Dossier Marche 05 - 2012

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OSSIER MARCHE L’INTERVENTO.........................................13 Ferruccio Dardanello Alberto Drudi Giuseppe Casali

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 18 Claudio Pagliano RITRATTI ............................................... 24 Mario Monti

ECONOMIA E FINANZA CREDITO & IMPRESE ....................... 31 Francesco Bellotti Massimo Bianconi Corrado Mariotti Giorgio Cippitelli MERCATI ESTERI .............................. 44 Gian Mario Spacca Maurizio Giampieri EXPORT ................................................. 48 Angelo, Cristian e Alessandro Vissani Sergio Mandorlini MERCATO DEL LAVORO ................ 56 Pietro Ichino Michele Tiraboschi Maurizio Sacconi Federico Vione Paolo Andreani Roberta Fileni FOCUS MACERATA ............................ 71 Romano Carancini Giuliano Bianchi Pietro Giardina INNOVAZIONE ..................................... 82 Luigi Nicolais Federico Vitali Giovanni Clementoni

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MODELLI D’IMPRESA ...................... 90 Vincenzo Taffo Pietro Polini Luigi Gaspari Carlo Speranzini Giovanni Baldeschi Paolo Battisti Marcello Ciotti TECNOLOGIE ...................................... 110 Mario Beccerica ZOOTECNIA ......................................... 112 Giorgio Federici STILE ITALIANO ................................ 116 Armando Branchini Enrico Paniccià


Sommario AMBIENTE ED ENERGIA IL DISTRETTO CALZATURIERO ... 122 Alfredo e Alfio Romagnoli Fabrizio Donnari Luca Ceroni Alfredo Baldi Giovanni Germondari MADE IN ITALY ................................ 132 Gianluca e Claudio Bordoni Laura Ottaviani

TERRITORIO TRASPORTO PUBBLICO ............... 140 Luigi Viventi Roberto Ascani Silvana Santinelli Luciano Pompili

INFRASTRUTTURE .......................... 146 Antonio Santini EDILIZIA ............................................... 149 Lo scenario italiano Massimo Ubaldi Renato Troiani Lino Dino Frapiccini Ivan Teobaldelli Gaetano Lindi Paolo e Francesco Lungarini Giampiero Casavecchia

POLITICHE ENERGETICHE ........... 178 Mario Mancini Gianni Muratori Luciano Brandoni Orlando Lozzi BONIFICA AMIANTO ....................... 188 Andrea Merzetti ANALISI .............................................. 190 Dante Bartolomei

MATERIALI .......................................... 172 Cristiana Perazzoli INTERNI ............................................... 174 Eugenio Giulianelli e Alessio Sileoni Francesco Grottini

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Marche, una regione che resiste di Alberto Drudi, presidente di Unioncamere Marche

i fronte a uno scenario nazionale che ha visto acuirsi nel 2011 la crisi economica, le Marche hanno fatto registrare una sostanziale tenuta del tessuto sociale ed economico. Grazie soprattutto all’export e a un forte dinamismo imprenditoriale, che pone la nostra regione al primo posto per quanto riguarda il numero delle aziende in rapporto alla popolazione. Se la media nazionale è di 100,8 imprese per mille abitanti, nelle Marche è di 113,5. Un secondo primato marchigiano riguarda le imprese manifatturiere: sono 24.082 pari al 13,6 per cento del totale, contro una media nazionale del 10,1 per cento. È stato questo tessuto di imprenditorialità, diffuso su tutto il territorio regionale e ben supportato dal sistema camerale, a consentire alle Marche di resistere alla crisi e di limitare i danni in attesa della ripresa. Tra i tanti dati emersi in occasione della Giornata dell’economia, organizzata come ogni anno da Unioncamere, va evidenziato l’aumento delle esportazioni che è stato nel 2011 del 9,3 per cento toccando l’11,7 per cento per il sistema moda. I prodotti marchigiani hanno saputo conquistare i mercati internazionali grazie alla qualità e all’innovazione, unite a un’efficace promozione non solo delle merci, ma anche del territorio e di tutto il sistema Marche da parte delle istituzioni e del sistema camerale. Anche lo scorso anno Unioncamere si è resa protagonista di numerose missioni all’estero e proseguirà l’impegno nel 2012. Siamo, infatti, convinti che, per affrontare al meglio la crisi, occorra investire con forza sull’internazionalizzazione, sulle reti

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d’impresa, sull’innovazione di prodotto, sui giovani imprenditori e sulle imprese femminili. Nelle Marche, i titolari d’impresa con meno di trentacinque anni sono 18.458 e sono soprattutto loro ad aver puntato con decisione sulla crescita qualitativa attraverso l’innovazione. Sono loro che, anche in un anno difficile come il 2011, hanno deciso di guardare all’impresa per cercare una risposta alle legittime aspirazioni di affermazione professionale. Unioncamere e le Camere di Commercio provinciali, convinte che i giovani imprenditori siano una componente essenziale dell’economia marchigiana, continueranno a sostenerli e ad affiancarli nello loro strategie di sviluppo con fiducia. Così come sosterremo con forza le 42.841 imprese femminili attive sul territorio regionale, che rappresentano un patrimonio di competenze sul quale il sistema camerale marchigiano ha investito e continuerà a fare, attraverso il lavoro dei comitati Impresa donna presenti all’interno delle Camere di Commercio. Sempre in occasione della Giornata dell’economia, Unioncamere ha presentato alcune proposte per affrontare la crisi: consentire alle imprese di ammortizzare in tre anni gli investimenti aggiuntivi rispetto alla media del triennio precedente; un patto tra governo e sistema camerale per l’internazionalizzazione; intervenire sui ritardati pagamenti della Pa; favorire il credito alle pmi; rinviare i pagamenti di Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove imprese. È questa la strada da compiere per costruire un futuro che garantisca lavoro, reddito, crescita e sviluppo. MARCHE 2012 • DOSSIER • 15



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Occorre il sostegno delle banche di Giuseppe Casali, presidente di Confindustria Ancona

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uesto non è un momento facile per le aziende, inutile nascondersi dietro un dito. Il Paese è in recessione; il nostro territorio inevitabilmente ne risente e, temo, più di altri in Italia. Anche l’export, che registra buone prestazioni e da sempre è un nostro punto di forza, grazie soprattutto ai grandi poli industriali della zona, manifesta difficoltà: il dato indica che è inferiore alla media nazionale. Il prezzo del carburante è alle stelle; a fine marzo sono entrate in vigore le nuove tariffe dell’addizionale regionale e comunale Irpef; in aprile il rincaro delle bollette elettriche; a giugno l’Imu con i nuovi criteri di calcolo. In sintesi: un vero salasso alle buste paga dei lavoratori e un aumento di costi per le aziende, che certamente non potranno ribaltare sui costi dei prodotti. Nel frattempo, l’inflazione sale. Nonostante tutto questo, il sistema Paese continua a chiedere alle nostre aziende di essere il motore della ripresa, di investire in innovazione e internazionalizzazione, di creare posti di lavoro. Ma se il sistema bancario non riesce a sostenere le imprese, neppure quelle virtuose, dove troveranno queste le risorse per crescere e contribuire allo sviluppo? Da sole, oggi, non ce la possono fare. Non nascondiamoci dietro a parole giustificative e scuse. Oggi il credit crunch è drammatico nella sua dimensione e negli effetti che determina. Siamo consapevoli che le banche stesse soffrono, che sono penalizzate dalle nuove regole imposte dalle autorità europee, costrette come sono ad aumentare il rapporto tra patrimonio e impieghi: il problema vero è che se togliamo benzina alla macchina produttiva del territorio, questa, inevitabilmente, si fermerà. È solo questione di tempo. Le leve per uscire dalla crisi noi aziende le conosciamo bene: investimenti in ri-

cerca, innovazione, formazione, internazionalizzazione, ma le banche non possono smettere di sostenerci. A loro chiediamo di recuperare il contatto con il territorio, ritornare ad avere il coraggio di rischiare insieme alle imprese, riducendo l’eccessiva burocrazia e rigidità e creando nuovi strumenti per venire incontro alle mutate richieste del mondo produttivo. E a livello di sistema Paese, qual è la via d’uscita? Di recente, la nostra presidente ha aperto uno spiraglio di cauto ottimismo dichiarando che non siamo condannati alla “non crescita” e che il modo per riprendere la via dello sviluppo è quello delle riforme. Allora facciamole queste riforme, ma facciamole bene. Sulla riforma del mercato del lavoro, ad esempio, come Confindustria Ancona abbiamo forti perplessità, convinti che su questo tema - strategico per il futuro dell’Italia e degli italiani - così come su altre questioni irrisolte da decenni e determinanti per la competitività del Paese, riemerge l’incapacità di guardare lontano e riemergono posizioni difensiviste, miopie, trasversalismi e soprattutto preconcetti che non lasciano presagire niente di buono per il futuro della nostre imprese circa il costo del lavoro e la sua gestione: rischiamo di perdere un’occasione irripetibile. Auspichiamo che il governo agisca seriamente sulle liberalizzazioni, sulla semplificazione amministrativa e burocratica, su una necessaria quanto efficace spending review. Il nostro territorio, come l’intero Paese, ha grandi eccellenze, grandi potenzialità e soprattutto tantissimi imprenditori capaci. Allora, ripeto, lavoriamo tutti insieme in questa direzione per dare un futuro migliore a noi e soprattutto ai nostri figli. MARCHE 2012 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Claudio Pagliano

LA DISTANZA DELLA POLITICA FRENA LO SVILUPPO «A Comuni, Provincia e Regione abbiamo chiesto di dare una testimonianza tangibile di sana politica, mettendo l’imprenditoria che vuole investire e creare nuova occupazione nelle condizioni di farlo». Il presidente di Confindustria Pesaro Urbino, Claudio Pagliano, porta avanti le istanze degli industriali e spiega cosa ne rallenta la crescita Renata Gualtieri

ulla scia delle polemiche nazionali e locali che hanno interessato il dibattito sul mercato del lavoro, della crisi occupazionale e della necessità di dedicare ogni sforzo alla crescita e ai giovani, Claudio Pagliano invita fare i conti con una politica distante dal Paese reale. Si dice, infatti, sbalordito di fronte all’ennesima denuncia di un imprenditore pesarese costretto a emigrare in un altro comune, se non addirittura all’estero per crescere. «Gli imprenditori locali – sottolinea – devono fare i conti con una politica spaccata anche sui progetti più semplici, che si nasconde dietro il rigore (peraltro necessario) per ostacolare ogni opportunità di lavoro e sviluppo con cavilli da Azzeccagarbugli». Non è comunque la prima volta che il presidente degli indu-

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striali di Pesaro e Urbino si trova a sollecitare chi ha responsabilità di governo a raccogliere il grido d’allarme del sistema imprenditoriale: «È stato così – ricorda – subito dopo le assemblee territoriali della nostra associazione, quando abbiamo preso posizione in favore del secondo casello dell’A14 a Pesaro e dell’ospedale unico con Fano, fino al manifesto di

Abbiamo bisogno di un sistema della formazione che sia più allineato con il mercato del lavoro

Confindustria Marche in occasione del 1° maggio». Quali le necessità che emergono dal sistema produttivo locale e gli asset su cui punture per la ripresa? «Le nostre imprese stanno attraversando una situazione di grande sofferenza e per alcuni settori, come l’edilizia, siamo a un punto critico. Nei primi quattro mesi del 2012 sono cresciute le ore di Cig da 2,6 milioni a 3,7 milioni, con un incremento significativo di quelle in deroga, che hanno sforato i 2 milioni di ore. Contemporaneamente, perdiamo partite Iva e quindi propensione all’imprenditorialità. Da questa situazione si esce con provvedimenti straordinari a livello nazionale, partendo da sgravi fiscali e sburocratizzazioni e dai contratti di rete, che stiamo avviando con successo anche MARCHE 2012 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

nella nostra provincia».

L’aggregazione dunque è la strada per le piccole e medie imprese per far fronte alle sfide della competizione globale e alla restrizione dell’accesso al credito. Come si può sollecitare lo sviluppo sul territorio delle reti d’impresa? «Già da tempo la nostra associazione sta svolgendo un’intensa attività di sensibilizzazione e assistenza alle imprese locali in tema di reti e aggregazione. Nel dicembre 2010 abbiamo iniziato una collaborazione con Cna e Confartigianato, formalizzata proprio da un contratto di rete, per unire le forze e creare contatti e occasioni di cooperazione tra imprese industriali e artigiane appartenenti alle stesse filiere. I primi risultati riguardano l’aggregazione tra imprese del settore mobile per l’aggiudicazione di commesse in Qatar. Confindustria Pesaro Urbino sta anche realizzando una rete tra imprese per la condivisione del trasporto e della gestione dei rifiuti, creando un sistema virtuoso che consenta importanti economie di scala e un miglioramento del servizio. Da oltre 10 anni, inoltre, è operativo il Consorzio energia, divenuto ora Consorzio Confindustria energia adriatica, per consentire agli associati un risparmio sulle bollette di energia elettrica e gas metano, che oscilla dal 4 per cento al 10 per cento. Tutti i nostri sforzi sono concentrati dunque sulle aggregazioni nella convinzione che rappresentano l’unica soluzione per stare sul mercato in maniera competitiva ed essere più forti della crisi. Aggregarsi per andare all’estero, specie tra le piccole imprese che sa sole non riuscirebbero a farlo, e per fare massa critica e pagare meno i servizi».

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Tutti i nostri sforzi sono concentrati sulle aggregazioni perché rappresentano l’unica soluzione per stare sul mercato ed essere più forti della crisi

Nel corso del 2011, l’export della provincia di Pesaro Urbino è cresciuto del 7 per cento rispetto al 2010, passando da 1,7 miliardi a 1,8 miliardi di euro. L’ha definito un segnale incoraggiante nella consapevolezza che si sta percorrendo una strada in salita. Qual è dunque la potenzialità dell’industria locale e su quali mercati internazionali va espressa? «È stato soprattutto il comparto della meccanica a favorire (+8 per cento) l’incremento dell’export, le cui principali destinazioni come Francia, Germania, Stati Uniti e Russia, mercato sul quale si è registrata una va-

riazione del +43 per cento, contrassegnano anche gli altri settori di riferimento. Protagoniste di questo successo sono state alcune specializzazioni tecnologicamente avanzate, tra cui lavorazione legno, vetro, metallo, tecnologie per l’edilizia. L’export più debole delle altre produzioni, ad esempio quello del settore legno arredo +2,7 per cento, conferma che il grado di internazionalizzazione e la dimensione relativa d’impresa stanno giocando un ruolo di primo piano nelle dinamiche di reazione alla crisi. Stiamo quindi stimolando la valorizzazione di competenze produttive e specializzazioni


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Claudio Pagliano

e la creazione di aggregazioni di imprese finalizzate allo sviluppo di business sui mercati internazionali». Guardando ai dati relativi all’occupazione tra le imprese locali quali le prospettive del mercato del lavoro e come è possibile oggi creare occupazione? «Ovviamente tutto parte da una riforma del lavoro capace di allentare l’irrigidimento sia in entrata che in uscita. Le aziende non hanno alcun interesse a privarsi dei lavoratori capaci, responsabili e onesti perché sono una risorsa fondamentale. Contemporaneamente, abbiamo bisogno di una sistema della formazione che sia più allineato con il mercato del lavoro: anche in questo momento di crisi, infatti, quelle poche aziende che ancora possono assumere si trovano a fare i conti con la mancanza

di manodopera specializzata. Un’altra opportunità va ricercata nell’autoimprenditorialità: i giovani devono avere fiducia in loro stessi, nelle loro qualità professionali, nelle loro conoscenze e possono trovare una collocazione anche imprenditoriale in nuovi settori, a partire da quello di servizi alla persona». Quali opportunità, in parte inespresse, posso derivare dalla promozione dei settori del turismo e dell’agroalimentare della provincia di Pesaro Urbino? «Il turismo rappresenta un’interessante opportunità di crescita per noi anche nel medio-breve termine. L’impegno deve essere focalizzato sulla promozione di proposte specializzate. Ci sono, infatti, fasce di mercato in crescita come quella del cicloturismo e del turismo enoga-

stronomico. Dati alla mano, sono 5 milioni gli italiani che mettono l’enogastronomia al primo posto nella scelta di una vacanza. È indispensabile impegnarsi in un’efficace strategia di marketing dell’accoglienza e riservare attenzione alla domanda, soprattutto quella estera. La proposta di un soggiorno è molto di più che un semplice pacchetto, deve tener conto dell’aspetto emozionale. Il turismo e l’agroalimentare, in una provincia come la nostra, devono entrare in rete per promuoversi e valorizzarsi a vicenda». Qual è la situazione dell’accesso al credito in regione? E quali le principali difficoltà che incontrano le imprese nel rapporto con le banche? «La restrizione del credito da parte delle banche, nei confronti delle quali le nostre imprese hanno poco potere contrattuale, frena la loro attività con ricadute pesanti sull’economia reale e penalizza la loro competitività. Il rallentamento dei crediti alle imprese ha avuto inizio nei mesi estivi dell’anno scorso, passando dal 4,9 per cento di giugno al 3,2 per cento di settembre, e anche i dati provvisori di questi mesi denunciano che la fase di rallentamento sta continuando. A ciò bisogna aggiungere il costo del credito, che a gennaio 2012 si è incrementato di quasi un punto rispetto al giugno 2011. Inoltre, la restrizione finanziaria è più penalizzante anche per l’allungamento dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione, passati dai 180 giorni del 2011 ai 128 del 2009, e anche tra le stesse imprese, che nel 2011 hanno pagato in media dopo 103 giorni contro gli 88 del 2009». MARCHE 2012 • DOSSIER • 21





CREDITO & IMPRESE

LA STRETTA CREDITIZIA PENALIZZA LE IMPRESE Le risorse che il sistema bancario ha destinato all’economia marchigiana hanno raggiunto, a dicembre 2011, 46 miliardi di euro, con un incremento del 2,1 per cento rispetto al 2010. In particolare, alle imprese sono andati 28,2 miliardi di euro, con la provincia di Ancona (9,2 miliardi) a guidare la classifica degli impieghi ricevuti, seguita da quelle di Pesaro-Urbino e Macerata. Le famiglie hanno beneficiato di 13,5 mi-

liardi, anche qui Ancona è al primo posto con 4,6 miliardi di euro. Ma se, da una parte, le banche sostengono di non aver fatto mancare il sostegno finanziario alle imprese, dall’altra sono più di mille, secondo i Confidi di Confindustria, Confartigianato, Cna, Casartigiani e Cooperazione delle Marche, le imprese regionali destinate a chiudere quest’anno per effetto della crisi e sopratutto della stretta creditizia. MARCHE 2012 • DOSSIER • 31


CREDITO & IMPRESE

ACCORDO CONTRO IL CREDIT CRUNCH Unioncamere e Assoconfidi firmano un importante accordo che definisce priorità e strategie comuni per la sostenibilità economico-finanziaria del sistema Confidi. Ne parla il presidente di Assoconfidi Francesco Bellotti Francesca Druidi

l ruolo dei Confidi a sostegno delle imprese costituisce un volano decisivo per promuovere la ripresa e la crescita. Assoconfidi, l’associazione che riunisce le Federazioni nazionali dei Confidi di tutti i comparti economici rappresentando complessivamente 300 strutture di garanzia, ha assicureato, nel 2010, 48 miliardi di finanziamento con un incremento dell’attività di garanzia del 28% a favore delle pmi socie rispetto al periodo pre-crisi. Anche le Camere di Commercio, che insieme alle Regioni identificano i principali sostenitori dei Confidi italiani, nell’ultimo biennio hanno intensificato il loro contributo, erogando oltre 230 milioni di euro di risorse proprie. Il memorandum d’intesa siglato lo scorso aprile da Assoconfidi e Unioncamere muove dalla volontà di qualificare l’azione camerale a sostegno dei Confidi. Come illustra Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi, il

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rafforzamento patrimoniale dei consorzi di garanzia, l’armonizzazione delle procedure di sostegno delle Camere di Commercio e la razionalizzazione del sistema della mutua garanzia, risultano i punti nevralgici dell’accordo. Quali azioni saranno adottate dai Confidi e dal sistema camerale per perseguire queste finalità e sostenere le imprese nell’uscire dalla crisi? «Il sostegno pubblico è una condizione fondamentale per tutto il sistema dei Confidi: Assoconfidi e Unioncamere hanno espresso il proprio interesse a individuare congiuntamente le migliori modalità per concretizzare tale sostegno, nella convinzione che la sinergia dei due insiemi abbia, di fatto, un contenuto di autoregolamentazione e di controllo dei rispettivi sistemi. In tema di rafforzamento patrimoniale, l’obiettivo che Assoconfidi e Unioncamere si propongono è


Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi

Risulta opportuno perseguire la stabilità del sistema dei Confidi in una prospettiva di continuità nel tempo

quello di fornire linee guida per strutturare sul territorio nazionale un’offerta omogenea di strumenti finanziari. Si considerano in primis sia le forme già previste dalla legge quadro sui Confidi, in merito alla partecipazione al patrimonio delle strutture di garanzia degli enti pubblici in qualità di soci sovventori, che la previsione di una partecipazione diretta quali soci ordinari consentita dal decreto “salva Italia”». Altri strumenti finanziari sui quali insistere? «Quegli strumenti in grado di intervenire sul patrimonio in via indiretta, senza incidere sull’assetto societario dell’intermediario, nelle modalità per cui tali risorse siano computate nel patrimonio di vigilanza senza vincoli di destinazione, ma con la definizione di linee di indirizzo utili a favorire il coordinamento degli interventi di politica economica per un’ottimale allocazione delle risorse sul territorio di competenza». In tema di razionalizzazione e di armonizzazione, invece, quali misure sono auspicabili? «Si ritiene che non esista una regola univoca; il contesto definisce le forme più adeguate che, in alcuni casi, sono rappresentate

da nuove fusioni e, in altri, dalla costituzione di reti di Confidi che consentono di non perdere l’identità e il radicamento territoriale delle strutture coinvolte. Sul fronte dell’armonizzazione, invece, si ritiene opportuna l’individuazione di forme tecniche predefinite e standardizzate di intervento per tutto il sistema camerale, al fine di dare uniformità a livello nazionale all’azione a favore dei Confidi: l’obiettivo è conseguire maggiori livelli di efficienza nell’erogazione dei contributi, ottimizzare gli effetti e facilitare la gestione delle risorse messe a disposizione». Dei 300 Confidi associati, 43 sono già divenuti intermediari vigilati da Banca d’Italia e ulteriori 13 sono in attesa di terminare il processo di trasformazione. Quali le principali sfide che affrontano oggi i Confidi, considerando i processi aggregativi che li stanno caratterizzando, insieme a quelli - già citati - di trasformazione? «La perdurante crisi economico-finanziaria ha cambiato molti fattori del mercato del credito e della garanzia, determinando un inasprimento delle condizioni di accesso al credito e, in particolare, una maggiore se- MARCHE 2012 • DOSSIER • 33


CREDITO & IMPRESE

lettività nei confronti delle imprese. Di con- profondi mutamenti. Il mancato riconoscitro, l’operatività dei Confidi ha registrato un costante incremento dovuto al fatto di essersi accreditati come veri e propri “ammortizzatori sociali”. Risulta però opportuno perseguire la stabilità del sistema dei Confidi in una prospettiva di continuità nel tempo: ciò dovrebbe realizzarsi attraverso un’attenuazione del carico eccessivo di oneri che oggi gravano sul sistema stesso e attraverso la definizione di interventi tesi ad assicurarne l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale». Anche le aziende più dinamiche, in prevalenza quelle che operano sui mercati esteri, rilevano un peggioramento delle condizioni di accesso al credito dall’inizio del 2012. Qual è allo stato attuale il rapporto dei confidi con le banche? Quali ulteriori strategie possono essere messe in campo per scongiurare il credit crunch? «In Italia, l’accesso al credito bancario delle imprese minori manifesta ancora storiche inefficienze. In tale ambito, i Confidi rappresentano un’importante risposta per il superamento della condizione di strutturale debolezza e di inefficienza del mercato. Il rapporto tra banche e Confidi, tradizionalmente fondato, da una parte, sull’impiego delle banche della garanzia del Confidi come strumento di mitigazione del rischio e, dall’altra, sul ruolo dei Confidi quali validi conoscitori del territorio e mezzi di compensazione dei deficit informativi tra banca e impresa, è però, in questi anni, scosso da

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mento della garanzia in termini di mitigazione del rischio e l’incremento delle sofferenze a fronte di una sostanziale stabilità nel tempo della dotazione patrimoniale, hanno portato a una progressiva vulnerabilità del sistema, generando concreti rischi per la sopravvivenza dello stesso. Appare, dunque, fondamentale creare le condizioni per preservare la sostenibilità del sistema in una prospettiva di medio-lungo termine. Per questo motivo, diventa necessario individuare percorsi e strumenti di intervento in grado di stimolarne la crescita, valorizzarne il potenziale, orientarne lo sviluppo». In che modo? «Tra i possibili interventi è stata recentemente portata, in forma di emendamento alle disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività e la semplificazione, una misura che prevede la facoltà di imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici già presenti nei bilanci dei Confidi, facendo venir meno ope legis i vincoli di destinazione esistenti. Tale intervento, senza comportare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, consentirebbe ai Confidi di rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale per poter continuare a svolgere il ruolo di sostegno alle pmi e procedere nel processo di evoluzione in intermediari vigilati intrapreso da molti di essi».


Il presidente di Abi Marche Massimo Bianconi

PIÙ LIQUIDITÀ CONTRO L’EMERGENZA Prosegue il lavoro degli istituti bancari per contenere gli effetti della crisi e assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le realtà che presentano prospettive economiche positive. Massimo Bianconi, presidente di Abi Marche, delinea le prospettive per la regione Renata Gualtieri

finanziamenti bancari destinati all’economia marchigiana hanno raggiunto, a dicembre 2011, 46 miliardi di euro, con un incremento del 2,1 per cento rispetto al 2010. Da allora, assicura il presidente di Abi Marche Massimo Bianconi, il credito in regione tiene, anche se in un quadro economico in deterioramento. Nonostante ci si trovi in uno scenario sfavorevole e in un contesto di decelerazione dei volumi erogati, l’industria bancaria operante nelle Marche ha dunque continuato in questi mesi a sostenere il territorio, mantenendo positivi gli impieghi al settore privato, sia per le imprese (+1,1 per cento a febbraio 2012, rispetto all’anno precedente) che per le famiglie (+2,3 per cento). «Per agevolare la ripresa ora però occorre puntare alla patrimonializzazione delle imprese, alla loro internazionalizzazione

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e a incentivare il trasferimento di tecnologia e innovazione». Negli ultimi anni il sistema bancario italiano come hanno modificato il proprio modello organizzativo e di offerta nei confronti delle imprese? Sono “troppo piccole” per permettere all’Italia di uscire dalla crisi? «Il consolidamento che si è realizzato nel settore bancario in questi ultimi venti anni ha messo a disposizione degli italiani un’industria creditizia e finanziaria moderna, solida ed efficiente. Questo processo ha portato a un’espansione quantitativa e qualitativa dei servizi e dei prodotti, a tutto vantaggio dei clienti e coerentemente alle mutevoli esigenze delle imprese, specie di piccole e medie dimensioni. Tale riorganizzazione ha reso possibile alle banche italiane di cominciare a reggere il passo con le grandi “concorrenti” del MARCHE 2012 • DOSSIER • 35


CREDITO & IMPRESE

mercato europeo e internazionale, pur man- riconducibile circa il 5,5 per cento del totale tenendo un forte legame col territorio e un modello di business imperniato, dal lato dell’attivo, sui prestiti a famiglie e imprese e, dal lato del passivo, sulla raccolta al dettaglio. È proprio questa capacità di operare con bassi rapporti di leva finanziaria che ha fatto sì che l’Italia non sia stata chiamata a salvare le imprese bancarie, diversamente da quanto accaduto in Europa e negli Usa. Ricordo che in Europa le banche sono costate ai rispettivi governi e ai contribuenti più di duemila miliardi di euro. In Italia nulla». In questo scenario è sempre più importante un adeguato rapporto tra banca e impresa, qual è la situazione in regione? E come Abi contribuisce a favorire i rapporti tra i due soggetti e facilitare l’accesso al credito? «Quello tra banche e imprese, nelle Marche come nel resto del Paese, è un rapporto fondato sulla relazione e la collaborazione. Le banche sono sempre state una risorsa centrale per il nostro territorio e per il Paese in generale. Tuttora non fanno mancare il loro sostegno. Per arginare gli effetti della congiuntura e sostenere il credito, infatti, bisogna ragionare su misure non convenzionali, come l’avviso comune per la sospensione dei mutui alle imprese che l’Abi ha realizzato insieme al mondo imprenditoriale. La moratoria, costantemente rinnovata negli ultimi anni (tre volte in meno di tre anni), ha consentito finora di lasciare a circa 260.000 imprese 15 miliardi di maggiore liquidità, di fatto a disposizione dell’economia reale. Alle Marche è

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delle operazioni sospese e il 5 per cento dell’ammontare complessivo delle quote capitali sospese. Così operando, mettiamo a disposizione la nostra forza e stabilità e ci assumiamo il peso di rinunciare a pagamenti importanti alla luce di un ciclo sfavorevole. Nonostante le aziende siano spesso sottocapitalizzate». Su cosa si è concentrata la domanda di credito negli ultimi tempi da parte delle imprese marchigiane? «Dopo il progressivo miglioramento nel corso del 2010, nel 2011 si è registrata una significativa diminuzione della domanda di finanziamento delle imprese legata agli investimenti. La richiesta si è infatti concentrata sulla necessità di copertura del capitale circolante e nel ricorso a operazioni di ristrutturazione e consolidamento del debito. Al rallentamento della domanda creditizia si è associato anche un peggioramento della qualità del credito verso le imprese. Di conseguenza, le sofferenze delle banche operanti in regione sono in crescita costante, oltre l’8% in riferimento ai prestiti al settore privato; addirittura oltre il 10% sui prestiti alle sole imprese». È stata rinnovata per il 2012, con una possibile prosecuzione nel 2013, l’intesa sottoscritta nel 2009 da Regione, banche, sindacati e associazioni di categoria per il sostegno ai lavoratori e alle imprese in crisi. Quale sarà l’impegno dei soggetti coinvolti e quali segnali positivi vengono da questa scelta?


Quello tra le banche, che tuttora non fanno mancare il loro sostegno, e le imprese è un rapporto fondato sulla relazione e la collaborazione, nelle Marche così come nel resto del Paese

«Il rinnovo dell’intesa sottoscritta nel 2009 consente di dare continuità a due importanti interventi creditizi a favore dei lavoratori colpiti dalla crisi: l’anticipo della cassa integrazione guadagni e la sospensione delle rate dei mutui sulla prima casa. La firma del rinnovo testimonia il forte impegno della Regione, delle banche, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni rappresentative dei datori di lavoro per non far mancare il sostegno alle famiglie che in questo momento sono messe a dura prova dalla crisi. Continuano a essere numerosi, infatti, i lavoratori che utilizzano tale tipologia di ammortizzatore sociale. In tale contesto, le banche non hanno interrotto l’operatività oggetto del Protocollo durante il periodo in cui è stato messo a punto il rinnovo dello stesso». Sono previste iniziative promosse da Abi Marche per superare gli effetti dell’emergenza credito? «Lo scorso 28 febbraio Abi e le associazioni d’impresa hanno siglato un nuovo accordo che delinea nuove misure per il credito alle pmi. Le banche operanti in regione che vi hanno aderito sono molte; del resto a livello nazionale sono oltre il 90 per cento le ade-

sioni. L’intesa con le imprese ha l’obiettivo di contenere gli effetti della crisi, assicurando la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per quelle realtà che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive economiche positive. Le imprese potranno così, sia far fronte ai problemi contingenti, sia programmare la competitività». Nell’ambito del costante confronto che Abi Marche ha instaurato con il tessuto socioeconomico e istituzionale regionale, come prosegue il rapporto di collaborazione con la Regione? «Va avanti in modo continuo e sistematico concentrandosi su tematiche che attengono lo sviluppo socio-economico del territorio, anche attraverso la partecipazione a tavoli di concertazione e commissioni. In tale contesto, piena è la disponibilità di Abi Marche a collaborare con i vari assessorati con i quali sussiste un continuo e proficuo confronto, con l’obiettivo di individuare modalità, percorsi comuni e gli interventi più efficaci per sostenere le imprese, anche attraverso l’eventuale definizione di accordi a livello territoriale tra i vari soggetti interessati e che attengono ai vari comparti dell’economia marchigiana». MARCHE 2012 • DOSSIER • 37


CREDITO & IMPRESE

BANCHE PIÙ CAUTE IN ATTESA DELLA RIPRESA Negli ultimi quattro anni le sofferenze hanno pesantemente inciso sui bilanci di tutte le banche. «È pertanto indispensabile la massima attenzione su come concedere credito». Il punto di Corrado Mariotti, presidente della Banca popolare di Ancona Renata Gualtieri

oltanto verso la fine del 2012 si potrà intravvedere qualche timido segnale di ripresa nel Pil delle Marche. Anche se non se ne può essere certi, un lieve rimbalzo potrebbe portare a una crescita dello 0,6 per cento». Lo ha affermato Giorgio Arfaras, nel commentare il periodo successivo a “La crisi che non passa”, il volume che contiene il XVI Rapporto sull’economia globale e l’Italia, realizzato dal Centro di ricerca e documentazione “Luigi Einaudi” di Torino, con il sostegno del Gruppo Ubi. Il presidente della Banca popolare di Ancona, Corrado Mariotti, ritiene ottimistica questa previsione rispetto alla tempistica ma assicura che qualunque sia il momento della ripresa, le imprese superstiti che avranno possibilità di sviluppo troveranno il massimo appoggio da parte degli istituti bancari. «La liquidità normalmente disponibile – precisa Mariotti –, che nel nostro caso è quantificabile in circa un mi-

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liardo all’anno derivante dalla raccolta e dai rimborsi da clienti, ritengo sia sufficiente a fornire credito, oltre che alle famiglie, anche alle imprese che dimostreranno di meritarlo destinandolo al loro sviluppo». Come giudica il rapporto tra banche e imprese del territorio e cosa è possibile fare per migliorare e rafforzare il dialogo tra i due soggetti? «Il rapporto si è in gran parte incrinato a causa della preponderante richiesta da parte di imprese di credito non da destinare a maggiore penetrazione sui mercati, e quindi a sostenere sviluppo e fatturato, oppure a finanziare nuovi investimenti, ma a sostituire i debiti verso fornitori, dipendenti, enti, erario, con analoghi debiti verso banche. Sostituire debiti con debiti, tra l’altro spesso più onerosi, non ha mai salvato nessuno. Per migliorare i rapporti sarebbe necessaria una maggiore conoscenza delle imprese; ormai i bilanci non bastano più. È necessario


Corrado Mariotti, presidente della Banca popolare di Ancona

che la banca sia messa maggiormente a conoscenza dei progetti, dei contratti, degli andamenti economici periodici, dei fattori umani esistenti in azienda, in breve dei beni immateriali di cui essa dispone. E tale attività di trasmissione di conoscenza può essere fatta, oltre che dall’imprenditore, solo dal suo consulente aziendale o dall’associazione di categoria cui appartiene». È stata rinnovata per il 2012, con una possibile prosecuzione nel 2013, l’intesa sottoscritta nel 2009 da Regione, banche, sindacati e associazioni di categoria per il sostegno ai lavoratori e alle imprese in crisi. Quale sarà dunque l’impegno degli istituti di credito coinvolti e cosa ha portato a questa scelta? «Abbiamo aderito alla proposta della Regione di antipare ai lavoratori cassintegrati il relativo assegno; abbiamo vinto il bando regionale per l’erogazione di 100 milioni di fondi Bei per il finanziamento di nuovi investimenti aziendali; abbiamo aderito alle richieste, da parte di famiglie e di imprese, di moratoria o di rinegoziazione di mutui; abbiamo stretto accordi più vincolanti con i consorzi fidi per venire incontro il più possibile alle esigenze delle imprese, soprattutto le più piccole». Sono previste altre iniziative a sostegno delle piccole e medie imprese? «La banca partecipa con impegno convinto alle iniziative che - anche attraverso la commissione regionale Abi - prendono forma grazie alla sempre maggiore collaborazione tra associazioni di categoria, Regione e sistema del credito. Vi sono tavoli di lavoro importanti che entro breve potranno dar vita a protocolli di intesa, anche di

tipo settoriale, che mirano a favorire l’accesso al credito da parte delle pmi regionali, anche attraverso la costituzione di specifici plafond. È importante il ruolo di stimolo e coordinamento della Regione, come lo è stato il Fondo di solidarietà istituito nella fase più acuta della crisi, ed è fondamentale il ruolo dei Confidi, il cui sistema va progressivamente rafforzandosi». «È certamente un bilancio positivo quello che si può tracciare a un anno di distanza dall’avvio dell’attivazione dei fondi Bei per le imprese». Si è espresso in questi termini Luciano Goffi, direttore generale della Banca popolare di Ancona. Quante aziende hanno fatto ricorso a questo strumento di agevolazione e quali i settori interessati? «I 100 milioni di fondi Bei sono stati interamente investiti e sono stati particolarmente importanti perché hanno potuto sopperire in parte all’inaridimento di altre forme di raccolta che, soprattutto nella seconda parte dell’anno, ha penalizzato l’attività di erogazione del credito. Le aziende che hanno fatto ricorso a tali fondi sono state circa 250; le stesse hanno potuto finanziare necessità di investimento o di sviluppo a un tasso di interesse calmierato e ulteriormente alleggerito laddove l’operazione sia stata condivisa con un Confidi. Altra fonte a cui siamo ricorsi nel 2011 per indirizzare risorse aggiuntive all’economia è rappresentata dai fondi della Cassa depositi e prestiti, come va sottolineata pure l’importanza della possibilità che le banche hanno di ricorrere al Fondo centrale di garanzia nazionale per favorire - spesso unitamente ai Confidi - l’accesso al credito da parte delle aziende». MARCHE 2012 • DOSSIER • 39


CREDITO & IMPRESE

IL RUOLO STRATEGICO DEI CONSORZI DI GARANZIA La stretta creditizia ha fatto segnare una contrazione dal 20 al 30 per cento, ma la Società regionale di garanzia Marche, assicura il presidente Giorgio Cippitelli, non manca di dare il suo sostegno alle imprese penalizzate, ormai capillarmente diffuse Renata Gualtieri

a qualche mese la Società regionale di garanzia Marche e i Confidi marchigiani dell’industria, artigianato e cooperazione, che associano 50.000 realtà imprenditoriali con 1,6 miliardi di finanziamenti, denunciano la stretta creditizia delle banche locali verso le imprese, comprese quelle garantite dai Consorzi fidi. Nulla è cambiato finora, rivela il presidente della Srgm, Giorgio Cippitelli, anzi «potremmo dire che lo scenario sia economico che tecnico bancario stia peggiorando». Anche se le previsioni non le conosce nessuno, si può immaginare una stima: «O le autorità internazionali finanziarie e monetarie liberano realmente nei confronti delle banche le risorse che hanno messo a disposizione oppure ben al di là delle crisi economica italiana ed europea gli investimenti e il ricorso al credito non possono sostenere il costo del denaro attuale».

