Dossier LIguria 10 2012

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OSSIER LIGURIA L’INTERVENTO .......................................... 7 Paolo Buzzetti Luigi Marino Carlo Sangalli

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 12 Giorgio Squinzi RIFORMA FISCALE ............................ 16 Victor Uckmar PERSONAGGI ....................................... 18 Corrado Passera STRATEGIE .......................................... 22 Innocenzo Cipolletta Cesare Romiti MERCATI ESTERI .............................. 26 Paolo Odone Franco Aprile LIBERALISMO ..................................... 34 Gaetano Quagliariello Giovanni Orsina Vincenzo Olita IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA ............................... 38 Patrizia Catellani Klaus Davi Renato Mannheimer

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ECONOMIA E FINANZA NAUTICA .............................................. 44 Il bilancio del Salone Nautico Paolo d’Amico FOCUS GENOVA ................................ 49 Marco Doria Giovanni Calvini Federico Garaventa GLI ASSET DELLO SVILUPPO ............................ 60 Luigi Nicolais Paolo Angelucci Giacomo Deferrari CREDITO & IMPRESE ......................... 69 Giuseppe Mussari Dante Campioni Pietro Ercole Pellicanò TECNOLOGIE ..................................... 78 Riccardo Langella Alessandro Carbone Ezio Verardo Massimo Ghisolfi Giancarlo Dughera Samuele Carannante BROKERAGGIO ................................. 90 Riccardo Costa

MODELLI D’IMPRESA ....................... 92 Andrea Costabel Fabrizio Mazzoli Giorgio e Tito Bigagli Roberto Mazzoni AGROALIMENTARE ....................... 100 Mario Catania Mario Guidi PRODOTTI ALIMENTARI ............ 106 Ratto G.B. & Fratelli Gian Franco Carli Armando Timossi


Sommario TERRITORIO

GIUSTIZIA

LOGISTICA .......................................... 116 Renzo Muratore Giovanni Benvenuto Fabio Solari

EMERGENZA CARCERI ................ 164 Vittorio Pendini Salvatore Mazzeo Roberto Martinelli

TRASPORTI ....................................... 122 Massimo Dal Pozzo Massimiliano Melicchio

SANITÀ

INFRASTRUTTURE ........................ 126 Marco Filippo Alborno e Stefano Puppo Giulio Musso EDIL LIGURIA..................................... 130 L’andamento del settore Roberto Principe EDILIZIA ............................................... 134 Umberto e Federico Piccardo Giovanni Carnabuci Santo Polimeni Gianluca Gabbiani Gianluca Bado

COMUNICARE LA SALUTE........... 172 Luciano Onder Michele Mirabella POLITICHE ANTIDROGA................ 177 Giovanni Serpelloni RICERCA ................................................ 183 Massimo Scaccabarozzi Silvio Garattini SPESA FARMACEUTICA .............. 186 Annarosa Racca PRESIDI MEDICI .............................. 188 Antonio Tasso

TURISMO ............................................. 144 Renzo Iorio Maurizio Maddaloni Angelo Berlangieri

AMBIENTE POLITICHE ENERGETICHE ......... 150 I piani del governo Valeria Termini Francesco Starace Cesare Fera GREEN ECONOMY .......................... 158 Massimo Ghilardi e Sergio Tommasini SMALTIMENTO RIFIUTI ............... 162 Pietro Parodi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Inneschiamo la marcia della crescita Luigi Marino, presidente di Confcooperative e Alleanza delle cooperative italiane

gni anno il sistema Italia brucia il 3,7 per cento del Pil solo per pagare gli interessi sul debito, che oscilla tra il secondo e terzo più alto del mondo. Il nostro obiettivo di ridurre del 30 per cento i circa 2.000 miliardi di euro di debito si traduce in un taglio di 500 miliardi di euro che ci consentirebbe di ricondurre l’indebitamento dal 122 per cento al 90 per cento. Appare chiaro che l’obiettivo non può essere centrato solo con la riduzione della spesa pubblica e la dismissione del patrimonio dello Stato. Da quest’ultima, nella migliore delle ipotesi, non si arriverebbe che a ricavare 10 miliardi l’anno per i prossimi 10-15 anni, secondo le stime del Ministero dell’Economia. E, probabilmente, la crisi del mercato immobiliare costringerà a rivedere anche al ribasso queste previsioni, almeno nell’immediato. La spesa pubblica, dal canto suo, necessita di essere ulteriormente rivista. Presenta sprechi e costi in molti punti. Va scongiurata, però, la logica

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dei tagli lineari che corrono il rischio di ridurre o azzerare servizi importanti ai cittadini e di impattare negativamente sulle imprese. L’Italia deve innescare la marcia della crescita. Il Pil deve tornare a crescere. Siamo fermi da almeno dieci anni. Questo rilancio non è una politica né di governi di destra, né di centro, né di sinistra. È la stella polare che dovrà accompagnare i governi che si avvicenderanno alla guida del Paese per i prossimi 15 anni. Una crescita che andrà fatta senza spesa pubblica, ma che possa essere innescata dal miglioramento della competitività di tutti i fattori produttivi. Un rilancio del Paese che passi attraverso reali politiche di liberalizzazioni e di snellimento burocratico; un’innovazione e una formazione di qualità, sia nelle imprese che nelle università; la crescita dimensionale e patrimoniale delle nostre imprese; il congelamento dei salari sul piano nazionale per poter premiare la produttività degli occupati con i contratti di secondo livello; le politiche di export e di internazionalizzazione. Questi

sono tutti elementi che determinano una molteplicità di fattori in grado di mettere in moto la crescita e la competitività del sistema imprenditoriale. È questa la direzione nella quale dovrebbero essere indirizzate le politiche di rappresentanza di tutte le organizzazioni, datoriali e sindacali. Come Confcooperative e Alleanza delle cooperative italiane continueremo a dare il nostro sostegno alle piccole e micro imprese. Sono quelle che più stanno soffrendo i morsi di questa crisi e rischiano concretamente il default mentre le medie, ma soprattutto le grandi, vanno meglio. Il valore aggregato nei ricavi e nell’occupazione sale al crescere delle dimensioni d’impresa. Va da sé che anche noi siamo per l’alleggerimento della pressione fiscale e il recupero del gettito attraverso una sempre più rigorosa lotta all’evasione. Sappiamo, però, che al momento una riduzione del carico fiscale è pericolosa. Il bene primario è la stabilità dei conti pubblici. Se non riduciamo il debito non andiamo da nessuna parte. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 9



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Ambizione e determinazione per tornare a crescere di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio

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uello che stiamo vivendo è un quadro recessivo ancora pesante. Chiuderemo il 2012 con una caduta del prodotto interno del 2,4 per cento circa e della spesa delle famiglie intorno al 3,3 per cento; un calo mai registrato prima nella storia economica repubblicana del nostro Paese. Inoltre, le nostre previsioni segnalano, anche per il 2013, un’ulteriore contrazione sia del prodotto che dei consumi interni. È, dunque, una situazione da vero e proprio allarme rosso nella quale le imprese del commercio, del turismo e dei servizi stanno particolarmente soffrendo: solo l’anno scorso hanno chiuso oltre 60mila piccoli esercizi e già nei primi sei mesi di quest’anno già 36mila negozi hanno abbassato definitivamente la saracinesca. Confcommercio ha sempre sostenuto la necessità di porre al centro del dibattito e dell’azione di governo i temi del rilancio dei consumi e della crescita per mettere le imprese del terziario, ma anche le

altre, in condizione di essere più competitive e produttive. Voglio ricordare che la domanda interna per consumi e investimenti - rappresenta circa l’80 per cento del Pil ed è da qui, dunque, che si deve ripartire per contrastare la recessione e per tornare a costruire crescita e occupazione. Invece, i recenti provvedimenti varati dal governo, in particolare l’aumento dell’Iva, vanno nella direzione opposta e cioè quella di deprimere ancora di più la già debolissima domanda interna incidendo negativamente sulla ripresa della nostra economia. Per far questo, la via maestra rimane il perseguimento di una riduzione netta della pressione fiscale complessiva, che oggi, per i contribuenti in regola, arriva al 55 per cento un vero e proprio record mondiale che zavorra pesantemente consumi e investimenti. Un obiettivo raggiungibile attraverso un più incisivo e veloce avanzamento della spending review, parallelamente al contrasto e al recupero di evasione ed elusione. Così pure devono andare avanti i processi di dismissione del patrimonio pub-

blico per abbattere il debito e contenere la spesa per interessi, si deve accelerare sulle semplificazioni per abbattere la “tassa” della burocrazia che grava sulle imprese italiane per oltre 23 miliardi di euro l’anno. E deve avanzare l’impegno collaborativo di imprese e lavoro per il rafforzamento della produttività. Un obiettivo che dipende molto anche dalla produttività complessiva del sistema Paese e, dunque, dall’avanzamento dell’intero cantiere delle riforme. Ma chiediamo anche che venga riconosciuto il contributo alla maggiore produttività e alla maggiore crescita che può venire dal commercio e da tutto il sistema dei servizi di mercato che rappresenta ben oltre il 50 per cento del Pil e dell’occupazione del nostro Paese. Da qui, la nostra richiesta di una politica per i servizi - cioè un sistema di regole, di strumenti e di risorse - che supporti i processi di rafforzamento della produttività in particolare attraverso l’innovazione, tecnologica ma anche organizzativa, di tutto il sistema dei servizi. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 11


IN COPERTINA

UN FISCO PIÙ LEGGERO PER RIPARTIRE La riduzione dell’Irpef? Bene, ma troppo poco. Per Giorgio Squinzi il tempo delle dichiarazioni è finito. Servono misure concrete in favore della competitività delle imprese e uno scatto d’orgoglio per puntare a un «ritmo di crescita robusto» Giacomo Govoni

i troppe tasse si può morire. Il monito che il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi lanciava a fine settembre da Torino, nel corso di un suo intervento agli Stati generali del Nord, ha compiuto quasi un mese. Eppure la sua eco, sinistra soprattutto alle orecchie del mondo produttivo strangolato da una pressione fiscale «di venti punti più alta della Germania» - rincarava sempre sotto la Mole il numero uno degli industriali - non accenna a sfumare. Vuoi per l’effetto “sedativo” prodotto dalle dichiarazioni del sottosegretario all’economia Vieri Ceriani, che si è più volte affrettato a precisare che il disegno di legge delega fiscale licenziato nei giorni scorsi dalla Camera «è una non riforma, in quanto non ridisegna il sistema tributario». Vuoi per i dati poco rassicuranti emersi da un recente studio della Cgia di Mestre, che dal calcolo dei provvedimenti approvati per il periodo 2012-2014, ri-

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cava un saldo di 5,5 miliardi in più di carico fiscale che peserà sulle aziende. Fatto sta che regna un clima d’incertezza e la messa al bando di «contrapposizioni e antagonismi per puntare uniti alla crescita» invocata pochi giorni fa da uno Squinzi in versione più conciliante, sembra non rasserenare gli animi. Difficile da pretendere, del resto, da un Paese primatista del mondo in fatto di pressione tributaria effettiva e in cui le fauci dell’economia sommersa, denunciava pochi giorni fa la Corte dei Conti, divorano il 18% del Pil nazionale. Un impatto impressionante sul portafoglio statale e dei singoli cittadini, provocato da un’evasione fiscale contro cui il premier Monti sta ingaggiando una vera guerra che ha già fruttato le prime incoraggianti conquiste. Risultati resi noti a fine settembre dal Dipartimento delle finanze, che nel periodo gennaio-luglio 2012 ha accertato una variazione positiva delle entrate tributarie pari al 4,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno prece-

dente, con un incremento complessivo superiore ai 10 miliardi di euro. Ossigeno inedito per l’erario dello Stato che in questa fase, tuttavia, non pare incline ad “accontentarsi”. Da dissolvere c’è la nube che incombe ancora sui conti pubblici italiani, in vista di quel pareggio strutturale di bilancio che, stando alle recenti dichiarazioni del capo del governo, si dovrebbe celebrare nel 2013. Ma nel frattempo cosa accadrà? E soprattutto, a quale costo? A chiederselo sono certamente le famiglie, a cui nei giorni scorsi Codacons ha pronosticato un esborso supplementare annuo di 324 euro determinato dalle nuove imposizioni fiscali, ma innanzitutto le imprese, le più allarmate dai vari correttivi sul fronte tributario inseriti sia nel disegno di legge sulla stabilità che in quello sulla semplificazione amministrativa. Al di là della nota lieta rappresentata dalla riduzione di un punto dell’Irpef per le prime due aliquote, che a detta di Giorgio Squinzi tuttavia, «va bene per


Giorgio Squinzi

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IN COPERTINA

le famiglie, ma non per le imprese», a mettere in fila le priorità d’intervento equità, capitoli finora sviscerati in non convincere è ad esempio il meccanismo studiato per le detrazioni e le deduzioni. Non solo per via dell’effetto retroattivo, che le farà scattare già sui redditi dichiarati l’anno scorso, ma anche per le concrete riduzioni a cui saranno sottoposte, con l’aggravio di un tetto di 3.000 euro sugli sconti fiscali ottenibili per le spese. Emblematico in questo senso, il caso delle auto aziendali, la cui riduzione dei costi deducibili dal 40% al 27% ricadrà su circa 7 milioni di automezzi interessati dalla misura. Un esempio tra i tanti, riportato ancora una volta dall’analisi dettagliata condotta dalla Cgia di Mestre, che suffraga la parziale bocciatura del leader di Confindustria ai provvedimenti messi in campo finora dall’esecutivo guidato da Monti. «Eccetto qualche dichiarazione di principio – commentava l’altro giorno Squinzi di fronte a una platea di industriali lombardi – non abbiamo visto misure molto concrete. Non ci sono provvedimenti incisivi per la ripartenza, in particolare per quanto riguarda ricerca, innovazione e infrastrutture». Un affondo che, nel

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dettate dagli industriali, bacchettava nel contempo l’eccessiva “timidezza” delle manovre avviate finora da un governo che «fra tre mesi avrà esaurito il suo compito». E così, all’indomani del via libera del Consiglio dei ministri al ddl sulla semplificazione amministrativa, il numero uno di viale dell’Astronomia non ha perso l’occasione di rimarcare la centralità della questione tempo. «La semplificazione è la madre di tutte le riforme, è la base su cui posare la ripartenza del Paese – ha sottolineato Squinzi – ma delude la scelta di inserire in un disegno di legge un pacchetto di misure che, qualora approvate, rappresenterebbero una leva per la crescita, facilitando gli investimenti e le iniziative economiche private, senza alcun impatto sulla finanza pubblica». Un appello chiaro a fare presto, a procedere senza remore con strumenti più snelli e dalla conversione più rapida come i decreti, nell’intento di imboccare in fretta la terza e ultima direttrice che incardina l’impegno sul terreno fiscale del premier Monti: lo sviluppo. Dopo rigore ed

misura preponderante in nome di un riassetto finanziario non più rinviabile, ora è tempo di guardare a domani. Al futuro di un tessuto imprenditoriale che, tra l’altro, conserva ancora diversi conti in sospeso con il passato. Un passato incarnato in primis dalla pubblica amministrazione, i cui ritardi nel saldo delle fatture alle imprese sono stati compensati nei mesi scorsi dai 6,7 miliardi di euro stanziati dal governo. Un provvedimento che ha lenito alcune sofferenze, ha tenuto a galla le realtà produttive più in difficoltà, ma non ha inciso sulle sorti di un sistema industriale italiano che, invece, deve assolutamente scrivere la parola fine su una lunga stagione recessiva. Per farlo, occorre oltrepassare il concetto di tenuta alla crisi e alzare l’asticella degli obiettivi futuri. «Credo che l’Italia – conclude Squinzi – abbia le potenzialità per tornare a crescere. Possiamo, anzi dobbiamo, essere ambiziosi e puntare a un ritmo di crescita robusto, almeno il 2% annuo: è un traguardo difficile, ma non impossibile».



RIFORMA FISCALE

Agire sulle sperequazioni L’insostenibile peso della leva fiscale induce all’evasione. È quanto sostiene Victor Uckmar che, al netto di provvedimenti «indispensabili per far quadrare i conti pubblici» come l’aumento dell’Iva, sottolinea la necessità di introdurre alcuni bilanciamenti di Giacomo Govoni

ui 35 Paesi presi in esame dall’ufficio studi di Confcommercio all’interno di un’indagine sul valore nazionale dell’economia sommersa diffuso a luglio scorso, l’Italia è risultata quinta per quanto concerne la pressione fiscale. Solo apparente, però, ovvero quella risultante dal rapporto tra gettito e Pil. Perché in fatto di pressione fiscale effettiva, calcolata cioè su ogni euro di prodotto legalmente dichiarato, il nostro Paese guida la classifica mondiale con una quota record del 55%, peggiore di quasi sette punti percentuali rispetto a Danimarca e Svezia, che completano il podio di questa poco ambita classifica. Un primato che fa il paio con l’indice di sommerso economico presente oggi sul nostro territorio, corrispondente a 154 miliardi di euro di mancate entrate al fisco nazionale e confermato dalla Corte dei Conti, che a giugno riferiva di un’evasione in Italia pari al 18 per cento del Pil. «Le intenzioni per combattere l’evasione sono buone – sostiene il fiscalista Victor Uckmar, professore emerito all’Università di Genova – ma di certo c’è ancora molto da fare, innanzitutto convincere i cittadini, dal modesto artigiano al grande imprenditore, male avvezzi a corrispondere le tasse».

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Siamo sulla buona strada o si impongono misure aggiuntive? «Il cammino è difficile anche perché all’evasione si è sospinti dall’alta pressione, per alcune categorie ben superiore al 48% (risultato da un calcolo “alla Trilussa”), dalle sperequazioni di fatto e per legge, dalla complessità e dalle incertezze. Tanto che nella classifica per gli investimenti stilata dalla World Bank, su 183 Stati l’Italia è alla centoventottesima posizione per l’impatto fiscale, dietro molti Stati del terzo mondo». Nei giorni scorsi, il Fondo monetario internazionale ha esortato il Governo Monti ad accrescere il gettito dell’Iva. Ritiene questa richiesta sostenibile per il tessuto economico nazionale? «L’aumento dell’Iva di un punto sembra necessaria per quadrare i conti pubblici, ma indubbiamente deprime l’economia con conseguente riduzione del gettito. Sono necessari dei bilanciamenti. Considerato che il settore portante è quello delle esportazioni, occorre agevolarlo non con l’esenzione da tassazione dei redditi prodotti all’estero, come fa la Francia, con il pericolo della spinta alla delocalizzazione, ma con attenuazione delle imposte gravanti sulla produzione,

come accise, per energia, Irap e cuneo fiscale, prevedendo un rimborso per una percentuale pari al rapporto fra il totale dei ricavi e i ricavi da esportazione». Per alleggerire il carico sugli imprenditori da tempo s’invoca anche l’abolizione dell’Irap. Intanto, in questi giorni, è arrivato un mini-taglio. Riguardo a questo capitolo, cosa si augura di leggere nel prossimo testo di riforma? «Uno strumento di perequazione e di probabile recupero dell’evasione potrebbe essere l’obbligo di inserire nella dichiarazione, come informazione, i redditi, che hanno scontato l’imposta alla fonte in via definitiva. Consentirebbe anche di verificare come si sono prodotti i capitali produttori di redditi». Uno degli spauracchi odierni per imprese e privati si chiama Equitalia. Una delle ricette allo studio per renderla più “digeribile” ai contribuenti è la rateizzazione. Che ne pensa? «Già i Sumeri nel 4000 a.C. si dolevano degli esattori; li sgominarono e, privi di mezzi per la difesa, furono invasi dai nemici. Equitalia di massima agisce così come previsto dalla legge e, quindi, le proteste dovrebbero essere rivolte al legislatore perché


Victor Uckmar

Victor Uckmar, tributarista e professore emerito all’Università di Genova

usi il guanto di velluto e non l’accetta. Ma più di questo mi preoccupa l’autonomia che i Comuni intendono esercitare per la riscossione; ricordiamoci che anteriormente alla gestione Equitalia la riscossione produceva un gettito attorno al 3% del ruolo! Per non dire dei fatti di malcostume e peggio ancora». Nella manovra sulla stabilità appena varata, è riapparsa la Tobin Tax e con essa i timori per una conseguente fuga di capitali dall’Italia. Li considera fondati? «In linea di metodo sono d’accordo per un aggravio sulle operazioni finanziarie con la Tobin Tax ma sarei d’accordissimo se, nel contempo, attraverso la tracciabilità, si imponesse la trasparenza dei “derivati”, specie quelli che trovano la roccaforte nella City di Londra, non per nulla paladina della loro difesa». La mancata attuazione del principio di territorialità delle imposte, genera casi come quello siciliano, da lei studiato. Siamo di fronte all’espressione più paradossale di un federalismo fiscale mai compiuto? «Ho la sensazione che difficilmente arriveremo a un concreto federalismo fiscale, essendo fallito anche quello che c’è». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 17


MERCATI ESTERI

Vocazione internazionale La Liguria ha un’altissima presenza di imprenditori stranieri, merito della sua posizione costiera e della relativa predisposizione agli scambi commerciali. Ma oggi la sfida è aprirsi ai nuovi mercati, scegliendo quelli più dinamici. Il punto di Paolo Odone Teresa Bellemo

internazionalizzazione è uno degli elementi chiave per lo sviluppo del territorio ligure. Uno dei motivi principali è certamente il crollo della domanda interna, che costringe anche quelle aziende non abituate a competere a livello mondiale a inserirsi necessariamente in dinamiche di respiro globale. A confortare le aziende che questa può essere la scelta giusta ci pensano i numeri. Le rilevazioni del secondo trimestre 2012 di Liguria Ricerche registrano un aumento delle esportazioni, che segnano un +16,7 per cento, oltre a un contestuale aumento delle importazioni con un +6,2 per cento. I mercati più dinamici da questi punti di vista sono soprattutto l’America settentrionale, l’Africa centrale e meridionale e i Paesi europei non comunitari. Anche la Camera di Commercio di Genova è molto attiva su questo fronte. I mezzi più efficaci per far conoscere all’estero le aziende liguri sono di sicuro le manifestazioni come le fiere, che permettono una relazione tra operatori del settore ma anche la possibilità di una mediazione da parte del personale camerale. Paolo Odone, presidente della Camera di Commercio di Genova, ne parla così: «In ogni fiera organizziamo

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indicativamente almeno un centinaio di incontri fra le aziende liguri e quelle estere, alle quali seguono incoming di operatori esteri a Genova per rafforzare il business». Come si comportano le aziende liguri riguardo le tematiche dell’internazionalizzazione? «Le imprese liguri, e in particolare quelle genovesi, hanno capito che con i venti di crisi che continuano a soffiare, soprattutto sul fronte della domanda interna, l’apertura internazionale è la chiave di volta della crescita, anche se per le imprese di minori dimensioni crescere all’estero è più difficile. Il fatto di esser stati sempre molto prudenti, caratteristica tipica dei liguri, e nello stesso tempo di aver scelto mercati che tra tutti gli altri hanno meno risentito della crisi mondiale, come ad esempio il Medio Oriente, forse ha garantito non solo la possibilità di mantenere le proprie quote di mercato ma anche di incrementarle». Quali sono i nuovi sbocchi e le nuove rotte che possono incentivare ulteriormente l’export? «I settori su cui stiamo lavorando, attraverso l’azienda speciale World trade center Genoa e Liguria International, sono la nautica e l’agroalimentare, mentre quello su cui intendiamo puntare di più, in

prospettiva, è l’high tech. Nel campo della nautica, abbiamo la partecipazione costante di molte aziende sia alle manifestazioni fieristiche sia agli incontri business to business, che rappresenta il valore aggiunto che gli imprenditori richiedono maggiormente, come è emerso anche dal Salone nautico appena concluso. Nel settore dell’agroalimentare le nuove rotte vanno oltreoceano, in particolare il Canada è il paese che al momento offre buone prospettive di mercato per la nostra produzione alimentare, che si posiziona in fascia alta, di nicchia e di qualità: saremo al Sial Toronto 2013 con un padiglione Liguria e organizzeremo un incoming di buyer canadesi a Tutto Food 2013». In Liguria c’è una forte incidenza di imprese con a capo un imprenditore straniero. Quali le motivazioni? «L’incidenza straniera sugli iscritti al registro imprese supera ormai il 10 per cento. Sono prevalentemente ditte individuali - 7500 -, che salgono a 11.500 se si considerano anche le società con almeno un socio o un amministratore straniero su un totale di quasi 80mila imprese iscritte. Sulla scelta di Genova come destinazione di vita e di lavoro pesano la sua natura di città


Paolo Odone

Paolo Odone, presidente della Camera di Commercio

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L’agroalimentare di qualità è la risposta positiva all’attuale andamento dei mercati

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portuale e la sua fama ancora persistente, soprattutto in America Latina, di vertice del triangolo industriale del nord-ovest. C’è poi da dire che gli immigrati sudamericani, una volta insediati, tendono ad attirare i propri nuclei familiari che si specializzano nel campo dei servizi alla persona». Quali provvedimenti mettere in campo per incentivare ancora di più la presenza di imprenditori stranieri? «Certamente è importante puntare sull’innovazione tecnologica, in modo da favorire la qualità degli scambi. A questo proposito, l’Istituto italiano di tecnologia, dove già operano oltre 1.000 ricercatori in gran parte stranieri, e il villaggio tecnologico che sta nascendo agli Erzelli segnano la strada per il futuro, fatta di iniziative ad alto contenuto scientifico che puntino ad attirare personale impegnato nella ricerca. A questo proposito penso all’ultimo decreto del governo inteso a incrementare le cosiddette start-up innovative, che assegna

alle Camere di Commercio il compito di certificare proprio la sussistenza di questo status. Altro punto fondamentale è invertire il fenomeno della fuga dei cervelli». Sul fronte dell’export mostra il fianco in questo periodo il settore dell’agricoltura. Quali le motivazioni? E come far cambiare passo a questo comparto? «Su questo settore stiamo investendo molto, come sopra accennato. Certo la crisi internazionale si ripercuote anche sul settore agricolo, ma i segnali che abbiamo ci dicono che non coinvolge i prodotti agroalimentari di qualità e certificati, che racchiudono in sé la potenziale risposta positiva all’attuale andamento dei mercati. Le strategie di ripresa puntano proprio sulla qualità e sulla filiera corta: in un’ottica di lungo periodo diventa decisivo riappropriarci del nostro mercato agricolo e investire in azioni di valorizzazione dei prodotti autoctoni di nicchia, per trovare nuovi sbocchi per le nostre produzioni». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 27


MERCATI ESTERI

Franco Aprile, presidente di Liguria International

Al fianco delle pmi per incrementare l’export Uscire dai confini nazionali per ritornare a vedere i propri bilanci in attivo. Sembra questa una delle poche ricette sicure per la ripresa economica. Ad aiutare le imprese liguri c’è Liguria International Teresa Bellemo

l’internazionalizzazione il mantra per la ripresa economica. Le motivazioni sono molte. Prima fra tutte, la stagnazione del mercato interno dovuta alla perdita del potere d’acquisto delle famiglie e a un’economia ancora molto ferma. Nel frattempo molti mercati esteri sembrano mostrare maggiore dinamicità, per via di nuove fasce sociali che si affacciano al benessere o perché hanno saputo rispondere meglio alla crisi. Molte aziende italiane e liguri stanno, dunque, provando a fare il grande salto nel mercato globale ma, nonostante sulla carta possa sembrare profittevole, le difficoltà rimangono molte. Se si pensa che il tessuto produttivo ligure difficilmente supera la dimensione della micro e della piccola impresa, si comprende come queste dinamiche non siano certamente di facile adozione per gli imprenditori della regione. A questo serve quindi Liguria International, una società che aiuta le pmi a internazionalizzare il pro-

