dossier marche 01 2012

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OSSIER MARCHE L’INTERVENTO.........................................13 Pietro Ichino Jacopo Morelli

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 16 Giuseppe Casali COMMERCIO ESTERO ..................... 20 Gian Luca Gregori Federica Felicini Paolo Andreani IL PUNTO .............................................. 28 Gian Mario Spacca RITRATTI ............................................... 32 Giorgio Napolitano

ECONOMIA E FINANZA POLITICA ECONOMICA ................... 38 Alberto Drudi Sara Giannini Claudio Pagliano Bruno Bucciarelli Stefano Mastrovincenzo DISTRETTI ............................................ 50 Valter Taranzano Donato Iacobucci Cleto Sagripanti Annalisa Franceschetti Agostino Tortolini Marino Barchetta Giovanni Giustozzi Mario Brutti MADE IN ITALY ................................... 74 Laura Ottaviani Sandro Bravi Sergio Sciamanna Giuseppe Vissani IL MERCATO DEL LUSSO ............... 86 Paolo Bartorelli SPAZI ESPOSITIVI ............................. 88 Luciano Gobbi CONSULENZA ..................................... 92 Guido Guidi MODELLI D’IMPRESA ...................... 94 Francesco Merloni Andrea Merloni INNOVAZIONE ..................................... 96 Riccardo Remedi Federico Vitali Paolo Vitturini Maria Cristina Trombetti Antonio Restaneo Fabio Franchini Luca Leonardi TECNOLOGIE ...................................... 114 Carlo e Franco Pigliapoco Massimo Federighi ELETTRONICA ................................... 120 Leo Benedettini Simone Ascani

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INVESTIMENTI E SVILUPPO ....... 124 Gaspare Tacconi e Donato Galiè COMMERCIO ...................................... 148 Antonio Canzian Antonio Di Ferdinando Francesco Grossi AGROALIMENTARE ........................ 134 Tommaso Brandoni ACCESSO AL CREDITO ................. 138 Massimo Bianconi Francesco Giacobbi


Sommario AMBIENTE ED ENERGIA

TERRITORIO

SANITÀ

TUTELA DEL TERRITORIO ........... 144 Corrado Clini Enrico Gennari Francesco Acquaroli

TRASPORTI ........................................ 170 Luigi Viventi Danilo Antolini Ippolito Matricardi Nico Berardini

FORMAZIONE .................................... 210 Adelfio Elio Cardinale

RIQUALIFICAZIONE ......................... 152 Eddy Ceccarelli SALVAGUARDIA AMBIENTALE .. 154 Mario Falconi POLITICHE ENERGETICHE .......... 156 Gianni Chianetta Simone Togni Andrea Clavarino RINNOVABILI ..................................... 164 Luciano Brandoni

CURE TERMALI ................................. 212 Gianni Antonelli e Paolo Del Giudice

LOGISTICA .......................................... 180 Mario Pedol e Aurelio Michetti EDILIZIA ............................................... 184 Paolo Alessandroni Marco Profeti Patrizia Paoloni INTERNI ............................................... 190 Berloni Zeno Avenanti Marco Tonnarelli Guido e Leandro Pietrelli Giovanni Montanari Bartolucci TURISMO .......................................... 204 Serenella Moroder Giorgio Cozzolino

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IN COPERTINA

IL POTENZIALE DI ANCONA ALLA PROVA DEI MERCATI ESTERI Un sistema imprenditoriale e territoriale, quello del capoluogo regionale, che secondo il presidente di Confindustria Ancona, Giuseppe Casali, va promosso e sostenuto. Per mirare ai mercati esteri più promettenti, forieri di nuove opportunità. Intervenendo su internazionalizzazione, credito e aggregazione Francesca Druidi

internazionalizzazione identifica oggi per l’economia italiana un faro nella nebbia, costituendo di fatto uno dei più solidi pilastri sul quale imbastire una strategia di crescita per l’intero sistema Paese. Il potenziamento della vocazione internazionale del territorio e del suo tessuto produttivo risulta allora – anche per le Marche – una delle priorità per il 2012, perseguita dagli enti amministrativi così come dai principali interlocutori economici e rappresentanti di categoria. Concentrando il focus sul capoluogo regionale, nei primi nove mesi del 2011 le esportazioni delle imprese della provincia di Ancona hanno tenuto, nonostante l’incertezza generalizzata. Ammonta, infatti, a 2.578 milioni di euro (in base ai dati forniti dall’Istat) il valore dei

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beni esportati dalle aziende, registrando un incremento del 10,14% rispetto allo stesso periodo del 2010. Prendendo in esame il trimestre luglio - settembre 2011, l’export si attesta sui 907 milioni di euro, con un aumento rispetto al terzo trimestre 2010 del 4,2%. A fare da contraltare a questo dato c’è però il rallentamento subito dall’andamento dell’export nei mesi estivi, passato dal +13,4% che aveva caratterizzato il secondo trimestre all’attuale 4,2%. Ad analizzare e interpretare questi risultati è il numero uno degli industriali dorici Giuseppe Casali, che invita in chiave di sviluppo all’ulteriore valorizzazione del know how e delle caratteristiche produttive del territorio, insistendo su quegli interventi finalizzati ad agire su innovazione, internazionalizzazione e finanza. Come valuta il quadro relativo

alle esportazioni della provincia di Ancona, alla luce dell’instabile situazione economica e finanziaria italiana e globale e del livello di export segnalato dalla regione rispetto al resto del Paese? «Partiamo da una prima considerazione positiva: il tessuto produttivo della provincia di Ancona ha tenuto meglio di altri sui mercati esteri, sia perché dotato di un elevato livello tecnologico e qualitativo, sia perché il rapporto tra la qualità reale e percepita e il prezzo è comunque competitivo. Non dobbiamo però illuderci che siano tutte rose e fiori. Il numero di aziende esportatrici è ancora limitato: le piccole e medie imprese, che costituiscono la maggior parte di quelle che operano nella nostra provincia, stentano ancora a muoversi autonomamente sui mercati internazionali, soprattutto su quelli più lontani.


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CQECQEC IN COPERTINA

Solo aggregandosi le Pmi possono pensare di approcciare i mercati esteri

Di fatto, l’export è sostenuto soprat- materie plastiche, i metalli e pro- e articolati, con cui coniugare la tutto dai player di maggiori dimensioni, nonostante la crisi in atto». Come le imprese del territorio dovrebbero maggiormente sfruttare le opportunità offerte dall’internazionalizzazione? «Se è vero che le nostre imprese sono di piccole o medie dimensioni, la sola via per essere protagonisti è quella di fare rete. La soluzione è quella di proporsi sui mercati - soprattutto quelli più lontani e dinamici (Cina, India, Brasile), ma anche Nord Africa ed Europa - in modo unitario, vendendo e proponendo sistemi integrati e dando visibilità alla nostra capacità di coniugare qualità tecnologica e rispetto del territorio. In altre parole, dobbiamo riuscire a “vendere” il nostro sistema imprenditoriale-territoriale, che ha in sé elementi unici e distintivi difficilmente riscontrabili altrove». Molti sono i settori che, nell’analisi delle esportazioni, mostrano segnali incoraggianti: i prodotti tessili, abbigliamento e accessori, gli articoli in gomma e

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dotti in metallo, il comparto del Coke e prodotti petroliferi raffinati. Continuano però a mostrare segnali di difficoltà le esportazioni degli apparecchi elettrici (-5,6%), al cui interno sono compresi gli apparecchi per uso domestico, settore di spicco delle specializzazioni produttive provinciali. Individua possibili soluzioni per quest’impasse? «Il tema, a mio avviso, non è di facile soluzione. Il comparto degli elettrodomestici è esposto a una competizione globale, dove i volumi prodotti devono coesistere con esigenze locali spesso eterogenee. La sfida si muove su due fronti: da un lato, proporre prodotti di alta gamma nei paesi dove il potere di acquisto del consumatore è già elevato, dall’altro, entrare con prodotti low cost nei mercati in via di sviluppo. Si pensi, ad esempio, alle aspettative di un consumatore russo rispetto a quelle di un consumatore egiziano. Questo obbliga la ricerca di cataloghi di prodotti assai ampi

nostra capacità tecnologica – ma attenzione, cinesi, coreani e altri competitor non stanno a guardare – con il nostro gusto estetico, il fascino del made in Italy e fasce di prezzo assai diversificate». Confindustria Ancona ha caldeggiato la firma di tre contratti di rete nell’ambito del territorio provinciale. Vi sono dunque le premesse per una decisa spinta all’aggregazione, funzionale anche all’aumento dell’export? «Come già detto, solo con l’aggregazione le piccole e medie imprese possono pensare di approcciare i mercati esteri. Sì, la nostra associazione ha promosso tre contratti di rete, pensati proprio per le realtà produttive che si sono poste il problema di dotarsi di maggiore forza commerciale, sia sul mercato nazionale sia su quello estero. È stato un lavoro lungo e complesso, di cui siamo orgogliosi, reso possibile perché, oltre alla volontà dei nostri colleghi imprenditori, abbiamo creato in associazione un team di esperti


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pronto ad affiancare i soci nel compito di far emergere i punti di contatto e costruire così il contratto di rete». L’accesso al credito ha da sempre rappresentato una priorità. Ma la pronunciata crisi del credito denunciata da Confindustria Ancona a partire da giugno rischia di compromettere l’andamento dell’economia e degli investimenti delle aziende. Sarà possibile ristabilire un equilibrio per la sopravvivenza delle imprese del territorio? Quali sono stati gli effetti dell’iniziativa del servizio "Fascicolo banche"? «Il credito è da mesi, e resta anche oggi, il problema dei problemi.

Nelle prossime settimane vedremo se l’operazione avviata dalla Bce prima di Natale aiuterà a sbloccare lo stallo che caratterizza il credito nella nostra provincia. Di fatto, sono ormai mesi che le nostre banche non erogano credito, oltre a intervenire su fidi, scoperti e quant’altro. Come spesso capita, il nostro ennesimo progetto dedicato al tema del credito, il cosiddetto “Fascicolo banche”, ha riscontrato un elevato interesse dal punto di vista comunicativo, per poi però soccombere alla prova dei fatti, di fronte a logiche consolidate e, a mio avviso, discutibili. Abbiamo assistito a una decina di imprese che ritengo abbiano colto appieno il beneficio del progetto. In seguito, però, le aziende da una parte, le banche dall’altra, sembrano aver dimenticato questo prodotto, che assicura benefici decisamente superiori alle poche centinaia di euro richieste in termini di investimento». Quali restano le priorità per il tessuto produttivo di Ancona? «Le parole chiave sono: innovazione, internazionalizzazione e finanza. Sono obiettivi sui quali, come associazione, affiancheremo le aziende nella logica di promuovere processi di integrazione e aggregazione, volti a consentire il raggiungimento di dimensioni aziendali tali da assicurare la giusta e necessaria competitività sui mercati». MARCHE 2012 • DOSSIER • 19


COMMERCIO ESTERO

Aumentare la qualità dell’export Sostenere l’aggregazione tra aziende e l’esperienza lavorativa dei neo laureati all’estero è la strada indicata da Gian Luca Gregori per alimentare l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese marchigiane Francesca Druidi export fa tirare il fiato al sistema economico marchigiano, grazie alle buone performance dei primi nove mesi del 2011. Ma c’è un ma. L’incremento delle esportazioni marchigiane resta sotto la media nazionale, davanti solo a Val D’Aosta e Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il centro-nord. Stimolare ulteriormente l’internazionalizzazione diventa allora strategia imprescindibile per mantenere produzione e occupazione. A suggerire alcune traiettorie di sviluppo relative a questo tema chiave per il sistema regionale è Gian Luca Gregori, preside della facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche. Quali sono gli elementi che andrebbero considerati parlando di politiche di internazionalizzazione? «Un primo tema riguarda la cultura del dato. A prevalere in Italia sono spesso analisi congiunturali, indagini che prendono in considerazione confronti tra semestri oppure il contesto regionale rispetto a quello nazionale. Andrebbero, però, elaborate anche logiche di lungo periodo per capire le tendenze in atto e interpretare i dati. Un secondo tema sul quale occorre riflettere è il concetto stesso di internazionalizzazione: tutte le

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CampusWorld coinvolge ogni anno più di 100 laureati in progetti di lavoro all’estero

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considerazioni si limitano alle attività di import ed export, mentre si presta poca attenzione agli investimenti diretti da e verso l’estero e, ancor meno, alle attività più immateriali quali accordi e joint venture. Un altro fattore importante è la misurazione degli interventi: manca, talvolta, un sistema teso a monitorare le perfomance ottenute». Individua ulteriori problematiche? «Va evidenziato il fatto che a occuparsi di internazionalizzazione sono sempre più soggetti: le Camere di Commercio e le loro aziende speciali, spesso le Province, i centri di ricerca, la Regione e strutture a essa afferenti. Un numero eccessivo di soggetti, quindi, che rende difficile esercitare un’attività mirata. Altro elemento cruciale è rappresentato dalla qualità dell’internazionalizzazione». Come la Regione Marche si sta muovendo lungo queste direttrici? «Sul fronte della misurazione, la Regione Marche ha avviato un processo sperimentale di monitoraggio dei risultati, che si pone come obiettivo quello di valutare, attraverso variabili tra loro incrociate, i risultati delle diverse iniziative e missioni. Stanno poi emergendo segnali che confermano il deciso tentativo da parte di Regione, Unioncamere e Confindustria, di procedere verso


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un coordinamento delle risorse e dei progetti per evitare sovrapposizioni inefficaci nelle differenti aree di interesse. Tornando al tema della qualità dell’internazionalizzazione, stiamo passando da un approccio istituzionale, che nella fase iniziale è comunque necesNella pagina a fianco, Gian Luca Gregori, preside della facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche sario per assicurarsi l’apertura di determinati mercati, come ad esempio quello cinese, a un approccio che tenga temente dal comparto e dalle di- nica, calzature e tessile-abbigliaconto dell’elevato numero di pic- mensioni delle imprese. Diventa al- mento, possono fare bene anche cole imprese marchigiane che al- lora fondamentale delineare, di con- l’agroalimentare - i vini in particol’estero non riescono ad andare, no- certo con le associazioni di lare -, il mobile e la nautica. Le ponostante realizzino prodotti categoria, una mappatura delle ti- tenzialità offerte dai mercati esteri interessanti. Nemmeno le tradizio- pologie e dei modelli aziendali pre- sono enormi, il problema è saperle nali fiere possono essere di aiuto, se senti per programmare gli interventi sfruttare, predisponendo un piano poi le aziende non sono sufficiente- necessari a favorire l’export». strategico internazionale. L’iniziativa mente strutturate e non possiedono Come valuta la missione della CampusWorld, promossa dall’Unigli strumenti per proseguire la rela- Regione Marche in Cina alla quale versità Politecnica (finanziata da Ubi zione con il mercato estero». ha partecipato? Banca Popolare di Ancona e Camera Come si può agire sulla qualità «Sotto il profilo istituzionale, si re- di Commercio), coinvolge ogni dell’internazionalizzazione? gistra un livello di rapporti partico- anno 110-120 laureati dell’ateneo «Ad esempio finanziando, da una larmente buoni. Occorre, a ogni in progetti lavorativi all’estero, inparte, laureati che aiutino le im- modo, ragionare sulla Cina in ma- nescando circuiti che portano comprese a incrementare l’export e, dal- niera differenziata. La Cina si arti- petenze e soprattutto relazioni. La l’altra, l’aggregazione di aziende at- cola, infatti, in tanti mercati con ca- conoscenza del mercato estero è oggi torno a progetti di carattere ratteristiche, potenzialità e modalità un requisito indispensabile, ma per internazionale. Per alimentare un diverse. Si riafferma l’esigenza di rea- acquisirla veramente serve un’espeapproccio più avanzato, sarebbe lizzare interventi mirati alle conno- rienza diretta oltre confine, che coninoltre opportuno segmentare le ti- tazioni di queste aree, individuando senta in un secondo momento di pologie di intervento per modelli i settori più promettenti per le trasferire all’interno delle aziende di business differenti indipenden- aziende marchigiane: oltre a mecca- queste competenze». MARCHE 2012 • DOSSIER • 21


COMMERCIO ESTERO

Insieme per competere oltre confine Sono già tre le realtà aperte in Cina dal Consorzio Fermano Export. Un successo che potrebbe ripetersi presto in India e Brasile. La presidente, Federica Felicini, illustra le leve del progetto Francesca Druidi

ato nel 2009, il Consorzio Fermano Export riunisce oggi undici aziende artigiane e industriali specializzate nella produzione delle calzature, che hanno deciso di aggregarsi per promuovere più efficacemente i propri prodotti all’estero. La presidente del consorzio, Federica Felicini, fa il punto sui traguardi raggiunti e sulle prospettive future. Qual è il bilancio che può trarre dell’esperienza del consorzio? «In questi due anni, siamo riusciti a mettere in piedi un progetto che, per molto tempo, era rimasto soltanto sulla carta. Abbiamo, infatti, inaugurato nel giugno 2010 uno showroom in uno dei quartieri più importanti di Pechino e subito dopo, a settembre, abbiamo aperto il primo negozio multibrand nella città di Tianjin (11 mln di abitanti), nello Shopping mall più lussuoso della città, dove sono presenti tutti i più importanti marchi della moda internazionale. Lo scorso maggio, vista la grandezza del mercato cinese, abbiamo inaugurato un altro showroom nel sud del paese, precisamente a Canton. Nel frattempo, si sono susseguite a rotazione - missioni continue nel mercato cinese per partecipare a fiere di settore e a eventi organiz-

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zati ad hoc negli showroom, quali sfilate di moda e incontri con operatori selezionati. La presenza diretta permette di vedere con i propri occhi le difficoltà e le opportunità del mercato nonché di supportare il nostro partner, che sta rispettando e anzi anticipando tutti gli appuntamenti che ci eravamo prefissati. Sono stati, inoltre, realizzati un marchio ombrello e un layout di arredamento da riportare in tutti i negozi che saranno aperti. In conclusione, un bilancio ottimo, ma si può sempre migliorare». Quali sono i vantaggi concreti che l’aggregazione nella forma con-


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Sopra, Federica Felicini, presidente del Consorzio Fermano Export. Sopra, immagini dell’apertura dello showroom del consorzio a Pechino

sortile offre alle aziende associate? «L’aggregazione è conditio sine qua non per le aziende di piccole e medie dimensioni che intendano affrontare un investimento commerciale in Cina. L’unione fa davvero la forza: solo in questo modo, piccoli e medi imprenditori riescono a combattere il potere dei grandi marchi. Tutte le spese necessarie tra cui affitti, personale, ricerche di mercato, pubblicità, logistica, viaggi e molte altre, vengono ammortizzate e condivise tra gli associati. Ognuno riesce così a essere presente sul mercato con costi ragionevoli. In questo gruppo, non c’è un leader; a tutti è data la possibilità di dire la propria opinione, di dissentire e di proporre la propria idea, sempre nel rispetto degli altri. I meriti e le sconfitte si dividono in egual misura tra tutti i partecipanti. C’è, inoltre, l’opportunità di disporre di personale, sia in Italia che in Cina, impegnata a seguire solo ed esclusivamente questo progetto, facilitando l’operato dell’imprenditore che deve concentrare l’attenzione su più aspetti». Come è stato accolto lo showroom in Cina? «In Cina, continua a crescere la richiesta di prodotti made in Italy di qualità, in particolar modo quelli relativi alla moda. Siamo riconosciuti come i leader mondiali indiscussi del design e della produzione artigianale del fashion. Dopo molteplici missioni, partecipazioni a fiere di settore, workshop e numerose altre iniziative, abbiamo com-

preso che l’unico modo per penetrare il mercato era quello di porre una base stabile e di affidarci a un partner cinese capace di interpretare e capire il cliente, aiutandolo nell’intermediazione con l’imprenditore italiano e cercando di assecondarlo in ogni sua esigenza. Lo showroom rappresenta la scelta migliore che potevamo prendere, considerando l’interesse riscontrato e la conoscenza che solo una presenza costante ti permette di acquisire. Per far ciò, date le nostre dimensioni e le disponibilità economiche ridotte, abbiamo unito le forze per presentarci in maniera coerente e univoca, senza però offuscare le peculiarità di ogni singola azienda». Nei progetti futuri c’è l’apertura di un nuovo showroom in India? Siete rivolti anche ad altri mercati con ulteriori iniziative? «Sì, visto il riscontro positivo registrato in Cina, abbiamo pensato di replicare il progetto in un nuovo mercato come quello indiano, nonostante alcune correzioni imposte dal mercato. Abbiamo già mosso i primi passi, trovando anche in questo caso un partner in grado di vendere le nostre creazioni. Per il momento, concentriamo i nostri sforzi su questi due mercati, ma presidiamo costantemente l’evoluzione di quelli in via di sviluppo. È, infatti, prevista per la prima metà del 2012 una missione esplorativa in Brasile, altro grande scenario sul quale nutriamo notevoli aspettative per il futuro». MARCHE 2012 • DOSSIER • 23


COMMERCIO ESTERO

Una presenza più stabile all’estero Le Marche devono acquisire maggiore peso sui mercati stranieri. Per far questo, serve un efficace “gioco di squadra” tra soggetti economici e istituzionali, come invoca il presidente degli industriali marchigiani Paolo Andreani Francesca Druidi

export nazionale è cresciuto, nei primi nove mesi del 2011, del 13,5% coinvolgendo tutte le ripartizioni. L’andamento delle esportazioni premia, in particolare, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Piemonte. Le Marche, come emerge dall’analisi del centro studi di Confindustria Marche realizzata sulla base dei dati Istat sulle esportazioni, hanno registrato un incremento delle esportazioni del 10,4%, dato inferiore sia alla media della ripartizione del centro Italia (+13,7%), sia alla media nazionale. Scende, dunque, ulteriormente il peso dell’export della regione sul totale nazionale dal 2,7% dei primi nove mesi del 2010 al 2,6%. A elaborare una precisa ricognizione dello stato dell’export marchigiano è il presidente di Confindustria Mar-

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Paolo Andreani, presidente Confindustria Marche

che, Paolo Andreani, che sottolinea l’urgenza di «misure e interventi importanti, oltre che strutturali, per favorire la crescita. Anche se con gravi ritardi, il Governo Monti ha annunciato le basi per intervenire al riguardo». Prendendo in considerazione i differenti territori e i singoli settori, quali sono le performance più incoraggianti per l’export? «Solo Fermo (+24,2%) ha registrato una variazione superiore alla

media regionale, mentre Ancona (+10,1%) e Pesaro Urbino (+9,6%) hanno mostrato un andamento in linea con quello regionale. Leggermente inferiori alla media i risultati di Macerata (+8,4%) e Ascoli Piceno (+5,1%). Sotto il profilo settoriale, andamenti positivi e superiori alla media regionale sono stati segnalati dai principali comparti della meccanica: metalli di base e prodotti in metallo (+13,6%), computer, apparecchi


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Paolo Andreani

elettronici e ottici (+17,8%), macchinari (+16%), autoveicoli (+25,5%). Aumenti consistenti anche per prodotti petroliferi raffinati (+398,9%), prodotti alimentari (+16,6%), prodotti tessili (+23,1%), articoli in pelle e calzature (+15,5%), articoli farmaceutici (+13,8%), sostanze e prodotti chimici (+11,9%), gomma e materie plastiche (+11,9%). Positive, ma inferiori alla media regionale, sono risultate le esportazioni di carta e prodotti in carta (+10%), prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (+9,6%), legno e prodotti in legno (+4,7%), articoli d’abbigliamento (+1,7%), mobili (+0,5%)». Mentre le note negative? «Risultano in flessione le esportazioni di apparecchi elettrici (-3,5%) e degli altri mezzi di trasporto (13,5%). Questi dati confermano come, nei primi 9 mesi del 2011, è

Positiva la ripresa mostrata da settori importanti quali meccanica e calzature

rimasto invariato il differenziale di crescita dell’export delle Marche nei confronti dell’Italia e delle principali regioni, evidenziando le difficoltà che stiamo incontrando nel recuperare il terreno perduto durante la crisi». In buona salute sul fronte export è il settore moda e abbigliamento. Quali altri comparti mostrano le prospettive più incoraggianti guardando al prosieguo del 2012?

«Sì, in questo contesto riteniamo molto positiva la ripresa mostrata da alcuni settori importanti per la nostra economia quali, ad esempio, la meccanica e le calzature. Faticano però ancora settori altrettanto importanti come l’elettrodomestico, la cantieristica e il mobile che, in questo momento, ci fanno accusare il gap con la media nazionale». Oltre i paesi Bric, quali sono i principali interlocutori delle esportazioni delle aziende? Sta emergendo qualche nome nuovo? «L’incremento delle esportazioni della regione ha riguardato soprattutto i mercati extra Ue27 (+17,6%), mentre i mercati dell’Unione europea hanno registrato un aumento del 6%. Nella graduatoria dei primi 20 paesi di destinazione, troviamo al primo posto la Francia (+1,6% rispetto ai primi nove mesi del 2010), seguita dalla Germania (+9,9%), dal Belgio (+15,3%) e dalla Russia (+12,9%). Spicca il risultato della Turchia (+40,7%), della Cina (+34,3%) e degli Emirati Arabi (+23,2%), il cui ruolo sul mercato mondiale è cresciuto negli ultimi MARCHE 2012 • DOSSIER • 25


COMMERCIO ESTERO

Anche da parte della Regione e del sistema camerale, si coglie una fattiva volontà di maggiore collaborazione

Il numero uno di Confindustria Marche e il presidente della Regione Spacca firmano a dicembre un’intesa per sostenere lo sviluppo

anni. Va però precisato che, tut- positivi sul Pil, rinnovo la proposta la Regione e con gli altri soggetti tora, questi paesi rappresentano rispettivamente solo il 2,4%, l’1,5% e l’1,2% del totale delle esportazioni regionali». Per stimolare un’ulteriore crescita delle esportazioni, in particolar modo delle piccole e medie imprese, quali misure identifica? «Anche nelle Marche, pur essendo storicamente dinamici sui mercati, dobbiamo aumentare il numero delle imprese stabilmente orientate all’export e incrementare il nostro peso nel mercato globale. Per essere più presenti e incisivi, recuperando tempi e risorse, con effetti

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di ridurre almeno del 50% i convegni che spesso risultano molto dispersivi, e ai quali imprenditori e istituzioni partecipano solo per rispetto agli organizzatori». C’è in questo momento una sufficiente base culturale per alimentare il progetto delle reti d’impresa, strada obbligata per l’aggregazione tra piccole aziende e quindi per l’internazionalizzazione? «Come sistema confindustriale, ci stiamo impegnando da tempo per stimolare l’aggregazione delle aziende con i contratti di rete. Sia come Confindustria Marche che come associazioni territoriali, stiamo supportando concretamente le aziende su questo fronte per consentire di affrontare le sfide dell’internazionalizzazione e dell’innovazione, non solo come singole imprese ma anche come reti». In che modo Confindustria lavorerà di concerto con

economici per alimentare l’export? Ci sono iniziative specifiche all’orizzonte? «Il quadro congiunturale rende ancora più urgente un’azione concertata fra i vari enti preposti alla promozione e all’internazionalizzazione, in stretta sinergia con le associazioni di categoria, quale Confindustria, e con le imprese, per massimizzare l’efficacia delle azioni e portare effetti concreti sui loro bilanci. Per fare questo, dobbiamo a mio avviso necessariamente giocare “di squadra”. Il presidente Pagliano, nostro delegato regionale per l’internazionalizzazione, si sta impegnando molto per garantire una regia del nostro sistema sulle azioni richieste dalle varie aziende, dai nostri settori e dai nostri territori. Anche da parte della Regione e del sistema camerale, si coglie una fattiva volontà di maggiore collaborazione e sinergia, per condividere obiettivi in merito ai mercati e in merito alle azioni da porre in essere».



IL PUNTO

Uniti per rilanciare le Marche Da un lato la protezione dei lavoratori, dall’altro la necessaria spinta al rilancio dell’economia regionale. Non trascurando i capitoli sanità e infrastrutture. Il punto del presidente Gian Mario Spacca sull’azione della Regione Marche per il 2012 Francesca Druidi

e attese per l’anno appena iniziato sono improntate al pessimismo per l’economia marchigiana. Il 2012 sarà molto duro ed è fondamentale non farsi trovare impreparati. Internazionalizzazione, liquidità, innovazione e semplificazione sono le parole d’ordine individuate dalla Regione, che ha siglato intese importanti per sostenere il tessuto imprenditoriale. «Continueremo – afferma il governatore Gian Mario Spacca – a dare priorità alla tutela del lavoro e al rilancio dell’economia: non solo, quindi, strumenti di difesa dell’occupazione come gli ammortizzatori sociali in deroga (nelle Marche abbiamo protetto quest’anno 35mila lavoratori, una cifra che si conferma anche per il 2012 con misure specifiche), ma anche creazione delle condizioni per uno sviluppo delle nostre imprese, che passi soprattutto per l’apertura ai mercati mondiali i quali, a differenza del nostro continente, continuano a crescere a buoni ritmi». Quali sono, in particolare, i contenuti dell’accordo siglato con Confindustria il 20 dicembre in merito agli interventi prioritari?

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28 • DOSSIER • MARCHE 2012

Il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca

«L’accordo con Confindustria prevede 200 milioni di euro di risorse dirette per le attività produttive messi a disposizione dalla Regione. Le azioni che saranno attuate riguardano i processi di internazionalizzazione delle imprese, la semplificazione e l’ulteriore, forte, riduzione dei costi di funzionamento della pubblica amministrazione già avviata dalla giunta regionale; i nuovi investimenti, pur nelle ristrettezze di bilancio a causa dei tagli ai trasferimenti statali, a sostegno delle piccole e medie im-

prese. Tutto questo per favorire la nascita di nuove attività, il mantenimento delle esistenti e il rilancio dell’economia, grazie anche al potenziamento dei distretti della domotica e della nautica, la riconversione produttiva in nuovi settori strategici, in primo luogo quelli legati alla green economy e alle sue potenzialità. Altrettanto importante risulta il sostegno, di carattere strutturale, alle reti di imprese. La crescita dimensionale è, infatti, fondamentale per poter affrontare la competizione sui mercati inter-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gian Mario Spacca

L’accordo con gli artigiani coglie lo spirito del bilancio regionale 2012

nazionali». Mentre per quanto riguarda l’accordo con gli artigiani? «L’intesa coglie lo spirito del bilancio regionale 2012, che concentra le risorse su asset strategici: accesso al credito delle piccole imprese, incentivando il rafforzamento delle strutture di garanzia e

controgaranzia con fondi di solidarietà, internazionalizzazione anche per le piccole realtà favorendo le reti d’impresa, ulteriore semplificazione nell’accesso agli appalti delle amministrazioni pubbliche, nuovi bandi per innovazione e ricerca grazie all’ampliamento della dotazione di fondi europei. Questo

accordo, così come quello con Confindustria e quello sottoscritto con le parti sociali, dà il senso della collaborazione, della fiducia reciproca, della necessità di essere uniti nella ricerca delle soluzioni in questa fase particolarmente difficile». Passando a un altro nodo MARCHE 2012 • DOSSIER • 29


IL PUNTO

caldo, sono stati 1,6 i miliardi di euro assegnati alle regioni per il trasporto pubblico locale. A questo punto, ritiene che saranno evitati drastici tagli al settore reinserendo le corse soppresse? «Le Marche, alla luce dello stanziamento complessivo di 1,6 miliardi di euro per le Regioni, avranno a disposizione per il trasporto su ferro 38 milioni, rispetto ai circa 43 certificati come spesa nel 2011. Come avvenuto già quest’anno, anche per il 2012 la Regione coprirà, con un evidente impegno finanziario, il gap. Questo ci consentirà di “salvare” praticamente tutti i treni regionali, reinserendo dunque le corse soppresse. Un altro sforzo sarà compiuto per ridurre al 5%, rispetto al 10-11% previsto, i tagli governativi al trasporto su gomma: in sostanza recupereremo circa 3 milioni sui 6 di riduzioni. A fronte di un grande sacrificio in termini finanziari da parte della Regione, chiediamo però alle società di gestione del trasporto pubblico locale una nuova organizzazione nel segno di una maggiore efficienza e competitività del servizio, su base quindi non più provinciale ma regionale. Questo significa che ci sarà una programmazione dei servizi a carattere regionale. Una mobilità accessibile a tutti e che non penalizzi alcuna area della nostra regione è fondamentale soprattutto per le fasce più deboli della comunità». Le infrastrutture immateriali 30 • DOSSIER • MARCHE 2012

Le Marche avranno per il trasporto su ferro 38 milioni di euro rispetto ai circa 43 del 2011

costituiscono uno dei progetti più ambiziosi per il 2012. «L’Ict è uno straordinario strumento di competitività economica sul territorio e di miglioramento della società sul quale la Regione sta investendo. In questo settore, abbiamo già fatto tanto ma resta ancora molto da realizzare. Per il 2012, quindi, uno dei nostri progetti di punta riguarda il Grid computing web 2 a servizio di cittadini, famiglie e imprese. Una nuova frontiera ancora più evoluta di internet, per rendere più veloce lo scambio di dati e informazioni. Siamo convinti che l’applicazione delle migliori conoscenze messe a disposizione dall’innovazione sia il paradigma da seguire per uscire dalla crisi: la ripresa non passa, infatti, solo attraverso l’incremento quantitativo della nostra economia, ma anche e soprattutto attra-

verso il profilo qualitativo delle soluzioni ricercate, applicando la ricerca di nuove tecnologie a obiettivi focalizzati su bisogni concreti della comunità». Con quali strategie si punta a raggiungere gli scopi prefissati dal piano socio-sanitario recentemente approvato? «L’appropriatezza è il fulcro centrale su cui orientare l’azione nel settore della sanità nel prossimo biennio. Gran parte dei problemi del nostro sistema riguarda, infatti, il socio-sanitario: mentre sui posti letto per acuti, le Marche sono al di sopra della media nazionale, per quelli socio-sanitari, e in particolare per la non autosufficienza, la regione registra un forte deficit. Il piano approvato recentemente riequilibra, nel segno della massima appropriatezza, la dotazione dei posti letto. Questo percorso impone una prospettiva regionale che allontana visioni particolaristiche nella ricerca di un’armonia e di un’integrazione sempre crescenti, in grado di offrire a ogni cittadino marchigiano, in qualsiasi località viva, le medesime possibilità di accesso ai servizi sanitari. Una visione che ispira il piano nel nome della valorizzazione della coesione sociale che privilegia la difesa delle fragilità e la qualificazione dei servizi. La tutela della salute, con quella del lavoro e della mobilità, costituisce la priorità del governo regionale e continua a esserlo anche in una fase di perdurante difficoltà finanziaria».



POLITICA ECONOMICA

Le imprese cambiano strategia Investire sull’innovazione, fare squadra e internazionalizzarsi è compito degli imprenditori. Ne è convinto Alberto Drudi, presidente Unioncamere Marche, secondo il quale il sistema camerale, invece, deve creare nuove opportunità nei Paesi in crescita Renata Gualtieri

istema manifatturiero marchigiano ancora in recessione. Tra luglio e ottobre dello scorso anno, la produzione delle imprese industriali e artigiane della regione è diminuita del 2,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010. Non solo la produzione, ma anche il fatturato (-3,4%) e gli ordinativi (-4%) hanno risentito, nel terzo trimestre dell’anno, della congiuntura negativa. Più contenuto il calo del fatturato estero (-2%), che crolla però nell’artigianato (-10,2%). Artigianato che registra anche un pesante calo di produzione (-6,9), fatturato (-6,5) e ordinativi (-8,4). È questa la situazione che viene delineata dall’indagine trimestrale “Giuria della congiuntura”, realizzata da Unioncamere Marche su un campione significativo di imprese manifatturiere marchigiane. Il commento del presidente Alberto Drudi. Un dato preoccupante è il calo della produzione delle imprese industriali e artigiane. Ben 766 aziende artigiane hanno cessato l’attività tra luglio e ottobre. Chi risente maggiormente della recessione e perché? «È un’intera struttura economica a essere entrata in sofferenza. Risentono maggiormente della recessione le imprese che agiscono o hanno agito in difesa. Bisogna investire sull’innovazione e sulla capacità di fare squadra per essere più forti. È vero che ci sono settori con sofferenze più accentuate rispetto ad altri

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Alberto Drudi, presidente di Unioncamere Marche


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ma, come presidente di Unioncamere, mi piace avere uno sguardo d’insieme e il dato complessivo, aggiornato al terzo trimestre del 2011, evidenzia che nella nostra regione il numero delle imprese è in crescita rispetto all’anno precedente, essendo aumentato da 177.360 a 177.881». In quale misura l’export riesce a trainare la produttività? «Le Marche hanno costruito proprio sull’export le loro fortune: mobile e arredamento, calzature e moda, meccanica di precisione ed eccellenze del gusto solo per fare qualche esempio. Ora, però, bisogna aiutare le nostre imprese a modificare le rispettive strategie, se non l’hanno già fatto. Bisogna internazionalizzare e uniformarsi alle nuove forme di relazioni economiche richieste dalla globalità. Non significa delocalizzare, come qualcuno ogni tanto sostiene. Significa, invece, posizionarsi in mercati oggi in forte sviluppo e, allo stesso tempo, creare lavoro nel nostro territorio. Esempi di successo ne abbiamo a decine. Sia di nostre imprese che, andando all’estero, hanno appunto sviluppato la produzione sul nostro territorio, sia d’imprese estere che hanno investito sul nostro territorio, come la cinese QJ sulla Benelli moto di Pesaro. Il compito del sistema camerale è costruire opportunità per le nostre imprese nei Paesi in crescita e noi lo stiamo assolvendo». C’è qualche segnale confortante per il sistema? «Un esempio virtuoso potrebbe essere il progetto Qatar, il suo nome dice già quale sia il centro dell’interesse, e mi ricollego al ragionamento iniziale sulla necessità di internazionalizzare e di fare squadra. I progetti di rete, come in questo caso, servono ad affrontare le grandi novità con cui dovremo confrontarci anche in futuro. Tutti possono inserirsi: artigiani, industrie, piccole e medie imprese. Abbiamo inoltre buoni riscontri dalla calzatura, in

ripresa, e dal turismo, un settore che forse mai prima d’ora è stato altrettanto dinamico e rilevante come opportunità di lavoro e come peso specifico rispetto al sistema economico nel suo complesso. Bisogna dare atto alla Regione che la campagna promozionale con Dustin Hoffman nei panni di testimonial ha avuto un forte impatto sul mercato statunitense». Come si possono rilanciare le imprese, evitando così di prolungare una crisi già così pesante? «Uno dei fattori decisivi è di carattere culturale: la consapevolezza che siamo chiamati a un nuovo inizio. Sarà un percorso di crescita e di sviluppo ancora lungo, ma aperto, e spetta soprattutto ai giovani il compito di interpretare questo nuovo modo di fare impresa. Il successo necessita però di una pre-condizione virtuosa: tutto il sistema-Italia deve remare nella stessa direzione. Tra i segnali confortanti s’inserisce il fatto che il governo Monti preveda 400 milioni all’anno come fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese. Mi chiedo però se i tagli al trasporto pubblico e soprattutto alle fermate dei treni, che isolano di fatto intere aree della regione, siano d’aiuto allo sforzo per internazionalizzare le imprese. Per quanto riguarda il sistema camerale, il nostro compito consiste nel consolidare le numerose relazioni economiche già in essere e nel creare nuove opportunità nei Paesi in crescita, nel potenziare le manifestazioni fieristiche e iniziative come incoming e incontri B2B, nell’intensificare il rapporto sia con le associazioni di categoria sia con le istituzioni locali e nel contribuire, per quanto possibile, al miglioramento delle infrastrutture viarie, uno storico tallone d’Achille per la nostra regione».

