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OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO.........................................13 Ferruccio Dardanello Pietro Ichino

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Alberto Barcella POLITICA ECONOMICA .....................20 Giorgio Squinzi Bernhard Scholz Carlo Sangalli Stefano Maullu IL COMMENTO......................................32 Roberto Formigoni UNITÀ D’ITALIA ....................................36 Giorgio Napolitano Stefano Lorenzetto VERSO LE ELEZIONI ..........................42 Mario Mantovani Maurizio Martina

ECONOMIA E FINANZA MERCATI ESTERI ................................46 Stefano Poliani Raffaello Vignali IL FUTURO DELL’UNIONE................52 Alberto Quadrio Curzio Emmanuele Francesco Maria Emanuele LO STILE ITALIANO ............................62 Mario Boselli Michele Tronconi David Pambianco Vittorio Missoni Anna Zegna Lavinia Biagiotti Cigna DISTRETTI INDUSTRIALI..................76 Francesco Bettoni Sergio Arcioni Bruno Amoroso IL SETTORE TESSILE ........................84 Arturo Tedoldi Andrea Eoli Fratelli Paterini Bruno Viola MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO ....................92 Giuseppe Caviglia MERCATO DEL LUSSO .....................94 Rita Stevani Volta FOCUS CREMONA ..............................96 Oreste Perri Gian Domenico Auricchio Mario Caldonazzo Claudio Pugnoli IL MODELLO BERGAMASCO ........106 Paolo Malvestiti Ivan Rodeschini Roberto Sestini

CASARTIGIANI LOMBARDIA ..........112 Mario Bettini PRODUZIONI ARTIGIANALI ............116 Luigi Bernardelli INFORMATION TECHNOLOGY.......118 Gianpaolo Ficara e Luciano Balzarini IMPRENDITORI DELL’ANNO .........120 Elena Sampellegrini, Mario Belloni, Mariano Bandera, Ennio Bandinelli, Simone Bonomi, Mario Colleoni, Edilio Gianesi, Piero Bonicelli e Ferdinando Abate, Roberto Zucchini, Edmunda Grazioli, Mirko Marchesini, Giuseppe Manenti, Angelo Vistarini, Alberto Fregoni, Marilena Daccò, Antonio Vitillo, Franco Leonelli, Valentino Rasini, Giuliano Tacchi, Natalino Capone, Fulvio Pezzucchi, Alberto Griffini, Amista Fiorenza, Fabrizio Rami e Giacomo Rossini, Barbara Guiducci, Igino Zanoni, Ernesto Marchesi, Emidio Zorzella e Massimo Bonardi, Luigi Carrioli e Michele Cei, Massimo Mortarotti, Raffaello Mazzola, Giovanni Cominetti, Vittorio Libretti, Gianluca Morgese, Plinio Tettamanti e Maria Grazia Biazzi, Andrea Plebani, Gianfranco ed Eleonora Giori IL SETTORE OLEOCHIMICO .........206 Riccardo Alquati e Susanna Larocca INDUSTRIA ALIMENTARE..............210 Camilla Bonomi Andrea Bacchini PRODOTTI ALIMENTARI.................214 Mauro Piccoli Maurizio Palladini Raimondo Scauzillo Giorgio Visini Costantino Vaia Rocco Lardaruccio ENOLOGIA ...........................................226 Pia Donata Berlucchi

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Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

GIUSTIZIA

GESTIONE DEI RIFIUTI ...................230 Daniele Fortini Fulvio Roncari Olivo Foglieni Daniela Grandi Lucia Gimondi Claudia Bidasio

LOGISTICA E TRASPORTI .............262 Sergio Botturi Federico Dalla Vecchia

SICUREZZA URBANA......................302 Romano La Russa Gian Valerio Lombardi

SICUREZZA STRADALE .................268 Pietro Merlo

SANITÀ

RINNOVABILI......................................248 Gianni Incani Ivan Scudellari Enzo Coduri SERVIZI PUBBLICI ...........................256 Fabrizio Cremaschini

INFRASTRUTTURE...........................272 Daniela Tabarin MERCATO IMMOBILIARE ..............274 Carlo De Albertis Simone Bianchi Lionella Maggi EDILIZIA ...............................................280 Alessandro Ballabio Ettore e Paolo Corradi IMPIANTI SPORTIVI.........................286 Gianpietro Gustinelli

MERCATO DEI FARMACI ...............306 Massimo Scaccabarozzi Silvio Garattini RICERCA SCIENTIFICA....................312 Franco Mandelli Umberto Veronesi OFTALMOLOGIA.................................316 Roberto Bellucci APPARECCHIATURE MEDICALI...318 Tiziana Fantoni

MATERIALI ..........................................288 Ferdinando Imberti Aldo e Andrea Bernini Sonia Audisio INTERNI ................................................296 Massimo Goglione

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IN COPERTINA

RIGORE E POLITICHE DI SVILUPPO La difficile situazione economica non ha esentato nemmeno la forte economia lombarda che attende misure per rilanciare le imprese. Alberto Barcella fa un ritratto del tessuto imprenditoriale regionale Nicolò Mulas Marcello

l 2011 si sta per concludere e la crisi economica non accenna a placarsi. Ciò che preoccupa maggiormente gli imprenditori lombardi è il calo degli ordini esteri in questo ultimo trimestre rispetto al resto dell’anno. Secondo Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia, questo aspetto unito al difficile accesso al credito e al rallentamento dell’economia globale rende ardua ogni previsione di crescita: «Confindustria spiega da tempo che la politica del rigore deve necessariamente essere affiancata a una politica di crescita». Possiamo fare un quadro generale dello stato di salute dell’imprenditoria lombarda? «Fino al secondo trimestre di quest’anno c’è stata una modesta crescita della produzione industriale, che però si è fermata nel corso del

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terzo trimestre e le attese per il quarto sono purtroppo negative. Questo è dovuto al rallentamento che si sta registrando anche nell’economia globale, che comporta un calo di ordini dall’estero, oltre a una ulteriore riduzione degli ordini interni. Il calo esterno preoccupa molto in quanto proprio le esportazioni hanno permesso alla Lombardia di crescere in questi ultimi trimestri. L’aspetto che teme di più oggi l’imprenditoria è la certezza di una restrizione del credito o di un incremento significativo del costo del denaro che riduce la competitività delle imprese italiane rispetto ai concorrenti tedeschi. Questo è un ulteriore elemento di preoccupazione e di aumento del gap di competitività rispetto ai nostri partner europei». Le imprese milanesi si sono recentemente rese disponibili a so-

stenere la ripresa del paese, attraverso l’investimento di 2 miliardi in iniziative, come l’acquisto di Bpt. Con la richiesta però di non aumentare l’Iva e di aiutare lavoro e innovazione. Quali sono le previsioni sotto questi aspetti? «È un’iniziativa che ha un risvolto psicologico molto importante perché è una dimostrazione di fiducia nei confronti del Paese. Certo è che questa fiducia non può rimanere limitata soltanto all’Italia ma, nell’era della globalizzazione, deve essere estesa anche agli investitori istituzionali stranieri. Altrimenti rimarrà un bel gesto i cui effetti pratici saranno abbastanza contenuti. Per quanto riguarda l’incremento dell’Iva e il sostegno all’innovazione, Confindustria spiega da tempo che la politica del rigore deve necessariamente essere affiancata a una politica di crescita e sviluppo. Senza di


Alberto Barcella

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L’aspetto che gli imprenditori temono di più oggi è la restrizione del credito

esse qualsiasi accanimento per la riduzione del debito è poco produttivo in quanto se non si crea ricchezza è difficile uscire dalla crisi e quindi non si riesce nemmeno a ripagare il debito. Per quanto riguarda l’Iva io sono fermamente convinto che azioni spot che sono state fatte sulle entrate, come quelle introdotte dalle manovre del precedente governo, rischiano di essere più dannose che produttive. Aumentare l’Iva può avere senso solo se nello stesso tempo si riduce la pressione fiscale sui redditi più bassi, altrimenti c’è il rischio di una ulteriore contrazione del mercato interno. Quando si cambia qualcosa nel sistema tributario occorre fare attenzione che tutto il resto sia 18 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

collegato. Infine, sul piano dell’innovazione, se vogliamo competere dobbiamo proiettarci su produzioni con alto valore aggiunto che quindi contemplino risorse per ricerca e innovazione». Una impresa su otto vuole fare rete per rafforzarsi e contrastare la crisi. Qual è l’incidenza delle reti d’impresa sul territorio lombardo e come si muove Confindustria per agevolare questo tipo di alleanze? «Confindustria è estremamente favorevole e sta sostenendo e promuovendo la creazione di reti sul territorio. Le reti sono un’invenzione italiana che ha cercato di superare un vincolo antropologico che caratterizza la nostra imprendito-

ria: la paura di perdere il controllo della propria azienda con aggregazioni che in qualche modo rischiano di spogliare l’imprenditore del controllo della propria azienda. Le reti dovrebbero provare invece i vantaggi di una maggiore dimensione che è un problema serio per il nostro paese, caratterizzato da tante piccole imprese che non riescono a far fronte alla globalizzazione. Esse quindi dovrebbero portare il vantaggio di una dimensione maggiore e allo stesso tempo garantire il controllo a ogni imprenditore della propria azienda. La sensazione è che le reti stiano aumentando, Confindustria pertanto fa di tutto per promuoverle».



POLITICA ECONOMICA

Più ricerca e meno burocrazia la ricetta per la crescita Confrontarsi sempre con nuovi mercati e sfide produttive, investendo sulle risorse umane. Questa la politica d’azione del Gruppo Mapei, guidato da Giorgio Squinzi, che indica possibili traiettorie di sviluppo per le imprese italiane Francesca Druidi

a ricerca effettuata su 500 imprenditori milanesi, presentata dalla Camera di Commercio l’11 novembre scorso in occasione del convegno “Imprese in rete. Insieme per trovare la via di un nuovo sviluppo”, mostra come le aziende del capoluogo regionale non restino a guardare di fronte al complesso scenario economico e finanziario. Partendo dall’esperienza del Gruppo Mapei, l’amministratore unico Giorgio Squinzi identifica alcune misure utili alle imprese per segnare il passo rispetto alla crisi. Quali leve le aziende devono privilegiare in questo periodo storico per guardare alla ripresa? «Per definizione l’imprenditore reagisce, lotta, s’impegna per affrontare qualunque situazione avversa interessi la sua azienda e il suo lavoro. E, in questo atteggiamento, Milano vanta sicuramente una leadership, non solo in Italia. Premesso che ogni situazione aziendale e ogni imprenditore segue vie assolutamente personali per rispondere alle sollecitazioni del mercato, posso indicare gli ingredienti della strategia Mapei: specializzazione, internazionalizzazione

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e ricerca. È straordinariamente importante dedicare una parte considerevole del bilancio - nel caso di Mapei circa il cinque per cento ogni anno e oltre il dieci per cento del personale alle attività di ricerca e innovazione, con l’obiettivo di costruire e mantenere un vantaggio sui competitor grazie all’intelligenza. Penso potrebbero essere buone leve per rispondere all’attuale stallo». Sia sul versante produttivo che commerciale, il Gruppo Mapei è presente in tutti i cinque continenti. Qual è la direttrice seguita dal Gruppo sul fronte dell’internazionalizzazione? «Premesso che nella nostra “ossessione per la crescita” siamo stati aiutati nelle politiche di internazionalizzazione dalla nostra tipologia produttiva, che lega gran parte dell’economicità ai costi di trasporto, abbiamo scelto un modello aziendale molto particolare. Nelle nostre filiali estere, per scelta convinta, non abbiamo “espatriati” su base permanente». In che senso? «È stata impostata una struttura imprenditoriale specifica che rappresenta una sorta di cervello del Gruppo e copre tutte le diverse aree (operation, produzione, ricerca, marketing, vendite). In movimento tutto l’anno. Partendo da questi profili itineranti, nelle sedi locali abbiamo individuato profili operativi locali. Operiamo poi uno sforzo continuo teso a migliorare la qualità del nostro capitale umano, un aspetto al quale dedichiamo grande attenzione e investi-


Giorgio Squinzi

Abbiamo un bisogno direi vitale di un programma di semplificazione normativa

menti. Manteniamo contatti saldi e continui, legami forti con tutto il nostro management, trasmettendo i valori dell’azienda familiare. Le conseguenze di questo stile imprenditoriale, improntato al rapporto continuo, alla condivisione e all’ascolto, si traducono nel fatto che non abbiamo mai effettuato riduzioni di personale né un’ora di cassa integrazione, in nessuna parte del mondo. Mi sembra che i risultati ci confortino nelle scelte fin qui operate». Defiscalizzazione dello straordinario degli utili reinvestiti nell’impresa e tutela del made in Italy sono alcune delle priorità indicate dalle aziende milanesi nella ricerca Ispo per la Camera di Commercio. Quali elementi lei ritiene indispensabili? «Tutte le proposte emerse dall’incontro presso la Camera di Commercio sono, a mio avviso, intelligenti e molto utili se portate a sistema. Vorrei però soffermarmi su quelle che considero precondizioni fondamentali: la burocrazia e la ricerca. Innanzitutto la burocrazia. Abbiamo un

bisogno, direi vitale, di un programma di semplificazione normativa che vada ben oltre i provvedimenti già definiti, al fine di abbattere gli intralci gratuiti che ogni giorno ci complicano la vita. Un vero tangibile processo di riforma In apertura, Squinzi, della pubblica amministrazione con l’obiettivo di Giorgio responsabile evitare lo scontro con una burocrazia distante da- di Confindustria l’Europa gli interessi dei mondi produttivi. Il Censis, isti- per e presidente tuto degno di fiducia, ha calcolato che la buro- del Cefic, confederazione crazia incide per quasi il 2,5% sui costi ladelle industrie complessivi delle imprese ed è uno dei fattori che chimiche europee ha maggiormente influito sulla bassa crescita italiana di questi ultimi quindici anni». Poi c’è la ricerca. «Sì, sui temi della ricerca l’impegno deve essere più forte che mai. Ritengo che nel costruire le condizioni strutturali favorevoli alla crescita, non si possa prescindere dalla definizione e attuazione di politiche mirate al sostegno di ricerca e innovazione. Non intervenire con determina- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 21


POLITICA ECONOMICA

zione in questi settori sarebbe una scelta davvero miope, perché è su di esse che si poggia la competitività delle imprese. E senza imprese competitive non ci può essere crescita. Vi è poi un tema molto complesso e particolare, di non semplice trattazione: una giustizia civile al passo con i tempi. Ad esempio, l’aspetto del recupero crediti, che ha modi e tempi inaccettabili, penalizza le aziende corrette, che sono la stragrande maggioranza, ed esaspera le scorrettezze. Quando invito i miei amici a investire nel nostro Paese, mi rilevano proprio quest’aspetto come un impedimento fondamentale che li frena». Sempre in base all’indagine, sembra venire meno il clima di fiducia per la situazione milanese in generale. È una sensazione dettata dal più generale andamento nazionale o anche Milano avrebbe bisogno di maggiore slancio? «Milano e i suoi imprenditori hanno intelligenza e slancio da vendere. Ne sono assolutamente convinto. Hanno solo qualche “piccola” necessità perché non vivono su un altro pianeta. E queste “piccole” necessità sono ciò che servirebbe all’intero Paese. Chiedono solo di essere messi in condizioni di potere lavorare, senza lacci e lacciuoli. Mi riferisco non solo alla burocrazia, ma più in generale alla politica, quella con la p maiuscola. Senza una politica seria e responsabile, che risponda alle necessità della collettività, ogni sistema economico e sociale ha prospettive incerte. 22 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Nel costruire condizioni favorevoli alla crescita, non si può prescindere da politiche mirate al sostegno di ricerca e innovazione

E gli imprenditori sono una colonna portante e insostituibile del modello occidentale cui noi ci riferiamo. Vogliamo considerarli oppure osteggiarli? Questo è il bivio che ha di fronte in questo momento la politica, che nei prossimi mesi dovrà dimostrare di essere all’altezza del compito di guidare gli italiani attraverso la verità, anche quella più dolorosa. Gli italiani potrebbero essere disposti a sopportare una stagione di sacrifici, ma chiedono in cambio serietà, correttezze e trasparenza». Come muoversi allora? «Bisogna far uscire la politica dalle trincee nelle quali si è rifugiata e affrontare il peso e la sfida della riflessione e del confronto. Ho sempre rifiutato di attribuire alla sola classe politica la responsabilità di tutti i nostri mali, perché questa rappresenta solo una parte della classe dirigente del Paese. Penso sia il tempo di riferirci a una classe dirigente generale, della quale fanno parte con ruolo e responsabilità tutti quelli che sono in grado di esercitare una funzione di guida e di orientamento. Spero in scelte sagge, confortanti e di buon senso da parte di tutti. Un clima di fiducia ritrovata sarà una conseguenza ovvia».



POLITICA ECONOMICA

Cogliere le opportunità per crescere L’aggregazione delle varie competenze è il segreto per affrontare i mercati internazionali e crescere anche individualmente. Bernhard Scholz spiega come aiutare le aziende che vogliono sviluppare le proprie dimensioni Nicolò Mulas Marcello Europa rimane uno dei mercati più importanti per l’Italia, ma occorre affacciarsi anche ai nuovi scenari internazionali per poter crescere e trovare nuove opportunità di export. A sostenerlo è Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, il quale spiega quali politiche occorre adottare perché le imprese intraprendano facilmente percorsi di sviluppo: «Tutto parte dalla formazione degli imprenditori, in secondo luogo bisogna incentivare la creazione di reti tra imprese: l’aggregazione tra soggetti che mettono in comune competenze, progettualità e capitali mantenendo però la loro autonomia è un passaggio molto adatto al tessuto delle pmi italiane. Infine, bisogna sostenere per lo sviluppo delle imprese che siano indirizzati proprio alle aziende che innovano e che internazionalizzano, favorendo così questi percorsi». A giugno si è svolto Matching Russia. Il mercato russo, una volta considerato emergente, oggi è una realtà consolidata. Qual è l’interesse degli imprenditori italiani per questo mercato? «La prima edizione di Matching all’estero è stata una conferma della grande vitalità delle pmi italiane. Ciò dovrebbe far comprendere che quando le imprese sono adeguatamente sostenute e accompagnate sono anche in grado di cogliere le opportunità per crescere e rafforzarsi

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all’estero. Continuare a puntare sul mercato russo è importante per consolidare le sinergie commerciali avviate a Mosca e che hanno già permesso a molte aziende di compiere passi importanti nei loro settori di riferimento». L’internazionalizzazione rappresenta un modo per contrastare la crisi economica, ma non tutte le imprese riescono ad affrontare un

In alto, Bernhard Scholz, presidente dell’Associazione Compagnia delle Opere


Bernhard Scholz

Bisogna riguadagnare l’abitudine alla libertà di azione senza preconcetti, inclusa quella di ampliare la propria attività verso nuovi mercati

percorso di questo tipo. Come incentivare l’export? «La prima questione, anche se spesso viene trascurata, è formarsi: ogni imprenditore è chiamato a una continua riscoperta delle potenzialità interne ed esterne dell’azienda e poi, nei limiti del possibile, alla loro attuazione. Senza questo aspetto né la competitività né la produttività potranno accrescersi e tantomeno sarà possibile affacciarsi sui mercati internazionali. In secondo luogo, bisogna sostenere la creazione di reti tra imprese: l’aggregazione tra soggetti che mettono in comune competenze, progettualità e capitali mantenendo però la loro autonomia è un passaggio molto adatto al tessuto delle pmi italiane. Anche su questo serve molta formazione e la consapevolezza che collaborare è qualcosa di fondamentale. Poi, certamente, occorrono incentivi per lo sviluppo delle imprese che siano indirizzati proprio alle aziende che innovano e che internazionalizzano, favorendo così questi percorsi». Come sono cambiate le abitudini degli imprenditori italiani alla luce della crisi? «Dal punto di vista culturale, il costo più grosso

della crisi è stato l’affermarsi di una certa tendenza all’individualismo, come si è visto in molti settori della vita sociale e pubblica. In campo imprenditoriale questo si è tradotto in uno smarrimento del senso ultimo del lavoro, come se la propria opera non fosse realmente un bene per tutti. Bisogna riguadagnare “l’abitudine” alla libertà di azione senza preconcetti, inclusa quella di ampliare la propria attività verso nuovi mercati». Quali sono i mercati internazionali più reattivi attualmente? «C’è un dato positivo su cui riflettere: le vendite verso l’estero dell’Italia hanno superato il livello precedente alla crisi del 2008 e nei primi nove mesi del 2011 l’export è cresciuto del 13,5%. Quindi da questo punto di vista le cose stanno migliorando. L’Europa è ancora molto importante per le imprese italiane e pesa circa il 57% del nostro export. Evidentemente bisogna fare ancora molto per incrementare i rapporti commerciali con i Paesi del Mediterraneo, con l’Est europeo e con i cosiddetti Brics. Il nostro contributo in questa direzione, insieme con le decine di missioni imprenditoriali già programmate per il 2012, è la seconda edizione di Matching all’estero, questa volta in Cina. A giugno infatti, dopo un accurato percorso di formazione e conoscenza del mercato che si svolgerà nei prossimi mesi, accompagneremo più di cento aziende a Shanghai». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

Incentivi e non ostacoli Cala la fiducia delle imprese milanesi sulla congiuntura economica per i prossimi 12 mesi. Ma le aziende non rinunciano comunque a rincorrere la ripresa: lo spiega il presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli Francesca Druidi

li umori, i timori e le soluzioni alla crisi di 500 imprenditori milanesi sono raccolti in un’indagine effettuata da Ispo Ricerche per la Camera di Commercio meneghina, presentata l’11 novembre scorso in occasione del convegno “Imprese in rete oltre la crisi”. Dall’evento emerge la volontà delle aziende del capoluogo regionale di non rassegnarsi, nonostante le previsioni pessimistiche, ma di contribuire al rilancio del Paese. Già nel 2011 le imprese risultano stabili per fatturato e occupazione, con un valore dell’export positivo. A fare la differenza secondo Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio, è «in primo luogo la capacità creativa e innovativa, che ha permesso alla maggioranza delle imprese di qualunque settore e dimensione di reggere alla grande crisi». Non senza sacrifici. «Molti imprenditori hanno venduto beni personali per evitare la chiusura dell’azienda, nella quale identificano una parte della loro vita, del loro futuro e di quello della loro famiglia». Quali sono le iniziative, presenti e future, della Camera di Commercio a sostegno delle imprese? «Nel corso del 2011 l’ente ha stanziato circa 40 milioni di euro in interventi per le aziende. Penso alla priorità “Incentivi alle imprese che assumono”, che si è trasformata proprio recentemente nel “Bando Fare Impresa Milano

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Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano e di Confcommercio nazionale

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2011”, grazie al quale abbiamo stanziato 1 milione e mezzo di euro per le giovani aziende con meno di 18 mesi. Il convegno ruotava attorno al tema delle aggregazioni, delle alleanze, delle reti tra imprese, che riteniamo strategico per il futuro delle pmi. Le reti possono, infatti, costituire il trampolino delle aziende per crescere, per ottenere più e miglior credito. E proprio alle reti, la Camera di Commercio, insieme ad altre istituzioni come la Regione Lombardia, ha dedicato il bando Ergon, aperto fino a metà gennaio, che mette a disposizione 24 milioni di euro per le imprese che vogliono innovare o andare all’estero facendo rete». Quali sono le reali opportunità e le principali criticità offerte dall’aggregazione? «Le reti di impresa, che godono di alcune facilitazioni fiscali, consentono alle piccole aziende di parlare con una sola voce alla Pa, alle banche e ai mercati, senza tuttavia perdere la loro indipen-


Carlo Sangalli

Finora le reti di impresa si sono sviluppate nell’ambito industriale, ma ne stanno nascendo anche nel terziario

denza e identità. Finora, le reti di impresa si sono sviluppate soprattutto nell’ambito industriale, ma ne stanno nascendo anche nel settore terziario. La Camera di Commercio ha previsto, per il 2012, la costituzione di hub informativi per mettere a disposizione delle imprese le novità legislative legate alle reti, le possibilità di finanziamento e le iniziative messe in campo dagli enti camerali per cercare business partner attraverso un’azione di matching». Viene bocciata dal 71% delle imprese milanesi l’aumento dell’Iva. «Escludo che un rialzo dell’Iva sia utile all’economia del nostro Paese. La tassazione dei consumi penalizza soprattutto i livelli di reddito medio-bassi, innesca processi inflazionistici e finisce per essere controproducente rispetto all’esigenza di recuperare l’evasione dell’Iva. Le imprese hanno bisogno di stimoli per crescere, non di manovre che finiscono per deprimerle. Chiedono, ad esempio, incentivi o facilitazioni per le nuove assunzioni, la defiscalizzazione del lavoro straordinario e degli utili reinvestiti nell’impresa. C’è molto da fare, se si pensa che oggi abbiamo ancora una tassa iniqua come l’Irap che penalizza le aziende che assumono e quelle

mln BANDO Ammontare delle risorse complessive stanziate dal Bando Ergon per le reti d’impresa

20% RETE Percentuale di imprese milanesi interessate a costituire una rete d’impresa

5% EXPORT

Percentuale di imprenditori milanesi che valuta l’export in miglioramento negli ultimi 12 mesi

che pagano interessi passivi». È l’instabilità politicoeconomica nazionale a preoccupare di più gli imprenditori. Cosa le aziende chiedono al governo tecnico, pur essendo disposte a investire in Bot e Btp? «Quello che stiamo attraversando è uno dei momenti più difficili della storia italiana dal dopoguerra a oggi. Le imprese sono disposte a fare sacrifici se le misure che adotterà il governo saranno efficaci, rigorose ed eque. Ma soprattutto se saranno orientate anche alla crescita. Premere solo o soprattutto sull’acceleratore del fisco significa mettere il sistema imprenditoriale in condizioni ancora più difficili, innescando una spirale negativa che può finire per mandare fuori strada la macchina Italia». Sempre in base all’indagine, i pessimisti circa la ripresa di Milano hanno per la prima volta superato gli ottimisti. «Serve ritrovare la fiducia nel futuro. Quella fiducia che permette alle imprese di investire e assumere, ai giovani di uscire di casa per affrontare la vita e agli anziani di pensare al domani senza angoscia. Un dato confortante è che, nonostante la crisi, a Milano continuano a nascere nuove aziende costituite da imprenditori coraggiosi e con idee innovative. Più in generale, la nostra città ha tutte le potenzialità per rimettersi in piedi, correre e progettare il proprio futuro. Ma, come l’Italia, ha bisogno di incentivi e non di bastoni tra le ruote». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 27




MERCATI ESTERI

Alleanze per la crescita Le basi e gli strumenti per fare rete ci sono, quello che manca è la volontà. A sostenerlo è Raffaello Vignali, il quale spiega come occorre muoversi nel percorso dell’internazionalizzazione e quali opportunità rappresentano le reti d’impresa Nicolò Mulas Marcello

l di là degli ostacoli burocratici, la cui riduzione è richiesta a gran voce dagli imprenditori, quello che manca spesso alle pmi è la volontà di fare rete. Spaventate dai costi, e anche dalla paura di perdere una propria individualità, le piccole e medie imprese spesso rinunciano a percorrere la strada dell’internazionalizzazione perché frenate dalle proprie dimensioni e dalla lunga trafila burocratica. «Il primo problema dei nostri imprenditori – sostiene Raffaello Vignali, fautore dello Statuto delle imprese – è la burocrazia, che li distrae dal loro lavoro principale e cioè fare impresa». Parliamo di pmi e internazionalizzazione. Quali sono le difficoltà dei piccoli imprenditori su questo fronte? «Esistono innanzitutto difficoltà legate alla dimensione, ma che sono superabili alleandosi, facendo rete con altre imprese dello stesso settore, della medesima filiera, ma anche di settori differenti che insistono sullo stesso mercato. Potremmo citare numerosi esempi di successo,

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come quello del Consorzio Premax di Premana, che riunisce piccolissimi produttori di forbici e coltelli, che esporta in tutto il mondo. Vi sono poi difficoltà legate alla mancanza di informazioni e di strumenti pubblici ben identificabili. In questo caso il primo consiglio è di rivolgersi alle associazioni di categoria e all’ente camerale locale, che può facilmente avviare i contatti con la Camera di Commercio italiana all’estero. Non vanno poi dimenticate le potenzialità di Internet, che consente di raggiungere tutto il mondo con un piccolo investimento: le imprese che lo utilizzano ottengono risultati notevoli». Si parla sempre dell’opportunità di “fare rete”, ma in Italia non sempre ci sono le basi e gli strumenti per realizzarle. Come occorre aiutare le pmi da questo punto di vista? «La base c’è e sono gli imprenditori. Fare rete non è innanzitutto un problema di strumenti, ma di come l'imprenditore pensa alla propria realtà: nessuna impresa è un'isola. L’altro, nell’economia globalizzata, non è un nemico, ma un alleato. Un artigiano che produce calzini e


Raffaello Vignali

uno che produce maglieria intima possono scambiarsi le aree commerciali, fare gruppo d'acquisto, andare insieme alle fiere, alleandosi. Per quanto riguarda gli strumenti, ci sono le Ati, i consorzi, i contratti di rete. Questi ultimi godono anche di benefici fiscali. Le politiche pubbliche, a ogni livello, iniziano pure a premiare chi è in rete, ma pensare di stipulare un contratto di rete per ottenere denaro pubblico non ha senso. Ripeto: è questione di volontà, non di strumenti. Conosco imprenditori che hanno fatto alleanza con una semplice stretta di mano». Lei ha affermato che le imprese non vo-

gliono sussidi ma più libertà. In che senso? «A parte il fatto che le piccole imprese i sussidi non li hanno mai visti, tutte le indagini fatte in questi anni concordano: le aziende anelano a una maggiore libertà. Il primo problema dei nostri imprenditori è la burocrazia, che li distrae dal loro lavoro principale e cioè fare impresa. In un mercato sempre più turbolento, veloce e concorrenziale, i nostri imprenditori vogliono potersi concentrare sul mercato, non sulle scartoffie burocratiche che, oltre al tempo che sottraggono, costituiscono costi improduttivi a carico delle imprese e, quindi, minore produttività e minore competitività. Soprattutto in una fase di estrema difficoltà come quella attuale, gli imprenditori vogliono uno Stato che faccia il tifo, non che metta i bastoni tra le ruote. In attesa che scendano le tasse, lo Stato deve ridurre la burocrazia. In Italia costa alle imprese oltre un punto di Pil, 16 miliardi di euro. Ridurre la burocrazia, dare più libertà a chi rischia del proprio è il primo e più importante incentivo. Questo vale anche per le nuove imprese: quanti si arrendono prima di iniziare a causa della burocrazia italiana? Se Steve Jobs fosse nato in Italia, Apple non sarebbe mai stata fondata, perché da noi non è possibile aprire un'azienda nel garage. Senza libertà di fare impresa non c'è possibilità di crescita». Dopo l’approvazione dello statuto delle imprese, quali opportunità di sviluppo possono aprirsi per gli imprenditori? «La legge 180/2011 contiene numerosi principi e norme attuative che possono cambiare di molto la vita delle imprese e, in particolare, quella delle piccole: dalla semplificazione burocratica agli appalti, dai pagamenti alla riserva degli incentivi, dall’istituzione del Garante alla legge annuale per le piccole imprese. Un esempio di provvedimento, tra le decine contenute nello statuto, è la legittimazione per le associazioni di categoria, anche locali, di promuovere cause per i loro associati: oggi molti rinunciano per paura di ritorsioni. La cosa importante è che gli imprenditori conoscano il loro statuto, per potere utilizzare tutti gli strumenti che contiene. Possono trovare il testo e la spiegazione al sito www.statutodelleimprese.it».

In apertura, Raffaello Vignali, deputato del Popolo della Libertà

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IL FUTURO DELL’UNIONE

Un governo economico per l’Europa «Solo una forte azione coordinata delle banche centrali per acquistare titoli di Stato della Uem e immettere liquidità può riportare la fiducia sui mercati». Il professor Alberto Quadrio Curzio fa chiarezza sull’attuale scenario economico-finanziario internazionale Michela Evangelisti

a questa crisi nessun paese europeo esce da solo». Così il professor Alberto Quadrio Curzio commenta l’ultimo economic outlook semestrale pubblicato dall’Ocse, che rivede drasticamente al ribasso le previsioni per la nostra penisola e dipinge per il 2012 un’Italia in recessione. «L’euro ha unificato i destini dei paesi di Eurolandia, quindi o si rilanciano tutti o nessuno cresce quanto basta –

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Alberto Quadrio Curzio, economista e professore emerito di Economia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano

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precisa –. Anche la Germania, che si illude di poter crescere da sola, se non ci fosse la domanda degli altri paesi, dove andrebbe?». È vero in tutto questo che ogni paese deve riguadagnare efficienza e l’Italia più degli altri. Ma la Uem e la Ue, secondo il professore, devono saper combinare le regole di sana finanza pubblica con gli investimenti per la crescita. «Anni fa si parlava della regola aurea per cui le spese per investimenti avrebbero dovuto essere non computate sul lato delle spese del Patto di stabilità europeo – prosegue –. Adesso sembra che al pareggio di bilancio non si possa derogare neppure nei casi di gravi recessioni. L’Unione economica e monetaria avrebbe bisogno invece di un governo economico vero, con quelle discrezionalità che la politica economica richiede. In sua assenza, ci si affida a regole rigide che hanno anche aspetti di pericolosità». A proposito di Germania, lo spread tra Btp e Bund è il protagonista in questi giorni della nostra cronaca. Quali sono gli effetti più gravi di un suo mantenersi a livelli elevati? «A luglio lo spread si attestava intorno ai 200 punti base e nel giro di pochi mesi è cresciuto fino a superare quota 520 verso la metà di novembre. Adesso i livelli stanno scendendo, ma le conseguenze sono comunque di rilievo. Aumenta l’onere di interessi che lo Stato deve pagare sui titoli del debito pubblico associato alla caduta nei loro prezzi, con conseguenze sulla patrimonializzazione delle banche che quindi riducono il credito e praticano tassi più alti. Così cala la liquidità per le imprese. In questa situazione solo una forte azione coordinata delle banche centrali per acquistare titoli di Stato della Uem e immettere liquidità può riportare la fiducia sui mercati. La Bce ha degli impedimenti giuridici a essere ac-


quirente di ultima istanza, ma con operazioni triangolari o pentagonali con altre banche centrali può farlo. Bisognerà darle, oltre al compito della stabilità dei prezzi, anche quello della stabilità del sistema finanziario». Dalla Germania è arrivato un nuovo coro di no all’emissione a breve scadenza di Eurobond. Quali vantaggi potrebbero portare in una situazione come l’attuale? «Gli Eurobond, o meglio gli EuroUnionBond, secondo la più recente proposta fatta da me e da Romano Prodi, dovrebbero essere emessi da un Fondo finanziario europeo al quale dare un capitale reale costituito dalle riserve auree ufficiali dei paesi di Eurolandia e dalle azioni di società delle reti infrastrutturali. Questa garanzia reale dovrebbe tranquillizzare la Germania sul fatto che nessun paese europeo intende addossarle oneri impropri. Nell’ipotesi di un’emissione di EuroUnionBond pari a 3.000 miliardi di euro abbiamo calcolato che basterebbe un capitale di 1.000 miliardi con leva di 3. L’Italia dovrebbe conferire al Fondo circa 200 miliardi di capitale.

Entità abbordabile. Con 2.300 miliardi di obbligazioni collocate sui mercati mondiali il Ffe dovrebbe poi comperare titoli di Stato dei paesi Uem e con 700 miliardi fare investimenti infrastrutturali per la crescita. Siamo convinti che questa sarebbe una grande scelta politica, economica e finanziaria da parte della Uem. Ma la Germania non lo capisce, come non capisce che un crollo dell’euro sarebbe devastante anche per essa stessa visto che il suo commercio estero è orientato per quasi il 60% verso gli altri paesi di Eurolandia». Moody’s ha pubblicato una nota in cui sottolinea che la rapida escalation della crisi del debito dell’area euro e la crisi di liquidità delle banche mettono a rischio i rating di tutto il vecchio continente. Crede che sia davvero tangibile il pericolo di default multipli nell’Ue? In generale, come giudica il peso che oggi rivestono le agenzie di rating? «Le agenzie di rating sono state oggetto di molte critiche. Eppure continuano a emettere i loro verdetti e a condizionare i comportamenti sui

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IL FUTURO DELL’UNIONE

mercati. Le tre «sorelle» americane (Moody’s, Standard&Poor’s, Fitch) fanno tremare Stati, imprese e banche perchè controllano il 95% delle valutazioni mondiali. Si tratta di un quasimonopolio che non viene certo intaccato dall’agenzia di rating cinese, la “Dagong” (che sta aprendo una sede a Milano). Con riferimento alla crisi del debito, per rimettere un po’ di ordine bisognerebbe sottrarre alle agenzie di rating i giudizi sui titoli di Stato, che andrebbero valutati da agenzie pubbliche. Ma anche questo non ci lascia del tutto tranquilli perché l’Eba (European banking authority), che vigila sulle banche, ha inventato tempo fa una regola assurda: quella di obbligare le banche a valutare a prezzi di mercato i titoli di Stato di proprietà, anche quelli che deterranno fino alla scadenza, dando perciò per scontato che gli stessi possano subire delle perdite da default». Il presidente americano Obama ha suggerito un intervento della Banca centrale europea a offrire liquidità illimitata, per garantire le banche europee più fragili. Quale ruolo deve rivestire in questo momento la Bce? «Il rischio maggiore che oggi corre la Uem, malgrado i suoi buoni fondamentali, è quello di una sfiducia generalizzata che impedisca il rifinanziamento dei suoi titoli di Stato e delle sue banche e una pesante recessione con un avvitamento sulla disoccupazione. È perciò diffi-

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cile vedere altre soluzioni se non quella di una Banca centrale che svolga il ruolo di prestatore di ultima istanza. Tuttavia, questo la Bce a norma di statuto e di trattati non lo può fare. Ma potrebbero essere messe in pratica due soluzioni: quella di fare operazioni indirette tramite altre banche centrali o quella di finanziare il Fondo salva-Stati, al quale l’attribuzione della qualifica di banca consentirebbe di accedere al finanziamento della Bce. Questo fondo creato dalla Uem più di un anno fa ha fatto per ora poco o nulla e molti sospettano che anche qui ci sia quell’impronta tedesca dell’“ordine statico” a tutti i costi. Anche a quello di una recessione e di fallimenti che poi creerebbero altro disordine, compreso quello sociale». Quali insegnamenti possiamo trarre dagli americani per l’uscita dalla crisi? E come vede il futuro del rapporto euro-dollaro? «Gli Usa hanno una situazione di finanza pubblica e privata molto più pesante di quella della Uem. Ma hanno anche un pragmatismo formidabile e una moneta che tuttora rappresenta il fulcro del sistema monetario e finanziario mondiale. Tutto ciò ha consentito loro di affrontare la crisi, che essi stessi hanno generato, con una determinazione senza vincoli. Questo li sta aiutando tant’è che la crisi si è spostata in Europa. Ciò detto bisogna rilevare che la loro finanza “acrobatica” ha messo a rischio tutto il mondo e che prima o dopo la stessa andrà disciplinata. Quanto al rapporto euro-dollaro credo che sia soggetto a due forze contrastanti. In base ai fattori fondamentali l’euro non dovrebbe deprezzarsi; in base ai fattori politici dovrebbe invece deprezzarsi. Vedremo come andrà a finire».



IL FUTURO DELL’UNIONE

L’Europa e la sua moneta davanti a un bivio P Secondo Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, «occorre rivedere gli accordi di Maastricht, le strategie da adottare sui debiti sovrani e il ruolo della Banca centrale europea». «Sul piano internazionale – dice – la crisi può fornire l’opportunità di scrivere regole nuove» Michela Evangelisti

Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, professore di Scienza delle finanze e politica economica e vice rettore per l’internazionalizzazione dell’Università europea di Roma

uò l’Italia uscire dall’euro? Ha preso le mosse da questa domanda il convegno di recente organizzato dalla Fondazione Roma e dedicato al destino dell’Europa e della sua moneta. La crisi che ha investito le economie e i mercati di tutto il mondo, portando all’attuale situazione finanziaria, ha posto infatti sotto i riflettori il sistema dell’euro, sollevando molteplici interrogativi. «O si rivedono gli accordi che hanno sancito la nascita dell’euro o, nel caso in cui tale revisione non possa realizzarsi, si deve ipotizzare per l’Italia l’uscita dall’Eurozona – è il parere di Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione –. Sulla questione della moneta, come sostengo da sempre, sarebbe inoltre opportuno sentire il parere degli italiani attraverso una consultazione popolare, visto che nel nostro Paese l’entrata nell’euro è stata una decisione adottata dal governo». L’agenzia internazionale di rating Moody’s, in uno speciale report sull’Europa sconvolta dalla crisi del debito, ha dipinto un’Eurozona vicina a un bivio, che la porterà verso una più stretta integrazione o verso una maggiore frammentazione. Come si è arrivati a questo punto di svolta? «L’attuale crisi non ha fatto altro che mettere in evidenza quello che ho sempre sostenuto, os-


Emmanuele Francesco Maria Emanuele

sia che l’Europa unita è stata un’avventura tanto ambiziosa quanto male avviata, e che il nostro ingresso è stato negoziato solo sulla base del debito, senza considerare il grande patrimonio artistico, naturale e personale degli italiani. Come segnalavo già in un mio discorso a Firenze nel 1978, lo Sme si sarebbe dovuto basare su una politica comune nei confronti del dollaro e delle principali monete extra Cee, e si sarebbe dovuta imporre una convergenza, sul lungo periodo, delle varie politiche economiche e fiscali nazionali dei paesi aderenti. Il tempo ha palesato l’inesistenza, oltre che di un’unità politica, anche di una politica monetaria comunitaria, con il risultato di ridurre lo Sme a una semplice area di libero scambio. Si è partiti dalla moneta, convinti che l’unione politica sarebbe scaturita di conseguenza. Adesso si è capito che era necessaria un’unione prima politica e poi monetaria». Quali sono allora le prospettive future? Come occorrerebbe agire per rafforzare l’euro? «Occorre necessariamente rivedere gli accordi di Maastricht, le strategie da adottare sui debiti sovrani e il ruolo della Banca centrale europea, il cui abito è stato ritagliato secondo le esigenze di un unico cliente, la Germania. Un paese che ha di fatto commissariato l’intera Eurozona, imponendo un cieco rigorismo

agli altri membri, mentre le sue banche praticano una politica spregiudicata al di fuori dei confini nazionali, dagli Usa all’Irlanda, dalla Spagna alla Grecia e all’Islanda. Ma soprattutto bisogna partire dalla presa d’atto che l’Europa in effetti non esiste e che prima di rimodellare l’impianto della moneta è necessario intervenire sulla struttura giuridica dell’intera Unione. L’Europa dovrebbe costituirsi come una federazione di Stati-nazione, che lasci integre le diverse identità e parte della sovranità interna, e che riservi alle decisioni federali tutto il resto, realizzando così il progetto concepito dai padri fondatori». Ipotizzando che l’esecutivo guidato da Mario Monti governi fino alle politiche del 2013, quali sono i principali obiettivi che dovrebbe porsi? «A mio avviso la sua azione dovrebbe misurarsi su due piani: da una parte promuovere una riforma strutturale della costruzione europea, dall’altra porre in essere una concreta manovra di politica economica. Non mi riferisco a ciò che si dice da sempre, cioè a una politica fiscale basata su imposte sul patrimonio immobiliare o mobiliare. Prima di svuotare il lavandino bisogna chiudere il rubinetto. Occorre quindi operare un drastico taglio alla spesa pubblica improduttiva, a cominciare da quella della classe politica, mettere sul mercato i beni pubblici improduttivi e sostenere il sistema produttivo con la riduzione delle aliquote delle imposte, se- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 57


IL FUTURO DELL’UNIONE

condo la nota teoria di Laffer. Sono decenni che

facciamo manovre di risanamento e di adeguamento ai parametri europei basate su prelievi e fantasiose imposte, ma il debito non ha cessato di crescere. Sono dell’idea che sarebbe preferibile avere un debito pubblico fisiologicamente espanso, ma disporre di una dinamicità tale da accrescere la nostra competitività. Usare solo la leva fiscale significa farsi del male». Fino a qualche anno fa riteneva opportuno cercare di trasformare la crisi economico-finanziaria, nonché quella del welfare, in “un’opportunità per rigenerare il benessere delle comunità, per dare regole certe all’economia e alla globalizzazione”. Visti gli scenari attuali, sostiene ancora questa visione? Quali strade per la crescita sono percorribili? «Alla manovra appena illustrata bisogna accompagnare una radicale revisione del nostro sistema di welfare, secondo il modello del “terzo pilastro”, come io l’ho chiamato in un mio saggio uscito nel 2008, Il Terzo Pilastro. Il non profit motore del nuovo welfare. Si tratta di un modello non dissimile dal concetto di Big Society, il progetto che ha contribuito nel 2010 al successo elettorale del premier inglese David Cameron. Sul piano internazionale, la crisi economico-finanziaria può fornire l’opportunità di scrivere regole nuove, in modo da governare una globalizzazione che presenta profondi squilibri. In Italia occorre

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dare la possibilità alle libere forze della società civile di intervenire, per garantire in misura efficace una rete di protezione sociale che il perdurare delle difficoltà economiche ha reso ancora più necessaria. Nel rispetto del principio della sussidiarietà previsto dalla Costituzione, il terzo settore deve diventare il “terzo pilastro”, assieme allo Stato e al mercato, per costruire una welfare community meno dispendiosa e più efficiente». Ha affermato che la cultura può fare la differenza in Europa. Come le politiche culturali potrebbero contribuire a far uscire l’Italia dalla crisi? E, soprattutto, come andrebbero concepite? «L’arte e la cultura, come ha affermato Tolstoj, rappresentano gli strumenti principali per unire gli uomini, perché abbattono le differenze parlando un linguaggio universale. Al tempo stesso sono un formidabile strumento di crescita e di sviluppo. Sono, come io le definisco, l’“energia pulita” in grado di riavviare il motore arrugginito dell’Italia e farla uscire dalle secche della crisi. La cultura è il principale asset del nostro Paese, ma la classe politica non ne ha mai compreso l’importanza. Alla tutela e alla valorizzazione dei beni e delle attività culturali viene destinato solo lo 0,2% del Pil. Lo Stato dovrebbe non solo aumentare i propri investimenti in questo campo, piuttosto che in altri in cui riversa da tempo risorse ingenti senza risultati, ma creare anche le condizioni perché l’azione del privato sociale possa svolgersi senza troppi ostacoli, favorendo la migliore utilizzazione del nostro patrimonio, che è la vera ricchezza tangibile del Paese».





DISTRETTI INDUSTRIALI

Distretti tradizionali, addio Secondo Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia, «non è più sufficiente la vicinanza territoriale per essere competitivi nell’economia globale, ma sono fondamentali contenuti innovativi e una presenza attiva sul mercato internazionale» Riccardo Casini

ira il freno la produzione industriale regionale, almeno stando all’analisi congiunturale di Unioncamere Lombardia riferita al terzo trimestre del 2011. L’indagine registra infatti una variazione quasi nulla rispetto ai tre mesi precedenti (+0,1%) e un incremento del 2,8% su base annua, contro l’8,2% di inizio anno e il 4,9% del secondo trimestre. Dati che diventano ancor più pesanti se si guardano le sole aziende artigiane manifatturiere, dove sia il dato tendenziale che quello congiunturale sono negativi (-0,9%). Le tinte fosche caratterizzano poi anche l’orizzonte, con una previsione di calo per quanto riguarda gli ordinativi (-2,2% per quelli esteri e -4,8% per gli interni) e una contrazione delle aspettative degli imprenditori, negative in particolare per quanto riguarda domanda interna e occupazione. Secondo Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia, «il problema vero della crisi che stiamo vivendo in questi mesi è che ri-

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guarda sostanzialmente tutta l’economia, lombarda e non solo. Ed è una crisi in qualche modo “importata” dal mondo della speculazione finanziaria che ha potuto giocare sulla debolezza dei bilanci di alcuni Paesi europei, Italia compresa, mettendo in discussione l’intero sistema dell’euro». Ma vi sono alcuni settori che stanno rispondendo meglio in regione? Quali sono oggi le prospettive? «L’economia reale non si è ancora ripresa dalla brusca caduta del 2008-2009, ma molti indicatori produttivi e di export lasciavano intravvedere prospettive discrete, che si sono infrante quest’estate contro il muro dello squilibrio dei conti pubblici, della necessità di ridurre rapidamente il debito e di riconquistare fiducia nella solidità dell’Italia sui mercati internazionali. In questo quadro critico, la meccanica e la siderurgia hanno continuato comunque a registrare incrementi produttivi attorno al 5% su base annua. All’estremo opposto, tessile e abbigliamento, assieme ai minerali non metalliferi, confermano difficoltà crescenti anche per i prossimi mesi». Infatti, sempre secondo la vostra analisi congiunturale, proprio il settore tessile ha fatto registrare una lieve contrazione su base annua nella produzione industriale (-0,7%). Che momento stanno vivendo i vari distretti regionali in questo comparto? Quali sono le principali cause delle loro difficoltà? «Il tessile e l’abbigliamento hanno subito negli ultimi vent’anni un continuo processo di ridimensionamento produttivo e occupazionale, determinato da diversi e concomitanti fattori: la concorrenza dei Paesi emergenti per i prodotti di


Francesco Bettoni

Il tessile bresciano? Rischiamo di essere bravi a produrre, ma non sempre a guardare con attenzione al mercato mondiale e alle sue richieste

fascia meno elevata, ma anche lo sviluppo tecnologico, che soprattutto nel tessile ha modificato ulteriormente il rapporto “macchine-lavoratori”, e il modificarsi continuo della domanda mondiale, sia in quantità che in qualità. A noi, alle nostre imprese e ai nostri distretti resta spazio esclusivamente nelle produzioni di qualità: qualità del prodotto e, soprattutto nell’abbi- A sinistra, gliamento, capacità di incorporare nel prodotto Francesco Bettoni, quel “made in Italy” che è in continua evolu- presidente di Unioncamere zione e che richiede adattamenti costanti sui di- Lombardia versi mercati internazionali. Non basta più neppure produrre capi di buona qualità e a buon prezzo se non sono accompagnati da adeguate strategie di marketing e di presenza sui mercati più dinamici». Sette dei 16 distretti industriali presenti in regione sono specializzati in questo settore. La loro esistenza trova ancora una ragion d’essere in questa economia globale? «Se per distretto s’intende rigidamente un bacino caratterizzato dalla mera vicinanza territo-

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DISTRETTI INDUSTRIALI

Con gli strumenti di comunicazione oggi disponibili, l’aggregazione tra imprese avviene anche indipendentemente dalla vicinanza geografica

riale di un elevato numero di piccole imprese dello stesso settore o filiera, forse i distretti non esistono più. Ma se si allarga la definizione ai cosiddetti “metadistretti” o alle reti d’impresa, anche non necessariamente formalizzate, il discorso cambia. Non bastano più infatti, anche se possono essere d’aiuto, la vicinanza territoriale e i conseguenti effetti di “contaminazione” e imitazione per fare un distretto che sia oggi competitivo nell’economia globale». Quali sono allora gli ingredienti necessari? «A rendere competitivi oggi sono la qualità, il contenuto innovativo del prodotto e dei servizi connessi, la capacità di essere attivamente presenti sul mercato internazionale: tutti elementi che le micro e piccole imprese faticano ad acquisire se non si pongono in una logica di rete con altre imprese, facendo massa critica, mettendo in comune conoscenze e capacità. E con gli strumenti di comunicazione e relazione oggi disponibili, questo processo di aggregazione avviene anche indipendentemente dalla vicinanza geografica o meno». Nel Bresciano la contrazione della produzione su base annua nel comparto tessile ha toccato addirittura il 16%. Qual è la situazione del distretto della Bassa Bresciana? Quali direzioni deve imboccare per uscire dalla crisi? «Non esistono ovviamente ricette universali: ogni impresa deve fare i conti con le proprie caratteristiche e con i propri punti di forza in tema di competitività, ma anche con i punti di debolezza. Rischiamo, anche nei distretti bresciani, di essere bravi a produrre, a lavorare bene e tanto, ma non sempre a guardare con attenzione al mercato

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mondiale e alle sue richieste. Soprattutto, rischiamo di concentrarci su noi stessi, sulla nostra impresa, sull’illusione di poter da soli affrontare le complessità enormi dell’economia globale, senza renderci conto che servono risorse economiche, umane, culturali e tecnologiche che spesso vanno ben oltre le possibilità oggettive della singola impresa». Qual è la soluzione allora? «Noi usciremo dalla crisi solo se riusciremo a esportare una quota crescente delle nostre produzioni, che devono essere di qualità elevata, “uniche” sul mercato e caratterizzate da una forte immagine del “made in Italy”. Ma per fare tutto ciò dobbiamo metterci assieme, fare rete, valorizzare le migliori competenze di ognuno». Qual è oggi l’impegno delle Camere di Commercio lombarde in questa direzione? «Le Camere di Commercio confermano il loro essere vicine alle imprese, non solo per servizi anagrafici e certificativi, pur importanti per la trasparenza sul mercato, ma soprattutto nel supportarle, singolarmente e come sistema locale, nei processi di sviluppo competitivo: le Camere lombarde lo scorso anno hanno investito in iniziative promozionali per le imprese circa 110 milioni di euro, vale a dire il 55% di quanto incassato con il diritto annuo. E le iniziative promozionali, come bandi, progetti locali, assistenza diretta o servizi, sono volte proprio ai nodi della competitività, vale a dire innovazione, internazionalizzazione e capitale umano, con un’attenzione costante a favorire le imprese che affrontano questi temi aggregandosi fra loro: proprio in questo periodo, ad esempio, è aperto il bando “Ergon”, cofinanziato con Regione e Ministero dello Sviluppo economico, e dedicato proprio ai progetti di innovazione e internazionalizzazione sviluppati da almeno tre imprese in rete fra loro».



DISTRETTI INDUSTRIALI

Il miglior asset è la qualità La perdita di competitività non deriva dalla mancata modernizzazione delle imprese ma dai costi della manodopera e dell’energia, dalle normative per la tutela dell’ambiente: «Partiamo in svantaggio rispetto agli asiatici». Interviene Sergio Arcioni Elisa Fiocchi

risultati del distretto tessile lecchese mantengono nel complesso una presenza economica buona sui mercati soprattutto per quanto riguarda il tessile per l’arredamento, la specializzazione preponderante sul territorio che detiene una buona fetta del mercato di riferimento. Tuttavia, come sottolinea Sergio Arcioni, coordinatore del distretto e vicepresidente di Confindustria Lecco: «L’intero settore, anche a livello nazionale, è stato colpito dalla concorrenza asiatica di fronte a cui non abbiamo chance competitive nelle produzioni di grandi quantitativi a basso costo». Una condizione permanente anche se tutte le imprese nel Lecchese si sono già dotate di quelle risorse necessarie ad affrontare la crisi e delle strategie per dare maggiore spinta ai fattori trainanti come l’internazionalizzazione, la ricerca stilistica e quella per i nuovi prodotti. La svolta sul territorio lombardo sembra racchiusa nelle potenzialità dei distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza che, attraverso azioni concertate, potrebbero piazzarsi al primo posto su scala nazionale. Il comparto tessile lombardo rischia comunque di perdere 3.400 posti di lavoro se la situazione continuerà a peggiorare nei prossimi due anni. «La perdita di competitività e di posti di lavoro che abbiamo subito in questi ultimi anni non è certamente dovuta a una mancata modernizzazione delle imprese in termini di management, di macchinari o di processi produttivi, ma i costi della manodopera e dell’energia, le normative per la tutela dell’ambiente ci fanno

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partire in svantaggio rispetto ai competitor di provenienza asiatica. La nostra preoccupazione è quindi tanta perché, malgrado gli strumenti offerti anche da Confindustria Lecco in vari ambiti fra cui l’internazionalizzazione, siamo in difficoltà a causa dei prezzi, anche se i nostri competitor non eguagliano la nostra qualità e i nostri servizi. Non per questo smetteremo di credere nelle nostre imprese». Nel 2012 saranno stanziati quasi quattro milioni di euro dalla Camera di Commercio di Lecco: di quali investimenti necessita il

Sopra, Sergio Arcioni, coordinatore del distretto tessile lecchese e vicepresidente di Confindustria Lecco


Sergio Arcioni

600 mila FONDO

Il finanziamento destinato all’accesso al credito sul territorio

17 mila

settore tessile? «Abbiamo sostenuto due progetti importanti del distretto tessile: la riqualificazione delle risorse umane del settore tessile e il master di primo livello della scuola di design del Politecnico di Milano “New Tech-Style Design. I territori del tessile italiano”. Il primo nasce a seguito dell’indagine sui fabbisogni di figure professionali con una duplice finalità: supportare lo sviluppo delle imprese favorendo la formazione dei profili professionali non facilmente reperibili sul territorio e offrire ai

ADDETTI

Il totale dei dipendenti attivi dei distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza

I distretti di Lecco, Como, Monza e Brianza rappresentano 350 imprese, uniti sarebbero al primo posto in Italia

lavoratori in stato di crisi aziendale un percorso di crescita professionale che offre buone possibilità di sbocco e completamente gratuito. Il master vede invece l’adesione del distretto tessile lecchese, tramite il finanziamento di due borse di studio, a un’iniziativa che punta sul design applicato al settore come valore strategico e elemento di competitività per le imprese». I quasi 600mila euro destinati all’accesso al credito sul territorio, come potranno garantire maggiore sicurezza al tessuto imprenditoriale? «I fondi destinati all’accesso al credito, ai quali si unisce l’azione dei confidi che da sempre supporta le imprese saranno fondamentali nel prossimo periodo. Inoltre Confindustria Lecco, che associa un numero importante delle imprese tessili del territorio, già da tempo ha sviluppato servizi dedicati all’area della finanza d’impresa e oggi li sta ulteriormente implementando, anche con un nuovo progetto per il check-up finanziario che affianchi le imprese nei processi di ottenimento di credito. Viste le difficoltà delle imprese su questo fronte, il favorire un modo di porsi più moderno nei confronti di Istituti bancari sarebbe sicuramente importante per sostenere la loro crescita. Confido anche nello Statuto delle Imprese, che da attuazione concreta ai principi dello Small Business Act, come un elemento importante che favorirà l’avvio di nuove attività imprenditoriali, la crescita e lo sviluppo dell’economia tessile lecchese». Quali rapporti e future collaborazioni sono in cantiere con gli altri distretti tessili regionali nell’ottica di fare sistema? «Il gruppo tessile di Confindustria Lecco ha valutato, con i colleghi delle sedi territoriali di Confindustria di Como e Monza e Brianza, la possibilità di azioni concertate, pur tenendo contro delle differenze fra le nostre specializzazioni produttive. Vorremmo, infatti, giungere alla proposta di soluzioni trasversali a beneficio di tutto il settore. Nel complesso, i tre gruppi rappresentano oltre 350 imprese e circa 17mila addetti, un dato che porrebbe i tre distretti al primo posto in Italia». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 81


DISTRETTI INDUSTRIALI

L’export trascina l’economia Il punto di forza della realtà varesina sta nella «produzione diversificata», spiega Bruno Amoroso. Ma il tessile soffre e in tre anni ha perso quattromila posti di lavoro Elisa Fiocchi

ei momenti di sofferenza economica è la possibilità di dare la precedenza ad alcuni settori, tutelando quelli che invece faticano a sopportare la crisi, la vera carta vincente secondo il presidente della Camera di Commercio di Varese, Bruno Amoroso, che considera «anomala» la situazione sul suo territorio. «La nostra è una zona verde bellissima, con insediamenti produttivi che non deturpano l’ambiente, e possiamo contare su una diversificazione produttiva che le altre province lombarde non hanno, essendo loro particolarmente forti in alcuni settori specifici». Questa condizione ha permesso alle aziende varesine di resistere più che dignitosamente sul mercato, anche grazie a una serie di strumenti come i recenti 220mila euro stanziati nel bando “Credito agevolato”, messi a loro disposizione per consentire operazioni di finanziamento effettuate tramite organismi di garanzia fidi. Quali sono gli altri punti vitali dell’economia locale? «Anche le nostre aziende risentono della crisi, sarebbe una bugia affermare il contrario. Ma fortunatamente possiamo contare su produzione, tecnologia, ricerca e innovazione molto avanzate. Altro aspetto importante deriva dalla quota export che non è stata modificata, con una percentuale di esportazioni del 35%, superiore alla media lombarda e nazionale. È un dato davvero importante che non solo ci fa

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Sopra, Bruno Amoroso, presidente della Camera di Commercio di Varese

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stare tranquilli, ma dimostra la nostra competitività sul mercato globale, di cui possiamo sentire la concorrenza solo con prodotti di alta qualità». Per quali realtà produttive la resistenza sul mercato si fa più difficoltosa? «È il commercio a soffrire di più perchè legato al potere d’acquisto dei consumatori che è in calo. La ripresa, infatti, si può avere solo con un potere d’acquisto che consente la produzione e la messa in vendita di prodotti sul mercato. Fino a quando non ci sarà un ritorno della domanda, le imprese non potranno di conseguenza garantire alcuna offerta, ed è così che si rallenta la produzione. Il commercio soffre proprio perchè legato al confronto tra consumatori e produttori. E se questi ultimi possono indirizzarsi altrove, chi deve vendere i prodotti non ha grosse alternative». Il settore tessile lombardo potrebbe perdere altri 3.400 posti a rischio. Quali previsioni riguardano la provincia di Varese? «Dal 2007 a oggi abbiamo perso circa 4mila posti di lavoro, scendendo da 21mila lavoratori agli attuali 17mila. Le previsioni dicono che il peggio è ormai passato e ci attendiamo solamente un livellamento al basso ma non certo con la percentuale che è stata registrata negli anni passati. In questa direzione, anche i progetti regionali possono porre rimedio ad alcune criticità, generando un effetto positivo anche per tutte le altre province».



IL SETTORE TESSILE

Il distretto italiano della calza punta all’export La grande qualità e l’estrema finezza dei prodotti della calzetteria italiana piacciono ai mercati esteri. Ecco allora che le aziende del settore sfruttano le potenzialità del “made in Italy” per portare la moda nel mondo. La parola ad Arturo Tedoldi Emanuela Caruso

ra i tanti prodotti del settore moda che il mondo intero invidia all’Italia sia in termini di qualità che in termini di lavorazione ci sono quelli della calzetteria. Il più grande distretto della calza italiano è quello di Castel Goffredo, in provincia di Mantova, che con più di 300 imprese sviluppa l’80% dell’intera produzione italiana di calze da donna, il 70% della produzione europea e il 30% di quella mondiale. Questo inestimabile patrimonio imprenditoriale conta di piccole e medie aziende che producono private labels, piccole imprese a conduzione familiare che lavorano conto terzi, innumerevoli laboratori e tutte le più grandi società del settore, tra cui anche la CSP International Fashion Group. «A distinguerci da ogni altra realtà

T In apertura, Arturo Tedoldi della CSP International fashion Group Spa di Ceresara (MN). Nelle altre immagini, fasi del circuito produttivo www.cspinternational.it

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del comparto della calzetteria – commenta Arturo Tedoldi, CFO del gruppo e presidente delle filiali francesi – sono il nostro essere l’unica azienda italiana del settore quotata in borsa e l’internazionalizzazione che da sempre portiamo avanti. Ad oggi oltre il 50% del nostro fatturato è realizzato in Francia, con marchi Well e Le Bourget, il 32% deriva dal commercio in Italia, il 10% dall’export nell’Europa dell’Ovest, il 3% dalle vendite nell’Europa dell’Est e il 2% dai rapporti con il resto del mondo, in particolare gli Stati Uniti». La CSP International Fashion Group si occupa della produzione di ben sette diversi marchi. Oltre ai due marchi francesi, quali sono gli altri e a quali interlocutori sono rivolti? «Per il reparto corsetteria, produciamo gli articoli del marchio Lepel, che si rivolge al mercato di massa, e cioè alla grande distribuzione, nonostante possa vantare prodotti di qualità medioalta come quelli della linea Belseno; e del marchio Liberti, che essendo formato da lingerie e costumi da bagno di alta gamma, punta a interlocutori più scelti e specializzati. Anche per la calzetteria italiana realizziamo due marchi: Oroblù, che è posizionato al livello più alto del settore per qualità e immagine e che rifornisce boutique, specialisti e department store; e Sanpellegrino, il marchio votato all’innovazione che, grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo, è distribuito nella grande distribuzione e nel mercato all’ingrosso.


