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Sommario

Dossier Lombardia Editoriale. . . . . . . . . . . . . . . 09 Ferruccio Dardanello

L’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Carlo Sangalli, Stefano Poliani, Guido Carella, Marco De Bellis

News . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

IN COPERTINA . . . . . . 24 Alberto Ribolla

Politica economica . . . . . . . . . 29 Roberto Maroni, Francesco Bettoni

Mercati p. 34

Mercati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 Giovanni Castellaneta, Domenico Arcuri, Riccardo Monti, Claudio Bozzo, Enrico Biscaglia

Competitività . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 Luigi Nicolais, Carlo Tricoli

Cultura d’impresa . . . . . . . . . . . 52 Piermario Vello, Antonio Calabrò, Alessandro Cattaneo

Industria chimica . . . . . . . . . . . . 60 Susanna Larocca e Riccardo Alquati

Manifatturiero. . . . . . . . . . . . . . . . . 64 Paolo Maria Rossin, Cinzia Cantaffio, Marco Giorgio Spini, Mirko Ghisleni, Canzio Noli, Stefano Salvi, Alfredo Caio, Giulio Maria Giana

Meccanica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 Piergiuseppe Peroni, Massimo Viganò, Roberto Ligutti, Massimo Magoni

Materie plastiche . . . . . . . . . . . . 88 Mirko Marchesini, Gianangelo Cattaneo

Metalli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 Matteo Pelandi, William Bandinelli

Sistemi di comunicazione . . . . . . . . . . . 96 Giuseppe Maffei e Giancarlo Turati

Energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Davide Piccinin

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Consulenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

Impresa e territorio . . . . . . . . 177

Maura Rossetti

Maurizio Cal, Danilo Valente, Riccardo D’Antoni, Mario Gianella, Daniela Saccaggi, Gaetano Carbonara, Maurizio Cremascoli, Roberto Veronese, Renato Miazzolo, Luciana Motta e Alessandra Colonna

Moda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 Stefano Scaburri, Maria Teresa Martina

Lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106 Pietro Ichino, Rosario Rasizza, Stefano Colli-Lanzi, Federico Vione, Eugenio Filograna

Turismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198 Alberto Cavalli, Giuliano Noci, Remo Eder

Focus Bergamo . . . . . . . . . . . . . 119 Franco Tentorio, Giovanni Paolo Malvestiti, Angelo Carrara

Agroalimentare . . . . . . . . . . . . . 128

Politiche sanitarie . . . . . . . . . 206 In alto, Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia. Qui sopra, Giovanni Castellaneta, presidente di Sace

Luigi Bordoni

Investire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 Lorenzo Alfieri, Enrico Maria Cervellati

Sanità e assistenza . . . . . . . . 212 Smart cities . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140

p. 162

Exposanità

Maria Antonietta Portaluri, Armando Zambrano, Leopoldo Freyrie, Attilio Fontana, Roberto Camagni

Strutture sanitarie . . . . . . . . . . 214

Edilizia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

Salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216

Riccardo Pedretti, Carlo Spada, Claudio Verzola

Salone del mobile

Ricerca scientifica . . . . . . . . . 210 Giuseppe Mancia

Mario Guidi, Giuseppe Liberatore

Consumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

Mario Mantovani

Design . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162 Giulio Cappellini, Mario Bellini, Luisa Bocchietto, Roberto Snaidero e Giovanni Anzani, Daniele Fucili

Luca Marazzi, Renzo Rosso e Liliana Colombo Daniele Vietti

Odontoiatria . . . . . . . . . . . . . . . . . 218 Abramo Fidanza, Angelo Mirra e Valeria Gazzano

Postura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220 Ilaria Belometti

Rubrica

Nota bene. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 Renato Papa

In alto, Mario Bellini, architetto e designer. Sotto, Giuseppe Mancia professore emerito di medicina presso l’Università Milano Bicocca

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Editoriale di Ferruccio Dardanello

L’export tricolore vince nel mondo n questi anni grigi, solo l’export ci ha strappato qualche sorriso. Nonostante la crisi, infatti, la bandiera italiana non ha cessato di sventolare sui mercati internazionali. Anzi. Dall’autunno del 2008, il fatturato delle nostre produzioni manifatturiere è cresciuto oltreconfine più di quello tedesco e francese. L’Italia, dunque, non è una delle vittime della globalizzazione. Tutt’altro. Ha trovato la forza e l’abilità di sintonizzarsi su nuove frequenze per intercettare i fabbisogni del mercato, ridisegnando così la geografia di un nuovo “made in Italy” fatto di creatività, tecnologia e rispetto dell’ambiente, senza rinunciare alla bellezza e alla qualità. Così ora siamo tra i primi cinque Paesi al mondo per saldo commerciale. E continuiamo a crescere. Solo nei primi nove mesi del 2013 l’avanzo ha superato i 19,6 miliardi di euro. Ma oltrepassa il tetto dei 60 miliardi, se si esclude il deficit energetico che strutturalmente interessa il nostro Paese. In poco tempo abbiamo conquistato spazi importanti in Paesi lontani. Basti pensare che ben 11,3 dei 19,6 miliardi di surplus provengono dall’area extra-Ue. E mentre le nostre esportazioni verso l’Europa sono diminuite del 2,3 per cento, quelle che travalicano i confini europei sono cresciute del 2,1 per cento. Oggi sono poco più di 200mila gli operatori che hanno accesso ai mercati esteri. E, se pensiamo che in Italia ci sono oltre 6 milioni di imprese, è facile capire che il potenziale di crescita resta elevato. Considerando solo il comparto manifatturiero, abbiamo individuato altre 73mila realtà produttive che avrebbero le carte giuste per gettarsi nel mare aperto della competizione internazionale, ma da sole non riescono a farlo. Soprattutto per loro abbiamo creato Worldpass, la rete di sportelli fisici e virtuali, grazie alla quale le Camere di commercio rappresentano il punto di contatto per le imprese bisognose di assistenza specialistica e di un primo orientamento per esportare. Insieme ai ministeri dello Sviluppo economico e degli Esteri, all’Ice, a Sace, a Simest e alle Camere di commercio italiane all’estero ne stiamo facendo la porta di ingresso unitaria verso i mercati internazionali. In questo senso l’Expo 2015 sarà un appuntamento da non sprecare. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo, anche attraverso la rete dei circa duemila autentici ristoranti italiani nel mondo, presenti in oltre 50 Paesi stranieri, certificati dal marchio “Ospitalità italiana”, il progetto del sistema camerale entrato ufficialmente nell’Agenda Italia 2015 per promuovere il nostro Paese nel mondo in vista dell’Expo. •

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Abbiamo conquistato spazi importanti in Paesi lontani: ben 11,3 dei 19,6 miliardi di surplus provengono dall’area extra-Ue

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L’intervento

Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano

Milano, hub degli investimenti esteri uanto più il capoluogo lombardo tiene fede alla propria vocazione internazionale, tanto più può assumere il ruolo di “porta d’ingresso del mondo in Italia”. Questo è un ruolo chiave per la capitale economica che può fare da traino per l’intero Paese. Milano a livello economico è già porta d’accesso degli investimenti stranieri: sono quasi 2.000 le multinazionali straniere che investono nella nostra città, quasi la metà del dato nazionale. Ma Milano e la Lombardia non giocano la loro partita da sole, fanno da traino al Paese: rappresentano, infatti, l’hub degli investimenti stranieri. Secondo i dati dell’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, l’investitore che sceglie Milano e la Lombardia come prima destinazione è portato a consolidare la sua decisione estendendo i suoi investimenti successivi in tutto il Paese. Il 56 per cento di tutti gli investimenti attivati dal 2005 al 2011 in Italia infatti deriva da multinazionali straniere che avevano già in precedenza la sede generale in Lombardia. In altre parole, le aziende straniere quando decidono d’investire in Italia, scelgono Milano come sede dei loro headquarter proprio per il sistema produttivo esistente

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in quest’area, per le interconnessioni con le università e il terziario avanzato. Va rilevato, inoltre, che nostra città detiene il 30 per cento del fatturato italiano della logistica. Ciò significa che le imprese di questo settore si concentrano nel nostro territorio per poi servire l’intero Paese. Mi piace pensare a Milano come a una piattaforma di sviluppo al servizio del Paese, una piattaforma sotto cui si incrocia un giacimento di flussi. Penso, da un lato, ai flussi che possono arrivare grazie alla capacità attrattiva dei nostri servizi di accoglienza, al turismo, agli investimenti esteri, alle multinazionali. Dall’altro, ai flussi in uscita, cioè ad esempio alle imprese impegnate sui mercati esteri che rappresentano una voce positiva della nostra economia. Uno dei temi cardine è quello del marketing territoriale, soprattutto in vista di Expo che rimane un progetto centrale per la Camera di commercio. L’obiettivo è valorizzare Milano come grande città dalla tripla A, aperta, attrattiva e accogliente, anche oltre l’appuntamento del 2015. •

Mi piace pensare a Milano come a una piattaforma di sviluppo al servizio del Paese Dossier Lombardia 2014 • 11



L’intervento

Stefano Poliani, presidente Comitato regionale Giovani imprenditori di Confindustria Lombardia

Adesso occorrono le riforme uasi duemila anni fa Plutarco scriveva: “I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”. Si trattava di un richiamo alla responsabilità da parte di tutti affinché il capitale migliore della società non venisse sprecato, affinché non subisse la propria istruzione ma ne diventasse l’attore protagonista. Oggi, a distanza di quasi due millenni, il monito del filosofo greco è ancora attualissimo. Troppe volte il nostro sistema educativo ha imbrigliato l’estro e l’innata intraprendenza dei giovani all’interno di schemi e programmi già prestabiliti. Troppe volte la politica ha fatto sì che questa intraprendenza non fosse supportata dalla legislatura, zeppa di adempimenti burocratici simili a colli di bottiglia spesso insuperabili e da un mercato del lavoro difficile da penetrare. Una fossilizzazione che non possiamo più permetterci. Ogni giorno nuovi Paesi si affacciano sulla scena economica mondiale: nuovi competitor, certamente, ma anche nuovi potenziali clienti. Per aggredire questi mercati, l’Italia ha bisogno di nuove generazioni abituate ad affrontare le sfide con dinamicità e ottimismo. Ci hanno detto che il nostro non è un paese per giovani, ma non ci arrendiamo e i dati ci dimostrano che abbiamo ragione: delle quasi 300mila imprese nate tra gennaio e la fine di settembre 2013, oltre 100mila sono guidate da uno o più under 35. Si tratta di un contributo determinante che ha con-

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sentito di mantenere attivo il bilancio tra aperture e chiusure di imprese e che testimonia la vivacità di una generazione che, pur nelle difficoltà, guarda con speranza al domani e non si rassegna a lasciare l’Italia. Abbiamo grandi aspettative nei confronti del nuovo esecutivo, ma non solo per una questione anagrafica: ci aspettiamo molto perché le priorità delineate sono finalmente quelle giuste e ci auguriamo che il Jobs act delinei un quadro di riferimento adatto ad affrontare le sfide che il mondo oggi ci impone. Il tempo sarà una variabile fondamentale: le riforme vanno fatte adesso, non possiamo aspettare un minuto di più. Il valore intrinseco del tempo e dell’attimo fuggente era perfettamente chiaro anche a Plutarco: se, da una parte, l’immagine del vaso da riempire dà l’idea di un processo lento e asfissiante, dall’altra, la suggestione di una fiaccola che si accende rappresenta la dinamicità e l’istinto di chi è pronto ad agire e a essere protagonista del proprio futuro. Certamente è importante scegliere con cura il combustibile con cui accendere la fiaccola. Alimentare nei nostri giovani una cultura d’impresa innovativa, libera, quindi, da vecchi retaggi e pregiudizi è senza dubbio un primo passo per ri-orientare l’intero sistema Paese. •

I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere Dossier Lombardia 2014 • 13



L’intervento

Guido Carella, presidente Manageritalia

La ricerca della competitività osa serve, oggi, a un’azienda per essere competitiva? Il dilemma è sempre più amletico perché attualmente la competizione è senza frontiere e senza certezze. Anche restando nel proprio angolo territoriale, un tempo protetto e facile da difendere, subiamo la concorrenza delle aziende di tutto il mondo. Inoltre, mentre un tempo i cicli di vita dei prodotti si contavano in anni (10-15), oggi si contano in mesi (12-24). Quindi, anche la competitività conquistata a fatica è sempre più labile, instabile e mutabile. E, diretta conseguenza, anche i cicli di vita delle aziende sono sempre più corti. Allora che fare? Bisogna avere una visione e rischiare per raggiungerla. Le strategie sottese vanno continuamente messe in discussione, così come l’intero processo di business. Certo bisogna evolvere adattandosi alle nuove realtà del mercato, sostenuti dalla capacità di far fronte alla turbolenza e creando ancoraggi stabili. Bisogna avere sempre ben chiaro quale si vuole che sia il proprio vantaggio competitivo, la differenza in meglio rispetto ai concorrenti, lavorare per mantenerlo e comunque essere pronti a evolverlo o a superarlo del tutto, perché non è più tale. Molteplici sono gli esempi di aziende che hanno cambiato pelle, o meglio, modello di business. Nell’Ict, chi prima primeggiava nell’hardware e non si è accorto che non stava più lì il valore, passando in fretta a fare software, si è fortemente ridimensionato o è sparito. Il telefono fisso è morto e vive solo

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quello mobile. E questo vale sia per chi produce l’apparato, sia per chi fornisce il servizio. Un’innovazione, una nuova normativa o un nuovo mercato sparigliano lo scenario in un batter d’occhio. Bisogna avere una gestione manageriale, un’organizzazione capace di dialogare con la catena del valore a monte e a valle, di parlare la loro lingua che non è più solo quella parlata, ma piuttosto quella sottesa alle molteplici relazioni con i vari attori. Bisogna creare un ambiente capace di ascoltare il mercato e possibilmente anticiparne i cambiamenti. Serve permeare l’azienda di una cultura volta all’innovazione e tutti devono essere coinvolti, motivati e responsabilizzati a svilupparla giorno per giorno. Partendo dal presupposto che l’innovazione non sta solo nella creazione di un nuovo prodotto o servizio, ma molto più spesso in un nuovo modo di organizzare il business, di fornire un servizio, di cannibalizzare il prodotto in favore del servizio (se il cliente finale trova in questo il valore da acquistare, o meglio se glielo facciamo trovare noi). Allora, seppure ancorati a quello che sappiamo fare bene, si tratta di pensare anche in modo diverso, e di essere non tanto disposti, ma predisposti a farlo continuamente. Perché se non lo facciamo noi, lo faranno gli altri. E allora sarà troppo tardi per recuperare. •

Molteplici sono gli esempi di aziende che hanno cambiato pelle, o meglio, modello di business Dossier Lombardia 2014 • 15



L’intervento

Marco De Bellis Avvocato del Foro di Milano e fondatore dello Studio Marco De Bellis & Partners

Il contratto di lavoro on il contratto di lavoro subordinato il lavoratore si impegna a prestare la propria opera alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro, in cambio di una retribuzione determinata. Il contratto di lavoro è disciplinato dalle regole stabilite dal codice civile sui contratti in generale, salvo che le norme disciplinanti il rapporto di lavoro non dispongano altrimenti. La capacità di concludere un contratto si acquista con la maggiore età mentre la capacità di prestare l’attività lavorativa si acquista a quindici anni, in presenza delle condizioni previste dalla legge per il lavoro minorile. Il contratto può essere concluso oralmente; in realtà, nella quasi totalità dei casi, viene utilizzata la forma scritta, con la redazione e la sottoscrizione della cosiddetta “lettera di assunzione”. Nella lettera di assunzione vengono normalmente individuati: parti, contratto collettivo applicabile, inquadramento, mansioni, retribuzione, decorrenza, luogo di lavoro, orario. Ciò, oltre a eventuali ulteriori elementi “accessori” come, ad esempio, l’attribuzione di eventuali fringe benefits (uso di autovettura, telefono cellulare), l’eventuale attribuzione di una parte variabile della retribuzione (bonus e/o partecipazione agli utili) o informazioni attinenti alla specifica attività svolta in azienda (informazioni sulla disciplina relativa alla prevenzione degli infortuni, modalità di utilizzo degli strumenti aziendali). Spesso la lettera di assunzione è preceduta da un impegno al-

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l’assunzione; esso è un documento sottoscritto dal datore di lavoro, che lo consegna al dipendente per manifestargli la serietà della propria intenzione di provvedere all’assunzione. Solitamente viene utilizzato per indurre un dipendente a rassegnare serenamente le dimissioni dal suo attuale datore di lavoro, al fine di essere successivamente assunto dal nuovo datore nei termini e nei modi concordati. Proprio per questa finalità, affinché sia valido, l’impegno all’assunzione deve contenere gli elementi essenziali del successivo rapporto di lavoro. Secondo la prevalente giurisprudenza, ad esempio, è illegittima l’apposizione del periodo di prova nella lettera di assunzione del dipendente dopo la consegna di un impegno all’assunzione privo della suddetta clausola. Le ragioni sono evidenti e condivisibili. Chi riceve la lettera di impegno all’assunzione, infatti, formula le proprie valutazioni sul dimettersi o meno dal suo attuale datore di lavoro, sulla scorta dell’impegno all’assunzione che gli è stato consegnato. È evidente che egli debba poter valutare anzitempo la necessità di doversi sottoporre ad un periodo di prova, senza trovarsi la “sorpresa” nella lettera di assunzione definitiva. •

Spesso la lettera di assunzione è preceduta da un impegno all’assunzione Dossier Lombardia 2014 • 17


News GIOVANI E LAVORO

Il piano nazionale Garanzia giovani Ne biennio 2014/15 l’Italia avrà a disposizione risorse pari a circa un miliardo e mezzo di euro, tra fondi europei e nazionali, per dare una risposta alla disoccupazione giovanile. I giovani tra i 15 e i 24 anni in uscita dal sistema formativo (di questi, secondo il Ministero del Lavoro, 1.274.000 sono Neet, cioè non lavorano e non studiano) potranno accedere a un’opportunità di lavoro, un contratto di apprendistato, un tirocinio, un percorso di formazione, il sostegno all’autoimprenditorialità o un’esperienza di servizio civile. Restano da definire le linee di attuazione del piano e i criteri di individuazione dei giovani. •

TURISMO

Vacanze lombarde per gli italiani Nel 2013 la Lombardia si è confermata la seconda regione più visitata dagli italiani, con il 10,5% delle preferenze, preceduta solo dalla Toscana, sia per viaggi personali che di lavoro. A dirlo è l’Istat, che certifica il primo posto della regione per quanto riguarda le vacanze brevi (1-3 notti). Secondo i dati forniti dalla Provincia, Milano e il suo territorio hanno registrato complessivamente 6.299.854 arrivi e 13.573.602 presenze, con un incremento rispetto al 2012 dell’1,7% per gli arrivi e dell’8,20% per le presenze. •

VACANZE SCACCIA-CRISI Dove e perché viaggeranno gli italiani nel 2014? Tra i trend di viaggio, vincono amore (luna di miele e viaggi romantici nelle isole esotiche), avventura (africa subsahariana e america centro-meridionale) e city break (nelle capitali europee, Ungheria e Croazia su tutte)

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DISTRETTI Un modello che non va in crisi

EXPORT

Esportazioni, la rotta verso l’Africa È il continente africano il mercato più in crescita per le esportazioni regionali: 6,6 miliardi di euro il valore dell’interscambio nei primi 9 mesi del 2013, con un incremento del 12% (+20,7% l’import, +4,7% l’export). Algeria, Tunisia, Egitto, Sudafrica e Marocco i maggiori destinatari di prodotti lombardi, ma le esportazioni crescono soprattutto con Mauritania, Zimbabwe, Niger, Angola, Benin e Mozambico. È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat che vede Milano prima provincia con quasi 1 miliardo e mezzo di euro (+1,5%), seguita da Brescia con 714 milioni (+14,3%) e Bergamo con 369 milioni (+25,2%). •

Fatturato in crescita di 4,2 punti percentuali tra il 2008 e il 2013, una maggiore vocazione all’export, più investimenti esteri, brevetti e marchi e un ulteriore aumento del fatturato del 6,9% nel prossimo biennio (+2,2% quest’anno e +4,7% nel 2015). Sono i numeri snocciolati dal Rapporto annuale sull’evoluzione economica e finanziaria delle imprese distrettuali elaborato dal Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. Il rapporto analizza, per il quinquennio 2008-2012, i bilanci di quasi 13mila imprese appartenenti a 144 distretti industriali e di oltre 37mila imprese non-distrettuali appartenenti agli stessi settori. Dall’analisi dei dati si evince che le imprese distrettuali sono più dinamiche delle altre. Nel 2012, per il terzo anno consecutivo, hanno migliorato fatturato e profitti rispetto alle imprese non distrettuali. Stando alle stime, il 2013 dovrebbe essersi chiuso con una contrazione del fatturato dell’1,3% contro il calo del 2,3% delle aree non distrettuali. Particolarmente positivi sono stati i risultati di alcuni distretti nel periodo 2008-2013, tra questi primeggiano quelli del settore agroalimentare: i vini del Veronese, il prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, i dolci di Alba e Cuneo, il caffè e la pasta napoletana, i vini del Chianti e i salumi di Parma. Seguono poi quelli del sistema moda: le calzature di San Mauro Pascoli, la pelletteria e le calzature di Arezzo e le calzature napoletane. Buone anche le performance i distretti del marmo di Carrara e del packaging della provincia di Bologna. Il rapporto evidenzia, però, anche alcune criticità: debolezza finanziaria delle imprese di piccole dimensioni, la perdita di know-how e competenze, crisi della domanda interna e concorrenza straniera sono queste le principali minacce alla competitività dei distretti. •

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News BANDI

Cooperazione in chiave Expo Regione Lombardia, Comune di Milano, e Fondazione Cariplo hanno lanciato un bando di finanziamento per progetti di cooperazione internazionale sul tema dell’Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energie per la vita”. Il bando mette a disposizione di organizzazioni non profit e imprese sociali 5,2 milioni di euro per la valorizzazione di progetti sul territorio lombardo nel corso dei sei mesi dell’Esposizione universale (maggio-ottobre 2015) tramite azioni di informazione, sensibilizzazione e scambio di buone pratiche sul tema della sicurezza alimentare e lotta alla povertà. La scadenza per la presentazione dei concept note è il 15 aprile. Per maggiori informazioni www.bandocooperazione.it •

APPUNTAMENTI

Le novità del Salone del mobile 2014 Dall’8 al 13 aprile Milano ospiterà la 53a edizione del Salone Internazionale del Mobile, che con le biennali EuroCucina e Salone Internazionale del Bagno, oltre al Salone Satellite, porterà in città circa 2.400 espositori e 300.000 visitatori provenienti da 160 Paesi. “Dove vivono gli architetti” sarà l’evento collaterale che vedrà Shigeru Ban, Mario Bellini, David Chipperfield, Massimiliano e Doriana Fuksas, Zaha Hadid, Marcio Kogan, Daniel Libeskind e Bijoy Jain/Studio Mumbai aprire le porte delle loro “abitazioni private”. •

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COMPETITIVITÀ Milano prima per commercio estero, imprese, collegamenti, fiere e brevetti. Lo dice la ricerca “Competitività urbana: Milano a confronto con alcune città italiane” della Camera di commercio di Milano. Le altre città considerate sono Roma, Bologna, Firenze, Torino, Treviso, Padova, Vicenza, Napoli, Genova, Trieste

Nel 2012 Milano detiene il primato nel settore dell’industria con un peso del 10,8% sul totale del valore aggiunto nazionale, seguita da Torino (4,7%) e Vicenza (3,4%).

Il miglior polo innovativo in Italia: nel 2012 i brevetti registrati sotto la Madunina per invenzioni sono stati 2.270, circa un quarto del totale nazionale.

Con Monza e Brianza, il capoluogo lombardo si conferma motore trainante del Paese con il 17,7% dell’import sul totale nazionale e il 12,1% dell’export.

26.510 € VALORE AGGIUNTO PRO-CAPITE

2.270 BREVETTI

12,1% EXPORT

INTERNAZIONALIZZAZIONE

Homi, 100 aziende lombarde per i mercati esteri Fino al 9 maggio, per 100 aziende lombarde sarà possibile aderire al bando indetto da Unioncamere Lombardia e Regione Lombardia per partecipare gratuitamente a un percorso di internazionalizzazione che comprende anche la partecipazione alla prossima edizione di Homi, il Nuovo Grande Macef, salone degli stili di vita organizzato da Fiera Milano in programma dal 13 al 16 settembre prossimi. L’iniziativa è diretta alle imprese manifatturiere, industriali o artigiane con sede legale o operativa in Lombardia, che rientrano nella classe delle pmi. • www.bandimpreselombarde.it

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In copertina • Alberto Ribolla

Networking per l’estero Per superare gli ostacoli dimensionali e culturali che frenano l’internazionalizzazione, le imprese lombarde devono fare rete, puntando sull’innovazione e esportazioni lombarde hanno superato nel 2012 la soglia dei 108 miliardi di euro. Una vocazione all’internazionalizzazione, quella del tessuto produttivo della regione, che si esprime soprattutto nell’industria manifatturiera, con l’accento posto su meccanica, moda, mezzi di trasporto e metallurgia. «In questi settori le produzioni italiane e lombarde hanno la leadership nelle classifiche del commercio mondiale, superando anche la Germania in moltissime nicchie di prodotti», sottolinea il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Ribolla. Con la globalizzazione si è imposta la necessità di superare le produzioni a basso valore aggiunto, prediligendo nuovi valori e nuovi asset di crescita. Com’è cambiato l’approccio all’export in questi anni? «Abbiamo imparato sulla nostra pelle che, solo puntando sulla fascia di media e alta qualità, si possono raggiungere risultati importanti e, addirittura, primati a livello mondiale: una prerogativa non solo delle grandi aziende, ma anche di quelle mediopiccole, molto diffuse in Lombardia,

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24 • Dossier Lombardia 2014

che hanno contribuito alla creazione di prodotti italiani più dinamici e innovativi. Dobbiamo ricordarci che innovazione non fa rima solo con elettronica e telecomunicazioni, ma è connaturata nella manifattura in tutti i suoi settori e questo vale soprattutto in Italia e in Lombardia». Come sostenere in maniera più efficace le pmi oltre confine? «Per aiutare le pmi è necessario mettere in campo azioni su diversi livelli. Ritengo fondamentale favorire la presenza delle imprese nei cluster, ecosistemi all’interno dei quali si promuovono progetti congiunti di business, ricerca, innovazione e sviluppo in un’ottica di crescita. Vorrei poi citare l’attività svolta dalle nostre associazioni: per quasi il 50 per cento delle imprese, rappresentano il principale interlocutore sulle tematiche dell’internazionalizzazione. Le aziende si rivolgono alla loro associazione per trovare i giusti partner commerciali oltre confine, per ottenere analisi di mercato e informazioni economiche sui paesi stranieri e per consulenze tecniche su problematiche doganali e contrattualistica estera; ma si rivolgono al sistema confindustriale anche e soprattutto per il network strategico


Alberto Ribolla • In copertina

che ha saputo creare con i diversi attori del sistema». C’è poi l’attività di lobby nei confronti delle istituzioni. «Sì, una lobby positiva e propositiva, che ha l’obiettivo di rendere i governi regionali e quello nazionale più proattivi nel sostenere l’internazionalizzazione delle imprese. Certamente, anche il sistema bancario-finanziario, che è parte integrante del “sistema

Paese”, deve essere maggiormente proattivo: ad eccezione dei grandi gruppi, le banche italiane spesso non hanno la capacità di seguire fino in fondo le aziende sui mercati internazionali, almeno non nella misura in cui avviene in paesi come Germania o Francia». Verso quali mercati ci si dovrà muovere nel prossimo futuro? «Parto da una premessa: almeno nel

breve periodo, l’attenzione sui grandi paesi avanzati del vecchio e nuovo continente e sui Brics è destinata a rimanere forte e questo tipo di previsioni hanno sempre un forte margine di incertezza legato sia al nostro sviluppo economico sia a quello dei paesi verso i quali ci dirigiamo. Detto ciò, una recente ricerca Ice-Prometeia ha fornito un interessante affresco di quella che sarà la mappa dei 25 mercati emergenti sui quali sarà strategico puntare. Le imprese italiane e lombarde guarderanno con sempre più interesse ai paesi asiatici, protagonisti di processi di industrializzazione molto recenti, senza dimenticare America Latina e Medioriente. Entrando nello specifico, per le imprese del settore meccanico si apriranno nuove opportunità in Arabia Saudita, in Thailandia, Indonesia, Malesia, Messico, Colombia e Perù. Per le imprese del settore delle infrastrutture, accanto a paesi già citati, troviamo Pakistan, Vietnam e Filippine». Quali restano le problematiche per le imprese lombarde che si confrontano con i mercati stranieri? «Com’era prevedibile immaginare, i principali scogli che le nostre aziende incontrano sono quelli riconducibili

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In copertina • Alberto Ribolla

108 mld

Il valore delle esportazioni lombarde nel 2012

alle piccole dimensioni d’impresa: scarse risorse finanziarie da investire nei processi di internazionalizzazione, limiti nelle risorse manageriali da coinvolgere. Ma anche le differenze culturali tra l’Italia e i paesi verso cui si spingono le aziende, giocano spesso a sfavore, ed è uno spread che aumenta significativamente in funzione delle direttrici geografiche dell’espansione multinazionale dell’impresa. Nel futuro le nostre imprese affronteranno mercati sempre più lontani dal punto

di vista geografico e culturale: diventerà, quindi, importantissimo agire per colmare questo gap di conoscenze, facendo rete e mettendo a sistema le esperienze di chi ce l’ha fatta». La presenza di investimenti esteri in Lombardia probabilmente sconta le difficoltà dell’intero sistema Paese. Con quali strategie si può invertire la tendenza? «Le zavorre che pesano su chi cerca di fare impresa in Italia e in Lombardia sono tante e tali che poche righe non

