2b nel quale si sviluppano temi centrali per la competitività delle aziende. Tra questi, l’innovazione riveste un ruolo di crescente importanza. Bernhard Scholz, presidente dell’associazione, spiega quali sono le sfide che le imprese italiane incontrano nell’affrontare i mercati internazionali. In base all’esperienza maturata con Matching, la nona edizione è in programma dal 25 al 27 novembre 2013, quali strategie devono adottare le aziende italiane per incrementare il processo di internazionalizzazione? «Il problema è come si sceglie di affrontare questo percorso. Matching 2.0 accompagna le imprese italiane nel comprendere i cambiamenti del mercato, le nuove regole e le modalità per affrontarle al meglio. Nell’area dedicata all’internazionalizzazione, sono presenti aziende di servizi, eventi e seminari formativi, utili per scoprire le opportunità dei venti paesi partecipanti, fino al dettaglio degli strumenti tecnici, dei possibili finanziamenti e degli aspetti burocratici».

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Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere

L’evento ha accompagnato 160 imprese italiane in Russia, Cina, Brasile, Germania, Qatar. Una nuova partnership è stabilita con il Marocco e la sua fiera dell’edilizia. Perché questi paesi? Esistono specifiche opportunità per le imprese italiane? «La scelta dei paesi dipende dai rapporti che in questi anni si sono consolidati con alcuni soggetti che fanno internazionalizzazione con capacità e competenze comprovate. L’individuazione di diverse mete cerca di rispondere al meglio alle necessità di tanti settori che vivono un periodo difficile, come quello dell’edilizia. In Russia e Qatar si sono, infatti, tenuti i due eventi dedicati a questo settore. Negli altri paesi, in particolare in Cina, si è valorizzato il sistema le-

gato allo stile “made in Italy” trattandosi di mercati ad alto valore aggiunto, anche in collaborazione con l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) e altri soggetti istituzionali». Mercati maturi o emergenti: quali sono i più promettenti e per quali motivi? «Cina, India, Brasile e Turchia hanno vissuto un eccezionale sviluppo economico negli ultimi anni, ma hanno subìto un rallentamento. Le contestazioni viste in Brasile, tra giugno e luglio, durante la Confederation Cup e in occasione della visita di Papa Francesco chiedono di riequilibrare il modello economico degli ultimi anni. Viene invocata una maggiore attenzione ai problemi sociali MARCHE 2013 • DOSSIER • 39


MERCATI

ed educativi affinché la crescita possa

essere integrale. Questa è una sfida da cogliere, ma che evidenzia una certa imprevedibilità dei mercati emergenti. Appare ragionevole anche guardare all’Africa, in particolare ai mercati magrebini del nord, al Sud Africa ma anche ai paesi subsahariani: sono realtà che necessitano di nuove infrastrutture economiche; realtà nelle quali si prevede un forte incremento della produzione industriale ed elettrica, a fronte di enormi risorse minerarie e non solo. In seconda battuta, segnalerei i paesi del sud-est Asiatico». Quali sono oggi i principali fattori di competitività delle piccole e medie imprese italiane sui mercati internazionali? «Un aspetto poco esaltato della caMatching 2.0 aiuta le imprese italiane pacità italiana di fare impresa è la a comprendere meglio i cambiamenti grande flessibilità e capacità di prodel mercato, le nuove regole e le modalità blem solving che contribuisce a per affrontarli al meglio fare di questo Paese la seconda economia manifatturiera d’Europa. E poi ci sono quei fattori che tutto il mondo ci riconosce: innovazione e qualità dei nostri prodotti, brand In che modo le reti di impresa concorrono 190mila aziende tra miormai consolidati soprattutto nei possono costituire un’opportunità? cro, piccole e (poche) medie imprese. settori food e fashion e, più in ge- «Ottomila imprese realizzano l’80% Ciò significa che la dimensione delle nerale, nel settore del lusso». dell’export italiano, cui nel complesso imprese non è l’unico problema. Bisogna però aiutare le aziende italiane a confrontarsi con i colossi internazionali e la formula delle aggregazioni, che spinge alla collaborazione soggetti imprenditoriali autonomi, si sta mostrando vincente. Si pensa che per essere protagonisti dei mercati esteri si debbano investire capitali ingenti, condurre ricerche di mercato onerose e trasferte continue. Ma si tratta di un pregiudizio che bisogna vincere. Esistono strumenti e professionisti che forniscono il necessario supporto per avviare e consolidare un percorso di internazionalizzazione».

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Xxxxxxx CletoXxxxxxxxxxx Sagripanti

L’accessorio protagonista della moda I prodotti italiani, esempio di qualità, creatività e innovazione, sono amati e desiderati in tutto il mondo, specie in Russia e Far East. Cleto Sagripanti illustra le opportunità e le nuove rotte per le aziende italiane Renata Gualtieri

n un contesto economico europeo ancora incerto, il trend generale del settore vede l’export in aumento rispetto al forte calo dei consumi interni. Guardare ai mercati esteri, dunque, è diventata per molte imprese, più che una possibilità, una vera e propria necessità. «Il ruolo di un’organizzazione - spiega Cleto Sagripanti, presidente della federazione italiana dell’accessorio moda persona (Fiamp) e di Assocalzaturifici - non è solo quello di accompagnare le imprese all’estero, fornendo loro una piattaforma efficiente in cui vendere e promuoversi, ma anche quello di elaborare una strategia integrata di sviluppo per l’intero settore. Ci stiamo attrezzando e stiamo lavorando in questo senso con l’unico obiettivo di tenere alta la bandiera delle produzioni italiane in Europa e nel mondo». Da cosa sarà caratterizzato il suo nuovo mandato all’interno di Fiamp? E come si concentrerà, in particolare, il suo lavoro per valorizzare nel mondo il ruolo dell’accessorio? «Nei prossimi due anni intrapren-

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derò un percorso per il sostegno e la promozione dei prodotti italiani, puntando a rafforzare la sinergia tra la città di Milano, i Saloni che le nostre associazioni rappresentano e i principali attori della moda, in un contesto dove l’offerta italiana spesso si accompagna ai grandi nomi internazionali. Sono convinto che il comparto degli accessori debba unire le proprie forze e fare sistema, perché soltanto compatti possiamo essere più forti e riuscire a far valere la nostra eccellenza produttiva nel mondo».

Quali i mercati che più apprezzano i prodotti italiani? E quali quelli che offrono più opportunità per le nostre imprese? «I prodotti italiani sono amati e desiderati in tutto il mondo perché sono sinonimo di qualità, creatività e innovazione. Ci sono mercati che ci apprezzano particolarmente: basti pensare a Russia e Far East, che negli ultimi anni hanno visto crescere la propria classe media e di conseguenza il numero di persone disposte a pagare di più per un accessorio ben fatto e unico. Credo, però, che

Cleto Sagripanti, presidente Fiamp

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MERCATI

La moda a caccia di nuovi mercati Le imprese del tessile affrontano la globalizzazione con progetti diretti verso i mercati in espansione. Con un occhio di riguardo a Russia e Brasile. Lo spiega Claudio Marenzi di Sistema Moda Italia istema Moda Italia supporta le aziende sui mercati internazionali, organizzando seminari e missioni per mettere in contatto gli operatori locali con le aziende italiane. Lo scorso settembre, ad esempio, in collaborazione con l’Ice, ha portato 15 marchi italiani a Ekaterinburg, in Russia, per testare il mercato degli Urali. «Le aziende – ha commentato Claudio Marenzi, presidente di Smi – hanno presentato agli operatori le loro collezioni, che sono state molto apprezzate, soprattutto per quel che riguarda i capi di fascia medio-alta e alta. Le aziende hanno incontrato 45 operatori, tra buyer e retailer, provenienti da Ekaterinburg e dalle città limitrofe di Perm, Tyumen, Chelyabinsk, Ufa, Samara e Kazan. Grazie a questa iniziativa, abbiamo capito che il settore ha grandi possibilità di crescita nella Federazione Russa, al di là delle già conosciute regioni di Mosca e San Pietroburgo».

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Quanto la Federazione Russa apprezza l’eccellenza delle produzioni italiane? Quali sono gli ulteriori margini di crescita in questo mercato?

«Nel 2012 le esportazioni del tessile in Russia hanno toccato 1,4 miliardi di euro, l’86,4% delle quali è costituito da capi di abbigliamento, per un fatturato di 1,2 miliardi di euro. Con tali valori, la Russia risulta il settimo mercato di sbocco per le imprese italiane, quinta (considerando il solo abbigliamento) dopo Francia, Germania, Svizzera e Stati Uniti. La Federazione Russa è in una fase di crescita e, di conseguenza, il mercato tenderà ad ampliarsi ulteriormente, quindi l’obiettivo deve essere quello di conquistare quote di mercato a scapito dei nostri concorrenti». Un altro mercato in rapida crescita è il Brasile, che interesse dimostra questo Paese verso le nostre produzioni?

«Nel 2010 il consumo di abbigliamento in Brasile è stato di 26 miliardi di euro. I dati, non ufficiali, per l’anno 2011 indicano un

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Claudio Marenzi, presidente della federazione Sistema Moda Italia

valore di quasi 30 miliardi di euro e prevedono per il 2012 una cifra pari a 32 miliardi di euro. L’abbigliamento femminile è il segmento che genera il maggior volume di fatturato; ma è il segmento della moda per bambini che sta registrando i più alti tassi di crescita. Si tratta di una realtà che è potenzialmente di grande interesse per le nostre esportazioni, ma che ha ancora forti elementi di criticità, a partire dai dazi molto elevati per l’import. Inoltre, il Paese presenta alti indici di pressione fiscale, eccessiva burocrazia, scarsa disponibilità di risorse umane qualificate e costo del credito fra i più alti al mondo». Restando nel continente americano, qual è il peso degli Stati Uniti per la nostra industria tessile?

«Nel 2012 il valore delle nostre esportazioni di prodotti tessili e di abbigliamento ha superato 1,6 miliardi di euro, in crescita del 15,1% sull’anno precedente. L’export di abbigliamento è stato di 1,3 miliardi di euro, pari all’80% del totale. Tra i prodotti che hanno evidenziato le dinamiche più positive, segnalo il vestiario esterno maschile (+19%) e femminile (+5,9%) e la maglieria esterna. È cresciuta anche la camiceria: quella femminile mostra un aumento del 20,8%, mentre quella maschile del 7,1%». C’è spazio per crescere ancora negli Stati Uniti? Se dovesse fare una previsione, su cosa punterebbe?

«Assolutamente sì. Tenendo conto che l’Italia è solo l’undicesimo Paese fornitore di prodotti tessili negli Usa, ci sono grandi margini di crescita. È necessario conoscere di più e meglio i gusti dei consumatori americani e ottimizzare le attività di marketing e logistica. Sul primo aspetto l’Italia ha ancora molto da imparare. Ma, soprattutto, abbiamo bisogno di un maggior impegno nei servizi logistici per abbattere i tempi di trasporto delle merci». RG

ormai non vadano attuate strategie dirette ai singoli mercati, ma occorre ragionare su scala globale, in un contesto sempre più interconnesso». In che modo Fiamp interviene per promuovere il valore dei prodotti made in Italy? «Innanzitutto valorizzando al meglio gli eventi dedicati all’accessorio a Milano: Micam, salone internazionale leader del settore calzaturiero, Mipel, la più importante vetrina internazionale della pelletteria, Mifur, salone internazionale della pellicceria e della pelle, e Mido, mostra internazionale di ottica, optometria e oftalmologia. Non esiste al mondo un calendario così ricco di contenuti. È una risorsa su cui è fondamentale puntare per far crescere le imprese italiane e promuoverle sui mercati internazionali. Tre le direttrici fondamentali della nostra azione, preve-


Xxxxxxx CletoXxxxxxxxxxx Sagripanti

5% PERCENTUALE DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE DEGLI ADERENTI ALLA FIAMP, CON UN SALDO IN ATTIVO DI OLTRE 12 MILIARDI DI EURO A FINE 2012

diamo un coordinamento tra le attività dei saloni, un posizionamento del concetto di accessorio verso l’alto e la centralità della città di Milano, attraverso una partnership con tutti gli stakeholder». Come è possibile rafforzare la sinergia tra Milano e i compratori internazionali? «Le nostre manifestazioni fieristiche sono un fondamentale ele-

mento di attrazione per migliaia di compratori internazionali, vetrine esclusive che raccolgono leader mondiali e che generano un evento a cui i più importanti buyer non possono mancare. Lavorerò, dunque, per comunicare al meglio questa nostra missione e creare sempre più legami concreti con le forze politiche e di rappresentanza degli imprenditori e degli stilisti, con i commercianti e i media, per valorizzare il ruolo dell’accessorio protagonista del mosaico della moda milanese». La contraffazione e la cattiva applicazione delle regole commerciali negli scambi internazionali sono due spine nel fianco del made in Italy. Come contrastarle? «In Europa stiamo combattendo una battaglia fondamentale per la difesa non solo della manifattura, ma anche del diritto d’informazione

a vantaggio del consumatore. Avvertiamo ormai da anni la necessità di stabilire regole certe sull’origine dei prodotti. Si tratta di una priorità assoluta per l’intera industria manifatturiera, una normativa in materia che sia chiara ed equa sia per le aziende che per i consumatori, non solo italiani ma anche europei e internazionali. L’articolo 7 del Regolamento europeo sulla sicurezza dei prodotti destinati al consumatore, che prevede l’introduzione dell’indicazione di origine obbligatoria, colmerebbe il gap tra Unione europea e altre economie mondiali. Poniamo poi con forza il problema di una strategia internazionale con cui il nostro governo utilizzi le proprie rappresentanze all’estero per combattere il fenomeno dell’Italian sounding e della falsa origine. I desk anticontraffazione presso l’Ice, ad esempio, erano un avvio interessante». MARCHE 2013 • DOSSIER • 43




RITRATTI

Stile, eleganza e semplicità. Un’immagine dell’Italia nel mondo Imprenditore di successo. “Super borghese” senza snobismo. Orgoglioso della sua terra d’origine, le Marche: “dove la bellezza non urla”. Il ritratto di uno degli italiani più famosi del mondo, ambasciatore del Made in Italy: Diego Della Valle

on poteva che essere di qui, delle Marche. Certe sue sciarpe - si noti come l’ortografia sia parente fantasiosa della biografia: sc(i)arpe - sembrano pensate per circondare il collo, e arricchirlo, come una gorgiera, per un ritratto di Federico Barocci. Marchigiano come lui, barocco, innovatore del colore, sempre stupito della luce, tale da segnare il cambio d’epoca nel senso del gusto e dell’estetica, questo è stato il Barocci, detto il Fiori. Tale e quale il genio di Diego Della Valle. Sessant’anni. Uno dei pochi uomini d’Italia davvero famosi nel mondo, oltre che tra i più ricchi. Di certo anche detestato, invidiato, oggetto di campagne mediatiche urticanti, come quelle dedicategli dal sito Dagospia. D’altra parte è bravissimo a catturare inimicizie. Ad essere amico circolare e inaspettato, da destra a sinistra, da Paolo Mieli a Enrico

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Mentana. E da Clemente Mastella, con un bel salto logico, ma non per Della Valle, cui non importa un fico secco del parere dei salotti radical chic, fino a Luca Cordero di Montezemolo. Quest’ultimo prediletto dall’allegra brigata dellavalliana per le birichinate a Capri, ma anche e soprattutto per aver reinventato con lui il made in Italy, trasformando l’artigiano di eccellenza in lusso casto, in un modo di essere “superborghese”, ma senza snobismo. Una cosa perbene e insieme perbello, se il lettore è così accomodante da accettare un neologismo. Tod’s e Ferrari in coppia, per far vincere l’immagine del Bel Paese nel mondo - tecnologia e semplicità della forma, profumo di cuoio e di benzina. E con Berlusconi? Non se le sono mandate a dire. Un’amicizia sì, ma di quelle contropelo, fatte di sciabolate e attrazione adrenalinica. Al contrario delle sue scarpe che sono

Diego Della Valle, presidente e amministratore esecutivo di Tod's

morbide, dolci, riposanti, Della Valle scuote, fa vibrare il capitalismo italiano, dove arriva lui cambiano gli equilibri, al contrario delle sue calzature: equilibrate e perfette, come le borse, i profumi, le poltrone, che sono avvolgenti senza far dormire, rendono il tempo vibrante senza acidità, sono serene come le sue Marche. Dicevamo del loro modo di essere diversamente italiani, di quella


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Ritratto di giovane uomo, F. Barocci, 1595 .ca, Strasburgo, Musée des Beaux-Arts

La fabbrica di Sant’Elpidio è un modello di questo stile: non ci sono insegne, è come un bel fungo nel bosco delle Marche

diversità che genera la corrente elettrica che muove le locomotive. Però amicizia comunque. Cementata dalla comune frequentazione del giornalista meno provinciale e più berlusconiano del mondo e insieme attaccatissimo alla provincia: Carlo Rossella, libanese e americano, e senza fare un plissé contemporaneamente pavese fino al midollo. In questo combaciante con Della Valle, il quale è internazionalissimo ma riposa bene solo nella fabbrica del nonno e poi del padre, a Sant’Elpidio a Mare, provincia di Fermo. Eccoci dunque a Sant’Elpidio. Di solito un certo stereotipo vede in contrasto la natura e il lavoro. La natura - si pensa - ha bisogno, per essere se stessa, di essere lasciata in pace. E il lavoro, con le sue polveri MARCHE 2013 • DOSSIER • 47


RITRATTI

Si fanno nelle Marche le scarpe più belle del mondo. Perché natura e lavoro sono la stessa cosa. Specie intorno a tre città: Fermo, Civitanova Marche e Macerata

grevi e sottili e i suoi scarti inevita- scarpa in una carrozzeria che ha la italiana - che non esista il concetto bili, quando non è agro-pastorale per forza di cose ferisce e spezza, insomma abbruttisce il paesaggio, ridisegna il cielo, e normalmente non per renderlo più puro. Le Marche no. Le Marche in questo sono il cuore dell’Italia. Lavoro e natura si parlano in rima. La bellezza delle Marche non urla. Non grida la natura, ma nemmeno strepitano le macchine. La morbidezza delle valli (Della Valle...) entra nelle cittadine le quali le baciano con un’architettura che somiglia alla natura, esaltando però la inventiva degli uomini, i quali creano ma non feriscono la terra con la presunzione di essere meglio della mano divina che ha disegnato le colline e le coste. Le mani dei marchigiani con pazienza e fatica tagliano, cuciono le pelli, disegnano le tomaie, trasformano la 48 • DOSSIER • MARCHE 2013

classe delle Ferrari degli anni Cinquanta, guidate da drivers gentiluomini che non possono che indossare le Tod’s con i 133 pallini della suola. Per questo, logicamente, si fanno nelle Marche le scarpe più belle del mondo. Perché natura e lavoro sono la stessa cosa. Specie intorno a tre città: Fermo, Civitanova Marche e Macerata. Ci sono paesi (come Monte Urano), dove il 90 per cento di chi lavora fa scarpe. Sono borghi che, tranne le tre città sopra citate, capitali di tre distretti dove si producono scarpe e materiale per confezionarle, non superano i 3.500 abitanti. Sono circa 35mila addetti, 2.500 aziende, delle quali 400 di tipo industriale. La cultura del marchigiano fa sì - e questa è una unicità

del capitalismo feroce, per cui mors tua, vita mea. È una concorrenza solidale, una specie di gara di squadra, dove se vince uno vincono tutti, trascinati dal successo del leader. Dopo di che, Della Valle se ne va da Sant’Elpidio. E acquista marchi prestigiosi a Parigi (Schiapparelli di place Vendome), a Londra, magazzini in America come i mitici Saks Fifth Avenue. Investe nella finanza. Banche, editoria. Litiga per svecchiare, non ha paura di farsi nemici potenti, ci gode pure a essere un monello per bene. Ascende ai vertici della finanza, ma essa è per il lavoro, non il contrario. L’economia reale deve sottomettere quella virtuale ma non virtuosa, dove i soldi producono soldi ma soprattutto


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catastrofi. E il lavoro, nella sua idea di Cavaliere del Lavoro, è per l’uomo (e per le donne) e non viceversa. Così come le scarpe (Tod’s, Hogan, ecc.), come i profumi Acqua di Parma, gli occhiali, le poltrone Frau, non sono da esibire anche se gli altri li notano eccome, ma da usare per stare meglio e far stare meglio gli altri. Come il gioco della Fiorentina praticato dalla Fiorentina, che dev’essere bello per essere vincente, dominato dal fair-play, senza però esagerare, perché viola sarà anche il colore di fiori per le tisane, ma è vibrante, dà pace ma non lascia tranquilli. E qualche volta, con fair-play, ma incavolarsi è necessario se si è uomini. Della Valle si è ritrovato già dellavallizzato sin da piccolo, nipote e

figlio di fabbricanti di scarpe. Ricorda ancora l’odore e lo sguardo del nonno e del papà, le sgridate di quando lasciava le impronte delle sue dita sul dorso (si dice così?) di scarpe che riposavano la notte per essere svegliate e tirate a lucido la mattina. Gli è rimasto dentro il modo con cui trattavano i lavoratori, capitale umano ma più umano che capitale. La fabbrica di Sant’Elpidio è un modello di questo stile: non ci sono insegne, è come un bel fungo nel bosco delle Marche. Il mattino arrivano le mamme che lasciano all’asilo nido i piccini, li vanno a trovare nelle pause, hanno anche il tempo di un’ora di palestra (è una fabbrica con palestra, la prima in Italia e forse la sola). Escono e tornano a casa con i bambini, come

una volta le contadine lasciavano i pargoli nell’erba, ma era un altro mondo. Non si può fare roba bella se si fabbrica in un posto brutto e la gente che lavora sta male. Il prodotto assorbe per forza una positività o una negatività, in rapporto alla felicità degli artigiani od operai (una volta si diceva le maestranze). Un giorno a Diego Della Valle fu proposto l’acquisto in società di un grande laboratorio inglese. Ci andò. Tanta produzione, pretesa di far oggetti lussuosi, ma il luogo e i rapporti di lavoro gli fecero torcere le budella. Non comprò nulla. Il made in Italy è anche questa visione del mondo (e delle scarpe con cui camminarci). Renato Farina, scrittore MARCHE 2013 • DOSSIER • 49




ECONOMIA DIGITALE

La capacità innovativa delle imprese Le pmi marchigiane hanno da sempre basato il loro sviluppo sull’eccellenza produttiva del territorio. Ma, sostiene Sergio Bozzi, «è l’economia digitale a rappresentare un volano di sviluppo decisivo per l’economia regionale» Renata Gualtieri

l sistema delle pmi marchigiane presenta interessanti esperienze nel campo dell’innovazione e della ricerca applicata, ciò spiega il permanere di talune imprese su alti livelli di performance, specie sul mercato internazionale, e la diffusa esigenza d’incrementare il livello medio d’impiego di tecnologie innovative. «Per ottenere un pieno sviluppo tecnologico del sistema produttivo regionale, gli ostacoli principali che occorre superare - commenta Sergio Bozzi, amministratore unico dell’ente Svim, Sviluppo Marche - sono in misura preponderante quelli di tipo strutturale, che condizionano la funzionalità e la competitività del “sistema Italia” nel suo insieme. Per il resto, le Marche devono impegnarsi in maniera straordinaria nel fare sistema, a tutti i livelli: istituzioni, università, sistemi territoriali e filiere d’imprese. Da questo può scaturire il meglio». In questo scenario, in che modo Svim, attraverso la sua area tecnologia, innovazione e project financing, sostiene le piccole e medie imprese marchigiane? «Svim opera in house per Regione Marche. Tralasciando i servizi effettuati direttamente per la Regione, per il resto i benefici per le imprese arrivano di riflesso dai progetto in risposta alle call europee, su bandi emanati direttamente dalla Commissione Ue. Penso al progetto “Jade”,

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mirato a un piano d’azione congiunto fra partner europei sulle tecnologie orientate a un ambiente urbano e abitativo intelligente. Attorno a questo si è sviluppata una pluralità di progetti sempre orientati a tecnologie innovative di supporto alla vita degli anziani. Poi c’è il progetto “Wider”, per stimolare capacità innovative delle imprese nel settore delle energie rinnovabili o “Next”, una piattaforma di cooperazione per l’innovazione e il trasferimento tecnologico nell’area adriatica ionica». Quali i più importanti progetti o iniziative imprenditoriali a contenuto innovativo e tecnologico in cui la Svim è attualmente impegnata? «L’attenzione primaria, anche in vista della definizione dei programmi operativi a valere sui Fondi europei a gestione regionale, va alla definizione di un’offerta integrata alle pmi di servizi d’innovazione, trasferimento tecnologico e certificazione di qualità da parte di tre centri tecnologici pubblico-privati partecipati da Svim: Meccano (elettromeccanica e internazionalizzazione), Cosmob (legno, arredo, internazionalizzazione) e Tecnomarche (Ict e sistemi gestionali). Il che prevede l’incentivazione e il rafforzamento della già sperimentata e valida collaborazione con le università regionali, in merito alla quale pensiamo di attivare


Sergio Bozzi

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I centri di ricerca Meccano, Cosmob e Tecnomarche sono i protagonisti del progetto della “piattaforma tecnologica integrata”