Da alcuni mesi CSP ha iniziato anche la produzione e distribuzione di intimo maschile a marchio Cagi» Da dove provengono le materie prime che utilizzate e come si sviluppa il ciclo produttivo dell’azienda? «Per la produzione di calzetteria gran parte delle materie prime che impieghiamo sono sintetiche, derivano da polimeri del petrolio opportunamente trattati e trasformati, e la maggior parte di esse è di provenienza italiana. Per quanto riguarda il ramo della corsetteria, i prodotti vengono disegnati, sviluppati e messi a punto in Italia, ma poi realizzati in altri paesi; per quel che concerne la calzetteria, invece, tutti gli articoli vengono fabbricati sul territorio nazionale. Il ciclo produttivo della nostra azienda parte dalla tessitura e l’assemblaggio dei tubolari. Seguono la stiratura, il fissaggio, la tintura e il confezionamento». Quali tratti peculiari caratterizzano le col-

lezioni della CSP International Fashion Group? «Da sempre la nostra azienda si distingue per la continua e forte ricerca di prodotto, improntata sia allo sviluppo di specifiche tecnicità che al rispetto della moda e delle tendenze del momento. La nostra produzione, quindi, prevede tanto collezioni formate da prodotti classici con particolari contenuti tecnici, come ad esempio i collant spancianti, quelli anticellulite e quelli alzaglutei, presentati al mercato nel 1996, quanto collezioni modali rinnovate stagione per stagione e in perfetta linea con le richieste del fashion trend». Quale modello può essere definito il fiore all’occhiello dell’attuale produzione della CSP International Fashion Group? «Sicuramente il modello Doppiofilo della Sanpellegrino, di cui a novembre è partita la campagna pubblicitaria televisiva. Si tratta di collant e gambaletti 22 denari che, grazie a un’innovativa tecnica di tessitura, per cui abbiamo depositato anche la domanda di brevetto, sono caratterizzati da una resistenza superiore alla media. La durata media di questo prodotto è, infatti, di oltre sedici giorni, contro una durata standard di altri prodotti e marchi di circa sette giorni. Per poter assicurare ai nostro clienti, ai consumatori finali e ai grossisti l’effettiva resistenza di questo tipo di calza, sono stati condotti test e verifiche da un ente specializzato indipendente». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 85


IL SETTORE TESSILE

Il tessile punta sulla diversificazione Abbracciare nuove linee di prodotto acquisendo marchi storici. Puntare sulle nicchie di mercato. Il processo di verticalizzazione portato avanti da Nemar e i retroscena degli ultimi anni del settore della calzetteria riportati da Andrea Eoli Valerio Germanico

on l’avvento della concorrenza orientale, le aziende di calzetteria italiane hanno subito un notevole contraccolpo. Quelle che hanno saputo reagire, comprese le imprese più tradizionali, hanno dovuto necessariamente riposizionarsi e cambiare strategie di produzione e vendita. Alcune, complice anche la crisi economica internazionale, hanno optato per la delocalizzazione all’estero di parte della produzione, al fine di fornire un prodotto con prezzi in grado di competere con il low cost e con le richieste di un mercato in difficoltà. D’altro canto, molte aziende hanno anche puntato sulla differenziazione e sulla qualità del prodotto, nonché sulla ricerca e lo sviluppo – arma sempre più importante per attirare l’attenzione, soprattutto del target giovane. È questo il tipo di percorso che ha seguito la Nemar, azienda nata

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Andrea Eoli, titolare di Nemar Spa, Ponte San Marco (BS) con la sorella Monica. Nell’altra immagine, il fratello Luca Eoli www.nemar.com

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come produttrice di calze, che oggi, attraverso un processo di verticalizzazione, ha allargato la propria proposta. «È stato indispensabile diversificare - spiega il titolare, Andrea Eoli -, perché oggi i mercati di volume non esistono più e bisogna puntare su un’offerta variegata, pur senza snaturare il core business dell’azienda». Un tempo Nemar producevate esclusivamente calze. Oggi cosa offre nello specifico? «Per quanto riguarda la calzetteria, abbiamo abbracciato l’intero settore: dalle calze per neonato ai collant, passando per le calze sportive, quelle tecniche, con performance legate a tutti gli sport, quelle classiche da uomo e fashion per la donna. La nostra produzione negli anni si è allargata anche tramite l’acquisizione di marchi come Master, che realizza intimo e beach wear da uomo, articoli moda “fuori mare”, come t-shirt, polo e bermuda; Fichissima, linea di abbigliamento intimo e costumi da bagno destinata alle giovani donne che desiderano indossare un prodotto fashion e ricercato; Lial, marchio dedicato al beach wear, con caratteristiche di innovazione e moda, che soddisfa le donne moderne; Aikon, che realizza costumi e accessori di qualità specifici per la piscina. Diversificando così l’offerta, siamo riusciti a entrare anche in altre nicchie di mercato». Come è organizzata la produzione? «Tutto il ciclo produttivo che si occupa della tessitura è localizzato in Italia, mentre abbiamo spostato in Serbia una parte del processo di finitura. In questo modo, contenendo i costi di manodo-


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Stiamo portando avanti una campagna marketing che ha avuto come prima mossa l’acquisizione di nuovi marchi da posizionare sul mercato

pera, possiamo immettere sul mercato prodotti di alta qualità ma con prezzi competitivi e, nello stesso tempo, riusciamo a impegnare energie e risorse tecnologiche per migliorare i nostri brand. In questi ultimi anni abbiamo dato maggiore risalto alla presentazione dei nostri prodotti, curando la comunicazione e il visual merchandising. Una ricerca costante, unita alla cura dei dettagli, risulta essere oggi una strategia vincente, che ci sta dando ottimi riscontri in termini di vendita». Quali sono oggi i vostri principali mercati di riferimento? «Siamo presenti su tutti i mercati europei, anche se quello principale è la Francia, seguito da Germania, Svezia e Norvegia. Abbiamo penetrato anche il mercato americano e ci stiamo avvicinando anche alla Russia. In Italia, abbiamo acquisito marchi storici della calzetteria, come Carabelli, di cui stiamo rilanciando le vendite al dettaglio e Carsol, noto marchio della Gdo. Questa scelta si inserisce in una strategia complessiva di sviluppo del mercato interno, che stiamo por-

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tando avanti con una campagna marketing che ha avuto, come prima mossa, proprio l’acquisizione di marchi da posizionare sul mercato e, a maggior ragione, il potenziamento della rete vendita». Quale bilancio è possibile tracciare dell’ultimo biennio di attività? «Il 2009 è stato un anno di ripresa rispetto al biennio 20072008, che per noi è stato estremamente difficile a causa dell’ingresso dei prodotti cinesi nel mercato europeo. Grazie alla diversificazione dell’offerta , il 2009 e il 2010 sono stati due anni di effettivo recupero del mercato. Il 2011, invece, che era cominciato molto bene, purtroppo si sta chiudendo al di sotto delle nostre stime. Abbiamo risentito non tanto della crisi economica, quanto di fattori imprevedibili, come la mitezza climatica che, naturalmente, ha penalizzato settori come quello della calzetteria, tipicamente invernali». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 87


IL SETTORE TESSILE

Le garanzie offerte dal made in Italy I fratelli Paterini spiegano perché la moda made in Italy è ancora vincente, nonostante le ridotte possibilità di acquisto. Lo stile del Belpaese è vissuto e indossato come un valore aggiunto ed è sicuramente un’attrattiva. Anche all’estero Manlio Teodoro

attenzione per la tracciabilità del prodotto non è limitata ai generi alimentari, riguarda anche ciò che indossiamo. Anche in tempi di grossa crisi economica – e forse proprio per questo – la scelta di un abito prodotto in Italia piuttosto che all’estero è un gesto che va oltre le garanzie sulla qualità dei materiali e della fattura. Rappresenta anche la comprensione da parte del mercato della necessità di dare un sostegno a un sistema economico – quello Occidentale – che sul piano dei prezzi è certamente perdente rispetto ai prodotti low cost provenienti dall’Est vicino e lontano, che però è ancora vincente sotto il profilo della qualità. «Il made in Italy rappresenta ancora oggi, nonostante le ridotte possibilità di acquisto, un valore aggiunto ed è sicuramente

L’

Euro Moda 1 Srl, ha sede a Cologne (BS) www.euromoda1.com

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un’attrattiva per l’acquirente, che è diventato sempre più attento alla provenienza dei prodotti che acquista. Anche per questo, le aziende come la nostra hanno come obiettivo quello di mantenere le caratteristiche che hanno reso famosa la moda italiana nel mondo: la cura stilistica e la qualità dei tessuti. Lavoriamo affinché il made in Italy non sia un mero marchio commerciale, bensì una garanzia per il consumatore, per questo stilistica, modellatura, taglio, confezione e stiratura dei nostri capi sono realizzate interamente in Italia». A parlare sono i fratelli Paterini, titolari di Euro Moda 1, impresa specializzata nell’abbigliamento femminile in pronto moda per tutte le taglie e che firma inoltre i propri abiti con il brand Deadiva. «I nostri modelli, che disegniamo puntando alla vestibilità, anche per le taglie morbide, sono distribuiti in tutte le regioni italiane attraverso i più grandi distributori. Tuttavia non abbiamo come target esclusivo la donna italiana, abbiamo infatti già distribuito i nostri prodotti nel mercato tedesco e più recentemente abbiamo avviato la penetrazione in quello francese. Per questo cerchiamo di anticipare le tendenze non solo del nostro Paese, ma anche quelle internazionali, che per il prossimo anno, per la moda femminile, si orienteranno verso disegni sobri, in cui le soluzioni stilistiche si sposino con la como-


F.lli Paterini

dità. Ci aspettiamo anche un ritorno alle fibre naturali: lana d’inverno e cotone, lino e seta d’estate». Tuttavia, anche la moda ha risentito della crisi, causando una disaffezione all’acquisto. «Abbiamo registrato una flessione nella domanda, sebbene contenuta rispetto ad altre realtà. Crediamo che i nostri partner abbiano penalizzato maggiormente i cosiddetti “ordini su campionario”, che necessitano di alte tempistiche di consegna. La nostra strategia aziendale, operando nel settore del pronto moda, è stata quella di incrementare flessibilità e velocità di lavorazione e consegna. Soprattutto la velocità di produzione ed evasione degli ordini ha garantito alla nostra clientela, in un periodo di forte incertezza, di approvvigionarsi solo della merce necessaria, evitando così inutili spese e, in particolare nel settore della moda – di per sé volubile, gravose giacenze di magazzino. Crediamo anche che la congiuntura economica non debba essere subita, al contrario possa fungere da spinta per un miglioramento delle performance e dell’offerta. Per questo abbiamo ampliato le nostre collezioni, introducendo al contempo una maggiore varietà di tessuti. Noi puntiamo principalmente sulla vestibilità che deve essere garantita dalla taglia 42 alle taglie forti». Euro Moda 1, come molte piccole e medie

imprese italiane, conserva ancora oggi la propria impronta di azienda a conduzione familiare. «Oggi la società, che è stata fondata da nostro padre, è gestita da noi cinque fratelli. Ognuno di noi si occupa di un preciso aspetto dell’amministrazione aziendale, questo ci permette di contenere i costi, massimizzando produzione e qualità. La nostra forza sta nel mantenere l’efficienza, la flessibilità e un costante controllo della produzione – che poi sono gli elementi di valore aggiunto delle piccole realtà familiari, sebbene oggi l’azienda sia cresciuta in termini di fatturato e occupazione». Il fatturato infatti, negli ultimi anni è sempre cresciuto, arrivando a superare nell’ultimo biennio gli 8 milioni di euro. «La chiusura del bilancio 2011 tuttavia prevediamo registrerà un calo del 4%, dovuto alla congiuntura economica. Per il 2012 prevediamo di recuperare questa lieve perdita, soprattutto grazie all’espansione sui mercati europei».

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mln EURO Fatturato medio registrato da Euro Moda 1 nell’ultimo biennio

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IL SETTORE MODA

Dettagli che compongono lo stile Linee pulite e forme basiche, arricchite però da finiture superficiali ricche, preziose e di alta precisione. Bruno Viola fa il punto sulle tendenze degli accessori moda in metallo come bottoni, fibbie, spille e borchie Emanuela Caruso

l Sistema Moda Italia e l’Università Carlo Cattaneo – Liuc di Castellanza hanno presentato in questi giorni i risultati previsionali del settore tessile e del settore moda per il 2011 e per il primo semestre 2012. Dai dati è emerso che quest’anno il giro d’affari dei due settori ha vissuto un periodo positivo, registrando una crescita complessiva del 4,8%. Ancora una volta, a fornire la giusta spinta propulsiva al miglioramento del comparto tessile-moda italiano è stato l’export, stimato intorno al +6,2%. Rincuoranti sono anche le previsioni per i primi sei mesi del 2012, periodo in cui si vedranno aumentare il fatturato totale del 5,9%, l’attività produttiva del 6,1% e l’export del 7,1%. Pronta a posizionarsi in un mercato che sta

I Vamp Viola ha la sede a Palazzolo sull’Oglio (BS) www.vampviola.com

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tornando a concedere margini di avanzamento e ripresa troviamo la società Vamp Viola, sita a Palazzolo sull’Oglio e specializzata nella produzione di accessori moda in metallo. «L’azienda – commenta Bruno Viola, titolare dell’attività – è da sempre fortemente orientata all’export e infatti ad oggi distribuiamo all’estero il 60% della produzione totale. Molto interessanti sono in particolare i mercati in via di sviluppo come quelli di Russia e Sud America, alla continua ricerca di nuove idee per stare al passo con le tendenze e la moda occidentali». Borchie, bottoni, ganci, ciondoli e minuterie metalliche destinati alle collezioni uomo/donna/bambino e alla pelletteria diventano sinonimo di alta moda solo se progettati e prodotti secondo specifiche fasi realizzative. «Innanzitutto, è bene dire che ci occupiamo sia di articoli progettati da stilisti o confezionisti che di accessori creati su diretta idea della nostra azienda, e in entrambi i casi, la fase di progettazione nasce con la ricerca e l’analisi delle tendenze del momento. Una volta ipotizzato il progetto e quindi i vari prodotti di una linea, si verificano la funzionalità dell’articolo a livello di mercato, ovvero il suo essere adatto ai vari settori moda quali abbigliamento, pelletteria e calzaturiero; l’idoneità al tipo di materiale a cui l’accessorio sarà as-


Bruno Viola

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Oggi, la moda predilige accessori in metallo dalle linee semplici e basiche, caratterizzate però da finiture d’alta precisione

sociato; e la funzionalità rispetto alle tecnologie interne dell’impresa, così da essere effettivamente realizzabile con qualità e tempi brevi». La sfida che la Vamp Viola, così come le altre società del settore, si trova a dover superare in modo costante è quello di riuscire a rispondere alle esigenze del mercato con articoli accattivanti e interessanti pur rispettando tempi di consegna e costi in linea con l’andamento generale del settore. «Riusciamo a controllare le varie dinamiche imposte da un mercato frizzante e sempre nuovo come quello della moda attraverso la collaborazione e il dialogo tra i diversi reparti interni all’azienda. Grazie a questa strategia vantiamo un ciclo produttivo integrato, in grado di studiare le richieste del mercato, combinare materiali e trattamenti e produrre e consegnare con grande velocità. In questo siamo aiutati dalle nostre tecnologie, disponiamo infatti di 13 macchine di pressofusione della zama e di attrezzature per la burattatura, la galvanica e la manutenzione di stampi, e dal magazzino automatico, che gestendo più di 10mila articoli diversi, dalle materie prime ai semi-lavorati agli articoli grezzi, fino ad arrivare al prodotto finito, ci consente di rispondere con rapidità al “time to market” in caso di richieste urgenti e integrazioni impreviste». Ma oggi, il mercato e le case di moda quale

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estetica desiderano e richiedono per gli accessori in metallo? «La tendenza attuale – continua Bruno Viola – è quella di prediligere linee pulite e forme basiche, arricchite però da finiture superficiali ricche, preziose e di alta precisione. Sempre più richiesto è anche l’inserimento del proprio marchio aziendale all’interno del design dell’accessorio». Nonostante il periodo di crisi che ha colpito e continua a influire sul settore tessile e il settore moda, il mercato è rimasto molto competitivo e per riuscire a sopravvivere è stato necessario addizionare valore aggiunto alla propria attività. «L’elemento che ci ha permesso di distinguerci e di continuare a lavorare con buoni ritmi è il servizio che offriamo ai clienti. All’utenza, infatti, assicuriamo una completa collaborazione durante la fase di progettazione di un articolo personalizzato, una consegna veloce e puntuale, e una vastissima gamma di possibili finiture e tecniche realizzative. Riveste inoltre un ruolo importante anche la grande quantità di nuovissimi prodotti presentati ogni stagione, strategia che ci dà l’opportunità di mostrarci alla clientela sempre al passo con i tempi».

60% EXPORT Ogni anno l’azienda distribuisce il 60% della propria produzione all’estero

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IL MERCATO DELL’ABBIGLIAMENTO

Nuove prospettive per il fashion re-marketing Sono veri e propri ambasciatori del made in Italy nel mondo e, nonostante la crisi economica, hanno saputo cogliere le opportunità di business gettando le basi di un nuovo modello di riferimento per il fashion re-marketing. Giuseppe Caviglia presenta il Gruppo Lilla Erika Facciolla

n tempo li chiamavano ‘battitori’, un termine pittoresco che identificava i commercianti che partecipavano alle vendite nei mercati rionali nelle piazze del centro-nord d’Italia. Il battitore saliva con tutta la sua merce sopra al banco e, a mo’ di asta, offriva il prodotto al migliore offerente. A partire dagli anni Settanta Ottanta, quello che inizialmente poteva sembrare un modo bizzarro di condurre la vendita, si trasformò nel volano di una grande innovazione: quella dei moderni ‘outlet’, ovvero i discount multi-brand specializzati nella vendita di capi d’alta moda a prezzi scontati. Ed è proprio nel solco tracciato da questa evoluzione che i fratelli Caviglia hanno fondato nel 1975 il Gruppo Lilla, oggi leader nel fashion re-marketing e in tutte le attività relative al riposizionamento del prodotto in eccedenza. Lilla ha rapidamente stabilito solidi rapporti con i principali Gruppi del made in Italy, ottenendo contratti di esclusiva e sviluppando un servizio unico di destoccaggio. Presente in tutto il mondo, il gruppo gestisce oltre tre milioni di capi all’anno operando con le maggiori aziende italiane e internazionali del settore della moda. «L’esperienza più significativa che ha posto le basi per le nostre operatività – spiega l’amministratore e fondatore, Giuseppe Caviglia - è stata senza dubbio la collaborazione con il Gruppo Max Mara che ancora oggi è attiva e sviluppata sul mercato polacco, dove, ac-

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canto alla distribuzione multimarca, sono stati realizzati negozi monomarca in franchising e corner». In quest’ottica di sviluppo, Lilla ha consolidato rapporti commerciali con prestigiosi gruppi di produzione della moda. «Una delle peculiarità del gruppo – sottolinea Caviglia - è senza dubbio la sua dinamicità e la capacità di cogliere l’attimo e buttarsi sul business del momento». Quello in cui opera il gruppo Lilla è forse uno dei pochi settori in cui le aziende più avvedute hanno saputo trasformare la crisi economica in un’opportunità di crescita. Ce lo conferma lo stesso Caviglia, spiegando che negli ultimi anni la sua azienda «ha potuto cogliere una maggiore offerta di prodotto rimasto in giacenza, acquistabile con delle scon-

Momenti di lavoro all’interno di Kilo Fascion in Corso Vittorio Emanuele a Milano www.lillainternationalgroup.it


Giuseppe Caviglia

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Una delle esperienze più positive del gruppo Lilla è quella del temporary shop, il negozio “temporaneo” che apre e chiude una volta esaurita la merce

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tistiche maggiori». Una chance che non sarebbe stato possibile cogliere senza una rete distributiva capillare e consolidata, sia in Italia che all’estero. In tal senso, una delle esperienze più positive sperimentate dal gruppo Lilla è quella del temporary shop, ovvero il negozio “temporaneo” che apre e chiude una volta esaurita la merce. «I nostri visitatori – spiega Giuseppe Caviglia - sanno che il modo migliore per fruire dei Temporary touch&go è cogliere l’attimo. La temporaneità del punto vendita e i prezzi contenuti ed accessibili creano nel cliente l’impulso all’acquisto». Un’altra risorsa importante che ha condotto l’azienda ai vertici del mercato è rappresentata dal ‘Gruppo Magazzini F’, nati alla fine degli anni Novanta e divenuti in poco tempo il punto di riferimento della moda bresciana. Nati inizialmente come degli stock house, nel corso degli anni si sono orientati verso il prodotto di stagione acquistato da campionario. «Dopo un’accurata ed elegante ristrutturazione, questi magazzini sono diventati il più innovativo modello di department store – sottolinea con soddisfazione Caviglia - non solo nella provincia, ma a livello nazionale». Il Gruppo Magazzini F ha aperto inoltre una boutique, nella prestigiosa località di Madonna di Campiglio. Il nuovo punto vendita, sempre improntato sul concetto di department/concept store, ha ottenuto un incredibile successo, rappresentando a tutti gli effetti una no-

vità a livello locale e non solo. A partire dal 2009, inoltre, il Gruppo Lilla ha investito molte risorse nell’innovativo progetto Lillaonline, che punta a divenire un nuovo modello di riferimento per lo shopping on line attraverso l’organizzazione di vere e proprie ‘vendite-evento’ sulla web. «La particolarità delle vendite - chiarisce Caviglia - è dovuta al tempo limitato in cui gli articoli sono a disposizione degli iscritti al sito, al prezzo fortemente scontato (sino 80%), all'unicità dell'evento, alla qualità del prodotto proposto, all'esclusività dell’acquisto. Tutto questo, fa delle vendite-evento il volano per la promozione di un nuovo stile di consumo». L’ultima novità, in ordine di tempo, è il Kilo Fascion, il primo progetto al mondo di vendita di capi di abbigliamento nuovi a peso. Ma di cosa si tratta esattamente? «Il sistema si basa sulla suddivisione dei prodotti in tre categorie di valore: Good – Better – Best. Queste tre voci suddividono i prodotti in base alla qualità e corrispondono ad altrettanti livelli di diverso valore economico. Si tratta di un sistema di riferimento assolutamente inedito – conclude Giuseppe Caviglia - in cui i vestiti assumono una diversa connotazione valoriale: il prezzo finale si scopre solo quando il capo poggia sulla bilancia». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 93


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MERCATO DEL LUSSO

Il mercato del lusso non conosce crisi Un mercato che registra sempre il segno positivo alla voce entrate è sicuramente quello legato al lusso e agli oggetti di classe. Ne dà conferma Rita Stevani Volta, proprietaria della storica orologeria lombarda Antonella Chirico

n oggetto di lusso è intrinsecamente prezioso. Il suo valore è da rintracciare fra le leghe che lo compongono e che non temono lo scorrere del tempo. La qualità e la raffinatezza della fattura si può tramandare di generazione in generazione senza intaccarne la classe. Prodotti del genere difficilmente risentiranno della crisi, non solo perché si propongono ad una fascia alta di mercato, ma perché acquistare gioielli oppure orologi realizzati da grandi marchi, vuol dire fare un particolare investimento. Rita Stevani Volta, proprietaria dell’omonima orologeria di Voghera, racconta la sua esperienza imprenditoriale che conferma questa tendenza. Il mercato di lusso, sembra non aver risen-

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Rita Stevani Volta della gioielleria Volta di Voghera (PV)

© Photo www.viaviscontina.com

www.voltaspa.it

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tito della recessione internazionale degli ultimi anni. «Questa porzione di mercato, non ha risentito affatto del momento negativo generale. Il mercato di lusso resiste e, a mio parere, continuerà a resistere perché l’alta orologeria come la gioielleria di qualità non hanno inflazionato il mercato con una quantità tale di prodotto da saturarlo. Richiesta e domanda, quindi, rimangano sempre vivaci». Investire per un prodotto di questo tipo ha sempre la stessa valenza? «Acquistare un prezioso non è mai una spesa vana, poiché il suo valore economico è innegabile e rimane negli anni a seguire, a differenza invece di un capo griffato che il tempo può sgualcire. Per esempio, comprare un orologio di qualità per appagare un piccolo desiderio momentaneo donerà all’acquirente una garanzia concreta che potrà tramandare. Se poi prendiamo in considerazione pietre preziose, oggetti rari e alta orologeria tradizionale, questi diventano veri e propri investimenti». Nel ventaglio delle vostre offerte, quali sono i prodotti che coprono la percentuale più alta di vendita? «Il nostro core business è l’orologeria. Noi nasciamo nel 1978 come orologeria di classe, poi col tempo abbiamo ampliano il nostro catalogo con preziosi molto pregiati. L’80% delle nostre vendite è rappresentato dagli orologi,


Rita Stevani Volta

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Sia in gioielleria che in orologeria, il prodotto classico presenta parametri ineguagliabili e garantisce un target di vendita costante, che non conosce crisi

proponiamo marchi importanti come Rolex, Vacheron Constantin, Audemars Piguet e Breguet. Il restante 20% è appannaggio dei gioielli, anche per questo settore offriamo firme importanti: Bulgari e Pomellato, tanto per citarne alcune». Può delinearci le ultime tendenze in fatto di oggetti di lusso? «Noi vendiamo un prodotto svizzero che non si preoccupa della moda. Per questo motivo, l’azienda punta, su qualità, tradizione e tecnologia che a nostro parere, rimarranno, nei secoli, capi saldi dei prodotti di classe. In ogni orologio vi è all’interno un mondo fantastico, migliaia di pezzi assemblati artigianalmente che riescono a creare qualcosa di altamente innovativo. Se si parla di orologi preziosi, l’intervento dell’uomo è essenziale poiché il risultato è una vera e propria opera d’arte». Qual è invece il pezzo più ricercato? «Sicuramente il classico. Sia in gioielleria che in orologeria, il prodotto classico presenta parametri ineguagliabili e garantisce un target di vendita costante, che non conosce crisi. Un pezzo classico, come un diamante, rimane in famiglia e funge da diario storico tangibile per chi subentrerà». Il vostro pubblico quindi è essenzialmente la fascia alta e matura del mercato? «Sicuramente offriamo maggiormente oggetti di grande pregio che presentano dei costi ragguardevoli, ma nelle nostre vetrine c’è spazio anche per gioielli più economici che presentano comunque classe e qualità, ovvero caratteristiche per noi imprescindibili. Questi prodotti puntano meno al lusso e più alla personalizzazione, molto apprezzata dai giovani». Può farci un bilancio dell’azienda degli ultimi anni?

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«In termini di fatturato, abbiamo riscontrato una crescita di circa il 10% sia nel 2009 che nel 2010. L’anno che si sta per concludere non ha registrato dei grossi cali, quindi penso che andremo a chiudere anche il 2011 con queste cifre. Per il futuro c’è troppa incertezza, e gli avvenimenti europei non lasciano certo ben sperare, noi ci auguriamo di mantenere le performance aziendali». Per concludere, crede che la produzione di massa si allargherà a tal punto da inghiottire quella specializzata e di lusso? «Per rispondere a questa domanda si deve

fare una distinzione sulle varie tipologie di acquirenti. Gli italiani, in generale, oggi, non sono nelle condizioni di ostentare e di investire su prodotti di lusso, ma è in costante aumento l’utenza orientale. Quest’ultima possiede un ingente capitale da spendere, e per noi rappresenta e rappresenterà in futuro una fonte inesauribile di vendita. Quindi se perderemo clientela nostrana, che per diverse ragioni si sposterà nel mercato di massa, siamo certi che acquisteremo consumatori stranieri». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 95


FOCUS CREMONA XXXXXXXXXXX

Il 2013 sarà l’anno di Cremona Il sindaco di Cremona stila un bilancio del 2011, tra ciò che è stato fatto e obiettivi ancora da centrare. Come l'appuntamento con il 2013, anno in cui la città dovrà dimostrare di essersi meritata la medaglia di “città europea dello sport”. E sul richiamo delle associazioni di categoria Perri dice: «La politica c'è, adesso ognuno faccia la sua parte» Concetta S. Gaggiano

i fronte al monito lanciato dal mondo delle imprese e alla necessità di tagliare i costi inutili della politica, Oreste Perri mette subito in chiaro una cosa: «Da quando mi sono insediato ho iniziato un importante lavoro per ridurre il numero delle società partecipate e per ottimizzare le altre. Ed è la prima volta che questo avviene dopo molti anni». Ma è evidente che il tema del ruolo che la politica deve avere in un momento storico come questo interessa al sindaco di Cremona, che rivendica le scelte fatte dalla sua giunta nella direzione di un minore peso burocratico sulle spalle di aziende e cittadini («è realtà la completa informatizzazione della Denuncia di inizio attività e della Segnalazione certificata di inizio attività»), nell’incentivazione di buone pratiche per migliorare la qualità dell’aria («a Cremona abbiamo puntato sul bike sharing, che sta dando risultati incoraggianti»). E rilancia, richiamando ognuno a fare la propria parte, perché «il poco che ognuno riesce a dare può portare a un grande risultato». E su questo aspetto un banco di prova interessante arriva dalla recente designazione di Cremona a “Città europea dello sport 2013”. Un’occasione per far conoscere la città a livello internazionale e aumentare i flussi turistici, aspetti che secondo Perri «andranno a incidere positivamente sullo sviluppo economico». Nei giorni scorsi le associazioni di categoria hanno inviato una lettera ai sindaci del territorio e all’amministrazione provinciale per chiedere alla

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Oreste Perri, sindaco di Cremona

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classe politica locale un’assunzione di responsabilità nei confronti delle imprese, mettendole al centro dell’attività politica. In particolare si chiedeva di agevolare la creazione di nuove realtà imprenditoriali sul territorio. Quali sono state le politiche economiche della sua giunta?


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«Sicuramente con questa lettera le associazioni di categoria hanno lanciato alla politica un grido di dolore, ma allo stesso tempo hanno evidenziato una forte volontà per cercare di fare sistema e uscire da una crisi che sta strangolando anche la nostra zona. Un singolo Comune può fare poco, ma è importante che ognuno faccia la propria parte, e il poco che ognuno riesce a dare può portare a un grande risultato. La nostra amministrazione è da sempre vicina all’imprenditoria e si è adoperata a cercare soluzioni anche innovative per ridurre tempi e costi. Penso alla completa informatizzazione delle procedure della Dia e della Scia. Nei primi mesi del 2012 toccherà al procedimento per il rilascio del permesso di costruire, che consentirà l’acquisizione e lo scambio per via telematica di pareri e atti d’assenso sul procedimento edilizio anche provenienti da enti esterni, la produzione di documenti informatici con pieno valore giuridico. La svolta compiuta interesserà nel 2012 tutti i procedimenti dello

Sportello unico delle imprese e dell’edilizia, con informatizzazione di tutti i processi documentali». La lettera sottolineava anche la necessità di tagli a sprechi considerati inutili, con un esplicito riferimento alle società partecipate. In che modo il Comune intende rispondere? «Da quando mi sono insediato ho iniziato un importante lavoro, innanzitutto per ridurre il numero delle società partecipate, e poi per cercare di ottimizzare le altre attraverso una ricognizione molto accurata. È stato un lavoro complesso in quanto ha riguardato le 30 società del gruppo Lgh e tutti gli amministratori delle stesse. Uguale lavoro è stato svolto per le società partecipate dal Comune. Ed è la prima volta che questo avviene dopo molti anni. Mi sembra che questo sia un segnale tangibile di quanto il Comune di Cremona sia fortemente impegnato per migliorare l’efficienza delle proprie partecipate e per ridurre gli sprechi». Il conferimento del titolo di “Città europea dello Sport 2013” alla città di Cremona è LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 97


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anche un’occasione di rilancio e sviluppo del sportivo locale, attraverso le attività sportive capoluogo dal punto di vista sociale, economico e turistico. In che modo l’amministrazione comunale intende “capitalizzare” questa opportunità? «Il prestigioso riconoscimento è il risultato della combinazione delle peculiarità della città di Cremona, dotata di numerosi impianti sportivi, pubblici e privati, a disposizione dei cittadini, della sua capacità di organizzare con efficienza manifestazioni di varie discipline sportive, oltre che della sua capacità di coniugare sport e solidarietà. L’investitura ufficiale di Cremona a città europea dello sport per il 2013 rappresenta un’opportunità per valorizzare la qualità del nostro impegno in ambito sportivo e sociale. Per tutto il 2013 Cremona sarà in stretto contatto con le altre città europee e ogni iniziativa in ambito sportivo organizzata sul nostro territorio avrà una grande risonanza, ponendo la nostra città all’attenzione degli organi di informazione sia nazionali che internazionali. Gli effetti positivi su Cremona, ne sono certo, saranno molteplici e tali da generare un significativo ritorno di immagine: questo permetterà di incrementare gli afflussi turistici e andrà a incidere positivamente sullo sviluppo economico, favorirà la crescita e l’ulteriore qualificazione del sistema

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promosse e incentivate, attirerà l’attenzione sul nostro territorio». In città ci sono stati continui sforamenti del Pm10, questo l’ha portata a scrivere al presidente della Regione per chiedere un’azione integrata. Ma al di là delle politiche regionali come intende muoversi il Comune? Ritiene il blocco della circolazione delle auto inquinanti utile? «Nelle scorse settimane, quando ha iniziato a profilarsi la criticità dovuta alla concentrazione di PM10, abbiamo sperimentato il blocco della circolazione per verificare se questo potesse dare risultati significativi. Così non è stato, da qui la conferma che tale misura, presa da una singola città, serve a ben poco se non a nulla, a meno che non ci sia un intervento che coinvolga l’intera Pianura Padana. Personalmente ritengo che ci si debba muovere per cambiare gli stili di vita, favorendo l’utilizzo dei mezzi pubblici o comunque alternativi all’auto. A Cremona abbiamo puntato sul bike sharing, che sta dando risultati incoraggianti, oltre che sull’acquisto di mezzi pubblici a metano e di dimensione ridotte, nell’ottica di facilitare il raccordo tra i parcheggi a corona e il centro cittadino, diminuendo in tal modo il numero di veicoli privati in ingresso in città».


Gian Domenico Auricchio

«Un’economia sana ma gli imprenditori facciano rete» Una maggiore visibilità sui mercati e la possibilità di competere a livello internazionale. Sono i vantaggi delle reti d’impresa, ancora poco praticate nel Cremonese. Ma per Gian Domenico Auricchio rappresentano l’unica soluzione per uscire indenni e più forti dalla crisi Concetta S. Gaggiano

rime per crescita e ultime per contrazione produttiva. È la fotografia delle imprese cremonesi, rispetto a quelle lombarde, scattata da Gian Domenico Auricchio, a capo della Camera di Commercio locale. Nel mezzo ovviamente non mancano le criticità: aspetto dimensionale (il 98% delle imprese è di piccolissime dimensioni), scarsa apertura ai mercati internazionali e ai processi innovativi e difficoltà di accesso al mercato del lavoro da parte dei giovani under 35, in linea con ciò che avviene lungo tutto lo Stivale. Il sostegno al tessuto economico, però, non manca da parte delle istituzioni locali, a iniziare dalla spinta verso la reti d’impresa e l’export. «In cinque anni la quota delle imprese interessate a iniziative promozionali sui mercati esteri è passata da 27 a 102» sottolinea Auricchio. Quali elementi positivi e quali criticità sono presenti nel sistema economico provinciale? «Il tessuto economico cremonese è caratterizzato per lo più da imprese di piccolissime dimensioni, che rappresentano addirittura il 98% del totale, con una predominanza dei settori meccanico e agroalimentare: una grande frammentazione produttiva che se, da un lato, può rendere più difficile l’apertura sui mercati internazionali e il ricorso a quella che è la carta vincente di fronte alle sfide globali e cioè l’innovazione, dall’altro, è garanzia di dinamicità e di flessibilità. Caratteristiche, queste, che hanno consentito al sistema economico locale

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di esprimere le proprie capacità competitive anche in uno scenario di grande incertezza e criticità qual è quello attuale. Lo testimoniano gli ultimi dati congiunturali che evidenziano come nella nostra provincia la percentuale di imprese in crescita tendenziale abbia registrato, con il 67%, la performance migliore in Lombardia, Gian Domenico la cui media è al 50%, e che la percentuale di Auricchio, presidente della Camera imprese in contrazione produttiva sia pari al di Commercio 20%, la più bassa in regione». di Cremona Nel terzo trimestre del 2011 l’economia locale ha registrato un calo congiunturale degli ordinativi: -3,4% quelli interni e -4,7% quelli esteri. Quanto vengono condizionate le dinamiche produttive dalle difficoltà riscontrate sul versante della domanda sia interna che esterna? E qual è il grado di internazionalizzazione delle imprese locali? «Le variazioni negative sul versante degli ordini evidenziano come il momento di elevata criticità per l’economia italiana - esposta più di altre alle speculazioni finanziarie e alla contrazione della domanda mondiale e oggi impegnata su difficili interventi strutturali per il risanamento e lo sviluppo - abbia avuto inevitabili ripercussioni anche a livello locale. A gettare ombre sul prossimo LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 99


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futuro in particolare è il dato sugli ordinativi l’esperienza del Polo della Cosmesi, una realtà esteri, tenuto conto che era stato proprio l’export finora a trascinare la produzione, tanto che si era recuperato completamente il calo causato dalla crisi che nel 2009 aveva fatto diminuire le nostre esportazioni del 20,5%. Un risultato particolarmente significativo che trova riscontro in un impegno costante che, come Camera di Commercio, abbiamo messo in campo per sostenere i processi di internazionalizzazione. Lo testimonia il dato che ha visto salire in cinque anni la quota delle imprese cremonesi interessate alle iniziative promozionali sui mercati esteri da 27 a 102». Lo strumento delle reti d’impresa è da più parti visto come l’opportunità per le pmi di accrescere la loro competitività e accedere al mercato globale. Qual è il sentiment degli imprenditori provinciali? Ci sono casi di successo in questo senso? «Oggi, in particolare per la piccola e media azienda, puntare su processi di integrazione che favoriscano innovazione e internazionalizzazione per confrontarsi in maniera competitiva con il mercato rappresenta la prima ricetta anti-crisi. Sostenere la crescita e la formazione di “reti di imprese in una rete di territori”, a prescindere quindi dalla territorialità, è una leva fondamentale di competitività. E ciò a maggior ragione in un tessuto economico come il nostro, fatto di aziende spesso molto piccole per le quali unire capacità, competenze e risorse può risultare davvero determinante. L’aggregazione di imprese si fa strada anche sul nostro territorio: voglio citare

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che comprende oltre 90 aziende sul territorio, con 2.350 addetti, un significativo esempio di imprese che hanno saputo fare rete, usufruendo dei vantaggi che la condivisione di conoscenze, competenze e capacità tecniche e lo sfruttamento di economie di scala permettono, pur mantenendo la propria identità e piena “visibilità” sul mercato». In linea col dato nazionale, i giovani in provincia sono quelli che faticano di più a trovare lavoro. In che modo l’ente camerale aiuta il reinserimento di chi ha perso il lavoro e di chi è alla ricerca del primo impiego? «Il 15 dicembre è stato presentato il progetto Start, volto a favorire la nascita e lo sviluppo di nuove imprese attraverso la messa a punto di un sistema organico di servizi gratuiti e contributi a fondo perduto. Particolare attenzione sarà riservata ai giovani under 35, che avranno a disposizione più servizi e più contributi. Gli aspiranti imprenditori saranno seguiti dal momento del concepimento dell’idea fino alla prima gestione imprenditoriale attraverso il trasferimento di saperi e competenze utili per la gestione di micro-imprese. Per facilitare l’assunzione di disoccupati e la stabilizzazione di dipendenti a tempo determinato è attualmente aperto un bando che prevede incentivi a favore delle imprese cremonesi per un totale di 307.000 euro messi a disposizione dalla Camera di Commercio. Sono 107 le domande finora accolte. Altri 105 precari, grazie alla concessione di contributi camerali, erano stati stabilizzati tramite il bando 2010».



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Mettere al centro l’impresa Creare nuove opportunità imprenditoriali, aumentare l’attrattività del territorio, vigilare sulla restrizione del credito. Sono alcuni dei punti cardine per creare le condizioni favorevoli allo sviluppo locale. Ne parla Mario Caldonazzo, presidente dell’Associazione degli industriali di Cremona Renata Saccot

n hub che sia di supporto alle imprese locali e che faccia da base logistica per le merci di tutto il nord Italia. Questo dovrebbe essere il polo di Tencara. Un progetto di cui si parla da tanto, ma mai decollato del tutto. E che, proprio in un periodo di crisi come questo, potrebbe fare la differenza. Il progetto però è sostanzialmente fermo all’approvazione dello studio di fattibilità del 2008. Da allora tavole rotonde e appelli si sono susseguiti da più parti. Oggi ci riprova l’Associazione degli industriali di Cremona per iniziativa del suo presidente, Mario Caldonazzo, che ha ottenuto la disponibilità della società Simest, la controllata del governo che si occupa di internazionalizzazione, a sostenere il progetto. Ma lo sviluppo del Cremonese, nel breve periodo, dipende da altre variabili: ac-

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Mario Caldonazzo, presidente dell’Associazione degli industriali di Cremona

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cesso al credito, sostegno alle imprese, sburocratizzazione e supporto alla nascita di nuove imprese. Pensioni, fisco, infrastrutture ed energia, liberalizzazioni e dismissioni sono i punti cardine contenuti nella “lettera ai sindaci” che le associazioni di categoria hanno inviato alle istituzioni locali. Quali le priorità di Confindustria in merito a queste tematiche? «Nella lettera che tutte le associazioni datoriali cremonesi hanno inviato ai primi cittadini locali abbiamo voluto sottolineato l’urgenza del momento economico e l’opportunità di essere particolarmente prudenti in merito alla tassazione di loro competenza. Sappiamo dei tagli imposti agli enti periferici dalle varie manovre di governo ma abbiamo chiesto ai sindaci, nel processo di attuazione del federalismo fiscale, di fare un ulteriore sforzo per ottimizzare i costi prima di prevedere ulteriori imposte e tasse locali che graverebbero ulteriormente sulle già tanto oberate imprese del territorio». Un’altra priorità delle imprese è l’accesso al credito, reso ancora più problematico dalla congiuntura economica negativa. Qual è il rapporto con le banche locali? «Oggi stiamo già purtroppo rilevando fenomeni di restrizione del credito, di riduzione degli affidamenti, procedure più lunghe di delibera e ovviamente costi e tassi più elevati: siamo poco lontani da percentuali a due cifre. Come associazione stiamo cercando di muoverci in molte direzioni: vogliamo disporre di un aggiornato flusso di informazioni sul-


Mario Caldonazzo

l’evoluzione del problema attraverso un’azione di monitoraggio; stiamo predisponendo percorsi formativi per gli imprenditori; sono in previsione incontri periodici con i referenti bancari. Ricordo in ultimo il successo dei “bond di territorio”, un’iniziativa promossa con due banche di credito cooperativo, attraverso la quale 12 milioni di euro sono stati collocati sotto forma di prestito obbligazionario garantito ai risparmiatori cremonesi e poi erogati in forma di finanziamento alle imprese manifatturiere cremonesi. Una magnifica soluzione, mi auguro ripetibile, nella quale si è evidenziato uno spirito di collaborazione e sostegno allo sviluppo dell’economia del territorio». L’evoluzione della logistica rappresenta un volàno di attrazione di investimenti, di sviluppo imprenditoriale, di innovazione tecnologica. A questo proposito il polo logistico e industriale di Tencara è un tema caro agli industriali. A che punto sono i lavori? E quali benefici economici porterebbe la piattaforma all’economia locale? «Per noi l’area di Tencara vuol dire sviluppo di un polo produttivo e logistico in grado di dare impulso non solo al nostro territorio, ma all’intera regione. Si tratta di un’area già destinata economicamente con una dimensione importante di oltre un milione di metri quadrati, con potenzialità di natura logistica; una zona baricentrica rispetto al mercato del Nord Italia, servita dalle principali arterie autostradali e ferroviarie, in grado di sviluppare un’intermodalità acqua-ferro-gomma. Affinché questa importante piattaforma produttiva e logistica decolli è basilare che nasca e si sviluppi sotto un’egida non solo delle amministrazioni locali ma anche regionali, nazionali, europee e che si sviluppi secondo i criteri delle “Enterprise zones”, aree di sviluppo agevolato con peculiarità che rispondano, per chi si dovesse insediare, a logiche di fisco leg-

gero, di semplificazioni amministrative, forme di contrattazione innovative, banda larga veloce e centro servizi per le imprese. Dal canto nostro abbiamo già avviato contatti con la Simest per verificare un loro possibile coinvolgimento e abbiamo ottenuto la loro disponibilità. Abbiamo sollecitato le amministrazioni locali ad attivarsi sottoscrivendo un protocollo di intesa con il quale definire un business plan e un iter di procedure per rendere l’operazione attuabile, ma a oggi purtroppo le operazioni si stanno muovendo molto lentamente». Prelievo fiscale sulle imprese e lotta all’evasione. A livello nazionale, quali azioni auspicate per far fronte alla crisi e risollevare l’economia? «Le proposte contenute nel documento di Confindustria, Abi e Rete Imprese Italia credo siano molto chiare. Occorre un fisco che stimoli la crescita, premi chi rinnova, chi fa ricerca, chi assume, chi si struttura per essere più presente all’estero. Nel decreto salvaItalia abbiamo in particolare apprezzato la previsione dell’Ace, una misura rivolta a favorire il rafforzamento patrimoniale dell’impresa. Per la lotta all’evasione oltre alla riduzione dell’utilizzo del contante, sarebbe opportuno introdurre per le persone fisiche l’indicazione del proprio “stato patrimoniale” nella dichiarazione annuale dei redditi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 103


FOCUS CREMONA

Una boccata d’ossigeno dai consumi natalizi Mentre i consumi languono con l’arrivo del Natale aumentano le aspettative dei commercianti di invertire il trend negativo del settore. Ma per Claudio Pugnoli, presidente di Ascom Confcommercio, è arrivata l'ora che le istituzioni locali valorizzino anche turismo ed eventi Renata Saccot on il perdurare della crisi, a cui si è aggiunto l’aumento dell’Iva, sono i consumi delle famiglie a soffrire di più. Tranne che a Natale. Se, infatti, secondo un’indagine di Confcommercio nazionale, l’80,9% degli intervistati si attende un Natale dimesso (nel 2010 era l’86,3%), confermando un trend non peggiore rispetto a quelli registrati negli ultimi anni, il “Focus Natale 2011”, realizzato dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza, ha fotografato la spesa delle famiglie lombarde per i regali di Natale. La rilevazione dice che in regione la spesa media sarà di 137,8 euro (circa 3,6 euro in più rispetto allo scorso anno). Tra le città capoluogo monitorate, Cremona si attesta a 142,5 euro. Qui e in tutta la provincia, l’Ascom, come ogni anno, ha organizzato una serie di iniziative, in collaborazione con gli enti locali, «per valorizzare le imprese e il territorio, ribadire il legame tra i negozianti e la comunità locale», spiega Claudio Pugnoli, presidente dei commercianti. L’auspicio è quello di risollevare i consumi e recuperare parte di ciò che si è perso negli ultimi mesi. Il punto del presidente Pugnoli tra strategie a sostegno del settore e un appello alle istituzioni locali affinché dimostrino più attenzione verso gli eventi culturali e le manifestazioni gastronomiche, appuntamenti «che hanno un valore strategico» per il territorio. La crisi è nella sua fase più difficile, nelle ri-

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In alto, Claudio Pugnoli, presidente di Ascom Confcommercio Cremona

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levazione relative al 3° trimestre 2011 il settore ha perso il 7,2% rispetto al 2010. Come reagire? «Continuando a fare, ciascuno, il proprio dovere. Ha ragione il premier Monti quando afferma che “l’Italia è capace di trovare la forza in sé per uscire da una crisi gravissima”. Ma molto resta da fare. Penso ai temi del welfare, del lavoro, del fisco, per imprese e per i lavoratori. Fino a oggi si è agito, prevalentemente, con un aumento delle imposte (rispetto ai tagli delle spese): una situazione che va riequilibrata per tornare a far crescere l’economia. Come ha sottolineato anche il Financial Times, l’austerità di per sé non è sufficiente. Se non si interviene subito - cito le stime della Confcommercio - si rischia, nel 2012, la recessione. Così si finirebbe, ancora una volta, risucchiati in un vortice pericolosissimo, che negherebbe ogni speranza per il futuro». Nelle ultime settimane si è registrato un ulteriore rallentamento dei consumi. Quali politiche andrebbero attuate per rilanciare i consumi? «Bisogna fare di tutto per contrastare gli effetti recessivi della manovra. Di certo non con un aumento dell’Iva che rischiano di indebolire ulteriormente le capacità di spesa. Se il passaggio al 21% è costato, a ogni famiglia, 300 euro, con l’aliquota al 23%, l’aggravio sarà di 1.000 euro. Senza considerare l’anticipo della super Imu (che per ogni famiglia si stima inciderà mediamente per 400 euro), le


Claudio Pugnoli

accise sui carburanti e quant’altro. Non si può puntare solo sulla leva fiscale per riequilibrare i conti pubblici. Occorre, al contrario, il rafforzamento delle scelte strutturali di contenimento della spesa pubblica, a partire da una più decisa riduzione dei costi della politica. Va considerata anche una più robusta tassazione dei capitali scudati, con la definizione dell’accordo con la Svizzera, come hanno fatto Germania e Gran Bretagna». Quali iniziative avete messo in campo per fronteggiare questo momento di difficoltà, in coincidenza con le feste natalizie? «Abbiamo pensato a un ricchissimo calendario di iniziative che coinvolge, mai come quest’anno, tutta la città (e non solo il centro) e i comuni della provincia. Si rinnova, in questo modo, una tradizione che ha visto Ascom ideare e organizzare il “Natale a Cremona” sin dal 1993. Quest’anno il testimone è passato al Comune ma abbiamo voluto arricchire le iniziative con attenzione a quelle vie della città che erano escluse, e soprattutto, offrendo la nostra collaborazione e la nostra esperienza ai Comuni che, con noi, hanno sviluppato i “distretti diffusi del commercio”. Coinvolgendo tutti i nostri associati (e grazie alla collaborazione del quotidiano locale) abbiamo promosso un concorso tra le vetrine, invitando gli associati a dar forma allo spirito del Natale. Non manca, infine, il concorso a premi dedicato a chi sceglie, per i suoi acquisti, i nostri negozi». Si è da poco conclusa con successo la Festa del Torrone e i mesi scorsi hanno visto anche altre manifestazioni importanti come “Bontà” e “L’ottobre della liuteria”. In che modo queste manifestazioni contribuiscono allo sviluppo del turismo? «I numeri sono eloquenti: per la “Festa del Torrone” sono arrivate120mila persone. L’Ottobre della Liuteria, così come il salone Mondomusica, ha richiamato un pubblico (qualche decina di migliaia di visitatori) proveniente da tutto il mondo. Senza dimenticare che anche i media possono contribuire nel far conoscere Cremona. Le nostre potenzialità, fino a oggi, sono rimaste ine-

spresse. Ecco perché questi eventi hanno un valore strategico. Mancano, da parte delle istituzioni locali, progetti per la promozione. Basti ricordare che, a bilancio, il Comune mette solo qualche migliaio di euro. I numeri sono impietosi. Nella graduatoria lombarda siamo al penultimo posto (1,6% delle presenze in regione). Con 361mila pernottamenti siamo al 97mo posto (su 110 province). Eppure in Lombardia si arriva a quasi trenta milioni di presenze. Non riusciamo a intercettare neppure i turisti dei vicini, importantissimi, bacini di Milano e Brescia». Quali sono le sue previsioni per il 2012? «L’inizio di un nuovo anno è sempre un momento di bilanci e di riflessione. Il nostro auspicio è quello che si sappiano creare le condizioni per uscire da una crisi che sembra senza fine e che sta colpendo pesantemente il nostro settore. Serve, insomma, ad ogni livello, una politica flessibile e intelligente capace di affrontare i temi dello sviluppo economico prima che sia troppo tardi. Solo in questo modo quella di Monti e dei suoi tecnici non sarà la vittoria di un giorno ma potrà permettere di tornare ad avere una visione sul futuro. È ciò che serve ai nostri operatori che non possono e non vogliono arrancare, che non possono vivere giorno per giorno. È perciò l’ora di dare “cittadinanza istituzionale” alle richieste delle piccole e medie imprese. Più elevate saranno la qualità e le quantità delle risorse che si libereranno per stimolare una crescita sana e minori saranno i costi che le imprese dovranno pagare per continuare a produrre reddito e occupazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 105


IL MODELLO BERGAMASCO

Giovani idee da esportare Per Paolo Malvestiti, presidente della Camera di Commercio di Bergamo, il 2012 comincerà in salita. Ma a dare coraggio saranno ancora una volta le buone performance dell’export e le giovani idee, che da dieci anni possono contare sul Centro formativo per la creazione d’impresa Paola Maruzzi

l 2011 era cominciato bene, l’industria si stava riprendendo ma a metà anno anche l’attività del manifatturiero ha cominciato a rallentare e nel terzo trimestre la produzione non è andata oltre un modesto +0,2% congiunturale, con gli ordinativi in calo». Per Paolo Malvestiti, presidente dell’ente camerale bergamasco, a pochi giorni dall’esame di bilancio di metà dicembre l’ultimo scorcio del 2011 era ancora «un enigma». A soffrire maggiormente sono stati l’artigianato manifatturiero e l’edilizia, mentre le vendite del commercio e dei servizi sono ancora al di sotto dei livelli di un anno fa. «Per fortuna – incalza Malvestiti – un dato positivo c’è e viene dall’export provinciale che, fino a metà anno, era ancora in crescita dell’11% su base annua». Quali sono le previsioni per i prossimi mesi? «È molto probabile che il 2011 trasferirà un’eredità negativa sull’avvio del nuovo anno. Inizieremo il 2012 in salita e l’andamento dell’anno dipenderà molto, oltre che dall’evoluzione della crisi dell’euro, dalle condizioni del credito che le nostre imprese dovranno affrontare». Anche la ricerca e il trasferimento delle conoscenze potranno essere rilevanti, come supportarle?

«I Paolo Malvestiti, presidente della Camera di Commercio Bergamo

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«Favorire processi di conoscenza, diffondere metodologie e strumenti per la gestione e la valorizzazione della proprietà intellettuale, facilitare l’accesso alle informazioni da parte della pmi, favorire il trasferimento tecnologico attraverso progetti di sostegno e di affiancamento all’imprenditore nella fase di sviluppo dell’impresa rappresentano per la Camera di Commercio priorità fondamentali e necessarie per lo sviluppo. Queste azioni sono state supportate negli ultimi anni attraverso una serie di interventi mirati a un vero e proprio sistema di rete che vede coinvolte tutte le organizzazioni di categoria nei progetti portati avanti dall’ente, grazie all’azienda speciale Bergamo Formazione». Secondo Jacopo Morelli, numero uno dei giovani di Confindustria, l’Italia non scommette abbastanza sulle nuove generazioni. Bergamo come si pone? «I giovani sono una risorsa preziosa per lo sviluppo di ogni sistema economico: sono portatori di idee nuove, di visioni aperte e più in generale di innovazione, ragion per cui in questi anni ci siamo rivolti proprio a loro con azioni mirate e specifiche. La formazione per aspiranti e neo imprenditori è una delle aree in cui abbiamo maggiormente investito. Ne è un esempio il progetto “Incubatore


Paolo Malvestiti

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Fino a oggi si sono insediate e hanno avuto accesso ai servizi dell’incubatore quasi 100 idee di impresa, di cui il 90% opera attualmente sul mercato

d’impresa”, che da dieci anni accoglie nel centro formativo per la creazione d’impresa a Brembate di Sopra, idee di aspiranti imprenditori o imprese di nuova costituzione». Dieci anni non sono pochi, che risultati avete raggiunto? «Fino a oggi si sono insediate e hanno avuto accesso ai servizi dell’incubatore quasi 100 idee di impresa, di cui il 70% si sono costituite in forma imprenditoriale o in attività di lavoro autonomo e oltre il 90% opera attualmente sul mercato. Molti i riconoscimenti ottenuti dalle imprese incubate nel corso del tempo. Ciò testimonia non solo la qualità dei progetti selezionati, che sempre più presentano carattere innovativo a prescindere dai settori di attività, ma anche l’importanza di continuare a valorizzare e a sostenere le idee imprenditoriali presentate da giovani».

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Su quali altri servizi possono contare i neo imprenditori? «All’attivo ci sono diversi sportelli: “Punto nuova impresa”, che fornisce informazioni e orientamento utili a compiere le scelte iniziali per l’avvio dell’attività; “Formimpresa”, attivo all’interno di cinque associazioni di categoria del commercio, della cooperazione e dell’agricoltura. Poi c’è “Crisalide”, che si rivolge alle donne e mira a favorire la riflessione rispetto alle proprie competenze imprenditoriali. Entrambi gli sportelli (Pni e Orientamento) ricevono gratuitamente su appuntamento nella sede di Bergamo Formazione, in via Zilioli. Inoltre, ci teniamo al passo con iniziative seminariali. Tra gli ultimi incontri c’è stato “Mettersi in proprio: una sfida possibile”, che in otto ore ha fornito strumenti e informazioni di base per capire la reale fattibilità della propria idea d’impresa». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 107


Terra di instancabile eccellenza Ivan Rodeschini, premiato come personalità benemerita dalla Camera di Commercio di Bergamo, spiega la regola d’oro dell’uomo d’affari. «Il successo? Non è una garanzia. Per ottenere nuovi traguardi conta quello che gli anglosassoni chiamano “lifelong learning”, la formazione continua» Paola Maruzzi lasse 1942, Ivan Rodeschini è un personaggio di spicco dell’economia bergamasca. È a capo del gruppo Figli di Pietro Rodeschini, tra i primi rivenditori di giocattoli e articoli casalinghi, attivo anche nel campo del riscaldamento e del risparmio energetico. Nato come piccolo magazzino, oggi l’azienda di Gorle ha un giro d’affari che supera i 30 milioni di euro annui e dà lavoro a 120 persone. Premiato di recente dalla Camera di Commercio di Bergamo come “personalità benemerita”, Rodeschini è un personaggio piuttosto schivo, preferisce tergiversare sull’autocelebrazione parlando di onestà («prima il minimo richiesto a un individuo, oggi un optional») e raccontare che «una delle soddisfazioni più grandi è stata quando un mio collaboratore mi ha chiesto di fare da testimone di

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Sopra, Ivan Rodeschini, imprenditore bergamasco

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nozze ai figli». Accanto alla carriera imprenditoriale ha ricoperto diversi incarichi istituzionali: è stato presidente dell’Ascom provinciale, socio fondatore della Banca di Credito cooperativo e attualmente è il presidente dell’ente fiera Promoberg. Dal suo osservatorio multifocale è, quindi, l’interlocutore adatto per gettare uno sguardo sul territorio. Come vede l’economia orobica? «Sta reagendo meglio di molte altre ma dai vari settori merceologici arrivano segnali non positivi: diminuiscono gli ordinativi e, di conseguenza, anche la produzione sta rallentando. Mio padre diceva che essere ottimisti consente di superare più agevolmente gli inevitabili momenti di difficoltà. Credo che il nostro territorio abbia bisogno di questo. Bergamo ha una storia fatta da gente che non si è mai risparmiata nel lavorare, gente che ha sempre messo in quello che faceva tutta la propria passione, intelligenza e alta qualità professionale. Sono certo che la nostra economia saprà farsi valere anche questa volta». Per oltre un decennio è stato presidente dell’Associazione dei commercianti: oggi da dove dovrebbe ripartire il commercio di Bergamo? «Dobbiamo puntare sull’aggiornamento continuo e sulla specializzazione, diversificando il più possibile, il che significa non accontentarsi mai dei risultati ottenuti. Per “specializzarsi diversifi-


Ivan Rodeschini

cando” intendo dire che la gente desidera sempre di più il negozio specializzato, all’interno del quale vuole trovare quante più offerte possibili, pensiamo ai negozi dedicati ai tanti settori di nicchia che stanno emergendo in questi ultimi anni. È fondamentale che, assieme alla qualità, ci sia anche un adeguato servizio che non può esaurirsi con la vendita. Oggi noto che molti consumatori stanno cambiando abitudini, ritornano a fare acquisti nei negozi di quartiere: Camera di Commercio e Ascom stanno promuovendo i distretti del commercio, una soluzione che consente alla gente di poter fare la spesa anche vicino a casa e nel contempo avere quartieri più “vivi”». Se nei decenni scorsi a Bergamo l’economia manifatturiera era tra i principali settori, oggi avanza il terziario. Come stare al passo? «L’economia è in trasformazione, non possiamo più adottare le stesse strategie. Oggi è fondamentale puntare sulla qualità e sull’innovazione, altrimenti si rischia di essere estromessi dal mercato. Questo vale non solo per i prodotti, ma anche per il capitale umano. In questo senso credo che sia importante investire risorse nella formazione continua delle persone, indipendentemente dal ruolo ricoperto, partendo dall’imprenditore stesso. Aver raggiunto il successo non è di per sé una garanzia per ottenere nuovi im-

portanti traguardi. Insomma, va assunto quello che gli anglosassoni chiamano “lifelong learning”, la formazione continua». Chi dovrebbe formare i “vecchi” imprenditori? «Il soggetto ideale potrebbe essere la Camera di Commercio. In un mondo dove tutto corre molto in fretta, ritengo necessario aggiornarsi in tema di nuove tecnologie e di nuove normative. Detto ciò, sono convinto che il nostro settore manifatturiero saprà risollevarsi perché anche in questo caso gli industriali non se ne sono stati con le mani in mano. L’ho verificato personalmente anche durante le assise generali di Confindustria, andate in scena alla Fiera di Bergamo il 7 maggio scorso: è stato un momento unico e ha confermato l’eccellenza della nostra classe imprenditoriale. Chi mi conosce sa che rifuggo da ogni tipo di autocelebrazioni, ma mi sia consentito uno strappo alla regola: desidero ricordare i complimenti espressi da Confindustria a Promoberg per la preziosa collaborazione». Dal Salone educativo per l’infanzia alla Fiera delle arti manuali, Promoberg è una realtà in cresciuta. Cosa vi aspetta? «Intanto voglio ricordare che tra i quindici eventi fieristici che ci vedono protagonisti, c’è anche No Frills, la fiera del turismo riservata ai soli professionisti, ritenuta la migliore del settore nel panorama italiano. Ma non possiamo cullarci sugli allori. Dobbiamo rafforzare ulteriormente le nostre manifestazioni, cercando nel contempo sia di individuare eventuali nuove tendenze, sia di soddisfare le richieste del nostro territorio e stringere alleanze strategiche». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 109


IL MODELLO BERGAMASCO

L’imprenditoria orobica fa scuola Roberto Sestini racconta la sua personale avventura ai vertici della Siad, una delle principali realtà di produzione e commercializzazione di gas industriali Paola Maruzzi

on due lauree in tasca (una in ingegneria chimica presso l’Università di Friburgo, in Svizzera, l’altra in economia e commercio conseguita ad Ancona), Roberto Sestini è entrato nell’universo Siad negli anni Sessanta e oggi tiene ancora le redini di uno dei principali operatori per la produzione e commercializzazione di gas industriali. Nel Bergamasco è conosciuto perché la sua azienda dà lavoro a più di mille persone ma anche perché è stato precursore di scelte importanti per lo sviluppo del territorio. Quand’era presidente della Camera di Commercio, carica che ha ricoperto dal 1992 al 2010, ha sostenuto lo sviluppo tecnologico a sostegno della piccola e media impresa, istituendo una società di servizi per l’innovazione. Inoltre, durante il periodo della sua presidenza, l’ente camerale ha contribuito a dare forte impulso all’aeroporto di Orio al Serio e ad appoggiare l’avvio della società Brebemi per la progettazione dell’autostrada. Il 13 dicembre, in occasione della 51esima edizione del concorso per il riconoscimento del lavoro e del progresso economico per l’anno 2011, è stato premiato assieme ad altri due imprenditori locali per aver

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dato lustro alla città. È un veterano della classe imprenditoriale bergamasca. Come vede l’attuale situazione? «L’economia italiana, quindi anche quella bergamasca, è sicuramente molto attenta a questo particolare momento e si può ritenere che gli interventi che il nuovo governo sta adottando potranno tranquillizzare e consentire con più facilità investimenti che sono indispensabili per lo sviluppo economico». Negli anni si è fatto carico di importanti decisioni. Oggi quale ruolo si sente chiamato a svolgere? «Dopo diciotto anni da presidente della Camera di Commercio di Bergamo sono rimasto molto soddisfatto del riconoscimento che l’ente mi ha consegnato. L’esperienza camerale è stata sicuramente molto interessante e costruttiva per la specifica funzione della stessa, che abbraccia tutti i settori economici e, quindi, consente una visione imprenditoriale molto completa». Come è iniziata la sua avventura imprenditoriale? «Molto semplicemente sono entrato in azienda


Roberto Sestini

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Il nostro gruppo chiuderà il 2011 con un risultato soddisfacente, anche se il settore del gas sta registrando una flessione

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come terza generazione, ed essendo cresciuto con la continua e progressiva conoscenza dell’attività dell’azienda, sono stato facilitato a iniziare l’attività lavorativa il primo gennaio del 1959. Progressivamente sono passato da lavori semplici a posizioni più impegnative e nel 1965, sempre sotto la direzione di mio padre, Bernardo Sestini, sono stato nominato amministratore delegato. Così ho iniziato a occuparmi di tutti gli aspetti aziendali, dallo sviluppo produttivo a quello commerciale e organizzativo». È proprio in quel periodo l’azienda si è aperta all’internazionalizzazione. «Esatto, inizia così una stretta collaborazione con una delle principali aziende chimiche mondiali, la Union Carbide. Nella prima fase abbiamo condiviso i processi tecnologici di produzione, gas e materia porosa per bombole di acetilene. Questa collaborazione, sempre più solida nel tempo, ha portato a uno scambio reciproco di azioni anche con la loro società italiana, Rivoira. L’alleanza mi hanno consentito nel 1970, alla morte improvvisa di mio padre, di potermi occupare

anche di tutte le altre società che facevano parte della Siad, in modo particolare della Siad Macchine Impianti». Come siete arrivati a conquistare i paesi esteri? «Il 1990 è l’anno in cui è stato deciso di ampliare i mercati creando diverse società all’estero e oggi siamo presenti in Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Russia, Ucraina, Cina e, attraverso una joint venture con una società Slovena, in tutto l’ex territorio jugoslavo. Tale interessante presenza estera è sicuramente un valore aggiunto in quanto possiamo utilizzare il nostro know how tecnico per ampliare la nostra presenza in questi mercati e, inoltre, sviluppare sempre più la costruzione di impianti chimici e compressori attraverso l’attività internazionale della Siad Macchine Impianti». Come vede il futuro del settore? «Il nostro gruppo chiuderà il 2011 con un risultato soddisfacente anche se il settore dei gas, e questo in tutti i mercati dove siamo presenti, sta indicando una flessione, mentre il settore impiantistico, dopo la forte riduzione del 2011, prevede un recupero nel prossimo biennio».

