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OSSIER MARCHE L’INTERVENTO..........................................11

ECONOMIA E FINANZA

Giovanni Mainolfi

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................12 Nando Ottavi PERSONAGGI.........................................18 Corrado Passera SPENDING REVIEW............................22 Piero Celani Mario Andrenacci LIBERALISMO.......................................26 Gaetano Quagliariello Giovanni Orsina IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA .................................30 Patrizia Catellani Klaus Davi Renato Mannheimer

GLI ASSET PER LO SVILUPPO..............................36 Luigi Nicolais Giuseppe Casali Federico Leproux Andrea Merloni Adolfo Guzzini Francesco Casoli INTERNAZIONALIZZAZIONE ..........50 Remo e Francesca Perugini Alessandra Baronciani EXPORT...................................................56 Egidio Marcantoni Andrea Falcucci Armando Cupido INNOVAZIONE.......................................62 Vittorio Strapazzini e Massimo Cecchini Cesare Petrolati TECNOLOGIE.........................................70 Andrea Lugli MODELLI D’IMPRESA ........................72 Tommaso Procaccini Francesco Grottini Rita Gagliardini Fabio Lucarelli Gilberto Sorana Mirco Giovanelli Ivo Albanesi Giovanni Bencivelli Giovanni Gagliardini Fabio Pedini

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IL DISTRETTO CALZATURIERO...................................94 Giovanni Giustozzi Delio Giustozzi SERVIZI ALL’IMPRESA .....................98 Learco Bastianelli e Giuseppe Cinalli CONSULENZA.....................................102 Dalmazio Greci CREDITO & IMPRESE.......................107 Michele Ambrosini Sara Giannini FOCUS PESARO..................................113 Luca Ceriscioli Matteo Ricci Salvatore Giordano


Sommario TERRITORIO TURISMO ..............................................124 Renzo Iorio Maurizio Maddaloni Bernabò Bocca Gian Mario Spacca Luciano Cecchini Daniele Crognaletti INFRASTRUTTURE............................138 Claudio Luminari SERVIZI AL TERRITORIO................140 Stefano Gobbi

AMBIENTE EDILMARCHE......................................142 Giorgio Squinzi Massimo Ubaldi Antonio Canzian EDILIZIA ................................................150 Federica Cirilli Giuliano Procaccini Sergio Ciccioli INTERNI .................................................158 Mauro e Marco Paolinelli Mario Montesi

RINNOVABILI.......................................164 Adolfo Sebastianelli QUALITÀ DELL’ARIA.........................166 Fiorello Gramillano Romano Carancini Roberto Oreficini

SANITÀ TRAPIANTI............................................172 Alessandro Nanni Costa Paolo Galassi Lucia Torracca Duilio Testasecca POLITICHE ANTIDROGA ..................181 Giovanni Serpelloni TERAPIE ................................................186 Francesco Fermani TEST CLINICI.......................................190 Federica Ercoli

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Il mercato del falso di Giovanni Mainolfi, comandante della Guardia di Finanza delle Marche

a Guardia di Finanza è la polizia economica e finanziaria del Paese. Nell’ambito della sua missione istituzionale a tutela del regolare funzionamento dei mercati è centrale l’attività a contrasto della contraffazione, a difesa del made in Italy e della sicurezza dei prodotti. Si tratta di fenomeni plurioffensivi: minano le regole della concorrenza in danno delle imprese che operano correttamente, sono spesso pericolosi per la salute pubblica, nel caso degli alimenti e dei giocattoli per bambini, sottraggono entrate all’Erario attraverso la contestuale evasione dell’Iva e delle imposte dirette. Sono questi i motivi che fanno del “mercato del falso” un vasto campo di interesse per la criminalità economica, anche di tipo organizzato. Le Marche non risultano purtroppo estranee al fenomeno. La presenza del porto di Ancona, particolarmente attivo nei traffici verso l’area balcanica e con gli altri Paesi collegati con il Peloponneso, e la particolare dinamicità imprenditoriale e commerciale ne fanno un territorio esposto a questo tipo di rischio. A riprova di ciò il sequestro, in questa prima frazione d’anno, di circa 800.000 prodotti contraffatti, soprattutto capi di abbigliamento di note case di moda e altri accessori quali occhiali, orologi e persino attrezzi per il fitness.

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Trecento le persone denunciate, tre delle quali tratte in arresto per le violazioni penali più gravi. La contraffazione non riguarda solo articoli griffati ma investe anche altri settori di “largo consumo”, come nel caso delle sigarette di contrabbando. In quest’ambito, l’azione di vigilanza e riscontro espletata presso il porto dorico dalle Fiamme Gialle, in collaborazione con la locale Agenzia delle dogane, ha portato nei primi 8 mesi del 2012 al sequestro di circa 52 tonnellate di tabacchi lavorati esteri, che vanno ad aggiungersi alle 80 dello scorso anno: il 44 per cento circa di tali prodotti è risultato contraffatto. Sono state, inoltre, intercettate in transito presso lo scalo portuale ulteriori 155.000 articoli di vario genere, con la conseguente segnalazione alla locale autorità giudiziaria di 21 soggetti per il reato di introduzione nel territorio dello Stato di merce contraffatta. Tra gli interventi di maggior rilievo condotte all’interno del territorio, va citata l’operazione “Olimpya 3000”, con cui è stata smantellata una rete transnazionale di imprese

dedite alla produzione e commercializzazione di calzature di un noto marchio locale: denunciati 38 responsabili, sequestrati, oltre a 6.400 calzature contraffatte, 2 macchinari e 37 stampi utilizzati per l’attività di imitazione. Senza dimenticare il sequestro di 228 motocicli di fabbricazione cinese non conformi agli standard di sicurezza europei eseguito nell’operazione “Mini-Motor” nello jesino e quello, attuato in provincia di Macerata, di circa 350.000 articoli recanti il marchio falsificato di una multinazionale francese, per i quali erano già pronte decine di migliaia di certificati di autenticità in carta filigranata. MARCHE 2012 • DOSSIER • 11


IN COPERTINA

PERCORSI CONDIVISI PER LA CRESCITA DELLE MARCHE L’andamento dell’attività commerciale sui mercati esteri è un segnale positivo in un contesto congiunturale complesso. Confindustria, come ha sottolineato il presidente Nando Ottavi, sostiene i processi d’innovazione e internazionalizzazione delle imprese e avvia un confronto con la Regione sul tema della semplificazione Renata Gualtieri

pochi mesi dalla sua elezione alla guida di Confindustria Marche Nando Ottavi non perde l’occasione per ricordare la grande passione con cui il suo predecessore, Paolo Andreani, ha svolto il suo incarico, diventando suo punto di riferimento e, con uno sguardo rivolto al futuro, conferma la volontà di valorizzare al massimo la collaborazione interna e il confronto costruttivo con le istituzioni e le altre forze economiche e sociali per realizzare percorsi comuni per lo sviluppo. «Nei tre anni alla guida di Confindustria Macerata ho potuto comprendere – spiega Ottavi – quanto l’opera di un’organizzazione come Confindustria sia fondamentale, non solo per gli associati ma per l’intero nostro sistema economico, e che l’insostituibile autonomia di ogni imprenditore nel decidere le proprie strategie aziendali non può prescindere da una corale azione della nostra categoria per sal-

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vaguardare e migliorare le condizioni in cui le imprese devono ogni giorno operare». Questa considerazione ha spinto Ottavi a manifestare la propria disponibilità per la guida di Confindustria Marche convinto che, come ha affermato il presidente nazionale Giorgio Squinzi, «per gli imprenditori ricoprire cariche associative deve essere una missione al servizio delle imprese e della comunità». Quali le priorità del suo programma? «L’assunzione di questo nuovo incarico avviene in una fase congiunturale da tutti vissuta con grande preoccupazione e proprio per questo l’impegno deve essere massimo. Per superare la crisi attuale, ma anche per poter crescere in futuro, è diventato indispensabile per le imprese investire in modo continuativo su innovazione e ricerca e guardare ai mercati esteri in grado di assorbire prodotti qualitativamente elevati. Per fare ciò è necessario so-

stenere con forza i processi d’innovazione e internazionalizzazione delle nostre imprese. Su questo Confindustria Marche sta lavorando assieme alla Regione per contribuire alla crescita economico-occupazionale e allo sviluppo di tutta la comunità marchigiana». Ha dichiarato che per avere un’organizzazione efficiente non si può prescindere da una semplificazione della struttura. Come sta procedendo in questo percorso? «La nostra organizzazione ha festeggiato nel 2010 il centenario della fondazione. Il nostro sistema associativo poggia su due importanti funzioni: la rappresentanza verso le istituzioni e i servizi verso le imprese. Ritengo che per avere un’organizzazione efficiente non si possa prescindere da una semplificazione della struttura che deve passare attraverso l’unificazione di servizi e l’eliminazione dei doppioni. Questo si potrà tradurre non solo in maggiore efficienza e coordinamento, ma soprat-


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Nando Ottavi, presidente di Confindustria Marche

tutto in una riduzione dei costi della struttura confindustriale sul territorio e, quindi, in un minore aggravio sugli associati. Le economie di scala che dovremmo impegnarci a realizzare ci potranno dare risorse da destinare a interventi utili alle imprese». Ritiene necessario un maggiore coordinamento tra federazione regionale e associazioni territoriali? E quali vantaggi possono arrivare da un lavoro di squadra? «Per saper meglio dialogare con le istituzioni e spingerle a operare con interventi strutturali in grado di assicurare un’effettiva ripresa dobbiamo lavorare con maggiore incisi-

vità. Ritengo necessario l’impegno di tutti affinché ci sia un maggiore coordinamento e un programma di lavoro concordato in seno agli organi di Confindustria Marche». Quali le cose da fare per il futuro e i punti di forza dell’economia regionale da valorizzare? «Al senso di responsabilità verso la categoria si associa in me una forte preoccupazione per il lavoro da svolgere, che deve fare i conti con il difficilissimo momento congiunturale. Secondo i risultati dell’indagine trimestrale condotta dal Centro studi di Confindustria Marche, in collaborazione con Banca Marche, nel

trimestre aprile-giugno 2012 la produzione industriale ha registrato una flessione del 5,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con variazioni negative che hanno interessato tutti i settori dell’economia regionale. L’andamento delle vendite in termini reali ha registrato una contrazione del 5,7 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2011, con andamento fortemente negativo sul mercato interno. Le vendite sul mercato interno hanno registrato un calo del 9,2 per cento, con variazioni negative per tutti i settori. La debolezza della domanda interna ha compresso fortemente i margini di recupero delle imprese rivolte principalmente al mercato nazionale». Secondo i dati Istat relativi al primo semestre 2012, le esportazioni delle Marche sono cresciute del 6,4 per cento, risultato superiore alla media nazionale ma meno brillante di quello dell’Italia centrale. «È cresciuto di un decimo di punto, rispetto al primo semestre 2011, il peso dell’export della regione sul totale nazionale con il 2,6 per cento. A livello provinciale, Fermo, +10,8 per cento, Ascoli Piceno, +7,7 per cento, e Pesaro Urbino, +6,8 per cento, hanno registrato una variazione superiore alla media regionale mentre MARCHE 2012 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

inferiori alla media sono apparsi i ri- Spicca il risultato degli Stati Uniti sultati di Ancona e Macerata. Sono stati registrati andamenti positivi e superiori alla media regionale negli articoli in pelle e calzature, mobili e prodotti in legno, articoli farmaceutici, carta e prodotti in carta, macchinari e apparecchi, articoli d’abbigliamento, nei prodotti tessili, prodotti alimentari e negli autoveicoli. Aumenti anche per metalli di base e prodotti in metallo, computer, apparecchi elettronici e ottici, sostanze e prodotti chimici e articoli in gomma e materie plastiche. In flessione, invece, sono le esportazioni di apparecchi elettrici, prodotti petroliferi, prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi e altri mezzi di trasporto». L’incremento delle esportazioni della regione quali mercati ha riguardato? «Soprattutto i mercati fuori dall’Europa a 27, con +12,2 per cento, mentre quelli dell’Unione hanno registrato un aumento del 2,8 per cento. Nella graduatoria dei primi 20 paesi di destinazione troviamo al primo posto la Francia seguita dalla Germania dal Belgio e dalla Russia. 14 • DOSSIER • MARCHE 2012

con un + 40,4 per cento, di Hong Kong ed Emirati Arabi Uniti con +37 per cento e della Cina +12,4 per cento mentre in sensibile flessione sono risultate le esportazioni verso la Spagna e il Portogallo. Siamo più che mai convinti, e nei giorni scorsi proprio su questo tema ci siamo confrontati con il presidente della Regione Spacca, che l’internazionalizzazione sia fondamentale per superare questa difficilissima fase di crisi mondiale». La “blue economy” può rappresentare un’opportunità di sviluppo per l’economia regionale? «In occasione delle elezioni regionali Confindustria Marche ha presentato ai candidati il documento “L’industria: crescita e futuro delle Marche” contenente le proposte per la legislatura in cui si è richiamato anche il distretto del mare. Il contesto territoriale delle Marche è contraddistinto da presenza sul territorio di soggetti importanti della cantieristica navale e nautica, di operatori nautici e della pesca, e di un’ampia filiera imprenditoriale a monte e a valle dei predetti settori; dalla presenza sul terri-

torio di elevate capacità tecnicoscientifiche, capaci di coprire ampi settori delle tecnologie marine; dalla sussistenza di consolidate potenzialità aggregative derivanti dall’esperienza sviluppata in regione negli anni scorsi. Va stimolata sempre la massima collaborazione fra le imprese e le università per puntare al miglioramento continuo di prodotti e processi valorizzando tutte le potenzialità della blue economy, oggetto in particolare di uno studio presentato dall’Università Politecnica delle Marche». Ha recentemente incontrato l’assessore alle Attività produttive Sara Giannini, quali gli elementi più importanti emersi? «Durante questo incontro abbiamo condiviso con la Regione spunti d’intervento per il rilancio del-


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l’economia marchigiana che sarà seguito da incontri tecnici. L’obiettivo individuato dalla Strategia di Lisbona di raggiungere il 3 per cento del Pil per la spesa in ricerca e sviluppo vede ancora lontano il nostro Paese dal suo effettivo conseguimento. Per quanto riguarda le Marche, nel periodo 2000-2009 le risorse destinate alle attività di ricerca e sviluppo hanno rappresentato in media lo 0,62 per cento del Pil. La priorità dell’innovazione e della ricerca come asset strategici per la crescita verrà fortemente valorizzato grazie a Horizon 2020 e alla nuova programmazione comunitaria dei fondi strutturali, che prevede anche un piano regionale per l’innovazione su cui vogliamo collaborare. Si è parlato anche di green e blue economy, d’integra-

zione e semplificazione di procedure europee, nazionali e regionali, che porti a certezza di risorse disponibili e rapidità nelle erogazioni, puntando anche su agevolazioni fiscali automatiche. È stato riconosciuto poi il valore positivo del cofinanziamento regionale di dottorati di ricerca tra università e aziende. E spazio anche alle reti d’impresa». Ha dichiarato di condividere il pensiero del presidente Squinzi che ha affermato che la bassa crescita dell’Italia è determinata soprattutto dalla difficoltà di “fare impresa”. Quali i principali ostacoli che riscontra a livello territoriale? «Anche nella mia regione, che è sicuramente una regione virtuosa sotto molto aspetti, riscontriamo difficoltà e rallentamenti nei con-

fronti di chi vuole “fare impresa”. In primo luogo devo rilevare la grande incertezza del quadro normativo e la mancanza di tempi certi per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie all’esercizio. Spesso riscontriamo anche un accanimento nella richiesta di documentazione che spesso la pubblica amministrazione ha già presso i propri uffici o che, a volte, è anche inutile ai fini dello stesso procedimento. Abbiamo fattivamente collaborato con la giunta regionale per l’adozione di una proposta di legge, attualmente all’esame del consiglio regionale, che spinge fortemente per la riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, avviando nello specifico anche delle modifiche a normative vigenti in alcune materie». MARCHE 2012 • DOSSIER • 15




SPENDING REVIEW

Riformare il sistema degli enti locali Gli sperperi, secondo Piero Celani, presidente della Provincia di Ascoli Piceno, vanno ricercati altrove, cioè nella miriade di organi di secondo grado dove si annidano dispendiose strutture amministrative. «Uno studio della Bocconi ne ha individuati oltre 3.200 a livello nazionale» Elisa Fiocchi

e misure contenute nella spending review hanno già inflitto pesanti tagli alle risorse delle Province come i cinquecento milioni, già stati approvati, che saranno sottratti dai bilanci dell’anno 2012 e il miliardo di euro previsto invece per il 2013. Con il nuovo decreto di soppressione e accorpamento, che delle attuali 107 ne abolirà 64, il dibattito tra gli enti locali verte ora sulla futura gestione di alcune importanti funzioni in materia di viabilità, trasporti, edilizia scolastica, difesa del suolo e tutela dell’ambiente. Piero Celani, alla guida della Provincia di Ascoli Piceno, che in base ai parametri demografici e territoriali diventerà capoluogo unico nel Sud delle Marche, auspica in futuro una riforma complessiva del sistema della autonomie locali. «Cominciando proprio dalle Regioni – afferma – che devono tornare alle loro funzioni originarie di programmazione e legiferazione, senza occuparsi della gestione dei servizi che spetta ad altri enti locali». Per quali ragioni i maggiori tagli si sono concentrati sulle Province? «Anche a causa di campagne mediatiche sbagliate e demagogiche di alcuni grandi giornali, i costi della

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politica e gli sprechi sono stai individuati tutti in capo alle Province, la cui eliminazione è stata invocata come una sorta di mantra, salvo poi scoprire che questi enti intermedi di pianificazione e di servizi di area vasta risultano essenziali nell’architettura istituzionale del Paese e, visti gli ultimi sviluppi, non sono certo la casta. Di qui, sono arrivati gli aggiustamenti del governo con il riordino al posto della soppressione. Tuttavia, la scelta di affidare agli amministratori comunali l’elezione degli organi della Provincia, peraltro drasticamente rimaneggiati con l’eliminazione delle giunte e la riduzione dei consiglieri, priva i cittadini del diritto di eleggere democraticamente e controllare direttamente un ente previsto dalla Costituzione come elemento costitutivo della Repubblica». Togliere competenze agli enti intermedi apporterebbe reali benefici in termini di tagli alla spesa pubblica? «La mia esperienza di amministratore locale da oltre dodici anni mi

insegna che lo spreco non sta certo nelle Province: un presidente ha un’indennità di circa 4.500 euro lordi mensili e un consigliere percepisce 36 euro lordi a seduta. Gli sperperi vanno ricercati altrove, per esempio, nella miriade degli enti di secondo grado dove si annidano prebende, dispendiose strutture amministrative e sedi. Uno studio dell’Università Bocconi ne ha individuati oltre 3.200 a livello nazionale, sopprimendoli ed affidando alle Province le loro funzioni, che tra l’altro già in parte esercitano, si risparmierebbero realmente miliardi di euro. Il riordino delle Province calato dall’alto, senza un tavolo istituzionale con i soggetti interessati alla riforma, è invece un percorso com-


Piero Celani

Il riordino delle Province non porterà benefici immediati sulla spesa pubblica ma potrebbe comportare aggravi per via della frammentazione di risorse e personale

Piero Celani, presidente della Provincia di Ascoli Piceno

INDENNITÀ

TAGLI

LA CIFRA LORDA MENSILE PERCEPITA DAI PRESIDENTI DELLE PROVINCE

GLI EFFETTI DELLA SPENDING REVIEW SULLE RISORSE DELLE PROVINCE NEL 2013

4.500 1 mld

plesso e dagli esiti incerti. Non solo non porterà benefici immediati sulla spesa pubblica, ma addirittura potrebbe comportare aggravi con la frammentazione di risorse e personale verso enti non organizzati come la Provincia che, essendo ente intermedio per vocazione, coordina e gestisce da sempre i servizi sull’area vasta, perequandoli non sulla carta ma nella pratica». La Val Vibrata con il Piceno insieme al basso Fermano: che effetto avranno questi cambiamenti sul territorio? «La Val Vibrata si trova in Abruzzo ma certamente per affinità storiche, economiche, sociali e positive sinergie, da sempre il Piceno e la Val Vibrata sono legate e molti Comuni

hanno manifestato l’aspirazione a unirsi alla provincia di Ascoli Piceno ancora di più ora che si preannunciano aggregazioni territoriali con province lontane come l’Aquila o Chieti. Altro discorso va fatto per il Fermano: Ascoli e Fermo sono state sempre unite fin da prima dell’Unità d’Italia e la nascita della Provincia Fermo da appena tre anni è stato un errore non solo per il i costi della divisione, ma anche perché insieme i due territori avrebbero affrontato meglio le sfide dell’economia. Quindi, ben venga in questo caso la riunificazione delle due comunità, con l’aggiunta di una bella realtà socio-economica come la Val Vibrata». Quali aspetti della riforma la preoccupano maggiormente?

«Il rischio dello svuotamento di funzioni con il pericolo di creare degli “scatoloni vuoti”. Stando al piano del governo, i compiti attributi alle Province si limiterebbero a poche competenze, anche se importanti, in tema di ambiente, viabilità ed edilizia scolastica con ripercussioni negative su molti altri indispensabili servizi di area vasta e gestione del territorio. Servizi che sono poi la vera sostanza del discorso, quello che veramente interessa ai cittadini, alle imprese e agli operatori economici. Il mio impegno sarà dunque quello di fare in modo che la Regione deleghi alle Province altre funzioni e competenze oltre quelle assegnate dallo Stato per potere esser realmente ancora più vicine e utili al territorio». MARCHE 2012 • DOSSIER • 23


SPENDING REVIEW CQECQEC

Comuni, motore dell’economia Gli investimenti tenuti fermi nelle sole Marche ammontano a 600 milioni di euro, fa sapere Mario Andrenacci. «Le amministrazioni comunali sono stanche di essere umiliate e soggette a provvedimenti che le mortificano» Elisa Fiocchi

a Regione Marche si sta impegnando nel proseguire quel cammino di solidarietà istituzionale ed evitare le conseguenze di un patto di stabilità «troppo vessatorio e rigido», come lo definisce Mario Andrenacci, alla guida dell’Anci regionale. Solo nell’ultimo anno, il percorso di collaborazione tra gli enti locali ha prodotto i primi risultati con la sigla del patto verticale nel quale la Regione ha destinato loro circa 90 milioni di euro, ponendosi tra le primissime amministrazioni in Italia per destinazione dei fondi. Tuttavia, i danni provocati sul territorio dalla nevicata dello scorso febbraio rischiano di mettere in ginocchio molti Comuni, con l’aggravante delle misure restrittive imposte dalla spending review. «Non è la guerra delle cifre che ci interessa – ha dichiarato Andrenacci – ma ci siamo mossi contro tagli lineari che consideriamo inaccettabili perchè non tengono conto degli sforzi compiuti in questi anni dalle amministrazioni locali». In che modo l’Anci Marche si sta confrontando con la Regione per limitare il più possibile i danni? «Ripartiremo tra i Comuni della regione i 27.461.000 euro assegnati in parte dal governo, per poco meno di 23 milioni rispetto 900 milioni stanziati complessivamente, ai quali si

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sono aggiunti circa 4 milioni di euro destinati dalla Regione Marche. I fondi saranno utilizzati per i pagamenti alle imprese private creditrici. Sono fiducioso che la giunta regionale possa confermare ancora una volta l’attenzione nei confronti dei Comuni liberando risorse e cedendo la capacità di spesa in quello che è definito patto di stabilità interno regionale, rispettando una sorta di principio dei vasi comunicanti per tenere in ordine i conti, evitare sanzioni e mantenere l’attività amministrativa degli enti locali». Dove è bene intervenire? «Faccio un esempio, riferendomi allo stanziamento di 15 milioni a livello nazionale per rifondare i comuni marchigiani delle spese sostenute per ripristinare i servizi essenziali per l’emergenza neve dello scorso febbraio. Questa cifra, paragonata ai 250 milioni effettivamente spesi, è inaccettabile e crea conseguenze gravissime non solo ai bilanci comunali». Come arginare queste falle? «Intanto andando a colpire i veri sprechi e non penalizzando come al solito i Comuni. Solo il debito pubblico è imputabile alle piccole amministrazioni mentre il restante è a carico dello Stato. Ancora una volta non si prende in considerazione, ad esempio, il taglio ai fondi destinati ai

Mario Andrenacci, presidente di Anci Marche

ministeri che in questi anni sono stati sempre preservati chiedendo sacrifici solo a chi ha già dato e ha già dimostrato di essere in grado di operare una gestione virtuosa delle proprie esigue risorse. Anche l’Imu, così come è stata concepita, è solo una tassa iniqua mascherata come tributo destinato gli enti locali e che invece finisce nelle casse nazionali». Il patto di stabilità interno come influisce nella gestione delle risorse? «È un meccanismo che blocca i pagamenti alle imprese e le manutenzioni dei beni pubblici. Ammontano a 600 milioni di euro gli investimenti tenuti fermi nella sola regione Marche e di questi, ben 114 milioni di euro sono fermi, ma non utilizzabili come avanzi di amministrazione. Solo modificando alcune regole vessatorie che riguardano il patto di stabilità probabilmente saremo in grado di pagare le imprese e commissionare qualche lavoro nuovo facendo fronte a qualche intervento di prevenzione per scongiurare danni ben più importanti».



GLI ASSET PER LO SVILUPPO

Storie di innovazione per tornare a competere Un percorso che condurrà le aziende a confrontarsi con casi di successo internazionali per sviluppare progetti innovativi dal carattere globale. È l’obiettivo del progetto “San”, messo a punto da Confindustria Ancona, presieduta da Giuseppe Casali Francesca Druidi

ostenere le pmi in ambiti come l’internazionalizzazione o l’innovazione non è semplice: gli strumenti messi a disposizione delle realtà produttive sono dotati delle migliori intenzioni, ma spesso risultano poco operativi. Giuseppe Casali, presidente degli industriali anconetani, illustra San, acronimo di Strumenti, Audit e Network, la nuova iniziativa pensata da Confindustria Ancona sul tema dell’innovazione. L’associazione scommette sul progetto San per perseguire il tema dell’innovazione come leva privilegiata per uscire dalla crisi. Quali elementi caratterizzano questo progetto a lungo termine e come si articolerà nello specifico? «San è un percorso di lavoro pensato per aiutare le imprese della provincia, soprattutto quelle di minori dimensioni, ad approcciare con rinnovato entusiasmo e con occhi diversi la sfida dell’innovazione. Per far sì che l’innovazione “sia di casa” e che in associazione gli imprenditori possano trovare le risposte che cercano Confindustria Ancona ha chiamato in causa quello che il Financial Times ha definito il “nuovo guru europeo dell’innovazione”, Vito Di Bari. La prima tappa ha coinciso con il forum del 5 luglio, in cui abbiamo ospitato cinque testimonial internazionali: Narendra Kini del Miami Children Hospital, Fernandez Isoird della Hiriko, John B. Rogers di Local Motors, John Randall

S Giuseppe Casali, presidente di Confindustria Ancona

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Reid di Luxim e Ivan Tomasi di Venetwork. Il giorno dopo è iniziata la fase di “audit”: interviste a imprenditori, singoli e in gruppo, per ragionare insieme di innovazione al fine di cogliere la visione locale e proiettarla subito a livello internazionale». Quali i prossimi step? «Si passerà alla fase del “network”, della messa in relazione dei lavori in gruppo con la Settimana dell’innovazione, in programma dal 19 al 23 novembre: quattro giornate dove si alterneranno altre testimonianze d’impresa e, soprattutto, dove le aziende si ritroveranno non secondo la rigida logica merceologica, ma in base a criteri di mercato e di prodotto. L’evento finale si terrà a marzo, ma non pos-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Casali

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Abbiamo portato e porteremo in Confindustria Ancona chi, in Italia e anche all’estero, ha fatto dell’innovazione il proprio stile di vita

siamo ancora anticipare nulla al proposito». Tastando il polso degli imprenditori del territorio, quali sono le loro esigenze, problematiche e richieste nel produrre e nell’introdurre innovazione? «Emerge l’esigenza sempre più tangibile di parlare di innovazione a 360 gradi e di farlo con quell’approccio concreto e operativo che caratterizza il nostro mondo imprenditoriale. Gli imprenditori vogliono sentir parlare di innovazione da chi l’ha vissuta sulla propria pelle. È questa la strada che abbiamo scelto di percorrere: abbiamo portato e porteremo in Confindustria Ancona chi, in Italia e anche all’estero, ha fatto dell’innovazione il proprio stile di vita ed è riuscito a cambiare sul serio, a fare la differenza e a raccoglierne i frutti». Il sistema economico marchigiano investe, più che in passato, su ricerca e sviluppo. Cosa manca per compiere un definitivo salto di qualità? Quali sono i margini di miglioramento per le imprese del territorio? «Quando venne a trovarci nel marzo 2011 Vito Di Bari trovò un tessuto imprenditoriale attivo e ancora energico, che non si voleva arrendere al clima di stanchezza e sfiducia che imperversava, e questo clima permane nel panorama locale e nazionale. Abbiamo aziende desiderose di trovare strumenti nuovi per poter continuare a essere competitive. Forse quello che manca è proprio lo stimolo

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ad allargare i confini, ecco perché San ha un forte carattere di internazionalità, che non vuol dire poca attenzione al nostro territorio. Al contrario: ci permetterà di portare qui ad Ancona eccellenze mondiali da cui poter apprendere nuovi strumenti per gestire l’innovazione, per poterli poi applicare all’interno delle nostre aziende. Perché l’attaccamento alla nostra terra, l’orgoglio marchigiano, è irrinunciabile, ma dobbiamo coniugarlo con le dinamiche globali, perché è a quel livello che si giocano le sfide per il domani». Come si profila il rapporto con l’Università di Ancona? «Quando abbiamo presentato il progetto alla stampa, abbiamo invitato anche il rettore della Politecnica delle Marche, Marco Pacetti, con cui collaboriamo da sempre sui temi della ricerca e dell’innovazione. Uso le sue parole per far capire che con l’università lavoriamo nella stessa direzione. “È fondamentale per l’innovazione che ci sia un livello di istruzione alto, da sempre sottolineiamo la necessità di formare menti nuove che siano in grado di cambiare il modo di vedere: i giovani che noi formiamo sono una ricchezza su cui il Paese deve investire e ci auguriamo che possano essere coinvolti anche in questo vostro progetto. La caratteristica di un personaggio come Vito Di Bari è di essere un visionario pur essendo molto pragmatico, per cui porterà molti stimoli interessanti”».