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prio business e favorisce la promozione delle aziende per cercare di trovare degli sbocchi su nuovi mercati. Ne parla con il presidente, Franco Aprile. Come opera l’ente? «Il decreto “salva Italia” ha ripristinato l’Ice, precedentemente abolito, e prevede una sempre maggior inte-

grazione tra Regione e Camera di Commercio. L’obiettivo è che tutte le progettualità regionali vengano raccolte da un unico strumento che di fatto diventa un’unica e coerente porta d’uscita. La porta d’ingresso per l’internazionalizzazione viene invece individuata nelle ambasciate, dotate però di braccia commerciali,


Franco Aprile

che sono gli uffici Ice. Da pochi giorni Enit e Ice hanno trovato un accordo per far sì che anche il turismo sia seguito da quest’ultimo; in questo modo tutte le attività economiche a livello di internazionalizzazione verranno gestite da un unico soggetto. Ormai per tutti deve valere la regola che per ogni risorsa spesa si devono portare dei risultati, è l’unico modo per dimostrare la propria utilità in periodo di tagli». Di cosa hanno bisogno le aziende liguri dal punto di vista dell’internazionalizzazione? «Le aziende regionali hanno bisogno di tutto ma, soprattutto, di un supporto solido poiché sono molto piccole e fragili. Da dati di di Unioncamere solo 40 delle 143mila aziende censite in Liguria raggiungono la dimensione media. Liguria International, grazie alla sua attività e alle relazioni business to business, offre alle aziende occasioni di incontro, mettendo insieme domanda e offerta. Inoltre, fornisce la prima carta d’identità a chi vuole operare

all’estero e supporta sia a livello di vendita che legale: è importantissimo infatti conoscere il diritto del Paese in cui si vuole porre una propria base economica. Dal punto di vista finanziario è Sace la garanzia dei crediti che dà la possibilità di accedere ai finanziamenti ed eroga risorse specifiche». Nel II trimestre 2012 la Liguria, in miglioramento rispetto il 2011, ha segnato +16,7 per cento di export. Cosa è cambiato e come continuare il trend? «Quello che sta cambiando è forse la percezione: è necessario rivolgere l’attenzione ai mercati esteri. Il nostro campione quest’anno è composto da più di 400 nuove aziende che si relazioneranno con l’estero. Dopotutto chi fa l’imprenditore deve necessariamente mettersi in gioco. Da questo punto di vista Liguria International mette a disposizione una serie di servizi volti a semplificare la vita delle aziende, una specie di pacchetto già preconfezionato e di qualità. La prima domanda che ci viene

posta è di vendere i loro prodotti. A questo proposito recentemente abbiamo messo in relazione più di 80 aziende liguri del settore agroalimentare con buyer tedeschi. Ma ci occupiamo anche di altre filiere, come la nautica. Qui abbiamo svolto un’azione importante di incoming, facendo incontrare 52 operatori esteri con 74 aziende nazionali per un totale di 600 incontri d’affari. Non lavoriamo soltanto con i mercati esteri, ma facciamo anche venire qui le aziende che sono intenzionate a scoprire l’Italia. È un’azione che va su un duplice fronte». Genova è un porto molto importante. Come incentivare di più questo settore? «Il porto storicamente è l’industria principe ed è fondamentale per la storia della nostra città. Un dialogo costruttivo in merito al disegno di legge sulla riforma portuale in modo da fermare un po’ del gettito nelle nostre strutture portuali giocherebbe di sicuro a favore della nostra regione. Questo perché l’at- LIGURIA 2012 • DOSSIER • 29


XXXXXXXXXXX MERCATI ESTERI

tività portuale è in crescita soprat-

tutto a livello crocieristico e sta dando forti ritorni anche in termini di turismo e di presenze sul territorio: se sommiamo i 700mila di Genova e gli 800mila di Savona sono un milione e mezzo i crocieristi che ogni anno passano per la Liguria. Dal punto di vista mercantile, è in corso il dragaggio del porto di Genova, in questo modo le porta-container più moderne e di cabotaggio più ampio potranno arrivare anche qui. Servono, però, le infrastrutture, se non eliminiamo l’isolamento di cui soffriamo ormai da anni i lavori e le riforme dei porti saranno vane. Se non riusciamo a smistare le merci che arrivano a Genova perché non abbiamo una logistica efficiente è ovvio che i porti del nord Europa avranno sempre la meglio». Quali i Paesi e i settori su cui puntare per favorire internazionalizzazione e export? «Sicuramente l’agroalimentare, un mercato molto importante sia a livello regionale che nazionale. L’anno scorso ha prodotto 400 miliardi di euro nell’export e, per la prima volta, ha superato anche i settori dell’auto e della componentistica. È certamente complice la crisi del mercato dell’auto, però il dato è in crescita costante e dimostra che sta diventando un set-

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tore fondamentale. Poi c’è la nautica, una filiera molto importante per la Liguria, anche perché il 50 per cento dei posti barca attrezzati d’Italia è nella nostra regione. Per quanto riguarda l’high-tech stiamo lavorando con il Ght per presentare missioni internazionali verso i mercati Bric. Cerchiamo, dunque, di cogliere tutte le occasioni che abbaiamo per attrarre investimenti nella nostra regione e per far sì che le nostre aziende recuperino quei fatturati che non riescono a fare nel mercato interno. Chi ci riesce mantiene alto il livello occupazionale e fa anche dell’utile».

La Regione Liguria ha siglato da poco un accordo con il Cnr per la partecipazione a progetti di ricerca europei. Cosa può portare alle aziende liguri questo accordo? «Noi dobbiamo recuperare un grosso deficit in questo Paese, dobbiamo certamente confidare che questo quadro economico ritorni a essere positivo, ma le gambe su cui poggiano la produttività e lo sviluppo futuro sono ricerca, innovazione e internazionalizzazione. A mio parere tutte le azioni utili a mettere in rete le esperienze e ad aiutare le aziende è l’unica via per trovare un antidoto alla crisi».



LIBERALISMO

Meno Stato, più partecipazione Responsabilità, etica, cittadinanza. Temi centrali attorno ai quali andrebbe ridefinito il liberalismo secondo Vincenzo Olita. Il direttore di Società Libera annuncia la presentazione di un manifesto contro la criminalità Francesca Druidi

ocietà Libera” è un’associazione culturale tesa allo studio e alla promozione del liberalismo. L’annuale rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana e la marcia internazionale per la pace costituiscono due delle sue principali iniziative. Il direttore Vincenzo Olita fa il punto sullo stato di salute del liberalismo in Italia. Qual è l’attuale situazione del nostro Paese? «Pessimo, perché se nel recente passato c’è stata un’ubriacatura, quasi un abuso del termine liberalismo, oggi invece si addossa a questa parte culturale responsabilità che, in realtà, non ha. Negli anni scorsi, tutti si sono dichiarati liberali: D’Alema si è dichiarato un liberale di sinistra; si è, inoltre, parlato a lungo della rivoluzione liberale che doveva avvenire a destra. Liberalismo è una parola dolce e suadente che significa tutto e nulla, perciò tutti si sono riversati a capofitto su questo termine che è diventato, di fatto, un’etichetta. Con la crisi internazionale, questa tendenza si è attenuata. Al mercato, ai liberali, alla libera concorrenza, sono state attribuite colpe che non avevano. Non si tratta di

“S

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difendere a spada tratta il liberalismo o il mercato, ma ci sono colpe evidenti della politica, non solo italiana, che non ha saputo dare regole e certezze, e il mercato si è trasformato in un non-mercato. Il problema, quindi, non è il liberalismo, è che la politica si occupa di tutto in maniera spropositata, mentre dovrebbe concentrarsi su pochi aspetti, stabilendo poche regole condivise». Su quali temi si giocherà il futuro del liberalismo in Italia e non solo? «Il liberalismo andrebbe innanzitutto ridefinito. Società Libera ritiene che il liberalismo si basi essenzialmente sul concetto della centralità della persona e della sua responsabilità individuale. A ciò si ricollega anche il tema dell’etica individuale. Di fronte all’abuso odierno di questi termini, occorre riscoprire concetti quali responsabilità individuale, partecipazione a tutti i livelli e cittadinanza. Viviamo in una società massificata, che soffre la mancanza di un’informazione seria e consapevole da parte dei mezzi di comunicazione, presupposto fondamentale per una piena partecipazione. Oggi non è più sufficiente legare il concetto di cittadinanza alla sola possibilità di voto alle urne; bisogna allargare la sfera della par-

tecipazione, anche, per esempio, attraverso lo strumento referendario. Serve, inoltre, riportare la politica nel suo ambito. È preoccupante il problema della classe dirigente in Italia, di governance in generale: il tasso di credibilità si è molto abbassato. Del resto, io che ero in disaccordo con la Prima Repubblica non posso comunque fare a meno di riconoscere che, sotto il profilo della formazione politica, c’è un gap sostanziale rispetto alla Seconda Repubblica. Il fulcro resta comunque quello della libertà. Si pensi alla situazione della libertà individuale in alcune aree del Mezzogiorno». Contesti in cui la libertà dell’individuo viene messa a dura prova dalla criminalità organizzata. «Lo Stato ha perso in alcuni casi il controllo del territorio, ad esempio in alcune aree della Campania e


Vincenzo Olita

Come in ambito economico, anche nel contrasto al crimine organizzato la ricetta è meno Stato, con poche regole che consentano grande efficacia

della Calabria. Diventa difficile invocare crescita e sviluppo quando mancano i presupposti di base. Da qui poi inevitabilmente ci si ricollega anche al discorso economico, ai motivi per cui le imprese straniere non vengono a investire e alle difficoltà degli imprenditori nel Meridione». Come si potrebbero applicare i principi liberali per inseguire crescita e benessere? «Ritengo che occorra andare controcorrente rispetto a quanto si sta facendo. La ricetta è sempre la stessa: meno Stato, in particolare uno Stato che eserciti poche direttrici di governance e non entri nel merito della quotidianità dei citta-

dini. Se non immettiamo importanti flussi di libertà individuale, non arriveremo alla crescita economica. Purtroppo, più il tempo passa e più si diffonde l’idea che c’è bisogno comunque e dovunque dell’intervento dello Stato. La situazione in alcune zone del Paese è, invece, proprio da addebitare alla sua onnipresenza. È in programma, a ottobre, a Salerno il convegno “Stato e criminalità” dove presenteremo un manifesto liberale sulla criminalità». Quali i punti salienti? «La responsabilità dello Stato sul versante del crimine organizzato è pesante. Non è un problema di organico: considerando il rapporto

Nella pagina precedente, Vincenzo Olita, direttore dell’associazione Società Libera

numerico tra cittadini e presenza delle forze di polizia, l’Italia è infatti al primo posto nel mondo occidentale. Il nodo critico è che non si può contrastare in maniera radicale il crimine organizzato solo con l’attività repressiva. Come in ambito economico, la ricetta è meno Stato, con poche regole che consentano grande efficacia; nel contrasto al crimine organizzato auspichiamo un diverso ruolo dello Stato, capace di affiancare alla necessaria repressione quotidiana un impegno serrato sul fronte dello sviluppo economico e una vera e propria rivoluzione culturale. Senza questa interconnessione, in Italia la lotta al crimine è persa». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 37


NAUTICA

Sull’onda del cambiamento Il settore nautico avrà risposte a breve. Lo assicura il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera a colloquio con il presidente di Ucina, Anton Francesco Albertoni, il quale invita a cambiare rotta e attende una revisione del redditometro, oggi penalizzante per le imprese del comparto di Renata Gualtieri

i è chiusa da pochi giorni la 52esima edizione del Salone Nautico di Genova all’insegna di un moderato ottimismo «e della volontà di intraprendere un percorso di cambiamento profondo che risponda con efficacia alle esigenze di un mercato radicalmente mutato nel giro di

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pochi anni». Novecento gli espositori presenti, 1.400 le imbarcazioni esposte su 4 padiglioni, 2 marine e ampi spazi all’aperto. Numeri che testimoniamo come la kermesse genovese continui a essere punto di riferimento della nautica internazionale. Un bilancio soddisfacente, dunque, al di là dell’inevitabile contra-

zione dei numeri che si riflette anche sul totale delle presenze: 176.280 a cui si aggiungono 4.000 bambini fino a 10 anni. «La presenza a Genova di 900 espositori – commenta il presidente di Ucina Anton Francesco Albertoni – testimonia che gli imprenditori della nautica non vogliono rinunciare a questo importante appuntamento.


Il bilancio del Salone Nautico

Il fatto che, nonostante il difficile momento in cui versa il comparto, abbiano voluto essere qui, se da un lato ci segnala la loro fiducia nella manifestazione, dall’altro ci impone di ripensare il prossimo Salone in una formula che sia più vicina alle loro esigenze». C’è da registrare comunque un calo del 22 per cento dei visitatori rispetto all’anno passato e di fronte a questi numeri il presidente di Ucina dichiara che un Salone così non ha più senso e di aver preso l’impegno di arrivare all’edizione numero 53 «con soluzioni che invoglino gli espositori a confermare la loro presenza e intendo tener fede a questa promessa. Infine, non posso che esprimere soddisfazione per il costruttivo confronto con l’Esecutivo, ottenuto in seguito all’appello rivolto al premier Monti e alle iniziative che Ucina ha condotto nella giornate inaugurale per esprimere lo stato di prostrazione del settore. Auspico ora che si possano avere presto riscontri concreti». Grande interesse ha suscitato la presentazione del rapporto “La nautica in cifre. Analisi del mer-

cato per l’anno 2011”, a cura dell’ufficio studi di Ucina in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova. Lo studio ha evidenziato i principali risultati conseguiti dal comparto nautico, tra i quali il livello di fatturato e le quote di produzione e di occupazione. Il fatturato globale del 2011, che ammonta a 3,42 miliardi di euro ha registrato una crescita dell’1,93 per cento rispetto al 2010. Per quanto riguarda il settore della cantieristica, il fatturato ha raggiunto la quota di 2,05 miliardi di euro, con relativa crescita rispetto al 2010 del 2,04 per cento. La nautica italiana ha, inoltre, riconfermato la forte vocazione all’export, aumentato del 19 per cento rispetto al 2010, raggiungendo il 67 per cento del fatturato globale del comparto, percentuale che sale al 79 per cento per il segmento della cantieristica. Il valore complessivo dell’export nel 2011 è stato di 1,92 miliardi di euro. Nonostante la crisi, l’industria nautica italiana rimane la più importante al mondo insieme a quella degli Usa, con un chiaro

dominio nel settore dei superyacht, che hanno rappresentati il 44 per cento degli ordini. Le stime per il 2012 indicano però una contrazione del fatturato globale compresa in una forbice tra il -15 per cento e il -25 per cento. Soddisfatto Anton Francesco Albertoni per l’incontro avvenuto con il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera in Prefettura a Genova, dove il ministro ha risposto alla richiesta di attenzione da parte del settore. «È stata una giornata estremamente positiva, abbiamo lavorato a tavolo testa a testa per circa due ore. Questo è un passo avanti perché il ministro ha dimostrato una capacità anche tecnica di approfondimento estremamente importante. Penso che da questo incontro si possa costruire un percorso per la ripresa del comparto». Entro la fine della legislatura il settore nautico avrà dunque le risposte che cerca da tempo. Da Ucina sono arrivate sette proposte. Tra queste, una riguarda la revisione dei parametri per il redditometro che attualmente penalizzano la nautica rispetto ad altri settori .

A sinistra, il presidente di Ucina, Anton Francesco Albertoni

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NAUTICA

La forza del comparto marittimo «Occorre modificare rapidamente, con semplici provvedimenti amministrativi, quelle norme obsolete che frenano l’operatività e la competitività delle aziende marittime italiane». Il ritratto del settore arriva dal presidente di Confitarma Paolo d’Amico di Renata Gualtieri

al 1998 la flotta italiana è più che raddoppiata e oggi è pari a quasi 19 milioni di tonnellate di stazza lorda, dà occupazione a 80.000 addetti diretti e a 110.000 nell’indotto; in dieci anni sono stati investiti 37 miliardi di euro in Italia e all’estero. «La nostra flotta è giovane – commenta il presidente di Confitarma Paolo d’Amico – e si pone ai primi posti nella graduatoria delle principali flotte mondiali». La generale situazione di crisi mondiale come si ripercuote sui comparti marittimi e quali segnali preoccupanti arrivano dal settore? «Il rallentamento del commercio mondiale e l’eccesso di offerta rispetto ai carichi da trasportare comportano noli a livelli bassissimi, tanto che su molte rotte non si riescono a coprire neanche i costi di gestione. Inoltre, siamo preoccupati per la non adeguata difesa degli armatori italiani presenti sulle rotte tra porti nazionali, il cosiddetto cabotaggio, che dovrebbe essere aperto solo a operatori “genuinamente” co-

D

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munitari. In realtà, assistiamo all’ingresso di vettori extracomunitari che, attraverso la semplice immatricolazione delle loro navi in paesi dell’Unione europea, usufruiscono di condizioni più vantaggiose dando luogo a una finzione sullo status della “genuinità comunitaria”». Quali temi sono stati affrontati nel corso dell’assemblea del 4 ottobre e quali sono gli spunti più interessanti emersi? «L’assemblea di Confitarma è l’appuntamento annuale per fare il punto sui principali problemi del settore marittimo italiano, spaziando dall’andamento dei mercati internazionali all’evoluzione della flotta mondiale, dalla situazione della flotta italiana alla sicurezza e all’ambiente. Quest’anno abbiamo concentrato l’attenzione sul grave fenomeno della pirateria e sull’esigenza di poter dare a navi ed equipaggi italiani che navigano in aree a rischio una protezione adeguata. Siamo, infatti, in attesa dell’emanazione del decreto attuativo della legge 130 per consentire

l’impiego di team privati armati a bordo delle navi italiane quando non siano disponibili o non sia possibile imbarcare i Nuclei militari di protezione. Un altro aspetto per noi molto importante è quello dell’efficienza burocratica. Vorremmo poter contare su un’Amministrazione dedicata alle numerose e complesse tematiche del settore marittimo, in grado di interfacciarsi in maniera altamente qualificata con il mondo produttivo. Chiediamo un ministero del mare o almeno che venga ripristinato un dipartimento per i trasporti marittimi». Nonostante l’avversa congiuntura economica, gli armatori italiani hanno dimostrato di saper competere e di continuare a sviluppare la flotta. Come sono riusciti in questo intento? «Lo abbiamo potuto fare grazie a quello straordinario strumento di crescita che è il Registro internazionale, che da più di 11 anni ha restituito alla flotta italiana la competitività necessaria per competere con l’agguerrita


Paolo d’Amico

concorrenza sui mari del mondo. Il Registro internazionale è il perno di un complesso e delicato sistema di regole e procedure che per funzionare deve essere preservato nella sua interezza. Può ancora essere migliorato a costo zero, attraverso l’ammodernamento e la semplificazione delle norme e delle procedure che regolano il nostro settore, dall’iscrizione e cancellazione delle navi al rilascio e rinnovo dei certificati di sicurezza radio, dalle ispezioni di security all’estero alla distribuzione e compilazione dei libri di bordo, visite tecnico-sanitarie e dotazioni di medicinali». Ritiene necessario un ammodernamento del complesso sistema di regole che regola il settore e da dove oc-

corre partire? «Innanzitutto, occorre coinvolgere la macchina amministrativa statale, ad esempio attraverso l’informatizzazione delle sue procedure. Occorre poi modificate rapidamente con semplici provvedimenti amministrativi quelle norme obsolete che frenano l’operatività e competitività delle aziende marittime italiane. Ribadisco che si tratta di interventi a costo zero per l’Erario, più volte segnalati all’amministrazione e contenuti in alcuni disegni di legge da tempo giacenti in Parlamento». Quali le problematiche che necessitano d’attenzione in tema d’ambiente e sicurezza? «L’armamento italiano è da sempre molto attento alla salvaguardia dell’ambiente marino e risponde alle numerose e

severe normative nazionali e internazionali in materia. Del resto è noto che il trasporto via mare è la modalità più rispettosa dell’ambiente. Attualmente, la problematica che più ci preoccupa e per la quale auspichiamo una rapida soluzione è quella relativa alla disposizione che impone alle navi passeggeri in servizio di linea di utilizzare combustibile a basso tenore di zolfo nella Zona di protezione ecologica, praticamente tutti i collegamenti tra il continente e le isole maggiori, Sicilia e Sardegna. Purtroppo, tale prodotto è di difficile reperimento nei nostri porti nei quantitativi richiesti dal mercato. Pertanto vorremmo che, in caso di comprovata carenza, l’amministrazione non addebitasse responsabilità agli armatori».

Paolo d’Amico, presidente della Confederazione Italiana Armatori

LIGURIA 2012 • DOSSIER • 47



FOCUS GENOVA Fatica Genova, come il resto del Paese, a risollevarsi dalla crisi in atto. È però forte il tentativo di intraprendere una traiettoria di crescita più consapevole, dove lo slancio all’innovazione tecnologica si unisce all’attenzione per l’ambiente LIGURIA 2012 • DOSSIER • 49


UN NUOVO MODELLO SOTTO LA LANTERNA Economia marittima, industria, hi-tech, turismo. Senza trascurare le infrastrutture e la sostenibilità, grazie anche al progetto Smart City. Il futuro di Genova, per il sindaco Marco Doria, passa da una pluralità di direttrici Francesca Druidi

72 SOCI Numero di soggetti aderenti all’Associazione Genova Smart City, che mira a coinvolgere ricerca, imprese, istituzioni, finanza e cittadini

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a sfiducia nei confronti della classe dirigente. La crisi economica generalizzata. Appena eletto, la scorsa primavera, il sindaco di Genova Marco Doria aveva chiaramente indicato le sfide che oggi un amministratore della cosa pubblica deve affrontare. «Dimostrare che si può fare politica in modo serio e onesto, non demagogico» è l’imperativo del primo cittadino che, nel tentativo di far quadrare il bilancio del Comune, progetta una traiettoria di sviluppo per la città. Quali sono le priorità sulle quali sta lavorando? «Il primo obiettivo è affrontare l’emergenza attuale seguendo dei comportamenti improntati alla massima correttezza, tra-

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sparenza e linearità, in modo da provare a restituire alla popolazione la fiducia nelle istituzioni pubbliche. Il secondo punto è la razionalizzazione della spesa del Comune nell’ottica di un suo contenimento e di una sua qualificazione. Altra priorità sulla quale ci stiamo concentrando è la questione ambientale. Con i finanziamenti del governo e della Regione, occorre realizzare quei lavori di messa in sicurezza dei rivi e dei torrenti che hanno creato danni incredibili con le esondazioni: non certo una fatalità, ma una tragica realtà». Quali i fronti specifici di azione in questo ambito? «La priorità è la difesa degli aspetti più fragili del territorio. Serve ottenere tutti i fondi di-

sponibili per questa tipologia di lavori, completando in tempi rapidi le opere necessarie pur sapendo che si tratta soltanto di una parte degli interventi richiesti per la piena messa in sicurezza della città. Serve insistere sulla manutenzione ordinaria dei letti dei rivi, sull’azione di sensibilizzazione dei cittadini, in modo che ci sia la piena consapevolezza del rischio, e sull’affinamento dei sistemi di prevenzione in caso di calamità». Lavoro e prospettive economiche identificano altre sue parole d’ordine. «Non può mancare l’attenzione ai grandi problemi dell’economia della città: da un lato, si deve affrontare una serie di crisi aziendali che la congiuntura ne-


XxxxxxxMarco Xxxxxxxxxxx Doria

4,4mln MERCI Tonnellate di merci movimentate nel porto di Genova nel mese di agosto

gativa pone continuamente in primo piano, casi rispetto ai quali il Comune ha le armi un po’ spuntate; dall’altro, ci sono occasioni positive di sviluppo da implementare, opere e progetti di investimento da perseguire. Innanzitutto, il polo tecnologico di Erzelli. Importante è la buona riuscita di questa operazione che vede coinvolte le imprese private, protagoniste della costruzione degli edifici; le imprese che già si sono installate o che a breve si installeranno; l’Università degli studi di Genova e il Comune stesso, regista del lavoro di riassetto urbanistico previsto. È un impegno che vede convergere più soggetti e il Comune deve saper svolgere la sua parte». Situazioni critiche come

quelle dell’Ilva di Cornigliano e di Ansaldo mettono in serio pericolo il comparto industriale nel capoluogo ligure. «Sono due casi diversi. Il Gruppo Finmeccanica, per quanto riguarda Genova, ha deciso di vendere le proprie partecipazioni di Ansaldo Energia, che è una realtà sana, con i bilanci in attivo, ricca di professionalità e capace di esportare. Il nodo diventa allora: a chi vendere? E come amministratore locale, d’intesa con il tessuto economico genovese, ho ritenuto e ritengo tuttora che vendere a operatori italiani sia la scelta migliore da intraprendere. Non ci deve essere un disimpegno italiano da questo settore della produzione di macchinari per l’energia. Ilva è

un caso diverso. Si tratta di uno stabilimento molto importante per Genova, che dipende nel suo ciclo produttivo dal materiale che viene prodotto a Taranto. La realtà dell’Ilva di Genova si lega, dunque, alle sorti di Taranto: è una questione che ci riguarda da vicino ma sulla quale non possiamo agire direttamente, se non dicendo come, a nostro giudizio, dovrebbe essere affrontata, ossia evitando di contrapporre il diritto alla salute al diritto al lavoro. Scegliere seccamente uno o l’altro aspetto sarebbe totalmente sbagliato: bisogna conciliare entrambi perché è l’unico modo per dare una prospettiva a una grande realtà produttiva come l’Iva, strategica per l’industria nazionale».

Sopra, Il sindaco di Genova Marco Doria

LIGURIA 2012 • DOSSIER • 51


FOCUS GENOVA

Come si profila il futuro di Genova sotto il profilo economico e produttivo? Su quali settori puntare? «Genova nel suo futuro deve essere una città dall’economia diversificata, in cui un settore non schiaccia gli altri. Non ci deve essere una vocazione unidirezionale. C’è il porto e l’economia marittima; c’è un’industria da difendere, anche in ottica nazionale, un’industria che si sposta sempre più verso tecnologie di livello medio-alto e produzioni tecnologicamente avanzate. C’è l’economia del turismo e della cultura: in questo senso, la città ha compiuto progressi significativi. Occorre puntare su una pluralità di settori». Quale dimensione assume 52 • DOSSIER • LIGURIA 2012

il progetto smart city? «Smart city potrà acquisire un ruolo ancor più rilevante nel momento in cui riuscirà a tradursi non solo in alcuni progetti di finanziamento, di innovazione tecnologica e risparmio energetico un po’ settoriali - che pure sono molto importanti e si stanno concretizzando - ma in una consapevolezza diffusa. Una città orientata alla tecnologia e alla sostenibilità ambientale deve essere un’idea condivisa dai cittadini e non solo un progetto interessante per un gruppo importante ma ristretto di addetti ai lavori». Il nodo della Gronda resta centrale, tra favorevoli e contrari. Dove porterà questa spaccatura?

«Ritengo che il futuro della città sia legato anche al miglioramento e al rinnovamento del suo sistema di infrastrutture. Sono assolutamente favorevole a realizzazioni in corso, come il Terzo valico ferroviario e il potenziamento sia del cosiddetto nodo ferroviario di Genova che di strade per autoveicoli. Completando questi interventi, non penso che l’opera Gronda sia così essenziale. Si tratta di un’opera che, a oggi, non ha superato la valutazione di impatto ambientale. Ed è comunque sbagliato pensare che il destino di Genova possa essere risolto da un’opera che non sappiamo ancora se supererà la Via e che - se realizzata - sarà terminata nel prossimo decennio».