Diventerà fondamentale agire facendo rete

26 • Dossier Lombardia 2014

sarebbero sufficienti a riassumerle, ma c’è un dato che più di tutti indigna e rattrista: in Lombardia, negli ultimi anni, sono calati gli investimenti per lo sviluppo di attività pregiate tecnologiche e di ricerca e sviluppo. È un paradosso se si pensa ai centri di ricerca, alle università e alle realtà industriali di eccellenza che ospitiamo. Certo, la crisi non ha aiutato: nel quinquennio 2003-2007 la Lombardia era risultata per ben quattro volte su cinque tra le prime dieci regioni europee per attrazione di nuovi progetti di investimento, mentre nel periodo 2008-2012 si è sempre attestata al di fuori delle prime 10. Non possiamo, però, addossare la responsabilità di tutto alla congiuntura economica sfavorevole: instabilità politica, altissimo costo del lavoro, burocrazia opprimente e tempi biblici per l’ottenimento di autorizzazioni hanno allontanato gli investitori esteri, che hanno deciso di portare altrove le loro produzioni. Intravediamo però una svolta». Quale? «La nuova legge “Impresa Lombardia”, recentemente approvata in Regione, intende agire proprio su questi temi. L’accordo per la competitività, l’introduzione della comunicazione unica e del fascicolo elettronico dell’impresa, la riduzione dell’incidenza dei costi energetici sulle imprese manifatturiere, sono soltanto alcuni dei provvedimenti contenuti nella legge che ci auguriamo di veder presto attuati». Francesca Druidi


Politica economica

Lombardia in cifre

Nuove rotte per l’export lombardo I mercati internazionali come antidoto al calo della domanda interna. È il denominatore comune delle imprese lombarde, per le quali l’export è la chiave della ripresa

Dossier Lombardia 2014 • 27


Politica economica • Lombardia in cifre

a Lombardia ha da sempre assunto il ruolo di traino per l’economia italiana, non solo per quanto riguarda l’aspetto produttivo, ma anche per la proiezione internazionale delle sue imprese. Per questo, anche alla luce delle difficoltà legate alla crisi, la regione continua a identificare un modello di riferimento per i processi di internazionalizzazione. Le imprese della regione, in larga parte caratterizzate da una dimensione mediopiccola, mirano ad accrescere l’impatto della loro azione sui mercati esteri cogliendo le opportunità offerte dai servizi per l’internazionalizzazione messi a punto dai diversi enti economici, istituzionali e di categoria, guardando con interesse a misure di aggregazione quali le reti d’impresa. Le realtà produttive lombarde sono già attive sul fronte delle esportazioni e si prevede che anche la loro presenza

L

diretta oltre confine aumenti e diventi stabile nei prossimi anni. Non solo, quindi, uffici di rappresentanza e joint venture di natura commerciale, ma sempre più insediamenti permanenti, declinati in joint venture produttive e aperture di filiali. Concentrando in particolare l’attenzione sull’export, in base ai dati diffusi da Unioncamere Lombardia relativi al terzo trimestre del 2013, il valore delle esportazioni si assesta sui 26,2 miliardi di euro, mostrando una variazione tendenziale positiva dello 0,5 per cento, perdendo però il 4 per cento per quanto concerne il volume esportato. Esaminando la struttura dell’export lombardo, si conferma la funzione trainante dell’industria manifatturiera, che esporta merci per un valore di 26 miliardi di euro pari al 97,5 per cento del valore totale dell’export regionale. Il 45 per cento dei prodotti delle attività manifatturiere che prendono la strada dei mercati esteri appar-

Risultati economici imprese lombarde Dati trimestrali destagionalizzati. Anno 2013 3 Fonte: Ita su dati Istat

2 1 0 -1

I

Fatturato

28 • Dossier Lombardia 2014

II

III

Produzione

IV

Ordini totali

tiene alla meccanica. Seguono macchine e apparecchi, metalli di base e prodotti in metallo (17 per cento, pari a 4,3 miliardi) e mezzi di trasporto. Quote intorno al 10 per cento sono realizzate da computer, apparecchi elettrici, elettronici e ottici (2,9 miliardi di euro), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (2,9 miliardi) e sostanze e prodotti chimici (2,6 miliardi). Seguono gomma e materie plastiche, articoli farmaceutici e, in percentuali inferiori, prodotti alimentari, prodotti in legno, carta e stampa, coke e prodotti petroliferi non raffinati. Come ha evidenziato il settimo Rapporto sull’internazionalizzazione delle imprese lombarde (promosso da Confindustria Lombardia), i principali mercati di sbocco per le aziende della regione fanno ancora riferimento allo scenario europeo e a quello nord-americano, insieme a quello dei Bric. L’analisi prospettica delle direttrici geografiche per il prossimo biennio indica però uno spostamento evidente nelle strategie aziendali. Il focus dell’espansione internazionale delle imprese lombarde si sta infatti spostando sempre più verso i mercati emergenti, la Turchia, i Bric, l’America Latina (Cile, Messico e Argentina) e i Paesi arabi (Emirati Arabi, Arabia Saudita e Nord Africa). Lo sbocco sui mercati stranieri, extra-Ue in particolare, rappresenta ormai una tappa obbligata per quelle realtà imprenditoriali che vogliono crescere e restare competitive. Leonardo Testi


Investimenti • Politica economica

Una regione più attrattiva Expo 2015 offre l’opportunità di attrarre capitali esteri in Lombardia e, al contempo, di promuovere l’azione oltre confine delle imprese regionali Esposizione universale del 2015 sarà per l’Italia, ma soprattutto per la Lombardia, una vetrina internazionale con rappresentanti da oltre 140 paesi del mondo in arrivo nella regione e non solo. Le ricadute sul fronte del turismo e dell’occupazione sono componenti importanti dell’effetto Expo, ma c’è un ulteriore dato da considerare. L’amministrazione regionale sta facendo della promozione di quest’evento anche l’occasione per valorizzare la Lombardia e le sue realtà produttive, sostenendole nei processi di internazionalizzazione. Oltre a un tour interno, infatti, la Regione guidata da Roberto Maroni sta compiendo un “World Expo Tour”: un viaggio tra i più importanti paesi che hanno aderito a Expo con una serie di missioni internazionali che saranno collegate a eventi già in programma in questi Paesi. Un doppio binario di azione che, come spiega il presidente Maroni, verrà affiancato da misure capaci di potenziare l’apertura internazionale delle imprese, la ricerca e l’innovazione. Quali gli obiettivi che si intende raggiungere con l’iniziativa World Expo Tour? «Oltre che per la promozione dell’Esposizione universale, abbiamo pensato al World Expo Tour come strumento per favorire l’accesso delle imprese lombarde ai mercati internazionali. Andremo nelle realtà più dinamiche, i pae-

L’

Roberto Maroni, presidente Regione Lombardia

Dossier Lombardia 2014 • 29


Politica economica • Investimenti

Vogliamo fare della Lombardia una terra capace di attrarre cervelli e investimenti Fabbrica di forni Whirlpool a Cassinetta di Biandronno

si Bric (Brasile, Russia, India, Cina), per attirare investimenti nella nostra regione e andremo nei cosiddetti “next eleven”, i paesi teatro nei prossimi dieci anni di un grande sviluppo e che avranno bisogno di realizzare infrastrutture, strade e tutto quanto serve sul loro territorio, per far conoscere le nostre aziende. Vogliamo che l’evento di Milano 2015 sia una grande occasione per i nostri imprenditori che vogliono ampliare il loro business e per far arrivare nuovi capitali in Lombardia, con le positive ricadute che, nell’uno e nell’altro caso, si verificheranno in termini occupazionali».

Internazionalizzare significa anche attrarre maggiori investimenti stranieri in regione. Con quali misure conquistare gli imprenditori stranieri? «La Lombardia rappresenta un contesto unico in Europa in termini di innovazione e sviluppo, che poggia su centinaia di piccole e medie imprese fortemente avanzate e su una rete di 12 università che costituisce un’eccellenza unica nel vecchio continente. Partendo da questa peculiarità, stiamo lavorando affinché un investitore preferisca la nostra regione rispetto alle altre. Abbiamo progetti di ampio respiro, come quello che nell’arco di cinque

Esportazioni delle 4 regioni “motori d’Europa” Valori assoluti in miliardi di euro, dati dei singoli trimestri Baden Wurttemberg

43,3

Lombardia 26,2

29,5 19,8

Catalunya 14,5 9,8 Rhone-Alpes 11,3

8,9 1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

2008

2009

2010

2011

2012

Fonte: elaborazione Unioncamere Lombardia su dati Istat, Gencat-Idescat Catalunja, Direction générale des douanes et droits in directs, Statistisches Landesamt B-W

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1 2 3 2013

anni ci porterà a raddoppiare gli investimenti sulla ricerca dall’1,6 al 3 per cento del Pil, percentuale che ci porterà al livello dei paesi più progrediti dell’Ue. Vogliamo fare della Lombardia una terra capace di attrarre cervelli e investimenti». Ricerca e innovazione sono asset necessari sul fronte dei processi di internazionalizzazione e rientrano tra le priorità del programma di sviluppo della Regione. Con quali azioni concrete l’amministrazione svilupperà questi fattori? «Abbiamo già sperimentato con successo azioni concrete, ad esempio, nel recente caso di Whirpool, la multinazionale che ha chiuso uno stabilimento in Svezia per venire a investire nella nostra regione. Si tratta di un passaggio favorito anche da un protocollo d’intesa che avevamo sottoscritto proprio per questo scopo. Ed è solo un esempio delle tante iniziative avviate per creare le condizioni affinché il nostro territorio sia sempre più attrattivo. Inoltre, abbiamo messo a disposizione delle pmi lombarde quasi 5 milioni di euro nel 2014 per acquisire, sotto forma di voucher, servizi e finanziamenti al fine di promuovere la loro attività fuori dall’Italia. E diversi altri strumenti sono stati previsti nella nuova legge sulla competitività, recentemente approvata in via definitiva dal Consiglio regionale». Francesca Druidi


Misure per il commercio estero • Politica economica

Sinergie istituzionali Le imprese lombarde possono cogliere le opportunità offerte dai mercati in crescita, anche grazie al supporto del sistema camerale, che accompagna le imprese all’estero export è un fattore cruciale per la crescita del sistema lombardo, nonché uno dei suoi riconosciuti punti di forza. «La Lombardia contribuisce per il 28 per cento all’intero export italiano e, nonostante la difficile congiuntura economica, tra il 2008 e il 2012 il commercio estero regionale è cresciuto di circa l’1 per cento annuo», spiega Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia. «Dato ancor più interessante – prosegue – è che il sistema produttivo, nelle sue diverse articolazioni, sta in parte agganciando le opportunità offerte dai mercati a elevato potenziale di crescita: dai paesi emergenti dell’Asia, quali Malesia e Singapore, dalla Cina ai paesi del Sud America, quali Messico e Cile». Quale andamento avranno le esportazioni lombarde nel 2014? «Nel 2013 la variazione media della produzione manifatturiera è stata nulla, grazie ai risultati positivi dell’ultimo trimestre che hanno bilanciato gli effetti negativi dei primi trimestri dell’anno. Per il futuro, i nostri scenari di previsione, che curiamo con la collaborazione di Pro-

L’

Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia

meteia, segnalano un’accelerazione delle esportazioni grazie al rafforzamento del commercio mondiale. Le nostre stime prevedono un aumento del 4,1 per cento per il 2014 e del 6,7 per cento per il 2015». Quali sono i settori di punta dell’export lombardo? «I settori di punta rimangono la metalmeccanica, la chimica, l’elettronica e il tessile, ma le esportazioni regionali crescono anche nei settori dei mezzi di tra-

1.000

Consulenze online fornite con i Lombardia Point nel 2013

sporto, dell’agroalimentare, dell’abbigliamento e degli articoli in pelle. Rispetto alle aree di destinazione, rivestono un ruolo predominante i mercati europei e le altre economie avanzate, ma il peso di Cina, Medio Oriente, Nord Africa e, in parte, Brasile sta aumentando in modo significativo. Le nostre analisi ci consentono di evidenziare la buona capacità delle imprese lombarde di ottenere una maggiore penetrazione delle proprie merci nei mercati caratterizzati da una domanda più vivace». Con quali strategie, quindi, le imprese lombarde stanno affrontando il nodo dell’internazionalizzazione? «La sfida che affrontano oggi le pmi lombarde è quella di incrementare la propria presenza nei mercati con maggior potenziale di crescita, con particolare riferimento a quelli extra-Ue, senza peral-

Dossier Lombardia 2014 • 31


Politica economica • Misure per il commercio estero

Chimica, elettronica, metalmeccanica e tessile: punte dell’export lombardo

tro dimenticare i tradizionali mercati europei, da considerare ormai come mercati domestici». Unioncamere Lombardia sostiene le imprese all’estero attraverso voucher specifici e la rete degli sportelli Lombardia Point. A che punto sono queste iniziative? «è ormai un’iniziativa consolidata e di successo quella del voucher. L’edizione 2013 ha assegnato complessivamente circa 2.200 voucher ad altrettante imprese. La rete dei Lombardia Point mette a disposizione delle aziende che operano con l’estero servizi di supporto, attivati su specifica richiesta, sia attraverso la piattaforma telematica sia grazie alla presenza fisica sul territorio degli sportelli operanti presso tutte le Camere di commercio lombarde. Nel corso del 2013, sono stati più di 1.000 i pareri online forniti dagli esperti e si sono realizzati sul territorio circa 70 incontri seminariali e di contatti one to one tra esperti e imprese con oltre 3.300 partecipanti. D’altra parte, la realtà lom-

32 • Dossier Lombardia 2014

barda, mediamente meglio internazionalizzata di altre regioni italiane, è composta da oltre il 90 per cento di imprese con meno di 10 addetti, con evidenti difficoltà a operare in modo diretto sui mercati esteri». Quali misure occorre adottare allora? «Si tratta di mettere in campo risposte adatte alle imprese. In questa direzione, intendiamo valorizzare il modello utilizzato con le fiere TuttoFood e Host. Si tratta di un approccio soft all’internazionalizzazione, attraverso la partecipazione a fiere internazionali che si svolgono a Milano (con minori costi e disagi), a cui segue una fase di formazione, una consulenza specialistica gratuita durante e dopo la fiera e un numero garantito di incontri con buyer stranieri appositamente selezionati. In questo quadro, può assumere importanza la capacità di allargare il processo di internazionalizzazione dal livello delle singole imprese a quello delle reti o delle filiere, mettendo in campo progetti com-

plessi e duraturi che coinvolgano una pluralità di imprese». In base all’esperienza dei Lombardia Point, quali sono le principali esigenze delle realtà produttive che si aprono ai mercati internazionali? «Le principali difficoltà nell’avviare processi di internazionalizzazione sono rappresentate spesso da problemi connessi alla ridotta dimensione aziendale: poca disponibilità di capitali; difficoltà a ottenere credito dalle banche; mancanza di figure professionali che possano accompagnare e sostenere l’imprenditore dal punto di vista commerciale, del marketing e della conoscenza tecnica delle problematiche connesse con l’internazionalizzazione, quali contrattualistica internazionale, sistemi di pagamento più sicuri, nodi doganali e fiscali. La nostra attività con i Lombardia Point è proprio volta a fornire all’imprenditore e ai suoi collaboratori consulenza su queste tematiche. Inoltre, con alcuni progetti avviati insieme a Regione Lombardia, garantiamo la possibilità di avere presso l’azienda, in maniera gratuita e per periodi limitati, temporary export manager che affiancano l’imprenditore nell’impostazione e nell’avvio del processo di internazionalizzazione». Francesca Druidi



Mercati

Strategie per l’export

I mercati di domani Si ridimensionano le prospettive dei Brics e c’è grande attenzione per l’evoluzione dei nuovi paesi emergenti che promettono incoraggianti tassi di crescita

34 • Dossier Lombardia 2014


Strategie per l’export • Mercati

ace è il gruppo assicurativo-finanziario, controllato al 100% da Cassa depositi e prestiti, attivo nell’export credit, nell’assicurazione del credito e nella protezione degli investimenti che nel 2013 ha assicurato oltre 30 miliardi di euro di transazioni commerciali e d’investimenti. In particolare, ha deliberato garanzie per 8,7 miliardi di euro, di cui 5,7 a sostegno di esportazioni italiane, in crescita del 18 per cento rispetto al 2012. Nell’analizzare questi dati e nel valutare le prospettive per il 2014, il presidente Giovanni Castellaneta anticipa che i dati preconsuntivi segnalano un risultato di crescita. «In un anno in cui la volatilità dei mercati emergenti si è accentuata e l’export nazionale ha continuato a soffrire – commenta Castellaneta – abbiamo potuto mettere a segno un utile di 490 milioni di euro, in crescita del 25 per cento rispetto ai 394 milioni di euro registrati nell’esercizio precedente. È una nuova conferma della validità di un modello di business fondato sulla partnership con migliaia di esportatori italiani, in prevalenza pmi, con cui intendiamo continuare a condividere un comune percorso di crescita sui mercati internazionali». In quali mercati l’export italiano si è rivelato positivo e quali i comparti d’eccellenza? Dove, invece, il made in Italy ha più faticato a imporsi? «Nel 2013 i settori di maggiore attività per Sace sono stati i comparti d’eccellenza dell’industria italiana: cantieristica navale, infrastrutture e costruzioni, aeronautica e meccanica strumentale. Accanto a questi, è sempre viva l’intraprendenza delle imprese dei beni di consumo del made in Italy tradizionale (abbigliamento, alimentare e arredamento), ca-

S

1,8 mld

Il valore delle esportazioni della pasta italiana fino a ottobre 2013

Cina, Russia, Arabia Saudita e Brasile i mercati più promettenti. Agroalimentare, apparecchiature elettriche e meccaniche strumentale i top sector fino al 2017

Giovanni Castellaneta, presidente del Gruppo Sace

paci di valorizzare al meglio il crescente appeal dell’italian lifestyle sui mercati a elevato potenziale. Sotto il profilo delle destinazioni, abbiamo osservato particolare dinamismo sia in mercati avanzati quali Regno Unito, Stati Uniti e Francia, sia in quei mercati extra-Ue dove la qualità italiana è sempre più apprezzata, tra cui Turchia, Russia, Egitto, Messico ed Emirati Arabi. Notevole è, infine, l’interesse per i nostri prodotti da parte di nuovi mercati come Vietnam, Indonesia, Azerbaijan e Cile. Paradossalmente, le maggiori criticità hanno riguardato i principali mercati emergenti, in particolare proprio i Brics». Quanto i Brics hanno disatteso le aspettative? «Siamo da tempo consapevoli del ridimensionamento delle prospettive di crescita dei Brics. Mentre abbiamo assistito ai primi timidi segnali di miglioramento dell’area Euro e accentuarsi sempre più la ripresa in paesi come Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti, da molti mesi stiamo osservando con una particolare cautela l’evoluzione dei principali mercati emergenti. Nonostante la discontinuità del loro processo di crescita, i paesi emergenti sono i nostri mercati di domani. Offrono quei ba-

Dossier Lombardia 2014 • 35


Mercati • Strategie per l’export

cini di opportunità che stanno consentendo alle nostre imprese più internazionalizzate di controbilanciare gli effetti della crisi dei mercati avanzati di questi anni. Fattori come l’aumento della produttività e il dividendo demografico, che hanno contribuito al raggiungimento di tassi medi di crescita del Pil superiori al 5 per cento nell’ultimo decennio, cominciano inevitabilmente a esaurire la loro forza propulsiva. Il tutto aggravato dalle persistenti tensioni valutarie. Mercati avanzati a noi più familiari offrono invece un bacino di opportunità da continuare a presidiare (come avviene nel caso di Usa e Canada) e meritano di essere esplorate nuove destinazioni a maggior potenziale, tra cui Medio Oriente, Far East, Africa sub-sahariana e un numero crescente di paesi latinoamericani». A proposito di America Latina, Sace ha firmato un accordo di collaborazione con la banca di sviluppo messicana Bancomext. Perché nasce questa iniziativa e quali le opportunità commerciali e d’investimento tra Italia e Messico? «Come Sace, anche Bancomext ha al cuore della propria missione il sostegno all’internazionalizzazione. È un interlocutore naturale in Messico, mercato dove operiamo proficuamente ormai da anni con un ottimo track-record di operazioni realizzate e prospettive di business di mediolungo termine positive. Non è un caso se siamo la prima agenzia di export credit (Eca) tra quelle europee ad avere oggi una presenza permanente in Messico, che svolge le funzioni di hub per i mercati del Centroamerica e dei Caraibi. È un primato che poggia sulle solide basi di un portafoglio d’impegni da 1,1 miliardi euro (secondo in America Latina solo a quello brasiliano, pari a 1,3 miliardi) e su una pipeline di nuove operazioni allo studio del valore

30mld

La cifra assicurata da Sace nel 2013 per transazioni commerciali e investimenti

Il Messico è uno dei mercati più interessanti per l’Italia, come hub produttivo e destinazione per l’export

36 • Dossier Lombardia 2014

complessivo di 500 milioni di euro, con un crescente protagonismo anche delle pmi. Il Messico è oggi uno dei più interessanti mercati per l’Italia, non solo come hub produttivo ma anche come destinazione ad alto potenziale per il nostro export, che metterà a segno una crescita media annua del 6,8 per cento nei prossimi quattro anni». La pasta, simbolo dell’Italia ha realizzato un export record per 1,8 miliardi di euro nei primi dieci mesi del 2013. Come continuerà questo trend positivo e quali mercati apprezzano di più il prodotto? «È un risultato molto positivo che trova pieno riscontro nella nostra operatività al fianco di un numero crescente di pastifici italiani che stanno letteralmente conquistando i mercati internazionali. De Cecco, La Molisana, Pasta Zara, Rummo, De Matteis, Liguori e Pastificio Ferrara, sono solo alcuni dei nomi che abbiamo recentemente affiancato nei loro progetti internazionali. È un trend destinato a rafforzarsi, anche grazie a nuovi mercati che si affacciano al settore, come Cina ed Emirati Arabi Uniti; Usa, Giappone e Russia invece possono ormai definirsi mercati acquisiti. L’export di pasta italiana cresce molto anche nei Paesi europei non-Ue (+13,5 per cento) e nella regione nordafricana, in cui il tasso è più che raddoppiato». Renata Gualtieri


Il roadshow Ice • Mercati

L’export italiano va in tournée Non manca la voglia di andare oltreconfine, ma a volte manca sapere come farlo. Il roadshow per l’internazionalizzazione le aiuta n uno scenario che vede i consumi interni ancora in contrazione, le aziende italiane non possono fare altro che rafforzare la loro presenza all’estero. Nonostante ciò, molte aziende non sono pronte ad affrontare nuovi consumatori, normative e iter burocratici diversi. A questo serve il roadshow per l’internazionalizzazione, voluto dall’Ice, dal Ministero dello Sviluppo economico e da quello degli Affari esteri. L’obiettivo è portare l’eccellenza imprenditoriale italiana sui mercati esteri. Si tratta di venti tappe distribuite sull’intero territorio nazionale, nel corso delle quali verranno presentati gli strumenti di sostegno alle pmi non ancora o poco internazionalizzate. L’intento del tour è spiegare alle aziende quante e quali sono le opportunità per uscire dalla crisi, anche grazie a un nutrito team di esperti. Il presidente dell’Ice, Riccardo Monti, esprime

I

Il presidente dell’Agenzia Ice, Riccardo Monti

soddisfazione per i primi due incontri (a Bari e a Biella) e sottolinea l’importanza della modalità itinerante: «Permette di raggiungere il maggior numero di aziende possibili sul loro territorio, assicurando una virtuosa sinergia operativa con i soggetti che operano a livello locale». Quali sono le difficoltà delle piccole e medie imprese che avete incontrato durante il roadshow? «Sono più che altro le micro-imprese a mostrare le maggiori criticità. In particolare, soffrono di una scarsa conoscenza degli strumenti che le istituzioni pubbliche - in particolare Ice, Sace e Simest - mettono loro a disposizione. A volte non hanno un’organizzazione aziendale adeguata ad affrontare i mercati esteri, oppure scontano una mancanza di consapevolezza dei passaggi obbligati per poter operare fuori dai confini nazionali». Quali sono i temi al centro durante

Dossier Lombardia 2014 • 37


Mercati • Il roadshow Ice

Sono le micro imprese a mostrare le maggiori criticità nell’approccio ai processi di internazionalizzazione gli appuntamenti? E quali sono le skill aziendali migliorabili? «Ogni tappa è caratterizzata da incontri individuali con le aziende, durante i quali viene fatto un check-up della loro capacità di esportare. Al termine degli incontri, le imprese ricevono un output concreto con la segnalazione di una o più anagrafiche di potenziali clienti o intermediari commerciali sui mercati esteri. I nostri funzionari hanno riscontrato alcuni dei limiti tradizionali che frenano l’internazionalizzazione delle imprese: limitata conoscenza delle dinamiche dei mercati esteri, scarsa capacità di analisi del prodotto in relazione alle opportunità offerte dai mercati esteri e la mancanza di un’adeguata analisi della concorrenza e della struttura distributiva nei mercati target». Finora sono state toccate le tappe di Bari, Biella e Milano: Sud e Nord. In cosa si differenziano le aziende di questi territori nella sfida dell’internazionalizzazione? «La tappa di Bari ha evidenziato una realtà imprenditoriale molto dinamica, con punte avanzate di internazionalizzazione anche tra le micro e piccole imprese. Va detto che la lenta dinamica della domanda domestica ha spinto anche le aziende non internazionalizzate a cercare per la prima volta uno sbocco all’estero. A Biella i settori del tessile e della componentistica hanno rappresentato un’area di particolare rilievo, con numerose aziende alla ricerca di nuovi mercati». L’export può diventare volàno di sviluppo anche per il mercato interno? «In un’economia globalizzata tutte le variabili macro e microeconomiche sono in stretta interrelazione. Ormai da tempo è noto che esiste un forte nesso tra internazionalizzazione e crescita economica interna: l’export consente alle imprese di acquisire competitività e, soprattutto, competenze tecniche e manageriali. È inevitabile che queste ultime si diffondano poi nel loro ecosistema di riferimento, consentendo

38 • Dossier Lombardia 2014

20

Le città coinvolte nel roadshow per l’internazionalizzazione “Italia per le imprese. Con le pmi verso i mercati esteri”

all'innovazione di propagarsi sia all'interno delle relazioni di filiera, sia all'interno del territorio nel quale l'impresa vive e opera». Quali sono i principali paesi partner delle aziende italiane? Come affrontare il calo della crescita dei Paesi emergenti di questi ultimi mesi? «Tradizionalmente i nostri partner si collocano all’interno dell’Unione europea e tra quei paesi in genere più avanzati. Negli ultimi anni, la necessità di adattarsi alle fonti più dinamiche della domanda internazionale ha fatto registrare un importante processo di diversificazione geografica, prevalentemente verso i Paesi emergenti. Il rallentamento che questi ultimi stanno sperimentando ha carattere congiunturale: i trend di lungo periodo confermano che queste aree avranno ancora un ruolo importante nel trainare la domanda mondiale. Occorrerà pertanto continuare a considerare questi paesi nell’ambito delle strategie di internazionalizzazione delle imprese del nostro paese. In questo modo ci si potrà assicurare posizioni competitive solide e crescenti quote di mercato, senza però trascurare il presidio sistematico dei mercati di riferimento tradizionali». Teresa Bellemo


Investimenti stranieri • Mercati

Stuzzicare l’appetito estero

Un Paese col patrimonio industriale e culturale dell’Italia deve poter contare su una base di investitori più nutrita. A Invitalia il compito di promuoverne l’allargamento attrazione di capitali esteri è uno dei punti deboli dell’economia italiana. Se ne trova conferma osservando l’incidenza sul Pil dei flussi di investimenti calamitati dal nostro Paese fra il 2000 e il 2013. Un modesto 1 per cento, calcola la Banca mondiale, contro il 2,3 per cento medio dei paesi Ocse e il 3,2 dell’area Euro. «Una posizione di retroguardia – sostiene Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia – che l’Italia occupa da troppo tempo in un ambito che ormai in tutto il mondo è una leva strategica per lo sviluppo dei sistemi nazionali». Le cifre in termini di investimenti diretti in Italia, appaiono effettivamente basse. Come è andata l’anno scorso da questo punto di vista? «Nel 2013 siamo stati capaci di attrarre solo 357 milioni di euro, otto volte in meno dell’Inghilterra e sei in meno della Francia. Ma in Italia si insediano meno imprese estere anche rispetto a Spagna, Olanda e addirittura Grecia. Il programma “Destinazione Italia” che il governo ha voluto lanciare e affidare a Invitalia è una delle principali priorità per i prossimi mesi. Una partita che non possiamo permetterci di perdere». Una partita in cui il governo vi ha affidato il delicato ruolo di regista. Come lo ricoprirete? «Destinazione Italia mira ad accompagnare gli investitori che vogliono insediarsi sul territorio italiano, facilitandone anche i rapporti con le istituzioni nazionali e locali. Invitalia opera in stretto coordinamento con la Presidenza del Consiglio, il ministero dello Sviluppo economico e quello degli Esteri: si raccorda con la rete diplomatica e consolare e con le Regioni. Inoltre, Destinazione Italia predispone a monte pacchetti di investimento da offrire a potenziali investitori. I primi riguardano le imprese italiane con necessità di capitalizzazione, aree industriali da riconvertire, aziende in crisi,

L’

Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia

Destinazione Italia si compone di 50 misure che toccano numerosi ambiti: dal fisco al lavoro, dalla giustizia civile alla ricerca, dal rafforzamento della rete estera al miglioramento della reputazione dell’Italia all’estero

parchi scientifici e poli tecnologici in cui accogliere imprese straniere, la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, la dismissione degli immobili pubblici». Quali progetti tesi ad attrarre risorse estere avete portato a termine l’anno scorso e quali investitori hanno visto coinvolti? «I principali investimenti diretti dall’estero attratti in Italia nel 2013 derivano dall’utilizzo virtuoso dei contratti di sviluppo gestiti da Invitalia. Tre grandi multinazionali - Rolls Royce, Unilever e Vodafone - hanno investito nel Sud. A riprova che laddove esistono policy coerenti e strumenti competitivi, l’Italia sa accogliere le grandi multinazionali straniere». Ultimamente state puntando verso la Cina. In generale, come sta cambiando il grado di attrazione del mondo asiatico verso il nostro Paese? «La Cina rappresenta uno dei nostri Paesi target, con cui vantiamo relazioni economico-commerciali in crescita, ma ancora al di sotto delle reali potenzialità. Abbiamo appena svolto una missione a Pechino con il ministro dello Sviluppo

Dossier Lombardia 2014 • 39


Mercati • Investimenti stranieri

Le multinazionali Rolls Royce, Unilever e Vodafone hanno investito nel Sud

economico. Nell’ultimo triennio abbiamo favorito l’insediamento di grandi imprese cinesi in Italia e siglato accordi con enti istituzionali e associazioni di categoria. Abbiamo seguito una strada di collaborazione ad ampio raggio con alcuni significativi rappresentanti della realtà economica cinese». Come con China Development Bank, che l’anno scorso si è detta disponibile a entrare in fondi d’investimenti italiani. Che sviluppi ci sono stati? «La partnership che Invitalia ha avviato con China Development Bank si inserisce proprio nel contesto appena descritto. La Cdb vanta un patrimonio di oltre 1.000 miliardi di dollari ed è stata incaricata dal governo di Pechino di dare attuazione alla “go abroad” policy. Tale accordo si sta dimostrando un modello operativo efficace, tanto che la banca di sviluppo cinese intende trasformarlo in una più

40 • Dossier Lombardia 2014

Best è il programma di invitalia che offre a giovani scienziati, ricercatori e laureati, 4 borse di studio del valore di 35mila euro per formarsi 6 mesi negli Stati Uniti al fine di avviare al termine della borsa una startup innovativa

ampia piattaforma di cooperazione, che senz’altro contribuirà ad aumentare gli investimenti cinesi in Italia». Quali peculiarità industriali e produttive italiane riscuotono maggior interesse tra gli investitori stranieri? «Un ruolo primario è giocato dalla posizione geografica del nostro Paese, situato nel cuore del Mediterraneo e dell’Europa, che può contare su un mercato complessivo di 800 milioni di consumatori. A questo si aggiunge una rete di produzione di 5 milioni di aziende, una forte cultura imprenditoriale, un ampio sistema di ricerca e innovazione, risorse umane altamente qualificate che hanno reso il made in Italy famoso nel mondo nei settori più diversi». Quali i settori oggi più attrattivi? «Il turismo, l’automotive, la logistica, le green-tech, il bio-tech e l’Ict. Da non trascurare, poi, le aziende agricole, soprattutto quelle vitivinicole. La questione, però, non è solo la capacità di destare l’interesse degli stranieri, ma di far sì che possano rischiare i propri capitali contribuendo alla crescita del nostro Pil e della nostra occupazione». Giacomo Govoni


Area Nafta • Mercati

Italia protagonista in America settentrionale Continua la crescita dell’export italiano in Canada, Stati Uniti e Messico, che offrono al nostro Paese ancora interessanti opportunità commerciali

iversamente dall’Unione europea, che continua a evidenziare ritmi di ripresa piuttosto lenti, le economie dell’area Nafta (Canada, Stati Uniti e Messico) stanno conseguendo tassi di crescita incoraggianti. L’output del Messico nel 2012 è cresciuto a un tasso del 3,9 per cento, l’economia Usa del 1,9 per cento nel 2013, il Canada dell’1,7 per cento. «In seguito alla crisi finanziaria globale del 2008 - fa notare il rappresentante dell’area Nafta di Assocamerestero, Claudio Bozzo - non sono mancati accesi dibattiti in merito a problemi come la gestione della disoccupazione nei tre paesi e dell’immigrazione, ma il bilancio resta certamente positivo: il Messico ne esce come un’economia stabile, gli Stati Uniti beneficiano dei minori costi degli investimenti industriali in Messico, il Canada è il principale esportatore al mondo di beni negli Usa».