+521 IMPRESE Il numero delle aziende, aggiornato al terzo trimestre del 2011, è in crescita rispetto all’anno precedente

-2,6% PRODUZIONE Calo tra luglio e ottobre della produzione delle imprese industriali e artigiane della regione rispetto allo stesso periodo del 2010

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POLITICA ECONOMICA

Le opportunità per la ripresa «Approcci innovativi sul prodotto e sull’organizzazione d’impresa, a partire dallo sviluppo dalle reti aziendali». Le iniziative promosse dalla Regione sono indicate da Sara Giannini, assessore alle Attività produttive Renata Gualtieri

econdo i dati di Trend Marche, l’Osservatorio regionale sull’artigianato e la piccola impresa, nel corso di quest’anno è previsto un calo del Pil delle Marche dello 0,6%, il doppio della media nazionale che si fermerà a 0,3%. Anche il comparto artigiano risente dei contraccolpi della crisi e le prospettive non appaiono rosee. «La Regione – assicura l’assessore Giannini – continuerà a sostenere l’artigianato marchigiano, spina dorsale dell’economia del nostro territorio e fonte di lavoro per migliaia di famiglie». Come si può favorire la crescita e rilanciare le attività produttive della regione? «Assieme alle categorie economiche, nell’ambito del bilancio 2012, abbiamo formalizzato intese per azioni focalizzate su internazionalizzazione, sostegno a credito e liquidità, innovazione e semplificazione. Investiamo complessivamente circa 200 milioni di euro in interventi diretti». Che ruolo riveste la formazione in questo contesto? «La formazione è molto importante, sia nelle situazioni di crisi, dove la riqualificazione e l’adeguamento delle professionalità dei lavoratori può aiutare ad aprire nuove occasioni lavorative; sia per consentire di accedere a professioni migliori, calando i percorsi formativi sostenuti dalla Regione sui reali bisogni del territorio e dell’economia locale».

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Cosa prevede l’accordo per il rilancio delle pmi e dell’economia siglato di recente tra giunta regionale e associazioni di categoria? «L’accordo con artigiani e industriali punta innanzitutto a evitare che la crisi di liquidità in atto porti a una restrizione degli affidamenti di cassa. Tra le azioni principali concordate ci sono anche l’ulteriore riduzione dei costi della pubblica amministrazione, la semplificazione della burocrazia, la priorità ai nuovi investimenti e progetti imprenditoriali delle piccole e medie imprese, il potenziamento dei distretti, la riconversione produttiva in nuovi settori strategici, in primo luogo quelli legati alla green economy e allo sviluppo sostenibile». Quali iniziative sono state promosse a sostegno delle botteghe e delle eccellenze artigiane delle Marche, quante le imprese coinvolte e come è stata valorizzata la figura del maestro artigiano? «La valorizzazione dell’artigianato artistico rientra nella strategia integrata del governo regionale, diretta a dare massima visibilità alle eccellenze del territorio, anche per accrescere la sua attrattività turistica e culturale. In questa prospettiva, oltre ai contributi finanziari


XxxxxxxSara Xxxxxxxxxxx Giannini

diretti, abbiamo previsto diverse misure: il marchio di origine e qualità, segno distintivo che valorizza il made in Marche e la sua componente tradizionale e culturale. Abbiamo previsto, poi, anche specifiche commissioni per la redazione dei disciplinari di produzione, con, per ora circa cento imprese coinvolte. È stato poi introdotto il riconoscimento di “Maestro Artigiano” e l’avvio delle “Bottega scuola”». Per quasi dieci anni le Marche hanno potuto contare su oltre 26 milioni di euro all’anno per il sostegno alle imprese del territorio, oggi invece hanno a disposizione molto meno. Secondo quali criteri saranno distribuite le risorse? «Il fondo unico nazionale per le imprese che veniva trasferito alle Marche, come alle altre regioni italiane, e che valeva 26 milioni di euro è stato azzerato da tempo dal Governo Berlusconi. Siamo riusciti a compensare le minori risorse con nuove fonti di provvista, come quelle provenienti dalla Banca europea per gli investimenti. Abbiamo cambiato la natura del sostegno, coinvolgendo anche il sistema bancario nel finanziamento dei progetti di investimento delle imprese e investendo molto nell’agevolazione dell’accesso al credito, tramite il sostegno alle strutture di garanzia. Inutile disporre di contributi a fondo perduto, che coprono sempre una parte parziale del costo degli investimenti, se la restante parte non riesce a trovare copertura mediante autofinanziamento o fido bancario. Nell’attuale contesto di liquidità, i rapporti con il sistema creditizio sono cruciali». Quali progetti innovativi

particolari sono stati recentemente sostenuti dalla Regione? «La domotica, un progetto che interpreta il cambiamento sociale in atto anche con il progressivo avanzare dell’invecchiamento della popolazione e che rilancia e sostiene quelle aziende che si specializzano, tra gli altri, in illuminotecnica, elettrodomestici di ultima generazione e ricerca tecnologica sui materiali in edilizia». E sul fronte della ricerca? «La Regione sta svolgendo un ruolo propulsivo nelle politiche a sostegno della ricerca e innovazione, anche attraverso il coordinamento dell’Osservatorio istituito nell’ambito della Conferenza nazionale delle Regioni, di cui ho la responsabilità. Recentemente ho inviato un invito al neoministro Profumo a sottoscrivere insieme un protocollo d’intesa già condiviso dal punto di vista tecnico con gli uffici ministeriali. L’obiettivo è concordare un programma d’interventi a sostegno della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie abilitanti, della valorizzazione delle competenze e delle eccellenze scientifiche, della qualificazione imprenditoriale e professionale del capitale umano».

In apertura, Sara Giannini, assessore alle Attività produttive della Regione Marche

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POLITICA ECONOMICA

Le aspettative dei pesaresi Sviluppo delle infrastrutture, un rapporto sereno con gli istituti di credito, sburocratizzazione, fiscalità misurata e contratti di rete. I temi su cui agire per il presidente di Confindustria Pesaro Urbino, Claudio Pagliano Renata Gualtieri

ai risultati dell’indagine trimestrale, realizzata dal centro studi di Confindustria Pesaro Urbino, su un campione di imprese della provincia emerge che la produzione industriale nel terzo trimestre del 2011 è cresciuta dell’1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La variazione di segno positivo ha interessato la produzione di tutti i principali settori dell’economia, a eccezione del settore mobile e arredamento. «Il dato però va preso con cautela – precisa il presidente di Confindustria Pesaro Urbino, Claudio Pagliano – viste le dinamiche di ristrutturazione che coinvolgono le aziende del territorio e che generano effetti molti differenziati tra imprese, anche in relazione al diverso grado di esposizione all’estero». La debolezza della situazione viene, infatti, confermata dal fatto che il 45% del campione di riferimento ha comunque avuto diminuzioni significative dei propri livelli di attività. «Inoltre, ricordo che parliamo di una variazione percentuale minima rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che ha rappresentato un momento estremamente difficile per il sistema produttivo, non solo locale: quindi, purtroppo, non si intravvede ancora la via d’uscita dalla crisi». In difficoltà risulta l’attività commerciale. L’andamento delle vendite in termini reali ha registrato una diminuzione dell’1,4%,

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1,5% PRODUZIONE L’aumento della produzione industriale delle imprese pesaresi nel terzo trimestre 2011 rispetto all’anno precedente

-1,7% VENDITE La diminuzione registrata sul mercato estero. Su quello interno la flessione è stata dell’1,2%

con andamenti negativi sul mercato interno (-1,2%) e su quello estero (-1,7%). Questo rallentamento quanto preoccupa gli imprenditori e quali sono le previsioni relative alle vendite per i prossimi mesi? «Siamo molto preoccupati perché le performance negative si stanno protraendo ormai da lungo tempo. La contrazione delle vendite sui mercati esteri ha ridotto anche le possibilità per le nostre aziende di adeguare in modo più incisivo la produzione alle nuove esigenze dei mercati internazionali. Il calo sull’estero, inoltre, rappresenta una novità negativa: l’export ha da sempre rappresentato l’ancora di salvataggio per le imprese pesaresi rispetto alle croniche difficoltà del mercato interno». C’è da aspettarsi un miglioramento per quanto riguarda il mercato estero e quali


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Sotto, il presidente di Confindustria Pesaro Urbino, Claudio Pagliano

Il Medio Oriente ha molto appeal per il nostro mobile

sono e saranno i principali destinatari del vostro export? «Gli imprenditori pesaresi stanno mettendo in atto strategie di ristrutturazione e anche di riposizionamento sui mercati esteri. Sarà importante verificare quali saranno le economie trainanti, con l’auspico che la ripresa dei consumi mondiali sia ravvicinata e concreta. Per quanto riguarda i mercati preferenziali per il nostro export, ai primi posti certamente i Paesi dell’Unione europea insieme a quelli degli altri Paesi dell’Europa, in particolare la Russia. Il Medio Oriente ha molto appeal per il nostro mobile. E poi ci sono i Paesi africani che per alcune nostre aziende rappresentano sbocchi interessanti. Apprezzabili opportunità, inoltre, potranno pervenire anche dall’India e dalla Cina». Le ore di cassa integrazione nel periodo gennaio-ottobre 2011 sono diminuite del 38%, passando da 9,3 milioni circa del 2010 a 5,7 milioni del 2011. Quali le aspettative rispetto ai dati occupazionali? «Le aziende faranno di tutto per limitare il prolungarsi degli effetti dovuti alla contrazione delle vendite, tuttavia ci ritroviamo a vivere in una situazione complicata e difficile che costringe le aziende a ristrutturarsi per poter sopravvivere e continuare a svolgere il proprio ruolo economico e sociale». Le industrie pesaresi stanno realizzando ogni sforzo per uscire da una crisi, ma quale sarà l’impegno dell’Associazione per il 2012? «Avevamo già indicato la necessità di agire concretamene su pochi temi, ma essenziali per la nostra sopravvivenza: le infrastrutture, a cominciare dal secondo casello dell’A14 a Pesaro e Ospedale unico; un rapporto più sereno e aperto con gli istituti di credito, perché le aziende vanno sostenute anche nei momenti più difficili. Tutto questo in un contesto nazionale che deve fare delle riforme strutturali, della sburocratizzazione e di una fiscalità più misurata i propri punti di forza. Auspico, infine, che il 2012 rappresenti l’anno in cui i contratti di rete e le aggregazioni mirate fra le aziende diventino strategie abituali e non eccezioni». MARCHE 2012 • DOSSIER • 43


POLITICA ECONOMICA

Le linee di sviluppo del futuro Progetti di ampio respiro coinvolgono Confindustria Ascoli Piceno e iniziative volte ad affrontare i problemi delle diverse aree territoriali. Illustra le strategie d’impulso all’economia il presidente Bruno Bucciarelli Renata Gualtieri

Bruno Bucciarelli, presidente Confindustria Ascoli Piceno

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l terzo trimestre del 2011, così come rivelato dall’indagine di Unioncamere Marche, ha registrato un’ulteriore e decisa decelerazione dell’attività produttiva e commerciale per l’industria manifatturiera marchigiana, e in particolare per quella picena. La crisi si è sovrapposta peraltro nel territorio della provincia a una situazione che da diversi decenni risulta già seriamente compromessa nella crescita economica, conseguenza della cessazione del regime agevolato dell’ex Casmez. Il Piceno risulta l’area in maggiori difficoltà dell’intera regione perché in questa zona si localizzano le crisi aziendali più gravi, che richiedono interventi urgenti e incisivi da parte di tutte le istituzioni. «Come imprenditori – sottolinea il presidente di Confindustria Ascoli Piceno Bruno Bucciarelli – ci interroghiamo spesso su come si riesca ancora a fare impresa senza una semplificazione efficace e concreta, senza l’appoggio quotidiano degli istituti di credito e una scarsa comprensione delle effettive esigenze delle imprese da parte di alcune componenti del mondo del lavoro e del sindacato». Quali sono i dati che più la preoccupano e quali settori interessano? «Il lavoro e il futuro dei giovani sono sicuramente al centro delle nostre priorità, i dati in nostro possesso ci preoccupano e confermano un trend decisamente negativo. Nel Piceno dal 2009 sono stati collocati in mobilità 7.886 lavoratori, mentre sono più di 22.000 le persone iscritte attualmente nelle liste di collocamento. La crisi è trasversale e sta colpendo tutti i comparti: certamente l’edilizia è il settore in maggiori difficoltà, peraltro più di altri sta subendo la restrizione del credito. È da rilevare che nelle Marche, nei primi tre mesi del 2011, i finanziamenti per gli investimenti in edilizia residenziale sono diminuiti del 38,6% mentre la riduzione nel centro Italia è stata del 7% e a livello nazionale dell’11,3%. Senza parlare dei cronici ritardi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione che rendono ancora

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Xxxxxxx BrunoXxxxxxxxxxx Bucciarelli

Ascoli 21 darà un aspetto di tecnologia e innovazione all’area ex Carbon

più precaria la situazione». L’export riesce ancora a trainare le imprese della provincia? «Sicuramente la risposta è positiva ma il risultato complessivo risulta ridotto rispetto alle altre province marchigiane. Nei primi nove mesi del 2011 le nostre esportazioni sono aumentate solo del 5,1% rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre le Marche hanno registrato un incremento del 10,3%. Siamo consapevoli che possiamo fare di più, dobbiamo fare meglio. Il futuro delle nostre imprese dipende in gran parte dalla capacità che, nei prossimi mesi, avremo di essere presenti nei mercati esteri e in particolare in quelli extra Ue. Lascia seriamente pensare il fatto che il 73,1% delle nostre esportazioni ha come destinazione il mercato europeo». Quale può essere un’occasione di rilancio e di nuova occupazione per l’imprenditoria picena? «Siamo consapevoli della necessità di favorire

+5,1 % EXPORT Aumento delle esportazioni delle imprese provinciali nei primi nove mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010

73,1 % EUROPA La quota di esportazioni provinciali destinate al mercato europeo

nel Piceno un’attenzione crescente alle potenzialità effettive: stiamo operando su progetti di ampio respiro che devono rappresentare un volano di nuova crescita. Mi riferisco ad iniziative per affrontare i problemi reali delle diverse aree territoriali e avviare, in conseguenza, strategie di concreto impulso all’economia disegnando linee di sviluppo futuro. Un esempio importante è fornito dal progetto “Ascoli 21” che, promosso da Confindustria, è in dirittura d’arrivo e, ottenute le autorizzazioni, potrà avviare i lavori per dare un aspetto di tecnologia e innovazione all’area ex Carbon nel centro del capoluogo». Come sta lavorando l’Associazione nell’ottica di dare un futuro al territorio e quali le sue previsioni per i prossimi mesi? «Confindustria Ascoli Piceno guarda con preoccupazione al futuro dell’ economia del Piceno, nella consapevolezza sulle grandi potenzialità dei nostri imprenditori e delle maestranze. Abbiamo già avviato la costituzione del “Consorzio nuovo porto”, per rilanciare l’economia della costa picena, intervenendo sul ruolo delle imprese connesse alla risorsa mare. Allo stesso modo con “l’alleanza di filiera ittica”- definita insieme a Federpesca stiamo razionalizzando, con un primo contratto di rete, attività e imprese che si concentrano sulla risorsa fondamentale nell’area rivierasca. Contestualmente con “Sorgenti comuni” intendiamo incrementare l’offerta turistica di qualità e valorizzare tutte le risorse, naturali e non, del territorio. Nel frattempo stiamo definendo l’iniziativa per la “re-industrializzazione” delle aree e dei capannoni dismessi, nell’intento di creare le condizioni di contesto utili a nuovi investimenti. Grandi sono anche le aspettative connesse all’attivazione degli “etichal bond”, una speciale obbligazione bancaria dedicata al Piceno ideata per favorire l’acceso al credito delle piccole e medie imprese». MARCHE 2012 • DOSSIER • 45


POLITICA ECONOMICA

È giunto il momento di fare chiarezza n esercito di 162.500 marchigiani iscritti: lavoratori e pensionati, precari e disoccupati. Sono i numeri di Cisl Marche: solidarietà, partecipazione, pragmatismo alla base dei valori statutari. Diverse le prese di posizione su cui la confederazione locale si sta battendo: il no alla liberalizzazione selvaggia degli orari di apertura dei negozi, il no al blocco del pagamento in contanti delle pensioni, la contestazione del piano socio-sanitario regionale, l’appoggio al Fondo anticrisi della regione. Il punto del segretario generale, Stefano Mastrovincenzo. Con i salari compressi le famiglie sono sempre più spinte a ricorrere al credito. «Sì, il ricorso al credito da parte delle famiglie è cresciuto negli ultimi anni. Però le famiglie stanno facendo fronte alla crisi grazie al risparmio e alla casa di proprietà. Ma la ricchezza privata residua non basterà a salvarci se il peso del debito pubblico ci dovesse far deragliare dall’Europa. Per ridurlo vanno aggredite le inefficienze della spesa pubblica, gli abusi, gli sprechi, l’evasione, le rendite parassitarie non più tollerabili. Senza incorrere in eccessi di demagogia, limitare stipendi e bonus dei manager pubblici e privati e i costi della politica è necessario per trasmettere un messaggio di stop ai privilegi e agli eccessivi squilibri». I bancari della Fiba-Cisl hanno aderito alla giornata nazionale contro la speculazione finanziaria. Di cosa si tratta? «La Cisl, assieme ad altre organizzazioni, sostiene l’introduzione di una tassa dello 0,05% sulle transazioni finanziarie, nota come Tobin tax. Essa penalizzerebbe quegli speculatori che realizzano migliaia di operazioni al giorno. Le risorse raccolte sarebbero utili a fronteggiare in parte i problemi economico-finanziari dei paesi europei e a soste-

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Affrontare i limiti e valorizzare le potenzialità, salvaguardando la coesione sociale. È questo l’auspicio di Stefano Mastrovincenzo per il 2012. Secondo il segretario regionale della Cisl i primi nodi da chiarire riguardano l’occupazione e lo stop ai privilegi Tiziana Bongiovanni

nere progetti di sviluppo. Molte dei paesi membri dell’Unione europea, tra cui Francia e Germania, e lo stesso Parlamento europeo, sono favorevoli. Il premier Monti recentemente ha dichiarato l’appoggio dell’Italia, che finora era stata contraria». E come commenta lo sciopero dei bancari del 16 dicembre scorso? «Quello era legato alle iniziative di Cgil-CislUil contro la manovra Monti. Oltre alle tematiche generali, c’era un disagio specifico tra i lavoratori bancari, per una diminuzione del potere di acquisto, la difficoltà dei nuovi assunti nel vedersi stabilizzati, sia pur con retribuzioni inferiori ai lavoratori più anziani, l’incertezza delle prospettive del settore». La bolla finanziaria ha investito l’economia reale e sta producendo disastrosi effetti occupazionali. Com’è la situazione nelle Marche? «Le aziende marchigiane, in gran parte poco capitalizzate, si sono trovate in difficoltà di fronte a banche che hanno innalzato i tassi d’interesse e chiesto sempre più garanzie. I minori in-

Stefano Mastrovincenzo, segretario generale della Cisl Marche


Stefano Mastrovincenzo

vestimenti hanno favorito l’aumento della disoccupazione, giunta nel primo semestre al 6,6%. Abbiamo assistito al crescere di cassintegrati di lunga durata, di scoraggiati e di occupati indipendenti, come giovani ex dipendenti che hanno aperto una partita Iva. Alcune aziende hanno risposto bene alla crisi, ma sono prudenti nelle assunzioni. Per quanto riguarda il settore pubblico, nonostante il rinnovo di vari contratti nazionali, registriamo il blocco della contrattazione. In altri settori assistiamo ad abuso di lavori precari sottopagati». Cosa vorrebbe Cisl Marche per il 2012? «Credo che il 2012 sarà un anno decisivo perché il nostro paese imbocchi per il verso giusto la strada del cambiamento epocale in atto, affrontando i propri limiti e valorizzando le proprie potenzialità. Bene primario è la coesione sociale. Bisogna avere uno sguardo prioritario a chi è più in difficoltà, a partire dai giovani, e poi rimettere al centro lo sviluppo e il lavoro, liberando le energie positive del paese. Dobbiamo convincerci che dovremo essere tutti più sobri e rigorosi, in un paese dove chi ha di più contribuisca di più, dove un imprenditore che investe ed assume sia tassato meno di uno che vive di rendite immobiliari e finanziarie, dove non

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Le potenzialità perché il governo riesca ci sono, a patto che, oltre al rigore sui conti, metta al primo posto sviluppo e lavoro, coesione ed equità sociale

sia precluso ogni futuro a milioni di giovani, dove il welfare pubblico non sia smantellato, ma operi in modo integrato e sussidiario con la ricchezza di esperienze associative e del privato sociale. Poi, certo, molto dipenderà dal contesto europeo». Un’ultima domanda. Come giudica la manovra economica Monti? «La Cisl aveva auspicato un nuovo governo di unità nazionale per affrontare una crisi senza precedenti. Il governo Monti sta recuperando autorevolezza internazionale ed è visto da molti italiani come opportunità credibile per salvare il paese. Le potenzialità perché il governo riesca ci sono, a patto che, oltre al rigore sui conti, metta al primo posto sviluppo e lavoro, coesione ed equità sociale. Però questa manovra non ha assunto tali priorità: ha colpito i soliti redditi, i soliti ceti, e rischia pesanti effetti recessivi. Si deve cambiare passo subito: confronti ed eventuali intese con le parti sociali possono assicurare quella coesione e quella mediazione sociale indispensabili in un momento simile».

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DISTRETTI

Distretti, una formula ancora vincente Il modello distrettuale è ancora valido ma, di fronte ai cambiamenti imposti dalla congiuntura economica mondiale, dovrà sapersi rinnovare per rimanere sui mercati. Donato Iacobucci, docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche, indica nell’innovazione la strada da seguire Tiziana Bongiovanni

e Marche sono una delle regioni a più alto tasso di occupazione manifatturiera in Italia e in Europa. Questa competitività deriva dalla struttura produttiva, basata sui distretti industriali, cioè reti di piccole e medie imprese specializzate. I distretti marchigiani sono sette e secondo gli ultimi dati del servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo per Banca dell’Adriatico continuano a crescere: in testa i tre del sistema moda (le calzature di Fermo, la pelletteria del Tolentino e la jeans Valley del Montefeltro), con a seguire le macchine utensili, le cucine e il legno di Pesaro, gli strumenti musicali di Castelfidardo e per ultimi, scontando le criticità del mercato immobiliare, le cappe e gli elettrodomestici di Fabriano. Marchi come Tod’s, Poltrona Frau, Nero Giardini, Fornarina, Docksteps, Scavolini, Febal, Berloni, Indesit, Ariston, Faber, Elica sono i più noti al grande pubblico. Di distretti industriali si è occupato molto Donato Iacobucci, professore di economia applicata alla facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche. Professore, qual è il segreto del successo dei distretti industriali? «L’aver puntato sulla qualità. Anni fa c’era il timore che il settore avrebbe potuto essere penalizzato dalla concorrenza a basso costo. Al contrario: il sistema è stato capace di reggersi e rinnovarsi, facendo emergere al suo interno imprese di grandi dimensioni che hanno saputo investire nei marchi e nel controllo della distribuzione».

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Ma queste aziende sono ancora in mani italiane? «Sì. Fino a qualche anno c’è stata la crisi della Merloni, che tutt’ora non è completamente risolta, ma i rami d’azienda che sono stati ceduti sono stati acquistati da imprenditori italiani. Ciò evidenzia ancor di più che l’organizzazione in distretti industriali è una formula vincente». Ci faccia un esempio. «Prendiamo Nero Giardini: non produce direttamente calzature, ma si serve di altre imprese che fanno parte del distretto. Non assembla nemmeno, si occupa solo del design e della distribuzione. Chi fa il lavoro per Nero Giardini, realtà tradizionali a media-bassa tecnologia, non sa

Donato Iacobucci, professore di economia applicata alla facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche


Donato Iacobucci

nemmeno quali siano tutte le fasi di lavorazione, perché la filiera è molto specializzata. Insomma, è una lunga catena di fornitura. Ma questa è proprio la sua forza e uno dei vantaggi è consentire una gamma di prodotti molto vasta. Quindi quando parliamo di artigianato marchigiano non si parla del singolo produttore che fa il prodotto dall’A alla Z». Negli ultimi anni si è diffusa l’idea però che i distretti sono superati. «La mia opinione è che non lo siano affatto. Se lei parla con le medie e grandi aziende le direbbero che la loro forza è proprio quella di stare in un distretto industriale». Se però ipotizzassimo un valore aggiunto che questo tipo di organizzazione dovrebbe introdurre, quale sarebbe? «Necessariamente l’innovazione. Il legame tra ricerca e produzione sarà una delle chiavi fondamentali. Penso ad esempio agli spin-off, imprese nate da ricercatori universitari. Attualmente con l’Università Politecnica delle Marche ne abbiamo attivi 25». E le banche, in un sistema industriale a distretti, che ruolo hanno avuto? «Di fondamentale compenetrazione. Il grande vantaggio di questo sistema è che la regione aveva una distribuzione capillare di Casse di risparmio, che sposava bene una realtà fatta di piccole e medie imprese. Anche se nel tempo questi piccoli istituti si sono accorpati, hanno saputo mantenere un ruolo leader su questo tipo di

aziende». Come sono stati finanziati? «Con i fondi regionali, non tramite le banche. La banca per definizione è abituata a sostenere progetti a basso rischio. Se si tratta di finanziare un capannone va benissimo, se invece bisogna esporsi su un progetto di marketing o di ricerca e sviluppo le cose diventano complicate. Ma è proprio in questo momento che le imprese dovrebbero investire sempre meno in immobili e macchinari e sempre più in innovazione». Il biennio 2009-2011 è stato difficilissimo per l’economia mondiale. Com’è andata nelle Marche? «La ripresa del 2010 non è stata sufficiente a recuperare la perdita del 2009 e forse non lo sarà nemmeno quella del 2011. La regione è stata fortemente colpita perché i distretti hanno subito pesantemente il calo di domanda sui mercati europei. Le difficoltà sono sorte soprattutto nelle aziende più ridotte proprio perché questo è un sistema a fascia di imprese, quelle medio-grandi, abbastanza stabili e quelle piccole o piccolissime che hanno subito forti turbolenze. Tanti apri e chiudi, con una maggioranza di questi ultimi, purtroppo. Però il sistema è stabile, non si è indebolito». E cosa possiamo aspettarci per il 2012? «Le previsioni per il 2012 non sono molto rosee, secondo Confindustria il primo semestre si annuncia di leggera recessione. Non sono riduzioni rilevanti, però si innestano in una situazione in cui il sistema non si è ancora ripreso dalle annate precedenti. C’era l’aspettativa che nel 2011 si potesse recuperare il crollo del 2009, ma la seconda parte dell’anno si è chiusa in frenata, situazione che continuerà ancora per tutto il primo semestre di quest’anno». E per il secondo semestre? «Le previsioni sono di ripresa, ma molto contenute. Non posso essere né ottimista, né pessimista. Mi baso su ciò che leggo. Gli istituti di ricerca nell’ultima parte del 2011 hanno continuamente riveduto al ribasso le previsioni per il 2012». MARCHE 2012 • DOSSIER • 53


DISTRETTI

Qualità e innovazione, il calzaturiero cresce all’estero opo circa sei mesi dalla sua elezione può fare un bilancio della sua attività rispetto al programma presentato. Cleto Sagripanti è fermamente convinto della necessità di sostenere la ripresa del settore con un lavoro sinergico e proattivo che si concentri su diversi fronti, a partire dalla tutela e valorizzazione del made in Italy. «In veste di presidente dell’Associazione nazionale calzaturifici italiani – sostiene – è mia intenzione continuare a diffondere il valore e la qualità dell’eccellenza calzaturiera italiana, sia nel nostro Paese che all’estero, con il coinvolgimento diretto delle istituzioni». Alleati indispensabili per la ripresa economica e la lotta alla contraffazione sono infatti il governo italiano e la Comunità europea. In questi primi mesi di mandato Sagripanti ha concentrato la sua attenzione su diverse iniziative di sensibilizzazione, tra cui “Crescere con il made in Italy”, «un momento di incontro che lo scorso novembre è stato occasione per riscoprire gli imperativi del ben fatto italiano: conoscenza, cultura e artigianalità». L’Anci ha, inoltre, attivato dallo scorso settembre il progetto www.iloveitalianshoes.eu, una boutique online dove è possibile acquistare le migliori calzature italiane con un semplice click. Si continua a credere nei giovani e nel loro avvicinamento al settore per questo l’Anci punta su formazione teorica e pratica per preparare i tecnici e gli imprenditori di domani, senza dimenticare la creatività e la passione per il proprio lavoro. E poi, innovazione, politiche a sostegno dell’occupazione, difesa dei posti di lavoro, comunicazione con gli im-

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I risultati dimostrano che il settore delle calzature ha affrontato una profonda ristrutturazione e ha saputo approfittare degli spiragli di crescita emersi nei mercati stranieri. Fa il punto il presidente dell’Anci, Cleto Sagripanti Renata Gualtieri

prenditori e con il consumatore. «Abbiamo già ottenuto risultati positivi in questi sei mesi di lavoro che ci dimostrano che stiamo percorrendo la strada giusta». In un momento cruciale per il Paese cosa vuol dire crescere con il made in Italy? «Il made in Italy è innanzitutto un brand che

Cleto Sagripanti, presidente dell’Associazione nazionale calzaturifici italiani


Xxxxxxx CletoXxxxxxxxxxx Sagripanti

+0,8% FORZA LAVORO

certifica la qualità e l’eccellenza della produzione calzaturiera italiana, riconosciuto e apprezzato anche oltre i confini nazionali. Gli elevati standard che sostengono la nostra produzione calzaturiera hanno aiutato il settore a reggere alla crisi che ci ha colpito nel 2008 e nel 2009. Oggi stiamo nuovamente vivendo un periodo critico a cui bisogna rispondere con energia e compattezza. Per questo Anci continuerà ad aiutare le imprese del processo di reazione e ripresa, diffondendo la necessità di adottare nuove strategie distri-

Nei primi 9 mesi 2011 il numero di addetti nei calzaturifici è passato da 80.153 a 80.791

+2,5% VOLUMI PRODUTTIVI Aumento medio registrato nel periodo gennaiosettembre in quantità

butive, nuovi posizionamenti di prezzo e di target e suggerendo nuovi mercati sui quali puntare. È necessario in questo scenario avere il pieno sostegno del governo italiano. Anci è portavoce delle necessità del settore presso le istituzioni e punta a interventi concreti in termini di politica industriale: incentivi fiscali per chi produce e chi assume in Italia, creazione di reti d’impresa, sostegno alle aziende che presentano piani di crescita economica e occupazionale». Come vengono coinvolte le nuove generazioni alla scoperta del made in Italy e la conoscenza dei casi d’imprese d’eccellenza del settore? «I giovani sono il futuro del fare impresa italiano. Passione, forza, creatività sono le armi che i nostri ragazzi mettono a disposizione del settore per contribuire a crescita e rilancio. Non possiamo rinunciare a queste risorse uniche. Anci ha tra i suoi obiettivi principali quello di coinvolgere le nuove generazioni. Per questo dobbiamo insegnare loro cosa significa essere imprenditori, dobbiamo condividere con loro l’amore per l’eccellenza della calzatura italiana e per il ben fatto, stimolare la loro capacità di creare prodotti belli, originali e la loro voglia di innovazione. L’Associazione organizza diversi eventi formativi e iniziative culturali, anche all’interno di Micam ShoEvent, che puntano a fare da collante tra il settore scuola e moda». Qual è l’impegno dell’Associazione per esportare la cultura che anima la produzione calzaturiera italiana in tutto il mondo? «L’impegno di Anci all’estero è costante e continuativo, grazie a iniziative pensate ad hoc per raggiungere i diversi mercati. Siamo quindi soddisfatti che il governo sia tornato sui propri passi in merito alla cancellazione dell’Ice, ente indubbiamente fondamentale per la promozione all’estero delle nostre piccole e medie imprese, con il quale ci auspi- MARCHE 2012 • DOSSIER • 55


DISTRETTI

chiamo di riprendere a collaborare da subito

5,9 mld EXPORT Importo dei progetti di internazionalizzazione per le fiere presentati dalla Regione a governo e Ice

-2% ACQUISTI Flessione della spesa delle famiglie italiane riservata alle calzature nei primi 9 mesi del 2011

a pieno regime. Le strategie di internazionalizzazione sono fondamentali per noi: siamo presenti alle principali manifestazioni fieristiche mondiali in Europa e nell’area di lingua russa, in Medio Oriente e negli Usa, con riscontri positivi verso la nostra produzione calzaturiera grazie ad eventi che promuovono e rafforzano il giro d’affari e l’immagine del made in Italy calzaturiero. E non ci fermiamo qui. Anci è continuamente alla ricerca di nuove sfide e nuovi mercati da proporre ai propri associati come, ad esempio, i Bric. La calzatura made in Italy ha raggiunto ormai un buon livello di riconoscibilità in Brasile e in Russia, dove prendiamo parte alle maggiori manifestazioni di settore, mentre India e Cina sono mercati che offrono grandi prospettive ma con sistemi distributivi complicati e politiche protezionistiche piuttosto rigide». Ha dichiarato che «in questi ultimi anni, soprattutto nei momenti più neri della congiuntura a cavallo tra il 2008 e il 2009, le aziende calzaturiere hanno sofferto in modo particolare la mancanza di un’offerta adeguata alle loro esigenze di assicurare il credito». L’accordo Anci Sace Bt che opportunità offre alle imprese associate? «Grazie all’accordo firmato tra Anci e Sace Bt

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le imprese associate Anci potranno sottoscrivere a condizioni vantaggiose una polizza che permette di assicurare dal rischio di mancato pagamento delle vendite realizzate con clienti italiani o esteri. Abbiamo identificato uno strumento efficace di assicurazione del credito, adeguato alle esigenze dei clienti. Oltre a proteggere le imprese dai rischi di mancato pagamento, consente di concedere migliori dilazioni di pagamento o finanziamenti a condizioni concorrenziali. Questo accordo rientra nelle azioni che Anci sostiene per lo sviluppo e la difesa delle aziende italiane e rappresenta un valore aggiunto per le associate dimostrando la vicinanza dell’Associazione ai bisogni reali delle imprese in un momento difficile e incerto come quello attuale». Come giudica la capacità delle imprese calzaturiere di reagire alla crisi, dimostrata nel 2011, e il 2012 presenterà per il settore dati positivi di ripresa?


Xxxxxxx CletoXxxxxxxxxxx Sagripanti

Il made in Italy è un brand riconosciuto e apprezzato oltre i confini nazionali

«I dati relativi ai primi nove mesi del 2011 dimostrano che il comparto sta recuperando in termini produttivi i livelli pre-crisi. Si tratta di una crescita che valorizza un cambiamento di sistema sociale che ruota attorno al nostro settore e che coinvolge i lavoratori, tornati ad aumentare in numero. Si consideri che, rispetto al 2010, il numero di addetti nei calzaturifici è cresciuto dello 0,8% in un contesto nazionale dove i valori relativi alla disoccupazione sono in costante crescita. I risultati dimostrano che il settore calzaturiero ha affrontato una profonda ristrutturazione a livello di strategie commerciali e di posizionamento che ha consentito alle imprese di approfittare degli spiragli di crescita emersi nei mercati stranieri. Stiamo per affrontare però 12 mesi particolarmente difficili. Si intravedono già, infatti, i primi segnali di rallentamento. Diventa, quindi, quanto mai urgente consolidare la crescita per non interrompere il circolo virtuoso innescato. Due le strade da percorrere: rinnovamento di macchinari e di prodotto, in grado di adeguarsi alle nuove richieste dei mercati e a una domanda sempre più variabile, e l’introduzione di una nuova politica del lavoro che premi le aziende che investono nei giovani e nella formazione». MARCHE 2012 • DOSSIER • 57


DISTRETTI

econdo i dati Istat sul commercio estero, nel III trimestre 2011 le esportazioni marchigiane sono cresciute del 7,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per un valore complessivo di 2,6 miliardi di euro. In realtà, le esportazioni del solo comparto del cuoio, pelli e calzature sono aumentate del doppio (+15,3%) per un valore pari a 624 milioni di euro. L’indagine congiunturale di Unioncamere Marche, riferita allo stesso periodo, evidenzia un fatturato in leggero calo (1,4%), sia sul mercato interno che estero per il calzaturiero, ciò a dimostrazione di un’imminente fase di rallentamento della dinamica di questo settore, che fino a questo momento ha mostrato performance ben più elevate della media. Le calzature e la pelletteria marchigiane sono destinate in gran parte al mercato europeo (per una quota del 78% sul totale dell’export marchigiano), sia intra-Ue (55%) che extra-Ue (23%), questo mercato regge comunque bene (+13% rispetto al III trimestre 2010) e «deve essere assolutamente salvaguardato». Interessante è la ripresa dell’America settentrionale (+20,5%) e soprattutto la crescita verso l’Asia orientale (+37%) «che rappresenta oggi la vera grande opportunità per le imprese marchigiane». Annalisa Franceschetti, responsabile dell’Ufficio di statistica area promozione della Camera di Commercio di Macerata, indica le sue previsioni per l’andamento del settore nei prossimi mesi e le azioni su cui occorrerà concentrarsi. Qual è la vera forza delle imprese marchigiane? «La forza delle nostre imprese sta soprattutto nell’orgoglio e nella volontà di stare sul mercato. I nostri imprenditori credono nelle loro capacità di comprendere i bisogni del mercato: è su questo che hanno sempre puntato e ciò che continua a guidare le loro scelte d’investimento. Si tratta d’imprese che sanno bene cosa vuol dire il termine concorrenza e che per affrontarla hanno generato i necessari anticorpi. I nostri

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Il cammino verso l’eccellenza «Il distretto marchigiano della calzatura è il più importante d’Europa e del mondo». Annalisa Franceschetti, responsabile dell’Ufficio di statistica della Camera di Commercio di Macerata, sottolinea la forza delle imprese Renata Gualtieri

imprenditori non fuggono dalla competizione del mercato e non creano lobby e gruppi di potere per sviare le regole della concorrenza, ma cercano di conquistarsi una posizione confrontandosi direttamente con i competitor, per quanto forti questi siano, cercando di offrire prodotti e servizi sempre più appetibili. Purtroppo questo approccio è sempre più difficile da perseguire a causa della perdurante crisi che sta frenando i consumi in tutte le economie occidentali». L’azione della Camera di Commercio di Macerata come intende sostenere il settore nei prossimi mesi? «L’ente supporta il distretto


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Annalisa Tera’ Franceschetti yot vagh ah

calzaturiero su vari fronti. Innanzitutto, attraverso il sostegno continuativo del suo braccio operativo: l’azienda speciale Exit, che guida le nostre imprese nei processi di internazionalizzazione attraverso la partecipazione alle maggiori fiere di settore, l’organizzazione di missioni ed eventi, nonché la fornitura di informazioni commerciali e ricerca di partner esteri; poi, attraverso il sostegno finanziario dei confidi e dei consorzi per il commercio con l’estero e di numerose altre iniziative realizzate in collaborazione con le associazioni di categoria; mentre, in collaborazione con le istituzioni locali la Camera definisce ogni anno

55% EXPORT Esportazioni intra-Ue per calzature e pelletteria marchigiane

624 mln EURO Il valore del commercio estero generato dal calzaturiero marchigiano nel terzo trimestre

nuovi programmi di azione riguardanti lo sviluppo dell’innovazione, la valorizzazione del territorio e la qualificazione delle risorse umane. In particolare, sul tema dell’innovazione, il comparto calzaturiero può usufruire del Material point (centro espositivo sui nuovi materiali) a Civitanova Marche nato dalla collaborazione tra Tecnomarche-Parco scientifico e tecnologico delle Marche, Camera di Commercio di Macerata e Fondazione Carima con l’intento di supportare il trasferimento tecnologico da un settore all’altro». Qual è il grado di innovazione logistica e utilizzo di nuove tecnologie nel distretto calzaturiero? «Per quanto riguarda la logistica, le imprese mediograndi del distretto si sono rese conto dell’importanza della gestione efficiente della logistica aziendale e stanno implementando significative innovazioni in questo campo. Ad esempio, importanti progetti sono stati avviati nell’ambito della tecnologia Rfid per il controllo del processo (interno ed esterno all’azienda) e soprattutto per le successive fasi di smistamento, trasporto e distribuzione. Molta attenzione è rivolta anche ad altre tecnologie, quali, ad esempio, quelle per la progettazione tridimensionale, con impatti molto rilevanti sul comparto moda sia nella fase di sviluppo e prototipazione con notevole riduzione di tempi e costi nella realizzazione dei nuovi prodotti e delle nuove collezioni, sia nel MARCHE 2012 • DOSSIER • 59


DISTRETTI

Per l’innovazione il comparto calzaturiero può usufruire del centro Material point

marketing e nel commerciale con la possibilità di mostrare in tempo reale tutte le possibili varianti per ciascun modello. Su questi campi la Camera di Commercio di Macerata interverrà nel 2012 in collaborazione con il Parco scientifico e tecnologico delle Marche, la provincia di Macerata e la Fondazione Carima attraverso il “programma di sviluppo dell’innovazione in provincia di Macerata”, un piano avviato nel 2010 che intende supportare l’innovazione nelle piccole e medie imprese della provincia». L’industria manifatturiera marchigiana prevede una parte finale dell’anno caratterizzata da una generale stazionarietà dei livelli produttivi. La maggior parte delle im60 • DOSSIER • MARCHE 2012

prese, infatti, esprime aspettative di stabilità della propria produzione (il 52% delle aziende) e del fatturato (53%). È concorde con queste previsioni e dove più occorre investire per facilitare la ripresa? «Si può prevedere che il 2011 si concluda mantenendo un andamento stabile rispetto al secondo quarto dell’anno. Le imprese, così come le pubbliche amministrazioni, devono investire avendo una chiara visione di sviluppo di medio-lungo termine. Non è possibile investire per avere ritorni in breve termine: non esistono formule magiche, ma risorse umane qualificate e innovazione continua possono supportare l’azienda nel difficile cammino verso l’eccellenza. L’innovazione, in particolare, dovrà essere indirizzata sempre più verso soluzioni sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale, economico e finanziario».