Sopra, a destra, l’innovation designer Vito Di Bari

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THEASSET GLI DOGS PERUSED PER LO SVILUPPO FI

Innovare puntando sui giovani Innovazione di prodotto, processo, tecnologia. Valorizzazione delle risorse umane. Oggi non si può trascurare nessun fattore competitivo. Lo spiega Federico Leproux, ad del Gruppo TeamSystem, partito dalle Marche alla conquista dell’Italia Francesca Druidi

a saputo conquistare una posizione di leadership nel mercato nazionale il Gruppo TeamSystem che, con circa 120mila clienti in tutta Italia, 32 filiali e circa 1100 addetti impiegati, ha generato nel 2011 un giro d’affari dell’ordine di 150 milioni di euro. Specializzato nello sviluppo e nella distribuzione di software gestionali e servizi rivolti a micro, piccole e medie imprese, professionisti e artigiani - attività alla quale si affiancano, in maniera complementare e sinergica, anche la divisione formazione e quella dedicata al software per l’industria manifatturiera il Gruppo è orientato oggi anche all’estero, ma il cuore del suo sviluppo resta ancora nelle Marche, dove tutto è partito trent’anni fa. «Delle 450 persone che si occupano dello sviluppo e dell’aggiornamento dei prodotti – spiega l’amministratore delegato del Gruppo TeamSystem Federico Leproux – 300 risiedono nelle Marche, distribuite tra i centri di ricerca e sviluppo di Pesaro e Senigallia». Quanto TeamSystem investe in ricerca e sviluppo? «Investiamo gran parte del nostro fatturato, tra il 15 e il 20 per cento, su questa voce. Investire in ricerca e sviluppo significa per noi puntare soprattutto sui giovani che scrivono i nostri software e che possono, quindi, portare all’azienda il loro contributo in termini di capacità, competenza e creatività. Nei prossimi quattro anni, abbiamo inoltre intenzione di realizzare un extra-investimento di 16 milioni di euro per operare un importante rinnovamento della nostra gamma prodotti. Riteniamo importante fare un ulteriore step su questo fronte per un insieme

H Federico Leproux, amministratore delegato del Gruppo TeamSystem

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di fattori esterni e interni». Quali? «Abbiamo oggi a disposizione tecnologie di cui non disponevamo prima, ma per cogliere appieno le potenzialità di questi nuovi strumenti è necessario ripensare ai nostri prodotti e ai servizi. Il cliente, inoltre, sta cambiando. Il professionista, l’imprenditore, è sempre più esigente. Per non parlare delle nuove generazioni, cresciute in un ambiente dove l’uso della tecnologia è naturale». Come, nel concreto, il Gruppo produce innovazione: internamente o intrecciando legami con università o centri di ricerca? «Sviluppiamo noi il software - questo rappresenta, del resto, il vantaggio competitivo del Gruppo - ma non trascuriamo aperture verso l’Italia e l’estero. Abbiamo avviato una proficua collaborazione con la Facoltà di Ingegneria informatica di Pisa, ma abbiamo anche intrapreso tavoli di confronto con istituzioni e aziende private in Russia, Stati Uniti e paesi scandinavi. Già da un anno e mezzo portiamo avanti con le università nazionali, e marchigiane in


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Federico Leproux

Il professionista, l’imprenditore, è sempre più esigente, per non parlare delle nuove generazioni, cresciute in un ambiente dove l’uso della tecnologia è naturale

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INNOVAZIONE PERCENTUALE DEL FATTURATO CHE TEAMSYSTEM INVESTE IN MODO COSTANTE IN RICERCA E SVILUPPO

particolare, un progetto interessante per “portare a bordo” giovani talenti, linfa nuova per il Gruppo. Organizziamo, a nostre spese, classi di formazione professionale su materie tecniche destinate a un numero variabile di allievi. Attraverso questo canale, i giovani possono accedere a stage e successivamente entrare definitivamente in azienda. L’obiettivo nel prossimo futuro è quello di sviluppare partnership ancora più strutturate con le università. Vogliamo, inoltre, intraprendere un progetto di formazione simile per le funzioni commerciali e amministrative, la “TeamSystem Academy”. Anche in questo caso, per alimentare la pipeline dell’Academy cercheremo di implementare i rapporti con gli Atenei, in primis quelli della regione. Si tratta di una modalità interessante di connessione al territorio, di selezionare e farci selezionare dalle nostre future risorse umane». Lungo quali direttrici state orientando lo

sforzo innovativo? In termini di processo, di prodotto, di tecnologie? «L’innovazione di successo, in questo momento, è un mix di queste tre componenti. Occorre avere cura di tutta la filiera dell’innovazione, partendo dal presupposto che il capitale più importante per l’azienza è costituito dalle persone che ne fanno parte. Gli asset competitivi risiedono nella mente e nella capacità delle nostre risorse umane». In base all’esperienza sul campo, qual è lo scenario delle Pmi della regione sul fronte specifico dell’innovazione? «L’economia marchigiana ha sofferto molto, probabilmente più che in altre regioni, e in uno scenario difficile come quello attuale, gli estremi si sono polarizzati ulteriormente: a contesti critici si affiancano, infatti, grandi storie di successo di aziende che hanno saputo innovare, rinnovarsi, nascere da zero e crescere. Si tratta di realtà che hanno saputo dare qualcosa di più e di diverso, di distinguersi a dispetto della crisi economica. Nonostante le difficoltà oggettive, il tessuto imprenditoriale della regione resta vitale e creativo. Io non sono marchigiano, ma ho preso coscienza di quanto le Marche siano un territorio in cui la forte pulsione al fare si abbina sempre alla correttezza, alla lealtà, a un modo sano di fare business. Non si pensa mai solo all’azienda, ma anche al contesto in cui questa opera». MARCHE 2012 • DOSSIER • 41


GLI ASSET PER LO SVILUPPO

L’Africa è la prossima frontiera «Indesit è una società europea che si sente a casa nei mercati europei» afferma Andrea Merloni, presidente di Indesit Company, che mira a consolidare ed espandere l’attività nel vecchio continente. Guardando al nord Africa come mercato del futuro Francesca Druidi

l pesante calo della domanda interna italiana si fa sentire, ma è bilanciato dalle performance positive registrate in Regno Unito, Russia, Polonia e Turchia. Indesit Company chiude il secondo trimestre del 2012 con ricavi in aumento (+1,1 per cento) e una quota di mercato in crescita (superiore al 13 per cento). L’Europa orientale si conferma mercato particolarmente favorevole, dove il gruppo leader nella produzione e commercializzazione di grandi elettrodomestici ha, non a caso, insediato alcuni importanti poli produttivi che affiancano quelli in Italia e Regno Unito. Il presidente Andrea Merloni fa il punto sulle strategie del Gruppo in tema di internazionalizzazione. Quali sono i mercati con le prospettive più promettenti? «La Russia e le sue ex repubbliche, come l’Ucraina, la Turchia e la Polonia, identificano mercati che ancora crescono in modo costante e significativo. L’Europa occidentale è in recessione ormai da tempo, ma il quadro non è omogeneo. La Germania ha una velocità diversa rispetto all’Europa mediterranea, ma è un paese dove la nostra presenza è ancora debole. Stiamo andando bene in Inghilterra, che resta per noi un mercato positivo, in cui la crisi ha inciso meno che altrove. Quella che ci penalizza di più nel conto economico è l’Italia, il cui mercato vale il 15 per cento del nostro fatturato». Quali sono le principali linee di azione del Gruppo sul fronte dell’internazionalizzazione? «Fatico a parlare di internazionalizzazione quando si tratta di vecchio continente. Indesit è, infatti, una società europea che si sente a casa nei

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Andrea Merloni, presidente di Indesit Company


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Andrea Merloni

Con internazionalizzazione penso soprattutto ad Asia e Africa, penso alla disamina delle possibilità concrete che esistono al di fuori dell’Europa allargata

mercati europei. Con internazionalizzazione penso soprattutto ad Asia e Africa, penso alla disamina delle possibilità concrete che esistono al di fuori dell’Europa allargata. Oggi, l’opportunità che vedo maggiormente vicina e consistente è rappresentata dall’Africa, in particolare dal nord del continente. Nonostante l’ondata di destabilizzazione politica degli ultimi due anni, si tratta di un mercato potenzialmente aggredibile perché simile al nostro e con tassi di crescita a doppia cifra. Quella africana è senza dubbio una delle frontiere da conquistare nel prossimo decennio». Come vi muoverete per mantenere le posizioni acquisite in Europa? «Sicuramente continueremo a introdurre sempre nuovi prodotti. L’innovazione in generale, e nello specifico quella di prodotto, costituisce da sempre una condizione indispensabile per sopravvivere in un mercato altamente competitivo come quello dell’elettrodomestico. Non siamo presenti in Europa con la stessa forza e con le stesse quote, abbiamo ancora molto lavoro da fare per rendere omogenee situazioni diverse. Intendiamo, inoltre, crescere in Francia, Spagna e nei paesi nordici dove - complice la crisi dei competitor - stanno emergendo delle opportunità di crescita». Le aziende della regione mostrano ottime performance sul fronte dell’export. Da una parte, però, ci sono piccole e medie imprese che si affacciano timidamente sui mercati internazionali, dall’altra ci sono grandi realtà che hanno esperienze e risorse per internazionalizzare. Cosa fare per riequilibrare lo scenario? «Le Pmi si possono anche aiutare, ma devono soprattutto aiutarsi da sole. Spesso a mancare è

una testa – la famiglia proprietaria o l’imprenditore– internazionale. Per un’impresa affrontare il mondo dalla sera alla mattina, se non lo si è mai fatto, è un’operazione piuttosto complessa. È indispensabile reclutare risorse giovani, sveglie e multilingue, capaci di muoversi in contesti internazionali e di sfruttare le nuove tecnologie (con internet si può essere presenti sotto il profilo commerciale in tutto il mondo). Bisogna far largo ai giovani, non a parole – come spesso accade – ma con i fatti. Si potrebbero studiare forme di incentivo per favorire l’ingresso in azienda di giovani disposti a pensare e ad agire con una visione globale». Trasformare i cluster produttivi in distretti della conoscenza, questo il fulcro del progetto Home Lab, il consorzio che promuove la ricerca sulla domotica. In questo settore le aziende della regione possono essere competitive anche in chiave export? «Ritengo che l’Italia in generale abbia molto da dire sui sistemi domotici, legati da una parte al risparmio energetico e dall’altra al tema dei servizi, del controllo e dell’assistenza remota, settori dove il nostro Paese vanta una buona tradizione di conoscenza e know how. Non so quanto la domotica possa avere impatto sull’export, ma si tratta, senz’altro, di un motore di crescita e di sviluppo notevole per il prossimo decennio. L’automazione della casa sarà un mercato potenzialmente enorme e dobbiamo essere pronti a indirizzare al meglio questa opportunità di business. Le imprese italiane del settore non hanno nessun gap tecnologico, ma anzi possono contare sull’eccellenza del made in Italy in campi quali design, arredo, mobile e illuminotecnica».

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VAGH GLI ASSET BIQ’A’S PER LO SVILUPPO

Luce all’innovazione «Per internazionalizzarsi bisogna fare qualità. Qualità significa generare innovazione». È la ricetta di Adolfo Guzzini, presidente di iGuzzini illuminazione, uno dei player internazionali del settore illuminotecnico Francesca Druidi na campagna pubblicitaria di iGuzzini del 1982 recitava “Mehr Licht! Più luce!”, citando le ultime parole di Johann Wolfgang Goethe, per evidenziare lo spostamento del focus dalla luce intesa come semplice oggetto all’importanza del progetto di illuminazione che l’azienda di Recanati stava concretizzando. Diversi sono i fattori che hanno contribuito in maniera decisiva al successo di iGuzzini: l’impegno sul fronte dell’innovazione di prodotto, di processo e dei materiali impiegati, la collaborazione con celebri architetti e designer del panorama internazionale, l’internazionalizzazione dei prodotti. Adolfo Guzzini, fondatore, insieme ai fratelli, e attuale presidente di iGuzzini illuminazione (oltre che numero uno di Fimag, l’azienda di famiglia che controlla iGuzzini, teuco, F.lli Guzzini, che quest’anno festeggia il centenario), ripercorre i passaggi occorsi alla sua impresa per diventare leader sui mercati internazionali, con il 70 per cento del fatturato prodotto oltre confine, 16 filiali operative e più di 400 dipendenti che lavorano all’estero. Quali gli aspetti strategici che hanno permesso a iGuzzini di segnare le performance attuali? «L’industrial design è stato il primo stimolo che ha sollecitato l’impresa a offrire al mercato una personalizzazione dei prodotti, con l’obiettivo di creare un brand. È attraverso la volontà dell’imprenditore, del management e dei principali collaboratori, che si riesce a sviluppare un progetto di qualità. Per internazionalizzarsi bisogna fare qualità. Qualità

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significa anche generare innovazione e per produrla serve la ricerca. Occorre collegarsi a monte con l’università, con le scienze specializzate, con i fornitori di componenti che rivestono una parte importante nell’innovazione tecnologica. Questa ricerca è stata da sempre finalizzata a capire come l’uomo reagisce alla luce in base agli spazi in cui vive, una ricerca che portiamo avanti proponendo e interpretando i bisogni futuri nelle nuove evoluzioni dell’architettura». Cosa ha significato per l’azienda lavorare con grandi architetti? «Ci ha spinto ad andare oltre, costringendoci a verificare i prodotti e i processi attraverso le fasi della ricerca e dello sviluppo. L’azienda è entrata nel settore dell’invenzione architetturale, creando di fatto la domanda sul mercato attraverso corsi di illuminotecnica e campagne istituzionali formative che educavano italiani ed europei a illuminare gli spazi in modo da migliorare la qualità della vita ottimizzando il consumo energetico. Questa politica di marca ha fortemente caratterizzato il primo periodo della nostra vita aziendale, permettendo che si affermasse il nostro brand tramite servizi e prodotti dal forte appeal emozionale capace di comunicare con il consumatore finale. È un processo che ogni azienda deve compiere, quello di crearsi un’identità, di sviluppare un proprio processo di qualità per essere appetibili sul mercato internazionale. Il made in Italy nella dimensione arredo vanta di per sé un notevole appeal ma da solo non basta, servono altri ingredienti». L’obiettivo è stato quello di diventare leader in Italia e poi in Europa.


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Adolfo Guzzini

«Sì, i nostri promotori si sono recati presso architetti e light designer per illustrare la qualità dei nostri prodotti. Ci siamo proposti come progettisti, come simulatori del rinnovamento degli spazi realizzati. Si è trattato di un’azione di formazione del mercato che ci ha portato a diventare riferimento nazionale ed europeo con la stessa logica che oggi ci riconosce come azienda mondiale del comparto innovativa e di qualità, anche in termini di servizio. Gli uomini sono al centro della strategia: diventa cruciale la formazione, oltre al saper comunicare all’esterno la qualità dell’illuminazione degli spazi, che serve a rendere una vita migliore a chi abita gli ambienti». Le vostre campagne di comunicazione per una luce sostenibile hanno rappresentato un asset altrettanto strategico. «Dal 1982 al 2003, le campagne “Mehr licht! Più luce”, “Chi ha rubato la via lattea” e “Con iGuzzini contro l’inquinamento luminoso” hanno contribuito a diffondere una

cultura della luce, a far comprendere quanto Adolfo Guzzini, la luce sia capace di influenzare la vita sociale presidente di iGuzzini illuminazione dell’uomo». Qual è il messaggio che veicolate oggi? «“Better Light for Better Life”, una luce migliore per una vita migliore, che include anche la dimensione dei monumenti e delle architetture. Un’illuminazione architetturale corretta - ogni paese, ogni nazione la applica in maniera diversa - aiuta a dare un segno forte, a comunicare una volontà della città a essere vissuta e a partecipare alla vita della comunità». Su quali mercati vi state muovendo? «Dopo l’Italia, abbiamo coperto l’Europa attraverso le nostre società commerciali per passare poi al mercato internazionale aprendo nuove filiali negli Stati Uniti, in Canada, a Dubai, Singapore, Hong Kong e in Cina dove abbiamo realizzato anche una struttura produttiva, che serve Pechino, Shanghai, Shenzhen. In generale, in ognuna di queste aree disponiamo dalle società commerciali l’organizzazione per dare co- MARCHE 2012 • DOSSIER • 45


FIVEASSET GLI TELEVISIONS PER LO SVILUPPO GR

ESTERO

70%

PERCENTUALE DI FATTURATO PRODOTTO FUORI DALL’ITALIA DA IGUZZINI. NEL 2011 L’AZIENDA HA FATTURATO 186,6 MILIONI DI EURO, + 6,4% RISPETTO AL 2010

pertura ai paesi limitrofi, for-

L'illuminazione architetturale della Rolex Tower a Dubai porta la firma di iGuzzini Illuminazione

mando architetti, light designer e developer. Chi fa impresa in questo settore deve necessariamente sapere come l’uomo reagisce alla luce, deve conoscere le modalità di illuminazione del verde, dei musei, degli spazi in generale. Servono ricerca e sperimentazione per offrire prodotti e servizi in grado di dare risposte a questi “spazi”», Oltre alla vocazione coDIPENDENTI IMPIEGATI ALL’ESTERO smopolita, c’è un rapporto DI IGUZZINI AL 2011, 749 GLI ITALIANI molto stretto con il territorio di provenienza, le Marche. «Recanati per la precisione, volendo essere cializzazione in gestione d’impresa. Siamo, campanilisti. Ma tutta la nostra regione si infine, presenti attivamente attraverso il socaratterizza per una cultura diffusa del bello. stegno delle attività nel settore ricreativo, iGuzzini contribuisce allo sviluppo del terri- sportivo e culturale». torio, prestando una grande attenzione ai gioQuanto è importante, a suo avviso, che le vani e alle scuole. Il Gruppo ha adottato, da pmi escano dai confini nazionali? oltre dieci anni, l’Istituto scolastico di istru- «Abbiamo sempre cercato di spingere le pmi zione secondaria superiore “Enrico Mattei” di a confrontarsi con il mercato estero e contiRecanati, che rischiava di chiudere. Altre col- nuiamo a farlo attraverso Confindustria e laborazioni stabili sono con l’Università Po- l’Istao. Quando ho ricoperto la carica di prelitecnica delle Marche, l’Università di Mace- sidente regionale di Confindustria sono stato rata, la facoltà di architettura di Ascoli e personalmente promotore del primo corso di l’ateneo di Urbino. Da sempre siamo vicini formazione per manager in materia di interall’Istao (Istituto Adriano Olivetti di studi nazionalizzazione d’impresa. L’importante è per la gestione dell’economia e delle aziende), ricordarsi che innanzitutto viene la qualità e secondo in Italia a organizzare master di spe- poi la quantità».

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GLI ASSET PER LO SVILUPPO

Export, uniti si vince Grazie a un percorso di internazionalizzazione che dura da oltre dieci anni, Elica è oggi leader mondiale nel settore delle cappe per uso domestico. Mantenendo uno sforzo condiviso verso l’eccellenza. Lo evidenzia il presidente Francesco Casoli Francesca Druidi

on 3.000 dipendenti e una produzione annua di circa 18 milioni di pezzi tra cappe e motori, Elica è un player globale che, nel 2011, ha registrato un fatturato di 378,4 milioni di euro. Il presidente del gruppo Francesco Casoli commenta lo scenario internazionale e le sfide, presenti e future, legate all’internazionalizzazione. Nel 2011 il fatturato generato all’estero di Elica rappresenta l’84 per cento di quello complessivo. Come si profila la situazione del gruppo sui mercati internazionali? «Alcuni mercati stanno andando molto bene, altri sono in sofferenza. Rispondono quei paesi dove la politica, insieme agli imprenditori, riesce a reagire in maniera più reattiva, come la Cina o il Nord America, in cui il trend è in netta controtendenza. In nazioni come Spagna, Grecia, Francia e Italia non ci sono ancora le condizioni necessarie a dare un’iniezione di fiducia alle persone tale da permettere loro di tornare a investire sul proprio futuro. Bisogna perciò essere attenti a cogliere le opportunità, mantenendo le posizioni sul proprio territorio; queste reazioni nel mondo mi lasciano però pensare che forse è venuto il momento di ripensare la politica economica europea e, in particolare, italiana». Su quali binari dovrebbe muoversi? «Finora i governi europei hanno deciso di attuare un’azione improntata al grande rigore. Di ciò ha beneficiato soprattutto la Germania, che ha visto accrescere la propria produttività e competitività rispetto agli altri paesi. Dal mio punto di vista, la Germania ha vinto una guerra economica negli ultimi tre anni. È venuto il momento di invertire la tendenza, ritornando a iniettare sul

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A destra, Francesco Casoli, presidente del Gruppo Elica; nella foto piccola, Elicamex, lo stabilimento Elica a Queretaro (Messico)

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mercato flussi di denaro importanti e cercando di operare con l’azione monetaria. Occorre, inoltre, aprire una seria riflessione sul sistema monetario europeo così come funziona oggi: sinora, una leva così stretta ha finito solo per favorire le imprese tedesche». All’estero Elica è presente con propri stabilimenti in Giappone, India, Cina, Polonia, Germania e Messico. In Russia opera Elica Trading Llc per la commercializzazione dei prodotti. Vi sono in programma nuove mosse? «Vi sono aree in cui non siamo ancora presenti, per esempio il Brasile, che guardiamo con curiosità». Quest’anno l’azienda si è confermata Best place to work in Italia e ha ottenuto il prestigioso Premio nazionale per l’innovazione. Come trasmettere questo standard nelle vostre sedi all’estero? «Abbiamo “My Elica”, un programma di formazione internazionale che riunisce e mette in rete le diverse competenze a livello globale per consentire uno scambio e un apprendimento efficaci. Fondamentale per noi è anche il premio della Fondazione Ermanno Casoli, che favorisce rapporti di collaborazione tra artisti e produzione industriale. Ha funzionato tantissimo in Italia, lo abbiamo replicato in Polonia e quest’anno lo ripetiamo in Messico. Dobbiamo costantemente spostare il focus su creatività, innovazione, passione nel lavoro. E questa la ottieni solo se il clima in azienda è positivo. Far star bene le persone e dargli senso di appartenenza, aiuta l’azienda e, di conseguenza, i risultati. Ci abbiamo sempre creduto. La sfida globale è micidiale; se non facessimo così saremmo spazzati via da un mercato dal quale se ci si ferma al prezzo o ci si limita a pro-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Casoli

Elica oggi ha 3.000 dipendenti, 2.000 all’estero e 1.000 in Italia, ma abbiamo impiegato 15 anni e notevoli risorse per raggiungere questo traguardo

durre solo quello che gli altri producono si viene esclusi, perché arriverà sempre qualcuno che lo realizzerà a mezzo euro in meno. Ora aspettiamo che la crisi passi per tornare a crescere così come eravamo abituati prima del 2008». L’internazionalizzazione rappresenta un’exit strategy privilegiata dalla fase di recessione per le imprese. Come continuare a sostenerla? «Non possiamo pensare che siano le istituzioni a risolvere il problema dell’internazionalizzazione, per quanto possano contribuire in parte. E non è dalla piccola impresa che potremo pretendere l’internazionalizzazione perché è un processo costoso, che richiede molto tempo e che, soprattutto nei primi anni, presuppone il superamento di molti ostacoli. Elica oggi ha 3.000 dipendenti, 2.000 all’estero e 1.000 in Italia, ma ab-

biamo impiegato 15 anni e notevoli risorse per raggiungere questo traguardo, contando su spalle forti. Anche la quotazione in Borsa ci ha aiutato in questo percorso». Cosa fare allora? «L’associazionismo sarà una delle chiavi di successo; in questo senso Confindustria e i suoi sistemi di aggregazione dovranno giocare un ruolo importante. Da soli non si va più da nessuna parte, nemmeno imprese più grandi della nostra. Occorre far gruppo, a costo di compiere un passo indietro, e sapersi mettere in gioco per il futuro dell’azienda. Non bisogna attendere dall’alto una soluzione, dobbiamo cercarla noi trovando i giusti partner e condividendo sforzi e risultati con gli altri. Il consorzio Home Lab, di cui anche Elica fa parte, è l’esemplificazione di questo spirito». MARCHE 2012 • DOSSIER • 49


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il settore elettrodomestici guarda a Est P Un management giovane e altamente qualificato, un ricambio generazionale effettuato con successo. Unionalpha, ora “guarda a Est” per consolidare il proprio business. Il punto di Remo e Francesca Perugini Anastasia Martini

Unionalpha Spa ha sede amministrativa a Comunanza (AP) www.unionalpha.com

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eriodo nero, per il settore elettrodomestici, che negli ultimi anni, in Italia, ha registrato un fortissimo crollo, rilevato da Remo e Francesca Perugini, rispettivamente presidente e direttrice della divisione dermatologici di Unionalpha, società operante nel settore cavi e cablaggi. «La produzione di elettrodomestici sul territorio nazionale – precisa Remo Perugini – sta affrontando l’anno peggiore della sua storia, ma è solo l’ultimo atto di una crisi cominciata dieci anni fa, che ha visto, in questo arco temporale, un dimezzamento della produzione: dai 30 milioni, si è infatti passati ai 15 milioni di unità prodotte. A determinare questo pesante crollo, l’assenza di una politica industriale nel nostro paese, la poca attenzione posta a importanti comparti industriali quali, appunto, quelli dell’auto e degli elettrodomestici (primo e secondo comparto industriale italiano), unitamente a regole e vincoli che hanno azzerato ogni forma di competitività, generando un processo di deindustrializzazione che dal mio punto di vista appare ormai irreversibile». Una situazione, affrontata dall’azienda, fornitrice business to business delle più grandi società europee produttrici di lavabiancheria, lavasciuga, lavastoviglie, frigoriferi e cucine, attraverso l’elaborazione di strategie mirate. «La nostra società, – rileva Remo Perugini – negli anni della crisi, scoppiata nel 2008, è cresciuta del 50 per cento grazie allo sviluppo di un impegnativo processo di internazionalizzazione che ci ha permesso anche di riequilibrare il peso delle aree geografiche ove operiamo. Il fatturato è distribuito in parti uguali tra Italia, Europa Occidentale e Russia». «Il nostro obiettivo – continua – è quello di crescere non meno del 10 per cento l’anno, condizione indispensabile per realizzare gli investimenti necessari in tecnologie di processo che permettano di garantire la continuità dell’impresa e allo stesso tempo di mantenere una sempre maggiore competitività di mercato. Da questo obiettivo, deriva la scelta di aprire una sede


Remo e Francesca Perugini

Atonderma è una linea di prodotti nata nei nostri laboratori, con la collaborazione delle più importanti Università Italiane

in Russia e un’altra in Polonia. A spingerci a ciò è stata la necessità di allocare le nostre produzioni dove c’è un mercato: in Russia il business degli elettrodomestici cresce e continuerà a farlo con percentuali a due cifre, mentre in Polonia si sono concentrati i maggiori produttori mondiali di elettrodomestici. Per quanto riguarda l’Italia, invece, abbiamo potuto mantenere le due unità produttive in provincia di Ascoli Piceno e Teramo grazie all’internazionalizzazione della società, anche se, a dire il vero, diventa sempre più difficile fare impresa nel nostro paese, anche a causa di un diffuso pessimismo». Un pessimismo che Unionalpha non condivide. Dell’attività legata alla divisione prodotti dermatologici a marchio Atonderma parla Francesca Perugini. «Atonderma – specifica – è una linea di prodotti nata nei nostri laboratori, con la collaborazione delle più importanti Università Italiane, e realizzata presso gli impianti della Biofarma Srl Udine. La linea, attualmente, conta più di cinquanta referenze per la maggior parte dispositivi medici commercializzati esclusivamente nel canale farmacia».

Centrali sono gli investimenti nel settore R&D «La divisione dermatologica – rileva la direttrice della Divisone Dermatologici– riserva alla ricerca il 10 per cento del bilancio. Inoltre tutti i prodotti sono testati per efficacia e tollerabilità nei laboratori del Centro di Cosmetologia dell’Università di Ferrara». Unionalpha ha dalla sua anche la forte attenzione al ricambio generazionale «Il cui successo – chiarisce Remo Perugini – dipende proprio dall’investimento su un management giovane. Dal mio punto di vista il ricambio generazionale non è un mero passaggio da padre a figlio, ma un avvicendamento programmato e rapido, sul ponte di comando, del gruppo manageriale costruito nel tempo, e improntato su un’omogeneità di base. All’interno della Unionalpha la divisione B2B, avviata dal Vice Presidente Gabriella Perugini, è diretta oggi dall’ingegner Fabrizio Romeo e l’età media degli ingegneri che guidano l’impresa è inferiore ai 35 anni. Tra questi, Angela Ricciuti, direttore tecnico commerciale, Daniela Berardone, direttore qualità, Davide Barbizzi, responsabile dello stabilimento di Comunanza, Svetlana Kuzmina, direttore dello stabilimento di Lebedyan (RU), Monika Zofia Jodlowska, responsabile dello stabilimento di Jelcz - Laskowice (PL). Un gruppo di giovani laureati che sommano a forti competenze tecniche e tecnologiche una formazione manageriale e linguistica di eccezionale livello. Marcella Urru, direttore amministrativo, completa la struttura di direzione. Con questo organico tutto è pronto e previsto per il conseguimento degli obiettivi posti nel medio termine». MARCHE 2012 • DOSSIER • 51




INTERNAZIONALIZZAZIONE

Nuove opportunità dalla Polonia Quella polacca è una delle economie in maggior sviluppo dell’Europa Centrale, con mercati industriali in crescita, anche nel campo degli elettrodomestici. Per questo sempre più realtà al servizio del comparto hanno scelto di spostarvi la propria sede. La parola ad Alessandra Baronciani Nicoletta Bucciarelli

i tratta dell’unico Paese nell'area Ocse ad aver superato quasi indenne la recessione globale nel 2009. Parliamo della Polonia, che si prepara a chiudere il 2012 con il più alto tasso di crescita (2,7 per cento) nella Ue. Certo, la crisi dell'Eurozona si fa sentire ma la Polonia continua a stupire e gli investimenti esteri continuano ad arrivare: 9 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2011, secondo la Banca centrale, il 34 per cento in più rispetto all'intero 2010. Insomma, come ama dire Sla-

S Isopak Adriatica ha la sede legale a Pesaro www.isopakadriatica.it

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womir Majman, il direttore dell'agenzia per gli investimenti esteri PaIiIz, «la Polonia è ancora sexy». Ed è proprio la Polonia il paese su cui ha puntato la Isopak Adriatica di Pesaro, azienda attiva dal 1975 nel campo della produzione e lavorazione di manufatti in polistirolo espanso. Il motivo per cui il gruppo ha scelto di investire in Polonia è semplice: è lì che si trovano le maggiori aziende di elettrodomestici, i migliori clienti della Isopak. «La maggior parte delle grandi aziende che producono elettrodomestici spiega Alessandra Baronciani – stanno trasferendo da anni la loro produzione in Polonia. Per seguire i nostri clienti abbiamo avviato in Polonia due nuovi stabilimenti. Nel nostro caso specifico andare a produrre fuori dai nostri confini non significa spostare la produzione italiana ma incrementare il fatturato poiché i costi di trasporto non permetterebbero di trasportare i nostri prodotti a tali distanze. Le nostre sedi si trovano in prossimità del nostro


Alessandra Baronciani

cliente più importante, Indesit Polska. Per quanto riguarda il mercato italiano, dove per il momento non si vedono grandi prospettive di crescita, poniamo la nostra attenzione su una riorganizzazione con grande attenzione all’efficienza produttiva». Il gruppo Isopak Adriatica è attivo anche in alNello stabilimento di Radomsko abbiamo tri settori, dagli imballaggi per mobili all’edilizia, dalle realizzato un impianto tedesco di ultimissima casse per il pesce ai seggiogenerazione, dotato dei tempi-ciclo migliori lini per le auto (Artsana). Questa diversificazione nelle produzioni è possibile grazie ai differenti stabilimenti distribuiti sul territorio tra cui quello di Fa- ultime novità sotto il profilo tecnologico. briano e quello di Moglia di Sermide nel «Nel nostro ultimo stabilimento localizzato a mantovano. L’attività degli ultimi due anni Radomsko abbiamo realizzato un impianto parla in ogni caso di un bilancio positivo. tedesco di ultimissima generazione, dotato di «Un bilancio consolidato soprattutto, che ci tecnologie che ci consentono di migliorare permette di essere un gruppo in continuo l’efficienza. Una particolare attenzione è rimovimento e con la possibilità di aprire volta all’ambiente dotandoci di impianti atti nuove sedi, vicino ai nostri clienti, allo scopo al recupero dei materiali di scarto, in partidi abbattere i costi del trasporto e fornire un colare, nello stabilimento di Pesaro abbiamo servizio più efficiente. Siamo inoltre inte- acquistato una macchina strumentale addetta grati con la produzione degli stampi e ab- al riciclo che ci permette di produrre articoli biamo aperto un altro stabilimento per la con materiale riciclato al 100 per cento. Con commercializzazione di cassette per il pesce gli scarti degli altri imballaggi infatti riusciamo (Porto Viro). Possiamo quindi ritenerci un a produrre materiale utile per il comparto Gruppo in movimento e con una grande pro- edile». Per quanto riguarda le prospettive fupensione a espanderci verso nuovi settori in ture, l’azienda guarda soprattutto al mercato cui possa essere utilizzato il nostro know- estero, in vista anche di nuove collaborazioni. how, sebbene il core business rimanga l’im- «Cerchiamo di allargare il giro d’affari, – conballaggio degli elettrodomestici». clude il titolare Baronciani – continuando a Per quanto riguarda gli investimenti, mantenere alto il mercato in Italia e increl’azienda marchigiana, guarda soprattutto alle mentando quello in Polonia».

