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OSSIER LAZIO L’INTERVENTO.........................................13 Ferruccio Dardanello Aurelio Regina

PRIMO PIANO UNITÀ D’ITALIA .....................................16 Giorgio Napolitano Louis Godart Pietrangelo Buttafuoco Marcello Veneziani ROMA CAPITALE .................................28 Gianni Alemanno Giancarlo Cremonesi Angelo Camilli Giuseppe Roscioli IL PUNTO ................................................40 Renata Polverini ISTRUZIONE ..........................................44 Gabriella Sentinelli Luigi Sepiacci Guglielmo Malizia Mariagrazia Santagati

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ECONOMIA E FINANZA ISTITUZIONI EUROPEE .....................54 Mario Draghi Antonio Tajani

IL PROCESSO DI DIGITALIZZAZIONE .....................104 Carlo di Donato

IL FUTURO DELL’UNIONE................66 Emmanuele Francesco Maria Emanuele Alberto Quadrio Curzio

INFORMATION TECHNOLOGY .....106 Erino Crestini Stefano Diodori

DISTRETTI..............................................70 Valter Taranzano Pietro Di Paolo Maurizio Carboni

APPLICAZIONI SOFTWARE............112 Ettore Alloggia

AGROALIMENTARE ............................76 Filippo Ferrua Magliani Angela Birindelli Gianfranco Castelli IMPRENDITORI DELL’ANNO...........84 Vittorio Gavini Paolo Fatiga Marcello Stella Giuseppe Bellantoni Paolo Marini Alfredo Bonifazi

TELERILEVAMENTO..........................114 Stefano Bizzi SISTEMI DI SICUREZZA ...................116 Ivano Proietti CONSULENZA .....................................118 Rossella Lentini PRODOTTI ALIMENTARI.................122 Danilo Procacci Giuseppe Brunelli TRADIZIONI ITALIANE .....................126 Ettore Menichini


Sommario AMBIENTE GESTIONE DEI RIFIUTI ....................130 Daniele Fortini L’incognita di Malagrotta Giuseppe Pecoraro David Finzi Bracciano Ambiente Spa Carlo De Matteis EFFICIENZA ENERGETICA.............144 Mario Mazzoni

TERRITORIO INFRASTRUTTURE............................148 Pietro Ciucci Luca Malcotti Nicola Zingaretti Antonio Ciucci PROGETTI D’INVESTIMENTO..............................160 Duilio Gruttadauria TRASPORTI..........................................164 Vito Ferri Celso Martin Domenico Giannini

GIUSTIZIA EDILIZIA.................................................170 Le norme regionali Stefano Petrucci Amedeo Schiattarella Teodoro Bontempo Emiliano Cerasi Edoardo Luciani Franco Roncacè Stefano Catoni Daniele Mariani Luigi Fatelli Amalita Canale Erasmantonio Rossi PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA.............................198 Lorenzo Monardo Gianni Zuccon TECNOLOGIE PER GLI AMBIENTI...........................202 Nicola Mazzolini

CRIMINOLOGIA..................................224 Francesco Bruno Luciano Garofano Nino Marazzita

SANITÀ MERCATO DEI FARMACI ...............234 Massimo Scaccabarozzi Silvio Garattini Sergio Pecorelli RICERCA SCIENTIFICA ..................244 Umberto Veronesi Franco Mandelli TOSSICODIPENDENZE...................248 Giovanni Serpelloni DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ....252 Sandro Vivoli

INTERNI................................................204 Mauro Massaccesi IL LITORALE OSTIENSE.................208 Il nuovo volto del lungomare Marco Corsini Giacomo Vizzani TURISMO CONGRESSUALE ..........216 Lo scenario romano Mauro Mannocchi Riccardo Mancini

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

La crescita del paese passa dai territori di Aurelio Regina Presidente di Confindustria Lazio e Unindustria

ell’ultimo anno le esportazioni nel Lazio sono cresciute in maniera significativa e con un incremento superiore alla media nazionale. Un segnale importante per la nostra regione dove, nonostante si contribuisca per il 11% al Pil nazionale, si registra solo il 4,4% di esportazioni, una quota in aumento rispetto al 4,1% dell’anno precedente ma ancora molto contenuta, che prevede ampi margini di crescita. Nell’ultimo decennio le imprese con maggiore propensione all’export si sono riposizionate verso settori a più alto contenuto tecnologico come la farmaceutica, passata dal costituire dieci anni fa il 18% delle esportazioni manifatturiere regionali al 31% attuale; un trend che ha contagiato altri settori, come la chimica e, ultimamente, l’aerospaziale. Su questo versante, “Digitalizzazione e banda larga” è uno dei progetti su cui abbiamo puntato per la modernizzazione della nostra area territoriale. D’altra parte, perché possa insediarsi in un certo territorio, un’impresa innovativa ha bisogno di personale altamente specializzato ma anche della possibilità di commerciare con tutto il mondo e di reti di nuova generazione; per gli stessi motivi abbiamo lanciato il progetto “Città digitale” che, dopo il completamento delle prime 5 aree, oggi sta procedendo con il cablaggio di altre 6 per un totale di 300mila potenziali utenti collegabili, un quinto dei cittadini romani. Le infrastrutture però non risolvono i problemi da sole, occorrono anche contenuti da far correre al loro interno: per questo stiamo sviluppando una serie di piattaforme applicative per nuovi servizi in grado di sfruttare al massimo le potenzialità di queste nuove reti Ngn. A questi progetti, che già stanno portando ricadute positive sul territorio, va aggiunta anche la costituzione a

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Roma dell’Agenzia per l’internazionalizzazione, che nasce all’interno della Camera di Commercio di Roma ma che si apre al coinvolgimento di tutti gli enti camerali del Lazio. Rappresenterà un interlocutore strategico per le imprese, le aiuterà a imporsi sui mercati agevolandone gli investimenti. Insomma, il sistema delle imprese deve cambiare nella direzione di una maggiore attenzione al territorio: è necessario saper interpretare i grandi mutamenti che vi intercorrono, se pensiamo che tra dieci anni il 50% dei cittadini insisterà su aree metropolitane complesse occorre capire come queste si svilupperanno e competeranno tra loro. Tuttavia, nonostante i nostri sforzi, uno degli aspetti che continua a preoccuparci è il tasso di disoccupazione della regione, superiore alla media italiana. Ma è il dato relativo ai giovani, intorno al 31%, a essere particolarmente allarmante, senza contare poi quella fetta tra i 15 e i 34 anni che non studia né lavora: nel 2010 era il 21,6%, un valore superiore alla media del centro Italia. Ai giovani oggi è indispensabile offrire soprattutto nuove sicurezze per il futuro: penso a nuove forme di contratto stabili che abbiano le stesse agevolazioni contributive dell’apprendistato e che coniughino una maggiore certezza del contratto in entrata con una parziale liberalizzazione delle possibilità di uscita. Vanno previste poi misure forti di sostegno al reddito per chi perde il lavoro, insieme a una riqualificazione professionale continua che riempia gli spazi tra un lavoro e l’altro. Ed è necessario anche legare la quota di retribuzione al merito e alla produttività in ogni fascia di età, partendo proprio dai giovani. Tra gli aspetti più importanti vi è quello di far combaciare al meglio le esigenze del mondo dell’impresa con l’offerta formativa: per questo stiamo siglando protocolli operativi d’intesa con università e istituti tecnici superiori. LAZIO 2011 • DOSSIER • 15


UNITÀ D’ITALIA

IL SENSO DEL BENE COMUNE In emergenza si inventa, si tenta, facendo fronte alle insidie della storia con un misto di ingenuità e malizia. Questo ha fatto Giorgio Napolitano dando l’incarico a Mario Monti. Il presidente della Repubblica si sta giocando tutta la sua credibilità di capo dello Stato ma anche di “buon padre” che vuole il bene della famiglia anche quando questa ha opinioni contrastanti Renato Farina, deputato della Repubblica

a sorpresa più grande è stato nei giorni scorsi trovare questo elogio sul Giornale, in prima pagina. “Ormai Padre della Patria, oltre che presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano parla con l’autorevolezza e la saggezza di un buon padre, appunto”. Giordano Bruno Guerri è uno storico di destra, una penna abrasiva, detesta i monumenti e la loro fissità retorica. Il buon padre è il contrario delle statue. Si muove, accorre quando vede che il figlio sta male, detta la calma quando il panico prende i più fragili, mostra il petto se c’è un prepotente che minaccia la famiglia. In questo caso c’è di mezzo la Patria, e i figli di questa Italia, i “fratelli d’Italia” che mai da che è finita la seconda guerra mondiale si sono trovati in un clima tanto torbido. Nessuno capisce più nulla su chi siano davvero gli amici e i nemici. L’Europa vissuta come speranza fino a pochi anni fa ce la ritroviamo come guidata da leader ostili che vogliono imporci le loro pur-

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ghe. Gli Stati Uniti d’America, lungi dal pensare a un piano Marshall per sostenere i Paesi Mediterranei sotto attacco, sono anzi la stazione di partenza del Nemico Finanziario e delle agenzie di rating loro alleate nella speculazione più balorda del mondo, perché affonda il mondo intero e probabilmente anche i pirati che lo bombardano. In Italia poi... Si è individuato un uomo come unico problema, su cui tutti concordemente hanno tirato frecce velenose e sassi appuntiti. C’è bisogno di farne il nome? Lo sappiamo tutti, la sua sigla è S. B. Ed ecco il complimento di Guerri sulla prima pagina del Giornale, mai tenero (giustamente, mi sia permesso) con i comunisti, compresi gli ex e i post, che non abbiano rinnegato la loro sorgente di ideali e di nequizie storiche. Invece Napolitano ha fatto eccezione. La spiegazione è proprio quella appena fornita: Napolitano non si è posto da “capo” ma da padre. La differenza è che i capi, come dice la parola stessa, e la psicoanalisi

spiega, hanno questo nome perché rispetto al corpo che ciascuno di noi è, occupano la nostra testa. Ci chiedono di non pensare, si sostituiscono alla nostra ragione, e chiedono obbedienza cieca. Il padre invece... c’è bisogno di spendere parole? Vuole il bene di tutta la famiglia, anche quando non la pensa come i figli e i nipoti, valorizza i pensieri e il carattere di ciascuno. Soprattutto impedisce che la casa finisca in mano a chi la vuole rapinare dei suoi beni più preziosi, che sono l’unità e gli affetti, oltre - beninteso - agli ori e agli argenti di famiglia. Napolitano sta conducendo questo lavoro che non è un lavoro ma è uno “stato”, come quello del prete o del missionario. Un giorno Berlusconi, ed era il 1994, fu preso in giro perché disse che la sua elezione a presidente del Consiglio gli aveva conferito più capacità. Parlò di “grazia di stato”, che è quella particolare rugiada di benedizioni che secondo la tradizione cristiana investe un’autorità legittima. Così è accaduto per Napoli-


Giorgio Napolitano

tano. Però questa grazia occorre saperla ricevere, accordare il proprio spirito con essa, impedire alla naturale partigianeria che contraddistingue qualsiasi animale politico di averla vinta sulla magnanimità. Napolitano ha dei difetti? Di certo. Non è il momento oggi di esercitarsi nella danza del turibolo che è una specialità in cui i giornalisti italiani sono campioni olimpionici. Si pensi al trattamento riservato prima a Berlusconi e oggi a Mario Monti. Il quale si merita complimenti e auguri, ma anche in queste pratiche sarebbe bene non scivolare nell’eccesso. Così noi qui ricordiamo l’origine di Napolitano, che di certo è stato un comunista, e che a causa di questa appartenenza ha commesso gravi errori, la cui cicatrice non si cancella facendo finta di nulla. Io credo però che la

grandezza degli uomini si misuri anche nel far tesoro delle colpe, rimediandovi ma anche senza continuamente rimuginarvi sopra. Il maggior guaio di Napolitano, a parte la filiazione ideologica (peraltro questa discendenza gli permise di frequentare personalità di grande spessore, come Giorgio Amendola), è da sempre considerata il carattere. Troppo remissivo, esageratamente propenso al comodo rifugio dietro le quinte. Quando fu nominato senatore a vita - accanto a coloro, come l’eurodeputato allora di Forza Italia Mario Mauro, i quali lodarono il suo lavoro eccellente per l’unità europea nel solco della grande tradizione di De Gasperi, Adenauer e Altiero Spinelli - ci fu chi maliziosamente ricordò la sua tendenza a sparire, a non esporsi.

Ad esempio. Un vecchio amico, anzi compagno comunista di Giorgio Napolitano, poi convertitosi al cattolicesimo e diventato nemico feroce della congrega togliattiana, scrisse di lui: “È una natura morta. Incapace di suscitare stupore”. A vergare quelle parole spietate era stato Massimo Caprara, che lo conobbe quando entrambi erano ragazzi, giovani promesse della cultura partenopea, quindi ingaggiati da Palmiro Togliatti. Ebbene alla morte di Caprara (del quale io ebbi la fortuna di essere ammesso tra i suoi amici e confidenti) Napolitano ebbe parole di così forte trasporto, senza alcun retrogusto di amarezza o risentimento, che di colpo smentì la natura morta e l’incapacità di stupire, per meravigliare chi voleva bene a Massimo Caprara. Gli uomini sono una sor- LAZIO 2011 • DOSSIER • 17


UNITÀ D’ITALIA

presa vivente, ed è fantastico che stesso ha definito “impeccabile”. tutto questo sia capitato a noi italiani, nella persona del nostro Presidente: non regna la noia ai vertici dello Stato. In questo anno del 150° l’Italia è capitata proprio nel suo periodo di maggiore incertezza persino sull’idea di unità. Napolitano senza scomunicare nessuno ha posto l’accento sui valori che ci tengono insieme. Ma non sulla carta, bensì nel vissuto. Qui vorrei cogliere due momenti forti. Dove il primo momento chiama il secondo. Intendo parlare della visita del Capo dello Stato al Meeting di Rimini. E della sua gestione della crisi di questi ultimi mesi (altri ce ne saranno, temo, ancora più gravi), che Berlusconi

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Il 21 agosto Giorgio Napolitano è stato appunto al Meeting di Rimini. Lui che è ufficialmente ateo è intervenuto a questa grande kermesse organizzata dai cattolici di Comunione e Liberazione. Perché? A che cosa si deve questa scelta? Non è che sui giornali fino a quel momento sostenitori di Napolitano, in particolare La Repubblica, Cl godesse di buona stampa. Anzi. Napolitano ha colto un invito da parte della presidente del raduno, e cioè la professoressa Emilia Guarnieri, che glielo rivolse accompagnata al Quirinale da due politici di opposti schieramenti: Maurizio Lupi (Pdl) ed Enrico Letta (Pd). Sono i leader dell’intergruppo per la sussidiarietà. Raduna trasversal-

mente alla Camera e al Senato parlamentari di tutti i partiti. Costoro (peraltro anche chi scrive è uno di loro) ritengono che si debba mettere fine a un bipolarismo rusticano, dove ci si scanna su cose per le quali potremmo trovare un accordo per il bene di tutti, e passare invece a un bipolarismo rispettoso e simpatetico, mite, gentile, severo ma buono. Insomma, trovate voi l’aggettivo. L’idea è quella di non tagliare il ramo su cui tutti siamo seduti per fare dispetto al nostro prossimo. Consapevoli che come italiani abbiamo in comune quella cosa fortissima e invisibile che si chiama “ethos della nazione”, e ne parlava papa Wojtyla. Per questo Napolitano è venuto al Meeting e ha visitato la mostra sui


Giorgio Napolitano

Maurizio Lupi ed Enrico Letta ritengono che si debba mettere fine a un bipolarismo rusticano e passare invece a un bipolarismo rispettoso e simpatetico, mite, gentile, severo ma buono

centocinquant’anni dell’Unità lì realizzata. Sempre nei momenti difficili gli italiani, nella differenza di posizioni politiche, hanno saputo trovare le risorse formidabili della rinascita insieme. Sempre! Dal 1861 fino a un attimo fa. Perché non adesso? Interessante poi che Napolitano nel suo discorso abbia calcato su un punto: le certezze! Sappiamo chi siamo, sappiamo che cosa è il bene e che cosa è il male! Così ha concluso il suo discorso il 21 agosto. E se si legge bene è esattamente il percorso su cui farà transitare la crisi per uscirne. Ecco le parole di Napolitano: “Qui in Italia, va perciò valorizzato ogni sforzo di disgelo e di dialogo, come quello espressosi nella nascita e

nelle iniziative, cari amici Lupi e Letta, dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Ma bisogna andare molto oltre, e rapidamente. Spetta anche a voi, giovani, operare, premere in questo senso: e predisporvi a fare la vostra parte impegnandovi nell’attività politica. C’è bisogno di nuove leve e di nuovi apporti. Non fatevi condizionare da quel che si è sedimentato in meno di due decenni: chiusure, arroccamenti, faziosità, obbiettivi di potere, e anche personalismi dilaganti in seno a ogni parte. Portate nell’impegno politico le vostre motivazioni spirituali, morali, sociali, il vostro senso del bene comune, il vostro attaccamento ai principi e valori della Costituzione e alle istituzioni repub-

blicane: apritevi così all’incontro con interlocutori rappresentativi di altre, diverse radici culturali. Portate, nel tempo dell’incertezza, il vostro anelito di certezza”. Disgelo e dialogo... rapidamente... il senso del bene comune... Si rileggano queste frasi. E le si accosti alle vicende di questi ultimi mesi. Rivediamone il film. Sul piano internazionale le agenzie di rating spianano la strada alla speculazione. Sul piano politico all’estero si dedicano risate scurrili al nostro Paese e internamente si chiedono le dimissioni di Berlusconi, appoggiandosi anche ad azioni della magistratura. La maggioranza si sfarina, senza tuttavia subire la sfiducia. È a questo punto che Berlusconi si dimette. LAZIO 2011 • DOSSIER • 19


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Possiamo stare saldi nelle bufere, abbiamo un buon capitano, anzi no, un buon padre della nazione

Che fare? La consapevolezza di Na- fessore che nessuno tra il popolo di una campagna di stampa che ha politano è che le elezioni immediate, in un quadro di scontro così acceso, esporrebbero l’Italia a una aggressione senza precedenti. Insomma: ci combatteremmo tra noi invece di girare i cannoni verso l’invasore. Nello stesso tempo Napolitano non è disposto a dare l’ok a un governo che abbia il sostegno di maggioranze raccogliticce. Vuole il consenso sulla sua analisi: occorre una personalità super partes che raduni intorno a sé i partiti più grandi. La legittimità democratica così ottenuta permetterebbe di rimediare alla anomalia che indubbiamente si verificherebbe. Nulla a che fare con il governo di Dini del 1995, nato con l’astensione del partito vincitore delle elezioni e cioè Forza Italia. Certo è dura vedere all’estero, come capo del governo, un pro20 • DOSSIER • LAZIO 2011

ha votato... Ma in emergenza si inventa, si tenta. Si cerca di essere buoni padri, facendo fronte alle malizie della storia con una mescolanza di ingenuità e di furbizia. In questo senso il governo Monti è il governo del Presidente. Non nel senso che Napolitano si sostituisce al Parlamento, ma perché si gioca tutto se stesso, la sua credibilità non solo di Capo dello Stato ma di quel che Giordano Bruno Guerri ha definito “buon padre”. Senza paternalismo, chiamando alla responsabilità. Cucendo e sollecitando. Del resto in questo momento di crisi finanziaria dobbiamo fare i conti anche con un crollo della stima verso i politici, che peraltro mai era stata molto alta, e però così sprofondata sotto terra mai. Il tutto è stato frutto - diciamocelo -

avuto la sua punta di lancia nella casa editrice di proprietà dei banchieri... Le banche e la finanza ci hanno spiantato, e la banca e la finanza investono denari in una linea editoriale e in libri dove la politica è definita odiosamente la “Casta”, capro espiatorio che salva dal linciaggio le caste padrone delle borse e delle anime. Be’, la mossa di Napolitano è anche un modo per restituire forza e credibilità alla politica e persino ai partiti, chiamati a sacrificare le poltrone per il bene comune. Speriamo che la tempesta si cheti, e torni un po’ non diciamo di mare piatto, ma almeno di onde vivaci e frizzanti, ma senza tsunami continui. Intanto però possiamo stare saldi nelle bufere, abbiamo un buon capitano, anzi no, un buon padre della nazione.



UNITÀ D’ITALIA

Cultura simbolo dell’unità Per Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica, il nostro patrimonio artistico e culturale può rafforzare il sentimento nazionale degli italiani: «Ora siamo maggiormente partecipi della riscoperta del passato» Riccardo Casini

insieme dei beni culturali e artistici del Paese può costituire un fattore di identificazione e cementificazione del senso di appartenenza degli italiani: ne è convinto Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico. In qualità anche di membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, Godart ha seguito da vicino le celebrazioni e, in particolare, i lavori di restauro e valorizzazione dei beni culturali sparsi su tutto lo Stivale. «Credo che gli italiani – spiega oggi – si siano sentiti coinvolti in tutto quel che è stato fatto. Si è trattato di un anno ricco di eventi che hanno cementato il convincimento di essere tutti partecipi di una stessa avventura culturale, politica e istituzionale». In che modo il patrimonio artistico del Paese contribuisce a questo convincimento? «Il nostro patrimonio è fondamentale, lo ha ribadito anche il presidente Napolitano. Di certo, dal punto di vista dell’identità nazionale, è fondamentale capire che c’è un Paese che affonda le radici nel passato del Mediterraneo e che ha trasmesso il messaggio civilizzatore di Atene e Roma: il Paese, insomma,

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dove è nata la cultura occidentale. Il fatto che gli italiani lo abbiano capito, grazie alle varie mostre in programma, li rende maggiormente partecipi della riscoperta del passato. Lo stesso vale per il Risorgimento: le celebrazioni in programma hanno fatto capire che si è trattato di un’epopea voluta da tutta l’Italia, che si riscopriva nazione attraverso quel periodo di lotte. E il successo degli eventi legati a quel momento storico non fa che confermare l’entusiasmo degli italiani in proposito. Ma voglio aggiungere un altro aspetto, da archeologo e da linguista». Prego. «Molti convegni hanno insistito sull’importanza della lingua italiana come fattore di coesione del Paese. E se risaliamo nel tempo, vediamo che questa è frutto di un libro di poesia, ovvero la “Commedia” dantesca; niente a che vedere con altri paesi come la Francia, dove la lingua è stata imposta dal potere centrale, o il mondo arabo, dove è stata la forza della spada a portare a un idioma condiviso. Anche questo fa capire la mentalità italiana e il ruolo della cultura nel nostro Paese».

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno portato anche all’avvio o al completamento di importanti opere di restauro in tutto il Paese. «Si tratta di uno sforzo importante, che pone l’accento sulla necessità della valorizzazione del nostro patrimonio, ma che non va limitato a questo anno di eventi, anzi, dovrebbe fornire lo spunto per un percorso che prosegua nell’immediato futuro. Per quanto riguarda i lavori, la Commissione dei garanti ha valutato quali avviare in base al legame con il periodo rinascimentale e alla possibilità di spalmare gli eventi sul-


Louis Godart

In apertura, Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico; a sinistra, la cerimonia di inaugurazione della restaurata Galleria di Alessandro VII al Quirinale

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Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato

l’intero territorio nazionale. L’egida della Presidenza della Repubblica è stata fondamentale. Siamo riusciti a coinvolgere tutta la popolazione in questa operazione, così che potesse prendere coscienza della fondamentale importanza di queste opere». Non si può dimenticare però che nell’ultimo anno abbiamo assistito anche ai ripetuti crolli nel sito di Pompei. Come dare seguito a questa operazione di valorizzazione? «Credo che il percorso sia già avviato, va solamente incoraggiato. Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato. Così come è necessario che ogni cittadino si senta coinvolto da questo processo di recupero, in base alla funzione che oc-

cupa e alle proprie possibilità. La strada è già tracciata, si pensi all’impegno di Diego Della Valle per il Colosseo o al ruolo della Fondazione Bracco nel progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII nel Palazzo del Quirinale, che ha riportato alla luce le pitture di Pietro da Cortona e dei suoi discepoli». Crede che l’imprenditoria italiana sia pronta a seguire questi esempi? «Dirò di più: imprenditori e fondazioni si sentono maggiormente coinvolti quando viene richiesto loro un impegno per un progetto corposo, che ha a che fare con la nostra storia, anziché un contributo anche minimo per un convegno che poi viene dimenticato in fretta». È soprattutto questa volontà a

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costituire l’eredità principale lasciata dalle celebrazioni del 150enario? «Credo solo che l’anno che sta volgendo al termine sia stato fortemente segnato dalla questione dell’Unità del Paese. E questo deve costituire anche un impegno per il futuro, come scrive il presidente della Repubblica nel nuovo saggio “Una e indivisibile” dedicato proprio a questo anniversario: “abbiamo insistito tanto, e con pieno fondamento, su quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato, e sulle grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo, perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto”». LAZIO 2011 • DOSSIER • 23


UNITÀ D’ITALIA

La mancata pacificazione Il rammarico dello scrittore Pietrangelo Buttafuoco: «All’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al fascismo, ma alla monarchia nel suo complesso» Riccardo Casini

osa lasciano queste celebrazioni? C’è un’eredità, non solo culturale, che il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia consegna alle generazioni future? Secondo Pietrangelo Buttafuoco, scrittore ma anche membro del Comitato dei garanti, in questi mesi «il sentimento di identità nazionale ha raggiunto livelli elevatissimi», anche se l’Italia resta un paese dove la «dimestichezza con la memoria storica» resta «scarsa». Ma il primo pensiero va all’attualità. «Penso – dice – che la conclusione dei festeggiamenti abbia coinciso con una situazione del tutto particolare: sulla scena politica si è assistito a un vero e proprio rovesciamento di regime, un cambio che ha chiari referenti sovranazionali, a loro volta espressione di una volontà che non coincide con quella popolare. Sicuramente è un momento su cui gli storici futuri avranno di che riflettere, con la politica esautorata dal proprio ruolo e un passaggio delicato, oserei dire chirurgico, che ha portato all’insediamento di un governo che non ha il crisma popolare». Torniamo però alle celebrazioni. Crede che questi mesi abbiano contribuito a rafforzare un sentimento di identità nazionale negli

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Pietrangelo Buttafuoco, membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia

italiani? «Credo che il sentimento abbia raggiunto livelli elevatissimi, un dato onestamente insperato: qualche anno fa era difficile immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione anche solo al cospetto del Tricolore, mentre oggi ci troviamo a declamare un risultato eccezionale, con gli italiani che si sono ritrovati, appunto, italiani». Di chi sono i meriti per questo risultato? «Gran parte del merito va attribuito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, che ci ha creduto più di tutti e ha saputo infondere questo sentimento anche a dispetto della

pigrizia dei politici. Dopo Craxi, è stato lui a saper meglio veicolare i miti italiani, da Garibaldi in poi». Ha invece qualche rimpianto? Alcuni aspetti potevano essere meglio sviluppati o trattati? «In generale è venuto a mancare un senso di pacificazione, visto che all’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al Ventennio fascista, ma anche alla monarchia nel suo complesso: nelle celebrazioni mancavano infatti le bandiere sabaude, nonostante la storia dei 150 anni sia iniziata proprio con un re. Altrove, invece, non ci si vergogna in


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Pietrangelo Buttafuoco

Ora anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi

questo senso: penso all’Inghilterra o, in particolare alla Russia, dove nonostante la Rivoluzione e gli eventi tragici che ne sono conseguiti, oggi c’è un orgoglio per la propria storia a prescindere da odi e divisioni. E nelle celebrazioni, senza che nessuno sia turbato per questo, convivono pacificamente le bandiere degli zar, dell’Unione sovietica e della nuova Russia, con quest’ultima che tra l’altro coincide proprio con la prima». In Italia sarebbe così impensabile? «La memoria non può essere abbellita, ognuno ha la propria storia e lì ci si incontra. Purtroppo in Italia c’è ancora un cascame che è l’odio della guerra civile, dal quale non siamo ancora riusciti a venir fuori. Dobbiamo pensare invece che la parola “Italia” è più antica persino dei 150 anni, e comprende anche personaggi come Virgilio o Dante; anzi, per celebrarla degnamente sarebbe sufficiente un picchetto d’onore davanti alla loro tomba. C’è infatti un le-

game remoto che ha portato a questa parola; una parola che non è un’idea miserrima da rinchiudere in un’operazione che accontenti una certa oligarchia». Dicevamo però che le celebrazioni hanno contribuito a rafforzare l’identità nazionale. «Sì, ma celebrazioni escluse, il sentimento è ancora in nuce, non è esploso come altrove. Altri popoli hanno un senso di identità che si manifesta anche in forma di cerimonie: è impensabile ad esempio che gli inglesi dimentichino l’eco di battaglie epiche che hanno forgiato la loro storia. Noi, invece, abbiamo una scarsa dimestichezza con la memoria storica: per dirne una, è vergognoso che il 21 aprile, data della fondazione di Roma, non venga celebrato». Cosa resterà ora di questi festeggiamenti? «In occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, venne rappresentato uno spettacolo musicale,

“Rinaldo in campo”, con interpreti come Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e che raccontava la storia di un brigante che si unisce alle Camicie rosse di Garibaldi. Uno spettacolo che, anche attraverso canzoni come “Tre somari e tre briganti”, ha rappresentato un filo tenue che è arrivato fino a noi. Quest’anno non si è avuto un fenomeno analogo, in favore invece di uno sforzo ulteriore in termini di contenuti e ricerca storiografica. Cosa resterà allora? Indubbiamente il grande impegno, premiato, di Carlo Azeglio Ciampi, grazie al quale una tra le parole più desuete e aborrite, ovvero “patria”, è stata rimessa in circolazione nel linguaggio. Una parola che oggi torna a rappresentare un elemento di unione, dopo che per troppo tempo parte degli italiani non vi si è riconosciuta. Ora invece anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi». LAZIO 2011 • DOSSIER • 25


ROMA CAPITALE

Nuovi poteri alla capitale Il Consiglio dei Ministri guidato da Monti ha dato via libera al secondo decreto legislativo per l’attuazione della riforma di Roma Capitale. A commentare questa pagina storica per la città è il sindaco Gianni Alemanno Leonardo Testi

l primo provvedimento operativo del Governo Monti, il 21 novembre scorso, è stato il via libera al secondo passaggio della riforma di Roma Capitale nell’ultimo giorno utile per poterlo effettuare, prima della scadenza dei termini per esercitare la delega sul federalismo fiscale. Un evento che ha prodotto l’esultanza del primo cittadino Gianni Alemanno, la soddisfazione delle istituzioni del capoluogo, ma anche gli attacchi e le contrarietà da parte della Lega, che aveva sempre osteggiato la riforma. Dopo il primo atto, che aveva sancito il nuovo profilo istituzionale di Roma tramite l’introduzione dell’ente territoriale “Roma Capitale”, questo secondo decreto legislativo ne stabilisce i contenuti, assegnando le competenze e i poteri che vengono trasferiti dallo Stato a Roma Capitale. Sul tavolo ci sono materie quali la valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, in accordo con i dicasteri competenti, e lo sviluppo economico e sociale, con particolare riferimento al settore produttivo e turistico. Per quanto riguarda, nello specifico, la prima area di funzioni, vanno segnalati la promozione e il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, incluse importanti attività in concorso con lo Stato mediante la partecipazione alla

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Conferenza delle Soprintendenze, ma anche la definizione di procedure condivise con Stato e Regione per le sanzioni e la repressione degli abusi edilizi su beni vincolati, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Passano, inoltre, a Roma Capitale le competenze finora governative sul Teatro dell’Opera. Roma Capitale concorrerà poi a stabilire le politiche per la tutela del paesaggio e gli indirizzi di tutela, pianificazione e recupero, partecipando all’attività di vigilanza sui beni paesaggistici e gestendo le riserve statali fuori dai parchi nazionali. In materia di protezione civile, Roma Capitale ha facoltà di emanare le ordinanze per interventi di emergenza e di dichiarare, su richiesta della Regione Lazio, lo stato di “eccezionale calamità naturale”. Ampia autonomia, infine, viene attribuita dal decreto in tema di organizzazione della macchina amministrativa e del personale. Resta fermo, per ora, a 48 il numero di consiglieri dell’Assemblea capitolina, anziché 60 come era stato inizialmente auspicato da Alemanno. Il decreto passa ora all’esame delle Commissioni parlamentari e delle Conferenze Stato-Regioni e StatoCittà, per i pareri previsti, quindi tornerà al Consiglio dei Ministri per l’approvazione definitiva. «È un giorno di festa per i romani, per il

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno il 21 novembre, giorno dell’approvazione del decreto

sindaco, per la presidente della Regione – ha dichiarato all’Agi Mauro Cutrufo, ex vicesindaco –. Per i primi, in quanto si troveranno di fronte una velocizzazione burocratico-amministrativa sorprendente, per il secondo per l’intuizione e la perseveranza che viene oggi premiata da un grande risultato, per la terza, per aver compreso l’oggettiva e irrinviabile esigenza di una delle Capitali in assoluto più grandi del mondo». Ecco, nello specifico, il commento del sindaco Alemanno.


Gianni Alemanno

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Passano a Roma Capitale le competenze finora governative sul Teatro dell’Opera

Il Governo Monti ha approvato il secondo decreto su Roma Capitale. Quali saranno per la città i vantaggi concreti derivanti dal trasferimento dei poteri in materia di beni culturali, paesaggistici e ambientali, turismo e protezione civile? «I nuovi poteri consentiranno a Roma di seguire direttamente la promozione del proprio patrimonio e di assicurarne la migliore fruizione possibile». Per quanto riguarda le materie attualmente di competenza regionale, i settori interessati sono la pianificazione territoriale e il trasporto pubblico locale. Cosa cambierà nella governance cittadina? «Prima di tutto, il nuovo assetto a XV Municipi e poi l’autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria di Roma Capitale, che consenti30 • DOSSIER • LAZIO 2011

ranno una netta semplificazione dei servizi a vantaggio dei cittadini». Con quali presupposti Roma lavorerà con la Regione Lazio per formulare la legge che completerà il quadro del passaggio di competenze? «Sulla scorta del protocollo sottoscritto, credo sia palese la condivisione di intenti. Siamo di fronte a una nuova pagina per la governance del nostro territorio, che permetterà a Roma di acquisire quelle funzioni che già tutte le altre capitali europee possiedono». Nel corso dell’iter parlamentare previsto, quali integrazioni o eventuali modifiche potrebbero emergere? «Auspico un dibattito migliorativo, al quale anche il Campidoglio non potrà che contribuire attraverso un confronto aperto nell’ambito della

conferenza unificata. Plausibile la proposta di una clausola di salvaguardia per assicurare che il decreto venga applicato in tempi certi». L’attuazione di Roma Capitale comporterà dei costi? E se sì, di quale portata? «Non parlerei di costi. Stiamo puntando a una gestione non solo più efficiente e funzionale, ma anche più economica. Il governo deve ovviamente definire forme, meccanismi e procedure con il trasferimento del personale, delle relative risorse finanziarie, delle strutture e delle dotazioni organiche». Quali restano le principali priorità da affrontare per Roma nel 2012? «Migliorare il decoro della città e aiutare, allo stesso tempo, l’economia contro la crisi».



ROMA CAPITALE

Verso una capitale più attrattiva Lo status di Roma Capitale contribuirà anche a potenziare un settore chiave come quello turistico. Ne parla il numero uno della Camera di Commercio di Roma, Giancarlo Cremonesi Francesca Druidi

n passaggio fondamentale per la nostra città». Così Giancarlo Cremonesi, presidente della Camera di Commercio di Roma e di Unioncamere Lazio, commenta l’approvazione del secondo decreto legislativo su Roma Capitale, che si traduce in un’importante autonomia decisionale e gestionale su vari fronti, compreso lo sviluppo economico e sociale. «Il nuovo status consentirà, attraverso la pianificazione di progetti e risorse in funzione delle effettive necessità di imprese e cittadini, di velocizzare i processi decisionali e di dare ulteriore impulso al percorso di trasformazione intrapreso dal nostro territorio negli ultimi anni. Prima di questo riconoscimento, il Comune era dotato della stessa autonomia e status giuridico degli altri Comuni d’Italia». Il decreto secondo Cremonesi, va, dunque, a riequilibrare una situazione di svantaggio competitivo che vedeva Roma, unica fra le grandi capitali europee, a non beneficiare di una legislazione speciale e di uno status personalizzato. Al nuovo ente spetterà anche il coordinamento delle manifestazioni fieristiche. Quali sono i suoi auspici in questo senso? «Attraverso il polo fieristico romano assicuriamo un’importante

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vetrina alle produzioni di eccellenza del made in Italy, promuovendo lo sviluppo di sinergie tra imprese, fondamentali per raggiungere quella massa critica necessaria per affrontare le sfide dei mercati globali. Il mio auspicio, dunque, è quello che si possa aiutare il più ampio numero possibile di pmi a competere sui mercati internazionali, accrescendo al contempo il grado di attrattività del polo fieristico e del nostro territorio». La capacità attrattiva di Roma sembra appunto essere la chiave di volta per la ripresa, dall’iniziativa per il decoro urbano fino alla promozione delle Olimpiadi 2020. In

che misura il decreto di Roma Capitale contribuirà a rilanciare la città? «Il decreto è importante perché permette al Comune di istituire e gestire gli uffici di rappresentanza e promozione turistica all’estero. Inoltre, assegna al sindaco la facoltà di attuare le linee guida per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico della città, d’intesa con il ministero competente. Anche in questo caso si tratta di un passaggio cruciale perché riguarda uno dei comparti economici più rilevanti del nostro tessuto produttivo che, se ulteriormente e adeguatamente promosso, può rappresentare il punto di partenza per

Giancarlo Cremonesi, presidente della Camera di Commercio di Roma e di Unioncamere Lazio


Giancarlo Cremonesi

Il decreto è importante perché assegna al sindaco la facoltà di attuare le linee guida per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico della città

il rilancio dell’economia regionale e nazionale». La Camera di Commercio ha attuato diverse iniziative in particolare sul fronte del credito, tema di vitale importanza per le pmi del territorio. «Per le aziende romane, spesso poco patrimonializzate, negli ultimi anni è aumentata enormemente la difficoltà di accesso al credito bancario. Una situazione ulteriormente aggravatasi nelle ultime settimane, poiché le banche sono state costrette a rivedere la loro esposizione a causa della crisi dei debiti sovrani. In questo momento è necessario che ognuno faccia, responsabilmente, la propria parte. La Camera di Commercio è in prima linea per sostenere le piccole imprese con una pluralità di azioni, come il sostegno alla crescita del patrimonio di garanzia dei consorzi fidi. Ab-

biamo, inoltre, istituito fondi di garanzia tesi a dare respiro alle attività imprenditoriali, assicurando una garanzia fideiussoria sulle linee di credito concesse dalle banche. L’ultimo, in ordine di tempo, è il fondo di garanzia di 10 milioni di euro per lo start up, destinato agli aspiranti imprenditori e alle nuove imprese costituite da giovani». Siamo agli sgoccioli del 2011. Tastando il polso alla situazione delle 450mila imprese registrate presso la Camera di Commercio, quali sono le prospettive per il 2012? «Il 2011 è stato un anno molto difficile per l’economia italiana. La nostra realtà territoriale, pur nelle difficoltà, ha mostrato una buona capacità di tenuta. Il numero di imprese registrate presso il nostro ente, a settembre 2011, ha superato le 450mila unità; l’export e il turismo hanno registrato incrementi

positivi, anche se permangono situazioni di estrema difficoltà nel mercato del lavoro. L’andamento economico delle imprese della nostra città nei prossimi anni, e nel 2012 in particolare, dipenderà inevitabilmente da come si evolverà la situazione nazionale e internazionale. Mi riferisco, in primis, alla crisi dei debiti sovrani dell’area Euro. Personalmente rimango ottimista. Senza dubbio, i vincoli di bilancio avranno un impatto negativo sulla spesa pubblica, che rappresenta una componente rilevante per l’economia della nostra area territoriale. Penso, comunque, che il nostro tessuto imprenditoriale - caratterizzato da una forte presenza del terziario sia tradizionale che avanzato - sarà in grado di collocarsi meglio sui comparti a più elevato valore aggiunto, gli unici in grado di garantire uno sviluppo equilibrato e duraturo». LAZIO 2011 • DOSSIER • 33


ROMA CAPITALE

Riaffermare gli interessi delle pmi Bene Roma Capitale, ma servono azioni mirate per risollevare le piccole imprese della regione. Semplificazione, sostegno finanziario e all’export sono cruciali. Lo sostiene Angelo Camilli, neo presidente del Comitato piccola industria di Unindustria Francesca Druidi

presiedere il Comitato piccola industria dell’Unione degli industriali di Roma, Frosinone, Rieti e Viterbo sarà per i prossimi quattro anni Angelo Camilli. Eletto il primo dicembre scorso con il 68% dei voti, l’amministratore delegato di Consilia Real estate e di Consilia Cfo, ha fin da subito sottolineato la volontà di riaffermare gli interessi fondamentali delle circa 2.000 imprese rappresentate dal comitato, il 50% dell’intera base associativa, intensificando il dialogo con i soggetti istituzionali ed economici e individuando misure tese alla soluzione delle specifiche problematiche delle piccole e medie realtà produttive. Roma sta vivendo una fase cruciale con il via libera al secondo decreto di Roma Capitale. Ritiene che questo provvedimento migliorerà l’attività delle imprese? «La nuova norma può certamente rendere più efficienti i processi decisionali che riguardano settori molto importanti per l’economia locale. Parliamo, infatti, di deleghe relative a turismo, urbanistica, edilizia, commercio, voci cruciali per l’economia romana e laziale. Certo, dobbiamo attendere il procedere dell’iter e i termini di tra-

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Angelo Camilli, presidente del Comitato Piccola Industria di Unindustria


Angelo Camilli

sferimento delle deleghe tra Regione e Comune. Per le imprese, tutti i provvedimenti concordati che andranno nella direzione di semplificare, di accelerare i processi decisionali e soprattutto di dare regole certe e risposte in tempi certi, saranno fondamentali. Una riforma a costo zero, a cui speriamo seguano anche azioni dirette alla promozione di nuovi investimenti e a una migliore qualità dei servizi, primo fra tutti il trasporto pubblico». Passando alle parole chiave del suo programma, sono diversi i nodi focali. Dove intervenire con maggiore urgenza? «Oggi le piccole imprese sono quelle che soffrono maggiormente la crisi che, in atto ormai dal 2007,

è diventata insostenibile per molte aziende poiché la congiuntura sfavorevole ha portato a una consistente riduzione dei volumi d’affari, con conseguenti crisi di redditività e liquidità. Il primo appello che mi sentirei di rivolgere, come presidente delle piccole e medie imprese di Unindustria, alle istituzioni che dispongono di risorse da investire sul territorio per rilanciare la crescita, è quella di non sprecare queste risorse ma di metterle a sistema, coordinarle e concentrarle per rendere ancora più efficaci gli interventi. Il primo tema essenziale per le pmi è lo sblocco degli investimenti. Il ministro Passera ha parlato di ripresa degli investimenti per circa 40 miliardi di euro, e questo potrebbe es-

In associazione abbiamo previsto di raccogliere idee per abbattere i costi della burocrazia

sere un segnale importante. A questo si lega il tema della semplificazione burocratica. Anche su questo fronte, il governo ha annunciato provvedimenti per facilitare il finanziamento di opere pubbliche anche da soggetti privati, attraverso lo strumento del project financing». Come si muoverà il Comitato piccola industria? «Su questi due punti il nostro direttivo elaborerà e promuoverà al più presto iniziative da presentare agli interlocutori istituzionali, Regione in primis. Sarà, inoltre, importante verificare con le amministrazioni locali - come, del resto, prevede la recente approvazione dello Small business act - la possibilità di adottare misure volte a semplificare l’accesso alle procedure di aggiudicazione di realizzazione di opere d’investimenti pubblici per le piccole imprese. Sempre sul tema semplificazione, abbiamo proposto in associazione di prevedere una sorta di “libro bianco” nel quale raccogliere idee per abbattere i costi della burocrazia e superare le problematiche specifiche che le imprese vivono quotidianamente. L’obiettivo è quello di condividerlo con la Regione Lazio e di dare alle due commissioni che dovranno essere istituite a valle dell’approvazione dello Small business act, un contributo concreto su cui lavorare». L’altro tema centrale che ha indicato, da neoeletto, è il sostegno finanziario alle piccole imprese. «Sì, innanzitutto le imprese soffrono per i ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Si parla in tutta Italia di una cifra pari a 60-70 miliardi di euro. È scandaloso che lo Stato non pa- LAZIO 2011 • DOSSIER • 35


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ghi i propri fornitori nel momento

in cui lo Stato stesso chiede alle aziende di pagare puntualmente imposte e contributi. È un tema da affrontare con grande urgenza per la sopravvivenza delle pmi, anche per non rendere vano il pacchetto di misure per la crescita economica cui sta lavorando il governo. Altro punto è il rapporto con il sistema bancario. Nella manovra del governo, abbiamo apprezzato il rafforzamento del Fondo di garanzia a livello nazionale, che dovrebbe consentire un’erogazione di 20-25 miliardi di euro da parte del sistema creditizio. I fondi operano però anche a livello locale, regionale e comunale. Per questo è fondamentale che vi sia un’efficace azione di comunicazione su questo strumento rivolta alle imprese. Infine, c’è il fronte della patrimonializzazione. Le aziende laziali hanno investito negli ultimi tre anni, credendoci. Il patrimonio delle piccole imprese è, infatti, aumentato del 30%. Ecco perché occorre, ora più che mai, concentrare tutte le energie e le risorse disponibili sui tre asset che fanno la solidità finanziaria delle nostre imprese: pagamenti puntuali da parte della Pa, patrimonializzazione e accesso al credito». L’aumento dimensionale, l’internazionalizzazione e l’aggregazione costituiscono imperativi funzionali per le Pmi. Quali po-

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Il rafforzamento del Fondo di garanzia dovrebbe consentire un’erogazione di 20-25 miliardi di euro da parte del sistema creditizio

tenzialità e problematiche individua su questi due fronti? Sono in molti a sostenere che in Italia non si è ancora sviluppata una solida cultura delle reti d’impresa, come favorirla? «In questo momento lo sbocco sui mercati esteri è l’unica via d’uscita dalla crisi. Ma su questo tema le piccole e micro-imprese laziali mostrano diverse difficoltà. Per esportare serve, dunque, aggregarsi. In Italia sono già state registrate circa 200 reti d’impresa e anche nel Lazio sono state già avviate alcune esperienze con successo. Stiamo già mettendo a punto iniziative per valorizzare i comparti produttivi a livello territoriale nelle quattro province, promuovendo lo strumento delle reti d’impresa e altre tipologie di accordo. Certo, non è facile, sia per le ridotte dimensioni delle aziende sia perché l’accordo ri-

chiede fiducia e un salto culturale da parte dell’imprenditore. Occorre sperimentare dei percorsi di avvicinamento e conoscenza tra imprenditori che permettano la condivisione del business e di nuove quote di mercato. Tornando all’internazionalizzazione, a livello territoriale è nata l’Agenzia speciale per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Roma, una nuova struttura al servizio dello sviluppo imprenditoriale laziale che supporterà concretamente le attività all’estero delle nostre imprese. L’agenzia, guidata proprio dal presidente di Unindustria e Confindustria Lazio, Aurelio Regina, sarà operativa dal 1 gennaio 2012 ed è stata sin dall’inizio concepita basandosi su tre caratteristiche: approccio privatistico, snellezza e capacità di garantire effetti tangibili per le imprese romane e laziali».


Giuseppe Roscioli

Dopo il via al secondo decreto, si guarda al futuro Il conferimento di nuove competenze può rappresentare l’occasione per intervenire sulle problematiche di Roma, potenziandone i settori strategici. Lo spiega il presidente cittadino di Confcommercio, Giuseppe Roscioli Francesca Druidi

l rilancio dell’Italia passa anche da una rinnovata attenzione alla centralità della sua capitale. Da questa valutazione il presidente di Confcommercio Roma, Giuseppe Roscioli, prende le mosse per riflettere sull’impatto che l’approvazione del secondo decreto su Roma Capitale eserciterà sulla città. In che misura si auspica che il provvedimento possa intervenire sugli attuali nodi critici di Roma? «Così come avviene già in altre capitali europee, quali Parigi, Berlino o Londra, l’obiettivo è quello di accrescere la competitività della città attraverso lo snellimento degli iter burocratici, il reperimento di risorse che ne valorizzino il patrimonio artistico e, sul piano internazionale, la promozione delle competenze a sostegno del settore turistico. Il provvedimento sarà tanto più efficace quanto più sarà in grado di risolvere le criticità ataviche della città, come ad esempio la mancanza di infrastrutture o i problemi legati alla mobilità, tutti fattori che incidono profondamente sulla rete degli scambi e sull’intera economia del territorio». Come si può rafforzare il settore turistico?

