Dosslazio022014

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Sommario

Dossier Lazio

IN COPERTINA.......................................16 Maurizio Stirpe

PRIMO PIANO

STRATEGIE ............................................20 Marco Venturi Angelo Camilli Nicola Zingaretti Giancarlo Cremonesi Giuseppe Roscioli

Ferruccio Dardanello ..........................09

L’INTERVENTO..........................................11

MERCATI ................................................36 Riccardo Monti Leonardo Simonelli Santi

Alessio Rossi Guido Carella Marco De Bellis

SOCIETÀ .................................................44 Edward Luttwak Giuseppe Roma Maria Giovanna Maglie ROMA .......................................................52 Antonio Noto Anselma dell’Olio

Maurizio Stirpe, sotto, passerella Prada collezione primavera-estate 2014

MADE IN ITALY.....................................60 Raffaello Napoleone Claudio Marenzi Lavinia Biagiotti Cigna Adriano Franchi MERCATO DEL LAVORO...................74 Salvatore Trifirò Michele Tiraboschi Claudio Lucifora Vladimir Nanut IMPRESA E SVILUPPO......................84 FederlegnoArredo Roberto Snaidero

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60

TECNOLOGIE.........................................90 Morena La Monaca Giuseppe Bellantoni Marzia dal Fabbro Fausto Servadio ENERGIA ...............................................102 Giulio Landini MODELLI D’IMPRESA ......................106 Riccardo Sabino Fatone Eleonora Mocenigo AGROALIMENTARE ...........................110 Mario Guidi Luigi Scordamaglia Enrico Colavita REATI CONTRO LA PA ....................122 Carmine Lopez Mario Civetta Daniele Leodori

Made in Italy 6 • DOSSIER • LAZIO 2014


TRASPORTI..........................................128 Raffaele Forgione Luciano Vinella

POLITICHE SANITARIE....................184 Enrico Garaci Tonino Aceti Alessandro Nanni Costa

EDILIZIA.................................................132 Paolo Buzzetti Expoedilizia Pamela Onorati Cristiano Cucinelli Giampiero Frediani MERCATO IMMOBILIARE...............144 Stefano Petrucci Maurizio Pezzetta Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini TURISMO................................................151 Renzo Iorio Pier Luigi Celli Giovanni Puglisi Andrea Carandini Bernabò Bocca GRANDI EVENTI .................................160 Giovanni Malagò Mario Buscema Mauro Mannocchi Stefano Fiori

WELFARE .............................................192 Emmanuele Francesco Maria Emanuele POLITICHE ANTIDROGA .................195 Giovanni Serpelloni EXPOSANITÀ.......................................198 Marilena Pavarelli In alto, Anselma dell’Olio sotto, Edward Luttwak; in basso, Roma dalla terrazza di Piazza di Spagna

POLITICHE ENERGETICHE ....................................170 Rocco Colicchio Chicco Testa Gianni Silvestrini RINNOVABILI.......................................176 Nicola Mazzolini AVVOCATURA .....................................178 Maurizio De Tilla NOTA BENE..........................................182 Annamaria Bernardini de Pace

REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO ......................200 Antonio Iannetti DIAGNOSTICA....................................202 Giuliano Caslini Andrea Benagiano Rossella Occhiato ed Elena Santini ORTOPEDIA .........................................210 Andrea Grasso STRUTTURE SANITARIE.................214 Attilio Di Donato DIFETTI VISIVI.....................................216 Mauro Zuppardo PRODOTTI FARMACEUTICI..........220 Giorgio Chiozza Fabrizio Foglietti

Mercato immobiliare Emmanuele Francesco Maria Emanuele, sotto, Enrico Garaci

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144 LAZIO 2014 • DOSSIER • 7



L’INTERVENTO Alessio Rossi, presidente del Gruppo giovani imprenditori di Unindustria

Energie nuove per l’economia giovani rappresentano il motore di un Paese, la spinta verso il futuro. Perché sono i giovani che innovano, che sviluppano, che fanno critica costruttiva, che hanno una visione nuova di servizi, prodotti e processi produttivi. Oggi nel mondo le aziende che crescono, diversificano ed esplorano nuovi settori sono quelle che investono su giovani e innovazione. Gli imprenditori che credono nei giovani danno continuità alla loro azienda e creano una realtà dinamica capace di competere sui mercati internazionali. Purtroppo questa visione non appartiene a tutti gli imprenditori e ciò, insieme ai molti problemi del nostro Paese, è una delle cause della scarsa occupazione giovanile. Il rovescio della medaglia è positivo perché questo ha portato molti giovani a scegliere la strada dell’impresa, rischiando in proprio. Ciò ha fatto sì che oggi in Italia fare impresa sia vista come l’unica possibilità per rilanciare l’economia. Gli imprenditori giovani che, con coraggio, iniziano

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La formazione universitaria è importante ma da sola non basta

questo percorso hanno davanti a loro una sfida globale che richiede molte competenze. Coloro che iniziano quest’avventura devono essere coscienti che sarà dura e dovranno dedicare la loro vita all’impresa. La formazione universitaria è importante ma da sola non basta, è necessaria anche l’esperienza sul campo, quindi ben vengano stage e tirocini presso le aziende. I giovani che oggi vogliono intraprendere la loro iniziativa devono avere la capacità di lavorare in team con altri imprenditori, condividere la loro visione, essere pronti a far crescere la propria azienda unendosi ad altri. Per troppi anni in Italia gli imprenditori hanno voluto essere soli al comando delle loro aziende, perdendo così la possibilità di avere qualcuno con cui portare avanti le proprie iniziative, dividere i sacrifici e ricevere ulteriori energie. Oggi vanno incentivate le fusioni aziendali per avere maggiore competitività sui mercati: questo implica che bisogna comprendere fin dall’inizio che il fattore principale per il successo di un’iniziativa è proprio la squadra che la porta avanti. I giovani imprenditori di questi anni devono essere coraggiosi e pronti a condividere il percorso imprenditoriale, ad aprire la loro startup ad altri soci finanziatori che possano fornire capitali per la crescita. Quando il giovane imprenditore ha una buona idea che risponde a un’esigenza del mercato e la tenacia di portare avanti la sua startup facendosi affiancare da chi può sostenere il suo progetto diventa un imprenditore giovane. LAZIO 2014 • DOSSIER • 11



L’INTERVENTO Guido Carella, presidente Manageritalia

Quell’Italia che esporta i manager ndare sui mercati esteri è oggi per un’azienda un vero must, ma lo sta diventando anche per i manager. Quelli italiani che lavorano e vivono all’estero sono ormai più di 10mila. E ogni anno la cifra è in forte aumento. Il perché lo abbiamo chiesto a loro, con un’indagine che ha riguardato 447 manager espatriati realizzata a luglio 2013 da AstraRicerche per Manageritalia e Kilpatrick Executive Search. Gli interpellati ci dicono che sono volutamente andati a lavorare all’estero (93 per cento), più spesso andando a cercare loro un’azienda che offrisse quell’opportunità (44 per cento) o concordandolo con l’azienda nella quale erano in Italia (49 per cento). La soddisfazione è plebiscitaria: il 97 per cento è molto o abbastanza soddisfatto del lavoro, l’87 per cento della vita personale, l’81 per cento delle relazioni. E per andare all’estero, dicono, servono soprattutto: apertura al cambiamento (72 per cento), spirito di adattamento (71 per cento) e voglia di

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Le aziende devono saper intraprendere collaborazioni e sinergie

mettersi in gioco (51 per cento). Veniamo alle aziende. Soprattutto, come conferma anche un’indagine di Unicredit su quanto accaduto alle imprese manifatturiere esportatrici in questi ultimi anni di crisi, principale causa del calo delle esportazioni è dovuta alle strategie di internazionalizzazione, in misura quasi doppia a quella della dimensione aziendale. La dimensione non è di per sé sufficiente a rendere robusta un’azienda e la sua presenza sui mercati esteri. A questa è necessario associarvi e anteporvi strategie complesse. La moda dell’export manager è sana e benvenuta. Ma intendiamoci, un bravo export manager non è sufficiente. E comunque crea una presenza che, in un mercato concorrenziale e in continuo cambiamento, non basta e rischia di venir meno appena la concorrenza abbassa i prezzi o alza la qualità. Le aziende devono puntare, prima di tutto, sull’head quarter, su qualità del capitale umano, intensità di investimento materiale, capacità di innovare, qualità del prodotto e organizzazione. E, oltre a vendere, devono intraprendere relazioni, collaborazioni e sinergie. La strada per il successo comincia in patria. Occorre saper leggere il contesto culturale e di business locale, facendolo proprio e penetrandovi appieno con forme di collaborazione e partnership orizzontali, a monte o a valle delle catene del valore. Catene in cui, ricordo, occorre mantenere un valore distintivo dinamico e difficilmente sostituibile. LAZIO 2014 • DOSSIER • 13



L’INTERVENTO Marco De Bellis, avvocato del Foro di Milano e fondatore dello Studio Marco De Bellis & Partners

Dirigenti e licenziamenti facciamo chiarezza l pari di qualsiasi altro dipendente, il dirigente può essere licenziato legittimamente soltanto nel caso in cui venga soppressa la posizione di lavoro in cui è inserito (i cosiddetti motivi oggettivi o organizzativi), oppure nel caso di una sua grave mancanza (motivi disciplinari o soggettivi). Il primo caso è il più comune: i dirigenti sono, infatti, i dipendenti più costosi. Il secondo, invece, è decisamente diverso. Nel licenziamento per mancanze la formula più consueta è la giusta causa. Questa può avvenire qualora il dirigente si sia reso responsabile di una mancanza talmente grave da ledere irrimediabilmente il nesso fiduciario col datore di lavoro. Nel rapporto dirigenziale la fiducia deve essere totale. Per questo la giusta causa di licenziamento può riguardare anche la sfera privata del dirigente. La giusta causa ha come effetto più immediato quello di interrompere immediatamente il rapporto di lavoro, senza alcun diritto del dirigente né al preavviso né alla relativa

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Nel rapporto dirigenziale la fiducia deve essere totale

indennità sostitutiva (ex art. 2119 cod. civ.). I principali contratti collettivi stabiliscono che il licenziamento del dirigente debba essere comunque “giustificato”. La “giustificatezza” è una nozione giuridica che non coincide con quella di giusta causa o di giustificato motivo. Anche mancanze “veniali” (che, se fossero commesse da un impiegato, darebbero luogo a sanzioni disciplinari conservative) possono legittimare il licenziamento del dirigente. La legge, ovviamente, prevede anche delle sanzioni a carico dell’azienda per i licenziamenti ingiustificati. Quando viene ritenuto ingiustificato un licenziamento per motivi organizzativi, la sanzione prevista è il pagamento dell’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva. Viceversa, in ipotesi di licenziamento per una giusta causa poi rivelatasi inesistente, il giudice dovrebbe valutare se il comportamento del dirigente sia tale da configurare comunque la giustificatezza; in sostanza potrebbe trattarsi di una mancanza tale da legittimare il licenziamento, ma non così grave da costituire una giusta causa. In questo caso l’azienda sarebbe condannata a pagare soltanto l’indennità sostitutiva del preavviso. Qualora, invece, il giudice ritenesse che non sussista alcun tipo di responsabilità a carico del dirigente licenziato per giusta causa, condannerebbe la società a corrispondere al medesimo, oltre all’indennità sostitutiva del preavviso, anche l’indennità supplementare prevista dalla vigente contrattazione. LAZIO 2014 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

RILANCIO E MODERNIZZAZIONE GLI OBIETTIVI 2014 «Per il 2014 le parole chiave devono essere rilancio e modernizzazione». Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria, illustra i punti saldi dell’agenda dell’associazione confindustriale, che da dicembre include anche Latina, rimarcando le priorità per la crescita della regione Francesca Druidi

al 12 dicembre scorso, Unindustria è l’Unione degli industriali e delle imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, riunendo circa 3.600 imprese. Si afferma così come la prima associazione di Confindustria per estensione territoriale e seconda per numero di aziende associate, rendendo operative le indicazioni della riforma della Commissione Pesenti. «La nostra associazione segna un nuovo inizio – afferma Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria – riducendo i costi e la frammentazione a tutto vantaggio delle imprese. Le aziende associate si trovano da quest’anno a far parte di un’associazione più snella che sta semplificando i flussi decisionali e che saprà presidiare con più forza i due interlocutori istituzionali di riferimento, la Regione e l’Unione europea, per rappresentare le esigenze di». L’obiettivo, come rileva Stirpe, è accrescere le collaborazioni e le sinergie fra settori e territori «per ragionare sempre più in termini di reti e filiere».

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16 • DOSSIER • LAZIO 2014

Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria

Su quali temi si concentrerà l’associazione nel 2014? «Rappresentare tutto il Lazio consente un dialogo pieno con la Regione, livello minimo di interlocuzione istituzionale in grado di garantire politiche industriali realmente integrate. Per il 2014 le parole chiave devono essere rilancio e modernizzazione. Per questo, i pro-

getti che abbiamo proposto e continueremo a proporre si concentrano soprattutto sul credito, per ridurre i problemi nell’accesso e nel costo per le imprese, sull’internazionalizzazione, per favorirne i processi e promuoverla come base della filosofia aziendale. Altri temi sono la green economy, il turismo e l’economia del mare, quest’ul-


Maurizio Stirpe

Operare per accrescere l’export del Lazio è oggi essenziale. Attendiamo il varo del piano strategico della Regione per l’internazionalizzazione

tima con maggior forza proprio dopo l’integrazione di Latina. La spinta deve arrivare anche dalle possibili sinergie con l’Expo e dalle opportunità derivanti dal nuovo status di città metropolitana di Roma». Qual è lo stato di salute del tessuto produttivo laziale? «Il fatturato e gli ordinativi hanno continuato a calare nella prima metà del 2013, anche se il tasso di decrescita è il più basso dalla fine del 2011. Si tratta di un’attenuazione della fase recessiva che potrebbe spingere a un’effettiva inversione del ciclo. Nella stessa direzione vanno le attese sul Pil: -

1,8 per cento per il 2013 a cui, però, dovrebbe seguire un balzo positivo del +1 per cento nel 2014». Individua ulteriori segnali positivi? «In questo difficile scenario, alcuni settori hanno tenuto e si sono rafforzati, in particolare in termini di vendite estere. Penso ai poli tecnologici che continuano a registrare una buona performance dell’export nonostante il calo evidenziato nel terzo trimestre 2013 (-7,5 per cento) che costituisce, in realtà, il primo segno meno dalla fine del 2009. Il risultato complessivo, riferito ai tre poli - aeronautico, Ict

e farmaceutico - nei primi nove mesi dell’anno risulta comunque ampiamente positivo e conferma la competitività delle nostre imprese: l’aumento delle vendite estere pari a +15,1 per cento risulta superiore alla media dei poli tecnologici italiani (+5 per cento). In particolare, il polo farmaceutico continua a trainare la performance del Lazio con un export nel periodo gennaio-novembre che si posiziona su livelli superiori del +19,7 per cento rispetto ai primi tre trimestri del 2012». Nei primi nove mesi del 2013, l’export del Lazio (13,2 miliardi, il 4,6 per cento del totale nazionale) è diminuito dello 0,4 per cento in linea con l’andamento italiano. Come interpreta questo dato? «Il nostro sistema presenta un grado di apertura ancora troppo contenuto rispetto alle sue potenzialità e la performance relativa alle esportazioni appare troppo legata a specifici andamenti settoriali, non avvalendosi delle caratteristiche diffuse del sistema produttivo laziale. Operare per accrescere la ca- LAZIO 2014 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

pacità dell’export laziale è oggi

quanto mai essenziale; perciò attendiamo con estremo interesse il varo del piano strategico della Regione per l’internazionalizzazione. Azioni a supporto rimangono: individuare una cabina di regia di livello regionale che definisca criteri e modalità per l’internazionalizzazione, evitando duplicazioni di progetti, missioni e varie iniziative con dispersione di risorse e professionalità; creare incentivi alla crescita dimensionale; incrementare e razionalizzare gli strumenti finanziari a sostegno dell’internazionalizzazione, facilitandone la diffusione e l’utilizzo da parte delle pmi laziali, attraverso procedure trasparenti e ridotti adempimenti burocratici». Sostenibilità, infrastrutture, formazione. Quanto peso rivestono queste parole chiave nelle strategie di sviluppo futuro? «Sono tutti e tre ingranaggi del motore della crescita. La sostenibilità ambientale e sociale dell’impresa è un tema che deve diventare sempre più centrale nelle agende degli imprenditori. La Commissione Pesenti stessa la pone al centro della nuova vision di Confindustria. Non deve essere percepita come un elemento di freno per la produttività, ma

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IMPRESE

3.600

IL NUMERO DI AZIENDE RAPPRESENTATE DALL’UNIONE DEGLI INDUSTRIALI E DELLE IMPRESE DI ROMA, FROSINONE, LATINA, RIETI E VITERBO

come un pieno elemento di competitività, sia dal punto di vista gestionale, nella valutazione dei costi/benefici associati agli investimenti, sia come elemento strutturale della policy stessa dell’impresa e parte integrante delle sue scelte commerciali. Così come è necessario diffondere nelle imprese la consapevolezza del valore strategico dell’investimento in conoscenza e l'importanza della formazione come componenti fondamentali della catena del valore. Non ci può essere alcun approccio innovativo e sostenibile se mancano formazione e ricerca. Occorre rilanciare la cooperazione tra imprese e università e aumentare la capacità di trasferire competenze professionalizzanti dell’istruzione superiore». Ingranaggio centrale che fa muovere gli altri due è sicuramente l’investimento in infrastrutture fisiche e digitali. «Accorciare i tempi, colmare le distanze, consentire lo scambio in tempo reale di conoscenze e informazioni in rete, una pubblica am-

ministrazione semplificata, sono i presupposti necessari perché si realizzino questi primari elementi di rilancio. Solo una regione con infrastrutture moderne può favorire un sistema imprenditoriale sostenibile e knowledge intensive». Da quali fattori dipende l’effettiva ripresa del Paese? «Non so se si possa ancora parlare di ripresa, quanto di ripartenza o di ricostruzione di un’economia che dal 2000 a oggi ha perso più di 9 punti percentuali di Pil. Per ripartire all’Italia servono innanzitutto stabilità politica e riforme da mettere in cantiere subito, senza discussioni e ritardi. La crisi economica italiana è stata una crisi del manifatturiero, in un Paese che non ha saputo tutelare la ricchezza prodotta dall’industria e che, tuttora, fatica a individuare i percorsi per mantenere le attività sul territorio e per sostenere e riconvertire le aree in difficoltà. Da qui bisogna ripartire, con un nuovo approccio,


Maurizio Stirpe

EXPORT

+15,1%

L’AUMENTO DELLE VENDITE ESTERE DEI 3 POLI TECNOLOGICI LAZIALI (AERONAUTICO, ICT E FARMACEUTICO) NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2013. SPICCA LA PERFORMANCE DEL FARMACEUTICO (+19,7%) RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DEL 2012

Serve una vera riforma del mercato del lavoro. Il 41,6 per cento di disoccupazione giovanile non è più un dato preoccupante, ma una bomba a orologeria

che valorizzi e attragga le attività di impresa. Poi si devono ridurre i costi della Pa e della politica, a partire dalle imprese partecipate dallo Stato e dagli enti locali: quasi il 60 per cento di queste non produce servizi pubblici. Il ministro Saccomanni ha di recente parlato di risparmi pari a due punti di Pil in tre anni - 32 miliardi di euro - grazie alla spending review. Queste sono le cifre che ci aspettiamo». Sono questi i nemici numero uno del Paese? «È urgente tagliare lacci e lacciuoli:

in Italia la burocrazia costa 5 miliardi al sistema delle imprese. Non è più tempo di bizantinismi e opacità; abbiamo bisogno di agilità e trasparenza. Occorre lavorare con decisione al recupero dell’evasione fiscale per ricavare risorse necessarie a una riduzione sensibile del sistema di imposizione sulle imprese e sui lavoratori, chiudendo la stagione dei condoni periodici e delle oscillazioni nella determinazione delle sanzioni. E, ultima, ma di certo non per importanza, è la disoccupazione. Serve una vera riforma del mercato

del lavoro. Il 41,6 per cento di disoccupazione giovanile non è più un dato preoccupante, ma una bomba a orologeria. In Spagna, a fronte dei devastanti effetti della crisi economica, sono stati forniti alle imprese nuovi e più incisivi strumenti di flessibilità, indispensabili a salvaguardare la sopravvivenza dell’impresa, e, con essa, dei posti di lavoro. I dati sulla crescita del Pil in Spagna, migliori dei nostri, già evidenziano che è questa la riforma su cui lavorare senza ulteriori attese e incertezze». LAZIO 2014 • DOSSIER • 19


STRATEGIE

Opporsi alla malaburocrazia Ridurre le norme esistenti, migliorandone qualità, trasparenza e applicazione pratica. Il tema della semplificazione amministrativa è per Confindustria cruciale per rimettere in moto il sistema Italia Leonardo Testi

Italia è un Paese da anni ostaggio di una burocrazia soffocante, che assorbe le energie vitali di imprese e cittadini». Non ha timore il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi a scagliarsi contro la complicazione burocratica, identificata come una delle principali cause del gap competitivo dell’Italia. Squinzi, che vive la burocrazia come «uno svantaggio pesante» ogni giorno sulla sua pelle di imprenditore, è tornato sul tema della semplificazione legislativa e amministrativa il 4 febbraio scorso, nel corso di un’audizione presso la Commissione bicamerale per la semplificazione. Rendere chiare norme e procedure, abolire inutili passaggi, accelerare iter autorizzativi sono azioni promesse, da sempre, a parole e mai tradotte in atti concreti. «Affrontare il tema della semplificazione oggi – ha evidenziato il leader degli industriali – significa riprogrammare le politiche pubbliche, ripartendo dalla centralità dell’impresa e creando le condizioni per valorizzare le nostre capacità di lavorare e produrre, così da rilanciare crescita e occupazione». Se la ricostruzione di una solida base industriale è una priorità per

«L’

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Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria

il nostro Paese, alleggerire il compito di chi fa impresa diventa allora un’indispensabile pratica operativa. Pratica che necessita, prima di tutto, di un cambiamento di natura legislativa. «Negli ultimi anni la semplificazione è diventata un mantra per qualsiasi governo. Tutti i leader politici si sono esercitati nell’immaginare soluzioni, spesso ispirati da slogan miracolistici come “burocrazia zero”». Questi impegni non hanno però prodotto i risultati attesi. «Dal 2008 a oggi non è stata attuata in via amministrativa nessunadelle svariate disposizioni che dovevano portare al risultato della burocrazia zero».

Un esempio portato dal presidente di Confindustria è stato quello degli Sportelli unici delle attività produttive, creati in quasi tutti i Comuni ma non efficaci rispetto alla funzione per la quale sono stati istituiti: gestire in modo integrale e coordinato i processi di interesse delle imprese. Squinzi ha puntato il dito contro «la corsa alle norme» che non porta «a un quadro chiaro di regole volte a consentire il libero esplicarsi delle attività, ma un insieme di prescrizioni che generano ostacoli e incertezze». Un settore emblematico è quello ambientale, dove l’Italia sconta procedimenti più lunghi rispetto ad altri Paesi nella concessione delle autorizza-


La ricetta di Confindustria

zioni integrate ambientali. Non è solo la quantità delle norme, ma anche la loro qualità a penalizzare il Paese: le leggi italiane sono caratterizzate da mancanza di trasparenza e di coordinamento. La ricetta del numero uno di via dell’Astronomia punta a ridurre la legislazione esistente, migliorandone la qualità. Innanzitutto, «la regolazione dovrebbe essere preceduta da un’analisi attenta sulla sua effettiva necessità». In definitiva, i benefici devono essere superiori ai costi di applicazione di una normativa. Occorre poi che «le norme siano scritte e diffuse in modo da garantire la certezza del diritto, riducendo gli oneri burocratici nei settori più critici per chi fa im-

presa: lavoro e previdenza, salute e sicurezza sul lavoro, infrastrutture, beni culturali, ambiente, appalti, fisco». Il decreto “del fare” è un buon punto di partenza, ha sottolineato Squinzi, ma occorre fare molto di più. Un nodo ulteriore è rappresentato dall’applicazione delle norme e della gestione dei procedimenti. «I numerosi intralci che oggi incontra l’attività impren-

L’Italia è un Paese ormai da anni ostaggio di una burocrazia soffocante che assorbe le energie vitali di imprese e cittadini

ditoriale, dipendono anche da una profonda crisi dei meccanismi decisionali, effetto in gran parte di un’architettura istituzionale inadeguata». La riforma del Titolo V della Costituzione è, dunque, un passaggio fondamentale per l’associazione confindustriale nell’ottica di migliorare il rapporto tra pubblica amministrazione e imprese. Un tema, quest’ultimo, in discussione da anni e che richiede, secondo Squinzi, «profondi cambiamenti organizzativi e procedimentali». La riduzione del numero degli enti e una più efficiente attribuzione delle funzioni vanno accompagnate dall’introduzione effettiva dell’e-government, da una standardizzazione procedurale sul territorio nazionale e dall’iniezione di una cultura della semplificazione nella prassi quotidiana delle amministrazioni pubbliche. «Dalla semplificazione del quadro normativo, da rapporti più snelli e collaborativi tra privati e Pa e da prassi meno ostili passerà il recupero di fiducia nei confronti delle istituzioni. Senza questo recupero – ha concluso il leader degli industriali – il rischio di vedere incrinarsi il tessuto economico e sociale del Paese è concreto. È un rischio che non possiamo permetterci». LAZIO 2014 • DOSSIER • 21


STRATEGIE

Una buona politica economica Fisco, credito, lavoro e burocrazia. Sono i fattori su cui si gioca la partita della competitività e, quindi, del futuro del Paese. L’analisi di Marco Venturi, presidente di Confesercenti e Rete Imprese Italia Francesca Druidi

è chi parla di uscita dal tunnel, ma da Bruxelles arrivano segnali che invitano alla cautela. Il presidente della Commissione europea Barroso dichiara che l’Ue è uscita dalla fase recessiva ma non ancora dalla crisi, a causa dell’elevata disoccupazione e della mancanza di risorse a disposizione delle pmi per la crescita e gli investimenti. Dello stesso avviso è il presidente della Bce Mario Draghi, che reputa prematuro cantar vittoria sulla congiuntura negativa che ha attanagliato per anni il Vecchio Continente. In Italia, i nodi del lavoro e della pressione fiscale rischiano di restare ancora sciolti per molti mesi del 2014 e di prolungare, quindi, i loro effetti sulle imprese, già stremate da forti criticità, producendo un ulteriore impoverimento delle famiglie e del tessuto produttivo. Il mondo dell’impresa diffusa, dell’artigianato e del terziario di mercato è determinato a far sentire la propria voce ed esprimere il disagio per le condizioni di pesante incertezza in cui è costretto a operare. Nello specifico Rete Imprese Italia, l’associazione che unisce le cinque principali organizzazioni di rappresentanza delle pmi italiane (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti,

C’

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Marco Venturi, primo a sinistra, numero uno di Confesercenti e attuale presidente portavoce di Rete Imprese Italia

complessivamente circa 2,5 milioni di imprese) intende avanzare concrete proposte di rapida attuazione, in grado di imprimere una decisa accelerazione alla definizione di una politica economica più efficace e stringente per il nostro Paese. La mobilitazione generale realizzata sotto lo slogan “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro” costituisce un segnale emblematico in questo senso. Marco Venturi, numero uno di Confesercenti e presidente portavoce di turno di Rete Imprese Italia, non si limita a commentare la situa-

zione attuale, ma si concentra sugli elementi indispensabili per un effettivo cambiamento economico e sociale. Quali sono i lacci che oggi più che mai limitano e frenano il tessuto produttivo del Paese? «Fisco troppo esoso, burocrazia insostenibile, credito sempre più scarso veniamo da 24 mesi consecutivi di contrazione - e tariffe locali in continua ascesa. Un contesto che non permette alle piccole e medie imprese, che valgono oltre il 62 per cento del nostro Pil e più del 58 per cento del-


Marco Venturi

65°

30 mld

LA POSIZIONE OCCUPATA DALL’ITALIA SU 189 PAESI NELLA GRADUATORIA ANNUALE DELLA BANCA MONDIALE SUL FARE IMPRESA

l’occupazione, di ripartire. Per questo abbiamo deciso di mobilitarci, portando a Roma, per la prima volta nella storia della Repubblica, decine di migliaia di imprenditori del commercio, dei servizi e dell’artigianato. Servono fatti concreti, subito, per rilanciare l’economia e uscire finalmente da questa crisi troppo lunga. I temi economici devono tornare in cima all’agenda della politica perché la crisi non è ancora finita». Rete Imprese Italia non è rimasta pienamente soddisfatta della legge di stabilità. Cosa soprattutto non va nel provvedimento? «Ci attendevamo uno sforzo coraggioso per rimettere in moto investimenti e consumi e, con essi, il mercato interno italiano ancora al palo. L’Italia ha bisogno di un cambio di passo deciso, di interventi quantitativamente rilevanti e effi-

IL COSTO DELLA BUROCRAZIA PER LE IMPRESE ITALIANE, PARI A CIRCA A DUE PUNTI PERCENTUALE DI PIL

caci. Abbiamo apprezzato alcuni sforzi in direzione delle imprese: tra i provvedimenti che vengono incontro al mondo produttivo, rientrano la proroga delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica, oltre alla riduzione delle tariffe Inail. Ma sono stati piccoli interventi che non hanno sciolto i nodi di fondo che avevamo segnalato, dal credito - dove non abbiamo apprezzato la soluzione prevista per la patrimonializzazione dei Confidi - alla semplificazione. Sul cuneo fiscale si è arrivati a un mini-taglio che non avrà effetti benefici. Anche il fondo “taglia tasse”, che dovrebbe servire a diminuire una pressione fiscale che anche gli osservatori internazionali ritengono essere eccessiva, è rimasto un oggetto misterioso».

Quali sono le misure più urgenti per una reale svolta di politica economica? «Dobbiamo intervenire subito sul credito, perché il credit crunch sta uccidendo il tessuto imprenditoriale. Esso va fluidificato attraverso un potenziamento dei Confidi e del fondo di garanzia per le pmi e l’incentivazione all’uso di forme di finanziamento alternative, dai minibond al finanziamento in crowdsourcing per le pmi. Allo stesso modo è urgente agire sul costo del lavoro con un vero taglio e sulla semplificazione dell’apprendistato, introducendo norme di maggior chiarezza e prevedendo incentivi alle assunzioni. Ma al Paese serve anche una riforma del fisco complessiva che avvii la transizione da un sistema oppressivo a uno che premi lo sviluppo, innanzitutto attraverso la riduzione immediata del ca- LAZIO 2014 • DOSSIER • 23


STRATEGIE

Fisco troppo esoso, burocrazia insostenibile, ma anche un credito sempre più scarso e tariffe locali in continua ascesa

rico su lavoro, imprese, famiglie e liberare quel capitale di fiducia e nostante le promesse. Non sorprende, energia». Rimettere in moto investimenti e consumi. Quali sono gli ostacoli da rimuovere in questo senso? «Su investimenti e consumi, oltre al credito e alle troppe imposte - esemplare, da questo punto di vista, l’aumento dell’aliquota Iva, che ha schiacciato ancora di più i consumi in una fase recessiva - pesa anche l’incertezza normativa: bisogna evitare confusioni intollerabili, come quelle che si sono verificate ultimamente su Imu e tariffe. Un sistema che dà maggiori garanzie, unito a una diminuzione dei gravami che pesano su imprese e famiglie, ci permetterà di 24 • DOSSIER • LAZIO 2014

quelle risorse necessarie per far ripartire investimenti e domanda interna». Quali proposte di rapida e concreta attuazione Rete Imprese Italia mette sul tavolo per rilanciare il sistema Paese? «Innanzitutto, la soluzione definitiva del problema dei pagamenti della pubblica amministrazione; insistiamo sulla compensazione secca e diretta tra debiti della Pa verso le imprese e debiti fiscali e contributivi delle imprese. È una vergogna che ancora non siano stati saldati completamente: lo Stato pretende, giustamente, da noi, ma non sembra in grado di sciogliere questo nodo, no-

dunque, l’apertura della procedura di infrazione europea. Ma dobbiamo spingere sul fronte della semplificazione: la nostra economia è anche bloccata dalla lentezza e farraginosità delle norme e della burocrazia. I 30 miliardi l’anno di costi sostenuti dalle pmi per la burocrazia potrebbero diminuire di quasi 9 miliardi, se venissero effettivamente attuati i provvedimenti di semplificazione varati negli ultimi 5 anni. Chiediamo interventi precisi, che possono essere messi in atto subito. Noi saremo aperti al dialogo, ma incalzanti: abbiamo bisogno di fatti concreti ora o non ripartiremo mai».


Angelo Camilli

Tempi rapidi per i pagamenti Ripianare i crediti commerciali delle imprese e riorganizzare la filiera della garanzia. Punti chiave per restituire competitività all’industria laziale e che oggi, a poco a poco, cominciano a trovare risposta. Lo spiega Angelo Camilli Giacomo Govoni

egolare i conti con un passato e un presente segnato dalle criticità finanziare per riaffermare al più presto il proprio valore. È la partita che, stando ai dati sul terzo trimestre 2013 elaborati da Unioncamere Lazio, l’industria regionale si mostra ben intenzionata a giocare. A fronte

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di un 63 per cento che dichiara di disporre di scarsa liquidità, sale al 10 per cento la percentuale di imprese che ha acquistato nuovi impianti, macchinari e attrezzature e al 43 per cento quelle che nutrono buone aspettative per il futuro. Tuttavia, osserva Angelo Camilli, presidente della Piccola industria e vicepresi-

Angelo Camilli, presidente del comitato Piccola industria di Unindustria Roma, Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo

dente con delega credito e finanza di Unindustria, «meno di una realtà laziale su 10 dichiara un andamento positivo dell’attività. Questo perché i tempi di erogazione delle banche sono peggiorati e vi è una maggior attenzione nella richiesta di garanzie alle imprese, incapaci pertanto di pianificare investimenti». La bassa disponibilità di denaro corrente è uno degli elementi che zavorra il rilancio del sistema produttivo. Qual è l’odierno quadro regionale sotto questo aspetto? «Il sistema economico laziale continua a essere alle prese con il calo dei volumi di produzione, aggravata dalla carenza di liquidità legata sia ai pagamenti da parte della pubblica amministrazione sia nei rapporti fra privati. Se non si ripristina una regolarità in questo senso, la situazione finanziaria delle nostre realtà produttive viene sempre più pregiudicata. A questo si affianca una dinamica degli impieghi bancari nei confronti del sistema produttivo che fra il 2012 e il 2013 ha subìto un ulteriore rallentamento, soprattutto verso le pmi». In quali settori le pmi avvertono maggiormente la stretta creditizia? LAZIO 2014 • DOSSIER • 25


STRATEGIE

«I settori più in crisi sono l’edile e il sottoscritto un protocollo con Abi manifatturiero. Entrambi sono visti come comparti ad altissimo rischio e il circuito del credito tende a non finanziarli. Anche servizi e trasporti sono in difficoltà. Tengono i servizi ad alto contenuto tecnologico, anche se dal 2012 si sono registrate le prime battute d’arresto. Ad andare un po’ meglio sono gli operatori del turismo, per via dei flussi in aumento negli ultimi anni, e quelle aziende, ancora in percentuale molto bassa, che sono riuscite a penetrare nei mercati esteri. Peccato che le esportazioni in Italia siano fatte per l’85 per cento da imprese manifatturiere, mentre nella nostra regione prevalgono settori quali i trasporti, commercio, I&T e servizi professionali che prima di guardare fuori hanno bisogno di consolidarsi sul mercato interno». Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a un’azione congiunta delle istituzioni locali per anticipare alle imprese i debiti della pubblica amministrazione. Quali effetti positivi ha prodotto finora? «Sul fronte dei pagamenti, la nostra Regione si è mossa rapidamente non appena è stato approvato il decreto 35/2013. Importanti le cifre messe in campo, per un totale di 8,3 miliardi di euro, che di qui a fine 2014 andranno a coprire i crediti commerciali vantati dalle imprese sia nel settore sanitario che non. In base ai dati aggiornati a fine gennaio, sono stati già effettuati versamenti diretti e trasferimenti verso gli enti locali o aziende controllate per circa 3,8 miliardi». A fine novembre la Regione ha 26 • DOSSIER • LAZIO 2014

di tre miliardi di euro. Come sta procedendo? «Questo protocollo è nato con l’intento di garantire sostegno alle imprese, superando i vincoli del patto di stabilità. Purtroppo i tempi si stanno un po’ allungando e il protocollo non è ancora operativo, ma siamo fiduciosi che l’iniziativa possa partire a breve. Di fatto comunque, dei 12,5 miliardi di debito pregresso che l’ente regionale aveva accumulato, ora ne mancano all’appello circa 4. E poi c’è il tema dei pagamenti correnti, su cui non solo il Lazio ma l’Italia deve adeguarsi cominciando a pagare i fornitori a 30 o massimo 60 giorni per la sanità.