In definitiva, si può parlare di una positiva implementazione di sinergie commerciali da cui i singoli paesi hanno tratto beneficio e grazie alle quali l’impatto della crisi è stato meno grave che altrove. «Un accordo commerciale che genera ogni giorno più di 2 miliardi di dollari in scambi trilaterali non può che recare benefici di ampia scala per le nazioni coinvolte». Come giudica le strategie di posizionamento delle aziende italiane nell’area Nafta? Cosa dicono le quote di mercato del nostro export e quali i Paesi e i settori che promettono maggiori margini di crescita? «Le aziende italiane riscuotono grande successo nei segmenti del lusso, ma non sono da meno in settori connessi ai beni di consumo. Il trend positivo, certificato dal record di scambi tra Italia e Messico conseguito nel 2012 (+15 per cento in un anno), è dovuto a una serie di fattori che possono consentire nell’immediato futuro ulteriori margini di cre-

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Claudio Bozzo, rappresentante dell’area Nafta di Assocamerestero e presidente della Camera di commercio italiana di New York


Mercati • Area Nafta

scita: l’emersione di una nuova classe media messicana propensa al consumo di prodotti di lusso; la stabile richiesta di beni di alta qualità, soprattutto nel settore alimentare, nell’intera area Nafta; gli ottimi rapporti commerciali dell’Italia con questi paesi. Nei prossimi anni assisteremo a un deciso incremento dell’export soprattutto nell’area centroamericana, Messico e Florida in testa». Come le Camere di commercio estere supportano le imprese italiane interessate a questi mercati? «Oltre a quella di New York da me presieduta, operano nell’area Nafta altre 8 Camere di commercio italiane. Ognuna di queste offre servizi concreti di accompagnamento al mercato per aziende italiane di piccole, medie e grandi dimensioni. I servizi più richiesti sono quelli rivolti alla ricerca di partner commerciali per la costruzione di reti di vendita. Grazie ai loro contatti, le Camere sono in grado di fornire assistenza a 360 gradi alle aziende, riducendo di gran lunga i costi e i tempi di accesso al mercato. Negli ultimi anni le Camere di commercio italiane all’estero, soprattutto nell’area Nafta, hanno creato iniziative promozionali dedicate ai prodotti italiani come “The Authentic italian table” a New York, “ExhibItalia” a Houston e “Vino California” a Los Angeles». Cosa è necessario che le aziende italiane sappiano sui mercati dell’area Nafta? «Stati Uniti e Canada sono considerati mercati maturi per l’Italia ma offrono ancora grandi opportunità commerciali. Si tratta di Paesi che, per via della loro importanza, attraggono un gran numero di concorrenti e pertanto presentano dei livelli di competizione abbastanza elevati. Le aziende italiane che si affacciano su questi mercati dovrebbero farlo con una logica di lungo periodo, con una dotazione di risorse finanziarie

42 • Dossier Lombardia 2014

Un incremento dell’export avverrà nell’area centroamericana, Messico e Florida in testa

Per maggiori informazioni su come operare in Florida è possibile consultare la guida messa a disposizione dell’Italy-America Chamber of Commerce Southeast

adeguate e soprattutto con la consapevolezza che i modelli di sviluppo adottati in Italia e in Europa non sempre sono trasferibili e adattabili a questi mercati. Importante è anche la ricerca costante di professionalità e talenti adeguati per supportarle nello sviluppo commerciale nei paesi di riferimento». E per quanto riguarda il Messico? «È indubbio che ci sia preoccupazione riguardo a sicurezza e ordine pubblico, ma ciò non dove scoraggiare i potenziali investitori: il Messico rappresenta una delle economie più stabili dell’area centroamericana. Vi è stata negli ultimi anni una crescita considerevole del potere d’acquisto della classe media e questo rappresenta un importante ampliamento di opportunità per aziende operanti nei settore tradizionali. Tante poi sono le occasioni nel settore delle infrastrutture. Per questo, sono fondamentali le partnership con soggetti locali che dispongono di una rete di relazioni sia di natura politica che commerciale». In che modo le istituzioni italiane potrebbero diffondere un’informazione completa circa le caratteristiche e le reali opportunità dei singoli mercati? «Le istituzioni italiane, Camere di commercio italiane all’estero incluse, dovrebbero agire su due fronti. Il primo riguarda la correttezza e la veridicità delle informazioni: molto spesso


Missioni imprenditoriali • Mercati

Pensare e muoversi in rete Attraverso eventi in Italia e all’estero, la Compagnia delle opere aiuta le imprese italiane a costruirsi occasioni di business e guadagnarsi la considerazione dei partner stranieri

la percezione delle aziende italiane nei confronti dei paesi in cui operiamo non è corretta o risulta incompleta. Un esempio di questo fenomeno è evidente quando si parla degli Usa, perché si tende a considerare l’intera nazione sulla base d’impressioni maturate solo in poche aree metropolitane, con il risultato di non cogliere appieno i processi di cambiamento in atto e le reali opportunità che altre aree degli Stati Uniti offrono. L’altro fronte su cui le istituzioni italiane dovrebbero impegnarsi è la ricerca e la costruzione di partnership durature con soggetti locali. La nostra Camera ad esempio sta organizzando insieme alla Gmdc, l’associazione che raccoglie tutti i principali attori della Gdo Usa, il loro International summit in Italia il prossimo settembre. Questo darà la possibilità a numerose aziende italiane di poter accedere alle importanti opportunità offerte dalla Gdo statunitense». Renata Gualtieri

+15% Incremento degli scambi commerciali tra Italia e Messico nel 2012

Enrico Biscaglia, direttore generale della Compagnia delle opere

ualificare l’offerta di prodotti e servizi presso buyer e distributori esteri significa creare nuovi sbocchi commerciali per le nostre imprese, ma anche stimolare l’interesse di eventuali investitori. Lo sa bene la Compagnia delle opere, che da tre anni ha deciso di esportare l’evento Matching fuori dai confini nazionali. Un impegno che l’anno scorso si è moltiplicato in quattro diverse mete in Brasile, Cina, Qatar e Russia. «In quest’ultimo mercato – spiega il direttore generale Enrico Biscaglia – possiamo contare sulla presenza del nostro partner Co.Export, che da Mosca svolge un lavoro molto interessante per le imprese che vogliono affrontarlo». A quali ulteriori mercati state guardando? «Stiamo sviluppando iniziative per valorizzare i Paesi del Mediterraneo. Naturalmente, parliamo dei Paesi nei quali le condizioni sociali, politiche ed economiche sono più stabili e più aperte, in particolare il Marocco e l’Algeria. Un altro progetto, molto particolare, che stiamo studiando in collaborazione con la fondazione Mind the Bridge, prevede una missione che metterà a confronto gli imprenditori italiani con le realtà e i metodi che hanno contraddistinto lo straordinario sviluppo e l’innovazione della Silicon Valley». Quale apprezzamento mostrano i buyer stranieri nei confronti del nostro patrimonio industriale e verso quali settori in particolare? «In passato, l’interesse dei buyer verso il

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Mercati • Missioni imprenditoriali

nostro Paese è stato legato ai settori e prodotti tipici del made in Italy. Quindi il food, la moda, il design e anche la meccanica che, con una quota del 18 per cento, costituisce il maggior volume di export delle imprese italiane nel mondo. Ma poiché questi connotati sono orizzontali, nel senso che contraddistinguono uno stile, una creatività e un talento che il mondo riconosce a tutto il nostro fare, l’interesse si è esteso anche ad altri settori». Come si è sviluppato negli ultimi anni il vostro percorso di accompagnamento all’estero delle aziende? «Abbiamo creato un network di professionisti che offrono servizi alle aziende per sostenere l’internazionalizzazione. Il nostro compito è stato incontrarle, comprendere la loro expertise, in quali aree e per quali settori siano più in grado di operare, con che genere di servizi e a quali costi. Il nostro ruolo è di individuare per ciascuna azienda chi potrebbe essere il partner più adatto per intraprendere o potenziare un approccio a un certo mercato. Le realtà del network, visibili sul portale www.cdonetwork.net, trovano nel Matching una prima possibilità di incontro con gli imprenditori. Nei prossimi mesi svilupperemo queste occasioni di conoscenza e collaborazione

44 • Dossier Lombardia 2014

Stiamo studiando una missione in Messico in collaborazione con Promos

4%

La crescita annua stimata in Marocco, verso cui la Cdo sta organizzando missioni

anche attraverso Expandere, la rete di eventi promossi dalle associazioni locali Cdo aperta a tutti gli imprenditori». Sul fronte internazionalizzazione con quali istituzioni avete rafforzato la sinergia? «È cresciuta la collaborazione, per noi molto importante, con Ice, che ha sostenuto fin dai primi anni la presenza di buyer altamente profilati nei nostri eventi. Esperienze positive vengono dalla collaborazione con le Camere di commercio italiane all’estero, così come dalle agenzie speciali per l’internazionalizzazione di alcune Camere italiane: ad esempio, stiamo studiando una missione in Messico in collaborazione con Promos. Infine, per sviluppare la rete, cerchiamo di rendere disponibile una mappa dei nostri associati già presenti nel mondo, affinché la loro esperienza possa essere di aiuto a chi si avvia oggi ad affrontare quei mercati». Spesso nelle nostre aziende, in primis le pmi, la voglia di scommettere sui mercati esteri si scontra con le ristrettezze finanziarie. Quali le possibili vie d’uscita? «La collaborazione tra imprese può rendere possibile ciò che il singolo potrebbe non avere la forza, le dimensioni e le risorse per avviare da solo. Il contratto di rete ha perciò costituito uno strumento nuovo e, pur coi suoi limiti, efficace per aggregare imprese su un progetto di internazionalizzazione con prospettiva di sviluppo interessante. È molto importante che si definisca bene la compagine, che sia chiaro il progetto da realizzare insieme, che ci si doti di una struttura idonea e si abbia una prospettiva di medio e lungo periodo. A queste condizioni le prospettive di internazionalizzazione si possono allargare a tanti». Che strumenti offrite in questo senso? «Per raggiungere questo scopo creiamo formazione, sosteniamo le imprese nell’utilizzare bandi e finanziamenti pubblici. In collaborazione con Officina delle reti, offriamo diversi servizi attraverso il nostro portale». Giacomo Govoni



Competitività • Incentivare la spesa in R&S

Politiche di innovazione Favorire la nascita di startup e l’aggregazione tra imprese, poli di ricerca e istituzioni è fondamentale per promuovere il trasferimento tecnologico

a crescita di competitività del sistema Italia si lega sempre più alla capacità innovativa delle imprese. Ma il Paese è fermo al 16esimo posto della classifica sullo stato dell’innovazione nell’Unione europea (Innovation Union Scoreboard 2013), collocandosi prima di Spagna e Portogallo ma dietro a Francia, Germania e Regno Unito. L’Italia risulta un paese moderato per capacità innovativa, come rimarca Luigi Nicolais, presidente del Cnr.

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«Paghiamo la bassa percentuale degli investimenti in ricerca e sviluppo (1,3 per cento sul Pil, contro una media Ue al 2 per cento e i paesi leader del Nord Europa al 3), un basso numero di brevetti pro-capite e soprattutto un sistema di finanziamento all’innovazione al di sotto della media europea. Tuttavia, sviluppiamo ricerca avanzata e di eccellenza». Quali restano le principali criticità nel processo di trasferimento tecnologico verso le imprese? «Nel novero delle difficoltà da superare, rientra la dimensione del si-

stema produttivo, costituito principalmente da piccole e medie aziende, che non consente di strutturare in maniera continuativa il rapporto con i centri di ricerca, tenuto conto dei costi da sostenere e dei tempi di sviluppo per nuove ricerche. Sarebbe utile far nascere queste relazioni all’interno di un quadro normativo e finanziario decisamente più favorevole e incentivante per entrambi i soggetti». Con quali strumenti si può potenziare il legame tra imprese e ricerca? E quali sono gli obiettivi del


Incentivare la spesa in R&S • Competitività

1,3%

La spesa per ricerca e sviluppo è pari l’1,3 per cento del Pil in Italia

Cnr in questa direzione? «Negli ultimi anni si sono sperimentate numerose iniziative per favorire l’incontro fra la domanda di innovazione e l’offerta di ricerca. Sono tutte più o meno valide. Si va dalla clusterizzazione dei progetti pubblico-privati alla realizzazione di ecosistemi territoriali per l’innovazione. È indubbio che si tratta di affiancare queste iniziative con un cambio di passo e mentalità. Occorre che gli imprenditori diano maggiore fiducia ai ricercatori e che questi ultimi siano più disponibili e attenti a valorizzare i possibili utilizzi delle loro ricerche. Il Cnr è storicamente impegnato nel sostenere la diffusione dell’innovazione nel tessuto imprenditoriale e utilizza tutti gli strumenti disponibili, dalla partecipazione al fianco delle imprese a bandi comunitari fino alla nascita di startup innovative. Gli ambiti di maggiore attenzione sono quelli tracciati dalla strategia di crescita Europa 2020». Confindustria e Cnr hanno sottoscritto un anno fa un’intesa per intensificare la collaborazione su pro-

5 anni

La durata dell’accordo quadro siglato tra Cnr e Regione Piemonte

getti di ricerca industriale e diffusione dell’innovazione, come risposta alle esigenze delle pmi. Quale bilancio può trarre, finora, dell’accordo? «Senz’altro positivo e incoraggiante. Al di là delle iniziative specifiche, alcune ancora in fase di avvio, l’accordo ha avuto un effetto a catena su scala territoriale. Mentre, a livello centrale, ci siamo concentrati sull’analisi dei dati per proporre strumenti e servizi a disposizione della rete dei ricercatori e degli imprenditori, a livello locale l’intesa ha favorito la nascita di partenariati finalizzati ad aderire ai bandi regionali, nazionali e comunitari, ma anche a individuare e proporre obiettivi comuni di crescita. L’accordo ha poi avuto un’eco mediatica importante, che ha ricordato il ruolo di servizio svolto dal Cnr per l’innovazione e lo sviluppo del Paese in ogni ambito disciplinare. Il Cnr attualmente è impegnato, tra l’altro, nella conduzione scientifica di Expo 2015, nei progetti “Smart Cities” e “Open Data” e nella semplificazione della pubblica amministrazione; nel monitoraggio e pre-

Luigi Nicolais, presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle Ricerche)

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Competitività • Incentivare la spesa in R&S

L’accordo quadro tra Confindustria e Cnr ha avuto un effetto a catena su scala territoriale Dagli Appennini alle Ande Un laboratorio sulle Ande per svolgere studi sulla medicina, sulla meteorologia, sul vulcanismo, sull’inquinamento e su nuovi sensori per uranio e gas radon. Questo l’obiettivo del progetto internazionale “Chilecito: Laboratorio de Altura”. Dopo la base artica alle isole Svalbard, quelle antartiche di Baia Terra Nova e Concordia e il laboratorio-osservatorio internazionale Piramide a 5.050 metri sul monte Everest (Ev-K2-Cnr), quello argentino potrebbe essere il quinto laboratorio in ambienti estremi del Cnr. Il sito dovrebbe nascere a 5.080 metri nella Sierra del Famatina, nella parte nord-occidentale della provincia di La Rioja.

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venzione del rischio ambientale, nel cultural heritage e nel progetto “Graphene”, il materiale del futuro». Che importanza operativa assume l’accordo di innovazione siglato tra Cnr e Regione Piemonte per favorire la diffusione dell’innovazione territoriale? Potrà essere replicato in altri contesti regionali? «L’accordo recentemente siglato si colloca all’interno dell’attività di collaborazione con le Regioni, avviata dopo la mia nomina a presidente del Cnr, con l’obiettivo di potenziare e moltiplicare gli effetti delle politiche locali sull’innovazione. L’impegno è sottoscrivere accordi analoghi con tutte le Regioni. Il dialogo diretto con le amministrazioni locali produce esiti sempre molto positivi. Tra l’altro, nell’im-

mediato consente di favorire una razionalizzazione della presenza delle infrastrutture di ricerca in aree di interesse regionale, innescando un effetto domino di riqualificazione territoriale. Inoltre, permette di fornire alle amministrazioni un supporto tecnico e scientifico funzionale a identificare le principali aree di intervento e realizzare ecosistemi di innovazione utili a potenziare la competitività del sistema produttivo locale, attrarre risorse, generare occupazione. Quest’attività è nel Dna dell’ente che, sin dalla sua istituzione, si prodiga per trarre il Paese fuori dalle difficoltà economiche e sociali attraverso un uso ampio e diffuso di conoscenza e tecnologia, un uso di cui oggi nessuno può fare a meno». Francesca Druidi


Le best practice dell’Enea • Competitività

Trasferire conoscenza Per accelerare la crescita l’Italia deve mettere a sistema risorse e conoscenze consolidando il rapporto tra ricerca scientifica e sistema produttivo otenziare la collaborazione tra imprese e ricerca pubblica, attraverso l’identificazione di strumenti capaci di trasferire conoscenza e generare valore aggiunto, è una priorità per l’Italia. L’esperienza dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, permette di inquadrare la situazione del Paese sotto il profilo del trasferimento tecnologico, individuando misure in grado di ottimizzare queste attività in ottica futura. Ne parla Carlo Tricoli, responsabile

P

dell’Unità centrale studi e strategie dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Portare innovazione nei processi produttivi è oggi più che mai determinante. Quali sono a suo avviso le ragioni? «Se osserviamo le dinamiche di sviluppo mondiali, riscontriamo una preoccupante crescita della dipendenza tecnologica dell’Italia che deriva da una specializzazione produttiva non sempre al passo con i tempi. Questo stato di cose, erede di un modello italiano di piccola-media impresa specializzata in settori a me-

Solare termodinamico frutto della collaborazione tra Enea e il Gruppo Angelantoni

Carlo Tricoli, responsabile dell’Unità centrale studi e strategie dell’Enea www.enea.it

dio-bassa intensità tecnologica, ha determinato in misura crescente un deficit commerciale nei prodotti ad alta tecnologia, che non accenna a ridursi. Osservando da vicino l’intero processo d’innovazione tecnologica, ci si rende conto di quanto sia complesso, articolato e presenti numerose sfaccettature». Come affrontare la questione? «Il percorso evolutivo di una tecnologia va dall’idea al mercato: identificare nella ricerca l’unica attività utile per innovare - o considerarla in maniera disgiunta rispetto alla presenza di altre - non consente di cogliere appieno tutte le dinamiche del processo e, quindi, di pianificare un’efficace politica di trasferimento tecnologico. Ritengo che la necessità di istituzionalizzare l’interazione tra attori nazionali, attraverso misure di collaborazione pensate ad hoc, sia un aspetto che oggi ancora non viene colto appieno nella sua valenza produttiva

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Competitività • Le best practice dell’Enea

per fare massa critica attorno a specifiche tematiche o settori». Ricerca pubblica e impresa possono e devono fare sistema per implementare l’introduzione dell’innovazione. Come rimuovere gli ostacoli tuttora presenti? «Per quanto attiene alla ricerca, sia da parte di soggetti pubblici che privati, e alla capacità di innovazione tecnologica delle imprese, voglio sottolineare la necessità di strumenti operativi di carattere strutturale e di lungo termine per le imprese, come ad esempio prestiti a tassi agevolati, sgravi fiscali alle aziende che fanno innovazione tecnologica, partecipazione pubblica al rischio di impresa nel comparto hi-tech, incentivi diretti alle attività di R&S. L’Enea, da tempo, evidenzia come una vision strategica a livello paese nei settori della ricerca applicata, possa ridurre la propensione dei comparti industriali a non investire in tecnologie innovative, anche alla luce delle difficili congiunture economiche. La spinta alla ricerca e la capacità di far penetrare l’innovazione all’interno della società rappresentano temi strategici. Ciò comporta l’esigenza di favorire sinergie tra mondo accademico e industriale, di politiche per l’innovazione, di

coinvolgimento dei vari attori, cluster industriali, investimenti mirati e risultati valutabili». Quali sono, nello specifico, i progetti concretizzati da Enea sul fronte del trasferimento tecnologico? «Enea si colloca bene nel sistema della ricerca nazionale, potendo trasferire variegate competenze tecnico-scientifiche nella fase più critica lungo l’intero processo d’innovazione. Segnalo due casi di successo della collaborazione tra Enea e impresa: quello dello sviluppo di tecnologia per lo sfruttamento del calore del sole ad alta temperatura - il cosiddetto solare termodinamico e quello per la produzione di biocarburanti di seconda generazione. Nel primo caso, insieme con la società Angelantoni di Massa Martana, in provincia di Perugia, ha ingegnerizzato l’idea di raccogliere l’energia del sole in tubi di vetro sottovuoto all’interno dei quali una miscela di sali fusi raggiunge temperature molto elevate e l’energia così accumulata è in grado di essere trasformata in energia elettrica. Il secondo caso riguarda l’attività di ricerca nel settore chimico con il Gruppo Mossi & Ghisolfi, che ha messo a punto una tecnologia completamente italiana per produrre bioetanolo di se-

Le nuove basi antisismiche su cui poggeranno i Bronzi di Riace, progettate e fatte realizzare dall'ENEA

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Il numero di brevetti presentati dall’agenzia Enea dal 1957 al 2012

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conda generazione a partire da biomasse non in contrasto con la catena alimentare e reperibili localmente, quali ad esempio paglia di riso o di grano, cippato e altri scarti agricoli». L’Enea svolge anche un’importante funzione di valorizzazione dei risultati della ricerca e di networking. Con quali linee guida? «Ci muoviamo sicuramente nel contesto europeo, partecipando all’impostazione dei temi di ricerca rilevanti per lo sviluppo di programmi che hanno poi ricadute rilevanti nei settori industriali del nostro Paese. Sposiamo appieno la filosofia del nuovo programma di ricerca Horizon 2020, i cui obiettivi di interazione pubblico-privata nei progetti finanziabili sono presenti anche nel nostro nuovo piano nazionale della ricerca, predisposto dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca. Enea è presente ai più importanti tavoli di sviluppo delle politiche di ricerca, ne è un esempio la partecipazione all’Eera, l’alleanza dei centri di ricerca europei nel settore dell’energia per la più efficace applicazione del piano strategico energia, il cosiddetto Set Plan della Commissione europea. Inoltre, partecipiamo attivamente ai lavori del Comitato scienza, tecnologia e industria dell’Ocse, dove le esigenze di ricerca sulle tecnologie vengono coniugate con gli aspetti più direttamente economici e sociologici; dai problemi dello sviluppo incontrollato dei contesti territoriali e dello sfruttamento delle risorse naturali, a quelli relativi all’educazione e all’invecchiamento della popolazione mondiale. Insomma, l’Enea ha una presenza a tutto campo che permette di collocare i nostri interventi tecnologici anche in un quadro di riferimento di prospettiva di medio-lungo periodo». Francesca Druidi



Cultura d’impresa • Non profit e giovani

La nuova azienda sarà etica Le zone del mondo in cui la crisi non morde hanno alcune caratteristiche comuni: innovazione, cooperazione e sostenibilità. È su queste che bisogna scommettere omplice un celebre aforisma di John Kennedy, è ormai diffusa la credenza che il termine cinese wēijī, che significa crisi, rappresenti in una sola parola sia il concetto di pericolo che quello di opportunità. Che gli etimologi siano dubbiosi poco importa, nella vita quotidiana è evidente a tutti che dalla crisi derivano sì numerose conseguenze negative, ma anche la possibilità di nuove soluzioni e paradigmi. Ne è convinto Piermario Vello, segretario generale di Fondazione Cariplo, secondo il quale manager, imprese e soggetti economici possono trarre profitto da questo momento soltanto se avranno la capacità di modificare il loro modus operandi andando verso strade mag-

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giormente cooperative ed etiche. Fondazione Cariplo è il principale organismo filantropico in Italia e tra i primi nel mondo. Grazie a 7 miliardi di patrimonio, che messi a reddito ogni anno generano risorse per 170 milioni, sostiene più di mille progetti di enti non profit nel campo della cultura, dei servizi alla persona, dell’ambiente e della ricerca scientifica. I prossimi sei anni si focalizzeranno su tre temi: giovani e formazione, welfare di comunità e benessere dell’individuo. La Fondazione investe molto sul settore della sostenibilità. «Noi agiamo su diversi fronti, solleci-

tando il miglioramento della qualità progettuale e dell’aspetto imprenditoriale, soprattutto per il terzo settore, che ne ha bisogno. Puntiamo sulla preparazione di business plan in modo che l’orizzonte di pianificazione delle attività aziendali non sia solo di breve, ma anche di mediolungo periodo. Ci stiamo anche impegnando sul fronte dei finanziamenti europei, un altro strumento importante per unire sostenibilità e visione imprenditoriale, perché fonte di consistenti risorse. La Commissione europea ha, infatti, stanziato fondi per l’innovazione, la tecnologia e lo sviluppo anche di progetti culturali, so-