Francesco Giovanni Calvini Fanti

PORTO E HIGH TECH ROTTA PER LA RIPRESA Occorre uscire dalla logica che vuole il declino ineluttabile e operare un incisivo cambio di passo. L’Assemblea annuale di Confindustria Genova ha provato a fare il punto della situazione sugli scenari di crescita del capoluogo ligure

13,9%

Leonardo Testi

Aumento percentuale del movimento container (pieni+vuoti) registrato nel Porto di Genova nel primo semestre 2012 rispetto a quello del 2011

“V

erso un mondo nuovo”. È stato il titolo dell’assemblea pubblica annuale degli imprenditori genovesi, tenutasi il primo ottobre scorso, ma soprattutto è lo slogan che efficacemente identifica lo spirito con cui l’associazione confindustriale territoriale, guidata da Giovanni Calvini, intende solcare le acque agitate dalla crisi. Genova vive oggi una fase di grande incertezza, dove oltre agli effetti della negativa congiuntura internazionale e nazionale, pesano elementi che appartengono alla struttura socio-economica della città, come il calo demografico - dal 1971 al 2011, Genova ha perso 207mila abi-

PORTO

tanti, il 19 per cento - e i suoi vincoli territoriali e infrastrutturali. Molti sono i nodi da sciogliere per quanto riguarda il destino del capoluogo ligure: dalla costruzione del polo tecnologico di Erzelli alla pianificazione urbanistica comunale e portuale, dall’approvazione del progetto della Gronda autostradale, che tante polemiche ha suscitato, ai casi Ilva e Ansaldo Energia, fino al percorso verso la realizzazione della Smart city. «Per evitare una spirale nefasta sulla consistenza delle economie destinate alla popolazione residente e sui servizi pubblici a essa destinati – ha dichiarato Giovanni Calvini – Genova ha l’obbligo di costruire condizioni di attrattività

tali da generare saldi migratori positivi e identificabili, sia in termini quantitativi che qualitativi». Tecnologia e portualità sono i temi su cui occorre far leva per guardare alla ripresa. Per quanto riguarda il porto, nel primo semestre del 2012 lo scalo di Genova ha fatto registrare un aumento del movimento container del 13,9 per cento rispetto al primo trimestre del 2011. La città, come ha evidenziato il leader degli industriali genovesi, «ha tutte le caratteristiche per diventare un laboratorio di innovazione, capace di esportare nel mondo soluzioni e modelli organizzativi». Basti pensare all’Istituto italiano di tecnologia e ai progetti sulle LIGURIA 2012 • DOSSIER • 53


FOCUS GENOVA

6mln SMART CITY Ammontare di risorse che Genova riceverà dalla Commissione europea per i 3 progetti selezionati nell’ambito del bando “Smart cities and communities 2011”

smart city, «esperienze di successo, riconosciute come tali dall’Ue, che aprono la strada a una forte collaborazione tra imprese, istituti di ricerca e amministrazioni locali, per utilizzare la tecnologia al fine di migliorare le condizioni di vita nelle città, aumentandone al contempo la sostenibilità ambientale». Una città della tecnologia, Genova, dove l’industria continua a rappresentare una delle risorse strategiche per l’avvenire produttivo della città, soprattutto in chiave export. La prospettiva è allora quella di implementare un’industria di specializzazione, tecnologicamente evoluta e compatibile 54 • DOSSIER • LIGURIA 2012

con le altre funzioni sociali. Presente al convegno degli industriali, il presidente della Regione Claudio Burlando ha sottolineato l’importanza che una realtà industriale come Ansaldo Energia resti italiana; una valutazione espressa anche dal presidente di Confindustria Squinzi e dal sindaco di Genova Marco Doria. Burlando si è espresso a favore dell’ingresso del Fondo strategico italiano nell’operazione di acquisto di Ansaldo Energia. «Quello che è certo – ha rimarcato Burlando – è che il Fondo strategico italiano non fa operazioni finanziarie, ma compra per sostenere un progetto industriale di sviluppo e

di crescita. C’è, invece, il rischio che l’eventuale acquisto di Siemens sia più per razionalizzare e per togliere un concorrente». Il governatore Burlando si è, inoltre, soffermato sul tema della portualità. «Rinunciare a un po’ di fiscalità sui porti non vuol dire per il Governo Monti perdere soldi, ma crescere. Diminuendo il peso del fisco, Genova se lo fa da sola il piano regolatore portuale e alla fine la raddoppia la fiscalità. Se il governo dopo aver fatto un’azione di risanamento importante coglie i segnali del Paese e aiuta le comunità locali a incrociare la crescita, il Paese esce dalla crisi».



OCCORRE FAR RIPARTIRE GLI INVESTIMENTI In cinque anni l’edilizia ha perso oltre un quarto degli investimenti. Genova non sfugge al trend negativo. Il presidente dei costruttori genovesi, Federico Garaventa, sollecita interventi più incisivi, invitando i costruttori a essere «attuatori del cambiamento» Francesca Druidi

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n un quadro nazionale e regionale piuttosto critico - in Liguria i fallimenti delle imprese edili sono aumentati nel I trimestre 2012 dell’8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011 l’edilizia continua a soffrire a Genova, sia nel settore pubblico che dell’edilizia privata. Il blocco del credito, i ritardati pagamenti della Pa e la diminuzione degli investimenti sono le note più gravi. Problematiche che il neo presidente di Ance Genova Assedil (oltre 1.900 le imprese rappresentate), Federico Garaventa, è chiamato ad affrontare. Quali sono i suoi obiettivi a breve e a più lungo termine? «A breve termine, è critico il 56 • DOSSIER • LIGURIA 2012

presidio del confronto con tutti gli interlocutori del sistema produttivo, al fine di contribuire a salvaguardare le nostre capacità produttive nel profondo della crisi. Il momento è drammatico e tale consapevolezza deve riflettersi nell’azione associativa. Più a lungo termine, è fondamentale il compito di divulgare una corretta immagine delle aziende del settore e degli imprenditori quali attuatori del cambiamento. Se tutto fosse perfetto, non ci sarebbe bisogno di modificare nulla e forse non servirebbero i costruttori. Se, invece, qualcosa va cambiato, quest’esigenza non può che riflettersi sul territorio nel quale viviamo e tra gli attuatori del cambiamento vi saranno le imprese di costru-

zione. Le nostre aziende sono le protagoniste del cambiamento, sempre in prima linea. Inoltre, Assedil Ance Genova ha il compito di promuovere un confronto critico e costruttivo “tra” e “sulle” imprese associate, stimolando progressi sul fronte della formazione e della crescita degli imprenditori stessi, affinché siano sempre all’altezza delle sfide che devono affrontare». I ritardati pagamenti da parte della Pa (in regione la media di attesa è di 16 mesi) incidono negativamente sull’equilibrio finanziario delle imprese del comparto. Come uscire dall’impasse? «Il ritardo dei pagamenti sta distruggendo il sistema produttivo del Paese. È un prezzo de-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Federico Garaventa

27% GARE PUBBLICHE Perdita di gare bandite nel settore pubblico in provincia di Genova nel II trimestre 2012 sia in termini numerici che di valore appaltato

cisamente alto per rimettere i conti in ordine e non può che trattarsi di una fase di transizione, che auspichiamo breve, per raggiungere un equilibrio a partire dal quale gli investimenti pubblici dovranno riprendere. E riprendere con aumentata intensità. Un paese di 60 milioni di abitanti non può prescindere dall’investimento pubblico in opere e infrastrutture. Non dimentichiamoci, inoltre, che il contribuente italiano di tasse ne paga molte, mentre i servizi erogati dal nostro Stato vengono sempre classificati tra gli ultimi posti. Forse è ora di iniziare seriamente a chiederci come vengano impiegati i nostri soldi. I sistemi di finanziamento delle opere pubbliche con capitali privati -

project financing, bond - non costituiscono un’alternativa perchè reggono solo se le imprese si indebitano per realizzare tali opere. Non mi pare un momento in cui le banche siano ansiose di concedere più credito e non mi pare che le imprese siano in grado di indebitarsi ulteriormente. Quel che si può fare è innanzitutto ridurre il carico fiscale sulle compravendite di abitazioni». Qual è lo stato del confronto con il governo per risolvere i nodi critici? «La nostra associazione in sede nazionale sta facendo il possibile per rappresentare le istanze della categoria presso il governo. Il confronto è aperto e continuo, registriamo molta attenzione da parte dell’Esecu-

tivo. Tuttavia, i provvedimenti che poi effettivamente arrivano a buon fine sono spesso ridotti dal punto di vista dell’efficacia e sminuiti nei contenuti rispetto alle necessità, perché lungo la strada devono fare i conti con pressioni e vincoli su ogni fronte. Inoltre, il regime di legislazione “d’urgenza” di questo periodo mal si adatta a temi molto complessi, come quelli del territorio o degli investimenti pubblici». Ritiene che le misure in favore dell’edilizia contenute nel Decreto Sviluppo o i progetti relativi a Smart city possano dare nuova linfa al comparto? «I provvedimenti del Decreto Sviluppo applicano correttivi necessari a normative inadeguate, ma non sono sufficienti. La linfa al comparto potrà arrivare solo dalla ripresa dell’investimento pubblico e privato nel comparto. Senza soldi, non si lavora. Le linee tracciate dalle esperienze come quella di Smart city sono preziose per orientare le scelte, tanto delle pubbliche amministrazioni quanto dei privati e delle categorie produttive. L’esperienza genovese è risultata fin qui particolarmente ricca e stimolante, ci auguriamo di poter continuare a contribuire in modo da percorrere questa strada fino in fondo, verso il futuro».

In apertura, Federico Garaventa, presidente di Ance Genova Assedil

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GLI ASSET DELLO SVILUPPO

Erzelli, un’opportunità per Genova e il suo ateneo La ricerca di fondi per la realizzazione del Polo tecnologico Erzelli è in corso, e dopo il no dei docenti allo spostamento della Facoltà di Ingegneria sulla collina, il rettore Giacomo Deferrari non esclude il trasferimento se le condizioni finanziarie lo permetteranno Nicolò Mulas Marcello

I

Sopra, Giacomo Deferrari, rettore dell’Università degli studi di Genova

l Parco tecnologico e scientifico sulla collina degli Erzelli, posta tra Sestri e Cornigliano nei pressi di Coronata, sta procedendo nei lavori di realizzazione non senza difficoltà, soprattutto di carattere economico. In base al progetto esistente, dovrebbe ospitare grandi aziende dell’high-tech, come Ericsson, Siemens ed Esaote, la Facoltà di Ingegneria dell’ateneo genovese, ma anche un centro commerciale, una caserma dei carabinieri e un’area verde grande come dodici campi da calcio. Un progetto ambizioso e un’occasione di collaborazione tra importanti realtà industriali e ricercatori per dar vita a spin-off e start up tecnologiche. Un progetto che, come sottolinea Giacomo Deferrari, rettore dell’Università di Genova, «potrebbe essere un’opportunità per l’università e per la città». Lei recentemente si è detto favorevole al trasferimento della Facoltà di Ingegneria al parco tecnologico degli Erzelli, ma mancano

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i fondi. Qual è attualmente la situazione? «A parte alcuni aspetti ancora incerti che riguardano il parere dell’Agenzia del Territorio sul valore degli edifici da vendere, il punto fondamentale è la questione economica, nel senso che al momento il nostro consiglio di amministrazione ha detto che a queste condizioni non si procedere perché mancavano oltre 40 milioni di euro. A oggi non si può dire che manchi di meno, ma teoricamente ci sono delle proposte interessanti che dimezzerebbero la carenza. Comunque si sta facendo tanto lavoro per reclutare fondi, per cui ci si potrebbe avvicinare. Siamo, quindi, in una fase in cui ci sono le premesse per realizzare questa opportunità». Cosa si augura per il futuro su questo fronte? «Mi auguro che vada tutto in porto perché, anche se Erzelli non è certo Lourdes, è comunque una cosa sicuramente utile per l’università e per la città».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giacomo Deferrari

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Mi auguro che il progetto Erzelli vada in porto perché è utile sia all’Università che alla stessa città

È possibile fare un bilancio della ricerca scientifica nell’ateneo di Genova? «Se guardiamo il premio ministeriale, che è separato tra didattica e ricerca, per quanto riguarda quest’ultima riceviamo un premio che è superiore alla media italiana. Quando saranno finiti i lavori della Valutazione della qualità della ricerca, che fotografa gli anni dal 2004 al 2010, avremo un dato più preciso. Siamo però sempre collocati in tutte le classifiche nei primi sette o otto posti tra le università italiane. Naturalmente c’è stato un significativo aumento anche a livello internazionale, in particolare per il settimo programma quadro al recente bando del Miur sui cosiddetti cluster tecnologici, che si è chiuso il 28 settembre. Genova è entrata nel gruppo proponente in cinque piattaforme su nove». Per quanto riguarda il trasferimento tecnologico? «L’impegno è massimo, noi crediamo moltissimo a questo aspetto. Per questo partecipiamo a due distretti tecnologici del territorio che sono il Siit, Sistemi intelligenti integrati tecnologie, e il Dltm, Distretto ligure delle tecnologie marine, e a otto poli di innovazione. Stiamo gestendo la messa al bando di 200 assegni di ricerca che sono finanziati dalla Regione e che hanno lo scopo

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di trasferire conoscenze e tecnologia nell’innovazione per le imprese. Stiamo anche investendo e proponendo progetti di trasferimento tecnologico nell’ambito del bando Par Fas per i poli di innovazione che consta di 5 milioni di euro. E a fine ottobre con gli organi di governo porteremo in approvazione un bando per risorse interne a favore di progetti di trasferimento tecnologico. Infine siamo impegnati con la valorizzazione del portafoglio brevetti e varie altre attività». Sono nate imprese spin-off dall’esperienza maturata attraverso la ricerca universitaria dell’ateneo genovese? «Abbiamo attuato un nuovo regolamento che ha recepito la legge 240 e stiamo accreditando le prime spin-off. Il progetto è quello di includerne almeno una ventina nei prossimi sei mesi, consolidando i risultati del progetto Uni.t.i. che aveva dato vita a 18 spinoff. Inoltre, grazie a questo stesso progetto stiamo cercando di mettere a punto altre dieci iniziative imprenditoriali basate sullo sfruttamento dei risultati della ricerca dell’ateneo. Questo avviene fondamentalmente nell’area di Ingegneria, di Scienze e di Medicina. Non mancano comunque iniziative di questo tipo anche in ambito umanistico». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 67



CREDITO & IMPRESE

UN FONDO DI GARANZIA PER LE PMI Secondo i dati della Banca d’Italia elaborati dall’ufficio studi di Confartigianato, le imprese liguri con meno di venti addetti pagano tassi d’interesse del 9,85 per cento, maggiori rispetto al 6,59 per cento pagato dalle grandi aziende. I tassi di interesse per le piccole imprese sono cresciuti soprattutto nell’ultimo anno: a marzo 2011 in Liguria si registrava un 8,49 per cento, aumentato di 0,36 punti percentuali negli ultimi 12 mesi. Il totale dei prestiti erogati al sistema produttivo regionale ammonta a 22 miliardi e 336 milioni di euro, cresciuto del 3,2 per cento tra giugno e dicembre 2011: di questi, quasi 17 miliardi e 540 milioni sono stati destinati alle imprese mediograndi, mentre quasi 4 miliardi e 800

milioni di euro alle pmi, in calo dell’1,4 per cento. Nel tentativo di aiutare le pmi in difficoltà è stato firmato il protocollo “Garanzie per l’accesso al credito delle imprese in difficoltà di liquidità 2012” dalla Regione Liguria e dal sistema regionale dei confidi. In questo ambito, l’amministrazione regionale ha stanziato un fondo di garanzia di 3 milioni di euro per il potenziamento dell’operatività di garanzia dei confidi a favore delle micro e piccole imprese in difficoltà. L’operazione coinvolge circa 20 banche, già convenzionate con i confidi delle associazioni di categoria. Obiettivo dell’intervento è la movimentazione di finanziamenti aggiuntivi fino a 15 milioni di euro a favore di circa 600 imprese. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 69


CREDITO & IMPRESE

IL CREDITO È IL MOTORE DELL’ECONOMIA Le imprese provano ad affrontare la crisi economica attuando strategie per anticipare gli incassi e sfruttando le azioni messe in campo dal governo. Il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, spiega che ogni sforzo necessario è stato fatto per la crescita del Paese Gloria Martini

“S

ono più di 100 i giorni che la pubblica amministrazione ha impiegato mediamente nel primo semestre di quest’anno per pagare le piccole imprese italiane”. È quanto emerge dall’indagine sui tempi di pagamento effettuata da Fondazione Impresa su un campione di 1.200 piccole aziende italiane con meno di 20 addetti. Tempistiche che, come sottolineano i ricercatori della fondazione, mettono in crisi le piccole realtà aziendali; con l’acuirsi della crisi economica queste stanno soffrendo sempre di più, specie per la mancanza di liquidità. «Il 35 per cento delle piccole imprese cerca di reagire attuando politiche e strategie per anticipare gli incassi e sta sfruttando, almeno in parte, le azioni messe in campo dal governo per contrastare la lotta ai pagamenti che riguardano la certificazione

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dei crediti vantati verso la Pa e la compensazione dei crediti con debiti – spiegano i ricercatori di Fondazione Impresa –. Quasi 1 impresa su 4, il 22,7 per cento, si è informata sulla questione o ha già avviato le pratiche». I tempi di pagamento risultano in miglioramento rispetto alla precedente indagine di Fondazione Impresa e questo segnale «è incoraggiante in quanto sembra che le campagne di sensibilizzazione legate al tema dei ritardi dei pagamenti e le misure introdotte dal governo stiano portando i primi effetti positivi». La piaga dei ritardi di pagamento, come precisano i ricercatori della fondazione, non è ovviamente risolta e l’auspicio è quello che la direttiva europea sui tempi di pagamento, che stabilisce pagamenti entro 30 o al massimo a 60 giorni, trovi una piena applicazione in Italia. «Si tratta di una risposta necessaria che –


Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi

come sostengono i ricercatori di Fondazione Impresa – le piccole imprese attendono con impazienza in modo da risolvere i problemi di liquidità che uniti alla recessione stanno mettendo a rischio la loro sopravvivenza». Il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, al termine della riunione del comitato esecutivo dell’associazione avvenuta a metà settembre ha messo in risalto come in un momento complicato ci sia bisogno di uno sforzo da parte di tutti per la crescita del paese. «L’impegno messo in campo dal governo sul fronte della crescita e della produttività va nella giusta direzione e noi siamo disponibili a fare ogni sforzo. La produttività è uno degli elementi che ci rende meno competitivi rispetto agli altri, è un tema da affrontare ognuno con le sue competenze». A rivelare i primi dati sul nuovo piano di sospensione del debito alle imprese dell’Abi è proprio il presidente dell’associazione bancaria, che ha sottolineato: «L’Abi con la precedente moratoria alle imprese ha sospeso debiti verso le banche per 70 miliardi. Con la moratoria attuale, in meno di tre mesi abbiamo accolto già 32mila domande, sospeso 11,4 miliardi di euro di debito, con 2 miliardi di nuova liquidità alle imprese». Mussari ha poi spiegato come si sia fatto tutto quello che si poteva per affrontare una situazione complicata e come ora ci sia la necessità di tornare a

un clima normale di circolazione della liquidità. «Il credito è la benzina per il motore dell’economia. Senza credito il motore si ferma». In Liguria, la Regione, Agenzia delle Entrate, Equitalia, Abi, Unioncamere e le associazioni regionali delle imprese e dei consumatori hanno stipulato un protocollo d’intesa per l’attivazione di misure per il supporto delle micro e piccole imprese colpite dalla crisi economica, con particolare riferimento alle problematiche di liquidità relative all’adempimento degli obblighi fiscali e contributivi. Mentre nel capoluogo Deutsche Bank e Confindustria Genova hanno siglato il mese scorso una partnership a supporto dell’imprenditoria locale, piccole e medie imprese in primis. La partnership prevede la possibilità di richiedere fondi per finanziare le esigenze di liquidità nell’attività ordinaria d’impresa; per il finanziamento delle spese per investimenti produttivi; per coprire le esigenze di liquidità legate ai flussi export e per il finanziamento di soggetti che presentano un fabbisogno ciclico di liquidità. «Riteniamo di estremo interesse per le nostre imprese – afferma Giovanni Calvini, presidente di Confindustria Genova – poter accedere a prodotti che siano di concreto supporto all’attività aziendale, ovvero caratterizzati da flessibilità e facilità di utilizzo». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 71


CREDITO & IMPRESE

CONIUGARE RIGORE E SVILUPPO L’inarcamento della domanda e la riduzione della zavorra fiscale, secondo Ercole Pellicanò, saranno le medicine più efficaci per la salute delle imprese, a cui le banche in futuro dovrebbero guardare «senza trincerarsi dietro un freddo rating» Giacomo Govoni

L’

integrazione dei mercati finanziari, il rafforzamento dimensionale del mondo creditizio e il progressivo processo di globalizzazione del sistema economico-produttivo sono elementi che oggi occupano un posto centrale nel dibattito sugli scenari futuri dell’economia italiana e non solo. Terreni di analisi e di riflessione su cui banche, istituti finanziari e operatori economici nazionali si sono confrontati nel corso della 44esima edizione della Giornata del credito, organizzata dall’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito. «Nell’occasione – spiega il presidente Ercole Pellicanò – si è levato un comune appello verso una minor incidenza della finanza speculativa e una precisa attenzione all’economia reale». Che quadro dell’odierno scenario finan72 • DOSSIER • LIGURIA 2012

ziario avete presentato? «Dalla giornata è scaturito un quadro contraddistinto da elevati problemi dei settori produttivi, con appello di sostegno al sistema bancario, che a sua volta patisce sofferenze sui crediti concessi arrivati, a luglio 2012, a 114 miliardi di euro, 15 in più rispetto al 2011. Esistono notevoli potenzialità, come nel settore agroalimentare e nella capacità di esportazione delle nostre aziende di punta, che possono trasferirsi in un processo di miglioramento, attraverso una decisa politica di sviluppo e adeguate riforme». Su quali temi avete focalizzato il dibattito? «Si è convenuto che, una volta messo in sicurezza il Paese, bisogna stimolare operativamente la prospettiva e che solo riformando, ristrutturando e riqualificando si possono li-


berare energie e risorse per mettere in moto un processo virtuoso di crescita. Al tempo stesso è una falsa alternativa quella tra il risanamento pubblico e le riforme: bisogna studiare e attuare un percorso in cui si possa armonizzare la non impossibile compatibilità tra rigore e sviluppo». I dati Abi dicono che nell’ultimo anno la dinamica degli impieghi bancari ha subito una frenata. A suo giudizio, quanto l’azione propulsiva del sistema bancario all’economia reale è riuscita a mitigare la stagione recessiva? «Gli impieghi bancari, nel corso di quest’anno, hanno subito una flessione dell’1,9 per cento su base annua, accompagnata da una lievitazione del costo del denaro. Da questa situazione scaturisce una valutazione negativa del sistema bancario, visto come uno degli artefici dell’attuale stato recessivo e tacciato di egoismo nell’utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Bce. Così però si rischia di semplificare troppo una realtà estremamente complessa». Può descriverla in breve? «Innanzitutto, l’economia italiana, contrariamente ad altri Paesi, gode di un sistema bancario solido e sufficientemente patrimo-

nializzato. Certo le banche hanno usato i fondi della Bce per acquisire titoli di Stato, ma hanno pure sostenuto il debito sovrano, contribuendo a contenere lo spread. Se da parte delle imprese aumenta solo la domanda per ristrutturare il debito, le banche non possono esserne accusate. Anzi, finiscono per esserne vittime, siccome i loro bilanci si costruiscono con gli impieghi, con i tassi attivi. La svolta potrà avvenire solo attraverso una ripresa economica che metta le banche in condizione di sostenere, nel rispetto del merito di credito, le imprese, rivitalizzate da un inarcamento della domanda, da una riduzione della pressione fiscale, dalla semplificazione burocratica, dal pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione». Ercole Pietro Che percorso normativo è stato fatto ne- Pellicanò, presidente gli ultimi anni per perfezionare il sistema dell’Associazione nazionale per lo nazionale della mediazione creditizia? studio dei problemi «Le ultime evoluzioni del sistema creditizio del credito hanno messo sotto osservazione critica l’organizzazione duale, tanto di moda fino a qualche anno fa e imperniata su organismi di gestione e di controllo, separati, rispetto a un unico consiglio di amministrazione. Una grande banca, come Intesa San Paolo, intende proseguire su questa strada; altre stanno LIGURIA 2012 • DOSSIER • 73


CREDITO & IMPRESE

tornando verso un Cda unico. Ulteriori cam- ture; una moratoria sul debito per chi non ne biamenti, figli dei costi, sono rappresentati dalle fusioni per incorporazioni di banche appartenenti a gruppi, eliminando presidenze e Cda. Più che variazioni di norme, sono in corso cambiamenti organizzativi che incidono sull’efficienza operativa e sulla redditività». Quali, a suo giudizio, risulterebbero più incisivi? «Essendo anche un ex imprenditore, non posso non richiamare le positive realtà delle banche specializzate nel conferimento del credito a medio e lungo periodo, a fronte della odierna Banca Universale. Quel modello permetteva al sistema produttivo di godere di organismi altamente competenti e professionali. È auspicabile che si ritorni a un tale sistema, evitando interferenze e intrecci, a volte anomali, nel mondo finanziario». La vostra associazione promuove la rivitalizzazione degli affidamenti alle pmi. In prospettiva, quali strumenti potranno rivelarsi congeniali a questo obiettivo? «Per rivitalizzare gli affidamenti alle pmi si dovrebbe incrementare l’apporto del Fondo di garanzia nazionale, allargando il relativo fund raising a soggetti diversi dall’amministrazione centrale. Andrebbero promossi accordi con istituti tipo Sace, per l’applicazione del reverse factoring. Gioverebbero polizze d’assicurazione a copertura del rischio di credito, un’accelerazione nel pagamento dei debiti della Pa, tramite la certificazione delle fat-

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ha beneficiato in passato; sviluppare il private placement per le entità di maggiore dimensione, per vendere sui mercati finanziari internazionali propri titoli di debito, finanziandosi a tassi ragionevoli. Si potrebbe, infine, riscoprire la Legge Sabatini, che per più di un trentennio ha sostenuto gli investimenti in beni strumentali in Italia, in maniera semplice e senza rischio d’inquinamenti». In più occasioni si è espresso a favore di una “umanizzazione” del rating. Su quali elementi nuovi dovrebbe fondarsi il merito creditizio delle imprese? «Umanizzare il rating significa spronare il responsabile di banca ad assumersi la responsabilità di una decisione e non trincerarsi, come si fa oggi, dietro un freddo rating. Bisogna, nella sostanza, riscoprire il fattore personale, attraverso cui si dia il giusto peso alla storia, alla qualità del management, alla validità organizzativa e all’etica dell’impresa. In un mirabile intervento alla Giornata del credito del 1988, Guido Carli sostenne che “oggi il dirigente di banca prima di recarsi in ufficio ascolta le chiusure alla Borsa di Tokio e di Sydney, contratta con i dirigenti dei grandi gruppi, effettua swaps, negozia le options. È il segno del grande cambiamento che contraddistingue la nostra società ed è un bene, a patto che non si dimentichi che al centro del sistema resta l’uomo, come fattore fondamentale della produzione, portatore di bisogni, desideri, aspirazioni e sofferenze”».