Sul cammino del made in Italy Una straordinaria testimonianza di stile. Con Agostino Tortolini alla scoperta di uno dei suolifici marchigiani più famosi nel mondo. Per ribadire che il nostro Paese può e deve tornare a crescere ripartendo dalle sue più antiche maestranze Andrea Moscariello

n’attenzione spasmodica rivolta a ogni singolo particolare. Una lavorazione che affascina da generazioni, innovandosi pur mantenendo un carattere artigianale testimone di un’antica tradizione manifatturiera. L’universo della calzatura trova nelle Marche la sua terra più rappresentativa. E anche dietro una singola suola si cela una complessa realtà fatta di maestranze, imprenditori e artisti apprezzati in tutto il mondo. Il celebre Suolificio Elefante di Loro Piceno, nel maceratese, è probabilmente uno dei più grandi custodi di queste ricchezze. E in un momento economicamente critico, il suo fondatore, Agostino Tortolini, vive con enfasi ancora maggiore, rispetto al passato, la sua missione: portare nel mondo la qualità, il

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gusto e lo stile italiani. «Il made in Italy è in primo luogo un valore culturale – ci tiene a sottolineare Tortolini –. Per noi significa tutelare i posti di lavoro, le capacità produttive e anche il futuro dei nostri giovani». Il suolificio è frutto di un progetto nato alla fine degli anni Settanta. «All’epoca, con gli altri quattro soci, il nostro distretto calzaturiero faticava a trovare soluzioni di alta qualità. Occorreva colmare un gap. E negli anni, grazie alle competenze acquisite abbiamo contribuito alla crescita delle più prestigiose firme della calzatura italiana». Con il tempo il marchio Elefante si è affermato anche al di là dei confini nazionali, in particolare sul mercato


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IL DISTRETTO CALZATURIERO

Il prodotto è un risultato, la diretta conseguenza dell’unione di intenti tra chi intuisce e chi realizza. Un fine comune che ci rende ineguagliabili nei materiali e nei dettagli

L’ingegnere Agostino Tortolini, tra i soci fondatori della Suolificio Elefante Srl di Loro Piceno (MC), insieme al figlio Aldo da poco subentrato in azienda e al nipote Andrea Paletti www.elefantesuolificio.it

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tedesco. E anche in virtù del know how accumulato sullo scenario internazionale, Tortolini riconosce nel potenziale del made in Italy uno degli ingredienti fondamentali per la ripresa della nostra economia. Quello italiano è un valore che stiamo trascurando? «Oggi purtroppo non si guarda con sufficiente attenzione a tutti quei lavori che, seppur con difficoltà, si riescono a trovare sul mercato. È errato pensare che le aziende non abbiano bisogno di personale. Il fatto è che ne occorre di fortemente specializzato. Noi italiani troppo spesso spingiamo su una formazione professionale che non attinge alla nostra storia, alla nostra cultura, alla nostre tradizioni». Dunque un’eccessiva mancanza di nuove maestranze? «Tutto ciò e paradossale, in quanto bisognerebbe investire su queste nostre eccellenze produttive, che sono una risorsa per il sistema Paese. Se prendiamo in esame il settore della calzatura, il made in Italy ha ancora un valore aggiunto straordinario. Negli altri paesi non si è riuscito a superare il valore di un brand come quello italiano, perché il nostro territorio rievoca Michelangelo, Leonardo da Vinci, Dante ma anche Firenze, Venezia, Roma, tutto il patrimonio unico e inimitabile del Belpaese. Quando si dice Italia si dice bellezza. Come sosteneva Gibran, “Viviamo solo per scoprire nuova bellezza. Tutto il resto è una forma d'attesa”». Che cosa significa made in Italy nella calzatura? «Significa attenzione estrema ai materiali, ai processi produttivi e alle lavorazioni. Tutto questo legato dal collante del design. Noi italiani siamo naturalmente portati a creare il “bello”. E ciò lo si vede in ogni ambito in cui ci adoperiamo. Puntiamo sempre a sviluppare prodotti che siano esteticamente apprezzabili e funzionalmente utili. In particolare, quello che creiamo nel nostro suolificio, riesce a inserirsi al-


Agostino Tortolini

DA OLTRE TRENT’ANNI SUI MERCATI a storia del Suolificio Elefante ha inizio nel 1979. Costituita da 5 soci, l’azienda imposta la sua attività dedicandosi totalmente a un calzaturificio all’epoca di proprietà di uno dei fondatori. Dopo un solo anno, però, l’Elefante deve già rivolgere la propria produzione ad altri clienti, in particolare provenienti dalla Germania, paese in cui, nel corso degli anni Ottanta, ottiene un’importante quota di mercato. Successivamente, con la fuoriuscita di uno dei fondatori dalla compagine, è l’ingegnere Agostino Tortolini a divenire il socio di maggioranza, con una quota pari al 46% del capitale. Nel 1995 l’azienda amplia la sua struttura con un importante investimento in un nuovo stabile, che nel giro di due anni permette un rilevante incremento di fatturato, da sei a otto miliardi di lire. In seguito all’attacco terroristico al World Trade center e con la conseguente crisi economica mondiale, si è via via scemato l’indotto del mercato tedesco, portando così l’Elefante a rivolgere l’offerta di prodotto ai principali marchi italiani. Nel 2003

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l’interno delle calzature più prestigiose, in quanto conferisce comodità, stile e quel particolare unico che segna la differenza tra ciò che è buono e ciò che è straordinario». Il mercato cui vi rivolgete è sempre più complesso. Quali strategie state attuando al fine di rendervi più competitivi? «La nostra azienda negli anni non si è mai fermata, ha creduto negli investimenti produttivi, in quelli rivolti alle risorse umane e, soprattutto, ha creduto nelle relazioni e nei rapporti

è iniziata la prima fase del cambio generazionale, con l’inserimento di Andrea Paletti figlio di uno dei soci. Nel 2009 si è inserito un altro membro della seconda generazione, ovvero il figlio dell’ingegner Tortolini, il quale, dopo aver terminato con successo gli studi in Economia, sceglie di inserirsi nell’azienda di famiglia. Nel 2009 l’azienda ha risentito ovviamente della congiuntura negativa. Per farvi fronte adotta con successo alcune strategie di marketing al fine di ampliare il pacchetto clienti. I risultati non si fanno attendere a lungo e nel 2010 registra un incrementato di fatturato pari a circa il 20%, fino a raggiungere nel 2011 un’ulteriore crescita del 38%. La struttura oggi conta in totale 41 addetti oltre, ovviamente, ai quattro soci. Attualmente l’Elefante rivolge la produzione - oltre 2000 paia giornaliere - a produttori italiani e tedeschi, i quali servono diversi mercati internazionali. Le sue suole accompagnano le scarpe di alcuni dei più famosi brand mondiali presenti nel settore della moda.

con i committenti. È grazie a questi rapporti consolidati che siamo riusciti a comprendere quali fossero le reali esigenze del mercato, in pratica i nostri clienti e i loro stilisti sono stati la nostra antenna, ci hanno posto delle sfide creative sempre più complesse che siamo riusciti a soddisfare negli anni. Il suolificio è divenuto un laboratorio di idee e di stimoli, un punto di riferimento per i più importanti calzaturifici italiani, con i quali ci confrontiamo in termini progettuali e produttivi. Tutto questo grazie a MARCHE 2012 • DOSSIER • 65


IL DISTRETTO CALZATURIERO

Il made in Italy per noi è una filosofia atta a preservare e tutelare la qualità della vita nel paese più bello del mondo

un processo organizzativo che garantisce con-

segne puntuali e alti standard qualitativi. Un modus operandi resosi possibile grazie alle figure professionali presenti in azienda, difficilmente reperibili altrove sul mercato. È con loro che i maggiori stilisti portano a termine numerosi progetti comuni». Cosa deve caratterizzare un vostro prodotto? «Deve contenere un perfetto connubio tra co-

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modità e stile. Un obiettivo che si raggiunge solo attraverso un’abile maestria nella lavorazione del cuoio, ma anche di altri materiali sintetici, tutti scrupolosamente supervisionati in ogni fase del processo produttivo. Un prodotto è solo un risultato, la diretta conseguenza dell’unione di intenti tra chi intuisce e chi realizza. Un fine comune che ci rende ineguagliabili nei materiali e nei dettagli». Come nasce la scelta dell’elefante, simbolo del vostro lavoro? «Il nostro simbolo rappresenta energia e passione. Difatti, abbiamo la capacità di trasferire nella scarpa che utilizza la suola Elefante un’anima particolare, artistica. Tant’è vero che quest’anno abbiamo voluto sviluppare una collaborazione con The circus art, un laboratorio di arte contemporanea, grazie alla quale è nata una serie limitata di quadri dal titolo “150 Verde Bianco Rosso”. Pezzi unici che abbiamo regalato ai nostri migliori clienti quale omaggio all’enorme patrimonio artistico italiano, al quale ci rifacciamo tutti noi produttori e imprenditori che ancora oggi, con energia e passione, crediamo nell’Italia. Ripeto, il made in Italy per noi è una filosofia atta a preservare e tutelare la qualità della vita nel paese più bello del mondo». Tradizione e innovazione, come si raggiunge questo connubio? «Innanzitutto occorre prestare attenzione alle forme del nostro tempo, a ciò che richiedono i mercati. Questo significa innovare. Nei nostri processi produttivi, poi, puntiamo a mantenere nella lavorazione l’artigianalità e la manualità dell’uomo, coniugandole, però, con i macchinari più moderni e innovativi. È questa la formula che ci consente di lavorare con competitività nei differenti segmenti del mercato». Cosa si aspetta dal futuro? «Stiamo già intraprendendo il delicato passaggio generazionale. I giovani saranno un punto di riferimento per poter cogliere le opportunità che i mercati internazionali ci porranno nei prossimi anni. Crediamo fermamente nel loro ruolo come traino del made in Italy».



IL DISTRETTO CALZATURIERO

Un distretto legato al territorio Fra artigianato e visione europea. La produzione di scarpe femminili nel territorio di Macerata. Marino Barchetta, uno dei moltissimi imprenditori del settore della regione, spiega i motivi del costante successo del calzaturiero marchigiano. Un settore che mantiene un forte legame col territorio, dai materiali al disegno Manlio Teodoro

a specificità del settore calzaturiero marchigiano, che conta migliaia di piccole e medie imprese e importanti marchi, sta nell’avere uno sguardo all’interno per la produzione e il disegno della scarpa e uno rivolto all’esterno per cogliere tendenze e mode. Anche internazionale, dato che oltre che per il mercato nazionale, le calzature prodotte nelle Marche sono destinate anche all’export.

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Marino Barchetta, titolare del Calzaturificio Crown Srl, Trodica (MC) crownsrl@hotmail.com

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Il contributo dato dalle imprese regionali al brand made in Italy è il frutto della comunione delle classiche tecniche dell’artigianato e la capacità imprenditoriale di combinare qualità, comodità e senso estetico in un unico prodotto – questo sa interpretare i trend e al contempo rendersi riconoscibile nella massa di calzature presenti negli scaffali dei negozi, anche esteri. Una di queste imprese è quella fondata da Marino Barchetta, attuale titolare del calzaturificio Crown: «È indubbio che le peculiarità del prodotto made in Italy siano ancora premianti nell’attuale contesto economico e sociale. Noi abbiamo puntato e puntiamo ancora in modo convinto sul valore aggiunto della calzatura prodotta interamente in Italia. Nonostante le pesanti pressioni concorrenziali in questo settore – provenienti anche dai paesi emergenti – l’accuratezza e la velocità nella produzione che garantisce il made in Italy rendono ancora il nostro prodotto unico e apprezzato». Il calzaturificio Crown ha un rapporto con il territorio non solo di stile e tradizione produttiva, ma anche per quanto riguarda l’approvvigionamento delle materie prime. «Tranne che per qualche fornitore di pellame che non sia disponibile nella nostra regione, tutti gli elementi, interni ed esterni,


Marino Barchetta

che concorrono a produrre la nostra calzatura sono marchigiani. Ed è qui nelle Marche che abbiamo il nostro punto di forza, per le capacità e le esperienze di cui il comprensorio esprime». La specializzazione dell’azienda è la scarpa femminile. «Abbiamo una produzione ancora in parte artigianale. Siamo un’azienda che produce pronto moda e quindi non può affidarsi a una sola tecnica di produzione, al contrario utilizziamo una moltitudine di tecniche, che applichiamo di volta in volta alla tipologia di calzature da produrre. In linea generale il segmento di mercato al quale ci rivolgiamo è quello di un prodotto giovane con un elevato rapporto fra qualità e prezzo. Il nostro target di riferimento è una donna brillante alla quale piaccia indossare calzature alla moda. Attualmente il grosso del nostro fatturato deriva dall'Italia, in modo particolare dal Settentrione. Tuttavia l’estero registra un 10-15% all’anno, valore che prevediamo di far crescere nei prossimi anni, in particolare nei paesi europei». Nonostante la crisi abbiamo dato un colpo

È indubbio che le peculiarità del prodotto made in Italy siano ancora premianti nell’attuale contesto economico e sociale

uniforme a tutti i settori e in modo particolare a quello dell’abbigliamento, il calzaturificio Crown è riuscito a mantenere il mercato anche nell’ultimo biennio. «Siamo riusciti a superare il periodo di difficoltà grazie al successo di alcuni nostri articoli che hanno ottenuto un notevole – e in parte inaspettato – gradimento di pubblico. Fra questi alcuni modelli di stivale e le nostre ballerine, che sono state il fiore all’occhiello delle nostre collezioni nel periodo più duro della crisi. Per questo motivo, interpretando questi dati, abbiamo scelto di puntare, per la prossima collezione primavera-estate, su un rinnovamento della gamma delle ballerine, puntando sicuramente su una calzatura sportiva e vivace, sul modello delle ginniche». MARCHE 2012 • DOSSIER • 69


IL DISTRETTO CALZATURIERO

Qualità italiana per i passi dei bambini Valorizzazione del made in Italy e creazione di opportunità lavorative sul territorio. Gli obiettivi del Calzaturificio La Romagnoli non sono cambiati in oltre mezzo secolo di attività. L’esperienza di Giovanni Giustozzi Carlo Gherardini

on circa 35mila addetti, 2500 aziende - 400 delle quali di tipo industriale - e oltre 3mila milioni di euro di fatturato, il calzaturiero continua a trainare l’economia regionale. Oltre l’80% della produzione regionale viene esportata e le principali direttici di vendita all’estero interessano la Russia (15%), la Germania (10%), la Francia (9%), il Regno Unito (8%), gli Usa ( 5%), i Paesi Bassi (6%) e i Paesi asiatici (10 %). Addirittura, l’80% delle calzature italiane destinate al mercato russo appartengono al distretto calzaturiero marchigiano. Va da sé che le Marche, ancora oggi, rappre-

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Il negozio “I Birbi Bimbi” a Tolentino (MC) e nella pagina a fianco fasi di lavorazione all’interno del calzaturificio La Romagnoli di Petriolo (MC) www.laromagnoli.it

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sentino il cuore pulsante dell’artigianalità italiana, soprattutto nel settore calzaturiero. A maggior ragione, in un momento storico in cui, se la domanda sul mercato interno è in leggera flessione, aumenta invece la domanda degli articoli made in Italy sul mercato internazionale. «L’importanza del territorio marchigiano nel settore calzaturiero affonda le sue origini ancora prima del periodo post bellico – afferma Giovanni Giustozzi, alla guida da cinquant’anni del Calzaturificio La Romagnoli Srl di Petriolo – fase in cui ci fu senz’altro una crescita di questo tipo di attività su tutto il territorio». La Romagnoli nacque nel 1960 come piccola realtà artigianale, per poi raggiungere, 12 anni dopo, una dimensione industriale pur mantenendo inalterata la sua impronta all’artigianalità. Oggi, giunta al mezzo secolo di attività, l’azienda festeggia anche un altro anniversario: il primo dall’inaugurazione del suo negozio “I Birbi Bimbi” dedicato ai piccoli clienti e immerso nel verde, presso l’Abbadia di Fiastra a Tolentino (MC). L’azienda è specializzata infatti nella realizzazione di calzature per bambini, ragazzi e ragazze del tipo medio fine, realizzate in pelle e in materiali naturali per il mercato nazionale ed estero. «Il nostro è un prodotto particolarmente delicato, che deve saper favorire lo sviluppo armonico del piede sin dai primi passi e che


Giovanni Giustozzi

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Il nostro è un prodotto particolarmente delicato, che deve saper favorire lo sviluppo armonico del piede sin dai primi passi e che viene realizzato esclusivamente con materiali italiani

viene realizzato esclusivamente con materiali italiani lavorati sapientemente da operatori locali». Una crescita sana e corretta, infatti, passa anche attraverso calzature capaci di favorire un giusto sviluppo dei piedi e della deambulazione. «Le scarpe destinate ai più piccoli devono avere struttura anatomica particolare, che sia flessibile, leggera e spaziosa nella zona anteriore, più sostenuta in quella posteriore» spiega Giustozzi. E i materiali più adatti a favorire anche una corretta traspirazione sono quelli naturali, quali pelle e cuoio, che si prestano a diversi tipi di lavorazioni, ottenendo così scarpine corrette dal punto di vista anatomico e particolarmente gradevoli anche dal punto di vista estetico. Forte dei principi che da sempre guidano la sua realtà, Giovanni Giustozzi continua a credere nel proprio lavoro e ad avere fiducia nell’andamento positivo dell’attività nonostante il momento congiunturale di grandi incertezze per i mercati internazionali, che obbliga il set-

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tore calzaturiero a dover fronteggiare, nel breve e nel lungo periodo, non poche sfide. La concorrenza dei produttori stranieri, che hanno immesso sul mercato prodotti di scarsa qualità a prezzi decisamente bassi e la crescente offerta seguita alla delocalizzazione sono fattori che hanno creato squilibri nel mercato, ma che non spaventano salde realtà artigiane come il Calzaturificio La Romagnoli. «Continuiamo a perseguire quello che è da sempre l’obiettivo che ci caratterizza, ovvero realizzare un articolo di alta qualità, che risponda alle caratteristiche del prodotto 100% italiano». A questo scopo, il team dell’azienda non si stanca mai di ricercare continuamente elevati livelli di confort ed eleganza, tenendo testa alla spietata concorrenza straniera. «Il futuro – conclude Giustozzi – ci vedrà ancora protagonisti nella lotta per la valorizzazione del made in Italy e nel voler dare opportunità lavorative a risorse locali, al fine di ammortizzare la crisi e snellire i tempi di produzione, venendo sempre più incontro alle esigenze dei nostri clienti». MARCHE 2012 • DOSSIER • 71


MADE IN ITALY

L’argento “forgia” nuove linee e nuovi mercati n un periodo di grande incertezza economica e finanziaria come quello attuale, gli investitori preferiscono puntare sui metalli preziosi, come l’oro e l’argento, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di domanda e di prezzo. Nonostante l’instabilità che di fatto regna sui mercati, la storica azienda, leader sul mercato dell’argento, Ottaviani ha saputo intraprendere una parabola crescente nel corso del 2011. «La sfida – spiega l’architetto Laura Ottaviani, direttore creativo e marketing – è stata quella di presentare un modo nuovo di reinterpretare l’argento, “svecchiandolo” e donandogli un allure fresca e dal design elegante e contemporaneo». Inoltre, alla compagine aziendale, della quale già fanno parte Paola Ottaviani, responsabile qualità, Marco Ottaviani, control-

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L’architetto Laura Ottaviani, direttore creativo della società Ottaviani di Recanati (MC). Nella pagina a fianco, alcune fasi di lavoro e la dottoressa Paola Ottaviani, responsabile qualità, in produzione

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La competizione, anche nel mercato dell’argento, si vince incrementando la riconoscibilità del brand e la ricerca e lo sviluppo dei prodotti. Ne parla Laura Ottaviani, direttore creativo e marketing di Ottaviani Leonardo Testi

ler e direttore di stabilimento, Antonio Labbate, direttore generale e commerciale, si è unita l’amministratore delegato Giusy Garofoli, titolare e manager di un’altra eccellenza marchigiana nota in tutto il mondo per qualità, stile e design: Garofoli Porte. «Un’aria di cambiamento, quindi, che investe profondamente l’azienda rendendola dinamica, ottimista e aperta alle sfide». La congiuntura economica negativa quale impatto ha avuto sul vostro settore? «La crisi finanziaria generalizzata ha colpito fortemente la produzione di argento e soprattutto dell’oro, che sta attraversando un momento molto delicato soprattutto legato al fortissimo rincaro del prezzo. Malgrado ciò, è importante sottolineare che la Ottaviani proprio quest’anno ha registrato un incremento del fatturato pari al 38% circa rispetto all’anno precedente, in linea con quanto l’azienda si era prefissata. Essendo un’ottimista per natura, credo che chi abbia progetti innovativi e validi da proporre, oltre alla forza per attuarli, possa guardare avanti con serenità». Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti da Ottaviani nell’anno appena trascorso? «Il 2011 per la Ottaviani è stato un anno segnato


Laura Ottaviani

da novità, cambiamenti, crescita e consolidamento. Alla tradizionale collezione dedicata alla casa si è affiancata la linea dei gioielli in argento dedicata alla donna, all’uomo e al mondo junior, insieme alla linea bijoux che impiega la qualità dei materiali e il colore come punti di partenza per realizzare gioielli ultrachic e allo stesso tempo fashion». In particolare, quali strategie gestionali, produttive e commerciali sono state attuate per far fronte alle criticità? «Non mi piace parlare di crisi, ma di un nuovo contesto fatto anche di nuove regole e opportunità da cogliere. L’azienda, alla luce del mutato scenario economico, ha saputo adattarsi alle nuove esigenze di mercato investendo sui propri punti di forza, quali il valore del marchio e l’innovazione di prodotto. Proprio il prodotto, del quale mi occupo personalmente, è stata la chiave di volta del 2011 appena concluso. Immissioni continue di novità, a intervalli di circa tre mesi, hanno generato attese ed entusiasmi sempre nuovi. La differenziazione del prodotto e dello stile, unita all’innovazione e alla contemporaneità delle forme, ha permesso inoltre un importante ricambio del parco clienti registrando un forte gradimento del pubblico giovane, storicamente distante dal mondo dell’argento e dei preziosi. Il 2011 è stato anche l’anno del ritorno a investimenti importanti in comunicazione». Come vi siete mossi nello specifico? «Con campagne stampa presenti nei magazine di riferimento del mondo della moda, del gioiello e dell’arredamento. Inoltre, la partecipazione di Ottaviani in qualità di sponsor per

La differenza la fanno i contenuti: ricerca e sviluppo del prodotto, qualità di processi e materiali, il valore del marchio

svariati eventi culturali e mondani, aperture di nuovi shop in collaborazione con vari partner, hanno contribuito quotidianamente al successo e all’affermazione del brand». Ottaviani è stata fondata nel 1945 da suo nonno Romolo, che ha trasmesso i segreti della lavorazione orafa a suo padre Alberto e ai suoi zii Gherardo e Franco. Oggi a guidare l’azienda è la terza generazione della famiglia. Come si inserisce l’attività dell’impresa nell’ambito del distretto argentiero recanatese, attualmente in difficoltà? «Dal 1945, nel giro di pochi anni, l’azienda si è affermata come leader nella produzione di oggettistica in oro e argento, sviluppando una MARCHE 2012 • DOSSIER • 75


MADE IN ITALY

La differenziazione del prodotto e dello stile, unita all’innovazione e alla contemporaneità delle forme, ha permesso un importante ricambio del parco clienti registrando un forte gradimento del pubblico giovane

cultura della lavorazione dei metalli preziosi che ha dato vita alla scuola Ottaviani. Proprio da questa scuola, nasce il distretto argentiero recanatese insieme a svariati spin-off aziendali. Una In alto, miriade di realtà di diverse dimensioni che afil direttore generale follavano il panorama della produzione di are commerciale gento e che oggi sono state decimate. SicuraAntonio Labbate, l’amministratore mente, con questi tempi difficili, si salveranno delegato Giusy Garofoli le imprese in grado di lavorare seriamente, con e Laura Ottaviani coraggio e determinazione e soprattutto in www.ottaviani.com grado di trovare il proprio percorso». Quali sono le prospettive riguardo all’export? «I dati di vendita dimostrano il fortissimo appeal che il marchio e lo stile Ottaviani godono in tutto il territorio nazionale. Attualmente sono oltre 2000 i punti vendita, per lo più gioiellerie, che solo in Italia acquistano e presentano Ottaviani al pubblico: è, quindi, nel nostro Paese che si concentra la maggior parte del fatturato. La nostra è una politica distributiva aggressiva ma attenta, che va oltre i confini nazionali con 76 • DOSSIER • MARCHE 2012

estensioni in Belgio, Francia, Grecia, Spagna e in alcuni mercati extraeuropei tra cui la Russia e gli Stati Uniti». Mentre per quanto riguarda il mercato interno, quali sono i principali obiettivi per il 2012? «Le strategie pianificate sono tutte indirizzate alla crescita e allo sviluppo di nuove linee e collezioni, nuovi investimenti di marketing e strategie commerciali. Credo sia fondamentale continuare a pensare in modo positivo al nostro futuro, ponendo sul tavolo progetti ed energie nuove. Sicuramente tutti gli investimenti saranno finalizzati non soltanto a una migliore performance di fatturato, ma soprattutto ad accrescere la riconoscibilità del brand attraverso lo sviluppo e l’innovazione di prodotto, anticipando i trend del mercato». Quali tendenze perseguirete per le nuove collezioni? «È fondamentale non rallentare il passo e continuare a stupire i nostri consumatori con idee


Laura Ottaviani

38%

FATTURATO Percentuale di incremento del fatturato registrato nel 2011 da Ottaviani rispetto al 2010

2000 NEGOZI Numero di punti vendita, per lo più gioiellerie, che in Italia vendono prodotti Ottaviani

nuove e soprattutto speciali. Focus particolare sarà la collezione bijoux che, seguendo i colori moda stagionali e le tendenze più sofisticate, amplierò in maniera importante. Il gioiello in argento dall’allure elegante e prezioso continuerà invece a stupire, non solo per il design ma anche per il packaging innovativo. La collezione dedicata alla casa, la più impegnativa e storicamente caratterizzata e legata a canoni tradizionali, verrà ancora una volta stravolta in chiave giovane e contemporanea». Su quale delle tre linee orienterete i maggiori sforzi in futuro? «L’azienda si è trasformata rapidamente in questi ultimi anni, soprattutto dal punto di vista del prodotto. Infatti, la linea bijoux, con un price point più accessibile e uno standard qualitativo eccellente, ha appena compiuto un anno e mezzo di vita e malgrado ciò registra, a livello di fatturato, una crescita esponenziale. La collezione Ottaviani Gioielli, allo stesso modo giovanissima - poco più di 3 anni - ha saputo inserirsi in un mercato molto aggressivo e competitivo, ma soprattutto affollato come quello dei gioielli in argento, in modo eccezionale, ritagliandosi uno spazio definito da un design caratterizzante e unico arricchito dal valore aggiunto del marchio Ottaviani. A queste due linee, bijoux e gioielli, sono indirizzati i maggiori sforzi e investimenti di marketing volti a rafforzare e mantenere l’appeal del gioiello fashion firmato Ottaviani. Per quanto riguarda il mondo dei prodotti e accessori preziosi per la casa, la parola d’ordine è consolidare i mercati ormai fidelizzati». Vi saranno collaborazioni con nuovi designer? «Con il mio ingresso in azienda, ho voluto intraprendere collaborazioni con designer nazionali e internazionali, facendo reinterpretare l’argento attraverso nuove proposte stilistiche. Hanno, infatti, progettato accessori per la casa lo studio Ito Design, l’archistar Karim Rashid, Elena Manferdini, Roberto Semprini, e molti altri. Malgrado ciò il gradimento del pubblico, so-

prattutto in termini di fatturato, premia lo stile e la caratterizzazione di prodotto Ottaviani, andando in controtendenza rispetto a tutte quelle aziende che hanno creato il loro successo basandosi sulle firme dei designers più acclamati». Quale peso riveste, oggi, il made in Italy sul mercato dell’argento? «Se per “made in Italy” si intende un know how eccellente, la cultura del saper fare, del gusto per il bello, della cura artigianale per i particolari che definiscono lo stile delle aziende e dei brand di successo, allora credo che sia un fattore importante nella competizione. È ingenuo pensare di avere un vantaggio competitivo soltanto per la provenienza dell’oggetto. L’azienda Ottaviani vanta effettivamente una produzione made in Italy, ma non credo che questa caratteristica sia l’elemento determinante. La differenza la fanno i contenuti: ricerca e sviluppo del prodotto, qualità di processi e materiali, il valore del marchio. È su questi temi che si svolge oggi la competizione sul mercato». MARCHE 2012 • DOSSIER • 77


MADE IN ITALY

La tradizione diventa tecnologia Il settore italiano degli articoli da regalo in argento cavalca l’onda del mercato internazionale servendosi del “made in Italy”, di nuovi prodotti, nuove collezioni e di investimenti in tecnologie. Sandro Bravi racconta la sua esperienza Emanuela Caruso

n questo periodo, alcuni settori produttivi e merceologici riescono a resistere meglio di altri, concentrando le energie sui propri punti di forza. Nel caso del mercato italiano, uno di questi segmenti produttivi è quello della bomboniera e dell’articolo da regalo in argento, che ha saputo fare della qualità e del “made in Italy” i valori aggiunti con cui convincere e affascinare il commercio mondiale. Azienda leader tanto a livello nazionale quanto a livello

I Sandro Bravi, titolare della Valenti & Co. di Recanati www.valentiargenti.it

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internazionale nel settore degli articoli da regalo in argento è la Valenti & Co., di Recanati e operativa da più di venticinque anni. «Siamo certi che l’unico modo per superare il momento di difficoltà sia quello di continuare a investire nella creazione di nuovi prodotti e nella diversificazione dell’offerta – commenta Sandro Bravi, titolare della società –. Ecco perché la nostra impresa amplia costantemente la gamma degli articoli proposti, studia i cambiamenti e le esigenze del mercato e punta l’attenzione su progetti alternativi in grado di aprire nuove prospettive professionali». Quali prodotti realizzate e quali rivestono la fetta maggiore del vostro core business? «Le categorie trainanti del catalogo della Valenti & Co. sono rappresentate dalle cornici portafoto, dai prodotti rivolti al mondo dei bambini, dagli articoli sacri e dai complementi d’arredo, realizzati con materiali pregiati come il cristallo, la ceramica e la porcellana, e impreziositi con raffinate decorazioni in argento. Tra questi, in particolare, sono gli articoli dedicati ai bambini quelli a offrire ottimi risultati di vendita in maniera costante. La produzione si differenzia, poi, attraverso la realizzazione di gioielli, bigiotteria e bomboniere, prodotti con


Sandro Bravi

Con la collezione Luxury siamo riusciti a immettere sul mercato prodotti in grado di offrire un ottimo rapporto qualità-prezzo

cui siamo stati in grado di conquistare la fiducia di clienti posizionati in nuove fasce di mercato». Di recente avete immesso sul mercato l’esclusiva collezione Luxury. Quali le caratteristiche di questa collezione e quali riscontri sta ottenendo? «La collezione Luxury ha contribuito ad aprire una nuova e interessante frontiera nel mondo dell’articolo da regalo, in quanto, grazie a una tecnica di lavorazione innovativa e al supporto di accurate ricerche di mercato, siamo riusciti a creare una linea di prodotti pregiati in grado di distinguersi da tutti gli altri attraverso la sintesi perfetta tra qualità stilistica ed estetica e accessibilità di acquisto da parte del consumatore finale. Con questa collezione abbiamo raggiunto l’obiettivo di ottimizzare il livello della nostra offerta dal punto di vista del rapporto qualità-prezzo, curando nei minimi particolari anche il design, i materiali, il packaging e gli strumenti di presentazione dei vari

articoli. Siamo di fronte ad un prodotto che conserva una qualità inalterabile nel tempo, mantenendo sempre la stessa lucentezza e brillantezza». Come si coniugano artigianalità e tecnologie nelle vostre lavorazioni? «Il reparto produttivo della Valenti & Co. si basa su una struttura moderna e funzionale con cui da sempre cerchiamo di coniugare l’importanza della tecnologia con la qualità estetica e creativa di un lavoro, quello della realizzazione di articoli in argento, profondamente caratterizzato da un’attività artigianale. Mantenere quest’anima artigianale in un corpo tecnologico è per noi fondamentale, in quanto ci consente di unire al grande valore del prodotto “made in Italy” processi produttivi e aziendali efficaci, puntuali e funzionali». Quanto è importante investire in nuove tecnologie e quale percentuale del vostro fatturato dedicate a tale scopo? «La ricerca continua di nuove tecnologie MARCHE 2012 • DOSSIER • 79


MADE IN ITALY

Mantenere un’anima artigianale e investire in nuove tecnologie rappresentano due aspetti cruciali per l’attività della Valenti & Co.

rappresenta per un’azienda come la Valenti

& Co. un fattore imprescindibile per poter competere e ottenere buoni risultati in un mercato che sta diventando sempre più selettivo e veloce nelle sue dinamiche di evoluzione. Altrettanto importante è, però, anche allargare lo sguardo verso altri settori, così da cogliere nuove idee e trasformarle in progetti interessanti per l’attività, e partecipare a fiere e rassegne internazionali, unico modo per individuare i trend del momento e le opportunità da studiare e seguire per alimentare differenti percorsi di crescita. Per tutti questi motivi, una fetta importante del nostro fatturato è dedicata agli investimenti in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, di innovazioni legate al design e di analisi del mercato. È così che riusciamo a offrire servizi e prodotti in linea con le esigenze dei clienti e del consumatore finale». Nel corso degli anni avete acquisito vari gruppi imprenditoriali. «Sì, abbiamo diversificato l’attività arricchendoci di nuove realtà aziendali, come Sovrani, Mida, Primo Piano ed EleRicò, operanti in settori commerciali molto affini. Così facendo siamo riusciti a incrementare il fatturato complessivo della società, che oggi si attesta intorno a 21 milioni di euro».

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Quali le previsioni per il prossimo anno? «Nonostante le varie problematiche causate dalla congiuntura negativa, nell’ultimo biennio siamo riusciti a confermare la nostra leadership sia a livello nazionale che internazionale. Tali risultati sono stati ottenuti attraverso il costante impegno della proprietà e dei collaboratori, che si sono uniti nell’obiettivo comune di rendere i nostri prodotti e servizi sempre più appetibili. Anche il 2012 presenterà alcuni ostacoli da superare, ma siamo sicuri che grazie alla passione e al lavoro di squadra saremo in grado di eliminare le avversità e consolidare l’attività imprenditoriale della Valenti & Co.».

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MILIONI È il fatturato complessivo maturato dal gruppo Valenti & Co.