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EXPORT

La concorrenza asiatica si sconfigge con gli investimenti La concorrenza low cost dei paesi asiatici è il maggior ostacolo da superare per molti settori del mercato italiano. Egidio Marcantoni spiega con quali strategie è possibile arginarla e scalzarla Emanuela Caruso

utti i nostri prodotti vengono studiati, sviluppati, costruiti e commercializzati in un mercato caratterizzato dalla concorrenza nordeuropea, molto forte sul piano della qualità offerta, e dalla concorrenza asiatica, estremamente aggressiva sul piano del prezzo». Sono questi i due poli tra cui la società Ciar, specializzata nella produzione di attuatori lineari, deve muoversi e destreggiarsi per mantenere salda la propria posizione. A spiegare come sia possibile contrastare gli “attacchi” dei due principali competitor del settore è Egidio Marcan-

«T La Ciar Spa ha sede a Borgo S. Maria (PU) www.ciar.it

toni, amministratore dell’azienda. «La concorrenza del Nord Europa può essere affrontata solo proponendo articoli dalle elevatissime prestazioni e dalla grande affidabilità, mentre quella asiatica può essere scalzata attraverso continui investimenti orientati alla riduzione dei costi del ciclo di vita del prodotto. Proprio per riuscire a distinguerci e a non temere la competizione dei paesi low cost, abbiamo deciso di mantenere una produzione del tutto italiana, svolta nei nostri stabilimenti e realizzata con componenti che, salvo alcune parti elettroniche, sono tutti di origine e lavorazione italiana». La Ciar ha quindi scelto di promuovere strategiche politiche d’investimento che, hanno giocato in particolar modo sull’acquisizione di nuove tecnologie e nuovi macchinari, acquistati con l’obiettivo di ridurre i costi di produzione e contemporaneamente di migliorare le prestazioni. Con una gamma di ar-


Egidio Marcantoni

ticoli che va dagli attuatori lineari ai telai massaggianti, fino ad arrivare ai meccanismi per poltrone “alzapersona” o “recliner”, la Ciar è stata in grado di conquistare una buona fetta del mercato estero, tanto che attualmente il 50 per cento della produzione viene destinato ai mercati europei e internazionali. «I nostri maggiori interlocutori stranieri – specifica Egidio Marcantoni – sono la Germania, l’Olanda, la Spagna, la Francia e gli Stati Uniti. Inoltre, grazie a un progetto di sviluppo della rete di vendita intrapreso due anni fa con l’apertura di nuovi canali distributivi in Gran Bretagna e Turchia, siamo riusciti a recuperare il terreno perso lo scorso anno nei mercati esteri e a registrare, nei primi sei mesi del 2012, un aumento del fatturato del 17 per cento». Oltre a diversificare i mercati di riferimento, negli anni la Ciar ha differenziato anche i settori verso cui indirizzare i propri prodotti e oggi distribuisce articoli nel ramo automotive, in quello delle attrezzature per il fitness e nell’ambito della produzione di cappe per cucine, anche se il core business rimane la fabbricazione di attuatori lineari per il settore del mobile imbottito. E proprio a quest’ultimo, la Ciar ha proposto il kit di attuazione con l’innovativo sistema elettronico di autodiagnosi, in grado di attivarsi automaticamente in caso di malfunzionamento. «Mentre dieci anni fa meno del 10 per cento dei

La nostra impresa esporta circa il 50 per cento della produzione in Germania, Olanda, Francia, Spagna e Stati Uniti

divani e delle poltrone conteneva un kit di attuazione – conclude Egidio Marcantoni –, oggi almeno il 50 per cento ne dispone. Ciò significa che l’assistenza post vendita è un servizio obbligatorio da offrire ai clienti, ma anche che per gli stessi utenti diventa una voce di costo piuttosto significativa. Se, inoltre, si considera che il prodotto può essere danneggiato dai diversi attori che ne curano il ciclo di vita – trasportatori, assemblatori, negozianti –buona parte dei costi di riparazione se ne va soltanto per capire quale parte del kit, formato da attuatore, trasformatore e telecomando, sia difettosa. Analizzando i nostri articoli in quest’ottica, abbiamo sviluppato un innovativo sistema di autodiagnosi a led che permette all’utilizzatore finale di individuare autonomamente la parte non funzionante, così da comunicarla al rivenditore o direttamente a noi e ricevere un’assistenza veloce, mirata e meno onerosa. Finora, il bacino d’utenza si è dimostrando entusiasta di questo nuovissimo prodotto, tanto che ne sta richiedendo la fornitura ancor prima della messa in commercio». MARCHE 2012 • DOSSIER • 57


INNOVAZIONE

Ricerca: unica soluzione per l’automotive L

Le analisi e le previsioni più pessimistiche non devono scoraggiare le imprese italiane. La qualità e l’innovazione del prodotto proposto fanno la differenza, come spiegano Vittorio Strapazzini e Massimo Cecchini Renato Ferretti

Vittorio Strapazzini, presidente della STR e, nella pagina a fianco, Massimo Cecchini, managing director della STR Automotive di Pesaro www.str-automotive.com

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a tendenza al ribasso aumenta: l’automotive trema. Tutto il mercato europeo di settore soffre anche nel mese di agosto, secondo la fotografia statistica scattata dall’Acea: le immatricolazioni calano del 8,9 per cento. Si parla di quasi un milione di auto in meno rispetto al 2011. Eppure non mancano gli esempi di aziende virtuose anche all’interno dell’indotto delle grandi produzioni. Risultati come l’aumento di fatturato, ma soprattutto un incremento per quanto piccolo degli utili, sono al limite del miracoloso per chi riesce a ottenerne. Soprattutto in Italia, il cui mercato sta praticamente crollando con il caso emblematico della Fiat: 110mila auto in meno rispetto all’anno scorso, una debacle che rischia di far chiudere altri stabilimenti. Ma anche al fianco della Fiat si trovano modelli di resistenza possibile alla valanga che si prospetta nel prossimo futuro. Il gruppo STR è uno di questi: Vittorio Strapazzini, presidente della STR, e Massimo Cecchini, managing director della STR Automotive, sono soddisfatti del lavoro compiuto fin qui. «Per noi è una vittoria – dice Cecchini – soprattutto perché , anche se frutto di un duro lavoro, questi risultati arrivano in un periodo come questo». Il bilancio è positivo. MASSIMO CECCHINI «Nell’ultimo anno il bilancio si è chiuso, tra l’attività italiana e quella polacca, intorno ai 13 milioni di euro. Ma di questi tempi non si può far altro che ringraziare tutti per lo sforzo e l’impegno. Abbiamo consolidato la nostra presenza tra i clienti più importanti, cioè Fiat, Maserati, Ferrari, con risultati crescenti in termini di servizi, di qualità prodotta e percepita dal cliente.


Vittorio Strapazzini e Massimo Cecchini

+4,5%

RICERCA È LA QUOTA DI FATTURATO CHE LA STR DESTINA ALLE SPERIMENTAZIONI, ALLO SVILUPPO E AL PERFEZIONAMENTO TECNOLOGICO

Abbiamo colto le potenzialità della plastica, in particolare come poteva essere utilizzata anche in ambiti molto diversi tra loro

Perché anche le valutazioni dei clienti sono ottime: per noi questa è la più grande soddisfazione. Le previsioni per il 2012 sono altrettanto positive, non solo perché il fatturato è in crescita anche quest’anno, ma perché abbiamo nuove commesse che ci daranno visibilità di fatturato crescente per i prossimi anni». Quanto incide in questo successo la diversificazione che avete tentato di attuare? M.C. «La flessibilità è decisiva, bisogna adattarsi e sfruttare tutte le potenzialità del proprio ambito di lavoro. Nel nostro caso, abbiamo colto le potenzialità del poliuretano e come poteva essere utilizzato anche in ambiti molto diversi tra loro. Poi dalla teoria si deve passare alla pratica: le nuove possibilità sono diventate materia di nuovi interventi, che abbiamo portato a termine con creatività nel tentativo di trovare le soluzioni giuste per esigenze diverse. Ma i rating dei clienti sono stati tutti eccellenti, dunque direi che oltre la puntualità delle consegne e la precisione con cui lavoriamo, un posto di rilievo è rappresentato dalla qualità dei prodotti». ❯❯ MARCHE 2012 • DOSSIER • 63


INNOVAZIONE

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Alcuni momenti di lavoro all’interno della sede di Pesaro della STR Automotive

Quali sono i prodotti di punta? M.C. «Progettiamo e produciamo componenti per gli esterni delle vetture come paraurti, rivestimenti, longheroni (minigonna), fasce paracolpi su portiere, codolini passaruota, finizioni estetiche in generale. Sviluppiamo anche moduli integrati e complessi come paraurti completi di griglie, fregi e sensori parcheggio. Questi componenti hanno un impatto estetico notevolissimo sull’auto cui sono destinati. Inoltre ci occupiamo di componenti interne delle auto: anche queste hanno un alto impatto estetico e funzionale, come le maniglie tiraporta, i braccioli, i rivestimenti, i pannelli, le porte, i braccioli». Quanto conta in questi prodotti l’investimento fatto in ricerca e sviluppo? M.C. «Il tema è a noi molto caro, perché è uno dei cardini sui quali si basa il raggiungimento dei nostri obiettivi. Senza, la scommessa sarebbe perdente. Per cui si parla di un 2,5 per cento di investimento in ricerca di base, cioè volto a verifiche ciò che non ha ancora uno sviluppo applicativo. Una vera e propria sperimentazione che negli anni ci ha consentito di realizzare prodotti assolutamente innovativi per il resto del mercato. È uno degli elementi che spiegano perché marchi come Ferrari e Maserati hanno scelto STR. Un altro 2 per cento invece è dedicato alla ricerca applicata: anche senza commesse vengono svolte attività relative a miglioramenti di

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Uno pneumatico esausto ha un altissimo valore energetico: il materiale che ne deriva può essere usato sia per produrre energia, che comporre il manto stradale

processi, aumenti della qualità, miglioramenti del funzionamento delle automazioni e degli impianti produttivi. Queste operazioni hanno un immediato ritorno se vanno a buon fine. Bisogna tentare di essere lungimiranti e proporsi con prodotti vantaggiosi». Quanto incidono sul vostro lavoro i competitor di paesi stranieri con un minor regime fiscale e il costo più basso della manodopera? VITTORIO STRAPAZZINI «Non sentiamo troppo questo problema in quanto i nostri prodotti sono ad altissimo contenuto tecnologico, derivante dalla grande esperienza del nostro personale. Le nostre non sono produzioni di quantità, il successo del prodotto sta nell’innovazione che in qualche modo riusciamo a portare avanti per le nostre realizzazioni. Inoltre siamo molto reattivi, caratteristica non riscontrabile nelle grandi società più burocratizzate e meno rispondenti al mercato che cambia ogni giorno. Per esempio, abbiamo


Vittorio Strapazzini e Massimo Cecchini

In pochi anni all’eccellenza STR Automotive nasce nel 2000 con attività di realizzazione di componenti per interno vettura rivestiti in pelle. Nel 2003 la società, forte di una consolidata esperienza sulla trasformazione dei materiali poliuretanici, allarga l’attività alla produzione di componenti per esterno vettura. Nel 2007, grazie ad un impegno continuo e a rapporti di reciproca soddisfazione con i clienti, STR avvia l’attività di assemblaggio vetture su allestimenti low production per conto di Fiat Auto Poland. Dal 2007 al 2011 è incaricata da Fiat, Maserati e Ferrari di sviluppare e produrre componenti per esterno e interno vettura come paraurti, fasce porta, spoiler, copribrancardi. STR Automotive svolge l’attività su tre siti produttivi principali: lo stabilimento di Pesaro ospita gli enti centrali e le produzioni di componenti per esterno vettura; lo stabilimento di S. Marino si occupa della produzione componenti in poliuretano integrale; quello di Tychy in Polonia, dell’assemblaggio delle autovetture.

seguito lo spostamento delle produzioni Fiat in Polonia, dov’è nata la nuova Panda. Il motivo di questa delocalizzazione parziale è nella maggiore precisione e nel miglioramento del servizio reso al cliente, che deriva dalla nostra vicinanza agli impianti di assemblaggio degli stabilimenti Fiat Poland. Per il prodotto Panda Cross abbiamo comunque mantenuto nello stabilimento di Pesaro le attività di alto contenuto tecnologico lasciando così invariato il livello di occupazione locale». A proposito di Fiat e delle ultime vicende, l’export e la delocalizzazione sono davvero la salvezza? V.S. «Dal nostro punto di vista e relativamente ai nostri prodotti, l’export è fondamentale. I nostri prodotti sono assemblati infatti su vetture che vengono esportate oltre il 90 per cento dell’intera produzione. Per quanto riguarda la delocalizzazione le aziende devono tenere conto del mercato che sono costrette ad affrontare, se guadagnano vanno avanti altrimenti chiudono. Questa logica è crudele nel momento in cui impone di chiudere gli impianti che non fanno profitti, ma è una decisione corretta dal punto di vista industriale se non si vogliono scaricare costi sulla collettività. Detto questo penso che un imprenditore debba sempre lavorare nel rispetto dei sinda-

cati, delle maestranze e di tutti quelli che partecipano al processo produttivo. È fondamentale per lavorare bene e ottenere il massimo». Qual è il futuro del gruppo STR e quali sono gli ultimi investimenti? V.S. «Abbiamo fatto alcuni investimenti per il risparmio energetico, e in generale ci stiamo interessando al tema della tutela ambientale. Abbiamo commissionato impianti fotovoltaici sui tetti degli stabilimenti produttivi. Ma in questo senso la nostra attenzione è dimostrata dall’ultima azienda nata in seno al gruppo che si chiama Ecoindustria. Qui ci occupiamo di pneumatici che devono essere smaltiti. È certamente l’attività che più necessità di essere seguita, perché quando si parla di rifiuti oggi in Italia sembra che si parli di attività losche o da condannare. Quando si supereranno certi pregiudizi si potranno cogliere nuove opportunità. Prendendo l’esempio della nostra attività con Ecoindustria, uno pneumatico ha un altissimo valore energetico: il materiale che ne deriva può essere usato sia per produrre energia che per fare altri componenti che possono comporre il manto stradale, per avere un asfalto più silenzioso. In Italia non si sta ancora sviluppando, ma all’estero è già una pratica diffusa. Quando arriverà anche in Italia STR sarà pronta a intercettare questa nuova possibilità del mercato». MARCHE 2012 • DOSSIER • 65


INNOVAZIONE

La creatività cambia la tecnologia l meglio del made in Italy non è rappresentato solo dalla creatività, ma è un connubio di molti fattori. Capita infatti che delle realtà nostrane diventino eccellenze e ambasciatrici proprio nei settori che meno ci si aspetta. Come quello tecnologico. È il caso della Teknomac di Barbara, in provincia di Ancona. L’azienda Nicoletta Bucciarelli realizza macchinari per la produzione, l’imballo e l’immagazzinaggio dei materassi. Ha sviluppato numerosi brevetti sia nazionali che internazionali e non teme la sfida con la Germania, che della tecnologia ha fatto da sempre le basi della sua economia. «Sebbene l’alto livello della tecnologia tedesca sia riconosciuto a livello mondiale – spiega Cesare Petrolati, fondatore dell’azienda – a volte pecca di quella creatività che caratterizza noi italiani e che può veramente fare la differenza. Come nel nostro caso. Non trovando in commercio sistemi di cucitura idonei alle nostre necessità ci siamo specializzati nella trasformazione delle macchine da cucire sviluppando internamente progetti e avvalendoci di fusioni personalizzate realizzate su misura; un perfetto esempio di creatività e inventiva tecnologica made in Italy». Che risultati ha portato questa capacità cambiamenti in corso potrà superare le difd’inventiva? ficoltà affermando la propria presenza sul «Direi molto buoni. Nell’ultimo biennio il mercato. Fortunatamente nel mio settore bilancio ha mostrato un incremento del fat- (sia in Italia che all’estero), pur rilevando la turato di circa il 20 per cento riconfermando presenza di aziende in crisi finanziaria, peril trend positivo degli anni precedenti sia dal mangono molte aziende sane e dinamiche punto di vista reddituale che finanziario». che riescono a lavorare bene e quindi ad inQuale scenario riscontra più in gene- vestire. Noi in questo contesto stiamo punrale nel suo settore? tando sulla cultura del rinnovamento, sullo «Credo che la profonda crisi dell’economia sviluppo di progetti, sulla continua ricerca che stiamo vivendo, che ovviamente non ha di nuove soluzioni per soddisfare le richieste risparmiato il mio settore, condurrà verso dei clienti e infine sull’ampliamento e il uno scenario nel quale chi ha la capacità e la consolidamento della rete commerciale. I forza di adattarsi velocemente ai repentini risultati sembrano appagare queste scelte».

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Cesare Petrolati, fondatore della Teknomac di Barbara (AN) www.teknomac.it

Un esempio multidimensionale dell'approccio italiano al business, incentrato sul mix fra tecnologia e creatività tipici del made in Italy, e sulla cultura del rinnovamento. Ne parliamo con Cesare Petrolati, fondatore della Teknomac

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Cesare Petrolati

Stiamo puntando sulla cultura del rinnovamento, sullo sviluppo di progetti, sulla continua ricerca di nuove soluzioni

La vostra attività si rivolge soprattutto ai materassifici, nazionali e internazionali. Con che tipologia di offerta? «Offriamo un’ampia gamma di macchinari per la realizzazione, ma anche per l’imballo e l’immagazzinaggio del materasso. Abbiamo anche delle novità recenti come le macchine per la realizzazione delle molle insacchettate completamente automatiche, le macchine assemblatrici automatiche per molle insacchettate che consentono la realizzazione del molleggio con molle indipendenti a zone differenziate e le macchine trapuntatrici automatiche a 2 ponti veloci e versatili. Tali prodotti vengono realizzati interamente nell’azienda che negli anni ha potenziato l’ufficio progettazione e ha sviluppato il reparto meccanico ed elettronico. Abbiamo attrezzature all’avanguardia per ogni settore di lavorazione: Cad 3D, oscilloscopi e software evoluti nel reparto elettronica, macchine a controllo numerico e torni automatici per la realizzazione interna delle parti meccaniche nel reparto meccanica». Verso quali aree vi rivolgete prevalente-

mente? «Sebbene il nazionale rappresenti per noi un mercato di grande interesse (i più grandi materassifici italiani sono nostri clienti), il nostro lavoro è orientato soprattutto verso l’estero: in Europa, ma anche Usa, Africa e nel resto del mondo». Quanto sono importanti gli investimenti nel vostro settore? «Molto, perché il mercato è in continua evoluzione e per essere sempre all’avanguardia occorre acquisire tutti gli strumenti necessari per conseguire i migliori risultati prima degli altri. Ci avvaliamo di risorse interne, ma talvolta anche di professionisti esterni di fiducia per lavorare insieme sfruttando tutte le sinergie di un lavoro di squadra. Impieghiamo risorse per esplorare nuove possibilità, ma anche per poter poi applicare le ricerche effettuate al contesto industriale con razionalità e ottenere la massima efficienza ed efficacia del prodotto valutando altresì il rapporto costi e benefici». Quali obiettivi intende realizzare nel medio/lungo termine? «Recentemente ci siamo trasferiti nel nuovo stabilimento di circa 6.500 m2 che ci consente di svolgere l’attività in modo ancora più snello, di sviluppare maggiori volumi di produzione, ma anche di dare un’immagine ❯❯ MARCHE 2012 • DOSSIER • 67


INNOVAZIONE

❯❯ aziendale più incisiva

dando un’accoglienza confortevole ai clienti che durante le visite vengono ospitati nei nuovi uffici e guidati nei locali espositivi dove è possibile testare le macchine in funzione e visionare i nuovi prodotti. Stiamo inoltre inserendo Il nostro lavoro è orientato soprattutto nel nostro organico nuovi verso l’estero: in Europa, ma anche tecnici formati o da forUsa, Africa e nel resto del mondo mare per sviluppare prodotti e nuove soluzioni». Quali sono i vostri punti di forza? «Se il successo della Teknomac è dovuto menticare il rapporto di fiducia instaurato principalmente all'innovazione del pro- negli anni con i nostri fornitori italiani e dotto, alla cultura del rinnovamento e al soprattutto con i clienti, che vengono sedinamismo del suo team composto da gio- guiti non solo nel momento della vendita vani intraprendenti, non bisogna però di- per fornire il prodotto più adatto alle specifiche esigenze, ma soprattutto nel In alto, gli addetti dell’ufficio amministrativo e commerciale: Paola Gobbetti, Paola Perini, Claudia Freddi servizio post vendita offrendo intere Italo Lametti. Sotto, momenti di produzione e progettazione con il responsabile elettronico venti sempre attenti ed efficaci. Un Andrea Capitani e il tecnico Simone Bertinelli ruolo fondamentale in questo percorso di crescita è sicuramente da attribuire alla partnership con la GSG (Global System Group a division of Leggett & Platt) multinazionale leader del settore. Da diversi anni la stretta collaborazione con il presidente Tony Garrett, con il vice presidente Ed Grether e con Rinaldo Brighenti il responsabile GSG per L'Europa, hanno favorito l'espansione internazionale della nostra rete commerciale. Come nelle scorse edizioni, anche nella prossima edizione 2013 della fiera Interzum di Colonia, la Teknomac parteciperà in collaborazione con la GSG condividendo un'importante area espositiva».

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TECNOLOGIE

La ricerca innova la tecnologia L’oleodinamica, il settore automotive e quello pneumatico: si possono gestire in maniera equilibrata i tre mercati. Cercando innovazioni e nuove tecnologie. Il punto di Andrea Lugli Martina Carnesciali

i sono alcuni settori innovativi che meritano particolare attenzione: l’automotive è uno di questi. Comprende quella serie di macchinari utilizzati normalmente per le sale prove motori e autoveicoli legati principalmente all'utilizzo dell'aria: raffreddamento, immissione aria di processo, estrazione polveri e aria inquinata, raffrescamento e riscaldamento, vento di marcia. Anche il settore oleodinamico, correlato, è in espansione a livello mondiale grazie alla sua capacità di gestire grandi potenze tramite componenti di dimensioni e pesi ridotti rispetto ad altre tecnologie. Una di queste aziende è la Aerre di Pesaro, nata circa 15 anni fa da una fusione di attività operanti nel settore pneumatico e oleodinamico. La ditta marchigiana, di Andrea Lugli e Roberto Ricci, rappresenta l’evoluzione di una grande

C L’Aerre Srl si trova a Chiusa di Ginestreto (PU) www.aerresrl.com

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esperienza quarantennale nei due settori. Come racconta il titolare: «Aerre è specializzata nel settore automotive in cui vanta collaborazioni con le migliori case costruttrici mondiali. Sfruttando prodotti innovativi, la ditta si è sviluppata nella progettazione, realizzazione e produzione di sistemi di testing. Lo scopo è quello di ottenere il massimo da ogni prodotto attraverso i valori aggiunti di innovazione, esperienza e conoscenza dei vari settori. Lo stretto e duraturo rapporto di collaborazione con vari partner permette la risoluzione dei problemi attraverso l’implementazione di alte tecnologie». «Nel settore dell’oleodinamica – spiega Andrea Lugli – Aerre è specializzata nella progettazione e nella produzione di impianti personalizzati, centrali, banchi prova per collaudi di componenti gestiti con software specifici. In quello della componentistica pneumatica, invece, l’azienda studia e realizza soluzioni innovative di pannellistica per qualsiasi esigenza, garantendo soluzioni esclusive». Il settore di riferimento è la produzione di impianti oleodinamici e pneumatici volti a tutti i campi industriali: «quello dell’automotive è attualmente un settore che ci permette di sviluppare tecnologia, fare ricerca e sviluppo su dispositivi e banchi prova mirati oltre che alla produzione di serie anche alla creatività e al testing per prodotti tec-


Andrea Lugli

Quello dell’automotive è attualmente un settore che permette di sviluppare tecnologia, fare ricerca e sviluppo su dispositivi e banchi prova

nologici e speciali». L’affidabilità e la ricerca sono questioni particolarmente importanti. «La ricerca è un pensiero quotidiano: qualsiasi produzione ha in sé una piccola percentuale di ricerca. Attualmente abbiamo diversi progetti offerti per la realizzazione di banchi prova nel settore automobilistico; ultimo prodotto per la Formula Uno è stato un banco per il controllo degli pneumatici. Questo è stato possibile solo grazie a una grande affidabilità, che è uno dei nostri cardini fondamentali. Ogni prestazione, ogni servizio e tutti i prodotti forniti rispondono a controlli e garanzie». Riguardo all’andamento del business, «Nel 2011 la Aerre ha incrementato di circa un 10 per cento il suo fatturato superando la soglia dei 2 milioni di euro. Nel primo semestre 2012 stiamo faticando a consolidare

tale fatturato, ma con buone prospettive per il restante semestre e per il 2013». Le prospettive di consolidamento sono tali anche grazie all’export: «per la nostra azienda, il mercato estero è rivolto solo su alcune produzioni di macchine speciali per il legno e affini. Invece la produzione di impianti e dispositivi è realizzata per clienti italiani che esportano in tutto il mondo», commenta Andrea Lugli. Che è positivo: «Le prospettive sono confermare il 2011, e riuscire a penetrare su mercati dove è richiesta buona tecnologia». MARCHE 2012 • DOSSIER • 71


Verso un know how sempre più flessibile

a crisi del mercato dell’auto non investe solo l’Italia, ma continua ad attanagliare l’intera Europa. Si è trattato di un’estate nera per le immatricolazioni continentali. Luglio e agosto hanno fatto registrare 1.695.343 immatricolazioni, cifra che confrontata con il dato di 1.841.245 dello stesso bimestre Matteo Grandi 2011 equivale a un calo netto del 7,9 per cento. La somma d’immatricolazioni in Europa dall’inizio dell’anno fa segnare invece 8.591.968 vetture vendute, in calo del 6,6 per cento rispetto al periodo gennaio-agosto 2011. Un andamento simile è stato registrato nel settore moto. Nel primo semestre 2012 il mercato italiano dei motocicli ha registrato 129.164 immatricolazioni, in flessione del 21,55 per cento su base annua. Per questo motivo molte delle realtà che collaborano con questi comparti fornendo componenti strutturali hanno scelto di differenziare la produzione, aprendosi ad altri settori. È il caso della Plasgomma di Esanatoglia. «Il mercato dell’auto e del bike – spiega il titolare Tommaso Procaccini – sta subendo un’importante flessione in ribasso, nulla però che non era già stato pianificato da tempo. L’azienda è specializzata in prodotti tecnici sia per moto che per auto, ma la nostra produzione

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Tommaso Procaccini, titolare della Plasgomma di Esanatoglia (MC) www.plasgomma.com

Il mercato dell’automotive e delle moto è in forte flessione. Eppure, molte delle realtà che forniscono componentistica per questi settori non sono in trend negativo. Come? Sfruttando il know how in altri comparti. Ne parla Tommaso Procaccini

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Tommaso Procaccini

Il nostro ufficio tecnico collabora in co-design con i clienti più importanti in modo da offrire esperienza e soluzioni direttamente in fase di progettazione

spazia anche in altri settori quali elettrodomestici, fitness, utensili e ultimamente anche in componentistica subacquea. È stata la scelta di allargarci ad altri settori che ci ha consentito di non subire una grave flessione». E il bilancio sembra giovare da questa scelta. «In quest’anno di grave crisi congiunturale, il nostro obiettivo principale è stato quello di mantenere lo stesso trend dell’anno 2011, obiettivo per altro raggiunto con l’entrata di nuovi clienti (alcuni di fama internazionale), che hanno compensato il calo di fatturato legato alla crisi che affligge i settori bike e automotive». La Plasgomma nasce come ditta di stampaggio di materie plastiche e gomma. Nel corso degli anni, allargando la sua sfera di attività anche al settore degli elettrodomestici e della componentistica per moto e auto, la Plasgomma è cresciuta sia professionalmente che numericamente arrivando a 3 sedi operative, due nelle Marche e una in Abruzzo, con 80 dipendenti. «Forniamo diverse tipologie di prodotto, da semplici componenti stampati ad articoli più complessi come costampati, bi-materia o particolari che comportano assemblaggi, incollaggi, saldature e test di collaudo. La forte concorrenza asiatica ha fatto spostare il core business dell’azienda sulla produzione di ar-

ticoli tecnici con alto contenuto tecnologico. I nostri clienti ci scelgono infatti soprattutto per il know how, la qualità, la cura dei particolari e la serietà che offriamo su tutti i componenti di nostra produzione. Per questo motivo il nostro ufficio tecnico collabora in co-design con i clienti più importanti in modo da offrire esperienza e soluzioni direttamente in fase di progettazione». Collaborazioni importanti che per l’azienda di Esanatoglia si trovano in modo particolare sul mercato nazionale. «Noi lavoriamo per grandi multinazionali presenti sul territorio italiano e che esportano i loro prodotti in tutta Europa e nel mondo. Abbiamo anche clienti stranieri ma rappresentano una ridotta quota di fatturato e operano essenzialmente nel settore bike e utensileria». Plasgomma investe continuamente in ricerca. «Effettuiamo investimenti – precisa Procaccini – in ricambi di macchinari e in attrezzature destinate al laboratorio di misurazione e qualità. Altri investimenti sono stati realizzati introducendo aree robotizzate per il costampaggio di elementi filtranti per Airbox, nonché nell’introduzione di ottimizzazioni alle attrezzature legate all’utilizzo di tecnopolimeri altamente innovativi». Nel futuro dell’azienda c’è la volontà di consolidare la posizione nel mercato europeo. «Intendiamo porci come preferenziale fornitore di articoli tecnici in plastica e gomma, spostando l’attenzione su mercati nord europei ove tali articoli vengono maggiormente apprezzati e valorizzati. Intendiamo continuare a lavorare con il massimo impegno – conclude Procaccini – per contribuire a mantenere alto il valore aggiunto dei nostri prodotti e, più in generale, per dimostrare al mondo che la crisi esiste per chi produce particolari con basso valore tecnologico facilmente riproducibili in paesi low cost». MARCHE 2012 • DOSSIER • 73