In apertura, Roberto Sestini, presidente della Siad

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CASARTIGIANI LOMBARDIA

Le imprese artigiane fanno sistema Crisi, burocrazie e un fisco eccessivo hanno penalizzato le imprese artigiane lombarde. Ma il potenziale è tale da poter sperare in una prossima ripresa. Il punto del presidente di Casartigiani Lombardia, Mario Bettini Andrea Moscariello

i amplia il raggio di intervento di Casartigiani Lombardia. La Confederazione ha di recente inaugurato due nuovi sedi sul territorio regionale, a Bergamo e Mantova, lasciando Sondrio come unica zona scoperta. Un piano di insediamento profondo nel territorio avvenuto nel corso di un anno difficile per l’artigianato. «È stato un anno critico per tutti, ma nonostante le incertezze e le difficoltà sul mercato interno, ci siamo ampliati – dichiara il presidente di Casartigiani Lombardia, Mario Bet-

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tini –. È un risultato significativo perché la nostra organizzazione ha saputo insediarsi in due province strategiche della Lombardia contraddistinte dalla vivacità delle imprese artigiane e l’ha fatto proprio nel momento in cui le micro e piccole imprese sono scosse dalla crisi più profonda dal 1929 a oggi». D’altra parte, come spiega Bettini, «quello di un maggior radicamento e diffusione sul territorio regionale della Confederazione era l’obiettivo che avevo promesso alla mia rielezione a presidente di Casartigiani Lombardia». Con quali obiettivi? «Intanto in questa nostra espansione, abbiamo seguito le direttive del presidente nazionale di Casartigiani, dottor Giacomo Basso, che ci sprona da sempre a raggiungere il maggior numero di artigiani per fare massa critica e per supportarli in questo momento di grande difficoltà. Il secondo motivo è che vogliamo che la nostra Confederazione aumenti il numero dei suoi iscritti. Per contare di più. Ma non a tutti i costi. Questo perché non vogliamo tradire lo scopo principale per il quale è nata Casartigiani: quello di privilegiare le micro e piccole aziende e i «mestieri» dove al centro c’è sempre la persona umana». Su cosa occorre fare leva per sostenere il sistema? «Per le nostre imprese sono necessarie pro-


Mario Bettini

spettive certe di riconversione produttiva. Bisogna, quindi, adottare tutti gli strumenti utili per definire quali saranno i settori che avranno uno sviluppo e quali un declino, attivando le risorse necessarie per supportare le aziende artigiane che vogliono acquisire nuove competenze e puntare sull’innovazione dei processi produttivi». Quali sono stati i comparti maggiormente colpiti? «Secondo i dati diffusi da Unioncamere Lombardia che riguardano il III trimestre 2011, i settori che stanno soffrendo di più sono quelli delle manifatture varie, -7,7%, alimentari, 6,4%, e tessile, -6,1%. Ma, al di là di queste percentuali, è il sentimento negativo degli artigiani lombardi che preoccupa perché questo mondo prevede un peggioramento sul mercato della domanda interna che è la loro principale fonte di reddito. Al tempo stesso, comunque, si registrano i primi dati di crescita in settori come pelli-calzature, meccanica e siderurgia». L’artigianato è tra i settori più colpiti dalla stretta creditizia. In che modo la Confederazione sta intervenendo a tal proposito? «Sicuramente è necessario favorire l’accesso al credito degli artigiani rafforzando il patrimonio dei Confidi lombardi, che si sono rivelati lo strumento principale nel difficile e complesso rapporto banche-imprese. Casartigiani Lombardia è stata la prima a conglobare

La piccola impresa è sempre riuscita a superare le grandi crisi. Anche stavolta gli artigiani non si tireranno indietro, come è successo allora. Ma hanno bisogno di un sistema Paese che sappia fare squadra con loro

i propri confidi in una cooperativa “107”: Artfidi. Bisogna regionalizzare l’utilizzo delle risorse del fondo comune di garanzia sempre attraverso il sistema dei Confidi. Tutto questo è possibile apportando consistenti risorse in Fe- Nel riquadro, derfidi, il consorzio lombardo di secondo li- da sinistra, vello che permette una veloce traduzione delle Mauro Sangalli, strategia in azioni, nel quadro della sussidia- Coordinatore Casartigiani Lombardia, rietà. Di certo siamo davvero preoccupati dalla il presidente nazionale mancanza di liquidità delle banche. Anche se di Casartigiani, Giacomo Basso, un’azienda ha accesso al credito, nella casseforti e il presidente degli istituti ci sono sempre meno soldi». di Casartigiani Anche la burocrazia rappresenta un osta- Lombardia, Mario Bettini colo. www.casartigiani.org «È eccessiva, si calcola costi in media 1.300 ore www.casalombardia.it di lavoro l’anno per un’impresa. Inoltre devono essere resi più veloci i tempi di pagamento perché gli artigiani sono oggi soprattutto in crisi di liquidità. Serve con urgenza una legge che imponga al pubblico e a i privati di pagare i debiti entro 60-90 giorni, come avviene in tutta l’Europa occidentale». A livello fiscale quali interventi richiedete? LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 113


CASARTIGIANI LOMBARDIA

IL LODIGIANO PUNTA ALLA RIPRESA Progetti solidi e di ampio respiro nell’agenda dell’Unione Artigiani di Lodi, guidata dal presidente Angelo Carelli e dal segretario generale Mauro Sangalli li imprenditori non intendono sottrarsi alle azioni necessarie per consentire il risanamento dei conti pubblici ma sono coscienti che l’efficacia degli interventi si dovrà misurare sulla capacità di rilancio della nostra economia. Le nostre aziende sono la forza del Paese». Così esordisce il presidente dell’Unione Artigiani di Lodi e Provincia, Angelo Carelli, il quale chiede una maggiore attenzione, da parte del governo centrale, alle necessità delle singole realtà locali. «Nel Lodigiano stiamo lanciando da tempo un appello a politici e amministratori per sollecitare decisioni importanti e individuare una linea strategica legata a progetti solidi, condivisi e di ampio re-

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spiro. Occorre trovare soluzioni oggi e assumersi il coraggio di fare scelte che forse non accontenteranno tutti, ma che a noi artigiani sembrano ormai irrinunciabili . Da qui, diventa fondamentale il fare rete, che può davvero fare la differenza, cosa che per noi dell'Unione non è una novità, basti pensare al polo produttivo di Zelo B.P (54 capannoni realizzati tramite una cooperativa di artigiani) dove la sinergia tra imprenditori, associazione di categoria, amministrazione comunale e il sistema del credito ha permesso di vincere importanti sfide, tra le quali la certificazione EMAS, che per le sue caratteristiche è la prima in Italia e seconda a livello europeo». Per fare que-

«Pochi e risolutivi. Il superamento dell’Irap e

la riduzione del cuneo fiscale sono oggettivamente i due interventi utili per dare una scossa positiva al sistema delle imprese. La doppia valenza degli interventi ridarebbero valore spendibile al lavoro e rilancerebbe la potenzialità di creazione di valore per chi produce». Qual è l’incidenza dell’export sulle imprese artigiane regionali? «La quota del fatturato estero per le aziende artigiane rimane molto contenuto, si attesta sul

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sto, secondo il presidente occorre partire dalla caratterizzazione del territorio mettendo al centro le sue aziende. Un esempio è il Consorzio Lodi Export, che ha il compito di aumentare la vocazione all’esportazione delle Pmi locali come volano per la ripresa, creando nuovi posti di lavoro. «Non vogliamo che il nostro territorio si trasformi ospitando solo insediamenti logistici e, come è avvenuto recentemente, grandi installazioni di pannelli fotovoltaici. Sarebbe più utile richiamare nuove imprese sul territorio e aprire nuovi sbocchi di mercato, magari a partire dall’occasione dell’Expo 2015». Un altro attore decisivo per il rilancio dell'economia è il sistema credi-

6,1%, ed è addirittura in leggera contrazione rispetto al trimestre precedente. E in un Paese come l’Italia dove l’ossatura portate dell’economia è rappresentata dalle Pmi, la parola internazionalizzazione può apparire come spropositata e velleitaria. Invece no. Prendiamo due esempi nati e sviluppati nel territorio in cui abito, la provincia di Cremona. Il primo: le aziende del Polo tecnologico della cosmesi, insieme, partecipano a fiere del make up in tutto il mondo e hanno clienti internazionali. Il secondo: liuteria cremonese, collaborando in consorzio, fa commercio con clienti da New York a Hong Kong. Bisogna, insomma, demolire il concetto secondo il quale andare all’estero sia una “mission impossible”». Qual è, a suo parere, la lezione più importante che il vostro comparto deve trarre dalla recente crisi? «Una in particolare: diventa sempre più difficile stare sul mercato da soli. E se è vitale ampliare i mercati di riferimento puntando all’estero, per farlo servono masse critiche, investimenti, innovazione, tecnologia. Una


Mario Bettini

tizio. «A tutte le banche chiediamo di erogare credito, essere disponibili a investire, a migliorare il rapporto fiduciario e le condizioni dei servizi. Vogliamo banche che sappiano discernere l'impresa meritevole anche quando il rating non è a suo favore. Non posso non sottolineare l'importante e decisivo ruolo giocato a fianco delle imprese di

Artfidi Lombardia, consorzio fidi dell'Associazione». Sono i giovani l'altro fattore-chiave dello sviluppo. «Sono loro il futuro della nostra economia e delle nostre aziende – conclude Carelli –. Per questo anche noi dell'Unione manteniamo stretti rapporti con il mondo della scuola: innanzitutto per far capire ai ragazzi che nelle nostre

piccola azienda da sola non ha la possibilità di farcela, e quindi solo mettendosi in rete con altre realtà simili può rendersi competitiva. Non un carpentiere più un altro carpentiere, ma, ad esempio, un carpentiere, uno strutturista, un designer e un commerciale. Ciò consentirebbe ad ognuno di mantenere la propria autonomia decisionale e fare business. In questo è importante l’apporto di Rete Imprese Italia. Questa iniziativa ha fatto sì che gli invisibili siano diventati visibili. Hanno cominciato a parlare con una voce sola, non sentendosi più competitori fra loro. Un'altra grande lezione riguarda la gestione finanziaria. Le imprese devono imparare ad avere una loro pianificazione. Gli imprenditori non potranno più limitarsi a dire: ho più dipendenti, capannoni e vendite, e quindi va tutto bene. La domanda che si dovranno porre d’ora in poi è questa: la mia situazione finanziaria è a rischio default oppure no?». Come giudica il rapporto tra la Federazione e la Regione Lombardia? «Il rapporto con il governatore Roberto For-

imprese ci sono opportunità concrete e gratificanti per la loro vita e il futuro». Anche il segretario generale Unione Artigiani di Lodi, Mauro Sangalli, ribadisce l’impegno dell’associazione per restare al passo con i tempi. «Nel corso del 2011 ci siamo accorti che possiamo e dobbiamo fare di più per i nostri associati. Partendo da un concetto, le imprese al centro, e da una certezza, per crescere bisogna saper innovare». A tal proposito, l’Unione ha intrapreso una importante riorganizzazione delle sue risorse. «Anche nel 2012 l’azione dell'Unione Artigiani Lodi e Provincia si muoverà nel quadro degli obiettivi tracciati dalle linee programmatiche pluriennali, tenendo tuttavia conto dello scenario attuale, che impone filoni di iniziativa funzionali a fronteggiare l’emergenza: quello dedicato alla crisi economica e quello finalizzato a favorire il sistema economico locale».

migoni è ottimo. Se prendiamo anche il periodo che va dal 2007 ad oggi, grande è stato l’apprezzamento per il pacchetto anticrisi varato dalla regione Lombardia. Anche la legge regionale 1 del 2007 è stato un buon inizio per il sostegno alla competitività delle imprese lombarde perché si è declinata in seguito con finanziamenti soprattutto alla ricerca, innovazione e sviluppo, e internazionalizzazione. Gli artigiani hanno salutato con favore anche la nuova normativa sull’apprendistato, che può riaprire un canale reale di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro». Si riuscirà a superare la crisi? «La piccola impresa è sempre riuscita a superare le grandi crisi. Basti pensare al dopoguerra quando fu il mondo artigianale, rimboccandosi le maniche, a dare il via alla ricostruzione del Paese. Siamo certi che anche stavolta gli artigiani non si tireranno indietro, come è successo allora. Ma hanno bisogno di un sistema Paese che voglia e sappia fare squadra con loro».

Nel riquadro, Angelo Carelli. presidente dell’Unione Artigiani di Lodi e Provincia

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PRODUZIONI ARTIGIANALI

Secondo l’antica tradizione armiera Il ritorno sul mercato di una famiglia da generazioni specializzata nella produzione di fucili da caccia. Una produzione artigianale di altissimo livello tecnico e di design. Ne parla Luigi Bernardelli Valerio Germanico

dello scorso anno la decisione di Luigi Bernardelli e del figlio Giulio di riprendere la storica attività di costruzione di fucili a Gardone Val Trompia, che il bisnonno di Luigi, Vincenzo, nell’Ottocento aveva condotto a raggiungere la fama di costruttori di armi fini, originali e di pregevole qualità. Fama proseguita nel Novecento sotto la guida di Narciso Bernardelli, fino a che nel 1997 alterne e dolorose vicende portarono l’azienda al fallimento. Il rischio che si perdesse un importante spicchio della cultura artigianale valtrumplina, da secoli legata al ferro e alle sue forme più nobili, è stato così scongiurato. «Le tracce del nome Bernardelli – spiega Luigi

È

Luigi Bernardelli e il figlio Giulio della GBH Giulio Bernardelli manifattura Armi HEKA Srl di Gardone V.T. www.bernardelli.it info@bernardelli.it

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– possono essere seguite molto lontano nel tempo, sino agli albori della fabbricazione delle armi da fuoco, durante il periodo della repubblica di Venezia. Il primo documento a citarlo è dell’anno 1631 ed è la registrazione del matrimonio di Bertolino Bernardelli, maestro armaiolo, con Maria Acquisti, rampolla di una nobile famiglia che possedeva varie fucine armiere in Val Trompia. Il secondo è un contratto notarile col quale nel 1721 i fratelli Bernardelli acquistarono una grossa fucina per la fabbricazione delle armi». Quale bilancio può trarre da questo nuovo primo anno dell’attività di famiglia? «L’inizio è stato caratterizzato da un entusiasmo fortissimo, che si è dovuto misurare con tutte le novità di un ambiente trasformato e passato attraverso anni di crisi e modificazioni di mercato. Nello specifico sono cambiate le abitudini dei clienti e le richieste sono ora molto più articolate e specifiche. Le competenze per lavorare sulla gamma alta sono molto complesse e richiedono un’attenzione particolare. Abbiamo scelto di dedicarci a una produzione di nicchia, valorizzando al massimo la tradizione artigianale della Val Trompia e recuperando una professionalità in via di estinzione. Realizziamo pezzi unici puntando alla perfezione della realizzazione». Quali aspetti della vostra tradizione imprenditoriale avete mantenuto e quali, in-


Luigi Bernardelli

Il 2012 vedrà la nostra manifattura di armi partecipare ad alcune manifestazioni fieristiche importanti, come l’Iwa di Norimberga e l’EXA di Brescia, dedicata al mercato italiano

vece, avete dovuto riformulare per meglio adeguarli alle richieste del mercato contemporaneo? «La nostra tradizione secolare nel mondo armiero è basata su una storia di qualità, specificità e innovazione. Abbiamo cercato di mantenere specificità e innovazione, aumentando notevolmente la qualità. Non potendoci più basare su una produzione in serie, come un tempo, adesso esaltiamo la cura per i particolari delle nostre armi. Queste non sono solo uno strumento di svago sportivo, ma vengono realizzate come un abito, su misura del committente: devono diventare un prolungamento del braccio del cacciatore». La precisione manifatturiera e lo stile delle vostre produzioni confermano la valenza del made in Italy anche nella realizzazione di armi. Quali caratteristiche, anche estetiche, oggi vengono maggiormente apprezzate? «Il mercato, anche nel mondo armiero, è in crisi da qualche tempo.

Come altri settori, anche noi abbiamo puntato sulla qualità delle nostre armi – realizziamo poche decine di fucili all’anno –, che sono curate sia dal punto di vista estetico che costruttivo. Al mondo non ci sono altre aree produttive paragonabili alla Val Trompia in grado di fornire la manualità e la competenza necessaria alla realizzazione di armi di pregio. Le caratteristiche dei nostri prodotti comprendono una particolare attenzione al design. Siamo orientati a coprire nicchie di mercato poco battute con una personalizzazione unica nel suo genere. Stiamo puntando sui piccoli calibri, come il 418 e il 28, che stanno suscitando molto interesse da parte degli appassionati». Quali sono gli obiettivi e le prospettive per il secondo anno della società? «Il 2012 vedrà la nostra manifattura di armi partecipare ad alcune manifestazioni fieristiche importanti, come l’Iwa di Norimberga, che è la vetrina migliore per la produzione armiera mondiale e attira un pubblico internazionale. Parteciperemo poi anche all’Exa di Brescia, classica fiera delle armi per il mercato italiano. Siamo ormai capaci di produrre veri e propri gioielli, doppiette e sovrapposti di pregio, per gli appassionati che cercano in un’arma più che la perfezione del controllo numerico, il cuore di un artigiano che nessun database potrà mai contenere. Il prossimo sarà quindi un anno di maturazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 117


INFORMATION TECHNOLOGY

Gestire informazioni e processi aziendali «L’utilizzo di piattaforme per la gestione documentale e di processo consente di realizzare soluzioni per specifici impianti organizzativi». Gianpaolo Ficara e Luciano Balzarini evidenziano come soluzioni innovative possano aiutare a governare al meglio informazioni e processi aziendali Antonella Chirico

ST Consulting è una società lombarda di consulenza IT, system integration & technology e servizi alle imprese. La sua opera si focalizza nella progettazione, nello sviluppo e nella gestione di soluzioni innovative per governare al meglio informazioni e processi aziendali. «Nell’ultimo biennio - dichiara il presidente Gianpaolo Ficara - nonostante la forte contrazione economica internazionale, CST è riuscita ad aumentare la propria quota di fatturato e soprattutto a mantenere salde le collaborazioni con i clienti, aiutandoli concretamente a costruire e mantenere un vantaggio competitivo duraturo». «Facendo un bilancio complessivo – afferma l’amministratore delegato Luciano Balzarini - possiamo ritenerci soddisfatti nel constatare che la percentuale di nuovi clienti acquisiti risulta in costante aumento. Crediamo – continua - che l’attenzione volta alla ricerca e allo sviluppo di progetti innovativi, sempre al passo con le tecnologie leader e allineati alle repentine evoluzioni del mercato, siano gli elementi strategici che determinano i nostri risultati». La chiave di volta per superare momenti difficili consiste nell’offrire servizi di elevata specializzazione, adottando un modello di business orientato all’ottimizzazione della qualità interna ed esterna. «Il valore aggiunto – sottolinea il presidente di CST - fornito ai no-

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118 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

stri clienti è garantito dalle tecnologie sulle quali l’azienda costruisce i propri servizi; la società è infatti partner di importanti software vendor leader mondiali, in particolare IBM e SAP». Tra i punti focali dell’impresa, soluzioni standard e integrate basate su asset consolidati. «Un ruolo importante – afferma Luciano Balzarini - è rivestito dai progetti di Business Process Reengineering (BPR) in grado di gettare le basi per rendere snelli ed efficaci i flussi d’informazione e i processi decisionali e dal Business Process Management (BPM)

Luciano Balzarini e Gianpaolo Ficara di CST Consulting www.cstconsulting.net


Gianpaolo Ficara e Luciano Balzarini

per la gestione e l’automazione dei processi aziendali. Senza tralasciare ovviamente la flessibilità del lavoro». «Oggi giorno – aggiunge il presidente Ficara - l’obiettivo delle imprese consiste nell’ottimizzazione degli investimenti. Per risparmiare, la soluzione principale verso cui tendere è quella di migliorare l’organizzazione, automatizzare i processi e puntare alla mobilità». Dall’analisi delle dichiarazioni dei vertici di CST Consulting, emerge che la scelta delle imprese di affidare a terze parti determinati step di processo, risulta essere foriera di risultati strutturali. «Nell’adozione di una strategia di outsourcing - precisa Gianpaolo Ficara - ciò che sembra più critico, oltre alla scelta del partner più adatto, è la comprensione di quali processi esternalizzare. Il nostro gruppo non si presenta come semplice “outsourcer”, ma sfrutta competenze di processo maturate nel corso degli anni attraverso l’implementazione di progetti IT nazionali/internazionali e nell’application management, in ambito ECM e SAP». «A fronte di un adeguato investimento aziendale, siamo convinti – ribadisce l’amministratore delegato di CST – che l’implementazione di soluzioni standard e integrate possa assicurare il raggiungimento di elevati livelli di qualità con un ritorno economico consistente nel breve termine. Inoltre, l’utilizzo di piattaforme capofila nella gestione documentale e di processo, consente di realizzare soluzioni flessibili e facilmente adattabili a specifici impianti organizzativi». La società, a fronte di quanto detto, per il prossimo futuro ha le idee ben chiare. «L’obiettivo – concludono – consiste nella promozione di soluzioni innovative come il MyTravelTool, un applicativo web-based in

MyTravelTool è un applicativo web-based in grado di supportare le principali fasi della gestione dei rimborsi spese aziendali e delle trasferte

grado di supportare le principali fasi della gestione dei rimborsi spese aziendali e delle trasferte; tale prodotto sarà disponibile anche in modalità Cloud. La nostra strategia - evidenziano - anche per il 2012 manterrà alcune costanti fondamentali, ovvero la salvaguardia di un’elevata specializzazione e il consolidamento di una capillare rete di vendita».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’impresa ricarica le batterie Ha conosciuto nel 2010 il suo annus horribilis. Opera su un mercato, quello dello stampaggio delle materie plastiche, che più di altri risente della crisi. Eppure, grazie a un’efficace strategia di internazionalizzazione e a un attento investimento sulla ricerca, la cremonese Taba è tornata a crescere. A parlarne è Elena Sampellegrini Andrea Moscariello a crisi, specialmente in un territorio economicamente avanzato come la Lombardia, ha rappresentato un drammatico spartiacque tra chi, senza troppi ripensamenti, ha “chiuso bottega” e chi, nonostante le mille difficoltà, si è rimboccato le maniche, ha ridiscusso il proprio modo di fare impresa e ha dato un nuovo slancio all’attività di famiglia. Un passaggio culturale, ancora prima che manageriale, certamente non scontato. Sono pochi i capitani d’azienda disposti a rivedere, anche totalmente, il proprio modus operandi. Rientra

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Elena Sampellegrini, presidente della Taba Srl di Pandino (CR) www.taba.it

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tra questi Elena Sampellegrini, da un anno esatto a capo della storica azienda di famiglia, quella Taba Srl che sin dagli anni Settanta ha rappresentato un’eccellenza nel campo dello stampaggio delle materie plastiche. Un nome che, soprattutto, ha ottenuto successo e riconoscibilità sul fronte dell’automotive, divenendo leader sul battery market. Tutto questo fino alla crisi. «Nel 2010 abbiamo conosciuto da vicino gli effetti di questa congiuntura – ricorda il presidente Sampellegrini –. Quando mio padre Angelo mi passò il testimone la società era sull’orlo del baratro». Ma dinanzi a uno scenario scoraggiante, la Sampellegrini non ha gettato la spugna e, anzi, ha dato il via a un nuovo corso, che ha riconsolidato la posizione finanziaria dell’azienda, allargando le sue prospettive di internazionalizzazione. Molti al suo posto non avrebbero preso un tale incarico. «Sento dire molte volte che imprenditori si nasce. Ma questo non è un dettame scontato. Non esiste un momento giusto per prendere in mano le redini di un’azienda, specialmente se si tratta dell’azienda di famiglia e se ci si trova in Italia. A questo aggiungiamoci il fatto che sono una donna, e sfido chiunque a dire che questo non crea svantaggi». Sì, ma nonostante questo lei non si è limitata a gestire un’azienda in declino. «Mi sono buttata. Sul mercato non conta solo quanto tu abbia studiato, programmato o atteso il momento per prendere in mano l’impresa. Quello che fa la differenza è il carattere. Quando arriva il tuo turno tocca lanciarsi,


Elena Sampellegrini

consapevoli del fatto che, specie in questo periodo, per un po’ occorrerà navigare a vista. Perché l’imprenditore italiano, in fondo, è sempre solo. Questo, per lo meno, è quanto sto riscontrando dalla mia esperienza, ma devo dire che molti altri giovani industriali con cui mi sono confrontata stanno vivendo le medesime condizioni. Esiste una generazione che porta avanti le imprese con un incessante desiderio di riscatto, di rivincita». Torniamo alla Taba e facciamo un passo indietro. Come è giunta, nel 2010, a ricoprire il ruolo di presidente? «Dopo 15 anni di gavetta nell'azienda di famiglia ricoprendo i ruoli più umili e disparati, ma forte di una formazione all'estero che consiglio a tutti i giovani italiani. Il 2010 si chiudeva in perdita, con personale a mezzo servizio, poche commesse, zero progetti, l'ombra della grande crisi già sopra di noi. Con un colpo di spugna è stato revocato il vecchio Cda, introducendo nuovi manager, sono stati cambiati tutti i consulenti, eliminati i costi superflui, riorganizzati i reparti con nuovo personale. Infine, si sono investiti gli ultimi fondi per rinnovare l’immagine dell’azienda e mettere in sicurezza il personale. Tutto ciò in un clima estremamente conflittuale a causa dei continui attacchi di quella parte della famiglia che aveva dovuto gioco forza rinunciare alla comoda poltrona. Ci tengo però a sottolineare che Taba, a differenza di molte altre imprese in difficoltà, ha adottato misure “anti cassa integrazione”. Infatti, non abbiamo penalizzato un solo dipendente, anzi, abbiamo adottato politiche di premi e incentivi, senza pesare sulle casse dello Stato». Lei ha sottolineato l’importanza della sua esperienza all’estero. È giusto affermare che anche il suo piano di ripresa parte proprio oltre confine? «Ho pensato di fare l’unica cosa che fanno da secoli gli italiani in difficoltà: sono partita. Le valigie oggi non sono più di cartone ma le facce son sempre quelle. Ci si incrocia negli aeroporti carichi di campioni, con le stesse aspettative, le medesime preoccupazioni e uguali

Girando il mondo mi accorgo di quanto prestigio ancora goda il nostro Paese. Quello fatto dai tecnici, dagli imprenditori lontani dai giochi di potere dei governanti

speranze. Devo dire che a noi sta andando bene. Ma guai ad abbassare la guardia. Basta che si crei una fessura, come un ritardo, un reclamo, un ritocco del listino, ed ecco che a rubarti la posizione ci pensano il cinese o l'indiano di turno. Per fortuna girando il mondo mi accorgo di quanto prestigio ancora goda il nostro Paese. Quello fatto dai tecnici, dagli imprenditori delle provincie depresse come la LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 121


IMPRENDITORI DELL’ANNO

mia, lontani dai giochi di potere dei gover- nuovo reparto di ricerca e sviluppo, grazie al nanti. Quelli che si alzano ancora alle 5 e 30 del mattino e conoscono per nome tutti i dipendenti». Qual è stata la sua strategia? «Intanto mi sono affiancata da validi collaboratori. A cominciare dal mio fidato direttore di stabilimento, Luigi Giapponesi Tarenghi e dal suo staff. Insieme a loro e al supporto di un valido avvocato, di un consulente del lavoro e di un fiscalista, abbiamo protetto, rinnovato e sanato la Taba. La nostra azienda, il cui acronimo sta per Tappi e Accessori per Batterie e Accumulatori, opera prevalentemente nel comparto automotive. Per questo ho spudoratamente bussato alla porta di quasi tutte le case automobilistiche al mondo, con risultati sorprendenti, potendo contare su sistemi performanti ed innovativi ai fini della sicurezza su strada». Che ruolo gioca l’innovazione nel vostro rilancio? «Fondamentale. Abbiamo messo a punto un

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quale stiamo ultimando nuovi prodotti finalizzati a garantire un maggior risparmio energetico e a ridurre il rischio d'impatto ambientale per gli accumulatori di energia destinati alle centrali idroelettriche, termoelettriche, eoliche e nucleari, ma anche alle piattaforme petrolifere ed estrattive e agli ospedali, siano essi militari, civili o da campo. Da qui nascono i recenti accordi negli Emirati Arabi o i contratti con produttori di batterie legati ai Ministeri del Trasporto, della Difesa e delle Energie Rinnovabili di molti stati membri dell’Ue». Dunque nel giro di un anno avete stretto partnership importanti. «Sì, su più target. Nel campo della trazione pesante, quindi autocingolati e sottomarini, vantiamo ad esempio contratti con la Marina Militare di tre differenti paesi. Per le telecomunicazioni, invece, il cliente finale è Deutsche Telekom. E proprio dalla Germania stiamo ottenendo importanti riscontri, ci stanno proponendo alcune partnership con


Elena Sampellegrini

UN RILANCIO TARGATO MADE IN ITALY er quarant’anni Angelo Sampellegrini ha portato avanti con tenacia la sua azienda, conquistando il mercato delle batterie. Il passaggio generazionale, però, non è stato semplice né tantomeno immediato. «Le aziende italiane più solide vengono solitamente fondate da uomini con intuizioni geniali ma con scarse abilità di gestione, soprattutto nel delicato passaggio generazionale. La mia non fa eccezione» spiega l’attuale presidente Elena Sampellegrini, figlia del fondatore. «Mio padre Angelo ha creata “un gioiellino” nel campo dello stampaggio di materie plastiche, investendo una vita di lavoro nel brevettare nuovi sistemi di sicurezza per le batterie e gli accumulatori di energia». Portando avanti la tradizione e l’incipit del padre, sotto la nuova direzione Taba produce attualmente oltre 2mila articoli per quattro differenti settori di vendita di uno stesso

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importanti nomi dell’industria tedesca. Anche i vertici di Chrysler hanno abbozzato progetti di collaborazione particolare, ma è ancora prematuro per parlarne». Da imprenditrice che effetto le fa ripensare all’azienda di famiglia come a una iniziativa, per molti versi, “nuova”? «Pur essendo Taba un'azienda storica del battery market, la ritengo paradossalmente una creatura appena nata. Ci si rimette totalmente in gioco, ma questo non mi spaventa, anzi, mi riempie di entusiasmo. Eventuali nuove partnership verranno valutate solo quando l'attuale fase di restart-up sarà ultimata e la nuova governance avrà stabilizzato il suo nuovo assetto». Cosa si aspetta dal nuovo anno?

mercato: avviamento, trazione, industriale e stazionario. Ma è il servizio, secondo la Sampellegrini, a garantire la competitività. «Il prodotto Taba è 100% made in Italy, viene progettato a Pandino, in provincia di Cremona. Tutto è realizzato con stampi creati direttamente nella nostra attrezzeria, portati poi in sede per essere lavorati nei tre turni sulle 80 presse periodicamente rinnovate. Il pezzo finale viene poi assemblato con sistemi brevettati di termosaldatura e saldatura a ultrasuoni, sottoposto a severi controlli di qualità in tutte le fasi di montaggio, confezionato in imballi protettivi e garantito tre anni». L’azienda garantisce anche un efficiente servizio tecnico post-vendita. «Questa è Taba. Un’azienda solida ma flessibile. Dinamica ma profondamente radicata. Giovane ma con 40 anni di storia».

«Se il 2011 è stato un anno contraddistinto da un'epocale rivoluzione a più livelli, mi conforta l’idea che il 2012 sarà l'anno del ritrovato equilibrio. I picchi stagionali di fatturato registrati, anche del 35%, la diminuzione del 25% dei costi indiretti, la maggiore visibilità internazionale e i nuovi progetti in corso fanno ben sperare. Auspico anche una rinnovata fiducia da parte del comparto bancario. Il maggior credito potrebbe dare vita a nuove iniziative imprenditoriali, tutte legate alla riconversione di talune attrezzature per la diversificazione della produzione nei settori farmaceutici e chimici. Due istituti hanno già dimostrato fiducia nei confronti della mia visione, e grazie a loro ho potuto dare inizio a questo importante processo di rinnovo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 123


IMPRENDITORI DELL’ANNO

I mercati del masterbatch Le ultime vicissitudini internazionali hanno creato instabilità e diffidenza nel mercato, generando diverse contrazioni. Ma il settore delle materie plastiche sta reagendo con forza. Come spiega Mario Belloni Antonella Chirico egli ultimi anni il masterbatch particolare tipo di pellet - riveste sempre di più, all’interno del settore materie plastiche, un ruolo primario. Risale invece a oltre trent’anni fa la decisione di Ada Guzzetti e Bruno Belloni di iniziare a produrlo. Una scelta lungimirante che ha portato l’azienda di famiglia, la Guzzetti Master di Turate, in provincia di Como, ad attestarsi come punto di riferimento per il settore. Oggi, dopo il passaggio generazionale, l’azienda è in mano ai loro figli: Lucia, responsabile acquisti, Federica, responsabile area amministrativa e finanza, e Mario responsabile commerciale e ricerca/sviluppo. Quest’ultimo espone le attività del gruppo che ha da poco definito e depositato un contratto di collaborazione continuativa con il Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università degli Studi di Milano. Con la crisi, l’utenza cui vi rivolgete punta ancora su prodotti base di alta qualità, o avete registrato dei cali nelle vendite?

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Mario, Lucia e Federica Belloni della Guzzetti Master Srl di Turate (CO) www.guzzettimaster.it

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«Grazie al mix di prodotti sviluppati e a una diversificazione bilanciata dei mercati di riferimento, l’impresa è riuscita ad attutire gli effetti generati dalla recessione globale, instaurando politiche di investimento sia strutturali sia di approccio a nuovi scenari. Sicuramente il costo delle materie prime e lo shortage delle stesse hanno richiesto un’attenta pianificazione degli ordini e un’ottimizzazione della produzione, volta ad attutire l’aumento dei costi da una parte, e garantire comunque una disponibilità costante di materiale dall’altra». A quali mercati vi rivolgete? «Ci rivolgiamo a mercati molto diversificati con approcci sistemici a nuovi settori. Guzzetti Master ha nel suo Dna la ricerca e la messa a punto di prodotti su misura. Investono su di noi sia multinazionali con applicazioni finali di elevata criticità, sia piccole e medie imprese operanti in settori dove l’alta qualità e le speciality risultano key factor». Quale bilancio può trarre dall’attività dell’azienda nel corso del 2011? «L’anno che volge al termine si è presentato fin dai suoi primi mesi come un periodo di ripresa dei mercati, sulla scia dell’entusiasmo di un 2010 favorevole per il nostro settore. Quest’anno, a fronte di un primo semestre dove abbiamo registrato un +2% rispetto all’esercizio precedente, ci attendiamo di chiudere il secondo semestre sostanzialmente col segno positivo, mantenendo quindi una posizione consolidata». Sulla base di questi dati, siete riusciti a rintracciare le risorse per investimenti e ricerca?


Mario Belloni

«Certo, innanzitutto è stato definito e depositato un contratto di collaborazione continuativa con il Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università degli Studi di Milano, per ricerche e analisi. Questa importante cooperazione ci permette di offrire ai nostri clienti studi personalizzati e analisi approfondite, difficilmente ripetibili nel mondo dell’industria privata. Per quanto riguarda l’innovazione interna Guzzetti Master ha investito in un nuovo impianto di laboratorio in grado di supportare aziende operanti nel mondo delle lastre e del film tecnico». Cosa rappresenta per voi il mercato internazionale? «L’export ricopre oggi circa il 15% del fatturato, abbiamo delle partnership con produttori del nord Europa e dell’est Europa, in particolare con Slovenia e Belgio. Importanti risultati giungono anche dal Nord Africa dove grazie a proficue sinergie stiamo raggiungendo degli ottimi traguardi». Attraverso quali strategie pensate di orientarvi su nuovi mercati? «Guzzetti Master attraverso nuovi accordi sta sviluppando un importante progetto industriale volto all’apertura di un nuovo sito produttivo in Nord Europa, consapevole che l’approccio ai mercati del nord, necessiti di

UN RICONOSCIMENTO DI QUALITÀ a Guzzetti Master ha ricevuto dall’ente Lloyd’s il riconoscimento di conformità del suo Sistema Qualità secondo le norme ISO 9001:2000 per quanto riguarda sviluppo, produzione e distribuzione di masterbatch per materie plastiche e di additivi per polveri termoplastici. L’azienda è dotata di un laboratorio interno capace di eseguire prove per la misura delle principali caratteristiche chimico/fisiche dei prodotti, in accordo con le principali metodologie internazionali. Tutti i prodotti Guzzetti Master sono disponibili in una vasta gamma di tipi formulati espressamente su misura del cliente e possono essere prodotti nelle più svariate tonalità di colore. Per rispondere alle esigenze dell’utenza e alle richieste di un mercato in continua evoluzione, l’azienda sta ampliando la rete commerciale avvalendosi di partner ad alto know-how.

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localizzazione». Quali aspettative vi proponete per il 2012? «L’azienda affronterà il prossimo anno agendo su diversi fronti sia interni che esterni; si punterà a consolidare i volumi e i mercati esistenti, fiduciosi che questo periodo di congiuntura economica possa sbloccarsi rapidamente. Agiremo internamente per migliorare i processi aziendali con particolare attenzione alla customer satisfaction e guarderemo ai mercati esteri soprattutto “lato acquisti”, attraverso un attento monitoring dell’andamento delle materie prime». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 125


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Le versatili applicazioni del poliuretano ra il 1947 quando i laboratori della Bayer perfezionavano la reazione chimica per la sintesi dei poliuretani, una vasta famiglia di polimeri che ancora oggi rappresenta uno dei materiali più impiegati per un numero quasi infinito di utilizzi. Poco più di trent’anni dopo, Mariano Bandera fondava a Brescia la Sifra, nata come piccola azienda operante nel commercio di ruote e oggi importante realtà italiana del settore della lavorazione del poliuretano e altri materiali. «È nei primi anni Novanta che ci siamo evoluti in sintonia con le richieste del mercato italiano ed estero – ricorda Bandera –, specializzandoci nella produzione di rulli rivestiti in poliuretano, gomma e di altri prodotti speciali e accessori realizzati a disegno per i più svariati settori e impieghi». Quali sono le principali proprietà del poliuretano, quelle che lo rendono così adatto a un impiego vario e molteplice? «Per i poliuretani la ricerca e lo sviluppo di nuovi polimeri ha aperto la via a soluzioni produttive in ambiti dove, fino a poco tempo fa, veniva impiegata esclusivamente la gomma. Le maggiori prestazioni sotto il profilo fisico e chimico fornite dai prodotti realizzati in poliuretano, a confronto con la gomma, consentono un notevole aumento dei tempi di esercizio e un conseguente miglioramento della produttività. Per quanto riguarda le tolleranze dimensionali bisogna tenere presente che, trattandosi di un elastomero ed essendo quindi dotato di un elevato coefficiente di dilatazione termica, il poliuretano non può raggiungere parametri di precisione assimilabili a quelli dei metalli. I po-

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Il poliuretano, insieme a gomma, metalli e diversi altri materiali, è al centro di incessanti studi per la messa a punto di lavorazioni e applicazioni sempre nuove, come spiega l’amministratore unico della Sifra Mariano Bandera Amedeo Longhi

liuretani uniscono i vantaggi delle gomme naturali e sintetiche – ovvero elasticità ed elevato allungamento sotto carico – a quelli delle materie plastiche – durezza ed elevata capacità di carico – e consentono quindi applicazioni tecniche diversamente non realizzabili. La Sifra offre gamme di poliuretani ottenuti per colata di qualità superiore nell’ambito dei polimeri a base etere e estere. È inoltre in grado di offrire rivestimenti realizzati con metodo rotazionale, che hanno inferiori caratteristiche fisico-meccaniche ma che possono risultare più interessanti a livello economico. Le caratteristiche peculiari dei prodotti in poliuretano sono resistenza all’abrasione, alla lacerazione, al taglio, alla

Mariano Bandera, amministratore unico della Sifra Srl di Brescia www.sifra.it


compressione, ai prodotti chimici, all’ozono e bassa isteresi elastica». Quali altri materiali e lavorazioni trattate? «La nostra produzione parte dalla produzione di parti metalliche di rulli, cilindri e ruote in acciaio, carbonio, alluminio e altri metalli per ogni utilizzo. Siamo specializzati anche nella fornitura di parti metalliche accoppiate ai vari rivestimenti, che possono essere in poliuretano, gomma o riporti speciali tipo tungsteno o cromo. I rivestimenti in gomma che forniamo vengono selezionati in funzione della mescola più adatta a ogni singola applicazione e sono in grado di soddisfare le innumerevoli specifiche tecniche richieste dai processi produttivi che utilizzano rulli gommati. Effettuiamo anche riporti speciali su parti metalliche, ovvero il deposito su particolari di vario materiale costruttivo, nei nostri casi su rulli, di uno o più strati di materia di varia composizione chimica. Lo scopo del riporto è quello di incrementare le caratteristiche fisico-meccaniche del pezzo trattato». Com’è strutturata la vostra attività al di là della parte produttiva? «Non veniamo infatti considerati semplici fornitori, ma veri e propri collaboratori, ai quali i clienti si rivolgono per qualsiasi problema tecnico o per ogni dubbio relativo alla scelta e alle prestazioni del prodotto. Oltre all’aspetto produttivo, curiamo quindi anche

quello relativo al servizio di consulenza, che racchiude tutta l’esperienza consolidata in anni di attività. Questo è a sua volta possibile grazie al contributo di uno staff di tecnici altamente qualificati e all’utilizzo di strumenti e tecnologie innovative, soprattutto nella lavorazione del poliuretano e della gomma». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 127


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Dai rottami ferrosi all’acciaio “green” Da dove proviene la maggior parte dell’acciaio prodotto in Italia? Con Ennio Bandinelli percorriamo le tappe che dal rottame ferroso portano all’acciaio. Un quadro da cui emerge un’Italia pioniera nella produzione d’acciaio “verde” Nicoletta Bucciarelli

ise Unire, l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile hanno presentato il 1° dicembre a Roma l'annuale rapporto "L'Italia del riciclo”, documento che fotografa il settore dei riciclo di rifiuti analizzando l'aggregato nazionale e le diverse tipologie di materiale, tra cui le materie plastiche. Nel rapporto si legge che il 2010 è stato un anno di recupero, dopo il crollo registrato nel 2009 (25%), con una crescita del 40% a circa 34 milioni di tonnellate. Tutti positivi gli indici per i sei principali flussi di materiali avviati a riciclo, ad eccezione della plastica (-0,7%): in ripresa alluminio (+18%), carta (+9,3%), legno

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Nelle immagini, fasi di recupero del rottame ferroso. Nella pagina accanto, Ennio Bandinelli, titolare e fondatore della Bandinelli Spa di Gazzuolo (MN) www.bandinellirottami.it

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(+15,4%) vetro (+7,5%) e soprattutto forte crescita di rottami ferrosi (+67,9%). «La positività del tasso di crescita del nostro settore per l’anno 2010 è il riflesso dell’aumento di produttività delle acciaierie nostre clienti, dovuto ad un incremento della richiesta di prodotto finito», spiega Ennio Bandinelli, titolare e fondatore della Bandinelli SpA. «Questo ha portato a risultati positivi nel nostro settore, dovuti alla sempre maggior richiesta di rottami di ferro, per fare fronte al nuovo andamento della domanda di acciaio sul mercato. Un peso notevole ha avuto la decisione delle acciaierie di aumentare le quantità di materia prima seconda (rottame) a discapito delle risorse naturali (minerale), rendendo i rottami di ferro una risorsa indispensabile per la filiera». La vostra attività inizia nel 1951 ma soprattutto negli ultimi anni è possibile osservare una crescente coscienza ecologica. Come è cambiata la coscienza dei cittadini nel periodo in cui vi siete dedicati al riciclo di materiali ferrosi? «La coscienza ecologica dei cittadini negli ultimi 50 anni è profondamente cambiata. In particolare modo nel nostro settore dove i materiali trattati vengono classificati come rifiuti, l’osservanza e il rispetto delle leggi in materia ambientale è di cruciale importanza. I cittadini sono sempre più attenti al rispetto dell’ambiente e si rendono partecipi alla differenzia-


Ennio Bandinelli

zione della filiera, contribuendo al recupero di prodotti riciclabili, altrimenti destinati allo smaltimento in discarica». Una maggiore coscienza nei confronti della causa ambientale sottende anche una maggiore spinta nei confronti della ricerca e dell’innovazione. A oggi quali sono le maggiori innovazioni che possono registrarsi nel vostro settore? «La ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di lavorazione e produzione dei materiali, è la leva primaria per fare innovazione nel nostro settore. In particolare mi riferisco, alla sperimentazione di nuovi processi produttivi, in grado di effettuare una sempre migliore cernita e trattamento dei rottami, con lo scopo di migliorare la resa qualitativa del prodotto finito nelle acciaierie nostre clienti». Vista e considerata la sua esperienza, verso quali ambiti può e deve ancora muoversi la ricerca per ottimizzare e migliorare ancora di più l’importante attività che svolgete? «La ricerca dovrebbe spingersi verso lo sviluppo di nuove tecnologie e lo studio di soluzioni alternative per rifiuti che attualmente vengono ancora conferiti in discarica. Rientra in questa categoria il fluff, proveniente dal trattamento fine vita delle automobili, che per motivi, a mio pa-

La coscienza ecologica dei cittadini negli ultimi 50 anni è profondamente cambiata. Soprattutto nel nostro settore, l’osservanza e il rispetto delle leggi in materia ambientale è di cruciale importanza

rere, puramente politico-burocratici, non viene riciclato, come invece accade in Germania. L’innovazione tecnologica, quindi, è oggi la condizione necessaria per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo, instabile e aggressivo». Di quali mezzi è dotata la Bandinelli? «L'azienda è dotata di un vasto parco automezzi come camion, gru stradali, pressa stradale, di macchinari e attrezzature fisse e mobili (due presse fisse, due cesoie fisse, cesoia mobile, pala meccanica, diversi ragni caricatori, portale fisso di controllo radiometrico). Inoltre possiede diverse centinaia di container scarrabili, di due sedi operative quella di Belforte di Gazzuolo, la sede storica, con un magazzino di 10.000 mq di cui 2.500 mq coperti e quella di Marcaria, la principale unità operativa, con un magazzino di 84.000 mq di cui 4.000 coperti, dotato di raccordo ferroviario privato sulla linea Mantova Milano». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 129


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’utilizzo dei rottami per la produzione di acciaio è una delle attività che vi caratterizza. Potrebbe fornirci dei numeri che indicano, delle tonnellate di acciaio prodotto in Italia, quante vengono da rottame ferroso? «L’acciaio prodotto in Italia proviene per la maggior parte da rottami di ferro. Nello specifico, il 65% della produzione nel nostro paese proviene dall’utilizzo dei rottami ferrosi, mentre il 35% da minerale di ferro. Questo a differenza di ciò che accade nel resto del mondo, dove per circa il 60% della produzione di acciaio viene utilizzato il minerale di ferro e per la restante parte rottami ferrosi. L’Italia è pioniera nella produzione “verde” di acciaio, differenziandosi dal resto del mondo, utilizzando una

La ricerca nel nostro settore dovrebbe spingersi verso lo sviluppo di nuove tecnologie e lo studio di soluzioni alternative per rifiuti che vengono conferiti in discarica

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materia prima infinite volte riciclabile, cercando di attingere il meno possibile alle risorse esauribili presenti in natura». Quali sono i settori e le aziende con le quali collaborate maggiormente? «Il settore con il quale collaboriamo maggiormente è quello siderurgico, dove i nostri principali clienti sono acciaierie e fonderie dislocate per lo più nel nord Italia, in particolare nella provincia di Brescia. Queste attraverso la fusione dei rottami di ferro e altre leghe creano un nuovo prodotto finito diverso a seconda della lavorazione effettuata. Possiamo trovare produttori di piani, come ad esempio i coils, lunghi come le travi e il tondo da cemento armato, che necessitano di una materia prima differenziata a seconda del prodotto finito». Da esperto e protagonista del settore potrebbe fornirci la situazione sul mercato del ferro? «La situazione del mercato del ferro è cambiata significativamente nel corso dell’anno. Si può dire che nel primo semestre c’è stato un andamento positivo con aumenti, talvolta anche importanti, in linea con il mercato internazionale. In Italia il mercato è salito del 15-20% fino al mese di Maggio. Mentre a partire dal 2° semestre le prospettive del valore del rottame di ferro sono diventate negative a causa della mancata vendita del prodotto finito dei nostri clienti. Nonostante ciò si arriva a fine esercizio con un bilancio positivo». Oltre al settore del riciclo del materiale ferroso vi occupate anche di demolizione di autoveicoli. «Esattamente. Siamo centro autorizzato di demolizione autoveicoli ed espletiamo tutte le formalità connesse alla radiazione Pra dei veicoli, operando secondo procedure di demolizione nel rispetto della corretta gestione ambientale per il trattamento del fine vita dei veicoli fuori uso. Ogni autovettura, prima dell'effettiva demolizione e riduzione volumetrica, viene bonificata, ovvero privata di tutti quei rifiuti solidi e


Ennio Bandinelli

liquidi che possono arrecare danno all'ambiente. Successivamente alla pressatura, gli autoveicoli vengono inviati agli impianti di frantumazione e riciclo. Disponiamo inoltre di pressa mobile, gru stradali, e collaboriamo abitualmente con numerosi autodemolitori fornendo un servizio completo: pressatura, carico, trasporto, acquisto dei pacchi di carrozzeria». Un altro servizio parallelo è quello della raccolta delle pile usate. «Disponiamo di tutte le attrezzature idonee e delle previste autorizzazioni per la raccolta, lo stoccaggio provvisorio e l'invio ai centri di riciclaggio delle batterie esauste. Noi ritiriamo direttamente le batterie esauste presso i vari detentori (autoriparatori, ricambisti, autodemolitori, ipermercati, raccolte differenziate comunali, aziende industriali, commerciali, artigianali, trasporti, telecomunicazioni) di tutte le dimensioni e tipologie (avviamento, stazionarie, trazione). Disponiamo di un ampio parco di automezzi per far fronte a tutte le esigenze sia nella fase di raccolta capillare delle batterie esauste, sia in quella successiva relativa all'invio agli stabilimenti riciclatori, dove viene effettuata la lavorazione vera e propria (scassettamento, separazione piombo e plastica da recuperare, acido solforico da inertizzare e smaltire) e il recupero del piombo e della plastica». Quanto sono importanti i settori di demolizione di autoveicoli e di raccolta di batterie e quanto investite in questi comparti? «Per la nostra azienda l’autodemolizione e la raccolta delle batterie sono settori che rappre-

sentano una piccola parte del nostro volume d’affari. Il 2% del fatturato è attribuibile alla demolizione dei veicoli, l’1% allo smaltimento delle batterie e l’1% a quello degli pneumatici fuori uso. Questi rami di attività sono comunque da ritenersi di particolare importanza, perché a maggior impatto ambientale. Per questo è necessario porre un’attenzione maggiore nel riciclo delle singole parti inquinanti che le compongono». Quali sono attualmente le normative che regolano la raccolta di batterie usate? «Le normative che regolano la raccolta delle batterie esauste prevedono l’adesione ad uno dei consorzi legalmente riconosciuti in vigore. La nostra azienda collabora da diversi anni con il Cobat, che attraverso una raccolta capillare su tutto il territorio italiano, garantisce lo smaltimento ed il fine vita delle batterie esauste».

65% ACCIAIO

La produzione che nel nostro paese proviene dall’utilizzo dei rottami ferrosi

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’avanguardia tecnologica nel controllo e distribuzione del gas Ricerca e sviluppo, nuovi macchinari, controlli rigidi. Sono le linee guida sulle quali si fonda l’attività della MP Gas Controls Spa, azienda specializzata nella produzione di valvole e rubinetti per controllo e distribuzione del gas per uso domestico Carlo Gherardini

ontinuare a investire in macchinari e impianti, al fine di garantire una produzione di alta qualità e di elevato contenuto tecnologico. È questa la strategia aziendale perseguita dalla MP Gas Controls Spa che ogni anno investe gli utili per migliorare ulteriormente la produzione. L’azienda, con sede operativa a Pisogne, è specializzata nella realizzazione di rubinetti e valvole termostatiche per il controllo e la distribuzione del gas, in particolare per il settore del riscaldamento, della cottura e del campeggio. Un mercato, quindi, alta-

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Simone Bonomi vicepresidente della MP Gas Controls di Pisogne (BS) www.mpgascontrols.com

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mente specifico e complesso, che richiede tecnologie all’avanguardia capaci di rispondere a requisiti tecnici e di sicurezza. «Distribuiamo gran parte dei nostri articoli a imprese che producono cucine, bbq, fornelli, stufe, convettori e apparecchi a gas in genere» afferma Simone Bonomi, vicepresidente dell’azienda. MP Gas Controls è un’azienda salda, una delle quattro rimaste in Italia specializzate in questo tipo di produzione, ed esporta i suoi prodotti anche all’estero. In quali paesi stranieri distribuite le vostre valvole e i rubinetti? «Il nostro export, che attualmente copre circa il 70% del fatturato totale dell’azienda, si concentra soprattutto sui paesi europei e il Medio Oriente. Quest’ultimo, in particolare, sembra essere un mercato in crescita che, nonostante le difficoltà del momento, oggi può offrire buone opportunità». Avete cominciato l’attività producendo rubinetteria in ottone per il controllo e la distribuzione del gas per uso domestico. «Sì, l’azienda è stata fondata nel 1979 e negli anni ha realizzato un percorso in continua crescita, incrementando la capacità produttiva, investendo molto in macchinari e tecnologie specializzandosi anche nella lavorazione di nuovi materiali, come l’alluminio, diversificando così la gamma dei prodotti e di conseguenza quella dei propri mercati». Quanto investite mediamente ogni anno


Simone Bonomi

Ogni fase del processo produttivo viene effettuata, controllata e monitorata tramite sofisticati macchinari e ogni valvola viene collaudata singolarmente

in ricerca e sviluppo? «Investiamo tra i 2 ed i 3 milioni di euro all’anno in macchinari, automazione e ricerca, al fine di offrire articoli sempre nuovi, in grado di rispondere a esigenze particolari con realizzazioni personalizzate, mantenendo al tempo stesso una grande flessibilità, che è la caratteristica principale della nostra azienda». Com’è organizzato oggi il vostro stabilimento? «Nei reparti produttivi sono dislocate isole di lavoro costituite da macchine transfer e cen-

tri di lavoro Cnc assistiti da robot di ultima generazione. Le isole sono collegate in rete e questo consente il costante monitoraggio delle stesse e di tutti i parametri produttivi e qualitativi. L’assemblaggio, completamente automatizzato, viene eseguito da apparecchiature Cnc che garantiscono la massima affidabilità dei processi e, di conseguenza, del prodotto finito. Abbiamo inoltre un ufficio tecnico, i nostri esperti sono in grado di affrontare e risolvere qualsiasi problema e proporre la soluzione più adeguata alle richieste dei clienti garantendo qualità del prodotto e velocità nei tempi di consegna». Come riuscite a garantire qualità e sicurezza dei vostri articoli? «Operiamo secondo un sistema di qualità certificato Iso 9001:2008, in modo da garantire la fornitura di prodotti realizzati in conformità alle richieste normative e a quelle dei clienti. Tutti i prodotti sono omologati Ce secondo la Direttiva 90/396/Cee in materia di apparecchi a gas e rispettano rigide norme che impongono che la realizzazione e il controllo delle valvole avvengano tenendo in considerazione fattori importanti quali: la garanzia di un prodotto testato e sicuro, il perfetto funzionamento e la sua durata nel tempo durante l’utilizzo. Ogni fase del processo produttivo viene quindi effettuata, controllata e monitorata tramite sofisticati macchinari e apparecchiature costantemente verificati e approvati. Ogni valvola viene inoltre collaudata singolarmente secondo i requisiti normativi». Pur in tempi di crisi vi siete confermati una realtà solida sul mercato. Quali prospettive avete per il futuro? «L’anno scorso siamo cresciuti in percentuali a due cifre, raggiungendo i 20 milioni circa di fatturato. Prevediamo di chiudere quest’anno mantenendo lo stesso trend e, considerata l’attuale situazione dei mercati, mi sembra già un traguardo importante. Le prospettive restano ottimistiche anche per il prossimo anno». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 133


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La precisione come filosofia produttiva ei grandi lavori di ingegneria, la precisione nell'assemblaggio e nelle saldature e la qualità dei componenti sono fattori determinanti per la solidità e l’affidabilità dell'opera. Lo svolgimento di questi compiti richiede una grande specializzazione e una totale padronanza di tecnologie innovative. Per questo motivo il completamento di queste delicate fasi di costruzione viene spesso delegato a ditte specializzate, dall'esperienza certificata e in grado di fornire qualità e professionalità garantite. Caratteristiche conosciute e acquisite da Mario Colleoni, titolare della Tecnoweld Italia, ditta del bergamasco specializzata nella saldatura e riporti di saldatura di componenti per gli impianti petrolchimici. «La nostra società nasce nel 1994 e ha oggi raggiunto un grande livello di competenza nel suo settore. La principale prerogativa della Tecnoweld Italia è sempre stata l'innovazione tecnologica; una

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Immagini della produzione della Tecnoweld Italia di Capriate San Gervasio (BG) www.tecnowelditalia.it

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Qualità implementata da ricerca e sviluppo e attitudine alla diversificazione produttiva. Poche ma semplici regole per rimanere competitivi nell’ambito delle saldature e cladding di componenti per i grandi impianti petrolchimici, descritte da Mario Colleoni Lodovico Bevilacqua

scelta strategica per un settore dove la sperimentazione e l'applicazione di soluzioni innovative può aumentare di molto la fattura e l'affidabilità complessiva dell'opera realizzata». Ricerca e sviluppo, dunque, le voci fondamentali da considerare, le sole in grado di garantire quella competitività necessaria ad acquisire le commesse. Insiste Colleoni: «Noi – come molte società di questo settore – lavoriamo per conto terzi; la qualità della nostra offerta professionale, quindi, diventa importante non solo per acquisire un portafoglio di clienti affezionati e soddisfatti, ma anche perché il nostro servizio presuppone una forte responsabilità nei confronti del committente e finale realizzatore dell’opera». E in un mercato reticolare come quello in questione, la stima dei committenti è una preziosa risorsa. «La nostra attività si basa tantissimo sulle collaborazioni; l'acquisizione delle commesse non può esulare dall'istituzione di rapporti preferenziali con altre ditte. Mantenere alto il livello del prodotto offerto diventa quindi una condizione fondamentale». Parte della sopracitata attitudine all'innovazione è costituita dal continuo aggiornamento degli impianti. «La precisione e la qualità della lavorazione garantite dai macchinari sono ca-


pitoli di investimento estremamente importanti, così come in grande considerazione va tenuta la preparazione e la formazione professionale da garantire ai propri dipendenti, in modo da poter contare su uno staff esperto e competente, in grado di far rendere al meglio le macchine». Chiamato direttamente in causa, Colleoni ammette come anche la fase di managing sia fondamentale per mantenere l'azienda concorrenziale sul mercato. «È ormai chiaro che stiamo parlando di un settore dinamico e com-

petitivo, dove la qualità offerta conta tantissimo, ma è importante anche essere in grado di diversificare questa offerta. Aumentando la dotazione del nostro parco macchinari, siamo recentemente diventati in grado di aumentare le nostre prerogative di produzione e riuscendo ad estendere le nostre competenze alla lavorazione dei componenti stessi». In un ambito facilmente afferibile a quello dell'industria pesante, va infine ricercata con attenzione una buona capacità di movimentazione. «La nostra nuova sede di Capriate San Gervasio ricopre una superficie di 12.500 metri quadri ed è dotata di sistemi di movimentazione all'avanguardia che, grazie alla perfetta integrazione con i sistemi di controllo degli impianti automatici di saldatura, permette di effettuare le lavorazioni più impegnative, sia in termini di dimensioni e peso dei pezzi, che in termini di qualità e precisione dei processi». Emerge dunque il quadro di un’azienda efficiente e dinamica, che gode peraltro di ottima salute dal punto di vista finanziario. «Il 2011 è stato un anno estremamente positivo, che ha visto un aumento di fatturato dell'ottanta per centro rispetto ai dodici mesi precedenti. Altrettanto positive sembrano inoltre le stime per il biennio in arrivo».