MADE IN ITALY

“Dietro le quinte” del made in Italy hi si nasconde dietro la perfetta fattura degli accessori e delle borse delle grandi griffe? Spesso, i nomi della moda internazionale celano realtà produttive che realizzano manufatti in conto terzi, prodotti che vengono poi firmati dalle case di moda e quindi immessi sul mercato. Laipe è una di queste realtà “dietro le quinte”. Specializzata nel settore pelletteria, l’azienda realizza prodotti di pelletteria uomo, e donna. «Molti nostri clienti private label sono brand di alta fascia – afferma il titolare dell’azienda Sergio Sciamanna -. Cerchiamo di rispondere alle loro esigenze di sempre maggior qualità, trasmettendo l’esperienza dei nostri maestri pellettieri ai giovani, integrando l’antica arte con nuove tecnologie e con una continua ricerca, che pur mantenendo un elevato standard qualitativo, consenta di ottimizzare i processi di produzione». In linea con l’andamento del mercato del lusso, suo principale referente, che, soprattutto in certi settori, sembra essere immune all’avversa congiuntura, la Laipe ha chiuso il bilancio dell’ultimo anno in positivo. Quale bilancio può trarre dall’ultimo biennio e quali prospettive auspica per l’anno ap-

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Sergio Sciamanna, amministratore della Laipe Spa di Tolentino (MC) www.laipespa.com www.cromia.biz

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La sapienza dei maestri artigiani si coniuga all’avanguardia tecnologica. Ne derivano borse e accessori in pelle di pregiata fattura, destinati ad alte fasce di mercato e alle grandi griffe internazionali. L’esperienza di Sergio Sciamanna Eugenia Campo di Costa

pena cominciato? «Il bilancio è senz’altro positivo. Le scelte fatte in passato, cioè la specializzazione nel prodotto di alta qualità per il private label e l’investimento nel nostro brand di borse moda Cromia, da poco immesso sul mercato, hanno fatto crescere il nostro volume d’affari in modo sorprendente. Speriamo di continuare il trend positivo anche nel 2012 soprattutto attraverso gli investimenti in comunicazione per il brand Cromia». Tutta la vostra produzione, sia per Cromia che in private label, è una perfetta sintesi tra artigianalità e tecnologia. «È proprio l’integrazione tra le nuove tecnologie e l’artigianalità la base della nostra organizzazione. Da tempo, ad esempio, usiamo il taglio laser dei pellami, ma non prima che i pellami stessi siano controllati, uno a uno, dai nostri maestri pellettieri che ne verificano la qualità. Tutta la produzione viene eseguita all’interno dell’azienda da esperti artigiani, il controllo di qualità viene effettuato in ciascuna fase della lavorazione, con l’eliminazione immediata di quanto non rispondente agli standard qualitativi, ottenendo così un prodotto finale perfetto e molto apprezzato sia sul mercato nazionale che sui mercati internazionali. A questa artigianalità si coniuga, appunto, la tecnologia quale, ad esempio, l’uso di sistemi gestionali della produ-


Sergio Sciamanna

Da tempo usiamo tecnologie avanzate nella produzione, ma non prima che i pellami stessi siano controllati, uno a uno, dai nostri maestri pellettieri che ne verificano la qualità

zione per verificare tempi e metodi». Quali sono le caratteristiche peculiari del marchio Cromia? «Cromia presenta in ogni stagione collezioni fashion e trendy per soddisfare le esigenze di donne dinamiche e attente alle tendenze dalla moda. Lo stile Cromia è personale, riconoscibile ma mai eccessivo. Dallo stile gipsy a quello city, dal basic al country, tutte le borse Cromia sono curate in ogni dettaglio. Naturalmente, anche per il nostro brand, la tradizione della qualità artigianale è il fondamento di tutte le collezioni di borse e accessori. Grazie a uno staff giovane e preparato offriamo ai clienti puntualità nelle consegne e un severo controllo della qualità su tutta la merce. Cromia sta riscuotendo un ottimo successo in diversi mercati, in particolare in Italia, Russia, Germania, Sud Corea, Giappone». Anche se la vostra produzione interessa un target alto di mercato, di questi tempi si sta sempre più attenti ai conti. Come riuscite a coniugare, quindi, alta qualità e prezzi concorrenziali? «L’assemblaggio è organizzato secondo il criterio della produzione a catena che consente di realizzare notevoli economie di scala e di ottenere un livello di prezzi assolutamente

competitivo». Come si evolve la vostra offerta a seconda dei diversi mercati di riferimento? «Parte nel nostro mercato si concentra in Italia, dove operiamo attraverso una rete di vendita di agenti plurimandatari su base regionale. Tuttavia, siamo presenti anche all’estero, con distributori e agenti in Austria, Benelux, Germania, Grecia, Spagna, Russia. La nostra offerta varia anche in base ai mercati con cui si va a interfacciare: presentiamo collezioni sia stagionali che continuative, personalizzate in sede di precampionario sulle esigenze del mercato e del territorio di riferimento». In conclusione, sotto quali aspetti avete in previsione di crescere ulteriormente quest’anno? «Da sempre ci caratterizza estrema puntualità nelle consegne e controllo di qualità del prodotto, curiamo e dialoghiamo con il cliente finale attraverso un servizio interno di assistenza che assicura le riparazioni, le sostituzioni in garanzia, la manutenzione. E anche i progetti di breve periodo si concentrano sul servizio: entro breve faremo partire, attraverso le news, il nostro sistema di customer satisfaction, mettendo poi a conoscenza dei risultati il nostro trade». MARCHE 2012 • DOSSIER • 83


SPAZI ESPOSITIVI

Nuovi concept per l’allestimento fieristico venti e manifestazioni fieristiche rappresentano uno strumento fondamentale per tutte quelle realtà interessate a farsi conoscere al grande pubblico, anche attraverso la realizzazione di spazi espositivi e commerciali capaci di catturare l’attenzione di visitatori e potenziali acquirenti. Da oltre trent’anni opera con successo in questo particolare settore la Progemadue Srl, società di Brugnetto di Ripe, in provincia di Ancona, leader nel settore dell’allestimento, capace di unire nelle sue creazioni, in un connubio armonico, tecniche artigianali tradizionali e idee tecnologiche all’avanguardia. «L’obiettivo che cerchiamo di perseguire è quello di valorizzare e incentivare l’immagine e lo stile delle aziende che si rivolgono a noi, garantendo soluzioni capaci di esaltare proposte e suggerimenti dei nostri partner, con i quali lavoriamo in un rapporto di totale fiducia e trasparenza reciproca», sottolinea il titolare del gruppo, Luciano Gobbi. La crisi economica in atto quali effetti sta avendo sugli investimenti riposti negli allestimenti e nell’immagine? «Senza dubbio le aziende hanno ridotto le risorse destinate alle manifestazioni fieristiche e, più in generale, alla promozione della loro immagine. Questa situazione, per chi come noi lavora in questo settore, ha naturalmente generato un andamento altalenante, sia da un punto di vista delle commesse che del fatturato». Anche alla luce di queste considerazioni, quale bilancio può trarre a seguito dell’attività della Progemadue nel corso del 2011?

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Progettare e realizzare spazi espositivi e commerciali innovativi, accomunati dalla ricerca di soluzioni che possano garantire risultati eccellenti in termini di raffinatezza ed eleganza. Criticità e prospettive del settore illustrate da Luciano Gobbi Guido Puopolo

«Come accennato in precedenza, l’anno appena trascorso è stato caratterizzato da una serie di difficoltà e incertezze che hanno reso molto complicato riuscire a organizzare e pianificare la nostra attività. Numerosi clienti, infatti, hanno modificato in corso d’opera i loro programmi, riducendo gli stanziamenti o addirittura rinunciando a esporre. Abbiamo cercato di far fronte a questa situazione con grande spirito di gruppo e di sacrificio, riuscendo così ad acquisire nuovi partner non soltanto in Italia, ma anche all’estero. Nonostante gli ostacoli di percorso, infatti, anche quest'anno abbiamo ampliato il nostro curriculum, con la realizzazione

Luciano Gobbi, titolare della Progemadue Srl di Brugnetto di Ripe (AN) www.progemadue.com


della manifestazione “Abitami” di Milano e della fiera “Cosmoprof ” di Bologna. Ci siamo inoltre riconfermati al Prèt à Porter di Parigi, partecipando anche alla realizzazione del nuovo hotel Bh4 del gruppo Boscolo di Milano». Per le vostre creazioni collaborate anche con designer, artisti e progettisti. Quale valore aggiunto offrono queste partnership? «Le nostre soluzioni nascono spesso in sinergia con prestigiosi designer e architetti. Progemadue si avvale, se necessario, anche della collaborazione di importanti studi di progettazione esterni, in un clima di proficuo e reciproco scambio. Ultimamente abbiamo lavorato al fianco di importanti firme italiane e non solo, tra cui possiamo ricordare Simone Micheli, Massimo Iosa Ghini, Italo Rota, Pierluigi Pizzi, Marek Nester Piotrowski, Massimo Gasparon, Karim Rashid, Paola Navone, Carlo Colombo e Silvio de Ponte». Quali sono, quindi, gli elementi principali che hanno permesso alla vostra azienda di ritagliarsi un ruolo di primo piano anche a livello internazionale? «L’organizzazione e la gestione dei grandi spazi rappresenta un punto di forza di Progemadue, a supporto delle più importanti segreterie organizzative per la realizzazione di stand modulari, con la creazione di ambienti suggestivi e curati in ogni minimo particolare. Offriamo infatti un servizio completo e personalizzato, dalla progettazione all’alle-

Il lusso, l’antiquariato e l’alta moda sono solo alcuni dei settori in cui Progemadue primeggia, fungendo da partner ideale per la cura di importanti aree espositive

stimento finale, a cui affianchiamo anche assistenza tecnica e burocratica, per garantire l’ottimale svolgimento delle manifestazioni. Il lusso, l’antiquariato e l’alta moda sono solo alcuni dei settori in cui Progemadue primeggia. La nostra azienda vanta, inoltre, una serie di certificazioni e di partecipazioni ad associazioni di prim’ordine, che rappresentano lo spontaneo raggiungimento di un successo ormai consolidato. Progemadue è infatti certificata ISO 9001, associata all’Asal, ad Assindustria e alla Compagnia delle MARCHE 2012 • DOSSIER • 89


SPAZI ESPOSITIVI

Opere, a cui va aggiunto il brevetto deposi- poiché la corsa all'arricchimento del proprio tato “Base Uno”: una soluzione tecnica che permette di realizzare grandi spazi espositivi con estrema rapidità ed efficienza». Attualmente, però, alcune tra le principali piazze fieristiche italiane stanno attraversando un periodo di profonda crisi. Dal suo punto di vista su cosa occorrerebbe fare leva per risollevare il comparto? «In Italia abbiamo assistito a una proliferazione di manifestazioni fieristiche tra loro molto simili, che ha finito per creare, negli espositori, confusione e dubbi sulla partecipazione a eventi di questo tipo. Per questo credo sia auspicabile l’istituzione di un organo centrale che controlli, gestisca e coordini i calendari fieristici e i vari quartieri interessati,

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calendario, a discapito di un ordine generale, finisce per impoverire l’offerta. Esistono poi altri fattori di criticità, come ad esempio i servizi che i vari quartieri fieristici offrono all’espositore. Da qualche anno infatti, quasi tutti i quartieri fieristici si sono trasformati in società per azioni e, se prima il loro core business era quello di affittare gli spazi espositivi, adesso spingono l’espositore ad avvalersi del quartiere per tutti i servizi. Il risultato, però, in tanti casi, è quello di un costo maggiore su un prodotto di minore qualità, che spesso porta con sé l’insoddisfazione dell’espositore stesso». Che importanza ricopre invece per voi lo scenario internazionale? «L’affermazione sui mercati esteri ha rappresentato un grande passo in avanti per lo spirito dell'azienda. Lavoriamo per mantenere e incrementare la nostra attività e il percorso che abbiamo intrapreso, anche e soprattutto da un punto di vista internazionale». Quali le aspettative, gli obiettivi e le sfide che attendono la società nel corso del 2012? «In primo luogo ci auguriamo un miglioramento della situazione generale. Per quel che ci riguarda vogliamo invece consolidare e, se possibile incrementare, il fatturato del 2011, puntando soprattutto sull’ottimizzazione delle fasi produttive delle commesse, per garantire risultati eccellenti nel rispetto dei tempi e delle esigenze più eterogenee».



MODELLI D’IMPRESA

Reagire alla crisi con capacità Nonostante la morsa della crisi economica abbia coinvolto anche il settore manifatturiero marchigiano, l’economia della regione ha dato risultati migliori della media nazionale. A sostenerlo è Francesco Merloni che illustra lo studio annuale della Fondazione che presiede Nicolò Mulas Marcello ttingendo ai dati contenuti nell’osservatorio imprese, ogni anno la Fondazione Aristide Merloni stila una classifica delle principali imprese marchigiane, tratteggiando così un quadro generale dello stato di salute del tessuto imprenditoriale marchigiano. «Nel rallentamento forzato della crescita, causato dalla crisi – spiega Francesco Merloni, presidente della Fondazione – il sistema delle imprese si è ristrutturato, ha investito e ha razionalizzato la gestione della propria finanza; un terzo degli investimenti del 2010 è stato realizzato attraverso la riduzione del capitale circolante delle aziende». Qual è lo stato di salute dell’economia marchigiana? «Anche l’industria manifatturiera marchigiana risente della crisi internazionale. Si può tuttavia affermare che, nella media, l’economia industriale della regione è andata meglio della media nazionale. Al sensibile calo del fatturato avvenuto nel 2009, è seguita, nel 2010, una parziale ripresa, che ha continuato la sua tendenza nella prima metà del 2011. Di quest’ultimo anno, com’è ovvio, non abbiamo ancora i risultati di bilancio, ma la sensazione che anche questo sia stato moderata-

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Francesco Merloni, presidente della Fondazione Aristide Merloni

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mente positivo, almeno nella media. Naturalmente, in un quadro che comprende una parte rilevante del fatturato manifatturiero delle Marche, vi sono esempi positivi e altri meno negativi; generalmente, quelli positivi provengono dalle imprese che hanno investito in anticipo in innovazione, in internazionalizzazione e da quelle che si sono spostate sulle fasce alte di mercato, nella moda e nel design. Vi sono, inoltre, esempi promettenti nel settore delle tecnologie avanzate e delle applicazioni dell’elettronica». Molte imprese marchigiane sono ormai


Francesco Merloni

Un forte legame col territorio Indesit si conferma al primo posto nella classifica delle imprese stilata dalla Fondazione Aristide Merloni. Il presidente Andrea Merloni spiega a cosa sono dovuti questi risultati: «Indesit è al primo posto ormai da anni. La nostra dimensione è dovuta soprattutto alle strategie di crescita mediante acquisizioni e di valorizzazione dei marchi, che ci hanno permesso di essere tra i leader in Europa e leader assoluti in importanti mercati come l’Italia, il Regno Unito e la Russia». Parliamo di internazionalizzazione. In che modo l’azienda ha affrontato questo tema nell’ultimo anno? «Non è un tema nuovo per noi. Indesit realizza in Italia ormai solo il 15 per cento del suo fatturato di Gruppo e nell’ultimo anno nulla è cambiato, salvo la possibilità di una ulteriore forte crescita nell’Europa dell’Est». Indesit è un grande gruppo internazionale. Qual è il legame con il territorio di origine? «Il legame è sempre forte. I rapporti col territorio sono ottimi e la testa pensante della società è nell’area di Fabriano, dove lavorano peraltro gran parte dei nostri dipendenti in Italia. Inoltre lo scorso aprile, abbiamo contribuito alla nascita proprio a Fabriano di Home Lab, il primo consorzio italiano di ricerca sulla domotica che riunisce oltre a Indesit Company le altre principali imprese ed enti marchigiani leader del settore».

note all’estero. Qual è stata, negli ultimi anni, la propensione all’internazionalizzazione da parte delle aziende del territorio? «Da più di trenta anni, la Fondazione segue l’andamento del sistema imprenditoriale marchigiano, nel quale abbiamo assistito a una progressiva crescita dell’attenzione ai mercati internazionali. Certo, agli inizi si è trattato di esportare i prodotti, quasi sempre appoggiandosi a dealer locali. Poi, soprattutto le imprese maggiori, hanno costruito reti commerciali propri, cui sono seguiti in-

vestimenti diretti, dapprima in Europa e successivamente in Asia, quando è esploso lo sviluppo di questi Paesi. Tenga comunque presente che, a tutt’oggi, il sistema industriale marchigiano colloca all’estero oltre il 40% delle sue produzioni, sia quelle di origine italiana sia quelle prodotte altrove, e che le esportazioni, in questi anni di crisi, sono cresciute del 13% circa, più della media nazionale». Qual è il legame con il territorio d’origine di questi grandi marchi del made in Italy? «Tutte le imprese marchigiane di taglia internazionale continuano a mantenere un profondo radicamento con il territorio in cui hanno avuto origine. È un fatto di affezione, ma è anche, soprattutto, il mantenimento di tradizioni e di valori che costituiscono l’identità dell’impresa e sono stati alla base della sua nascita e del proprio sviluppo». Quali saranno le principali iniziative della Fondazione Merloni per quanto riguarda il 2102? «Oltre alle attività ormai routinarie, come l’annuale osservatorio delle imprese e la pubblicazione della rivista scientifica “Economia Marche”, abbiamo in cantiere, insieme all’Università Politecnica delle Marche, un’indagine sulla propensione all’imprenditorialità di varie aree della Regione; questo perché vorremmo verificare una situazione che ci preoccupa, e cioè la minore disponibilità dei giovani ad avviare un’iniziativa propria, che dovrebbe essere un requisito fondamentale in un momento in cui l’impresa tradizionale, che occupava grandi masse di lavoratori, sembra aver esaurito il suo ciclo storico e lo sviluppo futuro ha certamente necessità di nuove giovani energie. D’altra parte, lo sviluppo dell’economia ha oggi bisogno d’intelligenza e di creatività più che di lavoro manuale; credo che queste doti, di cui i giovani sono maggiormente provvisti, non debbano andare sottoutilizzate o disperse». MARCHE 2012 • DOSSIER • 95


INNOVAZIONE

Design e innovazione, dal distretto tecnologico marchigiano In Italia, una cappa da cucina su due è uscita da un suo stabilimento. E oggi, Faber, si conferma tra i nomi più apprezzati a livello globale. E sotto la direzione commerciale di Riccardo Remedi punta a ulteriori sviluppi tecnologici e di mercato Andrea Moscariello

Nella pagina a fianco, Riccardo Remedi, direttore commerciale di Faber Spa, Fabriano (AN) www.faberspa.com

i conferma stabile anche nel 2011 il trend della Faber, l’azienda storica di Fabriano leader nella produzione di cappe da cucina. Un risultato significativo se contestualizzato in un mercato che nell’ultimo triennio è stato testimone di un generalizzato calo dei consumi e dei volumi produttivi. Analizzando i dati a ritroso,

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Faber nel 2010 ha registrato un incremento delle vendite del 10,8% rispetto al 2009. Crescita ottenuta principalmente grazie a un’efficace strategia commerciale, supportata da continui investimenti in automazione, produzione, ricerca, sviluppo e formazione, che hanno consentito all’azienda di rimanere competitiva sugli attuali mercati


Riccardo Remedi

globali, proponendo eccellenza e qualità. Negli ultimi due anni il gruppo ha investito più di sette milioni di euro, di cui tre solo nel 2009, per l’implementazione di due linee produttive altamente automatizzate - da cui esce un prodotto finito ogni 40 secondi - e altri quattro milioni stanziati nel 2011, al fine di potenziare l’efficacia dei processi, integrare impianti già esistenti, ma di nuova concezione, e sviluppare ulteriori unità automatiche di lavoro che consentiranno l’esecuzione di prodotti dalle caratteristiche assolutamente innovative rispetto al passato. «Chiaramente, i fatturati non sono uniformi tra le varie società del gruppo – sottolinea Riccardo Remedi, direttore commerciale –. Mentre la sede italiana è fortemente penalizzata dalla crisi del mercato europeo e dalla concorrenza dei paesi a basso costo, altre nostre società come quelle in Argentina, India e Svezia, hanno trend più stabili, se non addirittura positivi». È evidente il fatto che il gruppo, ormai, è sì bandiera di quel distretto tecnologico che ha reso Fabriano una delle capitali mondiali dell’elettrodomestico, ma al tempo stesso è una realtà strutturalmente internazionale. Con sette stabilimenti dislocati su sei nazioni di tre continenti differenti, realizza 2,6 milioni di cappe all’anno. Oggi Faber fa anche parte di Franke, la grande multinazionale svizzera leader nel Kitchen System, con l’importante incarico di Hoods Business Unit. Tanto per far comprendere il livello di penetrazione dell’azienda sui mercati, basti pensare che in Italia, una cappa su due è Faber. «Pur in un momento di indiscutibile difficoltà, l’intensa attività commerciale degli ultimi anni ha contribuito nel conseguimento di importanti obiettivi strategici, che

ci lasciano pensare di aver fatto meglio della media mercato – spiega Remedi –. Nello specifico, sono stati raggiunti risultati positivi sia con alcuni clienti OEM che con alcuni distributori del marchio Faber in Europa». Oltre l’85% del fatturato della Business Unit Cappe è realizzato al di fuori dei confini italiani. Non stupisce, quindi, se gran parte dell’attività commerciale sia rivolta ai mercati esteri. «Le previsioni non sono certo esaltanti per quanto riguarda il vecchio continente, per cui sarà fondamentale dedicarsi ai paesi extra europei, partendo da quelli a più alto potenziale». Alcuni risultati ottenuti sui mercati tradizionali, comunque, restano positivi. Tra questi anche


INNOVAZIONE

L’attenzione al territorio è sempre massima, tanto che tutte le attività di ricerca e sviluppo della Business Unit, rimarranno concentrate sulla sede di Fabriano

la Spagna, dato che stupisce considerando lo

2,6 mln CAPPE Tante sono quelle realizzate dalla Faber in 12 mesi. L’azienda è presente con i suoi stabilimenti in Italia, Svezia, Francia, Turchia, India, Argentina, cui si aggiungono una partnership commerciale negli Stati Uniti e un ufficio rappresentativo in Russia

stato di crisi in cui riversa la Penisola Iberica. Gli investimenti non si concentreranno unicamente sugli aspetti commerciali. Alta è infatti l’aspettativa rivolta alle innovazioni tecnologiche proposte sui mercati. «Faber come sempre continuerà a puntare su tutte le novità tecniche e funzionali che possono essere rapportate al prodotto cappa. Non trascureremo nulla che comprenda nuovi materiali, riduzione dei consumi energetici, riduzione del rumore, senza ovviamente tralasciare un elemento fondamentale per il nostro prodotto: il design». Proprio quest’ultimo è il fattore chiave che ha permesso al gruppo di ottenere una riconoscibilità sul mercato raramente riscontrabile in altre case history del settore. L’azienda continua a ricercare nuovi contenuti estetici, che devono andare di pari passo con lo sviluppo delle tecnologie.

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A dimostrarlo è la sua storia. Faber ha segnato in oltre cinquant’anni l’evoluzione del prodotto cappa, che da semplice elettrodomestico nascosto nel pensile è divenuto elemento centrale della cucina. Suoi sono anche alcuni primati nell’ambito dell’automazione, della qualità e dell’ottimizzazione dei processi produttivi. Nel 1995, prima al mondo nel suo settore, Faber ha ottenuto la certificazione del sistema qualità aziendale secondo le norme ISO 9001. Altro primato, nel 2005, si è concretizzato quando l’azienda di Fabriano ha applicato il metodo “Lean Six Sigma”, un sistema innovativo di governance dei processi ideato nel 2004 dall’Università del Michigan (Usa), che si propone di rendere efficaci ed efficienti i processi riducendone, al contempo, i costi. Come suggerisce il nome, l’LSS combina gli strumenti del Lean Manufacturing, metodo reso celebre da Toyota, che pone l’accento sulla velocità, e del Six Sigma, tradizionalmente focalizzato sulla qualità, sviluppato da Motorola negli anni ’80. «Qualità della risposta ai bisogni del mercato e consapevolezza della sua globalità sono le due linee di sviluppo perseguite con convinzione dal gruppo». Ma quanto, Faber, continuerà a investire sul territorio locale? «Oggi, un’azienda che voglia avere un ruolo di leadership a livello mondiale, deve potersi avvalere anche di strutture delocalizzate, sia per essere più vicini ai mercati esteri, che per fronteggiare la crescente concorrenza dei paesi a basso costo, come Cina, Turchia e Polonia – conclude il direttore commerciale –. Tuttavia, l’attenzione al territorio è sempre massima, tanto che tutte le attività di Ricerca e Sviluppo della Business Unit, rimarranno concentrate sulla sede di Fabriano».



INNOVAZIONE

Tre progetti per la mobilità urbana sostenibile attuale situazione della mobilità urbana in termini di risparmio energetico e di abbattimento delle emissioni inquinanti richiede uno sviluppo sempre più deciso e diffuso del trasporto pubblico locale “sostenibile”, da attuare attraverso l’impiego delle limitate risorse esistenti e degli incentivi erogati dall’Unione Europea. L’Italia ha uno dei parchi mezzi più “anziani” e inquinanti d’Europa e i veicoli Euro 0, 1 e 2 costituiscono una parte consistente di quelli circolanti. Se teniamo conto che cento bus Euro 0 hanno un impatto sull’ambiente paragonabile a quello di millenovecento bus elettrici, appare chiara la necessità di migliorare l’immagine e la sostanza, in termini di compatibilità ambientale, del trasporto pubblico locale italiano.

L’ Federico Vitali, presidente della FAAM Spa di Monterubbiano (FM) www.faam.com

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Oggi è prioritario abbattere l’impatto ambientale delle modalità di spostamento degli italiani, favorendo il trasporto pubblico e ricorrendo a tecnologie meno inquinanti, come quelle legate all’utilizzo del litio. Federico Vitali illustra le ultime novità in merito Francesco Bevilacqua

Questo obiettivo si può raggiungere anche attraverso la creazione di un sistema per l’integrazione tecnologica e operativa tra i vari addetti del settore. Federico Vitali è Presidente del Gruppo FAAM, da sempre impegnato nella ricerca e sviluppo di soluzioni innovative nel campo dell’accumulo energia. «In collaborazione con Magneti Marelli, Pininfarina e Gruppo Torinese Trasporti – spiega Vitali –, FAAM ha realizzato tre progetti dedicati alla mobilità pubblica locale. Alta efficienza energetica, riduzione costi d’esercizio e salvaguardia dell’ambiente sono i denominatori comuni delle iniziative intraprese». La prima iniziativa in programma è il progetto Hybus, basato sul concetto del revamping: «L’idea – racconta Vitali – è quella di convertire e rigenerare autobus di età superiore ai quindici o vent’anni anni, attualmente equipaggiati con motori Euro 0, 1 e 2, trasformandoli in veicoli con trazione ibrida seriale e operare un restyling delle parti di carrozzeria esterna e interna e il ripristino delle parti funzionali danneggiate. Tale soluzione può essere applicata a diverse tipologie di mezzi, con architetture differenti a seconda delle esigenze del territorio o di necessità specifiche. Questa trasformazione garantisce fra


Federico Vitali

L’evoluzione tecnologica dell’accumulo consente la sostituzione di batterie al piombo con batterie al litio, con conseguente aumento dell’autonomia di oltre centotrenta chilometri

l’altro un notevole risparmio economico rispetto all’acquisto di autobus nuovi». La parola chiave del secondo progetto che vede protagonista FAAM è retrofit, ovvero riqualificazione, riferita agli autobus attualmente alimentati mediante batterie al piombo. «L’obiettivo del programma è rimpiazzare il piombo con il litio. L’evoluzione tecnologica dell’accumulo consente infatti la sostituzione su veicoli elettrici o ibridi, come gli autobus, di batterie al piombo con batterie al litio, con conseguente aumento dell’autonomia di oltre centotrenta chilometri,

facendo addirittura sì che la durata degli accumulatori superi quella della vita del veicolo stesso. Il ricorso a questo tipo di accumulatori consente anche di conseguire una sensibile riduzione dei consumi e un significativo recupero di energia dalla frenatura elettrica, essendo gli accumulatori di nuova generazione capaci di accettare correnti di carica molto elevate. I nuovi accumulatori sopportano infatti delle densità di energia molto più alte rispetto ai sistemi tradizionali con pesi ridotti, oltre che tempi di ricarica notevolmente più bassi rispetto a essi e con rendimenti di accumulo superiori al 98%». Il terzo aspetto su cui intervenire riguarda l’avviamento del veicolo, che ha sempre costituito una fase critica in termini di durata e funzionalità delle batterie. «L’avviamento degli autobus – sottolinea in proposito Vitali – costituisce una problematica importante, che influisce in maniera determinante sulla durata degli accumulatori e sul bilancio energetico in fase di ricarica delle batterie stesse. La soluzione proposta si basa su accumulatori al litio di nuova generazione, che consentono una durata in termini di cicli sei volte superiore rispetto a quella di una normale batteria e che permettono di utilizzare correnti di ricarica di un ordine di grandezza superiore rispetto alle batterie tradizionali. La soluzione proposta consente una modularità e un’integrabilità variabili e adattabili alle diverse tipologie di autobus: il progetto infatti prevede l’applicazione, sull’attuale spazio a disposizione per gli accumulatori, di una soluzione integrata che non necessita di modifiche sugli autobus esistenti». MARCHE 2012 • DOSSIER • 101


INNOVAZIONE

Ascensori sempre più simili ai computer La rete internet e il controllo da remoto rappresentano le nuove frontiere del mercato ascensoristico mondiale. Paolo Vitturini racconta la sua esperienza nel settore degli elementi per ascensori Emanuela Caruso

egli ultimi anni, il settore ascensoristico è stato protagonista di un’importante innovazione tecnologica. Alcune aziende, infatti, hanno sviluppato particolari schede di controllo basate su una tecnologia simile a quella dei computer e la cui prerogativa principale è di lavorare in rete. A tal fine è stata studiata e progettata un’elettronica capace di entrare e collegarsi a internet e di rendere il funzionamento dell’ascensore quasi uguale a quello di un Pc. Grazie a questo step evolutivo raggiunto dal

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Paolo Vitturini della Vega Srl di Ponzano di Fermo (FM) www.vegalift.it

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settore, si è reso anche possibile il controllo remoto di qualsiasi parte, strumento o meccanismo che forma l’ascensore, come, per esempio, nel caso dell’analisi dei guasti. In Italia, a elaborare tale tecnologia e a distribuirla è la società Vega, sita a Ponzano di Fermo e specializzata nella progettazione e realizzazione di sistemi elettronici per ascensori e piattaforme elevatrici. «Attualmente l’unico reale confronto di queste innovative schede di controllo – spiega Paolo Vitturini, titolare dell’attività – esiste in Germania, e nel nostro paese, dove siamo gli unici a occuparci del loro sviluppo e della loro messa in commercio». In soli quattro anni, la Vega è riuscita a raggiungere grandi quote di mercato italiano del proprio settore. Come ci siete riusciti? «Gran parte del merito va alla continua fase di ricerca e sviluppo che caratterizza la nostra attività e che non solo ci ha permesso di servire tante realtà importanti, ma che ci ha anche consentito di differenziare i nostri prodotti. Nell’ultimo periodo, infatti, abbiamo creato una divisione dedicata alla realizzazione di pulsanti e bottoniere, ramo aziendale attraverso il quale siamo riusciti a conquistare maggiori quote di mercato. Questi costanti investimenti nell’innovazione hanno trasformato l’azienda in un partner in grado di guidare i clienti nei meandri dell’evoluzione del settore ascensoristico e di offrire loro servizi ad alto valore aggiunto, come consulenza, soluzioni ad hoc,


Paolo Vitturini

I nostri prodotti si caratterizzano per l’alta tecnologia ed elettronica da cui sono formati e per il design tipicamente made in Italy

assistenza e trasmissione di know how». Gli elementi d’arredo per ascensori firmati Vega si distinguono per un accurato ed elegante design. «Da sempre, cerchiamo di rivestire di bellezza la qualità dei nostri prodotti, ragion per cui l’azienda dispone di due reparti, quello tecnologico, composto da ingegneri che progettano i sistemi elettronici, e quello del design, dove meccanici e stampisti si occupano proprio dell’estetica degli articoli, che si caratterizza per essere elegante, raffinata e dal gusto “made in Italy”. A oggi, siamo depositari di ben 15 modelli ornamentali». Quali ulteriori punti forti può vantare la Vega? «Fattori chiave del nostro successo sono senza dubbio il capitale umano e la filosofia aziendale. Il primo riguarda in particolar modo l’istruzione e la grande preparazione del personale interno, su 65 dipendenti ben 30 sono laureati e 18 sono ingegneri, e l’età media dello staff, è di trent’anni. Gli

investimenti sul personale ci hanno consentito di applicare logiche propriamente tipiche delle multinazionali alla società. La filosofia su cui si basa l’attività cerca, invece, di comunicare sempre l’identità dell’impresa nonostante i vasti confini del nostro mercato di riferimento». Sin dall’inizio dell’attività della Vega, avete mirato a una rapida internazionalizzazione dei prodotti e dell’azienda. Attualmente in quali paesi siete presenti? «Siamo presenti in 36 paesi in tutto il mondo e i nostri mercati esteri principali sono quelli di Cina, Russia, Brasile, Inghilterra, Australia ed Emirati Arabi. Il successo raggiunto dai nostri prodotti ci porta a competere e a interagire con le più grandi aziende del settore ascensoristico del mondo e oggi dividiamo il mercato globale con una decina di altre società, quello europeo con quattro imprese e quello italiano con solo un’altra realtà. La continua crescita dell’attività all’estero ci sta portando a raddoppiare il fatturato circa ogni due anni». MARCHE 2012 • DOSSIER • 103


INNOVAZIONE

I vantaggi della flessibilità produttiva La filosofia High Flexibility Project ha rivoluzionato la progettazione e realizzazione di linee di produzione industriale non standardizzate. Il punto di Maria Cristina Trombetti Emanuela Caruso

Tecnopromec ha la sede a San Severino Marche (MC). Nella pagina a fianco Maria Cristina Trombetti, direttrice dell’amministrazione e del marketing insieme al fondatore Giuseppe Trombetti www.tecno-promec.it

a flessibilità di un’impresa si misura a seconda della capacità di interpretare il mercato e il settore di appartenenza e di soddisfare le richieste del bacino d’utenza. Consapevole di questi meccanismi, la società Tecnopromec di San Severino Marche, specializzata nella progettazione e realizzazione di linee di produzione industriale non standardizzate, ha rivoluzionato il settore di riferimento attraverso la filosofia High Flexibility Project. «Questo nuovo approccio – spiega Maria Cristina Trombetti, direttrice dell’amministrazione e del marketing – amplifica e migliora un

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aspetto importante della nostra attività, cioè la produzione di soluzioni su misura. L’Hfp, infatti, permette di profilare, tagliare a misura e punzonare nella stessa linea di profilatura e nello stesso momento, portando così a un notevole abbassamento dei tempi di produzione». Nello specifico, in quali rami del processo produttivo può trovare applicazione l’Hfp? «In particolare, nella punzonatura da nastro, ambito a cui oggi possiamo offrire banchi di punzonatura modulari su misura e dotati di unità idrauliche ad alta velocità e utensili standard, tecnologie che minimizzano i costi; nella profi-


Maria Cristina Trombetti

La profilatura a rulli, lavorazione da sempre poco flessibile, grazie all’HFP ha guadagnato in velocità

latura a rulli, lavorazione da sempre poco flessibile, ma che grazie all’HFP ha guadagnato in velocità attraverso le migliorie apportate alle profilatrici a sistema a cambio rapido e duplex; e infine nei sistemi di impacchettamento o manipolazione, ovvero nei processi finali delle nostre linee produttive, dove l’HFP ha introdotto soluzioni volte a ottenere macchinari del tutto automatici». L’innovazione è la caratteristica che vi ha contraddistinto sin dall’inizio della vostra attività, fondata da Gianfranco Trombetti. Su quali mezzi avete potuto contare e cosa vi ha spinto a rinnovarvi in maniera costante? «Siamo riusciti a fare dell’innovazione un nostro punto di forza mantenendo uno spirito imprenditoriale sempre vigile e idoneo ai vari momenti storici, organizzando l’azienda in modo dinamico, semplice ed efficace. Ha giocato un ruolo fondamentale anche l’essere riusciti a trasformare una piccola officina in un’industria capace di occuparsi di ogni fase di costruzione degli impianti di profilatura. Infine, ci ha aiutati il

fatto di essere sempre stati orientati verso il raggiungimento di un’elevata capacità tecnologica». A quali settori e mercati sono indirizzati i prodotti della Tecnopromec? «La nostra società progetta e realizza impianti di produzione destinati ai settori della sicurezza stradale, dell’edilizia, della logistica, degli infissi civili e industriali, dell’energia e dei processi siderurgici. Tutti i nostri prodotti sono distribuiti tanto sul mercato nazionale quanto su quello estero, che si sviluppa in particolar modo nei paesi dell’Europa, della Russia, dell’Africa, degli Stati Uniti e dell’America Latina». La manovra del Governo Monti non ha introdotto sostanziali novità nei finanziamenti all’innovazione per le industrie. Da protagonista di una realtà industriale che si fonda sulla ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, qual è la sua opinione in proposito? «Il settore industriale presenta varie situazioni da migliorare e molti problemi a cui dover porre rimedio. I finanziamenti e le agevolazioni destinati alla ricerca e all’innovazione sono fondamentali e devono essere aumentati, in quanto unico modo per permettere alle aziende di rimanere competitive e al passo con i tempi. È necessario, inoltre, porre maggior attenzione alle esigenze infrastrutturali delle regioni italiane e ridurre il costo della manodopera. In altre parole, bisogna garantire più considerazione a quelle realtà imprenditoriali che hanno a cuore il proprio lavoro, i propri dipendenti e il “made in Italy”». MARCHE 2012 • DOSSIER • 105


INNOVAZIONE

Soluzioni tecnologiche customizzate Dai controlli remoti per le cappe aspiranti ad applicazioni per l’ambito medicale. Dalle soluzioni per il mercato della nautica a quelle per l’automotive. Antonio Restaneo descrive le attività della Seav capace di offrire risposte concrete in diversi ambiti produttivi Lodovico Bevilacqua

o sviluppo e l'applicazione di nuove tecnologie influenzano e determinano ormai innumerevoli aspetti della nostra vita privata e professionale. Al di là di certi atteggiamenti critici, quasi al limite del luddismo, la percezione di questa sempre più importante presenza è tendenzialmente positiva, così come positivi sono gli effetti che essa produce sulla qualità della vita, sia in casa che sul posto di lavoro. Stringendo il campo d’azione alla dimensione domestica, ci accorgiamo che il comfort casalingo è in crescita grazie all'utilizzo di nuove tecnologie e alla capacità, degli operatori di questo particolare mercato di cogliere – se non addirittura anticipare – quelle che sono le piccole e grandi esigenze dell'utenza. Affermarsi in questo mercato è perciò frutto di una parti-

L Seav srl ha la sede a Osimo (AN) www.seav.com

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colare sensibilità nell’operare un’accurata selezione fra utile e superfluo, perseguendo le soluzioni davvero capaci di produrre valore per il consumatore finale e il cui successo non può prescindere dall'acquisizione di esperienza e grande specializzazione, come sottolinea Antonio Restaneo, consigliere di amministrazione della Seav di Osimo. «La ricerca e lo sviluppo, così come la grande attenzione dedicata alla qualità produttiva, sono sempre state le priorità della nostra azienda, frutto della consapevolezza che il settore richiede grandi sforzi in Resarch & Developement ed è caratterizzato da un grande dinamismo che richiede una spiccata propensione agli investimenti e un’innata attitudine all'eccellenza professionale». Peculiarità preziose per lo sviluppo di competenze molteplici e diversificate, in un campo che fa della varietà applicativa una delle sue caratteristiche principali. «Con il marchio SEAV MORE, sviluppiamo progetti customizzati per una serie di applicazioni e di clienti “business to business”: dai controlli remoti per le cappe aspiranti o per gli schermi di home theater ad applicazioni per l’ambito medicale, da soluzioni sviluppate per il mercato della nautica a quelle prodotte per l’automotive. Attraverso le nostre linee di produzione automatizzata passa la lavorazione di schede elettroniche personalizzate per clienti di tutto il mondo e destinate ai più diversi mercati mondiali». Una sfida estremamente ambiziosa, pur nella sua totale coerenza, come spiega Restaneo. «Negli anni


La nostra esperienza ci ha permesso di dar vita a un nuovo progetto strategico denominato Seav More: la nostra esperienza e il nostro know-how sono così a disposizione del mercato

abbiamo acquisito un’elevatissima specializzazione e una totale padronanza dei processi di studio, sperimentazione e produzione di soluzioni tecnologiche; abbiamo così acquisito competenze aziendali e professionali che ci permettono di considerare la possibilità di cimentarci nei settori più svariati e differenti, offrendo soluzioni customizzate e accettando con coraggio e consapevolezza nei nostri mezzi ogni nuova sfida lanciata da un mercato sempre più selettivo e specializzato». Vale la pena soffermarsi brevemente ad analizzare questo mercato, analisi il cui compimento non può esimersi dal considerare la natura congiunturale dell’attuale situazione economica. Restaneo ci aiuta a fare chiarezza. «Il settore di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie è un comparto decisamente giovane, che esce da una fase estremamente dinamica, ma dal carattere quasi speculativo; troppi erano infatti i player di questo mercato che partecipavano al suo sviluppo senza avere le adeguate competenze o preparazione per affrontarlo. La recente crisi economica ha effettuato una sorta di scrematura, rendendo le attività di R&D troppo impegnative per chi era sul mercato senza possedere le caratteristiche necessarie». Una sorta di rigida selezione

che ha avuto l'effetto indiretto di aumentare la qualità dei prodotti offerti, come conclude Restaneo. «Naturalmente le aziende che sono rimaste attive e competitive hanno visto premiata l'attenzione dedicata in passato alla formazione professionale e agli investimenti nella qualità. Non posso celare la soddisfazione di fare parte di una società che ha sempre fatto di questi obiettivi le proprie priorità strategiche e che ha dimostrato forte carattere e personalità in un momento di crisi come quello attuale, concentrando gli investimenti in direzione dello studio e della sperimentazione di nuove tecnologie, senza tradire quella che è la propria – storica – vocazione per l'eccellenza». Fatta l’analisi era necessario per Restaneo trovare la soluzione: «La nostra esperienza e la nostra efficienza ci hanno permesso di istituire un nuovo progetto strategico denominato Seav More, sintetizzabile come un proposito di specializzazione applicata alla multi funzionalità. Questa è l'ennesima conferma del dinamismo propositivo e della vivacità che caratterizzano questa azienda e che – come già in passato contribuiscono a renderla un punto di riferimento a livello internazionale e saranno determinanti per i successi futuri».