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«A Roma il turismo continua a dare segnali positivi nonostante la crisi, con un aumento delle presenze, sia in città che in provincia, di ben 9 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Motivo in più per sostenerlo e alimentarlo con provvedimenti e programmi di finanziamento destinati alle imprese del comparto. Senza dubbio, la gestione diretta del patrimonio culturale e ambientale di Roma costituisce un passo importante in questo senso, visto che l’inGiuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma dustria culturale è un fattore attrattivo per tutto il comparto turistico. Ma se Roma tore ricettivo - e la riqualificazione vuole concorrere alla realizzazione del del litorale. Ma anche sul fronte mosogno olimpico, deve guardare an- bilità, guardiamo con fiducia al comcora più avanti. Prima di tutto, biso- pletamento della rete metropolitana e gna insistere sulle infrastrutture: bene, a tutti gli investimenti in opere pubdunque, i progetti in corso sull’am- bliche necessari a una grande capipliamento dell’aeroporto Leonardo tale come la nostra». da Vinci, la realizzazione del II polo Il terziario, che contribuisce per turistico, del nuovo centro congressi l’65% al Pil complessivo della città, all’Eur - negli ultimi anni il turismo ha dimostrato di saper reggere al congressuale si è rivelato un bacino di quadro congiunturale. Anche alla primaria importanza per l’intero set- luce dell’ultimo roadshow nazionale LAZIO 2011 • DOSSIER • 37


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L’attuale equilibrio della rete commerciale ha bisogno di essere regolamentato

di Confcommercio, quali sono le misure che però vanno improntate nell’immediato per puntare alla ripresa? «Il 2011 è stato, senza dubbio, un anno difficile per la nostra economia e per la nostra politica. La sensibile contrazione dei consumi e il peso della crisi economica, con tutte le conseguenze che ne sono derivate in termini di restrizione del credito e rallentamento complessivo del mercato, hanno confermato le difficoltà di molte imprese di Roma e del Lazio. La manovra appena varata dal Governo Monti contiene misure senz’altro necessarie in un momento come questo, ma al contempo anche molto rigide per le famiglie e i lavoratori perché vanno a incidere sulle pensioni, sui beni immobili e sul mercato del lavoro. Una dura prova anche per le imprese, che subiranno gli effetti negativi di un eccessivo aumento del38 • DOSSIER • LAZIO 2011

l’Iva, che si tradurrà in un ulteriore stretta ai consumi, di una liberalizzazione che rischia di trasformarsi in una vera e propria deregulation e dei tagli agli enti locali. Ora, invece, avremmo bisogno di un piano a sostegno delle pmi che contempli la semplificazione delle procedure per lo start up d’impresa; la possibilità di accesso al credito; la garanzia di tempi certi nei pagamenti; l’opportunità di aggregazione tra imprese (distretti, reti, consorzi); una riduzione della pressione fiscale e nuove politiche di rilancio che valorizzino le specificità territoriali». Come valuta il nuovo piano del commercio? «L’attuale equilibrio della rete commerciale, già messo in seria difficoltà dall’avvento dei nuovi centri commerciali sorti negli ultimi anni, ha bisogno di essere regolamentato e salvaguardato. La redazione del nuovo

Piano urbanistico del commercio costituisce perciò un importante passo nella direzione del controllo e della pianificazione commerciale, ma ancora non risolve alcune esigenze importanti del settore. Appare, infatti, evidente che, in questa pianificazione, il commercio di vicinato è stato del tutto messo da parte fin dall’impostazione metodologica, in quanto l’analisi della reale consistenza del commercio romano non ha coinvolto affatto i cosiddetti negozi di vicinato, circa il 40% del totale. Sappiamo, invece, che questi rivestono una funzione importantissima, anche da un punto di vista sociale, e necessitano di un attento monitoraggio. Non siamo contrari a priori all’apertura di nuove forme distributive di medie o grandi dimensioni, ma abbiamo invitato l’assessorato a riflettere attentamente sulle conseguenze delle prossime aperture, anche di quelle già autorizzate».



IL PUNTO

Il Lazio non rinuncia alla ripresa È stata approvata dalla giunta regionale la manovra finanziaria 2012 da 1,7 miliardi di euro. E sono diverse le sfide che attendono la Regione nel prossimo futuro, tra cui piano casa, rifiuti e sanità. A illustrarle è il governatore Renata Polverini Francesca Druidi

ta per chiudersi un anno profondamente critico per l’Italia, sia dal punto di vista istituzionale che economico, con fosche previsioni per l’anno che verrà. La presidente della Regione, Renata Polverini, stila un bilancio del 2011, tra decisioni prese e impegni per il futuro. Quali provvedimenti ritiene siano stati i più significativi e quali priorità emergono per il 2012? «I provvedimenti messi in campo in questi primi 18 mesi di governo sono stati tanti. Tra i principali, voglio ricordare il patto regionalizzato, imitato poi dalle altre regioni, che nel 2011 ha messo a disposizione di Province e Comuni 450 milioni di euro; gli investimenti in ricerca e innovazione, a partire dal piano triennale per la ricerca che muove altri 237 milioni di euro; l’approvazione del piano casa, che dà risposte a famiglie e piccole imprese; il patto “Lazio sicuro”, il primo in Italia a livello regionale. Ma abbiamo investito molto anche sulle politiche attive per il lavoro, sul potenziamento dei servizi sociali, sulla salvaguardia dell’ambiente. Sono stati complessivamente 18 mesi di intensa attività in un quadro economico e finanziario non facile: ricordo che, al nostro insediamento, abbiamo tro-

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La Fondazione S. Lucia. A destra, Renata Polverini, presidente della Regione Lazio

vato 25 miliardi di debiti e attraverso tre manovre di bilancio e assestamento, abbiamo prodotto 2 miliardi di risparmi. Per quanto riguarda il 2012, dobbiamo fare i conti con l’impatto delle tre manovre finanziarie del Governo Berlusconi e quella del Governo Monti, che hanno comportato minori trasferimenti di risorse alle Regioni. Il 7 dicembre la giunta ha approvato la manovra finanziaria regionale 2012 da 1,7 miliardi, che richiede qualche sacrificio ma non rinuncia a sostenere lo sviluppo, salvaguardando il lavoro e le politiche sociali». Cosa risponde a chi ha duramente contestato il piano casa? Come ritiene procederà il dialogo

con il nuovo esecutivo in merito ai punti del piano impugnati dal precedente governo? «Il piano casa risponde all’emergenza abitativa e, al contempo, crea le condizioni per dare un sostegno concreto al settore dell’edilizia e, quindi, all’occupazione, che ha subito pesantemente gli effetti della crisi. Riguardo l’impugnativa, prosegue il lavoro del tavolo tecnico attivato con il precedente governo. Occorre però dire con chiarezza che il piano è in vigore dal 26 ottobre: famiglie e imprese possono presentare le domande per gli interventi previsti dalla normativa, che non rientrano tra quelli oggetto dell’impugnativa. Le Dia per gli ampliamenti più piccoli, la cui


Foto E. Zanini

Renata Polverini

Sono stati conclusi accordi, come quello per il Santa Lucia, guardando alla salvaguardia della continuità assistenziale e dei posti di lavoro

presentazione è stata anticipata al 12 settembre, stanno affluendo ai Comuni e i numeri dicono che il provvedimento sta avendo la risposta che ci aspettavamo». Altra questione di attualità, i rifiuti. Da una parte la chiusura di Malagrotta e, dall’altra, il piano rifiuti, cosa si prospetta per il Lazio? «Il piano rifiuti è stato approvato dalla Commissione ambiente e ora è pronto per la discussione in Aula. Questa giunta, per la prima volta nel Lazio, ha saputo fare scelte strutturali. Abbiamo posto fine alla stagione delle proroghe per la discarica di Malagrotta, stabilendone la chiusura definitiva al 31 dicembre. Il commissario Pecoraro sta operando al meglio e può contare sul sostegno della Regione. Ma l’obiettivo non è soltanto chiudere Malagrotta, bensì fare in modo che anche il Lazio possa finalmente dotarsi di un ciclo integrato dei rifiuti, in cui le parole chiave sono più raccolta differenziata, ridu-

zione della produzione dei rifiuti, promozione del riutilizzo e del riciclo. In uno slogan, trasformare i rifiuti da problema in risorsa. E questi sono anche i cardini del piano adottato dalla giunta e che il consiglio regionale si appresta ad approvare». La Regione si sta impegnando nel piano di rientro sanitario. Quali i principali obiettivi? «Il piano di rientro sta dando risultati importanti: riduzione di Irpef e Irap, sblocco del 10% sul turn over, che significa poter fare assunzioni, sblocco di fondi nazionali. Il Governo Monti, tra i suoi primi atti, ha liberato ulteriori 350 milioni per la sanità del Lazio. Al nostro arrivo, abbiamo trovato un sistema sanitario gravato da debiti e sprechi. Siamo impegnati non solo a ripianare il debito - in 18 mesi abbiamo dimezzato il disavanzo annuale - ma a garantire maggiore appropriatezza ed efficienza del servizio sanitario. Per troppo tempo, nel Lazio, l’ospe-

dale è stato l’unico punto di riferimento, mentre per alcune malattie è più adeguata e meno costosa l’assistenza sul territorio e quella domiciliare. La riconversione dei piccoli ospedali, che non vengono chiusi ma solo adattati alla reale domanda di salute delle persone, si inserisce in questa logica di miglioramento, e non di taglio, dei servizi». Un passaggio importante ha riguardato l’intesa con il Santa Lucia. «Sì, sono stati conclusi accordi, come quello per il Santa Lucia e il San Raffaele, con una situazione finanziaria pregressa complessa e onerosa, per i quali abbiamo operato con serietà e grande senso di responsabilità, guardando alla salvaguardia della continuità assistenziale e dei posti di lavoro. Abbiamo attivato nuove strutture come l’Ucri, al San Camillo, destinata a malati in post coma, unica nel suo genere in Italia, completamente pubblica. Così come abbiamo sperimentato l’apertura degli ambulatori nel fine settimana e nelle ore serali per attenuare il sovraffollamento dei pronto soccorso. Infine, l’impegno per la prevenzione. Con i camper della campagna “Mi state a cuore” siamo andati nei centri commerciali e nei mercati rionali, per sensibilizzare giovani e anziani sull’importanza della prevenzione. A Natale ripeteremo la campagna in tutte le province della regione. Tutto ciò non esaurisce certamente l’azione messa in campo per la sanità, ma il dato di fondo è che anche in questo settore abbiamo rotto schemi che, in passato, hanno solo prodotto inefficienze e alimentato sprechi». LAZIO 2011 • DOSSIER • 41




ISTRUZIONE

Sui banchi al passo coi tempi Sotto il segno di una nuova amicizia tra sistema pubblico e privato, l’assessore all’istruzione del Lazio, Gabriella Sentinelli, racconta come immagina la scuola del futuro: più vicina al mondo del lavoro, aperta alle nuove tecnologie e luogo d’incontro tra culture straniere Paola Maruzzi

a recente dichiarazione del ministro Francesco Profumo («gli istituti tecnici superiori sono importanti per lo sviluppo del Paese») offre lo spunto per parlare su scala regionale del confronto tra formazione pubblica e privata. A cogliere l’argomento al balzo è Gabriella Sentinelli, assessore all’Istruzione e alle politiche giovanili del Lazio. «Gli Its, progettati e gestiti da soggetti associati in forma di fondazione, sono effettivamente una novità. In questo modo le imprese del territorio prendono parte nel definire i fabbisogni formativi più strettamente collegati alle esigenze locali». Il Lazio conta già sette scuole cosiddette ad alta tecnologia attive da quest’anno e in futuro si prevede l’apertura di altre due nelle province di Frosinone e Rieti. Le scuole speciali di tecnologia sono di recente istituzione e ancora poco conosciute. Come

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Gabriella Sentinelli, assessore all’Istruzione e alle politiche giovanili del Lazio

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colmare questo gap? «Per far conoscere ai ragazzi le nuove opportunità rappresentate dagli Its è fondamentale l’orientamento. Le sette strutture già attive hanno avuto riscontri positivi da parte dei giovani e infatti si è registrata una media di 24 alunni a corso. Durante la manifestazione “Dire giovani, Dire futuro”, tenutasi dal 9 al 12 novembre scorso a Roma, abbiamo predisposto un’area espressamente dedicata agli Istituti tecnici superiori. Inoltre, veicoliamo le informazioni sul web: sul sito regionale, su sirio.regione.lazio.it, attraverso le newsletter e i social network, tra tutti la pagina Facebook dell’assessorato, “Istruzione e politiche giovanili”. Senza tralasciare altri canali come le emittenti radiofoniche locali e le associazioni, tra cui Carta Giovani e Dire Giovani». Nasceranno altri Its nelle province di Frosinone e di Rieti. Di cosa si occuperanno? «In provincia di Frosinone verrà creato Icaro, nell’ambito della mobilità sostenibile settore aerospaziale; in provincia di Rieti, a Passo Corese, è prevista la nascita del polo della logistica laziale per la

gestione centralizzata dell’informazione e dei servizi aziendali per il deposito e lo scambio delle merci, quindi avremo l’Its Mobilità sostenibile per un nuovo modello di gestione del trasporto e della logistica, con sede a Fara Sabina». In tutto ciò la Regione ha stanziato più di 3,5 milioni di euro. Oltre alle risorse economiche, quale altro ruolo giocherà? «Oltre all’impegno finanziario, direi rilevante, la Regione Lazio coordina la fase di progettazione dell’Its, facendo incontrare tutti gli attori presenti sul territorio e interessati ad avere in futuro personale qualificato nelle diverse aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo economico e la competitività locale». Più in generale qual è il clima di confronto tra istituti formativi pubblici e privati? «Non è assolutamente di inimicizia, l’obiettivo comune è sempre


Gabriella Sentinelli

Ci adegueremo al piano nazionale scuola digitale: verranno forniti kit tecnologici e sperimentate modalità didattiche innovative

la formazione delle nuove generazioni. Nel Lazio vi è una distribuzione capillare delle scuole pubbliche, ma è molto consistente la presenza di scuole private parificate, in una coesione che è storicamente avvenuta soprattutto nella città di Roma. Il dettato costituzionale sul diritto allo studio si riferisce ai discenti, occorre quindi un’attenzione particolare da parte del Miur alle strutture, al corpo docente e ai programmi affinché non ci sia una discriminante tra scuola pubblica e privata». Parallelamente alla sua carriera politica, è stata insegnante di ruolo. Di cosa ha bisogna la scuola pubblica oggi? «Occorre rafforzare nello studente la consapevolezza che il corso di

studi non è fine a se stesso, bensì parte integrante della crescita individuale e base strutturale per i successivi percorsi di vita e lavorativi. Per gli Istituti tecnici e professionali servirebbe maggior raccordo con il mondo imprenditoriale; per tutte le scuole di secondo grado sarebbe opportuno una maggiore conoscenza delle lingue straniere perché gli italiani continuano ad avere un gap di conoscenza rispetto al resto d’Europa, dove la condizione indispensabile per accedere all’Università è la conoscenza di almeno due lingue straniere. Stiamo appunto portando avanti il progetto Internship, ancora in fase sperimentale, che prevede la presenza in aula di studenti e neolaureti della Northeastern University

di Boston, in qualità di assistenti dei docenti delle materie non linguistiche, per favorire il potenziamento delle competenze in lingua inglese nei ragazzi degli ultimi anni degli Istituti professionali». Nelle scuola pubblica si lamenta spesso la scarsa attenzione verso le nuove tecnologie, che sono invece il fiore all’occhiello di molte realtà private. «Questo è un altro problema: bisogna passare dai laboratori informatici all’informatica nelle aule. Il Lazio lo farà a breve, adeguandosi al piano nazionale scuola digitale, questo significa che si farà ricorso, fornendo kit tecnologici composti da lavagna interattiva multimediale, videoproiettore integrato e personal computer, a modalità didattiche e di LAZIO 2011 • DOSSIER • 45


ISTRUZIONE

apprendimento innovative in tutte

le materie, creando le condizioni per lezioni interattive, multidisciplinari e condivise sia all’interno che al di fuori della classe». Nuovi obiettivi ma anche sacrifici da fare: giorni fa ha annunciato il dimensionamento scolastico. Cosa comporterà? «Il dimensionamento si rende indispensabile al fine della razionalizzazione del sistema scolastico regionale; la legge 111 prevede un taglio del 15% delle dirigenze e queste vanno verificate provincia per provincia in base alla conoscenza del territorio e delle sue effettive peculiarità demografiche, anche alla luce del fenomeno immigratorio sul territorio e strutturali, viabilità e collegamenti viari e marittimi, avendo nella nostra Regione anche delle isole. Solo così si raggiungerà una razionalizzare della spesa che migliori la funzionalità della rete scolastica e garantisca agli alunni l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Bisogna inoltre ricordare che il taglio delle auto-

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Occorre rafforzare nello studente la consapevolezza che il corso di studi non è fine a se stesso

nomie scolastiche a favore degli Istituti comprensivi non serve solo a far quadrare i conti, infatti questi ultimi garantiscono una continuità didattica nella vita scolastica degli alunni e il raggiungimento di migliori risultati sotto il profilo del profitto». Come rivela l’ultima indagine Ismu, la provincia di Roma è la seconda per numero di studenti stranieri. Quale il compito delle istituzioni scolastiche per dar vita a una didattica interculturale, cioè di reciproco scambio? «Molto dipende dalla sensibilità e dall’abnegazione del corpo docente a cui bisogna dar atto di aver sempre assorbito e cercato di superare le difficoltà linguistiche, soprattutto nella

scuola primaria e particolarmente in quelle scuole dove la presenza di figli di immigrati è molto alta. In secondo luogo, il problema si risolve migliorando i rapporti tra studenti italiani e studenti stranieri grazie a progetti interculturali finanziati con i bandi regionali. Nel Lazio abbiamo previsto alcuni progetti, finanziati con il Fondo sociale europeo, per la realizzazione di azioni di carattere extracurriculare che favoriscano lo sviluppo delle competenze di base, una migliore integrazione socio-lavorativa, il successo scolastico dei ragazzi con disabilità e a rischio di marginalità sociale, nonché l’inserimento e l’integrazione degli alunni stranieri. Per la realizzazione dei corsi, inoltre, le scuole si sono avvalse prioritariamente del personale docente e Ata precario. In esecuzione del bando, con un finanziamento per complessivi 3 milioni di euro circa, sono stati realizzati 35 progetti, presentati dalle scuole capofila, favorendo la creazione di una rete di scuole che lavorano su progetti interculturali».



ISTRUZIONE

Scuole private, un patrimonio per tutti Luigi Sepiacci, presidente di Aninsei, riflette sulle sfide che attendono gli enti formativi privati. «Da sempre sperimentiamo nuove metodologie a beneficio anche della scuola statale italiana, convinti che l’educazione sia un bene comune» Paola Maruzzi

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egli ultimi anni molte scuole hanno chiuso i battenti, portandosi dietro parte dell’offerta del sistema formativo del Paese». Luigi Sepiacci, presidente di Aninsei (Associazione nazionale istituti non statali di educazione e di istruzione), apre così un parziale bilancio sull’anno 2011/2012, soffermandosi su una «domanda che ha risentito delle condizioni economiche sfavorevoli». Oggi il sistema delle scuole private

Luigi Sepiacci, presidente di Aninsei, Associazione nazionale istituti non statali di educazione e di istruzione

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rappresenta il 6,2% dell’apparato nazionale, con circa 444mila alunni su un totale di 7 milioni e 166 mila, ma l’incidenza cresce fino al 14% se si mettono nel conto anche gli asili, «la maggior parte dei quali è gestita da privati». Ipotizzando un possibile miglioramento dello scenario, Sepiacci spiega perché tra pubblico e privato ci sia un “mutuo soccorso” da valorizzare in chiave positiva, un messaggio che in Italia fa fatica a passare. «Il monopolio della scuola di stato è trasversale, in campo industriale anche il più liberista in tema d’istruzione è statalista. Questo è il clima generale». Presidente, le scuole private non stanno vivendo un buon momento. Cosa rischia di perdere l’offerta formativa italiana? «Innovazione. Da sempre i privati sperimentano nuove metodologie educative, cosa che va a beneficio di tutta la scuola italiana. Per esempio, il liceo linguistico è in qualche modo una nostra invenzione. Per non parlare del fatto che molti degli attuali docenti statali hanno fatto palestra nelle nostre aule. Insomma, con la scuola pubblica c’è stato uno

scambio proficuo anche se questo non sembra esserci riconosciuto». Cosa conta oggi nella formazione delle nuove generazioni? «L’adeguatezza alle richieste del mercato, qui si gioca la nostra partita e non, invece, sul ruolo sussidiario alla scuola pubblica. La novità è che ora anche gli istituti statali iniziano a intervenire nella formazione aggiuntiva, per esempio offrendo corsi di lingue straniere e per la patente europea del computer. La principale difficoltà è la sovvenzione: ci sosteniamo con le rette scolastiche, i contributi statali sono quasi inesistenti». A proposito di finanziamenti, da una parte c’è chi lamenta il fatto che le scuole private assorbano soldi pubblici, dall’altra gli operatori delle scuole paritarie denunciano il mancato arrivo dei contributi. Come stanno le cose? «Se svolgiamo un servizio pubblico non vedo perché non dovremmo essere finanziati. Tuttavia i sussidi sono una minima parte, cerchiamo quindi di ottimizzare le risorse. Tempo fa sono stato invitato a partecipare a un’assemblea studentesca in un liceo statale di Roma: una


Luigi Sepiacci

Nella formazione delle nuove generazioni conta l’adeguatezza alle richieste del mercato, questa è la nostra sfida

studentessa di sinistra mi fece notare il divario tra la sua scuola, carente di laboratori e strutture, e quelle private, decisamente più fortunate. Risposi che il suo istituto aveva ricevuto contributi consistenti ma poi i laboratori e le attrezzature erano andate distrutte e danneggiate. A quel punto mi tolsero la parola». Che ruolo giocano i fondi europei? «Quasi nullo, anche se ci spetterebbero. È una doppia beffa. In tutta Europa lo stato finanzia le scuole private e questa è la condizione essenziale per ricevere i fondi europei. Le scuole non statali hanno usufruito dei finanziamenti europei solo laddove ci sono stati progetti regionali in partnership con gli enti istituzionali del settore industriale. Poi va sottolineato un altro meccanismo, in parte illegittimo: con il

ministro Fioroni (governo Prodi) le scuole a gestione laica sono state discriminate e la situazione è rimasta inalterata fino a oggi». L’ex ministro Mariastella Gelmini è stata criticata dall’opposizione proprio per aver aperto troppo il dialogo con le scuole private. «Il primo ad aprire la strada all’integrazione teorica fu il ministro Berlinguer. La Moratti e la Gelmini non hanno mosso un dito: non ci sono stati finanziamenti, non è stato spinta la formazione del sistema unico, la scuola paritaria rimane mal tollerata. Tuttavia stiamo speranzosi». Ma perché lo Stato dovrebbe favorire anche il sistema privato? «Mettiamo a confronto quanto costa alle casse pubbliche e al contribuente un alunno che frequenta una scuola statale: rispetto all’alunno di una scuola privata il di-

vario è incredibile. Se per assurdo tutti si iscrivessero a scuole non statali, si risparmierebbe il 50% della spesa destinata all’istruzione. Viceversa, se le scuole private dovessero chiudere ci sarebbe una spesa insostenibile. Tutto questo per dire che il motivo per cui la scuola privata viene mal digerita, se non addirittura denigrata, non è tanto finanziario ma ideologico». Qual è la vostra priorità? «Combattere il clima di sospetto, far emergere le eccellenze e dare uguali opportunità ai nostri lavoratori. La formazione è un bene comune». Cosa si aspetta dal neo ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo? «Francesco Profumo è una persona intelligente e abile ma le risorse sono scarse, prendere decisioni di apertura e offrire nuove opportunità sarà difficile. A ogni modo non ci siamo ancora incontrati, speriamo di poterlo fare presto». LAZIO 2011 • DOSSIER • 49


ISTRUZIONE

Uscire dall’anomalia italiana Crollano gli iscritti negli istituti e nei licei delle scuole cattoliche, la cui roccaforte rimane il nord Italia. Don Guglielmo Malizia aggiorna la fotografia del sistema privato e avverte: «Siamo indietro. Guardiamo a quell’Europa che garantisce l’effettivo riconoscimento della libertà della scelta educativa» Paola Maruzzi

l numero degli iscritti nelle scuole cattoliche continua progressivamente a diminuire soprattutto nelle classi secondarie di secondo grado, mentre negli altri ordini si mantiene stabile se non in leggera crescita. La causa di questo fenomeno va ricercata nell’«anomalia tutta italiana» spiega Don Guglielmo Malizia, professore emerito di sociologia dell’educazione presso la facoltà di scienze dell’educazione dell’Uni-

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versità Salesiana. «Il vero problema è la percentuale modesta di studenti che frequentano il sistema delle scuole paritarie, in Italia stimata intorno al 10%, di cui più della metà nelle scuole cattoliche, mentre in Europa, dove il riconoscimento della libertà di scelta educativa è effettivo, le cose stanno diversamente: 20% in Francia e in Spagna, 30% in Olanda, 58% in Belgio». Per anni, come direttore del centro studi per la scuola cattolica della Cei, ha studiato il fenomeno da vicino. Cosa c’è in atto? «Gli alunni delle scuole cattoliche o di ispirazione cristiana nello scorso anno scolastico 2010/11 sono stati 740.636, quindi il calo va ridimensionato e calcolato solo su parametri effettivamente comparabili. Ora è vero che il totale degli studenti è diminuito, ma la riduzione si concentra nella secondaria di secondo grado, mentre le primarie, le secondarie di primo grado e le scuole dell’infanzia hanno tenuto, presentando anche una leggera crescita, come anche i centri di formazione professionale di ispirazione cristiana».

A ogni modo il calo è reale, a cosa è dovuto? «All’anomalia tutta italiana del riconoscimento formale nel nostro ordinamento del diritto alla libertà della scelta educativa. In altre parole, le famiglie per mandare i loro figli alle scuole cattoliche devono pagare la loro istruzione due volte, una con le tasse che versano allo Stato e l’altra con l’onorario che devono corrispondere alle scuole. Una riprova in questo senso si può trarre dai dati del centro studi della Cei, che dimostrano come in tutti gli ordini e gradi di scuola in cui è presente una qualche sovvenzione pubblica (scuola dell’infanzia, primaria e formazione professionale) o che sono immediatamente a ridosso di quelli (come la secondaria di primo grado che risente dell’aumento delle primarie) si registra un aumento degli iscritti e non una loro diminuzione». Il punto sono i finanziamenti? «La vera domanda non è tanto perché lo Stato dovrebbe investire nella scuola privata, ma se lo Stato possa rinunciare a garantire e a promuovere un diritto fondamentale della persona. Infatti, la libertà di educazione, come libertà di


Guglielmo Malizia

In apertura, Don Guglielmo Malizia, professore emerito di sociologia dell’educazione presso la facoltà di scienze dell’educazione dell’Università Pontificia Salesiana

scelta della scuola da frequentare, si fonda sul diritto di ogni persona a educarsi e a essere educata secondo le proprie convinzioni e sul correlativo diritto dei genitori di decidere dell'educazione e del genere d'istruzione da dare ai loro figli minori. Questo è tanto più vero a partire dalla legge 60 del 2000 sulla parità, che ha consacrato il principio di un sistema nazionale di istruzione che non si identifica con la scuola dello Stato, ma del quale sono parte integrante scuola statale e scuola non statale paritaria privata e degli enti locali». Quali regioni o zone d’Italia possono essere considerate la roccaforte della scuola cattolica?

«È nell’Italia Settentrionale che si registra una concentrazione di scuole cattoliche. Nella scuola dell’infanzia il Nord ha raccolto nel 2010/11 più di metà di tutte le scuole (54,5%), nella primaria il 41,6%, nella secondaria di primo grado il 59,9%, nella secondaria il 59,6%». Perché questo divario con il Sud? «La maggiore vitalità del Nord può essere considerata espressione di una tradizione sociale, oltre che ecclesiale, abbastanza consolidata. Comunque, è intenzione della scuola cattolica di riequilibrare la situazione a favore del Sud che per la sua condizione di svantaggio meriterebbe una presenza più dif-

fusa; anche in questo caso, l’ostacolo principale consiste nella grave insufficienza di risorse economiche». Cosa si augura non venga mai meno nelle scuole cattoliche? «L’identità che caratterizza il progetto di scuola cattolica, cioè il suo essere al tempo stesso pienamente scuola e cattolica. In quanto “scuola”, essa deve promuovere la formazione della persona umana in tutte le sue dimensioni sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene della società e dei vari gruppi di cui la persona è membro. In quanto “cattolica” il criterio ispiratore unificante deve fondarsi su Gesù Cristo e sul riferimento esplicito alla visione cristiana della vita». LAZIO 2011 • DOSSIER • 51


ISTRUZIONE

Multiculturalità avanti piano Tra la popolazione scolastica straniera crescono gli iscritti negli istituti superiori. Per Mariagrazia Santagati «è la volta degli adolescenti e delle seconde generazioni» Paola Maruzzi

a sempre le aule scolastiche sono state il luogo ideale per diffondere la lingua e la cultura nazionale, basti pensare che la legge Casati (1859) sull’obbligatorietà del primo biennio dell’istruzione elementare cade proprio alla vigilia dell’unificazione dell’Italia. Con tali premesse è indubbio che i primi bambini stranieri (all’epoca erano albanesi, poi superati dai rumeni) abbiano gettato scompiglio nel sistema. Oggi però le cose stanno diversamente. Il rapporto della Fondazione Ismu sull’anno 2010/2011 ha confermato che le classi multiculturali sono un fenomeno consolidato, al cui interno si stanno verificando dei cambiamenti. Ne danno avvisaglia i numeri: gli alunni “con il trattino” (cioè italo-moldavi, italo-indiani, tanto per citare le due nuove provenienze significative) sono 711.046, precisamente il 7,9% del totale, in leggero decremento rispetto a tre anni fa. Mariagrazia Santagati, responsabile del settore Educazione dell’Ismu e docente di sociologia dell’educazione, aiuta a fare chiarezza: «Gli alunni stranieri crescono ma a ritmi minori. Lo si vede anche dall’analisi generale dei flussi migratori e dai primi fenomeni di rientro che interessano paesi in via di sviluppo come la Romania». A questo si aggiunge un altro dato rilevante: la pri-

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maria, pur rimanendo la fascia più coinvolta, perde peso mentre crescono gli iscritti nelle scuole superiori (21,6% contro il 14% del 2001), anche se la scelta sembra canalizzata quasi esclusivamente verso gli istituti professionali e tecnici. «È la volta degli adolescenti, delle seconde generazioni, di coloro che giuridicamente sono stranieri ma sono stati socializzati all’interno del nostro sistema, quindi scolasticamente sono italiani – prosegue la studiosa –. Dal punto di vista educativo vengono sollevate nuove questioni. Rispetto agli alunni italiani rimane netto il divario nella regolarità e nella riuscita scolastica, ma le differenze tenderanno a diminuire. È verosimile che si ridurrà la canalizzazione e troveremo stranieri anche nei licei perché

si avvicineranno alle scelte degli autoctoni». Nonostante ci siano sufficienti premesse per affermare che «l’inserimento sta avvenendo», una ricerca del British Council dimostra che l’indice di integrazione nella scuola italiana è ancora debole. «Il punto è che non vengono valorizzate abbastanza le risorse di cui sono portatori i ragazzi stranieri, tra tutte l’eterogeneità linguistica e culturale che vanno in direzione dell’internazionalizzazione». Non è utopistico pensare a una svolta didattica orientata al plurilinguismo, come auspica l’Europa. «La situazione è complicata, le poche risorse disponibili vengono utilizzate per rafforzare l’italiano ma bisognerebbe far sì che la lingua materna degli stranieri diventi una risorsa educativa per tutti.



DISTRETTI INDUSTRIALI

Misure di rilancio per i distretti I distretti laziali sono una realtà di rilievo non solo a livello regionale ma anche su scala nazionale e internazionale. L’assessore Pietro Di Paolo illustra lo sviluppo di queste aree e l’indotto economico del tessuto industriale Nicolò Mulas Marcello

l sistema produttivo laziale presenta diversi distretti dislocati su varie aree del territorio. Tra essi un importante ruolo nell’economia regionale lo svolgono quello chimico-farmaceutico e quello della carta. «Il Lazio – spiega Pietro Di Paolo, assessore regionale alle Attività produttive – produce il 10% della ricchezza nazionale ed è al secondo posto, in Italia, per numero di aziende. Nonostante le contingenze economiche, non certo positive a livello globale, il nostro territorio manifesta un discreto livello di dinamicità. In questo senso, i distretti industriali e i sistemi produttivi locali rappresentano una realtà importante per il “Lazio che crea, produce e innova”; una realtà al centro delle nostre politiche». Tra i sistemi produttivi locali nel Lazio, importanti sono quello chimico-farmaceutico e quello cartaio. Qual è attualmente la situazione di sviluppo di queste realtà? «Dico subito che abbiamo tre distretti industriali propriamente detti, cioè aree caratterizzate da un’elevata concentrazione di industrie attive in un determinato comparto, e sette sistemi produttivi locali, quindi contesti omogenei con aziende prevalentemente di piccole e medie dimensioni, con una peculiare organizzazione interna. Nello specifico, il sistema produttivo chimico-farmaceutico, che si snoda fra Roma,

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Latina e Frosinone, è senza dubbio il più importante in termini di numeri. È una realtà di rilievo anche sotto il profilo della ricerca, contenendo al suo interno affermate multinazionali del settore che esportano molte delle loro produzioni. Il sistema produttivo cartario è invece incentrato storicamente nella provincia di Frosinone. In linea generale, ai segnali positivi provenienti dal commercio estero corrispondono segnali sul fronte occupazionale che, soprattutto per il settore chimico-farmaceutico, indicano qualche difficoltà di riassorbimento della forza lavoro in mobilità». Quali sono le cifre riguardanti le esportazioni della regione?

Pietro Di Paolo, assessore alle Attività produttive e alle politiche dei rifiuti della Regione Lazio


Pietro Di Paolo

«Vale la pena evidenziare che il 40% delle esportazioni del Lazio deriva dal sistema dei distretti e dei sistemi produttivi. Nel 2010 l’export valeva 15,01 miliardi di euro (+25,7% sul 2009) e nel 1° semestre 2011 ben 8,36 miliardi di euro (+20,9% sul 1° semestre 2010). Fra i distretti chi esporta di più è ovviamente quello chimico-farmaceutico. Nel 1° semestre 2011 ha registrato un +18,1% rispetto allo stesso periodo del 2010: in termini assoluti, si tratta di circa 4,4 miliardi di euro contro i 3,7 del 2010. Anche nel sistema produttivo della carta il dato dell’export è positivo: +16,7%, con un incremento da 55,6 milioni di euro del 1° semestre 2010, a 64,9 milioni del 2011. In particolare, il sistema chimico-farmaceutico ha esportato nel 2010 circa 8 miliardi di euro di prodotti, contro i 6 miliardi del 2009 (+32%); mentre quello della carta 114 milioni di prodotti, contro i 91 dell’anno precedente (+26%). I dati dell’export, come abbiamo vi-

Il distretto chimico-farmaceutico contiene affermate multinazionali del settore che esportano molte delle loro produzioni

sto tutti con il segno più, raccontano un territorio, il nostro, molto apprezzato all’estero». In che misura la crisi economica ha inciso sullo stato di salute dei distretti laziali? «La crisi ovviamente si fa sentire, anche nell’ambito dei distretti, e non potrebbe essere altrimenti. Alcuni sono in sofferenza, come quello della ceramica nel Viterbese, ora al centro di tavoli istituzionali volti a escogitare ricette concertate e misure mirate. In linea generale può parlare il dato della cassa integrazione guadagni. Per quanto riguarda il sistema della carta, l’accesso alla Cig è abbastanza contenuto e in contrazione tra 2010 e 2011. Nel sistema chimico- LAZIO 2011 • DOSSIER • 73


XXXXXXXXXXX DISTRETTI INDUSTRIALI

Le speranze del settore chimico-farmaceutico distretto chimico-farmaceutico laziale si concentra sul triangolo Frosinone, Latina, Pomezia e comprende 249 aziende per un totale di oltre 14.500 addetti e un fatturato di 3.066 milioni di euro. Esso è, per volume di esportazioni, come sottolinea Maurizio Carboni, direttore di Confindustria Frosinone, al secondo posto dopo la Lombardia, che nel complesso esporta per 3,6 miliardi di euro. Il distretto si caratterizza per la presenza di diverse multinazionali, se ne contano circa 20.

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Qual è attualmente lo stato di salute del distretto alla luce della crisi economica?

«In questi ultimi anni si è registrata una certa perdita di posti di lavoro e un aumento della cassa integrazione, tanto che nel primo bimestre del 2011 le ore di Cig autorizzate sono state complessivamente 558mila». La Regione ha predisposto interventi a favore dei distretti industriali. Cosa si prevede?

«Con la determinazione n. 5725 del 14 luglio 2011, la Regione Lazio ha approvato l’avviso pubblico in attuazione del decreto ministeriale del 7 maggio 2010. In particolare, vengono finanziati progetti mirati a un rafforzamento complessivo dei sistemi produttivi locali regionali, individuati con programmi finalizzati al conseguimento di una ricaduta di interesse e utilità comune per le imprese del sistema interessato. I progetti devono essere condotti da soggetti aggregati in forma di associazione temporanea di imprese, consorzio, associazione temporanea di scopo o di contratto di rete».

farmaceutico, nonostante una forte contrazione del fenomeno tra 2010 e 2011 (-11,7%) rimane tuttavia importante il ricorso alla Cig. A ciò bisogna però aggiungere un dato confortante: tra settembre 2010 e settembre 2011 esiste una sostanziale costanza del numero di imprese attive in entrambi i sistemi produttivi, oltre mille per il primo e circa 190 per il secondo. Sono cifre che infondono fiducia». Come si sta muovendo la Regione per sostenere i sistemi produttivi locali? «La Regione ha adottato già dal 2001 una legge - la numero 36 - che individua e sostiene i distretti industriali e i sistemi produttivi locali, finanziando progetti innovativi e di sviluppo delle aziende ricadenti nelle aree interessate, a vantaggio della crescita complessiva del territorio. In questo senso, l’amministrazione regioale ha presentato al ministero dello Sviluppo economico due progetti, l’ultimo dei quali lo scorso anno, volti al sostegno dei sistemi produttivi locali. I progetti, entrambi accolti, sono stati cofinanziati dallo stesso ministero e realizzati con successo. Il secondo, in particolare, conclusosi due mesi fa, era mirato al sostegno e allo sviluppo delle reti di impresa costituite attraverso il “contratto di rete”, strumento che ritengo veramente importante, con una dotazione finanziaria di 4,5 milioni di euro, di cui 2,5 prettamente regionali».

Quali sono le previsioni per il futuro del distretto?

«Il settore farmaceutico in Italia soffre la pressione internazionale, per una serie di decisioni che investono le politiche dei prezzi. Negli ultimi anni, inoltre, i processi di dismissione hanno ridotto gli occupati. È quindi fondamentale un’azione di monitoraggio sui processi di cessione di ramo d’azienda ed è necessario il rafforzamento degli strumenti a disposizione delle aziende a sostegno della ricerca e dell’occupazione. Le aree distrettuali, dopo anni, dovrebbero comunque tornare a crescere a ritmi superiori rispetto all’intero manifatturiero italiano grazie alla loro maggiore propensione all’export accompagnata da una migliore dinamicità sui nuovi mercati esteri ad alto potenziale».

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AGROALIMENTARE

L’export sfiora i 23 miliardi L’industria alimentare italiana vola con il vino che, nel 2011, segna un +13,1%, e con il comparto lattiero-caseario con una spinta del +14,5%. Il punto di Filippo Ferrua Magliani Elisa Fiocchi industria alimentare italiana mostra dati incoraggianti riguardo all’export con una crescita, registrata nel mese di settembre, del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2010, mentre il tendenziale dei primi nove mesi dell'anno mantiene un incremento del 10,3%. Più critico è invece l’andamento del mercato interno, dove le vendite di prodotti alimentari chiuderanno il 2011 con un calo in quantità di quasi 2 punti percentuali. Ciò avrà delle conseguenze soprattutto sulla produzione alimentare che, malgrado il sostegno dell’export, è scesa a settembre del 4,6% sullo stesso mese del 2010. «I consumi alimentari – precisa il presidente Filippo Ferrua Magliani – stanno tenendo meglio di altri comparti, anche se hanno accumulato un calo, del tutto imprevedibile fino a pochi anni fa, di circa otto punti in quantità nell’ultimo quinquennio». A questa pesante contrazione, s’aggiunge la spesa “low cost” delle famiglie, con il valore aggiunto dell’industria alimentare sceso in termini reali di circa 4 punti negli ultimi dieci anni: «Il mercato è “magro” in quantità e qualità». E a parte nicchie fortunate - che lottano comunque contro un mercato della contraffazione che erode 6 miliardi di euro ogni anno – il presidente di Federalimentre considera il rischio: «Chi non esporta, si deve ridimensionare». Con quali misure di rilancio si combatte

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la crisi dei consumi rigidi come quelli alimentari? «L’unica strada importante per rilanciare una fascia enorme del “largo consumo”, come i consumi alimentari degli italiani, sta nella ripresa dello sviluppo del Paese. È più facile dire ciò che penalizza i consumi alimentari. Così, l’ulteriore incremento dell’Iva contemplato nel corso del 2012 dal recente “pacchetto” di misure del Governo Monti va certamente nella direzione non auspicata. Va aggiunto che la relativa anelasticità dei consumi alimentari, se li ha parzialmente difesi nella recente fase di discesa, si ripresenterà anche in quella della risalita. C’è da prevedere, in altre parole, che essi reagiranno meno tempestivamente di altri comparti ai segnali di rilancio dell’economia». Dati incoraggianti giungono invece dall’export: settembre ha registrato una crescita del 10% sullo stesso mese del 2010, mentre il tendenziale dei primi nove mesi dell’anno fa segnare un +11%. Quali prodotti Dop e Igp sono particolarmente apprezzati all’estero e quali sono i principali mercati di riferimento? «A fine anno le esportazioni dell’industria alimentare supereranno i 23 miliardi di euro, con una incidenza di oltre il 18% sul fatturato

Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare


Filippo Ferrua Magliani

di settore che è pari a 127 miliardi. Fra i comparti più brillanti vanno segnalati l’enologico, il dolciario, il conserviero e il lattiero-caseario. Il vino, che con il 20% copre la fetta più alta dell’export complessivo del “food and drink” nazionale, ha messo a segno, nel corso del 2011, un passo del +13,1%. A fianco, con un +14,5%, il comparto lattiero-caseario sta mostrando una spinta ancora più risoluta. Ovviamente i Dop e Docg, nel campo del vino, e i Dop, in quello caseario, fanno la parte del leone, come in altri comparti. A livello geografico, oltre alle principali destinazioni europee consolidate - Germania Francia e Uk mostrano spunti interessanti gli Usa, con un +12,7%, e alcuni mercati emergenti, come Sud Africa (+38,5%), Brasile (+32,8%), Cina (+24,6%), Russia (+23,9%), Turchia (+20,5%) e Corea del Sud (+19%). Interessanti anche le variazioni messe a segno da alcuni mercati comunitari: +42,2% per l’Ungheria, +18,6% per la Repubblica Ceca e +18,1% per l’Austria». E quali prodotti al di fuori delle denominazioni di origine registrano risultati interessanti? «Le conserve vegetali, il pomodoro, il caffè, le acquaviti e liquori stanno mostrando trend di spicco». I futuri tagli ai finanziamenti nell’ambito della Politica agricola comunitaria che impatto avranno sull’economia del comparto agroalimentare? «L’efficienza e la competitività dell’agricoltura sono di interesse strategico per l’industria alimentare italiana. Essa assorbe, infatti, il 72% della produzione agricola nazionale: ha bisogno perciò di poter contare su approvvigionamenti agricoli sicuri e soddisfacenti sotto il profilo della quantità, qualità e del prezzo.

L’industria alimentare è interessata a mantenere, in sostanza, uno stretto legame con la produzione nazionale e a non essere troppo dipendente dal commercio internazionale. Tale esigenza di fondo, in alcuni comparti, è stata messa in crisi da recenti, forti, inefficienze interne alle filiere italiane e dalle speculazioni esplose sui mercati internazionali di alcune commodity agricole». Come giudica le proposte della Commissione Ue sulla futura Pac dopo il 2013? «Mostrano un impianto “vecchio” che ritaglia male le risorse fra gli Stati membri e non si fa carico della produttività e competitività della produzione agricola e dell’esigenza primaria: quella degli approvvigionamenti, quanto mai importanti per un continente come l’Europa, e un Paese come l’Italia, strutturalmente importatore di prodotti agricoli. Speriamo di riuscire a correggere, in sede di Parlamento europeo e di Consiglio, in modo sostanziale le proposte sul tavolo». L’attività di contraffazione dei prodotti alimentari italiani, unitamente al fenomeno dell’italian sounding, stima un giro d’affari mondiale attorno ai 60 miliardi di euro. Federalimentare come scenderà in campo in difesa del made in Italy? «Gli studi migliori sull’argomento sono stati dedicati negli scorsi anni al mercato degli Stati Uniti. Occorrono sforzi coordinati di promozione culturale, di sensibilizzazione del consumatore estero, senza dispersione di iniziative. Ed è necessario prevedere la piena deducibilità dei costi sostenuti per le attività di promozione e commercializzazione di prodotti italiani all’estero, Ue ed extra-Ue, che potrebbe costituire un concreto incentivo per rafforzare la spinta all’internazionalizzazione e rilanciare l’economia del Paese». LAZIO 2011 • DOSSIER • 77


AGROALIMENTARE

Un manuale racconta i sapori tradizionali del Lazio Il comparto agroalimentare mira a diffondersi in Europa e, dal 2012, le sue eccellenze saranno racchiuse in un unico marchio di qualità. Ne parla Angela Birindelli Elisa Fiocchi

a grande varietà di prodotti tipici del Lazio è oggi racchiusa in una guida all’insegna delle eccellenze del territorio, pubblicata per diffondere un patrimonio dai numeri così importanti capaci di fare la differenza nel panorama agroalimentare italiano ed internazionale. L’olio di Sabina e di Tuscia, il prosciutto amatriciano, la porchetta di Ariccia, il pecorino romano, il carciofo romanesco e il pane casareccio di Genzano, sono solo alcuni dei prodotti descritti nel manuale, vero strumento di comunicazione e anche prezioso biglietto da visita per l’Europa che è così chiamata a conoscere un paniere di eccellenze che vanta complessivamente 14 prodotti Dop, 9 Igp, 374 prodotti tradizionali, 3 vini Docg, 27 Doc e 6 Igt. Angela Birindelli, assessore regionale alle Politiche agricole, sottolinea l’importanza di sostenere un’economia fatta di tante realtà di qualità presenti sul territorio e di sensibilizzare i mercati e i consumatori ad una scelta

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Sopra, Angela Birindelli, assessore regionale alle Politiche agricole

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alimentare mirata e consapevole. «La nostra attenzione – afferma – è interamente rivolta al miglioramento della qualità delle produzioni, al recupero del rapporto con il territorio e alla massima trasparenza in termini di tracciabilità e sicurezza del prodotto». Proprio in merito alle normative sulla tracciabilità e sulla commercializzazione dei prodotti a chilometro zero, quali effetti positivi si sono registrati sul territorio? «Si tratta di due leggi molto importanti già approvate dalla giunta e che, a partire dal 2012, saranno rese operative. La legge sulla tracciabilità delle produzioni agricole prevede l’istituzione di un marchio di qualità per racchiudere sotto lo stesso segno le eccellenze agroalimentari del Lazio. Una legge finalizzata a sostenere il reddito delle imprese agricole, avviare un’azione forte e costante di promozione e identificazione territoriale della produzione laziale e, soprattutto, offrire ai consumatori la possibilità di acquistare in


Angela Birindelli

tutta sicurezza prodotti di eccellenza, freschi e tracciabili. Attraverso la legge per il sostegno e la valorizzazione dei prodotti regionali a km 0 si promuove invece il consumo e la commercializzazione delle produzioni agricole regionali attraverso la realizzazione di farmer’s market e l’incentivazione della filiera corta, così da favorire l’ingresso dei prodotti regionali nei servizi di ristorazione collettiva come mense, ospedali e scuole». Dove si indirizzeranno i principali investimenti delle imprese attraverso il piano di sviluppo rurale? E come intervenire per semplificare la burocrazia che attanaglia il settore? «Nel 2011 abbiamo rimodulato la programmazione del Psr per traghettare le nostre aziende verso un modello di agricoltura innovativo, multifunzionale e più attento alla gestione delle risorse energetiche e alla tutela del territorio, investendo soprattutto sul ri-

In favore di 3mila agricoltori in zone svantaggiate, è attivo un finanziamento di 30 milioni

cambio generazionale e sull’ammodernamento del sistema produttivo. Abbiamo riaperto i bandi pubblici di misure Psr a superficie. In particolare, sono state riaperte le misure sull’indennità a favore degli agricoltori in zone svantaggiate e quella sull’agroambiente per l’anno 2011; queste misure attivano un finanziamento pari a circa 30 milioni di euro per la sola annualità 2011 e interessano circa 3mila agricoltori laziali. Abbiamo anche riaperto dieci bandi pubblici di misure Psr a investimento per un totale di 60 LAZIO 2011 • DOSSIER • 79


AGROALIMENTARE

milioni di euro. Inoltre, ci siamo impegnati e quella sui prodotti a km 0». per rendere più efficiente e snella la complicata macchina organizzativa di gestione delle domande, semplificando le procedure d’accesso, istruttoria ed erogazione dei fondi». Quali altri problemi strutturali si trova ad affrontare il sistema agroalimentare? «Per prima cosa, penso all’eccessiva frammentazione del sistema produttivo, confermata anche dai recenti dati del censimento sull’agricoltura. Un altro problema poi, riguarda il posizionamento sul mercato dei nostri prodotti di qualità, soprattutto all’estero dove il grave fenomeno della contraffazione, l’italian sounding, alimenta un giro d’affari di oltre 60 miliardi di euro l’anno, 2 volte e mezzo superiore al valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari. Un danno economico di dimensioni enormi. Per contrastare queste due problematiche occorre sviluppare sistemi di aggregazione del prodotto, sostenere le imprese che investono sulla qualità e avviare misure che tutelino l’eccellenza dei nostri prodotti, come la legge regionale sulla tracciabilità

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In che modo vanno sostenuti i giovani così da rinnovare il sistema imprenditoriale dell’agroalimentare? «Tra le misure a investimento che abbiamo riaperto, grande spazio è stato dato alle nuove generazioni attraverso “Il pacchetto giovani”, orientato proprio al rinnovamento generazionale nelle aziende e a offrire la possibilità ai giovani di entrare nel mondo del lavoro investendo in agricoltura. Inoltre, abbiamo avviato misure volte a sostenere l’ammodernamento delle aziende agricole, la diversificazione in attività non agricole quali le produzioni artigianali, l’offerta agrituristica e le fonti energetiche rinnovabili, la consulenza aziendale e il sostegno agli agricoltori che partecipano a sistemi di qualità, per un totale di circa 40 milioni di euro. È interessante notare la vitalità del mondo agricolo regionale: nel 2010, nonostante le difficoltà dovute alla crisi economica globale, i pagamenti a favore dei giovani hanno raggiunto il 39% del totale dei fondi erogati dalla Regione per il settore agricolo».