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Le banche non finanziano più le imprese che, strozzate dalla mancanza di liquidità, rischiano di chiudere i battenti. Quali le richieste che si sente di fare agli istituti di credito per valorizzare e far convergere sforzi e finanziamenti per il sostegno al credito? «La Bce deve spiegare come mai mette a disposizione oltre 470 miliardi di euro al tasso dell’1 per cento a favore del credito alle imprese consegnandoli alle banche e queste ultime applicano condizione dal 7 al 12 per cento, quando va bene, e con estrema selettività e lentezza, per altro applicando regole costruite per momenti ordinari mentre siamo di fronte a momenti straordinari». Dall’inizio della crisi come è cambiato il vostro sostegno alle imprese? «Il cda della nostra società ha deciso di mantenere invariato il pricing delle garanzie rilasciate, no-


Giorgio Cippitelli, presidente Società regionale di garanzia Marche

nostante l’incremento delle posizioni deteriorate e l’aumentato profilo di rischio delle posizioni nuove, ha mantenuto i livelli di merito creditizio per le garanzie concedibili, e nell’attuazione di una corretta gestione del rischio di credito, ha diminuito la nostra concentrazione abbassando i livelli massimi di garanzia concedibili: per quelle di garanzia di maggiore importo vi è un azione comune con interventi in cogaranzia con i nostri Confidi soci». Quali le imprese marchigiane che sono state più vittime della stretta creditizia? «La stretta creditizia ha toccato punte dal -20 al -30 per cento, ormai le imprese penalizzate sono capillarmente diffuse, anche quelle che hanno i bilanci tecnicamente in ordine risentono di un livello di tensione finanziaria troppo alta; certamente vengono toccate quelle con minore capitalizzazione e quelle di settori molto complessi, costruzioni in primis». Nell’attuale difficile situazione, in cui il sistema imprese si trova a causa degli effetti della globalizzazione e dell’agguerrita competizione internazionale, quale è il ruolo di Srgm? «Il ruolo di Srgm è diretto verso almeno tre finalità: sostegno alle imprese del territorio nella consapevolezza del ruolo svolto dalle stesse nei sistemi economici territoriali, di servizio e coordinamento tecnico e funzionale dei Confidi soci, di controgaranzia diretta e indiretta per gli stessi Confidi soci a vantaggio delle imprese». I presidenti dei Confidi marchigiani hanno sostenuto che ciò che li preoccupa di più è che anche i consorzi fidi stiano risentendo della stretta creditizia. Come si può intervenire per

sostenere il sistema dei confidi che in questi anni è stato il più grande antidoto al credit crunch e che rischia di venir meno? «Bisogna procedere con una razionalizzazione e un miglioramento costante del sistema dei Confidi mantenendo il rapporto con il territorio che da sempre contraddistingue la loro attività. Occorre poi una maggiore valorizzazione del ruolo della garanzia, quale bene pubblico, e interventi pubblici a sostegno della patrimonializzazione dei confidi del territorio. C’è la necessità che il rapporto con le banche sia ancora di più di partenariato a vantaggio delle aziende e che insieme si abbia la volontà di finanziare e garantire quelle realtà che, al di là dei valori di bilancio penalizzati dalla crisi, abbiano elementi di valore per rilancio imprenditoriale e il coraggio di astenersi dal sostegno di quelle aziende in cui le possibilità di recupero non sono presenti. Considerato poi che le misure di sostegno del credito dello Stato sono concentrate nel Fondo centrale di garanzia è necessario che esso diventi sempre più uno strumento a favore delle aziende di minore dimensione che sono quelle che stanno “pagando” maggiormente il prezzo della crisi e che detto Fondo centrale intervenga quale contro garante di grado superiore dei fondi e portafogli regionali diventando quindi l’elemento/anello di sostenibilità della filiera della garanzia di ciascun territorio regionale. Diversamente, oggi, il funzionamento del ìfondo determina una forte disintermediazione dei Confidi per di più a vantaggio delle banche e chi, come sempre, ne paga le conseguenze sono le imprese che si trovano applicati spread bancari altissimi». MARCHE 2012 • DOSSIER • 41




MERCATI ESTERI

Al fianco delle imprese È l’export la migliore medicina per tentare di sconfiggere la crisi economica. Se il mercato interno langue, infatti, i paesi in via di sviluppo continuano a crescere e a chiedere i prodotti italiani. Compito della Regione è accompagnare le aziende in questi mercati Teresa Bellemo

a regione Marche, come tutta la realtà italiana, si trova ad affrontare la crisi economica globale. Con il mercato interno fermo, l’export, qui nelle Marche, diventa motore dell’economia e strumento rivitalizzante per tutto il territorio registrando nel 2011 un +9%. I mercati di riferimento sono certamente quelli dell’Unione europea, da sempre partner delle aziende marchigiane, ma soprattutto i paesi emergenti, che grazie alla loro crescita economica permettono al tessuto produttivo marchigiano e nazionale di continuare a rilevare dati incoraggianti per quanto riguarda l’export. Sono i paesi Bric che hanno voglia di made in Marche, sia per quanto riguarda il comparto manifatturiero sia per la meccanica. L’export verso questi paesi ha registrato nel 2011 un +12%, che si aggiunge al +12% degli scambi verso l’America centro-meridionale e a un sorprendente +30% verso gli Emirati Arabi. Una tendenza che si conferma con il +14% nel 2011 per le calzature e il +16 per la meccanica. Questi sono i settori che continuano a essere la punta di diamante dell’export regionale. Ma sta crescendo con ottime performance anche l’agroindustria, sempre più penetrante nei mercati del Far East. Ne parliamo con il presidente della Regione, Gian Mario Spacca. Lo scorso anno è stato ricevuto in forma ufficiale dal comitato centrale del Partito comunista in Cina. Quanto le relazioni istituzionali possono favorire il commercio e la ripresa economica? «Moltissimo. Non è un caso che tutti quei

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Paesi con cui le Marche hanno avviato già da tempo relazioni di natura istituzionale, sono quelli in cui il nostro export registra le migliori performance anche in questa fase di perdurante crisi economica. È il caso della Cina, con cui già nei primi anni Novanta abbiamo sottoscritto accordi di cooperazione. Nel 2011 l’export verso questo paese è cresciuto del 37%. Le esportazioni verso la Russia hanno segnato un +9%, verso il Brasile un +12% e infine l’India con un +7%. In pratica tutti quei Paesi che oggi non conoscono la durezza della crisi, anzi crescono: aver avviato relazioni in anticipo ha fatto sì che oggi gli imprenditori marchigiani abbiano un ruolo di leadership su quei mercati. La nostra strategia, che stiamo seguendo da tempi più recenti anche con gli Emirati Arabi Uniti, si basa sulla creazione di relazioni non solo economiche, ma anche nel campo della cultura, dell’ambiente, del turismo. Tutto ciò ha creato un terreno fertile all’accoglienza dei prodotti del made in Marche a livello internazionale, legandoli ai valori del territorio». La tendenza liberista degli ultimi decenni però tende a disincentivare, e in alcuni casi addirittura a sanzionare, l’intervento statale o comunque istituzionale nell’economia. Lei cosa ne pensa? «Il ruolo delle istituzioni è molto importante in un processo di sostegno e accompagnamento delle imprese, in particolare in


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gian Mario Spacca

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Già nei primi anni ’90 abbiamo siglato accordi con la Cina. Nel 2011 l’export verso questo paese ha segnato un +37%

una prospettiva di internazionalizzazione. Ciò è vero soprattutto per le micro e piccole imprese, perché la loro dimensione è un limite molto forte all’affermazione sui mercati internazionali. È una linea necessaria che si estende anche ai fattori di innovazione e trasferimento tecnologico. Così come lo è per favorire l’accesso al credito, in quanto la liquidità è oggi l’elemento davvero critico. Tutto ciò non significa un intervento diretto del pubblico nel privato, significa condivisione delle responsabilità da parte delle istituzioni per sostenere l’impresa, unico soggetto oggi capace di creare reddito, e dunque lavoro, occupazione e crescita di una comunità». Quali sono le prossime iniziative che la Regione ha intenzione di mettere in campo per incrementare ulteriormente l’export? «Vogliamo portare un numero sempre maggiore di imprese sul mercato internazionale. Vogliamo farlo rendendo sempre più articolata la base delle relazioni internazionali, creando dei veri e propri rapporti di amicizia tra la nostra terra e le comunità dei paesi in crescita. Chiediamo alle organizzazione degli

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imprenditori di far conoscere di più e meglio le opportunità offerte dal mercato globale e di organizzarsi di conseguenza. Fondamentale è rafforzare il sostegno alla creazione di reti tra imprese: le piccole dimensioni delle aziende marchigiane rappresentano un limite all’internazionalizzazione. Superarlo facendo massa critica significa riuscire nell’obiettivo». L’export può diventare volano anche per un nuovo “import” di risorse economiche, turismo e investimenti esteri sul vostro territorio? «Certamente, i dati lo indicano già. Pensiamo al turismo: le Marche sono una regione tradizionalmente scelta dai turisti italiani, mentre il turismo internazionale è sempre stato relegato a percentuali molto basse. Oggi la tendenza inizia a modificarsi e non solo grazie ai nostri testimonial nel mondo, Dustin Hoffman per i mercati anglosassoni e padre Matteo Ricci per l’Oriente. Il motivo del crescente interesse verso le Marche da parte di turisti cinesi, russi e sudamericani sta anche nella maggiore conoscenza della nostra terra nei rispettivi Paesi, una conoscenza che passa attraverso i nostri prodotti. Le nostre calzature, il nostro fashion o i nostri mobili, in sostanza, fungono da “testimonial” all’estero perché non vengono acquistati solo in quanto prodotti di qualità, ma anche espressione della cultura del territorio e del brand Marche».

Sopra, Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche

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MERCATI ESTERI

Crescere differenziando l’export «Per le esportazioni non esistono pochi paesi dominanti, ma uno sviluppo omogeneo di quote di export in molti paesi, in modo da poter usufruire di un portafoglio clienti diversificato». Parola di Maurizio Giampieri Teresa Bellemo

l made in Italy trova nella regione marchigiana molte delle sue principali espressioni. Proprio per questo non è pensabile lavorare sull’offerta di questi prodotti unicamente per il mercato interno. Le Marche operano su scala globale, esportando non solo nell’Ue, principale bacino dei prodotti in uscita, ma anche verso i mercati extraeuropei. In questo modo, alla luce dei frequenti episodi di crisi che hanno colpito le economie internazionali, è possibile una maggiore diversificazione e una minor dipendenza di un comparto produttivo rispetto a un unico Paese. Il territorio marchigiano esporta prodotti destinati a consumi e attività produttive su scala mondiale: dai prodotti del sistema moda agli elettrodomestici, dalle macchine industriali alle produzioni di lusso collegate alla nautica. Sul fronte dell’export è necessario far sì che la specializzazione acquisita nei settori a forte competitività si mantenga dinamica e in costante evoluzione, per non rischiare di essere raggiunti e superati dai paesi emergenti. Questi paesi, che stanno investendo molto nel futuro, possono riuscire in breve tempo a ridurre il vantaggio comparato che caratterizza le eccellenze d’Italia, delle Marche e anche della provincia di Ancona. Pertanto il nostro sistema economico deve puntare sempre più sulla qualità e sulla sostenibilità delle produzioni e dei servizi. Ne parla Maurizio Giampieri, presidente della Camera di Commercio di Ancona. Quasi la metà dell’export della provincia di

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Maurizio Giampieri, presidente della Camera di Commercio di Ancona

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Ancona proviene dal commercio di macchinari e apparecchiature elettriche. Quali sono i suoi principali mercati? «L’export di prodotti metalmeccanici ed elettronici corrisponde al 42,8% delle esportazioni totali, un valore anche più alto rispetto alla media nazionale (42%) che diventa ancora più pesante se si considerano le province di Ancona (67,3%) e di Pesaro-Urbino (57,2%). Il 73,8% dell’export è diretto ai mercati dei paesi Ue, mentre una parte in continua crescita è stata assorbita dai mercati dell’America settentrionale. Inoltre, per quanto riguarda i paesi extra-Ue, nel 2011 le Marche sono state tra le regioni italiane che si sono caratterizzate per i più alti incrementi. In particolare, le percentuali dell’export della provincia di Ancona sono elevate verso i paesi del Medio Oriente (9,2% del totale delle esportazioni, contro il


Maurizio Giampieri

9,7 MILIARDI

Il valore totale delle esportazioni della regione Marche per l'anno 2011

67,3 % ESPORTAZIONI Il commercio della provincia di Ancona verso l'estero di macchinari e apparecchiature elettriche

6,5% della media nazionale) e dell’Africa, in particolare del Maghreb (4,6% contro 3,8%). Verso i paesi asiatici invece il dato della provincia dorica (5%) non è ancora elevato come la media nazionale (7,6%) o quella regionale (5,4%), anche se in costante crescita (l’export con la Cina è aumentato in un anno del 49% e con l’India del 13,5%)». Quanto i mercati extraeuropei possono divenire traino dell’economia della provincia? «Differenziare i mercati d’esportazione è senz’altro un fattore positivo, indicatore di un elevato grado di apertura e maturità commerciale, e può garantire una maggiore stabilità nei confronti di shock esterni. Infatti, cali di domanda esogeni che possono verificarsi da un gruppo specifico di paesi, possono essere compensati grazie a un ventaglio più ampio di partner commerciali. I mercati di interesse rimangono comunque i Bric, affiancati dai Balcani e dai Paesi del Nord Africa non appena la situazione politica e sociale si sarà stabilizzata. Per quanto riguarda il mercato asiatico i prodotti maggiormente richiesti dalle fasce ad alto reddito sono quelli che caratterizzano lo stile italiano. E qui le nostre imprese possono avere un ampio margine di sviluppo, anche grazie al supporto che offriamo verso il mercato cinese con i desk della nostra Azienda speciale per l’in-

ternazionalizzazione Marchet (situati a Nanchino, Xiamen e Kunming), mediante i quali possiamo fornire assistenza qualificata e personalizzata alle imprese interessate a presidiare un mercato così complesso ma anche così stimolante». Quali sono le previsioni per l’export della provincia di Ancona per questo 2012? «Le previsioni sui tassi di crescita dell’economia per la provincia di Ancona e le Marche anticipano un calo dell’1,7% nel 2012, peggiore di quello che si prevede per l’Italia (-1,5%). La ripresa prevista per il 2013 però, seppure lieve, sarà più marcata in provincia di Ancona (+1,2%) e nelle Marche (+1,3%). Oggi il ruolo del commercio estero è determinante, avendo recuperato di più che in altri ambiti il terreno perso durante la crisi economico-finanziaria del 2011. Il tasso di crescita delle esportazioni della provincia di Ancona si manterrà elevato, maggiore rispetto alla media Italiana, in linea con i valori del 2011. Lo scorso anno, infatti, le esportazioni nella provincia dorica sono aumentate del 9,3%, un dato vicino alla media regionale, dove le esportazioni crescono del 9,2% e le importazioni del 9,8%. Per le Marche il valore delle importazioni e delle esportazioni nel 2011 è stato pari rispettivamente a 7,3 e 9,7 miliardi di euro e Ancona ha avuto il peso più rilevante (3,3 miliardi di euro di importazioni e 3,4 di esportazioni)». MARCHE 2012 • DOSSIER • 47


EXPORT

L’export traina il settore pelletteria Il commercio delle pelli sta spostando sempre più il suo baricentro verso i paesi in via di sviluppo, dove la richiesta di materie prime non sembra conoscere crisi. Criticità e prospettive del settore illustrate da Angelo, Cristian e Alessandro Vissani Diego Bandini

un andamento a due velocità quello che sta caratterizzando la congiuntura del settore pelletteria in questo particolare momento dell’economia italiana. Secondo quanto emerge da una recente analisi condotta dell’Ufficio Studi dell’Associazione Italiana Pellettieri - Aimpes, il 2011 si è chiuso intatti con un trend fortemente espansivo dell’export, che ha fatto registrare un incremento del 30 per cento, attenuato però da una forte sofferenza del mercato interno, in flessione del 3,3 per cento. Una tendenza confermata anche da Alessandro, Angelo e Cristian Vissani, attuali titolari della

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Nella pagina a fianco, Alessandro e Cristian Vissani, titolari della Mar.Pel di Tolentino (MC) www.marpelstock.com

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Mar.Pel, società di Tolentino (MC) fondata oltre trent’anni fa da GianmarioVissani, padre di Cristian e specializzata nella compravendita di pelli di provenienza ovina, caprina, bovina e suina, destinate prevalentemente alla produzione di calzature e articoli di pelletteria in generale. «Nel nostro Paese ci sono moltissimi laboratori artigianali, ma anche grandi industrie, che operano nel campo della lavorazione del pellame. Purtroppo però la crisi sta incidendo notevolmente sulle loro capacità produttive, come dimostrato dal forte rallentamento delle vendite dei nostri prodotti sul mercato italiano», sottolinea Alessandro. «Proprio per sopperire a tali carenze – conferma Cristian – ci stiamo sempre più orientando verso i Paesi in via di sviluppo, proseguendo nel solco tracciato fin dalle origini da nostro padre». Quali sono, quindi, i vostri mercati di riferimento? ALESSANDRO VISSANI: «Nell’ultimo periodo abbiamo incrementato notevolmente le esportazioni di materie prime verso la zona del Maghreb, la Nigeria, il Medio Oriente e i paesi dell’Est Europa, senza dimenticare la Russia e, più in generale il continente asiatico». Pensate che questa tendenza continuerà anche nel prossimo futuro? CRISTIAN VISSANI: «Assolutamente sì. Riponiamo grandi aspettative soprattutto sulla Cina e l’India, due giganti che nonostante la crisi conti-


Angelo, Cristian e Alessandro Vissani

© Foto Bokeh Studio - Giacomo Attili

Abbiamo incrementato notevolmente le esportazioni di pellami verso la zona del Maghreb, la Nigeria, il Medio Oriente e i paesi dell’Est Europa, la Cina e l’India

nuano a crescere a ritmi vertiginosi. A tal proposito abbiamo già avviato diverse collaborazioni in loco, che ci permetteranno di penetrare questi mercati dalle enormi potenzialità. Recentemente, inoltre, abbiamo partecipato alla APLF, una delle fiere più importanti del settore, tenutasi a Hong Kong dal 28 al 30 marzo scorsi. Devo dire che questa è stata veramente un’esperienza molto utile per il nostro business, visto che ci ha dato la possibilità di farci conoscere a una platea di potenziali clienti che hanno molto apprezzato i nostri articoli». Quali sono, invece, le principali problematiche che state riscontrando nel panorama italiano? CRISTIAN VISSANI: «La carenza di liquidità, unitamente all’opprimente burocrazia che attana-

glia le nostre aziende, rende sempre più difficile la riscossione dei crediti dovuti: una situazione davvero insostenibile, che sta influenzando notevolmente la nostra attività». Anche sulla base di queste considerazioni che bilancio è possibile trarre dall’ultimo anno di attività di Mar.Pel? ANGELO VISSANI: «Ci possiamo ritenere molto soddisfatti dei risultati raggiunti negli ultimi dodici mesi. Nonostante la crisi continui a incidere MARCHE 2012 • DOSSIER • 49


EXPORT

negativamente sul nostro settore di riferimento, pegno, perché in questo comparto le pelli desiamo riusciti comunque a consolidare il nostro fatturato, grazie soprattutto agli ottimi riscontri ottenuti sui mercati esteri». Tornando all’Italia, da quali regioni derivano le performance migliori? CRISTIAN VISSANI: «Serviamo varie aziende, soprattutto nell’Italia centro-meridionale, con una

UN’INTUIZIONE VINCENTE ar.Pel nasce oltre trent’anni fa, grazie allo spirito imprenditoriale del suo fondatore, Gianmario Vissani, affermandosi in breve tempo come una delle realtà più accreditate nel campo dell’importazione e dell’esportazione di ogni tipologia pellami. Fin dall’inizio della sua attività Vissani ha compreso e sfruttato le opportunità offerte soprattutto dai cosiddetti Paesi in via di sviluppo, quando ancora l’Africa e l’Asia erano escluse dalle più importanti rotte commerciali. Oggi Mar.Pel è ancora guidata dalla famiglia Vissani, con al vertice Cristian, figlio del fondatore, Angelo, il fratello, e il nipote Alessandro, che pur non tralasciando l’attività sul mercato italiano, hanno ulteriormente potenziato la presenza dell’azienda a livello internazionale.

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presenza consolidata oltre che nelle Marche, in Umbria, Puglia, Emilia Romagna e Lazio. La possibilità di disporre di pellami di prima scelta, pregiati e dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, rendono Mar.Pel un punto di riferimento per le aziende e i laboratori artigianali, che grazie alle nostre pelli hanno la possibilità di realizzare non soltanto calzature, ma anche borse, valige e accessori dove la qualità si tocca con mano». Su quali tipologie di pellami si stanno orientando i buyers italiani? ANGELO VISSANI: «Le richieste provenienti dal mercato italiano, da cui attualmente deriva circa la metà del nostro fatturato, sono orientate principalmente verso il pellame conciato per il settore calzaturiero. La ricerca di pellami per calzature è però anche quella che richiede più im50 • DOSSIER • MARCHE 2012

vono consentire una facile lavorazione, assicurando contemporaneamente la massima durata nel tempo». Nel vostro ambito è ancora possibile operare seguendo una logica di programmazione a lungo termine o anche qui il fenomeno del lavoro e delle consegne “just in time” la fa da padrone? CRISTIAN VISSANI: «La nostra azienda ha sempre operato acquistando quantitativi di merce a prezzi vantaggiosi, naturalmente provvedendo poi a stoccare il tutto in appositi magazzini, nell’attesa di venderla alla clientela. Proprio questa peculiarità rappresenta il nostro punto di forza, in quanto ci ha permesso, nel tempo, di instaurare una proficua collaborazione non soltanto con i piccoli laboratori artigianali ma anche con i grandi marchi del settore. Avendo sempre a disposizione la materia prima siamo infatti in grado di assecondare tanto i grandi ordini quanto le piccole partite, con un servizio puntuale ed efficiente». Quali nuove esigenze, da parte dei vostri committenti, credete vadano intercettate e assecondate al fine di garantire la vostra competitività sul mercato? ALESSANDRO VISSANI: «Come accennato in precedenza, la clientela, oggi più che mai, è sempre più orientata alla ricerca del miglior rapporto qualità-prezzo. In questo senso Mar.Pel si pone come partner privilegiato, visto che possiamo disporre di una varietà di pellami davvero unica sul mercato. Ci avvaliamo inoltre di esperti collaboratori attivi nei più qualificati mercati produttori, che ci supportano nel reperimento delle migliori qualità di materie grezze a prezzi assolutamente competitivi». Nel prossimo futuro cosa possiamo aspettarci in relazione ai prezzi dei pellami? CRISTIAN VISSANI: «In questi ultimi anni la forte domanda di materie prime proveniente dai paesi emergenti, in primis Cina e India, ha provocato un aumento considerevole dei prezzi di mercato. Purtroppo credo che questa tendenza continuerà anche nel prossimo futuro».


© Foto Bokeh Studio - Giacomo Attili

Angelo, Cristian e Alessandro Vissani

Le scarpe del distretto marchigiano sono probabilmente le migliori esistenti sul mercato. Però le aziende locali dovrebbero unire le loro forze e “fare sistema”

Quale valore aggiunto vi deriva dall’essere ubicati all’interno di un territorio notoriamente dedito alla produzione di calzature e pelletterie come quello marchigiano? ANGELO VISSANI: «Tolentino è un centro di primaria importanza, sede di numerose industrie pellettiere e calzaturiere che con il loro lavoro contribuiscono a diffondere e valorizzare il marchio made in Italy in giro per il mondo. Sicuramente questo ci garantisce un punto di osservazione privilegiato sulle evoluzioni e le nuove tendenze del mercato, e di rispondere così in maniera rapida e precisa alle mutevoli richieste dei nostri committenti. Disponiamo di un’ampia gamma di prodotti, con l’obiettivo di riuscire a offrire il pellame giusto per ogni tipologia di impiego, forti di una trentennale esperienza nel set-

tore che ci permette di soddisfare anche le più particolari esigenze». A questo proposito, quali provvedimenti dovrebbero essere presi per rilanciare il distretto calzaturiero marchigiano, da sempre riconosciuto come una delle eccellenze del sistema produttivo italiano? CRISTIAN VISSANI: «Le scarpe provenienti dal distretto marchigiano sono probabilmente il meglio che è possibile trovare sul mercato mondiale. Credo però che le aziende locali, nella maggior parte dei casi realtà di piccole e medie dimensioni, per superare questa fase di difficoltà, dovrebbero unire le loro forze e “fare sistema”, perché solo così saranno in grado di competere sui mercati internazionali e di trovare nuovi sbocchi commerciali per i loro prodotti».

Da sinistra, Alessandro, Cristian e Angelo Vissani insieme ad alcuni membri dello staff aziendale

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EXPORT

L’acqua Nerea conquista il Medio Oriente La leggerezza e la purezza dell’acqua Nerea, unite alla ricerca di materiali e packaging ecocompatibili, hanno permesso all’azienda di Castelsantangelo sul Nera di essere proiettata dal cuore dei Sibillini, direttamente in Medio Oriente. Ne parliamo con l’amministratore Sergio Mandorlini Nicoletta Bucciarelli

li ultimi dati sull'export agroalimentare della regione Marche più 13 per cento nel 2011 - confermano il trend positivo dei prodotti provenienti dal territorio. «È necessario promuovere l'immagine e l'identità delle Marche attraverso le sue eccellenze», ha sottolineato il vicepresidente della Regione Paolo Petrini in occasione del Cibus di Parma. È in questo scenario che si inserisce l’acqua Nerea, un prodotto che ha contribuito a promuovere e consolidare l’immagine della regione Marche in Italia e nel mondo. «Effettivamente l’acqua Ne-

G Sergio Mandorlini è amministratore delegato della Nerea SpA di Castelsantangelo sul Nera (MC) www.nereaspa.it

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rea è diventata un’eccellenza del nostro territorio, visto che è una delle acque più note e bevute in Italia e ora molto apprezzata anche all’estero. Il numero di bottiglie vendute ha sfondato quota 63 milioni di pezzi e, grazie all’introduzione della seconda modernissima linea di imbottigliamento, l’obiettivo dell’azienda è di arrivare presto a quota 80 milioni annui». Spiega Sergio Mandorlini, amministratore delegato della Nerea di Castelsantangelo sul Nera. L’acqua oligominerale Nerea, che sgorga dalla fonte dell’Uccelletto, viene imbottigliata direttamente nel cuore del parco dei Sibillini; una provenienza che diventa sinonimo di un’origine pura e libera da fonti di inquinamento. Da cosa è garantita la purezza dell’acqua? «L’azienda si fa garante del consumatore attraverso la pubblicazione, direttamente sul fardello, del certificato di trasparenza, che attesta tutte le caratteristiche organolettiche dell’acqua. L‘acqua oligominerale Nerea è tra quelle a più basso contenuto di sodio (1,6 mg/L), ed è una delle più leggere (residuo fisso di 161 mg/L). La presenza di solo 1,4 mg/L di nitrati la rende purissima, perché priva di inquinamenti ambientali e certamente adatta al consumo dei neonati o delle donne in gravidanza tanto da aver ottenuto l’approvazione del Ministero della Salute. Inoltre, per il suo effetto diuretico e la sua leggerezza, è un’acqua consigliabile anche per i soggetti anziani ed è altresì


Sergio Mandorlini

Ottime performance sono venute anche dal mercato estero, che solo nel 2011 è quadruplicato rispetto al 2010, e che ha visto Nerea sbarcare anche nel Medio Oriente e in Cina

indicata anche per chi fa sport; la quantità di bicarbonato e di calcio contribuisce infatti a neutralizzare le scorie prodotte durante l’attività fisica». In che modo riuscite a garantire il connubio tra azienda e natura? «Il nostro stabilimento si integra perfettamente al paesaggio incontaminato in cui è inserito e nel suo totale rispetto, perché dispone di tecnologie avanzatissime che permettono di preservare l’ambiente circostante, mantenendo una filosofia protezionistica in linea con il parco stesso. L’attenzione e la scrupolosità nei processi di imbottigliamento e confezionamento si uniscono a uno studio ed una ricerca continua verso nuovi materiali e packaging ecocompatibili di ultima generazione. Anche l’etichetta Nerea, grazie al metodo stretch sleeve, priva di collanti e solventi, è ad impatto zero dal punto di vista ambientale». Tornando ai risultati ottenuti recentemente, il 2011 è stato quindi un anno positivo. «Decisamente sí. L’anno si è chiuso con un fatturato di 8,7 milioni di euro, in aumento

dell’11 per cento rispetto al 2010: un trend molto positivo in totale controtendenza rispetto al mercato, che testimonia la qualità delle scelte imprenditoriali della nostra azienda. Nel 2011 infatti i pezzi venduti nei vari formati sono passati da circa 600.000 a 3.000.000, con una crescita di oltre il 400 per cento. Ottime performance sono venute anche dal mercato estero, che nel solo 2011 è quadruplicato rispetto al 2010, e che ha visto Nerea sbarcare anche nel Medio Oriente e in Cina». Cosa apprezza soprattutto il mercato medio-orientale della vostra acqua? «Ciò che maggiormente ci identifica e rappresenta all’estero è la qualità del nostro prodotto; l’acqua Nerea si distingue per le sue peculiari caratteristiche organolettiche quali la leggerezza, la purezza e tutti quei plus che la identificano anche in Italia. L’immagine stessa della campagna e del packaging è portavoce di una filosofia di sicurezza e attenzione alla qualità che sono il know how della nostra azienda. Ad essere apprezzata, infatti, è in primo luogo la serietà aziendale, il servizio sempre volto al cliente e la nostra continua disponibilità. In un mercato quasi completamente dominato da poche multinazionali questi sono risultati di grande rilievo, che ci stimolano a proseguire su una strada fatta di serietà, lavoro e grandissima attenzione al prodotto».