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anche uno specifico confronto con le associazioni imprenditoriali». Quali i passi più importanti per formare un’unica piattaforma tecnologica in regione? «La giunta regionale ha individuato in Svim un partner privilegiato all’interno dell’Autorità di gestione dei fondi strutturali, circa l’elaborazione dei futuri Por, tenendo conto delle peculiari esperienze dell’ente nella progettazione europea. I tre centri, Meccano, Cosmob e Tecnomarche sono i protagonisti del progetto di “piattaforma tecnologica integrata”. Il contestuale impegno primario è quello di operare sul versante della proposta e della progettazione per gli strumenti d’innovazione finanziaria: sia quelli suggeriti dalla Commissione, sia quelli che possono essere irrobustiti o innovati, in particolare tramite il

confronto e la collaborazione con la rete dei Confidi regionali, promossi dalle associazioni in collaborazione con la Regione». Quanto può rivelarsi importante per il territorio puntare sull’economia digitale? «L’economia digitale dovrebbe rappresentare un volano decisivo per il sistema imprenditoriale regionale. Va in questa direzione il deciso impegno della Regione attraverso la propria agenda digitale, così come le idee progettuali su cui stiamo lavorando in vista di Horizon 2020 e degli altri programmi europei collegati. È un ambito che potrebbe concorrere a modernizzare velocemente lo stesso universo delle micro e piccole imprese, unendo alla tradizionale vocazione imprenditoriale la duttilità e la versatilità del digitale». MARCHE 2013 • DOSSIER • 59




MERCATO DEL LAVORO

Occupazione ancora giù Gli ultimi dati mostrano una regione in sofferenza. Il fenomeno della disoccupazione si diffonde sull’intero territorio e fatica anche il tessuto imprenditoriale, specie le imprese manifatturiere e quelle dell’edilizia Renata Gualtieri l presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in occasione della sua partecipazione all’assemblea degli industriali di Pesaro- Urbino, ha chiesto attenzione da parte di tutta la politica ai problemi dell’economia reale. «Stiamo vivendo una situazione drammatica - ha sottolineato - e anche le Marche sono coinvolte in maniera piuttosto pesante, ci sono fabbriche che chiudono tutti i giorni e posti di lavoro che vengono distrutti continuamente». Al numero uno degli industriali fa eco il segretario generale della Cisl Marche, Stefano Mastrovincenzo, che in uno dei suoi ultimi interventi ha sottolineato come il sistema produttivo regionale stia soffrendo per il crollo dei consumi interni, soprattutto alcune specializzazioni produttive e le piccole imprese, spesso non in grado di riorientarsi sui mercati esteri. Meno occupati anche negli enti pubblici, a partire dal settore sanitario. Da gennaio a maggio di quest’anno, sono stati 1.248 i lavoratori posti in mobilità in

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deroga e 16mila quelli coinvolti dalla Cig in deroga. «Questi ammortizzatori vanno rifinanziati ma anche integrati con riqualificazione e reinserimento attivo al lavoro. Urge riformare i servizi per l’impiego, coinvolgendo pubblico e privato, imprese, parti sociali, strutture accademiche e formative. Chiediamo alle aziende in difficoltà di utilizzare i contratti di solidarietà e agli imprenditori che hanno disponibilità di investire». Nel mese di luglio scorso, durante la presentazione del rapporto annuale dell’Osservatorio sul mercato del lavoro, l’assessore regionale Marco Lucchetti ha tracciato un quadro insolito rispetto alla storia economica della regione, che aveva visto le Marche sempre in piena occupazione, mentre ora i dati mostrano l’11,2 per cento di disoccupazione. «Una realtà che corre parallela alla congiuntura economica in fase di rallentamento già dalla metà del 2011, con Pil sceso nelle Marche del 2,5 per cento. La diffusione delle piccole imprese, soprattutto


Il quadro regionale

Meno occupati anche negli enti pubblici, a partire dal settore sanitario

nel campo della subfornitura, e la forte specializzazione nella produzione dei beni per la casa, uno dei settori maggiormente penalizzato dalla crisi, ha contribuito a determinare una generale e profonda contrazione dell’attività economica. La situazione si aggrava poi per le piccole imprese che costituiscono l’asse portante della struttura produttiva locale. Una situazione che rischia di mettere a rischio la coesione sociale che ha sempre caratterizzato il nostro territorio». Ora è il momento, dunque, di investire su innovazione, riorganizzazione, un innalzamento della qualità della produzione pensando anche a formule consorziate di impresa, a cui deve corrispondere una qualità del lavoro e una maggiore flessibilità del sistema creditizio. «Stiamo impegnandoci sulla buona occupazione - ha commentato l’assessore Lucchetti - e dando grande attenzione al capitale umano per elevarne le competenze. La formazione superiore, i dottorati di ricerca, il sostegno all’istruzione superiore, lo start up, gli incubatori di impresa e lo stesso prestito d’onore che ha fatto creare oltre 900 imprese ne sono una testimonianza». Le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate dall’Inps sono state, nel 2012, oltre 23 milioni, in aumento del 53,5 per cento rispetto

all’anno precedente, mentre la componente in deroga è salita del 69,4 per cento, coinvolgendo oltre 32mila lavoratori. È in forte sofferenza anche il tessuto imprenditoriale, con lo stock di imprese attive che, nell’ultimo anno, si è ridotto dell’1 per cento circa. L’occupazione è aumentata tra le fasce più adulte della popolazione, specialmente tra gli over 55, in crescita di oltre 11mila unità, mentre è diminuita nella fascia 25-44 anni. Il complessivo numero di occupati nelle Marche ha registrato, in controtendenza al dato nazionale, un incremento dello 0,3 per cento, ma con un deterioramento dell’aspetto qualitativo: è aumentata solo l’occupazione part time, mentre il full time è diminuito. Cresce il lavoro dipendente, mentre è in calo quello autonomo. Dalla giornata dei giovani marchigiani, che si è recentemente svolta a Fabriano, arriva l’invito ad affrontare il futuro con talento e passione, anche se la situazione è drammatica come ha avuto modo di ribadire il presidente della Regione, Gian Mario Spacca, «il 42 per cento dei giovani italiani non riesce a trovare lavoro, a costruire una prospettiva per il proprio futuro. Oggi quindi parliamo di lavoro, che è dignità e futuro, di come cercarlo e realizzare il proprio talento».

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MERCATO DEL LAVORO

Percorsi formativi ed esigenze delle aziende Il Gruppo Elica facilita percorsi di specializzazione interni, «ciò viene fatto sin dal processo di selezione - tiene a precisare il presidente Francesco Casoli - accompagnando le risorse in un percorso di crescita professionale e personale» Renata Gualtieri

ai dati del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del lavoro, che monitora le previsioni occupazionali delle imprese dell’industria e dei servizi, emerge che cresce la richiesta di figure qualificate ma anche di operai. Il mercato del lavoro, dunque, si sta specializzando sempre di più. Ma si ricercano soprattutto persone che siano trasversali, in grado di adattarsi velocemente alla realtà aziendale nella quale vengono inserite e che sappiano capire e interpretare rapidamente i cambiamenti del mercato. «Le dinamiche oggi sono molto veloci: è fondamentale saper capire i cambiamenti e saper reagire, a volte, prima che questi si verifichino, altrimenti si rischia di arrivare tardi. In Elica sottolinea il presidente Francesco Casoli - non abbiamo mai smesso di fare selezione, nel senso che siamo sempre aperti al mercato per capire anche come evolve. Cerchiamo persone veloci e con valori simili ai nostri perché a volte le buone

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idee prescindono da percorsi di studi e esperienze professionali. Siamo una realtà metalmeccanica, quindi ricerchiamo soprattutto laureati in materie tecniche ma anche in economia». Come è possibile valorizzare il capitale umano coniugando le qualità dei singoli lavoratori con i valori del Gruppo? «Avere persone in linea con la nostra cultura ci aiuta molto: il lavoro assorbe la maggior parte del nostro tempo e riuscire a creare un buon clima all’interno dell’azienda è prioritario. Ognuna delle persone che lavora in Elica svolge un’attività importante, che inserita all’interno dell’organizzazione ci consente di raggiungere traguardi ambiziosi. Cerchiamo soprattutto di far lavorare le nostre persone nel rispetto reciproco e di agevolare il più possibile la comunicazione interna: non ci sono barriere. Tutto ciò è importante per rendere la squadra più coesa e dare il meglio. Avere buoni rapporti con tutti è una cosa che conviene a tutti, agli imprenditori in primis».


Francesco Casoli

Francesco Casoli, presidente di Elica Group

Come Elica continuerà a investire sulla formazione e sui percorsi di crescita professionali dei dipendenti? «Abbiamo diverse attività di formazione innovative. “E-straordinario”, ad esempio, in collaborazione con la Fondazione Ermanno Casoli, è un progetto per la formazione del personale che utilizza l’arte e intende costruire una relazione tra questa e la produzione industriale. Quest’anno per la prima volta l’abbiamo esteso ai figli dei nostri dipendenti: bambini di età tra i sei e i dieci anni che per una giornata hanno “lavorato” con l’arte accompagnati e guidati da Mario Airò. Oppure “We are”, un programma di formazione linguistica che consente alle nostre persone di far partecipare i propri figli a una vacanza studio per apprendere l’inglese, ma soprattutto imparare a stare con gli altri e a capire che l’altro è spesso fonte di arricchimento. Ogni anno investiamo il 3-4 per cento del fatturato in innovazione: per fare questo, e per crescere all’estero, abbiamo formato una classe manageriale composta sia da dirigenti italiani che da dirigenti stranieri, che offrono la loro sensibilità e la loro conoscenza dei mercati locali. Abbiamo mandato nel corso degli anni nostri dipendenti all’estero e recentemente abbiamo dato inizio al flusso inverso». La conoscenza e l’accrescimento delle competenze si può rivelare uno degli elementi basilari per uscire dalla crisi? «Sì, certamente. Qualche anno fa abbiamo

aderito al World class manufacturing, dando inizio a un vero e proprio percorso di cambiamento culturale. Il Wcm si fonda sul coinvolgimento di tutto il personale e cerca di superare i confini interfunzionali a favore di una logica di lavoro in team. È una metodologia che si crede limitata al mondo delle fabbriche: non è così. Noi stiamo cercando di coinvolgere anche gli impiegati perché sono fermamente convinto dell’importanza di chiederci sempre se stiamo facendo bene il nostro lavoro, se il modo in cui lo svolgiamo è il migliore o se invece è possibile cambiarlo e migliorarlo. Fermarsi e adagiarsi su abitudini e pensieri consolidati non è sano». Per restare sul mercato e crescere quanto sono importanti i rapporti con le università del territorio? «Sono fondamentali. Oggi si vince se si riesce a fare rete, tra pubblico e privato, tra aziende anche dello stesso settore, tra il mondo delle imprese e quello dell’arte e tra il mondo delle imprese e quello accademico. Dobbiamo parlarci, confrontarci e trovare insieme le vie di crescita. Nelle Marche abbiamo una grande fortuna: ci sono imprese di settori diversi, dagli elettrodomestici al calzaturiero, di primaria importanza nel mondo. E abbiamo un tessuto accademico molto buono. È una risorsa, che va valorizzata al meglio per pensare, ad esempio, a dei percorsi formativi che rispondano bene alle esigenze delle aziende». MARCHE 2013 • DOSSIER • 67


MERCATO DEL LAVORO

Una formazione su misura per il territorio Il manifatturiero, più di qualsiasi altro settore, ha bisogno di scuole e di una struttura formativa a supporto per sopravvivere negli anni. Adolfo Guzzini spiega perché è importante la formazione specializzata per le imprese Renata Gualtieri

opinione diffusa, tra manager e imprenditori, che oggi non occorrono ricette speciali per realizzare una utile e concreta politica industriale in Italia. Le leve su cui intervenire sono: formazione di alto profilo, riduzione del costo dell’energia, abbattimento del carico fiscale sul lavoro e semplificazione tributaria, alleggerimento della burocrazia, forte sostegno

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Adolfo Guzzini, presidente di Guzzini illuminazione

alle attività di ricerca e innovazione, facilitare il travaso della conoscenza dai centri universitari alle imprese. Ne è convinto anche Adolfo Guzzini, presidente della iGuzzini illuminazione, che ha sottolineato come lo sviluppo del Paese passi attraverso l’occupazione, e quest’ultima attraverso il ri-

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lancio dell’industria manifatturiera. Per far questo, però, occorre anche rilanciare i consumi interni partendo dalla riduzione del cuneo fiscale. Quali i primi passi dunque per agire in questa direzione e uscire dalla crisi? «Non abbiamo più risorse da investire in ricerca e innovazione che portano a migliorare la produttività, dunque è necessaria una riduzione del cuneo fiscale e del costo del lavoro. Il nostro obiettivo deve essere quello di non desertificare il Paese dal manifatturiero, senza però chiedere miracoli alle imprese ma occorre sperare in una corretta gestione da parte delle istituzioni a difesa degli interessi generali, con provvedimenti che tutelino i posti di lavoro che ogni giorno si rischiano di perdere. Va poi aumentata la flessibilità in uscita e in entrata, che è l’unico modo per garantire flessibilità vera all’impresa. Occorre attrarre capitali, attuare corrette gestioni aziendali, ma per far questo ci vuole la certezza del diritto e una burocrazia che crei tutte le infrastrutture necessarie». Quanto i successi imprenditoriali sono dovuti a impegno e investimenti nella formazione professionale? E come giudica l’offerta formativa presente in regione? «Il manifatturiero, più di qualsiasi altro settore, ha bisogno di scuole e di una struttura formativa a supporto per sopravvivere negli anni. Proprio l’anno scorso alla Biennale di


Adolfo Guzzini

Il manifatturiero, più di qualsiasi altro settore, ha bisogno di scuole e di una struttura formativa a supporto per sopravvivere negli anni

Venezia è stato presentato il caso del “made in” italiano, cioè di aziende che hanno sposato una cultura olivettiana e hanno creato stabilimenti eccezionali sul piano della vivibilità e sostenibilità. Ma per portarli avanti servono anche molti tecnici, ad esempio ingegneri, e scuole superiori a supporto, come l’istituto tecnico industriale. In più, occorre indirizzare i giovani verso una formazione scientifica e tecnica. Noi siamo stati tra i primi ad allacciare i rapporti con le università del territorio. Il primo trasformatore elettronico lo abbiamo realizzato in collaborazione con la Facoltà di elettronica di Ancona circa 30 anni fa. Guardando alla nostra regione, bisogna sottolineare che la nostra fortuna è stata avere uomini come Giorgio Fuà, che ha fondato l’Istao, e qualche sindaco illuminato che qui a Recanati ha favorito un’offerta formativa completa». Proprio a Recanati ha stretto un accordo per salvare dalla chiusura l’istituto tecnico industriale Enrico Mattei. Quanto è impor-

tante, specie per il suo settore, questa eccellenza regionale? «Ci siamo fatti carico personalmente della cosa, proprio per l’attenzione che abbiamo per la crescita complessiva dei nostri collaboratori, perché sappiamo che trovare un connubio tra creatività e affidabilità rende i nostri prodotti appetibili sui mercati internazionali». Come occorre procedere nella formazione dei lavoratori di domani? «La scuola va riformata perché non è possibile che i bambini nel loro percorso didattico facciano quello che si faceva 50 anni fa, va adatta ai principi europei, insegnando ad esempio l’inglese come prima lingua e abituando i bambini, sin dalle elementari, a pensare con le mani. Nella scuola elementare si potrebbero inserire progetti che motivino il coinvolgimento, con giochi a premi, nella scuola media nozioni base di economia e impresa, nelle scuole superiori elementi di “competition business plan”». MARCHE 2013 • DOSSIER • 69


MERCATO DEL LAVORO

La legalità paga sempre La crisi economica in atto favorisce il ricorso a forme di speculazione a svantaggio di chi (disoccupato o inoccupato) cerca lavoro. Ciò aumenta l’impegno della Guardia di Finanza nella lotta al lavoro nero. Il punto del comandante regionale Umberto Sirico Renata Gualtieri

ell’ambito dei servizi volti a contrastare il lavoro sommerso nel territorio regionale, la Guardia di finanza delle Marche nel biennio 2012-2013 ha individuato 5.402 lavoratori irregolari, dei quali 3.690 totalmente in nero. «Si tratta - dichiara il comandante regionale Umberto Sirico, commentando questi importanti risultati - di violazioni individuate nel contesto di operazioni di polizia economico-finanziaria che hanno permesso spesso anche di constatare rilevanti violazioni tributarie». Come avviene l’attività di controllo e prevenzione sul territorio regionale? «L’impegno del Corpo nell’azione di contrasto al lavoro nero e irregolare costituisce da sempre una delle priorità strategiche e operative ed è costante e incisivo, considerata la neggiare contestualmente più d’interessi. capacità di questo grave fenomeno di dan- L’azione di controllo dei reparti del Corpo si svolge non solo in occasione di specifiche indagini e interventi operativi mirati ma, quotidianamente, nel disimpegno di tutti i servizi istituzionali che caratterizzano il controllo economico del territorio e comportano il contatto con operatori economici e che, ancora, grazie alle specialistiche competenze attribuite ai finanzieri in materia economicofinanziaria, consente un approccio trasversale ai fenomeni illeciti. Sul territorio regionale l’attività di prevenzione e repressione si proponene in termini di azione costante, attenta e incisiva, in stretto coordinamento con tutti gli altri attori istituzionali impegnati nel contrasto a questa grave forma di illegalità».

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A destra, Umberto Sirico, comandante della Guardia di finanza della regione Marche

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Umberto Sirico

5.402 Quali sono più importanti operazioni realizzate di recente? «Tra gli interventi effettuati ce ne sono alcuni più emblematici per l’entità delle irregolarità riscontrate o per le caratteristiche degli illeciti. Nel Pesarese, ad esempio, sono state individuate cinque aziende che facevano risultare in cassa integrazione 45 dipendenti, i quali invece continuavano a lavorare e, in alcuni casi, percepivano anche retribuzioni “fuori busta” per gli straordinari. In questa circostanza è constatata una evasione contributiva di oltre 600mila euro e materia imponibile ai fini fiscali per oltre 1 milione». Nell’Anconetano invece sono stati individuati due casi singolari. «Proprio così. Nel primo caso, è stata smantellata un’organizzazione che assumeva solo formalmente i lavoratori, omettendo il versamento dei contributi previdenziali: 800 lavoratori irregolari individuati, 9 evasori totali, fatture false per circa 21 milioni di euro e un’evasione Iva di circa 4 milioni di euro. I responsabili sono stati denunciati per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, contributiva e previdenziale. Nel secondo caso, sono state individuate due società dedite ad attività promozionali all’in-

SONO I LAVORATORI IRREGOLARI INDIVIDUATI NELLE MARCHE DALLA GUARDIA DI FINANZA NEL BIENNIO 2012-2013

terno dei punti vendita della grande distribuzione che mettevano a disposizione lavoratori irregolari inquadrati contrattualmente come promoter; grazie al lavoro dei nostri reparti abbiamo individuato oltre 3.700 lavoratori irregolari, 3,8 milioni di euro di ritenute non operate o non versate, materia imponibile ai fini previdenziali di circa 4 milioni di euro e proposto il recupero a tassazione di circa 14 milioni di euro, con la denuncia dei responsabili per truffa ai danni dello Stato e frode fiscale». Secondo le ultime rilevazioni è stato registrato un incremento di questo fenomeno negli ultimi anni. Quanto la crisi ha inciso sull’impiego del lavoro nero? «Dai dati in nostro possesso emerge un progressivo incremento dei casi delle irregolarità riscontrate in questo settore e, indubbiamente, la grave crisi in atto favorisce il ricorso a forme di sfruttamento delle necessità lavorative delle persone inoccupate e MARCHE 2013 • DOSSIER • 71


MERCATO DEL LAVORO

Lavoro nero significa togliere le speranze ai giovani che, sulla ricerca di un lavoro onesto, vogliono fondare il loro futuro

disoccupate. In questa prospettiva, l’esigenza

di assicurare con continuità, costanza e incisività l’azione di prevenzione e repressione delle irregolarità costituisce un impegno volto ad assicurare, con il rispetto della legalità, la tutela dei diritti delle persone che in questo momento sono sempre più deboli. Speculare su chi ha diritto a una dignitosa retribuzione per la prestazione che offre, oltre che essere un atto rilevante sul piano dell’evasione è una violazione di quegli obblighi di solidarietà sociale sui quali si fonda la convivenza di una comunità civile. In altre parole, lavoro nero significa togliere le speranze ai giovani che, sulla ricerca di un lavoro onesto, vogliono fondare il loro futuro». Quali i principali effetti del lavoro sommerso sull’economia locale? «Il lavoro sommerso inquina, con effetti dannosi e perversi, i normali meccanismi della concorrenza ed efficienza del mercato e river-

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bera riflessi negativi sulla posizione della stragrande maggioranza degli imprenditori e dei lavoratori, quelli seri, che hanno deciso di rispettare le regole. L’impiego di manodopera irregolare diventa speculazione sulle fasce più deboli e incide negativamente su quel patto intergenerazionale che si crea tra coloro i quali, con la contribuzione prevista, assicurano il funzionamento del sistema pensionistico e del welfare. Da qui, lo sforzo del Corpo per scoprire i fenomeni più perniciosi, in sinergia con tutti gli organismi competenti nel settore, per colpire in modo “chirurgico”, ma al tempo stesso energico, gli illeciti commessi sul territorio regionale. La Guardia di finanza è da sempre vicina a chi guarda con fiducia alle istituzioni per vedere affermati quei principi di giustizia ed equità fiscale sui quali si fonda la corretta partecipazione alla vita pubblica. Noi siamo dalla parte degli imprenditori onesti, a difesa del lavoro regolare e di chi, nonostante le difficoltà, ha compreso che rispettare le regole non solo conviene, ma è un modo per affermare che la legalità paga sempre».



EXPORT

Plastica, stampaggio e nuove soluzioni Investimenti costanti in ricerca e sviluppo e rinnovamento tecnologico per premere l’acceleratore sull’innovazione. E conquistare maggiore spazio sullo scenario internazionale. Carlo Pigliapoco spiega la sua strategia Arianna Lesure

na quota di export che non ha ancora raggiunto le reali potenzialità. E che tuttavia nel 2012 è cresciuta del 40 per cento, a conferma che la strada giusta è stata imboccata. Anche alla luce dei primi dati sull’andamento 2013. «A fronte di una situazione economica mondiale stagnante e a un mercato interno che non dà segnali di ripresa – afferma Carlo Pigliapoco, titolare della Sts Tecnopolimeri, società specializzata nella produzione di particolari termoplastici e che da oltre trent’anni rappresenta un punto di riferi-

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mento per il mercato delle materie plastiche –, possiamo comunque registrare un mantenimento del fatturato e un lieve incremento, grazie soprattutto a nuovi clienti, nazionali ed esteri. Questo ci ha permesso di conservare la voglia di fare e di disporre delle energie, anche finanziarie, per lo sviluppo di nuove tecnologie. Anche in collaborazione. Infatti, insieme a un partner europeo, stiamo sviluppando dei materiali pienamente ecocompatibili». Le principali attività dell’azienda di Camerata Picena, in provincia di Ancona, riguardano lo


Carlo Pigliapoco

La Sts Tecnopolimeri Srl ha sede a Camerata Picena (AN) www.ststech.it

stampaggio e la produzione di stampi per iniezione, curata da una struttura produttiva in grado di offrire soluzioni complete allo sviluppo di qualsiasi articolo in plastica. «La sfida maggiore con i nostri competitor si gioca, sostanzialmente, sulle nuove tecnologie di lavorazione, sui materiali e soprattutto sulla capacità di anticipare e concretizzare idee innovative. Queste ruotano ovviamente intorno al concetto di qualità del prodotto, ma anche alle sue prestazioni rispetto all’ambiente di applicazione. E, naturalmente, il mercato guarda anche a un prezzo concorrenziale, senza trascurare l’importanza del valore aggiunto del prodotto, un valore sul quale possa poggiare la creazione di ulteriori idee. Per queste ragioni abbiamo sempre mantenuto elevata la percentuale di utile destinata alla ricerca e sviluppo, che si attesta mediamente su un 10 per cento. Tuttavia, per sostenere la nostra volontà di crescere all’estero, quest’anno gli investimenti stanno superando abbondantemente questa media. Dal 2012 stiamo lavorando a un progetto che ci permetterà di sostituire con le materie plastiche alcuni particolari in metallo, quali ad esempio alluminio e piombo». Di pari passo prosegue anche il rinnovamento delle linee produttive e dei sistemi di progettazione. «I nostri investimenti nei macchinari di produzione non si sono mai fermati, neppure negli anni di maggiore crisi. E questo ci ha consentito di lavorare con affidabilità e precisione costanti, raccogliendo la soddisfazione del mercato e dandoci la possibilità di operare in un ambiente sano, interno ed esterno. Il nostro ufficio

10% INVESTIMENTO MEDIO IN R&D DELLA SOCIETÀ. NEL 2013 LA MEDIA SARÀ SUPERATA PER POTENZIARE LA CAPACITÀ INNOVATIVA

Insieme a un partner europeo stiamo sviluppando dei materiali pienamente ecocompatibili

tecnico, poi, lavora con i più evoluti sistemi di progettazione meccanica come Cad e Cae. Questi software ci aiutano nella progettazione dei particolari più complessi e nello sviluppo fino al reparto produttivo. L’utilizzo di modellatori solidi e di superfici ci permette di ottenere forme e design che combinano funzionalità ed estetica – fattori che devono condividere un unico percorso di sviluppo. Un ulteriore vantaggio che deriva dall’uso di questi software è che possiamo fornire anteprime di modellazione, generare modelli per la prototipizzazione e creare tutta la documentazione necessaria al reparto tecnico per la produzione dei prototipi o degli stampi. Inoltre, l’uso di programmi per l’analisi strutturale o di processo permette di avere già all’inizio della progettazione i risultati teorici stimati, evitando e anticipando correzioni e tempi di setup. Infine, con l’ausilio degli scanner laser siamo in grado di ricostruire qualsiasi geometria o oggetto di cui si voglia replicarne la forma, senza limiti di dimensioni. Lo scanner è anche uno strumento di reverse engineering che ci permette di ricostruire, rimodellare ed eseguire analisi comparative dimensionali fra l’oggetto modellato e quello prodotto nelle fasi di processo». MARCHE 2013 • DOSSIER • 77