Gianfranco Castelli

Igp e Dop, le carte vincenti Per combattere i tagli ai finanziamenti non resta altro, sostiene Gianfranco Castelli, «che distinguersi per la qualità dei nostri prodotti, come il prosciutto amatriciano e l’olio della Sabina» Elisa Fiocchi

l Reatino aggiunge un altro tassello di prestigio al suo comparto agroalimentare con la denominazione Igp conferita al prosciutto amatriciano e pubblicata la scorsa estate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. I Comuni della provincia, che per produrlo devono essere situati a un’altitudine massima di 1.200 metri, muovono sul mercato circa 50mila pezzi all’anno, per un volume d’affari di 3.250.000 di euro, e nel futuro, sfruttando il marchio, si stimano nuovi incrementi nella produzione con ampi margini di crescita economica per tutto il comprensorio interessato e la possibilità di maggiori sbocchi per l’occupazione locale. «Siamo solo all’inizio» commenta Gianfranco Castelli, presidente di Confindustria Rieti e titolare del salumificio Sa.No. di Accumoli. «Ma ci sono le basi affinché il Consorzio di tutela del prosciutto amatriciano Igp diventi uno dei più grandi d’Italia». Intanto, il prodotto gastronomico entra ufficialmente nella lista dei 23 marchi agroalimentari di qualità certificata, presenti nel Lazio, conquistando un posto tra i nove a marchio Igp. Quali prospettive interessano ora il consorzio? «Mi sono rivolto alla Provincia e alla Regione perchè questo prodotto Igp deve essere un motivo di grande orgoglio per il territorio. Dipenderà esclusivamente da noi farlo crescere.

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Sul territorio operano piccolissime aziende, con mezzi limitati, e confidiamo che la politica e la popolazione prenda dunque per mano il progetto. In termini di produzione, potenzialmente possiamo raggiungere gli 80mila pezzi all’anno. Nel mio progetto, il prodotto diventa talmente appetibile da consentire la nascita di altre aziende per far crescere l’economia e il mercato del lavoro, il tutto a impatto ambientale zero». Quale attività di promozione sarà attuata nel nostro paese e sui mercati internazionali? «All’estero dobbiamo ancora cominciare a diffondere il prodotto e sappiamo anche che non sarà cosa facile per una questione di dimensioni e perchè non c’è una vera cultura del prodotto sano, stagionato in un certo modo e con i suoi tempi. Intanto, sul territorio nazionale, organizziamo degustazioni con spese a carico nostro. LAZIO 2011 • DOSSIER • 81


AGROALIMENTARE

L’olio e la carne sono i prodotti più a rischio contraffazione nel mercato, servono regole da rispettare in entrata

Non siamo certo il consorzio del Parmigiano esportare un nostro prodotto, esistono restriReggiano o del prosciutto di Parma, ma cerchiamo di farci conoscere. A tal proposito, faccio appello a tutti quelli che possono dare una mano sul territorio: dalla politica al ristoratore, fino al negozio. Se il prodotto è a portata di mano del turista, allora possiamo credere che sarà anche esportato». L’agroalimentare rappresenta il 2% del Pil regionale e il 10% di quello nazionale e l’offerta alimentare è ricca e diversificata: in cosa consistono quindi le maggiori difficoltà del comparto? «Abbiamo pochissime grandi aziende, prive di quote di mercato determinati. Parliamo, infatti, di pmi che hanno le loro difficoltà nel far riconoscere la qualità dei loro prodotti. Oggi con la crisi, il consumatore fa spesso riferimento a prodotti che costano meno e in aggiunta, non tutti gli Stati della Comunità europea devono rispettare alcuni dettami, e così facendo, arrivano in Italia prodotti con additivi e manipolazioni. La Cina, ad esempio, esporta di tutto mentre per 82 • DOSSIER • LAZIO 2011

zioni simili a quelle degli Stati Uniti». Su quali politiche punterà il territorio reatino per affrontare i futuri tagli ai finanziamenti nell’ambito della Politica agricola comunitaria? «Non resta altro che distinguersi per la qualità dei nostri prodotti come il prosciutto amatriciano Igp e l’olio della Sabina, il primo Dop d’Italia. Questa è la nostra carta vincente, ma dobbiamo essere aiutati perchè si tratta di piccole aziende che devono far riconoscere il proprio valore». Fare sistema tra i vari settori economici del territorio per combattere il mercato delle contraffazioni. Rieti come si sta attivando in tal senso? «Non voglio essere un protezionista ma se in Italia è richiesta una tracciabilità, lo stesso deve essere fatto anche in altri Paesi, con regole da rispettare per i prodotti in entrata. Bisogna sempre chiedersi come sono fatti questi prodotti, quali sono i loro ingredienti e la provenienza».

Sopra Gianfranco Castelli, presidente di Confindustria Rieti e titolare del salumificio Sa.No. di Accumoli



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Strategie di diversificazione Le imprese italiane, per superare questa fase di stagnazione, sono chiamate a un cambio di passo, che permetta di andare oltre schemi ormai superati. L’esempio della Spazio Food Uno Spa illustrato da Vittorio Gavini Guido Puopolo

e è vero che per un’azienda la diversificazione può rappresentare l’ancora di salvezza a cui appigliarsi per riuscire a resistere alla tempesta causata dalla crisi economica in atto, è altrettanto vero che una strategia di questo tipo non può essere improvvisata, ma deve anzi essere programmata e sostenuta da adeguate capacità organizzative e gestionali. Nel variegato panorama industriale italiano ci sono imprese che, partendo proprio da considerazioni di questo tipo, in questi ultimi anni sono riuscite a imporsi con successo su mercati tra loro apparentemente molto diversi. È il caso della Spazio Food Uno Spa, società di Aprilia fondata nel 2002 grazie all’intuizione di Sergio Cangemi attuale responsabile commerciale del gruppo: «L’azienda è strutturata sulla base di tre distinte divisioni, logistica, ittica e risto-

S Vittorio Gavini, amministratore unico della Spazio Food Uno Spa di Aprilia (LT) www.spaziofooduno.it

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razione, che però lavorano tra loro in maniera sinergica», sottolinea Vittorio Gavini, amministratore unico. «Siamo infatti specializzati nei servizi di logistica del freddo, a cui affianchiamo un’attività di importazione e commercializzazione all’ingrosso di prodotti ittici e alimentari surgelati, oggi acquistabili anche all’interno dei nostri punti vendita, gestiti in proprio e contraddistinti dal marchio RE». L’ultimo biennio non è stato sicuramente facile per il sistema imprenditoriale italiano. La congiuntura negativa vi ha portato a riformulare le vostre strategie operative? «Non direi. Siamo riusciti a non stravolgere il nostro “bussiness plan”, limitandoci più che altro a riparametrare in maniera adeguata i nostri obiettivi, sia di crescita che di revisione dei costi. Un’operazione necessaria, determinata da una crisi finanziaria senza precedenti che sta continuando a causare enormi problemi, dovuti soprattutto al vertiginoso aumento dello spread e alle conseguenti difficoltà di accesso al credito».


Vittorio Gavini

Pur in un contesto di estrema difficoltà, però, la Spazio Food Uno Spa è riuscita a non perdere competitività, consolidando anzi la sua posizione sul mercato. Quali sono stati i principali risultati raggiunti dall’azienda? «Negli ultimi 24 mesi, in effetti, siamo stati protagonisti di una crescita considerevole, resa possibile grazie all’acquisizione di nuovi partner per le divisioni Logistica e Ittica,

ampliando contemporaneamente i contratti già consolidati da tempo. Per dare un’idea del balzo compiuto, basta dire che il nostro fatturato è passato dai 28 milioni del 2009 ai 71 milioni previsti per il 2011, con un andamento che evidenzia una costante capacità del gruppo di creare valore, sia per gli azionisti che per i finanziatori».

Quali criticità, invece, avete dovuto superare? «Credo che la difficoltà maggiore, con la quale ancora oggi siamo costretti a fare i conti, sia rappresentata dall’enorme difficoltà nel riscuotere i crediti vantati nei confronti della clientela. Per cercare di ovviare a questa situazione la nostra azienda sta adottando un’attenta politica di monitoraggio, al fine di mitigare i rischi di insolvenza ed evitare l’applicazione del diritto di ritenzione della merce presso di noi. Le tensioni finanziarie nel mercato europeo, che si sono accentuate, ci hanno inoltre costretto a sostenere un aumento del costo del denaro, poiché una delle nostre principali fonti di approvvigionamento è costituita dalla linea di credito autoliquidante». La vostra realtà punta a target estremamente diversi tra loro, che oggi comprendono anche il mondo dell’elettronica e della moda. Che tipo di variabile rappresenta per voi la diversificazione del business? «I risultati fin qui ottenuti sono proprio il frutto di una politica di diversificazione avviata negli anni scorsi, che unitamente a una strategica integrazione delle diverse aree di business, ci ha permesso di creare economie di scala. Nello specifico, le attività che maggiormente hanno contribuito al conseguimento del fatturato, dalla logistica all’elettronica, fino ad arrivare recente divisione abbigliamento, pur se con limitati margini di profitto rispetto alla logistica del freddo, sono tra loro perfettamente integrate nell’attività di deposito. Con la nostra capacità di stoccaggio riusciamo a ottenere sia un introito aggiuntivo dal deposito e/o

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

transito presso i nostri stabilimenti, sia un maggior controllo/tracciabilità sulla filiera del prodotto consegnato alla clientela. È inoltre importante sottolineare che le attività storiche del gruppo, come la ristorazione e il commercio ittico, hanno migliorato le loro rispettive redditività in quanto ormai pienamente a regime, con un ulteriore efficientamento dei costi». Come siete riusciti a rendere sinergiche tra loro le tre divisioni alla base della vostra attività, apparentemente così distanti tra loro? «La nostra azienda, anche se presente sul mercato dei servizi di logistica da circa soli dieci anni, ha una governance formata da professionisti con una consolidata esperienza alle spalle, che hanno deciso di mettere a disposizione del gruppo il loro “know how”, permettendoci di integrare al meglio le nostre divisioni. Per questo mi sento di dire che i nostri collaboratori rappresentano davvero un elemento fondamentale per il successo di Spazio Food Uno, e in un momento in cui trovare lavoro appare sempre più difficile, è per noi motivo di soddisfazione essere riusciti a creare

nuove opportunità di occupazione all’interno dell’azienda». Anche il mondo della logistica richiede un costante aggiornamento tecnologico. Quanta attenzione riponete nei confronti della ricerca e dell’innovazione? «I processi tecnologici e l’innovazione sono parte integrante della nostra attività. Nel corso dell’ultimo anno abbiamo provveduto a installare un sistema gestionale di magazzino robotizzato su una delle due piattaforme dell’azienda. Le nostre piattaforme di deposito

DALLA LOGISTICA LA CHIAVE PER IL SUCCESSO Un’intuizione vincente che ha permesso alla società guidata da Vittorio Gavini di allargare le sue prospettive di sviluppo 2007 è l’anno della svolta determinante nella strategia imprenditoriale della Spazio Food Uno Spa, fondata solo cinque anni prima, come ricorda lo stesso Gavini: «Risale infatti a questo periodo l’istituzione della divisione Logistica, che in brevissimo tempo è andata affermandosi come nostro core business. La nostra strategia punta su una gestione

IL

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ottimale dei clienti, per i quali mettiamo a disposizione un servizio di logistica a 360 gradi: stoccaggio, picking, trasporto e, in ultimo, partnership in operazioni di import». Il cuore operativo della Spazio Food Uno Spa si trova ad Aprilia, in provincia di Latina, dove grazie a una piattaforma di circa 25.000 metri quadrati l’azienda è in grado

di offrire servizi di altissima qualità nello stoccaggio, nella movimentazione e nella distribuzione di prodotti alimentari in genere. Oggi però il gruppo si rapporta non soltanto con i grandi leader del settore alimentare, ma anche con multinazionali operanti, ad esempio, nel campo dell’elettronica e dell’abbigliamento: «Grazie


Vittorio Gavini

I risultati ottenuti sono il frutto di una politica di diversificazione avviata negli anni scorsi, che unitamente a una strategica integrazione delle diverse aree di business, ci ha permesso di creare economie di scala

del freddo sono infatti celle frigorifere strutturate per il deposito compattato fino a 12 metri di altezza, che ci permettono così di ridurre notevolmente i costi di immagazzinamento. Abbiamo inoltre provveduto al rinnovo e al potenziamento della flotta dei mezzi commerciali utilizzati per la distribuzione dei prodotti surgelati e ittici, acquisendo mezzi più ecologici con l’obiettivo di ridurre non solo i consumi ma anche l’impatto ambientale della nostra attività. Sempre con questo duplice scopo a breve provvederemo al-

l’installazione, presso la nostra sede di Aprilia, di un impianto fotovoltaico di un megawatt di potenza». Sulla base della sua esperienza, su cosa occorrerebbe fare leva, anche a livello politico, affinché i vostri settori possano tornare essere protagonisti di una nuova fase di crescita e sviluppo? «Urgono risposte a livello nazionale. In questi anni la politica si è dimostrata incapace di fornire soluzioni concrete che potessero attenuare la situazione di disagio in cui le aziende sono costrette a operare, non riuscendo ad attuare quelle riforme strutturali di cui invece il Paese avrebbe invece assoluto bisogno. Speriamo che il nuovo esecutivo “tecnico” riesca laddove i suoi predecessori hanno fallito. Non nascondo però una certa preoccupazione dovuta al possibile nuovo aumento della pressione fiscale nei confronti delle imprese italiane, già costrette a sopportare livelli di tassazione senza eguali in Europa». Dove si concentreranno i vostri prossimi investimenti?

Vittorio Gavini insieme a Sergio Cangemi, responsabile commerciale, e Salvatore D’Antonio, responsabile divisione ittica

all’esperienza maturata siamo riusciti ad adattare i nostri servizi logistici anche alle esigenze di altri ambiti, che stanno crescendo in maniera esponenziale. Nell’anno in corso – conclude Gavini - sono state infatti create sinergie con diversi nostri competitor, con l’obiettivo di presenziare in maniera uniforme il territorio nazionale e di aumentare la nostra capacità di stoccaggio».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Intendiamo aprire diversi punti vendita in franchising, all’interno di alcuni importanti centri commerciali, per dare maggiore visibilità al nostro brand “Grigliare”

«La situazione del mercato finanziario ci porta a Aprilia e Tavazzano Convillavesco, che ci pervalutare con grande attenzione, soprattutto a livello nazionale, la possibilità di ampliare la nostra presenza sul territorio da un punto di vista logistico, attraverso ad esempio l’instaurazione di nuove partnership, ma anche, laddove ci fosse la possibilità, attraverso la diretta acquisizione di quote di altre società». Quali sono, infine, gli obiettivi e le sfide principali che attendono la vostra società nel prossimo anno? «Per il futuro abbiamo le idee chiare, avendo già fissato alcuni traguardi che intendiamo raggiungere nel corso del 2012. Per quel che riguarda la Divisione logistica stiamo ultimando la messa a regime delle nostre piattaforme di

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metteranno di disporre di 30 mila metri quadrati di celle frigorifere. Nel campo della ristorazione invece intendiamo aprire diversi punti vendita, attraverso il metodo del franchising, all’interno di alcuni importanti centri commerciali, per dare maggiore visibilità al nostro brand “Grigliare”. Per quel che riguarda la Divisione ittica, infine, stiamo valutando l’opportunità di creare, all’interno del nostri depositi, un’area “cash and carry”, all’interno della quale vendere i prodotti surgelati e ittici a grossisti, ristoratori e consumatori finali. Come si può capire, le idee non mancano, e questo ci porta a guardare al nuovo anno con fiducia e rinnovato entusiasmo».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Prospettive per l’impiantistica civile e industriale Le certificazioni e le innovazioni richieste dal mercato dell’impiantistica e dell’edilizia. Il ruolo delle grandi imprese e le possibilità offerte dallo sviluppo all’estero. La parola a Paolo Fatiga, imprenditore con una vocazione per l’impegno civile e culturale Manlio Teodoro

a situazione di crisi del settore dell’edilizia e dell’impiantistica ha posto nuove difficoltà alle aziende, che si trovano o a non avere le dimensioni adeguate per concorrere alla pari negli appalti pubblici, o a non avere le capacità e la flessibilità per muoversi agevolmente in uno scenario di mercato completamente mutato. Le difficoltà generate dal ritardo nei pagamenti – specificità in negativo tutta italiana – stanno anche spingendo molte aziende del settore che per tradizione è legato al territo-

L

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rio a spostarsi all’estero. Di questi temi e di come sia possibile affrontare il momento di stallo dei lavori pubblici parliamo con Paolo Fatiga, amministratore delegato di Fatigappalti, società per azioni specializzata nei lavori di impiantistica civile e industriale e nelle ristrutturazioni di immobili. Quali sono i requisiti oggi richiesti dal mercato a un’impresa che opera nel settore dell’impiantistica? «Quello dell’impiantistica, al suo interno, è un settore diversificato. Il mercato impone un


Paolo Fatiga

Nel turbolento panorama economico contemporaneo, le piccole imprese familiari spesso stentano a trovare la forza e a raggiungere le dimensioni sufficienti per competere

Paolo Fatiga, amministratore delegato di Fatigappalti Spa, Roma www.fatigappalti.it

aggiornamento costante per restare al passo con le innovazioni tecnologiche, l’evoluzione dei sistemi di automazione, le certificazioni e le garanzie di qualità, soprattutto per un’azienda che lavora frequentemente con i maggiori enti pubblici e privati. Inoltre, la conoscenza delle novità è fondamentale se non si è dei semplici esecutori, bensì anche dei consulenti per la scelta delle migliori soluzioni da adottare caso per caso». Qual è la situazione del settore attualmente e come si pone la vostra azienda rispetto a essa? «Nel turbolento panorama economico contemporaneo, le piccole imprese familiari spesso stentano a trovare la forza e a raggiungere le dimensioni sufficienti per competere. Al contrario, le grandi aziende non sempre possiedono l’elasticità necessaria per affrontare mercati in continuo cambiamento.

La nostra società, combinando la solidità della grande impresa con la flessibilità dell’impresa nata e coltivata in famiglia, è riuscita a crescere ed evolversi in società per azioni, benché all’inizio fosse una ditta individuale». Quali sono le vostre specializzazioni nell’ambito dell’impiantistica generale? «La nostra attività comprende la progettazione, la costruzione e l’installazione di impianti civili e industriali, termici, di condizionamento, climatizzazione, ventilazione, elettrici, speciali, idraulici, antincendio, meccanici, gas tecnici e medicali. Abbiamo avuto modo di raggiungere questo insieme di competenze differenti grazie alla possibilità di lavorare in contesti fra loro eterogenei, come l’ospedaliero, quello ferroviario, aeroportuale. Inoltre per realtà come le grandi catene di distribuzione, Enti di diritto pubblico e privato caratterizzati da alti standard qualitativi richiesti». Quali sono gli altri ambiti della vostra attività? «Ci occupiamo anche di edilizia, con la realizzazione, la manutenzione e la ristruttura- LAZIO 2011 • DOSSIER • 91


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’impegno sociale Il commendator Paolo Fatiga, fondatore, presidente, amministratore delegato e patriarca della Fatigappalti ha affiancato al proprio impegno di imprenditore, quello sociale e civile. È infatti associato fin dal 1983 dell’Accademia Tiberina. È inoltre socio fondatore e tesoriere dell’associazione onlus Focus beato Giovanni XXIII, che si occupa di formazione, cultura, sviluppo, promozione sociale, diritto alla cultura e sostegno a progetti di educazione e formazione permanente. Questo a prova dell’impegno e del sacrificio personali uniti alla volontà di migliorarsi sempre, anche culturalmente. Importanti riconoscimenti sono stati ricevuti da Paolo Fatiga a prova dei risultati raggiunti, come il conferimento del premio Qualità Italia nel 1979, la nomina a cavaliere della Repubblica nel 1983 – firmata dal presidente Sandro Pertini –, quella a commendatore dell’ordine di San Silvestro Papa – ricevuta da Giovanni Paolo II nel 1988 –, il titolo di commendatore della Repubblica nel 2003 – per volontà di Carlo Azeglio Ciampi – e, infine, nel 2008, il premio Maestro del lavoro e dell’economia da parte della camera di commercio di Roma.

zione di opere sia civili sia industriali, com- Banca d’Italia, oltre alla manutenzione di dipresi i beni sottoposti a tutela monumentale. In questo ultimo ambito abbiamo curato la messa in sicurezza delle mura storiche di Vitorchiano, presso Viterbo. Ma abbiamo anche riqualificato strutture di utilità pubblica, come caserme, scuole, uffici postali. Tra le opere ancora in corso di realizzazione, stiamo ristrutturando la rete fognaria dell’ospedale San Filippo Neri, curando la sistemazione interna ed esterna della direzione sanitaria e scientifica dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e la ristrutturazione di un centro polifunzionale per la Croce Rossa Italiana a Levico Terme, in Trentino». Quali sono stati i vostri maggiori interventi di manutenzione e global service? «I lavori maggiori sono stati quelli eseguiti per conto del ministero della Difesa, l’ente regionale per il diritto allo studio universitario di Genova, vari complessi immobiliari su tutto il territorio nazionale per conto di 92 • DOSSIER • LAZIO 2011

versi immobili della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai centri di produzione della RAI. È ancora in corso la manutenzione di opere e impianti delle stazioni ferroviarie di Venezia Mestre e Santa Lucia, Verona Porta Nuova per conto di Grandi Stazioni Spa. Inoltre, abbiamo in manutenzione anche gli impianti elettrici dei musei civici di Roma – per conto di Zetema progetto cultura – e su quelli dei complessi di proprietà dell’Ater di Roma». Quali effetti ha avuto la crisi sul vostro settore e sulla vostra attività in particolare? «L’attuale crisi finanziaria colpisce anche noi, soprattutto a causa degli enti pubblici che ritardano i pagamenti. Quello dei pagamenti a lungo termine è uno dei problemi maggiori, la nostra società potrebbe raggiungere dimensioni maggiori e dare occupazione a nuove maestranze se i lavori venissero pagati con regolarità. Dato che le cose, in Italia, sembrano destinate a non cambiare rapidamente, pur cercando di consolidare i suoi rap-


Paolo Fatiga

porti ormai storici con il settore pubblico, stiamo puntando a espanderci anche nel settore privato e soprattutto all’estero – sia da soli sia in partnership – anche al fine di diversificare ulteriormente la nostra attività». Di quali abilitazioni e certificazioni vi siete dovuti dotare per poter svolgere il vostro lavoro? «La nostra azienda è certificata ai sensi della

Quello dei pagamenti a lungo termine è uno dei problemi più rilevanti. La nostra società potrebbe raggiungere dimensioni molto maggiori se i lavori venissero pagati con tempestività

norma Uni En Iso 9001:2008 e Uni En Iso 14001:2004, oltre che Ohsas 18001:2007 – certificazioni rilasciate dall’organismo Icic. Siamo in possesso dell’attestazione per l’esecuzione dei lavori pubblici con la certificazione rilasciata dalla Axsoa, per parecchie categorie generali e specialistiche. Siamo anche abilitati per l’esecuzione di lavori di igiene ambientale come pulizia, sanificazione, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione per edifici e impianti civili e industriali; lavori di pulizia e di sterilizzazione di condotte per il condizionamento dell’aria; e lavori di depurazione dell’aria e trattamenti ambientali». La vostra impresa ha mantenuto un’impronta di tipo famigliare. Può spiegare perché? «La presenza quotidiana di tutti i membri della famiglia, che gestiscono la società dividendosi i vari settori e l’aver voluto conservare nel tempo questo tipo di gestione è certamente il frutto delle tradizioni della mia terra e dei valori umani di laboriosità e solidarietà che ho trasmesso ai miei cari. Però rappresenta anche una precisa scelta imprenditoriale, che ritengo ancora valida. Infatti i miei figli ricoprono le figure di direttore tecnico, direttore amministrativo, responsabile ufficio acquisti e responsabile ufficio legale. In questo modo abbiamo assicurato alla società un management stabile, motivato e responsabile, che può veramente fare la differenza in molte situazioni. In più, la nostra familiarità rende i rapporti aziendali – che di per sé funzionano in maniera gerarchica – molto diretti e veloci: le informazioni circolano in tempo reale e le problematiche che sorgono nello svolgimento di ogni fase di lavoro possono essere affrontate con rapidità ed efficienza. Ogni lavoro che prendiamo, del resto, viene attentamente programmato coinvolgendo gli organi di vertice e quelli intermedi ed eseguito grazie alla dedizione di maestranze di provate capacità ed esperienza». LAZIO 2011 • DOSSIER • 93


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La forza della piccola distribuzione Conoscenza del mercato, presidio del territorio e flessibilità. Questi gli strumenti usati dai grossisti per contrapporsi alla forza e alle dimensioni della Gdo. Marcello Stella spiega come ha funzionato questa strategia, sia dal punto di vista funzionale che commerciale Valerio Germanico

l mestiere di grossista nel settore dell’abbigliamento, qualche decennio fa, sembrava destinato ad avere sempre meno peso e importanza. L’ingrosso pareva privo di una sua identità e funzione e al contempo si trovava di fronte alla concorrenza fortissima della Gdo. «Questa, in netta espansione e corteggiata dall’industria, cominciava ad agire sul mercato come se fosse l’unico futuro possibile per la vendita al pubblico di articoli di abbigliamento, intimo e prodotti per la casa, settore nel quale si è specializzata la mia azienda». A parlare è Marcello Stella, titolare di Stelmar, impresa di rivendita all’ingrosso che si è trovata ad attraversare questa fase di apparente involuzione del mercato della vendita al dettaglio – e di conseguenza dei grossisti che riforniscono i punti vendita. «La nostra realtà ha superato il momento ed esiste ancora grazie a una struttura

I Marcello Stella, titolare di Stelmar Srl, Viterbo www.ingrossostelmar.it

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decisionale snella e indipendente. Questa ci permette di adeguarci a ogni cambiamento del mercato e di avere una forte presenza sul territorio». Su quale area geografica sono distribuite le imprese che si riforniscono presso il vostro magazzino? «Noi abbiamo rapporti commerciali con tutti i produttori e gli importatori del settore che operano sul territorio nazionale. Per quanto riguarda la nostra attività di distributori, operiamo su un raggio di circa 100-120 chilometri, includendo anche le province limitrofe di Terni, Rieti, Grosseto e l’area nord di Roma. Il settanta per cento di chi acquista la merce nel nostro magazzino è costituita da negozianti che hanno attività situate nei paesi della provincia di Viterbo, per il restante 30 per cento si tratta invece di ambulanti qualificati». Quali categorie merceologiche trattate e quali sono predominanti? «Il nostro core business è rappresentato dalla vendita all’ingrosso di abbigliamento intimo, che comprende la maglieria intima, calze e collant, la corsetteria e la lingerie. Le altre categorie merceologiche che trattiamo sono l’abbigliamento per bambini, la biancheria per la casa, la merceria, i costumi da bagno e inoltre rappresentiamo i dei marchi del consorzio Gti». Il vostro mercato locale ha risentito della crisi finanziaria? «Sicuramente la crisi globale ha fatto sentire i suoi effetti anche nel nostro contesto geo-


Marcello Stella

grafico, tuttavia non si è trattato di un vero e proprio contraccolpo. Si sono registrate dei cali di richieste in alcune realtà, che sono però state controbilanciate da altre, quindi, dal nostro punto di vista di grossisti, l’impressione è che il mercato abbia retto e sia reagendo. I maggiori interrogativi riguardano semmai il prossimo futuro». Con quali strategie avete reagito come azienda per mantenere il mercato? «Stiamo puntando da una parte sulla cura dell’assortimento e dall’altra sull’agevolazione dei pagamenti, dato che spesso i rivenditori si trovano nelle condizioni di poter pagare solo sul lungo periodo, a causa anche delle difficoltà nell’accedere al credito. Per quanto riguarda il primo punto, riteniamo importante che i nostri partner riescano sempre a trovare tutto ciò che cercano, comprese tutte le novità che di stagione in stagione vengono richiesta dal mercato – nonostante ciò ci costringa a una minore rotazione del magazzino». Qual è il bilancio, anche in termini di fatturato, dell’ultimo biennio di attività e quali le prospettive per il futuro dell’azienda? «Il fatturato relativo al bilancio del 2010 è ri-

Stiamo puntando da una parte sulla cura dell’assortimento e dall’altra sull’agevolazione dei pagamenti, dato che spesso i rivenditori trovano difficoltà di accesso al credito

masto pressoché stabile a quello del periodo precedente, con un consolidamento quindi dei dati sugli utili precedentemente registrati. Al contrario, l’anno in corso si chiuderà prevedibilmente con un calo di 3-4 punti percentuali, causati soprattutto dalle turbolenze degli ultimi mesi. Per il futuro, le prospettive del settore nel complesso dipenderanno dall’andamento generale dell’economica, che tuttora è un’incognita, e dal potere e dalla volontà di acquisto che dimostreranno i consumatori. Sicuramente, limitatamente al comporto della vendita all’ingrosso, si può dire che oramai il mercato si è assestato su un livello che, nell’immediato, non dovrebbe subire variazioni significative né in attivo né in passivo».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Soluzioni integrate per il settore energetico er assicurare il corretto funzionamento di strutture complesse e tecnologicamente avanzate come gli impianti di estrazione di gas e petrolio, sono necessarie competenze variegate ed estremamente specialistiche. Per le grandi multinazionali del settore diventa quindi indispensabile poter contare sul supporto di professionisti affidabili e qualificati. Lo sa bene l’ingegner Giuseppe Bellantoni, Managing Director di ISS International Spa, società di Roma che dal 2005 offre soluzioni integrate per tutte le attività nell’ambito di impianti gas-petroliferi, tra cui ingegneria di processo, start-up, training formativo, precommissioning e commissioning, e manutenzione. «Fornire servizi integrati, attraverso l’assistenza tecnica e il trasferimento di know-how nel settore Energia, è da sempre la mission che accompagna il nostro lavoro», sottolinea Bellantoni. «Svolgiamo un’attività basata su un insegnamento condiviso, e su un processo di scoperta volto a migliorare la qualità di vita delle persone e la loro produttività, non solo nelle organizzazioni, ma anche nella società in generale». Quali gli ingredienti alla base di questo successo? «Competitività, flessibilità, aggiornamento tecnologico, internazionalizzazione e diversificazione, intesa sia in termini di servizi che, soprattutto, di mercati. Questi sono sicuramente gli elementi principali che ci hanno permesso di raggiungere in questi ultimi anni risultati eccezionali. Non bisogna però dimenticare l’importanza di valori come l’onestà e l’umanità, in quanto crediamo che essere professionisti seri richieda

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Cresce nel mondo la domanda di energia e, con essa, la complessità dei servizi richiesti. L’esperienza di Giuseppe Bellantoni che, con la sua società, affianca nella loro attività le grandi multinazionali del settore Guido Puopolo


Giuseppe Bellantoni

un impegno ampiamente condiviso e un comportamento che rifletta appieno i principi etico-morali propri di ogni individuo. È anche grazie a questo tipo di approccio che oggi lavoriamo al fianco di realtà di primissimo livello: dall’italiana Eni alla francese Total, passando per le altre principali compagnie petrolifere mondiali quali Qp, Koc, Adnoc». L’internazionalizzazione, come accennato prima, costituisce un elemento fondamentale per la crescita di un’azienda. Quali sono i requisiti necessari per riuscire a imporsi anche sui mercati esteri? «Spirito d’iniziativa e grande costanza. Si deve cercare lì dove tanti son passati, ma dove mai nessuno ha scoperto qualcosa. Oggi ci possiamo definire “cittadini del mondo”, in grado di operare su scala globale. Nello specifico i nostri mercati di riferimento, oltre all’ormai famoso gruppo di paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), che a livello energetico la farà da padrone nel prossimo futuro, si concentrano all’interno dei più importanti paesi del Medio Oriente, dove abbiamo due basi operative, in Qatar e UAE. Siamo inoltre presenti nei paesi dell’ex blocco sovietico, come Kazakhstan e Turkmenistan, in l’Africa e, naturalmente, in Iraq». In che modo la vostra attività è stata influenzata, in questi anni, dalla crisi economica? «Nonostante la difficile congiuntura economica, la domanda di energia è in forte crescita in tutto il mondo e, pertanto, le attuali speculazioni non sembrano aver influito particolarmente sul nostro business. Sicuramente però, a livello generale, in periodi come questi chi si ferma è perduto. Il mondo imprenditoriale dovrebbe essere in grado di trasformare la crisi in un’opportunità di sviluppo, investendo in nuove tecnologie e in nuovi servizi e prodotti, oltre

A fianco, Giuseppe Bellantoni, Managing Director della Iss International Spa di Roma www.iss-international.it

che nell’accrescimento del proprio knowhow interno. Solo così, credo, sarà possibile uscire da questa situazione di impasse». Cosa si sentirebbe di consigliare ai giovani che vogliono intraprendere il suo stesso percorso? «Ho sempre pensato che si debba partire dalle fondamenta per costruire qualcosa che duri nel tempo. Tutto quello che riusciamo a creare, però, diventa un attimo di eternità. Per questo invito i giovani imprenditori a mettere in circolo tutto l’impegno e lo spirito di sacrificio di cui sono dotati, per diventare pescatori tenaci e pazienti, che tra tempeste e burrasche lavorino per una buona pesca. Mettersi in proprio è un po’ come mettere su famiglia. In entrambi i casi, di questi tempi, bisogna avere coraggio e incoscienza, anche se credo che, alla fine, le soddisfazioni che si raccolgono possano ripagare ampiamente gli sforzi sostenuti». LAZIO 2011 • DOSSIER • 97


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La tecnologia italiana per l’automazione I robot antropomorfi e gli impianti di visione e controllo automatici permettono di migliorare sia la produzione sia le condizioni di lavoro. Un team di tecnici e ingegneri che dal Lazio esporta in tutto il mondo il know how italiano per l’automazione robotizzata. Ne parliamo con Paolo Marini e Piero Bullio Luca Cavera

no dei fattori che incentiva al rispetto del lavoro e dei lavoratori, oltre che al miglioramento delle politiche ambientali, è l’automazione. L’automazione di operazioni a basso valore aggiunto assicura maggiore sicurezza – oltre che efficienza – grazie all’impiego di robot. Sulla base di queste premesse si muove la ricerca e la progettazione di soluzioni automatiche per la gestione di un numero sempre più alto di operazioni ripetitive, potenzialmente pericolose o che richiedono un eccessivo stress da parte dell’operatore umano. Con un’esperienza in ambiti industriali diversissimi – dall’automotive alla lavorazione del vetro, fino all’assemblaggio automatico di pneumatici – un’industria italiana è riuscita a conquistare una posizione importante, a livello

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globale, nella realizzazione di impianti personalizzati basati su robot antropomorfi e cartesiani, sistemi di visione artificiale, saldatura, assemblaggio, manipolazione e sbavatura di materie plastiche. Ne parliamo con il dottor Paolo Marini, General Manager del gruppo Icap e l’ingegner Piero Bullio, direttore tecnico e commerciale. Qual è stata la strategia che vi ha permesso di superare gli anni recenti di crisi dei mercati? Paolo Marini: «In questi anni la nostra azienda ha impostato la propria strategia – che si è rilevata vincente – puntando sulla prototipazione e l’unicità delle soluzioni offerte, affidandosi a una progettazione robusta e a partner d’eccellenza. Il nostro mestiere, infatti, non consiste soltanto nel fornire prodotti, ma nel creare relazioni di fiducia consolidata nel tempo. Solo entrando in quest’ottica, secondo noi, ci sono le condizioni per vedere realizzate le nostre soluzioni di automazione. Crediamo fermamente che il know how resterà sempre la “tecnologia” più complessa da riprodurre, rispetto a un prodotto o perfino a un’idea». Concretamente, come si è tradotta questa filosofia nella gestione dell’azienda e della produzione? P.M.: «Si è tradotta in un’officina interna fatta di persone dal talento tutto italiano, che realizzano macchine per lavorazioni destinate a più settori: dall’automobilistico al farmaceutico, dal vetro


Paolo Marini

Proponiamo sistemi robotizzati d’eccellenza, 100% made in Italy: dalla progettazione alla realizzazione, al software

Impianto di Glass Processing in fase di collaudo. A sinistra, l’ingegner Piero Bullio, direttore tecnico e commerciale dell’Icap Group Company di Latina. A destra, il dottor Paolo Marini, General Manager dell’azienda www.icapgroup.it

alla manipolazione delle bobine e alla general industry. Queste soluzioni sono il frutto dell’ingegno dei nostri progettisti che danno forma alle idee e che operano a strettissimo contatto con la produzione – se così non fosse, non sarebbe possibile monitorare costantemente la qualità delle nostre realizzazioni e offrire i tempi di risposta all’altezza delle aspettative dei nostri clienti». Il vostro lavoro però non si ferma nel momento in cui macchine e impianti sono completi. In che modo prosegue? Piero Bullio: «È proprio quando i nostri impianti sono fisicamente realizzati e cablati che ha inizio una delle parti più critiche e importanti del nostro mestiere, lo sviluppo del software di funzionamento delle linee e delle interfacce per gli operatori che le andranno a utilizzare. In questa fase, più che in altre, è indispensabile avvalersi di risorse estremamente formate e con solide capacità tecniche. Quasi sempre, infatti, i nostri ingegneri sono chiamati a installare gli impianti in siti produttivi che si trovano dall’altra parte del globo, oltre che a gestire il complesso interfacciamento LAZIO 2011 • DOSSIER • 99


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Soluzioni per tutti i settori industriali Il gruppo Icap nasce nel 1988 e raccoglie tre società: Icaplants, Stars e Icaptrading, con sede a Shanghai. Il gruppo oggi è attivo, con le sue divisioni, nei settori automobilistico, farmaceutico, della lavorazione vetro, della manipolazione bobine e della general industry. Benché abbia nel tempo operato in settori così diversi fra loro, all’esordio il gruppo Icap si è affermato rapidamente, soprattutto come fornitore di soluzioni per macchine e attrezzature per le più importanti realtà farmaceutiche internazionali. Costanti investimenti in ricerca e sviluppo, insieme a un’ingegneria ben strutturata, hanno consentito al gruppo di offrire sistemi automatici robotizzati delle produzioni, e gli impianti a esse collegati, con elevati standard di sicurezza, qualità ed efficienza produttiva. A tutto ciò si aggiunge un consolidato know how nella gestione di sistemi complessi, attraverso lo sviluppo interno di software personalizzato e l’utilizzo di sistemi di visione per gli usi più vari: dalla guida robot fino al controllo qualità.

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con i sistemi già presenti in loco – operazione che risulta sempre difficilmente pianificabile in dettaglio nei mesi precedenti alle installazioni». Quali sono i territori nei quali maggiormente installate impianti e sono utilizzate le vostre tecnologie di automazione? P.M.: «I nostri punti di riferimento commerciali si estendono su scala globale, data la nostra forte internazionalizzazione – abbiamo anche una sede in Cina e rappresentanze commerciali in vari paesi del mondo. Le nostre linee di assemblaggio automatico di pneumatici e di glass processing, per il mercato automotive sono installate in decine di Paesi del mondo: Dalla Francia alla Cina, agli Stati Uniti alla Germania. Nella general industry, sia a livello nazionale che internazionale, abbiamo fornito impianti robotizzati chiavi in mano per lo svolgimento delle operazioni più diverse: dall’asservimento macchine al controllo qualità mediante sistemi di visione artificiale. Ma non trascuriamo il contesto locale. In particolare il territorio del Lazio, area con una forte vocazione farmaceutica, è uno dei nostri punti di riferimento per la fornitura di macchine, sistemi di confezionamento, lavaggio e handling». Svolgete un’attività di consulenza per suggerire quale sia la soluzione di automazione più adatta alle esigenze produttive dei vostri partner? P.B.: «Abbiamo un team di tecnici specializzati che mettono a disposizione la loro esperienza nella fase di predesign dell’impianto come pure in quella di project management e nell’assistenza postvendita. Nel predesign valutiamo e sviluppiamo le soluzioni che andremo a realizzare, fornendo un’analisi estremamente dettagliata di ciò che, per esempio, possa implicare l’utilizzo di un robot antropomorfo. E non solo dal punto di vista del ritorno degli investimenti, ma anche del miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori, oltre che di miglioramento della resa, della qualità dei prodotti realizzati e, soprattutto, della sicurezza».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Evoluzioni della tecnologia elettronica Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha esponenzialmente aumentato il suo ritmo di crescita, in particolare in determinati settori, come quello dell’elettronica domestica e professionale. Alfredo Bonifazi ne descrive il percorso Amedeo Longhi

ono passati quasi novant’anni dal primo filmato che l’ingegnere scozzese John Logie Baird proiettò a Londra per mostrare le potenzialità della televisione elettromeccanica che aveva messo a punto. Oggi le trasmissioni non avvengono più in una doppia tonalità di grigio e con una risoluzione di trenta linee verticali: alcune apparecchiature, e le possibilità che ci offrono, solo pochi anni fa erano inimmaginabili. L’elettronica, di cui la televisione e i suoi accessori sono forse i rappresentanti più diffusi e conosciuti, si basa ai giorni nostri su tecnologie avanzatissime. Per capire bene qual è stato il percorso che negli ultimi anni ha segnato questo processo, è interessante analiz-

S La GBS Elettronica ha sede ad Aprilia (LT) www.gbs-elettronica.it

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zare l’esperienza di Alfredo Bonifazi, amministratore della Gbs Elettronica, realtà laziale che da trentacinque anni è presente sul mercato specialistico come produttore di componentistica per la distribuzione dei segnali televisivi. «Siamo partiti nel 1976 – ricorda Bonifazi –, contestualmente alla nascita delle prime televisioni private, proponendo soluzioni pratiche e competitive indispensabili al corretto e pulito trattamento del segnale televisivo analogico terrestre». Negli anni Ottanta si apre il mercato dei telecomandi low cost in sostituzione di quelli originali: «Ci interessavamo a tutti gli sviluppi tecnologici legati alla componentistica e all’evoluzione dei telecomandi studiando soluzioni semplici, di qualità e concorrenziali. Questo mercato ha preso rapidamente piede, così abbiamo deciso di realizzare un telecomando unico capace di gestire più di una sorgente, qualità rilevante sia dal punto di vista funzionale che da quello economico». Col decennio successivo subentrano nuove proposte, come una gamma di telecomandi universali facilitati e la produzione di radiocomandi per cancelli. «Nei primi anni del 2000 – prosegue Bonifazi – nasce il telecomando universale programmabile da PC MadeForYou, in grado di gestire sino a quattro apparecchiature, che diventerà ben presto il telecomando di riferimento per i distributori professionali».


Alfredo Bonifazi

Attenti studi di mercato ci hanno suggerito di ampliare la nostra offerta con apparecchiature complementari ma sempre più richieste

Nel 2005, sull’onda dello sviluppo repentino delle nuove tecnologie degli apparecchi televisivi, la GBS inizia la ricerca e lo sviluppo di supporti per Tv Lcd e plasma adatti a una gamma completa, dal più piccolo 10 pollici sino agli imponenti 60 e più pollici. «Adeguandoci alle novità che si succedevano incessantemente, nel 2007 ci siamo concentrati sulla ricerca di soluzioni di fissaggio per gli avveniristici Tv led, la cui profondità impone supporti adeguati e “invisibili”. Attenti studi di mercato ci hanno suggerito di ampliare la nostra offerta con apparecchiature complementari ma sempre più richieste, come il primo ripetitore audio/video senza fili 5,8 GHz completato, successivamente da una gamma di cavi HDMI 1.4 High Speed già predisposti per la tecnologia 3D». Più che in altri settori, nello studio e realizzazione di tecnologie elettroniche è fondamentale che ricerca, produzione e marketing collaborino proficuamente fra loro: «Packaging, posizionamento e nuove proposte – spiega Bonifazi a questo proposito – nascono dalla più stretta collaborazione fra i settori di ricerca e sviluppo, marketing e vendite. Ogni prodotto e servizio viene studiato in base alle esigenze specifiche del canale e del modello di business». Ufficio tecnico, per lo sviluppo e il controllo qualità su tutti i prodotti a marchio GBS/Jolly Line; Ufficio codifiche telecomandi, per mantenere aggiornato il più esteso

database al mondo; Ufficio Marketing, Grafica e Pubblicità, per l’analisi dei mercati. «Sono questi i tre elementi portanti della nostra attività. Il binomio qualità del prodotto e competitività del prezzo è garantito da un partner orientale che si occupa della produzione, mentre la progettazione viene svolta qua da noi». Come spiega concludendo Bonifazi, «il 2010 è stato un anno molto importante per la GBS, soprattutto per quanto riguarda innovazione e progressione. Questo non solo dal punto di vista tecnico e della ricerca, ma anche sotto il profilo dei risultati aziendali, economici e logistici: una crescita del fatturato del 64% rispetto al corrispondente semestre dell’anno precedente e una nuova sede operativa più ampia e meglio dimensionata lo testimoniano». LAZIO 2011 • DOSSIER • 103


IL PROCESSO DI DIGITALIZZAZIONE

Presente e futuro del digitale terrestre Carlo di Donato traccia le prospettive globali della crescita dei nuovi sistemi di trasmissione televisiva. Nuovi mercati e nuovi strumenti per potenziare la diffusione dei canali in alta definizione e completare la copertura del territorio italiano Luca Cavera n Italia e in Europa, il processo di digitalizzazione della televisione terrestre è arrivato a coprire già l’85% della popolazione. Il prossimo passo sarà quello di coprire l’“ultimo miglio” con apparecchiature piccole che potranno diffondere i segnali in modo capillare. Il progresso tecnologico nella diffusione dei segnali Tv terrestri ha subito un profondo cambiamento nell’ultimo decennio. Dalla Tv analogica si è passati al digitale, migliorando la qualità e la disponibilità di canali, fino a poter irradiare segnali in alta definizione e anche in 3D. Questo cambiamento ha obbligato i vertici delle aziende a un adeguamento delle conoscenze e a un cambiamento radicale dello sviluppo dei prodotti destinati alla ricezione e ritrasmissione. Il processo è durato alcuni anni, che non hanno portato benefici immediati, ma sono stati necessari per preparare il settore a rispondere alle richieste di mercato, attuali e future. È in questo contesto che si inserisce l’ultima novità di Italtelec, società specializzata nell’elettronica per telecomunicazioni e broadcasting, che ha ideato una soluzione proprio per risolvere il problema dell’ultimo miglio e del 15% di utenti non ancora raggiunti dal digitale. Cosa ha rappresentato per il

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Carlo di Donato, amministratore delegato di Italtelec Spa, Fiano Romano (RM) www.italtelec.com

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vostro settore il passaggio al digitale terrestre? «Ci ha consentito l’apertura di diverse prospettive di business. Soprattutto perché il processo di digitalizzazione è stato deciso e avviato ben prima dell’emergere della crisi internazionale. Prova ne è che le aziende del settore sono quasi tutte in buona salute – questa è la dimostrazione che per affrontare una crisi economica è necessario mettere in moto il lavoro, non fermarlo. Per la nostra azienda è stata anche l’occasione per il lancio sul mercato un nuovissimo prodotto chiamato Mlm 150, studiato per completare la copertura territoriale del segnale». Qual è la specificità di questa tecnologia? «Mlm sta per Multi Last Mile. Questo dispositivo riesce a coprire piccole aree – quelle finora escluse dal segnale –, ma nello stesso tempo può ritrasmettere più canali. Quindi una sola apparecchiatura è sufficiente per la gestione di più programmi. Questo consente un risparmio sull’acquisto, una diminuzione degli ingombri e soprattutto un risparmio energetico che può arrivare fino al 30%».