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MERCATO DEL LAVORO

Alimentare la flessibilità buona Le agenzie per il lavoro rivendicano il loro ruolo di operatori dotati del know how necessario per la formazione e l’incontro tra domanda e offerta. Anche nell’ottica della riforma del lavoro. Ne parla Federico Vione, presidente di Assolavoro Francesca Druidi

ono stati oltre 46mila i lavoratori provenienti dalle liste di mobilità ricollocati nel 2011 attraverso le agenzie per il lavoro. Si parla di un significativo aumento del 76 per cento rispetto al 2010. A sottolinearlo è Federico Vione, presidente di Assolavoro, l’Associazione nazionale di categoria delle agenzie per il lavoro, le quali producono oltre il 90 per cento del fatturato complessivo legato alla somministrazione di lavoro, contando in tutta Italia oltre 2.500 filiali. Alla luce anche di questi dati, sono diverse le proposte lanciate da Assolavoro nel quadro della spinosa riforma del lavoro. Assolavoro si batte affinché il maggior costo dell’1,4 per cento previsto per i contratti a termine non gravi sulla somministrazione e, di conseguenza, sulle risorse destinate dalle agenzie del lavoro alla formazione. Oltre a questo aspetto, cosa non condivide della riforma del lavoro del governo? E cosa, invece, appoggia, fermo restando l’iter parlamentare ancora da concludere? «La formazione è lo strumento che ha permesso alle agen-

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zie per il lavoro di contrastare la crisi, adeguando le competenze dei lavoratori alle richieste di un mercato in completa trasformazione. Ogni anno le agenzie investono in formazione risorse ingenti (140 milioni di euro nel 2011). Se il taglio dell’1,4 per cento fosse stato presente nel nostro ordinamento nel 2011, non avremmo potuto formare oltre 60mila persone e - visto l’obbligo di collocarne almeno la metà - più di 30mila non avrebbero avuto accesso al lavoro tramite la formazione. La retromarcia fatta dalla riforma in merito al forte contrasto verso di forme di precarietà cattiva, rischia di aumentare l’instabilità di molti lavoratori. Su questo punto, più volte, abbiamo fatto sentire la nostra voce. Per quanto riguarda la somministrazione, chiediamo che venga esclusa dal computo dei 36 mesi per la stabilizzazione dei contratti a termine, per evitare che si creino situazioni paradossali, con la possibilità di pretendere la stabilizzazione presso l’azienda utilizzatrice anche per i lavoratori in staff leasing. Chiediamo, poi, l’abolizione della causale per i contratti di somministrazione a tempo indeterminato». Lei ha indicato più volte nel superamento di questo vincolo (ovvero l’eliminazione dell’indicazione della causa dai contratti di somministrazione) una mossa importante. Perché? Quale effetto produrrebbe quest’azione? «Ampliare il range di soggetti esclusi dal vincolo della causale, come recentemente fatto per le categorie svantaggiate, è una strada fondamentale per favorire l’occupazione. È


Federico Vione

L’apprendistato in somministrazione consentirà alle imprese di avvalersi di questo strumento, via principale di ingresso nel mondo del lavoro per i più giovani

In apertura, Federico Vione, presidente di Assolavoro

stato dimostrato con la sperimentazione della finanziaria 2010. Le agenzie per il lavoro, grazie alla deroga prevista per i lavoratori iscritti alle liste di mobilità, hanno fatto rientrare nel mercato del lavoro oltre 26mila persone nel 2010 e 46mila nel 2011 (delle più di 73mila persone complessive, un terzo ha più di 44 anni). Da sottolineare il fatto che questa sperimentazione ha comportato un notevole “risparmio” per lo Stato, in merito alle indennità di mobilità, superiore ai 50 milioni di euro, e un incremento del gettito contributivo generato per quasi 10 milioni di euro e di gettito fiscale per oltre 13 milioni». Come è possibile fare in modo che la flessibilità non diventi precarietà? «La flessibilità, quella garantita, non è mai sinonimo di precarietà. La somministrazione,

in particolare, è l’unica forma di flessibilità capace di garantire ai lavoratori gli stessi diritti, le stesse tutele e la stessa retribuzione dei dipendenti dell’impresa presso cui svolgono la loro missione. Studi recenti hanno evidenziato, poi, l’elevato tasso di contratti di somministrazione destinati a trasformarsi in indeterminato, anche durante la crisi. In questo caso parliamo di flessibilità buona, uno strumento capace di andare incontro alle esigenze delle imprese e, allo stesso tempo, garantire il lavoratore. Non è un caso, d’altra parte, che proprio la somministrazione sia stata indicata come modello da seguire da sindacati, imprese ed esponenti delle istituzioni». Assolavoro, Felsa Cisl e Uil Tem.p@ hanno sottoscritto un accordo che rende operativo l’apprendistato in somministrazione. Come funzionerà e in che modo saprà agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro? «L’apprendistato in somministrazione consentirà alle imprese di avvalersi di questo strumento, via principale di ingresso nel mondo del lavoro per i più giovani, avendo al proprio fianco un partner affidabile e competente che potrà gestire tutte le incombenze tecniche e burocratiche. L’accordo si pone l’obiettivo di agevolare le imprese per incentivare il ricorso a questo strumento. Sarà, infatti, l’agenzia a stipulare con il giovane lavoratore il contratto di apprendistato da svolgere presso una o più aziende utilizzatrici». MARCHE 2012 • DOSSIER • 63


MERCATO DEL LAVORO

Puntare sulla crescita per produrre lavoro Sostenere le imprese in modo che possano tornare a creare occupazione. Favorire l’apprendistato per alleviare la disoccupazione giovanile. Sono alcune delle leve indicate da Paolo Andreani, presidente di Confindustria Marche, per l’occupazione Francesca Druidi a dinamica occupazionale registrata nelle Marche nel 2011 è apparsa di segno opposto rispetto a quella nazionale. Gli occupati sono, infatti, in calo dello 0,9 per cento rispetto al 2010, con una flessione di circa 5.700 unità. A stabilirlo è il Rapporto 2011 sull’industria marchigiana presentato a Jesi il 13 aprile scorso. «Le Marche hanno risentito pesantemente della crisi e le conseguenze sul mercato del lavoro sono state inevitabili – commenta Paolo

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Paolo Andreani, presidente di Confindustria Marche

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Andreani, numero uno di Confindustria Marche –. Nella media del 2011, il numero di occupati nella nostra regione è tornato ai livelli di cinque anni fa, risultando inferiore di quasi 3.000 unità rispetto al dato rilevato nel 2007, mentre il numero di persone in cerca di lavoro è aumentato di oltre il 65 per cento». Quali sono le prospettive per il mercato del lavoro per il resto del 2012? «Il 2012 si è aperto all’insegna della recessione e questo fa presagire che le difficoltà per il mercato del lavoro proseguiranno. Il perdurare di bassi livelli di attività potrebbe, inoltre, obbligare le imprese ad attuare profonde ristrutturazioni, con conseguenti riduzioni di manodopera. La situazione occupazionale è destinata a peggiorare se permarranno le condizioni attuali - alte tasse, restrizione del credito, difficoltà per le imprese e quindi minore occupazione - e soprattutto se non si allenteranno le rigidità in entrata della riforma del mercato del lavoro attraverso regole certe e condivise». Come reagire? «Il nostro Paese deve imboccare una strada diversa, a partire dai tagli alla spesa pubblica, non aumentando, ma anzi riducendo la pressione fiscale a medio termine, e dall’at-


Paolo Andreani

Il contratto di apprendistato rappresenta la strada maestra per l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani

tenzione al credito e ai pagamenti che la Pa deve alle aziende. Le imprese in difficoltà non possono creare occupazione. Per questo, abbiamo di recente pubblicato sulla stampa un manifesto, condiviso con i presidenti delle nostre associazioni provinciali, per esprimere le forti preoccupazioni della nostra categoria e lo sforzo congiunto che chiediamo alle istituzioni e alle altre parti sociali per favorire una fase realmente nuova di rilancio e di grandi riforme». Quali i settori oggi maggiormente in difficoltà sul fronte dell’occupazione e quali, invece, i meno colpiti? «Tutti i settori produttivi hanno risentito della crisi accusando contrazioni più o meno intense dei livelli occupazionali. Sicuramente, le imprese più colpite sono state quelle meno strutturate e più fortemente legate ai consumi interni, mentre sono riuscite a reagire meglio quelle più internazionalizzate che operano stabilmente sui mercati esteri, soprattutto su quelli emergenti. Le nostre imprese stanno, inoltre, ancora sof-

5.700 LAVORATORI Numero di posti di lavoro persi in regione nel 2011

23,5 % GIOVANI Tasso di disoccupazione giovanile registrato nel 2011

frendo per la carenza di liquidità, segnalata come uno dei principali elementi di criticità, che può pregiudicare la stessa tenuta del nostro sistema produttivo». Il tasso di disoccupazione giovanile in regione, in particolare, si attesta al 23,5 per cento. «Sì, il tasso ha mostrato nelle Marche un sensibile incremento rispetto al 2010 - il 15,7 per cento - pur rimanendo inferiore al dato medio italiano di oltre 5 punti percentuali (29,1 in Italia). Il tasso si presenta più elevato nella componente femminile (27,2 per cento) rispetto a quella maschile (20,7). Nella graduatoria delle regioni italiane, le Marche si collocano all’ottavo posto, perdendo sei posizioni rispetto al 2010. Il problema dell’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro identifica una delle priorità su cui intervenire con determinazione ed efficacia. Una misura di sicuro effetto sarebbe la riduzione del carico contributivo». Siete impegnati in progetti concreti tesi a favorire l’inserimento dei giovani in azienda? «Sì, abbiamo lanciato come Confindustria Marche il progetto “Adotta un giovane”, poi recepito in un bando regionale da poco chiuso: si abbina un periodo di formazione del giovane in azienda con l’affiancamento a una persona esperta, prossima alla pensione o ad altro incarico, per il trasferimento di competenze. Un percorso finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato. Il bando sperimentale, primo in Italia, pur avendo una dotazione contenuta, ha registrato risposte incoraggianti in termini di domande presentate: 699 imprese coinvolte per altrettanti giovani, fra diplomati e laureati, di cui 500 MARCHE 2012 • DOSSIER • 65


MERCATO DEL LAVORO

C’è l’urgenza di una riforma del mercato del lavoro che stimoli la flessibilità, la produttività e l’aumento dei salari

donne e 199 uomini. Confidiamo che il pro- cerca, internazionalizzazione ed export, valogetto dia un riscontro positivo ai partecipanti e che venga ripetuto in futuro con una maggiore dotazione». Il Governo Monti punta in maniera decisa sull’apprendistato come modalità d’accesso privilegiata al mondo del lavoro. Condivide questa linea? «La disoccupazione giovanile è una delle emergenze più rilevanti per il nostro Paese e il contratto di apprendistato rappresenta la strada maestra per l’inserimento nel mondo del lavoro. Temiamo che le misure contenute nella riforma del mercato del lavoro siano insufficienti e pongano vincoli scoraggianti per le imprese. A livello nazionale, Confindustria ha recentemente sottoscritto un accordo interconfederale con i sindacati finalizzato a garantire immediata operatività alla riforma dell’apprendistato attuata con il Testo Unico, entrato a regime il 26 aprile scorso. A livello regionale, abbiamo un confronto in atto con la Regione per la disciplina in materia di apprendistato sul quale abbiamo forti aspettative». Quali misure individua per incentivare il mercato del lavoro? «Ridurre il cuneo fiscale e puntare alla crescita delle imprese, tramite innovazione e ri66 • DOSSIER • MARCHE 2012

rizzazione delle risorse umane. Speriamo che le polemiche sull’articolo 18 finiscano quanto prima e si torni a parlare di come stimolare la crescita. Dobbiamo accelerare il processo di ristrutturazione produttiva e prendere esempio da Paesi come la Germania che hanno intrapreso percorsi virtuosi, sia di grandi riforme che di rilancio delle imprese». È d’accordo con i principi ispiratori della riforma del lavoro in discussione in Parlamento? «Una buona riforma del mercato del lavoro ci serve, ma purtroppo ci preoccupano le notizie che arrivano su tale fronte. I possibili compromessi politici non vanno nella direzione che auspicavamo sulla flessibilità in entrata, cioè meno burocrazia, meno costo del lavoro, più facilità ad assumere. La possibilità di assumere con meccanismi più flessibili, e che costano meno, è fondamentale per invertire la tendenza dell’occupazione e per stimolare le aziende a investire e a incrementare il lavoro. Così il nostro Paese non può attrarre investimenti e crescita, ma può viceversa ingenerare - temiamo - ulteriore disoccupazione. C’è, dunque, l’urgenza di una riforma del mercato del lavoro che stimoli la flessibilità, la produttività e l’aumento dei salari».



MERCATO DEL LAVORO

Un percorso condiviso in azienda Un adeguato rapporto qualità-prezzo e «un importante valore aggiunto sociale e ambientale». Elementi che connotano il Gruppo Fileni decretandone la competitività. Aspetto che fa rima con responsabilità, come racconta il direttore marketing Roberta Fileni Francesca Druidi

Roberta Fileni, direttore marketing del Gruppo Fileni

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attualità ci restituisce uno scenario piuttosto fosco, se non addirittura drammatico, del mondo del lavoro italiano. Per questo, raccontare di una realtà produttiva che ha saputo distinguersi positivamente, può contribuire a disegnare nuovi modelli e nuove strategie di impresa in grado di far fronte alla crisi, senza perdere di vista fattori importanti come l’ambiente, il territorio e le risorse umane. Fondato nel 1970 da Giovanni Fileni, il Gruppo Fileni è il primo produttore italiano ed europeo di carni avicole da allevamento biologico e il terzo player nel settore avicunicolo nazionale, con un fatturato complessivo nel 2011 pari a circa 300 milioni di euro. Il Gruppo è stato anche un precursore sul fronte dell’integrazione tra lavoratori italiani e stranieri. Oltre 40 diverse etnie costituiscono, infatti, il 49 per cento della forza lavoro degli stabilimenti Fileni. Lo spiega Roberta Fileni, direttore marketing del Gruppo. Quali le principali scelte logistiche determinate dal profilo multietnico delle risorse umane? «Il prodotto che ogni giorno proponiamo ai consumatori è il risultato di un forte radicamento alle tradizioni del territorio marchigiano, combinato con le competenze, le storie e le specificità dei nostri dipendenti. Per questa ragione, abbiamo sempre considerato la dimensione multiculturale e multietnica della forza lavoro Fileni come una risorsa da tutelare. Lo abbiamo fatto, ad esempio, favorendo un clima positivo di integrazione e spirito di squadra, proponendo una guida sulla sicurezza tradotta in 14 lingue e verificandone l’effettiva comprensione attraverso un questionario, anch’esso tradotto nelle lingue di riferimento dei nostri dipendenti. È nostra intenzione proseguire in questo impegno di integrazione dei lavoratori, italiani e stranieri, nell’ottica di un percorso di svi-

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Roberta Fileni

Il nostro prodotto è il risultato di un forte radicamento al territorio marchigiano, combinato con le storie e le competenze dei nostri dipendenti

luppo aziendale effettivamente partecipato e condiviso». Il Gruppo si contraddistingue per un forte senso di responsabilità sociale: attenzione al biologico, alle energie rinnovabili, alla sicurezza sul lavoro. Quale valore aggiunto offre questa visione? «Soprattutto nell’attuale congiuntura economica, i consumatori stanno dimostrando una crescente consapevolezza nell’orientare le proprie scelte di acquisto: a essere premiate sono le aziende capaci di esprimere un’offerta produttiva contrassegnata da un giusto bilanciamento tra qualità-prezzo e un importante valore aggiunto sociale e ambientale. I nostri clienti stanno dimostrando di apprezzare i nostri prodotti proprio in virtù di questo nostro impegno di responsabilità. Un impegno che ci ha consentito di accreditarci come unico produttore di carni bianche biologiche in Italia, leader anche a livello europeo. Anche nel prossimo futuro, la produzione biologica e l’impiego di nuovi sistemi per la riduzione dell’impatto ambientale continueranno a essere i principali driver a cui saranno improntate tutte le attività del Gruppo». Gravi sono gli strascichi occupazionali della crisi, che riguardano anche i lavoratori extracomunitari. L’impresa è stata in

qualche modo toccata dal problema? «La capacità di proporre al mercato prodotti di grande qualità a un prezzo contenuto, ci ha finora messi al riparo dalla crisi. Anche sul fronte occupazionale, abbiamo registrato un periodo di forte espansione, che è culminato nel 2008 con l’integrazione nella compagine aziendale dei circa 600 lavoratori dello stabilimento di Castelplanio, in provincia di Ancona, che abbiamo rilevato da un’azienda in difficoltà. Oggi, stiamo lavorando alla realizzazione di nuovi centri di allevamento nelle Marche, in vista di un’ottimizzazione logistica, economica e ambientale della filiera produttiva. Ci aspettiamo che questi nuovi impianti possano generare un indotto economico e occupazionale significativo, una volta entrati a regime». Quali sono i percorsi e i processi di selezione del personale? Possono essere suggerite strategie dal punto di vista della gestione delle risorse umane? «La policy aziendale relativa alla selezione del personale prevede una puntuale verifica dell’adempienza dei candidati rispetto agli obblighi di legge, a partire dal permesso di soggiorno. La sicurezza, il rispetto delle norme interne e l’attenzione agli aspetti igienico-sanitari rappresentano altrettanti criteri base per l’ingresso in azienda, dove vengono poi fatti oggetto di specifici programmi formativi per il personale. In maniera trasversale rispetto al ruolo organizzativo e all’etnia di appartenenza, stiamo, inoltre, favorendo percorsi di crescita interna delle nostre persone verso ruoli di maggiore responsabilità. Allo scopo di valorizzarne le competenze e rafforzare il già elevato livello di adesione ai valori aziendali». MARCHE 2012 • DOSSIER • 69



FOCUS MACERATA Nella provincia di Macerata, che nell’ultimo decennio ha visto la popolazione crescere di circa 25mila unità, spicca la componente straniera. Raddoppiata dal 2004, oggi sfiora l’11% del totale


FOCUS MACERATA

CULTURA E INFRASTRUTTURE 9,9 17% IMU

IMPOSTE

L’aliquota Imu che verrà applicata alle seconde case, stando alle anticipazioni sul bilancio di previsione proposto dalla giunta Carancini

La quota a carico dei cittadini per i servizi a domanda individuale, per il resto coperti dalle casse comunali

otare il territorio di nuovi impianti natatori, realizzare il parcheggio sottostante al centro storico, ma soprattutto imprimere una fortissima accelerazione sotto il profilo culturale. Su questi obiettivi prioritari lavorerà per i prossimi tre anni l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Romano Carancini. «Non sono moltissimi, ma hanno grande significato per la città» ammette il primo cittadino che, prima di riconsegnare la fascia tricolore nel 2015, conta anche di «definire l’allestimento del piano nobile di Palazzo Buonaccorsi e incrementare le iniziative che connotino Macerata come città di riferimento culturale». Sulle orme di esperienze come “Macerata racconta”, conclusa da poco, che «vorremmo diventasse la nostra fiera del libro». Entro il 30 giugno siete attesi al via libera al bilancio: come interverrete alla

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Romano Carancini

Prossimo al giro di boa di metà mandato, il sindaco Romano Carancini rilegge i primi due anni di lavoro della sua giunta, al centro di una ridefinizione delle deleghe. E, a dispetto di un bilancio che prefigura tempi di sacrifici, si proietta nel futuro, scommettendo sulla cultura Giacomo Govoni

3.500 PALASPORT

I posti che avrà il palazzetto in cui gioca la Lube Banca Marche Macerata, a seguito dell’ampliamento promesso dal sindaco entro la fine del suo mandato

voce entrate, Imu in testa? «La proposta della giunta sul bilancio è pressoché definita. Abbiamo cominciato gli incontri con le forze di maggioranza per delineare i driver del bilancio. È ormai noto che le manovre del governo hanno determinato una drastica riduzione dei trasferimenti: per il comune di Macerata il taglio ammonta a quasi 4 milioni di euro, che ci costringerà ad agire sulla leva dell’Imu, in realtà un’imposta statale perché circa 6 milioni che raccoglieremo finiranno nelle casse centrali. A fronte di questo aumento, andremo comunque verso il mantenimento del 4 per mille per la prima casa e crediamo di poterci attestare al 9,9 per mille per quanto riguarda la seconda casa». E per quanto riguarda le altre imposte? «Grazie ai buoni risultati della raccolta differenziata negli ultimi anni, diminuiremo la Tarsu di almeno il 3%. Altro aspetto fonda-

mentale in chiave di contenimento dei costi è la riduzione di circa 800-900 mila euro alla parte corrente del nostro bilancio. Infine, non verranno toccate le aliquote per i servizi a domanda individuale, che a Macerata è a carico dell’utenza solo per il 17%, il che significa che ogni 10 euro, 8,3 li eroga il Comune. Una media nettamente superiore a quella nazionale, dove la quota a carico dell’utente oscilla fra il 30% e il 40%». Siete in procinto di procedere a un rimpasto delle deleghe. Lei rimetterà quella all’urbanistica: che significato ha questa decisione? «Dietro questa scelta non c’è alcuna valutazione soggettiva dei miei assessori. Gli impegni che ho in veste di sindaco, m’impedivano di onorare in maniera efficace la delega. Penso alla vicenda dello Sferisterio, che le altre incombenze connesse al mio ruolo non mi consentono di seguire

Romano Carancini, sindaco di Macerata

MARCHE 2012 • DOSSIER • 73


31,6mln FONDI

Le risorse destinate al piano triennale delle opere pubbliche 2011-2013 dell’amministrazione comunale di Macerata

con la dovuta attenzione. Per queste ragioni, si è decisa una redistribuzione degli incarichi, nell’ottica di una maggiore razionalizzazione dell’attività amministrativa. Chiaro che, vista la centralità della delega all’urbanistica, la nomina mi costringerà a rivedere qualcosa sul piano dell’equilibrio politico». Lei stesso ha ammesso che in questi primi due anni la sua squadra ha scontato un po’ di inesperienza: su quali fronti ritiene avreste potuto fare meglio? «Un terreno in cui si è senz’altro manifestata è nei rapporti con la maggioranza, sia sotto il profilo politico che amministrativo. Siamo capitati nella fase più tragica degli enti territoriali, successiva all’approvazione del decreto legge 78/2010, che assieme alle successive manovre ha sconquassato l’approccio con la cosa pubblica. Qualcuno ci ha additato per la scarsa esperienza amministrativa, ma il rovescio della medaglia è 74 • DOSSIER • MARCHE 2012

che alcune scelte dolorose come la riduzione della spesa di 1,5 milioni di euro negli ultimi due anni sono state favorite dalla sana incoscienza della giovane età». Macerata e il volley: i tifosi invocano a gran voce la realizzazione di una nuova struttura per la squadra campione d’Italia. «Macerata è onorata di avere una squadra di volley e una realtà imprenditoriale come la Lube, che porta in alto il nome della città sotto il profilo sportivo e della formazione dei giovani. Fermo restando che le difficoltà legate al patto di stabilità incidono anche su questo terreno, il nostro impegno sarà trovare lo spiraglio non per realizzare un nuovo palazzetto, ma per ampliare quello esistente, portandolo dagli attuali 2.200 a 3.500 posti. Faremo di tutto perché questo risultato, a cui teniamo come i cittadini, si possa raccogliere prima della fine del mio mandato nel 2015».


Giuliano Bianchi

SEGUIRE L’ESEMPIO DEL COMPARTO MODA Mandato in archivio un 2011 che ha presentato il conto della crisi soprattutto alle piccole e medie imprese maceratesi, Giuliano Bianchi delinea i contorni di una possibile ripresa, legata a doppio filo alla capacità delle aziende locali di aprirsi un varco commerciale all’estero Giacomo Govoni

iposizionarsi sullo scenario internazionale, puntando su innovazioni di processo e di prodotto. Questo il salvagente a cui le imprese maceratesi più strutturate si sono aggrappate nel 2011, per scampare alle sabbie mobili della recessione. «Dai dati sulla congiuntura elaborati da Unioncamere Marche – commenta Giuliano Bianchi, presidente della Camera di Commercio di Macerata – emerge che la quota del 34% di imprese maceratesi che hanno realizzato investimenti supera il 31% regionale». E proprio per questo, fa notare Bianchi, «stiamo oggi supportando le imprese orientate all’innova-

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zione sia mediante contributi economici sia attraverso il supporto tecnico fornito dalla collaborazione con il Parco scientifico e tecnologico delle Marche». Uno sbocco obbligato, quello estero, a cui per limiti dimensionali e bassa capacità d’investimento, non hanno potuto guardare le micro imprese agricole e artigiane, le più falcidiate di un apparato produttivo provinciale in cui il 95% di aziende conta meno di 10 addetti. In che misura l’adesione della Regione alla moratoria mutui imprese potrà limitare l’ecatombe di pmi locali? «La moratoria sui mutui era proprio quanto chiedevano le imprese attraverso le loro asso-

ciazioni di categoria sia al settore Giuliano Bianchi, bancario che alla regione Mar- presidente della Camera di Commercio che. Il fatto che la Regione con- di Macerata senta la moratoria mutui riguardanti operazioni finanziarie legate ai contributi pubblici in conto capitale o conto interessi alle imprese avrà sicuramente impatti positivi sugli investimenti delle pmi, soprattutto su quelle che hanno avviato progetti di investimento in innovazione, ricerca e sviluppo e, probabilmente, meno sulle aziende con problemi legati alle operazioni correnti». Quali attività produttive hanno pagato maggiormente dazio in termini di perdita occupazionale? «Nonostante l’occupazione abbia tenuto abbastanza nel 2011, MARCHE 2012 • DOSSIER • 75


+5,6% CRESCITA L’incremento dell’export maceratese, trainato dal comparto moda, rispetto al 2010

alcuni settori in provincia hanno sofferto di più, in particolare quello delle costruzioni. In questo settore, le imprese locali si sono ridotte da 5.968 a 5.875 nell’ultimo anno. Nel manifatturiero, pur se con un andamento eterogeneo tra le imprese di questo importante distretto, si è assistito alla ripresa del settore pelli, cuoio e calzature, dopo alcuni anni di forte riduzione dell’occupazione. Il +11,6% dell’export riportato da alcune medie imprese maceratesi del settore nel 2011 ha fatto aumentare la domanda di lavoro e le assunzioni, cresciute del 24%». Quali modelli positivi offre il tessuto commerciale maceratese che, nonostante i tempi critici, possano essere

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d’incentivo all’imprenditoria giovanile? «In linea con la tendenza nazionale, il tessuto commerciale della nostra provincia ha visto nell’ultimo ventennio una crescente affermazione della grande distribuzione organizzata che in molti casi ha causato la sparizione di una miriade di piccoli esercizi gestiti a livello familiare. Inoltre, la riduzione dei consumi interni si riflette in un elevato turn over dei piccoli esercizi commerciali. Ritengo, quindi, l’apertura di un’attività commerciale ad alto rischio in questo momento, mentre credo che ci siano interessanti opportunità per i giovani nell’ambito delle professioni artigiane che, malgrado la crisi, registrano una domanda in

crescita». Dopo Fermo, Macerata è la provincia marchigiana che nel 2011 ha fatto segnare le migliori performance nell’export. Quali sono stati i settori trainanti? «Complessivamente, nel 2011 l’export maceratese è cresciuto del 5,6%, pari a 80 milioni di euro in più rispetto al 2010. Il settore che ha dato il miglior contributo è stato il comparto moda, che con 740 milioni di euro di merci esportate e un aumento di 38 milioni di euro assorbe quasi la metà di tutto l’export provinciale. A seguire la produzione di apparecchi elettrici con +19 milioni, i prodotti chimici con +14 milioni e le materie plastiche con +11 milioni».



FOCUS MACERATA

UN EFFICACE CONTRASTO AL DISAGIO SOCIALE Alla guida della prefettura dall’inizio di aprile, Pietro Giardina è già al lavoro sul territorio «perché un’evoluzione negativa dei fenomeni legati all’immigrazione non metta in pericolo la coesione sociale» Giacomo Govoni

+120% AUMENTO

I furti registrati in abitazioni registrata nella provincia di Macerata nel biennio 2010-2011

on un valore del 10,5% sull’intera popolazione, Macerata è la provincia marchigiana con l’incidenza di immigrati più alta sul totale dei residenti, sesta in assoluto su scala nazionale in quanto ad accoglienza degli stranieri. A svelarlo è il rapporto Cnel di fine febbraio, che dei territori italiani misura l’attrattività e il potenziale di integrazione degli immigrati. Qualità che nell’ultimo biennio sono tuttavia state “aggredite” da una crisi economica che ha generato diversi episodi di disagio sociale. «L’auspicio – spiega il neo prefetto Pietro Giardina – è di elevare il sistema complessivo di sicurezza in provincia, per con-

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trastare i trend di crescita dei fenomeni criminosi evidenziatisi nel 2010-2011 e aumentare la percezione di sicurezza dei cittadini». Sebbene la città vanti un potenziale d’integrazione d’immigrati superiore alla media regionale, cosa ritiene si possa migliorare nel rapporto dei maceratesi con la componente straniera? «Da quanto ho potuto rilevare finora, questa provincia ha saputo integrare la popolazione extracomunitaria, grazie a un tessuto socioeconomico sinora in grado di assorbire la domanda di lavoro. È di tutta evidenza che la situazione di crisi in atto ha espulso molti cittadini extracomunitari dal conte-


Pietro Giardina

sto produttivo, alimentando situazioni di disagio economico e sociale. Al riguardo è necessario prestare attenzione alle dinamiche dei prossimi mesi perché un’evoluzione negativa dei fenomeni legati all’immigrazione può alimentare conflitti e mettere in pericolo la coesione sociale». Stando alle ultime classifiche sulla sicurezza, Macerata chiude le graduatorie regionali in fatto di criminalità. Come intende muoversi su questi due fronti? «L’impegno nostro e delle forze dell’ordine nell’attuazione di misure di prevenzione e di contrasto dei fenomeni criminosi, come furti alle abitazioni e spaccio di sostanze stupefa-

centi, è massimo. Per fronteggiarli, nel 2011 abbiamo promosso la sottoscrizione di un protocollo d’intesa in materia di sicurezza. In un caso, con i 13 maggiori Comuni della provincia e, nell’altro, con il Comune di Porto Recanati per intervenire con attività di prevenzione nei confronti delle problematiche che interessano la nota struttura denominata “Hotel house”». A poche settimane dal suo insediamento, si è già fatto un’idea degli altri capitoli da mettere in cima alla sua agenda? «La provincia di Macerata è una realtà solida. Può contare su un’amministrazione statale e comunale ben organizzata, im-

permeabile a fenomeni di corruzione o concussione e con un associazionismo sociale, sanitario e della Protezione civile che rappresenta un’eccellenza per questo territorio. In un contesto nel complesso positivo, oltre alle problematiche correlate all’attuale fase di crisi internazionale che toccano le piccole aziende, non si può tacere che questa provincia negli ultimi anni ha assistito a una recrudescenza di fenomeni criminosi. A cominciare dai furti in abitazione, che nel periodo 2010-2011 hanno registrato una crescita del 120%. Anche il trend dei reati legati agli stupefacenti ha visto una crescita nel 2011 di quasi il 50% rispetto al 2010».

In apertura, Pietro Giardina, prefetto di Macerata

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INNOVAZIONE

Importanti innovazioni in campo energetico a cultura del risparmio energetico e del rispetto per l’ambiente passa anche attraverso lo sviluppo di prodotti che puntano all’efficienza, come batterie al litio e veicoli elettrici: «Anche in futuro – spiega Federico Vitali, presidente di Faam – ci impegneremo sul percorso di innovazione per rendere sempre più efficienti i sistemi di accumulo di energia, sia in chiave automotive sia per quanto riguarda lo smart grid». Per Faam, l’innovazione è una componente fondamentale dell’attività. Come si concretizza questo aspetto? «Innovazione, internazionalizzazione e valorizzazione delle risorse umane sono i nostri tre punti fondamentali su cui abbiamo puntato per la crescita. Innovazione non vuol dire solo fare quel tipo di scoperta che si fa ogni cento anni, ma è ciò che facciamo ogni secondo della nostra vita. Per noi l’innovazione è disimparare per imparare nuovamente, questo ci ha portato a sviluppare progetti come l’energy saving battery, la nostra batteria a risparmio energetico, poi i nostri veicoli elettrici e le batterie al litio. Ci siamo sempre chiesti come i nostri accumulatori di energia possano diventare più efficienti. Lavorando su questo aspetto, anche con l’Università Politecnica delle Marche, siamo arrivati a ottenere un 27% di efficienza energetica in più. Per dare dei numeri, il gruppo Fiat, che usa 4.000 carrelli elevatori con 8.000 batterie, sperimentando il nostro sistema è arrivato a risparmiare 5 milioni di euro di energia elettrica all’anno. Con un conseguente risparmio anche in termini di emissioni di Co2». Tutto parte dalla ricerca. Come si svilup-

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La ricerca è uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda la sfida concorrenziale dei mercati internazionali. Federico Vitali spiega i progressi finora raggiunti nel campo dell’energy saving Nicolò Mulas Marcello

pano i vostri progetti? «Abbiamo un gruppo di ingegneri sempre in aumento, attualmente sono circa trenta, di cui una ventina impiegati nell’area ricerca e sviluppo. Ci sono poi più di una decina di ricercatori cofinanziati con l’università che operano in diversi settori, come l’energy saving, i sistemi per i veicoli elettrici e le batterie al

Federico Vitali, presidente di Faam


Federico Vitali

La concorrenza è agguerritissima e se non si è in grado di innovare costantemente non si riesce a competere

litio. Quello dei veicoli elettrici è un campo nel quale abbiamo cominciato a cimentarci già nel 1989, senza pensare di fare concorrenza a Fiat o a tutte le altre case automobilistiche. Abbiamo cercato partner con cui effettuare sperimentazioni, ma i tempi forse erano ancora immaturi per questo tipo di tecnologia, così abbiamo iniziato a produrli autonomamente. Abbiamo venduto oltre 4.800 esemplari in tutto il mondo, da Helsinki a Palermo, da Lisbona a Pechino, e questo ci ha permesso di monitorare oltre 7 milioni di chilometri e capire che cosa occorreva fare sui sistemi di accumulo per ottimizzare il rendimento dei veicoli elettrici». A livello internazionale la competizione è sicuramente agguerrita. Quali risultati avete raggiunto ultimamente su scala internazionale? «La concorrenza è agguerritissima e se non si è in grado di innovare costantemente non si riesce a competere. Sul mercato c’è tanto

prodotto tale per cui oggi l’utente o viene attratto da qualcosa di particolare o un prodotto non si riesce a vendere. Occorre quindi rendere il prodotto attraente, ed è quello che noi cerchiamo di fare». Quali sono i progetti per il futuro? «Sicuramente continuare sul percorso di innovazione per rendere sempre più efficienti i sistemi di accumulo di energia, sia in chiave automotive sia per quanto riguarda lo smart grid. Si sta, infatti, rimettendo in discussione il sistema di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, le smart grid hanno bisogno di sistemi di accumulo, e noi siamo fortemente impegnati nella progettazione di questi sistemi e siamo già conosciuti in questo campo da importanti aziende a livello nazionale e internazionale. Inoltre, siamo impegnati anche nello sviluppo di sistemi per i veicoli, non solo quelli stradali ma anche industriali, per un risparmio energetico sempre più importante». MARCHE 2012 • DOSSIER • 85


INNOVAZIONE

Tradizione e ricerca al passo coi tempi La passione per il mondo dei bambini e per i loro giocattoli è il primo requisito utile per concepire giochi educativi. Giovanni Clementoni spiega come nascono i prodotti che sfruttano anche le nuove tecnologie Nicolò Mulas Marcello

el campo dei giocattoli l’innovazione è un fattore fondamentale. Un elemento che permette non solo di essere sempre al passo con le tecnologie, ma anche di sviluppare e catturare la sempre più spiccata intuitività che hanno i bambini di oggi. Elettronica e informatica, insieme ad accattivanti contenuti, sono le fondamenta su cui Clementoni basa lo sviluppo dei propri prodotti: «Quello su cui stiamo lavorando sempre di più – sottolinea Giovanni Clementoni, amministratore delegato – è la costituzione di un team sempre più preparato a sviluppare e impiegare le nuove tecnologie elettroniche e informatiche nei nostri prodotti». Cosa significa innovazione in un settore particolare come quello in cui opera Clementoni? «Operiamo in un mercato molto tradizionale da un certo punto di vista, producendo giochi educativi seguiamo la tradizione dell’educatività, mentre ciò che cambia sono gli strumenti attraverso cui questo fine si concretizza. L’innovazione si compie sotto due aspetti, da una parte quella tecnologica che segue quella naturale dei tempi, a cui assistiamo sia come produttori di giocattoli sia come utenti. L’informatica e l’elettronica, infatti, ci spingono sempre più avanti. Parallelamente a questo, c’è l’aspetto della comunicazione che cambia, così come i bambini e i

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modi attraverso cui loro interagiscono con i nostri prodotti, che è molto più immediato e diretto rispetto al passato. Ciò ha a che fare con l’intuitività dei bambini di oggi anche per quanto riguarda i giochi più tradizionali». Parliamo dei vostri progetti. Come nascono e si sviluppano? «Il giocattolo educativo tendenzialmente non attinge a distretti industriali. Lo sviluppo dei prodotti avviene attraverso un mestiere che si impara in azienda. Per sviluppare prodotti e

Giovanni Clementoni, amministratore delegato di Clementoni


Giovanni Clementoni

innovare occorre avere un certo numero di persone dedicate, noi ne abbiamo circa cinquanta. In Italia non penso che siano molti a inventare nuovi giochi educativi come facciamo noi. I nostri team si occupano di segmenti diversi, dalla prima infanzia a quelli più tecnologici. Uno dei requisiti fondamentali che occorre avere è quello dell’elasticità per lavorare sempre su nuovi progetti. In questo momento nascono diverse nuove applicazioni anche in campo educativo e le tecnologie touchscreen hanno preso piede nei nostri prodotti proprio come succede nella vita quotidiana. Per quanto riguarda i giochi da tavolo tradizionali, l’innovazione è legata allo sviluppo dei contenuti». Qual è il grado di concorrenza su scala internazionale e come è possibile ottenere ottimi risultati? «Noi operiamo su scala europea con filiali in Francia, Spagna, Germania, Polonia e Portogallo, e operiamo direttamente in Benelux e Gran Bretagna. I risultati si ottengono nel momento in cui l’azienda riesce a interpretare in maniera più approfondita possibile tanto i connotati del mercato in cui opera, tanto l’aspetto competitivo del mercato in cui si

L’azienda ottiene risultati se sa interpretare tanto i connotati del mercato in cui opera quanto l’aspetto competitivo del mercato in cui si trova

trova. Questo vuol dire adattarsi alle condizioni locali di ciascun paese, sia in termini di marketing e di vendita sia in termini di prodotto. Quindi le questioni di elasticità di cui parlavo prima si complicano ancora di più nello sviluppo di prodotti adatti a un particolare mercato». A cosa state lavorando attualmente e cosa avete in programma per il futuro? «Stiamo lavorando alla costituzione di un team preparato a sviluppare e impiegare le nuove tecnologie elettroniche e informatiche sui nostri prodotti. Inoltre, c’è un team impiegato a scrivere e sviluppare contenuti informatici destinati a far giocare i bambini su supporti tecnologici sempre più avanzati». MARCHE 2012 • DOSSIER • 87