80% CRESCITA

L’aumento del fatturato dell’azienda nel 2011 rispetto all’anno precedente

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’attenzione all’ambiente migliora i processi produttivi Ambiente e innovazione tecnologica, un binomio sempre più vincente per l’imprenditoria italiana. Piero Bonicelli e Ferdinando Abate ci illustrano il percorso compiuto dalla Fondermat Erika Facciolla

a continua ricerca di soluzioni migliorative sui materiali e sui processi di produzione e lavorazione industriali, non è semplicemente frutto dell’innovazione tecnologica, ma anche della consapevolezza delle problematiche legate all'inquinamento ambientale. Una consapevolezza che dilaga con forza in ogni settore produttivo, ma che appare ancora più importante in comparti industriali dove l’attenzione all’ambiente e all’impatto che l’azione umana ha sul territorio diventa cruciale. È anche per queste ragioni che dal 1973 ad oggi, la Fondermat, azienda bresciana specializzata nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti, impianti ed accessori per la fusione e la conduzione delle leghe leggere nelle svariate tecnologie di trasformazione, ha dedicato grande attenzione ad ogni fase operativa dei suoi processi produttivi, tanto da ottenere importanti certificazioni europee di qualità. «Un obiettivo - sot-

L Da sinistra, Piero Bonicelli e Ferdinando Abate, soci e amministratori della Fondermat Spa di Cellatica (BS). Nelle altre immagini, ambienti di lavoro www.fondermat.it

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tolinea Piero Bonicelli, socio dell’azienda con Ferdinando Abate - raggiunto grazie all'impegno che da sempre accompagna il lavoro di Fondermat, dove la qualità è un valore concreto da perseguire con grande cura». La gamma dei prodotti Fondermat copre il fabbisogno delle raffinerie, fonderie di pressofusione, bassa pressione e gravità. Fin dalle sue origini, Fondermat coniuga doti di forte ricerca innovativa e grande dinamismo: fattori che hanno consentito una continua crescita fino all’affermazione come una delle più importanti realtà industriali italiane del proprio settore. «La storia di Fondermat – spiega Ferdinando Abate - è caratterizzata dall'innovazione, fortemente legata alla capacità di proporre soluzioni mirate a soddisfare le molteplici esigenze dei nostri clienti, favorendo l'opera dei fonditori e semplificando il lavoro degli applicatori. Passione per il proprio lavoro, assoluto rigore tecnico e grande competenza industriale, danno a Fondermat la consapevolezza di poter affrontare e superare le nuove sfide del futuro». Vista la vocazione della provincia bresciana al mercato della pressofusione, l’azienda è riuscita a crescere rapidamente fino a diventare la solida realtà produttiva di oggi. «Il centro dell’attività di Fondermat – sottolinea Piero Bonicelli - è sempre stato la commercializzazione di prodotti e impianti. Grazie all’esperienza maturata con fatica e costanza siamo riusciti ad ampliare la conoscenza del mercato specifico, il ché ha fornito l’impulso necessario per evolvere e


Piero Bonicelli e Ferdinando Abate

47 mln EURO

Il fatturato della Fondermat registrato nel 2010 contro i 28 milioni di euro del 2007

crescere». La capacità dello staff dirigenziale e operativo di prestare ascolto alle richieste del settore, cercando di intercettarle e assecondarle con tempestività e precisione, è certamente uno dei principali punti di forza che ha consentito a Fondermat di passare dal ruolo di mero rivenditore a quello di produttore, sia in ambito nazionale che internazionale. Ferdinando Abate ricorda che «Fondermat fornisce prodotti di qualità dedicati alle fonderie di leghe leggere, in grado di rispondere ai bisogni sempre più specifici delle varie fonderie in tutta Italia, che le hanno valso la notorietà e il prestigio a livello nazionale e internazionale». Sottolinea poi Piero Bonicelli: «Nonostante il trend negativo dei mercati mondiali registrato negli ultimi anni Fondermat in controtendenza ha continuato a crescere, consolidandosi anche all’estero, in molti mercati Europei, ma la vera sfida di oggi sono i mercati emergenti extraeuropei come Russia e Turchia, dove da anni il marchio e i prodotti Fondermat sono presenti grazie a rivenditori selezionati e specializzati; poi Brasile,

dove è stata inaugurata proprio quest’anno una nuova sede operativa e produttiva, Fondermat Do Brasil, nata per essere quel trampolino di lancio che potrebbe proiettarci rapidamente su tutto il mercato sudamericano; e a seguire India, dove già abbiamo un partner importante che ha fatto conoscere i nostri prodotti agli utilizzatori delle fonderie – continua uno dei soci dell’azienda –. La risposta del mercato per ora è più che positiva, il che ci fa ben sperare, ed è il motivo per il quale stiamo valutando di investire a breve per far nascere in India una nuova unità produttiva Fondermat». L’azienda di Bonicelli e Abate ha continuato a credere nelle proprie capacità e a promuovere investimenti creando anche un nuovo laboratorio interno con macchinari di controllo all’avanguardia. «Questa lungimiranza ha consentito di affinare e migliorare la produzione di distaccanti a base acqua – continua Abate – e di flussi, tutti prodotti specifici dedicati al settore della fonderia d’alluminio e in particolar modo alla pressofusione». Fondermat dispone anche di un team tecnico specializzato in grado di offrire al cliente un supporto mirato a minimizzare i problemi legati allo smaltimento dei reflui ed alle immissioni di fumi nell’aria, nel rigoroso rispetto dell’evoluzione delle normative in tema di sicurezza degli operatori e dell’ambiente stesso. «Proprio nell’ottica di migliorare i prodotti e le loro performance, abbiamo studiato, prodotto e brevettato l’Atomized Fluid, un distaccante che può essere utilizzato senza acqua e che, abbinato ad particolare applicazione tecnologica, consente un notevole risparmio economico, nel pieno rispetto dell’ambiente». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 139


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La rivoluzione del manifatturiero La “massiccia” produttività lascia il posto a un approccio più gestionale e mirato al raggiungimento di una competitività che includa fattori socio-economici, tecnologici e di servizi qualificati. Il punto di Roberto Zucchini Lucrezia Gennari

industria dell’automobile, che rappresenta ancora oggi un punto di riferimento strategico dell’economia italiana ed europea, è stata per molti anni la più rappresentativa dell’evoluzione dei processi produttivi e, in particolar modo, della relazione fra fornitori di componenti e cliente finale. La maggior parte dei processi industriali ha raggiunto livelli di automazione importanti, che sono il frutto di tutta una serie di cambiamenti progressivi consentiti dall’avvento di nuove tecnologie. D’altro canto, anche gli aspetti tecnici, organizzativi e gestionali hanno giocato e continueranno a giocare un ruolo fondamentale

L’

La Adl Acciai Speciali Srl ha due sedi, a Castegnato (BS) e a Padova www.adlacciai.it

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nell’evoluzione dell’industria manifatturiera e degli aspetti socio-economici associati, soprattutto per quanto riguarda il livello di coinvolgimento del management nell’impostazione e gestione dei processi produttivi. La Società ADL Acciai Speciali Srl, con sede a Castegnato (BS), opera da quasi dieci anni nel settore della siderurgia speciale (acciai da utensili e complementari al carbonio), offrendo alla propria clientela un ampio pacchetto di servizi che risulta essere di assoluta importanza in un mercato dinamico ed esigente come quello attuale. «La struttura commerciale di ADL è organizzata in modo da gestire tre aree di vendita – afferma Roberto Zucchini, fondatore dell’azienda –: area Nord Ovest e area Centro Nord, comprendenti le attività di vendita della sede di Castegnato, e area Nord Est, che include invece le attività di vendita della filiale di Padova». L’obiettivo dell’azienda è quello di essere parte attiva dell’intera filiera produttiva e, a questo scopo, dispone anche di due depositi strategicamente collocati sul territorio. «Le scorte e la distribuzione dei materiali, tenuti costantemente disponibili presso i magazzini, sono gestititi dal servizio di steel management, che opera presso la sede di Castegnato e dal servizio logistico centrale che si avvale di una piattaforma di sistema di trasporto costituita da mezzi propri e trasportatori locali per il collegamento con il


Roberto Zucchini

magazzino di Padova e per le consegne giornaliere alla clientela». I servizi che offre ADL, comprensivi di un servizio tecnico e commerciale qualificato, pongono le basi per un rapporto di sviluppo non solo commerciale con il cliente finale, ma ben più mirato al consolidamento di una partnership di collaborazione strategica nel tempo. «Ci rivolgiamo principalmente alle società metalmeccaniche che operano a stretto contatto con l’industria automotive – afferma Roberto Zucchini -; circa l’80% dell’acciaio da noi fornito alle officine meccaniche del Nord Italia viene trasformato e lavorato al fine di produrre matrici, inserti e utensili di stampaggio per realizzare particolari di vario genere e componentistica per automobili italiane e straniere». La filiera produttiva, di cui ADL è parte integrante, è oggi, sotto ogni aspetto, molto complessa. Basti pensare che dall’acquisto della materia prima alla realizzazione del prodotto finale, è coinvolta una serie di processi industriali ognuno dei quali è strettamente collegato al successivo. «Ogni processo determina in egual misura la riuscita e il raggiungimento di un obiettivo integrato a un progetto produttivo caratterizzato da una serie di vincoli tecnicoeconomici molto complessi – continua Zucchini -. In questo settore industriale tutti gli “attori” della filiera produttiva devono avere un approccio costruttivo e collaborativo fra le parti; non è pensabile oggi, considerare concluso un contratto commerciale di qualsiasi tipo e ritenere di avere soddisfatto un esigenza del cliente con la sola evasione delle posizioni indicate su un ordine». Quali dunque le maggiori urgenze di un contesto industriale ed economico come quello attuale? «Oggi le necessità sono molto più complesse e articolate rispetto a quelle di qualche anno fa, e comportano un forte investimento economico sulla creazione di un modello organizzativo-gestionale che miri alla riduzione degli “sprechi” e alla ottimizzazione delle ri-

sorse e dei servizi a tutti i livelli, garantendo una maggiore competitività in un mercato globale sempre di più complesso. Credo che puntare a livelli di miglioramento del sistema gestionale assicuri al mercato attuale la presenza di una realtà industriale forte, volta a garantire in modo continuativo una maggiore qualità dei servizi e dei prodotti offerti, in linea con le esigenze dei clienti, senza trascurare elasticità e flessibilità operativa, che sono aspetti non meno importanti per interagire con tutta la filiera produttiva e rispondere in modo altamente competitivo alle dinamiche del mercato». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 141


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Sui mercati internazionali, tra investimenti e ricerca Fra innovazione, ricerca ed etica di impresa. Le eccellenze hanno spesso il loro core business sui mercati internazionali, più dinamici di quello interno. Edmunda Grazioli racconta la sua esperienza di partner globale per il settore automotive Valerio Germanico

uando un’azienda esporta i propri macchinari e impianti in tutti i cinque continenti, si fa concreta la necessità di offrire un servizio di assistenza e manutenzione adeguato all’estensione geografica del mercato. Esiste oggi la possibilità di monitorare da remoto, con un servizio di teleassistenza, l’operatività di un impianto produttivo, anche se questo è dislocato a grande distanza dal soggetto che incaricato di effettuare il controllo. Grazioli Group, azienda specializzata nella realizzazione di macchinari e impianti innovativi per la lavorazione dei tubi d’acciaio e di metalli non ferrosi, ha investito in un sistema di Rsa (Remote Virtual Assistance), che le permette di avere un accesso completo ai sistemi remoti e di offrire un servizio di assistenza per effettuare operazioni di manutenzione, aggiornamento e diagnostica. Edmunda Grazioli, titolare del gruppo, spiega il perché del loro investimento nella ricerca e sviluppo per l’innovazione. Quale opportunità ha rappresentato l’adozione di un sistema di Rsa? «Il sistema permette di accedere, tramite modem analogico o Isdn, all’impianto da noi realiz-

Q Edmunda Grazioli, titolare di Grazioli Group, Carpenedolo (BS) www.grazioligroup.com

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zato e che si trova nello stabilimento del nostro partner. Questo servizio di teleassistenza ci consente di intervenire tempestivamente, dato che una volta segnalato il problema, il tecnico può intervenire in tempo reale, non dovendo raggiungere la sede in cui si trova il macchinario. Tuttavia ha accesso ai controlli della macchina come se vi si trovasse di fronte, dato che può modificare da remoto i programmi di lavoro della macchina». Quali sono stati gli investimenti più recenti nel settore ricerca e sviluppo? «Durante il recente biennio di crisi, abbiamo aggiornato la nostra tecnologia. In particolare alcune parti dei macchinari. Queste, benché ancora efficienti, potevano migliorare sotto il profilo del rispetto ambientale – esigenza particolarmente sentita sul mercato ed esplicitamente manifestata da alcuni nostri partner. Quindi siamo passati da sistemi oleodinamici all’implementazione di tecnologia elettronica. Questo ha permesso anche di ottenere minori costi di gestione e di ridurre i problemi legati alle regolamentazioni e allo smaltimento di fine ciclo». C’è stata, fra le imprese e nelle imprese, la volontà di fare squadra? «A partire dal 2010, con la somma del problema economico a quello finanziario, alcune aziende hanno iniziato a creare problemi alle altre attraverso i flussi di cassa. Soprattutto i grossi gruppi, nel nostro Paese, hanno appro-


Edmunda Grazioli

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A livello internazionale si incontrano esigenze diverse e la tecnologia è la migliore risposta per soddisfare tutti i partner

fittato della loro posizione per posticipare i pagamenti o allungarne i tempi, oppure facendo saltare scadenze – al contrario, molte piccole imprese a costo di sacrifici hanno onorato tutti gli impegni. Con la crisi, quindi, è venuta a mancare spesso il rispetto di un’etica professionale che dovrebbe essere alla base di tutto». La vostra realtà si confronta con gli scenari internazionali. Qual è la situazione del mercato attualmente? «È stato proprio grazie alla nostra presenza sui mercati globali che abbiamo investito nella ricerca e nello sviluppo: a livello internazionale bisogna andare incontro a esigenze spesso diversificate e la tecnologia è la migliore risposta per soddisfare le attese di tutti i nostri partner. Attualmente il nostro lavoro si è concentrato

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nella produzione di macchinari e impianti per il settore automotive, soprattutto di Paesi come Brasile, Tunisia, Cina e India. Nel 2011 abbiamo avuto una buona ripresa, anche con richieste di nuovi impianti». Quali sono le vostre prospettive per il prossimo anno? «Il 2012, sulla base della situazione attuale, dovrebbe essere un anno buono per noi. Abbiamo già una serie di contratti sottoscritti per forniture di impianti che arrivano fino alla conclusione del primo semestre del prossimo anno. Questo grazie soprattutto allo sviluppo del settore automotive nei Paesi emergenti, che, diversamente dal nostro mercato interno, richiedono i nostri sistemi produttivi. Insieme alle commesse che prevediamo di concludere per la seconda parte dell’anno, la nostra previsione complessiva è quindi positiva – potrà forse anche essere migliore, se si sbloccherà la situazione del mercato europeo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 143


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La carpenteria metallica punta sulla flessibilità a rete di imprese attive nel settore della carpenteria metallica rappresenta un fondamentale sostrato di produttività e innovazione confluente in diverse nicchie di mercato. Per questo, il contoterzismo facente capo a quei soggetti imprenditoriali attivi nella fornitura di prodotti e servizi a terzi, rappresenta la chiave di volta per la riuscita di una risoluta sinergia tra i principali attori della filiera industriale e la realizzazione di prodotti inediti, progettati ad hoc per la risoluzione non standardizzata di problematiche apparse in specifiche e determinate condizioni produttive e commerciali di quel “fare impresa”, spinto sempre verso platee esigenti e avanguardistiche. «Il contoterzismo, specialmente se affrontato su più campi e quindi con la massima flessibilità, permette di stare a galla anche nei momenti più difficili o qualora si verificasse un calo su una certa tipologia di lavoro». Grazie infatti anche al lavoro per conto terzi, la C.M.F., Carpenteria metallica Montaggio Fabbricazione, in quasi vent’anni di attività è riuscita ad affermarsi come partner ideale per non poche realtà industriali e imprese che ad oggi partecipano alla crescita di un volume di affari che ha portato la C.M.F. a un ultimo fatturato da quasi 7 milioni di euro. Giuseppe Manenti, presidente Cda e direttore di stabilimento della C.M.F., descrive l’operosità aziendale, sottolineando l’imprescindibilità di poter contare su personale esperto e competente. Quali presupposti e vantaggi comporta il contoterzismo nell’ambito della carpenteria metallica? «Lavorare per conto terzi suppone innanzitutto che l’azienda come la C.M.F., che ne sposa le di-

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Nel descrivere i presupposti e gli obiettivi del lavoro per conto terzi, Giuseppe Manenti spiega perché la flessibilità operativa è la caratteristica imprescindibile per trarre il massimo dei vantaggi da questa pratica imprenditoriale Adriana Zuccaro

namiche, sia in grado di adempiere a un ampio ventaglio di attività con il massimo livello di flessibilità operativa. Soddisfatte tali condizioni, l’azienda contoterzista evita qualsiasi periodo di stallo produttivo mentre l’impresa committente ottiene un prodotto finito da un unico fornitore che, una volta dimostrata l’assoluta affidabilità e competenza, gli consente di poter assorbire picchi di lavoro senza rinunciare al cliente. Innescato il circuito collaborativo, i risultati non tardano ad arrivare». Oltre alle varie costruzioni di carpenteria metallica, studiate per le specifiche esigenze di ogni committente, quali sono le principali tipologie di componenti o assemblaggi di cui ricevete maggiore richiesta? «Dal 1992, anno di fondazione della C.M.F come azienda specializzata nella costruzione di carpenterie per l’industria e di cassoni per raccolta rifiuti per aziende del settore, oggi riceviamo numerose richieste di allestimento di veicoli speciali. I campi di utilizzo di tali mezzi spaziano dal settore antincendio alla protezione civile, dal trasporto truppe alla raccolta

Giuseppe Manenti, presidente Cda e direttore di stabilimento della C.M.F. con sede a Cigole (BS). Nella pagina a fianco, ambienti di lavoro www.carpenteriecmf.com


Lavorare per conto terzi suppone innanzitutto che un’azienda come la C.M.F., che ne sposa le dinamiche, sia in grado di adempiere a un ampio ventaglio di attività con il massimo livello di flessibilità operativa

rifiuti e macchine edili. Siamo in grado di consegnare il prodotto finito e verniciato, munito di impianto elettrico, oleodinamico, meccanico, pneumatico e idrico». In quali specifici aspetti è possibile ricondurre la forza imprenditoriale della C.M.F.? «Senza dubbio nella flessibilità, quindi nella possibilità di accettare commesse settoriali per la soddisfazione di forniture e prodotti di vario genere. La nostra forza è riconducibile anche e soprattutto alla capacità di accogliere ogni sfida per nuovi lavori proposti da varie aziende, fornendo un prodotto finito o sviluppando per loro idee nuove da immettere in mercati di nicchia. In altre parole, C.M.F. mette a disposizione i propri uffici tecnici per lo sviluppo di progetti inediti, specificatamente attinenti a segmenti di mercato non massificati». Nonostante il rivoluzionario progresso tecnologico-informatico, quanto è ancora importante oggi la sapienza manuale del personale addetto? «Nella nostra azienda la materia prima subisce importanti lavorazioni tramite laser o plasma HD per il taglio, per poi essere piegata e forata e/o assemblata fino a giungere alla conclusione del ciclo produttivo come prodotto finito. Ma la vera forza dell’azienda è tuttavia nella competenza, professionalità ed esperienza del nostro

personale. Per fortuna, nel nostro lavoro la persona è molto più importante dell’attrezzatura anche se i nostri tecnici inevitabilmente utilizzano e conoscono tutti i vantaggi dei nuovi sistemi informatici». Quale filosofia sta alla base dell’operatività della C.M.F.? «Ritengo che la nostra filosofia possa essere paragonata all’essenza del gioco che praticavo negli anni Settanta: il rugby. In azienda come in campo, perseguiamo il lavoro di squadra ma incentrato sull’ordine impartito da una persona, andando sempre avanti a testa alta, anche nelle sconfitte se si ha giocato con onestà, passione, determinazione e rispetto per l’avversario, nonché per la concorrenza». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 147


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Quando la velocità è il fattore chiave uanti pezzi si possono produrre in un minuto? È forse questa la domanda principale che viene rivolta ad Angelo Vistarini quando prende il via l’iter di studio e costruzione delle macchine automatiche che produce la Tecmes, azienda lombarda di cui è direttore commerciale. «Per far capire l’importanza che riveste la velocità di produzione faccio un esempio relativo a un particolare settore, quello del riempimento delle classiche capsule di caffè. Le prime macchine potevano garantire come massima produttività sessanta capsule al minuto, mentre oggi le cento capsule al minuto rappresentano solo la produzione minima, mentre la massima produttività può raggiungere le ottocento capsule al minuto». Qual è la migliore tecnologia per ottenere questo tipo di prestazioni? «Senza ombra di dubbio quella meccanica. Solo le macchine meccaniche sono in grado di lavorare in maniera affidabile e sostenendo questi ritmi produttivi, apparecchiature pneumatiche o elettroniche non possono essere altrettanto veloci. Basti pensare che la base della macchina per il riempimento delle capsule di caffè è un brevetto che risale ad oltre vent’anni fa, ma ancora oggi, in quanto a prestazioni, è insuperato dalle macchine elettroniche o robotizzate. Le produzioni macchina, in generale, variano da seimila a ventiquattromila pezzi all’ora, i costi di esercizio e di energia sono molto esigui, mentre affidabilità e rendimenti sono elevatissimi grazie alle caratteristiche di una tecnologia interamente meccanica, il cui moto viene trasmesso semplicemente da un unico motore elettrico». Come si è evoluta nel tempo questa particolare tecnologia meccanica e in che modo la vostra azienda si è adeguata alle

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148 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Le macchine automatiche devono avere diverse qualità, dalla semplicità all’affidabilità, ma la più importante è la velocità, in questo caso sinonimo di produttività, per garantire cicli produttivi sempre più rapidi, sicuri e senza soste. L’analisi di Angelo Vistarini Amedeo Longhi

novità? «Tecmes è stata fondata a fine 1984 ed è nata sulle basi di una prima attività artigianale sorta nello stesso anno per opera di un team di appassionati della meccanica applicata, la cui genialità operativa e il cui entusiasmo sono ancora oggi presenti e di grande ausilio nel gruppo in cui l’azienda stessa opera con costante successo. Le prime realizzazioni si sviluppano sui movimenti di una semplice ma molto precisa tavola rotante e i primi assemblaggi di componenti elettrici e meccanici vengono messi in pratica con risultati quasi inattesi, considerato il fatto che ci si trovava in anni in cui l’automazione meccanica dei

Angelo Vistarini, direttore commerciale della Tecmes Srl di Vaiano Cremasco (CR) www.tecmes-italia.com


processi produttivi nelle piccole e medie imprese manifatturiere era forse ancora un’aspirazione più che un traguardo da conseguire. Ma le imprese snelle ed essenziali, si sa, cambiano velocemente, grazie a quella generazione dove l’esperienza costruttiva di unità meccaniche per l’automazione e il know-how tecnologico sono rimasti costantemente il punto focale per il miglioramento innovativo della produzione, con grande adattabilità, curiosità e orientamento alle soluzioni. La nostra attività ha seguito quest’onda e ha predisposto e allestito nel tempo “macchine di base” costantemente perfezionate, sempre più innovative in termini di prestazioni e tecnologia dei vari processi produttivi relativi ai prodotti richiesti dal mercato». Qual è la situazione attuale, anche con riferimento ai settori di destinazione delle macchine prodotte? «Oggigiorno, grazie alle competenze acquisite, ci poniamo come un punto di riferimento emergente per molti importanti settori industriali e manifatturieri. Agli ambiti tradizionali, come quello dell’assemblaggio di componentistica elettromeccanica e di dispositivi medicali, plastici o cosmetici, solo per citare alcuni esempi, si sono aggiunti quelli del mondo alimentare, con partico-

20 ANNI L’anzianità del brevetto della base della macchina per il riempimento delle capsule caffè, le cui prestazioni sono ancora oggi insuperate

800 CAPSULE

lare riferimento al processo di riempimento e confezionamento delle capsule di caffè o di altre bevande solubili. Questo specifico ramo di attività ha permesso di individuare grandi opportunità proprio nel mercato italiano, verso la fine degli anni Ottanta, con la fornitura di macchine destinate a uno dei maggiori torrefattori nazionali. Poi, in un secondo momento, molti altri operatori, contendenti non meno importanti del settore specifico, hanno introdotto nella loro gamma produttiva il confezionamento delle capsule caffè utilizzando proprio macchine Tecmes. L’azienda negli ultimi anni ha esteso la propria attività su molti mercati internazionali e ciò ha permesso di superare con buoni risultati anche molti momenti di congiuntura instabili e sfavorevoli».

La capacità produttiva al minuto di una moderna macchina per il riempimento delle capsule di caffè

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

La differenza è nel dettaglio Alberto Fregoni, direttore Protim Lafer - Coating Division di P&P - descrive le evoluzioni del settore rivestimenti alla luce, delle innovazioni e della crisi economica Antonella Chirico

saltare il particolare sembra essere la tendenza che distingue le aziende nostrane da quelle estere. Se si intraprende una ricerca per scovare quanti accorgimenti e migliorie esistono per completare un determinato prodotto, si apre uno scenario infinito e affascinante. E si scopre che una percentuale importante di società che si occupano dei “dettagli” si trova in Italia. Nello specifico, in Lombardia c’è la P&P, che raggruppa le due aziende storiche ProtimLafer Coating Division e Protec Equipment Division, specializzate in rivestimenti in PVD (Physical Vapor Deposition). Alberto Fregoni, direttore di ProtimLafer Coating Division, spiega le dinamiche dell’impresa. Quali sono le caratteristiche peculiari dei vostri rivestimenti e a chi vi rivolgete? «Rivestiamo i manufatti dei nostri clienti con un trattamento superficiale (PVD) che permette il deposito di una patina estremamente sottile e robusta nello stesso tempo, che conferisce un’elevata resistenza al graffio, alla corrosione e all’indebolirsi del colore. Il nostro core business è rappresentato da maniglieria, rubinetteria, accessori per serramenti in alluminio e posateria/casalinghi, ma in questo momento stiamo puntando molto su altri settori: i grandi marchi della moda, dove i nostri rivestimenti possono portare un notevole beneficio, il comparto dell’automotive, e il settore dell’orologeria/gioielleria». Quale percentuale del vo-

E Alberto Fregoni, direttore Protim Lafer Coating Division. L’azienda ha sede a Bedizzole (BS) www.p-pholding.com

stro fatturato viene investita in ricerca e innovazione? «L’organizzazione è dotata di un team di esperti dedicati full time alla ricerca e allo sviluppo, al fine di realizzare prodotti sempre più performanti. La ricerca è di fondamentale importanza per consentire innovazioni tecnologiche in grado di permettere il mantenimento di una posizione competitiva nel mercato globale. Per questo l’azienda non solo investe parte del suo fatturato per sostenerla, ha anche attivato un network di collaborazioni con Università ed enti di ricerca, sia sul territorio nazionale sia a livello internazionale, al fine di cogliere e sviluppare tutte le possibili novità». In particolare, quali le ultime innovazioni tecnologiche adottate dal gruppo? «Sono diverse e sono divise per tipologie, ma tutte fanno capo ad un’unica famiglia di rivestimenti IS-PRO®. Ad esempio per i rivestimenti decorativi, le innovazioni riguardano l’aspetto estetico e l’aspetto ecologico. Per il primo abbiamo sviluppato il nuovo IS-PRO Black® rivestimento caratterizzato da una colorazione nera intensa. Per il secondo, abbiamo sviluppato IS-PRO Ecosky® che permette l’eliminazione dell’utilizzo di cromo galvanico (trivalente ed esavalente) con notevoli benefici per gli operatori e l’ambiente circostante. In cantiere poi ci sono molte idee incentrate sulla creazione di rivestimenti che possano possedere azioni anti impronta e anti batterica. Poi, vantiamo innovazioni anche per i rivestimenti DLC e in merito alla composizione delle macchine ibride, in grado di


Alberto Fregoni

unire sia le tecnologie PVD che quelle PECVD». Quindi l’ambiente è importante nella vostra azione industriale? «Ad oggi, non si può tralasciare la salvaguardia e la tutela dell’ambiente in cui viviamo. P&P si è impegnata investendo nell’utilizzo di energie alternative necessarie allo sviluppo del proprio business e utili alla riduzione delle emissioni, in un’ottica di azienda ad impatto zero. Non solo, anche la ricerca è volta allo sviluppo di un prodotto i cui processi siano conformi alle regole ambientali». Quali paesi rappresentano i vostri principali mercati di riferimento? «Per il conto-terzi i clienti principali sono aziende italiane che però esportano il nostro prodotto quasi tutto all’estero, per gli impianti il mercato è internazionale. In particolare, siamo presenti in Cina da più di dodici anni, dove produciamo per il mercato sia interno che estero, in oltre ci sono importanti trattative, già in fase di realizzazione, per creare un centro coating e produzione impianti in Brasile».

L’organizzazione è dotata di un team di esperti dedicati full time alla ricerca e allo sviluppo, al fine di realizzare prodotti sempre più performanti

Possiamo fare un bilancio dell’ultimo biennio di attività e delineare le prospettive per il prossimo futuro? «P&P ha risentito pesantemente della crisi che ha coinvolto tutti i settori produttivi, ma in particolare il settore delle costruzioni. Le prospettive per un ritorno ad una crescita del gruppo passa necessariamente attraverso la realizzazione di determinati obiettivi. Questi ultimi, prendono forma nello studio e nella realizzazione di rivestimenti con film sottili e degli impianti necessari alla loro deposizione, che siano altamente innovativi e che possano interessare nuovi settori produttivi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 151


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Sulle ruote dell’e-commerce avvero interessanti i dati presentati dall’E-Commerce Consumer Behaviour Report 2011. Secondo la ricerca effettuata dal consorzio del commercio elettronico Contactlab e Netcomm, infatti, rispetto al 2010 la fiducia da parte degli utenti web nei confronti degli acquisti online è aumentata del 3% e ha spinto i consumatori online a comprare più spesso, circa il 47%, a spendere di più, il 48%, e a diversificare gli acquisti, il 45%. I fattori che rendono così attrattivo lo shopping via web sono da ricondurre in particolar modo alla praticità del metodo d’acquisto, alla comodità di poter comprare in ogni momento, soprattutto di sera quando non si è sovraccaricati da tutte le attività lavorative e quotidiane, all’usabilità dei vari siti e alla ricchezza di informazioni messe a disposizione. In un mondo sempre più orientato verso questa tipologia di acquisti, diventa quindi importante per le aziende desiderose di ampliare la propria attività e creare più fonti di guadagno, studiare e sviluppare una dettagliata rete di vendita e-commerce. E proprio questo ha fatto la Ogtm di Sant’Angelo Lodigiano, specializzata da oltre cinquant’anni nella produzione di ruote per arredamento. «La vendita online – spiega Marilena Daccò, amministratore delegato della società – è un ramo aziendale che abbiamo inserito da due anni ed è nato come una sfida nei confronti del nostro settore di riferimento. Non è stato facile creare tale tipo di attività, ci siamo dovuti rivolgere al notaio per la modifica dello statuto e alla camera di commercio e al comune per le autorizzazioni. In compenso, stiamo ottenendo ottimi risultati, tra cui più di 1700 contatti al mese e un 3% del fatturato maturato con la vendita online».

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Il settore delle ruote per arredamento ha accettato la nuova sfida lanciata dal mercato, ovvero la creazione di un’efficiente rete di e-commerce, in grado di far aumentare i guadagni e di diversificare l’approccio alle vendite. Il punto di Marilena Daccò Emanuela Caruso

Com’è iniziata l’avventura della Ogtm e oggi a quali settori rivolge i propri prodotti? «La Ogtm, Officine Giovanni Trivini Milano, nasce nel 1960 nel capoluogo lombardo come impresa produttrice di ruote destinate al mercato legato agli uffici. A partire dagli anni 70, poi, grazie all’introduzione del concetto di design l’impronta produttiva si è evoluta e l’azienda è andata a coprire i settori del mobile e del design, avvalendosi anche della collaborazione di insigni architetti e designer. Attualmente i nostri prodotti sono quindi rivolti all’ambito dell’arredamento e dei mobili per ufficio, dei macchinari e degli strumenti

Da sinistra, Marilena Daccò Ad, Ruggero Trivini presidente, Daniele Trivini responsabile produzione ed Elisa Trivini designer e responsabile vendite on line della OGTM Officine Meccaniche Srl di S. Angelo Lodigiano (LO) www.ogtm.com


Marilena Daccò

per l’estetica, dei frigobar da esposizione e al settore alberghiero». Quali sono state le tappe evolutive del vostro settore e come vi siete adeguati a esse? «La tappa evolutiva più importante è quella che ha visto il passaggio dalle ruote intese come oggetto di movimentazione per sedie, carrelli e ferramenta, alle ruote considerate veri e propri componenti d’arredamento. La prima azienda a richiedere ruote dallo spiccato design, così da poterle aggiungere ai complementi d’arredo, è stata la Flou. Con loro la Ogtm ha progettato ruote per letti, dando il via a un percorso che in breve tempo ha portato a farci conoscere in molte zone nazionali ed estere. L’evoluzione è quindi stata dettata dalle esigenze di mercato susseguitesi nel corso degli anni e a cui la nostra società ha saputo rispondere con prontezza, innovandosi e cambiando a seconda delle varie dinamiche commerciali e produttive». Attraverso quali strategie progettuali, operative e commerciali riuscite a veicolare come “made in Italy” all’estero l’eccellenza raggiunta dai vostri prodotti? «In un ambito come il nostro, una delle strategie da adottare per farsi conoscere all’estero e per mostrare la qualità dei prodotti italiani è quella di partecipare alle varie fiere internazionali di settore, quali il Compasso d’Oro, evento che ci ha visti raggiungere la finale per ben due volte, nel 2004 e nel 2009, la Sicam e la fiera tedesca Interzum. Un ruolo importante nella fase di internazionalizzazione del nostro marchio e del “made in Italy” l’hanno giocato anche le testate sulle riviste specializzate, l’acquisizione di clienti di rilievo e di intere zone nazionali di interesse, come il Veneto e la Brianza, la pubblicità fatta dagli architetti che negli anni hanno collaborato con noi, e il sito web, uno dei primi a comparire. In altre parole, la comunicazione è stato il nostro asso nella manica. Non contenti, abbiamo fatto in modo di tutelare in maniera assoluta il nostro marchio da even-

tuali contraffazioni, depositandolo in tutto il mondo e registrandolo con il nome di “Ogtm made in Italy”». Com’è organizzato il ciclo produttivo della vostra azienda? «Tutto parte dalla richiesta di un cliente di studiare una determinata ruota, il cui design può essere ideato internamente o acquisito dall’esterno. Una volta sviluppato il disegno, si realizza un prototipo in 3D che viene presentato al committente insieme al preventivo. Seguono la fase di realizzazione degli stampi di fonderia o di plastica, la fase meccanica e la produzione. A prodotto ultimato si passa allo step del controllo qualità». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 153


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’industria italiana è pronta al rilancio Dopo le difficoltà, i primi segnali di rasserenamento cominciano a far capolino nei bilanci delle aziende di molti comparti economici. ‘Ripartire’ è la parola all’ordine del giorno. Il punto di Antonio Vitillo Erika Facciolla

ell’ultimo decennio, l’industria italiana è stata messa a dura prova da una crisi economica globale, che ha fatto sentire le sue pesanti conseguenze un po’ su tutti i settori economici e produttivi. Chi è riuscito a sopravvivere tenendo testa a quella che sembra a tutti gli effetti la ‘sfida economica del nuovo millennio’ ha potuto certamente contare su un importante know-how accumulato in anni di esperienza e sugli investimenti precedentemente profusi in termini tecnologici, logistici e commerciali, grazie ai quali la clientela fidelizzata è rimasta ben salda. Questa fase di critica empasse, sembra gradualmente lasciare spazio a una lenta ripresa alla quale le aziende italiane vogliono aprirsi senza alcuna riserva. Anziché contare i danni, l’imprenditoria italiana si concentra sui propri punti di forza e sulle nuove opportunità

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Antonio Vitillo, titolare dell’azienda Vitillo di Ariano Irpino www.vitillo.it

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da cogliere per riaccendere i motori. Ed è con questa stessa determinazione che l’azienda Vitillo di Ariano Irpino sta proseguendo il percorso di crescita che l’ha condotta a diventare in poco tempo uno dei riferimenti principali nel settore della progettazione e della produzione di raccorderia oleodinamica ad alta pressione e di tubi in gomma per applicazioni oleodinamiche. Nata nel 1991 su iniziativa dei fratelli Vitillo, l’attività del gruppo inizia con la produzione della raccorderia per tubi flessibili in una piccola fabbrica. Il successo dell’iniziativa, la progressiva conquista di considerevoli quote di mercato, insieme alla necessità di confrontarsi con i grandi gruppi che già presidiavano il mercato di riferimento e alla sempre più sentita esigenza di integrazione verticale del processo produttivo, hanno spinto il management aziendale ad ampliare la gamma di prodotti offerti. «Sicuramente i risultati più significativi ottenuti finora da un punto di vista prettamente commerciale – spiega il titolare dell’azienda, Antonio Vitillo - riguardano il consolidamento di una clientela sempre più fidelizzata e il completamento di una gamma di prodotti che abbraccia tutte le esigenze del mercato in questo settore». Il Gruppo Vitillo, che oggi riunisce tre aziende con differenti specializzazioni, ha conquistato in pochi anni sia il mercato nazionale che quello europeo, tanto che attualmente l’export rappresenta un’importante


Antonio Vitillo

voce di bilancio nel volume d’affari complessivo: «Le vendite all’estero rappresentato il cinquanta per cento del nostro volume d’affari e riguardano anche i mercati ‘overseas’. Sicuramente – continua Vitillo - l’intenzione è di espanderci in nuovi mercati come quello nordamericano in cui la nostra presenza non è ancora solidamente radicata». In un settore come quello presidiato dal Gruppo Vitillo, l’investimento tecnologico è una componente essenziale nel processo di sviluppo aziendale, nonché un fattore strategico imprescindibile per rimanere competitivi sul mercato. «La tecnologia, la ricerca e l’innovazione ci differenziano e ci rendono unici nel mercato per qualità dei prodotti offerti. Il nostro gruppo può contare su uno staff ingegneristico altamente qualificato e supportato dai numerosi investimenti in macchinari in grado di garantire l’innovazione di processo; macchinari ad alta tecnologia che ottimizzano i tempi di realizzazione del prodotto oltre che garantire un controllo qualitativo tra i più affidabili». Un altro punto di forza di questa dinamica realtà produttiva è la completezza della gamma dei prodotti offerti, nonché la capacità di fornire un prodotto integrato a seconda delle

Il nostro obiettivo è quello di continuare a crescere fino a compiere il salto dell’internazionalizzazione con un investimento significativo e un ulteriore rafforzamento della rete commerciale

specifiche richieste. Ma come è possibile tutto questo? A rispondere è proprio Antonio Vitillo: «il merito è della nostra filiera produttiva. Il cliente ha la possibilità di rivolgersi ad un unico fornitore con tutti i vantaggi economici, logistici e qualitativi che ne derivano. Il nostro obiettivo è quello di continuare a crescere in tal senso fino a compiere il salto dell’internazionalizzazione con un investimento significativo e un ulteriore rafforzamento della rete commerciale». E se da una parte la crisi economica ha provocato molti danni, dall’altra il manangment del gruppo Vitillo ha risposto con risolutezza alle difficoltà: «abbiamo reagito aumentando la gamma dei prodotti che ha trovato risposte positive da parte della nostra clientela, evitando sforzi e rischi commerciali azzardati. Inoltre – conclude Vitillo – abbiamo creato importanti magazzini logistici dislocati in tutta Europa che hanno funzionato da polmone per i picchi di domanda del mercato. Tutto questo, ci permette di presentarci ai mercati, oggi più che mai, convinti della nostra forza». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 155


IMPRENDITORI DELL’ANNO

ino alla metà degli anni 70, il settore siderurgico dedicato alla realizzazione di tubi per impieghi nell’ambito della produzione del petrolio e del gas usufruiva di tecnologie vecchie, ideate più di trent’anni prima e mai innovate e migliorate. A portare una svolta rivoluzionaria in questo ambito è stata nel 1975 l’azienda Dalmine, che ha concentrato energie, sforzi e investimenti notevoli nella realizzazione del primo impianto al mondo per la produzione di tubi senza saldatura con tecnologia innovativa MPM (Multistand Pipe Mill) a mandrino trattenuto,in collaborazione con l’Innse, società di costruzioni meccaniche produttrice dei macchinari tecnologici, con l’Iri e con Finsider, la finanziaria che gestiva il pacchetto azionario delle aziende siderurgiche italiane. A dirigere il progetto è stato l’ingegnere Franco Leonelli, oggi titolare e presidente del consiglio di amministrazione della società EMS di Bergamo. «L’impianto ha cominciato a operare nel 1978 – spiega Franco Leonelli – con grande curiosità di tutti gli addetti ai lavori, italiani ed esteri, che da tempo aspettavano l’ingresso sul mercato di una tecnologia innovativa. Tuttora i tubifici a mandrino trattenuto rappresentano la tecnologia principale del settore». Quando e perché ha fondato la EMS, Engineering Management Services? «Ho costituito la società agli inizi degli anni 80 dopo aver avuto esperienze importanti e dopo aver capito il potenziale della tecnologia dei tubifici di nuova generazione. In quel periodo, infatti, sono stato contattato dall’americana U.S.Steel, la più grande azienda siderurgica del mondo di allora, che richiese il mio aiuto per lo studio di fattibilità e la realizzazione di un impianto a mandrino trattenuto in America. Da quel momento in poi, la tecnologia MPM si è diffusa in tutti i continenti». Nello specifico, quali sono le attività principali della EMS?

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Tecnologia mpm per i nuovi tubifici L’innovazione apportata dalla produzione di tubi senza saldatura non solo ha migliorato le condizioni di un settore ormai vecchio come quello siderurgico, ma ha anche dato modo ad altre aziende di svilupparsi e operare in tutto il mondo. Il punto di Franco Leonelli Emanuela Caruso

«La nostra impresa si occupa di servizi di ingegneria e consulenza direzionale nel campo dell’impostazione, progettazione e realizzazione di impianti siderurgici, con particolare attenzione proprio alla produzione di tubi d’acciaio senza saldatura, e di servizi di project management, di ingegneria finanziaria e consulenza direzionale per la costruzione di grandi opere pubbliche. La prima attività è rivolta prevalentemente a clienti esteri, soprattutto ameri-

L’ingegner Franco Leonelli è titolare e presidente del consiglio di amministrazione della società EMS www.emsconsulting.it


Franco Leonelli

cani, kazaki, russi e arabi, mentre la seconda si rivolge all’utenza del mercato italiano». Quali sono stati i progetti recenti più importanti realizzati nell’ambito della produzione di tubifici? «Risale al 2005 un importante contratto pluriennale con un cliente kazako per la progettazione, lo studio di fattibilità e il supporto in fase di approvvigionamento dei macchinari di un impianto per la produzione di tubi senza saldatura, sempre con la tecnologia MPM. Di ultima acquisizione è, invece, il contratto con un nostro storico cliente russo per lo studio di fattibilità tecnico-economica di un altro tubificio, orientato alla produzione di tubi per l’industria petrolifera. Ci piace ricordare anche che per progetti in campo siderurgico siamo consulenti della Comunità Europea e della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo». Quali, invece, i progetti più rilevanti nell’ambito della realizzazione di grandi opere pubbliche? «La EMS è stata coinvolta nei progetti di metanizzazione e nel teleriscaldamento di Milano, ed è stata interpellata come supporto al project management per il nuovo aeroporto di Malpensa e, in seguito, per quello di Bergamo. Per il progetto di realizzazione della nuova Fiera di Rho-Pero, siamo inoltre intervenuti in

Il primo tubificio a mandrino trattenuto è stato realizzato a Dalmine e ha rivoluzionato l’intero settore siderurgico

qualità di consulenti, nella fase di definizione dei criteri di realizzazione con General Contractor (1° esempio in Italia), e quindi nella “Alta Sorveglianza” del Progetto durante tutto l’iter realizzativo». Da poco state guardando anche al settore delle energie rinnovabili e dell’efficientamento energetico, con servizi per ora orientati alle esigenze contingenti delle Amministrazioni Comunali. Potrebbe approfondire quest’aspetto? «Ci siamo buttati in questo settore consapevoli che nel futuro a venire il nucleare subirà un sostanziale rallentamento, anche se continuerà a contribuire, quale fonte di energia elettrica, per il 10 per cento della produzione totale di energia. Nonostante il solare rappresenti un’ottima tipologia di energia, non risulta ancora economicamente vantaggiosa in assenza di agevolazioni. Noi siamo convinti che le uniche vere alternative rinnovabili al nucleare saranno l’acqua e il vento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 157




IMPRENDITORI DELL’ANNO

Migliorare la mobilità delle persone disabili d oggi, l’Italia è il paese europeo con il parco veicoli per trasporto pubblico locale tra i più vecchi d’Europa. E di conseguenza anche con il parco veicoli poco accessibile. Nonostante il problema sia ben evidente da molti anni, l’Italia continua anche a essere il paese dove non si investono capitali per ammodernare gli automezzi e dove, invece, si decide di disinvestire nel servizio di trasporto pubblico, tagliando corse e percorsi. Tale situazione, oltre a incidere sulla qualità della vita, sull’inquinamento e sulle condizioni di viaggio, agisce soprattutto a scapito delle persone con disabilità. Varie sono le aziende che da anni lavorano per rimediare a questo specifico problema; tra le tante spicca la Car Oil System di Suzzara, in provincia di Mantova, specializzata nella produzione di at-

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Il settore dei trasporti pubblici presenta ancora oggi grossi impedimenti alla mobilità delle persone disabili. Le normative esistenti sono purtroppo insufficienti a garantire una completa mobilità e autonomia del disabile. Le aziende del settore si stanno impegnando per risolvere la situazione. Ne parla Valentino Rasini Emanuela Caruso

trezzature per il sollevamento e il trasporto di persone disabili. «Ad oggi abbiamo realizzato una gamma, tra le più complete, che rende accessibile ogni tipo di veicolo per trasporto – spiega Valentino Rasini, presidente dell’attività –. Abbiamo sviluppato apparecchiature da applicare su van per il trasporto privato o mirato a piccole realtà riabilitative e mediche, su scuolabus e veicoli a nove posti, bus urbani, interurbani e granturismo. Stiamo inoltre lavorando per rendere più accessibili anche treni e tram». STORIA ED EVOLUZIONE AZIENDALE La società Car Oil System, grazie alla sua personale evoluzione che l’ha vista nascere quindici anni fa come azienda commerciale di attrezzature di sollevamento per disabili, allora prodotte dall’azienda Officine Elefantcar, trasformarsi in impresa di sviluppo del settore della mobilità e poi unire queste due realtà in un’unica attività, ha maturato l’esperienza necessaria per svolgere al meglio il proprio lavoro. «Attraverso le competenze raggiunte da Elefantcar nel campo delle apparecchiature oleodinamiche di sollevamento per autoveicoli

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In queste pagine, dettagli magazzino, ambienti di lavoro e sollevatori della Car Oil System Spa con sede a Suzzara (MN) www.caroil.com


Valentino Rasini

– continua Valentino Rasini – siamo riusciti a imporci sul mercato quali leader nella produzione di attrezzature per la mobilità. Per riuscire a raggiungere tale traguardo abbiamo studiato i mercati più evoluti in merito alle nostre tipologie di prodotto, ad esempio Nord Europa, Usa e Canada, e abbiamo poi sviluppato strumenti adatti alle necessità del nostro paese, cercando di rivoluzionare il settore prima nell’ambito privato e poi in quello della mobilità pubblica urbana». Oggi la Car Oil System è impegnata, in quasi egual misura, tanto sul fronte del trasporto disabili quanto sul fronte del trasporto industriale. «Mandiamo avanti in contemporanea l’evoluzione di entrambi i rami aziendali, concentrando le attrezzature per la mobilità delle persone diversamente abili sotto il marchio Car Oil, e quelle volte al carico e lo scarico delle merci dei veicoli commerciali sotto il marchio Elefantcar». FASI PRODUTTIVE La struttura e l’organizzazione della Car Oil System le hanno permesso di potersi occupare di tutte le fasi di realizzazione delle varie attrezzature, offrendo così ai clienti un servizio a 360 gradi. «L’idea iniziale di un prodotto – spiega ancora Valentino Rasini – deriva dallo studio da parte dei manager delle necessità specifiche del mercato, indipendentemente dal tipo di settore merceologico, o dalla particolare richiesta degli utenti. Una volta individuata la strumentazione da produrre, si impegnano energie e sforzi nella fase di progettazione, che segue obiettivi prestabiliti e ben pianificati. Si passa poi alla rea-

La Car Oil System si occupa di tutta la fase produttiva delle attrezzature, dalla progettazione alla manutenzione post-vendita

lizzazione dei vari componenti mediante l’utilizzo di tecnologie d’avanguardia, all’assemblaggio e al collaudo». Tutti i prodotti della Car Oil System, che vantano elevata qualità e costi accessibili, devono tener conto di molteplici normative, «da quelle più generiche che regolano la costruzione di macchine, a quelle più settoriali, che regolano invece determinati settori di appartenenza del veicolo su cui verrà installata l’apparecchiatura. Da ricordare anche che le nostre attrezzature vengono fornite ai clienti provviste di certificazione di conformità a tutte le normative CE». Avere un ciclo produttivo interno e completo si è dimostrato essere una delle armi vincenti della Car Oil System, che grazie a LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 161


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nel 2012, immetteremo sul mercato una nuova serie di sollevatori adattabili a qualsiasi tipologia di veicolo, così da renderne più semplice l’utilizzo da parte degli acquirenti finali

esso è riuscita a cavalcare l’onda di un mer- d’aiuto, investendo ogni anno circa il 3 per cato poco definito e fluttuante come quello degli ultimi anni. «Avere tutto sotto controllo ci permette di essere flessibili e di riuscire a rispondere con prontezza alle improvvise esigenze del mercato. In termini produttivi e di risultato, tutto ciò si traduce in un facile adattamento dell’azienda a ogni situazione, senza che ci sia bisogno di disperdere risorse, di aumentare i costi o addirittura di diminuire la qualità dei nostri prodotti, che sin dall’inizio si è distinta per essere molto elevata». RICHIESTE DEL MERCATO E INTERLOCUTORI AZIENDALI Soprattutto negli ultimi tempi, il mercato ha richiesto con grande insistenza innovazioni tecnologiche e di prodotto con cui risollevare le proprie sorti. Anche la Car Oil System ha risposto a questa domanda 162 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

cento del proprio fatturato in ricerca e sviluppo. «Il nostro piano di investimento per l’ammodernamento e lo sviluppo tecnologico è ben chiaro sia a livello di risorse che di competenze e di attrezzature. Ecco perché investiamo e innoviamo senza sosta i software di progettazione e di gestione delle commesse e i macchinari di produzione». Altra tendenza del mercato attuale è quella di interessare sempre più un’utenza utilizzatrice poco esperta e poco incline alla manutenzione delle attrezzature, ragion per cui la Car Oil System ha cominciato a realizzare apparecchiature che richiedono pochi intervalli di manutenzione, facili da utilizzare, durature nel tempo e, nonostante queste migliorie, competitive nel prezzo. «L’attività di sviluppo e realizzazione cerca sempre di mantenere un equilibrio tra costo sul mercato e qualità del prodotto, così da


Valentino Rasini

14 mln

FATTURATO È il giro d’affari medio annuo della Car Oil System

non perdere clienti, né tantomeno la posizione medio-alta in cui ci siamo inseriti». Ad oggi, i principali interlocutori della società sono tanti e vari, «dai produttori di autoveicoli, e in particolare i costruttori di autobus, alle carrozzerie e ai trasformatori, che rendono gli automezzi idonei al trasporto di persone con difficoltà motorie mediante l’installazione di pedane caricatrici, fino ad arrivare ai trasformatori interni, quelli cioè che equipaggiano i veicoli con attrezzature atte a far convivere sia passeggeri autosufficienti che passeggeri non autosufficienti, sia nel caso di persone deambulanti che nel caso di persone diversamente abili. Meno da vicino, ci occupiamo anche dei privati cittadini che acquistano in proprio i mezzi su cui poi montare l’attrezzatura necessaria». Il raggio d’azione della Car Oil System non copre solo il territorio nazionale, ma si espande anche nei paesi esteri. «Attualmente esportiamo circa il 40 per cento della nostra produzione, con una crescita negli ultimi tre anni pari al 20 per cento. I principali mercati di riferimento sono quelli di Europa, Emirati Arabi, Israele, Venezuela e Australia. Stiamo, inoltre, aprendo nuovi varchi anche nei mercati dei paesi emergenti dell’Est Europa e della Russia». NOVITÀ PER IL FUTURO Per i prossimi anni, la società mantovana ha in programma di continuare a investire per presentare attrezzature sempre più innovative e rivoluzionarie. «Manderemo avanti gli investimenti relativi alle nuove tecnologie produttive, come ad esempio i robot di saldatura di ultimissima generazione, e alla riorganizzazione dei vari reparti produttivi, così da migliorare in competitività e qualità. Adotteremo, inoltre, procedure di archiviazione ottica di tutti i documenti aziendali e software di configurazione dei prodotti per rendere più fluide e più sicure le personalizzazioni dei nostri articoli secondo le richieste dei clienti. Infine, è in corso di realizzazione

il raggiungimento della certificazione ambientale Iso 14001 e di quella della sicurezza sul lavoro 18001». Ma nei piani futuri della Car Oil System c’è anche quello di presentare al mercato, ai clienti e alla concorrenza un nuovissimo prodotto, che vedrà la luce a febbraio 2012. «Stiamo sviluppando una nuova linea di sollevatori da applicare su autobus – conclude Valentino Rasini – che tiene conto di tutte le esperienze maturate in questi anni di attività e di costruzioni di attrezzature. La nuova gamma prevede la realizzazione di sollevatori che, attraverso geometrie di costruzione particolari, materiali e sistemi di fabbricazione avanguardistici, permetteranno una versatilità a 360 gradi capace di far adattare lo stesso prodotto ai vari tipi di veicoli su cui sarà installato. In questo modo, il cliente potrà gestire un solo prodotto che andrà a sistemare sul proprio veicolo al momento del bisogno». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 163


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Utensili speciali, l’innovazione fa la differenza Utensili speciali in metallo duro integrale per la lavorazione di materiali ferrosi e non. Giuliano Tacchi, socio fondatore della TZ Tools, spiega come si difende questo specifico settore dagli urti della recessione Antonella Chirico

untare sull’innovazione fin dal principio, è sicuramente un’astuta strategia. Le nuove aziende rivolgono la loro attenzione alla rivoluzione tecnologica, vedendo in essa la chiave di volta per competere sul mercato. Investire denaro acquistando macchinari di ultima generazione e software sempre aggiornati, in grado di perfezionare i propri prodotti, risponde alla questione “saper spendere”. Giuliano Tacchi, oggi titolare e amministratore della TZ Tools, società che si occupa di costruzione e riaffilatura di utensili speciali, fin dalla creazione del gruppo, ha sempre perseguito questa strada. Cosa offre il gruppo all’utenza specializzata? «Siamo qualificati nella costruzione di utensili speciali in metallo duro integrale (punte, frese, alesatori, bareni, ecc.) per la lavorazione di materiali ferrosi (acciaio, Avp, Avz) non ferrosi (alluminio, ergal, ottone) e alcune lavorazioni di materie plastiche. Le sinergie create in questi anni, ci hanno permesso di collaborare con aziende leader nel comparto della produzione di utensili saldobrasati e a fissaggio meccanico, permettendoci così, di poter fornire al cliente tutta la gamma completa di utensileria speciale». Che capacità possiedono i vostri macchinari? «Il continuo bisogno di migliorare i cicli produttivi, ci ha permesso di acquisire un notevole

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bagaglio tecnico e d’esperienza (sulle tipologie di utensili e sul loro relativo impiego), tale da poter oggi trasferire la nostra conoscenza ai nostri prodotti. La TZ Tools possiede macchine a controllo numerico per la costruzione, che permettono di ottenere e mantenere, con un’ottima ripetibilità, tolleranze centesimali anche sui profili sagomati, e di rettificare, là dove serve, in tolleranza +/- 0.0015 (per esempio sugli alesatori)». Come si compone la fase più importante del vostro ciclo produttivo? «Il livello più avanzato del corso lavorativo, è il controllo delle geometrie e le verifiche diametrali.

La TZ Tools ha sede a Presezzo (BG) www.tztools.it


Giuliano Tacchi

Anche se, in realtà, la cura per il dettaglio inizia fin dalle prime fasi. A bordo macchina, abbiamo due postazioni per la progettazione dell’utensile in simulazione 3D; questo ci permette di eseguire anche un singolo pezzo evitando errori che potrebbero comprometterne la costruzione finale. Nel caso di serie con un elevato numero di pezzi, è possibile automatizzare il processo riducendo al minimo l’intervento dei nostri tecnici e quindi ottimizzando i costi». Alla luce di quanto detto, per voi il controllo è essenziale? «Fondamentale direi, per il controllo dei propri prodotti, la TZ Tools è dotata di una postazione con telecamera che permette di controllare le varie geometrie in una tolleranza di +/0.01mm. sui profili; mentre per i controlli diametrali vengono utilizzati comparatori e micrometri con risoluzione millesimale. Offrire un prodotto perfetto alla nostra utenza, è l’elemento che ci distingue dalla concorrenza e che ci dona la spinta giusta per continuare a navigare fra le intemperie della crisi». Quali altri servizi offrite ai vostri acquirenti? «L’impresa progetta sulla base delle esigenze del cliente. Riusciamo a creare un utensile partendo dal disegno fornito, e alcune volte anche partendo solo dalla forma del singolo particolare. Il continuo scambio di informazioni tra noi e la nostra utenza, sulla tipologia di materiali da realizzare, sulle macchine predisposte a tale lavorazione, sul lubrorefrigerante utilizzato ed altre informazioni tecniche, ci consentono di fornire la tipologia di utensile più adatta per un impiego specifico». Quindi siete anche consulenti? «In un certo senso si. Per esempio, oggi occupano un ruolo sempre più importante le tipologie di rivestimento superficiale, che riescono ad aumentare notevolmente la vita dell’utensile e aiutano a migliorare la finitura del pezzo prodotto. In questo caso l’azienda, è in grado di consigliare ai suoi clienti, il tipo di rivestimento più idoneo sulla base della tipologia del materiale che si deve lavorare, garantendo così, sempre,

Il continuo bisogno di migliorare i cicli produttivi, ci ha permesso di acquisire un notevole bagaglio tecnico e d’esperienza

qualità ed efficienza». Può fare un bilancio dell’ultimo biennio, caratterizzato da una grave recessione dei mercati? «Questi sono stati anni duri, è innegabile, e per un’azienda giovane come la TZ Tools gli sforzi hanno subito un ulteriore incremento. Abbiamo affrontato molti sacrifici sia in termini di denaro che in termini di impegno. Siamo riusciti a superare il periodo 2008/2009, e stiamo reagendo dal 2010 in poi, grazie a mirate strategie aziendali, volte ad eliminare le spese superflue e a mantenere sempre gli standard qualitativi dei nostri prodotti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 165


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La delocalizzazione che impoverisce l’economia Chi decide di delocalizzare rimane spesso entro i paletti imposti dalla normativa, ma attua una pratica gravemente lesiva nei confronti dell’economia del proprio Paese. Alberto Griffini spiega quali sono le problematiche che la delocalizzazione comporta e quali potrebbero essere le soluzioni Francesco Bevilacqua

roppo spesso la logica del profitto relega in secondo piano principi che, anche e forse soprattutto in ambito economico, dovrebbero invece rappresentare delle linee guida per gli operatori del settore, dall’imprenditore al dipendente, fino al legislatore. Il risultato di questa deriva, unita alle storture che la globalizzazione e la deregolamentazione dello scenario economico internazionale stanno portando, ha innescato una spirale che sta portando moltissime aziende appartenenti al nostro tessuto economico e produttivo a scegliere “la via più facile”, facendo leva sulle opportunità offerte dalle economie in via di sviluppo e delocalizzando le produzioni laddove il costo irrisorio della manodopera può costituire un vantaggio competitivo decisivo. Alberto Griffini conosce bene le problematiche

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che questa politica aziendale genera, facendo parte di quella schiera di imprenditori che hanno deciso di rinunciare all’ internazionalizzazione, «come viene eufemisticamente chiamata oggi la delocalizzazione produttiva». Griffini è socio della Active, che opera nel campo della progettazione, produzione e vendita di prodotti da giardinaggio dotati di motori endotermici. «Dal 1993, anno della fondazione, siamo cresciuti molto e oggi diamo lavoro a circa sessanta dipendenti». La forza della Active è il made in Italy, filosofia produttiva che il socio dell’azienda sostiene con fermezza: «Non dobbiamo ragionare secondo la logica del profitto personale, ma pensando che mantenendo il lavoro, le strutture e il know-how sul territorio contribuiamo ad alimentarne la ricchezza, rendendolo anche più competitivo». Oggi questo problema riguarda non solo l’Italia, ma l’Europa tutta: la quasi totalità degli Stati membri è afflitta da problemi quali cali della produttività e volumi di produzione, disoccupazione, diminuzione delle entrate fiscali, generale flessione dell’economia. «Questo accade perché a fronte della globalizzazione c’è stata la delocalizzazione – osserva Griffini –che avviene secondo uno schema abbastanza preciso. In qualsiasi settore si espone prima o poi un’azienda che funge da “capostipite” e decide di andare a produrre nei paesi in via di sviluppo, principalmente nel Far East. Spesso però questa azienda ha delle difficoltà a vendere i prodotti in quei


Alberto Griffini

mercati, poiché le economie locali sono troppo arretrate e lo stile di consumo ancora contenuto, e allora reimmette sul mercato europeo i prodotti realizzati negli stabilimenti delocalizzati ma marchiati anche con etichette blasonate, con ribassi che arrivano al 30% rispetto ai prezzi delle produzioni europee. Il concorrente italiano – o tedesco, francese, spagnolo e così via – viene quindi spiazzato, perché per rimanere sul mercato deve effettuare ribassi di pari entità, ma questa operazione risulta impossibile per via dei costi sempre maggiori di manodopera, materie prime, risorse energetiche, oneri fiscali e così via». Si innesca così un processo irreversibile in cui anche i concorrenti più piccoli, quelli che non riescono a delocalizzare, acquistano componenti nel Far East importandoli in Europa, sfruttando la totale mancanza di restrizioni doganali e normative, oppure sono costretti a chiudere. «Chi produce qui non è agevolato, paga troppe tasse, addirittura anche su investimenti e innovazione. Questo provoca una forte depressione, le aziende licenziano, investono meno, i tassi aumentano e l’economia muore». Spesso poi succede che chi delocalizza decide di non chiudere la consociata europea, ma di tenerla come una commerciale: «L’azienda– dice Griffini illustrando il meccanismo –, licenzia le maestranze locali e sposta la produzione nel Far East. Là, non solo il processo produttivo ha costi molto inferiori rispetto a quelli nostrani, ma anche la

Non dobbiamo ragionare secondo la logica del profitto personale, ma pensando che mantenendo il lavoro, le strutture e il know-how sul territorio contribuiamo ad alimentarne la ricchezza del Paese

pressione fiscale è considerevolmente più bassa. Proprio per questo l’azienda delocalizzatrice rivende la merce alla propria consociata italiana a un prezzo elevato, sfruttando così l’irrisoria tassazione del paese di produzione e minimizzando i guadagni generati in Italia e, conseguentemente, i tributi a essi collegati, non contribuendo al welfare nazionale». Quale può essere una soluzione? «Anche se sembra anacronistico – conclude Griffini – ci vogliono dei dazi, che vanno però visti come elementi di calmieramento e tutela dell’economia locale, e aumentare i controlli oggi quasi inesistenti . In ogni caso, non c’è una ricetta unica, ma sono molti gli aspetti da prendere in considerazione: dai dazi alla riduzione del costo del lavoro, fino alla valorizzazione del know-how, importante patrimonio frutto anche dei sacrifici delle generazioni passate che hanno contribuito a crearlo».

La Active Srl ha sede a San Giovanni in Croce (CR) www.active-srl.com

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Risparmio energetico nei sistemi di refrigerazione Gli impianti dell’industria del freddo e i banchi frigo della grande distribuzione sono attivi 24 ore su 24. Anche quando non si produce valore. Un sistema di tende permette di limitare il consumo di energia elettrica durante le fasi di riposo. Ne parlano Amista Fiorenza, Fabrizio Rami e Giacomo Rossini Manlio Teodoro

settori industriali che operano con le tecnologie del freddo, compresa la grande distribuzione, indipendentemente dai ritmi dei propri cicli produttivi, devono mantenere in costante attività i refrigeratori. Anche nelle ore di assenza di esercizio. Per questo motivo sono state sviluppate delle soluzioni tecniche che, nell’impossibilità di “staccare la spina”, limitano la dispersione del freddo e di conseguenza garantiscono un importante risparmio energetico: si tratta di speciali tende che hanno caratteristiche termoisolanti. Questa tecnologia è stata messa a punto dalle Officine Rami, un’impresa pre-

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Sotto, Giacomo Rossini, responsabile commerciale. Nella pagina a fianco, Fabrizio Rami, titolare di Officine Rami Srl, Motteggiana (MN) www.officinerami.com

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sente sul mercato da oltre cento anni, che l’ha esportata in tutto il mondo. Ne parliamo con i titolari della società: Amista Fiorenza, Fabrizio Rami e con Giacomo Rossini, responsabile commerciale. Quali sono le caratteristiche principali della vostra tecnologia? AMISTA FIORENZA: «La nostra tenda è in grado di svolgere un’azione termoisolante che riduce al minimo l’eventuale formazione di condensa, garantendo un alto risparmio energetico. Inoltre è stata disegnata tenendo conto anche delle esigenze di design e di integrazione con la maggior parte dei banchi frigo presenti sul mercato. La nostra gamma completa destinata ai mobili refrigeranti industriali spazia dalle tende manuali a quelle motorizzate, che si sviluppano sia in verticale sia in orizzontale. Le barremaniglia e i tubi, interamente realizzati in alluminio, consentono la migliore resistenza all’ossidazione e una grande rigidità e linearità anche nelle applicazioni più estese». Voi seguite interamente la produzione di questo tipo di tenda. Quali sono le fasi più importanti? FABRIZIO RAMI: «Dalla progettazione del prodotto all’imballo e alla spedizione, ogni


Amista Fiorenza, Fabrizio Rami e Giacomo Rossini

Dalla progettazione del prodotto all’imballo e alla spedizione, ogni singola fase viene eseguita internamente

singola fase viene eseguita internamente e seguita con attenzione alla qualità del risultato. Sia la progettazione dei nuovi modelli che la progettazione del primo prototipo sono e sono state eseguite da noi. La parte più importante è stata lo sviluppo del gruppo molla, che è stato appositamente progettato e collaudato per un perfetto funzionamento e una massima affidabilità anche negli ambienti caratterizzati da condizioni estreme. L’evoluzione e la continua ricerca su questo componente ci ha permesso di dotarlo di un dispositivo per il riavvolgimento controllato (frizione). Al contrario, per l’arresto della tenda, durante la discesa, è possibile raggiungere la posizione desiderata grazie alla molla con fermo».

