DossierPadova122011

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OSSIER PADOVA L’INTERVENTO ......................................13 Giancarlo Galan Andrea Tomat

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Francesca, Fabiana e Federica Roncato STRATEGIE ............................................22 Giulio Pedrollo Enrico Berto IL PUNTO ................................................28 Luca Zaia UNITÀ D’ITALIA ....................................32 Giorgio Napolitano Louis Godart Pietrangelo Buttafuoco Marcello Veneziani VERSO LE AMMINISTRATIVE.........42 Alberto Giorgetti Rosanna Filippin

ECONOMIA E FINANZA ISTITUZIONI EUROPEE .....................48 Mario Draghi

MADE IN ITALY...................................132 Zelindo e Lorenzo Schiavon

L’ECONOMIA VENETA .......................52 Alessandro Bianchi

PRODOTTI ALIMENTARI.................136 Giancarlo Bettio e Filippo Marangon Diego Nai

MERCATI ESTERI ................................56 Ferruccio Dardanello Andrea Bolla Gian Domenico Cappellaro Antonio Favrin Giannino Marzotto Mario Moretti Polegato Vincenzo Consoli INNOVAZIONE.......................................72 Marialuisa Coppola Riccardo Donadon FOCUS PADOVA...................................78 Ivo Rossi Alberto Salmaso Massimo Pavin Fernando Zillio Roberto Turrin Elisabetta Callegari AVVOCATI D’IMPRESA .....................90 Giorgio Spanio IMPRENDITORI DELL’ANNO...........94 Otello Granziero Beniamino Sgarbossa Giuseppe Collavo Donatella Brandolese Giovanni Beltrame Paolo Gasparini Antonio Pengo Antonio Rizzato Galdino Peruzzo Filippo Filippi Renzo Schievano e Gianni Pierbon Alessandro Selmin Silvia Ortolani Franco Colombini

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ENOLOGIA ............................................140 Sergio Fortin COMUNICAZIONE ..............................142 Flavio Fioretto e Simona Zantorlin


Sommario AMBIENTE ED ENERGIA RISCHIO IDROGEOLOGICO............146 Daniele Stival Perla Stancari RISORSE IDRICHE.............................152 Filippo Briani DEPURAZIONE DELL’ARIA ............154 Egidio Fasseti

GIUSTIZIA RINNOVABILI.......................................156 Gianpiero Coppola Giuseppe Lucato Nicola Bisello

EVASIONE FISCALE ........................200 Giovanni Achille Sanzò Roberto Dal Negro Massimo Zanon

GESTIONE DEI RIFIUTI ....................166 Franco Greggio

SICUREZZA SUL LAVORO ............206 Elda Ferrari Franca Porto

TERRITORIO INFRASTRUTTURE............................170 Renato Chisso TRASPORTI ..........................................174 Maurizio Sieve MERCATO IMMOBILIARE ..............176 Luigi Schiavo

SANITÀ QUALITÀ DELL’ARIA.........................212 Carlo Emanuele Pepe Maurizio Conte Alessandro Zan Federico Sboarina Leonardo Colle

IL COMPLESSO INDUSTRIALE BINARIO...................180 Davide Cognolato EDILIZIA.................................................182 Giacomo Cavagnis BIOARCHITETTURA..........................186 Piero Svegliado INTERNI .................................................188 Mario Cortella TURISMO TERMALE.........................190 Costanzo Jannotti Pecci Gianluca Bregolin Enzo Baretella Barbara Degani

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IN COPERTINA

Sedute da sinistra, Federica, Fabiana e Francesca Roncato; in piedi, Carlo Roncato e Marisa Bano

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Ciak Roncato

UNA NUOVA GENERAZIONE D’IMPRESA L’imprenditoria veneta accoglie la sfida dei giovani, chiamati a prendere in mano le redini delle aziende storiche. L’obiettivo? Modernizzarsi per conquistare il mercato internazionale. Il caso della più celebre valigeria italiana, che ha posto il suo futuro nelle mani della nuova generazione, Federica, Francesca e Fabiana Roncato Andrea Moscariello

stato un passaggio generazionale vincente quello attuato dalla Ciak Roncato. La società padovana, che ha saputo inserire il termine “valigeria” tra le eccellenze made in Italy più ammirate nel mondo, ha superato, alla prova dei fatti, il compito più arduo: evolversi e crescere pur mantenendo la tradizione e, soprattutto, un’impostazione a gestione famigliare. Un motivo di orgoglio per Marisa Bano, che al fianco del marito Carlo Roncato, figlio di quell’Antonio che fondò la valigeria nel 1956 a Campodarsego, ha saputo far crescere negli ultimi decenni il brand di famiglia esportandolo oltre confine. A guidare questo piccolo impero delle valigie sono oggi

È

le tre figlie, Fabiana, Federica e Francesca. «In molti episodi il modello a conduzione famigliare non si è rivelato efficace dinanzi alle difficoltà e ai parametri imposti dal mercato globale – spiega Francesca –. Nel nostro caso, invece, è stato un punto di forza. È chiaro che al nostro fianco, nell’organico, si sono inseriti anche altri esperti in management e gestione d’impresa. Ma la famiglia, la tradizione, la nostra visione del mercato, inclusa la sua missione sociale, siamo convinte rappresentino gli ingredienti imprescindibili alla crescita». Un appeal rivelatosi fortunato anche dinanzi alla crisi, fase in cui è stata l’impresa, ancora una volta, a salvare se stessa. La più grande lezione che un’economista può apprendere

dalle aziende venete è probabilmente la più semplice e radicata sul territorio: laddove non arrivano sostegni esterni, occorre rimboccarsi le maniche, fare sistema, proteggersi a vicenda. Un dettame che la Ciak Roncato ha reso ancora una volta proprio, contraddicendo tutti quegli analisti che accusano, non sempre a torto, una scarsa collaborazione tra le piccole e medie imprese trivenete. «Dopo il momento più critico, quello del 2009, abbiamo conosciuto una svolta importante, sia in termini di fatturato che di produttività» spiega Marisa Bano. Nell’ultimo biennio la società ha registrato un aumento di fatturato pari al 40%, fattore che ha reso più forti le spalle dell’impresa, capitalizzandola e aprendola ulte- PADOVA 2011 • DOSSIER • 17


COPERTINA IN COPERTINA

Una questione di stile: come cambia la valigia italiana riormente ai mercati internazio-

nali. Ma, soprattutto, le ha permesso di coprire e proteggere una lunga lista di piccole attività commerciali, terziste, distributrici - fortemente colpite dalla crisi. «In particolare i piccoli commercianti che lavorano con noi si sono ritrovati da soli nell’ultimo triennio, senza il sostegno delle banche e del mondo politico» ribadisce Marisa Bano «per questo abbiamo attuato una strategia che diluisce e rende più sostenibili i pagamenti. Seguiamo una politica del credito non aggressiva, ma che anzi protegge e si espone verso le imprese creditrici. Lo facciamo perché crediamo moltissimo nel potenziale delle imprese italiane, soprattutto quelle venete, un potente motore per il sistema Paese». La grande impresa diventa quindi una sorta di “banca” per le micro aziende con cui lavora. Un’immagine etica e controcorrente, che dimostra ancora una volta come siano gli imprenditori i veri “custodi” dell’economia italiana. Chiamati, questi ultimi, anche a preservare e promuovere nel mondo il valore del made in Italy, non senza difficoltà. «A differenza degli altri Paesi europei ci sentiamo meno tutelati in materia di proprietà industriale – sottolinea Fabiana Roncato –. Negli anni, grazie alla nostra inventiva siamo

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Studiando l'evoluzione di un prodotto come la valigia si può osservare come è cambiato il modo di viaggiare di noi italiani. Fabiana Roncato, che per l'azienda famigliare segue proprio i processi di sviluppo e creazione dei prodotti, spiega che «attualmente la valigia richiede dei requisiti molto più complessi rispetto a vent'anni fa». Anzitutto il peso. Oggi si viaggia più spesso, ma per periodi di tempo molto ridotti. Ecco perché il peso del prodotto è fondamentale. I parametri imposti dalle compagnie aeree incidono, e parecchio, sulle esigenze dei consumatori. La ricerca sui materiali, in questo, si rivela fondamentale. «Se il bagaglio supera i 3 chili e mezzo è già tanto. Il Policarbonato per eccellenza è uno dei materiali attualmente migliori nel mercato del settore. L'elasticità e la leggerezza del materiale permette di resistere a forti urti che possono capitare durante il trasporto». Ma scendiamo nel dettaglio delle nuove collezioni Ciak Roncato. La valigia in alluminio per eccellenza si evolve trasformandosi in 101 PC LIGHT: robusta ma leggera, compatta,

raffinata. Interno elegantemente foderato e organizzato. Trolley L e M sono dotati di 4 ruote pivotanti per una manovrabilità ottimale. La valigia deve essere pratica e, soprattutto, estremamente strutturata. «Chi viaggia non deve trasportare solo abbigliamento. In valigia ci dev'essere lo spazio per computer, cavi, tablet». Questa collezione é pensata per un target medio/alto, persone appassionate di viaggio sia per esigenze lavorative o personali. La collezione infatti é composta anche da un trolley pilota porta PC. L'azienda, poi, punta decisamente anche ad affermarsi sul mercato dei viaggiatori low cost, strizzando sempre di più l'occhio alle ultime tendenze estetiche. In particolare con il modello Rub4. «I colori della collezione sono alternativi, freschi e assolutamente non convenzionali nel mondo della valigeria. Questa collezione è pensata per un target giovane, saprá rispondere alle esigenze dei viggiatori piú avventurosi, i nostri prodotti sapranno essere validi compagni per rendere i viaggi ancora piú belli». www.ciakroncato.com


Ciak Roncato

Siamo riusciti a brevettare moltissimi modelli. Purtroppo siamo stati copiati più volte. In questo Paese basta cambiare un dettaglio minimale, quasi impercettibile, che i giudici non possono opporre resistenza

riusciti a brevettare moltissimi modelli e accessori per la nostra produzione. Purtroppo, però, siamo stati copiati più volte. Molti competitor commercializzano, anche in Italia, prodotti praticamente identici al nostro. In questo Paese basta cambiare un dettaglio minimale, quasi impercettibile, che i giudici non possono opporre resistenza. Lo trovo assurdo, anche perché i brevetti incidono non di poco sulle spese di un’impresa». Sul fronte della valorizzazione del prodotto emerge anche un paradosso, lamentato non solo dai Roncato, ma dai principali imprenditori italiani. «Nonostante le contraffazioni, la concorrenza sempre più agguerrita e la crisi, al di fuori dei nostri confini nazionali il valore del made in Italy è

ampiamente riconosciuto. Le qualità dei produttori italiani sono ritenute un vero e proprio valore aggiunto, anche in termini economici – sottolinea Federica –. Al contrario, invece, proprio in Italia si verifica una svalutazione culturale di questo nostro patrimonio di idee, manifatture, stili». Anche per questo i meccanismi di tutela del brand sono probabilmente l’affair più complicato per un’azienda come la Ciak Roncato. Specialmente in virtù del fatto che oggi, anche la valigia è divenuta uno status symbol. «La valigia è fashion, al pari di borse, cinture o abiti – ribatte Fabiana –. Gli acquirenti cercano colori, dettagli, particolari che possono distinguere la loro valigia dalle altre». Ed ecco che anche in questo comparto pro-

duttivo si impone un meccanismo di presentazione delle collezioni ogni quattro o sei mesi, così come avviene nel mondo delle borse. Nonostante i problemi di tutela sui mercati internazionali, Ciak Roncato non intende frenare le sue ambizioni estere. «Siamo perennemente alla ricerca di nuovi mercati e per ogni Paese occorre studiare una strategia mirata» evidenzia Francesca. Il primo step è la suddivisione dei target. Se nei mercati tradizionali, a cominciare da quello europeo, la fascia bassa, quella economica, resta la più profittevole, con i volumi produttivi più significativi, nei mercati a economia emergente si punta alla fascia alta. Fabiana spiega che «è ancora prematuro poter dire in quale fascia ci si andrà a inserire relativamente a mercati come Cina e India. In quelle aree stiamo tutt’ora valutando con i nostri distributori i possibili canali commerciali da sfruttare. A prescindere da questo, comunque, l’Oriente presenta dei grandi potenziali. Sono anni che puntiamo a quella piazza, e credo proprio che il 2012, finalmente, rappresenterà l’anno della nostra affermazione in Cina, la cui popolazione sta conoscendo un PADOVA 2011 • DOSSIER • 19


COPERTINA IN COPERTINA

La famiglia, la tradizione, la nostra visione del mercato, inclusa la sua missione sociale, sono ingredienti imprescindibili alla crescita

aumento considerevole del suo po- toghese e greco. tere di acquisto». Per l’India, invece, occorrerà attendere probabilmente ancora qualche anno. In questa logica di espansione puntare all’high brand è fondamentale per dare riconoscibilità alla produzione, pur non essendo Roncato un marchio di alta moda. «La maggioranza dei nostri acquirenti, pur ricercando il modello più economico, viene richiamato da un marchio equivalente di stile, di qualità. Per questo resta così significativo l’investimento rivolto alla produzione di alta gamma» spiega Francesca. Sempre restando sull’estero, gli ultimi fatturati rispecchiano in parte l’andamento delle economie europee. Non stupisce, quindi, se i cali più vistosi sono emersi sul mercato francese, così come è già accaduto per quello spagnolo, por-

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La ripresa, si spera, verrà trainata anche grazie alla comunicazione, ambito verso cui la società di Campodarsego ha sempre destinato importanti investimenti. Nella memoria collettiva rimangono gli storici spot televisivi degli anni Ottanta e Novanta. Recentemente però, le loro valigie si sono viste sempre di meno su tv e giornali. Come mai? «Abbiamo cambiato le nostre strategie di marketing – spiega Federica, responsabile dell’area commerciale per l’azienda di famiglia –. Non abbiamo negozi monomarca, per questo dobbiamo concentrarci sul committente, dobbiamo attirarlo verso i nostri prodotti all’interno di store in cui sono presenti molti altri marchi». L’azienda, non a caso, investe molto nella valorizzazione dei propri spazi all’interno

dei punti vendita. La strategia, molto semplice nella concezione ma complicata nell’attuazione pratica, sta nel distinguersi da tutti gli altri. L’estetica e il messaggio di un brand devono colpire, specie in un mercato così inflazionato. Non è escluso, comunque, un ritorno al mezzo televisivo. «Con la tv satellitare e soprattutto con l’avvento del digitale terrestre i canali si sono moltiplicati e tematizzati come non era mai accaduto in passato. Finalmente potremo scegliere quei network che si rivolgono in maniera specifica ai nostri target di riferimento. Per questo in futuro abbiamo già in previsione il nostro ritorno sui piccoli schermi, probabilmente già a partire dal 2012». Il nuovo anno è ricco di aspettative. Ma i Roncato non si chiudono nella loro isola felice e, anzi, chiedono a voce alta un cambiamento atto a favorire la ripresa del tessuto imprenditoriale veneto e in generale italiano. «Noi imprenditori chiediamo di essere maggiormente tutelati nel mondo» ribadisce Marisa Bano. «Spesso ci sentiamo dire di essere incapaci di fare sistema. In realtà la voglia e il potenziale ci sono. Il problema è che le politiche industriali italiane non ci permettono di fare rete e di esporci in maniera competitiva così come accade alle altre aziende europee. Se ancora oggi questo Paese funziona, a cominciare dal Veneto, è per la laboriosità delle sue Pmi, per l’impegno profuso dalle associazioni confindustriali, per la nostra cultura del lavoro».



STRATEGIE

Risposte forti, coraggiose e innovative Si è registrata una nuova frenata per l’industria veneta. «Ma questo – dichiara il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Veneto, Giulio Pedrollo – è il momento per gettare i semi e creare le condizioni per ritornare a crescere» Renata Gualtieri

ultima indagine congiunturale realizzata da Confindustria Veneto evidenzia una decelerazione della crescita per tutti gli indicatori economici. Scambi mondiali e ordini si sono fermati, le continue fibrillazioni dei mercati finanziari contribuiscono a indebolire consumi e investimenti. Le imprese stanno affrontando una fase molto difficile in cui convivono ripresa e stagnazione, sfiducia e ottimismo. L’export si conferma il principale motore su cui si sta muovendo il nostro sistema manifatturiero, a conferma dell’importanza di internazionalizzare le aziende. Per l’inizio del nuovo anno i segnali non sono incoraggianti ed è molto difficile fare previsioni. «Ma per un giovane – sottolinea Giulio Pedrollo, presidente degli imprenditori veneti under 40 di Confindustria – è di importanza vitale avere una visione pragmatica e positiva del medio e lungo periodo, questo è infatti il nostro ambito di azione». Come si può aiutare chi ha idee valide e i business plan in grado

L’

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di creare valore e lavoro in Veneto? «In questo momento a pagare il duro prezzo della crisi sono soprattutto le nuove generazioni, per le quali non c’è una visione, non c’è un progetto. Servono decisioni coraggiose, per questo non basta criticare, non si può stare ad aspettare, bisogna agire. Come? Creando sviluppo vero che, tradotto, significa far nascere nuove imprese, posti di lavoro, benessere e speranza per il futuro. Ma come giovani imprenditori veneti vogliamo tentare di fare qualcosa da subito. Abbiamo quindi lanciato un progetto ambizioso: giovani che connettono giovani mettendo a disposizione competenze, esperienze, contatti per dare nuovo impulso e vita al nostro territorio. Concretamente, l’obiettivo è creare una rete di istituzioni, imprese e investitori in grado di supportare i ragazzi che vogliano diventare imprenditori facendo percepire loro il valore dell’innovazione come indispensabile strumento competitivo. Si partirà da scuole e università per raccogliere i tanti talenti dei nostri stu-

denti, da trasformare in imprese. Ci crediamo davvero: siamo convinti che nel giro di qualche anno, grazie al circuito virtuoso tra scuola, cultura d’impresa, internazionalizzazione e innovazione, potranno nascere nuove start up». Ha in più occasioni proposto l’avvio di un fondo di garanzia che possa finanziare le start up. Il vero nodo resta quindi il reperimento dei capitali. Come è possibile superare questo ostacolo? «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un fiorire di concorsi per premiare idee innovative. Il problema è che il premio consisteva in qualche migliaio di euro. Questo ovviamente non basta. Dobbiamo aiutare i giovani dando loro una chance concreta di fare impresa e di internazionalizzare e per fare questo bisogna metterli in contatto con fondi di venture capital, banche e “business angels”. Questo diventa tanto più vero oggi con un sistema come il nostro che, faticando a trovare credibilità a livello internazionale, scoraggia gli investitori stranieri. Una misura lungimirante da parte del nuovo go-


Giulio Pedrollo

Giulio Pedrollo, presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Veneto

verno sarebbe la creazione di un fondo di garanzia pubblico per stimolare la banche a finanziare le start up. Altro intervento auspicabile è l’aiuto fiscale ai venture capital per spingerli a finanziare più progetti possibili. Infine è necessario creare spazi aggregativi nei quali i giovani innovatori possano incubare la propria idea». I giovani imprenditori suggeri-

scono che per uscire dalla crisi potrebbe funzionare il modello della Silicon valley. È un metodo adottabile anche in Veneto? E quale opportunità può offrire? «Indubbiamente le start up necessitano di un ambiente veloce e dinamico, per definizione si nutrono di innovazione per questo il modello della Silicon valley è sicuramente da perseguire. La materia

prima di questo modello sono i cervelli che a noi non mancano di certo: molti dei ricercatori che operano negli Usa sono italiani. Qualche timido segnale si incomincia già a vedersi anche in Veneto, HFarm ne è un esempio concreto. Il gruppo giovani di Confindustria sta cercando di coinvolgere gli industriali veneti che abbiano la voglia e il coraggio di scommettere sui progetti più validi e la pazienza di aspettare qualche anno per vedere il ritorno dei loro investimenti. Adottare start up da parte di singole aziende o di intere filiere, moltiplicare gli incontri di business speed dating, creare venture community territoriali sono tutte azioni che si ispirano al modello della Silicon valley». Ritiene sia necessario un ricambio generazionale alla guida del territorio e quanto potrebbero essere interessanti forme di collaborazione con i giovani delle altre associazioni territoriali? «Il nostro purtroppo non è un Paese per giovani. C’è l’assoluta necessità di liberare l’immensa energia oggi ancora inespressa di cui i giovani sono portatori. Per farlo serve la creazione di un asse forte tra tutti i giovani di buona volontà, indipendentemente dall’associazione di appartenenza. Purtroppo il nostro è ancora il Paese dello specchietto retrovisore nel quale, in nome dei diritti acquisiti nulla può essere cambiato. E a farne le spese sono sempre le generazioni future. Abbiamo bisogno di un cambiamento a tutti i livelli, anche all’interno del mondo associativo. La candidatura veneta di Andrea Riello alla guida di Confindustria, va proprio in questa direzione». PADOVA 2011 • DOSSIER • 23


IL PUNTO

Federalismo e lotta agli sprechi, consenso bipartisan sullo statuto Il presidente della Regione Luca Zaia plaude all’approvazione di «una carta fondamentale che regolamenta la vita di tutte le istituzioni presenti sul territorio». E aggiunge: «Ci siamo assunti l’impegno a ridurre i costi della politica, a partire da consiglieri e assessori» Riccardo Casini

«D

opo quarant’anni, finalmente il Veneto ha una carta fondamentale che regolamenta la vita di tutte le istituzioni presenti sul territorio e definisce diritti e doveri di cittadini e amministratori». Così il presidente Luca Zaia accoglie il nuovo Statuto del Veneto, approvato all’unanimità dal consiglio regionale lo scorso 18 ottobre. «Con questa dicitura – precisa Zaia – si sancisce peraltro il principio secondo il

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quale il Veneto preesiste rispetto alla figura istituzionale “Regione”, che si mette quindi al servizio di ciò che la precede e ne sostanzia l’esistenza. È stato inoltre rispettato quel “prima il Veneto” che non è uno slogan o un atteggiamento di chiusura: nella Carta è contenuto il riconoscimento chiaro che bisogna operare a favore di tutti coloro che vivono e lavorano in questa terra, che in essa hanno investito e che con essa hanno deciso di instaurare un rapporto speciale e unico».

Quali sono gli altri punti fondanti dello statuto? In che modo è stato possibile raggiungere il consenso da parte di tutte le forze politiche? «Sicuramente uno è il principio in base al quale Regione e contribuente sono sullo stesso piano: il contribuente ha diritto di essere percepito dall’istituzione come il proprio punto di riferimento, titolato di buona fede fino a prova contraria. E ancora, il senso di responsabilità nell’amministrazione della cosa pubblica: la Regione non può sprecare denaro pubblico e s'impegna al pareggio di bilancio. Inoltre, in un momento delicato e difficile come questo, nello statuto ci siamo assunti anche l’impegno a ridurre i costi della politica, a partire da un taglio complessivo di consiglieri e assessori. Ma sarà solo la prima di una serie di misure antisprechi che abbiamo voluto tutti assieme: c’è stata la volontà consensuale di arrivare a una soluzione, ed è questa ferma volontà che ci ha consentito questo risultato che va oltre gli interessi di parte». In che modo il nuovo statuto


Luca Zaia

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto

Su Porto Marghera è vitale che le rassicurazioni ottenute dal governo Berlusconi vengano riconfermate

consentirà al Veneto di proseguire nel proprio cammino verso federalismo e autoregolamentazione? «Nell’articolo 3 della prima parte è scritta nero su bianco la vocazione profondamente federalista della Regione, una vocazione che nasce dai Comuni e dalle Province e che lascia spazio alla libera iniziativa delle persone, singole o associate. Nel capo II del titolo primo della Carta, poi, si entra nel dettaglio della questione, con una descrizione analitica dell’organizzazione federalista del Veneto, inteso come territorio che si dà istituzioni che partono dal basso e che si autoregolamentano, nella più bella accezione einaudiana. Ma uno degli aspetti più interessanti è che la Regione si autolimita nell’esercizio del proprio potere, allontanandosi così decisamente dal centralismo

regionalista. Nello statuto si legge tra l’altro che la Regione assicurerà le risorse strumentali e il personale necessario alle autonomie locali per esercitare le funzioni loro attribuite: è il federalismo “made in Veneto”, con il quale si punta a valorizzare l’efficienza». Sul futuro della raffineria Eni di Porto Marghera aveva invece chiesto e ottenuto dal governo un incontro, dedicato in primis ai problemi occupazionali. Come intendete procedere ora? «L’incontro, svoltosi il 25 ottobre scorso al tavolo del governo tra istituzioni, sindacati ed Eni, ha dato buoni risultati: il governo Berlusconi si è fatto garante di punti essenziali che riguardano Porto Marghera, la sua vocazione industriale e i posti di lavoro, e in quell’occasione si è dimostrata la ferma vo-

lontà di procedere a una cassa integrazione a stipendio pieno, di riaprire al termine di questo periodo gli impianti e di garantire anche dopo il 2014 investimenti strategici dell’Eni a Porto Marghera. L’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, peraltro, si è espresso in modo assolutamente positivo in favore di Porto Marghera, e questo è sicuramente di buon augurio. Certo, ora lo scenario politico è cambiato. Bisogna dunque fare in modo che quelle rassicurazioni ottenute dal precedente governo vengano riconfermate: è assolutamente vitale per il territorio, ma è importante per tutto il Paese, di cui Marghera costituisce un polo strategico». Al buono stato dell’economia regionale sta contribuendo indubbiamente il turismo, che continua PADOVA 2011 • DOSSIER • 29


IL PUNTO

Vogliamo continuare a qualificare l’offerta perché si va sempre di più verso un turismo di qualità

a registrare ottime performance: l’avvio dell’iter che porterà alla ganizzazione della medicina terriquesto soprattutto grazie agli stranieri, mentre i pernottamenti dei turisti italiani risultano in lieve calo. Come spiega questa divergenza nei dati? «Il motivo è sicuramente da ricondurre all’attuale situazione di crisi, per cui gli italiani hanno limitato la durata delle ferie. E c’è anche da tenere conto del fatto che gli italiani hanno una spiccata tendenza al risparmio. Ma la nostra è un’offerta completa, al cui interno le città d’arte vedono crescere le presenze di oltre l’11%, mentre si confermano i risultati positivi delle spiagge e del lago. L’intenzione è di continuare a qualificare l’offerta, perché il trend è per un turismo sempre più di qualità. E stiamo promuovendo anche pacchetti che si riferiscono a un turismo meno noto, e per questo considerato genericamente minore, anche se di altissima valenza paesaggistica, culturale ed enogastronomica, come quello della pedemontana veneta. A questo si aggiungono proposte più specializzate e particolari, come l’ippoturismo o il turismo in bicicletta, e quello sportivo, ad esempio legato al golf». Recentemente ha annunciato 30 • DOSSIER • PADOVA 2011

realizzazione del nuovo ospedale di Padova. In che direzione va questa decisione? «L’iter per la realizzazione del nuovo ospedale di Padova è partito con l’attivazione del tavolo tecnico con tutte le istituzioni coinvolte. Quanto prima ne scaturirà un accordo di programma che conterrà le indicazioni necessarie: l’area dove sorgerà, i costi, il crono-programma dell’opera e le modalità di finanziamento. Sarà un Policlinico universitario moderno e proiettato in Europa, dotato di 970 posti letto, con tutte le possibili eccellenze tecnologiche e professionali, un costo preventivabile di circa 650 milioni di euro e con tempi di realizzazione che mi auguro si attestino a 5, massimo 6 anni. Sarà anche una risposta competitiva all’apertura delle frontiere sanitarie europee che, tra il 2013 e il 2014, consentirà a ogni cittadino comunitario di andarsi a curare dove meglio crede». Come procede in questo senso l’attuazione del Piano sociosanitario regionale, tra razionalizzazione della rete ospedaliera e rior-

toriale? «Il documento è ora all’attenzione della Quinta commissione del consiglio per la definitiva approvazione, che mi auguro possa arrivare entro l’anno o poco più. È un piano fortemente innovativo, che ci consentirà di mantenere quella leadership sanitaria nazionale che da più parti ci viene riconosciuta. Razionalizzeremo la rete ospedaliera creando vari punti di eccellenza, ovvero le due Aziende ospedaliere universitarie di Padova e Verona e i sette ospedali capoluogo di provincia, supportati da una rete di ospedali di secondo livello, tarati su una popolazione servita di circa 200mila abitanti. A questo affianchiamo un grande sforzo di potenziamento della medicina territoriale, rafforzando il rapporto ospedale-territorio, valorizzando la figura del medico di medicina generale e creando le condizioni perché il cittadino trovi vicino a casa l’assistenza di cui necessita ma che non compete all’ospedale per acuti: penso ad esempio ai gruppi di medicina integrata, che garantiranno al cittadino la costante disponibilità di un medico di base».



UNITÀ D’ITALIA

Il senso del bene comune In emergenza si inventa, si tenta facendo fronte alle insidie della storia con un misto di ingenuità e malizia. Questo ha fatto Giorgio Napolitano dando l’incarico a Mario Monti. Il presidente della Repubblica sta giocando tutta la sua credibilità di capo dello Stato ma anche di “buon padre” che vuole il bene della famiglia anche quando questa ha opinioni contrastanti Renato Farina, deputato della Repubblica

a sorpresa più grande è stato nei giorni scorsi trovare questo elogio sul Giornale, in prima pagina. “Ormai Padre della Patria, oltre che presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano parla con l’autorevolezza e la saggezza di un buon padre, appunto”. Giordano Bruno Guerri è uno storico di destra, una penna abrasiva, detesta i monumenti e la loro fissità retorica. Il buon padre è il contrario delle statue. Si muove, accorre quando vede che il figlio sta male, detta la calma quando il panico prende i più fragili, mostra il petto se c’è un prepotente che minaccia la fa-

L

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miglia. In questo caso c’è di mezzo la Patria, e i figli di questa Italia, i “fratelli d’Italia” che mai da che è finita la seconda guerra mondiale si sono trovati in un clima tanto torbido. Nessuno capisce più nulla su chi siano davvero gli amici e i nemici. L’Europa vissuta come speranza fino a pochi anni fa ce la ritroviamo come guidata da leader ostili che vogliono imporci le loro purghe. Gli Stati Uniti d’America, lungi dal pensare a un piano Marshall per sostenere i Paesi Mediterranei sotto attacco, sono anzi la stazione di partenza del Nemico Finanziario e delle agenzie di rating loro alleate nella speculazione più ba-

lorda del mondo, perché affonda il mondo intero e probabilmente anche i pirati che lo bombardano. In Italia poi... Si è individuato un uomo come unico problema, su cui tutti concordemente hanno tirato frecce velenose e sassi appuntiti. C’è bisogno di farne il nome? Lo sappiamo tutti, la sua sigla è S. B. Ed ecco il complimento di Guerri sulla prima pagina del Giornale, mai tenero (giustamente, mi sia permesso) con i comunisti, compresi gli ex e i post, che non abbiano rinnegato la loro sorgente di ideali e di nequizie storiche. Invece Napolitano ha fatto eccezione. La spiegazione è proprio quella appena fornita: Napolitano non si è posto da “capo” ma da padre. La differenza è che i capi, come dice la parola stessa, e la psicoanalisi spiega, hanno questo nome perché rispetto al corpo che ciascuno di noi è, occupano la nostra testa. Ci chiedono di non pensare, si sostituiscono alla nostra ragione, e chiedono obbedienza cieca. Il padre invece... c’è bisogno di spendere parole? Vuole il bene di tutta la famiglia, anche quando non la pensa come i figli e i nipoti, valorizza i pensieri e il carattere di ciascuno. Soprattutto impedisce che la casa finisca in mano a chi la vuole rapinare dei suoi beni più preziosi, che sono l’unità e gli affetti, oltre - beninteso - agli ori e agli


Giorgio Napolitano

argenti di famiglia. Napolitano sta conducendo questo lavoro che non è un lavoro ma è uno “stato”, come quello del prete o del missionario. Un giorno Berlusconi, ed era il 1994, fu preso in giro perché disse che la sua elezione a presidente del Consiglio gli aveva conferito più capacità. Parlò di “grazia di stato”, che è quella particolare rugiada di benedizioni che secondo la tradizione cristiana investe un’autorità legittima. Così è accaduto per Napolitano. Però questa grazia occorre saperla ricevere, accordare il proprio spirito con essa, impedire alla naturale partigianeria che contraddistingue qualsiasi animale politico di averla vinta sulla magnanimità. Napolitano ha dei difetti? Di certo. Non è il momento oggi di esercitarsi nella danza del turibolo che è una specialità in cui i giornalisti italiani

sono campioni olimpionici. Si pensi al trattamento riservato prima a Berlusconi e oggi a Mario Monti. Il quale si merita complimenti e auguri, ma anche in queste pratiche sarebbe bene non scivolare nell’eccesso. Così noi qui ricordiamo l’origine di Napolitano, che di certo è stato un comunista, e che a causa di questa appartenenza ha commesso gravi errori, la cui cicatrice non si cancella facendo finta di nulla. Io credo però che la grandezza degli uomini si misuri anche nel far tesoro delle colpe, rimediandovi ma anche senza continuamente rimuginarvi sopra. Il maggior guaio di Napolitano, a parte la filiazione ideologica (peraltro questa discendenza gli permise di frequentare personalità di grande spessore, come Giorgio Amendola), è da sempre considerata il carattere. Troppo remissivo, esageratamente

propenso al comodo rifugio dietro le quinte. Quando fu nominato senatore a vita - accanto a coloro, come l’eurodeputato allora di Forza Italia Mario Mauro, i quali lodarono il suo lavoro eccellente per l’unità europea nel solco della grande tradizione di De Gasperi, Adenauer e Altiero Spinelli ci fu chi maliziosamente ricordò la sua tendenza a sparire, a non esporsi. Ad esempio. Un vecchio amico, anzi compagno comunista di Giorgio Napolitano, poi convertitosi al cattolicesimo e diventato nemico feroce della congrega togliattiana, scrisse di lui: “È una natura morta. Incapace di suscitare stupore”. A vergare quelle parole spietate era stato Massimo Caprara, che lo conobbe quando entrambi erano ragazzi, giovani promesse della cultura partenopea, quindi ingaggiati da Palmiro Togliatti. Ebbene alla morte di Caprara (del PADOVA 2011 • DOSSIER • 33


UNITÀ D’ITALIA

quale io ebbi la fortuna di essere am- questi ultimi mesi (altri ce ne saranno, mettere fine a un bipolarismo rustimesso tra i suoi amici e confidenti) Napolitano ebbe parole di così forte trasporto, senza alcun retrogusto di amarezza o risentimento, che di colpo smentì la natura morta e l’incapacità di stupire, per meravigliare chi voleva bene a Massimo Caprara. Gli uomini sono una sorpresa vivente, ed è fantastico che tutto questo sia capitato a noi italiani, nella persona del nostro Presidente: non regna la noia ai vertici dello Stato. In questo anno del 150° l’Italia è capitata proprio nel suo periodo di maggiore incertezza persino sull’idea di unità. Napolitano senza scomunicare nessuno ha posto l’accento sui valori che ci tengono insieme. Ma non sulla carta, bensì nel vissuto. Qui vorrei cogliere due momenti forti. Dove il primo momento chiama il secondo. Intendo parlare della visita del Capo dello Stato al Meeting di Rimini. E della sua gestione della crisi di

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temo, ancora più gravi), che Berlusconi stesso ha definito “impeccabile”. Il 21 agosto Giorgio Napolitano è stato appunto al Meeting di Rimini. Lui che è ufficialmente ateo è intervenuto a questa grande kermesse organizzata dai cattolici di Comunione e Liberazione. Perché? A che cosa si deve questa scelta? Non è che sui giornali fino a quel momento sostenitori di Napolitano, in particolare La Repubblica, Cl godesse di buona stampa. Anzi. Napolitano ha colto un invito da parte della presidente del raduno, e cioè la professoressa Emilia Guarnieri, che glielo rivolse accompagnata al Quirinale da due politici di opposti schieramenti: Maurizio Lupi (Pdl) ed Enrico Letta (Pd). Sono i leader dell’intergruppo per la sussidiarietà. Raduna trasversalmente alla Camera e al Senato parlamentari di tutti i partiti. Costoro (peraltro anche chi scrive è uno di loro) ritengono che si debba

cano, dove ci si scanna su cose per le quali potremmo trovare un accordo per il bene di tutti, e passare invece a un bipolarismo rispettoso e simpatetico, mite, gentile, severo ma buono. Insomma, trovate voi l’aggettivo. L’idea è quella di non tagliare il ramo su cui tutti siamo seduti per fare dispetto al nostro prossimo. Consapevoli che come italiani abbiamo in comune quella cosa fortissima e invisibile che si chiama “ethos della nazione”, e ne parlava papa Wojtyla. Per questo Napolitano è venuto al Meeting e ha visitato la mostra sui centocinquant’anni dell’Unità lì realizzata. Sempre nei momenti difficili gli italiani, nella differenza di posizioni politiche, hanno saputo trovare le risorse formidabili della rinascita insieme. Sempre! Dal 1861 fino a un attimo fa. Perché non adesso? Interessante poi che Napolitano nel suo discorso abbia calcato su un punto: le


Giorgio Napolitano

certezze! Sappiamo chi siamo, sappiamo che cosa è il bene e che cosa è il male! Così ha concluso il suo discorso il 21 agosto. E se si legge bene è esattamente il percorso su cui farà transitare la crisi per uscirne. Ecco le parole di Napolitano: “Qui in Italia, va perciò valorizzato ogni sforzo di disgelo e di dialogo, come quello espressosi nella nascita e nelle iniziative, cari amici Lupi e Letta, dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Ma bisogna andare molto oltre, e rapidamente. Spetta anche a voi, giovani, operare, premere in questo senso: e predisporvi a fare la vostra parte impegnandovi nell’attività politica. C’è bisogno di nuove leve e di nuovi apporti. Non fatevi condizionare da quel che si è sedimentato in meno di due decenni: chiusure, arroccamenti, faziosità, obbiettivi di potere, e anche personalismi dilaganti in seno a ogni parte. Portate nell’impegno politico le vostre motivazioni spirituali, morali, sociali, il vostro senso del bene comune, il vostro attaccamento ai principi e valori della Costituzione e alle istituzioni repubblicane: apritevi così all’incontro con interlocutori rappresentativi di altre, diverse radici culturali. Portate, nel tempo dell’incertezza, il vostro anelito di certezza”.

Disgelo e dialogo... rapidamente... il senso del bene comune... Si rileggano queste frasi. E le si accosti alle vicende di questi ultimi mesi. Rivediamone il film. Sul piano internazionale le agenzie di rating spianano la strada alla speculazione. Sul piano politico all’estero si dedicano risate scurrili al nostro Paese e internamente si chiedono le dimissioni di Berlusconi, appoggiandosi anche ad azioni della magistratura. La maggioranza si sfarina, senza tuttavia subire la sfiducia. È a questo punto che Berlusconi si dimette. Che fare? La consapevolezza di Napolitano è che le elezioni immediate, in un quadro di scontro così acceso, esporrebbero l’Italia a una aggressione senza precedenti. Insomma: ci combatteremmo tra noi invece di girare i cannoni verso l’invasore. Nello stesso tempo Napolitano non è disposto a dare l’ok a un governo che abbia il sostegno di maggioranze raccogliticce. Vuole il consenso sulla sua analisi: occorre una personalità super partes che raduni intorno a sé i partiti più grandi. La legittimità democratica così ottenuta permetterebbe di rimediare alla anomalia che indubbiamente si verificherebbe. Nulla a che fare con il governo di Dini del 1995, nato con l’astensione del partito vincitore

delle elezioni e cioè Forza Italia. Certo è dura vedere all’estero, come capo del governo, un professore che nessuno tra il popolo ha votato... Ma in emergenza si inventa, si tenta. Si cerca di essere buoni padri, facendo fronte alle malizie della storia con una mescolanza di ingenuità e di furbizia. In questo senso il governo Monti è il governo del Presidente. Non nel senso che Napolitano si sostituisce al Parlamento, ma perché si gioca tutto se stesso, la sua credibilità non solo di Capo dello Stato ma di quel che Giordano Bruno Guerri ha definito “buon padre”. Senza paternalismo, chiamando alla responsabilità. Cucendo e sollecitando. Del resto in questo momento di crisi finanziaria dobbiamo fare i conti anche con un crollo della stima verso i politici, che peraltro mai era stata molto alta, e però così sprofondata sotto terra mai. Il tutto è stato frutto - diciamocelo - di una campagna di stampa che ha avuto la sua punta di lancia nella casa editrice di proprietà dei banchieri... Le banche e la finanza ci hanno spiantato, e la banca e la finanza investono denari in una linea editoriale e in libri dove la politica è definita odiosamente la “Casta”, capro espiatorio che salva dal linciaggio le caste padrone delle borse e delle anime. Be’, la mossa di Napolitano è anche un modo per restituire forza e credibilità alla politica e persino ai partiti, chiamati a sacrificare le poltrone per il bene comune. Speriamo che la tempesta si cheti, e torni un po’ non diciamo di mare piatto, ma almeno di onde vivaci e frizzanti, ma senza tsunami continui. Intanto però possiamo stare saldi nelle bufere, abbiamo un buon capitano, anzi no, un buon padre della nazione. PADOVA 2011 • DOSSIER • 35


UNITÀ D’ITALIA

Cultura simbolo dell’unità Per Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica, il nostro patrimonio artistico e culturale può rafforzare il sentimento nazionale degli italiani: «Ora siamo maggiormente partecipi della riscoperta del passato» Riccardo Casini

insieme dei beni culturali e artistici del Paese può costituire un fattore di identificazione e cementificazione del senso di appartenenza degli italiani: ne è convinto Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico. In qualità anche di membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, Godart ha seguito da vicino le celebrazioni e, in particolare, i lavori di restauro e valorizzazione dei beni culturali sparsi su tutto lo Stivale. «Credo che gli italiani – spiega oggi – si siano sentiti coinvolti in tutto quel che è stato fatto. Si è trattato di un anno ricco di eventi che hanno cementato il convincimento di essere tutti partecipi di una stessa avventura culturale, politica e istituzionale». In che modo il patrimonio artistico del Paese contribuisce a questo convincimento? «Il nostro patrimonio è fondamentale, lo ha ribadito anche il presidente Napolitano. Di certo, dal punto di vista dell’identità nazionale, è fondamentale capire che c’è un Paese che affonda le radici nel passato del Mediterraneo e che ha trasmesso il messaggio civilizzatore di Atene e Roma: il Paese, insomma,

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dove è nata la cultura occidentale. Il fatto che gli italiani lo abbiano capito, grazie alle varie mostre in programma, li rende maggiormente partecipi della riscoperta del passato. Lo stesso vale per il Risorgimento: le celebrazioni in programma hanno fatto capire che si è trattato di un’epopea voluta da tutta l’Italia, che si riscopriva nazione attraverso quel periodo di lotte. E il successo degli eventi legati a quel momento storico non fa che confermare l’entusiasmo degli italiani in proposito. Ma voglio aggiungere un altro aspetto, da archeologo e da linguista». Prego. «Molti convegni hanno insistito sull’importanza della lingua italiana come fattore di coesione del Paese. E se risaliamo nel tempo, vediamo che questa è frutto di un libro di poesia, ovvero la “Commedia” dantesca; niente a che vedere con altri paesi come la Francia, dove la lingua è stata imposta dal potere centrale, o il mondo arabo, dove è stata la forza della spada a portare a un idioma condiviso. Anche questo fa capire la mentalità italiana e il ruolo della cultura nel nostro Paese».

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno portato anche all’avvio o al completamento di importanti opere di restauro in tutto il Paese. «Si tratta di uno sforzo importante, che pone l’accento sulla necessità della valorizzazione del nostro patrimonio, ma che non va limitato a questo anno di eventi, anzi, dovrebbe fornire lo spunto per un percorso che prosegua nell’immediato futuro. Per quanto riguarda i lavori, la Commissione dei garanti ha valutato quali avviare in base al legame con il periodo rinascimentale e alla possibilità di spalmare gli eventi sul-


Louis Godart

In apertura, Louis Godart, consigliere del presidente della Repubblica italiana per la conservazione del patrimonio artistico; a sinistra, la cerimonia di inaugurazione della restaurata Galleria di Alessandro VII al Quirinale

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Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile, e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato

l’intero territorio nazionale. L’egida della Presidenza della Repubblica è stata fondamentale. Siamo riusciti a coinvolgere tutta la popolazione in questa operazione, così che potesse prendere coscienza della fondamentale importanza di queste opere». Non si può dimenticare però che nell’ultimo anno abbiamo assistito anche ai ripetuti crolli nel sito di Pompei. Come dare seguito a questa operazione di valorizzazione? «Credo che il percorso sia già avviato, va solamente incoraggiato. Abbiamo un patrimonio straordinario ma fragile e per preservarlo è necessario spingere sulla collaborazione tra pubblico e privato. Così come è necessario che ogni cittadino si senta coinvolto da questo processo di recupero, in base alla funzione che oc-

cupa e alle proprie possibilità. La strada è già tracciata, si pensi all’impegno di Diego Della Valle per il Colosseo o al ruolo della Fondazione Bracco nel progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII nel Palazzo del Quirinale, che ha riportato alla luce le pitture di Pietro da Cortona e dei suoi discepoli». Crede che l’imprenditoria italiana sia pronta a seguire questi esempi? «Dirò di più: imprenditori e fondazioni si sentono maggiormente coinvolti quando viene richiesto loro un impegno per un progetto corposo, che ha a che fare con la nostra storia, anziché un contributo anche minimo per un convegno che poi viene dimenticato in fretta». È soprattutto questa volontà a

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costituire l’eredità principale lasciata dalle celebrazioni del 150enario? «Credo solo che l’anno che sta volgendo al termine sia stato fortemente segnato dalla questione dell’Unità del Paese. E questo deve costituire anche un impegno per il futuro, come scrive il presidente della Repubblica nel nuovo saggio “Una e indivisibile” dedicato proprio a questo anniversario: “abbiamo insistito tanto, e con pieno fondamento, su quel che l’Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato, e sulle grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo, perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto”». PADOVA 2011 • DOSSIER • 37


UNITÀ D’ITALIA

La mancata pacificazione Il rammarico dello scrittore Pietrangelo Buttafuoco: «All’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al fascismo, ma alla monarchia nel suo complesso» Riccardo Casini

osa lasciano queste celebrazioni? C’è un’eredità, non solo culturale, che il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia consegna alle generazioni future? Secondo Pietrangelo Buttafuoco, scrittore ma anche membro del Comitato dei garanti, in questi mesi «il sentimento di identità nazionale ha raggiunto livelli elevatissimi», anche se l’Italia resta un paese dove la «dimestichezza con la memoria storica» resta «scarsa». Ma il primo pensiero va all’attualità. «Penso – dice – che la conclusione dei festeggiamenti abbia coinciso con una situazione del tutto particolare: sulla scena politica si è assistito a un vero e proprio rovesciamento di regime, un cambio che ha chiari referenti sovranazionali, a loro volta espressione di una volontà che non coincide con quella popolare. Sicuramente è un momento su cui gli storici futuri avranno di che riflettere, con la politica esautorata dal proprio ruolo e un passaggio delicato, oserei dire chirurgico, che ha portato all’insediamento di un governo che non ha il crisma popolare». Torniamo però alle celebrazioni. Crede che questi mesi abbiano contribuito a rafforzare un sentimento di identità nazionale negli

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Pietrangelo Buttafuoco, membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia

italiani? «Credo che il sentimento abbia raggiunto livelli elevatissimi, un dato onestamente insperato: qualche anno fa era difficile immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione anche solo al cospetto del Tricolore, mentre oggi ci troviamo a declamare un risultato eccezionale, con gli italiani che si sono ritrovati, appunto, italiani». Di chi sono i meriti per questo risultato? «Gran parte del merito va attribuito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, che ci ha creduto più di tutti e ha saputo infondere questo sentimento anche a dispetto della

pigrizia dei politici. Dopo Craxi, è stato lui a saper meglio veicolare i miti italiani, da Garibaldi in poi». Ha invece qualche rimpianto? Alcuni aspetti potevano essere meglio sviluppati o trattati? «In generale è venuto a mancare un senso di pacificazione, visto che all’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare. E non mi riferisco solo al Ventennio fascista, ma anche alla monarchia nel suo complesso: nelle celebrazioni mancavano infatti le bandiere sabaude, nonostante la storia dei 150 anni sia iniziata proprio con un re. Altrove, invece, non ci si vergogna in


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Pietrangelo Buttafuoco

Ora anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi

questo senso: penso all’Inghilterra o, in particolare alla Russia, dove nonostante la Rivoluzione e gli eventi tragici che ne sono conseguiti, oggi c’è un orgoglio per la propria storia a prescindere da odi e divisioni. E nelle celebrazioni, senza che nessuno sia turbato per questo, convivono pacificamente le bandiere degli zar, dell’Unione sovietica e della nuova Russia, con quest’ultima che tra l’altro coincide proprio con la prima». In Italia sarebbe così impensabile? «La memoria non può essere abbellita, ognuno ha la propria storia e lì ci si incontra. Purtroppo in Italia c’è ancora un cascame che è l’odio della guerra civile, dal quale non siamo ancora riusciti a venir fuori. Dobbiamo pensare invece che la parola “Italia” è più antica persino dei 150 anni, e comprende anche personaggi come Virgilio o Dante; anzi, per celebrarla degnamente sarebbe sufficiente un picchetto d’onore davanti alla loro tomba. C’è infatti un le-

game remoto che ha portato a questa parola; una parola che non è un’idea miserrima da rinchiudere in un’operazione che accontenti una certa oligarchia». Dicevamo però che le celebrazioni hanno contribuito a rafforzare l’identità nazionale. «Sì, ma celebrazioni escluse, il sentimento è ancora in nuce, non è esploso come altrove. Altri popoli hanno un senso di identità che si manifesta anche in forma di cerimonie: è impensabile ad esempio che gli inglesi dimentichino l’eco di battaglie epiche che hanno forgiato la loro storia. Noi, invece, abbiamo una scarsa dimestichezza con la memoria storica: per dirne una, è vergognoso che il 21 aprile, data della fondazione di Roma, non venga celebrato». Cosa resterà ora di questi festeggiamenti? «In occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, venne rappresentato uno spettacolo musicale,

“Rinaldo in campo”, con interpreti come Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e che raccontava la storia di un brigante che si unisce alle Camicie rosse di Garibaldi. Uno spettacolo che, anche attraverso canzoni come “Tre somari e tre briganti”, ha rappresentato un filo tenue che è arrivato fino a noi. Quest’anno non si è avuto un fenomeno analogo, in favore invece di uno sforzo ulteriore in termini di contenuti e ricerca storiografica. Cosa resterà allora? Indubbiamente il grande impegno, premiato, di Carlo Azeglio Ciampi, grazie al quale una tra le parole più desuete e aborrite, ovvero “patria”, è stata rimessa in circolazione nel linguaggio. Una parola che oggi torna a rappresentare un elemento di unione, dopo che per troppo tempo parte degli italiani non vi si è riconosciuta. Ora invece anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi». PADOVA 2011 • DOSSIER • 39


UNITÀ D’ITALIA

Una nazione culturale Secondo Marcello Veneziani «questo carattere può essere un punto di partenza per ritrovare la sobria fierezza di sentirsi italiani. Le celebrazioni? Partecipate e condivise» Riccardo Casini

obrie, partecipate, condivise»: così Marcello Veneziani, giornalista e membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, definisce le celebrazioni concluse lo scorso 4 novembre con la Festa delle forze armate. Celebrazioni che hanno interessato l’intero Paese, coinvolgendo la popolazione, tornata così a riscoprire la propria «italianità»: un elemento, quest’ultimo, che per Veneziani costituisce l’unica «eredità positiva» di questo 2011. «Complessivamente – spiega – credo che il bilancio non sia negativo. Si potevano temere il gelo e l'indifferenza, polemiche e proteste, retorica stucchevole e strumentalizzazioni; invece tutto sommato dal 17 marzo in poi le celebrazioni mi sono apparse sobrie, partecipate, condivise». Pochi giorni dopo l’inizio dei festeggiamenti aveva denunciato la rimozione del fascismo “dalla memoria dei 150 anni” e “dal nostro immaginario collettivo”. Crede che anche il ricordo del Ventennio andasse inserito? In che modo? «Se in quell’intervento sostenevo da una parte l'assenza del ventennio fascista nel ricordo dei nostri 150 anni d'Italia, dall'altra dicevo che è meglio il silenzio come disarmo bi-

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laterale piuttosto che la solita, imbolsita retorica della demonizzazione e la celebrazione acritica della Resistenza». Lei ha scritto anche che “l’Italia sorge come nazione culturale”. In che modo questo elemento ha contribuito a cementare l’unità del Il giornalista e scrittore Marcello Veneziani Paese? È in grado di farlo ancora oggi? «Se c’è un tratto nobile della nostra mentale, rendono ancora più necesconvinzione di essere diversi, spe- sario ripartire dalla comune apparciali e unici, lo dobbiamo proprio tenenza a un paese chiamato Italia». al carattere di nazione culturale, Nell’anno dei festeggiamenti con il record mondiale dei beni ar- sono state avviate o portate a tertistici e culturali, con la nascita del- mine anche diverse opere di rel’Italia più dalla lingua e dalla let- stauro in tutto il Paese. Quale teratura, dalla poesia civile e dalla eredità lascia in questo senso il storia, che dalla politica, dalle 2011 al Paese? guerre o dagli assetti amministra- «Sicuramente le grandi opere retivi. Credo che quel carattere di na- staurate quest’anno sono una perzione culturale pesi ancora oggi e centuale irrisoria rispetto a quelle possa essere un punto di partenza che restano ancora da restaurare, o per ritrovare la sobria fierezza di perlomeno da impedire che crolsentirsi italiani». lino o si deteriorino definitivaQual è stata nel 2011 l’impor- mente. Insomma, il 2011 lascia una tanza di questa ricorrenza? Quale sola eredità positiva in mezzo a un contributo può dare il ricordo dei mare di guai: la riscoperta, labile e 150 anni di storia e del sacrificio precaria, ma comunque non tradi molti alle attuali generazioni? scurabile, dell’italianità, che va ben «La ricorrenza è importante in sé oltre gli angusti confini della nacome il ricordo di un evento deci- scita dello Stato unitario. Tanti, sivo per il nostro Paese, ma diventa fino a ieri refrattari, si sono ritrovati più importante oggi che lo sfascismo a pensare l’Italia e a ripensarsi come nazionale, dal remar contro all’irre- italiani. Un piccolo dato positivo, sponsabilità, dal secessionismo pa- confortante in un quadro di scondano alle forme di emigrazione forto generale».