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INNOVAZIONE

Dal calore all’illuminazione Dalla progettazione e produzione di dissipatori in alluminio alla realizzazione di sistemi di illuminazione a led. Fabio Franchini spiega l’evoluzione della sua società, per conquistare nuovi mercati sempre nel segno della qualità Guido Puopolo

iversificazione produttiva, flessibilità e innovazione. Sono questi i tre pilastri sui quali le imprese italiane che intendono affermarsi a livello internazionale dovranno puntare nel prossimo futuro, perché solo così le aziende nostrane avranno la possibilità di ritagliarsi un ruolo di primo piano all’interno di mercati caratterizzati da una competizione sempre più pressante. Un concetto ben chiaro a Fabio Franchini, socio della Pada Engineering Srl, società di Calcinelli Saltara fondata nel 1975 e oggi riconosciuta come una realtà leader nella produzione di dissipatori di calore e di sistemi

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Fabio Franchini, general manager della Pada Engineering Srl. La società ha la sua sede a Calcinelli Saltara (PU) www.padaengineering.com

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di raffreddamento in alluminio. «La nostra forza, pur in un contesto di difficoltà, è stata quella di affrontare la crisi con uno spirito propositivo, ricercando nuove soluzioni che potessero adattarsi alle mutate esigenze dei nostri partner», racconta Franchini. L’azienda, infatti, sfruttando e adattando l’esperienza maturata in quasi quarant’anni di attività, a partire dal 2009 ha avviato, al termine di un lungo percorso di studio, la produzione di una nuova gamma di sistemi di illuminazione con led di potenza, a marchio SwitchOnLed, utilizzabili in ambienti interni ed esterni. A tre anni di distanza, quale bilancio è possibile trarre da questa attività? «Siamo molto soddisfatti di quanto ottenuto finora. I sistemi di illuminazione a led da noi realizzati sono infatti la soluzione ideale per illuminare uffici, scuole, palestre, strutture commerciali e impianti sportivi, ma anche strade, gallerie e aree industriali, con il massimo della resa e dell’affidabilità. Tutti i prodotti sono ottenuti attraverso la lavorazione di materiale nobile-primario, come alluminio, acciaio e vetro, che assicurano una qualità e un design superiore. Pada Engineering offre inoltre molteplici servizi e vantaggi tipici di un’efficace e moderna struttura aziendale, per supportare i propri partner nella scelta dei prodotti, attraverso, ad esempio, la comparazione con i sistemi tradizionali e la verifica dell’effettivo risparmio energetico generato dall’uso dei led. Il tutto con un occhio sempre attento alla ricerca di forme e soluzioni estetiche all’insegna della qualità, della funzionalità e della cura dei det-


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Fabio Franchini

tagli, proprie del migliore made in Italy». Quali sono le realtà che si sono dimostrate maggiormente interessate a questi nuovi prodotti? «Senza dubbio il nostro target di riferimento è rappresentato dal mondo industriale, sempre più sensibile alle tematiche inerenti il risparmio e l’efficienza energetica. Chiaramente i sistemi di illuminazione da noi proposti rappresentano la soluzione ideale anche per le pubbliche amministrazioni, anche se purtroppo le difficoltà che gli enti locali stanno incontrando per far quadrare i bilanci rappresentano un freno non indifferente nella diffusione della tecnologia led». Come accennato in precedenza, la diversificazione rappresenta una delle peculiarità della vostra azienda. In quali altri settori trovano applicazione i vostri prodotti? «Pada Engineering ha iniziato a produrre semilavorati in alluminio nel 1975, avviando un proficuo dialogo con l’industria del mobile pesarese. Col tempo abbiamo esteso i nostri orizzonti, fornendo estrusi in alluminio a molte aziende marchigiane di medio-grandi dimensioni, specie nel settore degli elettrodomestici e in quello degli strumenti musicali elettronici. Oggi siamo presenti su scala mondiale, e gli ambiti in cui è possibile utilizzare i nostri profili di alluminio estrusi sono diversi: dai sistemi elettronici e di radio diffusione ai si-

I sistemi di illuminazione a led sono la soluzione ideale per illuminare uffici, scuole, e strutture commerciali, ma anche strade, gallerie e aree industriali

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stemi UPS e alle macchine saldatrici, dall’informatica all’industria medica fino ad arrivare alla trazione e all’industria automobilistica». Per soddisfare le esigenze di ambiti così diversi tra loro e rimanere al passo coi camPROFILI biamenti del mercato è indispensabile un continuo aggiornamento. A questo propo- È il numero di profili di alluminio utilizzati sito quanto contano per voi gli investimenti per produrre gli oltre 20mila articoli della in ricerca e sviluppo tecnologico? gamma offerta «Tantissimo. Basti pensare che all’interno del dall’azienda nostro stabilimento siamo dotati di un apposito dipartimento, grazie al quale tecnici altamente specializzati hanno la possibilità di studiare e testare nuove soluzioni sempre più performanti. Oltre a questo, però, un fattore chiave che ci permette di “intercettare” e interpretare i bisogni dei nostri partner è rappresentato dal costante dialogo che abbiamo

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INNOVAZIONE

instaurato con essi, perché solo grazie al con- mille profili di alluminio estrusi e più di venfronto e lo scambio di idee e opinioni è possibile realizzare un prodotto realmente adatto alle specifiche necessità dei potenziali acquirenti». Quali sono, quindi, i punti di forza del gruppo Pada? «Organizzazione, flessibilità e strutturazione dei processi lavorativi, unitamente a un’intensa attività di progettazione e sviluppo, ci hanno consentito di proporre al mercato prodotti finiti assolutamente innovativi, anche attraverso la fornitura di soluzioni personalizzate per ogni tipo di applicazione. Da oltre 30 anni siamo costantemente impegnati a sviluppare nuove idee, tanto che attualmente la nostra gamma di prodotti comprende più di

Organizzazione, flessibilità e strutturazione dei processi lavorativi, unitamente a un’intensa attività di progettazione e sviluppo, rappresentano il fulcro di Pada Engineering

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timila prodotti finiti». La vostra è un’azienda fortemente legata al territorio marchigiano. Quale valore aggiunto è in grado di garantirvi questa impostazione? «Pada è un’azienda perfettamente integrata nel suo contesto territoriale, con cui ha allacciato un rapporto privilegiato di collaborazione, ma dotata anche di una spiccata vision, che ci ha permesso di aprirci progressivamente ai mercati internazionali, dove ci siamo affermati non solo nella trasformazione di estrusi di alluminio, ma anche nella realizzazione di dissipatori e sistemi di raffreddamento. Lavoriamo al fianco di diverse aziende marchigiane, sfruttando le loro competenze e il know how acquisito soprattutto in campo elettronico. Basti pensare che attualmente le schede per i nostri apparati sono costruite interamente all’interno della nostra regione». Cosa servirebbe, secondo lei, per favorire un ulteriore sviluppo del tessuto produttivo locale? «In primo luogo è necessario un maggior supporto da parte degli istituiti di credito, per sostenere tutte quelle aziende che intendono investire in innovazione e sviluppo tecnologico. Credo però che anche gli imprenditori debbano ritrovare quella fiducia e autostima che la crisi ha inevitabilmente minato, perché il mondo imprenditoriale marchigiano è pieno di eccellenze da valorizzare e salvaguardare». Per concludere, cosa vi aspettate dal nuovo anno? «Il 2011 è stato per noi un anno positivo. Sull’onda del successo dei nostri sistemi di illuminazione siamo riusciti, anche grazie all’inserimento di nuove maestranze, a crescere in maniera considerevole. Per il futuro puntiamo con forza sulle potenzialità offerte da questi innovativi prodotti, e per fare ciò intendiamo dotarci di un’adeguata struttura commerciale e rete di vendita, certi che la qualità del nostro lavoro, anche in questo caso, sarà premiata dal mercato».



INNOVAZIONE

La versatilità dei polimeri plastici Esperienza e attitudine all'innovazione tecnologica per sfruttare le enormi potenzialità dei materiali plastici e lo sviluppo di un'intuizione imprenditoriale che risale a sessant'anni fa. Luca Leonardi ci racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

arte del retaggio innovativo che caratterizza l'industria odierna si è concretizzato nell'utilizzo, nella lavorazione e nella manipolazione dei materiali, assioma di ogni attività produttiva. Oggigiorno questa catena evolutiva dei materiali per la produzione tiene in larghissima considerazione le materie plastiche, dotate di innumerevoli possibilità applicative e di una grande versatilità lavorativa. I polimeri – grazie a queste preziose caratteristiche – hanno ottenuto la promozione del mercato dei materiali e trovano una grandissima diffusione di utilizzo nei più svariati ambiti produttivi. Forte della grande esperienza ge-

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Luca Leonardi, titolare della Leonardi Spa di Camerano (AN) www.leonardi.it

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stionale ed educato da una tradizione familiare votata a questo tipo di industria, Luca Leonardi, titolare dell’omonima azienda, traccia un profilo lusinghiero di questo tipo di materiali. «I polimeri plastici permettono, più di ogni altro materiale, di concretizzare qualsiasi idea applicativa che viene concepita, rendendo la fantasia del produttore l'unico eventuale limite alla versatilità del materiale». Che vantaggi offre, dal punto di vista produttivo, questa preziosa caratteristica del materiale? «Innumerevoli. La sua grande capacità di prendere forma offre la possibilità di ricercare con successo l'equilibrio migliore fra esigenze applicative, estetica, funzionalità e precisione, rendendo i polimeri plastici materiali adatti a qualsiasi destinazione di utilizzo. La scelta delle aziende si orienta sempre più verso l'adozione di questo tipo di materiali, diffondendone l'uso in maniera trasversale ai vari settori produttivi; ne possiamo riscontrare largo utilizzo negli ambiti più svariati, dal bianco alle cappe aspiranti, dal medicale al casalingo, dal mobile all'automotive, passando per segmenti specialistici come elettronica, microelettronica, nautica, aeronautica spaziale e molti altri ancora». Che posizione ricopre la vostra azienda nel settore della produzione e distribu-


Luca Leonardi

zione di materiali plastici? «La lunga tradizione aziendale che la Leonardi può vantare ci conferisce una posizione di leadership a livello nazionale, un'autorità che deriva dalla sessantennale esperienza produttiva. La fondazione dell'azienda è infatti datata 1950, epoca in cui l'intuizione del fondatore ha permesso di sfruttare le grandissime potenzialità al tempo inespresse del mercato dei materiali plastici, un mercato ancora in fase di gestazione e che deve parte della sua raggiunta maturità al contributo di pionieri come Vinicio Leonardi, primo titolare e padre della nostra azienda». Quale legame esiste fra l'azienda e il territorio a cui appartiene? «Un legame saldo e leale. Non è certo un caso che le Marche siano un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale anche per l'industria della produzione di materie plastiche; questa regione ha sempre potuto vantare una grande vivacità a livello imprenditoriale e il grande numero e l'ottimo stato di salute delle tante aziende in attività in questo territorio lo dimostra. Da parte nostra, siamo molto orgogliosi di appartenere e rappresentare nel mondo questa regione e siamo consapevoli del credito intellettuale e imprenditoriale che la nostra terra vanta nei nostri confronti e che cer-

I polimeri plastici permettono, più di ogni altro materiale, di concretizzare qualsiasi idea applicativa che viene concepita

chiamo di ripagare portando la qualità e la rinomanza del nostro made in Italy in tutto il mondo». Di quale organizzazione e di quale potenziale logistico dispone la Leonardi per poter ottenere i prestigiosi risultati raggiunti? «Di grande importanza è l'attitudine all'innovazione. In un settore dove la ricerca di nuove forme di lavorazione e utilizzo del materiale ricopre un ruolo così importante, gli investimenti orientati verso lo sviluppo di nuove e più efficienti tecnologie produttive e di ricerca sono un punto cardine della nostra strategia aziendale. Inoltre possiamo contare su una struttura produttiva all'avanguardia, in grado – per dimensioni e qualità, con i suoi 10mila metri quadri di area coperta e 5mila di spazi di recente inaugurazione – di assolvere a tutte le esigenze produttive in termini di volumi e di tempi». MARCHE 2012 • DOSSIER • 113


TECNOLOGIE

Tecnopolimeri fra software e automazione La tecnologia sottesa alla costruzione di stampi e allo stampaggio di materiali plastici per articoli tecnici, disegna la parabola evolutiva di un settore altamente specializzato. Carlo e Franco Pigliapoco spiegano quali fattori rendono inoffensiva la concorrenza Adriana Zuccaro

er un’ottimale riuscita produttiva e per l’immissione nel mercato di prodotti all’avanguardia, l’utilizzo delle materie plastiche impone una specialistica conoscenza delle loro proprietà fisicochimiche. L’alchimia dei ritiri, dei raffreddamenti, la scelta degli acciai e dei trattamenti per costruire stampi a elevata resistenza fanno parte di un sapere tecnologico indubbiamente non alla portata di tutti, che, alla Sts Tecnopolimeri, nasce da oltre venticinque anni nella costruzione di stampi e nello stampaggio di materiali plastici per articoli tecnici. «Usare materiali difficili come i tecnopolimeri ad alte prestazioni è la nostra specializzazione che, oltre a darci importanti soddisfazioni professionali, in termini di imprenditorialità ci distingue dalla concorrenza».

P Da sinistra Carlo Pigliapoco, titolare di STS Tecnopolimeri, e i figli Franco, responsabile dell’ufficio tecnico, e Matteo, responsabile della gestione qualità e ambiente www.ststech.it

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L’incipit del fondatore di Sts Tecnopolimeri, Carlo Pigliapoco, annuncia la descrizione di un settore tecnologicamente evoluto e con alti livelli di versatilità e di specializzazione tecnica e informatica dove l’interazione con diversi distretti manifatturieri diviene fondamentale per l’arricchimento e aggiornamento operativo. Sono infatti svariati gli ambiti lavorativi in cui si colloca la Sts. «Operiamo soprattutto nel mercato degli elettrodomestici, sia del bianco sia del grigio, ma stampiamo anche componenti per macchine da caffè, pezzi sottocofano per auto, plafoniere e supporti per illuminotecnica – precisa Pigliapoco –. Si tratta di articoli tecnici che richiedono resistenza meccanica. Sono realizzati in Abs, polisulfoni, poliammidi 66, poliammidi aromatiche, materiali con caratteristiche Vo, caricati con fibra di vetro e minerali». La Sts opera nel pieno rispetto delle normative Rohs e utilizza materiali certificati, a norma Fda; tutti i lotti produttivi sono controllati e corredati da una documentazione conforme alle norme uni 9001-14001/2004. Ma oltre alla conformità normativa che si esige per l’impiego di materie plastiche, dal punto di vista prettamente operativo, per lavorare determinati tecnopolimeri è necessario costruire stampi tecnici che necessitano un controllo rigoroso dei flussi di materiale, una gestione accurata dei condizionamenti ter-


Carlo e Franco Pigliapoco

mici e la scelta dei materiali specifici. Per questo «disponiamo di software di simulazione per il progetto degli stampi e li costruiamo esclusivamente in acciaio – spiega il titolare di Sts –. Anche per stampi pilota scegliamo acciai come il C45, magari indurito con un procedimento di tempra a induzione superficiale per tollerare pre-serie abbastanza consistenti». In Sts, progettazione e produzione sono guidate dall’ufficio tecnico, centro nevralgico che valendosi dei moderni strumenti CadCam gestisce le macchine in automatico e crea una documentazione puntuale dei lavori eseguiti: una strategia che riesce ad assicurare velocità e qualità. Non a caso, «siamo certificati Uni/Iso 9001:2000 per la progettazione. Tutti i processi sono stati standardizzati per ridurre al minimo i tempi del disegno e i software di cui abbiamo dotato la Sts permettono di importare immediatamente gli elementi base di uno stampo per costruirvi le superfici – spiega Franco Pigliapoco, responsabile dell’ufficio progettazione –. Quello che ci caratterizza rispetto ai concorrenti è l’aver puntato molto sulla progettazione Cam e abbandonato completamente la progettazione del percorso utensile a bordo macchina per ridurre al minimo gli errori. Le macchine lavorano in automatico. Ogni commessa è corredata da una documentazione accurata, in modo che con poche nozioni di base l’operatore sia in grado di costruire uno stampo. Sui disegni tecnici sono riportate tutte le tolleranze, gli accoppiamenti, le misure guida: l’operatore, non ap-

In STS, progettazione e produzione sono guidate dall’ufficio tecnico che avvalendosi dei moderni strumenti CAD-CAM gestisce le macchine in automatico

pena realizzato un pezzo, lo controlla e lo verifica sulla base del disegno. Questo fa sì che al momento dell’assemblaggio tutto coincida al meglio». L’ufficio diretto da Franco Pigliapoco rappresenta il cervello della Sts Tecnopolimeri e, in linea con i ritmi frenetici e le specialistiche richieste del mercato, è posto in costante marcia evolutiva. «Stiamo puntando su un servizio di progettazione che risponde alla necessità di risolvere un problema. Nella fase iniziale di sviluppo di un nuovo prodotto, ad esempio, capita che il cliente segnali un articolo fabbricato dalla concorrenza e ne evidenzi i difetti, ma non abbia la competenza tecnica per migliorarlo. Alla Sts realizziamo quindi il progetto, il prototipo, ne verifichiamo la funzionalità e, una volta ricevuta l’approvazione del cliente, avviamo la progettazione dello stampo. Il tutto avviene all’interno della nostra azienda: in pratica diventiamo l’ufficio tecnico del cliente che realizza un articolo nuovo affidandosi completamente alla nostra esperienza». MARCHE 2012 • DOSSIER • 115


TECNOLOGIE

L’etichetta impreziosisce il prodotto Creare etichette di pregio, capaci di conferire alle bottiglie di vino fascino e appeal. È questa la mission dei fratelli Federighi. Massimo Federighi illustra le tecnologie e le ultime novità alla base di questo particolare settore Guido Puopolo

e etichette delle bottiglie di vino rappresentano uno strumento fondamentale su cui le aziende produttrici devono far leva per incrementare le vendite. Ogni vino ha una sua identità, e soprattutto un valore intrinseco che deve essere svelato. Compito dell’etichetta è quindi quello di rendere visibile al consumatore proprio quel valore nascosto. Infatti, se da un lato esistono consumatori “esperti”, che conoscono proprietà e peculiarità di ogni singolo vino, è anche vero

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Massimo Federighi, Amministratore delegato della Grafiche Federighi Srl di Camerata Picena (AN) Nella pagina a fianco, fasi di lavorazione all’interno dello stabilimento aziendale. www.grafichefederighi.com

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che la maggior parte delle persone, nel momento dell’acquisto, è portata a scegliere basandosi principalmente proprio sul packaging e sull’etichetta del vino stesso. «L’etichetta oggi non può più essere considerata come un semplice spazio dove inserire informazioni o dati obbligatori, bensì il mezzo attraverso cui trasmettere sensazioni e creare aspettative», spiega Massimo Federighi, alla guida della Grafiche Federighi Srl, azienda di Camerata Picena fondata nel 1969, e specializzata nella stampa di etichette di pregio destinate prevalentemente al mondo enologico e oleario. Nel momento in cui si va a realizzare un’etichetta, quali elementi grafici vanno messi maggiormente in risalto al fine di rendere più evidenti le qualità del prodotto che questa rappresenta? «L’esigenza principale, per un’azienda, è quella di fare in modo che il prodotto possa distinguersi rispetto a quelli della concorrenza, e quindi di valorizzarlo con un’estetica accattivante e ben curata. Ovvio che soprattutto nei beni più “pregiati” quali spumanti, superalcolici o vini di qualità c’è una maggiore attenzione nell’utilizzo di carte particolari o di lavorazioni di nobilitazione più ricche, ma anche per quel che riguarda i prodotti di largo consumo, quali ad esempio oli o vini destinati alla Gdo, è fondamentale riuscire a creare un’etichetta completa, che possa qualificare e impreziosire il prodotto


Massimo Federighi

finito». A proposito come stanno mutando le esigenze da parte dei produttori enologici? «Nel mondo dell’etichetta vi sono designer capaci di proporre prodotti nuovi e di lanciare mode molto seguite, vuoi per l’utilizzo di nuovi supporti, per l’innovazione grafica o per il richiamo alla tradizione. Sta poi a noi fornire gli strumenti necessari per concretizzare le loro idee. Certo è che il momento di incertezza generale, con un mercato ultra inflazionato e la crisi dei consumi in atto, fa sì che attualmente l’esigenza prioritaria sia quella del contenimento dei costi, a cui cerchiamo di rispondere senza per questo rinunciare alla qualità». In effetti la crisi non ha risparmiato neanche il settore enogastronomico. In che maniera questo ha inciso sulla vostra attività? «In questi due decenni il mercato enologico ha avuto una crescita veramente importante, sia in termini di volumi che in termini qualitativi. Purtroppo oggi sta attraversando una fase di profonda difficoltà, dovuta non soltanto alla crisi internazionale, ma in parte anche al drastico calo dei consumi seguito alle normative contro le bevande alcoliche. Devo dire che in termini generali le aziende vinicole più strutturate hanno subito meno questo calo, in quanto già fortemente indirizzate al mercato Gdo e all’esportazione. Per quel che ci riguarda, attrezzandoci adeguatamente siamo riusciti ad am-

Negli ultimi anni abbiamo sostituito il 90% delle nostre macchine e innovato l’intero processo produttivo, in modo da anticipare i cambiamenti, e non subirli

pliare e diversificare la nostra clientela, in modo da non dipendere eccessivamente dalle “sorti” di un numero limitato di committenti». Il mondo enologico quale fetta del vostro bilancio ricopre? «Da sempre abbiamo trovato nel mercato enologico lo sbocco naturale al nostro prodotto, che si contraddistingue per la qualità e la ricercatezza alla base di ogni etichetta. Oggi l’80% della nostra produzione è indirizzata al mercato del vino, e il rimanente verso quello dell’olio. Ciò è avvenuto anche grazie a una brillante intuizione dei nostri genitori, che negli anni 80, osservando una crescita qualitativa del vino nella nostra regione, hanno capito che si stava creando un mercato di nicchia. Di qui la svolta della nostra azienda, che negli ultimi due decenni, anche attraverso importanti investimenti in attività di ricerca e di aggiornamento tecnologico, ha assunto un ruolo di primo piano nel mercato dell’etichetta di pregio». Quali sono, dunque, le innovazioni tecnologiche più recenti e importanti che hanno

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TECNOLOGIE

Nel prossimo futuro intendiamo rafforzare la nostra rete commerciale, anche con un occhio al mercato estero

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consentito all’azienda di affermarsi all’interno di un settore sempre più esigente e competitivo? «Due aspetti si legano molto strettamente l’uno all’altro: tecnologia e formazione. Negli ultimi 10 anni abbiamo sostituito il 90% delle nostre macchine e innovato l’intero processo produttivo, in modo da anticipare i cambiamenti, e non subirli. Oggi disponiamo di macchine multiprocesso che ci consentono di essere competitivi sia in termini qualitativi che quantitativi, e di abbattere i costi e migliorare le performance. In controtendenza rispetto al mercato, abbiamo deciso di investire su macchinari offset, abbinando alla quantità e a una produzione di tipo just in time, anche un elevato livello qualitativo, riuscendo a proporre i nostri articoli a prezzi assolutamente competitivi. Credo però che l’aspetto più importante per la nostra azienda sia l’attenzione che da sempre prestiamo ai giovani e al territorio. Oggi 30 persone lavorano all’interno della Grafiche Federighi, giovani con una spiccata predisposizione verso la tecnologia e la multimedialità, desiderosi di accrescere le loro conoscenze e di affrontare ogni giorno sfide nuove ed entusiasmanti. Considero la nostra azienda un po’ come una scuola, dove vengono formati degli eccellenti stampatori che nel loro percorso diventano a loro volta insegnanti, contribuendo in maniera determinante alla crescita della società». In futuro intendete ampliare ulteriormente i settori di riferimento e di diversificare la vostra attività? «Come detto, il mercato del vino e dell’olio rappresenta il nostro ambito di riferimento, anche se ultimamente stiamo cercando di aprirci anche ad altri settori, all’interno dei quali poter sfruttare le nostre competenze e conoscenze. In fondo la capacità di sapersi reinventare di fronte alle nuove sfide del mercato è da sempre una delle peculiarità della piccola e media impresa italiana, di cui le Marche sono l’essenza». Quale bilancio è possibile trarre relativamente all’anno appena concluso? «Il 2011 si è chiuso tra luci e ombre. Nonostante


Massimo Federighi

UN’INTUIZIONE VINCENTE rafiche Federighi nasce da lontano. È il 1969 quando Carlo Federighi decide di iniziare questa avventura, assieme alla moglie Carla. Inizialmente produce stampati di ogni genere, ma già con una particolare vocazione verso il mondo del vino, che nelle Marche sta crescendo in quantità e qualità. L’azienda decide così di specializzarsi nel settore, dove la richiesta di stampati di qualità è molto forte. «L’esperienza di nostro padre e la caparbietà della famiglia ci ha portato a investire

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l’allungamento dei tempi di riscossione e la riduzione dei volumi richiesti, siamo infatti riusciti a consolidare la nostra posizione sul mercato, facendo registrare un aumento del fatturato pari all’11% rispetto all’anno precedente. Una buona politica di investimenti e una mission fortemente incentrata verso un prodotto di qualità, unitamente a un servizio celere e competente, hanno fatto sì che il nostro prodotto diventasse un’eccellenza poco ripetibile sul territorio italiano, e quindi sicuramente al riparo da una concorrenza “scorretta” che sempre di più si va diffondendo anche nel nostro settore». Quali aspettative riponete nei confronti del 2012 e quali sono gli obiettivi e le sfide che attendono l’azienda nel prossimo futuro?

importanti risorse in tal senso», ricorda Federighi. Una grande attenzione alle tendenze di mercato ha portato l’azienda marchigiana a fare scelte difficili ma importanti, individuando proprio nella qualità, nell’innovazione e nella puntualità del servizio gli unici obiettivi da perseguire. Oggi, con una produzione di oltre 250.000.000 di etichette annue solamente nel mercato enologico e oleario, Grafiche Federighi si pone infatti tra i più importanti produttori italiani.

«Alla luce di quanto sta accadendo in questo momento, ritengo che grazie alla nostra organizzazione, a investimenti mirati e anche a un pizzico di fortuna, oggi possiamo guardare al futuro con grande ottimismo, tanto che nei prossimi mesi intendiamo rafforzare la nostra rete commerciale, anche con un occhio al mercato estero, che finora ci ha impegnato solo marginalmente. Come diceva mio padre, infatti, dobbiamo continuare a investire per garantire sempre il massimo ai nostri partner, perché questo è l’unico modo per ottenere dei risultati. Credo sia questa l’eredità più importante che io e mio fratello abbiamo ricevuto, e che intendiamo difendere e valorizzare per rendere l’azienda sempre più all’avanguardia». MARCHE 2012 • DOSSIER • 119


ELETTRONICA

Una nuova piattaforma per i processi d’impresa Comunicazione, marketing e logistica: sono questi i principi cardine su cui si basano le moderne attività dei distributori e rivenditori del settore italiano degli elettrodomestici e dell’elettronica di consumo. Ne parliamo con Leo Benedettini Emanuela Caruso

el settore dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici si è diffusa, da qualche anno, l’innovativa politica Ediel, studiata e sviluppata per diffondere tra le varie imprese l’adozione di un protocollo comune di codifica per la trasmissione elettronica dei dati tra industria, rivenditore e distributore. Lo scopo principale che ha guidato la creazione di tale servizio è stato quindi quello di formare una piattaforma elettronica condivisa per la gestione documentale dell’intero ciclo dell’ordine. La prima società del settore ad adottare la piattaforma Ediel è stata la Eurocom D.L.E., sita ad Ancona. «Grazie a questo sistema – commenta Leo Benedettini, amministratore dell’attività – possiamo avvalerci dello scambio automatico di dati e documenti con i nostri fornitori, rendendo così più veloci i processi, riducendo i costi e i possibili errori e garantendo un servizio migliore alla clientela». Con quali obiettivi è nata Leo Benedettini, la Eurocom D.L.E.? amministratore della Eurocom D.L.E. di Ancona www.eurocomdistribuzione.it «Sin dall’inizio, l’azienda,

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formata da 15 soci tutti rivenditori del settore degli elettrodomestici, ha avuto le idee chiare su come affrontare il mercato – che già dal 2000 con l’avvento sul territorio nazionale delle grandi superfici aveva fatto notare i primi cambiamenti – e traguardi da raggiungere ben precisi. La grande sfida era, e continua a essere, quella di mantenere competitivi i punti vendita storici che si affidavano a noi, dotandoli di requisiti indispensabili per una distribuzione moderna e ottimamente organizzata. Di conseguenza, l’obiettivo è stato quello di creare una società logistica in grado di anticipare e rispondere alle continue esigenze del mercato». Nello specifico, quindi, quali sono i punti di forza della Eurocom D.L.E.? «Il nostro lavoro si fonda su tre principi chiave: la comunicazione, il marketing e la logistica. Per quanto riguarda la comunicazione, disponiamo di un sito internet sempre aggiornato che consente di informare i clienti sulle varie politiche da effettuare sui diversi brand di cui ci occupiamo e che mette a loro disposizione più di 12mila articoli. L’attività di marketing, invece, prevede la realizzazione di oltre 10 milioni di volantini all’anno destinati a soci e clienti e il cui scopo è di ribadire la nostra presenza


Leo Benedettini

sul territorio e la convenienza di poter acquistare in modo sicuro e attraverso un servizio di qualità. Infine, concentriamo molte energie nella fase logistica del nostro lavoro, garantendo consegne in 24/48 ore sull’85% dei nostri clienti del Centro e del Sud Italia e consegne in massimo 72 ore nei luoghi più lontani. Dal 2007 ci siamo inoltre associati al gruppo d’acquisto GRE, Grossisti Riuniti Elettrodomestici, proprietario dei brand Trony e Sinergy, di cui oggi siamo distributori». Che tipo di servizi fornite tramite le pagine web? «Il nostro sito propone un’ampia gamma di categorie merceologiche, che vanno dall’audio al video, dalla fotografia alla telefonia e all’oggettistica, fino ad arrivare agli elettrodomestici e alla climatizzazione; un’elevata organizzazione dei contenuti, così da facilitare all’utente le operazioni di ricerca e analisi prodotto; la verifica immediata della disponibilità “a magazzino” del prodotto scelto; un filo diretto con i vari produttori per assistenze post-vendita, informazioni e malfunzionamenti. Sempre dal sito, sono

La politica Ediel è studiata e sviluppata per diffondere l’adozione di un protocollo comune di codifica per la trasmissione elettronica dei dati tra industria, rivenditore e distributore

anche visionabili i listini delle varie case produttrici e le news riguardanti offerte, promozioni e combinazioni d’acquisti, ed è possibile inoltre effettuare una proposta d’ordine rapida e semplice». Quali sono le prospettive del mercato? «I piani futuri dell’azienda prevedono il consolidamento del fatturato, che dal 2002 a oggi è passato da 9 a 50 milioni di euro, la capillare diffusione sul territorio dei marchi Trony e Sinergy, l’ampliamento del nostro sistema informatico e un ulteriore miglioramento del sito internet, e l’allargamento della piattaforma logistica aziendale, in quanto gli 8mila metri quadrati di superficie attuali non saranno più sufficienti e conformi alle nostre ambizioni future».

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VOLANTINI Il volume del materiale informativo distribuito annualmente da Eurocom a soci e clienti

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INVESTIMENTI E SVILUPPO

Più sostegno alle piccole imprese Durante il 2011 la regione Marche ha assistito a una lieve ripresa del mercato che ora, però, sembra vivere una battuta d’arresto. Il commento di Gaspare Tacconi e Donato Galiè sulla situazione delle piccole e medie imprese nel territorio Emanuela Caruso

econdo i dati elaborati da Trend Marche, l’Osservatorio regionale sull’artigianato e la piccola impresa delle Marche, il 2012 sarà un anno di recessione per l’economia della regione. A far presupporre tale situazione sono i numeri registrati nel 2011 relativi al Pil e alla disoccupazione. Se, infatti, durante l’anno appena concluso, il Pil era cresciuto appena dello 0,3%, la metà rispetto allo 0,6% dell’Italia, per il 2012 è previsto un calo pari allo 0,6%; e, allo stesso modo, nell’anno corrente, il mercato del lavoro vedrà salire la disoccupazione dal 6,6% al 7%. Tutti questi fattori continuano a influire negativamente sull’economia delle micro e piccole aziende delle Marche, già provate da una notevole diminuzione degli investimenti e, di conseguenza, dei fatturati. A confermare tale scenario sono proprio le piccole realtà imprenditoriali marchigiane e tra queste anche la Ta.G. Metal di Ascoli Piceno, società specializzata nella lavorazione della lamiera. «La stabilità del nostro mercato regionale e nazionale – commentano Gaspare Tacconi e Donato Galiè, titolari dell’attività – è messa a dura prova da una politica che non riesce ad aiutare la ripresa economica e che non studia strategie per creare nuova occupazione e rilanciare il lavoro, in particolar modo quando si parla di piccole e medie imprese». A fronte di tutto ciò, per cercare di mantenere la posizione e preservare il giro d’affari, la Ta.G. Metal ha scelto di investire su se

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stessa. «Dopo il trasferimento nella nostra nuova sede di Ascoli Piceno, avvenuto nel 2008 – spiega Gaspare Tacconi –, abbiamo portato avanti una serie di investimenti finalizzati al miglioramento dell’organizzazione del lavoro e dei processi aziendali. Abbiamo acquistato nuovi macchinari altamente tecnologici e aumentato la qualità dei prodotti e del servizio ai clienti, soprattutto in termini di rapidità di risposte e consegne. Questa strategia ci ha permesso di superare il momento di stallo vissuto nel 2009, quando il fatturato si è attestato intorno a un solo milione di euro, riportando l’azienda a buoni ritmi di crescita, grazie ai quali nel 2010 abbiamo registrato un fatturato di 1,5 milioni di euro e l’anno scorso abbiamo raggiunto 1,7 milioni».

Da sinistra Gaspare Tacconi e Galiè Donato della Ta.G. Metal Srl di Ascoli Piceno. Nelle altre immagini, momenti di lavoro www.tagmetal.it


Gaspare Tacconi e Donato Galiè

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Abbiamo superato il momento di instabilità del mercato reinvestendo gli utili e migliorando l’assetto organizzativo e produttivo dell’azienda

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La Ta.G. Metal, ormai da dieci anni, si muove e si distingue all’interno del settore della carpenteria metallica attraverso una gestione dell’attività dinamica e flessibile. «Ci occupiamo della lavorazione in proprio e conto terzi della lamiera e dei materiali metallici in genere, quali ad esempio inox, ferro e alluminio, soffermandoci in particolare sulla trasformazione del foglio di lamiera in componenti idonei al progetto del cliente o della nostra stessa azienda. La maggior parte della committenza è marchigiana ed è composta da imprese operanti nei settori arredo, ristorazione, elettromeccanica e componentistica, il cui decentramento delle lavorazioni necessita di un’attività conto terzista in grado di soddisfare al meglio le varie esigenze e richieste. Per garantire l’elevata qualità di ciò che produciamo e immettiamo sul mercato, abbiamo predisposto attenti e puntuali controlli di processo e di organizzazione del lavoro, così da verificare che tutto sia svolto in modo efficiente e opportuno e da impedire

eventuali problemi o intoppi nella fase di realizzazione». I punti di forza su cui la società di Ascoli Piceno può contare sono rappresentati dal team aziendale e dalla tecnologia di ultima generazione impiegata. «Il personale della Ta.G. Metal – continua Galiè Donato – è composto da operatori, collaboratori e tecnici giovani e dinamici, dalle cui motivazioni e ambizioni dipende il futuro della nostra impresa, ragion per cui ogni singola decisione o scelta da mettere in pratica viene studiata insieme, capita e condivisa. Inoltre, pur essendo una piccola realtà imprenditoriale, sfidiamo la concorrenza e il mercato attraverso strumenti tecnologici e informatici d’avanguardia, volti alla totale soddisfazione del bacino d’utenza. Disponiamo di importanti macchinari, come taglio laser, cesoie, punzonatrici, presse piegatrici, saldatrici e apparecchiature d’assemblaggio, che ci aiutano nelle varie fasi di lavorazione, automatizzando i processi e ottimizzando i tempi dell’intero ciclo realizzativo».