MODELLI D’IMPRESA

Dimensioni internazionali per il know how italiano La dimensione di piccola impresa non ha impedito a una società marchigiana, specializzata nei servizi per il settore oil & gas, di raggiungere una dimensione internazionale. Vincenzo Taffo racconta le tappe che hanno portato NSC fra le mille Italian Best Companies 2012-13 dell’Economic Yearbook of Italy Luca Cavera

e frequenti e notevoli oscillazioni nel prezzo del barile – che viaggia attualmente intorno a una quotazione di 100 dollari – non creano il clima migliore per lo sviluppo di investimenti di lungo periodo da parte delle oil company internazionali che sono, naturalmente, i nostri maggiori clienti». È questo, per Vincenzo Taffo, fondatore e presidente della NSC – National Service Company di Potenza Picena (MC), il dato dal quale partire per affrontare i temi legati al settore dell’oil & gas. NSC, dalle proprie basi operative in Italia, in Europa e nel mondo, presta servizi specialistici per perforazione direzionata, pescaggio, interventi su pozzi incidentati e altri servizi specifici per il settore dell’estrazione petrolifera. «Tuttavia – prosegue Taffo –, la nostra società ha registrato nell’ultimo biennio un risultato netto consolidato del 16 per cento sul volume dei ricavi e ha mantenuto le proprie quote di mercato, equivalenti a circa 30 milioni di dollari. Inoltre

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Vincenzo Taffo, fondatore e amministratore della Nsc – National Service Company Srl di Potenza Picena (MC) www.nsc-it.com

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siamo stati inseriti nel prestigioso Economic Yearbook of Italy tra le mille Italian Best Companies 2012-13 grazie ai dati del bilancio 2010». Con quali prospettive si è aperto il 2012 per la vostra società? «L’inizio di quest’anno risente ancora della crisi economico-finanziaria mondiale e della crisi politico-sociale in Nord Africa, che ha investito la Tunisia, l’Algeria e in particolare la Libia. Queste due crisi hanno inciso fortemente sui risultati economici realizzati dalla nostra società fra il 2010 e il 2011 – nonostante l’andamento nel complesso positivo. Le prospettive per il 2012 sono quindi ancora legate alla normalizzazione della situazione in Nord Africa e sopratutto in Libia. È in quest’ultimo paese, infatti, che fin dal 2008 abbiamo concentrato la maggior parte degli investimenti e quindi è il paese dal quale ci attendiamo il maggiore sviluppo. Sempre per quanto riguarda quest’anno, abbiamo in fase di completamento un impor-


Vincenzo Taffo

La nostra società si è specializzata nell’intervento in scenari di alta pericolosità

tante contratto in Congo, grazie al quale questo potrebbe divenire il primo paese subsahariano nel quale collocare una nostra presenza stabile». Quali sono i paesi nei quali avete le vostre basi operative? Esistono differenze significative fra il settore petrolifero in Europa e nei paesi extraeuropei? «NSC è direttamente presente in Kazakistan sin dal 1992, in Nord Africa – Tunisia, Algeria e Libia – dal 2008, in Francia e naturalmente in Italia dal 1985, anno di costituzione della società. A partire dalle basi collocate nei paesi citati raggiungiamo anche altre aree logisticamente più favorevoli. Le performance in queste zone sono tutte molto buone, fatte salve le problematiche socio-politiche. Un discorso a parte merita l’Italia, che pur disponendo di una buona riserva, in particolare di gas metano, è bloccata da un farraginoso sistema di autorizzazioni, nel quale una pluralità di enti pubblici sono depositari, ciascuno, di un potere di veto. Ciò ha fatto sì che negli ultimi dieci anni

sia progressivamente diminuita la quota di produzione nazionale di oil & gas rispetto al fabbisogno complessivo». Qual è invece la situazione normativa all’estero? «Una delle maggiori criticità dell’oil & gas è proprio dovuta alle notevoli differenze normative che governano il settore in ciascun paese. Se poi aggiungiamo a questo che noi operiamo prevalentemente in Africa e Asia e che il sistema legislativo di molti paesi di questi due continenti è assai arretrato, è facile immaginare le difficoltà che si incontrano nel fare impresa. In generale, sono presenti agevolazioni e facilitazioni per il settore petrolifero, che però sono vincolate all’effettiva e stabile presenza dell’impresa nel paese – è questo il caso del Kazakistan e dell’Algeria. In altri contesti, come per esempio in Libia, soltanto il rapporto con un partner locale consente di affacciarsi sul mercato». Grazie a quali fattori siete riusciti a inserirvi a livello internazionale in un settore dominato da grandi multinazionali? «Le ottime performance dell’azienda ci hanno permesso, da una posizione di nicchia, di assumere via via maggiore credito e influenza sul mercato italiano, prima, e di estenderci, poi, in MARCHE 2012 • DOSSIER • 91


MODELLI D’IMPRESA

aree di maggiore importanza dal punto di vi-

sta del mercato petrolifero. La ragione principale di tale affermazione va cercata nel servizio prestato in termini di raggiungimento degli obiettivi, presenza costante, affidabilità delle attrezzature e puntualità». Quali sono i servizi specialistici più importanti per il vostro fatturato? «La gamma dei nostri servizi si divide su due importanti linee: perforazione deviata e pescaggi. Entrambe queste due divisioni prevedono a monte un’ampia scorta di attrezzature e un’officina dotata di sofisticati macchinari e personale specializzato. La perforazione deviata consiste prima di tutto nello sviluppo di un progetto con coordinate fornite dal cliente. Prevede l’assistenza di tecnici petroliferi che, durante la perforazione, sovrintendono i parametri di utilizzo degli attrezzi noleggiati, fino al raggiungimento dell’obiettivo previsto in un raggio di circa 30 metri a migliaia di metri di profondità. Invece, le operazioni di pescaggio – che si differenziano moltissimo fra di loro – prevedono il recupero di materiali eventualmente caduti nel pozzo, che possono essere danneggiati o, comunque, che possono necessitare di manutenzione dopo anni di esercizio». Quali sono gli interventi specialistici con i quali operate nei pozzi incidentati? «La nostra società si è specializzata nell’intervento in scenari di grande spessore e di alta pericolosità. I media hanno spesso fornito immagini di quanto possa essere impressionante un pozzo in eruzione – e quindi fuori controllo – e di quale pericolo questo possa rappresentare per le persone, gli animali e l’habitat circostante. Sono proprio queste le situazioni nelle quali noi interveniamo e che vedono il sottoscritto sempre impegnato in prima persona. Nonostante il rischio e i costi elevatissimi per la messa in sicurezza di un pozzo andato fuori controllo, ben peggiore del costo economico può essere quello che si raggiunge in vite umane. Inoltre, come alcuni degli interventi da noi realizzati hanno dimostrato –

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come quello nell’area del Parco del Ticino o all’isola di Milos, zona geotermica nell’Egeo, dove l’altissima temperatura stava sterminando la fauna ittica –, alla pericolosità di queste operazioni, si aggiunge il fatto che per lo spegnimento di pozzi in fiamme e per ricreare le condizioni di normalità è necessario di volta in volta predisporre metodi accuratamente studiati per il contesto specifico». Come si esprime il vostro impegno per garantire la qualità, la sicurezza e il rispetto dell’ambiente? «A partire dal 1998, la nostra società si è dotata di un sistema di gestione integrato e certificato secondo le norme Uni e Ohsas per la qualità, l’ambiente, la salute e la sicurezza – un sistema realizzato internamente in base alla specificità della nostra struttura aziendale. Questo sistema costituisce una risposta alle esigenze aziendali in fatto di gestione dei suoi diversi aspetti e rap-


Vincenzo Taffo

presenta un insieme di linee guida per il coordinamento di tutte le attività e dei processi che, direttamente o indirettamente, influenzano la qualità del servizio, l’ambiente circostante e la sicurezza dei lavoratori». Dal 1998 a oggi come si è evoluto questo sistema? «Frutto di una scelta strategica, il sistema organizzativo è documentato, volto a presidiare i processi e a supportare la pianificazione, la programmazione, la realizzazione e il controllo delle nostre attività, finalizzate allo sviluppo economico e alla soddisfazione della clientela, nel rispetto delle norme di qualità, ambiente e sicurezza. Nel tempo, sull’ossatura del sistema è stato innestato un modello di organizzazione e di gestione atto a prevenire reati con il quale si assicura non soltanto il rispetto degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 231 del 2001, ma si favorisce anche un atteggiamento proattivo nei confronti delle leggi e delle norme vigenti sia in materia ambientale che di sicurezza, consentendo una risposta anticipata alle nuove disposizioni ed evitando così la possibilità di ammende o sanzioni». Quali sono le prospettive, gli obiettivi e

Per restare sul mercato del settore petrolifero è indispensabile investire e aggiornarsi continuamente

gli investimenti previsti per il medio e lungo periodo? «La NSC ha risorse proprie per sostenere gli investimenti nel medio periodo e, nella sua storia - quasi trentennale - non è mai ricorsa al credito bancario. Fattore, quest’ultimo, che ha contribuito a rendere assai competitiva l’azienda nei suoi piani di sviluppo. Il passaggio generazionale è stato pianificato. I miei figli, Giacomo e Cristina, da tempo sono in azienda con significativi incarichi nel consiglio di amministrazione e sono già titolari di un’importante quota di partecipazione. Siamo pronti a cogliere le occasioni che si presenteranno consapevoli delle prossime sfide, considerando che nell’oil field la nostra realtà di piccola impresa, tipicamente italiana e marchigiana, anche se internazionalizzata, è un’anomalia e pressoché un caso unico».

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MLN DOLLARI Ammontare della quota di mercato di NSC nel biennio 2010-11, periodo in cui la società ha registrato un netto consolidato del 16% sul volume dei ricavi

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MODELLI D’IMPRESA

Il mercato del greggio e l’influenza sui lubrificanti Il 2012 si è aperto con un calo complessivo nel consumo dei prodotti petroliferi. Qual è l’andamento del mercato degli oli lubrificanti nell’Italia Centrale? Ne parliamo con Pietro Polini, distributore esclusivo dei principali marchi internazionali Luca Cavera

numeri pubblicati dal Dipartimento per l’energia del ministero per lo Sviluppo economico sui consumi di prodotti petroliferi registrano ad aprile un calo complessivo del 14,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2011. Fra le singole voci spicca certamente per attualità il calo nel consumo di benzina – passata dalle 803mila tonnellate del 2011 a 673mila (meno 16,1 per cento) – sul quale pesa il costante aumento dei prezzi negli ultimi mesi. Se questo dato è significativo soprattutto per quel che riguarda i consumi privati, per l’industria e le attività produttive bisogna guardare al consumo di oli lubrificanti, calato del 15 per

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Pietro Polini, titolare della Cidol Lubrificanti Srl di Massignano (AP) www.cidol.it

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cento (da 40mila a 34mila tonnellate). «L’inizio del 2012, per il nostro settore, è stato tutto in negativo dal punto di vista dei consumi, che nei primi tre mesi sono calati di circa il 10 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. La nostra azienda però è riuscita a limitare la perdita al 2 per cento, risultato che in questo scenario di mercato consideriamo più che soddisfacente». A parlare è Pietro Polini, titolare della Cidol, azienda che distribuisce in esclusiva oli lubrificanti e prodotti delle principali multinazionali della raffinazione del petrolio. Come siete riusciti a tenere il mercato in questa apertura di anno caratterizzata da una diffusa sofferenza del settore? «La nostra tenuta del mercato, in questo momento in cui molti nostri competitor stanno perdendo forza e motivazione, ha le sue ragioni in una strategia che viene da lontano. Abbiamo raccolto i frutti della maturazione di una ricerca di opportunità che abbiamo svolto in questi anni. Infatti siamo stati e siamo sempre alla ricerca di opportunità per la costruzione di nuove possibilità di business e crediamo di dover mantenere questa ricerca attiva costantemente, dato che le migliori opportunità sono quelle che danno i loro risultati nel tempo consentendo uno sviluppo e non quelle che danno sì risultati immediati, ma di breve respiro».


Pietro Polini

Qual è stato nell’ultimo biennio l’andamento del vostro business? «Nel 2010 il nostro fatturato era stato di 6,2 milioni di euro ed era cresciuto rispetto all’anno precedente di circa il 3 per cento. Nel 2011 abbiamo mantenuto il trend di crescita, portando però la percentuale al 6,4 per cento e concludendo con un fatturato totale di 6,6 milioni. I fattori che hanno determinato questo risultato sono stati la nostra attenzione al mercato, l’offerta di maggiori servizi e la ricerca di un rapporto fra qualità e prezzo maggiormente competitivo. Abbiamo anche cercato di allentare la tensione della morsa del credito in cui si trovano molte aziende, proponendo tempi di pagamento più elastici. E naturalmente abbiamo cercato di acquisire nuove partnership». Quali categorie e settori industriali rappresentano il vostro mercato di riferimento? «I nostri interlocutori sono l’autotrazione, leggera e pesante, il movimento terra, l’agricoltura e l’industria. In particolare imprese che lavorano la plastica, i tubi e le imprese delle lavorazioni di precisione. Purtroppo però nel nostro territorio non esistono grandi realtà o complessi industriali che facciano uso di grosse quantità di lubrificanti. Stiamo cercando comunque di riposizionarci a livello di fascia di mercato». Può approfondire le ragioni e gli obiettivi di questo riposizionamento? «Intendiamo entrare in relazione con nuovi mercati che garantiscano solvibilità, abbandonando via via i soggetti che non sono in grado di dare questo tipo di garanzie. Come in tutti i settori commerciali, anche nel nostro è possibile individuare una fascia top, una fascia media e una bassa. Oggi il nostro riferimento è la fascia media, abbiamo qual-

Intendiamo entrare in relazione con nuovi mercati che garantiscano solvibilità, abbandonando i soggetti che non sono in grado di dare garanzie

che cliente di fascia bassa, ma lavoriamo troppo poco con la top. Quindi stiamo cercando di avvicinarci ad aziende di fascia alta, come concessionarie e grandi industrie o gruppi. Crediamo sia questo il momento migliore, dato che molti nostri competitor stanno abbandonando questa fascia di mercato perché caratterizzata da margini molto stretti. Noi però abbiamo un’organizzazione tale che ci permette di abbattere i costi e quindi di guardare a questa fascia come alla migliore per il nostro business». Essere distributori di marchi leader di mercato rappresenta certamente un valore aggiunto. Quale trattabilità avete, sul prezzo, con i produttori? «Certamente la distribuzione in esclusiva di una gamma completa di prodotti accompagnati da un’immagine di marca internazionale di qualità e prestigio è un vantaggio. Per quanto riguarda la trattabilità, bisogna partire innanzitutto dai requisiti che le multinazio- MARCHE 2012 • DOSSIER • 95


MODELLI D’IMPRESA

I produttori che rappresentiamo danno la massima importanza al tema del rispetto ambientale, curando con attenzione il confezionamento

nali ci chiedono. Al primo posto c’è la ga-

6,6

MLN EURO Fatturato 2011 della Cidol Lubrificanti Srl, cresciuto in un anno del 6%

ranzia della solvibilità, poi lo sviluppo e a questo segue la capacità di coprire capillarmente il mercato. Soddisfatti questi requisiti, di volta in volta, è poi possibile raggiungere accordi commerciali su determinate partire di prodotto». Qual è il vostro mercato territoriale di riferimento? Avete in progetto di ampliare il vostro raggio d’azione anche ad altri territori? «Noi distribuiamo nelle Marche, in Abruzzo, in Umbria e in parte dell’Emilia Romagna. In questo momento non abbiamo in programma di estendere la nostra azione ad altri territori perché intendiamo prima consolidare i mercati nei quali siamo già presenti. Per questo stiamo selezionando nuovo personale commerciale che ci permetta di crescere. Infatti abbiamo ancora molto spazio per espanderci nel nostro mercato di riferimento e dunque attualmente non siamo in-

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teressati a nuovi territori». I prodotti che proponete rappresentano soluzioni in linea con i temi del rispetto ambientale? «I produttori che rappresentiamo danno la massima importanza alla commercializzazione di lubrificanti che garantiscano il minore impatto sull’ambiente. Naturalmente, però, stiamo parlando di prodotti petroliferi e che in quanto tali non possono essere diffusi nell’ambiente. Quindi i fattori più importanti per limitare il loro effetto dannoso sono il controllo e la sicurezza nell’imballaggio, nello stoccaggio, nel trasporto e nel trattamento. Le case produttrici, naturalmente, si occupano della fase di confezionamento e imballaggio. Il nostro compito è seguire precise precauzioni nella gestione del prodotto da quando arriva nel nostro magazzino a quando viene consegnato al cliente». Quali sono le prospettive e gli obiettivi di sviluppo per il medio e il lungo periodo? «L’obiettivo più ambizioso, che prevediamo di centrare entro i prossimi tre anni, è quello di raddoppiare il fatturato. Per raggiungerlo punteremo a una maggiore penetrazione nei nostri mercati di riferimento attraverso il potenziamento della rete commerciale e dotandoci di un magazzino e una struttura organizzativa interna più flessibile ed efficiente. Ma soprattutto stiamo attuando una forte trasformazione da azienda a gestione familiare a industria vera e propria – in questo processo ci sta accompagnando una società specializzata in questo tipo di evoluzione. Inoltre, ai nostri due depositi attuali – la sede storica di Massignano e quello di Coriano (RN) – presto affiancheremo una nuova sede di 2.500 metri quadrati, che diverrà la principale e sorgerà a Porto Sant’Elpidio. Questa avrà un deposito dotato di tutte le strumentazioni logistiche più all’avanguardia».



MODELLI D’IMPRESA

Più attenzione alla qualità La crisi economica ha portato nuove difficoltà nel settore dei lubrificanti. E un vantaggio. Oltre che al prezzo oggi il mercato guarda soprattutto alle performance di prodotto. E questo spiega il più 20 per cento nelle vendite degli oli sintetici. La parola a Luigi Gaspari Valerio Germanico

l settore dei lubrificanti registra ormai da anni un calo di consumi costante. A questo si sono aggiunti gli effetti della crisi economica, che ha investito indistintamente tutti i settori industriali, compresi quelli che usano grosse quantità di oli lubrificanti per garantire l’efficienza dei propri processi produttivi. Tuttavia, se da una parte la crisi ha fatto crescere l’attenzione al prezzo, è cresciuta anche quella per la qualità del prodotto e le sue performance. Come spiega Luigi Gaspari, titolare della Lubri1one, azienda che distribuisce oli lubrificanti nelle Marche, in Umbria e in Romagna: «Oggi, nonostante sia divenuto molto più sensibile al prezzo, il mercato si orienta sempre più verso prodotti di gamma alta, come i lubrificanti sintetici, dato che le nuove tecnologie industriali richiedono prodotti sempre più performanti. La nostra collaborazione con le più importanti compagnie petrolifere internazionali ci permette di soddisfare pienamente queste nuove esigenze e nonostante la crisi complessiva del settore, abbiamo registrato un incremento del 20 per cento nella vendita dei prodotti sintetici». Nonostante quindi si sia ristretto lo spazio nel mercato dei lubrificanti, gli operatori qua-

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Luigi Gaspari, titolare della Lubri1one Srl di San Benedetto del Tronto (AP) www.lubri1one.it

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lificati riescono ancora a ottenere dei risultati positivi. «Nell’ultimo biennio il nostro business ha retto e siamo anzi riusciti a segnare un incremento in termini di fatturato. Quello che ci ha permesso queste performance è stato da una parte l’abbinamento all’offerta di prodotti di un’offerta di servizi, dall’informazione tecnica all’analisi chimica dei prodotti. Dall’altra ci siamo disimpegnati dai settori con maggiori criticità, concentrando la nostra azione in settori meno problematici e sviluppando nuovi canali di vendita, attraverso la rivalutazione di quelle che soltanto fino a poco tempo fa consideravamo delle nicchie di mercato». Sulla base di queste scelte messe in campo negli anni scorsi, abbiamo chiesto a Gaspari come si è aperto il 2012 per la Lubri1one. «L’aspetto finanziario ha assunto nel nostro lavoro un peso molto più rilevante rispetto agli anni precedenti: il controllo dei crediti è oggi la priorità dell’azienda. Nonostante questo siamo ancora convinti che la crisi contenga in sé anche delle opportunità e quindi seguiamo con attenzione l’evoluzione del mercato. Alla fine dello scorso anno abbiamo realizzato un nuovo magazzino nella provincia di Rimini, in modo da rafforzare la nostra copertura del territorio romagnolo. Questo ci permetterà di essere più vicini alle esigenze dei nostri clienti e di avere una logistica e servizi più efficienti. L’apertura di un nuovo magazzino in un momento come questo rappresenta per noi una sorta di sfida alla crisi. E una dimostrazione della volontà di fare sempre meglio il nostro lavoro».



MODELLI D’IMPRESA

L’Est europeo e il riciclo dei metalli ottoporre l’alluminio, il ferro, il rame e molti altri materiali non ferrosi al processo di recupero e riciclo consente di ottenerne altri con le stesse caratteristiche delle materie prime. Col vantaggio però che il processo di produzione è decine di volte più economico, in termini di risorse energetiche, rispetto all’estrazione dal minerale ed è inoltre un processo replicabile all’infinito senza perdita di performance. «Sono sufficienti questi due fattori per capire l’importanza del recupero e la sostenibilità del modello di sviluppo connesso. Da una parte si risparmiano materie prime, sia in termini di minerali che di risorse energetiche. Dall’altra si diminuisce l’impatto sull’am-

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Carlo Speranzini fa un quadro del settore del recupero dei materiali ferrosi. Un business importante che permette di risparmiare materie prime ed energia. Attraverso un processo che può essere perpetuato all’infinito senza perdite di qualità né nei materiali né nei prodotti finali Luca Cavera

biente e si ha la disponibilità di un materiale a un prezzo inferiore». Carlo Speranzini, titolare della Metalli Valcesano, impresa di Mondavio (PU) che si è anche allargata all’estero, riassume così i vantaggi di un processo di recupero che è diventato negli ultimi anni anche un modello virtuoso di business. «La nostra azienda si è integrata nel settore del recupero e della commercializzazione dei metalli e degli scarti di ferro, diventando in pochi anni uno dei fornitori ufficiali dei più importanti poli siderurgici Italiani». Da quali eventi è stato caratterizzato lo scenario di mercato nel quale vi siete mossi nell’ultimo biennio? «Ci siamo trovati a lavorare in un mercato molto complesso, da una parte per i continui aggiornamenti normativi europei, dall’altro per la difficoltà di reperire sia la tecnologia che la “materia prima” per le nostre lavorazioni. Infatti, la crisi degli ultimi anni ha portato a un calo nella disponibilità dei materiali da avviare al recupero, in particolare, per quanto riguarda il nostro paese, a causa del blocco nel settore delle costruzioni e della carpenteria meccanica. Questa situazione ci

Carlo Speranzini, titolare della Metalli Valcesano Srl di Mondavio (PU) www.metallivalcesano.it


Carlo Speranzini

L’avere investito in punti di raccolta all’estero sarà importante per garantire la crescita del fatturato e uno sviluppo progressivo

ha così spinto a cercare fuori dai confini nazionali possibilità di approvvigionamento». Verso quali paesi vi siete orientati dunque? «Ci siamo rivolti principalmente ai mercati dell’Est europeo, nei quali la nostra azienda è oggi presente in vari paesi, nei quali abbiamo collocato i nostri punti di raccolta del materiale in poli di grande importanza dal punto di vista della strategia logistico-commerciale – in questo settore, infatti, siamo costretti ad affrontare costi commerciali importanti per l’approvvigionamento. L’avere investito in questi punti di raccolta all’estero sarà per noi un fattore importante per garantire la crescita del fatturato e un progressivo sviluppo. Anche perché l’estero ci permette di limitare gli effetti della difficile

situazione interna». Può fare un quadro dei principali vantaggi, per un’impresa italiana, che derivano da un investimento in queste realtà? «Un vantaggio, trasversale agli interessi di tutte le realtà produttive, è rappresentato dalla velocità della loro burocrazia. Se a questo si somma il fatto che il costo della manodopera è molto contenuto, è chiaro perché l’Europa dell’Est sia un’opportunità per moltissime imprese italiane. In questo settore specifico, poi, il vantaggio per noi è stato quello della grandissima quantità di materiale a disposizione per il recupero e inoltre il suo basso costo. Abbiamo stretto i principali rapporti commerciali con il Montenegro e la Macedonia, che sono due importanti bacini di utenza per la raccolta dello scarto MARCHE 2012 • DOSSIER • 101


MODELLI D’IMPRESA

di ferro e metalli. Infatti la loro economia è

8

MLN EURO

Ultimo fatturato realizzato dalla Metalli Valcesano, azienda specializzata nel recupero e nella commercializzazione degli scarti di ferro e altri metalli

ancora basata sulla sola produzione e non anche sulla commercializzazione e questo ha favorito il nostro inserimento nei loro sistemi di integrazione». Al di là dei numerosi vantaggi, avete incontrato delle criticità nell’approccio con l’estero? «Certamente, soprattutto all’inizio, abbiamo incontrato delle difficoltà, come la lingua, una cultura diversa e un po’ di diffidenza. Ma dopo poco è emerso anche un sentimento di rispetto e apprezzamento per chi cerca di collaborare e investe nei loro territori. Inoltre, abbiamo ottenuto un appoggio e un aiuto anche da parte delle nostre ambasciate, che ci sono state vicine per instaurare i primi contatti e hanno creduto nei nostri progetti, affiancandoci e assistendoci passo passo nelle varie fasi della realizzazione e segnalandoci possibili opportunità e canali finanziari. Tanto che adesso stiamo costituendo una joint venture con loro per la razionalizzazione dei trasporti e rafforzare la nostra presenza, con investimenti tecnologici abbastanza complessi e innovativi». Tornando in Italia, quali sono stati gli investimenti più recenti che hanno riguardato il vostro insediamento di Mondavio? «Abbiamo proceduto alla riorganizzazione e all’ampliamento della struttura. Inoltre, attendiamo l’autorizzazione per l’installazione di una nuova tecnologia. Questo investimento è volto a potenziare la rivalutazione del materiale povero degli scarti di ferro e di allumino di piccole dimensioni – barattolame, carrozzerie di auto già bonificate, materiale proveniente da isole ecologiche. Si tratta di una tecnologia che consente la triturazione e separazione di questi materiali dando un prodotto ottimale per le acciaierie

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e le fonderie. Questi lavorati, praticamente, possono essere usati come miscele di base per i prodotti finiti. L’insieme di questi investimenti avrà come effetto una produzione innovativa più rispettosa per l’ambiente e più sicura per le maestranze, oltre a permetterci l’ottimizzazione dei trasporti». Può descrivere il vostro processo produttivo di recupero attraverso le sue varie fasi? «Il processo inizia con un’attenta cernita del materiale. Durante questa fase è importantissimo evidenziare, attraverso l’analisi visiva e tecnologica, l’eventuale presenza di elementi di disturbo, sia a livello normativo sia di qua-


Carlo Speranzini

L’insieme dei nostri investimenti avrà come effetto una produzione innovativa più rispettosa per l’ambiente e più sicura per le maestranze

lità – siamo attenti anche al controllo della radioattività dei materiali. Di seguito, con le strumentazioni a nostra disposizione, si effettua la riduzione volumetrica. Eseguite queste operazioni, il materiale è pronto per essere ceduto alle acciaierie per la fusione. I materiali che noi forniamo sono tutti certificati Iso». Quali sono le prospettive per il futuro e quali i prossimi obiettivi di investimento? «Quello che ci auspichiamo, data la situazione economica, è innanzitutto la conferma del fatturato degli ultimi anni, che è stato positivo. Per il futuro abbiamo un obiettivo di

investimento ambizioso, stiamo per lanciare un progetto che prevede di recuperare materiali dalla demolizione di grandi navi dismesse – il loro acciaio ha un buon valore di mercato. Questo progetto permetterebbe innanzitutto di risolvere il problema della collocazione delle navi e i rischi connessi al metodo attualmente utilizzato per il loro recupero, che avviene in condizioni pericolose sia per l’uomo che per l’ambiente. La difficoltà maggiore da superare, però, sarà ottenere la disponibilità da parte dei porti delle zone di rimessaggio oppure nei bacini di carenaggio per effettuare la demolizione». MARCHE 2012 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

Per una maggiore efficienza energetica Dopo l’euforia generata dalle sovvenzioni della finanziaria 2007, il mercato dei sistemi di riscaldamento oggi vede crescere la richiesta di manutenzione e calare le nuove installazioni. Paolo Battisti spiega perché l’estero rappresenta la via d’uscita Manlio Teodoro

causa della ridotta capacità di spesa delle famiglie italiane, dopo l’entusiasmo generato delle agevolazioni fiscali, che negli anni scorsi hanno trainato il rinnovamento dei sistemi di riscaldamento, oggi il mercato si sta orientando verso una migliore gestione dell’esistente, concentrandosi quindi sulla ricambistica». È questo lo spaccato del settore delineato da Paolo Battisti, amministratore e responsabile tecnico della Radiant Bruciatori, azienda che progetta e produce caldaie tradizionali, caldaie a condensazione e sistemi centralizzati. Pro-

«A

Paolo Battisti, amministratore e responsabile tecnico della Radiant Bruciatori Spa che ha sede a Montelabbate (PU) www.radiant.it

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dotti ai quali Radiant ha aggiunto anche le tecnologie del solare termico. «Le energie rinnovabili hanno avuto un forte impatto sulla nostra produzione, dato che il mercato italiano è sensibile alle tematiche dell’ecosostenibilità. Purtroppo, frequentemente, la costruzione di impianti ad alta efficienza energetica ha un impatto economico iniziale elevato e non sostenibile da tutti gli utenti in assenza di agevolazioni statali». Qual è il bilancio dell’ultimo anno di attività? «Il 2011 è stato un anno positivo, soprattutto considerando le criticità del mercato e l’attuale congiuntura economica. Abbiamo migliorato le nostre performance di fatturato e gli utili. I principali risultati ottenuti riguardano soprattutto l’aumento delle quote di mercato, sia sul fronte nazionale che su quello estero – quest’ultimo rappresenta il 50 per cento del nostro fatturato. Questi risultati sono stati possibili grazie al consolidamento del rapporto con i nostri distributori e a una gestione sempre più precisa e accurata dell’assistenza tecnica e della ricambistica, segmento fondamentale in questo momento». Quali sono i paesi esteri nei quali avete registrato le migliori performance? «Sono soprattutto i mercati in forte espansione dei paesi dell’Est europeo, del Medio Oriente e del Far East, tutti luoghi in cui il


Paolo Battisti

made in Italy è molto apprezzato. Questi mercati sono caratterizzati da una forte liquidità che rende il mercato immobiliare fiorente, coinvolgendo a cascata anche quello termoidraulico. La nostra strategia per conquistare i vari target di queste aree è quella di realizzare prodotti molto diversificati: dai top di gamma a quelli low cost per la cantieristica. La nostra volontà di penetrazione commerciale però non prevede alcuna iniziativa di delocalizzazione. Intendiamo mantenere la produzione ben radicata nel nostro territorio». La vostra società è sul mercato dal 1959. Com’è cambiata la proposta tecnologica e quali sono le ultime novità che avete proposto? «La nostra la storia aziendale abbraccia il mondo del riscaldamento a partire dal bruciatore a nafta, passando per le caldaie murali e arrivando oggi alle caldaie a condensazione e all’integrazione del solare termico. Le ultime innovazioni sviluppate dal nostro reparto R&S sono state presentate a marzo, a Milano, in occasione della Mostra Convegno Expocomfort 2012. Si tratta di novità che permettono di lavorare con una scheda elettronica unica per ogni famiglia di prodotto, riducendo la complessità degli interventi e le problematiche per i centri di assistenza tecnica, e che introducono l’integrazione con l’impianto solare direttamente sul pannello, senza bisogno di centraline ausiliarie. Con il prodotto Rka 18 2Vie abbiamo ottenuto dalla commissione scientifica del Politecnico di Milano, per la seconda volta consecutiva, il riconoscimento Efficienza & Innovazione».

La nostra iniziativa commerciale guarda all’estero. Però intendiamo mantenere la produzione ben radicata nel nostro territorio

A tal proposito quanto investite in ricerca, innovazione e sviluppo? «L’investimento medio è stimabile fra il 5 e il 6 per cento del fatturato. Questo reparto, che io stesso dirigo, lavora costantemente nella ricerca di soluzioni innovative ed efficienti e per garantire alti rendimenti a costi contenuti, senza mai trascurare l’aspetto della riduzione delle emissioni nell’ambiente. Inoltre, stiamo ritornando all’uso dei metalli per le parti idrauliche dopo anni di utilizzo di materiali plastici. Infatti, sebbene questi abbiano dato ottimi risultati, non sono mai stati accettati totalmente dalle assistenze tecniche». Quali sono le previsioni e gli obiettivi per il 2012? «Questo sarà senza dubbio un anno molto difficile. Siamo di fronte a una forte crisi dei consumi e della domanda che ha investito tanto i prodotti quanto i servizi. Il nostro obiettivo resta quello di un consolidamento delle posizioni, sia nel mercato interno che in quello estero, puntando sull’innovazione e mantenendo sempre forte il legame con il nostro territorio per la produzione e lo sviluppo».

50 %

EXPORT Quota del fatturato di Radiant Bruciatori Spa che deriva dai mercati dell’Est europeo, del Medio Oriente e del Far East

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MODELLI D’IMPRESA

La ricerca che supporta lo sviluppo Ricerca sempre più vicina al mondo produttivo. Così rispondono molte aziende in questo momento di flessione di mercato per continuare ad evolversi e allargare i “confini”. Ne abbiamo discusso con Marcello Ciotti, presidente della Meccanica H7 Nicoletta Bucciarelli

e aziende delle Marche impegnate in investimenti su innovazioni di prodotto, organizzative e commerciali, potranno godere di altri 3 milioni di euro di incentivi messi loro a disposizione attraverso un bando regionale. «Abbiamo reperito altri 3 milioni di euro, che si aggiungono agli oltre già 15 stanziati, per supportare il maggior numero possibile di progetti presentati dalle aziende». È questo il commento di Sara Giannini, assessore alle attività produttive, all’approvazione dell’atto che recupera ulteriori risorse a sostegno del sistema produttivo regionale. Una buona notizia per tutte quelle aziende marchigiane che contano sull’innovazione e la ricerca. È il caso ad esempio della Meccanica H7 di Ascoli Piceno, azienda impegnata nel settore della meccanica e dell’automazione industriale. «Quando siamo nati – spiega il presidente Marcello Ciotti - eravamo un’azienda piccola formata da 4-5 persone. Lavorando in diversi settori abbiamo cercato di spingere molto sull’attività tecnica, seguendo al meglio le esigenze del cliente, che si evolvono di pari passo all’evoluzione costante del mercato e del settore. Per questo contare su una ricerca e uno sviluppo continuo è stato basilare. Fare ricerca, trovare soluzioni nuove e immettere sul mercato nuovi prodotti altamente tecnologici ci ha permesso di mantenere molto alta la qualità dei prodotti e del servizio e di ampliare il nostro bacino d’utenza».