DARE ASCOLTO AI BISOGNI LOCALI Funzionale alle prerogative territoriali e con un occhio di riguardo alle realtà imprenditoriali piccole e micro. Sono i punti chiave dell’accordo che vede Intesa Sanpaolo in prima fila a sostegno dell’economia ligure. Il punto di Dante Campioni Giacomo Govoni

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el solco della collaborazione maturata in questi anni, il 7 maggio scorso il Gruppo Intesa Sanpaolo e Rete imprese Italia, che racchiude i principali organi di rappresentanza del mondo produttivo, hanno siglato un accordo teso a «rinsaldare il pieno sostegno alle piccole e medie imprese associate». A precisarne le finalità è Dante Campioni, responsabile per l’area Liguria e Piemonte sud ovest di Intesa Sanpaolo, istituto che nell’ambito del medesimo accordo, declinato nelle settimane successive sulla realtà ligure, ha integrato lo stanziamento nazionale con un plafond di 400 milioni di euro per gli impieghi a breve e uno di 500 milioni per gli impieghi di medio e lungo termine. Quali risposte alle priorità della Liguria possono arrivare da questo accordo? «Il punto di forza dell’accordo è la sua flessibilità funzionale alle specificità dei territori. Lo scorso giugno è stato ratificato l’accordo a livello

regionale tra l’area territoriale di Intesa Sanpaolo e Rete imprese Italia Liguria, mirato a dare risposte puntuali alle esigenze delle imprese regionali. Le nostre strutture di area dispongono, infatti, di ampia autonomia per quanto riguarda la possibilità di individuare soluzioni su misura per esigenze specifiche». Che numeri ha generato la collaborazione fra banche e il tessuto produttivo ligure Sopra, Dante Campioni, finora? di Intesa «I prestiti bancari a residenti in Liguria nel responsabile Sanpaolo per l’area 2011 sono cresciuti meno dell’anno precedente, Liguria e Piemonte con un rallentamento più accentuato nell’ul- sud ovest timo trimestre. A fine 2011 il tasso di crescita dei finanziamenti sui dodici mesi si è attestato al 3,1 per cento. Nel primo trimestre 2012 il rallentamento si è intensificato, specie verso le realtà aziendali più piccole. Tra le forme tecniche, i mutui del sistema bancario ligure nel 2011 sono saliti del 2,9 per cento, mentre i prestiti legati alla gestione del portafoglio commerciale LIGURIA 2012 • DOSSIER • 75


CREDITO & IMPRESE

hanno ristagnato, coerentemente con i deboli «Il territorio ligure, storicamente, ha un’incifatturati del settore produttivo». Banca d’Italia, tuttavia, segnala un calo di fiducia delle imprese nei confronti del credito regionale. Dal canto vostro, come lo avete limitato? «Il supporto del sistema bancario all’economia regionale non è mai venuto meno. In questa fase risulta rafforzata l’attività di confronto tra banche e imprese nella ricerca di soluzioni per diluire e allungare, quando necessario, i piani di rimborso dei prestiti. Fra queste si segnala il rinnovo della moratoria, che permetterà alle imprese che la richiederanno di sospendere per un anno il rimborso dei finanziamenti a mediolungo termine. Anche in Liguria la moratoria ha restituito importanti flussi di liquidità alle imprese». Tornando all’accordo, particolare attenzione è riservata alla nuova imprenditoria. Che servizio avete approntato a questo scopo? «Per agevolare chi intenda avviare una nuova attività, la banca ha predisposto un portale denominato “Neo Impresa”, raggiungibile all’indirizzo www.neoimpresa.com, che informa sui settori di attività e le agevolazioni esistenti, assiste per gli adempimenti necessari per l’avvio e indirizza verso la forma di finanziamento più idonea tra quelle offerte dal nostro gruppo. Per potenziare la capacità di “ascolto”, inoltre, abbiamo rivisto da poco anche le nostre procedure operative. In particolare, sono stati predisporti questionari specifici, le cui risposte influiscono positivamente sull’attribuzione del rating alle imprese di nuova costituzione». Come giudica il livello di internazionalizzazione delle imprese nel territorio ligure?

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denza delle esportazioni inferiore alla media nazionale. Tuttavia negli ultimi anni il tasso di crescita dell’export regionale risulta superiore al dato nazionale. Questo è un grande segno di vitalità del mondo produttivo regionale. A livello di “internazionalizzazione” delle imprese, in Liguria si registra un livello di occupati in imprese italiane partecipate da realtà estere leggermente inferiore alla media nazionale, mentre il divario quanto a occupati in partecipate estere di aziende italiane residenti, risulta maggiore di quello nazionale. In ogni caso la provincia di Genova ha un peso molto rilevante sul totale regionale, sia in termini di export, sia in relazione al livello di internazionalizzazione delle imprese». Sul terreno dell’accesso al credito e del rilancio dell’economia regionale, che ruolo assumeranno i confidi territoriali dei prossimi mesi? «Ora come in futuro si conferma il ruolo determinante dei confidi in chiave di accesso al credito e d’incentivo all’utilizzo di strumenti pubblici di garanzia, in primis del Fondo centrale di garanzia ex legge 662/96. Indipendentemente da questo, soprattutto per il credito alle imprese piccole o micro, i confidi possono agevolare un’allocazione efficiente del credito bancario, grazie alla straordinaria conoscenza del tessuto produttivo locale. In Liguria in particolare, il sistema dei confidi si sta trasformando attraverso la creazione di un nuovo soggetto unico, più forte dal punto di vista patrimoniale ma, nel contempo, profondamente legato alle peculiarità della regione. Il sistema bancario potrà così contare su un nuovo partner di grande livello nel percorso di sviluppo dell’economia regionale».



TECNOLOGIE

Gestire la logistica con un click Un’applicazione che, grazie a un unico servizio, permette di risolvere tutti i problemi legati alla logistica e alle spedizioni. Marittime, aeree e terrestri. Sia a livello operativo che amministrativo. Riccardo Langella presenta Progetto Adele Matteo Grande na piattaforma che, in pochi anni, è diventata un punto di partenza e di riferimento per la logistica. Questo è quello che rappresenta Progetto Adele. Un sistema nato da un gruppo d’informatici in ambiente Ibm, da anni specializzati nel settore della logistica. «Per anni ci siamo occupati di informatizzare tutto ciò che riguarda le merci e l’organizzazione di merci – spiega l’amministratore Riccardo Langella –. Oggi abbiamo un vero Erp rivolto alle aziende che operano nel settore logistico». Progetto Adele, nata nel 2003, consolida al suo interno una ventennale esperienza nel settore dell’informatizzazione di aziende di spedizione, logistica e distribuzione. Il continuo crescere e modificarsi dei diversi processi aziendali in funzione di un mercato sempre più competitivo, ha portato a offrire servizi volti all’ottimizzazione e all’incremento della produttività. Quali zone territoriali coprite con i vostri supporti per le aziende clienti? «In prevalenza i nostri clienti sono in ambito ligure, credo che più del 60 per cento delle dichiarazioni doganali effettuate sui porti di Genova e

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Spezia siano fatte da operatori che utilizzano il nostro software. Ma abbiamo clienti in tutta Italia e installazioni in tutto il mondo. Certo scrivere un ottimo prodotto software è importante, ma è altrettanto importante fornire servizi di assistenza a supporto. E utilizzando le tecnologie di cui disponiamo oggi è possibile fornire un buon livello di assistenza telematica, per cui la distanza non è più un problema. Proprio pochi giorni fa ho ascoltato con piacere un nostro importante cliente, che ha filiali in America, che mi ha detto che siamo molto noti a Miami». Chi utilizza il software MasterSped di Progetto Adele? «Il nostro prodotto, che è cresciuto moltissimo negli ultimi dieci anni, è uno dei migliori prodotti sul mercato italiano e internazionale ed è utilizzato da spedizionieri internazionali, operatori doganali, transitari marittimi, trasportatori e aziende di magazzinaggio e logistica. Molti di questi operatori avendo filiali in tutto il mondo lo utilizzano a livello internazionale, consentendo ai loro dipendenti di utilizzare un unico sistema in-


Riccardo Langella

Riccardo Langella è titolare della Progetto Adele srl di Genova www.progettoadele.com

formativo che avendo al suo interno un dizionario si propone in lingue diverse». Come distribuite quest’applicazione? «Sostanzialmente noi forniamo il prodotto in due modalità: o vendendo la licenza d’uso dei programmi e un contratto di manutenzione degli stessi – per cui il cliente deve dotarsi di un server su cui installare il prodotto e strutturarsi per dover gestire al suo interno un sistema informatico. Oppure forniamo il prodotto in service o outsourcing, per cui il cliente paga un canone rapportato all’utilizzo (per esempio, il numero di utenti). In questa modalità non deve dotarsi di altro che di un Pc e una connessione internet. Al resto pensiamo noi. Quest’ultima è una soluzione molto flessibile che ci ha consentito di raggiungere e soddisfare anche piccole imprese». Perché si sente l’esigenza di sviluppare un’applicazione come la vostra? «I criteri e le modalità di lavorare nelle aziende sono cambiati e l’ultima versione del prodotto MasterSped web edition credo assolva alle esigenze attuali e future. Oggi l’operatività è completamente gestibile via web. Collegandosi a un browser da qualsiasi computer di ogni parte del mondo è possibile accedere al sistema gestionale e organizzare il lavoro. Con la stessa modalità si può utilizzare un’interfaccia mobile (smartphone, tablet)». In che modo avete organizzato il vostro operato? «Negli ultimi anni, oltre a investire sul prodotto, abbiamo investito molto sulla nostra server farm e sui servizi connessi a essa, perché crediamo che i clienti si indirizzeranno sempre più verso l’outsourcing. Inoltre questa modalità di servizio e di gestione del cliente ci consente di ottimizzare le attività del nostro personale in funzione dell’utenza. Oggi la nostra server farm è “high availability” e garantiamo alti servizi di affidabilità. Ciò è molto apprez-

zato, ma per arrivare a questo siamo dovuti passare attraverso innumerevoli problematiche di lavoro quotidiano che ci hanno consentito di cumulare esperienza e soluzioni». Che andamento di mercato state registrando? «Quello che abbiamo registrato è un andamento decisamente positivo. Dalla nascita della società siamo sempre in crescita, sebbene non siamo un’azienda enorme. Fatturiamo circa 1,5 mln di euro in servizi con un incremento medio del 20 per cento negli ultimi anni. Quest’anno siamo in linea con questo trend. Sicuramente ciò che ci ha permesso di avanzare e crescere è stato continuare a investire per realizzare soluzioni innovative sia nella produzione di software che nella fornitura di servizi». Quali obiettivi vi prefiggete? «Stiamo lavorando per conservare un trend positivo. Questo passa anche attraverso l’assunzione di giovani in cui crediamo molto per apportare nuova linfa e nuove idee. Abbiamo anche diversificato l’offerta realizzando un software Erp, MasterTrade, indirizzato al mondo del commercio e dell’industria. Un mercato general in cui affronteremo moltissimi competitor, ma che intendiamo approcciare con la stessa logica di innovazione e servizi, perché riteniamo che specialmente in Liguria ci siano molte aziende medio piccole che hanno queste esigenze». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 79


TECNOLOGIE

La ricerca italiana chiede cambiamenti Per invertire il processo di de-industrializzazione è indispensabile migliorare il contesto delle imprese, l’accesso ai mercati e al credito. Solo così realtà specializzate in alta tecnologia potranno eccellere. La parola ad Alessandro Carbone Marco Tedeschi

Alessandro Carbone è titolare della SkyTech di La Spezia www.skytechnologies.it

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ell’ultimo decennio, molti Paesi Ue hanno continuato a perdere parti essenziali della loro base industriale. Dall’oltre 20 per cento del Pil del manifatturiero di fine anni 90 si è scivolati al 15,6 per cento attuale. E l’inversione di marcia si potrebbe avere solo raggiungendo di nuovo 20 per cento del Pil entro il 2020. In tal senso, la Commissione europea propone alcune azioni prioritarie per invertire il processo di de-industrializzazione e stimolare gli investimenti in nuove tecnologie, a migliorare il contesto delle imprese, l’accesso ai mercati e al credito (soprattutto per le Pmi) nonché garantire che le competenze siano adeguate alle necessità dell’industria. La nuova strategia si basa su quattro pilastri: credito, accesso ai mercati, formazione e più investimenti per l’innovazione industriale. Necessario quindi indirizzare tali investimenti verso alcuni settori chiave, settori dove l’Europa ha già le carte in regola per vincere la sfida come le tecnologie produttive avanzate destinate a una produzione pulita, le tecnologie abilitanti fondamentali, i mercati dei prodotti biologici, le politiche industriali sostenibili, costruzioni e materie prime, veicoli (terrestri e marittimi) puliti e reti intelligenti. Settori chiave come la tecnologia quindi, o meglio l’alta tecnologia. Ed è proprio l’alta tecnologia che rappresenta la base di lavoro della SkyTech, una Pmi specializzata nella progettazione, sviluppo e integrazione di apparati speciali chiavi in mano in settori applicativi spazio e ricerca scientifica, ad alto contenuto tecnologico. Premesse che testimoniano l’alta professionalità e specializzazione di molte imprese italiane che, malgrado queste caratteristiche, stanno incontrando forti difficoltà. «Il 2011 – spiega

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Alessandro Carbone

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Con gli osservatori astronomici sviluppiamo strumenti per acquisire e analizzare la luce stellare

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Alessandro Carbone, titolare dell’attività – non è stato affatto un anno esaltante. La crisi ha decisamente colpito il nostro comparto. Aiuti concreti e azioni prioritarie per invertire la rotta rappresenterebbero un grande passo avanti. Per quanto riguarda l’anno in corso, ci sono deboli segnali di ripresa ma c’è ancora molto da recuperare». Le maggiori criticità, almeno per una piccola impresa, sono gli aspetti finanziari. «Aspetti aggravati dall’Irap. Noi vendiamo le ore lavorate dal nostro personale ed è un’assurdità che si debba pagare una tassa sugli stipendi erogati. Noi per operare abbiamo bisogno di farci finanziare dalle banche e al momento è molto difficile. Non riteniamo giusto che si debba pagare una tassa sugli interessi passivi versati alle banche o sui compensi pagati ai consulenti». Un quadro complesso nel quale l’azienda ligure riesce a muoversi grazie all’alta specializzazione. «Per anni abbiamo lavorato a fianco degli scienziati degli Osservatori Astronomici italiani sviluppando strumentazione scientifica per l’acquisizione e l’analisi della luce stellare. Inoltre forniamo, indirettamente, apparecchiature per i grandi programmi spaziali internazionali, alle maggiori realtà italiane del settore come Selex Galileo, Thales Alenia Space Italia, Inaf, Cnr. Ulti-

Camera bianca SkyTech Classe 10000 per lavorazioni su apparecchiature spaziali di volo

mamente stiamo seguendo un progetto molto importante. Ci stiamo focalizzando sulle macchine per i test in automatico delle apparecchiature spaziali e per la simulazione a terra delle condizioni operative in orbita». La situazione del mercato di riferimento in Italia non offre grandi possibilità. «Per quanto riguarda l’astronomia, sono anni ormai che la ricerca scientifica italiana sta agonizzando. Queste difficoltà si ripercuotono ovviamente sui nostri potenziali clienti, gravemente colpiti dalla crisi. Il mercato che ci sta dando maggior soddisfazione sul fronte internazionale, è il mercato spaziale. Si tratta di un comparto che noi vediamo filtrato dai nostri partner italiani. La nostra è un’attività che si basa interamente sulla ricerca e sviluppo. Ricerche che vengono tutte seguite per i nostri partner». Le prospettive per il futuro di SkyTech, sono volte a proseguire con impegno sulla rotta presa. «Intendiamo portare avanti i nostri impegni, anche in momenti di difficoltà come quello che stiamo attraversando. L’obiettivo è quello di riuscire a farci riconoscere e fornire al committente una linea di prodotti che diventino di largo impiego e possano essere rappresentati anche all’estero direttamente anche su canali internazionali». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 81


TECNOLOGIE

Impianti strategici per il trasporto

Il mercato dei sistemi di trasporto si è fortemente globalizzato perché si sono imposte in tutto il mondo le normative europee. Il focus di Ezio Verardo sullo sviluppo di nuovi prodotti

n Italia esistono svariate società di ingegneria e consulenza nate per rispondere alle diverse esigenze per la progettazione, realizzazione e gestione di impianti strategici nei sistemi di trasporto a guida vincolata. Penta Engineering offre dal 2001 servizi di ingegneria per la progettazione, la realizzazione e la gestione di impianti strategici nei sistemi di trasporto: il segnalamento, le telecomunicazioni, l’alimentazione della trazione elettrica e il controllo centralizzato degli impianti e del traffico. Parla del proprio lavoro Ezio Verardo, manager dell’azienda. Nell’ultimo anno, qual è stato l’andamento del vostro business e quali i principali risultati raggiunti? «Dal 2009 al 2011 anche la nostra azienda ha subito gli effetti della crisi. Nel 2011, grazie anche allo spirito di sacrificio dei soci, siamo riusciti a chiudere il bilancio in attivo. Nell’anno in corso stiamo assistendo a una lenta ma interessante ripresa degli ordini anche grazie all’allargamento del mercato da noi operato: pur restando nel settore dell’ingegneria dei sistemi di trasporto, abbiamo infatti diversificato le nostre attività di servizi includendo, oltre al progetto, la verifica e validazione di progetti/prodotti di terzi». La vostra società opera nel settore ferroviario; come può l’impiantistica contribuire al miglioramento del servizio e ai nuovi scenari di utilizzo? «L’impiantistica, da sempre, contribuisce al miglioramento del servizio nei sistemi di trasporto perché risulta determinante per aumentare la capacità di trasporto delle linee e la sicurezza. Inoltre, mediante l’uso e l’inte-

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Martina Carnesciali

La Penta Engineering Srl ha sede a Genova - www.pentaengineering.it

grazione di tecnologie appropriate, si potrebbero apportare sensibili miglioramenti anche nella gestione degli impianti ferroviari dedicati al trasporto merci, semplificando e facilitando la gestione del servizio nonché la manutenzione degli impianti stessi». Il vostro mercato di riferimento include anche l’estero. In quali paesi e per quali progetti? «Il mercato dei sistemi di trasporto si è fortemente globalizzato grazie anche al fatto che si sono imposte in tutto il mondo le Normative Europee vigenti nel settore e che le maggiori industrie del settore sono di matrice europea. Penta oggi svolge un’importante fetta del lavoro per l’estero, sia collaborando con società di ingegneria italiane


Ezio Verardo

c che operano su quel mercato, sia offrendo i propri servizi a industrie estere». C’è un progetto recente e significativo realizzato nel vostro settore di riferimento? «Tra i primi c’è sicuramente il progetto per il nuovo sistema di segnalamento per la linea 1 della Metro di Milano che è stato utilizzato come Capitolato Tecnico per la gara. Sempre per linee Metro, abbiamo da poco completato il progetto di segnalamento, supervisione, telecomunicazioni e trazione elettrica per l’interramento della linea Sarmiento a Buenos Aires. Nel settore delle ferrovie, invece, abbiamo realizzato i progetti del segnalamento supervisione e delle telecomunicazioni per i futuri Collegamenti ad Alta Velocità della Torino – Lyon e del Brennero così come quello per il Ponte di Messina dove abbiamo progettato anche il sistema di alimentazione dei treni sia per le linee afferenti lato Calabria che per quelle lato Sicilia». Quanto investite in ricerca e sviluppo? Verso quali direzioni vi state muovendo in questo momento? «Uno dei primi doveri che ci siamo imposti è stata la formazione del personale e la cura

L’impiantistica migliora il servizio nei sistemi di trasporto aumentando la capacità di trasporto delle linee e la sicurezza

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nel loro sviluppo professionale. Nel prossimo futuro abbiamo in mente lo sviluppo di un nuovo prodotto per la gestione di impianti di segnalamento di depositi, parchi di smistamento e aree industriali/interporti». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio periodo? «Da un lato ampliare dove possibile la collaborazione per ulteriori servizi di ingegneria (come la partecipazione allargata nell’ambito di una commessa, fornendo una gamma più completa di servizi e partecipando allo sviluppo di nuovi prodotti). Dall’altro allargare il mercato diretto verso clienti istituzionali (esercenti dei trasporti ferroviari e metrotranviari) con la proposta di nuovi impianti basati su nuove tecnologie che stanno entrando ormai nel campo dei sistemi di trasporto dopo gli importanti sviluppi che hanno avuto nel campo dei sistemi industriali». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 83


TECNOLOGIE

Sistemi di smart security Negli ultimi anni la percezione comune è che la sicurezza sia sempre più precaria. L’aggiornamento tecnologico e la ricerca di soluzioni operative innovative e funzionali stanno però dando una svolta ai sistemi di sicurezza. Il punto di Massimo Ghisolfi Lodovico Bevilacqua

investimento in sistemi antintrusione e videosorveglianza – e in sistemi di sicurezza in generale – diventa una prerogativa irrinunciabile per aziende e privati. Proteggere tanto la propria abitazione quanto la propria attività è una necessità indispensabile, così come di fondamentale importanza è investire sulla qualità dei suddetti sistemi. La garanzia di professionalità e moralità, la serietà e la versatilità del servizio sono caratteristiche ambite e preziose, in grado di tracciare il solco fra una spesa superflua e un vero e proprio investimento. Sensibile alla ricerca e al mantenimento dei succitati standard professionali e da sempre appassionato di questo ambito circoscritto e specializzato, Massimo Ghisolfi – titolare della Tecnosicurezza di Genova – descrive i capisaldi della sua etica professionale. «Negli ultimi anni la percezione comune è che la sicurezza sia sempre più precaria, una sensazione – statistiche alla mano – incontestabile. Il servizio che offriamo diventa quindi una reale necessità per la committenza sia pubblica che privata e la richiesta di qualità è una premura altrettanto importante». Come riuscite ad assecondare le aspettative dei clienti? «La nostra strategia aziendale è informata in maniera inclusiva dal cliente; ciò vuol dire che, prima ancora che allestitori di sistemi di sicu-

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Massimo Ghisolfi, titolare della Tecnosicurezza Srl di Genova www.retesicurezza.it

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rezza, noi ci riteniamo cercatori di soluzioni. Ogni utente lamenta infatti esigenze e necessità differenti, che spesso cambiano nel tempo con il variare di condizioni contingenti. Noi offriamo la totale disponibilità a una vera e propria customizzazione del servizio, con studi circostanziati in stretta collaborazione con il cliente, finalizzati a individuarne le necessità e le priorità e – conseguentemente – a realizzare il sistema più adatto alle sue esigenze». Nell’Italia nord-occidentale siete divenuti un vero e proprio punto di riferimento nel vostro settore. Quali altri vantaggi offrite per poter vantare una simile fiducia presso la committenza? «Innanzitutto serietà e professionalità. Il nostro staff è interamente composto da personale esperto e disponibile, preparato ad affrontare ogni evenienza sia in fase di montaggio che di manutenzione dell'impianto. La cura e l’attenzione che riserviamo al rapporto con il cliente è un altro dei nostri punti di forza. La valutazione preliminare delle caratteristiche dell’impianto è attenta e circostanziata, così come il servizio di manutenzione – attivo 24 ore su 24, sette giorni su sette – è preciso e puntuale, in grado di risolvere ogni malfunzionamento del sistema. Gli impianti da noi installati sono inoltre predisposti per successive modifiche o integrazioni, in modo da renderlo efficiente e preciso per lun-


Massimo Ghisolfi

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La chance di controllare in remoto l’intero sistema tramite tablet o smartphone è solo uno dei vantaggi offerti dalle recenti tecnologie

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ghissimo tempo, anche con il variare delle esigenze di sorveglianza». Per offrire un servizio così valido avrete senza dubbio bisogno di un bagaglio di conoscenze ampio e dettagliato. «L’aggiornamento tecnologico, l’indagine del mercato specialistico alla ricerca di soluzioni operative sempre più innovative e funzionali, l’investimento in tecnologie costantemente all’avanguardia sono i cardini della nostra strategia aziendale. La specializzazione dell’attività è inoltre una caratteristica importante della Tecnosicurezza; laddove, infatti, molti elettricisti o informatici si improvvisano fornitori di impianti di sicurezza, noi abbiamo fatto di questa occupazione la nostra unica attività, dedicando investimenti ad aggiornamento e formazione e garantendo una specializzazione e una professionalità

altrimenti impossibili da ottenere». Quanto conta – infine – la tecnologia nel vostro settore di competenza? «La tecnologia ricopre un ruolo fondamentale e la nostra funzione è anche propagandistica e istruttoria, sovente non essendo i clienti consapevoli dei grandi vantaggi che l’adozione di sistemi di smart security offre. La customizzazione dell’impianto passa anche e soprattutto dalla qualità della tecnologia utilizzata per allestirlo. La chance di controllare in remoto l’intero sistema tramite tablet o smartphone, la possibilità di avere a disposizione sistemi di sorveglianza che – grazie alla tecnologia Hd e Full Hd – forniscano immagini di una nitidezza unica, anche dopo diverse fasi ingrandimento, sono solo alcuni dei vantaggi offerti dalle recenti tecnologie che mettiamo a disposizione dei nostri clienti». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 85


TECNOLOGIA

Uomo e tecnologia, una simbiosi vincente Il rapporto con la tecnologia è la chiave del successo di un’azienda che produce componenti per settori quali il navale militare, mercantile e siderurgico. Il punto di Giancarlo Dughera Roberta De Tomi

a tecnologia, intesa non tanto come evoluzione di metodi e strumenti, quanto come elemento che si lega strettamente all’uomo, nella fattispecie, all’imprenditore. Ed è in questo rapporto interattivo che si sviluppano i presupposti per il forte incremento del fatturato di un’azienda come Cofi, specializzata nella progettazione, realizzazione, installazione e assistenza di componenti innovativi (giunti compensatori in gomma con caratteristiche anti-shock e altri componenti) impiegati nell’impiantistica del settore navale militare e mercantile e nell’industria. Una realtà che

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L’ingegnere Giancarlo Dughera, amministratore della Cofi Srl di Santa Margherita Ligure (GE) www.cofi.it

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può vantare un’esperienza di oltre trentacinque anni, frutto delle precedenti esperienze del suo fondatore e amministratore unico, l’ingegner Giancarlo Dughera. Quale è il motore mobile della vostra azienda? La tempestività nel analizzare e progettare più proposte da presentare in soluzione al problema; minimo due. Un giovane staff di tecnici, dotato di strumenti hardware sofisticati e corredati dai più aggiornati software, è orientato a cogliere ogni aspetto dei problemi tecnici, sottoposti, approfondendo i bisogni sino ad acquisire le reali esigenze anche quelle nascoste e non note al cliente. E l’applicazione di tale concetto, come si è tradotta sul vostro bilancio? «In una crescita notevole. Basti pensare che nel 2011 abbiamo raddoppiato il fatturato del 2010. E nei primi sei mesi del 2012 il fatturato si è portato ai livelli del 2011, tanto che alla fine di quest’anno, prevediamo una crescita del 70 per cento rispetto il 2011». Si diceva del rapporto con la tecnologia, ma non è l’unico fattore che ha determinato il successo. Qual è l’altro? «Il capitale umano composto da persone scelte con particolari attitudini, formate e orientate a risolvere qualsiasi necessità del cliente creando articoli tailor-made di elevata tecnologia utilizzando materiali innovativi».