Non profit e giovani • Cultura dìimpresa

Piermario Vello, segretario generale della Fondazione Cariplo

I manager devono essere più orientati all’innovazione e capaci di fare rete prattutto grazie alle iniziative di Europa Creativa e Horizon 2020». La crisi potrebbe in qualche modo aver avuto effetti positivi rendendo più etiche le aziende? «La crisi economica sollecita approcci diversi, richiede un cambiamento di mentalità e uno stravolgimento di ciò che si considera abituale. I manager, inoltre, devono essere molto più orientati all’innovazione rispetto a un tempo e più capaci di creare strategie di coordinamento. Nella maggioranza dei casi, infatti, le battaglie non si vincono da soli, ma creando strutture di collegamento tra diversi interlocutori. Questo lo si può vedere nelle zone del mondo che non stanno subendo la crisi. Parlo dell’estremo Oriente, di Singapore, Hong Kong, Cina, Corea del Sud, ma anche di America e parte dell’Europa. Hanno tutti in comune manager attenti non solo al loro piccolo orticello, ma anche alle dinami-

che mondiali perché contrariamente a un tempo i cambiamenti avvengono qui, a livello locale si subiscono soltanto le conseguenze. Qui i manager sono riusciti a creare un ambiente favorevole all’impresa. Su questo in Italia abbiamo una buona tradizione di reti d’impresa e di distretti, però bisogna incentivarli e migliorarli. Serve, inoltre, un orientamento più forte all’innovazione, sia di processo che di prodotto, in modo tale da essere pronti con prodotti e progetti giusti una volta finita la crisi». In molti saggi di economia aziendale si parla di centralità delle risorse umane e della loro crescita, condizioni indispensabili per lo sviluppo delle aziende. Quello che invece spesso si tocca con mano è, se non il contrario, perlomeno un forte sbilanciamento tra lavoratore e azienda. Come riportare in equilibrio questo rapporto, certamente compromesso anche dal momento

economico attuale? «La crisi economica ha fatto praticamente sparire quasi del tutto quel germoglio, sviluppatosi a seguito degli anni Settanta e Ottanta, che era basato sulla centralità della qualità e delle risorse umane. La crisi economica è stata come una gelata su quel germoglio, perché le aziende sono state costrette a lavorare per salvarsi, mettendo tutto questo in secondo piano. Si può, però, scegliere se puntare su azioni che abbiano effetto a breve termine o su altre che invece, se messe in piedi oggi, avranno effetto fra tre o quattro anni: il taglio dei costi è più concentrato sull’immediato, mentre la crescita del tessuto umano è un volano di lungo periodo. Il manager deve sapere declinare le une e le altre. Bisogna tornare alla valorizzazione, soprattutto dei giovani, più liberi dagli schemi, più attenti ai cambiamenti e anche più capaci di rischiare perché sono

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Cultura d’impresa • Non profit e giovani

Bisogna valorizzare i giovani perché sono liberi dagli schemi e capaci di rischiare

all’inizio della carriera e non hanno nulla da perdere. Molte organizzazioni hanno utilizzato i senior - che hanno dalla loro esperienza e saggezza - come valorizzatori dei giovani. Serve farlo, però, in maniera esplicita e programmata, così si valorizzerebbero i senior e si svilupperebbe il vivaio dei giovani». I giovani non riescono a ottenere facilmente finanziamenti per i loro progetti. In che modo il microcredito può entrare non solo nelle terminazioni periferiche, ma anche nei gangli centrali dell’economia occidentale e, nello specifico, italiana? «Il microcredito è nato nei paesi in via di sviluppo e adesso si sta espandendo molto nelle società occidentali

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come Stati Uniti, Olanda, Francia, dove svolge un’azione di startup per le imprese piccole e familiari, che difficilmente hanno accesso ai finanziamenti iniziali. Abbiamo diverse esperienze di applicazione del microcredito, in realtà completamente diverse rispetto a quelle del Bangladesh. Potrebbe essere interessante nelle comunità di immigrati, che in questo modo potrebbero avviare piccole attività familiari, dando sostentamento a tutto il nucleo. Queste forme, se correttamente utilizzate, danno beneficio perché incanalano le famiglie in forme di auto-sostentamento e permettono di integrarsi. Non a caso, alcune recenti ricerche in merito hanno visto che le aree italiane dove l’immigrazione ha costi-

tuito un volano economico sono proprio quelle dove si è sviluppata un’immigrazione basata sulla famiglia e non sul singolo». Chi dovrebbe occuparsene sono necessariamente gli istituti bancari tradizionali o anche nuovi soggetti creditizi? «Ci sono forme miste. In alcuni casi, le banche hanno sviluppato una brench su questo fronte, in altri gli istituti di credito per loro struttura e tradizione hanno ritenuto di essere poco adatte a questa dinamica che per natura richiede un contatto diretto con le comunità locali e i singoli microimprenditori. In questi casi si sono sviluppate organizzazioni di micro-finanza e microcredito autonome». Teresa Bellemo


Creare valore oltre il profitto • Cultura d’impresa

Guardare dentro ai processi Solo un’azienda che ha fatto della cultura parte delle proprie fondamenta sa cosa significa promuoverla. Ne parla Antonio Calabrò, direttore di Fondazione Pirelli ata nel 2008, la Fondazione Pirelli si è subito inserita nel solco già segnato dalla storica azienda milanese, che ha iniziato sin dai suoi esordi a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale, storico e contemporaneo del Gruppo e ancora oggi cerca di assumere il ruolo di motore economico e culturale in tutti i paesi in cui opera. Per capire meglio il significato di tutto ciò forse serve partire dall’ingresso della sede in viale Piero e Alberto Pirelli nel quartiere Bi-

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cocca. Lì, ad accogliere chiunque entri, c’è una grande scritta: “Adess ghe capissarem on quaicoss: andemm a guardagh denter”. È ovviamente in milanese il motto dell’ingegner Luigi Emanueli, uno dei più grandi tecnici della Pirelli durante la prima metà del Novecento. Un incitamento a guardare dentro le macchine, i laboratori, le linee di produzione, ma anche dentro le attività e i comportamenti delle persone, per capire meglio come stanno le cose e cosa fare. Scienza, pragmatismo, curiosità intellettuale e gusto per la ricerca. Sono queste le basi per una vera e pro-

pria “cultura politecnica” cui la Fondazione Pirelli si ispira. Una sintesi tra impresa e società, un luogo di elaborazione autonoma di ricerche e attività culturali di rilievo. Qual è la mission della Fondazione? «Per Pirelli ricerca e innovazione sono la chiave principale della cultura d’impresa. Non è un caso se il simbolo è La ricerca scientifica di Renato Guttuso, che in qualche modo rappresenta quell’idea forte che anima tutto il lavoro della Fondazione: impresa è cultura. Un cambiamento di prospettiva radicale, perché insiste sul fatto che fare impresa significhi fare cultura e sottolinea la robusta valenza culturale della ricerca scientifica e della tecnologia. Inoltre, dà al termine innovazione una serie di con-

Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli, presieduta da Marco Tronchetti Provera

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Cultura d’impresa • Creare valore oltre il profitto

notazioni che investono i nuovi prodotti e i nuovi sistemi di produzione, ma anche i linguaggi, le relazioni industriali e di lavoro, le regole attraverso cui si governa un’azienda, i rapporti tra l’impresa e i territori in cui si sviluppa. Cultura d’impresa, dunque, come cultura a pieno titolo». Quando si riesce a coniare una formula ideale e armonica? «Impresa e cultura sono parte dello stesso mondo. Fare impresa vuol dire investire e lavorare sui cambiamenti dei mercati, dei consumi, delle tecnologie produttive. Seguire le trasformazioni tecniche e sociali. E insistere sui cambiamenti e le trasformazioni di tecnologie, materiali, prodotti e processi. Cos’è tutto questo se non cultura scientifica, cultura economica, cultura d’impresa?». Nel 2008 è nata la Fondazione Hangar Bicocca, i cui soci sono Pirelli, Regione Lombardia e Camera di commercio di Milano. In questo momento di recessione culturale quali sono le maggiori difficoltà? «In momenti come questo è più forte il senso di responsabilità nell’investire in un progetto strutturato, di ampio respiro, a lungo termine, fondato su un’originale sinergia tra soggetti pubblici e privati. Si tratta di una responsabilità verso il pubblico di fruitori, verso la città e le sue istituzioni e verso gli addetti ai lavori che giudicano la serietà e la coerenza della proposta culturale di Hangar Bicocca. L’arte contemporanea è una scelta non facile, che deve essere percepita oltre i confini della nicchia degli specialisti, e si muove lungo i binari di una strategia culturale generale: il suo ambito di riflessione, che coin-

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Rivista Pirelli Lo specchio di una generazione di intellettuali in pieno boom economico Pubblicata dal 1948 al 1972, la Rivista Pirelli aveva come cartiglio “rivista di informazione e tecnica”. Sulle sue pagine si parlava di economia, tecnologia, produzione, trasformazioni sociali, letteratura e cinema, pubblicità e comunicazione. I contributi erano firmati da Vittorio Sereni, Leonardo Sinisgalli, Eugenio Montale, Renato Guttuso, Umberto Eco, che proprio lì aveva pubblicato il suo saggio “Fenomenologia di Mike Bongiorno” che poi divenne famoso nella raccolta Diario minimo. Una nutrita equipe di ingegneri, economisti, letterati, artisti, che si sono posti oltre le divisioni tra cultura umanistica e cultura scientifica e hanno anzi trovato, proprio nell’impresa industriale, il luogo di sintesi forti e originali. «Una lezione che consideriamo di strettissima attualità e su cui vogliamo andare avanti».


Creare valore oltre il profitto • Cultura d’impresa

Impresa e cultura non sono due universi differenti, ma parte dello stesso mondo

Il quadro La ricerca scientifica di Renato Guttuso nella sede della Fondazione Pirelli

volge sempre altri saperi è il campo privilegiato per intercettare e dare spazio ai segnali deboli del cambiamento. L’arte lavora sulla rappresentazione delle tendenze man mano che emergono, insiste sugli stessi terreni dei linguaggi, delle tecnologie, delle forme che anticipano il futuro di tutti. Il dialogo industria-arte contemporanea è strumento fertile di stimoli e comprensioni incrociate, in un gioco costante di sollecitazioni e rimandi». Un’arte con responsabilità sociale, dunque. «Questo progetto per noi è un investimento in responsabilità sociale e formazione, prima ancora che in comunicazione. Per questo affianchiamo alle mostre un fitto programma educational e pubblichiamo periodicamente i “Quaderni critici”, un format editoriale con contributi di studiosi internazionali a disposizione online. Organizziamo in-

contri e convegni di approfondimento, visite guidate allo spazio, alle mostre e al quartiere. La nostra idea di istituzione culturale è quella di un ecosistema aperto al territorio, un luogo di incontro di pubblici e contenuti differenti, una finestra aperta sul dibattito culturale internazionale. In linea con questi principi abbiamo scelto di chiamare come art advisor di Hangar Bicocca fino alla fine del 2016 Vicente Todolì, che per otto anni ha diretto la Tate Modern di Londra ed è per noi garanzia sia di livello scientifico indiscutibile sia di capacità di dialogo con un pubblico non specializzato». Crede che in Italia manchi una sensibilità verso la cultura? «No. L’Italia è un paese straordinariamente dotato di beni culturali, luoghi d’eccellenza di produzione di cultura, istituzioni e imprese culturali di grande qualità, intellettuali di spessore. È sem-

mai carente una politica per la cultura, cioè una strategia che insista sulla manutenzione e sulla valorizzazione del patrimonio storico, sul sostegno alla ricerca e all’innovazione, sulla formazione culturale nell’accezione più ampia del termine. Manca una politica che sappia costruire e stimolare sinergie tra pubblico e privato, anche con un uso intelligente e lungimirante della fiscalità». Come ritiene si debbano sviluppare i rapporti tra pubblico e privato nel campo degli eventi culturali? «Riteniamo di scarso interesse la pratica della sponsorizzazione tradizionale, come il finanziamento di un’iniziativa culturale per averne ricadute in termini di comunicazione. Preferiamo invece ragionare su partnership, con istituzioni e imprese culturali. Come la Triennale di Milano, di cui la Pirelli è partner istituzionale per il comune interesse alle sintesi tra cultura del progetto e cultura del prodotto. Convinti dello slogan “impresa è cultura”, ci muoviamo anche come organizzatori di attività culturali legate all’identità, alla storia e ai progetti di Pirelli». Si può affermare che investire in cultura conviene? «Naturalmente. Per la qualità della crescita economica, sociale e civile dell’intero paese. Per il consolidamento di una più matura consapevolezza della identità italiana ed europea, nella sintesi tra memoria e futuro. Ma anche per fornire sempre nuovi strumenti all’innovazione, al cambiamento, dimensioni essenziali di sviluppo sostenibile. Cultura come ricchezza e impresa come cultura». Teresa Bellemo

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Cultura d’impresa • Pavia punta sulla tecnologia

Startup e arte, così il Comune fa cultura La giunta uscente punta alla rielezione e per farlo scommette su un nuovo ruolo dell’amministrazione comunale: fare da raccordo con il privato. Il punto di Alessandro Cattaneo nche se le finanze degli enti locali sono sempre più rigide, Pavia cerca di investire in cultura. Il sindaco Alessandro Cattaneo è convinto che in questo modo si possa, nonostante i cambiamenti produttivi ed economici, mantenere attivo e coeso il tessuto sociale. È anche per questo che nel 2012 è nato il Polo tecnologico. Fondato da Università, Camera di commercio, Comune e Provincia, con la collaborazione di privati, nella sede dell’ex Marelli la struttura ospita aziende tecnologiche e startup, ma punta anche all’attrazione di realtà economiche del Milanese. Una scommessa che può rendere Pavia un nuovo importante snodo a livello produttivo e di ricerca, diminuendo la propria sudditanza con il capoluogo meneghino. A questo servono anche altre iniziative messe in campo dall’amministrazione comunale, come le mostre e gli eventi culturali. Negli ultimi anni, sono passati per le Scuderie del Castello Visconteo grandi nomi dell’arte come Degas, Lautrec, Zandomeneghi, Renoir, Monet e da pochi giorni Pissarro. La formula di collaborazione tra pubblico e privato ha portato grandi mostre a costo

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Il Polo tecnologico di Pavia

zero per l’amministrazione comunale, incrementando il turismo culturale. «Pavia si dimostra contesto ideale per una rassegna di altissimo livello, inserendosi in un crescendo di mostre ed eventi culturali di assoluto valore. La nostra città ha ricevuto attestati di stima significativi come modello culturale e artistico vincente e in grado di proporre un’offerta di ottima qualità». Quali sono gli strumenti in capo ad un’amministrazione comunale per valorizzare e diffondere la cultura d’impresa? «Purtroppo di questi tempi le risorse

non sono molte. Promuovere “motu proprio” la cultura d’impresa è quindi compito sempre più arduo. Abbiamo così capito che il ruolo dell’amministrazione può essere di raccordo con il settore privato già esistente per fare germogliare nuove aziende. Una sinergia che possa contenere le specificità del pubblico e del privato per dimostrare anche ai più giovani che fare impresa in Italia è ancora possibile. L’esempio concreto a Pavia è stato il Polo Tecnologico, che abbiamo fortemente voluto e che oggi ospita tante startup ed è luogo di lavoro per quasi 200 giovani».


Pavia punta sulla tecnologia • Cultura d’impresa

Alessandro Cattaneo, sindaco uscente di Pavia e candidato alle prossime elezioni amministrative

Solo se università, istituzioni e privati si uniscono si valorizzano le potenzialità di una città Sul territorio di Pavia esistono numerose iniziative volte alla diffusione di questa tematica, soprattutto da parte della Camera di commercio. Cosa ne pensa e quali secondo lei quelle maggiormente interessanti? «Qualsiasi iniziativa atta a promuovere una ventata di aria nuova e di coraggio a livello imprenditoriale è sempre positiva. Conosco bene le attività della Camera di commercio, che sta provando a sbloccare lo stallo nel quale ci siamo impantanati dal 2008. La cosa che più mi fa piacere è vedere che tantissimi progetti sono rivolti ai giovani: consigli, incentivi, sinergie con l’estero. I ragazzi partecipano e avviano la loro attività. Non è facile, ma la volontà non manca».

Quali sono secondo lei i valori che sotto questo aspetto caratterizzano maggiormente il territorio pavese? «L’industrializzazione degli anni 50, 60 e 70, come in tutta Italia, sta perdendo colpi provocando ferite nella società civile. Il nostro territorio è sempre stato a vocazione culturale e sanitaria: penso all’università e al Policlinico San Matteo. Abbiamo a Pavia due grandi patrimoni da mantenere e da continuare a valorizzare». Le elezioni amministrative sono imminenti. Se dovesse fare un bilancio di cosa ha fatto la sua giunta su questo settore quali i punti di merito e quali invece gli aspetti su cui si concentrerebbe di più nel caso venisse rieletto? Il Polo Tecnologico è l’esempio con-

creto di tutto quello che stiamo dicendo. Università, istituzioni e privati in una vera sinergia nei fatti e non nelle parole, per valorizzare al meglio le potenzialità e le vocazioni di una città. Di Polo Tecnologico a Pavia si parlava da vent’anni, noi in due anni insieme all’università e a un imprenditore coraggioso lo abbiamo fatto diventare realtà. Va fatto ancora tanto, invece, sotto l’aspetto della semplificazione. Spesso le idee e il coraggio ci sono, ma il cittadino si trova di fronte ad un muro di burocrazia e difficoltà. E in questo senso altri paesi europei sono molto più avanti. Quanto la cultura d’impresa può diventare volano per uscire attivamente dalla crisi? «È una strada obbligatoria da percorrere. L’imprenditore è per definizione il motore dell’economia, colui il quale con coraggio investe per il proprio territorio, sul proprio territorio, con il proprio territorio. E compito delle istituzioni è mettere il tessuto imprenditoriale nelle condizioni migliori per investire. È questione di cultura, mentalità e concretezza. Anche se purtroppo a volte si sentono affermazioni e termini sul mondo dell’impresa che appartengono ad altre epoche». Teresa Bellemo

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Industria chimica • Modelli d’impresa

Il futuro dell’oleochimica A rischio le materie prime per il settore oleochimico. Per Susanna Larocca e Riccardo Alquati la risposta è nella creazione di nuove filiere agroindustriali. Una proposta di rete di imprese

uso dei grassi animali ha consentito alle aziende oleochimiche italiane ed europee di competere sui mercati internazionali con i produttori asiatici, che si avvalgono di forti agevolazioni fiscali, oltre che di bassissimi costi di manodopera e di leggi ambientali e per la sicurezza poco restrittive. L’Italia è il secondo produttore europeo di oleochemicals, in un contesto in cui, oramai da dieci anni, le aziende europee del settore si trovano a fronteggiare una pesante situazione che riguarda l’approvvigionamento delle

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materie prime, dovendo fare i conti con le politiche di incentivazione della Commissione Europea, che sinora hanno privilegiato l’energia da biomasse piuttosto che la chimica da biomasse. «In pratica – dichiara Riccardo Alquati, direttore generale di Sogis –, i cittadini europei hanno pagato prezzi più elevati per i carburanti, per l’energia elettrica e per l’energia termica, ma gran parte dell’extra costo è finita nelle mani di governi, per lo più dittatoriali, che hanno fornito gli oli vegetali, il biodiesel, i pannelli solari e che, in sede comunitaria, hanno acquistato un enorme potere di lobby. Il risultato è stato che, nonostante i re-

golamenti europei antidumping, in Italia, a fronte di una capacità produttiva di biodiesel installata di 2,5 milioni di tonnellate, neppure un quinto del consumo potenziale viene condotto localmente». Questa politica ha influito in modo doppiamente negativo sul comparto oleochimico italiano che, essendo alquanto energivoro, risulta penalizzato non solo dagli elevati costi di approvvigionamento per le materie prime, ma anche da un costo della bolletta energetica che è il più alto in Europa. Mentre in Europa le società oleochimiche più appetibili sono state acquisite da produttori del Far East,


Modelli d’impresa • Industria chimica © Photo Andrea Brintazzoli, Massimiliano Donati

Riccardo Alquati, direttore generale della Sogis Spa di Sospiro (CR) www.sogis.com

Un’azienda legata al territorio

in Italia il mercato è caratterizzato da aziende di medie dimensioni, tutte di proprietà privata e tutte a capitale italiano. «Il nostro – sostiene Susanna Larocca – è un patrimonio prezioso da salvaguardare, se si pensa che le multinazionali vanno là dove esistono materie prime, manodopera a basso costo, agevolazioni fiscali e normative e che le aziende oleochimiche non hanno mai chiesto incentivi. Il programma varato dall’Unione Europea sulla bio based economy potrebbe cambiare le cose. È prevista una riduzione delle emissioni di CO2 nei paesi dell’area europea, rispetto al 1990, del 40 per cento entro il

2030, del 60 per cento entro il 2040 e dell’80 per cento entro il 2050. Questa riduzione non riguarderà solo la produzione di energia, ma anche i consumi di materie prime per la chimica». In questo contesto si inserisce l’oleochimica, la bioraffineria per eccellenza, la chimica verde che opera da secoli sul mercato e che potrebbe cogliere questa opportunità per espandersi. «Gli oli e i grassi – prosegue Larocca – sono materie prime versatili, tanto quanto il petrolio, e possono essere sostituiti con difficoltà da altre materie prime. Quasi tutte le molecole prodotte a partire

Sogis nasce nel 1962 a Sospiro (CR) in un territorio ricco di allevamenti bovini. Si sviluppa cogliendo l’opportunità di valorizzare il grasso ottenuto dalla colatura degli scarti di macellazione, realizzando in questo modo una filiera che trasforma i residui in sostanze chimiche altamente biodegradabili, destinate a diversi settori, che vanno dall’industria delle materie plastiche all’edilizia, dalla cosmesi alla farmaceutica e all’alimentazione animale, dal settore dei lubrificanti a quello della detergenza e a quello petrolifero, dall’industria della carta a quella del cuoio e delle vernici.

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Industria chimica • Modelli d’impresa

Nelle immagini, alcuni momenti di lavoro alla Sogis

Gli oli e i grassi animali sono materie prime versatili, tanto quanto il petrolio dal petrolio possono essere riprodotte con la chimica degli oli e dei grassi. Gli zuccheri non sono materie prime altrettanto versatili, perché hanno un rapporto carbonio/ossigeno piuttosto basso. La chimica da biomasse non può essere gestita allo stesso modo della chimica da petrolio: nel passaggio da materie prime fossili a materie prime da fonti rinnovabili è indispensabile tenere conto delle esigenze di milioni di proprietari agricoli, dell’impatto ambientale, di enormi problemi logistici – le filiere delle materie prime da fonti rinnovabili sono fragili e devono essere trattate con rispetto. È però necessario che si eviti di ripetere gli errori commessi in passato, in particolare con i

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biofuel. Ed è quindi indispensabile attuare una seria politica di valorizzazione e di crescita dell’esistente». E aggiunge Larocca: «L’incentivazione di nuovi progetti e nuovi impianti deve essere riservata solo a fronte di tecnologie veramente innovative e compatibili con l’ambiente. Le incentivazioni non devono essere il motivo per nuove iniziative industriali destinate a vivere per sempre con il supporto pubblico, né per favorire una concorrenza sleale nei confronti delle aziende esistenti. Al contrario, devono essere privilegiate le materie prime locali, non l’acquisto massiccio di oli dai paesi esteri, che andrebbe a pesare sulla bilancia commerciale e penalizzerebbe il

comparto agricolo locale, già fortemente provato. Tutte le comunicazioni della Commissione – che preludono alle leggi che verranno emanate sulla bio based economy – parlano di riduzione della dipendenza dai paesi esteri, di un cambiamento di rotta rispetto a quanto è accaduto per il petrolio. Se questo non si realizzerà, l’Europa diventerà sempre meno competitiva rispetto alle altre nazioni. Dopo aver finanziato abbondantemente le economie degli altri paesi, senza trarre alcun beneficio, diventeremo noi il terzo mondo. Inoltre, non può esistere free trade in regime di sovvenzioni: i cittadini europei devono poter decidere a chi pagare le loro tasse o il sovrapprezzo ai beni di


Modelli d’impresa • Industria chimica

Susanna Larocca, direttore tecnico di Sogis

consumo, peraltro indispensabili. Deve essere rispettato il principio del cascade use, o hierarchy of use, di cui tanto si parla in questo momento in Europa. L’economia mondiale sta sperimentando la carenza di materie prime, che sono preziose e devono essere valorizzate in modo ottimale. Aumentare il numero di step produttivi implica aumentare il valore aggiunto delle risorse e realizzare l’economia circolare, che è l’obiettivo che l’Europa intende perseguire. La scelta che pare aver fatto l’Europa, di non sfruttare i vantaggi offerti dallo shale gas, dovrà essere compensata da un balzo in avanti, in termini di sviluppo tecnologico: l’uso delle biomasse è il modo più semplice per produrre ener-

gia “verde”, ma può non essere il più vantaggioso dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse». A partire da questa visione della situazione, Sogis si è fatta promotrice della costituzione di una rete di imprese, volta a realizzare i principi della bio based economy, che coinvolge aziende agricole e aziende industriali, oltre che il Comune di Cremona, ed è supportata da Confagricoltura. «L’idea della rete di imprese – spiega Alquati – è nata dalla consapevolezza che, se si vogliono cogliere le opportunità offerte dal nuovo programma quadro varato dalla Commissione, che promuove la bio based economy, non è possibile farlo pensando solo al proprio

settore produttivo. Questa si annuncia come una vera e propria rivoluzione culturale ed è necessario sfruttare le sinergie tra i diversi segmenti di mercato e stabilire uno stretto collegamento con il mondo agricolo, per poter costituire filiere solide e in grado di competere sul lungo periodo. Dunque intendiamo avvalerci della nostra lunga esperienza relativa alle filiere agroindustriali e di quella delle altre aziende all’interno della rete, per allargare la produzione e dare inizio ad attività di lunga durata, in grado di competere sui mercati internazionali, di dare impulso al tessuto economico del territorio e di creare occupazione reale». Valerio Germanico

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Manifatturiero • Internazionalizzazione

Paolo Maria Rossin, procuratore della Indutex Spa di Corbetta (MI) www.indutexspa.com

Sicurezza made in Lombardia

Un primato qualitativo che ha convinto Europa e Stati Uniti. Un outsider che ha saputo delineare gli standard di mercato. Il caso della Indutex nelle parole di Paolo Maria Rossin loro si rivolse la Casa Bianca quando, dopo gli attentati dell’11 Settembre, il rischio di attacchi terroristici con armi chimiche si fece più alto. Ancora, nell’emergenza Sars, sono stati loro a collaborare con la Protezione Civile. I tecnici della Indu-

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tex, azienda con sede a Corbetta, nel milanese, sono da anni in prima linea nelle emergenze. Il motivo? Questa realtà è leader nel mondo per la realizzazione di indumenti per la protezione da agenti chimici e batteriologici. Fattore che l’ha resa un partner prezioso anche per le principali case farmaceutiche, che all’interno delle loro camere

bianche, ovvero i luoghi dove si “maneggia” il farmaco, necessitano di proteggere da contaminazioni tanto il prodotto, quanto gli operatori. «Chi indossa i nostri capi viene a contatto con ambienti o elementi estremamente pericolosi, talvolta anche radioattivi spiega il procuratore dell’azienda, Paolo Maria Rossin -. Gli asiatici pro-


© Photo Andrea Brintazzoli, Massimiliano Donati

Internazionalizzazione • Manifatturiero

In prima linea, dalla Sars all’Abruzzo Mario Rossin iniziò la sua avventura in cantina. Producendo i primi abiti protettivi per la casa farmaceutica per cui lavorava. Da lì, l’intuizione, cui seguirono anni di ricerca. Il primo indumento monouso per protezione chimica nacque nel 1977. E oggi, Indutex è la numero uno nel suo settore. E collabora con forze dell’ordine e case farmaceu-

vano da sempre a copiarci, realizzando formule simili. Simili, ma non uguali. Il nostro prodotto di punta, il Puntiform, credo sia quello più imitato in assoluto nel settore». E proprio Puntiform viene interamente creato e imbustato in Italia. Un meccanismo che ha coinvolto, per materie prime e servizi correlati, anche diverse imprese lombarde, creando una filiera, seppur di nicchia, comunque unica in Europa. «Qui a Corbetta avvengono la prototipazione, il testing e la realizzazione della linea di punta - sottolinea Rossin -. Cosa fondamentale, in Lombardia avviene l’imbustamento dei capi destinati alle case farmaceutiche. Abbiamo, poi, altri due stabilimenti in

tiche di mezzo mondo. Dalle emergenze sanitarie (Sars) alle bonifiche (la più nota quella del Seveso) è stata protagonista in molti scenari di emergenza. Sue anche alcune delle tute utilizzate per i territori contaminati a seguito del sisma in Abruzzo. In quel caso gli indumenti vennero donati alla Protezione Civile.