EXPORT

Le etichette marchigiane nel mondo

L’eccellenza enologica del Verdicchio e delle altre etichette tipiche. La selezione e la sperimentazione di terreni e varietà. La parola a Doriano Marchetti della cooperativa agricola Moncaro Luca Càvera

l punto di forza della produzione vitivinicola marchigiana sta nel rapporto che i vitigni autoctoni hanno col territorio. La nostra missione è valorizzare questo rapporto». A parlare è Doriano Marchetti, presidente della cooperativa agricola Moncaro. Questa, con le sue tre cantine nelle aree più vocate della regione (Montecarotto, Camerano e Acquaviva), esprime una produzione che punta ad arricchire l’antico sapere enologico di queste terre con vini di eccellenza, molto apprezzati all’estero e che nel 2012 hanno permesso di realizzare un fatturato di 26,6 milioni di euro (più 12 per cento sul 2011). «La passione e la sapienza dei nostri avi – spiega Marchetti – hanno fatto diffondere i diversi vitigni nelle aree più appropriate. E fra questi il Verdicchio ben rappresenta il profondo legame che i nostri vini hanno con il territorio. Questo è stato anche il vino marchigiano ad affermarsi per primo in ambito nazionale e internazionale e che, oggi, continua a mantenere la sua fama grazie alle pregiate peculiarità organolettiche». Quali caratteristiche del terreno, dell’esposizione dei vitigni e del clima rendono uniche le vostre etichette? «Parlando sempre del Verdicchio, questo deve la sua fortuna ai terreni di origine alluvionale e di sedimentario marino. La prevalenza di argilla e sabbia, che si alternano tra le colline, è il fattore che dà uve e vini ricchi di minerali, da cui l’inconfondibile sapidità. Questo particolare vitigno nel tempo si è espresso con varie modificazioni, dovute essenzialmente all’azione dei raggi

«I

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Doriano Marchetti

Da sinistra, Giuliano D’Ignazi, Doriano Marchetti, Gianfranco Vissani e Riccardo Cotarella. Marchetti è il presidente della cooperativa agricola Moncaro di Montecarotto (AN) www.moncaro.com

solari che hanno generato più cloni con caratteristiche diverse tra loro. Noi ci siamo impegnati nella selezione e nel perfezionamento dei vigneti migliori». Con quali metodi portate avanti questa selezione e con quali risultati? «Disponiamo di un grande patrimonio viticolo, con oltre 1.500 ettari dislocati nelle aree a maggiore vocazione delle Marche. Questo ci consente di scegliere fra molteplici condizioni pedoclimatiche, selezionando quelle più performanti per le selezioni e i cru. I vantaggi si riflettono anche nei vini di fascia media, che sono più complessi per l’eterogeneità delle uve ottenute da diverse condizioni di terreno e di clima. Lo sforzo è stato quello di recuperare i vitigni autoctoni e il recupero dei cloni nell’ambito di ogni vitigno, perché questo ci dà la possibilità di incrementare la complessità è l’unicità dei vini. Questo lavoro di ricerca e sperimentazione, anche in cantina, è stato condotto con la collaborazione dell’enologo Riccardo Cotarella». Oltre al Verdiccio, su quali etichette puntate soprattutto? «Merita particolare attenzione il Campo delle Mura Rosso Piceno Superiore, che otteniamo nell’omonimo vigneto. Le uve Montepulciano (70 per cento) e Sangiovese (30 per cento) sono raccolte tardivamente e vinificate a contatto con

60%

QUOTA DI EXPORT DELLA COOPERATIVA AGRICOLA MONCARO. MERCATI DI RIFERIMENTO: GRAN BRETAGNA, OLANDA, SVEZIA, GERMANIA, GIAPPONE, USA, AUSTRIA, BELGIO, CINA E INDIA

le bucce per oltre 25 giorni. Il vino affina poi in barrique e piccole botti per un anno. L’affinamento in bottiglia dura almeno 2 anni in magazzino termocondizionato. Il vino che si ottiene ha un gusto sapido, intenso e persistente. Da un’altra cantina, segnaliamo il Nerone Conero Riserva, ottenuto con Montepulciano (per il 50 per cento uve passite), cui segue una fermentazione con lunga macerazione sulle bucce e un successivo affinamento in barrique per 15 mesi e maturazione in bottiglia per almeno 2 anni. Al palato è generosissimo, vellutato, avvolgente con lunga persistenza». Avete scelto di avviare anche una produzione biologica. Perché? «L’esperienza nel biologico è iniziata nel 1980 e questo ci colloca fra i pionieri di questa tecnica. L’obiettivo è stato quello di aumentare l’attenzione nei confronti dell’ambiente e del consumatore finale, mediante l’impiego di pratiche agronomiche più rispettose e l’uso di antiparassitari a minore impatto ambientale. Questa esperienza è stata propedeutica all’applicazione della lotta guidata e integrata a tutta la nostra produzione per seguire gli stessi obiettivi della coltivazione biologica». MARCHE 2013 • DOSSIER • 79


TECNOLOGIE

L’evoluzione dei servizi editoriali e di stampa Dalla stampa digitale al dato variabile. Il punto di Silvia Argalìa, direttore commerciale di un’impresa quasi centenaria che ha saputo interpretare la modernità. E che scommette sulle opportunità dell’integrazione fra ebook e carta Vittoria Divaro

ra il 2011 e il 2012 il mercato italiano del libro ha registrato un trend negativo dell’ordine del meno 7 per cento a volume e del meno 7,8 a valore (fonte: Nielsen). Questi dati dimostrano come una parte della spesa in cultura stia seguendo la medesima sorte di altri settori di consumo, appesantiti dalla crisi nazionale. Nella flessione complessiva emerge però la crescita del libro digitale, che tuttavia non è ancora in grado di controbilanciare le perdite del settore editoriale. Secondo Silvia Argalìa, direttore commerciale della Arti Grafiche Editoriali: «La sofferenza è innegabile, tuttavia si registra la nascita di nuove case editrici, segno che il settore è percorso da una vena di ottimismo. Certamente, in questo quadro, la possibilità della pubblicazione online apre nuovi orizzonti e prospettive, che se opportunamente coltivate possono arricchire il lavoro di tutto il settore. Infatti, credo che la convivenza pacifica e integrata di prodotti cartacei e digitali stimoli alla lettura anche chi normalmente non ne usu-

F

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fruisce e quindi può ampliare la platea dei lettori». La Arti Grafiche Editoriali è una realtà storica della stampa, sul mercato da quasi un secolo, da alcuni decenni si è specializzata nella realizzazione di progetti editoriali e commerciali, curando tutte le fasi di lavora-


Silvia Argalìa

Silvia Argalìa, direttore commerciale della Arti Grafiche Editoriali Srl di Urbino (PU) www.ageurbino.it

zione: dall’impaginazione alla consegna. Alla luce dei dati sulla crisi del settore, come ha reagito la vostra impresa? «Lo scorso è stato un anno di forte trasformazione e adattamento a nuove regole. Queste hanno comportato ingenti sforzi economici, che ci hanno tenuti impegnati anche per tutta la prima metà del 2013. La domanda del mercato muta repentinamente ed essendo la nostra, oggi, soprattutto una società di servizio piuttosto che un semplice servizio di stampa, ci siamo dovuti concentrare nello sviluppo di un assetto in grado di anticipare le esigenze dei committenti, mettendo a disposizione non solo l’esperienza tecnica, ma anche la creatività. Essere riusciti a portare a termine, dopo anni di attenta analisi del mercato, progetti di innovazione tecnologica nonostante la congiuntura è stato per

A livello tecnico, gli ultimi investimenti hanno riguardato la gestione, la velocizzazione e la trasmissione dei dati di esecuzione del lavoro

noi certamente un ottimo risultato». In quale direzione si è orientata la vostra offerta di servizi dopo l’ampliamento di questi ultimi? «Ci siamo specializzati nell’offerta di servizi a tutto tondo e in costante arricchimento, sotto lo stimolo di nuove richieste. Curiamo dalla consulenza editoriale alla grafica, fino al supporto per la vendita online. E inoltre abbiamo sfruttato l’opportunità di sperimentare produzioni completamente differenti dal nostro core business. Una di queste è stata l’ingresso in un ambito che per noi finora era rimasto inesplorato e che solo la stampa digitale ad alta produttività ci ha permesso di affrontare: quello del “dato variabile”. Con stampa del dato variabile si intendono tutti quei prodotti che necessitano di una personalizzazione estrema e nei quali non esiste la ripetitività del dato. Si tratta, per esempio, di fatturazioni, documenti fiscali e contabili, estratti conto bancari. Al di là di questa innovazione particolare, il nostro intento è sem- MARCHE 2013 • DOSSIER • 85


TECNOLOGIE

e dalle macchine di stampa. Inoltre abbiamo introdotto in azienda nuovi software per l’elaborazione dei costi e la produzione di offerte in modo più veloce e mirato. E, per quanto riguarda la tecnologia di stampa vera e propria, abbiamo investito in nuovi macchinari per la stampa digitale, che ci hanno fatto già registrare delle evoluzioni qualitative e produttive». ltre che direttore commerciale della Arti Grafiche Editoriali, da due anni Silvia Argalìa è Che posizione ha occupato membro della giunta di Confindustria Pesaro Urbino, carica che ha permesso in questa vostra politica di all’imprenditrice di guardare anche oltre il proprio settore. «Questa esperienza – spiega Argalìa investimenti il progetto – mi ha permesso di entrare più profondamente nel merito di questioni imprenditoriali che ecosostenibilità? riguardano anche altri settori produttivi. E inoltre mi ha dato la possibilità di esprimere la mia «Il progetto ha visto la luce opinione avendo come interlocutori rappresentanti delle istituzioni nazionali». due anni fa con la realizzaLa fine di questo primo biennio è coincisa anche con l’assegnazione, da parte di Assindustria Pesaro Urbino, di un premio per la fedeltà e la costanza dimostrate dalle Arti Grafiche Editoriali zione di un impianto fotoalla causa della libera associazione di imprenditori e per la promozione dello sviluppo voltaico dedicato all’autoeconomico e della cultura industriale nella Provincia nel corso degli ultimi venticinque anni. consumo. La realizzazione «Dato che il premio è un riconoscimento per la nostra lunga presenza in associazione, dell’impianto è stata ulticondivido questo merito con mio padre Tommaso». mata ad agosto di quest’anno e negli ultimi mesi possiamo lavorare con la nopre stato quello di accompagnare il commitstra energia. Contemporaneamente, in questo tente verso la sua meta, grande o piccolo che biennio, abbiamo avviato le procedure previsia il progetto che ha in mente». ste dal check up aziendale del progetto Io Su quali aspetti siete intervenuti per mi- stampo sostenibile – iniziativa promossa da gliorare la vostra competitività e mante- AltaEco in partnership con Assografici e Tüv nervi al passo con le nuove richieste? Italia che vuole creare e promuovere presso «A livello strettamente tecnico, gli ultimi in- print buyer, influencer e Pa il primo network vestimenti hanno riguardato la gestione, la ve- di aziende grafiche e cartotecniche sostenibili locizzazione e la trasmissione dei dati di ese- e no greenwashing. Abbiamo poi raggiunto la cuzione del lavoro. Questo è stato possibile compensazione delle emissioni di CO2 e grazie all’implementazione di software che in stiamo lavorando per ottenere la certificatempo reale trasmettono e riportano i dati alle zione per il Carbonfootprint».

UN PREMIO PER LO SVILUPPO

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TECNOLOGIE

A ogni mercato la sua etichetta La promozione dei prodotti enologici e oleari a partire dall’etichetta. Massimo Federighi fa il punto sull’andamento del settore della stampa e sulle performance della sua azienda. In controtendenza Luca Càvera

econdo i dati forniti da Assografici, nel 2012 il settore della stampa ha perso, in media, il 30 per cento del fatturato. La Grafiche Federighi, società specializzata nella stampa di etichette di pregio per il mercato enologico e oleario nazionale, registra un + 20 per cento nel primo semestre 2013, in controtendenza dopo aver mantenuto un fatturato stabile nel 2012, annus horribilis per la stampa italiana. «Se il 2012 – afferma Massimo Federighi, Amministratore Delegato della società di Camerata Picena e neopresidente Assografici Ancona – è stato certamente caratterizzato da alti e bassi, noi vogliamo considerarlo anche come un anno di consolidamento. Dopo gli importanti investimenti fatti nel biennio 2009-2010 e lavorando in un mercato schizofrenico e altamente a rischio, abbiamo preferito investire nella ricerca e nella formazione del personale, per prepararci alla ripresa». E i primi risultati sono stati registrati già nel primo semestre dell’anno in corso, con un incremento del fatturato di circa il 20 per cento. «Questo è stato possibile anche grazie all’acquisizione di un’azienda che, di fatto, ci ha consentito di inserirci in nuovi mercati.

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+20% CRESCITA REGISTRATA NEL PRIMO SEMESTRE 2013 DEL FATTURATO DI GRAFICHE FEDERIGHI. CHE NEI PROSSIMI ANNI PUNTA A UN INCREMENTO PRODUTTIVO DEL 40-50%

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Per i nostri partner, i mercati di riferimento sono molteplici ed eterogenei. L’etichetta deve pertanto esprimere e rappresentare il prodotto in relazione al contesto in cui sarà proposto e quindi deve tenere conto delle specificità del mercato al quale si rivolge. In ogni caso l’etichetta deve trasmettere sensazioni e trasferire il messaggio più appropriato al target per cui è stata ideata. Naturalmente il marchio va valorizzato anche con la scelta dei materiali e delle tecniche di stampa. Per questo, a partire da quanto è stato elaborato dagli studi grafici, mettiamo a disposizione anche un servizio di consulenza sulle forme, le carte e le lavorazioni, per far sì che lo stampato, in seguito, non dia problemi in fase di lavorazione e di etichettatura. Ma soprattutto la nostra arma è offrire innovazione a un prezzo competitivo, potendo produrre sia le piccole sia le grandi tirature con una qualità altissima e con tutte le lavorazioni in linea. E poi l’aver registrato alcuni marchi che si riferiscono a nuove tecniche di lavorazione. Fra questi c’è OroColato®, una particolare tecnica per cui la lamina assume l’effetto di una colata di oro fuso. Oppure il Bassorilievo®, un’altra particolare tecnica con la quale riusciamo a ottenere un effetto rilievo


Massimo Federighi

A fianco, stampa in esecuzione. In queste pagine, etichette realizzate dalla Grafiche Federighi di Camerata Picena (AN) www.grafichefederighi.com

molto efficace per elaborare qualsiasi texture su quasi tutti i materiali stampabili. Possiamo poi fornire etichette con inchiostri termocromici, che mutano con la temperatura esterna, facendo sì che il consumatore capisca immediatamente se la bottiglia ha la giusta temperatura di servizio. E ci sono ancora inchiostri profumati, glitterati, fluorescenti. Siamo in grado di accoppiare in linea più carte, fornendo un’etichetta in parte cartacea e in parte trasparente». Alla raffinatezza delle soluzioni si abbina la potenza del parco macchine di Federighi. «Sicuramente il reparto dedicato alla stampa in bobina è il fiore all’occhiello della nostra azienda. L’ultima macchina sulla quale abbiamo investito è la più innovativa, moderna e sofisticata installata sull’intero territorio ita-

L’etichetta deve esprimere e rappresentare il prodotto in relazione al contesto in cui sarà proposto

liano. Questa può stampare sei colori offset più due flexografici o serigrafici all’occorrenza, eseguire la laminazione a freddo, la plastificazione, la laminazione e il rilievo a caldo in piano». Alla luce di questa dotazione tecnologica, in conclusione, Massimo Federighi delinea gli obiettivi per i prossimi anni. «Sappiamo che la nostra capacità produttiva può crescere di un ulteriore 40-50 per cento ed è questo l’obiettivo che vogliamo raggiungere. Siamo consapevoli che non sarà facile riuscire nell’intento in un periodo di congiuntura economica così difficile. Tuttavia, finora, mettendo da parte l’esercizio 2012, abbiamo sempre rispettato i nostri programmi di crescita. E trovarci, oggi, in un momento in cui il mercato è crisi, rende questa sfida ancora più affascinante».

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TECNOLOGIE

Il settore Horeca vive di innovazione Investire ogni anno in macchinari e tecnologie innovative. Questo il segreto della crescita costante in un settore che meno di altri ha sofferto la crisi. L’esperienza di Giovanni Feliziani Lucrezia Gennari

n controtendenza rispetto all’andamento generale, il settore Horeca si attesta in crescita, in particolare nell’area asiatica e sud americana. Le aziende dell’indotto, pertanto, soffrono la crisi meno di altre, soprattutto quelle che puntano sulla ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e sull’export. Ne è un esempio la Giorgi, leader nella realizzazione di attrezzature a pressione per la produzione di vapore destinate alle macchine da caffè espresso, agli erogatori di bevande calde, fredde e gassate, agli idrotermosanitari, che già nel 2012 ha registrato un

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Giovanni Feliziani, amministratore delegato della Giorgi Srl di Tolentino (MC). Nella pagina accanto, il reparto produttivo www.giorgi1863.it

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incremento del suo fatturato pari al 20 per cento, mentre nel primo semestre 2013 viaggia in un più 10 per cento. «Il nostro business – spiega l’amministratore delegato della Giorgi Srl, Giovanni Feliziani – è molto legato all’andamento della materia prima, in particolare rame e ottone, che rappresenta oltre il 70 per cento dei costi della nostra distinta base». Su quali aspetti ha puntato la vostra strategia aziendale negli ultimi anni? «Abbiamo investito in nuovi macchinari e tecnologie innovative. Abbiamo riportato in


Giovanni Feliziani

azienda diverse lavorazioni esterne strategiche in modo da essere ancora più competitivi. Le nuove macchine e le nuove automazioni ci garantiscono una flessibilità, velocità e qualità produttiva tali da primeggiare nel mercato di riferimento». A quanto ammonta l’investimento medio annuo in ricerca e sviluppo e su quali progetti state lavorando in questo momento? «La nostra attività di ricerca è rivolta soprattutto allo sviluppo di tecnologie costruttive e innovative e alla scelta di nuovi materiali alternativi. L’ufficio tecnico supporta integralmente anche la R&D dei clienti fornendo competenze di progettazione e innovazione. Gli investimenti ad oggi per la ricerca e sviluppo corrispondono a circa un 20 per cento del fatturato». Fra il 1990 e il 2004 siete passati da una produzione di 3mila caldaie a 45mila. Qual è oggi la vostra potenza produttiva? «Per il 2013 prevediamo la realizzazione di 80mila unità. Inoltre abbiamo sviluppato, parallelamente alla produzione in rame, un settore per la lavorazione di caldaie, produttori di acqua calda, generatore di vapore in acciaio inossidabile per una quantità annua pari a 20mila pezzi. Siamo inoltre in grado di produrre elementi di collegamento, impianti di alimentazione idraulica, tubi di allaccio e scambiatori di calore per il settore Horeca e per il mercato del wellness». Quali prospettive si aprono per il medio-lungo periodo? «Stiamo già ampliando il sito produttivo del

UNA PROGETTAZIONE PERSONALIZZATA a Giorgi Srl è in grado di disegnare, progettare e calcolare sia l’aspetto strutturale che termodinamico dei generatori di vapore, che risultano conformi alle norme vigenti in ogni fase. A disposizione dei clienti ci sono un ufficio di progettazione che segue tutte le fasi e offre la sicurezza di ottenere i risultati voluti; una notevole riduzione dei costi attraverso la simulazione di disegni e installazioni, l’elaborazione di calcoli strutturali e modifiche di ogni genere, la verifica delle rese e un laboratorio collaudi idraulici ed elettrici sul 100 per cento della produzione che garantisce la più totale affidabilità. I generatori sono sottoposti a prove no-stop senza scarico di acqua per oltre 100 ore di funzionamento, che assicurano una lunghissima durata. La realizzazione di tutti i prodotti avviene attraverso l’utilizzo delle più recenti tecnologie di produzione, da stampaggi di profonda imbutitura alla saldatura robotizzata. Ogni generatore dispone di almeno due sicurezze a garanzia dei clienti.

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50 per cento e nel medio periodo investiremo in nuovi macchinari e tecnologie produttive. Miriamo inoltre al trasferimento del know how aziendale che oggi sta crescendo inserendo giovani preparati: negli ultimi tre anni le risorse umane sono aumentate del 30 per cento e l’età media aziendale è tra le più basse del territorio. Nel lungo periodo vorremmo infine aumentare la quota di caldaie prodotte in acciaio inossidabile, per fornire maggiormente il mercato nord-europeo delle macchine da caffè superautomatiche». MARCHE 2013 • DOSSIER • 91


Il mercato sempre più vario dei prodotti petroliferi Il contraddittorio mercato dei prodotti petroliferi. Marco Ciarmatori spiega quali sono le maggiori difficoltà attuali, le possibilità di reazione e gli interventi auspicabili per un futuro di crescita Remo Monreale

n ambito caratterizzato da profonde incertezze e al tempo stesso da diverse opportunità. Quello dei prodotti petroliferi è un mercato imprevedibile in cui la vera differenza è data dalla competenza degli operatori. Con il know how necessario, infatti, si può diversificare la propria azione dando la possibilità di tracciare nuove traiettorie commerciali. In tempi di crisi, questo è un aspetto che determina la competitività di un’impresa nel settore, vittima facile di stangate fiscali anche gravissime. L’esempio di Marco Ciarmatori, amministratore della Petroli Marche, riassume le condizioni attuali e i possibili sviluppi in ambito nazionale. «Il limitatissimo accesso al credito – spiega Ciarmatori – ci ha costretto a sostituire le banche nei confronti di quei clienti storici

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con i quali abbiamo un rapporto di grande fiducia. L’assunzione dei rischi non sempre è andata a buon fine e a volte abbiamo perso la scommessa». In questo scenario, l’esperienza della Petroli Marche ha permesso un adattamento che è risultato vitale. «Per comprenderne meglio la portata – dice Ciarmatori – bisogna fare un passo indietro. L’attività di commercializzazione dei prodotti petroliferi nasce negli anni sessanta con la vendita prevalente di oli combustibili utilizzati come carburante da riscaldamento. Nel corso degli anni si diversifica con la vendita di gasoli per poi approdare alla realtà attuale che propone una commercializzazione congiunta dei prodotti, differenziata in base agli impianti e agli utilizzi finali degli stessi. L’esperienza ventennale maturata nella


© Photo Lara Mariani

Marco Ciarmatori

progettazione e realizzazione di impianti per la combustione di oli combustibili, sia per l'industria sia per usi civili, ci permette di raggiungere una competenza specifica dei vari prodotti e delle sue caratteristiche. In questo momento l’ambito in cui lavoriamo di In questo momento lavoriamo con il gasolio più afferisce al gasolio (di (di qualsiasi tipo), gli oli combustibili, i lubrificanti, qualsiasi tipo), agli oli comla motopesca e anche con i buncheraggi bustibili, ai lubrificanti, al moper grandi imbarcazioni topesca e anche ai buncheraggi per grandi imbarcazioni. Inoltre, a questo core business abbiamo affiancato la realizzazione di impianti del motore. La nostra gamma di lubrificanti, ad olio combustile, con un servizio di assi- vasta e articolata, è in grado di fornire la ristenza che copre ogni esigenza dei clienti». sposta giusta alle esigenze di lubrificazione di La sostanziale tenuta dell’impresa di Senigallia ogni motore e alle necessità di ogni utente. Per è dovuta a una lunga serie di attributi. «La ca- ogni applicazione c’è sempre un prodotto in pillarità della distribuzione – continua Ciar- grado di assicurare elevate prestazioni, lunghe matori –, la diversificazione di prodotti e ser- durate in servizio, piena soddisfazione degli vizi, l’efficiente parco macchine e la utilizzatori, assoluto rispetto per l’ambiente». collaborazione di personale competente, ci Nonostante l’impegno e il know how, quello hanno permesso di distinguerci con apprezza- dei prodotti petroliferi rimane un mercato pemento anche in contesti e localizzazioni diffe- ricolante. «Noi non chiediamo niente di strarenti. Decisiva la continua ricerca di diversifi- ordinario: solo che siano rispettate le normacazione dei prodotti e servizi offerti: grazie a tive europee. Non è accettabile la distorsione questo impegno abbiamo partecipato in modo per cui qui in Italia i gasoli, autotrazione e riattivo alla nascita della prima società della re- scaldamento, abbiano costi oltre il doppio gione che ha realizzato impianti di teleriscal- della media europea per effetto dell’eccessivo damento in assetto cogenerativo». peso delle accise. Un altro aspetto fuori dal La Petroli Marche Srl ha Uno dei segmenti in espansione è quello degli nostro controllo e che riguarda le istituzioni sede a Senigallia (AN) www.petrolimarche.it oli lubrificanti, su cui Ciarmatori non ha po- sta nella giustizia civile, che dovrebbe pertuto fare a meno di puntare. «È un momento mettere un recupero dei crediti in tempi certi, di grande specializzazione tecnologica – af- che tuteli maggiormente il creditore dando ferma l’amministratore – nel quale l’evolu- meno “scampo” ai furbi, o almeno che cozione motoristica porta sempre più il lubrifi- munichi a breve se il singolo credito è recucante a essere un vero e proprio componente perabile o meno».