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Marcello Ciotti è presidente della Meccanica H7 di Ascoli Piceno. Nella pagina accanto momenti di lavoro nel reparto ingegneria/ricerca e sviluppo e nel reparto di assemblaggio meccanicah7.it

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Marcello Ciotti

Stiamo facendo ricerche per immettere sul mercato prodotti che possano dare incremento della produttività del 20-25%

Quali sono i settori a cui vi rivolgete? «Noi realizziamo prodotti con il marchio Meccanica H7 per il settore parafarmaceutico e quindi macchine di assemblaggio e confezionamento di articoli parafarmaceutici, e per il settore idraulico-industriale abbiamo un parco macchine che processa diversi prodotti destinati a questo settore. I prodotti del marchio Meccanica H7 li vendiamo direttamente, tanto sul mercato nazionale quanto su quello estero. Di fianco a questi prodotti ci sono tutte le attività particolari, ovvero impianti e macchinari fatti ad hoc e personalizzati per ogni singolo cliente e macchine di serie destinate a clienti con i quali nel corso degli anni abbiamo sviluppato ed ingegnerizzato nuove tecnologie. Nelle attività particolari, i settori sono vari: alimentare, degli elettrodomestici, parafarmaceutico, idraulico, automotive, ceramica, confezionamento, e degli pneumatici. In quest’ultimo ambito, negli ultimi tempi, abbiamo sviluppato nuove e interessanti tecnologie». Come supportate tutti questi settori? «La forza della Meccanica H7 sta nel fatto di sviluppare molti progetti nuovi e fatti su misura del cliente. Questa capacità richiede uno sviluppo tecnico molto forte e quindi l’utilizzo di risorse di ingegneria e di gruppi di lavoro dedicati a studi di ricerca approfonditi per portare avanti precise tipologie di impianto, di linee, di macchinari e prodotti di serie. Spesso per la perfetta

riuscita dei nostri progetti, collaboriamo con università; questo ci permette di trovare soluzioni sempre nuove e interessanti e sbaragliare sul mercato una concorrenza sempre più aggressiva. A seconda della tipologia del progetto coinvolgiamo sia l’università di Ancona che dell’Aquila. La nostra attività parte dal progetto e dallo studio di fattibilità, e arriva alla realizzazione e al collaudo all’interno dell’azienda. Seguono poi installazione e assistenza post-vendita». Ultimamente su cosa state lavorando? «Ora stiamo spingendo sulle nuove tecnologie e stiamo facendo ricerche per immettere sul mercato prodotti che possano dare incremento della produttività del 20-25 per cento e che possano dare qualità maggiore ed affidabilità, caratteristiche sempre più richieste dai clienti. Vogliamo progettare macchine o impianti in grado di gestire il controllo totale delle proprie funzioni, quindi massimizzare l’automazione». E per quanto riguarda le collaborazioni estere? «Noi lavoriamo molto in Europa - Svezia, Germania, Austria, Polonia, Repubblica Ceca - e nei paesi dell’Est, in particolare con la Russia. Siamo presenti anche sul mercato statunitense, sudamericano, cinese, thailandese, turco. Poter contare su queste collaborazioni ha consentito alla nostra azienda di mantenerci stabili e competitivi su un mercato che, quest’anno in particolare, ha avuto una leggera flessione».

20 MLN

FATTURATO Il fatturato medio annuo che fa registrare la Meccanica H7

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TECNOLOGIE

Soluzioni versatili per la meccanica Una struttura snella e flessibile, che permette di offrire soluzioni per settori molto diversi, dall’arredamento al termosanitario, dall’automotive all’illuminotecnico. Mario Beccerica fa un quadro del comparto della meccanica Diego Bandini

n campo meccanico, le aziende che si rivolgono a terzisti per realizzare particolari lavorazioni, non ricercano semplici collaboratori, ma veri e propri partner strategici, che siano capaci di seguire l’intero ciclo produttivo, dalla fase progettuale alla consegna del prodotto finito. Conosce bene le dinamiche di questo particolare mercato l’amministratore della G.M. Meccanica di Montelupone, Mario Beccerica, che da oltre trent’anni opera proprio nel campo delle lavorazioni metalmeccaniche per conto terzi. «Siamo specializzati nella lavorazione e trasformazione dei metalli ferrosi e non ferrosi, nel trattamento di diversi tipi di superfici, nella curvatura, fresatura, calandratura e nello stampaggio di tubi e profili in genere, operando anche in qualità di capocommessa». A quali ambiti vi rivolgete in prevalenza? «Disponiamo di una struttura snella e flessibile, che ci permette di offrire soluzioni versatili per settori tra loro anche molto diversi. I nostri prodotti sono destinati soprattutto al comparto dell’arredamento e del termosanitario, senza però dimenticare l’automotive e l’illuminotecnico». Che importanza ricoprono l’innovazione e l’aggiornamento tecnologico nel vostro lavoro?

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L’amministratore unico della G.M. Meccanica, Mario Beccerica, insieme ai figli Federica e Stefano. L’azienda ha la sua sede a Montelupone (MC) www.gmmeccanica.com info@gmmeccanica.com

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«L’innovazione tecnologica e la disponibilità di macchinari sempre più competitivi e performanti sono elementi basilari per riuscire a rimanere al passo con le nuove esigenze dei committenti. Proprio per questo le nostre lavorazioni sono eseguite con strumenti altamente automatizzati e sistemi informativi d’avanguardia, grazie ai quali siamo in grado di soddisfare le richieste di qualità e precisione provenienti da un mercato in continua evoluzione». L’abilità degli operatori nella realizzazione dei progetti risulta ancora decisiva? «È un aspetto fondamentale. La tecnologia


Mario Beccerica

da sola non basta. Credo infatti che il fattore umano sia determinante per il raggiungimento di qualsiasi risultato. Il nostro staff è composto da tecnici dall’elevata professionalità e specializzazione, capaci di gestire anche commesse e situazioni complesse, assicurandoci così un vantaggio competitivo non indifferente». G.M. Meccanica è da sempre caratterizzata da un’impostazione di tipo familiare. Crede che questo modello possa essere ancora vincente?

portanti collaborazioni con primarie aziende del settore automotive, illuminazione e wellness, che ci hanno scelto per sviluppare i loro prodotti, contribuendo in maniera decisiva alla nostra crescita professionale». Quali conseguenze sta avendo la crisi sul vostro settore di riferimento? «Non avendo un nostro prodotto, ma svolgendo esclusivamente un’attività per conto terzi, i problemi che affliggono i nostri partner si ripercuotono inevitabilmente anche su di noi. Il 2009 è stato sicuramente l’anno

Nell’ultimo anno abbiamo intrapreso importanti collaborazioni con aziende primarie del settore automotive, illuminazione e wellness

«Certo, tanto è vero che in questi ultimi anni, con l’ingresso in azienda dei miei figli, Federica e Stefano, abbiamo avviato quel “passaggio generazionale” che dovrà assicurare la continuità dell’attività. Mi sto impegnando a fondo per far si che questo passaggio sia il più indolore possibile, e devo dire che i risultati fin qui conseguiti sono molto positivi». L’azienda può vantare diverse collaborazioni con alcuni dei più importanti nomi dell’industria e del design italiano. A questo proposito quali sono stati i progetti recenti più significativi? «Nell’ultimo anno abbiamo intrapreso im-

più difficile, con un significativo calo delle commesse. Abbiamo però superato brillantemente questo momento, riuscendo a consolidare il nostro fatturato nel biennio successivo». Quali sono, infine, gli obiettivi per il futuro di G.M. Meccanica? «I primi mesi del nuovo anno sono stati caratterizzati da incoraggianti segnali di ripresa, e questo ci induce a guardare al futuro con rinnovato ottimismo. Siamo pronti a cogliere le nuove opportunità che si dovessero presentare, con l’obiettivo di riprendere a navigare a vele spiegate a partire dal 2013». MARCHE 2012 • DOSSIER • 111


ZOOTECNIA

Una filiera corta per mangimi biologici Cibo naturale per gli animali da allevamento e un’alimentazione Ogm free per la salute di cavalli e animali da appartamento. Giorgio Federici spiega l’importanza di aver introdotto una linea di prodotti bio per la zootecnia Valerio Germanico

n un mercato in cui la ricerca di alimentazione biologica è in progressivo aumento – secondo i dati di Ismea/Gfk-Eurisko, nel 2011 i consumi domestici di prodotti bio sono cresciuti dell’8,9 per cento a valore –, Giorgio Federici, amministratore delegato della FAZOO, fa un bilancio dei risultati ottenuti dall’introduzione, che risale ormai al 2008, di una linea di mangimi biologici destinati sia alla zootecnia. «Affiancando alla nostra linea produttiva convenzionale una linea bio siamo voluti andare nella direzione già tracciata da una buona parte del mondo dell’agricoltura e della pastorizia. Abbiamo quindi scelto di abbracciare una pro-

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Giorgio Federici, amministratore delegato della FAZOO Mangimi Srl di Chiusa di Ginestreto (PU) www.fazoo.it

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duzione basata su una filiera corta che facesse riferimento anche a produttori locali, per quanto riguarda gli animali – e i loro prodotti – destinati all’alimentazione umana». Quali vantaggi vi ha dato, in un momento di diffusa crisi dei mercati, avere diversificato con l’avvio di una produzione bio? «La scelta di ampliare la gamma di prodotto è stata sicuramente importante. Oggi il biologico ha una grande rilevanza per il fatturato dell’azienda. Dato che la naturalità e la località delle produzioni sono diventate criteri importanti nel determinare le scelte del nostro mercato, in quanto sinonimo di qualità del mangime e quindi di buona salute per gli animali che lo consumano. Sebbene la crisi abbia sicuramente, in una certa misura, rallentato il buon andamento del settore, soprattutto nel mercato interno, all’estero la situazione è meno negativa. Anche grazie a questo, il nostro ultimo bilancio è stato caratterizzato complessivamente da buoni risultati». Sotto quali aspetti la vostra produzione biologica si differenzia rispetto a quella tradizionale? «La produzione biologica si differenzia a partire dai controlli sulla materia prima – che deve accertare la totale assenza di Ogm e residuali chimici – e dalla qualifica continua richiesta ai fornitori. La specificità di questa produzione prosegue con la lavorazione, che avviene in de-


Giorgio Federici

La nostra produzione biologica inizia con i controlli sulle materie prime per accertare la totale assenza di Ogm e trattamenti chimici

positi e impianti nettamente separati dal convenzionale. Tutto questo per avere la garanzia di un prodotto finale tracciato e che possa mettere in condizione il cliente finale di ricevere merce assolutamente in regola con le normative vigenti del settore e certificata secondo le norme Reg.CE 834/07 – 889/08 Usda Nop, BioSuisse e Gmp+ B1. L’intero progetto ha richiesto investimenti considerevoli, che però hanno proiettato l’azienda in un nuovo mercato, non solo italiano». Avete investito anche per la realizzazione di un impianto fotovoltaico. Quali risultati avete ottenuto in termini di risparmio energetico? «Grazie a questo impianto che produce oltre 800mila kWh l’anno riusciamo a ottenere circa la metà del nostro fabbisogno energetico, oltre a operare un significativo taglio alle emissioni inquinanti nell’ambiente. Infatti al primo aspetto, quello del risparmio energetico che si genera producendo in maniera autonoma l’energia, si somma quello del rispetto ambientale che per un’azienda che ha scelto di av-

viare una produzione biologica è altrettanto, se non più, importante. Pertanto il nostro obiettivo è quello di portare l’alimentazione dei nostri processi produttivi a una dimensione totalmente autonoma e derivata esclusivamente da fonti rinnovabili». Quali sono le prospettive, gli obiettivi e le sfide principali che attendono la vostra società nel 2012? «Il nostro imperativo è quello di crescere, nonostante siamo consapevoli che in questo momento le variabili e le difficoltà, soprattutto nel contesto italiano, sono tante e tali che potremmo doverci limitare a consolidare i risultati ottenuti finora. Dunque la prospettiva più realistica che crediamo di poter fare oggi è quella di riuscire a confermare il fatturato dell’anno precedente anche nel 2012. Auspichiamo tuttavia che quanto prima siano messe in atto misure capaci di ridare slancio all’economia. In assenza di questo, non potremo che contare sempre di più sui mercati esteri e controbilanciare con questi la stasi nel mercato interno».

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STILE ITALIANO

Il made in Italy ai piedi di tutti Il distretto calzaturiero marchigiano esporta l’80% della sua produzione e viene scelto da molti brand di lusso per realizzare le proprie scarpe. Una realtà forte che però ha bisogno del supporto delle istituzioni perché all’estero c’è bisogno di una voce unica Teresa Bellemo el distretto marchigiano c’è dinamismo, innovazione e ricerca: si può ideare una scarpa la mattina e averla pronta la sera grazie a una rete di fornitori e subfornitori che tutelano tutta la filiera. Oltre ai brand nati qui, anche altri grandi nomi della moda hanno deciso di stabilire qui le loro produzioni, perché nelle Marche si fanno le scarpe fatte bene». Descrive così la realtà marchigiana Enrico Paniccià, presidente dei giovani imprenditori dell’Anci e amministratore delegato di Giano, azienda calzaturiera del Fermano. Il comparto calzaturiero italiano è il pilastro del sistema moda, con 4 miliardi di surplus nel 2011 e 200 milioni di paia di scarpe prodotte, ma passa spesso in sordina per la dimensione ridotta e a volte familiare delle sue aziende. Con una media di 14,4 addetti per azienda il calzaturiero è infatti un settore frammentato e concentrato essenzialmente in tre regioni: Marche, dove opera più di un terzo della produzione, Toscana e Veneto. È un settore con forte vocazione all’export (l’80% della produzione raggiunge i mercati esteri, con un aumento del 12,2% nel 2011), in prevalenza verso l’Unione europea, ma anche verso la Russia e i Paesi del Far East. Nonostante i numeri, però, il sistema calzaturiero è in difficoltà. Dal 2005 al 2011 hanno chiuso i battenti un buon numero di aziende (-3,4%) e la cassa integrazione è passata dalle 11 milioni di ore del 2005 a 29 milioni nel 2010 e 19 nel 2011. Ciononostante, l’occupazione dà timidi segnali di ripresa: +1% nel 2011. Per risollevare il comparto, secondo Paniccià, servono lungimiranti strate-

«N

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gie di crescita e una maggiore integrazione tra piccole aziende a carattere familiare e realtà manageriale. A questo servirà l’incontro, o meglio lo “shoe report”, organizzato dall’Anci a Milano, per mettere in comunicazione micro-aziende e finanza. Quali sono le difficoltà del comparto calzaturiero italiano? Quanto pesa la concorrenza internazionale e come arriva a condizionare la produzione italiana? «In Italia abbiamo vissuto una contrazione dei consumi e una diffusa mancanza di fiducia e, anche se il nostro è un settore votato all’export, il languore del mercato interno è certamente fonte di difficoltà. C’è da aggiungere poi il problema dell’allungamento dei tempi d’incasso da parte dei nostri clienti. Di contro, il sistema bancario stringe i rubinetti e il credit crunch colpisce soprattutto le aziende meno patrimonializzate. La nostra associazione si batte da anni per il riconoscimento del valore del made in Italy, per esempio con l’etichettatura obbligatoria dei prodotti che circolano e entrano nell’Ue. Finora il percorso è sempre stato in salita perché le lobby nord-europee lo hanno sempre ostacolato. Riteniamo che questa non sia trasparenza nei confronti del cliente, inoltre è anche a causa di questo genere di concorrenza che molte aziende, soprattutto di fascia medio-bassa, per ridurre i costi vanno a produrre fuori dall’Italia».

Enrico Paniccià, amministratore delegato di Giano e presidente dei giovani imprenditori dell’Associazione nazionale calzaturifici italiani


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Enrico Paniccià

Durante la fiera Consumexpo, a Mosca, Anci ha autopromosso il padiglione italiano. Quale il bilancio dell’iniziativa e quali i ruoli che le istituzioni dovrebbero mantenere nella promozione del made in Italy nel mondo? «Anci da sola è riuscita a supplire la mancanza delle istituzioni perché ha una grossa capacità di stare vicina alle aziende. Le istituzioni nei confronti del nostro settore sono state spesso latitanti, siamo piccoli imprenditori a vocazione artigiana per cui siamo abituati a rimboccarci le maniche e ad andare avanti da soli. La prima cosa che chiediamo alle istituzioni è starci vicino nell’export. Quando andiamo in Cina vediamo che i tedeschi si presentano come un sistema, noi invece andiamo spezzettati, le Camere di Commercio comunicano in un modo, le regioni in un altro, quindi non riusciamo a far sistema. Ciò fa male un po’ a tutti perché le risorse le dedichiamo ma poi non raccogliamo molto. Alle istituzioni chiediamo una maggiore elasticità dal punto di vista del credito e sul fronte dell’innovazione. Nel nostro settore non si concepisce un prodotto, si investe e si raccol-

gono i frutti per i quattro anni successivi. Nel nostro settore l’innovazione è continua: si preparano almeno due collezioni l’anno. Per questo ci piacerebbe che ci fossero degli sgravi fiscali riguardo ricerca e innovazione, che il lavoro costasse meno in modo da favorire anche i lavoratori». L’Europa rimane ancora il primo mercato per l’export marchigiano. Come continuare a far crescere questo bacino in parallelo con quello dei Paesi emergenti? «Il mercato americano ricalca quello europeo per cui il sistema è quello classico: negozi monomarca, filiali, fiere. La Russia e gli Emirati Arabi, anche se con volumi diversi, sono da considerarsi non più mercati emergenti ma consolidati, per lo meno nel nostro settore. La Russia è sicuramente il mercato che è cresciuto di più e che ha impedito anche a tante nostre aziende di chiudere. Grazie alle fiere siamo sbarcati in un mercato ancora vergine e tantissimi marchi che qui possono essere sconosciuti, in Russia sono marchi importanti, al di là dei grandi marchi qui anche i piccoli riescono a farsi conoscere e a vendere MARCHE 2012 • DOSSIER • 119


STILE ITALIANO

i propri prodotti. Per i mercati del Far East produciamo 150 mila paia di scarpe all’anno l’approccio è diverso, soprattutto dal punto di vista distributivo. Ci sono pochissimi negozi multimarca dunque diventa necessario fare accordi con partner locali, realizzare joint venture, aprire negozi monomarca. Noi che siamo piccoli abbiamo più difficoltà sia da un punto di vista del brand - in questi paesi sono attratti molto dal marchio famoso - ma anche perché non è facile accordarsi con aziende locali, solitamente molto grandi, per aprire 20-30 negozi. È un settore in evoluzione e per questo Anci sta cercando di portare il Micam in Cina. Per quanto riguarda il Brasile, il mercato è complesso, nei nostri confronti i dazi sono enormi e poi sono dei bravi produttori di calzature». Giano è un’azienda forte, ha in concessione marchi come La Martina e Harmont&Blaine. Come ha reagito alla crisi del comparto del 2008-2009 e quali le nuove filosofie aziendali su cui basa la sua crescita del marchio? «Un dato su tutti: nel 2005 realizzavamo poco meno di un milione di euro di fatturato, nel 2011 ne abbiamo realizzati dieci. Oggi

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ed esportiamo quasi il 50% della produzione. Ci siamo resi conto che la nostra azienda, come altre, era orientata troppo al prodotto, eravamo molto bravi a fare ma poco a commercializzare. L’idea è stata quella di prendere in licenza dei marchi internazionali dell’abbigliamento che non avevano progetti di calzature per farle noi con il dna di quel brand. È stata una doppia sfida, per loro che si sono affidati a noi per creare qualcosa che non c’era e per noi che volevamo metterci alla prova, nonostante la qualità per noi fosse già al primo posto. Siamo riusciti a creare una realtà dinamica, siamo al Pitti, abbiamo cercato di consolidare il rapporto con i nostri brand, andando oltre la licenza, lavorando come se il marchio fosse nostro. Inoltre dalla prossima stagione sarà distribuito il nostro marchio, Italian Heritage. Tutto questo ci ha permesso di reinventare la nostra azienda senza dimenticare il nostro team di addetti. Siamo cresciuti facendo aprendo le porte ai giovani, io ho 37 anni e sono il più “vecchio” della parte non produttiva».



IL DISTRETTO CALZATURIERO

Tecnologia e artigianato per i passi dei più piccoli Realizzare interamente in Italia scarpe confortevoli, in grado di sostenere i piedi dei più piccoli e favorirne una crescita corretta. Alfredo e Alfio Romagnoli garantiscono questi risultati attraverso un perfetto mix di artigianalità e moderne tecnologie Eugenia Campo di Costa

na crescita sana e corretta passa anche attraverso calzature in grado di favorire lo sviluppo dei piedi dei più piccoli. Le calzature per bambini devono innanzitutto comporsi di un giusto equilibrio tra robustezza e morbidezza. Come spiegano Alfredo e Alfio Romagnoli, titolari del calzaturificio Rondinella, una delle aziende storiche del distretto marchigiano, che realizza le scarpe a marchio Rondinella dal 1936, nelle calzature destinate ai più piccoli ad alcune caratteristiche universali si aggiungono peculiarità specifiche per ogni fase dello sviluppo del piede. In particolare, il contrafforte sorregge il bambino nei primi passi, insieme al plantare che avvolge il piede, favorendone una crescita corretta. La struttura deve essere anatomica, le forme confortevoli e i materiali traspiranti. In alcuni punti particolari della scarpa, inoltre, è indispensabile l’inserimento di un’imbottitura. Quali materiali, in particolare, risultano essere i più adatti nella realizzazione di calzature per i più piccoli? ALFREDO ROMAGNOLI: «Nella nostra produzione utilizziamo principalmente pellami a concia vegetale perché sono più naturali e traspiranti, non hanno agenti chimici in superficie che alterano le proprietà del materiale. La fodera migliore per i primi passi è quella

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Alfredo e Alfio Romagnoli, titolari del calzaturificio Romagnoli Rondinella di Monte San Giusto. Nella pagina accanto, fasi di lavorazione e un modello finito www.rondinellashoes.com

di agnello, molto soffice. Per i numeri più grandi, prediligiamo il vitello pieno fiore. Questi materiali selezionati permettono un utilizzo continuo della scarpa che, grazie alle sue proprietà, rimane sempre asciutta e in buono stato». Come riuscite a coordinare il comfort dei piedini con le esigenze della moda? ALFREDO ROMAGNOLI: «Il punto di partenza deve essere sempre la struttura della scarpa, con le caratteristiche cui accennavamo. Si aggiungono poi elementi di stile, per caratterizzare, personalizzare e


Alfredo e Alfio Romagnoli

Se l’artigianalità è fondamentale in alcune fasi, l’aiuto della tecnologia diventa imprescindibile in altre

mantenere sempre attuale il look, in base alle tendenze del momento. In particolare, la prossima stagione autunno - inverno privilegerà i pellami a effetto rovinato, used, accompagnati da accessori metallici quali borchie di varie forme e zip, anche colorate. Presenteremo inoltre una grintosissima linea sport con suola in gomma e pellame tinto in capo, washed. Per i più piccoli, la simpatica suola Ape, leggerissima e confortevole». Rondinella coniuga nelle sue lavorazioni artigianalità e tecnologie. Quali fasi della lavorazione restano prettamente artigianali? ALFIO ROMAGNOLI: «Tutta la produzione si caratterizza per la sua artigianalità. L’orlatura, in particolare, ha una forte componente manuale, senza la quale alcuni passaggi non potrebbero essere eseguiti con cura e precisione». Quanto investite nell’aggiornamento tecnologico e nello sviluppo di nuovi modelli di calzature? ALFIO ROMAGNOLI: «Molto. Ricerca e sviluppo sono componenti essenziali per la buona riuscita del prodotto finale. Se l’artigianalità è fondamentale in alcune fasi, l’aiuto della tecnologia diventa imprescindibile in altre. Alcuni passaggi, come ad esempio il montaggio, sono molto più precisi se svolti meccanicamente anziché manualmente. Lo sviluppo di nuovi modelli aiuta

l’azienda e il prodotto a rinnovarsi costantemente e a offrire una scelta sempre più ampia. Negli ultimi tempi stiamo investendo nella progettazione 3D, che permette di visualizzare forme, linee e colori prima della realizzazione del prototipo». È possibile fare un bilancio dell’ultimo anno di attività e delineare le prospettive per il prossimo futuro? ALFREDO ROMAGNOLI: «L’ultimo anno è stato particolare, oggettivamente difficile, ma stimolante. In Europa, la recessione economica e la crisi dei consumi hanno inevitabilmente avuto ripercussioni importanti sul settore. Nel contempo, però, altri paesi hanno invece consolidato una notevole crescita. I nostri mercati storici di riferimento sono quelli del Nord Europa, ma negli ultimi tempi, in linea con le tendenze del mercato, stiamo crescendo anche nei paesi dell’Ex Unione Sovietica (Russia) e Giappone. Pensando al futuro, credo bisognerà riorganizzare la distribuzione e volgere l’attenzione ai mercati dalle economie emergenti. Il futuro dipenderà dalla capacità di adeguarsi agli importanti cambiamenti del mercato globale». MARCHE 2012 • DOSSIER • 123


IL DISTRETTO CALZATURIERO

I pionieri del distretto restano ancorati alla qualità Concentrarsi sulla qualità del prodotto conquistando i mercati esteri uscendo dai classici schemi della delocalizzazione. Il caso della Industria Italiana Calzature dalle parole di Fabrizio Donnari Filippo Belli

e piccole e medie imprese sono custodi della cultura di un territorio. Ne sono una testimonianza i tanti distretti artigianali e manifatturieri. Pensando alle Marche, vengono alla mente gli abili maestri calzolai. Da intraprendenti “bottegai” a simboli globali di eleganza. Siamo nel cuore del maceratese, ai piedi di Monte San Giusto, dove l’Industria Italiana Calzature, oggi guidata dai fratelli Fabrizio e Patrizio Donnari, ha saputo crescere divenendo, a tutti gli effetti, una delle aziende più dinamiche del comparto, conservando e al tempo

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Bruno e Fabrizio Donnari dell’Industria Italiana Calzature Srl. La sede dell’azienda si trova a Monte San Giusto (MC) www.iic.it

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stesso innovando gli insegnamenti del fondatore, Bruno Donnari, Cavaliere della Repubblica e dell’Ordine di San Crispino e Crispiano (i patroni protettori dei calzaturieri), ancora oggi volto indelebile dell’impresa. «Nostro padre ha iniziato il suo percorso imprenditoriale nel 1962 – ricorda Fabrizio Donnari –. I primi anni sono stati segnati da una dura gavetta, dai lavori per conto terzi. Tutte esperienze preziose per accumulare quella manualità e quell’abilità imprenditoriale che oggi ci trasmette, permettendoci di commercializzare con successo i nostri prodotti». Torna a diffondersi, tra le aziende marchigiane, la sensazione che forse, la prima vera reazione alla crisi, si può trovare nella rivalorizzazione di quelle tradizioni e di quel modus operandi su cui si regge la realtà calzaturiera più celebre del Vecchio Continente. «Le nuove generazioni di imprenditori spesso operano ragionando solo ed esclusivamente sull’analisi di fatturato – sottolinea Fabrizio – . Ma l’insegnamento di mio padre e degli altri pionieri di questo distretto, è quello di rimanere focalizzati sulla qualità del prodotto». La famiglia Donnari accusa però un paradosso avvertito da buona parte degli attori del settore. «Il valore della qualità made in Italy pare essere recepito più all’estero che in Italia – spiega l’imprenditore, il cui marchio di famiglia oggi raccoglie buona parte dei suoi


Fabrizio Donnari

Il nostro auspicio è che l’Europa possa realizzare un sistema di tracciabilità delle produzioni sicuro e concreto

introiti grazie alle vendite negli Stati Uniti –. Il nostro auspicio è che l’Europa concretizzi un sistema di tracciabilità a difesa delle produzioni e dei consumatori. Permettendo al manifatturiero, alle nostre PMI di concorrere alla ripresa economica». Questa “distrazione” europea a danno del made in Italy, Donnari la ricorda senza nascondere il suo disappunto, forte anche della sua esperienza in rappresentanza della categoria - è già stato un esponente del distretto per Confindustria oltre che membro della giunta Anci. «Negli ultimi cinque anni abbiamo compreso che il concetto di qualità non si lega necessariamente a un presupposto geografico, ciò che importa è saper esportare il nostro life style. Per reagire alla competizione globale, utilizziamo delle unità produttive estere così che le calzature vengono realizzate e vendute all’estero e, ultimamente, direttamente nello stesso stato estero di produzione». Siamo cresciuti con il concetto di competitività ameri-

cano. «In America ci sentiamo più sicuri – spiega Fabrizio Donnari –. Sbaglia chi pensa che sia così semplice delocalizzare o localizzare in paesi come la Cina, l’India oppure di vendere al futuro mercato del Brasile, i cui dazi sono molto alti. Industria Italiana Calzature, per le produzioni a valore aggiunto, invece, resta in Italia. Quello che vendiamo nel Bel Paese viene prodotto qui nelle Marche. Questa scelta, nel rispetto della tradizione ha già portato cambiamenti e sacrifici in azienda ma è la nostra formula e intendiamo portarla avanti. Anche se ci rendiamo conto che altre firme, aziende del nostro distretto stanno compiendo scelte differenti». Sul futuro poche ma solide certezze: «Oltre a insistere nella nostra battaglia da imprenditori sulla tutela del Made in Italy, continueremo a portare avanti gli insegnamenti di nostro padre che, a 77 anni, è ancora oggi presente in azienda e al quale va tutta la nostra gratitudine». MARCHE 2012 • DOSSIER • 125


IL DISTRETTO CALZATURIERO

La qualità della scarpa inizia nella suola Innovazione, ricerca e una rete fra le imprese. La strategia per il rilancio del settore calzaturiero è possibile con la combinazione di questi tre fattori. Luca Ceroni, giovane imprenditore marchigiano, analizza le criticità e le opportunità sul mercato Manlio Teodoro

e imprese che negli ultimi anni sono riuscite a mantenere il fatturato a livelli pre-crisi hanno dovuto mettere in pratica tutta la loro capacità di adattamento alle nuove condizioni del mercato. Non si sono sottratte a questa regola quelle appartenenti al distretto calzaturiero marchigiano, che insieme a Toscana, Veneto, Lombardia, Campania e Puglia rappresenta il 94 per cento dell’intera produzione italiana di scarpe. Come spiega Luca Ceroni, amministratore delegato della Ingom, azienda che produce fondi in gomma per calzature di marchi nazionali e in-

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Nella pagina a fianco, Luca Ceroni, amministratore delegato della Ingom Spa di Petriolo (Mc) www.ingom.com

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ternazionali: «Fra i fattori maggiormente penalizzanti, in questi ultimi anni, dobbiamo ricordare l’aumento del prezzo delle materie prime – che ha gravato soprattutto sulla percentuale degli utili –, l’aumento del costo dell’energia e non da ultimo quello del costo del denaro e la “forza” dell’euro che ha sfavorito l’export». Nonostante queste difficoltà, qual è il bilancio che potete trarre dell’ultimo anno di attività? «Il 2011 per la nostra azienda è stato uno degli anni migliori e siamo riusciti a crescere. Già nel 2010, che era stato un anno complessivamente positivo, avevamo iniziato a vedere piccoli e progressivi segnali di ripresa del mercato e il 2011 ha dato concretezza a questa sensazione. Siamo riusciti a consolidare ulteriormente le nostre partnership con i maggiori marchi internazionali e questo ha avuto ovviamente effetti positivi anche sul fatturato». Qual è stata la vostra strategia per riuscire a ottenere questi risultati in netta controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia? «Crediamo che in un territorio come quello del nostro distretto sia fondamentale il concetto di rete di impresa, dato che pensiamo che la collaborazione sia cruciale all’interno di un settore produttivo in cui contano sopra ogni cosa la creatività e l’ingegno. Per questo abbiamo rafforzato i rapporti che negli anni abbiamo creato con altre imprese del distretto calzaturiero. Ci


In un territorio come quello del nostro distretto è fondamentale il concetto di rete di impresa

siamo appoggiati a queste imprese soprattutto per la produzione di suole per scarpe fatte con materiali diversi dalla gomma. Questo ci ha permesso di offrire un servizio completo ai nostri partner». Quindi non è la chiusura nella propria singola realtà che può aiutare l’uscita dalla crisi, ma il “fare squadra”. «La nostra esperienza lo dimostra. E il vantaggio che se ne trae non è solo limitato ai risultati di fatturato delle singole imprese, bensì ha un effetto positivo sull’intero distretto. Anche perché dall’unione delle forze è possibile raggiungere, con maggiori strumenti, dei risultati nella ricerca sul prodotto e sul processo e nell’innovazione tecnologica – unici fattori, insieme allo stile, che ci permetteranno nei prossimi anni di continuare a tenere testa alla concorrenza low cost delle economie emergenti». A quale target di consumatore si rivolge la vostra produzione? «I nostri partner propongono prodotti caratterizzati dall’alta qualità – anche questa è una strategia che intende contrastare la concorrenza dei

manufatti a basso costo, provenienti soprattutto dall’industria cinese e indiana. Per questo nella progettazione delle nostre calzature mettiamo al primo posto la cura del particolare e la selezione di materiali e materie prime. Dunque il nostro target è principalmente quello dei consumatori europei. Tuttavia abbiamo come obiettivo per i prossimi anni quello di entrare anche nei mercati dell’America Latina». Parlando di ricerca e sviluppo, in quale direzione si stanno muovendo attualmente i vostri investimenti? «L’obiettivo principale rimane sempre lo stesso: creare nuove mescole di gomma per migliorare la qualità del prodotto. I nostri investimenti in questo senso vanno sia verso l’interno dell’azienda, che verso l’esterno, attraverso la collaborazione con istituti di ricerca. Una delle direzioni di ricerca in questo momento è quella dell’ecocompatibilità del prodotto, dato il crescente interesse dei consumatori verso il tema del rispetto ambientale. Accanto a questa restano le direttrici di sempre, cioè la ricerca di leggerezza e comfort uniti al design della scarpa». MARCHE 2012 • DOSSIER • 127


MADE IN ITALY

Dettagli che identificano il made in Italy Lo stile made in Italy nei ricami e nelle lavorazioni laser di tessuti e pellami. Il dinamismo imprenditoriale e la capacità di adattarsi alle nuove sfide del mercato. Il caso della Eddy Ricami Project dalle parole di Gianluca e Claudio Bordoni Manlio Teodoro

l valore aggiunto che il mercato riconosce allo stile made in Italy è senza dubbio l’estro, la fantasia e l’artigianalità. Soprattutto quando questi permettono di dare personalità e unicità a un prodotto, che questo sia un capo di abbigliamento, un accessorio, una calzatura o anche un mobile in legno». Gianluca Bordoni, titolare insieme al cugino Claudio, della Eddy Ricami Project, riassume così la specificità del lavoro artigianale di personalizzazione attraverso il ricamo, le incisioni laser e l’applicazione di strass. «Uno dei requisiti fondamentali nel nostro lavoro è la capacità di saper vivere l’azienda come un processo in continua evoluzione – aggiunge Gianluca

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Gianluca e Claudio Bordoni, titolari della Eddy Ricami Project Srl di Montecosaro (MC) www.eddyricami.it

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Bordoni –. Questo vuol dire sia investire in tecnologia e innovazione, sia avere un team di designer capace di seguire costantemente le tendenze – e se possibile anticiparle – e capace di unire le possibilità offerte dalle moderne strumentazioni con la cura della lavorazione artigianale». Qual è stato l’andamento del vostro business nell’ultimo biennio e come si è aperto il 2012? CLAUDIO BORDONI: «Fra il 2010 e il 2011 abbiamo registrato una crescita notevole del nostro fatturato, che è passato da circa 2,5 milioni di euro a oltre 3,5 milioni, ottenendo così un incremento in percentuale del 40 per cento. Questo è un dato che dimostra che anche nei periodi di recessione è possibile portare avanti un’attività se questa ha alla base competenze solide e investimenti oculati. Il 2012 è iniziato con una stabilizzazione del fatturato, fenomeno assolutamente prevedibile, considerando che il settore al quale ci rivolgiamo sta attraversando il periodo di cambio di stagione». Quali sono le vostre lavorazioni principali? GIANLUCA BORDONI: «La nostra produzione comprende ricami su vari filati, l’applicazione di paillette, cornely, ricami su rotoli interi, lavorazioni a punto catenella, a punto spugna, a punto rodi e altri. Si passa poi alle incisioni


Gianluca e Claudio Bordoni

laser, alle applicazioni di strass termoadesivi e accessori vari. Abbiamo inoltre un reparto per la stampa serigrafica in mono e multicolore, per la stampa ad alta frequenza combinabile con la serigrafia, per la stampa digitale e la microiniezione. Tutte queste lavorazioni possono indistintamente essere combinate fra loro e possono essere eseguite sulle superfici più varie, dai pellami ai tessuti e ai sintetici. La specificità del nostro servizio è senza dubbio la diversificazione che per ogni tipo di lavorazione è possibile ottenere». A quali categorie di prodotti si rivolgono le lavorazioni? G.B.: «Le categorie di prodotti alle quali sono destinate le nostre lavorazioni sono molte-

Trattiamo la calzatura e la pelletteria, passando per il settore dell’abbigliamento fino ad arrivare a quello del mobile, con incisioni al laser su legno

plici. Infatti, trattiamo la calzatura e la pelletteria in generale, passando per il settore dell’abbigliamento fino ad arrivare a quello del mobile, con incisioni al laser su legno. Inoltre, un settore che potenzialmente potrebbe essere interessato ai nostri servizi di personalizzazione è quello dell’automotive, nello specifico per i rivestimenti degli interni, dato che lavoriamo sia la pelle che i tessuti in FATTURATO Incremento generale». della Eddy Ricami Quanto è importante investire nell’ideaProject Srl nell’ultimo biennio, zione di nuovi design e sulla creatività del passata reparto ricerca e sviluppo? da un fatturato di 2,5 milioni di euro C.B.: «Investiamo moltissimo nella progettaa 3,5 milioni zione di nuovi design e abbiamo anche un team di quattro ragazze che costantemente mantiene aggiornato il reparto creativo seguendo le evoluzioni del gusto e dello stile sulle principali riviste internazionali. A questo si aggiunge una fitta attività di relazione con studi esterni che si dedicano alla ricerca di nuove soluzioni e innovazioni. È fonda-

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MADE IN ITALY

mentale quindi che fra la ricerca, i designer quantità di lavorazioni, è dall’estero che otteinterni e i tecnici dei vari laboratori vi sia una strettissima collaborazione che poi si rivela nella qualità del prodotto realizzato». Lavorate sia con aziende italiane che estere. Da quali mercati state ottenendo le migliori performance? G.B.: «Sul piano della bellezza dei prodotti da lavorare, certamente le aziende italiane per le quali lavoriamo hanno un valore aggiunto rispetto ai partner esteri. Tuttavia questi ultimi ci garantiscono maggiore puntualità nei tempi dei pagamenti e inoltre, a livello di

Per la qualità del prodotto è fondamentale la collaborazione fra i designer e i tecnici dei vari laboratori

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niamo le migliori performance. Nei mercati oltre confine, infatti, viene sempre apprezzato e riconosciuto l’estro, la fantasia e l’artigianalità dello stile made in Italy». Fra i vostri partner c’è anche Swarovski. Per quale categoria di prodotti e servizi si è instaurato questo legame? G.B.: «Il rapporto instaurato con Swarovski è riferito all’ambito specifico dell’applicazione degli strass. Infatti, alcune aziende produttrici di modelli di calzature-gioiello esigono che vengano utilizzati soltanto ed esclusivamente strass realizzati da Swarovski, in quanto prodotti inconfondibili per bellezza e purezza». Quali sono stati gli ultimi investimenti in tecnologia e quali quelli che avete programmato per il futuro? C.B.: «La nostra azienda ha una costante propensione all’investimento in tecnologia. Gli ultimi macchinari entrati nel nostro stabilimento sono quelli dedicati all’applicazione di borchie griffate – si tratta di macchinari automatici e tecnologicamente avanzati. Prossimamente, invece, intendiamo effettuare un investimento corposo sulla divisione dedicata al ricamo, per potenziarla». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? G.B.: «Il nostro obiettivo principale, per il futuro, è quello di continuare nella crescita e nell’affermazione della nostra realtà imprenditoriale, cercando di interessare più mercati verso i quali poter indirizzare i nostri prodotti e servizi. La nostra storia ci dice che ulteriori evoluzioni sono possibili. Infatti, la Eddy Ricami Project, pur essendo presente nel settore delle personalizzazioni da oltre quindici anni, è tuttora un’azienda in trasformazione, grazie alla dinamicità della dirigenza e dello staff, quasi totalmente composto da donne. Siamo nati come una piccola realtà per soddisfare una limitata richiesta di mercato, ma in pochi anni siamo riusciti a creare un’azienda camaleontica e sensibile a ogni tipo di esigenza o cambiamento da effettuare».