Carlo di Donato

Hanno cominciato i più ricchi – Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone, Cina –, altri hanno appena iniziato e prevedono un programma di digitalizzazione che in genere dura dai tre ai quattro anni. La necessità di digitalizzare è determinata dalla necessità di fare concorrenza ai canali satellitari. Le aspettative per i prossimi anni sono sicuramente un miglioramento della copertura dei territori già digitalizzati con piccoli prodotti, una implementazione dei sistemi attuali a un nuovo sistema di codifica, che consenta di irradiare più dati a parità di banda. In questo modo si potrà aumentare il numero dei canali, soprattutto ad alta definizione». E quali sfide attendono la Italtelec nel prossimo futuro?

La vostra attività ha seguito lo sviluppo del mercato delle telecomunicazioni e della relativa tecnologia. Da quali derivano le vostre migliori performance di business? «I prodotti di maggior successo sono i ripetitori Dvb T rigenerativi, i Gap Filler, trasmettitori Dvb T in riserva passiva e N+1, oltre che i sistemi di monitoraggio per il digitale terrestre. Tutti prodotti sono dotati di firmware, software e hardware sviluppati in azienda, grazie alla collaborazione di consulenti e anche con l’appoggio dell’università. Questo ci consente una continua crescita tecnologica, il possesso delle proprietà intellettuali sulle tecnologie e la rapidità nell’intervento per eventuali upgrade, oltre che una presenza maggiormente competitiva sul mercato». Quali aspettative e prospettive avete circa il futuro dei vostri settori di riferimento? «Nessun Paese al mondo si potrà sottrarre al cambiamento del sistema televisivo terreste.

«Stiamo facendo grandi sforzi per internazionalizzare i nostri prodotti, puntando principalmente, nell’immediato, sui mercati nord africani, ma soprattutto ai mercati del Sud America, in particolare al Brasile – che oggi è il Paese che fa da traino a tutto il Sud America. Poiché non esiste uno standard di trasmissione del digitale televisivo terrestre uguale in tutti i paesi del mondo, siamo obbligati a riprogettare un nuovo firmware e un nuovo software per ogni mercato nel quale intendiamo commercializzare i nostri prodotti. Dunque la sfida principale sarà quella di superare lo scoglio iniziale di questo investimento tecnologico». LAZIO 2011 • DOSSIER • 105


INFORMATION TECHNOLOGY

L’e-government entra nella PA a alcuni anni è in atto una grande trasformazione della Pubblica amministrazione finalizzata, da una parte, a migliorare l'operatività interna, e dall'altra a sviluppare l'erogazione di informazioni e servizi attraverso Internet. In questo modo il cittadino recupera il ruolo di principale beneficiario del "buon governo", e la Pubblica amministrazione, migliorando la qualità complessiva dei servizi, raccoglie consenso. Tutto questo richiede una forte trasformazione delle strutture organizzative delle Amministrazioni che, coerentemente con gli indirizzi più recenti, devono garantire trasparenza amministrativa e informativa, adeguamento dell'area contabile all'evoluzione normativa in atto, e massima fruibilità delle informazioni da parte del cittadino. È questo, in sintesi, il senso del progetto “Comuni in Rete”, avviato dalla Provincia di Roma con il decisivo supporto di Tesys Spa, società di Ariccia, in provincia di Roma, specializzata in attività di ingegneria informatica, che proprio quest’anno festeggia i vent’anni di attività. «All’interno di questo progetto abbiamo progettato e realizzato

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La complessità dei sistemi informatici con cui aziende e Pubbliche amministrazioni sono costrette a fare i conti spesso richiede un supporto qualificato, capace di garantire le soluzioni ottimali per ogni specifica esigenza. L’evoluzione dell’IT nell’analisi di Erino Crestini Guido Puopolo

Horizon Plus®, una suite di soluzioni informatiche che consente alle amministrazioni comunali di gestire in modo semplice, completo e integrato i propri servizi principali, attraverso modalità di accesso multicanale, elevando qualitativamente l’operatività interna, nonché il livello di servizio al cittadino», spiega il presidente di Tesys, Erino Crestini. L’esperienza e il know-how maturati in due decenni di attività, unitamente alle competenze di personale altamente qualificato e sottoposto a continuo aggiornamento, hanno permesso all’azienda di diversificare i propri ambiti operativi, in modo da essere meno esposta alle variabili del mercato tecnologico, come conferma Crestini: «Al di là del settore pubblico, offriamo infatti consulenza e supporto informatico al mondo industriale, assicurativo e bancario e delle telecomunicazioni, sostenendo le imprese nei loro processi di crescita e sviluppo tecnologico, sia in termini di applicazioni sviluppate, sia in termini di qualità di servizi. Fin dalla sua fondazione l'azienda ha incrementato la sua vocazione alla consulenza e progettazione in ambiente informatico, conseguendo costantemente importanti risultati sul piano commerciale e professionale. I successi fin qui ottenuti – conclude Crestini - permettono a Tesys di proporsi come un partner affidabile, le cui qualità sono ampiamente riconosciute dai numerosi committenti sparsi su tutto il territorio italiano».

Tesys Spa ha la sua sede operativa ad Ariccia, in provincia di Roma www.tesys-spa.it



INFORMATION TECHNOLOGY

Nuove tecnologie al servizio dei cittadini Proposti in un mercato dedicato che ne favorisce la commercializzazione, innovativi prodotti tecnologici si stanno diffondendo presso l’apparato dell’amministrazione pubblica per rendere sempre più efficiente il servizio offerto. Ne parla Stefano Diodori Amedeo Longhi

l Mepa è il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, è un mercato digitale in cui le amministrazioni registrate possono ricercare, confrontare e acquisire i beni e i servizi proposti dalle aziende fornitrici abilitate a presentare i propri cataloghi sul sistema. È questo un modo per agevolare la diffusione di importanti tecnologie necessarie per migliorare il rapporto fra enti pubblici e cittadini e implementare il servizio offerto. Fra le aziende accreditate presso il Mepa, figura anche la Eastek, società romana nata all’inizio del 2006 accomunando le esperienze maturate

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Stefano Diodori, amministratore unico della Eastek di Roma www.eastek.it

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nel settore IT. «Siamo abilitati alla vendita di prodotti appartenenti alle categorie merceologiche hardware e soluzioni ICT», spiega l’amministratore unico della Eastek Stefano Diodori. «Inoltre proponiamo varie soluzioni hardware con software dedicati, create per rispondere a specifiche problematiche». Uno dei prodotti che sta lanciando l’azienda romana è rappresentato dai chioschi multimediali: «Si tratta di soluzioni dedicate alla cura della customer satisfaction degli utenti della pubblica amministrazione – spiega Diodori –: dove l’erogazione dei servizi avviene tramite sportello, al termine delle operazioni il cittadino è chiamato a esprimere un giudizio atto a misurare il suo parere attraverso degli emoticon. Si tratta semplici smile che sottolineano il grado di soddisfazione che può essere basso, medio o alto. In particolare, la faccina verde significa che l’utente è pienamente soddisfatto del servizio ricevuto, quella gialla corrisponde a un giudizio sufficiente ma migliorabile, mentre l’emoticon rosso equivale a un giudizio negativo». Un’altra soluzione molto interessante fra le proposte della Eastek è quella dei totem multimediali, dedicati alla gestione dei flussi di persone e attualmente utilizzata in strutture pubbliche e private di tutte le dimensioni, da due a settanta sportelli in contemporanea. «Il


Stefano Diodori

carattere innovativo – prosegue DioApprontiamo soluzioni per la pubblica dori – risiede nel fatto che tutta la loamministrazione creando sistemi che gica operativa è gestita tramite softaumentino l’informatizzazione dell’apparato ware e permette quindi una grande amministrativo a tutto beneficio dei servizi flessibilità rispetto alle tradizionali soluzioni cablate e basate su disposiresi al cittadino tivi elettromeccanici. Il programma è stato sviluppato per ottimizzare la gestione delle code distribuendo in modo omogeneo e automatico il carico di dere operative queste strutture di digital siutenti sugli sportelli attivi e contemporanea- gnage, i proprietari dei network potranno mente ridurre al minimo il carico di lavoro scegliere tra la modalità di fruizione dei serdegli operatori che di fatto si limitano a chia- vizi di gestione totalmente in house, anche mare i biglietti senza preoccuparsi di priorità grazie ai strumenti software, oppure la come di criteri di distribuzione». pleta gestione in outsourcing. Il software inPer quanto riguarda la comunicazione, im- clude specifiche per report in tempo reale, per portanti possibilità sono offerte da strumenti avere lo stato dell’arte del posizionamento e innovativi come la cartellonistica digitale, ov- del billing delle campagne». vero digital signage. «Forniamo questo pro- Di genere simile è un altro prodotto dedicato dotto “chiavi in mano”, con una formula che a nuovi stili comunicativi, come le lavagne inprevede un micro playback PC con il software terattive multimediali, particolarmente adatte proprietario pre-aricato, il tutto pronto per a realizzare lezioni di carattere interattivo, essere collegato a un digital screen. Tale solu- rendendo più chiaro lo svolgimento di attività zione ha un’ampia scalabilità verso configu- didattiche e informative. «Sono soluzioni che razioni più complesse e sofisticate in base alla permettono di visualizzare immagini e video gestione dei contenuti desiderata. Per ren- durante la spiegazione dell’insegnante e di

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INFORMATION TECHNOLOGY

realizzare schemi e di memorizzarli per un successivo utilizzo. Consentono inoltre di completare esercizi precedentemente predisposti arricchiti di elementi grafici chiarificatori. Questo strumento non si sostituisce all'insegnante, ma fa in modo che la lezione sia supportata da più “media” per favorire una più profonda comprensione da parte degli alunni e una più facile memorizzazione. Inoltre rende interattiva la partecipazione alle lezioni da parte degli allievi, in quanto essi stessi possono lavorare direttamente sui contenuti e modificarli grazie al semplice tocco di una mano o di un pennarello virtuale». Un’altra innovazione tecnologica che sta conoscendo una rapida diffusione e un considerevole ampliamento dei campi di applicazione è quella dell’Rfid, Radio Frequency

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Identification. Diodori descrive le caratteristiche dei prodotti proposti da Eastek per questa tecnologia: «Si tratta di soluzioni che permettono la gestione e l’accettazione di etichette, carte e Tag Rfid con terminali Pos fissi e portatili, utilizzando al meglio le caratteristiche di connettività, sicurezza, multi-funzionalità ed elevato livello di integrazione delle periferiche. La finalità di fondo è rendere disponibile una piattaforma hardware/software per facilitare lo sviluppo di applicazioni Rfid e integrare la tecnologia Rfid nei pagamenti elettronici, come ad esempio avviene col sistema PayPass». Il mercato di riferimento, oltre al Mepa, è quello dei dealer, Var, Vad, system integrator, retailer e distributori locali. La distribuzione coinvolge brand gestiti direttamente e indirettamente, componenti per assemblaggio, accessori e personal computer. «La nostra attività – conclude Diodori – è finalizzata da un lato a fornire una vasta gamma di prodotti relativi all’informatica, dall’altro ad accrescere la presenza nei progetti e prodotti speciali rivolti all’informatizzazione della pubblica amministrazione, comprensivi del relativo servizio di assistenza e consulenza post vendita, grazie alla professionalità del personale altamente specializzato. Cerchiamo di selezionare le migliori marche di prodotti senza perdere mai di vista il rapporto prezzo/prestazioni, né la possibilità di fornire per i medesimi il più tranquillizzante servizio agli utenti. L’esperienza e l’affidabilità dei prodotti acquisita in questi anni ci hanno permesso di approntare soluzioni ad alto valore aggiunto da proporre alla pubblica amministrazione creando sistemi che aumentino l’informatizzazione dell’apparato amministrativo a tutto beneficio dei servizi resi al cittadino».



APPLICAZIONI SOFTWARE

Un brevetto italiano per la sicurezza documentale a digitalizzazione della documentazione amministrativa o di dati sensibili apre nuovi problemi sulla sicurezza e il controllo dell’accesso all’informazione. L’obiettivo fondamentale è quello di rendere un documento fruibile a determinate condizioni, che possono riguardare il soggetto fruitore o il livello di accesso al dato che il fruitore ultimo ha sul documento rispetto a quello che ne ha il suo creatore. Queste caratteristiche di sicurezza sono necessarie nei documenti prodotti dai ministeri o da aziende che trattano informazioni riguardanti migliaia di centinaia di cittadini. Un esempio possono essere i cedolini stipendiali della pubblica amministrazione centrale, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze deposita sul portale ministeriale. Per porre in sicurezza questo tipo di informazione e allo stesso tempo consentirne l’accesso ai soggetti che ne hanno il legittimo diritto, il ministero ha implementato nei propri sistemi un software sviluppato da una società romana, Land. Il suo titolare, Ettore Al-

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Una soluzione informatica che garantisce la securizzazione dei documenti emessi dai ministeri o che contengono dati sensibili. Lo sviluppo di questa applicazione è stato portato a termine da una società italiana. La parola a Ettore Alloggia Valerio Germanico loggia ne spiega il funzionamento. Come siete giunti allo sviluppo della vostra applicazione software? «La nostra società è costantemente impegnata nella progettazione software, anche grazie alla stretta collaborazione con la facoltà di ingegneria informatica dell’università di Tor Vergata – dalla quale proviene gran parte del nostro personale di sviluppo. Questo ci ha portato alla realizzazione di SecurePaper, un’applicazione che abbiamo brevettato. È una soluzione che permette la securizzazione di documenti cartacei e digitali tramite l’applicazione di particolari codici a barre bidimensionali. Il core dell’applicazione


Ettore Alloggia

Questa soluzione permette la securizzazione di documenti cartacei e digitali con l’applicazione di particolari codici a barre bidimensionali

Ettore Alloggia, amministratore unico di Land Srl, Roma www.land.it

è il confronto automatico tra l’originale digitale del documento – contenuto nel documento stesso – e l’immagine visualizzabile dall’utente». Chi sta utilizzando attualmente la vostra soluzione di sicurezza documentale? «Un importante utilizzatore della nostra soluzione è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che, con l’ausilio di Consip Spa, lo ha implementato nei propri sistemi per la generazione dei cedolini stipendiali dei dipendenti di tutta la Pubblica Amministrazione, depositati sul portale ministeriale, ma anche per la securizzazione e il rilascio di ulteriori documenti e certificazioni, anche online. Altri importanti fruitori del nostro FrameWork di securizzazione sono Postel – un’azienda del gruppo Poste Italiane – e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato che lo utilizza per il rilascio online della Gazzetta ufficiale. Inoltre, Inail sta utilizzando SecurePaper per il rilascio online del Durc sul proprio portale, mentre PosteVita lo ha inserito nel processo di emissione delle proprie polizze sulla vita». Quali possibilità di sviluppo prevedete per

SecurePaper? «Abbiamo sottoscritto accordi commerciali con società come Hp e Telecom, che offrono tra i propri servizi sulle loro piattaforme soluzioni di sicurezza e archiviazione documentale. Inoltre, a queste collaborazioni si affiancano servizi innovativi come il rilascio di documenti dell’Inps in modalità sicura e autocertificante, il rilascio delle pagelle sul portale del Ministero dell’Istruzione e il rilascio dei certificati anagrafici online dei Comuni tramite Postel, Ancitel e Confservizi. Presto, infine, saranno operativi ulteriori servizi anche in ambiente giudiziario e postale. Altri nostri importanti partner tecnologici sono Indra Italia, Data Management e ArubaPEC». Oltre che di sviluppo software, di cosa si occupa la vostra azienda? «Siamo specializzati nel settore della vendita, noleggio e assistenza di macchine per ufficio, del comparto Information and Communication Technology e abbiamo una lunga esperienza nel settore della riproduzione e stampa digitale professionale. In questi ambiti distribuiamo marchi come Kodak, KonicaMinolta, Kyocera, Avision e Brother. Altro settore di particolare interesse è quello legato alla vendita dei PC portatili Panasonic in ambienti dove la resistenza e l’ultraportatilità sono molto importanti. Nel settore informatico, realizziamo soluzioni chiavi in mano per la conservazione sostitutiva e di firma digitale». Quanto conta l’investimento in ricerca nel vostro lavoro? «Alla base di ogni nostro prodotto c’è un consistente investimento in ricerca e innovazione. Infatti, ricerca, acquisizione di prodotti e sistemi a scopo di analisi e test, oltre al costante aggiornamento nel settore commerciale e del settore tecnico costituiscono la parte più importante dell’evoluzione della nostra attività. Tutto il lavoro di programmazione viene gestito in modo centralizzato dal laboratorio informatico tramite un sofisticato sistema di project management. Questo ci permette di verificare lo stato di avanzamento dei progetti in tempo reale, anche da remoto». LAZIO 2011 • DOSSIER • 113


TELERILEVAMENTO

Tecnologie per lo studio della Terra Satelliti artificiali, sensori ottici e radar sono “occhi” tecnologici che, dallo spazio, osservano la Terra, permettendoci di aumentare le nostra conoscenza del pianeta. Le nuove frontiere del telerilevamento illustrate da Stefano Bizzi Guido Puopolo

l telerilevamento (in inglese "remote sensing") permette di ottenere informazioni su un oggetto lontano senza la necessità di entrare in contatto con l'oggetto stesso. Questo è reso possibile grazie all’uso di strumenti e tecnologie sofisticate, che sfruttano le proprietà delle onde elettromagnetiche per “vedere” e “ascoltare”, anche a notevole distanza, oggetti e fenomeni. Tra le aziende principali a livello mondiale in questo particolare settore figura anche un’eccellenza tutta italiana, la Advanced Computer Systems – ACS Spa. La società, fondata nel 1979, è specializzata nella realizzazione di Ground Stations, i sistemi che gestiscono l’acquisizione a terra, l’elaborazione e l’archiviazione dei dati inviati dai satelliti, come spiega

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La sede operativa di ACS Spa si trova a Roma www.acsys.it

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il suo Presidente, Stefano Bizzi. «Il settore dell’Osservazione della Terra dallo Spazio è assolutamente al centro delle agende politiche e strategiche dei governi mondiali, come è intuibile dalle tematiche chiave per la sicurezza e lo sviluppo economico: ad esempio lo studio e la previsione dei mutamenti del clima con le sue potenziali conseguenze su catastrofi naturali e produzioni agricole e industriali (pensiamo ad esempio all'impatto della desertificazione o di allagamenti), l'inquinamento, la gestione delle risorse naturali, il supporto alla realizzazione di infrastrutture di trasporto, di energia e di telecomunicazioni, nonché la logistica». Anche il mercato privato si affaccia però con sempre maggiore interesse alle opportunità offerte da questo settore, come conferma Bizzi. «Basti pensare agli evidenti vantaggi ottenibili dal settore assicurativo nel poter quantificare i rischi ambientali o gli eventuali danni da terremoti o uragani. I modelli matematici delle patologie dell’ambiente, infatti, si avvalgono costantemente delle osservazioni dallo Spazio per fornire dati scientifici e simulazioni previsionali come supporto alle decisioni nella gestione dei territori e dell’ambiente in generale». Tra i fondamentali della competitività storica di ACS, che da anni collabora assiduamente con l’Agenzia Spaziale Europea – ESA, vi sono la qualità delle risorse e della formazione, nonché l'elevato tasso di innovazione derivante da continui investimenti in ricerca e sviluppo. «Oggi ACS conta circa 100 di-


Stefano Bizzi

pendenti, per l’80% con profili di alta specializzazione: matematici, fisici, ingegneri e sviluppatori software, che grazie ad un costante coinvolgimento sul fronte delle nuove tecnologie spaziali hanno la possibilità di sviluppare professionalità senz’altro rare sul mercato italiano e internazionale. Oltre un terzo dei costi di ACS – prosegue Bizzi - deriva da attività di R&D, in buona parte legate a progetti di ricerca in ambito europeo su tematiche applicative dell’osservazione della Terra e modellizzazione fisica di fenomeni naturali, dallo studio del clima e della desertificazione al monitoraggio e sicurezza del traffico marittimo. La componente R&D è in parte autonoma e in parte sviluppata all'interno di programmi di finanziamento promossi dall’Unione Europea, dall’Agenzia Spaziale Italiana, dal Miur, dalla Regione Lazio e dal Filas». La crescente importanza attribuita al trattamento di immagini digitali ha spinto nell’ultimo decennio la Acs ad avviare dei processi di trasferimento delle conoscenze tecnologiche acquisite nel telerilevamento verso nuovi settori di mercato, con particolare riferimento al biomedicale. «Tra i pro-

getti di ricerca biomedicale sviluppati da Acs, c’è il progetto Fide, ovvero un completo sistema di tele-dermatologia volto alla prevenzione del melanoma, e accessibile in farmacia o presso ambulatori dermatologici specializzati. Fide è una sorta di motore di ricerca per la condivisione della documentazione medica, costituito da grandi archivi digitali di immagini che permette di selezionare, nel contesto di un ampio database di immagini di casi clinici noti, le lesioni cutanee più “simili” a quella in esame.Il sistema è già attivo e in distribuzione in Italia e si avvale, per la telediagnosi, di prestigiose partnership con l’Istituto Pascale di Napoli, il Policlinico Tor Vergata di Roma e l’Ospedale Niguarda di Milano. E il futuro? «La sfida per Acs sarà gestire al meglio una crescita che si prospetta senza precedenti. Oggi il nostro fatturato si aggira intorno ai 10 milioni di euro. Per il futuro – conclude Bizzi - pensiamo di poter crescere ulteriormente, anche grazie all’ingresso in azienda di nuove professionalità e a un ricco portafoglio ordini figlio di importanti commesse acquisite nel 2010-11, puntando sullo sviluppo del nostro core business e dei nuovi ambiti applicativi sopra citati». LAZIO 2011 • DOSSIER • 115


SISTEMI DI SICUREZZA

In aumento a Roma, l’investimento nella sicurezza Nel biennio 2008-2009 nel territorio capitolino è stato registrato un calo dei furti e delle rapine contro negozi, attività commerciali e uffici postali. Ivano Proietti analizza questi dati alla luce di un evidente investimento dei privati nei sistemi di sicurezza Manlio Teodoro

dati diffusi dal ministero degli Interni, e raccolti dalla prefettura di Roma, relativi ai crimini accertati nella provincia capitolina segnalano – relativamente al periodo dal 2008 al 2009 – un calo delle attività illecite accertate. Il dato complessivo è quello di una diminuzione del 7,81% dei delitti, passati dai 238.986 del 2008 a 220.322 nel 2008. Questo dato, benché spesso in controtendenza con la sensazione di sicurezza – o insicurezza – percepita, probabilmente è il riflesso di una maggiore prevenzione, quantomeno in alcuni settori specifici, come spiega Ivano Proietti: «Sulla base degli ultimi dati completi disponibili, che si riferiscono al biennio 2008-2009, le rapine negli esercizi commerciali sono calate del 27%, in linea con il -18,09% delle rapine in abitazione e il -20% di

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quelle negli uffici postali. Anche i furti nei negozi sono calati, benché in misura minore (-6%)». Ivano Proietti è il fondatore e amministratore unico della società omonima di sistemi di sicurezza. Quali sono i principali servizi che offrite al territorio? «Tutti gli impianti collegati in tempo reale alla nostra centrale operativa usufruiscono dei servizi di pronto intervento, custodia chiavi, Tvcc a immagine reale, manutenzione e vigilanza. Il pronto intervento è un servizio che garantiamo 24 ore su 24 ore. La custodia chiavi consiste nella consegna fiduciaria alla nostra società delle chiavi di accesso ai locali protetti dagli impianti di allarme, per potervi accedere in caso di segnalato allarme. Quando ciò si verifica, e in assenza del

Ivano Proietti, amministratore unico dell’omonima società di sistemi di sicurezza, Roma ivano@ivanoproietti.it


Ivano Proietti

Sulla base degli ultimi dati disponibili, a Roma, le rapine negli esercizi commerciali sono calate del 27%

proprietario del bene, la sala operativa provvede a inviare delle guardie giurate, munite delle chiavi di accesso». Di quali autorizzazioni deve essere dotata una società come la vostra per esercitare l’attività? «Disponiamo della concessione per l’uso delle frequenze radio, che è stata rilasciata dalle Poste e Telecomunicazioni, per il collegamento radio con gli impianti e con il personale. Abbiamo la licenza di istituto di vigilanza e di trasporto e scorta valori, rilasciata dalla prefettura di Roma, valida per Roma e Provincia». Queste operazioni in loco da chi vengono gestite? «Tramite il collegamento radio, è la stessa centrale operativa – situata presso locali blindati e inviolabili, completamente autosufficienti – che impartisce le istruzioni in base alle necessità del caso. I locali non vengono abbandonati finché l’impianto non è stato ripristinato. Nel caso non sia previsto il servizio di custodia chiavi, il personale addetto rimane all’esterno dei locali protetti in attesa che sopraggiunga il proprietario». In cosa consiste il servizio di manutenzione? «Questa consiste nel servizio tecnico di assistenza agli impianti. La manutenzione ordinaria prevede interventi programmati, che vengono svolti su nostra iniziativa per mantenere l’impianto sempre in perfetta efficienza. Inoltre, la manutenzione provvede a tutti quegli interventi, detti straordinari, che vengono effettuati sia su richiesta del proprietario del bene che della sala

operativa, nei casi di avaria. Il sistema computerizzato di gestione degli impianti è in grado di rilevare qualsiasi tipo di avaria o di tentativo di manomissione che si dovesse verificare a impianto inserito – oltre a registrare tutti gli eventi». Al di là dell’intervento in caso di manutenzione o sospetta anomalia, le vostre guardie sono presenti in alcuni teatri in maniera costante? «Certamente, offriamo un servizio di vigilanza, cioè di piantonamento fisso o saltuario, sia interno che esterno, su richiesta. Questo viene svolto con l’impiego di guardie giurate armate, che durante il servizio sono in contatto costante con la sala operativa, disponendo di radio ricetrasmittenti e di telefono cellulare. Per questo motivo la nostra società investe per mantenere sempre aggiornate le proprie tecnologie di applicazione, sia quelle utilizzate dagli operatori che quelle degli impianti». Come è strutturata la vostra società dal punto di vista organizzativo? «È suddivisa in cinque settori operativi: installazione impianti, manutenzione impianti, sala operativa, amministrazione, vigilanza e trasporto valori. I responsabili di ogni settore rispondono direttamente all’amministratore unico, che supervisiona personalmente tutte le attività. Il settore installazione impianti si occupa anche della progettazione e dell’assemblaggio delle centrali e dispone di un laboratorio per la ricerca e lo sviluppo di nuovi componenti». LAZIO 2011 • DOSSIER • 117


CONSULENZA

Accanto alle imprese nei processi di sviluppo Sostenere i processi di sviluppo imprenditoriale, manageriale e personale, offrendo prodotti e servizi di elevata qualità. Rossella Lentini espone le tematiche più attuali legate al mondo dei servizi alle imprese Guido Puopolo

l mercato del lavoro è in continua evoluzione. Negli ultimi anni le imprese sono state sottoposte a una crescente domanda di certificazione della qualità dei processi produttivi e organizzativi, della sicurezza e per il contenimento dell’impatto ambientale. Le aziende, per riuscire a soddisfare questi requisiti e raggiungere specifici obiettivi di posizionamento nei rispettivi mercati di riferimento, oggi possono però contare sul supporto di professionisti qualificati, che possono aiutarle a definire ed evidenziare le loro “reali esigenze”, permettendo alle persone e alle organizzazioni di raggiungere risultati fino a poco tempo fa ritenuti impossibili. «La pianificazione degli interventi di consulenza è inevitabilmente legata agli obiettivi dell’impresa», afferma Rossella Lentini, General Manager di Q-Key Srl, società di Consulenza e Formazione di Roma, che opera in Italia da oltre 15 anni nell’ambito della Ricerca, Progettazione e Forma-

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Rossella Lentini, General Manager della Q-Key Srl di Roma www.qkey.it info@qkey.eu

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zione, con un servizio rivolto non solo a partner privati ma anche alle Pubbliche Amministrazioni. In questi anni il mondo imprenditoriale è stato soggetto a profondi cambiamenti. In che modo la crisi ha inciso sulla vostra attività e come si sono modificate le esigenze di chi richiede i vostri servizi? «La crisi ha determinato in forma molto incisiva la necessità, da parte delle aziende, di rivedere il loro modo di approcciarsi al mercato, in quanto, soprattutto in questo particolare momento storico, la qualità del servizio o del prodotto offerto deve necessariamente coniugarsi a costi decrescenti e concorrenziali. Per realizzare questo risulta ormai ineludibile un miglioramento dei processi interni, sia organizzativi che produttivi, e in questo senso il supporto di valutazione e certificazione costituisce un elemento decisivo». Su quali aree principalmente si concentra la vostra attività? «L’attività di Q-Key copre diverse aree e tematiche: Attestazione Soa, Qualità, Ambiente, Sicurezza e Formazione On-Demand. Il valore aggiunto della nostra offerta è la possibilità di fornire soluzioni integrate che, sfruttando le potenzialità del vasto patrimonio di esperienze e conoscenze maturate in diversi ambiti, permettono alle aziende di raggiungere eccellenti risultati


Rossella Lentini

L’ufficio del futuro Dall’esperienza di Q-Key nasce Virtual Office Rome, una soluzione innovativa per la gestione degli uffici e degli spazi aziendali, che permette di usufruire dei vantaggi di un ufficio reale senza però sostenerne gli alti costi di gestione. «Virtual Office Rome offre a professionisti e imprese un sistema di servizi per la gestione dell’attività d’ufficio, capace di garantire notevoli risparmi e massima efficienza», spiega la dottoressa Lentini. «Attualmente chi si rivolge a noi ha la possibilità di scegliere tra quattro diversi moduli di servizi: la segreteria, la domiciliazione, gli uffici su richiesta e il servizio marketing. La segreteria fornisce una piattaforma web a cui è possibile accedere via internet, e attraverso la quale il cliente può inviare e ricevere fax, e-mail e sms, dare istruzioni alla segretaria e consultare i propri documenti 24 ore al giorno. Le sedi di Virtual Office, a due passi da Piazza Navona e Piazza Cavour, offrono inoltre la possibilità di domiciliare la propria azienda all’interno di location prestigiose, e di utilizzare sale attrezzate per l’organizzazione di meeting, convegni, cene di lavoro e presentazioni, in grado di conferire un ulteriore valore aggiunto a una qualsiasi attività imprenditoriale». www.virtualofficerome.it - info@virtualofficerome.it

con facilità. Non è un caso che Q-Key sia all’avanguardia, ad esempio, nella consulenza volta all’ottenimento delle attestazioni di qualificazione Soa e nella certificazione dei sistemi e processi organizzativi e gestionali (Uni En Iso 9001, 14001, OHSAS 18001, SA 8000, 231, ecc.). L’assistenza Q-Key comprende tutte le fasi del processo certificativo e/o attestativo: dalla progettazione del sistema (o dall’analisi dei requisiti se trattasi di SOA) all’elaborazione e implementazione di tutta la documentazione richiesta, fino al rilascio del certificato/attestato». Quale valore aggiunto sono in grado di garantire i vostri servizi in un’ottica di sviluppo e innovazione aziendale? «Pensiamo solamente agli obblighi in capo alle aziende derivanti dalla normativa vigente a tutela del territorio. Il rispetto della nor-

mativa in materia ambientale e dei suoi adempimenti procedurali è oggi un requisito fondamentale per chi opera sul territorio, nelle infrastrutture e nell’edilizia. Lo sviluppo di Sistemi di Gestione Qualità (Uni En Iso 9001), di Sistemi di Gestione Ambientale (Uni En Iso 14001, EMAS) e di Sistemi per la Gestione della Sicurezza (OHSAS 18001) rappresenta quindi un autentico valore aggiunto. Ogni nostro intervento è accompagnato da accurate valutazioni. Studiamo i possibili scenari che ci permettono di anticipare tendenze e probabili ricadute delle politiche ambientali sulle imprese, con l’obiettivo di individuare e proporre linee d’intervento correttamente indirizzate». Anche la questione della sicurezza sul lavoro è una tematica centrale. Si possono limitare infortuni e incidenti adottando LAZIO 2011 • DOSSIER • 119


CONSULENZA

Il valore aggiunto della nostra offerta è la possibilità di fornire soluzioni integrate che permettano alle aziende di raggiungere eccellenti risultati con facilità

processi virtuosi in materia di sicurezza

del lavoro? «Certamente. Il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 obbliga le imprese a predisporre sistemi di valutazione e di intervento per la sicurezza sul lavoro. Q-Key offre un servizio per la realizzazione del Documento di Valutazione dei Rischi, obbligatorio per le imprese, e del Sistema di Gestione per la Sicurezza OHSAS 18001, con la possibilità di ottenerne la certificazione. La OHSAS 18001 è una norma divenuta in breve tempo riferimento per l'attuazione e la certificazione dei sistemi applicati alla gestione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Considerata da tempo un pre-requisito per essere qualificati come fornitori in determinati settori di “nicchia”, ha iniziato oggi a riscuotere un crescente interesse, dando la possibilità alle aziende di inserirsi in mercati e attività di grande prestigio».

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Quale tipo di consulenza offrite invece per quel che riguarda il delicato ambito degli appalti pubblici? «Q-Key sostiene e affianca le imprese nella partecipazione alle gare d’appalto, nella partecipazione e costituzione a consorzi, nella risoluzione delle criticità. Il DPR 34/2000 e s.m.i. richiede, a chi intende partecipare a gare di appalto di Lavori Pubblici, di dimostrare il possesso dei requisiti di idoneità richiesti dalla normativa in materia. La partecipazione alle gare di importo superiore a € 150.000 richiede poi di munirsi dell' “Attestazione di Qualificazione”. Questa è rilasciata da apposite Società Organismo Attestazione - SOA, che hanno il compito di accertare la reale sussistenza dei requisiti in capo alle imprese e di rilasciare, in caso di esito positivo, l’Attestato. Q-Key è composta da un team di professionisti provenienti da diversi settori del mondo delle costruzioni, con un’ottima conoscenza delle problematiche connesse a questo settore. L'affidabilità, la serietà e la cura che rivolgiamo ai nostri partner sono i motivi principali che hanno permesso di collocare Q-Key, oggi, tra le società più qualificate per affiancare le imprese in tutte le fasi di questo complesso iter attestativo».



PRODOTTI ALIMENTARI

Il lattiero caseario fuori dalla grande distribuzione Attraverso una struttura altamente organizzata e scelte strategiche lungimiranti, la Procacci è riuscita a mantenere un bilancio tendenzialmente positivo anche nei periodi di criticità. L’esperienza di Danilo Procacci Eugenia Campo di Costa

l settore lattiero caseario è ancora in profonda crisi. L’ingerenza dei paesi stranieri, estremamente forte, impedisce alle aziende italiane di recuperare mercato, ostacolate, soprattutto nel ramo latte, da Francia e Germania. Ad aggravare la situazione, secondo Danilo Procacci, alla guida della Procacci Srl di Monterosi, concorrono quelle aziende municipalizzate e cooperativistiche che «purtroppo ormai non danno il grosso vantaggio economico che teoricamente dovrebbero dare né mantengono più il loro scopo sociale». In questo quadro, estremamente problematico, l’azienda Procacci, specializzata nella distribuzione di prodotti alimentari, soprattutto latte e derivati, riesce a mantenere un trend positivo grazie a una struttura estremamente organizzata e a scelte di mercato lungimiranti, prima tra tutte quella fatta a fine anni ’80: non entrare nella Gdo. Molte aziende del settore purtroppo registrano bilanci negativi, sia in termini di quantità che di fatturato. Procacci finora è stata in controtendenza. «Abbiamo ottenuto risultati positivi sia per quanto riguarda i quantitativi che il fatturato. La nostra strategia è stata quella di creare un’opportunità proprio laddove c’è crisi. Mi spiego meglio: la crisi crea inevitabilmente disservizi, cui noi cerchiamo di

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Danilo Procacci, titolare della Procacci Srl di Monterosi (VT) www.procaccisrl.it

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sopperire, attraverso un’organizzazione snella e ben strutturata, offrendo servizi e lavorando in maniera positiva. Finora il mercato ci ha premiato, con l’acquisizione di numerosi clienti e un aumento dei volumi di vendita. Ovviamente il futuro è più incerto ma le proiezioni restano positive». Ripercorriamo brevemente le tappe dell’azienda? «L’azienda è nata all’inizio degli anni '60 come caseificio di produzione di latticini. Nel corso degli anni si è modificata ampliando la gamma degli articoli trattati. Nel 1980 è nata la società commerciale che opera attraverso accordi esclusivi con alcune delle migliori aziende produttrici del settore. Oggi distribuiamo, oltre ai prodotti di nostra realizzazione, prodotti di grandi aziende del settore food, anche se la più ampia percentuale del nostro core business, circa il 60%, è composta dai latticini». Avete però deciso di restare fuori dalla Gdo. «L’avvento della Gdo ha cambiato profondamente il sistema di lavoro, sia nell’ambito della produzione che nella distribuzione. Noi abbiamo scelto di porci in una condizione alternativa rispetto alla Gdo, offrendo prodotti diversi, in esclusiva, che vengono distribuiti direttamente agli operatori commerciali del settore alimentare e alla ristorazione». Sotto quali aspetti i vostri prodotti sono alternativi rispetto a quelli della Gdo? «Sono alternativi non solo dal punto di vista della qualità, ma soprattutto per il fatto che sono


Danilo Procacci

Abbiamo scelto di porci in una condizione alternativa rispetto alla Gdo, offrendo prodotti che vengono distribuiti agli operatori commerciali del settore alimentare

prodotti che la Gdo non propone affatto o propone in maniera diversa. I nostri, infatti, sono principalmente prodotti semilavorati e materie prime destinati all’industria alimentare e alla ristorazione. La nostra offerta presenta una gamma di oltre 750 articoli in listino, per la maggior parte latticini, ma anche salumi, uova, farine, pelati». Avete in previsione di ampliare ulteriormente la gamma dei prodotti offerti? «Per ora no, il momento è delicato e trovo sia importante non correre il rischio di arrivare a offrire prodotti che esulano dal proprio business, rischiando di snaturare l’azienda. Proprio di recente, una nota impresa nazionale ci ha proposto la distribuzione di detersivi destinati al mondo della ristorazione. Un “invito” che è stato da noi declinato proprio perché assolutamente non in linea con quella che è, storicamente e strutturalmente, l’offerta Procacci». Attualmente il raggio di distribuzione dei vostri prodotti si concentra sull’alto Lazio. Pensate di estendere l’area di operatività? «Stiamo inserendo un nuovo capo zona, che ci per-

metterà di ampliare l’area operativa, iniziando a lavorare con la zona ad Ovest di Roma. Finora non abbiamo mai trattato la capitale in maniera diretta, sia per i delicati meccanismi che regolano la metropoli, sia per la modalità di organizzazione commerciale che vige e che rappresenta per noi la sfida più grossa. La nostra organizzazione infatti andrà a scontrarsi con i cosiddetti “padroncini” e con le cooperative agricole, sui quali è sostanzialmente basata l’attività nel contesto di Roma, in una logica, essenzialmente, di prezzo». Quali criticità intravede in questo percorso? «Credo che per un’azienda strutturata come la nostra, sarà molto complicato anche lavorare in un ambito in cui esiste una cultura del latticino particolare. Circa il 90% dei latticini italiani, infatti, viene prodotto proprio in Campania, Molise e basso Lazio. Questo aspetto, da un lato, originerà senz’altro vantaggi per quanto riguarda le future sinergie, ma nel contempo comporterà anche alcuni svantaggi, derivanti da determinati aspetti della cultura del latticino radicata in quei territori, che sono in contrasto con le caratteristiche di un’organizzazione precisa e strutturata. In Campania, per esempio, si usa non mettere in frigorifero la mozzarella di bufala per preservarne le qualità, ma è evidente come questa tradizione sia in contrasto con le leggi previste per la conservazione della mozzarella a livello industriale. È evidente che ci troveremo a seguire regole chiare e ben definite, risultando quindi in contrasto con quella che è una cultura profondamente radicata». LAZIO 2011 • DOSSIER • 123


Pecorino Romano Dop tra tipicità e innovazione Il 2011 ha celebrato in Europa le caratteristiche uniche del Pecorino Romano Dop del Lazio, con l’assegnazione del riconoscimento “Superior Taste Award 2011”. Dal 1938, le grotte tufacee conservano i segreti della grande tradizione casearia firmata Brunelli Elisa Fiocchi

Giuseppe Brunelli, amministratore unico del Gruppo Brunelli Spa www.brunelli.it

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all’interno di una piccola bottega storica nel centro di Roma che venivano custoditi e tramandati quei processi di lavorazione artigianale che dopo oltre settant’anni di esperienza hanno trasformato la famiglia Brunelli in un’importante industria colosso del settore caseario. Il latte di pecora, raccolto da greggi selezionate e provenienti prevalentemente dal fertile Agro Romano, assieme al processo di salatura rigorosamente “a secco” mediante massaggio con sale marino, assicurano al Pecorino Romano Dop di produzione laziale delle caratteristiche uniche, come racconta Giuseppe Brunelli, rappresentante della seconda generazione dell’azienda. «È anche l’unico formaggio ad avere a disposizione antiche grotte tufacee risalenti al periodo Etrusco-Romano del I sec. a. C». Ed è proprio in questo particolare habitat, che il Pecorino Romano trova le condizioni di temperatura e umidità ideali per compiere il processo di stagionatura, che va da un minimo di dodici mesi, per il prodotto più giovane, ad un massimo di diciotto per il più maturo. Ecco in tavola un formaggio che ha saputo conquistare anche i palati europei più esigenti, con il prestigioso riconoscimento “Superior Taste Award 2011”, rilasciato a Bruxelles da una giuria di Chefs e Sommeliers provenienti da tutto il mondo. Quanto l’utilizzo di un procedimento naturale incide sulla qualità del prodotto finale?