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SICUREZZA

Sicurezza, evoluzioni in atto Cresce la richiesta di protezione e aumenta il livello tecnologico degli impianti. Ma anche il numero di installatori con scarse referenze. Il punto di Davide Pieristè sui recenti sviluppi del settore Renato Ferretti

egli ultimi anni il tema ha ricevuto sempre più attenzione. In particolare riguardo furti e aggressioni, nella percezione comune si è impresso un aumento del pericolo. A confermare l’esigenza di maggiore protezione è Davide Pieristè, titolare della maceratese NewTech, che si occupa di impianti e sistemi di sicurezza. Secondo Pieristè, infatti, la richiesta di questo tipo d’impianti con il passare degli anni è aumentata. «Questa preoccupazione è trasversale – spiega Pieristè – tanto che il nostro intervento viene richiesto sia da aziende con veri e propri tesori da pro-

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teggere, sia da famiglie in appartamenti che non custodiscono beni di valore. Spesso, per esempio, ci chiedono di fare anche solo sopralluoghi sulle nuove abitazioni, per individuare le zone più vulnerabili e predisporre la struttura a un futuro impianto». Anche a causa di questo fenomeno, il progresso tecnologico in questo campo ha accelerato il processo fino alle più recenti conquiste. «L’ultima – spiega Pieristè – è un sensore radar che copre l’intera facciata di un edificio con grande precisione. Il sistema invia un’onda e, nel caso questa venga interrotta, calcola la distanza dell’oggetto, il tipo di


Davide Pieristè

La NewTech Srl ha sede a Macerata www.newtechsrl.it

movimento da questo effettuato e le dimensioni della sua massa: in questo modo riesce a discriminare tra una persona e un piccolo animale, per esempio, evitando falsi allarmi e monitorando perfettamente ogni avvicinamento all’edificio. L’aspetto negativo di questi impianti altamente performanti, sta nel prezzo ancora troppo elevato: si parla di circa 2500 euro per ogni sensore». Altri sistemi sono quelli biometrici, meno recenti eppure tecnologicamente molto avanzati. «La biometria – dice l’amministratore di NewTech – permette l’ingresso solo alle persone selezionate e negandolo a chiunque altro: uno dei sistemi prevede semplicemente il tocco di un dito, senza l’uso delle chiavi, quindi. Nonostante non sia una novità, i costi rimangono alti e quindi in pochi finora lo hanno adottato tra i nostri clienti. Noi ne abbiamo installati in situazioni in cui il grado di inviolabilità richiesto era molto elevato come, per esempio, nel caso di capannoni in cui sono materiali particolarmente costosi». L’impennata che la domanda di questi impianti ha subito ha creato un ulteriore fenomeno collaterale, che vede dei non professionisti improvvisarsi installatori. «Arrivati a questo punto – afferma Pieristè – ci sarebbe bisogno di un albo come per gli avvocati e gli altri professionisti. Il nostro è un mercato rovinato a causa di chi installa dei sistemi pur non essendo uno specialista, come gli elettricisti che improvvisano montando impianti da quattro soldi. L’errore più tipico è mettere un contatto magnetico su una persiana e pensare, in questo modo, di aver protetto il varco, quando ormai i metodi per vanificare questo tipo di protezione sono fin troppo conosciuti. Un altro prevede di installare una centralina in cui confluiscono i dati di più sensori in se-

La novità tecnologica è un sensore radar che calcola la distanza, il movimento e le dimensioni di ciò che si avvicina a un edificio

rie: la conseguenza è che l’allarme scatti senza la possibilità di capire in che zona dell’abitazione il sensore ha rivelato l’anomalia, con tutti i falsi allarmi che questo può creare. In generale, ovviamente, chi s’improvvisa installatore non può dare la giusta consulenza al cliente. Per esempio, ultimamente sono di moda i sistemi via radio, ma in realtà sono consigliabili i filari: questi, infatti, sono sempre compatibili con qualsiasi tipo di sensore e quindi l’aggiornamento risulterebbe più semplice». Il servizio post-vendita è per la NewTech un aspetto centrale. «L’assenza di manutenzione – continua l’amministratore – porta al non funzionamento dello stesso dopo qualche anno. In un’azienda come la nostra, invece, molti sono diventati clienti grazie al servizio d’assistenza, attivo ventiquattro ore su ventiquattro per tutto l’anno, con il quale interveniamo molto velocemente».

MARCHE 2013 • DOSSIER • 97


SICUREZZA

Sicurezza antincendio, nuove regole Cambia la periodicità di manutenzione degli estintori. E soprattutto cambiano le modalità di esecuzione degli interventi manutentivi. Luca Pecora spiega quali sono gli effetti positivi per la sicurezza e il settore Vittoria Divaro

o scorso 20 giugno è stata introdotta la nuova norma Uni 9994-1 del 2013 che regola le attività di manutenzione e controllo degli estintori antincendio. Questa ha apportato modifiche sostanziali alla precedente norma 2003 e prossimamente sarà ulteriormente integrata da una norma Uni 99942, che descriverà requisiti e competenze del tecnico manutentore. «Le novità più significative spiega Luca Pecora, titolare dell'Antincendio

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Macerata, una delle tre distributrici per le Marche, dei prodotti Cea Estintori e società di servizi in materia di sicurezza - riguardano i tempi e la periodicità della manutenzione degli estintori, l'obbligo di indicare internamente ed esternamente ai dispositivi la data di intervento e l'azienda che l'ha effettuato, la sostituzione delle valvole in fase di collaudo per gli estintori a polvere e in fase di revisione per gli estintori ad anidride carbonica, l'utilizzare eslusivamente pezzi di ricambio originali forniti dal produttore». Per quanto riguarda, in particolare, la periodicità della manutenzione, in base al tipo di estintore, sono state introdotte diverse novità. «Per gli estinguenti a schiuma, la scadenza, dai precedenti 18 mesi, è stata allungata, però con una differenza in relazione al materiale costitutivo della bombola e dell'estinguente se premiscelato o in cartuccia. Invece, per le bombole a polveri e ad anidride carbonica, i tempi sono rimasti sostanzialmente gli stessi - ogni 36 mesi per gli estintori a polvere e ogni 60 per gli altri, con sostituzione della valvola -, tuttavia sono cambiate le normative sulle manutenzioni, che impongo di indicare sul pescante che sta all'interno dell'estintore mese, anno e nome dell'impresa che ha eseguito la manutenzione». Luca Pecora prosegue sottolineando gli effetti positivi delle nuove norme sul mercato e sulla sicurezza. «In questi anni, numerose aziende del settore hanno fatto spesso manutenzioni fittizie,


Luca Pecora

L’Antincendio Macerata Srl ha sede a Macerata www.antincendiomacerata.it

ovvero eseguite sulla carta ma non sulla bombola. Questo ha determinato una concorrenza al ribasso molto forte e ovviamente anche un pericolo per la sicurezza, concorrenza sleale che è stata accentuata dalla fase attuale di crisi economica, in cui il prezzo ha avuto quasi sempre la meglio nella scelta dell'impresa di manutenzione. Adesso invece esiste un'imposizione chiara su come deve svolgersi la procedura». Certificata Iso 9001, l'Antincendio Macerata, oltre a distribuire gli estintori prodotti da Cea Estintori in qualità di Centro Assistenza Qualificato, verifica in azienda tutte le bombole prima di effettuare l'installazione, garantendone l'integrità e la conformità all'ordine. «In quanto rivenditori di questo marchio, stiamo puntando sulla qualità dei prodotti scegliendo il made in Italy. Ma non solo. Anche sulla sicurezza come servizio. A partire dal 2013, infatti, abbiamo iniziato anche a redigere per conto delle aziende, appoggiandoci a un partner, il documento di valutazione dei rischi, che la legge di stabilità ha reso obbligatorio, abrogando la possibilità dell'autocertificazione. La sezione più importante di questo documento è quella che riguarda l'individuazione dei pericoli presenti in azienda, sezione che va poi utilizzata come strumento operativo di pianificazione degli interventi di prevenzione». L'azienda maceratese ha così ampliato la propria offerta, bilanciando in questo modo le perdite registrate a causa della chiusura di molte imprese clienti. «Rispetto a ottobre 2012, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a confermare il fatturato e a ottenere anche un incremento, seppure minimo, del 2 per cento. Tuttavia sentiamo la necessità di crescere a livello dimensionale, in maniera tale da poter ampliare il territorio di riferimento e controbilanciare le difficoltà che registriamo nella nostra regione. Per far questo

Le nuove norme contribuiscono a fermare il fenomeno delle “manutenzioni fittizie”, fatte sulla carta e non sugli estintori. Ora vige un’imposizione chiara sulla procedura

abbiamo già avviato delle collaborazioni con ingegneri e geometri. Ma stiamo anche valutando un passo maggiore: realizzare una fusione con un'altra società del settore che opera attualmente in cinque regioni italiane. La fusione e quindi il fatto di porci sul mercato come un'organizzazione più grande e ben strutturata ci permetterebbe di proseguire nel nostro lavoro di qualità, di non doverci più appoggiare all'esterno per alcune attività (come la redazione dei documenti di valutazione dei rischi e CPI) e di rivolgerci a un territorio più vasto rispetto a quello attuale, compensando così la crisi regionale».

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MODELLI D’IMPRESA

Tecnologie per il calzaturiero n 2012 contrassegnato dalla crescita del fatturato, anno che ha confermato il trend positivo dell’ultimo biennio. E questo grazie all’ingresso nel progetto aziendale di nuovi partner di fama internazionale, che si vanno a sommare alle partnership con marchi come Tod’s, Chanel, Yves Saint Laurent e Baldinini. È questo il bilancio recente della Giesse Stampi di Corridonia, nel maceratese, azienda che produce stampi di ogni genere per il settore termoplastico, della gomma e, in particolare, stampi per la tranciatura del cuoio, specializzazione che ha permesso all’azienda di Giovanni Germondari e Claudio Sforzini di affiancare le grandi griffe del calzaturiero locale, nazionale e internazionale. «L’affidabilità e un prezzo competitivo hanno costituito il mix vincente per conquistare l’apprezzamento del mercato. È stato grazie a questo binomio che abbiamo avviato la collaborazione con le

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+15% CRESCITA DEL FATTURATO DELLA GIESSE STAMPI NEL 2012 RISPETTO AL 2011, ANNO IN CUI L’AZIENDA HA AVVIATO UN TREND POSITIVO

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Un’azienda che compone la catena di montaggio del distretto calzaturiero marchigiano. E che ha conquistato anche i produttori stranieri della grande moda internazionale. L’esperienza imprenditoriale di Giovanni Germondari Valerio Germanico

grandi firme del mondo calzaturiero, le quali sono diventate nostre partner per produzioni che puntano soprattutto sulla qualità della lavorazione, l’esclusività dei modelli e le serie limitate. All’occorrenza però garantiamo anche i grandi numeri. Ovviamente in questo ambito la concorrenza è maggiore, ma con la nostra flessibilità stiamo riuscendo a conquistare importanti commesse anche sulle produzioni di massa. Oggi le richieste più complesse continuano a essere quelle provenienti dalla creatività dei modellisti. Un esempio? Dover realizzare uno stampo funzionante e che faccia uscire una suola a forma di aragosta richiede molte energie prima di ottenere il risultato voluto. Tuttavia, la sfida maggiore – a causa delle grandi dimensioni e del peso del prodotto –, finora, è stata rappresentata dalla realizzazione dello stampo per un pallet, costituito interamente in gomma ma con un’anima di acciaio». Nella capacità competitiva di Giesse ha un ruolo strategico l’impiego della tecnologia Cad Cam. «Questa – prosegue Germondari – è fondamentale nella progettazione e sviluppo delle varie commesse, sempre più estrose, complesse e da realizzare in tempi assai ridotti. Le tecnologie Cad Cam permettono infatti di dematerializzare il processo produttivo, permettendoci di ottenere significative


Giovanni Germondari

Passiamo dal disegno al prototipo in resina, ottenendo poi lo stampo con la massima precisione e in tempi ridotti

Nella pagina a fianco, uno stampo per calzature realizzato dalla Giesse Stampi Srl di Corridonia (MC). Sopra, momenti della produzione www.giessestampi.it

riduzioni dei tempi di ideazione, progettazione e ingegnerizzazione del prodotto. Per migliorare ulteriormente le nostre performance ci stiamo attrezzando anche per l’implementazione di supporti tecnici dedicati alla scansione delle forme tridimensionali e alla loro successiva conversione in informazioni digitali. Questi ultimi, infatti, sono indispensabili per lo sviluppo e le modifiche dei progetti. Una volta completata la fase progettuale, si passa dal disegno al prototipo in resina, ottenendo successivamente uno stampo eseguito con la massima precisione e in tempi ridotti. Per il futuro puntiamo a investire su una più veloce acquisizione dei dati e sull’automazione delle macchine a controllo numerico. Investimento costante, invece, è quello nella formazione professionale delle nostre maestranze». Oltre che dalla tecnologia, la competitività di

Giesse deriva anche dalle risorse umane che impiega e dall’appartenenza dell’azienda al distretto calzaturiero marchigiano, che le garantisce un ottimo biglietto da visita sul mercato interno come pure su quello internazionale. «Essere uno degli ingranaggi della grande fabbrica del fashion made in Italy e non – afferma in conclusione Giovanni Germondari – contribuisce certamente alla crescita dell’azienda, sia in termini di immagine sia in termini di effetti concreti sul business. Infatti, il nostro prodotto risulta competitivo, da una parte, per i materiali selezionati che utilizziamo e, dall’altra, per il servizio completo che mettiamo a disposizione dei nostri partner (che assistiamo dalla progettazione al collaudo), sempre con un rigoroso rispetto dei tempi di consegna. Questo ci ha permesso così di costruire un forte rapporto di collaborazione con i nostri clienti». MARCHE 2013 • DOSSIER • 101


IL DISTRETTO CALZATURIERO

Scarpe da artigiano L’eccellenza del distretto calzaturiero maceratese nelle parole di Giuseppe Dari, che rivendica il retaggio artigianale come un patrimonio da difendere. «Conciliare tecnologia e tradizione in un modo virtuoso» Remo Monreale

on si è piegato ai tempi e alle quantità delle grandi produzioni e il mercato gli ha dato ragione. Da decenni, ormai, il distretto calzaturiero sceglie il massimo standard di qualità come obiettivo principale e per farlo ha mantenuto manuale la gran parte dei processi produttivi. Giuseppe Dari, titolare della Ormeda a Monte San Giusto, è uno dei convinti difensori del retaggio artigianale locale, patrimonio di conoscenze che finora ha garantito alle aziende maceratesi il primato nel mondo. «La tecnologia ci serve solo per migliorare la produzione – spiega Dari – ma ci sono passaggi che non possono essere meccanizzati. Quello

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Ci sono fasi che devono rimanere artigianali: sarebbe impossibile sostituirle senza perdere la qualità

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che abbiamo fatto è stato cercare l'equilibrio fra la tutela della tradizione e l'efficienza produttiva delle nuove tecnologie». La Ormeda ha sempre avuto una vocazione prettamente artigianale, anche se oggi, secondo lo stesso Dari, è una delle più moderne tecnologicamente. «Gli aspetti che devono rimanere artigianali sono diversi, come la fresatura che noi continuiamo a fare a mano: sarebbe impossibile farlo in altro modo senza perdere la qualità dell’oggetto. Per la fase della cucitura come si deve servono tanti anni di esperienza, con una macchina tecnologicamente avanzata. La qualità dei nostri prodotti, quindi, deve molto all'esperienza nella lavorazione maturata a livello artigianale:


Giuseppe Dari

Fasi di lavorazione manuale di calzature. La Ormeda Srl ha sede a Monte San Giusto (MC) www.calzaturificioormeda.com

rinunciare a questo aspetto vorrebbe dire abdicare nei confronti del valore aggiunto. È così che abbiamo cercato di conciliare in maniera virtuosa i metodi di lavorazione artigianali con la tecnologia che garantisce i tempi e i volumi di produzione richiesti». L’importanza di appartenere a un distretto non è da sottovalutare. «Prima di tutto le nostre competenze derivano dalla tradizione della zona – ricorda Dari – che si è tramandata per generazioni. Poi tutta la filiera ne beneficia. I nostri sono fornitori storici, per esempio, che garantiscono il massimo della qualità che serve al calzaturificio di alta gamma che si trovano nel territorio nazionale. A proposito di materiali, bisogna sottolineare l’importanza che ha questo aspetto. La comodità delle nostre scarpe deriva anche da questo: noi ricerchiamo i pellami più morbidi, per fodere di vitello per esempio, cosa che rende il prodotto unico. Materiali a parte, possiamo affermare con orgoglio che la nostra produzione è cento per cento made in Italy, essendo effettuata in tutte le sue fasi nel nostro paese». I numeri più recenti parlano di un vero successo, se si considera il periodo di recessione, che Dari spiega così: «Quest’anno stiamo registrando un lieve incremento del nostro fatturato, con un aumento della quota di export de-

rivante da paesi come la Germania e il Nord Europa. Gli Stati Uniti mantengono sempre un’alta la quota dell’export mentre il mercato interno pesa per circa un 30 per cento. Assodato che la qualità del prodotto è ovviamente il motivo centrale del gradimento da parte dei clienti, trattandosi di moda, anche lo studio dell'estetica e del design è un aspetto fondamentale. Il nostro stile è peculiare, difficilmente cambia le sue tendenze, poiché è proprio la sua linea costante e tradizionale che raccoglie consensi. La linea Fiorentini+Baker, concepita dalla creatività della designer inglese Deborah Baker, piace in tutto il mondo e ha appassionato anche molte star del cinema». La produzione è organizzata così da coprire i target cui la Ormeda si rivolge. «Abbiamo tre linee di prodotto destinate a essere commercializzate ognuna in diversi segmenti. La più diffusa e apprezzata è senza dubbio la Fiorentini+Baker. Le altre due sono la Uit destinata a coprire il mercato italiano e la Loft 5 destinata al mercato tedesco, russo e nordeuropeo». MARCHE 2013 • DOSSIER • 105


Lo shopping? Una consulenza di stile i fronte a un consumatore più informato e più attento alla qualità dei prodotti, allo stile e agli abbinamenti, nonché all’etica delle aziende, occorre più di un buon prodotto e la visibilità del brand». Parte da questo assunto Maurizio Coltorti, presidente dell’omonima catena marchigiana di boutique. E sottolinea che, rispetto al passato, «anche il prezzo è importante, ma più in un’ottica morale. Infatti, in un contesto economico come quello attuale, i consumatori – anche quelli di beni di lusso – sembrano dare più valore al denaro e di conseguenza acquistano in modo meno impulsivo, più razionale. Il momento dell’acquisto, pertanto, spesso avviene dopo più visite al punto vendita e dopo aver vagliato

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Anche per la fascia lusso, il momento dell’acquisto è più meditato. Analizzando questo cambiamento, Maurizio Coltorti spiega l’importanza di un adeguamento dell’approccio alla vendita. E la boutique assume un nuovo ruolo Luca Càvera

tutte le alternative possibili». Analizzando questi cambiamenti, emerge come indispensabile un adeguamento dell’approccio alla vendita, che Coltorti ha interpretato focalizzandosi sulla proposta di un’esperienza più gratificante all’interno della boutique.


Maurizio Coltorti

32 mln FATTURATO 2012 DEL GRUPPO COLTORTI, CHE HA CHIUSO IL BILANCIO CON UN INCREMENTO DEL 12 PER CENTO SULL’ANNO PRECEDENTE

Come trasformare lo shopping in un’esperienza gratificante a prescindere dall’acquisto? «Abbiamo puntato sulla riprogettazione dello spazio del punto vendita (come nel caso del flagship store di Ancona, in cui questa attenzione ha assunto un’importanza centrale) e investiamo nell’offerta di servizi su misura da affiancare all’ampio e ricercato assortimento di prodotti. In testa a questi servizi si colloca la consulenza di stile. Stiamo sviluppando ulteriormente le competenze del personale di vendita, tramite percorsi di alta formazione specialistica, affinché possa comporre abbinamenti di capi, calzature e accessori coerenti con lo stile di ogni cliente e in grado di valorizzare al massimo le sue caratteristiche morfologiche e cromatiche. Ciò permette al cliente di comunicare più efficacemente attraverso la propria immagine e di ottimizzare gli acquisti, e alla nostra azienda di affermarsi come punto di riferimento per lo stile. E proprio da questo nasce il nostro nuovo payoff: “Your personal stylist”».

Cos’è, invece, “Percorsi di stile”? «È un’iniziativa con la quale proponiamo ai nostri clienti una piacevole esperienza. Si tratta di un’occasione di incontro e di scoperta, un appuntamento in cui dedichiamo loro le attenzioni di esperti di immagine, stile e make up in un contesto intimo e rilassante. Abbiamo già In queste pagine, interni delle boutique ospitato due incontri in due delle nostre bou- Coltorti, con sedi tique, raccogliendo feedback molto positivi e a Jesi, Macerata, incoraggianti. Queste esperienze ci stimolano a Ancona, San Benedetto riproporre l’iniziativa e continuare a sviluppare e Miami (Usa). Sopra, Maurizio Coltorti il servizio di style consulting». E le altre direzioni verso cui state indiriz- www.coltorti.it zando gli investimenti? «Come detto, ci stiamo muovendo su diversi fronti. Quindi, accanto allo sviluppo del personale – che è il primo punto di contatto all’interno del punto vendita –, stiamo curando con attenzione la comunicazione, che ha un ruolo importante in questo percorso. Quindi MARCHE 2013 • DOSSIER • 107


MODA E TENDENZE

IL NUOVO FLAGSHIP STORE DI ANCONA rogettato dagli architetti Giancarlo Ercoli e Riccardo Diotallevi, questo punto vendita Coltorti interpreta le tendenze del mercato prêt-à-porter, accompagnando gli ospiti della boutique in un percorso multisensoriale. Si tratta di un ambiente importante, dove condividere le sensazioni e le emozioni delle scelte accurate di materiali e forme, in dialogo con l’immaginario architettonico contemporaneo, che ben si accosta all’esclusività e all’unicità delle collezioni. Percorsi, più che acquisti. Perché l’esperienza ricercata è un’esplorazione e una guida verso l’esaltazione dello stile personale. Una concentrazione che pone il cliente ancora più al centro. Egli è invitato a scoprire gli ambienti dedicati all’uomo, alla donna e agli accessori a partire dal proprio protagonismo. Un’esperienza di scoperta che passa attraverso la visione, la scelta e la prova dei prodotti, seguendo la traccia suggerita da due passerelle inserite in un’atmosfera carica di teatralità.

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abbiamo deciso di focalizzarci ancora di più

sulla nostra immagine coordinata e soprattutto di investire nel potenziamento del canale web, con un nuovo sito che sarà online a breve e promette novità e iniziative. Al contempo, stiamo rafforzando le collaborazioni con altre realtà di eccellenza della nostra regione, in particolar modo nel mondo dello sport, dell’arte, della cultura, perché crediamo che le Marche abbiano da offrire molto più di ciò che sembra e troviamo giusto sostenere

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delle iniziative che riteniamo strategiche, secondo il principio per cui il tutto è superiore alla somma delle parti». A questi investimenti sulla qualità sta corrispondendo un successo quantitativo ed economico? «Abbiamo chiuso il bilancio 2012 in positivo, con un fatturato di circa 32 milioni di euro e un incremento del 12 per cento sull’anno precedente. E il trend nel 2013 è ancora positivo. Sono risultati senza dubbio soddisfacenti, soprattutto se si considerano le grandi difficoltà in cui versano molte aziende del nostro territorio. Di certo oggi ottenere questi risultati richiede molti più sforzi, ma proprio per questo crediamo che sia indispensabile continuare a investire e non lasciarsi immobilizzare dal timore della crisi». Alla luce dei vostri risultati e del riposizionamento strategico, con quale spirito guardate ai prossimi anni? «Più che di un riposizionamento si tratta di un’evoluzione. Gran parte del successo dell’ultimo decennio è frutto di una serie di scelte basate su un quadro di valori che ci ha contraddistinto dai nostri competitor e in cui crediamo ancora. L’eccellenza dei prodotti e il gusto con cui vengono selezionati, l’assortimento di un centinaio di brand che ci permette di soddisfare molteplici esigenze stilistiche, il visual merchandising e la cura degli spazi di vendita, la serietà che ci ha accreditato presso le grandi maison. Questi sono i pilastri principali che hanno sorretto la nostra azienda e l’hanno portata ai nostri giorni. Pertanto non è nostra intenzione cambiare rotta adesso. Tuttavia l’evoluzione del mercato ci stimola ad arricchire questo quadro e a cercare nuove modalità con cui comunicare e tradurre concretamente tali valori. Ed è quello che stiamo facendo e continueremo a fare».