MADE IN ITALY

Una rivoluzione fashion-chic per i gioielli La ricerca e lo sviluppo di prodotti sempre nuovi hanno permesso al marchio Ottaviani di intercettare i nuovi trend del mercato, conquistando un pubblico giovane e alla moda. Il punto di Laura Ottaviani Diego Bandini

na collezione innovativa e, per certi versi, “rivoluzionaria”, in cui la qualità dei materiali e la varietà dei colori sono stati gli elementi da cui partire per realizzare gioielli chic e allo stesso tempo fashion. Stiamo parlando della nuovissima linea bijoux realizzata da Ottaviani, storica realtà marchigiana presente sul mercato orafo da oltre sessant’anni. «Si

U L’azienda Ottaviani ha sede a Recanati (MC) www.ottaviani.com info@ottaviani.com

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tratta di una linea di gioielli in acciaio, trattato però come un materiale prezioso e arricchito da strass, cristalli, pietre naturali, perle e stoffe pregiate», spiega Laura Ottaviani, direttore creativo dell’azienda. «Una parte della collezione, denominata “top”, è completamente lavorata a mano, con pietre semi-preziose e chiusure particolari in argento 925. Il grande impatto visivo, il price-point più accessibile e uno standard qualitativo eccellente sono state le caratteristiche determinanti per il successo della linea. Questa è una grande novità per tutto il settore, che mai prima d’ora aveva fatto entrare in gioielleria un prodotto sì in metallo, ma coloratissimo e ricco di elementi, distante anni luce dalla freddezza dell’acciaio e dai prezzi esorbitanti dei gioielli in oro». La collezione bijoux, dunque, rappresenta un po’ il simbolo di una trasformazione che ha segnato la produzione aziendale in questi ultimi anni. In questo senso l’immissione periodica sul mercato di articoli nuovi e originali, grazie anche a campagne di marketing molto efficaci, ha contribuito a generare grande entusiasmo tra il pubblico, composto prevalentemente da persone appassionate di moda e giovanili, non soltanto da un punto di vista anagrafico. Naturalmente nel mondo Ottaviani un occhio di riguardo è però riservato al panorama femminile, in quanto sono


Laura Ottaviani

proprio le donne le più grandi “consumatrici” di gioielli e accessori moda. «Indossare un gioiello è, per una donna, un modo per sentirsi unica e svelare un tratto prezioso della propria personalità. Scegliere il marchio Ottaviani significa scegliere una proposta che storicamente è sinonimo di eleganza e stile», sottolinea Laura. L’azienda, infatti, anche alla luce del mutato scenario globale, investendo sul valore del marchio e l’innovazione di prodotto, è riuscita a conquistare anche quei consumatori solitamente poco attratti dal mondo dell’argento e dei preziosi. «Questo cambiamento non ha interessato unicamente la nuova linea Il grande impatto visivo, il price-point di bijoux ma ha investito anche la collezione più accessibile e uno standard di accessori per la casa e la linea gioielli in arqualitativo eccellente sono state gento. Qui la sfida è stata quella di presentare un modo nuovo di reinterpretare l’argento, le caratteristiche determinanti “svecchiandolo” e donandogli un’allure fresca per il successo della linea e dal design elegante e contemporaneo». Habitué degli appuntamenti fieristici targati Vicenzaoro, l’azienda ha presentato in questa edizione una nuova collezione tutta dedicata sti spiccano le aree asiatiche, in particolare all’estate. «Ogni evento fieristico/espositivo è Hong Kong. per noi un’occasione di crescita, perché ci Moltissimi, infine, sono i progetti per il futuro: permette di entrare in contatto «Nei prossimi mesi puntiamo a consolidare le con visitatori e buyer internazionostre performance, non solanali e di incrementare così conmente da un punto di vista del tatti utili per future collaborafatturato ma anche e sopratzioni» sottolinea Laura Ottaviani. tutto in termini di sviluppo Una strategia vincente, visto che dei prodotti e di riconoscibidopo aver concluso il 2011 con lità del brand», conclude Laura. un incremento di fatturato del 39 «Molte sono infatti le sorprese leper cento rispetto al 2010, l’azienda gate alle nuove linee, studiate e ha inaugurato il 2012 in maniera ideate per offrire ciò che i conmolto positiva, con ottimi risumatori realmente desiderano, sultati di vendita sul territorio con l’obiettivo di interpretare e nazionale e importanti distribuanticipare i trend e le tendenze zioni in nuovi mercati. Tra quedel mercato».

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TRASPORTO PUBBLICO

Recuperare la direttrice adriatica L’apertura di un tavolo con Trenitalia e l’approvazione del progetto relativo all’importante collegamento OrteFalconara definiscono possibili traiettorie di sviluppo del trasporto regionale. Ne parla l’assessore Luigi Viventi Francesca Druidi

l 15 maggio scorso il presidente Gianmario Spacca ha fermamente ribadito l’esigenza di ottenere una maggiore attenzione per il trasporto ferroviario marchigiano. Il dialogo con i vertici di Trenitalia è aperto. La Regione ha già ottenuto l’assicurazione dell’amministratore delegato Mario Moretti circa il ripristino delle fermate Eurostar di San Benedetto del Tronto e di Pesaro. Il 5 aprile scorso, a San Benedetto del Tronto, si è svolta un’importante iniziativa alla quale hanno partecipato il sistema camerale e i rappresentanti istituzionali di Regioni, Province ed enti locali colpiti dai tagli al servizio ferroviario. Marche, Abruzzo, Molise e Puglia sono, dunque, unite nella richiesta di interventi per il ripristino delle tratte e delle fermate soppresse sulla direttrice adriatica e soprattutto di investimenti per lo sviluppo. A illu-

I Sopra, Luigi Viventi, assessore ai Trasporti della Regione Marche

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strare i prossimi passaggi verso un miglioramento del quadro del trasporto ferroviario è l’assessore ai Trasporti della Regione Marche, Luigi Viventi. Tagli, ripristini, ma ancora permangono problemi sul versante del trasporto ferroviario in regione. «Per il trasporto pubblico locale le Regioni hanno attualmente a disposizione 1 miliardo e 600 milioni, rispetto ai 2 miliardi necessari. Questo significa che le Marche hanno circa 38 milioni rispetto ai 43 certificati come spese del 2011. Il ripristino dei servizi ferroviari è avvenuto in base a queste cifre e con risorse aggiuntive reperite dalla Regione con una limitazione delle riduzioni entro il 2 per cento. Ciò ha permesso, con l’intervento di risorse regionali, la riattivazione totale di alcuni servizi, quella parziale di altri, integrati con la gomma, e l’inserimento di alcuni servizi aggiuntivi. Per

quanto riguarda i disservizi e i tagli sulla lunga percorrenza, alcune settimane fa ho incontrato a Roma l’amministratore delegato di Trenitalia, Vincenzo Soprano, per affrontare le questioni relative alla penalizzazione delle Marche sia in termini di collegamenti ferroviari, sia in termini di rispetto del contratto di servizio per il rinnovo del materiale rotabile. In particolare, abbiamo chiesto il ripristino delle fermate di Pesaro e San Benedetto del Tronto nella lunga percorrenza e del servizio Eurostar Roma-Ancona delle 19.30». Quali risposte concrete in termini di servizi e investimenti vi attendete da Trenitalia? Come si muoverà nello specifico la Regione, insieme alle altre istituzioni non solo marchigiane, per promuovere la direttrice adriatica? «Ci attendiamo, in primo luogo, il rispetto del contratto di servizio per la parte riguardante gli


Luigi Viventi

Abbiamo chiesto il ripristino delle fermate di Pesaro e San Benedetto del Tronto nella lunga percorrenza e del servizio Eurostar Roma-Ancona delle 19.30

investimenti, sia per quanto riguarda il materiale nuovo sia per gli interventi di manutenzione dei mezzi. Su questo, come noto, Trenitalia è in notevole ritardo con i tempi di consegna. Ci stiamo muovendo inoltre, insieme con le altre regioni, per recuperare la penalizzazione della direttrice adriatica. Abbiamo chiesto al ministro, tra l’altro, l’attivazione di un tavolo con Trenitalia». È stato approvato il progetto definitivo del collegamento Orte-Falconara con la linea adriatica. Quali saranno i tempi di lavorazione? «A questo punto, Rfi può predisporre il bando di gara del primo lotto che coinvolgerà i territori dei Comuni di Falconara Marittima, Montemarciano, Jesi, Monsano, Monte San Vito e Chiaravalle. L'inter-

vento viene finanziato con 210 milioni di euro (il secondo lotto richiederà altri 30 milioni). I lavori saranno affidati entro luglio 2012 e si concluderanno entro il 2017». Cosa rappresenta quest’opera nel contesto ferroviario e, più in generale, infrastrutturale della regione? «Si tratta di un’opera strategica che attendiamo da anni e che consente alle Marche di potenziare i collegamenti con la grande viabilità ferroviaria nazionale. Le opere previste, tra l’altro, consentono di eliminare l’attraversamento della raffineria Api di Falconara, con evidenti benefici in termini di sicurezza, e di delocalizzare l’attuale scalo merci della stazione di Falconara all’interporto di Jesi, recuperando efficienza operativa e tempi di gestione. L'intervento

consiste nella costruzione di una bretella, a binario semplice, di collegamento fra la linea OrteFalconara e la linea adriatica, diretta verso nord, per un lunghezza di 1,5 chilometri (con possibilità di raddoppio quando sarà completato quello dell'intera linea). Sono previste anche la realizzazione della variante di Falconara a doppio binario (4,4 km) tra le stazioni di Montemarciano e Falconara Marittima; la costruzione di una nuova stazione merci di smistamento nelle adiacenze dell’interporto di Jesi, con contemporanea dismissione dell’attuale scalo merci di Falconara Marittima; la riallocazione della s ottostazione elettrica di Falconara Marittima; la costruzione della nuova stazione di Montemarciano e la dismissione dell’esistente». MARCHE 2012 • DOSSIER • 141


TRASPORTO PUBBLICO

No alla marginalizzazione ferroviaria Resta ancora tutta da risolvere la questione del progressivo depotenziamento del servizio ferroviario in regione. A commentare la generale situazione del trasporto pubblico locale è Roberto Ascani, segretario generale della Fit Cisl delle Marche Francesca Druidi

l quadro dei collegamenti ferroviari nelle regioni adriatiche si fa sempre più disagiato, a seguito della soppressione di numerosi treni e della riduzione delle stazioni di fermata nei tracciati di lunga percorrenza. Condizioni che non solo ostacolano e rendono difficoltosa la mobilità dei passeggeri, ma che soprattutto pongono un grosso freno allo sviluppo delle regioni coinvolte e del progetto della macroregione AdriaticoIonica. Inizialmente, nelle Marche, erano stati soppressi 28 treni regionali, 7 Eurostar a lunga percorrenza, oltre a 6 treni periodici nei fine settimana, notturni o festivi. Alcuni servizi sono stati poi ripristinati. A fare il punto sulla situazione attuale è Roberto Ascani, segretario generale della Fit Cisl delle Marche:

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Sopra, Roberto Ascani, segretario generale della Fit Cisl delle Marche

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«I sette treni Eurostar rimangono tuttora soppressi mentre, grazie a un’efficace azione sindacale confederale, la Regione Marche ha contenuto il taglio dei servizi in circa il 5 per cento, limitando le soppressioni a due treni sulla Civitanova-Macerata-Fabriano e alla circolazione sulla linea Fabriano–Pergola, e introducendo nell’orario ferroviario solamente soppressioni periodiche di treni a bassa frequentazione, soprattutto nel periodo estivo». Si possono quantificare gli effetti di questo taglio al trasporto ferroviario in termini occupazionali? «Le ricadute sul personale ferroviario non sono state significative: i circa 20 addetti tra personale di macchina e bordo, risultati in esubero, sono stati riassorbiti dal blocco del turn-over e dal-

l’abbattimento delle ore di straordinario strutturali preesistenti. Si sono avute, invece, serie ripercussioni sugli addetti degli appalti ferroviari per le pulizie dei treni a lunga percorrenza, che ci hanno costretto a sottoscrivere un contratto di solidarietà difensivo al 50 per cento (20 esuberi su 40 addetti)». È, nel complesso, critica la situazione del trasporto pubblico in regione. Quali gli elementi maggiormente preoccupanti? «Per quanto riguarda il tra-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Sergio Roberto Marchionne Ascani

sporto Fs passeggeri nelle Marche, vi sono criticità che nascono da un’organizzazione del lavoro, non condivisa, implementata dalla direzione regionale e dalla divisione Pax N/I (passeggeri nazionali e internazionali, ndr) che ha introdotto rigidità e incrementi di produttività gravosi. A questo poi si aggiungono le difficoltà legate alla definizione di un piano programmatico e di sviluppo del polo manutentivo dell’Officina materiale rotabile di Ancona e Fabriano, oltre alle preoccupazioni per le sempre più esigue risorse a disposizione della direzione territoriale di Rfi per la manutenzione straordinaria dell’infrastruttura, per la sua implementazione tecnologica e per la sua velocizzazione». Per quanto concerne, invece, il trasporto su gomma?

«Cresce tra i lavoratori l’apprensione, nell’imminenza delle gare 2013, per la difficoltà nell’individuare, attraverso un protocollo di intesa con la Regione, clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale e contrattuale. Anche in questo settore, inoltre, il ridimensionamento dei servizi (-5 per cento) e delle risorse, frutto dei tagli regionali, ha estromesso dal mondo del lavoro giovani autisti con pluriennale esperienza lavorativa». La Regione è in trattative con Trenitalia. È, inoltre, stata avviata un’azione di lobbying con le altre regione adriatiche interessate dai tagli per colmare il gap di servizi che accomuna questi territori. Cosa ne pensa? Cosa chiedete alle istituzioni regionali e al governo? «Al governo nazionale chie-

diamo la risoluzione definitiva dell’annoso problema del finanziamento “Servizio ferroviario universale”; servizio che nella dorsale Adriatica assume un carattere sociale indispensabile. Il probabile ripristino di fermate degli Eurostar in alcune città, come Pesaro, e l’attivazione di due nuovi collegamenti VeneziaLecce, non rappresentano sicuramente la risoluzione delle problematiche legate alla “marginalizzazione ferroviaria” della nostra regione. Come Fit-Cisl Marche proseguiremo nell’azione di mobilitazione, sostenendo anche tutte quelle iniziative che le forze sociali e politiche, nonché le associazioni produttive e ambientaliste, vorranno mettere in atto a sostegno di questa vertenza complessa, ma sicuramente irrinunciabile». MARCHE 2012 • DOSSIER • 143


TRASPORTO PUBBLICO

LO STATO DEVE INTERVENIRE Silvana Santinelli, responsabile regionale di Adiconsum, commenta le criticità del trasporto ferroviario che si ripercuotono sul territorio «L’emergenza neve di febbraio ha messo in evidenza, in modo drammatico, la mancanza di investimenti e di manutenzione da parte di Trenitalia sulla dorsale ferroviaria marchigiana». Lo afferma con decisione Silvana Santinelli. «A queste condizioni già difficili vanno sommati i ritardi dei treni, i tagli, il problema dell’igiene. Tutto ciò ricade soprattutto sui pendolari, lavoratori e studenti, ma non solo. È una questione che si riflette sull’intero sistema economico regionale». Pur riconoscendo il tentativo della Regione di tamponare il gap esistente, «il problema va ora affrontato con modalità differenti, non ci si può più limitare ad arginarlo, in quanto peggiora di anno in anno». Secondo la responsabile regionale di Adiconsum, dovrebbe essere il governo a sciogliere questo nodo intricato. «Si tratta di definire cosa si intende realmente per servizio universale e, in quel caso, garantirlo. Perché è ormai evidente che Trenitalia non ha interesse a ge-

stire linee come quelle marchigiane, o delle regioni limitrofe, che di fatto non portano business. Si parla tanto di mobilità sostenibile, ma non si fa poi nulla nel concreto per evitare che si debba prendere la macchina per non arrivare tardi al lavoro o all’università». Per Santinelli è necessaria, nel complesso, una ridefinizione del trasporto pubblico locale che tenga conto della specificità territoriale della regione, e nella quale si applichi «un’integrazione reale fra trasporto su gomma e su rotaia. L’obiettivo deve essere quello di renderlo accessibile a tutti, perché oggi nelle Marche non lo è». Lo scorso anno Adiconsum, insieme ad Adoc e ad altre associazioni, aveva inviato una diffida a Trenitalia (con richiesta di accesso agli atti in merito ai contratti di appalto pulizia). Oggi sono allo studio di fattibilità altre possibili forme di azione, mentre proseguono le iniziative, tra cui quella che invita gli utenti e i consumatori a comunicare all’associazione i vari disagi subiti.

Quali saranno le vostre prossime iniziative? «Lo sciopero regionale del trasporto pubblico su gomma previsto per il 10 maggio scorso è stato revocato a seguito della firma di un protocollo di intesa tra Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti e la Regione Marche, attraverso il quale il governo regionale si impegna a mantenere gli attuali livelli di produ-

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zione/percorrenze in termini di chilometri resi, rendendo più efficiente il servizio con l’integrazione modale per un utilizzo più razionale delle risorse e con l’obiettivo di assicurare un’offerta maggiormente rispondente alle esigenze dell’utenza. La Regione ha altresì garantito di non aumentare le tariffe per i servizi di trasporto pubblico locale urbano ed extraurbano

fino alla scadenza degli attuali contratti di servizio. Come Fit Cisl abbiamo valutato sicuramente in maniera positiva le intenzioni della Regione Marche; riteniamo questo un primo elemento di concertazione che dovrebbe svilupparsi nella direzione di individuare una “cabina di regia”, attraverso la quale rappresentare e condividere le istanze dei lavoratori e dei cittadini».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Sergio Luciano Marchionne Pompili

Il rischio è l’isolamento I disagi legati al trasporto ferroviario vanno ad aggiungersi agli altri elementi - tassa di soggiorno e crisi economica - che gravano sulle previsioni del settore turistico. Lo spiega Luciano Pompili, presidente di Federalberghi Marche Leonardo Testi

n settore che rischia di subire i contraccolpi dei tagli al trasporto ferroviario è il turismo. «Quando vengono meno i collegamenti – afferma Luciano Pompili – c’è sempre un risvolto negativo. Le Marche non appartengono all’asse Milano-Bologna-Firenze-RomaNapoli, identificano un circuito più isolato. Per questo motivo, questi tagli ci penalizzano ulteriormente». In base ai dati forniti dall’Istituto nazionale ricerche turistiche di Unioncamere, i turisti italiani e stranieri - che si spostano in treno sono pari al 7% del totale. Si tratta, quindi, di circa 1 milione e mezzo di persone che sono e saranno disincentivate all’utilizzo del treno. «Vanno considerati i flussi che

U

provengono dall’estero, ad esempio dalla Germania, e che incontreranno delle difficoltà a raggiungere le nostre località. Del resto, nemmeno il prezzo proibitivo delle autostrade e della benzina ci aiuta, volendo fare affidamento all’impiego dell’automobile. Resta, per quanto possibile, il collegamento aereo». Non è particolarmente ottimista, Luciano Pompili, per l’estate 2012 ormai alle porte. A mordere è, soprattutto, la crisi economica. «Il target delle nostre località, in prevalenza composto da famiglie, sono proprio quelle fasce più deboli che risentono maggiormente della congiuntura economica negativa». A ciò si aggiunge la tassa di soggiorno, che non è applicata in maniera uniforme in tutta la regione. «Ancona è stata la prima a introdurla. Hanno deciso poi di istituirla anche Gabicce, Ancona, Grottammare, Senigallia, Pesaro e San Benedetto Del Tronto. Numana sta, invece, studiando un metodo

alternativo. È, in definitiva, una minoranza ad applicarla, con tutte le conseguenze però che una situazione disomogenea di questo tipo può creare». Luciano Pompili auspica per il futuro un confronto sul turismo più serrato e stringente con la Regione, che pure ha lanciato un segnale con il nuovo piano triennale. «Per il futuro si dovrà pianificare meglio, essere più incisivi. A livello d’immagine, la campagna promozionale con il volto del celebre attore Dustin Hoffman ha attirato l’attenzione, ma ora occorre fare il passo successivo e chiudere il cerchio: bisogna pensare a una commercializzazione più efficace del nostro prodotto turistico». Nel frattempo, gli operatori turistici tentano di rispondere all’emergenza con le possibilità che hanno a disposizione. «Realizziamo sconti significativi, promozioni e piani-famiglia, sobbarcandoci quest’onere di tasca nostra».

Luciano Pompili, presidente di Federalberghi Marche

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EDILIZIA

Semplificazione e nuove politiche abitative Secondo Massimo Ubaldi, per rilanciare il comparto edilizio vanno al più presto individuati meccanismi di selezione dei progetti che spingano le banche a finanziare l’economia reale a tassi di interesse contenuti Elisa Fiocchi

a ormai quattro anni il comparto delle costruzioni è in agonia e la forte crisi non cesserà neanche nel 2012, anno in cui è prevista ancora stagnazione e recessione del mercato. «L’edilizia nelle Marche oggi è in ginocchio, ma non solo per la stretta creditizia» segnala Massimo Ubaldi, presidente dell’Ance regionale. «L’intera filiera delle costruzioni è in crisi anche per i ritardi divenuti insostenibili nei pagamenti degli enti pubblici per i lavori eseguiti e per il blocco delle opere pubbliche tagliate di oltre il 40 per cento in termini di investimenti destinati alla loro realizzazione». Gli effetti della crisi sul territorio marchigiano hanno comportato la perdita di seimila posti di lavoro e sono almeno mille

D Nella pagina successiva, Massimo Ubaldi, presidente regionale dell’Associazione nazionale costruttori edili

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le imprese che hanno chiuso i battenti, senza contare le ripercussioni sull’enorme indotto della filiera: dalle materie prime agli arredamenti, dai semilavorati all’impiantistica, dalle attività professionali a quelle di servizio alle costruzioni. In quali principali aspetti si manifesta la crisi dell’edilizia residenziale sul territorio marchigiano, sia pubblica che privata? «La crisi dell’edilizia abitativa nelle Marche ha avuto inizio nel 2008 ed è cresciuta progressivamente fino a oggi, con un forte calo che ha riguardato in primo luogo la costruzione di case nuove, mentre le ristrutturazioni e le riqualificazioni dell’esistente si sono in buona sostanza mantenute costanti. Anche per i programmi di intervento

riguardanti l’housing sociale e l’edilizia convenzionata abbiamo assistito a una forte contrazione nel numero dei cantieri aperti per il nuovo, mentre la riqualificazione e la ristrutturazione anche funzionale degli edifici di edilizia residenziale pubblica sono rimaste su standard accettabili». Quali sono le maggiori difficoltà delle imprese nella gestione e nel controllo della filiera delle costruzioni? «Le nostre imprese vivono un momento particolarmente preoccupante e difficile, con un mercato immobiliare che è sempre più in crisi e per cui non si intravedono nel breve prospettive di riavvio. L’indiscriminato credit crunch sta riducendo allo stremo il sistema delle imprese, i lavora-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Massimo Ubaldi

Le ristrutturazioni e le riqualificazioni dell’esistente si sono in buona sostanza mantenute costanti

tori edili e i professionisti delle costruzioni. È necessario mettere in campo subito, quindi, misure in grado di ridare liquidità alle imprese di costruzioni e all’intero comparto. In definitiva, ritengo che il rapporto banche-imprese debba cambiare al più presto, individuando meccanismi che spingano le banche a finanziare l’economia reale, praticando condizioni di accesso al credito sostenibili e tassi di interesse incentivanti. Altro problema che rimane insoluto, da affrontare, è quello del superamento degli effetti paralizzanti dovuti al

Patto di stabilità». Qual è il ruolo degli istituti di credito e come questi influenzano i processi della filiera edilizia? «Le banche rappresentano uno snodo fondamentale per rilanciare l’industria delle costruzioni e far uscire l’intero settore dalla gravissima crisi strutturale in cui oggi si trova. Solo superando la stretta del credito, infatti, l’edilizia potrà ripartire rilanciando così investimenti, occupazione e buona parte dell’intera economia reale: parliamo di ben 36 settori produttivi primari. In altri termini c’è l’esigenza

forte di individuare meccanismi di selezione progetti che spingano le banche a concedere finanziamenti con tassi di interesse contenuti». In che modo saranno utilizzate le risorse finanziarie a vantaggio del settore e quali politiche abitative si rendono oggi necessarie? «Vanno avviati programmi di intervento per l’housing sociale così come promesso dalla Regione da oltre due anni. Tali politiche abitative dovrebbero puntare alla semplificazione delle pratiche urbanistico-edilizie riducendo i tempi di risposta per le im- MARCHE 2012 • DOSSIER • 151


EDILIZIA

prese, che sono divenuti in- 22/2011? sostenibili; serve la revisione della legge regionale del piano casa su demolizioni, ricostruzioni e ampliamenti edilizi per farla funzionare al meglio, rendendola effettivamente operativa; bisogna dare impulso alla riqualificazione urbana ed emanare una nuova legge regionale sul governo del territorio semplice e chiara, che guardi principalmente allo sviluppo e alla qualità urbana, architettonica e del prodotto edilizio, garantendo allo stesso tempo sicurezza sismica e prestazioni energetiche ottimali degli edifici». Quali prossimi scenari attendono il settore dell’edilizia residenziale con l’attuazione della legge regionale

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«Siamo in attesa dei suoi regolamenti di attuazione che si stanno elaborando, peraltro con logiche che ci risultano troppo complesse, farraginose e difficili da gestire in termini pratici. Speriamo che in proposito la Regione riveda l’impostazione finora seguita secondo logiche di massima semplificazione e snellezza delle procedure. È utile precisare che la riqualificazione urbana richiede innanzitutto la fattibilità economico-finanziaria degli interventi e per far ciò occorre che questi siano di tipologia mista, quindi residenze, commercio, servizi. Da questo punto di vista la Regione ha, con il proprio regolamento sul commercio, adottato invece scelte

normative che sono incompatibili con la realizzazione di interventi edilizi di riqualificazione e non». A che cosa si riferisce in particolare? «Voglio evidenziare come gli effetti del regolamento sul commercio siano devastanti anche per le iniziative immobiliari in corso che vengono colpite e rese non più realizzabili, violando altresì il principio di irretroattività della legge. Inoltre, la mancanza di certezza nella materia dovuta alle norme di questo regolamento determina in regione effetti negativi sul finanziamento di tutte le iniziative immobiliari che sono fortemente condizionate, come noto, dall’edilizia commerciale».


Renato Troiani

Scendono ancora i prezzi degli immobili «Solo nel 2013 si capiranno i provvedimenti del governo e le risposte delle banche nei confronti di famiglie e imprese», afferma Renato Troiani, analizzando il profondo ridimensionamento dell’economia immobiliare marchigiana Elisa Fiocchi

tando al rapporto urbano presentato dalla Federazione italiana agenti immobiliari professionali, nel primo semestre del 2012 si assisterà ad un’ulteriore stagnazione nel numero delle compravendite e a una continua pressione al ribasso, con un sentiment attendista da parte dei potenziali acquirenti. «C’è un generale senso di prudenza» conferma Renato Troiani, a capo della Fiaip regionale, «e oggi si rendono necessari provvedimenti legislativi e fiscali che spazzino via la nebbia che da tempo avvolge l’investimento preferito dall’80

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per cento delle famiglie italiane: la casa». Soltanto se saranno metabolizzate le politiche fiscali domestiche e sarà migliorata la governance economica dell’eurozona, si legge nel report, il mercato potrà riprenderà a funzionare a partire dal secondo semestre dell’anno. «Chi continua a pensare che la crisi passerà presto e che le cose torneranno a essere quelle di qualche anno fa, non ha ben chiaro cos’è avvenuto e cosa continua ad avvenire tutti i giorni in Italia e nel mondo», allerta tuttavia il presidente Troiani, che scorge i primi spiragli di rilancio soltanto nel 2013,

quando si vedranno gli effetti dei provvedimenti del governo e delle azioni degli istituti bancari. Chi gioca un ruolo determinante nel rilancio del comparto? «In questo momento manca un importante attore del mercato immobiliare: il sistema bancario. È fondamentale che le banche, dopo aver sistemato i propri bilanci con i soldi avuti della Bce, tornino a erogare i mutui ai privati e soprattutto i crediti alle aziende permettendo nuovi investimenti. Basta pensare che fino a due anni fa l’80% delle compravendite avveniva

Sopra, Renato Troiani, presidente Fiaip Marche

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EDILIZIA

È fondamentale che le banche tornino a erogare i mutui ai privati e soprattutto i crediti alle aziende permettendo nuovi investimenti

mediante l’accensione di un ressante iniziativa è il social mutui. Purtroppo i pochi mutuo o di un leasing, mentre oggi poche realtà bancarie erogano mutui applicando spread molto alti in un momento in cui Euribor ed Eurirs sono ai minimi». Quali sono le nuove modalità di approccio tra domanda e offerta? «Ad esempio il “rent to buy” o affitto a riscatto, che cerca di abbattere le quota da finanziare da parte della banca, riportandola al di sotto dell’80 per cento del valore dell’immobile, con un periodo transitorio di affitto i cui canoni vanno a imputarsi quale acconto sul prezzo. È sicuramente un buon inizio e non è da sottovalutare che si tratta di un processo che inizialmente non vede coinvolte le banche, ma è una forma di vendita a cui la nostra “cultura” immobiliare si deve ancora abituare. Un’altra inte154 • DOSSIER • MARCHE 2012

housing, ma fino a quando verrà considerata solo un buon sistema per far rientrare i costruttori esposti con il sistema bancario credo che passerà un po’ di tempo prima che il sistema funzioni veramente». Come l’introduzione dell’aliquota Imu sta influenzando il mercato e quali sono i principali ostacoli alla ripresa? «L’introduzione dell’Imu sta avvenendo in maniera confusionaria perché non tutti i Comuni hanno deliberato le aliquote. L’unica certezza fin da oggi è che si pagherà molto di più. In una tale situazione di confusione, il comportamento dei cittadini è quello di procrastinare nuovi investimenti non indispensabili, sicuramente non indebitandosi perché tanto il sistema bancario oggi, di fatto, non eroga

provvedimenti, come ad esempio la cedolare secca, si stanno rimettendo in discussione per mere esigenze immediate di cassa di Stato e Comuni». Nel secondo semestre del 2012 il mercato potrebbe ripartire? «Si dovrà aspettare tutto il 2013 per capire quali sono stati i provvedimenti del governo per far riprendere veramente l’economia reale. Anche le banche dovranno fare la loro parte, infine si dovranno ridimensionare ulteriormente i prezzi degli immobili, con un ribasso del 510% rispetto a oggi, per assestarsi su un calo del 15-20% rispetto agli anni scorsi. Quest’ulteriore passaggio non sarà semplice, perché per le nuove costruzioni si arriverà a erodere al massimo il margine di utile delle imprese, con il rischio di insolvenza delle stesse».