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Giuseppe Brunelli

«È fondamentale ed è proprio attraverso questi passaggi che è conferita alla forma il suo particolare gusto delicatamente piccante, caratteristica oggi svilita dalla più frettolosa salatura mediante immersione in salamoia. Anche la stagionatura, segue procedimenti tradizionali che escludono le celle frigorifere a favore di grotte naturali di tufo». Dalla fine degli anni Ottanta, com’è cambiata la produzione del Gruppo Brunelli? «Gli investimenti massicci nelle nuove tecnologie ci hanno permesso di automatizzare la produzione, a partire da una prima fase di trattamento del latte ovino per arrivare al confezionamento in locali sterili. Un processo, che è stato utile per combinare i positivi risultati qualitativi e organolettici di una lavorazione artigianale alle garanzie igienico-sanitarie previste dal “codex alimentarius” che i moderni metodi di lavorazione consentono. In questo modo, grazie al completamento del grande impianto industriale di trasformazione e lavorazione del latte ovino di Aprilia, è nata la Brunelli Sud Spa». Il Pecorino Romano Dop non è però l’unico formaggio prodotto dal Gruppo Brunelli. Com’è avvenuta la conquista di nuovi comparti produttivi? «È cominciata negli anni Novanta, quando abbiamo acquisito i marchi Alibrandi e Seggiano che sono molto conosciuti, rispettivamente nelle Regioni Lazio e Toscana. Questi due investimenti ci hanno permesso di entrare con maggior forza anche nel segmento di mercato dei formaggi molli da tavola». Oggi siete punto di riferimento per i maggiori organi di ricerca della filiera ovina laziale. I nuovi accordi con la grande distribuzione quali prodotti offrono sul mercato? «L’attenzione dell’azienda si concentra sulle esi-

genze del consumatore non solo in tema di qualità e sicurezza, ma anche di prezzo e packaging, grazie alla messa a punto di confezioni sempre più pratiche, come quelle dei formaggi preaffettati, già pronti al consumo. Come ci insegna la storia romana, 38 grammi di Pecorino Romano erano la razione prevista dal rancio dei legionari romani, mentre oggi, due grammi rappresentano la mini porzione a forma di cuore dei “Cuoricini” di Pecorino Romano, proposti come stuzzichino per aperitivi e buffet. Sono confezionati con innovative tecnologie che permettono di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche del prodotto». Cosa accomuna, e dunque rende unici i prodotti caseari Brunelli? «La perfetta sinergia tra qualità e sicurezza, per cui tipicità, innovazione tecnologica, impegno e rispetto dell’ambiente si fondono per garantire al consumatore i migliori prodotti della tradizione casearia. La nostra filosofia non può prescindere dal fatto che, solo chi ha salde radici nella tradizione, può guardare con serenità e ambizione al futuro». L’innovazione tecnologica e la ricerca che respiro internazionale hanno garantito all’azienda? «Seguendo questa strada, abbiamo raggiunto i parametri di sicurezza igienico-sanitari e ottenuto la certificazione per l’analisi dei pericoli alimentari che ottimizza i processi coinvolti e i controlli lungo il ciclo produttivo. Inoltre, l’ufficio Qualità e Ricerca, presente all’interno all’azienda, collabora costantemente con organi e Università di Ricerca come Cnr, Campus BioMedico di Roma e Università della Tuscia». LAZIO 2011 • DOSSIER • 125


TRADIZIONI ITALIANE

l settore della gioielleria in Italia è ancora in crisi. Secondo Federorafi, infatti, le esportazioni nazionali lo scorso anno sono aumentate in valore per l’effetto dei prezzi, influenzati dalle altalenanti quotazioni dell’oro, ma diminuite in quantità dell’11%. «Se il mercato degli orologi di lusso vive una fase positiva, in cui è quasi difficile accontentare tutta la domanda, quello della gioielleria sta ancora soffrendo a causa della recessione - conferma Ettore Menichini, titolare della storica gioielleria di Piazza di Spagna a Roma -. Credo che una delle concause sia anche la carenza di pubblicità dovuta al fatto che il settore non ha gli utili adatti a investire in comunicazione, quindi le persone, che già stanno più attente a quello che spendono, comprano meno gioielli». Soffrono anche alcuni articoli “intramontabili” come i brillanti? «Il brillante, in realtà, si vende ancora bene. Rappresenta un valido investimento per una certa fascia della popolazione. Da sempre la gioielleria Menichini è specializzata nei brillanti e oggi vanno molto quelli colorati, neri, brown. Il brillante nero, più economico di quello bianco, permette infatti di realizzare ottime soluzioni, molto eleganti e meno costose, per esempio alternando

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L’arte orafa che non teme la crisi Il settore della gioielleria risente ancora degli effetti della crisi. Ma alcune realtà storiche riescono a tenere bene il mercato, forti del radicamento sul territorio e dell’ampia offerta. L’esperienza di Ettore Menichini Eugenia Campo di Costa

brillanti bianchi e brillanti neri. Oltre al brillante colorato, piace l’oro rosa, va la gioielleria in argento, ma soprattutto sono molto richiesti gli orologi di lusso. Soffre la gioielleria più classica, che risente di un certo calo rispetto agli anni scorsi». Roma, città cosmopolita, presenta comunque un quadro critico per la gioielleria? «È vero che dal centro di Roma passa tutto il mondo, ma la crisi è internazionale. Oggi, a parte russi e cinesi, quasi tutti subiscono le conseguenze della recessione e, nonostante a Roma ci sia un mercato mondiale, molte gioiellerie Un interno della gioielleria Menichini di Piazza di Spagna. Nella pagina accanto, il titolare, Ettore Menichini www.menichinigioiellieri.com

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Ettore Menichini

Il brillante nero, più economico di quello bianco, permette di realizzare ottime soluzioni, molto eleganti e meno costose, per esempio alternando brillanti bianchi e brillanti neri.

sono in difficoltà, alcune ditte del settore hanno addirittura chiuso. Noi teniamo bene il mercato grazie alla nostra storia, al fatto che il cliente sa che il nostro negozio offre molte garanzie, e anche all’ampia offerta che proponiamo. Oltre alla vasta scelta di orologi di lusso e brillanti, ci stiamo specializzando anche in accessori come i gemelli, un settore che sta riscuotendo un certo successo». Quale valore aggiunto offre una realtà come la vostra? «Abbiamo una clientela fidelizzata conscia delle garanzie che possiamo offrire e della consulenza qualificata e personalizzata che ci contraddistingue. Anche se a pochi metri dal nostro negozio hanno aperto grandi boutique di marchi che commercializziamo anche noi, non abbiamo subito contraccolpi. C’è chi continua a preferire il rapporto più confidenziale e la consulenza su misura che possono offrire solo negozi come il nostro». Le origini della gioielleria Menichini risalgono al XIX secolo. Vogliamo ripercorrere

le tappe più significative della vostra storia? «Le origini risalgono ai fratelli Giacomo e Nicola Menichini che già dal 1865 lavoravano l’oro nell’attività aperta da Giacomo. Ettore, uno dei figli di Nicola, dopo essersi dedicato allo studio dell’arte orafa tradizionale e dell’incassatura di pietre preziose, affiancò il padre e lo zio e trasformò una parte del laboratorio in negozio di vendita al pubblico. In quegli anni, nonostante furti e difficoltà, l’attività fiorì, diventando una gioielleria conosciuta in città. Ettore perfezionò le sue conoscenze a Parigi e fu affiancato in negozio dai figli Mario e Renato. La gioielleria, ormai famosa, si trasferì da via Cavour a piazza di Spagna 74 e nel 1931 fu rinominata “Mario e Renato, fratelli Menichini”». Che successe dopo la guerra? «L’attività tornò a svolgersi come e più di prima. I fratelli Menichini cavalcarono il “Boom economico” degli anni 60 specializzandosi sempre più sulla manifattura altamente qualificata e in un’offerta maggiore di prodotti tra cui orologi, argenteria e accessori. Nel 1968, dopo gli studi ed esperienze specifiche nel settore orafo, anch’io, primogenito di Renato, cominciai l’attività di gioielliere collaborando con mio zio e mio padre. Il negozio si trasformò in gioielleria di lusso grazie all’offerta di marchi internazionali prestigiosi di orologi (Jaeger – Le Coultre, Piaget, Baume & Mercier, solo per citarne alcuni) e di gioielli (Chopard, Favero, Federico Buccellati) anche di manifattura orafa vicentina mantenendo al contempo la realizzazione di propri gioielli esclusivi o anche personalizzati». Oggi l’attività procede con lei e i suoi due figli, Renato e Riccardo. «Nel 1966 la gioielleria si è trasferita in piazza di Spagna 1 e recentemente ha raddoppiato la superficie di vendita, realizzando una nuova vetrina su via del Babuino che consentirà di dividere l’esposizione dei gioielli da quella degli orologi. I miei figli danno un contributo essenziale all’attività, acquisendo nuovi mercati, innovativi sistemi di vendita e curando molto il rapporto con il cliente. Attualmente siamo un punto di riferimento sia per i cittadini della Capitale che per i turisti stranieri innamorati dell’ineguagliabile arte italiana». LAZIO 2011 • DOSSIER • 127




GESTIONE DEI RIFIUTI

Aumenta la differenziata ma resta l’emergenza Secondo l’Ispra, il Lazio è ancora la regione italiana che smaltisce in discarica la maggiore quantità di rifiuti. Intanto, mentre il Piano regionale incassa il via libera della Commissione ambiente, la situazione, in particolare a Roma, resta critica Leonardo Rossi

ono oltre 3 milioni le tonnellate di rifiuti prodotte annualmente nel Lazio, precisamente 3.332.572 secondo il Rapporto 2011 sui rifiuti urbani dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra): un dato, questo, riferito al 2009 ma comunque in aumento rispetto a quello del 2005, quando le tonnellate erano “solo” 3.274.984. Scende invece a 587 kg per abitante la produzione procapite (contro i 617 kg registrati nel 2005), produzione che risulta inferiore a molte altre regioni come Emilia Romagna (666) e Toscana (663), ma superiore a Lombardia (501) e, addirittura, alla Campania (467). Per quanto riguarda la rac-

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colta differenziata, nel 2009 il Lazio aveva raggiunto e superato quota 15% (15,1% per la precisione), con un aumento del 2,2% rispetto all’anno precedente: un dato però ancora di gran lunga inferiore alla media del Centro Italia (24,9%) e ancor più a quella dell’intero Paese (33,6%). Tra le province, la più virtuosa è Latina (17%), che supera Roma (16,2%) e Viterbo (11,2%) e distacca nettamente Rieti (6,1%) e Frosinone (4,9%), mentre a livello di frazioni merceologiche è la carta a far registrare i risultati migliori, con oltre

247mila tonnellate raccolte nel 2009; al contrario, ancora scarsa la raccolta differenziata per la frazione organica, con sole 82mila tonnellate. Il Lazio però, con oltre 2,6 milioni di tonnellate, è ancora oggi la regione che smaltisce in discarica la maggiore quantità di rifiuti (80% di quelli prodotti), nonostante questa, secondo il Rapporto, “sia l’opzione meno adeguata dal punto di vista ambientale”: basti pensare che la sola provincia di Roma smaltisce in discarica oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui circa 1,5 milioni solo nel ter-


L’incognita di Malagrotta

ritorio comunale. Numeri impressionanti, di fronte ai quali il solo impianto di Malagrotta non è più sufficiente. Un impianto che, non va dimenticato, opera in deroga sin da quando, nel 1999, una direttiva europea vietò di conferire in discarica rifiuti allo stato grezzo, cioè non trattati. Ciononostante il sito di Malagrotta, gestito dal consorzio Colari presieduto dall’imprenditore Manlio Cerroni, è ancora operativo. Non solo: secondo un rapporto Eurispes la discarica riceve ogni anno, in media, 1,3 milioni di tonnellate di Rsu, 150mila tonnellate di Rsu assimilabili agli urbani e circa 140mila tonnellate di fanghi di depurazione provenienti da impianti di smaltimento di liquami urbani. Senza parlare delle esalazioni: «poiché ogni tonnellata di rifiuti – si legge nel rapporto – produce dai 100 ai 200 metri cubi di biogas (come affermato dal proprietario della discarica), le circa 4.500 tonnellate di ri-

fiuti che arrivano ogni giorno in discarica producono giornalmente circa 30mila metri cubi di biogas». Una situazione da tempo denunciata dai residenti della zona, ma che oggi sembra giunta a una svolta: il prefetto di Roma, nominato commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, ha deciso infatti di chiudere la discarica di Malagrotta individuando al contempo due siti alternativi dove confluiranno nel giro di tre anni 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti, nello specifico 2,5 a Quadro Alto di Riano e una a Corcolle-San Vittorino. Si tratterà di due discariche provvisorie, dal momento che l’ordinanza prevede un periodo di attività di 36 mesi, scaduti i quali tutto dovrebbe venire affidato al nuovo impianto che verrà nel frattempo realizzato a Fiumicino. Contemporaneamente a livello istituzionale prosegue il cammino del Piano regionale di gestione rifiuti, che nei

giorni scorsi ha incassato anche l’ok della Commissione ambiente. Adottato dalla giunta regionale il 19 novembre 2010, poi aggiornato dalla stessa e adottato nuovamente lo scorso 20 maggio, ora il piano è in attesa della definitiva approvazione in consiglio regionale. Si tratta di un documento che, come ha ricordato recentemente Pietro Di Paolo, assessore regionale alle Politiche dei rifiuti, «mira, oltre all’incremento quantitativo, soprattutto all’aumento qualitativo della raccolta differenziata, stabilendo un utilizzo residuale delle discariche e l’implementazione dell’impiantistica di trattamento». Quanto alla differenziata, l’assessore ha anche annunciato che i fondi previsti non saranno ridotti nonostante gli imminenti tagli al bilancio regionale: si tratta di 135 milioni di euro per il triennio 20112013, dei quali solo 30 milioni sono ereditati dalla precedente giunta. LAZIO 2011 • DOSSIER • 135


GESTIONE DEI RIFIUTI

Addio a Malagrotta, il percorso è tracciato Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma e commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, illustra il suo piano che sta attirando proteste e critiche. «La verità è che non ci sono alternative né soluzioni perfette: questa è la migliore possibile» Riccardo Casini

rano i primi giorni di settembre quando Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma, veniva nominato commissario straordinario per l’emergenza rifiuti nella capitale. Il suo principale compito, nelle intenzioni della Regione, era quello di procedere alla chiusura dell’impianto di Malagrotta, che ormai da anni opera in deroga alle direttive comunitarie, e contemporaneamente individuare soluzioni provvisorie che consentissero di gestire lo smaltimento dei rifiuti in attesa della realizzazione di una nuova struttura a Fiumicino. Pecoraro ha puntato subito gli occhi sui siti di CorcolleSan Vittorino e Quadro Alto di Riano, suscitando un vespaio di polemiche culminate con il ricorso al Tar del Lazio da parte di Colari e Federlazio, che contestavano il de-

E Sopra, Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma e commissario straordinario per l’emergenza rifiuti. Nella pagina a fianco, una manifestazione contro la realizzazione della discarica a Corcolle

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creto del governo sulla sua nomina e sulla necessità di realizzare siti alternativi a Malagrotta. Il Tar ha però recentemente respinto le loro richieste: una decisione da cui il prefetto e i suoi provvedimenti escono indubbiamente rafforzati. «Ci sono – spiega oggi Pecoraro – due percorsi che stanno procedendo parallelamente: da una parte stiamo verificando con i nostri tecnici se la discarica di Malagrotta è ancora in grado di ricevere rifiuti, in modo poi da definire meglio le tempistiche relative alla chiusura; dall’altra abbiamo individuato due siti alternativi, dove si sta procedendo all’occupazione temporanea. A Corcolle sarà poi una ditta privata a redi-

gere il progetto preliminare, mentre nel caso di Riano se ne occuperà il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche». La decisione sui due siti indicati per ospitare i rifiuti ha però provocato aspre reazioni da parte delle amministrazioni locali, oltre che dei residenti. Si trattadi semplice “sindrome Nimby” o di istanze di cui tener conto? Non rischia di crearsi un’impasse come già accaduto nel Napoletano? «Nessuno vuole una discarica sotto casa, mi pare ovvio. In molti casi però le proteste si sono rivelate pretestuose. Ho letto anche diverse dichiarazioni false o poco attendibili. Noi comunque andiamo avanti per la nostra strada».


Giuseppe Pecoraro

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Nessuno vuole una discarica sotto casa, ma in molti casi le proteste sono pretestuose

Nello specifico, a Corcolle si lamenta l’elevata vicinanza a importanti siti artistici e archeologici, mentre a Riano il presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti, il deputato del Pdl Pecorella, ha denunciato il rischio di inquinamento delle falde. «A Corcolle sono in corso ulteriori indagini e analisi, mentre a Riano dopo l’occupazione temporanea si procederà con la verifica della compatibilità del sito, e se questa dovesse dare esito positivo verrà preparata la gara di appalto. Sia chiaro, nessuno intende inquinare falde acquifere o deturpare siti archeologici. Purtroppo invece sento parlare troppo spesso di idoneità in maniera astratta, mentre in realtà stiamo effettuando tutti i controlli possibili. Non solo: i nostri tecnici hanno condiviso la scelta dei due siti con i tecnici di Comune e Re-

gione, inoltre abbiamo dato tempo e modo a tutti di presentare osservazioni nelle debite sedi. Per quanto riguarda poi il presidente Pecorella, da lui mi aspetto collaborazione, non solo critiche al piano. Purtroppo la verità è che non ci sono alternative né soluzioni perfette. E quella individuata è a mio avviso la migliore possibile». Il capogruppo Pd alla Regione, Esterino Montino, ha puntato invece il dito nei confronti di “un modo di procedere contrario alle leggi internazionali”. Crede che la strada che state seguendo creerà problemi alla Regione nei confronti della Ue? «Anche in questo caso le critiche mi paiono abbastanza infondate. Dico solo che nei siti prescelti verranno portati esclusivamente rifiuti trattati, e già questo è sufficiente per conformarci alle leggi internazionali. Purtroppo, mentre

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in una fase come questa tutte le istituzioni dovrebbero collaborare per cercare di uscire il più velocemente possibile dall’emergenza senza ulteriori polemiche, mi pare che alcune forze ed esponenti politici, al contrario, si stiano concentrando più su interessi personali e particolari. Insomma, il mio interesse è quello di sbrogliare questa situazione, ma la politica non sembra andare nella stessa direzione. E lo dico con molta amarezza». Ma come si inseriscono le sue decisioni nel Piano rifiuti regionale? Qual è ora la strada da seguire per giungere a un definitivo superamento delle criticità? «Il mio compito in qualità di Commissario straordinario è quello di uscire dalla crisi e dall’emergenza. A quel punto le ulteriori decisioni che si renderanno necessarie spetteranno esclusivamente alla Regione».

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GESTIONE RIFIUTI

I rottami, una risorsa da sfruttare na realtà capace di operare su scala nazionale, frutto della fusione tra due aziende di primaria importanza nel campo del recupero e riciclo del ferro e dei metalli. È questa oggi la forza del Gruppo Finzi, nato nel 2008 dall’unione tra Finfer, azienda il cui core business è rappresentato dalla lavorazione del ferro, e Finmetal, specializzata nella lavorazione dei metalli. Una scelta strategica, che ha permesso all’azienda di far fronte brillantemente anche alle difficoltà generate dalla crisi internazionale, consolidando e rafforzando la sua posizione sul mercato, come spiega l’attuale amministratore del gruppo, David Finzi.

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Il Gruppo Finzi ha la sua sede a Roma www.gruppofinzi.com

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La raccolta e il recupero di rottami metallici e ferrosi si inserisce all’interno di una più ampia politica di valorizzazione dei rifiuti e di tutela ambientale, che si sta sempre più affermando come un caposaldo della nostra società. Il punto di David Finzi Matteo Rossi

«La crisi ha inevitabilmente colpito anche i mercati di nostro interesse: infatti, i prezzi dei rottami sono condizionati dall’andamento delle borse (LME – London Metal Exchange), che nell’ultimo anno hanno subito notevoli ribassi. Nonostante questo, attraverso l’applicazione di una nuova strategia organizzativa, siamo riusciti a non perdere competitività. Il primo passo è stato ridurre il nostro margine di guadagno del 20%, così da non intaccare il nostro parco fornitori, che anzi è aumentato. Infine, abbiamo cominciato a trattare nuove tipologie di rifiuti, in modo da poter garantire un servizio sempre più completo ed esaustivo». L’innovazione tecnologica rappresenta un elemento fondamentale nel lavoro di recupero e riciclaggio di questi materiali, indispensabile per garantire un risultato finale all’altezza delle aspettative del mercato, come conferma Finzi: «In questi anni abbiamo sostenuto importanti investimenti, per aggiornare e

ammodernare i nostri macchinari. Disponiamo di attrezzature all’avanguardia, tra cui quattro caricatori semoventi “Solmec”, una pressa cesoia “C&G Taurus”, due presse scarrabili “Bonfiglioli” e tre motrici “Iveco Eurotech” dotate di cassoni con gru “GMC”. Avendo il vantaggio di poter contare su due sedi operative e poter così gestire al meglio le aree di scarico – prosegue Finzi - interveniamo continuamente per adeguarci alle attuali normative, e per offrire un servizio di logistica sempre migliore: proprio il mese scorso, ad esempio, abbiamo concluso i lavori di manutenzione nel nostro stabilimento, sostituendo tutti i container utilizzati per lo stoccaggio dei rottami con dei più moderni scomparti in cemento armato. Un impegno costante, che ci ha portato a ottenere le certificazioni “Iso 9001”, “Iso 14001” e la più recente “333/2011/UE”». Un altro aspetto su cui si concentra l’attività aziendale, sottolinea Finzi, riguarda la tu-


David Finzi

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Disponiamo di attrezzature all’avanguardia, tra cui quattro caricatori semoventi “Solmec”, una pressa cesoia “C&G Taurus”, due presse scarrabili “Bonfiglioli” e tre motrici “Iveco Eurotech”

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tela ambientale, una delle peculiarità che contraddistingue il gruppo. «A questo proposito disponiamo di un impianto per la depurazione delle acque di prima pioggia e di un sistema radiometrico per la rilevazione di rifiuti radioattivi pericolosi. Per ridurre al minimo l’inquinamento ambientale, inoltre, sottoponiamo continuamente il nostro impianto a controlli sulle emissioni in atmosfera». L’azienda attualmente opera su tutto il territorio nazionale, anche se naturalmente è maggiormente presente in Lazio. «Nello svolgimento della nostra attività – speci-

fica Finzi collaboriamo principalmente con privati e piccole e medie imprese, per conto delle quali curiamo ogni singolo aspetto, dalla produzione alla commercializzazione, dalla logistica al trasporto, nel pieno rispetto delle tempistiche e delle più complesse esigenze dei nostri partner». Un servizio molto apprezzato dal mercato, visto i risultati conseguiti nell’ultimo periodo e le prospettive di crescita che sembrano delinearsi all’orizzonte: «La fusione tra la Finfer e la Finmetal, avvenuta nel 2009, ha prodotto come risultato un notevole incremento nel fatturato della nostra attività: grazie a questa strategia siamo infatti riusciti a passare dai circa 3 milioni

di euro del 2008, ai 12 milioni di euro del 2010, e le proiezioni per il futuro sembrano prospettare un ulteriore incremento. Stiamo cercando di ampliare la nostra presenza anche su nuovi mercati, come dimostrato dalla recente creazione della Finzi Trasporti, un nuovo ramo del Gruppo Finzi che offre servizi di trasporto in conto terzi e che in breve tempo ha riscosso un notevole successo tra gli addetti ai lavori. Siamo infine in attesa – conclude Finzi - di ricevere le ultime autorizzazioni necessarie per avviare l’attività di macinazione dei cavi elettrici senza l’utilizzo degli inceneritori: un nuovo ed entusiasmante scenario che, burocrazia permettendo, consoliderà ulteriormente la nostra azienda come punto di riferimento per tutto il settore». LAZIO 2011 • DOSSIER • 139


GESTIONE DEI RIFIUTI

a maggiore consapevolezza civile sul tema e sull’importanza della raccolta differenziata e il complessivo miglioramento della gestione dei rifiuti urbani da parte dei vari enti locali italiani stanno facendo diminuire il conferimento degli Rsu, i rifiuti solidi urbani, presso le discariche». Questo il quadro generale che Marcello Marchesi delinea riguardo alle attività delle tante discariche disseminate sul suolo nazionale. E, in effetti, il lavoro di tali centri di raccolta e di chi vi opera sta velocemente cambiando, soprattutto in seguito al rafforzamento capillare della raccolta differenziata, che oggi è presente anche nei comuni più piccoli e che crea minori quantità di scarti indifferenziati, e alla legge emanata di recente che prevede il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012. Proprio per rimanere sull’onda e sulla scia delle evoluzioni di questo settore, molte società stanno già studiando tecnologie e nuove attività per migliorare ancor di più la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Tra queste troviamo la Bracciano Ambiente, che dal 1994 si occupa della gestione della discarica regionale di Cupinoro. «Presso la nostra disca-

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Energia dai rifiuti solidi urbani Sta diventando sempre più pressante la necessità di ottimizzare lo smaltimento dei rifiuti. Così facendo, infatti, sarà possibile recuperare maggiori quantità di materiale e produrre energia dagli Rsu. Ne parliamo con Marcello Marchesi e Andrea Riccioni Emanuela Caruso

rica – spiega Marcello Marchesi, presidente della società – il conferimento degli RSU sta diminuendo di circa il 10% ogni anno, comportando di conseguenza una costante contrazione dei ricavi della nostra impresa. A fronte di tale situazione, ma anche per ottemperare al dettaglio legislativo che prevede la cessazione della ricezione del rifiuto cosiddetto “tal quale” e la sua trasformazione in materiale inerme, ci siamo attivati e concentrati nella realizzazione di due impianti industriali. Uno provvederà al trattamento della Forsu, ovvero la frazione organica


Bracciano Ambiente Spa

Bracciano Ambiente Spa ha la sede a Bracciano (Roma) www.braccianoambiente.com

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Realizzeremo un impianto per la produzione di biogas attraverso il trattamento dei rifiuti organici e un impianto di preselezione che eliminerà la ricezione di rifiuti indifferenziati

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da rifiuto solido urbano, il più conosciuto umido, e produrrà biogas per mezzo di un digestore anaerobico; l’altro sarà un impianto di preselezione con TMB, cioè trattamento meccanico biologico, che consentirà alla nostra discarica di Cupinoro di non ricevere più alcun rifiuto indifferenziato a partire dal 31 dicembre 2012». Grazie alla costruzione di questi due impianti, per cui la società ha già ottenuto la delibera dal Consiglio Comunale e l’Autorizzazione Integrata Ambientale dalla regione Lazio, la Bracciano Ambiente si trasformerà in una realtà industriale su scala regionale impegnata nel trattamento, nel recupero e nel riciclo dei rifiuti e nella produzione di energie alternative. «Questi specifici ambiti del mercato sono in continua espansione e richiedono significativi investimenti, fattori che non solo permetteranno la generazione di un’immediata ricchezza, ma anche una più elevata quantità di posti di lavoro, la realizzazione di opere pubbliche e l’in-

troduzione di nuovi servizi per la collettività». Gli obiettivi che la Bracciano Ambiente si è prefissata sono notevoli e ambiziosi, tanto da richiedere una gestione e un’organizzazione dell’attività molto oculate. «Per riuscire nei nostri intenti – continua Andrea Riccioni, amministratore delegato dell’impresa – abbiamo da subito individuato i punti salienti su cui intervenire e di cui tener conto. Riteniamo necessario dover promuovere attività di ricerca e sperimentazione tecnologica al fine di sviluppare nuove tipologie di attività nel campo del trattamento dei rifiuti e delle energie rinnovabili; e dover realizzare ulteriori impianti per la lavorazione dei materiali recuperati, così da diversificare il raggio d’azione della nostra impresa, garantire un futuro occupazionale a chi opera per noi e creare opportunità di occupazione per i giovani. Ci stiamo inoltre impegnando nella trasformazione del servizio di raccolta indifferenziata dei rifiuti in un servizio di raccolta porta a porta, in modo da poter separare e recuperare tutti i materiali riutilizzabili». Tra i tanti punti di forza del programma messo a punto dalla Bracciano Ambiente, uno dei più rilevanti è senza alcun dubbio la collaborazione con enti di ricerca, organismi pubblici ed università. «In un settore come il nostro è più che mai importante promuovere rapporti e strumenti di ricerca, ragion per cui abbiamo avviato percorsi di partnership con enti quali Enea, e protocolli d’intesa inerenti la corretta gestione aziendale con la Prefettura di Roma, la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, l’Ama e l’Acea. Lo sviluppo delle attuali dinamiche gestionali e programmatiche dell’azienda, che di fatto garantiscono lo sviluppo economico e la salute pubblica dell’area interessata dai nostri interventi, è stato possibile grazie al contributo dato dal nostro compianto presidente Alessandro Baroni, a cui va l’affettuoso ricordo di tutto lo staff aziendale per la professionalità, serietà e umanità dimostrata nella sua esperienza presso la Bracciano Ambiente Spa». LAZIO 2011 • DOSSIER • 141


EFFICIENZA ENERGETICA

L’efficienza energetica si raggiunge con pannelli puliti Un pannello fotovoltaico sporco può determinare un calo di resa energetica del 25%. Sta nascendo così un nuovo settore di intervento: quello della pulizia specializzata degli impianti solari. Mario Mazzoni spiega con quali tecniche e prodotti e come sta reagendo il mercato Luca Cavera

n pannello fotovoltaico sporco può determinare una perdita di efficienza che varia da un minimo del 5% fino anche a un quarto della resa. È stato verificato infatti che gli agenti atmosferici, i fumi delle attività produttive e le deiezioni organiche cristallizzate comportano un graduale abbassamento della recettività dei pannelli, che inoltre varia secondo le situazioni ambientali e locali. Per questo motivo, data la diffusione sempre più capillare di questa tecnologia, si fa sempre più urgente la creazione di servizi di pulizia dedicati ai pannelli solari. È questa la strada che ha intrapreso, per esempio, la società Cometa, ha avviato il progetto Teknosun. «Questo – spiega Mario Mazzoni, amministratore unico della società – utilizza prodotti appositamente studiati e strutturati, per far sì che il pannello solare possa mantenere la sua efficienza produttiva, utilizzando solo acqua demineraliz-

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144 • DOSSIER • LAZIO 2011

zata, per non lasciare aloni, e un prodotto a base solvente con effetto lucidante, antistatico e sanificante, il Dettersun». Il background di Cometa è quello di una società di pulizie e sanificazione di ambienti civili, industriali e ospedalieri. La nuova specializzazione nella pulizia degli impianti fotovoltaici è attualmente in fase di avvio, tuttavia sta già dando riscontri soddisfacenti, grazie a una buona risposta da parte del mercato. «Le altre specializzazioni della società, che opera prevalentemente nel settore pubblico – 70% del fatturato –, sono la disinfezione, la sanificazione, la disinfestazione, la derattizzazione. Svolgiamo queste attività in complessi amministrativi, scolastici, sanitari, ospedalieri, ricreativi, museali,

alberghieri, infrastrutturali, industriali e sportivi». Nonostante la crisi economica degli ultimi anni, Cometa ha registrato un trend di crescita nell’ultimo biennio e prevede un incremento del 3% del fatturato 2011. «Questo dato va valutato nel contesto di un periodo di crisi. La società è riuscita quindi comunque a consolidarsi e anche ad avere un aumento di fatturato con il conseguente, e importantissimo, mantenimento del livello occupazionale. Questi due traguardi sono stati raggiunti grazie a un impegno aziendale diretto a risolvere tutte le problematiche che potessero

Mario Mazzoni, amministratore unico di Cometa Srl, Roma cometa.mm@libero.it


Mario Mazzoni

sorgere all’interno dell’impresa, tramite scelte dirette a privilegiare la qualità del servizio e contribuendo, allo stesso tempo, a garantire la solidità dell’azienda e la sua presenza sul mercato». Il mantenimento del livello occupazionale è uno degli obiettivi fondamentali di Cometa, dato che il punto di forza della società sono proprio le risorse umane. «Le nostre maggiori potenzialità sono l’impegno e le capacità del nostro team. Siamo riusciti a raccogliere al nostro interno uno staff altamente specializzato, che ha acquisito conoscenze tecniche specifiche, anche per la formazione di nuovo personale. Coordiniamo la gestione in modo tale che le varie funzioni vadano a inte-

grarsi per offrire la massima disponibilità, un’accurata assistenza, nonché l’esperienza necessaria per venire incontro alle più svariate esigenze di intervento». Per quanto riguarda la gestione della sicurezza, questa è legata a un corretto uso dei prodotti e degli strumenti, ed è naturalmente strettamente connessa alla salvaguardia degli operatori. «Abbiamo nominato un Rspp (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) e un medico competente. Grazie alla loro collaborazione e sotto la loro guida vengono gestiti tutti gli oneri e obblighi relativi alle normative vigenti in materia di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro. Abbiamo inoltre ottenuto la certificazione Uni En

Iso 9001:2008 e 14001:2004». In conclusione, Mario Mazzoni traccia il piano dei principali obiettivi e sfide che attendono la società nel 2012. «Cercheremo di mantenere l’attuale livello occupazionale e sarà una vera sfida da vincere, a causa della grave pressione fiscale e finanziaria che tormenta il nostro settore. Per questo auspichiamo interventi da parte delle istituzioni, che ci permettano di considerare credibile il proseguimento in positivo della nostra attività, mantenendo come obiettivi primari il potenziamento e il miglioramento delle nostre capacità organizzative e operative, per fornire un servizio diretto a soddisfare al meglio le esigenze dei nostri partner». LAZIO 2011 • DOSSIER • 145




INFRASTRUTTURE

Un impegno continuo sulla rete stradale nazionale L’Anas dal 2007 è la prima stazione appaltante d’Italia e solo nel biennio 2010-2011 ha approvato 42 progetti per quasi 5 miliardi di euro. Fa un bilancio delle attività svolte Pietro Ciucci, amministratore unico della società Renata Gualtieri

Anas, nonostante la crisi mondiale, si conferma leader non solo per la capacità di rispettare tempi e previsioni di spesa delle opere realizzate, ma anche perché rappresenta un punto di riferimento sia nel settore tecnico che in quello economico e finanziario. Negli ultimi mesi, infatti, ha ricevuto una serie di delegazioni istituzionali dal Brasile, dalla Croazia e dalla Russia, venute in Italia proprio per studiare il know how della società. Sotto il profilo economico, negli ultimi tre esercizi, l’Anas ha ottenuto un risultato positivo di bilancio; nel 2008 ha raggiunto un utile consolidato di 5,4 milioni di euro, nel 2009 di 16,8 milioni e nel 2010 di 28,4 mi-

L’

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lioni. Per la seconda volta consecutiva, inoltre, quest’anno ha anche corrisposto un dividendo all’azionista unico, il Ministero dell’economia e delle finanze. Quanti i cantieri aperti e le grandi opere in corso di realizzazione?

«Dal 2007 la società è la prima stazione appaltante d’Italia, con gare di appalto bandite lo scorso anno per un importo di 2,4 miliardi di euro e gare aggiudicate per 2,7 miliardi di euro. Le gare bandite dal 2006 a oggi sono state 137 per oltre 7 miliardi,


Pietro Ciucci

mentre le gare in corso sono 33 per un importo complessivo di quasi 4 miliardi. Attualmente, gli investimenti in corso ammontano a oltre 11,4 miliardi di euro per 116 interventi. L’Anas, quindi, è pronta ancora una volta a contribuire allo sviluppo infrastrutturale della nazione secondo le direttive del governo. Dal 2006 a oggi sono stati approvati 52 progetti preliminari per un importo di quasi 8,2 miliardi di euro; 71 progetti definitivi per oltre 13,2 miliardi di euro; 83 progetti esecutivi per oltre 8,2 miliardi di euro, per un totale di 206 progetti e un importo pari a quasi 30 miliardi di euro. Solo nel 2010/2011, l’Anas ha approvato 42 progetti per quasi 5 miliardi di euro». Salerno-Reggio Calabria, resta confermata la chiusura dei cantieri per il 2013? «Sì. La realizzazione di questa nuova autostrada è una sfida progettuale, ingegneristica e finanziaria. Non ho parlato a caso di nuova autostrada, perché Anas non sta semplicemente allargando quella co-

L’Anas è pronta a contribuire allo sviluppo infrastrutturale della nazione

struita oltre quaranta anni fa, ma ne sta realizzando una nuova, moderna e più sicura, abbattendo gradualmente la precedente, in presenza di traffico. Oggi 240 nuovi chilometri risultano completati, 120 sono in fase di realizzazione e di avvio (complessivamente 12 cantieri), ulteriori 20 sono stati aggiudicati con gara ma non sono immediatamente cantierabili, a causa di numerosi contenziosi incrociati; 5 chilometri risultano in gara di aggiudicazione e 58 sono in fase di progettazione e necessitano di un ulteriore finanziamento di circa 2,8 miliardi di euro. Ad autostrada completata saranno state realizzate 48 gallerie naturali, 17 artificiali e 127 viadotti». La sicurezza stradale rap-

presenta un’emergenza in Italia. L’Anas come fronteggiare questo problema e su quali aspetti l’azienda è attualmente impegnata per innalzare gli standard di sicurezza delle strade e autostrade italiane? «Le politiche per l’innalzamento della sicurezza stradale e la riduzione dell’incidenta- Sopra, Ciucci, lità non possono oggi, con il Pietro amministratore costante miglioramento delle unico di Anas performance tecniche dei veicoli e il continuo progresso tecnologico, prescindere dal “fattore uomo”. Per l’Anas, che gestisce su tutto il territorio italiano oltre 25mila chilometri di strade statali e autostrade, la sicurezza stradale rappresenta da sempre una delle principali attività, in linea con l’indirizzo del Ministero delle infrastrutture LAZIO 2011 • DOSSIER • 149


XXQSQQDCQ INFRASTRUTTURE

La sicurezza stradale rappresenta da sempre una delle principali attività

137 GARE Sono quelle bandite dal 2006 a oggi per un importo di oltre 7 miliardi

mld

INVESTIMENTI Risorse utilizzate per i 116 interventi attualmente in corso

e dei trasporti. Per quanto riguarda la sicurezza dei manufatti e la loro manutenzione, la società ha investito molto negli ultimi anni per trasferire nell’opera stradale e ancor prima nel suo progetto, i risultati di un’innovazione tecnologica volta a migliorare e incrementare la sicurezza, grazie ai numerosi passi avanti compiuti dal nostro Centro sperimentale di Cesano». L’impegno dell’Anas è significativo in particolare per quanto riguarda la sicurezza in galleria. «Sì, sulla rete stradale e autostradale da noi gestita, infatti, ci sono oltre 1.000 gallerie, delle quali 290 di lunghezza superiore a 500 metri. È il più alto numero di gallerie di tutte le nazioni europee. Anche per questo stiamo sperimentando il sistema di controllo della velocità denominato “tutor di seconda generazione”, adeguato alla diversa conformazione delle

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strade statali rispetto alle autostrade, su tratti di alcune strade statali ad alta incidenza di traffico gestite direttamente: la Romea, l’Aurelia e la Domiziana». Anas è membro del Forum of european national high research laboratories. Quali le nuove tecnologie utilizzate e le numerose attività di ricerca e sviluppo che l’azienda svolge per le pavimentazioni, la segnaletica stradale, i dispositivi di protezione e sicurezza stradale e la salvaguardia dell’ambiente? «Sono stati sviluppati e adottati nuovi materiali e bitumi modificati e impiegate nuove tecniche di realizzazione delle pavimentazioni stradali nel rispetto delle prestazionali di aderenza, regolarità e portanza. La peculiarità risiede nel controllo finale delle prestazioni che viene effettuato attraverso apparecchiature ad alto rendimento, in grado di verificare il lavoro eseguito, direttamente su strada e sotto

traffico, senza perturbare la circolazione stradale. Per questo motivo, la società si è recentemente dotata di un’apparecchiatura innovativa denominata “Traffic speed deflectometer” per il controllo della portanza delle pavimentazioni ad alta velocità. Da tempo, invece, utilizza l’apparecchiatura “Ermes” per il controllo, in un solo passaggio, delle caratteristiche superficiali delle pavimentazioni come aderenza, tessitura e regolarità. Per quanto riguarda le segnaletiche orizzontali su tutta la rete, Anas ha realizzato un’apparecchiatura ad alto rendimento denominata “Delphi” per il controllo della retroriflessione notturna della segnaletica orizzontale ad alta velocità. Infine, nell’ambito dei dispositivi di sicurezza passiva, ha sviluppato e progettato nuove barriere di sicurezza stradale, testandole con manichini antropomorfi presso piste di crash test omologate».



INFRASTRUTTURE

Interventi mirati per la viabilità «C’è uno stretto legame tra tecnologia e sicurezza stradale e, nei cantieri aperti in regione, sono utilizzati materiali di ultima generazione». L’assessore regionale alle Infrastrutture, Luca Malcotti, illustra le azioni per il sistema viario Renata Gualtieri

l fatto che il ministro Passera sia contemporaneamente ministro dello Sviluppo economico e ministro delle Infrastrutture fa pensare che il Governo Monti ha in programma di utilizzare il finanziamento delle infrastrutture come leva per far ripartire l’economia e la crescita e che dunque verranno impiegate grandi risorse per far questo. È la riflessione dell’assessore alle Infrastrutture e lavori pubblici della Regione Lazio, Luca Malcotti. «Dun-

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Luca Malcotti, assessore alle Infrastrutture e lavori pubblici della Regione Lazio

152 • DOSSIER • LAZIO 2011

que noi vogliamo arrivare a questo appuntamento competitivi con progetti immediatamente cantierabili». Appare fiducioso anche sul progetto di ampliamento della Cassia e, anche se le risorse necessarie per questa opera sono imponenti, bisogna avere un progetto definitivo e condiviso perché «questa è la premessa necessaria per partecipare a qualsiasi ripartizione di fondi». Quale l’impegno per la grande viabilità tra i lavori già conclusi e quelli ancora in programma? «Abbiamo inaugurato a settembre il cantiere dell’autostrada Civitavecchia-Livorno, interamente finanziato dai privati, dove la Regione Lazio ha realizzato in tempi record la programmazione e la definizione del tracciato. Sono partiti i cantieri per i primi 16 km,

quelli che attraversano Tarquinia partendo dallo svincolo di Civitavecchia nord, e stiamo completando la definizione del tracciato sul tratto successivo che attraversa Montalto di Castro e arriva ai confini con la Toscana. Stiamo cercando di sciogliere il nodo della Roma-LatinaCisterna-Valmontone, sulla quale abbiamo ottenuto dal Cipe la conferma di tutti i finanziamenti che avevamo richiesto. È un’opera in finanza di progetto che vale 2 miliardi e 700 milioni di euro, con oltre il 60% di questa cifra finanziata da privati. Purtroppo ereditiamo un contenzioso creato dalla pre-


Luca Malcotti

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In questo mandato abbiamo dato grande impulso al tema della sicurezza stradale

cedente amministrazione che deve essere chiuso per poter mandare in gara questa opera assolutamente fondamentale. È in corso di svolgimento la gara per la Orte-Civitavecchia, si tratta di 117 milioni di euro di intera finanza regionale per realizzare un tratto che va da Cinelli a Monte Romano». I dati contenuti nel rapporto Aci-Istat sugli incidenti stradali sono confortanti. Confrontando il numero dei decessi avvenuti nel 2010 con quello relativo al 2001 si registra una diminuzione che si avvicina al 50%. Quali i passi avanti compiuti in tema di sicu-

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rezza sulle strade nella regione? «In questo mandato abbiamo dato grande impulso al tema della sicurezza stradale perché il Lazio è la seconda regione per incidenti mortali. Tra gli interventi di manutenzione più significativi, c’è il completamento della messa in sicurezza della Pontina nel tratto a sud di Latina, dove sono state create 12 rotonde in sostituzione di altrettanti incroci a raso ed è stata istituita una barriera centrale che impedisce gli attraversamenti, causa di incidenti piuttosto gravi. Abbiamo varato il terzo stralcio del programma nazionale sulla sicurezza con il

quale diamo contributi ai Comuni, agli enti locali e alla Provincia per programmi sulla sicurezza stradale, costituiti sia da campagne di sensibilizzazione e di formazione destinate ai decisori politici e tecnici, sia da interventi di messa in sicurezza di strade e punti critici. Abbiamo poi recuperato alcuni finanziamenti che erano stati attribuiti alla Regione nel 2005 con i quali stiamo realizzando il Centro di monitoraggio per la sicurezza stradale per mettere insieme tutti i dati sull’incidentalità e identificare i “black point”, cioè i luoghi dove gli incidenti ricorrono con una certa frequenza per tipologia e modalità, per intervenire in maniera prioritaria con interventi di messa in sicurezza». Individuate le criticità, quali sono allora le strade su cui occorre intervenire? «Abbiamo eseguito interventi sulla Pontina e su un tratto della Nettunense, mentre tra le criticità rimane la Flacca. I nuovi dati ci dicono poi che c’è bisogno di interventi straordinari nella provincia di Viterbo che, dagli ultimi dati, è l’unica provincia in controtendenza rispetto alla diminuzione degli incidenti a livello regionale».

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ROTATORIE Sono le rotonde create per la messa in sicurezza della Pontina nel tratto a sud di Latina, in sostituzione di altrettanti incroci

-50% DECESSI Calo del numero delle morti avvenute nel 2010 rispetto al 2001

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INFRASTRUTTURE

Una rete viaria efficiente al servizio dei cittadini Cospicui investimenti e progetti importanti su cui puntare per la viabilità della capitale e una particolare attenzione alla sicurezza delle strade. Fa il punto, tra opere concluse e da avviare, Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma Renata Gualtieri

nfrastrutture viarie fondamentali da portare a termine tra il 2012 e il 2013 che renderanno molto più agevoli i collegamenti tra la capitale e l’area metropolitana. Un grande impegno nella progettazione d’importanti opere, tra le quali il raddoppio della Tiburtina dal Centro agroalimentare fino al km 18 e la bretella di collegamento con lo svincolo autostradale di Guidonia. Un processo di potenziamento e ammodernamento infrastrutturale della rete viaria provinciale di circa 100 milioni di euro. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia, lo definisce «un ambizioso programma di opere infrastrutturali destinato a diventare presto realtà». Quali i progetti che state portando avanti per la grande viabilità nella provincia di Roma? «Abbiamo completato il raddoppio di via Laurentina dal raccordo anulare fino al km 13 e stiamo realizzando un

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corridoio della mobilità destinato esclusivamente al passaggio dei mezzi pubblici dal km 13 al 23, sempre della Laurentina: un’opera destinata a incidere in profondità nella mobilità del quadrante sud-est dell’area metropolitana di Roma, finanziata dalla Provincia con circa 25 milioni di euro. Nel versante nord-est prosegue secondo la tabella di marcia la costruzione della Nomentana bis per decongestionare dal traffico il quadrante compreso tra Guidonia, Fonte Nuova e l’area Sabina. Un’infrastruttura attesa da decenni dai cittadini, realizzata con un investimento della Provincia di circa 20 milioni di euro. Sono in corso, inoltre, i lavori per il nuovo sistema di svincoli e collegamento tra la Tiburtina e l’autostrada A24, a Villa Adriana, finanziato con 25 milioni di euro. Altri 7 milioni di euro, circa, li stiamo investendo nella realizzazione della tangenziale


Nicola Zingaretti

A sinistra, Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma

di Subiaco e circa 6 milioni nella costruzione di una nuova strada di collegamento tra Ardeatina e Nettunense, che permetterà ai pendolari dei Castelli romani di raggiungere velocemente la capitale evitando di attraversare i centri abitati, con evidente miglioramento della qualità della vita per i residenti. Infine, siamo impegnati nell’ampliamento dell’Ardeatina, compresa l’eliminazione di una serie d’incroci pericolosi».

Da sempre lei ha fatto della sicurezza stradale un obiettivo prioritario della sua amministrazione. Come prosegue questo impegno? «Prosegue con la massima determinazione. In poco più di tre anni siamo stati in grado di investire oltre 50 milioni di euro per la sicurezza stradale, con la ripavimentazione dei tratti di strada danneggiati, la sostituzione di guard rail, la costruzione di rotatorie, marciapiedi e impianti d’illuminazione in prossimità dei centri abitati. Un notevole impegno finanziario e tecnico, portati avanti nonostante i vincoli del Patto di stabilità imposti dal precedente governo che hanno limitato enormemente le possibilità di investimento della Provincia. Abbiamo in cassa risorse disponibili grazie alla virtuosità del nostro bilancio, come riconosciuto da tutte le agenzie di rating internazionali, per poter finanziare interventi di manutenzione stradale e solo per i bizantinismi previsti dal Patto di stabilità non possiamo utilizzarli per opere pubbliche, tra le quali la manutenzione ordinaria delle strade». Quali le strade che presen-

tano ancora delle criticità e sulle quali occorre intervenire? «Sulla rete viaria di esclusiva competenza provinciale, circa 2.000 km, non abbiamo gravi situazioni, a parte pochi casi isolati. Diverso è il discorso per quanto riguarda le arterie stradali, dove le competenze sono ripartite tra la Provincia, per la manutenzione ordinaria, e la società regionale Astral, per la manutenzione straordinaria. Penso innanzitutto alla Pontina. In queste strade, effettivamente, ci sono delle criticità che potrebbero mettere a rischio la sicurezza degli automobilisti e credo che proprio questa suddivisione di ruoli abbia rappresentato un limite all’azione d’intervento. In alcuni casi, com’è accaduto nel 2010 sulla Pontina, la Provincia si è fatta carico di lavori di manutenzione straordinaria senza badare troppo a rigide divisioni di competenze ma preoccupandosi solo della sicurezza degli automobilisti. Tuttavia si tratta di un’eccezione, non intendiamo partecipare al gioco dello scaricabarile, anzi lo riteniamo deleterio, ma non possiamo assumerci per intero responsabilità che non appartengono alla Provincia. Anche perché non abbiamo le risorse finanziarie per sostenere gli investimenti necessari». LAZIO 2011 • DOSSIER • 155


INFRASTRUTTURE

L’economia si “ricostruisce” mettendo in moto l’edilizia In un Paese che, a livello di infrastrutture, è in ritardo di almeno vent’anni rispetto al resto dell’Europa, le costruzioni possono essere il più grande motore per la creazione di nuova ricchezza. L’ingegner Antonio Ciucci affronta questo tema Salvatore Cavera

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Antonio Ciucci

l settore delle costruzioni rappresenta sicuramente il primo argine al declino economico e il principale volano per la ripresa. È infatti questo il settore nel quale gli investimenti hanno, più rapidamente che in altri comparti, ricadute positive sull’intera economia del Paese. Questo è possibile però a patto che sia il settore edile per primo a rimettersi in piedi. «La sfida per il rilancio del nostro settore deve passare attraverso l’attivazione di tutte le risorse disponibili, a partire da una più equa suddivisione dei progetti medi e piccoli di immediata cantierizzazione, che sono quelli maggiormente rispondenti al patrimonio imprenditoriale italiano. E che inoltre non sono soggetti alle lunghe procedure di autorizzazioni proprie delle grandi opere. Per quanto riguarda i grandi progetti, invece, questi andrebbero suddivisi in lotti, per favorire anche la partecipazione delle medie imprese». È questo uno dei punti sollevati dall’ingegner Antonio Ciucci, amministratore delegato di Ircop, media impresa di costruzioni, che ha il proprio core business nelle opere pubbliche, soprattutto nel settore delle infrastrutture stradali e idrauliche, nell’edilizia civile e industriale e, di recente, anche nel mondo del restauro. Quali potrebbero essere gli

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interventi normativi che favorirebbero una ripresa del settore delle costruzioni? «Alcune modifiche alle normative che sicuramente darebbero un contributo importante a rilanciare l’edilizia potrebbero essere nuove regole in grado di limitare ed eliminare l’utilizzo di metodi discrezionali come l’offerta economicamente più vantaggiosa e il contenimento dell’impatto del massimo ribasso, con metodi di taglio automatico o semiautomatico delle offerte cosiddette “anomale”. Inoltre, un maggiore impiego di sistemi di realizzazione delle opere fondati sul capitale privato – come il project financing e il leasing in costruendo –, che devono però necessariamente ottenere una semplificazione dal punto di vista normativo, poiché le norme attuali rendono il ricorso a questi sistemi lungo e farraginoso». Qual è il valore aggiunto oggi rappresentato dalle medie imprese? «Le medie imprese sono, a mio parere, la vera spina dorsale dell’economia del Paese, specialmente nel nostro settore. Siamo infatti vere e proprie famiglie, e questo si vede dal fatto che gli imprenditori, soprattutto in periodi come questo, ricorrono anche alle proprie risorse personali pur di mantenere i livelli occupazionali e per preservare le capacità dei propri dipen-

denti e maestranze. Queste realtà a gestione familiare contano però anche centinaia di addetti, che sono in grado di svolgere tutto il processo produttivo, dalla progettazione alla realizzazione – non si tratta quindi di finanziarie che distribuiscono i lavori a terzi. Oltretutto, molto spesso, le medie imprese di costruzioni hanno a disposizione tecnologie all’avanguardia, paragonabili per livello a quelle delle grandi aziende e possono garantire sistemi di gestione per la sicurezza del lavoro, della salute e del rispetto delle persone assolutamente di pari livello». Trova che le realtà imprenditoriali piccole e medie del Lazio potrebbero fare maggiormente sistema, attuare per intenderci maggiori partnership al fine di rendersi

L’ingegner Antonio Ciucci, amministratore delegato di Ircop Spa, Roma www.ircop.it

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INFRASTRUTTURE

più competitive nei confronti delle grandi imprese? «È evidente che in un mercato, purtroppo, rivolto più alle grandi opere che a quelle medie, l’unico modo per poter concorrere è quello di associarsi. C’è bisogno però di regole chiare che favoriscano le aggregazioni di imprese e il localismo. In questo senso, lo statuto delle imprese appena approvato, lo scorso novembre, sembra segnare un significativo passo in questa direzione». Quali sono attualmente le principali criticità che riscontrate sul mercato? «Le maggiori criticità alle quali dobbiamo far fronte riguar-

dano due aspetti fondamentali, legati entrambi alla grave congiuntura che attraversa il nostro Paese. Il primo è causato dall’incapacità delle amministrazioni pubbliche di fare fronte agli impegni finanziari, costringendo così le imprese ad attendere tempi lunghissimi per poter incassare i crediti. Nel nostro caso, per esempio, siamo passati dai 120 giorni medi del 2010 ai 200 giorni nel 2011 – tempi che erano già insostenibili prima e che adesso stanno aggravando ancora di più la situazione. L’altro aspetto è la generale contrazione del mercato, causata dal taglio massiccio degli investimenti».