POLITICHE AGRICOLE

Successo per il made in Marche I prodotti agroalimentari rappresentano un motore decisivo per l’export e un importante biglietto da visita per le Marche. Lo dimostra il progetto integrato “Marche is good”, con cui la regione è andata alla conquista di New York Leonardo Testi

l settore agroalimentare guida il trend positivo che caratterizza le esportazioni marchigiane nel primo semestre 2013. In base all’analisi di Coldiretti Marche (elaborati sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero), infatti, nel periodo che va da gennaio a giugno, l’export regionale è cresciuto del 12,7 per cento; un dato che sale al 13 proprio nel caso dell’agroalimentare. Il valore delle esportazioni conferma lo stato di salute del comparto, con un risultato che tocca i 169 milioni di euro. Una cifra che potrebbe addirittura superare i 360 milioni, se la tendenza positiva dovesse proseguire fino a fine anno. L’Europa resta il principale mercato di riferimento per i prodotti marchigiani - il 57 per cento del cibo esportato è diretto verso il Vecchio continente

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- ma si fa sotto anche l’Asia, con un significativo 52 per cento. Se i mercati dei Brics e degli altri Paesi emergenti individuano orizzonti da tenere fortemente in considerazione per il prossimo futuro, non vanno dimenticati i mercati maturi. L’agroalimentare marchigiano cresce, infatti, anche negli Stati Uniti, con un aumento del 7 per cento nel primo semestre del 2013, che evidenzia ancora una volta le notevoli potenzialità del prodotto “made in Marche” sul mercato a stelle e strisce. Sempre in base ai dati Coldiretti, il valore dell’export negli Usa nel periodo gennaio-giugno è salito a 11 milioni di euro, contro i 10,3 dell’anno precedente, ma la cifra risulta quasi triplicata se si confronta il dato con quello del 2008. Il 2013 è, inoltre, l’Anno della cultura italiana negli


L’agroalimentare marchigiano

Stati Uniti. In questo contesto, e sull’onda delle favorevoli performance delle esportazioni, assume ancor più rilievo il programma di iniziative e attività di cui le Marche sono protagoniste per tutto il mese di ottobre a New York, tra sedi istituzionali e accademiche e un circuito di negozi e ristoranti di primo livello della Grande Mela. L’iniziativa coinvolge anche presidi importanti di affermati brand regionali e professionisti in tutti i settori. Fulcro del format progettuale integrato “Agroalimentare & cultura per il brand Marche” è il progetto “Marche is good”, nato dalla sinergia tra Regione e Consulta agroalimentare di Confindustria Marche, che promuove, con il concorso delle aziende agroalimentari, l’eccellenza marchigiana del cibo e del vino. Trentasei le imprese coinvolte, i cui prodotti sono già esportati negli Stati Uniti e che si caratterizzano per il radicato legame con il territorio. «È una grande opportunità di valorizzazione del brand Marche nel

suo complesso – sottolinea l’assessore regionale alla cultura, Pietro Marcolini –. La cultura e l’identità marchigiana assumono il ruolo di driver del nostro sistema economico e sono declinate in tutte le aree che caratterizzano il nostro specifico intreccio di tradizione e innovazione: arte, musica, teatro, cinema, letteratura, design, moda, enogastronomia». Raffaello, Leopardi e lo scenografo Premio Oscar, Dante Ferretti, sono i tre ambasciatori di arte e cultura delle Marche negli Usa. «“Marche is good“ è molto più di una mera iniziativa promozionale» ha spiegato Orietta Maria Varnelli, presidente della Consulta agroalimentare di Confindustria Marche «è una grandiosa operazione di sistema che pone al centro la fertile sinergia fra cultura e food, avviando un percorso identitario in cui riconoscersi, per valorizzare l’orgoglio di essere spontanei ambasciatori di una terra speciale attraverso i nostri prodotti». L’enogastronomia marchigiana, con il suo patrimonio di Dop, Igp, Stg, produzioni biologiche e presidi Slow Food, rappresenta, insieme alla cultura, sempre più un cluster strategico non solo per l’offerta turistica della regione, ma per l’economia nel suo complesso, veicolando con maggiore potenza l’immagine delle Marche oltre confine. MARCHE 2013 • DOSSIER • 117


CONSULENZA

Più attenzione al risk management Le società di consulenza devono adeguarsi ai cambiamenti che investono la vita quotidiana. Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult, illustra il panorama italiano delle società di consulenza Nicolò Mulas Marcello

ell’ultimo decennio i tratti tipici della consulenza sono cambiati perché è mutata la cornice, lo scenario in cui il management consulting opera. Pensiamo alla globalizzazione, che ha alterato la catena del valore di ogni settore. «L’effetto di un’aumentata competitività – spiega Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult – ha spinto le imprese di consulenza verso la specializzazione, ma anche a riflettere sulla centralità dell’innovazione, della reputazione, del brand, delle competenze umane e organizzative. Qual è stata l’evoluzione del settore del management consulting negli ultimi anni? «La mutazione radicale del contesto competitivo è già in atto. Assistiamo a un’elevata dispersione delle performance tra imprese di consulenza che in un certo senso assecondano tale cambiamento di scenario e altre che non lo fanno. Così il mercato della consulenza risulta polarizzato tra “winner”, con ricavi in continua crescita, e “looser”, ovvero imprese in seria difficoltà, (il 25% degli operatori), con ricavi in costante calo negli ultimi tre anni. Dunque, occorre guardare al futuro con visione e strategie nuove. Come Assoconsult crediamo che la crescita dimensionale deve essere l’obiettivo di tutte le società di consulenza ma questo risultato è strettamente connesso, oltre che alla capacità di innovazione e orga-

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Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult

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nizzazione, in particolare alla presenza sui mercati esteri. Aggregazione e internazionalizzazione sono strategici per rispondere alla nuova domanda». Nel mercato che riguarda la compliance, certificazioni di sistema e di prodotto, il risk management, qual è il ruolo di Confindustria Assoconsult? «Il sistema delle certificazioni è in crisi ed è calata la sua credibilità. Confindustria Assoconsult lavora a favore del rigore di tutti gli operatori, per esempio sollecitando il rafforzamento delle regole a contrasto dei conflitti di interesse tra enti di certificazione e società di consulenza. Per Confindustria Assoconsult è importante garantire l’imparzialità del processo di certificazione. Questo è il caposaldo per un buon livello di fiducia negli enti di certificazione da parte delle istituzioni, dei clienti e di chi eroga i servizi per l’ottenimento della certificazione, non solo da parte dei nostri associati. Per questo abbiamo aperto un confronto in Accredia e riacquisito un ruolo riconosciuto all’interno del sistema di accreditamento e di certificazione».


Ezio Lattanzio

Occorre guardare al futuro con visione e strategie nuove

Quali sono i settori industriali che richiedono più consulenza attualmente? «Secondo i dati Rapporto 2012-2013 dell’osservatorio di Assoconsult, la committenza del settore terziario - banche e assicurazioni, telecomunicazioni, utilities, per fare qualche esempio - tiene meglio degli altri settori e rappresenta una quota del fatturato totale pari a quasi il 51%. Al contrario la committenza del settore manifatturiero subisce la maggiore decrescita: scende del -1,7% rispetto all’anno precedente, con una quota rispetto al fatturato totale lievemente inferiore al 37%. Solo per completezza di informazione, il settore pubblico continua a calare (-1,1%), pur essendo già di molto inferiore rispetto ai grandi paesi dell’Europa occidentale (Germania, Francia e Regno Unito). È il paradosso italiano: ossia un’elevata spesa pubblica e un mercato della consulenza sottodimensionato. Basti pensare che nel nostro Paese il contributo del management consulting al Pil è solo dello 0,20%, contro una media europea dello 0,52%, lontanissimi da Germania (0,80%) e Regno Unito (0,78%). In Italia il livello di tra-

sparenza è tra i più bassi d’Europa. Si calcola che meno di un quarto della spesa pubblica in consulenza sia oggetto di gara». Dal 2010 Assoconsult ha attivato in via sperimentale un osservatorio sul mercato del management consulting, in cosa consiste? «L’osservatorio sul management consulting, realizzato in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata, quest’anno è giunto alla sua IV edizione. Il rapporto dell’osservatorio, che viene presentato annualmente in occasione degli stati generali del management consulting a Roma, analizza nel dettaglio il settore e costituisce un approfondimento imprescindibile per tutti gli operatori italiani della consulenza, non solo per Assoconsult. Questa fotografia rappresenta il benchmark per ogni analisi: il presupposto da cui partire per nuove iniziative, programmazioni, cambi di rotta o conferme. Il valore di questa ricerca trova la sua ragion d’essere e si rafforza alla luce del confronto coi dati forniti dalla Survey of the european management consultancy, elaborata da Feaco, la federazione europea delle associazioni nazionali di consulenza».

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INFRASTRUTTURE

Avviare i cantieri Con il decreto del fare, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi mira a velocizzare i lavori e gli interventi necessari al Paese Leonardo Testi

l tema degli investimenti in infrastrutture rappresenta un’opportunità per lo sviluppo e la competitività del Paese. È su questo punto che insiste il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, che fin dall’inizio del suo incarico ha posto l’accento sull’esigenza di passare dalle parole ai fatti, lavorando sulle storture che impediscono alle opere di essere fattivamente realizzate, anche una volta che le risorse sono state stanziate. Per questo, la legge approvata in estate, a partire dal decreto del fare, ha predisposto alcune misure rivolte alle infrastrutture, con interventi per 3,2 miliardi di euro destinati a grandi, medie e piccole opere. Si prevede lo sblocco di alcuni importanti cantieri entro la fine del 2013, il completamento di linee ferroviarie dell’alta velocità, di metropolitane e di importanti arterie autostradali, ma anche la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete stradale e ferroviaria. Una parte

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Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

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delle risorse sarà indirizzata all’edilizia scolastica, nello specifico alla messa in sicurezza delle strutture, e al programma “6000 campanili”, finalizzato a sostenere 200 interventi nei Comuni sotto i cinquemila abitanti, con la partecipazione attiva delle piccole imprese. Nella mappa delle opere approvate compaiono, innanzitutto, le infrastrutture strategiche in chiave

Expo 2015: la quarta linea della metropolitana milanese (M4), il terzo lotto Rho-Monza del collegamento Milano-Venezia e la tangenziale esterna est di Milano (Tem), concepita come un’autostrada di raccordo e di connessione del territorio provinciale. Per quanto riguarda il resto del nord Italia, sono previsti il collegamento ferroviario tra il Piemonte e la Valle d’Ao-


Le priorità del governo

3,2mld RISORSE MOBILITATE DAL GOVERNO LETTA CON IL DECRETO DEL FARE PER GRANDI, MEDIE E PICCOLE OPERE INFRASTRUTTURALI

sta e gli assi autostradali della Pedemontana Veneta. A inizio agosto, poi, Lupi ha visitato il cantiere del tunnel di base del Brennero (Bbt) a Mules, in provincia di Bolzano, e ha fatto il punto sullo stato di avanzamento della linea ferroviaria per la quale è stato stanziato un finanziamento di 120 milioni l’anno - dal 2015 al 2024 - per la tratta d’accesso sud Fortezza-

Verona del tunnel. Il completamento del Bbt è previsto per il 2025, mentre l’entrata in funzione sarà nel 2026. «Questa è un’opera che coniuga lo sviluppo con il rispetto dell’ambiente» ha rimarcato il ministro che ha identificato nel metodo seguito per il tunnel del Brennero - coinvolgimento dei Comuni e della popolazione, qualità del progetto e collaborazione tra istituzioni un modello per il rilancio infrastrutturale di tutto il Paese. Sul fronte del rinnovo della concessione della A22, il ministro ha dichiarato che il governo dovrà tenere in conto l’obbligo di indire gare europee per l’individuazione dei nuovi gestori. Si attendono, dalla metà di settembre, novità da parte di Autobrennero, dopo la richiesta del Ministero di mettere a disposizione del tunnel i 550 milioni di euro di utili accantonati allo scopo dall’A22. Per il centro Italia, invece, c’è la tratta Colosseo-Piazza Venezia della metropolitana C di Roma, l’asse viario quadri-

latero Umbria-Marche e lo sblocco di alcuni vincoli per il corridoio tirrenico meridionale A12-Appia e la bretella autostradale Cisterna Valmontone. Per quanto riguarda il Mezzogiorno, le priorità sono la linea 1 della metropolitana di Napoli, l’asse autostradale RagusaCatania e la tratta CancelloFrasso Telesino della linea dell’alta velocità Napoli-Bari. Il decreto del fare non ha dimenticato un settore trainante per l’economia italiana come la nautica. Il provvedimento ha, infatti, abolito la tassa sulle piccole imbarcazioni e semplificato il noleggio occasionale di imbarcazioni da diporto, nella direzione di rilanciare il sistema portuale italiano. Gli obiettivi dichiarati dal ministro Lupi in questo senso sono proprio quelli di facilitare le procedure per i dragaggi e di ri-modulare le tasse portuali, implementando l’autonomia finanziaria dei porti per la manutenzione e la sicurezza. MARCHE 2013 • DOSSIER • 131


LOGISTICA

Trasporti, criticità e prospettive Daniele Pepa si addentra tra le fitte maglie della logistica: tra la concorrenza di fuorilegge e i cospicui investimenti, l’oscillazione dei prezzi del gasolio e i rischi dei trasporti eccezionali Remo Monreale

evoluzione nel mercato dei trasporti ha portato a una gamma di servizi sempre più ampia e una capacità elevatissima in termini di problem solving». È l’analisi dell’attuale scenario di settore che fa Daniele Pepa, alla guida della Pepa Trasporti insieme ai fratelli Emanuele e Marco, e al padre Sergio. Se esistono comparti che possono definirsi volano per la crescita di un intero sistema economico, tra questi sicuramente c’è la logistica. Forte di questa convinzione, Daniele Pepa, la cui ditta è specializzata in trasporti eccezionali, parla di nuovi investimenti come l’unico modo di rimanere competitivi. «Date le specifiche che i nostri mezzi devono avere – afferma l’amministratore – gli investimenti nel campo dei trasporti eccezionali sono sicuramente molto più impegnativi rispetto

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132 • DOSSIER • MARCHE 2013

a quelli di una ditta di trasporti convenzionali, a parità di dimensioni. Negli ultimi anni, ad esempio, per il rinnovo della flotta investiamo circa il venti per cento del fatturato». Investimento tutt’altro che trascurabile, ma necessario per rivolgersi a clienti con produzioni qualificate, con esigenze derivanti da componenti tecnologicamente avanzati e con prodotti di particolari dimensioni e pesi. «Il nostro è un ser-

vizio chiavi in mano – continua Pepa – che comprende la scelta del parco mezzi più idoneo per il progetto di trasporto specifico, la scorta tecnica, il team di lavoro più qualificato e l’assistenza ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette. Oltre ai trasporti ci occupiamo di sollevamento con autogrù, di movimentazione dei mezzi ferroviari, di gestione di magazzini in outsourcing».


Daniele Pepa

La Pepa Trasporti ha sede a Recanati www.pepatrasporti.it

Le difficoltà presentate dall’ambito in cui si muovono i Pepa sono costituite da numerose variabili, i cui cambiamenti determinano trasformazioni anche profonde delle strategie da adottare. «Le maggiori criticità del settore dei trasporti – spiega Pepa –, ancor più che le oscillazioni del gasolio, sono la concorrenza scorretta che porta all’abbassamento dei prezzi al di sotto dei costi a discapito della qua-

lità del servizio e della sicurezza su strada e la difficoltà nella riscossione dei crediti. Per quanto riguarda la stabilità dei prezzi, nel settore dei trasporti eccezionali le oscillazioni del carburante, seppur importante, è solamente una delle molteplici variabili di cui dobbiamo tener conto al momento della realizzazione di un trasporto eccezionale». Nello specifico, le mansioni principali devono essere divise tra chi è in ufficio e studia il progetto di ogni singolo trasporto eccezionale e l’autista che guiderà il convoglio. «Chi è in ufficio – dice l’amministratore dell’impresa marchigiana –determina le strade tenendo conto delle dimensioni del convoglio per poi verificarne la transitabilità, prima di richiedere le autorizzazioni necessarie al transito. L’autista, invece, deve essere molto abile, perché la guida di questi automezzi giganteschi non è semplice, e deve saper prevedere le eventuali situazioni di pericolo». I settori principali della ditta recanatese sono oil & gas, carpenteria pesante, montaggio prefabbricati, spostamento macchinari, trasporti militari.

11,5% L’INCREMENTO DEL FATTURATO REGISTRATO DALLA PEPA TRASPORTI NEL 2012 RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

«Da quest’anno – aggiunge Pepa –siamo detentori, in partnership, del contract per i trasporti per la Protezione Civile Italiana. Stiamo lavorando per raggiungere altri committenti con l’apertura di nuove sedi all’estero. Praga è già attiva e stiamo aprendo a Marrakech (Marocco). Eseguiamo trasporti, oltre che sul territorio italiano, in tutta Europa e, in particolare, in Repubblica Ceca, in Austria, in Germania, in Francia, in Svizzera e in Spagna». MARCHE 2013 • DOSSIER • 133


INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI

Facilitare le pmi locali negli appalti e costruzioni marchigiane non si sono ancora risollevate. I dati del primo semestre di quest’anno, infatti, sono ancora negativi: situazione identica a quella di fine 2012, quando il consuntivo del comparto riferiva di un marcato calo della produzione. La controprova sta nell’indagine semestrale del centro studi di Confindustria Marche, condotta in collaborazione con la consulta regionale di Ance, che mette in fila una serie di variazioni con il segno meno. Tre per tutte: edilizia abitativa in calo dell’8,8 per cento, quella non residenziale del 6,1 e i lavori pubblici in ribasso del 7,4 rispetto al primo trimestre 2012. «Purtroppo l’andamento continua a essere negativo anche negli ultimi mesi – osserva il presidente regionale di Ance, Massimo Ubaldi – riflettendosi in una contrazione dei livelli di attività delle imprese sempre più preoccupante». Per smuovere le acque, a inizio anno avete siglato un accordo con una società di factoring per sbloccare i crediti certificati dalle Pa convenzionate. Quali risultati ha

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Massimo Ubaldi, presidente di Ance Marche

140 • DOSSIER • MARCHE 2013

I livelli produttivi dell’edilizia marchigiana tardano a risalire la china. Così come il sentimento di fiducia dei costruttori, nei confronti dei quali Massimo Ubaldi invoca «maggior sensibilità nel garantire nuove occasioni di lavoro» Giacomo Govoni

prodotto? «L’accordo con società di factoring per lo smobilizzo dei crediti è solo un palliativo. Il problema dei ritardati pagamenti rimane tra i più penalizzanti per l’industria edilizia e necessiterebbe del rispetto del termine di 30 giorni previsto dalla nuova direttiva europea, senza deroghe o dilazioni. Riguardo alle Marche, è intervenuta nei mesi scorsi una regionalizzazione del patto di stabilità, con significative “rinunce” della Regione alla propria capacità di spesa in favore di Comuni e Province. Interventi che hanno sbloccato parte dei crediti vantati dalle imprese per lavori pubblici eseguiti». Recupero urbanistico: quanto si sta rivelando valido per uscire dallo stallo produttivo e occupazionale? «Recupero del costruito e riqualificazione delle nostre città sono in prospettiva leve determinanti per il riavvio dell’attività edilizia e l’incre-

mento dell’occupazione. Nelle Marche è stata approvata la legge regionale 22/2011 sulla riqualificazione urbana. Contiene elementi innovativi, ma andrebbe meglio adeguata alle esigenze operative delle imprese. In particolare, introducendo incentivi volumetrici e riduzioni degli oneri di urbanizzazione più importanti, per rendere gli interventi di riqualificazione, sostituzione edilizia e rottamazione degli edifici energivori e privi di pregio, più attrattivi anche nei centri storici. “Costruire sul costruito” non deve rimanere uno slogan, ma guardare alla fattibilità degli interventi, innanzitutto economica». I grandi lavori pubblici in


Massimo Ubaldi

-2,3% LA PERDITA DI OPERAI RILEVATA DA CONFINDUSTRIA MARCHE NEL PRIMO TRIMESTRE 2013. DIMINUISCONO ANCHE GLI IMPIEGATI, IN CALO DELL’1,1%

corso nelle Marche vedono le imprese regionali in secondo piano. Quali segnali auspicate in questa direzione? «Sia per i grandi lavori pubblici che per i piccoli e medi, ai decisori pubblici si richiede una maggior sensibilità nel garantire nuove occasioni di lavoro all’intero sistema Ance delle Marche. Bisogna facilitare l’accesso delle imprese locali al mercato regionale dei lavori pubblici, applicando la recente previsione normativa della suddivisione in lotti funzionali. Finora, però, stiamo assistendo a comportamenti opposti rispetto alla ratio di questa norma. Serve un vero e

proprio piano Marshall per il rilancio dell’edilizia, che ad esempio metta subito in cantiere le opere pubbliche e private, specie nei settori della messa in sicurezza del territorio e dell’edilizia scolastica». Lamentando scarsa attenzione delle istituzioni, Regione in testa, nei mesi scorsi vi siete detti pronti a riscendere in piazza. Cosa si è mosso da allora? «Dal marzo 2012, quando noi, le organizzazioni imprenditoriali, i sindacati e gli ordini professionali delle Marche manifestammo davanti alla Regione, le risposte sono state inadeguate rispetto alla gravità

della crisi che investe l’industria regionale delle costruzioni. Ci sono stati solo la proroga biennale della validità dei titoli abilitativi in edilizia, peraltro ripresa a livello governativo con il decreto del fare; lo stanziamento di due milioni di euro, con il meccanismo della garanzia sui mutui, nella Finanziaria 2013 per l’acquisto della prima casa, che però non è ancora operativo; infine, la proroga del piano casa». Quali ulteriori misure sollecitate? «Per favorire lo sblocco del mercato immobiliare e l’accesso ai mutui casa è essenziale dare applicazione ai meccanismi di controgaranzia per i mutui, come quello previsto dalla nostra Regione, potenziandone gli effetti con risorse aggiuntive e in tempi brevi. In questa fase il fattore tempo è cruciale per la sopravvivenza dei costruttori: i decisori pubblici non possono ignorare che le imprese necessitano di risposte il più possibile tempestive». MARCHE 2013 • DOSSIER • 141


APPUNTAMENTI

Il contract italiano fa scalo a Dubai Il 25 e 26 novembre un’opportunità immancabile dedicata al segmento alberghiero e hospitality. Per le imprese italiane che intendono presidiare i mercati di paesi Mena, India e Asia. Con il supporto dell’ICE Luca Càvera

ltre 7 miliardi di euro. Questo il volume d’affari per le aziende europee del settore edilizia e arredamento che operano nel contract a livello internazionale. Settore in pieno sviluppo, il contract è un nuovo modo di fare business. Questa nuova dimensione comporta un passaggio obbligato: l’evoluzione dalla semplice fornitura di prodotti all’offerta di servizi integrati.

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Veduta di grattacieli a Dubai. Nella città degli Emirati Arabi si svolgerà a novembre l’evento Projets Prestige, al quale l’ICE parteciperà con il progetto ContractItaliano www.ice.gov.it

Per migliorare la visibilità dei contractor italiani all’estero, l’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle aziende italiane - investe da oltre tre anni nel progetto ContractItaliano, che il 25 e 26 novembre farà tappa al Projets Prestige di Dubai. Dopo il successo di ItaliaLive nel Regno Unito e Arc Interiors negli Stati Uniti, la partecipazione al progetto ContractItaliano all’interno dell’evento ne-

gli Emirati Arabi è un’opportunità immancabile per le imprese italiane (dell’arredamento e complementi di arredo, illuminazione, pavimenti e rivestimenti, tessuti, rubinetteria, sanitario e arredo bagno, infissi interni) che intendono presidiare un mercato strategico come quello dei paesi Mena (Medio Oriente e Nord Africa), India e Asia. Projets Prestige è un business workshop in cui specifier, desi-


Projets Prestige

UN PROGETTO PER IL MADE IN ITALY gner e buyer con progetti contract in corso di realizzazione, incontrano le aziende del settore contract arredamento (prevalentemente nel segmento alberghiero e hospitality). Il programma prevede un’agenda personalizzata di incontri mirati a match-making, basati sulle esigenze delle aziende partecipanti e delle loro controparti. Un prezioso networking è garantito durante i momenti conviviali collaterali agli incontri d’affari. In questa due giorni si inserisce l’attività di ContractItaliano, che in soli tre anni ha coinvolto oltre 230 aziende nelle iniziative promozionali, evidenziando come i produttori italiani si attestino

ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane da sempre al fianco delle Pmi e del made in Italy con azioni promozionali in tutto il mondo, da oltre tre anni investe con successo risorse ed energie nel progetto ContractItaliano a supporto delle aziende attive nel mercato contract internazionale. L’agenzia organizza un programma mirato di iniziative promozionali in favore dei vari settori di eccellenza del made in Italy e attraverso una rete di 93 uffici in tutto il modo fornisce servizi di assistenza/consulenza e informazione sulle opportunità commerciali, sulle gare internazionali, su investimenti da e per l’Italia. Attraverso il progetto ContractItaliano, punto di riferimento per gli operatori del settore in Italia e all’estero, la promozione dell’offerta made in Italy avviene lungo due direttrici: un portale web in continua evoluzione e l’organizzazione di azioni promozionali, in Italia e all’estero, a sostegno delle aziende italiane che guardano alle opportunità crescenti nel mercato internazionale. www.contractitaliano.com

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su un segmento di fascia alta e luxury e siano attivi quasi esclusivamente nella fornitura e subfornitura, lasciando la gestione integrale dei tender internazionali alle grandi società di contract o a studi di architettura internazionali.