Oltre a questa possibilità di personalizzazione, quali aspetti tecnici curate con maggiore attenzione? F.R.: «Abbiamo una varietà di schemi, realizzati in diverse tipologie, che li rendono idonei e ogni esigenza di isolamento e condizioni di areazione. L’elevata qualità del taglio è ottenuta e garantita dall’impiego di apparecchiature a ultrasuoni. La certezza dell’ancoraggio del telo al tubo avvolgitore e assicurata dell’impiego di selezionati nastri a elevata tenacità e caratteristiche tecniche. Le nostre tende motorizzate sono costruite con l’impiego di tubi avvolgitori di diametro maggiorato ai 40 e 50 mm – questo per garantire la massima rigidità e linearità. Le tende motorizzate, poi, utilizzano esclusivamente motori sottoposti a severi test di potenza e affidabilità. È inoltre possibile utilizzare un singolo motore che permette però l’azionamento di più tende allineate in serie, ottenendo così l’isolamento simultaneo di più moduli». Dopo cento anni di presenza sul mer- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 173


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Un singolo motore permette l’azionamento di più tende allineate in serie, ottenendo l’isolamento simultaneo di più moduli

cato, la vostra azienda ha deciso di do- cato e a rendervi competitivi in un settore

In alto, Amista Fiorenza, titolare delle Officine Rami

tarsi di un nuovo logotipo. Qual è stata la strategia di comunicazione di valore che avete così avviato? GIACOMO ROSSINI: «Da quest’anno il logo Rami ha cambiato veste, pur mantenendo le proprie radici. Adesso è formato da caratteri tipografici solidi e in movimento, a rappresentare il nostro sguardo rivolto verso il futuro e verso una costante crescita professionale. Abbiamo insomma cercato di rappresentare anche con la grafica il nostro dinamismo di impresa, finalizzato al perfezionamento tecnico e di design. Il nuovo logo è il segno della nostra innovazione e intraprendenza. E dell’efficienza raggiunta grazie a uno staff giovane e motivato, una squadra di tecnici in grado di rispondere a ogni necessità». La vostra attività comprende anche la realizzazione di zanzariere. Come siete riusciti a interpretare le richieste del mer-

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così particolare? G.R.: «Abbiamo vissuto i cambiamenti del mercato di questi ultimi anni come una serie di spunti dai quali partire per sviluppare sempre nuove opportunità, per renderci migliori giorno dopo giorno, applicando anni di esperienza e passione per la nostra azienda e il nostro prodotto. Siamo riusciti a mantenere il mercato prestando molta attenzione alle richieste di un target sempre aperto alle nuove proposte – soprattutto a quelle che si presentato maggiormente pretendendo di essere “innovative” – per risolvere il problema del ronzio delle zanzare al di qua delle mura domestiche. Noi ci siamo orientati alla proposta di soluzioni sempre più sofisticate e quanto possibile meno invasive dal punto di vista architettonico». Quali sono attualmente le maggiori richieste riguardo a questo tipo di prodotto? F.R.: «Le maggiori richieste di realizzazioni particolari arrivano direttamente dei produttori di serramenti. Sia che il serramento venga prodotto in legno o in alluminio, l’estrema versatilità della nostra produzione ci permette di accontentare le più disparate esigenze, anche quando c’è la richiesta di colori specifici per la zanzariera stessa. Questo perché la continua ricerca e la cura artigianale del prodotto ci hanno portato a coniugare facilmente la funzionalità all’estetica, mantenendo un buon livello di qualità. Sicuramente, in questo momento di crisi mondiale, l’investimento in innovazione è la carta fondamentale da giocare».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Ricerca e sviluppo nelle tecnologie del freddo Cinquant’anni di ricerca e studio sulle tecnologie del freddo e sui prodotti destinati alla refrigerazione commerciale. Puntando allo sviluppo dell’innovazione tecnologica e al risparmio energetico. La parola a Barbara Guiducci Luca Cavera

hi è convinto che una porta per la refrigerazione sia semplicemente un insieme di alluminio e vetro si sbaglia. In una porta a vetro è rinchiuso il percorso di cinquant’anni di studi, innovazioni, professionalità ed esperienza di un settore cresciuto insieme alla grande distribuzione. È questo uno dei contesti più comuni nei quali si trova la tecnologia che permette di mantenere a bassa temperatura i prodotti alimentari e di ottimizzare i consumi energetici – limitando la dispersione del freddo – e quindi di contribuire al rispetto dell’ambiente con emissioni inferiori. Ma le applicazioni non si limitano alle porte che si trovano nei mobili dei reparti surgelati dei grandi market, bensì esistono anche applica-

C Barbara Guiducci in compagnia del padre Alberto, entrambi titolari di Cisaplast Spa, Suzzara (MN) www.cisaplast.com

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zioni speciali, come le celle crioterapiche e per la refrigerazione medicale e le applicazioni in retrofit Bt che sostituiscono le porte tradizionali riscaldate con porte energy free. Parliamo di questi temi con Barbara Guiducci, titolare della Cisaplast, che oggi, affiancando il padre Alberto, rappresenta la terza generazione della famiglia alla guida della società. La vostra realtà sta per tagliare il traguardo dei cinque decenni. Cosa è cambiato e cosa è rimasto immutato nel vostro modo di fare impresa? «Compiere 50 anni per un’azienda è un traguardo importante. Passare da una realtà familiare a una realtà industriale senza perdere di vista i valori di correttezza e professionalità di una volta penso sia un successo ancora più significativo. L’azienda ha completamente trasformato la propria fisionomia, soprattutto negli ultimi 10 anni, attraverso la costruzione di un nuovo stabilimento dedicato solamente alla preparazione meccanica, l’acquisto di sofisticati centri di lavoro per la lavorazione dei profili di alluminio e attuando tutte le possibili strategie industriali per l’ottimizzazioni dei costi. Notevole è stata l’evoluzione del prodotto». Quali nuovi prodotti lancerete sul mercato e sotto quali aspetti si sono ottenute le innovazioni più significative? «Abbiamo affiancato alla porta standard – con vetro riscaldato a bassa temperatura – nuove


Barbara Guiducci

soluzioni per soddisfare la crescente richiesta di porte a risparmio energetico, fino a giungere all’industrializzazione di una porta totalmente energy free. Siamo inoltre entrati in settori a noi prima sconosciuti come il vending, le wine cellar e il medicale. Da questo mese di dicembre, Cisaplast inizia la presentazione della nuova gamma frutto di uno lungo e complesso studio del nostro ufficio ricerca e sviluppo. Sono soluzioni innovative per la chiusura dei banchi murali verticali a temperatura positiva e negativa, porte scorrevoli che diventano battenti con un piccolo gesto, chiusure per isole Bt orizzontali». Avete anche puntato sulla ricerca di nuovi materiali? «Certamente, abbiamo focalizzato la nostra ricerca anche sullo studio di possibili utilizzi di materie prime innovative, di nuove tipologie di vetro, di illuminazione a led integrati direttamente nel telaio, di estrusioni tra plastica e alluminio. E introdotto particolari come cerniere per il sostegno della porta sul telaio ottenute con procedimenti in microfusione. Il raggiungimento di una massima resa e innovazione del prodotto è stato il frutto anche degli stretti sodalizi con alcuni dei nostri fornitori strategici, come Philips, Saint Gobain-Sovis, Sabic».

Il settore punta a una continua ricerca sui materiali alternativi e innovativi, orientati a un maggior rispetto dell’ambiente

Quali aspettative riponete sul futuro del vostro settore di riferimento? «Sono molto ottimista e fiduciosa sul futuro del nostro settore. In questo momento abbiamo in corso trattative commerciali importanti, segno di una ripresa del mercato. La presentazione della nuova gamma sta avendo riscontro da parte dei nostri partner e stiamo puntando molto sul settore della refrigerazione, sviluppatosi negli ultimi due anni: il retrofit sul quale abbiamo condotto studi mirati al risparmio energetico. Le maggiori catene di supermercati e dell’intera Gdo stanno focalizzando la propria attenzione – sia per la crisi contingente che per precise scelte di marketing strategico – alla chiusura dei mobili già funzionanti, in particolare quelli per i latticini, con la porte a vetro Tn, per ridurre la di- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 177


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Abbiamo affiancato alla porta standard nuove soluzioni per soddisfare la crescente richiesta di porte a risparmio energetico

spersione di energia».

Su cosa occorrerà fare leva per garantire una crescita del settore? «Le leve sono molteplici. Innanzitutto una continua ricerca sui materiali alternativi e innovativi, orientati a un maggior rispetto dell’ambiente. Sicuramente soluzioni che vadano verso un sempre maggior risparmio energetico per l’ottimizzazione dei costi che soprattutto la grande distribuzione si trova a sostenere. Tutto questo deve avvenire mantenendo nel contempo uno standard qualitativo alto, in quanto la qualità di un prodotto è il concetto cardine che una azienda deve considerare – per questo anche il prodotto di gamma economica deve funzionare alla perfezione». Quali sono stati i principali risultati raggiunti e quali le criticità maggiori a cui avete dovuto far fronte durante il 2011? «L’anno che sta per concludersi è iniziato con una notevole ripresa e con un maggior ottimismo da parte del mercato rispetto al biennio scorso, tanto che alla chiusura del primo semestre abbiamo registrato un incremento di fatturato del 12%. Purtroppo la situazione economicofinanziaria del nostro Paese e la complessa congiuntura mondiale hanno frenato pesantemente il mercato, provocando una battuta d’arresto sulle commesse e di conseguenza l’ultimo trimestre è stato in leggera flessione. Cisaplast chiude comunque l’anno con un fatturato superiore a quello 2010». Come vi state preparando per raggiungere gli obiettivi e le sfide che vi attendono nel 2012?

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«Gli ultimi avvenimenti economico-finanziari, oltre a confermare l’importanza di focalizzare la nostra attenzione sull’innovazione tecnologica, ci hanno dato un’ulteriore spinta per riorganizzare al meglio la nostra struttura. Sono stati compiuti miglioramenti a livello organizzativo, particolare attenzione è stata posta alle risorse umane, aumentando la consapevolezza e la volontà dell’azienda di aprire i propri orizzonti verso nuovi Paesi, rafforzando nel contempo l’opera di fidelizzazione dei partner storici. Abbiamo raccolto queste sfide perché crediamo che le sfide, per un’azienda, siano fondamentali per crescere ed essere all’avanguardia».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso una diversificazione settoriale e geografica del business impianto di condizionamento e riscaldamento della nuova sede della Regione, palazzo Lombardia, è stato realizzato in ATI – con l’installazione di oltre 50 kilometri di tubi e canali e l’uso di tecniche e tecnologie all’avanguardia – dal gruppo Aertermica di Brescia. «Per il nostro gruppo l’esecuzione di questo lavoro ha rappresentato l’appalto più importante realizzato nell’ultimo decennio. Sia per le dimensioni del palazzo – che ospita 85mila metri quadrati di uffici, un centro congressi, sale convegni, archivi, biblioteche, mediateche e un auditorium –, sia per il prestigio della realizzazione». Così Igino Zanoni, presidente del gruppo, commenta il risultato raggiunto con questa importante opera. La nascita del gruppo Aertermica è stata la concretizzazione di una strategia di diversificazione di business, di settore e anche geografica. «Per mantenere la nostra competitività nei confronti di una concorrenza sempre più agguerrita, abbiamo scelto di investire nella diversificazione del nostro business tradizionale – progettazione, installazione e manutenzione di impianti tecnologici per grandi edifici –, sia per quanto riguarda i settori di intervento, sia per quanto riguarda la presenza in nuovi territori. Questo ci ha portato all’acquisizione di società come Security Install (sistemi integrati per la sicurezza), IT Core (sistemi di telecomunicazione e servizi IT), RE Solutions (impianti fotovoltaici) e Thalia Technology (impianti di cogenerazione) che hanno allargato le nostre tipologie di attività. Le competenze raggiunte dal gruppo grazie

L’

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La progettazione, installazione e manutenzione di impianti tecnologici per grandi edifici. Dal cuore dell’amministrazione lombarda a una nuova capitale nel centro dell’Africa Equatoriale. La parola a Igino Zanoni Manlio Teodoro

alle consociate ci consentono di rinnovare la nostra offerta di professionalità, affidabilità e innovazione». La società ha anche espanso i propri orizzonti di intervento, progettando e realizzando impianti tecnologici anche all’estero, per esempio con la recente esperienza africana nella Guinea Equatoriale. «Questo progetto ci sta impegnando nella creazione degli impianti idrotermosanitari, elettrici e speciali per un complesso edilizio che si trova a Oyala, nel

Il Gruppo Aertermica ha sede a Brescia. Nella pagina accanto un’immagine del Progetto C.A.S.E. a cui Aertermica ha partecipato nell'ambito della riedificazione post-terremoto in Abruzzo www.aertermicaspa.com


Per mantenere la competitività abbiamo scelto di investire nella diversificazione del nostro business tradizionale

cuore della foresta della Repubblica della Guinea Equatoriale. L’attuale presidente ha deciso di spostare la capitale – che attualmente si trova su un’isola – all’interno del Paese. A noi è stato chiesto di partecipare alla realizzazione dell’embrione della futura capitale. Attualmente sono in fase di realizzazione gli impianti di 50 ville destinate ai ministri e ai funzionari della nuova capitale, di un albergo Hilton di 400 stanze, di un centro congressi e di altre strutture di rappresentanza». L’opera di diversificazione del gruppo è iniziata nel 2005 con l’ingresso nel mondo della sicurezza, attraverso l’acquisizione di Security Install, che progetta, installa e gestisce sistemi integrati. «L’azienda opera su tutto il territorio nazionale con la progettazione, la vendita, l’installazione e l’assistenza di soluzioni complete per la sicurezza destinate sia a clienti privati sia pubblici e ha fra i propri partner importanti soggetti dell’industriale, del terziario, del commerciale e degli enti pubblici». La diversificazione settoriale del gruppo ha quindi portato Aertermica a entrare anche nel mercato delle telecomunicazioni e dei servizi di information technology, attraverso l’acquisizione di IT Core, società nata nel

2009 dalla fusione di Intertelefonica e Tecnotel. «IT Core, operando nel settore della telefonia tradizionale, ha sviluppato le competenze necessarie alla progettazione di infrastrutture di cablaggio strutturato, alla gestione degli apparati attivi locali su lan e alla realizzazione di wan. La continua evoluzione verso sistemi a elevato contenuto tecnologico – come server voip, reti wifi e accessi wireless –, ci ha consentito, tramite IT Core di diventare un interlocutore qualificato nella progettazione e fornitura di servizi e soluzioni per il trasferimento di informazioni ed ci ha permesso di realizzare strutture di comunicazione ad alto grado di complessità, garantendo la gestione di tutti i servizi associati».

70 mln EURO

Fatturato annuo del Gruppo Aertermica, che comprende le società Aertermica Spa, Security Install Srl, IT Core Spa, RE Solutions Srl e Thalia Technology Srl

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tecnologie per la lotta alla contraffazione dei farmaci er contrastare la sempre più frequente diffusione di farmaci contraffatti, a partire dal 2015 anche in Europa entreranno in vigore le normative sulla tracciabilità. In Paesi come Corea, Brasile, Argentina, India e Cina queste normative sono in via di adozione. In Turchia sono già legge. È proprio in questo mercato che un’azienda italiana – che progetta, produce e installa sistemi di controllo visivi per il settore farmaceutico – Antares Vision, in questi anni si è affermata in una tecnologia che investirà fra appena trentasei mesi la maggior parte degli stati comunitari. Rivoluzione normativa, ma anche tecnologica e di business, per questo è già in moto una competizione globale per il posizionamento nei posti chiave del futuro sistema. «L’applicazione anche in Europa della normativa sulla tracciabilità aprirà nuovi sviluppi – spiega Emidio Zorzella, amministratore delegato di Antares Vision –. La normativa prevede l’identificazione di ogni singola confezione di farmaco mediante un numero univoco. Tale numero seriale, permetterà di controllare il percorso del medicinale dallo stabilimento produttivo fino al punto di dispensazione (ospedale o farmacia) e contrasterà efficacemente la contraffazione, permettendo di identificare i farmaci che entrano illecitamente nella catena distributiva». A parlarne è anche il co-fondatore insieme a Zorzella, di Antares Vision Srl, Massimo Bonardi. Qual è stata la vostra esperienza imprenditoriale nel mercato turco? MASSIMO BONARDI: «Nell’ambito della tracciabilità, abbiamo portato la nostra società ad acquisire una posizione di leadership mondiale. Abbiamo infatti conquistato circa il 50% del

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Nel 2015 entrerà in vigore la normativa europea sulla tracciabilità del farmaco. Una tecnologia italiana basata su telecamere intelligenti sarà alla base dei sistemi di controllo automatici per la rilevazione dei dati. Ne parlano Emidio Zorzella e Massimo Bonardi Luca Cavera

mercato turco – il primo Paese al mondo ad adottare tali normative su scala nazionale –, concorrendo contro aziende estere, per lo più tedesche e americane, di dimensioni di gran lunga maggiori delle nostre». Qual è la tecnologia che vi ha permesso di raggiungere questo primato? EMIDIO ZORZELLA: «La sicurezza dei farmaci passa attraverso l’ispezione delle confezioni, delle fiale, dei flaconi. Compresi i controlli degli astucci e dei fogli istruzioni in essi contenuti, di compresse e capsule presenti nei blister, per verificare che non ci siano difetti, impurità e frammischiamenti. La tecnologia che noi abbiamo messo a disposizione è quella della visione artificiale: si tratta di

Da sinistra, Emidio Zorzella e Massimo Bonardi, co-fondatori di Antares Vision Srl, Castelmella (BS) www.antaresvision.com


Emidio Zorzella e Massimo Bonardi

sistemi basati su telecamere intelligenti, in grado di acquisire l’immagine ed elaborarla per individuare eventuali difetti, che consentono di eseguire i controlli di sicurezza più complessi anche a bordo delle linee di produzione più veloci». Può fare un esempio del funzionamento di questa tecnologia di visione? M.B.: «Le pastiglie contenute nel blister vengono analizzate una per una da una telecamera: questa verifica che non siano rovinate, che il prodotto sia corretto in colore, forma e dimensione, e che non ci siano macchie, scheggiature e rotture. In una fase più avanzata della catena di confezionamento, controlliamo che il blister sia chiuso e che la stampa su di esso sia corretta, che il lotto di produzione e la scadenza indicati siano esatti e che il foglio d’istruzioni sia quello giusto. Questo fa sì che la confezione del prodotto farmaceutico sia controllata al 100%». In che modo avete avviato la collaborazione con le case farmaceutiche? E.Z.: «Collaboriamo sia con le ditte farmaceutiche sia con i produttori delle macchine per packaging destinate al settore farmaceutico. Abbiamo rapporti di partnership in Italia e all’estero. Uno dei nostri partner più importanti è il gruppo Ima di Bologna: loro costruiscono le macchine per il packaging, noi i sistemi di controllo e i software, che vengono sviluppati nel nostro centro di ricerca a Castelmella. Forte di questa partnership tecnologica con il gruppo Ima – leader mondiale nel packaging per il settore farmaceutico – e dell’esperienza maturata nell’attrezzare oltre 250 linee di Track&Trace presso linee produttive farmaceutiche, Antares Vision guarda ai prossimi anni con ottime prospettive di crescita». A questo proposito, il mercato è preparato

La sicurezza dei farmaci passa attraverso l’ispezione delle confezioni, delle fialette, dei flaconi. Compresi i controlli di astucci e foglio illustrativo

ad adeguarsi alle novità che entreranno in vigore nel 2015? M.B.: «Tre anni possono sembrare un periodo lungo, ma per adeguare impianti produttivi così complessi come quelli farmaceutici sono appena sufficienti. Per questo motivo tutte le principali case farmaceutiche stanno avviando progetti pilota per acquisire il necessario know how e scegliere i partner tecnologici. In questi mesi, dunque, si gioca una sfida per chi avrà la leadership nei prossimi anni. La nostra società parte in ottima posizione, grazie all’esperienza maturata in Turchia e ad un portfolio di impegni in importanti progetti con i maggiori player farmaceutici mondiali». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 185


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Una “visione”di sicurezza per l’industria farmaceutica Lo sviluppo tecnologico in campi specifici non è solo un merito straniero ma anche un orgoglio italiano come quello che riguarda i sistemi di visione per l’industria farmaceutica. Luigi Carrioli e Michele Cei spiegano i progressi e le sfide del mercato Amedeo Rossi

er poter competere in un mercato internazionale sempre più agguerrito, il segreto è puntare sull’innovazione e sull’eccellenza. Ci sono settori in cui la tecnologia non può rimanere ferma ma deve svilupparsi per offrire servizi sempre più precisi e di alta qualità come ad esempio nel campo dei sistemi di visione per l'industria farmaceutica. «Le evoluzioni tecnologiche in campo informatico e un approccio user friendly – spiega l’ingegner Luigi Carrioli, amministratore di SEA Vision –

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Luigi Carrioli e, nella pagina a fianco, Michele Cei, amministratori della SEA Vision Srl di Pavia www.seavision.it

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sono da sempre elementi imprescindibili nello sviluppo di nuovi prodotti. Per questo motivo SEA Vision utilizza esclusivamente hardware di ultima generazione. Al fine di offrire prodotti di semplice utilizzo, necessità primaria del cliente, il software di controllo è stato completamente ridisegnato, puntando su un’interfaccia grafica di immediata intuizione». Per venire incontro alle diverse esigenze occorre inoltre sviluppare diversi tipi di sistemi: «La personalizzazione delle applicazioni, in base alle esigenze specifiche del cliente, - continua Carrioli - rimane uno dei punti di forza dell’attività aziendale e un costante elemento di riferimento durante tutte le fasi di sviluppo di nuovi prodotti. A questo scopo SEA Vision investe il 30% del proprio fatturato in ricerca e in formazione del personale». La difficoltà maggiore è riuscire a ottenere la fiducia dei nuovi clienti, soprattutto in un momento di mercato in cui spesso gli interlocutori principali, durante i primi contatti, sono profili meno tecnici e specializzati. «Durante gli ultimi due anni – spiega il dottor Michele Cei, amministratore di SEA Vision – il nostro gruppo è riuscito a consolidare quanto costruito in 10 anni di attività. Nel biennio 2008-2009, infatti, è stato raggiunto l’obiettivo principale di ampliare il parco clienti sui mercati già acquisiti e proporsi su nuovi settori, inaugurando anche una sede negli USA. Ciò ha permesso un incremento di fatturato costante negli ultimi


Luigi Carrioli e Michele Cei

quattro anni, attestandosi a fine 2010 intorno ai 7,5 milioni di euro». Lo studio di nuove soluzioni è quindi alla base dell’evoluzione di questo particolare tipo di tecnologia: «Tre saranno le maggiori aree di intervento su cui si concentrerà l’attività: sicurezza e velocità dei sistemi di tracciatura dei farmaci, applicazione della robotica al servizio del controllo visivo e miglioramento dell’efficienza e della qualità del processo di packaging farmaceutico». Obiettivi che però devono tenere conto della crisi economica che ha mutato anche le esigenze del settore farmaceutico: «Il mercato – spiega Cei – impone trattative più complesse e protratte nel tempo e termini di consegna sempre più ristretti. Da ciò nasce una grande difficoltà nella pianificazione delle attività aziendali e sono necessarie maggior flessibilità e reattività per poter rispondere celermente alle esigenze dei clienti». Il mercato estero si mostra comunque sempre interessato a questo tipo di tecnologie specifiche: «Dal 2006 in poi – fa sapere Carrioli - uno degli obiettivi principali di SEA Vision è stato quello di guadagnare nuove quote di mercato all’estero. A questo fine sono state costituite realtà come SEA Vision France a

Ci concentreremo su sicurezza e velocità dei sistemi di tracciatura dei farmaci, sull’applicazione della robotica al servizio del controllo visivo e al miglioramento del processo di packaging

Parigi, SEA Vision UK a Londra e RC Electronica a Barcellona (acquisita nel 2006) per poter seguire più da vicino il business locale, offrendo assistenza tecnica e commerciale. Per il 2012 è previsto lo sviluppo della nuova sede nel Nord America e dell’attività anche su mercati in forte crescita come India e Sud America. Un ulteriore obiettivo, in considerazione dei risultati raggiunti e dell’aumento di fatturato, – conclude Cei – è quello di ampliare la sede principale di Pavia, interessata da un incremento significativo del personale negli ultimi 5 anni, che è passato da 10 dipendenti nel 2006 agli attuali 30. La maggiore sfida che ci attende: la ricerca di nuovi settori in cui la visione può apportare un beneficio in termini qualitativi e di controllo, sviluppando architetture software sempre più intuitive e interattive, per ampliare il bacino di utilizzo delle nostre apparecchiature da parte di personale non specializzato». SEA Vision, un vanto per lo sviluppo tecnologico italiano, riconosciuto nel mondo e sempre pronto a raccogliere le sfide globali. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 187


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La produzione di sacchi pensa all’ambiente La forza innovativa del settore dei sacchi industriali in carta non è apparente come tanti credono, ma reale e molto dinamica. Recenti sono infatti i prodotti pensati per aumentare l’ecosostenibilità di questo specifico mercato. L’esperienza di Raffaello Mazzola Emanuela Caruso

nterpellati alla domanda “Come definireste il sacco in carta industriale in termini di prodotto?”, sarebbero sicuramente in molti a sostenere che questo particolare articolo sia di semplice realizzazione, ben poco interessante e di certo difficile da innovare. Niente di più sbagliato. Nel corso dei decenni, infatti, il sacco in carta ha subito molti e importanti cambiamenti, ognuno dei quali pensato per ridurre il consumo di materia prima e rendere più efficiente il veloce processo di insaccamento. Recentemente, poi, in perfetta linea con le normative di stampo ecologico e la rinnovata attenzione nei confronti della tutela ambientale, a rivoluzionare il settore è arrivato l’innovativo sacco industriale “Terra Bag”. Questo prodotto biodegradabile, già certificato da importanti enti in Europa, è costituito da uno o due fogli di carta con l’interposizione di un film biodegradabile, ed è quindi in grado di aggiungere ecosostenibilità a tutte le attività che si servono dell’uso di sacchi in carta. A produrre in Italia il “Terra Bag” è la divisione Italiana di Mondi Industrial Bags, che, con la sua produzione annua di circa 650 milioni

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Raffaello Mazzola, managing director del Gruppo Mondi IB, Industrial Bags Italia www.mondigroup.com

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di sacchi, forniti in tutto il mondo, rimane leader del settore in Italia. «Farà parte della nostra linea a impronta ecologica anche il Solmix – spiega Raffaello Mazzola, managing director del Gruppo Mondi in Italia –, un sacco per cemento in carta kraft del tutto solubile nell’impasto cementizio. Lo abbiamo prodotto impiegando carta avana non trattata chimicamente per lo sbiancamento». Quali altre evoluzioni e innovazioni passate hanno contribuito a migliorare negli anni la qualità dei sacchi in carta? «I cambiamenti passati più importanti sono stati senza ombra di dubbio quelli che hanno permesso il passaggio da un prodotto a tre o addirittura quattro fogli, ancora in uso in qualche paese emergente, con un impiego di carta fino a 8 grammi per ogni chilogrammo contenuto, a un articolo a un singolo foglio, il nostro sacco “ONE”,disponibile anche con barriera all’ umidità, con un impiego di carta pari a soli 2,5 grammi per ogni chilogrammo contenuto. I vantaggi di questa evoluzione sono presto detti: un minore sfruttamento di indispensabili risorse naturali quali il legno e l’energia, e molti meno oneri a carico dell’ambiente per lo smaltimento dei residui. Abbiamo poi una serie di sacchi speciali come “Airstream”, “Effusion bags” e tanti altri, che ben rappresentano i nostri sforzi per proporre all’utilizzatore soluzioni valide, come l’aumento della protezione e quindi della durata del contenuto nel primo caso e un facile utilizzo nel secondo».


Raffaello Mazzola

Tutte le evoluzioni di cui sono stati protagonisti i sacchi in carta hanno mirato e mirano tuttora a salvaguardare l’ambiente che ci circonda

Con che tipo di interlocutori si rapporta la vostra società? «Il bacino d’utenza nazionale e internazionale della Mondi è composto da produttori di cemento, calcestruzzo e altri materiali da costruzione, da aziende del settore alimentare,mangimistico e da imprenditori del mercato chimico. La ns. Capogruppo Mondi oltre a essere leader nella produzione di carta per sacchi industriali e carta per ufficio è inoltre presente in altri settori dell’imballaggio. Attraverso gli articoli prodotti dall’impresa cerchiamo di dare ai clienti l’opportunità di raggiungere i nostri stessi target, sia a livello di produttività che di sostenibilità». Se il sacco in carta è un prodotto semplice, molto meno lo può essere il suo utilizzo in particolari settori. Come la Mondi ha cercato di risolvere questo particolare aspetto dell’articolo? «Per alcuni settori di nicchia, il processo di riempimento del sacco può presentare alcune difficoltà, ma solo se realizzato con le comuni macchine standard disponibili sul mercato. Ecco allora che, nel perseguire il nostro obiettivo di massima assistenza nei confronti dei clienti, abbiamo sviluppato a Romano di Lombardia, presso uno dei ns. stabilimenti, un’attività di progettazione e costruzione di macchine di riempimento e trattamento sacchi, dedicata a quegli ambiti dove la fase di riempimento necessita di una stretta collaborazione tra impresa che insacca il proprio materiale, fornitore del sacco e co-

struttore delle apparecchiature. Oggi questa attività viene svolta dalla nostra consociata Natro Tech, nata nel 2001 da un ramo aziendale preposto allo studio di macchine e applicazioni tecnologiche». Proprio all’inizio del 2011 la Mondi ha lanciato un progetto chiamato Inspire; di che cosa si tratta? «Da sempre, l’azienda si è convinta che per la crescita siano fondamentali innovazione dei prodotti e valore del proprio personale, che rimangono la chiave di volta della competitività e della qualità di qualsiasi impresa. Riteniamo davvero importante creare una cultura aziendale sempre più ispirata al concetto di comunione d’intenti e dal senso di appartenenza al proprio Gruppo, dove ognuno possa affermare con sicurezza di far parte di una squadra proiettata verso una meta comune. Con il progetto Inspire vogliamo accelerare il raggiungimento di questo obiettivo, investendo energie e capitali per una più attenta gestione delle risorse umane, basata su rispetto, reciprocità, trasparenza, autonomia e dinamicità». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 191


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Una protezione sicura per le spedizioni intermodali e in tempi di crisi si sta sempre più attenti ai conti, è altrettanto vero che su certi aspetti le imprese non possono lesinare, soprattutto in termini di qualità. Ecco perché la prerogativa della Vancom Imballaggi, da oltre venti anni specializzata nel settore dell’imballaggio industriale, è quella di studiare e trovare per i propri clienti le migliori soluzioni, anche dal punto di vista economico, per realizzare un imballo che possa garantire la movimentazione, la conservazione e la spedizione a destino delle merci in totale sicurezza. «Tutti i nostri imballi – afferma Giovanni Cominetti, alla guida dell’impresa di Casaletto Vaprio - sono progettati con un apposito software sviluppato sulla base della normativa Uni 9151 riferita alla progettazione e costruzione di imballaggi per spedizioni via terra, marittima o aerea e sono coperti da polizza assicurativa contro danni derivati da deficienze tecniche imputabili». Quali settori merceologici interessano, soprattutto, alla vostra realtà? «I settori a cui ci rivolgiamo principalmente sono quelli dell’impiantistica in generale, delle macchine industriali, delle società di engineering e di tutte quelle aziende esportatrici che necessitano di una protezione meccanica che salvaguardi il prodotto da spedire». Garantire qualità, in questo ambito, è di fondamentale importanza. «Vancom Imballaggi, lavorando con sistema di qualità Iso 9001, è in grado di gestire grandi commesse, dal servizio di approvvigionamento sino alla realizzazione dei prodotti finali, operando in tutto il territorio

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Garantire un imballaggio che sappia preservare fino a destino il proprio contenuto e rispondere a requisiti essenziali quali, in primis, la sicurezza. L’esperienza di Giovanni Cominetti Carlo Gherardini

italiano e ponendo come prerogativa la qualità del prodotto, la sicurezza delle persone negli ambienti di lavoro e la soddisfazione dei clienti. A garanzia della qualità del nostro lavoro, basti pensare che, attraverso un sistema di certificazione delle imprese della filiera, Vancom Imballaggi è stata una delle prime aziende ad essere autorizzata dal Consorzio FITOK all’utilizzo del Marchio Fitosanitario

Giovanni Cominetti, titolare della Vancom Imballaggi di Casaletto Vaprio (CR) www.vancomimballaggi.com


Giovanni Cominetti

Volontario ISPM 15 e all’emissione dei relativi certificati». Come garantite, invece, la qualità e la sicurezza degli imballaggi? «I nostri imballaggi, realizzati rigorosamente in legno, devono preservare fino a destino il proprio contenuto e rispondere a requisiti essenziali quali sicurezza statica e dinamica, sicurezza agli urti, rollio e vibrazioni, sicurezza nei confronti degli operatori, equilibratura, nonché a requisiti opzionali quali protezioni dalle intrusioni da persone o animali, permeabilità alle intemperie, isolamento termico». La vostra offerta non si limita alla realizzazione dell’imballaggio, ma comprende tutta una serie di servizi collaterali. Possiamo descriverli? «Il nostro servizio comprende progettazione, costruzione e assistenza alle operazioni di imballaggio, con personale tecnico, sia presso la nostra sede che presso quella del cliente. Offriamo consulenza grazie a un team di esperti che attraverso lo studio, la fattibilità e la progettazione, cura la realizzazione dei prodotti finali rispettando le normative Uni 9151 o le specifiche contrattuali richieste, ponendo attenzione ai differenti vincoli come il trasporto, la destinazione, la tipologia e la caratteristica dei materiali da spedire. Presso il nostro stabilimento, inoltre, con un’adeguata copertura assicurativa, curiamo la gestione delle merci nei magazzini dalla loro presa in consegna sino alla partenza, offrendo così dei servizi aggiuntivi come la movimentazione, scarico, deposito, stivaggio, containerizzazione, stesura dei packing list e piani carico». Come ha reagito Vancom Imballaggi all’attuale congiuntura economica? «L’azienda non ha risentito della crisi in quanto ha puntato sulla politica dell’alta qualità del prodotto, su risposte immediate alle esigenze della clientela e sulle risorse umane

a cui è sempre stata dedicata una particolare attenzione, assumendo molti giovani e curandone in modo particolare l’aspetto della formazione. Abbiamo avviato inoltre un programma di investimenti immobiliari e tecnologici che si spera ci permetteranno in futuro di abbattere i costi di produzione e di fornire servizi sempre più adeguati alle richieste della clientela. L’ultimo bilancio si è chiuso in positivo malgrado la difficile congiuntura economica generale, e siamo ottimisti anche per quanto concerne le prospettive nell’immediato futuro». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 193


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nuove prospettive nel settore packaging uello del packaging è un settore sempre più competitivo, dove l’efficienza degli impianti produttivi, lo sviluppo di soluzioni tecnologicamente innovative e l’affidabilità del prodotto sono fattori chiave per tutte le aziende che vogliono conquistare un ruolo da protagonisti nel mercato. Pensando al confezionamento di prodotti alimentari, ad esempio, è chiaro che la qualità delle tecniche di confezionamento e dei macchinari utilizzati rappresenta un criterio imprescindibile per garantire la freschezza e la conservazione ottimale dei prodotti stessi. Un lavoro ingegneristico dall’alto contenuto tecnologico, dunque, dove la capacità di migliorare le soluzioni offerte determina la competitività di un’azienda rispetto ai suoi competitors di riferimento. Con più di tremila macchine vendute in tutto il mondo, il Gruppo Colimatic è leader nel settore delle macchine per il confezionamento di prodotti di ogni genere, specialmente alimentari e medicali. L’azienda, fondata nel 1973 a Chiari, inizia la propria attività costruendo le prime macchine confezionatrici verticali ed orizzontali (i famosi modelli Delta e Sigma) per passare poi, agli albori della storia in questo settore, al mondo del sottovuoto e dell’atmosfera protettiva. Da allora ha allargato la produzione con il lancio di brevetti internazionali, macchinari di ultima generazione e linee complete di confezionamento che hanno permesso di consolidare la posizione di leader nel mercato mondiale. Ne parliamo con il CEO di Colimatic, Vittorio Libretti. Quali accorgimenti devono essere presi in considerazione nel packaging alimentare e, di conseguenza, nella progettazione delle macchine utilizzate?

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194 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Guardare oltre la crisi significa migliorare e cogliere nuove opportunità di sviluppo che permettano all’industria italiana di superare i propri limiti. Ne è convinto Vittorio Libretti della Colimatic Erika Facciolla

«La regola principale è ‘semplificare’. Oggi dobbiamo far riferimento a delle regolamentazioni che se non affrontate nel modo giusto espongono al rischio di complicare l’uso dei macchinari e quindi renderli meno fruibili. Ci si basa, nella progettazione e realizzazione di un impianto, su delle regole auree: standardizzazione dei componenti, modularità, sanificabilità, semplicità d’uso, robustezza, unite alla capacità di seguire il cliente in ogni sua esigenza». Come si riesce a coniugare la capacità di offrire affidabilità e qualità dei macchinari a prezzi concorrenziali? «Ci siamo strutturati in modo da tagliare il più possibile i costi indiretti, ovvero tutto quello che

Vittorio Libretti, CEO della Colimatic di Chiari (BS) www.colimatic.it


Vittorio Libretti

La crisi rappresenta un’ottima occasione per riflettere su quello che siamo e cercare di capire dove possiamo migliorare

il cliente non apprezza nel prodotto perché non direttamente osservabile. A questo, abbiamo unito un’organizzazione snella e reattiva di tutta la struttura aziendale che permette di contenere i costi e avere, nello stesso tempo, un controllo capillare su eventuali errori di processo che rischierebbero di disperdere risorse economiche ed energie professionali. In sostanza l’idea di base è ottimizzare il più possibile le risorse ed investire sulla qualità del prodotto». Su quali strategie avete puntato per reggere alle oscillazioni del mercato in tempi di crisi economica così marcata? «Oltre all’ottimizzazione e allo snellimento dei processi produttivi, abbiamo puntato sull’aggregazione tra più aziende non concorrenti ma complementari, volta allo sviluppo di un’economia di scala, sia dal punto di vista produttivo che commerciale, e a un rafforzamento della rete distributiva. Purtroppo nell’industria italiana questa è una cosa che raramente si riesce a realizzare poiché la vocazione prettamente familiare del tes-

suto imprenditoriale nazionale tende a limitare la capacità di interazione con altri settori. In tal senso, credo fermamente che la crisi rappresenti un’ottima occasione per riflettere su quello che siamo e cercare di capire dove possiamo migliorare». Quanto conta per un’azienda come Colimatic l’investimento in ricerca e sviluppo? «Si può dire che ricerca e sviluppo sono la base del nostro modo di lavorare; specie in questo settore, l’evoluzione tecnologica è fondamentale per rimanere competitivi e affidabili agli occhi del cliente. Ed è proprio a partire dalle esigenze della clientela che abbiamo fondato la nostra attività». Quali sono i vostri principali mercati di riferimento dal punto di vista territoriale e industriale? «I mercati di riferimento sono i paesi scandinavi e gli Stati Uniti, dove siamo presenti con filiali commerciali e tecniche in Svezia e in California. Negli ultimi anni abbiamo conosciuto una crescita esponenziale in paesi come il Brasile e, in generale, in America Latina dove iniziamo ad occupare quote di mercato sempre più importanti». E per quanto riguarda il mercato italiano? «L’Italia è a tutt’oggi il mercato più importante anche se afflitto da una crisi di liquidità che rende tutte le operazioni più complicate. La nostra produzione è divisa indicativamente al settanta per cento nel settore alimentare e per il trenta per cento in quello medicale». Alla luce di queste considerazioni, quali sono le prospettive per il 2012? «Pur trovandoci in un periodo di crisi conclamata siamo certi che gli investimenti profusi nell’ultimo biennio saranno monetizzati nel corso del prossimo anno, il ché ci permetterà di proseguire nel percorso di crescita intrapreso». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 195


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’ecopackaging nel settore food & beverage Eliminare materiali inquinanti e sostituirli con altri riciclati o riciclabili. È questa una delle strade intraprese per rinnovare in chiave green il mondo degli imballaggi. Di questa e altre soluzioni parla Gianluca Morgese Luca Cavera

a crescente sensibilità ecologica si sta estendendo anche a uno dei settori che maggiormente hanno contribuito in passato a inquinare l’ambiente e a far lievitare la quantità dei rifiuti: gli imballaggi. Per questo il futuro del packaging è ecologico. Le aziende specializzate nella produzione di imballaggi stanno oggi puntando su prodotti meno pesanti, meno ingombranti e meno inquinanti. Attraverso l’impiego di carte leggere, la riprogettazione del design dei vari tipi di imballo, la sostituzione di legno e plastica con materiali riciclabili o riclati, la creazione di soluzioni personalizzate per le piccole quantità dei prodotti a km zero è infatti possibile determinare una sensibile diminuzione di scarti e rifiuti superflui. Parliamo di questo e altri temi legati al mondo del packaging con Gianluca Morgese, socio del gruppo Ondapack, specializzato negli imballaggi per il settore ortofrutta, food & beverage, Gdo e prodotti in cartotecnica per la comunicazione e Gabriella Morgese, con i fratelli Michele e il marketing. Gianluca, soci con Antonella Morgese del gruppo Quali particolari caratteOndapack, Castenedolo (BS) www.ondapacksud.it ristiche devono rispettare

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gli imballaggi destinati alla frutta e alla verdura? «Fondamentali sono il disegno e la scelta delle carte degli imballi. Queste devono essere in grado di sopportare senza alterazioni i forti sbalzi di temperatura e umidità che si susseguono nelle varie fasi passando da un tipo di ambiente all’altro: dai campi durante la raccolta allo stoccaggio in celle frigorifere ai lunghi trasporti verso la distribuzione di tutta Europa. Particolarmente delicata è la produzione del cartone stesso, che deve essere trattato per aumentarne l’impermeabilità, come pure la stampa personalizzata, spesso da eseguire su carte patinate che richiedono tecnologie e know how particolari. Questo insieme di requisiti fa sì che solo una decina di scatolifici in Italia abbiano la tecnologia e l’organizzazione adeguata per produrre i plateaux – le cosiddette “cassette di cartone”». L’azienda come sta interpretando lo sviluppo di un packaging ecologico e su quali aspetti sta lavorando per diminuire l’impatto ambientale? «Sono numerosi gli interventi e gli investimenti che stiamo indirizzando verso il risparmio energetico, il corretto trattamento dei rifiuti e il recupero degli scarti di produzione – pronti a diventare materia prima per produrre nuova carta. Ma soprattutto, il contributo del nostro settore è legato alla progettazione e alle scelte tecniche e di produzione, volte alla


riduzione del peso e dell’ingombro degli imballi. Abbiamo progettato e stiamo già proponendo ai nostri partner soluzioni intelligenti per sostituire i materiali a maggiore impatto ambientale e per trasformare gli imballi e gli espositori, oggi composti di diversi supporti – per cui difficilmente riciclabili –, in prodotti monomateriale. Inoltre, l’uso del cartone non è dogmatico, per esempio, stiamo puntando sulla rafia di polipropilene per produrre i sacchi riutilizzabili che stanno sostituendo i sacchetti usa e getta in plastica». Attualmente quali settori industriali rappresentano la percentuale maggiore del vostro core business? «Il food & beverage si sta progressivamente imponendo, sostituendo la domanda di altri settori tradizionali. Produciamo astucci e scatole per pasta, vino, birra, olio, biscotti e altri alimenti. Produciamo packaging anche per alcune aziende di eccellenza di altri settori per i quali in passato abbiamo lavorato molto, mi riferisco a imballi per mobili, divani, pentole, docce e bicchieri, prodotti esportati in tutto il mondo. Attualmente stiamo spostando l’attenzione anche verso le società di servizi e la Gdo, specializzandoci nella progettazione di espositori e prodotti promozionali e di marketing. Quest’ultimo settore, insieme a quello ortofrutticolo, vanta la crescita

più veloce». Con quali strategie avete reagito alla recente crisi economica? «Dopo la crisi del 2008 abbiamo riscontrato una grave contrazione nella domanda da parte di quasi tutti i nostri settori di riferimento. Fortunatamente, avevamo già iniziato una strategia di riorientamento verso settori meno soggetti ai cicli economici e ai fenomeni di delocalizzazione. Questo ci ha permesso di uscire velocemente dalla prima parte della crisi, tanto che ci troviamo ora in una fase di forte crescita. Proprio questa recente crescita è stata l’input per avviare un circolo virtuoso, dato che noi piccole imprese non possiamo che puntare alla creazione di network, fusioni e partenariati. Ma poiché nel nostro settore facciamo fatica a trovare soggetti sensibili a questi temi, stiamo creando legami stretti con aziende in settori attigui, per attivare in futuro sinergie commerciali e non solo».

20 mln EURO

Fatturato 2011 del gruppo Ondapack, che raggruppa le società Ondapack, Lcs (con una sede a Shanghai per la parte commerciale) e Ondapack Sud

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

In equilibrio tra cultura artigianale e alto contenuto tecnologico Gusto, cura artigianale e innovazione tecnologica: sono questi gli ingredienti che fanno di un semplice oggetto un accessorio di alta moda dallo stile unico e inconfondibile. Il punto di Andrea Plebani Erika Facciolla

a robotizzazione e l’automazione dei principali processi di produzione e lavorazione industriale ha dato impulso a nuove forme di sviluppo, basate per lo più sulla flessibilità, la grande capacità produttiva in tempi rapidi e il costante aggiornamento delle tecnologie applicate per rispondere alla domanda del mercato. In questo turbinio di cambiamenti il valore del prodotto made in Italy rappresenta una risorsa da tutelare anche attraverso l’adeguamento delle tecniche di lavorazione artigianale alle soluzioni tecnologiche più all’avanguardia disponibili sul mercato. Ecco perché le aziende italiane, in particolare quelle impegnate nei settori in cui le eccellenze italiane esprimono il loro massimo potenziale,

L Andrea Plebani con i suoi collaboratori all’interno della Metaltrend di Palazzolo Sull’Oglio (BS) www.metaltrend.it

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sono chiamate, oggi più che mai, a rivestire il ruolo di ‘custodi’ di questo patrimonio. Un esempio illuminante in tal senso arriva da Metaltrend, un’articolata realtà industriale sviluppatasi nel segno dell’innovazione artigianale coniugata alla più alta tecnologia. Specializzata nella produzione di fibbie, bottoni e accessori moda, Metaltrend ha saputo reinventare con creatività ed eleganza forme naturali per trasformarle in oggetti unici. Alla base del successo di questa dinamica realtà produttiva c’è tutta l’esperienza trasmessa di generazione in generazione e il gioco di squadra di un team affiatato e pronto a cogliere le sfide di un mercato in continuo fermento. Intuizioni brillanti, partnership vincenti, e il raggiungimento del perfetto equilibrio tra arte, cura artigianale e alto contenuto tecnologico, fanno di Metaltrend un’azienda in grado di cogliere al meglio le sfumature e le evoluzioni espresse dalla società moderna. Ne parla il titolare, Andrea Plebani. Quali sono gli elementi che trasformano un semplice accessorio in un oggetto firmato Metaltrend? «Il segreto è nell’intero ciclo di lavorazione applicato dai nostri collaboratori agli oggetti lavorati. Tatto, percezione della forma, e una qualità artigianale che diventa contenuto grazie ad una lavorazione curata nei minimi dettagli e alla selezione dei materiali più adatti ad esprimere al meglio lo spirito contemporaneo: sono questi i punti di forza di Metaltrend».


Andrea Plebani

Da cosa trae origine l’ispirazione che guida ogni lavoro? «La nostra arte è ispirata alla natura e alla sua spontanea fantasia di forme e colori, che stimola la creatività e guida l’invenzione di stili sempre diversi e particolari che trovano terreno fertile nelle creazione dei grandi nomi della moda. Tutto questo traccia le linee guida di un modo unico di vestire il proprio tempo con passionalità e carattere». Può illustrarci brevemente il percorso che compie un oggetto prima di diventare un accessorio finito? «Tutto ha inizio nell’ufficio tecnico dove, partendo da bozze artistiche e oggetti campione, vengono tracciate le dimensioni e i particolari dell’oggetto stesso. Successivamente si passa alla realizzazione bidimensionale e tridimensionale attraverso il sistema cad 2d e 3d e la creazione del percorso utensile per la macchina che realizza le sagome sull’acciaio temprato. Una volta pronto, lo stampo viene passato all’officina per le operazioni di foratura, alesatura e fresatura per poi arrivare tempra e al processo di elettroerosione. Una volta pronte, le sagome vengono lucidate e montate nella porta stampa per i controlli finali e l’adattamento allo stampaggio». Quali sono i materiali impiegati più frequentemente? «Principalmente la Zama, il poliestere e i materiali naturali. La Zama è una lega di zinco e alluminio che segue uno specifico processo di lavorazione compiuto da macchinari di ultimissima generazione. Le altre produzioni si avvalgono di rondelle grezze, barre di poliestere

Tatto, percezione della forma, e una qualità artigianale che diventa contenuto grazie ad una lavorazione curata nei minimi dettagli

e di materiale naturale la cui lavorazione avviene tramite macchine automatiche dalle quali si ottengono bottoni finiti da lucidare, oggetti di bigiotteria e altri accessori». In base alle caratteristiche tecniche dei macchinari utilizzati, quali sono le lavorazioni possibili? «I particolari dispositivi applicabili sui nostri macchinari rendono possibili lavorazioni rotonde, inclinate, poligonali, irregolari e così via. Inoltre, aggiungendo un’unità laser, è possibile intervenire nella lavorazione di bottoni o accessori grezzi o finiti, di qualsiasi forma e materiale, con marcature, incisioni, personalizzazioni e taglio». Un binomio, quello tra innovazione e tradizione, che soggiace ad ogni creazione Metaltrend. «L’uso della tecnologia più avanzata unita all’emotività del processo creativo rappresenta senza dubbio il propulsore che alimenta ogni nostra creazione. Ogni accessorio è frutto di una ricerca tecnologica e stilista scrupolosa che dà vita a prodotti in linea con il trend del momento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 201


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Diversificare senza rinunciare alla qualità ella produzione di accessori e complementi, la diversificazione rappresenta spesso un passaggio obbligato; le difficoltà imposte da congiunture negative o il coraggio e l'ambizione di sondare mercati differenti sono il più delle volte lo stimolo decisivo in direzione del cambiamento e le competenze acquisite nella precedente esperienza produttiva costituiscono un prezioso retaggio e un valido punto di partenza. Un settore che senza dubbio – per la versatilità dei suoi prodotti – si presta a questa attitudine è quello dei nastri; impiegati in una moltitudine di comparti produttivi e dalle molteplici destinazioni d'uso, i nastri costituiscono un articolo prezioso per svariati ambiti industriali. Con tale predisposizione a questa sorta di poliedricità produttiva hanno una lunga confidenza Gianfranco Giori ed Eleonora Giori, titolari della ditta Giorinastri di Travagliato. «Nella storia quasi cinquantennale dell'azienda gli spunti innovativi della mia famiglia hanno sempre orientato la produzione in maniera dinamica ed elastica, alla costante ricerca di innovazioni e applicazioni sempre nuove e migliori per l'utilizzo dei nastri». Per cominciare, che profilo aziendale possiamo tracciare? «Giorinastri nasce nel 1963 per iniziativa di nostro padre e l'iniziale destinazione d'uso dei nastri prodotti era orientata verso il settore dell'arredamento interno, nello specifico per la fattura di divani e salotti; al tempo producevamo principalmente cinghie di iuta per i tappezzieri e da lì è partita una rapida evoluzione. All'inizio degli anni Settanta abbiamo sviluppato una grande specializzazione nella produ-

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202 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Una diversificazione produttiva contraddistinta da intuito e sagacia, per concepire nuove applicazioni per un prodotto già molto versatile. L'esperienza di Gianfranco ed Eleonora Giori nel settore della produzione di nastri Lodovico Bevilacqua

zione di nastri tessili destinati alla realizzazione di calzature, pelletterie e abbigliamento. La qualità dei nostri prodotti e l'affidabilità dell'azienda ci hanno permesso di conseguire prestigiosi successi commerciali, purtroppo frustrati dalla grave crisi commerciale del 1989. Lo spirito di iniziativa che ci ha sempre contraddistinto ci ha tuttavia permesso di mantenere in attività l'azienda, orientando la produzione verso nuovi mercati. Da lì la connotazione produttiva che ci distingue tuttora, ovvero quella di tiranti in poliestere, nylon e polipropilene e di sistemi di ancoraggio».

Gianfranco ed Eleonora Giori, titolari della Giorinastri Srl di Travagliato (BS) www.giorinastri.com


Gianfranco ed Eleonora Giori

L’azienda ha dimostrato una grande versatilità e una risolutezza strategica invidiabile. Da cosa derivano queste caratteristiche? «Senza dubbio dalla mentalità che ha sempre informato la mia famiglia e – per riflesso – l'azienda da noi gestita, ovvero una rigida professionalità e attenzione per i dettagli, con la licenza – purtuttavia – di rischiare nell'investimento e nell'esplorazione di nuovi mercati. Di grande importanza è da ritenere anche la volontà di investire in tecnologia e ricerca e – soprattutto – nella qualità dei materiali utilizzati per la produzione; non bisogna scordare che, operando nell'ambito delle forniture per sollevamenti, abbiamo una grande responsabilità in termini di sicurezza. Da ciò la decisione, arbitraria e consapevole prima che indotta dalle normative vigenti, di corredare tutti i nostri prodotti di apposita certificazione, così come certificato è il ciclo produttivo della Giorinastri». Come si è evoluto il potenziale operativo dell'azienda? «Dal 1963 la storia aziendale è stata fortemente caratterizzata da evoluzioni e potenziamenti produttivi e strutturali. Il primo laboratorio della ditta misurava appena 80 metri quadri ed era dotato di due telai per la tessitura dei nastri. Dopo numerosi ampliamenti e adeguamenti ci troviamo oggi ad utilizzare più di cinquanta telai di ultima generazione dislocati su un'area di 3500 metri quadri, cui va aggiunta l'area commerciale composta da uffici e un laboratorio di cucitura esterno, sempre di nostra proprietà». Quali, infine, le prospettive future della Giorinastri? «Questo biennio ha descritto un confortante trend di ripresa, che ha mitigato la grave fles-

Di grande importanza è da ritenere la volontà di investire in tecnologia e ricerca e nella qualità dei materiali utilizzati per la produzione

sione del 2009. L'azienda gode di buona salute e le prospettive, anche grazie all'imminente cambio generazionale, sono confortanti. La qualità e la passione con cui si contraddistingue la nostra attività costituisce un solido back up, molto importante in un mercato che, pur essendo estremamente specialistico, soffre la concorrenza dei produttori provenienti dai paesi dell'Est e – soprattutto – dalla Cina». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 203




IL SETTORE OLEOCHIMICO

L’oleochimica italiana minacciata dagli incentivi ai biocarburanti remona rappresenta un importante polo dell’industria oleochimica italiana. È infatti in questo territorio, da sempre caratterizzato da una forte vocazione all’agricoltura e all’allevamento, che hanno sede due delle principali aziende italiane di questo particolare comparto, il cui core business è rappresentato dalla produzione di sostanze chimiche altamente biodegradabili e rispettose dell’ambiente, destinate a soddisfare le esigenze di un gran numero di settori, quali l’industria farmaceutica, cosmetica, dell’alimentazione animale, della detergenza, delle materie plastiche e altre ancora. Oggi però, questa attività è messa a dura prova dagli incentivi alla produzione dei biocarburanti, che privilegiano l’uso in quest’ultimo settore delle materie prime dell’industria oleochimica, vale

© Paolo Ferrari

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L’industria oleochimica esterna le sue preoccupazioni: oli e grassi, usati anche per produrre biocombustibili, hanno già subito forti rincari e rischiano di non essere più disponibili sul mercato a prezzi competitivi. Riccardo Alquati e Susanna Larocca analizzano le possibili conseguenze del perdurare di questa situazione Guido Puopolo

a dire oli e grassi. «Alla base di questa situazione c’è l’errata interpretazione dell’articolo 21 della direttiva europea 2009/28», spiega Riccardo Alquati, direttore generale della Sogis Spa, azienda cremonese leader del settore. Il nodo da sciogliere riguarda il cosiddetto double counting, vale a dire il riconoscimento di un valore energetico doppio ai biocarburanti prodotti con rifiuti e residui. «Il problema – sottolinea Susanna Larocca, technical director del gruppo – è che tra questi rifiuti alcuni operatori tentano di annoverare anche le materie prime storicamente utilizzate nei nostri processi produttivi, col rischio che queste sostanze possano diventare ben presto introvabili sul mercato». Cosa ritenete errato in questo tipo di interpretazione? SUSANNA LAROCCA: «Riteniamo, nella maniera più assoluta, che il grasso animale non possa essere ritenuto un rifiuto, un residuo o un sottoprodotto poiché deriva da un processo inteso a produrlo ed è soggetto a una regolamentazione diversa rispetto a quella dei rifiuti, in cui viene definito “prodotto derivato”». Quali potrebbero essere le conseguenze

Susanna Larocca, technical directror della Sogis Spa di Sospiro (CR) www.sogis.com


© Paolo Ferrari

Riccardo Alquati e Susanna Larocca

per l’industria oleochimica italiana, nel caso in cui questa norma venisse applicata scorrettamente in Italia? RICCARDO ALQUATI: «La sola prospettiva che i grassi animali possano avere accesso al double counting ha provocato, in questi mesi, un’impennata dei prezzi delle materie prime, che oggi hanno già raggiunto valori superiori rispetto a quelli degli oli vergini, in particolare l’olio di Palma, che del grasso bovino è il naturale sostituto. È chiaro che le aziende oleochimiche italiane, non potendo avere a disposizione materie prime a costi accessibili sul mercato europeo, non saranno in grado di competere con i produttori del Far East asiatico che, agevolati dal basso costo del lavoro, dal facile accesso a materie prime a prezzi competitivi e da norme di gran lunga meno restrittive in materia di ambiente e salute dei lavoratori, saranno nettamente favoriti. È bene ricordare che ad oggi in Italia il biodiesel viene importato, nella misura del 70 per cento del fabbisogno, dai paesi del Sud America, soprattutto Argentina, e dal Far East, in cui si sono abbattuti milioni di ettari di foresta vergine e installati impianti con enormi capacità al solo scopo di servire l’Europa. In pratica, i contribuenti europei, a maggior ragione quelli italiani, stanno finanziando le economie degli

Riteniamo che il grasso animale non possa essere ritenuto un rifiuto, in quanto è utilizzato nell’alimentazione umana e animale

altri paesi. In una situazione quale quella in cui stiamo vivendo questo appare insensato». Quali soluzioni potrebbero quindi essere adottate per far fronte a questa situazione? S.L.: «È necessaria una seria politica mirata a razionalizzare le produzioni agricole, a creare filiere in Europa e retribuire tutti gli attori delle filiere, a partire dagli operatori agricoli. Stiamo parlando di quella che è stata definita la terza rivoluzione industriale, non possiamo agire senza una seria programmazione. L’Europa sta per emettere le linee guida per la Bio – Based Economy, l’economia che eliminerà completamente il petrolio. Questi progetti, se gestiti in modo intelligente, potrebbero dare un grande impulso all’economia continentale, mentre potrebbero accelerare il disastro ambientale e il degrado sociale se pilotati da interessi clientelari e condotti con approssimazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 207


© Paolo Ferrari

IL SETTORE OLEOCHIMICO

Le aziende oleochimiche italiane, non potendo avere a disposizione materie prime a costi accessibili, non saranno più in grado di competere sul mercato

In alto il direttore generale della Sogis Spa, Riccardo Alquati

Le istituzioni italiane stanno prestando sufficiente attenzione a questo problema? S.L.: «Se all’inizio della campagna di advocacy venivamo accolti con scetticismo, le argomentazioni che abbiamo portato sono poi apparse più che legittime. La campagna di sensibilizzazione cui abbiamo dato vita si è mostrata senz’altro efficace, e devo dire che non ci è mai stata negata collaborazione da parte dei politici locali e delle istituzioni. La speranza è che la condizione in cui versa il Paese induca i nostri governanti a creare una atteggiamento di collaborazione tra il mondo dell’industria e la politica, con l’obiettivo di trovare soluzioni che siano a favore dell’occupazione, della crescita e del benessere della società». La vostra battaglia, tuttavia, non si combatte solo a livello nazionale, ma anche e soprattutto nelle sedi europee. È ipotizzabile un’azione congiunta con altri attori stra-

208 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

nieri? S.L.: «L’ APAG, l’Associazione Europea che raggruppa i produttori di Oleochemicals, si sta facendo portatrice delle nostre istanze su scala comunitaria. A questo proposito, per rendere più incisiva la nostra azione, lavoriamo da anni in un gruppo di coordinamento, definito “Tallow Task Force”, del quale io stessa faccio parte in rappresentanza dei produttori italiani. Quello che mi sento di sottolineare è che le “vision” e i programmi che vengono decisi a livello comunitario sono il più delle volte scollati dalla realtà, in quanto la stratificazione legislativa è tale che risulta sempre più difficile orientarsi e stabilire quali siano i comportamenti corretti da mettere in atto. È ora che la Commissione e il Parlamento Europeo tornino a privilegiare la produzione industriale e agricola, ponendo serie restrizioni a quel sistema finanziario che ha creato la crisi mondiale. Solo così sarà possibile


37 mln EURO È il fatturato aziendale previsto per il 2011

creare nuovi posti di lavoro e incentivare una crescita economica reale». In questo contesto di estrema difficoltà e incertezza normativa, che bilancio è possibile trarre dall’ultimo biennio di attività di Sogis? R.A.: «La crisi ha indubbiamente condizionato la nostra attività, che, come già ampiamente spiegato in precedenza, in questi ultimi anni è stata fortemente condizionata da una cronica carenza delle materie prime, dovuta non soltanto alla politica comunitaria sulle fonti rinnovabili ma anche all’aumento della domanda proveniente dai paesi emergenti. Nonostante tutto, però, l’azienda, grazie anche a un’attenta politica di diversificazione del proprio portafoglio-clienti, è stata in grado di superare la fase più acuta della crisi. A partire dal 2010, infatti, la produzione è tornata a crescere in modo consistente, generando anche un significativo incremento del fatturato, che oggi si attesta intorno ai 37 milioni euro. Un andamento positivo, solo parzialmente interrotto da una frenata nei consumi fatta registrare nell’ultimo trimestre del 2011». Quali sono i tratti distintivi che caratterizzano l’azienda? S.L.: «La nostra è un’azienda fortemente legata al territorio. La società è molto attenta alla salvaguardia dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei lavoratori. È stata tra le prime in Italia a conseguire la certificazione di qualità, Iso 9001, nel 1994; ha ottenuto quella per l’ambiente, Iso 14001: 2004 nel 2006, nel 2010 quella per la sicurezza, OHSAS 18001: 2007. Quest’anno le è stato quindi conferito il Certificato di eccellenza. Negli ultimi anni abbiamo sostenuto un piano di investimenti piuttosto intenso, mirato soprattutto a realizzare le economie di scala necessarie per affrontare la competizione internazionale e diversificare le produzioni, per ottenere posizioni di mercato più vantaggiose. In particolare, abbiamo installato un nuovo impianto per la produzione

© Paolo Ferrari

© Paolo Ferrari

Riccardo Alquati e Susanna Larocca

di esteri destinati al settore dei lubrificanti, completando anche il nuovo impianto di scissione, che consentirà di coprire il fabbisogno interno di acidi grassi e ottenere un risparmio sul consumo di energia e una resa più elevata». Quali sono, infine le vostre aspettative per l’anno nuovo? R.A.: «È veramente difficile fare previsioni, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui le variabili in gioco sono moltissime e tutte decisive. La speranza è che gli investimenti sostenuti in questi anni per ridurre i costi e razionalizzare la produzione abbiano rafforzato le possibilità dell’azienda di competere in un mercato incerto e globale, e che le istituzioni accolgano le nostre istanze, perché siamo convinti che non ci potrà essere sviluppo se non si troverà il modo di ottenere materie prime a prezzi competitivi sul territorio europeo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 209


INDUSTRIA ALIMENTARE

Cuocere con calore radiante Un connubio di tecnologia e design made in Italy. Un sistema di cottura innovativo. Camilla Bonomi spiega il processo che ha portato a questo risultato Manlio Teodoro

n occasione dell’evento fieristico Sun, svoltosi a Rimini a ottobre e dedicato al mercato dell’outdoor, è stata presentata un’innovazione tecnologica italiana realizzata dalla Dolcevita BBQ. Come spiega Camilla Bonomi, direttore generale della società: «DolcevitaEgo, novità 2012 , è un barbecue a gas progettato dal designer italiano Dario Tanfoglio ed è il risultato della sinergia fra la tecnologia e un design elegante, entrambi punte del know how made in Italy». Nella vostra progettazione ha un peso molto importante il design. In che modo lavorate alla creazione di un nuovo modello di barbecue? «Siamo attenti sia alla qualità e alla sicurezza, sia all’aspetto esteriore dei nostri prodotti. Per questo motivo collaboriamo con

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Camilla Bonomi, direttore generale di Dolcevita BBQ Srl, Pian Camuno (BS) www.barbecue.it www.dolcevitaclub.it

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designer italiani di fama internazionale, come Dario Tanfoglio – vincitore del Red dot desing award e del Design plus – e Ivan Lanzoni. Anche il nostro partner australiano, che collabora con noi da anni, nel 2011 ha ottenuto un riconoscimento importante nel proprio territorio: il barbecue Turbo Élite infatti è stato il vincitore dell’Australian international design award 2011». Quali sono, dal punto di vista tecnologico, i maggiori risultati raggiunti? «Il nostro team dedicato alla ricerca e sviluppo, composto da tecnici e progettisti, è specializzato nel settore del gas. Il più importate risultato raggiunto nel 2011 è stata l’introduzione di bruciatori in acciaio Inox che permettono di utilizzare i nostri barbecue anche senza l’impiego di roccia lavica. Tuttavia, la vera rivoluzione in campo tecnologico arriva dall’Australia ed è rappresentata dai bruciatori con tecnologia RQT con cupolina al quarzo. Si tratta di un nuovo sistema brevettato che ha rivoluzionato il mercato del barbecue in Australia e non solo». Come funziona questa tecnologia? «Il suo cuore è un bruciatore ceramico che emette calore radiante direttamente sotto il cibo. Il calore radiante è molto più efficace nel trasferirsi al cibo rispetto ai sistemi convenzionali. Inoltre, ciascun bruciatore RQT prevede, per tutta la sua lunghezza, una cupola al quarzo che intensifica il calore. Questa cupola non viene in alcun modo influenzata dagli shock termici. Grazie alla tecnologia RQT, il cibo si secca meno perché


Camilla Bonomi

Il team ricerca e sviluppo è composto da tecnici e progettisti che collaborano con i grandi designer italiani

attorno ad esso circola meno aria calda e il calore radiante si concentra direttamente sul cibo stesso, piuttosto che riscaldare l’aria che si disperde velocemente. I bruciatori RQT, inoltre, garantiscono un maggiore controllo della cottura, per ottenere la consistenza e il sapore desiderati». Quali certificazioni di qualità avete ottenuto?