1,7 MILIONI È il fatturato totale maturato dalla Ta.G. Metal nel 2011

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COMMERCIO

A tutela dei piccoli esercizi Media e grande distribuzione in espansione nelle Marche, rispetto al commercio al dettaglio. L’assessore al Commercio, Antonio Canzian, valuta le opportunità della liberalizzazione Renata Gualtieri

a regione Marche nel 2009 ha realizzato con l’Università Politecnica delle Marche un’indagine sullo status del commercio del territorio regionale. Dai dati risulta che la grande distribuzione, dall’entrata in vigore del decreto Bersani del 1998 fino al 2009, ha subito una notevole espansione soprattutto lungo la costa e nelle vicinanze degli svincoli autostradali e strade statali di grande importanza. Anche la media distribuzione ha avuto un incremento considerevole, soprattutto in alcune zone del territorio «tanto è vero che – precisa l’assessore al Commercio delle Regione – l’insieme delle medie strutture ha portato alla creazione di veri e propri poli commerciali con grande concentrazione di medie strutture di vendita». Invece per quanto riguarda gli esercizi di vicinato si è assistito a una mortalità considerevole soprattutto nei piccoli comuni e nei centri storici e a un modesto incremento di piccoli esercizi specializzati. Attualmente la Regione sta predisponendo il regolamento attuativo del commercio in sede fissa. A quale scopo? «Ha come obiettivo quello di definire un giusto equilibrio tra piccola e grande distribuzione tenendo conto, in particolare, dei seguenti parametri: l’impatto sull’ambiente e sulle infrastrutture dei grandi insediamenti

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Sopra, Antonio Canzian, assessore al Commercio della Regione Marche


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commerciali; la valorizzazione del tessuto urbano delle città storiche anche in funzione della salvaguardia delle attività commerciali; la riqualificazione dei quartieri degradati anche attraverso la promozione di politiche di insediamento commerciale; la corretta e preventiva definizione degli standard urbanistici in riferimento alle differenti modalità insediative delle singole tipologie; la sperimentazione di tipologie di offerta innovativa in condizioni territoriali complesse, ad esempio nei territori a bassa densità abitativa con la proposta di nuclei polifunzionali integrati; l’integrazione tra attività commerciali, paracommerciali e di servizio». La liberalizzazione degli orari di apertura, secondo le associazioni dei consumatori, favorirebbe la grande distribuzione a discapito dei piccoli esercenti costretti a chiudere perché schiacciati dalla concorrenza. In base a uno studio su marketing e servizi della Bocconi le liberalizzazioni rappresentano, invece, un’opportunità per il Paese: con le sole aperture domenicali il Pil aumenterebbe dello 0,25%. Qual è la sua opinione a tal proposito? «Credo che continuare il processo di liberalizzazione già iniziato con il decreto Bersani sia uno dei fattori fondamentali per la crescita economica e sociale del nostro paese. Come Regione abbiamo condiviso e concertato con tutte le parti sociali il Testo unico del commercio, che di fatto rappresenta una vera innovazione del settore: sono stati eliminati tutti i vincoli di natura quantitativa e qualitativa come la programmazione commerciale, sono state elimi-

nate le distanze tra esercizi commerciali, si sono liberalizzati di fatto settori come i pubblici esercizi, la vendita di giornali e riviste, il commercio su aree pubbliche, la distribuzione dei carburanti. Si è proceduto a sostituire il sistema delle autorizzazioni con quello della semplificazione amministrativa e dell’informatizzazione delle procedure. Relativamente alla liberalizzazione delle aperture domenicali e festive, pur rispettando l’indagine condotta dalla Bocconi, ho forti dubbi che, nella attuale situazione economica, da sola questa misura possa influenzare il Pil. Mi chiedo, inoltre, se l’indagine abbia tenuto conto delle varie realtà territoriali, dell’abbandono del piccolo commercio nei centri storici, nelle frazioni e nei centri rurali, della reale influenza sull’occupazione». La Regione ha dovuto adeguarsi alla normativa nazionale o impugnerà la disposizione sugli orari liberi dei negozi davanti alla Suprema corte come altre Regioni? «La normativa statale in concreto sembrerebbe di immediata applicazione a partire dal 1 gennaio 2012 anche se nelle Regioni e Province autonome non sono state previste norme di adeguamento. Pur tuttavia, in qualità di coordinatore del settore del commercio all’interno della Conferenza delle Regioni e Province autonome, ho ritenuto di convocare un riunione tecnica per il giorno 10 gennaio a cui seguirà una riunione degli assessori regionali il 16 successivo al fine di condividere un percorso unitario ed omogeneo. A seguito degli incontri la giunta regionale valuterà la possibilità di impugnare la norma presso la Corte costituzionale. In ogni caso la Regione intende continuare un percorso di confronto con tutte le parti sociali e l’Anci, al fine di definire un sistema di orari che possa essere condiviso e che rispetti le peculiarità del nostro territorio». MARCHE 2012 • DOSSIER • 129


COMMERCIO

Seguire le esigenze del consumatore Il consumatore è cambiato e non valuta più solo il prezzo. «Ha capito che la private label - afferma Antonio di Ferdinando - è la risposta perfetta al risparmio senza rinunciare alla qualità» Elisa Fiocchi

ei primi nove mesi dell’ultimo anno sono calate le vendite al dettaglio di beni (-0,8%), hanno sofferto di più i piccoli negozi (-1,1%) e per la prima volta, dall’inizio della crisi, anche per la grande distribuzione si è registrato un segno negativo (-0,4%). «Il minor aumento del fatturato delle grandi strutture deriva dalla forte sfiducia nel futuro da parte del consumatore – afferma Antonio Di Ferdinando, amministratore delegato di Conad Adriatico – che fa i conti con la difficoltà di arrivare a fine mese, tende così a fare i suoi acquisti sotto casa e, per paura di “cadere in tentazione”, visita di rado o solo in momenti stagionali i grandi centri». Per fronteggiare le difficoltà del mercato, «chiediamo alle imprese, specialmente del territorio con cui abbiamo rapporti preferenziali, di raz i o n a l i z z a r e maggiormente i costi e comprimere, come facciamo noi, gli utili per non perdere fatturati e soprattutto per sostenere i consumi». Di Ferdinando analizza i cambiamenti in atto all’interno della grande distribuzione e illustra le strategie vincenti

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Antonio Di Ferdinando, amministratore delegato di Conad Adriatico

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del Gruppo, che ha chiuso il 2011 con un giro d’affari di 10,250 miliardi di euro e un +4,8% rispetto all’anno precedente. È invece in aumento dell’1,4% la spesa nei discount. Come giudica questi dati in riferimento all’andamento del territorio marchigiano? «Il discount è, in effetti, il format di punto vendita che in questo periodo ha delle buone performance, ma ciò non deve far pensare che sia la soluzione: è sicuramente una delle soluzioni che risponde a un tipo di consumatore che ha scelto di rinunciare a un certo tipo di qualità a favore del prezzo. Esiste un’altra grande massa di consumatori, di ceto medio-alto, che non ha ridotto gli acquisti ma li ha razionalizzati, e per la spesa sceglie punti di vendita che offrono prodotti con un corretto rapporto qualità/prezzo e valore aggiunto. Il nostro territorio offre anche in questa situazione delle grandi opportunità, bisogna saperle cogliere». In particolare come valuta il decollo dei prodotti private label nella grande distribuzione? «È una scelta che deriva anche in questo caso dalle contingenze: il consumatore è cambiato, sceglie e fa la spesa con giudizio, valuta attentamente non solo il prezzo, ma ha capito che la private label è la risposta perfetta al ri-


Antonio di Ferdinando

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Quello che viviamo è il peggior momento congiunturale e i nostri sforzi mirano a contenere i prezzi nonostante gli incrementi di listino dei fornitori vadano dal 5 al 10%

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sparmio senza rinunciare alla qualità. Il buon risultato di una quota pari al 23% del nostro marchio premia un assortimento che risponde alla qualità con diverse linee di prodotto pensate per le esigenze più varie a partire dal biologico ai prodotti dedicati ai bambini e alla linea che segue le tradizioni italiane. Per ottenere la nostra quota attuale abbiamo guidato e aiutato con attività di marketing un consumatore che forse si è sentito anche un pò costretto dagli eventi della crisi, ma questo è nella natura dell’italiano, che tendenzialmente non ama rinunciare facilmente alle proprie abitudini e spetta proprio alla distribuzione il compito di acculturare il cliente nella spesa del futuro». Quali adeguamenti dei listini di vendita si rendono dunque necessari nella grande distribuzione?

«La nostra organizzazione aumenta i prezzi dei prodotti solo nei casi in cui è lo stesso fornitore a farlo a monte; negli ultimi anni, a causa della contrazione economica, non abbiamo trasferito sul cliente finale tutti gli aumenti da noi subiti. Quello che viviamo è il peggior momento congiunturale e i nostri sforzi mirano a contenere i prezzi nonostante gli incrementi di listino dei fornitori vadano dal 5 al 10%, anche perché gli eventuali aumenti ridurrebbero ulteriormente i consumi e spingerebbero i clienti a scegliere prodotti poveri: per nutrirsi di proteine una famiglia può spendere 1 euro per comprare 6 uova oppure 15 per acquistare un chilogrammo di carne, la differenza sugli incassi è notevole. Gli aumenti sul carburante che industria e distribuzione stanno subendo sono vertiginosi e non permetteranno di contenere oltre i prezzi pur ricercando efficienza e decidendo di contrarre gli utili». L’acquisizione dal gruppo tedesco Rewe di 43 punti vendita come coinvolgerà la Regione Marche? «Nel corso del 2012 saremo impegnati oltre che nell’attività di ristrutturazione, riposizionamento e cambio insegna dei punti vendita acquisiti, in un più ampio piano di sviluppo per un investimento di oltre 18 milioni di euro. I punti vendita oggetto dell’acquisizione sono tre supermercati e un ipermercato in Abruzzo, un supermercato in Puglia e tre supermercati nelle Marche, regione, quest’ultima, priorità dello sviluppo nei prossimi anni, considerato anche che a oggi siamo la più grande azienda del territorio in valore assoluto ma non in termini di quota». MARCHE 2012 • DOSSIER • 131


COMMERCIO

Il vicinato di tipo moderno È un format di negozio strategico, vincente e con garanzia di durabilità, spiega Francesco Grossi: «Le piccole metrature sono destinate a esaurirsi nel medio periodo, per questo consideriamo solo quelle superiori agli 800 mq» Elisa Fiocchi

n tempi di crisi, molte famiglie si dimostrano più attente al budget da destinare ai consumi, anche a quelli dei generi alimentari. La contrazione della domanda, unita all’aumento delle materie prime e alla difficoltà di reperimento del credito, impongono alle imprese adeguamenti dei listini di vendita e la pianificazione di nuove interazioni tra i gruppi alimentari della regione e della grande distribuzione organizzata così da rispondere in modo più appropriato alle mutate abitudini di acquisto dei consumatori. Francesco Grossi, direttore generale di Ce.Di Marche, spiega il reale vantaggio competitivo legato alla formula del negozio di vicinato. «Il successo sta nel nostro socio – afferma – che pur rimanendo nelle linee guida della centrale, può operare localmente adattando e modulando la propria offerta commerciale e distributiva al proprio territorio». La cooperativa marchigiana, che ha chiuso il bilancio del 2010 con un fatturato al dettaglio di 280 milioni di euro, ha già pianificato nello scorso anno e per il triennio 2012-2014, investimenti per più di 50 milioni quasi interamente dedicati allo sviluppo, attraverso la realizzazione di quindici nuove strutture per oltre 22mila metri quadri di vendita nelle Marche e anche in Abruzzo.

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Francesco Grossi, direttore generale di Ce.Di Marche

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Consultando i risultati di bilancio, è la formula dei negozi di prossimità quella più performante. Come sarà modernizzato e con quali progetti di investimento? «Talvolta si viene indotti nell’errore di interpretare il format di vicinato come quello composto esclusivamente da piccole superfici esclusivamente dedicate al servizio. In realtà, la formula di vicinato di tipo moderno deve saper coniugare il servizio all’attrattività e la convenienza con la qualità. La semplicità nello spiegare questi concetti è in netto contrasto con la reale difficoltà nella realizzazione di tali concept di vendita perchè si tratta di una sfida sempre più complicata, anche per la crescente onerosità degli investimenti immobiliari nei centri residenziali urbani. Tuttavia, attraverso il nostro format, riteniamo di poter dare una risposta positiva alla sempre minore capacità di mobilità del cittadino-consumatore sia a causa del suo tendenziale invecchiamento sia per il poco tempo a disposizione e, non ultimo, per l’onerosità crescente della mobilità autonoma dovuta ai prezzi dei carburanti in continua ascesa». Qual è la chiave del successo del negozio di vicinato? «La location è certamente il driver principale nel decretare il successo o meno di un’iniziativa imprenditoriale, ma ciò che rende l’insegna “Sì con Te” difficilmente replicabile dalla concorrenza è il suo radicamento nel tessuto sociale in cui opera e la piena e profonda conoscenza del proprio cliente. La cooperativa opera attraverso i propri soci, i


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Grossi

quali sono imprenditori del proprio negozio, ed operano direttamente confrontandosi quotidianamente con la realtà locale». Nel 2011 le vendite per forma distributiva hanno segnato, nel confronto con il 2010, una flessione più marcata per le imprese operanti su piccole superfici (-2,2%) rispetto alla grande distribuzione (-0,5%). Come favorire il commercio al dettaglio e tutelare anche le piccole realtà commerciali della regione? «Per noi l’anno si è chiuso con uno splendido +7% rispetto all’anno precedente, ancora più positivo se consideriamo che scaturisce pressoché totalmente dall’incremento delle presenze. Riteniamo comunque che le piccole metrature siano destinate, almeno nel nostro territorio, a esaurirsi nel medio periodo. Proprio per questo, la cooperativa, nel piano di espansione, considera esclusivamente metrature superiori agli 800 mq. Ciò non esclude che, in presenza di alcune variabili a noi ben chiare e precise, le metrature più piccole non possano esistere». Nei primi dieci mesi del 2011, rispetto allo stesso periodo del 2010, l’indice grezzo

+7% FATTURATO È l’incremento di bilancio del 2011 rispetto all’anno percedente grazie all’aumentoo delle presenze

50 mln EURO La cifra che la cooperativa Ce.Di Marche stanzierà per lo sviluppo della propria rete vendite fino al 2014

è diminuito dello 0,8%. Le vendite di prodotti alimentari hanno segnato un incremento dello 0,2%, quelle di prodotti non alimentari una diminuzione dell’1,4%. In che modo si può rilanciare la domanda al consumo? E attraverso quali sinergie regionali? «Le cause sono dettate esclusivamente dall’importante inflazione che il settore ha subito (+5% circa nell’anno) unito ad un drastico calo dei consumi. La domanda si può rilanciare esclusivamente facendo ripartire ciò che la genera: un reddito adeguato e consono alle esigenze di ogni famiglia e un sentiment positivo nel futuro. La risposta vera ed esaustiva non la si può ricercare in formule di marketing o commerciali. Ciò che stiamo attraversando è una vera e propria rivoluzione del modello socio-economico ed è chiaro che quello portato avanti finora ha fallito. Ora la vera sfida sta nel cercare di esplorarne di nuovi senza farsi prendere dalla tentazione di replicarne di vecchi poiché si rischierebbe di innescare una reazione con conseguenze inimmaginabili per il nostro vivere comune. Bisogna pertanto ripartire dal lavoro e dai giovani, attraverso politiche fiscali incentivanti per le aziende performanti, una progressiva e rapida deburocratizzazione che soffoca ogni iniziativa imprenditoriale facendone crescere esponenzialmente i costi e soprattutto, adottando tutti un senso civico, un rigore e un etica tragicamente perduti». MARCHE 2012 • DOSSIER • 133


AGROALIMENTARE

Verso nuove varietà di frumento urante gli ultimi vent’anni, le importanti innovazioni susseguitesi nel settore delle biotecnologie e, in particolare, nei comparti della genetica, della microbiologia, della fisiologia vegetale e della biologia molecolare, hanno reso possibile un continuo e costante miglioramento genetico in campo vegetale, sul quale si sono poi concentrate le attività di ricerca di molte aziende interessate all’evoluzione del panorama scientifico mondiale. E in Italia, il miglioramento genetico delle specie vegetali coltivate al fine di migliorarne le caratteristiche, è stato da subito protagonista di studi approfonditi e spunto d’innovazione per nuove tecnologie. Tra le società marchigiane più impegnate in questo senso si colloca la Agroservice di San Severino Marche, azienda storica dello scenario cerealicolo italiano. «Da sempre – spiega Tommaso Brandoni, presidente dell’impresa – la ricerca scientifica è uno dei nostri obiettivi principali, e in questo periodo ci stiamo adoperando per qualificarla ulteriormente attraverso l’amplia-

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Tommaso Brandoni, presidente di Agroservice Spa di San Severino Marche (MC). Nelle altre immagini, momenti di lavoro www.agroservicespa.it

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Dagli anni 90 in poi, la ricerca scientifica in campo vegetale non ha avuto soste e attraverso importanti innovazioni nel campo della biologia molecolare ha portato al miglioramento delle colture. Il punto di Tommaso Brandoni Emanuela Caruso

mento dei laboratori d’analisi aziendali e l’incremento delle collaborazioni con le università e i centri di ricerca, e tutto ciò sia a livello nazionale che internazionale». I mercati del vostro settore sono in continua evoluzione e spingono ogni azienda a rispondere alle esigenze di un’agricoltura sempre più specializzata. In un contesto del genere quanto è importante la ricerca scientifica? «Oggi, la ricerca gioca un ruolo strategico fondamentale, in quanto, resa più veloce dalle tecnologie di ultima generazione e combinata alla profonda conoscenza del mondo cerealicolo e delle sue dinamiche, consente di centrare gli obiettivi e quindi di ottenere prodotti dalle caratteristiche sorprendenti. Inoltre, compito essenziale della ricerca scientifica è anche quello di prevedere le richieste e le necessità future del mercato e del settore, così da rendere un’azienda competitiva e puntuale nella sua attività». Su quali particolari fronti si è focalizzata l’attività di ricerca di Agroservice negli ultimi anni? «Abbiamo canalizzato le energie per favorire lo sviluppo di specifiche filiere nel comparto del frumento duro, ottenendo così varietà ad elevato valore qualitativo e produttivo. I


Tommaso Brandoni

punti forti di questi nuovi prodotti sono senz’altro l’indice di glutine raggiunto, il livello proteico e l’indice di giallo; tutti fattori che rendono le varietà create capaci di soddisfare al 100 per cento le esigenze dei pastifici e degli agricoltori. Per quanto riguarda il frumento tenero, invece, il nostro impegno si è concentrato nello sviluppo di varietà di forza, caratterizzate da un rapporto ottimale tra fattori di panificazione, resistenza ed elasticità». In fase di sviluppo è anche il settore delle leguminose da granella? «Sì, oltre ai vari cereali a paglia come orzo, triticale, segale, farro, avena e frumento, commercializzati tanto in Italia quanto all’estero, ci stiamo interessando alle leguminose da granella, tra cui il cece, il pisello proteico, la veccia e, in particolare, il favino. Su quest’ultimo la nostra ricerca punta alla selezione di alcune linee prive di tannini. L’assenza di tali sostanze nelle miscele alimentari, infatti, rende più efficiente l’assorbimento proteico da parte degli ani-

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La ricerca di Agroservice si concentra in particolare sul miglioramento genetico del frumento duro e tenero, sullo sviluppo del favino e sulla resistenza alle patologie

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mali poligastrici, cioè ovini e bovini». Un ulteriore punto nevralgico della vostra ricerca è la resistenza alle patologie. Su quali aspetti in particolare state lavorando attualmente? «Al momento stiamo analizzando la fusariosi e la septoriosi, poiché grazie all’impiego di marcatori molecolari abbiamo ottenuto alcune linee di frumento duro e tenero davvero molto resistenti a tali patologie. Nello specifico, è in fase di valutazione agronomica per l’inserimento nel Registro Nazionale Varietale, una particolare varietà di frumento tenero. Anche per il frumento duro sono in avanzata fase di selezione alcune interessanti linee, ottenute attraverso l’incrocio con varietà di frumento tenero resistenti».

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ACCESSO AL CREDITO

Al fianco di imprese e famiglie nonostante le difficoltà Quello appena archiviato è stato un anno difficile per il sistema bancario, anche per effetto di Basilea 3, che ha ulteriormente ristretto la capacità di concedere prestiti da parte delle banche. Massimo Bianconi, direttore di Banca delle Marche, fa il punto della situazione in regione e dice: «Non abbiamo abbandonato nessuno» Tiziana Bongiovanni

Italia non era ancora unita e le Casse di Risparmio di Pesaro, Macerata e Iesi esistevano già. Tre realtà radicate nel territorio marchigiano, che si sono fuse nel 1994 nella Banca delle Marche. Un istituto di credito in espansione, leader in regione, classificato al nono posto nella graduatoria nazionale delle grandi banche. La rete commerciale può contare su oltre 300 sportelli sparsi principalmente nelle Marche, luogo di tradizionale insediamento, in Abruzzo, Lazio, Molise ed Emilia Romagna e circa 3.000 dipendenti. A dirigerla c’è Massimo Bianconi, una laurea in Scienze Politiche e una lunga carriera come top manager nel settore del credito. Bianconi, che è anche presidente della commissione regionale Abi Marche, definisce la regione in cui opera «una realtà che non finisce di sorprendere per la sua vitalità e che non fa mistero della volontà di svilupparsi per essere competitiva su vari panorami». Direttore, l’accesso al credito non è uno dei

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Massimo Bianconi, direttore della Banca delle Marche e presidente della Commissione regionale Abi Marche

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tanti aspetti negativi della congiuntura economica, ma il problema per eccellenza. «Il 2011 è stato un anno molto difficile per il sistema bancario, con il problema della liquidità che ha paralizzato a lungo l’attività di molti istituti. Fortunatamente a dicembre la situazione è migliorata. La concessione da parte della Banca centrale europea di liquidità fino a 3 anni all’1%, oltre che l’introduzione di un sistema di garanzie statali sulle emissioni di bond, hanno rappresentato un punto di svolta per le banche italiane. Rimangono, comunque, parecchie criticità. Le norme di Basilea 3 hanno costretto gli istituti di credito all’acquisto di titoli di Stato, rendendoli problematici a causa delle tensioni sul nostro debito sovrano. Insomma, una misura che avrebbe dovuto stabilizzare le banche rischia di far nascere nuove preoccupazioni». Le famiglie e le aziende però lamentano una restrizione del credito da parte vostra. «Non lo nego. L’aumento del costo della raccolta ha costretto il sistema bancario a scaricare in parte i costi sulla clientela. Abbiamo dovuto assumere un atteggiamento più prudente negli ultimi mesi del 2011, rallentando i nuovi finanziamenti verso le imprese. Ma abbiamo continuato a erogare credito, non abbiamo abbandonato nessuno. Nel primo semestre del 2011,


Massimo Bianconi

gli impieghi verso la clientela, cioè il denaro che abbiamo concesso, ha raggiunto i 17,9 miliardi di euro, con una crescita dell’1,8%. A dicembre, ad esempio, siamo stati una delle poche banche a concedere finanziamenti per il pagamento delle tredicesime a favore delle famiglie e delle imprese rimaste danneggiate dal maltempo che ha colpito le coste di Romagna, Marche e Abruzzo. Poi abbiamo attuato iniziative con istituzioni locali e nazionali: prima di Natale abbiamo messo a disposizione un plafond di 100 milioni di euro a favore di start-up, imprenditoria femminile e reti d’impresa». E il settore della cultura, sempre più a corto di finanziamenti, come lo aiutate? «Banca Marche è da sempre vicina alle istituzioni culturali locali, partecipando finanziariamente alla realizzazione di diversi eventi, fra cui il Rossini Opera Festival di Pesaro, la stagione lirica del Macerata Opera allo Sferisterio di Macerata, il Festival Pergolesi Spontini nella provincia di Ancona, la Stagione lirica di tradizione al teatro Pergolesi di Jesi e la stagione concertistica dell’Orchestra Filarmonica marchigiana e dell’Ente concerti Pesaro. Nel 2011 per queste manifestazioni abbiamo erogato oltre 400mila euro».

Mentre per l’ambiente? «Abbiamo vinto il premio come migliore banca territoriale del 2011 nella categoria “Iniziative a tutela e promozione dell’ambiente” assegnato da Aifin, Associazione italiana financial innovation. Il premio fa riferimento alla realizzazione degli impianti fotovoltaici nelle sedi di Jesi e di Macerata e della nuova struttura di cogenerazione/trigenerazione della sede di Jesi. Nel complesso le nuove opere garantiscono una produzione di energia elettrica pari a oltre due milioni di kWh l’anno, equivalente a un risparmio di oltre 623 tonnellate di CO2. L’investimento economico è stato pari a circa tre milioni di euro». Avete appena concluso un accordo di bancassurance con i francesi di Cardif. Come mai? «Eravamo alla ricerca di un partner assicurativo che ci permettesse di offrire alla nostra clientela prodotti all’avanguardia. Cardif, che fa parte del gruppo francese Bnp-Paribas, è uno dei leader mondiali nel comparto assicurativo e siamo convinti che questa partnership porterà buoni frutti sia a noi che a loro». Avete lanciato un aumento di capitale fino a 212,5 milioni di euro. Pensa che sarà sottoscritto da tutti gli attuali azionisti? «Per il momento abbiamo già ottenuto l’impegno ad aderire da parte delle nostre quattro fondazioni bancarie azioniste (Pesaro, Macerata, Jesi e Fano) che detengono circa il 60% del capitale. L’operazione, per la quale abbiamo già avuto il via libera dalla Consob, ci permetterà di aumentare il Tier 1 di circa 140 punti base. Sono fiducioso che anche i nostri piccoli azionisti rimarranno al nostro fianco soprattutto in questo momento». MARCHE 2012 • DOSSIER • 139


ACCESSO AL CREDITO

Accompagnare le imprese nel processo di modernizzazione La valorizzazione dell’identità del territorio in cui operano e il sostegno allo sviluppo economico locale sono tra i principi cardine delle banche locali. A questo compito non si è sottratta Carifano che, secondo il presidente Francesco Giacobbi, ha tenuto fede ai suoi impegni Tiziana Bongiovanni

rano in sessantadue. 62 fanesi che nel lontano 1842 sottoscrissero le azioni di quella che è oggi la Cassa di risparmio di Fano, o Carifano. L’11 giugno 1843 aprì al pubblico, presso i locali della Residenza Municipale, il primo sportello. Sostituiva gli arcaici Monti di Pietà, non più in grado di sostenere le esigenze della popolazione locale. Dal 3 dicembre 2008 Carifano fa parte del gruppo bancario Credito Valtellinese, che comprende anche altre banche territoriali come il Credito Siciliano e il Credito Artigiano. L’erede dell’originaria Cassa di risparmio di Fano è la Fondazione, il cui territorio di competenza sono i 13 Comuni della provincia di Pesaro e Urbino più Senigallia. Tra i progetti principali che l’ente sta portando avanti in que-

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sti anni vi sono il recupero del complesso storico San Michele, nel centro di Fano; la realizzazione di una struttura per anziani e una per l’infanzia; la donazione di una Tac all’ospedale S. Croce. Il presidente di Carifano è lo spoletino Francesco Giacobbi, la cui attività è di coordinamento e di supporto strategico secondo le linee programmatiche definite dalla Capogruppo Credito Valtellinese, quindi non operative. Presidente, qual è il valore aggiunto di una banca fortemente radicata sul territorio come Carifano rispetto ai grandi istituti di credito? «Mi lasci dire che non tutte le banche sono uguali, il fattore distintivo è il legame con il territorio, elemento proprio delle banche popolari e cooperative. Esse seguono un modello di business fondato non solo sulla costruzione di solidi legami con le comunità mediante il sostegno finanziario alle famiglie e alle pmi, ma anche su politiche di partecipazione e sviluppo sociale e culturale dell’area». Purtroppo oggi non è raro che i clienti paghino in ritardo o non paghino affatto le aziende, le quali vanno incontro a una crisi di liquidità. Ciò influisce negativamente nel rating, cioè nel giudizio che la banca dà per la concessione del credito, che spesso viene negato. Qual è il vostro orientamento in tal senso? «Senz’altro l’accordo di Basilea 3 e le nuove re-


Francesco Giacobbi

Il presidente di Carifano, Francesco Giacobbi

gole imposteci dall’Eba possono portare a un rallentamento del credito. Non escludo che qualche problematicità potrebbe interessare anche gli organismi di garanzia fidi: l’aumento del requisito patrimoniale degli intermediari finanziari investe infatti anche i Confidi, con il conseguente possibile rischio che le garanzie nei confronti degli associati possano diminuire. Però i recenti aumenti di capitale delle principali banche italiane avranno ripercussioni positive sulla percezione della stabilità complessiva del sistema, e anche alla luce dei provvedimenti della Bce, consentiranno di abbassare i costi della raccolta e aumentare gli impieghi». Chi dà accesso al credito ha anche il polso della situazione imprenditoriale della zona. Quali sono i settori che resistono e quali quelli in crisi? «I settori economici che oggi stanno resistendo tenacemente alla crisi sono il calzaturiero e la meccanica, mentre cedimenti si avvertono, anche pesantemente, nella cantieristica e nel mobile. L’incremento delle esportazioni nella regione ha riguardato soprattutto i mercati extra Unione europea a 27 con +17,6%, mentre i mercati dell’Unione hanno registrato un incremento del 6%». Parliamo di mutui.

«Il settore dell’edilizia è, come del resto nella maggior parte delle regioni in Italia, in forte crisi con un accentuato rallentamento nel residenziale. Ne risentono di conseguenza anche i mutui, che però cerchiamo di non far venir meno a famiglie e piccoli imprenditori». Come ha chiuso Carifano il 2011 e come si accinge ad affrontare il nuovo anno? «Carifano, nel puntuale rispetto del completamento del piano di riassetto della struttura del gruppo societario di appartenenza che ha visto la riduzione di alcune legal entity, ha avuto un riordino con una mission ben precisa di operatività nelle regioni Umbria e Marche. Anche nel 2011, nonostante il perdurare della forte crisi, abbiamo visto crescere gli impieghi del 5% rispetto all’anno precedente con una raccolta diretta che è aumentata del 3% confrontata con lo stesso periodo del 2010 e con un rapporto sofferenze /impieghi di circa 2,9%. Per quanto riguarda l’anno appena iniziato Carifano prevede nuova assistenza con circa 150 milioni di euro. Ritengo che le imprese, assieme al supporto del sistema bancario, dovrebbero puntare con più decisione sullo sviluppo del capitale umano e su innovazione e sviluppo tecnologico, affrontando quanto prima il problema della dimensione: chi è troppo piccolo nel macro scenario globale non ce la può fare. D’altro canto le banche devono continuare a fare il loro mestiere allocando bene il credito e favorire le imprese nel processo di modernizzazione, accompagnandole anche all’estero e aiutandole ad allearsi e a fare rete. Tutto ciò particolarmente in un periodo come l’attuale, in cui permane il differenziale di crescita dell’export delle Marche nei confronti dell’Italia. In questo contesto, tuttavia, risulta molto positiva la ripresa mostrata da alcuni settori importanti per l’economia marchigiana quali la meccanica e le calzature; di converso settori altrettanto importanti come l’elettrodomestico, la cantieristica e il mobile tuttora accusano il gap con la media nazionale». MARCHE 2012 • DOSSIER • 141




TUTELA DEL TERRITORIO

e Marche sono esposte per oltre il 90% al rischio frane e oltre al 10% per alluvioni, con oltre 157.000 abitanti a rischio (praticamente la popolazione di Pesaro e Fano). Le zone più interessate sono quelle più urbanizzate, dove maggiori sono i beni e le vite esposte, quindi le zone collinari e costiere. «Considerata la struttura geomorfologica “a pettine”, ovvero di un territorio solcato dai principali corsi d’acqua che sfociano ortogonalmente al mare – spiega Enrico Gennari, presidente dell’Ordine dei geologi delle Marche – sulla costa sono concentrate le maggiori aree pianeggianti, dove si è sviluppata la maggior parte dell’urbanizzazione e dove sono concentrati anche la maggior parte dei problemi legati ai rischi idraulici (alluvioni ed esondazioni) e gravitativi (frane)». Vengono adottate secondo lei politiche di prevenzione adeguate nei territori più a rischio? «I programmi previsionali e programmatici per i finanziamenti anche di interventi di monitoraggio previsti dalle leggi sui Piani di bacino, sono stati attivati solo in misera parte. Le recenti versioni regionali del piano casa e nello specifico della legge sulla riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile

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148 • DOSSIER • MARCHE 2012

Interventi concreti per il territorio «Dobbiamo passare dalle leggi finalizzate all’urbanizzazione a quelle per il governo del territorio, con una visione di sistema che consideri le criticità fisiche esistenti». Enrico Gennari illustra gli interventi necessari per far fronte al rischio idrogeologico Nicolò Mulas Marcello

(L.R.22/2011) entrata recentemente in vigore, non prevede indagini geologiche adeguate e secondo criteri aggiornati sui rischi sia idrogeologici sia sismici; in questo senso, anche alla luce delle puntuali osservazioni mosse, è stata persa una importantissima occasione per elevare e adeguare la legislazione regionale a quella di altre regioni, decisamente più virtuose e innovative (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto). Siamo, infatti, in attesa da anni di una legge organica sul governo del territorio, considerato che gran parte del dissesto è dovuto a fattori predisponenti legati all’urbanizzazione selvaggia degli ultimi decenni: con soglie di piovosità critiche, anche oltre 100-150 mm/h (piogge di forte intensità e breve durata), come si stanno purtroppo verificando orma ovunque, i territori non reggono. Occorre ripensare a una difesa del suolo che si adatti ai cambia-

menti climatici, attenendosi ai principi dell’invarianza idraulica, secondo criteri solo recentissimamente introdotti nella legislazione regionale, e i cui benefici si riusciranno a cogliere solo a distanza nel tempo». Negli anni sessanta la superficie agricola era di 900mila ettari, pari al 92% delle Marche, oggi siamo a 671mila (69% del totale re-


Enrico Gennari

gionale). Esiste secondo lei una corretta gestione del territorio edificabile in regione? «Nelle Marche, come del resto in gran parte d’Italia, la legge urbanistica è ferma agli anni 90, con il risultato che nonostante piani territoriali recenti, lungo le aree costiere e nelle valli principali spesso non ci sia soluzione di continuità dell’edificato, con occupazione di suolo agricolo, di aree pedecollinari con elevata propensione al dissesto e aree alluvionali spesso all’interno degli

ambiti esondabili; in 50 anni, a fronte di un aumento del 30-40% della popolazione, l’urbanizzazione è praticamente triplicata, con perdita di suolo, aumento incontrollato dell’impermeabilizzazione, stravolgimento del paesaggio, perdita di sostenibilità ambientale, aumento del rischio e riduzione delle condizioni di sicurezza, e quindi della qualità della vita, per tante porzioni di territorio e popolazioni». Come è possibile invertire la rotta? «Bisogna passare dalle leggi urbanistiche, finalizzate all’urbanizzazione, alle leggi per il governo del territorio, con una visione di sistema che consideri le criticità fisiche esistenti per uno sviluppo sostenibile sia dell’economia che della salute umana, tenendo conto che sviluppo sostenibile è anche conservazione e manutenzione del territorio. Si possono creare posti di lavoro e grandi opere anche e soprattutto finalizzate alla salvaguardia dell’esistente, al presidio del territorio, pianificando e intervenendo con la natura, non contro la natura; i bollettini meteo non possono essere come bollettini di guerra. Non si può essere favorevoli ai condoni e quindi agli abusi edilizi e urbanistici per far cassa, e poi contrari quando andiamo sott'acqua con frane e colate di fango che spazzano via ogni cosa». I recenti disastri idrogeologici che da nord a sud hanno interessato l’Italia,

hanno secondo lei smosso le coscienze a impiegare più sforzi nella prevenzione dei rischi? «Dobbiamo purtroppo registrare che la macchina mediatica è imponente per motivi propri di visibilità soltanto nell’immediato e nei giorni successivi. I riflettori si spengono quasi sempre subito e lo spazio dedicato ai geologi unici esperti in materia di prevenzione e gestione del rischio - è veramente poco. Non parlo solo dei media ma delle Istituzioni. Parlare di tutela del territorio porta meno voti che parlare di grandi opere. La strada da fare è molto lunga e tutta in salita». Qual è oggi il compito dei geologi? «Come geologi rivendichiamo il nostro ruolo sociale di sentinelle del rischio e progettisti della tutela, senza dimenticare che gran parte di tale lavoro passa attraverso la tutela delle professioni, e non lo scardinamento delle stesse, come sembra che il nostro governo “tecnico” sia intenzionato a fare; anche in questo rivendichiamo una sensibilità e un ruolo sociale, di pubblica utilità, da non disperdere e invece da valorizzare. Occorrono nuovi sforzi e nuove strategie: manchiamo ancora e clamorosamente di cultura tecnica, di cultura politica e di ingegneria finanziaria adeguate per dare risposte a una situazione di degrado e di rischio divenute ormai praticamente ingestibili». MARCHE 2012 • DOSSIER • 149


TUTELA DEL TERRITORIO

Una mirata gestione dei rischi Interventi sul territorio diretti alla gestione e prevenzione del rischio idrogeologico sono indispensabili per salvaguardare l’incolumità dei cittadini marchigiani. A sostenerlo è Francesco Acquaroli, che spiega quali sono le misure da adottare in tempi brevi Nicolò Mulas Marcello

l territorio delle Marche, come il resto dell’Italia, non è esente dal rischio idrogeologico. I danni che si verificano, anche in presenza di eventi atmosferici non eccessivamente forti e persistenti, sono testimonianza di un fragile equilibrio ambientale che mette in pericolo i cittadini marchigiani e rende difficile per gli enti locali la gestione delle criticità. «L’immobilismo – sostiene Francesco Acquaroli, consigliere regionale – ha compromesso in parte l’equilibrio del territorio tra entroterra e costa e tra monti e valli che è indispensabile per garantire la tutela dei nostri paesi e l’incolumità e dei cittadini». Quali sono le politiche di prevenzione adottate dalla Re-

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Francesco Acquaroli, consigliere regionale del Popolo della Libertà

150 • DOSSIER • MARCHE 2012

gione? «La Regione dal 2004 si è dotata di uno strumento di prevenzione importante che si chiama Pai, Piano di assetto idrogeologico. Esso comprende tutti i bacini che interessano il nostro territorio di competenza e cioè, nello specifico, il bacino del Tevere, del Tronto, del Marecchia Conca e, infine, quello regionale. Questo strumento, che di fatto avrebbe dovuto programmare tutti gli interventi necessari a garantire una politica di prevenzione e di governo dell’assetto idrogeologico, non è poi stato finanziato in maniera sufficiente neanche per le manutenzioni o per fronteggiare le priorità e le emergenze. In sostanza non è mai stato dato seguito alle politiche individuate dal Pai

che, a dire il vero, avrebbe richiesto un cospicuo impegno finanziario, pari a circa 500 milioni di euro, che non poteva essere nelle disponibilità della Regione e che è stato attuato solo in minima parte». Queste misure sono sufficienti? «Se le politiche individuate nel Pai fossero state davvero perseguite nei fatti dalla giunta regionale avrebbero sicuramente prodotto i risultati programmati, invece la scelta di non investire


Francesco Acquaroli

prioritariamente e in maniera più decisa, non dando seguito, che in una minima parte, agli interventi necessari ha reso insoddisfacenti i risultati delle politiche regionali a riguardo». Quali sono gli interventi urgenti per tenere sotto controllo le zone a maggior rischio sul territorio? «Gli interventi che ritengo indispensabili sono quelli di manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti, della sistemazione dei sistemi di raccolta e regimentazione delle acquee e infine la stesura di una nuova legge urbanistica che sia in grado di indicare in maniera più autorevole, adeguata e attuale le linee programmatiche nella gestione delle politiche di sviluppo e recupero della nostra Regione. Gli interventi di manutenzione e di pulizia sono indispensabili e devono essere fatti, anche attraverso l’individuazione di percorsi legislativi che prevedano nuovi orizzonti, ma sempre nel rispetto dell’equilibrio ambientale». Cosa occorre fare in concreto quindi? Tutti questi aspetti e tutte le politiche territoriali devono essere contenute nella legge quadro più importante della gestione del territorio, e cioè nella nuova legge urbanistica, attesa ormai da anni. Una legge che sappia dettare, anche in materie delicate e centrali come quella dell’assetto idrogeologico, punti di riferimento chiari e che pos-

sano consentire di recuperare le “sviste” e i tempi persi del passato in una logica di governo complessivo del territorio. Una legge che riveda anche la programmazione del Pai, rendendolo attuale e realizzabile». Il primo passo per evitare tragedie è non consentire la costruzione ove la conformazione del territorio è a rischio. Questi divieti nelle Marche vengono rispettati? «Negli scorsi anni si è abusato di strumenti quali le varianti urbanistiche che non hanno consentito una programmazione strategica e di lungo periodo e un governo del territorio condiviso. Di fatto non si è arrivati a una visione d’insieme del territorio. La forte espansione urbanistica, commerciale e industriale che si è registrata in questi anni poteva essere gestita in maniera diversa, garantendo lo

stesso sviluppo, ma con maggiore attenzione al delicato assetto idrogeologico. Sicuramente il rispetto di una programmazione complessiva e strategica è venuto a mancare e spesso è stato condizionato da visioni parziali e da esigenze singole dei territori». Qual è il ruolo della Protezione civile nel monitoraggio delle aree a rischio? «La Protezione civile, insieme con le altre strutture dei Comuni, delle Provincie e della Regione, sta svolgendo un’importante azione che consente di tenere sotto controllo le criticità e di monitorare l’intero territorio. Chiaramente il lavoro va svolto da tutti con forte spirito di collaborazione, di squadra e con senso di responsabilità. La Protezione può svolgere un ruolo cardine e di collegamento assolutamente indispensabile». MARCHE 2012 • DOSSIER • 151


RIQUALIFICAZIONE

La biodiversità “in discarica” Grazie a un’interessante iniziativa che vede coinvolte diverse realtà del territorio, una parte della discarica di Moie di Maiolati sarà riqualificata e ne verrà tutelata la biodiversità attraverso il reinserimento di piante autoctone. Eddy Ceccarelli illustra il progetto Francesco Bevilacqua

iodiversità, percorsi didattici, api, piante e fiori per un progetto innovativo di recupero ambientale nell’area della discarica di Moie di Maiolati Spontini curata dalla Sogenus Spa, società che gestisce la raccolta differenziata di dodici Comuni del circondario. «Università, istituzioni e imprese collaborano in questo importante piano di riqualificazione ambientale del territorio», spiega Eddy Ceccarelli, presidente della Sogenus. Come è partita questa iniziativa?