I partecipanti del business forum sulla fornitura d’arredo “Arc Interiors”, uno degli eventi di massimo livello organizzato dall’ICE

A supporto della visibilità delle imprese italiane, il progetto è anche online con un portale web. Strutturato come un veicolo di promozione, ospita 170 vetrine di aziende e professionisti italiani della filiera contract, con oltre 550 progetti in tutto il mondo, 2.200 operatori registrati e un volume di visitatori che sfiora i 50mila contatti. Inoltre, la piattaforma mette a disposizione dettagli su oltre 500 opportunità di business in tutto il mondo (gare internazionali, opportunità commerciali, finanziamenti internazionali, anteprime di grandi progetti) e collega un network di oltre mille professionisti attraverso i canali social Twitter e LinkedIn. MARCHE 2013 • DOSSIER • 143


Made Expo: dall’export le fondamenta per la ripresa Positivo il bilancio dell’evento tenutosi a Milano, sempre più proiettato su uno scenario internazionale. Il plauso del presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero Aldo Mosca

a manifestazione ha confermato la volontà di ripartire degli imprenditori». Una dichiarazione di fiducia che lascia trapelare segnali di ottimismo per uno dei settori maggiormente strategici per l’economia italiana. Il messaggio di Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo, al termine dell’ultimo Made Expo di Milano, vuole accentuare positivamente la volontà del tessuto produttivo di tornare a crescere. Le conferme arrivano anzi-

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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo

tutto dai numeri della manifestazione. Oltre 211mila visitatori e 1.432 espositori confermano Made Expo come una delle più importanti fiere europee dedicate al mondo delle costruzioni e delle finiture per interni. Soprattutto, sono significativi i feedback positivi da parte degli imprenditori che hanno scelto la piattaforma milanese per promuovere le proprie produzioni e creare nuovi contatti e accordi strategici internazionali. «Camminare fra gli stand e sentire dagli espositori che durante i quattro giorni di fiera


Roberto Snaidero

sono stati chiusi numerosi contratti è una grande soddisfazione – spiega Roberto Snaidero – È la dimostrazione che il lavoro svolto nei mesi precedenti per promuovere Made Expo come rassegna di eccellenza è stato positivo e ha dato frutti, soprattutto per quanto riguarda i contatti con gli operatori stranieri giunti in massa a Milano per conoscere le ultime novità del settore». Ed è proprio quello internazionale il fronte su cui la filiera sta giocando la partita più importante. È qui che Made Expo ha probabilmente dato il meglio di sé. Per quattro giorni la International Business Lounge è stata il cuore pulsante della manifestazione, il luogo dove le imprese hanno sviluppato contatti e importanti occasioni di business, con oltre 1.000 matching tra operatori provenienti da tutto il mondo. «Un successo straordinario – continua Snaidero – ma che non ci ha sorpresi. FederlegnoArredo e Made Expo hanno lavorato assiduamente per portare nel capoluogo lombardo i più importanti committenti internazionali con i quali sono state concluse importanti opportunità di business». La città meneghina si è trasformata, ancora una volta, nella più prestigiosa vetrina

Bonus Mobili: 10mila euro da sfruttare, ecco come C’

è tempo fino al 31 dicembre per sfruttare un’occasione unica. Saranno sufficienti piccoli lavori di ristrutturazione (cambiare una finestra, per esempio) per godere di un bonus di 10.000 euro. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un testo ufficiale (circolare 18 settembre 2013, n. 29) con una serie di chiarimenti riguardanti il Bonus Mobili 2013, che consente di detrarre il 50 per cento delle spese sostenute per l’acquisto di arredi fino a un tetto massimo di 10mila euro. L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la validità della richiesta di FederlegnoArredo di estendere il beneficio anche a interventi già conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto (6 giugno 2013). Rientrano nella categoria letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, includendo i materassi e gli apparecchi di illuminazione. Per accedere al Bonus Mobili è necessario un intervento edilizio, di vario tipo: manutenzione straordinaria ad esempio ristrutturazione del bagno, cambio delle finestre con modifica di materiale o tipologia, realizzazione di recinzioni, installazione di impianti fotovoltaici, restauro e risanamento conservativo (ad esempio l’adeguamento delle altezze del solaio), ristrutturazione edilizia sulle singole unità immobiliari, oltre a interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi. Danno accesso al bonus anche gli acquisti di immobili ristrutturati da imprese e cooperative. Se una giovane coppia compra un appartamento ristrutturato da una cooperativa, può usufruire del Bonus Mobili per le spese di arredamento. www.bonusmobili.it www.federlegno.it

globale per centinaia di imprese eccellenti, bandiere del miglior made in Italy. Un momento di grande visibilità oltre confine, che non deve però lasciare in disparte le esigenze del mercato interno, che non sta certamente vivendo un momento facile. Nel corso della manifesta-

zione vi sono stati oltre 200 appuntamenti di aggiornamento professionale (divisi tra eventi speciali, iniziative, workshop e convegni) che hanno toccato tutti gli aspetti più importanti del mondo delle costruzioni: dalle soluzioni architettoniche e urbanistiche green, con la presenza di UU MARCHE 2013 • DOSSIER • 145


APPUNTAMENTI

Un evento sempre più globale P er l’edizione 2013 di Made Expo è stato costituito un comitato per l’internazionalizzazione delle aziende espositrici, che ha approfondito la vocazione e lo sguardo ai mercati esteri. Alla Cina, il 5 ottobre, presso l’area International Business Lounge, è stato dedicato il seminario “Urbanizzazione in Cina”. Si è parlato delle opportunità e delle sfide poste dal progressivo e massiccio passaggio dalla campagna alla città che sta trasformando il Paese. E della necessità di garantire un’integrazione sostenibile tra paesaggio urbano e dimensione umana. L’attività di promozione internazionale è poi arricchita da un programma di road show: 27 iniziative organizzate in 18 Paesi per far conoscere le novità dell’edizione 2013 di Made Expo a general contractor, architetti, imprese di costruzione, istituzioni pubbliche e produttori di materiali.

UU grandi progettisti internazio- parti dell’involucro e dell’in- Trasporti), Luigi Casero (vinali come Peter Fink e Alexis Tricoire; alle Smart Cities, fino agli approfondimenti sulle costruzioni multipiano in legno. Grande spazio è stato dedicato ai temi della sostenibilità e dell’efficienza energetica, declinati soprattutto nei com-

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tegrazione degli impianti. Sono stati al centro di momenti di approfondimento anche il mondo dell’interior design e del contract. E ancora, la riqualificazione urbana, la tutela e manutenzione del territorio e delle infrastrutture, la sicurezza degli edifici e dei cantieri. Colpisce, in particolare, il desiderio di ripartire proprio da quella parte del settore che sta ancora vivendo momenti difficili e che necessita della vicinanza delle istituzioni per tornare a svolgere quel ruolo di motore dell’economia che ha sempre ricoperto. Messaggio recepito dalla politica che ha riconosciuto il valore della manifestazione e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Maurizio Lupi (ministro delle Infrastrutture e dei

ceministro dell’Economia e delle Finanze), Antonio Tajani (vicepresidente della Commissione europea). Significativa anche la presenza di Massimo Sessa, presidente del Consiglio Nazionale dei Lavori Pubblici, che ha partecipato al momento inaugurale e ha visitato molte aziende nei giorni di manifestazione. Presenze importanti, non una semplice passerella, che hanno rappresentato un momento positivo di confronto tra politica e imprese, confermando la volontà da di porre l’edilizia al centro delle politiche necessarie alla ripartenza del Paese. Il prossimo appuntamento con Made Expo è per il 2015: la manifestazione, infatti, diventa biennale e tornerà nell’anno del grande evento internazionale di Expo 2015.



INTERNI

Il made in Marche apprezzato in Cina I paesi emergenti apprezzano l’arredo made in Marche. Sante Cantori, presidente della Cantori Spa di Camerano, racconta il recente riposizionamento sui mercati extra europei e gli obiettivi di sviluppo Luca Càvera

a bellezza della forma e la straordinaria varietà delle proposte di arredamento che stanno conquistando i mercati extra europei portano il marchio made in Marche. A produrli è Cantori, società per azioni con sede a Camerano, in provincia di Ancona, che dopo anni di presidio esclusivo dei mercati europei – Italia, Germania, Svizzera, Spagna e Regno Unito – nell’ultimo triennio ha visto crescere la propria quota di export verso i paesi non comunitari fino al 50 per cento sul fatturato. «Oggi – afferma Sante Cantori, presidente della società – il nostro mercato più impor-

L Sante Cantori, presidente della Cantori Spa di Camerano (Ancona) www.cantori.it

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tante è quello cinese, seguito da Russia e da paesi emergenti come India e Turchia. Il mercato europeo, infatti, si è in larga parte ridimensionato negli ultimi anni e così abbiamo scelto di inserirci nella domanda delle nuove economie forti, che apprezzano lo stile italiano». Infatti, nonostante la notorietà internazionale raggiunta dal

marchio, la produzione è ancora interamente italiana, anzi, esclusivamente marchigiana e artigianale. «I consumatori cinesi pretendono che il prodotto sia made in Italy. E in più, al di là della forza e dello stile del nostro artigianato, conservare la produzione qui è funzionale anche ad altri scopi. Un esempio è il fatto che in alcuni paesi – fra


Sante Cantori

i quali la Corea – per l’importazione di prodotti esteri accompagnati dalla certificazione made in Europe è possibile ottenere degli sconti fiscali alla dogana. Inoltre, aver mantenuto una produzione manuale ci permette di essere flessibili nella personalizzazione dei prodotti e di intercettare il settore navale, lavorando per l’arredo dei mega yacht». Se Cantori nasce con una forte specializzazione nella lavorazione del metallo, nell’ultimo decennio ha imboccato la strada della diversificazione dei materiali e quindi dei prodotti. «Abbiamo scelto di imporre il nostro brand non più come un marchio di prodotto, bensì di moda. Per farlo la strategia è stata quella di identificare tre aree di gusto, corrispondenti alle nostre tre collezioni – Natural Essence, Chic Atmosphere e Mediterranean Experience – e ognuna di queste offre un assortimento completo per l’arredamento di ogni area della casa e dell’outdoor. Questa scelta è stata favorita anche dall’attuale scenario delle abitudini di arredamento. Stiamo assistendo infatti a una massificazione del gusto a livello mondiale, che scavalca le tradizioni locali. Interpretando questa tendenza, abbiamo cercato di disegnare i nostri prodotti come una collezione di moda. Cioè non snaturando la nostra anima e diversificandola semmai attraverso diversi gusti. Perché se

infatti esistono differenze individuali fra i singoli consumatori in fatto di scelte estetiche, esistono anche delle tendenze geografiche, che tuttavia non ci spiazzano, dato che sono sempre esistite a livello europeo e anche, parlando dell’Italia, fra Settentrione e Meridione». Se le tre collezioni vengono proposte in tutto il mondo, differenti sono i canali di vendita. «In Europa siamo presenti presso i punti vendita dei principali rivenditori di mobili, all’interno dei quali vengono ospitati i nostri corner. Per quanto riguarda l’Italia, e anche la Russia, invece, siamo distribuiti dai negozi tradizionali – perché, nel nostro come nel

mercato russo, il consumatore guarda più all’insegna del negozio che al marchio. Al contrario, in Cina, abbiamo inaugurato quattro negozi monomarca. Questa formula è quella vincente in questo mercato, sia perché la nostra è una nuova proposta sia perché il consumatore cinese è più attento rispetto ad altri all’insegna e al marchio riportato su di essa. Non da ultimo il fatto che attraverso il marchio sia possibile identificare subito il punto vendita come italiano. Per queste ragioni, i quattro negozi attuali, nel medio termine, saranno affiancati da nuove aperture, al ritmo di due nuovi monomarca all’anno». MARCHE 2013 • DOSSIER • 149


INTERNI

Il distretto di Appignano sull’asset della crescita Un posizionamento strategico sul mercato. Investimenti mirati in tecnologie e sostenibilità aziendale. Cresce una delle più importanti realtà industriali del Maceratese. La parola all’amministratore della Giessegi, Gabriele Miccini Filippo Belli

na realtà che cresce sul mercato interno, soverchiando le analisi degli esperti d’impresa, abituati da troppo tempo a leggere il segno + unicamente sul fronte dell’export. Il caso della Giessegi Industria Mobili Spa è emblematico e rappresenta un raro rafforzamento aziendale in un settore, quello dei mobili d’arredo, tra i più colpiti dalla crisi. L’azienda di Appignano, nel maceratese, dalla metà degli anni Ottanta è entrata a far parte del Gruppo Valentini, tra i nomi più consolidati nel settore per dimensione e fatturato. E sin da allora ha saputo gettare le basi per un consolidamento finanziario tale da affrontare ogni urto generato dalla reces-

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Gabriele Miccini, amministratore della Giessegi Industria Mobili Spa di Appignano (MC) www.giessegi.it

sione. «La nostra è una società che, pur avendo un mercato prevalentemente nazionale - solamente il 2 per cento di fatturato deriva dall’estero - ha avuto un trend di continua crescita nel tempo anche in anni di stagnazione economica». A sottolinearlo è l’amministratore, Gabriele Miccini. Dai buoni risultati economici ottenuti, l’impresa è riuscita ad autofinanziare, per larga parte, l’ampliamento dell’attività produttiva. Uno step necessario, come spiega Miccini, «per proseguire sul sentiero della crescita, altrimenti non più possibile». Giessegi si dimostra tutt’oggi solida dal punto di vista finanziario. Ammetterà che non è un elemento scontato. «C’è da dire che la nostra solidità passa in primo luogo attraverso la realizzazione di un prodotto che trova ampia e buona accoglienza dal mercato, anche in periodi di crisi». In che modo? «Anzitutto per il buon rapporto qualità/prezzo. Detto questo,


Gabriele Miccini

62 Mln FATTURATO RELATIVO AL 2012 DELLA GIESSEGI. QUEST’ANNO È PREVISTA UNA CRESCITA A DOPPIA CIFRA

siamo sempre stati scrupolosi nella selezione della clientela, nel continuo controllo dei costi di gestione, nei risparmi finanziari, nel reperimento delle risorse. Una strategia che portiamo avanti grazie alla forza contrattuale rivestita dalla Giessegi sul mercato». Al di là della gestione interna, il vostro settore di riferimento soffre. E non poco. «Sì, ma anche nelle peggiori crisi un’azienda lungimirante deve essere in grado di cogliere nuove opportunità di sviluppo. Nel nostro caso, ad esempio, abbiamo sfruttato la solidità finanziaria creatasi negli anni per investire in un nuovo opificio industriale. Una gestione equilibrata produce le risorse necessarie per coprire tutti i costi della gestione caratteristica,

soddisfare il pagamento degli oneri sul capitale di debito e generare la cassa necessaria a fronteggiare gli investimenti effettuati nel corso dell’esercizio. Non a caso l’incidenza degli oneri finanziari risulta inferiore alla media del settore attestandosi intorno all’1 per cento del fatturato». Quali vantaggi comporta il nuovo opificio? «Il nuovo opificio ha ampliato notevolmente la capacità produttiva dell’azienda, che altrimenti avrebbe compromesso la sua crescita futura. Così, oggi possiamo assorbire nuove quote di mercato in vista della ripresa economica. In parole povere ci siamo posti in vantaggio rispetto alla concorrenza». Da quali target vi attendete

i riscontri migliori in futuro? «In realtà prevediamo di crescere nei fatturati sia nell’ambito della piccola distribuzione, sia della grande. Puntando su prezzi mirati, tramite scoutistica, e con produzioni personalizzate». Tra gli ultimi investimenti emerge una forte attenzione al rinnovamento tecnologico. «Ciò è fondamentale. Il nuovo stabilimento presenta al suo interno macchinari ad alta tecnologia, come ad esempio due squadraborde, di cui una ancora in fase di collaudo che entrerà in funzione il prossimo mese. Questi impianti utilizzano la tecnica laser nella lavorazione del pannello, al fine di renderlo perfettamente omogeneo sulle bordature. Oltre al miglioramento qualitativo del UU MARCHE 2013 • DOSSIER • 151


INTERNI

Una risorsa per il territorio L

a crescita della Giessegi incide positivamente anche sull’indotto occupazionale locale. Con quaranta nuovi assunti dall’inizio dell’anno e con il fatturato in crescita, l’azienda si conferma una mosca bianca nel comparto della produzione industriale di mobili d’arredo. Con 340 dipendenti e due stabilimenti che ricoprono un’area di circa 70mila metri quadrati, questa realtà è uno dei fiori all’occhiello del gruppo Valentini di Rimini. Secondo l’amministratore Gabriele Miccini, le ragioni alla base di questi risultati si trovano nelle scelte strategiche effettuate da Giessegi. «La crisi ha colpito tutti i settori e il nostro in particolare, essendo strettamente legato a quello immobiliare, che ha subito un tracollo - spiega Miccini -. Siamo riusciti a collocarci all'interno del mercato della grande distribuzione come produttori di alta qualità. Insomma, siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio tra qualità e prezzo. Per questo cresciamo».

UU prodotto, l’utilizzo di tali mac-

chinari incrementerà notevolmente le produzioni giornaliere dei pannelli lavorati. È questo il punto fondamentale: restare flessibili ma con una predisposizione ad incrementare notevolmente la capacità produttiva». Il rinnovo strutturale vi consentirà anche una riduzione dei consumi energetici? «L’energia utilizzata nei nostri processi è “pulita”, prodotta da un fotovoltaico di 850 Kpw installato sulla tettoia dello stabilimento. I consumi sono così diminuiti del 25 per cento. Se alla riduzione dei consumi aggiungiamo il contributo Gse - il contributo annuale concesso dallo Stato - si comprende l’importanza economica che tale investimento ha avuto sui conti

152 • DOSSIER • MARCHE 2013

della società. Non solo. Verrà portata a termine la completa sostituzione delle caldaie a trucioli per il riscaldamento degli ambienti di lavoro con caldaie a metano. Le vernici tradizionali a solventi hanno iniziato a lasciare il posto a quelle idrosolubili e in un futuro immediato la verniciatura ad acqua dovrà essere totale, estendendosi anche alle componenti di prodotto che ancora oggi non trovano applicazione per la scarsa efficacia di copertura della superficie». Quali novità proporrete sui mercati nel 2014?

«Nei prossimi mesi verranno immessi nuovi cataloghi di prodotti relativi alla collezione “Uno per tutti”, riguardante le camerette per bambini sempre più ricche di colori. La Giessegi è stata sempre dinamica, proponendo ogni anno al mercato nuove produzioni sempre più rispondenti ai gusti della clientela. E ci tengo a dire che il consumatore, anche nei periodi di crisi, non abbassa l’attenzione nei confronti della qualità pur di risparmiare sul prezzo. Quello con cui ci confrontiamo resta un consumatore maturo ed esi-


Gabriele Miccini

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Il nuovo opificio ha ampliato notevolmente la capacità produttiva dell’azienda. Oggi possiamo assorbire nuove quote di mercato in vista della ripresa

gente. E noi siamo chiamati a soddisfare alte aspettative, con un prezzo ragionevole». Quale futuro si attende per il settore dell’arredo? «Le aspettative rimangono ancora incerte. Non si intravedono segnali, o perlomeno non quelli di una robusta ripresa. Anche se il “bonus mobili” varato dal Governo nel mese di Giugno ha creato un nuovo interesse all’acquisto. La Giessegi, dal canto suo, continuerà per la solita strada cercando ancor più di contenere i costi e migliorando le finiture dei prodotti, ri-

tenendo che il minor prezzo incrementi i volumi di produzione e riduca le spese fisse aziendali. Solo così si recupera marginalità e, di conseguenza, si possono effettuare nuovi investimenti». Da imprenditore cosa chiede alle istituzioni e alle associazioni di categoria? «Che ognuno faccia la sua parte, consapevoli che alle aziende occorrono risposte concrete ed efficaci, soprattutto ai numerosi problemi di natura tributaria che oggi gravano sul mondo produttivo e del lavoro. Servono una riduzione della pressione fiscale, l’abolizione dell’Imu alle imprese e il totale abbattimento del costo del lavoro sull’Irap. Al di là della facile retorica sarebbe necessario intraprendere provvedimenti molto più incisivi che allo stato attuale le forze di go-

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verno non hanno la forza di attuare. Penso ad esempio all’abolizione delle regioni, ponendo le loro funzioni a livello centrale (solo così la famosa siringa avrà lo stesso costo in tutta Italia), all’abolizione delle province e all’accorpamento dei comuni. Tutte azioni che consentirebbero allo Stato di diminuire la pressione fiscale. Auspico inoltre che venga data la possibilità, alle imprese, di poter detrarre i crediti e recuperare l’Iva relativa non appena l’insolvenza dei clienti si manifesti, senza attendere le lungaggini burocratiche delle procedure concorsuali. Solamente i provvedimenti legislativi che vanno in questa direzione potrebbero far riprendere alla nostra economia la via della crescita. Riportando l’Italia sullo stesso piano economico delle altre nazioni europee». MARCHE 2013 • DOSSIER • 153




POLITICHE TURISTICHE

«Un’estate senza precedenti» È questo il commento del presidente della Consulta del turismo di Confindustria Marche, Alessandro Crucianelli. L’attrattività della regione cresce, ma c’è ancora molto lavoro da fare Teresa Bellemo e Marche hanno fatto molto per mostrare al mondo una nuova immagine. Negli ultimi anni c’è stato, infatti, un impegno di tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, culturale e paesaggistico. Anche la comunicazione, da parte sua, è stata fondamentale per rilanciare la Regione e la stagione appena trascorsa lo ha dimostrato. Ma sul fronte della qualità dell’offerta è utile fare una riflessione. Dal punto di vista dell’accoglienza, in particolare delle risorse destinate all’organizza-

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zione del settore e di tutto l’indotto, si potrebbe fare molto di più. Ne è convinto Alessandro Crucianelli, presidente della Consulta del turismo di Confindustria Marche. Serve più specializzazione. Per questo le università e le scuole di settore dovrebbero offrire ancora più formazione. E serve fare sistema. Su questo fronte, talvolta frenato da eccessivo individualismo e campanilismo, sarebbero fondamentali i consorzi turistici. «La Regione dovrebbe favorire la loro creazione, invece, da un paio d’anni non sono più finan-

ziati. Inoltre, anche se si sono fatti passi avanti, è importante comunicare ulteriormente le potenzialità dell’offerta turistica». Uno degli interventi per aumentare la qualità delle strutture ricettive riguarda la loro riqualificazione. Cosa fare in epoca di credit crunch? «Negli anni passati c’è stato un impegno della Regione per finanziamenti in conto interesse, ma purtroppo quelle risorse non sono state utilizzate interamente. In questo momento di difficoltà molti imprenditori spesso


Alessandro Crucianelli

non riescono ad avere accesso al credito e a realizzare quindi gli investimenti. Altri, invece, adottano approcci di cautela, attendendo che le condizioni economiche migliorino, in modo da effettuare più avanti investimenti più sostanziosi. In realtà le strutture ricettive necessitano di continui inve-

stimenti per aumentare la loro qualità. Per questo è importante che si riesca a dare continuità agli interventi di stimolo al settore, mettendo a punto misure accessibili ed efficaci, attraverso un confronto proficuo fra imprenditori e Regione, che deve essere continuo».

IL NUOVO VOLTO DELLE MARCHE Rispondere alle nuove richieste del turismo ha fatto sì che la strategia promozionale della regione cambiasse profondamente. Parole d’ordine: web, emozioni e un occhio attento anche ai nuovi vettori di incoming embra che le Marche abbiano un legame speciale con tutto ciò che sta al di fuori dai confini nazionali. Le aziende del territorio, infatti, fondano da sempre la loro ricchezza e la loro competitività nelle esportazioni verso paesi di tutto il mondo. E anche il turismo marchigiano ha deciso di fare leva sempre di più su quella che oggi sembra essere l’unica risorsa per continuare a rimanere sul mercato: la domanda estera. La mano invisibile dell’economia sembra, dunque, non soltanto dirigere e selezionare ciò che è vincente, ma anche suggerire i cambiamenti dell’offerta, del prodotto e della sua immagine. È così che un settore che dovrebbe essere sempre più strategico per il “Paese più bello del mondo”, cerca di risollevarsi e di buttarsi alle spalle una realtà troppo a lungo opprimente, anche a livello europeo. Anche per questo il turismo marchigiano resiste e resiste bene. Non solo, ma vede aumentare la quota di arrivi stranieri. Anche se i dati non sono ancora definitivi, l’estate appena trascorsa può già considerarsi promossa. Il presidente della Regione Marche e assessore al Turismo, Gian Mario Spacca, evidenzia: «A luglio e agosto le presenze e gli arrivi sono andati oltre le aspettative, dopo un giugno in lieve flessione. Un dato di particolare rilievo è proprio quello relativo

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ai turisti stranieri, in deciso aumento a compensare il prevedibile calo della domanda interna». Dopo i dati del periodo maggio-giugno, che hanno attestato un calo degli arrivi del 4,1 per cento e delle presenze del 4,9, le rilevazioni dell’Osservatorio turistico regionale per il mese di luglio hanno evidenziato incoraggianti segni più: +2,20 per cento di arrivi e +2,26 di presenze, con un’ottima performance soprattutto degli stranieri (rispettivamente +3,60 e +4,10 per cento). In questo risultato si è dimostrata fondamentale l’azione di promozione e di incoming della Regione. A crescere, infatti, sono in particolare i turisti provenienti da quelle aree dove la comunicazione è stata più forte, a partire dalla Russia, che ha registrato un +31,9 per cento di presenze e un +44,7 di arrivi. Quanto ad agosto e settembre, la sensazione è che i flussi turistici della regione confermino, se non addirittura migliorino, il trend di luglio, anche se le rilevazioni sono ancora in corso e risentono dei cambiamenti nei comportamenti di prenotazione e vacanza, non solo degli italiani. «Oggi le prenotazioni nei primi mesi dell’anno per il periodo estivo sono minori – ricorda Spacca – mentre sono più intense a ridosso delle vacanze. Segno che le abitudini si stanno diversificando e le prenotazioni last minute effettuate soprattutto via in-

ternet lo hanno confermato. È per catturare gli indecisi dell’ultima ora che abbiamo voluto prolungare l’azione promozionale nel corso della stagione estiva e puntare sul web, in particolare per quel che riguarda l’incoming straniero». Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio turistico di Unioncamere Marche, infatti, l’appeal della regione sui mercati internazionali è in continua crescita: nel 2013 il 7 per cento dei tour operator internazionali che vendono l’Italia come meta di vacanza include la regione Marche, mentre nel 2012 la percentuale era ferma al 4. La strategia turistica regionale è cambiata, diventando più efficace. L’offerta ha iniziato a essere basata non più per territori ma per categorie di prodotto; l’uso del web è stato fortemente incentivato così come la promozione nei canali radio e tv, anche attraverso testimonial d’eccezione. Ma una migliore comunicazione non può sostituirsi alla qualità. Per questo Spacca è convinto che anche l’aver puntato su grandi eventi abbia offerto un contributo importante alla promozione del territorio e all’attrazione di turisti anche internazionali. «Penso a Marche Endurance Lifestyle, al Campionato mondiale di vela d’altura, al Summer jamboree, solo per citarne alcuni» ha concluso il governatore.