VERSO LE AMMINISTRATIVE

Alle urne saprà imporsi chi ha ben governato il territorio Le elezioni amministrative sono soprattutto legate a istanze dettate dalle condizioni del territorio. A illustrarne, in maniera necessariamente provvisoria, le dinamiche è Alberto Giorgetti, coordinatore regionale Pdl Veneto Leonardo Testi

elluno e Verona sono tra i comuni veneti chiamati alle urne per le elezioni amministrative del 2012. Alberto Giorgetti, coordinatore del Pdl regionale, prova a tratteggiare un quadro dei possibili scenari, nonostante le incognite che pesano sulle alleanze e l’incerta situazione politica nazionale. Quali temi caratterizzeranno il confronto elettorale? «L’elemento fondamentale sarà il tentativo di tenere l’alleanza PdlLega, per noi questo asse è prioritario. Poi molto dipenderà dagli equilibri locali: le campagne amministrative, in particolar modo in questi ultimi anni, si sono legate in maniera strutturale al territorio e, di conseguenza, ai temi locali. Tra i punti che tradizionalmente sono di interesse per il Veneto, vanno segnalati le infrastrutture, il lavoro, la capacità di attrarre investimenti e di sostenere lo sviluppo, oltre alle risorse ottenute dagli enti per far fronte alle esigenze della

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Alberto Giorgetti

collettività». È stata fissata la data nella quale si terranno i congressi del Pdl? In che misura incideranno sull’appuntamento elettorale del 2012? «No, non ancora, vi sarà comunque una data unica per tutti i congressi a livello nazionale. Per quanto riguarda l’aspetto degli equilibri, sicuramente i congressi esercitano un potenziale sulla scelta dei candidati, anche se a livello statutario compete ai segretari regionali definire gli accordi e le alleanze, oltre alla selezione definitiva dei candidati per l’elezione nei comuni capoluogo e nelle Province. Ci sarà un’operazione congiunta, ma è evidente che nella scelta degli eventuali candidati sindaci da proporre e nella stesura dei programmi, i congressi locali risultano assolutamente importanti». Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto la rende ottimista sull’esito delle urne?

Dal punto di vista delle trattative, Belluno identifica la piazza più ostica

«Avevo, fin da subito, percepito una buona motivazione sul fronte delle adesioni. Le condizioni, del resto, c’erano: in Veneto il Pdl ha sempre garantito buoni numeri. Per questo, non avevo dubbi sul fatto che ci sarebbe stata una campagna di adesione soddisfacente». Il sindaco di Verona Flavio Tosi vorrebbe fortemente presentare la sua lista. «Sarà il congresso a decidere in modo definitivo. Ma, in linea generale, si ritiene che nelle realtà forti non abbia senso presentare liste aggiuntive. Nel caso specifico, Tosi è già una figura dotata di forte

personalità e, insieme ai due partiti della coalizione, determinano un assetto che per noi è più che sufficiente. Una lista del sindaco rischierebbe in qualche modo di “drogare” il risultato della competizione elettorale, personalizzandola in modo eccessivo. Ci confronteremo, ma questa è la nostra proposta». Dopo la crisi che ha colpito la Provincia di Belluno, con le dimissioni del presidente Bottacin, c’è chi giudica inevitabile la scelta di una corsa in solitaria Pdl-Lega alle elezioni amministrative. PADOVA 2011 • DOSSIER • 43


XXXXXXXXXXX VERSO LE AMMINISTRATIVE

L’elemento fondamentale del confronto elettorale sarà il tentativo di tenere l’alleanza Pdl-Lega, per noi questo asse è prioritario

«Penso che sarebbe folle trasferire stata la stella polare la crisi di Belluno a livello regionale, perché ogni amministrazione ha una storia a sé. Inoltre, Belluno presenta caratteristiche territoriali particolari. Il candidato del centrodestra potrà essere sostenuto da liste di carattere locale attente alle problematiche, assolutamente specifiche, della zona e che potranno trovare nel Pdl un’adeguata spalla rispetto a tali criticità. Credo che a Belluno ci si presenterà con un’alleanza più ampia, derivante anche da una competizione elettorale che si è sempre rivelata dura tra centrosinistra e centrodestra, con una distanza più rischiosa che in altri contesti. Servirà, dunque, uno schema più articolato e con più liste». Quali le altre realtà che ritiene ostiche? «Dal punto di vista delle trattative, Belluno - per la recente vicenda Bottacin - è quella più ostica. Sono però fiducioso del fatto che si riesca a raggiungere un accordo. La buona amministrazione è sempre 44 • DOSSIER • PADOVA 2011

dell’attività del centrodestra in Veneto e, dopo questi anni di governo, ritengo che questa debba restare come punto di riferimento. Non penso incideranno altre dinamiche. Dovremo valutare caso per caso, ma a mio avviso la tenuta dell’alleanza in questi mesi - dal punto di vista amministrativo - si è rafforzata e non indebolita. Sono ottimista sul fatto che si riesca a trovare un accordo in tutti i Comuni più importanti sopra i 15mila abitanti e per questo obiettivo lavoreremo». Teme, nel complesso, l’alleanza tra Udc, Terzo Polo e Pd? «Non la temo perché il Veneto è sempre stato chiaramente bipolare, non sarà la sommatoria di liste e transfughi a risolvere i problemi di

carattere locale. Là dove si è bene amministrato si vince, è in caso contrario che si riscontrano le maggiori difficoltà. Non basta costruire una teorica alleanza, che può avere un voto d’opinione più chiaro su scenari politici nazionali, perché a livello locale questa viene annullata da candidature, uomini e programmi».


Rosanna Filippin

Una partita aperta da giocarsi sui territori e dimissioni del Governo Berlusconi hanno inevitabilmente scompaginato gli equilibri anche per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative previste per il 2012 in Veneto. Molti restano gli interrogativi da sciogliere attorno alle possibili alleanze, primo fra tutti il ruolo che giocherà la Lega. Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, è però al momento sicura di una linea guida in particolare: «Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori», nell’attesa che nuove istanze politiche possano emergere e prendere forma per fare della regione un laboratorio «di sperimentazione». Attorno a quali punti focali ruoteranno le campagne eletto-

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«I futuri amministratori prenderanno le redini di città e province sulle macerie del falso federalismo». Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, parte da questa considerazione per commentare i possibili scenari delle elezioni comunali 2012 Francesca Druidi

rali dei candidati alle elezioni amministrative del 2012? «Le elezioni amministrative devono avere al centro i territori. Si sceglie una persona, non solo un partito o uno schieramento. Per questo, come Partito Democratico abbiamo deciso di affidarci ovunque possibile a primarie di coalizione per la scelta dei candidati. Perché in un paese dove la legge elettorale trasforma gli eletti in nominati delle segreterie romane, è fondamentale rimettere la palla della scelta nelle mani dei cittadini. Il nodo vero è che i futuri amministratori prenderanno le re-

Rosanna Filippin, segretario regionale del Partito Democratico

dini di città e province sulle macerie del falso federalismo. Nei suoi tre anni di vita, il governo di Bossi e Berlusconi ha bruciato qualsiasi attesa di riforma fiscale e di reale decentramento. Il federalismo fiscale è vanificato dai tagli lineari ai trasferimenti e dalle norme assurde del Patto di stabilità. Così chi governa nei territori ha sempre meno margini di azione». Vede possibili, nel complesso, alleanze tra Pd e Udc o Terzo Polo? «Sicuramente questa è una possibilità, che del resto abbiamo già realizzato in altre tornate amministrative. Pd e Udc governano assieme, ad esempio, a Venezia. La differenza però la possono fare solo i candidati e i loro programmi di governo, specialmente sui territori. In generale, credo che la fine del Governo Berlusconi metta all’ordine del giorno il tema di un’alleanza tra riformisti e moderati, necessaria per battere il populismo. Il Veneto, in questo senso, potrebbe diventare un territorio di sperimentazione. Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori, ma un domani l’esperienza potrebbe diventare utile a livello nazionale». PADOVA 2011 • DOSSIER • 45


XXXXXXXXXXX VERSO LE AMMINISTRATIVE

Un’alleanza tra Pd e Udc o Terzo Polo è sicuramente una possibilità. Pd e Udc governano assieme a Venezia

L’incrinarsi dell’alleanza tra Pdl e Lega quali scenari apre per l’esito delle urne? «Credo che la Lega sarà tentata dal ritorno alla propaganda. I risultati sul suo tema bandiera, cioè il federalismo, sono stati magri e deludenti. Non è un caso che adesso abbiano ripescato persino quel teatrino dell’assurdo che è il Parlamento della Padania o che i leader leghisti riparlino di secessione. Però mi fanno un po’ pena. Gian Paolo Gobbo dice che la Lega farà scatenare la rivolta se il governo aumenterà le tasse al Nord. Ma come mai quando era Berlusconi a farlo sono stati zitti e muti? È inutile alzare la voce adesso che i buoi

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sono già scappati fuori dalla stalla. Avallare in silenzio le scelte quando si è al governo e protestare solo quando si è persa la carega, è troppo comodo. È un atto di vigliaccheria e di furbizia, che però non credo ingannerà gli elettori». Saranno tre i partecipanti alle primarie che il 4 dicembre si sfidano per la candidatura a sindaco nel centrosinistra: Michele Bertucco, sostenuto da Pd, Sel, Federazione della sinistra e Psi, il deputato Antonio Borghesi, sostenuto dall’Idv, e il docente universitario Mario Allegri, indipendente, la cui candidatura è stata presentata da 1.200 firme. Cosa ritiene servirebbe per riuscire a scalfire la leadership del sindaco in carica? Quali Comuni, in generale, vede più favorevoli? «La partita è aperta ovunque. E anche a Verona lo è più di quanto non si creda. Io credo che ai cittadini interessi avere un sindaco che lavora a tempo pieno per la loro città. I sindaci che usano il loro ruolo istituzionale come

strumento per promuovere ambizioni personali, fanno del male alla loro città. Credo che a Verona peserà anche negativamente, per Tosi, la rottura nazionale tra Lega e Pdl. Ma soprattutto contano i risultati nel governo della città, che sono stati magri, anche grazie ai tagli forsennati che, in barba a ogni federalismo degno di chiamarsi tale, hanno punito soprattutto i comuni». Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto inciderà in qualche modo sulla risposta delle urne? «Ho rispetto per tutte le forme di partecipazione politica. Ma l’exploit delle tessere del Pdl non mi pare un segnale di novità. Credo che un partito in cui non si è mai celebrato un vero congresso, con il declino di Silvio Berlusconi veda esplodere correnti e fazioni. Che si preparano ai congressi come avveniva nei partiti della Prima Repubblica: accumulando pacchetti di tessere. Però lo considero un’anteprima delle possibili tensioni future, più che una prova di vitalità».



ISTITUZIONI EUROPEE

Draghi a difesa dell’euro Mario Draghi non ha tutti quei “difetti” che gli stranieri attribuiscono agli italiani. È da poche settimane presidente della Banca centrale europea. Deve difendere l’euro nel momento in cui il vecchio continente attraversa la peggior crisi finanziaria dal dopoguerra. Giancarlo Mazzuca

a buon italiano non è il massimo sentirselo dire, ma negli Stati Uniti Mario Draghi, per gli amici Supermario, nuovo presidente della Banca centrale europea, non è chiamato “the italian”, ma “the unitalian”. Nel senso che, pur essendo “romanaccio de Roma”, non ha tutti i difetti e le debolezze che gli stranieri ci attribuiscono. Insomma, è un italiano atipico e, forse, proprio per questo è riuscito a spiccare il volo per Francoforte dove siede sulla poltrona prima occupata da JeanClaude Trichet. Così va il mondo, ma l’importante è che, finalmente, ci sia la bandierina biancorosso-verde nella sala dei bottoni dell’Europa delle monete, anzi della moneta unica. Un grandissimo riconoscimento che, da almeno quindici anni, attendevamo perché non eravamo più stati al “top” dai tempi in cui Romano Prodi, gioco di parole a parte, approdò alla guida della Commissione Ue di Bruxelles. Certo, a leggere il curriculum dell’inquilino di Eurotower, verrebbe da dire che non ci voleva certo una cartomante per pronosticargli una carriera folgorante: lo lasciavano prevedere le varie tappe della sua vita e, in tal senso, concordo con quanto detto da un altro americano che ha paragonato Draghi a Bill Bradley, capace di primeggiare sia nello sport (campione di basket anche in Italia) sia in politica. Dopo la laurea in economia alla Sapienza di Roma (relatore il professor Federico Caffé, quello che è poi scomparso nel nulla), eccolo studiare a Boston al Massachusetts Institute of Technology, il mitico Mit, con il premio Nobel Franco Modigliani che ho avuto la fortuna di intervistare due volte e che mi parlava già entusiasticamente (era-

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vamo negli anni Novanta) di Supermario: cotanto nome... del resto, anche chi aveva studiato con lui dai gesuiti di Roma (è il caso di Luigi Abete, attuale presidente della Bnl), ha un ricordo eccellente di quel giovane liceale che, forse, proprio dai seguaci di Loyola ha adottato quel fare cardinalizio e riservato che l’ha sempre contraddistinto. Dopo qualche esperienza da professore universitario, Supermario si scopre molto operativo e mette subito il cappello, dal 1984 al 1990, alla Banca Mondiale come direttore esecutivo. È davvero uomo dalle mille esperienze e riesce a intervallare lavori all’estero, come responsabile di organismi internazionali, ad attività in Italia, ovviamente sempre al vertice. E così, proprio in quegli anni Novanta, tiene le redini, assieme a quel “sottile” stratega di Giuliano Amato, delle privatizzazioni nel Belpaese: lo ricordo a bordo del panfilo Britannia, il panfilo della regina Elisabetta, intento a convincere i banchieri di mezzo mondo, tra un breakfast e un tè delle cinque, sulla bontà degli acquisti di pezzi di società italiane. E dopo? Eccolo di nuovo finanziere “globetrotter”, come vicepresidente della Goldman Sachs, e nel 2005, il ritorno in patria quel ritorno che sembrava definitivo ma non lo era - a reggere le sorti di Palazzo Koch in un momento molto tempestoso per le sorti dell’istituto centrale coinvolto nella vicenda Unipol-Fazio che si è conclusa con la condanna dell’ex governatore. Corsi e ricorsi: nel 2011 è l’ora della Bce. E quando finirà a Francoforte, tra tanti anni, magari ce lo ritroveremo in Italia per un posto di grandissima responsabilità al governo: con Draghi non ci si stanca mai...


Mario Draghi

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XXXXXXXXXXX ISTITUZIONI EUROPEE

Peccato solo che lo sbarco alla banca europea sia diffonda a tutto il vecchio continente, a costato, in qualche modo, ostacolato dalla resistenza di Lorenzo Bini Smaghi, che avrebbe dovuto lasciare subito il suo posto a favore di un francese, secondo l’accordo raggiunto da Berlusconi con Sarkozy, ma che, fino all’ultimo, ha fatto le bizze: solo dopo un lungo braccio di ferro si è dimesso poche settimane fa. Quella che sembrava una fumata bianca al primo turno ha rischiato, così, di trasformare il governatore nell’eminenza che entra papa in conclave e ne esce da cardinale. E non certo per colpa sua. Eppure, persino i tedeschi - la Bild aveva sparato un titolo a effetto sul nostro candidato: “Mamma mia, per ogni italiano l’inflazione è un fatto naturale come il sugo sulla pasta” - hanno dato il loro “imprimatur” definendolo, alla fine, un “romano prussiano”. Il compito che attende Supermario è proibitivo. Non basta la salute cagionevole di Atene, sull’orlo del “default”, e di tutti i Paesi “maiali” (i cosiddetti Pigs: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) che versano in cattive condizioni finanziarie. Il rischio è, infatti, che il contagio si

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minciare proprio dal Belgio e dall’Italia. A quel punto, tenere in rotta la nave europea in mezzo alla tempesta sarebbe davvero un’impresa da draghi così come la difesa a oltranza dell’euro. Insomma, l’eredità che prenderà in consegna il terzo presidente della Bce (dopo l’olandese Duisemberg e il francese Trichet), è particolarmente gravosa, dopo una crisi finanziaria che sta scuotendo da tre anni il mondo industrializzato, con pesanti ripercussioni sulle banche e sull’erario degli stessi Stati. Quale sarà la ricetta di Draghi all’Eurotower? Sarà la stessa che ha adottato per sei anni a Palazzo Koch: innanzitutto, verrà richiesto ai partner un grande rigore finanziario per fermare il pozzo di San Patrizio dei conti pubblici. Ma il nuovo numero uno di Francoforte è anche consapevole che, senza una ripresa economica adeguata, l’Europa resterà schiacciata tra gli Stati Uniti, sia pure malconci, di Obama e i nuovi colossi (Cina e India) che si sono affacciati sullo scenario mondiale. Draghi assomiglia, dunque, a un viandante che cammina su uno strettissimo e impervio sentiero tra due strapiombi: da una parte la voragine del debito pubblico, dall’altra il burrone della recessione. Ma Draghi ha anche un cuore. Qualche anno fa, appena nominato governatore, partecipò, a Milano, al premio giornalistico “È Group” di Giancarlo Aneri: aveva vinto Francesco Giavazzi e lui volle fargli una sorpresa sostenendo che l’amico «era uno dei pochi che sapeva spiegare l’economia alla gente che vuole capire le cose». A colazione, aveva di fronte Antonio Ricci, quello di “Striscia la notizia”, e confessò candidamente che era un suo ammiratore. Chissà se, a Francoforte, avrà ancora tempo per vedere, alla sera, la trasmissione...



L’ECONOMIA VENETA

Ridare fiducia agli imprenditori «Occorre disegnare una cornice in cui si possa inserire la ripresa». Il neo presidente di Unioncamere Veneto, Alessandro Bianchi, illustra le priorità per il prossimo biennio, a partire da innovazione e internazionalizzazione Michela Evangelisti

l turismo si conferma sempre più voce trainante dell’economia veneta. «Se quest’anno i flussi prima diretti verso il Nord Africa hanno fatto rotta sulla nostra regione generando numeri molto interessanti, ora occorre pensare a come mantenere questi livelli» osserva il presidente di Unioncamere, Alessandro Bianchi, che proprio nelle scorse settimane ha affrontato in più occasioni l’argomento con il governatore Zaia. Le strategie individuate sono chiare: spingere soprattutto sul patrimonio culturale di cui il territorio è ricco, incrementare le relazioni con il resto del mondo, coordinare le attività dirette a livello provinciale tramite un lavoro di sintesi e razionalizzazione. Non sono altrettanto esaltanti i numeri dell’export e della produzione industriale, ma Bianchi lancia un messaggio di fiducia: «I dati sono dati, servono a generare idee e strategie, ma in un momento di difficoltà come questo non devono creare allarmismo né essere interpretati in maniera restrittiva. Voglio sia chiaro che come sistema delle Camere di

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Alessandro Bianchi, presidente di Unioncamere Veneto

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Commercio siamo a disposizione delle imprese per dare loro un concreto sostegno». Quali sono, dunque, questi dati da prendere con cautela? «Nel terzo trimestre 2011, sulla base dell’indagine Veneto Congiuntura, la produzione industriale ha registrato una crescita del 2% rispetto allo stesso periodo del 2010, ma nel confronto con il trimestre precedente si è registrata una contrazione del 5,1%, con un grado di utilizzo degli impianti che è passato dal 74,9% al 72,9%. Hanno segnato una leggera flessione le performance del tessile, abbigliamento e calzature (-0,2%), del legno e mobile (-1,2%), e un calo più accentuato quelle del marmo, del vetro, della ceramica e degli altri minerali non metalliferi (-3,8%). È invece prossima alla stagnazione la produzione per metalli e prodotti in metallo (+1,5%), carta e stampa (+0,4%) e altre in-


Alessandro Bianchi

Per mantenere i flussi turistici di quest’anno occorre spingere soprattutto sul patrimonio culturale di cui il territorio è ricco

dustrie manifatturiere (+0,3%)». Cosa dobbiamo aspettarci? «Il sentiment dei nostri imprenditori dice che non ci discosteremo da questi numeri, ma molto dipende da come evolverà la situazione politica, che avrà ricadute importanti sul sistema bancario e, di conseguenza, anche sulle imprese. I dati che avevamo consuntivato fino al mese di agosto erano positivi per quanto riguarda le esportazioni, il livello di utilizzo della cassa integrazione e il carico degli ordini. Tra agosto e settembre la situazione ha raggiunto livelli drammatici e, se non ci sono state variazioni sostanziali, significa che l’economia reale sta tenendo. Occorre quindi un minimo di ottimismo. La

colonna portante del sistema produttivo italiano e mondiale sono le imprese familiari: se continueranno a spingere o a tirare verremo fuori anche da questo momento». È chiaro che prossimamente l’economia regionale continuerà a dipendere dall’export, con esiti non scontati. Quali sfide attendono le imprese? «Nel rapporto Veneto Internazionale le stime per l’export 2011 sono previste al rialzo del 2,9%, mentre le importazioni dovrebbero salire dello 0,4%. Sbilanciandoci nelle previsioni, il centro studi ha calcolato anche quelle per il 2012: il tasso di crescita delle esportazioni si fermerà al 3,3%, quello delle importazioni all’1,2%. Per quanto riguarda i tassi effettivi al primo semestre 2011 risultano confermati i trend, con una crescita piuttosto massiccia dei PADOVA 2011 • DOSSIER • 53


L’ECONOMIA VENETA

La situazione occupazionale mostra ancora difficoltà e i riflessi del rallentamento sono evidenti

flussi con la Cina. Il nostro obiettivo è aggredire con più forza i Paesi Brics, mantenere le posizioni sui principali partner europei (la Germania è il nostro primo partner commerciale, pesa sull’export complessivo per il 13,5%) e consolidare la presenza in Nord America». Da poche settimane ha preso le redini del sistema camerale veneto: quali saranno le sue priorità per il prossimo biennio? «La sfida è sostenere le imprese, ridare fiducia ai nostri imprenditori che sono sempre più pessimisti sull’evoluzione della congiuntura e portare avanti con decisione le loro istanze. Sosterremo l’economia attraverso bandi per l’innovazione e l’internazionalizzazione, leve fondamentali per il rilancio, e favoriremo l’aggregazione tra le aziende. Interverremo poi con contributi importanti a favore dei Confidi, per aiutare le imprese a superare la crisi di liquidità e la stretta creditizia. Infine intendiamo finanziare le aziende che vogliono investire sull’utilizzo o il collegamento alla banda larga». La sua presidenza inaugura un nuovo sistema di governance in un momento di 54 • DOSSIER • PADOVA 2011

difficoltà per le imprese venete. «Abbiamo modificato lo statuto, prevedendo un sistema di rotazione più frequente della presidenza e della giunta camerale; ora si pone il tema di come organizzare Unioncamere per rispondere a queste rinnovate esigenze. Da qui il principio dell’introduzione di deleghe, che vengono affidate ai singoli presidenti camerali per determinati settori di intervento; crediamo che in questo modo si possa generare un miglioramento dell’attività con maggior efficacia nelle relazioni con le imprese e con le amministrazioni regionali, nostri stakeholder». Quali sono gli interventi più urgenti a livello di dotazioni infrastrutturali? «Ogni provincia ha le sue esigenze; per la regione credo che l’avvio della pedemontana sia un segnale estremamente positivo. Rimane aperto il tema dell’alta velocità, tassello fondamentale per il nostro sviluppo, sul quale recrimino da anni. Abbiamo sempre riposato sulle speranze che fosse Trenitalia a fare l’investimento, in realtà il governo avrebbe dovuto approfittare dell’Expo 2015 per trovare le risorse eccezionali necessarie a portare a compimento quest’opera. Ritengo positivi, quindi, i tentativi di associazioni di categoria e istituti bancari di studiare processi di aggregazione attraverso il project financing». Infine, il tema dell’occupazione: in Veneto la domanda di lavoro è crollata. «La situazione occupazionale mostra ancora difficoltà e i riflessi del rallentamento sono evidenti. Le 9mila assunzioni programmate per gli ultimi tre mesi del 2011 corrispondono a un tasso di entrata pari a circa 7,5 assunzioni ogni 1.000 dipendenti, quota che colloca il Veneto sotto la media del Nordest (8,9) e nazionale (7,9) e in posizione intermedia (undicesima) tra le 20 regioni italiane. Serve con forza sostenere le nostre imprese a investire in capitale umano e in formazione, al fine di mantenere la competitività sui mercati interni ed esteri. Comunque c’è sempre una tendenza ad assumere, e questo trend va letto positivamente».



THE PUTRID INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX MERCATI ESTERI

Rivoluzionare le strategie Nuovi modi di fare impresa stanno caratterizzando il tessuto imprenditoriale veronese che cerca di reagire alla crisi economica. Andrea Bolla spiega quali sono le trasformazioni che stanno attuando le imprese locali Nicolò Mulas Marcello

e l’internazionalizzazione costituisce un desiderio di molte imprese, ma le dimensioni e la patrimonializzazione delle aziende spesso non lo consentono, la soluzione per competere sul mercato globale è quella di fare rete. Nel Veronese questo modo di fare impresa su larga scala ha portato molti frutti e sta coinvolgendo sempre più realtà. «A Verona, dalla loro istituzione – spiega Andrea Bolla, presidente di Confindustria – abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione». Come si rapportano le imprese veronesi al mercato estero? «La propensione all’export del sistema produttivo locale è molto alta, Verona è la decima provincia italiana per valore delle esportazioni. Tuttavia il momento è complicato. Alla contrazione della domanda interna si aggiunge la situazione dei mercati europei, tradizionali per le nostre esportazioni, che non sono sostenuti da aspettative positive, a esclusione della Germania, partner consolidato e ancora una volta locomotiva dell’aera euro. È chiaro che per mantenere i livelli di performance adeguati alla nostra produzione si devono cercare nuove opportunità di business nei Paesi in cui la crescita ha ritmi maggiori. Questo vuol dire rivoluzionare le strategie di export,

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gli strumenti di approccio ai mercati e spesso anche i prodotti. È nelle aree lontane che si concentrerà la crescita della domanda. Nel 2016, fra meno di 5 anni, ci saranno 188 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2010, di cui un terzo sarà cinese e il 13% indiano, ma la classe benestante si allargherà anche in paesi geograficamente più vicini all’Italia, come Russia e Turchia, e culturalmente affini, come l’Argentina. Si calcola che, sempre nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%. Si tratta di una grande opportunità per le nostre imprese che non possono e non hanno intenzione di perdere». La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende veronesi su questo fronte? «Certamente sono in atto molti cambiamenti, anche profondi. In particolare è emerso evidente che la dimensione e la patrimonializzazione sono due variabili sensibili per reggere il nuovo assetto dei mercati. Le nostre aziende si stanno attrezzando su questi fronti soprattutto lavorando insieme, dai distretti alle reti d’impresa. Seppur le nostre imprese abbiano una dimensione media maggiore rispetto alle altre del Veneto, hanno imboccato con determinazione la strada della collaborazione. A

Sopra, Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona


Andrea Bolla

Verona, dalla loro istituzione, abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione. Come associazione di imprenditori stiamo supportando questa scelta in vari modi e su vari fronti: dalla consulenza alla ricerca di interessi trasversali tra le aziende, ma anche sul fronte della soluzione di alcuni aspetti giuridici, economici e finanziari: abbiamo istituito un tavolo di lavoro con l’Università di Verona e i rappresentanti di alcune banche. Le aziende ci mettono l’intuito, noi cerchiamo di supportarle tecnicamente». Per quanto riguarda Confindustria qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Ci stiamo muovendo su più fronti. Le aziende hanno interessi specifici diversi e per mercati diversi, quindi oggi più che mai dobbiamo customizzare il nostro servizio. Organizziamo incontri “one to one” con professionisti di mercati e paesi esteri riuscendo a coprire direttamente o indirettamente quasi tutti gli Stati. Abbiamo costituito il consorzio Coverfil, che accompagna le imprese nella sottoscrizione dei contratti di rete, nella de-

finizione degli obiettivi e nelle stesura del contratto. Abbiamo uno sportello di Sace proprio presso la nostra sede, che rappresenta l’unica esperienza nel Nordest di partenship sul territorio con Confindustria. In 3 mesi di attività è raddoppiato l’utilizzo delle opportunità Sace e noi aiutiamo le aziende ad accedervi: dalla redazione contrattuale secondo le normative internazionali applicabili alla verifica della documentazione internazionale per i pagamenti, la trattativa con le banche e la predisposizione dei piani di rientro del debito».

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Si calcola che, nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veronese? «Difficile parlare di prospettive definite. Rimane il fatto che convivono nel nostro territorio settori ciclici accanto a settori anticiclici, che garantiscono una diversa reattività al mercato. Così come vantiamo la presenza, accanto a imprese familiari - non necessariamente piccole imprese - di gruppi multinazionali importanti: Verona è la seconda città italiana per attrattività di investimenti esteri con 95 aziende a capitale estero residenti nel territorio. Questo consente “in media” una tenuta discreta del tessuto economico. Ma è lo spirito imprenditoriale di un territorio sano e laborioso che non molla la vera carta anti-crisi. Ho visto in questi due anni, davanti a serie difficoltà, colleghi impegnati con le proprie risorse per salvaguardare l’occupazione nelle aziende. Credo che il capitalismo familiare di cui il Nordest è ricco stia dimostrando in questo momento tutta la sua energia e la sua empatia con il territorio. Una risorsa immateriale che oggi può fare la differenza».

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MERCATI ESTERI INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX

Alta predisposizione all’export Le imprese bellunesi, nonostante la crisi, non hanno perso la loro vocazione all’export. Gian Domenico Cappellaro spiega come sono cambiate le abitudini degli imprenditori Nicolò Mulas Marcello

l mercato globale è diventato sempre più articolato e complesso, ma le imprese bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi economica sui mercati esteri. Anche la solida tradizione imprenditoriale locale però deve fare i conti con i problemi dell’accesso al credito: «Le piccole e medie imprese – spiega Gian Domenico Cappellaro, numero uno degli imprenditori di Belluno – continuano poi a registrare difficoltà nei confronti del sistema bancario: la loro richiesta di credito aumenta mentre l’offerta si fa più selettiva. A questo fine Confindustria, sia a livello nazionale che regionale, ha avviato accordi con i maggiori istituti di credito al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti». Parliamo di internazionalizzazione. Qual è l’attitudine al commercio estero da parte delle imprese bellunesi? «La provincia di Belluno conta tante piccole e medie imprese, capaci di competere a livello mondiale, anche nei settori più tecnologicamente avanzati. L’indice di propensione all’export dell’economia bellunese nel 2010 è risultato pari al 43,3%, valore nettamente superiore a quello medio veneto (34,6%) e nazionale (24,3%). Siamo anche la patria di uno dei distretti industriali più conosciuti e ammirati a livello internazionale: quello dell’occhialeria, le cui esportazioni rappresentano,

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Gian Domenico Cappellaro, presidente di Confindustria Belluno

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in valore, oltre il 60% del totale provinciale. Gli imprenditori bellunesi hanno saputo col tempo trasformare una fortissima vocazione all’export in un reale processo di internazionalizzazione. Senza contare il fatto che oggi essere presenti sui mercati esteri, soprattutto quelli emergenti, è una delle poche strade per sopravvivere a questa durissima crisi. Purtroppo le nostre pmi scontano ancora il gap delle infrastrutture immateriali. Solo recentemente sono stati sbloccati i primi finanziamenti a favore della banda larga. Ora più che mai il digitale rappresenta un reale strumento per agganciare la ripresa, un moltiplicatore del potenziale produttivo e creativo». La crisi economica ha modificato le abitudini delle aziende bellunesi a rapportarsi con i mercati esteri? «La vocazione all’internazionalizzazione è nel nostro dna. Certamente il quadro competitivo si è fatto più articolato e complesso, ma le produzioni bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi nella loro capacità di penetrazione sui mercati internazionali: nel 2009 l’export provinciale è calato del 17,1%, a fronte di più elevate contrazioni accusate sia a livello regionale (21,5%) che nazionale (20,9%). E già nel 2010 la ripresa delle esportazioni è stata più intensa a Belluno (+19,7%) che nel resto del Paese (+16,2% in Veneto,


Gian Domenico UmpteenCappellaro almost ira

+15,8% in Italia). Sicuramente l’economia globalizzata ha reso più evidente a tutti che la consapevolezza che il modello di piccolissima impresa autonoma e autosufficiente che ha connotato con grande successo la storia imprenditoriale del Nordest, non è più realistica. Nuove opportunità nascono con l’aggregazione di imprese, di competenze, creando network flessibili ed elaborando strategie di filiera condivise». Per quanto riguarda Confindustria, qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Mettiamo in campo tutta una serie di iniziative utili per agevolare la penetrazione delle nostre aziende nei mercati esteri: dal coordinamento di partecipazioni collettive a fiere in tutto il mondo (spesso affiancate dal sostegno di contributi pubblici che andiamo a intercettare) alla pianificazione e gestione di missioni commerciali, con incontri “b2b”, nei continenti e nei Paesi di maggiore interesse; dalla realizzazione di “schede Paese” per la migliore comprensione dei relativi mercati, all’organizzazione di innumerevoli incontri e contatti con esperti commerciali, legali, doganali, finanziari e con ogni altro operatore specializzato nelle diverse problematiche che le aziende associate incontrano nel loro rapportarsi con i mercati internazionali. Ma non basta, oltre a ciò stiamo organizzando una serie di incontri per raccogliere istanze, idee e proposte dai nostri associati. Dai primi appuntamenti risulta chiara la necessità di sviluppare la propensione alla concentrazione. Il rischio che vogliamo evitare è quello che una piccola impresa finisca dentro strutture troppo burocratizzate e poco flessibili. Per questo è necessario mettere ordine e razionalizzare il sistema promozionale italiano all'estero».

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La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia bellunese? «La situazione è ancora estremamente incerta. Contrazione dei mercati (soprattutto quello domestico), inefficienza e bassissima competitività nel confronto internazionale del sistema pubblico e delle reti infrastrutturali rimangono i principali problemi che in questo momento penalizzano le imprese. La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni, perché ristrutturandosi è più facile fare ricerca e innovazione e divenire globali. Inoltre, le ultime rilevazioni congiunturali disegnano una trasformazione del tessuto produttivo che senza perdere di vista il manifatturiero si sta orientando verso un maggior sviluppo del terziario avanzato. Le aziende hanno bisogno di servizi nuovi e flessibili: professionisti dell’import/export, di diritto internazionale, di reti digitali nonché di esperti di piattaforme mobili di lavoro che rappresentano oggi un importante strumento competitivo per le piccole imprese».

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FIVE TRAILERS MERCATI ESTERI

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Antonio Favrin

Il modello dell’impresa-rete Il Gruppo Marzotto esporta circa il 70% del suo prodotto. «I mercati esteri – spiega l’amministratore delegato, Antonio Favrin – rappresentano per noi importanti sbocchi per i prodotti di fascia alta» Viola Leone

l Gruppo Marzotto ha alle spalle una lunga storia di successo, che affonda le radici nel 1836, con la nascita del Lanificio Luigi Marzotto & figli. Ma è negli anni 80 che rivoluziona la propria fisionomia, intraprendendo un processo di acquisizioni in Italia, di internazionalizzazione e di identificazione in marchi di alto valore. «Oggi il Gruppo sta vivendo un momento di rifocalizzazione rispetto al suo core business storico che è il tessile. Viaggiamo su un fatturato consolidato che è pari a 350/400 milioni di euro e che arriva a 500 milioni di euro se si considera anche la quota di Ratti Spa e di Filivivi Srl, che non vengono consolidate – commenta l’amministratore delegato, Antonio Favrin –. Per fronteggiare la delicata congiuntura economica abbiamo puntato sulla pluralità dell’offerta, sull’integrazione industriale e sul sistema dell’impresa-rete». Il Gruppo, infatti, è strutturato come un network di aziende unico nel panorama tessile mondiale che, attraverso marchi di prestigio, detiene una posizione di rilievo per ricerca, innovazione, qualità e volumi, sia nel mercato mondiale dei filati che in quello dei tessuti. Come si concretizza il vostro modello d’impresa e in che modo si è rivelato vincente? «Questo modello si concretizza attraverso lo sfruttamento delle opportunità di acquisto tra le diverse aree di business, una forte identità dei brand, molte sinergie industriali e con altri partner». Oggi più che mai, ristagnando il mercato

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interno, i risultati di un’azienda si misurano Antonio Favrin, in base alla sua predisposizione all’export: amministratore delegato del Gruppo come si colloca in questa prospettiva il Marzotto Gruppo? «Il Gruppo Marzotto esporta circa il 70% del suo prodotto; il restante 30% va al mercato italiano, ma si rivolge per lo più a clienti italiani che a loro volta esportano in misura rilevante, basti pensare ai grandi marchi della moda». Quali sono i mercati per voi più ricettivi e sui quali state puntando? Come è cambiato negli ultimi anni il vostro rapporto con i mercati esteri? «Il mercato più ricettivo per noi rimane ancora l’Europa nel suo complesso, ma stiamo PADOVA 2011 • DOSSIER • 63


MERCATI ESTERI

Intelligenza creativa e sensibilità sociale ato a Valdagno nel 1928, il conte Giannino Marzotto ha praticato molte discipline sportive, ma i risultati più noti ci sono le due vittorie nella Mille Miglia, al volante della Ferrari. Fino al 1969 al vertice dell’azienda di famiglia, ne ha poi seguito assieme ai fratelli varie iniziative, sino a dedicarsi in questi ultimi anni prevalentemente agli hobby sportivi e al mecenatismo. Oggi è presidente dell’associazione Progetto Marzotto, fondata in memoria del conte Gaetano Marzotto. L’associazione ha tra i suoi obiettivi ricercare, soprattutto tra le giovani generazioni, quanti si propongono di tradurre idee innovative in azione concreta e si distinguono per coraggio e intelligenza, fornendo loro un supporto anche economico.

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Il gruppo ha una lunga storia e di una parte lei è testimone: quali sono le principali trasformazioni alle quali ha assistito?

«Quelle dovute agli anni e alle condizioni del Paese. Ai tempi delle mie decisioni si doveva sopravvivere all’impresa di Stato, che agiva fuori da ogni regola di concorrenza, e voleva prevalere con ogni mezzo. Per far questo si doveva puntare sull’intelligenza creativa e sull’efficienza industriale». Quanto è forte e come si declina il rapporto dell’azienda con il territorio sul quale opera?

«Il territorio si è fortemente diversificato nell’oltre mezzo secolo trascorso da quando cominciai a lavorare con mio padre. La capacità di resistere alle “burrasche” e la sensibilità sociale che atavicamente si riconosce alla Marzotto in tutti questi anni hanno avuto il sopravvento. Oggi basta conoscere - e apprezzare - le condizioni di lavoro in azienda: quasi il 100% di contratti a tempo indeterminato, contratti regolari e rispettati, mercato libero e mondiale. Come è sempre stato». Lei è uno sportivo e amante delle auto: come si lega questa sua passione con l’attività del gruppo?

«La mia passione ha due legami con Marzotto, uno risale a prima che incominciassi le mie poche gare, l’altro, fortissimo, mi è rimasto dopo. Il primo coincide con il sangue che ho ereditato da mio padre e con i mezzi provenienti dal lavoro, il secondo con l’abitudine e la voglia personale di competizione che mi hanno fatto poi correre tutta la vita: anche senza automobile e anche senza ... l’autista!».

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sempre più puntando ai nuovi mercati emergenti come la Cina, il Sud America e l’India. I mercati esteri rappresentano per noi importanti fonti di sbocco per i prodotti di fascia alta. Anche mercati che una volta erano marginali ora stanno diventando sempre più rilevanti e quindi vengono presidiati maggiormente». Il nostro Paese cresce poco: quali sono a suo parere le ricette più efficaci per sostenere le imprese? «Innanzitutto occorre rendere più semplice e stimolante l’inserimento dei giovani a tutti i livelli nelle aziende, ridurre la tassazione iniqua su chi crea posti di lavoro, allineare i costi dei servizi, a cominciare da quello dell’energia a livello europeo, e proteggere e investire sull’industria manifatturiera e il turismo, gli unici veri produttori di ricchezza per il Paese».



MERCATI ESTERI

Soddisfare un mercato esigente In periodo di crisi, puntare sull’innovazione può costituire un’ occasione di rilancio, ma non tutte le imprese ne hanno le possibilità. Mario Moretti Polegato indica la ricetta per imporsi sul mercato Nicolò Mulas Marcello

a creatività di cui sono capaci gli italiani, se ben supportata, può rappresentare un’arma vincente contro la crisi economica: «Ritengo che di fronte alla crisi – spiega Mario Moretti Polegato, presidente di Geox – le imprese italiane siano quelle che hanno reagito meglio grazie alla creatività e al dinamismo con cui da sempre si contraddistinguono nei mercati internazionali». Geox è un gruppo che produce e vende in tutto il mondo pur mantenendo il principale mercato in Italia. Il nostro paese però cresce poco rispetto all’Europa. Cosa occorre fare per ottenere un maggiore sviluppo del paese? «Oggi i grandi numeri si fanno con la ricerca e l’innovazione. Geox investe ogni anno circa il 3% del fatturato in ricerca e sviluppo. Sono oltre 50 le innovazioni, di prodotto o di processo, che abbiamo brevettato, ma ci sono anche molte altre nuove tecnologie nel cassetto, pronte a essere immesse nel mercato nel momento opportuno. Per innovare, però, bisogna compiere tre passaggi fondamentali. Il primo è creare qualcosa di

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Mario Moretti Polegato, presidente di Geox

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nuovo o modificare un prodotto esistente: noi ad esempio non abbiamo inventato le calzature, bensì le abbiamo modificate. Successivamente bisogna ottenere la proprietà intellettuale su quanto creato. E infine, siccome non è detto che un progetto funzioni, è indispensabile collaborare con le università, testando il prodotto nei centri di ricerca. Il brevetto è indispensabile anche per competere nei paesi della concorrenza low cost come ad esempio la Cina». In un momento di crisi come questo quali armi devono usare gli imprenditori per non soccombere? L’internazionalizzazione è una possibile soluzione? «Innanzi tutto bisogna sempre avere bene a mente che il made in Italy è un brand riconosciuto e rinomato a livello mondiale. È garanzia di qualità e conferisce al prodotto un’enorme valore aggiunto. L’imprenditore, però, non può andare sempre da solo all’estero in cerca di nuove opportunità ed ha bisogno di un sistema paese forte, di un governo che sia da sostegno a livello internazionale. Un po’ come ha fatto la Germania, che ha raccolto grosse commesse in termini di infrastrutture in Cina per poi redistribuirle tra le proprie aziende. Sono certo che Mario Monti e la sua squadra riusciranno a dare al mondo dell’impresa tutto il sostegno di cui ha bisogno in questo momento, poiché l’internazionalizzazione è sicuramente indispensabile, tanto per la piccola quanto per la media e la grande impresa. Per riuscirci, però, è necessario non solo rompere gli schemi esistenti, bensì è opportuno crearne proprio di nuovi. Con Geox, ad esempio, abbiamo preso due mondi che una volta erano perfettamente distinti tra loro, quelli della moda e della tecnologia, e li abbiamo fusi in un


Mario Moretti Polegato

unico universo, realizzando dei prodotti innovativi e applicando la tecnologia al prêt-àporter». Come è cambiata l’attitudine delle aziende venete a rapportarsi con i mercati esteri? «Lo scenario sta subendo un profondo cambiamento, però, per la maggior parte delle piccole e medie imprese, internazionalizzare significa semplicemente interfacciarsi con uno o due paesi europei. Bisogna quindi adottare un business model che sia in grado di superare questi confini e per farlo è necessario che l’impresa famigliare lasci il posto a quella manageriale. Senza figure altamente specializzate e preposte a questo cambiamento, non sarà mai possibile trascendere i limiti che risiedono in quel tipo di impresa che gli americani definiscono “Mama’s and Papa’s operation”. Difficilmente l’imprenditore vecchio stampo potrà avere le capacità per gestire da solo l’internazionalizzazione della propria azienda e non è detto che i figli siano sufficienti a colmare le sue lacune, a cui invece potrebbero assolvere dei manager preparati». Per quanto riguarda Geox, quali sono attualmente i mercati esteri più ricettivi? «Dopo l’Italia, Spagna e Germania rappresentano due tra i nostri principali mercati. Stiamo crescendo velocemente in tutta l’area europea e il nostro principale impegno sarà di rafforzare ulteriormente questi mercati. Parlando invece di mercati emergenti, stiamo portando avanti

delle strategie mirate a seconda dell’area. Sette anni fa, ad esempio, siamo andati in Cina a depositare i nostri brevetti e ci sono stati riconosciuti solo dopo quattro anni, da quel momento però siamo tornati in Cina e nel giro di tre anni abbiamo aperto oltre 200 strutture tra shop in shop e Geox Shop. Il nostro primo obiettivo sarà replicare in altri paesi europei lo stesso modello che ci ha permesso di raggiungere la leadership in Italia, ma nel giro di qualche anno puntiamo anche a diventare leader nei mercati in cui siamo appena approdati, come Usa, UK, Russia, Giappone. Per dare qualche numero, nei primi nove mesi del 2011 abbiamo riportato fatturati in crescita in Italia (+7%), Europa (+1,5%), Cina e Hong Kong (+22%), Est Europa (+40%), Russia (+57%), a conferma che la forza del brand ha retto molto bene nonostante la crisi». La crescita della globalizzazione costringerà secondo lei le piccole imprese familiari a quotarsi per sostenere progetti di crescita e di internazionalizzazione? «La quotazione è un momento importante nella vita di una azienda, e rappresenta sicuramente una grossa opportunità poiché favorisce appunto l’internazionalizzazione. La quotazione apre una finestra sul mondo e gli investitori internazionali hanno così modo di conoscere il tuo progetto e, se ci crederanno, di investire. Nel caso di Geox si è rivelata una scelta estremamente vincente».