MODELLI D’IMPRESA

L’enologia tiene, ma chiede una svolta a vendemmia del 2012 parla di valori decisamente positivi per quello che riguarda soprattutto la qualità, i cui livelli sarebbero addirittura superiori rispetto alle raccolte precedenti. In questo scenario le Marche si posizionano in una situazione decisamente privilegiata e possono essere fiduciose come il resto delle regioni del CentroSud. Notizie positive pertanto per quello che riguarda il mercato enologico italiano, che comprende anche tutte quelle attività legate al mondo del vino, come Enovetro di Monte Roberto, situata proprio nel cuore della zona di produzione del Verdicchio. «L’Enovetro è nata nel 1985 come attività d’ingrosso e rappresentanze di prodotti enologici e vetro contenitori – spiega la titolare Rita Gagliardini –. Oggi siamo un’azienda consolidata nel settore eno-

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Rita Gagliardini, titolare di Enovetro, con sede a Monte Roberto (AN) www.enovetro.com

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Tra export in rialzo ed eccellenze territoriali, il mercato enologico resta il fiore all’occhiello del nostro Paese. Ma non sono poche le imprese che guardano con preoccupazione al futuro. Rita Gagliardini, da anni nel settore, riassume il delicato contesto Nicoletta Bucciarelli

logico marchigiano e abruzzese, grazie alla posizione geografica in cui ci troviamo, a contatto con le maggiori aziende produttrici e grazie a partner di rilievo. La competenza nel proporre soluzioni di packaging è anche passione. Una passione rivolta a curare i presupposti per valorizzare i nostri vini, patrimonio alimentare e culturale indiscusso del nostro Paese». Proprio sull’Italia, intesa come sistema economico e politico, la Gagliardini ha più di una parola da spendere. «Noi, in quanto cittadini, stiamo accettando sacrifici indicibili – dice – nella speranza che vengano risolti problemi cronici come evasione fiscale, debito pubblico, burocrazia. Occorrono rigore, determinazione e concretezza affinché i progetti si realizzino dando un minimo di speranza alle nuove generazioni e al nostro meraviglioso Paese. Potremmo andarcene, siamo stati tentati più volte di farlo – conclude Rita Gagliardini – ma il legame profondo e passio-


Rita Gagliardini

L’attenzione è rivolta alla progettazione degli interni nel dettaglio, creando un connubio tra estetica e massima specializzazione degli spazi per la loro funzione

nale con la nostra terra ci spinge ancora a lottare nella speranza che all’unità monetaria si associ quella fiscale a livello europeo». L’attenzione all’attualità è massima e lo studio del contesto economico presentato dalla Gagliardini non è certamente dei più rosei. «La vera domanda è: perché è data alle banche la possibilità di annullare nei nostri confronti i benefici di una politica monetaria espansiva (l’euribor è ai minimi storici) con continui aumenti degli spread che fanno lievitare i tassi finiti? Hanno tolto le commissioni di massimo scoperto e di contro hanno inserito le commissioni sugli affidamenti senza i quali è impossibile lavorare. Ora, con proposte di modifica unilaterale, vengono di nuovo inserite commissioni sullo scoperto ma la Dif resta. E pensare che negli anni passati hanno finanziato di tutto». Quello della titolare di Enovetro non è lo sfogo di chi soffre nel periodo di crisi, la sua infatti rimane un’azienda solida. «Per nostra fortuna al momento non abbiamo dovuto affrontare gravi problemi. Ma per quanto ancora? La nostra attività dipende dalle imprese di produzione e se si continua a far pagare il 50 per cento di imposte si inibiscono gli investimenti. Questo non può che portare al blocco

del paese. Ti chiedono tanto, e cosa ti danno in cambio? Ultimamente hanno fatto tutti i controlli possibili, eppure l’evasione fiscale continua a essere una piaga: significa che il sistema per combatterla non è efficace». Per reagire alla situazione cercando di non farsi travolgere Enovetro si è nel tempo specializzata per un particolare tipo di servizio "chiavi in mano". «Il nostro cliente è la cantina, e per questa siamo in grado di offrire tutto quanto è necessario, dalle bottiglie ai tappi, ai prodotti per la cura della cantina stessa. La logistica è di fondamentale importanza, l’Enovetro garantisce una corretta e puntuale distribuzione dei prodotti ai clienti, avvalendosi di mezzi in possesso dei requisiti necessari al trasporto di prodotti alimentari. Gli spazi sono stati ben organizzati in relazione alle tipologie degli articoli che ospitano. Il magazzino è gestito con un avanzato sistema di rintracciabilità che, sfruttando la tecnologia dei barcode, consente di controllare e conoscere l’itinerario di ogni singolo prodotto dall’arrivo in magazzino fino alla consegna al cliente finale». MARCHE 2012 • DOSSIER • 77


MODELLI D’IMPRESA

Quanto conta l’artigianalità? Artigianalità qualificata, tecnologie di ultima generazione ed export. Sono queste le ricette “anti-default” che permettono alle Pmi italiane, pur con le dovute cautele, di guardare positivamente al futuro. L’esperienza di Fabio Lucarelli Marco Tedeschi n periodo di crisi, nelle imprese, una delle prime voci che viene ridimensionata, è quella della formazione del personale. Nel caso delle piccole e medie realtà che producono stampi per realizzare oggetti in plastica il discorso è ben diverso, visto che l’artigianalità specializzata e l’alto grado di professionalità interna continuano a costituire dei tratti caratteristici e distintivi che differenziano le aziende sui mercati globali. «Nonostante la nostra sia una realtà molto supportata a livello tecnologico – spiega Fabio Lucarelli, cotitolare della Ltl di Maiolati Spuntini insieme a Luca Lai e Sandrino Tassi – il nostro lavoro conserva una grande dose di artigianalità. Il prodotto che dobbiamo realizzare è infatti unico. In questa tipologia di la-

I Ltl Costruzione e Riparazione Stampi si trova a Maiolati Spontini (AN) info@ltlstampi.it

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voro, l’uomo conta ancora molto, conta molto la sua mano e l’esperienza acquisita in anni di lavoro. Stiamo formando nuovo personale ma servono anni e molti investimenti; investimenti che sono però indispensabili perché parte importante per la realizzazione di un prodotto unico. Tutti i dipendenti che lavorano da noi infatti sono continuamente aggiornati attraverso corsi per l’utilizzo di software e cad cam. L’azienda può contare sulla collaborazione di diversi giovani, che intendiamo far crescere internamente. Una cosa che permetterebbe di creare anche nuovi metodi di lavoro». Otre che in formazione, l’azienda di Maiolati Spontini investe anche in altri settori. «Molto spesso dobbiamo sondare con i nostri clienti quali sono i prodotti che incontreranno maggior successo; si tratta sempre d’investimenti e di ricerca perché non è detto che il prodotto finito incontri il consenso del mercato». Ltl si inserisce nel campo della realizzazione di stampi d’acciaio per la produzione di oggetti in plastica. «La base della nostra attività sta principalmente nel rapporto con il committente; una collaborazione che inizia nelle fasi primordiali del pro-


Fabio Lucarelli

Tutti i dipendenti che lavorano da noi sono continuamente aggiornati attraverso corsi per l’utilizzo di software e cad cam

getto, mentre seguiamo la creazione del prodotto negli aspetti riguardanti l’ingegnerizzazione dello stampo e la possibilità di produrlo in breve tempo a un costo non elevato. Eseguiamo anche dei test interni per il funzionamento dello stampo finito e assistiamo il cliente, anche dopo la consegna, nella manutenzione sia di stampi nostri che non appartenenti a noi». I settori che si rivolgono alla Ltl sono quindi molteplici. «Innanzitutto il packaging, gli imballaggi industriali, il casalingo, il settore del florovivaismo, l’automotive e altri comparti come il caseario». Un pacchetto clienti che non si riferisce solo alla zona in cui si trova l’azienda. «Anzi. Il fatturato è del 5 per cento nelle aziende nell’arco di 100 km e 70 per cento nell’arco di 500 km. Quindi quasi esclusivamente il Nord Italia, il Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Il restante si riferisce all’estero, soprattutto Russia e Sud America». Per il futuro la realtà marchigiana ha programmi ambiziosi. «Intendiamo crescere ancora, in modo particolare sotto il profilo internazionale,

pur con le preoccupazioni legate al periodo che stiamo attraversando. Per questo cerchiamo di svilupparci gradualmente, facendo maturare il personale. Siamo preoccupati per il futuro del settore, ma non solo, da qui la scelta di proseguire per gradi e lentamente. La nostra azienda gode di ottima salute, abbiamo le idee molto chiare, quello che ci preoccupa è quello che ci sta intorno. Su una cosa però siamo certi di poter contare. Anche nello stampo, infatti, anni fa c’erano molte aziende che realizzavano prodotti di livello mediocre. Noi abbiamo sempre cercato di seguire la via opposta, offrendo un supporto a 360 gradi, performance dello stampo, affidabilità. E questo ha pagato. Il mercato non ha infatti premiato chi realizzava prodotti di bassa qualità. Dare una qualità e quindi un’affidabilità maggiore fino a questo momento ha fatto la differenza». Seguendo questo credo l’azienda ha raggiunto oggi i 2 mln di fatturato annui. «Stiamo attraversando una fase di continua e lenta crescita, nonostante le difficoltà che riscontriamo intorno a noi. Una tendenza positiva che registriamo anche nel primo semestre del 2012». MARCHE 2012 • DOSSIER • 79


Il mercato estero traina le imprese Calo dei consumi e difficoltà di accesso al credito frenano gli investimenti in Italia. Ma all’estero, e soprattutto nei paesi emergenti, molte aziende made in Italy ottengono ottimi risultati. Il caso della Gibam Shops nelle parole di Mirco Giovanelli Eugenia Campo di Costa

e aziende oggi devono districarsi tra un mercato nazionale in piena e grave recessione e un mercato extra europeo che corre come una locomotiva. Una situazione che non risparmia il settore dell’arredo per negozi dove, secondo Mirco Giovanelli, amministratore delegato della Gibam Shops di Bellocchi di Fano, al di là del calo dei consumi, che frena gli investimenti sia dei maggiori retailer organizzati che dei singoli commercianti per il rinnovo dei punti vendita, il problema reale è la viscosità nella concessione di credito da parte del sistema bancario. «Nessun imprenditore commerciale, grande o piccolo che sia, investe nel rinnovo del proprio punto vendita o

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nell’apertura di un nuovo punto vendita se non finanziandosi, e oggi l’accesso al credito in Italia è sempre più difficile. Su molti mercati extra europei, specie nei paesi emergenti, consumi in crescita, un mercato immobiliare frizzante e capitali disponibili rendono tutto più facile». In un contesto così complesso, quali risultati ha raggiunto la vostra società nell’ultimo anno? «Il 2011 è stato per noi il secondo anno di ripresa consecutivo rispetto alla contrazione avuta nel 2009. Abbiamo ottenuto un fattu-

Mirco Giovanelli, amministratore delegato della Gibam Shops di Bellocchi di Fano (PU). Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda www.gibamshops.it


Mirco Giovanelli

Credo che il miglior investimento sia ripensare le tecnologie tradizionali in modo nuovo e conforme al mercato di oggi

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rato complessivo di poco superiore ai 20 milioni di euro, con una crescita del 6,4 per cento rispetto all’anno precedente. Anche nel 2012, malgrado l’ulteriore e inevitabile contrazione delle vendite in Italia, abbiamo ottenuto ottimi risultati nei mercati esteri, registrando a giungo un’ulteriore crescita complessiva del 10 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Oggi l’azienda si distingue su tre fronti: la produzione di arredi modulari e componibili dedicati al mondo food e no food, la produzione di cataloghi creati unicamente per specifiche merceologie, come ottica, farmacia e benessere e il lavoro fatto nel campo del contract design. Quale di queste attività rappresenta la percentuale maggiore del vostro core business? «In questo momento la maggior parte delle vendite deriva dal contract design, grazie alle caratteristiche, così diverse fra loro, dei mercati in cui operiamo. Nei paesi emergenti gli investitori che aprono nuovi punti vendita si rivolgono a noi innanzi tutto per la consulenza. Quello che acquistano è di certo il nostro prodotto con le sue caratteristiche materiali, ma a fare la differenza è soprattutto la nostra competenza nel saper progettare spazi

commerciali e di conseguenza arredi e attrezzature in grado di rendere il loro investimento vincente. La creazione di prodotti da catalogo e il rinnovo di tutte le nostre linee è per lo più, ad oggi, un investimento per il futuro. I prodotti da catalogo, nel nostro settore, richiedono mercati particolarmente maturi, dove sia presente quella rete di intermediari e professionisti in grado di fornire servizi aggiuntivi e competenza accessoria che fanno di un mercato un settore. Nel nostro caso queste caratteristiche le hanno, ad oggi, solo i mercati europei ma noi crediamo fortemente che, seppur con lentezza, le cose cambieranno e vogliamo essere a quel punto i primi, e molto avanti rispetto tutti gli altri». Possiamo descrivere più nel dettaglio le caratteristiche della vostra offerta? «L’offerta Gibam Shops si suddivide sostanzialmente in tre distinti binomi prodotto/servizio: Gibam Composit è un insieme di sistemi di arredo modulare che, per le loro caratteristiche di flessibilità e universalità, si adattano a molti settori del commercio. Questa divisione si rivolge principalmente ad architetti e arredatori che operano professionalmente nel settore. Gibam Solution è una raccolta di cataloghi di arredi, complementi,

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MODELLI D’IMPRESA

❯❯ materiali di rivestimento e decorazione, che

si presenta come un’offerta integrale rivolta a dettaglianti individuali che operano in settori legati alla salute e al benessere. Gibam Shops Custom&Contract è la divisione dell’azienda rivolta al contract design appunto: su nostro progetto o su progetto proposto dal cliente realizziamo prodotti personalizzati e forniture chiavi in mano a livello internazionale. A completare il “pacchetto” dedicato all’arredo negozi si aggiunge poi un’ulteriore azienda, GibamVision, nata ed entrata a far parte di Gruppo Gibam nel 2010, che realizza sistemi di comunicazione digitale, interattiva e non, per il commercio e i servizi». La vostra è una produzione interna totalmente made in Italy. Nell’attuale scenario di mercato temete la concorrenza dei Paesi a basso costo? «Oggi il vero vantaggio che abbiamo dal produrre totalmente in Italia è la flessibilità che ci dà il nostro indotto di sub-fornitori nel lavorare e combinare materiali molto diversi fra loro con eccellenti livelli di qualità ed elevata capacità produttiva. Oserei dire che oggi, almeno per quel che ci riguarda, a essere vincente sul piano produttivo è il sistema delle piccole e medie imprese del nostro territorio.

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Nel 2011 abbiamo registrato una crescita nel fatturato del 6,4 per cento rispetto all’anno precedente

Certo noi abbiamo imparato a sfruttarne al meglio i punti di forza eludendone le debolezze. Il problema è che con la crisi attuale il rischio è che questo sistema di imprese si indebolisca in una spirale irreversibile». Quanta attenzione viene riposta, e quanto si investe, in ricerca, innovazione e sviluppo? «Credo, senza esagerare, che oggi Gibam Shops sia una delle aziende che nel settore più sta investendo in R&S nell’intera Europa. Sicuramente i prodotti di comunicazione digitale interattiva e gli apparati di illuminazione a risparmio energetico sono i progetti più innovativi sul piano tecnologico. Ma credo che il miglior investimento sia ripensare le tecnologie tradizionali in modo nuovo e conforme al mercato di oggi. La miglior strategia, almeno a breve e medio termine, rimane il differenziarsi da turchi e cinesi». Quali sono le prospettive e gli obiettivi dell’azienda per il prossimo anno? «Crescere per difenderci. Siamo consapevoli di dover spingere e acquisire nuove opportunità e vendite sui mercati esteri consolidati o emergenti, perché il rischio che la ripresa, per il mercato nazionale o quelli limitrofi, sia lontana è ancora molto, molto, alto. Il nostro sforzo principale per lo sviluppo è quello di cercare nuove opportunità in mercati come Balcani, Africa, Asia centrale, India. Il nostro obiettivo è mantenere un sano e intelligente equilibrio remunerativo».


Ivo Albanesi

La viteria si innova Nel settore della viteria occorre puntare sulla personalizzazione e sulla qualità hi tech, per affrontare la concorrenza sempre più invasiva dei paesi dell’Est. L’esempio di Ivo Albanesi Roberta De Tomi

nvestire in nuovi macchinari e realizzare una produzione sempre più specializzata: sono le modalità attuate dalla Sicurvit, per mantenere la competitività sul mercato. Per questa realtà, produttrice da quasi cinquant’anni di viterie e minuterie metalliche, la sfida non si gioca su terreni semplici. «Nell’ultimo biennio – spiega il titolare Ivo Albanesi – abbiamo risentito, come molte aziende del settore, della crisi economica, e non è stato facile far fronte ai costi aziendali crescenti, visto il calo di commesse da parte di diversi clienti e l’aumento delle insolvenze. Tutti questi fattori hanno determinato un calo del fatturato, a fronte di recenti incrementi che abbiamo realizzato, grazie agli investimenti effettuati e alla costante ricerca

I Momenti della lavorazione delle viti alla Sicurvit Srl di Castelfidardo (AN) www.sicurvit.com

di un prodotto di qualità. A metterci in difficoltà, oltre ai fattori già citati, anche la difficoltà a reperire credito bancario. A queste criticità stiamo facendo fronte con le nostre risorse personali». La Sicurvit produce viti destinate a settori quali l’automotive, l’elettromeccanico, il legno, mentre la micro viteria è destinata ad ambiti quali il calzaturiero, la pelletteria, la borsetteria e quello degli strumenti musicali. Per mantenere il suo ruolo sul mercato, l’azienda ha imboccato un percorso specifico, come sottolineato da Albanesi «Per noi è importante investire in innovazione e tecnologia e, nonostante la crisi, abbiamo mantenuto l’impegno, acquistando di recente nuovi macchinari. Inoltre, competitor localizzati nei paesi dell’Est, che negli ultimi ci stanno dando filo da torcere nelle produzioni standard, ci hanno spinto a concentrarci maggiormente sulla realizzazione di articoli speciali a disegno, migliorando non solo gli stessi articoli, ma anche la nostra organizzazione produttiva». Più che sull’ internazionalizzazione, la Sicurvit si concentra sulla produzione. «All’export – chiarisce il titolare – è destinata una piccola quota della produzione, poiché operiamo principalmente sul territorio nazionale. Tuttavia tra i nostri clienti annoveriamo importanti rivenditori che esportano i nostri articoli sul mercato europeo, dove quindi abbiamo una presenza. A proposito di obiettivi futuri, gli investimenti attuati nel corso di quest’anno ci consentiranno di realizzare una produzione sempre più specializzata». MARCHE 2012 • DOSSIER • 85




MODELLI D’IMPRESA

Un business sostenibile Pubblico e privato possono collaborare in modo sinergico e soprattutto proficuo. Lo dimostra l’attività di recupero, trattamento e rivendita della carta da macero svolta a Pesaro dalla società Ricicla. L’analisi di Giovanni Bencivelli Emanuela Caruso

n 10 per cento alla multiutility Marche Multiservizi. Un 30 per cento di partecipazione privata e un 60 per cento all’impresa Cartfer, specializzata nella lavorazione del materiale da recupero. Così è composta la compagine sociale dell’azienda Ricicla, mente commerciale e commerciante del più ampio gruppo impegnata nel far sì che tutta la carta da macero proveniente dalla multiutility della provincia di Pesaro e dalla raccolta differenziata e, successivamente, processata dagli impianti della Cartfer venga venduta sul territorio nazionale e mondiale, in particolare a clienti italiani, europei e cinesi. Come racconta Giovanni Bencivelli, direttore commerciale dell’impresa: « Ricicla è nata dodici anni fa per assolvere, in primis, le esigenze del

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La Ricicla Srl ha sede a Pesaro www.ricicla-it.com

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territorio. Oggi, non vendiamo soltanto il materiale che proviene dal nostro indotto, ovvero dalle industrie di Pesaro e dalla multiservizi della nostra regione che occupa il 30 per cento della nostra produzione, ma commercializziamo anche prodotti similari provenienti da tutto il territorio nazionale. Tutte le tipologie di carte da macero che lavoriamo e reimmettiamo sul mercato vanno a confluire direttamente nelle cartiere e sono utilizzabili per la realizzazione di giornali, riviste, e imballaggi». Sin dall’inizio dell’attività, Ricicla ha avuto un unico obiettivo: integrare ciò che di meglio può offrire un’azienda privata con ciò che di meglio possono offrire un ente pubblico e una multiutility. Continua, infatti, Giovanni Bencivelli: «Vogliamo inculcare nella filosofia aziendale di


Giovanni Bencivelli

TONNELLATE grandi imprese industriali e manifatturiere la convinzione del vantaggio che si può trarre disponendo di partner come la nostra realtà, dove privato e pubblico operano in simbiosi e totale sinergia». E a riprova del fatto che lavorare in un contesto misto pubblico-privato porta a raggiungere interessanti traguardi ci sono i risultati registrati negli ultimi anni proprio da Ricicla. «Nonostante la crisi economica che imperversa sui mercati nazionali e internazionali, per noi il 2011 è stato un anno positivo, in quanto abbiamo osservato un aumento del fatturato del 10 per cento, arrivando così a toccare i 10 milioni di euro, un incremento dell’utile del 40 per cento e una crescita dei quantitativi di circa 4000 tonnellate. E proprio come l’anno scorso, anche il 2012 si sta dimostrando positivo, poiché è già stato segnato un incremento dei quantitativi di 6500 tonnellate in più rispetto al 2011 e i fatturati sono in linea con quelli dell’anno passato. Abbiamo raggiunto questi traguardi importanti a dispetto del fatto che il 2012 si stia dimostrando un anno molto complicato, soprattutto dal punto di vista delle insolvenze, problema che abbiamo ridimensionato operando con assicurazioni sul credito e quindi coprendo anche i nostri fornitori, e delle materie prime. Queste ultime, infatti, sono state protagoniste di un crollo sia in termini di prezzo che in termini di quantità in ingresso. Abbiamo assistito a una contrazione notevole

6500 INCREMENTO SUL QUANTITATIVO DI PRODOTTI VENDUTI MATURATO NEL 2012 DALLA RICICLA SRL, CHE AD OGGI RIVENDE CIRCA 160.000 TONNELLATE DI CARTA DA MACERO

dei consumi e a una diminuzione importante dei rifiuti che, di conseguenza, ha ridotto anche i prodotti derivanti da rifiuti e raccolta differenziata – carta, plastica e materiali riciclabili in genere. Per compensare questa situazione, la nostra società ha scelto di incrementare la produzione, ovvero di garantirsi un approvvigionamento maggiore di materiale e quindi una maggiore cura dei fornitori e dei clienti anche tramite acquisizioni di partecipazioni e bandi d’asta». Attualmente, Ricicla è certificata Iso 9001 e vende 160.000 tonnellate di carta da macero all’anno, un numero che in futuro l’impresa ha intenzione di far lievitare. «Il Gruppo ha deciso di impegnarsi in trend di crescita sostenibili – conclude Giovanni Sideri, amministratore delegato della società –; ciò significa che non vogliamo crescere in modo improvviso ed esagerato, ma in maniera graduale, progressiva e costante. Ecco perché miriamo a raggiungere le 200.000 tonnellate annue nei prossimi cinque anni, compiendo così, ancora una volta, quel balzo che ogni cinque anni ci porta ad aumentare i quantitativi di circa 50.000 tonnellate». MARCHE 2012 • DOSSIER • 89


IL DISTRETTO CALZATURIERO

Qualità italiana per i passi dei bambini I dati raccolti nel primo semestre del 2012 mostrano un settore calzaturiero in difficoltà. Questo però non scoraggia gli imprenditori del comparto, che puntano sulle esportazioni e sull’ottima reputazione del made in Italy. Il commento di Giovanni Giustozzi Emanuela Caruso

ei primi cinque mesi del 2012 i valori segnati dalle esportazioni italiane del comparto calzaturiero hanno registrato un più 4 per cento in valore, ma un meno 10,3 per cento in quantità. In altre parole, tra gennaio e maggio, sono stati esportati 96,9 milioni di paia di scarpe – oltre 11,1 milioni in meno rispetto all’analogo periodo del 2011 – per un valore record di 3,1 miliardi di euro. Tra le categorie merceologiche che, pur attestandosi su valori negativi in termini di quantità, hanno presentato un trend meno sfavorevole si collocano le calzature da passeggio, di cui – in volume – le scarpe da uomo hanno segnato un meno 1,6 per cento, quella da donna un meno 3,4 e quelle destinate ai piedini dei più piccoli un calo del 4,2. Proprio nel particolare settore della produzione di calzature per bambini opera il calzaturificio marchigiano La Romagnoli, sito a Petrolio. «Nonostante il momento congiunturale assai incerto tanto per il mercato nazionale quanto per quello internazionale – commenta Giovanni Giustozzi, titolare dell’attività – incertezza causata dalla crisi economica, dalla concorrenza di quei produttori che hanno immesso sul mercato prodotti di scarsissima qualità a prezzi decisamente bassi, e dalla crescente offerta seguita alla delocalizzazione, una realtà solida e ben strutturata come la no-

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stra non si spaventa di certo e continua a credere nel proprio lavoro, a eseguirlo con tutta la qualità che contraddistingue da sempre il made in Italy e ad avere fiducia in un andamento positivo dell’attività e del settore stesso». Proprio la lotta a difesa e valorizzazione dell’italianità dei prodotti è l’obiettivo che da oltre 50 anni guida non soltanto l’operato di Giovanni Giustozzi, ma anche quello di tutta l’azienda. «Crisi o non crisi, il mercato chiede sempre la stessa cosa: un prodotto sano e una struttura anatomica ben modellata capace di donare benessere ai nostri piedi, entrambi requisiti che solo il made in Italy può assicurare. Dal lontano

Il calzaturificio La Romagnoli Srl ha sede a Petriolo (MC) www.laromagnoli.it


Giovanni Giustozzi

Il nostro è un prodotto molto delicato, in quanto deve saper favorire lo sviluppo armonico del piede sin dai primi passi del bambino

1960, il nostro calzaturificio – partito come piccola realtà artigianale e trasformatosi dopo solo dodici anni in impresa industriale – usa materiali esclusivamente italiani in vera pelle e vero cuoio, gli unici che favoriscono una corretta traspirazione del piede e si prestano a svariate tipologie di lavorazione». Specializzato nella realizzazione di calzature da bambino e bambina – sneakers, stivali e ballerine – con numeri dal 18 al 40, il calzaturificio La Romagnoli produce articoli particolarmente delicati, poiché come spiega Giustozzi: «Una crescita sana e corretta passa anche attraverso le scarpe, che devono essere in grado di favorire un giusto sviluppo dei piedi e della deambulazione. Le calzature dedicate ai più piccini devono

avere una struttura anatomica flessibile, leggera, spaziosa nella zona anteriore e più sostenuta nella parte posteriore. Solo unendo l’utilizzo di materiali naturali e di elevata qualità a lavorazioni che assicurino la realizzazione di prodotti con caratteristiche come quelle appena citate, si possono ottenere scarpe gradevoli sia dal punto di vista anatomico che dal punto di vista estetico». Per aumentare la distribuzione sul mercato nazionale delle calzature prodotte, da poco più di un anno il calzaturificio La Romagnoli ha aperto il negozio “I Birbi Bimbi”, sito ad Abbadia di Fiastra a Tolentino, in provincia di Macerata, completamente immerso nel verde e dedicato proprio ai piccoli clienti, ormai sempre più esigenti in fatto di scarpe. Con tutti questi assi nella manica da poter giocare, il calzaturificio di Giovanni Giustozzi ha le idee ben chiare su come affrontare l’immediato futuro. «I nostri obiettivi per il medio-lungo sono rimanere ancora grandi protagonisti del mercato calzaturiero italiano e internazionale e dare nuove opportunità lavorative a risorse del territorio marchigiano, così da ammortizzare gli effetti negativi della crisi, snellire i tempi di produzione e andare incontro alle esigenze del bacino d’utenza». MARCHE 2012 • DOSSIER • 95


SERVIZI ALL’IMPRESA

Supporto e formazione per le imprese del territorio Per essere competitivi nell’attuale scenario economico, è fondamentale creare una rete di imprese che dialogano tra loro. Tramite l’aggregazione il piccolo imprenditore può aprirsi a nuove opportunità e crescere. È questa la sfida che da anni sta portando avanti Confartigianato Imprese Pesaro Urbino. Grazie anche al supporto di Confartfidi

n’organizzazione autonoma e apartitica, fondata sul principio della libera adesione e aperta a tutte le componenti geografiche, settoriali e culturali dell’artigianato italiano. Questo è quello che rappresenta Confartigianato. La forza che sta dietro quest’organizzazione sono i 521.000 artigiani che hanno deciso di aderire, facendone la maggiore struttura del settore. A livello territoriale Confartigianato è presente nella Provincia di Pesaro e Urbino Nicoletta Bucciarelli con 19 sedi e occupa 125 tra addetti e funzionari. Rappresenta oltre 4.000 imprese, più di 3.500 pensionati e 6.000 imprese iscritte alla Confartigianato Fidi. «Confartigianato Fidi Pesaro e Urbino – spiega nato imprese Pesaro e Urbino e presidente Learco Bastianelli, presidente di Confartigia- ConfartFidi – è una società cooperativa a responsabilità limitata che si propone di promuovere il miglioramento e l’ammodernaSotto, Learco Bastianelli, presidente di Confartigianato imprese Pesaro e Urbino e presidente ConfartFidi. Nella pagina a fianco, Giuseppe Cinalli, segretario generale di Confartigianato imprese Pesaro e Urbino e mento delle piccole imprese artigiane, direttore di ConfartFidi www.confartps.it commerciali e industriali, assistendole nell’accesso al credito. Per questo Confartigianato Fidi offre ai soci garanzia sui finanziamenti concessi dalle banche convenzionate presenti nel territorio. Ovviamente in questo particolare periodo storico il nostro ruolo risulta ancora più importante, un ruolo chiave proprio perché fungiamo da filtro. Confartfidi consente infatti alle banche di avere maggiori sicurezze nei prestiti che concedono. Si tratta pertanto di un ruolo molto attivo». Le banche con cui collabora maggiormente Confartfidi, sono quelle regionali storiche. «Quello che possiamo testimoniare – prosegue il presidente Bastianelli - è che l’imprenditore locale ha molta dimestichezza con Confidi; molte imprese artigiane e commerciali si rivolgono a noi. La nostra è una realtà molto radi-