Su questo fronte, la Regione si sta muovendo con l’obiettivo dichiarato di passare dai 250 giorni di giugno 2013 a 120 entro fine 2014 e a 60 a giugno 2015. Dal canto nostro monitoreremo perché questi provvedimenti abbiano un reale impatto sul territorio». Anche voi avete avanzato proposte alla Regione per destinare fondi per le imprese. Quali hanno tro-

Il ritardo dei pagamenti correnti è un tema su cui non solo il Lazio ma tutta l’Italia deve progredire


Angelo Camilli

CREDITO

31%

LA PERCENTUALE DI IMPRESE LAZIALI CHE STANDO AL REPORT SUL TERZO TRIMESTRE 2013 DI UNIONCAMERE DENUNCIA CONFLITTI COL SISTEMA BANCARIO

RISORSE

8,3 mld

LA CIFRA COMPLESSIVA STANZIATA A LIVELLO REGIONALE PER RAFFORZARE LA STRUTTURA PATRIMONIALE DELLE IMPRESE LAZIALI ENTRO FINE 2014

vato accoglienza? «Fin dalla precedente giunta avevamo chiesto la riorganizzazione della cosiddetta filiera della garanzia. I provvedimenti più importanti sono già stati presi nel 2013: accesso diretto da parte delle imprese al fondo centrale di garanzia e la creazione di una sezione speciale regionale, presso la quale la Regione ha destinato 30 milioni di euro da sommarsi ai 30 del fondo centrale. Sessanta milioni complessivi che garantiscono le imprese presso le banche per 500-600 milioni». Altre azioni messe in moto? «È in corso una politica di rafforzamento dei confidi, massimi conoscitori del territorio, specie dei 107 vigilati dalla Banca d’Italia. Ci auguriamo che la Regione li sostenga, spingendoli a un consolidamento patrimoniale e gestionale. A questo va aggiunto la riorganizza-

zione delle agenzie regionali, con l’accorpamento già deliberato in un’unica agenzia, comprese Banca Impresa Lazio e Unionfidi. Questa misura consente una maggior razionalizzazione nel trattare il tema del credito, ma anche degli strumenti di finanziamento alle pmi». Sul tema dei fondi europei, invece, come vi siete spesi? «Chiedendo alla Regione la creazione di un’unità organizzativa per gestire i fondi strutturali, al fine di sopperire al ritardo delle erogazioni. In effetti con la giunta attuale è stata istituita una cabina di regia a livello di assessorato al bilancio ed è stato fatto un lavoro di recupero dei fondi che rischiavano di andare perduti. Inoltre abbiamo salutato con favore la recente apertura di una linea di credito per 125 milioni di euro con le risorse della Banca europea degli investimenti, ai quali se ne aggiungeranno

altri 125 provenienti dal sistema bancario». Oltre a informare le imprese territoriali dei nuovi strumenti di credito, quali meccanismi operativi state mettendo a punto per renderli fruibili? «Su questo fronte come Unindustria ad aprile scorso abbiamo creato un’area credito e finanza interna, con l’obiettivo di dare assistenza e servizi alle imprese associate attraverso professionisti capaci di dialogare sia con le banche che con le istituzioni locali. Anche l’utilizzo della tecnologia sta agevolando molto le imprese nelle procedure di accesso ai fondi e la collaborazione con le banche al momento dell’istruttoria per la valutazione del merito. Sui tempi abbiamo impiantato tavoli periodici con banche e Regione per migliorare questi aspetti in termini di velocità e trasparenza di erogazione». LAZIO 2014 • DOSSIER • 27


STRATEGIE

Fondi Ue, cassaforte della crescita Modulare le progettualità secondo le linee della programmazione europea. È l’obiettivo numero uno della Regione, già intervenuta per snellire il sistema del credito. Più lento il via al piano per l’internazionalizzazione. Lo spiega Nicola Zingaretti Giacomo Govoni rimo, non perderle. Secondo, mettere a punto una programmazione efficace per sfruttare al massimo quelle in arrivo dal ciclo 2014-2020. Sono le risorse provenienti dai fondi europei la chiave di volta per «riaccendere i motori dello sviluppo regionale». Ne è convinto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che nel sottolineare come tutte le risorse nel 2013 siano state impiegate e che «neanche un euro tornerà a Bruxelles», guarda già alla prossima missione, che vale circa 3 miliardi di euro. Con quali strategie la affronterete? «Con la consapevolezza che i fondi comunitari 2014-2020 rappresentano la principale risorsa a nostra disposizione per sostenere la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione. Un’opportunità da non perdere. Il maggiore cambiamento consiste nella volontà di armonizzare la programmazione dei fondi europei con l’insieme delle politiche regionali, per evitare una dispersione in finanziamenti a pioggia che non lascia niente sui territori. Ecco perché abbiamo creato una cabina di regia che coordina il lavoro di tutti gli assessorati: i fondi possono essere diversi, ma la strategia è una sola». Come ente regionale, quante ri-

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sorse avete immesso nel sistema produttivo laziale nell’ultimo anno e attraverso quali progetti? «I progetti sono tanti, ma cito due filoni principali. L’operazione di maggior impatto è stata quella relativa ai pagamenti dei debiti alle imprese: abbiamo stretto un accordo con il precedente governo ottenendo 8,3 miliardi di euro. In questo modo, da una parte, abbiamo abbattuto il disavanzo regionale, che è passato da 12 miliardi nel 2012 a 5,5 nel 2014; dall’altra, stiamo dando un’enorme boccata d’ossigeno al sistema delle imprese e agli enti locali. L’altro grande capitolo riguarda il rilancio della programmazione dei fondi eu-

ropei. Abbiamo sbloccato e rimodulato bandi per 481 milioni di euro, dando il via alla riorganizzazione del sistema del credito e al progetto “Startup Lazio!” per sostenere la nascita di nuove imprese». A fine anno avete presentato un piano per modificare il sistema regionale di accesso al credito. In quali passaggi si snoda e che tempi prevede? «Non è solo un piano, ma un impegno concreto che ci ha portato a stanziare solo su questo comparto 315 milioni di euro in 7 mesi. Subito dopo l’insediamento, abbiamo avviato una profonda riforma degli strumenti regionali per il credito, a


Nicola Zingaretti

Abbiamo avviato una riforma degli strumenti regionali per il credito, a partire dall’assorbimento di Bil e Unionfidi all’interno di Sviluppo Lazio

partire dall’assorbimento di Bil e Unionfidi all’interno della società Sviluppo Lazio, che ci ha consentito di passare da cinque società impegnate sullo sviluppo a una sola. In particolare, la società regionale passa da gestore diretto a una funzione di indirizzo e controllo». Quali riflessi concreti avrà sull’economia territoriale? «Raggiungeremo più imprese e renderemo più trasparente l’utilizzo delle risorse. Il pilastro della riforma sarà la possibilità per le imprese del Lazio di accedere direttamente al Fondo centrale di garanzia, con la creazione di un fondo regionale di riassicurazione, al pari di quanto

Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio

fatto da altre Regioni». Uno dei freni della ripresa, come confermato dall’Ue, è la corruzione. Come si sta muovendo la Regione per contrastarla, anche alla luce delle vicende che l’hanno interessata? «Abbiamo rilanciato la centrale unica degli acquisti con la creazione di una specifica direzione regionale e con un disegno di legge ad hoc. Una scelta che porterà risparmi e trasparenza. Siamo la prima regione italiana ad avere adottato integralmente il sistema della fatturazione elettronica nei pagamenti. E nella regione delle doppie fatturazioni, questo rappresenta una vera rivoluzione. Abbiamo

approvato il primo piano triennale di prevenzione della corruzione della Regione Lazio, con l’introduzione del principio della rotazione dei dirigenti e il rafforzamento della normativa sulla trasparenza. Normativa che prevederà la pubblicazione dei curricula dei dirigenti, di tutti i contributi erogati e di tutti gli appalti assegnati insieme alla promozione e al rafforzamento dell’open data». Si attende il varo del piano strategico per l’internazionalizzazione, dato per imminente da alcuni mesi. Sul rilancio di quali settori si concentrerà? «Il piano sarà uno strumento determinante per sostenere le imprese. Era una delle nostre priorità, perché il Lazio ha enormi potenzialità sullo scacchiere globale: eccellenze nell’alta tecnologia, nella ricerca, storia e cultura, prodotti enogastronomici di qualità. Tutti beni tra i più richiesti nel mondo. Ecco perché, anche sotto il profilo finanziario, abbiamo indirizzato gli sforzi proprio sull’internazionalizzazione, prevedendo 30 milioni di euro nei prossimi anni, di cui 11,5 già nel 2014. Li destineremo alle imprese col più alto tasso di ricerca, agli imprenditori capaci di esaltare le qualità del territorio, dal turismo al cibo». LAZIO 2014 • DOSSIER • 29


STRATEGIE

Le chiavi della competitività Roma è il centro della creatività, dell’innovazione e della sostenibilità. «Elementi fondamentali - sottolinea il presidente di Unioncamere Lazio, Giancarlo Cremonesi per percorrere un sentiero di crescita e guardare al futuro con ottimismo» Renata Gualtieri

econdo il Rapporto GreenItaly 2013, presentato da Unioncamere e Symbola, il 22 per cento del totale delle imprese italiane, ovvero 328mila, ha investito tra il 2008 e il 2013 in prodotti e tecnologie che assicurano un maggior risparmio energetico o un minor impatto ambientale. Nel territorio di Roma e provincia sono 20.450 le imprese che investono nel settore green, con 3.390 nuove assunzioni stabili stimate nel 2013; cifre che pongono Roma al primo posto tra le province italiane. La scelta della sostenibilità è un investimento vincente, lo dimostra il fatto che il 17,5 per cento delle imprese che investono in ecoefficienza sono esportatrici, contro il 10 per cento di quelle che non investono. «Per tutti questi motivi - commenta Giancarlo Cremonesi, a capo dell’ente camerale capitolino - l’economia verde può rappresentare un fattore chiave per ritrovare la luce in fondo al tunnel di questa drammatica crisi, dando spazio a un nuovo modello di sviluppo, capace di rendere più competitivi tutti i settori della nostra economia, da quelli più

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maturi a quelli d’avanguardia». La sostenibilità è anche un elemento di crescita per il tessuto produttivo del territorio. Con quali progetti la Camera di commercio di Roma continuerà a stimolare il settore della green economy e la competitività delle imprese? «L’ente è molto attento al settore della green economy. Oltre a essere promotore con il Ministero dell’ambiente del Premio Impresa Ambiente, ha finanziato, e continuerà a farlo, progetti a sostegno dell’eco-

nomia verde. Non bisogna dimenticare che le aziende verdi sono quelle con una maggiore propensione all’innovazione, settore in cui la Camera di commercio di Roma è particolarmente attiva, anche attraverso strutture dedicate, come il sistema dei tecnopoli e l’azienda speciale Asset». Che importanza riveste il Premio Impresa Ambiente? E cosa si aspetta dalla VII edizione? «L’iniziativa rappresenta il più alto riconoscimento italiano per le imprese


Giancarlo Cremonesi

Il nostro territorio dispone di capitale umano qualificato, grazie alla presenza d’importanti università e centri di ricerca

Giancarlo Cremonesi, presidente di Unioncamere Lazio e della Camera di commercio di Roma

che abbiano dato un contributo innovativo, in termini di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, nello svolgimento della loro attività produttiva. Nel corso delle sue edizioni, il premio ha portato alla ribalta grandi e piccole aziende, con progetti e prodotti che hanno contribuito concretamente a migliorare l’impatto economico, sociale e ambientale del-

l’attività produttiva in Italia. Il suo successo è ben testimoniato dalla crescita costante delle candidature presentate e della qualità dei progetti. La scorsa edizione, con 196 progetti accettati, ha registrato il miglior risultato di sempre. Per la prossima ci aspettiamo un nuovo record di candidature, a testimonianza di come l’economia verde sia ormai un capo-

saldo del nostro sistema di sviluppo». Quali possono essere le scelte strategiche per promuovere lo sviluppo sostenibile e la ripresa economica della Capitale? «Rendere Roma, e tutte le altre città, sempre più a misura d’uomo, garantendo elevati livelli di qualità della vita, è una delle sfide più importanti da affrontare. Ciò implica la capacità d’integrare aspetti ambientali, economici, sociali e tecnologici in una visione di medio-lungo termine. Ciò che manca di più a Roma è proprio questa visione di lungo periodo in grado di convogliare risorse e investimenti verso uno sviluppo duraturo ed equilibrato. La nostra città sconta una serie di carenze che non riesce a risolvere: l’attuale dotazione infrastrutturale non è in linea con le altre capitali europee ed è ampiamente insufficiente rispetto alle esigenze di cittadini e imprese. Se consideriamo i nostri competitor, il gap è particolarmente evidente sul fronte della banda larga e larghissima: un ambito sul quale occorre garantire, al più presto, massicci investimenti. A LAZIO 2014 • DOSSIER • 31


STRATEGIE

20.450 LE IMPRESE CHE INVESTONO NEL SETTORE GREEN A ROMA E PROVINCIA

31.518 ADDETTI IN R&S PRESENTI NEL LAZIO, SECONDO GLI ULTIMI DATI DISPONIBILI IL 13,8 PER CENTO DEL TOTALE ITALIANO

ciò si accompagna un annoso pro- che ci consentono di essere modera- sensibilizzare i cittadini romani sul vablema di qualità dei servizi». Alla luce di ciò, ritiene che Roma abbia le carte in regola per guardare al futuro? «Oltre a contribuire alla realizzazione del singolo individuo, assieme all’innovazione la creatività è un elemento fondamentale per tornare a percorrere un sentiero di crescita. Il nostro territorio dispone di una forte dotazione di capitale umano qualificato, grazie alla presenza d’importanti università e centri di ricerca. Vanta, infatti, il secondo più alto numero in Italia di laureati annui e il più alto numero di studenti iscritti all’università. È, inoltre, sede di centri di eccellenza nella ricerca pubblica, quali il Cnr e l’Enea. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel Lazio ci sono oltre 30mila addetti nel settore R&S, il 13,8 per cento del totale italiano. Sono dati 32 • DOSSIER • LAZIO 2014

tamente ottimisti sul futuro del nostro territorio. L’ottimismo, però, da solo non basta, soprattutto considerando l’attuale condizione dei giovani e l’insostenibile livello della disoccupazione che li colpisce. Le istituzioni hanno il dovere di assicurare il massimo sostegno al sistema produttivo. Su questo fronte l’impegno della Camera di commercio di Roma non mancherà mai». Acea, di cui è presidente, e Eataly hanno firmato un accordo per la valorizzazione dell’acqua di Roma. Qual è lo scopo del protocollo d’intesa siglato e come sarà possibile coinvolgere e sensibilizzare i cittadini romani intorno al valore delle risorse idriche e dell’alimentazione di qualità? «Il protocollo, che avrà durata triennale, ha l’obiettivo di coinvolgere e

lore delle risorse idriche e dell’alimentazione di qualità e, in particolare, di promuovere l’acqua di Roma come bene primario e risorsa da valorizzare e usare in modo sostenibile. L’accordo di collaborazione prevede, per il 2014, una vasta e articolata gamma d’iniziative, rivolte principalmente ai bambini e alle famiglie: da eventi culturali e di carattere divulgativo a intere giornate dedicate all’acqua, da corsi di cucina a momenti di formazione e attività per l’educazione alimentare. La partnership con Eataly nasce su ottime basi poiché si tratta di un centro di eccellenza per i nostri prodotti agroalimentari. D’altra parte, anche l’acqua di Roma è un prodotto di eccellenza, anzi, posso affermare che è la più buona d’Italia, e ciò anche grazie al lavoro svolto quotidianamente dalla nostra azienda».


Giuseppe Roscioli

Saldi, messaggeri di ripresa In uscita da un biennio opaco, le realtà commerciali capitoline tentano di risollevarsi trainate da abbigliamento, accessori e turismo. Ma il tasso di crescita complessivo, sostiene Giuseppe Roscioli, «è ancora basso per considerarsi strutturale» Giacomo Govoni

l commercio romano porta ancora segni di sofferenza, ma comincia ad alzare la testa. Dopo la contrazione dei consumi che aveva segnato il 2012 e le perdite di fatturato anche superiori al 30 per cento toccate l’anno scorso, il report di fine 2013 stilato dalla Camera di commercio di Roma restituisce le prime note liete. A infondere fiducia in particolare è il differenziale positivo fra nuove aperture e chiusure, che colloca la capitale al terzo posto assoluto fra le province italiane. Un parametro rispetto al quale «il nostro

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territorio continua a essere trainante e in controtendenza rispetto alla media nazionale» osserva Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma. Nel complesso, cosa indica il termometro del commercio capitolino? «Superata una stagione che per alcuni comparti merceologici ha comportato la riduzione di oltre la metà delle transazioni totali, a fine dicembre l’ufficio studi di Confcommercio si è mostrato moderatamente ottimista sulla dinamica dei consumi. La caduta libera in atto dal 2007 sembra

Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma

essersi arrestata, con un +0,1 per cento rispetto a novembre e un -1,3 per cento su base annua. In Lazio nel 2013 le oltre 42mila iscrizioni hanno determinato un saldo positivo di 8.585 attività e un tasso di crescita dell’1,39 per cento. Un tasso importante, ma ancora troppo basso per parlare di un trend positivo che sia strutturale e non congiunturale». Stando alle testimonianze dei commercianti romani, il periodo dei saldi è stato comunque favorevole. Come sono andati e quali settori si sono distinti? «Sebbene sia presto per tracciare un quadro esatto, dall’osservatorio di Federmoda Roma risulta che la spesa media a famiglia si è aggirata attorno ai 300 euro, con una quota di vendite in linea con i saldi invernali del 2012. Pur avendo perso parte del significato originario, le vendite di fine stagione continuano a essere un appuntamento importante, specie nei settori di punta dell’abbigliamento, delle calzature e degli accessori, arrivando a rappresentare circa il 25 per cento del fatturato annuo di un’impresa, contro la media nazionale del 18. A Roma i saldi muovono il 6-8 per cento del giro d’affari nazionale, sti- LAZIO 2014 • DOSSIER • 33


STRATEGIE

mato intorno a 6 miliardi di euro». A frenare l’attività degli esercizi romani, tuttavia, c’è la questione del caro-affitti. «Ultimamente i rincari sono lievitati a dismisura: molti commercianti dichiarano questa come una delle prime cause di cessata attività. Basti pensare che per 100 metri quadrati a via del Corso si paga dai 25 ai 30mila euro al mese, per non parlare di via Condotti o via del Babuino. La conseguenza è che i locali commerciali disponibili in centro stanno diventando appannaggio solo di chi può permettersi affitti esorbitanti, a discapito di piccole e medie aziende e delle botteghe storiche del centro, costrette a trasferirsi altrove. Occorre pertanto trovare un equilibrio economico basato sulla riduzione della pressione fiscale, che rispetti le esigenze dei costruttori, dei proprietari di immobili e degli affittuari. Ma mi pare che una soluzione in tal senso sia ancora lontana». Tra i comparti brilla quello turistico, specie di lusso. Quali sono i turisti stranieri più appetibili e come si sta muovendo il tessuto commerciale romano per intercettarli? «A parte Usa, Giappone e la triade Spagna, Regno Unito e Germania tradizionalmente in vetta alla classifica dei visitatori di Roma - crescono i flussi dalla Russia e dalla Cina. Per intercettare questi ultimi la categoria si sta attrezzando con iniziative come il bollino per gli alberghi “China friendly”, che indicherà gli hotel con servizi studiati apposta per i turisti cinesi. Grazie all’effetto derivato dall’avere un pontefice argentino, crescono anche gli arrivi dal Sud America, mentre tra i mercati in grande sviluppo spiccano gli Emirati 34 • DOSSIER • LAZIO 2014

Durante i saldi invernali a Roma, la spesa media a famiglia si è aggirata attorno ai 300 euro

Arabi Uniti. Non a caso quest’anno il mercato ospite del workshop Art cities exchange & Med, svoltosi da poco al Palazzo dei congressi di Roma per presentare l’offerta turistica italiana agli operatori internazionali, è stato proprio quello emiratino». In una prospettiva di rilancio del commercio locale, su quali progetti solleciterete le istituzioni nei prossimi mesi? «Al di là delle questioni dell’Iva e del fisco e del farraginoso rapporto fra imprese e Pa, inasprito dai ritardi cronici dei pagamenti, il vero nodo

da sciogliere subito è la questione lavoro: la Cgil di recente ha stimato che nel Lazio nel 2013 si sono persi 36mila posti. Preoccupa la disoccupazione dei giovani tra i 24 e i 35 anni e l’aumento dei cosiddetti Neet, giovani non impegnati sul mercato del lavoro né in attività formative. Quello che i nostri amministratori devono fare, oltre a salvaguardare la sopravvivenza delle imprese, è supportarle con veri e propri piani di crescita, passando per una corretta interpretazione dei nuovi bisogni delle persone».



ROMA

Il vento freddo che sferza Marino Meno sette punti percentuali rispetto a maggio. È questo il voto dei cittadini romani a pochi mesi dal suo arrivo al Campidoglio. Non è stato un periodo fortunato, ma per risalire la china serve rivedere la strategia Teresa Bellemo

nove mesi dalla sua elezione, Ignazio Marino deve fare i conti con un calo del gradimento. A certificarlo è l’ormai consueta classifica dei primi cittadini più amati, svolta da Ipr marketing per il Sole 24 Ore. Il calo di apprezzamento sembra dipendere soprattutto da due fattori. Alle elezioni amministrative dello scorso maggio Marino ha conquistato il 63,9% dei consensi, ma è andato a votare meno del 50 per cento dei romani. Dunque, superò sì il 60 per cento, ma con una partecipazione molto bassa. Oltre a questa interpretazione, più statistica, che va comunque tenuta in considerazione, c’è anche un’interpretazione più sociologica. Durante la campagna elettorale Marino ha alzato molto le aspettative. Il motivo era chiaramente acquisire consenso, ma risolvere problemi annosi come migliorare la vita dei romani sembrava facile a tutti, anche a chi non lo ha votato. Ora invece è chiaro che non lo è, perché amministrare Roma è estremamente complesso. «La premessa “gestionale” è d’obbligo», chiosa Antonio Noto, presidente dell’istituto di sondaggi Ipr,

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52 • DOSSIER • LAZIO 2014

responsabile della classifica. «Governare Roma è un po’ come governare una piccola nazione, sia per la diAntonio Noto, direttore di Ipr Marketing mensione sia per il mix di interventi che fanno riferimento a condizioni nazionali e non solo locali». Roma peggiorare molto. È innegabile, però, meriterebbe dunque una gestione che tutti i cittadini si aspettavano che amministrativa diversa rispetto a un Marino avrebbe cambiato molto la comune di 100mila abitanti in cui, città. Si stanno solo chiedendo se oltre al sindaco, anche la squadra questo stia avvenendo». degli assessori dovrebbe essere molto Lo scandalo Atac, il buco di bipresente sul territorio, con più stru- lancio, l’enorme problema di chi è menti per risolvere i problemi. senza una casa, ora l’alluvione. Marino ha perso 7 punti percen- Quanto hanno inciso e quanto intuali. Quali sono stati, a suo avviso, cidono questi fenomeni, non streti problemi maggiori che il sindaco tamente connessi alla singola ha incontrato? responsabilità, nel giudizio del«Il primo atto è stato pedonalizzare l’operato di Marino? l’area del Colosseo. Un provvedi- «Sono le singole tematiche che inmento che ha avuto un’enorme eco sieme fanno la differenza. Ovviamediatica, che ha certamente contri- mente per alcune di queste è buito ad aumentare il suo consenso oggettivamente difficile addossare la anche se non sono mancate le pole- responsabilità a Marino. L’alluvione miche, ma che si può trasformare in di fine gennaio è frutto della speculaun boomerang. D’altra parte, miglio- zione sul territorio e della mancanza rare la qualità della vita dei romani di soldi per far fronte alla manutennon è una cosa né semplice né rapida. zione stradale e fognaria, e questo è Non bisogna dimenticare che il un problema di tutti i Comuni e non tempo che il sindaco ha avuto a di- solo di Roma. Ricordiamoci poi che sposizione è poco: in 9 mesi una solo il 10 per cento degli elettori legge grande città non può migliorare né abitualmente i giornali, dunque i cit-


Antonio Noto

Solo il 10% degli elettori legge i giornali, dunque i cittadini formano il proprio giudizio soprattutto su quello che vedono per strada

tadini formano il proprio giudizio soprattutto su quello che vedono per strada. Se per andare da un punto all’altro della città percorrendo il raccordo anulare ci s’impiega un’ora, inizia a farsi strada un giudizio negativo sull’Amministrazione Marino,

anche se era la stessa considerazione che si faceva con la vecchia amministrazione. La stessa cosa si può dire per le trafile lunghissime negli uffici pubblici per ottenere un documento o sugli autobus non efficienti. È questo che crea dissenso, gli scandali contano ma non così tanto come si crede. Il ragionamento è molto semplice, il cittadino si chiede: “Io oggi vivo meglio o peggio rispetto a un anno fa?”. Poi per

ogni città ci sono problematiche storiche, ma è naturale associare le idee». Il ruolo del sindaco, specie in una grande città, è dunque molto complesso. Per uscirne positivamente, quale strategia attuare anche sulla base del giudizio dei cittadini? «Prima parlavamo della pedonalizzazione della zona del Colosseo, un provvedimento divenuta la bandiera di quest’amministrazione col rischio che possa trasformarsi in un boomerang. Si è trattato di un vero evento mediatico e anche i cittadini ne LAZIO 2014 • DOSSIER • 53


ROMA

hanno percepito la forza. Ma quando gramma di medio termine con in- dopo l’elezione, ma non è ancora i fari si spengono, cosa succede? Quell’area è stata valorizzata, ma allo stesso tempo i romani vedono che la Stazione Termini, la Tuscolana, San Giovanni, le periferie non migliorano. A questo punto è normale che il cittadino si arrabbi e si domandi perché quest’iniziativa non è stata la prima di una serie che riguardasse anche altre aree della città, spesso più vissute dai romani di una via del centro, più turistica. In questo modo un provvedimento positivo si trasforma in qualcosa di negativo». Marino durante la sua campagna elettorale ha puntato molto sul cambiamento, giocando anche col suo non essere romano fino in fondo, quasi a dire “io le cose le vedo dall’esterno e quindi sarò più capace a eliminare quelle che non vanno”. A nove mesi dal suo arrivo in Campidoglio quali sono stati, secondo lei, i suoi errori di comunicazione? «L’errore di comunicazione è stato presentare tutti i problemi di Roma come risolvibili da subito. Se avesse presentato ai cittadini un pro54 • DOSSIER • LAZIO 2014

terventi precisi su cui intervenire, probabilmente anche i cittadini avrebbero abbassato le loro aspettative. Già il cittadino si aspetta tutto e subito dall’amministrazione, di destra o sinistra che sia, a prescindere dal tipo di problema. Probabilmente Marino non ha agito in questo modo per il timore di non essere attraente per l’elettore, invece poi è successo esattamente il contrario». Dire la verità quindi è la chiave di volta del buon amministratore? «Proporre un progetto permette ai cittadini di darsi appuntamento, ad esempio a un anno dall’elezione, per capire se gli obiettivi sono stati davvero raggiunti. Se invece si punta tutto su un breve lasso di tempo, durante il quale i cittadini non notano il cambiamento, è chiaro che sono legittimati a sentirsi delusi. Credo che l’Amministrazione Marino stia ancora vivendo una fase di incubazione, ma suggerirei di presentare un programma per la città e un timing, non è tardi per farlo. Certo, si sarebbe dovuto fare il giorno

passato un anno per cui non siamo ancora fuori tempo massimo». Quello che sembra è che i romani abbiano maturato una sorta di abitudine al potere, come qualcosa di immutabile per loro e per se stesso. Marino secondo lei può riuscire nel suo intento di cambiare davvero Roma? «In passato ci sono stati comunque dei sindaci che hanno aumentato la reputazione di Roma, oltre che la propria. Non dimentichiamoci che due degli ultimi candidati premier erano stati sindaci di Roma. Se Veltroni e Rutelli si sono candidati al governo del Paese è anche grazie al loro governo cittadino, che ha avuto un’immagine positiva anche al di fuori della città. Non penso dunque che il sindaco di Roma parta di per sé svantaggiato. Certo deve avere una strategia, ed è quello che al momento non si vede in Marino, non si capisce quale sviluppo della città vuole. Se riuscirà a ridare ai cittadini l’immagine del suo progetto per Roma allora potrà anche riconquistare la loro fiducia».


Ignazio Marino

Gli è scesa la catena Amministrare la Capitale non è un compito facile e Ignazio Marino, sindaco da poco più di nove mesi, lo deve aver compreso. Tra scandali, emergenze e buchi di bilancio la “to do list” si fa davvero corposa Luisa Accorsi

e, come nell’antica Roma, si vedesse ancora la natura come portatrice di auspici divini, quello che è accaduto lo scorso fine gennaio avrebbe ben poche interpretazioni possibili. In sole 12 ore è caduto il 15 per cento della quantità di pioggia che normalmente si riversa sulla capitale in un anno piovoso. Un’altra conferma, stavolta panteistica, che il sindaco di Roma, Ignazio Marino, è costretto a navigare a vista sin dal giorno della sua elezione. E il primo provvedimento della nuova amministrazione lo ha dimostrato. La pedonalizzazione della zona del Colosseo è stata sì salutata con favore dai cittadini romani, ma non sono mancate le polemiche, ormai una costante dell’avventura al Campidoglio del chirurgo. Non si sono fatte attendere, infatti, nemmeno nei giorni dell’alluvione, nonostante i 700 interventi della Protezione Civile, i 6mila pasti distribuiti, le 300 persone alloggiate presso strutture alternative e le 160 evacuate dagli insediamenti abusivi sulla foce dell’Aniene che stavano diventando

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Ignazio Marino, sindaco di Roma

pericolosi. Ha piovuto tanto, ma il problema è stato proprio l’abusivismo: tutte le zone alluvionate della città sono segnate dall’edilizia spontanea. Per chi ha subìto danni la giunta comunale nei giorni successivi ha infine messo a disposizione 10 milioni di euro per le misure più urgenti. Ma l’amministrazione non intende semplicemente tamponare l’emergenza, piuttosto attuare que-

gli interventi già portati avanti durante la campagna elettorale, e cioè difendere il suolo, contrastare l’abusivismo edilizio e negare i condoni nelle zone alluvionabili. Marino ne è convinto. «È chiaro che non si può correggere in pochi mesi una situazione di grave incuria e saccheggio dell’ambiente che si è protratta per decenni. Ad agosto 2013 abbiamo stanziato, recuperandoli con fatica, LAZIO 2014 • DOSSIER • 55


ROMA

350 mln LA SPESA DELLE SOCIETÀ PARTECIPATE DA GRUPPO ROMA CAPITALE, DI CUI CIRCA L’80 PER CENTO ASSORBITO DA ATAC E AMA

12.000 I DIPENDENTI DI ATAC, LA PIÙ GRANDE AZIENDA DI TRASPORTO PUBBLICO IN ITALIA

3,5 milioni di euro per intervenire trari. A dividere è stato soprattutto essere completamente funzionante sui 25mila tombini più a rischio di Roma. Si tratta solo del 5 per cento del totale, ma si deve iniziare da qualche parte». Un’emergenza che mette di fronte alla necessità di rivedere i piani d’investimento, quindi di sbloccare fondi fermi a causa del patto di stabilità. La legge prevede simili situazioni, proprio in casi del genere. Ma quando si parla di finanziamenti e di emergenza non si può dimenticare un’altra complicata grana del Comune. Un buco di bilancio di oltre 800 milioni di euro che porta con sé gli spettri del fallimento e del commissariamento, ma che in concomitanza delle vacanze natalizie pareva avere trovato un paio di toppe. La prima in Campidoglio, con una manovra di oltre 6,5 milioni di euro: l’approvazione del bilancio 2013, mai approvato ma speso dalla precedente amministrazione. La seconda, invece, a Montecitorio con il decreto “salva Roma”, naufragato poi per i molti veti con56 • DOSSIER • LAZIO 2014

l’emendamento presentato dalla senatrice Linda Lanzillotta, che obbliga Marino a mettere ordine tra le partecipate del Comune, riducendo il personale, vendendo le società che non forniscono servizi pubblici e dismettendo il patrimonio immobiliare, prima di poter ottenere nuovi fondi. Senza le norme del “salva Roma”, però, la Capitale vede l’iceberg del default. Al di là delle norme salvagente, risulta dunque necessario un vasto ripensamento del funzionamento della macchina amministrativa capitolina, già tra i punti programmatici di Marino durante la campagna elettorale della scorsa primavera. Anche a questo serve il piano elaborato dall'assessore al bilancio, Daniela Morgante. Il piano intende estendere la centrale unica degli acquisti a tutti i beni e i servizi del Comune e delle municipalizzate e potrebbe far risparmiare tra i 200 e i 260 milioni l’anno alle casse comunali. Il meccanismo dovrebbe

nel 2016, dopo la fase di rodaggio: a fine 2014 le economie di spesa oscilleranno tra i 65 e i 105 milioni, nel 2015 tra i 150 e i 195. Lo scopo è ag-


Ignazio Marino

La spending review è necessaria per riassettare quelle municipalizzate che a Roma hanno dimostrato tutta la loro potenziale inefficienza

gredire l’enorme mole di spese del Campidoglio, oltre 2 miliardi e 104 milioni, utile all’annuale funzionamento suo e della città. La novità rispetto alla centrale unica istituita da

Alemanno nel 2010 sono le dimensioni: la giunta di centrodestra l’aveva infatti applicata solo sul 15 per cento della spesa per beni e servizi (410 milioni); mentre con il piano messo a punto da Morgante si punterà a far risparmiare anche, e soprattutto, le aziende partecipate. Attualmente, infatti, le società del Gruppo Roma spendono oltre 350 milioni l’anno, di cui circa l’80 per cento assorbito da Atac e Ama. Sarà proprio l’aggregazione dei volumi di acquisto a rendere possibile il risparmio più consistente, oltre alla standardizzazione e rinegoziazione dei contratti, al controllo dei consumi e alla pianificazione della spesa. Una spending review necessaria proprio per riassettare quelle municipalizzate che a Roma hanno dimostrato tutta la loro potenziale inefficienza. Tra queste, c’è sicuramente Atac, la più grande azienda di trasporto pubblico in Italia, 12mila dipendenti e vertici strapagati, a cui la nuova giunta è riuscita a mettere un tetto di 200mila euro. Atac da anni

chiude in rosso, 2013 incluso (meno 200 milioni di euro). E poi gli scandali: prima la Parentopoli delle assunzioni facili di Alemanno, non ultima la truffa dei biglietti falsi. Ma tra le municipalizzate c’è anche Ama, l’azienda dei rifiuti che certo non se la passa troppo bene. Un buco di 1,5 miliardi di euro, 8mila dipendenti e 23 manager che percepiscono ciascuno circa 115.000 euro l’anno. Rimetterla in sesto appare complesso, a partire dallo smaltimento dei rifiuti, complicato anche dalla chiusura da parte di Marino della tanto discussa discarica di Malagrotta. La strada sembra ancora in salita, dato che Ivan Strozzi, presidente e amministratore unico dei nuovi vertici ridotti da cinque a tre e scelti dall’assessore all’Ambiente Estella Marino in base alla competenza, si è dovuto dimettere perché indagato per traffico illecito di rifiuti. Insomma, governare Roma non sembra una passeggiata sui Fori imperiali. Anche se pedonalizzati. LAZIO 2014 • DOSSIER • 57


ROMA

È vera bellezza? Un film che ha diviso critica e pubblico, anche per la sua rappresentazione di Roma e della variegata società che la anima. L’opinione della giornalista e critica Anselma Dell’Olio sulla “grande bellezza” di Paolo Sorrentino Francesca Druidi

obili decaduti, intellettuali, donne dell’alta società in crisi, alti prelati poco interessati alla dimensione spirituale. È un’umanità mediocre e votata all’apparenza quella tratteggiata da Paolo Sorrentino nel film La grande bellezza, in corsa per l’Oscar come miglior film straniero. Sono in molti a vedere nella decadenza di Roma, comunque stordente con il suo fascino architettonico e paesaggistico, una metafora del Paese. «Roma è decadente fin dai tempi dei Cesari, lo era già nella Dolce vita di Federico Fellini, che divise in maniera altrettanto accesa quando fu pre-

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sentato al festival di Cannes. Non c’è nulla di nuovo in questa percezione» racconta la critica cinematografica e scrittrice Anselma Dell’Olio che, romana di adozione, si confessa amante della Capitale: «È la città delle mie affinità elettive, quella per cui viaggiando per il mondo abbia mai avvertito nostalgia, ma non del film di Sorrentino». Cosa non l’ha convinta? «Ho guardato i primi 40 minuti del film aspettando di essere catturata dalla visione di Paolo Sorrentino, di cui ho amato i film precedenti. Dopo ho iniziato ad avvertire una profonda noia, considerando anche la durata corposa del film. La

grande bellezza mi ha indispettita prima di tutto, perché non ho creduto nemmeno per un momento al Jep Gambardella di Toni Servillo, tronfio e con l’aria di chi guarda la vita con un sopracciglio alzato. A convincermi sono stati i personaggi di Carlo Verdone (l’autore teatrale fallito Romano, ndr) e Sabrina Ferilli (la spogliarellista Ramona, ndr), che avrei voluto poter seguire di più. Riconosco la notevole abilità di Paolo Sorrentino, e soprattutto del direttore della fotografia Luca Bigazzi, ma i dialoghi mi sono parsi troppo artefatti, letterari, scolpiti nella pietra. C’è una scena, secondo me, particolarmente emblematica». Quale?