200 STRUTTURE Il numero di negozi che Geox ha aperto in Cina in tre anni

3%

FATTURATO L’ammontare delle risorse che Geox investe in ricerca e sviluppo

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MERCATI ESTERI

Una forte spinta all’economia La crisi economica non molla ma in Veneto sono molte le imprese che hanno puntato sull’internazionalizzazione per affrontare di petto la congiuntura negativa. Vincenzo Consoli spiega la situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

economia veneta è sempre stata caratterizzata da una forte propensione all’internazionalizzazione e alla scoperta dei mercati esteri. La qualità della produzione, lo spirito imprenditoriale e le capacità commerciali hanno contribuito fortemente allo sviluppo del made in Italy nel mondo proprio grazie alla forte spinta veneta. «Vince chi è strutturato, chi si innova – spiega Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca – e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività». Qual è la propensione all’internazionalizzazione e al commercio estero delle imprese venete attualmente? «Le imprese venete hanno sempre avuto una forte propensione all’apertura internazionale, nonostante la dimensione prevalente, quella delle piccole e medie realtà, rappresenti uno dei fattori discriminanti per l’ingresso nel mercato estero. L’internazionalizzazione, infatti, è un processo che prevede una strategia ampia e articolata. È chiaro che sono soprattutto le imprese di più grandi dimensioni a poter abbracciare un’ottica di questo tipo. Tuttavia oggi il Veneto, pur nel difficile momento congiunturale, si conferma tra le prime regioni italiane per valore delle esportazioni, che toccano il 31,4% del Pil. Il commercio estero nel primo semestre 2011 è cre-

L’

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Vincenzo Consoli

Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca

31,4% PIL La percentuale di Pil regionale rappresentata dalle esportazioni venete

+14%

COMMERCIO ESTERO L’incremento dell’export in Veneto nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010

sciuto del 14% rispetto ai primi sei mesi del 2010. Nel secondo trimestre il valore delle esportazioni è tornato sui massimi livelli precrisi, pur subendo, nei tempi recentissimi, un rallentamento a causa delle turbolenze dei mercati. Nel complesso, però, sono dati incoraggianti, che assumono, tanto più in questo periodo, un valore ancora maggiore: testimoniano spirito di rinnovamento, tenacia, unione e competitività delle imprese di questa regione». La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende venete a rapportarsi con i mercati esteri? «Il Veneto è una regione aperta, gli effetti della crisi si sono sentiti immediatamente e in maniera decisa. Il calo del commercio internazionale, infatti, è stato un canale di trasmissione immediato. La contrazione delle esportazioni e delle importazioni, nel 2009, è stata di oltre 20 punti percentuali. Da dicembre 2007, abbiamo assistito a livello regionale - per ben 20 mesi - a una flessione dell’export, quantificabile in un -26%. Dal 2010 fino a giugno 2011, pur rallentando nell’ultimo semestre, il trend è stato positivo. Le aziende di grandi dimensioni hanno compensato la debolezza della domanda interna espandendo il commercio con l’estero: la quota delle espor-

tazioni sul fatturato è passata dal 62% del primo trimestre del 2010 al 67% dello stesso periodo del 2011, un valore simile a quello pre-crisi. Qui però emerge nuovamente il nodo cruciale della questione internazionalizzazione, che ho già sollevato: vince chi è strutturato, chi si innova e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività». Qual è il ruolo di Veneto Banca nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio? «Siamo stati tra i primi a capire l’importanza che la delocalizzazione stava assumendo per i nostri imprenditori, accompagnandoli nell’Est Europa con il supporto di Banca Italo Romena in primis e il successivo arrivo in Moldavia, Croazia e Albania. Il nostro servizio alle imprese, principali interlocutrici del Gruppo, è cresciuto assieme alle loro esigenze: ci siamo specializzati nella consulenza sia a coloro che già operano nel mercato internazionale, sia a coloro che intendono aprirsi al commercio con l’estero. Offriamo assistenza professionale attraverso la partecipata Sintesi 2000, con uffici a Hong Kong e Shangai, e grazie ai servizi “My export friend” e “My international friend”, portali che assistono e facilitano l’attività con le controparti estere, sia a livello informativo sia con servizi e prodotti specifici». Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veneta? «Le nostre imprese hanno sofferto e, nonostante i dati incoraggianti, ci sono molte realtà che soffrono ancora. Io continuo però ad essere positivo: i nostri imprenditori in questi decenni hanno dimostrato una creatività e una capacità di tenuta straordinarie. Questa regione è ricca di eccellenze, dinamica e in continuo rinnovamento. È su questi fattori e su queste specificità che occorre puntare per affrontare con forza un mercato sempre più globale. Come è emerso più volte, inoltre, la dimensione aziendale ridotta è spesso un fattore di criticità: occorre fare squadra per unire le forze e da questo punto di vista, fortunatamente, si vedono sempre più spesso segnali di apertura delle nostre imprese». PADOVA 2011 • DOSSIER • 69




INNOVAZIONE

Quando l’innovazione mette radici L’assessore regionale Marialuisa Coppola spiega perché e con quali strumenti il Veneto continuerà a puntare su start up, incubatori d’impresa, spin-off universitari e sulla creatività in fase embrionale: «Sono tanti modi diversi per veicolare l’innovazione sull’intera realtà produttiva» Paola Maruzzi

n America, dove ha preso piede negli anni Cinquanta, lo chiamano “seed capitalism”, il capitalismo dei semi: è il coraggio di investire su realtà ancora in fase embrionale, un fenomeno consolidatosi da tempo anche in Italia. Sia gli enti pubblici che privati hanno capito che un’impresa giovane per farsi spazio e avere successo deve necessariamente apportare qualcosa d’innovativo. In tal senso il Veneto è una delle regioni più sensibili verso le start up: “focolai” innovativi si trovano nei parchi tecnologici di Venezia e Padova, nelle fondazioni private, nelle università ma anche nei luoghi virtuali, come “Nanochallenge & Polymerchallenge”, la business plan competition organizzata da Veneto Nanotech, Imast e Intesa San Paolo. Il motivo di questa predisposizione lo spiega Marialuisa Coppola, assessore all’Economia e allo sviluppo: «Consideriamo gli incubatori non solo come strumento di sviluppo locale ma anche, o principalmente, come mezzo di valorizzazione del mondo delle imprese». In Veneto come è cambiato l’approccio

I Marialuisa Coppola, assessore all’Economia e sviluppo del Veneto

verso gli incubatori? «Con il progredire delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, l’incubatore d’impresa ha perso in parte il connotato di luogo fisico a favore del concetto di rete, di network immateriale. Cito a titolo di esempio di best practice l’iniziativa annuale attivata dal nostro distretto regionale delle nanotecnologie, Veneto Nanotech, realtà sorta nel 2003 in partnership con enti pubblici locali e il sistema universitario Veneto: si tratta di “Nanochallenge & Polymerchallenge”, una business plan competition, giunta alla sua settima edizione, che mette in palio due premi da 300mila euro per la creazione di altrettante start up tecnologiche». Che fine fa l’incubatore tradizionale, inteso come luogo fisico? «Mantiene comunque un’elevata valenza. Pensiamo ai parchi scientifici e tecnologici, come il Vega di Marghera e il Galileo di Padova. Proprio quest’ultimo ospita un’altra interessante iniziativa, l’M31: è un fondo di venture capital nato come spin-off universitario che supporta la creazione e la rapida crescita di nuove aziende innovative nel campo delle Icts, in particolare in quello biomedicale, delle telecomunicazioni e dell'informatica avanzata. La Regione ha già


Marialuisa Coppola

attivato forme concrete di collaborazione con questo incubatore grazie a Veneto Sviluppo Spa, la finanziaria che gestisce due strumenti di private equity, cofinanziati con risorse regionali, comunitarie e private di recente istituzione e destinati all’acquisizione di partecipazioni nel capitale di pmi per progetti innovativi». Eppure all’Italia viene imputato di avere un sistema rigido di venture capital, cosa che limita fortemente la scommessa su imprese ad alto contenuto innovativo. Lei che ne pensa? «Se i termini di paragone sono la realtà statunitense e quella inglese credo sia impossibile controbattere, tuttavia non si può negare il nostro interesse crescente verso questi temi, di pari passo con una quantità non trascurabile di risorse pubbliche che progressivamente sono state messe a disposizione. La Regione Veneto ha predisposto due strumenti dedicati a tale scopo, dotati di un ammontare di risorse non trascurabile, pari a oltre 50 milioni di euro. D’altra parte ritengo debba migliorare anche nei neo imprenditori la capacità di programmare l’avvio della propria impresa e di rappresentarla in maniera adeguata ai potenziali investitori: insomma, devono rim-

boccarsi le maniche e calarsi con impegno nella predisposizione dei business plan». Su quali agevolazioni può contare una start up innovativa? «Il set di strumenti di supporto alle start up innovative attualmente disponibili sono numerosi e sono destinate ad aumentare nei prossimi mesi. Si va dai finanziamenti agevolati a operazioni più strutturate di venture capital, passando per altre strumentazioni meno specialistiche, ma non per questo non utilizzabili dai giovani imprenditori, come il fondo regionale di garanzia, di recente avvio». Veneto Innovazione è il braccio operativo della Regione nell’ambito della ricerca, sviluppo e innovazione. Oggi qual è la sua sfida? «Per quanto riguarda il trasferimento delle conoscenze a favore della competitività d’impresa, stiamo lavorando affinché i numerosi soggetti attivi in questo ambito nel nostro territorio (sono quasi 90 secondo l’ultimo censimento disponibile), riescano a operare più efficacemente in favore delle imprese. Si tratta di un numero molto elevato di organizzazioni presenti nell’intera filiera del trasferimento tecnologico, i cui promotori e PADOVA 2011 • DOSSIER • 73


INNOVAZIONE

La spinta dei nostri imprenditori verso l’innovazione è presente in modo significativo, più di quanto si possa immaginare

soci principali sono molto spesso di matrice forte caratterizzazione geografica e di qualità del pubblica. In questa azione regionale, per altro condivisa e voluta anche dagli altri stakeholder, cioè il sistema universitario, quello camerale e quello datoriale, e volta al progressivo efficientamento a favore delle imprese, anche Veneto Sviluppo potrà svolgere un ruolo propositivo e significativo». Un tour per toccare con mano il tessuto produttivo veneto che si innova: quali settori sceglierebbe? «Un viaggio di questo tipo ci porterebbe in giro a lungo perché, nonostante la crisi in atto e, anzi, proprio a causa di questa, la spinta dei nostri imprenditori verso l’innovazione è presente in modo significativo, più di quanto si possa immaginare. In particolare ciò è rilevabile se intendiamo l’innovazione nella sua accezione più ampia, un concetto già focalizzato a livello comunitario in tutti i lavori preparatori della nuova programmazione: quindi non solo innovazione tecnologica, ma anche di prodotto, di processo, organizzativa e di accesso ai mercati. La propensione all’innovazione si ritrova quindi in tutte quelle realtà di distretto produttivo a

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prodotto, oltre che di tradizionale presenza storica, che costituiscono un’asse portante del nostro sistema di sviluppo locale. Penso allo sport system, all’alimentare, all’occhialeria, alla giostra, al calzaturiero, solo per citarne alcuni». In tutto ciò che ruolo giocano le forme aggregative? «L’innovazione sta emergendo anche attraverso nuove forme di aggregazione di imprese, quali le reti e i contratti di rete. Spesso vediamo che più imprese medio-piccole, ognuna dotata di proprie tipicità e specializzazioni, si aggregano secondo queste nuove forme più flessibili a fronte di specifici progetti comuni di innovazione, anche al di fuori dei consueti rapporti di filiera. Le imprese possono così aspirare a iniziative di scala e qualità ben superiori a quelle accessibili da ciascuna di loro a causa delle ridotte dimensioni. Su questo fronte l’attenzione del mio assessorato è massima affinché i nostri interventi di supporto siano tempestivamente adeguati alle rinnovate modalitá di agire delle nostre imprese».



XXXXXXXXXXX INNOVAZIONE

Sognare cose semplici Riccardo Donadon, fondatore di H-Farm, si rivolge ai nativi digitali che vogliono fare impresa con le nuove tecnologie. «Cos’è per me l’innovazione? Un compromesso tra ciò che sarà grande domani e ciò che funziona oggi. È questo che i buyer industriali cercano nella nostra “fattoria”» Paola Maruzzi ortare al successo una start-up è sempre un’impresa titanica ma oggi il costo per lanciarne una è quasi zero, dipende solo dalla volontà e dalla capacità di saper far volare le proprie mani su una tastiera, sognando cose semplici». È, in pillole, la ricetta di “seed capitalism” secondo Riccardo Donadon, fondatore di HFarm, la fattoria d’innovazione collocata nella

«P

Sopra, Riccardo Donadon, fondatore di H-Farm. Nella pagina a fianco, la sede dell’incubatore d’imprese, nella campagna trevigiana

campagna veneta, in provincia di Treviso, nata quando parlare di incubazione non era ancora di moda. Diretta ed efficace è anche Garage, un’applicazione di mobile commerce che sta per essere lanciata online, una delle ultime idee finanziate. Oggi l’incubatore si appresta a diventare un format internazionale: dopo Seattle, Londra e Mubai, Donadon guarda con interesse alla Cina perché semplice è, infine, anche il principio secondo cui H-Farm si moltiplica: coltivare talenti e attrarre i grandi gruppi industriali. Da tutta Italia arrivano centinaia di ri-

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chieste per entrare a far parte della “fattoria innovativa”, ma quale idea d’impresa hanno i nativi digitali? «Il panorama è eterogeneo, riceviamo più di 450 proposte di investimento all’anno. Le idee di business riflettono i macro trend più visibili sulla scena dei nuovi media. Fino a poco fa era tutto “social”, bisognava condividere e socializzare attraverso la rete esperienze online e offline: shopping, letture, musica, film, giochi. Ultimamente si dedica maggiore attenzione ai dispositivi mobili e ai servizi localizzati per andare incontro all’accessibilità e alla personalizzazione richiesta dagli utenti: in sintesi, tutti gli strumenti che semplificano o risolvono esigenze per il “qui e ora”». Tra gli aspiranti imprenditori c’è un abbaglio ricorrente? «Pensare di innovare un modello portandolo semplicemente online. Ad esempio è in via di consolidamento il filone, editoriale e ragionato, della “content curation”, che adatta i contenuti tradizionali alle nuove modalità di fruizione: i giornali e i libri non spariranno ma la formula con cui i contenuti vengono distribuiti sta cambiando, non basterà più “fotocopiare” l’esperienza d’uso offline e metterla in rete». Come si entra a far parte di H-Farm? «Il team interno segue lo screening, facendo leva sul bagaglio di competenze di oltre 200 persone che si occupano di digitale, nuovi media e innovazione. Dopo la prima scrematura, i migliori progetti vengono invitati a uno dei nostri “storming pizza”: una serata informale ma professionale, a cui partecipano un centinaio di ragazzi e il nostro comitato investimenti. Le start-up hanno sei minuti per presentare il loro progetto, poi affrontano le nostre domande. L’idea è quella di conoscersi, scambiarsi feedback


Umpteen Riccardoalmost Donadon ira

sul progetto e fare network in un clima rilassato, come suggerisce il nome, davanti a una pizza». Alcune imprese incubate sono state acquisite da grandi gruppi imprenditoriali. Cosa favorisce questo passaggio? «I buyer industriali o finanziari in noi cercano un compromesso tra innovazione forward-looking, qualcosa che sarà grande domani, e una certa trazione sul proprio mercato di riferimento, cioè che funziona già oggi: come incubatore e investitore seed, dobbiamo farci carico di guidare le start-up nella prima fase di esecuzione, dal concept al go-to-market, cercando di dimostrare che l’idea e il modello di business funzionano e sono sostenibili. Un’altra cosa molto importante è il networking: si lavora tantissimo per far conoscere le start-up, soprattutto a livello internazionale, visto che in Italia il mercato delle acquisizioni è praticamente inesistente». Oggi chi rischia per scommettere su nuove idee e perché lo fa? «Gli operatori sono principalmente i fondi seed e gli incubatori, i venture capital subentrano dopo, anche se molti si stanno spo-

Si lavora tantissimo per far conoscere le startup a livello internazionale

stando sull’early stage per rafforzare il loro deal flow. Il numero di fondi e di business angels è in crescita, anche se gli investimenti sono ancora proporzionalmente più bassi rispetto agli Usa: il totale degli investimenti di venture capital in Europa è pari allo 0,026% del Pil, contro lo 0,15% degli Usa. Le start-up stanno diventando di moda, se ne parla molto più che in passato e c’è grande fermento: finanziare l’innovazione premia in termini di ritorno economico, sociale e professionale». Sin da giovanissimo si è distinto per aver portato avanti importanti progetti imprenditoriali ma non si è mai laureato. Cosa pensa, in relazione all’innovazione, della formazione universitaria? «Non esiste un percorso prestabilito per diventare innovatori. È importante avere ben chiare le alternative disponibili, senza imbottigliarsi in percorsi preconfezionati; in tal senso la proposta formativa attuale è parzialmente limitata, soprattutto in termini di presentazione di strade non convenzionali: fino a qualche anno fa l’università era un privilegio di pochi, ora sembra un passaggio obbligato e ci lamentiamo della mancanza di figure tecniche e professionali. Ma oggi, grazie alla rete, i giovani hanno un’opportunità pazzesca, soprattutto se sanno scrivere un codice di qualità». PADOVA 2011 • DOSSIER • 77



Ivo Rossi

Investiamo su Padova Infrastrutture materiali e immateriali, sviluppo del turismo, miglioramento della qualità della vita. Sono i fattori con cui attrarre investimenti e costruire il futuro di Padova. Ne parla il vicesindaco Ivo Rossi Francesca Druidi

e città hanno il dovere di reinterpretarsi, anche alla luce dei nuovi scenari economici e mondiali, intraprendendo un proprio percorso specifico». Lo sostiene il vice sindaco di Padova, Ivo Rossi, anche assessore all’Urbanistica, alla mobilità e alle politiche dell’innovazione. Nonostante il contesto di ristrettezze generali, Padova guarda al futuro con due ambiziosi progetti: il nuovo centro congressi e il nuovo ospedale che sorgerà nella zona ovest di Padova. Quali ricadute avranno queste due grandi opere sul profilo di Padova? «L’internazionalizzazione non colpisce solo l’impresa, ma anche le città. Si tratta di creare opportunità per assegnare a Padova un ruolo di rilievo non solo a livello regionale, ma nel nord Italia in generale. In quest’ottica, sviluppare il turismo congressuale a Padova, che soffre la vicinanza di Venezia e Verona ma registra un trend crescente di turisti, diventa una priorità e soprattutto un motore propul-

«L

Occorre produrre le migliori condizioni possibili di gradevolezza ambientale e qualità della vita

sivo per l’economia dei servizi. I termini di massima stabiliti prevedono l’avvio dei lavori entro l’anno prossimo, nel 2012, e la consegna entro il 2014. L’ammontare dell’investimento è quantificato in circa 25-30 milioni di euro, anche se va considerata la realizzazione di infrastrutture collaterali necessarie. Verranno così potenziate le funzioni della Fiera, che abbiamo mantenuto nel centro della città, nei pressi della stazione ferroviaria. Quindici-vent’anni fa questa localizzazione pareva un handicap, ma oggi non è più così, tenuto conto dei cambiamenti ra- Sopra, il vicesindaco dicali che hanno subìto le manifestazioni fie- di Padova, Ivo Rossi. In apertura, veduta ristiche, sia sotto il profilo delle dimensioni aerea della città che delle specializzazioni». L’altro volano su cui il Comune sta lavorando da molto tempo è il nuovo polo ospedaliero da 450 milioni di euro. «Sì, oltre alla relativa obsolescenza delle attuali strutture collocate nel cuore della città, l’obiettivo è quello di lavorare in maniera sostanziale su uno dei punti di forza di Padova, la medicina, grazie anche alla sua storica tradizione universitaria nel campo, rendendo ancora di più la città un polo di eccellenza, non solo sul versante della salute ma anche della ricerca. La Regione ha condiviso con noi questo percorso, il governatore Zaia parlava ottimisticamente di cinque anni per la realizzazione del policlinico, dunque entro il PADOVA 2011 • DOSSIER • 79


FOCUS PADOVA

In alto, un render indicativo del nuovo centro congressi

2016, forse riusciremo a completarlo in sette o in otto anni. Cambia il modo di pensare la città, il suo baricentro: collocare l’ospedale nella zona di Padova ovest significa riequilibrare le funzioni del sistema urbano, permettendoci tra l’altro di realizzare una nuova linea tramviaria che servirà sia la cittadella della salute che per lo stadio». Luci e ombre caratterizzano l’attuale scenario economico padovano. Quali restano le priorità da affrontare? «La congiuntura locale riflette le difficoltà del sistema economico italiano con tutte le incertezze che questo determina; la città sta sostanzialmente reggendo, ma non possiamo sederci su questo risultato. Dobbiamo investire sul

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futuro. Una delle condizioni per raggiungere questo obiettivo è rendere la città maggiormente accessibile attraverso una serie di servizi. Abbiamo realizzato 150 chilometri di piste ciclabili e completato, due anni fa, una prima linea tramviaria; stiamo, inoltre, lavorando sulla dotazione relativa alla comunicazione con linee veloci e wi-fi. Il leitmotiv è riuscire a creare opportunità che rendano vantaggioso investire a Padova. All’interno di un sistema competitivo, occorre produrre le migliori condizioni possibili di gradevolezza ambientale e qualità della vita. La qualità rappresenta, infatti, uno dei fattori vincenti sulla base dei quali le realtà produttive decidono se investire su di un territorio o meno». Individua ulteriori nodi sui quali lavorare nel prossimo futuro? «Dobbiamo lavorare ancora sul tema della sicurezza, che va ulteriormente affrontato, anche se la città, negli ultimi anni, ha compiuto un salto di qualità. L’aspetto che però ritengo importante sottolineare di Padova è che, mentre altre realtà urbane hanno realizzato investimenti confidando integralmente sulle dotazioni statali, l’amministrazione cittadina si è concentrata soprattutto sulla politica dell’auto-investimento. Abbiamo privatizzato l’azienda multiservizi, che oggi è una Spa quotata in Borsa, ricavando 120 milioni di euro reinvestiti in città. Abbiamo, inoltre, venduto la partecipazione alle autostrade Padova-Brescia e Padova-Venezia, dovrebbero entrare altri 40 milioni, anche questi da reinvestire in dotazioni infrastrutturali. Continuiamo, quindi, a investire sulla città».


Alberto Salmaso

Turismo e infrastrutture Padova tra nuovi orizzonti e prospettive di crescita. Alberto Salmaso, capogruppo del Popolo della Libertà nel consiglio comunale, commenta alcuni degli scenari cruciali che interessano la città, indicando i nodi che restano da risolvere Francesca Druidi

n un momento di grande incertezza e instabilità come quello attuale, il Comune di Padova si sta concentrando sul finanziamento di opere impegnative che muteranno il profilo della città. «La realizzazione di un moderno centro congressi è di strategica importanza sia come strumento catalizzante l’interesse nazionale e internazionale sia come volano economico, culturale e scientifico, con indubbio sviluppo per il settore dei servizi e, in generale, per tutta la città», asserisce Alberto Salmaso, capogruppo Pdl in Comune. Cosa teme di più riguardo al progetto del centro congressi? «Come per tutte le grandi opere, è necessaria un’analisi approfondita sia in termini di lo-

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gistica - posizione, accesso, parcheggi, servizi annessi, fruibilità - sia per quanto riguarda il costo complessivo, la gestione e il piano di rientro degli investimenti. Proprio per analizzare questi punti, abbiamo presentato una mozione da discutere in consiglio comunale. Chi ha l’onore e la responsabilità di prendere importanti decisioni per la collettività, deve Alberto Salmaso, essere consapevole di impegnare nel miglior da giugno 2009 capogruppo del modo possibile il denaro pubblico, ancor più Popolo della Libertà in questo periodo. Ed è proprio quest’ultima nel consiglio comunale la più grande preoccupazione: quella di fare di Padova comunque la scelta migliore, in quanto non c’è possibilità di sbagliare». Non è d’accordo con la cifra messa sul tavolo per le statue anti-degrado in stazione. Troppe risorse per un’operazione di restyling? «Quando si realizzano grandi opere, specie se costose, a mio avviso devono essere analizzati due concetti fondamentali: il primo riguarda il recupero urbanistico e la fruibilità della zona; il secondo concerne la funzionalità delle opere realizzate, quindi fare in modo che contribuiscano alla bellezza e al decoro della città. A norma di legge, si dovrebbe destinare il 5% del costo di ogni grande opera a inter- PADOVA 2011 • DOSSIER • 81


FOCUS PADOVA

tano, infatti, i dati delle visite nella città del Santo. Nei primi sei mesi del 2011, Padova ha registrato quasi il 10% di visitatori in più rispetto all’anno precedente ossia oltre 546.000 persone. Personalmente confido in questa strategia, che può essere ulteriormente sviluppata anche tramite un logo caratterizzante la città, in grado di renderla ancor più riconoLa sempre più attenta gestione del patrimonio scibile, e una sinergia artistico, culturale e religioso permetterebbe quanto mai utile ora - tra le istituzioni e chi rappresenta uno sviluppo notevole della città direttamente le esigenze del territorio (associazioni di categoria e Università). La semventi artistici, cosa che spesso non avviene in pre più attenta gestione del grande e rile quanto non sono previste sanzioni. Ribadi- vante patrimonio artistico, culturale e sco: non sono contrario alle opere d’arte, religioso di Padova permetterebbe, infatti, come potrebbero essere le sculture in sta- uno sviluppo notevole in tutti i settori intezione e la loro funzione anti degrado, tutta- ressati e non solo». via, mi sembra particolarmente eccessiva la Quali, quindi, le sue priorità? somma di 150mila euro destinata solamente «È fondamentale che la percezione di insia tali opere». curezza, avvertita da molti padovani, sia conCosa suggerisce? trastata in tutti i modi facendo fronte, anche «Perché non proporre, per esempio, un con fermezza, a tutti quegli episodi di micro bando aperto a giovani architetti, per progetti e macro criminalità che purtroppo accadono per l’arredo della piazza, come già sperimen- quotidianamente. Risulta necessario rivedere, tato con successo già qualche anno fa? Credo alla luce delle problematiche presenti, l’intero vi siano molti artisti, anche famosi, che sa- sistema della viabilità, sia per quel che conrebbero ben disposti a “donare” le loro opere cerne il piano urbano del traffico sia in rifea Padova; la città ne sarebbe sicuramente rimento ai parcheggi. Altrettanto determionorata e ricambierebbe la generosità degli nante è cercare di mantenere, e se possibile artisti “esibendo” i lavori in zone pubbliche implementare, gli elevati standard di servizi molto frequentate, proprio come il piazzale offerti, nonostante la progressiva riduzione di della stazione». risorse economiche. Occorre, infine, contraL’obiettivo del Comune sembra essere stare la piaga dello spaccio che, ancor più nequello di puntare su turismo e infrastrut- gli ultimi anni, a Padova risulta essere molto ture come leve della crescita. È d’accordo radicata anche come riferimento a livello recon questa linea di azione? gionale, ghettizzando interi rioni e mettendo «Sicuramente il turismo e lo sviluppo delle in serio rischio la vivibilità e la serenità della infrastrutture saranno determinanti: confor- collettività».

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FOCUS PADOVA

La ripresa passa dalle reti Produzione industriale ed export sono positivi nel terzo trimestre. Ma la svolta per le pmi viene dalla nascita di aggregazioni come Filterkit. Ne parla il presidente di Confindustria Padova Massimo Pavin Francesca Druidi

n modello di aggregazione teso allo sviluppo di prodotti e servizi innovativi che mira a non disperdere le conoscenze e a riposizionare in maniera strategica le imprese in settori tecnologicamente avanzati. A proporlo è Filterkit, la prima rete di imprese per l’innovazione in Italia, coordinata da Confindustria Padova. «Venticinque piccole e medie imprese subfornitrici della meccanica avanzata hanno dato vita a un sistema di 1.000 addetti e 190 milioni di fatturato aggregato – spiega il presidente degli industriali padovani, Massimo Pavin – in grado di presidiare l’intera catena del valore e di gestire in modo integrato le commesse per puntare ai settori aerospaziale, energia e logistica industriale». È quindi l’aggregazione la strada per uscire dal tunnel e imboccare una ripresa più solida? «È certamente una delle strade, insieme a innovazione e presidio di nuovi mercati. L’intensità della crisi ha accelerato il salto culturale e oggi l’aggregazione appare sempre più necessaria per superare i limiti del “piccolo”, creare cluster industriali o sistemi territorio specializzati, capaci di generare innovazione e di allargare le opportunità di business in settori avanzati inaccessibili alla singola impresa, e su scala internazionale. Ma ciò richiede un cambio di mentalità che deve essere promosso anche dalle associazioni. Grazie al coordinamento di Confindustria Padova è nata, appunto, Filterkit: il primo risultato operativo è stata la partecipazione a

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un progetto dell’Agenzia spaziale europea. Le imprese del network si sono trasformate da imprese terziste a fornitori globali di soluzioni». Quali sono i settori che possono più velocemente riacquistare competitività e quali le prospettive per la fine del 2011? «A Padova il profilo della produzione nel terzo trimestre 2011 (+3,9%, +5% la media dei primi nove mesi) resta decisamente migliore della media nazionale, ma conferma il progressivo rallentamento che nelle previsioni degli imprenditori dovrebbe proseguire a fine anno. Ci sono performance che confermano la vitalità del tessuto produttivo, come l’aumento delle esportazioni, che nei primi sei mesi mettono a segno un robusto +19,6%. Ma l’appannamento globale si farà sentire e dobbiamo prepararci a puntare su quei mercati dove più intensa è la domanda. Difficile individuare i settori che andranno meglio di altri. La lezione della crisi è che, indipendentemente dal settore e dalla dimensione, competono e crescono le aziende focalizzate sul proprio business, concentrate sull’innovazione e la conoscenza, proiettate sui nuovi mercati, integrate in reti e filiere lunghe, aperte all’apporto di capitali e competenze esterne. È uno sforzo che va sostenuto da una politica economica adeguata.

Massimo Pavin, presidente Confindustria Padova. A fianco, presentazione della Rete Filterkit


Massimo Pavin

Le riforme per la crescita costituiscono la priorità, insieme al risanamento dei conti dello Stato. Sappiamo cosa c’è da fare, a cominciare da una riforma fiscale per lo sviluppo che riduca il prelievo su lavoratori e imprese, recuperando le risorse da spesa improduttiva, riforma delle pensioni, lotta all’evasione. Facciamolo subito». Ha mostrato preoccupazione riguardo alla situazione del credito. Che segnali stanno emergendo? «La tempesta dei mercati e il rischio Italia sono arrivati alle aziende sotto forma di credito più selettivo e di rapido innalzamento degli spread applicati dalle banche, in certi casi triplicati in pochi mesi. Da una nostra indagine è emerso che per il 51,2% delle piccole e medie imprese padovane il rapporto con gli istituti di credito è peggiorato negli ultimi sei mesi. Il 75% lamenta tassi più alti e prestiti bancari più cari. Ciò significa spiazzare un tessuto produttivo intento a ristrutturarsi, rifinanziare il patrimonio e ricostituire le scorte. Dobbiamo scongiurare il rischio di un credit crunch, recuperare la dimensione qualitativa del rapporto banca-im-

presa perché non manchi il sostegno a chi rischia, esporta, innova. Quello che chiediamo alle banche è di non chiudere i rubinetti in maniera indiscriminata, come fecero tre anni fa, anche se adesso fanno fatica anche loro ed è chiaro che saranno molto più prudenti». La stessa Confindustria Padova è impegnata in un processo di ottimizzazione delle risorse e razionalizzazione dei servizi. «Razionalizzazioni operative ed economie di scala sono richieste oggi con pressante urgenza non solo alle aziende private, ma anche alle loro associazioni di rappresentanza e alle società ad esse riferite. Quello che stiamo facendo è riorganizzare tutto il sistema associativo, considerando parte di un unico sistema integrato Confindustria Padova e le società controllate, Fòrema (formazione), Sapi (servizi alle imprese), Assindustria Sport, con un unico modello di governance e una riduzione dei costi che libererà risorse da destinare a nuovi servizi, consulenza e rappresentanza degli imprenditori associati. Insomma, l’associazione sta diventando più snella, efficiente e innovativa per essere ancora più vicina alle imprese in questa difficile transizione».

25 IMPRESE Numero di aziende terziste protagoniste di Filterkit, Rete di imprese per l’innovazione

190 mln FATTURATO Ammontare del fatturato aggregato delle aziende che hanno dato vita al comune marchio Filterkit

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FOCUS PADOVA

Riqualifichiamo Padova La dotazione commerciale rappresenta un patrimonio da salvaguardare, soprattutto di fronte all’odierna crisi dei consumi. Fernando Zilio, presidente di Ascom Confcommercio Padova individua alcune possibili strategie per valorizzare la città e il suo commercio Francesca Druidi

n base ai dati diffusi dalla Camera di Commercio di Padova, relativi al secondo trimestre 2011, il commercio al dettaglio mostra ancora una dinamica in parte negativa, registrando un calo del fatturato dell’0,4% e dell’occupazione pari all’0,2%, da attribuire in entrambi i casi alla diminuzione intervenuta nella piccola-media distribuzione. A bilanciare il quadro è però l’attenuazione del trend negativo rispetto al trimestre precedente e, soprattutto, il fatto che a

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Fernando Zilio, presidente di Ascom Confcommercio Padova

Padova l’andamento del settore risulti comunque migliore se paragonato a quello registrato in altre province del Veneto. «Padova può contare su un bacino di clientela potenziale composto da un notevole numero di dipendenti pubblici, carabinieri e militari, oltre al grande complesso ospedaliero e all’Università. Padova è una delle città più commerciali d’Italia. Il comparto in qualche modo regge, ma la


Fernando Zilio

crisi si fa sentire anche qui». È il presidente di Ascom Confcommercio Padova Fernando Zilio a fare il punto sulla situazione, illustrando le principali iniziative per risollevare il settore. Quali misure sta adottando o adotterà Ascom Confcommercio per fronteggiare questo scenario? «Come associazione stiamo puntando sulla qualificazione. Abbiamo di recente presentato a Urban Promo il progetto di marketing urbano elaborato insieme alla Confcommercio nazionale che sottoporremo al Comune: il piano riguarda nello specifico lo spazio che, da via Beato Luca Belludi, si estende fino all’area museale e prevede il monitoraggio di tutte le attività commerciali interessate, valutando caso per caso gli elementi da modificare o eventualmente da introdurre per rendere l’attività coerente al percorso studiato. L’obiettivo è quello di puntare sulla formazione e sulla collaborazione con la gestione comunale per migliorare determinate zone. L’area centrale delle vie dello shopping e delle grandi firme procede in maniera autonoma, fa storia a sé, ma intorno a questa vi sono aree che hanno bisogno di essere qualificate. Così come vanno riqualificate la prima periferia, dotata di molte attività commerciali, e la seconda periferia, dove i Comuni della cerniera compongono di fatto una realtà molto ampia, non solo residenziale ma dalla spiccata vocazione commerciale». Ha parlato di formazione. Svilupperete iniziative specifiche in questo senso? «Insieme a Ca’ Edimar, fondazione benefica orientata al sostegno dei giovani in difficoltà, e all’Associazione dei panificatori abbiamo organizzato una scuola di panificazione e di cucina per incrementare le opportunità di inserimento occupazionale dei giovani, indirizzandoli verso le botteghe. Crediamo molto, infatti, nei negozi di vicinato che vanno protetti, difesi e aiutati, anche in virtù del tipo di servizio che offrono alla clientela. È attraverso la formazione che ci prefiggiamo di aiutare i commercianti a sopravvivere». La crisi tocca in particolare il settore del non alimentare. «Sì, l’alimentare ancora regge, anche se certa-

Tra modernità e tradizione Come si declina l’accoglienza oggi al Caffè Pedrocchi, luogo simbolo di Padova. Lo spiega Roberto Turrin a festeggiato nel 2011 i suoi 180 anni in occasione dell’anniversario del centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Inaugurato nel 1831, il Caffè Pedrocchi ha identificato il centro culturale, politico, universitario, scientifico, giornalistico e nobile patavino, restando anche oggi un importante punto di riferimento per la città. «L’attività del Caffè si è necessariamente trasformata negli anni – spiega Roberto Turrin, direttore del Caffè e amministratore delegato della Caffè Pedrocchi Srl, fondata nel 2001, che gestisce lo storico locale – manteniamo la vocazione originaria, ma ci siamo adeguati alle attuali esigenze del mercato. Il nostro è un caffè aperto a tutti, che non ha un target preciso in quanto è frequentato indifferentemente dal regista o dall’attore famoso, dai cittadini, dai turisti – italiani e stranieri, per fortuna in crescita in questi ultimi anni grazie al lavoro di promozione svolto dall’amministrazione –, dagli universitari e dalle persone che vivono per diverse ragioni a Padova». Pedrocchi è oggi, infatti, sinonimo di caffetteria, ma anche di ristorante e sede di eventi culturali e mondani, di conferenze, esposizioni e concerti, sfruttando spesso il celebre piano nobile del locale. «Non potremmo sopravvivere di sola caffetteria. Le problematiche, anche strutturali, nella gestione di un locale di questo tipo sono molte, soprattutto in un momento di crisi come quello attuale. Il Caffè degli Specchi di Trieste ha chiuso, così come il Bar Biffi di Treviso. La disponibilità di spazi per l’organizzazione di eventi costituisce per noi un valore aggiunto imprescindibile». Tra gli appuntamenti realizzati nel 2011, oltre ai momenti jazz si segnalano “L’Italia al Caffè”, un programma di intermezzi teatrali, e il progetto enogastronomico “150 sapori d’Italia – percorso goloso sulle orme di Garibaldi”: occasioni capaci di restituire il forte legame esistente tra la storia del locale e quella del Risorgimento.

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XXXXXXXXXXX FOCUS PADOVA

Il valore dell’artigianalità Un secolo di storia dell’attività della famiglia Callegari raccontato da Elisabetta Callegari n principio è stata la bottega di Giuseppe Callegari, orefice e orologiaio, aperta a Padova nel 1909. Ne ha seguito le orme il figlio Roberto, che l’ha trasformata in una vera e propria gioielleria sartoriale. Diamanti, argenti, perle, pietre preziose e gioielli antichi che, attraverso lavorazioni artigianali accurate, diventano pezzi unici, gioielli su misura apprezzati anche a livello internazionale. Oggi affiancano Roberto Callegari, e la moglie Marisa, i suoi quattro figli, ai quali ha saputo trasmettere positività e passione per questo lavoro. «Io, mia sorella Paola e i miei fratelli Giuseppe e Andrea, formiamo con i nostri genitori un team di successo, dove ognuno segue la propria inclinazione personale per offrire il miglior contributo possibile all’attività», racconta la primogenita Elisabetta, premiata quest’anno dalla Women’s Jewelry Association. Raggiunto il traguardo dei cento anni di attività, la storica boutique di via S. Fermo si è rinnovata, ma la tradizione all’accoglienza è rimasta intatta: «Il nostro segreto è coinvolgere la clientela, spesso straniera, assisterla nell’acquisto per tutte le fasce di prezzo. Abbiamo, inoltre, rinnovato Galleria Davila 8, uno spazio dedicato alla ricerca, all’esposizione delle novità e alla scoperta di nuovi artisti». Come sottolinea Elisabetta Callegari, oggi bisogna sapersi muovere bene nei confronti della clientela, sfruttare internet, gestire dinamiche globali sempre più complesse e far fronte alla progressiva scomparsa del sapere artigiano. «L’artigianalità italiana, anche e soprattutto in questo specifico settore, costituisce un patrimonio apprezzato da tutti nel mondo e il nostro lavoro di disegnatori e gioiellieri ne è profondamente imbevuto. Sempre più viene riconosciuto il valore intrinseco ma anche affettivo di un gioiello, che spesso accompagna i momenti più importanti della nostra vita».

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mente i consumatori prestano molta più attenzione a ciò che acquistano rispetto al passato. A essere penalizzati sono in particolare l’abbigliamento, le calzature e lo svago. Padova è caratterizzata da un’offerta di acquisto molto sviluppata e articolata, che oggi però si trova a dover affrontare una pesante crisi dei consumi. Stiamo appunto facendo leva sulla qualificazione per riuscire a gestire al meglio le criticità ed evitare così il turn over delle attività commerciali o, peggio ancora, il depauperamento del patrimonio di negozi della città, la quale deve rimanere ciò che è sempre stata: la prima realtà commerciale del Veneto. Ci impegneremo ancora di più per conservare questa vocazione. Ritengo che la Regione dovrebbe, inoltre, investire maggiormente nei centri storici attraverso finanziamenti destinati all’arredo urbano, alla riqualificazione e a tutti quei servizi necessari al sistema del commercio». Cosa si attende dalla realizzazione del nuovo centro congressi di Padova? «Si tratta di un progetto che Ascom per prima ha voluto fortemente, rimarcandone la centrale importanza per la crescita della città. Inoltre, con la Dmo (Destination management organization), la nuova struttura nata a Padova grazie alla presidente della Provincia Degani e al presidente della Camera di Commercio Furlan, possiamo contare su una cabina di regia della governance del turismo padovano. Con l’esperto spagnolo Josep Ejarque, che si è occupato di destination management e destination marketing a Barcellona e Torino, stiamo ripensando e riorganizzando il sistema del turismo padovano. Crediamo molto in questo comparto, nel centro congressi e credevamo anche nell’Auditorium: sarebbe un peccato non farlo in quanto opera in grado di valorizzare Padova».



AVVOCATI D’IMPRESA

Meno leggi e più certezze Dinanzi alla crisi, gli imprenditori italiani si rimboccano le maniche alla ricerca di soluzioni più incisive rispetto a quelle offerte dalla politica e dai legislatori. E aumentano le loro aspettative nei confronti dei consulenti di fiducia. L’analisi di Giorgio Spanio Andrea Moscariello

umentano esponenzialmente gli iscritti ai corsi di giuristi di impresa. Le aziende italiane cercano sempre di più una figura, da collocare stabilmente all’interno del loro organico, in grado di gestire e monitorare i contratti, le insolvenze, le contestazioni e, soprattutto, di prevenire l’insorgere di contenziosi. Quest’ultimo in particolare è il punto focale su cui concentrarsi. Gli

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Giorgio Spanio, socio fondatore dello studio legale Pirola, Pennuto, Zei & Associati giorgio.spanio@studiopirola.com

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imprenditori sanno bene che i problemi legali si risolvono preventivandoli; la macchina della giustizia italiana è infatti ancora troppo lenta e farraginosa dinanzi alle esigenze economiche e temporali di chi opera sul mercato interno e, ancora di più, su quello internazionale. Ma la presenza sempre più diffusa di questi esperti rischia di creare confusione tra ruoli. L’esperto giurista non è infatti un sostituto dell’avvocato d’impresa. «Se si lavora bene e si sta al fianco dell’imprenditore, sia nei momenti migliori che in quelli di difficoltà, quest’ultimo non vorrà fare a meno di un consulente fedele e preparato». A spiegarlo è Giorgio Spanio, affermato avvocato di numerose realtà imprenditoriali, socio fondatore dello studio legale Pirola Pennuto Zei & Associati. «Le aziende hanno bisogno di certezze, viepiù in un contesto economico e di mercato quale è quello in cui stiamo vivendo. L’imprenditore, poi, cerca in tutti i modi di tagliare i costi al fine di mantenere la sua competitività». E i professionisti non sono esclusi da questi tagli. Ecco perché, come spiega Spanio, «il loro compito è soprattutto quello di dimostrare il loro valore, la loro indispensabilità». Dalla sua esperienza, come può strutturarsi un’impresa affinché il rapporto tra il suo giurista interno e l’avvocato di fiducia risulti costruttivo? «Non esiste una “ricetta magica”. Il giurista interno si rivolge, quasi sempre, a professionisti di sua fiducia, possibilmente inseriti nella stessa struttura, onde evitare troppi riferimenti e


Giorgio Spanio

quindi perdite di tempo nonché di efficienza. Per quanto ovvio, nella prescelta associazione esterna ci devono essere le professionalità richieste dall’azienda, in caso contrario essendo necessario ricercare i migliori consulenti nelle specifiche materie coinvolte. Bisogna sapersi guardare intorno e, soprattutto, non considerare solo il costo, perché un bravo professionista difficilmente è a buon mercato». Nonostante l’esigenza, acuita dalla crisi, l’Italia si dimostra ritardataria nel consegnare a ogni settore produttivo una legislazione organica, capace di durare anni e di garantire certezze a lungo termine. In futuro la situazione crede migliorerà sotto questo profilo? «Lo spero ardentemente. È da tempo che auspico una minor burocrazia, una legislazione più snella e organica nonché un diverso rapporto tra Pubblico e privato. Sembra però che in questo Paese nulla possa cambiare e anche le ultime vicende paiono confermare questa mia opinione. Malgrado l’Italia sia in crisi e sotto attacco, la politica non sembra aver del tutto compreso la situazione, altrimenti ci sarebbe più disponibilità da parte di tutti. Così non è, e ogni giorno che passa il baratro si avvicina. Mi ribello a una sentenza che pare già scritta, perché l’Italia è un grande Paese, a dispetto della politica e della situazione economico-finanziaria che sta attraversando. In fin dei conti siamo 40 milioni di contribuenti e con una media di 10mila euro per cittadino, fatto un dovuto distinguo in base al reddito, il nostro debito pubblico scenderebbe di 400 miliardi, che non pare poco, ancor più di questi tempi in cui l’Europa ci ha chiesto a breve “solo” 100 miliardi di riduzione del debito». Più facile a dirsi che a farsi. «Sarebbe però una bella risposta da dare al mercato, che aspetta da tempo un segnale importante dagli italiani più che dalla politica, in cui ripone ormai poca fiducia. E questo senza per ora sacrificare patrimonio pubblico mobiliare o

Nella ricerca di un avvocato di fiducia, le imprese devono sapersi guardare intorno e, soprattutto, non considerare solo il costo, perché un bravo professionista difficilmente è a buon mercato

immobiliare, altrimenti il risultato sarebbe migliore in termini di riduzione del debito. E credo che tutti gli italiani preferirebbero versare un importo una tantum, purchè questa somma serva a ridimensionare il debito del Paese, piuttosto che vedere reintrodotta un’imposta come l’ICI». Quali sono i primi nodi da sciogliere per le imprese? «Non vi è dubbio che la questione del lavoro, insieme a quella del debito pubblico, rappresenta uno degli ostacoli più difficili da superare. I disoccupati, i cassaintegrati, i precari e i giovani chiedono un futuro, lo pretendono, non potendo esistere una vita senza lavoro. Va però anche detto che non ci possono essere, nella situazione che stiamo vivendo, troppi veti, lacci e lacciuoli, altrimenti si rischia di non fare nulla. Lo statuto dei lavoratori è importantissimo,

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AVVOCATI D’IMPRESA

Lo statuto dei lavoratori è una pietra miliare, ma non è immodificabile. I tempi sono cambiati, la competizione ora è internazionale

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oserei dire una pietra miliare, ma non è immodificabile. I tempi dal 1970 sono cambiati, la competizione non è più solo interna, ma internazionale, e pertanto anche le leggi e la struttura dello Stato devono essere modificate, per stare al passo». E se ciò non accade? «Diversamente, dobbiamo rassegnarci ad essere un Paese di serie B, ma francamente, al pari di tantissimi italiani, questo non lo accetto. Tutti assieme e uniti possiamo fare tanto, per cui proviamoci! Come dicono il Capo dello Stato e il nuovo Presidente del Consiglio, basta liti, basta contrasti, basta posizioni di principio. In ballo c’è il futuro del Paese e quello dei nostri figli, ai quali non possiamo lasciare un’Italia ridotta in queste condizioni solo perché non vogliamo intervenire in merito a determinati vantaggi e/o privilegi acquisiti per non perdere consenso». Parliamo del Veneto che, nonostante la congiuntura, registra un incremento dell’export, nel primo semestre, pari al 14%. Quali suggerimenti legali si sente di fornire a tutte quelle imprese che intendono affrontare l’avventura dell’internazionalizzazione? «I nostri imprenditori non hanno bisogno di consigli. Da tempo sostengo che sono tra i migliori al mondo. In tutte le situazioni di crisi si sono tirati su le maniche e, assieme ai loro dipendenti e ai loro collaboratori, hanno sempre tenuto alta la bandiera del nostro Paese. Purtroppo non sono stati molto aiutati, altrimenti avrebbero fatto di più. Parole come delocalizzazione, che gradisco poco, e come internazionalizzazione, che invece mi piace, sono ben note ai nostri imprenditori, che sono già presenti in tutti i paesi. Solo che non basta approcciare un mercato per conquistarlo, ancor più se in quello stato ci sono barriere in entrata o aiuti a favore degli indigeni. Il nostro Paese può e deve fare di più per l’impresa, così come auspicato da Confindustria. In caso contrario sarà molto difficile competere a livello globale e assistere a quella ripresa da tutti auspicata».