Romania e Tunisia». Il motivo della dislocazione in questi paesi è presto spiegato: «La Romania, facendo parte dell’Unione europea, deve rispondere ai nostri stessi standard. La Tunisia, poi, ha sottoscritto l’accordo Euromed, che le impone di assimilare i suoi prodotti a quelli europei». Dopo aver conquistato l’Europa, per il futuro l’azienda punta anche Oltreoceano. «Gli Stati Uniti rappresentano uno dei più importanti mercati. In America abbiamo siglato un accordo con un partner che ha aperto un’azienda di import. È fondamentale presidiare il territorio e farlo attraverso persone di fiducia in grado di tenerti sempre in contatto con gli acquirenti. Stiamo ini-

ziando a espanderci anche in Sud America e negli Emirati Arabi. Stenta invece a decollare il continente asiatico, dove ci scontriamo con logiche protezionistiche». Sul futuro le previsioni sono caute ma ottimistiche. «Si intravedono alcuni segnali positivi. Quello che posso dire con certezza è che non si può restare fermi ad attendere che le recessioni passino. Bisogna girare il mondo e andarsi letteralmente a “prendere” il mercato. Sono gli imprenditori a dover ampliare i propri orizzonti, a dover pensare più in grande. Questa è una lezione che tutti noi dobbiamo cogliere dalla crisi». Andrea Moscariello

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Manifatturiero • Internazionalizzazione

Le prospettive dell’acciaio L’industria metalmeccanica italiana cambia obiettivi per costruire un futuro fatto di internazionalizzazione e avanguardia. Il punto di Cinzia Cantaffio

uperare lo stereotipo di un sud improduttivo con i fatti, più che con le parole, rendendo concreto quel concetto di internazionalizzazione che l’economia mondiale chiede con crescente insistenza alle aziende italiane per essere competitive a tutti i livelli. Aspettare la risoluzione della crisi economica è lecito e auspicabile, ma per molte imprese del comparto metalmeccanico è giunta l’ora di mettersi in gioco e sprovincializzarsi, trasformando le difficoltà in nuove occasioni di crescita. È questa, in sostanza, la visione che l’ingegner Cinzia F. Cantaffio, giovane direttore tecnico della Elia Industrie Metalmeccaniche, è ansiosa di mettere in pratica per il futuro delle sue imprese. Un’azienda nata tra le colline catanzaresi che ha costruito con dedizione e passione la sua leadership nel campo delle costruzioni civili e industriali e che, con la stessa passione, si è arricchita con la divisione ‘Elia Prototipi’, la ‘costola’ del gruppo specializzata nella costruzioni di autovetture da corsa. Il know-how acquisito negli anni e l'esperienza maturata nel caampo delle costruzioni civili in acciaio, oggi diventa leva strategica in uno scenario sempre più orientato verso le costruzioni in acciaio alla luce delle nuove normative antisismiche. «Le strutture in acciaio – spiega Cinzia Cantaffio -, rispetto al tradizionale calcestruzzo, garantiscono un maggiore assorbimento dell’energia sismica, tempi di esecuzioni più snelli e

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Alcuni momenti di lavoro all’interno della Elia Industrie Metalmeccaniche di Simeri Crichi (CZ) www.eliametalmeccaniche.com www.eliaprototipi.it

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Internazionalizzazione • Manifatturiero

L’ingegner Cinzia Cantaffio, direttore tecnico della Elia Industrie Metalmeccaniche

80%

Quota del fatturato derivante da commesse estere

costi contenuti. Se da una parte questa tipologia di strutture comporta un elevato grado di specializzazione, dall’altra i pesi strutturali sono notevolmente ridotti e con essi le forze inerziali generate dai movimenti tellurici». Sin dalla sua fondazione, è la lungimiranza a fare della Elia Industrie un’azienda fortemente radicata nel proprio vissuto ma con lo sguardo sempre rivolto ad un orizzonte più ampio: «il settore tunneling – sottolinea l’ingegner Cantaffio - e le costruzioni in acciaio in generale trovano più ampia diffusione nel mercato europeo e mondiale. E da sempre la Lombardia si pone in un contesto mitteleuropeo proponendosi come croce-

via di interessi internazionali, senza contare che Milano respira già aria di ‘Expo2015’. Anche se il problema della carenza di infrastrutture che affligge il Sud e la distanza geografica rappresentano ostacoli sostanziali, il nostro diktat deve essere ‘sprovincializzarsi’». Un proposito che l’azienda calabrese ha già fatto proprio partecipando a diversi progetti europei: «Abbiamo partecipato a megaprogetti in Europa e nel resto del mondo, quali la metropolitana di Brisbane in Australia, un tunnel sotto l’Himalaya e opere simili a Milano, Vancouver, Turchia e Sochi (dove di recente si sono svolte le ultime olimpiadi invernali). Più della metà del nostro fattu-

Le strutture in acciaio garantiscono un maggiore assorbimento dell’energia sismica

rato è generata da commesse estere ed è stato questo a mantenerci in vita negli ultimi anni. Puntare sull’estero – continua Cantaffio – vuol dire, però, partire con lo svantaggio indotto da un costo del lavoro che non conosce eguali in Europa, ma soprattutto nei confronti della concorrenza cinese e rispetto alle economie dei nuovi paesi emergenti. Non potendo vincere la concorrenza su basi oggettive cerchiamo di non limitarci ad una sterile realizzazione del prodotto, ma di interagire con i clienti fornendo un servizio flessibile e completo». Guardando al futuro, Cinzia Cantaffio, ha le idee chiare: «insieme alla dirigenza della Elia Industrie, ci aspettiamo la fine della glaciazione in cui imperversa l’economia interna e auspichiamo una riforma strutturale di tagli veri: l’abbattimento del cuneo fiscale è il presupposto fondamentale per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese italiane». Erika Facciolla

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Manifatturiero • Tecnologie

Mirko Ghisleni, responsabile tecnico della C.G.A Srl, sita a Palazzago (BG) www.cgacarpenteria.com

La carpenteria esporta Le aziende che hanno saputo curare la tecnologia e l’export, tenendo un occhio di riguardo all'ambiente, sono quelle che nel corso del 2013 hanno raggiunto i risultati migliori. Ne parla Mirko Ghisleni nnovazione tecnologica e modernizzazione dei processi produttivi finalizzate all’aumento della competitività. È con questa filosofia aziendale che la C.G.A. è diventata oggi una grande realtà nella produzione di semilavorati medio-pesanti, nella costruzione di impalcati, basamenti e tubazioni, scale e passerelle sia civili che indu-

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70 • Dossier Lombardia 2014

striali, affiancando esperienza, addetti qualificati ed apparecchiature all’avanguardia. «Abbiamo deciso di puntare sulla qualità investendo in macchinari a controllo numerico computerizzato e di alta definizione – spiega Mirko Ghisleni, responsabile tecnico dell’impresa – e di avvalerci di sistemi di progettazione sempre più sofisticati e precisi. Tutto ciò che

produciamo è sviluppato con software 3D che permettono l'abbattimento dei problemi di costruzione e montaggio nei vari processi produttivi. Inoltre, il nostro personale è qualificato al secondo livello nei controlli visivi non distruttivi di materiali e saldature, così come tutti i nostri addetti alla saldatura sono in possesso di patentino in corso di validità».


Tecnologie • Manifatturiero

La progettazione in 3D permette precisione e abbattimento dei problemi costruttivi

+40%

La crescita del fatturato maturata dalla C.G.A nel 2013

Quali risultati ha ottenuto la C.G.A nel 2013? «Il 2013 è stato un anno molto importante; abbiamo infatti chiuso l’esercizio con un fatturato in crescita di oltre il 40 per cento, avvicinandoci al risultato migliore in assoluto del 2007. Proprio la nostra politica aziendale improntata su grandi investimenti e ricerche costanti ci ha permesso di raggiungere tale traguardo, ma non solo, ci ha consentito infatti di affacciarci anche al mercato strutturale sia civile che industriale. Sviluppando un piano d’azione di questo tipo, siamo riusciti a destreggiarci tra le criticità di oggi, come il rallentamento di un settore chiave per le carpenterie

come quello edile e la difficoltà nella riscossione delle commesse». Quindi non avete risentito della crisi economica? «Effettivamente no, grazie alla diversificazione settoriale della produzione e al nostro modo di porci ai clienti. Alla nostra clientela rispondiamo in maniera personalizzata e completa, attraverso un servizio che va dalla progettazione al montaggio delle nostre merci, passando per lo sviluppo tecnico, l’approvazione ingegneristica, gli eventuali trattamenti di superficie o lavorazioni meccaniche, i collaudi e controlli qualitativi». Quali sono i vostri mercati esteri di riferimento?

«Più del 60 per cento del nostro fatturato è destinato all’estero; la cooperazione con pool industriali di alto livello ci ha permesso di esportare direttamente e indirettamente in mercati europei e internazionali. I mercati per noi più interessanti sono Francia e Germania, ma recentemente abbiamo cominciato ad affacciarci anche al mercato russo con soddisfacenti risultati». Qual è la vostra politica ambientale? «Nel 2011 abbiamo installato, un impianto fotovoltaico da 100mila Kwh, capace di soddisfare circa il 70 per cento del nostro fabbisogno. Inoltre, revisioniamo e sostituiamo periodicamente i vari sistemi di filtraggio e controlliamo lo smaltimento di qualsiasi scarto di lavorazione secondo quanto disposto dalle normative». Quali sono gli obiettivi che vi prefissate per il 2014? «Vogliamo continuare ad aggiornare i metodi produttivi, integreremo il sistema di gestione con i requisiti della norma Uni En Iso 14001:2004 per controllare gli impatti ambientali, della norma Oshas 18001:2007 per ciò che concerne la sicurezza e la norma En 1090-1 per la marcatura CE dei prodotti. Abbiamo inoltre l'intenzione di installare un impianto fotovoltaico anche nel distaccamento produttivo di Barzana». Emanuela Caruso

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Manifatturiero • Tecnologie

La diversificazione come strategia Canzio Noli fa un quadro di un mercato molto specifico, quello dei sensori elettrici di temperatura. Tra prodotti su misura e standardizzazione a diversificazione produttiva continua a dimostrarsi il metodo migliore per penetrare efficacemente nel mercato italiano, ma anche in quello estero. Ne sa qualcosa Canzio Noli, titolare della Italcoppie Sensori, società specializzata da quasi quarant’anni nella produzione e commercializzazione di sensori elettrici di temperatura, che proprio della diversificazione dell’attività ha fatto un punto di forza per conquistare i Paesi europei. «La nostra azienda – spiega Canzio Noli – ha deciso di diversificare, dividendo la produzione principalmente in tre filoni. Il primo copre circa il 50 per cento dei nostri prodotti e prevede un iter realizzativo che parte dal cliente che si rivolge a noi perché ha un problema di rilevazione di temperatura. Studiamo un prodotto che calzi appropriatamente l’applicazione, lo realizziamo e collaboriamo con il cliente per la messa a punto. Dopo queste prime fasi si dà il via alle forniture. Così facendo siamo in grado di soddisfare il committente con una soluzione customizzata in base al problema specifico che ci è stato presentato: ogni prodotto proposto è quindi diverso da tutti gli altri. Un altro 20-25 per cento dei prodotti è, invece, da catalogo. Questi componenti si

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72 • Dossier Lombardia 2014

I sensori trovano applicazione nei settori packaging, climatizzazione, elettromedicale, farmaceutica e termoelettrico


Tecnologie • Manifatturiero

40%

Quota del fatturato che la Italcoppie Sensori ricava dall’export

Canzio Noli, titolare della Italcoppie Sensori Srl di Malagnino (CR) www.italcoppie.it

rivolgono a una clientela che necessita di piccole quantità. Infine, c’è un terzo filone, che influisce sul totale per il 15-20 percento, che comprende la concorrenza. Infatti molti nostri concorrenti, a livello nazionale ma soprattutto a livello europeo, preferiscono acquistare alcuni particolari prodotti e componenti piuttosto che realizzarli loro stessi». Contando su questa diversificazione

organizzata la Italcoppie riesce a esportare circa il 40 per cento del giro d’affari, di cui il 35 per cento è maturato proprio in Europa, e in particolare in Germania, Svizzera, Danimarca e Austria, mercati che insieme alla Svezia sono sicuramente i più preparati ed esigenti tecnologicamente parlando. Inoltre la gamma di prodotti che la Italcoppie Sensori è in grado di realizzare è talmente ampia da coprire tutte le fasce di prezzo e innumerevoli settori. «I prezzi variano da poche unità di euro a migliaia di euro – conclude Canzio Noli – e questo ci consente di soddisfare le esigenze della fascia bassa di mercato e della fascia alta, anche se continuiamo a preferire la fascia media, perché regala grandi soddisfazioni nei settori di produzione industriale e di produzione di macchine e impianti medio-piccoli. I settori

dove i nostri articoli trovano applicazione sono estremamente numerosi: abbiamo la climatizzazione, la refrigerazione, la plastica e la farmaceutica; e ancora il packaging, il petrolchimico, il nucleare, il termoelettrico e l’aeronautico. A Mirandola, dove il settore elettromedicale la fa da padrone, forniamo componenti da diversi anni e collaboriamo con le aziende del settore per realizzare soluzioni innovative. Lo stesso vale per Bologna, capitale del packaging. Questo settore è interessante quando si parla di packaging termico dove si realizza una termosaldatura tra due film in materiale termoplastico; la qualità di tale saldatura è strettamente legata alla qualità del controllo di temperatura che per noi rappresenta uno stimolo alla produzione di sensori sempre più innovativi». Emanuela Caruso

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Manifatturiero • Saldatura

Un know how solo italiano

Il ruolo della Lombardia nel campo delle tubazioni, settore petrolio e gas: le competenze che qui si sono sviluppate attirano lo sguardo di tutto il mercato internazionale. Ne parla Alfredo Caio i potrebbe quasi definire un distretto. Quello delle tubazioni e delle valvole, con relativo indotto di verniciatura e saldatura, è un ambito produttivo che pone la Lombardia al centro del mondo: il settore petrolifero e del gas non può fare a meno delle competenze specifiche racchiuse in quel fazzoletto di terra tra Milano, Brescia, Bergamo e Varese. Un esempio del valore che qui si trova, è nel caso imprenditoriale di Alfredo Caio, amministratore unico e uno dei fondatori, insieme al padre Angelo, della società bergamasca Roxa Impianti: alla sua azienda, specializzata nella saldatura e riporto di materiali speciali, si rivolgono da tutta Europa. Eppure si tratta solo di saldature, verrebbe quasi da chiedersi: non sono in grado di farlo nei rispettivi paesi? Non questo tipo di lavoro. «Quando si comprano le valvole, per esempio – spiega Caio – spesso si va in paesi come la Cina, per via dei costi. Ma quando c’è da fare il particolare della saldatura si sceglie l’Italia, la Lombardia in particolare, perché si tratta di un lavoro delicato e in nessuna altra parte del mondo sono al nostro livello, anche dal punto di vista delle attrezzature. Se una valvola non è saldata come si deve, possono accadere disastri ambientali come quello della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon del 2010, nel

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Golfo del Messico. Le pressioni subite dalle valvole su cui noi realizziamo le saldature, sono molto alte. Per questo tutti i saldatori che lavorano nel nostro ambiente devono essere qualificati da un ente preposto, tutto è documentato e numerato, le nostre saldature sono rintracciabili: insomma, non si scherza». Nonostante la leadership indiscussa, per l’amministratore della Roxa Impianti le condizioni economiche negli ultimi anni sono completamente

cambiate. «Abbiamo fatturati anche molto più alti – ma i margini si sono paradossalmente ridotti, poiché abbiamo dovuto abbassare i prezzi in modo esponenziale pur mantenendo degli standard qualitativi altissimi: è quanto richiesto dal mercato. Spesso ci capita di lavorare con imprese italiane, i cui prodotti vanno tutti all’estero. Ma ormai preferiamo esportare direttamente il nostro servizio, almeno in Repubblica Ceca, in Inghilterra, in Francia, nei paesi scan-


Saldatura • Manifatturiero

La Roxa Impianti Srl ha sede a Solza (BG) www.roxaimpianti.com

Lavorazioni uniche Nel distretto delle tubazioni i segreti del know how italiano riguardano anche un certo tipo di saldatura. «La nostra esperienza – dice l’amministratore unico della Roxa Impianti, Alfredo Caio – ci permette una vasta produzione specializzata in cladding di tubi e raccordi, sfere, corpi, chiusure. Realiz-

dinavi, dove abbiamo i nostri mercati più importanti oltre a quello interno, il lavoro viene pagato entro un mese al massimo dalla consegna. In Italia puoi aspettare anche quattro mesi e questo ci sottopone a oneri finanziari e a un’esposizione molto rischiosa. Se a tutto questo si aggiunge la pressione fiscale e la situazione critica ben nota, non si può che rimanere amareggiati nel vedere sprecato il tesoro di competenze e storia industriale che abbiamo in questa zona».

ziamo saldature di testa di chiusure con tronchetti, corpi valvola, pipe e fittings speciali. Tutti i prodotti possono essere trattati con diversi materiali tra cui acciaio al carbonio, acciaio legato cromo-molibdeno per alte temperature e acciaio legato al nichel per basse temperature».

Neanche a dirlo, Caio non si è scoraggiato, continuando a investire in tecnologie sempre più avanzate. «Quattro anni fa abbiamo installato tre isole robotizzate – dice l’amministratore –, con controllo Fanuc Cnc, per far fronte alle tempistiche sempre più strette che ci vengono imposte. Quest’anno abbiamo acquistato una macchina di saldatura Tig di ultima generazione. Puntiamo molto sulla sicurezza. E questo da sempre. L'organico composto da tecnici alta-

mente qualificati, ha permesso nel tempo, un notevole incremento dell'attività. Dal 2003, ci siamo orientati al riporto di materiali speciali su corpi valvola, sfere e flange, che nel 2007 ha aperto le porte al mercato internazionale. Nel 2009, l’ente Lrqa ha certificato il nostro sistema di qualità, che è stato poi riconfermato nel 2012 con il rinnovo triennale. Non possiamo che continuare su questa strada». Remo Monreale

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Meccanica • Investimenti

Tecnologia ad ‘alta precisione’ Innovare, differenziare, competere: sono queste le sfide che molte aziende italiane sono chiamate a sostenere per superare definitivamente l’impasse economica. L’analisi di Piergiuseppe Peroni uello della meccanica di precisione è un settore in continua e rapida espansione che negli ultimi anni – nonostante i venti contrari della crisi economica – ha fatto registrare anche nel nostro paese progressi importanti nelle varie tipologie produttive di micro e macro-componenti, con aziende specializzate in grado di partire dal disegno del prodotto alla sua realizzazione finale. Lo sforzo che queste realtà sono chiamate a sostenere ha una duplice connotazione: tecnologica, con investimenti continui nell’innovazione per essere in grado di penetrare il mercato con prodotti e servizi sempre più competitivi e all’avanguardia; strategica, differenziando le linee produttive per competere con la stessa qualità e innovazione anche in un panorama internazionale senza rinunciare alla propria identità. Ciò che nel corso degli ultimi anni ha reso la CP Grinding un’azienda leader nelle lavorazioni di rettifica, lappatura, calettatura e montaggi di pezzi meccanici di piccole dimensioni è proprio il risultato di questo duplice sforzo. Grazie anche alla collaborazione con partner qualificati, l’azienda bergamasca oggi è in grado di offrire servizi di tornitura, fresatura e trattamenti termici di altissimo livello, oltre alla produzione

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La CP Grinding ha sede a Trescore Balneario (BG) www.cpgrinding.eu


Investimenti • Meccanica

di strumenti di misura, calibri, componentistica per macchine utensili e tutto ciò che afferisce alla meccanica di precisione, vero core business della CP Grinding. «Un’attività - come conferma l’ingegner Piergiuseppe Peroni,uno dei titolari dell’azienda – declinata al settore automotive, aeronautico-spaziale, energetico e medicale, saldamente presente anche all’estero con clienti europei (Germania, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Svezia), Asiatici (Cina, Giappone, Corea del Sud) e un imminente approdo anche sui mercati nord-americani e canadesi». La sfida più ardua? «Sostenere le richieste di un mercato legato a un settore molto differenziato dove alla componentistica ad alto contenuto tecnologico come quella richiesta dal comparto aeronautico-spaziale e medicale si affiancano l’automotive e la meccanica utensile, condizionati invece dagli andamenti finanziari legati al credito e alla domanda interna dei beni durevoli». Il successo di una realtà produttiva come la CP Grinding passa attraverso la capacità di garantire un prodotto che soddisfi in pieno i requisiti richiesti. «Non è da meno – sottolinea Peroni – l’attenzione della società a soddisfare le esigenze dei clienti in termini di competitività dei prodotti forniti attraverso l’ottimizzazione dei processi produttivi e il controllo interno di tutte le attività

Gli investimenti saranno indirizzati al rinnovamento e al controllo delle macchine tecniche, commerciali e amministrative connesse. Tutto questo – prosegue il manager – si concretizza in un ambiente produttivo climatizzato, moderno, dotato dei macchinari più all’avanguardia e di un personale altamente specializzato e continuamente aggiornato sulle metodologie tecnologicamente più innovative». Una competenza tecnica che assicura al cliente finale un servizio di assistenza a trecentosessanta gradi, sin dalla fase di sviluppo progettuale, e una flessibilità impareggiabile nel garantire le giuste tempistiche sia per le prototipazioni che per le forniture speciali. E per quanto riguarda il futuro della CP Grinding, Peroni non ha dubbi: «gli investimenti saranno indirizzati ad un

costante rinnovamento e controllo delle macchine operatrici e degli strumenti di controllo, misura e taratura. I prossimi investimenti riguarderanno principalmente la capacità di elevare gli standard produttivi in relazione alla precisione (Nano micron), la velocità di attrezzaggio, la possibilità di eseguire contemporaneamente più lavorazioni, magari con lo stesso ciclo produttivo. Le aspettative – conclude Peroni – sono lungimiranti: mantenere la leadership conquistata con fatica in anni di attività e rendere l’azienda ancora più competitiva sia sul panorama nazionale che internazionale». Del resto, i numeri per centrare questi importanti obiettivi ci sono tutti. Erika Facciolla

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Meccanica • Tecnologie

L’industria diversifica Flessibilità, nuove tecnologie e sicurezza ambientale. Queste le leve per rilanciare l’industria meccanica. Il punto di Massimo Viganò in occasione dei 40 anni dall’apertura dell’Officina Meccanica Rivoltana attuale situazione è critica, il mercato interno è fermo. Non resta che il mercato estero». Così Massimo Viganò, technical quality manager dell’Officina Meccanica Rivoltana di Arzago D'Adda (BG), spiega l’andamento attuale dell’industria meccanica italiana. L’officina bergamasca, che nel settore delle sabbiature e verniciature industriali svolge prevalentemente l’attività di trattamenti anticorrosivi nel settore dell’oil and gas, quest’anno festeggia il suo quarantesimo anniversario. Dal 1974, anno in cui il

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Cavalier Angelo Viganò e Giovanna Locatelli fondarono l’azienda, molto è cambiato. «Il 90 per cento della nostra produzione – continua Viganò – è destinato all’export: i nostri mercati più importanti all’estero sono Iran, Iraq, Emirati Arabi e, nell’Unione Europea, in paesi come Francia, Germania e Spagna. Così, nonostante la situazione generale di mercato ci possiamo ritenere soddisfatti: il 2013 si è concluso con un incremento di fatturato e abbiamo acquisito nuovi clienti e importanti commesse. Il costante impegno per incrementare le potenzialità produttive e strutturali ci consente di acquisire commesse importanti.

Con una corretta politica di investimenti e un’attenta gestione patrimoniale, puntiamo a mantenere i risultati raggiunti e individuare nuovi traguardi». Per Viganò è fondamentale diversificare la propria offerta e flessibilità nei servizi. «Per ottenere una maggiore competitività – dice l’amministratore – dobbiamo continuare a migliorare la nostra proposta. Non a caso ci siamo dotati di impianti che ci permettono di trattare strutture anche di grandi dimensioni e, tra i motivi della longevità dell’impresa, si può sicuramente annoverare il costante investimento in ricerca per i nuovi strumenti. In particolare, le innovazioni principali nel settore rivestimenti riguardano le apparecchiature tecnologicamente avanzate che garantiscono una maggiore sicurezza di applicazione, con risultati qualitativi costanti e un incremento di produzione». Un’altra delle risorse più importanti per l’azienda sta nel bacino di clienti su cui può fare leva l’impresa bergamasca. Un bacino assolutamente trasversale rispetto ai diversi settori in cui l’Officina Meccanica Rivoltana opera. Infatti, gran parte della strategia aziendale ha come obiettivo il rafforzamento della propria diversificazione. «La possibilità di


Tecnologie • Meccanica

Da sinistra, Massimo Viganò, consigliere delegato, Giovanna Locatelli, presidente, e Angelo Viganò, fondatore dell’Officina Meccanica Rivoltana di Arzago D'Adda (BG) www.omrcoating.com

Le innovazioni principali nei rivestimenti riguardano le apparecchiature più avanzate soddisfare esigenze diverse tra loro – spiega Viganò – è uno dei motivi che ha reso la nostra azienda competitiva sul mercato. Il nostro settore di riferimento è l’oil & gas, un comparto che non conosce sosta nella sua evoluzione e di cui è quindi difficile seguire lo sviluppo. Inoltre, lavoriamo per linee di acquedotti e gasdotti nell’ambito dell’energia, soprattutto nel comparto eolico. In base a questo target ci siamo orientati verso trattamenti specifici per soddisfare le esigenze di mercato». Nella sua esperienza imprenditoriale la famiglia Viganò non ha mai ricorso a una riduzione del personale, nonostante il contesto recessivo internazionale. «In questo modo abbiamo permesso ai nostri collaboratori – afferma Viganò – di acquisire nei decenni una vasta esperienza, elemento decisivo per la qualità delle nostre realizzazioni. Tutte le lavorazioni seguono le procedure previste dal manuale di qualità in accordo alle norme Uni Iso 9001:2008. A conferma di tale impegno ci siamo certificati col Sistema Qualità Iso 9002 già nel1999 e poi aggiornato alla nuova edizione 9001:2008. In questo senso, il prossimo obiettivo che ci siamo posti a breve è la certificazione ambientale Iso 14.000 nonché la Iso 18.000». Lorenzo Brenna

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Meccanica • Tecnologie

Meccanica d’avanguardia Roberto Ligutti spiega che, nelle lavorazioni meccaniche, l’unica via per la competitività implica il raggiungimento di performance difficilmente eguagliabili avorare pezzi di grandi dimensioni con una precisione al centesimo di millimetro. Un compito la cui estrema difficoltà è ben nota agli operatori nel settore delle lavorazioni meccaniche. Ma è altrettanto noto che solo raggiungendo obiettivi accessibili a pochi si hanno chance sul mercato internazionale scosso dalla recessione mondiale. Un privilegio che l’ingegnere Roberto Ligutti ha coltivato per molto tempo all’interno della sua Delma, azienda cremonese nata nel 1978 e che all’inizio si occupava solo di carpenteria. «Negli anni – ricorda Ligutti – abbiamo perfezionato le nostre lavorazioni meccaniche: con oltre trent'anni di esperienza alle spalle e una cinquantina di dipendenti, abbiamo fatto della costruzione di elettrosaldati per macchine utensili, di media e grande dimensione, la nostra specializzazione». Per costruzione di elettrosaldati si intende comprensivi di trattamento termico di distensione, sabbiatura e verniciatura, realizzazioni che la Delma svolge nel rispetto delle certificazioni di qualità europee. «La produzione – precisa Ligutti – riguarda prevalentemente elettrosaldati, completi di finitura meccanica per macchine utensili come bancali montanti, traverse, carri e qualsiasi altro tipo di carpenteria pesante sino a un massimo di 120 tonnellate. L’accurata scelta della materia prima controllata con il metodo ultrasonico, controlli sistematici sulle salda-

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ture e dimensionali del pezzo finito, garantiscono la sicurezza di un'elevata affidabilità e qualità del prodotto, oltre che della sua completa tracciabilità. Grazie a un ampio e diversificato parco macchine, l’azienda ha a disposizione più macchinari come un

forno ricottura, una cabina di sabbiatura e una cabina di verniciatura. Il taglio lamiere può essere eseguito a Ossitaglio Cnc sul nuovo impianto Koike oppure con plasma, mentre le lavorazioni meccaniche vengono realizzate su fresatrice a portale mobile, su fre-


Tecnologie • Meccanica La Delma Srl Costruzioni Elettrosaldate ha sede a Genivolta (CR) www.delma-srl.it

Lavorare pezzi di grandi dimensioni presenta criticità di movimentazione e posizionamento

satrici a montante mobile o ancora su fresatrice a portale Cnc». Negli ultimi anni l’impresa cremonese ha raggiunto una tappa importante con un sensibile cambio di passo, puntando sempre di più su lavorazioni di meccanica “fine”, con precisioni cen-

tesimali. «Una scelta – spiega Ligutti – dettata dalla volontà di distinguersi in un mercato molto competitivo, consolidando la nostra posizione sia in ambito nazionale sia internazionale. Crescita resa possibile grazie anche a un costante aggiornamento tecnologico verso il quale la proprietà ha prestato sempre grande attenzione. È impensabile poter essere competitivi senza strumenti adeguati: in particolare macchine e impianti di lavorazione capaci di soddisfare esigenze operative sempre più spinte, guidate da personale esperto e qualificato». A questo proposito, Delma può contare sull’apporto di una cinquantina di addetti, formati e qualificati, che contribuiscono a generare un turnover,

che negli ultimi anni si è attestato sugli 8 milioni di euro, parte dei quali reinvestiti costantemente in tecnologia. «Lavorare pezzi di grandi dimensioni – ribadisce Ligutti – e al tempo stesso assicurare precisioni al centesimo di millimetro presenta criticità che non solo coinvolgono la movimentazione, ma anche le fasi di posizionamento, staffaggio e deformazioni. Poi, potersi avvalere di un aggiornato parco macchine, impiegare soluzioni affidabili e capaci di garantire il lavoro nonostante le tolleranze imposte dai committenti sempre più strette, agevola sicuramente il processo, in abbinamento a una grande esperienza maturata in tanti anni». Remo Monreale

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Materie plastiche • Innovazione

Plastica, il primato italiano L’Italia ai vertici dello stampaggio di materie plastiche. Mirko Marchesini, della Ep Engineering Plastics, scatta un’istantanea del comparto

Italia è tra i leader mondiali nel settore dello stampaggio di materie plastiche. Il comparto è trainato dall’export, specie in Germania, Francia, Cina e Stati Uniti, ma si registra ancora una certa domanda interna. Ciononostante il settore risente della crisi globale e della difficile situazione politica ed economica italiana. «Da parecchi anni l’aumento di fatturato non è proporzionale alla marginalità delle aziende – spiega Mirko Marchesini amministratore della Ep Engineering Plastics - ci troviamo pertanto a combattere sempre di più contro la continua richiesta di riduzione dei costi per permettere ai clienti di essere competitivi sul mercato, l’incertezza del futuro e la spietata tassazione italiana. L’unica possibilità per distinguersi, è puntare sulla qualità del lavoro». Per emergere l’azienda lombarda investe con decisione in tecnologia e innovazione. «Da diversi anni il mio intento è raggiungere una qualità sempre più alta del prodotto e del servizio – conferma Mirko Marchesini - pertanto gli investimenti negli ultimi anni, sono rivolti ad attrezza-