Giancarlo Dughera

Può parlare del prodotto di punta? «I giunti compensatori rappresentano il nostro core-business. In particolare i Coflex® D in gomma sono un’invenzione dalle elevatissime caratteristiche, comprovate dai test. Non si era mai visto al mondo un giunto compensatore in grado di fornire simili prestazioni in piena affidabilità e senza subire alcun danno. Dalle innumerevoli prove a cui è sono stati sottoposti, è emersa una scoperta incredibile, il tipo mono-onda di lunghezza 150 mm, che consente risparmio di spazio, sottoposto a sollecitazioni dinamiche istantanee del valore da 100 a 200 volte l’accelerazione di gravità, ha assorbito senza subire cedimenti e deformazioni lo spostamento laterale di 110 mm a 16 Bar di pressione comprovando piena efficienza - Coflex® D resisteva mentre tutti gli altri esplodevano». Con quali esiti successivi? «Questa scoperta ha da subito orientato Cofi a sviluppare e migliorare la performance del pezzo e la capacità produttiva realizzando nuove attrezzature atte a ridurre i costi per affrontare il mercato in maniera competitiva. A oggi, terminati i test di simulazione ed endurance, i giunti Coflex® D non sono solo presenti sulle più importanti navi e sommer-

gibili della Marina Militare Italiana, ma anche in applicazioni industriali quali gli stabilimenti siderurgici o le centrali di produzione di energia convenzionale per non dire che sono prossimi a essere impiegati nelle centrali nucleari, dove, come dimostra la storia recente, la necessità di garantire il corretto funzionamento anche in caso di calamità, è fondamentale». A proposito di mercato: in quale siete più presenti? «La nostra presenza è prevalente sul territorio nazionale, anche se attraverso aziende italiane oggi siamo in tutto il mondo ed inoltre abbiamo fornito direttamente rinomate compagnie del settore petrolifero e dell’industria navale. Ma l’estero rappresenta un mercato su cui puntiamo». L’estero, però, non è l’unico obiettivo per il futuro. «Esatto. Miriamo a implementare alcuni particolari, o in primo impianto, o in ricambio per performance migliorate, a parità di riduzione del peso e miglioramento durata, dei componenti stessi. Un modo per risultare ulteriormente competitivi anche nella produzione e per creare i presupposti per poi proporci su altri mercati». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 87


BROKERAGGIO

Contro i rischi di impresa etaggio della rinomata tradizione assicurativa anglosassone, la figura del broker ha avuto una capillare diffusione anche in Italia, dopo che la sua posizione è stata istituzionalizzata con la creazione di un albo professionale di categoria nel 1984. La crescita di questa figura professionale ha contribuito allo sviluppo dell’intraprendente piccola e media impresa italiana, ritagliandosi una parte di rilievo nel successo dell’industria e dell’imprenditoria nostrana negli ultimi decenni. Trattandosi di una posizione di grande responsabilità professionale, la figura del broker è vincolata al rispetto di un rigido codice etico e deontologico che impone chiarezza e trasparenza nei confronti del cliente. Consapevole delle proprie responsabilità professionali, Riccardo Costa – amministratore della Costa Brokers di Genova – insiste su quello che è il punto fondamentale di tutta l’attività di brokeraggio. «La prerogativa primaria di un assicuratore deve essere la disponibilità a intendere e as-

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Costa Brokers Spa ha sede a Genova www.costabrokers.com

Chiarezza e trasparenza, disponibilità e serietà. Questa la sintesi estrema del codice per il successo nel campo assicurativo. I nuovi presupposti e le sfide del brokeraggio secondo Riccardo Costa Lodovico Bevilacqua

secondare le esigenze del cliente, codificandole in contratti chiari e intellegibili». Anche qui – come in tanti altri ambiti – l’esperienza gioca un ruolo di consistente importanza. «La cinquantennale esperienza – maturata in buona parte con rapporti diretti col mercato inglese – mi ha permesso di acquisire competenze e professionalità. La tradizione assicurativa inglese, più orientata verso la customizzazione dell’offerta contrattuale rispetto a quella italiana, mi ha fornito una formazione basata su una prerogativa essenziale, ovvero la ricerca della soluzione giusta per ogni cliente».


Riccardo Costa

La nostra è una piccola società sviluppata in tutti i settori assicurativi e riassicurativi, ma specializzata nel ramo trasporti, off-shore e responsabilità

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Vicissitudini professionali e ambizione imprenditoriale hanno portato Riccardo Costa ad entrare nel mercato assicurativo con una propria società – la Costa Brokers appunto. La genesi della società conferma l’autorità e la serietà del suo frontman, contattato nel 1987 dalla londinese Harris & Dixon per costituire una filiale italiana della prestigiosa società di brokeraggio inglese. Nel 1991 Riccardo Costa rileva la società e si mette in proprio, mutuando dal precedente partner l’attitudine alla customizzazione tipica della consuetudine assicurativa inglese. «La nostra è una piccola società sviluppata in tutti i settori assicurativi e riassicurativi, ma specializzata nel ramo trasporti, off-shore e responsabilità. La meticolosità nella raccolta di informazioni che permettano una reale valutazione dei rischi, unitamente alla trasparenza che caratterizza i nostri contratti, ci rendono competitivi anche nel mercato agguerrito e selettivo dei grandi gruppi». E proprio la chiarezza e l'univocità della stesura contrattuale rappresentano un capitolo a cui Riccardo Costa tiene particolarmente. «Una consuetudine ancora purtroppo in vigore per una parte del mercato italiano è la difficoltà interpretativa delle polizze stipulate, molto spesso criptiche e oltremodo colme di piccole clausole,

tanto da obbligare sovente i clienti a ricorrere a consulenze legali per rendersi conto in maniera chiara e inequivocabile dei rischi coperti. Le polizze assicurative dovrebbero essere basate sull’univoca distinzione fra rischi assicurati e rischi esclusi, distintamente enunciati con poche possibilità di fraintendimento». In un ambito fortemente caratterizzato da un consistente corpo normativo che disciplina la gestione di grandi rischi imprenditoriali e importanti somme di denaro, la chiarezza rappresenta una caratteristica apprezzabile e apprezzata. Tanto che il successo commerciale della Costa Brokers smentisce le piccole dimensioni della società. «Molto attiva in Italia, la nostra società ha consolidato ottimi rapporti con i più importanti mercati assicurativi internazionali, come quello inglese, americano, svizzero, tedesco e scandinavo. Recentemente abbiamo inoltre allacciato proficui contatti con il mercato indiano». Negligenze degli intermediari e competitività in un mercato dominato da colossi internazionali rappresentano solo una parte delle tante difficoltà di un ambito delicato e ricco di responsabilità. Ma la Costa Brokers – grazie alla professionalità dei propri collaboratori – rimane un punto di riferimento. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 91


Settore marittimo, volano dell’economia

Il comparto marittimo dà occupazione al 2 per cento della forza lavoro del Paese. Ma per permettergli di crescere e percorrere nuove strade, che guardino anche all’ecologia, è necessario che la burocrazia si sblocchi. La parola ad Andrea Costabel Nicoletta Bucciarelli

l comparto marittimo è stato uno di quelli maggiormente colpiti dalla profonda crisi economica che stiamo attraversando. Eppure, Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha recentemente sottolineato come tutto il settore rappresenti ancora oggi una quota decisiva del Pil nazionale. «In questi anni difficili – spiega Squinzi – abbiamo potuto contare sull’eccellenza del comparto marittimo. La flotta italiana è il volano del sistema marittimo che contribuisce al Pil nazionale per 39,5 miliardi, 2,6 per cento di quello totale, e dà occupazione a circa il 2 per cento della forza lavoro del paese, 477mila persone fra addetti diretti e indotto». Un sistema che funziona ancora molto bene quindi. O meglio, funzionerebbe, se ancora una volta non intervenisse la burocrazia italiana a frenare un comparto in crescita. «La nostra realtà – spiega Andrea Costabel ammini-

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Naval Diesel si trova a Genova www.navaldiesel.com

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stratore della Naval Diesel di Genova - è specializzata nel ricondizionamento di componenti iniezione per i motori marini delle più grandi compagnie di navigazione nazionali e internazionali, sia in ambito crocieristico che nel trasporto merci. Negli ultimi anni abbiamo avuto una crescita costante e, ovviamente, si è presentata la necessità di avere uno spazio maggiore a disposizione. Abbiamo infatti raggiunto un livello di saturazione dello spazio demaniale. Continuando ad assumere personale e ingrandendoci, siamo arrivati al limite dello spazio disponibile. Per questo problema logistico, abbiamo anche dovuto bloccare ulteriori investimenti. È dal 2007 che abbiamo fatto richiesta di nuove aree, ma ancora non abbiamo ottenuto nulla. Stiamo ancora aspettando la delibera per riuscire a occupare uno spazio che ci è stato già assegnato. È la burocrazia che ci frena e ci sta dando grandi difficoltà. Se non riu-


Andrea Costabel

❝ sciremo ad avere altri spazi per noi vorrebbe dire fermarci e non crescere come realtà. Per questo saremo costretti a cercare altre aree in porti differenti, sebbene la nostra realtà sia particolarmente legata all’area portuale di Genova». Naval Diesel opera sulla rigenerazione di pompe combustibili, iniettori, corpi polverizzatori, camicie-pompanti, valvole di sicurezza e avviamento per motori marini delle principali case costruttrici presenti sul mercato. Grazie a macchinari altamente innovativi ed eco-compatibili, l’azienda ha raggiunto alti standard qualitativi in tutta la linea produttiva. Orientamenti gestionali che hanno permesso d’intraprendere nuovi canali di sviluppo nel settore energetico in impianti che impiegano motori diesel funzionanti con biocombustibili per produrre energia elettrica. «Da un paio d’anni – prosegue Costabel - abbiamo spostato la nostra attenzione sugli impianti oli vegetali. Soprattutto nell’ultimo anno abbiamo avuto un incremento di lavoro mirato sugli impianti a biocombustibile. Un settore che potrebbe entrare in crisi a causa degli innalzamenti del costo dell’olio. Tutte queste centrali che raggiungono gli 880 mw si trovano quindi in forte difficoltà. Inoltre, i certificati verdi, che vengono messi a disposizione dello Stato, sono molto calati. Ci auguriamo che le proposte di emenda-

Grazie agli impianti a bio-combustibile quest’anno siamo cresciuti nel fatturato del 25-30 per cento rispetto al 2011

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mento fatte dalle centrali, vadano a buon fine. Altrimenti si rischia la crisi di tutto il settore. Il comparto degli impianti a bio-combustibile è molto dinamico e richiede diversificazione, ma se non cambia qualcosa nel futuro affronterà gravi difficoltà. Grazie a questo tipo di impianti quest’anno siamo cresciuti nel fatturato del 2530 per cento in più rispetto al 2011. Per questo ci auguriamo che il trend cambi, altrimenti ci troveremo ad affrontare seri ostacoli, visti gli investimenti che abbiamo fatto in termini di macchinari». Il settore marittimo e in particolare quello delle manutenzioni sulle navi ha subìto con la crisi dei grandi stravolgimenti. «Fondamentalmente le manutenzioni sui motori sono state ridotte, per cercare di rendere meno onerose le spese e i costi sulle navi. In questo modo si è tentato di allungare la vita dei motori, con la naturale conseguenza che le componenti subiscono un’usura maggiore e noi siamo costretti a intervenire in maniera più tempestiva. Di fronte a queste difficoltà abbiamo scelto di diversificarci anche verso il comparto dei bio-combustibili. Per questo speriamo che non entri in crisi». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 93


MODELLI D’IMPRESA

Fiori, coltivazioni, logistica e mercato in crisi Il mercato dei fiori, fino a qualche anno fa florido in Italia, così come in Europa, oggi vive un periodo di profonda crisi. Criticità e prospettive del settore nelle parole di Roberto Mazzoni Martina Carnesciali

a crisi economica ha colpito anche i fiori italiani. Negli ultimi cinque anni, difatti, come ha diffuso un comunicato della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), la produzione di fiori del nostro paese è diminuita di oltre un quarto (meno 26 per cento) e con essa c’è stata la perdita di più di mille ettari (soprattutto strutture serricole). Particolarmente grave è poi lo scenario per le rose, la cui produzione si è dimezzata e i costi aumentati del 30 per cento. Anche Roberto Mazzoni, della Flor You Srl, azienda specializzata nella commercializzazione all’ingrosso di fiori recisi, sostiene che «il settore dei fiori non è stato risparmiato da questo difficile momento di crisi. Il consumo dei fiori, inteso come consumo quotidiano è sicuramente calato, mentre al momento regge la vendita nei periodi delle varie ricorrenze come San Valentino, Ognissanti, la festa della mamma eccetera. Certo è, purtroppo, che il mercato dei fiori recisi soffre parecchio». Flor You è un’azienda giovane, nata dall’unione delle idee di due piccole aziende operanti sul mercato dei fiori di Genova e nella provincia del Pavese. «Non si è scelto il momento migliore per investire nella nuova attività, ma consci della nostra voglia di fare e delle nostre possibilità professionali, non ci siamo tirati indietro». E lo dimostra il fatto che, anche se i fatturati di molte aziende ri-

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La Flor You Srl ha sede a Genova www.floryou.it

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sentono della crisi, per Mazzoni «il bilancio dei risultati va considerato positivamente: l’attività tiene e i ricavi lo stesso, a prescindere dal periodo difficile. Non abbiamo dovuto adottare strategie particolari per mantenere la nostra posizione nel mercato: è stato sufficiente porre maggior attenzione nel valutare ogni singolo costo, continuando però sempre ad investire nell’azienda». Selezionare i fiori da commercializzare non è un lavoro semplice, ma piuttosto delicato. «Si scelgono i prodotti in base alla loro qua-


Roberto Mazzoni

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Il consumo quotidiano dei fiori è sicuramente calato, mentre al momento regge la vendita nei periodi delle varie ricorrenze

lità; si cerca di commercializzare prodotti di ottimo standard qualitativo. Anche se il periodo fa pensare al contrario, solo la qualità unita a un attento servizio può portare dei risultati ottimali». Ma quanto lavoro c’è dietro a un fiore selezionato e commercializzato? «Non è facile vendere un fiore, perché nella sua semplicità, richiede in ogni singolo passaggio molta professionalità, che oggi è assolutamente necessaria per andare avanti - spiega Roberto Mazzoni -. Passaggi che cominciano già dalla coltivazione. Spesso si crede che la parte iniziale della filiera sia l’anello più semplice della catena; una volta si diceva che bastava piantare e qualcosa si sarebbe portato a casa. Ora non è più così: prima di piantare (coltivare), bisogna pensare a cosa, sbagliare ormai è un lusso da non potersi permettere. Finiti i tempi delle agevolazioni per l’agricoltura, i carburanti a prezzi ridotti ormai non esistono più. Senza una programmazione e lo studio del lavoro, inevitabilmente si chiude. La logistica è diventata fondamentale, anche la distribuzione è parte integrante e indispensabile per una corretta distribuzione del prodotto: an-

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che qui nulla può essere fatto a caso. E, per ultimi, coloro che portano il prodotto alla fase finale, i fioristi: dietro le composizioni floreali ci sono sacrifici, corsi di approfondimento, workshop e scuole specializzate per gli addetti del settore. Tutti questi passaggi devono avvenire poi in pochissimi giorni, i fiori devono assolutamente essere commercializzati rapidamente. Dietro ogni evento che richiede l’utilizzo dei fiori ci sono tecnica, precisione e fantasia, cose che non si trovano sicuramente in un cassetto o in un catalogo». Anche pensare al futuro è importante, e va strutturata qualsiasi prospettiva possibile. Mazzoni conclude: «le speranze sono quelle di sempre. Le sfide sono quotidiane, gli obiettivi sono quelli di migliorare continuamente il servizio. L’esperienza e l’entusiasmo non ci mancano, e questo sicuramente non è poco. Il resto non dipende esclusivamente da noi, facciamo solo parte di questo momento difficile, e come tutti lo viviamo con una certa apprensione». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 99


PRODOTTI ALIMENTARI

La rinascita del mercato di Genova “Genovese di conseguenza mercante”, recita un antico detto. La nuova piattaforma logistica è solamente una delle ultime novità che hanno permesso al Mercato ortofrutticolo di Genova di tornare a essere la Porta del Mediterraneo. Ne parliamo con Giambattista Ratto Nicoletta Bucciarelli

ualità dei prodotti molto alta. Ottimo collegamento con la rete autostradale. Forte apprezzamento per come è strutturato internamente il mercato e positivo giudizio sulla nuova piastra logistica. Il Mercato Ortofrutticolo ha superato a pieni voti l’analisi dell’Osservatorio commissionato dall’Ente Bilaterale del Terziario di Genova. Un Osservatorio che ha lo scopo di dare una visione su imprese, occupati e andamento del settore del Terziario a Genova e provincia e che al suo interno ha realizzato uno studio specifico sulle imprese commerciali al dettaglio e all’ingrosso del settore ortofrutta anche alla luce dell’apertura del Mercato Ortofrutticolo di Genova. «Le imprese specializzate dell’ortofrutta genovese al dettaglio – spiega Oscar Cattaneo, vice presidente di Ascom – si collocano in un quadro congiunturale non certo positivo. Malgrado questo i punti vendita crescono e Genova è l’unica provincia che vede un incremento dell’ortofrutta tradizionale. Questa struttura si conferma un polo attrattivo per l’acquisto di prodotti per il dettaglio genovese, in grado di modificare in questi anni i diversi processi commerciali con una crescita degli ordini a distanza e accresciute opportunità di trasporto della merce».

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Ratto G.B. & Fratelli si trova a Genova rattogb@rattogb.it

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Un risultato che premia lo sforzo della Società di Gestione del Mercato genovese che ha molto lavorato proprio sull’organizzazione interna del mercato e sulle procedure, per venire incontro alle esigenze della clientela. Un risultato che premia lo sforzo dei grossisti che hanno investito su questa struttura, realizzando un salto di qualità nella gestione e nell’offerta di prodotti e nuovi servizi. Il Mercato Ortofrutticolo di Genova ha riaffermato in questo modo il suo ruolo di Porta del Mediterraneo. Per assicurare ulteriori servizi logistici ha ulteriormente ampliato gli spazi con l’apertura della piastra logistica dall’inizio di quest’anno. Tra i fautori del salto di qualità e della crescita delle offerte e dei servizi primeggia sicuramente Ratto G.B. & Fratelli. «La nostra realtà e molto impegnata – spiega il titolare Giambattista Ratto – nel far arrivare prodotti da tutto il mondo e distribuirli in tutti i settori. A cominciare dalle numerose navi da crociera che in questa Porta del Mediterraneo fanno sosta. I nostri riferimenti infatti sono principalmente la distribuzione tradizionale, la GDO e le forniture di bordo. Un settore quest’ultimo in forte espansione in questi anni, grazie alle nuove compagnie di navigazione nel settore delle crociere che fanno scalo nel Porto di Genova. Oggi nella piattaforma logistica stiamo lavo-


Ratto G.B. & Fratelli

Con la crisi, la gente fa la spesa in modo più selettivo cercando di non rinunciare ai prodotti di qualità

rando al 50 per cento del potenziale dopo pochi mesi dall’avvio. Ma nel breve periodo contiamo di raggiungere il pieno della potenzialità offrendo ai nostri clienti un servizio efficiente 24 ore su 24 sette giorni su sette». Un modello d’impresa, quello della realtà genovese, proiettato verso il futuro. Con una clientela diversificata. Dove la presenza nella piastra logistica ha rappresentato la naturale evoluzione di un’azienda presente in modo esteso anche nella struttura mercatale tradizionale. «La piastra logistica è il completamento del trasferimento del Mercato Ortofrutticolo di Genova avvenuta nel 2009. È l’esempio più evidente di quanto siano cambiate le condizioni di lavoro per gli operatori permettendo oggi di offrire servizi efficienti, al passo con i tempi, in grado di riportare il mercato genovese ai primi posti in Italia. In questo sviluppo la nostra società ha deciso di investire. Consci che partner particolari come le compagnie di navigazione e la Grande Di- LIGURIA 2012 • DOSSIER • 107


PRODOTTI ALIMENTARI

La maturazione delle banane ha contribuito per circa il 30 per cento al buon risultato dell’azienda nel 2012

stribuzione possono essere servite solo avendo dell’organizzazione logistica. Oggi possiamo a disposizione grandi spazi e soprattutto ampi spazi refrigerati». Nella nuova piastra logistica, completamente provvista di banchina di carico e scarico per gli automezzi, la Ratto G.B. & Fratelli si sviluppa su 4000 metri quadrati. E di questi ben 3000 sono spazi refrigerati. Con sette celle di conservazione e cinque di maturazione. Un investimento specifico anche per lo sviluppo di un business particolare: la maturazione delle banane. «Si tratta di un progetto che nasce nel 2008 – prosegue Giambattista Ratto – e attraverso una serie di evoluzioni siamo riusciti a concretizzare in particolare quest’anno. Ci siamo infatti resi conto che in Liguria non esistono centri di maturazione e quindi la merce era costretta a uscire fuori dalla nostra regione per poi rientrare per essere commercializzata. Con il nostro centro di maturazione abbiamo dato un servizio logistico diverso. E i numeri sono lì a dimostrarlo: solo in questa fase di avvio abbiamo portato a maturazione circa 300.000 cartoni di prodotto. L’introduzione del servizio di maturazione delle banane, presso la nuova piastra logistica al Mercato di Genova, ha consolidato l’affermazione dell’azienda come protagonista del settore anche sul fronte

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già dire che questo nuovo servizio ha contribuito per circa il 30 per cento al buon risultato dell’azienda in questo 2012». Banane che arrivano dal Sud America, Costa Rica, Equador, Colombia. Sbarcano a Genova e in un lasso di tempo tra i sei e i dieci giorni sono pronte ad essere messe sul mercato e distribuite ai dettaglianti, alla Gdo, alle compagnie di crociere, alle società che distribuiscono in mense e altre strutture. Un investimento che ha avuto anche il merito di salvaguardare i livelli occupazionali dell’azienda in un momento di grave crisi economica. «In azienda lavorano una ventina di persone – ricorda Ratto -. Quattro di loro sono state particolarmente destinate a seguire le operazioni logistiche nella piastra. Grazie a un investimento in formazione professionale hanno ottenuto qualifiche adatte per seguire anche un ciclo delicato come quello della maturazione delle banane. Garantendo un servizio 24 ore su 24 a tutta la clientela». La Ratto G.B. & Fratelli opera nell’ambito del Mercato genovese dal 1966. Sul finire degli anni 80 ha fatto il suo ingresso in azienda la seconda generazione che oggi, con la collaborazione dei fondatori, si occupa direttamente della gestione. Lo sviluppo negli anni


Ratto G.B. & Fratelli

LA SCOPERTA DI UN NUOVO BUSINESS l nuovo centro di maturazione delle banane importate dai paesi del Sud America rappresenta un nuovo importante business per la Ratto G.B. & Fratelli. «Ci siamo resi conto – spiega Giambattista Ratto - che in Liguria non esistono centri di maturazione e quindi la merce era costretta a uscire fuori dalla nostra regione per poi rientrare per essere commercializzata. Con il nostro centro di maturazione abbiamo dato un servizio logistico diverso ai nostri clienti che ha contribuito per circa il 30 per cento al buon risultato dell’azienda in questo 2012». Un successo che deriva anche dall’importanza che riveste una corretta maturazione del frutto, particolarmente apprezzato e dalle proprietà particolari. La polpa della banana, essendo ricca di vitamina A, vitamina B1, vitamina B2, vitamina C, vitamina PP e vitamina E, di sali minerali come calcio, fosforo, ferro e potassio e di carboidrati ha infatti proprietà nutrienti, ri-mineralizzanti e stimolanti per la pelle. Grazie inoltre alla presenza della vitamina B6, favorisce il metabolismo delle proteine.

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si è consolidato grazie anche rapporti societari sempre più stretti con GF Group. Una collaborazione che prosegue con successo ancora oggi pur senza partecipazioni azionarie visto che la Ratto G.B. & Fratelli è completamente di proprietà della famiglia Ratto. Un elemento di compattezza societaria che ha permesso di rilanciare ulteriormente lo sviluppo dell’azienda, culminato con la realizzazione dei nuovi spazi di conservazione, lavorazione e maturazione della merce nella piastra logistica. «Non possiamo non tenere conto che il momento economico è difficilissimo – conclude Giambattista Ratto -. Ma è evidente che da queste crisi si esce solo con nuove idee, nuovi investimenti, dando opportunità di lavoro. Questa struttura a Genova permette tutto questo. E la nostra azienda ha voluto giocare questa sfida in prima linea». Una crisi che ovviamente ha colpito lo scenario del settore food. «Diciamo che ha colpito i consumi in generale e quindi ovviamente anche il settore dell’ortofrutta ne ha risentito. È però altrettanto evidente che la gente fa la spesa in modo più selettivo cercando di non rinunciare alla qualità. Questo determina una situazione dove i brand più riconosciuti mantengono le quote di mercato mentre i prodotti generici, che non trovano

una collocazione specifica, soffrono maggiormente la crisi dei consumi». Un contesto che in ogni caso non sembra aver avuto ripercussioni troppo forti sulla realtà genovese. «La nostra azienda – conclude Ratto - ha effettuato in questi anni investimenti considerevoli. Abbiamo puntato sulla qualità del servizio e dei prodotti, facendo in modo di garantire un’offerta a 360° per tutti i nostri clienti. Si tratta di una strategia che ha pagato in termini di risultati come dimostra l’incremento del fatturato». All'entrata del Mercato Ortofrutticolo di Genova è stata posta da alcuni mesi un’ulteriore insegna che recita: “Ianuensis ergo mercator”. Genovese di conseguenza mercante. È un’antichissima frase, risalente a un anonimo del 1200, che definiva il ruolo e la misura dei Genovesi nel Mediterraneo di quel tempo. Sono passati più di 800 anni. I Genovesi al ruolo centrale di questa Porta del Mediterraneo credono ancora. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 109


PRODOTTI ALIMENTARI

Ambasciatori del made in Italy talia leader europeo per prodotti alimentari di qualità. Il primato dell’alimentare made in Italy è stato certificato di recente dall’Istat che, con il proprio volume sui "Prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg" ha ricordato come il paniere italiano a marchio Ue nel 2011 ha raggiunto i 239 riconoscimenti, ben 20 in più rispetto all’anno precedente. Fra i singoli settori merceologici quello che vanta il maggior numero di Dop e Igp è quello dei prodotti ortofrutticoli e dei cereali (con 94 riconoscimenti) seguito dai formaggi (43), dall’olio extravergine d'oliva (che vanta 42

I Gian Franco Carli, amministratore delegato della Fratelli Carli di Imperia www.oliocarli.it

Secondo i dati Istat l’Italia è il Paese europeo che, con 239 riconoscimenti, può vantare il maggior numero di prodotti alimentari di qualità. Fratelli Carli intende promuovere ed espandere questa cultura della qualità, partendo dall’olio Marco Tedeschi

riconoscimenti) e dai salumi (36). Ed è proprio per promuovere la conoscenza della storia e delle tradizioni tipiche delle civiltà che si affacciano sul Mediterraneo, di cui l’olivo è uno dei simboli più rappresentativi, che è nata la Fratelli Carli. «L'amore genuino per l’olivicoltura e per i suoi frutti – racconta l’amministratore Gian Franco Carli – ha portato l’azienda a impegnarsi in numerose iniziative volte a diffondere un’autentica cultura dell’olio d’oliva e una migliore conoscenza delle sue preziose virtù, non solo come fedele alleato del gusto, ma anche della salute». Voi vi proponete come ambasciatori di prodotti made in Italy. «Cerchiamo di diffondere, in Italia e all’estero, il gusto per un prodotto genuino e di qualità, tanto che attualmente l’azienda arriva a contare su un parco clienti attivo di 900mila unità, di cui 600mila in Italia e 300mila tra Francia, Austria, Germania, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti con un fatturato di 150 milioni di euro. Una cosa di cui andiamo fieri è l’esserci conservati indipendenti dalle multinazionali. Siamo orgogliosi della nostra identità d’impresa i cui proprietari hanno un nome, un volto e una storia profondamente radicata nel territorio ligure».