B Eddy Ceccarelli, presidente della Sogenus Spa di Moie di Maiolati Spontini (AN) www.sogenus.com

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«Il progetto è stato presentato il 5 novembre nella biblioteca “La Fornace” di Moie di Maiolati. È un piano di miglioramento della qualità ambientale e della biodiversità nell’area della discarica in fase di post-operativa, gestita dalla Sogenus a Moie. Parti della superficie della vecchia discarica saranno trasformate in orto botanico, altre in un luogo dove recuperare la biodiversità e svolgere percorsi didattici ed educativi. Si tratta di un’idea concepita per i comparti già esauriti e ricoperti dopo la fase di smaltimento, che vuole ridefinire l’immagine delle discariche oggi comunemente diffusa e allo stesso tempo rispondere alle recenti polemiche legate all’ampliamento del comparto “rifiuti speciali”. L’iniziativa ha visto in prima fila la Sogenus e il Comune di Maiolati Spontini, insieme a tanti cittadini, amministratori pubblici e altre autorità del territorio». Quali obiettivi vi proponete di raggiungere? «Il programma, presentato

dal sindaco Giancarlo Carbini e dalla presidente Eddy Ceccarelli, è finalizzato a realizzare nuovi interventi di miglioramento, che saranno attuati dai ricercatori e dai collaboratori del professor Edoardo Biondi della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche, che da anni sono impegnati in un interessante lavoro di ricerca scientifica applicata e monitoraggio ambientale, sia all’interno che all’esterno delle aree destinate allo smaltimento dei rifiuti. Le relazioni presentate negli anni passati dai vari professori e ricercatori coordinati dal professor Biondi, hanno permesso di evidenziare l’ottimo inserimento delle aree gestite dalla Sogenus nel contesto del territorio agricolo, in assenza di interferenze pericolose e di fenomeni di inquinamento, che sono stati peraltro esclusi da ogni controllo specifico e monitoraggio ambientale, eseguiti nel tempo con costanza e con la massima attenzione. Il professor Biondi, coordinatore e responsabile scientifico


Eddy Ceccarelli

del progetto, ha spiegato nella sua esposizione che il lavoro di ricerca applicata che verrà svolto nei prossimi cinque anni prevede il recupero qualificato delle superfici, ma anche il ripristino della biodiversità locale attraverso la piantumazione di specie arbustive, ormai scarsamente presenti in un territorio sacrificato all’agricoltura intensiva e meccanizzata». Il progetto ha anche un risvolto didattico per la cittadinanza e in particolare per i giovani. «Costituirà senza dubbio un nuovo punto di riferimento e di interesse sotto il profilo educativo per le tante scolaresche che ogni anno visitano l’impianto. Ma sarà un esempio di grande valore anche per tutti coloro – studiosi e privati cittadini – che sono interessati ai progetti per la riqualificazione del territorio e il recupero della biodiversità locale. In virtù delle imperdibili opportunità che offre e del significativo percorso che l’ha visto nascere, il progetto – che sarà

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Il progetto costituirà senza dubbio un nuovo punto di riferimento e di interesse sotto il profilo educativo per le tante scolaresche che ogni anno visitano l’impianto

realizzato dal Centro Interdipartimentale della Orto Botanico della Facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche – ha raccolto unanime apprezzamento e destato molta curiosità». In quali altri ambiti si concretizza il vostro impegno in materia ambientale? «Dal 1989 ci occupiamo di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti nella

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zona di Maiolati Spontini, conosciuta a livello nazionale per essere un centro a elevato livello di eco-sostenibilità. Il nostro impegno in questo senso è attestato dalla Dichiarazione Ambientale che ogni anno pubblichiamo al fine di rendere conto in maniera chiara e trasparente del nostro operato. A questa si accompagnano le numerose certificazioni che abbiamo conseguito, dalla Iso 14001 in materia ambientale alla registrazione europea EMAS, fino alla Sa 8000 sulla responsabilità sociale d’impresa. Infine, la linea che segue la politica aziendale è riportate nel Codice Etico, che applichiamo nei confronti dei dipendenti, dei cittadini, dei clienti, dei fornitori, delle istituzioni e di tutti coloro con cui ci relazioniamo». MARCHE 2012 • DOSSIER • 153


SALVAGUARDIA AMBIENTALE XXXXXXXXXXXXXXXXX

Il futuro della depurazione La depurazione delle acque è un importante processo di salvaguardia ambientale. Serve però più cultura della qualità e una maggiore propensione all’investimento. Il punto di Mario Falconi Amedeo Longhi

epurazione, stoccaggio delle risorse idriche, trattamento delle acque reflue e di dilavamento. Recuperare e gestire al meglio l’elemento acqua, è oggi una priorità. Mario Falconi è presidente della Rototec, che realizza e commercializza prodotti per questo specifico settore, in cui purtroppo la committenza è ancora troppo poco attenta alla qualità. «Per quanto ci riguarda – spiega Falconi –, ci stiamo impegnando in un’opera di sensibilizzazione in questo senso: abbiamo as-

D Mario Falconi, presidente della Rototec di Lunano (PU) www.rototec.it

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sunto personale che dovrà sensibilizzare soprattutto gli studi tecnici sull’aspetto dell’attestazione della qualità, che oggi è considerata secondaria rispetto all’economicità del prodotto. Ci ispiriamo all’esempio del Trentino, dove se un’azienda non è certificata non vende niente. Il problema è che per questo motivo subentrano le imprese tedesche, tutte certificate, che occupano il mercato a discapito dei prodotti italiani». Questo è il percorso che avete compiuto nel 2011 e come intendete proseguirlo? «Abbiamo conseguito nuove

certificazioni relative alla depurazione primaria e secondaria: a quelle per le vasche settiche e le Imhof abbiamo aggiunto quelle per degrassatori, impianti a fanghi attivi e percolatori. Siamo l’unica azienda certificata in tutto questo in Italia. Ci stiamo muovendo per certificare anche tutti gli impianti, non singolarmente ma nel loro complesso, in base alle norme europee». Dal punto di vista tecnico, tra polietilene e cemento non c’è molta differenza a livello di prestazioni? «Il polietilene rispetto al cemento ancora è guardato con un certo scetticismo e per modificare questa credenza bisogna fare passi da gigante dal punto di vista tecnico, però ci stiamo lavorando e stiamo conseguendo ottimi risultati. A livello di prestazioni i due materiali sono equivalenti, ciò che cambia è la maneggevolezza: anche se il polietilene ha un costo superiore, esso permette di risparmiare tempo e costi accessori. Se per una Imhof in cemento biso-


Mario Falconi

gna servirsi di una gru, posizionare un anello sopra all’altro e stuccare, per una in polietilene bastano due persone, che possono installare una vasca da duemila litri senza alcun problema, sistemandola a seconda delle esigenze senza adoperare scavatori, gru o altri attrezzi. Il peso è di circa sessanta chili contro i diversi quintali degli anelli in cemento. Inoltre, va sottolineato che lavorare con pesi più leggeri è certamente molto meno pericoloso per gli operatori». Può descrivere brevemente la nuova linea che state avviando presso il sito di Potenza? «System Group, a cui appartiene la Rototec, possiede uno stabilimento in Basilicata, la Lucania Resine. Alcuni mesi fa abbiamo pensato di installare una nuova macchina presso questo sito e proprio in questi giorni sta partendo l’installazione: una parte del macchinario è già stata trasferita, l’altra arriverà all’inizio del 2012. Completata questa fase, partiremo a stam-

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Abbiamo assunto personale per sensibilizzare soprattutto gli studi tecnici sull’aspetto dell’attestazione della qualità, oggi considerata secondaria rispetto all’economicità del prodotto

pare per il mercato meridionale. Il Sud infatti, ancor più del Nord, ha bisogno di depurazione; se dalle nostre parti già in parecchi hanno abbracciato la filosofia del recupero idrico, nel Mezzogiorno ancora sono in pochi ad averlo fatto, anche se un certo movimento si registra, in particolare in Puglia. Crescono le richieste soprattutto per quanto riguarda delucidazioni e informazioni, sempre più frequentemente vengono richiesti preventivi, anche se spesso i prezzi sono ancora proibitivi, soprattutto in questo momento in cui investire è un problema». Come vede il futuro del vostro settore a questo proposito? «Fino al 2012 non abbiamo avuto nessuna preoccupazione, abbiamo addirittura

concluso il 2011 con un aumento di fatturato del 10 per cento. L’anno che sta iniziando però non promette bene: uno dei prodotti principali della nostra azienda sono gli impianti di recupero delle acque piovane per irrigazione di giardini, aiuole e affini e ho potuto constatare in prima persona che molta gente non considera prioritario investire in simili attrezzature, almeno in questo momento. Per quanto riguarda la depurazione invece, siamo legati a doppio filo al mondo all’edilizia, che ha già attraversato momenti difficili negli anni scorsi, dai quali si è parzialmente risollevato grazie alle ristrutturazioni. Nei prossimi mesi e anni però non credo che la situazione, oggi decisamente peggiorata, possa migliorare».

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MARCHE 2012 • DOSSIER • 155


RINNOVABILI

L’economia marchigiana punta sul Sole L’innovazione e la ricerca della qualità come filo conduttore di un percorso imprenditoriale che, iniziato nel 1988, oggi abbraccia con successo diversi ambiti, dal termoarredo al fotovoltaico. L’esperienza di Luciano Brandoni Guido Puopolo

stata la “buona imprenditoria” marchigiana la protagonista della quinta edizione del “Premio Valore Lavoro”, ospitato lo scorso 9 dicembre a Recanati nell’ambito della programmazione della Giornata delle Marche. Nell’occasione, per la prima volta, sono state assegnate delle menzioni fuori concorso ad alcune aziende premiate nelle passate edizioni, per sottolineare il valore della con-

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Luciano Brandoni, presidente della Brandoni Solare Spa di Castelfidardo (AN) www.brandonisolare.com

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tinuità degli interventi e delle buone pratiche. Tra queste la Brandoni Srl, storica realtà di Castelfidardo, leader internazionale nella produzione di radiatori da design, che secondo la giuria “ha continuato a incentivare programmi e pratiche in linea con i valori del “Premio Valore Lavoro 2011”. «Un riconoscimento importante – sottolinea il fondatore e attuale presidente del gruppo, Luciano Brandoni -, ma anche uno stimolo che ravviva l’impegno della nostra azienda sul territorio, e che ci spinge a fare sempre meglio il nostro lavoro». Dal 1988, data della sua fondazione, si può dire che Brandoni abbia rivoluzionato il modo di concepire e realizzare i radiatori d’arredo. Quali sono oggi le ultime tendenze del settore? «Le collezioni Brandoni con gli anni sono cambiate, evolvendosi e adattandosi alle nuove richieste del mercato anche da un punto di vista del design, pur mantenendo una propria

impronta. Le collaborazioni con architetti di fama internazionale, ma anche con giovani professionisti, hanno regalato pregio e valore ai nostri prodotti, che sono il frutto di idee nuove e originali. Le tendenze attuali sono rivolte a uno stile minimal, in quanto si prediligono radiatori che si fondono nell’arredamento, con discrezione e personalità. Per quel che ci riguarda realizziamo modelli caratterizzati da linee morbide ed eleganti, ma anche prodotti dai tratti più marcati e dal design industriale, accumunati però da una spiccata originalità che rende i nostri radiatori assolutamente inimitabili». Brandoni è stata la prima ditta al mondo ad aver introdotto il tunnel di saldatura ad atmosfera controllata per la saldatura dei radiatori in acciaio. Quanto conta l’innovazione tecnologica nel vostro settore e quali sono le più recenti tecnologie sviluppate dall’azienda?


Luciano Brandoni

«Brandoni ha molti primati, e quello della saldatura in atmosfera controllata è sicuramente uno dei più importanti. Nel 1989 siamo stati la prima azienda al mondo a sviluppare questo tipo di tunnel per la saldatura dei termoarredi che, nello specifico, permette di saldare i tubi dei radiatori senza che si formino difetti estetici o fastidiose imperfezioni. Siamo così riusciti a proporre al mercato un prodotto di grande qualità, veramente “eccezionale”, sia da un punto di vista visivo che tecnologico. L’innovazione tecnologica è infatti essenziale in questo settore, e per questo il nostro gruppo investe costantemente in attività di ricerca e sviluppo, sperimentando anche nuove soluzioni che permettano di ottimizzare le risorse a disposizione. Nuovi progetti e stimoli sono fondamentali per mantenere ottimi standard di

crescita e rispondere in maniera rapida al cambiamento del mercato. Ancora oggi stiamo investendo in tecnologia e nell’aggiornamento dei macchinari a nostra disposizione, nonostante il particolare momento di transito che sta caratterizzando l’economia mondiale». Come si coniugano design, prestazioni e funzionalità nei vostri prodotti? «Da diversi anni il design è un elemento essenziale anche nel mondo del termoarredo, anche se la funzionalità e l’efficienza del prodotto rimangono requisiti imprescindibili. Il nostro ufficio tecnico e di progettazione, a questo proposito, è costantemente impegnato nel cercare delle soluzioni che possano coniugare l’aspetto tecnico a quello estetico, in quanto è necessario trovare il giusto equilibrio tra questi fattori, al fine di creare un mix perfetto che ga-

Il design è un elemento essenziale nel mondo del termoarredo, anche se la funzionalità e l’efficienza del prodotto rimangono requisiti imprescindibili

rantisca al cliente la certezza di aver acquistato un vero concept del riscaldamento». Quali sono attualmente i vostri mercati di riferimento e quali quelli che offrono le maggiori opportunità? «Le nostre produzioni, come accennato in precedenza, si caratterizzano da sempre per l’attenta cura dei particolari e la costante ricerca della qualità, elementi che ci permettono di realizzare prodotti affidabili, riconoscibili e certificati, apprezzati non soltanto in Italia ma anche sui mercati esteri. Dal

MARCHE 2012 • DOSSIER • 165


RINNOVABILI

La qualità dei moduli Brandoni Solare è certificata dall’attenta selezione dei componenti e da un processo produttivo completamente automatizzato

1998, infatti, grazie a una rete tino il futuro nostro, ma socommerciale di primissimo livello, abbiamo iniziato a esportare i nostri radiatori in tutta Europa, con una consolidata presenza in Francia, Inghilterra, Germania e Spagna, oltre che negli Stati Uniti. Recentemente, inoltre, abbiamo inaugurato una nuova sede in Argentina, un Paese che presenta significative prospettive di crescita per la nostra attività». Il Gruppo Brandoni, però, ultimamente ha ampliato il suo raggio d’azione, creando la Brandoni Solare, azienda specializzata nella produzione di moduli fotovoltaici in silicio cristallino. Qual è stata la molla alla base di questa scelta? «Ci siamo avvicinati a questo nuovo settore con grande entusiasmo, perché crediamo che le energie rinnovabili rappresen-

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prattutto dei nostri figli. Partendo da questo presupposto abbiamo intrapreso un lungo percorso di studio al fianco dei ricercatori dell’Università di Ancona, che ci ha portato a realizzare moduli fotovoltaici che utilizzano l'energia solare per produrre energia elettrica. La qualità dei moduli Brandoni Solare è certificata dalla presenza, primo caso in Italia, di un processo produttivo completamente automatizzato, che assicura elevate prestazioni e garanzia di durata. All’interno dello stabilimento, macchinari d’avanguardia consentono di ottenere moduli fotovoltaici dall’alta producibilità, stabili nel tempo e dall’alto grado di standardizzazione, prerogativa essenziale per poter realizzare un impianto fotovoltaico efficiente e di lunga durata. Durante le

fasi di lavorazione, inoltre, l'operatore non viene mai a contatto diretto con le celle, evitando così di provocare danni all’integrità del modulo. La cura meticolosa con la quale scegliamo i nostri fornitori e le materie prime da utilizzare costituisce la nostra prerogativa, in quanto operiamo quotidianamente per mantenere inalterati, anche nel settore fotovoltaico, gli standard qualitativi che da sempre ci contraddistinguono nel campo del termo arredo che contraddistinguono la nostra produzione». Quali sono, quindi, le principali applicazioni dei vostri pannelli? «L’utilizzo che possiamo fare dei moduli fotovoltaici è molteplice: possono essere installati su abitazioni residenziali, su capannoni industriali, terreni, pensiline, e serre. La nostra azienda cerca di offrire diverse tipologie di prodotto, accumunate però da alti standard qualitativi. Il nostro staff, composto da ingegneri e tecnici, è


Luciano Brandoni

sempre a disposizione per qualsiasi tipo di supporto o consulenza, così da offrire in breve tempo un supporto adeguato a chi sceglie di installare un modulo Brandoni Solare». Anche nel settore fotovoltaico Brandoni ha portato importanti innovazioni, con il modulo fotovoltaico vetro/vetro. Quali le sue peculiarità? «Brandoni Solare è sinonimo di innovazione. Per questo motivo non ci siamo fermati nel

nostro percorso di ricerca. A tal proposito abbiamo da poco presentato il modulo fotovoltaico con celle colorate, la soluzione perfetta per integrazione architettonica del fotovoltaico sugli edifici. Abbiamo continuato a crescere, migliorando il bagaglio di know-how che fino a quel momento avevamo acquisito. Il modulo fotovoltaico vetro/vetro è un pannello trasparente, nel senso che è possibile vedere filtrare la luce tra una cella e l’altra. Lo spazio tra le celle può infatti variare di alcuni centimetri, facendo filtrare più o meno luce. Questo speciale pannello, così concepito, può essere installato in tutte quelle situazioni in cui c’è bisogno di un buon filtraggio di luce, come ad esempio nelle serre, in cui l’agronomo deve decidere quanta luce fornire alla coltivazione, o in particolari strutture architettoniche, in cui il pannello fotovoltaico assume, oltre a una funzione energetica, anche una valenza estetica». Quale bilancio è possibile trarre dall’anno appena con-

cluso? «Nonostante la crisi, il gruppo ha fatto registrare performance di tutto rispetto. Questo è stato possibile grazie alla qualità e all’affidabilità dei nostri prodotti, che insieme alla nostra verve innovativa rappresentano gli elementi in grado di fare la differenza sul mercato, ancora di più in un momento di difficoltà come quello attuale». Quali sono, infine, le aspettative per il 2012? «Per il futuro abbiamo grandi ambizioni. Intendiamo esplorare nuovi mercati, soprattutto in America Latina, e rafforzare il nostro business laddove siamo già presenti. Abbiamo inoltre avviato prestigiose collaborazioni con architetti e designer, che realizzeranno per noi interessanti progetti e nuovi concept. Continueremo a credere in quello che facciamo, con l’entusiasmo e la dinamicità che da sempre ci contraddistinguono, per raggiungere, nell’anno nuovo, traguardi ancora più prestigiosi».

55 MW Questa l’attuale capacità produttiva dell’azienda di Castelfidardo, che intende continuare ad investire per viaggiare su grandi numeri

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TRASPORTO LOCALE

Treni pendolari, allarme rientrato L’accordo in extremis tra governo e Regioni per un’integrazione ai fondi del trasporto pubblico locale consente oggi alle Marche di rivedere le soppressioni inizialmente previste nel settore ferroviario. Il punto con l’assessore regionale Luigi Viventi Riccardo Casini

Luigi Viventi, assessore regionale a Trasporti e infrastrutture

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I pendolari possono tirare un sospiro di sollievo, almeno per il momento. Prima di Natale infatti governo e Regioni hanno raggiunto un accordo sui fondi per la gestione del trasporto pubblico locale, che permetterà alle Marche di «recuperare entro il mese di gennaio quasi tutte le corse soppresse nel settore ferroviario», come ha confermato Luigi Viventi, assessore regionale a Trasporti e infrastrutture. Un provvedimento necessario, che va a placare le polemiche che avevano fatto seguito all’annuncio di ben 28 soppressioni di treni regionali. «Dopo il pressing delle Regioni – spiega Viventi – proprio negli ultimi giorni del 2011 abbiamo raggiunto l’accordo con il governo, per cui è stata integrata con 400 milioni la cifra di 1,2 miliardi di euro inizialmente prevista nel decreto Monti. Per il trasporto pubblico locale le Regioni hanno dunque a disposizione 1,6 miliardi di euro; questo significa che le Marche avranno circa 38 milioni, rispetto ai circa 43 certificati come spesa del 2011. Ciò ci consentirà di non stravolgere la contabilità regionale con interventi straordinari e comunque provvisori. Entro il mese di gennaio sarà possibile, a questo punto, recuperare quasi tutte le corse soppresse nel settore ferroviario. Visto però che le risorse sono co-

munque limitate rispetto allo scorso anno, occorrerà comunque fare delle scelte». Scelte che si preannunciano dolorose, anche in seguito ai tagli che hanno riguardato le fermate dei treni a lunga percorrenza. «La penalizzazione che abbiamo ricevuto è indubbia. Per la lunga percorrenza però la Regione non ha diretta competenza nei confronti di Trenitalia: su questi temi siamo in contatto con il ministro dei Trasporti, il quale sta esaminando le criticità che si sono determinate a seguito del nuovo orario, che per accelerare i servizi della Freccia Bianca ha lasciato nelle Marche la sola fermata di Ancona, sopprimendo in particolare quelle di Pesaro e San Benedetto. Il governo può darci un supporto fondamentale per indurre Trenitalia a modificare il proprio assetto degli orari, almeno a partire da giugno». La Regione non ha altri mezzi per tutelare, anche in futuro, i propri pendolari? «Credo che in questi mesi la Regione abbia dimostrato la propria determinazione a tutelare i pendolari e i viaggiatori in generale. Allo stesso modo ci comporteremo in futuro, in base ai problemi e alle necessità che dovessero presentarsi. Alla fine del 2011 eravamo pronti, se fosse stato necessario, a rivedere il bilan-


Luigi Viventi

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Credo che in questi mesi la Regione abbia dimostrato la propria determinazione a tutelare i pendolari e i viaggiatori in generale. E così sarà in futuro

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cio regionale per garantire una integrazione di 10 milioni di euro per i servizi ferroviari e di 3 milioni per quelli su gomma. Fortunatamente questo non è stato necessario, perché avremmo dovuto penalizzare altri settori e servizi strategici, in una situazione di emergenza e di crisi quale è quella che stiamo vivendo». Il Governo Monti sembra voler attribuire un ruolo importante alle opere infrastrutturali per favorire la ripresa dell’economia. Quali sono oggi le richieste della Regione? «A questo punto ritengo improcrastinabile per le Marche la stipula del secondo atto aggiuntivo all’intesa generale quadro, bloccata dal mese di luglio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che riporta le opere immediatamente cantierabili: il by pass di Falconara, il completamento del raddoppio della variante alla statale 16, la FanoGrosseto, il tratto di Pedemontana delle Marche Fabriano-Sassoferrato (Berbentina), l’adeguamento della statale Salaria nel tratto Acquasanta-Trisungo, il terzo lotto della strada intervalliva Mezzina, il completamento dell’Interporto Marche e l’Uscita Ovest». A proposito di infrastrutture, tra le vie preferenziali di finanziamento indicate dal governo pare esserci il ricorso al project financing e

al coinvolgimento dei privati, campo nel quale la Regione Marche vanta una notevole esperienza, non sempre positiva. «Abbiamo colto con particolare attenzione questa determinazione del governo. Lo scorso anno in questo settore le Marche hanno compiuto un significativo passo avanti, con il completamento dell’iter burocratico relativo all’Uscita Ovest, per la quale ora l’Anas è in grado di indire la gara per l’assegnazione definitiva dei lavori, che saranno totalmente a carico dei privati. Analogamente, per il completamento dell’asse viario Fano-Grosseto la Regione è parte attiva di una commissione tecnica mista ministeriale all’interno della quale si sta valutando la possibilità di realizzazione in regime di finanza di progetto, unitamente con l’inserimento dell’opera all’interno dei sistemi di finanziamento europeo. L’esperienza già vissuta nella nostra regione ci spinge però anche a tenere conto del fatto che qualsiasi forma di coinvolgimento dei privati nella realizzazione delle opere pubbliche deve necessariamente svolgersi in un contesto economico adeguato, per non avere ripercussioni sullo svolgimento dei lavori, com’è accaduto con la nota vicenda della Quadrilatero per il completamento del raddoppio della direttrice Ancona-Perugia». MARCHE 2012 • DOSSIER • 171


TRASPORTI

Strategie e prospettive nel settore trasporti Sicurezza della merce trasportata, celerità ed efficienza, affidabilità delle infrastrutture sono aspetti che chi si occupa di logistica deve tenere in grande considerazione e, soprattutto in questa difficile congiuntura, implementare. Il punto di Ippolito Matricardi Amedeo Longhi

a società odierna ci impone sempre la ricerca di nuove formule, strategie dinamiche capaci di soddisfare la moltitudine di necessità che le aziende manifestano al giorno d’oggi». La constatazione di Ippolito Matricardi fotografa ottimamente la situazione attuale: uno scenario economico, tecnologico e sociale in continua mutazione, all’interno del quale l’imprenditore deve essere capace

«L Ippolito Matricardi, in piedi, è l’amministratore della Matricardi Spa di Monte San Pietrangeli (FM). Insieme a lui nella foto, il padre Giuseppe e le sorelle Rossana, a destra, e Cristiana, a sinistra www.matricardispa.it

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di emergere facendo leva sulle qualità della propria azienda, potenziandole e rinnovandole. È questa la strada che sta portando avanti Ippolito Matricardi, che insieme alle sorelle Cristiana e Rossana gestisce l’omonima azienda di famiglia di cui è amministratore. Quali sono le nuove esigenze di chi richiede i vostri servizi? «I nostri clienti ci chiedono sicurezza, celerità e precisione che noi, grazie a una vasta rete di filiali, mezzi all’avanguardia e personale specializzato siamo in grado di offrire. Un importante accordo commerciale che abbiamo recentemente stipulato con un partner del Nord Italia ci permetterà di ampliare l’offerta, migliorandone anche la qualità, in particolar modo nelle regioni di Lombardia e Piemonte. In questo modo la nostra operatività si estende anche in queste aree, oltre a quelle già coperte di Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, La-

zio, Toscana e Veneto». Che strategie avete adottato per portare avanti l’attività e affrontare questo particolare momento? «Rafforzando i servizi di trasporto offerti dalla società al Nord Italia con l’apertura di due nuove sedi in Lombardia, la Matricardi continua il suo processo evolutivo volto alla necessità di agevolare i flussi. La nostra azienda è sempre intenta a offrire agli utenti precisione, affidabilità, flessibilità e sicurezza attraverso servizi di massima qualità, uno staff esperto e qualificato e un parco automezzi di ultima generazione composto da circa duecento unità, di cui una novantina di proprietà, rispettoso delle normative CEE. La filosofia aziendale è fortemente caratterizzata dalla visione di cui siamo portatori io e le mie sorelle Cristiana e Rossana: spirito di squadra e rispetto di tutte le persone con cui ci dobbiamo relazionare, dal collaboratore al cliente. A


Ippolito Matricardi

nostro avviso infatti, la forza della buona riuscita risiede nel lavoro di squadra che viene quotidianamente svolto a cui tutti, dipendenti o collaboratori che siano, partecipano. Ognuno viene messo sullo stesso piano per condividere strategie vincenti: non si vuole solo offrire un servizio, ma anche costruire il progetto migliore per ogni spedizione. Cerchiamo in questo modo di portare avanti l’attività seguendo la strada tracciata da nostro padre, fondatore insieme al suo papà dell’azienda circa sessant’anni fa». Qual è la situazione del mercato dei trasporti in questo momento? «Attualmente in Italia, c’è un eccesso di offerta. Il mercato è saturato dalla presenza di troppe aziende di trasporti, ma le commesse sono diminuite sensibilmente, poiché le moltissime imprese in difficoltà, operanti nei più svariati settori merceologici, hanno rallentato o addirittura cessato le produzioni e di conseguenza non hanno più necessità di movimentare le merci. La particolare conformazione della nostra penisola inoltre rende difficoltoso lo sviluppo di nuove soluzioni logistiche, come il trasporto intermodale. I trasporti tradizionali si trovano quindi schiacciati dall’au-

mento dei prezzi – in particolar modo dei carburanti – da un lato e il calo della domanda dall’altro». Quali sono le difficoltà maggiori che dovete affrontare? «Ovviamente le criticità più rilevanti sono legate all’aumento della materia prima per i trasporti: il gasolio. Il suo costo è salito del 47% a partire da marzo 2009 e le previsioni non fanno pensare a un’inversione di tendenza. Per restare sul mercato le aziende devono mantenere un prezzo concorrenziale e, contemporaneamente, assorbire i continui aumenti del gasolio; si tratta di uno sforzo economico e logistico non indifferente». Dal punto di vista legislativo invece cosa è cambiato? «Negli ultimi anni molte nuove leggi hanno interessato il settore dei trasporti e le aziende hanno dovuto rivedere la propria organizzazione soprattutto alla luce

della normativa sulle ore lavorative degli autisti. È stato necessario anche aggiornare il proprio parco macchine in base alle nuove normative sulla sicurezza. La legge 286, per esempio, ha modificato la disciplina del trasporto conto terzi in tutto il Paese e ha imposto anche a noi, ai nostri collaboratori e ai nostri clienti un’impegnativa riorganizzazione interna». MARCHE 2012 • DOSSIER • 175




LOGISTICA

Soluzioni logistiche per il magazzino La logistica di magazzino è cruciale per il buon funzionamento di un’impresa poiché garantisce la corretta gestione del materiale in circolo. Mario Pedol e Aurelio Michetti spiegano come ‘progettare’ in maniera razionale e funzionale lo spazio Erika Facciolla

n molti settori produttivi l’organizzazione degli spazi e lo stoccaggio e l’esposizione delle merci rappresentano aspetti essenziali per il corretto funzionamento dell’intera attività aziendale. La cosiddetta ‘logistica del magazzino’, infatti, ricopre un ruolo di fondamentale importanza per la corretta gestione dei flussi di materiale, delle giacenze, dei resi e, in generale, del materiale residuo. Dalla grande distribuzione alle piccole realtà produttive, poter contare su partner affidabili e specializzati nella progettazione di soluzioni finalizzate ad una logistica di ma-

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Nelle immagini alcuni lavori della Metalsistem Marche di Osimo Stazione (AN). L’azienda fa parte del gruppo Metalsistem con sede a Rovereto www.metalsistem.com

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gazzino efficiente è senza dubbio un elemento imprescindibile. Progettare e organizzare in maniera ottimale e altamente efficiente lo spazio è il core business di Metalsistem Marche, azienda marchigiana nata nel 1994 dall’omonimo gruppo, leader nel settore delle scaffalature statiche e delle soluzioni integrate di material handling. La velocità di intervento, il servizio puntuale e la cura nella risoluzione delle problematiche della clientela sono i fattori che contraddistinguono l'azienda e che le hanno permesso fino ad oggi di soddisfare la richiesta di oltre quattromila clienti, grazie a un team di professionisti qualificati, sia nell’ambito commerciale che in quello strettamente tecnico. Mario Pedol, titolare dell’azienda insieme ad Aurelio Michetti, spiega che «l’appartenenza al Gruppo Metalsistem, promotore di una continua evoluzione strategico commerciale e di un’incessante ricerca tecnologica, consentono a Metalsistem Marche di pro-

porre prodotti sempre nuovi con la massima garanzia di affidabilità e sicurezza delle soluzioni». Nei suoi 18 anni di attività, Metalsistem Marche si è fatta conoscere e imposta su diversi mercati grazie alla partecipazione a importanti eventi fieristici e oggi, per quanto riguarda i mercati di riferimento, Pedol precisa che «con la gamma di prodotti e di servizi vengono coperti un po’ tutti i settori industriali presenti nel territorio, dalle aziende più prestigiose alle imprese più piccole, dagli impianti più complessi alle più semplici scaffalature da magazzino». «A livello territoriale – continua Mario Pedol - le zone in cui Metalsistem Marche opera con maggiore assiduità sono le Marche, l’Umbria e parte dell’Emilia Romagna. Questi territori sono coperti in maniera capillare dal nostro commerciale, professionisti che ascoltano e raccolgono le esigenze di ogni cliente per poi trasmetterle all’ufficio tecnico. Il per-


Mario Pedol e Aurelio Michetti

Le strutture per pannelli fotovoltaici hanno avuto grandi performance sul mercato e sono adatte a impianti in campo aperto, come tetti di capannoni, pensiline e serre

sonale specializzato dell’ufficio tecnico dà poi forma alle idee, grazie all’apporto di ingegneri e geometri qualificati. Per quel che riguarda i mercati esteri, le forniture si rivolgono invece ai paesi del Nord Africa, in particolare Algeria e Tunisia». Nell’ultimo biennio, l’azienda ha riportato il fatturato sopra la quota dei cinque milioni di euro e l’obiettivo per il prossimo anno è consolidare questi risultati. SOLUZIONI I campi di competenza in cui opera Metalsistem Marche sono vari e articolati. Michetti dichiara che l’azienda è in grado di offrire «il meglio delle competenze nell'ingegneria strutturale, nell'automazione e nell'arredo commerciale con soluzioni efficaci per tutte le esigenze, dalle strutture e sistemi per il magazzino, al-

l'esposizione del prodotto, allo shopfitting». Tutto questo è possibile grazie ad un intenso lavoro di ricerca e sviluppo. «La continua evoluzione dei nostri prodotti – conferma Aurelio Michetti - e la vasta gamma di articoli e soluzioni, sono le caratteristiche principali che ci permettono di soddisfare le richieste sempre più particolari della committenza. Tra i nostri prodotti di punta, oltre alla scaffalatura leggera che è da sempre il nostro fiore all’occhiello e trova impiego in svariati settori, grandi performance sul mercato hanno avuto le strutture per pannelli fotovoltaici, adatte a impianti in campo aperto, come tetti di capannoni, pensiline e serre». Ma quali sono gli elementi che caratterizzano e determinano il successo dei prodotti firmati Metalsistem sul mercato? Pedol spiega che le soluzioni ideate dall’azienda «si

contraddistinguono per la loro forma e le prestazioni, frutto di anni di ricerca e brevetti internazionali: qualità e sicurezza – aggiunge il titolare - sono le caratteristiche principali dei nostri prodotti». MATERIALI Un altro aspetto fondamentale per l’attività produttiva di Metalsistem è la scelta dei materiali, indirizzata esclusivamente verso acciai strutturali certificati. «Da sempre la qualità per Metalsistem – conferma Michetti - rappresenta un punto fondamentale. Questo concetto viene già applicato nell'acquisto della materia prima presso le principali acciaierie nel mondo. I coils sono zincati a caldo con procedimento Sendzimir, garantendo un’elevatissima resistenza e inalterabilità nel tempo. I componenti delle scaffalature vengono realizzati con un si- MARCHE 2012 • DOSSIER • 181


LOGISTICA

stema produttivo automatiz-

zato, su impianti automatici per la lavorazione della lamiera che permettono di raggiungere i più alti gradi di tecnologia produttiva oggi conosciuta al mondo». Questa filosofia, unita agli investimenti costanti degli ultimi anni e alla diversificazione dell’attività, ha permesso all’azienda di mantenere quote di mercato importanti, limitando gli effetti della crisi. RICERCA E SVILUPPO Il motore propulsore di tutte le innovazioni proposte da Metalsistem si trova nel Centro Studi e Ricerche del gruppo. Michetti chiarisce che questo laboratorio di idee e tecnologia «opera da anni per supportare l’attività industriale, ricercando soluzioni e prodotti altamente innovativi, frutto di analisi numeriche e sperimentazioni pratiche che garantiscono le massime prestazioni globali. Dalla ricerca, l’azienda ha potuto acquisire quel know-how tecnologico avanzato che le permette di brevettare i prodotti e di produrre componenti industrializzati». PRODOTTI Due mondi a confronto, due espressioni di funzionalità. I prodotti e le soluzioni progettate da Metalsistem possono essere distinte in due grandi categorie: quelle “statiche” delle strutture, e quelle “dinamiche” dei sistemi unite sinergicamente nel segno della qualità,

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dell'eccellenza e del servizio. Aurelio Michetti spiega che «attraverso il marchio Sidac, Metalsistem Marche progetta e organizza l'arredo di spazi commerciali, realizzando un ambiente personalizzato e curato in ogni dettaglio. Una nuova ambientazione, dove il prodotto esposto trova la massima valorizzazione e una nuova versatilità d'uso, attraverso un'ergonomia studiata per le esigenze dell'operatore. Con la serie Superinox - prosegue Michetti - vengono progettati concept d'arredo

esclusivo, con soluzioni versatili per il living moderno, dal design innovativo e altamente tecnologico». Tutti i prodotti Metalsistem hanno caratteristiche di resistenza strutturale e assicurano un elevato standard di qualità, riconosciuto e certificato dai più importanti organi di controllo europei. «Gli innumerevoli brevetti mondiali – conclude Mario Pedol - rendono unici ed esclusivi i prodotti per qualità, sicurezza e versatilità, con un occhio sempre attento al prezzo finale».