«Ogni barbecue è rigorosamente collaudato dai nostri operatori, tutti i nostri barbecue hanno ottenuto la certificazione Ce per l’utilizzo sia a gas metano, sia a gpl. Data la particolarità di impiego del nostro prodotto abbiamo anche ottenuto la certificazione per il contatto alimentare. Oggi le normative europee in campo alimentare sono sempre più severe. È importante essere sicuri sulla qualità delle piastre e delle griglie sulle quali vengono poggiati i cibi. Noi collaboriamo con i migliori istituti specializzati italiani per la certificazione delle nostre piastre e anche per tutta la linea degli accessori. Inoltre, i nostri prodotti sono stati certificati da enti riconosciuti a livello internazionali , i carrelli in legno invece sono certificati FSC». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 211


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Dietro le quinte della cucina italiana Il mercato degli accessori per la cucina richiede alle aziende produttrici articoli sicuri per la salute dell’uomo, competitivi sul prezzo, accattivanti dal punto di vista estetico, ma funzionali ed ergonomici. L’esperienza di Andrea Bacchini Emanuela Caruso

Andrea Bacchini, amministratore delegato della Fackelmann Italia Srl con sede a Locate Varesino (CO) www.fackelmann.it

l Rasff, ovvero il Sistema Rapido di Allerta per Alimenti e Mangimi, nato con lo scopo di dare alle autorità degli Stati europei uno strumento in grado di agevolare lo scambio di informazioni per fronteggiare il fenomeno dei rischi alimentari, ha dato l’allarme. Nelle cucine e sulle tavole degli italiani, come del resto del mondo, sempre più spesso approdano accessori da cucina po-

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tenzialmente dannosi per la salute dell’uomo. Molti di questi articoli, e in particolare pentolame, utensili, posate e contenitori, vengono infatti prodotti in paesi extraeuropei e poi importanti nel vecchio continente il più delle volte senza essere conformi alle leggi e normative italiane ed europee, a volte presentando elevate quantità di impurità o di sostanze cancerogene, rilasciate negli alimenti durante la fase di cottura o riscaldamento. Ecco allora che in uno scenario del genere diventa essenziale l’attività e la produzione di accessori realizzati da aziende che offrono garanzie di qualità. Proprio tra queste si colloca il gruppo tedesco Fackelmann, leader nella realizzazione di articoli per la cucina e mobili da bagno per i mercati europei e internazionali. «Per essere sicuri di contrastare questo fenomeno proponendo ai nostri clienti prodotti di qualità – spiega Andrea Bacchini, amministratore delegato della sede italiana della società –, investiamo ingenti capitali nella ricerca di materiali e materie prime idonei a essere usati per la creazione di oggetti che entreranno a contatto con gli alimenti. Tutti i nostri accessori da cucina sono certificati e conformi alle normative italiane, europee e americane». Qual è la filosofia che sta alla base della vostra attività e che vi permette di realizzare prodotti competitivi? «Da sempre ci facciamo guidare nella nostra


Andrea Bacchini

attività da tre fattori chiave: prezzo, design e packaging. Riguardo al prezzo, bisogna considerare che il nostro mercato di riferimento è quello dei mass market, dei consumatori da iper e supermercato, e non quello di alta gamma; a fronte di questa scelta dobbiamo proporre prodotti dai prezzi accessibili e competitivi. Oltre a creare un perfetto equilibrio tra prezzo e qualità, che si raggiunge grazie a un elevato tasso di tecnologia, ci concentriamo molto sul design dei nostri accessori da cucina, che devono essere pratici nell’uso, funzionali, utili, resistenti, belli ed ergonomici, soprattutto in termini di impugnatura. Infine, oggi, è diventato molto importante dare la giusta attenzione al packaging, perché realizzando articoli destinati alla grande distribuzione e quindi non “assistiti” in fase di vendita, è proprio il modo in cui sono confezionati ad attirare il consumatore e a spiegargli e descrivergli il prodotto». Articoli per la cucina, mobili da bagno, utensili per la pulizia domestica e sacchetti di filtrazione per aspirapolvere. In mezzo a una tale diversificazione produttiva, quale attività rappresenta il core business della Fackelmann? «La nostra attività principale e più redditizia è sicuramente la preparazione dei cibi dolci e salati per la cottura in forno, e quindi la produzione di tutti gli accessori che appartengono a questo ambito. Ad oggi, siamo l’impresa con il più completo assortimento di articoli di questo genere e vantiamo sia la realizzazione di prodotti a marchio Fackelmann sia la produzione di accessori di vari marchi della distribuzione». Sin dall’inizio dell’attività vi siete distinti come azienda internazionale. In tal senso, verso quali nuove rotte vi state indirizzando? «Negli ultimi anni, dato lo stallo economico dell’Italia e di altri Stati europei, ci siamo interessati in modo particolare al mercato asiatico e a quello sta-

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Il core business del Gruppo Fackelmann è la produzione di accessori e utensili per la preparazione e la cottura in forno di alimenti dolci e salati

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tunitense. Il primo gode di una forte capacità di penetrazione del mercato stesso, grazie alla continua nascita di nuovi consumatori; il secondo presenta grandi prospettive di espansione attraverso le innumerevoli opportunità che offre». Può descrivere il Gruppo Fackelmann in numeri? «La nostra multinazionale conta di 42 filiali di distribuzione e 9 stabilimenti produttivi, di cui 2 in Germania, 4 in Cina, 1 in India, 1 in Alsazia e 1 in Italia. Il numero delle sedi è però destinato a crescere, in quanto a inizio 2011 è stata creata una nuova società negli Stati Uniti ed è di prossima apertura la filiale del Brasile. Il personale è composto da circa 8mila persone, di cui 30 sono quelle impiegate nella sede italiana, e il fatturato annuo è di 300 milioni di euro, a cui si aggiungono i fatturati maturati con i marchi privati». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 213


PRODOTTI ALIMENTARI

L’italian style nella prima colazione ll’estero, l’idea di stile italiano è legata soprattutto al mondo della moda, mentre, sul fronte dell’alimentazione è associata alla pizza, alla pasta o alla dieta mediterranea. Raramente, finora, l’associazione è stata fatta con i prodotti per la prima colazione. A questi, quotidianamente serviti nei bar come prodotti freschi e senza marchio, è sempre mancato l’elemento fondamentale per raggiungere quel livello di riconoscibilità tale che invece è associabile a un prodotto accompagnato ovunque – e soprattutto nella sua presentazione al consumatore –: un brand. «I dolci di pasta sfoglia sono per definizione prodotti unbranded, per questo, volendo associare alla nostra produzione tradizionale , una produzione unica e distinguibile da quelle dei nostri competitor, abbiamo puntato su una forma caratteristica – che abbiamo brevettato – che svolgesse la stessa funzione del brand, cioè quella di essere un indice immediato e conosciuto di una certa

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Dare forma a un dolce di pasta sfoglia e brevettarne il disegno come fosse un brand. Rendere riconoscibile la qualità e la lentezza della preparazione alla vista prima che al gusto. Il concept di Mauro Piccoli Luca Cavera

qualità e modalità di preparazione del prodotto». A parlare è Mauro Piccoli, amministratore unico della Gm Piccoli, azienda che produce i prodotti da forno che ogni mattina vengono serviti nelle prime colazioni di hotel e bar. «La prima forma sulla quale abbiamo scelto di puntare per rendere riconoscibile il nostro dolce di pasta sfoglia rispetto a quelli dei concorrenti è stata quella a conchiglia. In seguito al successo di questo prodotto, chiamato Perla™, è nato il brand “The Perla™ Company” e la linea “Le Speciali Sfoglie” con altri quattro modelli di sfoglie speciali: Alba di sfoglia, che richiama l’idea di un sole nascente, Volo di sfoglia, che sembra l’ala di un gabbiano, Intreccio Rondò – prodotto che già esisteva e che noi abbiamo valorizzato con una pasta colorata con colori naturali che ne richiamano la farcitura –, infine, Foglia di sfoglia, che abbiamo farcito crema e confettura all’uva». Alla base di questa innovazione nel mondo della pasticceria c’era anche la volontà di offrire una maggiore scelta al consumatore e di ampliare la proposta degli esercenti, anche con delle novità in fatto di packaging. «Le cinque diverse sfoglie sono state realizzate ognuna con diversi tipi di

Gm Piccoli Srl ha la sede ad Alzano Lombardo (BG) www.perladisfoglia.it


Mauro Piccoli

La prima forma sulla quale abbiamo scelto di puntare per rendere riconoscibile il nostro dolce di pasta sfoglia è stata quella a conchiglia

farcitura. Al tradizionale packaging– quello dei sacchetti contenenti il prodotto alla rinfusa – abbiamo sostituito una confezione che contiene flow pack, anche assortiti, con all’interno pochi pezzi. Questo fa sì che l’esercente che deve cuocere il prodotto, può prenderne anche solo quattro alla volta e mantenere il resto delle sfoglie ben conservate. Il risultato finale è un prodotto non solo buono, ma anche bello». Anche se la distribuzione nazionale dei prodotti GM Piccoli ha imposto una produzione di tipo industriale, l’azienda ha conservato l’artigianalità di alcuni passaggi fondamentali. «Un pasticcere che prepara la pasta sfoglia in maniera artigianale, prima di dare forma alla pasta, la lascia “riposare” a bassa temperatura per diverse ore. Questo tempo è necessario a far sì che la pasta sfoglia risulti correttamente lavorabile e, oltretutto, le conferisce un sapore particolare. Oggi, i nostri principali competitor industriali hanno deciso di eliminare completamente questo passaggio, così che fra la produzione della pasta sfoglia e la lavorazione non si inserisce nessun intervallo. Noi, invece, anche se abbiamo un sistema di lavo-

razione industriale, abbiamo scelto di conservare questa fase di riposo della pasta, in modo che il risultato finale abbia il sapore che avrebbe un prodotto di pasticceria artigianale». Il successo di Perla™ e delle altre Speciali Sfoglie, oltre dalla preparazione semiartigianale, è da ricondurre secondo Mauro Piccoli a una serie di elementi, alcuni tangibili e altri intangibili, del loro fare impresa. «Quelli tangibili sono le materie prime selezionate, l’organizzazione e i macchinari di lavorazione, che noi abbiamo modificato per dare un maggiore valore aggiunto alla preparazione del prodotto – intervenendo, per esempio, sul sistema di distribuzione della crema. Come pure le certificazioni internazionali Brc, Ifs, oltre a quelle specifiche richieste da alcune grandi aziende, che hanno creato delle loro certificazioni secondo i loro standard. Gli elementi intangibili, infine, sono quelli legati alla gestione delle risorse e alla gestione del personale, con una grande valorizzazione dell’onestà e della persona per creare un team coeso. Il segreto del nostro successo è la somma di questi due tipi di “ingredienti”».

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PRODOTTI ALIMENTARI

“Progetti” di pasticceria dolci saranno fatti in casa per risparmiare fino al 50% delle spese natalizie. È il risultato di un monitoraggio condotto da Coldiretti, regione per regione, sulle specialità locali. Il Natale 2011 si svolgerà così nel segno della cucina tipica e soprattutto del dolce fai da te realizzato in casa. Buona notizia quindi per quelle realtà come la Sepa, azienda che da dieci anni si occupa di produzione di semilavorati da forno per pasticceria: dobus tipo Savoiardo, pan di Spagna (Plaque Génoise), dobus roll (Plaque Bavaroise) e bigné. Prodotti che vengono venduti sia all’industria dolciaria (pasticceria e gelateria) sia ai distributori che riforniscono i singoli punti vendita. Pan di Spagna, Pan di Spagna Roulè e Bignè sono lavorazioni che di solito in questo periodo devono scontrarsi con i classici dolci del periodo natalizio ma quest’anno sembra che ci siano buone notizie che vanno ad affiancarsi a quello che, sotto le festività, ha da sempre rappresentato un sicurezza per Sepa, ovvero il mercato internazionale. «Durante questo periodo», spiega Maurizio Palladini, titolare della Sepa, «la parte del leone la fanno i cosiddetti “lievitati da ricorrenza” (panettone e pandoro). Gli altri dolci

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Sepa srl ha la sede a Pieve Porto Morone (PV) www.sepaitaly.it

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Secondo Maurizio Palladini «Un dolce non è un semplice assemblaggio di vari ingredienti. Si tratta di un progetto in cui le varie componenti si sposano creando un insieme armonico ed equilibrato» Nicoletta Bucciarelli

vengono un po’ accantonati, fino a quando i consumatori non si saranno ripresi dai bagordi delle feste. Ma l’internazionalità dei mercati raggiunti dai prodotti contenenti i nostri semilavorati, mitiga questo calo di consumi, per cui si può senz’altro affermare che il nostro non è un mercato stagionale». Produzione di semilavorati da forno che racchiudono un servizio completo. Inclusa una vera e propria progettazione. «Mi riferisco, in particolare, alla progettazione, insieme al cliente, del prodotto finito da presentare sul mercato. Ogni prodotto di pasticceria non può essere considerato un semplice assemblaggio di vari elementi. Deve nascere da un progetto in cui le varie componenti come forno e creme si sposano e creano un insieme armonico ed equilibrato». I semilavorati da forno vengono venduti sia in Italia sia nei mercati internazionali. «Ci rivolgiamo ad un mercato prevalentemente italiano anche se non mancano clienti esteri, in particolare della Comunità Europea». Prosegue Palladini. «Il prodotto finito, ottenuto con i semilavorati di Sepa, è invece presente sui mercati europei e mondiali». Un’industria, la Sepa, che può essere ancora considerata come una grande pasticceria. «Soprattutto se per “grande pasticceria” si intende utilizzo di materie prime nobili e cura maniacale del processo produttivo. Altrimenti, per quanto concerne igienicità dei processi, controlli chimici, fisici e batteriologici, utilizzo di rigide


Maurizio Palladini

L’uso di materie prime nobili e un corretto abbinamento con creme e guarnizioni di qualità, consentono di ottenere prodotti che rispecchiano le caratteristiche di artigianalità dei dolci

procedure di processo e di sanificazione ambientale, svolgimento di tutta l’attività aziendale in regime di certificazione di qualità, Sepa è senz’altro un’industria». Malgrado il supporto della tecnologia moderna, in ogni caso, si riesce ancora a cogliere ogni sfumatura pasticcera e a dare il sapore autentico dei prodotti. «Si può affermare anzi che le moderne tecnologie a volte rappresentino un aiuto sotto questo punto di vista che consente di valorizzare le caratteristiche organolettiche dei prodotti. L’uso di materie prime nobili e freschissime, un processo produttivo che valorizza tali caratteristiche associati ad un corretto abbinamento con

creme e guarnizioni di qualità, consentono di ottenere prodotti che rispecchiano fedelmente le caratteristiche di artigianalità e di rispetto della tradizione dei dolci. Il vero segreto è la cura con cui viene eseguita ogni fase della lavorazione». L’azienda di Pieve Porto Morone investe ogni anno circa il 5% del proprio fatturato in ricerca. «La ricerca, nel nostro settore, non è limitata in ogni caso solo all’utilizzo di nuove tecniche di produzione. Molta parte è dedicata alle cosiddette “prestazioni” dei prodotti». Per quanto riguarda le materie prime, le provenienze e strumenti accurati di analisi rappresentano la base per garantirne la qualità. «Sepa» conclude Palladini, «utilizza prevalentemente materie prime di origine italiana o comunitaria. Un’accurata selezione dei fornitori, un monitoraggio continuo degli standard produttivi dei fornitori stessi, una verifica assidua delle certificazioni fornite e, infine, analisi di laboratorio eseguite sia al nostro interno che da un laboratorio esterno, garantiscono la qualità delle materie prime utilizzate. Ma non solo i fornitori di materie prime vengono monitorati. Vengono controllati anche i fornitori di servizi. Questa è una parte importantissima e che troppo spesso viene sottovalutata, ma che è fondamentale perché ogni fase del processo produttivo sia garantita». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 217


PRODOTTI ALIMENTARI

Il biologico valtellinese punta all’export Da un abbondante raccolto di lamponi, mirtilli e more è nata un’azienda che ha fatto viaggiare i suoi prodotti fino in Estremo Oriente. Puntando solo sul gusto, la genuinità e il sapore della Valtellina. Ne parliamo con Giorgio Visini Nicoletta Bucciarelli

dispetto della crisi dei consumi alimentari convenzionali, il segmento 'bio' continua a correre, mettendo a segno nel primo semestre del 2011 un aumento del 13%. Un dato che, a detta della Cia, la Confederazione Italiana Agricoltori, sancisce il definitivo passaggio del biologico da moda passeggera o 'di nicchia' a vera e propria abitudine di spesa, come evidenzia la presenza massiccia dei prodotti biologici nelle catene della Gdo. Lo sa bene la Vis, azienda situata nel cuore delle Alpi, che da più di vent’anni produce confetture e marmellate con un’altissima percentuale di frutta. «Noi abbiamo sempre prestato molta attenzione a questo mondo, tant’è che realizziamo pro-

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Giorgio Visini, titolare della Vis di Lovero (SO) www.visjam.com

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dotti biologici da più di dieci anni». Spiega Giorgio Visini, alla guida insieme al padre dell’azienda valtellinese. «Proprio nel corso del 2010 abbiamo deciso di dare nuovo vigore a questo settore, realizzando un nuovo prodotto: una preparazione di frutta senza zuccheri aggiunti e biologica, che abbiamo deciso di chiamare “biodelizia” per richiamare, anche nel nome, il fatto che, in primis, il prodotto deve essere buono e naturale». Gusto, tradizione e genuinità della Valtellina. Che importanza riveste per voi il lato tradizionale e identitario del cibo? «Ha un’importanza basilare. Basta uno sguardo dalle finestre dell’azienda per capire che viviamo in un ambiente alpino, immerso nella natura e nel verde, in cui i prodotti della terra e del bosco hanno giocato un ruolo fondamentale nella cultura e nell’enogastronomia locale. Mettiamo anche un forte impegno nei confronti dell’ambiente, riducendo il più possibile l’impatto ambientale sia attraverso la totale integrazione dello stabilimento nel paesaggio, sia con l’adozione di moderni e puliti processi ed impianti. Ecco, tutto questo noi lo mettiamo nei nostri vasetti unendovi, ovviamente, tutto quanto la tecnologia “buona” ci ha messo a disposizione per garantire qualità e sicurezza». Notate che la cultura gastronomica che valorizzate è apprezzata da chi consuma i vostri prodotti e che cosa viene gradito maggiormente?


Giorgio Visini

«Potrei presentare migliaia di e-mail di persone che hanno avuto modo di assaggiare i nostri prodotti che in termini entusiastici ci comunicano di aver sposato la nostra filosofia. Cosa viene apprezzato di più? Beh, direi il sapore e il gusto. Il consumo di un alimento deve essere un piacere, una sensazione, una passione, e nostro obbiettivo è trasmettere tali emozioni». In che maniera riuscite a conciliare un’impostazione tradizionale e familiare con una presenza dinamica e moderna dato che siete presenti sia su mercato nazionale che internazionale? «Direi che ci sono tante componenti che ci permettono di perseguire questo dinamismo “dai piedi ben piantati per terra”, ma quella principale è la guida dell’azienda in mano a due generazioni diverse: infatti la copresenza mia e di mio padre al vertice consente il mantenimento di un equilibrio dialettico che si protende verso il futuro con una grande attenzione alle radici. E non sempre tra i due sono io quello più innovativo!». Cosa vi ha ispirato nella creazione della linea “Pesteda”, un insaporitore creato da un mix di spezie delle montagne valtellinesi, e come ha risposto il mercato a questo prodotto la cui conoscenza è molto legata al territorio? «La Pesteda in realtà è legata alla tradizione di un singolo comune della Valtellina (Grosio) che non supera i 5.000 abitanti. Si tratta

Abbiamo creato una preparazione di frutta senza zuccheri aggiunti e biologica chiamata “biodelizia” per richiamare, anche nel nome, il fatto che il prodotto deve essere buono e naturale

quindi di un prodotto ultra-local, rispetto al quale, il nostro unico merito è stato averlo presentato e valorizzato in un contesto territorialmente più ampio, il quale, devo dire, ha risposto ed apprezzato. Adesso è possibile trovare la Pesteda in Estremo Oriente, usata assieme alla salsa di soia». Quali sono gli standard e i disciplinari qualitativi che regolano la vostra produzione? «Da più di un decennio siamo certificati secondo la norma ISO 9001, siamo certificati per le produzioni biologiche, abbiamo l’Autorizzazione del Ministero della Sanità per la produzione di alimenti dietetici e, più recentemente, siamo stati certificati, anche, secondo gli standard Brc e Ifs food. In ogni caso quello che ritengo davvero più significativo e di difficile conseguimento è l’approvazione in cucina da parte di mia madre, e fortunatamente riusciamo ancora ad averla».

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PRODOTTI ALIMENTARI

La qualità si vede dall’etichetta etichettatura è un importante strumento di informazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari, disciplinato da provvedimenti legislativi che regolano anche la presentazione e la pubblicità del prodotto. «Ci siamo sempre battuti perché in etichetta fossero esplicitate tutte le informazioni necessarie a garantire il consumatore e l’indicazione dell’origine della materia prima», spiega Costantino Vaia, Direttore Generale del Consorzio Casalasco del Pomodoro, da sempre sostenitore della naturalità, della localizzazione geografica e della qualità di cui l’etichetta è un’importante testimonianza. Come funziona il sistema di tracciabilità Pomì-Trace e che importanza ha? «Pomì Trace è uno strumento voluto anche per rafforzare la fiducia tra produttore e consumatore e per fornire un servizio su un prodotto che solitamente viene percepito come industriale e lontano dal consumatore stesso. È un sistema informatico che registra e recupera tutte le informazioni inerenti i processi, dal seme allo scaffale. Il consumatore, inserendo il lotto di produzione presente sulla confezione nell’apposita sezione internet, può risalire al

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Costantino Vaia, direttore generale del Consorzio Casalasco del Pomodoro di Rivarolo del Re (CR) www.ccdp.it

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L’Italia è considerata “la patria del pomodoro”. Questa reputazione è dovuta a una solida tradizione che si basa su produzione a chilometro zero, qualità made in Italy e naturalità dei processi produttivi, come spiega Costantino Vaia Amedeo Longhi

luogo e all’azienda agricola in cui il pomodoro è stato coltivato. Con questo sistema inoltre si può verificare come la distanza media tra il campo e il sito di trasformazione sia minima, nella filosofia del prodotto a km zero». Cosa vi ha portato al riconoscimento dell’etichetta per l’ambiente da parte di Legambiente? «Pomì è il primo brand a livello nazionale per il settore alimentare a fregiarsi di questa etichetta. L’adesione volontaria a questo percorso è per noi un’assunzione di responsabilità nei confronti del consumatore e dell’ambiente, inserita in un progetto più ampio che vede Pomì promotore di una cultura del benessere per il territorio e le persone. L’ottenimento dell’etichetta per il clima completa il ciclo di interventi volti a ridurre l’impatto ambientale delle nostre attività, ma rappresenta anche l’inizio di un nuovo impegno che si sostanzia nella collaborazione concreta e continuativa con Legambiente. Obiettivo comune: ridurre ulteriormente l’emissione CO2eq dimostrando che ambiente, economia e società possono e devono lavorare in stretta sinergia». Quali sono le caratteristiche del nuovo Pomì L+? «Si tratta di una passata di pomodoro proveniente da frutti che naturalmente contengono


Costantino Vaia

il 50% in più di licopene rispetto ai pomodori normali. Questo fa sì che il prodotto presenti un colore più rosso e più intenso e anche una struttura più densa. Questo tipo di pomodoro è coltivato da una parte delle 300 aziende agricole associate al Consorzio Casalasco ed è frutto di una sperimentazione durata diversi anni condotta in collaborazione con il Parco Tecnologico Padano di Lodi. Abbiamo così dimostrato che attraverso una selezione varietale del tutto naturale è possibile fare innovazione in un settore dove solitamente nessuno è portato a investire. Pomi L+ è sul mercato in bottiglia da 500g». Come sono strutturati i rapporti con le aziende del territorio? «Il Consorzio Casalasco del Pomodoro è una cooperativa agricola fondata una trentina d’anni fa da un gruppo di agricoltori del cremonese. Oggi conta più di 300 aziende agricole associate, 4.500 ettari di terreni coltivati e circa 340.000 tonnellate di pomodoro fresco trasformato nel 2011 con un fatturato consolidato di circa 240 milioni di euro. Le produzioni si basano per la maggior parte sul pomodoro che i nostri soci coltivano e vanno da semplici polpe e passate a prodotti elaborati come sughi, condimenti e ketchup. Offriamo inoltre zuppe, minestre, succhi e bevande. Il Consorzio Casalasco è fortemente

legato al territorio, visto che il pomodoro che lavora è coltivato a pochi chilometri dagli stabilimenti di trasformazione. Negli anni abbiamo cercato di coinvolgere sempre di più gli associati, portandoli a conoscenza delle dinamiche successive alla raccolta, facendo loro capire che partendo da una materia prima di qualità è più facile centrare gli obiettivi. Abbiamo istituito momenti di formazione e aggiornamento e preso parte a processi di certificazione dedicati all’azienda agricola come la certificazione Global Gap». Che importanza ha per voi proporre un prodotto al 100% italiano? «L’italianità per la nostra cooperativa è sinonimo di garanzia, qualità, tracciabilità, filiera e sicurezza per il consumatore. Non potrebbe essere diversamente visto che i nostri produttori sono localizzati mediamente a circa 50 km dai nostri stabilimenti, in un territorio storicamente vocato alla produzione del pomodoro. Il Nord Italia produce infatti circa il 50% del pomodoro nazionale, l’Italia è il terzo produttore mondiale e possiede un know-how e una tradizione difficilmente reperibili altrove. Il nostro Made in Italy, originale e non frutto di contraffazioni, è universalmente apprezzato e riconosciuto come distintivo di alta qualità».

340 MILA TONNELLATE Il pomodoro fresco trasformato nel 2011 dal Consorzio Casalasco del Pomodoro

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AGROALIMENTARE

Gli italiani devono “maturare” una seria cultura del prodotto Sempre più spesso, la produzione degli alimenti d’eccellenza italiana è messa a repentaglio dall’invasione sul mercato di prodotti non controllati, non certificati e di bassa qualità. Il punto della situazione dalla voce di Rocco Lardaruccio Emanuela Caruso

ra i tanti alimenti che l’Italia può vantarsi di produrre, ce ne sono alcuni che se consumati con regolarità apportano notevoli benefici alla salute dell’uomo. Un gruppo di tali alimenti è sicuramente quello formato dagli agrumi, la cui massima coltura si sviluppa nella Piana di Catania, dove lo straordinario microclima e la generosa fertilità della terra permettono a limoni, mandarini e arance di crescere al meglio delle loro qualità. E proprio le arance e in particolar modo quelle rosse, essendo ricche di Vitamina C, possono rappresentare un concreto

T Rocco Lardaruccio, amministratore della Coa di Scordia (CT) www.coa.it

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aiuto in termini di rafforzamento delle difese immunitarie e prevenzione dei tumori, vantaggi dovuti alla forte azione antiossidante esercitata nei confronti dei radicali liberi. Delle arance rosse ha fatto il proprio fiore all’occhiello l’azienda Coa, che, sita a Scordia, è uno dei produttori storici di agrumi della zona. «Da oltre trent’anni – commenta Rocco Lardaruccio, amministratore della Coa – operiamo nel settore ortofrutticolo sia a livello nazionale che internazionale e gestiamo la produzione con particolare riguardo alle esigenze della grande distribuzione organizzata. Ad oggi, siamo in grado di commercializzare ben 10mila tonnellate di arance rosse all’anno, di cui controlliamo scrupolosamente tutti i parametri necessari a garantirne l’assoluta qualità». Quali altri agrumi o frutti producete e quali metodi utilizzate per le vostre colture? «La varietà dei prodotti Coa comprende clementine, arance, mandarini, limoni e frutti in genere, tra cui soprattutto fichi d’india, pesche, pere, uva e meloni. Tutti i nostri prodotti vengono coltivati in aperta campagna nel pieno rispetto dei cicli naturali e stagionali e con l’applicazione di metodi di produzione a lotta integrata. Questa particolare tipologia di coltivazione ci consente di ottenere frutta controllata e ricca di qualità organolettiche e vitaminiche». Da esperto del settore, può fornirci un quadro generale dell’attuale mercato della frutta?


«Purtroppo, oggi, il nostro mercato non versa in buone condizioni. È infatti rovinato dall’invasione di prodotti a bassa qualità che invece di essere mandati all’industria della trasformazione, vengono immessi sul mercato, senza certificazione fitosanitaria e senza alcuna indicazione circa la loro provenienza. La portata di un simile fenomeno non va certo sottovalutata, dal momento che l’apparente risparmio insito nell’acquisto di tali prodotti si paga in realtà due volte: con la potenziale incertezza del prodotto e con la involontaria alimentazione di produttori che non rispettano le regole, che pagano la gente in nero al di sotto di qualsiasi standard di mercato». In che modo, secondo lei, si potrebbe rimediare a questa situazione che affligge il vostro mercato di riferimento? «È necessario che gli imprenditori agrumicoli inizino a collaborare con le istituzioni e la GDO, così da promuovere una seria cultura del prodotto e aiutare i consumatori nella scelta di alimenti garantiti e controllati, raccolti e conservati con cura, confezionati con l’ausilio di ap-

parecchiature all’avanguardia, e sottoposti a rigorose verifiche igienico-sanitarie. Il nostro compito deve diventare quello di imbandire le tavole degli italiani e dei clienti esteri con frutta d’eccellenza e con prodotti sempre freschi e di qualità». Da quanto appena detto, si evince che la GDO debba ricoprire un ruolo fondamentale in questa nuova ottica di gestione del mercato. «In questa battaglia per la qualità, la GDO è il naturale alleato dei produttori seri e certificati. Essa, infatti, garantisce prodotti freschi, denuncia con trasparenza l’origine della merce e aiuta il consumatore a orientarsi sempre più verso la qualità, a sceglierla. Inoltre, la grande distribuzione organizzata funge da intermediario tra consumatori e filiera agroalimentare e come tale, quindi, il suo sviluppo e la sua evoluzione corrono di pari passo allo sviluppo e all’evoluzione del sistema agroalimentare. È anche bene ricordare che l’immissione ai banchi dei vari prodotti richiede il rispetto di rigidi e imprescindibili standard qualitativi da parte di tutti i fornitori. Questi standard vengono elaborati sulla base di accordi contrattuali volti a definire le caratteristiche fisiche degli alimenti, la quantità e la frequenza di consegna, il confezionamento e il metodo di conservazione da utilizzare. È perciò certo che i prodotti della GDO siano sani, freschi e di qualità». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 225


ENOLOGIA

Natura, arte, gusto e commercio Spesso in tante zone del territorio italiano il profumo della storia passata, così come quello della storia personale di una famiglia si intrecciano al profumo e al gusto del vino, uno dei prodotti che tutto il mondo ci invidia. L’esperienza di Pia Donata Berlucchi Emanuela Caruso

in dall’inizio della sua produzione, il Franciacorta Pas Dosè è stato definito come il più controverso tra i Franciacorta, come pure fra gli Champagne. Colpa, o forse merito, di questa definizione è il fatto di non essere dosato e di avere un sapore dalla difficile interpretazione, che piace o che non piace. Di certo questo è un vino che piace alla Fratelli Berlucchi, che nel corso del 2011 ha presentato il nuovo Franciacorta Pas Dosè Millesimato, dell’annata 2007. Realizzato per il 90% da Chardonnay e Pinot bianco e per il restante 10% da Pinot nero, si propone alla vista con un colore paglierino brillante, all’olfatto con un profumo diretto, salato e leggermente agrumato, e alla bocca con un sapore secco, acido al punto giusto e ben equilibrato. Un Franciacorta che alla presentazione di lancio è stato definito “coraggioso”. «Abbiamo associato la parola coraggio al nostro nuovo Franciacorta Pas Dosè Millesimato – spiega Pia Donata Berlucchi, che nel ruolo di amministratore delegato gestisce l’azienda insieme alla figlia Tilli – perché è un Pia Donata Berlucchi insieme alla figlia Tilli www.fratelliberlucchi.it vino che è e vuole rimanere

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secco con solo 2 grammi di zucchero per litro, che accetta di essere non dosato e che pretende di mantenere inalterata la propria “ricetta”, con molto coraggio». E il coraggio è sicuramente il termine adatto con cui definire anche l’intera attività della Fratelli Berlucchi: «Dopo la morte prematura di mio padre Antonio, la mamma, Antonia si trova vedova a quarant’anni con 5 figli- racconta Pia Donata - e la nostra azienda vinicola, oggi apprezzata a livello mondiale e considerata dagli altri, non da noi, uno dei fiori all’occhiello dell’agricoltura italiana si trasforma piano piano e prende vita qui, a Borgonato di Corte Franca , dove è riuscita a svilupparsi e ampliarsi attraverso il vincente approccio produttivo e gestionale adottato, tanto tradizionale quanto innovativo. Dalla vecchia conduzione a mezzadria la mamma, arrivata a Brescia a vent’anni insieme al suo pianoforte a coda e sposatasi con un uomo che costruiva dighe in Lombardia, con l’aiuto dei fratelli più grandi di me e nessuna conoscenza in materia d’affari, in breve tempo, ha saputo però trasformarsi in una buona imprenditrice e amministratrice, facendo tesoro e guadagno dei 100 ettari di terra di cui 70 a vigneto che la famiglia Berlucchi possedeva». E sempre servendosi dei propri possedimenti e cogliendo al volo l’intuizione di doversi adeguare ai tempi e alle mutazioni epocali sopravvenute in un’agricoltura vecchia e stagnante, la famiglia Berlucchi è riuscita a superare momenti econo-


mici difficili e di transizione. «Tra le tante rivoluzioni agricole avvenute in passato, una delle più importanti è stata quella della scomparsa della mezzadria, che ha obbligato quelli che una volta erano i “padroni” a imparare a lavorare in proprio e in prima persona. Questo passaggio storico e aziendale ha richiesto tenacia, dedizione, coraggio e immaginazione, tutte doti che non mancavano né a mia madre né ai miei fratelli e forse nemmeno a me stessa». Ecco come Pia Berlucchi, che voleva diventare medico e che nel frattempo aveva sposato un uomo che medico lo era già, è entrata nell’im-

presa di famiglia e l’ha resa una realtà imprenditoriale di alti livelli e standard, sia per fatturato che per prestigio e qualità. «Sono entrata in azienda con il mio piglio tipico, ovvero metodico, preciso, implacabile ma molto sentimentale, e proprio in questo modo mi sono lasciata affascinare dai segreti di un prodotto, il vino di qualità, che unisce in sé natura, commercio, arte e gusto». Oggi, gli orizzonti culturali e aziendali della Fratelli Berlucchi sono ancora ampi e accattivanti come quelli di un tempo. «Abbiamo in corso un progetto di marketing alla Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi, corso a cui abbiamo dato il nome di “Portate il cuore”; sono stata presidente dell’Associazione Donne del Vino per i 2 mandati possibili dallo statuto, cioè 6 anni, che, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non coinvolge movimenti femministi, né prende in considerazione le quote rosa; è un’associazione di imprenditoria vitivinicola al femminile che vuole parlare del vino e del valore imprenditoriale delle persone, che non ha sesso e non ha età e che comprende tutti i più bei nomi dell’enologia italiana». La Fratelli Berlucchi non sottovaluta ma non vuole ingrandire neanche la crisi economica scoppiata in questi ultimi anni, perché come sostiene con orgoglio Pia Berlucchi, «noi, come l’Italia, diamo il meglio nei momenti drammatici». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 227




GESTIONE DEI RIFIUTI

Una gestione corretta e sostenibile Incentivare la raccolta differenziata è importante, ma non è l'unica strada per una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti. Per Fulvio Roncari, amministratore delegato di Aprica, è necessario diffondere abitudini consapevoli e responsabili, e aumentare gli inceneritori Luca Donigaglia

rodurre meno rifiuti, utilizzare il più a lungo possibile gli oggetti di uso quotidiano e valorizzare i materiali di scarto attraverso la raccolta differenziata, permettendo di reinserirli nei cicli produttivi, sono gesti quotidiani sufficienti per dare il proprio contributo alla riduzione dei rifiuti prodotti e al raggiungimento dell'obiettivo del 65% di raccolta differenziata imposta del decreto legge sui rifiuti del 2006. Nel Bresciano, stando ai dati di Aprica, società che gestisce la raccolta, il traguardo non dovrebbe essere lontano. La provincia ha infatti raggiunto nel 2010 il 57,7% di differenziata. Ma, secondo Fulvio Roncari, ad della società, «questo non è l’unico elemento di virtuosità. Anzi, ne esistono di più importanti: riduzione della produzione dei rifiuti, recupero della materia e recupero energetico». E spinge contemporaneamente sugli inceneritori: «In Italia bisognerebbe realizzarne di più». La raccolta dei rifiuti con i cassonetti a calotta è già stata adottata da alcune amministrazioni comunali del Bresciano con risultati incoraggianti, dato che in pochi mesi

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la raccolta differenziata è quasi raddoppiata. Rispetto al sistema porta a porta, che vantaggi presenta questo tipo di raccolta? Che obiettivi vi ponete in vista delle norme Ue per il 2012? «Quello dei cassonetti a calotta è un metodo che ci piace molto. Nei Comuni dove è stato applicato, Capriano del Colle, Polaveno e Borgosatollo, sono state raggiunte percentuali di raccolta differenziata pari rispettivamente al 68%, al 75% e ancora al 75%: un’eccellenza assoluta. Si tratta di un metodo di raccolta molto efficiente rispetto ai sistemi tradizionali. Proprio l’area di Brescia, fra l’altro, con il gruppo Omb si è mostrata leader nel sistema di carico late-

rale dei cassonetti. I vantaggi rispetto agli altri modelli? Che, a parità di percentuali raccolta differenziata, i sistemi a calotta consentono un risparmio consistente. Raffrontando in modo congruo e prendendo in esame due Comuni di 10mila abitanti ciascuno, ad esempio, ci sono minori costi fino al 30%». Spostandosi a Bergamo, dal 2 dicembre il servizio di raccolta dei rifiuti organici presso le attività commerciali è stato esteso anche al borgo storico della città alta. Quali percentuali di raccolta differenziata potrete raggiungere in provincia di Bergamo per il 2012? «Il servizio di raccolta nella città alta offre un contributo limitato alla raccolta differenziata,


Fulvio Roncari

pari a 200 tonnellate all’anno per uno 0,3%. In ogni caso, si tratta di iniziative fondamentali da un punto di vista di sensibilizzazione collettiva. Inoltre, non dimentichiamo che è molto più semplice progredire da un 10% a un 20% piuttosto che, ad esempio, dal 50% al 55%. In generale, bisogna ricordare che le performance nella raccolta non vanno confrontate tra centri residenziali diversi tra loro, il paragone deve essere sempre omogeneo. Venendo ai numeri, in provincia di Bergamo la raccolta differenziata nel 2009 era al 54%, nel 2010 al 55%. A Bergamo città nel 2010 si era al 51,4%, con una tendenza al 52%». Al momento quali province della regione sono le più virtuose dal punto di vista di raccolta differenziata, riciclo e riuso? Rispetterete in ogni area in cui operate la normativa italiana ed europea che impone il 65% di raccolta differenziata entro il 2012? «Come Aprica operiamo nei territori di Brescia e di Bergamo. Considerando i dati regionali sulla base delle rilevazioni Ispra

2009, la provincia più virtuosa risulta quella di Cremona con il 59,1%, la meno virtuosa è Pavia con il 28,4%. Per quanto riguarda il rispetto delle normative, noi ricordiamo sempre che siamo enti gestori e che i percorsi per giungere agli obiettivi generali li fissano i singoli enti locali. Tra i territori di competenza di Aprica - 700 mila abitanti serviti complessivamente - cito la provincia di Brescia che, avendo raggiunto nel 2010 il 57,7%, dovrebbe considerare i traguardi del 2012 a portata. In ogni caso, noterei che, ancorché la si citi in continuazione come fosse l’unica variabile importante, la raccolta differenziata non è l’unico elemento di virtuosità. Anzi, ne esistono di più importanti: al primo posto collocherei la riduzione della produzione dei rifiuti, per proseguire con il recupero della materia, il recupero energetico. C’è poi il caso dei rifiuti derivanti dallo spazzamento stradale, che costituiscono dal 5 al 10% della totalità dei rifiuti urbani indifferenziati: in questo campo abbiamo un impianto realizzato a Brescia di circa 30.000 tonnel-

late di rifiuto in ingresso all’anno, il secondo impianto realizzato in Italia con tali caratteristiche. Il paradosso è che spesso si raccoglie in strada fino all’ultimo francobollo o all’ultimo stuzzicadente senza valutare le ricadute economiche e ambientali a valle: pensiamo alla carta, che in Italia ormai da duetre anni viene inviata a recupero nelle cartiere cinesi». Al momento gestite nel territorio due impianti di termovalorizzazione, quello di Brescia e quello di Bergamo: quanto questo genere di strutture sono ancora compatibili con la linea nazionale ed europea sulla gestione dei rifiuti? È possibile arrivare nel medio periodo ad una politica postinceneritori? «La linea Ue parla di non produzione e recupero, sostanzialmente. Gli inceneritori moderni consentono di recuperare energia elettrica e calore. Questi impianti sono necessari e indispensabili, se pensiamo che solo il 10% dei rifiuti solidi urbani finisce negli inceneritori. In Italia bisognerebbe realizzarne di più».

Fulvio Roncari, amministratore delegato di Aprica Spa

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GESTIONE DEI RIFIUTI

Dal rottame alla materia prima Una volta c’erano i rifiuti metallici. Oggi quegli stessi rifiuti sono delle risorse per lo sviluppo economico. Un business globale nel quale l’Italia occupa un posto da primato. La parola a Olivo Foglieni, a capo di un gruppo industriale campione della green economy Salvatore Cavera

Olivo Foglieni, presidente operativo del gruppo Fecs, cui fanno capo Radiatori 2000 Spa e Stemin Spa, entrambe in provincia di Bergamo www.radiatori2000.it www.stemin.it

rottami metallici, che fino a vent’anni fa venivano considerati un ingombro inutile, oggi hanno assunto un rilievo importantissimo: da rifiuto sono diventati una materia prima. Per produrre una tonnellata di alluminio da minerale sono necessari 20mila kWh di energia. Mentre per produrre alluminio da rottami ne bastano appena 700 – con un risparmio energetico che sfiora il 97%. In un settore

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industriale come quella della produzione di manufatti in alluminio, nel quale il costo dell’energia incide per il 12-15% e il costo della materia prima per il 50%, attingere all’alluminio recuperato vuol dire abbattere i costi di decine di punti percentuali. Non a caso, come spiega Olivo Foglieni, presidente operativo del gruppo industriale Fecs: «Quella del recupero dei metalli è stata la fortuna del nostro Paese fin dagli anni 40 e 50, quando abbiamo sviluppato quelle tecnologie siderurgiche e metallurgiche che ci hanno permesso di far fronte sia ai costi dell’energia che alla pressoché assenza di materie prime». Il gruppo Fecs controlla una serie di imprese specializzate nel recupero dell’alluminio, a partire dalla selezione dei rottami fino alla produzione di nuovi prodotti, radiatori dalle caratteristiche peculiari rispetto ai tradizionali in ghisa. Quale posizione riveste oggi l’Italia nella lavorazione dei metalli, sulla base di un

passato particolarmente importante? «Oggi siamo uno dei quattro o cinque Paesi più forti al mondo per quanto riguarda la trasformazione dei rottami metallici in alluminio reimpiegabile a fini produttivi. Il dato è quello di un milione di tonnellate di alluminio prodotto all’anno. Tuttavia, fino ad appena cinque anni fa, prima dell’ingresso in questo mercato di Cina e India, eravamo ancora i primi produttori mondiali di rubinetti in ottone, come pure di posaterie in acciaio Inox, nonché detenevamo il primato globale per tutti gli oggetti pressofusi in alluminio. Da molti di questi primati siamo stati spodestati dall’avvento delle economie emergenti e delle recenti problematiche energetiche. Tuttavia un ciclo verticalizzato può ancora avere i numeri per competere con questi mercati». Qual è la struttura del vostro gruppo e della vostra produzione che a partire da


Olivo Foglieni

rottami vi porta a realizzare nuovi prodotti? «Abbiamo tre divisioni: materie prime, semilavorati, prodotti finiti. Le nostre materie prime hanno una provenienza cosiddetta “postconsumo” oppure si tratta di scarti di lavorazione. In ogni caso noi ricicliamo questo materiale fino a creare alluminio con le caratteristiche adeguate alla nostra produzione. Il rottame metallico oggi è una vera e propria risorsa e in quanto tale ha un prezzo di mercato. Noi ci approvvigioniamo da 600 fornitori sparsi in tutto il mondo, dato che l’Italia non ha sufficiente materiale per il suo fabbisogno. Quindi importiamo da Germania, Francia, Spagna e Nord America. Il processo di recupero inizia nella nostra Stemin». Che ruolo, in concreto, svolge questa vostra impresa? «Il rottame, in sé, è, di fatto, un rifiuto in quanto per lo stato in cui si trova non può essere utilizzato in processi produttivi, poiché si trova pressoché sempre in combinazione con altri materiali, metallici e non metallici. La fusione di questi insieme all’alluminio determinerebbe una lega dalle caratteristiche non idonee e di scarsa qualità. Per questo la Stemin utilizza due procedimenti di valorizzazione estremamente sofisticati. Il primo consiste nella frantumazione: si disgrega il materiale in vari pezzi e, tramite un processo che sfrutta le correnti di Foucault, riusciamo a separare la parte metallica

dalla parte non metallica». E il secondo procedimento? «Il secondo è ancora un procedimento di divisione. Tramite un processo ad assorbimento atomico vengono emessi dei fasci di luce su un tappeto sul quale sono sparpagliati tutti i materiali dei vari metalli. In base alla rifrangenza e alla luminosità di questo fascio viene determinato il numero atomico. Una volta individuato il numero atomico, con un software, in tempo reale, è possibile valutate e individuare il metallo. In pratica, questo sistema effettua una classificazione analitica. Sulla base di questa analisi, quasi in contemporanea, un sistema pneumatico fa in modo che l’alluminio venga separato

Il nostro apporto a uno sviluppo sostenibile è nel nostro modo di fare impresa, sia per recupero, sia per la limitazione dei consumi energetici

dal resto dei metalli e convogliato in un percorso apposito». Questo alluminio viene quindi avviato ai forni per la fusione? «Questo è quello che avviene nelle catene produttive di tutti i nostri concorrenti, che fondono l’alluminio, ne ricavano lingotti e in seguito a un’ulteriore fusione arrivano a creare il prodotto finale. La nostra li- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 237


GESTIONE DEI RIFIUTI

Oggi siamo tra i cinque Paesi più forti al mondo per quanto riguarda la trasformazione dei rottami metallici in alluminio reimpiegabile a fini produttivi

nea, invece, procede in modo leggermente diverso. Una volta che il rottame è stato qualificato e separato per qualità e quantità – grazie alla grande capacità analitica dei nostri sistemi –, possiamo permetterci di saltare il passaggio della prima fusione. L’alluminio recuperato viene quindi avviato alle linee produttive di un’altra nostra impresa, Radiatori 2000. Saltare un processo di fusione è stato uno degli elementi che ha determinato il successo del nostro gruppo. Sia perché abbiamo la capacità di ottenere la materia prima a un costo più basso rispetto agli altri – evitare una fusione significa risparmiare enormi quantità di energia –,

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sia perché abbiamo inserito un’innovazione di processo estremamente rilevante». Qual è l’impatto che queste innovazioni e queste scelte tecnologiche hanno sul rispetto dell’ambiente, dato che la vostra è una delle più importanti realtà italiane della green economy? «Il nostro gruppo recupera circa 100mila tonnellate di alluminio all’anno – che vuol dire riciclare anche 250 milioni di lattine ogni anno. Queste significa evitare di emettere ogni anno 700mila tonnellate di CO2, che sarebbero prodotte estraendo l’alluminio dal minerale. Dunque il nostro apporto a uno sviluppo sostenibile è cer-

tamente inscritto nel nostro modo di fare impresa, sia per il fatto che recuperiamo e ricicliamo, sia per la limitazione dei consumi energetici che otteniamo con i nostri processi tecnologici. Ma abbiamo anche investito nelle rinnovabili, con un impianto da un MW di pannelli solari». L’alluminio che producete viene quindi poi impiegato nella realizzazione dei vostri radiatori. «In Radiatori 2000 abbiamo diversi reparti di produzione, quasi tutti automatizzati. Abbiamo un primo reparto fusione, dove lavorano analisti e chimici, che, ricevuto il rottame, individuano qual è la percentuale più adatta dei vari materiali da fondere per ottenere le leghe adatte alla nostra produzione. Segue il reparto di pressofusione che utilizza impiantistica di grandissimo livello elettronico con venti robot antropomorfi. Abbiamo una divisione per la lavorazione meccanica, anche que-


Olivo Foglieni

UN’AZIENDA DAI GRANDI NUMERI adiatori 2000 Spa, società del gruppo Fecs, si colloca al quarto posto tra i produttori di radiatori a livello mondiale ed è passata dai circa 3 milioni di fatturato nell’anno 2001 ai 45 milioni nel 2010 - con una capacità produttiva di diversi milioni di elementi radianti pressofusi che, assemblati come da richieste della clientela, sono stati consegnati in 33 paesi nel mondo. Un risultato ottenuto grazie ai forti investimenti fatti in tecnologia e robotica, ma anche alle sinergie con le altre aziende del gruppo, che preparano

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sta in automatico, infine il reparto della verniciatura e del confezionamento. A un livello superiore lavorano gli uffici tecnici, che hanno l’importantissimo ruolo di supervisionare in tempo reale che tutti i passaggi vengano eseguiti correttamente». Su quali aspetti si concentra maggiormente quindi l’attenzione della risorsa umana che lavora in mezzo a così tanti robot? «Essendo la nostra un’azienda estremamente automatizzata, gli uomini per noi sono molto importanti, perché si occupano quasi esclusivamente del controllo della qualità e della ge-

la materia prima impiegando un’innovazione di processo mai applicata prima. L’azienda esegue al suo interno tutte le fasi di lavorazione fino al prodotto finito: fusione, pressofusione, controlli qualitativi e funzionali, assemblaggio verniciatura e imballaggio. La società esporta circa l’80% della sua produzione, per questo si è dotata delle più importanti certificazioni riconosciute a livello internazionale: Ce e Iso 9001 per l’Italia, Nf per la Francia, Aenor per la Spagna, Gost per la Russia e Gost per l’Ucraina.

stione dell’impianto. Passando per la comprensione di tutte le eventuali problematiche che possono interferire nel corretto processo produttivo. Individuare le deficienze è fondamentale per poter intervenire prontamente. Lavorare in questo modo ci permette di non far transitare un prodotto semilavorato verso un ulteriore livello di lavorazione senza che sia stato controllato da tutti i punti di vista». Quali sono le differenze, a livello di utilizzo, fra un radiatore in alluminio e uno tradizionale in ghisa? «A parte il fatto che un prodotto in alluminio è più leggero e quindi più maneggevole, la vera differenza – ed esistono diversi studi che lo dimostrano – è che il primo consente un importante risparmio energetico. Questo dipende dalla differenza di inerzia termica che ha la ghisa rispetto all’alluminio. La ghisa per poter scaldare un ambiente ha bisogno di almeno quattro ore prima di an-

dare a regime. Mentre l’alluminio, con una diversa inerzia termica, ha tempi di gran lunga inferiori. Sono questi intervalli di tempo che incidono sui consumi, ma anche sul benessere, sia in fase di accensione che di raffreddamento». Verso quali Paesi esportate i vostri radiatori? «Esportiamo in tutto il mondo, dall’Asia fino all’Argentina, abbiamo quasi totalmente coperto un emisfero. Tuttavia siamo particolarmente concentrati nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Lì abbiamo almeno il 50% del nostro mercato. Le ragioni di questo successo sono alla base di origine politica. Questo territorio che ospita oltre 350 milioni di abitanti ha avviato un processo di riconversione verso la democrazia. Ciò, insieme a una forte emigrazione interna di contadini verso i grandi centri, ha dato un importante impulso al settore delle costruzioni, nel quale il nostro prodotto si inserisce».

100 mila TONNELLATE La quantità di alluminio riciclata ogni anno dal gruppo Fecs, – stimabile in circa 250 milioni di lattine per anno

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GESTIONE RIFIUTI

Formiamo i giovani sulla “risorsa rifiuto” Sensibilizzare i giovani al rispetto dell’ambiente, facendo capire loro i vantaggi derivanti da una corretta gestione dei rifiuti, è un passo fondamentale per poter assicurare un futuro al nostro pianeta. L’esperienza di Daniela Grandi Guido Puopolo educazione ambientale è considerata uno degli strumenti più efficaci per accrescere la conoscenza e la cura verso l'ambiente da parte di tutti i cittadini, bambini, giovani e adulti. In particolar modo le nuove generazioni sono oggi chiamate ad assumere la guida di un cambiamento

L’ Daniela Grandi, amministratore delegato e presidente del Gruppo Gabeca, di cui fa parte Gedit Spa www.gabecagroup.it

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che dovrà essere, sotto molti punti di vista, radicale, soprattutto nel modo di intendere il rapporto con la natura e l’ecosistema, al fine di assicurare la reale implementazione di un concetto di grande attualità come quello dello sviluppo sostenibile. Per questo motivo merita una citazione particolare il progetto recentemente implementato dalla Gedit Spa, società di Calcinato facente parte del gruppo Gabeca e specializzata nello smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, attraverso la gestione delle discariche site a Montichiari e Calcinato. L’azienda infatti ha recentemente avviato un inteso programma di informazione sulla corretta gestione dei rifiuti, rivolto a bambini e adolescenti delle scuole elementari e medie, come spiega Daniela Grandi, presidente e amministratore delegato della società: «Spesso la mancanza di adeguate conoscenze, soprattutto per quel che riguarda un ambito

così delicato come quello dei rifiuti, può portare alla diffusione di timori e paure ingiustificate tra la popolazione. Per evitare il sorgere di situazioni di questo tipo crediamo che il metodo più efficace sia coinvolgere e informare direttamente le persone, partendo proprio dai più piccoli». In cosa consiste, nello specifico, questo progetto? «Il futuro appartiene ai giovani. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci ai bambini del nostro territorio, cercando di far capire loro, attraverso visite guidate ai nostri impianti, quanto importante sia una corretta gestione dei rifiuti, un’attività spesso demonizzata e strumentalizzata dal mondo politico per altre e diverse finalità. Con fantasia abbiamo cercato di studiare e attuare un percorso didattico appropriato, che permettesse di affrontare un discorso sicuramente non di facile e immediata comprensione. Alla fine abbiamo deciso di


Daniela Grandi

realizzare una sorta di fumetto con protagonista la “mucca Ludovica”, simbolo della discarica e dei suoi processi di smaltimento. Attraverso questa comparazione abbiamo cercato di spiegare loro che una discarica, oltre a essere un luogo assolutamente sicuro, può diventare una fonte di energia alternativa, in quanto dai rifiuti è possibile ricavare biogas da utilizzare come combustibile per produrre energia elettrica e calore». Come hanno reagito i vostri giovani interlocutori a queste “sollecitazioni”? «Devo dire che l’iniziativa, inizialmente accolta con scetticismo e criticata da più parti, ha riscosso un grandissimo successo. È stata una sorpresa inaspettata ricevere, all’inizio del nuovo anno scolastico, i disegni e gli elaborati prodotti dai bambini con i loro insegnanti, e poter toccare con mano che quanto abbiamo mostrato loro in quelle brevi visite è stato capito, assimilato e soprattutto condiviso. Per quanto mi riguarda è stata un’esperienza bellissima che, alla luce dei risultati conseguiti, mi auguro di poter ripetere anche quest’anno, magari coinvolgendo non soltanto i bambini ma anche le loro famiglie». Come è possibile, oggi, riuscire a smaltire i rifiuti prodotti cercando di ridurre

al minimo l’impatto ambientale di questa attività? «Tutti noi, chi più chi meno, produciamo rifiuti, anche con azioni apparentemente insignificanti come scartare una caramella. Purtroppo questi rifiuti, quando non possono essere recuperati, devono essere

obbligatoriamente smaltiti in impianti con idonee tecnologie, oppure messi a dimora in giacimenti controllati. Questa è, in sintesi, la mission di Gedit, che proprio per raggiungere questi risultati opera da sempre nel pieno rispetto di tutte le normative ambientali LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 241


GESTIONE RIFIUTI

in vigore. In questo è stato

fondamentale l’apporto di Daniele Zinetti, direttore tecnico e amministratore delegato di Gedis Spa, cui vanno tutta la mia stima e fiducia». A questo proposito, qual è l’iter autorizzativo necessario per poter avviare un impianto per lo smaltimento dei rifiuti come quello gestito da Gedit? «Per poter realizzare ed esercitare una qualsiasi attività di recupero o smaltimento dei rifiuti occorre un’apposita autorizzazione, che viene rilasciata solo dopo un attento esame da parte delle autorità competenti in materia. Que-

ste, in primo luogo, sono tenute a verificare la reale necessità di un impianto di smaltimento in quel determinato luogo, e successivamente devono valutare se esistono le condizioni necessarie e sufficienti di idoneità del sito individuato. Da tutte queste complesse valutazioni nasce un documento, definito Parere di Compatibilità Ambientale, necessario alla successiva predisposizione di un progetto di dettaglio per la realizzazione dell’impianto. Questo dovrà contenere un ulteriore documento tecnico, che indichi i confini dell’autocontrollo che il gestore do-

Abbiamo deciso di rivolgerci ai bambini, cercando di far capire loro, attraverso visite guidate ai nostri impianti, quanto importante sia una corretta gestione dei rifiuti

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vrà predisporre in continuo per tutta la durata dell’attività di gestione rifiuti». Spesso il tema dei rifiuti è stato al centro delle cronache nazionali, anche a causa di attività non sempre trasparenti portate avanti da diversi soggetti privati. Sulla base della sua esperienza, dove crede che bisognerebbe intervenire per limitare il diffondersi dell’illegalità nella gestione dei rifiuti? «Sinceramente credo che l’unico modo per combattere il fenomeno degli smaltimenti illeciti sia creare un numero sufficiente di impianti idonei a ricevere l’intera produzione nazionale. Oggi la situazione in questo senso è altamente deficitaria, e questo finisce per alimentare il fenomeno dell’abusivismo. I costi di gestione degli impianti sono estremamente elevati e ciò comporta che le tariffe di smaltimento non siano concorrenziali con quelle applicate dalle cosiddette “ecomafie”, che smaltiscono in siti non idonei ma soprattutto non controllati con costi di gestione pari a zero. Tengo comunque a precisare che abbiamo sempre riposto la massima fiducia nelle istituzioni, nella magistratura e in tutti coloro che combattono il fenomeno degli smaltimenti illeciti». Quali conseguenze ha prodotto la crisi sulla vostra attività? «La crisi economica internazionale ha generato una con-


Daniela Grandi

LA DIVERSIFICAZIONE COME PILASTRO SOCIETARIO I

l gruppo Gabeca, del quale Gedit fa parte, è composto da numerose società, e risulta operativo in diverse aree di interesse. Inizialmente impegnato nel campo edile e immobiliare, nel tempo il Gruppo ha ampliato il proprio raggio d’azione, sviluppando le sinergie imprenditoriali e le opportunità di mercato che si riflettono ora nei suoi rami di attività, che comprendono anche il settore ambientale, quello sportivo e quello agro-alimentare. Nel 2010, nonostante la difficile congiuntura economica, scelte oculate e un’attenta strategia di investimenti hanno portato a un forte incremento del fatturato, attestatosi intorno ai 65 milioni di euro. Commentando i dati del Bilancio consuntivo, Daniela Grandi ha sottolineato come tutte le società del gruppo siano state oggetto di importanti interventi di ottimizzazione e rilancio. «Siamo intervenuti per raffor-

trazione dell’attività industriale e dei consumi, con una conseguente riduzione dei rifiuti prodotti, che ha significato, per noi, un minor quantitativo di materiale da smaltire. Nonostante questo, però, la nostra impostazione organizzativa non ha subito particolari modifiche. Abbiamo affrontato il 2011 con lo stesso spirito imprenditoriale che da sempre contraddistingue l’operato delle società del nostro gruppo, nel pieno rispetto delle normative di settore e nel caso specifico di quelle ambientali. Poniamo sempre la massima attenzione alla tutela dell’ambiente, imponendoci un rigore gestionale che ci permetta di operare in piena tranquillità». Quale bilancio, dunque, può trarre dall’anno che si sta per concludere? «Il 2011 ha visto l’avvio, a conclusione di un iter burocratico iniziato addirittura nel

zare ogni settore del nostro Gruppo, con nuovi investimenti e programmi. Nel corso del 2010 con la società Grandi Riso Spa abbiamo completato i progetti per l’installazione di nuovi impianti per essicazione e lavorazione del riso presso lo stabilimento di Codigoro (FE), oltre alla realizzazione del primo lotto della nuova discarica per rifiuti speciali gestita da Gedit Spa». Un dato questo che conforta gli indirizzi strategici del Gruppo, che per il biennio 2011/2012 ha già programmato e pianificato investimenti per circa 10 milioni di euro, indirizzati sia al settore ambiente, con la realizzazione del secondo lotto della discarica Gedit, sia al settore acque, con l’installazione, presso lo stabilimento Paradiso di Pocenia (UD), di una nuova linea di imbottigliamento in asettico per softdrinks e acque minerali ad alto contenuto di innovazione.