Gian Franco Carli

Siamo orgogliosi della nostra identità d’impresa i cui proprietari hanno un nome, un volto e una storia profondamente radicata nel territorio ligure

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In che modo avete promosso la conoscenza della cultura dell’olio d’oliva? «In primo luogo attraverso il Museo dell’Olivo. Ospitato in un’elegante palazzina in stile liberty, è dedicato all’olivo e ai suoi frutti e ne attraversa gli aspetti storici, botanici, artistici e tecnologici. La cultura dell’olio viene raccontata anche attraverso il nostro Emporio un luogo fisico dove l’azienda parla di sé, del proprio modo di lavorare e dove il visitatore può toccare con mano la qualità dei prodotti». Quali sono i prodotti della Fratelli Carli? «Innanzitutto l’olio di oliva. La Fratelli Carli si avvale della passione e dell’esperienza maturata in oltre cento anni di attività per selezionare le partite migliori del bacino del Mediterraneo europeo, che poi miscela per dare vita a diverse tipologie di olio extra vergine di oliva con una sapienza che è tutta made in Italy: il Delicato, dal sapore pieno e armonioso, equilibrato e gentile, e il Centenario, creato per celebrare i cento anni dedicati alla passione che l’azienda ha per l’olio, che presenta la perfetta armonia di diverse cultivar con note che variano dal delicato al piccante. A essi, la Fratelli Carli ha affiancato una selezione di eccellenti extra vergini tutti italiani: l’Olio Extra Vergine di Oliva Fruttato dal gusto persistente e dall’aroma intenso e l’Olio Extra Vergine di Oliva Dop Riviera Ligure Riviera dei Fiori, prodotto nel moderno frantoio Fratelli Carli solo con olive di qualità

taggiasca e in quantità limitata. Infine l’Olio di Oliva Tradizionale dal gusto dolce e fresco, ideale in cucina e alleato importante per una sana ed equilibrata dieta mediterranea». E oltre all’olio? «La Fratelli Carli si dedica anche alla produzione di salse e conserve alimentari che incarnano al meglio lo spirito mediterraneo e italiano, e che hanno nell’olio d’oliva l’elemento distintivo alla base della loro riuscita. A dimostrazione del fatto che l’olio d’oliva non è importante solo a tavola, nella nostra offerta vengono inclusi anche prodotti a base di olio d’oliva per la detergenza e il bucato. Senza dimenticarci del nostro repertorio di dolci». E per quanto riguarda i vini? «La selezione di vini vuole ripercorrere il meglio dei vitigni della Liguria e una piccola e qualificata rappresentanza della produzione vitivinicola del Nord Italia: Pigato Riviera Ligure di Ponente Doc; Vermentino Riviera Ligure di Ponente Doc; Rossese di Dolceacqua Doc; Ormeasco di Pornassio Doc; Prosecco di Valdobbiadene Docg. A questi si aggiunge il Marsala Superiore Doc Ambra Dolce». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 111


PRODOTTI ALIMENTARI

In crescita il dolciario Materie prime selezionate, investimenti tecnologici e una chiara politica della qualità. Sono gli aspetti su cui ha puntato Adr per affermarsi ulteriormente sul mercato dolciario. Ne parliamo con Armando Timossi Lucrezia Gennari

industria dolciaria risponde alla crisi, con realtà che tengono bene il mercato senza scendere a compromessi sull’eccellenza. Adr, azienda di Sassello proprietaria dei marchi La Sassellese, Isaia e Dea, ne è un esempio. Grazie all’alta qualità della produzione e ad una politica di continui investimenti che, solo negli ultimi anni, l’ha portata a destinare all’aggiornamento tecnologico oltre due milioni di euro, Adr ha registrato un fatturato in crescita, attestato intorno ai 9,8 milioni. «La nostra missione è la qualità – afferma il presidente di Adr Armando Timossi -, condizione fondamentale di ogni fase della produzione e della distribuzione dei prodotti: dalla selezione degli ingredienti alla cottura, dagli imballaggi al servizio logistico». La vostra produzione spazia tra diverse tipologie di dolci della tradizione ligure. Quali le principali differenze tra i tre diversi marchi? «Le nostre specialità, Amaretti morbidi e Baci di Sassello, Canestrelli e Canestrellini classici o ricoperti di cioccolato, sono tutte realizzate con cura artigianale, seguendo le ricette della tradizione. Gli Amaretti non contengono glutine e possono essere apprezzati anche da consumatori celiaci. La Sassellese è il nostro marchio primario, in Italia e all’estero. Isaia contraddistingue il nostro prodotto di pasticceria tradizionale in alcune aree regionali, mentre Dea viene mantenuto come marchio tattico per alcune produzioni settoriali con un ottimo rapporto tra qualità e prezzo».

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Nella pagina a fianco, Armando Timossi, presidente della ADR Spa di Sassello (SV) www.sassellese.it

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Quali sono le caratteristiche imprescindibili della vostra produzione? «Ci piace definirci un’industria artigiana: tutte le nostre specialità vengono realizzate come una volta e hanno lo stesso sapore di una volta. Selezioniamo gli ingredienti migliori, sani, genuini e rigorosamente senza conservanti aggiunti e adottiamo tutte le norme internazionali per offrire ai nostri consumatori prodotti sempre garantiti al 100 per cento. Oltre alla certificazione standard Iso 9001:2000, che prevede controlli periodici sulla qualità generale dei processi produttivi, dalla scelta delle materie prime al confezionamento, dalla gestione del magazzino a ogni singola fase di produzione, abbiamo scelto di monitorare ulteriormente le procedure interne acquisendo le certificazioni Ifs e Brc, il che ha determinato un severo incremento dei controlli di qualità».


Armando Timossi

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Abbiamo appena ultimato una nuova linea completamente automatizzata per la produzione di pasticceria

Anche l’attenzione all’ambiente riveste per voi un ruolo fondamentale. «Il rispetto e l’impegno nei riguardi della politica ambientale sono una costante di Adr. Siamo certificati Iso 14001: questo vuol dire che monitoriamo i consumi di risorse naturali e la gestione dei rifiuti, effettuiamo la raccolta differenziata e lavoriamo esclusivamente con energia pulita». Quanto investite in nuove tecnologie e quali performance riuscite a ottenere oggi con le ultime innovazioni introdotte in azienda? «Abbiamo appena ultimato una nuova linea completamente automatizzata per la produzione di pasticceria. Grazie all’efficienza dei processi, possiamo garantire sempre la massima freschezza del prodotto. Lavoriamo infatti con stoccaggi minimali garantendo un potenziale produttivo giornaliero di circa 18 mila Kg. Questa capacità ci consente di realizzare con efficienza pro-

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duzioni di alta qualità in tempi molto rapidi». La vostra realtà è ormai affermata anche all’estero. «Negli ultimi anni abbiamo ampliato considerevolmente i volumi di vendita sui mercati esteri, in cui siamo presenti da diversi anni e ai quali intendiamo dare nuovi impulsi, sulla base degli incoraggianti risultati ottenuti fino ad oggi». Quali le prospettive per il futuro? «Sebbene la tradizione sia assolutamente prioritaria, non vogliamo rivolgerci solo ad un’unica classica fascia di consumatori. Stiamo anzi cercando di aggiornare la nostra proposta e di rivolgerci a un target che diventa sempre più esigente ed evoluto. La nostra distribuzione è orientata anche al canale moderno, perché siamo convinti che la qualità non debba essere un privilegio di pochi, ma un piacere per tutti, per tutti i momenti della giornata». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 113




Semplificare le attività doganali Trovare un equilibrio tra i bisogni reali dell’Europa in tema di shipping e logistica, e gli interessi delle maggiori lobby del settore. È questo l’augurio di Renzo Muratore Marco Tedeschi

ontrastare i traffici illeciti, velocizzare l’interscambio in sicurezza ma, allo stesso tempo, rendere più semplici i rapporti fra le varie dogane. È questo ciò che chiedono molte società che si occupano di logistica e assistenza navi. Come la Saimare società che presta una gamma completa di servizi che coprono l’intero ciclo di assistenza a navi, equipaggi, merci e passeggeri. «La nostra realtà – spiega l’amministratore Renzo Muratore – è presente presso i più importanti porti italiani, anche all’interno dei terminal e delle sedi dell’autorità doganale e marittima». Dal suo punto di vista,

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Renzo Muratore è amministratore della Saimare di Genova www.saimare.com

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come si colloca oggi il nostro paese nello scenario dei trasporti marittimi internazionali? «Con molta debolezza e scarso potere, tra gli armatori più importanti non troviamo infatti la bandiera italiana. Questo avviene anche per un motivo ben preciso; il nostro paese deve sottostare ad accordi comunitari che dipendono, nella maggior parte dei casi, dai voleri delle grandi lobby del settore, che hanno un peso decisivo tanto da influenzare le decisioni di Bruxelles. È per questo che il codice doganale aggiornato, che in teoria avrebbe dovuto entrare in vigore nel giugno 2008, in realtà è rimasto fittizio. Con questo codice si sarebbe fatto

un passo avanti significativo anche per velocizzare molte pratiche amministrative, grazie allo sdoganamento centralizzato delle merci. Ad esempio un armatore che si trova a Genova potrebbe, tramite questo sistema, sdoganare delle merci a Siracusa. Ma le lobby che “comandano” a Bruxelles non lo permettono. Il mio augurio è che si trovi un equilibrio tra ciò che vorrebbero le lobby e ciò di cui ha veramente bisogno l’Europa». Nell’ultimo anno, qual è stato l’andamento del vostro business? «Il 2011 non è stato un anno molto brillante. La crisi ha interessato i porti italiani, in modo particolare Genova, col-


Renzo Muratore

legata ai porti magrebini in forte difficoltà per i noti problemi politici e sociali. Per quanto riguarda il 2012, oggi registriamo cali che da gennaio a giugno non c’erano, soprattutto nel trasporto delle merci sotto vincolo doganale. Un dato importante però è la tenuta delle importazioni, l’andamento del 2012 conferma infatti quello del 2011. Nel primo trimestre del 2012 le esportazioni hanno avuto un netto miglioramento. L’andamento generale potrebbe corrispondere quindi al risultato finale dell’esercizio 2011, risultato di tutto rispetto in considerazione delle situazioni negative economiche europee». La vostra società è stata scelta come partner nella sperimentazione di tutti i più importanti progetti innovativi che, negli ultimi anni, sono stati avviati dall’amministrazione doganale. Potrebbe parlarcene? «In Italia nel 2011 sono entrati in vigore gli adempimenti previsti dal cosiddetto “emendamento sicurezza” disciplinato

dalla UE, relativi ai controlli ai fini sicurezza per le merci in arrivo e partenza dai porti nazionali. Noi nel porto di Genova ci siamo messi a disposizione dell’agenzia delle dogane, con investimenti telematici, che permettano di diminuire i tempi burocratici. La dogana ci ha scelto anche per sperimentare ulteriori modifiche, dando in questo modo un contributo molto importante». In cosa consiste invece il Cad? «La nostra società si avvale in esclusiva, di un Centro di Assistenza Doganale (Cad) per l’espletamento delle operazioni in regime di procedura domiciliata. Già attiva presso la Dogana di La Spezia, tale struttura, implementata a Genova nel corso del 2006 limitatamente alle dichiarazioni delle merci in transito comunitario, viene oggi utilizzata anche per tutte le operazioni di importazione ed esportazione, con grande beneficio. L’avvio a pieno regime del Cad, infatti, ha rappresentato un salto di

qualità nell’efficienza dell’attività doganale, anche grazie a collegamenti telematici con l’amministrazione che consentono di flussare le dichiarazioni e ricevere i corrispondenti messaggi di risposta in tempo reale. Si è così ottenuta una riduzione sostanziale dei tempi necessari per lo svolgimento delle formalità doganali, oltre che una sensibile contrazione del numero delle verifiche sulle merci. Saimare, avvalendosi del Cad, effettua tutte le operazioni doganali in importazione, esportazione e transito comunitario esterno, compreso il transito di contenitori, allo stato estero, dai terminal portuali di sbarco alla Dogana interna». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio periodo? «Per il 2013, la ripresa economica arriverà, in quanto sarà un anno con un andamento positivo in controtendenza all’esperienza vissuta che potrebbe consentire a Saimare un miglioramento rispetto al 2011-2012». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 117


LOGISTICA

Globalizzazione, l’influenza sulla logistica Con la globalizzazione si evolve il settore della logistica. Ma, nel contempo, si rischia di minare la qualità dei servizi. Per Giovanni Benvenuto, offrire un servizio dedicato, anche a livello internazionale, rimane un caposaldo irrinunciabile Carlo Gherardini

e da un lato la globalizzazione si è rilevata il fenomeno recente più importante nello sviluppo dell’economia, portando riscontri positivi sul giro d’affari delle aziende, nonché vantaggi anche per i consumatori, d’altra parte non è scevra da difetti. Secondo Giovanni Benvenuto, amministratore delegato della GDT Logistic di Genova, storica realtà dello shipping genovese, la globalizzazione ha inciso in maniera determinante nell’ambito della logistica: «Questo fenomeno – afferma Benvenuto – ha comportato senz’altro vantaggi e un’evoluzione dei metodi della logistica, ma nel contempo ha anche influito sulla qualità di prodotti e servizi dal momento che, per sua natura, punta più sulla quantità che sulla qualità». Quali i fattori positivi portati, a suo parere, dalla globalizzazione ad aziende e

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consumatori? «Alla globalizzazione è legata la crescita delle aziende che operano a livello globale nella logistica. Ricevere ad esempio le merci dai vendors, convogliarle per il loro trasferimento nei vari paesi riceventi per un re-packaging e per l’utilizzo del prodotto nell’unità produttiva finale ha comportato un’evoluzione anche dei metodi della gestione della logistica locale. Tuttavia la globalizzazione ha anche un grosso difetto, quello di mirare per sua natura alla quantità piuttosto che alla qualità». In che senso? «I prodotti oggi sono presenti in tutto il mondo ormai in tempo reale, ma spesso non è esattamente chiara la provenienza in senso qualitativo perché spesso manca il rapporto diretto col produttore. Lo stesso accade per i servizi. Un servizio globale è necessario

per la gestione di grandi volumi collocati in varie aree del mondo gestiti da grandi società multinazionali, ma allo stesso tempo le grandi società internazionali non riescono a fornire quel prodotto che potremmo definire “fatto su misura” che invece è in grado di fornire un operatore logistico dedicato». D’altra parte, però, l’aumento dei volumi e la loro distribuzione a livello globale favorisce positivamente la riduzione dei costi. «Certamente, così come la libera concorrenza nel mercato

Giovanni Benvenuto, amministratore delegato della GDT Logistic di Genova. In alto, una veduta del porto di Genova www.gdtlogistic.com


Giovanni Benvenuto

I prodotti oggi sono presenti in tutto il mondo in tempo reale, ma spesso non è chiara la provenienza in senso qualitativo perché spesso manca il rapporto diretto col produttore. Lo stesso accade per i servizi

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permette al consumatore di ottenere prodotti sempre a minor prezzo. Credo che in questo scenario sia comunque fondamentale offrire un servizio dedicato, anche a livello internazionale, che vede la sua priorità nell’assistenza al cliente. Questo è ciò su cui punta la GDT Logistic e trovo sia un aspetto nuovo che oggi viene fortemente richiesto dal mercato e che rappresenta da sempre la nostra prerogativa». Voi siete una realtà storica dello shipping genovese. «GDT Logistic è stata fondata nel 1905 e ha partecipato attivamente all’evoluzione del trasporto delle merci via mare, dal carico delle rinfuse a bordo degli ultimi velieri fino allo stivaggio dei container sui liner

oceanici attuali. Il continuo adeguamento alle mutate esigenze del trasporto via terra, mare e aereo, e l’ampliamento dei servizi offerti, ci ha consentito di crescere e affermarci come partner ideale per la nostra clientela grazie a una moderna struttura e a una piattaforma logistica integrata tra il porto di Genova e l’aeroporto di Milano Malpensa. L’obiettivo principale che ci siamo dati fin dalla nascita della società è la qualità del prodotto che oggi si rivela la chiave vincente in tutti i settori dalla produzione ai servizi». In che modo influisce lo scenario attuale sull’organizzazione dell’azienda? «Trovo che la sana competizione, da qualche decennio

sempre più diffusa, non sia da disdegnare, ma meglio ancora oggi si scopre essere la cooperazione a tutti i livelli, anche all’interno dell’azienda stessa dove tutti lavorano all’unisono con un sano senso di appartenenza. Questo ci permette di offrire un servizio attento ai rapporti umani e quindi flessibile nel comprendere le esigenze dei clienti spesso diverse l’una dall’altra. Un servizio che ha come obiettivo primario quello di far crescere i numeri delle performance e che solo in modo sussidiario desidera la customer satisfaction senza che essa faccia parte del suo dna, difficilmente è in grado di percepire e soddisfare le esigenze del cliente. La fidelizzazione si realizza nel lungo periodo, attraverso azioni qualitative continuate che nulla hanno a che vedere con l’obiettivo di raggiungere risultati numerici tipico del sistema globalizzato». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 119


TRASPORTI

Trasporti, criticità e prospettive Esperienza e competenza costituiscono caratteristiche fondamentali per emergere in un mercato impegnativo come quello dei trasporti. Specializzato nella difficile area dell’Africa Occidentale, Massimo Dal Pozzo racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

l Mediterraneo ha avuto nei secoli una fondamentale funzione culturale ed economica, covando la nascita di numerose civiltà e mettendole in comunicazione fra di loro. Mutuazione di tempi antichi, questa funzione sussiste tutt’oggi e il ruolo di tramite fra due universi così differenti e purtuttavia così prossimi come l’Africa settentrionale e l’Europa meridionale è ancora

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Massimo Dal Pozzo, amministratore della Sodimax Srl di Genova max@sodimax.it

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una volta affidato al bacino del Mediterraneo. In concorso – beninteso – con le numerose compagnie di logistica e trasporti che gestiscono il trasferimento delle merci per conto di migliaia di piccole e grandi società. Puntualità e affidabilità diventano in questo caso requisiti fondamentali per emergere in un mercato selettivo e continuamente esposto a turbolenze politiche. L’esperienza e la competenza costituiscono così – insieme a una sviluppata intuitività operativa e imprenditoriale – un vantaggio non trascurabile nella corsa al successo commerciale. Forte di una ventennale esperienza in questo campo, Massimo Dal Pozzo – amministratore della genovese Sodimax – affronta con navigata consapevolezza le sfide odierne del mercato dei trasporti. «L’Italia è purtroppo penalizzata da servizi di scarso livello, non in grado di competere con quelli offerti dalle grandi compagnie scandinave – per esempio – superiori per potenziale organizzativo e vo-

lume di traffico di merci». Come si inserisce la Sodimax in questa penalizzante situazione di mercato? «La soluzione per rimanere competitivi è seguire la nostra vocazione a una qualità del servizio descritta da una buona organizzazione logistica e – soprattutto – dall’allestimento di una nutrita e capillare rete di agenti sul territorio. La conoscenza delle regioni di competenza – segnatamente i paesi dell’Africa occidentale – la dimestichezza e la confidenza con il mercato locale e la capacità di penetrazione nei territori interni rendono la Sodimax una realtà estremamente efficiente, a dispetto delle piccole dimensioni della società». L’instabilità politica della zona di riferimento rende ancora più difficile il vostro compito. Come riuscite a portarlo efficientemente a termine in tali, ardue condizioni? «Anni di esperienza sul campo ci hanno introdotto alla comprensione di certe logiche territoriali dell’area africana;


Massimo Dal Pozzo

siamo in grado di leggere con buona attendibilità le situazioni di potenziale criticità e nel caso di imminenti crisi politiche rallentiamo le operazioni in direzione di determinate zone per ovviare a eventuali disagi. Grazie alla fortuna e alla nostra esperienza, in questi anni non abbiamo mai avuto problemi, riuscendo sempre a disimpegnarci in anticipo rispetto al manifestarsi dei problemi locali, anche grazie a una rete estremamente efficiente di agenti sul territorio». In una realtà culturalmente e politicamente così diversa come quella africana, quanto è importante avere buoni e affidabili contatti autoctoni? «È una condizione di operatività fondamentale e uno dei segreti della nostra efficienza. I buoni rapporti – anche personali – venutisi a creare con

molti di questi agenti ci permettono di fare totale affidamento sulla loro esperienza e sulla loro professionalità, rivelatasi spesso preziosa nella gestione di contratti e operazioni in cui vengono naturalmente coinvolti». Quali sono le difficoltà e i risultati della vostra attività recente e quali le prospettive future? «Con un fatturato di circa due milioni di euro, abbiamo chiuso un anno difficile come il 2011 con un risultato tutto sommato soddisfacente e con la prospettiva di replicarlo nell’anno corrente. Si tratta di un esito quantomeno lusinghiero, considerando non tanto la difficoltà nell’acquisizione di commesse, quanto le talvolta grosse difficoltà nell’esenzione dei crediti che vantiamo presso i commit-

La nostra soluzione per rimanere competitivi è seguire la vocazione alla qualità del servizio

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tenti, situazione che crea comprensibili disagi privandoci della liquidità per finanziare la nostra attività». Quali sono gli accorgimenti strategici che intendete adottare per migliorare il vostro rendimento commerciale? «Il mantenimento e il potenziamento della nostra rete di agenti è considerata sempre una priorità irrinunciabile. Inoltre abbiamo intenzione di creare un sito internet per implementare la comunicazione con la committenza e migliorare la possibilità di personalizzazione del servizio che offriamo già ora». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 123


Una porta sul mare Un progetto che ha rispettato i canoni d’impatto ambientale, di bellezza e di design. Il tutto grazie alla particolare forma a conchiglia. Cala del Forte raccontata da Marco Filippo Alborno e da Stefano Puppo Nicoletta Bucciarelli

n approdo turistico moderno, ecologico, a forma di conchiglia, inserito perfettamente in uno scenario di naturale bellezza dominato dall’antico Forte dell’Annunziata. Praticamente una porta d’Italia sul mare, ecco quello che rappresenta Cala del Forte, un porto affacciato sul mare della città di Ventimiglia, sulla vicina Francia e a pochi chilometri dall’aeroporto internazionale di

U Cala del Forte si trova a Ventimiglia (IM)

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Nizza. «Si tratta di un progetto che si sta realizzando giorno dopo giorno – spiega l’architetto Marco Filippo Alborno, responsabile delle opere a terra – conquistando sempre più l’interesse di diportisti e investitori internazionali. Il piano è stato siglato dal Gruppo Cozzi Parodi, un’azienda leader nel campo costruzioni. I lavori sono iniziati nel dicembre 2009 con la posa della prima pietra e oggi proseguono senza sosta. La diga foranea a forma di conchiglia è

ormai delineata e ultimata e sono in corso i lavori di realizzazione del grande pontile centrale. L’avanzamento dei lavori per le opere a terra, in primis la costruzione dei parcheggi e dei volumi commerciali, stanno prendendo sempre più importanza, così come le residenze, la costruzione del cantiere nautico e l’impianto dei carburanti, due servizi essenziali perché il porto prima della prossima estate 2013 possa ospitare le prime imbarcazioni. Si parla di 348


Marco Filippo Alborno e Stefano Puppo

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La diga foranea a forma di conchiglia è ormai delineata e ultimata e sono in corso i lavori di realizzazione del grande pontile centrale

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posti barca molti dei quali sono già stati prenotati da utenti del Nord Europa. Altissimo è soprattutto l'interesse da parte di investitori russi. Con i suoi 140 mila metri quadri di superficie totale, il porto ospiterà imbarcazioni dagli 8 ai 45 metri; saranno presenti 15 mila metri quadri di verde pubblico, 44 appartamenti, attività commerciali, bar, cantiere nautico e ristoranti. Tutti a far da cornice a questo un nuovo “gioiello del mare”». Le criticità riscontrate sia per le opere a terra che per quelle a mare sono state molteplici. «La difficoltà maggiore – racconta l’architetto Alborno – è stata quella di inserire naturalmente l’opera all’interno del contesto ambientale cosa resa possibile dalla particolare forma a spirale, ma ha richiesto una particolare attenzione nel tracciamento e nell’esecuzione delle strutture. Altro aspetto importante è stato quello di realizzare una banchina ad assorbimento d’onda

per cui non si registrano fenomeni di risacca all’interno del bacino. La scelta progettuale è stata supportata da un’ottima tecnica esecutiva con la realizzazione di celle assorbenti direttamente gettate in opera. Infine la salvaguardia delle grotte naturali alla radice del molo sottoflutto ha richiesto una particolare attenzione in modo da mantenerne sempre libero l’accesso subacqueo. Ciò è stato possibile con l’impiego di blocchi in calcestruzzo direttamente gettati in opera mediante casseri speciali». I lavori procedono con velocità. «Oggi l'attività di Cala del Forte – spiega l’ingegnere Stefano Puppo, responsabile per le opere a mare – procede con la realizzazione del pontile centrale e del ponte di collegamento lungo 25 metri che consente una naturale circolazione di acqua all’interno del bacino. Successivamente seguirà il completamento del molo sottoflutto e delle banchine con lo

smantellamento del vecchio pennello in scogli che durante le fasi costruttive è servito come pista di servizio». Cala del Forte è stato denominato come il porto con il miglior impatto ambientale. «Il progetto – prosegue l’ingegner Puppo – ha sempre rispettato i canoni di bellezza e designer senza però tralasciare gli aspetti tecnico – ambientali, in primis un impianto fotovoltaico attraverso pannelli solari di ultima generazione che produrrà energia elettrica. È stato eseguito un attento studio morfologico del litorale e la valutazione del movimento dei sedimenti ha permesso che il porto si adattasse senza stonature all’intero paesaggio circostante e soprattutto all’area denominata spiaggia della Calandre». Un’opera di una rilevanza tale da avere grande ripercussione sul territorio anche dal punto di vista sociale. «Un impatto che sarà considerevole e significativo, visto che si tratta del primo porto che si incontra in Italia provenendo dalla Francia». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 127


È ancora crisi per le costruzioni Ribassi che rendono difficile l’aggiudicazione degli appalti pubblici e scarsa liquidità diffusa. L’ingegner Giulio Musso affronta i nodi che hanno messo in ginocchio il settore delle costruzioni Valerio Germanico

are d’appalto al massimo ribasso, estrema dilatazione dei tempi dei pagamenti, staticità del mercato immobiliare. Nel 2012 si stanno confermando le criticità in cui il settore delle costruzioni si trova da almeno un biennio. Come spiega l’ingegner Giulio Musso, amministratore delegato e direttore tecnico della Sirce Spa, impresa specializzata nella costruzione e manutenzione di condotte sotterranee per acqua, gas, fognature e servizi: «Il sistema di aggiudicazione delle gare d’appalto penalizza le imprese che curano maggiormente la

G La ditta di costruzioni Sirce Spa ha sede a Genova www.sirce.it

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qualità dell’opera e la correttezza operativa, rendendo difficilissima l’aggiudicazione. Di contro, il perdurare della crisi economica generale si riflette in una consistente riduzione del numero e degli importi delle gare d’appalto indette. Per fronteggiare questa situazione, abbiamo istituito una struttura tecnica interna che studia la partecipazione alle offerte economicamente più vantaggiose. L’attuazione di questa procedura premia lo studio preliminare del progetto a base di gara, l’organizzazione aziendale e in particolare le proposte di migliorativi da offrire al committente per la realizzazione

dell’opera. Inoltre abbiamo puntato sulla valorizzazione della nostra struttura e intrapreso un percorso di costruzione di un sistema integrato qualità, sicurezza e ambiente, che verrà certificato nel corso nel 2013 ai sensi delle norme Iso 9001:2008, Bs Ohsas 18001:2007 e Iso 14001:2004». In uno scenario di questo tipo, però, finiscono per essere vanificati anche gli eventuali risultati positivi ottenuti. «Nel 2011 – prosegue Musso –, avevamo chiuso l’esercizio con un incremento del volume di produzione del 7,7 per cento rispetto all’anno precedente. Tuttavia,