Anselma Dell’Olio

Anselma Dell’Olio, giornalista e commentatrice televisiva

«Quella della giraffa evidenzia l’autore in contemplazione di se stesso. Poteva essere un passaggio bellissimo, ma è fin troppo plateale l’obiettivo di colpire lo spettatore con la poesia dell’immagine, una caratteristica che permea un po’ tutto il film». Il quadro dell’umanità che emerge attraverso lo sguardo del giornalista mondano Jep Gambardella corrisponde a una visione realistica della società romana e dei suoi circoli di potere? «Si prenda la scena in cui Gambardella mette in luce l’ipocrisia della scrittrice cinquantenne interpretata da Galatea Ranzi, ex amante del segretario del partito grazie al quale ha pubblicato i suoi libri. Questa scena è piaciuta molto, forse perché ognuno vi ha riconosciuto la propria personale nemica. Ma pur non avendo alcun amore o simpatia per la tipologia di donna incarnata dal personaggio della Ranzi, ho trovato questa rappresentazione fin troppo compiaciuta. Nessuno si è riconosciuto, il dito è stato puntato su altri, anzi su altre. Pur condividendo l’atteggiamento verso queste donne - penso a “Se

non ora quando”, a quante si sono riempite la bocca di insulti per le donne che andavano a cena a casa di Berlusconi affiliando loro l’appellativo di prostitute, professandosi femministe - mi sono sembrate dei bersagli facili». Delle feste e dei circoli mondani cosa pensa? «Pur non essendo così festaiola, Roma la giro anche io e alcune situazioni proposte dal film certamente esistono, ma il modo in cui Sorrentino le ha volute mettere alla berlina non hanno toccato alcuna corda in me, non hanno centrato il bersaglio. Non sono stata toccata o stimolata dalla sua visione. Sono, anzi, rimasta un po’ offesa del fatto che pensasse di farla così facile. Non ho riscontrato alcuna sottigliezza nel film, alcuna percezione o illuminazione. Ho trovato, inoltre, sciatta la rappresentazione del cardinale che dispensa le ricette. Si poteva compiere uno sforzo in più di sceneggiatura. Sono stata ad alcune cene con prelati mondani e si può tranquillamente ironizzare su di loro, così come sulle istituzioni in generale, ma così? Chi può riconoscersi in quel personaggio?».

Il film è stato particolarmente apprezzato dalla critica straniera, che forse vi trova la conferma dell’immagine bella e inaffidabile che si ha dell’Italia all’estero. «Credo che l’approvazione della critica straniera sia andata alla rappresentazione di un luogo che desiderava scoprire e che ora pensa di conoscere. Chi non sa nulla di Roma, resta sbalordito di fronte alla cornice della città e si convince di averne avuto un accesso privilegiato grazie a un bravo regista. È particolarmente folcloristico affiancare alla grande bellezza della Capitale la decadenza dei personaggi. In questo forse, il film è accondiscendente verso ciò che gli stranieri pensano di sapere dell’Italia e degli italiani: gente “colorful”, stravagante e sopra le righe. Ma l’Italia è più complicata di così. Per essere completamente leali, occorre però sottolineare che spesso i film capaci di divedere così tanto sono anche quelli che restano di più e che, nel tempo, possono essere considerati delle pietre miliari. Magari accadrà anche con La grande bellezza». LAZIO 2014 • DOSSIER • 59


Foto Allucinazione

MADE IN ITALY

Promuovere la creatività Si sono da poco spente le luci sulle passerelle di Alta Roma, con 29 paesi rappresentati e 42 stilisti e designer. Roma è di nuovo protagonista grazie all’alta moda e all’arte, come racconta Adriano Franchi, direttore della manifestazione Francesca Druidi

nendo la tradizione artigianale e il patrimonio degli storici couturier della Capitale con la vocazione all’innovazione, Alta Roma si conferma una manifestazione incubatrice di nuovi talenti e punto di riferimento per i buyer alla ricerca di nuove tendenze, nonché ulteriore catalizzatore di interesse mediatico verso Roma. Lo sottolinea il direttore generale di Altaroma, Adriano Franchi. Quale bilancio può trarre, in termini di contenuti e di capacità attrattiva, dell’edizione 2014 svoltasi a gennaio? «Il bilancio è molto positivo. Tra i nostri obiettivi principali, c’era quello prioritario di costruire un contenitore fondato sulla multidisciplinarietà creativa e culturale. Far con-

U Sopra, sfilata del marchio Quattromani in occasione di AltaRoma

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vivere le maison storiche insieme alle piccole e medie imprese dal cuore artigianale, rappresenta quel ponte tra passato e futuro, creato per aiutare i giovani creativi a trovare una loro strada e ad aprire nuove occasioni lavorative alle generazioni che attualmente si affacciano al mondo del lavoro. Grazie alla sperimentazione, alla costruzione di nuovi progetti, ai modi alternativi di fare e portare business in una città pronta a sostenere il settore moda, il suo futuro e l’economia del Paese, Roma si è offerta come ispirazione e palcoscenico di un gruppo sempre più folto di designer in cerca di visibilità, concretezza e sostegno. Sono state molte le nuove location aperte alla moda e al pubblico incuriosito e ai sempre più numerosi addetti ai


Adriano Franchi

lavori. Hanno destato stupore e fatto da sfondo a nuovi linguaggi comunicativi per rendere Roma, ancora una volta, protagonista attraverso l’alta moda, l’arte, l’artigianato e i giovani talenti». Qual è lo stato di salute del sistema moda, guardando in particolar modo allo sviluppo oltre confine? «I macro dati ci dicono che, per quanto i numeri delle aziende si riducano, vi è un consistente aumento in termini di esportazioni. Evidentemente il prodotto che offrono è interessante per il mercato. Altaroma si occupa prevalentemente di giovani talenti con una forte connotazione artigianale e di nuovi artigiani nel senso più esteso del termine, che rappresentano circa il 70 per cento delle imprese che producono moda sul territorio laziale. Si tratta in prevalenza di ditte individuali o di imprese con meno di dieci dipendenti. Prendendo come campione le centinaia di designer, artigiani e creativi che hanno preso parte alle ultime fashion week capitoline, possiamo affermare che la loro presenza sui magazine e nei più qualificati punti vendita - soprattutto internazionali - è crescente. Aggiungerei che l’incremento della presenza di buyer in cerca di tutti quei prodotti che Altaroma promuove, rappresenta ancor di più un dato positivo che attesta una nuova capacità trainante della manifestazione anche in termini commerciali».

Adriano Franchi, direttore generale di Altaroma

La manifestazione si integra con altri linguaggi per dare vita a eventi collaterali che si svolgono nella Capitale. In che misura la moda è un asset strategico per il territorio e la sua promozione dal punto di vista turistico? «Il tipo di eventi moda che proponiamo si traduce in un grande volano in termini di turismo “esperienziale”. Pensiamo, inoltre, ai nuovi linguaggi comunicativi come i blog, i social network, tra cui Instagram e Pinterest, che rimbalzando in rete moltiplicano immagini e messaggi in modo virtuoso. Va evidenziato il costante aumento delle partecipazioni dei rappresentanti di questi nuovi media, molti tra i quali veri e propri opinion maker che, trasmettendo commenti e foto al loro numerosissimo pubblico, creano curiosità e appeal per un turismo di qualità». In questo scenario, qual è il ruolo giocato da Altaroma? «Altaroma è ormai considerata un’innovativa piattaforma nazionale e internazionale di promozione della creatività a tutto tondo, dove le diverse identità del territorio convivono, diventando attraenti per una platea sempre più ampia di addetti ai lavori e non. Se prendiamo, ad esempio, l’edizione appena conclusa, alla quale hanno preso parte due tra i più importanti blogger della moda e dello stile, non possiamo non renderci conto di quanto, attraverso i loro post, essi abbiano reso visitabili e fruibili da migliaia di follower le autentiche bellezze di Roma. Uno strumento nuovo, più efficace e meno costoso, per esportare l’immenso bacino e vivaio creativo che trova una sua identità a Roma». LAZIO 2014 • DOSSIER • 73


MERCATO DEL LAVORO

Occorre più semplificazione Abolire la complessità normativa e allentare la morsa fiscale sulle imprese sono interventi che potrebbero far ripartire il Paese. Per Michele Tiraboschi è necessario però anche il rilancio dell’economia e degli investimenti delle imprese Nicolò Mulas Marcello are una risposta a quel 41,6% di giovani tra i 15 e i 24 anni che chiedono un posto e non lo trovano è una delle priorità su cui occorre urgentemente focalizzare l’attenzione. La riforma Fornero ha lasciato diverse zone d’ombra e una vera alternativa non è ancora stata concretizzata. A metà gennaio Matteo Renzi ha svelato le linee guida del Jobs Act che, secondo le intenzioni, dovrebbe debellare la precarietà senza però rinunciare alla flessibilità. «Un processo di semplificazione – spiega Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia – è sempre più urgente e proprio a tal fine abbiamo iniziato un lavoro con i ricercatori di Adapt e Pietro Ichino in questa direzione». Da qualche mese si parla nuovamente di riformare il mercato, sono state diffuse le linee guida ma non c’è ancora niente di concreto. Quali sono a suo avviso i punti su cui occorre un intervento urgente? «L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è uno

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sconvolgimento normativo che causerebbe ancora più incertezza sia nei lavoratori che nelle imprese. È necessario invece intervenire su aspetti specifici del mercato, iniziando soprattutto a utilizzare pienamente le leggi già vigenti. Penso per esempio al contratto di apprendistato, identificato dalla riforma Fornero come il principale canale di accesso al mondo del lavoro. Questo contratto oggi è fortemente ostacolato, sia da un pregiudizio culturale, che vuole separare lavoro e formazione, sia dalle ultime normative sui tirocini. Una seconda urgenza non più rinviabile, e il recente caso Electrolux lo dimostra, è quella di muoversi nella direzione della contrattazione decentrata, applicando pienamente quanto già previsto dall’art. 8 del dl 138/2011, cioè un sistema di regole adattabili alle peculiarità di ogni singolo caso aziendale». La forte pressione fiscale sulle imprese è davvero il primo motivo della fase di stallo nelle assunzioni o ci sono altri fattori che determinano questa situazione?


Michele Tiraboschi

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È innegabile che l’elevato costo del lavoro porti un imprenditore a dissuadersi dall’idea di assumere nuovo personale

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Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia

556 I CENTRI PER L’IMPIEGO IN ITALIA CHE DANNO LAVORO SOLO AL 3,7% DEI RICHIEDENTI

«È innegabile che l’elevato costo del lavoro porti un imprenditore a dissuadersi dall’idea di assumere nuovo personale. A ciò bisogna aggiungere il fatto che la congiuntura economica, ed è sotto gli occhi di tutti, non consente spesso nuovi investimenti. Tuttavia i fattori economici non sono gli unici a influire nello stallo delle assunzioni. Ad esempio, la grande complessità normativa che rende difficile agli imprenditori orientarsi nel labirinto della burocrazia e che, allo stesso modo, scontenta i lavoratori. Per questo motivo un processo di semplificazione è sempre più urgente». Ci sono modelli europei che secondo lei sarebbero da prendere come esempio per una riforma del lavoro concreta? «Non esiste un sistema perfetto da copiare a lucido. Anche perché il nostro tessuto imprenditoriale e sindacale ha una struttura tutta italiana molto differente da quella di altre nazioni europee. Detto questo la comparazione tra le diverse normative è essenziale e, nel far questo, dobbiamo concentrarci sui singoli aspetti. Ad esempio, il sistema duale tedesco di formazione professionale è un modello cui guardare, ma tentando di immaginarlo nel tessuto educativo e

+10%

Fonte: dati Istat

L’AUMENTO DEI DISOCCUPATI A DICEMBRE 2013, +293 MILA RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

imprenditoriale italiano, non come modello da copiare integralmente. Lo stesso vale per il modello di flexecurity presente in Svezia e Danimarca. In esso l’elemento centrale è la massiccia spesa pubblica, caratteristica che non lo rende replicabile in Italia, ma possiamo ispirarci per iniziare a scommettere sulle politiche attive, anche alla luce della grande occasione rappresentata dal piano “Garanzia giovani”». Il Jobs Act può fare ripartire davvero il mercato del lavoro? «Renzi stesso, nel presentare il Job Act, ha detto che il mercato del lavoro riparte in primo luogo se si rilanciano l’economia e gli investimenti delle imprese. Questo è il punto fondamentale: non è saggio pensare che modifiche normative siano il motore per la ripartenza del mercato del lavoro. Un ulteriore aspetto positivo del piano è quello di aver rilanciato nel dibattito politico il tema del lavoro (pensiamo alle proposte che sono seguite a nome di Ncd, Scelta Civica e Lega). Su questo mi auguro però che le proposte avanzate ormai diverse settimane fa non finiscano nel dimenticatoio, come sembra, ma che a esse segua presto una bozza dettagliata sulla quale discutere». LAZIO 2014 • DOSSIER • 79


MERCATO DEL LAVORO

Semplificare le norme per tornare a crescere Nonostante la ripresa economica mondiale sia iniziata, in Italia gli effetti sono ancora timidi. Le riforme del settore, per Claudio Lucifora, sono il presupposto per avere una crescita economica che porti anche occupazione Nicolò Mulas Marcello na delle principali proposte di cui si sta parlando in queste settimane in tema di lavoro riguarda l’abolizione di tutte le forme contrattuali, a parte quella del contratto a tempo indeterminato. Un contratto però che prevede una possibilità di licenziamento meno limitata. «È presto per dare una valutazione o per trarre un sospiro di sollievo - spiega Claudio Lucifora, presidente dell’Associazione italiana degli economisti del lavoro - la genericità delle proposte e il lungo iter che sarà necessario per l’implementazione della riforma stessa non consente di nutrire un eccessivo ottimismo». Dal suo punto di vista quali sono le modifiche urgenti che andrebbero fatte a livello normativo? «La necessità di semplificare la mole e la dispersione della normativa giuslavoristica non è una novità, già in passato alcuni governi avevano inserito tale obiettivo nei loro programmi. L’esigenza è ben presente non solo agli addetti ai lavori (giudici, avvocati e consulenti del lavoro) ma anche ai milioni di la-

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80 • DOSSIER • LAZIO 2014

voratori e imprenditori che quotidianamente si confrontano con tali norme. Tuttavia l’esperienza passata non lascia ben sperare, interventi di semplificazione si sono spesso rivelati disorganici, confusi e spesso troppo generici, con sovrapposizioni a norme non abrogate, da richiedere ulteriori regolamenti interpretativi e attuativi tali da complicare ulteriormente il quadro. In Parlamento sono già depositati alcuni disegni di legge che propongono interventi di semplificazione delle norme e che potrebbero costituire una base di partenza per gli interventi di semplificazione. Non c’è dubbio tuttavia che il nostro ordinamento dovrebbe armonizzarsi il più possibile a uno standard europeo, per facilitare la mobilità dei lavoratori e gli investimenti di imprese estere nel nostro paese». Quali sono stati i limiti più evidenti della riforma Fornero? «È difficile dare una valutazione della riforma del lavoro introdotta dall’ex ministro Fornero, sia perché è ancora relativamente recente, sia perché non sono disponibili dati statistici che consentano una valutazione rigorosa dei suoi effetti. A tal proposito, il Ministero del lavoro ha recentemente diffuso un rapporto che tuttavia non presenta alcuna valutazione oggettiva, mentre vengono enunciati principi generici come la maggiore occupabilità e protezione dei lavoratori. Uno dei principali limiti della riforma Fornero è stato quello di essere stata concepita in un


Claudio Lucifora

Claudio Lucifora, presidente dell’Associazione italiana degli economisti del lavoro

periodo di forte crisi economica, e ciò che va bene in tempi normali può non essere adeguato quando la disoccupazione è elevata e in costante crescita. Non c’è dubbio tuttavia che l’estensione dell’indennità di disoccupazione a categorie che prima non ne avevano diritto sia stato un provvedimento utile e necessario. Il Jobs Act proposto da Matteo Renzi in questo senso propone di rafforzare l’universalità del sostegno al reddito per chi perde il posto di lavoro». Cosa cambierebbe nel concreto con questa proposta? «Il Jobs Act prevede diverse forme di semplificazione normativa e in questo senso anche la riduzione delle numerose tipologie contrattuali, già peraltro ridotte dal Governo Monti. Le diverse forme contrattuali - fatti salvi i classici contratti a ter-

mine per lavori stagionali, sostituzioni e altri - verrebbero inglobate in un unico contratto avente come finalità il rapporto di lavoro a tempo indeterminato che tuttavia nelle fasi iniziali (per esempio, nei primi 36 mesi) consentirebbe l’interruzione del rapporto di lavoro con la corresponsione di un’indennità definita in termini di mensilità salariali che crescono al crescere della durata del rapporto di lavoro. Un siffatto contratto di lavoro dovrebbe garantire al lavoratore tutele crescenti con l’anzianità di servizio del lavoratore (in termini protezione dell’impiego e modalità di ricollocazione in caso di interruzione)». Cosa si augura per il futuro del mercato del lavoro? «Mi auguro quello che si augurano un po’ tutti, cioè che il nostro paese riesca a beneficiare della ripresa economica in atto a livello mondiale. Le riforme, seppur necessarie, sono difficili da realizzare con una disoccupazione così elevata e non danno frutti immediati. Rappresentano tuttavia il presupposto per avere una crescita economica che porti anche posti di lavoro. C’è da sperare che i prossimi governi prendano seriamente in considerazione la riduzione del cuneo fiscale, che è probabilmente il maggior onere che grava sulle imprese e frena la crescita dell’occupazione. Da quel poco che si conosce dalle linee guida del Jobs Act, molte delle iniziative contenute sembrano andare nella direzione giusta: semplificazione normativa, riduzione degli oneri, maggiore flessibilità in uscita ma protezione per chi cerca lavoro, riforma del collocamento e maggiore trasparenza e assunzione di responsabilità nelle relazioni industriali. Anche l’idea di una riforma complessiva che modifichi radicalmente il funzionamento del collocamento e degli ammortizzatori sociali è importante per risolvere quel dualismo del mercato del lavoro tra lavoratori iper-garantiti e lavoratori precari». LAZIO 2014 • DOSSIER • 81


MERCATO DEL LAVORO

Il mercato richiede competenza In Italia non esiste una vera e propria cultura della formazione manageriale ma per Vladimir Nanut alcune grandi aziende iniziano a vedere nelle school of management importanti opportunità Nicolò Mulas Marcello

a formazione manageriale nel nostro Paese segue l’andamento del sistema economico, cerca di tenere duro ma è evidente che la crisi del mercato del lavoro ha toccato anche i manager. Tuttavia le imprese di eccellenza riescono a investire su questo aspetto. «La salute dell’impresa e la formazione sono due aspetti correlati, le aziende sane investono in formazione e continuano a crescere, quelle in difficoltà puntano a tagliare i costi della formazione, e questo non aiuta certo a superare la crisi», spiega Vladimir Nanut, presidente di Asfor, l’associazione nata per sviluppare la cultura di gestione e qualificare l’offerta nel campo della formazione manageriale. In Italia si fa poca formazione rispetto ad altri paesi europei. «Nel nostro Paese spesso si parla di formazione ma ci si riferisce a quella obbligatoria sulla sicurezza piuttosto che su altri aspetti operativi più che alla formazione manageriale o imprenditoriale in senso stretto. Quella destinata ai vertici aziendali o ai soggetti con responsabilità gestionale è effettivamente inferiore ai nostri concorrenti europei e internazionali». Quali sono i motivi precisi alla base di questa mancata propensione delle aziende a investire in formazione?

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82 • DOSSIER • LAZIO 2014

Vladimir Nanut, presidente di Asfor

«Esiste una scarsa cultura economica e imprenditoriale in questo senso. Anche se in passato abbiamo avuto una vivacità di iniziative sotto questo aspetto, si trattava solo dei business più facili, quelli tradizionali. E comunque anche queste imprese non sono cresciute proprio per il fatto che c’è una cultura molto limitata che non riguarda solo i manager ma anche i lavoratori e i sindacati». La collaborazione tra le grandi aziende e le business school come si sta realizzando in Italia? «È una realtà in divenire. Le grandi aziende hanno capito che non potevano occuparsi formazione facendo ricorso le risorse interne, quindi le occasioni di collaborazione sono aumentate. Posso portare l’esempio della mia scuola, la Mib School of Management, in cui stiamo realiz-

zando dei programmi corporate, nel campo assicurativo con Generali, Allianz, ma anche con Illy caffè, Calligaris e con altre imprese. Si è capito che una partnership con una scuola, a differenza delle università, offre uno staff con un’efficienza operativa differente». Qual è il ruolo di Asfor e quali iniziative avete in cantiere? «Da più di 40 anni, Asfor cerca di promuovere la formazione manageriale. Cerchiamo di orientare i giovani attraverso, ad esempio, il sistema di accreditamento dei master, per far capire quali possono essere i percorsi validi dal punto di vista qualitativo e che consentono di acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro. Il messaggio che vogliamo veicolare è che non è importante solo la formazione fine a se stessa, ma bisogna guardare a quella di qualità».



IMPRESA E SVILUPPO

Una filiera unita per la ripresa Due accordi per rinsaldare l’alleanza di settore. FederlegnoArredo firma con i sindacati per l’assistenza fiscale dei Caf sull’applicazione del Bonus Mobili. Avviata anche una collaborazione con il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per creare un Osservatorio del Legno strutturale Renato Ferretti

appello a una politica industriale nuova è trasversale e per fortuna non sempre cade nel vuoto. Nel caso del legno-arredo i numeri sono impietosi e impongono un intervento. Dall'inizio della crisi il settore ha perso 50mila posti di lavoro e 12mila imprese. FederlegnoArredo è intervenuta di conseguenza negli ultimi mesi e il 30 gennaio ha firmato un accordo nazionale per l’assistenza fiscale dei Caf sull’applicazione del Bonus Mobili, insieme a Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil. Inoltre la Federazione che raggruppa tutte le imprese italiane del legno-arredo ha siglato un contratto di colla-

borazione con il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che, oltre a tenere conto della crescente importanza sul mercato nazionale delle opere realizzate tramite sistemi costruttivi in legno, prevede una sinergia tra le due istituzioni al fine di favorire il percorso di qualificazione delle imprese e la vigilanza del mercato. Nel primo caso, dunque, imprenditori e sindacati dialogano per trovare soluzioni per il rilancio della filiera che contribuisce alla bilancia dei pagamenti italiana con un saldo attivo di 8 miliardi di euro. Finora il Governo è intervenuto con gli incentivi fiscali per la casa e per l’arredamento: detrazioni del 50 per cento (Bonus Mobili), detrazioni del 65 per cento per il risparmio energeDa sinistra, Valeriano Canepari, presidente consulta nazionale Caf, Marilena Meschieri, segretario Nazionale Cgil Fillea, Giovanni De Ponti, direttore generale di FederlegnoArredo, Carlo Albertini, presidente commissione sindacale tico (Ecobonus). Senza questo FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it pacchetto di misure di sostegno alla domanda nazionale, il bilancio sarebbe stato ancora più negativo. Il primo obiettivo è la diffusione a tutti i consumatori italiani di un “Vademecum Operativo” per l’utilizzo delle detrazioni fiscali a favore dell’acquisto di arredi destinati ad abitazioni soggette a ristrutturazione. Il secondo prevede il coinvolgimento attivo dei Centri di Assistenza Fiscale referenti alle tre sigle sindacali, a garanzia di una

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FederlegnoArredo

370mila

corretta fruizione del beneficio fiscale da parte dei cittadini. «L’accordo – spiega Valeriano Canepari, presidente della Consulta Nazionale Caf – prevede la promozione del Vademecum Operativo e il supporto dei Caf nazionali nelle pratiche di assistenza fiscale interessate dal Bonus Mobili». Un supporto di qualità, quindi, a cui si aggiungerà un’attività promozionale tra gli oltre 10 milioni di utenti dei Caf. Tramite la raccolta dei dati nelle sedi Caf dei tre sindacati, grazie all’accordo, sarà inoltre possibile verificare l’effettivo utilizzo da parte dei contribuenti delle misure di detrazione fiscale. Tali dati saranno messi a disposizione di FederlegnoArredo entro l’estate 2014. «La firma di oggi – ha sottolineato Roberto Snaidero, presidente della federazione – è un altro passo dell’attività che, insieme ai sindacati, stiamo portando avanti con sempre maggiore convinzione ed efficacia a favore di una politica industriale tesa a rilanciare il settore legno-arredo, uno dei motori della nostra economia». Un ulteriore passo di questa strada

GLI ADDETTI IMPIEGATI NEL SETTORE

DEL LEGNO ARREDO IN ITALIA IN OLTRE 70MILA REALTÀ PRODUTTIVE

comune è l’avvio di un tavolo di lavoro per una nuova politica industriale che ha lo scopo di favorire un confronto sistematico sulle principali azioni da mettere in campo nei prossimi mesi. «I numeri sono allarmanti e per questo dobbiamo attivarci per tutelare l’occupazione e mantenere sul territorio nazionale le competenze professionali», ha spiegato Fabrizio Pascucci, a nome di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil nazionali. Della stessa idea Roberto Snaidero, secondo il quale «gli sforzi devono essere indirizzati innanzitutto a garantire il rilancio dei consumi e la competitività delle imprese». Il secondo accordo, siglato da Snaidero e da Massimo Sessa (presidente del Cslp (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) mira invece a creare nel tempo un Osservatorio del Legno strutturale che possa fungere da canale istitu- ❯❯ LAZIO 2014 • DOSSIER • 85


IMPRESA E SVILUPPO

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UN’AGEVOLAZIONE PER I GIOVANI a speranza è che lo Stato continui a dare importanza al settore del legnoArredo». L’auspicio di Giovanni Anzani, presidente Assarredo (nella foto), è rivolto alla direzione che il Governo ha preso con il Decreto Legge Bonus Mobili. «Sarebbe necessario – dice Anzani – anche un intervento in seno all’attuazione della delega di riordino del sistema fiscale, nella quale sarà prevista la rimodulazione delle aliquote Iva e delle relative agevolazioni. È importante che il nostro Paese si allinei agli standard europei: ricordiamo come in Spagna, Francia e Belgio l’aliquota Iva all’8 per cento sugli arredi è compresa tra il 6 e il 10 per cento mentre è in Italia è al 22 per cento per la maggioranza degli arredi. Nel caso in cui non fosse possibile applicare agevolazioni maggiori rispetto alle attuali, alla generalità dei consumatori, si suggerisce l’individuazione di una platea maggiormente circoscritta. In tale senso, anche per aiutare una categoria sociale in difficoltà, proponiamo di diminuire l’aliquota Iva per l’acquisto di arredi per le giovani coppie e i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori come individuate dal D.M. 103/2013. In Italia le giovani coppie rappresentano circa il 10 per cento delle famiglie italiane e assorbono oltre il 15 per cento dei consumi d’arredamento. Il sostegno a questa fascia della popolazione comporterebbe un vantaggio anche per le Pmi dell’industria italiana dell’arredamento».

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86 • DOSSIER • LAZIO 2014

zionale attraverso il quale sia possibile raccogliere dati e informazioni tecniche direttamente dal mercato. L’iniziativa parte dalla considerazione di un movimento in controtendenza nel mercato di riferimento: il mercato dell’edilizia in legno sta vivendo in Italia un momento particolarmente favorevole che vede numeri in crescita rispetto all’edilizia tradizionale. Un trend positivo che, secondo FederlegnoArredo, ha bisogno di essere supportato al meglio affinché non si disperdano le potenzialità. Nella piattaforma di comunicazione stipulata c’è l’intento di migliorare l’assetto normativo per promuovere nuovi strumenti di crescita in tema di sicurezza e sostenibilità ambientale, elaborare proposte di criteri e codici comportamentali che favoriscano la qualificazione degli operatori e delle aziende di settore, e coordinare eventuali azioni di vigilanza sul mercato e sul territorio. A FederlegnoArredo, inoltre, esclusivamente per gli associati, viene riconosciuta la possibilità di esercitare la funzione di sportello del Servizio Tecnico Centrale col fine di preistruire le pratiche di qualificazione, snellendo contestualmente le procedure di approvazione delle stesse da parte del Stc. Infine, lo stesso accordo prevede la possibilità di concessione di patrocini a percorsi formativi e manifestazioni fieristiche organizzate dalla federazione. «È un passo importante per il settore delle costruzioni di legno - spiega Emanuele Orsini, presidente Assolegno - Grazie a questa firma, infatti, si creeranno gli strumenti per dare avvio a un’importante sinergia tra le istituzioni e il nostro comparto industriale. Tutto questo con un solo fine: promuovere la crescita del settore tramite un utilizzo razionale del materiale».


Roberto Snaidero

Un nuovo slancio al settore Roberto Snaidero è stato riconfermato presidente di FederlegnoArredo. Il punto di vista del “nuovo” eletto sulla situazione attuale del settore e le prossime opportunità. «L’export è decisivo. Soprattutto al di là delle solite mete» Renato Ferretti

a scelta è ricaduta sulla continuità. E tradurre in termini pratici la riconferma di Roberto Snaidero alla guida di FederlegnoArredo, avvenuta il 22 gennaio scorso, significa credere nei progetti già avviati e dare valore ai risultati finora raggiunti. La prospettiva di una ripresa si fa più concreta, o almeno per alcuni settori come l’arredo: con questa nuova nomina parte del merito viene indirizzato anche all’imprenditore friulano e di scaramantico c’è poco. Le linee guida con cui indirizzare la federazione per i prossimi tre anni restano le stesse su cui Snaidero ha finora puntato. Una su tutte, la cooperazione. «Non si esce da questa crisi – dice il rieletto presidente – se non collaborando. Da soli non è possibile. Per questo, per esempio, ultimamente abbiamo preso accordi con i sindacati, perché la salvaguardia delle aziende è un loro interesse quanto il nostro. Per rafforzare la misura del Bonus Mobili abbiamo fatto un accordo due settimane fa per utilizzare i centri di assistenza fiscali (Caf ) come cassa di risonanza sul mercato interno, diventando promulgatori del bonus fiscale». A proposito di Bonus Mobili, sembra aver raggiunto i risultati sperati. «Non a caso il mio primo obiettivo sarà portare a termine progetti già in corso come il Bonus Mobili che è stato prorogato fino al 31 Dicembre 2014 e che sta già dando i primi frutti. Infatti, gli ultimi tre mesi del 2013 hanno permesso di recuperare trecento milioni di fatturato, altrimenti persi. L’anno scorso avevamo lanciato la prima idea del

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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it

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IMPRESA E SVILUPPO

300 Mln

IL CAPITALE RECUPERATO DAL SETTORE LEGNO ARREDO GRAZIE ALLA MISURA DI INCENTIVI, CONCORDATA CON IL GOVERNO, DEL BONUS MOBILI

❯❯ Bonus Fiscale in occasione della conferenza stampa fatta a dicembre 2012. È stata la mia battaglia. Subito dopo, ho intrapreso un’azione di sensibilizzazione di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, nella misura di aiuto al settore. Per questo, innanzitutto ringrazio i colleghi che hanno avuto fiducia in me, in un momento particolarmente sensibile del nostro mercato interno. Il prossimo triennio dovrà ancora affrontare una situazione di precarietà». Qual è la situazione attuale con la quale dovrà confrontarsi? «Il quadro generale è di un settore con circa 60mila imprese con 320mila addetti. Sono

La nostra proposta è aiutare le giovani coppie inserendo nell’aliquota dell’8 per cento sulla prima casa anche l’arredamento

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tutte medie e piccole imprese radicate sul territorio, che derivano da una tradizione antica: il lavoratore del mobile si trova in tutti i paesi d’Italia, nessuno escluso. E proprio questo ha permesso, nella nostra storia, di creare l’immagine dell’eccellenza made in Italy anche nell’arredamento, rappresentata anche dal Salone del Mobile, un grande evento con circa 370 mila visitatori, di cui il 70 per cento stranieri che vengono a vedere cosa fanno gli italiani. Quindi siamo un riferimento per il mercato mondiale: questa è la nostra forza. Una forza che ho voluto rappresentare anche a tutte le parti politiche, nessuna esclusa, e che ha permesso il risultato ottenuto con il bonus fiscale. Con questo abbiamo salvaguardato posti di lavoro: secondo le nostre analisi, qualora non fosse intervenuta nessuna misura di sostegno, avremmo perso altri 3800 posti con altre mille imprese». Ci sono aspetti su cui, da imprenditore, scommetterebbe di più? «Uno dei dati più positivi è certamente


Roberto Snaidero

IL FUTURO È NELLA FORMAZIONE ome spesso capita riflettendo sulla manifattura in Italia, la prima preoccupazione risulta il ricambio generazionale. In una parola i giovani. Un aspetto su cui Roberto Snaidero, appena rieletto presidente di FederlegnoArredo, intende continuare a puntare. «La formazione – spiega Snaidero – è uno degli assi principali sui quali concentrare i nostri sforzi come federazione e più in generale come settore. Per questo, in collaborazione con Aslam (Associazione Scuole Lavoro Alto Milanese), che dal 1996 utilizza fondi della Regione Lombardia per formare al lavoro, abbiamo dato vita al “Polo Formativo per i mestieri del Legno Arredo”. Questo si struttura per offrire diversi livelli di formazione. Il primo assolve al diritto-dovere di istruzione, il secondo punta a una specializzazione tecnico-professionale post-diploma volta a formare tecnici qualificati e il terzo garantisce un livello adeguato di competenze da parte degli occupati del comparto. L’obiettivo è salvaguardare nel tempo la nostra eccellenza». In aggiunta, il 4 febbraio è stata costituita la Fondazione “Istituto Tecnico Superiore del Sistema Casa nel made in Italy Rosario Messina”, con sede a Camnago di Lentate sul Seveso (MB), che erogherà il percorso di “Tecnico Superiore per il prodotto, il marketing e l’internazionalizzazione nel Settore Legno Arredo”. Lo scopo è rispondere direttamente al fabbisogno delle aziende di affacciarsi all’estero con personale qualificato, come sottolineato dal neopresidente della Fondazione Giovanni Anzani: «tale percorso intende formare una figura che abbia possesso dei contenuti tecnici relativamente ai materiali, alla tecnologia applicata e ai prodotti; cui aggiungere competenze commerciali per lanciarli nel mondo come ambasciatori delle imprese e dell’alta scuola italiana».