Giorgio Spanio

Le aziende, per restare competitive, devono anche affrontare un passaggio generazionale molto più delicato rispetto al passato. «Il passaggio generazionale e la successione sono un problema, in particolare nelle aziende medio-piccole. Il legislatore e i professionisti si sono posti questo problema da tempo, tant’è vero che se ne sono attivamente occupati, soprattutto negli ultimi anni. Gli strumenti a disposizione per risolverlo sono tanti, pensiamo ad esempio al trust o alla private insurance. Il fatto è che devono essere utilizzati con l’aiuto di consulenti esperti, anche per ciò che concerne le questioni di fiscalità nella donazione e successione nel patrimonio di famiglia. Anche in questo settore auspico un po’ di certezze in più e qualche legge in meno». Il 2012 è alle porte, qual è la sua visione per il nuovo anno? «Non posso nascondere la mia grande preoccupazione per la grave situazione dell’Italia, che sembra incapace di reagire di fronte alle avversità. Sono però un inguaribile ottimista e credo molto, nonostante tutto, negli italiani, negli imprenditori, nelle banche, nelle istituzioni del nostro Paese. Il vero problema, per me, sono i continui scandali e il forte conflitto che esiste al nostro interno tra destra e sinistra, tra Nord e Sud, tra sindacato e impresa. Met-

tere d’accordo Vendola e Casini non mi pare francamente possibile. Quindi, lasciamo perdere l’impossibile e cerchiamo di fare qualcosa di valido per il Paese finchè ce ne lasciano il tempo. Non molto ancora, a mio parere». Dunque per prima cosa risolvere i conflitti. «Se non saremo uniti, se non saremo avversari corretti e obbiettivi, se non supereremo assieme le diversità attraverso il dialogo e il confronto, anche acceso, ma mai sleale e di principio, il futuro non potrà che essere buio e pieno di buche, anche perché il mondo e il mercato non ci aspettano. Non hanno più pazienza con noi, anche perché ritengono, a mio parere con ragione, che l’Italia abbia gli strumenti per poter modificare rapidamente la situazione. Un passo indietro da parte di tutti sarebbe la prima cosa da fare. Tante piccole rinunce a cominciare dai politici e dai loro privilegi (ma non a parole), per dare agli italiani, soprattutto ai più giovani, una speranza, un lavoro, una famiglia. Occorre mettere di nuovo i piedi sui pedali e le mani sul manubrio per poi, a testa bassa, pedalare e faticare in gruppo, facendo però come Coppi e Bartali quando si passavano la borraccia in corsa. Nemici, solo per la gara, ma leali, perché il vero obiettivo è che alla fine vinca l’Italia». PADOVA 2011 • DOSSIER • 93


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’industria pesante punta sulla flessibilità Nella realizzazione di componenti per il petrolchimico e il metallurgico si nota una certa ripresa, ma competere con i Paesi emergenti è ancora una sfida difficile da vincere. Il punto di Otello Granziero Belinda Pagano

ggi tutte le imprese che intendono mantenersi sul mercato e non soccombere alla crisi devono adeguarsi ai tempi e contrastare la concorrenza proveniente soprattutto dai mercati emergenti come India e Medio Oriente. Otello Granziero, direttore generale dell’omonima azienda della provincia di Padova leader europea nella costruzione e progettazione di apparecchiature a pressione per il settore petrolchimico, spiega come non sia facile riuscire a rimanere al passo coi tempi e quali sono state le strategie per far fronte a questa crisi economico-industriale degli ultimi due anni. Emergere nel mercato internazionale in un difficile periodo storico come quello at-

O Da sinistra, Giuliano, Otello e Andrea Granziero, rispettivamente responsabile acquisti, direttore generale e assistant manager della Granziero Spa di Albignasego (PD). Nella pagina accanto, alcune apparecchiature costruite dall’azienda www.granziero.it

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tuale non è semplice. Qual è la filosofia che muove il lavoro della Granziero? «La concorrenza soprattutto nel nostro campo, è ampia e ben organizzata. La nostra forza è stata quella di essere malleabili, di poter adeguare il ciclo produttivo in base alle richieste di mercato e alle necessità dei clienti. Siamo ancora in periodo di forte crisi industriale e siamo di fronte a una situazione di stallo che non avevamo mai registrato in quarant’anni di attività, ma la nostra carta vincente è stata quella di riuscire ad adattarci a situazioni differenti. Siamo riusciti a comprendere le reali necessità, a capire quali fossero le maggiori richieste di mercato su cui puntare e ci siamo adattati lasciando invariato il fattore qualità». Ma all’orizzonte si intravede una ripresa? «Ultimamente si percepisce una lenta ripresa e ci stiamo armando di forti speranze. Nella realizzazione di reattori, recipienti a pressione, cicloni reattori e rigeneratori e colonne ci si impegna in trattative commerciali su diversi fronti, ma la situazione economico-politica mondiale non permette alle società di ingegneria con le quali collaboriamo di accelerare i tempi. Non dipende quindi solo da noi». Dal 1974 a oggi, considerati i molteplici cambiamenti che hanno interessato ogni ambito e settore, quali sono state le principali tappe evolutive della Granziero in termini di crescita produttiva, internaziona-


Otello Granziero

lizzazione d’impresa e disponibilità delle tecnologie? «Le evoluzioni sono state molteplici e ovviamente hanno seguito passo dopo passo l’avanzamento delle scoperte tecnologiche che oggi sono divenute quasi quotidianità, permettendoci di entrare in contatto con realtà sempre diverse verso una costante crescita produttiva. Negli anni infatti abbiamo dovuto affrontare settori e necessità differenti rispetto all’ambito iniziale, portandoci così a conoscere e a collaborare con aziende estere. Abbiamo abbandonato il mercato riferito alla carpenteria vera e propria per entrare nel mondo della caldareria, dapprima costruendo filtri necessari alla potabilizzazione dell’acqua per poi, grazie a un continuo studio e sviluppo tecnologico, approdare al mondo del petrolchimico e delle raffinerie petrolifere». In queste sostanziali evoluzioni, anche le risorse umane sono cambiate? «Uno dei miei più importanti successi è quello di avere collaboratori cresciuti con me e che hanno raggiunto l’età della pensione al mio fianco senza avere mai cambiato posto di lavoro. Anche i miei figli ritengono questa sia una grande conquista, un’immensa soddisfazione e una caratteristica che cercheranno di fare loro per il futuro dell’azienda». I progressi della tecnologia invadono ogni circuito economico-produttivo a volte pre-

Nella realizzazione di serbatoi, reattori, scambiatori di calore, recipienti a pressione, ci si impegna in trattative commerciali su diversi fronti

scindendo dal diretto intervento dell’uomo. Come si interfaccia la vostra azienda su questo argomento? «Ovviamente lo sviluppo ha portato grandi vantaggi a un’azienda come la nostra, tuttavia nel nostro settore è impossibile prescindere dall’intervento diretto dell’uomo per quanto riguarda la parte produttiva. Questa è una necessità indispensabile poiché abbiamo sì la possibilità di effettuare saldature con macchine a controllo numerico ma la presenza dell’operatore deve essere costante. L’esperienza individuale e le varie capacità d’intervento rimangono dunque parte fondante della nostra attività».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Meno polveri sottili grazie alla rigenerazione dei filtri Nata nel 1954, Imasaf, azienda produttrice di silenziatori per auto, è impegnata a sviluppare e promuovere soluzioni per ridurre le emissioni di polveri sottili per migliorare la qualità dell'aria. Beniamino Sgarbossa presenta i nuovi progetti in materia di filtri antiparticolato Emanuela Caruso

i anno in anno, le normative in materia ambientale, in particolare quelle relative alle emissioni di polveri sottili, si fanno sempre più rigide e gli ormai obsoleti limiti vincolanti fissati nel 2008 per le emissioni di particolato o PM2.5 sono stati surclassati dalla nuova normativa entrata in vigore quest’anno, che impone ai paesi dell’Unione Europea di ridurre del 20% entro il 2020 l’esposizione alle polveri sottili prodotte da autovetture e camion nelle aree urbane. Anche per far fronte alle emissioni di PM10, che causano circa 6mila decessi ogni anno, sono già in cantiere nuove norme, la cui data di uscita è prevista per il 2013. Il loro obiettivo specifico sarà quello di portare l’Euro 6 nel settore del trasporto pesante, manovra che a sua volta porterà a una diminuzione dell’88% delle emissioni di monossido di carbonio e del 98% dei particolati. A muoversi per il miglioramento dell’aria che respiriamo non è solo l’Unione Europea, ma anche molte aziende estere e italiane, tra le quali spicca la Imasaf, nata nel 1954 e sita a Cittadella e operante nel settore delle marmitte e dei catalizzatori per autoveicoli. «Come il mercato odierno – spiega Beniamino Sgarbossa, titolare dell’impresa –, anche la nostra società pone grande attenzione alla tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo. Ecco perché, per intervenire in maniera

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concreta, abbiamo sviluppato e brevettato un rivoluzionario sistema per la rigenerazione dei filtri antiparticolato volto proprio alla rimozione del PM10 dal nuclo poroso del filtro». Nell'ottica di offrire un servizio sempre più competitivo ed efficiente nell'ambito degli impianti di scarico, Imasaf ha studiato e realizzato anche un altro progetto in collaborazione con l'azienda svizzera la Hugfiltersystem. «Con i tecnici della Hug abbiamo prodotto un kit di montaggio per silenziatori con incorporati filtri antiparticolato in grado di trasformare un veicolo Euro 0, 1, 2, 3 in Euro 5, intervenendo così sulla diminuzione dell'inquinamento sia da polveri che quello acustico. Questi kit sono destinati ad autobus e veicoli industriali e si installano in poche ore e senza saldature. Il kit per la trasformazione ed il servizio per la ri-

Imasaf ha la sua sede a Cittadella (PD) www.imasaf.it


Beniamino Sgarbossa

I vantaggi della nuova tecnologia per la rigenerazione dei filtri antiparticolato sono molteplici, la rapidità, il risparmio di oltre il 50% sul costo del filtro nuovo e la qualità superiore della pulizia rispetto ai metodi tradizionali con un risultato sicuro e certificato

generazione dei filtri antiparticolato, sono disponibili in esclusiva presso i concessionari Imasaf. Il nostro obbiettivo è diventare un valido punto di riferimento per tutte le soluzioni in materia di filtri antiparticolato per auto, autubus e camion». Grazie alle sue tecnologie avanzate e innovative e alla qualità del servizio e dei prodotti, la Imasaf è diventata un punto di riferimento per il settore automobilistico italiano ed estero. «Svolgiamo questo mestiere da più di cinquant’anni e la passione, la cura, il desiderio di riuscire sono rimasti gli stessi che ci hanno guidato all’inizio della nostra avventura. Ogni giorno produciamo 7mila marmitte, di cui quasi la metà è destinata al mercato nazionale, organizzato con 15 concessionarie e 9 depositi in grado di servire e assistere i ricambisti di tutta Italia, e il ri-

manente va al mercato internazionale, dove il nostro sbocco distributivo più importante è sicuramente la Germania, seguita poi da varie altre zone quali Stati Uniti, Serbia, Francia e Spagna; e ancora Portogallo, Austria, Grecia, Svizzera, Australia e Russia. La Imasaf, nel corso dei tanti anni di attività, si è specializzata anche nella lavorazione e fornitura delle marmitte per auto d’epoca, mantenendo in questo modo un filo diretto con il suo passato e le sue origini. «Il nostro lavoro – commenta Beniamino Sgarbossa – è un continuo esercizio di miglioramento, una costante visione a 360 gradi che ci porta a interessarci tanto degli impianti di scarico di serie quanto di quelli sportivi, per arrivare poi a quelli artigianali. Il metodo con cui lavoriamo le marmitte d’epoca è simile a quello di produzione di un abito sartoriale, fatto su misura, dove il pregio della lavorazione artigianale di ogni singolo pezzo si somma alla capacità di garantire standard qualitativi elevati. Spesso è proprio insieme al cliente che ideiamo e modelliamo veri pezzi da collezione». Il merito del successo e della qualità dei prodotti Imasaf, oltre che alla passione del personale esperto e qualificato, è da attribuire anche alle tecnologie e al servizio offerto ai clienti. «Ci avvaliamo dell’ausilio di macchinari all’avanguardia quali robot per la saldatura, curvatubi a controllo numerico, linee automatiche per il taglio e presse per lo stampaggio. Inoltre, per poter essere in grado di evadere in tempo reale qualsiasi tipo di ordine, disponiamo di un vasto magazzino contenente 10mila articoli destinati alla pronta consegna». PADOVA 2011 • DOSSIER • 97


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Aumenta il rendimento, diminuiscono i consumi Le novità nel settore dei compressori d’aria. Rotativi a giri variabili. La chiave di volta di molti impianti produttivi oggi è disponibile con una maggiore potenza a fronte di un minore assorbimento di risorse. Ne parla Giuseppe Collavo Manlio Teodoro

aria compressa è fondamentale per molte aziende, come lo sono la corrente elettrica e l’acqua. Senza aria compressa tutte le produzioni si fermano. Una delle ultime novità in questo campo sono i compressori rotativi a vite serie R, prodotti da Ingersoll Rand. Questi macchinari, disponibili con potenze da 45 a 160 kW, uniscono la massima affidabilità a una grande efficienza produttiva. Grazie alla tecnologia Pac (Progressive Adaptive Control) la

L’ La Ati Compressori ha sede a Cittadella (PD) www.aticompressori.it

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macchina monitora continuamente i parametri operativi principali e previene i tempi di fermo macchina. Questo si traduce in un elevatissimo risparmio energetico e, di conseguenza, economico. La Serie R è disponibile sia con velocità fissa che variabile, monostadio e bistadio, in modo da adattarsi al meglio a qualsiasi esigenza produttiva. Questo prodotto – insieme a qualsiasi tipo di attrezzatura pneumatica come chiavi a impulso, elettrovalvole, sabbiatrici e accessori per la sabbiatura, impianti d’aria e gruppi elettrogeni – è fra quelli commercializzati da Ati Compressori, distributore con un’esperienza trentennale del mercato. «L’americana Ingersoll Rand – spiega Giuseppe Collavo, amministratore della società – è il nostro fornitore principale, un leader nel settore dell’aria compressa da 135 anni – ne siamo i concessionari da oltre 35 anni». Questa importante partnership ha fatto raggiungere ad Ati i primi posti nella vendita di compressori in Europa. «La nostra scelta di compressori raccoglie una gamma di prodotti accomunati da una spiccata capacità a livello performativo e da una tecnologia all’avanguardia, ideata per durare nel tempo. La vasta disponibilità di compressori e ricambi è uno dei nostri punti di forza. Insieme alla capacità di consigliare il modello di macchina migliore per chi dovrà usarla, creando delle soluzioni personalizzate per ottimizzare la


Giuseppe Collavo

produzione». Le ultime novità del settore, oltre alla serie R di Ingersoll Rand, sono i compressori a giri variabili Nirvana. Questi macchinari hanno un funzionamento rivoluzionario rispetto ai compressori della concorrenza: grazie alle bobine elettromagnetiche presenti nel motore si esercita una forza magnetica tra lo statore e la serie di magneti permanenti sul rotore, provocando la rotazione a velocità variabile. «Ciò assicura al cliente un risparmio energetico di più del 30% sui consumi energetici per l’intera vita del compressore. A conferma della qualità di questa incredibile centrale d’aria compressa, offriamo ai nostri clienti una garanzia totale di cinque anni che copre tutti i costi». Ati Compressori progetta anche impianti di distribuzione dell’aria ad altissimo rendimento e bassa perdita di carico, studiati fin nei minimi dettagli, anche tramite analisi mirate al rilevamento dei consumi.

I compressori a giri variabili, all’avviamento, assicurano un’efficienza massima del 97% e la mantengono a tutti i regimi

Inoltre offre un puntuale servizio di assistenza, concentrata prevalentemente nel Triveneto. «Ripariamo compressori e accessori di tutte le marche, grazie alla disponibilità di un’officina di oltre 4mila metri quadrati. Abbiamo ottenuto vari riconoscimenti per l’alta qualità e la tempestività sull’assistenza fornita. Poiché siamo consapevoli che la rottura di un compressore possa pregiudicare o bloccare un intero sistema produttivo, offriamo anche un servizio di macchinari a noleggio e disponiamo di un vastissimo parco usato, per coloro che intendono contenere la spese». PADOVA 2011 • DOSSIER • 99


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Alta precisione per l’industria meccanica La realizzazione di cilindri e rulli da stampa richiede lavorazioni precise al centesimo. Ecco perché il ruolo di uno staff tecnico ben preparato e formato è essenziale nel garantire la qualità del prodotto finito. Ne parliamo con Donatella Brandolese Emanuela Caruso

i sono ancora settori del mercato dove le competenze e la professionalità del personale sono più importanti del lavoro svolto da macchinari e tecnologie. Sono quei settori che richiedono controllo continuo delle fasi produttive, massima precisione e conoscenze sempre aggiornate. Fa parte di questa schiera di ambiti lavorativi la meccanica di precisione, che conta di importanti aziende sparse in tutta Italia, tra cui anche la Pam Rollers Factory. Sita a Urbana, in provincia di Padova, è specializzata nella costruzione di cilindri e rulli per macchine da stampa e lavo-

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Donatella Brandolese, responsabile della Pam Rollers Factory di Urbana (PD) www.pamrollersfactory.com

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razioni meccaniche di precisione. «In un mestiere come il nostro – commenta Donatella Brandolese, portavoce della società –, dove vengono realizzati componenti e specifici particolari che saranno poi integrati ad altri macchinari, la competenza del personale è indispensabile, perché sono i nostri operatori a seguire le varie fasi di lavorazione e poi a controllare la qualità e la precisione centesimale di ogni pezzo costruito. Per questo motivo, la nostra azienda investe ogni anno in intensi programmi di formazione e aggiornamento dello staff interno». Come si articola il processo di realizzazione di rulli e cilindri per la stampa? «La prima fase dell’iter produttivo è quella in cui i nostri clienti, ovvero i costruttori di macchine da stampa, ci contattano e ci presentano i disegni dei componenti di cui necessitano. I costruttori che si rivolgono alla Pam Rollers Factory sono per il 60% italiani e per il 40% stranieri, in particolar modo europei, americani e cinesi. Nel momento in cui otteniamo i disegni, li studiamo in maniera approfondita con i clienti in modo da poter trovare eventuali soluzioni migliori, e una volta approvato il progetto, il nostro personale interno altamente qualificato si occupa dello sviluppo e della realizzazione completa dei pezzi». Agli inizi della vostra storia, la Pam Rollers Factory era specializzata nelle lavorazioni di tornitura, fresatura e rettifica. Com’è avvenuta l’evoluzione dell’attività? «La nostra avventura parte più di trent’anni fa


Donatella Brandolese

come impresa artigiana individuale. Ma dato che nel corso degli anni il mercato è cambiato e si è evoluto, per rimanere competitiva la Pam Rollers Factory ha dovuto fare altrettanto. È stato quindi deciso di portare avanti l’attività di tornitura e fresatura per conto terzi, ma di occuparsi anche, e in prevalenza, di altre lavorazioni. È così che siamo passati alla costruzione di componenti meccanici destinati a impianti utilizzati nei settori flexografico, cartario, tessile, plastico e alimentare ed energetico». Uno dei veicoli principali per il successo è la qualità, elemento di assoluta importanza per la vostra azienda e i vostri prodotti. In che modo riuscite a garantirla? «In un settore come il nostro la qualità assoluta si ottiene in un solo modo: realizzando prodotti conformi alle direttive del cliente. Infatti, quando i committenti ci recapitano i disegni dei vari componenti, indicano anche le caratteristiche precise, ad esempio la bilanciatura, che i pezzi devono avere. Il nostro compito è quello di seguire alla lettera le caratteristiche richieste e ottenere così pezzi perfetti. Inoltre, dato che i particolari che realizziamo non sono mai in serie ma diversi l’uno dall’altro, dobbiamo fare attenzione che ogni pezzo segua le proprie norme tecniche, effettuando controlli e verifiche centesimali. Ecco allora che la professionalità del personale entra di nuovo in gioco». Quali ricerche recenti avete portato avanti e quali novità presenta la Pam Rol-

È il personale dell’azienda a dover verificare che le caratteristiche tecniche indicate dai costruttori vengano rispettate in fase di realizzazione del componente richiesto

lers Factory? «Negli ultimi tempi, sempre in collaborazione con i costruttori di macchine da stampa, ci siamo concentrati sullo studio e lo sviluppo di nuovi prodotti, soprattutto in relazione a nuovi materiali utilizzabili. Oggi, infatti, non impieghiamo più solo l’acciaio per i nostri particolari, ma usiamo anche l’alluminio e le fibre in carbonio, che sono più leggere dell’acciaio e creano cilindri e rulli di ottima qualità. La scelta del materiale più adatto viene fatta in fase di studio dei disegni e dipende dall’utilizzo che il costruttore o il cliente finale farà del pezzo. Per quanto riguarda le novità, la più interessante è di sicuro il nostro interessamento nei confronti del settore energetico, per cui da qualche anno realizziamo componenti particolari per il settore dell’energia».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Innovazioni nel trattamento dell’aria Ottenere la migliore qualità possibile dell’aria richiede sistemi sempre più evoluti e tecnologie all’avanguardia. Paolo Gasparini racconta quel progresso tecnologico che vuole migliorare l’ambiente Carlo Gherardini

renta milioni di fatturato, 200 dipendenti, un export pari al 30% della produzione. Sono i numeri della Fast Spa, azienda leader nel settore del trattamento dell’aria, specializzata nella realizzazione di prodotti e componenti destinati agli impianti di climatizzazione, per usi civili, commerciali e industriali. Partita venti anni fa, con sei addetti e una mentalità artigianale, dal “tanta lamiera e tecnologia elementare”, Fast è arrivata a realizzare un prodotto complesso, che si giova di tecnologie avanzate e di componenti specifici per ottenere la migliore qualità dell’aria e quindi il massimo benessere ambientale. «Abbiamo affinato la nostra tecnica concentrandoci inizialmente su prodotti di alta specializzazione come le centrali per gli ospedali e le case di cura, adottando carboni e filtri speciali, soprattutto contro il pericolo della legionella, studiati e testati con la collaborazione del Politecnico di Torino – afferma Paolo Gasparini, amministratore delegato e direttore generale dell’azienda –. Abbiamo poi ampliato la nostra gamma puntando sul benessere ambientale attraverso la capacità di un ricambio ideale dell’aria per grandi cubature e oggi stiamo raccogliendo i frutti di questa politica che ha puntato da sempre sulla qualità e l’innovazione».

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Su quali aspetti avete puntato principalmente per crescere e per piazzarvi sul mercato internazionale? «Siamo partiti con la stessa mentalità artigianale che ha animato i pionieri che, nel dopoguerra, sono stati gli artefici dell’industrializzazione di una zona, “la Bassa”, considerata tra le più povere, con un’economia basata su uno schema sociale ottocentesco legato al lavoro nei campi, che erano proprietà di poche famiglie. Io provengo da quel mondo e la prudenza, l’osservare la realtà per quella che è, non fare mai il passo più lungo della gamba fanno parte

Paolo Gasparini, amministratore delegato e direttore generale della Fast Spa con la moglie Raffaella Riello, presidente dell’azienda, e i figli Lorenzo e Maria Vittoria


del mio Dna. Nel 1991 il boom economicoindustriale era già esploso e la realtà socioeconomica aveva subito la grande trasformazione che è stata definita “il miracolo del Nordest”, ma io e mia moglie Raffaella, che pure proviene da una famiglia di industriali di razza essendo figlia di Giordano Riello, eravamo ben consci che il punto di partenza delle centrali di trattamento dell’aria consisteva nell’assemblare tanta lamiera con l’aggiunta di una tecnologia “elementare”, senza la necessità di grandi capitali iniziali. Mentalità artigianale non significa però mancanza di progettualità, di analisi del mercato o di scarsa attenzione al miglioramento del prodotto. Siamo partiti con prudenza ma con grandi aspirazioni che potevano concretizzarsi solo con il costante affinamento della produzione attraverso la qualità e la ricerca. Così, con la politica dei piccoli passi, siamo arrivati alla realtà di oggi che vede Fast tra le aziende leader nel settore, con 200 dipendenti e il vanto di non avere mai fatto ricorso a licenziamenti per superare le crisi che si sono susseguite a partire dal 2001 e che tutti conosciamo».

Puntiamo sull’alta tecnologia implementata su macchine che diventano sempre più complesse per ottenere la migliore qualità dell’aria

Proprio in tema di crisi, come è riuscita Fast a tenere il mercato con la difficile congiuntura degli ultimi anni? «Proponendo macchine realizzate sempre più “su misura”, affiancando il cliente nella scelta e uscendo dalla mentalità del prodotto standard buono per tutte le soluzioni. Ci siamo inoltre impegnati nella ricerca della massima efficienza, anche in termini di recupero di energia, puntando sull’alta tecnologia implementata su macchine che diventano sempre più complesse per ottenere la migliore qualità dell’aria. Il benessere ambientale dipende da un mix non sempre facile da raggiungere poiché oltre alla pulizia dell’aria bisogna fare i conti con l’umidità ideale, che varia a seconda delle situazioni, oltre ovviamente a dover creare

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

CHI È FAST F

ast Spa fornisce prodotti innovativi, conformi a tutti gli standard previsti dalle normative esistenti, che nascono da progetti di alta specializzazione destinati agli impianti di climatizzazione, sia per usi civili che commerciali e industriali. In crescita continua in Italia e all’estero, Fast capitalizza al massimo il patrimonio di esperienze, conoscenze, sensibilità di mercato e attenzione alle esigenze del cliente. Le macchine e i loro componenti vengono testati in laboratori adeguatamente attrezzati, al fine di dare al cliente la massima sicurezza sull’efficienza del prodotto acquistato. Le certificazioni di qualità Vision 2000, Iso 14001 e la certificazione Eurovent rappresentano una sicura garanzia della massima attenzione alla qualità dell’azione imprenditoriale in ogni funzione aziendale. Particolare cura viene anche riservata alla formazione del personale per ogni fase dell’attività produttiva, finalizzata al conseguimento della massima specializzazione. Fast ha come obiettivo dare risposte precise e puntuali alle esigenze del cliente. Ciò avviene sia attraverso la predisposizione di innovativi software di configurazione per la scelta personalizzata delle macchine - utilizzati anche dalla rete di vendita e da chi si occupa della progettazione degli impianti di climatizzazione - sia fornendo strumenti di formazione tecnica e assistenza al cliente che sceglie i prodotti Fast. www.fastaer.com

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un’efficace barriera di filtri specifici contro i microbi e gli elementi allergici». Respirare aria pulita, almeno negli ambienti chiusi vista l’alta percentuale di inquinamento delle nostre città, è molto importante. In quali settori, soprattutto, applicate le vostre tecnologie? «La qualità dell’aria che si respira è fondamentale per lo stato di salute e il benessere dell’uomo. Ecco perché il progresso tecnologico mira anche a migliorare l’ambiente, cercando nel contempo di avere sull’ambiente stesso il minor impatto possibile. Le principali referenze di Fast riguardano il settore terziario centri commerciali, scuole, alberghi, musei, locali -, il settore ospedaliero, quello industriale, piscine e centri benessere. Operiamo a livello nazionale e internazionale». In che modo l’azienda, nella sua produzione è attenta all’impatto ambientale? «Fast ha la certificazione ambientale 14001, il che significa che, per mantenerla, siamo “costretti” a lavorare in un sistema di gestione ambientale che rispetti un ideale equilibrio tra il profitto dell’azienda e la riduzione dell’impatto ambientale in tutte le fasi di lavorazione oltre che nel prodotto finito». Quale bilancio può trarre, in termini di fatturato e volumi produttivi, relativamente all’attività della Fast per l’ultimo biennio? In particolare quali sono stati i risultati più significativi? «L’ultimo biennio non è stato dei più facili, e temo che le prospettive per l’immediato futuro siano quantomeno incerte. Sono comunque soddisfatto perché Fast ha mantenuto le proprie quote di mercato, con un rapporto di esportazione pari al 30 per cento e un fatturato attestato attorno ai 30 milioni. Per quanto attiene ai risultati più significativi, al di là del conto economico, direi che avere le nostre macchine in funzione al Teatro Bolscioi, nel nuovo Polo Chirurgico veronese di Borgo


Paolo Gasparini

Trento, attualmente il più grande in Europa per numero di sale operatorie e nel nuovo ospedale di Mestre, un gioiello di architettura ospedaliera, siano per noi motivi di grande e legittima soddisfazione». L’investimento in ricerca e sviluppo e nuove tecnologie nel vostro settore è un aspetto importantissimo. Quali sono le novità tecnologiche più significative e quali evoluzioni subirà la produzione Fast nel prossimo futuro? «Da sempre investiamo il 2% del fatturato sulla formazione del personale e nella ricerca dei nostri laboratori. A questo dato vanno poi aggiunte le collaborazioni sempre più strette con l’Università di Padova e con Studi internazionali di progettazione che ci permettono di evolvere sempre di più la nostra offerta. Al momento stiamo puntando soprattutto allo sviluppo della produzione su commissione, quella che definirei la “produzione snella”, su misura per il singolo cliente. Un’offerta che però non rinuncia di certo alla qualità: il mercato richiede macchine sempre più sofisticate tecnologicamente e che quindi necessitano del

Da sempre investiamo il 2% del fatturato sulla formazione del personale e nella ricerca dei nostri laboratori

supporto di una ricerca continua». Quali aspettative ripone nei confronti del futuro dell’azienda e del settore? «Sono ottimista per natura e, anche se l’ottimismo oggi non è merce corrente, continueremo a mettercela tutta, sebbene molto dipenderà dall’evolversi della situazione economico-finanziaria dell’Europa. Voglio comunque avere una prospettiva positiva e pensare che alla fine i mercati si riprenderanno e che Fast continuerà brillantemente il suo percorso di crescita, magari un giorno anche con i miei figli: Maria Vittoria, la più piccola, eclettica, che sta frequentando il liceo, e Lorenzo che, dopo aver terminato il liceo scientifico, si sta facendo onore alla Bocconi nel corso di laurea in Economia Aziendale».

Nelle immagini, momenti di lavoro all’interno della Fast. L’azienda ha sede a Montagnana (PD)

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Nuove tecnologie di condizionamento a versatilità applicativa della tecnologia di condizionamento rende questo particolare settore estremamente prezioso per ogni tipo di utenza; dalla refrigerazione industriale al condizionamento domestico, infatti, la qualità dei sistemi di cooling e conditioning propone molteplici destinazioni d’uso, vincolando – come è logico che sia – la sua efficacia agli investimenti in ricerca e sviluppo in un ambito per natura molto ricettivo nei confronti dei progressi tecnologici. Con la maturazione di una coscienza ecologica sempre più sensibile all’ecosostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale dei sistemi di condizionamento, inoltre, un nuovo grande obiettivo viene stabilito e tenuto in grande considerazione. Cosciente di queste sfide commerciali, Antonio Pengo, presidente del consiglio di amministrazione, insieme ai soci fondatori della Mta, Mario Mantegazza, Giuseppe Cassetta e Giancarlo Milani, rivendica la precocità con cui l’azienda padovana ha affrontato queste nuove sfide proposte dal mercato. «Già agli inizi degli anni Novanta la Mta ha dato corso al deposito del brevetto della massa termica, applicando così ai propri prodotti una innovativa tecnologia in grado di donare agli essiccatori frigoriferi elevati indici di efficienza energetica e un rendimento di alta qualità». Si intuisce in maniera chiara l’importanza dell’investimento in ricerca e sviluppo che caratterizza questo settore. Quali sono i vantaggi di tale attitudine? «Le esigenze dei clienti si sono evolute, com-

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Qualità, ecosostenibilità e versatilità sono tre importanti caratteristiche richieste dal mercato, esigente e specializzato, degli impianti di condizionamento. L’analisi di Antonio Pengo Lodovico Bevilacqua

plicandosi e aumentando di numero; la sperimentazione di nuove tecnologie e la loro conseguente applicazione è una condizione fondamentale per continuare a proporre prodotti competitivi. Per questo motivo la Mta ha sviluppato importanti competenze anche nell’ambito progettuale; depositiamo continuamente nuovi brevetti e per farlo lavoriamo in stretta collaborazione con i nostri clienti, che con le loro direttive ci aiutano a realizzare prodotti in grado di risolvere le loro esigenze in maniera precisa ed efficace, una strategia assimilabile alla customizzazione del prodotto, mutuata dalla nostra pre-

Antonio Pengo, presidente del Cda della MTA Spa di Conselve (PD) www.mta-it.com


Antonio Pengo

Depositiamo brevetti innovativi e per farlo lavoriamo in stretta collaborazione con i nostri clienti, che con le loro direttive ci aiutano a realizzare nuovi prodotti

rogativa principale e irrinunciabile, ovvero la soddisfazione del cliente stesso». Si parla dunque di una relazione quasi simbiotica con la clientela. In quali altri modi si declina questo rapporto? «Oltre alla collaborazione in fase progettuale e la cura e la professionalità nell’assemblaggio del prodotto, siamo in grado di garantire un accurato servizio pre e post vendita e un’ampia offerta di componentistica affidabile e certificata. Questa strategia ha conseguito un alto tasso di fidelizzazione della clientela – anche estera – che allo stesso tempo è un motivo di orgoglio e un confortante back up commerciale». Si parla comunque di un’azienda che gode di ottima salute. Come può descrivere l’espansione che l’ha caratterizzata negli ultimi anni?

«Il grande successo commerciale che abbiamo riscontrato sin dai primi anni di attività ci ha permesso – col passare del tempo – di alzare sempre di più l’asticella dell’ambizione. La realizzazione di numerosi impianti produttivi e il raggiungimento di un significativo livello di esportazione sono due indici estremamente positivi, che spiegano in buona parte i successi in termini di crescita conseguiti negli ultimi anni. Il significativo indice di crescita riscontrato – 25% nel 2010 e nell’anno corrente, con un valore del gruppo di 70 milioni di euro – è infine conseguenza anche di una coraggiosa politica di investimento concepita per mitigare gli effetti della recente crisi economica globale». Un ultimo accenno alle dimensioni dell’azienda. Quali i suoi numeri? «Il gruppo Mta può contare su un potenziale operativo di notevole consistenza, localizzato sia sul territorio nazionale che all’estero; nella zona meridionale di Padova si trovano i nostri tre stabilimenti produttivi, mentre delle complessive sette filiali commerciali, cinque sono in Europa e due oltreoceano. I dipendenti della Mta sono in tutto circa 400, di cui tre quarti impiegati sul territorio nazionale». PADOVA 2011 • DOSSIER • 109


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Un innovativo sistema di domotica ontrollare l’impianto elettrico e la chiusura degli infissi della propria abitazione con un touch sul proprio iPhone. È questa la possibilità offerta da un innovativo sistema di domotica, che combina la facilità di installazione con la semplicità di utilizzo. Questo nuovo home and building automation system è stato sviluppato dopo anni di progettazione, ricerche e implementazioni di prova. Il risultato finale è una soluzione che concentra in pochi componenti fondamentali la totalità delle funzioni. Il sistema, battezzato Una, è stato creato dalla Master Divisione Elettrica, una società specializzata nella produzione di componenti per l’impiantistica civile (serie civili), industriale e nella cantieristica edile. «Il sistema Una ha una struttura modulare che permette di sviluppare impianti residenziali e per il terziario

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Antonio Rizzato, presidente di Master Divisione Elettrica Srl, Este (PD) www.master-de.it

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La casa intelligente. Un sistema di domotica dall’uso semplice e intuitivo. Antonio Rizzato, presidente della Master, illustra la struttura a livelli indipendenti della più innovativa soluzione per la gestione elettrica delle abitazioni e delle strutture per uso terziario e direzionale. Luca Cavera

partendo dall’automazione di base e arrivando in modo progressivo fino a soluzioni domologiche complete, che integrano dispositivi di controllo avanzati come touch screen o di controllo remoto. Antonio Rizzato, presidente della società, ne descrive tutti gli aspetti. Come si è evoluta negli anni l’azienda? «Fondata nel 1982, Master Divisione Elettrica è divenuta rapidamente uno dei maggiori produttori nazionali di materiale elettrico per uso civile e industriale. Dopo aver maturato una solida esperienza nella progettazione e realizzazione di apparecchi elettrici per uso civile, nel 1999 ci siamo presentati al mercato con il sistema Modo, la nostra prima serie civile. Questo sistema conteneva già delle innovazioni tali che il successo di mercato ci portò ad affacciarci oltre il mercato nazionale, puntando su numerosi Paesi esteri». Qual è la struttura generale del sistema Una? «Una è un sistema modulare strutturato su tre livelli applicativi. Il primo livello si occupa di gestire l’automazione di base dell’ambiente – termoregolazione, controllo degli accessi e altri automatismi della casa.


Questo livello è gestito da schede elettroniche autonome e indipendenti, derivate dal mondo dell’automazione industriale (Plc). Ciascuna scheda dialoga con i normali dispositivi di comando presenti in tutti gli impianti elettrici civili, come pulsanti e termostati. Ma non si limita a supplire le operazioni che si farebbero manualmente. Per esempio, la scheda Eva Power integra la misurazione e la gestione dei consumi di ogni singola attuazione». Di cosa si occupano gli altri due livelli applicativi? «Il secondo livello permette l’evoluzione del sistema attraverso la centrale “Vesta”. Questa svolge tutte le funzioni di interfaccia tra le singole schede di base, permettendo una comunicazione completa tra le stesse. Inoltre Vesta permette di immagazzinare i dati sui consumi. Il terzo livello, infine, include tutte le interfacce per il controllo dell’impianto da parte dell’utente. Questo può avvenire attraverso uno schermo touch screen (Tosca) o con interfacce web standard. Con Vesta è possibile interagire con Una attraverso qual-

Gli obiettivi del sistema sono riassumibili nei tre concetti di stabilità, sicurezza e risparmio energetico

siasi dispositivo dotato di connessione wifi e di un browser, compreso il proprio smartphone. E ciò senza bisogno di software aggiuntivi, solo con una comunicazione protetta da password». Qual è il vantaggio di una strutturazione di questo tipo, a più livelli? «Tutti questi livelli applicativi si integrano fra loro, tuttavia il funzionamento non corretto di un livello superiore non interferisce con l’attività svolta dagli altri componenti. Ciò conferisce alla struttura quindi la massima resa a livello di comunicazione e la massima stabilità. L’indipendenza non è solo fra i livelli, ma anche fra le schede. Infatti ognuna si caratterizza perché autonoma, sia dal punto PADOVA 2011 • DOSSIER • 111


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È possibile interagire mediante il sistema Una con qualsiasi dispositivo dotato di connessione wifi e di un browser, compreso lo smartphone

di vista elettrico che di controllo, avendo a di-

sposizione un alimentatore dedicato e una sua architettura di gestione. Al contempo, se le schede si differenziano per le funzioni, hanno delle caratteristiche comuni, orientate all’ottimizzazione dell’impianto». Verso quale obiettivo tende questa ottimizzazione?

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«Gli obiettivi sono riassumibili nei tre concetti di stabilità, sicurezza e risparmio energetico. Tutti facilmente raggiungibili attraverso comandi intuitivi. Inoltre, ogni scheda permette di gestire singoli utilizzatori con diverse funzioni e include anche scenari locali legati alla singola scheda come “Spegni tutto” o “Chiudi tutto”. Ciascuna funzionalità è dotata di temporizzatore, per creare funzioni specifiche temporizzate e orientate al risparmio – come la temporizzazione di luci in spazi comuni e di passaggio – e alla sicurezza – in una scuola, per esempio, è possibile impostare che le prese elettriche ausiliare, e quindi non necessarie durante la lezione, non siano alimentate. Grazie a un orologio astronomico, una volta impostata la posizione geografica, è possibile gestire le singole attuazioni, legandole a specifici eventi – come l’alba e il tramonto». I vostri rapporti con l’estero si limitano alla commercializzazione? «Il nostro successo all’estero ci ha spinto ad aprire due filiali operative in Tunisia e Venezuela, un ufficio commerciale a Panama. Tuttavia la nostra crescita è stata reinvestita anche sul territorio nazionale, come dimostra la nostra consociata di Varese. Collocarci anche nei contesti esteri però è stato fondamentale, dato che spesso sviluppiamo delle applicazioni specifiche per ciascun mercato. La nostra filosofia imprenditoriale resta però quella di proporre nel mondo la qualità della ricerca e dell’innovazione unitamente all’eleganza del made in Italy».



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L’automazione in magazzino, tra efficienza e risparmio Un modello avanzato per la gestione e la distribuzione dei prodotti alimentari destinati ai comparti hotel, restaurant e catering. Galdino Peruzzo spiega il funzionamento di questo sistema e racconta il successo dell’evento Polo Expo Valerio Germanico

all’11 al 14 Settembre 2011, a Teolo (PD), con il patrocinio dell’Appe (Associazione Provinciale Pubblici Esercizi) si è svolta la prima edizione di Polo Expo, fiera della ristorazione dedicata ai professionisti della cucina del Nord Est. L’evento ha visto la partecipazione di oltre 2000 visitatori. Gli ospiti della manifestazione hanno trovato, raccolti in un unico padiglione, ben 48 espositori tra i più importanti marchi del settore food in Italia. E hanno partecipato a seminari gratuiti su temi come il food cost e il marketing olfattivo, oltre ad assistere a esibizioni di show cooking. Polo Expo è stato un vero e proprio successo di pubblico, tanto da aver attirato la curiosità di Padova Fiere e della direzione di Barilla Ita-

D Galdino Peruzzo, presidente della Polo Spa di Teolo (PD) www.poloristorazione.it

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lia. «I seminari – spiega Galdino Peruzzo, presidente di Polo Spa –, che avevano lo scopo di offrire momenti di aggiornamento professionale ai protagonisti della cucina, hanno registrato quasi sempre il tutto esaurito e abbiamo ricevuto tante richieste di partecipazione che non siamo riusciti a soddisfare. Per questo motivo dei nuovi corsi sono stati organizzati per il mese di novembre, anche questa volta su temi molto importanti per chi opera nella ristorazione». L’evento è stato organizzato interamente da Polo, azienda del settore food service che distribuisce prodotti alimentari a ristoratori, chef, catering service, albergatori, gastronomie e pizzerie nel territorio del Nord Est. «La nostra società è nata come un’azienda specializzata nella commercializzazione di prodotti surgelati. Col tempo siamo cresciuti fino a includere l’intero settore del food di alta qualità. Però non abbiamo abbandonato la nostra specializzazione nel trattamento dei prodotti conservati a bassa temperatura. Infatti, all’inizio del 2010, alle nostre aree direzionali e operative esistenti, si è sommata una nuova struttura altamente innovativa. Si tratta di un magazzino completamente automatizzato, operativo a una temperatura costante di meno 25 °C. L’automazione è stata una scelta dettata da due ragioni. La prima quella di rimuovere tutte le risorse umane


Galdino Peruzzo

dalle celle frigorifere. L’altra quella di ottenere minimi tassi di errore per un’elevata produttività nei processi». Questo edificio rappresenta un modello unico in Italia e consente lo stoccaggio e il picking delle merci senza bisogno di alcuna operazione manuale. «I traslo automatici, grazie a barcode identificativi applicati a ogni pallet, immagazzinano i bancali secondo un ordine prestabilito. Una volta inserito l’ordine nel gestionale interno dell’azienda, i traslo del picking preparano la merce perché sia pronta per essere caricata e distribuita ai nostri clienti. In questo modo il margine di errore delle consegne viene praticamente azzerato e si assicura una tracciabilità totale della merce, in qualsiasi momento». Il nuovo magazzino presenta uno sviluppo di tipo verticale, per un elevato sfruttamento superficiale ed è organizzato in una serie di aree funzionali. «La prima di queste aree è la zona di ricezione dei prodotti, ove sono presenti 14 baie presso le quali sono effettuate sia le operazioni di scarico che di carico degli automezzi e attraverso le quali transita un flusso pari a circa 300 pallet al giorno. Una volta scaricate dall’automezzo, le unità di carico pallettizzate, sostano per breve tempo in un’anticella a temperatura compresa fra 0 °C

L’automazione è stata voluta per due ragioni: rimuovere tutte le risorse umane dalle celle frigorifere e ottenere minimi tassi di errore

e 6 °C. Dall’anticella i pallet sono trasferiti alla testata di ingresso del magazzino intensivo. La testata è preceduta da una rulliera che consente di effettuare le operazioni di controllo dell’integrità del carico e di apporre l’etichetta identificativa per la registrazione nel sistema. Superata l’area di controllo, il pallet viene trasferito alla navetta di alimentazione del magazzino intensivo. Questo, caratterizzato da una potenzialità ricettiva di 3.900 pallet, è costituito da una cella frigorifera autoportante a meno 20 °C». Le soluzioni architettoniche, costruttive e tecnologiche adottate per la realizzazione del nuovo magazzino sono state progettate dallo Studio Fellin di Monselice (PD). «I tamponamenti isolanti di tutto il magazzino pallet sono stati realizzati con pannelli di tipo fri- PADOVA 2011 • DOSSIER • 115


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I costi legati alla spesa energetica del nuovo magazzino sono inferiori a quelli attualmente sostenuti per la gestione di un magazzino tradizionale

gorifero con corteccia esterna in acciaio zin-

cato e anima in poliuretano a elevato spessore. La colorazione silver scelta per i pannelli dei rivestimenti e della copertura garantisce la massima riflessione dei raggi solari. Inoltre, il rivestimento della cella frigorifera del magazzino pallet, distanziato di circa 30 cm dal pannello isolante, unito al sottofondo aerato costituisce un’intercapedine su tutti i lati del magazzino e consente una ventilazione naturale attorno alla cella. La cella subisce quindi in misura ridotta il riscaldamento esterno e ciò aiuta a ridurre i consumi per il mantenimento della temperatura interna». Questi accorgimenti progettuali hanno avuto un significativo impatto nella riduzione dei consumi del complesso, tanto che la potenza installata nella cabina elettrica ammonta oggi a 700 kW, benché in fase di progetto fosse stata prevista pari a 1.200 kW. «Inoltre, i costi legati alla spesa energetica del nuovo magazzino sono inferiori a quelli attualmente sostenuti per la gestione del magazzino originario, pur avendo triplicato i volumi di stoccaggio. Oggi il catalogo Polo conta oltre tremila articoli, la cui long tail va a soddisfare le esigenze di ogni attività impegnata nella ristorazione. In più la collaborazione con Gel Group – un gruppo di aziende italiane del Food Service –, permette l’acquisto di particolari prodotti a prezzi competitivi, grazie alle economie di scala». Gli articoli commercializzati da Polo vanno dai surgelati ai congelati, passando per i secchi e quelli refrigerati. «Fra le nostre nuove iniziative di

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marketing, sicuramente più rilevante è il Polo Store. A breve partirà infatti il servizio di ecommerce Polo che darà la possibilità, a chiunque operi nel campo della ristorazione, di acquistare online qualsiasi prodotto tra i 3000 del nostro catalogo. Il prezzo sarà competitivo rispetto alla commercializzazione tradizionale, ma la particolarità del progetto sta nei pagamenti. Ogni professionista potrà acquistare tutta la merce desiderata in veloci click e pagare comodamente alla consegna oppure con fattura a fine mese. In questo modo il processo sarà molto semplice e veloce, senza nessuna preoccupazione riguardante le transazioni economiche per chi acquista».