2003, dell’attività di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi all’interno del nostro nuovissimo impianto di Montichiari, che comunque non lavora ancora a pieno regime. Allo stesso tempo abbiamo provveduto a mantenere attiva la discarica di

Calcinato, nella quale abbiamo ultimato i conferimenti dall’aprile del 2008. Attualmente stiamo valutando l’opportunità di una conversione dell’area per ulteriori impieghi ecocompatibili, e si inserisce in questa politica l’installazione di un impianto fotovoltaico recentemente entrato a funzione». Quali saranno, infine, i progetti futuri che Gedit intende implementare? «Il nostro obiettivo prioritario è quello di mantenere in perfette condizioni tecnico gestionali gli impianti che stiamo conducendo. Allo stesso tempo, però, intendiamo proseguire nello studio e nella sperimentazione di nuove tecnologie finalizzate a una gestione dei rifiuti sempre più ecocompatibile, perché siamo convinti che solo così sarà possibile garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 243


GESTIONE DEI RIFIUTI XXXXXXXXXXXXXXXXX

Compost di qualità per l’agricoltura Trasformare la frazione vegetale dei rifiuti solidi urbani come foglie, ramaglie, sfalci d’erba e scarti di produzione agricola in terriccio e concime per i campi, con grandi benefici ambientali ed economici. È questo l’obiettivo del compostaggio, come spiega Lucia Gimondi Guido Puopolo

n natura le sostanze organiche prodotte e non più “utili” alla vita, come foglie secche, rami e scarti vari, vengono decomposte dai microrganismi presenti nel terreno, che le restituiscono così al ciclo naturale. Con il compostaggio è oggi possibile riprodurre, in forma controllata e accelerata, i processi che in natura riconsegnano le sostanze organiche al ciclo della vita: un perfetto riciclaggio dei rifiuti vegetali, capace di generare importanti benefici non soltanto da un punto di vista ambientale ma anche economico. «In questi

I Lucia Gimondi, titolare della Gtm Spa di Ghisalba (BG) www.gtm-spa.it

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ultimi dodici anni il recupero dei rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata ha subito un miglioramento enorme. Si è passati infatti dalla percentuale del 66,8 per cento di materiale destinato alla discarica nel 1998 al 25,1 per cento del 2010». Lo afferma Lucia Gimondi, titolare della Gtm Spa, azienda di Ghisalba fondata da Tiziano Gimondi nel 1984 e specializzata nella produzione di ammendanti attraverso il recupero di rifiuti. «Il progetto perseguito dalla nostra società si inserisce all’interno della pianificazione regionale e provinciale sulla gestione dei rifiuti urbani e industriali, e in particolare riguarda il recupero e il trattamento dei rifiuti non pericolosi costituiti da matrici degradabili, quali scarti vegetali e fanghi biologici derivanti dalla depurazione dei reflui della fognatura civile». Quali sono i vantaggi derivanti dal recupero di questa particolare tipologia di rifiuti? «Il prodotto finale ottenuto dalle nostre lavorazioni può

fregiarsi della qualifica di “Compost di Qualità 1”, un ottimo ammendante biologico utilizzabile sia in agricoltura che in ambito floro-vivaistico, con la possibilità di arricchire i terreni, sempre più poveri di sostanza organica, del nutrimento necessario alle colture. Le numerose richieste provenienti in questi anni dagli agricoltori della zona dimostrano l’efficacia di questo tipo di concime, e allo stesso tempo sono la testimonianza della bontà del lavoro portato avanti dall’azienda». Quali sono le fasi fondamentali previste dal processo di compostaggio realizzato all’interno del vostro stabilimento? «Una volta giunti all’impianto, i rifiuti vegetali sono sottoposti a una serie di lavorazioni, che vanno dalla triturazione alla vagliatura, necessari a eliminare eventuali componenti inorganiche presenti, come plastica e vetro, che altrimenti rimarrebbero nel compost, peggiorandone la qualità. Terminata questa prima fase, il materiale vege-


Lucia Gimondi

tale così raffinato viene miscelato con le altre tipologie di rifiuti trattate, come fanghi biologici stabilizzati e altre matrici organiche selezionate, in modo da garantire la massima qualità fertilizzante del compost. Il compost così ottenuto viene infine ossigenato e portato a maturazione, pronto per essere poi re-immesso sul mercato come concime di altissima qualità. In pratica, utilizziamo componenti che provengono dalla terra per restituirli alla terra, ed è per questo che il nostro ciclo produttivo risulta essere assolutamente in linea con una corretta e lungimirante politica di conservazione dell’ambiente che ci circonda». In che modo lo sviluppo tecnologico ha contribuito al miglioramento della vostra attività? «Risulta evidente che in questi anni abbiamo sostenuto investimenti significativi per garantire una continua ricerca nel campo dell’innovazione e dell’aggiornamento tecnologico, tanto che oggi da questo punto di vista siamo assolu-

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Il prodotto finale ottenuto dalle nostre lavorazioni può fregiarsi della qualifica di “Compost di Qualità 1”, un ottimo ammendante biologico utilizzabile sia in agricoltura che in ambito floro-vivaistico

tamente all’avanguardia. Il prodotto generato dal nostro ciclo di lavorazione è infatti esente da fattori di fitotossicità, da parassiti, da malerbe e da inquinanti in genere, quali inerti e plastiche. Nell’ultimo periodo, a dimostrazione della serietà e dell’impegno innovativo dell’azienda, abbiamo ricevuto un significativo riconoscimento da parte della Provincia di Bergamo, che ci ha autorizzato ad aumentare il quantitativo lavorabile all’interno del nostro impianto, passando dalle attuali 71.990 a 105.000 tonnellate». Quali sono i progetti per il futuro di Gtm? «Intendiamo continuare nel nostro percorso di crescita, sviluppando anche nuove soluzioni di degradazione biologica, per ridurre al minimo

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l’impatto ambientale delle nostre lavorazioni. Il nostro obiettivo è infatti quello di ottimizzare le tecniche di trattamento dei rifiuti, eliminando tutte quelle variabili che potrebbero rappresentare un pericolo per la salute dell’uomo e per l’ambiente, con riferimento particolare all’aria, all’acqua, alla fauna e alla flora». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 245


RINNOVABILI

Il fotovoltaico, traino della green economy Il mercato fotovoltaico italiano mostra finalmente tutte le sue potenzialità. Nel frattempo, le aziende del settore si impegnano nella realizzazione di impianti ottimali attraverso l’utilizzo dell’alluminio. L’esperienza di Gianni Incani Emanuela Caruso

ra è certo: il mercato fotovoltaico può diventare il settore trainante della green economy italiana. Secondo i dati dell’Epia, Associazione europea dell’industria fotovoltaica, quest’anno, per la prima volta, l’Italia sarà il paese con la maggior capacità fotovoltaica installata, superando addirittura la Germania, da sempre un modello a cui rifarsi per tutte le questioni di carattere energetico. A farci scalare la classifica e

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Gianni Incani, amministratore delegato della Inca srl di Delebbio (SO) www.incaprotection.it

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conquistare così la vetta sono stati i 4,7 Gigawatt di potenza installata attesi entro la fine dell’anno. Ma l’eccezionalità della situazione non si limita a questo aspetto, infatti, alla luce di tali risultati e delle stime studiate dall’Epia, nel 2013 l’Italia potrebbe essere il primo paese a raggiungere la cosiddetta “grid parity”, ovvero il momento in cui produrre energia elettrica da fonte fossile e da fonte fotovoltaica avrà il medesimo costo. A gioire di queste rosee previsioni sono tutte le aziende impegnate nei vari rami del settore delle energie alternative e tra queste anche la società Inca, sita a Delebio, in provincia di Sondrio. «La nostra impresa – spiega Gianni Incani, titolare e amministratore delegato della Inca – è specializzata nella progettazione e realizzazione di impianti fotovoltaici, in particolare nella costruzione di supporti in alluminio e acciaio inox per il posiziona-

mento dei pannelli». Quanto è importante per un impianto fotovoltaico avere una struttura in alluminio? «Tralasciando la rilevanza del fatto che l’utilizzo dell’alluminio rende più semplice tutta la lavorazione, una struttura realizzata con questo materiale comporta innumerevoli vantaggi per un impianto fotovoltaico. Infatti, le strutture in alluminio danno migliori garanzie di tenuta rispetto agli agenti atmosferici, consentendo di beneficiare di un minore aggravio di peso tanto nel trasporto come nella posa finale». Che tipo di servizio proponete e assicurate ai clienti della Inca? «Grazie alle sinergie sviluppate nel tempo tra il nostro ufficio tecnico e i nostri collaboratori esterni specializzati nel campo del fotovoltaico, siamo in grado di offrire all’utenza un “pacchetto completo chiavi in mano”, che


Gianni Incani

parte dalla progettazione dell’impianto o delle singole strutture e dei telai per i pannelli, continua con la realizzazione effettiva dell’impianto stesso e termina con la richiesta dei contributi al GSE, ovvero il Gestore Servizi Energetici. A tutti i clienti garantiamo inoltre un’efficiente e puntuale assistenza post-vendita». La Inca, però, non si occupa solo di fotovoltaico, ma svolge anche altre attività, quali nello specifico? «Essendo stata fondata agli inizi degli anni 90, quando entrò in vigore la normativa che imponeva alle aziende obblighi di messa in sicurezza dei propri ambienti di lavoro e dei vari macchinari, la Inca da subito si è specializzata nella produzione di protezioni antinfortunistiche realizzate con telaio in alluminio, attività che si è protratta negli anni e che

ancora oggi svolgiamo con cura e perizia. Sempre nell’ambito della sicurezza, ci occupiamo anche della fabbricazione di protezioni per macchine speciali, macchine utensili e industriali, sia nuove che già installate. Parallelamente a queste attività, abbiamo strutturato l’impresa in modo da poter garantire anche la costruzione di barriere per macchine da taglio trasversale, slitter, spianatrici, trasportatori di varie tipologie e chiusure per zone robotizzate. I moduli per queste produzioni vengono realizzati su misura del cliente, che in prima persona ci fornisce il layout del prodotto. Un ulteriore ramo della nostra azienda si occupa, infine, della fornitura di componenti elettriche per le recinzioni con elettroserrature magnetiche e con barriere di sicurezza e della produzione di carpenteria

medio-leggera». Su quali mercati è presente la Inca? «Siamo presenti tanto sul mercato italiano quanto su quello europeo, compresa la Turchia, e operiamo con costanza e continuità sia con il settore privato che con le aziende pubbliche e private. Al nostro bacino d’utenza estero garantiamo, se richiesto, il trasporto del materiale a destinazione finale concordata. Le intenzioni future della Inca prevedono l’ampliamento del nostro mercato di riferimento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 249


RINNOVABILI

Il settore energetico alla svolta liberale a liberalizzazione del mercato ha rappresentato un punto di svolta per il settore energetico. Soprattutto, grazie alla sua attuazione si è diffusa l’idea che tutti avrebbero potuto produrre l’energia elettrica destinata a soddisfare il proprio fabbisogno. Ivan Scudellari, presidente e fondatore di Energy Solution, ha fatto sua questa idea sin dall’inizio. A capo della società bresciana, leader nella realizzazione di impianti fotovoltaici e forte di un’importante esperienza nell’ambito delle rinnovabili, Scudellari ha da subito agganciato

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Ha interpretato il passaggio alla liberalizzazione come un’occasione di sviluppo sociale, economico e ambientale. E in soli cinque anni, Ivan Scudellari ha trasferito la sua filosofia imprenditoriale nella gestione di Energy Solution, rendendola una realtà leader nel settore delle rinnovabili Aldo Mosca

il suo ideale liberale alla convinzione che «occorre fare qualcosa per la salute del nostro pianeta», spiega. «Ho cominciato a promuovere l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Impianti fotovoltaici, quindi, ma anche eolici, idroelettrici, a biomassa, impianti termici e geotermici e varie combinazioni degli stessi» prosegue Scudellari, che nonostante i suoi successi imprenditoriali in svariati settori non ha esitato ad abbandonare tutto per dedicarsi totalmente al settore energetico. Quale bilancio può trarre da questi primi cinque anni di attività? «Al di là dei risultati economici raggiunti, che a mio parere sono di tutto rispetto, ciò che più mi riempie di soddisfazione è il partecipare attivamente a questa rivoluzione liberale,

dove ognuno è libero di produrre tutta l’energia che gli serve rispettando l’ambiente». Dunque, secondo lei, si tratta di una rivoluzione? «Esatto, liberale ed energetica. Una svolta basata sulla diffusione su scala mondiale di tecnologie a basso contenuto di carbonio. Questo processo, inizialmente, comporta elevati costi di investimento. Nel lungo termine, però, questi saranno più che compensati dai benefici ottenuti, in termini di riduzione degli effetti sul clima, di miglioramento del livello di sicurezza energetica e di sostegno allo sviluppo economico». Il settore ha osservato criticamente alcune modifiche apportate al Conto Energia. Qual è la sua opinione in merito? «Quando siamo entrati in questo mercato era già previsto un calo graduale degli incentivi del


Ivan Scudellari

Conto Energia, dunque lo avevamo messo in conto. Sin da subito abbiamo attuato strategie imprenditoriali che prevedessero il calo degli incentivi. D’altronde, abbassandosi i costi della materia prima l’utente finale non ha perdite nel suo bilancio ventennale, fatto di incentivi alla produzione e risparmi nella bolletta energetica». Quali sono, allora, i veri gap da affrontare? «Quello di cui avvertiamo l’assenza è un piano energetico nazionale che preveda, in maniera chiara e duratura, lo sviluppo della “generazione elettrica distribuita”, cioè di quella mi- Ivan Scudellari, a capo di Energy Solution riade di piccoli impianti di pro- www.energysolution.it duzione di energia elettrica, che in qualche modo deve essere regolamentata nella produzione. Il piano energetico deve prevedere anche la trasformazione dell’attuale rete elettrica in una “smart grid”, ossia una rete intelligente», Vale a dire? «Una rete che prevede l’integrazione delle tecnologie - automazione, componentistica, informatica - che consentono di ripensare il design e il funzionamento della rete energetica convenzionale. Ciò è fondamentale per fare fronte a svariate esigenze. Pensiamo solo al rilevamento e alla prevenzione dei problemi prima che questi abbiano un impatto sul servizio, al rispondere celermente alle variazioni locali di LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 251


RINNOVABILI

domanda e offerta di energia, a

un sistema comunicativo più rapido o a un avanzato sistema diagnostico centralizzato. Dobbiamo predisporci in modo da prevedere un feedback di controllo che riporti rapidamente il sistema a uno stato di stabilità dopo eventuali interruzioni o disturbi di rete. Occorre un maggiore livello di adattabilità alle condizioni variabili del sistema. Il tutto, ovviamente, in una sempre più

marcata strategia di riduzione dell’impatto ambientale». Quale spazio avranno, nei vostri programmi, le integrazioni tra rinnovabili? «Nella nostra visione di sviluppo delle energie ecosostenibili sono sempre più presenti edifici autosufficienti dal punto di vista energetico. Si tratta di edifici costruiti con criteri e materiali tali da ridurre al minimo le dispersioni e, al tempo stesso, di produrre tutta l’energia che occorre al proprio fab-

Se le previsioni sono veritiere, entro pochi anni il fotovoltaico non avrà bisogno degli incentivi statali che sono causa di discordia in alcuni ambienti politici

252 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

bisogno. Parliamo di energia elettrica ma anche termica. Ci sono vari modi per ottenere ciò, combinando tra loro, dopo uno studio di fattibilità, i vari impianti di produzione. Ad esempio l’elettrica da fotovoltaico o da cogenerazione che si somma alla termica accumulata con i pannelli solari o, meglio, con la geotermia, che garantisce anche il raffrescamento durante il periodo estivo. Abbiamo già reso diversi edifici autonomi dal punto di vista energetico. Combinando fotovoltaico e geotermia tali edifici non hanno alcun bisogno di essere collegati alle reti di distribuzione di gas ed elettricità. Il legame con la rete elettrica rimane per lo scambio sul posto e il conteggio dei kwh prodotti ai fini degli incentivi previsti dal Conto Energia». Si parla sempre più di green economy e della sua capacità di contribuire alla creazione di valore, alla formazione di nuova occupazione oltre che alla difesa dell’ambiente. Anche lei osserva questo potenziale? «La promozione delle energie rinnovabili offre concrete opportunità di crescita industriale, avviando nuove attività che creano posti di lavoro e favoriscono la competitività dell’economia nazionale, attraverso l’utilizzo ecologicamente orientato delle risorse naturali. Ci sono vari studi che lo confermano e indagini statistiche


Ivan Scudellari

che parlano di 100mila persone attualmente impegnate in questo settore e un’aspettativa di 250mila lavoratori da qui al 2020. Per la mia esperienza personale posso dire che gli 80 dipendenti di Energy Solution e delle sue controllate, in qualche modo tutti provenienti dal settore dell’edilizia, attualmente in una crisi profonda, senza la green economy probabilmente starebbero affollando le liste dei cassintegrati o quelle di mobilità». L’obiettivo della Grid Parity quando verrà raggiunto a livello nazionale? «In Sicilia la Grid Parity c'è già, almeno secondo Winfried Hoffmann, colui che, nel '98, coniò per primo questo termine ormai così in voga. Ricordiamoci che per Grid Parity si intende il punto di magico equilibrio, in cui produrre elettricità dal sole costa quanto produrla con i combustibili fossili. Fra l'irraggia-

DALL’E-LEARNING ALL’ENERGIA D

a più di 15 anni attivo come imprenditore, dapprima nel settore formazione professionale (informatica, lingue), Ivan Scudellari, 38 anni, è stato tra i primi in Italia a sfruttare la piattaforma e-learning per distribuire i vari corsi di formazione; attività che gli ha permesso di instaurare partnership con aziende del calibro di Microsoft e IBM. Sicuramente uno tra gli enfants terribles della giovane imprenditoria lombarda, conosce la sua svolta decisiva nel 2007. Dopo alcuni stage formativi all’estero, in particolare in Germania, proprio in quell’anno fonda Energy Solution Srl. In questi cinque anni di attività ha portato l’azienda a strutturarsi in un gruppo e a trasformarsi in Società per Azioni. Energy Solution Service Srl segue tutto ciò che concerne il lato edile, Energy Solution Power Srl, invece, si occupa dell’installazione elettrica. La più recente, Energy Solution Plants, è focalizzata sulla gestione degli impianti di proprietà. Ad oggi Energy Solution è identificata quale premium partner da multinazionali come Schuco, e continua a stipulare convenzioni nazionali con primari istituti di credito e assicurativi, tipo Banca Intesa San Paolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Zurich.

mento solare di cui gode, gli incentivi governativi in vigore e gli alti prezzi dell'elettricità in Italia, la Sicilia è già arrivata a quel punto di parità. Per il resto d’Italia da più fonti si indica il 2013. Per quella data l'energia generata da impianti solari di taglia media, indicativamente 100 chilowatt di potenza, installati sugli edifici avrà un costo equivalente a quello dell'energia acquistata

dalla rete. Per i grandi impianti a terra, invece, la competitività con altre fonti di generazione potrebbe arrivare nel 2014. Se tali previsioni, come sembra probabile, saranno rispettate, entro pochi anni il fotovoltaico potrà camminare con le proprie gambe, non avrà bisogno degli incentivi statali che sono causa di discordia in alcuni ambienti politici». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 253


RINNOVABILI

Dalla provincia di Sondrio una “rivoluzione solare” Produrre energia pulita in simbiosi con l’architettura del panorama urbano non è più un sogno. Ne è convinto Enzo Coduri, che con la Tegola Solare Ibrida cerca di andare oltre l’utilizzo dei pannelli solari termici e fotovoltaici Guido Puopolo

n’idea solo apparentemente semplice, che ha richiesto tre anni di sviluppo e che nel 2012 sarà prodotta su scala industriale, porterà a una vera e propria rivoluzione nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili. È la Tegola Solare Ibrida New Roof, una tegola che consentirà non solamente di coprire i tetti delle case, ma anche e soprattutto di produrre energia termica ed elettrica nel pieno rispetto dell’ambiente. Enzo Coduri e l’ingenger Matteo Martinucci, che per perseguire questo obiettivo nell’agosto scorso hanno deciso di fondare un’apposita società, la Tegola Solare New Roof Srl, a Dubino in provincia di Sondrio, sono le due anime alla base di questo progetto. «La nostra tegola, per la quale abbiamo depositato domanda di brevetto internazionale, è oggettivamente l’unico modo per produrre energia per uso abitativo che consenta anche un’armoniosa integrazione architet-

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254 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

tonica», sottolinea Coduri. In cosa consiste nello specifico questo prodotto? «La Tegola Solare New Roof trasforma il tetto di una casa da semplice riparo a “struttura tecnologica”. È un “prodotto” perché è un contenitore in alluminio verniciato come le tegole di copertura: marrone, rosso mattone, grigio e con uguale spessore. Allo stesso tempo però considero la Tegola Solare un vero e proprio “sistema”, visto che può essere montata al posto delle tegole tradizionali semplicemente sostituendosi ad esse, senza biso-

gno di tutti quegli interventi che sono invece necessari nel momento in cui si vanno a installare i pannelli solari, termici o fotovoltaici. È infatti la Tegola Solare New Roof che, con i suoi vari sistemi di regolazione, si adatta a tutte le differenti geometrie delle tegole e dei tetti, con il massimo della praticità per gli utilizzatori». Quando pensate di poter avviare l’attività produttiva? «Abbiamo costituito la nuova società grazie a un fondo SEED stanziato dalla regione Lombardia, per industrializzare e produrre la nostra tegola. Oggi

Nella pagina a fianco, Enzo Coduri, amministratore unico della Tegola Solare New Roof Srl, con sede a Dubino (SO) www.tegola-solare.com


il progetto esecutivo è ultimato. Abbiamo creato accordi di partenariato tecnologico con alcune aziende delle filiere di settore, per la produzione degli stampi di produzione del coperchio, dei captatori solari, dei collettori idraulici e dei laminati fotovoltaici e siamo ora in attesa di ricevere le prime attrezzature per dare inizio alla fase produttiva. Crediamo che per il primo trimestre del 2012 sarà pronta la linea di assemblaggio manuale, unica attività che verrà gestita, almeno nel breve periodo, all’interno della nuova azienda». Quale il costo che, più o meno, un privato dovrebbe sostenere nel caso volesse installare sul proprio tetto la Tegola Solare? «Il nostro progetto è stato sviluppando con un’attenta valutazione dei costi. Riteniamo quindi di poter offrire un prodotto che, in entrambe le versioni sarà allineato ai prezzi dei pannelli tradizionali, ma con un enorme valore aggiunto in termini di integrazione architettonica e facilità di montaggio, in un mercato con poca o nulla concorrenza di prodotti simili». Il progetto “Tegola Solare” è stato recentemente inserito nella lista dei finalisti al concorso nazionale Working Capital - sezione Green. Cosa ha significato per voi questo riconoscimento? «Abbiamo partecipato a tanti concorsi, eventi e manifestazioni, sia a livello locale che nazionale, per promuovere e valorizzare la nostra attività. La

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La nostra tegola è l’unico modo per produrre energia termica e fotovoltaica per uso residenziale che consenta anche un’armoniosa integrazione architettonica

finale all’Working Capital è stato un piacevole momento di incontro e confronto con tanti giovani innovatori italiani. Qui abbiamo riscontrato grande interesse nei confronti del nostro lavoro, e questo ha rappresentato per noi un motivo di grande soddisfazione, oltre che uno stimolo ulteriore a continuare sulla strada intrapresa». Infatti il vostro è un progetto ambizioso, che richiede inevitabilmente anche ingenti investimenti. Siete alla ricerca

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di nuovi partner che possano supportare la vostra attività? «Tegola Solare New Roof Srl è una realtà artigianale, con risorse sufficienti a industrializzare e assemblare in quantitativi limitati la Tegola Solare New Roof. Partiremo con questi obiettivi minimi, ma stiamo trattando con aziende più strutturate che possano sostenerci anche da un punto di vista finanziario, per poter dare avvio a una produzione in grado di generare un’economia di scala adeguata alle potenzialità del prodotto. Queste collaborazioni, infatti, ci permetterebbe di arrivare alla presentazione della versione definitiva della Tegola Solare, prevista in occasione del SolarExpo del maggio prossimo, con il massimo dell’espressione del prodotto e con azioni commerciali molto più attive». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 255


SERVIZI PUBBLICI

Nuovi scenari per i servizi pubblici locali I piccoli comuni, stretti nella morsa della crisi, cercano nuove strategie per continuare a garantire ai propri cittadini servizi pubblici adeguati. Fabrizio Cremaschini illustra i problemi e le prospettive delle Aziende Municipalizzate del comune di Soresina Matteo Rossi

ontribuire a risolvere i bisogni individuali e collettivi dei cittadini, per migliorarne la qualità della vita. È sulla base di questi obiettivi che nel secolo scorso vennero istituite, in Italia, le prime Aziende Mu-

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Nella pagina a fianco, Fabrizio Cremaschini, direttore generale di Soresina Reti e Impianti Srl, società con sede a Soresina, in provincia di Cremona www.aspmsoresina.it - info@soresinaretieimpianti.it

nicipalizzate. Tra queste l’Azienda Servizi Pubblici Municipalizzati - ASPM di Soresina, piccolo centro comunale in provincia di Cremona, fondata addirittura nel 1905. Dopo una storia quasi centenaria, a partire dal 2003, in ossequio a quanto disposto dell’art. 115 T.U. 267/2000 e dell’art. 35 legge 28.12.2001 n. 448, il Comune di Soresina ha provveduto alla scis-

sione dell’ASPM in due distinte realtà, Soresina Reti e Impianti Srl e ASPM Soresina Servizi Srl. Queste sono state successivamente affiancate, nella loro attività, da altre due società, ASPM Servizi Ambientali Srl e ASPM Commerciale Srl, dedite rispettivamente allo svolgimento del servizio di igiene urbana e alla distribuzione di energia elettrica e gas metano all’interno del mercato libero. «L’ASPM prima, e le quattro società da essa derivate poi, hanno legato la propria attività allo sviluppo del territorio di Soresina e limitrofo, anche se, purtroppo, le evoluzioni legislative e normative di questi anni recenti rendono alquanto difficoltoso, per le aziende di piccole dimensioni, mantenere la propria autonomia e presenza territoriale». È questo il pensiero dell’ingegner Fabrizio Cremaschini, direttore generale e responsabile del collegamento strategico e gestio-


Fabrizio Cremaschini

nale tra le quattro società. In che modo il processo di liberalizzazione del settore energetico ha influenzato la vostra attività? «I mutati scenari di mercato, introdotti dalla liberalizzazione del comparto energetico, hanno imposto ai vari operatori, soprattutto ai piccoli gestori locali come sono le Aziende di Soresina, un cambiamento di mentalità. Abbiamo quindi sviluppato un nuovo approccio basato sul confronto, sul miglioramento degli standard di servizio, e sulla ricerca di nuovi settori da sviluppare, al fine di raggiungere risultati economici – reddituali, che consentano di garantire l’autonomia, la presenza territoriale e, quindi, la sopravvivenza delle nostre società. I tradizionali servizi di energia elettrica e gas, infatti, sia a seguito della liberalizzazione che della continua riduzione degli introiti operata dalle deliberazioni dell’Autorità per

È in programma la costruzione di un impianto di cogenerazione a gas metano e di una rete di teleriscaldamento a servizio della città di Soresina

l’Energia Elettrica e il Gas, presentano margini di reddito ormai sempre più ridotti. Per quel che riguarda il servizio idrico integrato, invece, in base alle disposizioni di legge si andrà verso forme di aggregazione per la gestione unitaria a livello di ambito territoriale ottimale. In un contesto di questo tipo, le Aziende di Soresina hanno, pertanto, il dovere di ricercare nuove strategie di sviluppo delle attività, che sono previste dagli oggetti sociali di Statuto. Già da qualche anno è questa la strategia che è stata adottata». Quali sono stati gli interventi più significativi portati a termine dalla società in questi ultimi anni? «Numerosi e significativi sono gli interventi realizzati, tra cui, limitandoci agli ultimi anni, si possono eviden-

ziare la perforazione di nuovi pozzi profondi fino a 200 metri, dotati di impianti di potabilizzazione dell’acqua, l’allestimento di una nuova cabina principale di arrivo e smistamento delle linee di media tensione, l’interramento delle linee elettriche aree di bassa tensione, l’ampliamento e potenziamento delle cabine di ricevimento e decompressione del gas metano, e l’ampliamento, sostituzione e potenziamento delle reti di distribuzione di acqua e gas. A queste possiamo aggiungere l’estendimento delle reti di energia elettrica, illuminazione pubblica, acqua, gas e fognature nelle zone di espansione, la costruzione di una piattaforma per il conferimento, da parte dei cittadini, di tutti i materiali per la raccolta differenziata dei ri-

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 257


SERVIZI PUBBLICI

fiuti e, più recentemente, la che hanno interessato una sucostruzione del depuratore comunale delle acque reflue». A partire dall’anno 2000 la società ha avuto in affidamento, da parte del comune di Soresina, il servizio di urbanizzazione e riqualificazione del territorio. Di cosa si tratta nello specifico? «Questa è un’attività nuova per il settore di aziende di servizi, e comprende l’acquisizione dei terreni, la progettazione degli interventi, la direzione dei lavori, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, la cessione dei lotti urbanizzati, la costruzione e vendita di fabbricati, per la consegna agli operatori economici assegnatari. In questi anni sono state realizzate, da parte di Soresina Reti e Impianti, opere di urbanizzazione all’interno di un piano per insediamenti produttivi,

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perficie complessiva, in tre stralci, di circa 300.000 mq. In alcuni lotti a destinazione artigianale–industriale sono stati costruiti capannoni, ceduti poi agli utilizzatori, mentre è stato realizzato anche un complesso edilizio a destinazione direzionale-commerciale. Attualmente Soresina Reti e Impianti, dopo la relativa progettazione, ha iniziato la costruzione della Tangenziale Sud di Soresina». In questi anni abbiamo assistito a un incremento esponenziale dell’utilizzo di fonti alternative per la produzione di energia. Quali provvedimenti sono stati attuati, a questo proposito, dall’azienda? «Nel settore delle fonti energetiche rinnovabili sono stati predisposti alcuni progetti per la costruzione o il ripristino

di centrali idroelettriche, in accordo con il Consorzio Irrigazione del Territorio Cremonese, titolare dell’uso dell’acqua, che, però, attendono il rilascio della relativa autorizzazione. Tali centraline idrauliche prevedono lo sfruttamento di salti d’acqua sui Navigli, con riattivazione delle vecchie centraline idroelettriche, già utilizzate nella prima parte del secolo scorso dall’ASPM. Inoltre, Soresina Reti e Impianti Srl ha stipulato con il Comune di Soresina una convenzione che prevede l’installazione di impianti fotovoltaici su fabbricati di proprietà comunale, quali la Caserma dei Carabinieri, la palestra della scuola media, l’asilo nido, il palazzetto dello sport e la tribuna dello Stadio Comunale. Tre di questi impianti fotovoltaici sono stati realizzati e sono già in funzione. In questa strategia di diversificazione e sviluppo delle attività aziendali, si inserisce il progetto più importante che la società ha predisposto in questi ultimi anni: la costruzione di un impianto di cogenerazione a gas metano, da 5 MW di potenza elettrica, e di una rete di teleriscaldamento a servizio della città di Soresina che, una volta ultimato, produrrà ogni anno circa 25 milioni di kWh di energia elettrica e circa 18 milioni di kWh di energia termica, distribuita come calore per riscaldamento e acqua sa-


Fabrizio Cremaschini

nitaria». Quali sono le prospettive per il futuro del gruppo? «Attualmente, alla luce della mutata situazione del mercato di approvvigionamento energetico e considerando il loro ruolo sul territorio, le società del gruppo intendono continuare a fornire servizi di assistenza e consulenza nel settore energetico e nel processo di liberalizzazione che si sta attuando, al fine anche di potersi proporre per prestazioni di servizi diversificati, caratterizzati dalla presenza sul territorio e dall’immediatezza di intervento. Crediamo sia importante, infatti, conoscere i nuovi meccanismi regolatori del sistema energetico per poter attuare scelte oculate, che siano effettivamente vantaggiose per l’economicità delle imprese. Nel settore dell’ igiene ambientale, ASPM Ser-

Al di là della diversificazione delle attività sono assolutamente auspicabili rapporti di collaborazione con altre realtà di servizi pubblici, anche di maggiori dimensioni

vizi Ambientali, che già svolge il servizio in undici Comuni soci, è aperta alla partecipazione di altri Comuni del territorio. Per il servizio idrico integrato, infine, ASPM Soresina Servizi, pur nell’ ambito del soggetto unitario provinciale, ritiene importante mantenere la presenza territoriale a Soresina e nei Comuni limitrofi, con la gestione della manutenzione e dell’ erogazione del servizio». Dal suo punto di vista, crede sia possibile instaurare nuove collaborazioni con altri soggetti presenti sul territorio? «Al di là della diversificazione

delle attività, sono convinto che siano assolutamente auspicabili rapporti di collaborazione con altre realtà di servizi pubblici, anche di maggiori dimensioni. Questo tipo di partnership, infatti, pur garantendo alle diverse realtà una propria autonomia societaria e gestionale, sembra essere l’unica strada percorribile per creare quelle condizioni di sinergia e di economicità che, per un’azienda come la nostra, sono necessarie per continuare a svolgere il proprio ruolo di società presente localmente, nell’esclusivo interesse dei propri cittadini».

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 259




LOGISTICA E TRASPORTI

L’ottimizzazione del sistema dei trasporti e della logistica Sergio Botturi spiega come i singoli imprenditori investano, anche in gruppo, per sopperire alle carenze strutturali del sistema autostradale italiano. Alle difficoltà storiche si aggiungono i continui aumenti del costo dei carburanti. E, sotto le feste, si prevede il consueto blocco degli automezzi Manlio Teodoro

e l’aumento del costo dei carburanti è percepito come una misura iniqua dalla maggior parte degli automobilisti, rappresenta invece un vero e proprio freno allo svi-

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Sergio Botturi, amministratore unico di Essebi Autotrasporti Srl, Castiglione delle Stiviere (MN), insieme al figlio Marco, responsabile della logistica. All’interno dell’azienda opera anche la figlia Elena, responsabile dell’amministrazione sergio@essebiautotrasporti.it

262 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

luppo del settore del trasporto merci. Il 2011 è stato da questo punto di vista l’anno dei record in negativo, dato che i due governi che si sono succeduti nei dodici mesi hanno usato le accise sui carburanti come valvola di sfogo, facendo cassa, per i problemi più diversi: dai finanziamenti al fondo unico dello spettacolo ai recenti disastri causati dalle piogge eccezionali abbattutesi sulla Liguria. «Ci sono categorie, in Italia – spiega Sergio Botturi, amministratore unico della Essebi Autotrasporti, società specializzata nella logistica e nel trasporto di generi alimentari, destinati in larga parte alla grande distribuzione, affiancato nella gestione dai figli: Marco, responsabile della logistica e Elena, dell’amministrazione–, come quella dei pescatori o degli agricoltori, che hanno la

possibilità di accedere ai carburanti con dei prezzi speciali. Ovvero esistono delle tariffe per questo tipo di professionisti. Paradossalmente, però, non è stata ancora introdotta una norma che preveda un pari trattamento per gli operatori dell’autotrasporto». Si avvicinano le ferie natalizie e si torna a parlare di blocchi per i mezzi pesanti in coincidenza con i picchi degli esodi vacanzieri. Come viene vista questa misura da parte di voi addetti ai lavori? «Naturalmente questa misura rappresenta un problema per noi, perché spesso determina una perdita di ore di viaggio e di quantità di merci da trasportare. Il vero problema però è che una misura che dovrebbe favorire maggiori condizioni di sicurezza e minori code ai caselli, di fatto non è risolutiva


Il trasporto su gomma sta diventando sempre più complicato. Ci sono problemi antichi, come l’assenza di adeguate infrastrutture, e problemi nuovi, come l’aumento continuo del prezzo dei carburanti

e anzi porta a concentrare il ritorno dei mezzi pesanti sulle strade in intervalli temporali ristretti. Anche perché la diminuzione delle ore a disposizione per il trasporto non corrisponde mai a una diminuzione della quantità di merci, per questo alla fine nelle ore in cui i mezzi possono circolare la loro densità aumenta». Quali sono, oltre a questo, i problemi strutturali di fronte ai quali si trova un operatore della categoria? «Il trasporto su gomma nel

nostro Paese sta diventando sempre più complicato. Da una parte ci sono problemi antichi – come l’assenza di adeguate infrastrutture –, dall’altra problemi nuovi – come l’aumento continuo del prezzo dei carburanti. Negli ultimi 30 anni non è sono state realizzate nuove autostrade, né si è investito adeguatamente nella manutenzione delle infrastrutture esistenti, né sono state predisposte adeguate aree di sosta per i mezzi pesanti. A questi problemi che toccano tutti i trasporti – indipen-

dentemente dal tipo di merce trasportata –, se ne sommano altri specifici. Per esempio, noi abbiamo delle grosse difficoltà nei rapporti con la grande distribuzione». In cosa consistono queste difficoltà? «La nostra società di trasporti è specializzata nel trasporto leggero – e quindi voluminoso. L’80% dei nostri carichi è rappresentato da alimentari e imballaggi per alimenti. Si tratta di prodotti destinati ai banchi della grande distribuzione e che in sé non rappresentano un LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 263


LOGISTICA E TRASPORTI

tipo di carico problematico.

7 mln EURO

Fatturato medio annuo della Essebi Autotrasporti Srl, specializzata nel trasporto di generi alimentari destinati alle catene della Gdo sul territorio italiano

I problemi derivano dai tempi che la grande distribuzione ci impone di fatto per lo scarico. Una volta che i nostri mezzi hanno raggiunto i piazzali, l’attesa per lo scarico delle merci può raggiungere e superare anche le dieci ore. Queste ore – che rappresentano naturalmente un tempo morto sottratto alla guida e quindi una perdita per la nostra azienda – trascorrono per gli autisti in una situazione di totale disagio, dato che questi non possono abbandonare i mezzi e sono costretti a permanere nei piazzali per ore, privi di qualsiasi tipo di servizio minimo».

264 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Come ha reagito la vostra realtà a tutta questa serie di problemi? «In assenza di iniziative istituzionali – per esempio, attraverso l’imposizione di regole precise e diverse da quelle attuali per lo scarico delle merci della grande distribuzione –, le possibilità di reazione sono esclusivamente affidate alla nostra iniziativa individuale di impresa. Da una parte si interviene rivedendo i listini, dall’altra nell’acquisto di veicoli sempre più performanti dal punto di vista dei consumi – quindi con investimenti privati. Tuttavia si tratta di interventi che non possono mai essere tempestivi sul

problema, dato che anche se il carburante aumenta da un giorno all’altro, noi non possiamo rimodellare le nostre tariffe il giorno dopo. Quello su cui possiamo puntare e puntiamo, invece, è l’ottimizzazione». Può spiegare in cosa consiste nel vostro settore l’ottimizzazione? «Cerchiamo di risparmiare dove è possibile, sia con mezzi che consumano meno, sia formando i nostri autisti a uno stile di guida che porti a un minore consumo di carburante. Molto si può fare per l’ottimizzazione anche strutturando meglio tempi e percorsi. In generale, però, bisogna investire per soppe-


Sergio Botturi

In assenza di iniziative istituzionali, le possibilità di reazione sono esclusivamente affidate alla nostra iniziativa individuale di impresa

rire alle mancanze di sistema e fare squadra con altri imprenditori. Una nostra iniziativa, di alcuni anni fa, realizzata insieme ad altri tre autotrasportatori bresciani, è stata la creazione a Montichiari (BS) di un centro logistico. Lì stocchiamo la merce dei nostri clienti, compresi quelli più importanti, come Amica Chips, Barilla, Coca Cola, Morando, Nestlé». Quali sono le caratteristiche che distinguono il vostro servizio da quello degli altri attori sul mercato? «Alcuni anni fa abbiamo introdotto le casse scarrabili che sono state un elemento

che ha portato vantaggi sia a noi che ai nostri partner. Tutti i nostri veicoli sono muniti di un impianto scarrabile a doppio cassone. Questo sistema permette di eliminare i tempi morti, velocizzando le operazioni di carico merci. Inoltre, noi puntiamo molto sulla formazione degli autisti – che prepariamo anche ad affrontare le lunghe attese che spesso esistono nel nostro lavoro per lo scarico delle merci. La prova migliore della qualità del nostro servizio per noi è il fatto che su 15-20mila viaggi l’anno, con circa 50mila consegne che coprono l’intero territorio nazionale, abbiamo un nu-

mero di reclami bassissimo, di poche decine». Qual è la vostra organizzazione sul fronte della manutenzione dei mezzi? «Abbiamo un’officina interna, però ci appoggiamo anche a una serie di officine esterne. Nella nostra officina interna ci limitiamo tuttavia alla manutenzione ordinaria dei veicoli, cioè il cambio dell’olio e dei filtri. Per tutto il resto ci affidiamo alle officine esterne. La nostra officina interna cura invece l’allestimento dei veicoli e le riparazioni di carpenteria industriale, per i quali abbiamo personale e attrezzi specializzati. E anche questo è un sistema per ottimizzare». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 265


SICUREZZA STRADALE

Segnali per la sicurezza Gli italiani tendono a considerare la sicurezza stradale un sacrificio sull'altare delle esigenze di mobilità. Una visione riduttiva per quella che è una delle regole fondamentali di convivenza civile. Pietro Merlo racconta la sua esperienza nell'ambito della messa in sicurezza stradale Lodovico Bevilacqua

a sicurezza stradale nelle aree pubbliche e private è un importante capitolo nell'ambito della convivenza civile, ove regole condivise e accettate rendono disciplinato e corretto l'utilizzo degli spazi, nel rispetto della propria e altrui incolumità. La tutela della sicurezza degli utenti più deboli e la garanzia di ordine ed educazione nella fruizione delle strade è naturalmente in gran

L Il Segnale ha sede a Soncino (CR) www.ilsegnale.com

parte vincolata alla civiltà del singolo cittadino; per niente scontata è invece – dal punto di vista normativo – la creazione e l'attuazione di regole utili ed armoniche che rendano possibile disciplinare l'utilizzo delle strade e delle diverse aree carrabili e pedonali. Razionalizzare gli spazi, realizzare segnali intellegibili ma purtuttavia intuitivi, garantire la sicurezza di ogni utente sono obiettivi difficili da ottenere, per i quali è

necessario avere esperienza e preparazione. Esistono dunque aziende specializzate nella messa in sicurezza di spazi pubblici e privati; in questo particolare ambito si sviluppa l'esperienza imprenditoriale di Pietro Merlo, titolare de Il Segnale di Soncino, nel cremonese. «Le nostre prerogative sono svariate e il servizio che offriamo è completo ed efficiente». Caratteristica – quella della integrazione del servizio – ambita e apprez-


Pietro Merlo

zata dalla committenza, come conferma Merlo. «La nostra azienda dispone di un grande potenziale progettuale e operativo, che costituisce il nostro punto di forza. Siamo in grado di effettuare studi preliminari all'intervento, analizzando con il committente la fattibilità e le caratteristiche dei lavori da eseguire, integrando la nostra trentennale esperienza con le esigenze e le richieste avanzate dal cliente». Parimenti efficace l'esecuzione e l'assolvimento delle altre fasi di realizzazione dell'opera. «Oltre che di quello progettuale, ci occupiamo naturalmente anche dell'ambito produttivo, ma non solo: in un contesto dove la rete normativa e legislativa rischia di mettere in difficoltà il cliente, offriamo una efficiente assistenza nella gestione della fase burocratica del lavoro, ovvero nell'adeguamento e nella certificazione degli interventi effettuati alla conformità legislativa giustamente richiesta dalle istituzioni». Si intuisce immediatamente che stiamo parlando di un settore dove la professionalità rappresenta una condizione di fondamentale importanza, tanto per la complessità delle competenze richieste, quanto per la responsabilità derivata dall'importanza dell'opera per la sicurezza stradale. In questo contesto la storia aziendale de Il Segnale rappresenta la garanzia più affidabile. «La società è

Abbiamo realizzato interventi di grande efficacia, non solo per ripristinare condizioni di sicurezza accettabili, ma anche per razionalizzare l'utilizzo degli spazi

stata costituita nel 1982 e la trentennale esperienza operativa dell'azienda si va a sommare con quella acquisita in precedenza dai fondatori e dai primi componenti dello staff de Il Segnale, già operativi nell'ambito dell'amministrazione della segnaletica stradale dal 1973». Spostando l'attenzione sulla tipologia della committenza, si può notare come fruitori di

questo importantissimo servizio siano utenti sia pubblici che privati. «Parte delle nostre competenze sono lo svolgimento delle fondamentali attività manutentive della segnaletica stradale – orizzontale e verticale – e delle piccole strutture complementari delle strade lombarde. Questo ci rende dunque preziosi interlocutori per molti comuni ed enti pubblici, sia nella veste di manutentori che in quella di consulenti e pianificatori». Si può considerare leggermente più delicato – invece – il discorso relativo alla committenza privata. «La gestione della sicurezza stradale nelle aree private è disciplinata da complesse e precise normative. Gli spazi industriali e i parcheggi sono le aree carrabili dove la sicurezza degli utenti è più spesso sotto- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 269


SICUREZZA STRADALE

Condividere esperienze e informarsi sull'aggiornamento delle normative fa parte del bagaglio professionale di un operatore del settore della segnaletica e della sicurezza stradale

valutata e molto spesso ab- approfondito con la menzione biamo realizzato interventi di grande efficacia, non solo per ripristinare condizioni di sicurezza accettabili, ma anche per razionalizzare l'utilizzo degli spazi al fine di rendere più logica e coerente la fruizione degli stessi». Il riferimento a questa categoria di interventi merita di essere

270 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

delle soluzioni concepite per effettuare questa opera di razionalizzazione e messa in sicurezza degli spazi. «Naturalmente lo studio dei singoli casi costituisce la fase preliminare dell'intervento e quella dove probabilmente la professionalità e l'esperienza operativa occupano il ruolo di maggiore rilevanza. Per

ottenere lo scopo richiesto dal committente esistono poi tutta una serie di dispositivi segnalatori e strutture complementari – dagli archetti parapedonali alle rotondine in pvc, dalle targhe di segnalazione interna ai cosiddetti “totem” esterni, senza escludere naturalmente la classica segnaletica orizzontale e verticale». Dal punto di vista della strategia aziendale è comprensibile che – in un settore delicato come questo – la formazione e l'aggiornamento del personale ricoprano un ruolo di grande importanza. «Scambiare e condividere esperienze con altri operatori del settore, informarsi continuamente sull'aggiornamento delle normative, prendere coscienza dell'esistenza di nuovi materiali e nuove soluzioni applicative, tutto ciò è parte integrante del bagaglio professionale di un operatore del settore della segnaletica e della sicurezza stradale e dunque un ambito cui Il Segnale dedica grande attenzione e risorse». Dalla consulenza alla formazione, dalla messa in opera alle forniture, l'attività de Il Segnale si conferma dunque completa ed efficacie, rendendo la sicurezza stradale non un lusso accessorio, ma una fondamentale priorità, fissata anche da precisi riferimenti normativi – il testo unico sulla sicurezza del lavoro D.Lgs 81/2008, poi integrato dal D.Lgs n. 106/2009 – che chiariscono come realizzare infrastrutture per la sicurezza sia un’opera doverosa, fattibile anche con investimenti del tutto sostenibili.



INFRASTRUTTURE

L’impiego del polietilene nella distribuzione del gas Affinché il gas e l’acqua possano giungere nelle nostre case, sono indispensabili adeguate infrastrutture, che garantiscano agli utenti un approvvigionamento sicuro e costante. Il punto di Daniela Tabarin Guido Puopolo

l polietilene è una resina termoplastica, con ottime proprietà isolanti e di stabilità chimica, un materiale molto versatile che proprio per queste sue caratteristiche è utilizzato in svariati ambiti. L’affidabilità, la facilità d’impiego e la pressoché nulla manutenzione garantite dai tubi di polietilene, ad esempio, sono gli elementi principali che

I

La Delta Impianti Srl ha la sua sede a Vigevano (PV) www.deltaimpiantivigevano.it

272 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

hanno spinto le maggiori società di distribuzione del gas a scegliere proprio questi prodotti per la costruzione delle grandi reti di trasporto di gas metano. Una delle prime aziende a testare l’uso delle condotte in polietilene per il trasporto del gas è stata la Delta Impianti Srl, azienda di Vigevano (PV) presente sul mercato delle opere di urbanizzazione fin dal 1989, come spiega l’amministratrice Daniela Tabarin: «Negli ultimi anni abbiamo messo a disposizione di questo particolare settore la specializzazione dei nostri operatori nella saldatura dei nuovi materiali, così come le nostre attrezzature altamente tecnologiche, realizzando opere di grande importanza per il territorio». Alla base della crescita dell’azienda c’è la proficua e strategica collaborazione instaurata con Italgas Spa, uno dei più importanti operatori in Italia nel settore della distribuzione cittadina del gas naturale. «La

partnership con Italgas – conferma Tabarin – ci ha permesso di acquisire quelle competenze necessarie per poter svolgere un’attività non semplice, all’interno di un mercato che, soprattutto all’inizio degli anni Novanta, si presentava estremamente complicato e competitivo, anche a seguito della conversione di numerose aziende idrauliche verso il settore delle tubazioni stradali». Oggi Delta Impianti opera prevalentemente all’interno dell’area compresa tra le province di Pavia, Milano, Novara e Alessandria, dove sono stati numerosi gli interventi portati a termine con successo negli ultimi anni, come sottolinea la stessa Tabarin: «Tra le opere più significative possiamo ricordare la metanizzazione della zona nord-ovest di Novara, la sostituzione della condotta del gas, effettuata adottando un innovativo sistema di relying, sempre nel centro storico di Novara, e la


Daniela Tabarin

sostituzione delle condotte di acqua e gas in alcune vie del centro storico di Alessandria». L’affidabilità e la capacità di adeguarsi ai cambiamenti, anche strutturali, del mercato, sono i fattori che hanno permesso all’azienda di imporsi come punto di riferimento all’interno di un settore che richiede, oltre che elevati standard produttivi, anche un costante aggiornamento tecnologico: «Il nostro personale dispone di un background di assoluto livello, maturato anche attraverso precedenti esperienze all’interno di altre aziende operanti in questo ambito. Il nostro gruppo, inoltre, sempre attento all’evoluzione tecnologica e gestionale, per far fronte alle nuove esigenze del mercato ha provveduto a rinnovare la propria struttura organizzativa, raggiungendo performance di assoluto livello. Come accennato – prosegue Tabarin - l’affidabilità è una delle peculiarità di Delta Impianti. Questo grazie all’accurata scelta dei fornitori, al conseguente impiego di materiali a norma, all’esecuzione delle opere secondo piani di lavoro prestabiliti in ottemperanza al regime di qualità e alla puntualità nella realizzazione delle opere stesse». Passi importanti affrontati dall’azienda nel suo percorso di crescita sono stati sicura-

mente l’ottenimento della certificazione del sistema di gestione della qualità e l'attestazione Soa, che permettono alla Delta Impianti di partecipare anche agli appalti pubblici di una certa rilevanza. «Di recente – conclude Tabarin –, in un’ottica di ulteriore sviluppo e ampliamento del nostro raggio d’azione, abbiamo rivolto l’attenzione a nuovi ambiti di lavoro, co-

munque affini al nostro core business. A questo proposito mettiamo a disposizione il nostro know-how, tra le altre cose, per la realizzazione di opere quali demolizioni, sbancamenti, posa di cordoli e canalizzazione per impianti semaforici, mentre per il futuro intendiamo proporci per acquisire commesse anche nel settore impiantistico termoidraulico». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 273


MERCATO IMMOBILIARE

La casa è un buon investimento Tiene il residenziale, ma per dare una scossa all’intero mercato, creare occupazione e non far chiudere le aziende servirebbero, secondo Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil, incentivi, specie di natura fiscale Renata Gualtieri

opo quattro trimestri consecutivi di flessione, nel III trimestre 2011 il mercato immobiliare italiano, secondo i dati della Nota trimestrale dell’Agenzia del Territorio, torna a mostrare un segno positivo. Il tasso tendenziale annuo del volume di compravendite per l’intero settore immobiliare risulta, infatti, pari a +1,6%. L’aumento del mercato residenziale riscontrato a livello nazionale si evidenzia, con maggiore intensità,

D Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil Ance

274 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

anche nelle otto più grandi città italiane per popolazione. A fronte del rialzo, +1,4%, del mercato nazionale delle abitazioni, le grandi città mostrano, infatti, una variazione positiva del +2,7%. Tra le grandi città, gli aumenti maggiori si registrano in questo trimestre a Firenze e a Palermo +16% circa. Più contenuti, sebbene comunque più elevati del dato nazionale, gli incrementi a Milano, +3%, Genova, +2,1% e Napoli, +2%. Torino e Roma segnano rispettivamente un

rialzo del +1% e del +0,8%. Per contro l’unica grande città in perdita in questo trimestre è Bologna che, accentuando il calo registrato lo scorso trimestre, subisce un calo del -4,2%. Nei comuni della provincia delle principali città il mercato delle abitazioni presenta nel III trimestre del 2011 risultati diversi. Accentuati appaiono i segni di rialzo nei comuni delle province di Palermo, +8,3%, Bologna e Genova, intorno a +5%. Aumenti, sebbene più contenuti, si hanno anche nelle province di Roma e Milano, che mostrano tassi positivi del +2,1% e +3,8% rispettivamente. In leggero calo, risultano i mercati dei comuni non capoluoghi di Napoli, -0,9% e Torino, -0,5% mentre stabile è in questo trimestre il resto della provincia di Firenze. Carlo De Albertis, presidente di Assimpredil, commenta questi dati e spiega perché l’edilizia e il mercato immobiliare soffrono più di altri comparti e da dove occorre partire per la ripresa. Ha parlato di una rivoluzione, con Milano e hinterland protagonisti, «perché nei cantieri le cose oggi pro-


Cqwcqwc Carlo De Albertis wdvwr

Se nel 2006 si costruivano in Italia 370.000 nuovi appartamenti, nel 2010 sono stati 160.000

prio non vanno». Quali i dati che la preoccupano di più? «C’è molta differenza tra Milano città e l’hinterland in questo momento. In città credo che ci siano dei programmi un po’ impantanati, ma questo il più delle volte è dettato dalla rigidità delle funzioni pretese dai piani urbanistici. In particolare, i problemi fondamentali sono legati alle destinazioni uffici e laboratori artigianali perché in questo momento il mercato immobiliare di queste funzioni è fermo, mentre il mercato residenziale in città ancora tiene. Nell’hinterland vi è un problema loca-

lizzativo, cioè se gli interventi sono localizzati, come dovrebbero, sulle grandi linee di trasporto pubblico gli interventi hanno fortuna. I tempi di vendita degli alloggi poi si sono dilatati: fino al 2006 la media era di circa 1 mese, sia a Milano che fuori, oggi è di circa 6. Uno dei nodi fondamentali rimane l’accesso al credito. Vista la mancanza di liquidità, in questo momento le banche non concedono mutui e le operazioni che non avevano già chiuso un finanziamento in essere si trovano impantanate. I contenziosi di molti proprietari immobiliari

con le banche sono inoltre cresciuti, per cui c’è anche una certa diffidenza». L’aumento del mercato residenziale riscontrato a livello nazionale nel III trimestre 2011 dall’Agenzia del territorio, si evidenzia, con maggiore intensità, anche nelle otto più grandi città italiane per popolazione, tra cui Milano con un +3%. Per gli imprenditori del settore questi sono dati incoraggianti, o si è ancora lontani dalla ripresa? «Non si può parlare di completa ripresa, anche e soprattutto per le condizioni dei mercati finan- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 275


MERCATO IMMOBILIARE XXQSQQDCQ

Compravendite di immobili nel III trimestre 2011 CITTÀ

I trim

II trim

III trim

Var % I trim

Var % II trim

Var % III trim

Roma

7.663

8.936

7.427

1,3%

-7,3%

0,8%

Milano

4.248

5.607

4.087

-0,9%

2,9%

3,0%

Torino

2.808

3.317

2.412

8,7%

1,5%

1,0%

Genova

1.621

1.955

1.538

5,2%

2,7%

2,1%

Napoli

1.612

1.790

1.313

-1,5%

-7,5%

2,0%

Palermo

1.380

1.427

1.159

2,4%

-8,5%

16,0%

Bologna

1.104

1.324

1.012

5,7%

-1,2%

-4,2%

Firenze

1.061

1.280

1.002

-0,6%

0,9%

16,4%

21.498

25.636

19.949

2,0%

-2,8%

2,7%

TOT.

fonte Agenzia del Territorio

Fino al 2006 il tempo medio di vendita degli alloggi era di circa 1 mese, oggi di circa 6

ziari, ma sono dati confortanti denziale tenga, ma se nel 2006 perché testimoniano che la gente crede nel mattone. L’aleatorietà dei mercati mobiliari e anche la Borsa spingono la gente verso l’investimento nell’immobiliare, perché il mattone è sempre un bene sicuro. Questo fa sì che il mercato resi276 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

si costruivano in Italia 370.000 nuovi appartamenti, nel 2010 ne sono stati costruiti 160.000». Sono 1.150 le imprese scomparse nel 2010, anno nel quale l’occupazione nel settore ha perso l’8% dei suoi lavoratori e ha visto gli

investimenti cadere a picco. Quali le sue previsioni per il futuro e come è possibile dare una scossa agli imprenditori? «Le mie previsioni non sono molto rosee. Non si è ancora capito che questo settore, che rappresenta direttamente l’8% del Pil, percentuale che sale al 17% se si considera l’indotto, è fondamentale e ha sempre avuto una funzione anticiclica. In realtà la politica gli fa assumere una funzione pro-ciclica, il che è assurdo perché se si vuole dare una spinta all’occupazione si deve spingere sull’edilizia; invece gli investimenti nelle opere pubbliche languono e noi oggi rischiamo di avere nel 2012 investimenti nelle infrastrutture pari all’1,8% del Pil, contro una media europea del 2,9%. D’altra parte vediamo che in Francia nei primi 10 mesi di quest’anno il mercato è salito del 16% grazie a incentivi sulle locazioni e sulle energie rinnovabili. Questo dovrebbe far capire che per dare una scossa al mercato, creare occupazione ed evitare che le aziende chiudano anche in Italia servirebbero incentivi, soprattutto di natura fiscale».



MERCATO IMMOBILIARE

Comunicazione mirata e accattivante «L’unica azione che conta è parlare il linguaggio delle persone a cui si intende comunicare». Simone Bianchi, amministratore unico di AdvMilano, aiuta a comprendere le esigenze comunicative del settore immobiliare Renata Gualtieri

gni settore del campo immobiliare, e nello specifico l’immobiliare per l’impresa e immobiliare residenziale, ha particolari esigenze di linguaggio e di comunicazione. Nel campo degli immobili per l’impresa la domanda è quantitativamente più esigua, ma qualitativamente più elevata. Un imprenditore in cerca di un immobile è sempre estremamente motivato a concludere la trattativa, e dall’operatore immobiliare si attende non solo un ventaglio di offerte, ma anche soluzioni collegate all’offerta, in altre parole, consulenza. «A parità di metratura – precisa l’amministratore unico dell’Agenzia di marketing

O

e comunicazione AdvMilano, Simone Bianchi – lo stesso immobile “non è lo stesso immobile” per un’azienda di prodotti rispetto a un’azienda di servizi. Proprio qui si misura il valore della consulenza, che non consiste nel presentare un generico ventaglio di offerte, ma nel selezionare solo quelle che hanno il valore aggiunto della soluzione». In questi casi, le esigenze sono molto elevate, l’imprenditore è sempre consigliato dai propri tecnici e ingegneri e la comunicazione deve essere altrettanto specifica. Nel settore residenziale, invece, la domanda è più abbondante ma meno qualificata, i potenziali acquirenti non hanno per forza un’esigenza ma possono essere mossi all’esplorazione del mercato anche da mera curiosità. «Le esigenze in questo caso sono più standardizzate e la comunicazione richiede un linguaggio decisamente più semplice». Quali le esigenze di comunicazione che arrivano dal settore immobiliare oggi? «Le esigenze sono piuttosto simili a quelle di

qualunque altro settore, sono le difficoltà a fare la differenza. Il mercato immobiliare sconta una tradizionale e generale arretratezza nella comunicazione, che si avverte in modo ancora più evidente quando ci si avvicina ai nuovi strumenti messi a disposizione da Internet. La rete impone logiche, linguaggi e soluzioni molto impegnative da adottare, specie in un settore abituato a una comunicazione di tipo fondamentalmente “vecchio”. Chi opera da imprenditore nel settore immobiliare deve comprendere che l’utente della rete si aspetta tantissimo in termini d’informazione: dati, immagini, contatti, accesso multi-dispositivo. È questo lo standard a cui lo ha abituato la rete: è così per tutti gli altri prodotti e servizi e occorre che sia così anche nei prodotti e servizi immobiliari». Quali gli strumenti di comunicazione che vengono più utilizzati da AdvMilano per il mondo immobiliare? «Sicuramente la frontiera più interessante è quella di Internet: la rete permette non solo


Simone Bianchi

Un mercato in riflessione La presidente di Fimaa Milano, Lionella Maggi, spiega i cambiamenti del mercato immobiliare milanese

«La casa è una componente essenziale della famiglia, un elemento cardine per la stabilità della famiglia e delle imprese. Ed è ancora oggi la miglior forma d’investimento». Serve solo un’iniezione di fiducia, e il mercato tornerà dinamico, secondo Lionella Maggi, presidente Fimaa Milano.

E il futuro? Quando il mercato tornerà dinamico?

Riferendosi al mercato immobiliare ha parlato non di flessione ma di ri-flessione, perché?

Un mediatore immobiliare su cinque, nel capoluogo milanese, vede emergere tra i suoi clienti la richiesta di una casa ecologica, anche con l’introduzione di esperti ambientali o bio-architetti nelle trattative e nei lavori. La qualità dunque sarà sempre di più il fattore decisivo per l’acquisto della casa?

«Riflessione perché i clienti-investitori “riflettono”, è ormai finito l’acquisto immobiliare a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, i clienti sono informati ed esigenti, hanno molta scelta e quindi impiegano più tempo per decidere». A Milano in particolare cosa sta accadendo?

«Gli acquirenti sono frastornati da tutte le informazioni che ricevono, il problema dell’acceso al credito è molto sentito, specialmente per le giovani coppie e per gli extracomunitari. I tempi delle vendite si sono allungati parecchio».

di veicolare una straordinaria quantità di informazioni, ma anche di intercettare utenti motivati a riceverle, che è il massimo dell’efficienza comunicativa. AdvMilano per esempio usa alcuni nuovi strumenti disponibili sui social network, tra cui Facebook Ads, che permettono di comunicare solo a utenti con un preciso profilo socio-economico e localizzati in prossimità dell’offerta immobiliare. In questo modo la comunicazione è più mirata, più economica (perché il suo costo è proporzionale al numero di clic sull’annuncio), e più efficacemente misurabile, per esempio per numero di utenti, pagine visitate, tempo di navigazione. Tuttavia Internet non è l’unico canale di co-

municazione, ma solo una componente - per quanto importante - di un più ampio mix di media, da “dosare” in relazione alle caratteristiche del progetto immobiliare. I tradizionali strumenti di advertising e comunicazione possono servire a intercettare un bacino iniziale più ampio, di cui la parte più interessata migrerà verso internet per ottenere maggiori informazioni». AdvMilano con quali azioni fa da “ponte” tra il linguaggio delle società immobiliari e i target cui si rivolgono? «L’unica azione che conta è parlare il linguaggio delle persone a cui si intende comunicare. I nostri autori sono copywriter esperti con ottimo

«Il mercato esiste, anche se a regime ridotto. Speriamo in una ripresa generale dell’economia, potremmo avere un mercato più dinamico quando avremo stabilità e certezza degli scenari politico-fiscali».

«La qualità è sempre premiante, specialmente nel mercato odierno in cui ci sono molte possibilità di scelta». Qual è la tipologia abitativa che riscuote maggiore interesse in questo momento?

«Al momento la maggior richiesta è per il piccolo trilocale al piano intermedio con balcone che va dai 70 ai 90 metri quadrati con cucina a vista, 2 camere e 1 o 2 bagni».

livello di cultura generale, per cui comprendono senza difficoltà il linguaggio tecnico immobiliare. Al momento di scrivere operano una distinzione: se l’offerta è aziendale impiegheranno con proprietà lo stesso linguaggio tecnico, magari con qualche miglioria estetica e stilistica; in caso di offerta residenziale, quindi per un pubblico profano ed eterogeneo, impiegheranno un linguaggio altrettanto preciso ma più semplice, evitando quei tecnicismi che anche loro, da “non addetti ai lavori”, riconoscono come incomprensibili e che renderebbero inefficace una comunicazione che deve invece essere il più possibile piacevole e accattivante».