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ture innovative e strumenti che permettono il controllo minuzioso e preciso del processo produttivo e del singolo articolo fornito. L’impiego di tecnologie produttive all’avanguardia ci consente di raggiungere l’obiettivo di una qualità sempre più elevata del prodotto a costi contenuti». Ep si distingue per il contatto diretto e costante con il cliente. «Il nostro punto forza consiste nel seguire e consigliare il cliente dallo sviluppo del progetto alla sua realizzazione e la competenza del


Innovazione • Materie plastiche

250 mln

I pezzi realizzati all’anno dalla Engineering Plastics

Le attrezzature all’avanguardia dello stabilimento della Ep Engineering Plastics di Mozzate (CO) www.ep-srl.com

I macchinari L’azienda utilizza macchinari all’avanguardia, come le presse ad iniezione. Ogni pressa è dotata di umidificatori, essiccatori, centraline ad acqua o olio in base alle esigenze di stampaggio. L'attrezzatura disponibile consente un processo di automazione attraverso l'impiego di robot cartesiani, manipolatori di carico/scarico e automazione integrata ideale per applicazioni semplici e complesse. Proprio la versatilità degli strumenti consente a Ep di creare articoli molto piccoli, a partire da un peso di 0,05 grammi, fino ad articoli di medie dimensioni, con peso di circa 500 grammi.

personale qualificato. Il servizio ha notevole flessibilità a fronte di interventi urgenti soddisfacendo ogni tipo di esigenza con rapidità e professionalità». Nonostante il trend dell’industria italiana, che fa dell’esportazione il proprio cavallo di battaglia, Ep lavora in prevalenza all’interno dei confini nazionali. «La maggior parte dei nostri clienti è principalmente collocata sul suolo italiano – afferma Mirko Marchesini - ed essendo loro leader di mercato nei vari settori sono direttamente collegati con i mercati internazionali». La flessibilità e l’apertura verso nuove applicazioni in altri settori hanno consentito all’azienda di mantenere la propria competitività. «Ep ha consolidato importanti collaborazioni con multinazionali di medie e grandi dimensioni e piccole aziende, prettamente del settore elettrodomestici, elettrovalvole e

pompe, elettromeccanico e meccanico, idrosanitario e cernieristica». Nel 2013 Ep ha vissuto un importante cambiamento per via della cessione di un ramo d’azienda. «Il 2013 è stato un anno anomalo e che ci ha privato di una parte di fatturato pari a circa 30 per cento - dichiara l’amministratore della società -. Questa però si è rivelato un’opportunità importante per dare spazio a nuovi clienti e per investire in attrezzature e processi innovativi che ci permetteranno di riacquistare il fatturato perso ed incrementarlo in breve tempo». Nel prossimo futuro l’azienda comasca crescerà ulteriormente e offrirà un prodotto finito. «Uno dei principali obiettivi, già avviato, è di integrare la nostra competenza nello stampaggio con processi di assemblaggio per fornire un prodotto finito». Lorenzo Brenna

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Metalli • Investimenti

Siderurgia, la sfida è tecnologica Sulla possibilità di investire in nuove macchine si gioca la competizione nel settore del taglio con ossitaglio dei metalli ferrosi. Matteo Pelandi ripercorre gli investimenti degli ultimi anni

el settore siderurgico del taglio delle lamiere con ossitaglio e taglio al plasma ad alta definizione la richiesta di mercato è quella di standard qualitativi sempre più elevati. Richiesta resa più difficile da soddisfare a causa di una concorrenza agguerrita che tende a contenere i prezzi. «Con queste regole del gioco, un ruolo fondamentale è quello svolto dalla tecnologia. E pertanto l’investimento in macchine all’avanguardia è il requisito fondamentale». A sottolinearlo è Matteo Pelandi della F.lli Pelandi di Grassobbio, azienda bergamasca presente sul mercato da quattro generazioni, che, oltre alla specializzazione nel taglio delle lamiere in conto terzi, offre anche altri servizi nel ramo dei prodotti siderurgici (acciai non legati, per costruzioni meccaniche, a basso tenore di carbonio, laminati a caldo, da bonifica). «Negli ultimi sette anni abbiamo completamente rinnovato il nostro parco macchine, anche col proposito di offrire un servizio migliore con lavorazioni supplementari e quindi proporre una gamma di prodotti sempre più completa. Oggi disponiamo di tre impianti ossitaglio per il taglio delle lamiere fino a 350 milli-

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metri di spessore con campo di lavoro massimo di 3.500 x 14.000 millimetri, macchine per tagli di grosso spessore e per il taglio di lamiere Inox fino a 30 millimetri. Queste tecnologie ci supportano nell’offrire un alto livello qualitativo e ottenere così maggiori marginalità. Tuttavia, i nostri investimenti non sono andati esclusivamente nella direzione di migliorare le potenzialità produttive. Al contrario, abbiamo pensato anche all’ambiente. E, infatti, abbiamo recentemente fatto un grosso investimento installando un impianto fotovoltaico di circa 180 kW, che contribuisce al nostro fabbisogno energetico».

Matteo Pelandi della F.lli Pelandi Srl di Grassobbio (BG) www.fratellipelandi.it


Investimenti • Metalli

L’ossitaglio Questo procedimento per il taglio delle lamiere e dei profilati metallici sfrutta una fiamma ossiacetilenica, abbinata a un getto di ossigeno puro. Il principio di base è che i materiali ferrosi che contengono carbonio, portati a incandescenza, trovandosi in un’atmosfera ossigenata, vanno in combustione. Per l’ossitaglio si utilizza un cannello che emette due flussi di gas concentrici: un getto esterno per arroventare il metallo e un getto centrale di ossigeno sotto pressione che permette lo sviluppo della fiamma sovraossigenata e realizza il taglio, consentito dalla fusione del metallo.

I risultati recenti hanno dato ragione alla strategia di Pelandi, che col fatturato 2013 ha confermato il risultato 2012, anche grazie a un’attenta gestione dei costi aziendali. «Nonostante gli ultimi anni siano stati di profonda crisi, siamo riusciti comunque a mantenere pressoché invariato il nostro organico. E questo sarà il nostro obiettivo anche per il futuro. Il nostro settore è stato fortemente ridimensionato dalla congiuntura. A restare sul campo sono state soltanto le aziende sane e i nostri risultati ci autorizzano a pensare di poterci collocare fra queste. Ovvero fra le aziende che non solo hanno avuto la preparazione

tecnologica e finanziaria per affrontare il momento, ma anche la lungimiranza delle scelte da intraprendere. Noi abbiamo puntato sul contenimento dei costi e agli investimenti, però, nella nostra strategia, è stata centrale la scelta di proporci al cliente come unico soggetto, con un prodotto finito e, di conseguenza, competitivo anche dal punto di vista economico. L’evoluzione di questa strategia, poi, a livello commerciale, prevede l’espansione anche fuori dal nostro territorio – siamo aperti a tutte le opportunità: dal piccolo fabbro alle grandi multinazionali –, soprattutto oltreconfine. Oggi la nostra clientela

è tutta locale, però stiamo cercando di spostarci anche all’estero e stiamo ricevendo i primi feedback positivi da Francia e Germania. Essendo conto terzisti, i settori che si rivolgono alla nostra azienda sono molto eterogenei fra loro. Comunque i principali sono le carpenterie meccaniche che operano nei settori dell’off-shore, dell’energia, del siderurgico e dell’impiantistica in generale. Se negli ultimi anni le richieste dal settore edile erano quasi scomparse, recentemente abbiamo notato dei piccoli segnali di ripresa, anche sotto lo stimolo dei lavori per l’Expo 2015». Vittoria Divaro

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Metalli • Recupero

Il valore dei rottami Un uso antico che si è fatto business: il recupero di oggetti ferrosi e metallici. William Bandinelli vede nell’andamento del settore un indicatore del susseguirsi dei cicli economici l recupero di oggetti in ferro e metalli accompagna l’attività umana da millenni. E probabilmente il suo inizio coincide o è di poco discosto dalla stessa nascita della lavorazione dei metalli. Ciò è possibile grazie alle proprietà specifiche di questi materiali, che, rifusi, possono sempre portare alla creazione di nuovi manufatti». È così che William Bandinelli, amministratore della società per azioni Bandinelli di Gazzuolo, in Mantova, rivendica l’origine e la tradizione “nobile” dell’attività di recupero di rottami ferrosi e metallici. E prosegue: «A prescindere dall’odierna denominazione di “rifiuto” – che per noi è impropria –, il rottame è sempre stato e sempre sarà una materia prima e una merce dotata di valore economico. E in quanto tale, in quanto merce e materia prima, non è un prodotto da destinare in discarica, come invece è il caso di altri materiali che più recentemente sono entrati nel circolo virtuoso della riciclabilità». Parlando poi della sua redditività, Bandinelli afferma: «Questo settore è per natura ciclico e segue – anzi anticipa – le fasi recessive-espansive delle economie nazionali, continentali e mondiali. Noi che ne facciamo parte da lungo tempo (dal 1951), abbiamo assistito a fasi altalenanti di mercato su un orizzonte di tempo di quasi settant’anni. E quindi abbiamo imparato a confidare nel detto “Dopo la pioggia viene il sereno” e ci manteniamo

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nel solco di un moderato ottimismo, anche se il presente non è certamente di quelli che inducono euforia. Il 2013 è stato indubbiamente un anno molto difficile, sia per il comparto di riferimento – acciaierie e fonderie di rottami ferrosi e non ferrosi – , sia per l’economia in generale. In

questo contesto congiunturale, però abbiamo incrementato i volumi di attività, anche a seguito dell’ampliamento dello stabilimento recentemente realizzato, con il raddoppio della superficie aziendale e l’installazione di una nuova cesoia. Tuttavia abbiamo riscontrato delle difficoltà,


Recupero • Metalli

Impianti di recupero della Bandinelli Spa di Gazzuolo (MN) www.bandinellirottami.it

Il rottame è sempre stato e sempre sarà una materia prima e non un rifiuto

connesse alla contrazione delle quotazioni, alla contrazione complessiva dei consumi di rottami – anche se i nostri volumi di vendite si sono mossi in controtendenza –, allungamento delle tempistiche medie di pagamento, restrizione dei margini». A queste criticità si sommano poi le cri-

ticità di sistema, che Bandinelli denuncia: «Per quanto riguarda le istituzioni in generale, sembrano quasi sempre contrastare gli interessi delle imprese. Dubito fortemente che in qualsiasi altro paese avanzato e industrializzato possa esistere un sistema come il nostro, che dal punto di vista normativo, burocratico e fiscale è asfissiante, cervellotico, paralizzante. Tanto da apparire quasi creato di proposito per disincentivare, anzi penalizzare, chi vuole lavorare, investire, produrre ricchezza per sé e per gli altri. Parlando con i colleghi europei, questi restano increduli di fronte alla marea di obblighi e adempimenti ai quali le imprese italiane sono sottoposte, imparagonabili agli adempimenti richiesti altrove per lo stesso tipo di attività e questo riguarda tutti i settori di attività, non solo il nostro». Luca Càvera

Riciclo batterie esauste Bandinelli esegue la raccolta, lo stoccaggio provvisorio e l’invio ai centri di riciclaggio delle batterie esauste. L’azienda, infatti, dispone di un ampio parco automezzi per far fronte a tutto il processo, sia nella fase di raccolta capillare delle batterie esauste, sia in quella successiva di invio agli stabilimenti riciclatori. Questi ultimi effettuano la lavorazione vera e propria: scassettamento, separazione piombo e plastica da recuperare, acido solforico da inertizzare e smaltire e il recupero del piombo e della plastica.

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Sistemi di comunicazione • Il progetto “Mali in rete”

Networking e impegno sociale Favorire lo sviluppo sociale del territorio italiano e di quello internazionale, attraverso soluzioni informatiche. Giuseppe Maffei e Giancarlo Turati parlano dei progetti in corso ssere attivi nel sociale e promuovere una politica aziendale basata sulla Corporate Social Responsibility, Csr, è per la bresciana FasterNet Soluzioni di Networking una mission di primaria importanza. L’azienda è specializzata da diciannove anni nella progettazione, consulenza e realizzazione di infrastrutture di cablaggio strutturato, reti informatiche, data center, soluzioni di telefonia, videoconferenza e videosorveglianza. «Consideriamo la tecnologia – chiariscono Giuseppe Maffei e Giancarlo Turati, titolari dell’azienda – uno strumento in grado di migliorare la qualità del lavoro e, di conseguenza, la vita delle persone. Ecco perché da sempre ci impegniamo attivamente in progetti di Csr, impegno che per il terzo anno consecutivo ci è stato riconosciuto da Unioncamere Lombardia». FasterNet opera nel sociale in svariati modi, per esempio dimostrandosi particolarmente sensibile al rapporto scuola-lavoro oppure portando avanti il progetto “Mali in rete”. Come spiega Giuseppe Maffei, «le iniziative riguardanti la scuola e il lavoro sono utili sia per noi che per i ragazzi, i quali hanno la possibilità di conoscere meglio il mondo del lavoro, effettuando anche un’esperienza che permetta loro di

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Ora esiste una connessione in rete tra gli ospedali di Bamako, Mopti-Sevaré e le sedi episcopali in Bamako


Il progetto “Mali in rete” • Sistemi di comunicazione

Giuseppe Maffei, titolare insieme a Giancarlo Turati di FasterNet Soluzioni di Networking Srl di Borgosatollo (BS) www.fasternet.it

La cultura del miglioramento Unioncamere Lombardia ha premiato per il terzo anno consecutivo FasterNet per la qualità del lavoro e delle relazioni con i suoi stakeholders; per i progetti di sostenibilità ambientale; e per le iniziative a favore della comunità, delle scuole e del territorio. La mission di FasterNet è infatti quella di diffondere la cultura del miglioramento, dell’innovazione tecnologica e del corretto rapporto Cliente-partner. «Per noi – dichiarano Giuseppe Maffei e Giancarlo Turati – diffondere questa cultura significa accrescere la qualità della vita nei rapporti con i collaboratori e con i fornitori e nell’attenzione al sociale».

mettere in pratica quanto hanno studiato. Per aiutarli nell’ingresso nel mondo lavorativo, aderiamo ogni anno a Industriamoci, la giornata nazionale delle piccole e medie imprese, che coinvolge aziende, istituti scolastici e istituzioni. Inoltre, partecipiamo a incontri di formazione e assemblee d’istituto, per affrontare i temi legati a sicurezza, web, nuove tecnologie e uso responsabile degli strumenti multimediali da parte dei minori. Ogni anno ospitiamo stagisti provenienti da varie scuole e collaboriamo con cooperative e associazioni su progetti di formazione. In-

fine, siamo anche azienda tutor di una classe terza dell’Itis Cerebotani (BS)». Il progetto “Mali in rete” è invece nato nel 2006 quando FasterNet incontra il Gruppo Mali Gavardo, che ha l’obiettivo di realizzare un nuovo ospedale a Kayes. «Quando ci siamo buttati in questo progetto – continua Giancarlo Turati – abbiamo subito deciso di realizzare una connessione in rete tra gli ospedali di Bamako, Kayes, Koutiala e Mopti-Sevaré e le sedi episcopali in Bamako, per migliorare la comunicazione all’interno della comunità. Gli obiettivi erano quelli di permettere un

dialogo gratuito tra le diverse strutture ospedaliere e tra le stesse e l’Italia tramite l’utilizzo di Skype, di implementare i piccoli sistemi di videoconferenza e arrivare a disporre di una gestione centralizzata delle informazioni sanitarie e diagnostiche. Per riuscirci abbiamo creato una connessione Rdsl dei diversi ospedali; attivato le linee tramite la rete dell’operatore Orange e attivato la connessione agli Ap di Orange, con creazione di Vpn; infine, configurato e installato sistemi di comunicazione e di informatica individuale necessari a mettere in rete gli ospedali. Nel 2009, poi, abbiamo realizzato una copertura wireless per la Casa di ospitalità situata di fianco all’Ospedale di Bamako, struttura dove soggiornano tutti i medici e i volontari che si recano in Mali. Il progetto prevede diversi step, che porteremo a compimento nell’arco di altri due o tre anni. In futuro, inoltre, verranno coinvolti anche gli ospedali di Kayes, Koutiala e Sègou». Emanuela Caruso

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Energia • Fonti alternative

Rinnovabili e Pmi, la partita è doppia Davide Piccinin descrive le opportunità che la rivoluzione energetica offre alle piccole e medie imprese: l’innovazione legata alle rinnovabili e il risparmio oltre l’efficientamento energetico

ensare che il vantaggio delle fonti rinnovabili stia solo nel risparmio energetico è un errore. Nel quadro economico nazionale uno dei grandi punti di forza sta nella capacità di innovazione delle Pmi, una leva per la competitività dell’intero sistema paese. Le specificità delle fonti rinnovabili offrono un’occasione d’oro per le imprese “d’ingegno”. È il punto di vista dell’ingegner Davide Piccinin, amministratore di Renerit, azienda con sede a Milano che si occupa non solo di fotovoltaico, cogenerazione, pompe di calore o caldaie a pellet, ma di rinnovabili in senso più ampio. Piccinin vede il bisogno di prodotti altamente specializzati, come opportunità a misura di azienda italiana. «La rivoluzione energetica in atto – dice Piccinin – ha aperto spazi nuovi, impensabili sotto il monopolio delle energie fossili, nei quali articolare progetti altamente personalizzati, ambito d’eccellenza per le Pmi del nostro paese. I sistemi di ricarica per mobilità elettrica, ad esempio, integrati o meno ad altri sistemi di produzione e accumulo di energia, avranno una diffusione in ambiti estremamente variegati. Si

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L’ingegner Davide Piccinin, amministratore di Renerit con sede a Milano www.renerit.com

La rivoluzione energetica ha aperto spazi nuovi per le Pmi, impensabili sotto il monopolio delle energie fossili


Fonti alternative • Energia

Le fonti del futuro Piccinin, amministratore di Renerit, inquadra i vettori energetici che si imporranno in fatto di energia rinnovabile nel prossimo futuro. «Per il breve periodo – dice Piccinin – appare chiaro il forte incremento dell’utilizzo delle biomasse lignocellulosiche, con evidenti benefici per le comunità montane e per il mantenimento del patrimonio boschivo anche nel nostro paese. Per il medio termine, invece, credo nella produzione di metano sintetico da fonti rinnovabili, grazie all’esistenza di una rete di trasporto capillare e soluzioni consolidate e diffuse per il suo utilizzo e immagazzinamento».

aprirà, quindi, l’opportunità di proporre soluzioni ad hoc per il contesto e le esigenze più singolari, anche in termini di design». Consapevoli di questo, come avete agito? «Abbiamo costituito una rete d’imprese con altre Pmi per unire e valorizzare le specificità di ciascuno e offrire prodotti e soluzioni customizzate, al riparo dalla concorrenza delle multinazionali delle grandi produzioni in serie. Il peccato è non trovare “sensibilità” a livello politico, che infatti incentiva prevalentemente l’acquisto di beni invece di sostenere lo sviluppo di prodotti su misura, linfa del nostro tessuto industriale». Quali sono le caratteristiche che distinguono la vostra attività? «L’azienda vanta e coltiva un ampio

spettro di competenze sulle innumerevoli tecnologie disponibili e in via di sviluppo a livello mondiale, in questo modo è in grado di valutare e offrire il miglior mix di soluzioni per la produzione e la gestione efficiente dell’energia in ogni ambito di attività. Con un maggiore utilizzo di fonti energetiche “rinnovabili” garantiamo risparmi economici significativi. Permettiamo, inoltre, di aumentare l’indipendenza delle aziende dall'andamento dei costi dei vettori energetici tradizionali, soggetti a oligopolio "de facto”, ottenendo un vantaggio in termini di controllo e previsione dei costi. In generale, i vantaggi economici e competitivi che derivano dalle fonti alternative sono sconosciuti o molto sottovalutati». Renato Ferretti

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Consulenza • Gestione aziendale

Un supporto concreto per le piccole imprese Come aprirsi a nuovi mercati, ottimizzare l’organizzazione e guardare al settore di competenza con un’ottica nuova. Maura Rossetti, socio fondatore della Riskprofiles, spiega l’importanza della consulenza aziendale economia italiana è caratterizzata da una forte instabilità, le imprese faticano a rimanere competitive. In questo scenario può essere utile rivolgersi a professionisti della consulenza e della gestione aziendale. Riskprofiles rappresenta un prezioso alleato per quelle imprese che non riescono ad affrontare le nuove sfide del mercato. «Con il nostro operato – spiega Maura Rossetti, socio fondatore della Riskprofiles - spesso affianchiamo aziende i cui obiettivi innovativi convivono con un modo acritico di fare business, e che non si pongono domande radicali sulla ragione per cui si è presenti in un certo mercato». Dopo un’iniziale focalizzazione sulle banche Riskprofiles ha sviluppato l’attività sulle imprese. «Spesso affianchiamo gli imprenditori nella valutazione di scelte strategiche, “traducendo” per i decisori temi nuovi e specialistici, accompagnando poi il management nella loro realizzazione: sia predisponendo gli strumenti necessari sia gestendo in prima persona posizioni nuove, formando le risorse interne introducendo competenze specialistiche e manageriali». Spesso le Pmi rimangono ancorate a

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un modus operandi ormai obsoleto: il valore dei consulenti è quello di portare, con esperienza e concretezza, dinamicità e visione nuova del settore. «Cerchiamo di portare consapevolezza della reale opportunità nell’affrontare nuovi mercati e delle implicazioni e ricadute sulla cultura e l’organizzazione dell’impresa anche sul mercato domestico, dell’importanza di nuovi ruoli come l’export manager da integrare nell’impresa. L’ignoranza che noi, come consulenti, abbiamo nei confronti dei dettagli operativi e dei lasciti del passato ci rende curiosi e attenti a

Maura Rossetti, socio fondatore della Riskprofiles Srl di Milano (MI) maura.rossetti@riskprofiles.it


Gestione aziendale • Consulenza

Abbiamo sviluppato una rete di collaborazioni con Pmi e studi professionali

Software e tecnologie Riskprofiles si è prefissata l’obiettivo di investire nello sviluppo di una rete di Pmi e relazioni con studi professionali. Lo scopo è quello di integrare i tradizionali progetti di consulenza con servizi basati su software e tecnologie, che possono essere inseriti nella realtà del cliente dando continuità e concretezza alla relazione. La società milanese guarda non solo all’Italia ma anche all’estero. Tra i Paesi in cui il network di Riskprofiles è attualmente attivo ci sono Olanda, Colombia e area andina, Brasile e Germania.

ciò che davvero conta, non dando nulla per scontato». Visto che il mercato interno stenta a risollevarsi cresce il numero di aziende che riesce a rimanere attivo grazie a export e internazionalizzazione. «Risulta cruciale per le imprese italiane puntare sui mercati esteri in modo deciso e innovativo – afferma Maura Rossetti - la domanda estera, specialmente da parte di alcuni Paesi emergenti, è diventata chiave per una crescita sostenibile delle nostre aziende». Anche l’apertura a nuovi mercati, però, va programmata calcolando gli aspetti positivi e negativi.

«Crediamo che il primo passo sia aiutare le imprese a valutare l’opportunità nello specifico, consapevoli dei rischi, e della capacità dell’impresa ad affrontarli. Commercio estero e internazionalizzazione richiedo un approccio strutturato da condursi con una squadra che aggrega e coordina le varie competenze specialistiche». Per aiutare gli imprenditori ad orientarsi Riskprofiles sta svolgendo un censimento per “certificare” partner e fornitori. «Considerata la nostra dimensione, il progetto non ha l’ambizione di completezza di servizi e copertura geografica – chiarisce Maura Rossetti - ma si

prefigge l’obiettivo di fornire segnalazioni e relazioni qualificate e mirate». Il ruolo delle società di consulenza è in continua evoluzione e la titolare della Riskprofiles propone un parallelismo con il mondo del cinema. «Per quanto riguarda la consulenza crediamo che un modo per certi aspetti innovativo sia quello di erogarla secondo le stesse modalità con cui funziona l’industria cinematografica hollywoodiana nella quale un grandissimo numero di indipendenti si aggrega per realizzare un progetto per disgregarsi e riaggregarsi immediatamente dopo e in altra forma su altri progetti. Per questo intendiamo continuare e rendere strutturale l’investimento avviato nel 2013 nello sviluppo di una rete di collaborazioni con pmi e con studi professionali anche all’estero». Per l’immediato futuro gli obiettivi di Riskprofiles sono quelli di ampliare le soluzioni. «Intendiamo sviluppare un’offerta integrata con servizi che superi la logica puramente progettuale. Puntiamo inoltre a rafforzare le competenze interne per un approccio di business coaching, ritenendo che i principi chiave del coaching siano coerenti con la nostra cultura e la nostra strategia». Lorenzo Brenna

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Moda • Accessori

Il dettaglio che fa la differenza È con oggetti innovativi e soprattutto creativi che si può raggiungere quell’idea di stile, buon gusto e fantasia, da sempre alla base del mercato degli accessori moda. Ne parliamo con Stefano Scaburri ottoni trasformati in veri e propri gioielli attraverso un processo industriale che si avvale di moderne tecnologie grafiche e informatiche. Con queste parole si potrebbero descrivere i prodotti del Gruppo Uniesse, società bergamasca impegnata nella produzione di bottoni, spalline e accessori moda da più di settant’anni. «L’originalità e la creatività qui incontrano le tecnologie più all’avanguardia – spiega Stefano Scaburri, amministratore del gruppo -. Le innovazioni ci permettono di personalizzare i bottoni con fantasie, immagini, disegni, scritte, frasi e loghi esclusivi. Tutti i nostro bottoni sono accomunati dall’utilizzo di materiali ricercati e di qualità. Da sempre utilizziamo e lavoriamo diverse tipologie di materie prime: dai materiali naturali quali legno, madreperla e corno al poliestere fino alla resina urea, materiale con cui soltanto noi e altre poche aziende al mondo siamo in grado di realizzare prodotti di altissima qualità». Fondato con lo scopo di garantire la massima qualità e il miglior servizio

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Il Gruppo Uniesse Spa ha sede a Chiuduno (BG) www.gruppouniesse.it


Accessori • Moda

Gruppo Uniesse è una delle poche realtà al mondo in grado di lavorare la resina urea

L’attenzione per l’ambiente Il Gruppo Uniesse è da sempre molto sensibile al tema della salvaguardia dell’ambiente e delle risorse rinnovabili. A testimoniare quest’attenzione, le numerose certificazioni ottenute dall’azienda, tra cui una delle più importanti è senza dubbio la certificazione Oeko-Text Standard 100: il marchio di qualità riconosciuto destinato ai prodotti, in particolare quelli tessili, realizzati senza l’utilizzo di sostanze nocive e quindi rispettando i requisiti umano-ecologici attualmente in vigore.

possibile nella produzione e commercializzazione degli accessori moda, il Gruppo Uniesse non realizza solo bottoni, ma anche spalline e accessori. «La nostra – continua ancora Stefano Scaburri – è una realtà che deve riuscire a intercettare, meglio se in anticipo, le tendenze della moda e porsi sempre in maniera competitiva sul mercato, così da soddisfare e proporre campionari sempre aggiornati alle griffe importanti sia italiane che straniere. Per raggiungere al meglio questi obiettivi, ci proponiamo come partner e non come semplici fornitori. Solo in questo modo riu-

sciamo ad assicurare un prodotto e un servizio perfetti e soprattutto il corretto processo produttivo che porta alla creazione dei bottoni. Nonostante si creda siano prodotti semplici da ottenere e privi di ogni complessità, la realtà dei fatti è ben diversa, in quanto la produzione di un bottone richiede moltissima manodopera ed esperienza, studio continuo, fantasia, stile e tecnicità: caratteristiche essenziali per ottenere prodotti che sappiano accattivare i mercati internazionali». E proprio con i Paesi esteri il Gruppo Uniesse è abituato a intrattenere rapporti collaborativi basati

sulla fiducia reciproca e sullo scambio di know how. «Se escludiamo le resine e i materiali sintetici – che l’impresa sa lavorare in modo da regalare ai bottoni realizzati la stessa profondità, luminosità e morbidezza propria dei materiali naturali – tutte materie prime facilmente reperibili, il resto dei nostri bottoni viene realizzato con materiali molto preziosi e acquistabili soltanto in determinate zone del mondo. Da oltre dieci anni abbiamo una partnership con un’azienda di produzione in Madagascar, specializzata nella realizzazione di bottoni e accessori in materiali naturali quali osso, madreperla e corno. Inoltre, sempre sul fronte estero, siamo particolarmente attivi nell’area asiatica, ragion per cui abbiamo aperto un ufficio a Hong Kong. Così facendo ottimizziamo il servizio clienti e siamo sicuri di poter rispondere a ogni richiesta ci venga fatta dal bacino d’utenza». È con l’abitudine a dare importanza al dettaglio e la passione maniacale per il “piccolo” che il Gruppo Uniesse è riuscito a imporsi sul mercato come una delle migliori aziende del settore. Emanuela Caruso

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Lavoro • L’Istat certifica un nuovo record

Un mercato da soccorrere Tra chi perde l’impiego perché le aziende chiudono e l’esercito di under 25 che rimane a casa in più di 4 casi su 10, in Italia c’è sempre meno gente che lavora. Una china da risalire al più presto l’indicatore più congelato dell’economia italiana. Il vagone che fa più fatica ad agganciarsi al treno della ripresa, ma che non può essere abbandonato perché è carico di disoccupati. Quasi 3,3 milioni, stando agli ultimi dati diffusi dall’Istat, con un aumento su base annua dell’8,6 per cento, pari a 260mila unità. Un mercato del lavoro in sensibile contrazione e che con la perdita di quasi un milione di addetti (984mila per l’esattezza) registrata dal 2008 a oggi, raggiunge un livello di disoccupazione del 12,9 per cento, picco che non si toccava dal 1977. In rialzo, ancora una volta, la quota dei giovani under 25 senza lavoro, saliti a 690mila, con un’incidenza del 42,4 per cento sul totale della fascia 15-24 anni. Un fenomeno che colpisce soprattutto il Mezzogiorno, dove si contano i tassi di occupazione più bassi d’Europa (secondi soltanto alla Spagna), e che trascina giù anche la capacità di trovare un impiego dei laureati. In base al rapporto Alma Laurea 2014, infatti, l’anno scorso sono passati dal 23 al 26,5 per cento i laureati italiani senza lavoro rispetto al 2012 e anche coloro che lo trovano, devono accontentarsi di una retribuzione del 20 per cento più bassa rispetto al 2008.