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Il made in Italy contro il low cost dei paesi emergenti ino a pochi anni fa, a ricorrere in maniera continua e ripetuta alla delocalizzazione produttiva erano solo gli Stati Uniti, che spostavano in Messico la maggior parte delle loro realtà imprenditoriali. Oggi, invece, anche l’Europa ha cominciato a rivolgersi ai Paesi dell’Est, in particolare India e Cina. Nel caso specifico dell’Italia, le multinazionali e le grandi imprese hanno visto nella delocalizzazione dell’attività un buon metodo per far fronte alla crisi economica del mercato e alla concorrenza delle aree produttive “low cost”. Di certo questa soluzione apporta notevoli benefici, quali l’abbattimento dei costi di produzione e di manodopera e l’approccio con regimi fiscali meno rigidi e più convenienti di quelli italiani, ma è anche vero che delocalizzare la propria impresa impoverisce l’economia nazionale, già duramente provata, fa perdere il valore aggiunto dei prodotti, ovvero il fatto di essere “made in Italy”, e fa diminuire la qualità. Proprio per i troppi aspetti negativi che il fenomeno della de-

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La Filippi Srl ha sede a San Giorgio delle Pertiche (PD) www.filippi.it

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La strategia migliore per far ripartire l’economia delle aziende italiane è quella di investire in innovazioni, competitività e qualità del “made in Italy”. Filippo Filippi spiega il concetto Ergogreen nel settore degli elettrodomestici Emanuela Caruso

localizzazione comporta, tante società italiane hanno deciso di non seguire questa tendenza e mantenere l’attività sul suolo nazionale. Tra queste l’impresa Filippi, che dal 1954 produce elettrodomestici. «Per far fronte alla crisi, la nostra società – commenta Filippo Filippi, titolare dell’azienda – ha adottato una strategia diversa e ha scelto di investire in tecnologia, in nuovi prodotti e nell’inserimento nei quattro poli produttivi di sistemi di lean production e learning organization. Abbiamo inoltre deciso di non delocalizzare l’attività, perché siamo fermamente convinti che la professionalità e la specializzazione delle maestranze italiane siano di difficile reperibilità nei paesi “low cost” e soprattutto siano indispensabili per il raggiungimento di elevati standard qualitativi». Così facendo, l’azienda non solo ha mantenuto la propria posizione sul mercato, ma ha anche dato il via a un piano di ingenti investimenti, che ha portato all’ampliamento della gamma di prodotti. «Impiegando risorse e denaro in tecnologia e soluzioni innovative, siamo riusciti ad affiancare a elettrodomestici da incasso standard, piani da incasso forni e lavastoviglie, articoli di ultima generazione, come ad esempio i forni gastronomici a vapore, gli abbattitori di temperatura, le lavastoviglie da incasso di nuova concezione e un’intera gamma di forni con ca-


Filippo Filippi

La grande qualità e preparazione delle maestranze “made in Italy” è impossibile da trovare nei paesi a basso costo di produzione e di manodopera

vità plus». Ma il traguardo tecnologico più importante, la Filippi l’ha raggiunto con l’innovativo e brevettato concetto Ergogreen. «Applicato ai forni – continua Filippo Filippi –, consente di utilizzarli con notevoli risparmi energetici e di pulirli senza dover impiegare detergenti e detersivi. Questo prodotto si è così dimostrato un’efficiente ed efficace risposta alla crescente richiesta del mercato di articoli ed elettrodomestici a basso consumo energetico ed elevato rendimento». L’azienda, che annovera tra i suoi partner le più grandi multinazionali del settore e si pone sul mercato come leader nella produzione di elettrodomestici, può contare su uno staff preparato e qualificato. «Dei nostri quattro poli produttivi presenti in Italia, quello che funge da quartier generale si trova a San Giorgio delle Pertiche, in provincia di Padova, e dispone di

circa 300 dipendenti, tutti accomunati dall’attenzione allo sviluppo dei prodotti e ai servizi all’utenza. La loro forza e bravura ci permette di raggiungere gli obiettivi di qualità e servizio e di imporci come rilevante forza europea nella specifica realizzazione di forni a incasso elettrici, pirolitici e a gas». La Filippi nonostante il successo raggiunto in tanti anni di attività rimane una realtà ancora profondamente legata alle proprie radici e origini di impresa familiare e allo spiccato spirito imprenditoriale che da sempre la contraddistingue e accompagna. «Attraverso prodotti interamente “made in Italy”, tecnologie innovative, costante ricerca e grande capacità di adattamento alle richieste del settore – conclude Filippo Filippi – siamo sicuri di poter mantenere e incrementare la posizione della società sul mercato, contrastando al contempo la concorrenza che incalza dai paesi emergenti e “low cost”». PADOVA 2011 • DOSSIER • 119


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Prodotti per la pulizia sempre più ecologici Detergenti ecologici per la pulizia professionale. L’efficacia e il rispetto per l’ambiente certificati Ecolabel, marchio riconosciuto in tutta Europa. Renzo Schievano e Gianni Pierbon spiegano perché non si può rinunciare alla ricerca per uno sviluppo ecosostenibile Luca Cavera

Renzo Schievano, presidente del Cda, e Gianni Pierbon, amministratore delegato di Interchem Italia Srl, Peraga di Vigonza (PD) www.interchemitalia.it

prodotti per la pulizia sono spesso associati all’inquinamento, in particolare a quello delle acque. Quest’idea, che certamente ha dei riscontri, andrebbe però aggiornata. O almeno bisognerebbe distinguere fra prodotti e prodotti, fra aziende e aziende. Interchem Italia è un’azienda che da 25 anni sviluppa e realizza detergenti e sistemi per la pulizia professionale – impiegati in più settori, dalla ristorazione alla grande industria – e che ha fatto del rispetto per l’ambiente il suo punto di forza, investendo

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nel proprio laboratorio di ricerca per ottenere soluzioni sempre più ecologiche. Oltre ai successi sul mercato, l’azienda ha ottenuto la certificazione Ecolabel per una vasta gamma dei suoi prodotti. Un’etichetta ecologica, valida presso tutti i membri della Comunità Europea, che è un attestato di eccellenza, concessa solo a prodotti che hanno un ridotto impatto ambientale. I criteri ecologici e prestazionali sono stati messi a punto in modo tale che possano ottenere il marchio Ecolabel solo quei prodotti che hanno raggiunto l’eccellenza ambientale, in base a criteri periodicamente revisionati e resi più restrittivi. Renzo Schievano, presidente del Cda, e Gianni Pierbon, amministratore delegato di Interchem Italia, spiegano il percorso che li ha portati a conquistare questo riconoscimento. La forza di Interchem Italia si fonda principalmente sugli sviluppi e sugli sforzi della vostra sperimentazione di nuove soluzioni. Annualmente quanto investite in ricerca, innovazione e sviluppo? RENZO SCHIEVANO: «L’innovazione e la ricerca significano per noi continuità e sviluppo. Senza di esse la nostra attività non avrebbe gli strumenti e quindi la possibilità di continuare a esistere né, tantomeno, di crescere. Nel nostro laboratorio di ricerca e sviluppo, dotato delle più moderne apparecchiature, lavorano


Renzo Schievano e Gianni Pierbon

stabilmente quattro persone, che si dedicano esclusivamente all’individuazione e creazione di nuovi formulati, nuove soluzioni e nuovi sistemi per il pulito. Il nostro investimento annuo nella ricerca oscilla fra l’8 e il 10% del fatturato». Potrebbe riassumere in poche battute la vostra mission? GIANNI PIERBON: «Al primo posto c’è la qualità, che non è per noi un concetto astratto e vago, bensì corrisponde a un’idea di prodotto che coniughi l’efficacia con il rispetto per l’ambiente e la sicurezza per l’utilizzatore. Questi sono i nostri punti fermi. Naturalmente le normative, già da tempo, si stanno evolvendo verso un quadro sempre più restrittivo sulla possibilità di utilizzo di componenti pericolosi per la salute delle persone. Tuttavia noi siamo andati oltre e dall’inizio del 2011 abbiamo avviato la progettazione di una linea di prodotti completamente esente da qualsiasi simbologia di pericolo». Su quali progetti e prodotti vi state concentrando attualmente? G. P.: «In questo momento i nostri sforzi si sono tutti concentrati nello sviluppo di pro-

In questi anni, nel settore delle pulizie industriali, tutti gli appalti hanno puntato alla riduzione dei costi e quindi degli ordini di prodotto

dotti che possano essere lanciati con prezzi competitivi e che però allo stesso tempo abbiano il minore impatto possibile sull’ambiente. Tuttavia ci tengo a sottolineare che noi riteniamo doveroso sviluppare non tanto “prodotti economici”, bensì “prodotti più convenienti”. Mi spiego meglio: un prodotto concentrato, contenuto in una confezione con un sistema di dosaggio incorporato per evitare gli sprechi, ha un costo maggiore per singolo pezzo, ma permette all’utilizzatore finale un costo minore per singola dose – il cosiddetto “costo minore in uso” – e, al tempo stesso, minori rifiuti da smaltire, quindi un vantaggio ambientale». Quali, tra le vostre produzioni più recenti, stanno ottenendo i migliori riscontri sul mercato? G. P.: «I maggiori margini di crescita in termini

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione e la ricerca significano per noi continuità e sviluppo. Il nostro investimento annuo in ricerca oscilla fra l’8 e il 10% del fatturato

sia di fatturato sia di contribuzione li stiamo

registrando proprio da queste tipologie di prodotti, cioè dalla gamma con marcatura Ecolabel, dalla gamma dei superconcentrati e dalla gamma dei prodotti monodose. Queste tre categorie, negli ultimi tre anni, hanno esibito delle performance di incremento di gran lunga superiori alla media aziendale: il 23% all’anno contro una media del 9% dei prodotti tradizionali». In cosa consiste la marcatura Ecolabel? R. S.: «L’Ecolabel – introdotto con il regolamento CE numero 1980/2000 – è il marchio europeo di qualità ecologica che premia i prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambientale e che mantengono comunque elevati standard prestazionali. La funzione del marchio Ecolabel – che attesta che il prodotto o il servizio ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita – è quella di certificare che un ente indipendente ha verificato le caratteristiche del prodotto e ne sottolinea la differenza rispetto ai prodotti concorrenti presenti sul mercato. Il marchio viene rilasciato dal settore Ecolabel dell’ISPRA (ex APAT) – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale». Parlando di certificazioni ambientali, dal vostro punto di osservazione, quanto le imprese italiane, in particolare venete, si dimostrano sensibili verso questo punto? R. S.: «Come tutto ciò che riguarda il rispetto dell’ambiente, riteniamo che anche la certificazione sia un passo fondamentale per ogni azienda – un passo al quale nessuna dovrebbe rinunciare. Per quanto ci riguarda, la nostra azienda ha ottenuto la certificazione Iso

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14001 già dall’inizio del 2009. Come noi, credo che le aziende venete, ma anche italiane in genere, stiano diventando sempre più sensibili alla salvaguardia dell’ambiente. Forse qualche azienda sfrutta il tema – effettivamente molto “di moda” – per fare un po’ di marketing, tuttavia è innegabile che tutti gli imprenditori, magari in misura diversa, sono alla ricerca non solo della qualità e del profitto – due punti ai quali nessuna azienda può permettersi di rinunciare –, ma anche e soprattutto di processi produttivi e prodotti che riducano l’impatto ambientale».


Renzo Schievano e Gianni Pierbon

FRA RICERCA E PRODUZIONE I l laboratorio di Interchem Italia è diviso in due reparti: ricerca e sviluppo – che sperimenta, esegue test e realizza nuovi formulati – e controllo qualità – che verifica i parametri delle materie prime e degli imballaggi in entrata, oltre che i prodotti finiti, intervenendo prima e dopo il confezionamento. Nel mezzo di queste fasi di sviluppo e controllo si colloca la produzione. I moderni impianti consentono di programmare a breve termine le preparazioni dei prodotti e di avere tempi di produzione sempre più ristretti. Infatti il sistema aziendale adottato dalla società ha elevato gli standard di lavorazione, aumentandone la capacità produttiva.

Quale impatto ha avuto la crisi sul vostro comparto? G. P.: «In questi anni, per quanto riguarda il settore delle pulizie industriali, tutti gli appalti, sia pubblici sia privati, hanno puntato su una riduzione dei costi. Questo ha compresso i margini delle imprese di pulizie, che a loro volta si sono trovate costrette a richiedere prodotti sempre meno costosi. Dal nostro punto di vista aziendale, a partire dal 2008, abbiamo assistito a un’escalation dei problemi legati agli incassi. La maggior parte dei nostri partner ha risentito fortemente della crisi di liquidità, ulteriormente aggravata dalla crisi delle banche – queste, riducendo l’esposizione verso le aziende, sono state e sono tuttora, a nostro avviso, la principale causa della crisi». Quali sono gli obiettivi principali e le sfide che vi attendono? G. P.: «La continua evoluzione dei mercati mette tutti, ogni giorno, di fronte a sfide nuove. Noi però riteniamo che ce ne sia una che dobbiamo assolutamente vincere e non è una sfida che ci viene posta dalla concorrenza, bensì dall’ambiente in cui viviamo. Se non riusciamo a invertire la tendenza su tutto ciò che riguarda l’inquinamento e lo smaltimento dei rifiuti, fra qualche anno o, al massimo, fra qualche decennio, non ci saranno

più sfide da raccogliere. Vorrei aggiungere che oltre ai nostri obiettivi aziendali, siamo impegnati anche nello sport e nel sociale. Da alcuni anni abbiamo aderito al nuovo progetto Pallavolo Padova, Interchem è socio e sponsor della squadra, che milita nel campionato italiano di A1. Nel sociale abbiamo una collaborazione, ormai di lunga data, con il Wfp (World Food Programme)». Sulla base di questo vostro atteggiamento, quali sono i prodotti che ritenete possano accompagnare al meglio lo sviluppo sostenibile? R. S.: «Continueremo a concentrare le nostre forze nello sviluppo dei prodotti superconcentrati e dei prodotti con le caratteristiche tali da poter ottenere la certificazione Ecolabel. Riteniamo che questi siano quelli che possono veramente avere un futuro, dato che consentono di risparmiare sull’acquisto dei materiali di imballo – e quindi con un conseguente risparmio di rifiuti da smaltire –, hanno peso e volume minori, con conseguenti minori costi di trasporto e di stoccaggio – minori costi trasporto significa anche minore inquinamento. Inoltre, per l’utilizzatore i vantaggi sono quelli di un dosaggio facile e preciso, che permette di ottimizzare l’uso del prodotto e quindi dà un complessivo risparmio economico».

+1 5 % FATTURATO La crescita registrata da Interchem Italia nel primo semestre del 2011. A fine anno è previsto un incremento complessivo del 12%

23% PERFORMANCE Aumento annuo delle vendite della gamma Ecolabel nell’arco del triennio 2009-2011, a fronte di un incremento medio dei prodotti tradizionali del 9%

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il packaging italiano guarda oltreoceano Imballaggi in carta e plastica, progettati e realizzati per contenere prodotti tra loro molto diversi, capaci però di assicurare sempre la massima protezione ed efficienza di utilizzo. Il packaging industriale nell’esperienza di Alessandro Selmin Guido Puopolo

limenti, mangimi, petfood, sostanze chimiche, sementi e fertilizzanti, ma anche materiali per le costruzioni e minerali, prodotti apparentemente molto distanti tra loro, sono in realtà legati da un comune denominatore, che può essere individuato nella necessità di preservare le proprietà peculiari di ogni singolo elemento. Articoli facilmente deteriorabili come quelli sopra elencati devono quindi essere contenuti e conservati all’interno di appositi imballaggi, studiati per rispondere alle specifiche esigenze di ogni settore di riferimento, nel pieno rispetto della normativa internazionale. «Per riuscire a soddisfare le

A Il Sacchettificio Nazionale G. Corazza Spa ha la sua sede produttiva da 86 anni a Ponte San Nicolò, in provincia di Padova www.corazzasacks.com

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esigenze di ambiti tra loro così diversi – spiega Alessandro Selmin, Sales and Marketing Manager del Sacchettificio Nazionale G. Corazza Spa, azienda leader in Europa nella produzione di sacchi “speciali” di carta e polietilene oltre che di imballaggi flessibili – l’unica strada percorribile è quella dell’innovazione continua, sia tecnologica che di prodotto». Al di là della diversificazione produttiva, un’altra chiave determinante per la crescita dell’azienda negli ultimi anni può essere riscontrata nella sua propensione all’internazionalizzazione. Quali sono oggi i vostri principali mercati di riferimento? «L’Italia rappresenta ancora il nostro mercato principale. Tuttavia il tasso di internazionalizzazione aziendale è in continua crescita, tanto che attualmente dai mercati esteri deriva il 60% del nostro fatturato. Siamo infatti presenti in tutta Europa, mentre stiamo costruendo nuove partnership overseas, in Nord e Centro America. Per i nostri committenti realizziamo prodotti “tailormade”: ogni articolo è infatti diverso dall’altro, con la propria grafica e la propria specifica, sulla base delle singole necessità e delle leggi che regolano il mercato di ciascun Paese. Il nostro lavoro richiede puntualità, precisione, azzeramento degli errori produttivi ed eccellenza del servizio logistico, e su queste basi, assicurando servizio e qualità, vogliamo continuare a mantenere la nostra leadership». Per ottenere questi risultati, però, non si


Alessandro Selmin

c può prescindere da una seria attività di ricerca e sviluppo. Quali sono, a questo proposito, gli ultimi prodotti realizzati dall’azienda? «Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono la nostra linfa vitale. La tecnologia dei macchinari, la qualità dei materiali e dei processi industriali rappresentano l’innovazione che permea tutte le aree aziendali. Cito alcuni prodotti recentemente immessi sul mercato: il SafeSack®, sacco a fondo esagonale con pinch top e colla alla bocca, che permette la sigillatura dell’imballaggio da parte dei clienti dopo il riempimento; il SonicSack®, con un brevetto speciale nella valvola termosaldabile che garantisce elevatissimi livelli di qualità ed efficienza nell’utilizzo; infine il PetPack® con maniglia laterale “easy to carry”, ultimo brevetto del Sacchettificio Nazionale G. Corazza Spa». Le ultime tendenze nel settore del packaging sono rivolte sempre di più alla ricerca di materiali e prodotti ecosostenibili e riciclabili. In che modo i vostri prodotti soddisfano queste esigenze di salvaguardia ambientale? «Il rispetto per l’ambiente guida le nostre azioni, dalla progettazione dei prodotti alla scelta delle materie prime, fino al controllo degli scarti, per la maggior parte riciclati. Lavoriamo costantemente al migliora-

Il nostro lavoro richiede puntualità, precisione ed eccellenza dell’apparato logistico. Su queste basi, assicurando servizio e qualità, vogliamo continuare a mantenere la nostra leadership

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mento delle nostre attuali certificazioni di qualità (Iso 9001, Iso 22000, Iso 14001 e Ohsas 18001), per arrivare a un livello di eccellenza e all’eco-sostenibilità dei prodotti realizzati. Nel 2010 abbiamo inoltre installato un impianto fotovoltaico di10.000 m2 sui tetti dello stabilimento, in un’ottica di risparmio energetico e di tutela ambientale». Quali sono, infine, le prospettive per il futuro? «Dopo un momento di impasse, coinciso con lo scoppio della crisi alla fine del 2008, l’azienda, grazie all’affinamento degli strumenti di controllo gestionale, ha ripreso il proprio percorso di crescita costante, tanto che nel 2010 e 2011 fatturato e marginalità hanno conosciuto un considerevole aumento, portandola ad acquisire la leadership nazionale in termine di vendite. Continueremo nel cammino fino a oggi intrapreso, migliorando con determinazione giorno dopo giorno ogni area aziendale, perché al Sacchettificio Nazionale G. Corazza Spa la “qualità non è un modo di dire, ma un modo di fare”». PADOVA 2011 • DOSSIER • 125


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Innovazioni nel packaging alimentare Negli ultimi anni il settore dell’imballaggio alimentare ha rivolto la sua attenzione verso l’innovazione e l’ecocompatibilità, immettendo sul mercato soluzioni rivoluzionarie tanto per caratteristiche fisiche quanto per metodi di impiego. Ne parla Silvia Ortolani Emanuela Caruso

Sotto, da sinistra, Valeria, Roberta, Renata, Silvia e Mara Ortolani, responsabili della Esseoquattro di Carmignano di Brenta (PD). Nelle altre immagini, alcuni esempi di incarti Ideabrill www.so4.it

er tutti gli operatori impiegati nel settore del packaging, uno degli eventi annuali italiani più importanti a cui dover partecipare è sicuramente la consegna degli Oscar dell’Imballaggio, la cui rilevanza si misura tanto a livello di premi e riconoscenze vinti, quanto in relazione alla sua funzione di potente strumento comunicativo. L’evento organizzato dall’Istituto Italiano di

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Imballaggio e dal Conai, infatti, rappresenta un momento di confronto, di passaparola e di conoscenza tra le varie aziende del settore, centrando inoltre l’attenzione sulla promozione e la scoperta delle varie innovazioni e tendenze del mercato, in particolar modo sugli imballaggi sostenibili. Quest’anno, la 54° edizione della manifestazione si è svolta in aprile nello spazio dell’Area Pergolesi a Milano e ha avuto come leitmotiv il tema del “quality design”, che è andato a premiare le proposte in grado di esprimere al meglio l’equilibrio tra dimensioni grafiche, strutturali e funzionali. Ad aggiudicarsi uno degli oscar più importanti è stata la società Esseoquattro con il suo sacchetto per la pescheria, Ideabrill® Rosa Blu. «La nostra azienda – spiega Silvia Ortolani, direttore generale che insieme alle sorelle Roberta, Mara e Valeria gestisce l’attività – si propone da più di trent’anni come impresa cartotecnica produttrice, leader nel mercato degli imballaggi alimentari. L’obiettivo primario del nostro lavoro è quello di creare imballi capaci di esaltare i sapori, gli aromi e le peculiarità degli alimenti della cucina italiana». Ideabrill® Rosa Blu è uno dei prodotti della più ampia gamma Ideabrill®. Quali sono le caratteristiche generali di questa linea di imballaggi? «Ideabrill® è un brevetto europeo rivoluzionario, in quanto unisce semplicità e innovazione


Silvia Ortolani

al tempo stesso. La sua particolare formulazione, composta da kraft vergine a fibra lunga e film trattato, consente di prolungare in maniera naturale la vita degli alimenti freschi e freschissimi da banco. L’imballaggio, infatti, crea una sorta di barriera che protegge il cibo da calore, raggi Uv, aria e luce, tutti fattori del precoce deterioramento degli alimenti. Il colore argentato del film è dovuto a vapori di alluminio, la cui quantità è così ridotta da poter essere non dichiarata, ma che abbiamo scelto di rendere nota per trasparenza. Altro punto di forza è dato dalla possibilità di termosaldare il sacchetto in soli quattro o sei secondi (a seconda del prodotto), mantenendo così l’adeguato e ideale grado di conservazione e massima igiene sia nel trasporto che nel frigo o nel freezer. Oltre a incarti e salvafresco, nella stessa linea abbiamo ideato i salvamerenda e gli scoprigusto». Com’è nata l’idea di sviluppare un imballaggio della linea Ideabrill® pensato unicamente per la pescheria? «Il settore ittico, pur occupandosi di alimenti pregiati per le loro proprietà benefiche e i loro principi nutrizionali, non ha mai avuto imballi personalizzati. Comprare un pesce ha sempre significato portarsi a casa un sacchetto di plastica maleodorante da cucinare subito. Proprio a fronte di questo grande limite del settore ittico, la Esseoquattro ha voluto ideare un prodotto che ovviasse a tali inconvenienti. Il risultato è stato appunto Ideabrill® Rosa Blu». Quali aspetti fondamentali caratterizzano Ideabrill® Rosa Blu? «La formulazione del pacchetto è la stessa della gamma principale, quindi kraft in pura cellulosa e film trattato e reso resistente da un apposito processo produttivo. Inoltre, è in grado di mantenere all’interno l’odore forte del pesce e di non far fuoriuscire i liquidi naturali di questo alimento. Ne risulta un confezionamento più veloce del prodotto, un trasporto igienico e inodore e un’ottima conservazione del pesce, che di conseguenza non deve essere

Ideabrill® è un brevetto europeo rivoluzionario. Consente di prolungare in maniera naturale la vita degli alimenti freschi e freschissimi da banco

cucinato immediatamente». La Esseoquattro pone da sempre grande attenzione all’ecocompatibilità e al rispetto per l’ambiente. Come riuscite a garantirli e quali prodotti avete studiato per farlo? «Il prodotto con cui abbiamo lanciato sul mercato l’idea di ecocompatibilità anche negli imballi è stato sempre Ideabrill®, ecosostenibile sia nei componenti di base, cellulosa e film, selezionati con meticolosità per ridurre ancor di più l’impatto ambientale, sia nella composi-

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Basta un piccolo strappo dell’incarto o un sollevamento del sormonto del sacchetto per separare la carta dal film e riciclare così in modo appropriato l’imballaggio

zione degli stessi, che permette una veloce e to-

tale raccolta differenziata. Basta infatti un piccolo strappo dell’incarto o un sollevamento del sormonto del sacchetto per separare la carta dal film e riciclare così in modo appropriato l’imballaggio. Il prodotto ha trovato da subito grande successo sul mercato, ragione per cui abbiamo brevettato anche Biobrill, la versione biodegradabile e compostabile». Ma qual è il segreto, la ricetta, del successo riscosso dalla realtà imprenditoriale della Esseoquattro? «I fattori che hanno reso possibile il nostro successo sono senza alcun dubbio la tradizione, cominciata con nostro padre, il fondatore dell’azienda e colui che ci ha trasmesso la passione e la volontà di portare avanti questo mestiere, e la gestione aziendale, forte e strutturata a livello industriale, ma con un carattere ancora

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familiare e con basi saldamente radicate nel territorio. Proprio questo particolare spiega la controtendenza dei nostri imballaggi rispetto al trend attuale del mercato. Non abbiamo delocalizzato la produzione, i nostri imballaggi sono e rimangono italiani, frutto di una rigorosa selezione delle materie prime utilizzate». Una delle tante peculiarità dei vostri prodotti è la rintracciabilità. «La rintracciabilità rappresenta un modo efficace e ottimale per garantire un servizio attento tanto alle esigenze di mercato quanto a quelle del nostro bacino d’utenza. Oltre al rispetto del regolamento CE 1935/2004, che regola la rintracciabilità dei materiali che entrano a contatto con i prodotti alimentari, abbiamo adottato il sistema GS1, con cui vengono etichettate tutte le nostre referenze. Nello specifico, questo significa che ogni unità di imballo viene etichettata riportando sia in chiaro che in formato Barcode Ean 128 il corrispondente codice Gtin-13 e il relativo numero lotto, e ancora vuol dire che ogni unità logistica viene etichettata con codice Sscc». Proprio la logistica e i trasporti rappresentano ulteriori punti di forza dell’attività. Come li organizzate e gestite? «Il servizio di consegna delle merce riveste un ruolo importantissimo all’interno delle varie attività aziendali. Collaboriamo attivamente con vettori e corrieri espressi in grado di assi-


Silvia Ortolani

VEICOLI PUBBLICITARI ltre alle già descritte caratteristiche della gamma Ideabrill®, un ulteriore fattore che testimonia la portata innovativa di questo prodotto è la sua capacità di trasformarsi in un potente veicolo pubblicitario. Il packaging, infatti, a dispetto di quanti non credono nelle sue potenzialità comunicative, rappresenta un canale preferenziale per la diffusione del marchio, dei prodotti e delle promozioni

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di una determinata azienda, il cui scopo sia quello di acquisire visibilità. Ideabrill® è l’ideale per ottenere questo obiettivo, perché dura nel tempo, è riutilizzabile e quindi può trasmettere meglio e con maggior forza il messaggio pubblicitario ai consumatori finali. Molte sono le aziende che hanno colto al volo questa interessante opportunità, ultima in ordine temporale è stata la Veroni Salumi.

curare una copertura nazionale e consegne per carichi completi in massimo due giorni. Per quanto riguarda la spedizione di collettame, invece, i termini di consegna variano a seconda delle quantità della merce e della zona di destinazione e possono andare dai tre ai cinque giorni lavorativi. La nostra rete distributiva è stata pensata e sviluppata per poter consegnare tanto in piattaforma quanto nei punti vendita. Inoltre, i Ddt, ovvero i documenti di trasporto, sono realizzati in via telematica, con lettura di codici Ean e tracciabilità, elementi che confluiscono in un servizio più veloce e puntuale e in una maggiore correttezza dei dati». La vostra impresa dispone anche di un reparto grafico. «Con l’obiettivo di stupire in ogni occasione i clienti, attuali e futuri, disponiamo di un ufficio grafico interno che si occupa di tutto ciò che serve per personalizzare, rendere belli, unici e appetibili i nostri imballaggi. Inoltre, su commissione, gli utenti possono usufruire dello studio chiedendo la realizzazione di nuovi loghi grafici preparati su attenta misura delle loro esigenze, mentre nel caso il logo sia già in possesso dell’interlocutore, l’ufficio grafico studia il miglior coordinato tra le varie referenze prescelte». Ci sono altri premi vinti che ricordate con particolare piacere? «È sempre con grande gioia che ripensiamo al

premio vinto in occasione degli Awards organizzati da Tespi Mediagroup nella scenografia del Circolo Stampa di Milano. Durante quell’evento, una giuria composta da buyer di importanti gruppi della Gdo e della Do e presieduta dal direttore di Tespi, Angelo Frigerio, ha decretato il nostro brevetto Ideabrill® la miglior innovazione tecnologica del 2010. Questo riconoscimento ha rappresentato il giusto traguardo per anni di attività rivolta all’innovazione e al miglioramento del settore degli imballaggi italiano, così come all’offerta di prodotti sempre più utili ai consumatori». Per concludere, quali sono i numeri vincenti della Esseoquattro? «Parlando di numeri possiamo dire che avendo rifiutato la delocalizzazione produttiva, tutte le attività della Esseoquattro vengono svolte nel nostro unico stabilimento, situato a Carmignano di Brenta, in provincia di Padova, che si estende e si allarga per ben ventimila metri quadrati, di cui diecimila sono coperti. La nostra squadra di dipendenti è composta da più di quaranta persone qualificate, preparate e aggiornate; e il fatturato aziendale maturato nell’ultimo anno ha superato la soglia dei dieci milioni di euro. La nostra produzione offre imballaggi per qualsiasi tipo di prodotto fresco e freschissimo e, al contempo, propone ai clienti tutti gli altri articoli necessari ai punti vendita».

10 mln EURO È il fatturato raggiunto ogni anno dalla Esseoquattro Spa

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

La produzione che dalla Cina “rientra” in Italia a delocalizzazione produttiva è stata vista da moltissime aziende, statunitensi prima ed europee poi, la risposta all’esigenza sempre più sentita di contenere i costi. Se negli anni ’80 molte imprese hanno trasferito la loro produzione in Cina motivate sia dal risparmio economico, che dalla mancanza di manodopera, oggi in molti puntano sull’internazionalizzazione per salvarsi dalla crisi. Sono stati avviati negli ultimi anni vasti processi di trasferimento degli impianti in parti del mondo in cui produzione, forza lavoro e oneri sociali sono più convenienti. Ma quale ripercussioni ha, questo “esodo produttivo” sul territorio? La dura realtà è che molte aziende dell’indotto produttivo oggi sono in estrema difficoltà, essendo private di commesse e di lavoro: la chiusura improvvisa di stabilimenti fino a poco tempo fa attivi sul territorio e la loro dislocazione all’estero ha assestato un duro colpo alla stabilità economica locale. In questo quadro, ci sono imprese che stanno facendo scelte controcorrente. È il caso della Ska Italia Srl, azienda padovana specializzata nella realizzazione di chiusure lampo che, se nel 2009 aveva scelto di delocalizzare la produzione in Cina, oggi sta invertendo la rotta, e riportando una parte degli stabilimenti in Italia. «Qualche anno fa abbiamo deciso di spostarci in Cina – afferma Franco Colombini, titolare dell’azienda – sia per contenere i costi ma, soprattutto, per seguire da vicino molti nostri clienti che avevano optato per la delocalizzazione nell’area asiatica. In quel frangente, la Ska Italia si è

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Se sempre più aziende scelgono di delocalizzare in mercati a basso costo, c’è anche chi, dalla Cina, decide di tornare a produrre nel nostro Paese. Il caso della Ska Italia, produttrice di chiusure lampo, nelle parole di Franco Colombini Eugenia Campo di Costa

trasformata, da impresa commerciale a industria». Una scelta, quella di trasferirsi in Cina, che Colombini non condanna né rimpiange: «Nel complesso l’esperienza è stata positiva ma negli ultimi tempi abbiamo sentito la necessità di accorciare i tempi di consegna delle nostre chiusure lampo e aumentarne la produzione. La decisione di tornare in Italia, tuttavia, è stata sofferta perché comporta il sottostare a leggi sul lavoro assolutamente disincentivanti e a un’imposizione fiscale abnorme. Dopo attente valuta-

La Ska Italia Srl ha sede a Padova www.skaitalia.com


Franco Colombini

zioni, abbiamo scelto comunque di tornare per offrire consegne più rapide alla clientela e il marchio di autentico “made in Italy” oltre al fatto di poter implementare il nostro ufficio ricerca». Quali saranno le conseguenze di questo ritorno in patria, la Ska Italia lo deve ancora sperimentare, ma la speranza è anche quella di dare un nuovo impulso al mercato nazionale ed europeo. «Vedremo sul campo se le nostre aspettative verranno premiate – continua Colombini –. Il mercato è l’unico vero giudice di tutte le scelte industriali o commerciali, ma noi siamo comunque certi di poter dare, anche grazie a ingegneri, tecnici e maestranze di prim’ordine, lampo di altissima qualità, realizzate con macchinari di ultima generazione». La produzione di Ska Italia si rivolge oggi a una fascia medio alta e alta di mercato: «negli ultimi cinque anni – spiega Colombini – abbiamo cambiato quasi completamente il nostro target di riferimento per mantenere e accrescere i nostri fatturati: avevamo intuito che tutti gli articoli di basso prezzo sarebbero stati prodotti e importati direttamente dal Far East e quindi quel tipo di clientela, in prospettiva, si sarebbe persa». La produzione di Ska Italia verte principalmente su lampo in ottone burattato, quali la Perfetta e Perfetta simmetrica usate dai più noti brand europei e statunitensi. E l’innovazione, in azienda, non si ferma: «Negli ultimi due anni abbiamo progettato e immesso sul mercato molti prodotti nuovi: lampo spalmate assolutamente impermeabili alla pioggia, lampo in metallo molto sottili da 2 mm e molto larghe da 10 e 14 mm seguendo o anticipando le richieste del mercato; certamente non ci siamo risparmiati

Abbiamo scelto di tornare in Italia per offrire consegne più rapide alla clientela e il marchio di autentico “made in Italy”

nello studio e nella produzione di novità, guardando solamente al futuro e reinvestendo nella ricerca quanto più possibile perché riteniamo che questa sia l’unica strada che consenta alla nostra azienda di restare sul mercato e di consolidarsi sempre di più». Nonostante la fase di incertezza dei mercati, Colombini resta ottimista sul futuro: «Il nostro è un mercato ancora vivace perché l’Italia è da sempre tra i leader nel settore abbigliamento, borse, accessori e calzature di alta qualità, con prodotti che ci vengono invidiati in tutto il mondo. Certo – conclude – la concorrenza è elevata ma con la nuova unità produttiva situata a Vercelli sapremo soddisfare le richieste più sofisticate in tempi sicuramente brevi». PADOVA 2011 • DOSSIER • 131


MADE IN ITALY

Tra vocazione artigianale e innovazione n un paese dalle forti tradizioni come l’Italia, i momenti di socialità diventano veri e propri riti, piacevoli da rinnovare e difficili da abbandonare. Il gioco del biliardo appartiene alla sfera di questa ritualità, nella sua dimensione amatoriale di svago e passatempo; esiste, inoltre, la dimensione professionale di questo gioco che rivendica con ragione la dignità di sport. La natura del gioco, le condizioni e le caratteristiche del biliardo sono in grado di compromettere, in caso di scarsa qualità del tavolo, il piacere e il risultato del gioco stesso; è per tale motivo che la produzione di biliardi rappresenta un comparto contraddistinto da una altissima specializzazione e da una grande qualità nella lavorazione. Condividono questa fotografia i fratelli Zelindo e Lorenzo Schiavon, titolari della omonima ditta padovana. «Da quasi un secolo la nostra famiglia è impegnata nella costruzione di biliardi e la passione per questa attività costituisce un vero e proprio retaggio familiare». Una tradizione produttiva che si rinnova dal 1935 e che ha portato la Schiavon a occupare un ruolo di leadership in questo piccolo ma raffinato comparto artigianale. «Dal 1935 ad oggi abbiamo evoluto notevolmente la qualità della nostra produzione, cercando di conciliare la vocazione artigianale dell’attività – alla quale non abbiamo mai voluto rinunciare – con l’applicazione di tecnologie di lavorazione innovative in grado di aumentare la precisione e la fattura dei prodotti». Di pari importanza è naturalmente l’utilizzo di materiali di prima qualità. «Seguendo un ben definito processo di assemblaggio, rea-

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Zelindo e Lorenzo Schiavon raccontano la loro lunga esperienza nel campo della costruzione di tavoli da biliardo, un comparto contraddistinto da un’altissima specializzazione e da una grande qualità nella lavorazione Lodovico Bevilacqua

lizziamo i nostri biliardi utilizzando solo legno di altissima qualità, differenziando le diverse parti del prodotto per varietà e trattamento del legno stesso, in modo da garantire al tavolo le caratteristiche di gioco che rasentino la perfezione». Precisione e perfezione a caratterizzare la produzione, passione ad ispirarla; si intuisce immediatamente la forte vocazione artigianale che non può che informare un’attività di questa natura. Una vocazione che è sinonimo di professionalità ed esperienza. «I nostri dipendenti sono dei veri e propri artigiani; compongono uno staff

Zelindo e Lorenzo Schiavon della Schiavon Srl di Padova www.biliardischiavon.com


Realizziamo i nostri biliardi utilizzando solo legno di altissima qualità, differenziando le diverse parti del prodotto per varietà e trattamento del legno stesso

estremamente qualificato e specializzato, con una formazione lunga e completa che permette loro di padroneggiare le caratteristiche peculiari dei materiali utilizzati al fine di realizzare un prodotto perfetto». Un prodotto destinato ad un mercato estremamente vario, in special modo dopo che i prezzi dei biliardi sono divenuti più accessibili rispetto ad un tempo. «Il nostro portafoglio clienti è composto in gran parte – come è naturale immaginare – da circoli, bar, bowling, ma anche la clientela privata contribuisce in maniera significativa al fatturato; il biliardo ormai non è più solo un pezzo pregiato di arredamento interno destinato ad una clientela facoltosa, ma un elemento di grande eleganza adottato da chiunque, anche grazie alla vasta gamma di tavoli che proponiamo». Senza dimenticare, ovviamente, l’aspetto sportivo del gioco del biliardo. «Abbiamo avuto l’onore di fornire biliardi utilizzati nelle più prestigiose competizioni internazionali. Le soddisfazioni più grandi sono legate alla presentazione, nel 1987, del modello Mundial 87, il biliardo Schiavon più utilizzato in ambito professionistico».

Una sorta di eredità tecnica che è oggi raccolta dal modello di punta della gamma Schiavon. «Il modello Milano Lusso sintetizza perfettamente la qualità artigianale tipica delle nostre lavorazioni e l’introduzione di soluzioni tecnologicamente molto avanzate, come le sponde riscaldate elettricamente. Tecnicamente eccellente, il Milano Lusso è inoltre dotato di una linea estremamente elegante e raffinata, pur se essenziale, valorizzata dalla finezza delle rifiniture particolari filettato acero e verniciato in poliestere spazzolato a lucido». PADOVA 2011 • DOSSIER • 133




PRODOTTI ALIMENTARI

La tradizione gastronomica veneta si consolida ue tradizioni e due esperienze nella produzione dei più apprezzati salumi veneti si sono unite per offrire la qualità, la bontà e il valore dei prodotti che nascono dalle carni più saporite e sane dei migliori suini nazionali. Giancarlo Bettio, erede del salumificio Brugnolo – fondato nel 1951 dal suocero Mario Brugnolo –, ha voluto unire la propria azienda con i brand Tesori del Delta e Specialità Tipiche Venete del Delta, dell’Industria Salumi Veneti di Filippo Marangon, che afferma: «L’operazione, fortemente voluta da Giancarlo, per le importanti prospettive di integrazione di gamma, permetterà al Salumificio Brugnolo di migliorare ulteriormente la sua quota di mercato, trasponendola su un segmento qualitativo ancor più elevato». Oggi l’azienda può contare sue due stabilimenti, venti regioni fornite, 400 referenze di gamma, una capacità produttiva di trasformazione di oltre 1.700 quintali la settimana e su un parco di competenze riconosciuto ampliato. Cosa è cambiato nel vostro assetto produttivo dopo l’avvio di questa unione? GIANCARLO BETTIO: «Adesso le attività del salumificio Brugnolo sono distribuite su due stabilimenti operativi all’avanguardia: quello storico, situato a Perarolo di Vigonza e quello nuovo, con sede a Porto Viro. Questo garantirà all’azienda una migliore piattaforma logistica e la possibilità di coprire tutto il mercato nazionale. Ai prodotti tipici – dal salame alla sopressa, dal prosciutto allo speck, dalla coppa alla pancetta, dalle salsicce al würstel, dai cotti agli arrosti – si aggiungeranno, perciò, nuove referenze di elevata qualità, strettamente legate alla

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Un incontro di sapori antichi. Le competenze di due storiche aziende produttrici di salumi tipici veneti sono confluite in un unico progetto imprenditoriale. La parola ai due artefici dell’integrazione: Giancarlo Bettio e Filippo Marangon Manlio Teodoro

tradizione veneta come la salsiccia polesana, il salamino Artù, la sopressa del delta o “el Culet”». FILIPPO MARANGON: «In un mercato così complesso come quello attuale, la puntualità, la qualità del prodotto e il contenimento dei costi di gestione rappresentano delle sfide sempre più difficili. Anche questa consapevolezza ci ha indotto a trasformare la lunga e proficua collaborazione tra le nostre aziende da una semplice

Filippo Marangon e Giancarlo Bettio - Salumificio M. Brugnolo S.r.l., Perarolo di Vigonza (PD) www.salumificiobrugnolo.it www.tesorideldelta.it


60 relazione commerciale a una vera e propria aggregazione societaria. Nella sostanza quanto di buono c’era nel passato nelle due strutture rimarrà, miglioreremo però i punti deboli, sfruttando le sinergie derivanti da una mutata dimensione economica». Quali sono stati gli stimoli che vi hanno portato, reciprocamente, a convenire su questa aggregazione? G. B.: «Si è trattato di un percorso di conoscenza reciproca progressiva. Abbiamo iniziato una serie di collaborazioni su specifici prodotti, incrementandole di mese in mese. Il successo di questi primi rapporti ci ha spinto ad approfondire la possibilità di un’aggregazione. Pur essendo aziende del medesimo settore abbiamo caratteristiche e produzioni diverse, rappresentiamo entrambi due realtà storiche e solide, che hanno saputo gestire singolarmente una fase difficile. Credo sia proprio da questa consapevolezza che è nato il desiderio di avviare un percorso di fusione tra due realtà “in salute”». Il vostro salumificio offre una ricca offerta di specialità venete. Quali sono oggi quelle più apprezzate? F. M.: «La pancetta stufata è tra i prodotti più richiesti dai consumatori in questo momento. Completano la linea prodotti appetitosi come

ANNI Il periodo di attività del Salumificio M. Brugnolo

20 mila METRI

il prosciutto cotto in una vasta gamma per soddisfare ogni palato. La tradizione genuina dei salumi veneti, benché rinnovata con processi moderni, non ha perso il suo gusto. Per esempio, la delicata fase della stagionatura avviene in celle dotate di sofisticati sistemi di circolo dell’aria e controllate da unità computerizzate, le quali permettono una verifica costante di tutte le fasi di maturazione. Nascono così tra tradizione e tecnologia ottimi salumi che, per qualità e gamma, sono in grado di risolvere completamente le esigenze della moderna distribuzione. Anche se le fasi di lavorazione più importante sono ancora affidate ad abili macellai, depositari dell’antica arte del lavorare la carne, che oggi come un tempo effettuano rigorosamente a mano tutte le fase salienti del processo produttivo».

La superficie coperta

170 mila KG La produzione settimanale

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PRODOTTI ALIMENTARI

Il mercato ittico scommette sulle monoporzioni Il settore dell’ittico surgelato punta sulla qualità delle materie prime e sui formati. «Il mercato richiede confezioni utilizzabili per uno o al massimo due pasti». Diego Nai parla delle prospettive di un comportato che ha nella Gdo il suo canale di distribuzione privilegiato Manlio Teodoro

a alcuni anni il settore dell’offerta di prodotti ittici surgelati – e quindi destinati in massima parte alla grande distribuzione – si è orientato verso una nuova tipologia di formati. Questo sulla base di indagini di mercato che hanno indicato che esiste un target consistente di consumatori orientato a confezioni monoporzione o che contengano al massimo due pasti. «Sulla base di questi dati – spiega Diego Nai, titolare della Nai Prodotti Ittici –, già da diverse stagioni produttive, ci siamo orientati verso i formati convenienza, introducendo sul mercato le monoporzioni o le porzioni da due o tre persone. Anche la praticità di preparazione è particolarmente apprezzata, per questo abbiamo creato una linea che combina sia il pesce, come piatto principale, a un contorno di verdure abbinato. Il tutto pronto da cuocere». Grazie a queste soluzioni culinarie, la società nell’anno in corso è riuscita a raggiungere l’obiettivo prefissato di incrementare il fatturato Diego Nai, titolare nella Gdo del 25%, oltre ad della Nai Prodotti Ittici Srl di Cittadella (Pd) aver aumentato la ponderata www.nai.it

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distributiva. Consapevole delle ulteriori potenzialità dell’ittico surgelato, Diego Nai guarda ai prossimi anni con un ottimismo critico. «Sicuramente, in un momento di crisi, il consumo di ittico surgelato è avvantaggiato rispetto al mondo del fresco, perché più conveniente. Il 2011, infatti, si è chiuso con un trend positivo dei consumi. Nel 2012, la congiuntura negativa inciderà ulteriormente sulla capacità di spesa, penalizzando i prodotti di prezzo medioalto e i formati a elevata battuta di cassa. Per superare l’impasse, quindi, bisognerà ancora puntare sull’innovazione del prodotto e del servizio». Nai opera su una vasta gamma di prodotti del mare, con particolare attenzione e specializzazione nel cosiddetto “mollame”, che comprende totani, calamari, seppie, piovre. «Il nostro pesce viene acquistato fresco direttamente nelle specifiche aree di pesca. Questo garantisce un elevato livello qualitativo nell’approvvigionamento delle varie specie. Acquistiamo quotidianamente sui mercati ittici di Chioggia e di Venezia, oltre che su quelli europei di Francia, Olanda, Norvegia – dal Nord Europa giungono infatti salmone, rombo, coda di rospo, filetti di halibut e merluzzo – e Danimarca e internazionali di Canada e mercati asiatici. Riceviamo i carichi più volte alla settimana con trasporto frigorifero dall’Europa o per via aerea da oltre oceano. Il congelato viene approvvigionato


In un momento di crisi, il consumo di ittico surgelato è avvantaggiato rispetto al mondo del fresco, perché più conveniente

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mln EURO Il fatturato di Nai Prodotti Ittici previsto per il 2012

soprattutto sui mercati internazionali di Paesi come la Nuova Zelanda per i totani, la Francia e il Regno Unito per le seppie, la Malesia e l’Ecuador per gamberi, scampi, moro shark smeriglio e altri tipi di pesce. Questi prodotti arrivano in navi container frigorifero nei porti italiani e da qui, trasportati direttamente nelle nostre celle di stoccaggio». È in Italia infatti che viene effettuata tutta la

lavorazione, nel laboratorio di Cittadella, utilizzando le più innovative dotazioni tecnologiche. «Il pesce, dopo essere stato controllato, pulito e, se necessario tagliato e confezionato – nel rispetto delle più severe norme igienicosanitarie ed ecologiche – segue due principali destinazioni: la vendita al dettaglio e la surgelazione. Nel primo caso, attraverso una nostra consociata, il prodotto viene proposto nel nostro punto vendita o venduto ad altri esercenti, sia grossisti sia supermercati selezionati. Per quanto riguarda la seconda destinazione, la surgelazione, in questo caso il prodotto segue un iter più complesso. Sulla base delle scorte e delle esigenze di mercato, il prodotto viene surgelato ed, eventualmente, glassato ai livelli richiesti, per la vendita ai grossisti e alle aziende di catering». Gli obiettivi dell’azienda per il futuro sono ambiziosi. «Abbiamo fiducia nel futuro, prevediamo un allargamento del nostro raggio d’azione, sia in termini di espansione territoriale che di capacità produttiva e commerciale. La nostra esperienza familiare e imprenditoriale, giunta già alla quarta generazione, ha fatto crescere nella famiglia la consapevolezza dei propri orizzonti e di fare passi adeguati alle proprie possibilità». PADOVA 2011 • DOSSIER • 139


COMUNICAZIONE

Strategie di marketing contro il calo dei consumi Le nuove strategie di vendita si adattano alla crisi dei consumi. Due esperti di comunicazione spiegano quali sono gli strumenti più adatti ad affrontare la situazione attuale. La parola a Flavio Fioretto e Simona Zantorlin Valerio Germanico

temi della promozione d’impresa e del marketing hanno conosciuto importanti evoluzioni con la crescita in chiave globale dei mercati. Promozioni, pubblicità e marketing operativo sono alcuni degli strumenti fondamentali per far conoscere marchi e prodotti e guadagnare nuove quote di mercato. Ma esistono anche nuove figure – come quella del visual merchandiser – per una migliore gestione delle aziende dei punti vendita che ospitano i loro prodotti. Com’è cambiato e sta cambiando il modo di fare marketing nel panorama economico italiano? Come ha influito la crisi? «Siamo convinti che l’investimento nel settore delle promozioni – anche se ritenuto in questo momento la prima voce di spesa superflua –, possa, al contrario, portare

I Sotto, Simona Zantorlin, responsabile marketing. Nella pagina a fianco, Flavio Fioretto, titolare di Pegaso Italia Srl, Ponte San Nicolò (PD) www.pegasoitalia.net

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un’azienda a definirsi sul piano nazionale o nel proprio mercato di riferimento, in maniera più incisiva e visibile». A parlare è Flavio Fioretto – titolare e amministratore delegato di Pegaso Italia, agenzia di marketing, promozione e merchandising –, che insieme alla responsabile marketing, Simona Zantorlin, ha risposto ad alcune domande sullo scenario del marketing in Italia. Quali sono, oggi, le armi migliori a disposizione delle aziende per fare promozione? SIMONA ZANTORLIN: «Attualmente, uno degli strumenti cardine sul quale fare leva è l’attività di visual merchandising. Con questo servizio, infatti, ogni azienda ha la possibilità di avere sempre sotto controllo la quantità di prodotto disponibile nei punti vendita, grazie a un team di persone in grado di monitorare costantemente la presenza, la posizione, i prezzi e le eventuali rotture di stock. I visual merchandiser sono persone formate, mediante briefing specifici, che hanno la funzione verificare quanto avviene nel punto vendita. Questa figura si è imposta perché, a causa della centralizzazione, le aziende non hanno più presidi nei punti vendita». In che modo il visual merchandiser si mantiene in contatto con l’azienda? S. Z.: «Grazie a una rete di Mhs dotata di terminali, tutte le informazioni vengono trasferite


Flavio Fioretto e Simona Zantorlin

Nella predisposizione di una strategia di marketing, è sicuramente più redditizio prevedere un buono sconto all’acquisto o una formula del tipo 3x2. Al contrario, è in calo l’uso di gadget promozionali

in tempo reale dall’operatore in punto vendita al soggetto interno all’azienda. Da questo punto di vista, occorre sottolineare che nel nostro campo, le soluzioni vincenti sono quelle che si legano a doppio nodo alla tecnologia e all’uso degli strumenti informatici. È infatti diventato basilare fornire informazioni, dati e report in maniera celere e tempestiva». Quanto ha influito la crisi nel rimodellare le vostre strategie di fidelizzazione del consumatore? FLAVIO FIORETTO: «La crisi ha portato inevitabilmente il consumatore finale ad avere una maggiore attenzione al prezzo, spesso a scapito della qualità del prodotto. Questo comporta che, nella predisposizione di una strategia di marketing, è sicuramente più redditizio prevedere un buono sconto all’acquisto o una formula del tipo 3x2. Al contrario, è in calo l’uso di gadget promozionali. Perché questi risultano di scarso interesse per il consumatore, che non li considera come un incentivo all’acquisto, a meno che non si tratti di un omaggio particolarmente attraente o utile. Volendo puntare sul gadget, pertanto, particolare rilevanza riveste la scelta, che necessita di uno studio accurato e di indagini di mercato». Qual è la tipologia di aziende che si rivolge ai vostri servizi? F. F.: «I nostri clienti sono diversi fra loro sia per tipo di prodotto che per dimensioni e settore di appartenenza. Spaziamo dall’alimentare, alla cosmesi, dalla profumeria al settore farmaceutico. Le dimensioni dell’azienda non sono sempre un tratto rilevante, in quanto non necessariamente una multinazionale investe più risorse di un’azienda di piccole di-

mensioni. Spesso ciò che determina la differenza, infatti, non sono le dimensioni, bensì piuttosto la predisposizione dei dirigenti e responsabili marketing all’investimento». Quale bilancio complessivo è possibile fare sul vostro settore in riferimento all’ultimo biennio? S. Z.: «Il nostro settore ha risentito in maniera pesante della crisi economica. Le aziende sono state costrette a fare dei tagli e le prime voci sulle quali hanno deciso di tagliare sono

state proprio la comunicazione e il marketing – nonostante questa non sia la mossa migliore per lo sviluppo e il mantenimento delle quote di mercato, perché se i consumi sono fermi e si bloccano gli stimoli all’acquisto il risultato è un aggravarsi della situazione. Tuttavia, per quanto ci compete, abbiamo cercato di avere una reazione costruttiva al calo degli investimenti. Abbiamo infatti cercato di trovare nuovi PADOVA 2011 • DOSSIER • 143


COMUNICAZIONE

LA STRUTTURA E I SERVIZI P

egaso Italia opera dal 1978 su tutto il territorio nazionale nel settore del marketing, della promozione delle vendite e del merchandising. Si avvale di una struttura capillare sul territorio, creata da persone sensibili e attente, supportate da una efficiente organizzazione di strutture logistiche e mezzi. Questa organizzazione ha dato all’azienda la possibilità di lavorare negli anni con i più importanti marchi italiani, sia nel campo delle promozioni che in quello del merchandising, su tutto il territorio nazionale. Pegaso offre un servizio completo (ISP, caricamenti, logistica, allestimenti) in grado di soddisfare il cliente e le sue più varie esigenze. L’obiettivo è garantire un lavoro di qualità all’interno del punto vendita, qualsiasi sia l’attività svolta. Nello specifico, i servizi di Pegaso spaziano da quelli in store promotion (attività promozionale presso i punti vendita) al merchandising operativo, allestimento e logistica, dal caricamento prodotti a scaffale fino all’organizzazione di eventi.

partner, magari meno importanti sul piano della visibilità, ma che avessero maggiori input e voglia di investire nel campo delle promozioni, della pubblicità e del marketing operativo. Questo ci ha permesso di acquisire nuovi clienti e, quindi, di recuperare sulle perdite di fatturato». Questa situazione ha fatto crescere la concorrenza fra le agenzie del vostro settore? S. Z.: «Indubbiamente c’è stata una corsa per mantenere o conquistare i clienti più impor-

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tanti. Questo ha portato l’industria ad approfittare del nuovo scenario, con la conseguenza che spesso la scelta dell’agenzia alla quale affidare un lavoro non viene più fatta in base alla qualità della comunicazione prodotta – sulla base dell’esperienza e del background dell’agenzia –, bensì solo tenendo conto delle tariffe proposte. Tariffe troppo basse sono certamente un risparmio per il cliente, ma rischiano di incidere negativamente da una parte sulla qualità dell’attività di marketing, dall’altra creano una “guerra” fra le agenzie che ha come risultato, spesso, una minor attenzione nella gestione di tutti quegli aspetti legati alla nostra tipologia di lavoro». Quindi, concretamente quali sono i soggetti che “pagano”? S. Z.: «Il risultato finale di questa situazione, comportando la riduzione delle tariffe – accettata dalle agenzie nazionali per rispondere alle nuove esigenze dei clienti –, si ripercuote inevitabilmente sull’ultimo anello della catena, ovvero le promoter e gli Mhs. Questi ultimi, infatti, sono l’ammortizzatore sul quale viene scaricata la crisi del settore. Ciò inevitabilmente influisce sulla loro attività e quindi anche sul nostro lavoro di strategia di marketing, dato che è evidente che la promoter è di fatto disincentivata a svolgere con dedizione il proprio compito». Quali sono le aspettative sul futuro e gli obiettivi principali della vostra realtà per il prossimo anno? F. F.: «Il nostro obiettivo, come azienda, è quello di affermarci su una posizione via via più importante sul piano nazionale, per riuscire a conquistare la fiducia di nuovi clienti e rafforzare il rapporto di stima con quelli per i quali già lavoriamo. Le aspettative sull’andamento del mercato dipendono solo ed esclusivamente dalla volontà e capacità delle aziende di comprendere che il rilancio passa dalla possibilità di concretizzare progetti di comunicazione ambiziosi, che danno sempre risultati in termini di immagine, quote di mercato e visibilità del marchio».