In apertura, Simone Bianchi, amministratore unico AdvMilano

LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 279


EDILIZIA

egli anni immediatamente successivi al boom economico, con l’aumentare del benessere, il taglio dell’abitazione ha conosciuto forti innovazioni e gli spazi della casa sono aumentati. Il trend degli ultimi anni ha poi visto crescere la necessità di uno spazio esterno a quello domestico, ma altrettanto fondamentale al benessere quotidiano. «Gli stessi spazi un tempo adibiti al lavoro e quindi al sostentamento della famiglia che li abitava, come ad esempio il portico, possono oggi essere riletti secondo una diversa ottica di funzionalità, ed essere ripensati per il tempo libero o per stimolare una circostanza conviviale». Lo sa bene Alessandro Ballabio che, alla guida dell’omonimo studio di architettura, da oltre quarantacinque anni concentra il proprio impegno professionale alla progettazione civile e industriale ma anche alla ristrutturazione edilizia di vecchi nuclei e alla riqualificazione ambientale. Grazie alla microarchitettura si possono studiare tutti quegli spazi che per natura, necessità e logica sono lontani dalla città, dove si vive una dimensione diversa, a contatto con la natura e con la gente. «Costruire una casa partendo dall’ambiente circostante, sia esso un giardino, un bosco o un semplice campo, diventa così la vocazione di chi

N

280 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Ripensare gli ambienti fuori città Uno spazio risponde sempre a ragioni di carattere culturale ed economico. Progettare a partire da un’attenta rivalutazione del territorio e della sua identità culturale è la mission di Alessandro Ballabio Matteo Fiorino

fa architettura per l’uomo e per l’ambiente che lo circonda». A quale ambito della professione architettonica appartengono i recenti lavori dello studio? «Innanzitutto al ripristino estetico e funzionale di manufatti architettonici preesistenti. Abbiamo recuperato nella sua interezza un palazzo abbandonato del Settecento, dalle colonne agli archi. Recentemente ci siamo occupati della ristrutturazione di una villa che

negli anni 30 era appartenuta allo scrittore Carlo Emilio Gadda, costruita dal padre nel 1900. Lo stabile, che era costituito da ben venti locali, è stato suddiviso in appartamenti, facendo molta attenzione a non snaturarne il carattere originario: il taglio dei locali e dei solai sono stati fatti salvando più elementi possibili. Prediligiamo la salvaguardia della tradizione, dei valori e degli insegnamenti del passato, perché la storia si ripete sempre».

L’architetto Alessandro Ballabio esercita presso l’omonimo studio di architettura con sede a Longone al Segrino (CO) ballabio7@ballabioalessandro.191.it


Alessandro Ballabio

Quindi anche l’architettura, se pure all’avanguardia, è attenta al recupero della tradizione. «È giusto progredire, esplorare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, dai nuovi software alla scelta dei nuovi materiali, ma il vero valore aggiunto viene dall’esperienza di chi ci precede. Questa esperienza, tramandataci dalle antiche maestranze, ci ha insegnato che lo spazio domestico va considerato nel pieno rispetto sia degli ambienti privati che di quelli conviviali. Inoltre, la possibilità di approfondire rapporti sociali e di esprimere la propria identità culturale, avviene anche alla luce di una disponibilità di arredo. Studiamo infatti gli spazi di arredo perché definiscono la fruibilità dello spazio interno». Progettazione come studio attento agli spazi da abitare. Quali sono le linee guida nella progettazione di una casa lontana dai grandi centri? «Alla base di tutti le nostre realizzazioni c’è un concetto che va oltre la pura architettura, ed è l’intervento sul territorio: i fattori da prendere in considerazione non sono solamente progettuali, ma anche umani e culturali. Noi siamo operativi soprattutto nella Brianza, una realtà territoriale dove le persone vivono così vicine che la dimensione familiare si amplia tra una casa e l’altra, tra un paese e l’altro: questa prossimità comporta un vivere con-

giunto al tessuto sociale, uno scambio continuo tra le persone. Pur nella diversità economica l’aspetto culturale e sensitivo rimane lo stesso». Ci sono accorgimenti architettonici che oltre a fare struttura diventano parte integrante della ristrutturazione? «Bisogna avere una preparazione anche sui materiali e sui prodotti utilizzati all’epoca di costruzione dello stabile da ristrutturare, per cercare di rinnovare le linee facendo sempre attenzione a evitare eventuali

tensioni estetiche tra un design moderno e una casa che magari ha più di cento anni: bisogna giocare professionalmente e culturalmente con equilibri di materiali e di forme, per rispondere ad una serie di esigenze tra loro strettamente connesse. D’altra parte, il progetto è sempre la realizzazione del sogno di un committente. E il professionista deve far tesoro di tutta la sua esperienza, cercando anche di aggiornare la mentalità del committente senza mai stravolgerla». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 281


EDILIZIA AGRICOLA

Costruzioni innovative per l’agricoltura econdo un’indagine recentemente condotta dal Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio – Cresme, gli investimenti complessivi nel settore dell’edilizia hanno conosciuto, nel 2011, una flessione del 3,5 % rispetto all’anno precedente, confermando una tendenza che, purtroppo, si protrae ormai da diverso tempo. Il mondo delle costruzioni è stato infatti uno dei comparti maggiormente colpiti dalla crisi economica, che ha portato alla chiusura di moltissime aziende su tutto il territorio nazionale, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Piccoli segnali di speranza provengono però dalla crescente diffusione delle fonti energetiche alternative, che hanno fatto da traino a numerose attività legate a questo settore. Un esempio in questo senso è fornito dalla Corradi & Ghisolfi Srl, azienda di Corte De’ Frati, in provincia di Cremona, che da più di quarant’anni opera nel campo dell’edilizia agricola e industriale, attraverso la costruzione di strutture in cemento armato destinate, tra

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Dalle energie rinnovabili un nuovo impulso per la ripresa del settore edile. Ettore e Paolo Corradi illustrano le nuove tendenze nel campo dell’edilizia agricola, dove le loro costruzioni in cemento armato sono sempre più richieste Guido Puopolo

le altre cose, a vasche per liquami, depositi di foraggio, capannoni e serbatoi per biogas. «L’attenzione posta dal mondo agricolo alla diffusione delle bioenergie, ha senza dubbio influenzato le nostre scelte imprenditoriali», sottolinea Paolo Corradi, attualmente alla guida della società insieme al padre Ettore. In effetti, lo sviluppo delle fonti rinnovabili ha portato a una crescente richiesta, da parte degli agricoltori, di impianti per la produzione di biogas. Quali soluzioni sono state adottate dalla vostra azienda per “intercettare” queste nuove esigenze? PAOLO CORRADI: «La diffusione delle fonti energetiche alternative, supportata e favorita da una politica di incentivi tra le più efficaci a livello europeo, ci ha portato a specializzarci nella costru-

zione di opere destinate proprio agli impianti per la produzione di biogas. Nello specifico realizziamo strutture e vasche in cemento armato. Siamo dotati di competenze e di un’organizzazione tale che ci permette di soddisfare tutte le prescrizioni tecniche riguardanti gli isolamenti, le predisposizioni delle parti tecnologiche, le protezioni del calcestruzzo, i rivestimenti in lamiera esterni e le

Paolo ed Ettore Corradi, titolari della Corradi & Ghisolfi Srl di Corte De’ Frati (CR) www.corradighisolfi.it


Ettore e Paolo Corradi

coperture, siano esse in calcestruzzo o altri materiali. I nostri contenitori sono progettati e realizzati per adattarsi a qualunque tipologia di impianto che preveda strutture in cemento armato costruite in opera. Punto di forza della Corradi & Ghisolfi è la capacità di offrire l’opera edile nella sua interezza. Ai nostri committenti offriamo la possibilità di avere un unico interlocutore, e questo rappresenta un vero valore aggiunto alla nostra attività». Oltre a strutture per impianti biogas l’azienda è specializzata nella costruzione di vasche per il raccoglimento dei liquami. Quali sono le origini di questa vostra attività? ETTORE CORRADI: «Fin dall’inizio abbiamo sempre posto particolare attenzione al settore rurale agricolo e zootecnico. A partire dalla se-

Costruiamo strutture e vasche in cemento armato, di qualsiasi forma e dimensione, destinate agli impianti per la produzione di biogas

conda metà degli anni Novanta, in seguito all’entrata in vigore delle nuove normative per il trattamento, la maturazione e l’utilizzo dei reflui zootecnici, la Corradi & Ghisolfi ha deciso di investire importanti risorse per lo sviluppo di nuove tecnologie che permettessero la costruzione di bacini di contenimento per lo stoccaggio di liquami zootecnici e idrici, ma anche la loro depurazione». Quale vantaggio possono trarre gli allevatori dall’installazione di questa tipologia di vasche? E.C.: «Le vasche che noi proponiamo rappresentano la soluzione ideale per soddisfare

anche le più specifiche esigenze. Le molteplici possibilità di progettazione e realizzazione sono quanto di più versatile possa essere offerto all’allevatore per uno sfruttamento più razionale degli spazi a disposizione. È importante sottolineare anche il fatto che la qualità dei materiali utilizzati garantisce un’elevata durata del prodotto nel tempo, cosa certamente non trascurabile soprattutto in un momento come quello attuale. Allo scopo di ridurre l’impatto ambientale di queste costruzioni abbiamo progettato diverse soluzioni, che consentono di interrare le vasche LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 283


EDILIZIA AGRICOLA

Oggi la nostra attività non si limita più solamente alla parte edile, ma si dipana anche nei rami della meccanica e della manutenzione degli impianti realizzati

completamente o anche solo nostro padre alla guida della parzialmente, a seconda delle necessità del committente. Il calcestruzzo gettato in posa assicura la massima tenuta idraulica della struttura, ulteriormente rafforzata da apposite guarnizioni poste nei punti di ripresa dei getti».

In queste pagine, impianti realizzati dall’azienda e alcune fasi di lavorazione all’interno dello stabilimento aziendale

La vostra azienda, pur essendo una realtà ormai consolidata sul mercato, è gestita ancora in maniera familiare. Crede che questa impostazione rappresenti ancora un vantaggio nella vostra attività? P.C.: «È vero. Oggi io e mia sorella Chiara affianchiamo

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società, che consideriamo come una grande famiglia. Il nostro team è infatti formato da personale altamente qualificato, ingegneri progettisti, geometri e assistenti di cantiere, che condividono con noi la passione e la dedizione per il nostro lavoro. Questo spirito di collaborazione e di partecipazione totale al raggiungimento degli obiettivi costituisce sicuramente una grande ricchezza per l’azienda. Lavoriamo tutti per assicurare sempre la massima soddisfazione di chi richiede le nostre prestazioni, perché, in fin dei conti, è questa per noi la soddisfazione più grande». Nel corso degli ultimi anni la Corradi & Ghisolfi ha avviato una strategia di diversificazione dell’attività che sta producendo ottimi risultati. A questo proposito, in quali altri ambiti siete attualmente presenti? P.C.: «Grazie all’esperienza acquisita sul campo, abbiamo allargato il nostro raggio d’azione. Oggi infatti la nostra attività non si limita più solamente alla parte edile, ma si dipana anche nei rami della

meccanica e della manutenzione degli impianti realizzati. L’azienda, infatti, si è evoluta autonomamente al proprio interno, progettandosi e costruendosi le attrezzature necessarie alla produzione finale, e sviluppando altresì sempre nuove soluzioni costruttive atte a portare migliorie al proprio prodotto. Inoltre non ci precludiamo la possibilità di seguire i nostri committenti anche nella manutenzione degli impianti per la produzione di biogas, in quanto come produttrice stessa dei manufatti, e grazie alle competenze maturate negli anni, ci poniamo sicuramente come l’interlocutore più credibile a tale scopo. Progettazione e costruzione delle no-


Ettore e Paolo Corradi

stre opere interessano inoltre anche settori, quali la depurazione e trattamento reflui civili e industriali, rifiuti e compostaggio». A livello geografico dove opera prevalentemente l’azienda? E.C.: «Naturalmente abbiamo una presenza molto radicata nel Nord Italia e soprattutto nella Pianura Padana dove agricoltura, zootecnia, agroindustria sono maggiormente sviluppati. Al di là di questo, però, siamo infatti dotati di un’organizzazione tale che ci permette di operare in maniera precisa e puntuale a livello nazionale. Tuttavia è sempre nell’ottica dell’azienda cercare nuovi sbocchi commerciali, sia da un punto di vista produttivo

che geografico. A questo proposito, è possibile trarre un bilancio dall’ultimo biennio e delineare gli obiettivi e i progetti che l’azienda intenderà implementare in futuro? E.C.: «La crisi economica, che pure è sotto gli occhi di tutti, non ha avuto alcun tipo di influenza negativa sulla nostra società. Basti pensare che proprio a partire dal 2008, anno in cui i mercati finanziari hanno iniziato a dare i primi segnali di cedimento, il nostro fatturato ha avuto un enorme incremento, tanto che per la fine del 2011 dovrebbe raggiungere valori addirittura cinque volte superiori rispetto a quelli di quattro anni fa. Tutto questo è stato possibile grazie a una

struttura societaria solida e all’attuazione di scelte oculate, che ci hanno portato, ad esempio, a reinvestire gran parte degli utili aziendali nello sviluppo tecnologico e nell’aggiornamento dei nostri macchinari. È partendo da questi presupposti che siamo riusciti a guadagnarci la fiducia del mercato, ed è quindi lavorando con la passione e la competenza che ci contraddistinguono che intendiamo continuare a crescere per consolidare e, se possibile rafforzare ulteriormente, la nostra posizione nel settore dell’edilizia agricola». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 285


IMPIANTI SPORTIVI

Soluzioni innovative per gli impianti sportivi I palazzetti dello sport si trasformano in piccoli gioielli tecnologici, all’interno dei quali tutela ambientale e risparmio energetico diventano valori imprescindibili. Le ultime novità del settore illustrate da Gianpietro Gustinelli Guido Puopolo

are forma a un nuovo concetto di struttura sportiva, capace di rispondere a specifiche esigenze di carattere tecnico, energetico, ambientale ed economico. È partendo da questi presupposti che Arcadia Costruzioni Sportive, azienda di Martinengo (BG) specializzata nella costruzione di impianti sportivi di qualsiasi tipologia, ha sviluppato e brevettato Cover Energy, un’innovativa copertura capace di rispondere in maniera adeguata alle sempre più crescenti richieste di tutela ambientale e

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Gianpietro Gustinelli e Massimiliano Bullegas, fondatori e titolari di Arcadia Costruzioni Sportive Srl, azienda di Martinengo (BG) www.arcadiasport.com

286 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

razionalizzazione dei costi, provenienti tanto dalle amministrazioni comunali quanto dai gestori privati: «Cover Energy è una soluzione ibrida, che si pone a metà strada tra una struttura leggera e un palazzetto dello sport in cemento armato», specifica il titolare di Arcadia, Gianpietro Gustinelli, che gestisce l’azienda insieme al socio Massimiliano Bullegas. Qual è stato il percorso che ha portato alla realizzazione di Cover Energy? «Gli impianti sportivi italiani sono storicamente caratterizzati da notevoli sprechi di energia, che hanno come diretta conseguenza un aumento delle spese a carico del gestore della struttura. Arcadia ha deciso quindi di intervenire, cercando di individuare le cause di questi sprechi e di studiare le possibili soluzioni. Cover Energy è dunque il risultato di una seria politica di ricerca e innovazione che l’azienda ha condotto in questi ultimi anni, per nulla condizionata dalla situazione di grande difficoltà generale che

ormai da diverso tempo affligge il sistema imprenditoriale italiano. Siamo anzi convinti che proprio in momenti come questi bisognerebbe incentivare questo tipo di attività, perché è solo attraverso l’innovazione tecnologica e la ricerca di soluzioni sempre più performanti che un’azienda può riuscire a crescere e affermarsi sul mercato». Quali sono le caratteristiche peculiari che contraddistinguono Cover Energy? «La copertura Cover Energy si compone di un nuovo tipo di involucro completamente coibentato, da applicare alla struttura portante in legno lamellare, in un connubio perfetto tra impermeabilizzazione, isolamento termico e produttività energetica. Potendo usufruire dei pannelli solari installati su Cover Evergy, infatti, è possibile ridurre in maniera drastica i costi energetici dell’impianto, con l’ulteriore valore aggiunto rappresentato dall’assenza di emissioni dannose. La struttura, inoltre, è in grado di integrarsi


Cover Energy si compone di un nuovo tipo di involucro completamente coibentato, in un connubio perfetto tra impermeabilizzazione, isolamento termico e produttività energetica

perfettamente con il paesaggio circostante, grazie all’utilizzo di materiali come il legno e il vetro-alluminio, e a un’attenta scelta dei colori». Come ha reagito il mercato all’introduzione di questa novità? «Direi in maniera molto positiva. Grazie a Cover Energy, infatti, nell’ultimo biennio l’azienda è stata protagonista di una crescita considerevole, che testimonia la bontà del lavoro portato avanti dal nostro gruppo. Questo sostiene la nostra convinzione che la “ricerca e sviluppo” sia fondamentale, così come deve essere fondamentale la qualità dell’organizzazione. In questi ultimi anni si è sempre più evidenziata la scelta di diverse aziende di delocalizzare per ridurre i costi a discapito della qualità del prodotto. Arcadia, invece, in totale controtendenza, ha deciso di

puntare con decisione sull’internalizzazione del proprio processo produttivo investendo quindi sulla crescita professionale dei propri dipendenti e sulla volontà di creare un gruppo di lavoro coeso ed in linea con il nostro codice etico. Questa scelta ha permesso all’azienda di continuare a garantire gli elevati standard qualitativi delle strutture realizzate, con la piena soddisfazione dei nostri committenti». Quali sono, dunque, i tratti distintivi che caratterizzano l’azione di Arcadia? «Credo che la definizione più giusta per descrivere il nostro lavoro sia quella di “costruttori di impianti sportivi”, un’attività che svolgiamo con grande passione e senso di responsabilità. Garantiamo prodotti omologati e certificati per qualsiasi disciplina: campi da calcio, tennis, bocce, basket, volley, piste

di atletica e aree polifunzionali. Siamo dotati di un’organizzazione che ci permette di seguire la realizzazione dell’opera in ogni sua fase, dal rilievo alla progettazione, fino ad arrivare alla costruzione vera e propria, supportando i nostri clienti nella scelta della migliore soluzione sulla base delle loro specifiche esigenze». Avete nuovi progetti in cantiere per il prossimo futuro? «Diverse sono le sfide che ci attenderanno nei prossimi mesi. Sicuramente però continueremo a investire nella ricerca e nel miglioramento tecnologico nel rispetto dei protocolli che le nostre certificazioni ambientali, di qualità e di sicurezza ci impongono. In quest’ottica stiamo ultimando la progettazione di quattro nuovi prodotti che intendiamo presentare entro la fine del prossimo anno». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 287


MATERIALI

È in crescita la domanda di legname Da materiale di nicchia il legno si sta trasformando in una materia prima sempre più cercata, apprezzata e utile, e per gli anni a venire sono previste ulteriori crescite nella domanda di legname. La parola a Ferdinando Imberti Emanuela Caruso

econdo gli analisti di tutto il mondo, stanno aumentando considerevolmente gli investitori nel legno, una materia prima da sempre trascurata e poco considerata, che nel biennio 2010-2011 ha invece mostrato ottime possibilità di guadagno e, di conseguenza, ottime opportunità di investimento. Sempre a detta degli esperti, la domanda di legno dovrebbe continuare a registrare un forte incremento anche nel corso dei prossimi anni, in particolare grazie alla crescita economica di alcuni paesi emergenti e alla popolarità conquistata dalle biomasse, si stima infatti che a partire dall’anno prossimo fino al 2020 serviranno quasi 420 milioni di metri cubi di legname per soddisfare il fabbisogno di biomassa della sola Europa. Non stupisce, perciò, sapere che il settore del legname assisterà a un graduale aumento di importanza e di rilievo sul mercato, e che gli innumere-

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288 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

voli ambiti di impiego di questo materiale trarranno sicuro profitto da tale situazione. Tra le tante aziende che si troveranno ad aumentare il proprio ritmo di lavoro e a espandere la propria attività grazie alla nuova ondata di investimenti nel legno, si colloca anche la Imberti Legnami, sita a Fiorano Al Serio, in provincia di Bergamo. «Ormai da quattro generazioni – spiega Ferdinando Imberti, che gestisce l’impresa insieme ai fratelli Giovanni e Franca e al figlio Mattia – la nostra azienda è

depositaria di una radicata cultura del legno e contribuisce al mantenimento di un equilibrio ecocompatibile raccogliendo il legname soltanto nei luoghi adibiti a tale scopo. Da sempre, scegliamo i legni migliori nella fibra e nella struttura, quelli in grado di evidenziare la compattezza, la resistenza, la versatilità, la flessibilità e la leggerezza di questo materiale». Dalla fondazione della Imberti Legnami a oggi, quali evoluzioni ha subito la vostra attività? «I nostri avi hanno fondato

Ferdinando Imberti della Imberti Legnami Srl di Fiorano al Serio (BG). Nelle altre immagini, ambienti di lavoro www.imbertilegnami.it


Ferdinando Imberti

l’azienda verso la fine dell’Ottocento e hanno cominciato a operare in loco nella prima lavorazione del legno, ovvero nell’abbattimento e nella segagione delle piante dei boschi di proprietà della famiglia. L’evoluzione decisiva si è avuta con il passaggio dallo sfruttamento forestale e boschivo delle zone limitrofe all’approvvigionamento di qualsiasi tipo di legname da ogni parte del mondo, in modo da soddisfare tutte le richieste e le necessità dei clienti. Questo step ci ha anche permesso di dedicarci alla realizzazione di veri e propri prodotti finiti». Quali sono i vostri settori e mercati di riferimento e a quali vi siete affacciati più di recente? «Sfruttiamo la versatilità e la resistenza del legno per soddisfare le specifiche esigenze di ogni settore merceologico e produttivo, da quello dell’in-

Potendo contare su una vastissima fornitura di legname, siamo in grado di servire con efficienza e qualità tutti i settori produttivi e i vari mercati nazionali ed esteri

dustria dell’imballo, a cui forniamo materiali e imballi finiti, a quello della falegnameria, a cui distribuiamo materiali provenienti dalle varie zone di raccolta sparse nel mondo, fino ad arrivare all’edilizia, il nostro fiore all’occhiello, il settore per cui realizziamo strutture, case e coperture fonoassorbenti e termiche in legno. Molto importanti sono anche la sezione dei pavimenti per interni ed esterni, la famiglia dei supporti di sostegno e recinzione destinati a giardini e terreni agricoli, e il reparto per l’impregnazione a pressione in autoclave. Per quanto riguarda i mercati, operiamo su tutto il territorio nazionale, cercando

di espanderci anche al di fuori dei confini italiani. Attualmente, i nostri mercati esteri sono quelli della Francia, della Svizzera e degli Emirati Arabi, di recente acquisizione». Quali sono i legnami più richiesti e perché? «Nell’ambito edile il legno più utilizzato è l’abete. Questa scelta è dovuta alla facile reperibilità, alla semplice lavorazione, alla grande forza prestazionale e all’ottimo rapporto qualità-prezzo che caratterizzano tale materiale. Nel campo dell’arredamento urbano e per esterni, invece, la domanda si rivolge in particolar modo verso il pino, un legname che si presta in maniera ottimale all’impregna- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 289


MATERIALI

Il Brise-Soleil della Imberti Legnami è un rivestimento studiato appositamente per ottenere il raffreddamento attivo della cantine interrate e non

zione a pressione in autoclave. Infine, per la falegnameria la scelta del legno varia a seconda delle specifiche esigenze dei clienti e può cadere su essenze tanto europee quanto esotiche o americane». Quali sono le fasi salienti del ciclo lavorativo e produttivo della Imberti Legnami? «Tutta la nostra produzione ha inizio nel momento in cui pervengono in azienda i vari legnami, ovvero i tronchi grezzi che abbiamo ordinato. Attraverso svariati processi di lavorazione e trasformazione, poi, i pezzi grezzi diventano semilavorati o prodotti finiti. Teniamo sotto controllo tutte le fasi di produzione attraverso l’utilizzo di macchinari tecnologici di ultima generazione. Il controllo costante e le tante certificazioni otte290 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

nute, come ad esempio la marcatura CE, testimoniano la qualità dei nostri prodotti. I veri e propri fulcri del ciclo realizzativo della Imberti Legnami sono il team di progettazione composto da sei tra architetti, ingegneri e geometri, e la segheria, dove tecnici ed esperti sovrintendono a ogni operazione di taglio, sia esso standard o personalizzato». Quali sono le tendenze più attuali del vostro settore di riferimento e quali novità avete di recente presentato al mercato? «Il trend odierno vede un più marcato impiego di materiali isolanti naturali e non, che all’interno di strutture o coperture permettono di realizzare prodotti o edifici sempre più green, e quindi ecosostenibili e attenti al risparmio energe-

tico. In questo senso, i clienti stanno cominciando a capire e ad apprezzare le qualità e l’utilità del legno. Invece, in termini di novità presentate al mercato, la Imberti Legnami può vantare la produzione del sistema Brise-Soleil, il cosiddetto Frangi Sole. Questo sistema è stato creato per ottenere il raffreddamento attivo delle tante cantine sterrate dislocate sul territorio italiano. La peculiarità strutturale del rivestimento Frangi Sole garantisce un’adeguata ombreggiatura di qualsiasi locale e dunque un’eccellente aerazione della muratura. Si sta dimostrando una soluzione davvero efficiente per mantenere intatto il piacere antico della cantina anche in situazioni dove non è possibile ricavarne una sottosuolo».



MATERIALI

L’evoluzione del colore per l’edilizia La ricerca di soluzioni sempre più ecosostenibili nel settore delle idropitture, dei rivestimenti murali e dei prodotti antiaderenti per le pentole. A parlarne sono Aldo e Andrea Bernini Valerio Germanico

a ricerca di soluzioni per la verniciatura che si integrino sempre più con l’ambiente è uno degli obiettivi primari dei settori ricerca e sviluppo delle imprese che producono idropitture e smalti. Il colore è un elemento importante per migliorare l’aspetto estetico e quindi la vivibilità di un ambiente; questa forma di arredo cromatico, però, rischia di rendere invivibile l’ambiente – sia privato che produttivo – se non è realizzata con prodotti in linea coi principi della sostenibilità am-

L La Saber Srl ha sede a Viadana (MN) www.sabercolor.com

292 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

bientale. «La nostra azienda – spiega Andrea Bernini, uno dei titolari di Saber Srl, azienda leader del settore con sede a Viadana, in provincia di Mantova – sta attualmente sperimentando nuovi materiali vernicianti, ecologici e conformi alle normative specifiche nell’ambito della bioedilizia. Inoltre, grazie alla ricerca continua di nuovi materiali, soluzioni innovative e alla collaborazione con le più importanti aziende del settore, stiamo arricchendo ulteriormente la gamma dei nostri articoli ecosostenibili,

ai quali abbiamo aggiunto una nuova tipologia di prodotti vernicianti utilizzabili nel settore delle pentole antiaderenti, cookware». Come spiega inoltre l’altro socio, Aldo Bernini: «Fra le novità che abbiamo presentato nel 2011, ci sono i prodotti per la protezione e la decorazione nel settore edilizio, i cosiddetti “decorativi”, che vengono proposti in una gamma sempre più ampia di soluzioni e finiture; abbiamo inoltre incrementato la fornitura di materiali per l’applicazione del sistema a cappotto per l’edilizia privata e industriale». L’isolamento a cappotto è un sistema per la coibentazione termica e acustica delle pareti di un edificio. «Si tratta di pannelli isolanti – spiega Andrea Bernini – posizionati con appositi sistemi di fissaggio; questi successivamente vengono ricorperti con rivestimenti murali a spessore con effetto intonaco». Tutto ciò senza trascurare l’impatto ecologico della


Aldo e Andrea Bernini

LA CRESCITA DELL’IMPRESA E L’ESPANSIONE DEI MERCATI L a Saber nasce a Viadana nel 1974 come azienda a conduzione familiare, inizialmente attiva esclusivamente nella produzione e commercializzazione di materiali vernicianti per il settore edilizia. Successivamente si rivolge anche al settore industriale, proponendo una gamma di articoli che spazia dall’antiruggine e gli smalti sintetici, fino ai più tecnologici prodotti bicomponenti a base epossidica e poliuretanica. La società,

produzione. «Infatti – prosegue Aldo Bernini –, la nostra azienda si è dotata di un depuratore autonomo fin dagli

grazie a questa evoluzione produttiva e agli investimenti in ricerca e sviluppo, è cresciuta e oggi occupa uno stabilimento di 9mila metri quadrati e conta 27 collaboratori. Oggi Saber è specializzata in prodotti vernicianti destinati, oltre che all’edilizia e all’industria, anche al settore stradale, e alle vernici per articoli da cucina e casalinghi, come rivestimenti e antiaderenti per pentole.

inizi dell’attività e tutte le nostre lavorazioni sono costantemente monitorate da servizi esterni specializzati. È, inoltre, in fase di definizione l’acquisizione di un nuovissimo tintometro industriale – quasi interamente robotizzato – che contribuirà a ottimizzare la produzione dal punto di vista qualitativo, della continuità e ad aumentare l’efficienza nel rapporto fra tempo e quantità di prodotto realizzato». Grazie a queste innovazioni, nell’ultimo biennio, nono-

stante la situazione di crisi internazionale dei mercati e del settore, Saber ha registrato una progressiva crescita del fatturato. «Questo trend sembra sia stato confermato dall’andamento del 2011, che prevediamo di chiudere quindi in attivo. Le prospettive per il prossimo anno e gli obiettivi – conclude Andrea Bernini – saranno quelli di acquisire nuove quote di mercato attraverso ulteriori investimenti nella ricerca e nella produzione di materiali sempre più innovativi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 293


MATERIALI

L’ecosostenibilità del cuoio rigenerato ra i materiali classici più pregiati ed eleganti rientra senza ombra di dubbio il cuoio. Già utilizzato nei periodi più antichi della storia dell’uomo per conferire unicità alle abitazioni, ha conquistato l’apprezzamento generale attraverso alcune sue caratteristiche particolari, quali per esempio la forte capacità di isolamento termico e acustico, la morbidezza, la facilità di lavorazione e la varietà di campi in cui può trovare applicazione. Aggiungono appeal a questo versatile materiale gli innumerevoli riflessi e sfumature ottenibili con il cuoio e non replicabili con altre materie e il suo acquisire valore man mano che il tempo trascorre. Nel corso degli anni, però, il cuoio non solo ha raggiunto un successo enorme, ma si è anche evoluto in base alle esigenze del mercato, diventando uno dei primi materiali ecologici della storia. Chi ha fatto del cuoio il centro della propria attività è la Prodotti Alfa in provincia di Pavia. «Da oltre cinquant’anni – spiega Sonia Audisio, uno dei titolari dell’azienda – produciamo cuoio rigenerato e lo trasformiamo

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294 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

Sono stati tra i primi al mondo a realizzare cuoio rigenerato. Sonia Audisio della Prodotti Alfa descrive le caratteristiche e i vantaggi di questo materiale Emanuela Caruso

in svariati prodotti, tutti ecocompatibili, eco-friendly. e atossici». Come è nata l’idea di produrre cuoio rigenerato? «Ad avere questa intuizione vincente è stato il mio nonno paterno, che essendo titolare di una conceria, a un certo punto, si è trovato a dover far fronte alla necessità di smaltire la quantità infinita di scarti di lavorazione che la sua attività produceva. Ha quindi iniziato a riciclare nel pieno rispetto della salvaguardia ambientale “wet blue” e sfridi di pelle bovina e a reimmetterli sul mercato. Siamo stati tra i primi in Italia a cominciare a realizzare cuoio rigenerato e oggi la nostra azienda è in grado di recuperare e reimpiegare circa 3 milioni di chilogrammi di pelle e cuoio scartati». Come siete riusciti a migliorare nel tempo la qualità e la fattura del materiale, ovvero del cuoio rigenerato? «Siamo stati capaci di migliorare in maniera costante e con-

tinua il materiale investendo sulle lavorazioni e sul personale tecnico. Negli ultimi anni, abbiamo riversato energie e fondi economici in particolar modo sul miglioramento degli impianti di produzione e ancora una volta dei dipendenti esperti, fattori che hanno aumentato sempre più la qualità e la fattura del cuoio rigenerato, che ha acquisito maggiore morbidezza, migliore lavorabilità e ottima resistenza. Infine, abbiamo investito molto sul processo di finitura e sugli stampati, così da essere in

Prodotti Alfa ha la sede a Tromello (PV) www.prodottialfa.com


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Il cuoio rigenerato risponde alle esigenze di ecocompatibilità e tutela dell’ambiente, poiché proviene da materiali diversamente destinati ad essere smaltiti

grado di soddisfare qualsiasi cliente e richiesta. Grazie a queste decisioni strategiche siamo riusciti a entrare in nuovi mercati e settori». Quali sono i principali mercati di riferimento della Prodotti Alfa? «Il mercato per noi più importante è quello nazionale, ragion per cui ci impegniamo nel servire con rapidità ed efficienza tutte le regioni, in particolare Veneto, Friuli Venezia Giulia e Toscana. Altrettanto rilevante è, però, anche la nostra presenza a livello internazionale, nonostante sia più difficile ed economicamente dispendiosa. Ad oggi, il nostro interesse è puntato verso i mercati emergenti quali India, Cina e Brasile». Le commissioni riguardo ai vostri prodotti sono molteplici. Quali nello specifico e quali rappresentano per l’azienda la massima fonte di

guadagno? «I settori che maggiormente si avvalgono del nostro cuoio rigenerato sono il campo dell’arredamento, quello del bookbinding, ovvero la legatoria di libri, documenti e manufatti, che vanta una tradizione secolare nell’utilizzo del cuoio, l’ambito dell’oggettistica, e quello della moda, soprattutto nei rami della produzione di scarpe, cinture e borse. Attualmente, il settore di maggior soddisfazione è quello dell’arredamento, mentre va a calare quello delle calzature». Al contrario della tendenza attuale che vede nella delo-

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calizzazione produttiva un fenomeno sempre più diffuso, voi avete preferito mantenere l’attività in Italia. Perché? «Abbiamo più volte valutato la possibilità di spostare la società nei paesi emergenti come India, Cina o Brasile, luoghi dove i costi di produzione sono molto più bassi. Ogni volta, però, abbiamo constatato come a fronte di costi minore il rovescio della medaglia fosse sempre una qualità di molto inferiore. Abbiamo quindi scelto di valorizzare la qualità del prodotto e del “made in Italy”». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 295


INTERNI

Una progettazione che non discrimina Universalità, luminosità e leggerezza, eleganza e accessibilità. I concetti chiave del design per accessori da bagno che non siano più distinti fra quelli per normodotati e quelli per diversamente abili. Una sola forma per le esigenze di tutti. Ne parla Massimo Goglione Valerio Germanico

ella progettazione degli accessori di sicurezza per il bagno e degli ausili per i diversamente abili, in passato, si è sempre puntato alla sostanza. Sono stati lasciati da parte però il design e la piacevolezza delle forme, che non vengono mai trascurati, invece, nella creazione delle

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Goman Srl, Castiglione delle Stiviere (MN) www.goman.it

linee ordinarie. L’orientamento più attuale dei progettisti, in linea con il progresso e l’evoluzione della società, è però oggi quello di lavorare per l’integrazione e progettare elementi per l’igiene personale adatti a tutti, eliminando le distinzioni ghettizzanti inscritte della struttura e nella materia dei manufatti. «L’attenzione

degli addetti del settore è finalmente rivolta anche al bello, tuttavia non a un bello fine a se stesso. Bensì a un’estetica che coniughi design, prestazioni e funzionalità, rendendo irriconoscibili le caratteristiche proprie dei prodotti tecnici in oggetti semplici, ma al tempo stesso eleganti e universali nell’uso come nella localizzazione».


Massimo Goglione

Massimo Goglione, titolare di Goman, descrive così il nuovo corso del design per un bagno elegante. «Un prodotto che si definisca contemporaneo non può non tener presente il graduale invecchiamento della popolazione e le sue relative conseguenze, che possono generare varie difficoltà di utilizzo. L’accessibilità deve quindi essere il requisito fondamentale, mentre l’obiettivo deve essere quello di un ambiente igienico gradevole e aperto a tutti, eliminando così la necessità di realizzare spazi appositi e separati. Questo è il percorso che, secondo noi, deve intraprendere il design». Benché Goman sia un’azienda giovane, grazie alla sua spinta innovativa per la creazione di prodotti universali, è riuscita già a ottenere dei brevetti. «I nostri prodotti si rivolgono all’universalità degli utenti, naturalmente includendo le esigenze dei diversamente abili, degli anziani e dei bambini, ma realizzando un prodotto che abbia lo stesso design dei prodotti per normodotati. L’esempio più rappresentativo è il lavabo universale Flight, che ha ricevuto parecchi premi e riconoscimenti internazionali

L’attenzione degli addetti del settore è finalmente rivolta anche al bello

e che concorrerà anche al premio Compasso d’oro dell’Adi (Associazione Disegno Industriale). Un altro esempio può essere il nostro ultimo brevetto che abbiamo presentato alla fiera Cersaie di Bologna ed entrerà in produzione nel 2012. Si tratta di una specchiera che ingloba meccanismo elettrico e lavabo, il tutto si adatta a qualsiasi altezza grazie a un comando remoto, in modo da offrirsi a un utilizzo universale». La ricerca di Goman riguarda anche i materiali con i quali sono realizzati i manufatti, che sono fondamentali per garantire la qualità eccellente di ogni articolo. «Metalli inossidabili e ceramica sono le principali materie prime che utilizziamo, tutti garantiti per qualità attraverso la

nostra rigorosa selezione, che si basa su una precisa politica aziendale. Utilizziamo quasi esclusivamente materiali made in Italy, quindi la prima selezione è quella dei fornitori». % EXPORT Il lavabo Flight ha ottenuto Destinato tre award per l’innovazione e alla maggior parte il design, oltre a essere stato dei Paesi europei e mediterranei, inserito nell’Adi Design Incon in testa i mercati dex 2011, volume che raccodi Spagna, Grecia e Tunisia glie le eccellenze del design a livello mondiale. «Questo lavabo è il frutto del lavoro del team composto dagli architetti Massimo e Francesco Rodighiero, che hanno tradotto le esigenze e gli stimoli del nostro reparto ricerca e sviluppo, diretto da Rossano Zambelli, in un processo di sintesi che ha portato alla realizzazione di un accessorio dalle forme organiche e sinuose. Le esigenze di ergo-

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LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 297


INTERNI

ERGONOMIA E SICUREZZA isegnato da Massimo e Francesco Rodighiero e realizzato con un’unica lastra sagomata di Corian Dupont traslucido, che esprime leggerezza e trasparenza, questo accessorio rappresenta un raggio di luce in un settore – l’ambiente bagno per disabili – ancora troppo spesso caratterizzato dall’aspetto ortopedico e forzatamente tecnico. Flight, con le sue linee morbide e sinuose, supera, come in volo, le barriere estetiche frutto di una normativa frequentemente male interpretata. Si presenta così come un lavabo per tutti, con un design contemporaneo che risponde alle esigenze del diritto all’uguaglianza, del graduale invecchiamento della popolazione e del risparmio economico. Permettendo al contempo di evitare la creazione di ambienti bagno specifici e separati per i disabili. Flight è pensato per chi soffre di problemi motori, temporanei o permanenti, per utenti normodotati, per bambini. La sottile monoscocca, che regala spazio per le ginocchia, l’inclinazione fissa del piano e il bordo anteriore concavo con poggiagomiti, consentono di evitare i meccanismi pneumatici di regolazione, permettendo l’avvicinamento e l’uso facilitato da parte di chiunque.

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nomia, sicurezza, funziona- aggiunto, non una limitalità e accessibilità sono state quindi le linee guide che ci hanno accompagnato durante l’intero processo di progettazione, dimostrando che seguirle può essere un valore

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zione. Di qui l’eliminazione del tipico, costoso, ingombrante e antiestetico meccanismo pneumatico, introducendo l’idea innovativa di un lavabo dotato di inclinazione fissa, adatto a un appoggio comodo dei gomiti e che consente una libera movimentazione su sedia a rotelle». Come suggeriscono questi risultati, Goman investe consistenti risorse nel proprio reparto di ricerca e sviluppo. Lo spiega bene Massimo Goglione: «Nel corso degli anni abbiamo in-

vestito, direttamente o indirettamente, dal 10 al 15% del nostro fatturato. Inoltre, il nostro reparto ricerca e sviluppo, pur avendo un responsabile e del personale dedicato, è aperto e tiene in considerazione le proposte, le idee e i suggerimenti di tutte le risorse impegnate nella nostra azienda. Questo processo creativo allargato è favorito dal fatto che siamo ancora un’azienda a carattere familiare, di conseguenza i rapporti tra il personale, gli addetti e la direzione è informale e amichevole: cerchiamo di far gruppo e di ascoltarci reciprocamente». Il 30% della produzione di Goman è destinata ai mercati esteri. «I nostri prodotti sono destinati a molti Paesi europei e ad alcuni extraeuropei. Quelli che assorbono maggiormente la nostra produzione sono la Spagna, la Grecia e la Tunisia. La prospettiva dell’azienda è quella di cercare anche nuovi sbocchi commerciali. Soprattutto in momenti di incertezza economica come quello che stiamo attraversando, crediamo che l’internazionalizzazione sia una delle possibili risorse per individuare sempre nuovi partner. Naturalmente, per fare ciò è necessario acquisire visibilità a livello internazionale, questo è possibile innanzitutto con la par-


Massimo Goglione

tecipazione alle fiere e agli eventi in cui si può entrare in contatto con realtà potenzialmente interessate al nostro prodotto. Tuttavia questa promozione riduce di molto i suoi benefici se non accompagnata e sostenuta da un costante investimento nella ricerca e nella proposta di nuovi prodotti. Anche perché oggi non è più possibile si sopravvivere nel mercato globale con linee monoprodotto». In conclusione, Massimo Goglione traccia un bilancio dell’ultimo biennio di attività dell’impresa che guida e sulle prospettive e gli obiettivi futuri. «L’andamento generale, tenendo in considerazione la crisi globale mondiale, è stato per la nostra realtà complessivamente positivo. Abbiamo mantenuto, in entrambi gli anni, i fatturati precedenti e consolidato le quote di mercato e di vendite che era nei nostri obiettivi, anche alla luce di una crescita notevole registrata nel periodo 20082009. Se abbiamo affrontato delle criticità, queste sono state soprattutto generate dalle limitazioni di liquidità dei nostri clienti – che hanno determinato pagamenti dilazionati nel tempo – e dall’ansia causata dal lavorare in un momento generale di incertezza. Quest’ansia purtroppo si sta proiettando anche sulle

Metalli inossidabili e ceramica sono le principali materie prime che utilizziamo, tutti garantiti dalla qualità made in Italy

prospettive per i prossimi anni, dato che le variabili in gioco sono molteplici: l’Europa e l’euro, i tassi e le banche che negano l’accesso al credito. Purtroppo siamo vittime di sistemi molto più grandi noi. Tutto ciò ci coinvolge, pur non avendo responsabilità dirette, dato che il nostro futuro dipende dalla volontà e da fattori arbitrari

spesso lontani dalla nostra esperienza quotidiana. L’impressione è che non bastino più le capacità e le competenze personali. Tuttavia bisogna essere ottimisti, soprattutto nella forza dell’italianità, che con tutte le sue meravigliose e contrastanti originalità possa incrementare il proprio sviluppo e la sua presenza nel mondo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 299




SFVWVWWRW SICUREZZA URBANA

Soluzioni integrate e vigilanza La lotta alla microcriminalità passa attraverso repressione e prevenzione. «Occorrono politiche improntate all’inclusione sociale, al contrasto alla devianza e alla collaborazione con le realtà positive del territorio» sostiene l’assessore Romano La Russa Michela Evangelisti

uardia alta anche laddove i problemi sembrano meno evidenti». È questo il monito di Romano La Russa, assessore regionale alla Protezione civile, polizia locale e sicurezza. Se, infatti, Milano, in base alle ultime rilevazioni dell’Associazione nazionale funzionari di polizia su dati del ministero dell’Interno, si è aggiudicata il record dei reati (35 delitti denunciati ogni 1.000 abitanti), la città è terza dopo Lucca e Pavia per la piaga dei furti in casa - 486 ogni 100mila abitanti contro una media nazionale di 280 - e seconda per borseggi con indice 524, il triplo rispetto alla media, il resto del territorio regionale nel 2010, secondo un’indagine dell’Università Bicocca, ha rivelato una mappatura del rischio a tratti sorprendente: «Anche zone ritenute tra le più sicure, come le valli montane, in realtà non lo sono del tutto, a causa di fenomeni come invec-

«G A sinistra, Romano La Russa, assessore regionale alla Protezione civile, polizia locale e sicurezza

302 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

chiamento della popolazione e spopolamento» spiega l’assessore. «È naturale che una grande città come Milano si aggiudichi, oltre a tanti record positivi, come il volontariato, anche qualche primato negativo – prosegue La Russa –. Ovviamente le periferie sono il luogo che desta maggior allarme, malgrado buona parte dei piccoli reati predatori avvenga nel centro cittadino. In periferia, infatti, si viene a creare l’humus fertile per la diffusione della criminalità». Come si articola la vostra azione istituzionale di contrasto alla microcriminalità? «A noi è affidato il compito di vigilare e di proporre soluzioni integrate sulla base delle evidenze raccolte. Integrate perché comprensive sia di un approccio repressivo sia preventivo, con politiche improntate all’inclusione sociale, al contrasto alla devianza e alla collaborazione con le realtà positive che il territorio esprime». In tempi di ristrettezze destinare uomini e mezzi alla sicurezza può essere vista come una spesa da tagliare. Qual è la situazione in regione? «Come amministrazione regionale non disponiamo di risorse da destinare alle forze dell’ordine, materia di stretta competenza statale. Il nostro compito è agevolare i Comuni, fornendo indicazioni e sostegno economico alle loro Polizie locali. Queste ultime sono oggi il primo baluardo contro l’insicurezza, in particolare quella percepita, e sono state loro assegnate funzioni di grande rilevanza». Il Paese sta attraversando un periodo di forte tensione sociale. Pensa che questo po-


Romano La Russa

41.228 FURTI IN ABITAZIONE La percentuale di aumento rispetto al 2009 è del 17,91%

20.313 FURTI IN ESERCIZI COMMERCIALI La percentuale di aumento rispetto al 2009 è del 7,89%

trebbe mettere in pericolo la sicurezza delle nostre città? «In effetti si segnalano tensioni sociali diffuse in tutto il Paese, che derivano più da un clima allarmistico veicolato anche da certi mass media, che da una reale emergenza di carattere economico e sociale. In questa fase non vorrei fossero trascurati punti critici come l’immigrazione irregolare e la diffusione di comportamenti violenti, specie tra i giovani. A Milano, ad esempio, stiamo assistendo al proliferare di bande giovanili a connotazione etnica, macchiatesi di delitti efferati negli ultimi tempi. Davanti a questi fenomeni dobbiamo ricordare che l’economia è certamente importante, ma non dobbiamo allentare la tensione di fronte a fenomeni sociali di tale rilievo». Di recente alcuni episodi di aggressione

hanno dimostrato che i mezzi pubblici locali rappresentano un punto dolente a livello di sicurezza. Quali strade sono percorribili per evitare che si ripetano? «È fondamentale aumentare il livello dei controlli, sia nella diffusione territoriale sia nella frequenza. I dipendenti e i passeggeri dei mezzi pubblici non possono essere oggetto di episodi di violenza efferati, proprio in un momento in cui con forza se ne vuole incentivare l’uso. Una soluzione percorribile è quella di affiancare i dipendenti con uomini della Polizia locale e delle forze dell’ordine, senza dimenticare le stazioni periferiche, quelle meno frequentate, in particolare nelle ore serali. Auspico, inoltre, la stipula di convenzioni tra i gestori del trasporto pubblico e le forze dell’ordine; in tal modo gli agenti potrebbero viaggiare sui mezzi a prezzi ridotti, in modo da poter esercitare il loro ruolo di tutori dell’ordine con maggior frequenza e più facilmente». Quali strumenti la Regione mette a disposizione degli amministratori locali che si trovano quotidianamente a dover affrontare i problemi del degrado urbano e della tutela dei centri storici? «Il mio assessorato è sempre al fianco degli amministratori locali, supportandoli nella fase di raccolta delle informazioni, offrendo anche consulenza legale e gestionale. In particolare, l’unità operativa Polizia locale mantiene uno stretto e costante raccordo con il territorio, promuovendo momenti di approfondimento e dialogo, dai quali nascono idee, proposte e suggerimenti applicabili in ogni Comune. Le nostre linee di indirizzo per la prevenzione del degrado sono chiare: aumento dei servizi di vigilanza, sinergie tra Comuni diversi, sperimentazione di iniziative innovative, come gli Smart, operazioni congiunte di Polizia locale volte al controllo capillare delle strade e del territorio. Tutto questo avvalendosi delle più moderne e avveniristiche tecnologie». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 303


SICUREZZA URBANA

Microcriminalità, numeri stabili La complessità della realtà metropolitana milanese rende difficile un controllo capillare. Ma la situazione, spiega il prefetto Gian Valerio Lombardi, non è preoccupante Michela Evangelisti

l quadro, che nel biennio 2009/2010 aveva registrato una decrescita della criminalità in generale rispetto al periodo precedente, appare tendenzialmente stabile. Questo, in sintesi, il punto del prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, sulla sicurezza nel capoluogo. «Da un raffronto tra il periodo gennaio-ottobre del 2010 e lo stesso periodo del 2011, si evidenzia un lieve aumento dei reati predatori, in particolare di quelli perpetrati su pubblica via, come i furti con strappo e i

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furti con destrezza - commenta -. Di contro, si è registrata una marcata diminuzione dei reati più gravi, come le rapine in banca, e anche di quelli a danno di esercizi commerciali, che impattano maggiormente sulla percezione della sicurezza». Negli ultimi mesi emerge un dato interessante, perché specchio dell’attuale situazione economica e sociale: sono aumentati i furti di piccola entità presso centri commerciali e supermercati, «spesso correlati – spiega il prefetto – a stati di bisogno». Ci sono zone della città maggiormente a rischio, che presidiate con più attenzione? «Le aree della città su cui si concentra una maggiore vigilanza sono quelle caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone, come la stazione Centrale, via Padova, piazzale Maciachini, via Imbonati o da un persistente degrado urbano, come via Rubattino». Qual è, invece, la situazione sotto il profilo del decoro e del degrado urbano? «In diverse zone della città permangono aree di degrado, connesse a situazioni di abusivismo abitativo, con particolare riferimento agli immobili Aler nel quartiere Stadera, o zone che semplicemente risentono della concentrazione di locali pubblici o comunque di fenomeni di stazionamento di gruppi etnici o di popolazione giovanile, come la zona di piazza Vetra, la zona Ticinese, i Navigli. Tali situazioni sono oggetto di specifici servizi di prevenzione e controllo. È indubbio che la complessità della realtà metropolitana milanese comporti dif-


ficoltà a realizzare un controllo capillare». Quali sono le strategie portate avanti per il contrasto alla microcriminalità? «Le forze di polizia concorrono, nell’ambito delle rispettive competenze, al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica con apprezzabili livelli di efficienza, con una quotidiana attività di prevenzione e repressione delle attività illecite, anche in concorso con la Polizia locale. Ciò è dimostrato dal positivo andamento dei risultati conseguiti e dalle elevate percentuali di casi in cui vengono individuati i responsabili degli illeciti. La prefettura di Milano ha, inoltre, sottoscritto il Patto per Milano sicura e promuove tavoli, come quelli predisposti con Aler e amministrazione comunale, al fine di contrastare il fenomeno delle occupazioni abusive degli immobili». Le forze e le risorse a vostra disposizione sono sufficienti? «Il personale impiegato risulta sufficiente, ma vista la complessità della realtà milanese - che concentra un numero straordinario di obiettivi sensibili, sedi consolari, istituti di credito, università, rappresentanze di alto

Un incremento del personale renderebbe più efficace l’attività di vigilanza

livello di varie realtà istituzionali e un elevato numero di autorità di governo presenti sul territorio - un’ulteriore presenza di personale renderebbe più efficace l’attività di vigilanza e controllo del territorio». Ultimamente sulla cronaca locale si parla molto di sicurezza sui trasporti pubblici, in seguito ad alcuni recenti episodi di aggressioni. Quali misure sarebbe utile adottare? «Le specialità delle singole forze di polizia (stradale, ferroviaria, aeroportuale) assicurano un monitoraggio adeguato degli snodi e dell’intera rete del trasporto urbano. Recentemente d’intesa con il presidente di Atm Milano, Bruno Rota, sono stati rinforzati i presidi delle forze dell’ordine all’interno di alcune stazioni, affiancando in tal modo il personale già ordinariamente impiegato per la vigilanza sulla rete metropolitana milanese». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 305


WDCVWCVW RICERCA SCIENTIFICA

Oncologia, ultimi sviluppi e nuove frontiere di Umberto Veronesi Direttore scientifico dell’Istituto europeo di Oncologia

egli ultimi decenni sono avvenute profonde rivoluzioni che hanno cambiato il peso della biologia e della medicina sui comportamenti individuali e collettivi. La prima rivoluzione è stata quella della diagnostica per immagini, che ci ha condotto a esplorare virtualmente e con estrema precisione ogni millimetro del nostro corpo per visualizzare le lesioni microscopiche che, solo pochi anni fa, neppure immaginavamo esistessero. Intervenire su queste forme iniziali o addirittura precancerose, consentendo interventi sempre più mirati e meno invasivi, equivale a guarire la malattia nella grande maggioranza dei casi. L’ultima frontiera è oggi costituita dall’imaging molecolare o biomolecolare, la tecnologia radiologica che permette di “vedere” l’attività delle singole cellule e addirittura dei loro geni, e dunque di studiare non solo la morfologia ma anche le funzioni (o disfunzioni) di un organo o di un tessuto del nostro corpo e la sua reazione a farmaci o radiazioni. L’imaging molecolare permette, infatti, di valutare la risposta alla terapia, farmacologica o radiante, e quindi di sapere se una cura serve veramente per quel tipo di tumore, evitando trattamenti inutili. La seconda rivoluzione è quella derivata dallo studio del DNA. La conoscenza genomica ci sta permettendo di capire meglio a livello molecolare la malattia che ci sta davanti. Grazie a queste informazioni stiamo ottenendo una conoscenza sempre più approfondita del singolo tumore che in molti casi già oggi ci permette di utilizzare al meglio l’arsenale terapeutico con-

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314 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

tro le sue unicità e specificità nel singolo organismo. Grazie al perfezionamento della conoscenza del profilo genetico individuale è già nata, e si sta sviluppando, la medicina predittiva, che consente di conoscere il rischio individuale di sviluppare una specifica malattia, e di intervenire in modo mirato con la prevenzione e le cure precoci solo sulle persone (non ancora malate) ad alto rischio. La nuova medicina si evolverà sempre più dall’attuale medicina “reattiva” (che aspetta che si verifichi la malattia per intervenire) alla medicina “proattiva”, che interviene attivamente prima che la malattia si sviluppi, sui fattori che la favoriscono o che la causano. La futura frontiera è rappresentata dalla nanomedicina, che si propone di studiare tutte le nostre funzioni con microstrumenti nanomolecolari, da cento a diecimila volte più piccoli di una cellula umana, simili nella grandezza a delle molecole. Quella delle nanotecnologie è una delle aree della ricerca da cui deriveranno i cambiamenti più significativi, perché le nanoparticelle, grazie alle loro minuscole dimensioni, possono interagire direttamente con le proteine, con le molecole di DNA e con i virus. Possono quindi rilevare e diagnosticare mutazioni genetiche pericolose e individuare le cellule tumorali in stadi precocissimi. Inoltre sono allo studio nanodispositivi in grado di trasportare i farmaci anticancro con un alto livello di precisione fino agli specifici recettori interni ad ogni singola cellula maligna, e di permettere di controllarne l’effetto in tempo reale.



OFTALMOLOGIA

La tecnica Supracor per la presbiopia Il 2011 ha dato vita a una delle più importanti novità in campo oculistico: la tanto attesa possibilità di curare in maniera definitiva e indolore la presbiopia. Il dottor Roberto Bellucci descrive i segreti della tecnica Supracor Emanuela Caruso

n campo oculistico, nell’ultimo decennio, sono stati fatti moltissimi tentativi per correggere la presbiopia, ovvero la difficoltà nella visione da vicino delle persone con più di 40-45 anni, con il laser a eccimeri; tentativi che non sono, però, mai entrati nella pratica clinica a causa dei loro risultati variabili e non standardizzati. È nel corso del 2011, a seguito di uno studio condotto soprattutto in Francia da circa quattro anni, che sono stati ottenuti i primi esiti positivi di questo trattamento della presbiopia e che si è potuta registrare l’idoneità di tale intervento per tutti i tipi di occhi su cui è stato applicato. Tra i vari studi oculistici che si servono di questa “cura” per migliorare i difetti visivi dei propri pazienti, anche lo Studio Oculistico Bellucci, sito a Salò, sul Lago di Garda. «Grazie a questa nuova tecnica, messa definitivamente a punto dalla società tedesca Perfect Vision, ap-

I Il dottor Roberto Bellucci, direttore dell’unità di oculistica ospedaliera presso l’azienda ospedaliera universitaria di Verona www.rbellucci.it

316 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011

provata dalla Comunità Europea e chiamata Supracor – spiega il dottor Roberto Bellucci, titolare dello studio e oftalmologo attivo in campo nazionale e internazionale –, si ottiene una forte riduzione dell’uso degli occhiali, che continueranno a essere impiegati solo per leggere frasi o testi molto molto piccoli. Ad oggi, possono essere sottoposti all’intervento pazienti con occhi ipermetropi e pazienti già operati di cataratta». Quali sono state le migliorie apportate che hanno permesso di far funzionare il trattamento? «Ciò che ha consentito alla tecnica di ottimizzare le prestazioni è stata la micronizzazione della correzione del difetto nel profilo della cornea, la prima membrana trasparente dell’occhio. Questo significa che la correzione è diventata più delicata, precisa, piccola e attenta ai particolari rispetto a quella studiata negli anni passati. La possibilità di ottenere tali risultati deriva anche dal miglioramento delle tecniche di puntamento, oggi non più basate solo sul riconoscimento della pupilla, ma sul riconoscimento di tutta l’iride». Nello specifico, in che cosa consiste l’intervento Supracor? «L’intervento è una Lasik, cioè una cheratomileusi laser indolore, attraverso cui si va a sollevare un lembo di cornea, tagliato con il laser o con il microcheratomo, e a lavorarne il letto. La funzione specifica del laser è simile a quella


Roberto Bellucci

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Il miglioramento delle tecniche di puntamento e la riduzione del diametro della zona su cui intervenire hanno reso possibile la cura della presbiopia

di un tornio a energia che modifica la curvatura delle superfici, aumentandola in caso di correzione dell’ipermetropia, diminuendola in caso di miopia. La tecnica Supracor permette di ricavare al centro di tali correzioni una piccolissima zona più curva in grado di correggere anche la presbiopia, senza andare a disturbare la curvatura globale. La vera novità del trattamento sta proprio in questo, ovvero nell’ampiezza della zona di intervento, che fino a qualche anno fa era di 3 millimetri, e quindi troppo grande e di disturbo per la vista da lontano, mentre adesso è di 1,5 millimetri». Quali controindicazioni può presentare il trattamento Supracor? «Ciò che più si avvicina alle controindicazioni di questo intervento è il non poter, per ora, operare su tutti i tipi di occhi. Occhi con difetti visivi troppo accentuati, con ipermetropie elevate, con più di 3 o 4 diottrie e con astigmatismi molto forti non sono ancora adatti al trattamento, in quanto i risultati finora registrati sono incoraggianti ma non definitivi».

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Quali sono le previsioni future riguardo alla tecnica Supracor? «La previsione stimata per il futuro è quella di riuscire a estendere la tecnologia per il trattamento della presbiopia a quasi tutte le tipologie di occhi, e quindi anche ai miopi e agli astigmatici. Se ora possiamo operare solo il 30 per cento dei pazienti presbiti, siamo certi che già dal prossimo anno, o al più tardi dal 2013, potranno essere sottoposti all’intervento tutte le persone afflitte da questo difetto visivo». A quali altre attività chirurgiche rivolge l’attenzione lo Studio Oculistico Bellucci? «L’attività si concentra anche sulla chirurgia e sostituzione della cataratta, cioè dell’opacizzazione della lente naturale dell’occhio. Questo tipo di trattamento può essere effettuato con lenti intraoculari multifocali o con laser a femtosecondi, prima impiegabile solo per operazioni sulla cornea, che permette di centrare meglio le lenti intraoculari impiantate. Da notare che tutti gli interventi sono indolori ed eseguiti con anestesia in collirio». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 317


APPARECCHIATURE MEDICALI

Innovazioni nelle tecnologie per uso medicale Il settore delle tecnologie per uso medicale è uno di quelli che non conosce pause in merito allo sviluppo di innovazioni e nuove apparecchiature. Tendenza questa che continuerà ancora negli anni a venire. Parla l’esperta Tiziana Fantoni Emanuela Caruso

ormai un dato di fatto che l’invecchiamento della popolazione continuerà a rappresentare uno dei cambiamenti strutturali più significativi dei prossimi anni. Alcune ricerche portate avanti dall’Onu hanno infatti stimato che intorno al 2050 il numero di ultrasessantenni toccherà circa i due miliardi. A fronte di un tale progressivo fenomeno di invecchiamento degli essere umani sono stati individuati tre importanti fattori che giocheranno un ruolo di primo piano negli anni a venire: l’inevitabile incremento delle malattie legate alla vecchiaia; la crescita della già ben sviluppata attività dell’industria farmaceutica; e l’espansione del settore delle tecnologie medicali. Quest’ultimo, in par-

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Tiziana Fantoni, presidente di Ats Srl di Torre de’ Roveri (BG) www.atsmed.it

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ticolare, trarrà ulteriori vantaggi anche dall’aumento del benessere e dalla crescita economica dei nuovi paesi emergenti. Nello specifico settore delle tecnologie medicali si colloca la ATS, Applicazioni Tecnologie Speciali, di Torre de’ Roveri, in provincia di Bergamo. «Da trent’anni – commenta Tiziana Fantoni, presidente della società – produciamo e commercializziamo, sia in Italia che all’estero, apparecchiature elettroniche, elettriche e meccaniche per uso medicale. Tra quelle più richieste al momento figurano i sistemi di diagnostica per immagini e le tecnologie radiologiche mobili da utilizzare durante interventi in tempo reale». Dal 1981, anno di inizio della vostra attività, ad oggi, il progresso tecnologico ha rivoluzionato ogni ambito produttivo. In tal senso, quali sono state le principali evoluzioni cui la ATS ha assistito e preso parte nello sviluppo produttivo e applicativo di speciali tecnologie per uso medicale? «Il progresso tecnologico di questi ultimi tre decenni ha presentato al settore e al mercato davvero tante novità e innovazioni. Tra le evoluzioni più importanti possiamo citare l’uso sistematico delle tecnologie digitali sia con microprocessori che con architetture Pc, la trasmissione di immagini con tecnologie wireless, e la trasmissione, l’archiviazione e la consultazione delle immagini diagnostiche attraverso l’impiego di sistemi informatici e di comunicazione chiamati Pacs. Molto rilevante è


Tiziana Fantoni

stata anche l’introduzione di tecnologie di immagine composte da amplificatori di brillanza e da telecamere digitali per diagnostiche a raggi X a bassa dose; e di sistemi di immagine formati da detettori matriciali, i cosiddetti Flat Panel, per diagnostiche completamente digitali filmless». Qual è l’ultima novità progettata e prodotta da ATS e come funziona? «L’ultima innovazione che abbiamo presentato al mercato e ai clienti è un’apparecchiatura mobile per radiografie con sensori Flat Panel digitali e con trasmissione wireless delle immagini. È una tecnologia adatta a essere utilizzata in pronto soccorso, in radio-pediatria, nei reparti di rianimazione e nei casi di radiografie dirette su pazienti al letto di degenza. Questo macchinario prevede la trasmissione delle immagini acquisite alla stazione di refertazione direttamente dal luogo di esecuzione dell’esame. Ciò è possibile sia grazie all’uso della rete informatica ospedaliera sia mediante esportazione su dispositivi di memoria quali chiavi Usb e CdRom». Quali sono i principali interlocutori commerciali della vostra azienda? «Sin dall’inizio abbiamo distribuito i nostri prodotti a società nazionali e internazionali interessate a integrare il proprio catalogo con le apparecchiature Ats e a venderle in tutto il mondo; a società controllate o partecipate estere che svolgono in prevalenza l’attività di vendita e di assistenza tecnica post-vendita nei paesi stranieri; e a vari ospedali e cliniche private dislocati

su tutto il territorio nazionale». Attraverso quali strategie operative è possibile seguire il progresso degli ambiti medicali specialistici cui la produzione Ats è rivolta? «Le idee per nuovi prodotti e per le loro caratteristiche provengono dalla continua ricerca di innovazione e dalla partecipazione a congressi internazionali di radiologia, come ad esempio l’Ecr europeo, il Jfr francese, l’Rsna americano e il Sirm italiano, e a svariate fiere medicali. Interessanti input derivano anche dalle partnership strette con le aziende produttrici di componenti strategici ad altissima tecnologia e con gli ospedali universitari, quali il Civili di Brescia e il Trusseau di Parigi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 319


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