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ABBASSARE IL COSTO DEL LAVORO Un quadro occupazionale definito “allucinante” dallo stesso premier Renzi e su cui anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha acceso i riflettori, invitando il governo a mettere questo capitolo in cima a tutte le possibili ricette di risanamento economico. «Ancor prima che il taglio alle tasse – osserva Squinzi – bisogna ridurre il costo del lavoro, il fattore che più ci penalizza rispetto alle economie avanzate». Un passo fondamentale sia per restituire competitività alle nostre imprese che per incentivarle a fare nuove assunzioni. Esercizio che negli ultimi tempi è passato un po’ di moda, come emerge da un recente report stilato dalla Commissione europea sui dati del secondo trimestre 2013, che inserisce l’Italia nel novero dei Paesi con l’andamento peggiore. Nel raffronto con il 2012, infatti, si comprime di oltre il 10 per cento il numero di assunzioni portate a termine, sfiorando il 30 per cento se si fa partire il conteggio dall’inizio della crisi. Una performance tra le peggiori a livello continentale, dove solo Spagna e Slovenia collezionano cifre più negative, e che sottolinea i limiti della riforma Fornero sul fronte della creazioni di posti di lavoro. «Non servono nuove modalità d’inserimento nel mercato – prosegue Squinzi – ma solo forme con-


L’Istat certifica un nuovo record • Lavoro

Lavoro… da vendere

984mila

Il numero di occupati in meno rispetto al 2008, secondo l’Istat

trattuali chiare, semplici, flessibili, in entrata e in uscita. Via i pesi e le complicazioni inutili e spazio a poche regole, rigorose e comprensibili per fare impresa». PIÙ POLITICHE ATTIVE L’appello che si leva da viale dell’Astronomia, già racchiuso sotto la definizione di “regulation review”, punta a sensibilizzare il mondo politico, a cominciare dal neo titolare del dicastero del lavoro, Giuliano Poletti. «Per perseguire stabilmente l’obiettivo di creare lavoro – afferma il ministro – occorre partire da politiche che sostengano la crescita. Si tratta di promuovere gli investimenti delle imprese, ridurre il cuneo fiscale, migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, ridefinire il sistema degli ammortizzatori sociali e sviluppare le po-

Addetti commerciali cercasi. È questo l’identikit professionale più ricercato nell’area milanese. Lo rivela l’osservatorio di Assolombarda, che sulla base dei dati delle agenzie del lavoro ha stilato un ranking delle professionalità più richieste nel quarto trimestre 2013. Secondo lo studio, il 34 per cento delle domande di personale da parte delle imprese milanesi presenta la richiesta di una figura commerciale, seguita da un 23 per cento che chiede personale non qualificato, il 13,4 per cento tecnici e il 13,2 impiegati esecutivi. Conduttori di impianti e operai specializzati, rispettivamente all’8,9 e al 7,5 per cento, risultano le categorie meno ricercate.

litiche attive per il lavoro». Queste ultime, in particolare, rappresentano un passaggio chiave per ricollocare nel circuito lavorativo le professionalità a più alto rischio di emarginazione per ragioni anagrafiche e, al contempo, per recuperare un po’ di risorse oggi destinate ai beneficiari degli ammortizzatori sociali. Platea che, come rileva Inps, anche nel mese di gennaio è andata lievitando: +9,6 per cento l’incremento delle domande di disoccupazione ordinaria, speciale edile e di mobilità rispetto a gennaio 2013 (dovuto anche alla nuova normativa che ha esteso il trattamento a nuovi beneficiari), che fa il paio con la crescita del 5,3 per cento delle ore di cassa integrazione autorizzate a febbraio rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Giacomo Govoni

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Lavoro • Riformare il mercato

Contratti chiari e meno costosi Bene la legge Fornero su ammortizzatori e cassa integrazione, ma ora bisogna far funzionare il codice semplificato del lavoro e «sfruttare il contratto di ricollocazione» spiega Pietro Ichino ipresa senza occupazione. Un rischio che preoccupa su scala mondiale, come avverte l’International labour organization, che stima tassi di disoccupazione al rialzo fino al 2016, soprattutto in Italia, alle prese con una quantità di senza lavoro superiore alla media europea. Colpa della recessione, senza dubbio, ma anche di un ordinamento che mostra ancora impronte “bizantine”. «Basti pensare – osserva Pietro Ichino, senatore e giuslavorista – che la parte relativa all’organizzazione del lavoro dei contratti relativi ai settori

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produttivi maggiori risale alla prima metà degli anni Settanta». Tanti i punti obsoleti stratificati nell’arco di cinque decenni, «dalla legislazione in materia di lavoro ai contratti collettivi nazionali». Partiamo dalla riforma Fornero. Quali effetti sta producendo sullo scenario occupazionale italiano? «La legge 92 del 2012 ha alcuni gravi difetti, incominciando dalla sua illeggibilità. Ritengo sbagliate anche la norma sulle dimissioni del lavoratore e quella, corretta in questi giorni, che ha aumentato gli intervalli minimi in caso di ripetizione tra i contratti a termine. Invece la legge ha prodotto

effetti molto positivi sul terreno della disciplina dei licenziamenti, dove la modifica dell’articolo 18 dello Statuto si sta rivelando più efficace del previsto». In che senso? «Nel senso che più della metà dei procedimenti di conciliazione su licenziamenti individuali per motivo oggettivo, che prima erano difficilissimi se non impossibili, sta dando esito positivo. Ma il merito maggiore di questa legge sta nell’avere impostato la riforma degli ammortizzatori sociali, con l’istituzione della Aspi, assicurazione universale contro la disoccupazione, e la riconduzione


Riformare il mercato • Lavoro

Pietro Ichino, senatore e giuslavorista, ordinario di diritto del lavoro all’Università degli studi di Milano

Il contratto di ricollocazione implica la responsabilizzazione del disoccupato della cassa integrazione alla sua funzione originaria. Anche se quest’ultimo effetto è differito al 2017. Ora dobbiamo attuare e accelerare questa riforma: ed è ciò a cui stiamo lavorando». In tema di precariato, che investe soprattutto i giovani, quanto siamo ancora distanti dalla flexsecurity? E quali interventi potrebbero mitigarlo? «Se vogliamo rilanciare il contratto di lavoro a tempo indeterminato regolare, dobbiamo renderlo più semplice, più snello e meno costoso. Specie in questo momento, nel quale gli imprenditori italiani affrontano la situazione di maggiore incertezza, anche a breve termine, rispetto all’ultimo mezzo secolo. Questo è il terreno sul quale la legge Fornero ha maggiormente deluso. Ma ora, con il Codice semplificato del lavoro, ci muoviamo rapidamente e incisivamente in quella direzione». Reddito minimo garantito: al di là della sostenibilità, le sembra una

strada compatibile con le strategie di rilancio occupazionale? «Non parlerei di reddito minimo garantito, ma di reddito minimo di inserimento. Che vuol dire che il sostegno del reddito deve essere strettamente condizionato alla disponibilità della persona per le misure tendenti al suo inserimento nel tessuto produttivo. Per realizzarlo, abbiamo bisogno di due cose: innanzitutto di acquisire il know-how per applicare effettivamente la condizionalità del sostegno del reddito, che ancora non abbiamo. Dobbiamo incominciare ad acquisirlo con la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione per i lavoratori che godono del trattamento di disoccupazione». La seconda? «Occorre destinare al reddito minimo di inserimento tutte le risorse che oggi disperdiamo in mille rivoli di assistenza disordinata e priva di ogni condizionalità: cassa integrazione in deroga, cassa integrazione straordi-

naria erogata in situazioni in cui non dovrebbe esserlo, pensioni di invalidità erogate in alcune province in percentuali molto maggiori rispetto ad altre, lavori cosiddetti socialmente utili dove di lavoro c'è poco o niente e c'è solo una indennità». In termini di politiche cosiddette attive accennava prima al contratto di ricollocazione, di cui alcune Regioni stanno avviando la sperimentazione. Quanto può incidere questo strumento sulle dinamiche occupazionali future? «Moltissimo. Anzitutto perché il contratto di ricollocazione implica la responsabilizzazione del disoccupato: lo Stato ti dà il sostegno del reddito, tu scegli l’agenzia specializzata tra quelle accreditate presso la Regione, ma ti impegni poi a cooperare col tutor dell’agenzia in tutto ciò che servirà fare per trovare una occupazione; e se non lo farai, perderai il trattamento di disoccupazione. L’agenzia specializzata, dal canto suo, verrà retribuita dalla Regione

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Lavoro • Riformare il mercato

83,3 milioni

Le ore di cassa integrazione autorizzate a febbraio, con un aumento del 5,3% rispetto a febbraio 2013

soltanto se ti avrà collocato in un rapporto di lavoro della durata di almeno sei mesi. Se l’agenzia sarà troppo severa, il lavoratore non la sceglierà; se lo sarà troppo poco, non riuscirà a collocare il lavoratore e perderà il compenso previsto». Dal suo libro, “Il Lavoro spiegato ai ragazzi”, si evince che per scongiurare una ripresa senza lavoro servono sacrifici. Da parte di chi? «In realtà in quel libro dico che non ci si possono attendere gli investimenti da uno Stato indebitato fino al collo, che non può né aumentare l’indebitamento, né le tasse, né battere moneta. Questo Stato può solo cercare di ridurre l’enorme quantità degli interessi passivi che spende ogni anno sul proprio debito: oggi sono circa 85 miliardi, ma per ridurli occorre tenere i conti in ordine. Detto questo, la vera grande leva su cui possiamo agire per avere nuovi investimenti consiste nell’aumento del flusso degli investimenti stranieri: ai quali oggi siamo quasi ermeticamente chiusi». Come fare per attirarli? «Bisogna migliorare l’efficienza delle amministrazioni e delle infrastrutture

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di comunicazione e di trasporto, ridurre il costo dell’energia, oggi del 25 per cento più alto in Italia rispetto al resto d’Europa, semplificare la nostra legislazione del lavoro allineandola ai migliori standard europei e correggere drasticamente la tradizionale ostilità del nostro sistema delle relazioni industriali rispetto alle multinazionali e ai loro piani industriali innovativi». Il nuovo governo si prefigge di riformare il mercato del lavoro in poco più di un mese. Le sembra una stima realistica? E, in concreto, da dove prendere le risorse? «L’importante è che il disegno di leggedelega, approvato di recente dal Consiglio dei ministri, cammini in fretta in Parlamento. Se si riformano come si deve i servizi per l'impiego e gli ammortizzatori sociali, la riforma si finanzierà da sé: oggi su questo capitolo sprechiamo fiumi di miliardi: in Cassa integrazione attivata dove non si doveva, in formazione professionale di cui nessuno controlla l'efficacia, in lavoratori che perdono il posto e vengono “messi in freezer” per anni». Giacomo Govoni



Forum lavoro

Come cambia il mercato La trasformazione delle norme e del contesto economico ha fatto tramontare il mito del posto fisso. Ora la parola d’ordine per chi aspira a una continuità occupazionale è flessibilità. Ne parliamo con alcune agenzie di somministrazione lavoro - A cura di Giacomo Govoni

La disoccupazione in Italia, a cominciare da quella giovanile, sta toccando livelli record. Con quali strumenti è possibile affrontare le nuove istanze del mondo del lavoro?

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attenzione ai giovani è da sempre nel Dna e nella mission di Openjobmetis. In ragione di questo, abbiamo da tempo al nostro attivo il servizio First talent, specializzato nella ricerca e nella selezione della popolazione giovane e senza esperienza pregressa che trova difficoltà al primo ingresso nel mondo del lavoro. Per quanto riguarda le cifre, aumenta il numero di missioni attivate da Openjobmetis nel 2013: da gennaio a dicembre sono circa 90.200, con un incremento del 23 per cento rispetto all’anno precedente. Arrivando a dati più freschi relativi a gennaio-febbraio 2014, abbiamo ancora un 7-8 per cento di crescita».

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Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis

Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group

112 • Dossier Lombardia 2014

a disoccupazione giovanile ha ormai superato il 40 per cento, dato più alto di sempre. Le filiali di Gi Group sono impegnate, oltre che a favorire l’incontro tra domanda e offerta, a fare attività di orientamento e tutoraggio. Il vero cambiamento potrebbe tuttavia avvenire con l’implementazione del programma Garanzia Giovani: in tal caso al metodo di recruiting attuale, che parte dall’esigenza dell’azienda di individuare la persona più adatta, potrebbe affiancarsi una politica attiva, dove sono le filiali a prendere in carico la persona per una sua collocazione o per fornire un’adeguata offerta formativa. Per il bene dei nostri ragazzi, speriamo che la Garanzia Giovani possa partire il prima possibile».


oi operiamo in un settore pre-ciclico, per cui quando si prefigura un rallentamento, ne avvertiamo gli impatti in anticipo perché le aziende esercitano la flessibilità negativa, riducendo subito i lavoratori assunti in somministrazione. In riferimento al mercato, negli ultimi mesi il trend negativo si è invertito, accelerando da settembre-ottobre del 2013 e continuando all’inizio di quest’anno, trainato in particolare dai nostri clienti orientati all’export. Perciò sebbene a livello generale la disoccupazione sia cresciuta, il nostro settore negli ultimi mesi è migliorato, come gli afflussi alle nostre filiali: ad esempio tra il 2012 e il 2013 abbiamo dato lavoro a circa 30mila giovani, di cui un quinto laureati».

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segnali trasmessi da qualche tempo sulla ripresa della produzione industriale e sulla maggior fiducia verso alcuni settori come quello dei servizi, non trovano riscontri di altrettanta portata nelle decisioni che le aziende devono prendere per assumere. Nel caso delle pmi, si assiste a richieste di lavoratori in somministrazione che però si differenziano molto dal passato. A livello territoriale, fatte salve due regioni del Nordest e l’Emilia Romagna, in tutte le altre si può dire che le richieste di lavoratori in somministrazione temporanea si stanno attivando a macchia di leopardo».

Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia

Eugenio Filograna, fondatore di Workforce

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Forum lavoro

Quali sono le posizioni lavorative che in questo momento offrono maggiori possibilità di collocamento? E in quali, invece, si incontrano più difficoltà nel rintracciare profili adeguati?

gni territorio ha le sue caratteristiche a cui noi ci adattiamo. Ad esempio, nei database delle filiali del centro di Milano dominano le figure impiegatizie: ragionieri o addetti alle paghe. Se ci si sposta in provincia, è più facile trovare richiesta per un operaio meccanico, un fresatore o un tornitore. Più difficile collocare un laureato in materie umanistiche perché oggi si cerca sempre più personale specializzato. Pertanto, lo scoglio da superare è il disallineamento tra quanto offre il mercato e quanto ancora propongono gli istituti scolastici. L’assorbimento occupazionale può essere garantito solo se “si è bravi in qualcosa”»

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Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis

l mercato oggi richiede per lo più profili con know-how di tipo tecnico-pratico, nei settori Ict ed engineering. In ambito Ict, i più ricercati sono sviluppatori Java, sistemisti e analisti funzionali. In ambito engineering si cercano project engineer, process engineer, programmatori di produzione, tecnici commerciali e sales, installatori. Per i giovani le opportunità sono in ambito ingegneristico meccanico, elettrico e informatico, marketing, sales, controllo di gestione e supply chain; per tutti è richiesta mobilità nazionale e internazionale e conoscenza dell’inglese. Le maggiori opportunità sono per gli ingegneri, presenti sul mercato in numero limitato rispetto alle richieste».

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Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group

Quali i vantaggi del contratto di lavoro in somministrazione? È possibile quantificare in quanti casi essa si trasforma in un rapporto lavorativo stabile? a somministrazione rappresenta per le imprese un’efficace forma di flessibilità regolare allo scopo di introdurre risorse umane selezionate e immediatamente operative per il contesto produttivo in cui vengono richieste. Sottolineo regolare perché le agenzie rappresentano la buona flessibilità, essendo regolarmente iscritte a un albo e col rischio di vedersi revocata la licenza qualora non ottemperano agli obblighi prescritti. Inoltre, non siamo da considerare precari, ma transitori, perché grazie a un lavoro di somministrazione il 10 per cento delle nostre persone mediamente dopo 90 giorni di missione riceve un’offerta di lavoro stabile da un cliente». - RR

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Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis

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l lavoro in somministrazione è una forma di flessibilità buona e tutelata. Il lavoratore ha uguale inquadramento, per legge, del collega a tempo indeterminato. Inoltre, il contratto di somministrazione prevede un sistema di welfare di categoria che lo rende più tutelante rispetto, ad esempio, al contratto a tempo determinato. Riguardo la trasformazione in rapporto lavorativo stabile, prima della crisi Assolavoro parlava di un terzo dei lavoratori che poi trovavano un’occupazione direttamente nell’azienda. Chiaramente la crisi ha cambiato alcuni equilibri: sottolineo, però, che la trasformazione in rapporto stabile dipende anche da fattori come il livello di specializzazione del lavoratore».

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Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group


ebbene la dissipazione cresca, esiste ancora il cosiddetto “mismatch”, in base a cui circa 50mila posti non vengono soddisfatti perché le aziende richiedono competenze molto specifiche soprattutto nel farmaceutico, nel fashion. Ma ci sono anche nuovi profili altamente qualificati che devono rispondere a domande emergenti legate all’innovazione e alla trasformazione digitale, penso al cloud computing, agli specialisti di sistemi, ai big data, al mobile, al social. Nuove figure su cui le aziende necessitano di strutturarsi, perciò le richieste crescono. Comunque, non bisogna dimenticare che oltre le hard skills, le soft skills restano la priorità: flessibilità d’inserimento, capacità di lavorare in team e sotto pressione, approccio problem solving».

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ipende molto dalla provincia. In generale, le opportunità di lavoro si concentrano nel commercio, nella metalmeccanica ed elettronica, nei servizi operativi e per la persona, nel turismo e nella ristorazione. Le richieste delle aziende sono rivolte a personale qualificato ed esperto, mentre in passato prevalevano ricerche di personale da formare o per mansioni di basso livello, senza grosse competenze. Abnorme è il numero di curricula ricevuti quotidianamente di giovani con o senza esperienza, laureati, e talvolta plurilaureati, che si propongono per qualsiasi lavoro. Numerose anche le proposte che evidenziano competenze tecniche specialistiche ed esperienze lavorative pluriennali, di persone anche ultracinquantenni».

Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia

Eugenio Filograna, fondatore di Workforce

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+20%

L'aumento dei contratti di somministrazione lavoro sottoscritti tra il 2012 e il 2013

l vantaggio è duplice: elevata flessibilità per il fronte aziende, garanzia di continuità occupazionale per i lavoratori, perché quando il contratto scade il nostro obiettivo è ricollocare. Le aziende hanno la possibilità di accedere nel giro di poche ore a risorse ben profilate, il che consente loro di accettare più commesse senza il problema della gestione dell’addetto. Al lavoratore, invece, forniamo un welfare aggiuntivo: spese mediche rimborsate, spese del nido coperte fino a 80 euro al mese fino al terzo anno d’età, accesso al credito facilitato dei nostri fondi bilaterali. Quanto alle assunzioni, nel 2013 abbiamo convertito in tempo indeterminato il 30 per cento dei lavoratori, di cui 2.300 assunti direttamente come Adecco negli ultimi 18 mesi».

vantaggi derivano in primis dall’attenta analisi delle necessità dell’azienda cliente e dallo studio di soluzioni personalizzate per fornire, in breve tempo e con la massima flessibilità, i lavoratori più idonei al minor costo possibile del lavoro. L’azienda utilizzatrice non ha alcuna incombenza legata alla gestione dei dipendenti somministrati perché i lavoratori vengono assunti da noi; per ogni problematica può usufruire del servizio legale di Ameco, controllante di Workforce, e far fronte a commesse di qualsiasi durata, senza dover assumere direttamente e senza occuparsi di ricerca e selezione. A prova della soddisfazione del nostro servizio, ben il 33 per cento dei lavoratori somministrati vengono poi assunti a tempo indeterminato».

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Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia

Eugenio Filograna, fondatore di Workforce

Dossier Lombardia 2014 • 115


Forum lavoro

In un Paese in cui falliscono più di 50 aziende al giorno, l’outplacement è diventata una priorità. Com’è variata la vostra utenza e quali servizi offrite alle aziende clienti in tal senso?

ero. In futuro la ricollocazione professionale, sia individuale che collettiva, sarà una - se non la - priorità. Per questo lo scorso gennaio abbiamo deciso di rilevare un big del settore come Corium, società che nel 1986, prima in Italia, ha introdotto il servizio di outplacement e che in 25 anni ha supportato circa 1.000 aziende, di cui 150 negli ultimi 3 anni. È ancora un servizio poco conosciuto, specie per le medie e basse professionalità, e quindi occorre che da parte governativa si continui a incentivarlo. Mi auguro che il nuovo ministro Poletti voglia incontrarci, condividere con noi questa strategia al fine di renderlo un servizio pressoché obbligatorio nell’ambito delle politiche attive del lavoro».

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n Italia l’outplacement è un servizio ancora sotto utilizzato. Intoo, la nostra società attiva in questo mercato, supporta nella ricollocazione professionale quasi 3.000 persone l’anno, su un totale di circa 8.000, e questo dà la misura della strada ancora da fare. Questo servizio, che è rivolto a dirigenti, quadri, impiegati e operai per i quali si identifica un progetto di prosecuzione di carriera coerente con l’esperienza, gli obiettivi professionali e le esigenze del mercato, funziona: più dell’80 per cento delle persone affidate rientrano nel mondo del lavoro in circa 6 mesi e mezzo. Ciò significa che per lo Stato l’outplacement consente un risparmio di risorse dedicate alle politiche passive».

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Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group

Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis

Com’è cambiata l’operatività delle agenzie con la legge Fornero? In quali aspetti esse sono state valorizzate, in quali penalizzate e che misure attendete in proiezione futura?

on è cambiato molto in termini operativi. Abbiamo solo confuso di più le idee su presunte nuove formule di flessibilità, quando invece gli sforzi vanno concentrati sulle aziende. Incentivi a pioggia per assunzioni che poi non vengono fatte perché le aziende non hanno lavoro sono inutili. E purtroppo è cambiato poco anche in termini culturali. Una riforma davvero efficace restituirebbe una corretta percezione del nostro operato e ci smarcherebbe dall’etichetta erronea di dispensatori di precarietà. Non dimentichiamo il ruolo sociale delle agenzie in termini di flusso di cassa per le aziende, a cui concediamo dilazioni di pagamento da 30 a 120 giorni. Al governo l’arduo compito di mettere in atto soluzioni efficaci. Solo così sarà la “volta buona” tanto annunciata».

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lla legge Fornero riconosciamo di aver agito su alcuni temi apicali del mercato del lavoro, a partire dalla stretta sulla cattiva flessibilità, facendo emergere di riflesso la differenza con la buona flessibilità, normata e tutelata, rappresentata dalla somministrazione. Ci auguriamo che i prossimi passi restituiscano centralità al contratto a tempo indeterminato, demandando alla somministrazione la gestione della flessibilità e all’apprendistato il ruolo di contratto principale per l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani. Detto ciò, non sono per l’abolizione delle altre forme contrattuali. Ritengo si possano continuare a utilizzare, ma non in modo improprio o, peggio, fraudolento».

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Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis

116 • Dossier Lombardia 2014


ino a pochi anni fa l’outplacement era ritenuto un tema poco rilevante. In Paesi maturi come Usa e Inghilterra cambiare lavoro nell’arco della vita professionale è normale, ma in Italia, vuoi per rigidità del mercato, vuoi per la crisi, non è così facile ritrovare una nuova occupazione. Noi siamo organizzati con Lee Hecht Harrison, azienda che si occupa di migliorare il grado di occupabilità delle persone, renderle più attraenti per il mercato e guidarle in fase di ricollocamento. In più, collaboriamo con Province e Regioni che hanno avviato politiche attive per orientare, ma soprattutto ricollocare, bacini territoriali di disoccupazione e impedire il prolificare del mercato della formazione, che spesso mira a “fare aule” e non altro».

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Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia

ltre al proliferare di aziende in difficoltà, il cambiamento fondamentale sta nella necessità di fornire sostegno psicologico alle persone da ricollocare e un’assistenza che va oltre il tempo formalmente previsto per l’impegno contrattuale assunto. Il servizio di outplacement prevede l’accoglienza del candidato, la comunicazione del progetto e della scelta, l’orientamento, il bilancio delle competenze, la verifica delle aspettative e del mercato di riferimento. I nostri professionisti sono qualificati per svolgere tutte le attività di coaching, counselling e tutoring utili al raggiungimento degli obiettivi prefissati per il ricollocamento delle persone. Ma oggi più che mai sono soprattutto al servizio della persona».

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Eugenio Filograna, fondatore di Workforce

54,7%

Le aziende che si rivolgono ad agenzie per la ricerca di operai e tecnici specializzati, secondo un'indagine Senaf

livello di flessibilità in entrata, la riforma Fornero aveva il chiaro obiettivo di eliminare il paradosso italiano che divideva contratti ad alti diritti e alte retribuzioni da quelli a bassi diritti e basse retribuzioni. Lo scopo è stato raggiunto, riducendo la possibilità delle aziende di strumentalizzare contratti a termine e il nostro settore ne è uscito valorizzato. Quanto ai recenti cambiamenti, l’eliminazione della causale di utilizzo del contratto a tempo determinato è importante, perché era un limite forte che le aziende vivevano e un appiglio a cui i lavoratori si aggrappavano per avviare cause e ottenere indennizzi. Anche la facilitazione dell’apprendistato è un buon passo avanti, ma è presto per darne un giudizio tecnico».

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el complesso la riforma Fornero ha reso più difficoltosa la nostra operatività. Cito ad esempio l’aumento dei contributi sul tempo determinato per incentivare assunzioni a tempo indeterminato. Risultato? Irrigidimento dei meccanismi di entrata e aumento del lavoro irregolare. O l’abolizione dei contratti di inserimento che consentivano sgravi contributivi alle aziende per l’assunzione di soggetti over 35. Risultato? Unico meccanismo di entrata nel mercato del lavoro è l’apprendistato, applicabile però solo agli under 29. Per la verità, qualche miglioramento c’è stato: sono diminuiti gli intervalli obbligatori tra un contratto e l’altro e la causale non più obbligatoria in caso di un primo contratto inferiore ai 12 mesi, non prorogabile».

Federico Vione, amministratore delegato di Adecco Italia

Eugenio Filograna, fondatore di Workforce

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Dossier Lombardia 2014 • 117



FOCUS BERGAMO Tra i vincoli del patto di stabilitĂ e le istanze delle imprese, la provincia orobica tenta di dare una risposta alla crisi partendo delle enormi potenzialitĂ espresse dal territorio

Dossier Lombardia 2014 • 119


Focus Bergamo • La spending review del Comune

Ridurre gli sprechi garantendo i servizi 3 mln

L’aumento delle esportazioni italiane verso la Cina

120 • Dossier Lombardia 2014

100

Il numero di dipendenti tagliati dalla spending review del Comune di Bergamo


La spending review del Comune • Focus Bergamo

Razionalizzare le risorse è stata la strategia adottata dall’amministrazione comunale nel 2013 per far fronte alla scarsità di fondi a disposizione

Franco Tentorio, sindaco uscente di Bergamo

7 mln

L’ammontare dei contributi statali che quest’anno lo Stato non ha erogato al Comune di Bergamo rispetto allo scorso anno

l Comune di Bergamo, così come altre amministrazioni locali limitate dal patto di stabilità, nel corso dello scorso anno ha dovuto compiere piccoli miracoli per fare fronte alle spese che una città deve affrontare ogni anno. «Abbiamo garantito gli stessi servizi – spiega Franco Tentorio, sindaco uscente di Bergamo – con una riduzione di 100 dipendenti, due assessori, tre dirigenti e 7 milioni in meno di contributi dallo Stato. Bergamo non è una città povera, ma con crescenti sacche di povertà».