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Learco Bastianelli e Giuseppe Cinalli

cata e conosciuta nel territorio, da 60 anni infatti la cooperativa di riferimento per la garanzia del credito nella Provincia di Pesaro e Urbino assiste, consiglia e garantisce le imprese che vogliono accedere al mercato del credito. I 5.800 soci, tutti attivi, sanno che possono beneficiare oltre alla fidejussione della cooperativa, della consulenza di personale altamente qualificato, delle convenzioni con 17 istituti bancari e della possibilità di ottenere i contributi regionali per l’abbattimento dei tassi di interesse bancari. I nuovi scenari del credito affidano un ruolo ancora importante alla garanzia, chiedendo però efficienza e professionalità. Confartigianato fidi si è attrezzata per tempo così che oggi espone di strumenti e procedure per la valutazione del merito del credito. Attraverso gli sportelli presenti nelle sedi Confartigianato della provincia svolge un’opera incessante d’informazione e mediazione tra il mondo dell’impresa e istituti creditizi». Tra le iniziative principali portate avanti dall’organizzazione, oltre all’informazione, c’è anche la formazione. «Ci sono molti aspetti su cui gli imprenditori locali andrebbero consigliati – spiega Giuseppe Cinalli, segretario generale di Confartigianato imprese Pesaro e Urbino e direttore di ConfartFidi –, anche per ottenere maggior fiducia dalle banche. Si tratta da sempre di un nostro cavallo di battaglia; sia come Confartigianato che come Confidi cerchiamo sempre di portare avanti un’educazione finanziaria. Per questo organizziamo dei corsi e dei seminari per informare e sensibilizzare gli imprenditori sotto questo punto di vista; molto spesso infatti abbiamo a che fare con imprese familiari, quindi con una contabilità semplifi-

L’imprenditore locale ha molta dimestichezza con Confidi, una realtà radicata e conosciuta nel territorio, da 60 anni la garanzia del credito nella Provincia di Pesaro e Urbino

cata. Quello che noi cerchiamo di spiegare è la necessità di comprendere il valore dell’azienda, quali sono le prospettive, qual è il mercato, quali sono i costi degli strumenti che utilizzano e se esiste la possibilità di usufruire di strumenti differenti». L’attuale scenario economico impone inoltre alle imprese l’attivazione di processi di aggregazione che consentano di affrontare le nuove sfide dei mercati, aggregazioni che possono aiutare le imprese ad acquisire maggiore competitività. «È per questo motivo che abbiamo creato il progetto di rete “Insieme si può” – riprende il presidente Bastianelli –. Per essere competitivi è fondamentale avere una rete di imprese che dialogano tra di loro. Si tratta di un insieme di servizi tra strutture associative, all’interno sono infatti presenti imprese appartenenti a Confartigianto, Confindustria e Cna. Realtà che normalmente sarebbero in competi- ❯❯

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SERVIZI ALL’IMPRESA

Una scuola per gli imprenditori di domani ❯❯ zione fra di loro, ma che ra-

Il Sid, ovvero Scuola per l’imprenditorialità e la dirigenza, rappresenta il fiore all’occhiello dell’Associazione pesarese. «Si tratta – spiega il segretario generale Cinalli, coordinatore del comitato di direzione – di un’iniziativa partita alla fine del 2007 insieme con la Facoltà di Economia dell’Università di Urbino. Con loro abbiamo deciso di costruire un percorso biennale, composto da lezioni nelle quali si avvicendano docenti come Enzo Rullani, Mauro Magatti, Paolo Feltrin, Giancarlo Ferrero, Tonino Pencarelli e Lucio Poma. Il corso si conclude con la classica tesi e diploma, con tanto di crediti universitari da spendere nei corsi di economia dell’Università di Urbino. Un caso unico nel suo genere in Italia. La selezione avviene tramite domanda presentata a Confartigianato; si valutano sia i titoli di studio che l’attitudine motivazionale». Una componente fondamentale per i futuri imprenditori.

gionando sulle prospettive economiche degli associati, hanno trovato un’intesa per lavorare insieme e diffondere la conoscenza di uno strumento utile. Su tali basi, le tre associazioni hanno realizzato un progetto comune che prevede attività di sensibilizzazione e informazione sul tema dell’aggregazione e, in particolare, del contratto di rete e dei suoi aspetti giuridici, economici e operativi, tramite convegni, workshop, pubblicazioni e un portale internet dedicato». Il Qatar, tramite questa rete di imprese, è diventato il prossimo obiettivo delle imprese di Confartigianato. «Le imprese di Confartigianato,– spiega Cinalli – nell’ambito del progetto di rete “Insieme si può”, stanno partecipando alle gare per arredare ville e grattacieli in vista dei Mondiali del 2016 che si svolgeranno nell’Emirato. Per ora siamo presenti con imprese del settore case, costruzioni, ma anche arredamento. Ritorna pertanto in auge il distretto del mobile e dell’arredamento pesarese, dopo che il mondo arabo, che ci aveva sempre apprezzato, aveva virato verso le offerte della 100 • DOSSIER • MARCHE 2012

Cina, che non si è dimostrata però affidabile. Si parla dell’arredamento di moltissime ville. Un’ottima notizia per il nostro distretto. Abbiamo avuto la visita di una delegazione dal Qatar e speriamo di avere ulteriori e nuovi contatti su quel fronte». Di recente inoltre è stato costituito Ibn, acronimo di Italian building network, «si tratta di una filiera della costruzione impiantistica, un’opportunità di presentarsi insieme nel mercato dell’edilizia. Nel nostro territorio infatti è difficile che il piccolo possa diventare grande. Attraverso questo sistema di aggregazione ci sono maggiori opportunità di aprirsi a nuovi mercati e consolidare una presenza sul territorio. Le piccole imprese possono in questo modo far dei progetti in grande».



CONSULENZA

Quali strumenti per le aziende in crisi «L’analisi della struttura aziendale è fondamentale in un periodo di grandi sconvolgimenti come quello attuale dove le esigenze delle imprese sono fiscali, aziendali, amministrative e dirigenziali». La parola a Dalmazio Greci Emanuela Caruso

Dalmazio Greci insieme allo staff del suo studio professionale di commercialisti, attivo a Montegranaro (FM) dalmazio@greci.biz

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a crisi economica mondiale non ha creato soltanto un grande scompiglio all’interno dei mercati internazionali, ma ha anche causato tutta una serie di criticità interne alle varie realtà del mondo imprenditoriale. Problemi che in particolar modo hanno riguardato il riposizionamento strategico delle imprese dovuto alle contrazioni dei volumi delle vendite sui mercati tradizionali. A queste difficoltà è andato poi ad aggiungersi il credit crunch, ovvero la stretta creditizia operata dal sistema bancario. Trovandosi davanti agli occhi un panorama del genere, risulta evidente il bisogno di rivolgersi a studi professionali in grado di analizzare e risolvere

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Dalmazio Greci

tali situazioni. Come chiarisce Dalmazio Greci: «La figura del commercialista è l’unica in grado di fornire consulenze volte a ribaltare la situazione negativa che grava sulle società italiane. La nostra attività è infatti quella di aiutare le aziende a instaurare un rapporto giusto e proficuo con l’erario e a trovare un metodo per affrontare nel modo migliore la crisi. Nostro compito è quello di affiancare l’imprenditore nella ricerca di strategie oculate, offrendo un contributo tecnico-economico». Come sono cambiate, rispetto al passato, le esigenze delle piccole e medie imprese? «Rispetto ad alcuni anni fa, le esigenze delle imprese sono diventate molto più complesse, ragion per cui hanno bisogno di risposte pronte e competenti che riuniscano soluzioni giuridiche, fiscali, aziendali, amministrative e dirigenziali. Uno studio professionale commercialista come il nostro, trovandosi a operare da un punto privilegiato da cui è possibile osservare e prendere nota dell’intero scenario globale e del-

l’intera condizione in cui versa un’azienda, può consigliare e indirizzare un imprenditore verso scelte oculate e strategiche. Fortunatamente, oggi le Pmi sono consapevoli del difficile momento che l’imprenditoria sta vivendo e che ha portato a uno sconvolgimento dei metodi tradizionali di gestione e, di conseguenza, sono molto propense a investire in consulenza e ad acquisire quante più informazioni economicofinanziarie possibili». Quali sono gli ambiti di specializzazione dello studio? «Le attività principali e di maggior specializzazione riguardano la consulenza tributaria e societaria, la gestione delle operazioni straordinarie, l’analisi dei costi di gestione e la ristrutturazione economico-finanziaria delle imprese. Inoltre siamo specializzati anche in turnaround, ovvero nello Le piccole e medie imprese sviluppo del piano di risanamento delle sanno di dover investire in aziende in crisi; piano che prevede due fasi, una iniziale di ricerca delle cause consulenze mirate a risolvere della crisi e una seconda in cui si gettano questioni finanziarie, fiscali, le basi del piano di recupero della redaziendali e giuridiche ditività». Da chi è formata la vostra com- ❯❯

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CONSULENZA

❯❯ mittenza?

consulenze saltuarie, veloci e sbrigative. Aiuti di questo genere, non protratti nel tempo, non rappresentano un vantaggio, perché con poco tempo a disposizione il commercialista non riesce a inquadrare la situazione e quindi a studiare soluzioni gestionali e direzionali su misura. Le piccole e medie imprese hanno strutture dirigenziali molto ridotte, perciò, rispetto a società di grandi dimensioni, necessitano di un’assistenza più incisiva, che per forza di cose ha bisogno di tempo e analisi precise e puntuali». Quanto è importante l’aggiornamento costante? «L’aggiornamento continuo e costante è importantissimo e occupa una posizione di rilievo per un’attività professionale come la nostra. Infatti, è solo rimanendo aggiornati e in linea con le nuove normative e istanze che possiamo garantire ai clienti un servizio puntuale e davvero utile. Per quanto riguarda il nostro studio, gli aggiornamenti avvengono attraverso la partecipazione a seminari e approfondimenti specialistici». Il futuro del commercialista riguarderà Quali prospettive future inla riscoperta di quelle funzioni aziendaliste travedete per la figura prooggi poste in secondo piano da problematiche fessionale del commercialigiuridiche e fiscali sta? «Il futuro prevede la riscoperta di funzioni prettamente aziendaliste che, purtroppo, negli ultimi anni sono state subordinate a consulenze di tipo giuridico e fiscale. Inoltre, operare in uno scenario internazionale sempre più complesso e dinamico, pian piano renderà il commercialista l’interlocutore principale degli imprenditori, poiché rivestirà il ruolo di tecnico economico dell’impresa nella sua funzione naturale». «La nostra committenza è composta in particolar modo da piccole e medie imprese, di cui la maggior parte sono società di capitali del distretto calzaturiero fermano-maceratese con vocazione all’internazionalizzazione. Gli altri settori da cui provengono i nostri utenti sono l’elettronica, l’edilizia e il turismo. Con i clienti instauriamo rapporti duraturi nel tempo – alcuni dei nostri utenti si rivolgono a noi da trent’anni – caratterizzati da fiducia reciproca e condivisione delle idee e dei progetti». In quali errori possono incappare le piccole e medie imprese nel momento in cui si rivolgono a uno studio professionale come il vostro? «Nel momento in cui un’impresa decide di rivolgersi a uno studio commercialista per ottenere una consulenza e un piano di sviluppo, l’errore che può commettere è quello di richiedere

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CREDITO & IMPRESE

SERVE STABILITÀ PER RILANCIARE GLI INVESTIMENTI Secondo i dati forniti da Banca d’Italia, nei primi nove mesi dell’anno scorso la ripresa dell’economia marchigiana è stata flebile e incerta. Dopo il debole recupero dell’attività nel primo semestre, il quadro congiunturale si è rapidamente deteriorato tra l’estate e l’inizio dell’autunno. Tra i principali comparti di specializzazione regionale, nel primo semestre la dinamica della produzione è risultata superiore alla

media per l’industria calzaturiera e per la meccanica, inferiore per i mobili e gli elettrodomestici. Le informazioni disponibili suggeriscono che le difficoltà sono ancora oggi significative per le piccole imprese. Le esportazioni sono cresciute, ma meno che nel resto d’Italia. Gli investimenti continuano anche quest’anno a ristagnare e anche i piani formulati dalle aziende per il prossimo anno rimangono modesti. MARCHE 2012 • DOSSIER • 107


CREDITO & IMPRESE

FAVORIRE IL DIALOGO TRA BANCHE E IMPRESE Le Marche vantano il miglior rapporto tra numero di pmi manifatturiere e abitanti. In tempi di crisi questo ha comportato una sorta di selezione naturale tra le aziende che meglio hanno saputo e potuto affrontare la recessione. Michele Ambrosini illustra il quadro dell’economia regionale Nicolò Mulas Marcello

L

a richiesta di credito alle banche è diminuita negli ultimi anni ma, a fronte di questo calo, è peggiorata la sua qualità. Le sofferenze pregresse delle imprese, i debiti, i contributi previdenziali e gli obblighi verso il fisco caratterizzano oggi le principali domande di prestiti da parte delle imprese. Con le regole di Basilea 3, che entreranno in vigore nel 2013, le condizioni per l’erogazione di crediti saranno ancora più rigide: «Occorrerà capire – spiega Michele Ambrosini, vice presidente di Banca delle Marche – quale sarà il rischio di credito compartecipando al rischio di impresa. Si andrà sempre di più verso rapporti di trasparenza e conoscenza del territorio e degli imprenditori che ci lavorano».

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È possibile fare un quadro generale della situazione economica delle imprese del territorio? «La situazione economica delle Marche riflette quella nazionale. Nella nostra regione c’è una forte presenza di distretti manifatturieri. Proporzionalmente alla consistenza demografica possiamo dire che siamo la prima regione in Europa per artigianato e piccole medie imprese impiegate nel manifatturiero. Da noi la crisi si è manifestata con un leggero ritardo, ma ora si sta facendo sentire in maniera decisa. Stanno aumentando le sofferenze rispetto al resto del Paese e continua a esserci ricorso alla cassa integrazione. Sta maturando una selezione delle imprese più piccole mentre quelle più grandi si salvano grazie all’elevata managerialità,


quindi per il fatto di avere manager esterni alla proprietà dell’azienda. Sono favorite quelle imprese che esportano, ma non sempre per le piccole e piccolissime imprese è facile farlo, se non attraverso reti di imprese. Infine, i risultati migliori li stiamo apprezzando in chi in passato ha investito in ricerca e innovazione». La richiesta di prestiti alle banche da parte delle imprese è aumentata in questo periodo contraddistinto dalla crisi economica? «La domanda di credito alle banche è diminuita ma quello che è peggiorato è la qualità della richiesta del credito. Il prestito viene richiesto spesso per debiti pregressi, per situazioni attinenti a contributi previdenziali, oppure a debiti verso l’erario. Le banche quindi selezionano molto gli impieghi perché il rischio di credito è notevolmente aumentato. Bisogna fare molta attenzione alle sofferenze, a tutte quelle partite che, anche se non sono in sofferenza, diventano poi partite deteriorate. Questo si collega poi ai problemi di liquidità e all’aumento della raccolta, che sono i diktat di Bankitalia. Da noi come su tutto il territorio nazionale è importantissimo sia il ruolo dei confidi sia quello delle associazioni di categoria». Nel 2013 entra in vigore Basilea 3 che inasprisce i requisiti patrimoniali delle banche. C’è chi sostiene che potrebbe così diminuire ulteriormente l’erogazione di credito alle pmi. È così? «Indubbiamente Basilea 3 metterà dei paletti di contenimento nei confronti delle banche, le

quali saranno costrette a concedere credito ancora più qualificato. Occorrerà capire quale sarà il rischio di credito compartecipando al rischio di impresa. Si andrà sempre di più verso rapporti di trasparenza e conoscenza del territorio e degli imprenditori che ci lavorano». Cosa occorre fare a livello istituzionale per favorire la capitalizzazione delle imprese e uscire dalla crisi? «Occorre sicuramente favorire le start up e le reti d’impresa, capire quali sono i settori in crescita e le opportunità offerte dagli stessi e dalla geografia del territorio. Bisogna capire, insomma, se il vento è favorevole per un certo tipo di investimento. Le banche del territorio rischiano anche in proprio nel momento in cui vogliono continuare a capitalizzare le piccole e medie imprese, che però a loro volta devono fare uno sforzo. Non è possibile che il 90% della capitalizzazione di un’impresa sia a carico della banca, bisogna che le imprese vengano meglio patrimonializzate dagli stessi imprenditori. Occorre poi un rapporto costruttivo tra banche e imprenditori. Le banche devono cambiare il loro ruolo e gli imprenditori devono fidarsi di più delle banche poiché esse sono osservatori privilegiati di quella che sarà la nuova economia. E quando si indica nell’innovazione la leva per lo sviluppo gli imprenditori dovrebbero stare a sentire, senza chiudersi in sé stessi credendo che la salvezza stia solo nel contenimento delle spese».

Michele Ambrosini, vice presidente di Banca delle Marche

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CREDITO & IMPRESE

PIÙ STABILITÀ A LIVELLO CENTRALE La sinergia tra istituzioni del territorio, banche e associazioni di imprenditori è il giusto percorso per affrontare le tensioni dei mercati finanziari. Sara Giannini illustra gli interventi della Regione a favore delle imprese marchigiane Nicolò Mulas Marcello

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a debolezza della domanda interna costringe le pmi a una maggiore apertura sui mercati internazionali. Un esempio è dato dal calzaturiero, che tiene perché ha interpretato il fattore di maggiore competitività che oggi è offerto agli imprenditori: l’internazionalizzazione. «Questo settore, dominato da sempre da imprese di piccole o piccolissime dimensioni ha mostrato capacità di ristrutturarsi e innovare – spiega Sara Giannini, assessore all’Industria della Regione –. Nel primo trimestre del 2012 l’export calzaturiero marchigiano è cresciuto dell’11 per cento, uno dei migliori dati in Italia». L’evoluzione a breve termine della politica finanziaria comunitaria potrebbe agevolare la stabilizzazione del quadro macroeconomico con riflessi positivi per le imprese? «La stabilità è un fatto estremamente positivo in economia e sono ottimista sull’evolvere della situazione finanziaria europea. Minori tensioni sui mercati finanziari porteranno un’operatività più serena nel sistema banca-

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rio, che sarà maggiormente in grado di garantire quelle fonti di finanziamento che sono indispensabili al sistema produttivo nazionale e regionale. Nelle Marche abbiamo istituti di credito radicati sul territorio, che conoscono profondamente i luoghi e credono nei nostri imprenditori. Questo è di buon auspicio per la ripresa del sistema economico e produttivo». Di recente lei ha avviato una serie di incontri con le categorie economico-sociali sulle tematiche del credito, dello sviluppo e dell’innovazione. Qual è l’obiettivo? «Mettere a punto una strategia condivisa che possa consentire all’economia regionale di riprendere la via della crescita, a cominciare dalle esportazioni, in attesa che anche il mercato interno riproponga un irrobustimento di consumi e investimenti. I mercati esteri sono importanti, come ho detto, ma lo è anche il mercato interno. Occorre riprendere la via della fiducia e della crescita in Italia. Penso che i provvedimenti del governo vadano in questa direzione».




FOCUS PESARO Come tutto il territorio nazionale, anche quello pesarese sta affrontando il momento di difficoltà economica. Le associazioni di categoria e le istituzioni però si mostrano solidali e vicine ai cittadini, per una ripresa piÚ rapida


FOCUS PESARO

WELFARE E OPERE PUBBLICHE

3,5mln EURO

Il finanziamento regionale per riqualificare il centro storico di Pesaro

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Luca Ceriscioli

La Giunta Ceriscioli ha messo in campo una struttura comunicativa vicina al cittadino e una serie di iniziative che rafforzano il legame sociale in città, dagli alloggi ad affitto calmierato alla riqualificazione dei plessi scolastici Teresa Bellemo

2mln

SCUOLE PUBBLICHE L’investimento del Comune nelle opere di riqualificazione delle scuole del territorio pesarese

S

eguire passo dopo passo il territorio. Sembra sia questa la mission di Luca Ceriscioli, dal 2004 sindaco di Pesaro. Accompagnare la città, soprattutto in un momento complesso come quello attuale, in cui la crisi economica rischia di sfilacciare il tessuto sociale e produttivo. È su questo binario che si inseriscono molte delle iniziative intraprese dalla giunta pesarese. Innanzitutto, una comunicazione continua, possibile grazie a un profilo costantemente aggiornato sui social network e sul portale tematico “Pesaro 0914”, che rende pubblico l’operato dell’amministrazione comunale quasi in tempo reale e permette ai cittadini di potersi relazionare con il sindaco e la giunta. La casa si rivela essere uno dei principali temi, sotto due diversi aspetti. Da una parte, la recente introduzione dell’Imu. A Pesaro il pagamento medio è di 21 euro per la prima casa, ultimo posto tra tutte le 44 città capoluogo e 639 euro per la seconda casa, che

corrisponde a un 36simo posto dei capoluoghi esaminati. Il motivo principale è la natura non oggettiva delle rendite catastali come criterio per la definizione dell’imposta. Secondo Ceriscioli «la valutazione di mercato degli immobili dovrebbe basarsi sui metri quadrati piuttosto che sul numero di vani, nell’ottica di un’equa distribuzione della pressione fiscale». Se tutto questo favorisce i pesaresi, allo stesso tempo penalizza le casse comunali. Ciò che emerge, infatti, è che le entrate derivanti dall’imposta sulla prima casa risulteranno essere esigue: si stima che il totale delle risorse sarà di 22 milioni di euro al di sotto delle previsioni. Oltre all’Imu, l’attenzione della Giunta Ceriscioli si è concentrata anche su chi la casa non riesce a permettersela e non riesce ad accedere al credito. Qui la politica della casa vede l’urbanistica lavorare in stretta sinergia con i servizi sociali. «L’affitto calmierato è un’iniziativa rivolta soprattutto ai giovani – sottolinea il

Luca Ceriscioli, sindaco di Pesaro

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FOCUS PESARO

sindaco – spesso inclusi in quella zona

grigia composta da chi non riesce a comprare una casa ma non è così in difficoltà da poter accedere alle graduatorie dell’edilizia popolare. Abbiamo assegnato 19 alloggi a Pozzo Alto e ora, grazie a un finanziamento regionale di 560mila euro, si apre la possibilità di 9 alloggi nella zona Boncio Siligate. Con i 3,5 milioni di euro della Regione per la riqualificazione del centro storico il prossimo obiettivo sarà realizzare 19 nuovi appartamenti. In questi alloggi si paga un affitto medio di 300 euro, circa la metà di un affitto di mercato, si sta 30 anni dopodiché si può decidere di riscattarli». Le infrastrutture si confermano tra i primi punti programmatici della giunta pesarese. A confermarlo tre progetti: il parcheggio di viale Trieste, il rinnovo della piscina comunale e la riqualificazione degli istituti scolastici pubblici anche attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche. L’intervento di viale Trieste si pone l’obiettivo di costruire una struttura importante per la città e di dare un notevole contributo in chiave di offerta turistica, trasformando l’immagine del lungomare di Ponente. Il progetto preliminare prevede 424 posti auto, quattro volte quelli disponibili in superficie, 500 metri quadri di superficie commerciale e la pedonalizzazione dell’area superficiale, per un investimento di 13 milioni di euro. L’intenzione è quella di operare soltanto durante le stagioni invernali a partire dal 2014, in modo da non penalizzare l’attività turi-

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stica e per monitorare in maniera più efficace le tempistiche e i costi cantieristici. Per quanto riguarda invece la riqualificazione delle scuole comunali, il lavoro va verso la conclusione. Proprio durante il primo giorno di scuola, il 12 settembre scorso, sono stati ultimati e inaugurati gli ultimi lavori di installazione di piattaforme elevatrici e altre opere finalizzate ad abbattere le barriere architettoniche nei plessi scolastici. Una serie di lavori iniziati nel 2009 che verranno completamente chiusi nel 2013 con la messa a norma della scuola Gramsci. In realtà, non si tratta soltanto di abbattimento di barriere architettoniche, ma anche della realizzazione di una nuova scuola dell’infanzia, che sarà pronta per il prossimo anno scolastico, di opere edili e di manutenzione, norme di sicurezza e antincendio, rimozione di amianto. Il totale complessivo dell’investimento equivale a 2.093.766 euro, pari a circa il 50 per cento del bilancio del servizio Nuove opere.


Matteo Ricci

L’IMPORTANZA DI ASCOLTARE IL TERRITORIO Mentre le provincie perdono parte delle loro funzioni, quella di Pesaro Urbino tenta di aiutare le sue imprese a uscire dalla crisi, stretta tra spending review e patto di stabilità Teresa Bellemo

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a crisi economica non fa sconti alla provincia di Pesaro e Urbino, una terra a vocazione fortemente manifatturiera e artigianale, dove il 90 per cento delle imprese è sotto i sette dipendenti e fatica ad accedere al credito e per questo non riesce a innovare e a riprendere le attività produttive. Legno e arredamento, metalmeccanica, tessile e cantieristica navale, sono questi i quattro grandi cluster che caratterizzano il tessuto industriale della provincia. Gli stessi che, secondo i dati nazionali, hanno accusato di più la crisi, che ha delle ovvie ricadute anche a livello occupazionale. Se nel 2008 la disoccupazione arrivava a un fisiologico 3,5 per cento, in questi anni la situazione è peggiorata in modo esponenziale facendo aumentare la percentuale sino al 7,6 con previsioni di aumento nei prossimi mesi. Di fronte a questo scenario particolarmente complesso, la Provincia ha messo in campo una serie di azioni di mediazione. Il presidente, Matteo Ricci, ne sottolinea i principali risultati: «Abbiamo salvaguardato oltre 2.500 posti di lavoro, stanziando fondi per

agevolazioni tariffarie per l’acqua e il gas e per il trasporto scolastico per oltre duemila famiglie, prestiti agevolati e microcredito a più di 850 persone, sostegno alla nascita di 406 nuove imprese, corsi di formazione per più di mille dipendenti di aziende in crisi e per 3.400 tra disoccupati, persone svantaggiate e apprendisti, oltre a check-up aziendali per 240 imprese». Nella provincia i crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione ammontano a circa 16 milioni di euro. Un problema importante che spesso è una delle cause della stretta creditizia. Cosa può fare l’amministrazione provinciale per arginarlo? «Purtroppo gli enti locali, che in passato hanno contribuito fortemente allo sviluppo dell’economia del territorio e al risanamento statale, devono pagare un prezzo assurdo per ripianare i debiti dello Stato, deprimendo al tempo stesso l’eco- Sopra, Matteo Ricci, nomia del territorio. Questo perché, a causa del presidente patto di stabilità, riescono a pagare solo con della Provincia di Pesaro e Urbino enorme ritardo i lavori eseguiti dalle imprese e hanno altre gravi limitazioni nella capacità di spesa. I crediti che le imprese vantano nei confronti del nostro ente ammontano attualmente a circa quattro milioni di euro. E la cosa più sconcertante è che i soldi per pagarle ci sarebbero, ma sono bloccati proprio dal patto di stabilità. È come un cane che si morde la coda». Il lavoro nero è una realtà molto presente nel territorio marchigiano e si stima che nella provincia di Pesaro e Urbino equivalga all’8,7 per cento del Pil. Come favorire l’emersione? «Il Comitato lavoro emersione sommerso, di cui MARCHE 2012 • DOSSIER • 117


FOCUS PESARO

7,6%

SENZA LAVORO La percentuale di disoccupati nella provincia dal 2008 è più che raddoppiata

fa parte anche la Provincia, se-

gnala periodicamente agli organi competenti in materia di vigilanza e ispezione le situazioni di cui viene a conoscenza anche attraverso gli utenti dei centri per l’impiego. Per la maggior parte si tratta di prestazioni occasionali o partite Iva che mascherano veri e propri rapporti di lavoro. Altre volte succede che imprese con lavoratori in cassa integrazione o mobilità richiamino gli stessi a lavorare in nero, contravvenendo alla legge e andando incontro a sanzioni penali. Sanzioni che, tra l’altro, si applicano anche ai lavoratori, spesso inconsapevoli delle responsabilità che ricadono su di loro. Stiamo svolgendo un’attività di informazione per prevenire questi abusi informando

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anche i giovani, attraverso gli operatori degli sportelli di orientamento. Peraltro, a livello nazionale esiste una normativa che favorisce l’emersione del lavoro nero senza eccessive penalizzazioni per le imprese». Parliamo di tagli agli enti locali. Come sta reagendo l’amministrazione provinciale al recente piano di riordino? «Per anni abbiamo avuto il federalismo a parole e l’antifederalismo nei fatti. Rispetto al 2008, e prima della spending review, la Provincia di Pesaro e Urbino ha 10 milioni di entrate in meno a causa dei continui tagli. Nel mezzo si è aperto questo dibattito allucinante sulle Province, che ha messo in discussione la nostra funzione. Il decreto “salva Italia” prevedeva la soppressione di questi enti, lasciando loro solo un ruolo di coordinamento, svuotandole di funzioni politiche. Di fronte alla possibile abolizione, ho cercato di far prevalere, all’interno dell’Unione province italiane, l’ap-

poggio alla riforma sul riordino delle Province proposta dal ministro Patroni Griffi. In questo modo abbiamo salvato l’area vasta e parte delle funzioni». A suo avviso era possibile trovare un’alternativa al “rimpasto” degli enti provinciali? «È un compromesso, ma l’alternativa sarebbe stata, come detto, la loro completa abolizione. Non posso dire di essere soddisfatto, perché anche le amministrazioni provinciali che si sono salvate in base ai nuovi criteri, come quella di Pesaro e Urbino, perderanno funzioni significative. A ogni modo, l’elemento importante è che loro presenza consentirà di mantenere sul territorio tutti i servizi e le organizzazioni periferiche dello Stato a vantaggio dei cittadini. Resta una riflessione: invece di togliere livelli democratici di governo del territorio, bastava stabilire le esatte competenze ai diversi livelli, eliminando le sovrapposizioni».