C

l’export in crescita, che si aggira intorno al 3 per cento in più rispetto al 2012, e andiamo ad affrontare i nuovi mercati. La Federazione sta facendo delle missioni all’estero, ma non nei soliti Paesi come Usa, Francia, Germania: oggi ci spostiamo in nuovi mercati, che rappresentano sfide del tutto inedite e con opportunità enormi. In questi giorni, per esempio, si sta svolgendo una missione in Kenya e una in Azerbaijan. Insomma, abbiamo in programma di avvicinarci a quei paesi che potenzialmente recepiscono il prodotto di qualità e di design italiano. Ma in fondo seguiamo l’esempio dell’anno scorso, come la missione B2B, con circa 20 aziende di Federlegno, non più a New York ma nel cuore degli Stati Uniti: a Dallas, in Texas, abbiamo ottenuto un successo inaspettato e ricevuto molti messaggi di ringraziamenti. Un altro esempio più attuale, è il tour della portaerei Cavour, che rimarrà in viaggio fino ad aprile, in cui Federlegno sta svolgendo un lavoro eccezionale, con grandi riscontri. A quest’ultima missione tengo molto, perché in pro-

spettiva il continente africano rappresenta un mercato importantissimo». Quindi una nuova geografia. «Sì, ma non è l’unico aspetto positivo: la bilancia dei pagamenti del settore legno arredo, è in positivo con 7 miliardi. Quindi spostiamo circa 11 miliardi di “mobili”. Siamo un settore che porta ricchezza al nostro paese e ritengo sia doveroso da parte dei politici prestare attenzione alla nostra attività. Un esempio, in questo senso, riguarda i giovani. Recentemente abbiamo lanciato una proposta di intervento per le giovani coppie: per l’acquisto dell’immobile c’è l’Iva del 4 per cento per la prima casa, e siccome per i regolamenti europei dovremmo uniformare le aliquote iva a due sole aliquote, proponiamo un’operazione di aiuto inserendo nell’aliquota dell’8 per cento non solamente la parte immobiliare ma anche l’arredamento per la casa. D’altra parte è quello che fanno già anche in Francia, Spagna, Portogallo o Belgio. Questo potrebbe essere un ulteriore toccasana per il settore». LAZIO 2014 • DOSSIER • 89


TECNOLOGIE

L’innovazione, la sfida delle imprese Cosa chiediamo all’informatica e verso quali compiti la stiamo spingendo? Morena La Monaca delinea il quadro attuale del mercato dell’It e il suo prossimo futuro, indicando nella governance dei processi di business il vero motore dell’innovazione Remo Monreale er sopravvivere in questo scenario di rapidi e continui cambiamenti e per rispondere alla crescente pressione competitiva, tutte le organizzazioni devono sviluppare una maggiore capacità di innovare i processi di business e di management». In questo assunto sta tutta l’importanza strategica che Morena La Monaca, amministratore unico della Project Consulting, attribuisce alla focalizzazione sui processi It. La società capitolina si occupa di consulenza direzionale, specialistica, applicativa e tecnologica e nell’innovazione vede l’unica vera risposta all’interpretazione corretta del contesto socio-economico attuale. «Ma innovazione – precisa la Monaca – significa soprattutto cambiamento, a volte radicale, dei comportamenti delle persone che governano i vari processi. Ed è proprio la gestione di questi cambiamenti che presenta per le imprese le maggiori difficoltà, ma allo stesso tempo anche le maggiori opportunità, come dimostrano le imprese che meglio hanno retto alla crisi: sono quelle che sono riuscite a trasformarsi in questi anni. In questo scenario, all’informatica non si chiede più solo di “soddisfare le necessità del business”, ma di rinnovare i suoi processi, di affiancare lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi: in definitiva di incrementare la competitività dell’impresa».

«P

La Project Consulting Srl ha sede a Roma www.pjc.it

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A tal proposito l’elemento messo in primo piano da La Monaca riguarda il personale e i collaboratori. «Siamo convinti – continua l’amministratore – che l’innovazione non si possa più implementare come processo lineare, ma richieda un processo iterativo di miglioramento continuo. Per affrontare tale la sfida occorrono competenze tecnologiche, scientifiche, ingegneristiche, economiche, di management e anche di scienze sociali, spesso integrate tra loro. Ne consegue l’esigenza di risorse umane che, oltre a una solida base di competenze tecniche, possiedano specializzazioni nell’ambito dei processi, spiccate capacità relazionali e di comunicazione, e conoscenze di industry, che consentano loro di interfacciarsi con i livelli manageriali alti (i C-level executive) delle aziende. Questi professionisti sono preziosi ma la loro formazione non è semplice, richiede tempo e soprattutto una strategia aziendale


Morena La Monaca

All’informatica si chiede di affiancare lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi: in definitiva di aumentare la competitività dell’impresa

+30%

È L’AUMENTO DI FATTURATO REGISTRATO DALLA PROJECT CONSULTING. DATO CHE CONFERMA UN IMPORTANTE TREND DI CRESCITA INIZIATO NEL 2011

adeguata: per questo nel 2009 abbiamo deciso di costituire un Competence Center di Business Process Consulting. Dal 2011 a oggi, il nostro bagaglio di esperienze e competenze su queste aree si è ulteriormente rafforzato grazie alla realizzazione di numerosi progetti, svolti in collaborazione con Hp e utilizzando la suite Hp It Performance Management, che racchiude in sé prodotti “best in class” per i vari

ambiti di processo. Nel 2013 infine abbiamo sottoscritto la partnership ufficiale con Hp e oggi, oltre a offrire un team di professionisti altamente qualificati e con competenze interdisciplinari, garantiamo prodotti best in class con cui realizzare progetti chiavi in mano sulla maggior parte dei processi It». Puntare su ricerca e innovazione è un altro dei punti fermi di Project Consulting che, nel 2009, decide di costituire anche un Competence Center dedicato alla ricerca scientifica. «Inoltre – spiega La Monaca – fra il 2009 e il 2010 abbiamo collaborato con Farnia, società specializzata in biomedicina spaziale, portando così in azienda competenze scientifiche, oltre che tecnologiche, ed esperienze legate a progetti di telemedicina (presso l’ospedale S. Giovanni di Roma), di Virtual Reality (presso l’Ircss S. Lucia di Roma) e di medical imaging (progetto Fusion, presso il Centro Fermi). Ed è proprio in qualità di azienda di ricerca, che nel 2012 abbiamo partecipato al bando dell’Asi (Agenzia Spaziale Italiana) “Bando per ricerche di biomedicina e biotecnologie in ambito spa- ❯❯ LAZIO 2014 • DOSSIER • 91


TECNOLOGIE

Per il 2014 l’ambito di investimento sarà quello della Business Intelligence e dei Big Data Analytics: verso le potenzialità ancora inesplorate dei Big Data

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ziale”, e il nostro progetto è risultato primo classificato». Per la Project Consulting il 2013 è stato un anno che ha segnato tappe importanti, anche se la crisi non ha risparmiato alcuni degli ambiti d’attività storici dell’azienda. «È stato un anno complessivamente molto positivo – conferma La Monaca –: abbiamo incrementato il fatturato di circa il 30 per cento, consolidando un trend di crescita i cui primi segnali erano già evidenti nel 2011. Vi sono tuttavia anche alcune aree di criticità, legate ai servizi tradizionali dell’It, quali l’assistenza sistemistica, gli sviluppi e la gestione applicativa, sui quali abbiamo una presenza storica consolidata: tali ambiti risentono purtroppo di un trend negativo che vede molte aziende focalizzate prevalentemente sul taglio dei costi interni dell’It. Tagli che tuttavia non si manifestano attraverso un’ottimizzazione dei processi, ma si traducono esclusivamente in una richiesta al fornitore di una riduzione dei costi, pur mantenendo inalterato tipologia, volumi di at-

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tività e spesso persino le stesse risorse. L’auspicio è che presto anche queste realtà si rendano conto che questo determina la perdita progressiva di valore dell’azienda». Dunque, i nuovi settori su cui il management della società ha scommesso hanno fatto la differenza. «La nostra scelta si è dimostrata vincente. Proseguiremo su questo percorso, analizzando costantemente i trend del settore per anticipare le esigenze del mercato. Per il 2014 l’ambito di investimento più diffuso sembra essere quello della Business Intelligence e dei Big Data Analytics: Predictive Analytics & Capabilities faranno da discriminante per comprendere il valore e le potenzialità ancora inesplorate dei Big Data. Le aziende si focalizzeranno sulle dimensioni di business: intent (strategy, budget, sponsorship), staff/people, process, data (quality, availability, multistructured ecc). Su questo ambito stiamo già lavorando per costruire la nostra proposizione, puntando come sempre ai prodotti top di mercato».



TECNOLOGIE

Nuovi sviluppi per l'Oil&Gas Giuseppe Bellantoni presenta le strategie per l’innovazione e l’internazionalizzazione di Iss, società di servizi integrati di ingegneria, nel settore gaspetrolifero e power Luca Càvera

l Golfo Persico si conferma una delle aree di maggiore interesse per le società di servizi dedicate al settore petrolifero. La romana ISS International Spa, specializzata nell’ingegneria di processo e produzione nel settore energy (oil & gas e power) e nella proposta di soluzioni integrate per impianti gaspetroliferi, che realizza il 90 per cento del fatturato all’estero, mantiene elevata la quota degli investimenti in Qatar ed Emirati Arabi Uniti. «Nell’ultimo anno – spiega Giuseppe Bellantoni, presidente e Ceo della società – abbiamo investito 2 milioni di euro per promuovere i nostri prodotti software e servizi connessi – tre in particolare: Tms®, Tmscom® e O&Mts® – presso i nostri nuovi partner e clienti nel Golfo. Insomma, non abbiamo investito solo su commessa, ma in maniera strategica per migliorare la nostra posizione sul mercato. Con un’attività, anche di comunicazione, che abbiamo battezzato “Just for

I

Giuseppe Bellantoni, presidente e Ceo della ISS International Spa di Roma www.iss-international.it

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your business”, proponiamo dei prodotti come valore aggiunto ai nostri servizi. Quest’azione ha già portato i primi risultati con le compagnie petrolifere locali, grazie al plus di un servizio reso in maniera innovativa». Quali sono i plus dei tre prodotti che state promuovendo nel Golfo? «I tre software vanno a coprire altrettante aree fondamentali per chi opera nell’oil & gas. Il Tms® (Training Management System) è un sistema da noi licenziato che, congiuntamente al nostro specifico know how, supporta tutte le attività formative e ne ottimizza costi e rendimento. Il sistema permette al cliente di ottenere una mappatura, anche a distanza, dell’avanzamento delle competenze necessarie per occupare un determinato ruolo. Il vantaggio è l’elaborazione di un percorso formativo personalizzato che nel minore tempo possibile porta al risultato richiesto. Il Tmscom® (Turnover Management System for Commissioning), invece, è a supporto delle attività di avviamento impianti, favorendo una fortissima riduzione dei tempi di hand over, ovvero della consegna ufficiale dell’impianto. Entrambi i tools sono web-based». E per quanto riguarda l’O&Mts®? «L’Operation and Maintenance Training Simulator è un sistema di simulazione dinamica per gli impianti petrolchimici. Il prodotto consiste, tra l’altro, di un modello matema-


Giuseppe Bellantoni

tico dell’impianto che ricrea un ambiente identico a quello reale (look alike). In questo modo è possibile testare le procedure di avviamento, di fermata e tutte le situazioni che possono verificarsi durante l’esercizio dell’impianto. Così, poiché la simulazione precede la realizzazione dell’impianto, è possibile rilevarne i punti critici e variarne l’ingegneria. Inoltre, la simulazione è utile per la formazione del personale operativo ottenendo risultanti sorprendenti nell’apprendimento ed una forte riduzione dei tempi e, quindi, dei costi». In quali direzioni si sta muovendo il vostro reparto ricerca e sviluppo? «Attualmente stiamo sviluppando una nuova linea dell’O&Mts® dedicata all’upstream petrolifero e alle piccole unità di raffineria, per poter ampliare la rosa dei potenziali clienti. Poi, congiuntamente a un’altra compagnia di Roma, stiamo portando avanti due studi: uno sull’ingegneria di manutenzione, l’altro sulle nuove tecnologie solari a sali fusi». Quali sono le altre aree su cui insistono i vostri interessi? «Siamo presenti con delle organizzazioni stabili in diversi paesi nel mondo. In ordine di tempo, gli ultimi sui quali abbiamo puntato sono l’Algeria e il Mozambico, che si sommano alla nostra storica presenza in Nigeria e Kazakistan, oltre che in Qatar e negli Emi-

2 mln

INVESTIMENTI DI ISS INTERNATIONAL SPA PER LA PROMOZIONE IN QATAR ED EMIRATI ARABI DEI PROPRI SISTEMI TMS®, TMSCOM® E O&MTS®

rati Arabi. Inoltre, abbiamo definito partnership solide in Libia, Ghana e in Iraq. Nei prossimi anni saremo quindi molto orientanti all’Africa». Quindi vi rivolgete a mercati relativamente vicini, geograficamente. «Siamo una piccola impresa, pertanto cerchiamo di non spingerci troppo lontano. Questo perché altrimenti diverrebbe eccessivamente difficile monitorare le attività e la relativa qualità dei servizi forniti. Infatti, nei casi in cui ci si presentano delle opportunità di business in paesi del Far East o del Sud America, tendiamo a gestire queste commesse attraverso i nostri partner locali, piuttosto che investire troppe risorse per garantire la nostra presenza direttamente in loco. In ogni caso, in tutte le operazioni all’estero, teniamo fede al nostro credo, che prescrive una forte attenzione all’essere umano. Nella pratica ciò vuol dire che i nostri standard rimangono gli stessi indipendentemente dalla latitudine». LAZIO 2014 • DOSSIER • 95


Il futuro dell’industria cinematografica a tecnologia digitale sta rivoluzionando il mondo della cinematografia e in generale l’ambito dell’audio e video, e dà indubbiamente ai filmaker spunti positivi e importanti. Questa tecnologia, però, presenta anche un potenziale rischio. «Insieme a dare maggior spazio alla creatività di registi, montatori e tecnici audio – che oggi possono utilizzare i supporti digitali sia per rientrare nei tempi e nei budget previsti, sia per creare nuovi linguaggi espressivi –, la tecnologia rischia di creare un effetto di omologazione, facendo rientrare ogni progetto in parametri troppo standardizzati». A dirlo è Marzia dal Fabbro, general manager di Sound Art 23, studio di post-produzione audio e video capitolino, guidato dalla Ceo Elisabetta Bucciarelli. Marzia dal Fabbro, laureata presso l'università di Cambridge (Regno Unito), ha lavorato in ambiti artistici (cinema e teatro), oltre che finanziari (Reuters, Goldman Sachs), e

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Come evitare la patina di omologazione che le tecnologie digitali rischiano di depositare sui prodotti audio-visivi. Sfruttando al massimo le potenzialità dei nuovi strumenti. L’idea di Marzia dal Fabbro dello studio di post-produzione Sound Art 23 Luca Càvera

ha portato in Sound Art 23 una visione del suono e della post-produzione che spazia nell’universo della creatività internazionale. «Noi siamo persuasi che questo rischio di livellamento dei progetti si possa ridurre se dietro allo sviluppo tecnologico vi è anche uno spessore culturale e un’esperienza, che affonda le radici nella tradizione cinematografica, e che oggi va a supportare non solo i film, ma anche i prodotti audiovisivi più diversi. Il cinema può dunque essere un par-


Marzia dal Fabbro

tecipante attivo all’evoluzione tecnologica, in quanto l’esperienza cinematografica non è composta solamente di tecnologia, ma anche di elementi artistici e umani fondamentali. È proprio questa componente di sensibilità e gusto, che può evitare alla tecnologia di inaridire i contenuti dei prodotti». Infatti, secondo dal Fabbro è sicuramente importante andare incontro a tutte le innovazioni, però senza perdere quello che il passato ci ha fatto acquisire: il gusto dello specifico, la capacità di capire il prototipo, la valorizzazione di ciascun progetto, nella sua unicità. «In Sound Art 23, applichiamo questa filosofia non solo per quanto riguarda il montaggio video, ma anche e soprattutto per la creazione della colonna sonora dei nostri progetti. La nostra esperienza, da oltre quarant’anni ci ha permesso di conoscere grandi registi, grandi opere e oggi stiamo verificando che questo è un patrimonio di cui i clienti si avvalgono con entusiasmo. Oggi, la nostra attività oltre alle edizioni e alla post-produzione cinematografica e televisiva, si è aperta alla pubblicità e alla produzione. Negli ultimi otto anni abbiamo partecipato a co-produzioni, tra cui l’ultimo lavoro di Vittorio Moroni (Se chiudo non sono più qui), con Beppe Fiorello, co-prodotto insieme a Rai Cinema. Ci siamo aperti a corporate client, curando pubblicità e video aziendali, facendo leva, anche in questo campo, sulla nostra esperienza cinematografica e arricchendo ulterior-

mente la qualità dei prodotti realizzati. Nella pubblicità, dove i prodotti sono già di altissimo livello, affianchiamo il cliente che si avvale della nostra guida per trovare le migliori soluzioni espressive e fare arrivare al meglio il contenuto dello spot pubblicitario». Senza perdere mai di vista l’eredità dell’antica cultura cinematografica, Sound Art 23, investe costantemente nell’aggiornamento tecnologico e nel mantenimento di ampli spazi. «Lo spazio è un elemento fondamentale per il suono. È grazie a questi spazi e alle prestigiose consolle Ams-Neve, che potremo trasformare nel modo più consono ai parametri tecnici e qualitativi, le nostre sale mix in sale dotate dell’innovativo sistema audio Dolby Atmos». In questo modo Sound Art 23 mira a una partecipazione completa e diversificata ai progetti audiovisivi, anche in fase di preproduzione. «Il mercato internazionale ha mostrato di apprezzare i valori sui quali abbiamo sempre puntato: la qualità, l’amore per il suono, l’esperienza al servizio della tecnologia, la creatività e la capacità di accogliere i clienti più diversi, dai produttori cine-televisivi, ai giovani cineasti, dalle grandi aziende, ai realizzatori di spot pubblicitari. Il futuro è condivisione e noi intendiamo condividere il nostro patrimonio per dare sempre più possibilità a tutti creatori di prodotti audio-visivi, sia in Italia sia all’estero».

Da sinistra, Elisabetta Bucciarelli, Ceo e Marzia dal Fabbro, general manager di Sound Art 23, studio di postproduzione audio e video, con sede a Roma www.soundart.it

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TECNOLOGIE

L’impiantistica e il suo futuro in Italia Secondo Fausto Servadio, l’export deve essere considerato solo una possibilità di crescita e non l’unica opportunità di sopravvivenza delle imprese italiane. Uno sguardo alternativo al mercato interno dell’edilizia Remo Monreale

è ancora molto da fare in Italia, molti sono i settori sui quali investire, creando opportunità di crescita per il futuro». Fausto Servadio, amministratore della MI.CO.R. con sede ad Albano Laziale, riassume così il suo pensiero sul ruolo dell’imprenditore nel contesto del mercato interno. L’azienda romana, specializzata in opere impiantistiche di varia natura, è attiva all’interno di quel macro settore,

«C’

Fausto Servadio, amministratore della MI.CO.R. con sede ad Albano Laziale (Roma) www.micorsrl.com

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che è l’edilizia, in Italia tra i più compromessi a causa della recessione economica degli ultimi anni. Cos’è, dunque, che spinge Servadio a guardare con ottimismo al futuro del paese in questo ambito produttivo? A suo stesso dire la situazione è tutt’altro che rosea. «Le pubbliche amministrazioni – dice l’amministratore della MI.CO.R. –, hanno debiti con i fornitori per circa 120 miliardi di euro. Gli investimenti sono stati ridotti dai nostri clienti in alcuni casi anche del 50 per cento rispetto agli anni precedenti. Poi manca una pianificazione delle politiche industriali e questo determina un fenomeno per cui anche le grandi aziende, per loro natura inserite in altre fette di mercato, diventano nostre concorrenti: così, non avendo commesse importanti o non riuscendo a incrementare l’export, partecipano anche a gare di una fascia di mercato minore rispetto ai loro standard. Molte società, per sopravvivere, arrivano a offrire degli sconti che a volte hanno superato anche il 60 per cento». Tutto questo sembrerebbe suggerire di incrementare le quote di export. «La nostra non è una società strutturata per lavorare fuori dai confini nazionali. L’estero può essere presente in futuro, in una cornice più ampia e con una strategia mirata. Ma non può e non deve rappresentare l’unica possibilità di sviluppo e di crescita. Si sente parlare


Fausto Servadio

Le generazioni future meritano un paese migliore, dove l’estero sia una possibilità di crescita, non la casa dei sogni e delle speranze

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sempre più spesso di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, ma ci aspettiamo che banche e istituzioni e promuovano piani di investimento per rilanciare il nostro paese. L’impresa che lavora all’estero aumenta i fatturati e con essi gli utili, ma non dovrebbe dimenticare da dove proviene: i nostri figli meritano un paese migliore, dove l’estero rappresenta un momento di crescita, non la casa dove albergano speranze e sogni». Su quali punti di forza puntate per affrontare il turbolento mercato interno? «Abbiamo la capacità e la struttura organizzativa per realizzare lavori chiavi in mano sia edili sia impiantistici, grazie ai nostri laboratori di falegnameria e di carpenteria metallica leggera e media. Realizziamo canalizzazioni dell’aria, filtri per impianti meccanici e quadri elettrici. Inoltre, abbiamo presso ogni filiale, un magazzino, per la scorta dei materiali e la foresteria per i dipendenti. Con i nostri fornitori abbiamo un rapporto fidelizzato da anni, che ci consente prezzi competitivi e un abbattimento dei tempi di consegna delle forniture richieste. Oltre a realizzare lavori di manutenzione straordinaria, siamo sempre più presenti nel settore del facility management. In più occasioni i nostri clienti ci hanno attestato le loro stima con lettere di encomio per la professionalità dimostrata». Che risultati ha dato la vostra scommessa

nel 2013? «Il 2013, pur non rappresentando il nostro anno migliore, ci ha visto mantenere i ricavi degli anni precedenti. Nonostante questa fase di crisi economica, in cui la maggiore pressione fiscale e i numerosi adempimenti burocratici, con un peso sempre maggiore, hanno costretto molte aziende a chiudere, la MI.CO.R. è stata in grado di ampliare il portafogli clienti, mantenendo sempre inalterata la qualità dei servizi offerti e senza ridurre il proprio organico. Ciò è stato possibile anche grazie alla competenza, efficienza, e serietà dei nostri clienti, come Telecom Italia, Poste Italiane, Enel, Sky, che continuano a confermare la loro fiducia in noi». In cosa consiste il piano d’investimenti áá che avete in programma per il 2014? LAZIO 2014 • DOSSIER • 99


TECNOLOGIE

áá «Ci tengo a precisare che la MI.CO.R. ha da Per il futuro, quindi, continueremo a investire sempre creduto che gli utili debbano essere rinvestiti in azienda. Abbiamo tre sedi in Italia e disponiamo di immobili di proprietà, questo perché ci consentono di rispondere alle esigenze del cliente in tempi rapidi e puntuali. Abbiamo recentemente aggiornato il parco mezzi per migliorare la sicurezza anche su strada dei dipendenti. Investiamo in corsi di formazione e sicurezza per i dipendenti, affinché possano operare tutelati e garantiti.

Continueremo a investire nelle tecnologie informatiche che ci consentono il monitoraggio delle criticità nell’attività di facility management

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nelle tecnologie informatiche che ci consentono il monitoraggio delle criticità che emergono nell’attività di facility management, acquistando piattaforme informatiche innovative e sempre più all’avanguardia. Per fare fronte al mercato, abbiamo iniziato a collaborare con altre società per partecipare a Global Service. Abbiamo acquistato programmi informatici per affrontare le manutenzioni con sempre maggiori tecnologie per offrire soluzioni in tempo reale. In controtendenza, stiamo potenziando il nostro ufficio di progettazione nel quale sono presenti ingegneri elettrici e meccanici, architetti con specifiche competenze e professionalità: dobbiamo offrire maggiori competenze all’interno di quelle gare con offerte economiche molto vantaggiose, che sono sempre più frequenti». Quali sono gli obiettivi, i progetti e le aspettative per l’anno che è appena cominciato? «Fare impresa in Italia è sempre più difficile. Noi imprenditori, però, abbiamo delle responsabilità non solo nei confronti dei clienti, dei dipendenti, dei fornitori, ma anche verso le generazioni future. Il nostro obiettivo, quindi, non può che essere un’espansione, soprattutto del portafoglio clienti. Ci aspetta un anno difficile, molti degli indicatori economici non rassicurano il mercato. La mancanza di un governo capace di offrire stabilità, le riforme del lavoro e del fisco sono aspetti che si ripercuotono soprattutto sui giovani. La MI.CO.R. è una società nata come ditta artigianale che ha saputo leggere il mercato, rinnovarsi, con un ricambio generazionale anche nel management: bisogna continuare a interpretare correttamente il contesto con gli elementi a nostra disposizione, dando priorità agli investimenti nel proprio capitale umano».



ENERGIA

Il petrolifero, tra flessioni e mercati eterogenei Uno sguardo da vicino a uno dei comparti più sofferenti, perennemente in bilico a causa del prezzo del greggio. Giulio Landini descrive problemi e possibili soluzioni a disposizione degli attori italiani del settore. «Non è sufficiente diversificare» Remo Monreale

assetto più recente non è incoraggiante e le previsioni non sembrano attenuare il pessimismo. Quello petrolifero rimane un settore in grande difficoltà, a tutti i livelli, senza distinzioni geografiche. Le contromisure delle singole imprese in molti casi si rivelano inefficaci. Dunque, le eccezioni come la Termo Trading Petroli di Roma, guidata dall’amministratore delegato Giulio Landini, vanno considerate per quel carattere in controtendenza che può dire di più sulle concrete possibilità manageriali del comparto. «Fino a qualche anno fa – spiega Landini –, il settore dei prodotti petroliferi è stato protagonista di una grande crescita dei consumi. Oggi, invece, si assiste a una dinamica contraria, ovvero a una contrazione dei consumi dovuta sia al costo molto oscillante del greggio sia alla maggiore attenzione verso i consumi dei paesi industrializzati. Contemporaneamente il prodotto ha subito una mutazione orientata a un maggior rispetto dei requisiti di impatto ambientale. La frammentazione dell’offerta e l’omogeneità dei servizi contribuiscono a mantenere elevata la competitività, ragion per cui negli ultimi anni la maggior parte delle imprese del settore ha diversificato la commercializzazione dei prodotti». Ma in molti casi la diversificazione sembra

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non portare una reale soluzione all’instabilità del mercato. «Da una parte bisogna considerare la qualità delle scelte fatte singolarmente, anche e soprattutto a livello commerciale. Dall’altra la diversificazione non esaurisce le possibilità. La collaborazione con altre aziende, per esempio, costituisce un’opportunità che non sempre viene valutata correttamente. Nel nostro caso, abbiamo dato vita a una partnership con la Società Petrolifera Repsol, multinazionale spagnola presente in Ita-

Giulio Landini, amministratore delegato della Termo Trading Petroli Srl di Roma www.tradingpetroli.it


Giulio Landini

lia, con la quale abbiamo rapporti da oltre un decennio. Questo rapporto ha avuto un duplice risultato: abbiamo ottenuto una fornitura di 100mila tonnellate (gasolio e benzine) da distribuire nel prossimo biennio, per importanti enti pubblici e privati, in più ci stiamo interessando all’installazione di distributori stradali con il nostro logo. Sfruttare le sinergie con la multinazionale ci ha portato a varare una formula in grado di offrire all’automobilista un prezzo competitivo con la garanzia della qualità. Prerogative che facciamo valere sui nostri impianti così come per quelli di terzi». Quanta importanza assume questo fattore nella vostra attività? «Ne abbiamo aperti tre nel 2013 e ultimamente, a seguito di un accordo con la Repsol, abbiamo deciso di usare i colori della società spagnola anche per questi distributori. Queste operazioni costituiscono un fattore importante che ci permette di mantenere quote di mercato, nonostante i consumi siano in calo: per ora la nostra posizione non è stata messa in discussione, anche se il contesto congiunturale intorno a noi ha messo in difficoltà molte aziende un tempo floride. Inoltre, come termo trading ci siamo aggiudicati l’appalto per la fornitura delle Poste Italiane». In quale categoria aziendale vi inserite e quali sono le scelte che l’hanno determinata?

+4,33%

LA VARIAZIONE DEL PREZZO DEL PETROLIO GREGGIO CALCOLATA NELL’ARCO DEL SOLO MESE DI GENNAIO 2014

«Abbiamo scelto di posizionarci nella nicchia di mercato delle medie imprese, mantenendo così la flessibilità delle piccole strutture e al contempo i numeri e la forza per puntare ai grandi obiettivi nel settore degli appalti pubblici. Per riuscire a raggiungere questo posizionamento in maniera concreta, abbiamo dovuto investire nell’adeguamento alle leggi sulla sicurezza sul lavoro e sulla privacy, nell’ottenimento della certificazione di qualità, nella formazione specialistica degli operatori, nell’acquisto di automezzi all’avanguardia e nell’attrezzatissimo deposito situato in via di Fioranello. Così facendo, oggi, possiamo contare su un mercato eterogeneo e in continua crescita e può fornire tanto piccoli clienti privati quanto grandi enti dalle esigenze complesse e articolate». Quali sono i risultati ottenuti con questa politica? «Negli ultimi anni, la nostra azienda è stata impegnata su più fronti. Oggi, possiamo affermare ❯❯ LAZIO 2014 • DOSSIER • 103


ENERGIA

❯❯ di avere a disposizione un deposito della massima efficienza e sicurezza. Inoltre, abbiamo convogliato sforzi ed energie verso la soluzione di alcuni problemi e ostacoli che ci hanno riguardato da vicino, per esempio la nevicata che ha colpito Roma a Febbraio dell’anno scorso. In quell’occasione, abbiamo provveduto al rifornimento ininterrotto e regolare dei nostri clienti, quali la società capitolina addetta alla raccolta dei rifiuti e la Compagnia Trasporti Laziali che provvede al trasporto pubblico nella regione».

Il prezzo è la leva più difficile da gestire e imperniando la competizione solo su questo fattore si rischia di lavorare al di sotto dei margini di redditività

Attualmente, qual è il core business della Termo Trading Petroli? «Da oltre un ventennio, il core business è quello della commercializzazione di prodotti petroliferi, con specializzazione nel mondo delle forniture di combustibili per autotrazione e riscaldamento. Nel corso degli anni, abbiamo investito sulla struttura consentendo così all’impresa di poter disporre di una numerosa flotta di Atb di varie dimensioni – sia conto proprio che conto terzi – e di uno staff aziendale professionale e fidato». Quali altre attività fanno da contorno alla commercializzazione di prodotti petroliferi? «La Termo Trading Petroli si occupa anche della progettazione, realizzazione e manutenzione di impianti tecnologici – sia a livello industriale che a livello civile – di impianti di riscaldamento, e di impianti idraulici e antincendio. Curiamo l’esecuzione di queste opere dalla progettazione al collaudo finale e il nostro portafoglio conta importanti commesse con enti pubblici e privati». Quali sono le vostre maggiori leve competitive? «I nostri punti di forza riguardano sicuramente la parte commerciale e logistica. Oltre a queste, i principali elementi su cui abbiamo fatto affidamento sono il prezzo del prodotto, la qualità garantita, la personalizzazione del servizio e la capacità logistica. Di queste, il prezzo è senz’altro la leva più difficile da gestire – la logistica si caratterizza pur sempre per elevati costi fissi – e, di conseguenza, imperniando la competizione solo su questo fattore si rischia di lavorare al di sotto dei margini di redditività. Ecco perché crediamo che davvero importante sia il servizio reso».



MODELLI D’IMPRESA

Distribuzione automatica, un settore in crescita Il territorio laziale è il primo mercato in Italia nel settore della distribuzione automatica. Partendo da quest’area, la Dag mira a coprire tutto il territorio nazionale e a espandersi anche oltre confine. L’esperienza di Riccardo Sabino Fatone Carlo Gherardini

onostante la crisi, ci sono realtà del tessuto imprenditoriale italiano che negli ultimi anni hanno registrato una crescita costante. Ne è un esempio la Dag, giovane azienda che ha saputo ritagliarsi un ruolo importante all’interno del settore della distribuzione automatica, e che oggi è una delle cinque aziende più importanti nell’area laziale e, se si considera il gruppo di cui è a capo, una fra le prime trenta in Italia. «Dal 2007 – afferma il fondatore e titolare, Riccardo Sabino Fatone – abbiamo iniziato un

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Riccardo Sabino Fatone, fondatore e titolare del gruppo Dag di Roma www.distributori-automatici-roma.com

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processo di aggregazione che unisce alla Dag altre quattro importanti realtà del settore. Siamo riusciti a mantenere un trend di acquisizione di quote di mercato notevole, grazie a una strategia commerciale efficace e al contenimento dell’utilizzo della leva finanziaria, resosi necessario a fronte del fenomeno del credit crunch dovuto alla crisi economica». Anche il 2013 si è chiuso con un bilancio positivo: il gruppo ha registrato una crescita significativa dei clienti acquisiti rispetto all’anno precedente e un utile maggiore rispetto al 2012. «L’obiettivo – sottolinea Fatone – è la creazione di una piattaforma di servizi in grado di operare su scala nazionale e internazionale, conquistando quote di mercato sempre maggiori, grazie alla qualità del servizio e alla gamma di prodotti offerti. Allo stato attuale la nostra presenza è limitata al territorio italiano, in particolare all’area laziale, che rimane quella più stimolante, visto che rappresenta il primo mercato in Italia, ma siamo una società giovane e miriamo a un’evoluzione anche oltre i confini nazionali». Con i suoi distributori, la Dag si rivolge principalmente alle imprese, proponendo differenti soluzioni e offrendo un servizio personalizzato sia per le piccole e medie aziende che per le grandi realtà. «La gamma dei distributori prevede combinazioni di prodotti personalizzabili in base alle specifiche


Riccardo Sabino Fatone

Possiamo affiancare il cliente nella progettazione e nella realizzazione degli arredamenti grazie a distributori dal design elegante e funzionale

esigenze. Ogni giorno selezioniamo i migliori prodotti disponibili dal punto di vista nutrizionale e qualitativo, lavorando solo con fornitori che escludono dai loro prodotti componenti Ogm. La varietà dei prodotti permette di scegliere tra bevande calde e fredde, snack dolci e salati, insalate, yogurt, pasti caldi e prodotti alimentari freschi, nonché prodotti biologici ed equosolidali». L’azienda può anche affiancare il cliente nella progettazione e nella realizzazione degli arredamenti grazie alla capacità di proporre distributori dal design elegante e funzionale, fabbricati delle case produttrici leader nel mercato italiano ed europeo: Bianchi Vending, Necta, Fas e Ducale. Perfettamente integrati con l’ambiente circostante e personalizzabili con l’immagine dell’azienda: un vero servizio “chiavi in mano”. «Dalla fine del 2012 – continua Fatone – abbiamo introdotto anche il settore home, che attualmente ricopre circa il 5 per cento del nostro fatturato. In virtù della partnership commerciale con Caffè Borbone, possiamo riproporre gli elevati standard qualitativi del caffè presente nei nostri distributori, direttamente nelle case dei clienti, con distributori semiautomatici di caffè e solubili in

cialde o in capsule. Crediamo fortemente nello sviluppo di questo ramo dell’attività che, con un mercato tradizionale ormai servito capillarmente dall’elevato numero di competitor, può rappresentare uno sbocco alternativo per la crescita dell’azienda». E le prospettive non si fermano qui: «Il 2014 sarà un anno impegnativo – conclude Fatone –: dobbiamo affrontare innanzitutto la problematica relativa all’incremento dell’aliquota Iva dal 4 al 10 per cento, poi stiamo lavorando per aprire nuove strutture per ottenere una maggiore copertura del territorio italiano. Il nostro obiettivo rimane quello di crescere ancora sfruttando la leva commerciale e contenendo quella finanziaria e contestualmente accogliere nuove realtà all’interno del gruppo». LAZIO 2014 • DOSSIER • 107


MODELLI D’IMPRESA

Un settore che non conosce crisi? Dopo le liberalizzazioni, il mercato smentisce questo pregiudizio. Inoltre, Eleonora Mocenigo spiega come la recessione economica stia incidendo fortemente anche sulla spesa per l’ultimo onore ai propri cari Valerio Germanico

el 2012, in base ai dati Istat, è stata adottata la cremazione per il 16,62 per cento dei decessi, con un incremento del 15 per cento rispetto all’anno precedente. Tuttavia con una diffusione differente in base alle diverse regioni: le città col maggior numero di cremazioni sono, nell’ordine, Roma, Milano e Genova. Quali sono le ragioni di questo cambiamento? Questa alternativa alla tradizionale sepoltura si sta affermando naturalmente per una diversa propensione dei cittadini di fronte al lutto. Ed è motivata da una parte da una maggiore presenza di impianti sul territorio e, dall’altra, soprattutto, dalla crisi economica. Infatti, come spiega Eleonora Mocenigo, titolare dell’impresa funebre F.E.M. di Roma: «Anche se il risparmio effettivo di una cremazione, rispetto alla tumulazione, è di circa 400/500 euro (a fronte di una spesa complessiva dell’ordine delle migliaia di euro), questo risparmio si somma ai costi minori per la concessione degli spazi cimiteriali, soprattutto con la pratica diffusa dell’affido domestico delle ceneri». A ciò si ag-

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L’impresa funebre F.E.M. Srl ha sede a Roma www.impresafunebrefem.it

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giunge il fatto che la qualità nella gestione dei cimiteri negli ultimi anni è calata, a causa dei tagli operati dai Comuni sulla spesa per il decoro delle infrastrutture cimiteriali. In una certa misura, la scelta della cremazione e la richiesta di cerimonie funebri più sobrie rispetto al passato hanno contribuito a ridimensionare i fatturati delle imprese di pompe funebri. Nel caso della F.E.M., per esempio, il fatturato 2013 ha subito un calo di circa il 40 per cento, mentre altre imprese romane hanno registrato flessioni anche ben più significative. Tuttavia, come precisa Eleonora Mocenigo: «La crisi del settore non è solo una questione di scelte da parte della cittadinanza. Piuttosto è un effetto della liberalizzazione, avviata qualche anno fa. La liberalizzazione delle licenze, infatti, ha portato all’ingresso nel settore di un numero elevato di nuovi operatori. Molte persone che prima avevano ruoli di secondo piano


Eleonora Mocenigo

DIFFERENZE REGIONALI n termini di rapporto percentuale, analizzando i dati territoriali, la cremazione non è uniformemente diffusa sul territorio italiano. Il ricorso alla cremazione avviene soprattutto al Nord, che ha una maggiore presenza di impianti, ma anche al Centro. In testa alla classifica si collocano le tre grandi regioni settentrionali: Lombardia (25,7 per cento), Piemonte (13,7 per cento) e Veneto (12,3 per cento). Invece, le regioni che hanno registrato una crescita percentuale maggiore nel 2012 rispetto al 2011 sono la Sardegna (più 63,9 per cento), Emilia Romagna (più 32,8 per cento) e Umbria (più 31,7 per cento). In queste variazioni ha inciso soprattutto la messa in funzione o il fermo/rallentamento operativo di uno o più impianti. Le regioni che rispetto all’anno precedente hanno registrato una crescita numerica più elevata sono state: Emilia Romagna (più 3.003), Lombardia (più 2.993) e Piemonte (più 2.665).