RISCHIO IDROGEOLOGICO

Sinergie istituzionali e scelte condivise Le immagini dell’autunno 2010 sono lontane. Oggi il Veneto si è rialzato, grazie alla collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine e volontari. «È cresciuta la coscienza collettiva» dice Daniele Stival, assessore alla Protezione Civile della Regione Veneto Luca Donigaglia

egrado ambientale e dei corsi d’acqua, abusivismo e disboscamento selvaggio. Sono queste le cause principali del dissesto idrogeologico. In Italia, stando ai dati di Legambiente, sono 5.581 i comuni interessati, di cui 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio alluvione e 2.596 a rischio sia di frana che di alluvione. Sempre secondo l’associazione, per mettere in sicurezza il territorio italiano sono necessari 43 miliardi di euro, di cui 27 da destinare al Centro-Nord, 13 al Sud e 3 per gli interventi di recupero delle coste. È questo il quadro dello Stivale, all’interno del quale il Veneto conta 327 comuni a rischio, il 56% del totale delle amministrazioni locali. Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, chiamato a commentare la situazione della regione a poco più di un anno dall’alluvione che ha interessato al-

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A destra, Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, all’identità veneta, alla caccia e ai flussi migratori

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cune zone, preferisce prima di tutto sottolineare «la crescita di una coscienza collettiva su queste tematiche trascurate per decenni». E da qui vede l’esigenza di ripartire, prima di tutto reperendo le risorse che servono per poi «migliorare ancora il sistema di allertamento e prevenzione, completare e tenere aggiornati i piani comunali di Protezione Civile e redigere i piani comunali delle acque». Assessore, dopo l’alluvione che ha colpito il Veneto nel 2010 avete ribadito come Regione Veneto che l’obiettivo è coordinarsi per un’efficace prevenzione anche tramite scelte condivise con il Friuli Venezia Giulia. In 10 anni sono stati pianificati interventi per 2,7 miliardi di euro. A che punto è il programma dei finanziamenti? «Tutte le risorse ricevute dallo Stato sono impegnate, è giunto il massimo consentito dalle norme per ciascuno dei 10.040 privati e imprese dan-

neggiati. Abbiamo realizzato 250 interventi di ripristino e la messa in sicurezza di opere idrauliche per circa 100 milioni di euro: il Veneto ha a disposizione, tra fondi impegnati e da impegnare, 371 milioni di euro. Complessivamente, la domanda di fondi da parte di famiglie e imprese venete vale circa 156 milioni di euro, che abbiamo


Daniele Stival

Gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque. Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi

interamente coperto ricorrendo a 10-15 milioni di euro prelevati dal nostro bilancio regionale. Con le risorse programmate per le infrastrutture ovviamo ai danni subiti e realizziamo le tre casse di colmata da un centinaio milioni di euro, che i nostri tecnici considerano fondamentali per gestire le future piene (fino a sette milioni e 800 mila metri cubi di acqua la capacità totale di contenimento) nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Su questo progetto la progettazione definitiva c’è già, nel giro di tre mesi dovrebbero partire i lavori». Dunque, per quanto riguarda la fase di emergenza i lavori sembrano a buon punto. Ma più in prospettiva, quanto contate davvero su interventi strutturali che mettano il Nord-Est più al sicuro dai disastri naturali? «Come detto, gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque. Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi. Serve un’azione politica ad ampio raggio per contrastare problemi idrogeologici che il nostro territorio accusa non da oggi. Anche dopo l’alluvione del 1966 la questione idraulica è stata ignorata. In 10 anni avremmo bisogno di oltre 2,5 miliardi di euro tra manutenzioni e interventi, come hanno calcolato gli esperti coordinati dal profes- PADOVA 2011 • DOSSIER • 147


RISCHIO IDROGEOLOGICO

sor Luigi D’Alpaos dell’Uni- mità. Siete convinti che versità degli Studi di Padova». Tiene banco anche il tema delle polizze assicurative anti-alluvione, si rincorrono voci su alcune società di assicurazione disponibili. Come stanno le cose? «La politica tutta deve decidere anche sul fronte delle assicurazioni anti-alluvione. Noi abbiamo bisogno di polizze obbligatorie. Dobbiamo capire, in merito, quanto può mettere lo Stato e quanto dovrebbero mettere i cittadini. La discussione è avviata a livello nazionale da anni, ma quando si entra nel campo delle cifre importanti diventa dura procedere. Da parte nostra continuiamo ad auspicare la massima attenzione possibile e seguiamo la vicenda». Si è parlato molto, nei mesi dell’alluvione dell’autunno 2010, dello spirito di sacrificio e dell’impegno dei veneti di fronte alle cala-

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dalle vostre parti questi drammi vengano affrontati con maggiore “sobrietà” rispetto ad altri territori? «L’identità veneta? Cito solo un esempio: nei giorni immediatamente successivi all’alluvione dello scorso anno, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi si recarono sul posto per una serie di sopralluoghi. Ebbene, io ero preoccupato perché i cittadini avevano già praticamente sgombrato tutto! Del resto, se lasci incrostare il fango poi diventa tutto più difficile. Sulla capacità dei nostri concittadini di affrontare anche le calamità naturali con dignità straordinaria non ci sono dubbi. Non dimentichiamo poi tutto lo staff di volontari che ha affiancato nei lavori il presidente della Regione Luca Zaia». Nelle ore calde dell’alluvione lei è stato contestato anche da alcuni sindaci delle province interessate.

277 CANTIERI

Sono i cantieri aperti dall’inizio dell’emergenza in Veneto, di questi 202 sono già stati chiusi

2,7 mld FONDI

Sono le risorse, attualmente non disponibili, che secondo il piano D’AlpaosCasarin servono per realizzare le opere necessarie a mettere in sicurezza l’intero Veneto

Cosa pensa ritornando a quei momenti? «Il tempo è galantuomo. Con diversi sindaci ci sono state cose da ridere ma più che altro malintesi, frutto soprattutto dell’esposizione mediatica. Il sindaco di Vicenza ci aveva criticato sui tempi degli interventi di emergenza, lo capisco come capisco altri perché tutti, nel nostro ruolo di amministratori pubblici, siamo autorità di protezione civile. In questo senso, forse, qualche collega si è fatto trovare un po’ impreparato. In ogni caso, le denunce che avevamo ricevuto sono tutte cadute, la magistratura dopo le opportune verifiche ha ritenuto tutto infondato».



RISCHIO IDROGEOLOGICO

Pericolo alluvioni, vietato abbassare la guardia A poco più di un anno dall’alluvione che ha colpito buona parte della regione, in Veneto sono 277 i cantieri aperti. «Le polizze? Verifichiamo a tutto campo». Il punto del commissario Perla Stancari Luca Donigaglia

e piogge di inizio novembre hanno permesso una verifica operativa positiva dei lavori di somma urgenza realizzati dalla struttura commissariale dopo la disastrosa alluvione dell’anno scorso». Esprime così la sua soddisfazione il prefetto di Verona, Perla Stancari, che ha preso il posto del governatore Zaia come commissario per il superamento dell’emergenza alluvione in Veneto. Dopo la paura dello scorso anno, oggi il Veneto può sorridere ma non abbassare la guardia perchè, spiega ancora il commissario, «la situazione rimane delicata, non esiste il rischio zero». Come procede in Veneto il lavoro di ricostruzione portato avanti dopo l’alluvione del 2010? «Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale e iniziative come la paratoia per difendere Soave dalle

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In apertura, Perla Stancari, prefetto di Verona e commissario per l’emergenza alluvione in Veneto

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acque del sistema Alpone. Si continua a lavorare per portare a termine tutti i 277 cantieri programmati, dei quali oltre 200 già conclusi, e per migliorare i sistemi di monitoraggio e allertamento». Le precipitazioni di novembre hanno provocato nuovi allagamenti nel Trevigiano, una zona risparmiata dall’alluvione dello scorso anno. È la dimostrazione, una volta di più, dell’urgenza e della necessità di interventi di prevenzione del rischio idraulico? La Regione dispone del piano D’Alpaos-Casarin, che prevede interventi per 2,7 miliardi di euro complessivi: soldi che attualmente non ci sono. Che fare? «Interveniamo per supportare il finanziamento delle prime iniziative già individuate a partire dal bacino di espansione di Trissino, per il quale pensiamo di attivare l’appalto integrato nella prima metà del prossimo anno. Cofinanzieremo l’opera con circa 10,5 milioni di euro

rispetto a un costo previsto complessivo di 44,65 milioni. Questo intervento, per il quale c’è la progettazione definitiva, è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dei comuni della Bassa padovana nel bacino del fiume Bacchiglione, interessati dalle piene dell’Agno Guà, affluente del Gorzone. Il secondo intervento riguarderà il bacino di espansione di Caldogno (costo 41,5 milioni di euro, cofinanziamento commissariale di 19,5 milioni, ndr), il cui progetto ha già superato la Valutazione d’Impatto Ambientale e che dovrebbe essere appaltato a metà circa del 2012. L’intervento è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dell’area metropolitana di Vicenza interessata dalle piene del torrente Timonchio che convergono sul Bacchiglione». Finanzierete anche l’invaso sul torrente Lastego-Muson dei Sassi (10,8 milioni di euro su una spesa totale di 13,8), finalizzato alla riduzione del ri-


Perla Stancari

Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale

schio idraulico dei comuni dell’Alta padovana. Il progetto definitivo dovrebbe essere pronto entro la fine dell’anno corrente e si pensa di appaltare i lavori nel 2012. Nel frattempo il governo ha prorogato di un anno la gestione commissariale e si attende la pubblicazione. «Questo ci consentirà, tra l’altro, di prorogare i termini per le presentazione della documentazione finale relativa ai contributi per il ristoro dei danni». Per quanto riguarda l’informazione sulle previsioni meteo, come vi regolate? «Il Centro funzionale decentrato della Protezione Civile regionale redige costantemente appositi bollettini, aggiornati ogni sei ore in caso di periodi di

maltempo piuttosto lunghi come in questi giorni. I bollettini sono finalizzati ad attivare il sistema di allertamento, vengono spediti a Comuni, Province e a tutte le strutture della Protezione Civile, sono reperibili nel sito web della Regione». Tiene sempre banco la questione delle polizze assicurative anti-alluvioni. Nonostante varie voci, al momento nessuna compagnia sarebbe disponibile ad offrirle. È così? «Il mio predecessore, il presidente della Regione Luca Zaia, per primo, ha voluto inserire l’ipotesi assicurativa tra gli approfondimenti affidati al commissario dall’ordinanza 3.906 del presidente del Consiglio dei ministri, e ha aperto una strada ancora incompiuta, che

al momento si può sintetizzare come segue: sono state interpellate le maggiori compagnie assicuratrici operanti nel Veneto, la maggior parte delle quali non ha finora ancora risposto, mentre le altre hanno sostanzialmente detto che l’ipotesi in questione non era da loro prevista. Poiché, comunque, dalla ricognizione finora svolta un paio di compagnie hanno dato una qualche disponibilità a eventuali approfondimenti della questione e che il soggetto attuatore per la copertura assicurativa dei rischi da catastrofi naturali, Mario Martinuzzi, mi ha informato che intende sottopormi un pacchetto di proposte, intendo incontrare quanto prima assieme a lui i responsabili delle società di assicurazione operanti sul territorio regionale per avere una risposta diretta e verificare le eventuali strade percorribili». PADOVA 2011 • DOSSIER • 151


DEPURAZIONE DELL’ARIA

Tecnologie per “ripulire l’aria” Per installare un efficiente impianto di aspirazione, bisogna rispettare determinati parametri, e avere sempre ben presenti alcune norme di sicurezza. Il punto di Egidio Fasseti Emanuela Caruso

ormative severe e dettagliate regolano l’attività del settore dell’ecologia, in particolar modo il ramo dell’aspirazione e depurazione dell’aria. Il motivo è di facile comprensione, un’aria inquinata in abitazioni, aziende e servizi pubblici nuoce alla salute dell’uomo e provoca innumerevoli danni all’ambiente. Ecco allora che le normative tecnico-economiche e tecnicolegali di questo specifico ambito vanno a decidere in quali ambienti e posizioni particolari è meglio, se non obbligato-

N

La Veneta Componenti ha sede a Mestre (VE) www.venetacomponenti.com

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rio, installare un impianto di aspirazione, quali parametri seguire per la realizzazione degli impianti, e quali norme di sicurezza è necessario avere sempre ben presenti. L’adeguamento a tali regole e gli investimenti nella sicurezza sono però costosi e non tutte le società sono disposte ad affrontarli o possono permetterseli. Proprio a causa di questi aspetti, la Veneta Componenti, impresa padovana impegnata nella costruzione e vendita di impianti per l’aspirazione dell’aria e la depurazione da polveri e fumi, ha attuato nell’ultimo periodo un cambiamento della politica di acquisizione delle commesse. «Dato che oggi molti committenti sono più attenti al prezzo che alla qualità del prodotto e del servizio – spiega Egidio Fasseti, amministratore delegato della Veneta Componenti –, la nostra azienda, che invece rimane allineata a elevati standard qualitativi, ha deciso di accettare quasi esclusivamente grandi commesse, situazione in cui il cliente è informato, esigente e disposto a consigli e mi-

glioramenti futuri. Di conseguenza, tralasciamo le piccole commesse, in quanto non riusciamo a essere concorrenziali sul prezzo». Impegnata sia sul fronte della produzione che sul fronte della vendita, la Veneta Componenti ha diviso l’attività in due rami, «quello commerciale, che vende prodotti e articoli per l’aspirazione ai vari utenti, compresi i concorrenti più piccoli che comprano a catalogo; e quello della produzione degli impianti, realizzati secondo le specifiche della clientela dal reparto tecnico». Il bacino d’utenza dell’azienda comprende vari settori, tra cui quello industriale e il calzaturiero, ma prende in considerazione anche le acciaierie, le imprese di verniciatura e le officine meccaniche. «La nostra forza – ci tiene a specificare Egidio Fasseti – è proprio quella di essere in grado di trasportare le nostre conoscenze e competenze in tutti i vari ambiti che serviamo. Inoltre, diversificando la produzione possiamo superare con facilità qualsiasi periodo di crisi eco-


Egidio Fasseti

nomica del mercato. Grazie a questa buona organizzazione, oggi, il nostro fatturato tocca i 5 milioni di euro». Ma un ruolo importante per il raggiungimento del successo della Veneta Componenti l’ha giocato anche l’ottimo ed efficiente servizio di assistenza post-vendita e di manutenzione. «Da circa un anno e mezzo, la società ha iniziato a proporre agli utenti i contratti di manutenzione e a effettuare i controlli degli impianti installati. Ad oggi, abbiamo già stipulato un totale di 150 contratti, che prevedono uno o due controlli annui, programmati preventivamente. Una volta installato l’impianto, procediamo con il primo controllo dopo circa tre o quattro mesi, a seguito del quale facciamo la nostra proposta per un contratto di manutenzione di uscita dalla garanzia. La stima guadagnata agli occhi dei clienti con l’attività di anni e anni ci ha ripagato anche in questa occasione. I clienti sono infatti soddisfatti dei contratti, perché sanno di essere seguiti in modo costante e di poter ottenere qualsiasi tipo di intervento o miglioramento. Se poi consideriamo la questione dei prezzi, chi dispone di un contratto paga meno rispetto agli altri committenti che richiedono i nostri servizi». La Veneta Componenti ha le idee ben chiare anche quando si parla di prospettive future della società. «Per il 2012 – continua l’amministratore de-

legato – abbiamo in progetto di focalizzarci su due fattori importanti per la nostra attività. In primis, vogliamo migliorare ulteriormente il servizio di assistenza e manutenzione mettendo a disposizione dei vari utenti due squadre di operatori, in questo modo potremo garantire interventi più rapidi e

costanti aggiornamenti conformi alle sempre più esigenti normative del settore. In secondo luogo, vogliamo espandere la nostra attività. Essendo ormai consolidati nel Nord Italia, faremo conoscere la nostra azienda e i nostri articoli anche nel Sud Italia e, soprattutto, all’estero». PADOVA 2011 • DOSSIER • 155


RINNOVABILI

Il fotovoltaico verso la parità di rete recenti interventi legislativi in materia di fotovoltaico hanno suscitato reazioni negative da parte di numerosi operatori del settore. Crisi economica e riduzione degli incentivi hanno portato al quarto Conto Energia. I cittadini e le imprese iniziano a domandarsi, giustamente, se il fotovoltaico rappresenti un costo o un beneficio per il Paese. «A sciogliere ogni dubbio in merito sono i numeri. Nel

I

Gianpiero Coppola, Ad di Helios Technology Spa www.heliostechnology.com

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Il settore fotovoltaico paga lo scotto di un eccessivo vuoto normativo di riferimento e di una concorrenza internazionale sempre più agguerrita. L’analisi di Gianpiero Coppola di Helios Technology, tra le più importanti realtà europee produttrici di celle e moduli in silicio Piero Lucchi

2011 l’Italia rappresenterà molto probabilmente il primo mercato al mondo per potenza fotovoltaica installata, che ha raggiunto un totale di 11 GW». A evidenziare il dato è Gianpiero Coppola, amministratore delegato della Helios Technology, di Carmignano di Brenta, in provincia di Padova. La società fa parte del gruppo Kerself, leader in Italia nel settore fotovoltaico con una struttura verticalmente integrata, che va dalla produzione di celle e moduli alla realizzazione chiavi in mano di impianti. Helios Technology è attualmente la più importante realtà italiana nella produzione di celle e moduli in silicio mono e policristallino ed è presente sul mercato mondiale dal 1981. Tornando alla potenza generata dal fotovoltaico italiano, per Coppola, «questa ha consentito nello

scorso mese di agosto di compensare per intero l’aumento della domanda di elettricità del nostro Paese e di ridurre di conseguenza le importazioni dall’estero». Tuttavia, il prelievo sulla bolletta dei consumatori per sostenere gli incentivi al fotovoltaico è salato. «In verità l’onere sulla bolletta relativo all’incentivazione del fotovoltaico rappresenta al momento solo una minima parte, circa l’1,5% delle bolletta elettrica totale. E i benefici indiretti per l’economia nazionale, generati dalla spesa dei consumatori per favorire lo sviluppo del settore fotovoltaico, sono superiori. Anzitutto il fotovoltaico abbatte i costi di generazione elettrica tradizionale da fonte fossile, con conseguente abbassamento complessivo della bolletta elettrica nel medio ter-


Gianpiero Coppola

mine. Questo avviene perché gli impianti fotovoltaici producono la maggior quantità di energia elettrica durante le ore centrali della giornata, quelle di maggior richiesta e quindi più care, “spiazzando” l’energia convenzionale. Secondo il Solar Energy Report pubblicato dal Politecnico di Milano, per il solo 2010 il fotovoltaico ha generato nel 2010 un volume d’affari pari a 7,6 miliardi di euro. Il settore occupa circa 20mila addetti diretti e genera un importante gettito fiscale. Senza dimenticare il fondamentale contributo nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dal protocollo di Kyoto». Quale bilancio trae dall’attività di Helios Technology negli ultimi anni? «Il fatturato ha registrato una

Secondo alcuni studi, in Italia le applicazioni fotovoltaiche commerciali raggiungeranno la parità di rete nel 2013

crescita costante fino al 2009, anche grazie all’ampliamento della capacità produttiva a 60 MW realizzato nel 2008, poi ha risentito della progressiva riduzione del prezzo dei moduli sul mercato finale, a sua volta funzione della riduzione del costo innanzitutto del silicio, ma in generale di gran parte dei materiali e delle componenti del modulo. All’inizio di quest’anno abbiamo avuto alcuni periodi di discontinuità produttiva legati alla precedente gestione della società. A partire da fine maggio scorso, grazie all’impulso del nuovo azionista di riferimento del gruppo Kerself, Avelar Energy, abbiamo ri-

preso le operazioni a pieno regime». Cosa vi rende così competitivi su uno scenario sempre più dominato dai competitor asiatici? «In Italia vantiamo un know how unico. Basti pensare che un importante centro di ricerca europeo ha certificato le performance elettriche di moduli prodotti da noi e installati nelle proprie aree test dal 1991. I test effettuati nell’Aprile del 2010, dopo circa 20 anni di attività hanno dimostrato che i moduli hanno mantenuto alta performance per tutta la durata dell’installazione, senza mai necessitare di alcun tipo di intervento: né PADOVA 2011 • DOSSIER • 157


RINNOVABILI

di manutenzione né di pulizia. merciali tradizionali vanno riLa perdita di potenza dei moduli Helios Technology in 20 anni è mediamente del 3,24% totale, cioè 0,16% circa annuo, di gran lunga inferiore a quanto garantito normalmente da noi stessi e dalla

concorrenza». È sufficiente puntare sulla qualità in un mercato così competitivo? «Non basta. Occorre rendere più efficiente la struttura dei costi e, soprattutto, modificare l’approccio al mercato, che si sta orientando soprattutto verso il settore retail, in particolare le coperture di centri commerciali, fabbriche, parcheggi. Le strategie com158 • DOSSIER • PADOVA 2011

viste. Non è sufficiente offrire e pubblicizzare moduli di qualità, bisogna supportare il potenziale cliente nel processo di autorizzazione, progettazione e realizzazione dell’impianto». Quanto si investe in ricerca e sviluppo? «Moltissimo. Nel corso di quest’anno abbiamo concepito e trasferito in linea una serie di accorgimenti che ci hanno permesso di incrementare l’efficienza delle nostre celle, vale a dire la capacità della cella di convertire l’energia solare in energia elettrica. Inoltre abbiamo aggiunto alla nostra lista prodotti un pannello ibrido fotovoltaico-termico perfezionato “in casa”. Guardando al futuro prossimo, stiamo anche valutando possibili partnership con operatori che stanno sviluppando la tecnologia fotovoltaica a concentrazione, che tra l’altro beneficia dell’incentivo premiante previsto dal Quarto Conto Energia». Stiamo parlando delle aziende del distretto padovano. Quale legame avete con il vostro territorio? «Helios Technology è una società con una vocazione nazionale ed europea, ma è anche un’azienda fortemente radicata sul padovano, non solo perché dà lavoro a 160 persone che risiedono nella zona. Il fotovoltaico in Italia nasce con Helios Technology e ha origine proprio nel padovano trent’anni fa. Quanto ai lavoratori di questa società

devo dire che rappresentano un valore fondamentale dell’azienda, in termini di professionalità e dedizione. In agosto i nostri operai hanno accettato di rinunciare alle ferie affinché l’azienda potesse continuare a produrre in un momento di picco nella richiesta di moduli fotovoltaici». Si parla molto di Grid Parity, la cosiddetta “parità di rete”. Di cosa si tratta? «La grid parity è la capacità del fotovoltaico di competere nel mercato elettrico con il costo di generazione di energia elettrica prodotta da fonti convenzionali. Questo sarà possibile solo quando si sarà completata la fase di industrializzazione del settore in Italia, e a questo scopo le tariffe incentivanti sono state e sono ancora essenziali. Secondo alcuni studi in Italia le applicazioni fotovoltaiche commerciali raggiungeranno la parità di rete nel 2013». Dunque, nonostante tutto, le sue previsioni sul settore sono ottimistiche? «Le turbolenze del mercato fotovoltaico non sono finite ma le prospettive sono buone. Guardiamo all’esempio degli Stati Uniti. A dispetto della concorrenza agguerrita e nonostante la fine imminente degli sgravi fiscali introdotti nel 2009, il fotovoltaico USA prevede di triplicare nei prossimi quattro anni. A trainare le installazioni sarà proprio quella competitività che ha portato il co-


A trainare le installazioni sarà proprio quella competitività che ha portato il costo degli impianti a calare del 30% rispetto all'inizio 2010 e che genererà un ulteriore calo nei prossimi anni

sto degli impianti a calare del 30% rispetto all'inizio 2010 e che genererà un ulteriore calo nei prossimi anni. Il segmento di riferimento nei prossimi anni sarà quello dei piccoli e medi impianti, che possiamo dividere in residenziale, al di sotto dei 20kw, e relativo alle Pmi, tra i 20 e 300kw. La strategia di Helios Technology e del gruppo Kerself prevede politiche di vendita ad hoc e la strutturazione di reti commerciali differenziate. Sfrutteremo anche le risorse in termini di network presenti

all’interno del gruppo Kerself e di Avelar». Tornando al legislatore, cosa dovrebbe seguire al Quarto Conto Energia? «Il Quarto Conto Energia è stato introdotto lo scorso maggio e ha fatto seguito ai due mesi del vacuum normativo generato dal decreto Romani, che aveva sospeso il sistema incentivante del Terzo Conto Energia senza indicarne uno nuovo, con un impatto pesante sulla certezza delle regole e sulla credibilità del settore fotovoltaico italiano. La

Provincia di Padova ha organizzato un tavolo istituzionale coinvolgendo i molti operatori locali, con l’intento di promuovere presso il governo nazionale le esigenze di programmazione nel medio termine. Gli incentivi sono il ponte che lo Stato ha costruito per portare il fotovoltaico verso la grid parity. Quando si era a metà percorso ha sostituito il ponte con una corda tesa e ci ha chiesto di stare in equilibrio. Ora ci aspettiamo che non ci faccia il solletico». PADOVA 2011 • DOSSIER • 159


RINNOVABILI

Il futuro dell’energia Le rinnovabili sono un’opportunità per la rinascita del Paese, ma vanno integrate, almeno in questa fase, con gli impianti tradizionali. Giuseppe Lucato descrive le particolarità di un mercato in forte e veloce trasformazione Francesco Bevilacqua

ggi il fotovoltaico è in forte espansione e questa è certamente una notizia positiva per il nostro Paese. Al tempo stesso però è un monito per gli operatori del settore che, se vogliono rimanere competitivi e al passo coi ritmi imposti dal mercato, devono essere pronti a rischiare, capaci di anticipare i tempi e attivi nel campo della ricerca e dell’innovazione. «Quando iniziai alla fine degli anni Settanta l’attività di installatore di impianti tecnologici, non potevo immaginare come sarebbe cresciuto il settore», ricorda Giuseppe Lucato, presidente della Lucato Impianti. L’azienda, oggi in piena fase di rinnovo

O Giuseppe Lucato, titolare della Lucato Impianti Srl di Camposampiero (PD), insieme ai figli Giulio e Silvia www.lucatoimpianti.it

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generazionale, rappresenta una delle realtà impiantistiche più affermate e radicate del territorio e, recepita la sfida che propone oggi il mercato dell’energia solare, si contraddistingue per la continua ricerca e attuazione delle nuove tecnologie volte al miglioramento dell’efficienza energetica e dello sfruttamento delle fonti rinnovabili per gli impianti di cui cura sia la progettazione che la realizzazione, seguendo passo dopo passo il committente. Come bisogna muoversi per “anticipare i tempi”? «Anticipare i tempi significa avere la voglia e la costanza di guardarsi continuamente intorno, avere la curiosità e l’ardire di progettare e realizzare opere sempre all’avanguardia. Oltre vent’anni fa, quando pochi ci credevano, abbiamo avuto il coraggio di proporre e installare i primi impianti a pannelli radianti a pavimento, dieci anni fa abbiamo riaperto le porte alla realizzazione degli impianti centralizzati, adesso stiamo realizzando i primi edifici centralizzati a emissione zero del territorio, dotati di impianti fotovoltaici abbinati a pompe di

calore geotermiche e di impianti domotici in grado di gestire da un solo punto le condizioni climatiche interne, il sistema di antintrusione e gli impianti speciali. Il massimo sfruttamento delle energie rinnovabili è l’obiettivo che stiamo perseguendo ora, nell’ottica non tanto di diversificare il mercato, quanto di fornire impianti tecnologicamente avanzati che permettano di andare oltre ciò che il legislatore impone, riducendo il più possibile i tempi di ammortamento». Quali sono quindi le fonti energetiche su cui puntare nel prossimo futuro? «Quelle rinnovabili, ma non solo. Non bisogna infatti perdere il know-how acquisito negli anni e abbandonare tecnologie affermate e di sicuro rendimento. L’utilizzo delle fonti rinnovabili non deve precludere la strada agli impianti tradizionali. L’integrazione, in questo caso più che mai, è d’obbligo. La progettazione e realizzazione di un impianto non può prescindere dall’involucro edilizio che va studiato anche sotto l’aspetto dell’efficienza energetica e dell’isolamento ed


Giuseppe Lucato

L’obiettivo che stiamo perseguendo è fornire impianti tecnologicamente avanzati che permettano di andare oltre ciò che il legislatore impone

è per questo che forniamo un servizio di global service, consentendo al committente di avere un solo interlocutore che segua e coordini tutte le attività». Il mercato è ricettivo alle nuove proposte? «Lo è quando capisce che non si tratta solo di apparenza, ma di sostanza. In fase preventiva, ogni progetto è realizzato sulla base di uno studio di fattibilità che permette di valutare i tempi di ammortamento dell’opera. L’integrazione completa di impianti elettrici e meccanici consente di ottimizzare i consumi e rende facile e immediata la gestione. Il servizio di assistenza completa che l’azienda offre è inoltre un’ulteriore garanzia su

affidabilità e durata degli impianti». Quali sono i settori che coprite? «Il prevalente rimane quello civile, ma la realizzazione di impianti in ambito pubblico, commerciale e industriale sta crescendo di anno in anno, così come il global service. L’acquisizione e l’accrescimento delle abilitazioni Soa hanno permesso all’azienda di affrontare opere via via di maggior impegno, contribuendo così ad aumentare il bagaglio tecnico e consentendo una diversificazione sul mercato che garantisce ulteriore stabilità al gruppo». Le condizioni del mercato attuale influenzeranno le scelte per il futuro?

«Negli ultimi dieci anni abbiamo mantenuto un livello di crescita medio di più del 20% annuo, risultato che, secondo previsioni, sarà confermato anche nell’anno in corso. Questo ci permette di guardare al futuro con ottimismo, forti di un gruppo di collaboratori che con entusiasmo e tenacia contribuisce ogni giorno al raggiungimento degli obiettivi. Siamo un’impresa completa, progettiamo e realizziamo impianti elettrici e meccanici, il pool è giovane e motivato e la volontà comune è quella di migliorarsi, crescere, innovarsi e consolidarsi. È questa la molla che ci permette di guardare al futuro con serenità».

Nel riquadro a sinistra, la sede dell’azienda

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RINNOVABILI

Dal fotovoltaico ai reattori pirolitici L’investimento crescente nella tecnologia delle rinnovabili sta rendendo concreti alcuni obiettivi solo pochi anni fa utopistici. Come produrre energia elettrica pulita a un costo inferiore a quello delle fonti tradizionali. E trasformare in energia elettrica i rifiuti organici senza emissioni in atmosfera. La parola a Nicola Bisello Salvatore Cavera

l momento in cui il costo dell’energia prodotta attraverso il fotovoltaico sarà uguale o minore al costo dell’energia di rete prodotto con le risorse tradizionali – ovvero il raggiungimento della cosiddetta grid parity – è l’orizzonte economico verso il quale stanno puntando gli sforzi e gli investimenti di tutti gli operatori delle energie pulite. Le variabili in gioco sono

I Nicola Bisello, fondatore e amministratore della Sfera Srl di San Giorgio in Bosco (PD) www.sferaitalia.net

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rappresentate fondamentalmente da due parametri. Da una parte il costo dei pannelli. Dall’altra il costo dello sfruttamento dei combustibili fossili. «Mentre l’investimento nella tecnologia, grazie alle innovazioni e alle economie di scala, sta progressivamente richiedendo spese sempre inferiori, il prezzo della bolletta energetica segue il percorso inverso, come dimostrano i costanti aumenti, che seguono la crescita del prezzo di gas e petrolio». Nicola Bisello, fondatore e amministratore di Sfera, traccia così una prospettiva ottimistica per il traguardo della grid parity, già raggiunta in diversi Paesi europei. «I due parametri economici in gioco stanno convergendo, grazie anche al fatto che il mercato fotovoltaico italiano sta crescendo e mostra chiaramente ulteriori prospettive di cre-

scita. Questo vuol dire che la grid parity è sempre più vicino. Gli studi del dipartimento di Energia elettrica dell’Università di Padova, per esempio, stimano che l’obiettivo sarà raggiunto nel corso del 2013. Questo scenario dimostra come il fotovoltaico sia una tecnologia capace di far cambiare, in modo radicale e a breve termine, il nostro modo di pensare l’energia». Sfera, holding che raggruppa otto società di produzione di energia e due Esco (Energy Service Company), crede nelle potenzialità della produzione di elettricità attraverso i raggi solari. «Nel momento in cui il costo del fotovoltaico sarà più basso rispetto a quello dell’energia tradizionale, si avranno in un’unica soluzione una pluralità di vantaggi: un sistema silenzioso e rispettoso dell’ambiente, impianti vicini al


Nicola Bisello

consumatore finale e perfettamente integrati nel territorio. La nostra fiducia negli immensi vantaggi che potranno derivare dal fotovoltaico trovano dimostrazione nella nostra volontà e capacità di installare nuovi impianti, cresciuta nel tempo fino a raggiungere la quota di oltre 25 MW all’anno. Questo ci ha fatto ottenere il riconoscimento di Epcc (Engineering, Procurement and Construction Contractor) e di raggiungere un posto di primo piano fra le imprese italiane del settore». Le fortissime prospettive di crescita del fotovoltaico hanno determinato la discesa in campo di nuovi attori e competitor provenienti anche dai mercati esteri. «L’offerta del mercato può essere divisa in due tipologie di prodotto. Da una parte un prodotto di alta qualità realizzato in Europa, dall’altra

Dietro ogni impianto fotovoltaico si cela un lavoro attento e preciso, che inizia dalla selezione accurata dei componenti fino alla progettazione esecutiva del sistema

un prodotto con garanzie di qualità mediobasse, proposto dai produttori dell’Estremo Oriente e dei Paesi emergenti. La maggiore sicurezza offerta dal prodotto europeo è certificata dalle regole della Comunità Europea, grazie alle quali si può avere la certezza

di installare un impianto che è stato progettato e lavorato secondo determinati processi. Tutte queste specifiche normative non sono previste in mercati, per esempio, come quello cinese. Tuttavia, ciò non vuol dire a priori che il prodotto non sia valido. Noi, infatti, per questioni di competitività, abbiamo due linee: quella europea rappresenta il 75% del totale. Anche perché, un rilievo importante è rappresentato dalle soluzioni tecniche apportate a ogni installazione. Noi non utilizziamo sistemi standard, bensì studiati per la struttura da realizzare. Dietro ogni impianto, infatti, si cela un la-

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RINNOVABILI

L’ENERGIA CHE CAMBIA IL MONDO P

ortare il solare in ogni casa e in ogni azienda, in Italia come all’estero. È questo l’obiettivo intrapreso da Sfera, società nata nel 2006 dall’esperienza e dalla passione del suo fondatore, Nicola Bisello, il cui impegno nel settore delle energie rinnovabili risale al 2003. Sfera si è specializzata nella scelta di moduli fotovoltaici ad alta efficienza per la realizzazione di impianti integrati completi, moduli in doppio vetro, semitrasparenti e in vetrocamera per facciate continue. Sta sviluppando, inoltre, attraverso la collaborazione con istituti di ricerca e università, nuovi prodotti e progetti nel campo delle energie rinnovabili, come una vasta gamma di moduli fotovoltaici: monocristallino, policristallino e amorfo. L’elevata efficienza delle celle e la durata superiore ai 40 anni dei moduli costruiti, permette alla società di garantire i propri impianti per un periodo di 25 anni.

voro attento e preciso, che

inizia dalla selezione accurata dei componenti fino alla progettazione esecutiva del sistema, in modo da dimensionarlo perfettamente sulla base delle esigenze del privato, dell’azienda agricola, dell’industria o dell’ente pubblico al quale è destinato». Il core business di Sfera in Italia è rappresentato dagli impianti fotovoltaici. La società però è presente anche all’estero, in Russia, America Meridionale, Medio Oriente e Sud Est Asiatico. In quest’ultima area, in particolare,

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ha installato degli impianti di pirolisi, destinati allo smaltimento dei rifiuti per la produzione di energia elettrica. «Si tratta di un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, che si ottiene a temperature elevate (fra 400 e 800 °C) e in assenza di ossigeno. Il risultato della decomposizione può avere forma gassosa, liquida o anche solida, secondo la velocità del processo di reazione. Il vantaggio degli impianti di pirolisi rispetto ai termovalorizzatori è che, non prevedendo la combustione diretta, si elimina alla

base il problema delle emissioni di nanoparticelle. Inoltre, un reattore pirolitico è un impianto particolarmente versatile, tanto da poter trovare applicazione anche all’interno sia delle industrie alimentari che dei materiali plastici, con performance di lavoro particolarmente considerevoli, dato che un singolo reattore può processare anche cento tonnellate all’ora di materiale solido. Sulla base di questi dati, uno degli obiettivi prioritari per il 2012 sarà la creazione del primo impianto pirolitico pilota italiano».



GESTIONE DEI RIFIUTI

Rifiuti, i limiti della situazione culturale e normativa rifiuti sono dei prodotti. E come tali andrebbero trattati e correttamente gestiti da personale qualificato che li avvii al processo di smaltimento e recupero. Sui rifiuti si addensano ancora troppi pregiudizi e preconcetti, che trovano purtroppo appiglio in una normativa non ancora adeguata. Questo stato di cose ha trasformato già in più occasioni la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in problemi di ordine pubblico. «Se produciamo rifiuti, dobbiamo necessariamente, prima o poi, gestirli, smaltirli e recuperarli. Nel nostro Paese c’è ancora radicata la tendenza a nascondere il problema, a non volerlo vedere, ma i rifiuti non

I

Franco Greggio, presidente di Svet Srl, Monselice (PD) www.svetecologia.it

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Smaltire e recuperare i rifiuti è inevitabile. La differenziazione è ormai popolare, meno la termovalorizzazione. La logica del not in my back yard è ancora tristemente vincente e dimostra uno scarso senso di responsabilità. L’opinione di Franco Greggio Valerio Germanico

spariscono ignorandoli e il loro accumulo quotidiano sarà l’emergenza di domani». Con queste parole Franco Greggio, presidente di Svet Srl, commenta la situazione culturale e normativa in cui agiscono gli operatori dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti. Svet offre servizi integrati nel settore dell’ecologia e si rivolge sia al settore delle pubbliche amministrazioni che alle aziende private. «La nostra politica aziendale è quella di proporci come unico referente per le problematiche ambientali, fornendo oltre a un’accurata gestione sotto il profilo tecnico, anche un servizio di consulenza per le energie rinnovabili». L’attenzione per il rispetto dell’ambiente è crescente. Quali sono le prospettive per il vostro settore? «Anche se può apparire para-

dossale, il panorama futuro che si presenta a chi deve gestire la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il recupero dei rifiuti non è molto incoraggiante. Per motivi, spesso non solo tecnici, sono stati bocciati progetti di impianti che avrebbero garantito una prosecuzione naturale alle attuali discariche in fase di esaurimento. Oggi, noi operatori del settore, siamo costretti a sondare i mercati stranieri ed esportare parte dei rifiuti prodotti, con notevoli aggravi di costi a carico degli imprenditori». A cosa è dovuta questa situazione? «Purtroppo, in Italia, non esistono ampi spazi dove collocare un qualsiasi impianto di smaltimento e recupero senza che questo disturbi qualcuno – come dimostra la difficoltà nell’individuare siti per la raccolta dei rifiuti registrata dalle recenti crona-


Franco Greggio

che. Qualunque località, per quanto isolata, ha sempre una comunità sufficientemente vicina che rivendica il proprio “diritto alla salute”. Il messaggio che non si è ancora riusciti a fare passare è che i termovalorizzatori o altri impianti sono garantiti da una tecnologia all’avanguardia, che garantisce in ogni momento la verifica della corretta funzionalità». Questo atteggiamento Nimby (Not In My Back Yard) è una specificità italiana. Quali sono, a suo avviso, le ragioni? «In molte capitali europee, da decenni, esistono impianti di smaltimento e recupero rifiuti perfettamente integrati con il tessuto cittadino. In Italia, c’è scarsa informazione sul funzionamento degli impianti e in generale sull’intero settore ambientale e su come andrebbero gestiti i rifiuti. Da questo punto di vista la normativa non aiuta. Le norme europee sono state recepite frettolosamente e lasciando parecchie lacune – non a caso abbiamo ricevuto periodicamente sanzioni da parte dell’Europa per la nostra cattiva gestione». Voi vi occupate anche di bonifiche, di che tipo? «Prima dell’avvio della costruzione di nuovi immobili

civili o industriali su terreni che in passato hanno già ospitato attività produttive è necessario verificare l’eventuale contaminazione del suolo. Questa verifica va fatta prima ancora che siano iniziati i lavori di scavo per le fondazioni e deve rispondere a una serie parametri molto rigorosi. La nostra impresa ha una lunga esperienza e specializzazione nel trattamento di questi casi: svolgiamo sia il servizio di verifica preventiva che la successiva, nel caso sia neces-

saria, bonifica. Questa consiste nel caricamento, trasporto e smaltimento del terreno contaminato». La vostra attitudine di impresa attenta all’ambiente si completa con il settore energia. Quali servizi offrite in questo settore? «Siamo attivi da tre anni nel settore delle energie rinnovabili e del risparmio. Offriamo i servizi di consulenza, progettazione e realizzazione chiavi in mano di impianti fotovoltaici, solari termici, geotermici, cogenerazione. Le nostre consulenze sono rivolte all’ottimizzazione tecnicoeconomica sia di impianti nuovi sia esistenti, suggerendo di valutare la convenienza di fonti di approvvigionamento alternative, come pompe di calore, impianti a biomassa, pellet, trigenerazione, microgenerazione e minieolico». PADOVA 2011 • DOSSIER • 167




INFRASTRUTTURE

Nuove linee di comunicazione Non solo Pedemontana: il Veneto guarda a un nodo intermodale all’aeroporto “Marconi”, oltre che alle tratte ferroviarie dell’Alta velocità, come spiega l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, Renato Chisso Riccardo Casini

edemontana veneta, si parte: l’unica superstrada italiana a pedaggio che collegherà Montecchio Maggiore (Vi) a Spresiano (Tv), interconnettendosi a tre autostrade (A4, A31 e A27) per una lunghezza complessiva di quasi 95mila chilometri, ha visto lo scorso 10 novembre la posa della prima pietra. È l’occasione per fare il punto sui lavori in regione con Renato Chisso, assessore alle Infrastrutture del Veneto e protagonista anche della sottoscrizione, con il commissario straordinario e le organizzazioni regionali agricole, dell’accordo quadro sugli espropri che servono per la realizzazione della superstrada stessa. «L’accordo – spiega oggi – è stato firmato con tutte le organizzazioni professionali agricole del Veneto e perfeziona un precedente accordo, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il valore agricolo medio che avevamo allora utilizzato come criterio base di riferimento».