EDILIZIA

a fine del 2011 ha imposto profonde riflessioni per tutti gli imprenditori edili marchigiani alle prese con il blocco dei pagamenti e degli appalti delle pubbliche amministrazioni e, contemporaneamente, con la stretta del credito. Secondo i dati regionali pubblicati da Ance, nei primi sei mesi del 2011, i finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale sono diminuiti del 27,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e per il non residenziale il calo è stato circa del 26,1%. Inoltre, più del 62% delle imprese associate, nel mese di dicembre 2011, ha denunciato un netto peggioramento nelle condizioni di accesso al credito. Paolo Alessandroni, a capo dei costruttori della provincia di Ancona, sottolinea la necessità di un confronto e di una collaborazione costante con il sistema bancario. «Capiamo la crisi del sistema finanziario, ma non si può pensare di salvarlo senza fare lo stesso con il sistema delle imprese, che rappresenta l’economia reale». Come definisce il periodo attuale che sta attraversando il mercato edilizio? «Le costruzioni stanno vivendo, nel quadro di una crisi generale, il loro mo-

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Riqualificare il patrimonio esistente È uno dei principali investimenti da cui partire per uscire dalla crisi. Lo sostiene Paolo Alessandroni: «Banche e imprese avvertono oggi di essere sulla stessa barca e che occorre in qualche modo remare assieme» Elisa Fiocchi

mento peggiore dal dopoguerra. Neanche i nostri soci più anziani ricordano niente di simile. Il settore pubblico e quello privato, che nelle precedenti crisi, si alternavano a sostenere l’industria delle costruzioni, si sono paralizzati contemporaneamente. La crisi di fiducia nel futuro ha fermato il mercato della casa, mentre da tempo nel pubblico non vengono pagati i lavori eseguiti e non si fanno nuovi investimenti; esattamente il contrario di quanto si dovrebbe fare per uscire dalla crisi. A rendere tutto più cupo c’è il problema dei problemi: le banche non finanziano più le imprese, in particolare, nel settore delle costruzioni è semplicemente scomparsa la liquidità e imprese ancora sane vedono chiedersi il rientro da un fido o negare l’anticipo su fatture. E ogni fallimento di un’impresa apre buchi nei bilanci della altre, seguendo una reazione

a catena». La mancanza di credito l’ha spinta a chiedere un tavolo di collaborazione permanente con le banche. Quali sono i principali obiettivi da raggiungere? «L’obiettivo è individuare in che tempi e come è possibile ripristinare condizioni nor-


Paolo Alessandroni

Paolo Alessandroni, presidente del Collegio dei costruttori della provincia di Ancona

Una direttiva europea impone alle pubbliche amministrazioni di pagare i propri fornitori in due mesi, così da preservare il sistema economico di un paese

mali del credito; i tempi, in particolare, dovranno essere il più rapidi possibili, perché mai come oggi il tempo è denaro, visto il livello che hanno raggiunto gli interessi passivi delle imprese verso le banche. Sappiamo che in primo luogo il decreto “salva-Italia”, con la garanzie del debito delle banche, in secondo luogo la recente immissione di liquidità nel sistema, effettuata dalla Bce, hanno aiutato molto il sistema bancario. Ci attendiamo ora che questa liquidità venga utilizzata per sostenere il sistema economico e non solo per comprare titoli pubblici. Il tavolo è quindi destinato alla riconfigurazione del rapporto finanziario tra banca ed imprese, in funzione di sostegno, con l’obiettivo di guadagnare il tempo necessario a superare la crisi». Il primo contraddittorio tra imprese e mondo del credito quale situazione ha delineato in provincia di Ancona? «La situazione nella nostra regione, in termini di sofferenze e fallimenti, è più grave di altre. Nell’incontro quindi attendevo le proteste di qualche imprenditore, anche a causa delle ruggini che si sono accumulate negli ultimi tre anni, nel rapporto tra

banche ed imprese di costruzione. Invece, l’incontro è stato assolutamente sereno e gli imprenditori erano molto più interessati a capire lo scenario del credito nelle settimane e venire, che non a sollevare polemiche. La mia sensazione è che banche e imprese avvertano oggi di essere “sulla stessa barca” e che occorre in qualche modo remare assieme per uscire da questa crisi di cui non s’intravede la fine». E come risolvere il grave arretrato dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione? «Sul tema c’è una gran varietà di anticipazioni ma poco di concreto. Era stata annunciata da Ance l’attivazione di una linea di credito della Cassa depositi e prestiti per 10 miliardi, da destinarsi al finanziamento delle cessioni dei crediti che le imprese vantano verso le pubbliche amministrazioni, ma le banche che avrebbero dovuto operare come sportello non ne hanno notizia. Ci attendevamo inoltre qualche allentamento nel patto di stabilità interno che vieta ai comuni di pagare le imprese, negando con ciò un nostro diritto. Nessuna nuova giunge però da questo fronte. C’è infine la pos- MARCHE 2012 • DOSSIER • 185


EDILIZIA

Non c’è solo un problema di pagamenti, ma anche di portafoglio ordini. Le gare d’appalto si sono ridotte al lumicino, i ribassi sono al +50%: le imprese non hanno lavori

sibilità ventilata sulla stampa di pagare le imprese con titoli di stato; in questo caso sarà importante sapere se con quei titoli possiamo pagarci i fornitori, la cassa edile o le tasse, e con che sconto le banche ce li liquideranno. In pratica la chiave di tale operazione sarebbe la condizione per la liquidazione dei titolo; in sostanza quale sconto ulteriore dobbiamo fare a Stato e banche per incassare finalmente i nostri crediti, perché è di liquidità che c’è bisogno nelle imprese». Ora cosa si attendono i costruttori daii provvedimenti futuri? «Le nostra speranza è che nell’avvio della fase due dell’azione di questo governo il pagamento delle imprese

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vada assunto come priorità, perchè tante imprese rischiano di fallire e tanti lavoratori di restare a casa solo perché lo Stato non paga. Non c’è però solo un problema di pagamenti, ma anche di portafoglio ordini. Le gare d’appalto si sono ridotte al lumicino e i ribassi sono ormai sopra il 50%; quasi tutte imprese lamentano di non avere lavori per il futuro». Il settore edile quale fonte di crescita rappresenta per l’intero Paese? «Noi crediamo che senza la spinta delle costruzioni l’Italia non troverà i tassi di crescita che gli consentiranno di uscire dalla crisi, perché l’edilizia muove una parte importantissima del sistema. Si pensi alle materie prime come

il ferro il vetro, il cemento, il legno e, quindi, l’industria degli infissi, delle ceramiche, degli isolamenti e degli impianti con tutto l’indotto del risparmio energetico e, ancora, le attività professionali e di intermediazione. Come si esce dunque dalla crisi? «Rimettendo in moto il circuito degli investimenti pubblici e privati. L’investimento forse più importante da fare è quello della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente: oltre il 95% delle abitazioni non rispetta alcun canone di risparmio energetico, mentre oltre il 40% dell’energia del paese è consumata proprio dalle abitazioni. Occorre quindi mettere in campo gli strumenti economici e urbanistici per avviare gli investimenti, pubblici e privati, che potranno avere come risultato un immenso risparmio sulla bolletta energetica e magari, con intelligenti programmi di riqualificazione urbana, più qualità della vita nelle città».


Marco Profeti

Due miliardi per rilanciare l’edilizia «Le dimensioni del plafond stanziato sono tali da permetterci di affermare che ci sarà capienza per sostenere tutti i progetti marchigiani che avranno i necessari requisiti di sostenibilità». Interviene Marco Profeti di Unicredit Elisa Fiocchi

n risposta alla crisi dell’edilizia, Unicredit e Ance hanno lanciato l’iniziativa “Ripresa Cantieri Italia” che destinerà un plafond di due miliardi di euro nel prossimo biennio per finanziare nuovi sviluppi immobiliari a carattere residenziale, un osservatorio per monitorare il mercato e favorirne la trasparenza, una “camera di compensazione” per gestire le criticità e interventi mirati per la formazione e l’assistenza alle imprese italiane che lavorano all’estero. Secondo Marco Profeti, direttore commerciale di Unicredit per Ancona e le Marche del nord, il gruppo bancario «è consapevole dell’importanza del segmento dell’edilizia che è stato particolarmente colpito dalla crisi e della necessità di sostenere i costruttori più virtuosi». Stabiliti i criteri per individuare le aziende e le iniziative da finanziare, la cui dimensione-target è fissata tra 3 e 15 milioni di euro, in questi mesi sarà pensata una linea

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Marco Profeti, direttore commerciale di Unicredit per Ancona e le Marche del nord

di prodotti finanziari per le imprese che realizzano immobili ecosostenibili attraverso i cosidetti “mutui verdi”. Quali di questi investimenti a carattere nazionale saranno indirizzati alle Marche e per quali opere infrastrutturali? «Unicredit ha predisposto un plafond di 2 miliardi a totale Italia per opere infrastrutturali di tipo residenziale, ma non sono previsti al momento vincoli di allocazione geografica interna. Peraltro le dimensioni del plafond stanziato sono tali da permetterci di affermare che ci sarà capienza per sostenere tutti i progetti marchigiani che avranno i necessari requisiti di sostenibilità». I dati dell’Ance Marche evidenziano come nei primi sei mesi del 2011 i finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale sono diminuiti del 27,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e per il non residenziale il calo è stato di circa il 26,1%. Cosa si frappone nel rapporto tra il settore edilizio e il sistema bancario e quali soluzione si rendono necessarie in futuro? «Per quanto riguarda la componente dei mutui a privati per

acquisto di immobili residenziali, i dati Unicredit regionali sono in controtendenza ed evidenziano un incremento anno su anno del 25% circa. Per quanto riguarda invece i finanziamenti alle imprese del comparto edile, anche Unicredit, in linea con i concorrenti, sta scontando una situazione di mercato “non ricettivo”, con un’elevata quota di nuove residenze invendute e una situazione complessiva non favorevole al settore». Più del 62% delle imprese associate nel mese di dicembre 2011, ha denunciato un netto peggioramento nelle condizioni di accesso al credito. Come si spiega tale andamento in conclusione del 2011? «Indubbiamente la complessiva situazione del mercato immobiliare presenta una situazione di criticità e impone un approccio selettivo nella valutazione delle opportunità di intervento. A questo si è aggiunta la nota problematica sugli spread e sulla rischiosità dell’Italia, che ha aumentato sensibilmente il costo del funding e conseguentemente il costo dell’accesso al credito». MARCHE 2012 • DOSSIER • 187


INTERNI

n nome storico dell’imprenditoria marchigiana, da oltre cinquant’anni punto di riferimento sul mercato italiano e internazionale nel settore dell’arredamento e delle cucine componibili. È questa, in estrema sintesi, la Berloni Spa, che con la sua attività ha rivoluzionato il modo di concepire la casa e la cucina, trasformandola in uno spazio fluido e destrutturato, creato per cogliere e soddisfare le esigenze più profonde dell’individuo contemporaneo. È proprio sul comparto delle cucine componibili, da sempre core business della Berloni, che l’azienda, per il prossimo futuro, si aspetta i

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Spazi dinamici ed “esportabili” Soluzioni versatili e affidabili, realizzate attraverso l’uso di tecnologie innovative e dei migliori materiali presenti sul mercato. Sono le cucine Berloni, una delle eccellenze del made in Italy, conosciute e apprezzate in tutto il mondo Diego Bandini

maggiori sviluppi. Il settore delle cucine continuerà infatti a fungere da traino per la ripresa di tutte le aree di vendita in cui Berloni, negli anni, ha ampliato il proprio mercato. A favorire questo trend positivo, nelle prospettive della nota industria marchigiana, saranno anche e so-

prattutto i paesi emergenti, come Cina e India, che diventeranno molto presumibilmente i più importanti consumatori sul comparto. Dopo un periodo di flessione quasi fisiologica, dovuta principalmente alle conseguenze generate dalla crisi internazionale ancora in atto, Ber-

Nelle foto, alcuni esempi di cucine progettate e realizzate dalla Berloni Spa www.berloni.it


Berloni

loni, che oggi esporta i suoi prodotti in oltre cinquanta Paesi sparsi sui cinque continenti, è infatti tornata a crescere in maniera considerevole, proprio grazie a una seria strategia di internazionalizzazione portata avanti in questi ultimi anni. La rete distributiva di cui dispone l’azienda è capillare e radicata. Circa 650 punti vendita sposano lo spirito Berloni, esportandolo anche nel resto del mondo. Il made in Italy si conferma così uno stile unico e inconfondibile, di cui Berloni diventa portavoce, veicolando valori come affidabilità, flessibilità, creatività e funzionalità, eccellenza dei prodotti e del servizio offerto, continua ricerca di soluzioni innovative e all’avanguardia. Questo perché la cucina componibile è diventata sempre di più un prodotto personalizzato e sempre meno standardizzato e, per riuscire a soddisfare le richieste dei committenti, diventa indispensabile poter intervenire in maniera tempestiva ed efficace. I buoni risultati raccolti da Berloni in giro per il mondo, quindi, sono il frutto non soltanto della qualità della produzione, ma anche dell’efficienza logistica e organizzativa dell’azienda. Novità importanti hanno inoltre caratterizzato gli ul-

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Circa 650 punti vendita sposano lo spirito Berloni, esportandolo anche nel resto del mondo

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timi mesi di attività aziendale. Dallo scorso novembre, infatti, la Berloni è di nuovo riunita in un’unica grande sede, all’interno della quale, oltre a portare avanti un’intensa attività di ricerca e sviluppo, tecnici specializzati controllano direttamente tutte le fasi del ciclo di produzione delle cucine, con enormi vantaggi da un punto di vista dell’ottimizzazione e della razionalizzazione dei costi e delle risorse. Recentemente, infine, a testi-

monianza della propensione innovativa che da sempre contraddistingue l’azienda, la Berloni ha ospitato presso lo stabilimento di Borgo Santa Maria i suoi rivenditori autorizzati italiani ed esteri, per presentare loro ben quattro nuovi modelli di cucine. Un segnale importante sulla strada del rilancio, che conferma la volontà del gruppo di continuare a crescere per mantenere il ruolo di leadership conquistato in cinquant’anni di attività. MARCHE 2012 • DOSSIER • 191


INTERNI

L’export compensa il calo della domanda interna Se il mercato interno ha subito una flessione nell’ultimo anno, l’arredamento italiano cresce sugli scenari stranieri. E proprio l’export permette alle imprese nazionali di tenere il mercato. Il punto di Zeno Avenanti Eugenia Campo di Costa

econdo i dati raccolti dal Centro Studi Cosmit/FederlegnoArredo, nonostante il calo del 5% di fatturato complessivo nel 2011, il settore dell’arredamento italiano ha aumentato del 5% le esporta-

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zioni. Un dato che evidenzia come l’autentico made in Italy all’estero continui a essere richiesto e apprezzato. Non a caso, è stata proprio l’internazionalizzazione, intesa come apertura ai mercati stranieri, la carta vincente per molte imprese italiane, che sono riuscite a tenere il mercato nonostante le difficoltà degli ultimi anni. Ne è un esempio la Mobili Avenanti di Fratte Rosa, realtà storica del tessuto imprenditoriale marchigiano, che affonda le sue origini nel lontano 1870 e che ancora oggi, guidata da Zeno Avenanti, realizza i suoi mobili, rigorosamente, in legno massello. In che misura la congiuntura negativa degli ultimi tempi ha influenzato una realtà storica come la vostra? «Il mercato dell’arredamento ha subito la crisi peggiore nel triennio 2007/2009, anni in cui anche la nostra realtà ha sofferto parecchio. Abbiamo subito un’inflessione del volume di affari in quel periodo proprio perché il nostro pro-

dotto era principalmente posizionato sul mercato nazionale. L’apertura a nuovi mercati, dopo aver con molta attenzione valutato la possibilità di creare nuovi prodotti idonei agli scenari internazionali, è stata la mossa strategica che ha determinato la ripresa. L’internazionalizzazione ci ha permesso, infatti, di aumentare notevolmente le vendite già dall’anno 2010, ma in particolare nel 2011». Quindi il prodotto made in Italy, secondo la vostra esperienza, ha sempre continuato a essere richiesto sullo scenario internazionale. «Lo posso confermare non solo per quanto riguarda la produzione storica della nostra famiglia, ovvero quella di mobili, ma anche per quanto concerne il settore enogastronomico. Da circa dieci anni, infatti, abbiamo aperto anche una società agricola, la Cantina Terracruda, specializzata nella produzione vitivinicola, e i nostri vini si sono affermati soprattutto all’estero, a dimo-


ZenoGustinelli Avenanti Gianpietro

DAL MOBILE AL VINO I

l trend di crescita del made in Italy all’estero riguarda anche l’enogastronomia. In particolare, nel periodo gennaio-settembre 2011, le importazioni vinicole USA sono ammontate complessivamente a 6 milioni di ettolitri per un valore di 2,6 miliardi di dollari, pari ad un aumento dello 1,5% in quantità e un aumento del 11,4% in valore rispetto allo stesso periodo del 2010. Dati che vengono confermati anche dall’esperienza di Zeno Avenanti, impegnato, oltre che nello storico mobilificio di famiglia, anche nella produzione di vini, con l’azienda vitivinicola Terracruda. «Il mercato dei nostri vini spiega Avenanti – è concentrato per un 40% sul territorio locale - regionale, il 10% interessa il territorio nazionale e il restante 50% riguarda i paesi stranieri, ed è suddiviso tra i paesi del nord Europa e, appunto, il mercato statunitense». Dai mobili in legno alla viticoltura. Due attività estremamente diverse che permettono ad Avenanti di

strazione che, oltre al marchio di riferimento di ogni singola azienda, il made in Italy produce un valore aggiunto, sia nel design che nell’enogastronomia e, penso, anche in molti altri settori industriali». Quali sono oggi i principali mercati di riferimento del mobilificio? «L’esportazione rappresenta circa il 70% del fatturato del Mobilificio Avenanti, con forte presenza nel mercato russo e nei paesi del ex Unione Sovietica. Nell’ultimo anno siamo riusciti anche a penetrare il mercato del lusso cinese». Quali particolari caratteristiche rappresentano la costante della vostra offerta? «Il nostro è un prodotto di fascia alta, realizzato esclusivamente e totalmente in legno, con uno stile classico ma una

avere una visione trasversale del mercato, e che sono accomunate, oltre che dalla prevalente percentuale di export, anche dalla qualità. «Premesso che la produzione di mobili è patrimonio della nostra famiglia da oltre 140 anni e ben sei generazioni, mentre la passione per il vino si è trasformata in attività nell’ultimo decennio, entrambe sono espressione di qualità. Nei prodotti si respirano cultura e tradizione fortemente legate al territorio» spiega Zeno Avenanti, che conclude con un bilancio relativo alle due aziende nell’ultimo biennio. «I risultati sono stati positivi, tendendo conto dello sviluppo che hanno avuto entrambe le attività negli ultimi anni, al di là del particolare periodo che tutta la nostra economia sta attraversando. La speranza è che i risultati ottenuti si possano consolidare e migliorare nell’anno appena cominciato e, magari, non solo nelle nostre attività, ma in tutto il sistema Italia».

modellistica che sa plasmarsi anche nelle versioni più moderne, riuscendo così a creare nuove tendenze di mercato». La vostra produzione è il risultato di un connubio perfetto di artigianalità e tecnologia. In particolare, quale percentuale del vostro fatturato dedicate alla ricerca e sviluppo e su quali innovazioni tecnologiche lavorerete nell’anno appena cominciato?

«In azienda è continua la ricerca di nuove tecnologie produttive e applicate al prodotto, oltre allo sviluppo costante di nuove modellistiche. In questo momento siamo particolarmente concentrati nello sviluppo di progetti computerizzati e di programmi di gestione. I primi ci permettono di rappresentare graficamente alla clientela i disegni del prodotto che andremo a realizzare e di passare, quindi, lo stesso progetto in produzione. I secondi ci consentono di analizzare e avere un controllo della gestione di tutte le varianti applicabili al prodotto. In questo modo innoviamo e personalizziamo i nostri mobili in base alle richieste che arrivano da ogni parte del mondo e sono sempre più specifiche e differenziate».

In apertura, alcune realizzazioni della Mobili Avenanti di Fratte Rosa (PU). Sotto, Zeno Avenanti, titolare dell’azienda www.mobiliavenanti.it

MARCHE 2012 • DOSSIER • 193


INTERNI

pplicato all’arredamento, al comparto industriale e commerciale il design può essere spinto oltre i limiti della specializzazione settoriale. Lo sa bene Marco Tonnarelli che a fronte di un importante bagaglio personale e di un approccio professionale “handson”, mirato cioè alla praticità degli interventi e dei risultati, e collaudato ormai da oltre 25 anni di esperienza nel design project management e nella realizzazione,ha coniugato il design alla cultura d’impresa, «unendo il bello al pratico, ottimizzando tempo e costi, e mettendo le competenze acquisite a completa disposizione della committenza». Qual è la caratteristica che le permette di competere in un mercato, quello del design e del contract, fortemente concorrenziale? «Penso che dipenda dal fatto di essere considerato una figura atipica, in grado di disegnare e progettare, che conosce perfettamente tutti i materiali in un’ottica hands-on. Questo mi permette di affrontare in modo diretto la realizzazione di grandi progetti, senza la pesantezza in termini di costi e tempi, propria delle grandi strutture d’impresa o di progettazione». La snella struttura della sua “impresa” le consente dunque di seguire personalmente ogni fase del progetto, dal de-

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Il design sposa la cultura d’impresa La realizzazione dei progetti di Marco Tonnarelli è basata su una filosofia imprenditoriale del design. Unire il bello al pratico, ottimizzare l’organizzazione lavorativa, i tempi e i costi Giulio Conti

sign alla realizzazione. «Certamente. Il mio è un approccio “attivo e partecipe” e può sembrare una sorta di megalomania ma in realtà è l’opposto; nasce dalla competenza acquisita sul campo e dalla capacità di ricoprire più ruoli, dando a tutti la stessa importanza. Questo ovviamente a volte sconcerta chi mi vede lavorare con un martello, avendomi visto poco prima con la matita in mano o atto a impartire direttive». Con questo approccio al-

ternativo e in controtendenza, riesce a rispondere alle nuove esigenze del mercato? «Credo che in questo momento la tradizionale settorialità che spesso caratterizza figure come il designer, il progettista o l’architetto non possa più esserci. Deve esserci invece un’unica figura con una visione globale che riesca a garantire la realizzazione del progetto e il risultato finale, prendendone piena responsabilità. Un modo di operare che ho adottato molti anni fa lavo-


Marco Tonnarelli

Marco Tonnarelli, fondatore dell’omonimo studio di progettazione e design con sede ad Ancona. Nelle altre immagine, due recenti realizzazioni www.marcotonnarelli.it

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Gestire la realizzazione di un progetto in un altro paese comporta un notevole impiego di persone e logistica, oltre che una programmazione estremamente minuziosa

rando all’estero dove tale modus operandi veniva richiesto a chi come me progetta e realizza». Esistono differenze tra i vari mercati? «La differenza non è dovuta al paese in cui si realizza ma è sempre determinata dal rapporto con il cliente, dalla capacità di valutare velocemente i costi di realizzazione del progetto, di progettare in base a un budget definito e di ottimizzare il tutto come se fossi io il cliente finale. Questo stesso concetto può essere applicato ovunque». Quanto ha influito viaggiare nell’approccio che ha verso il design e la progetta-

zione? «Viaggiare fa parte del mio modo di essere, disegnare anche. Vedere cose nuove è un continuo stimolo ma ci fa capire che ci sono vari modi in cui si possono affrontare le cose ed è senz’altro questo che mi ha permesso di creare un sistema operativo così organizzato. Gestire la realizzazione di un progetto in un altro paese comporta un notevole impiego di persone e logistica, oltre che una programmazione estremamente minuziosa». Il design italiano è molto apprezzato all’estero ma le criticità organizzative non mancano. Come riesce a conquistare la fiducia dei clienti?

«È vero, sicuramente non riscontro problemi a soddisfare i clienti a livello di design, non ho difficoltà a interpretare le singole esigenze, le soluzioni che propongo spesso vengono accettare senza alcuna modifica. Ma il mio lavoro è sostenuto da Laura Conte, la professionista del gruppo che segue i clienti, che nata all’estero, ha sempre viaggiato. Il suo approccio e il servizio clienti offerto ci permettono di poter spiegare come operiamo e di rispondere a qualunque dubbio che il cliente possa avere sulle nostre capacità operative. Disegno e realizzo da oltre 25 anni e credo che questo sia comunque una certezza per i nostri clienti».

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INTERNI

arantire la sicurezza degli edifici e delle persone è da sempre uno dei traguardi principali tanto delle aziende impegnate nella ricerca di nuovi metodi costruttivi e materiali speciali, quanto dei governi dei paesi di tutto il mondo. La Uni En 1634 è la norma europea che impone alle imprese costruttrici di verificare attraverso un preciso metodo la resistenza al fuoco delle porte e delle chiusure da installare nelle aperture degli elementi di separazione verticali. Questa normativa distingue le chiusure tagliafuoco in sei gruppi e definisce i criteri di resistenza al fuoco di cui tener conto in fase di produzione di tali chiusure, ovvero integrità, isolamento e irraggiamento. Da oltre cinquant’anni, la società Fratelli Pietrelli utilizza questi tre parametri per costruire porte in legno in grado di garantire la sicurezza e il comfort delle persone nei luoghi privati e in quelli pubblici. «Tutti i nostri prodotti – commentano Guido e Leandro Pietrelli, soci fondatori dell’azienda – sono certificati Uni En 1634 e classificati Ei 30/45/60/90/120, ovvero resistenti al fuoco per 30, 45, 60, 90 o 120 minuti. Inoltre, le porte Pietrelli assicurano fono-isolamento fino a 42 decibel». Come si è evoluta l’attività?

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Le porte, tra estetica e funzione Una linea di porte frutto di un progetto di ricerca sia tecnologica che estetica, caratterizzata da un design dalle forme rigorose ed essenziali e studiata per diventare un vero e proprio complemento d’arredo. Guido e Leandro Pietrelli presentano la collezione Mìmesi Emanuela Caruso

GUIDO PIETRELLI: «L’attività nasce negli anni 60 con l’apertura di un piccolo laboratorio per la produzione artigianale di infissi in legno. Da subito, l’impresa ha raggiunto ottimi risultati qualitativi, orientandosi unicamente verso la realizzazione di porte in legno. Mantenendo una gestione di tipo familiare e continuando a valorizzare l’artigianalità del nostro lavoro, siamo poi riu-

sciti a svilupparci su dimensioni industriali». Come siete riusciti a raggiungere una posizione di leadership sul mercato internazionale del contract di alta gamma e in quali paesi distribuite i vostri prodotti? LEANDRO PIETRELLI: «Abbiamo conquistato una buona nicchia di mercato puntando sull’esperienza, su una produzione di alta qualità “100%

I fratelli Leandro e Guido Pietrelli, soci fondatori della Pietrelli Porte con sede a Fano www.pietrelliporte.it


Guido e Leandro Pietrelli

made in Italy” e su una strategia di gestione delle attività e dei processi di lavorazione volta a ottimizzare la capacità di soddisfare le esigenze dei clienti. Vantiamo, perciò, una gamma di prodotti vasta e personalizzabile, impianti di produzione d’avanguardia, manodopera qualificata e un team dinamico e collaborativo. Oggi, siamo presenti in Italia, Romania, Russia, Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Nigeria, Stati Uniti, Tunisia e Sud Africa». Una delle vostre collezioni più particolari è Mìmesi; cosa la caratterizza e distingue dalle altre? L.P.: «Questa linea di porte è il risultato di un progetto di ricerca sia tecnologica che estetica e unisce qualità strutturale a ottimi materiali e rifiniture. È caratterizzata da una forte personalità e da un design dalle forme rigorose ed essenziali, ed è stata studiata per diventare un vero e proprio

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La collezione Mìmesi è caratterizzata da porte senza coprifilo e telaio a vista che diventano parte integrante dell’arredamento

complemento d’arredo. Ciò che distingue Mìmesi dalle altre collezioni è la mancanza di coprifilo e telaio a vista, che conferisce alla porta grande leggerezza e pulizia». Dal 2011, la Fratelli Pietrelli sta investendo in direzione “green”. G.P.: «Abbiamo fatto installare un impianto fotovoltaico parzialmente integrato sopra i tetti dei nostri due stabilimenti.

L’impianto è in grado di generare circa 450 KW all’anno e ci consente di coprire quasi interamente il nostro fabbisogno industriale. Sempre ragionando in un’ottica di rispetto ambientale, l’azienda si è anche certificata FSC, in modo da testimoniare una gestione corretta e responsabile delle foreste da cui derivano il legno e i prodotti legnosi impiegati per la produzione aziendale».

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In alto a sinistra modello Demetra Centro Muro. A destra modello 421 Porta Rei Filomuro

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INTERNI

Dall’idea all’arredo tramite l’architetto Sempre più persone si rivolgono a un architetto per il design di interni e il progettista si trova a dover coniugare estetica, materiali e funzionalità Emanuela Caruso

arredamento su misura in questi ultimi anni ha acquisito sempre maggiore importanza nell’ambito del progetto architettonico, sia per la volontà del committente di caratterizzare gli ambienti secondo i suoi gusti personali, non fermandosi a quello che la produzione di serie propone, sia per motivi legati all’esigenza di sfruttare al meglio gli spazi a disposizione, oltre che per essere totalmente

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Alcune immagini relative alle lavorazioni della Bartolucci Arredamenti www.bartolucciarredamenti.it

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certo della qualità dei materiali utilizzati. Il progettista incaricato deve quindi trovare delle soluzioni di arredo che siano in linea con l’architettura generale dell’ambiente e che nel contempo soddisfino le richieste di personalizzazione fatte dal cliente. Un equilibrio difficile da trovare in fase progettuale ed ancor più nella fase realizzativa, nella quale il designer deve far sì che ciò che sarà realizzato rispecchi fedelmente ciò che è stato progettato. L’architetto si trova ad essere un vero e proprio garante del cliente per quanto riguarda l’arredamento e diventa importante trovare un partner per la produzione di mobili che sia in grado di dargli tutto il supporto di cui ha bisogno. Una falegnameria che ha saputo cogliere da oltre trent’anni le possibilità di sviluppo degli arredi su progetto è la Bartolucci Arredamenti. «Sin da quando siamo nati nel 1978 – spiegano Michele e Daniele Bartolucci, amministratori dell’impresa – abbiamo deciso di rivolgerci ad un pubblico capace di capire ed apprezzare il

valore aggiunto che solo un arredo su misura può conferire a uno spazio, ragion per cui i nostri interlocutori principali sono gli architetti, gli unici in grado di far comprendere al committente le opportunità offerte da un mobile su misura prodotto da una impresa organizzata per fondere gli aspetti positivi di un’azienda artigiana con i lati migliori di una struttura industriale». Bartolucci Arredamenti produce mobili per i più svariati settori, da quello residenziale a quello nautico, dal ricettivo alla ristorazione, fino ad arrivare al terziario e ai musei, e proprio per riuscire a rispettare le richieste di ognuno identifica come priorità essenziali la qualità delle scelte tecniche ed estetiche e la cura del dettaglio. «Per destreggiarci in modo ottimale tra i vari ambiti che serviamo, abbiamo ideato servizi di supporto alla progettazione, alla realizzazione e al post-vendita, così da permettere una collaborazione produttiva tra cliente, architetto e artigiano. Un vero e proprio metodo di lavoro che ci


Bartolucci Arredamenti

permette di operare con la stessa efficienza in Italia come all’estero, anche grazie alla nostra capillare rete tecnico-commerciale. Inoltre, mettiamo a completa disposizione dell’architetto progettista un’area dedicata alla sperimentazione materica e compositiva che include la realizzazione in tempi molto rapidi di campioni di materiale personalizzati per le singole commesse, in modo da permettergli di sviluppare la miglior soluzione d’arredo possibile. I materiali di cui ci serviamo sono legno, metalli, pietre naturali e composite, vetri, tessuti, pellami, composti sintetici ed acrilici e laccature di tutti i generi, dalle finiture super-opache alle lucide spazzolate». Per essere certi di soddisfare le necessità dell’utente, la Bartolucci impegna energie e sforzi nel tradurre il progetto architettonico in progetto ingegnerizzato. «Adottando questa strategia operativa – continua Michele Bartolucci – siamo in grado di

fornire l’esploso dei componenti con specifiche tecniche funzionali, dimensionali, accessoriali e materiche, che permettono al professionista di analizzare e visualizzare preventivamente tutti gli arredi nel dettaglio. Su richiesta del committente, inoltre, realizziamo il mock-up del progetto in scala 1:1, una vera e propria anteprima a dimensione reale del mobilio da realizzare». Infinite possibilità di personalizzazione, assoluta qualità dei materiali utilizzati e ridotti tempi per la realizzazione sia dei preventivi che delle campionature sono resi possibili grazie all’organizzazione dell’intero iter tecnico-produttivo all’interno della sede operativa. «Sommando a questa organizzazione produttiva, composta da falegnami di grandissima esperienza, il vantaggio di operare con macchine a controllo numerico di alta precisione e tecnologia, siamo in grado di garantire l’assoluta qualità di prodotti e servizi nell’assoluto

rispetto del progetto e dei tempi di consegna concordati». Qualità che continua a essere di fondamentale importanza anche nel momento del montaggio e in caso di assistenza postvendita. «Per il montaggio – conclude Daniele Bartolucci – ci avvaliamo del nostro personale interno, estremamente qualificato e con molti anni di esperienza nei montaggi nautici, che opera nel pieno rispetto delle indicazioni progettuali. Per essere in grado di far fronte a esigenze post-vendita del committente, conserviamo tutti i progetti degli arredi realizzati in forma di catalogazione con codice identificativo e bar code; così facendo la sostituzione di componenti e accessori è veloce, sicura e fedele alle specifiche tecniche originali». MARCHE 2012 • DOSSIER • 201




Le Marche attraverso i cinque sensi Il turismo marchigiano regge i colpi della crisi: città d’arte e località legate al turismo verde registrano le performance migliori. «Occorre puntare sugli stranieri – spiega l’assessore Serenella Moroder -, iniziando dal rafforzamento dei collegamenti aerei» Michela Evangelisti attuale situazione politico-economica nazionale sta condizionando negativamente i consumi turistici, con ripercussioni sul movimento del settore anche per quanto riguarda il territorio marchigiano; tuttavia, se si considera il periodo gennaio/novembre, la

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Serenella Moroder, assessore al Turismo della Regione

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regione mantiene un andamento positivo. Il calo delle presenze degli italiani è, infatti, ampiamente compensato dagli aumenti che si registrano nei flussi provenienti dall’estero, con valori relativi agli arrivi e alle presenze degli stranieri che registrano rispettivamente un +8,44 e un +10,85%. È il quadro che emerge da uno studio dell’Istituto nazionale ricerche turistiche su “L’occupazione autunnale nelle strutture ricettive marchigiane e le prenotazioni per l’inverno”. Secondo Isnart la situazione non sarà lusinghiera neanche per i primi mesi del 2012, anche se la tendenza a prenotare all’ultimo momento, in cerca dell’offerta last minute, in qualche modo attenua - come segnalano dall’Osservatorio regionale del turismo

- le previsioni dell’Istituto. La Regione, dal canto suo, ha intensificato interventi mirati, soprattutto sui mercati esteri, per fronteggiare la crisi e cercare di mantenere la vitalità del settore. «Il nostro ospite è soprattutto italiano; per migliorare le performance del 2011 dobbiamo incentivare l’ospite straniero – commenta l’assessore regionale al Turismo, Serenella Moroder -. In questo senso occorre puntare sui collegamenti aerei: ci stiamo lavorando, partendo dall’individuazione dei paesi che potrebbero rappresentare bacini interessanti». Secondo i dati Isnart, le strutture ricettive delle Marche registrano in chiusura di anno il 23% di camere vendute in ottobre, il 21,2% nel mese di novembre e il 15,7% di occupa-


I numeri della regione

zione camere nei dati provvisori per il mese di dicembre. Un trend al di sotto dello scorso anno, legato alle incerte condizioni climatiche di questo autunno che hanno penalizzato soprattutto le strutture extraalberghiere. I livelli di occupazione più elevati del comparto extra-alberghiero si registrano negli alloggi agrituristici, mentre nel comparto alberghiero si registra un’occupazione camere del 33,8% per il mese di ottobre (-4,1%), del 30,9% per novembre (-1,8%) e del 23,7% nei dati provvisori di dicembre (-5,8%). Le performance dell’hôtellerie sono sostenute dalle strutture di alta categoria, forti di una politica promozionale

basata sulla leva prezzo. Tra le province, sia per ottobre che per novembre le vendite più consistenti della stagione si registrano per Ascoli Piceno e Ancona, mentre per dicembre emerge la provincia di Fermo, con il 26% di camere occupate (è un dato ancora provvisorio). Se le destinazioni termali e montane evidenziano le maggiori criticità nelle vendite del trimestre, le città d’arte e le località legate al turismo verde dell’entroterra registrano le performance migliori: in città risultano occupate il 32,1% delle camere disponibili in ottobre, il 30,4% nel mese di novembre e il 25,2% delle disponibilità nel provvisorio di dicembre; in campagna risultano vendute il 32% delle caLa Regione ha intensificato mere in ottobre, interventi mirati, soprattutto il 30% in novemsui mercati esteri, per cercare bre e il 23,3% in dicembre. di mantenere la vitalità del «Il nostro intento settore turistico come assessorato è quello di promuo-

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vere le Marche e attirare i turisti attraverso tutti e cinque i sensi – spiega Serenella Moroder –; il meno scontato è quello del tatto, che invitiamo a riscoprire attraverso l’artigianato locale. Sul segmento culturale puntiamo fortemente, incentivando la conoscenza non solo degli attori più importanti (da Raffaello a Leopardi a Rossini) ma anche dei personaggi meno noti. Ci aspettano eventi importanti. Festeggeremo quest’anno il bicentenario dell’apertura al pubblico della Biblioteca di Monaldo Leopardi a Recanati, come ogni anno a Pasqua si terrà la Turba di Cantiano, sacra rappresentazione del Venerdì Santo, e saranno ricchi il cartellone degli eventi culturali a Urbino e quello della stagione lirica. Infine – conclude – invito chi vuole conoscere la nostra tradizione a partecipare ai carnevali: non solo quello di Fano, il più antico, ma anche tutti gli altri, ognuno con le proprie peculiarità». MARCHE 2012 • DOSSIER • 205


TURISMO

Incentivare il turismo culturale con nuovi strumenti l teatro di Tolentino, distrutto da un incendio nel 2008, l’eremo del Sasso a Fabriano, il palazzo ducale di Urbino: sono questi i prossimi destinatari sul territorio marchigiano di grossi interventi di restauro, che spostano finanziamenti provenienti dalla Protezione civile, dallo Stato e dalla Regione. «Da parecchio tempo non si interveniva con fondi così cospicui sul palazzo ducale, una delle emergenze delle Marche – commenta il soprintendente, Giorgio Cozzolino –; riusciremo finalmente a completare lavori di consolidamento e restauro di tutti gli apparati lapidei». Di fronte a risorse sempre più scarse, su cosa concentrarsi? «Innanzitutto è sempre preferibile agire con fondi più limitati ma con la caratteristica della continuità: questo perché il vero restauro è la manutenzione. Il nostro principio guida è conservare senza stravolgere, individuando nel valore intrinseco all’esistente la base per una trasformazione compatibile». Qual è l’attuale situazione conservativa dei beni regionali? «In termini generali è buona,

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Eventi collaterali temporanei e biglietti cumulativi ridotti che inseriscano nello stesso percorso siti noti e meno noti. Queste le strade individuate dal soprintendente ai beni architettonici e paesaggistici delle Marche, Giorgio Cozzolino, per incentivare il turismo culturale in regione Michela Evangelisti

soprattutto per quanto riguarda le emergenze; ad esempio, abbiamo ultimato da poco il restauro del forte Malatesta di Ascoli Piceno. Più critica la condizione di quel patrimonio diffuso che è la caratteristica peculiare della

regione: sono tante le chiese e le residenze nobiliari abbandonate e le cinte murarie dei borghi fortificati che necessitano di interventi. I finanziamenti legati al terremoto del 1997 hanno comunque consentito un buon recupero di


Giorgio Cozzolino

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È sempre preferibile agire con fondi più limitati ma con la caratteristica della continuità: questo perché il vero restauro è la manutenzione

base e negli ultimi anni le somme messe a bilancio dalla Regione per la voce cultura sono aumentate. Notevoli sono anche gli sforzi delle diocesi e delle fondazioni bancarie e si contano tanti esempi di proficua collaborazione tra Stato e Comuni». Quanto è elevata invece la sensibilità dimostrata dai privati nei confronti della tutela del patrimonio? «Non sono molti i privati possessori di beni tutelati che hanno consapevolezza dei propri obblighi nei confronti della collettività. È vero, però, che a fronte dei vincoli legati al riconoscimento del valore culturale del bene, lo Stato dovrebbe concedere benefici e sgravi, mentre purtroppo negli ultimi tre anni i fondi per questi contributi sono fortemente calati. Su questo punto occorre ritornare a lavorare». Come agire per incentivare il turismo culturale? «Nei siti dove ci sono collezioni permanenti, o che sono musei di se stessi, bisogna attivare eventi collaterali temporanei; in questo modo si attirano visitatori che avevano già visto quel sito, e al tempo stesso chi viene per l’evento scopre una realtà che altrimenti non avrebbe avuto oc-

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casione di conoscere. L’exploit eccezionale dell’anno scorso della Rocca di Senigallia, per fare un esempio, è legato soprattutto alla mostra del quadro della Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. Un’altra strada da percorrere è quella dei biglietti cumulativi ridotti, che uniscano i siti noti a quelli meno noti». Come giudica i piani regolatori e le scelte urbanistiche che le amministrazioni locali hanno assunto in questi ultimi anni? «Tutti i piani regolatori scontano un difetto di fondo: quello di prevedere delle cubature ancora enormi a fronte, tra l’altro, di un mercato immobiliare che ormai è fermo da anni. Ma qualcosa sta cambiando: in un convegno tenutosi ad Ancona qualche settimana fa è stata presentata una nuova legge sulla riqualificazione urbanistica, che mette il principio dello stop al consumo di suolo tra quelli fondativi. Abbiamo poi un ottimo piano paesistico, il quale però, dovendo scontare un “passaggio politico”, viene puntualmente arricchito di deroghe, in barba allo studio scientifico che c’è alle spalle». Ultimamente le maglie

sulla tutela del paesaggio si sono ristrette e le bocciature dei soprintendenti sono aumentate. «Con la nuova normativa ci possiamo esprimere nel merito, mentre con la vecchia procedura dovevamo arrampicarci sugli specchi per trovare motivi di illegittimità nei provvedimenti comunali. È chiaro che su certe tematiche, perseguendo gli interessi della collettività, siamo del tutto in scontro con gli enti locali, che dipendono dalle esigenze della politica. Negli ultimi anni, ad esempio, i campi fotovoltaici sono diventati una criticità e con la Regione siamo in rotta anche sugli impianti eolici».

In alto, Giorgio Cozzolino, soprintendente beni architettonici e paesaggistici delle Marche

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