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nelle imprese funebri (o che in ogni caso non ne erano i titolari), hanno colto l’iniziativa per mettersi in proprio, attratti dall’illusione di facili guadagni. Questo ha generato una maggiore concorrenza, spesso anche sleale. Inoltre, a Roma e nel Lazio, si è creato quello che giornalisticamente è stato definito il “business del caro estinto”. In pratica, si è creato un monopolio, in mano a due società, per la gestione dei servizi mortuari all’interno degli ospedali, che ha tagliato fuori le centinaia di altre imprese sul territorio. E questo senza che l’azienda sanitaria locale sollevasse alcuna obiezione». Nonostante questa complessa situazione di mercato, l’impresa funebre F.E.M. ha mantenuto lo stesso livello di qualità e servizi. «La nostra politica non è cambiata, anche se le persone intendono spendere meno, il nostro rito funebre è comunque accompagnato da servizi discreti ed eleganti, con un’assi-

fonte: www.funerali.org

stenza puntuale nel disbrigo delle pratiche burocratiche e nell’allestimento della camera ardente. Oltre che nella fornitura di prodotti (assortimento di parco macchine e sarcofagi funebri, cassette, ossari e cinerari) e servizi (organizzazione delle onoranze funebri e assistenza per tutto il servizio, addobbi floreali, personale in divisa, vestizione e composizione salme, disbrigo pratiche amministrative, cimiteriali e per cremazione, attività connesse alla sanità) di qualità». LAZIO 2014 • DOSSIER • 109


AGROALIMENTARE

Coltivare le nuove leve Al ridimensionamento che la campagna laziale ha conosciuto nell’ultimo decennio, il sistema agricolo regionale risponde con qualità e innovazione. Queste le carte per restituire al settore primario la centralità che gli compete Giacomo Govoni

n asset a cui riconsegnare un ruolo primario ma che, innanzitutto, deve recuperare terreno. Nel senso letterale del termine, visto che nel primo decennio degli anni Duemila la campagna laziale si è “ritirata” di quasi 90mila ettari. E non si tratta di una stima spannometrica, ma di quanto emerge dall’ultimo censimento generale dell’agricoltura realizzato da Istat che fotografa una realtà regionale in progressiva contrazione. Sia a livello di superficie coltivabile che, in misura ancor più significativa, in termini di aziende attive praticamente dimezzate dal 2000, quando sfioravano le 190mila unità. Nel 2010 se ne contavano 98.200, con una perdita complessiva del 48,2 per cento. Una base produttiva che nel terzo trimestre dell’anno scorso ha perso un ulteriore 3 per cento, ma che comunque il report “AgrOsserva” redatto da Ismea, in collaborazione con Unioncamere, attesta al di sopra della media nazionale, pari al -3,6 per cento. A questo quadro, che sotto il profilo occupazionale conserva in ogni caso un dinamismo migliore di quello riscontrabile oggi nel settore industriale, vanno sommati tuttavia gli effetti dell’ultima ondata di maltempo, che stando ai calcoli svolti dalle associazioni di categoria avrebbe compromesso circa 1.500 ettari di terreno, per un corrispettivo di danni attorno ai 3 milioni di euro. Emergenza a parte, quel che è certo è che l’agricoltura laziale sta assistendo a una graduale ristrutturazione che, da un lato, ha favorito la ricomposizione fondiaria e l’ampliamento di alcune aziende, ma al contempo ha visto piccole realtà rurali cedere alla difficile congiuntura e

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I dati del Lazio

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L’economia agricola del Lazio è una leva di competitività che concorre per il 17 per cento alla formazione del Pil regionale

alla sensibile riduzione dei consumi interni. Ciononostante, il giro d’affari del settore è ancora di 2,5 miliardi di euro, dei quali 753 milioni sono legati alle vendite estere. Dati sostanzialmente stabili rispetto ai primi anni Duemila e che dimostrano quanto l’economia agricola del Lazio sia vitale e rimanga una leva di competitività importante, concorrendo per il 17 per cento alla formazione del Pil regionale. Quanto al rendimento dei singoli comparti sul valore complessivo della produzione agricola nel Lazio, cresce l’incidenza dell’ortofrutta e dei prodotti zootecnici (latte e carne), mentre registrano un deterioramento le produzioni meno intensive quali la viticoltura, l’olivicoltura, i cereali, piante industriali e agrumi. QUALITÀ E GIOVANI, LE CHIAVI DELLA RIPARTENZA

Al di là delle variazioni dei volumi, il sistema agroalimentare laziale si connota tradizionalmente per la sua qualità che si rispecchia nei 23 prodotti a marchio Dop e Igp coltivati sul territorio, pari al 10 per cento del paniere dei prodotti enogastronomici italiani a denominazione protetta. Un valore aggiunto che i produttori laziali stanno cercando di usare come grimaldello per scardinare la crisi, con un occhio at-

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tento all’esigenza di risparmio dei consumatori. In questo scenario s’inserisce l’esperienza della vendita diretta dei prodotti alimentari, letteralmente esplosa nelle province laziali dietro l’invito della Coldiretti nazionale, che oggi coinvolge quasi 500 realtà e apre anche nuove prospettive in chiave occupazionale. Un nuovo modo di concepire la filiera che negli ultimi tempi sta catturando anche l’interesse delle nuove generazioni, sulle quali si punta molto per infittire la trama del tessuto agricolo locale. Interessante a questo proposito l’iniziativa messa in campo a fine 2013 dalla Regione in collaborazione con Bic Lazio, che ha tolto il velo al primo incubatore agroalimentare su scala continentale. Estesa su un’area complessiva di 4.500 metri quadri, si tratta di una piattaforma sperimentale che comprende un fondo agricolo di 32 ettari, all’interno del quale si svilupperanno nuove startup e attività imprenditoriali innovative, legate in particolare al biologico e ai saperi produttivi tradizionali del territorio. Dovesse raccogliere il successo sperato, il progetto darà un’ulteriore spinta propulsiva a quel ricambio generazionale nelle campagne che nel corso degli ultimi due anni ha portato oltre 700 giovani agricoltori laziali a insediarsi in azienda.

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AGROALIMENTARE

L’extra vergine italiano nel mondo Ha portato il condimento per eccellenza della cucina italiana in settanta paesi. Facendo scuola. Come con il Colavita Center for the italian food and wine di New York. L’esperienza di Enrico Colavita Luca Càvera

al Molise al mercato globale. L’azienda Colavita ha portato l’olio extra vergine di oliva in settanta paesi nel mondo, realizzando il 75 per cento del fatturato con l’export. Come dichiara Enrico Colavita: «In questo momento i nostri mercati esteri principali sono gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, l’Australia, il Brasile, la Cina e la Malesia. Durante la nostra attività di internazionalizzazione abbiamo sempre lavorato con importatori esclusivi di prodotti molto rappresentativi del made in Italy, condividendo con questi le strategie di marketing e di vendita. Il successo è venuto approcciando prima il gourmet e la ristorazione e, in seguito, grazie alla fiducia e al riconoscimento dai grandi chef, siamo passati alla grande distribuzione, che oggi rappresenta buona parte del nostro fatturato». La promozione del prodotto e della cucina italiana, nella politica di Colavita, sono un tutt’uno. «Abbiamo sempre collaborato con diverse scuole di cucina in tutto il mondo. È stata una scelta vincente per cui continuiamo a riproporla anche nei nuovi mercati che andiamo via via affrontando. Da questa esperienza è nato il Colavita Center for the italian food and wine, una scuola di cucina italiana all’interno di uno

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dei più importanti campus della gastronomia mondiale, situato a nord di New York, presso Hyde Park. Qui grandi chef italiani tengono lezioni di cucina, promuovendo non solo il nostro olio, ma anche ricette e prodotti nazionali». Inoltre, la fortuna di Colavita nel mondo si è concretizzata nell’articolazione di un gruppo con diverse controllate all’estero, tutte facenti capo alla holding Colavita Spa, controllata al 100 per cento dalla famiglia originaria di Sant’Elia a Pianisi, nella provincia di Campobasso. «Venendo ai bilanci – prosegue Enrico –, il 2013 si è chiuso in modo complessivamente soddisfacente, con un fatturato di circa 50 milioni di euro solo per la company italiana (e 100mln circa a livello consolidato), che segna così una crescita del 20 per cento rispetto all’anno precedente in fatturato e del 7 per cento in volume (considerato l’aumento dei prezzi della materia prima nel corso dell’anno). Particolarmente soddisfacente è stato il risultato sul mercato nazionale, che è cresciuto nonostante

Sopra, Enrico Colavita. La Colavita Spa ha la sede centrale a Pomezia (RM) www.colavita.it


Enrico Colavita

Il Colavita Center è una scuola di cucina italiana a New York. Qui si formano alcuni tra i futuri grandi chef della cucina internazionale

la generalizzata crisi dei consumi. In realtà, la principale criticità è stata l’altalena dei prezzi della materia prima, dovuta alle basse quantità, soprattutto del prodotto nazionale. L’ultima produzione è stata discreta anche se non eccellente da un punto di vista qualitativo, a causa dalle alte temperature che hanno colpito la penisola, in particolare il sud della Puglia, la Calabria e la Sicilia». Parlando di prodotti, la linea principale di Colavita è un 100 per cento italiano. «È un olio extra vergine classificabile come fruttato verde, con una nota aromatica persistente che ricorda il profumo e il sapore dell’oliva sana, raccolta al giusto grado di maturazione. Il suo sapore regala una sensazione di completezza e armonia, lasciando come retrogusto una nota di pic-

cante. A questa eccellenza tipica abbiamo abbinato altre linee. L’iniziativa è stata promossa dalla continua ricerca e attenzione al consumatore e ci ha portato al lancio di una nuova linea di prodotti di altre provenienze geografiche, espressamente dichiarate in etichetta. Abbiamo quindi lanciato una selezione di oli extra vergini di oliva dal mondo, che presenta un olio mediterraneo dal gusto inconfondibile, perfettamente equilibrato e armonioso, un olio 100 per cento greco dalla fragranza amabile e classica, uno 100 per cento spagnolo delicatamente aromatico, uno 100 per cento argentino leggermente fruttato, un olio totalmente californiano dal profilo equilibrato e dalla fragranza delicata e, infine, uno interamente australiano dal gusto amabile e delicato».

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REATI CONTRO LA PA

Tutelare l’economia sana Sul territorio laziale è cresciuto negli ultimi anni il grado di attenzione riservato ai reati contro la pubblica amministrazione da parte della Guardia di Finanza. Il comandante regionale Carmine Lopez commenta i risultati delle indagini eseguite nel 2013 Renata Gualtieri

ono stati 208 gli interventi diretti a reprimere la consumazione di reati contro la pubblica amministrazione nell’anno 2013 realizzati dalle fiamme gialle del Lazio, con un aumento del 9 per cento rispetto all’anno precedente. «Sono stati denunciati 556 individui, 74 dei quali sono in stato di arresto - spiega il comandante Carmine Lopez , percentuale salita di oltre il 10 per cento rispetto al 2012. Inoltre, i sequestri di valuta e titoli in pregiudizio delle persone indagate per reati contro la pubblica amministrazione hanno superato l’importo di 4 milioni di euro». In materia di lotta agli sprechi e controllo della spesa pubblica invece, l’azione di vigilanza dei reparti dipendenti dal comando regionale ha permesso di accertare danni erariali per quasi 865 milioni di euro e di segnalare alla Corte dei Conti 459 persone. Negli ultimi anni quale grado di attenzione è stato riservato ai reati contro la Pa da parte della Guardia di Finanza? «L’economia si tutela non solo con il contrasto all’evasione fiscale, ma anche con la repressione di episodi di frode che minacciano l’integrità delle risorse pubbliche. Nel Lazio l’attività della Guardia di Finanza si è mossa lungo una duplice direttrice che ha visto, da una parte, l’esecuzione di mirati approfondimenti investigativi tendenti ad accertare gravi forme di sperpero di denaro e, dall’altra, la pianificazione di controlli per prevenire e reprimere diffuse forme di irregolarità, ivi compresa l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o di altri enti pubblici a opera di soggetti potenzialmente interessati a misure di agevolazione assistenziale e previden-

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ziale. Fermo restando l’impulso conferito ai reparti dall’autorità giudiziaria, negli ultimi anni il grado di attenzione riservato ai reati contro la pubblica amministrazione si è incrementato, destinando maggiori capacità operative dirette a contrastare lo sviamento di risorse pubbliche o il loro cattivo impiego attraverso abusi, favoritismi o malversazioni». Secondo le rilevazioni è stata registrata una crescita di questa tipologia di reati negli ultimi anni: lo ritiene un fenomeno destinato ad aumentare anche a causa della crisi? «L’obiettivo per il 2014 è intensificare gli sforzi operativi, per assecondare il rispetto della legalità e le istanze di equità dei cittadini e dei contribuenti onesti, favorendo così il rilancio e

Il comandante della Guardia di Finanza del Lazio, Carmine Lopez


Carmine Lopez

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L’economia si tutela non solo con il contrasto all’evasione fiscale, ma anche con la repressione di episodi di frode ai danni delle risorse pubbliche

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la capacità di reazione dell’intero sistema economico. È difficile tuttavia prevedere se il fenomeno sia destinato ad aumentare anche a causa della crisi. Infatti, il crescente rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni ne incentiva sempre più la collaborazione. Risulta evidente come il problema a questo punto non sia più soltanto giuridico, ma assuma una dimensione più ampia, che coinvolge la stessa credibilità dello Stato e delle sue istituzioni, con tutto quel che ne deriva. In ogni caso, ritengo che lo sforzo fatto in questi anni in tema di trasparenza e correttezza della pubblica amministrazione meriti di essere sostenuto». Come si sviluppa l’attività di controllo sul territorio regionale? «Per quanto riguarda i controlli d’iniziativa, esiste una procedura di programmazione in materia di tutela della spesa pubblica. Ciò in quanto tali forme di illegalità, oltre a depauperare le casse dello Stato e degli altri enti pubblici, giungono ad alterare gli equilibri di mercato e il regime di libera concorrenza. In tale contesto, gli approfondimenti ispettivi sovente possono condurre, oltre che alla segnalazione alla Corte dei Conti di profili di responsabilità amministrativa per danno erariale, anche alla scoperta di fatti costituenti reato. La programmazione degli interventi viene corroborata da una sistematica valorizzazione delle risultanze agli atti dei reparti e dei dati ottenibili mediante il ricorso all’informatica, anche grazie alla sottoscrizione di appositi protocolli d’intesa stipulati con altre

istituzioni ed enti locali. La materiale esecuzione dei servizi è supportata da una preventiva analisi di rischio e orientata alla selezione d’incongruenze meritevoli di approfondimento». In cosa andrebbe migliorata e come giudica la sinergia con le altre istituzioni? «Il percorso di miglioramento qualitativo delle indagini prosegue incessantemente, soprattutto per i contesti investigativi che richiedono forme d’intervento coordinate e trasversali, attraverso un assiduo coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali competenti». LAZIO 2014 • DOSSIER • 123


REATI CONTRO LA PA

La regolarità paga I crimini contro la pubblica amministrazione hanno fatto perdere all’Italia competitività. Il punto di Mario Civetta, presidente dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Roma, che chiede una radicale inversione di rotta Renata Gualtieri

econdo l’analisi delle denunce fatte dalla Guardia di Finanza, nel 2013 ogni giorno in Italia sono stati commessi 12 reati contro la Pa e sono 5 invece i miliardi di euro a essere spariti dalle casse dello Stato a causa di sprechi pubblici e di truffe ai finanziamenti nazionali e comunitari. commentando questi dati, Mario Civetta ricorda che «la corruzione, oltre che un comportamento eticamente deprecabile è una diseconomia, un danno alla legittima concorrenza e alla libertà del mercato e alla competitività dell’Italia». Come è possibile intervenire per frenare questo fenomeno? «Certamente ci sono comportamenti criminosi che vanno duramente repressi applicando le leggi, ma non posso non notare, come hanno fatto autorevoli studiosi di economia e sociologia, che un eccesso di burocrazia e di regole controverse, favorisce l’insorgere della corruzione. Altro discorso è quello che attiene agli sprechi e alla grande inefficienza della pubblica amministrazione, fenomeno rilevante e che ha contribuito a creare un debito pubblico insostenibile. Ci sono due livelli: da una parte, costi inutili per servizi superflui e sprechi; dall’altra, costi elevati per servizi importanti. Dalle cronache giornalistiche apprendiamo, ad esempio, che una siringa costa in Calabria il doppio che in Lombardia e questo non è accettabile». L’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Roma ha il più alto numero di iscritti in Italia. Quale può essere,

S Mario Civetta, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Roma

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dunque, il suo contributo per assicurare legalità e trasparenza? «L’Ordine già fa la sua parte, non solo perché uniforma l’agire degli iscritti a un preciso codice deontologico, ma perché svolge una costante azione di moral suasion verso le imprese e le attività economiche affinché si uniformino alle regole. La regolarità dei comportamenti paga. In questi anni il ruolo del commercialista ha visto accrescere responsabilità e carico di lavoro. Abbiamo grandi professionalità necessarie per accompagnare le imprese nei meandri di regole spesso non chiare. C’è un apporto tecnico che diamo in materia di bilanci e di regolarità contabile perché questo è un punto importante della trasparenza». In una fase in cui molte amministrazioni sono finite nell’occhio del ciclone per via di spese non giustificate, gli scandali nei conti delle Regioni stanno facendo ipotizzare anche la presenza di controlli evane-


Mario Civetta

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I comportamenti criminosi vanno duramente repressi applicando le leggi, ma l’eccesso di burocrazia e di regole controverse favorisce l’insorgere della corruzione

scenti. Qual è la sua opinione in merito? «Noi ogni giorno chiamiamo i nostri clienti a fare enormi sacrifici per sopportare la più elevata pressione fiscale fra i grandi Paesi industrializzati, quasi al livello delle nazioni scandinave che offrono, però, ai loro cittadini servizi eccellenti. E non è bello chiamare a pagare tasse esose, con la consapevolezza che si paga molto e si ottiene molto poco, e al contempo scoprire scandali su spese allegre e inammissibili da parte di chi ci governa. Il problema, tuttavia, sta anche nei controlli a monte che dovrebbero evitare, come dice un’antica espressione contadina, “di chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti”. Bisognerebbe agire preventivamente, riducendo i centri di spesa e migliorando il controllo di gestione, qualità e non quantità». Quali sono a suo avviso i passi più importanti da compiere per una reale riforma

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della pubblica amministrazione? «La riforma della pubblica amministrazione è da almeno un ventennio il convitato di pietra di ogni discorso sul recupero di competitività del Paese. Abbiamo una spesa record e una Pa dilatata negli organici. La stagnazione dell’economia italiana, negli ultimi venti anni, affonda le radici nella pressione fiscale, causata da una spesa e da un debito pubblico superiori alla media europea. Tra il 2000 e il 2010, la spesa pubblica italiana, al netto degli interessi sul debito, è aumentata di 141,7 miliardi di euro, pari al +24,4 per cento. Le spese correnti - per quasi 2/3 riconducibili ai stipendi dei dipendenti del pubblico impiego e alle prestazioni sociali - costituiscono il 93,2 per cento del totale della spesa pubblica. Pochissimo resta per gli investimenti che dovrebbero essere il futuro. Non ci resta che chiedere una radicale inversione di rotta».

LAZIO 2014 • DOSSIER • 125


REATI CONTRO LA PA

Stop a sprechi e privilegi Razionalizzare è la parola d’ordine. Un atto doveroso nei confronti dei cittadini, lo definisce il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Daniele Leodori. Segnale che si aggiunge ai provvedimenti già introdotti per un cambio di rotta Renata Gualtieri

450 mln TAGLI AGLI STIPENDI E AI BENEFIT DI CONSIGLIERI E ASSESSORI, RISPARMIO CHE SI OTTERRÀ IN 5 ANNI GRAZIE ALLA SPENDING REVIEW REGIONALE APPROVATA NEL GIUGNO SCORSO

in dal suo insediamento, l’Amministrazione Zingaretti ha cercato di mettere ordine ai costi della politica. Un atto dovuto, visti gli scandali che hanno riguardato i partiti e le istituzioni regionali negli ultimi anni e che hanno screditato agli occhi dei cittadini laziali tutta la classe politica. L’obiettivo voleva essere quello di cancellare l’immagine del Lazio come la regione più sprecona e corrotta d’Italia e diverse sono state le azioni intraprese in questa direzione. Il presidente del Consiglio regionale, Daniele Leodori, indica quali sono stati a suo avviso i provvedimenti più efficaci. In che modo il Consiglio regionale ha operato sulla razionalizzazione e riduzione degli sprechi della politica?

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«Uno dei nostri primi obiettivi è stato quello di dare un taglio netto a sprechi e privilegi: un atto doveroso nei confronti dei cittadini del Lazio. Tra i primi provvedimenti, nel giugno scorso abbiamo approvato all’unanimità in Consiglio la spending review regionale, dando una consistente sforbiciata agli stipendi e ai benefit di consiglieri e assessori. Con un risparmio che ammonta a circa 450 milioni di euro in 5 anni. Tra i provvedimenti introdotti, cito il divieto di cumulo delle indennità o emolumenti derivanti da più cariche e il dimezzamento delle commissioni regionali rispetto alla precedente legislatura. Inoltre, anche la presidenza del Consiglio ha fatto la sua parte, per dare un segnale del cambio di passo. Ho rinunciato a qualsiasi forma di


Daniele Leodori

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Uno dei nostri primi obiettivi è stato quello di dare un taglio netto a sprechi e privilegi: un atto doveroso nei confronti dei cittadini del Lazio

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benefit mi spettasse per l’incarico di presidente. Ho rifiutato l’auto blu, ho restituito telepass, viacard e telefono. Per quanto riguarda poi i più stretti collaboratori della presidenza, le indennità previste per il portavoce, il capo di gabinetto e il vice capo di gabinetto sono state dimezzate, con un risparmio di circa 300mila euro l’anno, pari a oltre 1 milione di euro per la durata della consiliatura». I consiglieri del M5S sono riusciti a ottenere l’elenco dei vitalizi dei consiglieri regionali che ammontano a circa 20 milioni l’anno. Dal 2014 saranno aboliti, ma cosa accadrà per quelli retroattivi? E come sarà possibile eliminare definitivamente questi privilegi? «Questa è certamente una materia che merita una razionalizzazione. Noi l’abbiamo fatto dal giugno 2013, abolendo il vitalizio per assessori e consiglieri regionali, a partire dall’attuale legislatura con la legge numero 4 del 28 giugno. Il vitalizio è stato tolto anche a chi viene condannato

Daniele Leodori, presidente del Consiglio regionale del Lazio

in via definitiva per uno dei delitti che comporti l’interdizione dai pubblici uffici, per tutta la durata dell’interdizione. Ora è in corso un’iniziativa del Parlamento, in discussione alla Camera. Mentre stiamo anche noi verificando una serie di soluzioni, per adeguare quanto percepito al momento difficile che sta attraversando il Paese». A quanto ammonta la spesa prevista nel bilancio del Consiglio regionale per il 2014? Quale sarà il contributo del Consiglio regionale per un’amministrazione finanziariamente virtuosa? «La spesa del Consiglio per il 2014 ammonta a 60 milioni di euro, a fronte dei 66 del 2013 e dei 76 del 2012: vi è stato un taglio di oltre il 20 per cento in due anni. Per quanto riguarda il prossimo bilancio, che si discuterà a fine anno, la nostra intenzione è di procedere sempre su questa strada, razionalizzando le spese con una maggiore attenzione ai contratti dei servizi in scadenza». Ha da poco nominato l’ex magistrato della Corte dei Conti Andrea Baldanza a capo del gabinetto della presidenza. Come la sua esperienza potrà rappresentare un valore aggiunto per il vostro lavoro e cosa rappresenta questa nomina? «È stata una scelta meritocratica, dettata unicamente dalla professionalità e dall’esperienza di Andrea Baldanza: dal 2009 era in servizio presso la sezione regionale del controllo per la Regione Abruzzo. In passato ha ricoperto, tra gli altri, il ruolo di sostituto procuratore al Tribunale di Rieti e di magistrato del Tar siciliano. È sicuramente una personalità di alto profilo, profondo conoscitore della macchina amministrativa. Un valore aggiunto per il lavoro della presidenza». LAZIO 2014 • DOSSIER • 127


Merci pericolose, la situazione dei trasporti Le piccole imprese di trasporti arrancano dietro gli obblighi normativi e i loro costi. Abbandonano il mercato lasciando spazio alle aziende più strutturate. Raffaele Forgione analizza la situazione italiana e fa un confronto con gli altri paesi europei Valerio Germanico

La sede della Isotras Srl si trova a Fiumicino (RM) www.isotras.it

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rescono i fatturati delle grandi aziende che trasportano merci in regime di Adr (Accord Dangereuses Route) e rifiuti pericolosi e non. Tuttavia questo non è dovuto a un incremento della domanda, bensì all’uscita dal settore delle piccole imprese, incapaci di sostenere i costi che impone il rispetto delle normative, come il Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti). Dunque a parità di lavoro disponibile sul mercato, è diminuita la concorrenza fra le imprese. E questo ha anche favorito la specializzazione. La Isotras, società di trasporti, nazionali e in-

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ternazionali iscritta all’albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti per le categorie e classi 1E-4A-5C è specializzata nel trasporto di chimica di base per aziende chimiche e farmaceutiche, attività per le quali è certificata Iso 9001:2008, Iso 14001:2004, Iso 18001:2007, Certiquality e attestata Sqas. «Il Sistri – spiega Raffaele Forgione, responsabile logistica della società con sede a Fiumicino – prevede che per ogni trasporto di merci pericolose sia compilata una scheda e per farlo è indispensabile disporre di molti dati (per esempio, sul produttore del rifiuto, sul trasportatore). Questo impone il


Raffaele Forgione

lavoro di ufficio di personale dedicato, un costo che per molte piccole imprese non è sostenibile in rapporto al numero di mezzi e quindi di carichi effettuabili. È soprattutto per questo che molti trasportatori hanno abbandonato i rifiuti pericolosi e le merci corrosive e infiammabili che prevedono il regime di Adr, che impone il rispetto di altri protocolli». Grazie anche a questa situazione favorevole del mercato, nel 2013 Isotras ha registrato un incremento di fatturato del 13 per cento. «A questo però non corrisponde un incremento proporzionato degli utili, che sono cresciuti di appena il 2 per cento. Infatti i costi del carburante e la tassazione sul lavoro erodono risorse sempre maggiori. Questo è anche uno dei motivi per cui abbiamo limitato la nostra attività di trasporto verso l’estero (soprattutto verso Francia, Spagna e Portogallo). Infatti, anche se lavorare in Europa, in questo settore, è molto più semplice per

fattori sostanziali (per esempio, i tempi certi dei pagamenti, la retribuzione delle soste presso i depositi), in questo momento i concorrenti esteri partono da condizioni favorevoli che assicurano loro una maggiore competitività. In particolare sono avvantaggiati gli spagnoli, che hanno costi di carburante e lavoro molto più bassi dei nostri. Per queste ragioni abbiamo ridotto il numero di commesse estere, riducendo il peso di queste dal 10 per cento di alcuni anni fa al 5 dell’ultimo bilancio. E per la questione del ritardo dei pagamenti abbiamo anche ridotto al minimo la partecipa-

zione agli appalti pubblici, che con i tempi della pubblica amministrazione oggi non esisteremmo più come impresa». In conclusione, Raffaele Forgione parla degli obiettivi per la propria azienda e delle prospettive future per il settore. «Nel corso del 2014 vogliamo confermare le posizioni raggiunte l’anno scorso. Infatti, se riusciremo a mantenere lo stesso fatturato senza fare debito sarà già un successo, perché stiamo affrontando anni in cui è necessario contenere. La prospettiva la crea anche la liquidità e siccome le banche non erogano credito, dobbiamo arrangiarci con le nostre risorse e quindi confermare la posizione è già un traguardo. Tuttavia, dopo il 2014 le cose potrebbero cambiare, perché inizieremo a recepire le normative europee – in realtà una normativa unica europea esiste già, però non è stata resa attuabile in Italia – e la distanza fra noi e gli altri paesi sarà minore. Per questo sono fiducioso su quello che avverrà nel 2015». LAZIO 2014 • DOSSIER • 129


EDILIZIA

La Biennale delle costruzioni La nuova veste di Expoedilizia propone anche per la prossima edizione appuntamenti che coinvolgono associazioni di categoria e aziende espositrici per condividere know-how e anticipare le tendenze del settore Nicolò Mulas Marcello

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Expoedilizia

al 10 al 12 aprile 2014 Fiera Roma ospiterà la settima edizione di Expoedilizia, fiera internazionale per l’edilizia e l’architettura. Lo scorso anno la manifestazione si è chiusa con un buon riscontro sia per quanto riguarda la partecipazione delle aziende che dei visitatori: 415 le imprese che hanno scelto la vetrina di dell’appuntamento romano per mostrare i loro prodotti e 42 le associazioni di categoria presenti. I visitatori che hanno visitato i padiglioni divisi in 9 aree tematiche per un totale di 70mila metri quadrati occupati sono stati 41.638, mentre 126 i convegni organizzati, con 378 relatori coinvolti, 16 le iniziative speciali e 12 i paesi ospiti che hanno inviato delegazioni di buyer per stringere accordi commerciali. La prima novità dell’edizione 2014 è la sua nuova formula, Expoedilizia diventerà infatti la “biennale delle costruzioni”, all’interno della quale saranno presentati il meglio del mercato e le principali innovazioni. Al centro della manifestazione ci sarà il tema della ripresa del settore, da rafforzare grazie a misure come i rifinanziamenti dei fondi per gli acquisti e le locazioni, i nuovi strumenti per rilanciare i mutui sulla casa, l’esclusione dell’Imu sull’invenduto e le agevolazioni

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per le ristrutturazioni condominiali. Dal punto di vista della domanda, saranno analizzati servizi e competenze in materia di riqualificazione energetica, ristrutturazione in chiave antisismica e utilizzo delle nuove tecnologie smart. Altro focus importante sarà quello dedicato all’innovazione vista nell’ottica della formazione professionale, anche alla luce della recente riforma delle maggiori professioni edilizie che impone a geometri, ingegneri e architetti un costante aggiornamento per poter operare sul mercato. In collaborazione con le principali associazioni di categoria, l’appuntamento del prossimo aprile ospiterà otto percorsi tematici. La “piazza della riqualificazione energetica”, che interessa la formazione per i certificatori, attraverso seminari per apprendere gli aspetti tecnici, legislativi e operativi per migliorare il benessere abitativo e la sostenibilità ambientale del costruito. “Costruire antisismico” illustrerà invece tutte le tecniche e i materiali per l’edilizia sicura, le potenzialità d’impiego del legno e dei suoi derivati, l’acciaio e il prefabbricato. Con il modulo “Costruzioni sostenibili: i prototipi” verranno esposti i protocolli di sostenibilità degli edifici, le metodologie, i materiali ecocompatibili e a basso consumo energetico, più una ses-

sione di corsi e incontri per i progettisti del futuro. “Progetto sicurezza” si concentrerà sulla formazione teorico-pratica per i responsabili di cantiere, le normative, la valutazione dei rischi, le verifiche, le certificazioni e le procedure. Nello “Spazio software” si potranno conoscere le soluzioni informatiche più innovative per la gestione, il calcolo e il controllo dei progetti. “Condominium” sarà invece un’opportunità per l’aggiornamento professionale degli amministratori di condominio per una migliore gestione degli immobili. All’interno di “Expoedilizia young”, i giovani architetti e designer presenteranno le proposte per l’industria delle costruzioni: progetti per le finiture d’interni, la riqualificazione, la ristrutturazione e il restauro dell’esistente. Ci sarà, infine, un’area dimostrativa che comprende un campo prove di oltre 30mila metri quadrati in cui verranno ospitate le dimostrazioni tecniche delle macchine movimento terra e dei veicoli da cantiere. Tutte le iniziative e gli eventi in programma si avvarranno della consulenza scientifica delle più importanti associazioni di categoria e di tecnici professionisti. Un’occasione anche per le aziende espositrici chiamate a elaborare il programma delle iniziative formative arricchendole del proprio know-how. LAZIO 2014 • DOSSIER • 137


EDILIZIA

Edilizia, una risposta alla crisi L’etica come ingrediente fondamentale per affrontare un momento di cambiamento e di difficoltà. Pamela Onorati propone la sua ricetta per affrontare il calo degli investimenti nelle costruzioni, diminuiti del 30 per cento negli ultimi sei anni Vittoria Divaro

Pamela Onorati è a capo della EDIL O.P. Srl di Tivoli Terme (RM) www.impresaedileguidoniaroma.it

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dati Istat sui primi undici mesi del 2013 mostrano una contrazione del settore costruzioni dell’11,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nei primi sei mesi dell’anno è calato, inoltre, il numero di permessi rilasciati per la costruzione di nuove abitazioni, che registrano un’ulteriore flessione del 37,2 per cento rispetto al primo semestre 2012. Guardando indietro, i numeri rivelano che fra il 2008 e il 2013 l’edilizia ha perso il 30 per cento degli investimenti, con un’involuzione che l’ha portata a un livello paragonabile a quello del 1967. E la previsione dell’Ance per il 2014 è ancora negativa (meno 2,5 per cento). «Tutto questo si ripercuote soprattutto su micro e piccola impresa. Infatti, le imprese più strutturate e maggiormente organizzate stanno riuscendo a far fronte più facilmente alle criticità. Nella profonda crisi economia che il nostro paese sta attraversando, la già scarsa fiducia dei consumatori e delle imprese si sta riducendo ulteriormente, con effetti sulla volontà (e capacità) di spesa e sulla propen-

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sione agli investimenti». È questa la riflessione di Pamela Onorati, imprenditrice a capo della EDIL O.P. Srl, impresa edile specializzata nella cantieristica per pittura e decorazioni di interni ed esterni. Qual è la risposta che sta dando, come imprenditrice, alla crisi? «Faccio leva su un modello di fare impresa in cui è l’etica a fare la differenza. Questo perché ritengo che sia l’ingrediente fondamentale per affrontare un momento di cambiamento e di difficoltà. Questo momento richiede dedizione e sacrificio per accedere alla produzione e richiede maggiore qualità, comparata alla preparazione professionale delle maestranze – know how al quale oggi, purtroppo, molte aziende sono costrette a rinunciare per restare all’interno dei vincoli di bilancio». Oltre all’etica, la sua attività imprenditoriale su quali azioni poggia? «Investiamo moltissimo sul personale, altamente qualificato e costantemente aggiornato, oltre a tutelare la loro sicurezza in ogni ambiente di lavoro con adeguate e indi-


Pamela Onorati

Abbiamo fatto investimenti sulle innovazioni tecnologiche che consentono di risparmiare energia fisica

spensabili misure di prevenzione e tutela della sicurezza, in quanto quello del cantiere edile è uno dei settori che più necessitano di accortezza. Altri investimenti riguardano le notevoli innovazioni tecnologiche che consentono di risparmiare energia fisica. Mi riferisco alla recente acquisizione di nuove macchine per carteggiare, per spruzzare tinte e smalti e mezzi per il carico di materiali. Dare il miglior risultato a un prezzo onesto significa poter andare avanti e assicurare un impiego stabile ai dipendenti». Quali sono nello specifico le vostre specializzazioni produttive? «Proponiamo diverse possibi-

lità tecniche per le rifiniture di interni ed esterni, applicabili sia nell’abitazione privata, sia nel punto vendita, sia in edifici con altra destinazione d’uso: marmorizzazioni, finti marmi e travertini, finte pietre, stucco antico, cera antica, ottocento, laccature lucide e sanitarie, effetti moderni, effetti metallici, finti legni, invecchiature e prestigiose finiture per esterni con silicati, silossanici o velature. Inoltre, prestiamo servizi anche nel campo delle ristrutturazioni complete di immobili e nel rifacimento e ripristino di facciate condominiali». Qual è il percorso che l’ha portata a intraprendere l’attività imprenditoriale?