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POLITICHE TURISTICHE

È importante che si riesca a dare continuità agli interventi di stimolo al settore, mettendo a punto misure accessibili ed efficaci

Cosa dovrebbero fare gli imprenditori dal punto di vista dell’efficienza energetica? «È sicuramente importante che gli imprenditori migliorino le loro strutture, sia per gli effetti economici che per l’attrattività che queste soluzioni hanno su una fascia di consumatori. Non a caso, nella nuova programmazione comunitaria, viene riconosciuto un grande valore all’efficienza energetica e al miglioramento ambientale per il rilancio del nostro sistema. Confindustria Marche, insieme alla Regione, segue sempre con attenzione tali tematiche, soprattutto attraverso l’emanazione di bandi e misure mirati alle necessità delle imprese».

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Può fare un bilancio della stagione appena trascorsa? «Dal mio lavoro e da quello dei miei colleghi imprenditori, riguardo soprattutto a Macerata, Civitanova Marche e Porto Recanati, posso dire che quella appena trascorsa è stata “un’estate senza precedenti”. Anche dai comunicati del governatore traspare una situazione positiva, anche se sono convinto ci siano, comunque, aree di sofferenza. È un risultato che risente del grande lavoro di comunicazione e marketing che stiamo facendo - unitamente alla Regione e a 22 enti tra Comuni e le Province di Macerata e Fermo - con “Marche viaggiare”, gli stand e i workshop nelle fiere europee, gli spot in radio e televisione». La comunicazione ha ap-

punto svolto un ruolo importante per il rilancio del turismo regionale. Quali i segmenti su cui puntare maggiormente? «Oggi la comunicazione è tutto. Per questo credo che un piano comunicazione siglato sul tavolo regionale con tutti gli attori sia la strada da imboccare, superando i personalismi, che arrivano anche delle nostre associazioni. Dall’esperienza fatta nelle fiere e all’estero, posso affermare che l’interesse si focalizza innanzitutto sul nostro mare, seguito dai Monti Sibillini e dalle città d’arte. Dobbiamo certamente potenziare e integrare l’enogastronomia, gli eventi e lo shopping, organizzandoli e comunicandoli meglio».



TURISMO CULTURALE

Una risorsa fondamentale l patrimonio di cui l’Italia dispone potrebbe essere un’occasione di crescita, ma spesso il rilancio è frenato dall’assenza di un coordinamento tra i vari soggetti coinvolti. «Il fatto che altri paesi come la Spagna – spiega Renzo Iorio, presidente di Federturismo – mettano il turismo al centro dei piani di crescita è la dimostrazione che all’estero il turismo è considerato un asset strategico dei governi su cui investire risorse ingenti». Cosa occorre fare dunque in Italia? «Il nostro Paese ha il più am-

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Occorre valorizzare il nostro patrimonio storico e artistico e metterne a frutto le potenzialità. Renzo Iorio illustra le strategie da mettere in campo Nicolò Mulas Marcello

pio patrimonio culturale al mondo, con oltre 3.400 musei, circa 2.000 aree e parchi archeologici, ed è dotato di un grande patrimonio naturale che conta 800 parchi. Un patrimonio ricco come il nostro impone risorse e competenze forti in grado di corrispondere alle sue necessità e potenzialità. Il problema è che la gestione secondo logi-

che rigorose di valorizzazione economica urta contro il disordine amministrativo in cui operano gli operatori coinvolti. Per esempio, la logica del distretto e del coordinamento degli interventi contrasta con la diversità degli enti e delle amministrazioni che sovrintendono a diversi monumenti, anche nella stessa area. Per non parlare


Renzo Iorio

L’Italia ha il più ampio patrimonio culturale al mondo, con oltre 3.400 musei, circa 2.000 aree e parchi archeologici

della necessità di coordinare l’intervento delle Regioni. Per stabilire un rapporto proficuo fra beni paesaggistico-culturali e turismo occorre seguire logiche di distretto e soprattutto puntare su un modello di sviluppo del paese che includa la dimensione del paesaggio, della cultura e del turismo tra gli assi portanti». Come è cambiato negli ultimi anni il turismo straniero in Italia e quali tipi di promozione vanno attuati? «Nonostante l’Italia sia tra le prime destinazioni turistiche nei desideri dei viaggiatori internazionali cattura quote sempre minori di flussi. È evidente che una parte rilevante di tale deficit competitivo è da imputarsi alla scarsa efficacia

delle politiche di promozione e attrazione del Paese e alla mancanza di coordinamento tra le iniziative degli enti e gli operatori turistici. Occorre quindi ripensare le azioni promozionali in termini di efficacia ed efficienza. Dobbiamo, tra l’altro, risolvere al più presto la scarsa percezione del prodotto-destinazione che è il vero male che attanaglia il turismo italiano: segmentando i mercati, innovando la metodologia del linguaggio on line, rafforzando il brand e impostando una comunicazione coerente e integrata». Cosa dovrebbe imparare secondo lei l’Italia dagli altri Paesi in termini di gestione del turismo? «È fondamentale elaborare

un masterplan nazionale del turismo dotato di risorse adeguate che ci consenta di competere con tutti i maggiori Paesi concorrenti e accompagnare lo sviluppo del settore con una serie di investimenti pubblici e privati adeguati. Tra le priorità assolute c’è l’ammodernamento delle strutture e delle infrastrutture legate al turismo, con interventi in linea con i criteri di sostenibilità ambientale e articolati attorno al senso e alla cultura dei territori. Per competere sui mercati internazionali, gli operatori italiani devono compiere un salto tecnologico e poter offrire prodotti e servizi secondo le modalità richieste dal mercato».

Renzo Iorio, presidente di Federturismo

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TURISMO CULTURALE

Da nord a sud, gioielli da valorizzare Con l’iscrizione dell’Etna e delle ville Medicee, sono saliti a 49 i siti italiani registrati al Patrimonio dell’umanità. E altri sono in attesa di fare ingresso nella prestigiosa lista. Eccellenze da gestire adeguatamente, come indica Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale per l’Unesco Francesca Druidi

on ci sono soltanto cattive notizie per i beni culturali italiani. Si è discusso molto del richiamo dell’Unesco a far fronte alla situazione critica di Pompei, ma non vanno dimenticate le due recenti iscrizioni alla lista del Patrimonio dell’umanità, che battono bandiera tricolore. La proclamazione del parco dell’Etna e del complesso delle Ville e dei giardini medicei in Toscana (12 ville e 2 giardini), da parte della 37esima sessione annuale del comitato mondiale riunitosi lo scorso giugno in Cambogia, ha lanciato un segnale importante che va ascoltato. «È una grande soddisfazione – commenta Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco – un risultato importante per l’Italia in un momento particolare, in cui il tema dei beni culturali è al centro dell’attenzione con problemi di varia natura, non solo economico-

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Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco

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finanziari ma anche giuridici e sul fronte degli investimenti, dello sviluppo e della formazione. Ritengo che questo riconoscimento vada nella direzione giusta: il resto del mondo, l’Unesco, continua ad avere fiducia nell’Italia». L’auspicio è che l’Italia stessa reagisca prontamente a questa iniezione di fiducia. Guardiamo avanti, al 2014. Quali candidature sono in corsa? «Abbiamo la candidatura dei territori di Langhe-Roero e Monferrato con i paesaggi e le coltivazioni vitivinicole per la lista del Patrimonio mondiale dell’umanità (beni storico-artistici e paesaggistico-naturali). A questa si affianca la candidatura della pratica agricola tradizionale della vite ad alberello di Pantelleria nella lista del patrimonio culturale immateriale. Si attende, invece, per dicembre 2013 il responso della candidatura italiana di quest’anno, sempre per il patrimonio culturale

immateriale, rappresentata dalla rete delle grandi macchine a spalla italiane che propone al riconoscimento i gigli di Nola, la varia di Palmi, i candelieri di Sassari e la macchina di Santa Rosa di Viterbo». Non si può evitare di fare il punto sullo stato di salute di Pompei. «L’Unesco ha richiamato il governo italiano ad accelerare sul piano della gestione. Il governo era presente, ha partecipato alla relazione del rapporto ed è pienamente cosciente delle criticità; alcune sono già state avviate a soluzione, altre devono essere rapidamente programmate. Il problema vero è che in Italia continuiamo a lavorare sull’emergenza: oggi Pompei, domani la Reggia di Caserta, ieri Venezia, l’altro ieri le Cinque Terre. Continuando in questo modo non andremo da nessuna parte. C’è carenza di risorse: non solo soldi da mettere sul tavolo, ma personale da assumere e qua-


Giovanni Puglisi

lificare, interventi da realizzare. Quando arrivano fondi dall’Europa, come nel caso dei 105 milioni di euro per Pompei, troviamo poi la maniera di avvitarci su norme giuridiche inerenti appalti e subappalti, per cui i nodi non vengono risolti». Ci sono però segnali positivi. «Sì, c’è comunque rispetto nei nostri confronti: mentre dibattiamo animatamente su Pompei, l’Unesco ha apposto il bollino di qualità sull’Etna e sul complesso mediceo, ma anche

sul Monviso come “riserva della biosfera” e sugli archivi dell’Istituto Luce come “memoria del mondo”. L’Italia, in fondo, resta una nazione leader dei beni culturali, che continuano a identificare la principale industria nazionale, senza che nessuno si strappi le vesti sul termine industria. Esorcizzare le risorse dei privati è poi un grave errore. Chiaro che i privati non devono investire per affittarsi o comprarsi il bene, che rimane sotto la tutela dello Stato. Lo Stato resta egemone, ma i privati pos-

sono contribuire al recupero e alla valorizzazione dei beni». C’è, invece, un sito italiano che può essere indicato come esempio virtuoso di gestione e fruibilità? «La Reggia di Venaria Reale individua un esempio di perfetta ed eccellente gestione di un bene culturale, indipendentemente dall’Unesco. E poi Ravenna e le coltivazioni a vite di Langhe, Monferrato e Roero che danno vita a un paesaggio incantevole. È questa l’Italia che funziona e che va esaltata».

Giardino della Villa medicea di Castello a Firenze

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RIFIUTI

Marche più riciclone La regione fa progressi sul fronte della produzione dei rifiuti e della raccolta differenziata. A fare la differenza sono le politiche di prevenzione adottate dai Comuni e l’incremento della raccolta porta a porta Leonardo Testi uone notizie per il sistema marchigiano di gestione dei rifiuti. Innanzitutto, l’incremento di 7,2 punti percentuali della raccolta differenziata (dal 48,8 per cento del 2011 al 56,1 per cento del 2012) e poi la diminuzione di circa 11mila tonnellate di rifiuti urbani prodotti. A fornire un quadro dettagliato della produzione e gestione dei rifiuti in regione e nelle singole province è il “Rapporto rifiuti 2012” realizzato dalla Regione per il terzo anno consecutivo. Come rileva l’indagine, nell’ultimo decennio la raccolta differenziata nelle Marche è progressivamente aumentata, mentre quella indifferenziata ha subì-

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to una costante diminuzione. Lo slancio ha preso avvio nel 2008: la percentuale di Rd registrata nel 2012 raddoppia, infatti, il dato del 2008 (26,5 per cento) e si avvicina al target del 65 per cento, nuovo obiettivo di legge per la raccolta differenziata, scattato proprio dallo scorso anno. Il valore di Rd procapite si attesta così nel 2012 a 283 chilogrammi per abitante contro i 248 del 2011. Questi risultati positivi possono essere certamente spiegati con la maggiore informazione e sensibilizzazione sui temi del riciclo e, di conseguenza, con una presa di consapevolezza sia dei cittadini che delle amministrazioni locali. Importanti anche l’avvio della raccolta

domiciliare porta a porta e l’introduzione, dal 2009, del meccanismo premiale tramite la modulazione del tributo in funzione dei risultati ottenuti dalla raccolta differenziata. In particolare, è stato previsto il pagamento ridotto del tributo in funzione della percentuale di superamento del livello di Rd rispetto alla normativa statale, favorendo in questo modo i Comuni più virtuosi. Dal 2010 è stata, inoltre, applicata l’addizionale del 20 per cento al tributo, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi. Le amministrazioni comunali marchigiane che, nel 2012, hanno superato la soglia del 65 per cento di raccolta differenziata - i cosiddetti Comuni


La raccolta in regione

“ricicloni” - sono 74 su 239: 40 enti sono concentrati nella provincia di Macerata, 18 in quella di Ancona, 12 nella provincia di Pesaro-Urbino e 4 in quella di Fermo. Le maggiori problematiche sul fronte della raccolta differenziata si riscontrano nei Comuni meno popolosi, a causa della scarsa densità abitativa e dei costi legati al trasporto. È dal 2007, data di avvio della raccolta differenziata “porta a porta” in molti Comuni, che nelle Marche si sta affermando un calo consistente nella produzione dei rifiuti urbani. Nel 2012, sono, infatti, state prodotte circa 11.900 le tonnellate di rifiuti in meno, pari a una diminuzione percentuale dell’1,4 per cento, (7,7 kg/abitante per anno di rifiuti in meno): 810.983 tonnellate di rifiuti urbani e assimilati contro le 822.957 del 2011. A incidere su questa tendenza sono la contrazione dei consumi delle famiglie, la diffusione del metodo di raccolta domiciliare e della pratica dell’autocompostaggio domestico, oltre al radicamento nella popolazione di atteggiamenti virtuosi e consapevoli. Nel 2012 sono state gettate le basi per la costituzione, in ogni provincia, dell’Assemblea territoriale d’ambito (l’Ata), soggetto pubblico a cui spetterà la ge-

stione del ciclo dei rifiuti nell’ottica di renderla più efficiente e mirata agli obiettivi di legge. Grande attenzione viene data da parte della Regione alle strategie di prevenzione dei rifiuti: incentivare il compostaggio domestico della frazione organica dei rifiuti; improntare centri di riuso finalizzati a intercettare beni dismissibili, attuare politiche di riduzione dell’usa e getta nelle mense scolastiche e nella vita della comunità (le cosiddette fontane del sindaco, che erogano acqua pubblica per diminuire le bottiglie di plastica in circolazione). «L’importanza delle politiche di prevenzione alle quali la regione MarPERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA che ha creduto fin dal- DEI RIFIUTI REGISTRATA NEL 2012 NELLA REGIONE l’inizio – ha dichiarato MARCHE, IN AUMENTO RISPETTO AL 2011 l’assessore – stanno diventando un punto di riferimento nel panorama nazio- pubblicazione dal rapporto rifiuti nale ed europeo». nazionale da parte di Ispra. Nel Il Rapporto annuale rifiuti 2012 2011, la produzione regionale di dedica, infine, per la prima vol- rifiuti speciali si attesta a poco ta un capitolo ai rifiuti speciali. meno di 1,4 milioni di tonnel«Con questa edizione – ha sot- late, mantenendosi sostanzialtolineato l’assessore regionale mente in linea con quanto regiall’Ambiente, Maura Malaspina strato nel biennio precedente – il rapporto si è arricchito dei 2009-2010 sia in termini di ridati sui rifiuti speciali con ben un fiuti speciali pericolosi che non anno di anticipo rispetto alla pericolosi prodotti».

56%

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FORUM SINDACI

Luca Ceriscioli, sindaco di Pesaro

Meno rifiuti, più prevenzione Gli enti locali marchigiani stanno adottando politiche di gestione dei rifiuti improntate a una riduzione dei quantitativi prodotti e all’aumento sostanziale della raccolta differenziata. Un ruolo sempre più centrale viene assegnato agli interventi di prevenzione e alla sensibilizzazione dei cittadini. I sindaci di Pesaro, Ancona, Macerata e Ascoli Piceno fanno il punto sulla raccolta differenziata nelle loro città, indicando le priorità e le problematiche da superare

Valeria Mancinelli, sindaco di Ancona

Romano Carancini, sindaco di Macerata

Francesca Druidi, Giacomo Govoni

Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno

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NELLA BRAMBATTI «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

ROMANO CARANCINI «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

NB «L’operazione ha rappresentato un freno al-

RC «L’operazione ha rappresentato un freno al-

l’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

l’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedne, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

NB «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

RC «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i prone, costretta a rivednti. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

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FORUM SINDACI

CHE RIFLESSI STANNO AVENDO I PROVVEDIMENTI DELLA SPENDING REVIEW SULL’EFFICTWO DWARVES PARTLY COMFORTABLY TICKLED UMPTEEN QUIXOTIC LAMPSTANDS. MARK SLIGHT?

Tagli ai bilanci e politiche soc Il patto di stabilità e la spending review sono ormai il pane quotidiano di ogni amministratore. Redini che frenano in molti casi il finanziamento di nuove infrastrutture che potrebbero non solo essere utili ai cittadini, che in questo momento scontano la progressiva carenza di servizi, ma anche un volano per lo sviluppo. Lo sottolineano i sindaci di Fermo, Macerata e Pesaro che, però, non rinunciano al welfare e agli investimenti nella cultura, vera occasione per il territorio Teresa Bellemo

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CHE RIFLESSI STANNO AVENDO I PROVVEDIMENTI DELLA SPENDING REVIEW SULL’EFFICTWO DWARVES PARTLY COMFORTABLY TICKLED UMPTEEN QUIXOTIC LAMPSTANDS. MARK SLIGHT?

CHE RIFLESSI STANNO AVENDO I PROVVEDIMENTI DELLA SPENDING REVIEW SULL’EFFICTWO DWARVES PARTLY COMFORTABLY TICKLED UMPTEEN QUIXOTIC LAMPSTANDS. MARK SLIGHT?


Nella Brambatti, sindaco di Fermo

Romano Carancini, sindaco di Macerata

NELLA BRAMBATTI «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

ROMANO CARANCINI «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

NB «L’operazione ha rappresentato un freno al-

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l’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

l’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedne, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

NB «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

RC «L’operazione ha rappresentato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i propri interventi. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel tato un freno all’azione dell’amministrazione, costretta a rivedere e riorganizzare i prone, costretta a rivednti. La riduzione delle risorse ha imposto nuove progettualità vincolate in particolar modo al quotidiano impedendo in questo modo la programmazione nel attività per il conseguimento del risultato». •

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POLITICHE ENERGETICHE

Norme meno penalizzanti per i produttori Ora che il solare italiano ha consolidato il suo valore in termini di volumi e di impianti, la prossima sfida sarà regolare gli approvvigionamenti e «rendere più prevedibili i consumi» osserva Agostino Re Rebaudengo Giacomo Govoni

e previsioni del mercato dell’energia da fonti pulite sorridono al solare. Sia a livello di ricaduta occupazionale, che sulla base di un calcolo dell’Istituto per le tecnologie sostenibili e dall’Università di tecnologia di Vienna, relativo al solare termico, promette di creare oltre 400mila posti di lavoro entro il 2020. Sia sul piano della produzione che, stando ai rilievi di Bloomberg New Energy Finance, già nel 2013 celebrerà a

L Sopra, Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili

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livello mondiale il sorpasso del fotovoltaico sull’eolico. «Da questo punto di vista – commenta Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili – si può dire che l’Italia è stata precoce, anticipando questo trend già nella prima metà del 2011, quando la potenza fotovoltaica installata è quasi triplicata, sfiorando i 13 Gw». Quali fattori hanno giocato a favore dell’escalation del pannello solare in Italia? «Oltre agli schemi incenti-

vanti, a questo risultato hanno contribuito le caratteristiche morfologiche e geografiche del nostro Paese, che avvantaggiano la tecnologia solare rispetto a quella eolica. In futuro questa tendenza potrebbe proseguire: infatti, per il fotovoltaico la cosiddetta market parity con l’energia elettrica prelevata dalla rete è già realtà, grazie alla forte riduzione dei costi degli ultimi anni e alla maggior facilità di installare impianti di taglia residenziale.


Agostino Re Rebaudengo

MARCHE, IL PRIMATO DEL SOLARE Sono più di 5mila gli impianti fotovoltaici installati sul territorio marchigiano, in linea con un trend di approvvigionamento energetico sempre più virtuoso ebbene ad agosto il Quinto conto energia abbia raggiunto il tetto dei 6,7 miliardi di euro, che ne ha comportato la chiusura, il mercato italiano del solare continua a crescere. A ritmi meno incalzanti del quadriennio 2008-2011, che ha visto il numero di installazioni fotovoltaiche raddoppiare ogni anno, ma tali da realizzare anche nel 2012 un incremento del 45 per cento degli impianti. Un risultato che le Marche hanno contribuito ad arrotondare, aggiungendone più di 5.000 allo scacchiere di quelli già presenti sul territorio regionale. A metterlo in luce è il rapporto sul settore stilato da Gse, Gestore dei servizi energetici, che nel documentare un balzo numerico di impianti, passati dai 12.048 del 2011 ai 17.176 dell’anno scorso, ne sottolinea il valore in termini dimensionali. Tra i più elevati d’Italia, con una taglia media di 57,1 kW, che vale alla regione il quarto posto assoluto su scala nazionale. Guardando agli allacciamenti, Enel precisa che le connessioni alla rete elettrica effettuate nel 2012 hanno arricchito di 182 MW la capacità di produzione rinnovabile delle Marche, pari al fabbisogno energetico di quasi 200mila famiglie. A livello provinciale, a svettare nella graduatoria è Ancona, con 1.347 allacci e una potenza di 53 MW aggiunti nel 2012. Segue la provincia di Pesaro-Urbino, con 1.215 nuovi impianti e 58 MW, Ascoli Piceno, con 1.201 connessioni e 43 MW. Con 845 impianti e 28 MW di potenza installata si trova, infine, Macerata, che tuttavia conserva la seconda piazza regionale dietro Ancona con quasi 4mila impianti attivi. Al di là dei meccanismi di incentivazione rivelatisi nel tempo più o meno efficaci, il sole rimane dunque la fonte regina nella rete marchigiana delle rinnovabili. La protagonista di una riconversione energetica in chiave sostenibile che ha dominato la scena negli 8 anni di attuazione del Piano energetico ambientale regionale (Pear) e che giocherà un ruolo cruciale nel raggiungimento di quel 15,4 per cento di consumo da fonte rinnovabile, fissato dalla Regione come traguardo per il 2020.

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Per l’eolico la competitività è più lontana, gli incentivi si sono ridotti sensibilmente e quindi non sarà forse possibile installare un numero di Mw superiore alle soglie indicate dal decreto ministeriale del 6 luglio 2012». A luglio avete accolto i soci di Assosolare, confluiti in Aper. Che significato riveste tale operazione e quali intenti comuni perseguirà? «Questo passaggio aiuterà a fare meglio gli interessi del settore, che poi coincidono con quelli dell’intero Paese. Assorinnovabili riunisce tutte le filiere dell’industria delle rinnovabili, rappresentandole per affrontare al meglio le sfide dei prossimi anni. Tra queste ci sono l’integrazione

nelle reti, lo sviluppo di nuove tecnologie smart, come gli accumuli, l’introduzione di una disciplina sugli sbilanciamenti e la regolamentazione dei Seu, i sistemi efficienti d’utenza. Con questa operazione siamo diventati la maggior associazione industriale del settore in Europa, dove contiamo di pesare sempre di più anche per gli indirizzi della futura politica energetica». Da poco è finito il Quinto conto energia. Di cosa hanno bisogno i settori del solare termico e fotovoltaico per continuare a espandersi? «Dal punto di vista dei volumi e dei nuovi impianti, ci aspettiamo un rallentamento consistente nei prossimi mesi. Il futuro nel medio pe-

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POLITICHE ENERGETICHE

riodo dipende in primis da come verrà promosso lo sviluppo della generazione distribuita. A tal proposito, un ruolo fondamentale sarà ricoperto dai sistemi efficienti di utenza, purché non venga messo in discussione il principio dell’esenzione dagli oneri di rete e di sistema per l’energia prelevata all’interno dei sistemi stessi. Sarà inoltre importante puntare sui sistemi di accumulo di piccola e grande taglia, che nei prossimi anni vedranno un dimezzamento dei costi e renderanno più programmabili le energie rinnovabili e più prevedibili i consumi». Per il solare termico si prevede anche un boom di posti di lavoro nei prossimi 5-7 anni. Quali provvedimenti potrebbero alimentarlo? «Pur confermandosi il secondo mercato in Europa, l’Italia ha registrato nel 2012 una fles182 • DOSSIER • MARCHE 2013

Da qui al 2020 le rinnovabili termiche vedranno un investimento di circa 15-20 miliardi, di cui buona parte derivante dalla tecnologia solare

sione del 15% della nuova capacità installata di solare termico. Secondo la Strategia energetica nazionale, da qui al 2020 le rinnovabili termiche vedranno un investimento di circa 15-20 miliardi, di cui buona parte derivante dalla tecnologia solare. Di quel documento, preoccupa però la mancanza di un vero e proprio piano che riguardi le singole fonti rinnovabili termiche. Tuttavia, se il governo darà continuità a misure di incentivazione, quali il conto termico e le detrazioni fiscali per l’efficienza energetica, i frutti saranno evidenti anche in termini occupazionali». Quali invece i punti di debolezza da rimuovere per rilanciare a pieno la marcia del

solare? «Il Ministero per lo sviluppo economico ha previsto una crescita per il fotovoltaico pari a 1 GW all’anno fino al 2020, anche in assenza di incentivi. Queste stime, sebbene ottimistiche, potranno avverarsi se il legislatore smetterà di accerchiare il settore con norme che allontanano imprese e investitori. Penso alla possibile riduzione retroattiva degli incentivi e l’eliminazione dei prezzi minimi garantiti compresi nelle bozze del “decreto del fare” bis, con cui il governo sembra voler “punire” i produttori di energia fotovoltaica. Assorinnovabili auspica che questo non accada e che il settore possa programmare il futuro in uno scenario di certezza normativa».