P Renato Chisso, assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, e un’immagine della cerimonia di avvio dei lavori della superstrada pedemontana veneta

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Quali sono gli obiettivi dell’accordo? «Lo scopo è dare un valore adeguato agli espropri sia dal punto di vista patrimoniale sia da quello “affettivo”: pensiamo ad esempio a chi svolge su questi terreni un’attività tramandata di generazione in generazione. Ringrazio pertanto le organizzazioni professionali, che hanno contribuito con grande senso di responsabilità a stemperare tensioni e a trovare i punti di equilibrio, favorendo il riconoscimento di un giusto indennizzo agli imprenditori agricoli, che voglio ringraziare di cuore. Vogliamo realizzare la Superstrada con la pace sociale, che non riguarda quelli che gridano di più, ma coloro che sopportano il peso vero dell’intervento, cioè chi ha la terra e la lavora». Dopo la cerimonia di apertura dei cantieri, quali sono ora le tempistiche di realizzazione previste? «La superstrada pedemontana veneta sarà pronta in 5 anni. Io però sono convinto che probabilmente verrà terminata prima

e che sarà comunque aperta per tratti funzionali. Il motivo di questo ottimismo è semplice: finché non verrà aperta al traffico, tutta o in parte, il concessionario non potrà rifarsi dei soldi investiti per la realizzazione ed è dunque un suo interesse accelerare il più possibile i tempi d’intervento. Questo tra l’altro è il più grande intervento in finanza di progetto d’Italia e tra i maggiori d’Europa, con una spesa prevista di 2 miliardi e 130 milioni di euro, dei quali solo 173 milioni a carico dell’erario pubblico. E si tratta di un’arteria strategica a servizio di un’area che è tra le più preziose e industrializzate d’Italia e nello stesso tempo tra le più critiche dal punto di vista infrastrutturale». Recentemente è stato presentato anche il masterplan del nodo intermodale dell’aeroporto “Marco Polo”, il cui studio di fattibilità è stato cofinanziato dal programma europeo Ten-T. Quali sono le sue linee guida? «Il masterplan intermodale del “Marco Polo” è stato predispo-


Renato Chisso

sto e presentato dalla Save, la società che gestisce l’aeroporto veneziano, ma ovviamente la Regione è ampiamente coinvolta nella programmazione del sistema infrastrutturale che serve per dare corpo a questa iniziativa, che crea un nodo intermodale che definirei “perfetto” in un’area strategica per l’Europa e il nostro Paese. In questo caso nodo intermodale significa fare dell’aeroporto il punto di snodo e d'incontro tra modalità di trasporto che utilizzano aria, acqua, gomma e ferro. Per noi vuol dire avere

a Venezia – Tessera il terzo scalo aereo nazionale e con collegamenti intercontinentali, una stazione dell’alta capacità/alta velocità ferroviaria, una stazione per il sistema metropolitano ferroviario regionale, un molo per il trasporto acqueo, l’attestamento di un collegamento autostradale che si congiunge con l’itinerario EstOvest e il capolinea della futura sub lagunare». Quali prospettive garantirebbe al Veneto questo progetto? «Significherebbe migliore mo-

Non è facile essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere

bilità, migliori collegamenti, maggiore sicurezza, investimenti per un miliardo di euro e migliaia di posti di lavoro con minore impatto sul territorio di quanto non ne abbia un sistema disordinato e che si sovrappone negli anni senza una logica unitaria». A proposito di intermodalità, la giunta ha approvato la convenzione per la redazione dello studio di fattibilità dei PADOVA 2011 • DOSSIER • 171


INFRASTRUTTURE

collegamenti ferroviari e mettere nel migliore equili- smo di coordinamento con viari della stazione alta velocità di Vicenza Ovest, all’interno di un progetto di tratta Verona-Padova già approvato dal Cipe. Come procedono invece i lavori per la Venezia-Trieste dopo la nomina del commissario straordinario Mainardi? «Non è facile vivere ed essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere strategiche come appunto la Venezia-Trieste: il commissario è uno strumento contro l’ordinaria e la straordinaria burocrazia di un paese che spende più in progettazioni continue che in realizzazioni, dove tutti o quasi dicono di volere un’opera, purché un po’ diversa da come risulterebbe. Fatta questa premessa, il commissario Mainardi sta egregiamente operando per l’individuazione di una soluzione di tracciato capace di

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brio possibile le esigenze che si fronteggiano sul territorio a fronte di un’opera sulla cui utilità sono tutti d’accordo». Cosa significa in concreto? «Questo si tradurrà a breve nella possibilità di comparare il progetto di massima messo a punto da Italfer con una nuova ipotesi che vede i nuovi binari in affiancamento alla linea storica, senza però pesare sui centri abitati esistenti attorno alle stazioni ferroviarie esistenti. La comparazione dovrà riguardare costi, funzionalità, effetti sul territorio ed è la premessa per individuare la soluzione più condivisa possibile». La giunta regionale ha istituito nel mese di ottobre la Cabina di regia della logistica, uno strumento di coordinamento tra gli attori del territorio. Quali saranno ora i suoi primi passi? Quali sono oggi gli interventi prioritari per il Veneto? «Abbiamo creato un organi-

l’obiettivo di definire le nuove politiche per il rilancio dell’intermodalità e il miglioramento dell’accessibilità agli interporti, di fronte agli scenari futuri di un sistema infrastrutturale e produttivo regionale in evoluzione. Stiamo andando verso il porto offshore, verso il nodo intermodale di Tessera, verso un utilizzo sempre più forte e razionale delle piastre logistiche di Padova, Rovigo e Verona, verso la concretizzazione dei corridoi europei e così via. Dobbiamo ottimizzare la nostra capacità di risposta, e la Cabina di regia della logistica vuole essere una struttura operativa che mette assieme le società interportuali (Verona, Padova, Venezia, Rovigo e Portogruaro) e i porti di Venezia e Chioggia, con la possibilità di allargare la presenza alle categorie interessate e agli stakeholders».



TRASPORTI

Alleanze internazionali per rilanciare i trasporti Maurizio Sieve spiega le ragioni dell’urgenza, per le medie imprese di autotrasporti, di avviare partnership con i colleghi europei. Riconquistare competitività attraverso l’interscambio del lavoro e la limitazione dei chilometri percorsi a vuoto Manlio Teodoro

onostante questo non appaia il momento più propizio per il settore dei trasporti, a causa, per esempio, dell’incomprensibile impennata del costo dei carburanti – voce di spesa che nel bilancio di un’impresa del trasporto su gomma è la seconda per importanza –, la voglia di fare e di rilanciarsi non manca alle imprese che stori-

N Maurizio Sieve, titolare della Sieve Srl di San Martino di Lupari (PD) www.sieve.it

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camente hanno fatto dell’efficienza del servizio il loro punto di maggiore slancio sul mercato. «L’obiettivo per ridare una spinta al nostro settore è quello di creare sinergie, cercando di avviare delle collaborazioni con le imprese europee, che possono garantirci una ripresa di competitività e servizi migliori alla committenza». A parlare è Maurizio Sieve, titolare della società di trasporto di merci deperibili Sieve Leonida. Quali sono i problemi maggiori che sta attraversando il vostro settore? «C’è una situazione generalizzata di crisi causata da una tassazione penalizzante e da costi di gestione troppo elevati. A ciò si aggiungono l’aumento del costo del gasolio e la concorrenza estera, particolarmente aggressiva nei prezzi. Inoltre, la recente introduzione di una norma che impone una restrizione dei tempi di lavoro per il personale viaggiante, per noi che copriamo lunghe tratte, rappresenta un’ulteriore perdita

di competitività, dato che, la merce che trasportiamo necessita una ristretta tempistica sulla consegna, su ogni mezzo siamo costretti ad avere una coppia di autisti. Ciò ha quindi determinato il raddoppio dei costi salariali, e tale extra costo non è stato minimamente riconosciuto dalla committenza». In che modo incide la concorrenza straniera? «Le aziende che hanno merci in export dal nostro territorio nazionale, se possono scegliere fra il servizio di qualità delle imprese italiane di trasporto e i prezzi bassi delle imprese appartenenti a Stati new entry UE, ad esempio romene o bulgare, pur di risparmiare scelgono la seconda soluzione. E questo nonostante il fatto che, benché la situazione sia mutata, i prezzi del settore sono rimasti gli stessi di un paio di anni fa. Noi come da sempre, stiamo quindi cercando di dare il massimo ai nostri clienti e ne stiamo cercando di nuovi, an-


Maurizio Sieve

che se molte aziende sono in crisi e quindi corriamo il rischio di eseguire dei lavori per soggetti che si dimostreranno insolventi, con un ulteriore danno per l’azienda. Nel tentativo di chiudere una falla, si apre una voragine, in realtà stiamo consumando gli investimenti fatti nel passato, in attesa che il mercato ci dia delle risposte». Qual è la strategia che intendete attuare per invertire questa tendenza? «La collaborazione può permetterci di riconquistare la competitività persa in questi anni. Avviando delle collaborazioni si potrebbero eliminare alcuni costi, legati per esempio ai chilometri a vuoto. Stiamo cercando di avviare delle partnership con altre imprese di medie dimensioni del settore dei trasporti di merce deperibile, anche estere. Fra queste stiamo svolgendo delle trattative con alcune imprese slovacche e olandesi». Concretamente, quali potrebbero essere i vantaggi di una collaborazione fra più imprese di trasporti? «Per esempio, per quanto riguarda l’importazione di merci dall’Olanda, l’appoggio di un’impresa slovacca potrebbe essere quello di effettuare il primo step del trasporto, trasferendo il carico fino al nostro stabilimento italiano. Da qui in poi saremmo noi a occuparci della distribuzione nazionale. Il vantaggio per noi sarebbe

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La situazione generalizzata di crisi è causata da una tassazione penalizzante e da costi di gestione troppo elevati

quello di avere un costo nettamente inferiore rispetto a quello che oggi abbiamo inviando i nostri mezzi in Olanda. Ciò è dovuto al fatto che le aziende slovacche hanno dei costi di gestione di gran lunga inferiori ai nostri». Com’è iniziata la vostra avventura imprenditoriale? «L’impresa è stata fondata nel 1942 da Leonida Sieve. Fin dall’esordio ci siamo occupati di trasporto di prodotti ortofrutticoli, in particolare dell’esportazione in diversi Paesi europei della produzione italiana. La spinta maggiore è arrivata a metà degli anni Cinquanta, quando fu introdotto il primo camion coibentato dotato di un compressore che “spingeva”

d

aria fresca all’interno del mezzo: nasceva così il primo camion frigorifero». Qual è stata nel tempo l’evoluzione di Sieve? «Grazie a una piccola flotta di camion, diventò il primo esportatore di frutta dalla Grecia. In seguito ci specializzammo nell’autotrasporto frigorifero internazionale di merci deperibili alimentari, sviluppando le nostre rotte verso tutti i Paesi europei. L’ultimo traguardo, raggiunto una decina di anni fa, è stato l’ingresso nel trasporto di carni fresche macellate e pesce fresco proveniente da varie parti del mondo, facendo per questi una distribuzione capillare nel territorio nazionale». PADOVA 2011 • DOSSIER • 175


MERCATO IMMOBILIARE

Una timida ripresa Il settore edile veneto, come quello italiano, sta attraversando una fase di passaggio che denota un’inversione alla tendenza negativa che aveva contraddistinto gli anni precedenti. Luigi Schiavo fa il quadro della situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

a crisi economica è partita dagli Stati Uniti investendo innanzitutto il settore immobiliare. L’ondata di recessione si è poi riversata sul resto del globo interessando anche altri settori, ma il riflesso sul settore delle costruzioni non ha risparmiato neanche l’Italia. In Veneto la crisi si è sentita e ne sono un esempio il calo degli investimenti: «Le imprese – spiega Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto – hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada dell’innovazione e di nuove forme di organizzazione aziendale». Qual è l’andamento delle costruzioni e del mercato immobiliare attualmente in Veneto? «Il nostro settore continua a vivere una situazione di forte crisi. Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007. Nel 2011 la decrescita è stata meno accentuata (-2,4%) rispetto agli anni horribiles 2008 e 2009, quando la percentuale di diminuzione degli investimenti aveva toccato la doppia cifra. Tuttavia

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nemmeno quest’anno registriamo il “segno più”, ovvero l’attesa inversione di tendenza. Il mercato delle costruzioni in Veneto sta attraverso una lunga fase di passaggio, segnata dalla crisi internazionale ma anche da un fisiologico processo di riposizionamento dopo un decennio di crescita sostenuta (1995-2005) superiore alla media del Paese. Anche il mercato immobiliare è fermo. I prezzi rimangono stabili e si fa fatica a vendere, nonostante ci sia richiesta soprattutto dalle nuove famiglie e dai giovani lavoratori. La crisi del debito in Europa e le cautele delle banche hanno provocato una stretta nella concessioni dei mutui. Di recente, un’indagine pubblicata su tutti i giornali spiegava che, tra i giovani, su cento richiedenti, soltanto cinque riescono a ottenere un mutuo dalla propria banca. Questo provoca un disagio sociale, prima ancora che economico e di mercato». Come sta cambiando il settore delle costruzioni? «La crisi ha prodotto disastri. Molte imprese storiche venete sono state costrette a chiudere. Altre fanno salti mortali per stare

sul mercato. Ogni crisi, tuttavia, porta con sé anche qualcosa di buono. Le imprese hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada del-

Nella pagina successiva, Luigi Schiavo, presidente Ance Veneto


Luigi Schiavo

Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007

l’innovazione e di nuove forme di organizzazione aziendale. Sono cresciute le aggregazioni e le reti di imprese. Si parla sempre più di edilizia green ed ecosostenibile, un ambito che può

aprire nuove frontiere di mercato, soprattutto se pensiamo al recupero dell’esistente. Gran parte del parco immobiliare esistente è stato realizzato tra il dopo-guerra e gli anni 80 e pre-

senta standard energetici non più soddisfacenti. Sono abitazioni che rischiano di finire fuori mercato perché non più appetibili per una clientela che ha maturato forte consapevolezza dei bisogni di qualità dell’abitare e di comfort. Dobbiamo ripensare le nostre città, rivitalizzandole nell’ottica della mobilità soFLESSIONE ciale, delle vivibilità, della L’indice di flessione degli investimenti sicurezza e della qualità. Questa in costruzioni in tutto è la nuova sfida dell’Ance». il 2010 Quali sono gli umori e le aspettative degli imprenditori edili veneti? OCCUPATI «Sono preoccupati per una siIl numero dei posti tuazione economica non facile. di lavoro in meno nel settore edile Fanno sacrifici e salti mortali per in Veneto nel 2010 resistere, in attesa dei primi spisecondo i dati dell’Ance ragli della ripresa. Gli imprenditori edili, come in generale l’imprenditoria di questa regione, non hanno mai preteso di avere sussidi pubblici né aiuti diretti, ma vorrebbero uno Stato più presente. Sarebbe corretto dire più “assente” in certi casi: mi riferisco a una burocrazia lenta e farraginosa, se non vessatoria, e ai ritardi ingiustificabili con cui gli enti pubblici pagano le imprese per opere o servizi già eseguiti, spesso per gli effetti perversi del Patto di stabilità locale.

6%

23.000

PADOVA 2011 • DOSSIER • 177


MERCATO IMMOBILIARE

Da tempo chiediamo leggi più chiare in grado di abbattere le procedure di autorizzazione, la regionalizzazione del Patto di stabilità per sbloccare risorse utili a nuovi investimenti e tempi di pagamento in linea con la nuova direttiva europea, che prevede tempi di liquidazione molto rapidi. Sono queste le nostre aspettative: essere messi nelle condizioni di lavorare nelle migliori condizioni». Per quanto riguarda le opere pubbliche venete qual è la situazione e come si sta muovendo l’Ance? «Il 10 novembre si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra della Pedemontana Veneta. Un’opera attesa da tempo e fondamentale nel quadro delle reti di trasporto regionale. L’opera verrà realizzata con il meccani178 • DOSSIER • PADOVA 2011

Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale

smo del project financing, uno strumento che sarà sempre più utilizzato per la realizzazione delle infrastrutture. Una cosa, infatti, è chiara: soldi pubblici per nuove opere non ce ne sono, almeno nel breve periodo, ma il Veneto ha un urgente bisogno di completare il suo quadro infrastrutturale. Stiamo studiando con la Regione un meccanismo che garantisca il coinvolgimento delle pmi nella realizzazione dei lavori in project. Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale. Sul fronte

delle reti ferroviarie, Ance Veneto ha promosso insieme a Confindustria Veneto e alla Regione un tavolo permanente per studiare un partenariato pubblico-privato per il completamento della linea AV/AC Milano-Venezia-Trieste. Ci sono già degli interessanti esempi in Europa che potremmo mutuare. Nei prossimi mesi ne sapremo di più, ma una cosa è certa: le infrastrutture sono una condizione indispensabile per non perdere quote di competitività. E il Veneto non vuole perdere la sua vocazione a essere snodo fondamentale dei flussi internazionali».



IL COMPLESSO INDUSTRIALE BINARIO

Dentro il polo economico del Nord Est adova si è conquistata negli ultimi anni il titolo di “polo per l’economia del Nord Est”. Le ragioni vanno ricercate nella particolare posizione che la città occupa nella regione e il collegamento con le principali tratte autostradali. A ciò si aggiunge il suo inserimento nel corridoio 5 Lisbona-Kiev, che l’ha resa la meta ideale per l’insediamento di attività produttive, logistiche e terziarie di tipo avanzato. A riscontro di ciò basta osservare il recente

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180 • DOSSIER • PADOVA 2011

Collocata sugli assi strategici del commercio europeo, Padova oggi è dotata di un nuovo spazio per permettere ad alcune imprese di insediarsi in questa location privilegiata. Davide Cognolato espone i dettagli del progetto Luca Cavera

ingresso sulla scena di nuovi operatori economici, provenienti da altri territori italiani, ma anche dall’estero. «La disponibilità di spazi per soddisfare la domanda di creazione di insediamenti per le aziende, in questi ultimi anni, si stava esaurendo. La nostra iniziativa, per dimensione e collocazione, è riuscita a rispondere positivamente a questi problemi». A parlare è Davide Cognolato, amministratore delegato di Fincem Group, società che, insieme a Impresa Rosso di Torino, ha progettato e realizzato il complesso industriale Binario. Quali sono state le valutazioni che hanno portato alla scelta del sito? «Il complesso – di oltre 100mila metri quadrati – sorge al centro della zona industriale padovana. Questa, con i suoi 10 mln di metri quadrati, è la più vasta area industriale del Nord Est e ospita, inoltre, la più grande

area interportuale del Nord Italia e la seconda in Europa. Il comprensorio, che ospita i più svariati settori di attività – dal metalmeccanico alle biotecnologie –, ha al suo interno oltre 1.400 aziende. Si situa all’incrocio dei principali corridoi commerciali che attraversano l’Europa e quindi non poteva che essere questo il sito più adatto per creare uno spazio per la nascita di nuove aziende o l’espansione di aziende esistenti». Secondo quale filosofia è stato progettato il complesso? «Abbiamo concentrato l’attenzione sull’innovazione, la funzionalità degli spazi e il risparmio energetico. L’ambiente di lavoro è un vero e proprio ambiente di vita. Per questo i nostri progettisti hanno sviluppato delle soluzioni che rendono gli spazi lavorativi accoglienti e altamente tecnologici, per garantire qualità e confort

Davide Cognolato, amministratore delegato di Fincem Group, Padova www.fincem.com www.binariospa.com


Davide Cognolato

lungo tutto l’arco della giornata. Inoltre lo spazio è stato ideato sulla base di un principio di modularità, in modo da poter essere riorganizzato in base alle esigenze di chi lo occuperà. Il connubio tra comodità e fruibilità degli spazi con le soluzioni tecnologicamente più avanzate rende il risultato finale moderno, efficiente e confortevole. Non a caso Binario è la sesta struttura italiana certificata dalla comunità Europea come Green Building. La centrale

L’ambiente di lavoro è un ambiente di vita. Per questo i nostri progettisti hanno sviluppato spazi accoglienti e altamente tecnologici

di cogenerazione e gli impianti fotovoltaici posti sui tetti di tutte le strutture fanno di questi edifici un esempio di come si possa risparmiare e produrre energia pulita anche oltre le proprie necessità». In un momento di crisi per il settore delle costruzioni, cosa ha rappresentato per il

vostro gruppo, un lavoro della portata di questo complesso industriale? «Binario ha rappresentato una sfida impegnativa, che ci ha visto impegnati nella realizzazione immobiliare in uno dei periodi peggiori per il settore. L’innovazione apportata e le scelte fatte dal nostro gruppo hanno fatto sì che l’operazione si concluda brillantemente tra qualche mese. In un contesto di mercato come quello attuale, concludere un progetto come Binario è un grande successo, tanto da aver catturato l’attenzione di altri gruppi di investimento con grandi patrimoni immobilizzati che hanno richiesto il nostro intervento per una riqualificazione vincente».

100 mila MQ La superficie sulla quale si estende il complesso industriale Binario

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EDILIZIA

Restauro e riqualificazione, nuova linfa per l’edilizia Prima di costruire nuovi edifici, bisognerebbe recuperare e valorizzare quelli già esistenti, un patrimonio troppo spesso trascurato. Giacomo Cavagnis ha fatto della riqualificazione delle strutture dismesse e del restauro monumentale il core business della sua azienda Guido Puopolo

l settore dell’edilizia, e più in generale il mondo delle costruzioni, sta attraversando una fase di profonda trasformazione, sia dal punto di vista dell’organizzazione delle imprese che vi operano, sia dal punto di vista delle dinamiche di mercato. Il calo della domanda, la stasi del mercato immobiliare, i vincoli restrittivi delle ban-

I Progetto Parco della Contessa a Piazzola sul Brenta (PD)

che nel concedere mutui e il dilazionamento dei tempi di pagamento delle Pubbliche Amministrazioni sono fattori che hanno inciso e continuano a incidere in maniera pesante sullo stato dell’attività d’impresa. Non mancano però gli esempi di aziende che, pur all’interno di questo contesto, sono riuscite a ritagliarsi spazi importanti, por-

tando a termine progetti molto significativi anche da un punto di vista sociale, investendo più che su nuove costruzioni, sulla ristrutturazione degli edifici già esistenti. «Credo che oggi uno dei valori fondamentali di un buon costruttore dovrebbe essere quello di incentivare gli interventi di recupero di immobili dismessi o di aree ur-


Giacomo Cavagnis

bane degradate, piuttosto che sottrarre ancora terreno alla componente rurale», afferma Giacomo Cavagnis, nipote dell’omonimo fondatore e attuale presidente della Cavagnis Costruzioni, storica realtà padovana nata nel 1934 e oggi specializzata proprio nel recupero di strutture dismesse e nel restauro monumentale. «Per agevolare questa tendenza, però, la pubblica amministrazione dovrebbe rendere più ampio il differenziale degli oneri fiscali e concessori tra gli interventi di recupero e quelli di edificazione in nuove aree, così da rendere i secondi effettivamente meno convenienti e favorire una maggiore qualità nel recupero degli immobili dismessi». Un impegno costante, quello portato avanti dall’azienda padovana, frutto anche dei valori e della mentalità trasmessi di generazione in generazione. Oculatezza della gestione, solidità finanziaria, diversificazione dei prodotti e valorizzazione delle risorse umane sono infatti gli elementi che hanno reso Cavagnis Costruzioni un punto di riferimento costante non soltanto per il settore edile padovano ma anche per le realtà economiche, politiche e sociali della provincia: «Nella nostra famiglia il lavoro è sempre stato associato a due concetti, l’impegno personale e la qualità delle azioni che compiamo. La nostra unica preoccupazione è quella di realizzare prodotti di successo. Quando ci riusciamo

Un buon costruttore dovrebbe incentivare gli interventi di recupero di immobili dismessi o di aree urbane degradate

diciamo che abbiamo fatto un buon lavoro, e passiamo al cantiere successivo, che è sempre diverso dai precedenti – sottolinea Cavagnis –. Per questo ogni volta cerchiamo di proporre qualcosa di nuovo, perché l’esperienza maturata è importante, ma non può essere sufficiente». Negli ultimi anni sono stati diversi gli interventi di questo tipo portati a termine dall’azienda, come ricorda Cavagnis: «Tra questi merita una citazione particolare il recupero del vecchio jutificio dei Camerini, sito a Piazzola sul Brenta, all’interno del Parco della Contessa. Partendo dalla struttura esistente, abbiamo costruito diverse abitazioni immerse nel verde, sulla base di un articolato progetto architettonico e paesaggistico, nel quale ogni casa e ogni ap-

partamento risultano essere unici. Negli antichi magazzini della juta – prosegue Cavagnis – oggi ci sono moderni loft che conservano il sapore industriale della fabbrica di cent’anni fa, ammorbidendolo però con alcuni piccoli giardini e con una dotazione di finiture interne tale da consentire a ciascun residente di creare la propria casa secondo il proprio stile. Parco della Contessa è un luogo suggestivo, racchiuso tra l’acqua di una roggia e le mura della fabbrica, a dieci minuti dal centro di Padova e a due passi da una delle piazze più belle e grandi del Veneto, quella antistante Villa Contarini e il suo parco. È una vera, elegante alternativa a molte anonime periferie». Anche in città, però, non mancano le opportunità per PADOVA 2011 • DOSSIER • 183


EDILIZIA

Il progetto Porta Nord (Padova) e, sotto, di nuovo il Parco della Contessa www.cavagniscostruzioni.it

Il Parco della Contessa è un luogo suggestivo, racchiuso tra l’acqua di una roggia e le mura della fabbrica, a dieci minuti dal centro di Padova

riqualificare strutture abban- dismessa negli anno 60. Quedonate, con l’obiettivo di renderle nuovamente fruibili alla collettività: «A questo proposito – sottolinea Cavagnis – l’intervento più recente, effettuato in associazione con altre imprese padovane, riguarda un autosilos per 780 posti auto, realizzato insieme a un edificio commerciale e direzionale all’interno dell’area ex Cledca, una fabbrica chimica

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sta è stata per noi una sfida molto stimolante, sotto diversi aspetti. Da un punto di vista ambientale, infatti, abbiamo eseguito un intervento di bonifica e messa in sicurezza dell’inquinamento presente nel sottosuolo, esteso anche ad aree pubbliche confinanti, che ha inciso per quasi il 30 per cento del valore dell’operazione. L’edificio di-

rezionale è stato realizzato in classe energetica A. Senza dimenticare che siamo davanti alle mura cinquecentesche della città e in vista della Cappella degli Scrovegni. Devo dire che abbiamo avuto una risposta molto positiva dalla cittadinanza: i padovani sono veramente cittadini europei, nel senso che, pur essendo radicati alla loro storia e alle loro tradizioni e specificità, sanno cogliere l’innovazione e ambiscono a confrontarsi con le realtà urbane più avanzate». Il futuro della Cavagnis Costruzioni si preannuncia ricco di nuove opportunità e sfide da cogliere: «A breve inizieremo la costruzione di una torre nell’area ex Saimp, sul nodo tra la tangenziale nord e via del Plebiscito, a fianco di un bellissimo ipermercato che abbiamo appena ultimato per un importante gruppo della grande distribuzione. Ci saranno negozi, uffici di rappresentanza e di servizio al quartiere, oltre che qualche abitazione agli ultimi piani. La torre, denominata Porta Nord, sarà ubicata a poche decine di metri dall’autostrada Milano-Venezia, per cui costituirà il “biglietto da visita” di Padova per milioni di persone che transitano da qui e che spesso non la conoscono». conclude Cavagnis. «Per questo dovremo necessariamente realizzare qualcosa di innovativo e spettacolare».



INTERNI

Nuovi materiali per l’arredobagno Una linea di accessori da bagno realizzati in teak burma, lo stesso legno che si utilizza nelle barche e che quindi non teme il confronto con l’acqua. Mario Cortella presenta la rivoluzionaria linea Wood Emanuela Caruso

e statistiche e i dati raccolti nei primi tre trimestri del 2011 parlano chiaro, il settore dell’arredobagno, dai mobili ai rubinetti ai sanitari, sta ancora vivendo momenti difficili e all’orizzonte non si vedono segnali incoraggianti da parte del mercato, che proprio non riesce a smuoversi dalla stagnazione in cui è caduto. Molte sono le aziende italiane che si stanno ribellando a questa situazione e che hanno trovato un’arma vincente, per mantenere costante la propria posizione e il proprio

L Mario Cortella, presidente di Kristallux, società con sede a Camposampiero di Padova www.kristallux.it

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giro d’affari, nel mettere in commercio prodotti del tutto innovativi e diversi, capaci di sorprendere il mercato. E anche in questo settore, come per molti altri, dalle imbarcazioni alle case ai prefabbricati, l’innovazione sembra essere portata dal legno, come nuovo materiale di ispirazione. Lo sa bene la Open Kristallux, che da più di quarant’anni produce e vende accessori da bagno e che ha scalfito l’impasse del mercato con un articolo molto interessante. «L’idea – commenta Mario Cortella, presidente della società – è stata quella di creare una linea, Wood, di accessori da bagno realizzati in teak burma, lo stesso legno che si utilizza nelle barche e che quindi non teme il confronto con l’acqua. Ne è uscito un prodotto bello, diverso, ideale per il bagno di una casa al mare o in montagna e del tutto idrofobo. I test effettuati hanno infatti dimostrato che gli articoli in teak possono venire a contatto con l’acqua senza alcun problema». Quali altri investimenti avete portato avanti in questi ultimi anni? «In particolare, abbiamo investito in un sofisticato impianto

a taglio laser in grado di garantire lavorazioni d’avanguardia su articoli in acciaio inox, e il mercato internazionale ha dato ragione a questo investimento poiché proprio uno dei prodotti in acciaio, lo stendibiancheria, è stato eletto in America dall’ordine degli architetti l’articolo più innovativo dell’anno. Abbiamo, poi, creduto molto nella creazione di una nuova linea tronco-conica, Kone, che segue la tendenza attuale di produrre sanitari tronco-conici. Su questo progetto è stato investito mezzo milione di euro». Come riuscite a vincere la concorrenza dei tanti competitor del vostro settore? «I nostri articoli sono rigorosamente “made in Italy”, si posizionano in una categoria medio-alta e in una fascia di mercato dove sono obbligatori design, dedizione al prodotto italiano e assoluta qualità. Inoltre, produciamo in modo artigianale e tecnologico al tempo stesso. Tutte queste caratteristiche ci permettono di lanciare in continuazione prodotti nuovi e di non temere quindi la concorrenza». Come si sviluppa la vostra rete marketing italiana e


Mario Cortella

quanto incide invece l’export sul vostro fatturato? «In Italia abbiamo 24 agenzie e 40 persone che girano in tutto il territorio nazionale. Abbiamo formato una capillare rete composta da distributori classici di termoidraulica, negozi specializzati e showroom dedicati all’arredobagno. Siamo però anche presenti in 50 paesi esteri e il 25% del nostro fatturato è dovuto all’export. Ormai da dieci anni abbiamo una filiale negli Stati Uniti, a Boston, che si occupa di un marchio studiato apposta per il mercato americano, l’Italbrass, e che distribuisce sia i nostri prodotti che quelli di altre aziende. Siamo inoltre presenti in tutta Europa, in Medio Oriente e in Australia».

In quest’ultimo periodo, la Kristallux ha investito nella linea Wood in teak, nella linea tronco-conica e nella tecnologia dedicata ai prodotti in acciaio inox

Un’interessante peculiarità della vostra azienda è l’indotto. Da chi è composto? «Il nostro vasto indotto è formato da ex dipendenti della Kristallux che si sono messi in proprio continuando però a lavorare per noi. A loro affidiamo molte lavorazioni che abbiamo deciso di non far seguire ai nostri 45 dipendenti interni ma di portare all’esterno, parliamo ad esempio della verniciatura, della cromatura e della pulitura dei metalli e delle materie prime, ovvero ottone, acciaio e teak». La Kristallux ha fondato a

Padova la Scuola Italiana del Design, di cosa si occupa? «Da sempre la nostra azienda crede nei giovani e nelle loro possibilità, motivo per cui la Scuola Italiana del Design è frequentata da ragazzi emergenti che seguono un corso di tre anni per poi diventare i nostri designer. A loro affidiamo dei briefing su cui possono sviluppare e preparare un progetto, instaurando così collaborazioni continue con lo staff aziendale. Obiettivo della scuola è anche quello di fare da laboratorio di ricerca e innovazione per nuovi materiali e prodotti».

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TURISMO TERMALE

Nuovi orizzonti per l’industria termale Occorrono risposte chiare per consentire al settore di affrontare un percorso d’innovazione e sviluppo, sostiene Costanzo Jannotti Pecci: «La mancanza di risorse incide su investimenti, strutture e occupazione» Elisa Fiocchi

l bilancio di fine anno del sistema termale italiano registra luci e ombre: da una parte il morso della crisi economica generale, dall’altra la richiesta di un riconoscimento del ruolo che le terme e la ricerca scientifica occupano nel nostro Paese. «È un patrimonio naturale, culturale, scientifico ed economico-sociale che va tutelato e valorizzato, con l’obiettivo di concorrere a mantenere e a migliorare l’attuale modello di welfare sanitario termale italiano» dichiara Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme. In tale quadro si colloca la richiesta di attivazione del tavolo negoziale con le Regioni per la definizione del nuovo accordo tariffario. «Quello del 2009, scaduto e non rinnovato, non è in grado di coprire le esigenze, le aspettative e i fabbisogni per il 2010 e il 2011». Servono interventi immediati, per effetto anche dei perduranti ritardati pagamenti, che vanno oltre i

I Nella pagina seguente, Costanzo Jannotti Pecci, presidente di Federterme

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24 mesi in molti casi, da parte delle aziende sanitarie locali. Quali risultati sono attesi? «Sono cinque le priorità: recepire la direttiva Ue 2011/24 per il rilancio delle terme italiane; rinnovare l’accordo nazionale per le tariffe termali con le risorse disponibili; definire un percorso condiviso per l’attuazione della figura dell’operatore termale per riqualificare le maestranze in servizio e of-

frire nuova occupazione; realizzare iniziative di comunicazione anche con i nuovi media; promuovere una più stretta collaborazione tra università e imprese per la ricerca scientifica svolta dalla Fondazione Forst». Il settore termale è costituito in prevalenza da piccole e medie imprese con un numero di dipendenti compreso tra 25 e 100. Quali sono le principali difficoltà che le pmi incontrano in questo periodo?


Costanzo Jannotti Pecci

Le amministrazioni locali considerano ora le terme una risorsa per interventi legati allo sviluppo integrato del territorio

«In molti casi ci troviamo in presenza di imprese familiari di antica tradizione. Anche per loro la difficoltà di accesso al credito è il problema primario, per effetto dei ritardi dei pagamenti da parte delle Asl. E la mancanza di

risorse incide sulla prospettiva di fare investimenti sulle strutture, sulle apparecchiature e sul personale, che rappresenta poi la risorsa più importante per ogni centro, insieme all’acqua termale». Negli ultimi anni si è no-

tevolmente abbassata l’età media dei clienti degli stabilimenti termali: oggi gli over 65 sono meno del 40%, la quota di utenti con età compresa tra i 20 e i 45 anni ha ormai superato il 30%. Come sta cambiando il settore termale, il turismo e l’identikit del cliente? «Proprio così, meno anziani, PADOVA 2011 • DOSSIER • 191


TURISMO TERMALE

più giovani, moltissimi bambini in particolare per i trattamenti (inalazioni termali) per orecchio, naso e gola. Una nuova percezione delle valenze terapeutiche e di benessere delle acque termali, validate dalla ricerca scientifica, sta avvicinando alle terme quelle persone che in precedenza non le aveva mai frequentate. E se ne sono resi conto anche gli amministratori locali che le considerano ora una risorsa per interventi sostenibili, utili a uno sviluppo integrato sul territorio di iniziative e flussi di benessere e di turismo termale. Analogamente cresce la comunicazione delle terme tramite i nuovi media (video, in-

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ternet, smartphone e social media) per conquistare quei giovani che, in quanto nativi digitali, sono i più esperti nell’utilizzo di questi strumenti». Le imprese termali in Italia sono 378, il 46,8% è al Nord, il 15,1% al Centro e il rimanente 38,1 al Sud e nelle Isole. La stragrande maggioranza delle aziende (259) sono organizzate in forma di società e in testa c’è il Veneto con 85 società. Come giudica la distribuzione dei flussi turistici in ambito nazionale? «Storicamente i flussi degli stranieri si concentrano al Nord e si riducono, quantitativamente, man mano che si scende verso il Centro e il

Mezzogiorno d’Italia (solo una minoranza, tra il 15% e il 20%, raggiunge il Sud e le Isole). È una distribuzione legata, da una parte, alla prevalente provenienza dei flussi dal Centro Europa e, dall’altra, alla lunghezza dell’Italia e alle condizioni delle infrastrutture di trasporto al Sud. La diffusione del trasporto aereo e l’attenzione crescente degli aeroporti cosiddetti minori del Mezzogiorno anche al traffico turistico straniero con l’apertura di nuove relazioni rappresentano una risorsa nuova per le terme che stanno entrando progressivamente negli itinerari turistici come destinazione di particolare attrattività».


Gianluca Bregolin

Il benessere diventa brand Commercianti e istituzioni devono unire le risorse all’interno del Consorzio Terme Euganee: «Sarà contenitore e strumento operativo per la realizzazione e l’affermazione del brand nel rilancio del territorio» annuncia Gianluca Bregolin Elisa Fiocchi

l settore termale italiano si compone principalmente di piccole e medie imprese, con 378 stabilimenti termali distribuiti in 178 Comuni e con l’impiego di oltre 65mila addetti, tra occupati diretti e indiretti. Lo Stato sostiene le cure termali con una spesa di 130 milioni di euro (lo 0,15% dell’intero ammontare del Fondo sanitario) che corrisponde a un importo in grado di generare oltre il 70% del fatturato complessivo per cure del comparto. Eppure il settore soffre, e alla vigilia di importanti appuntamenti quali il rinnovo del contratto nazio-

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nale di lavoro di Federterme, chiede maggiori garanzie. Gianluca Bregolin, presidente dell’Associazione albergatori termali di Abano e Montegrotto, spiega come rafforzare le sinergie sul territorio e annuncia la nascita di un brand per il 2012 che promuova un concetto di benessere moderno collegato ai benefici delle acque termali: «Per farlo dobbiamo offrire un prodotto diversificato a partire dall’offerta alberghiera che dovrà comprendere numerosi servizi, dai meeting allo sport». Intanto come procede l’iter del contratto integrativo nel

settore termo-alberghiero di Abano e Montegrotto? «Il nostro contratto risale a 40 anni fa e, dal momento in cui fu sottoscritto, ebbe inizio una situazione rosea che però si è interrotta negli ultimi dieci anni con l’avanzamento di un nuovo pubblico. Siamo in trattativa con i sindacati per trovare un accordo comune. Noi chiediamo che il nostro contratto sia equiparato a quello nazionale, che prevede un co- Gianluca Bregolin, sto del lavoro inferiore e una presidente dell’Associazione disoccupazione garantita». albergatori termali di Come è cambiata la do- Abano e Montegrotto manda turistica in questi ultimi anni e come la crisi ha alterato i flussi di visitatori? «Solo un’elite di clienti s’indirizza esclusivamente sul soggiorno termale, passato comunque da due settimane a una soltanto, mentre il resto delle persone arriva nel weekend o per le cure legate al wellness. Montegrotto Terme è sempre stata una realtà ideale per il turismo tedesco, grazie a strutture alberghiere con PADOVA 2011 • DOSSIER • 193


TURISMO TERMALE XXXXXXXXXXX

Sport, benessere e buon cucina «Abano è una sorpresa continua» dichiara Enzo Baretella, «perchè molte persone conoscono il territorio ma ignorano la validità e il fondamento delle nostre cure» di Elisa Fiocchi mmerso in un parco di 50mila metri quadri a Montegrotto Terme, in provincia di Padova, l’Hotel Des Bains Terme è tra le strutture alberghiere della zona che offrono al loro interno le cure termali. La combinazione dell’argilla, che proviene dal Colli Euganei, e l’acqua termale, che sgorga dalle profondità del territorio, danno origine al fango termale che è poi arricchito di proprietà terapeutiche attraverso lo sviluppo di particolari alghe e microrganismi all’interno di vasche presenti nello stabilimento. Il proprietario Enzo Baretella, vicepresidente di Federterme, insiste sull’importanza dei risultati ottenuti dalla ricerca scientifica in grado di dimostrare l’unicità e l’efficacia delle proprietà antinfiammatorie di queste cure naturali che non prevedono la somministrazione di farmaci, ma risultano meglio di un antinfiammatorio perché prive degli effetti collaterali. «Oggi il termalismo ha un suo imprinting – spiega – ed è svincolato dal tradizionale concetto empirico grazie alle risposte fornite dalla ricerca scientifica e riconosciute a livello europeo». Da oltre un decennio, l’albergo offre, accanto ai servizi di termalismo puro, anche strutture legate al wellness: «C’è la piscina, il centro benessere, la sauna, il bagno a vapore e le docce emozionali». Un benessere, che si estende anche al di fuori delle terme, grazie

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all’ecosistema speciale dei Colli Euganei, in cui diverse varietà di flora e fauna convivono in equilibrio con le attività agricole e vitivinicole sviluppatesi nel comprensorio. «In tavola, disponiamo di ben 82 etichette del territorio, sono vini classificati con due o tre bicchieri dal Gambero Rosso, ed essendo prodotti in loco, senza costi di distribuzione, sono disponibili a prezzi accessibili e non hanno nulla da invidiare ad alcuni vini toscani». E se negli ultimi anni, racconta Baretella, sono arrivati al Des Bains sportivi del calibro di Valentina Vezzali, Tania Cagnotto e Giulia Quintavalle, già dai primi anni Settanta molti atleti celebri conoscevano le virtù del territorio. «Oggi, grazie all’attività del consorzio, puntiamo sui nuovi media per informare meglio le persone, e lo sport sarà uno dei canali preferenziali».


Gianluca Bregolin

Il nostro obiettivo è di fuggire dal wellness che non rappresenta una realtà unica

grandi parchi e colli nelle vicinanze, ma nel tempo la clientela è rovinosamente calata del 70%, questo a causa dei tagli delle casse mutue tedesche che prima prevedevano il rimborso delle cure termali e una percentuale sul soggiorno. Ora coprono solo la spesa sanitaria in Germania, quindi i tedeschi si rivolgono a nazioni che hanno prezzi più competitivi dell’Italia ma servizi e qualità nettamente inferiori. In ogni caso, i clienti tedeschi sono stati rimpiazzati dagli italiani ma anche dagli svizzeri e dai francesi. Anche per Abano Terme i soggiorni negli ultimi 7 anni registrano una media di 4-5 giorni contro le due settimane precedenti». Perchè siete diffidenti verso il segmento wellness?

«La parola spa significa “salus per aquam”, ovvero si tratta di realtà termali dove sgorga una sorgente di acqua propria, come nel nostro caso, con proprietà salso-bromoiodiche che, con autorizzazione ministeriale, ci permettono di svolgere i fanghi, le inalazioni o l’aerosol. Il nostro obiettivo è quello di fuggire dal wellness, in quanto non rappresenta una realtà unica come invece lo sono le nostre eccellenze». La nascita di tanti centri non qualificati ha spinto a tutelare il patrimonio delle Terme Euganee? «Si continua a investire nella ricerca scientifica che ci ha finora condotto a risultati importanti a livello nazionale, come il potere antinfiamma-

torio delle nostre cure termali equiparabile all’efficacia dei farmaci. L’attenzione va quindi spostata dal wellness puro al benessere termale, così da intercettare anche la clientela del fine settimana, fatta per lo più da giovani e famiglie». Con quali iniziative si aprirà l’anno 2012? «L’impegno è quello di rafforzare la sinergia sul territorio attraverso il contributo unanime delle istituzioni locali e dei commercianti. Il Consorzio Terme Euganee diventerà il contenitore del capitale raccolto e lo strumento operativo per la realizzazione di tutte le idee di rilancio del territorio e dell’affermazione del brand dedicato al benessere moderno». PADOVA 2011 • DOSSIER • 195


TURISMO TERMALE

Turismo in rete con ApPadova L’applicazione sviluppata per I-phone e Android fornirà informazioni sull’offerta ricettiva del territorio, i servizi e tutti gli eventi. «Per invogliare i visitatori a fermarsi più a lungo serve un’accoglienza che punti all’integrazione del sistema» sostiene Barbara Degani Elisa Fiocchi

l vero prodotto tipico su cui le Terme Euganee fondano la loro ricchezza è il fango termale. Le proprietà curative di questa risorsa sono ciò che per millenni hanno reso celebre il bacino euganeo nel mondo, luogo ideale dove trovare benessere e relax in un territorio che sa offrire armonia tra uomo e natura. «Oggi siamo di fronte a un turista completamente cambiato – spiega Barbara Degani, alla presidenza della Provincia di Padova – un turista che cerca emozioni, e le terme sono il luogo giusto». Gli oltre cento alberghi sul territorio, sono attrezzati per accogliere chi fa le cure, ma anche chi sceglie

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di abbinare al riposo, lo sport o altre forme di turismo come quello congressuale, religioso o culturale. Per i cicloturisti, ad esempio, è in arrivo una cartografia interattiva che offre la possibilità di orientarsi via cellulare, scoprendo anche le manifestazioni e le bellezze presenti nel luogo percorso a piedi o in bici. Il turismo è la prima industria della regione e della provincia di Padova. Quali strategie possono favorire il settore richiamando turisti per un periodo più lungo? «La parola chiave è coordinamento. Per questo abbiamo fortemente voluto la creazione di una cabina di regia a livello territoriale. È nata così la Dmo, Destination management organization, un’organizzazione a maggioranza pubblica il cui compito è quello di coordinare tutti i soggetti e i settori che si occupano di promozione e accoglienza. Al suo interno, insieme alla Provincia, c’è la Camera di Commercio ed entreranno anche altri enti, i Co-

muni, tra cui Padova e Abano, oltre alle Fondazioni». Come le normative europee in ambito di cure termali come possono favorire maggiori flussi turistici dall’Europa? «La direttiva comunitaria sull’assistenza transfrontaliera pubblicata il 4 aprile scorso sembra aprire notevoli opportunità per il turismo termale perchè favorisce la libera circolazione dei cittadini europei anche per le cure sanitarie e prevede che sia lo Stato di origine a provvedere al pagamento dei trattamenti secondo le legislazioni di ciascun Paese. Gli italiani continueranno a poter fare le terapie termali con il rimborso del sistema sanitario nazionale, ma la novità è che anche i cittadini europei potranno farlo, purché sia previsto dalla loro legislazione sanitaria. Dobbiamo farci trovare pronti a intercettare questa domanda». In questo senso, l’anello ciclabile dei Colli Euganei che attrattiva rappresenta per i turisti di tutto il nord Europa? «Il cicloturismo è un tema che


Barbara Degani

Assieme alla Regione abbiamo avviato il percorso per l’istituzione del marchio Fango Doc

mi sta particolarmente a cuore perché è un settore in crescita e perché il nostro territorio, per vocazione, coniuga le terme allo sport. Non a caso sull’anello ciclabile dei Colli abbiamo investito grandi risorse realizzando un itinerario di 64 chilometri che tocca le cittadine termali di Abano e Montegrotto e i comuni del parco regionale dei Colli Euganei. La pista è in asfalto quindi adatta anche alle famiglie con bimbi, agli anziani e ai disabili. Siamo convinti che l’Anello dei Colli, abbinato ad altri percorsi su cui stiamo

puntando, come la TrevisoOstiglia e l’itinerario del Brenta, possa dare una svolta davvero significativa al cicloturismo. Padova è al centro del sistema di piste ciclabili del Veneto, ma anche del Nordest». La Provincia si sta impegnando per riposizionare il prodotto termale euganeo, affiancando la Regione nello sviluppo del Piano strategico di rigenerazione turistica del bacino termale. Quali primi passi sono stati compiuti? «Per prima cosa si vuole tutelare la qualità del fango euga-

neo le cui proprietà sono uniche in tutta Europa. Insieme alla Regione abbiamo avviato il percorso per l’istituzione del marchio Fango Doc. L’iter per l’adozione prevede che vengano costantemente controllati dalle istituzioni i parametri per la certificazione, l’adesione degli alberghi termali ad un apposito protocollo operativo e il sistema di monitoraggio delle strutture stesse. Le opportunità che ne deriveranno si aggiungono al brevetto europeo già ottenuto dalle Terme di Abano e Montegrotto».

Sopra, Barbara Degani, presidente della Provincia di Padova

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EVASIONE FISCALE

Verso la tax compliance Persuadere il contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali. È questa, ricorda il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate Giovanni Achille Sanzò, la vera mission dell’amministrazione finanziaria Michela Evangelisti resce la qualità degli accertamenti, tanto che la maggior parte dei contribuenti è indotta ad adeguarsi in maniera spontanea al versamento delle imposte. Questa, in sintesi, la lettura che il direttore dell’Agenzia delle Entrate per il Veneto, Giovanni Achille Sanzò, dà dell’attuale andamento della lotta all’evasione fiscale in regione. «Nel 2011 il trend appare in linea con quello dell’anno precedente, durante il quale sono stati riscossi più di 735 milioni di euro e sono stati complessivamente effettuati oltre 46mila accertamenti nei confronti di enti non commerciali, imprese di piccole e medie dimensioni, professionisti e soggetti di grandi dimensioni – precisa Sanzò –. Per quanto riguarda i controlli sulle persone fisiche, con lo strumento del redditometro sono stati emessi 1.600 accertamenti». In regione aumentano ogni giorno i Comuni alleati del fisco. «Sono 20 i Comuni veneti che hanno sottoscritto protocolli d’intesa per la partecipazione all’accertamento e molti altri ci hanno già contattato. Tra i comuni che hanno firmato l’accordo ci sono tre capoluoghi, Venezia, Padova e Vicenza, e altre importanti e popolose città della provincia, come Portogruaro, Spinea e Villafranca di Ve-

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Giovanni Achille Sanzò, direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate

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rona. È importante che gli accordi antievasione vengano stipulati non solo con i Comuni capoluogo, ma si estendano anche a quelli della provincia, per assicurare una nostra costante presenza sul territorio e mettere in atto un sempre più capillare recupero dell’evasione fiscale». Cosa comportano esattamente questi accordi antievasione? «Il contributo dei Comuni è di notevole ausilio all’Agenzia delle Entrate per il presidio del territorio e per individuare comportamenti potenzialmente elusivi o evasivi, quali residenze fittizie all’estero, possesso di beni indicatori di una capacità contributiva superiore al reddito dichiarato, attività commerciali abusive, lavoratori in nero, canoni di locazione non dichiarati e via dicendo. L’accordo stabilisce che in questi ambiti le amministrazioni comunali inviino telematicamente all’Agenzia informazioni utili ai fini dell’accertamento o che possano essere indizio di evasione fiscale. Queste segnalazioni sono definite in termini tecnici “qualificate”. Come corrispettivo i Comuni ricevono fino al 100% delle imposte recuperate e delle sanzioni». Nelle recenti manovre del governo sono presenti nuove norme relative alla lotta all’evasione. Quale scenario si apre? «L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione, in particolare l’utilizzo dell’anagrafe dei conti correnti bancari per l’analisi di rischio. Lo scopo principale è quello di perseguire una sempre mag-


Giovanni Achille Sanzò

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L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione

giore adesione spontanea. È quella che nella nostra organizzazione definiamo “tax compliance” che, ci tengo a sottolineare, è la vera mission dell’Agenzia delle Entrate. In questo senso anche i controlli e il recupero dell’evasione vanno visti come uno strumento di persuasione nei confronti del contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali». Quali sono stati i risultati dell’operazione “Night and day” condotta sabato 15 ottobre dalle Entrate del Veneto? Pensate di replicare l’esperienza? «L’operazione è stata condotta per vigilare sull’attività degli esercizi commerciali - in particolare bar, ristoranti e pizzerie - nei centri storici delle principali città della regione. Le indagini sono state effettuate attraverso il presidio di cassa, basato sul confronto tra gli incassi della serata tenuta “sotto osservazione” dai nostri funzionari presenti negli esercizi con quelli delle settimane precedenti. I risultati sono stati eclatanti. È emblematico il caso di un parrucchiere di Rovigo che ha registrato un incasso sei volte superiore a quelli normalmente dichiarati. Sono state inoltre contestate 63 violazioni per

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mancata emissione di scontrini fiscali e individuati 10 lavoratori in nero. Vi saranno altre iniziative in tal senso, per un controllo costante e mirato del territorio». Sono 5.209 in Veneto le liti minori con il fisco che potranno essere chiuse in maniera agevolata entro fine novembre. Qual è il suo parere su questo “mini condono”? «È più corretto parlare di definizione delle liti pendenti minori, che comporta vantaggi sia per i contribuenti sia per l’amministrazione finanziaria. Infatti, è possibile definire le controversie pagando una percentuale variabile dal 10 al 50% - della sola imposta, evitando sanzioni e interessi. L’auspicio è che vi sia un’adesione massiva. Il vantaggio diretto per noi riguarda non solo e non tanto le entrate fiscali, quanto lo snellimento del lavoro. L’effetto positivo che auspichiamo è quello di poterci dedicare con più efficacia alle liti di maggiore entità, che rappresentano la gran parte delle potenziali entrate dell’erario. Basti dire che da tre anni in Veneto l’80% del valore di tutte le imposte accertate in contestazione è rappresentato dal solo 8% del totale dei ricorsi».