In una situazione già difficile strutturalmente, la congiuntura economica quali effetti sta avendo sul settore e sulla vostra società? «Il nostro mercato di riferimento ha avuto una significativa contrazione nell’ultimo biennio, dovuta sia alla mancanza di risorse pubbliche, ma anche perché queste vengono dirottate molto spesso verso le grandissime opere. Questo si traduce in pochi bandi per le medie imprese come la nostra, con il naturale inasprirsi della concorrenza e un conseguente aumento esponenziale dei ribassi. Ciò spinge le imprese a concorrere a un numero sem-

Le medie imprese sono la vera spina dorsale dell’economia del nostro Paese, specialmente nel settore delle costruzioni. Oltretutto, queste dispongono di tecnologie paragonabili per livello a quelle delle grandi aziende

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Antonio Ciucci

Costruzione di significato Oltre alla crescita, Ircop ha posto fra gli obiettivi della propria mission l’essere fra le prime aziende per il rispetto dell’ambiente e dei valori della sicurezza. A prova di questo impegno, la società possiede oltre alla attestazione SOA con due categorie illimitate e ISO 9001 per il sistema di gestione della qualità, la qualificazione ISO14001 in tema di gestione ambientale e la OHSAS 1801 e SA 8000 per il sistema di gestione per la sicurezza del lavoro e della salute, sicuramente tra le poche società di costruzioni di tale dimensione ad averle. Non solo, ha ottenuto anche il marchio CE, secondo le norme Uni En 13108, per i conglomerati bituminosi prodotti nei propri impianti. I suoi processi produttivi corrispondono a procedure e standard, che garantiscano la tracciabilità e hanno come scopo la qualità delle opere. Poiché la qualità è sicurezza e la tecnologia è il mezzo per realizzarla, questi riconoscimenti hanno rappresentato un passo importante per Ircop, che la qualificano come una delle realtà tecnologicamente più avanzate e dotate di alta affidabilità: una vera costruttrice di significato.

pre maggiore di gare con l’inevitabile aumento dei costi connessi. Per quanto ci riguarda, per esempio, nel solo 2010 abbiamo partecipato a circa 150 gare, cifra che supereremo abbondantemente nel 2011». Attualmente quali sono le

opere più importanti che state eseguendo? «Le maggiori commesse attive in questo momento sono la costruzione della strada Rieti-Torano, che stiamo eseguendo per conto della Provincia di Rieti, per un importo dei lavori di circa 20 mln di euro; la costruzione della strada Nomentana bis per conto della Provincia di Roma, per un importo di circa 13 mln di euro; la costruzione della strada Prenestina bis per il Comune di Roma – valore della commessa: 11 mln di euro –; stiamo partecipando, in associazione di impresa, alla costruzione del nuovo centro fieristico di Arezzo – appalto che vale 25 mln di euro –; infine, l’esecuzione della piattaforma di parcheggio presso la stazione Termini di Roma, del valore di 80 mln di euro circa». Quali aspettative riponete nei confronti del futuro del comparto? «Purtroppo le prospettive per il

futuro del settore non sono rosee, poiché bisogna fare i conti con il crollo verticale degli investimenti pubblici e con i bandi di gara che stanno diventando merce sempre più rara, rendendo il confronto concorrenziale più aspro. Però, poiché sono convinto che questo sia un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese, credo che debba nascere la volontà politica di favorirne il rilancio – inoltre, gli spazi di intervento sono ampissimi, se si pensa al ritardo infrastrutturale che abbiamo accumulato negli ultimi 20 anni rispetto agli altri Paesi europei. Ritengo, quindi, che le imprese che riusciranno a superare la crisi potranno avere davanti importanti spazi di manovra, a patto però che alcune regole vengano cambiate. In buona sostanza noi accettiamo la sfida della crescita e della competitività, ma a patto che lo si possa fare in un mercato che lo permetta». LAZIO 2011 • DOSSIER • 159


PROGETTI D’INVESTIMENTO

Sviluppo del territorio, un supporto per gli operatori pubblici Duilio Gruttadauria spiega l’importanza della progettazione e della valutazione di programmi di investimento per lo sviluppo sostenibile del territorio fisico e la valorizzazione dei capitali sociali. E con essa il ruolo delle società di consulenza Erika Facciolla alorizzare le risorse a disposizione, ricercare soluzioni adeguate alle specifiche esigenze, coadiuvare l’impresa nella programmazione e realizzazione di un investimento sul territorio: sono queste le attività che aziende e professionisti della consulenza svolgono nei diversi campi di specializzazione. Un ruolo ancora più delicato e cruciale se pensiamo che spesso uno studio di fattibilità ben condotto - economico, giuridico e procedurale - può determinare la corretta gestione

V Duilio Gruttadauria, presidente di Ecosfera Gruppo Spa, Roma www.ecosfera.it

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di grossi capitali (pubblici o privati) e del territorio in cui tali risorse economiche vengono impiegate, con ovvie ripercussioni sulla comunità che vi dimora. In momenti di incertezza economica come quello attuale, è ancora più importante affidarsi a partner validi e qualificati, non solo in grado di canalizzare al meglio le risorse, ma di capitalizzarle per creare un ‘valore aggiunto’ all’opera realizzata. Ed è proprio questa la prerogativa di Ecosfera, società di consulenza specializzata nella progettazione e valutazione di programmi di investimento per lo sviluppo sostenibile del territorio fisico e la valorizzazione dei capitali sociali. Nata a metà degli anni Ottanta su iniziativa di un

gruppo di professionisti operanti nel campo del project financing, oggi Ecosfera ha ampliato il proprio ventaglio di servizi assumendo un ruolo sempre più operativo nella gestione e realizzazione di programmi comunitari, urbanistici e di trasformazione territoriale, e nei servizi per l’architettura e l’ingegneria, per imprese sia pubbliche che private. Ne parliamo con il presidente del gruppo, Duilio Gruttadauria. Ecosfera è una realtà le cui funzioni sono declinate in diversi ambiti di intervento. Potrebbe mettere a fuoco il core-business dell’azienda? «Il core-business dell’attività di Ecosfera è rappresentato dal supporto agli operatori


Duilio Gruttadauria

Siamo passati dalla pura progettazione, analisi e ricerca a un ruolo sempre più diretto nei processi realizzativi degli investimenti

pubblici nella realizzazione di progetti d’investimento. L’attività distintiva di Ecosfera è, infatti, la progettazione d’investimenti studiati e pensati secondo molteplici punti di vista: dalla fattibilità amministrativa ed economica, al rapporto con l’ambiente e con la società che li accoglie. Con il tempo la società ha saputo moltiplicare il suo impegno in altri settori collegati, attuando un vero e proprio passaggio da attività astratte verso attività sempre più vicine alle realizzazioni concrete. In sintesi, si può affermare che, siamo passati

dalla pura progettazione, analisi e ricerca a un ruolo sempre più diretto nei processi realizzativi degli investimenti». Quali sono, ad oggi, le attività su cui Ecosfera è maggiormente focalizzata? «Principalmente, quelle di consulenza alle amministrazioni nella realizzazione di investimenti complessi ma, più recentemente ci siamo attrezzati per poter governare processi realizzativi molto concreti, caratterizzati dalla volontà di misurare il grado di soddisfazione del cliente in termini stringenti e senza mediazioni. I campi in cui ci siamo maggiormente impegnati sono quello della realizzazione di impianti di energie alternative e quello del Global Service». Qual è il vostro target di riferimento e che tipo di

cambiamenti ha subìto negli anni? «I nostri clienti sono principalmente le amministrazioni pubbliche, ministeri, regioni ed enti locali. Tra queste, distinguerei due categorie: da una parte, le amministrazioni che sono costrette a fare sforzi eccezionali per realizzare programmi d’investimento e, dall’altra, le amministrazioni che devono affrontare processi di razionalizzazione organizzativa e di spesa». Con quali clienti, in particolare, state sviluppando il vostro particolare approccio al tema degli investimenti pubblici? «Sicuramente con le regioni, in particolare quelle del sud. Le regioni devono ancora cercare un loro ruolo nel sostegno attivo dell’economia. Se da una parte i comuni pa- LAZIO 2011 • DOSSIER • 161


PROGETTI D’INVESTIMENTO

tiscono la difficoltà dei tagli delle risorse a loro attribuite, le regioni hanno le dimensioni e l’abilitazione istituzionale per promuovere progetti dove le risorse private siano mobilitate e garantite». Come siete riusciti ad accostarvi con successo ad un mercato in cui erano già presenti molti competitor? «La specificità di Ecosfera trae linfa dalle sue stesse origini. Quando ci occupiamo di impianti per la produzione di energie alternative, ad esempio, ricordiamo al cliente la nostra lunga esperienza in riferimento agli studi di fattibilità. Questo ci permette di avere una visione ‘allargata’ del progetto, cogliere le relazioni connesse alla tecnologia dell’impianto,

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quelle legate al recupero degli ambienti circostanti, alle fonti di finanziamento complementari, e così via». Cosa può dirci a proposito del Global Service? «Le attività di Global Service rappresentano una naturale evoluzione della consulenza fornita da Ecosfera alle pubbliche amministrazioni nell’affrontare processi di riorganizzazione e di semplificazione del loro meccanismo di funzionamento. La distanza che separa le attività su cui l’amministrazione deve concentrarsi da quelle che, invece, possono essere più economicamente demandate al mercato, è una traccia su cui ci siamo incontrati spesso nel corso della nostra attività».

In tal senso, qual è il tratto distintivo che fa di Ecosfera un partner ‘diverso’ da tutti gli altri del settore? «A differenza della maggior parte dei nostri concorrenti, noi non abbiamo alle spalle una storia di produzione industriale, ma veniamo da un percorso di assistenza all’amministrazione e riteniamo di essere molto più flessibili e comprensivi rispetto al rapporto esistente tra le attività non core (cioè quelle oggetto dei contratti del Global Service) e le attività su cui, invece, le amministrazioni devono sempre più concentrare il loro interesse e il loro impegno. In altre parole, siamo convinti che l’esperienza maturata nel campo della consulenza ci permetta di disegnare


Duilio Gruttadauria

Il nostro obiettivo è portare la capacità di project management nel processo di produzione dei grandi investimenti pubblici

servizi molto più elastici e comprensivi, a tutto vantaggio del cliente». In prospettiva futura, quali strategie adotterete per consolidare la posizione di Ecosfera sul mercato? «Il nostro obiettivo è portare la capacità di project management nel processo di produzione dei grandi investimenti pubblici. Ad oggi, abbiamo superato prove importanti che ci consentono di applicare metodi che si sono rivelati fondamentali per tenere sotto controllo l’ingente quantità di fattori che minacciano, o inibiscono, l’efficienza di realizzazione dei progetti più com-

plessi». A quali progetti vi dedicherete con più attenzione? «Oggi gli unici progetti che si realizzano sono quelli che individuano chiaramente il soggetto (pubblico, privato o misto) che si occuperà dell’erogazione del servizio stesso e i suoi mercati di riferimento. Su questo terreno Ecosfera ha conseguito risultati importanti supportando sia amministrazioni pubbliche (ad esempio il comune e lo IACP di Bari nella valorizzazione dell’area di San Girolamo), sia operatori privati, applicando concretamente un approccio fondato sulla ricerca del cor-

retto equilibrio tra interesse pubblico e giusto profitto dell’imprenditore privato». Quali crede che siano le leve su cui occorrerà puntare nei prossimi anni? «Come detto, il nostro interesse non si ferma alla progettazione dei manufatti fisici, ma anche alla loro corretta gestione e, attraverso questa, alla capitalizzazione delle potenziali remuneratività attraverso cui finanziare le opere. Siamo convinti, e questo sarà uno dei grandi temi d’impegno per il futuro, che la questione della finanza di progetto sia inevitabilmente nell’agenda dello sviluppo del nostro Paese».

Nelle immagini, render e progetti cui ha preso parte il team del Gruppo Ecosfera

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TRASPORTI

Gestire il trasporto pubblico Il settore del trasporto pubblico cerca da anni di districarsi dai vari problemi che lo vedono protagonista. Nonostante ciò, alcune aziende sono ancora in grado di garantire servizi affidabili, sicuri e di qualità. Ne parla il sig. Vito Ferri Emanuela Caruso problemi che attanagliano il settore del trasporto pubblico sono ancora molti. Primo fra tutti spicca il protrarsi del cosiddetto “periodo transitorio”, che dal lontano 31 dicembre 2003 ha determinato la proroga dei contratti di servizio con durate addirittura trimestrali, fino a tutt’oggi. Ciò significa che le aziende del settore non solo si sono trovate ad ottenere affidamenti della durata di tre mesi di volta in volta, ma anche che non è stato possibile fare previsioni a lungo termine, ovvero non è stato possibile investire nel rinnovo degli automezzi e nel futuro della propria attività, non avendo la certezza di ciò che sarebbe accaduto nel futuro, anche prossimo. A questa difficoltà tipica del settore se ne aggiunge un’altra altrettanto grave che ha a che fare con i finanziamenti pubblici per l’acquisto degli autobus e del materiale rotabile, finanziamenti fermi dal 2007. E in un ambito in cui gli

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autobus riescono a essere acquistati grazie proprio ai finanziamenti regionali che coprono ben il 90% della spesa complessiva, lo stop a questi fondi comporta una scarsa innovazione del servizio e soprattutto nessuna miglioria nell’ecosostenibilità dei mezzi e del trasporto. Tra le aziende impegnate nel campo del trasporto persone che devono affrontare questa situazione, c’è anche la Seatour S.p.A., un’azienda attiva dal lontano 1929 che prosegue oggi il suo percorso guidata dal suo Presidente Ignazio Ferri e dal figlio Vito Ferri con il supporto del direttore amministrativo dr. Francesco Principessa. «La situazione è notevolmente peggiorata nell’anno in corso – spiega il sig. Vito Ferri, socio di maggioranza della società –; stiamo assistendo a un gravissimo ritardo nei pagamenti da parte degli enti pubblici, ritardo che è arrivato a supe-


Vito Ferri

In alto Ignazio Ferri, presidente della Seatour Spa, sotto Vito Ferri, socio di maggioranza della società. www.seatour.it

rare i 360 giorni. Questo è un problema davvero grave per un settore soggetto a continui aumenti dei costi dei fattori produttivi, quali in particolare il gasolio per autotrazione; molte imprese romane sono già state costrette a chiudere e la Seatour riesce a resistere solo grazie alla considerevole struttura familiare e patrimoniale che la sostiene». Secondo lei, cosa potrebbe migliorare la situazione del settore del trasporto pubblico? «Sicuramente è necessario intervenire a livello finanziario, le pubbliche amministrazioni dovrebbero e dovranno adeguare i propri termini di pagamento a quelli vigenti nel settore privato. E questo solo per impedire che il settore del trasporto pubblico non crolli del tutto, obbligando altre imprese a chiudere con le conseguenti, gravi ripercussioni sociali. Nello specifico, di quali attività si occupa la Seatour?

«La nostra azienda, che opera nel settore dei trasporti da più di ottant’anni, svolge due tipologie di servizi: la prima è il trasporto pubblico locale in comuni della provincia di Roma e di Viterbo quali Fiumicino, Morlupo, Ladispoli, Campagnano di Roma, Nepi, Tolfa, Canale Monterano e Manziana; la seconda tipologia è quella dei servizi di noleggio autobus granturismo con conducente, rivolti a privati ed enti pubblici; per questi ultimi, in particolare per i Comuni, viene svolto il servizio di trasporto scolastico. La Seatour si distingue per la grande qualità dei suoi servizi. Come riuscite a garantirla? «Per assicurare qualità e puntualità nei servizi che offriamo, la nostra azienda mette a disposizione un parco pullman di oltre 100 automezzi, molti dei quali dotati di tutti gli optional. Insieme alla qualità dei nostri autobus, garantiamo anche un alto profilo professionale del nostro personale di guida, composto da più di 120 dipendenti, nonché un’attenta turnazione che consenta loro il completo recupero delle energie psico-fisiche, così da poter affrontare al meglio ogni servizio. Come siete diventati un’azienda il cui nome è sinonimo di affidabilità e sicurezza? «Da sempre Seatour mette al primo posto la sicurezza dei suoi viaggiatori. Per questa ragione, tutti i nostri pullman, oltre a essere estremamente confortevoli, dispongono di telefono cellulare e radiotelefono con cui il personale di guida può comunicare con gli uffici di assistenza di Roma e di Cerveteri, entrambi operativi 24 ore su 24. In questo modo siamo in grado di garantire la sicurezza di chi viaggia e l’affidabilità dei nostri automezzi. Inoltre, controlliamo ogni giorno l’efficienza dei pullman, occupandoci anche della manutenzione ordinaria e straordinaria, effettuata nelle officine specializzate dell’azienda. Gli autobus della Seatour, infine, rispettano tutti i requisiti previsti dalle norme vigenti del Codice della strada e ciascuno di essi ha una copertura assicurativa per responsabilità civile con un massimale superiore ai 20 milioni di euro. Inoltre l’azienda ha anche una copertura assicurativa per responsabilità civile verso terzi con un massimale pari a 5 milioni di euro LAZIO 2011 • DOSSIER • 165


TRASPORTI

Il settore trasporti ha bisogno di ossigeno Caro carburante, carenze normative, flessione di consumi e produzioni sono solo alcuni dei problemi che i traportatori devono affrontare. Celso Martin spiega come muoversi oggi in questo difficile settore Amedeo Longhi

e esigenze logistiche oggi sono complesse e difficili da soddisfare. Anche il trasporto intermodale, soprattutto su vasta scala, spesso non è la soluzione migliore, come spiega Martin, manager della Lpd Graja & Caorsi: «La clientela, specialmente quella che opera nel campo internazionale, chiede un servizio eccellente, rapidità e prezzi competitivi. Il trasporto intermodale non è adatto a soddisfare questa esigenza, ma può essere adatto solamente per trasporti di carichi completi destinati nei paesi scandinavi; comunque con i costi attuali del sistema ferroviario, non è competitivo dal punto di vista economico». A questo proposito, la struttura che deve approntare chi vuole essere competitivo deve essere completa e integrata, flessibile ed efficiente. «Il servizio che offriamo – spiega Martin – va in-

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contro alla richiesta della clientela, che chiede sempre più personalizzazione e adattamento alle proprie esigenze, prestazioni che permettano una maggiore competitività nel mercato internazionale, indispensabile nel mercato globale. Per poter offrire un servizio completo e integrato occorre molta professionalità, disponibilità di mezzi e disponibilità di personale qualificato in numero adeguato. Servono inoltre le necessarie autorizzazioni sia per i mezzi che per i magazzini, ma soprattutto addetti che siano in grado di interpretare con rapidità le esigenze del cliente e capaci di proporre soluzioni adeguate ai suoi problemi logistici». In questo contesto, un grave ostacolo per l’efficienza e la concorrenzialità del servizio e dei suoi costi è rappresentato dal sempre crescente costo dei carburanti, una vera piaga per

gli operatori del settore: «Il caro carburante è una tragedia, perché nonostante si possano adeguare i prezzi, non si riesce a farlo negli stessi tempi in cui cresce il costo dei combustibili; per questo motivo per noi la perdita di denaro purtroppo è certa. Fra l’altro questa situazione genera spesso concorrenza sleale, in quanto molti non adeguano le proprie tariffe a quelle di mercato». Ciononostante, Martin rimane fortemente dubbioso in merito all’ipotesi di un intervento della

La LPD Graja & Caorsi ha sede ad Aprilia (LT) www.lpd.it


Celso Martin

sfera amministrativa: «Credo sia meglio che la politica resti fuori da questo settore, ha già fatto danni sufficienti accettando delle regolamentazioni europee che lo stanno distruggendo. Solo a livello di traffico continentale le politiche comunitarie hanno fatto lievitare i costi almeno del 20%». Questo è un problema soprattutto per chi, come la Lpd, svolge una consistente fetta delle propria attività all’estero: «A livello europeo lavoriamo molto con Germania e Francia, oltre che con la Turchia e la Russia e tutti i paesi della vecchia area sovietica, verso i quali facciamo servizio camionistico completo. Oltremare, a livello extracontinentale, siamo presenti nei paesi arabi, negli Stati Uniti, in India e in Cina». Proprio per affrontare le sfide che il difficile settore dei trasporti presenta, è necessario offrire una gamma di servizi il più completa possibile, ampliando l’attività dalla classica movimentazione delle merci a

Per poter offrire un servizio completo e integrato occorre molta professionalità, disponibilità di mezzi e di personale qualificato in numero adeguato

tutte le prestazioni ausiliarie: «Ci occupiamo di camionistico da e per Europa, groupage e servizi completi per merci normali, a temperatura controllata, merci pericolose e rifiuti industriali. Disponiamo di mezzi dotati di Blackbox Sistri. I traporti su scala mondiale vengono effettuati via mare e via terra, anche con rese door to door; per l’import e l’export curiamo anche la parte relativa a servizi doganali con nostro personale e procedura semplificata. Facciamo anche magazzinaggio doganale, nazionale, deposito Iva, deposito a temperatura controllata, distribuzione sul territorio nazionale, servizi di taxi tir per consegne espresse o dedicate, estero su estero e servizi personalizzati relativamente all’emissione della documentazione e dei certificati, con gestione delle aperture di cre-

dito». Farmaceutica, cosmetica, chimica e metallurgica le categorie merceologiche più trattate. Importante è anche la parte relativa alle certificazioni: Iata, Iso 9001, Dnv per la gestione del rischio, la certificazione europea Aeo, l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali e a quello degli Autotrasportatori. «Nei nostri trentacinque anni di attività – conclude Martin – abbiamo sempre prestato molta cura alla parte etica e professionale, che per noi è un caposaldo. Oggi, nonostante la crisi che inevitabilmente si ripercuote anche sulla nostra attività, continuiamo a operare con entusiasmo e professionalità, cercando di tenerci al passo con le esigenze del mercato». LAZIO 2011 • DOSSIER • 167


EDILIZIA

Piano casa, operativi i primi sei articoli Si accettano le domande per gli interventi di ampliamento e di sostituzione, mentre restano al vaglio della Corte le norme contestate: deroghe al piano paesaggistico, zone archeologiche e condoni sulle aree vincolate Elisa Fiocchi

l consiglio regionale del Lazio ha approvato in agosto la nuova legge sul piano casa, concepita e strutturata per rispondere all’esigenza di valorizzazione dell’immenso patrimonio paesaggistico, ambientale, storico e architettonico del territorio attraverso la riqualificazione e la rifunzionalizzazione dei tessuti urbani e dei centri storici e il recupero e il potenziamento delle aree degradate dai fenomeni di illegalità edilizia. Al settore delle costruzioni, che rappresenta il 30% dell’economia regionale, il provvedimento vuole offrire nuove ri-

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sorse per fronteggiare la profonda crisi in atto, mentre in tema di emergenza abitativa, garantirà snellimenti procedurali e incrementi delle premialità volumetriche allo scopo di progettare città e territori più vivibili, con elevata qualità ambientale e architettonica, servizi efficienti e moderni. Con le modifiche apportate alla legge regionale 21/09, la Regione ha poi di fatto recepito il Piano Città contenuto nel Decreto Sviluppo assegnando un forte e decisivo ruolo ai Comuni nel definire le aree su cui è possibile la “riqualificazione incentivata”.

Una parte del centrodestra ha, tuttavia, manifestato un netto dissenso in riferimento ad alcune norme, trovando sostegno anche in Consiglio dei ministri. Il piano casa passa così al vaglio della Corte costituzionale nella parti contestate che riguardano le deroghe al piano paesaggistico, le zone archeologiche e i condoni sulle aree vincolate. Si obietta, nel primo caso, che le deroghe relative ai vincoli e alle zone di tutela previste dal piano territoriale paesistico e dal piano territoriale paesistico regionale per la realizzazione di opere di utilità pub-


Le norme regionali

blica, debbano essere coopianificate tra Regione e Ministero. Mentre sui vincoli archeologici, si contesta la norma che prevede un’impropria prevalenza della Regione sulla loro valutazione che invece dovrebbe essere prerogativa del Ministero. Infine, la terza obiezione, riguarda la sanatoria che si presenta applicabile a tutti gli edifici realizzati legittimamente ma anche a quelli che hanno acquisito il titolo abilitativo e a quelli non ultimati purché abbiano il titolo abilitativo edilizio. Ciò significa, ad esempio, che il Co-

mune di Roma dovrà valutare entro 90 giorni tutte le richieste di condono giacenti, come le pratiche che risalgono al 1985, 1994 e 2003. Scaduto il termine, scatta il principio del silenzio-assenso. Tale sanatoria è stata considerata inaccettabile, essendo il condono materia di pertinenza statale. Intanto, le norme del piano casa non contestate dall’impugnativa, ovvero la parte abitativa che interessa i primi sei articoli della legge regionale 10/2011, hanno permesso al decreto di passare alla fase operativa già dal 26 ottobre. A fugare i

dubbi sulla possibilità di presentare domanda per gli interventi di ampliamento e di sostituzione, è stato il vicepresidente della Regione e assessore all’Urbanistica Luciano Ciocchetti, che ha dichiarato il piano casa operativo al 99%, lasciando quindi agli interessati la possibilità di continuare a presentare le istanze di ampliamento aperte dal 15 settembre scorso. Si fermano invece, fino al pronunciamento della Consulta, una serie di ampliamenti e completamenti di edifici pubblici e privati di tipo commerciale e gli interventi in montagna. LAZIO 2011 • DOSSIER • 171


EDILIZIA

Nuovo ossigeno all’edilizia Secondo Stefano Petrucci, la sfida sarà rendere convenienti le possibili operazioni di demolizione e ricostruzione e i cambi di destinazione d’uso. Le critiche? «Frutto di posizioni preconcette o di letture poco approfondite» Elisa Fiocchi

onostante le polemiche sulla sanatoria, i vincoli archeologici e paesaggistici che hanno accompagnato l’iter legislativo del piano casa, in 200 Comuni su 378, sono già state presentate 750 domande di Dia in un mese e mezzo. «Se questi sono i primi riscontri, direi che possiamo essere ottimisti», dichiara Stefano Petrucci, presidente di Ance Lazio, che esamina le principali modifiche contenute del provvedimento, in grado di offrire al territorio laziale una reale occasione di sviluppo. «Sapevamo di trovarci di fronte a una buona legge, in grado di sciogliere quei nodi che avevano impedito al precedente piano casa di dare i frutti attesi». Tuttavia, il numero uno dei costruttori non esclude i rischi di degrado e di abusivismo in caso di congelamento, per anni, di alcuni interventi

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Stefano Petrucci, presidente di Ance Lazio

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sul territorio. In che cosa consistono i passaggi più innovativi contenuti nel piano casa? «L’aver consentito di poter usufruire degli incentivi volumetrici per ampliamenti residenziali anche nelle aree rurali sblocca un mercato di piccoli interventi, facendo fluire risorse all’edilizia. Ma a nostro avviso il vero banco di prova della legge sarà la capacità di rendere convenienti le numerose possibili operazioni di demolizione e ricostruzione e i cambi di destinazione d’uso. Se si riuscirà a mettere in moto questo processo che coinvolge un sistema imprenditoriale più maturo e strutturato e va a impattare in termini di riqualificazione di aree dismesse o degradate, allora avremo ottenuto più di un risultato. Avremo, infatti, dato un po’ d’ossigeno all’industria delle costruzioni, creando opportunità; avremo migliorato la qualità residenziale, messo a valore un patrimonio sterile ed eliminato alcune “brutture”. Infine, mi auguro che grazie a questa legge sarà ripristinata la qualità ambientale, penso ai litorali, fino a oggi considerata compromessa».

Quali modifiche e norme, rispetto alla precedente versione, sono di particolare rilevanza? «Oltre all’allargamento della possibilità di applicazione del piano casa alle aree rurali, costituiscono novità importanti le maggiori premialità previste, fino al 60% di nuove cubature in particolari circostanze, in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, in grado di rendere redditizi gli investimenti che si renderanno necessari. L’altra, direi fondamentale, novità riguarda la possibilità di procedere a cambi di destinazione d’uso sia per quanto riguarda edifici esistenti che per le aree. Si tratta di una decisione importante in quanto consente di dare risposte concrete alle esigenze del mercato, riconvertendo un patrimonio non utilizzato o attivando nuovi programmi. In particolare, siamo di fronte a una norma che consente di dare una risposta rapida a specifici fabbisogni abitativi, soprattutto per quanto riguarda le classi meno abbienti. La nuova legge stabilisce che, in caso di riconversione di edifici non residenziali in residenziali,


Stefano Petrucci

Ci sono maggiori premialità, fino al 60% di nuove cubature in particolari circostanze, per demolizione e ricostruzione

il 30% del patrimonio riconvertito debba essere destinato all’housing sociale». Per quanto riguarda gli annunciati snellimenti procedurali, come s’intende accorciare i tempi di approvazione dei progetti? «Sul piano della semplificazione la nuova legge costituisce un deciso passo avanti. Sulla scia del vecchio piano casa, porta a compimento un percorso che era rimasto sospeso consentendo alcune accelerazioni temporali essenziali, se si vuole sperare in una ripresa di progetti e di attività. Due esempi molto significativi consistono nell’aver previsto la possibilità di approvazione dei piani attuativi conformi ai piani regolatori da parte della giunta comunale invece che del consiglio comu-

nale, consente di guadagnare mesi se non anni. Inoltre il nuovo articolo 1 bis prevede che vadano imputati all’approvazione del solo “responsabile dell’ufficio procedente” diverse tipologie di “modifiche” agli strumenti urbanistici attuativi. Si tratta di questioni molto frequenti che rallentavano fortemente i programmi costruttivi, in quanto erano necessari i tempi lunghi per l’approvazione del consiglio comunale o addirittura della Regione. Con queste innovazioni procedurali si avvia un processo di responsabilizzazione dell’amministrazione pubblica e si riducono drasticamente i tempi amministrativi con sostanziali vantaggi economici sia per gli operatori che per la collettività». Nel merito dell’accesso al

credito e dei pagamenti delle pubbliche istituzioni, come giudica l'attuale situazione per il settore edilizio laziale? «La crisi che ha colpito il Paese si riflette pesantemente sull’industria delle costruzioni. Sul fronte dei finanziamenti siamo al punto più basso se confrontiamo la situazione attuale con il credit crunch dell’autunno 2008 o della primavera del 2009. Le banche non hanno più risorse e il sistema finanziario è bloccato. Siamo al paradosso: la politica crea dopo anni le condizioni per una ripresa delle costruzioni ma noi non possiamo utilizzare le opportunità offerte perché le banche ci negano le risorse. Del resto, le imprese, tradizionalmente poco dotate di liquidità, soffrono di crediti insostenibili nei con-

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EDILIZIA

chè la norma è applicabile non solo alle opere già realizzate ma anche a quelle in fase di realizzazione. Come risponde? «Tutti ricorderanno le motivazioni che hanno ispirato il piano casa: creare le condizioni per far fluire risorse all’edilizia così da farla ripartire e favorire un processo di sviluppo economico. L’obiettivo era creare ricchezza, incentivare un uso produttivo del risparmio da parte Sul fronte dei finanziamenti siamo delle famiglie ma al punto più basso, le banche non anche degli operahanno più risorse tori e di potenziali investitori. La prima legge non lo consenfronti delle pubbliche amminitiva, mentre oggi questo è pos strazioni che le mettono in gi- sibile. Consentendo di ricorrere nocchio. Il rischio fallimento è alle incentivazioni volumetriche all’ordine del giorno. La tena- e al cambio di destinazione glia del credit crunch e dei man- d’uso anche nel caso di opere in cati pagamenti da parte delle corso di costruzione, si favorisce amministrazioni pubbliche stri- la riconversione di progetti e tolano il settore. Gli interventi opere che probabilmente sarebdella Regione hanno consentito, bero rimaste incompiute o non da un lato, ad alcune imprese di utilizzate, rimettendole nel cirricorrere alla certificazione dei cuito del mercato. E se si consicrediti per la loro cessione pro dera la situazione dei fabbisogni soluto e, dall’altro, l’attivazione abitativi a Roma e nella regione, della regionalizzazione del patto o le criticità sul piano ambiendi stabilità. Certamente si è trat- tale presenti in molte province, tato di una boccata di ossigeno le norme della legge a nostro per il sistema produttivo, tutta- avviso vanno nella direzione di via riguarda solo una parte delle dare delle risposte, anche alle imprese che vantano crediti. Ap- famiglie, così come alle collettipare urgente e necessario inter- vità locali». venire in maniera più capillare Tra le principali critiche al ed efficace ripristinando una si- nuovo piano casa c’è l’abbastuazione di diritto oggi com- samento delle tutele ambienpromessa». tali, in particolare per C’è chi sostiene che questo quanto riguarda le aree a tupiano sia in favore dei costrut- tela integrale come i parchi e tori e degli immobiliaristi e le zone costiere, e la cemennon delle singole famiglie per- tificazione delle aree agricole

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con un’ulteriore diminuzione della superficie utile del Lazio. Quali progetti futuri considera a rischio per l’impatto ambientale? «Ritengo che le critiche avanzate al piano casa da entrambi i punti di vista siano il frutto di posizioni preconcette o di una lettura poco approfondita della legge. Non vi sarà nessuna cementificazione se le amministrazioni eserciteranno i poteri di controllo che hanno. Così come la legge non disattende le irrinunciabili norme di tutela ambientale e del patrimonio paesaggistico e storico-monumentale, bensì scioglie alcuni nodi procedurali che di fatto imbalsamano ampie zone di territorio, in gran parte degradate, che potrebbero essere oggetto di qualificazione ambientale. Non entro nel merito del ricorso del governo alla Corte costituzionale che investe proprio alcuni di questi aspetti. Ritengo tuttavia che congelare per anni ogni intervento sul territorio, soprattutto se già urbanizzato, agevoli di fatto il degrado e l’abusivismo. Ad esempio, come si può sostenere che si salvaguarda il paesaggio e la qualità ambientale difendendo lo status quo di situazioni insostenibili, come nel caso degli edifici costruiti a ridosso della costa? Viceversa, ci si aspetterebbe un generale plauso di fronte alla volontà di favorirne la demolizione e ricostruzione in un ambito territoriale diverso. Perché è questo che la legge regionale intende consentire e incentivare».


Amedeo Schiattarella

Sostenibilità, bioedilizia e qualità dell’architettura È chiara la volontà di incidere più profondamente sul rinnovo del patrimonio edilizio esistente, ma allerta Amedeo Schiattarella, «l’incertezza sui tempi d’istruttoria è il peggior deterrente per gli investitori» Elisa Fiocchi

er fare chiarezza sulle norme contenute nel nuovo piano casa della Regione Lazio, cittadini e addetti ai lavori hanno partecipato numerosi a una serie di convegni organizzati in tutta la regione, dimostrando grande interesse. «È comunque necessario fugare ogni dubbio interpretativo», ha sottolineato Amedeo Schiattarella, presidente del-

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l’Ordine degli architetti capitolini, che ha raccolto tra i partecipanti quasi cento quesiti raccolti durante gli incontri. «Inoltre, è importante impedire che si generino fantasiose interpretazioni da parte delle amministrazioni coinvolte». Quali sono gli elementi del piano che rappresentano una novità per il settore? «L’elemento più significativo sta sicuramente nella volontà

di incidere più profondamente sul rinnovo del patrimonio edilizio esistente con occhio attento alla sostenibilità, alla bioedilizia e anche alla qualità dell’architettura. La legge regionale ha recepito, infatti, una istanza dell’Ordine degli architetti di Roma che prevede un premio aggiuntivo di cubatura del 10% per i privati che facciano ricorso al concorso di progettazione per selezionare il professionista cui conferire l’incarico e che realizzino l’intervento sulla base del progetto vincitore». In che cosa consistono invece le possibili criticità? «Appaiono legate, al momento, alla scarsa partecipazione da parte delle amministrazioni comunali al processo di riqualificazione urbana e ambientale tracciato dalla legge, che consente loro di definire e poi deliberare, in ragione delle particolari qualità di carattere storico, artistico, paesaggistico, urbanistico e ar-

Sopra, Amedeo Schiattarella, presidente dell’Ordine degli architetti di Roma

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EDILIZIA

Il piano casa, da solo, non è motore di una svolta, occorre un quadro organico di leggi profondamente rinnovato

chitettonico, la perimetrazione e l’esclusione dagli effetti della legge di alcuni ambiti del proprio territorio. Ulteriore problema è quello di non essere riusciti del tutto a definire tempi certi per quelle pratiche che prevedono il rilascio del nulla osta da parte degli enti preposti, utilizzando l’adozione di strumenti innovativi quali la Conferenza dei servizi online. L’incertezza sui tempi di istruttoria è il peggior deterrente per gli investitori perché non permette di programmare piani di investimento e di rientro attendibili». Quali nuovi scenari si aprono per gli architetti? «Riteniamo che leggi come il 176 • DOSSIER • LAZIO 2011

piano casa possano contribuire al rilancio di un settore fortemente in crisi come quello dell’edilizia ma sarei un inguaribile ottimista se pensassi che questo dispositivo normativo possa costituire di per sé il motore di una svolta. Oggi appare sempre più necessaria la messa a punto di un quadro organico di leggi urbanistiche e sui lavori pubblici, a scala nazionale e regionale, profondamente rinnovato. La promessa dell’assessore Ciocchetti, durante il nostro convegno a Roma, del varo in tempi brevi di un testo unico per l’urbanistica e l’edilizia regionale va in questa direzione e il nostro Ordine è disponibile, con il suo notevole bagaglio di esperienza, a dare il proprio contributo». Alcune personalità del mondo dell’architettura hanno espresso perplessità. Massimiliano Fuksas, ad esempio, teme un’offerta re-

sidenziale di gran lunga superiore alla domanda e il conseguente sovraccarico della rete viaria. Condivide questa preoccupazione? «Condivido le loro preoccupazioni, nel senso che nel momento storico in cui il ricorso al partenariato pubblico-privato rappresenta l’unica risorsa delle pubbliche amministrazioni per dare risposte alle esigenze di trasformazione del territorio della comunità, l’uso di strumenti straordinari o in deroga agli strumenti urbanistici deve essere fatto in un quadro di rigore attuativo che consenta di controllarne e governarne i processi. Un’attenzione particolare alle recenti norme sulla perequazione potrebbe mantenere un più valido equilibrio nel rapporto tra domanda e offerta di edificato facendo in modo che si possa governare poi i processi di trasformazione del territorio e garantire standard adeguati alle trasformazioni prodotte».



L’edilizia riparte dalla cultura Il mondo edile, per rispondere alla crisi, è chiamato a cogliere le sfide del mercato, tra la creazione di nuovi spazi urbani e il recupero e la valorizzazione di quelli già esistenti. Emiliano Cerasi traccia le linee guida per il futuro del settore Diego Bandini 178 • DOSSIER • LAZIO 2011


Emiliano Cerasi

errà inaugurato il prossimo 21 dicembre, con uno straordinario concerto diretto dal Maestro Zubin Mehta, il nuovo Teatro dell’Opera di Firenze. Questo progetto, inserito all’interno delle celebrazioni per i 150 anni dall’Unità d’Italia, è stato realizzato con l’obiettivo di rendere la nuova struttura un centro musicale d’avanguardia a livello europeo, oltre che un luogo vitale d’incontro e di scambio culturale per il tessuto cittadino. Gli elementi perché questo possa accadere sembrano esserci tutti: dall’architettura spettacolare ma attenta all’integrazione con il paesaggio circostante, a firma di Paolo Desideri e del suo studio, all’estrema attenzione per l’acustica, fino alla qualità dell’offerta artistica, garantita dalla presenza del Maggio Musicale Fiorentino. All’interno del Parco saranno presenti un teatro lirico da 1800 posti, una sala concerti e una cavea per gli spettacoli musicali all’aperto, in grado di funzionare simultaneamente e con una capienza totale di 5 mila spettatori, a cui si aggiungono diciotto sale prova, uffici, caffè e parcheggi. Un altro elemento particolare, come ribadito più volte in questo ultimo periodo dall’amministrazione, è legato ai tempi di realizzazione: con un’inversione rispetto alle consuetudini italiane, il complesso sta infatti per essere ul-

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timato nel termine previsto di 24 mesi. Tra i principali protagonisti di questa “impresa” figura sicuramente la Società Appalti Costruzioni – SAC Spa, azienda di Roma presieduta da Claudio Cerasi, che ormai da lungo tempo mette le sue competenze al

indubbiamente comportato uno sforzo organizzativo enorme, ma è oggi per noi un motivo di grande orgoglio e soddisfazione». L’inaugurazione di una struttura come il Parco della Musica, in un certo senso, può essere interpre-

Sono convinto che il recupero e la rivalorizzazione degli spazi esistenti, da realizzare attraverso il ricorso a opere di demolizione e successive ricostruzioni, siano ormai un’esigenza imprescindibile

servizio dell'edilizia civile e delle grandi realizzazioni industriali e infrastrutturali, anche di natura militare. «Il nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino rappresenta il naturale proseguimento di un’attività peculiare della nostra società, un filo conduttore che lega gli interventi nel settore dell’edilizia civile alla realizzazione o ristrutturazione di complessi che ospitano attività culturali e artistiche, che vanno dal Palazzo delle Esposizioni di Roma al Teatro Petruzzelli di Bari, dal Museo Civico di Treviso, fino al Palazzo Ducale di Genova», racconta l’amministratore delegato di SAC, l’ingegner Emiliano Cerasi. «L’aver realizzato in nemmeno due anni un’opera così complessa e imponente nelle sue dimensioni (circa 70.000 mq complessivi) ha

tata anche come un segnale di speranza per il nostro Paese, in un momento di grande difficoltà. A questo In apertura, il Teatro proposito quale impatto sta Petruzzelli di Bari e, avendo la crisi sul vostro sotto, Emiliano e Claudio Cerasi settore e sulla vostra realtà imprenditoriale? «Ovviamente una crisi di questa portata, che mai avevamo vissuto in tempi recenti, ha generato un senso di disorientamento e incertezza sull’immediato futuro e sui progetti dell’attività imprenditoriale. Tuttavia, in un contesto così problematico è necessario mantenere la barra dritta e puntare decisamente a esprimere, nei fatti, quei concetti di qualità e innovazione tecnologica che sono alla base del nostro lavoro, orientando concretamente le nostre politiche anche alla sostenibilità ambientale e sociale». LAZIO 2011 • DOSSIER • 179


EDILIZIA

Ordine formale e funzionale Arte del fare, arte del costruire. Professionalità, cura del dettaglio, capacità realizzativa di grandi opere, ricerca di soluzioni tecnologiche innovative. Sono queste le peculiarità della SAC Società Appalti Costruzioni Spa. Una mission, quella di SAC, che privilegia, come sottolinea l’architetto Julio La Fuente «la capacità di cogliere, pur nella diversità degli interventi, un denominatore comune che rivela, al fondo, una filosofia del costruire centrata su una continua, attenta e mediata ricerca della qualità. Per questo tutte le costruzioni, sia pubbliche sia private, testimoniano, nel loro complesso, una metodologia professionale che ha come obiettivo principale un costante e attivo rapporto di comunicazione con gli utenti finali del suo prodotto. La scelta selezionata dei materiali, lo studio accurato del dettaglio e di ogni particolare, non sono mai legati al succedersi delle tendenze ma dimostrano la volontà di ottenere un risultato finale sempre attento a coniugare l’ordine funzionale a un ordine formale». www.sacspa.it

Rivalorizzazione dell’esistente o creazione di nuovi spazi urbani. Quale tra queste due scuole di pensiero, secondo lei, orienterà le scelte future delle amministrazioni pubbliche in campo edile? «Naturalmente molto dipende dal contesto in cui le stesse saranno chiamate ad agire. Nelle grandi città, per esempio, il tema dei nuovi spazi urbani è al centro del dibattito che sta animando numerose Amministrazioni, costrette a fronteggiare una crisi abitativa generata da una crescente richiesta di alloggi proveniente sia dalle giovani generazioni in cerca di prima abitazione, che dal crescente aumento della popolazione. Laddove possi180 • DOSSIER • LAZIO 2011

bile, comunque, credo sia auspicabile una soluzione che contempli entrambi gli aspetti, anche se sono convinto che il recupero e la rivalorizzazione degli spazi esistenti, da realizzare attraverso il ricorso a opere di demolizione e successive ricostruzioni, sia ormai un’esigenza imprescindibile, anche perché l’azione di massiccio sfruttamento del territorio non potrà proseguire all’infinito». Parte dell’opinione pubblica lamenta l’inserimento di grandi opere di per sé eccellenti, ma del tutto inappropriate al contesto urbano in cui queste si vanno a realizzare. Crede che l’architettura contemporanea sia chiamata a ri-

trovare il senso del contesto? «L’approccio alla realizzazione di un’opera è sempre motivo, da parte della società, di un’attenta riflessione delle analisi e delle modalità progettuali che ne conseguono, relative all’incidenza che la stessa può avere in un determinato contesto. In particolare, nell’esecuzione di opere di forte impatto non si può prescindere dalla loro funzione sociale e ambientale. Credo che l’esempio più concreto in questo senso, sia rappresentato proprio dal Museo Maxxi di Roma, da noi realizzato insieme agli amici Navarra. Quest’opera deve il suo successo non solo alle particolari e innovative forme architet-


Emiliano Cerasi

Nella pagina a fianco, il Museo Maxxi di Roma. In basso, il nuovo Teatro dell’Opera di Firenze

toniche create da Zaha Hadid, ma anche e soprattutto al suo delicato inserimento nel quartiere. Il risultato è stato quello di valorizzare un importante quadrante della città, creando al contempo un ideale collegamento culturale con l’Auditorium, così da costituire, per la città, un polo di attrazione artistico e culturale tra i più frequentati a livello internazionale». Dal suo punto di vista, su quali aspetti occorre far leva per rilanciare il settore dell’edilizia? «Bisogna assolutamente riequilibrare il peso delle risorse

tra grandi lavori e opere medio - piccole. Negli ultimi anni si sono concentrate troppe risorse in poche opere di grandi dimensioni, molte delle quali faticano però a partire, a causa di ovvie difficoltà di realizzazione. In questo momento, per dare nuovo slancio al settore edile, credo sia necessario attivare opere immediatamente cantierabili, e soprattutto realmente urgenti per il territorio. Un approccio di questo tipo produrrebbe inoltre positive conseguenze anche da un punto di vista occupazionale, dando nuova

linfa alle piccole e medie imprese del settore, che da sempre rappresentano l’ossatura portante del nostro paese e che per questo meriterebbero maggior considerazione». Quale bilancio, infine, è possibile trarre dall’ultimo anno di attività della SAC e quali aspettative riponete invece nel futuro? «SAC è un’azienda gestita in modo familiare, che negli anni è riuscita a imporsi sul mercato grazie a una filosofia orientata a offrire ai propri committenti le migliori soluzioni architettoniche. Una felice intuizione, che ha accompagnato la realizzazione delle opere più significative dedicate alla cultura e all’arte, sorte in Italia negli ultimi anni. Forti anche di questo know-how e di questo bagaglio di esperienza siamo riusciti ad affrontare la difficile congiuntura economica che stiamo attraversando in maniera propositiva, cosa che ci ha permesso di portare a termine alcuni importantissimi lavori, con ottimi risultati anche in termini di bilancio. Tra questi, oltre al già citato Teatro dell’Opera di Firenze, mi preme ricordare la costruzione della nuova sede dell’Agenzia Spaziale Italiana a Roma. Per questo guardiamo al futuro con rinnovato entusiasmo, certi di poter continuare a svolgere un ruolo di primo piano nella realizzazione di nuovi e stimolanti progetti». LAZIO 2011 • DOSSIER • 181


EDILIZIA

Il mercato dell’edilizia pubblica Nonostante le amministrazioni Pubbliche non facilitino in alcun modo il lavoro del comparto edile, alcune aziende riescono comunque a sviluppare e realizzare progetti interessanti all’interno del settore pubblico. L’esperienza di Edoardo Luciani Emanuela Caruso

on è cosa rara, nel mondo dell’edilizia, la pubblicazione di gare d’appalto per lavori e costruzioni da svolgere sotto diretta richiesta della Nato o dell’Unione Europea. A questo tipo di gare, però, non possono partecipare indistintamente tutte le aziende specializzate nel settore edile, ma solo quelle in possesso del Nos, ovvero del Nulla Osta di Segretezza. Tale documento, infatti, autorizza una persona fisica o giuridica, e quindi anche un’impresa, a trattare informazioni classificate. A rila-

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Edoardo Luciani, della Ceir Srl di Roma www.ceirsrl.it

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sciare il Nos, ma solo dopo un accertamento dell’affidabilità del soggetto richiedente, possono essere l’Ufficio Centrale per la Segretezza del Dis oppure, nello specifico caso degli appalti pubblici, la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tra le poche aziende che possono vantare l’ottenimento del Nulla osta di segretezza troviamo l’impresa edile Ceir. «Abbiamo ricevuto il rilascio del Nos – spiega Edoardo Luciani, responsabile della direzione tecnica dell’attività – per la partecipazione a gare di tipo classificato, dal livello riservato a quello riservatissimo, e possiamo operare sia in contesti Nato che in contesti Ue». In quali settori della costruzione è specializzata la Ceir? «La principale attività della Ceir è sicuramente indirizzata al settore pubblico, per cui accettiamo commesse da enti quali i comuni, le province e i ministeri, ma anche dagli ospedali e dagli istituti religiosi. Curiamo, inoltre, la progettazione e la gestione dell’attività manutentiva dei patrimoni immobiliari di enti previdenziali.