Giulio Musso

VOLUME DI PRODUZIONE

+7,7% INCREMENTO REGISTRATO DA SIRCE SPA NEL 2011. RISULTATO CONTRASTATO DA UNA CRESCITA DEI COSTI DI PRODUZIONE DELL’11%

con una crescita dei costi di produzione che si è attestata intorno all’11 per cento – sebbene parzialmente compensata da un consistente risparmio fiscale –, il risultato complessivo è stato di perdita, seppure minima». Ad aggravare il quadro, poi, la scarsa liquidità causata dal ritardo nei tempi dei pagamenti. «Il problema pagamenti, da parte degli enti pubblici, ha assunto proporzioni drammatiche. La nostra realtà, insieme a tutte le imprese che lavorano per conto del Comune di Genova, soffre di una carenza di liquidità che ha già fatto parecchie vittime. E che rischia di farne ancora molte altre. Oggi il committente, per “venire incontro agli appaltatori”, propone di certificare il loro credito e di promuovere la cessione dello stesso alle banche – previo impegno a tenere a proprio carico gli inte-

ressi e ogni altro onere. In questo modo però a guadagnare sarebbero le banche, mentre il Comune risparmierebbe. E le imprese avrebbero solo da perdere». Ancora per quanto riguarda gli appalti, la crisi ha determinato un incremento anomalo di partecipazione di imprese alle gare e in particolare a quelle del comparto in cui tradizionalmente operava Sirce. «Imprese dotate di scarsa esperienza nei settori acqua, gas, fognature e servizi sono entrate con offerte mal calcolate e quindi troppo basse. Questo comportamento ha distorto le condizioni di concorrenza e drasticamente ridotto la remuneratività del nostro lavoro, finendo poi per penalizzare anche le stesse imprese che lo avevano introdotto». In tema di prossimi investimenti, Sirce ha previsto di dotarsi dell’attrezzatura per

l’esecuzione diretta di interventi nell’ambito delle demolizioni speciali. «Abbiamo pianificato l’acquisto di pinze e martelloni da montare sugli escavatori di nostra proprietà. Per il futuro, allo stato attuale, siamo in attesa di conoscere gli esiti di procedure di gara in corso e comunque la proposta del mercato degli appalti pubblici ha avuto una contrazione di circa il 40 per cento rispetto agli anni scorsi. Purtroppo tale situazione sembra destinata a durare almeno fino a metà del prossimo anno e di conseguenza aziende come la nostra devono sperare di mantenere la propria struttura in attesa di tempi migliori. Data la situazione, stiamo valutando l’opportunità di estendere la nostra attività lavorativa all’estero e, a tal fine, siamo in procinto di ottenere l’accreditamento presso i rispettivi governi per operare in Libia e Iraq». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 129


EDIL LIGURIA

Edilizia, il rilancio passa anche dalle rinnovabili Il 2011 si chiude in calo per i lavori pubblici a Genova, mentre aumentano le aziende interessate alla filiera delle fonti energetiche rinnovabili, dove anche l’occupazione è in crescita Elisa Fiocchi

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mettere in difficoltà le imprese edili sempre più occupate a far fronte alla crisi sono soprattutto i ritardati pagamenti delle pubbliche amministrazioni ma anche la stretta creditizia, che si è tradotta nel progressivo disimpegno del sistema del credito nei confronti delle costruzioni. I numeri parlano chiaro: in cinque anni, dal 2007 al 2011, i finanziamenti per l’edilizia residenziale sono diminuiti del 38 per cento, stesso scenario, anzi peggiore, per l’edilizia non residenziale, in picchiata del 44,3 per cento. In Liguria è la provincia di Genova a raccogliere nell’ambito dei lavori pubblici i risultati più negativi dal bilancio del 2011. Il numero dei bandi di gara è diminuito del 23 per cento rispetto al 2010, il va130 • DOSSIER • LIGURIA 2012

lore degli appalti del 55 per cento e anche nell’edilizia privata, da gennaio a maggio dello stesso anno, il numero di progetti di nuove opere di fabbricati residenziali di cui è già stata ritirata la licenza è sceso del 40,6 per cento, quello delle opere iniziate del 36,8 per cento e in netto calo è anche il numero dei fabbricati ultimati, sia nel residenziale (-80 per cento) sia nel non residenziale (-33 per cento). Il nuovo semestre del 2012 ha mostrato tuttavia qualche schiarita su tutto il territorio regionale. Secondo l’ultima indagine di Anaepa Confartigianato, se a livello nazionale il comparto presenta una flessione della produzione pari all’1,36 per cento, la Liguria ha reagito in controtendenza segnando un record positivo di +0,97 per cento per quanto ri-

guarda il tasso di imprese di costruzione nell’ultimo anno. A imprimere la spinta maggiore a tutto il comparto sono state le imprese artigiane, che raggiungono le oltre 23mila unità sul territorio e che incidono sul tasso di crescita dell’edilizia regionale dell’1,96 per cento negli ultimi quattro trimestri. Al primo posto nel tasso di sviluppo si colloca in modo marcato Genova (+3,67 per cento), positivo anche il valore di Imperia (+1,02 per cento) e Savona (+0,58 per cento), fa eccezione La Spezia (-0,74). Gli scenari futuri che riguardano l’edilizia si legano comunque a una forte instabilità considerando che nel primo trimestre del 2012 gli investimenti nazionali in costruzioni sono scesi del 5,2 per cento e nel 2011 la spesa della Pa ha


L’andamento del settore

INVESTIMENTI

IMPRESE

-5,2%

+0,97%

IL CALO DEGLI INVESTIMENTI NAZIONALI NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI NEL PRIMO TRIMESTRE DEL 2012

LA CRESCITA DEL TASSO DI IMPRESE EDILI REGISTRATO IN LIGURIA NELL’ULTIMO ANNO

raggiunto la crescita zero. Le ricadute sono state forti anche sull’andamento del mercato del lavoro in Liguria che dall’ultima rilevazione Istat ha raggiunto complessivamente un tasso di disoccupazione raddoppiato nel secondo trimestre 2012, passando dal 4,4 all’8 per cento, con una perdita complessiva di 27mila posti di lavoro in un solo anno e con 55mila lavoratori in cerca di un impiego. A fronte di questi scenari, spicca la crescita rilevante del settore delle energie rinnovabili che, secondo l’indagine dell’ufficio studi di Confartigia-

nato, tra il 2010 e 2011 ha registrato un aumento dell’occupazione nazionale dell’11,9 per cento nel settore dell’installazione di impianti elettrici, elettronici, idraulici, di riscaldamento e condizionamento dell’aria. La Liguria si colloca a metà classifica nel comparto Fer, dopo realtà territorialmente più estese come Lazio, Lombardia, Veneto e Toscana, si tratta di una buona performance frutto delle misure messe in campo negli ultimi anni dai bandi dedicati agli incentivi sulle rinnovabili da parte della Regione. Le realtà produttive che guardando

con interesse alle evoluzioni di questo settore rappresentano il 2,8 per cento del totale delle aziende presenti su tutto il territorio ligure: dagli installatori alle realtà che si occupano di produzione di energia elettrica, dalla fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici al recupero e preparazione per il riciclaggio di rifiuti e la fabbricazione di turbine. Puntare, dunque, su un settore che cresce grazie all’innovazione e a un know how ormai consolidato si sta rivelando una misura necessaria per il futuro rilancio del comparto costruzioni. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 131


EDIL LIGURIA

Leggi più favorevoli alle riqualificazioni Il comparto ligure del mattone vive una stagione delicata. Spiragli di ottimismo giungono dal nuovo regolamento sugli appalti pubblici, da abbinare però al «ricorso sistematico alla regionalizzazione del patto di stabilità», rimarca Roberto Principe Giacomo Govoni

I Nella pagina successiva, Roberto Principe, presidente di Ance Liguria

nterpretare i rilievi delle indagini più recenti relative all’andamento del settore edilizio in Liguria, non appare certo un esercizio agevole. Molto difficile, infatti, è far confluire in una lettura organica il quadro dipinto dal rapporto Anaepa-Confartigianato per il primo semestre di quest’anno e i dati globalmente negativi registrati nel 2011 dagli uffici regionali della Banca d’Italia, che nel calo degli investimenti in edilizia residenziale individuano il principale handicap. Lo scenario si presenta comunque opaco, per via dell’occupazione in ambito costruttivo scesa del 12,3 per cento in sei mesi, con un’emorragia di oltre 26mila posti di lavoro dipendente, ma con segnali d’incoraggiamento che riguardano il tasso positivo di imprese di costruzione, in salita dello 0,97 per cento, a fronte di un dato nazionale con il segno meno. Stando ancora al report,

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il merito sarebbe da ascrivere soprattutto alla scossa al mercato edilizio generata dal piano casa regionale, modificato e semplificato a partire dallo scorso aprile. «Non conosco nel dettaglio i risultati e i criteri di rilevazione con cui è stato redatto il rapporto – afferma Roberto Principe, presidente di Ance Liguria – ma posso dire che la legge sul piano casa ha esteso le possibilità di ampliamento e ridotto le possibilità di demolizione e ricostruzione». Quali tipologie di interventi ritiene possano dar maggior linfa alle imprese costruttive regionali? «Credo che la strada maestra per ricominciare a delineare nuove prospettive di rilancio siano proprio gli interventi di riqualificazione e adeguamento degli edifici vetusti e energivori che la legge penalizza. È il mercato del futuro che richiede, però, ripresa economica e ripristino di condizioni di benessere e pro-

grammabilità economica soprattutto per i privati». In base al trend di ordinativi più aggiornato, che quadro si può tracciare del comparto ligure delle costruzioni? «Il trend di ordinativi non consente di delineare prospettive stabili poiché è legato a episodi e stagionalità e, pertanto, non stabilizza tendenze. Il comparto delle costruzioni, specie per la particolare e frammentata natura delle strutture imprenditoriali liguri, è legato nei suoi rappresentanti più strutturati soprattutto a dinamiche macroeconomiche: la finanza pubblica, le politiche del credito, le tendenze del mercato immobiliare. Ebbene questi fattori, al momento, non si sono ancora assestati. Il nostro centro studi ha previsto una ripresa percepibile dal secondo semestre 2013». Dallo scorso maggio è in vigore il nuovo regolamento regionale per gli appalti pub-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Principe

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La stazione unica regionale può aiutare a correggere alcune distorsioni applicative, specie sul ricorso al prezzo più basso o alla verifica delle anomalie

blici. In quali aspetti del documento intravede spiragli di rilancio per il sistema edilizio ligure? «La stazione unica regionale può contribuire a correggere alcune distorsioni applicative, specie sul ricorso al prezzo più basso o alla verifica delle anomalie. La riorganizzazione del settore non può prescindere tuttavia da una rinnovata capacità di spesa del pubblico attraverso il ricorso sistematico e massiccio alla regionalizzazione del patto di stabilità: tutti i Comuni devono avere la possibilità di mantenere in sicurezza e infrastrutturare il proprio territorio». La ripresa del settore edili-

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zio si lega a quella del mercato immobiliare, oggi in stallo. Quali misure state sollecitando in questa direzione? «Stiamo lavorando sul fronte dell'offerta di abitazioni di taglio sociale, a canone di locazione sostenibile con la Cassa depositi e prestiti. È una sfida irrinunciabile in questo momento delicato, in cui la Liguria fa registrare il peggior indice di accessibilità alla casa sul territorio nazionale. In questo settore le numerose aree pubbliche sottoutilizzate e abbandonate potrebbero essere decisive». La pista dei mercati esteri può sopperire alla stagnazione interna. Esiste qualche realtà

ligure del comparto edilizio che sta traendo sollievo in questo senso? «Sono reduce da un viaggio all’estero e l’elemento confortante che ho colto è l’apprezzamento per le capacità e la qualità delle nostre imprese edili. Quelle storiche, qualificate, strutturate, sono ancora sinonimo di garanzia e qualità nel mondo. Continuiamo a essere un punto di riferimento richiesto all’estero. L’aspetto sconfortante è che fuori dai confini nazionali si percepiscono dinamismo e potenzialità enormi, mentre al rientro in Italia regnano immobilismo e fatalismo». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 133


EDILIZIA

Il 2015 dell’Expo e delle nuove opportunità La diversificazione produttiva e le possibilità di sviluppo portate dalla preparazione dell’Expo 2015 potrebbero rappresentare nuova linfa vitale per il comparto edile e immobiliare italiano. A parlarne sono il dottor Umberto e l’ingegner Federico Piccardo Emanuela Caruso

Expo 2015 di Milano rappresenta un’eccezionale occasione per la ripresa economica. Di certo l’Italia non rimarrà passiva in attesa di questo evento, ma coglierà al volo l’opportunità di riprogettare il Paese». Questo il messaggio lanciato dal premier Mario Monti in merito alle possibilità di sviluppo che l’approssimarsi dell’Expo 2015 porterà non solo in Lombardia, ma in tutta la nazione. Possibilità che dovranno essere colte dai vari settori produttivi del mercato italiano, e in particolare da quello edile e immobiliare, uno dei più provati dal difficile periodo storico. A intravedere nell’Expo 2015 di Milano delle reali opportunità di business è la società immobiliare Astore Spa, nata a Genova ma operante sulla provincia milanese da oltre 40 anni. Come spiega il dottor Umberto Piccardo, amministratore unico alla guida dell’impresa insieme al figlio Federico e alla figlia Olivia: «Anche in previsione dell’Expo,

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Milano rimane la zona cruciale su cui andrà a confluire l’attività del mercato attuale e quindi su cui concentrare il proprio operato. Per la nostra azienda, questo grande evento atteso per il 2015 potrà rappresentare un trampolino di lancio per un ulteriore sviluppo e, soprattutto, per un’ulteriore diversificazione dell’attività. Infatti, pur essendo specializzati in progettazione, costruzione e locazione di magazzini industriali, per l’Expo cercheremo non solo di sfruttare le nuove infrastrutture – ferrovie, autostrade, svincoli – per realizzare immobili sia industriali sia commerciali in posizioni strategiche vicino alle aree clou dell’Esposizione Universale di Milano». E proprio la diversificazione del business per rimanere al passo con i tempi e con le richieste del mercato è uno dei fattori fondamentali che da sempre la società Astore Spa pone come fulcro del proprio operato. «Nata agli inizi degli anni 70 – commenta l’ingegner Federico Piccardo – la nostra impresa im-

mobiliare si è distinta negli anni per la qualità del prodotto sia in fatto di costruzione che di locazione dei magazzini e capannoni realizzati prevalentemente nella provincia di Milano. Le superfici dei nostri magazzini variano da una metratura minima di 800 mq. fino a metrature superiori ai 10mila mq. cadauno adatti, quindi, sia per produzione sia per trasporti e logistica, con altezze sottotrave che variano da un minimo di 6 fino agli 11 metri. Inoltre diversi magazzini sono dotati di un fronte o di un doppio fronte di ribalta con pedane mobili e


Umberto e Federico Piccardo

Il dottor Umberto Piccardo della Astore Spa di Genova - www.astorespa.it

impianti sprinkler. Per ottenere una qualità massima e proporre servizi variegati, dal 2010, grazie agli incentivi del secondo conto energia, abbiamo iniziato a costruire impianti fotovoltaici sui nostri magazzini, e oggi possiamo vantare la realizzazione di 13 impianti per una potenza complessiva di 2MW avendo smaltito anche l’eternit presente sulle coperture di ogni singolo capannone». È così facendo che la Astore Spa ha potuto registrare nel corso del 2011 una crescita di fatturato del 30 per cento grazie alla parte energetica e nel corso del 2012 un anda-

mento positivo del proprio trend di crescita superiore al 10 per cento. «Seguendo quest’idea, che stiamo sviluppando ormai da qualche anno, vorremmo dedicarci anche allo studio e alla realizzazione di ulteriori impianti in differenti campi energetici – spiega l’ingegner Federico Piccardo –. Per quanto riguarda la costruzione di impianti fotovoltaici con il nuovo conto energia, il quinto, non è più così facile procedere con ulteriori realizzazioni. Questo perché, a differenza di un paio di anni fa, la burocrazia si è appesantita, i tempi non sono

certi e non ci sono tariffe precise né tantomeno incentivi chiari a favore del costruttore o del committente». Oltre a questo nuovo interesse per per le energie rinnovabili, la Astore Spa è sempre attenta alla qualità del prodotto, anche in merito alla sicurezza. «Per riuscire a distinguersi e raggiungere una buona posizione sul mercato – conclude Federico Piccardo – è necessario eccellere nella qualità. Ecco perché già da vari anni adottiamo accorgimenti sismici nella costruzione dei capannoni e magazzini; ci preoccupiamo di ottenere le migliori e più avanguardistiche certificazioni, anche quelle non obbligatorie, ma che possono rappresentare un vantaggio per coloro che useranno i nostri fabbricati. È il caso della certificazione per lo stoccaggio di merce particolare». L’innovazione va a braccetto con la sicurezza. Garantendo all’impresa un importante feedback in termini di competitività e ampliamento dei mercati, aprendole nuovi orizzonti di business. LIGURIA 2012 • DOSSIER • 135


EDILIZIA

Nuovi tiranti per l’edilizia Il consolidamento dei terreni è una branca del settore edile che, oltre a dover fronteggiare le criticità portate dalla recessione, deve fare i conti con problemi di natura tecnica e anche giuridica. Ne parla Giovanni Carnabuci Amedeo Longhi

ttività specialistica afferente al grande ramo dell’edilizia, quella della perforazione e del consolidamento dei terreni è una nicchia molto particolare, che comporta un elevato grado di specializzazione, dotazioni adeguate e ottime conoscenze per districarsi fra le criticità tecniche e spesso anche giuridiche che sorgono durante i lavori. A proposito di questo ultimo aspetto, è interessante la novità che propone la De.Ca., azienda genovese che da più di un quarto di secolo opera in questo settore. «Spesso bisogna fare i conti con le pressanti problematiche giuridiche che sempre più spesso riguardano le opere realizzate in prossimità di edifici esistenti», spiega il titolare della società Giovanni Carnabuci. «Proprio per questo – prosegue – e per mantenerci al passo con i mercati internazionali nella tipologia di prodotto da noi, trattato abbiamo stretto un’alleanza con la società di ingegneria inglese Sbma Ltd. I prodotti

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di nuova generazione brevettati sono un’innovazione introdotta da quest’azienda, la quale ci ha concesso la licenza per la produzione e vendita dei tiranti ad alta capacità, denominati appunto Sbma – che sta per “single bore multiple anchor”, letteralmente “foro singolo ancoraggio multiplo” – e dei tiranti rimovibili, sempre ad alta capacità. Questi ultimi sono di largo impiego in tutti i paesi evoluti in quanto estraibili totalmente dal terreno al termine della funzione per la quale sono stati installati. Essi trovano anche un largo consenso nei proprietari dei terreni adiacenti a quello in cui viene eseguita l’opera poiché limitano al massimo l’invasività dell’intervento e quindi le lamentele e le conseguenti azioni legali da parte degli interessati». L’attività di supporto al settore edile dei consolidamenti dei terreni nella quale col passare del tempo si è specializzata l’azienda ligure, è regolata da precise normative tecniche europee, come la


Giovanni Carnabuci

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La strategia da noi messa in atto è rivolta al mantenimento della clientela consolidata attraverso la realizzazione di prodotti di qualità e la prestazione di servizi di miglior livello

Uni En 1537:2002 e consiste nella produzione di tiranti di ancoraggio per uso geotecnico di trefoli di acciaio e barre di acciaio. «A integrazione della nostra produzione – sottolinea Carnabuci –, viene trattata una vasta gamma di materiali geotecnici di cui disponiamo in pronta consegna, tutti destinati alle lavorazioni riferite ai consolidamenti dei terreni, quali miscelatori e iniettori, schiumogeni, polimeri e fluidificanti, martelli fondo foro e bits, tubi dreni, inclinometri, apparecchiature idrauliche di prova e collaudo, dispositivi elettronici quali celle di carico, estensimetri multibase e molteplici accessori di impiego comune per i tiranti geotecnici». Nel fare il punto sulla situazione attuale del mercato, è inevitabile riportare la preoccupazione che suscitano le condizioni del settore edile: «Nel 2010 e 2011 la nostra attività, che nel 2009 aveva retto per via di una discreta commessa estera, ha subito notevoli riduzioni delle vendite. Le previsioni per il 2012 sono di un’ulteriore riduzione che sarà più o meno analoga a quella di moltissime altre aziende», spiega Carnabuci. «Il mercato interno ha subito

un consistente decremento negli ultimi tre anni. Purtroppo in precedenza, per via della crescente richiesta nazionale, la nostra attività sull’estero è stata poco marcata e continuativa e rivolta principalmente a mercati quali Etiopia, Romania, Qatar e pochi altri. La crisi economica incide in misura elevata nel settore edilizio che è praticamente bloccato e di conseguenza le ripercussioni sulla nostra azienda sono molto pesanti. Soltanto la solidità patrimoniale e finanziaria generata negli anni trascorsi potrà permetterci di superare questo periodo di crisi. La strategia da noi messa in atto è principalmente rivolta al mantenimento della clientela consolidata attraverso la realizzazione di prodotti di qualità e la

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prestazione di servizi di miglior livello. Un’intensa operazione di marketing nei mercati esteri, avvalendoci dell’ausilio del nostro partner inglese citato sopra, integra la nostra strategia e sta ora cominciando a dare i primi risultati». Un aiuto può venire dalla struttura aziendale «La flessibilità derivante dalle ridotte dimensioni ci fa agevolmente superare le varie criticità a livello di produzione. Il vero problema, dal punto di vista operativo, consiste nella difficoltà a farsi pagare le forniture. Le molteplici defezioni, sempre più frequenti, particolarmente fra le aziende del settore edile, producono via via maggiori rischi di non vedere ripagati i nostri sforzi».

La De.Ca. Srl ha sede a Genova www.decanet.it

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EDILIZIA

Dall’edilizia al game Un’intera casa prefabbricata, in acciaio, leggera, che abbia caratteristiche portanti. Antisismica e modulare. Casa Metal è solo uno degli ultimi progetti di Metalserra. Un’azienda che ha decisamente investito sulla diversificazione Nicoletta Bucciarelli

a diversificazione dei mercati di sbocco per le aziende italiane è fondamentale per non avere ripercussioni negative sul conto economico in un momento in cui i mercati tradizionali soffrono. In Italia i dati sui consumi sono in netto calo, anche il resto dell’Europa soffre. Ecco allora che la strategia migliore diventa quella di aprirsi a diversi comparti e cercare di investire, tramite analisi di mercato, su quei set-

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tori in controtendenza sul trend generale. È proprio questa la tattica che ha adottato la Metalserra. Specializzatasi alla fine degli anni settanta nella costruzione delle serre a uso agricolo oggi l’azienda di Terzorio (IM) è arrivata a toccare ambiti di mercato tutt’altro che scontati. «Inizialmente – spiega il titolare Gianluca Gabbiani – ci siamo allargati ai tetti di ferro per l’edilizia, poi agli invasi navali. Il fotovoltaico è stato un treno che è

passato e su cui siamo saliti, il 2010 è stato un anno fantastico in cui abbiamo avuto molte entrate, (abbiamo costruito una delle serre più grandi d’Europa con il fotovoltaico) ma adesso ovviamente c’è stata una frenata dell’intero settore». Poi è arrivato il progetto Casa Metal. Di cosa si tratta? «Dato che eravamo già nel comparto edilizio con i tetti e constatandone il successo, abbiamo pensato di allargarci alla


Gianluca Gabbiani

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Con Casa Metal copriamo tutte le classi energetiche. Abbiamo abbinato isolanti termici di origine naturale alla struttura portante

costruzione di un’intera casa prefabbricata, in acciaio, leggera, che abbia caratteristiche portanti: antisismica, modulare, massimo 3 piani, della grandezza che si vuole. Al Saie 2011 siamo stati gli unici a presentare questo tipo di progetto, raggiungendo un grande successo». Che riscontri sta avendo questo progetto in Italia? «Casa Metal è un prodotto che in Italia sarà difficile collocare perché edilizia da noi fa rima con cemento e mattone. Il prefabbricato non ha mai decollato». L’estero sarà quindi l’obiettivo? «Si, anche perché in Italia l’edilizia è in grande difficoltà. All’estero possiamo proporci invece con un prodotto competitivo. Puntiamo soprattutto fuori dall’Europa e ai Paesi dell’Est». Come si lega Casa Metal al risparmio energetico? «Copriamo tutte le classi energetiche, a seconda delle esigenze. Abbiamo abbinato isolanti termici di origine naturale alla struttura portante. Le pareti perimetrali sono realizzate mediante una doppia orditura di guide e montanti in acciaio galvaniz-

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zato. Le guide della struttura sono fissate alla platea di fondazione e sono isolate termicamente tramite una guaina adesiva impermeabile. Sull’orditura metallica del lato esterno della casa viene posato un tessuto traspirante permeabile al vapore avente funzione di barriera all’acqua. Esternamente la chiusura delle pareti è eseguita tramite l’utilizzo di pannelli di fibrocemento resistenti all’azione dell’acqua e delle sollecitazioni. Il soffitto dell’abitazione viene invece realizzato in cartongesso, per realizzare le pareti e i soffitti dei bagni, viene utilizzato un particolare cartongesso trattato appositamente per essere maggiormente resistente all’umidità. La soletta è di travi in acciaio zincato presso piegato e ha funzione portante del tetto di copertura a cui viene posizionato un doppio strato di pannelli isolanti di lana di roccia, viene poi completata con pannelli di fibrocemento ai quali vengono ancorate le strutture portanti del tetto di copertura. La struttura del tetto è in tralicci d’acciaio zincato adeguatamente dimensionati. La copertura si completa mediante il posizionamento di pannelli

termoisolanti in polistirene espanso su cui vengono posizionate le tegole». C’è un altro settore in cui vi siete aperti? «Si, il settore game. Abbiamo creato una postazione di guida virtuale, un simulatore di guida. Si tratta di Sim Drive Station: stabile e robusta, fatta in lamiera presso piegata saldata per creare un telaio stabile e leggero. Dal 2007 a oggi infatti abbiamo constatato come questo settore sia stato in costante espansione; un mercato mondiale che si sta aprendo diverse porte anche grazie agli investimenti di molte software house». Che andamento state registrando? «La crisi si sente ma fortunatamente la nostra azienda è in grado di sopportarla grazie alla nostra diversificazione. In questa prima metà del 2012 stiamo andando bene, grazie soprattutto al nuovo progetto Casa Metal, di cui iniziamo ad avere le prime richieste».