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EVASIONE FISCALE

Contribuire a un Paese più giusto Cresce ogni giorno il numero dei Comuni veneti alleati del fisco. «I sindaci aderiscono all’iniziativa non tanto per i vantaggi in termini di cassa – spiega il presidente dell’Anci regionale, Roberto Dal Negro – ma per garantire sul loro territorio giustizia e sicurezza fiscale» Michela Evangelisti

umenta la stretta sull’evasione fiscale e, per raggiungere l’obiettivo, lo Stato rafforza il ruolo dei Comuni nell’individuare i redditi occulti. L’incentivo? Il bottino recuperato andrà a rimpolpare le casse comunali. L’associazione regionale dei Comuni veneti ha siglato un protocollo con la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate in cui vengono individuate le modalità di accertamento. Ora tocca alle singole municipalità sottoscrivere quanto prima gli accordi. «I Comuni – commenta il presidente di Anci regionale, Roberto Dal Negro – stanno dimostrando in questo senso grande adesione». «Ci sarà una vicinanza sempre maggiore tra controllore e controllato – ha auspicato il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate, Giovanni Achille Sanzò –. Si verrà a

www.anciveneto.org

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creare pertanto un meccanismo di deterrenza verso chi evade, ma spero che avvenga anche un autentico cambiamento culturale». Il protocollo prevede che l’Agenzia delle Entrate fornisca ai Comuni dati su bonifici bancari e postali relativi a ristrutturazioni edilizie, contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua e gas disponibili nell’anagrafe tributaria, contratti di locazioni e denunce di successione su immobili. Gli ambiti di controllo individuati sono il commercio e le professioni, l’urbanistica e il territorio, la proprietà edilizia e il patrimonio immobiliare, le residenze fittizie all’estero e i beni che indicano grande capacità contributiva. Presidente Dal Negro, in concreto come si realizzerà questa collaborazione tra Comuni e Agenzia?

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Roberto Dal Negro

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La repressione è uno strumento efficace ma anche l’aspetto culturale è fondamentale

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«Il Comune istituirà una commissione tributaria esterna alla politica, composta da imprenditori, professionisti, rappresentanti dei sindacati e dei vari settori economici cittadini. Qualsiasi anomalia emersa verrà passata al vaglio della commissione, che, se lo riterrà opportuno, invierà la segnalazione alle Entrate. Il redditometro messo in campo dall’amministrazione finanziaria si basa su una novantina di elementi gran parte dei quali sono già nelle mani del Comune; si tratta soltanto di preparare programmi specifici e metterli in linea con i programmi comunali. Le anomalie quindi verranno evidenziate in maniera quasi automatica; da parte della commissione dobbiamo augurarci il massimo dell’equilibrio, poi il lavoro vero e proprio verrà svolto dall’ufficio delle entrate». Si tratta, quindi, per il Comune di un’organizzazione non troppo gravosa che può portare, di contro, delle entrate importanti. «Per eventuali anomalie riscontrate che portano a una riscossione di tipo economico, tutta quanta la parte non fiscale entra direttamente nelle casse del Comune. Ritengo, però, che l’aspetto economico sia la parte più banale di questo progetto: il recupero dell’evasione è la parte sostanziale. I Comuni aderiscono all’iniziativa non tanto per le entrate ma perché sul loro territorio ci siano giusti-

zia e sicurezza fiscale. Si tratta di una responsabilità che un sindaco deve assumersi nei confronti della comunità. È inaccettabile, e non così raro, che una famiglia con il Suv chieda sgravi ad esempio sull’iscrizione dei figlio alla scuola materna o sul trasporto pubblico. Nel Comune del quale sono sindaco, Negrar, abbiamo già attaccato il redditometro al reddito Ise. Dal prossimo anno, nel momento in cui l’amministrazione rifiuterà una richiesta di sovvenzione per un’anomalia legata all’Ise o per il redditometro, farà partire anche la segnalazione all’ufficio delle Entrate». L’impressione è quella che nella lotta all’evasione, pur in presenza di nuove condizioni normative, manchi ancora la condizione culturale. Qual è la sua opinione a riguardo? «Le correnti di pensiero qui nel nord est sono diverse: c’è chi pensa che la portata del problema dell’evasione sia notevole, altri che sia tutto sommato accettabile. Io penso che, nel dubbio, occorre darsi da fare. Grazie all’alleanza con i Comuni l’Agenzia delle Entrate potrà sicuramente fare meglio il proprio lavoro e rendere più giusto il Paese. Sono convinto che la repressione abbia un effetto, ma che l’aspetto culturale sia fondamentale: in questo senso avere il Comune come alleato nella lotta all’evasione mette a posto le bocce sul campo».

Roberto Dal Negro, presidente Anci Veneto

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EVASIONE FISCALE

Un’Italia a più marce «La delazione non è degna di un Paese civile e sull’evasione fiscale non si deve generalizzare» afferma Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto. E sul commercio al dettaglio aggiunge: «Dobbiamo rivitalizzare i centri storici» Michela Evangelisti

no strumento incivile che aizza la caccia alle streghe per alcuni, un tassello fondamentale della lotta all’evasione fiscale che andrebbe potenziato per altri. Quando si parla di 117 - il numero telefonico gratuito tramite il quale il cittadino può mettersi in contatto 24 ore su 24 con la Guardia di Finanza - si scatena la polemica. Il dibattito si è riacceso qualche mese fa in Veneto; la posizione del presidente regionale di Confcommercio, Massimo Zanon, è netta: «Un sistema osceno. Il fatto che il cittadino debba avere una coscienza civile non significa che si debba preoccupare di questioni che invece spettano all’amministrazione – incalza –. È interesse di tutti che il Paese funzioni, ma certo non utilizzando strumenti di delazione fuori dal tempo». L’errore più frequente quando si affronta il tema evasione, secondo Zanon, è la generalizzazione. «Una cosa sono le infrazioni di tipo fiscale, che possono essere molte anche nel nord Italia ma che dal punto di vista del gettito hanno scarso peso; altra cosa, invece, è la grande evasione – puntualizza –. Noi che rappresentiamo la piccola e media impresa, pur consapevoli che in tutte le “famiglie” ci sono persone con caratteri più

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Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto

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“difficili”, non possiamo tollerare che si continui a sparare nel mucchio». Ritiene, quindi, che in Veneto il problema dell’evasione non sia così radicato? «L’Italia può essere divisa in tre parti: la nostra regione, così come altre cinque o sei del Nord, è vicina, per il nostro comparto, a un’evasione di tipo quasi fisiologico. I famosi 200 milioni di euro sottratti al fisco non si potrebbero recuperare nemmeno andando porta per porta. Rappresentiamo una realtà che ha ancora un po’ di strada da fare ma ha imboccato decisamente la via del cambiamento. Il Centro deve ancora recuperare parecchio, mentre il Sud, per motivi non solo legati al fisco, deve ancora iniziare il percorso. È una verità storica che bisogna avere il coraggio di dire; non si può spremere il succo dal limone e poi pretendere di spremerlo di nuovo». Quanto le piccole e medie imprese che pagano tutte le tasse sono frenate sotto il profilo della competitività? «In genere chi segue le linee imposte da una contabilità seria avverte inevitabilmente un disturbo; spesso sono le norme stesse a creare disparità tra i diversi settori e ad andare a legalizzare situazioni che sono delle evasioni vere e proprie». Dopo la fine dell’estate gli indicatori parlano di una frenata ulteriore dei consumi e


Massimo Zanon

il governo Monti ipotizza un’ulteriore aumento dell’Iva. Cosa prevede? «Una misura del genere non farebbe che deprimere ulteriormente i consumi. Non fa certo bene alla crescita lo scambio tra minore imposizione sul lavoro e maggiore imposizione sui consumi. Le famiglie che non arrivano a fine mese, e sono tante, non possono tirare la cinghia più di così. Per una crescita economica bisogna agire sulla spinta dei consumi, non sul loro abbattimento». Di recente ha dichiarato che bisogna mettere un freno alle nuove aperture perché già le aziende attive faticano a sopravvivere. «In particolare chiediamo che le nuove aperture, per la grande come per la piccola distribuzione, avvengano all’interno dei centri storici. Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi; se un centro storico è capace di attirare clientela la sua amministrazione ha la possibilità di programmare e investire maggiormente su sicurezza, iniziative promozio-

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Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi

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nali, decoro urbano. I consumi non sono più quelli di una volta e si realizzano più facilmente in un ambito più accessibile e socializzante, nel quale si sviluppa al massimo la voglia di libertà, di camminare e muoversi, di essere orgogliosi del proprio campanile. Senza contare che il cittadino, tendenzialmente sempre più anziano, trova nei negozi di vicinato un punto di riferimento». Cosa pensa della nuova legge regionale per il commercio? «Per ora parliamo di un foglio bianco: l’unica novità già proposta consiste nelle aperture domenicali. È vero che la famiglia ha i suoi bisogni e che le città potrebbero essere visitate anche con i negozi chiusi, ma essendo il nostro un Paese per il quale il turismo è l’unica risorsa “mineraria”, dobbiamo dare servizi; una dimensione diversa dallo status quo dovrà, quindi, necessariamente essere accettata» PADOVA 2011 • DOSSIER • 205


SICUREZZA SUL LAVORO

Incidenti mortali, maglia nera al Nord Est Calano gli infortuni dei lavoratori stranieri e aumentano i progetti condivisi da istituzioni e parti sociali in materia di prevenzione. Anche gli atenei della regione scendono in campo, d’intesa con Inail, con collaborazioni medico-sanitarie e l’attivazione di progetti di ricerca e studio nelle malattie professionali. Lo spiega Elda Ferrari, direttrice regionale dell’Inail Elisa Fiocchi

a percentuale di infortuni in Italia conferma l’andamento positivo dell’anno precedente con una riduzione di 16mila casi e una stabilità negli episodi mortali (428 vittime) a fronte delle 431 del 2010 (-0,7%). Dall’analisi delle varie attività economiche emergono poi riduzioni diffuse, ma di diversa intensità: il calo degli infortuni è più pronunciato nell’industria (5,6%) rispetto ai servizi (-3,2%) e all’agricoltura (-2,6%) mentre per gli incidenti, nel Mezzogiorno e al Centro, il dato è rispettivamente di -5,7% e -4,4%, contro il -3,3% del Nord dove anche i casi mortali segnalano un incremento di 24 vittime pari al 12,6%. Come fa notare Elda Ferrari, direttore dell’Inail Veneto, fotografando la situazione nel Nord Est, il numero assoluto non dà l’esatta cognizione del fenomeno infortunistico se non è rapportato al numero degli addetti: «Il portafoglio aziende sul territorio veneto, cioè il numero di aziende assicurato tramite l’Inail, è quattro volte il numero di quelle presenti in Friuli Venezia Giulia e nove volte quelle presenti in Trentino Alto Adige». Analizzando gli indici di frequenza del triennio consolidato, ai fini statistici 2006-2008, «possiamo dire che il Veneto (31,16) si colloca al terzo posto dopo Friuli (34,85) e Trentino Alto Adige (34,11)». Il 2011 che anno si prospetta in tema di sicurezza sul lavoro per la regione? «Dai dati di produzione in nostro possesso gli infortuni mortali denunciati in Veneto e definiti positivamente, quindi ritenuti regolari dall’Inail, a settembre 2011, sono una sessantina

L

206 • DOSSIER • PADOVA 2011

circa; di questi circa il 62% è derivato da incidente stradale, di cui il 32% durante il tragitto casa/lavoro». Cosa emerge dalle statistiche nel merito degli infortuni mortali denunciati alle sedi Inail del Veneto fino a settembre 2011? «Gli infortuni mortali si sono verificati maggiormente nella fascia d’età compresa tra i 3549 anni e purtroppo riguardano anche le donne (8% infortuni mortali provocati da incidente stradale). Questa è la fascia d’età delle persone che lavorano già da qualche tempo, che si ritengono esperte e forse sono meno attente ai gesti quotidiani del lavoro. La disattenzione e i comportamenti errati dei lavoratori sono la causa più frequente di infortunio in generale». Quali settori produttivi risultano i più pericolosi per la sicurezza del lavoratore?


Elda Ferrari

Gli infortuni sul lavoro nel 1° semestre 2011 per area geografica (dati provvisori) AREA GEOGRAFICA

1˚ semestre 2010

1˚ semestre 2011

Var. %

233.409

225.600

-3,3

Centro

79.115

75.600

-4,4

Mezzogiorno

75.306

71.000

-5,7

Italia

387.830

372.200

-4,0

Nord

Fonte: valori stimati sulla base delle denunce acquisite agli archivi gestionali INAIL al 31/08/2011

«Gli infortuni mortali in agricoltura sono l’11% circa del totale mentre nelle costruzioni la percentuale in Veneto è del 6%. Tali settori produttivi sono da sempre i più rischiosi perché nel caso dell’agricoltura gli attrezzi e i veicoli sono spesso obsoleti e privi delle più elementari norme di sicurezza. La formazione in materia di prevenzione, visto che spesso i lavoratori sono stranieri, avventizi, stagionali e vi è un turn over molto elevato, è spesso trascurata. Gli infortuni mortali accaduti a stranieri sono il 13%».

Quali sono invece le dinamiche più ricor- Elda Ferrari, renti in merito alle modalità di accadimento direttore Inail Veneto degli infortuni mortali? «Se ne registrano tre in particolare: caduta dall’alto del lavoratore, caduta di gravi (queste due modalità da sole, coprono oltre il 50 % dei casi) e la variazione di marcia del veicolo (13,1%). Le cadute dall’alto si verificano maggiormente nel settore delle costruzioni (67,1%), seguito a forte distanza dall’agricoltura (9,9%). Tra le cadute dall’alto emergono gli sfondamenti di coperture (26,5%), causati nella gran PADOVA 2011 • DOSSIER • 207


SICUREZZA SUL LAVORO

Infortuni sul lavoro nel 1° semestre 2011 (dati provvisori) Infortuni

Casi mortali

Settori

Settori

1° sem 2010

1° sem 2010

Var. %

1° sem 2010

1° sem 2010

Var. %

Agricoltura

24.335

23.700

-2,6

Agricoltura

46

48

4,3

Industria

140.860 24.335

133.000 1° sem 2010

-5,6 -5,8

Industria

186 88

184 86

-1,1 -2,3

di cui costruzioni

di cui costruzioni

Servizi

222.635

215.500

-3,2

Servizi

199

196

-1,5

Totale

387.830

372.200

-4,0

Totale

431

428

-0,7

Fonte: valori stimati sulla base delle denunce acquisite agli archivi gestionali INAIL al 31/08/2011

parte dei casi da assenza di protezioni o di per-

corsi predefiniti, seguono le cadute da ponteggi o impalcature fisse (15,3%), molto spesso dovute a cattivi allestimenti o al mancato utilizzo delle cinture di ancoraggio, e l’impiego improprio di scale portatili (9,7%). È fondamentale in questi casi la formazione preventiva e il controllo in corso d’opera da parte dei dirigenti e preposti alla sicurezza». Il master universitario in Scienza e tecniche della prevenzione e della sicurezza dell’Università Ca’ Foscari, realizzato in partnership con Inail Veneto e con la collaborazione della Regione e dei Vigili del Fuoco, come migliora l’offerta formativasul territorio in materia di prevenzione? «Si tratta di una formazione di eccellenza necessaria per affrontare in modo adeguato la corretta applicazione del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro in tutte le aziende pubbliche e private. Il master si caratterizza per

208 • DOSSIER • PADOVA 2011

la sua originalità ed è unico nel suo genere sia in regione che a livello nazionale. Ciò che lo connota è la specificità delle materie trattate, le modalità di intervento, la metodologia didattica, il percorso di integrazione fra discipline tecnico scientifiche e applicazione nei settori della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro. I contenuti, le modalità di accertamento della preparazione degli studenti e i titoli accademici e professionali rilasciati (abilitazione per svolgere le funzioni di Rspp in tutti i luoghi di lavoro) rappresentano, inoltre, un’effettiva novità in questo particolare settore dove la formazione costituisce un elemento fondamentale di prevenzione». Per l’acquisizione primaria della cultura della sicurezza, della valorizzazione della tecnica comunicativa, dell’esplorazione sui nuovi rischi psico-sociali e sulle tematiche ambientali in gestione integrata, nasce una nuova figura professionale: il tecnico della prevenzione e sicurezza. Quali sono i suoi compiti? «Non è solo uno strumento del datore di lavoro o di un’organizzazione, ma è un vero professionista che agisce un ruolo etico, per così dire da pastore della sicurezza per la crescita, l’interiorizzazione di una morale, la costruzione di argini nella sequenza ordinata di azioni individuali e di gruppo per la valorizzazione di sistema. Vogliamo consegnare al mondo del lavoro - e non solo - veicolatori e catalizzatori di sicurezza per ribadire con forza che la sicurezza è fattore di competitività per l’impresa socialmente responsabile».


Franca Porto

Morti bianche zero È l’obiettivo che tutte le parti sociali venete vogliono raggiungere, migliorando il coordinamento degli enti e producendo dei piani di controllo mirati per area. «Purtroppo, c’è ancora troppa frammentazione e questo riduce l’efficacia del comune impegno». Il punto di Franca Porto Elisa Fiocchi

er alcuni osservatori il trend infortunistico in calo nel nostro Paese è diretta conseguenza della crisi che ha diminuito le ore lavorate nei diversi settori più esposti al rischio, primo su tutti l’edilizia. «La spiegazione che addebita il calo delle morti bianche ma più in generale di tutti gli infortuni come dicono i dati Inail, al nesso “meno lavoro=meno infortuni” non è sufficiente» sostiene tuttavia Franca Porto, segretario generale della Cisl Veneto, che invita a riflettere sui risultati ottenuti dall’attività di prevenzione e di sensibilizzazione che impegna da anni le parti sociali e le istituzioni pubbliche preposte. Come vanno correttamente interpretati i dati relativi agli infortuni? «Quando si considerano questi casi, specie se gravi o mortali, bisogna per prima cosa separare quelli occorsi in itinere da quelli che avvengono sul posto di lavoro; poi bisogna distinguere quelli che si verificano negli stabilimenti, nei cantieri o nelle campagne rispetto ai casi in cui il luogo di lavoro è la strada e la circolazione stradale. Lo stesso ragionamento vale sui luoghi di lavoro: da una parte i posti di lavoro e dall’altra la circolazione stradale. Lungo le strade abbiamo più o meno la metà degli infortuni mortali. Un fatto dovuto a diversi fattori, tra cui la grandissima mobilità che caratterizza il lavoro in Veneto come in tutta Italia, le condizioni generali della viabilità, l’uso di mezzi di trasporto per lavoro non pienamente efficienti, la guida in condizioni di stress, il non ri-

P

spetto delle norme di circolazione». Veniamo al Veneto: cosa dicono nel concreto i numeri? «Consideriamo solo gli infortuni mortali che non sono avvenuti in itinere e che non sono nemmeno connessi alla circolazione stradale. In Veneto, in tutto il 2010, abbiamo registrato 55 casi, di cui 49 nei primi 10 mesi. Quest’anno, a ottobre, erano 38: sempre troppi, perché stiamo parlando di vite umane». Il Veneto è una regione pericolosa per il laFranca Porto, voro? «Alcuni indicatori oggettivi ci dicono il con- segretario generale Cisl Veneto trario, come ad esempio quello che mette a percentuale il numero degli infortuni mortali con il numero degli occupati. Il Veneto nel 2010, su 20 regioni, occupava il nono posto, quest’anno il diciassettesimo. Anche i dati delle singole province inquadrano nella parte

PADOVA 2011 • DOSSIER • 209


SICUREZZA SUL LAVORO

Casi di infortuni mortali ad esclusione di eventi occorsi in itinere o connessi alla circolazione stradale 2011

2010

n° casi

Indice di incidenza sugli occupati *

posizione graduatoria nazionale

n° casi

Indice di incidenza sugli occupati *

posizione graduatoria nazionale

38

18

17

49

23,2

9

Belluno

6

67,7

5

6

67,7

3

Padova

7

17,2

66

11

27

35

Veneto

Rovigo

5

48,4

14

3

29

32

Treviso

5

13,3

80

9

23,9

46

Venezia

6

17

68

3

8,5

86

Verona

3

7,3

95

7

17,1

65

Vicenza

6

16

73

10

26,6

38

Nordest

64

20,7

-

81

26,2

-

Italia

460

26,1

-

440

23,3

-

* numero infortuni mortali per milione di occupati

medio-bassa di questa triste graduatoria stranieri da un minimo del 30% (dipenbuona parte di quelle venete, eccezion fatta per Belluno». Territori e numero di decessi: c’è un nesso? «Di sicuro sappiamo che ci sono due settori di lavoro che continuano a mietere vittime, l’agricoltura e le costruzioni: nei campi e nei cantieri avvengono oltre la metà dei casi di morte sul lavoro. È possibile quindi che nei territori dove ci sono più occupati in questi settori ci siano più infortuni gravi o mortali. Una conferma viene anche dalle cause di morte più numerose che sappiamo sono quelle determinate dall’essere investiti da mezzi di trasporto. Va anche detto che in numerosi di questi casi la vittima è un piccolo imprenditore, agricoltore o artigiano». I lavoratori stranieri sono più esposti agli infortuni sul lavoro? «Sì, se consideriamo alcune caratteristiche del loro lavoro. La prima è che sono occupati soprattutto nei settori più a rischio: agricoltura ed edilizia, ad esempio. I lavoratori iscritti alle Casse edili del Veneto sono 210 • DOSSIER • PADOVA 2011

denti aziende industriali) fino al 50% (dipendenti aziende artigiane). E poi moltissimi lavorano nelle strade come autotrasportatori. La seconda è che si tratta, a volte, di persone con scarsa esperienza nel lavoro che devono svolgere». Cosa si fa per la prevenzione? «Nella nostra Regione esiste una fitta rete di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, numerosi sportelli di informazione presso le sedi sindacali, una discreta attività di formazione e di sensibilizzazione. Abbiamo fatto accordi ad hoc per i grandi cantieri (Passante, Mose). Vengono svolte attività di controllo, anche se non in via continuativa, dagli organi di vigilanza e di polizia. Ci sono accordi aziendali che incentivano i comportamenti attenti nei posti di lavoro come pure i suggerimenti utili a migliorare la sicurezza. A quest’incessante impegno, che coinvolge anche le associazioni imprenditoriali e le singole aziende, credo vadano ascritti una parte dei risultati positivi conseguiti negli ultimi anni».

Fonte: Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering - www.vegaengineering.com

MORTI SUL LAVORO - gennaio – ottobre 2011 e 2010



QUALITÀ DELL’ARIA

Nel bacino padano condizioni sfavorevoli per la qualità dell’aria «Il vero lavoro di risanamento della qualità dell’aria deve essere svolto in modo continuo da Comuni e Regioni e soprattutto con azioni strutturali». Il punto di Carlo Emanuele Pepe, direttore generale dell’Arpav Renata Gualtieri

utto il Veneto, esclusa l’area alpina e prealpina, presenta valori elevati di polveri sottili. La normativa chiede di misurare i livelli di Pm10 nell’aria prevedendo un limite giornaliero fissato in 50 microgrammi per metro cubo, da non superare per più di 35 giorni l’anno, e un limite annuale pari a 40 microgrammi per metro cubo. In Veneto, come peraltro in tutta la pianura padana, si rispettano a fatica tali valori, soprattutto quello giornaliero. «Negli ultimi cinque anni – sottolinea il direttore generale dell’Arpav Carlo Emanuele Pepe – si è osservato un decremento dei livelli del Pm10 e, inoltre, nel 2010 il limite annuale è stato rispettato». Per quanto riguarda il Pm2,5, il limite per queste polveri è di 25 microgrammi per metro cubo all’anno da raggiungere entro il 2015. Il valore obiettivo viene superato nei capoluoghi di provincia, in particolare a Padova, a Treviso, a Vicenza e Venezia, mentre viene rispettato a Verona e Belluno e in tutte le stazioni ubicate in comuni non capoluogo. Quali centri storici sono invece riconosciuti come esempi di aria libera da Pm10? «In Veneto purtroppo solo le cittadine che si

T

212 • DOSSIER • PADOVA 2011

trovano in quota, nelle zone alpine e prealpine, hanno valori di Pm10 e Pm2,5 inferiori ai limiti previsti dalla legge. Le condizioni meteorologiche, a parità di emissioni, giocano un ruolo fondamentale sull’inquinamento atmosferico. La veIl problema non ha locità del vento, confini territoriali. l’altezza dello strato Al via azioni coerenti di rimescolamento nell’atmosfera oltre in tutta la pianura all’irraggiamento padana solare, sono i parametri che più influiscono. Il cosiddetto “bacino padano”, chiuso dalle montagne su tre lati, è una sorta di catino in cui gli agenti inquinanti si distribuiscono ma faticano a disperdersi. Inoltre, la conformazione orografica determina condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli per la qualità dell’aria: i venti sono tra i meno in- Carlo Emanuele Pepe, tensi d’Europa, frequentemente si instaurano direttore generale dell’Agenzia regionale condizioni di alta pressione associata a stabi- per la prevenzione lità atmosferica, con gli inquinanti che si di- e protezione ambientale del Veneto sperdono a pochi metri dal suolo».


Carlo Emanuele Pepe

NUMERO DI SUPERAMENTI DEL VALORE LIMITE GIORNALIERO (50 µg/m3). Situazione al 7 novembre 2011 STAZIONE DI MONITORAGGIO

DATI

BL

18

PD

58

RO

62

TV

65

VE

61

VR

93

VI

68

Fonte: ARPAV - Dati delle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria

polveri sottili, oltre alla crisi economica, hanno contribuito alla riduzione delle polveri sottili. Ciò comunque non è sufficiente, dob3 biamo lavorare per ridurre le emissioni in modo integrato, per rispettare anche il valore LIMITE limite giornaliero. Si deve puntare alla ridu- GIORNALIERO zione delle fonti emissive, in particolare abSoglia di Pm10 da non superare per più battere gli ossidi di azoto e i composti orgadi 35 giorni l’anno nici volatili, responsabili nella stagione estiva dell’inquinamento da ozono. Per questo è necessario ottimizzare i processi di combustione e limitare le emissioni di composti or3 ganici volatili dei settori di maggiore produLIMITE zione, puntando su tecnologie innovative ANNUALE come già indica la normativa sulla riduzione Soglia di Pm10 e prevenzione integrata dell’inquinamento». da non superare Quali sono le sue previsioni per l’inqui- secondo la normativa namento da polveri sottili in regione? «Considerando i dati finora registrati dalle nostre centraline, si osserva che il valore limite giornaliero a oggi è stato superato. Utilizzando sette stazioni campione, una per ciascuna città capoluogo, osserviamo che, tranne che a Belluno, in tutte le altre il tetto dei 35 superamenti è già stato oltrepassato. Da qui

50

mcg/m

40

mcg/m

Da cosa dipendono questi buoni risultati? «L’ammodernamento dei mezzi di trasporto privati e pubblici, la sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento, l’impiego nelle aziende di tecnologie volte ad abbattere le

PADOVA 2011 • DOSSIER • 213


QUALITÀ DELL’ARIA

a fine anno il numero di superamenti

25 3

mcg/m PM2,5 Soglia da raggiungere entro il 2015

>35 BELLUNO

Il tetto dei 35 superamenti è stato oltrepassato in tutte le altre città venete tranne che a Belluno

è destinato solo ad aumentare, visto che nel periodo invernale le concentrazioni di polveri sottili sono usualmente più elevate. Per quanto riguarda il valore limite annuale non ci attendiamo sostanziali differenze rispetto allo scorso anno e come ribadito più volte sarà necessario continuare ad implementare azioni mirate a ridurre le emissioni». Sono previste nuove campagne da parte di Arpav per sensibilizzare la comunità al rispetto dell’ambiente? «Arpav ha investito molto in passato in azioni di sensibilizzazione dei cittadini e in progetti educativi con le scuole, dalle materne all’università. In questo difficile momento di crisi e di scarsità di risorse anche tali importanti azioni subiscono una riduzione, ma l’impegno è di continuare a utilizzare gli investimenti già fatti sfruttando le sinergie che nascono dalla collaborazione di tutti i soggetti come enti pubblici e privati, associazioni, che partecipano alla “Rete regionale di educazione ambientale veneta”. Fra le ultime iniziative proprio sul tema “aria” stiamo realizzando una nuova sezione del nostro sito www.arpa.veneto.it dedicata alla mobilità sostenibile, nella quale forniremo informazioni utili per i cittadini, dalla bicicletta all’uso dell’auto elettrica. Inoltre nel sito si trovano i dati in diretta provenienti dalle centraline della qualità del-

214 • DOSSIER • PADOVA 2011

l’aria e il bollettino previsionale sulla concentrazione delle polveri, informazioni che consentono al cittadino di avere ogni giorno il quadro preciso della situazione». Le amministrazioni comunali con quali misure o accorgimenti possono limitare l’inquinamento da Pm10? «Il problema non ha confini territoriali, l’ideale sarebbe mettere in atto azioni coerenti in tutta la pianura padana in sinergia con le Regioni e le Arpa di tutta la pianura padana. A livello locale i Comuni, quando perdurano i superamenti del valore limite giornaliero, possono limitare la circolazione. Si tratta di provvedimenti di emergenza che riducono le polveri di qualche microgrammo e incidono sull’impatto sanitario. Ma il vero lavoro di risanamento della qualità dell’aria deve essere svolto in modo continuo e soprattutto con azioni strutturali. A tale proposito, la Regione Veneto, con la collaborazione dell’Osservatorio regionale aria di Arpav, sta lavorando all’aggiornamento del piano regionale di tutela e risanamento dell’atmosfera che prevederà misure da applicare nel settore dei trasporti, ma anche in ambito civile».



QUALITÀ DELL’ARIA

La sfida per un’aria più pulita Risposte concrete in «un’ottica europea, coniugando sviluppo economico e sostenibilità». L’analisi dell’assessore regionale all’ambiente Maurizio Conte Renata Gualtieri

stato firmato a Bruxelles un memorandum d’intesa fra le regioni europee del gruppo di lavoro “Air-quality Initiative of Regions”. Il documento è stato sottoscritto da 12 regioni europee tra cui il Veneto, con l’assessore regionale alle politiche ambientali Maurizio Conte, le tre regioni del bacino padano (Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna) e altre realtà, come il Baden Wurttemberg, le Fiandre e la Catalogna. La firma dell’accordo di Bruxelles che esito ha avuto? «Le più importanti regioni d’Europa hanno evidenziato problemi analoghi. L’attuale impostazione normativa è penalizzante e non evidenzia i grandi successi ottenuti sul fronte Pm10 degli ultimi anni. Vi è uno scollamento tra teoria e realtà. La Commissione sta legiferando in modo antitetico in diversi settori. Ad esempio si incentiva la combustione di biomassa ai fini energetici per il protocollo di Kyoto senza pensare alla ricaduta che le emis-

È Maurizio Conte, assessore all’Ambiente della Regione Veneto

216 • DOSSIER • PADOVA 2011

sioni provocheranno sui livelli di Pm10. Pare poi che chi legifera a Bruxelles non abbia percezione di come le norme si debbano applicare. Il protocollo del 10 novembre servirà per dare forza alle voci di queste regioni che davvero costituiscono l’ossatura economica della Ue». Quali i provvedimenti allo studio della Regione Veneto contro l’inquinamento, visti gli sforamenti della soglia di guardia di Pm10? «Il Veneto, nel 2010, ha rispettato il limite storico dei 40 microgrammi per metro cubo per il Pm10 calcolato come media annuale delle medie giornaliere. Questo dato sta a fotografare e a sancire il miglioramento continuo che si è ottenuto negli ultimi anni. Ricordo, infatti, che i valori di Pm10 negli ultimi 15 anni si sono dimezzati. Vi sono ancora superamenti sul numero dei valori giornalieri di Pm10 che eccedono il limite di 50 microgrammi per metro cubo. Questo indicatore risente, però, in modo predominante dall’andamento meteorologico dell’anno in esame, quindi diventa molto difficile rispettarlo. Su quest’ultimo punto si è discusso


Maurizio Conte

nell’incontro a Bruxelles con le altre regioni virtuose e si è chiesto alla Commissione europea di rivederne l’applicazione. Il Veneto proseguirà nel lavoro assieme alle regioni del bacino padano, agendo su azioni strutturali perequate all’attuale situazione economica». Un protocollo uniforme per tutto il bacino padano può contrastare l’inquinamento atmosferico? «Può sicuramente contrastarlo in modo efficace, d’altronde a inizio degli anni 90 il pm aveva valori almeno tre volte superiori a quelli attuali. Sono anni che in varie forme le Regioni e le agenzie ambientali del bacino padano si coordinano per scambiarsi conoscenze e parere, il problema è che di fronte al Consiglio europeo può esprimersi solo lo Stato centrale e non sempre, in quella sede, le nostre specificità sono state ben rappresentate». Quali sono i comuni veneti più a rischio d’inquinamento da polveri sottili? «Il Pm10 è un inquinante diffuso di origine, vita e morte complessa, quindi tutti i territori di pianura sotto i 400 metri sul livello del mare, pur rispettando la media annuale, superano i limiti per i valori giornalieri». Il ticket antismog e il car pooling che opportunità rappresentano?

«La prima azione in Veneto non viene presa in considerazione perché può avere senso per grandi metropoli e ha una valenza soprattutto nell’ambito della mobilità. Ricordo, a tal proposito, che Londra l’ha chiamata “congestion charging” e non ticket antismog. Sul car pooling alcuni comuni capoluogo lo stanno sperimentando, permettendo l’accesso alle zone interdette ai veicoli inquinanti nei suddetti casi. Il Veneto sta invece sostenendo, anche attraverso appositi finanziamenti, iniziative di car sharing». A suo avviso è giusto affermare che il Pm10 incide negativamente sulla competitività? «Se si affronta la questione in modo serio e scientificamente appropriato, direi di no. Se le imprese producono con meno emissioni, risparmiano materia prima ed energia e realizzano prodotti tecnologicamente più avanzati, quindi più competitivi; se il cittadino sceglie veicoli o elettrodomestici più efficienti, risparmia Pm10, energia e denaro; se si scelgono sistemi per il riscaldamento ad altissima efficienza, si risparmia ancora Pm10 e denaro. È chiaro che si strumentalizza il problema Pm10, per risolvere problemi di mobilità, scelte sociali, filosofie di vita e questo diventa un discorso politico e sociologico e non più ambientale». PADOVA 2011 • DOSSIER • 217


QUALITÀ DELL’ARIA

Padova sostenibile «Non lasciamo i Comuni da soli nella lotta all’inquinamento». La voce dell’assessore all’Ambiente Alessandro Zan Renata Gualtieri

11 novembre scorso sono stati premiati i vincitori della IV edizione del concorso “Energia sostenibile nelle città”, lanciato dall’Istituto nazionale di urbanistica in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente. tra i vincitori c’è anche il Comune di Padova, che si è aggiudicato un premio grazie al progetto “Padova solare”. I meriti della città, come si legge nella motivazione, sono quelli di “aver attivato sul territorio comunale un insieme di azioni concrete volte a raggiungere la sostenibilità energetica degli interventi, con l’impiego di fonti di energia rinnovabile e accompagnando la definizione delle azioni con intensa attività di partecipazione di cittadini e stakeholder”. L’assessore all’Ambiente, Alessandro Zan, ha espresso la

L’

Alessandro Zan, assessore all’Ambiente Comune di Padova

218 • DOSSIER • PADOVA 2011

sua soddisfazione per i risultati ottenuti, confermati anche dai dati di Legambiente, secondo cui Padova è la seconda città in Italia per numero di impianti fotovoltaici. Zan ha anche sottolineato l’impegno continuo dell’amministrazione ricordando che oggi la città ha il 95% delle caldaie a metano e per il restante 5% delle caldaie a gasolio è stato imposto il limite dei 19 gradi d’inverno. Qual è la fotografia di Padova rispetto alle altre città venete e quanti sono i superamenti rilevati per l’inquinante di Pm10 nelle rilevazioni n qui effettuate? «Padova si trova all’interno della Pianura Padana e dal punto di vista morfologico e olografico è come un catino, in più le Alpi impediscono la volatilità delle polveri per cui è una delle zone più inquinate al mondo. Le nostre performance però migliorano anno dopo anno, anche se la situazione in termini assoluti non è ancora soddisfacente. Dei due indicatori che ci impone la Comunità europea, uno è di non superare i 35 bonus dei 50 mg/m3 e l’altro prevede il non superamento annuale dei 40 mg/m3; nel 2010 per la prima volta siamo riusciti ad avere un valore medio che è al di sotto dei 40 mg/m3». Cosa farà l’amministrazione per ridurre l’inquinamento atmosferico da polveri sottili? «Come misure d’emergenza abbiamo bloccato


Alessandro Zan

dal 7 novembre scorso al 20 aprile prossimo, con un’eccezione per la finestra natalizia, le auto più inquinanti, vale a dire le Euro 0 alimentate a benzina e diesel e le Euro 1 e 2 diesel, quindi più di 35.000 veicoli in provincia. Quest’anno abbiamo raggiunto un accordo anche con i comuni della cintura metropolitana per rendere più omogeneo il provvedi-

c

Dai dati di Legambiente Padova è la seconda città in Italia per numero di impianti fotovoltaici installati

d

mento. Si potrebbero ottenere risultati ancora più rilevanti se la Regione Veneto creasse delle linee guida comuni per tutto il territorio». Il neo resta il trasporto pubblico? «Il trasporto pubblico, che è uno dei fattori importanti per cambiare le abitudini dei cittadini e dare un servizio efficiente, va sicuramente incrementato. Questo oggi però è di difficile attuazione per via dei tagli agli enti locali. Abbiamo realizzato una linea tranviaria che passa per il centro e va da Padova nord a Padova sud, ma ne vorremmo realizzare altre due. Per tradurre in realtà la seconda linea e ottenere le risorse necessarie, in accordo con la Provincia di Padova e la Camera di Commercio, stiamo vendendo le nostre azioni dell’autostrada Padova Brescia. Occorre, inoltre, incentivare il car pooling, cioè l’utilizzo dell’automobile con più passeggeri a bordo e l’utilizzo della bicicletta». Quali le iniziative per la sensibilizzazione delle nuove generazioni a un uso sostenibile soprattutto nella mobilità? «Uno degli interventi di cui siamo particolarmente fieri è la creazione dei percorsi sicuri casa scuola chiamati Pedibus, organizzati da volontari insegnanti e genitori per evitare che i bambini vadano a scuola in macchina. Così non solo si avrà una minore congestione del traffico nelle ore di punta ma i ragazzi arriveranno a scuola con una capacità di apprendimento superiore perché non passano da un ambiente chiuso ad un altro e imparano a conoscere anche il loro territorio. Abbiamo indetto un concorso che si chiama “Miglia verdi”e in ogni classe abbiamo appeso un cartellone e ogni giorno il bambino arrivato a scuola con un mezzo sostenibile ha attaccato sul cartellone un bollino verde mentre il bimbo accompagnato dal genitore in auto un bollino rosso. Alla fine abbiamo eletto la scuola più sostenibile e questo ha spinto i ragazzi a intraprendere comportamenti nel rispetto dell’ambiente».

95% CALDAIE A METANO

Oggi la città ha il 95% delle caldaie a metano e il restante 5% sono caldaie a gasolio

35.000 VEICOLI Le auto più inquinanti che saranno interessate al blocco dal 7 novembre al 20 aprile in provincia di Padova

PADOVA 2011 • DOSSIER • 219


QUALITÀ DELL’ARIA

Spazio a una coscienza ambientale Diverse le azioni di tutela ambientale già attuate dal Comune di Verona. Ma sono ancora tanti i progetti in cantiere per ridurre il fattore inquinante in città. Interviene l’assessore all’Ambiente Federico Sboarina Renata Gualtieri

iversi studi sulle concentrazioni delle polveri sottili dimostrano come la qualità dell’aria in tutta la pianura padana risenta fortemente della situazione della zona. Gli andamenti di fondo delle concentrazioni registrate a Verona sono quindi gli stessi delle altre città venete. Certo, possono presentarsi alcune variazioni dovute a particolari caratteristiche degli insediamenti urbani o industriali, portando a maggiori superamenti dei limiti. Le polveri sottili rappresentano, infatti, una delle maggiori problematicità del territorio veronese, ma «l’amministrazione – assicura l’assessore Federico Sboarina – ha intrapreso una serie di azioni allo scopo di ridurre il più possibile questa condizione». Quanti gli sforamenti ai limiti di Pm10 rilevati negli ultimi mesi? «Le polveri sottili sono inquinanti tipicamente invernali. Nei mesi estivi, di conseguenza, gli sforamenti ai limiti di Pm10 sono stati molto esigui: tra giugno e agosto sono stati registrati dalle centraline di monitoraggio solamente tre sforamenti al limite gior-

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Federico Sboarina, assessore all’Ecologia e ambiente, sport, tempo libero, edilizia sportiva e fair play del Comune di Verona

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naliero di 50 μg/m3. Con l’approssimarsi della stagione autunnale, mutando il clima, le concentrazioni di Pm10 sono andate aumentando, portando a una ventina di superamenti a settembre e ottobre. Le condizioni di ristagno atmosferico, date anche dalla scarsa presenza di vento, comportano purtroppo un aumento della concentrazione di questo inquinante, che in città è causato soprattutto dal traffico, dalle emissioni industriali e dagli impianti termici residenziali». Quali le aree della città più interessate? «La concentrazione degli inquinanti è misurata da alcune centraline Arpav, dislocate in diversi punti della città. Tra queste centraline, ve ne sono alcune che rilevano le concentrazioni di Pm10, collocate in punti ben diversi tra loro. La prima è una stazione di traffico, collocata nel quartiere di Borgo Milano, dove il livello di inquinamento è influenzato prevalentemente da emissioni provenienti dalle strade limitrofe. La seconda centralina è collocata in zona rurale, in località Cason, ed è una stazione cosiddetta di background, non condizionata dal traffico o dalle attività industriali. Ovviamente in quest’area le concentrazioni di Pm10 tendono a essere inferiori rispetto alle zone urbane. Grazie ai dati raccolti anche attraverso l’utilizzo di mezzi mobili per il monitoraggio, si è comunque osservato come il Pm10 tende a concentrazioni omogenee in tutto il centro abitato, diversamente da quanto rilevato, per esempio, con il biossido di


Federico Sboarina

azoto No2, presente in misura maggiore in corrispondenza dei luoghi di grande traffico». Quali le azioni mirate alla tutela della qualità dell’aria sin qui realizzate e a quali risultati hanno portato? «Il Comune di Verona ha effettuato diverse azioni di tutela ambientale, non solo per la qualità dell’aria, ma anche a favore del risparmio energetico. Sono stati realizzati interventi, come alberature, e concessi contributi ai cittadini, tra cui gli incentivi per l’installazione di impianti a metano e gpl sui veicoli, per la sostituzione delle caldaie condominiali a gasolio od olio combustibile con caldaie a metano, per l’acquisto di biciclette elettriche e diversi altri. Inoltre, il Comune ha aderito alle misure emergenziali, adottate anche dai principali comuni della provincia, che consistono nel blocco della circolazione di alcune categorie di veicoli più inquinanti e nella limitazione delle temperature negli edifici. Ha applicato il divieto di attuare combustioni all’aperto ed emanato un’ordinanza per la copertura dei camion

che trasportano materiale pulverulento». Quali invece i progetti in cantiere per ridurre ulteriormente il fattore inquinante? «Nei programmi dell’amministrazione comunale c’è la prosecuzione di alcune delle iniziative già attive da alcuni anni per la riduzione del fattore inquinante: ripartiranno a breve gli incentivi per l’installazione di impianti a metano e gpl, gli incentivi per la sostituzione delle caldaie e anche quelli per l’acquisto di bici elettriche. Vorremmo anche incoraggiare l’utilizzo dei mezzi pubblici, introducendo alcune agevolazioni per l’acquisto degli abbonamenti mensili degli autobus urbani. Teniamo in grande considerazione anche l’attività di educazione ambientale, effettuata attraverso una serie di iniziative di sensibilizzazione come l’organizzazione di domeniche ecologiche e giornate di trekking urbano. La nostra convinzione è che il miglior modo per ridurre l’inquinamento in un’ottica futura sia quello di far leva sui comportamenti di tutti, per aumentare la coscienza ambientale». PADOVA 2011 • DOSSIER • 221


QUALITÀ DELL’ARIA

In calo le polveri sottili A Belluno il numero di superamenti del limite giornaliero per le Pm10 è stato inferiore a quello consentito dalla legge e la media annuale è leggermente diminuita. Commenta questi dati l’assessore all’Ambiente Leonardo Colle Renata Gualtieri

a città di Belluno conferma da anni buoni risultati sulla qualità dell’aria, in virtù delle misure adottate e applicate per contenere e ridurre le concentrazioni dei principali inquinanti. A dimostrazione di ciò emergono i dati registrati fin qui dalle centraline Arpav, in riferimento all’inquinamento da polveri sottili in regione, dai quali si evince che in tutte le città capoluogo, tranne che a Belluno, è già stato oltrepassato il tetto dei 35 superamenti. Leonardo Colle, assessore all’Ambiente della città, spiega come si potranno mantenere queste buone performance.

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Quali sono le politiche ambientali del Comune per la tutela della qualità dell’aria? «Durante la stagione invernale viene redatto il piano delle azioni per il contenimento dell’inquinamento atmosferico, che prevede una serie di interventi da adottare nel brevissimo periodo per arginare le principali fonti di emissioni Pm10 quali il traffico, gli impianti di riscaldamento e combustione non industriali e la pratica dell’abbruciamento. Lo scopo è disincentivare la circolazione di mezzi privati, soprattutto quelli maggiormente inquinanti, e impedire l’accesso al centro urbano in determinati periodi a veicoli scarsamente eco-compatibili; controllare il rendimento energetico degli impianti termici che utilizzano combustibili non gassosi; evitare la pratica dell’abbruciamento delle sterpaglie; limitare la quantità di sostanze inquinanti prodotte dalla combustione domestica della legna. Per questo ultimo punto, sulla base delle valutazioni


Leonardo Colle

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Bisogna arginare le principali fonti di emissioni Pm10 quali il traffico, gli impianti di riscaldamento e combustione non industriali

Leonardo Colle, vicesindaco di Belluno e assessore alle Politiche per l’ambiente ed energia, turismo, agricoltura, project financing e contributi europei

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tecniche e caratterizzazioni dei principali inquinanti elaborate da Arpav, che indicano nel processo di combustione della legna una delle fonti di emissione più rilevanti per l’aumento di concentrazioni di polveri sottili (Pm10), l’assessorato all’Ambiente, attraverso il servizio di competenza, propone da tempo specifici bandi per la sostituzione delle vecchie stufe a legna e caldaie». A quali risultati hanno portato le ultime campagne di monitoraggio della qualità dell’aria in riferimento all’inquinante Pm10? «L’amministrazione comunale, con la propria centralina di monitoraggio posta in posizione

centrale della città e gestita direttamente dai tecnici dell’Arpav, monitora ogni giorno l’andamento degli inquinanti principali consentendo agli uffici competenti di adottare nell’immediato, qualora risultasse necessario, gli opportuni provvedimenti a tutela della popolazione». Quali interventi ritiene assolutamente necessari per ridurre l’inquinamento da polveri sottili e quali aree della città dovranno interessare? «Come già citato, contestualmente ai vari bandi che vengono proposti dall’assessorato all’Ambiente al fine di incentivare una riduzione degli inquinanti prodotti da abbruciamento o da cattive combustioni degli impianti di riscaldamento delle utenze domestiche, sono stati anche proposti bandi di incentivazione al risparmio energetico, mediante coibentazione e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e non di origine fossile nel settore residenziale privato. In sinergia con l’assessorato all’Urbanistica è in fase di studio l’adozione di misure finalizzate a una mobilità sostenibile con la graduale riduzione del traffico dal centro della città e la riduzione del flusso di autovetture che quotidianamente attraversano Belluno». Quali sono le sue previsioni alla qualità dell’aria in città? «Il trend degli inquinanti monitorati ha evidenziato negli ultimi 5 anni una sostanziale stabilità per quanto riguarda l’anidride solforosa, il biossido d’azoto, il monossido di carbonio e l’ozono. In particolare, l’andamento delle polveri sottili ha registrato una costante diminuzione. Il numero di superamenti del limite giornaliero per le Pm10 è stato inferiore a quello consentito dalla legge e la media annuale, in ottemperanza alla norma, è leggermente diminuita. Per tale ragione si prevede che anche per gli anni avvenire si possano mantenere i buoni risultati già ottenuti, che potrebbero comunque migliorare grazie a una intesa condivisa con tutti i comuni della vallata bellunese». PADOVA 2011 • DOSSIER • 223


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