FOCUS PESARO

EXPORT E RETI D’IMPRESA In una regione da sempre votata all’export, la sfida per uscire dall’empasse produttiva è quella di allargare gli orizzonti, intercettando nuovi mercati e aprendo le esportazioni a nuovi settori ancora troppo fermi su logiche nazionali Teresa Bellemo

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motivi delle difficoltà dell’economia pesarese sono noti: il mercato interno è pressoché fermo e nell’export, benché le imprese su questo fronte siano molto impegnate, la percentuale di esportazione è inferiore alla media regionale e più bassa di ben 15 punti rispetto a quella del Nordest. Nel trimestre aprile-giugno 2012, la produzione industriale ha registrato una diminuzione del 5,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con variazioni negative che hanno interessato tutti i principali settori dell’economia, ad eccezione delle poche aziende del settore gomma e della plastica. In ogni caso, ci sono 120 • DOSSIER • MARCHE 2012

-0,7% VENDITE

L’attività commerciale nel trimestre aprile-giugno 2012 rispetto agli stessi mesi del 2011

aziende che hanno messo in atto interventi innovativi grazie ai quali sono diventate più vitali e in grado di continuare a rappresentare, anche negli attuali momenti di congiuntura sfavorevole, ciò che sempre sono state, ossia veri motori di sviluppo e coesione sociale. Dopotutto, la propensione all’imprenditorialità nella realtà delle Marche è particolarmente diffusa e la provincia di Pesaro Urbino ha il più alto numero di imprese per abitante. Anche per questo fare impresa può diventare un modo per i giovani di uscire dallo stato di disoccupazione ma con un’accortezza, ricorda il presidente di Confindustria Pesaro Urbino Salvatore Giordano: «Spesso, con l’aiuto

del risparmio delle famiglie, i giovani intraprendono iniziative come ripiego per non aver trovato un lavoro stabile alle dipendenze di qualcuno e, purtroppo, molte volte i loro progetti si infrangono dopo pochi mesi. Fare impresa non è facile se non si ha una grande determinazione e una passione straordinaria per quello che si fa. Ci vuole un’assunzione di responsabilità fuori dal comune». L’export delle Marche è da sempre un punto di forza per la regione. Quali i nuovi mercati di riferimento e i settori più favoriti? «Che le Marche abbiano una vocazione all’esportazione è indubbio, in particolare nel settore delle calzature e degli elet-


Salvatore Giordano

trodomestici, che vantano quote di export molto significative. Purtroppo negli altri settori, dal metalmeccanico all’arredamento e all’agroalimentare, le quote di esportazione sono ancora basse. La scelta di mercati coerenti deve quindi rappresentare per le imprese e per le istituzioni incaricate di sostenere il loro sforzo un obiettivo prioritario. In questa direzione, come Confindustria, stiamo riscontrando buoni risultati nell’aggregazione di imprese e artigiani per iniziative specifiche in alcuni mercati particolarmente reattivi come quello del Qatar. Alcuni dei programmi di internazionalizzazione dell’associazione degli industriali per il 2013 preve-

dono il potenziamento dei rapporti con il Canada per arredamento, sistema moda e agroalimentare oltre a una finestra sull’Africa. In Canada, di concerto con le imprese e il sistema delle associazioni di categoria, saranno sviluppati un focus e una serie di iniziative in loco. Tra i dati significativi dell’export vanno sottolineati quelli ottenuti dalle imprese pesaresi in alcuni paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo dove, già negli anni passati, avevano operato con successo». Uno dei settori più in difficoltà è certamente l’edilizia. Come ridargli slancio? «Il settore dell’edilizia soffre da diverso tempo e purtroppo sul mercato ci sono molte case in-

vendute. Tutto questo è dovuto Salvatore Giordano, alla restrizione del credito da presidente di Confindustria un lato e dall’altro al reddito Pesaro Urbino delle famiglie, che la crisi ha eroso enormemente. Oggi per una giovane coppia di sposi contrarre un mutuo è un’impresa ardua. Per uscire da questa situazione è necessario dar vita a una politica di sostegno del settore che faciliti in termini fiscali l’acquisto delle abitazioni. Inoltre, occorre fare una politica attiva per la riqualificazione degli immobili esistenti, che richiedono importanti interventi conservativi. Tutto questo potrebbe dare un contributo importante anche in termini di adattamento delle vecchie strutture alle nuove esigenze di risparmio energetico: MARCHE 2012 • DOSSIER • 121


FOCUS PESARO

+3,5% EXPORT

I valori delle vendite all’estero a fronte del calo di quelle interne che ha raggiunto il -4,4%

si deve avere il coraggio di ab- pubbliche è indispensabile tebattere gli edifici che hanno creato degrado e progettare interventi di qualità e autosufficienza energetica. Ritengo che gli interventi fiscali a favore delle ristrutturazioni e del risparmio energetico dovrebbero essere strutturali e non a termine. Un ruolo molto importante può essere svolto anche dalle istituzioni, che ultimamente effettuano gare a listini già deprezzati». A questo proposito, come evitare che il risparmio ricada sulla qualità delle infrastrutture? «Il concetto del risparmio è molto labile ed è necessario fare molta attenzione a come e su cosa si risparmia. Quando lo si fa sulle opere

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nere presente la funzione a cui sono destinate. Infatti, offerte a rischio rappresentano per la collettività un pericolo perché poi nel giro di poco tempo si dovrà intervenire di nuovo e spendere altre risorse oppure - e accade spesso - i cantieri saranno abbandonati. È vero che i tempi son cambiati e l’austerità è d’obbligo, ma non si risparmia sul lavoro. Progetti essenziali, prezzi di mercato, gare corrette, offerte congrue: queste sono le nuove regole della crisi se vogliamo cambiare e diventare più europei. Ogni altra giustificazione è uno schiaffo alle imprese oneste e ai loro operai, una mortificazione della nostra economia».

La crisi economica e la difficile ripresa rendono più facile l’infiltrazione della malavita nell’economia, anche nel territorio pesarese. Come impedire che ciò avvenga? «Abbiamo un tessuto sociale coeso in cui l’omertà, per nostra fortuna, non è una componente del nostro vivere civile. Tuttavia, alcuni allarmi sono stati lanciati da fonti autorevoli e occorre mantenere alta la guardia. Come Confindustria abbiamo aderito al protocollo della legalità sottoscritto a livello nazionale con il Ministero degli Interni e siamo a stretto contatto con la Prefettura che è molto impegnata su questo fronte per monitorare il mercato e denunciare eventuali e non auspicabili anomalie».



TURISMO

Le Marche guardano al mercato globale

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ono oltre 3.600 le strutture ricettive presenti sul territorio delle Marche e più di 140mila i posti letto per una domanda turistica complessiva che colloca la regione al decimo posto nella graduatoria italiana. Per affrontare i nuovi modelli di turismo che si stanno sviluppando, l’assemblea regionale si è dotata di un piano triennale del turismo 2012-2014 a cui si affianca un piano operativo annuale che ha destinato al settore circa 9 milioni di euro per il 2012. «Nonostante i pesanti tagli ai trasferimenti statali e le difficoltà finanziarie che il Paese sta attraversando – dichiara il presidente della Regione, Gian Mario Spacca – le Marche hanno confermato e potenziato, le azioni a sostegno del turismo». In quali ambiti il piano indirizza le principali risorse e come valuta le presenze fin qui registrate? «Per il 2012 sono stati stanziati contributi in conto capitale alle imprese del settore, incentivi per favorire i soggiorni anche nelle stagioni tradizionalmente meno turistiche, progetti di accoglienza e di promozione del territorio. Strumenti che hanno dato buoni risultati. In un qua130 • DOSSIER • MARCHE 2012

È la regione più manifatturiera d’Italia e tra le prime dieci in Europa. Accanto a questo primato, c’è oggi un comparto turistico con servizi sempre più competitivi. Le future strategie di sviluppo nel punto del presidente Gian Mario Spacca Elisa Fiocchi

dro di forte e purtroppo prevedibile sofferenza per il settore, con una drastica riduzione delle presenze a livello nazionale, i dati provvisori per i primi otto mesi dell’anno parlano di un calo del 10-12%, le Marche hanno registrato una lieve flessione di poco superiore all’1,5 per cento. Flessione dovuta soprattutto al calo dei turisti italiani: 6 milioni in meno, quest’estate, si sono concessi una

vacanza nel nostro Paese, compensate però, nelle Marche, dagli arrivi stranieri». Quali altre strategie sono contenute nel piano triennale del turismo 2012-2014? «Per vincere la sfida di un mercato globale anche nel settore turistico è necessario uscire dalle logiche della frammentazione dell’offerta per territori e privilegiare l’offerta per “pacchetti”. Penso alle Marche del


Gian Mario Spacca

FONDI

250 mln I FINANZIAMENTI MESSI A DISPOSIZIONE DAL PROTOCOLLO DI INTESA PER LE PMI DEL TURISMO

mare, con sedici bandiere blu, ma anche alle Marche dei borghi più belli d’Italia, delle cantine e dei vini più pregiati, di una cucina eccellente sia nelle piccole trattorie di campagna che nei locali dei più grandi chef internazionali. Le Marche dei cento teatri, delle stagioni liriche più prestigiose, dei percorsi spirituali e religiosi lungo le “rolling hills”, le colline “rotolanti” come amano chiamarle gli americani». Come il turismo nelle Marche può diventare il secondo motore di sviluppo dopo l’impresa manifatturiera? «Occorre costruire un sistema direzionale basato su valori manageriali molto forti per offrire servizi sempre più competitivi in un settore che cambia così velocemente e in cui le esigenze dei clienti sono sempre più elevate. Per questo la Regione ha previsto percorsi formativi adeguati, in collaborazione con la nostra università e con i centri di formazione più avanzati». Nuovi voli aerei nell’aeroporto delle Marche andranno a incrementare gli arrivi dei turisti stranieri. Attraverso

quali politiche si attireranno i flussi stranieri e al contempo si promuoverà il brand Marche nel mondo? «È sui mercati che hanno registrato una crescita a due cifre del Pil che va ricercata la chiave per uscire dalla crisi, individuando un nuovo turista, di fascia medio-alta, che sta crescendo in Cina, in Russia, in sud America, nel medio Oriente. In questa prospettiva, il web marketing è uno strumento utilissimo per intercettare questi nuovi flussi. Il piano triennale prevede azioni specifiche per implementare la promozione online. Oggi le Marche sono più conosciute nei paesi anglosassoni, grazie a Dustin Hoffman, e a Padre Matteo Ricci in Oriente». Quali obiettivi sono contenuti nel protocollo di intesa che mette a disposizione delle piccole e medie imprese del turismo 250 milioni di euro? «È un finanziamento certo e a un tasso contenuto per consentire loro di avviare interventi di miglioramento delle strutture, alcuni già programmati e per garantire le attività

di esercizio. La crisi di liquidità che colpisce le imprese manifatturiere, non risparmia quelle turistiche: la Regione ha posto il sostegno al credito tra le azioni principali per aiutare le imprese a difendersi dalla crisi e a crescere». Come avviene l’erogazione dei finanziamenti? «Grazie al sistema di garanzie offerto dai Confidi, le piccole e medie imprese del turismo possono accedere più facilmente al credito, con condizioni economiche migliori sui finanziamenti e con tempi più celeri per l’erogazione. Per sostenere le operazioni creditizie, che presentano crescenti fattori di criticità, è necessario alimentare i fondi di rischio dei Confidi impegnati a sostenere le pmi turistiche. Una parte delle risorse regionali disponibili in bilancio per gli aiuti alle imprese verrà indirizzata alla “capitalizzazione” dei consorzi stessi, ampliando le disponibilità dei fondi di garanzia e dei rischi: a tutto vantaggio delle imprese e dunque della creazione di reddito e occupazione». MARCHE 2012 • DOSSIER • 131


TURISMO

Fano, il turismo è anche invernale L’amministrazione comunale lavora per la creazione di un trasporto pubblico attivo fino a tarda sera per collegare il centro alle strutture ricettive più distanti. Il punto di Luciano Cecchini Elisa Fiocchi

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l rilancio del turismo nelle Marche ha un ruolo decisivo per ridare ossigeno anche al mercato del lavoro, che nel mese di settembre ha raggiunto un tasso di disoccupazione dell’8,2 per cento, 2,4 punti in più rispetto allo stesso periodo del 2011 e il doppio del valore dall’inizio della crisi. Il quadro è ancora più preoccupante a Fano a cui spetta il record negativo a livello regionale: «La crisi degli ultimi anni riguarda soprattutto l’edilizia e la cantieristica» afferma Luciano Cecchini, presidente del consorzio turistico regionale “Italy By Marche”, che sottolinea inoltre la sofferenza del comparto turistico con un calo di presenze del 15-20 per cento rispetto alla stagione estiva precedente. «Il turismo – afferma – andrebbe valorizzato con maggiori investimenti perchè potrebbe essere un motore di crescita per il territorio». Che cosa cambierà dall’introduzione della tassa sul turismo? «Qui è entrata in vigore da poco, quindi è ancora presto

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per poter fare bilanci. L’unica cosa certa è che noi continueremo a essere contrari a questa imposta, in quanto il turismo va incentivato adottando strategie per attirare il turista, soprattutto in questo periodo di crisi». Che cosa chiedono gli albergatori per incentivare i flussi turistici? «Il decoro della nostra città e il buon funzionamento delle linee di trasporto: stiamo lavorando affinché si ottenga un trasporto pubblico serale così da avere un collegamento tra il centro e tutte le strutture ricettive che si trovano a qualche chilometro di distanza, agevolando il turista negli spostamenti». Mentre quali politiche svincolerebbero Fano da meta esclusivamente estiva? «Puntiamo sui diversi tipi di turismo, da quello religioso a quello sportivo, attraverso varie manifestazioni come la

pallavolo, il tiro a volo, la Collemarathon, il paracadutismo. La cosa fondamentale su cui investire sono gli eventi e le manifestazioni che caratterizzano la nostra città come la Fano dei Cesari e il Carnevale di Fano, il più antico d’Italia che oggi vogliamo proporre anche in estate». Il consorzio in quali future attività di promozione sarà impegnato? «Per il terzo anno, in collaborazione con l’azienda speciale della Camera di Commercio “Terre di Rossini e Raffaello” e al distretto turistico di Marcabella, abbiamo riproposto “Itineris” per promuovere le bellezze dell’entroterra. La nostra città può offrire tanto dal punto di vista culturale attraverso la Fondazione Carifano, che negli ultimi due anni ha realizzato la mostra dedicata al Guercino e quella di grande successo per il Cantarini».



TURISMO

Il turismo è cambiato Niente più vacanze lunghe, ma turismo dell’ultimo momento e di breve durata. Cresce l’incoming in Italia, con una buona percentuale verso la regione Marche. Il punto di Daniele Crognaletti Nicoletta Bucciarelli

ldo Roscioni, presidente della sezione turismo di Confindustria Ancona, ha recentemente fatto il punto sulla stagione turistica marchigiana appena conclusa, elogiando le bellezze culturali, storiche e artistiche del panorama marchigiano. È proprio da queste perle del territorio che si deve partire, valorizzandole attraverso progetti imprenditoriali, per fare sì che il made in Marche diventi una vera attrazione per coloro che vengono da altre regioni e da altri paesi. L’incoming sta diventando infatti un’opportunità di crescita fondamentale le Marche e le attività turistiche se ne stanno accorgendo sempre di più. Tra queste anche la storica azienda di trasporti marchigiana Crognaletti, che dal 1881 si occupa di trasporti e viaggi nella e dalla zona. «Dobbiamo far conoscere questa splendida regione nel mondo – spiega il consigliere di amministrazione Daniele Crognaletti – non possiamo per-

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Autolinee Crognaletti ha la sede a Jesi (AN) www.esitur.com

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metterci di trascurarla. Per fortuna abbiamo la collaborazione della Regione che ci aiuta a portare avanti tutti i progetti per conquistare nuovi mercati. Abbiamo molte richieste dall’Est e dagli Stati Uniti, perché appassionati della storia, delle tradizioni e amanti del nostro cibo». Un settore, quello dei trasporti, che sta subendo dei cambiamenti considerevoli che richiedono una forte capacità di adattamento. «Lo scenario in cui operiamo sta mutando molto velocemente nel corso di questi ultimi anni, ma direi addirittura mesi. Nel nostro caso abbiamo notato che è notevolmente diminuita la capacità di spesa delle persone. Ci si orienta sempre di più verso pro-

dotti di breve durata e a basso prezzo. Le persone partono più volte nel corso dell'anno, ma sono sempre alla ricerca del prezzo più basso». Un’attitudine sicuramente differente nei confronti del viaggio rispetto al passato. «I viaggi di 15 giorni non esistono più. Il numero di viaggi di nostra organizzazione sta aumentando di anno in anno e stiamo conquistando clientela anche fuori dall'Italia Centrale. La tendenza generale è comunque quella di decidere di partire sempre più all'ultimo momento e di scegliere viaggi di brevissima durata». Partenze verso mete consolidate, ma anche nuovi pacchetti che attirano una clientela parti-


Daniele Crognaletti

colare. «Ci sono mete – specifica Crognaletti – che non passano mai di moda, come ad esempio la Costiera Amalfitana, la Puglia, le Dolomiti o i Mercatini di Natale. Esistono però anche nuove tipologie di viaggio che piacciono molto ai nostri clienti, soprattutto a quelli più giovani che amano visitare le città abbinandoci tour enogastronomici alla scoperta dei sapori e dei vini italiani». Per tutto questo la collaborazione con le varie realtà appartenenti al settore turismo diventa una risorsa e non un problema di concorrenza. «Il mondo è talmente vasto che se lavoriamo bene e collaboriamo fra di noi ci saranno dei buoni risultati per tutti. Abbiamo ottimi rap-

porti con altri competitor, non vogliamo fare guerra, ma solo collaborare». Il bilancio dell’attività di Jesi resta decisamente positivo, anche grazie a queste nuove opportunità d’offerta. «Nel 2011, in controtendenza con il mercato generale, abbiamo retto bene la crisi e abbiamo avuto un incremento dei nostri viaggi organizzati del 10 per cento rispetto al 2010. Abbiamo avuto anche un incremento dell'incoming In Italia, con diversi gruppi dall'estero che hanno scelto di visitare il nostro paese e la regione Marche. Nel 2012, ancora da chiudere, prevediamo un aumento del numero di passeggeri nei viaggi organizzati, a fronte di un fatturato

simile: purtroppo la crisi sta creando un turismo sempre più mordi e fuggi, in cui si preferisce partire solo pochi giorni. La capacità di spesa delle famiglie è infatti notevolmente calata». Per questo diventa difficile fare previsioni sul futuro. «Soprattutto in questa situazione economica, in un settore come il turismo fortemente toccato dalla recessione, è complicato ipotizzare cosa accadrà. Il nostro obiettivo – conclude Crognaletti – è quello di continuare a offrire un prodotto di qualità che ci permetterà di uscire dalla crisi a testa alta. Punteremo molto sulla nostra esperienza per offrire un pacchetto cucito sulle esigenze dei clienti e soprattutto di alta qualità». MARCHE 2012 • DOSSIER • 135




Sicurezza e affidabilità nei metanodotti L’aspetto energetico è uno dei settori su cui investire maggiormente. In questo periodo si cerca il modo di ridurre il costo di gestione e realizzazione delle opere. Senza mettere da parte l’affidabilità. La parola a Claudio Luminari Marco Tedeschi

La Comis si trova a Pesaro www.comisgroup.it

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ebbene il settore energetico per un’impresa sia un comparto di primaria importanza, anche strategica, nel quale è assolutamente fondamentale l’attività di personale altamente qualificato e specializzato, la grave crisi economica che sta investendo i vari mercati, si sta ripercuotendo anche su questo distretto. «In termini pratici – spiega Claudio Luminari, titolare della Comis – questo si traduce nella necessità di adottare soluzioni tecnicamente affidabili, nel rispetto della normativa vigente in materia, che riducano anche il costo di gestione e realizzazione delle opere. Per questo dedichiamo

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risorse economiche e professionali allo sviluppo di soluzioni impiantistiche innovative. Tale impegno ci espone però alla concorrenza da parte di ditte che offrono prestazioni e servizi a prezzi troppo bassi». Comis si occupa di progettazione e direzione lavori di opere di trasporto e distribuzione di gas metano. «In fase di progettazione le criticità sono molteplici poiché, trattandosi d’infrastrutture (metanodotti) lineari che, in funzione della loro lunghezza, possono interessare più Regioni, Province e Comuni, sono spesso soggetti a normative di riferimento differenti. Inoltre è molto importante individuare il tracciato più adeguato che ri-


Claudio Luminari

spetti, al tempo stesso, sicurezza e funzionalità e che meglio si integri con il contesto paesaggistico e ambientale. Contrariamente a un cantiere edile, infatti, quello per la posa di un metanodotto è itinerante e, pertanto, il suo sviluppo interessa infrastrutture differenti quali ad esempio strade, ferrovie, canali e corsi d’acqua, territori diversi, urbanizzati e non, agricoli, d’importanza paesaggistica o di ambito fluviale. Gli accorgimenti da mettersi in atto sono molteplici e variano da cantiere a cantiere». Anche per questo risultano ancor più importanti le problematiche relative alla sicurezza. «La realizzazione di un metanodotto comporta l’esecuzione di un’attenta analisi degli aspetti di sicurezza già in fase di progettazione. Per ciascuna commessa sono previste riunioni periodiche; in fase di realizzazione dell’opera inoltre, il nostro staff di cantiere è comprensivo di un coordinatore. Diversamente dalla maggior parte dei cantieri,

In fase di progettazione vengono scelti tracciati che, per quanto possibile, evitino l’attraversamento di zone di valore paesaggistico e ambientale

il coordinatore presta la propria attività solo ed esclusivamente in un cantiere, per tutti i giorni di lavoro e per l’intera durata dello stesso. Tale figura, quindi, non si limita a una valutazione una tantum dell’operato dell’impresa appaltatrice, ma diviene vero e proprio “garante” dell’operato in materia di sicurezza». Un altro ramo su cui viene investito molto è la formazione. «Organizziamo riunioni periodiche di formazione e informazione dirette a tutti i collaboratori, anche al fine di analizzare le esperienze più significative maturate in campo». Rispetto alle tematiche ambientali invece, «La politica aziendale – specifica Luminari - è finalizzata a minimizzare le eventuali ripercussioni, anche indirette, sull’ambiente. Già in fase di progettazione vengono pertanto scelti tracciati che, per quanto

possibile, evitino l’attraversamento di zone di valore paesaggistico e ambientale, zone boschive o di colture pregiate. A dimostrazione della sensibilità in materia ambientale, la nuova sede della società, è classificata dal punto di vista energetico in classe “A+”, il massimo». Tra le prospettive future della Comis, c’è innanzitutto il trasferimento nella nuova sede, «più idonea ad accogliere la nostra attività in espansione nonché l’acquisizione di nuovi clienti, con riguardo al mercato internazionale e con l’obiettivo di incrementare ulteriormente il fatturato nell’anno 2013, favorendo così nuova occupazione. Negli anni passati infatti l’azienda è stata caratterizzata da un andamento positivo, dal 2009 al 2011, il fatturato è aumentato del 25 per cento e intendiamo mantenerci su questi standard». MARCHE 2012 • DOSSIER • 139


SERVIZI AL TERRITORIO

Le multiutility oltre l’energia Le aziende di servizi municipalizzati stanno incrementando la loro importanza, fornendo servizi di pubblica utilità e salvaguardando il territorio. Stefano Gobbi descrive l’attività della Assm di Tolentino Martina Carnesciali

e aziende speciali di servizi municipalizzati sono società attive nei servizi pubblici locali. Tra queste la Assm, vanta una storia ultra centenaria. Infatti la sua nascita risale al 1906, appena dopo la promulgazione del Regio T.U. che consentiva ai Comuni di creare imprese cui affidare servizi di tipo industriale: in questo caso la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica, con il primo obiettivo di illuminare la città di Tolentino. Il suo attuale presidente, Stefano Gobbi, spiega che «oggi la multiutility che trova il suo core business nella produzione di energia elettrica e nei servizi di rete; sviluppa inoltre sinergie ed efficienza tramite l’impiego della struttura organizzativa anche in altri servizi (illuminazione pubblica e servizio calore, trasporti urbani e parcheggi,

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terme e farmacia) per la comunità locale. Negli ultimi due anni i ricavi sono stati costanti, circa 14 milioni di euro. Il bilancio d’esercizio 2011 rileva un utile netto di circa 100 mila euro e gli investimenti sono stati pari a circa 2,3 milioni di euro». Un ottimo introito, dunque. Molti i risultati raggiunti, forte il potenziamento successivo: «l’Assm nel corso del primo semestre 2012 ha iniziato lo sviluppo delle centrali idroelettriche di Ributino e Pianarucci. I lavori si concluderanno entro il 2012 per una spesa di circa 9 milioni di euro. Quest’investimento determinerà una diminuzione di ricavi nel 2012, dovuta alla mancata produzione delle centrali. A ciò si aggiunge che, entro il 2013, l’attività di distribuzione del metano verrà affidata tramite gara estesa ad un ampio ambito territoriale, di cui fa

parte anche il Comune di Tolentino, giungendo a termine le concessioni e gli affidamenti diretti in essere». Il presidente Gobbi, difatti, puntualizza che «l’unione d’intenti tra Comune e Assm ha sempre caratterizzato il lavoro. L’azienda è una Spa partecipata al 98,99 per cento dal Comune di Tolentino e per la restante quota dai cinque Comuni di Belforte del Chienti, Caldarola, Camporotondo di Fiastrone,

Paratoia di superficie della diga Le Grazie. Nella pagina a fianco, alternatori della centrale elettrica di Ributino, gestita dalla Assm Spa di Tolentino (MC) www.assm.it


Stefano Gobbi

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La messa in funzione di macro strutture permetterà d’intraprendere un cammino volto all’abbattimento dei costi e all’efficienza di tutti i settori

Cessapalombo e Serrapetrona. Quella di Assm è una presenza importante sul territorio che ha pesato fortemente sulle scelte adottate in passato, ma di cui i cittadini hanno sempre riconosciuto la vicinanza nelle problematiche. Dunque, grazie a questo insieme di elementi, l’azienda si è sempre contraddistinta riuscendo a proporre soluzioni al passo con i tempi a favore di un territorio che merita di essere valorizzato». Proprio per questo la Assm è molto attenta alla sensibilizzazione. «Una fase di ricognizione e di messa in funzione di alcune macro strutture ci permetterà d’intraprendere un cammino volto all’abbattimento dei costi e alla completa effi-

cienza di tutti i settori. Tra gli obiettivi che la nuova direzione intende perseguire vi è una forte promozione per sensibilizzare le categorie di utenti, alle agevolazioni previste per le fasce più deboli e meno protette ma anche grande attenzione verso le aziende, industriali e artigiane, perché il tessuto socio economico della provincia maceratese è costituito da ditte medio grandi che scontano lo scotto della crisi economica, dopo anni di fiorente mercato e sviluppo della produttività». Non solo energia elettrica e gas metano: la Assm si occupa anche della gestione delle Terme di Santa Lucia, che «rappresentano una realtà importante, grazie alla varietà delle terapie che ven-

gono somministrate ai pazienti nel periodo della stagione termale. Lo stabilimento vanta un importante centro di medicina dello sport, un presidio ambulatoriale di recupero e rieducazione funzionale, un poliambulatorio specialistico e un centro di pediatria termale». Stefano Gobbi conclude ricordando che «il 30 aprile prossimo si dovrà costituire un nuovo Cda secondo la normativa della spending review. Ci auguriamo, nel frattempo, di operare al meglio, di avere l’opportunità in questi otto mesi di improntare strategie e metodologie che diano un segnale positivo, di condivisione, di propositività e di speranza per la nostra città e i suoi abitanti». MARCHE 2012 • DOSSIER • 141


EDILMARCHE

Edilizia scolastica e social housing Il settore edile sconta più di altri la morsa della crisi e rischia un tracollo. L’assessore all’Edilizia pubblica della Regione Marche, Antonio Canzian, spiega alcune delle azioni previste dall’amministrazione per sostenere il comparto Leonardo Testi

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a Regione ha programmato lo stanziamento di circa 22 milioni di euro destinati all’edilizia residenziale pubblica e all’efficientamento energetico degli edifici scolastici. Antonio Canzian entra nel merito dei due provvedimenti, che potrebbero offrire parziale respiro al settore edile in piena emergenza.

Antonio Canzian, assessore all’Edilizia pubblica della Regione Marche

Come si articola il provvedimento relativo al social housing? «La Regione ha stipulato con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un accordo di programma che prevede un finanziamento Stato/Regione di 15,3 milioni di euro in grado di attivare investimenti per circa 33

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milioni, finalizzati ad aumentare l’offerta abitativa a canoni moderati e a riqualificare i tessuti urbani, anche mediante interventi con elevati livelli di sostenibilità energetico-ambientale. I Comuni inseriti nel programma stanno predisponendo i progetti esecutivi degli interventi, i cui lavori dovranno iniziare entro marzo 2013». Per quanto riguarda l’edilizia scolastica? «I 7 milioni di euro stanziati sono stati destinati alla realizzazione di 41 interventi e devono attivare ulteriori investimenti per circa 11 milioni di euro: 910 di fondi propri degli enti locali proprietari delle scuole e 1,5 di risorse private delle Esco, partner nell’installazione degli impianti fotovoltaici. Dei 7 milioni di fondi programmati sono stati “cantierati” circa 4, relativi a 18 interventi, ed erogati 1,5 milioni». Quali i provvedimenti che il settore edile può attendersi nei prossimi mesi? «Con l’attuazione della legge regionale 22/2011 sulla riqualificazione urbana, la Regione sta cercando di valorizzare al massimo i fondi comunitari disponibili con il programma “Jessica”, implementate con al-

cune delle pur insufficienti risorse del settore edilizia residenziale sociale. L’attività in corso è orientata alla costituzione di un fondo finanziario regionale per lo sviluppo urbano. Per quanto riguarda il piano casa ed eventuali modifiche minori ritenute necessarie, è in corso una prima istruttoria tecnica tra gli uffici regionali e i rappresentanti di Ance e Anci». Come valuta le misure per l’edilizia contenute nel Decreto Sviluppo? «Il decreto 83/2012, con le modifiche apportate in sede di conversione in legge, ha introdotto semplificazioni importanti nelle procedure autorizzative per l’edilizia privata. Occorre che i Comuni siano in grado di assolvere in modo efficiente ai gravosi compiti che le nuove norme attribuiscono loro. Per quanto riguarda il piano città, previsto all’articolo 12 del decreto, pur apprezzando l’iniziativa governativa, sarebbe stato più opportuno riservare un ruolo meno marginale alle Regioni; si sarebbe così garantita una selezione di progetti più aderenti alle politiche territoriali regionali e, quindi, con maggior grado di fattibilità».