Gianluca Gabbiani è amministratore unico della Metalserra di Terzorio (IM) www.metalserra.it

LIGURIA 2012 • DOSSIER • 141


TURISMO

L’offerta turistica fuori stagione La Liguria offre numerose opportunità anche al di fuori della stagione estiva. L’assessore Angelo Berlangieri spiega quali sono le proposte che attirano maggiormente i turisti italiani e stranieri Nicolò Mulas Marcello

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Sopra, Angelo Berlangieri, assessore al Turismo della Regione Liguria

inita la stagione estiva è tempo di bilanci per il turismo. Non troppo positivi, anche per la Liguria. Secondo i dati di Federalberghi, a soffrire di più è stata proprio la recettività alberghiera, legata al turismo interno: «Gli italiani si sono spostati poco – spiega Angelo Berlangieri, assessore al Turismo della Regione Liguria – e quando si muovono cercano comunque di rinunciare al superfluo. Nella nostra regione hanno tenuto di più le seconde case di proprietà». Archiviata l’estate, qual è l’offerta turistica su tutto il territorio regionale? «Abbiamo l’offerta legata al leisure e quella legata al business. Quest’ultima vanta numerosi meeting e congressi ed è sviluppata soprattutto a Genova e sull’area del Tigullio. Sempre nel Ponente abbiamo un altro tipo di offerta che è quella climatico-invernale indirizzata alla terza età. Per quanto riguarda il turismo più giovanile, l’offerta interessa tutto il territorio regionale, con attività all’aria

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aperta e riguarda prevalentemente il periodo autunnale e la primavera. La Liguria si distingue per la sua rete cicloturistica, per la possibilità di fare escursioni, climbing o altre attività outdoor che si possono praticare sul mare. Sotto questo aspetto, la nostra regione ha un buon posizionamento nei mercati internazionali. Inoltre, anche se in questi anni è stata un po’ più ridotta per motivi di bilancio, abbiamo comunque una serie di offerte di eventi che vengono organizzati sia in autunno che in inverno. Infine, bisogna ricordare che Genova, dopo essere stata la capitale della cultura nel 2004, si è consolidata come una delle città meglio posizionate sul mercato internazionale». Si può quantificare l’indotto economico annuale del turismo in Liguria? «Il fatturato stimato è di circa 5,5 miliardi di euro e vale circa il 10 per cento del prodotto interno lordo della Liguria». Il turismo estero proveniente dalle nazioni vicine, data la posizione della Ligu-

ria, è abbastanza fiorente. Avete in programma progetti di promozione turistica volti all’estero? «Certo, l’internazionalizzazione è importante e in Liguria il turismo internazionale è cresciuto negli ultimi cinque anni del 21 per cento in termini di arrivi e del 17 in termini di presenze. Paragonato con l’area competitiva di riferimento, che è quella del bacino del Mediterraneo, siamo cresciuti di più rispetto agli altri paesi, in quanto questa area è cresciuta solo del 7-8% sia come arrivi che come presenze. Questo significa che abbiamo guadagnato delle quote di mercato». Quali sono gli eventi che da qui ai prossimi mesi attireranno turisti in Liguria? «Dopo la stagione estiva, l’evento più importante che riguarda la Liguria è senz’altro il Salone nautico di Genova che si è appena concluso. La Liguria offre comunque varie fiere e meeting fino ad arrivare al periodo natalizio quando eventi e mercatini attirano molti turisti per le feste».



GREEN ECONOMY

Energia green dal tabacco Ottenere output energetici di diverso livello, per differenti applicazioni e rispettosi del criterio della sostenibilità. Come? Attraverso un brevetto che consente di estrarre energia verde dalla pianta del tabacco. Ne parliamo con Massimo Ghilardi e Sergio Tommasini Nicoletta Bucciarelli

Da sinistra, Sergio Tommasini, direttore generale della Idroedil e del progetto Sunchem, e Massimo Ghilardi, amministratore della Idroedil di Imperia www.idroedil.info www.sunchem.it

econdo il professor Thomas Harpen Goodspeed, direttore del dipartimento botanico dell’Università di Berkeley, la pianta del tabacco sarà una di quelle che sopporterà meglio l’aridità a cui stiamo andando incontro. «Considerando che siamo ora nelle prime fasi di un periodo In-

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terglaciale – spiega Harpen Goodspeed - l’incremento previsto dell’aridità favorirà la sopravvivenza e la continua evoluzione del genere Nicotiana». La notizia, di per sé negativa

per l’aumento dell’aridità, potrebbe avere però un risvolto positivo. Come? Riuscendo a sfruttare le coltivazioni di tabacco producendo energia. È quanto sta portando avanti la società Idroedil tramite un progetto alquanto innovativo. Idroedil è una società nata 35 anni fa ad Imperia per la gestione di discariche di rifiuti solidi urbani e inerti, che, nel corso degli anni ha subìto trasformazioni e mutamenti arrivando ad abbracciare progetti visionari. «Già negli anni 80 mio padre, - spiega Massimo Ghilardi, oggi amministratore della società - alimentava le serre con biogas da discarica. Questo a testimonianza di come la lungimiranza abbia sempre avuto un ruolo importante nella fa-


Massimo Ghilardi e Sergio Tommasini

Il nostro scopo è quello di arrivare, in una decina di anni, a contendere la leadership nella produzione di olio vegetale applicato a fini energetici

miglia e nelle sue azioni imprenditoriali. Da 10 anni la società investe inoltre in attività innovative collegate alle energie alternative. Un esempio? Un brevetto internazionale sulla depolimerizzazione di gomme fuori uso». Una lungimiranza che ha sempre caratterizzato l’azienda, soprattutto nella capacità di creare una risorsa partendo da un problema. Un percorso che parte dalla gestione dei rifiuti solidi urbani e arriva alla creazione di energia verde. «Nel settore dei rifiuti gestiamo circa 140.000 tonnellate di prodotto annualmente e produciamo circa 1,2 megawatt di energia elettrica da biogas. Abbiamo inoltre investito in tecnologie di produzione di energia elettrica da fonti vegetali e biomasse solide. Stiamo portando avanti un importante investimento su un impianto innovativo di smaltimento di pneumatici usati, dai quali otteniamo olio e gas per produzione energetica utilizzando motori endotermici, del ferro e del carbone da riciclare sul mercato. Si tratta di un brevetto internazionale che vede coinvolti enti universitari per finalizzare il

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progetto industriale». Progetti che non intendono guardare solo verso meri fini economici. «Crediamo – prosegue Massimo Ghilardi - che per fare impresa oggi sia necessario coniugare altri valori oltre al profitto ed in particolare: la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale. Per questo reinvestiamo parte degli utili creare progetti che abbiano un valore condiviso». Tra le idee più innovative su cui sta puntando molto Idroedil c’è proprio quella di estrarre energia dal tabacco. «Con mio padre, - spiega Ghilardi - quattro anni fa abbiamo puntato sull’idea e sul lavoro del professor Corrado Fogher, dagli anni 90 impe-

gnato nello studio genetico e miglioramento del Dna della pianta del tabacco per fini energetici, che ha elaborato un brevetto industriale collegato a una nuova varietà di tabacco. Abbiamo rilevato la licenza mondiale di sfruttamento del brevetto industriale creando la società di ricerca e sviluppo Sunchem Holding. Una nuova scommessa imprenditoriale collegata alla produzione di biodiesel e biojetfuel per aviazione. Il nostro scopo è quello di arrivare, in una decina di anni, a contendere la leadership nella produzione di olio vegetale applicato a fini energetici. Abbiamo esteso il brevetto industriale su 57 paesi nel mondo e abbiamo

Sergio Tommasini durante un meeting con il ministro brasiliano dell’agricoltura Mendes Ribeiro

áá

LIGURIA 2012 • DOSSIER • 159


GREEN ECONOMY

áá creato una struttura di licensing aggregando partner di valore che operano nel settore petrolifero». Proprio sulla base delle analisi di mercato Sunchem ha deciso nel 2009 di adottare un modello di partnership strategica che coinvolge aziende medio-grandi che operano nella lavorazione del petrolio / carburante e nel settore della distribuzione. «Tra i più importanti - spiega Sergio Tommasini managing director di Idroedil e del progetto Sunchem - Alphatrading Italia, Argos Oil BV Olanda, Diester Group Francia, Terasol LLC Brasile, Tyton Bioscience Corp. USA». Sunchem Holding detiene i diritti esclusivi per il godimento e lo sviluppo a livello internazionale del brevetto industriale relativo al Tabacco Energetico. «La pianta di tabacco per applicazioni energetiche – spiega Tommasini contrariamente all’industria del tabacco per le sigarette, massimizza la produzione di fiori e semi a scapito della produzione di foglie. Non contiene nicotina e si presenta come una pianta energetica integrata a tutti gli effetti. La pianta è estremamente robusta, in grado di crescere in climi e terreni diversi e può essere coltivata su terreni marginali che non possono essere 160 • DOSSIER • LIGURIA 2012

La pianta del tabacco energetico Il professor Corrado Fogher dopo anni di studi sulla genetica e sul miglioramento del Dna della pianta di tabacco è riuscito ad elaborare una specie agraria destinata alla produzioni di semi anziché di foglie. Una pianta che non contiene nicotina, che ha un’alta produttività di olio per ettaro e presenta caratteristiche agronomiche particolari che la rendono adatta a diversi climi e terreni. È proprio da questo particolare tipo di pianta di Tabacco che si potrà produrre energia. «Noi la definiamo 1SEC– One Stop Energy Crop – spiega Tommasini - ossia una pianta dalla quale possiamo ottenere output energetici di diverso livello e per differenti applicazioni. Abbiamo strutturato un modello industriale che presenta elementi distintivi che affiancano il brevetto di invenzione configurando un innovativo approccio al mondo delle piante vegetali».

utilizzati per la produzione alimentare. Si tratta di una pianta annuale e pluriennale, con più raccolte nello stesso anno, che consente agli agricoltori di scegliere in modo flessibile la rotazione dei terreni o anche colture consociate. Da 1 ettaro di coltivazione di tabacco energetico potremmo avere una media di produzione di sementi da 6 a 10 tonnellate con più raccolte durante l’anno e una produzione di biomassa fresca per produzione di biogas pari a 50-70 ton annue per ha. In relazione ai diversi climi e paesi la pianta bilancia in

modo integrato la produzione di seme con quella di biomassa. Questa produzione evidenzia che si tratta della pianta non alimentare più produttiva sul mercato in termini di potenzialità energetica e sostenibilità (secondo la direttiva RES EU 28/2009). Il seme contiene circa il 40 per cento di olio e dalla spremitura a freddo potremmo avere il 33-34 per cento di olio grezzo e il 65 per cento di panello proteico. La biomassa fresca presenta un buon potere metanigeno che si avvicina alle rese del silo mais. Dalla trebbiatura dell’infiore-


Massimo Ghilardi e Sergio Tommasini

scenza dalla quale si ottengono le sementi abbiamo la biomassa secca, un altro prodotto utile per fini energetici, che presenta un potere calorifico di 3800 kcal/kilo». In sintesi la pianta di tabacco del professor Fogher può essere considerata la pianta di seconda generazione sostenibile sia da un punto di vista ambientale, economico e sociale. «Infatti – prosegue Tommasini - non è una pianta ogm, non contiene nicotina, non è tossica, presenta una produzione integrata di biomassa e di olio per ettaro molto superiore ad altre oleaginose (che sono essenzialmente monocolture) e si adatta a diversi climi con protocolli agronomici unici (l’approccio integrato di questa coltura è unico al mondo). Ciò che si ricava dalla pianta è un olio per biocarburanti e biojetfuel. «Per questo – prosegue Ghilardi - abbiamo siglato un accordo con Alitalia nel settembre 2011. Un altro scopo che possiamo ottenere è anche il panello per mangimi animali e la biomassa per fini

In Italia quest’anno abbiamo una coltivazione di 400 ettari, che rappresenta la piattaforma di lancio per il 2013-2017

energetici». Il progetto sta andando avanti e si sta concretamente sviluppando molto velocemente. «Sotto la Sunchem Holding – riprende Tommasini - abbiamo creato una serie di società di gestione operativa che sviluppano il tabacco energetico su tutta la filiera aggregando dei partner di valore che operano nel settore della produzione di biocarburanti e trading petrolifero. In particolare abbiamo una presenza importante negli Usa, in Brasile, in Italia e in Nord Africa. Siamo anche in Senegal, Namibia, Santo Domingo e stiamo entrando nell'area ex sovietica e nel 2013 inizieremo a svilupparci sui mercati cinese, malesiano e indonesiano». La produzione sta interessando paesi differenti. «In Italia quest’anno abbiamo una coltivazione di 400 ettari, che rappresenta la piattaforma di

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lancio per il 2013-2017, abbiamo poi coltivazioni nei vari stati in cui siamo presenti. Solo in Italia investiremo a breve 20-25 milioni di euro». L’operazione è complessa ma molto ben strutturata. «Dalla holding – riprende Ghilardi gestiamo una quota rilevante di equity in ogni società creata ad hoc per lo sviluppo integrato nei singoli paesi. Abbiamo costruito una filiera completa, integrata e chiusa, che va dal brevetto “tobacco seeds”, italiano e internazionale, e comprende ogni fase del processo, fino ai prodotti finali: olio, panello e biomassa. Sunchem Holding mantiene una partecipazione di rilevanza all’interno delle società del livello operativo ed è in grado di equilibrare i margini lungo tutta la filiera. Con noi l’agricoltore diventa partner ed elaboriamo insieme il business plan». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 161


EMERGENZA CARCERI

La bontà delle misure alternative La custodia cautelare, secondo Vittorio Pendini, deve tornare a essere una misura eccezionale, favorendo altri provvedimenti, tra cui gli arresti domiciliari Elisa Fiocchi

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ai dati forniti dal Ministero degli Interni si scopre che nel 2008 i reati commessi in Italia sono diminuiti dell’8,1 per cento mentre il numero degli arresti è aumentato del dieci per cento. Il problema del sovraffollamento delle carceri non va, dunque, solo associato all’emergenza sicurezza nel Paese ma anche e soprattutto analizzato attraverso l’uso eccessivo di alcune misure giudiziarie, come sostiene l’avvocato Vittorio Pendini, presidente della Camera Penale della Liguria. «In particolare – afferma – il ricorso eccessivo alla custodia cautelare come espiazione anticipata della pena». Circa il 60% dei detenuti, infatti, si trova in queste condizioni, cioè in attesa di un giudizio. Pendini illustra la strada per risolvere le criticità delle carceri italiane a partire dall’applicazione della misura cautelare carceraria in casi eccezionali, non trascurando anche l’applicazione delle misure alternative al carcere. Come giudica le situazioni di sovraffollamento che si sono venute a creare specie in Liguria?

164 • DOSSIER • LIGURIA 2012

«Sono situazioni esplosive, che ho visto di persona, da quando anche i direttori delle carceri hanno cominciato a sollevare apertamente il problema. Al Marassi, ad esempio, ho visto in una cella otto persone con un solo bagno, si tratta di condizioni fuori dal mondo e dal tempo». Da che cosa dipende il sovraffollamento delle carceri? «C’è senz’altro il problema del ricorso eccessivo alla custodia cautelare che abbiamo sollevato più volte. Quando un’indagine si chiude è evidente che cessa uno degli elementi su cui si fonda tale misura. Ancorarla agli altri due parametri, ovvero il pericolo di fuga e di reiterazione del reato sulla base di considerazioni generiche, non può bastare. Eppure, proprio partendo da questi elementi, si mantengono stati di custodia cautelare che potrebbero essere eliminati o attenuati con altre misure, come gli arresti domiciliari, che vengono utilizzati solo per casi particolari». Perchè non vengono utilizzati con la stessa frequenza?


Vittorio Pendini

DETENUTI

80% COLORO CHE UNA VOLTA USCITI DAL CARCERE, SENZA LE MISURE ALTERNATIVE, TORNERANNO A DELINQUERE

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Le misure alternative non sono risolutive nel cento per cento dei casi ma comunque restano più efficaci rispetto alla loro non adozione

«Forse i giudici delle indagini non hanno fiducia nei loro colleghi dell’esecuzione, hanno timore che quando la pena è definitiva non sia poi espiata. Aggravando le pene in caso di evasione dagli arresti domiciliari si era dato un segnale chiaro: in caso di evasione, infatti, il detenuto ha tradito la fiducia che in lui aveva riposto il giudice e per questo il reato è molto grave e le pene previste sono state aggravate. Ma l’applicazione scarsa di questa misura non persegue appieno lo scopo prefissato». Come si risolve il problema del sovraffollamento in fase giudiziaria? «Si supera con una celebrazione più snella e più rapida dei procedimenti di custodia cautelare in modo tale da farla ritornare un’eccezione, così come vuole la Costituzione. E anche con un processo snello che conduca a una sentenza esecutiva in tempi più brevi rispetto a quelle attuali. Purtroppo, le cose cosi non funzionano, e anche per quanto riguarda l’allungamento dei termini della prescrizione non vorrei che così facendo fornissimo un alibi per dilatare ancora di più i tempi dei

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processi». Quali provvedimenti permettono poi al detenuto di non reiterare il reato? «Bisogna ricorrere alle misure alternative. In Liguria, come in Toscane ed Emilia Romagna, si riscontra una felice applicazione di questi strumenti. Permane, tuttavia, una grossa disparità di vedute tra i magistrati di sorveglianza delle varie regioni. Per alcuni le misure alternative sono un fallimento perchè la maggior parte dei detenuti quando poi torna alla libertà riprende a commettere dei reati. È vero questo, ma lo è solo in parte. E soprattutto è vera un’altra cosa che dimostra la bontà delle misure alternative: una statistica dice che il 30% dei detenuti che ha usufruito di misure alternative delinquerà ancora dopo aver riacquistato la libertà, ma è l’80% di quelli che non vengono risocializzati attraverso le misure alternative che, una volta uscito, torna a delinquere. Dobbiamo perciò dedurre che le misure alternative non sono risolutive nel cento per cento dei casi ma comunque rimangono più efficaci rispetto alla loro non adozione». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 165


EMERGENZA CARCERI

Nuove misure contro l’affollamento Quando si prendono provvedimenti come l’indulto servono anche politiche che consentano al detenuto di trovare occupazione in attività socialmente utili. Ne parla Salvatore Mazzeo, direttore del carcere di Marassi Elisa Fiocchi

L

a Liguria è la terza regione italiana per sovraffollamento dei carceri dopo la Puglia e la Lombardia e nell’istituto penitenziario di Marassi a Genova il fenomeno ha raggiunto proporzioni allarmanti, toccando il 44 per cento in più di detenuti rispetto alla capienza complessiva della struttura. Si può arrivare anche a nove persone all’interno di una stessa cella di diciotto metri quadrati con un solo bagno, letti a castello e nessun altro servizio. Nel 2012, come racconta il direttore del carcere genovese Salvatore Mazzeo, «l’istituto ha superato ormai gli 830 detenuti, una cifra enorme se si considera che ne potrebbe accogliere fino a 450». Inoltre, la struttura, ristrutturata negli anni Novanta e costruita alla fine dell’Ottocento in un periodo in cui la filosofia della pena era ben diversa rispetto a quella attuale, è priva di spazi di attività di recupero come succede nei penitenziari moderni. Negli anni i gestori hanno creato una panetteria, un teatro e il campo di calcetto recuperando vecchi capannoni. Ma le condizioni restano comunque critiche e in spazi affollati aumentano i problemi di convivenza non solo tra i detenuti ma anche nei riguardi del personale. Gene-

166 • DOSSIER • LIGURIA 2012

rando il caos, l’esasperazione, fenomeni di autolesionismo e, nei casi più gravi, il suicidio. Come si affronta il problema del sovraffollamento al Marassi? «Purtroppo conosciamo ormai benissimo gli effetti del sovraffollamento e il personale della polizia penitenziaria sta facendo il proprio meglio per operare in queste difficilissime condizioni. Nonostante tutto, riusciamo a mantenere la situazione sotto controllo ma servono provvedimenti deflattivi che liberino le carceri perlomeno da quei detenuti che hanno una fine pena più breve o che siano meno pericolosi. Se il trend resterà come l’attuale è inutile dire che anche nei prossimi mesi avremo grosse difficoltà». Questo problema è sfociato nel 2012 o anche negli anni precedenti la struttura registrava le stesse condizioni? «Ormai sono parecchi anni in cui la popolazione aumenta in maniera progressiva, e l’ultima volta, quando è stato approvato l’indulto, siamo riusciti a mandare fuori quasi la metà della popolazione carceraria tornando a vivere in condizioni discrete. Poi nel giro di quasi un anno, le carceri si sono nuovamente sovraffollate. Il motivo è molto semplice:


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Salvatore Mazzeo

DETENUTI

830 IL NUMERO DI CARCERATI AL MARASSI, QUASI RADDOPPIATI RISPETTO ALLA CAPIENZA MASSIMA DI 450 UNITÀ

quando si prendono provvedimenti clemenziali bisogna anche adottare misure ad hoc che consentano al detenuto di avere un’agenzia di controllo che si faccia carico dei suoi problemi perchè scarcerato deve impegnarsi in qualche attività socialmente utile. Sicuramente l’amnistia è una strada da seguire ma occorre che sia accompagnata da misure alternative affinché il detenuto non rientri all’interno dell’istituto». Perchè nelle carceri liguri lavora solo il 10 per cento dei detenuti? «Purtroppo il lavoro scarseggia perché, per quanto riguarda lavori come il cuoco, lo scopino o l’addetto alle consegne i detenuti devono essere retribuiti, quindi rappresentano un costo per l’amministrazione e in questo momento non siamo in grado di sostenere quest’onere. Questo è il motivo per cui il numero dei lavoratori nelle carceri si è dimezzato ed è un dato sicuramente negativo in quanto è dimostrato che il lavoro è il principale elemento di trattamento e che se il detenuto vive in cella nell’ozio è più difficile da gestire». Quali aiuti l’istituto riceve dall’esterno? «Noi per primi ci stiamo dando da fare per

cercare forme di lavoro alternative, ad esempio sfruttando l’attività della panetteria qui a fianco o le cooperative liguri che s’avvalgono di manodopera di detenuti che pagano autonomamente. Attraverso queste strade vogliamo implementare il lavoro». E la Regione che ruolo ha nella distribuzione delle risorse? «Il carcere fa parte integrante del territorio, quindi ritengo che gli enti locali debbano farsi carico del problema penitenziario. Fino a qualche tempo fa avevamo un rapporto privilegiato in materia di formazione con la Provincia, con la quale abbiamo realizzato la maggior parte dei progetti, ma adesso è stata soppressa e da circa un anno abbiamo implementato i rapporti con il Comune. Di recente ci siamo confrontati con il sindaco di Genova per valutare attività socialmente utili ai detenuti, come la pulizia del fiume Bisagno e del cimitero di Staglieno. Con la Regione dobbiamo verificare, invece, le risorse perchè allo stato dell’arte tale intervento è poca cosa. Tuttavia, nessun progetto può essere realizzato a costo zero, quindi un impegno regionale è necessario se vogliamo dare alla carcerazione quel significato di pena utile finalizzata all’inserimento sociale del detenuto».

Sopra, Salvatore Mazzeo, direttore del carcere di Marassi a Genova

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EMERGENZA CARCERI

Depenalizzare i reati minori Secondo Roberto Martinelli, servono misure alternative alla detenzione e l’introduzione del lavoro nelle carceri: «Come in Germania, dove lavora circa l’80 per cento dei detenuti» Elisa Fiocchi

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A destra, Roberto Martinelli, segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria

li eventi critici accaduti nelle carceri liguri nei primi sei mesi del 2012 devono far seriamente riflettere sulle evidenti problematiche del sistema e su quanto incidono sul duro lavoro degli uomini della polizia penitenziaria in servizio. A parlarne è Roberto Martinelli, segretario generale del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria, in riferimento ai dati presentati in settembre e relativi ai sette carceri liguri di Sanremo, Imperia, Savona, Genova Marassi e Pontedecimo, Chiavari e La Spezia. Rispetto alla capienza complessiva regolamentare di 1.088 posti letto, si contano ben 1.907 persone, di cui 901 in attesa di un giudizio definitivo. Un detenuto su quattro è tossicodipendente, a lavorare è solo il 10 per cento dei detenuti e gli stranieri sono oltre il 60 per cento dei ristretti. Tutto questo ha determinato e determina carceri sovraffollate e tensioni continue nella Regione Liguria: «Si consideri anche – afferma Martinelli – che i poliziotti penitenziari in servizio dovrebbero essere 1.264 e invece in forza ve ne sono circa 900». In quali condizioni versano i detenuti e quanti casi di suicidio, aggressioni e manifestazioni di protesta sono avvenuti negli ultimi mesi?

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«Dal 1 gennaio al 30 giugno, ventuno detenuti hanno tentato il suicidio, 218 sono stati gli atti di autolesionismo che variano da ingestione di corpi estranei, chiodi, pile, lamette, pile a tagli diffusi sul corpo; ammontano a quattordici i ferimenti e a 54 le colluttazioni, di cui sei sono state le morti per cause naturali. Tre le evasioni dopo aver fruito di permessi premi e una dalla semilibertà, mentre oltre 660 sono stati i detenuti della Liguria coinvolti in manifestazioni di protesta contro sovraffollamento, condizioni di vita intramurarie e a favore dell’amnistia. Per quanto concerne gli atti di autolesionismo questi sono stati commessi maggiormente nel carcere di Marassi a Genova». Il Sappe ha chiesto con urgenza un nuovo ruolo per l’esecuzione della pena in Italia. In che cosa consiste la vostra proposta? «Non crediamo che l’amnistia, da sola, possa essere il provvedimento in grado di porre soluzione alle criticità del settore. Ciò che serve è una vera riforma strutturale sull’esecuzione della pena: riforma che non fu fatta con l’indulto del 2006, che si rivelò un provvedimento tampone inefficace. Facciamo nostri i reiterati autorevoli richiami dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha sottolineato con forza come le criticità penitenziarie siano dovute al peso gra-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Martinelli

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Il corpo di polizia penitenziaria ha carenze organiche per circa 7mila unità

vemente negativo di oscillanti e incerte scelte politiche e legislative». Cos’è dunque chiamata a fare la classe politica? «A riflettere seriamente sulle parole del presidente della Repubblica e a intervenire con urgenza per deflazionare il sistema carcerario del Paese che rischia ogni giorno di più di implodere. Il personale di polizia penitenziaria è stato ed è spesso lasciato da solo a gestire all'interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale e di tensioni. Torniamo allora a sollecitare l’adozione di riforme strutturali, che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all'area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari». E quale iter sindacale è previsto per risolvere questa difficile situazione? «Sollecitare costantemente i membri del Parla-

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mento e del governo a emanare provvedimenti concreti come un maggiore potenziamento del ricorso alle misure alternative alla detenzione; l’introduzione del lavoro durante la detenzione perchè quasi tutti, oggi, stanno in cella venti ore al giorno, alimentando tensione ed esasperazione a tutto danno della sicurezza». Quali modelli europei dovrebbe seguire l’Italia? «Senz’altro quello tedesco, dove lavora circa l’80% dei detenuti, i quali guadagnano un euro l’ora, pagano le spese di mantenimento e le carceri sono vere e proprie aziende, i cui dirigenti, provenienti dalla carriera dei magistrati, sono manager che vengono valutati per gli obiettivi raggiunti: recupero sociale del condannato e bilancio attivo del carcere. Bisogna valutare anche l’espulsione dei detenuti stranieri, la riorganizzazione degli istituti penitenziari e, ad esempio, permettere ai tantissimi tossicodipendenti, circa il 25 per cento, di espiare la pena nelle comunità di recupero, così come avviene nella piccola (solo 16 posti) sezione del carcere di Rimini, dove negli ultimi sette anni sono stati recuperati circa 400 tossicodipendenti». È anche un problema di carenza di organico della polizia penitenziaria? «Il Corpo ha una carenza di organico di circa 7mila unità. Per ora ci sembra che le autorità amministrative ma anche quelle politiche si fanno scudo della drammatica situazione penitenziaria attraverso il senso di responsabilità della polizia penitenziaria; ma queste sono condizioni di logoramento che perdurano da mesi e continueranno a pesare sulle 39mila persone in divisa per molti mesi ancora se non si smetterà di nascondere la testa sotto la sabbia». LIGURIA 2012 • DOSSIER • 169


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