EDILIZIA

L’edilizia chiede sostegno Non è certamente positivo il bilancio relativo all’ultimo biennio del settore edile in regione. Molte le proposte per rilanciare il comparto. Pochi, però, gli sforzi per concretizzarle. A parlarne è Lino Dino Frapiccini, presidente di Ance Macerata Aldo Mosca

l comparto edile marchigiano alza la voce. Dinanzi a uno scenario in cui si sono persi oltre 6mila posti di lavoro e che ha messo in crisi oltre mille imprese in regione, i costruttori chiedono maggiori tutele. Un j’accuse che punta il dito, in primis, verso la Pubblica amministrazione e i suoi pagamenti “ritardatari”. Gli appalti, quelli non pagati, hanno messo letteralmente in ginocchio numerose aziende che rappresentano

I Lino Dino Frapiccini, presidente di Ance Macerata

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l’ossatura dell’economia territoriale. Si stima che oltre il 25 per cento delle imprese abbiano chiuso per cessata attività o fallimento (Fonte: Ance). E questa volta la “protesta” non si esercita esclusivamente intorno al tavolo delle parti sociali. Gli imprenditori e i lavoratori edili sono scesi in piazza, per colpire alla “pancia” l’opinione pubblica. Ne è stata testimone la città di Ancona, le cui strade hanno ospitato, il 19 marzo scorso, la manifestazione “Salvare le costruzioni per salvare l’economia – imprese, lavoratori, professionisti insieme contro la crisi”. Un’iniziativa promossa dall’Ance, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, che proprio in questi giorni, attraverso le parole del suo presidente nazionale, Paolo Buzzetti, ha minacciato azioni legali nei confronti delle Pubbliche amministrazioni. A fare il quadro, per le Marche, è Lino Dino Frapiccini, presidente della sede maceratese dell’Ance e amministratore delegato dell’affermata società di costruzioni di famiglia. Frapiccini, il nodo da sciogliere resta quello dello

sblocco dei pagamenti da parte della Pa. «Noi chiediamo uno sblocco immediato dei pagamenti per i lavori pubblici e per le prestazioni professionali eseguite. Anche a costo di dover superare il Patto di stabilità, che impedisce agli enti pubblici di pagare i debiti, calpestando così i diritti delle imprese, costringendole a indebitarsi a interessi altissimi presso le banche. Una soluzione potrebbe essere la creazione di un fondo che faccia fronte ai crediti delle aziende. Chiediamo anticipatamente alla Regione e agli enti locali di prevedere anche per quest’anno la regionalizzazione del patto di stabilità, che ha consentito un recupero di capacità di spesa in capo a Comuni e Province marchigiane di oltre 90 milioni di euro. Questo meccanismo ha consentito alla provincia di pagare debiti contratti nei confronti delle nostre imprese per oltre 8 milioni di euro. Altri 12 sono stati erogati dai Comuni – di cui quasi 3 milioni di euro da quello di Civitanova Marche e 1 milione da quello di Macerata. È indispensabile anche quest’anno poter contare su


questo meccanismo contabile». La crisi, oltre al mancato pagamento di molti lavori eseguiti, ha creato uno stallo nei programmi di sviluppo urbanistico. Cosa occorre per rilanciare il sistema? «Anzitutto una visione programmatica e un ritorno a una politica più decisionista sul fronte dell’urbanistica. La mancanza di decisioni sta mandando sul lastrico moltissime imprese. Ritengo necessario dare il via libera alla realizzazione di interventi diffusi sul territorio, di opere piccole e medie. Ma per fare questo occorrono maggiori investimenti sulle nostre città, sul rinnovo del patrimonio edilizio esistente, sul recupero delle aree dismesse e sulla delocalizzazione delle volumetrie. Per non parlare dell’urgenza legata a una ristrutturazione in chiave antisismica di buona parte degli edifici che coprono il nostro panorama urbano. Non possiamo rimandare oltre gli interventi necessari a difesa del territorio, tanto dal rischio di terremoti quanto di dissesti idrogeologici. Dobbiamo rilanciare gli investimenti nella regione e possiamo farlo solo dimezzando i tempi procedurali, dando certezze agli investitori. Certamente, se l’approccio sarà sempre lo stesso, vale a dire fronteggiare crisi eccezionali come queste con strumenti ordinari, la nostra sorte sarà segnata. Bisogna prevedere procedure derogatorie, salvaguardando alcuni veri e sostanziali strumenti di protezione paesaggistico ambientale, evi-

Chiediamo uno sblocco immediato dei pagamenti per i lavori pubblici e per le prestazioni professionali eseguite. Anche a costo di dover superare il Patto di stabilità

tando un consumo dissennato del nostro territorio. Io sono di Recanati e ho nel mio dna la salvaguardia di valori autentici storici, culturali e ambientali, ma questo non preclude che non si possa tentare di ristrutturare profondamente il nostro modello politico decisionale e gestionale». Intanto, però, si è registrato un taglio di circa il 40 per cento sui fondi destinati alla realizzazione di nuove opere pubbliche in regione. Non siamo in un vicolo cieco? «Questo è inaccettabile. Se non superiamo il blocco delle opere pubbliche non arriviamo da nessuna parte. Forse molti non si rendono conto che il nostro settore incide sul 15 per cento del Pil regionale. Ripeto, servono politiche di sviluppo innovative, da sempre promesse ma ancora non avviate. La collettività necessita di nuove opere, non si tratta solo di un fatto economico, ma anche so-

ciale. Si pensi solo al bisogno di potenziamento ed efficientamento delle reti infrastrutturali, quindi strade, viabilità, acquedotti, reti idriche. Ma per rendere tutto questo possibile dobbiamo, anzitutto, rivedere le politiche di assegnazione degli appalti». Cosa andrebbe rivisto? «Sono d’accordo con chi spinge per un’accelerazione della messa in gara di opere pubbliche piccole e medie attraverso la “procedura negoziata” a invito diretto. Dobbiamo invece assistere al tentativo della burocrazia regionale di depotenziare l’istituto della procedura negoziata, trasformandola in una procedura aperta. Avvisi preventivi di pubblicazione, con elenco di operatori economici, che trasformeranno la nostra regione in una riserva di caccia imprese per ogni impresa italiana in difficoltà. Tutti strumenti che sviliscono la procedura negoziata come procedura MARCHE 2012 • DOSSIER • 157


EDILIZIA

fiduciaria, alla quale invitare imprese serie, qualificate, attrezzate, in regola con i contributi e con le norme antinfortunistiche. Abbiamo, in questo senso, chiesto alle amministrazioni di invitare un numero maggiore di operatori economici, la legge parla di un minimo di cinque imprese fino a 500mila euro e dieci fino a 1 milione di euro. Ciò al fine di consentire una rotazione efficace nelle procedure fiduciarie e sterilizzare le ansie dei responsabili dei procedimenti. La discrezione nella Pa non è un tabù, ma richiede solo la tra-

I comuni non dovrebbero applicare la nuova Imu agli immobili invenduti delle imprese, perché ciò vorrebbe dire tassare il loro “magazzino”

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sparenza nel suo utilizzo. Il legislatore ha già indicato i criteri da seguire, come la solidità dell’azienda dal punto di vista economico e finanziario, il possesso di attrezzature idonee, la manodopera qualificata e il rispetto delle regole. Al tempo stesso è indispensabile arrestare la corsa frenetica al massimo ribasso: ci sono casi che superano il 50 per cento». Cosa farebbe a riguardo? «Occorre, la legge lo consente, introdurre anche nelle procedure negoziate il criterio dell’esclusione automatica. In questa direzione la nostra provincia, con oltre cento firmatari tra enti pubblici, organizzazioni imprenditoriali e sindacali, organismi di vigilanza e controllo, ha sottoscritto a novembre del 2011 un protocollo di legalità con cui si sono disciplinati tali aspetti. Abbiamo tra l’altro introdotto una soglia di attenzionabilità con meccanismi di segnalazione alla direzione provinciale del lavoro di offerte con ribassi superiori al 25 per cento. In questi casi è prevista una particolare vigilanza sulle varianti e sui subappalti. L’obiettivo è contrastare fenomeni di illegalità per garantire la qualità e la sicurezza delle prestazioni e dei progetti. In tal senso, con l’Ance riteniamo utile l’istituzione di una Stazione Unica Appaltante a livello regionale». Molti colleghi, in occasione della manifestazione del 19 Marzo, hanno invocato un nuovo Piano Casa. Anche lei è di questa opinione?

«Sicuramente. Con l’Ance abbiamo proposto un nuovo Piano che prevede il superamento delle rigidità del Protocollo Itaca, una riduzione del 50 per cento degli oneri di urbanizzazione dovuti ai Comuni, ma soprattutto che permette interventi di recupero e riqualificazione anche attraverso demolizioni e ricostruzioni nelle zone “A” dei nostri centri storici. Non tutti gli immobili presenti nelle città posseggono caratteristiche e pregi storico-culturali tali da impedirne la modificabilità. In generale, poi, le leggi della Regione Marche devono porsi l’obiettivo di rilanciare l’urbanistica. Puntando a una nuova legge organica di governo e di sviluppo del territorio. Vanno incentivate le iniziative private, la trasparenza e la semplificazione nelle procedure». Sì, ma per investire occorrono soldi, dunque sostegno dalle banche. «Infatti occorre ridurre una stretta creditizia, a mio parere indiscriminata, che rischia di bloccare tutto il sistema. È fondamentale mettere in campo misure che permettano di ridare liquidità al tessuto produttivo. Il rapporto tra banche e imprese deve mutare attraverso l’individuazione di meccanismi in favore del finanziamento dell’economia reale. È verso le aziende del territorio che vanno indirizzate nuove condizioni più favorevoli per l’accesso al credito e tassi di interesse incentivanti. Pensiamo solo ai fondi erogati dalla Bce:


Lino Dino Frapiccini

devono essere messi realmente a disposizione del sistema delle imprese, dei professionisti e, non ultime, delle famiglie che intendono acquistare un bene primario come la casa». E sul fronte Imu? Come crede dovrebbero comportarsi i Comuni? «Non devono applicare questa nuova tassa agli immobili invenduti delle imprese, perché ciò vorrebbe dire tassare il loro “magazzino”. Le amministrazioni locali dovrebbero concentrarsi di più su nuove politiche di housing sociale, magari creando fondi reali, come ci promette la Regione stessa da almeno due anni». Uno dei dati più preoccupanti resta quello occupazionale. «Abbiamo perso migliaia di posti di lavoro. E ci tengo a sottolineare come nel nostro settore la Cassa Integrazione sia meno efficace che in altri. Inoltre l’espulsione della manodopera è aggravata dall’allungamento dell’età lavorativa previsto anche dalla recente riforma pensionistica. Ma aggiungo un fatto probabilmente ancora più grave. L’assenza di provvedimenti adeguati per contrastare la crisi ha fatto riemergere tristi fenomeni di illegalità. Il lavoro irregolare è tornato a salire indebolendo l’intero sistema di imprese marchigiano». Potrebbero essere utili ulteriori ammortizzatori sociali in deroga? «Certamente. Intanto occorrono anche per i professionisti, al momento privi di alcuna tu-

E INTANTO SI IPOTIZZA UNA CLASS ACTION edilizia italiana non vuole più aspettare. Con oltre 7mila imprese fallite nel corso dell’ultimo triennio (fonte: Ance) il settore chiede azioni concrete alle istituzioni. «Le nostre sono tra le aziende più esposte ai mancati pagamenti delle pubbliche amministrazioni» ha recentemente dichiarato Paolo Buzzetti, presidente nazionale Ance, che non esclude il ricorso alle vie legali, anche attraverso una class action che si rivelerebbe “monstrum”. La situazione ha colpito duramente anche lo scenario marchigiano. Proprio sul documento della manifestazione organizzata da Ance Marche, tenutasi il 19 marzo ad Ancona, si sottolinea la gravità di quella che gli organizzatori indicano come una sottovalutazione di questa crisi. “È nostra convinzione che siano stati sottovalutati gli effetti devastanti per l’economia regionale che la crisi delle costruzioni sta determinando – recita il manifesto –. La situazione è molto più pesante di quella percepita dal mondo politico e amministrativo e richiede interventi “forti” da subito. Chi paga il peso maggiore della crisi sono oggi le imprese, i lavoratori edili, i fornitori di materiali e servizi professionali per le costruzioni: essi chiedono con forza che finalmente i loro gravi problemi irrisolti siano affrontati con decisione”.

L’

tela. In secondo luogo chiediamo l’applicazione dell’intesa del 31 marzo 2009 tra la Regione Marche, le banche e le organizzazioni sindacali, che prevede l’anticipo dei tempi sull’erogazione della Cassa Integrazione». Nel manifesto di Ancona è più volte sottolineato il fattore tempo. Come mai? «Semplice. La massima rapidità delle azioni e delle scelte è essenziale per evitare la fine di moltissime imprese e per salvare, di conseguenza, migliaia di posti di lavoro. A partire dal fronte tributario. Dobbiamo smetterla con questa forsennata “criminalizzazione fiscale” degli imprenditori. Sul settore dobbiamo fare

i conti con una pressione complessiva che sfonda la soglia del 55 per cento nonostante l’impossibilità di riscuotere molti dei crediti vantati nei confronti degli enti. Non solo, ci troviamo di fronte a una sfida culturale per il nostro tessuto produttivo. Occorre puntare, con più forza rispetto al passato, alla valorizzazione della funzione sociale dell’imprenditore edile. Questo deve riappropriasi del suo senso di responsabilità e di appartenenza territoriale, investendo sul rapporto che lo lega alle tante maestranze locali. È questo suggellarsi di eccellenze che rappresenta la vera forza dell’impresa edile marchigiana». MARCHE 2012 • DOSSIER • 159


EDILIZIA

La casa che produce più di quanto consuma Entro il 2020 le nuove costruzioni dovranno adeguarsi allo standard energetico europeo di consumo quasi zero. Un’impresa di costruzioni di Macerata ha anticipato i tempi e quest’anno consegnerà le prime abitazioni a consumo zero. La parola all’imprenditore edile Ivan Teobaldelli Valerio Germanico

ntro il 9 luglio 2012, tutti i paesi membri dell’Unione Europea dovranno recepire la direttiva 2010/31/Ue sull’efficienza energetica. Questa stabilisce che alla data del 31 dicembre 2020 tutte le nuove costruzioni siano

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“edifici a energia quasi zero”, cioè immobili che non solo garantiranno un significativo vantaggio economico, ma soprattutto abbatteranno le emissioni di anidride carbonica. Per raggiungere questo obiettivo il passaggio obbligato è quello dell’ottimizzazione delle performance dei

materiali da costruzione. A che punto sono le imprese edili nel recepire queste norme, ma soprattutto questa nuova cultura del costruire? Risponde Ivan Teobaldelli, titolare dell’omonima impresa di costruzioni di Macerata: «Nonostante gli obblighi stabiliti dalle normative diano ampi margini temporali per arrivare all’obiettivo dell’efficienza energetica, la nostra impresa realizza da anni edifici certificati in classe energetica A+, che garantiscano un consumo limitato di energia grazie a una serie di accorgimenti progettuali e nella scelta dei materiali. Inoltre, siamo già riusciti a centrare un ulteriore obiettivo: realizzare edifici che producono più energia di quanta ne consumano – consegneremo entro quest’anno i primi». La vostra scelta di puntare sull’edilizia a efficienza energetica che riscontro ha avuto sul mercato? «Questa nostra politica è


Ivan Teobaldelli

Le nostre abitazioni possiedono una coibentazione tale da poter essere definite a consumo zero

stata fondamentale per affrontare gli ultimi anni, che sono stati caratterizzati nel nostro paese da una pesante crisi economica. Di fronte a un mercato stagnante che ha portato a una paralisi dell’attività edilizia e, a seguire, al blocco delle vendite e al fallimento di numerosissime imprese costruttrici, la nostra, puntando sull’innovazione, è riuscita a mantenere un fatturato costante pure in questa fase particolarmente complessa». Su che genere di edilizia applicate le vostre soluzioni abitative ad alta efficienza? «Possiamo considerarci specializzati nella progettazione e costruzione di ville unifamiliari o plurifamiliari con caratteristiche termiche e acustiche a elevate prestazioni e pienamente rispondenti alle ultime normative in materia di edilizia residenziale. In altre parole, le nostre abitazioni possiedono una coibentazione tale da richiedere il

consumo di pochissima energia per raggiungere un ottimo livello di comfort abitativo. Inoltre tutti i nostri edifici sono dotati di dispositivi che producono una quantità di energia maggiore di quella che consumano ed è per questo che abbiamo definito i nostri progetti “a consumo zero”». Con quali accorgimenti progettuali e grazie all’uso di quali materiali siete riusciti a raggiungere questi risultati? «La modalità costruttiva di queste abitazioni è caratterizzata da un involucro edilizio isolante di forte spessore al quale sono abbinati degli infissi con proprietà termiche e acustiche altamente performanti. A ciò si aggiungono i vantaggi di nuove tipologie impiantistiche installate – come il riscaldamento a pavimento – che sfruttando al m a s -

simo la superficie di scambio, consente di riscaldare gli ambienti con temperature molto basse dell’acqua di mandata, in modo omogeneo e senza creare la stratificazione dell’aria calda verso l’alto, ottenendo, di fatto, un comfort climatico ideale per il corpo e ottimizzando ulteriormente le prestazioni ener- Ivan Teobaldelli, getiche dell’edificio. A questa titolare dell’omonima impresa edile soluzione per la diffusione di Macerata del calore all’interno del- www.teobaldelliivan.it l’abitazione, viene abbinato un sistema di produzione del


EDILIZIA

L’ottimo comfort acustico è stato ottenuto grazie alla scelta di adottare come standard il triplo vetro

calore a elevata efficienza me- produrre autonomamente diante pompa di calore, che provvede alla generazione sia del caldo sia del freddo. Nonostante comunemente le pompe di calore siano considerate tecnologie ad alto consumo energetico, in questo caso il calcolo dell’energia necessaria al loro funzionamento è in relazione alla dispersione dell’involucro e non alla potenza della pompa di calore in sé. Avendo un ottimo involucro coibentante per le nostre abitazioni e installando 1 o 2 kW di energia fotovoltaica per ogni unità abitativa, si ottiene quindi più energia di quella consumata». Quali sono dunque i dispositivi che permettono di

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l’energia necessaria al fabbisogno dell’abitazione? «Ad un sistema di riscaldamento efficiente è abbinato un serbatoio di accumulo per la produzione dell’acqua calda sanitaria, che viene riscaldata utilizzando l’energia termica captata attraverso i pannelli solari termici. Il sistema, di ultima generazione, attraverso una logica sofisticata, permette di accumulare dal solare termico una quantità di energia maggiore rispetto a quella assorbita dal sistema a pompa di calore. Viene raggiunta così una copertura che permette di svincolarsi dalla fornitura di gas, mentre la potenza elettrica che serve al funzionamento

dell’intero circuito è fornita dall’installazione di un impianto fotovoltaico ad alta efficienza integrato sul tetto dell’abitazione». Come viene garantito il ricambio dell’aria in un sistema così efficacemente coibentato, senza che ciò determini un’alterazione nel microclima interno? «È stato installato un sistema automatico di ricambio dell’aria che, mediante la ventilazione meccanica controllata, assicura costantemente il benessere degli occupanti.


Ivan Teobaldelli

L’AVANGUARDIA NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE impresa edile Teobaldelli nasce nel 2001 da un’idea del titolare, Ivan Teobaldelli, all’epoca poco più che ventenne. Nel 2011, in un decennio di attività, l’azienda nata come ditta artigiana è entrata a far parte del mondo dell’industria delle costruzioni. Lo spirito innovativo e creativo di Ivan Teobaldelli – che recentemente è stato affiancato in azienda dalla sorella Tatiana – e il lavoro competente ed esperto del suo staff sono stati alla base del successo. Hanno caratterizzato il lavoro la grande atten-

L’

Questa tecnologia rappresenta la soluzione ideale per gli edifici di nuova concezione. Mediante speciali filtri l’aria interna all’abitazione, ormai esausta e calda, viene espulsa e si immette all’interno aria esterna fresca e purificata. Si riesce così a garantire un ambiente confortevole, sano ed efficiente dal punto di vista energetico in ogni momento del giorno e della notte, con qualsiasi tempo atmosferico e in ogni stagione. Il concetto è semplice: incrociando in

zione nella formulazione del progetto, la ricerca sui materiali e l’innovazione delle dotazioni tecnologiche, ma anche un equilibrato rapporto fra qualità e prezzo degli immobili. Grazie a questa strutturata politica aziendale, Ivan Teobaldelli e il suo staff, con il supporto di consulenze tecniche di esperti in ogni settore, hanno saputo sviluppare progetti capaci di interpretare fin nel dettaglio le attese dei committenti e realizzato abitazioni che anticipano quelli che saranno gli standard costruttivi del futuro.

controcorrente i due flussi, attraverso un recuperatore di calore ad alto rendimento, il calore prodotto dentro l’abitazione non viene disperso all’esterno, pur garantendo il rinnovo dell’aria in tutti gli ambienti domestici». A questa ottima coibentazione dal punto di vista termico corrisponde un adeguato isolamento acustico? «Per questo aspetto, altrettanto importante per garantire il benessere abitativo, abbiamo effettuato uno studio approfondito in collaborazione con un’azienda produttrice degli infissi. Il risultato è stato la messa a punto di un pacchetto di soluzioni certificate – per le quali la nostra impresa ha ottenuto l’esclusiva – che prevede il montaggio di porte e finestre che eliminano i ponti termici e acustici anche nelle applicazioni più problematiche – come in prossimità delle so-

glie poste sui balconi. Si è raggiunto in questo modo un ottimo comfort acustico, garantito anche dalla scelta di adottare, come standard costruttivo, il triplo vetro». Far coincidere tanti aspetti tecnici in un unico prodotto richiede grande cura progettuale. Quanto incide ciò sul costo finale dell’abitazione? «Per i nostri progetti chiediamo grandi sforzi a ingegneri di più specializzazioni: strutturali, termiche, acustiche e impiantistiche. E alla grande cura dello studio architettonico segue una direzione dei lavori condotta con la massima attenzione. Tuttavia, dal punto di vista dei prezzi, in questo momento la nostra politica aziendale è completamente rivolta alla ricerca e sviluppo piuttosto che al maggiore profitto. Offriamo, quindi, abitazioni ad alte prestazioni e a prezzi competitivi». MARCHE 2012 • DOSSIER • 163


EDILIZIA

Più trasparenza nelle gare d’appalto Profondamente colpita dalla crisi, l’edilizia in Italia soffre anche per le problematiche legate al sistema di aggiudicazione delle gare d’appalto. Che spesso, con la corsa al massimo ribasso, penalizza aziende salde e capaci. Il punto di Gaetano Lindi Lucrezia Gennari

erdura la crisi dell’edilizia in Italia. Un settore che, oltre al difficile quadro creato dalla recessione, soffre di altre, ataviche, problematiche. Molte imprese di costruzione impegnate nel settore pubblico lamentano infatti non poche pecche nel sistema di aggiudicazione delle gare d’appalto. Come sottolinea Gaetano Lindi, titolare della Li.Ta. Costruzioni Spa di Fano: «Ogni

P Gaetano Lindi, titolare della Li.Ta. Costruzioni Spa di Fano (PU). Nelle altre immagini, alcuni lavori dell’azienda www.litaspa.it amministrazione@litaspa.it

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gara d’appalto dura mesi ed è una continua corsa al ribasso, così spesso prevalgono imprese spregiudicate che arrivano a offrire anche uno sconto del 50 per cento sul costo del lavoro, con budget impensabili per portare a compimento un’opera nel rispetto delle regole, della sicurezza e della qualità». Secondo Lindi, il rischio che si corre, nell’attuale panorama, è che molte imprese capaci e solide, preferiscano lavorare al-

trove, abbandonando il territorio italiano. «Imprese come la nostra acquisiscono know how in campo, mettendo in piedi fin dalle opere più piccole una buona organizzazione operativa, in grado di affrontare le difficoltà, ottimizzare i costi di mantenimento, fare formazione, investire in tecnologie avanzate. Eppure tutto questo non basta, perché si trovano a fare i conti con un sistema che non le favorisce minimamente». Come pensa si potrebbe modificare il sistema di aggiudicazione delle gare d’appalto per le opere pubbliche? «L’attuale sistema andrebbe sostituito con il metodo della media mediata, garantito e trasparente. Tale sistema si basa sul “taglio delle ali”, cioè sullo scarto delle offerte troppo alte o troppo basse. Ha una sua razionalità, perché permette agli enti pubblici di avere opere di buona qualità, migliori di quelle ottenute basandosi sull’offerta al massimo ribasso».


Gaetano Lindi

Credo che l’attuale sistema andrebbe sostituito con il metodo della media mediata, garantito e trasparente

Fatto sta che oggi si richiedono costi bassi ma alta qualità. Come riuscite a coniugare questi due aspetti nella vostra offerta? «La qualità delle realizzazioni è una caratteristica imprescindibile di qualsiasi opera edilizia sia pubblica che privata, ed è una condizione fondamentale in un momento come quello attuale, in cui la concorrenza è sempre più agguerrita, e bisogna saper fare la differenza. Garantire la qualità dei lavori è sempre stato il nostro obiettivo primario, che ci proponiamo di raggiungere curando attentamente ogni fase del crono - programma, da quella iniziale, con una ponderata scelta dei materiali da sottoporre preventivamente ai nostri committenti, alle strategie organizzative, quali risorse umane e attrezzature altamente tecnologiche. Da or-

mai 15 anni abbiamo adottato una politica di qualità in conformità alle norme Uni En Iso 9001/2000». Quali tipologie di attività rappresentano la percentuale maggiore del vostro core business? «Siamo attivi nel settore dell’edilizia civile e industriale, sia pubblica che privata. Ma un’ampia fetta del nostro business deriva anche dalle opere di restauro. Abbiamo maturato ormai 20 anni di esperienza e siamo in grado di offrire un prodotto di alta qualità nell’edilizia, nelle infrastrutture di trasporto e nelle opere idrauliche, prestando massima professionalità negli interventi di realizzazione, manutenzione, risanamento e recupero». Li.Ta. Costruzioni ha assunto anche importanti commesse all’estero.

«Sì, lavoriamo principalmente in Italia e in Medio Oriente, in particolare in Arabia Saudita, dove abbiamo una sede a Jeddah,e insieme a un’altra impresa di Fano, nel territorio Saudita, abbiamo acquisito due commesse milionarie molto importanti che riguardano la realizzazione di edifici residenziali e di strutture pubbliche per il Ministero della Difesa del KSA». Può descrivere uno dei lavori più significativi che avete realizzato di recente? «Oltre al restauro degli edifici seicenteschi della Pinacoteca di Ancona, e a diverse opere marittime, per conto di una nostra immobiliare abbiamo realizzato degli edifici residenziali in classe “A”. Questo inverno abbiamo eseguito delle misurazioni interne per rilevarne la temperatura e abbiamo appurato come, nei periodi più freddi, tali abitazioni mantenessero una temperatura di 15° C alta e costante rispetto alla temperatura esterna». L’edilizia “green” assume MARCHE 2012 • DOSSIER • 165


EDILIZIA

Ci impegniamo per fornire un servizio di qualità, puntando a rimanere competitivi nella diversificazione produttiva e organizzativa

oggi un’importanza sempre dalla normativa CE e possipiù rilevante. Quali parametri bisogna tenere in considerazione nella realizzazione di edifici indirizzati al risparmio energetico? «Per costruire in classe “A”, fin dalla progettazione dell’edificio, si deve adottare una buona coibentazione esterna, che va calcolata in base a parametri vari, quali l’ubicazione dell’edificio e la tipologia di infissi (per un risparmio energetico consono ci vogliono quelli ad alta resistenza termica). Se si coibenta bene l’involucro si ottiene un’ottima trasmittanza termica. Inoltre bisogna naturalmente curare la scelta dei materiali, nel rispetto dei parametri indicati

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bilmente prevedere l’inserimento di impianti di energia rinnovabile». Quali prospettive vede per il futuro della sua azienda e quali interventi auspica affinché il settore possa risollevarsi? «Al momento sono ottimista e prospetto un bilancio positivo solo per quanto riguarda la produzione estera, anche se mi auguro che in Italia la situazione possa migliorare nel più breve tempo possibile. Da molti anni ci impegniamo per fornire un servizio di qualità, puntando a rimanere competitivi sulla diversificazione produttiva e organizzativa, ma il numero delle imprese edili in

Italia è molto alto e non tutte hanno la giusta competenza. Per il futuro del settore auspico una riforma delle imprese che tenga conto di una serie di fattori importanti, inerenti sicurezza, serietà e qualità. In questo modo si potrebbe mettere in atto una selezione che punti a eliminare le aziende scorrette. Inoltre, spero nella politica dei finanziamenti, che diminuisca il costo del lavoro e ci sia un più semplice accesso al credito. Il costo del denaro in Italia è altissimo: le nostre imprese comprano denaro al 10 per cento mentre quelle tedesche lo pagano l’1 per cento. Auspico una politica europea paritaria, che non penalizzi le nostre realtà, fermo restando che le aziende stesse devono comunque dimostrare sul campo la propria competitività».



EDILIZIA

Appalti, serve un freno ai ribassi Nelle gare d’appalto per l’edilizia pubblica la corsa al ribasso rende il lavoro difficile anche per le aziende più solide. Paolo e Francesco Lungarini spiegano perché la loro impresa di costruzioni, già attiva su tutto il territorio nazionale, stia iniziando a guardare alla possibilità di commesse oltreconfine Valerio Germanico

a crisi che ha colpito l’edilizia privata trova un suo corrispettivo nell’ambito degli appalti pubblici. Questi ultimi sono diminuiti per numero e di conseguenza è esplosa la concorrenza, che si manifesta con un incremento notevole nei ribassi, che attualmente si attestano tra il 35 e il 40 per cento dell’importo dei lavori. «Sempre più spesso – afferma Paolo Lungarini –, le imprese non riescono a eseguire i lavori

L

L’impresa di costruzioni Lungarini ha sede a Fano (PU) www.impresalungarini.com

alle condizioni offerte, fanno domanda di concordato, mettendo in crisi anche i relativi fornitori e subappaltatori. È quindi contro l’interesse stesso della Pubbliche Amministrazioni affidare lavori con ribassi così importanti e sarebbe fondamentale mettere in atto delle verifiche ancor più serie sulla reale fattibilità del lavoro alle condizioni offerte dall’impresa aggiudicataria. Proprio lo scorso anno la Lungarini ha rilevato un ramo di azienda composto anche da quattro appalti, da una impresa che si trova in concordato preventivo». La Lungarini è una so-

cietà di costruzioni fondata nel 1942 e che ha come proprio core business l’edilizia a committenza pubblica (95 per cento del fatturato), è quindi attiva su tutto il territorio nazionale per la realizzazione di grandi opere come strade, ponti, viadotti, gallerie, opere marittime e strutture destinate a sedi della pubblica amministrazione ed enti statali. Aggiunge Francesco Lungarini: «Per far fronte a ribassi del genere e conquistare gli appalti più importanti è necessaria una grande forza finanziaria da parte dell’impresa. I noti ritardi nei pagamenti dunque


Paolo e Francesco Lungarini

non consentono di assumere nuovi impegni. Il nostro Gruppo infatti deve ancora riscuotere crediti per lavori ultimati nel 2006 o nel 2008 e sempre più spesso le Stazioni Appaltanti si oppongono alla liquidazioni degli interessi obbligando ad avviare cause lunghe e onerose per il recupero degli stessi, il cui riconoscimento è previsto dalla normativa. Per questo sarebbe fondamentale poter cedere pro soluto (e non pro solvendo) il credito certificato alle Banche. In questo momento – continua Paolo Lungarini –, noi riusciamo a partecipare a gare con cifre fino a poco più di 100 milioni di euro. Per raggiungere appalti di dimensioni maggiori dobbiamo necessariamente associarci con imprese “amiche”, con le quali ripartire sia i costi sia i rischi. Tuttavia dato che i lotti alla nostra portata si fanno sempre più difficili da conquistare a un prezzo sostenibile, stiamo valutando la possibilità di spostarci all’estero». I paesi esteri ai quali la Lungarini guarda con interesse sono Romania, Albania e Libia. «Questo perché in Italia è stata sostanzialmente abolita la revisione dei prezzi, che è prevista in tutta Europa. La nuova normativa, infatti, prevede indennizzi del tutto irrisori rispetto al reale aumento dei costi e non si applica nep-

pure per tutti i materiali. La legislazione vigente – spiega Francesco – ha addirittura messo un tetto preventivo alle richieste di danni formulabili nel corso dei lavori e l’abolizione del ricorso all’arbitrato costringe ad affrontare giudizi ordinari i cui tempi, notoriamente troppo lunghi, provocano un serio blocco nella liquidità aziendale. L’arbitrato, al contrario, consentiva in meno di un anno di definire il contenzioso e se dalle statistiche risulta che a vincerlo sono sempre le imprese, è solo perché la causa viene avviata dall’impresa che subisce danni e che si trova in una condizione niente affatto paritetica rispetto alla P.A. Se infatti a subire i danni è la Pubblica Amministrazione, Questa può direttamente e autonomamente rescindere il contratto e incamerare le fideiussioni e dunque è molto più tutelata. «Per noi – dice Paolo Lungarini – realizzare un prodotto di qualità vuol dire anche lavorare nella massima sicurezza. Grazie alla competenza del personale che dirige i nostri cantieri non abbiamo mai avuto incidenti. Per dare il massimo a livello di realizzazione ottimale puntiamo sulle idee. Un esempio è rappresentato dal nuovo sistema con il quale stiamo eseguendo i lavori sulla rete fognaria della Città dello sport di Tor Vergata. Abbiamo ideato un sistema di microtunnel, col-

locati a 8 metri sotto il livello del suolo che evita di interrompere, deviare o costringere il traffico stradale, già problematico in molte città in condizioni ordinarie. Pensiamo anche di poter esportare con successo questo nostro know how all’estero». MARCHE 2012 • DOSSIER • 169


MATERIALI

Il ritorno alla cultura del legno Gli arredi in legno sono spesso superati sul mercato da articoli in serie tutti uguali. Ma c’è ancora chi promuove la bellezza di un prodotto naturale e unico. L’esperienza di Cristiana Perazzoli Emanuela Caruso

l mercato del tranciato del legno si è ridotto considerevolmente. Causa di tale fenomeno è la mancanza di conoscenza del prodotto, cui oggi, soprattutto nel settore dell’arredamento per interni, vengono preferiti materiali non naturali e conformi ai dettami di mode passeggere». Con queste parole Cristiana Perazzoli denuncia la situazione del comparto del tranciato, vittima ormai da alcuni anni di un mercato interessato più

«I

Cristiana Perazzoli della Impec Tranciati Srl di Ripatransone (AP). Nelle altre immagini, momenti di lavoro www.impectranciatilegno.it

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alla produzione in serie che all’unicità di un articolo naturale. A difendere la qualità del legno e dei suoi prodotti è proprio la società diretta da Cristiana Perazzoli e dalle sue sorelle Maria Virginia e Luciana, la Impec Tranciati, che sita a Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, e attiva da oltre sessant’anni si occupa della lavorazione in proprio di legno vergine per la produzione di impellicciatura e della tranciatura conto terzi. «Il mercato odierno – spiega Cristiana Perazzoli – ignora la maggior parte delle caratteristiche che rendono il legno un materiale unico. Mi riferisco ad aspetti quali la duttilità, la resistenza, la durata e l’origine naturale. Oggi, l’importanza di queste peculiarità viene tralasciata anche da architetti e disegnatori a favore di materiali plastici tutti uguali colorati e accattivanti, facili da produrre, applicare e proporre a clienti non sempre in grado di apprezzare particolari che ad un occhio non esperto possono apparire come difetti. Per salvaguardare

la cultura dell’utilizzo del legno, la nostra azienda ha scelto di continuare a produrlo e di evitare commerci di articoli non del tutto naturali, di certo più redditizi ma non altrettanto affascinanti». Da dove proviene la materia prima destinata alle lavorazioni svolte alla Impec Tranciati e quali sono le essenze legnose più richieste al momento dal mercato? «La materia prima che utilizziamo proviene in particolare dall’Africa, dall’Italia, dalla Francia, dalla Serbia, dalla Grecia e dall’America. Trattiamo legno esclusivamente di provenienza legale, ovvero ottenuto in modo conforme alla legislazione vigente nei paesi di produzione e importato attraverso canali istituzionali. Le essenze legnose che i nostri clienti richiedono più spesso sono agnegrè, noce julia, toulipier, pino silano, ulivo e rovere europeo». Quali sono i principali interlocutori commerciali della Impec Tranciati? «I nostri principali interlocutori sono senza dubbio i ri-


Cristiana Perazzoli

La lavorazione dei tranciati di legno unisce sia aspetti artigianali che aspetti tecnologici e porta operatori e macchinari a collaborare in maniera ottimale

venditori di tranciato di legno dei mercati italiano e tedesco. Nel settore industriale, poi, quelli che più richiedono i prodotti della Impec Tranciati sono tanto i produttori di porte per interno, i produttori di pannelli compensati e le industrie di arredamento, quanto i piccoli artigiani e i restauratori». Quali sono le fasi salienti della lavorazione del legno? «La lavorazione parte con il collaudo dei tronchi nei luoghi di origine, la squadratura e l’evaporazione; passa poi alla tranciatura degli squadroni di tronco in fogli di 5/10 milli-

metri e all’essiccazione dei fogli con un’umidità residua che va dal 6 al 10 percento a seconda delle essenze. Infine, si procede con la taglierinatura, ovvero la refilatura in lunghezza e larghezza dei pacchi, il controllo qualità e la selezione del materiale per la vendita». Quanto incidono la tecnologia e l’artigianalità sulla vostra attività e su una lavorazione ottimale del legno? «Giocano entrambe un ruolo fondamentale. La tecnologia, infatti, è indispensabile per realizzare prodotti di alta qualità, motivo per cui siamo dotati di software per il controllo

qualitativo e di macchinari altamente tecnologici come il nuovo impianto di produzione di tranciati, l’essiccatoio stirante e un sofisticato sistema di controllo del taglio. D’altro canto, senza il lavoro manuale dei nostri tecnici e operatori specializzati e la loro conoscenza approfondita su tipologie, caratteristiche e qualità del legno non potremmo raggiungere gli standard di eccellenza a cui sono abituati i clienti della Impec Tranciati. Inoltre, grazie al binomio perfetto tecnologia-artigianalità che siamo riusciti a creare, siamo in grado di ottimizzare al meglio lo sfruttamento della materia prima e di ridurre al minimo i tempi morti, offrendo di conseguenza al bacino d’utenza non solo prodotti di qualità, ma anche un servizio efficiente e puntuale». MARCHE 2012 • DOSSIER • 173


INTERNI

Ricerca e sviluppo potenziano l’export fine marzo ad Aubagne, zona commerciale di Marsiglia, Cucine Lube, gruppo industriale marchigiano, ha aperto un suo nuovo concept store monobrand. Questo segue le inaugurazioni di Nizza, Lille, Reims e Montpellier, anticipa la futura apertura a Parigi, e si inserisce nel programma di consolidamento del mercato francese, che insieme a Regno Unito e Spagna è fra i mercati storici dell’azienda. Tuttavia, questo programma si inserisce in una più

A

Eugenio Giulianelli, responsabile area export, e l’ingegner Alessio Sileoni, Centro R&S Lube. Cucine Lube ha sede a Treia (MC) www.cucinelube.it

Il design made in Italy destinato all’arredo cucina ha come principale obiettivo la conquista dei mercati asiatici. Eugenio Giulianelli e Alessio Sileoni spiegano le strategie commerciali e le linee di ricerca per intercettare il gusto orientale in fatto di cucine Luca Cavera

ampia strategia. Come spiega Eugenio Giulianelli, responsabile area export di Lube: «Anche se puntiamo a consolidare il mercato europeo, il nostro obiettivo principale è il potenziamento della quota di esportazioni verso paesi come la Cina e India». Lube è un’azienda specializzata nella produzione e vendita di cucine che propone

al mercato una collezione di oltre 40 modelli fra classici e moderni, prodotti nello stabilimento di Treia in una tiratura di circa 65mila composizioni l’anno e che lancia nuovi modelli ogni anno, sviluppati dal reparto ricerca e sviluppo diretto da Giancarlo Sacchi. Qual è oggi la vostra quota di export e su quali mercati è


Eugenio Giulianelli e Alessio Sileoni

concentrata maggiormente? EUGENIO GIULIANELLI: «Esportiamo circa il 20 per cento della nostra produzione in più di 60 paesi. Questo dato però non ci soddisfa ancora e intendiamo raggiungere una quota di almeno il 30-40 per cento di export. Uno dei nostri mercati importanti all’estero è la Russia, dove nel 2011 abbiamo inaugurato numerosi negozi monomarca e altre aperture sono programmate per quest’anno. Però vogliamo puntare maggiormente sull’Asia, per entrare nei mercati di Cina, Singapore, Taiwan e Giappone. Dall’altra parte del globo, anche gli Stati Uniti e l’America Latina sono aree di forte interesse – siamo già presenti in Venezuela, Colombia e Messico –, anche se la possibilità di penetrazione in paesi come Argentina e Brasile, attualmente, è limitata da politiche protezionistiche». Esistono differenze considerevoli nei gusti fra i vari paesi verso i quali esportate? E. G.: «Assolutamente sì. La nostra produzione infatti è diversificata proprio per intercettare le diverse richieste, che hanno differenze marcate soprattutto fra gusto occidentale e orientale. Per esempio, in Russia e nei paesi del Medio Oriente dobbiamo necessariamente proporre modelli classici baroccheggianti, corposi e ricchi. Si tratta di modelli che in Europa difficilmente avrebbero successo, dove vengono apprezzati le linee di design moderno, che

Intendiamo raggiungere una quota di almeno il 30-40 per cento di export, puntando soprattutto su Cina e India

al contrario non hanno mercato a Est. Al di là dei modelli estetici, poi noi proponiamo, accanto a una gamma di fascia alta, anche una gamma di fascia bassa, destinata soprattutto ai paesi emergenti. Insomma, cerchiamo di avere un catalogo il più possibile completo per incontrare tutte le esigenze». Qual è invece la caratteristica che accomuna trasversalmente tutti i vostri modelli di cucine? ALESSIO SILEONI: «Il filo conduttore della nostra produzione è riassunto nel marchio Lube Ecologic. Infatti tutti i nostri modelli, sia i classici sia i moderni, sono realizzati con strutture a bassissimo contenuto di formaldeide – conformi allo standard F**** della norma Jis (Japanese Industrial Standard) –, le ante dei mobili sono sempre verniciate con vernici senza solventi e inoltre la produzione interna è interamente alimen-

tata da un impianto fotovoltaico di 27mila metri quadri installato sopra lo stabilimento. La nostra produzione è quindi praticamente a impatto zero e rispetta al massimo le risorse del nostro territorio». Quali sono i prossimi investimenti in programma? A. S.: «Oltre a puntare ancora sull’estero per potenziare la nostra presenza in termini di punti vendita, abbiamo dei programmi di investimento per l’area produttiva. In particolare rinnoveremo alcune delle macchine, per velocizzare e rendere più economiche alcune lavorazioni che oggi hanno ancora dei possibili margini di ottimizzazione. Un altro obiettivo importate, che rappresenterà un investimento consistente e che si protrarrà per più anni, riguarda la realizzazione di un magazzino meccanizzato per lo stivaggio di tutti i prodotti pronti alla distribuzione».