«Ho fatto la scelta di proseguire la strada già tracciata da mio padre. Consapevole che l’edilizia è un mondo altamente rischioso, i suoi insegnamenti mi hanno abituato alla fermezza nelle decisioni, sempre ponderate. È mio padre che mi ha fatto entrare in sintonia con questo mondo, insegnandomi le tecniche riguardanti il settore, nonché le modalità comportamentali da adottare in questo ambiente. Mentre la forza dell’attuale realtà imprenditoriale è nel personale, che con impegno ha abbracciato il tema della formazione, in modo da mantenere sempre una qualità ottimale nelle lavorazioni». LAZIO 2014 • DOSSIER • 139


MERCATO IMMOBILIARE

«Una rondine non fa primavera» Anche se i valori di un mese sono stati positivi, il mercato immobiliare romano non è in salute, come non lo è quello dell’intero Paese. E per una situazione d’emergenza servono misure d’emergenza Teresa Bellemo

ormai ridotto all’osso, ma una ripresa del mercato immobiliare può costituire un fattore importante per le costruzioni e per l’intera economia locale. Il motivo è presto detto. Innanzitutto concorrerebbe immettere liquidità, contribuendo a sostenere i consumi e consentendo alle imprese di disporre di risorse per ricominciare a progettare. Un atteggiamento che oggi sembra impossibile, soprattutto per quella che costituisce una vera e propria preclusione pressoché generalizzata da parte del sistema bancario nei confronti dell’industria edilizia. In questa direzione vanno le convenzioni portate avanti in questi giorni dalla Cassa Depositi e Prestiti con 20 istituti bancari nell’ambito dell’accordo con l’Abi, con il quale si mettono a disposizione 2 miliardi a sostegno delle famiglie per l’acquisto di una casa, un’occasione importante se gestita bene e in modo corretto. Un fattore che potrebbe trasfor-

È Stefano Petrucci, presidente di Ance Lazio

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mare qualche timido segnale positivo in qualcosa di più consistente e duraturo. In caso contrario Stefano Petrucci, presidente di Ance Lazio, dipinge un chiaro quadro della situazione odierna. «Non possiamo pensare che il mercato riparta senza politiche di sostegno alle famiglie. La forte contrazione del reddito medio, la crescita del disagio abitativo e l’emer-

genza casa sempre più critica sono tre ambiti precisi che vanno aggrediti se si vuole realmente far ripartire il mercato della casa a Roma, nel Lazio e nel Paese». Il mercato immobiliare romano a dicembre è cresciuto del 3,6 per cento. Quali secondo lei le motivazioni? «Siamo molto perplessi rispetto a una rilevazione che segnala una ripresa, seppure


Stefano Petrucci

IL PRIMO MATTONE DELL’ECONOMIA Il settore immobiliare è la cartina di tornasole dello stato di salute dell’intero Paese. Ne è convinto Maurizio Pezzetta, presidente di Fimaa Roma e Lazio n Italia l’acquisto di un immobile è sempre stato importante, tanto che l’83 per cento degli italiani possiede almeno una casa. Condizione che non solo si è rivelata una sicurezza, ma che ha tolto allo Stato un onere molto gravoso, quello del problema abitativo, che in questi anni tuttavia sta riaffiorando. «Se non ci fosse la certezza della prima casa, nell’attuale condizione, dove si perde il lavoro e le pensioni sono minime, come farebbero gli italiani?». Maurizio Pezzetta, presidente della Federazione dei mediatori e agenti d’affari di Roma, ha una visione a tutto tondo della crisi del settore immobiliare, ed è convinto della necessità di norme chiare per far uscire il Paese dalla crisi. «Se non riparte il settore, non riparte l’economia. L’Italia si è sempre basata su questo asset: abbiamo grandi imprese di costruzioni, di materie prime, di design. Se non si ricomincia a vendere piastrelle, arredamento, elettrodomestici è chiaro che è tutto fermo». Chiede norme chiare, ma intanto il settore è alle prese con la riforma catastale, le lungaggini sull’Imu, la sua sostituzione con una tassa che coinvolgerà anche gli inquilini in affitto. «Tutto ciò ha conseguenze devastanti. Mentre prima l’immobile era considerato un bene rifugio, oggi invece sembra quasi diventato un crimine, tra accertamenti di ogni genere e difficoltà per ottenere un mutuo. Senza contare che l’acquisto di una casa ha bisogno di tempi lunghi e oggi l’iter sembra ancora più complesso. Non solo a Roma, ma in tutta Italia. Anche i clienti esteri che vedevano l’Italia come un mercato solido sono costretti a ricredersi. Basti pensare che negli anni precedenti alla crisi la media annuale delle transazioni si aggirava intorno alle 900mila, mentre con tutta probabilità il 2013 si chiuderà al di sotto delle 400mila». Come sta il mercato immobiliare romano? «È in contrazione come in tutta Italia, contrazione evidente soprattutto durante la trattativa sul prezzo. Que-

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La fiscalità sulla casa, pesante e schizofrenica, cambia ogni sei mesi e disincentiva l’acquisto della casa da parte delle famiglie

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minima, del mercato immobiliare a Roma. Mi permetta di usare un proverbio famoso che si adatta perfettamente al nostro caso: “una rondine non fa primavera”. E ciò è tanto più vero quando si parla di piccole variazioni dopo sei anni di contrazione continua che ha quasi azzerato il mercato della casa. Cosa ci sia dietro questa leggera inversione di tendenza, perché tale dobbiamo considerarla in attesa di conoscere cosa succederà nei prossimi mesi, pos-

siamo intuirlo. Probabilmente abbiamo toccato il fondo e quindi è più facile risalire. In secondo luogo, si registra qualche segnale di attenzione da parte del sistema finanziario, senza contare la riduzione dei prezzi in alcune zone residenziali con caratteristiche interessanti dal punto di vista dell’investimento. Ma da qui a dire che il mercato stia ripartendo mi sembra che ce ne corra. È opportuno ancora aspettare». Quali sono le maggiori dif-

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XXQSQQDCQ MERCATO IMMOBILIARE

sto perché se il venditore ha necessità di vendere, il compratore può trattare molto sulla cifra iniziale. Quanto a Roma, l’ultimo report dell’Omi ha segnato un 11,9 per cento in meno di transazioni nel primo semestre 2013». Nella Capitale, secondo il centro studi di Casa.it, a dicembre 2013 vendite e affitti hanno avuto un aumento del 3,6 per cento. Che conclusione trarre? «Al nostro osservatorio non risulta. In ogni caso, un aumento estemporaneo di un mese non è indicativo perché spesso dipende da fattori diversi. C’è stato un aumento degli affitti sia perché molti immobili invenduti sono passati in locazione, sia perché molte persone che volevano comprare hanno posticipato a causa dell’incertezza sulla tassazione e della maggiore facilità a trovare un accordo favorevole. Inoltre, a questo risultato hanno contribuito i contratti a cedolare secca e il canone concertato, visto che ormai è quasi allineato ai contratti di mercato e consente una serie di risparmi fiscali». Nessuna inversione di tendenza, dunque. «Purtroppo no. Si continua a parlare di crisi, anche se questa è ormai una situazione normalizzata a causa dell’incertezza economica, politica, finanziaria e fiscale, dove i ripensamenti sono all’ordine del giorno». Per chi vuole comprare casa uno degli scogli maggiori è ottenere un mutuo. Come migliorare la situazione? «Oggi le banche finanziano pochi acquirenti che hanno bisogno di cifre basse. Nel 2008 lo spread medio su un mutuo era dell’1 per cento e per alcune categorie agevolate si scendeva anche allo 0,60. Oggi bene che vada lo spread è almeno al 3 per cento. Le banche devono ricominciare a svolgere correttamente la loro funzione sociale, erogando mutui a privati e aziende. Serve che il governo legiferi per rendere tutto più trasparente, in modo da permettere ai cittadini di poter fare progetti». TB 146 • DOSSIER • LAZIO 2014

ficoltà per chi cerca e vende casa nella capitale? «Vi è sicuramente la limitata disponibilità finanziaria di molte famiglie a cui si accompagna la scarsa fiducia nel futuro. Ciò porta a evitare di impegnarsi in un acquisto che oggi incide in misura ben maggiore che in passato sulla disponibilità della maggior parte di coloro che vorrebbero acquistare casa. Pensiamo a quali effetti sta determinando questa crisi in termini di contenimento degli stipendi, di diffusione del precariato tra le giovani coppie e di riduzione reale dei redditi medi. Ne consegue che servirebbe un sistema creditizio, se non come quello che ha sostenuto il mercato

nella prima metà del decennio scorso, almeno disposto a valutare le diverse proposte e a svolgere la sua funzione di sostegno. Una funzione che ormai da alcuni anni è stata sospesa. Concedere un mutuo è diventato quasi un tabù. Un altro fattore disincentivante riguarda la fiscalità sulla casa, non solo particolarmente pesante, ma anche schizofrenica, che nella massima incertezza cambia ogni sei mesi e disincentiva investitori e famiglie all’acquisto del bene casa». Per effetto delle norme anti-corruzione cambiano le normative sugli appalti pubblici. Cosa ne pensa? Quali gli aspetti positivi e quali quelli negativi?


Stefano Petrucci

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La forte contrazione del reddito medio, la crescita del disagio abitativo e l’emergenza casa sempre più critica sono tre ambiti precisi che vanno aggrediti se si vuole realmente far ripartire il mercato della casa

«Si tratta di norme che riguardano soprattutto le pubbliche amministrazioni e che sostanzialmente non vanno a incidere sul sistema delle imprese». Il Piano paesaggistico regionale non è ancora stato approvato. Che benefici potrebbe trarre da questo accordo il settore delle costruzioni? «Purtroppo è stato soltanto

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adottato nel 2008, il che vuol dire che si è deciso di procedere in questa direzione, dotandosi di uno strumento di pianificazione preciso, senza farlo ancora entrare in vigore. C’è un impegno della Giunta Zingaretti ad approvarlo d’intesa con la Sovrintendenza entro i primi mesi del 2015. Il nostro auspicio è che questa promessa venga mantenuta.

Il Pptr è uno strumento fondamentale almeno sotto due punti di vista. Innanzitutto, darà maggiore certezza a amministrazioni e operatori e, in secondo luogo, permetterà di eliminare sovrapposizioni istituzionali, consentendo un’accelerazione delle procedure e delle decisioni. Aspetti fondamentali per imprese e cittadini». LAZIO 2014 • DOSSIER • 147


MERCATO IMMOBILIARE

Quel castello è ormai una bicocca Il settore delle dimore storiche è un unicum, ma ha risentito anch’esso della crisi degli ultimi anni. I prezzi più bassi però non bastano a compensare i tortuosi percorsi burocratici di chi possiede un bene vincolato Teresa Bellemo na stagnazione iniziata nel 2008 e peggiorata del 30 per cento col decreto “salva Italia” del Governo Monti. La contrazione delle compravendite ha interessato anche il mercato delle dimore storiche, nonostante la vendita di questo tipo di immobili sia estremamente complessa. Ci sono infatti immobili che sono sul mercato da mesi o anni ma che non trovano acquirenti per la crisi e l’incertezza sulle future tassazioni. Ad esempio, da tempo era sul mercato Villa Reale di Marlia, in Toscana. Il prezzo base era di 50 milioni di euro, ma è stata venduta a 10. Questo perché chi decide di comprare un certo tipo di bene intende adeguarlo alle proprie esigenze e alla contemporaneità, invece spesso non è possibile aggiungere bagni, ascensori o dividere le stanze. Sono amare le considerazioni di Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, imprenditore del settore e presidente di Adsi, l’associazione che riunisce i proprietari di dimore storiche. Che però aggiunge: «Serve scindere vendita e locazione. Il mercato delle loca-

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zioni sta cambiando, trasferendosi dagli immobili più preziosi a quelli più funzionali. Mentre qualche anno fa le aziende puntavano molto sulla rappresentanza oggi, a causa di una generalizzata riduzione di liquidità, puntano ad altro». Quali sono le principali difficoltà per i proprietari di questo tipo di immobili? «Innanzitutto il Codice dei beni culturali prevede alcuni step autorizzativi che per il proprietario equivalgono a tempo e costi. Il restauro di un immobile con vincolo prevede un iter di autorizzazioni lungo mesi. Anche la sola scelta del colore di una facciata deve essere fatta con il sovrintendente e nel frattempo si paga l’occupazione del suolo pubblico necessario all’impalcatura. A volte ci sono addirittura più sovrintendenze da gestire e metterle d’accordo allunga ulteriormente l’inizio lavori. Da qui nasce la necessità di agevolazioni da parte dello Stato. A fronte di una serie di oneri e obblighi, ci dovrebbe essere un trattamento fiscale diverso, proprio per la diversità del bene in questione. Se il mio bene non può essere og-

getto di condono o rientrare nel piano casa, se non può essere frazionato o non posso valorizzarlo come vorrei, se il vincolo prevede l’esproprio per pubblica utilità, è giusto che io sia tutelato». Il Paese oggi però non naviga in ottime acque. «È vero. Infatti la nostra associazione ha dovuto fare i salti mortali per far capire quali erano le nostre motivazioni. La nostra è una strada in salita perché, considerato che il Paese è in recessione e gli italiani non arrivano a fine mese, chi vive in un castello anche se ha le infiltrazioni sul tetto è ovviamente più fortunato. Ma è un errore mettere sullo stesso piano le due cose, lo Stato dovrebbe avere il coraggio di tutelare tutte le categorie. Una famiglia disagiata va tutelata, così come il proprietario di un bene storico. Se un giornale titola “Lo Stato concede una fiscalità particolare al duca” è chiaro che ne usciamo perdenti, ma non ha senso paragonare l’esodato con chi vive in un palazzo. Nei momenti di crisi i conflitti si acuiscono e i nostri problemi passano in secondo piano». Cosa cambia con la recente


Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini

Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, presidente di Adsi, l’associazione che riunisce i proprietari di dimore storiche

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Lo Stato dovrebbe avere il coraggio di tutelare tutte le categorie. Una famiglia disagiata va tutelata così come il proprietario di un bene storico

riforma del valore catastale? «Forse questo non era il momento adatto per farla dato che il mercato immobiliare è in forte stagnazione. In questa situazione, è ovvio che un’ulteriore tassa sugli immobili si rivela una patrimoniale nascosta. D’altro canto, a mio avviso, è una riforma equa - anche se da proprietario di immobili avrò un danno - perché non è giusto che le rendite catastali di una casa in centro storico siano molto più basse di una nuova costruzione in periferia». Lo Stato sta vendendo i suoi immobili per fare cassa.

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Spesso si tratta di palazzi storici per i quali si fatica a trovare acquirenti. «In presenza di forti limitazioni riguardo alla destinazione d’uso e all’utilizzo del bene le perplessità sono d’obbligo. Chi compra un immobile vuole in qualche modo metterlo a reddito e per farlo la destinazione d’uso deve essere in linea con le aspettative dell’acquirente. Oggi è complesso parlare di mercato semplicemente perché non c’è e il futuro è incerto. Il problema, però, è anche un altro. C’è uno snobismo intellettuale secondo cui il privato non deve

gestire in nessun modo un bene culturale e ogni volta che lo Stato fa un bando di gara per questo tipo di strutture si crea un bailamme degno del secolo scorso. In Italia il mecenatismo non è mai stato incentivato, mentre nei paesi anglosassoni, in cui questo strumento è nato, finanziare un museo è ritenuto un onore. Se io potessi dedurre una donazione fatta a una scuola, a un ospedale o a un museo sarebbe ovviamente uno sprono. In Italia la cifra massima che si può dedurre è 5mila euro: nemmeno il restauro di una porcellana». LAZIO 2014 • DOSSIER • 149


GRANDI EVENTI

Lo sport risorsa per l’Italia Diffondere la cultura sportiva nel nostro Paese è la priorità per il presidente del Coni Giovanni Malagò. Alimentato dai sogni olimpici di oggi e di domani, lo sport italiano guarda al futuro più consapevole delle proprie potenzialità Francesca Druidi

opo l’avventura dei Giochi olimpici invernali di Sochi, il 2014 segna un altro importante appuntamento per lo sport italiano: a giugno, infatti, si festeggerà il centenario del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano). E il presidente

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Giovanni Malagò, eletto lo scorso febbraio con un verdetto che ha rovesciato i pronostici della vigilia, ha ben chiaro in mente quale obiettivo deve prefiggersi il Comitato nel prossimo futuro: «Imporre una mentalità che contribuisca a diffondere una nuova cultura sportiva».

Quali le sfide che lo sport italiano è chiamato ad affrontare? «Dobbiamo voltare pagina, perché è inaccettabile valutare lo stato di salute del nostro movimento attraverso il numero di medaglie vinte. Abbiamo due record poco invidiabili: il primo


Giovanni Malagò

vede i ragazzi italiani tra gli 1115 anni smettere di fare attività sportiva. Il secondo, condiviso insieme agli Stati Uniti, è quello dei giovani con maggior tasso di obesità sotto i 18 anni. Il nostro è un Paese troppo calcio-centrico e questo ha inevitabilmente creato una sottocultura che non

ficacia valori ineludibili che rappresentano un punto di riferimento per l’intera società». Che bilancio può trarre dopo quasi un anno di mandato come presidente del Coni? «È iniziato un processo che ha come scopo quello di moder-

Roma 2024 non è solo un mio sogno, ma quello di 11 milioni di tesserati e della maggioranza degli italiani, anche come segnale da offrire alle nuove generazioni e al sistema Italia

aiuta le altre discipline sportive. L’obiettivo è coinvolgere le varie realtà in un circolo virtuoso, capace di sostenersi anche attraverso un’azione aggregata che consenta di far crescere in modo esponenziale l’immagine del nostro mondo, tramite esempi positivi in grado di veicolare con ef-

nizzare, trasformare e favorire l’evoluzione del Coni, perseguendo con determinazione gli obiettivi contenuti nel programma che mi ha portato alla presidenza. Sono soddisfatto dell’entusiasmo percepito, delle risposte ottenute dalla base e dal territorio che rappresentano l’ar-

chitrave del nostro sistema. Si deve lavorare ancora molto, la strada è lunga ma sono arrivati segnali importanti, come la riforma della giustizia sportiva, l’approvazione della legge sull’impiantistica, senza dimenticare il rinnovo dell’impegno con il Miur, che ha come obiettivo quello di procedere a un’interazione costante tra il mondo dello sport e quello della scuola. Bisogna agire in profondità per cambiare marcia». Se e in che modo la sua esperienza di imprenditore e di presidente del Circolo Canottieri Aniene l’ha “avvantaggiata” nel suo compito? «L’Aniene rappresenta un modello vincente, è il circolo sportivo più importante in Italia, un’eccellenza; sarebbe straordinario se riuscissimo a replicare quel modello, ma l’esperienza formativa maturata nel tempo, Giovanni Malagò, anche in qualità di imprendito- insieme al presidente della Repubblica, re, è un patrimonio che sfrutto Giorgio Napoletano quotidianamente per aggredire e cercare di risolvere i problemi del movimento». La nuova normativa sugli stadi e sugli impianti sportivi in generale, potrà contribuire in maniera efficace all’ottica di rinnovamento? «Era un passaggio fondamentale, perché senza luoghi dove fare sport è arduo immaginare di incrementare la diffusione della pratica sportiva. Per il Coni questa legge è un grande successo. Siamo felici perché sull’impiantistica di base è stato approvato un pacchetto con due elementi nuovi per chi deve investire: procedure e tempi certi. Chi vuole co- LAZIO 2014 • DOSSIER • 161


GRANDI EVENTI

Il Coni si impegna nell’ottica della valorizzazione della diffusione della pratica agonistica a tutti i livelli. Il Paese deve agganciarsi al nostro treno per garantirsi uno sviluppo e un futuro importanti

struire una palestra, adesso per i Giochi 2020 fu una deci- nostro movimento è pari all’1,6 può farlo. Era l’unica strada per contribuire alla promozione dell’attività agonistica; l’intervento normativo esalta l’attività di base, grazie a soglie minime che prevedono 500 posti indoor e 2.000 outdoor. Lo sport diventa più accessibile a tutti, con riflessi benefici per le ricadute sulla salute, sui risparmi del Paese legati ai costi sanitari, senza dimenticare gli effetti positivi in termini di occupazione e di sviluppo». Roma 2024 è un suo personale sogno. Si sta già muovendo sullo scenario internazionale per la promozione della candidatura italiana? «Non è solo un mio sogno, ma quello di 11 milioni di tesserati e penso della maggioranza degli italiani, anche come segnale da offrire alle nuove generazioni e al sistema Italia. La mancata candidatura di Roma

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sione dell’ex premier Mario Monti, in un particolare momento di sofferenza per il Paese. Ora il Coni sta facendo lobbying internazionale. Tutto è lecito fino a quando non si è candidati, si possono ovviamente intrattenere contatti con i membri Cio. In seguito, scattano regole d’ingaggio ferree e rigorose. Abbiamo comunque tempo per fare tutte le valutazioni più opportune: la candidatura dovrà essere forte e condivisa a ogni livello». Lo sport è importante sotto il profilo sociale, culturale e anche economico, considerando i possibili incroci e legami con il turismo e le ricadute sui territori. Quanto il nostro Paese è consapevole di queste implicazioni e in che misura il Coni è impegnato su questo fronte? «Il Pil direttamente legato al

per cento della ricchezza prodotta in Italia nel 2011, ma il valore della produzione, direttamente e indirettamente attivato dallo sport, ammonta a 53,2 miliardi, raddoppiando il dato del prodotto interno lordo. Il nostro mondo rappresenta una inestimabile risorsa e, in questo contesto numerico, viene contemplato anche il riscontro legato al turismo sportivo. Si tratta di un fenomeno che ha avuto un incremento importante, nonostante la recessione degli ultimi anni, e ha senza dubbio notevoli margini di crescita. Il Coni si impegna nell’ottica della valorizzazione della diffusione della pratica agonistica a tutti i livelli; il sistema Paese deve agganciare il nostro treno per garantirsi uno sviluppo e un futuro importanti. Lo dico dal giorno della mia elezione: lo sport deve essere il traino dell’Italia».


Mario Buscema

Mice, proposte di rilancio Un nuovo convention bureau nazionale, in grado di commercializzare l’offerta della meeting industry italiana, costituisce il fulcro del documento programmatico presentato da Federcongressi per imprimere slancio al turismo congressuale. Ne parla il presidente Mario Buscema Francesca Druidi

el piano di sviluppo del turismo italiano, non va trascurato il ruolo del settore Mice (Meeting, Incentive, congressi ed eventi). «I dati dell’International Congress & Convention Association divulgati nel 2013 – spiega Mario Buscema – riferiscono di un’Italia stabile al sesto posto nella classifica mondiale delle nazioni ospiti di grandi eventi; nel nostro caso sono stati 390 nel 2012». Va però impressa una decisa sterzata alla valorizzazione dell’attività congressuale nel nostro Paese. Come sono posizionate le città italiane nello scenario della meeting e incentive industry? «Nella classifica per città, la si-

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tuazione è meno rosea: Roma è come sempre la prima delle italiane, pur perdendo una posizione e scendendo al ventesimo posto con 98 eventi, ex aequo con Budapest. Milano guadagna quattro posizioni e chiude 58esima, con 39 eventi, a pari merito con Cracovia. Enorme il passo in avanti di Venezia, che sale di ben 29 posizioni e va al 70mo posto (34 eventi). Si tratta di posizioni significative, specie quella di Roma, ma ancora lontane dalla vetta». La firma del protocollo d’intesa tra vari enti mira a ridare competitività alla meeting industry italiana. Quali sono le linee guida dell’intesa? «Il tavolo di coordinamento, che ci vede compartecipi con Enit, Regioni, Province autonome,

Mario Buscema, Confturismo-Confcommercio, presidente di Federturismo-Confindustria, Federcongressi&eventi Confesercenti-Assoturismo, è sicuramente la sede ideale per fare sistema. Federcongressi ha elaborato il documento programmatico sul rilancio della meeting industry italiana, che secondo noi coniuga al meglio le azioni delle istituzioni e degli operatori. Il documento è focalizzato sulla costituzione di un nuovo Convention bureau nazionale in grado di commercializzare l’offerta Mice. La struttura, secondo la nostra proposta, dovrebbe essere costituita da un’aggregazione di operatori privati promossa da tutte le associazioni imprenditoriali, aperta a ogni attore della meeting industry. L’organismo si dovrà dotare di un modello organizza-

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GRANDI EVENTI

15,8 mld

IL PIL GENERATO DAL TURISMO CONGRESSUALE IN ITALIA

tivo flessibile che agirà in stretto dalle associazioni internazionali turismo congressuale genera coordinamento con Enit, con le Regioni e con tutte le strutture di pertinenza, in primis i convention bureau territoriali». In che modo si può incrementare il turismo italiano legato all’industria dei convegni, congressi ed eventi? «La priorità è trovare le risorse per ridurre il costo del lavoro agendo sul cuneo fiscale, che ormai pesa in modo insostenibile sui lavoratori e sulle aziende. Anzi, è proprio il peso fiscale a carico delle imprese che va in generale ridotto. Dal canto loro, gli operatori Mice stanno compiendo significativi sforzi di internazionalizzazione per agevolare i flussi incoming business e congressuali da tutto il mondo e soprattutto dai paesi dell’area Bric, Cina e Russia su tutti». Come potenziare all’estero l’immagine dell’Italia come destinazione congressuale? «L’Italia continua a essere scelta

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scientifiche e professionali, oltre che dalle multinazionali attive anche nel nostro Paese, per le grandi assemblee e convention e per i congressi di categoria. Ciò in virtù del mix unico al mondo di ospitalità, qualità ricettiva, bellezza climatica e paesaggistica, ricchezza culturale ed enogastronomica di cui il nostro Paese dispone. È comunque ormai risaputo che la grande capacità attrattiva del nostro Paese avrebbe ancora vaste possibilità di sviluppo se esistesse un’istituzione di promozione e coordinamento della nostra offerta congressuale». Quali sono, nello specifico, le prospettive del comparto in Lazio? «Recentemente Armando Peres, presidente del comitato turismo dell’Ocse, ha illustrato molti dati significativi per la Capitale. Secondo questi dati, forniti da Federturismo e dall’Università La Sapienza, il

circa il 15 per cento del volume d’affari delle strutture alberghiere di Roma, che diventa oltre il 35 per cento includendo anche le altre componenti del turismo business. Buona parte di questo giro d’affari è caratterizzato dalla convegnistica di piccola e media dimensione, generata da committenze quasi esclusivamente nazionali. E, in effetti, la città ha un’offerta parcellizzata capace di rispondere a una domanda prevalentemente domestica di eventi di piccola e piccolissima dimensione. Per attrarre la grande domanda internazionale, occorre risolvere numerosi nodi strutturali, che impediscono lo sviluppo di questo segmento di turismo sia su Roma sia sull’intera regione: fra questi, cito l’accessibilità, specie con riferimento al trasporto locale, l’Eur, con la “Nuvola” ancora da ultimare, e la mancanza di un convention bureau locale».


Mauro Mannocchi

Più dialogo e infrastrutture Il Congresso europeo di cardiologia si terrà a Roma nel 2016. Una buona notizia per Fiera Roma, che nel 2014 guarda al consolidamento delle proprie potenzialità espositive e congressuali. Lo spiega il presidente Mauro Mannocchi Francesca Druidi

l settore congressuale si candida a essere, con tutte le sue ricadute sul turismo, uno degli asset maggiormente strategici per lo sviluppo di Roma nel prossimo futuro. Per questo, è un obiettivo al quale stanno tendendo i principali soggetti economici e istituzionali del territorio, compresa Fiera Roma. Il presidente dell’ente, Mauro Mannocchi, aggiorna il quadro dell’attività del Roma Convention Group, soffermandosi, inoltre, sulle prospettive del polo fieristico capitolino per il 2014. Come procede l’azione di Roma Convention Group nel sostenere la crescita del mercato congressuale della Capitale? «Il mercato congressuale romano ha grandi potenzialità di crescita, ma la città non dispone di un centro congressi in grado di accogliere i congressi internazionali. Roma si posiziona ancora al 20esimo posto per incoming in ambito congressuale, a grande distanza da Vienna, Parigi e Barcellona. Fiera Roma è, dal 2013, socio con Eur Spa di Roma Convention Group,

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che coordina l’attività congressuale del quartiere fieristico di via Portuense e del centro congressi dell’Eur e in futuro anche della Nuvola. La collaborazione con l’Eur, per una serie di motivi sui quali non mi dilungo, mostra dei limiti che vanno superati». In che modo? «Siamo al lavoro per ripensare alla partnership in modo nuovo, sviluppando un dialogo con le istituzioni locali per dar vita a tavoli operativi volti a dirimere e sistematizzare le problematiche organizzative, logistiche e finanziare, tra cui il completamento delle infrastrutture viarie e la costituzione del convention bureau. Non vi è dubbio, però, che il turismo congressuale rappresenti, per la Fiera e la città, un mercato dalle enormi potenzialità che non possono essere in alcun modo disperse. Frutto del lavoro svolto è il recente annuncio della scelta di Fiera Roma quale sede, nel 2016, del Congresso europeo di Cardiologia per il quale sono previsti oltre 32mila delegati». Facendo un passo indietro, che bilancio può trarre del 2013?

«L’anno che si è chiuso ha certamente risentito del perdurare di una crisi economica che per il mercato fieristico è iniziata un anno prima della crisi dei mutui sub-prime. Il

fatturato ha registrato un calo rispetto all’anno precedente, sia per consueta alternanza delle manifestazioni biennali, sia per una riduzione degli spazi locati. Infine, proprio nel 2013, hanno trovato avvio i primi passi di quelle iniziative che oggi vediamo in fase di realizzazione». Quali appuntamenti sono previsti per il 2014? «Quest’anno vedrà il susseguirsi di molti appuntamenti importanti, con un calendario che nei mesi di febbraio, marzo e aprile si presenta denso. Accanto alle fiere ormai consoli-

Mauro Mannocchi, presidente di Fiera Roma

LAZIO 2014 • DOSSIER • 165


GRANDI EVENTI

32 mila

I PARTECIPANTI PREVISTI AL CONGRESSO EUROPEO DI CARDIOLOGIA NEL 2016, ORGANIZZATO DA FIERA ROMA

date negli anni, ci sono gli si svilupperà su 25mila mq e eventi organizzati direttamente da Fiera di Roma, come il Salone Nautico Big Blu, il Salone delle due ruote Motodays e Romics, il Salone del Fumetto. Inoltre, quest’anno Fiera di Roma riapre i propri spazi al mondo del cavallo. Torna “Cavalli a Roma”, la manifestazione equestre più attesa di primavera con un nuovo format e tante iniziative speciali». Un altro capitolo importante è l’internazionalizzazione. In che misura la Fiera sta puntando a questi processi? «Nel prossimo mese di luglio, la Fiera organizzerà a Pechino una grande esposizione dedicata ai produttori di vino che 166 • DOSSIER • LAZIO 2014

prevede la partecipazione delle principali aziende del settore a livello mondiale. Una quota tra il 25 e il 30 per cento dell’esposizione conterrà prodotti italiani, con una significativa presenza di vini della nostra regione. L’iniziativa supera la stringente logica fieristica, in quanto consente di dare avvio a un percorso di visibilità internazionale sinora mancato a gran parte delle nostre imprese, a uno sviluppo strategico di ampio respiro e a un cambio di prospettiva in cui la presenza all’interno del mercato cinese consente un’adeguata promozione del vino italiano, con adattamenti più mirati alle loro consuetudini enogastronomiche».

Le fiere si stanno trasformando: da appuntamenti espositivi a fornitori di servizi per le imprese. «Fiera Roma non è solo fiere. Fondamentale è lo sviluppo di nuove opportunità di business. Penso, ad esempio, alla fornitura all’Enit di allestimenti per il triennio 20132015. In tale quadro, stiamo discutendo con i nostri soci istituzionali la possibilità di delegare a Fiera Roma, attraverso lo strumento della convenzione, il coordinamento della partecipazione delle aziende laziali alle grandi fiere internazionali, provvedendo alla selezione delle manifestazioni per settori merceologici e alla soluzione di tutti i problemi espositivi e logistici».