Nel settore privato, invece, ci cimentiamo nella realizzazione in proprio di appartamenti e villini». Quali sono i progetti portati a termine che ricorda con maggior piacere? «Ci hanno regalato grandi soddisfazioni i lavori svolti per il Comune di Roma, che hanno portato alla realizzazione del Centro Sportivo Alessandrino, e per la Asl di Grosseto, per cui abbiamo ampliato il reparto Malattie infettive e costruito il reparto di Radioterapia dell’Ospedale Misericordia. Sono stati interessanti anche i progetti sviluppati con Enasarco e Inpgi e le operazioni di realizzazione del complesso parrocchiale della Santissima Trinità a Cerveteri, per conto della Diocesi di Porto Santa Rufina». Dai centri sportivi alle strutture ospedaliere, fino agli istituti religiosi. Tenendo conto della diversità funzionale delle varie strutture, come si evolve, passo dopo passo, la realizzazione degli edifici commissionati? «Innanzitutto, è indispensabile ricordarsi sempre che la progettazione di un edificio o di


Edoardo Luciani

Le nostre maggiori commesse provengono dalle Pubbliche amministrazioni, ma siamo attivi anche nel settore privato delle costruzioni in proprio

un complesso è parte integrante e sostanziale dell’intero processo costruttivo. Ecco perché, per prima cosa, si procede con uno studio approfondito del cantiere e con una scrupolosa organizzazione focalizzata in particolar modo sulla parte strutturale dell’opera. Successivamente, si passa all’esecuzione delle varie parti murarie, propedeutiche alle opere di finitura, che a seconda del tipo di edificio richiedono una maggiore o minore cura architettonica dei dettagli». Da esperto del settore, può delineare un quadro generale degli attuali rapporti che intercorrono tra pubbliche amministrazioni e imprese edili? «Il mercato edile è stato uno

tra i più penalizzati dal periodo di regressione e sta quindi attraversando una fase molto critica. In una situazione del genere, il ruolo delle amministrazioni pubbliche dovrebbe essere quello di antidoto contro la crisi o perlomeno di un aiuto concreto nei confronti delle imprese. Purtroppo, però, per farlo dovrebbero snellire la burocrazia e abbassare le tasse, così da velocizzare le varie pratiche necessarie ai lavori di costruzione e ridare impulso all’economia; tutte manovre che finora non hanno intrapreso. Un fenomeno che le amministrazioni pubbliche dovrebbero, inoltre, cominciare a contrastare è quello della concorrenza sleale che interessa il nostro settore».

In che modo la Ceir è riuscita a difendersi dalla crisi e dalla stagnazione del mercato? «Ci siamo concentrati sul valore aggiunto che la nostra azienda può offrire, ovvero la professionalità maturata in quasi quarant’anni di attività e la combinazione perfetta tra tradizione e immagine tecnologica, che ci permettono di soddisfare qualsiasi richiesta della committenza. Inoltre abbiamo gestito e organizzato l’azienda seguendo una specifica politica di globalizzazione, in quanto siamo certi del fatto che proprio l’internazionalizzazione possa essere la strada giusta per rilanciare l’economia e sviluppare idee e progetti innovativi». LAZIO 2011 • DOSSIER • 183


EDILIZIA

Nuovi impianti per il mondo delle costruzioni urante questo lungo periodo di stagnazione del settore delle costruzioni, sono stati in molti a pensare che una delle cause di tale situazione si potesse ricercare anche nella scarsa evoluzione delle tecniche, dei materiali e degli impianti. La testimonianza degli addetti ai lavori, però, ha rilevato uno scenario del tutto diverso, riscontrando in un mercato se pur fermo e poco dinamico un grande progresso impiegato proprio come tentativo per uscire dall’impasse. A cambiare e a migliorare sono stati sicuramente l’uso dei materiali nell’ambito delle ristrutturazioni e dei restauri, dove oggi è necessario porre attenzione al contenimento dei consumi energetici, e l’impiantistica speciale, protagonista di una sorprendente crescita nel campo del building automation e del TV.CC. Si sono evolute inoltre alcune specifiche tecniche relative ai restauri di patrimoni immobiliari sottoposti a tutela quali, ad esempio, l’utilizzo di telecamere termografiche per il rilevamento di guasti già allo stato incipiente. A usufruire

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Le novità più interessanti in materia di costruzioni riguardano i vari impianti installabili sugli edifici, in particolare quelli tecnologici e rivolti alle energie rinnovabili, e le tecniche di restauro, capaci di rendere sempre più invisibile l’intervento. L’analisi di Franco Roncacè Emanuela Caruso

di queste varie innovazioni, tra le tante aziende, anche la Geim. «Da più di venticinque anni – commenta Franco Roncacè, amministratore dell’impresa – siamo specializzati nella progettazione e realizzazione di im-

pianti elettrici, impianti per la sicurezza, impianti tecnologici, ristrutturazioni e restauri». Tra le numerose attività svolte, quale rappresenta il core business della Geim? «Oggi la Geim è conosciuta


Franco Roncacè

sul mercato come azienda competente in molteplici attività e in grado di realizzare opere complesse corredate di tutte le attuali tecnologie e di qualsiasi tipo di impianto. Proprio a fronte di ciò, il nostro core business è, indifferentemente, tutto quello che riguarda la ristrutturazione degli edifici e la costruzione di impianti. Operiamo in particolar modo nel settore pubblico e in quello religioso». Quanto ha inciso sui bilanci della Geim la diversificazione produttiva e operativa e quale attività è più redditizia in questo momento? «Più che incidere sui bilanci, la diversificazione dell’attività ci sta permettendo di sopravvivere in questo periodo di magra e siamo convinti che rimarrà il miglior strumento con cui superare eventuali prossimi momenti di recessione o stagnazione». In merito all’impiantistica, quali sono secondo

la Geim le più efficaci innovazioni di cui attualmente può essere fornito uno spazio abitativo? «Nonostante abbiano ancora prezzi non accessibili a tutti, le innovazioni più interessanti sono senz’altro i led nell’illuminazione e il building automation con gestione da remoto. La tecnologia wireless è la vera novità del settore perché permette di accedere a svariati tipi di impianto o tecnologia da qualsiasi punto di un’abitazione o di un ufficio. In questo ambito, il nostro committente principale è il settore terziario sia pubblico che privato che religioso. A tali clienti proponiamo soluzioni attuali, come ad esempio la climatizzazione degli edifici attraverso la produzione di energia termica ottenuta mediante l’uso di pompe di calore con motori endotermici, in grado anche di recuperare il calore e utilizzarlo per produrre acqua calda sanitaria».

Nel restauro, invece, quali sono le principali tecniche e strumentazioni che vi consentono di mantenere al minimo il rischio di alterazione materica del bene da restaurare? «Quando operiamo nel settore del restauro, per prima cosa studiamo in modo approfondito l’oggetto o l’edificio, così da acquisire il maggior numero di informazioni su di essi. Sono indispensabili, inoltre, il rilievo fotografico e gli esami stratigrafici, che ci consentono di ripristinare le condizioni originarie e, quindi, di rendere invisibile l’intervento realizzato».

Franco Roncacè, amministratore della Geim Srl, impresa con sede a Roma www.geimonline.com

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EDILIZIA

A Viterbo il mattone è un investimento sicuro Stefano Catoni, a capo di una solida impresa edile, spiega perché a Viterbo il mattone non è stato sfiorato dalla pressione ribassista e perché rispetto ad altre città, i prezzi sono ancora alla portata di tutte le tasche: «Comprare casa è un investimento sicuro, anche con meno di 100mila euro» Paola Maruzzi

opo mesi di segno meno, i dati pubblicati dall’Agenzia del territorio hanno rischiarato le nubi sul mercato immobiliare, cresciuto del +1,6% nel terzo trimestre del 2011. Si torna a sperare ma con cautela, come ricorda l’indagine condotta da Nomisma: secondo il centro di ricerca bolognese, l’attuale pressione ribassista sui valori durerà fino al 2014, oggi la situazione rimane critica, complice il fatto che il nostro paese è “il bersaglio ideale di un attacco rivolto alla moneta unica”. È

D Stefano Catoni, amministratore dell’Impresa Catoni Srl di Viterbo. Nelle altre immagini, momenti di lavoro in cantiere

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quanto emerge osservando la compravendita di case nelle 13 principali città italiane, ai cui antipodi ci sono Venezia, la più cara, e Catania, decisamente più economica. Spostandoci verso i centri minori l’aria cambia e Viterbo ne è una prova. Stefano Catoni, figlio di Alfiero e amministratore di un’impresa specializzata nell’edilizia residenziale e commerciale, ha il polso della situazione. «A Viterbo il rimbalzo negativo è stato meno traumatico che altrove perché negli anni d’oro del mattone non c’è stata speculazione», spiega rifacendosi al “marchio” positivo di un’impresa esordita negli Cinquanta insieme alla Vespa, al boom demografico, alle prime canzonette di Sanremo, alle vittorie di Coppi e Bartali, quando cioè l’Italia si risvegliava dall’incubo del dopoguerra. «L’esigenza di ricostruire le città dopo le macerie dei bombardamenti portò alla nascita delle cooperative di muratori», racconta Stefano, restituendo quella «grinta ar-

tigiana» tuttora valida. «Ancora oggi ci piace definirci “costruttori” piuttosto che “società immobiliare”», un modo di fare e progettare che permette a Impresa Catoni di guardare con fiducia al 2012. Fragilità delle famiglie italiane, innalzamento del costo del credito e rigidità della concessione dei mutui: dal 2005 il mercato dell’edilizia residenziale è in crisi. Viterbo come si pone? «Da alcuni anni il settore dell’edilizia sta affrontando un periodo di flessione che da una parte riflette la crisi globale e dall’altra sconta l’euforia di anni in cui probabilmente questo settore è cresciuto più del dovuto. Nella provincia di Viterbo lo sviluppo degli anni d’oro non ha avuto quella connotazione speculativa che ha assunto nelle grandi città, quindi anche il rimbalzo negativo è stato meno traumatico. I volumi delle compravendite si sono ridotti, ma non c’è stata perdita di valore degli immobili; tutto il settore ha saputo


Stefano Catoni

A Viterbo non c’è stata perdita di valore degli immobili; tutto il settore ha saputo reagire riducendo i volumi in attesa di un nuovo rilancio reagire riducendo i volumi in attesa di un nuovo rilancio». Quindi il mattone non ha subito forti ribassi? «Se da una parte il mercato ha deluso chi si aspettava prezzi stracciati, dall’altra ha rassicurato vecchi e nuovi compratori: l’investimento sul mattone costituisce sempre una scelta di grande tranquillità». Con oltre sessant’anni di esperienza, oggi come definirebbe la strategia-Catoni? «Abbiamo attraversato la crisi senza modificare l’assetto aziendale, ritenendo che l’investimento prodotto negli anni sul capitale umano non dovesse andare disperso e sforzandoci di mantenere un livello di produzione sufficiente a garantire a tutti i dipendenti il proprio posto di lavoro. Certo, negli ultimi due anni la produzione ha ecceduto la do-

manda ma ci siamo garantiti una posizione privilegiata al momento della ripresa, della quale si cominciano ad avvertire i primi sintomi». Cosa glielo fa pensare? «Dalla primavera di quest’anno si è registrato un rinnovato interesse all’acquisto degli immobili nella zona di Viterbo. La domanda è in gran parte generata da esigenze di investimento, cioè dalla volontà dei privati di mettere al riparo i propri risparmi dalle fluttuazioni del mercato finanziario e dalle vicissitudini delle banche. A Viterbo si riesce ancora a realizzare un investimento nel settore immobiliare con meno di 100mila euro e questo attrae anche l’interesse dei romani. A sentire le agenzie specializzate, il mercato degli affitti a Viterbo è in crescita:

l’investimento immobiliare, oltre a garantire la protezione del capitale investito, dà anche interessanti prospettive di redditività». Ma quali trend edilizi vanno per la maggiore? «Abbiamo concentrato l’offerta verso immobili di dimensioni medio-piccole, adatti all’investimento immobiliare, ed anche a chi ha bisogno di una casa ma deve confrontarsi con un budget non illimitato. E l’accessibilità dei prezzi non riduce la grande qualità che da sempre contraddistingue i nostri immobili». Quali prospettive sul mercato edilizio viterbese? «Nel medio e lungo termine la domanda riprenderà a crescere, come effetto di uno sviluppo demografico che le statistiche annuali registrano lento ma incessante, dovuto soprattutto al cosiddetto flusso migratorio, cioè di coloro che hanno la necessità o la possibilità di trasferirsi a Viterbo». LAZIO 2011 • DOSSIER • 187


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roprio negli ultimi giorni, il presidente dell’Acer, l’Associazione costruttori edili di Roma, ha dichiarato che, nonostante il comparto dell’edilizia abbia fatto registrare buoni risultati nel corso del 2011, per questo settore la crisi è ancora molto evidente. Alla luce dei dati raccolti negli ultimi due anni, infatti, si contano più di 25mila posti di lavoro persi, un aumento delle ore di cassaintegrazione del 60% nella sola città capitolina, e un incremento dei fallimenti di imprese edili che nei primi nove mesi del 2011 ha colpito più di mille realtà imprenditoriali. Tra le regioni più interessate da questo fenomeno troviamo il Lazio, che con circa 848 aziende edili costrette a chiudere e con una percentuale d’aumento dei fallimenti del 32%, contro una media nazionale del 7,1%, segue soltanto la Lombardia. A guardare con scarso ottimismo alla situazione generale, tutte le società edili ancora in attività, e tra queste la Aurelia 70, sita a Roma e specializzata in edilizia civile e industriale da ben tre generazioni. «Trovandosi a vivere un tale momento economico – commenta Daniele Mariani, amministratore unico dell’impresa –, osservando una continua e forte flessione dei consumi di ogni

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L’edilizia si concentra sull’innovazione Il settore dell’edilizia, che ancora necessita di aiuti da parte delle amministrazioni Pubbliche e degli istituti di credito, continua a puntare sulle innovazioni tecnologiche e di mercato per proporre edifici appetibili e interessanti. A parlarne è Daniele Mariani Emanuela Caruso

genere e vedendo dosati con il contagocce gli investimenti e i finanziamenti, è particolarmente difficile intravedere un futuro roseo per il nostro settore». L’Aurelia 70, come sta affrontando questo periodo storico ed economico così delicato? «L’azienda sta mettendo in campo tutta la passione e la voglia di non arrendersi di cui dispone. Pensiamo che le dif-

ficoltà possano essere un buon motivo di crescita, soprattutto quando grazie alle proprie conoscenze, competenze e professionalità si riescono a risolvere le varie problematiche attuali del settore. Ci stiamo inoltre prefissando obiettivi importanti, così da essere costantemente stimolati a dare il meglio di noi e ad avere fiducia nelle nostre capacità. Certo è che, per per-

Da sinistra, Giuseppe Papa direttore tecnico, Daniele e Mauro Mariani, soci dell’Aurelia 70 Srl di Roma www.aurelia70.it


Daniele Mariani

In queste pagine, foto dell’Outlet Fashion District Valmontone realizzato dall’Aurelia 70 e render dell’Agrivillage Melilli.

Il progetto Agrivillage mira a realizzare un sistema di distribuzione organizzata talmente innovativo da facilitare gli scambi tra produttori e consumatori

mettere alle aziende come la nostra di continuare a operare con successo nell’edilizia, un ruolo decisivo lo rivestiranno tanto gli istituti di credito, che dovranno assumere un atteggiamento più dinamico nei confronti delle imprese, quanto le amministrazioni pubbliche, che dovranno trovare una rapida soluzione alla questione dei ritardi nei pagamenti». Quali cambiamenti ed evoluzioni ha dovuto affrontare nel corso degli anni la Aurelia 70? «I cambiamenti sono stati tanti e ogni volta la nostra azienda ha dovuto rinnovarsi per riuscire a mantenere il passo di mercato, committenti e concorrenza. Un momento importante è stato quello che ha visto il settore edile cominciare a parlare di gestione della qualità, concetto estremamente nuovo per gli addetti ai lavori. A questa richiesta, noi abbiamo risposto ottenendo nel 1999 la prima certificazione di gestione della qualità. Un altro step fondamentale l’abbiamo poi vissuto negli ultimi cinquant’anni con la diffusione dell’housing sociale, ovvero della necessità di disporre di alloggi a basso costo e, per tale ragione, accessibili a tutti. Anche in questo ambito, ci siamo sempre attivati in modo veloce, imparando a

modificare in base alle nuove esigenze il modo di vendita di un alloggio e di reperimento delle aree edificabili. Abbiamo per esempio, imparato negli ultimi anni ad affrontare e gestire l’innovativo concetto di affitto per il fruitore finale». Parlando nello specifico di edilizia residenziale, come si è ammodernato questo ben definito ambito del settore delle costruzioni? «Già da qualche tempo, le nuove norme, le tecniche e le soluzioni operative relative al risparmio energetico e all’ecosostenibilità sono i fattori che più di tutti hanno migliorato il comparto residenziale. Oggi, siamo tenuti a progettare alloggi altamente efficienti sia in termini energetici e prestazionali sia in termini di abbattimento costi. Nello specifico, l’housing sociale, nonostante sia pensato per fornire bassa remunerabilità alle imprese realizzatrici, non può più fare a meno di tecnologia ecocompatibile, come ad esempio gli impianti fotovoltaici, di progetti tendenti a migliorare il comfort abitativo e di efficienze progettuali volte a diminuire i costi di utilizzo e, in particolare, di futura manutenzione». Dal 2003 al 2008 siete stati protagonisti della realizzazione di uno dei più LAZIO 2011 • DOSSIER • 189


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grandi outlet d’Europa, il Fashion District Valmontone. Che ruolo avete avuto nella fase di costruzione e come si è evoluto il progetto? «In occasione di quello specifico progetto, che ancora oggi consideriamo il nostro fiore all’occhiello, abbiamo assunto il ruolo di General Contractor e realizzato a 40 km di distanza da Roma, in un piccolo e sconosciuto comune, un’opera davvero vasta, dati i 200 ettari di cantiere che mio padre, Sandro Mariani insieme al fratello Mauro, si sono trovati a dover gestire. Per facilitarne la realizzazione, il cantiere è stato diviso in tre stralci operativi che in totale hanno contato la presenza di ben 150 imprese. La parte sicuramente più interessante ha riguardato il fatto di dover collaborare e coordinare personaggi di un certo calibro, come l’architetto Valerio

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Mazzoli, che ha curato la progettazione architettonica, e l’ingegnere Felice Denza, strutturista e direttore dei lavori, e di dover interagire con aziende internazionali, come Cinecittà Studios Spa e l’americana Fypon Itd, fornitore delle scenografie. Ai fini operativi, è stata essenziale anche la fiducia ottenuta dagli investitori Draco di Brescia e Gruppo Sandretto di Torino». Forti di quest’esperienza, oggi state provando a ripetere un’avventura simile con la realizzazione dell’Agrivillage Melilli. In che cosa consiste questo progetto della Aurelia 70? «Il progetto Agrivillage è un format ideato dall’ex Fashion District Luca Bastagli Ferrari ed è di proprietà della Global Real Estate Solutions. L’idea è quella di sviluppare in Sicilia su un’area geograficamente strategica per viabilità, infrastrutture e utenza potenziale e di

circa 160 ettari, una filiera agroalimentare in grado di rappresentare un punto di riferimento per produttori di alimentari tipici di alta qualità. Il progetto mira a costruire una nuova tipologia di Factory Outlet Village e sarà un sistema di piccola distribuzione organizzata capace di creare un luogo di cultura alimentare, d’incontro, di esposizione e soprattutto di scambio. Infatti, il centro verrà supportato da tecniche di commercio e marketing molto innovative, così da dare a produttori e consumatori l’opportunità di incontrarsi e confrontarsi e ai territori l’opportunità di svilupparsi. Ad oggi, abbiamo già ottenuto le licenze commerciali e terminato con successo lo studio di fattibilità. A gennaio 2012 partirà la commercializzazione, e nel frattempo stiamo valutando l’ingresso nel progetto di soci investitori solidi e seri».



EDILIZIA

Misure adeguate contro la mala-impresa Per chi ha scelto l’edilizia come campo imprenditoriale, riconoscere lo stallo che il comparto sta vivendo è inevitabile. Ma eliminando la concorrenza sleale e il puro affarismo, il mondo delle costruzioni tornerà a fare da pilastro alla nostra economia. Il punto di Luigi Fatelli Adriana Zuccaro ltre 13mila sono i posti di lavoro persi dall’edilizia del Lazio dall’inizio della congiuntura che continua ad attanagliare il circuito economico-finanziario italiano, e non solo. E mentre crescono in misura allarmante lavoro nero, nuove e vecchie forme di affarismo e concorrenza sleale tra le imprese, tutti gli attori del

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comparto edilizio non possono non chiedere alla Regione misure adeguate a sostenere e rilanciare il settore. Bisogna intervenire con rapidità per salvare le imprese strutturate, purtroppo danneggiate dalla concorrenza della mala-impresa. Più di altri, naturalmente, hanno piena coscienza delle criticità del momento i professionisti che hanno fatto dell’arte

del costruire la propria mission imprenditoriale. Tra questi, Luigi Fatelli, amministratore unico della EuroEdilizia Castelli che, con oltre venticinque anni di esperienza nel settore, individua alcuni fattori attraverso cui l’edilizia potrà tornare a rappresentare un pilastro della nostra economia. Quale situazione è riuscito a fotografare negli ultimi anni


Luigi Fatelli

Luigi Fatelli, amministratore unico della EuroEdilizia Castelli Srl di Roma. Nelle altre immagini, fasi di cantierizzazione di progetti recenti euroediliziasrl@alice.it

nel comparto dell’edilizia laziale in genere, e romana in particolare? «In tutta la regione, indipendentemente dalle specificità locali in cui si interviene con lavori commissionati sia dal settore pubblico che dal privato, l’edilizia sta vivendo un preoccupante periodo di stallo. Secondo il nostro punto di vista e in base all’esperienza accumulata con la EuroEdilizia Castelli, il problema non è stato generato dalla mancanza di aziende qualificate, piccole, medie e grandi che siano, bensì dalla sottomessa posizione che esse ricoprono attualmente. In altre parole, ritengo che l’inefficace gestione amministrativa

del ramo edilizio da parte degli enti comunali e regionali, non facilita molti grandi imprenditori nel commissionare lavori e collaborare con le piccole e medie imprese che invece ricoprono una posizione molto importante nella piramide lavorativa edilizia». In questa congiuntura, quali carte avete allora posto sul “tavolo della ripresa”? «Ciò che ha consentito alla EuroEdilizia Castelli di fronteggiare la situazione economica presente in Italia negli ultimi tempi, è la consapevolezza di disporre dell’esperienza necessaria per lavorare nei tanti segmenti del mondo delle costruzioni, quindi dalla ristrutturazione alla realizzazione di strutture in cemento armato fino all’acquisizione di appalti cosiddetti “chiavi in mano”, di poter contare su personale qualificato e di possedere attrezzature tecniche pronte a contrastare difficoltà di vario genere, come quelle, ad esempio, che scaturiscono dalla concorrenza sleale, o a prevenire eventuali ripercussione sull’azienda stessa». In un mercato sotteso alla legge della competitività, spesso “low cost”, come si può ignorarne gli effetti? «Gli effetti della concorrenza non passano inosservati ma, a seconda della realtà imprenditoriale in cui si opera e che si rappresenta, il confronto può trasformarsi in reazione. In altre parole, occorre contraddi-

stinguersi dalle altre società esistenti con la profonda esperienza e l’affermata presenza nel campo. Alla EuroEdilizia Castelli la professionalità e la serietà con cui svolgiamo il nostro lavoro ci permettono di colpire la committenza che, valutando ogni aspetto aziendale e operativo, ci sceglie non solo guardando all’ottimizzazione economica dell’opera richiesta ma alla qualità gestionale, alla qualità del manufatto e ai tempi di esecuzione, ovvero a quegli elementi che nell’edilizia firmano un lavoro ben fatto e che spesso stimolano l’instaurazione di solidi rapporti lavorativi, ma anche rapporti di reciproca fiducia». Quali sono le principali attività cui siete impegnati al momento? «Per quanto riguarda i lavori commissionatici da privati, attualmente ci troviamo impegnati nella realizzazione di un complesso di uffici nella zona dell’EUR a Roma. Per il settore pubblico invece, abbiamo di recente iniziato la cantierizzazione per un progetto destinato a dare alla località romana di Pietralata un palazzetto dello sport commissionato dal Comune di Roma e dalla Federazione Sportiva. Infine, siamo in fase di realizzazione in proprio di un complesso residenziale di sei villini a schiera nei pressi del nuovo parco giochi di Valmontone, il “Rainbow Magicland”». LAZIO 2011 • DOSSIER • 193


Investimenti per sostenere il settore edile Scarsa liquidità , ritardi nei pagamenti, crisi dei mutui e poca certezza del lavoro. Sono fattori che concorrono alla crisi del settore edile. E del suo indotto. L’analisi di Amalita Canale Carlo Gherardini


Amalita Canale

erdura il grave stato di crisi nel settore edile. Che colpisce ogni fronte: residenziale, commerciale e pubblico. Il ritardo dei pagamenti della Pubblica amministrazione, l’assenza di liquidità degli istituti di credito e l’attuale scenario del mercato del lavoro sono gli aspetti cruciali di una situazione di stallo, che ha fatto registrare un crollo delle commesse e delle nuove costruzioni, su tutto il territorio nazionale. Le imprese del settore, da sempre attori importanti dell’economia del paese, infatti, si trovano oggi a dover fare i conti con i problemi dei ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione, con il rapporto sempre più difficile con gli istituti di credito che non erogano più mutui, né alle imprese stesse, né ai potenziali acquirenti, e oggi rischiano di subire un nuovo contraccolpo, con la manovra economica del governo Monti, molto dura per quanto riguarda le misure sulla casa che graveranno sulle famiglie e inevitabilmente si rifletteranno sulle aziende di costruzione. Nonostante un quadro di grande difficoltà, c’è chi non si perde d’animo. Amalita Canale, titolare con il fratello Fabrizio della Modulo Ceramica di Giulianello, afferma: «anche se il settore versa in crisi, e la nostra azienda ha registrato un lieve calo del fatturato a causa di un momento di stasi del lavoro, a differenza di tante altre imprese che, come la nostra, distribuiscono prodotti per l’edilizia e sono attori attivi di un comparto in grave difficoltà,

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riusciamo a rientrare comunque negli standard di fatturato degli scorsi anni». Non solo. La Modulo Ceramica, proprio negli anni peggiori, ha deciso di continuare a investire. «Abbiamo ampliato di 500 metri il nostro show room della ceramica e abbiamo realizzato altri 1200 mq coperti per l’area dedicata a ferramenta, termoidraulici, vernici. L’obiettivo è mantenere competitiva l’azienda, in modo che sia pronta ad aggredire il mercato nel momento in cui, si spera il prima possibile, il settore ripartirà». La Modulo Ceramica è leader nella sua zona - Roma, Latina e rispettive province nella distribuzione di prodotti e materiali per l’edilizia industriale e residenziale. Nella sede espositiva offre un’ampissima scelta di prodotti selezionando solo i migliori marchi presenti sul mercato. Personale specializzato, inoltre, supporta e consiglia i clienti nella scelta dei prodotti e dei materiali in base alle richieste specifiche. «Disponiamo di tutto ciò che serve per realizzare una casa, dall’inizio alla fine. Il nostro scopo è creare l’abitazione ideale e, per perseguire tale obiettivo, ci avvaliamo

anche di un evoluto software per la progettazione con simulazione virtuale» afferma Amalita Canale. Offrendo un servizio completo, naturalmente, l’azienda mette a disposizione anche servizi complementari, quali termoidraulica, ferramenta, pitture con tintometro e spettrofotometro. Anche ora, visto il momento incerto, l’azienda vuole investire nel proprio settore, perché è proprio l’investimento la soluzione della crisi aziendale. Inoltre, pensa anche ad accompagnare i clienti presso gli istituti di credito, per spiegare l’importanza di un finanziamento per realizzare la propria abitazione. Obiettivo dell’azienda è anche ampliare la propria area di operatività, rimanendo ben ancorata in quello che è da sempre il suo territorio di riferimento. Le prospettive, quindi, rimangono comunque rosee: «Nonostante l’andamento a livello nazionale del settore delle costruzioni, conclude Amelita Canale – restiamo ottimisti: credo che proprio nei momenti peggiori si debba rilanciare e so che la nostra azienda ha tutte le potenzialità per fare la differenza sul mercato».

In apertura, Amalita Canale, titolare con il fratello Fabrizio della Modulo Ceramica di Giulianello (LT). Nelle altre foto, lo show room dell’azienda www.moduloceramica.it

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PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA

L’architettura italiana alla svolta della sostenibilità Il rispetto per l’ambiente come caposaldo di una nuova concezione dell’architettura, capace di fondere estetica, funzionalità e sostenibilità. Il punto di Lorenzo Monardo, che da oltre quarant’anni porta i suoi progetti in giro per il mondo Diego Bandini

architettura è oggi sempre più influenzata dal tema della sostenibilità, che sta pian piano affermandosi come valore cardine dal quale ripartire per dare nuovo slancio al mondo delle costruzioni. «Oggi i criteri di sostenibilità ambientale, risparmio delle risorse e miglioramento delle prestazioni energetiche applicati all’architettura sono senza dubbio temi centrali, che raccolgono un consenso e una considerazione sempre maggiore nel settore». È questo il pensiero dell’architetto Lorenzo Monardo, fondatore e amministratore unico della Tecnurbarh Spa, società di ingegneria, con sede a Roma, che si occupa di servizi di progettazione e consulenza nei campi dell’urbanistica e dell’architettura residenziale, industriale e delle infrastrutture, potendo contare sull’apporto di un personale formato da tecnici esperti e altamente qualificati, un sofisticato centro telematico, grafico e scientifico, e programmi informatici rivoluzio-

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nari e d’avanguardia fin dal 1970. L’esperienza maturata in più di quarant’anni di attività, unita alla qualità dei progetti e dei metodi operativi, ha permesso alla Tecnurbarch di lavorare con grande successo su tutto il territorio nazionale, dove sono stati portati a termine progetti molto significativi e ben 7 piani urbanistici. «Tra le opere realizzate in Italia – racconta Monardo - quelle che ricordiamo con maggior piacere sono il Santuario di Nostra Signora di Fatima a San

Vittorino, la nuova Sede Nazionale di Telecom Italia a Roma, l’Istituto di Ricerca Farmacologico Cesare Serono ad Ardea, 7 torri al Centro Direzionale di Napoli, e l’Ospedale zonale a Terracina. Negli ultimi anni però, la mia società ha lavorato e realizzato progetti soprattutto all’estero, dove nonostante la crisi economica molti paesi sono disposti a investire ingenti somme di denaro in nuove costruzioni, specialmente nelle zone degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia


Lorenzo Monardo

In queste pagine, alcuni dei progetti realizzati dalla Tecnurbarch di Lorenzo Monardo www.tecnurbarch.it

Saudita». Il lavoro dell’architetto risulta infatti particolarmente apprezzato sul panorama internazionale, dove l’architettura italiana gode di ottima fama: «Le realizzazioni più interessati che abbiamo seguito, a livello internazionale, sono state quelle ad Abu Dhabi, dove ci siamo occupati della progettazione di un complesso alberghiero di lusso, e a Mosca, dove siamo intervenuti con la progettazione del nuovo Campus dell’Università Sokol e del Campus dell’Istituto dell’Aviazione; senza dimenticare i vari palazzi residenziali a torre a Caracas, in Iraq, in Tunisia e in Libia e il teatro di Damasco. Attual-

L’analisi della sostenibilità ambientale rappresenta uno dei passaggi chiave per poter definire una progettazione architettonica ottimale e idonea

mente stiamo invece portando avanti un progetto per il ricco Sultanato dell’Oman, che ci ha commissionato una serie di edifici a torre con apartment house». Negli anni il raggio d’azione della Tecnurbarch si è esteso, inglobando anche l’architettura e l’ingegneria relativa al campo ambientale, intercettando una serie di bisogni sempre più sentiti. «Alcuni validi elementi del mio staff si occupano in maniera specifica di questo particolare ambito, sempre più attuale grazie alle nuove normative sull’ecosostenibilità e il risparmio energetico, aspetti ormai fondamentali nel nostro settore. Al giorno d’oggi, l’analisi della sostenibilità ambientale rappresenta infatti uno dei passaggi chiave per poter definire una progettazione architettonica ottimale e idonea. Per questo motivo studiamo costantemente nuovi sistemi e tecniche, in grado di accentuare il risparmio energetico, relativamente sia alle materie prime che alle risorse in generale. Tra

le opere più importanti di cui ci siamo occupati possiamo annoverare le valutazioni ambientali del progetto Defense a Parigi, dell’Elettrodotto Enel a Tarquinia, degli impianti di compostaggio di Braccagni e Gavorrano a Grosseto, di un insediamento turistico a Punta Ala e di diversi impianti fotovoltaici a Roma, in località la Valchetta e al Parco di Veio». Vista anche la sua lunga esperienza a livello didattico presso l’Università “La Sapienza” di Roma con oltre 60 pubblicazioni, numerosi seminari e collaborazioni con il mondo istituzionale, Monardo dà un suo giudizio sull’attuale politica urbanistica e ambientale italiana che, a suo dire, presenta ancora lacune evidenti: «Purtroppo esistono ancora troppe criticità che non mi consentono di dare un giudizio positivo di ciò che, a livello urbanistico, è accaduto in Italia in questi anni. Dico questo – conclude l’architetto basandomi sull’attività di lungo corso che ho svolto presso le Commissioni Edilizie, nella Commissione del Centro Storico del Comune di Roma e nella Commissione Urbanistica della Provincia di Roma, dove ho acquisito una notevole conoscenza del tessuto urbano, in particolare della Capitale». LAZIO 2011 • DOSSIER • 199


PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA

L’architettura della multidisciplinarietà na recente analisi condotta dalla Sda Bocconi ha evidenziato e reso note le caratteristiche che uno studio di architettura deve avere per raggiungere il successo e per distinguersi da tutti gli altri “addetti ai lavori”. Dai dati raccolti su un campione di 100 studi di architettura di tutto il mondo è emerso che sono gli architetti capaci di farsi capire dal pubblico quelli che ottengono il miglior risultato in termini di fatturato e visibilità. E il miglior metodo per interagire nel modo giusto con il pubblico è quello di dimostrarsi creativi e multidisciplinari, ovvero in grado di portare a termine i progetti relativi a tutti gli svariati ambiti del settore, mantenendo sempre elevati gli standard qualitativi. Chi della multidisciplinarietà ha fatto un punto di partenza prima e una possibilità di continuo sviluppo poi è lo studio Zuccon International Project, di Roma. «Abbiamo fondato lo studio all’inizio degli anni 70 – spiega Gianni Zuccon, titolare dell’attività insieme alla moglie Paola –, e le tante esperienze e competenze maturate nel tempo ci hanno consentito di specializzarci nella proget-

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In un universo affollato e competitivo come quello della progettazione architettonica, a fare la differenza è la capacità di operare in modo ottimale nei più svariati ambiti del settore. La multidisciplinarietà secondo l’architetto Gianni Zuccon Emanuela Caruso

tazione e consulenza architettonica in tutti i molteplici campi del mondo architettonico e dell’industrial design». In quali ambiti specialistici dell’architettura opera lo studio Zuccon International Project? «Siamo attivi nell’architettura navale e civile, campo in cui ci siamo specializzati grazie agli innumerevoli lavori svolti per l’Agenzia Spaziale Europea e


Gianni Zuccon

Gianni Zuccon della Zuccon International Project Srl di Roma www.zucconinternationalproject.com

in cui siamo in grado di operare a tutti i livelli della progettazione architettonica; siamo impegnati sul fronte dell’industrial design, che intendiamo come un vero e proprio progetto che deve tener conto tanto della forma del prodotto quanto delle altre componenti; e ci occupiamo anche di ricerca e innovazione tecnologica, ragion per cui disponiamo di un laboratorio che svolge le attività di analisi ed elaborazione metaprogettuale, con il preciso compito di defi-

Tra i settori in cui abbiamo raggiunto i più alti livelli di specializzazione possiamo citare sicuramente anche la nautica da diporto, attività che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo

nire nuove linee di innovazione progettuali e tecnologiche». Ognuno degli ambiti in cui operate si divide in settori ancora più specializzati, quali rappresentano i campi di maggior interesse per il vostro studio? «Tra i settori in cui abbiamo raggiunto i più alti livelli di specializzazione possiamo citare la nautica da diporto, attività che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo e che copriamo sia in termini di realizzazione di progetti di serie in materiali compositi, sia in termini di progetti one-off in acciaio e alluminio; e il trasporto su terra, settore diventato predominante negli ultimi anni e per cui abbiamo elaborato progetti di autobus per il trasporto urbano, interurbano e GranTurismo. Altri settori di grande interesse sono l’architettura degli uffici e delle residenze, che rappresenta il principale campo d’intervento nella progettazione architettonica civile e per cui studiamo sempre soluzioni che ben si integrano con l’ambiente circostante; e quello degli impianti tecnologici, che in un edificio svolgono un ruolo essenziale e per tale motivo vengono ottimizzati attraverso una appropriata progettazione ingegneristica». Come riuscite a organizzare l’attività in modo che sia sempre flessibile? «Innanzitutto disponiamo di

spazi adeguati alle diverse esigenze lavorative dei team impegnati sui molteplici progetti affidati allo studio e in questo modo garantiamo ordine e precisione durante le varie fasi di lavorazione. Inoltre, abbiamo conferito all’organizzazione massima flessibilità suddividendo la struttura in diverse aree professionali, di cui fanno parte a seconda della propria specializzazione tutti i nostri professionisti laureati. Ogni progetto dello studio viene poi sviluppato da una squadra integrata di differenti profili professionali, strategia che assicura la risposta puntuale e ottimale alle molte e diversificate istanze che un programma progettuale presenta». Oltre alla multidisciplinarietà, su quali altri aspetti si basa la filosofia alla guida del lavoro dello Zuccon International Project? «Il principio che da sempre si pone alla base della nostra attività è quello di instaurare un rapporto di profonda fiducia con il committente, così da permettere al progettista di soddisfare e accontentare le richieste senza per questo dover sacrificare la propria capacità creativa, cosa che altrimenti succede quando il bisogno di “piacere” al cliente supera il bisogno di seguire il proprio estro e le proprie conoscenze». LAZIO 2011 • DOSSIER • 201


TECNOLOGIE PER GLI AMBIENTI

Tecnologie di condizionamento La legislazione in materia, la tecnologia attuale, le prospettive future e la valutazione dell’impatto ambientale. Nicola Mazzolini fa il punto della situazione del settore del condizionamento nelle strutture private e in quelle pubbliche Amedeo Longhi

gni tipologia costruttiva deve avere un impianto adeguato. Questo richiede che si instauri una stretta collaborazione fra il progettista della struttura e quello dell’impianto. Quest’ultimo dovrà utilizzare le innovazioni tecnologiche esistenti per adeguare l’impianto stesso alle normative sul risparmio energetico. «Le criticità sono diverse – spiega Nicola Mazzolini, amministratore della romana Lignicarbo, che vanta un’esperienza ultraquarantennale nel settore –, sia dal punto di vista procedurale che da quello regolamentare. Bisogna prenderne atto e cercare di porvi rimedio, tenendo come priorità il risparmio energetico ed economico e la sostenibilità delle tecnologie». Ritiene che il quadro normativo relativo al condizionamento domestico sia sufficientemente completo o pensa che sia necessario un aggiornamento? «La normativa spesso non segue l’innovazione impiantistica e delle apparecchiature. Da alcuni anni sono in com-

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mercio sistemi di impianto e nuove soluzioni che non sono ancora stati presi in considerazione dalla legge in materia e ancora devono essere collocati nel quadro normativo. Per quanto riguarda la zona di Roma, ci stiamo impegnando

a far capire alla nostra clientela che un impianto di condizionamento deve essere basato su una tecnologia di prima scelta; questo consente di avere nel corso degli anni un notevole risparmio energetico e conseguentemente economico gra-


Nicola Mazzolini

zie a macchine inverter; oltre a ciò, è possibile anche abbattere l’incidenza di malattie infettive, come ad esempio la salmonella, con l’ausilio di filtri antibatterici». A livello tecnologico com’è la situazione e qual è la percentuale di impianti che fa ricorso ad apparecchiature e combustibili a basso impatto ambientale? «I generatori a pellet e a nocciolino sono sempre più richiesti dall’utenza residenziale mono familiare, anche se preoccupa l’immissione in atmosfera di polveri sottili costituite da particelle semi-combuste. I generatori di calore a condensazione con asservito un bruciatore a irraggiamento rappresentano l’ultima tecnologia per i fabbricati con impianto di riscaldamento centralizzato: grazie a questa soluzione, insieme alla contabilizzazione del calore si riesce ad avere un impianto di riscaldamento che rispetta le ultime normative di legge sul risparmio energetico. La nostra società, in collaborazione con industrie di primo piano che operano nel settore, sta portando avanti una politica che fa un massiccio affidamento sull’alta tecnologia finalizzata a conseguire consistenti risparmi nel tempo. Le pompe di calore, come le caldaie a condensazione, oggi stanno conquistando il mercato e a mio parere, abbinate al fotovoltaico, hanno un grande futuro per

impianti autonomi cittadini». Quanto è importante l’opera di isolamento e in generale di corretta costruzione/ristrutturazione dell’immobile per il riscaldamento/raffrescamento? «È fondamentale un buono e abbondante isolamento delle strutture, che si trasforma in un aumento del benessere ambientale e in un recupero rapido dell’impegno finanziario in considerazione del sempre maggiore costo dell’energia». Ritiene realistica la prospettiva che nel giro di qualche anno prevede una decisa svolta verso case passive e comunque a basso impatto e consumo energetico? «Quello delle case passive è il futuro prossimo, anche se l’esigenza e l’opportunità in termini di miglioramento della qualità e della sostenibilità di questo tipo di soluzione si scontra con la ridotta propensione all’innovazione dei nostri costruttori. Il nostro settore tecnico si sta affermando nell’installazione del riscaldamento geotermico per abitazioni residenziali monofamiliari implementate da un sistema fotovoltaico-solare per produzione rispettivamente di energia elettrica e acqua calda sanitaria, con la possibilità di rivendere l’energia prodotta all’ente erogatore». Quali differenze ci sono fra il riscaldamento di edifici pubblici e privati, sia livello tecnologico e strutturale che per quanto riguarda gli ob-

blighi di legge? «Gli edifici pubblici devono scontare la stringata esigenza normativa della legge 626, in particolare in materia di qualità dell’aria negli ambienti di lavoro. Inoltre, trattandosi spesso di ambienti molto affollati, di uso diurno e saltuario, gli stessi devono essere dotati di impianti molto flessibili e in grado di giungere rapidamente a regime. Per le case private è preferibile un riscaldamento radiante a bassa temperatura, che può garantire un maggior confort; in alternativa, radiatori o pannelli radianti a pavimento o parete».