EDILIZIA

Innovazioni e brevetti nel settore edile Il settore dell’edilizia sta registrando i valori più bassi mai segnati dal 1970 a oggi. Eppure, attraverso investimenti oculati e prodotti particolari, le Pmi del comparto tengono il mercato. L’analisi di Federica Cirilli Matteo Grandi

dati Istat sul prodotto interno lordo, diffusi a inizio settembre, fotografano una crisi dell'edilizia, partita nel 2008 e mai terminata. La variazione congiunturale del secondo trimestre 2012 degli investimenti fissi lordi in edilizia è stata del -1,5 per cento, rispetto al calo medio del Pil complessivo dello 0,8; il dato tendenziale (2° trimestre 2012 su 2° trimestre 2011) è invece del -6,3 per

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Esinplast ha la sede a Monsano (AN) www.esinplast.it

cento, contro un Pil a -2,6 per cento. La recessione in edilizia ha eroso in cinque anni, dal 2007 al 2012, il 25,8 per cento degli investimenti in costruzioni (in valori reali). Una crisi che è arrivata dopo nove anni di crescita ininterrotta, dal 1999 al 2007, ma che ha riportato indietro il settore, sempre in valori reali, al livello più basso dal 1970. Quando si parla di crisi dell’edilizia si sottendono ovvia-

mente anche tutti quei settori a cui l’edilizia è collegata e di cui necessita, settori che con la crisi sono stati interessati da perdite considerevoli. Tranne alcune eccezioni che, in controtendenza sul trend generale, hanno proseguito negli investimenti. È il caso della Esinplast di Monsano, azienda operante nel comparto dell’involucro edilizio, che progetta, produce e distribuisce accessori


Federica Cirilli

Il Grillo è un fermaimposte, protetto da brevetto europeo, in grado di bloccare e di sbloccare automaticamente la persiana o lo scuro

in materiale termoplastico per la realizzazione d’infissi in alluminio, alluminio/legno e pvc. «Nonostante la recessione che ha caratterizzato il mercato su cui operiamo – spiega Federica Cirilli, vicepresidente della società – anche in questi anni abbiamo presentato e brevettato articoli caratterizzati da elementi innovativi. Come il nuovo fermaimposte che non necessita di essere fissato al muro della palazzina per bloccare l’anta, come il tassello per il fissaggio dei cardini delle persiane o come la nuova apertura per finestre a vasistas. La stessa attenzione la dedichiamo alle tecnologie di processo nel campo dello stampaggio termoplastico, cercando di cogliere ogni occasione per migliorare sia la qualità del prodotto realizzato che le perfomance di produzione. In quest’ottica abbiamo investito in nuove macchine per lo stampaggio, applicato la tecnica di stampaggio in bimateria ad alcuni nostri articoli in maniera da conferirgli prestazioni migliori. Tutto ciò ci mette al riparo in parte dalle problematiche dovute alla crisi del settore edile». Una crisi che in ogni caso ha avuto i suoi effetti soprattutto

nell’andamento altalenante del fatturato. «Se nel 2010 abbiamo avuto un incremento del 9 per cento rispetto all’anno precedente, nel 2011, a seguito della recessione che ha colpito il mercato immobiliare sia in Italia che all’estero (vedi Spagna, Grecia e Portogallo mercati dove l’infisso in alluminio è prevalente), abbiamo subìto una flessione pari al 6.5 per cento. Tale trend si è confermato anche nel primo semestre del 2012». Il mercato di riferimento della Esinplast resta quello nazionale. «Da due anni in ogni caso – prosegue Cirilli – con l’impiego di nuove risorse sia umane che finanziarie, abbiamo aumentato la quota di estero che oggi rappresenta il 15 per cento del totale delle vendite. Risultato questo ottenuto con grande fatica dal momento che in alcuni mercati, come detto in precedenza, c’è stato un vero e proprio default delle vendite. I paesi dove siamo riusciti a ottenere buoni risultati sono quelli dell’est Europa e della fascia mediterranea dell’Africa». Tra i prodotti della Esinplast, spicca il Grillo, nato dalla creatività del titolare, e dotato di brevetto. «Certamente il Grillo rappresenta il punto di forza del

nostro catalogo da molti anni. Si tratta di un fermaimposte, protetto da brevetto europeo, in grado di bloccare (in fase di apertura) e di sbloccare (in fase chiusura) automaticamente la persiana o lo scuro. Nel tempo è diventato l’articolo di riferimento sia per il mercato italiano che estero ed è talmente apprezzato dai distributori ma soprattutto dai serramentisti, che risulta essere anche il più contraffatto. Prova ne sono le cause per la tutela del brevetto che siamo costretti a intraprendere nei vari paesi dove siamo presenti». Per quanto riguarda le prospettive future, Esinplast ha le idee chiare. «I nostri obiettivi di medio termine – conclude Cirilli – seguono due direttrici ben definite, che sono essenzialmente un ampliamento del mercato di riferimento e conseguentemente un adeguamento della gamma dei prodotti offerti». MARCHE 2012 • DOSSIER • 151


EDILIZIA

La progettazione, tra dialogo e confronto Il mercato edilizio, piuttosto in crisi nel nostro paese, riesce comunque a mantenersi attivo anche grazie all’utilizzo di tecnologie studiate per la ristrutturazione e il recupero. Il focus di Giuliano Procaccini, presidente della Promo Spa Martina Carnesciali

n Italia, il mercato dell’edilizia è in profonda trasformazione. Parole quali energie rinnovabili, bioedilizia, sostenibilità implicano uno sviluppo fondato su nuovi modelli di offerta che hanno quale comune denominatore la drastica riduzione del mercato tradizionale a vantaggio di forme diverse in grado di mediare le novità del linguaggio architettonico. La Promo Spa di Corridonia (MC), la cui attività spazia dal residenziale al commerciale, prova a delineare, per il tramite del suo presidente, Giuliano Procaccini, un’interessante chiave di lettura

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A destra, Giuliano Procaccini, presidente della Promo Spa ha sede a Corridonia (MC) www.promospa.eu

circa il successo della loro attività. «Credo che il filo conduttore sia da ricercarsi nella capacità di saper interpretare e rendere tangibili le proposte progettuali che ci vengono sottoposte. La comprensione del tema proprio dell’opera, del processo ideativo e culturale, il confronto e il dialogo con i progettisti sono i fattori principali che hanno portato la Promo ad essere considerata partner per la costruzione di spazi complessi a forte contenuto tecnologico. A tal riguardo, negli ultimi dieci anni il trend è stato costantemente in crescita con picchi registrati proprio in corrispon-

denza dell’ultimo biennio». Dunque, pur in presenza di una crisi generale, pare che il mercato abbia «premiato le imprese che, nel corso degli anni, hanno saputo investire nel settore in termini di struttura tecnica e comunicazione incrementando il proprio “know how” a vantaggio di un eccellente livello qualitativo», commenta Procaccini. Parlando delle tecnologie impiegate nei vari servizi offerti, spiega che i punti di forza per le tecnologie dell’acciaio, del legno, dell’alluminio e del vetro siano da ricercarsi nel minore impatto


Giuliano Procaccini

sulla superficie utile rispetto al calcestruzzo armato mentre per i rivestimenti “a secco” degli involucri architettonici, ritiene che la facilità e rapidità di posa, la durabilità, la quasi totale assenza di manutenzione, la facilità di inserimento delle reti tecnologiche e infine la facilità di rimozione siano la “chiave di volta” di sistemi fondati sull’utilizzo di pannelli prefiniti per contropareti a base legnosa, metallica o cementizia. I vantaggi sono anche di natura estetica e risultano connessi alla possibilità di attingere a una vastissima gamma di soluzioni “materiche” e cromatiche difficilmente conseguibili con i tradizionali sistemi costruttivi. Importante è, di conseguenza, la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo. Il presidente Procaccini lo conferma: «notevoli sono gli investimenti in corsi di forma-

zione e partecipazione a fiere ed eventi dedicati. Le più significative novità credo si abbiano nei sistemi per gli involucri architettonici e nella serramentistica, con sistemi improntati all’efficienza e al risparmio energetico e nella tecnologia dei materiali le cui caratteristiche chimico-fisiche sono sempre più avanzate». L’edilizia, nonostante gli sforzi profusi dai professionisti e dalle maestranze impegnate, è purtroppo uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi e oggi, come detto, più che sulle nuove costruzioni, si investe sulle ristrutturazioni e sul recupero. Promo Spa interviene anche in quest’ambito, «integrando su strutture esistenti finiture “a secco” in grado di conferire all’insieme un aspetto di contemporaneità o anche di riconvertire strutture industriali

che hanno perso la loro funzione in centri polivalenti per sport, tempo libero, commercio e abitativo». Difficile per un’azienda come la Promo che fa industria mantenendo la caratteristica artigianale, non dedicarsi ai propri clienti con la cura e l’impegno che si rivolge a un lavoro “unico”; forse è per questo che non sorprende trovare nelle parole del suo presidente, l’orgoglio di chi le vede come proprie “creature”. «Mi vengono in mente l’ampliamento della sede delle “Cantine Sgarzi” e la palestra per la società Fiorentina A.C.; si tratta di lavori per i quali sono stati utilizzati gran parte dei materiali reperibili sul mercato. Vorrei menzionare la lunga e attuale collaborazione con un’importante griffe di livello internazionale grazie alla quale abbiamo avuto l’opportunità di lavorare con l’architetto Guido Canali ora in concorso alla biennale di Venezia con tre progetti realizzati da Promo. Da ultimo mi piace ricordare la “lunga avventura” avviata con l’architetto Mario Cucinella in occasione della realizzazione della nuova sede per IGuzzini». MARCHE 2012 • DOSSIER • 153


EDILIZIA

Criticità e prospettive del comparto edile Puntare sulle nuove tecniche di costruzione, sul risparmio energetico, sulla geotermia e sull’assistenza post vendita. È solo con questi strumenti che si può affrontare un mercato difficile. A parlarne è Sergio Ciccioli Emanuela Caruso

nche tra le varie fonti di energia alternativa e rinnovabile ci sono quelle più naturali e pulite di altre. È il caso della geotermia. Infatti, al contario dei pannelli solari che a lungo andare si trasformano da prodotto in grado di fornire guadagno e risparmio a problema per lo smaltimento e il riciclaggio, l’energia geotermica proviene dalla terra ed è quindi inesauribile. Inoltre, grazie agli impianti che mantengono una temperatura costante a una profondità calcolata in maniera precisa, è possibile ottenere attraverso la geotermia tanto il riscaldamento quanto il raffrescamento degli ambienti. A credere moltissimo nelle potenzialità di questa energia rinnovabile è la società Sice, attiva da oltre quarant’anni nel settore dell’edilizia. «A differenza dei paesi del Nord Europa, soprattutto Germania e Austria, dove gli im-

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pianti geotermici sono già utilizzati da vari anni – spiega Sergio Ciccioli, titolare dell’impresa – in Italia vige ancora un po’ di scetticismo nei confronti di questa tecnica. Noi, invece, siamo convinti che la geotermia possa essere una tra le fonti di energia rinnovabile migliori, ragion per cui siamo attualmente impegnati nella realizzazione di questo nuovo tipo di edifici». Quando è nata la Sice e come si è evoluta nel tempo la sua attività? «La nostra attività è partita nel 1970; prima si è distinta nel movimento terra e nelle perforazioni, palificazioni e trivellazioni, e poi si è specializzata in nuove costruzioni industriali per realtà importanti. Successivamente, negli anni Novanta, con il boom di costruzioni civili, abbiamo allargato il raggio d’azione a questo ambito dell’edilizia, cominciando così a realizzare sia per il pubblico che per i privati appartamenti e capan-

noni, core business attuale della Sice. Negli ultimi anni, ad aiutarmi nella direzione dell’azienda ci sono i miei due figli Massimo e Romina». Essendo una società impegnata nella costruzione di edifici nuovi, in questi ultimi anni, avete assistito a un calo della domanda di nuove abitazioni e nuovi fabbricati o le commesse sono ancora numerose? «Purtroppo, da un po’ di tempo a questa parte la domanda di nuove costruzioni è quasi a zero. Certo, ci sono molti contatti e molti progetti già delineati, ma non appena si arriva alla fase della realizzazione subentrano alcune difficoltà di non scarsa

Sergio Ciccioli, titolare della Sice Srl di Montegranaro (AP) info.sicesrl@tiscali.it


Sergio Ciccioli

In Germania e Austria, gli impianti geotermici vengono impiegati già da svariati anni, mentre in Italia sono ancora poco conosciuti

importanza, come le problematiche di liquidità. Se prima gli acquirenti riuscivano ad avere i finanziamenti fino all’80 – 90 per cento a volte anche al 100 per cento dell’intera somma d’acquisto dell’immobile, oggi a causa dei sistemi bancari che non riescono a concedere mutui e finanziamenti riescono ad arrivare al massimo al 50 per cento. In questo senso, non esistono più investimenti e, di conseguenza, la richiesta di abitazioni, capannoni o quant’altro si riduce drastica-

mente». A tal proposito, qual è la situazione attuale del settore dell’edilizia e delle costruzioni? «L’edilizia versa in una condizione di profonda crisi. Quando di questa crisi si sono visti i primi cenni, in molti abbiamo pensato rimanesse concentrata nelle grandi città e nei centri più industrializzati, invece pian piano è andata a colpire tutte le realtà imprenditoriali del nostro paese e oggi è molto difficile uscirne. Nonostante

uno scenario del genere, dobbiamo precisare che la nostra società ha continuato a lavorare sempre a pieno ritmo, ma anche che le difficoltà da affrontare sono state e continueranno a essere tante, in primis le non vendite di appartamenti e locali. Oggi sembra quasi che non si desideri più dare credibilità alle piccole imprese edili, vero cuore dell’economia italiana, ma soltanto alle grandi realtà, privilegiando quindi i loro investimenti e mettendo nel dimenticatoio i nostri. Altra ❯❯ MARCHE 2012 • DOSSIER • 155


EDILIZIA

❯❯ problematica che quotidiana-

mente dobbiamo affrontare è la questione dei ritardi nei pagamenti tanto dei privati quanto, in special modo, del pubblico, che non solo ha tempi di dilazione lunghissimi, ma che all’attesa non accompagna alcun tipo di informazione e aggiornamento sullo stato dei pagamenti». Come state affrontando questa difficile situazione del mercato e del settore edile e con quali mezzi cercate di contrastarla? «Per contrastare questo duro periodo abbiamo riversato il

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Il pubblico, non solo ha tempi di dilazione lunghissimi, ma all’attesa non accompagna alcun tipo di informazione e aggiornamento sullo stato dei pagamenti

100 per cento del nostro impegno umano ed economico sull’attività dell’azienda, soprattutto per far fronte ai non pagamenti. Inoltre, abbiamo capito l’importanza di continuare a investire, cosa che facciamo in particolar modo sulle nuove tecnologie e le nuove tecniche di costruzione, puntando molto sulle tecniche di risparmio energetico, sulla geotermia e sulle certificazioni dei locali realizzati. È così che ottimizziamo la nostra competitività sul mercato. Infine, stiamo migliorando il nostro servizio di assistenza post vendita. Cerchiamo di collaborare con aziende nel raggio di 50100 km al massimo, così da poter assicurare agli acquirenti un’assistenza rapida e puntuale in fatto di manutenzioni: dalla caldaia malfunzionante alla mattonella rotta, dalla presa di corrente nella posizione sbagliata all’infisso difettoso». Quali cambiamenti auspicate per il futuro del comparto edile? «La nostra azienda, così come

quelle di tanti altri imprenditori, spera in un grande cambiamento che coinvolga regole, leggi, burocrazia e finanziamenti. Le regole devono essere uguali e destinate a tutte le realtà del comparto; le normative devono essere macchine dal funzionamento ottimale e rapido; la burocrazia non deve più impedire con le sue lungaggini il progresso dei progetti e dei lavori in cantiere; e i finanziamenti devono tornare a essere un punto di forza del settore per permettere di costruire, vendere e comprare. Infine, speriamo venga risolta la questione dei pagamenti, perché il nostro lavoro non può rimanere gratuito e i clienti non possono contestare il lavoro svolto solo per far dilazionare ulteriormente il pagamento, che oggi avviene anche dopo vari anni dalla conclusione di un progetto o di una costruzione. Se non verranno apportati questi miglioramenti, tutti gli investimenti e le ambizioni di noi imprenditori saranno azzerati».



Spazi che emergono dal dialogo

La crisi del settore immobiliare e dell’arredamento è ancora presente. Per far fronte ai problemi, secondo gli architetti Mauro e Marco Paolinelli, bisogna puntare sull’ascolto del cliente e sul personale esperto Martina Carnesciali

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Mauro e Marco Paolinelli

ai dati contenuti nel Rapporto di previsione del settore arredamento in Italia presentato da Csil, il centro indipendente di ricerca economica e di consulenza, risulta che il 2011 e il 2012 hanno segnato un nuovo crollo del mercato italiano di mobili; in compenso si stima che vi saranno discrete prospettive di crescita a fronte di una domanda estera potenziale ancora positiva. In questo contesto si muovono aziende, come l'Arredamenti Ancona, nata nei primi del ‘900 come piccola azienda di famiglia e che, nel corso degli anni, è diventata punto di riferimento per i mobili su misura e per l’arredamento personalizzato d’interni.

D

Come raccontano gli architetti Mauro e Marco Paolinelli, che hanno preso le redini dell’azienda familiare nel 2006 modernizzando lo stile, i concetti lavorativi e lasciando invariata l'energia e la passione ricevuta in eredità, «negli anni 80 la ditta è cresciuta e la produzione di mobili si è estesa in tutto il territorio nazionale. Lo sviluppo di una fitta rete di contatti con importanti addetti del settore ha fatto sì che l’azienda si aprisse all’esterno: per oltre un decennio Arredamenti Ancona è stata partner della multinazionale Swarovsky, realizzando in tutta Italia una rete di negozi, corner shop e mobili firmati di uno dei marchi più famosi al mondo». Da sempre il punto di forza strategico dell'azienda è il Contract per negozi in genere, includendo settori specifici come bar, centri estetici e settore alberghiero. I due titolari oggi puntano molto sui servizi. «Attualmente la Arredamenti Ancona si occupa di consulenza, progettazione avanzata con i più moderni sistemi (Cad e rendering in 3D), direzione lavori, produzione diretta e montaggio di arredamenti su misura con consegna chiavi in mano. Ci occupiamo anche di recupero edilizio di abitazioni, ristrutturazioni e realizzazione di mobili per interni, dalle cucine su misura in multistrati a

Mauro e Marco Paolinelli, titolari della Arredamenti Ancona www.arredamentiancona.it

qualunque tipologia di mobile personalizzato. Il nostro scopo è riuscire a offrire qualità e prodotti di alta gamma per il mercato nazionale ed estero dal piccolo al grande arredamento. Tutti gli aspetti, dalla progettazione alla realizzazione di ogni ambiente, vengono seguiti internamente da personale esperto e qualificato con anni di esperienza». I fratelli Paolinelli tendono a specificare che la continuità e l’assistenza per il cliente sono i punti focali del lavoro. «Innanzitutto ci importa la relazione con il committente sin dal primo incontro – spiegano. – Se possibile, vorremmo che il contatto andasse oltre il termine e la consegna del lavoro finito. L'obiettivo di Arredamenti Ancona è quello di creare un rapporto di continuità e supporto nel tempo; non solo assistenza tecnica, ma contatto e dialogo anche per aiutare nelle scelte future. Ogni materiale naturale o sintetico, ogni colore e cromatismo, ogni composi- ❯❯ MARCHE 2012 • DOSSIER • 159


INTERNI

❯❯ zione e finitura sono sintesi di

Nelle immagini, alcuni lavori dell’Arredamenti Ancona

un lavoro frutto del dialogo». Ma in quali fasi si sviluppa la progettazione? Ce lo spiegano i titolari: «Abbiamo voluto offrire un servizio completo, dalla consulenza alla progettazione completa di interni, grazie alla presenza di architetti e designer in grado di proporre arredamenti personalizzati. In particolare, i tecnici prestano attenzione all’uso dei materiali innovativi e bioecologici, alle tecnologie di buona qualità, l'architetto e designer mettono mano fin da subito al progetto per il cliente, da cui emergerà ogni aspetto emerso dai colloqui avuti. Sul “primo” progetto verranno analizzati gli spazi e gli elementi architettonici proposti. Stabilite tutte le eventuali modifiche generali

al progetto tecnico, si passa per fasi successive alla scelta dei materiali, dei colori, dei dettagli dimensionali fino alla cura degli aspetti illuminotecnici. L'accettazione del progetto e del preventivo farà infine scattare la fase realizzativa». Un lungo lavoro di progettazione e studio col cliente, dunque, che continua con la fase esecutiva: «questa parte si svolge all'interno del laboratorio con la presa in carico da parte del personale specializ-

zato di tutti gli arredi progettati dall'azienda. Il personale dell'azienda è esperto di tecniche di lavorazione artigiana manuale e in grado di utilizzare apparecchiature a controllo numerico in grado di realizzare qualunque forma o componente d'arredo. Il cliente viene coinvolto anche in questa fase per un’ulteriore verifica del lavoro montato al 'grezzo' in laboratorio. Solo successivamente i mobili vengono smontati e passati al reparto verniciatura interna per l'ultima fase della produzione: nulla viene realizzato esternamente». E poi tocca al montaggio, spiegano i titolari. «La fase di montaggio è eseguita direttamente da squadre specializzate interne all'azienda presenti fino alla consegna di tutto il lavoro. Il collaudo finale da parte dell'architetto sul posto certificherà alla presenza del cliente il termine dei lavori». Termina così la fase costruttiva, e con essa anche la spiegazione del lavoro dei fratelli Paolinelli.


Al settore del mobile servono nuovi input omento nero per il mercato del mobile, in Italia: nel 2011 ha registrato un meno 2,7 per cento. I dati sono riferiti da Csil (Centro studi industria leggera), che evidenzia le opposte dinamiche di uno scenario mondiale caratterizzato da un incremento a tassi del 3 per cento, iniziato nel 2010 e proseguito nel 2011. E per il 2012 la situazione sembra mantenersi sui livelli di crescita, tanto che aziende come Arcadia 2000, puntano proprio all’estero per rilanciarsi. «L’ultimo biennio – spiega il titolare, Mario Montesi – è stato uno dei più duri: un forte calo del lavoro e di commesse ci ha costretti a ricorrere alla cassa integrazione e a eliminare ogni spesa superflua, per mantenere la nostra competitività sul mercato». Una situazione delineata con precisione dalla titolare, per una realtà attiva nel settore dell’arredamento da oltre 30 anni. Arca-

M

Un percorso di internazionalizzane da sviluppare e consolidare è necessario al settore del mobile, in un contesto nazionale che lo vede in forte flessione. Il punto di Mario Montesi Roberta De Tomi dia 2000 è specializzata nella realizzazione e commercializzazione di soluzioni personalizzate, operando in particolare nei retails, sia come terzista che direttamente, offrendo un servizio chiavi in mano. Tra i settori per cui lavora, anche quello alberghiero realizza camere e arredi di spazi comuni. «La nostra realtà si compone di dodici persone, tra impiegati e addetti al reparto produttivo – continua –. Si tratta di personale che ha maturato e consolidato la propria competenza all’interno della nostra azienda, che, purtroppo, negli ultimi anni ha registrato un forte calo produttivo. La crisi ha indirizzato i consumatori verso altri consumi, costringendoci a un obbligato e brusco abbassamento dei prezzi. Questo, però, a nostro svantag-

gio, poiché, operando Arcadia 2000 Srl come terzisti nel settore ha sede a Fano (PU) del mobile su misura, non www.arcadia2000arredamenti.it è sempre facile offrire un ottimo prodotto con prezzi competitivi». Arcadia 2000 intende superare le difficoltà, consolidando un percorso di internazionalizzazione, già intrapreso, ma da sviluppare ulteriormente. «I nostri clienti – rileva il titolare – sono soprattutto in Italia. Solo una piccola parte riguarda l’Europa, dove non disponiamo ancora di una vera e propria rete commerciale. Uno dei nostri obiettivi maggiori è quello appunto di allargare l’esportazione in Europa e in paesi extra europei. Soltanto in questo modo potremo far fronte alle criticità del momento, rafforzando la nostra posizione». MARCHE 2012 • DOSSIER • 161




RINNOVABILI

Prospettive di export per le rinnovabili Sfruttare l’esperienza nell’impiantistica per specializzarsi nelle tecnologie per il risparmio energetico. Guardando anche verso i mercati dell’America Latina. È questo l’obiettivo che si è dato Adolfo Sebastianelli Manlio Teodoro

causa delle incertezze sugli incentivi del Conto energia, il primo semestre 2012 non è stato particolarmente brillante per il mercato delle rinnovabili. Nonostante questo, però, considerando tutte le tipologie di impianti realizzati, siamo riusciti a confermare il quantitativo delle commesse e il fatturato rispetto allo stesso periodo del 2011». È questo il bilancio che Adolfo Sebastianelli, presidente del Cda di New Energy, azienda che ha il proprio core business nell’impiantistica civile e industriale, delinea per la prima metà dell’anno. «Guardando al trend dell’ultimo biennio, in questo periodo la nostra società ha registrato risultati particolarmente importanti, sia in termini di fatturato che di quantità di lavori eseguiti. E questo in un contesto di crisi generale. Se a essere penalizzato è stato soprat-

«A

La New Energy Srl ha sede a Ostra (AN) www.newenergyonline.it

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tutto il fotovoltaico, abbiamo assistito alla crescita dell’eolico, che prevediamo assumerà un ruolo sempre più importante nel settore delle rinnovabili. Tuttavia a sostenere il fatturato è stata soprattutto l’impiantistica ordinaria: abbiamo eseguito lavori per l’edilizia, realizzando impianti in case e appartamenti. Inoltre, per quanto riguarda il settore industriale, abbiamo notato una piccola crescita rispetto all’andamento del settore alla fine del 2011». Non sono però mancate le criticità, legate soprattutto alla permanente mancanza di liquidità nel settore delle costruzioni. «Se possiamo dire di aver avuto dei risultati positivi – che hanno

confermato gli obiettivi che ci eravamo prefissati –, questo non esclude che esistano tuttora delle difficoltà di fondo. Il problema maggiore si conferma quello del pagamento, nel breve periodo, delle prestazioni. L’altra faccia della medaglia diventa così l’aggravio delle spese bancarie. E oltretutto, a causa di un mercato che offre poche opportunità rispetto al numero degli attori che vi si affacciano, abbiamo assistito inevitabilmente a un inasprirsi della concorrenza». Di fronte a questa situazione e guardando al futuro, benché il core business di New Energy sia ancora legato alla progettazione e realizzazione di impianti civili


Adolfo Sebastianelli

Lavoriamo a un progetto che renderà le abitazioni autonome per la parte elettrica e per quella idraulica, garantendo un notevole risparmio

e industriali, il mercato delle energie alternative e del risparmio energetico rappresenta uno degli obiettivi di crescita per la società di Ostra. «I nostri tecnici – spiega Adolfo Sebastianelli – stanno lavorando a un progetto, che abbiamo battezzato “Energia pulita = Rispar-

mio”. Lo scopo è fornire al consumatore finale un servizio chiavi in mano energicamente sostenibile. Entrando nello specifico, si tratterà di rendere le abitazioni autonome per quanto riguarda la parte elettrica e quella idraulica. Il risultato sarà la garanzia di un consistente risparmio su tutte le voci di spesa per l’approvvigionamento energetico e idrico. E inoltre permetterà di innalzare la classe energetica dell’abitazione, dando un valore maggiore all’immobile». I progetti di New Energy non si limitano alla diversificazione e all’ingresso sempre maggiore nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, la società guarda anche a uno sviluppo all’estero del proprio mercato di riferimento. «Finora abbiamo operato in tutto il Centro Italia e in maniera meno incisiva sia al Nord che al Sud. Adesso stiamo cer-

cando di ampliare il raggio di azione oltre i confini nazionali, esportando la nostra esperienza nell’impiantistica verso i paesi dell’America Latina, il come Brasile e l’Argentina. Attualmente stiamo già operando nel settore delle energie rinnovabili in Brasile ed entro il primo semestre 2013 saremo presenti con una nostra sede a San Paolo. Per mantenere invariate le prospettive, considerando la crisi economica che ha colpito il nostro paese, l’ampliamento del raggio d’azione verso nuovi mercati è una mossa fondamentale per raggiungere e confermare i nostri obiettivi di crescita. E sicuramente avrà un ruolo importante in questo la completa realizzazione del progetto “Energia pulita = Risparmio”». MARCHE 2012 • DOSSIER • 165


QUALITÀ DELL’ARIA

Il nodo da sciogliere resta il porto Ad Ancona le zone della città più a rischio d’inquinamento rimangono quelle del centro, dove al traffico stradale si aggiungono le emissioni delle navi. Fiorello Gramillano illustra l’attività dell’amministrazione per ridurre l’impatto dei fattori inquinanti Renata Gualtieri

Fiorello Gramillano, sindaco di Ancona

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È

stata un grande successo la Settimana della mobilità ad Ancona, che ha visto la grande partecipazione e il gradimento dei cittadini per le varie iniziative organizzate dall’amministrazione comunale, in collaborazione di tante realtà locali. Tra le proposte più apprezzate c’è il progetto “Piedibus” e le attività legate all’uso della bicicletta e alla mobilità elettrica. L’assessore alla mobilità del Comune di Ancona, Tamara Ferretti, esprime grande soddisfazione: «Ero certa che i cittadini avrebbero accolto volentieri le proposte innovative di mobilità promosse dall’amministrazione nella settimana europea della mobilità, un’occasione utile per favorire un approccio nuovo e consapevole alla realizzazione di un sistema di mobilità sostenibile capace di coinvolgere e sviluppare sinergie pubbliche e private». Se bisogna prendere atto della prova di maturità degli abitanti di Ancona, va sottolineato l’impegno dell’amministrazione locale che si può notare dalle numerose azioni e progetti in cantiere per sensibilizzare la collettività ad assumere comportamenti contrassegnati dal rispetto dell’ambiente e ridurre i fattori inquinanti pre-

senti in città. «L’amministrazione comunale – spiega il sindaco Fiorello Gramillano – mette a disposizione fondi per incentivare, tramite contributi, all’acquisto di auto, veicoli elettrici e biciclette a pedalata assistita elettricamente. Questi mezzi, una volta acquistati, trovano parcheggio gratuitamente all’interno dei parcheggi pubblici. Inoltre è stato dato avvio al progetto di car pooling, la modalità di uso dell’auto privata in condivisione tra più persone che fanno lo stesso tragitto per gli spostamenti da casa a lavoro, rivolto ai dipendenti degli enti Provincia, Regione e Comune di Ancona, che permette di ridurre l’impatto del traffico veicolare nelle aree urbane e delle emissioni di gas climalteranti e di polveri sottili». A quali risultati hanno portato le ultime campagne di monitoraggio della qualità dell’aria? «Dai dati forniti dalle stazioni di monitoraggio si è rilevato un lievissimo miglioramento nelle stazioni di fondo urbano e un peggioramento di quelle da traffico. Il dato delle stazioni nelle zone trafficate è influenzato negativamente dal fatto che, a causa delle forti nevicate dell’inverno passato, si è deposi-


Fiorello Gramillano

La presenza di un porto commerciale come il nostro, situato nel cuore della città, rende più complesso il confronto

tata molta polvere sulle strade che, risollevata dal traffico, è stata rilevata dalle centraline. Il miglioramento del fondo può essere collegato alla diminuzione delle attività economiche, specie del traffico portuale». La fotografia di Ancona è in linea con le altre città delle Marche e quali sono le aree più colpite dall’inquinamento atmosferico? «La situazione di Ancona è tutto sommato in linea con le altre città delle Marche anche se, la presenza di un porto commerciale come il nostro, situato nel cuore della città, rende più complesso il confronto. Le zone della città più a rischio d’inquinamento rimangono quelle del centro,

dove alla componente di inquinamento atmosferico legata al traffico stradale si aggiunge quella dovuta alle emissioni delle navi, sia in fase di manovra che nella fase stazionamento». Quali sono gli inquinanti che prevalgono dalle rilevazioni delle centraline? «Le reti di monitoraggio della qualità dell’aria sono di proprietà delle Province e i dati sono validati da Arpam, l’Agenzia regionale di controllo; gli indicatori che vengono ritenuti più significativi ai fini di una valutazione della qualità dell’aria sono: biossido di zolfo, biossido di azoto, monossido di carbonio, Pm10, benzene e ozono».