GRANDI EVENTI

Uniti per un turismo di qualità Più programmazione, infrastrutture e maggiore sinergia tra soggetti istituzionali per investire sui “turismi” di Roma. L’analisi di Stefano Fiori, presidente della sezione turismo di Unindustria Francesca Druidi

ra il 2008 e il 2012, gli arrivi a Roma sono aumentati del 23,1 per cento, contro il +2,7 registrato in Italia. Tutto bene, quindi, sul fronte turismo nella Capitale? Non proprio. Stefano Fiori, presidente della sezione turismo e tempo libero di Unindustria, invita a valutare il quadro complessivo dei dati e individua alcune criticità da superare. «Il soggiorno medio diminuisce sempre di più: un visitatore italiano resta a Roma un giorno e mezzo, quello straniero 2,1 giorni, innescando un “effetto imbuto” sulle mete più frequentate quali Cappella Sistina, Foro Romano e Colosseo». A preoccupare maggiormente Fiori è però un’altra tendenza emersa dalle statistiche: «A Roma i turisti vengono, ma non avvertono poi il bisogno di tornare. Non riusciamo più a emozionare il turista, il sentiment nei confronti della Capitale è piatto». Non è positivo nemmeno il rilievo sulla spesa media, diminuita del 30 per cento, che sconta il prolungarsi della crisi e l’affermazione di un flusso turistico low cost. Cosa manca dunque al sistema turistico capitolino? «Finora è mancato un coordi-

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168 • DOSSIER • LAZIO 2014

namento tra tutti gli stakeholder: tra Regione e Comune, tra associazioni imprenditoriali, tra gli stessi imprenditori. Ora fortunatamente il trend sta cambiando e si sta affermando l’esigenza di lavorare insieme per incrementare in particolare il turismo di qualità. Bisogna, inoltre, sfruttare al meglio le opportunità della rete, essere più presenti sul web e stabilire un patto con il cittadino romano che vive spesso - e magari a ragione per certi versi - il turismo con un senso di disagio. I romani devono avvertire il fatto che le risorse provenienti dal turismo tornano alla città. Solo così si può alimentare una sana cultura dell’accoglienza. Bisogna trasmettere l’idea che più turisti ci sono, pur nel rispetto delle regole, più benessere e occupazione si creano. Un altro

aspetto fondamentale sul quale continuare a investire è la formazione del personale del comparto turistico». Cultura e moda sono i punti di forza del turismo romano. Come potenziare questi turismi? «La cultura rappresenta per noi un asset centrale. Bisogna favorire la convergenza dei turisti sui nostri musei attraverso, ad esempio, l’organizzazione di mostre-evento che possano costituire ulteriori occasioni di visita di Roma. Passando alla moda, occorre saper cogliere le opportunità che derivano dalla grande tradizione artigianale e sartoriale in questo campo, magari aprendo quel museo dedicato alla moda di cui si parla da anni. Servirebbe, inoltre, definire iniziative legate allo shopping nei periodi dei saldi e non


Stefano Fiori

Abbiamo aperto un tavolo “chinese friendly” per attrarre i turisti cinesi, che richiedono particolari attenzioni

solo, pensando nello specifico ai mercati russo e cinese. Del resto, proprio a gennaio si festeggiano il capodanno sia cinese che ortodosso». Sul fronte entertainment e cinema? «Aprirà Cinecittà World, il parco a tema dedicato al cinema, mentre proseguono il loro cammino i Cinecittà Studios e il parco divertimenti Rainbow Magic Land. Per ogni tipologia di turismo, i due aspetti principali da mettere in moto sono la collaborazione e la programmazione». Anche il trend di crescita del turismo sportivo va assecondato. «Sì, vanno create sinergie attorno a eventi famosi, come la maratona di Roma, la gara podistica Roma-Ostia e il concorso ippico internazionale Piazza di Siena, ma vanno an-

che valorizzati eventi meno conosciuti e itinerari promettenti - come quelli indirizzati al nordic walking - coinvolgendo i circoli sportivi di eccellenza che operano sul territorio. Vanno poi incentivati gli itinerari della fede, via Francigena in primis, e quelli legati all’enogastronomia». Come muoversi invece sul turismo congressuale, che genera una spesa pro-capite più alta e tempi di permanenza in città più lunghi? «Roma possiede già oggi notevoli potenzialità e, dal 2015, potrà contare anche sulla Nuvola di Fuksas. Con la Regione, il Comune e Federalberghi, stiamo definendo il progetto di una regia regionale per l’industria del meeting e di un convention bureau di Roma e del Lazio, capace di rappresentare il territorio di fronte agli organiz-

zatori internazionali. Occorrerà, al contempo, migliorare le infrastrutture e favorire la crescita degli aeroporti di Roma e dell’alta velocità fino allo scalo di Fiumicino. Sarà, infine, importante saper cogliere le opportunità offerte dall’Expo di Milano, uscendo dalla logica dei campanilismi». Quali ulteriori azioni sta portando avanti Unindustria nel settore turismo? «Unindustria crede molto nel valore delle reti d’impresa e le promuove in regione con l’obiettivo di favorire il più possibile l’aggregazione. Stiamo, inoltre, lavorando sul versante dell’internazionalizzazione per richiamare flussi turistici dall’estero. Abbiamo, inoltre, aperto un tavolo “chinese friendly” per attrarre in particolare i turisti cinesi, che richiedono particolari attenzioni». LAZIO 2014 • DOSSIER • 169


POLITICHE ENERGETICHE

Un mercato in evoluzione Dai nuovi modelli di produzione di energia da fonti rinnovabili all’espansione del mercato libero. Rocco Colicchio, componente dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, traccia un quadro dei principali cambiamenti che hanno coinvolto il settore negli ultimi anni Renata Gualtieri

n un arco temporale molto breve si è affermato un nuovo modello di produzione e consumo dell’energia, non più basato solo su grandi centrali alimentate con fonti fossili, ma anche sulla generazione distribuita, prevalentemente caratterizzata da impianti di piccola dimensione alimentati da fonti rinnovabili. In soli 5 anni gli impianti eolici sono aumentati da 203 a 1.054, con una crescita del 420 per cento, e gli impianti fotovoltaici di oltre 6.150 per cento, da 7.647 a 478.331. «Altri cambiamenti di rilievo che hanno interessato il settore energetico italiano- ricorda Rocco Colicchio - sono stati l’espansione del mercato libero, con un notevole aumento di famiglie che scelgono di cambiare venditore, e il recente allineamento dei prezzi italiani del gas nel mercato all’ingrosso con quelli europei, avvenuto grazie alla nuova regolazione in vigore dal 2013». Quali sono ancora oggi i principali nodi da sciogliere? «Il rapido e intenso mutamento nel mix di fonti utilizzate per la generazione di energia elettrica ha indotto problematiche relative principalmente alla neces-

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170 • DOSSIER • LAZIO 2014

sità di mantenere in costante equilibrio produzione e consumo per garantire le esigenze di bilanciamento e la sicurezza del sistema. Tale necessità richiede il raggiungimento di un obiettivo suggestivo, legato in particolare alla gestione e pianificazione della sempre maggiore produzione da impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili. Altre criticità sono da ricondursi al forte calo della domanda che si è ripercosso, in particolare, sulle produzioni termoelettriche tradizionali». Quali i prossimi passi nel processo di liberalizzazione del mercato dell’energia previsti per il 2014 e le norme che entrano nella sfera della regolazione da rivedere? «L’Autorità sta progressivamente introducendo una regolazione innovativa e selettiva per contribuire all’integrazione con i mercati europei dell’energia, promuovere la concorrenza e proseguire nel percorso di liberalizzazione, con particolare riferimento al retail. Altre priorità riguardano l’integrazione nel sistema elettrico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e un maggiore coordinamento tra le diverse tipologie d’impianti che costituiscono il parco di

produzione nazionale promovendone la flessibilità. E non mancheranno interventi a tutela dei consumatori, ottimizzando e semplificando i flussi informativi tra venditori, distributori e clienti, accompagnando questi ultimi lungo un percorso di maggiore consapevolezza dei propri diritti». Dal secondo rapporto Acer/Ceer emergono divergenze ancora significative tra i vari paesi europei nei prezzi di elettricità e gas. Perché si registrano queste differenze? «La differenza di prezzo - che esiste soprattutto per i piccoli consumatori non domestici ha cause in buona parte strutturali, determinate prevalentemente dal mix energetico nazionale, storicamente privo di energia nucleare e incentrato sul gas naturale. A ciò si aggiungono gli oneri di sistema - una componente espressamente prevista dalla legge, che quindi esula dall’azione dell’Autorità che attualmente pesa per oltre il 18 per cento sulla spesa complessiva per l’energia elettrica di un cliente domestico». Quali sono le più recenti iniziative avviate dall’Autorità per promuovere invece l’efficienza energetica?


Rocco Colicchio

L’integrazione nel sistema elettrico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili è una delle priorità per il 2014

Rocco Colicchio, componente dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico

«Abbiamo definito nuovi criteri per quantificare il contributo tariffario per i titoli di efficienza energetica da riconoscere ai soggetti obbligati che realizzano opere di efficientamento energetico, con meccanismi che consentano di tenere conto delle indicazioni fornite dal mercato». L’Autorità ha pubblicato la relazione annuale sull’attività di vigilanza in materia di Robin Hood tax. A quali risultati ha portato? «Il rapporto, il sesto inviato al Parlamento dall’introduzione della Robin Hood tax, rende conto dell’attività di vigilanza svolta nel 2013 sul divieto di traslazione della maggiorazione Ires sui prezzi al consumo. Con riferimento all’esercizio 2010, dalla relazione emerge che una parte dei soggetti vigilati ha adottato politiche di prezzo che hanno generato un incremento dei margini non sufficientemente motivato. A seguito di recenti modifiche normative, da quest’anno l’Autorità farà verifiche a campione su soggetti con fatturato oltre la soglia antitrust, esercitando il potere sanzionatorio per le violazioni della regolazione sull’obbligo di fornire la documentazione necessaria per la vigilanza». LAZIO 2014 • DOSSIER • 171


RINNOVABILI

Fonti energetiche e indirizzi normativi Dal conto energia alle detrazioni fiscali per i piccoli impianti. Le nuove direzioni del settore fotovoltaico secondo Nicola Mazzolini. Con uno sguardo complessivo sul mondo delle energie alternative Luca Càvera

inite le incentivazioni statali per la produzione di grandi impianti, quale futuro si prospetta per il fotovoltaico italiano? Ne parliamo con Nicola Mazzolini, amministratore della Lignicarbo Termica Installazioni di Roma, azienda che fornisce servizi completi per l’installazione di impianti sanitari e di riscaldamento, per il residenziale e l’industriale, oltre a curare la ristrutturazione

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Nicola Mazzolini, amministratore della Lignicarbo Termica Installazioni di Roma www.lignicarbotermica.com

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di impianti già esistenti. «Che l’energia sia una componente fondamentale per lo sviluppo è ormai un dato acquisito. E il consumo incontrollato delle fonti fossili da parte delle economie emergenti ha ulteriormente appesantito il potenziale di consumo nel lungo periodo. L’idea che le fonti tradizionali fossili fossero un bene infinito è stata ed è ancora una costante della tradizionale cultura della produzione industriale. Anche per questo, in Italia, al di là dell’opzione, poi svanita, del nucleare, una visione alternativa della produzione di energia ha tardato a farsi strada». Le fonti rinnovabili possono rappresentare l’alternativa? «Non c’è dubbio che l’Italia, così come i paesi del Mediterraneo, data l’alta irradiazione, si trovi nelle condizioni ideali per arrivare ad alti livelli di autonomia energetica. A condizione che si dia certezza politica al settore e si snelliscano le procedure burocratiche. Con questo non si vuol certo dire che le rinnovabili possono da sole

soddisfare il fabbisogno energetico nazionale, però certamente possono contribuire in maniera significativa al suo soddisfacimento». Qual è lo scenario, oggi? «Guardando allo sviluppo del fotovoltaico italiano, che ha trovato applicazioni pratiche e investimenti solo negli ultimi anni – nonostante la scoperta della capacità della luce di produrre energia risalga al 1839 e le prime applicazioni su pannelli risalgano ai primi decenni del Novecento –, per un cambio di passo nella produzione di energia è indispensabile una programmazione a lungo termine. Dopo la svolta avvenuta nel 2005 con il primo conto energia, l’impulso che in pochi anni ha portato alla creazione di grandi impianti si è esaurito con il quinto conto


Nicola Mazzolini

Le detrazioni per il fotovoltaico domestico sono una grossa opportunità sia per l’industria sia per il consumatore finale

energia del 2012-2013, passando a un sistema di detrazioni fiscali dedicate solo ai piccoli impianti». Accantonata la prospettiva dei grandi impianti industriali e commerciali con la fine del sistema incentivante, quali scenari si aprono per il settore? «Il sistema delle detrazioni fiscali ha inaugurato il grande business degli impianti domestici. Questi, alla luce dell’avanzamento raggiunto dalla tecnologia, possono costituire una svolta significativa non solo alla produzione di energia alternativa per autoconsumo o per cessione alla rete. Infatti, applicato alle grandi città, l’autoconsumo, in sinergia con edilizia e impiantistica, potrebbe essere un nuovo modello di risparmio

energetico, contribuendo anche al superamento della crisi immobiliare. Pertanto le detrazioni rappresentano una grossa opportunità sia per l’industria sia per il consumatore finale, che in un regime di costi crescenti dell’energia tradizionale, ha l’opportunità di ottenere un importante risparmio. Risparmio destinato ad aumentare, in prospettiva futura, grazie alla riduzione dei costi del solare e al contemporaneo miglioramento dell’efficienza dei materiali». E per quanto riguarda le altre fonti alternative? «Bisogna fare una distinzione fra le diverse opzioni. Per esempio, l’eolico ha già avuto una vasta applicazione in Italia, soprattutto nel 2012, e i grandi parchi eolici, arrivati a considerevoli livelli di pro-

duzione, certamente costituiscono un’importante fonte alternativa. Anche per l’eolico, le modifiche al sistema di incentivazione, nel 2013, hanno compresso il volume degli impianti, stimolando il mini eolico, che anche se non ha raggiunto i risultati sperati, si è attestato su un buon livello, con 20 Mw di nuova potenza installata. Questo, in futuro, sarà una soluzione ottimale per le esigenze non urbane di cittadini e aziende. Discorso a parte merita il sistema di cogenerazione da biomasse, che ha il vantaggio di smaltire rifiuti e materiali marginali di altri cicli di produzione. Però, finora, questa grande potenzialità ha avuto uno sviluppo di gran lunga inferiore a quello che meriterebbe». LAZIO 2014 • DOSSIER • 177


AVVOCATURA

Luci e ombre della riforma Per contrastare il sovraffollamento degli Ordini, la riforma forense prevede misure che, però, penalizzano soprattutto i giovani. Maurizio De Tilla spiega perché il riordino porterà effetti negativi Nicolò Mulas Marcello

ono circa centomila i giovani avvocati a rischio espulsione per la difficoltà ad affermarsi nella professione. Secondo quanto previsto dall’articolo 21 della riforma forense, per continuare a far parte della categoria occorre l’esercizio costante della professione e la contestuale iscrizione alla cassa e all’albo. «L’albo forense – spiega l’avvocato Maurizio de Tilla – è sovraffollato e la crisi ha inciso molto sul reddito dei professionisti. La proposta è l’istituzione del numero chiuso o programmato nelle facoltà». A un anno dall’entrata in vigore delle disposizioni che riformano la professione, è possibile fare un bilancio? «Il bilancio è negativo. Non è stato emanato il decreto legislativo per l’esclusione dei soci di capitale nelle società tra avvocati. La voluta decadenza della legge delega, con la mancata ema-

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Maurizio de Tilla, presidente dell'Associazione nazionale avvocati italiani

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nazione del decreto legislativo di attuazione della nuova normativa in materia di società, è la riprova di una deriva economicista che il governo vuole dare all’ordinamento forense. Inoltre, la norma che prevede la possibilità per i dipendenti di società e di organizzazioni di svolgere attività stragiudiziale in concorrenza con gli avvocati viola l’indipendenza dell’esercizio dell’attività forense. Quest’ultima norma va eliminata. È altresì stato un errore consentire l’iscrizione obbligatoria alla cassa forense. Il fine sotteso della norma è quello di far cancellare dagli albi almeno quarantamila avvocati. Il che è utopistico, oltre che illegittimo dal punto di vista costituzionale. Infine, chi ha un reddito basso godrà di un trattamento previdenziale irrisorio, nonostante il pagamento dei contributi». Si poteva fare di più per i giovani? «Certamente sì. L’albo forense è sovraffollato e la crisi ha inciso molto sul reddito dei profes-


Maurizio De Tilla

sionisti. Un terzo degli avvocati rientra nella categoria dei disoccupati o dei precari, mentre il reddito medio non è aumentato, anzi, è sceso negli ultimi venti anni. Per le altre professioni la situazione è analoga. Dal 2001 a oggi il reddito degli ingegneri è fortemente sceso, così anche il reddito degli architetti. Un terzo dei giovani psicologi è disoccupato e il reddito medio della categoria non arriva a 650 euro mensili. Il reddito dei notai è sceso da 129mila a 66.800 euro l’anno. Per tutti i professionisti è difficile sia lavorare che incassare. I clienti tendono a non pagare. La crisi economica ha investito i professionisti, mentre il fisco fa finta di niente e li tartassa facendoli entrare nella categoria degli evasori fiscali. Riguardo all’albo inflazionato, la proposta del mondo forense è quella di istituire il numero chiuso o programmato nelle università». Il Ministero della giustizia ha ridotto la misura dei parametri indicati dalle rappre-

sentanze forensi sia in relazione alla liquidazione dei giudici sia nei rapporti con i clienti. Quali effetti provoca questa misura? «Con questa proposta viene violata l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocatura. Allo stesso tempo si svilisce la prestazione professionale già fortemente danneggiata dall’abolizione dei minimi di tariffa e dei diritti. Ciò è ancora più grave se si considera che spesso nelle sentenze i giudici liquidano competenze difensive irrisorie. L’avere, per altro, aumentato la discrezionalità dei giudici è certamente una soluzione che aumenterà la propensione a infliggere mortificazioni economiche alle prestazioni degli avvocati». Le casse professionali sono in pericolo? «Dal rapporto redatto dall’Adepp emerge che, su una platea di più di due milioni, alle casse professionali sono iscritti un milione e trecentonovantamila professionisti, di cui cinquantamila pensionati, con sette miliardi di contributi incassati ogni anno e meno di cinque miliardi di prestazioni erogate. Tutto ciò, nonostante la forte diminuzione dei contributi per la contrazione dei redditi professionali dovuti alla crisi. E, aggiungiamo noi, come conseguenza degli attacchi degli ultimi anni alle professioni e alle tariffe. I professionisti sono esclusi da qualsiasi ipotesi di cassa integrazione e beneficiano di un welfare endocategoriale marginale e inefficiente. Le casse professionali sono in pericolo per i prelievi forzosi, la doppia tassazione e l’aggressione continua ai loro patrimoni. Bisogna impegnarsi di più per la salvaguardia dell’autonomia e dell’integrità del risparmio previdenziale dei professionisti». Passiamo all’organizzazione della giustizia. I processi durano a lungo. Qualcuno sostiene che se i processi durano troppo è per responsabilità degli avvocati. «Non è vero. Va anzitutto rilevato che a risolvere alcune disfunzioni della giustizia può concorrere la produttività dei giudici. Il giornalista Lionello Mancini nel libro “L’onere della toga” ha illu- LAZIO 2014 • DOSSIER • 179


AVVOCATURA

Un terzo degli avvocati rientra nella categoria dei disoccupati o dei precari, mentre il reddito medio è sceso negli ultimi vent’anni

strato la figura del magistrato Cuno Jakob Tar- mille Uffici giudiziari, con un milione di cause fusser, procuratore della Repubblica di Bolzano, che ha dedicato parte del tempo all’efficienza dell’Ufficio giudiziario e a evitare spreco di denaro dei contribuenti. La sua attività è stata incentrata su argomenti cari a Bruxelles: razionalizzazione del lavoro di tutti e, in particolare, di quello femminile, carta dei servizi, bilancio sociale, cioè rendicontazione di quanto la Procura aveva già fatto e di cosa restava da fare. La Procura di Bolzano è diventata così un laboratorio di efficienza del servizio e di risparmio dei costi». Per quanto riguarda il processo civile? «Il Ministero della giustizia ha attaccato frontalmente il processo civile autorizzando i giudici a depositare sentenze senza alcuna motivazione o sintetiche oppure “di riporto”, con un semplice richiamo alla sentenza di primo grado, senza nulla aggiungere. Questo è un processo farsa che agevola il lavoro dei giudici i quali, dopo un complicato ed estenuante processo, possono limitarsi a stendere alcuni richiami normativi e un dispositivo di poche righe. La demolizione di 180 • DOSSIER • LAZIO 2014

pendenti che non troveranno mai esito, e la reintroduzione dell’obbligatorietà della media-conciliazione per un numero sterminato di materie senza alcun risultato concreto, ha fatto il resto». In che modo si dovrebbe intervenire allora per avere una giustizia più veloce? «Per le controversie che riguardano transazioni commerciali compiute dalle imprese, si sta lavorando a concentrare il lavoro in pochi tribunali competenti. Un’operazione fuorviante, se non perversa, che priva i cittadini del riconoscimento dei loro diritti dirottati in limitati Uffici giudiziari per lo più intasati. Per accelerare i tempi della giustizia si intende altresì togliere l’obbligatorietà di assistenza legale nelle procedure di mediazione e introdurre l’istituto, di origine polacca, della sentenza con motivazione eventuale dopo il pagamento del contributo per l’appello e l’impegno all’impugnativa. Invece si dovrebbe estendere il processo civile telematico su tutto il territorio, aumentare il numero di giudici e fornire alla giustizia maggiori risorse».



POLITICHE ANTIDROGA

Legalizzazione, ecco le ragioni del no

Il capo del Dipartimento Politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri, Giovanni Serpelloni, ribadisce pericolosità e neurotossicità della cannabis a tutela della salute pubblica, soprattutto dei giovani Fiorella Calò

egalizzazione sì, legalizzazione no. Questa è la polemica che si è riaccesa in Italia negli ultimi giorni. È bene chiarire, ci auguriamo una volta per tutte, le ragioni del perché nessun tipo di droga deve essere venduto liberamente. Il confronto non può e non deve basarsi sul concetto semplicistico e sterile di proibizionismo e antiproibizionismo, ma vanno valutati un insieme di elementi che derivano sia dalle evidenze scientifiche che dalle valutazioni empiriche, oltre che da strategie di politica sanitaria e sociale, senza tralasciare anche l’aspetto politico internazionale. Liberalizzare il mercato della droga rappresenterebbe, fra l’altro, una rottura della solidarietà fra gli Stati e degli accordi sottoscritti dai 193 Paesi facenti parte delle Nazioni Unite. Sappiamo di certo che la cannabis, ritenuta erroneamente una droga innocua, è invece dannosa; assunto scientifico sancito, fra le tante, anche dall’Organizzazione mondiale della sanità, come dall’autorevole American Society of Addiction Medicine. Giovanni Serpelloni, a capo del Dipartimento Politiche Antidroga, sostiene a gran voce che questa sostanza psicoattiva è neurotossica e quindi può produrre, soprattutto se consumata in fase adolescenziale, una perdita di 8 punti del quoziente intellettivo. Danni che, risentendo anche dell’uso contemporaneo di droghe sinergizzanti e alcol (policonsumo), fenomeno che oggi rappresenta purtroppo la norma, rischiano di rendere meno competitive le future generazioni. Da non sottovalutare, inoltre, che da qualche anno vengono immesse sul mercato, perché fortemente richieste dai consumatori, nuove varianti di cannabis sempre più potenti e con effetto fortemente dissociativo. Normalmente, infatti, il principio attivo (Thc) presente nella cannabis va dal 5 al 7%, tuttavia ci sono pian-

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te appositamente modificate e coltivate con tecniche violente di coltura intensiva che arrivano anche al 55% di principio attivo, con perdita peraltro di principi attivi proteggenti (Cbd). Quindi, sorge spontanea una domanda: quale cannabis andremmo a legalizzare? Serpelloni precisa che «ben 18 società scientifiche in Italia hanno dichiarato che la cannabis è pericolosa per la salute; è da evitarne l’uso voluttuario, quindi, prevedendo però la possibilità di un uso medico ovviamente controllato e attento. Certo, non ci sono pregiudizi ideologici nell’usare farmaci a base di cannabis nelle patologie per le quali sono provate efficacia e sicurezza di uso, ma contestualmente non si devono creare le condizioni per accreditare l’uso ludico di questa sostanza adducendo l’alibi dell’utilità per scopi medici». C’è sicuramente, invece, la necessità di semplificare le procedure di acquisizione dei farmaci da parte dei pazienti e di rendere gratuite queste cure come alcune regioni hanno già fatto. «Non dobbiamo creare false illusione nel malato – continua il capo del Dipartimento – i farmaci a base di cannabis possono ridurre i sintomi di spasticità della sclerosi multipla, ma non possono curare la malattia di base». Il problema legato a questa sostanza, ribadisce Serpelloni, è diventato ormai un vero problema di sanità pubblica e soprattutto mentale da non sottovalutare, che ha portato a registrare oltre all’aumento delle patologie psichiatriche droga-correlate (quali la schizofrenia) anche i ricoveri in condizioni di emergenza presso i pronto soccorsi (fonte dati del Ministero della Salute). Il 16% dei ricoveri per intossicazioni acute da droghe nella popolazione generale è dovuto alla cannabis. Tale dato sale al 44,2% se esaminato nella fascia dei minorenni. Secondo


Giovanni Serpelloni

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La cannabis è pericolosa per la salute. È da evitarne l’uso voluttuario, prevedendo però la possibilità di un uso medico controllato e attento

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Giovanni Serpelloni

l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Emcdda), in Europa tale percentuale nella popolazione generale è del 22%. Quindi quanto leggera è una droga che produce una quantità così elevata di ricoveri ospedalieri in condizioni di emergenza? Legalizzandola aumenterebbe sicuramente il suo consumo e il numero di persone che la usano, come è stato per l’alcol e per il tabacco. Aumenteranno, quindi, secondo accreditati studi scientifici, anche i ricoveri e la necessità di cure, gli incidenti stradali e professionali, le violenze, le persone con patologie psichiatriche droga correlate, ma anche quelle particolarmente vulnerabili che svilupperanno percorsi evolutivi verso la dipendenza da cocaina o eroina. È noto infatti che oltre il 90% delle persone vulnerabili dipendenti da eroina hanno incominciato con la cannabis. Dal punto di vista legalitario, inoltre, chi asserisce che la legalizzazione della cannabis sottrarrebbe introiti alle mafie afferma un principio senza alcun fondamento; non esiste, infatti, alcuno studio né evidenza scientifica che dimostri che la legalizzazione sia in grado di ridurre efficacemente gli introiti della criminalità organizzata. Esistono, invece, indicazioni contrarie. Come ricordava a tal proposito il giudice Paolo Borsellino: “Pensare di legalizzare le droghe per mettere in difficoltà le mafie è da dilettanti di criminologia”. Le organizzazioni criminali sarebbero perfettamente in grado, in termini concorrenziali, di ammortizzare e contrastare questa offerta competitiva dello Stato, diminuendo i prezzi e diversificando le offerte, lasciando però a quest’ultimo l’onere dei costi sanitari e sociali per la cura e il recupero delle persone tossicodipendenti. LAZIO 2014 • DOSSIER • 197


EXPOSANITÀ

Il futuro del settore sanitario econdo i dati ripresi da Exposanità, con il progressivo invecchiamento della popolazione, in meno di quarant’anni la spesa sanitaria è destinata a crescere del 150 per cento, passando dai 112,7 miliardi attuali a 261 miliardi del 2050. Si tratta di una cifra importante, che richiede subito una profonda riflessione, e che impone la ricerca di nuovi modelli gestionali per le strutture sanitarie italiane. «La domanda di sanità e assistenza del nostro paese è destinata a crescere ulteriormente – dichiara Marilena Pavarelli, project manager di Exposanità –. Il progressivo invecchiamento della popolazione, la razionalizzazione dei costi e la maggiore importanza attribuita alla salute e alla prevenzione dalle malattie, rappresentano le principali sfide alle quali il sistema sanitario nazionale dovrà rispondere nei prossimi anni». Alla luce di questi dati, la diciannovesima edizione di Exposanità, mostra internazio-

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Dalle variabili socio-demografiche, le nuove sfide per la sanità. Quattro i focus dell’edizione 2014 di Exposanità: ospedale e territorio, terza età, disabilità e internazionalizzazione. A Bologna da 21 al 24 maggio Valerio Germanico

nale al servizio della sanità e dell’assistenza, che si terrà a Bologna Fiere dal 21 al 24 maggio, si concentrerà su quattro focus tematici che corrispondo a quelli che sono i possibili sviluppi futuri del settore. Il primo focus è sul rapporto ospedale e territorio, con particolare riferimento alla gestione della struttura ospedaliera in relazione al territorio e alla necessaria razionalizzazione dei costi. Segue la disabilità, da affrontare nei diversi contesti: dal lavoro alla pratica sportiva, dal tempo libero all’integrazione scolastica. Si va avanti con la terza età, un’inevitabile sfida per la sanità e per gli operatori, che dovranno far fronte alle mutate esigenze di una popolazione che nel 2040, in Italia, avrà il 35 per cento di over 65. Infine, internazionalizzazione, per promuovere le eccellenze della produzione italiana. «Questi temi sono particolarmente complessi – continua Marilena Pavarelli – e richiedono preparazione,


Marilena Pavarelli

ma anche una forte capacità innovativa. Per questo chi è già nel mercato ma non si aggiorna rischia di perdere importanti opportunità. Con questi presupposti, Exposanità rinnova il proprio impegno nell’offrire una proposta culturale ampia e qualificata (oltre 500 ore di formazione) grazie anche all’imprescindibile collaborazione delle più autorevoli istituzioni, associazioni e aziende del settore». Anche quest’anno Exposanità concentra il proprio impegno verso la valorizzazione e la qualificazione di tutte le professioni sanitarie, promuovendo il dibattito all’interno del settore, per un sistema sanitario assistenziale adeguato al nostro Paese. E per questo riconferma il format tradizionale di nove saloni, per offrire una rassegna completa di prodotti, servizi, proposte e iniziative di carattere formativo e informativo di alto profilo. Le diverse aree espositive saranno dedicate a Hospital, salone delle tecnologie e

La domanda di sanità e assistenza del nostro Paese è destinata a crescere ulteriormente a causa del progressivo invecchiamento della popolazione

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prodotti per ospedali; Mit, Medical Innovation & Technology; Diagnostica 2000, salone delle apparecchiature e prodotti per la diagnosi; Sistem, Salone dell´informatica sanitaria e della telemedicina; Healthy Dental, prodotti, tecnologie e soluzioni per la salute dentale; Sanità Animale, organizzazione, tecnologie e soluzioni per la sanità veterinaria: Salute Amica, rassegna dei progetti e delle realizzazioni per la qualità del servizio sanitario; Horu, Handicap, ortopedia, riabilitazione; Terza Età, Soluzioni, prodotti e servizi per il mondo degli anziani».

Sopra la precedente edizione di Exposanità. Per informazioni sull’evento: www.exposanità.it

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REFLUSSO GASTRO-ESOFAGEO

Reflusso, certezze e nuove ipotesi Il professor Antonio Iannetti fa luce su uno dei disturbi più comuni dell’apparato digerente, su cui ancora oggi rimangono dubbi di carattere scientifico. La conseguente disinformazione tra i pazienti porta a molti disagi «cui, però, si può rimediare» Renato Ferretti

a malattia da reflusso gastro-esofageo è una patologia estremamente diffusa. Nella popolazione dei paesi industrializzati, ha un'incidenza che va dal 20 al 40 per cento. Anche i bimbi sono colpiti da questa patologia, con una percentuale di casi che raggiunge il 50 per cento nell'età compresa tra 0 e 3 mesi di vita. Eppure, date le numerose variabili che caratterizzano cause e sintomi, la diagnosi può risultare meno scontata di quanto auspicabile per una patologia così nota. Sulla Antonio Iannetti, gastroenterologo endoscopista digestivo materia, dalle più ree professore presso l’Università La Sapienza di Roma. centi interpretazioni Il suo studio ha sede a Roma alle sicurezze diagnowww.iannetti.it www.gastroenterologoiannetti.com stiche più accreditate, interviene il professor Antonio Iannetti, gastroenterologo e docente presso La Sapienza di Roma. «Sicuramente – dice Iannetti – negli ultimi anni si è avuto un aumento di questa patologia, legato alla maggior durata della vita, ai noti fenomeni di stress quotidiano, all'eccesso di peso e alle abitudini alimentari scorrette.

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Mi preme segnalare soprattutto la maggiore frequenza di presentazioni cliniche atipiche, con disturbi localizzati in altri organi e distretti, soprattutto alle prime vie respiratorie. I sintomi associati al reflusso sono multiformi e spesso ingannevoli, e anche nella forma classica, essi non sono sempre associati a un evidente danno anatomico. Tale condizione rappresenta il 60-70 per cento dei casi di malattia da reflusso gastro-esofageo (Mrge). In alcuni casi la Mrge rientra nei disturbi funzionali gastrointestinali (Fgid), caratterizzati da sintomi cronici o ricorrenti, molto frequenti, tanto da colpire almeno un terzo della popolazione». Di cosa si tratta esattamente? «Le teorie psicosomatiche attribuiscono la patogenesi di questi disturbi a una disfunzione primaria del sistema nervoso centrale. In altre parole, si avvertono disturbi molto dolorosi e invalidanti, anche se nessuno strumento diagnostico rileva tracce di danni nell’organismo. Recenti ipotesi attribuiscono questo fenomeno a un'alterata comunicazione tra cervello e apparato digerente. Da una parte, i neuroni sensitivi portano al cervello falsi allarmi dolorosi, dall’altra, nel percorso neuronale inverso, dal cervello all’apparato digerente, lo stress psicologico si riversa sul sistema gastrointestinale». Quali sono le cause principali del reflusso e come si può prevenire? «Nella forma classica, le condizioni che favoriscono la malattia sono la diminuzione del


Antonio Iannetti

Spesso si avvertono disturbi molto dolorosi e invalidanti, anche se nessuno strumento diagnostico rileva tracce di danni nell’organismo

tono dello sfintere esofageo inferiore, il prolungato permanere del cibo nello stomaco, l'eccesso di peso, la gravidanza, un eccessivo e ripetuto sforzo del torchio addominale, alcune malattie sistemiche, che causano disturbi della motilità esofagea, alterazioni salivari, il fumo, l'ansia, lo stress, la presenza di ernia gastrica iatale, oltre ad alcuni farmaci e alimenti. Un corretto stile di vita costituisce perciò la prevenzione e il primo approccio terapeutico». E per quanto riguarda la diagnosi? «Con la gastroscopia si escludono lesioni organiche. La diagnosi si perfeziona con la pHImpedenzo-metria esofagea delle 24 ore, che consente di differenziare i reflussi fisiologici da quelli patologici. In alcuni casi, anche reflussi "fisiologici" possono provocare i sintomi. Altro esame di fisiopatologia importante per la diagnosi è la manometria. Oggi è utilizzata la manometria ad alta definizione, che rileva con maggior dettaglio le anomalie e la loro sede». Quali possono essere le complicanze della malattia? «Le complicanze dell’infiammazione dell'esofago possono essere la stenosi esofagea, il sanguinamento e l'anemizzazione. Altra complicanza è l'esofago di Barrett, dovuto all’infiammazione cronica, con trasformazione

della mucosa. Il paziente con frequenza e persistenza di sintomi di Mrge è ritenuto ad alto rischio di sviluppo dell'adenocarcinoma nel tratto distale dell'esofago, in presenza o meno dell'esofago di Barrett». Quali sono le possibili terapie? «In primis occorre prescrivere norme dietetiche e comportamentali. D’altra parte, la terapia farmacologica è oggi di grande ausilio: antiacidi e anti-secretivi in primis. In alcuni casi, si possono prescrivere farmaci neurologici, che innalzano la soglia del dolore e regolano la motilità intestinale, agendo sul sistema nervoso enterico. Il ricorso alla chirurgia è riservato a quei casi che non rispondono alla terapia medica. Ciononostante, la chirurgia laparoscopica si sta diffondendo: alcune linee guida propongono questo trattamento chirurgico anche per i pazienti che abbiano severe recidive recidive dopo la sospensione della terapia o che non vogliano sottoporsi a una terapia continuativa, o per pazienti con sintomatologia extra-digestiva. La complicanza principale della chirurgia laparoscopica del reflusso è la possibile disfagia postoperatoria, che attualmente, con una corretta applicazione di alcuni espedienti tecnici, come l'applicazione intra-operatoria del gastroscopio in esofago, è ridotta e solitamente transitoria». LAZIO 2014 • DOSSIER • 201


Esami e analisi, il laboratorio virtuale Il modello della rete porta vicino ai cittadini gli esami specialistici. Giuliano Caslini del gruppo Bianalisi-Caravaggio presenta la formula dell’Hub and Spoke. Che, dopo essersi affermata in Lombardia, Emilia Romagna e Liguria, si appresta a entrare nella sanità laziale Vittoria Divaro

Il gruppo Bianalisi-Caravaggio nasce dall’acquisizione del laboratorio Caravaggio di Roma da parte della Bianalisi Srl di Lissone (MB) www.bianalisi.it

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iente più trasferte per un esame di laboratorio di secondo o terzo livello. Ovunque si trovi, il cittadino può sottoporsi al prelievo del campione biologico e nella stessa sede ritirare il risultato dell’esame. E questo indipendentemente dalla disponibilità locale delle tecnologie specialistiche. È quanto reso possibile dalle reti di laboratori e dalla virtualizzazione dei sistemi, attraverso le quali, se necessario, è il campione biologico a spostarsi, in assoluta sicurezza. Questo modello è già presente in Lombardia, dalla quale è stato esteso anche a Emilia Romagna e Liguria, prossimamente sarà attivo nel Lazio. Infatti, il gruppo lombardo Bianalisi, rete totalmente italiana di laboratori di analisi, ha re-

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Giuliano Caslini

Le nostre strutture sono collegate con un unico software e un unico server in housing, che permettono la gestione virtualizzata di tutte le analisi

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centemente acquisito Caravaggio, una delle dieci più importanti strutture laziali. «Seguendo le direttive della normativa sanitaria regionale, e delle sue future evoluzioni che permetteranno l’apertura di punti prelievo – spiega Giuliano Caslini, amministratore delegato di Caravaggio e amministratore unico di Bianalisi –, abbiamo investito circa 10 milioni di euro per portare nella laboratoristica sanitaria del Lazio il concetto fondante del nostro progetto: Hub and Spoke. Cioè una rete che collega un laboratorio principale, che dispone di tutte le specialità – comprese anatomia patologica, tossicologia, biologia molecolare – con i laboratori di base territoriali o punti prelievo, tutti interconnessi in modo da produrre qualità, efficienza e rapidità di esecuzione». La rete Bianalisi dunque è strutturata come un laboratorio virtuale. «Pur essendo presenti con diverse sedi in più regioni, la gestione è del tutto interconnessa per far sì che ogni paziente sia immesso nel circuito semplicemente accedendo a una delle numerose strutture territoriali». LA SITUAZIONE DEI LABORATORI LAZIALI

Nel Lazio, l’apertura di punti prelievo non è ancora prevista dalla normativa regionale, tuttavia è prossima alla regolamentazione. «Questo, finora – prosegue Caslini –, ha fatto sì che sul territorio esistesse una realtà molto parcellizzata,

con oltre 500 laboratori di analisi, metà dei quali con una produzione molto bassa, tanto che sono le stesse norme regionali a prevedere e favorire l’aggregazione in reti di produzione. La nostra azione, dunque, analogamente a quanto fatto in altre regioni, è articolata in due fasi. Una prima fase in cui si realizza la forma della collaborazione in rete, una seconda in cui verrà avviata l’apertura dei punti prelievo. Il risultato finale sarà la creazione di un laboratorio virtuale. Infatti, tutte le nostre strutture sono collegate con un unico software e un unico server in housing che permettono la gestione virtualizzata di tutte le analisi. In questo modo, per esempio, è possibile sottoporsi a un esame ad Anzio mentre l’analisi, in assenza di strutture adeguate in loco, sarà gestita fisicamente a Mantova, per poi reinviare e rilasciare il risultato ad Anzio, così come pure in qualsiasi altro punto della nostra rete. Naturalmente ciò non vale per le analisi di base, che vengono gestite nel laboratorio prossimale. Diventa però strategico per gli esami di secondo e terzo livello – anatomia patologica, tossicologia, biologia molecolare e altri –, che in questo modo possono essere effettuati in strutture con una potenza produttiva áá maggiore». LAZIO 2014 • DOSSIER • 203


DIAGNOSTICA

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LE RETI VIRTUALI, UN MODELLO EUROPEO

Mentre in Italia i più grandi laboratori gestiscono 3.500 esami giornalieri, in Europa esistono laboratori con anche 40mila accessi al giorno. «Se guardiamo nello specifico alla realtà laziale, più della metà dei laboratori laziali effettua meno di cinquanta esami al giorno. Che tipo di qualità ed efficienza organizzativa e analitica ci può essere in una struttura che gestisce cinquanta accessi al giorno? Cinquanta accessi significa avere la possibilità di gestire un punto prelievi in una rete di laboratori che ne può fare 700 al giorno, e che poi riversa parte di questi esami in una realtà ancora più grande nei casi esami di livello superiore. E solo i volumi di base possono consentire di arrivare alle specializzazioni a livelli analitici molto più elevati. Siccome però in questo momento, nel Lazio, non è possibile aprire punti prelievo, ciò che noi stiamo sviluppando è la collaborazione con una cinquantina di piccoli e medi laboratori per gestire il service. E questo service è tutto interconnesso con la sede principale, per cui qualsiasi esame effettuato e validato viene in tempo reale riversato sul piccolo e medio laboratorio territoriale, in modo che poi il cittadino ne abbia un beneficio immediato».