NOTARIATO

Nuovi ambiti per il notariato I notai, per definizione difensori della legge, sono ora chiamati a difendere la loro stessa professione, che per Stefano Sabatini è minacciata da continui attacchi polemici, dalla crisi e, non per ultima, dalla politica. Mentre si dovrebbero cercare nuove strade Renato Ferretti

tando al luogo comune, i notai non godono certo di una buona fama. Ma l’idea di professionisti ben pagati solo per apporre firme e timbri, resiste solo nella nebbia dell’ignoranza che avvolge l’azione notarile. E chi ha pensato che fossero anche immuni dagli effetti della recessione internazionale ha commesso un errore ulteriore. Come spiega Stefano Sabatini, il cui studio notarile ha sede ad Ancona, «il notariato sta vivendo uno dei suoi periodi più tristi, sia dal punto di vista puramente economico, a causa di un significativo calo delle compravendite immobiliari e di mutui, sia dal punto di vista prettamente professionale. Infatti, la professione riceve continui attacchi che minano la sua stessa ragione di esistere, cioè la legalità che si suppone garantita in via esclusiva proprio dall’attività notarile». Da parte del legislatore sono stati fatti interventi a favore della ripresa. «Più che altro dannosi - sostiene Sabatini - come la società semplificata a costo zero per aiutare i giovani imprenditori. Il notariato si è dovuto inchinare a una duplice

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Lo studio notarile del dottor Stefano Sabatini si trova ad Ancona www.studionotarilesabatini.it

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imposizione: da una parte l’adozione di un aberrante modello tipizzato lacunoso e mal concepito, dall’altra la gratuità della prestazione notarile. Quindi siamo stati costretti a lavorare gratuitamente, sia per la predisposizione dell’atto, sia per lo svolgimento delle conseguenti formalità, come la registrazione, che non è gratuita, sia per l'iscrizione nel Registro delle Imprese, allo stesso modo non gratuita». La semplificazione in questione consiste nella possibilità di avere un capitale sociale anche quasi inesistente, al contrario della società ordinaria il cui capitale minimo era di 10mila euro. «Ma in materia la confusione è sovrana –


Stefano Sabatini

continua Sabatini – e la sovrapposizione digli interventi legislativi non ha fatto che peggiorare la situazione. Si può dire che l’idea di base fosse di incentivare i giovani a “mettersi in proprio”, ma non si può certo ottenere questo risultato con una semplificazione puramente formale della Srl, che non offre garanzie e con un risparmio che riguarda solo le spese notarili. D’altronde i numeri parlano da soli: le richieste di Partita Iva di under trentacinque sono calate dell’undici per cento». Per il notaio di Ancona, le strade verso la ripresa economica sono da tutt’altra parte. «Per esempio – afferma Sabatini – c'è un rilevante ritorno d’interesse da parte dei giovani alla coltivazione della terra. Un buon incentivo potrebbe essere dato dall’istituto, ormai in disuso, dell'enfiteusi, basterebbe solo un ritocco legislativo. Abbiamo moltissimi ettari di terra incolti: concedendoli in enfiteusi li vedremmo nuovamente coltivati con un positivo impulso alla nostra economia contadina. Un altro esempio è dato dall’edilizia, fortemente in crisi: bisogna trovare il coraggio di dare un drastico taglio alle imposte se si vuol rimettere in moto la macchina. Al contrario leggiamo proposte di aumento delle imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali, di abolizione di tutte le agevolazioni». Come si diceva, anche i notai sono in crisi e il

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C'è un rilevante ritorno d’interesse da parte dei giovani alla coltivazione della terra. Un buon incentivo potrebbe essere dato dall’istituto, ormai in disuso, dell'enfiteusi

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numero di clienti si è notevolmente abbassato. Eppure la mole di lavoro è paradossalmente aumentata, a causa delle continue novità legislative e burocratiche. Ma la crisi ha avuto anche un altro effetto. «Il cliente ora è preoccupato solo di avere la parcella ridotta. Questo ha creato un pericolosissimo fenomeno di offerte al ribasso. È evidente che è la prestazione a farne le spese. Noi siamo pubblici ufficiali e la tariffa notarile aveva il preciso scopo di uniformare i costi degli atti. Ciò affinché il notaio venisse scelto non dai costi ma dalla qualità della sua prestazione. Essere pubblici ufficiali significa attribuire pubblica fede agli atti che stipuliamo: il nostro operato è a difesa della legalità. Più rigoroso è il notaio, più risulta scomodo: non è un caso che continuiamo a vederci sottratte competenze, specie in settori dove la possibilità di frode è più elevata». MARCHE 2013 • DOSSIER • 193




RICERCA FARMACEUTICA

Occorre dare impulso alla ricerca a ricerca farmacologica italiana si colloca all’avanguardia nel panorama internazionale. In ambito farmaceutico, secondo i dati forniti qualche mese fa da uno studio di Farmindustria, nel 2012 erano 5.950 i ricercatori che hanno potuto contare su investimenti pari a 1.230 milioni di euro. Nonostante l’ostacolo economico rappresentato dalla ricorrente mancanza di fondi, sono ancora molti i giovani ricercatori che scelgono con passione questa strada: «L’attività di ricerca in ambito farmacologico – spiega Pier Luigi Canonico, presidente della Società italiana di farmacologia – è molteplice, spazia dallo studio dei meccanismi fisiopatologici alla base delle malattie e che possono costituire bersaglio per l’identificazione di nuove molecole, ad aspetti più prettamente farmacologici di ricerca preclinica e clinica, fino a valutazioni di farmacoepidemiologia, farmacoutilizzazione, farmacovigilanza e farmacoeconomia». È possibile tracciare un quadro generale sul livello e sulla qualità della ricerca farmacologica in Italia rispetto agli altri Paesi? «Il livello generale della ricerca farmacologica in Italia (come emerge da specifici indici bibliometrici) è da ritenersi ottimo. Se si escludono, infatti, gli Stati Uniti, che sono di gran lunga i migliori, anche in considerazione del grande contributo dato dal settore privato, e Paesi emergenti come Cina e India, il cui livello qualitativo è comunque da ritenersi

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Pier Luigi Canonico, presidente della Società italiana di farmacologia

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Importanti sono i risultati raggiunti dalla ricerca in ambito farmacologico in Italia negli ultimi anni. Gli ambiti di azione sono molteplici. Pier Luigi Canonico ne illustra i successi e le difficoltà Nicolò Mulas Marcello

ancora non esaltante, l’Italia figura tra i primi posti insieme a Gran Bretagna e Germania, nazioni il cui il finanziamento alla ricerca è di gran lunga superiore rispetto al nostro Paese». Quali recenti ricerche in ambito farmacologico hanno una paternità italiana? «Indubbiamente un settore in cui la farmacologia italiana ha sempre dato e continua a dare grandi contributi è quello della neuropsicofarmacologia, in particolar modo le malattie neurodegenerative, le malattie psichiatriche, le tossicodipendenze. Ma, tanto nel mondo farmacologico accademico che in quello extra accademico, significativi risultati sono stati ottenuti in ambito di farmacologia oncologica, soprattutto per quanto riguarda la personalizzazione della terapia, di farmacologia cardiovascolare e metabolica, delle malattie infiammatorie e dell’immunità. Particolare attenzione è stata di recente data anche allo studio delle malattie rare e neglette, ma possiamo affermare che qualsiasi set-


Pier Luigi Canonico

Il futuro della farmacologia italiana non può essere disgiunto dal futuro della ricerca

tore della ricerca farmacologica è ampiamente coperto». Come vede il futuro della farmacologia in Italia? «Il futuro della Farmacologia italiana non può essere disgiunto dal futuro della ricerca in Italia. Se si saprà dare impulso alla ricerca in generale, sia nel settore pubblico che in quello privato (aspetto questo di estrema importanza), è chiaro che anche la ricerca farmacologica, che già si colloca all’avanguardia in campo internazionale, ne trarrà giovamento. E di ciò trarranno beneficio le nuove generazioni di ricercatori che, nonostante le difficoltà, continuano a entusiasmarsi alla ricerca e ottengono risultati estremamente significativi, ma ne beneficia anche la crescita e lo sviluppo dell’intero paese, grazie al conseguente miglioramento della salute individuale e sociale». Come sono i rapporti tra la Società ita-

liana di farmacologia e le istituzioni? «I rapporti sono ottimi e bidirezionali. Chiaramente un interlocutore importante è l’Agenzia italiana del farmaco, nelle cui commissioni siedono autorevoli farmacologi e il cui direttore generale è, tra l’altro, un farmacologo. Inoltre, la farmacologia è presente in maniera significativa nel Consiglio superiore di sanità. Importanti sono i rapporti con i vari ministeri in cui l’interazione con i farmacologi è rilevante, come il Ministero della salute e il Ministero dell’università e della ricerca. Le interazioni diventano ancora più stringanti a livello delle istituzioni regionali e locali. Infine, non possiamo dimenticare, con soddisfazione, che la professoressa Elena Cattaneo, farmacologa e ricercatrice di fama internazionale, è stata di recente nominata senatrice a vita dal presidente Napolitano». MARCHE 2013 • DOSSIER • 201




STRUTTURE SANITARIE

Spesa sanitaria. Gli effetti dei tagli ll’interno del sistema sanitario marchigiano, l’offerta privata si trova a un bivio: offrire prestazioni di ottimo livello con le (poche) risorse disponibili o ridurre progressivamente le prestazioni. Questa situazione dipende dall’attuale budget regionale, assai limitato e che lascia poco spazio alla manovra. Come spiega il dottor Abdul Rahman Abu Eideh, presidente del Cda della casa di cura Villa Serena di Jesi, che dispone di 115 posti letto autorizzati di cui 105 convenzionati: «Su tutto il territorio marchigiano, l’offerta sanitaria pubblica è di ottima qualità – e questo è un punto a vantaggio della politica regionale. Dall’altra parte, però, complice la crisi economica, scarseggiano le strutture ad alto livello

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Abdul Rahman Abu Eideh, presidente del Cda della casa di cura Villa Serena di Jesi (AN) www.casadicuravillaserena.com

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Il ruolo della sanità privata accreditata nelle Marche. Ne parla il dottor Abdul Rahman Abu Eideh, a capo di una struttura che ha investito nel rinnovamento delle competenze e delle tecnologie. E che però oggi non è messa nelle condizioni di esprimere il suo potenziale Mauro Terenziano

che possano soddisfare il bisogno di cure dei tutti i cittadini marchigiani. Se una volta le strutture private potevano dare il loro contributo, adesso, a causa della scarsità di risorse, ci troviamo con le mani legate. Abbiamo la possibilità di dare un aiuto alle strutture pubbliche – soddisfacendo la mobilità interregionale dei pazienti ed evitando l’esposizione della Regione alla mobilità passiva finora subita –, ma non possiamo concretizzarlo». L’articolazione dell’attività sanitaria di Villa Serena comprende, fra le altre, le principali branche chirurgiche: generale, cardiologia urologia, ginecologia, chirurgia dello scheletro e della colonna vertebrale, oculistica. E il dottor Abdul Rahman Abu Eideh prosegue: «Abbiamo concepito il nostro ruolo di sanità privata accreditata esattamente come parte integrante del sistema sanitario regionale. Quindi anche noi lavoriamo con i soldi del contribuente, sappiamo di dover curare i cittadini e produrre occupazione, nel rispetto della qualità e dell’etica sanitaria. Per questo motivo dobbiamo anche garantire l’assistenza a tutti i cittadini europei». Per entrare a far parte degli ospedali italiani accrediti istituzionalmente, la struttura ha investito risorse importanti per modernizzare e attrezzare


Abdul Rahman Abu Eideh

il gruppo operatorio. Il tutto sotto il controllo della Regione. «Negli ultimi dodici mesi abbiamo investito nel rinnovamento strutturale delle risorse umane-professionali e delle attrezzature come pure nel rinnovamento del gruppo operatorio. Abbiamo investito in risorse umane, impiegando collaboratori di livello europeo per quanto riguarda la chirurgia dello scheletro e della colonna vertebrale. Accanto a questo, ci siamo dotati della strumentazione tecnologica necessaria a eseguire le operazioni chirurgiche ad altissimo livello di complessità che rientrano in questo ambito di patologie. Al di là di ciò e nonostante la stretta creditizia degli istituti di credito, stiamo tuttora investendo in strumenti e macchinari ad alta tecnologia. Sarebbe dunque uno spreco se adesso la stessa Regione non tenesse conto della nostra possibilità a contribuire per abbassare la quota della mobilità passiva nei confronti delle altre regioni italiane. Coltiviamo quindi la speranza di poter continuare il nostro cammino verso un progressivo e costante miglioramento scientifico-culturale, orientato sempre al bene della salute pubblica. Abbiamo lavorato e continueremo a lavorare per accorciare le liste di attesa per i cittadini marchigiani. Così come abbiamo operato pure, e continueremo a operare, per accorciare le liste di attesa degli interventi chirurgici regionali ed extra regionali».

LA STRUTTURA a casa di cura Villa Serena si trova immersa in un parco di oltre tre ettari posto in periferia di Jesi. Sviluppata su quattro livelli, mette a disposizione circa 5.500 metri quadrati di superficie, distribuiti fra ambulatori, sale operatorie, camere di degenza (per un totale di 115 posti letto autorizzati di cui 105 convenzionati) e numerosi servizi. Il gruppo operatorio comprende tre sale di nuova concezione, provviste di tecnologie avanzate per interventi di varia natura e complessità. Le specializzazioni sono numerose e comprendono chirurgia generale e urologia, ginecologia, chirurgia dello scheletro e della colonna vertebrale, oculistica, cardiologia e cardiologia riabilitativa. Nell’area medica sono presenti più unità operative: degenza post acuzie, medicina generale, radiologia e diagnostica per immagini, cardiologia con Ecg, Ecodoppler, laboratorio di analisi, fisiokinesiterapia, neurologia ed elettrofisiologia, gastroenterologia ed endoscopia digestiva, nefrologia pediatrica e psicoterapia.

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OBESITÀ

Eccesso di peso, inutili i trattamenti drastici e fantasiosi La denuncia del professor Aldo Svegliati Baroni sul problema che ormai, nello stile di vita moderno, non si pone solo come clinico, ma anche sociale. «I media favoriscono abitudini sbagliate e falsi miti, invece di combatterli» Renato Ferretti

obesità è un problema tutt’altro che vicino a una soluzione e un numero sempre più alto di persone ne soffre. È quanto sostiene il professor Aldo Svegliati Baroni (primario emerito - Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica, Ospedale Generale di Ancona), che non solo rimarca l’origine di questo male, ma punta anche il dito contro il modello consumista in cui viviamo e gli interessi più o meno economici che lo mantengono dannoso così com’è. «Molti sono i fattori – spiega Svegliati

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Nella pagina accanto, il professor Aldo Svegliati Baroni, primario emerito - Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica, Ospedale Generale di Ancona www.svegliatibaroni.com

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– che hanno avuto nel corso degli ultimi anni una grande importanza nell’incidenza dell’obesità: l’evoluzione e la prosperità nei paesi economicamente sviluppati, con impetuose modifiche delle abitudini alimentari e, in seguito, la diminuzione di lavoro manuale a causa della meccanizzazione e automazione, lo sviluppo dell’industria automobilistica e tanti altri affini. Le conseguenze di questo stile di vita non hanno riguardato solo gli adulti o persone in età avanzata, ma anche i più piccoli. Un problema sociale, quindi, oltre che medico». Per il professore non c’è dubbio che in ogni soggetto obeso la causa dell’aumento dell’adipe è da ricercarsi nell’eccesso di calorie. «Il principale momento patogenetico dell’obesità è l’iperalimentazione, che è direttamente responsabile dell’ipersecrezione insulinica. L’iperalimentazione e l’iperinsulinismo conducono a un progressivo aumento del grasso corporeo. Se l’obesità si configura durante l’età della crescita, è di solito caratterizzata da “iperplasia” del tessuto adiposo, se invece l’aumento di peso compare nell’età adulta, è per lo più presente ipertrofia adipocitica. Se l’obesità vuol dire accumulo di grasso, com’è facile immaginare, il fine primo di tutti gli interventi terapeutici deve essere quello di ottenere la perdita di questo accumulo e cioè la normalizzazione del rapporto muscolo-adipe. Qualunque manovra terapeutica che non sia orientata in tal senso non ha ragione di essere. Ne deriva che


Aldo Svegliati Baroni

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Spesso sono pubblicizzate diete incredibili, con bevande, infusi e tavolette, che non affrontano affatto il problema alimentare

il cardine fondamentale per un corretto trattamento dell’eccesso di peso è ancora oggi l’uso di un regime dietetico ipocalorico appropriato, che va misurato sulla base del dispendio energetico del singolo soggetto obeso». Il concetto, finora semplice, espresso daSvegliati è spesso oggetto di distorsioni poco scientifiche. «La dieta dev’essere equilibrata – dice il professore –, per essere perpetuata a lungo e in particolare personalizzata. Non è raro, invece, che queste regole non siano seguite. L’obeso è alle volte sottoposto a periodi di digiuno prolungati, addirittura fino a parecchi mesi, non tenendo conto o sottovalutando i fenomeni metabolici e clinici che questo può provocare. Si è ormai dimostrata la quasi completa inutilità di un simile drastico trattamento, perché la ripresa di una normale alimentazione, anche ridotta, comporta sempre il rapido guadagno dei chili tanto faticosamente perduti». I media hanno fatto da complici a questo fenomeno di disinformazione. «Come se non bastasse –

continua Svegliati – la fantasia dei medici e dei nutrizionisti, ma ancora peggio dei profani, si è sbizzarrita nell’elaborazione di schemi dietetici che poi vengono abilmente propagandati nei rotocalchi e riviste femminili o di moda. Si tratta di schemi non fondati sul più elementare calcolo del fabbisogno calorico del singolo individuo, inattuabili, non realizzabili nel tempo. Molto spesso questi errori trovano i loro presupposti anche in errate campagne pubblicitarie, condotte soprattutto per aumentare i consumi, qualunque sia il modo con cui ciò avviene. Spesso vengono presentate metodiche dimagranti che hanno dell’incredibile, con reclamizzazione di bevande, infusi e tavolette, non affrontando minimamente il problema alimentare e, anzi, concedendo ampie libertà in questo senso. Il comportamento di alcuni autori, poi, è ambiguo: da una parte disapprovano i moderatori dell’appetito e dall’altra propongono l’uso di sostanze “di origine vegetale”, nascondendo con questo la sostanza attiva, costituita proprio da un comune moderatore. Solo una vasta campagna di notizie controllate scientificamente, scevra da interessi commerciali, può ottenere in questo campo quei risultati che fino ad oggi non si sono raggiunti».

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TRA PARENTESI Moreno Cedroni, chef del Susci Bar Clandestino di Ancona

} RICETTE D’AVANGUARDIA

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olti sono i piatti della tradizione marchigiana. E molte sono le ricette che oggi i più grandi chef ripropongono anche in chiave innovativa: «Il brodetto è quella che più rappresenta il mare marchigiano - spiega Moreno Cedroni - sia per le qualità del pesce, sia per la caratteristica della spruzzata di aceto nel soffritto, che ne dona una piacevole acidità e che ben bilancia i pesci grassottelli». Da dove trae origine la sua passione per la cucina? E qual è la gratificazione più grande nella preparazione di un piatto? «Senza rendermene conto sono nato nel kilometro zero, attraversavo la strada e c’era il mare, dietro casa la nonna allevava animali da cortile e aveva un orto invidiabile, sicuramente queste sono state le motivazioni della

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mia passione. Il tutto condito dalla bravura ai fornelli della nonna e della mamma. Sono loro che mi hanno formato un palato che mi ha permesso di arrivare sin qui e di costruire piatti che fondono tradizione e innovazione in maniera sempre equilibrata anche in casi che potevano sembrare azzardati come il bounty di seppia. Sicuramente la gratificazione più grande alla realizzazione di un piatto è la soddisfazione del cliente». Come nascono le sue ricette e il nome dei suoi piatti? «Ogni anno faccio entrare in cucina almeno tre ingredienti mai usati. In questo modo ti poni in modo più timoroso verso di loro, perché non sai che sensazioni possono tirare


fuori. Da lì iniziano ad arrivare le sorprese. Seguire la stagionalità è un altro buon metodo di creazione. E poi c’è il progetto, l’idea ben precisa che cerchi di sviluppare giorno dopo giorno, fino ad arrivare all’obiettivo pensato. Un altro metodo ancora è quello di dare un tema nuovo al menu, cosa che ogni anno faccio al Clandestino. C’è stato l’anno del susci a colori, di quello figlio dei fiori, del susci selvaggio o di quello favoloso. Molte volte prima nasce il nome del piatto rispetto al piatto in sé, tipo la simmenthal

di pesce, il susci, il wurstel di seppia. Altre volte il nome arriva dopo, come ad esempio Pollicino per il quale la fiaba ha ispirato il piatto». Parliamo di pesce. Qual è il piatto che secondo lei rappresenta meglio la sua cucina? «Direi la costoletta di rombo che è stata oggetto di una tesi di laurea alla facoltà di semiotica dell’Università di Bologna, poi la ricciola con salsa di porro e lemongrass che rappresenta la massima espressione dei miei crudi, il sedano rapa croccante con gianduia e mozzarella tra i dolci». MARCHE 2013 • DOSSIER • 211




IL COMMENTO di Sergio Travaglia

econdo Aristotele: “Verum scire est scire per causas”. Traducendo liberamente: “Il vero sapere è originato dalla conoscenza delle cause”. Il concetto espresso dal grande filosofo suggerisce un’applicazione alla nostra attuale situazione politica. Per risolvere i problemi del Paese, i nostri governanti (ben consapevoli del fatto drammatico che il Pil, contraddicendo ogni logica e tradizione, è diventato una percentuale del debito e non viceversa) svolazzano come mosche senza testa alla ricerca della salvifica “crescita”, vista come una misteriosa divinità evocabile a comando. Evidentemente ignorano il detto di Aristotele sopracitato. La

S Le ragioni dell’impresa

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“crescita” non è una “causa”, ma un “effetto” e quindi bisogna risalire la catena gerarchica per identificare a chi rivolgersi, come causa, per aiuto. L’Impresa, nella sua benefica veste di “causa” (sottinteso, di Progresso) ha creato degli effetti collaterali come i “Lavoratori”, che a loro volta hanno creato l’effetto collaterale dei “Sindacati”. I quali sono, quindi, soltanto un “sottoprodotto” dell’Impresa. I semplici “effetti”, come i Lavoratori e i Sindacati, hanno comunque trovato vasta popolarità nella nostra Costituzione (citati 31 volte). La benefica “Causa” (l’Impresa) non viene invece mai menzionata, vittima di un cupo e insensato ostracismo. Ricostruiamo preliminarmente un profilo della realtà imprenditoriale:


“L’Impresa è un insieme di risorse, materiali e umane, coordinate da un’organizzazione allo scopo di produrre (a rischio) beni e servizi da vendere sui mercati in cambio di un aleatorio profitto. L’Impresa si identifica col concetto di produzione, vale a dire la funzione di creare, nel modo più economico, beni e servizi che contengano utilità, ossia la capacità di soddisfare i bisogni del cittadino”. Nell’ipotesi che, prima o poi, la Società si renda conto dell’obbrobrio perpetrato, l’Impresa troverebbe una collocazione ideale, già pronta, nella nostra Costituzione all’articolo 4, che sembra fatto su misura per servire allo scopo, laddove recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni

che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. E qui andrebbe arricchito con questa semplice aggiunta: “L’Impresa, alla luce delle sue grandi potenzialità, rappresenta il fattore essenziale del progresso materiale e gode dei diritti relativi allo scopo.” Ricordiamo qui brevemente le benemerenze dell’Impresa (La “causa” del Progresso) nei confronti del Paese: su 23 milioni di lavoratori in Italia, l’Impresa occupa 17 milioni di cittadini; è tassata con un’aliquota del 68,5% (forse la più alta a livello mondiale); offre alla tassazione dello Stato le remunerazioni dei 17 milioni di cittadini da essa

pagati; produce l’84% del Pil italiano; vanta nei confronti dello Stato moroso un gigantesco credito stimato fra gli 80 e 120 miliardi di euro (di incasso molto incerto). Alla luce di quanto sopra, l’Italia d’oggi non sembra davvero essere dotata di una sana e robusta costituzione e non è popolata da Imprenditori capaci di far valere le loro sacrosante ragioni. Nonostante tutto, gli Imprenditori, incassando anche l’implicita accusa di “schiavismo” da parte del Papa e il suo attacco al concetto di profitto, tacciono e insistono invece nella prassi di affidare spesso agli avversari ideologici, la guida delle loro istituzioni. Come unica protesta si limitano a segnalare, con una catena di suicidi, la loro drammatica situazione. MARCHE 2013 • DOSSIER • 215


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