Nicola Mazzolini, amministratore della Lignicarbo Termica Installazioni di Roma www.lignicarbotermica.com

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INTERNI

La svolta green dell’arredo-bagno Asseconda le necessità “green” la realtà del viterbese che dagli anni settanta produce mobili per lavello e lavanderia. Componenti basilari dal sapore “vintage”. Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato Mauro Massaccesi Nicoletta Bucciarelli

opo aver allentato le redini nel 2009 il settore del riciclo rifiuti italiano sembra essere tornato sulla retta via in tutte le sue filiere. Nel 2010 sono state infatti raccolte circa 34 milioni di tonnellate di rifiuti. «I dati positivi del settore nel 2010», ha evidenziato Corrado Scapino, Presidente dell’Associazione di Confindu-

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Mobil 10 ha la sede a Castel Sant’Elia (VT) www.mobil10srl.it

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stria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti, «sono una conferma di come il recupero dei rifiuti costituisca un passaggio imprescindibile per la transizione verso la ‘Green Economy’ e una risorsa indispensabile per diminuire la dipendenza del nostro Paese dall’estero per le materie prime. Per raggiungere questi obiettivi è necessario che oggi le strategie di crescita industriale si coniughino con politiche di sviluppo sostenibile». In linea con questa necessità sottolineata da Scapino sembra essere la scelta di Mobil 10, azienda del viterbese nata nel 1972 e specializzatasi nella produzione di mobili per lavello e lavanderia «Stiamo sviluppando dei prodotti che siano sempre più in linea con le nuove esigenze che si prospettano. Come ad esempio la necessità di effettuare la raccolta differenziata. Un bisogno che da tempo è entrato nelle famiglie italiane. Per questo ci stiamo muo-

vendo attraverso la realizzazione di mobili che possano contenere al loro interno degli scompartimenti che consentano di differenziare i rifiuti, celandoli alla vista». A parlare è Mauro Massaccessi, amministratore delegato dell’azienda. «Siamo sempre rimasti sulla produzione di mobili per lavello e lavanderia». Spiega Massaccesi. «L’anno scorso abbiamo ampliato la produzione includendo nella nostra gamma alcuni mobili da bagno in cui puntiamo molto sul design. Uno di questi modelli è stato realizzato dall’architetto milanese Massimiliano Della Monaca. Ci siamo inoltre specializzati sullo studio e la creazione di mobili per contenere e “nascondere” la lavatrice e, dato che ormai la lavatrice è indispensabile, specie per chi ha un bagno solo questa soluzione di mobile sta riscuotendo molto successo». I prodotti realizzati dalla Mobil10, con le loro linee


Mauro Massaccesi

Abbiamo ampliato la produzione introducendo mobili da bagno di design. Uno degli ultimi modelli è stato realizzato dall’architetto milanese Massimiliano Della Monaca

essenziali, sono rimasti standard e in linea con le prime realizzazioni effettuate negli anni settanta. Un “vintage” che si è mantenuto tale e che continua a restare fedele alle stesse linee minimaliste e pulite degli inizi. «Lavello e sottolavello sono delle parti “povere”, se così si può dire, della cucina. Ma sono sempre rimaste delle componenti fondamentali e con una linea ben precisa». Un ulteriore aspetto su cui si sta concentrando Mobil 10 riguarda l’inserimento di un depuratore nel prodotto. «Si tratterebbe di una soluzione che non toglierebbe nulla al sottolavello; ci sono solo piccole modifiche da effettuare». L’amministratore delegato Massaccesi effettua poi un bilancio sull’anno appena concluso e sull’andamento dell’azienda in tutti questi anni d’attività. «Il 2011 si sta chiudendo senza troppe differenze con il 2010. Non c’è stato un miglioramento ma, nel confronto con le altre aziende, possiamo parlare di bilancio positivo. A livello generale mi preme sottolineare come siamo una realtà che ha sempre avuto un occhio di riguardo per il lavoratore. Ho sempre cercato di dare agli operai quello che pretendevo per me, dal re-

galo di Natale a tutte le comodità che sono indispensabili in un’azienda». Per chi si trova ad acquistare un prodotto come quello realizzato da Mobil 10 molto spesso la facilità nel montaggio rappresenta una delle componenti fondamentali. «Ci stiamo concentrando molto sul “fai da te” nel montaggio. Abbiamo ad esempio creato un mobile pieghevole che sta riscuotendo molto successo in Camerun, dove hanno molto apprezzato il sottolavello chiuso e la possibilità di montare il mobile senza il supporto necessario di cacciaviti o altri utensili. Ciò che puntiamo a realizzare è un mobile per la grande distribuzione che possa essere trasportato direttamente a casa grazie alla sua leggerezza e che sia facile da montare». I prodotti realizzati da Mobil 10 possono essere utilizzati sia per l’interno che l’esterno. «I materiali in ogni caso non cambiano. Il materiale interno è idrofugo, mentre il restante è alluminio. Si tratta di materiali che resistono al 100% alle intemperie se si ha la necessità di utilizzare i prodotti nei terrazzi, o in alcuni posti di mare per l’esterno. In questi casi il prodotto che va per la maggiore sono lavatoi con annesso copri lavatrice». LAZIO 2011 • DOSSIER • 205




IL LITORALE OSTIENSE

Superare il “mordi e fuggi” Gli operatori si uniscono per esportare il nome di Ostia e del mare di Roma nel mondo. E all’amministrazione regionale, che dichiara il suo impegno nel potenziamento del litorale, chiedono soprattutto più efficienza nei trasporti Viola Leone

resce il turismo balneare nel Lazio (l’assessorato regionale parla di un +10% per la stagione estiva passata; non si tratta però di dati certi, piuttosto del sentiment degli operatori del settore), ma è ancora troppo legato alla modalità “mordi e fuggi”, ai flussi di laziali stessi che si spostano sulla costa per una giornata o al massimo per un weekend. Invertire questa

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tendenza e fare in modo che sempre più italiani e stranieri scelgano le coste del Lazio per le loro vacanze è uno degli obiettivi dell’associazione Asshotel Mare Roma, che ha visto la luce a Ostia alla fine di novembre. «Lo scopo che ci prefiggiamo – spiega il presidente, Nicola della Puca – è quello di organizzare iniziative che esportino il nome di Ostia e del mare di Roma in giro per il

mondo: lo abbiamo fatto di recente a Londra, lo faremo prossimamente a Buenos Aires». All’associazione hanno aderito numerose strutture alberghiere del territorio, tra le quali l’Aran Blu Hotel di Lido di Ostia. «Chiuderemo il 2011 con circa un +6% rispetto allo scorso anno, ma speravamo di raggiungere un +20% – commenta il direttore della struttura –. Fino a luglio eravamo in crescita, ma


Il nuovo volto del lungomare

poi i mesi di agosto, settembre e ottobre hanno risentito della crisi generale». Il problema principale che gli operatori della costa si trovano a fronteggiare è, senza dubbio, quello della scarsa efficienza dei trasporti. «Come associazione stiamo studiando la fattibilità di una navetta da e per l’aeroporto di Roma – continua il direttore – e, d’accordo con Assobalneari, intendiamo proporre all’assessore regionale il prolungamento dell’apertura degli stabilimenti». Ha salutato positivamente la nascita di Asshotel Mare Roma il presidente del municipio XIII, Giacomo Vizzani. «Per questa associazione – ha commentato – è importante il con-

fronto con gli altri enti, proprio per dare un supporto a quelli che sono i programmi dell’amministrazione in tema di turismo: dal Pua al progetto per il nuovo waterfront». A proposito di piani di utilizzo degli arenili, di recente la giunta regionale ha introdotto una semplificazione normativa per dare ossigeno al comparto balneare. «Abbiamo messo a disposizione dei Comuni strumenti per superare i problemi che hanno bloccato per molto tempo l’adozione dei Pua – ha spiegato l’assessore al Turismo, Stefano Zappalà –. Il fine del regolamento va nella direzione di agevolare una migliore fruizione degli arenili per fini turistico-ri-

creativi, nel pieno rispetto dell’ambiente costiero. In generale, poi, la giunta Polverini ha recuperato 27 milioni di euro da erogare per il potenziamento del litorale laziale. Gli investimenti regionali si sommeranno a interventi delle amministrazioni locali; nei piani sono previste opere di varia natura, tra cui servizi e mobilità. «Si tratta di un investimento coerente con il piano triennale del turismo che ha nel settore balneare uno dei suoi punti di forza – conclude l’assessore Zappalà –. Il turismo è un sistema delicato che ha come elemento di valore aggiunto la qualità urbana. Il turista compera bellezza e noi abbiamo il dovere di fornirgliela». LAZIO 2011 • DOSSIER • 209


Il litorale cambia look Non solo un elemento di riqualificazione della fascia costiera ma un vero e proprio motore di sviluppo economico e occupazionale per Ostia e la capitale. L’assessore comunale alle Politiche urbanistiche, Marco Corsini, illustra il progetto per il nuovo waterfront Michela Evangelisti

mpliare il porto turistico e dare un volto nuovo al lungomare. Questo il senso del progetto per la riqualificazione del waterfront di Ostia, presentato a luglio scorso, e nel cui completamento il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha indicato uno degli obiettivi che desidererebbe centrare entro la fine del suo mandato. Ora è iniziata la fase di raccolta dei pareri da parte dei cittadini e degli operatori. «Da circa tre mesi è stato aperto un infopoint, che permette ai cittadini di avere informazioni dettagliate sul progetto» illustra l’assessore comunale alle Politiche urbanistiche, Marco Corsini. «Per la fine dell’anno contiamo di approvare la delibera che fornisce al sindaco gli indirizzi per la variante urbanistica – spiega – ed entro giugno 2012, con la

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condivisione della Regione, di averla tasca». Quali sono le linee guida del progetto? «L’amministrazione capitolina ha deciso di recuperare Ostia e il suo litorale attraverso un processo di riqualificazione urbana e ambientale che farà di quell’area il fulcro di una nuova progettualità, fatta di qualità ed eccellenza. Le azioni previste sono finalizzate a fare dell’intero territorio - dalla fascia costiera alle zone interne - una sorta di grande parco dedicato al turismo, allo sport e al tempo libero, attraverso il recupero e la valorizzazione dell’esistente e il potenziamento del ruolo ricreativo legato soprattutto alla balneazione. Le linee guida del progetto si snodano tenendo conto dell’ambiente e del paesaggio e prevedono dunque la riqualificazione del tessuto urbano, il miglioramento del li-

vello di attrattività turistica, l’integrazione delle attrezzature sportive, ricreative e dedicate alla nautica, la valorizzazione e la promozione delle risorse naturalistico ambientali, balneari, ludico-ricreative e storico-archeologiche e, infine, l’implementazione di servizi e funzioni integrative e complementari a quelli esistenti». Come prevedete che possa incidere in concreto a livello urbanistico, turistico e occupazionale? «È ovvio che un progetto così imponente incida a livello urbanistico, ma darà anche un forte impulso a livello turistico e occupazionale: il waterfront nasce con l’obiettivo di attrarre i turisti e indurli a fermarsi per almeno tre o quattro giorni, grazie all’intrattenimento e allo svago legato al mare, scoraggiando quindi il “mordi e fuggi”».


Marco Corsini

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La finalità del waterfront non è quella di “snaturare” Ostia, anzi, di ricucire i tessuti esistenti

Ovviamente non sono mancate le polemiche: come garantirete la sostenibilità ambientale del progetto? «La finalità del waterfront non è quella di “snaturare” Ostia, anzi. Dal secondo dopoguerra Ostia si è trasformata da centro balneare di villeggiatura a quartiere residenziale periferico di Roma, generando una forte discontinuità anche a causa dei tanti insediamenti abusivi. I nuovi interventi consentiranno di ricucire i tessuti esistenti e valorizzare numerosi edifici di pregio - penso alla Colonia Vittorio Emanuele III di Piacentini o agli stabilimenti Adua e al Capanno di Moretti -, senza dimenticare che l’intero progetto porterà al recupero delle risorse presenti, come la riserva del litorale, il parco delle Dune, le Secche di Tor Paterno». Quali strade verranno seguite per il finanziamento del

progetto? A quanto ammonterà l’investimento totale? «Il costo dell’intervento si aggira intorno ai 640 milioni di euro e attualmente, con il sindaco e gli uffici, stiamo studiando diverse opzioni per il finanziamento, augurandoci di coinvolgere i privati». Quali sono i progetti correlati alla riqualificazione del lungomare? «Si parte dal mare per arrivare al cuore di Ostia. Sul lungomare, oggi caratterizzato dalla presenza di aree scarsamente utilizzate, verrà realizzata la passeggiata razionalista, un vero e proprio “parco lineare” con spazi aperti. Poi la città dell’acqua, quella della scienza e dei giochi, e la città del fitness, il polo nautico e il parco ambientale della foce del Tevere. Senza dimenticare il raddoppio del porto turistico, già in corso d’opera, e la riqualificazione del-

l’Idroscalo. Verrà, inoltre, pedonalizzato il centro di Ostia e riqualificato il pontile». La zona di Ostia è caratterizzata da un equilibrio idrogeologico piuttosto delicato. Come viene considerato questo aspetto nella progettazione degli interventi nell’area? «Siamo stati molto attenti ai perimetri dei vincoli e delle zone edificate. Il progetto non mette a repentaglio l’equilibrio geologico della zona, anzi, punta a una riqualificazione ambientale di ampio respiro, pensiamo solo all’Idroscalo. Abbiamo un progetto ambizioso e lo vogliamo realizzare per rivoluzionare il litorale romano. Ostia è un posto magnifico che ho scoperto e imparato ad amare proprio facendo l’assessore. Ha potenzialità enormi e noi dobbiamo sfruttarle».

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In apertura, il pontile di Ostia. Sopra, l’assessore comunale alle Politiche urbanistiche, Marco Corsini, e un render del progetto di riqualificazione del waterfront di Ostia

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IL LITORALE OSTIENSE

Cantieri in vista per Ostia Da area periferica a secondo polo turistico della capitale. «Il litorale romano – spiega il presidente del Municipio Roma XIII, Giacomo Vizzani – sta assumendo un ruolo specializzato per ricettività, cultura, intrattenimento e tempo libero» Michela Evangelisti

n’occasione unica per il territorio, ma soprattutto un’opportunità da non sprecare. Così il presidente del municipio Roma XIII, Giacomo Vizzani, definisce il progetto per la riqualificazione del waterfront di Ostia. «Da una parte il secondo polo turistico rappresenterà una valida alternativa al ticket turistico classico, comprendente Colosseo, Fori Imperiali e centro – spiega –. Dall’altra le infrastrutture previste miglioreranno notevolmente questo quadrante della capitale». Tra le opere infrastrutturali che verranno create

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grazie al waterfront si contano, infatti, l’adeguamento di via dell’Acqua Rossa, della via del Mare-via Ostiense, dei sottopassi Colombo-Acilia e Colombo-Malafede, delle complanari della Colombo, di quelle della Roma-Fiumicino, il nuovo ponte della Scafa, la centralità di Acilia-Madonnetta, il ponte di Dragona e la nuova viabilità del lungomare. «A questi interventi – prosegue Vizzani – vanno aggiunti i piani in attuazione relativi all’articolo 2 di Ostia Ponente, all’articolo 11 Acilia-Dragona, i piani di zona e i piani particolareggiati». Il progetto di riqualifica-

zione del waterfront si propone di incidere positivamente sul fronte turismo: quali risultati ha dato l’ultima stagione estiva? «La stagione estiva è andata bene. Negli ultimi due anni questa amministrazione è al lavoro per contrastare il fenomeno dei decibel selvaggi delle discoteche, non tollerati da alcuni residenti. Come amministrazione abbiamo istituito i “vertici del lunedì”: ogni lunedì di tutta l’estate c’è un incontro tra imprenditori, rappresentanti dei cittadini e rappresentati delle forze dell’ordine per fare il punto della situazione, scoprire e affrontare insieme le criticità e porre in essere le prime soluzioni. Una commissione bilaterale, costituita da imprenditori e residenti, fa visita, a sorpresa, durante i fine settimana estivi ad alcuni locali notturni per monitorare che le emissioni sonore siano entro i limiti consentiti. Da quest’anno per non arrivare impreparati all’estate, abbiamo deciso di proseguire con gli incontri anche di inverno». In che modo il nuovo waterfront sarà un volano per il turismo? «La valorizzazione turistica passa attraverso alcuni punti cardine.


Giacomo Vizzani

Tra questi, l’area naturalistica compresa tra la pineta di Castelfusano, Macchiagrande di Galeria, la Riserva naturale statale di Castelporziano, le Secche di Torpaterno, gli scavi e il borgo di Ostia Antica, che valorizza sia il pregiato patrimonio ambientale che le risorse e bellezze storiche. L’area portuale, con l’ampliamento del porto turistico di Ostia e i collegamenti con il porto turistico e commerciale di Fiumicino. L’area congressuale, che prevede un diretto legame con la nuova Fiera di Roma e il nuovo centro congressi all’Eur. Ci saranno l’area entertainment, con parchi a tema, e la città dei giovani. Dal punto di vista urbanistico, il litorale assume un ruolo specializzato per ricettività, cultura, intrattenimento e tempo libero». Quanto è elevata la sostenibilità del progetto a livello ambientale? «L’impatto idrogeologico non è a rischio, trattandosi di una serie di interventi progettati per garantire maggiori infrastrutture e servizi ai residenti non solo di Ostia, ma anche del suo entroterra». Oltre al progetto per il waterfront, quali sono gli ulte-

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È finalmente iniziata la riqualificazione di via Capo Passero, opera tramandata di giunta in giunta

riori interventi che andranno prossimamente a cambiare il volto di Ostia? «Gli interventi sono tanti, a partire dalla riqualificazione di via Capo Passero, dove, alla presenza del sindaco Alemanno, abbiamo posto la prima pietra. Un’opera che è stata tramandata di giunta in giunta e che noi, grazie all’impegno dell’amministrazione centrale, siamo riusciti a tramutare in realtà. Abbiamo ristrutturato e consolidato anche il pontile di Ostia, restituendolo alla cittadinanza, con un nuovo look sia da un punto di vista infrastrutturale, considerata l’operazione di messa in sicurezza, sia da un punto di vista di decoro urbano, visto che sono state sistemate le aree verdi e sono state installate nuove panchine. È stata posta la prima pietra anche per la nuova chiesa San Tommaso Apostolo all’Infernetto, che rappresenterà un punto di incontro non soltanto per i fedeli dell’Infernetto ma

anche per quanti svolgeranno attività di volontariato. Un vero e proprio centro di aggregazione che comprenderà la sistemazione della piazza e l’ampliamento degli spazi dedicati all’oratorio». Sul territorio ultimamente ci sono stati problemi di sicurezza: quali linee guida di intervento sono state individuate? «È stato convocato il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Sono state individuate alcune linee guida di intervento che prevedono più attenzione per questo territorio. Tra queste, una più stretta collaborazione tra Prefettura e Municipio XIII in particolar modo per quanto riguarda l’emissione del bando delle spiagge libere attrezzate, in corso di emanazione. Il prefetto si è reso disponibile a tornare sul territorio tra alcuni giorni, per verificare l’efficacia degli interventi intrapresi».

Sopra, in primo piano, Giacomo Vizzani, presidente del Municipio Roma XIII, alla posa della prima pietra della riqualificazione di via Capo Passero a Ostia

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TURISMO CONGRESSUALE

Capitale di eventi Dopo sei anni di crisi, nel 2010 il mercato dei congressi a Roma è tornato a crescere, ma molto c’è ancora da fare: i lavori del secondo polo turistico, da portare a compimento entro il 2020, consegneranno alla Capitale un volto rinnovato Paola Maruzzi

Ci sono ancora otto anni per costruire la Roma del futuro: la conclusione del progetto Millennium, cioè l’insieme di interventi per fare della città un polo turistico di primo piano, è fissata per il 2020, in concomitanza con la XXXII Olimpiade che, si spera, potrà essere ospitata dalla Capitale. L’area interessata è quella del quadrante sud-ovest, 27 ettari di terreno distribuiti sull’intero municipio XIII e parte dei municipi XII, XV e XVI, che dall’Eur arriva sino alla costa e al litorale di Ostia-Fiumicino. Riqualificare è la pa-

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rola d’ordine. All’interno di questo percorso il sindaco Alemanno ha più volte ribadito la centralità del quartiere Eur, faro del sistema congressuale italiano. In un momento in cui alcune grandi firme dell’architettura mondiale, come Paolo Portoghesi e Vittorio Gregotti, rivendicano lo sviluppo razionale delle metropoli, cresce ancor di più l’attesa per la Nuvola di Massimiliano Fuksas, che dovrebbe essere pronta entro gennaio del 2013. Il nuovo centro congressi dalla forma avveniristica, fatto con materiali tecnologicamente avan-

zati e distribuito su una superficie di 27mila quadrati, aprirà una nuova pagina del turismo congressuale romano, dal 2010 tornato a crescere dopo la crisi iniziata nel 2004. Per il primo cittadino «il quartiere Eur si rinnova e trova un nuovo equilibrio con un’opera che farà scuola». Nonostante siano passati quattordici anni dal progetto iniziale, Fuksas ha confermato che «non c’è stata nessuna sostanziale modifica». Se è indubbio che la dilatazione del tempo che trascorre dall’ideazione alla realizzazione «può essere pericolosa», secondo l’architetto, «nel caso del nuovo centro congressi il lungo periodo ha permesso di affinare molti dettagli».

350 MEETING È il numero di incontri organizzati in Italia nel 2010. Roma è la prima città italiana per numero di congressi

27mila METRI QUADRATI È la superficie complessiva della Nuvola di Fuksas, i cui lavori dovrebbero concludersi nel gennaio del 2013


Lo scenario romano

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In due anni Roma ha avuto una crescita complessiva di presenze pari a circa 2 milioni. Entro il 2020 l’obiettivo è raddoppiare

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Sul medio termine l’obiettivo è potenziare i numeri del turismo d’affari, con la consapevolezza che Roma è, in casa, la prima città per numero di eventi ma potrebbe dare di più, come un po’ tutta l’Italia: secondo gli ultimi dati relativi al 2010 forniti dall’Icca (International congress and convention association),

il nostro paese si è classificato al sesto posto, perdendo due posizioni rispetto al 2009, superato da Inghilterra e Francia. Inoltre, tra le prime venti città internazionali, colpisce l’assenza di quelle italiane probabilmente ancora troppo poco strutturate per ospitare eventi di una certa rilevanza. Se, stando alla fotografia attuale, è indubbia la “debolezza” di Roma, in futuro le cose andranno diversamente. In occasione del World Travel Market di Londra Antonio Gazzellone, vice capogruppo del Pdl di Roma Capitale e neo delegato al Turismo nella giunta Alemanno, ha messo in luce le buone premesse. «Già nel 2010 – ha detto – secondo i dati Ebtl è stato registrato un aumento di un milione di turisti in più rispetto al 2009, pari a circa il 10%. E lo stesso trend si è confermato anche per i primi 9 mesi del 2011. In due anni Roma ha avuto una crescita complessiva di presenze pari a circa 2 milioni. Entro il 2020 l’obiettivo è raddoppiare». Intanto il 21 novembre è arrivata dal governo Monti l’approvazione del secondo decreto su Roma Capitale, per Gazzellone «una storica pagina» che conferisce nuove competenze in materia di commercio, edilizia, trasporti e pianificazione urbana. Il prossimo importante appuntamento è per il 20 gennaio, quando alla Fiera di Roma si terranno per gli stati generali del turismo, un’occasione per discutere anche dell’offerta congressuale. LAZIO 2011 • DOSSIER • 217


TURISMO CONGRESSUALE

Turismo d’affari, serve un gioco di squadra

Con più di 40 eventi ospitati, Fiera Roma chiude il 2011 e si prepara ad affrontare il prossimo anno. Per il presidente Mauro Mannocchi il 2012 sarà all’insegna della partnership con l’ente Eur Congressi. «Il sistema congressuale ha bisogno di unità» Paola Maruzzi

l 18 dicembre la sesta edizione di Arti & Mestieri Expo, l’appuntamento dedicato agli artigiani e alla valorizzazione dei loro mestieri, ha chiuso il calendario 2011 di Fiera Roma. «Un primo bilancio? Dovremmo attestarci intorno ai 3 milioni di euro. Rispetto al 2010 c’è stato un calo perché negli anni dispari non ospitiamo due delle consuete biennali. Per il 2012 dovremmo tornare ai 7 milioni: le prospettive sono buone ma non vogliamo cullarci sugli allori» ha detto il presidente Mauro Mannocchi. Il pensiero va quindi al prossimo 20 gennaio, quando l’ente fieristico

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inaugurato nel 2006, «ma che ha già ospitato importanti eventi internazionali», aprirà le porte agli stati generali del turismo del Lazio, una preziosa occasione per fare il punto sui passi da compiere. In cantiere c’è una nuova società gestita in comune dagli enti Fiera Roma e Eur Congressi, che potrebbe essere attiva già dai primi mesi del 2012. «Il turismo d’affari si muove con un anticipo di qualche anno e, anche in vista dell’ormai certa inaugurazione della Nuvola di Fuksas entro il 2013, vogliamo farci trovare pronti». Quest’anno avete ospitato più di 40 meeting, molti dei quali a carattere nazionale. Sarà lo stesso anche per il 2012? «Per il prossimo anno daremo agli eventi un taglio più internazionale. Abbiamo già siglato l’accordo per ospitare il congresso dell’International federation of gynecology and obstetrics ed è in corso di trattativa un meeting di importanza europea, di cui per il

momento preferisco non parlare». Secondo l’ultima classifica stilata dall’Icca, né Roma né nessun altra città italiana figurano tra le prime venti posizioni. Quali nuovi modelli per risalire la china? «Occorre un’offerta più coordinata e, se possibile, unitaria in modo da gestire le tante facce del turismo romano. Questo è quello che mi auguro anche in vista della riflessione che aprirà i prossimi stati generali, annunciati dall’assessore regionale Zappalà proprio per fare il punto della situazione. Per rilanciare il turismo congressuale della Capitale bisogna spingere su un’unica accoglienza che distribuisca le competenze ai vari canali. Torna in ballo la Convention Bureau, una struttura pubblica in grado di promuovere la città e intercettare i grandi eventi internazionali, di cui si parla da tempo. Ora Regione, Comune e Camera di Commercio stanno dimostrando inte-


Mauro Mannocchi

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Per rilanciare il turismo congressuale bisogna spingere su un’unica accoglienza che distribuisca le competenze ai vari canali

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resse. Speriamo bene». Le premesse per rilanciare il turismo congressuale ci sono? «Sì, il problema è che spesso ci culliamo sulla nostra naturale attrattiva ma questo, come abbiamo già visto, non è sufficiente. È vero, dal 2010 c’è stata una ripresa del turismo congressuale ma se non miglioriamo l’organizzazione rischiamo di perdere punti rispetto ad altre città italiane. Stiamo appunto lavorando su questo». Si prospetta una nuova società, gestita da Fiera Roma e Eur Congressi, per la vendita degli spazi congressuali. Ci può spiegare meglio di cosa si tratta? «Per il momento stiamo mettendo a punto i dettagli am-

ministrativi, siamo nella fase organizzativa. La parola d’ordine è collaborazione. L’Eur svolge un’attività sostanzialmente immobiliare, quindi avrebbe potuto mettere sul mercato i propri spazi o cercare una convergenza con Fiera Roma. Il sindaco Alemanno ha chiesto che venisse fatto uno sforzo in più, quindi ci siamo messi intorno a un tavolo e unito le forze. Ora, con il nuovo Palazzo dei congressi firmato da Fuksas pronto nei primi mesi del 2013, vogliamo farci trovare pronti. Nel nostro settore, infatti, si vende con due-tre anni d’anticipo». Quando sarà pronta la nuova società? «Mi auguro possa essere operativa all’inizio del 2012. Si

comincerà a vendere gli spazi dell’Eur e la Nuvola per gli eventi più importanti. Fiera Roma farà la sua parte. Unire significa semplificare il compito a chi deve cercare una location a Roma, non essere in regime di concorrenza e, non da ultimo, rafforzare la competitività romana». C’è stato il via libera del governo al decreto sui poteri di Roma Capitale. Cosa si aspetta? «Credo che sia utile e opportuno che Roma, in ragione della sua storia e del suo ruolo, abbia uno status particolare per amministrare le scelte urbanistiche e infrastrutturali, questo per essere all’altezza delle altre capitali europee. Bisogna a tutti i costi facilitare i processi e l’evoluzione delle grandi città, spingendo sulla forte autonomia delle scelte. A questo punto mi auguro che la Regione concorra a dare la giusta autonomia di poteri, accelerando i percorsi normativi e burocratici che spesso sono troppo lunghi. Oggi, grazie al project financing, la costruzione di molte opere degne di Roma Capitale possono essere facilitate, ma è necessario che i tempi siano più rapidi». LAZIO 2011 • DOSSIER • 219


TURISMO CONGRESSUALE

L’ultima rincorsa verso la Nuvola Tra un anno sarà inaugurato il nuovo centro congressi firmato da Massimiliano Fuksas. Per Riccardo Mancini, ad di Eur, è in via di ultimazione il gioiello del turismo congressuale. «Ora risolviamo il gap romano realizzando un sistema integrato dell’offerta» Paola Maruzzi

ggi il nuovo centro congressi ha un motivo in più per credere nella certezza dei tempi di realizzazione. Lo scorso 5 dicembre il primo cittadino Gianni Alemanno è andato in visita ai cantieri e ha così commentato lo stato dell’arte: «Bisogna correre molto, ma speriamo di inaugurarlo alla fine di gennaio 2013». Finalmente è stata messa la parola fine sulle polemiche che hanno accompagnato la Nuvola, rimasta a lungo sospesa. «Avrei grande piacere ad attaccare il mio amico sindaco – ha detto l’architetto Massimiliano Fuksas – ma non è il caso perché questa volta non ha nessuna colpa, anzi è stato il pilastro per portare avanti questo progetto». Che sia tempo di voltare pagina lo ribadisce anche l’amministra-

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Sopra, Riccardo Mancini, ad di Eur Spa

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tore delegato di Eur Spa, Riccardo Mancini, soddisfatto dell’accelerazione dei lavori negli ultimi due anni. Ora si apre la fase della commercializzazione degli spazi dell’opera, il cui costo complessivo è di 265 milioni di euro ma, come ha sottolineato lo stesso Mancini, «la valorizzazione del velodromo serve ad abbassare, o forse estinguere del tutto, il mutuo fatto per il centro congressi». Intanto la cosiddetta Lama, l’albergo ecosostenibile che si trova dietro la Nuvola, così chiamato per la sua forma allungata, è in cerca di un acquirente e sono già in corso alcuni negoziati. Nessun dubbio sui tempi di realizzazione? «Durante l’ultima visita in cantiere, tanto il sindaco Alemanno quanto l’architetto Fuksas hanno ribadito ancora

una volta di fronte alla stampa la ferma volontà di portare a termine i lavori entro il 31 gennaio 2013, vale a dire la stessa data che io, da quando sono a capo della società Eur Spa, mi sono impegnato a rispettare. Inoltre, mi corre l’obbligo di sottolineare, per rispetto al lavoro svolto dall’attuale consiglio d’amministrazione di Eur Spa, che alla data del mio insediamento i lavori erano allo stadio iniziale e a malapena potevano intravedersi le fondamenta. Oggi, dopo due anni e mezzo di lavoro, i risultati sono sotto gli occhi di tutti». La Nuvola sarà una boccata d’ossigeno per il turismo congressuale, ma oggi che momento sta attraversando il settore? «Dopo la crisi dello scorso anno, il 2011 ha segnato un


Riccardo Mancini

9mila POSTI È la capienza della sala principale della Nuvola. È prevista anche una sala sospesa che ospiterà 2mila posti

440 CAMERE L’albergo chiamato Lama, alle spalle della Nuvola, potrà ospitare più di mille convegnisti

importante recupero; anche se credo che quasi ovunque si sia cercato di intervenire con agevolazioni tariffarie proprio al fine di arginare gli effetti negativi della crisi economica che stiamo attraversando». Con quali numeri Eur Congressi Roma chiude il 2011? «Il fatturato aziendale ha registrato quest’anno un +20% rispetto al 2010, con un utile netto previsto di circa 700mila euro». Di quali nuove e coraggiose politiche necessita il turismo d’affari? «Roma ha bisogno di ridurre il gap ancora troppo evidente rispetto alle altre capitali europee. La richiesta è ancora una volta quella di predisporre un sistema integrato

di offerta, con un ampio ventaglio di servizi rispondenti ai più alti standard qualitativi, che ci permetta di tornare all’altezza dei nostri principali competitor. Per organizzare, valutare e promuovere questa offerta è, inoltre, tanto necessaria quanto urgente la costituzione di un Convention bureau romano, che possa essere un interlocutore privilegiato nei confronti del mercato internazionale. Ugualmente urgenti risultano, infine, gli interventi infrastrutturali in grado di garantire la facilità di movimento e collegamento all'interno del territorio cittadino in linea con le altre destinazioni leader del mercato». Ersilia Maffeo, direttrice

dell’Agenzia regionale del turismo, ha detto che la promozione verrà fatta solo per gli eventi congressuali selezionati in partnership con associazioni di categoria. Secondo lei, quali devono essere le strategie di comunicazione? «La promozione dovrà essere forte e puntuale sui prodotti che sono in grado di mantenere e soddisfare le aspettative del mercato. Anche le associazioni di categoria dovranno dunque adeguarsi a tali aspettative tanto in termini di standard qualitativi quanto in termini di politiche tariffarie che, a dispetto dell'incredibile appeal, sono ancora oggi una delle maggiori discriminanti nei confronti della destinazione Roma». LAZIO 2011 • DOSSIER • 221




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Vecchi delitti e nuove tecniche d’indagine «I crimini sono gli stessi, siamo noi che cambiamo maturando nuove strategie di ricerca». Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, getta uno sguardo sui retroscena di alcuni casi irrisolti Paola Maruzzi

ilma Montesi, Elisa Claps, Pier Paolo Pasolini: sono alcuni “vecchi” casi giudiziari su cui si potrebbe tornare a distanza di anni per sciogliere nodi e dinamiche rimaste in sospeso. Le nuove tecnologie danno, infatti, la possibilità di fare indagini a ritroso ma anche di approcciarsi diversamente alle scene del crimine dei nostri giorni. I passi in avanti sono stati tanti «ma nessuno ha la bacchetta magica, tutto sta nel partire dalle tracce biologiche, solo se ci sono possiamo persino spingerci nella ricostruzione di omicidi accaduti molto in là nel tempo» spiega Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma. «Come vedo lo situazione in Italia? Da un punto di vista tecnico non siamo secondi a nessuno ma bisogna fare un salto culturale soprattutto nello snellimento delle cosiddette analisi irripetibili». Quali sono i nuovi strumenti a disposizione dei Ris? «Sostanzialmente due, entrambi portano all’identificazione personale: in primis c’è l’analisi

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del dna, che negli anni ha consentito di lavorare su tracce minimali permettendo di arrivare a un profilo genetico completo. Le tracce biologiche, quindi la saliva, il sudore e il sangue, sono più stabili rispetto alle impronte digitali e la possibilità di lavorare anche su materiale cellulare è un enorme vantaggio. Accanto a questo c’è il versante delle impronte digitali: se un tempo eravamo abituati a spennellare di polveri le superfici dei reperti oggi i reattivi chimici migliorano la possibilità di trovarle anche a distanza di tempo».


Luciano Garofano

Come cambiano i sopralluoghi effettuati subito dopo il crimine? «La scena del crimine è quella in cui ci sono gli elementi per risolvere il caso e in tal senso bisogna migliorare l’approccio a partire dal primo intervento, dai volontari del 118 all’arrivo dei carabinieri o polizia del posto. La scena va tutelata, isolata e protetta affinché non vengano contaminate o la distrutte le tracce. A mio avviso c’è ancora tanto da fare in fatto di formazione dei funzionari preposti, le azioni di tutti dovrebbero seguire protocolli più severi, affidate a competenze di professionisti». In che direzione consiglia di andare? «Va inquadrata meglio la funzione di chi si occupa solo di questo tipo di indagini, di chi è specializzato nel trovare anche le tracce invisibili. In definitiva va fatto un salto culturale. Abbiamo le risorse a disposizione, pensiamo alla Ert o ai Ris, forse andrebbero calate meglio nelle realtà territoriali». Come si pone l’Italia verso le più avanzate tecniche scientifiche di investigazione? «Di certo non è in ritardo: se c’è l’urgenza, il dna si fa in pochissimo tempo. Quand’ero a capo dei Ris di Parma se era necessario si facevano le nottate. Il problema è un altro e, per vie indirette, incide sul passare del tempo: il nostro sistema giuridico è più garantista rispetto, per esempio,

a un paese come gli Usa. Ci troviamo di fronte alle cosiddette analisi irripetibili, mentre altrove questo tipo di analisi possono essere effettuate senza dare avvisi a nessuno. In Italia sono previste una serie di formalità che servono per garantire il contraddittorio, quindi nel momento i cui si fanno le analisi devono essere informate tutte le parti che, a loro volta, possono informare dei consulenti». Quali celebri casi irrisolti potrebbero essere riaperti? «Tutti quelli in cui c’è la disponibilità di avere reperti e oggetti che possono essere analizzati. Sarebbe interessante fare un censimento dei casi irrisolti e credo che le probabilità di successo siano elevate. Non ci sono limiti temporali, basti pensare alle analisi condotte sulle ossa del poeta Matteo Maria Boiaro, vissuto a fine Quattrocento». “Ris, delitti imperfetti” è anche una fiction televisiva. Qual è l’errore più grossolano che viene commesso sui set? «Queste fiction hanno avuto il merito di aver fatto conoscere al grande pubblico il lavoro scientifico delle forze dell’ordine ma hanno anche tanti demeriti perché propongono modelli di perfezione molto distanti dalla realtà. In tv si sa già dove andare a cercare, guarda caso viene presa sempre la traccia più importante e in laboratorio si fanno miracoli. Le fiction hanno esemplificato le indagini, dando l’impressione che tutto sia possibile, facendo vivere profonde delusioni quando questo non si verifica nella realtà. Paradossalmente anche tra gli avvocati, i magistrati e le forze dell’ordine è passata una certa “pretesa” che ogni caso debba essere risolvibile, ma purtroppo non è così». LAZIO 2011 • DOSSIER • 229


CRIMINOLOGIA

Ritornare sulle mezze verità Il caso Pasolini è a un punto di svolta: per l’avvocato Nino Marazzita, parte civile nel primo processo, chiarire una volta per tutte chi sono esecutori e mandanti significherebbe restituire all’Italia la memoria di quegli anni Paola Maruzzi

36 anni dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini, dopo sei riaperture d’indagini, di cui l’ultima ancora in corso, una sterminata produzione di libri, documentari e trasmissioni televisive sul caso, la soluzione del giallo italiano potrebbe essere vicina. La scientifica ha accertato tracce di dna appartenenti a un terzo uomo, quindi non riconducibili né al poeta né a Pino Pelosi, il reo confesso che dopo aver scontato la pena ha ritrattato. Che all’idroscalo di Ostia Pelosi non fosse solo è una verità nota. Lo ricorda Nino Marazzita, storico protagonista della vicenda, nominato parte civile dalla madre della vittima la mattina del 3 novembre del 1975, il giorno dopo la scoperta del cadavere. «Incontrai prima Pelosi, che non si era ancora cambiato dalla notte precedente. I vestiti erano puliti, aveva solo un graffio sul sopracciglio destro e una macchia di sangue sul polsino sinistro». Poi il cadavere di Pier Paolo, «un grumo di sangue e carne, talmente irriconoscibile che la persona che lo scoprì, una tale

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Sotto, Nino Marazzita, avvocato penalista

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Maria Teresa Lollobrigida, stava per buttarlo nei rifiuti. Mi accorsi subito che qualcosa non quadrava». È la prima nota stonata, a cui ne segue un’altra. «Il processo al Tribunale dei minori di Roma si conclude con la condanna di Pelosi per aver commesso l’omicidio in presenza di ignoti. A quel punto sarebbe dovuto scattare l’obbligo da parte della procura generale di riaprire il caso ma il giorno dopo la sentenza venne impugnata e la vicenda fu chiusa». Perché? «Ci fu un chiaro desiderio di non scoprire la verità, attraverso gli esecutori materiali si poteva risalire ai mandanti. Pasolini non era amato dal potere, parlava dalla Democrazia cristiana come di un’associazione a delinquere che andava processata per la strage di Brescia e di piazza Fontana. Avevano già cercato di buttarlo da Ponte Garibaldi, poi fu salvato da un gruppo di turisti americani: questo era il clima di quegli anni». Riaprire un caso archiviato da anni: qual è la principale difficoltà? «Reperire i testimoni, molti possono essere morti. Di positivo c’è che oggi abbiamo tecniche d’avanguardia, anche se rispetto agli Usa facciamo passare troppo giorni per fare il test del dna». Il tempo ha giocato a favore, dopo 30 anni il reo confesso Pino Pelosi ha cambiato clamorosamente versione dei fatti. «In un caso così complicato il tempo sta, in parte, facendo chiarezza. Pelosi? Dice bugie e verità. Parla dei fratelli Borsellino, entrambi morti di Aids, ma non svela i nomi degli altri complici, forse perché sono ancora in vita, quindi potrebbe essere ancora un testimone chiave». Quanto siamo vicini dalla verità? «Bisogna che i prossimi passi giudiziari siano mi-


Nino Marazzita

rati a individuare di chi è la traccia di dna sulla tavoletta che ha colpito Pasolini. Se le indagini fossero state fatte subito dopo il processo, indipendentemente dal dna, si sarebbero potuti trovare gli altri complici». È stato parte civile nel primo processo, oggi che ruolo gioca? «Seguo le vicende perché sono stato avvocato storico della famiglia Pasolini. Graziella Chiarcossi, l’unica erede, non se ne vuole occupare più. È provata dai processi e la capisco, ma spero di convincerla a riprendersi il suo ruolo. Questo avrebbe un significato simbolico molto importante». In questi 36 anni tanti non addetti ai lavori hanno avanzato ipotesi attraverso articoli, libri, documentari, testimonianze, trasmissioni televisive, mentre la giustizia è arrivata in ritardo. «È così. Un solo esempio: subito dopo il processo arrivò a Paese Sera una lettera indirizzata a me, in cui si diceva che quella sera la macchina di Pier Paolo era seguita da una Fiat azzurra targata Catania, si davano persino i primi numeri. Chiesi di riaprire le indagini ma non se ne fece nulla». Le cose sono cambiate, nel 2010 prima Veltroni, poi l’ex ministro della Giustizia Alfano, hanno incoraggiato la riapertura del caso.

«Premesso che verità non è né di destra né di sinistra, queste mi sono sembrate richieste strumentali, un po’ formali». C’è mistero anche attorno alla sparizione del dodicesimo capitolo di Petrolio, il romanzo postumo che contiene chiari riferimenti sul caso Mattei. Che ne pensa? «Rileggendo oggi Petrolio, credo che Pasolini avesse raggiunto delle verità, cosa che non aveva ancora fatto quando scriveva quei bellissimi pezzi sul Corriere della Sera, quando diceva: “Io so, conosco il responsabile di piazza Fontana, ma non ho le prove”». “Il caso Mattei” è anche un film inchiesta di Francesco Rosi, ma quand’è che la finzione sconfina nell’inchiesta giudiziaria vera e propria? «In Italia raramente, cosa che accade invece nei paesi anglosassoni. Basti pensare allo scandalo Watergate». Quali altri casi irrisolti andrebbero riaperti? «Bisognerebbe ricostruire la storia d’Italia dalla strage di piazza Fontana in poi, soffermandoci sulla vicenda Moro, di cui sono stato parte civile. Da quel momento ci è stata negata la storia. Il filosofo Severino diceva: “Un paese che non conosce la storia è meno libero degli altri”». LAZIO 2011 • DOSSIER • 231




DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

L’ultima generazione delle apparecchiature ecografiche Proprio per le sue caratteristiche di elevata tecnologia ed estrema precisione, il settore della diagnostica per immagini necessita di un mercato più dinamico, di una burocrazia più snella e di maggiori finanziamenti. A parlarne è Sandro Vivoli Emanuela Caruso

Sandro Vivoli, amministratore unico della Eidomedica Srl di Roma www.eidomedica.it

agli anni 80 a oggi uno dei settori che maggiormente si è distinto per evoluzione tecnologica è senz’altro quello della diagnostica. Il mondo dell’immagine e dell’ecografia ha subito cambiamenti rapidi e così rivoluzionari che, tutto a un tratto, si è passati da semplici ecografi ginecologici e ostetrici a macchinari in grado di individuare e mostrare un feto di un centimetro dopo tre sole settimane di gravidanza. Le apparecchiature ecografiche più innovative del momento sono il Voluson e il V-scan, entrambi prodotti dalla multinazionale General Electric ed entrambi distribuiti dall’impresa laziale Eidomedica. «Il Voluson – spiega Sandro Vivoli, amministratore unico della Eidomedica – è una piattaforma digitale avanzata che rappresenta il nuovo traguardo raggiunto dalle prestazioni ecografiche. Di-

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spone di un’elevatissima qualità d’immagine, di innovativi strumenti diagnostici dedicati al Volume Ultrasound e di programmi in 3D e 4D. È adatto a un’ampia gamma di applicazioni, da quelle addominali a quelle fetali, dalle cardiologiche alle pediatriche, dalle renali alle vascolari. Il V-scan, invece, utilizza una tecnologia di ultima generazione che consente ai medici di visualizzare in maniera non invasiva ma immediata ciò che accade all’interno del corpo umano e, di conseguenza, di individuare in anticipo molti tipi di malattie. È stato realizzato con dimensioni tascabili e può essere quindi facilmente trasportato e utilizzato in contesti clinici e ospedalieri, così come in situazioni di emergenza». Come si è formata la Eidomedica e a quali settori rivolge i prodotti che immette sul mercato? «La Eidomedica è nata nel 1983 con un capitale sociale che nel corso degli anni è aumentato e oggi tocca i 100mila euro. Essendoci sviluppati come agenti rivenditori di prodotti e


Sandro Vivoli

Non ci limitiamo a distribuire le nostre tecnologie avanzate, ma organizziamo anche corsi di formazione per spiegarne il funzionamento e le potenzialità

sistemi di diagnostica per immagini, siamo in grado di servire svariati settori. I principali ambiti di vendita sono i campi dell’anestesia e della rianimazione, della cardiologia, della ginecologia e ostetricia, e della fisioterapia e riabilitazione; ma anche i rami della medicina interna, della medicina dello sport, della veterinaria, della radiologia e della densitometria ossea. Oltre che dei prodotti inerenti la diagnostica della immagine, distribuiamo prodotti della Nocosystem estremamente innovativi per la sanifica-

zione ambientale di tutti quei siti che nell’ambito ospedaliero necessitano del massimo grado di sterilità». Nonostante la diagnostica per immagini sia il vostro core business, Eidomedica è un’azienda altamente diversificata. Di quali altre attività vi occupate? «Oltre a proporre al mercato nuovi prodotti, come la già descritta metodologia innovativa per la sanificazione degli ambienti, siamo attivi nel campo della formazione e della logistica della distribuzione dei farmaci. Tra questi, l’ambito che ci regala maggiori soddisfazioni è la formazione, su cui abbiamo ampiamente investito e che svolgiamo nella nostra sede in una sala multimediale. Programmiamo e teniamo corsi di aggiornamento e istruzione a cui tutti i nostri clienti possono partecipare e trattiamo temi quali le varie metodiche ecografiche, i prodotti e le novità del mercato e i campi di applicazione delle apparecchiature. Per incrementare la qualità di questi corsi, collaboriamo e chiamiamo a partecipare docenti ospedalieri e universitari». Com’è organizzata l’attività all’interno dell’ azienda? «Disponiamo di un ufficio “Offerte e Gare” preposto alla ricerca delle varie pubblicazioni di bandi di gara sui mezzi di comunicazione, in quanto il processo di vendita agli enti pubblici costituisce una delle parti più consistenti dell’erogazione del servizio da parte della società. Contiamo inoltre sul supporto di un Back Office, che si occupa del primo contatto telefonico con il cliente e organizza gli incontri con i medici interessati alla visione dei macchinari più adatti alle loro specifiche esigenze. Infine, la Eidomedica conta di un personale commerciale

In queste immagini, momenti formativi e di lavoro del circolo di studio Eidomedica

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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

operativo e di specialisti di prodotto continuamente presente presso i vari clienti, che in questo modo vengono tenuti aggiornati sugli sviluppi tecnici delle apparecchiature da loro acquistate». Essere competitivi in un paese come l’Italia, dove spesso le leggi del mercato non collimano con quelle europee, e in un settore così specialistico come il vostro non deve essere facile. Come riuscite a mantenervi sul mercato? «Chi, come noi, fa imprenditoria a livello regionale e distribuendo prodotti tecnologicamente avanzati e di elevato rilievo medico deve far fronte a grandi impegni finanziari ed evolutivi. Non si può rimanere fermi, bisogna sempre essere aggiornati e proporre macchinari al passo con i tempi, altrimenti si rischia di fallire. Purtroppo, al giorno d’oggi, non è facile essere competitivi in un mercato che non concede margini di miglioramento e di progresso. L’intero iter di acquisizione dei prodotti da commercializzare è molto lento e basato su una burocrazia dalle tempistiche infinite. A questo, si sommano le enormi difficoltà che i clienti privati che comprano da noi le attrezzature riscontrano al momento di chiedere un accesso al credito e quindi un finanziamento o un leasing, pratiche che, se accettate, si ottengono in non meno di un mese». Un altro gravissimo problema che affligge il vostro settore è quello dei ritardi nei pagamenti. Com’è la situazione generale e attuale a tale proposito? «Dopo un periodo durato decenni, caratterizzato da un estremo ritardo nei pagamenti, che ci ha

fortemente penalizzato nello sviluppo di nuove idee e di conseguenza nella creazione di nuovi posti di lavoro, ora viviamo un momento leggermente migliore. Da circa un paio d’anni, infatti, sono state emanate le nuove disposizioni della regione Lazio, che hanno migliorato i tempi e le modalità di pagamento. Oggi, grazie anche alla convenzione stabilita dall’Asfo Lazio, ovvero l’Associazione Fornitori ospedalieri del Lazio, siamo riusciti a ottenere che i pagamenti siano corrisposti a 180 giorni. È un lasso di tempo ancora molto lungo, ma di certo migliore rispetto ai 500 giorni di qualche anno fa. Rimane però il fatto che la necessità di un mercato più elastico, di un accesso bancario semplificato e di maggiore collaborazione con amministrazioni e regioni stia diventando sempre più stringente». Che cosa prevede il futuro della diagnostica per immagini? «Nella realtà ecografica si punterà sicuramente alla realizzazione di macchinari sempre più piccoli, portatili e versatili, senza contare che verranno studiate tecnologie e programmi sempre più precisi. Questa continua innovazione richiederà, però, un particolare sforzo da parte delle amministrazioni pubbliche, che dovranno essere molto più propense agli investimenti e ai finanziamenti rivolti al rinnovamento tecnologico rispetto a ora».



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