IL MODELLO SU SCALA NAZIONALE

Per estendere questo modello a tutte le regioni italiane il passaggio fondamentale è l’aggiornamento delle normative sanitarie regionali. «La Lombardia è stata la prima, all’inizio degli anni 2000, a mettere sullo stesso livello l’attività svolta dalla struttura privata con la struttura pubblica, mettendo a disposizione dei budget per chi era in grado di svolgere questo tipo di servizio e soprattutto dando subito la possibilità di aprire dei punti prelievo sul territorio. All’inizio sono state soprattutto le realtà lombarde già radicate in regione a muoversi e cogliere le opportunità date dalle nuove norme. In seguito, affermato il modello, queste stesse realtà hanno iniziato a estendere il modello lombardo anI laboratori di base territoriali, o punti che ad altre regioni». Accanto alle prelievo, vengono interconnessi in modo realtà a proprietà italiana, si sono affacciati anche fondi di investida produrre qualità, efficienza e rapidità mento esteri, che hanno acquisito di esecuzione in modo capillare alcuni laboratori italiani. «Bianalisi è una delle ultime grandi realtà

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Giuliano Caslini

IL GRUPPO BIANALISI C

on 5 milioni di esami svolti ogni anno e più di 3mila accessi giornalieri nei circa cento punti prelievo disseminati sul territorio, Bianalisi è il secondo gruppo italiano per volume di produzione nel settore delle analisi di laboratorio. Il gruppo, partito dalla Brianza nel 2000, oggi gestisce una struttura sovraregionale presente in tutta la Lombardia, l’Emilia Romagna e la Liguria. Da queste basi consolidate, adesso, il passo successivo è lo sviluppo nel Lazio, anticipando quella che sarà, a breve, la nuova impostazione territoriale del servizio sanitario pubblico. L’ingresso nella regione del Centro Italia ha avuto come premessa l’acquisizione del gruppo Caravaggio da parte di Bianalisi. La strategia del neocostituito gruppo Bianalisi-Caravaggio, pertanto, è quella di crescere ulteriormente sia in ipotesi acquisitive sia con collaborazioni sul service con altre realtà già presenti sul territorio e, in prospettiva, con l’apertura di punti prelievo con la formula dell’Hub and Spoke. Una formula vincente e appagante sia nei confronti del cittadino, che della filosofia di crescita di un gruppo all’avanguardia nel settore e che tuttavia riesce a non perdere di vista il fulcro vero del proprio lavoro: la centralità del paziente, offrendo un’organizzazione ramificata e al tempo stesso coordinata al meglio.

a proprietà italiana. Il nostro arrivo nel Lazio ha fatto inoltre da apripista ad altri soggetti esteri, già ampiamente presenti in Lombardia, e che con noi, sebbene come noi in attesa dell’adeguamento della normativa regionale, condividono la strategia acquisitiva e penetrativa». Per quanto riguarda la strategia delle acquisizioni, il sistema regionale sta già spingendo affinché le piccole realtà si aggreghino con le più grandi. «A settembre 2013 la regione Lazio ha ridotto le tariffe di oltre il 50 per cento mediamente. Una riduzione così significativa ha messo in crisi le piccole realtà, perché soltanto un’economia di scala e i suoi grandi volumi possono consentire di mantenere la qualità e un’efficienza organizzativa. E quindi, in maniera naturale, questa crisi dei piccoli laboratori, sta favorendo l’aggregazione e l’acquisizione». LAZIO 2014 • DOSSIER • 205


ORTOPEDIA

Novità in campo protesico

Andrea Grasso spiega i più recenti progressi nella chirurgia protesica in campo ortopedico, con particolare riguardo all’articolazione della spalla. Dopo l’enorme sviluppo del campo artroscopico, è il momento della crescita della protesizzazione della spalla Renato Ferretti

a medicina compie passi avanti, ma non sempre si riscontra un’informazione adeguata sulle possibilità terapeutiche più recenti. E in un periodo di difficoltà economiche come questo, in cui si arriva a risparmiare anche in tema di salute, la diffusione di notizie corrette è un’esigenza che i medici stessi sono chiamati a soddisfare. È quanto emerge dalle parole del dottor Andrea Grasso, alla guida della casa di cura Villa Valeria di Roma, e specialista nella prevenzione e cura delle patologie della spalla,

L Il dottor Andrea Grasso, responsabile ortopedico della Casa di Cura Villa Valeria con sede a Roma www.villavaleria.it

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del gomito e del ginocchio. Per il dottor Grasso, le nuove tecnologie permettono interventi fino a qualche anno fa impensabili. «La nostra – premette Grasso – si può definire una struttura a prevalenza ortopedica con più di 2000 interventi annuali realizzati, convenzionata anche con il Ssn, anche se in realtà i servizi che offriamo spaziano in molti ambiti e, quindi, è un centro polispecialistico. Nel campo della chirurgia ortopedica, nello specifico, stiamo assistendo a uno sviluppo della parte protesica. Come ad esempio la protesi della spalla, da sempre considerata la “sorella minore” della protesi dell’anca o del ginocchio: il recupero che permette ora dieci anni fa non era possibile». Dunque sta aumentando la sua diffusione. «Da una parte ci sono centri come il nostro che ne fanno sempre più uso, ma tuttora c’è chi sconsiglia la protesi perché ritenuta inutile. Fa parte della normale crescita storica, è stata la stessa cosa per la protesi del ginocchio e per l’artroscopia in generale. Consideri che si diceva: perché devo guardare dal buco della serratura, se posso aprire la porta? Eppure per la protesi della spalla non è più così: relativamente al dolore, che è proprio l’aspetto più importante, il recupero è completo. Riguardo alla funzionalità dell’arto, si arriva ad alzare il braccio con un angolo anche superiore ai 90 gradi. Infatti, spesso si presentano pazienti con spalle completamente rovinate e a loro


Andrea Grasso

Nei giovani i principali problemi sono le lussazioni, che ormai vengono trattate in artroscopia, pratica mininvasiva che permette una grande precisione

non pare vero di poter di nuovo muovere il braccio. Per questo non parlo di prevenzione ma di educazione». Quali altre novità ci sono nel campo? «Sempre in ambito ortopedico, da quando facciamo le protesi, dobbiamo eseguire dei tagli sull’articolazione della spalla e per questi ci sono delle mascherine che si applicano sull’osso e guidano il chirurgo. In alcuni casi il paziente fa una Tac che viene inviata negli Usa e lì viene disegnata una mascherina adatta a quel paziente specifico, in modo da fare un intervento guidato con il massimo della pre-

cisione. Con l’aiuto del computer insomma si possono aprire grandi prospettive. Penso che Villa Valeria sarà un centro di riferimento per questo tipo di intervento in Italia. Non a caso, proprio per il grande lavoro svolto sulla chirurgia della spalla artroscopica e protesica, siamo polo distaccato della scuola di specializzazione dell’ortopedia dell’università di Tor Vergata: gli specializzandi che lavorano qui sono per noi un grande riconoscimento». Rimanendo sull’articolazione della spalla, quali sono le patologie più diffuse? «Nei giovani i principali problemi sono le lussazioni, che ormai vengono trattate in artroscopia, pratica mininvasiva che permette una grande precisione. Per i meno giovani, invece, i casi riguardano spesso i tendini della cuffia dei rotatori, con relativo forte dolore, riduzione della funzione e, quindi, dell’attività lavorativa. Il dolore, poi, si presenta spesso di notte impedendo al paziente di dormire e abbassando di conseguenza la qualità della vita. Anche in questo caso il trattamento prevede l’intervento in artroscopia, in cui suturiamo i tendini, in anestesia locale. In più Villa Valeria è sede del “Trauma Sport Center” divenuto ormai un punto di riferimento per gli sportivi, per l’alta specializzazione nella diagnosi, cura e prevenzione in ambito di traumatologia sportiva e chirurgia artroscopica». Ma l’ortopedia non è l’unica specialità del vostro centro. «Tra le nostre principali specializzazioni mediche e chirurgiche, oltre all’ortopedia, c’è l’urologia: siamo sede di un avanzato centro di chirurgia genitale maschile ed è il primo centro nel Lazio per la chirurgia urologica mini invasiva Holep con laser ad olmio di ultima generazione. Poi c’è la ginecologia, la dia- ❯❯ LAZIO 2014 • DOSSIER • 211


ORTOPEDIA

❯❯ gnostica per immagini, la dermatologia, l’otorinolaringoiatria, l’endoscopia, e il nuovissimo laboratorio del sonno». Di quest’ultimo si è sentito poco parlare: di cosa si tratta? «Ci sono molte patologie che possono derivare da disturbi durante la fase del sonno, come le apnee notturne per le quali per qualche secondo i pazienti non respirano e questo determina una riduzione dell’ossigenazione dei tessuti: a Con la protesi, migliora la funzionalità lungo termine questo può addidell’arto, si arriva ad alzare il braccio rittura portare a dei problemi carcon un angolo anche superiore ai 90 gradi diovascolari perché il cuore può risentire della riduzione di ossigeno. Allora si fa un’analisi con determinati apparecchi, per vedere la qualità del sonno del paziente e in ferta a un prezzo inferiore al ticket. È molto base a quello si può capire anche quali pato- importante in un periodo difficile come quelogie sono in atto. Dunque il nostro non è un sto, che il medico scenda tra la gente: siamo laboratorio dove si cura l’insonnia, ma si tratta stati anche nei centri commerciali, abbiamo di un intervento medico molto importante impegnato più di un week end con la proteche sta riscuotendo una certa attenzione anche zione civile facendo visite gratuite. Insomma, tra i pazienti». siamo convinti che ora la struttura sanitaria Per quanto riguarda la corretta informa- debba scendere in mezzo alla gente». zione, in che modo vi siete adoperati? Quali sono le visite più richieste? «Cinque anni fa abbiamo iniziato un percorso «In assoluto la prevenzione più richiesta, ridi integrazione con il territorio tramite ini- guarda le patologie della prostata. Intorno al ziative di prevenzione che sono state patroci- tema si è sviluppata una certa attenzione: nate dal comune e dall’Asl: l’intento è stato nel mese della prostata si presentano in tanti, quello di offrire un servizio per i cittadini più che per il seno. A dicembre del 2012, abgratuitamente. Queste iniziative hanno avuto biamo fatto una campagna sociale totalun grande riscontro, e quindi da episodiche – mente gratuita per gli anziani, cui hanno inizialmente avvenivano due o tre fine setti- partecipato circa 750 persone. D’altra parte, mana l’anno – abbiamo deciso di organiz- invece, abbiamo notato che i dermatologi zarle con cadenza mensile. Individuiamo ogni sono gli specialisti che hanno riscontrato più mese una specialità: ad esempio febbraio è il patologie, sconosciute fino a quel momento mese dell’urologia, a marzo ci sarà il mese ai nostri pazienti, anche gravi come i meladella donna, e ogni visita che faremo verrà of- nomi».

212 • DOSSIER • LAZIO 2014



STRUTTURE SANITARIE

Chirurgia spinale mini invasiva invasività degli interventi chirurgici, spesso può creare patologie iatrogene, che comportano ulteriori disagi al di là del problema preesistente. Partendo da questo presupposto, il Centro Diagnosi & Cura del Dolore di Roma, diretto dal professor Attilio Di Donato, interpreta una chirurgia spinale che si fonda su un approccio totalmente percutaneo ed endoscopico, in modo da minimizzare il danno tissutale durante un intervento chirurgico. «Ad esempio – spiega Di Donato – le stabilizzazioni vertebrali, a ogni livello della colonna, eseguite con tecnica classica open sono interventi altamente demolitivi, anche con cospicue perdite di sangue. Nei nostri centri vengono eseguiti in anestesia locale e in modo totalmente percutaneo, con minime incisioni di un centimetro sulla pelle. Nessun altro tessuto viene sezionato, ma solo divaricato, rispettando totalmente le fibre tissutali. Questo significa minore o quasi assenza di dolore postoperatorio e nessun bisogno di effettuare trasfusioni di sangue». In quali casi si ricorre alla chirurgia della stabilizzazione vertebrale e qual è l’incidenza sulla popolazione di queste problematiche? «La stabilizzazione vertebrale riguarda casi di microinstabilità o instabilità conclamata, scoliosi, spondilolistesi, spondilosi degenerativa, stenosi, grave discoartrosi in cui il disco intervertebrale degenera determinando un contatto tra le vertebre adiacenti. Si può effettuare anche in casi di complesse fratture vertebrali non altrimenti trattabili con cifoplastica o vertebroplastica. L’incidenza dell'instabilità precoce, è del 5-6 per cento nei maschi e del 2-3 per cento nelle femmine. Aumenta con la pratica

L’

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La tecnica percutanea ed endoscopica, permette di intervenire sulla colonna vertebrale senza danneggiare i tessuti e con minime incisioni. Attilio Di Donato illustra i vantaggi di questo tipo di chirurgia Carlo Gherardini

Il professor Attilio Di Donato, direttore del Centro Diagnosi & Cura del Dolore che comprende la casa di cura Nuova Villa Claudia e Concordia Hospital For Special Surgery di Roma www.terapiadolorevertebrale.it

precoce (prima dei sette anni) di sport come tuffo, pesistica, lotta, ginnastica e judo. L'instabilità degenerativa, invece, è presente dai 50 anni in su ed é legata ad alterazioni morfostrutturali conseguenti all'avanzare dell'età». In che modo si effettua la chirurgia vertebrale percutanea ed endoscopica? «La chirurgia vertebrale percutanea fonda le


Attilio Di Donato

Nei nostri centri gli interventi di stabilizzazione vertebrale vengono eseguiti in anestesia locale e in modo totalmente percutaneo

sue basi sul rispetto totale di tutte le strutture corporee, pertanto l'utilizzo di strumenti altamente sofisticati permette di posizionare viti transpeduncolari e barre di tenuta effettuando la sola incisione di un centimetro sulla cute. Con una tecnica particolare, una volta inserite le viti, si introduce una barra di tenuta in connessione delle viti che permette di correggere completamente l’alterazione della colonna vertebrale. L’ausilio dell’endoscopia, inoltre, permette il controllo assoluto di ciò che si sta facendo, immettendo un “occhio” ingrandente all'interno del nostro target chirurgico». Quali sono i maggiori vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali? «Il vantaggio più ampio si può avere nell'utilizzo dell'endoscopia nella chirurgia dell'ernia, sia cervicale, che dorsale o lombare. Con una minima incisione cutanea di 5 millimetri, anche in questo caso in anestesia locale, si introduce l'endoscopio nella colonna vertebrale, si localizza l'ernia e la si asporta nel rispetto totale dei tessuti. Alcune chirurgie prettamente open o percutanee come la discectomia cervicale, stanno lasciando il posto alle tecni-

che endoscopiche perché è sicuramente innegabile il vantaggio della minima incisione e della visione diretta amplificata. Proprio nell'ambito della chirurgia cervicale, nei nostri centri abbiamo messo a punto la Mivacs (Minimally Invasive Video Assisted Cervical Surgery), una tecnica rivoluzionaria per tutta la chirurgica anteriore della colonna cervicale, ernia del disco, impianto di protesi e stabilizzazione». Quale “iter” deve seguire il paziente dopo l’intervento di stabilizzazione vertebrale? «Premetto che trattiamo tutti i pazienti individualmente, usando strumenti di ultima generazione e le tecniche più innovative al fine di diagnosticare precisamente l’origine e le modalità del dolore così da poter intervenire con sicurezza curandone l’eziopatogenesi. L’approccio al dolore è multidisciplinare e ci permette di offrire sempre il più ampio spettro di trattamenti possibili. Il giorno successivo all'intervento di stabilizzazione, il paziente viene sottoposto a un esame Tc per il controllo del buon esito dell'intervento e del corretto posizionamento delle viti e delle barre. Viene dimesso con una terapia domiciliare e verrà ricontrollato a distanza di circa dieci giorni e subito dopo, eventualmente, inviato ad un programma di idrokinesiterapia riabilitativa». LAZIO 2014 • DOSSIER • 215


DIFETTI VISIVI

Una microchirurgia sempre meno invasiva Ogni occhio è diverso dall’altro, anche nello stesso individuo. E le tecnologie di microchirurgia oculare si stanno evolvendo di conseguenza. Mauro Zuppardo presenta le innovazioni Valerio Maggioriano

laser a eccimeri, utilizzati per la correzione dei difetti visivi, agiscono in maniera standard. Una miopia di tre diottrie, per esempio, è trattata sempre nello stesso modo in tutti gli occhi. Tuttavia, lo studio del fronte d’onda, che evidenzia tutte le proprietà ottiche dell’occhio, ha ampiamente dimostrato che gli occhi sono diversi anche nello stesso individuo. Non ha senso, pertanto, utilizzare trattamenti standard per tutti, perché ogni occhio ha bisogno di una sua correzione specifica». A spiegarlo è Mauro Zuppardo, amministratore unico di Primavista, società di servizi medici di Roma che dal 2000 esegue trattamenti personalizzati utilizzando le tecnologie più evolute applicate alla microchirurgia oculare. La società, che ha ottenuto nel 2013 il premio Le Fonti, nella primavera di quest’anno, porterà a compimento il progetto Primavista 2.0, un nuovo centro che razionalizzerà i processi diagnostici, chirurgici e terapeutici per mettere al servizio del paziente non solo le migliori cure in senso strettamente medico, ma anche una comunicazione adeguata e sostegno psicologico. Quali sono le tecnologie avanzate che introdurrete in Primavista 2.0? «Oltre alla consueta attività diagnostica, chi-

«I

Mauro Zuppardo, amministratore unico di Primavista, società di servizi medici di Roma www.primavista.it

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rurgica ambulatoriale e formativa, introdurremo una nuova tecnologia laser a femtosecondi, importata dagli Stati Uniti, a sostegno dell’intervento di cataratta. Questa rende più sicuro e più efficace l’intervento stesso, e favorisce l’impianto di lenti intraoculari (cristallino artificiale) tecnologicamente più evolute, che garantiranno al paziente una visione ottimale in tutte le attività visive. Inoltre, nel nuovo centro estenderemo la nostra attività all’applicazione di lenti a contatto, alla diagnosi e alla terapia medica del cheratocono attraverso la metodica più innovativa della iontoforesi, alla riabilitazione dei pazienti ipovedenti che hanno bisogno di ausili complessi per utilizzare al meglio il loro residuo visivo». Quali elementi innovativi distinguono la nuova tecnologia laser rispetto ai tradizio-


Mauro Zuppardo

8,5 %

POPOLAZIONE TRA I 70 E I 74 ANNI CHE VIENE COLPITA DA CATARATTA. LA PERCENTUALE AUMENTA (17,1%) DOPO GLI 80 ANNI (DATI ISTAT)

nali metodi di trattamento della cataratta? «Il chirurgo coadiuvato dalla tecnologia laser a femtosecondi eseguirà l’atto chirurgico con più precisione e sicurezza, in assenza di bisturi ed eliminando le variabili individuali che tanto incidono sull’esito finale. Alcune delle fasi critiche dell’intervento sono sottratte alla manualità del chirurgo per essere eseguite con il laser. Ciò implica una considerevole riduzione delle variabili umane legate all’operatore e il conseguente aumento della sicurezza, della

ripetibilità, e dell’accuratezza dell’intervento stesso. L’azione del laser rende più sicure, per la salute oculare, anche le restanti fasi dell’intervento, perché riduce l’uso degli ultrasuoni anche del 100 per cento. Il beneficio per il paziente è un recupero visivo più immediato, lenti ben sistemate all’interno dell’occhio per una visione di qualità, minori rischi potenziali per l’utilizzo di fonti Uv e un minore traumatismo oculare». Invece, cosa avveniva in passato? «Innanzitutto, negli anni passati, l’intervento di cataratta si rimandava sino a quando la visione non era quasi del tutto compromessa. Le tecniche chirurgiche non possedevano livelli di sicurezza paragonabili con quelli odierni. Oggi l’intervento di cataratta è eseguito molto più precocemente e le persone, più giovani, sono ancora molto attive e aspirano a una visione ottimale, possibilmente a tutte le distanze di osservazione. Gli oculisti di oggi hanno profondamente ripensato l’in- ❯❯ LAZIO 2014 • DOSSIER • 217


DIFETTI VISIVI

❯❯ tervento di cataratta assimilandolo alla chirurgia rifrattiva (cataratto-refrattivo), dove il risultato visivo assume un valore predominante. Con la possibilità di calcolare e variare il potere della lente intraoculare, nella chirurgia della cataratta è possibile abbinare l’intervento per la correzione dei difetti refrattivi. Non solo è possibile rimuovere il “velo” che offusca la vista, ma è anche possibile ridurre la dipendenza dall’uso degli occhiali». Possiamo riportare qualche dato circa l’incidenza della cataratta nella popolazione? «La prevalenza di cataratta senile è maggiore al Sud rispetto al Nord. Il quoziente di prevalenza nella popolazione di età superiore ai 40 anni è compreso tra il 4,7 e il 7,2 per cento. Secondo l’Istat la cataratta colpisce in Italia l’8,5 per cento della popolazione tra i 70 e i 74 anni, il 12,4 per cento nei cinque anni successivi e il 17,1 per cento di chi supera gli 80 anni. Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Oms la cataratta è responsabile del 53 per cento dei casi di disabilità visiva nei paesi in via di sviluppo, qui in Italia la percentuale è molto più bassa». Oltre al laser per il trattamento della cataratta, quali sono le ultime innovazioni tecnologiche per la microchirurgia oculare? «Tra le ultime introduzioni ricordiamo il cross-linking trans epiteliale con il metodo della Iontoforesi per il trattamento del cheratocono. Il cheratocono è una malattia degenerativa conseguente a una minore rigidità strutturale della cornea, si manifesta nell’infanzia o nella pubertà e progredisce in buona parte dei casi fino ai 35-40 anni, in alcuni sog218 • DOSSIER • LAZIO 2014

Il laser a femtosecondi riduce le variabili legate all’operatore e aumenta la sicurezza, la ripetibilità e l’accuratezza dell’intervento di cataratta

getti può progredire anche oltre. Il cross-linking corneale, che si è affermato negli ultimi anni come terapia di elezione nel trattamento del cheratocono, è in grado di evitare in molti casi il trapianto di cornea. Si tratta di un trattamento a bassa invasività, che consiste in un “rinforzo” della cornea ottenuto mediante l’effetto combinato di vitamina B2 e raggi ultravioletti. Il metodo ha come obiettivo quello di aumentare la connessione fra le fibre corneali e la loro resistenza. In questo modo si riesce a contrastare, o arrestare del tutto, l’evoluzione del cheratocono. La Iontoforesi, con deboli correnti continue, veicola le molecole medicamentose all’interno del bulbo oculare. E la miglior capacità di penetrazione del farmaco all’interno della struttura corneale consente di procedere in via trans epiteliale, senza rimuovere l’epitelio corneale».



PRODOTTI FARMACEUTICI

L’innovazione farmaceutica italiana Giorgio Chiozza ci guida in uno dei comparti industriali più sensibili alle trasformazioni dettate dallo studio e dalla ricerca. E nonostante le difficoltà del mercato interno, l’Italia gioca alla pari la sua partita Remo Monreale

n controllo diretto su tutti i processi produttivi e il massimo impegno possibile in ricerca e sviluppo. Non sono certamente gli unici due ingredienti a determinare il successo internazionale di un’azienda, ma nel farmaceutico costituiscono una “conditio sine qua non” che tutti gli attori del settore conoscono bene. Il modello della Uniderm Farmaceutici, azienda specializzata in dermocosmetici e dispositivi medici con sede a Roma, dimostra come la ricerca e la produzione italiana attirino ancora gli investitori, e i clienti finali, di tutto il mondo. «Nel 2009 – dice Giorgio Chiozza, amministratore delegato della Uniderm –, abbiamo inaugurato un centro di produzione, ricerca e sviluppo integrato. L’attività di ricerca e sviluppo è caratterizzata da un’attenta selezione delle materie prime, dalla creazione di formulazioni innovative e dall’utilizzo di principi attivi di nuova concezione. L’attenzione alla qualità durante la produzione è elevatissima e determina severi controlli che accompagnano tutte le fasi del processo, compreso il confezionamento dei nostri prodotti. I dispositivi medici Uniderm recano il marchio Ce, i nostri prodotti hanno superato i test Fda e l’azienda vanta certificazioni Uni En Iso 9001-2008 E 13485. Grazie al lavoro di ricerca, a gennaio abbiamo lanciato sul mercato Collagenil Hydra Sport, una linea di prodotti per la pelle dedicata a chi pratica sport che si affianca alla linea cosmetica tradizionale Collagenil. Dopo due anni di ricerche siamo riusciti nell’intento di

U

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contrastare il forte stress dell’epidermide causato da un’intensa attività sportiva, e in questo siamo i primi in Italia». Lo sforzo innovativo ha suscitato interesse anche oltre confine e l’opera di internazionalizzazione portata avanti dalla Uniderm incide molto sull’aumento di fatturato a due cifre che negli ultimi anni l’azienda romana ha registrato. «Il 2013 in particolare – spiega Chiozza – ha rappresentato per Uniderm Farmaceutici un anno chiave nell’ambito dello sforzo di internazionalizzazione dell’azienda. Sono state costituite le prime due consociate estere: la Uniderm Usa Inc negli Stati Uniti, e la Uniderm Spagna. La Uniderm Usa Inc

Giorgio Chiozza, Ad, e Francesca Chiozza, direttore acquisti e logistica della Uniderm Farmaceutici Srl, Roma www.uniderm.it


Giorgio Chiozza

Dopo due anni di ricerche siamo riusciti nell’intento di contrastare il forte stress dell’epidermide causato da un’intensa attività sportiva

nasce con l’intento di dare ancora più slancio al mercato americano, sul quale siamo già presenti dal 2010: forniamo i più importanti grossisti americani e siamo presenti in farmacie indipendenti e sugli scaffali di major quali Cvs, che ci ha scelto come primo brand specifico per la detersione intima. Il 2014, ha già visto i nostri prodotti entrare nel network di vendite on line di un’altra grande realtà del mercato americano, Walgreens, e vedrà il lancio di un’importante campagna promozionale “in-store” in Cvs, che coinvolgerà 2000 punti vendita su tutto il territorio nazionale». Quello americano non è l’unico mercato interessante agli occhi dell’azienda guidata da

Chiozza. «Da poco è nata Uniderm Spagna – spiega l’amministratore delegato – con l’intento di creare una rete di vendita diretta nelle farmacie spagnole, con una particolare attenzione alla promozione e vendita della nostra Linea Dermo Cosmetica Collagenil e Collagenil Hydrasport, la novità assoluta del mercato per il 2014. Poi, attraverso accordi di distribuzione con partner locali, i nostri prodotti sono distribuiti anche in Indonesia, Malesia, Filippine, Germania e Grecia. Cerchiamo di essere sempre attenti alle dinamiche di sviluppo dei mercati emergenti: per il prossimo futuro guardiamo con interesse alle opportunità rappresentante dalla Turchia e dai paesi del bacino del Mediterraneo». Nel settore dal 1975, la Uniderm, che continua a mantenere ogni processo produttivo in Italia, è la terza società in ambito nazionale. «I nostri prodotti – ricorda Chiozza – sono nati per rispondere a specifici problemi legati all’igiene intima personale e sono oggi riconosciuti come prodotti unici per tipologia, utilizzo e qualità. Altro elemento di successo dei prodotti Uniderm è rappresentato dalla possibilità del loro utilizzo in associazione con altri farmaci prescritti dal medico specialista nel trattamento di specifiche patologie. E, stando alle cifre, siamo destinati a crescere: solo in questi ultimi anni infatti sono state assunte 73 nuove risorse, in diversi settori aziendali, dalla ricerca e sviluppo al settore commerciale». LAZIO 2014 • DOSSIER • 221


PRODOTTI FARMACEUTICI

Farmaci e veterinari, un nuovo approccio n Italia, le abitudini di acquisto dei prodotti veterinari da parte dei proprietari di animali da affezione rappresentano un unicum rispetto ai principali paesi europei. Infatti, in Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, il canale principale di acquisto, in media, per 70 proprietari su cento, è il veterinario (dal minimo del Regno Unito, 60 su cento, al massimo della Germania, 92 su cento). In Italia, invece, il canale prevalente è la farmacia (53 su cento) e il veterinario segue con il 39 su cento. Questi dati sono stati elaborati dagli uffici tecnici interni della Demas, società romana che distribuisce farmaci e prodotti per la salute e il benessere dell’animale da affezione attraverso il canale retail e la distribuzione all’ingrosso. «I risultati di questo studio – spiega Fabrizio Foglietti, managing director di Demas – indicano che l’Italia, nel contesto europeo, è il paese con le maggiori possibilità di crescita per noi che siamo fortemente orientati al mercato della veterinaria. Questi dati, però, non vanno letti esclusivamente come prospettive di business, bensì anche come descrizione dei rapporti che legano proprietario, animale e medico veterinario». Gli italiani hanno meno cure per i loro animali rispetto ai cittadini dei principali paesi europei? «In realtà i dati dimostrano semmai che nel nostro paese esiste ancora una bassa o poco diffusa medicalizzazione veterinaria. Che, se confrontata ai vicini francesi, mostra risultati quasi doppi rispetto ai nostri. Dunque il punto non è la quantità di farmaci acquistati, ma dove vengono acquistati. In questo senso l’Italia mostra nella cura dell’animale una tendenza che si riscontra anche nella cura della persona, ovvero

I

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Il ricorso al veterinario nel nostro Paese è ancora poco affermato rispetto alle principali realtà europee. Fabrizio Foglietti spiega come le abitudini di chi possiede animali domestici influiscono sul mercato dei farmaci per gli animali da affezione Valerio Germanico

un’abitudine al fai da te, che quindi scavalca l’incontro e il consiglio del medico». Voi credete però che la mediazione del medico veterinario sia importante e andrebbe allineata a quella europea. Con quali azioni è possibile avviarsi in questa direzione?

Fabrizio Foglietti, managing director della Demas Srl di Roma www.demas.it


Fabrizio Foglietti

35%

DIFFUSIONE DELLA MEDICALIZZAZIONE PET IN ITALIA. ANCORA BASSA RISPETTO A FRANCIA (60%) E GERMANIA (58%) (DATI: UFFICI TECNICI DEMAS)

«Per stimolare il cambiamento, o accompagnare un cambiamento in parte già in corso, noi abbiamo scelto, da almeno un quinquennio, di puntare sulla diffusione della cultura dell’animale. Questa si rivolge direttamente al proprietario dell’animale da affezione e passa attraverso la figura del farmacista, del veterinario (naturalmente), ma anche attraverso corsi e la diffusione di informazioni – come facciamo con la nostra rivista Giulius, disponibile gratis online – che indichino la necessità di una frequentazione periodica dello studio veterinario. Dietro questa azione di comunicazione c’è certamente l’esigenza di rafforzare il nostro business, ma c’è anche un approccio etico, orientato a fare cultura su un tema che va a beneficio di tutto il settore, e che, prima di tutto può migliorare la salute degli animali e di riflesso dei loro proprietari». Dove si può trovare la vostra rivista? «Giulius è una rivista gratuita in formato elettronico dedicata alla salute dell’animale. È scaricabile dal nostro sito e viene ricevuta periodicamente via mail dai circa 15mila iscritti alla

nostra newsletter. Recentemente abbiamo affiancato a questi strumenti anche la presenza su Facebook e, grazie al lavoro di un’agenzia di comunicazione esterna che cura la nostra presenza sui social network, contiamo di raddoppiare il numero di lettori entro la fine di quest’anno». Quali sono gli altri obiettivi che vi siete dati per il futuro? «Per quest’anno puntiamo a consolidare il progetto retail. Dunque inaugureremo un altro o altri due nuovi punti vendita a Roma e nel Lazio, che prevediamo porteranno il nostro fatturato a una crescita del 20 per cento nel 2015. In seguito intendiamo anche espanderci fuori regione, ma l’attuale situazione di difficoltà nell’accesso al credito non ci permette per ora di procedere a passi più ampi. Inoltre, ci scontriamo con un sistema ingessato. La vita delle imprese italiane è paragonabile a quella di chi percorre le nostre strade: queste sono piene di buche e quindi anziché percorrerle verso gli obiettivi, siamo costretti a un’andatura incostante per evitare gli ostacoli». LAZIO 2014 • DOSSIER • 223


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