Cosa prevedono le politiche del Comune per la tutela della qualità dell’aria? «Esiste un accordo di programma sottoscritto da Regione, Province e Comuni che impegna, in particolare questi ultimi, ad adottare provvedimenti per la riduzione della concentrazione degli inquinanti nell’aria ambiente. Per la città sono state adottate alcune misure come la limitazioni al traffico, per determinate fasce orarie per categorie di veicoli ritenute altamente inquinanti, e provvedimenti che obbligano i titolari di ristoranti e pizzeria a legna a installare particolari impianti di abbattimento delle polveri sottili per il trattamento dei fumi emessi per la cottura dei cibi». MARCHE 2012 • DOSSIER • 167


QUALITÀ DELL’ARIA

Il traffico veicolare mina la salute dell’aria L’inquinante che richiama maggiore attenzione in città è rappresentato dalle polveri sottili. Il primo cittadino Romano Carancini indica le misure adottate e le azioni in programma per aumentare la qualità della vita e tutelare la salute dei maceratesi Renata Gualtieri

I

Romano Carancini, sindaco di Macerata

dati relativi al monitoraggio dell’aria a Macerata mostrano il rispetto dei limiti di legge per tutti gli inquinanti a eccezione della concentrazione di polveri sottili nelle zone più congestionate dal traffico. Nella stazione di traffico di Piazza della Vittoria viene rispettato il limite relativo alla media annuale delle concentrazioni giornaliere di Pm10, che si mantiene sempre al di sotto del valore massimo consentito di 40 µg/mc, mentre negli ultimi anni si è registrato un numero di sforamenti annui, al valore di 50 µg/mc nella media giornaliera, maggiore rispetto a 35, limite fissato dalla normativa. «Nell’anno in corso – precisa il sindaco Romano Carancini – in questa centralina abbiamo registrato un miglioramento della qualità dell’aria rispetto ai corrispondenti mesi del 2011. Purtroppo abbiamo potuto verificare questo miglioramento solo fino ad aprile, data oltre la quale la centralina di misurazione è stata smantellata, in seguito alla ridefini-

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zione della rete regionale di monitoraggio. Nella seconda centralina, relativa a una zona di “fondo urbano”, invece, tutti i valori risultano nella norma». La qualità dell’aria a Macerata rispecchia quella delle altre città della regione? «Le città omogenee a Macerata, per numero di abitanti

ed estensione territoriale, presentano un andamento simile a quello della nostra città, mentre il capoluogo di regione mostra elementi di maggiore criticità nella zona portuale. Più in generale, le città della costa sembrano presentare una situazione peggiore».


Romano Carancini

Da tre anni viene effettuato “Pedibus”, un servizio di accompagnamento a piedi degli alunni nelle scuole

Quali sono le zone della città più a rischio? «Non possedendo zone a elevata concentrazione di insediamenti industriali e produttivi, le aree maggiormente interessate al fenomeno delle Pm10 sono quelle a maggiore flusso di traffico veicolare e, comunque, non abbiamo problemi relativi ad altri agenti inquinanti». Quali i principali inquinanti rilevati e a quali dinamiche è legata la concentrazione di questi inquinanti nelle aree indicate? «L’inquinante che richiama maggiore attenzione è rappresentato dalle polveri sottili, intese come Pm10 e Pm2,5, la cui produzione è legata, in modo incisivo per il nostro territorio, sia all’attività degli impianti di riscaldamento, domestici e non, sia al traffico veicolare». Da due anni sono state adottate misure contingenti per il contenimento della concentrazione delle polveri sottili in atmosfera, estese al periodo autunnale e a quello

primaverile. Cosa prevedono? «Limitazioni alla circolazione veicolare per i mezzi maggiormente inquinanti; riduzioni dei limiti autorizzati alle emissioni in atmosfera delle attività produttive; individuazione delle temperature massime per gli ambienti abitativi e produttivi; prescrizioni specifiche per l’utilizzo degli impianti a biomassa. In collaborazione con il Centro di ecologia e climatologia di Macerata, inoltre, si effettuano regolarmente controlli sugli impianti termici per la verifica del rispetto dei requisiti di efficienza previsti dalle norme in materia. Stiamo anche rinnovando delle caldaie degli edifici pubblici, oltre ad avere installato pannelli per il solare termico per scuole e palestre. Gli stessi pannelli sono in parte obbligatori per i privati in base a delle norme inserite nel Regolamento edilizio comunale». Quali le misure messe in atto per favorire la mobilità sostenibile? «Da alcuni anni è presente in città un punto noleggio di bi-

ciclette tradizionali e a pedalata assistita, localizzato nei pressi della stazione degli autobus, così da favorire un interscambio tra i diversi mezzi di trasporto. Sono stati inoltre attivati alcuni percorsi e piste ciclabili. Da tre anni viene effettuato “Pedibus”, un servizio di accompagnamento a piedi degli alunni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. È in corso inoltre il rinnovo del parco auto dell’ente, con un sempre maggiore ricorso al metano. In particolare, gli autobus del servizio pubblico sono ormai quasi tutti a metano». Cosa è emerso dallo “studio della sosta”? «Un’utile fotografia delle abitudini dei nostri cittadini. Questo studio dovrebbe essere esteso e diventare un vero e proprio piano del traffico e della mobilità. In questo modo saremo in grado di attivare azioni più incisive e coordinate tra loro. Un passo fondamentale per aumentare la qualità della vita e tutelare la salute dei maceratesi». MARCHE 2012 • DOSSIER • 169


QUALITÀ DELL’ARIA

La mappa dell’inquinamento atmosferico

S

Roberto Oreficini, direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche

ono 31 le centraline di rilevamento sparse in tutta le Marche, ma questa è solo una fase di transizione perché la nuova normativa nazionale, di recepimento della normativa europea, prevede che la rete della qualità dell’aria sia gestita a livello centrale dalla Regione anziché dalle Province come avviene attualmente. Tale passaggio avverrà entro il 2013 e la Regione ha già deciso che affiderà questa attività ad Arpam, che ha già proposto una rete di rilevamento con un numero di centraline ridotto secondo quanto prescritto dalla nuova normativa. «Attualmente comunque – commenta il direttore generale Arpam Roberto Oreficini – il funzionamento della rete di monitoraggio si può attestare su una percentuale di funzionamento pari al 70-80 per cento in base ai dati che Arpam riesce a validare nella media annuale». In base alle rilevazioni sul

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Sono tanti i fattori da cui dipende l’aria pulita. Su tutti, i comportamenti dei cittadini e le azioni intraprese dalle amministrazioni locali. A partire, come sottolinea il direttore generale dell’Arpam Roberto Oreficini, dalla fluidificazione del traffico veicolare Renata Gualtieri

territorio, quali sono le aree più a rischio d’inquinamento e quali gli inquinanti più diffusi? «Quelle più densamente popolate, le aree industriali, quindi l’area costiera come già individuato dalla Dgr. 52/2007 relativa alla zonizzazione del territorio per quanto riguarda la qualità dell’aria. Gli inquinanti più diffusi sono costituiti dalle polveri e da ossidi di azoto; le fonti principali sono il traffico veicolare, l’industria e gli impianti di riscaldamento, oltre a quelle naturali». Quali centri storici sono invece riconosciuti come esempi di aria pulita? «Sicuramente i centri storici delle città dell’entroterra e delle zone più collinari dove,

sia per le condizioni climatiche favorevoli sia per una minore densità di popolazione e attività connesse, gli inquinanti sono meno diffusi». Da cosa dipendono questi buoni risultati? «Dalle azioni intraprese dalle amministrazioni comunali, secondo quanto stabilito dall’accordo di programma finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria tra Regione, Prefetture, Province, Comuni della zona definita A e Autorità portuale di Ancona. Gli interventi concordati sono la riduzione del traffico in determinate fasce orarie, la riduzione delle emissioni da parte degli impianti industriali e l’utilizzo oculato degli impianti di riscaldamento termico».



TRAPIANTI

Professionalità e trasparenza a tutela dei donatori La regia europea di diversi progetti formativi e di ricerca riconosce il valore assoluto del sistema italiano dei trapianti sulla scena continentale. E intanto, ricorda Alessandro Nanni Costa, spuntano nuove iniziative per dichiarare la propria disponibilità alla donazione Giacomo Govoni

A Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti

portare avanti i 111 programmi di trapianto attivi in Italia nel 2011, sono state «81 equipe autorizzate, concentrate in 44 strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale». Numeri emblematici, secondo il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa, della razionalizzazione organizzativa di un sistema italiano «ai vertici in Europa per attività di donazione e trapianto, dietro a Spagna e Francia e davanti a Paesi con sistemi sanitari ben organizzati, come Germania e Regno Unito». Rispetto a quali parametri di valutazione la

rete italiana dei trapianti può essere considerata un’eccellenza? «Oltre ai numeri complessivi, relativi alle donazioni e ai trapianti, i fattori che permettono all’Italia di essere considerata un punto di riferimento continentale sono la trasparenza del sistema e il servizio informativo per tutti i pazienti in attesa di trapianto: siamo l’unico Paese che pubblica i dati relativi all’attività di ogni singolo centro trapianti. Questo è reso possibile dal sistema informativo trapianti, un unicum nel panorama europeo per una gestione integrata dei dati sull’intero processo di donazione e trapianto». Una reputazione che ci viene riconosciuta anche a livello continentale? «La consolidata esperienza dell’Italia nel contesto europeo ha fatto sì che il Cnt, grazie al lavoro dell’intera rete trapiantologica, potesse ricevere dalla Commissione europea il coordinamento di 9 progetti e, sempre dal 2002, la partecipazione ad altri 18. In particolare, siamo capofila di alcune iniziative di formazione di personale sanitario e medico in tutti quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo». Com’è cambiato negli ultimi anni il tempo medio di attesa al trapianto per ogni organo? «Negli ultimi anni abbiamo registrato una certa stabilità delle liste di attesa. I dati di fine 2011 indicano che i pazienti iscritti e in attesa di ricevere un trapianto sono 8.731, di cui 6.542


Alessandro Nanni Costa

Siamo riusciti a mantenere costante il tempo di attesa, nonostante l’aumento dell’età media dei donatori influisca sul numero complessivo di organi idonei al trapianto

sono in attesa di un trapianto di rene, 1.000 per il fegato, 733 per il cuore, 382 per il polmone, 236 per il pancreas e 23 per l’intestino. Con riferimento al 31 dicembre 2011, i tempi medi di attesa in lista sono di 2,8 anni per il rene, 2,1 per il fegato, 2,5 per il cuore, 2,12 per il polmone e 3,58 per il pancreas. Siamo riusciti a mantenere costante il tempo di attesa, nonostante l’aumento dell’età media dei donatori influisca sul numero complessivo di organi idonei al trapianto». Nonostante il numero dei trapianti in Italia sia in aumento, non mancano le opposizioni alla donazione: dove sono da ricercare le cause e come limitare questo trend? «È sempre molto difficile indagare i motivi di un “no” alla donazione. Da alcune indagini conoscitive, relative alle fasi della comunicazione della morte e della proposta di donazione, è emerso che la difficoltà di spiegazione della morte cerebrale e le incomprensioni nella relazione tra medici curanti e familiari del paziente sono tra le principali cause di opposizione. Proprio per questo, il Cnt ha puntato molto sulla formazione degli operatori impegnati nel processo di donazione e sulla cura della comunicazione tra medico e familiari del donatore». Sul piano normativo, quali strumenti hanno contribuito o potrebbero incentivare l’attitudine alla donazione? «In Italia a ogni cittadino maggiorenne è offerta

la possibilità di dichiarare il proprio consenso o diniego alla donazione di organi e tessuti dopo la morte. Infatti, nel nostro Paese vige il principio del consenso o dissenso esplicito mentre quello del cosiddetto silenzio-assenso non ha trovato attuazione. È possibile dichiarare la propria volontà registrandola presso l’Asl di appartenenza, firmando e conservando tra i propri documenti personali il tesserino blu inviato dal Ministero della salute nel 2000 oppure una delle donor card di associazioni di donatori e pazienti. Il progetto sperimentale per la registrazione di volontà presso gli uffici anagrafe nei comuni di Perugia e Terni rappresenta un’utile e importante possibilità per invitare i cittadini a dichiarare la propria volontà». Un’operazione che avrà un seguito? «Dati gli ottimi risultati raggiunti da marzo scorso a oggi, siamo più che fiduciosi che la prossima estensione a tutti i comuni d’Italia, grazie a una direttiva dei ministero degli Interni e della Salute, possa accrescere il numero di cittadini che si esprimono sulla donazione di organi e tessuti. Il valore aggiunto di questa nuova possibilità risiede nel fatto che la dichiarazione di volontà, rilasciata contestualmente al rinnovo o ritiro della carta d’identità, possa essere registrata nel sistema informativo trapianti, il database del Cnt consultabile in modo sicuro e 24 ore su 24 dai medici del coordinamento in caso di possibile donazione».

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TRAPIANTI

Un’azienda che produce salute Nel rispetto dei criteri d’efficienza commisurati al budget e con lo sguardo proteso a percorsi qualificanti sul piano tecnico e gestionale, Paolo Galassi guida un ospedale dai numeri trapiantologici in linea con i migliori rendimenti internazionali Giacomo Govoni

L’

Sopra, Paolo Galassi, direttore generale degli Ospedali riuniti di Ancona

attività di trapianto di organi, tenuta a battesimo a fine maggio del 2005, è una realtà consolidata nelle Marche, oggi tra le regioni italiane più attive sotto questo profilo. Più di 500 pazienti trattati e ricondotti in larga parte a una qualità di vita ottimale ripagano gli sforzi della comunità trapiantologica marchigiana che negli Ospedali riuniti di Ancona concentra una fetta importante del suo patrimonio professionale. «Il forte sentimento donativo che contraddistingue la popolazione marchigiana fin dal 2004 – osserva il direttore generale Paolo Galassi – è stata la base di partenza comune da cui il nostro ospedale, l’università e la Regione si sono impegnati nell’avvio dell’attività trapiantologica di fegato e di rene». Un’attività di qualità coronata dal recente superamento dei 500 interventi. Attraverso quale percorso siete approdati a questo risultato? «Il primo passo verso questo importante traguardo fu l’adesione delle Marche al Nit nel 1989, seguita dall’applicazione della legge 91/99 sui trapianti di organi e tessuti da parte della giunta della Regione. Una norma che ha disposto l’istituzione del coordinatore regionale e di quello locale per il prelievo di organi in tutti gli ospedali della regione. Nel 2005, infine, l’istituzione del centro trapianti di fegato, rene e pancreas presso la

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nostra azienda ospedaliero-universitaria è stata l’ultima tappa che ha portato a ottenere questo risultato». In quali tipologie di trapianti la vostra struttura ha migliorato le sue performance? «Sicuramente il centro trapianti di Ancona sta affrontando percorsi migliorativi in tutti i campi di applicazione. Basti ricordare i 20 casi di trapianti compiuti attraverso la tecnica nota come “split liver”, che consiste nella separazione di un fegato da donatore cadavere in due parti funzionalmente autonome e trapiantabili, e altrettanti casi di trapianto di fegato su soggetti Hiv positivi, con percentuali di sopravvivenza assolutamente lusinghiere e in linea con i migliori risultati riportati nelle più ampie statistiche internazionali, quali l’European live transplant registry e l’Organ procurement and transplantation network».


Paolo Galassi

Di recente ha definito l’attività del suo ospedale sul versante dei trapianti “efficiente come un’industria”. Su quali elementi portanti si regge? «La struttura organizzativa dipartimentale deputata ai trapianti svolge la sua attività rispettando perfettamente gli indicatori economici di efficienza prestabiliti in sede di budget dalla direzione, riuscendo nel contempo a raggiungere i livelli qualitativi di eccellenza in ambito nazionale e con il minimo indispensabile di risorse umane a disposizione sia nella componente universitaria che ospedaliera». I dati aggiornati dicono che le Marche è la prima regione d’Italia come tasso di procurement di organi. E le stime del 2012 vanno nella stessa direzione. All’azione di quali soggetti, interni ed esterni alla vostra azienda, si deve la presenza di un serbatoio tanto vasto di donatori? «Questo tasso di donazione così elevato, pari a 44,1 per milione di abitanti, oltre a testimoniare la grande sensibilità della popolazione a questo tema, è frutto anche dell’impegno di due “entità”

lontane tra loro, ma accomunate dall’unico scopo della donazione: le associazioni dei volontari, Aido e Avis in testa, e il personale delle rianimazioni delle Marche. In particolare va sempre curato e aggiornato l’aspetto formativo del personale delle rianimazioni, cui spetta il delicato compito della raccolta del consenso e l’ottimale gestione della donazione stessa. In questo ambito è fondamentale il ruolo del coordinatore ospedaliero all’attività di donazione. Tale figura, presente in tutti gli ospedali, rappresenta un indispensabile supporto delle rianimazioni in questo campo, tant’è vero che il coordinatore dell’azienda ospedaliero-universitaria di Ancona assolve a questo incarico a tempo pieno».

La struttura deputata ai trapianti svolge la sua attività rispettando perfettamente gli indicatori economici di efficienza prestabiliti

MARCHE 2012 • DOSSIER • 175


TRAPIANTI

CHIRURGIA CARDIACA, SCENDE LA MORTALITÀ In cima alle motivazioni che hanno permesso all’ospedale anconetano di compiere un numero di interventi valvolari tra i più alti in Italia c’è «la scelta vincente della Regione di avere un unico centro di cardiochirurgia». Ne parla Laura Torracca indagine sulle prestazioni e sui ricoveri condotta pochi mesi fa dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, riconosce al presidio Lancisi degli Ospedali riuniti di Ancona alcuni punti di eccellenza, tra cui un indice di mortalità dello 0,43 per cento a fronte del 3,17 per cento nazionale e numeri da primato in fatto di interventi di sostituzione e riparazione valvolare cardiaca. «Il riconoscimento ottenuto dall’Agenas – spiega Lucia Torracca, direttore del reparto di cardiochirurgia (nella foto) – deriva dall’analisi dei risultati di mortalità combinati con le dimensioni della casistica». Quali i maggiori motivi di soddisfazione per la vostra struttura? «Il nostro centro ha mostrato livelli di mortalità per la chirurgia valvolare molto bassi, pur effettuando numerosi interventi. L’alto numero della popolazione preso in esame è un dato importante in quanto avvalora un risul-

L’

tato calcolato non su un piccolo campione di pazienti selezionati ma su una popolazione ampia che comprende tutti i pazienti, anche quelli ad alto rischio chirurgico». In che modo la scelta di creare una cardiochirurgia unica ha inciso sulla qualità dell’offerta clinica ai pazienti? «Tale scelta, compiuta dalla Regione, è vincente in quanto ci consente di avere un bacino di utenza ampio e quindi di effettuare un grosso numero di interventi. Attualmente la cardiochirurgia dell’adulto del nostro ospedale è la più grande in Italia tra i centri pubblici per numero di procedure effettuate e al terzo posto, comprendendo anche le strutture private. Del resto, in cardiochirurgia è ben documentato come i centri capaci di produrre una maggior attività riescano di solito a ottenere gli standard di qualità più elevati. In quest’ottica, l’esposizione quotidiana a un cospicuo nu-

mero di situazioni cliniche diverse contribuisce notevolmente ad accrescere la professionalità di operatori, chirurghi, anestesisti e personale infermieristico». In precedenza sottolineava quanto il basso tasso di mortalità registrato dal suo presidio resti ben al di sotto della media nazionale. Quanto l’aggiornamento tecnologico e il livello di preparazione dello staff sanitario ha influito su questo virtuoso trend? «Il raggiungimento di un obiettivo di qualità come quello evidenziato da Agenas è il frutto di un aggiornamento scientifico costante. Il nostro lavoro richiede uno studio e una discussione continuativi e la verifica dei processi e dei risultati. L’aggiornamento tecnologico è fondamentale perché ci offre gli strumenti per garantire, insieme alla nostra preparazione scientifica, la migliore qualità possibile nella cura dei nostri pazienti».

In virtù di un bilancio finora incoraggiante, quali le sfide del prossimo futuro e quali traguardi vi ponete? «Nel campo trapiantologico tante e affascinanti sono le sfide che si aprono, ma noi siamo marchigiani, persone che vengono tradizionalmente descritte come “coloro che hanno sempre i piedi piantati in terra”. Anche in questo campo preferiamo raggiungere in breve tempo traguardi concreti quali l’incremento dei trapianti di rene da vivente e la realizzazione, anche per l’organo epatico, di questo particolare tipo di trapianto, di pari passo al miglioramento delle strutture dedicate all’attività trapiantologica». 176 • DOSSIER • MARCHE 2012



TRAPIANTI

Più trapianti di organi da vivente È la “cultura del dono”, come la definisce Duilio Testasecca, il trampolino che negli ultimi anni ha proiettato l’attività trapiantologica marchigiana verso un trend di crescita superiore alle aspettative, trainata dai trapianti di rene e fegato Giacomo Govoni

P

Sopra, Duilio Testasecca, direttore del Centro regionale trapianti e coordinatore regionale del Nitp

er fare una trapiantologia di qualità servono competenza, organizzazione, ma soprattutto numeri. Senza quelli, tanto vale «trasferire le attività dedicate agli organi con poche richieste in altra sede» e concentrarsi, ad esempio, su rene e fegato che in soli sette anni hanno consentito al Crt, Centro marchigiano dei trapianti, di toccare quota 518 interventi. In una prospettiva di ottimizzazione di sforzi e risorse, secondo il direttore del centro e coordinatore regionale del Nitp, Duilio Testasecca, «non ha senso far partire un’attività trapiantologica di cuore, a fronte di soli 7 pazienti in lista d’attesa per quest’organo». Meglio, semmai, valorizzare i punti di forza espressi dal territorio, come l’elevata propensione dei marchigiani alla donazione. Quanto ha influito questa virtuosa attitudine sulla nascita di un centro trapianti anche nelle Marche? «La scelta di aprire questo centro maturò nel 2005, proprio dopo aver constatato quanto fosse generosa e nutrita la famiglia di donatori marchigiani. Nel 2004, infatti, la nostra regione registrò il tasso di donazione più alto d’Italia. Fu quella la molla che ci convinse che era il momento giusto per realizzare un centro regionale dedicato all’attività trapiantologica,

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inaugurato il 30 maggio 2005 con il primo trapianto di rene, un punto di riferimento territoriale che non costringe più i pazienti marchigiani a viaggi della speranza fuori regione». Da quali organi arrivano i risultati più significativi e come avete ampliato le terapie nel tempo? «Gli organi con cui ci manteniamo ampiamente sopra gli standard nazionali, fissati rispettivamente a 30 e 25 trapianti l’anno, sono il rene e il fegato. Diverso il discorso per il cuore, come accennavo prima, la cui bassa richiesta ci induce a non mettere in campo un’attività trapiantologica dedicata. Sugli atri fronti, invece, le altre tappe fondamentali sono state il 2007, coinciso con l’inizio dei trapianti su soggetti Hiv, oggi arrivati a quota 20, e dei trapianti di pancreas e trapianti combinati. E il 2010, quando abbiamo dato il via ai trapianti di rene da vivente». Siete la sola regione dell’area centro-meridionale del Paese compresa nel Nord italian transplant program. Che importanza riveste l’adesione a questa rete? «La vicinanza del Nitp nelle sue funzioni fondamentali di assegnare gli organi e di sorvegliare su tutto il processo che va dalla gestione delle liste d’attesa all’esecuzione degli esami immunologici è stata determinante. Ma non


Duilio Testasecca

DONATORI

44,1 IL TASSO DI DONAZIONE PER MILIONE DI ABITANTI DELLE MARCHE A FINE AGOSTO, CHE VALE ALLA REGIONE IL PRIMATO NAZIONALE

vanno dimenticate altre tre componenti focali che hanno reso possibili questi risultati: una cultura del dono sempre più radicata, l’entusiasmo e l’abnegazione degli operatori sanitari, e il supporto delle istituzioni, attraverso una sinergia fra ospedale, università e Regione, che ha deliberato molto in materia». Restando sulla cultura del dono, ricalcata appunto dal più alto tasso di procurement d’Italia, come la capitalizzate? «Come Crt ci dedichiamo alla formazione continua degli operatori che fanno procurement negli ospedali, coltivando gli ottimi rapporti già instaurati con i reparti di rianimazione che hanno sposato il progetto e, quindi, sanno benissimo che di fronte a un soggetto con morte encefalica va fatto l’accertamento di morte. In questi casi il tasso di accertamenti è elevato e la quota delle donazioni, salita dal 36 del 2005 al 44,1 per milione di abitanti di oggi, è l’espressione più lampante di questa attività». Quali altri soggetti partecipano alla diffusione di questa sensibilità? «Da tempo portiamo avanti un’intensa collaborazione con l’Aido per fare informazione e sollecitare gli ospedali con basso procurement,

che oggi si concentrano soprattutto nell’area ascolana. Qui inizieremo presto il progetto già avviato in Umbria che prevede l’attestazione di volontà sulla donazione di organi e tessuti nella carta d'identità. Altrettanto importanti sono le misure introdotte dalla Regione, che per esempio ha esteso ai direttori generali dell’azienda gli obiettivi dei coordinatori ospedalieri. Primo fra tutti, il monitoraggio degli accertamenti di morte encefalica ai fini delle donazioni, che si riflette a caduta sui direttori dei dipartimenti, sui primari delle rianimazioni e sui coordinatori inseriti nel processo». Quali nodi restano da sciogliere per il futuro? «L’obiettivo prioritario resta la riduzione dei tempi d’attesa per i trapianti. Dobbiamo poi aumentare il trapianto di rene da vivente e iniziare quello di fegato da vivente, di cui attendiamo l’autorizzazione ministeriale. In parallelo, servono adeguamenti dimensionali delle strutture che possano sopportare anche l’attrazione da altre regioni, tenendo conto che finora il 20% dei 256 pazienti trapiantati di reni e il 41% di fegato hanno avuto una provenienza extra-regionale. Dati che hanno comportato un aumento della mobilità attiva del 30% e che nei prossimi anni ci impegneremo a incrementare». MARCHE 2012 • DOSSIER • 179


TERAPIE

I vantaggi della Neumor Taping Therapy L’azione del Tape sui recettori è continua grazie al movimento: nessuna terapia mantiene la sua attività per un periodo di tempo così prolungato. Francesco Fermani descrive la Neumor Taping Roberta De Tomi

Il dottor Francesco Fermani del Centro Medico Aurora (MC) www.centromedicomacerata.it

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na terapia che richiede un alto livello di formazione nel campo della medicina riabilitativa: è la Neumor Taping, effettuata presso il Centro Medico Aurora. Una metodica che consiste nell’applicazione di un cerotto che eroga stimoli neuro-recettoriali, finalizzati alla riabilitazione muscolare. Come illustrato dal dottor Francesco Fermani, la Neumor Taping, in cui confluiscono diversi acquisiti del sapere medico, è stata messa a punto in maniera esclusiva dal centro medico, regolarmente autorizzato dal Comune di Macerata per l’assistenza specialistica ambulatoriale medica. All’interno dei locali, dotati di apposite apparecchiature per la diagnostica, oltre a servizi in diverse specializzazioni della medicina ufficiale e di quella alternativa (naturale, omeopatica, allopatica), viene pratica anche la piccola chirurgia. Gli interventi realizzati sono quelli di tipo ambulatoriale per la dermatologia, la ginecologia e l’ortopedia. Inoltre il Centro Medico realizza percorsi formativi, finalizzati a formare personale nella terapia d’eccellenza, che da quest’anno, viene impiegato anche presso un centro estetico, per il trattamento integrato fisioestetico delle disfunzioni localizzate. Si parla molto di Taping, anche sulla base di quanto visto nella semifinale dei campionati europei con il giocatore Mario Balotelli. Scientificamente, di che cosa si tratta? «La terapia di attivazione recettoriale integrata che viene comunemente definita taping, consiste in una somministrazione loca-

U


Francesco Fermani

lizzata di stimoli consequenziali neuro recettoriali attraverso l’applicazione di un Tape con caratteristiche peculiari di adesività ed elasticità». Detto in questi termini, sembra di trovarsi di fronte a una tecnica terapeutica molto complessa «Questa metodica terapeutica riesce, tramite la stimolazione selettiva e continua dei recettori, a riprogrammare lo schema motorio delle aree corticali del cervello che sono state “sprogrammate” dalle situazioni anomale pregresse e cronicizzate. Come si può ben capire, vengono coinvolti sofisticati meccanismi di controllo e risposta neuronale e muscolare nell’arco dell’intero periodo di applicazione del Tape». Quindi la terapia si prolunga nella sua efficacia praticamente nell’arco delle 24 ore? «Esattamente. Il paziente, in tutte le situazioni

La nostra mission in area formativa è quella di creare percorsi di alta formazione destinati a orientare i frequentanti a un livello di eccellenza

di movimento anche minimo, riesce ad attivare i processi riparativi prima descritti. In pratica è come prolungare una seduta riabilitativa per tutta la giornata. L’azione del Tape sui recettori (propriocettivi, esterocettivi, algogeni, chemiocettivi) diventa continua grazie al movimento: nessuna terapia mantiene la sua attività per un periodo di tempo così prolungato». Finora abbiamo parlato degli effetti positivi, veramente notevoli. Ma esistono anche controindicazioni o limiti? «No, la terapia di per sé non presenta controindicazioni intese nel senso classico della parola. Infatti, non essendo veicolo di principi attivi, il Tape può essere tranquillamente usato anche in soggetti che già sono sottoposti a terapia farmacologica anche multipla in età pediatrica, geriatrica e nelle patologie croniche. L’unica controindicazione, ma preferirei definirlo limite, riguarda l’impossibilità di utilizzo in soggetti con patologie dermatologiche in atto, ferite aperte, allergia ai componenti della colla acrilica (peraltro anallergica). L’eventuale presenza di un lieve rossore in corrispondenza dell’applicazione, va considerato un effetto positivo di attivazione e non un effetto collaterale indesiderato». Da questo quadro emerge una terapia efficace ma estremamente “operatore Dipendente”. «Sì, è così. La riuscita del protocollo terapeutico Neumor Taping dipende al 90 per cento dalla capacità dell’operatore sanitario che la ❯❯ MARCHE 2012 • DOSSIER • 187


TERAPIE

Nella terapia vengono coinvolti sofisticati meccanismi di controllo e risposta neuronale e muscolare nell’arco dell’intero periodo di applicazione del Tape

❯❯ somministra. La formazione risulta fonda- metodica personale denominata Neumor, con mentale, è infatti necessaria una solida base di competenze scientifiche di area medica riabilitativa, e un percorso formativo approfondito e codificato per poter utilizzare la tecnica con successo. Questa, come ho spiegato in precedenza, non è solo un’applicazione di “qualche cerotto colorato” ma una terapia riabilitativa complessa e multidisciplinare. La formazione si deve appoggiare su basi solide (intese come titoli legali riconosciuti) e su un percorso composto di livelli crescenti e pratica clinica strutturata». Nello specifico, lei e il suo gruppo vi occupate anche della formazione? «Personalmente, avendo avuto la fortuna di essere stato allievo del Professor Lee Min Sun dell’Università di Seoul, uno dei massimi esperti mondiali della metodica, ho potuto direttamente capire l’importanza di una formazione approfondita, efficace e di successo. In seguito al conseguimento del titolo di Istruttore internazionale ho elaborato, sulla base di una casistica clinica di 2.500 pazienti, una

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la quale attualmente opero a livello internazionale in ambito ortopedico, neurologico, pediatrico, linfatico e vascolare». Come funzionano i vostri percorsi formativi? «La nostra mission in area formativa è quella di creare percorsi di alta formazione destinati a orientare i frequentanti a un livello di eccellenza. Innanzitutto, a differenza di quasi tutti gli altri, curiamo i requisiti di accesso permettendo la partecipazione solo a personale in possesso di titoli legali. Poi peculiare è la strutturazione in moduli didattici (uno per ogni grande distretto corporeo) sviluppati in Basic e Specialist. Per ogni modulo, la componente teorica si unisce alla pratica clinica in modo da fornire le basi per un’immediata e sicura utilizzazione del metodo già dal livello Basic. Siamo operativi con un sistema di tutoraggio in videoconferenza via VoIP per fornire sicurezza ai dubbi dei nostri discenti. Attualmente disponiamo di una rete formativa in Italia e in Europa orientale».



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