+10% EXPORT Incremento registrato nel 2011 da Cucine Lube Srl nelle esportazioni verso i paesi extraeuropei

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INTERNI

Un concept minimal chic, sobrio e contemporaneo Sobrietà, eleganza, leggerezza e un forte effetto scenico distinguono gli ambienti vendita realizzati dal gruppo Grottini. Alla base, una visione strategica della creatività dedicata al “retail environment”. A illustrarla, Francesco Grottini Adriana Zuccaro

Seduti, Pietro Grottini e Mirella Salici. In piedi da sinistra, Federica, Francesca e Francesco Grottini della Grottini Retail Environments di Porto Recanati (MC) www.grottini.com

gni soluzione produttiva è la sintesi di sensibilità estetica e tecnologia avanzata. L’obiettivo è offrire scenari innovativi e sorprendenti, che permettano ai protagonisti del mondo commerciale di affermarsi con forza e al consumatore di vivere lo shop-

«O

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ping come un’emozionante esperienza». È questo il concept su cui la Grottini Retail Environments, società di capitali specializzata nella progettazione e realizzazione di ambienti di vendita, fonda l’operatività aziendale. «La filosofia del gruppo Grottini guarda alla qualità dell’ambiente come qualità della vita e dell’esperienza di lavoro e punta ad avere una conoscenza approfondita e immediata del settore». Il portavoce, Francesco Grottini, descrive quella visione strategica condotta per la realizzazione di spazi vendita «professional and friendly». In quali aspetti il recente progetto realizzato per la Nero Giardini a Roma esemplifica le dinamiche operative della Grottini Retail Environments? «In uno spazio di oltre sessanta metri quadrati siamo giunti alla realizzazione di un ambiente dal gusto minimal chic fra sobrietà e contempo-

raneità. Per un partner come Nero Giardini, noto brand di calzature e abbigliamento, esempio di vero Made in Italy, si sottintendeva l’esigenza di pensare al progetto quale elegante vetrina del “fashion”. Non a caso l’ambiente si presenta molto luminoso, dallo stile sobrio, minimal ma anche chic che sa armonizzarsi con lo stile Nero Giardini». Quali materiali sono stati scelti per mettere in opera il progetto? «Pannelli in legno laccati bianco, pedane retro Illuminate con luce led, ripiani in vetro, plexiglass nero per l’insegna e accattivanti complementi di arredo dal design lineare e sobrio che dà risalto al brand e alla varietà dei prodotti in esposizione dai diversi stili, trendy, casual o più elegante. Leggerezza, trasparenza, essenzialità caratterizzano i materiali utilizzati, accuratamente selezionati per qualità ed effetto scenico. In-


Francesco Grottini

I progetti Grottini mirano a realizzare un ambiente di vendita in cui convivono design e materia, estetica ed efficienza funzionale

fine l’illuminazione e il bianco e nero a contrasto creano un effetto di grande eleganza e modernità». Attraverso quali strategie riuscite a mettere a segno importanti commesse con brand prestigiosi come Nero Giardini? «Dopo trentacinque anni di attività, quello della Grottini è divenuto un vero e proprio modello di business completo e versatile basato su un grande lavoro di squadra condotto al fianco della Grottini Communication Technology, la speciale divisione dedicata allo sviluppo della comunicazione grafica, e della Grottini Lab specializzata nello studio e sviluppo di tecnologie d’avanguardia. Il gruppo nasce e persegue un

approccio ambizioso per conquistare nel tempo una reputazione riconfermata da risultati e successo, grazie anche alle sinergie stabilite con rinomate organizzazioni internazionali di settore come Popai in Italia, Ehi in Germania, Are ed St Media Group negli Usa e infine Mecsc e Icsc negli Uae. La nostra infatti è una visione strategica a lungo raggio che viaggia intorno al mondo, dall’Europa all’Asia e che ha portato a conquistare posizionamenti diretti in Usa, Uae, India, Uk, Taiwan, Hong Kong, China». Può descrivere un progetto realizzato in collaborazione con esperti internazionali del retail design? «È a Santo Domingo che si colloca un nuovo progetto dedicato all’ultimo punto vendita – aperto dalla più grande catena del settore farmaceutico, Farmacia Carol – per il quale abbiamo ricevuto la

preziosa collaborazione di Nick Giammarco, principal & partner GHA Design Studios, un importante studio di progettazione americano-canadese, per l’ingegnerizzazione degli arredi, la realizzazione esecutiva del progetto e la comunicazione grafica. Il risultato è un edificio di grande respiro, in altezza e in ampiezza, che si estende su una superficie di circa 500 metri quadrati: ecco la farmacia Carol che diventa un concetto architettonico e strutturale di sapore contemporaneo, non convenzionale, sinonimo di solidità, sobrietà e creatività. Un progetto che mira a realizzare un ambiente di vendita professional & friendly. Tutti i vari materiali utilizzati si armonizzano e valorizzano con le loro peculiarità questo ambiente in cui convivono design e materia, gusto estetico ed efficienza funzionale».

Da sinistra, interno punto vendita Nero Giardini, Roma; interno farmacia Carol, Santo Domingo; ingresso Bata Metro Market, Polonia. Gli ambienti sono stati realizzati dalla Grottini

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POLITICHE ENERGETICHE

Maggior impegno per il risparmio energetico L’attenzione per l’ambiente da parte degli imprenditori marchigiani è aumentata nel tempo. Per quanto riguarda gli investimenti per il risparmio energetico esistono ancora spazi di miglioramento, secondo Mario Mancini, per imprese e istituzioni Nicolò Mulas Marcello

l tema del risparmio energetico è strettamente legato a quello dell’efficienza e dell’innovazione tecnologica. Le imprese marchigiane sono sulla buona strada ma occorre fare di più: «È chiaro che la realizzazione di un effettivo sviluppo sostenibile non può avvenire – spiega Mario Mancini, presidente del comitato Piccola industria di Confindustria Marche – se mondo economico-produttivo, istituzioni e consumatori non operano tutti verso una medesima meta, secondo una logica di sistema». Quanto è diffusa sul territorio marchigiano la cultura del rispetto dell’ambiente e del risparmio energetico da

I

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parte degli imprenditori? «Gli imprenditori marchigiani sono profondamente legati al territorio in cui vivono e lavorano e da sempre hanno dimostrato rispetto nei confronti dell’ambiente in cui è localizzata la propria attività. L’attenzione verso le problematiche ambientali e il senso di responsabilità sono andati aumentando negli ultimi anni e questa maggiore sensibilità è attestata dal numero di certificazioni ottenute, anche ambientali, che sono aumentate in modo consistente. Per quanto riguarda, invece, l’attenzione al risparmio e all’efficienza energetica, desidero in primo luogo ricordare come il tema dell’energia sia strategico per la crescita e la

competitività, non solo delle imprese, ma della nostra regione e dell’intero Paese. La Regione Marche si è dotata di un Piano energetico e ambientale, approvato nel 2005, che ha puntato su taluni assi portanti, escludendo alcune tipologie di impianti, ad esempio gli impianti di produzione tradizionale di media e grande taglia. Queste linee programmatiche non hanno prodotto i risultati sperati anche perché non adeguatamente accompagnate da incentivi pubblici e iter procedurali compatibili con le esigenze delle imprese. La nostra regione è ancora deficitaria di circa il 50%». Cosa occorre fare? «Da tempo chiediamo alla


Mario Mancini

Regione di fare una verifica puntuale in modo da poter ricalibrare le varie componenti del piano stesso e aggiornarlo alla luce della normativa intervenuta nel frattempo. Penso in particolare al recentissimo decreto ministeriale sul burden sharing, che detta alle singole regioni gli obiettivi di produzione energetica da fonte rinnovabile attribuito allo Stato membro Italia in sede di approvazione della direttiva 2009/28/CE. Il tema del risparmio energetico va strettamente coniugato con il tema dell’efficienza e dell’innovazione tecnologica. Le aziende devono implementare le misure possibili per aumentare l’efficienza ener-

getica ma, dall’altra parte, è necessario premiare le imprese impegnate su tale fronte. Le aziende marchigiane devono sicuramente lavorare di più su questi fronti e le istituzioni devono varare norme che promuovano investimenti tecnologici più efficienti in tutti i settori nonché un’adeguata campagna informativa sul consumo energetico responsabile». In che modo Confindustria promuove politiche energetiche di risparmio e rispetto dell’ambiente? «I temi dell’ambiente e dell’energia sono da sempre al centro della nostra attività di confronto con la Regione e su entrambi abbiamo anche sviluppato approfondimenti

specifici importanti. La nostra azione quotidiana è volta a incentivare la sinergia tra le imprese per l’innovazione e la ricerca dirette alle eco-innovazioni; a chiedere e ottenere dalla Regione l’operatività funzionale del Fondo di garanzia per l’attivazione di una filiera energetica regionale; a sollecitare certezza negli stanziamenti; facilità di Sopra, accesso al credito; semplifi- Mario Mancini, cazione normativa e ammi- presidente del comitato nistrativa delle procedure au- Piccola industria di Confindustria Marche torizzatorie; creazione di un contesto più favorevole per le aziende eco-certificate. Come Confindustria Marche, sempre in sintonia con le associazioni territoriali, stiamo aderendo alla “Carta dei principi per la sostenibi- MARCHE 2012 • DOSSIER • 179


POLITICHE ENERGETICHE

La nostra azione quotidiana è volta a incentivare inoltre la sinergia tra le imprese per l’innovazione e la ricerca dirette alle eco-innovazioni

lità”, recente iniziativa di leva sull’attributo della soste- tivo, istituzioni e consumaConfindustria, a testimonianza della consapevolezza che lo sviluppo sostenibile rappresenta una delle direttrici future su cui costruire una rinnovata competitività dei mercati. Alla nostra azione quotidiana nei confronti della Regione, si affianca l’attività delle associazioni territoriali sia nei confronti degli enti locali e che delle aziende, alle quali offrono servizi e consulenza». Cosa occorre fare in più a livello regionale e nazionale per sviluppare una cultura della green economy? «In un’accezione ampia, rientrano nella nozione di green economy quelle imprese che intervengono sui propri processi per produrre con il minor impatto ambientale (green production); si tratta di imprese operanti in settori maturi che decidono di riorganizzare in chiave eco-sostenibile la loro attività. La crisi economica sta accelerando questo processo di rinnovamento e di riqualificazione, spingendo non poche aziende a riposizionarsi sul mercato, proprio facendo 180 • DOSSIER • MARCHE 2012

nibilità. La green economy è oggi una scelta di qualità e un percorso di innovazione che molte imprese, anche nella nostra regione, stanno praticando per cercare di uscire dalla crisi. Per questo abbiamo chiesto e ottenuto che la Regione inserisse questo ambito tematico nei bandi per l’innovazione e la ricerca. Importante è anche per le imprese poter contare su risorse umane qualificate per sviluppare la cultura e i settori riconducibili alla green economy. Per questo come Confindustria Marche abbiamo anche promosso, insieme a tutte le università marchigiane, il progetto “Green skills in motion” per la mobilità dei giovani in Europa allo scopo di formarli nei Paesi più evoluti in termini “green”, finanziato dalla Unione europea e che ha coinvolto circa 80 giovani. Anche in questo caso quindi è utile quindi “fare rete”. «È chiaro che la realizzazione di un effettivo sviluppo sostenibile non può avvenire se mondo economico-produt-

tori non operano tutti verso una medesima meta, secondo una “logica di sistema”. Ma affinché ciò possa avvenire, è necessaria un’evoluzione culturale che induca anche un mutamento dei modelli di consumo, per avere poi ricadute positive sul sistema delle imprese. Risulta, quindi, determinante il ruolo della comunicazione aziendale, la quale serve a dare visibilità alle attività realizzate e ad informare in modo trasparente i vari stakeholder. Su questo aspetto, le nostre aziende devono lavorare molto perché tendenzialmente l’imprenditore marchigiano è concreto e operativo e tende a comunicare poco questo tipo di iniziative oltre che le certificazioni stesse. È fondamentale che questo percorso venga fatto insieme, in un rapporto sinergico e collaborativo che veda tutti gli attori sociali coinvolti in modo che le competenze di ognuno servano di volano agli altri realizzando un circolo virtuoso che spieghi i propri effetti su tutta la comunità regionale».


Gianni Muratori

Un’attenta salvaguardia dell’impatto ambientale Il rispetto dell’ambiente è un aspetto a cui le imprese marchigiane stanno dando sempre più rilevanza. Gianni Muratori spiega come Confapi Marche sta promuovendo ulteriori campagne di sensibilizzazione su questo fronte Nicolò Mulas Marcello

e piccole e medie imprese delle Marche si stanno impegnando, compatibilmente con le attuali possibilità economiche, a creare energie alternative sia per il loro consumo che come bene produttivo da immettere sul mercato. La difficoltà principale però è quella di accedere al credito per la realizzazione di tali impianti: «Le banche – spiega Giovanni Muratori, presidente di Confapi Marche – non affidano separatamente il costo dell’impianto dal monte rischi bancario dell’impresa. Pertanto in una crisi come quella attuale si rimanda ad altra data la sua attuazione e la realizzazione di questi nuovi impianti. Le nuove imprese, anche affrontando le varie

L

difficoltà di tipo burocratico, si stanno adeguando alle nuove regole, mentre quelle vecchie stentano a farlo, operando con le necessarie gradualità». Qualche anno fa nelle Marche c’è stato un vero e proprio boom di domande per i bandi di concessione dei contributi relativi al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili. Attualmente qual è la situazione? «Oggi la Regione e le altre istituzioni regionali, a causa non solo della crisi economica ma anche ai problemi derivanti dall’impatto ambientale, hanno di fatto bloccato le agevolazioni e i permessi necessari per lo sviluppo del settore. Da ciò ne deriva che il fotovoltaico su terra ha avuto un fermo

quasi totale e oggi si stanno portando a compimento gli impianti in possesso dei vecchi permessi e delle pratiche già assolte. Per gli impianti a tetto non esiste più un appetibile interesse sotto il profilo economico per affrontare investimenti impegnativi. Sono poche le aziende che considerano la reale possibilità di realizzare impianti di fotovoltaico a tetto poiché gli affidamenti bancari, per la verità Sopra, assai scarsi, servono al sosten- Giovanni Muratori, presidente Confapi tamento dell’azienda». Cosa fa nel concreto Marche Confapi per promuovere politiche energetiche di risparmio e rispetto dell’ambiente? «Confapi Marche sta sollecitando i propri soci a dar vita a consorzi che raggruppando più superfici di copertura MARCHE 2012 • DOSSIER • 181


POLITICHE ENERGETICHE

Per gli impianti a tetto non esiste più un appetibile interesse sotto il profilo economico per affrontare investimenti impegnativi

della aziende, consentano di green economy? progettare e proporre impianti di dimensioni tali che possono interessare l’intervento economico da parte di società finanziarie. Purtroppo stiamo trovando notevoli difficoltà sia per l’individualismo degli imprenditori marchigiani che per le difficoltà poste in essere a livello burocratico. Anche in questo settore la burocrazia sta colpendo in maniera dissennata». Cosa occorre fare in più, secondo lei, a livello regionale ma anche nazionale per sviluppare una cultura della 182 • DOSSIER • MARCHE 2012

«Confapi Marche sta sensibilizzando le sue aziende associate affinché considerino il rispetto ecologico un elemento basilare nel concetto della qualità dei propri prodotti. Ha attivato corsi di formazione affinché nelle aziende si attui il massimo risparmio energetico così come vengano messe in attuazione tutte le procedure di sicurezza e di rispetto ambientale già esistenti a livello normativo. In definitiva, per quanto riguarda il fotovoltaico come sempre avviene nel nostro Paese si passa da un eccesso

all’altro: prima si propongono incentivi a pioggia e subito dopo un totale restringimento che colpisce le iniziative già avviate e sostenute da investimenti onerosi. È necessario che il governo riporti la situazione in equilibrio con incentivi mirati per investimenti necessari e validi sotto il profilo economico e ambientale. Ad esempio, secondo il mio punto di vista, per evitare conflitto di interesse sarebbe importante che la gestione dell’immissione in rete degli impianti non sia esclusivo appannaggio dell’ente gestore».



POLITICHE ENERGETICHE

L’armonica fusione fra tecnologia e ambiente Con la creazione di moduli all’avanguardia per la produzione combinata di energia elettrica e termica la Brandoni Solare è una realtà in ascesa nel mercato del fotovoltaico. «Ma serve una programmazione politica più lungimirante» rimarca il presidente Luciano Brandoni Giacomo Govoni arlare un linguaggio giovane, fatto di creatività e tecniche produttive di qualità, investendo in innovazione e alimentando l’interesse sociale per le fonti rinnovabili. È la filosofia che scorre tra le mura della Brandoni Solare, azienda di moduli fotovoltaici di ultima generazione, nata nel 2007 a Castelfidardo. Luciano Brandoni ha fatto del risparmio energetico la sua bandiera professionale, che non ha ammainato neppure quando la congiuntura ha iniziato a lanciare segnali poco rasserenanti. «Per non rallentare l’operatività delle aziende, non possiamo più prescindere da una politica energetica lungimirante e di largo respiro, che ci consenta di programmare gli investimenti non dico a lunga, ma quantomeno a media gittata». Brandoni è critico verso

P Sopra, Luciano Brandoni, presidente dell’azienda Brandoni Solare

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i recenti provvedimenti in materia energetica del governo, sintetizzati nel Quinto conto energia in vigore dal 1° luglio prossimo, che prevedono un taglio del 35% gli incentivi al fotovoltaico. E per un’azienda che tra le ultime realizzazioni, annovera un pannello ibrido scelto come prodotto di eccellenza tra quelli ammessi al “Percorso efficienza e innovazione 2012”, non è una notizia confortante. Che caratteristiche ha e quali vantaggi offre questo prodotto? «Il nuovo pannello ibrido unisce alla tecnologia del solare fotovoltaico quella del solare termico, dando origine a una soluzione ottimale che offre la possibilità di produrre energia elettrica e al contempo calore per riscaldare l’acqua. Il calore termico non utilizzato dal pannello fotovoltaico tradi-

zionale viene recuperato e assorbito da uno scambiatore che aiuta a migliorare il rendimento della produzione elettrica del modulo fotovoltaico. Quanto ai vantaggi, vanno rimarcati una considerevole diminuzione dei costi e dell’impatto ambientale, in quanto un solo pannello svolge le funzioni di due, la minore superficie occupata e nessun problema di manutenzione». Quali strategie vi hanno permesso di imporvi sul mercato delle energie rinnovabili? «La volontà di puntare sulla qualità e l’innovazione del prodotto e fare in modo che vengano utilizzati materiali e sistemi che possano garantire performance di lunga durata. Un approccio che nel mio lavoro adotto da vent’anni, e che mi ha permesso di raggiungere buoni risultati.


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luciano Brandoni

Abbiamo il dovere di confrontarci con tutti i mercati esteri in cui riscontriamo empatia e apertura verso il settore del fotovoltaico

Il punto è che questo tipo di strategia assicura dei risultati a lunga scadenza, per cui nel momento in cui il mercato flette, l’apprezzamento per le caratteristiche di qualità del nostro prodotto diminuisce sensibilmente». Che valore riveste la certificazione europea che attesta la vostra produzione e quali vantaggi vi assicura rispetto ai competitor? «Premesso che certificarsi è un fatto volontario, la certificazione europea non riconosce che io sia più bravo di un altro, ma garantisce che il mio prodotto sia realizzato secondo tecniche costruttive precise. Mi spiego meglio: se io voglio realizzare un prodotto più economico, è sufficiente che lo faccia in Asia o in qualche altra parte del mondo. Sicuramente all’estero puntano maggiormente sulla quantità, sulla mole di materiale da immettere sul mercato, per ottenere i contributi statali sull’esportazione. In altre parole, siamo soggetti al dumping, fenomeno su cui nessuno inter-

viene in maniera decisa e che penalizza molto chi, come noi, si concentra sulle caratteristiche tecniche che ci rendano riconoscibili sul mercato». Quali risultati avete conseguito fino a oggi sui mercati esteri? E quali direttrici commerciali internazionali esplorerete in futuro? «Guardiamo a tutti i mercati, perché non possiamo permetterci di avere preclusioni e dobbiamo confrontarci con tutti i mercati in cui si riscontra empatia e apertura per il settore del fotovoltaico. Sicuramente il vero mercato emergente è quello italiano, mentre il più asettico potrebbe diventare presto quello tedesco, perché viaggia a un’altra velocità rispetto alla nostra e può contare su una programmazione molto più strutturata». Quanto la capacità di assecondare la logica di integrazione tra edificio e impianti conterà in futuro? «Dal canto nostro, conta molto. In questo senso, da alcuni mesi abbiamo messo a punto un innovativo modulo

fotovoltaico con celle colorate, costituito da 60 celle 156x156mm a 3 busbar, che vanta una potenza di 225W. Assemblato in maniera totalmente automatizzata dalla linea di produzione della Brandoni Solare, questo modulo fotovoltaico riesce a realizzare il compromesso ideale per progettisti e architetti che prediligono la migliore integrazione architettonica nei progetti di inserimento di componenti fotovoltaici». Con quali spunti avete fatto rientro dal Solarexpo 2012 di Verona? «Molto positivi. Le nostre tecnologie hanno riscosso un notevole successo e le richieste presso il nostro spazio espositivo sono fioccate. Dalle informazioni sui prodotti fino alle tecniche di costruzione e commercializzazione. Tuttavia rimane la paura di perdere ordini, non tanto per la nostra difficoltà di accedere al credito, quanto per quella dei nostri potenziali clienti interessati all’acquisto e disposti a fare un investimento». MARCHE 2012 • DOSSIER • 185


POLITICHE ENERGETICHE

Il piccolo soffio dell’energia pulita Una tecnologia innovativa che consente di sfruttare anche il vento a bassa quota, con un impatto ambientale ridotto al minimo. È l’idea e l’opera dell’ingegner Orlando Lozzi Giacomo Govoni

lta capacità di incidere sul sistema in modo concreto, limitando l’utilizzo di fonti fossili tradizionali e conseguenti emissioni inquinanti”. In questa motivazione, che un paio d’anni fa accompagnava il Premio all’innovazione amica dell’ambiente 2010 conferito da Legambiente-Confindustria al suo rotore eolico, c’è molta della vocazione alla sostenibilità ambientale di Orlando Lozzi. «Migliorare la percezione dei vantaggi dell’eolico – afferma l’ingegnere, titolare della società Genius – significa procurare l’indipendenza energetica a zero costi e salvaguardia per l’ambiente dalle emissioni diffuse sul territorio». Ne è convinto Lozzi che, non a caso, si è fatto primo testimonial del suo prodotto, installandolo nel giardino di casa. Il rotore le è valso il Premio

“A

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all’innovazione amica dell’ambiente: quali sono le caratteristiche rivoluzionarie di questa tecnologia? «L’aerogeneratore eolico ad asse verticale “Slotwind wind energy for life” prodotto dalla mia società, ha ricevuto il premio in quanto unica tecnologia nel suo genere a livello mondiale con un sistema cinematico brevettato di tre alberi concentrici ad attrito dissipativo quasi nullo. A differenza di tutti gli altri rotori eolici esistenti sul mercato, questo speciale cinematismo assiale consente lo sfruttamento dei “venti locali” omnidirezionali da 2-2,5 m\s per l’auto avviamento del rotore e nel con-

tempo lo sfruttamento di qualsiasi altra velocità del vento». A quali quote attinge l’energia? «Questo innovativo sistema, tutto italiano, consente di sfruttare altezze più basse, fino a 15 metri dal suolo, mentre tutte le altre tecnologie eoliche partono dai 45 fino ai 110 metri dal suolo, con tutte le problematiche economiche e ambientali che tali dimensioni generano. Ovviamente lo speciale cinematismo consente al rotore una maggiore produzione di energia che varia dal 25% al 35% rispetto a tutte le altre tecnologie alle stesse velocità del vento». Che volumi di fabbisogno


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Orlando Lozzi

energetico può soddisfare e in quali contesti esprime il massimo del suo potenziale? «Ho creato questo nuovo sistema per la produzione della piccola energia per usi domestici e produttivi di potenze da 3-6-10-20-50-60-100kWe, con insediamenti sia nel contesto urbano che extraurbano. Le principali proprietà sono: mimetizzazione con ogni ambiente e assenza di impatto, completa silenziosità, nessuna interferenza con sistemi televisivi, capacità produttiva con qualunque velocità e direzione del vento, basso investimento, manutenzione quasi nulla , impiego dell’energia prodotta sia a “isola” che immissione a rete Bt Enel, minimo ingombro di superficie». Come si traducono sul piano economico i vantaggi di questa tecnologia? «Slotwind si propone come una soluzione per l’ottenimento di energia dalla fonte rinnovabile eolica a costi e prestazioni tali, da essere altamente competitiva con le fonti fossili tradizionali in una economia di mercato. Come noto infatti i costi attuali delle varie fonti elettriche

sono 9,4-10 cent\kwh per carbone e gas 16-18,7 cent\kwh per il fotovoltaico, 6 cent\kwh per l’eolico. Con l’ulteriore vantaggio che di vento ce ne sarà sempre di più ed è di tutti». Quali sono gli altri punti di forza che la sorgente eolica può garantire rispetto ad altre fonti rinnovabili? «L’energia da fonte eolica c’è sempre, di giorno e di notte, mentre il sole e l’acqua hanno i loro limiti di sfruttamento, per non parlare delle biomasse solide (cippati), liquide (oli vegetali) e biogas, ognuna con una propria problematica economico-ambientale. Si pensi alla conformazione montana e marina del territorio italiano: mentre in un metro quadro di superficie si può inserire un aerogeneratore di potenza 3-610-20kwe, nessun altra fonte rinnovabile può consentire una tale capacità produttiva. Si pensi poi al territorio montano, dove un piccolo può produrre energia per usi domestici, produttivi e per caricare le batterie delle nuove autovetture elettriche che presto aumenteranno». È reduce dagli Energy days di Ascoli: sul piano promo-

zionale, quali altre iniziative considera necessarie per migliorare la percezione dei vantaggi dell’eolico? «Pur inserito in un contesto urbano chiuso come la meravigliosa piazza di Ascoli, il nostro rotore “Eliwind” di potenza 3kwe ha destato meraviglia perché si è messo in marcia con minimo soffio ventoso. Certamente sarebbe necessario da parte degli enti territoriali promuovere e coordinare lo sviluppo della piccola energia eolica, specialmente in considerazione del territorio sempre ben ventilato e capace di garantire lo sfruttamento sostenibile di questa risorsa naturale». Qual è l’attuale grado di ricettività del mercato nazionale nei confronti dell’eolico e come si colloca nel panorama internazionale? «La ricettività cresce in maniera esponenziale, noi siamo presenti sia in Italia che in Inghilterra, Galles e Scozia. È indubbio che lo sviluppo del piccolo eolico sarà sempre in crescendo. Quanto al nostro sistema, devo dire che in concreto si autocommercializza».

In apertura, L’ingegner Orlando Lozzi, titolare della società Genius

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BONIFICA AMIANTO

Amianto, serve una mappatura completa n Italia le zone contaminate dall’amianto sono ancora tantissime. Da nord a sud si contano 57 aree da bonificare e oltre 6 milioni di italiani a rischio. Le difficoltà stanno soprattutto nell’individuare le zone. È lo stesso ministro dell’ambiente Corrado Clini che afferma: «Non abbiamo ancora una mappatura completa dei siti che devono essere risanati per l’inquinamento da amianto. Si tratta di decine di migliaia di realtà, dalle più piccole alle più grandi, e per le quali il monitoraggio avviato con le Re-

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Nelle immagini lavori realizzati dalla ditta Andrea Merzetti di Monte San Giusto (MC). Le foto rappresentano l’ante-opera a la visione generale del lavoro eseguito www.andreamerzetti.it

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Sono 57 le aree italiane contaminate dall’amianto, ancora da bonificare. Individuata la zona da sanare, deve essere impiegato personale altamente specializzato, in quanto far intervenire una forza lavoro non formata è ancora più dannoso che lasciare il materiale in essere. Ne parliamo con Andrea Merzetti Marco Tedeschi

gioni non è stato ancora concluso». Nel caso di individuazione di siti contaminati diventa sempre più importante agire tempestivamente e affidarsi alla professionalità di realtà specializzate. «La nostra azienda, - spiega Andrea Merzetti, titolare della ditta Andrea Merzetti di Monte San Giusto - interviene nella demolizione e recupero di aree industriali o stabilimenti dismessi e per effettuare la bonifica del materiale contenente amianto più famoso in Europa, ovvero l'eternit». Un settore che necessita più di altri di competenze altamente specifiche. «Non tutte le aziende che si dichiarano in grado di effettuare interventi di bonifica dell'amianto infatti sono in grado di svolgere le operazioni. Far intervenire, sui materiali contenenti amianto, personale non formato è ancora più dannoso che lasciare lo stesso materiale in essere. La nostra

azienda è stata una delle prime in regione a far frequentare al personale il corso di formazione e informazione sull'attività di bonifica dei materiali contenenti amianto, effettuati dall'Ausl n° 2 di Urbino. L’offerta di servizi e consulenze è una delle più ampie che un’azienda del settore possa effettuare». L'impiego dell'amianto ha origini antiche, ma il suo utilizzo nel campo delle opere edili e negli impianti termici si è diffuso nel ventesimo secolo. «Si conoscono sei diversi tipi di amianto usati comunemente, le cui qualità hanno favorito il suo impiego ad uso industriale e civile. Da qui si spiega il perché sia così presente, ma gli effetti di questa sostanza sono devastanti. Le conseguenze nocive dell'amianto agiscono infatti nei confronti dei lavoratori a esso esposti professionalmente, ma anche


Andrea Merzetti

c

Non abbiamo ancora una mappatura completa dei siti che devono essere risanati per l’inquinamento da amianto. Si tratta di decine di migliaia di realtà

sulla popolazione. Le fibre aero disperse possono essere inalate dall'uomo e concentrarsi nei polmoni, favorendo il rischio di contrarre tumori polmonari. Il criterio più importante da valutare in tal senso è rappresentato dalla friabilità dei materiali. Occorre procedere alla localizzazione del materiale contenente amianto nell'edificio, poi valutare lo stato di conservazione, quindi procedere alla miglior bonifica». Le operazioni necessarie per la rimozione dell’amianto sono molteplici, una di queste riguarda l’incapsulamento. «Gli incapsulamenti sono stati suddivisi in tre

d

sottocategorie. Incapsulamenti prerimozione, incapsulamenti esterni e incapsulamenti interni. Una volta completato il processo di incapsulamento la ditta deve rilasciare un attestato in cui riporta i colori utilizzati nelle ultime due mani del trattamento, lo spessore dell'intero ciclo incapsulante e la durata presunta dello stesso». Per quanto riguarda la sovracopertura l'intervento prevede invece quattro fasi. «Pretrattamento dei materiali, posa in opera di rete elettrosaldata, posa in opera di megatelli in legno opportunamente ancorati per mezzo di staffe metalliche e posa in opera della nuova copertura. Al comple-

tamento dell'intervento è necessaria la predisposizione di un programma di manutenzione e controllo della copertura, per verificarne l'integrità nel tempo». La rimozione invece è l'intervento più invasivo e dispendioso tra quelli sopraelencati. «Si tratta però - precisa Marzetti - dell'unico che garantisce la soluzione del problema. Prima di eseguire questo intervento su qualsiasi tipo di materiale bisogna predisporre un piano di lavoro da sottoporre all'Asur territorialmente competente che rilascerà il nullaosta all'esecuzione dell'intervento. Un intervento fatto nel massimo rispetto dei criteri di sicurezza». MARCHE 2012 • DOSSIER • 189


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