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INVESTIMENTI Gli interventi programmati per il 2014 sono stati ridotti all’osso proprio a causa dei fondi bloccati. «Allo stato attuale, con il patto di stabilità e 90 milioni “sequestrati” a Roma, le uniche opere che riusciamo a garantire sono quelle inserite nel piano del 2012, più alcune priorità del 2013 e nulla più. Manutenzioni incluse» ha ribadito Tentorio. L’Accademia Carrara, la risalita per Città Alta, la biblioteca Mai, il polo intermodale alla stazione ferroviaria erano le opere previste dal mandato. «La stazione, piaccia o no, è fatta. Sulla Mai si sta lavorando. La Carrara è un cantiere complesso: si sfora il programma di tre mesi e per la Fondazione ho trovato personalmente due sponsor. Con i soldi a disposizione, abbiamo fatto tutti, dico tutti, gli interventi disponibili». Per quanto riguarda l’edilizia scolastica, il primo cittadino individua una priorità: «Una delle opere più importanti che stiamo portando avanti è la nuova Codussi, ma è già finanziata per tre milioni. Altri interventi sono in previsione». RAZIONALIZZARE LE RISORSE Realizzare alcune opere senza rinunciare ai servizi necessari ai cittadini è stata quindi la priorità di quest’anno per l’amministrazione orobica, ma se non si sbloccheranno fondi sarà dura anche per l’anno in corso: «C’è assoluta necessità di attenuare

Dossier Lombardia 2014 • 121


Focus Bergamo • La spending review del Comune

Bergamo al voto Sono 1.043 i Comuni della Lombardia che domenica 25 maggio dovranno rinnovare la giunta e il sindaco. Tra loro anche Bergamo, la cui gestione negli ultimi 5 anni è stata affidata al centrodestra. Franco Tentorio, attuale numero uno di Palazzo Frizzoni, ha recentemente ufficializzato la propria ricandidatura. Per il centrosinistra, il principale antagonista sarà Giorgio Gori, vincitore delle primarie e appoggiato anche da Sel e Psi. Infine, oggi gli altri aspiranti sono Marcello Zenoni del Movimento 5 Stelle, Mirko Isnenghi per la lista civica “Rinasce Bergamo”. L’altra lista civica, “Bergamo Cambia”, non ha ancora scelto il suo candidato.

il patto di stabilità, altrimenti non avremo più un euro nemmeno per le manutenzioni straordinarie. Dobbiamo essere seri - ha ribadito il primo cittadino - non abbiamo fatto la furbata di aumentare l’Imu come altri Comuni. Allo stesso tempo però dobbiamo denunciare le crescenti difficoltà future. Se non ci liberano soldi rischiamo di avere una città più brutta». SICUREZZA Anche sotto il profilo della sicurezza si è fatto quel che si è potuto. Potenziamento della videosorveglianza, coinvolgimento dei giovani e un occhio di riguardo per gli anziani

sono i progetti di cui si parla nell’ottica di un eventuale nuovo mandato. Agli abitanti delle vie che sorgono attorno al Portone del Diavolo Tentorio risponde: «Il quartiere gode di una particolare attenzione da parte delle forze dell’ordine anche in virtù della vicinanza del Sert che attira inevitabilmente in zona numerosi consumatori di sostanze stupefacenti. L’amministrazione comunale sta valutando il potenziamento della videosorveglianza. Gli immigrati sono inseriti nella comunità anche grazie all’aiuto fondamentale della parrocchia». OBIETTIVI PER IL FUTURO Le elezioni amministrative si stanno avvicinando e domenica 25 maggio i cittadini di Bergamo saranno chiamati a votare per il nuovo sindaco. Tentorio ha recentemente sciolto la riserva sulla sua ricandidatura per il centrodestra, annunciando un obiettivo irrinunciabile per il suo eventuale prossimo mandato: «Occorrerà garantire i servizi sociali allo stesso livello di quello attuale. In questi anni, con 7 milioni in meno dallo Stato solo l’anno scorso, non abbiamo alzato tasse e tariffe, mantenendo i servizi e aumentandoli addirittura. Questa è la grande vittoria della mia amministrazione». Nicolò Mulas Marcello

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L’export sostiene la ripresa • Focus Bergamo

Uno sguardo al futuro per le imprese orobiche Arginare la crisi e prepararsi a Expo 2015 sono gli obiettivi principali della Camera di commercio di Bergamo. Giovanni Paolo Malvestiti spiega le iniziative messe in campo Giovanni Paolo Malvestiti, presidente della Camera di commercio di Bergamo

e oltre 90mila imprese bergamasche stanno ancora facendo i conti con la crisi. Ma ci sono alcune buone notizie. Segnali di ripresa sono emersi nell’industria manifatturiera, soprattutto quella che esporta, nell’ultimo trimestre del 2013 con un buon recupero dei livelli produttivi (+3,5% su base annua). «La situazione – sottolinea Malvestiti, presidente della Camera di commercio – è invece ancora difficile nell’artigianato, nell’edilizia, nel commercio, nei servizi e in genere per tutte le imprese, soprattutto quelle piccole, che dipendono dalla domanda interna». La crisi ha imposto un salto di qualità nelle azioni da mettere in campo per la crescita del sistema produttivo. Come si è mossa la Camera di Commercio? «L’ente ha operato concentrando il più possibile la propria capacità di ascolto diretto dei bisogni delle imprese e attivando una serie di risposte rapide e concrete a tali fabbisogni attraverso il coinvolgimento della propria azienda speciale Bergamo Sviluppo. Occorre sostenere e rafforzare la competitività e l’efficienza del sistema economico locale, supportando sia la creazione d’impresa sia il consolidamento delle iniziative imprenditoriali già esistenti. Inoltre, è necessario incoraggiare la diffusione dell’innovazione tecnologica in tutti i settori economici, in particolare nelle

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piccole e medie imprese, e promuovere progetti per l’accompagnamento all’internazionalizzazione e all’innovazione delle imprese». Sul piano strettamente territoriale? «Bisogna rafforzare il sistema economico anche promuovendo aggregazioni e reti fra imprese e contribuire allo sviluppo del rapporto fra il sistema del credito e le imprese, favorendo l’avvicinamento al mondo creditizio anche delle pmi. Secondo noi, inoltre, è giusto creare una forte identità e visibilità del territorio bergamasco supportando la crescita dei distretti commerciali e promuovendo il turismo non solo come una delle opportunità di diversificazione rispetto alla crisi, ma come scelta strategica, da perseguire con originalità e con lo sguardo rivolto all’eccellenza. Infine, occorre incrementare la professionalità degli imprenditori e più in generale delle risorse umane operanti nelle imprese della provincia mediante progetti formativi e di accompagnamento mirati». Anche dal punto di vista occupazionale si soffrono i danni della recessione. Cosa si prevede per il futuro? «Il tasso di disoccupazione a Bergamo ha raggiunto nel 2013 il 7,4%, inferiore alla media nazionale ma elevatissimo nel confronto storico. Inoltre, è ancora molto alto il ricorso alla cassa integrazione. Temo che ci vorrà del tempo prima

Dossier Lombardia 2014 • 123


Focus Bergamo

+3,5%

L’incremento su base annua dei livelli produttivi dell’industria manifatturiera nell’ultimo trimestre del 2013

7,4%

Il tasso di disoccupazione raggiunto a Bergamo nel 2013

Occorre dare forte visibilità al territorio bergamasco che la ripresa si consolidi e si estenda dall’industria agli altri settori: dovremo quindi convivere nel 2014 con una situazione ancora critica dal punto di vista occupazionale». Il mese scorso Bergamo ha dato il benvenuto al primo evento collegato all’Expo 2015. Quali opportunità può rappresentare questo evento per le imprese locali? «Il “Clusters participants meeting” ha rappresentato il primo vero momento di contatto fra Expo 2015 e la nostra realtà. Abbiamo fortemente voluto che l’evento fosse organizzato a Bergamo in considerazione di alcuni obiettivi fondamentali. Il primo era quello di entrare nel circuito comunicativo di Expo, il secondo era quello di far conoscere Bergamo e il suo territorio ai 300 delegati arrivati da 74 nazioni affinché potessero svolgere nei loro paesi la funzione di ambasciatori della nostra ricchezza culturale, paesaggistica ed enogastronomica, anche in funzione di un loro ritorno da turisti durante il periodo dell’Esposizione universale. Sotto

124 • Dossier Lombardia 2014

questo profilo abbiamo svolto una fitta attività di marketing con proiezione di filmati, distribuzione di materiale e visite guidate; inoltre, nei giorni del meeting la città si è aperta a Expo con interessanti iniziative portate avanti dalla rete commerciale anche oltre il normale orario di apertura degli esercizi». Possiamo fare un primo bilancio? «Abbiamo cercato di far conoscere ai delegati, molti dei quali erano rappresentanti governativi, le potenzialità delle nostre imprese con riferimento allo sviluppo dei rispettivi paesi e abbiamo creato un momento di rappresentazione generale del nostro sistema economico-produttivo e numerosi incontri b2b con imprese o rappresentanti di settori economici. Nel complesso sono molto soddisfatto, abbiamo seminato bene e sono convinto che raccoglieremo buoni frutti». Nicolò Mulas Marcello


La voce degli artigiani • Focus Bergamo

Ultima chiamata per il governo Le istituzioni del territorio stanno facendo il possibile, ma senza interventi decisivi a livello centrale le piccole imprese continueranno a soffrire. Il punto di Angelo Carrara

n territorio attivo e variegato come quello bergamasco non vuole arrendersi alla crisi e cerca di aggredirla con le proprie armi, in attesa di interventi da parte del governo. In un mercato interno fermo, l’economia di Bergamo consolida la quota orientata all’export, basti pensare che nell’ultimo trimestre 2013, il commercio con l’estero delle pmi lombarde ha avuto un incremento del 3% contro un decremento dello 0,1% dell’export totale del manifatturiero lombardo. «Si tratta – sottolinea Angelo Carrara, presidente di Confartigianato Bergamo – di un chiaro segnale di dove si sta posizionando il mondo del lavoro. Certo è che se non si interverrà per far ripartire anche il mercato interno il quadro non potrà che deteriorarsi». La morsa delle tasse è sicuramente una delle cause principali della chiusura di tante piccole imprese. Quali sono gli altri ostacoli? «Al di la di quello delle tasse, che è ormai un annoso problema, sicuramente quello che incide è la burocrazia, e in generale la difficoltà di fare impresa, calcolando che in un contesto di mercato globale il costo del lavoro, gli oneri impropri, il prezzo dell’energia, la carenza di infrastrutture, l’arretratezza digitale sono sicuramente ostacoli pesantissimi». Qualche settimana fa anche gli artigiani sono scesi in piaz-

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3%

Incremento dell'export delle imprese lombarde nell'ultimo trimestre 2013

Angelo Carrara, presidente di Confartigianato Bergamo

za a Roma. Cosa chiedete al governo? Quali sono le priorità? «Bisogna chiedere con forza al governo che il lavoro e l’impresa vengano messi al centro della discussione: senza impresa non si crea lavoro e senza lavoro non c’è futuro né per noi né per i nostri giovani. A differenza di altre manifestazioni dove si esprime solo protesta, con la nostra presenza a Roma abbiamo voluto comprovare con forza il disagio che da troppo tempo stiamo provando, siamo veramente all’ultima chiamata». Le istituzioni del territorio cosa stanno facendo? «Stanno facendo il possibile, a partire dalla Camera di commercio, le associazioni di categoria sono dirette ad accompagnare le imprese a comprendere i nuovi scenari, c’è un forte impegno verso la formazione, l’innovazione e internazionalizzazione. Cerchiamo di proporre nuovi modelli operativi di crescita, anche utilizzando le diverse forme di aggregazione, come i consorzi e le reti d’impresa». Nicolò Mulas Marcello

Dossier Lombardia 2014 • 125




Agroalimentare • Rilanciare il settore primario

Serve una strategia agricola nazionale Per cogliere le sfide dell’Europa e dei mercati internazionali, occorre una programmazione efficace che favorisca il rilancio dell’agricoltura. Lo sostiene Mario Guidi, presidente di Confagricoltura resce costantemente la quota di export agroalimentare sul totale, che dall’8 per cento nel 2011 sale all’8,5 nel 2013 (da gennaio a ottobre). Ed è a partire dalle incoraggianti performance sui mercati esteri dell’agricoltura italiana che va improntato un cambio di marcia per il settore primario, in direzione di una maggiore competitività. A invocare quest’accelerazione è Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, che nel tirare le somme del 2013, chiarisce l’azione necessaria al sistema agricolo nazionale per recuperare in termini di reddito, occupazione e investimenti: «Abbiamo bisogno di parlare di rilancio della crescita, di lotta alla disoccupazione, di riforme, di credito». Per il numero uno dell’organizzazione de-

C

Mario Guidi, presidente di Confagricoltura

128 • Dossier Lombardia 2014

gli imprenditori agricoli, si deve intervenire non solo per rafforzare i processi di internazionalizzazione, ma anche per attuare un deciso incremento in ricerca e innovazione, attuando un maggior coordinamento a fronte delle politiche europee. Un passaggio imprescindibile è poi il superamento dei freni che bloccano pesantemente il sistema Paese, così come l’agricoltura: l’eccessiva burocratizzazione e una fiscalità penalizzante. Che 2013 è stato per il settore primario? E quale scenario prevede per il 2014?

«Il 2013 è stato per l’agricoltura un anno da dimenticare, per gli effetti perduranti della crisi e il susseguirsi delle calamità naturali che hanno fatto perdere reddito e occupazione. Nei primi nove mesi dell’anno il valore aggiunto agricolo è sceso dell’1,4 per cento e anche se è andata decisamente meglio di quanto è accaduto in altri settori e anche rispetto all’economia in generale, tuttavia il dato negativo si somma a una serie di flessioni che durano ormai da troppi anni e che evidenziano un calo di produttività che va sanato quanto prima. L’analisi della crisi in cui an-


Rilanciare il settore primario • Agroalimentare

L’agricoltura ha un ruolo centrale nelle politiche europee

cora siamo immersi è drammatica. I nostri conti pubblici non sono risanati: sono migliorati alcuni trend, grazie al sacrificio fatto dalle famiglie e dalle imprese nel 2012 e 2013, miglioramenti che troviamo riflessi in uno spread stabilmente più basso. Un dato certamente positivo, ma che non basta per dare respiro all’economia reale. Deve scendere anche il costo del denaro, per dare credito ai cittadini e alle imprese, e che nel settore agricolo, in particolare, ha un peso troppo forte. Servono politiche per una massiccia iniezione di liquidità nel sistema e misure straordinarie per cogliere la ripresa. Voglio comunque essere ottimista per il 2014, perché ci sono segnali incoraggianti

e vedo nella gente tanta voglia di ripartire». L’agricoltura italiana tiene le porte aperte all’Europa. Di fronte alla nuova Pac, quali sono le prospettive? «Confagricoltura è aperta all’Europa e attenta alla globalizzazione. L’agricoltura ha un ruolo centrale nelle politiche europee e dovrà averlo anche in quelle nazionali. Nella riforma delle politiche agricole comunitarie un ruolo centrale è assegnato alle scelte dei singoli Paesi. Occorre, quindi, alzare il livello di attenzione oltre che sul fronte della negoziazione europea, anche su quello della politica economica e agricola nazionale. Per l’Italia ci sono in ballo 5 miliardi di

euro l’anno, da abbinare ad accorte e funzionali strategie pubbliche e private di medio e lungo periodo per il settore primario. Quello che chiediamo è la programmazione strategica che è mancata e che ha portato, di fatto, a un indebolimento del sistema produttivo agricolo, l’esatto contrario dell’obiettivo della Pac. Occorre, dunque, guardare a Bruxelles, ma anche a Roma e alle politiche regionali dei piani di sviluppo». I prodotti agroalimentari italiani conquistano sempre più i paesi stranieri. Dove intervenire per incrementare ulteriormente la voce esportazioni: accordi commerciali, misure più efficaci contro l’agropirateria?

Dossier Lombardia 2014 • 129


Agroalimentare • Rilanciare il settore primario

«Nonostante la crisi, l’export agroalimentare registra elementi di positività che lasciano ben sperare. Nei primi dieci mesi del 2013, le esportazioni sono aumentate del 3,4 per cento rispetto all’anno precedente e quello agroalimentare nel suo complesso (agricolo più trasformati) del 5,5 per cento, con performance decisamente migliori dell’export totale, che è diminuito dello 0,2 per cento. Per proseguire in questa direzione, occorrono certamente misure più efficaci per combattere il fenomeno dell’agropirateria, ma soprattutto bisogna puntare sempre di più sull’internazionalizzazione delle nostre imprese. Bisogna creare occasioni di incontri, fare rete, scambiarsi conoscenze, cercare collaborazioni, trasferire know how. Oltre ai prodotti, bisogna internazionalizzare idee, pensieri e sistemi. Questo è il vero senso - positivo - della globalizzazione. E l’agricoltura potrà giocare un ruolo importante anche negli accordi commerciali, come quello recentemente stipulato con il Canada o quello in via di definizione con gli Usa, e negli equilibri geopolitici mondiali». All’assemblea generale di Confagricoltura ha rimarcato la necessità

130 • Dossier Lombardia 2014

di adottare strategie pubbliche e private per rafforzare e rilanciare il settore agricolo e agroalimentare italiano. Quali i punti essenziali su entrambi i fronti? «È il momento di lanciare un serio programma di politica agricola e industriale fatto di investimenti per la ricerca, le infrastrutture - ma solo quelle necessarie -, assetto del territorio, innovazione. E occorre un governo con

alta forza negoziale per costruire un percorso che consenta di equilibrare meglio i sacrifici, non ancora finiti, ma anche gli investimenti, tutti da fare. Perché abbiamo bisogno di parlare di rilancio della crescita, di lotta alla disoccupazione, di riforme, di credito. Ma occorre un governo che affronti anche i due corto-circuiti che nel 2013 hanno mandato in confusione le imprese: fisco e burocrazia. L’esenzione dell’Imu è stata una battaglia politica che abbiamo vinto, ma ora è giunto il momento di dare certezze alle imprese. Va definito un sistema che resista alle prossime leggi di stabilità e consolidi una fiscalità giusta e proporzionata, che non penalizzi, anzi incoraggi investimenti e nuova occupazione. E va definitivamente messa mano a un processo di sburocratizzazione di regole, regolamenti, leggi e leggine, atti amministrativi e controlli, che costano agli imprenditori un’infinità di tempo e denaro, che potrebbero essere impiegati in attività produttive». Francesca Druidi


Il ruolo dei consorzi di tutela • Agroalimentare

Dop e Igp, l’Italia a tavola L’obiettivo dei consorzi di tutela è quello di salvaguardare la qualità dei prodotti a denominazione d’origine e valorizzare i marchi italiani nel mondo prodotti enogastronomici italiani di qualità riconosciuta conquistano sempre di più anche i consumatori esteri. Importante è l’opera di sensibilizzazione verso i consumatori sulla qualità dei prodotti, che è anche il primo passo per combattere la contraffazione. «I consorzi di tutela, associazioni di produttori cui vengono attribuite competenze in materia di protezione e valorizzazione delle nostre eccellenze agroalimentari, – spiega Giuseppe Liberatore, presidente di Aicig, Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche - fanno il possibile per arginare fenomeni illeciti e condotte commerciali sleali, soprattutto nei mercati esteri. In questo ambito, tuttavia, appare inadeguato il supporto fornito dalle istituzioni pubbliche». Su quali fronti attualmente l’associazione è più impegnata? «Aicig supporta le iniziative dei singoli consorzi di tutela riconosciuti dal

I

Giuseppe Liberatore, presidente di Aicig

20 mln

Gli investimenti sul controllo e la certificazione dei prodotti italiani in un anno

Ministero delle Politiche agricole. Segue direttamente l’evoluzione normativa a livello nazionale, comunitario e internazionale al fine di tutelare gli interessi rappresentati dai consorzi. In questo contesto, mi preme segnalare l’azione condotta da Aicig in occasione dei negoziati bilaterali promossi dall’Unione europea e da Paesi extra-Ue, finalizzati al superamento di barriere doganali, spesso restrittive, che ostacolano gli scambi commerciali tra le aree geografiche». Oggi in Italia sono 241 i prodotti a indicazione geografica protetta. Come si concretizza l’importanza dei consorzi in Italia? «Se si è giunti a questo traguardo

(sono 260 le dop e Igp italiane attualmente iscritte nel registro europeo delle denominazioni) è importante sottolineare che il valore economico delle nostre Dop e Igp rappresenta quasi il 40% dell’intera produzione certificata europea. L’Italia conferma la leadership continentale per numero di prodotti a Indicazione geografica riconosciuti e per fatturato generato dagli operatori delle filiere produttive coinvolte. Parte di questo valore deve certamente essere ricondotto alle attività dei consorzi di tutela. Da sottolineare, in particolare, lo sforzo portato avanti con costanza dagli organismi consortili per la tutela delle

Dossier Lombardia 2014 • 131


Agroalimentare • Il ruolo dei consorzi di tutela

260

Le certificazioni italiane attualmente iscritte nel registro europeo delle denominazioni d’origine e indicazione geografica protetta

L’Italia è prima in Europa per numero di prodotti IG riconosciuti denominazioni e la difesa dei marchi in tutto il mondo». La qualità è la caratteristica principe di tutte le produzioni certificate e la sua tutela è un tema sempre dibattuto. Qual è la situazione a livello nazionale ed europeo? «I prodotti Dop e Igp italiani sono certamente al vertice, oltre che come valore economico, come livello qualitativo. Non dimentichiamo poi che l’intero sistema investe in controlli e certificazione oltre 20 milioni di euro ogni anno. Ciò per verificare il rispetto del disciplinare in tutte le fasi produttive e per garantire allo stesso tempo il consumatore finale. L’introduzione dell’istituto della tutela “ex-officio” nella legislazione europea costituisce una novità senz’altro positiva nella direzione del perseguimento di una più

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efficace salvaguardia del sistema delle denominazioni. I consorzi di tutela fanno il possibile per arginare fenomeni illeciti e condotte commerciali sleali, soprattutto nei mercati esteri. In questo ambito, tuttavia, appare inadeguato il supporto fornito dalle istituzioni pubbliche». Lei ha dichiarato che la tipicità si difende con l’informazione. Si fa abbastanza informazione sulla tipicità dei nostri prodotti? «Sarebbero opportuni maggiori interventi in tema di informazione del consumatore finale, il quale troppo spesso non conosce le specificità del sistema Dop e Igp. La stessa Commissione europea dovrebbe cercare di individuare delle strade istituzionali per trasferire più facilmente questo tipo di informazioni agli acquirenti. Il cosiddetto

“pacchetto promozione”, attualmente in discussione a livello comunitario, costituisce occasione di rilievo per indirizzare correttamente le risorse finanziarie disponibili verso iniziative orientate alla divulgazione del significato profondo racchiuso nei prodotti ad Indicazione geografica e nei regimi di qualità europei istituiti per la loro salvaguardia. Si potrebbe inoltre ragionare, come è già stato fatto, su una differenziazione dell’offerta sugli scaffali della distribuzione. Quest’ultimo provvedimento consentirebbe di evitare confusione nei consumatori, spesso ingannati dal posizionamento ravvicinato, negli scaffali della Gdo, di prodotti di qualità certificata autentici con improbabili imitazioni vendute a prezzi poco concorrenziali». Nicolò Mulas Marcello


L’industria di marca • Consumi

La garanzia italiana Il punto di Luigi Bordoni, direttore del centro studi Centromarca, sull’andamento dei consumi e sulle scelte strategiche per agganciare la ripresa onostante la riduzione di liquidità, le grandi marche italiane continuano a giocare un ruolo importante nel carrello della spesa. «Non a caso – sottolinea Bordoni – la quota di mercato dell’industria di marca supera il 70% ed è la più elevata d’Europa». Quali elementi favoriscono questa tenuta? «Ogni industria di marca vive di ricerca e innovazione. Offre prodotti buoni e sicuri, sempre in sintonia con la trasformazione degli stili di vita e delle esigenze del consumatore di poter accedere a offerte convenienti». Detto così sembra facile. «Invece non lo è: dietro questo risultato ci sono sforzi importanti per ri-

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durre i costi senza sacrificare l’attenzione per la qualità e l’innovazione. È un impegno che Centromarca pone costantemente all’attenzione dell’opinione pubblica, delle associazioni dei consumatori, del mondo politico e delle istituzioni. Dove c’è un’industria di marca c’è anche un indotto molto importante. Basti pensare alla logistica, alla comunicazione o agli investimenti nel campo della sostenibilità». Resta però il problema del rilancio della domanda. Diverse scuole di pensiero concordano sul fatto che difficilmente potremo tornare ai livelli pre-crisi. Lei cosa ne pensa? «La situazione continua a essere preoccupante e ci vorrà tempo per esprimere nuovamente livelli importanti di crescita della domanda. Soprattutto

Luigi Bordoni, presidente di Centromarca

se non saranno ridotte le tasse sul lavoro e varati provvedimenti che restituiscano alle famiglie maggior potere d’acquisto». Ritiene che si dovrebbe evitare qualunque forma di tassazione sui consumi? «Assolutamente sì, i fronti su cui intervenire sono altri. Abbiamo bisogno di un serio piano di liberalizzazioni per portare la concorrenza in quei settori dal trasporto pubblico alle utilities, dalle farmacie alle assicurazioni - che ancora oggi operano in condizioni protette. Inoltre, servono interventi decisi per ridurre i costi impropri e rendere efficiente la pubblica amministrazione. Più in generale il Paese ha bisogno di maggior rigore e serietà nel controllo della spesa pubblica se vuole essere credibile nel contesto internazionale e consolidare i deboli segnali positivi che l’economia ha registrato negli ultimi mesi del 2013». Nicolò Mulas Marcello

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Investire • Come cambia la geografia finanziaria

Mercati, rischi e previsioni I paesi emergenti, l’Europa dopo lo scoppio della crisi Ucraina e naturalmente anche l’Italia. Sono questi gli osservati speciali nell’analisi di Lorenzo Alfieri, manager di Jp Morgan alla volatilità che ha caratterizzato le borse e i mercati obbligazionari dei paesi emergenti negli ultimi mesi alle possibili conseguenze degli eventi politici sugli scenari europei e italiani. Difficile formulare previsioni sul lungo periodo, ma i mercati sembrano essere tornati a guardare all’Italia con maggiore fiducia. Molti analisti finanziari hanno valutato positivamente la transizione da Letta a Renzi, nell’attesa che vengano definite dal nuovo governo le misure economiche necessarie al paese. Dell’impatto delle scelte di indirizzo politico-economico sull’andamento dei mercati parla Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di Jp Morgan Asset Management, che prende in esame alcuni elementi significativi di questo inizio 2014. Le turbolenze che si sono registrate sui mercati emergenti a causa di diversi fattori, tra cui il tapering della Fed americana, quale evoluzione avranno nel prosieguo dell’anno? «In questa fase i mercati emergenti stanno soffrendo di un certo rallentamento del quadro macroeconomico complessivo. Si sta delineando uno scenario in cui economie abituate a crescere in

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modo vigoroso stanno abbandonando tassi di crescita molto elevati e si sono avvicinati a tassi importanti, ma non così effervescenti come fino a qualche tempo fa. Alcune dinamiche, ad esempio le valute dei paesi emergenti, stanno conoscendo un aumento di volatilità. Ciò non fa che concentrare l’attenzione degli investitori

verso il mondo degli emergenti e si avverte l’esigenza di valutare in maniera più attenta il rischio connesso a questi mercati. Si registra, inoltre, l’uscita di flussi da alcuni di questi paesi in direzione di altri Stati periferici. Anche l’Italia sta beneficiando di questo spostamento. Il prosieguo dell’anno prevede la continuazione, sebbene


Come cambia la geografia finanziaria • Investire

Le pmi italiane hanno ottenuto risultati positivi sui mercati finanziari in termini più contenuti, di questa fase di maggiore cautela verso i mercati emergenti. Di fondo, appare evidente come questi mercati non possano essere presi in considerazione come un fenomeno unico, poiché ogni paese fa storia a sé. Bisogna operare attente valutazioni circa la possibilità di entrare oppure uscire, considerando la posizione dell’investitore». Verso quali paesi emergenti si stanno indirizzando le attenzioni degli investitori in senso positivo? «Grazie ad alcune manovre di politica monetaria piuttosto attente,

l’India, alcuni paesi dell’area asiatica come la Corea del Sud e dell’area latino-americana, quali Messico e Cile, sono territori che, tutto sommato, presentano - in questa fase delicata per i mercati emergenti - alcuni aspetti interessanti e possono rappresentare delle opportunità di investimento. Fino a poco fa, annoveravamo anche la Russia, sulla quale ora naturalmente siamo in fase di attesa». Le previsioni per il 2014 relative ai mercati europei parlavano di lieve crescita economica grazie alla politica di espansione della Bce e di calo dei rischi. Le ele-

Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di Jp Morgan Asset Management

zioni europee di maggio e la crisi Ucraina potrebbero mutare questa situazione? «Dobbiamo riconoscere come, in questo momento, i mercati siano meno attenti alle evoluzioni politiche di ogni singolo paese e in Europa nella sua complessità. Si presta maggiore attenzione ai risultati della politica monetaria della Bce e delle politiche fiscali delle singole nazioni europee per comprendere se e in che misura gli obiettivi siano stati raggiunti e registrare le prime conseguenze delle manovre messe in atto da 2-3 anni in Europa. Situazioni politiche frammentarie o confuse relative ad alcuni paesi non accrescono il timore dei mercati». Con lo spread italiano che scende e i titoli di Stato ritenuti più affidabili dagli acquirenti stranieri, come valuta le condizioni del mercato finanziario del nostro Paese? «La nostra visione sull’Italia è positiva. Jp Morgan Asset Management resta investita sia come titoli di Stato, da circa due anni e mezzo, sia come mercato azionario su aziende soprattutto dell’area medium small cap. Riteniamo, da un lato, che l’Italia per quanto riguarda lo spread abbia tutto sommato un valore abbastanza interessante rispetto a investimenti

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Investire • Come cambia la geografia finanziaria

Formazione finanziaria Sono oltre 4mila i professionisti certificati da Efpa Italia, organismo per la certificazione dei financial advisor (Efa, European financial advisor) e financial planner (Efp) nel nostro paese, affiliata all’European financial planning association. L’Epfa è un organismo preposto alla definizione di standard professionali e formativi per i professionisti dei servizi finanziari nel Vecchio Continente. L’obiettivo è quello di incrementare la professionalità nel complesso e delicato ambito della consulenza nei servizi finanziari, fissando un minimo comune denominatore di competenze e valori a livello europeo. Per diventare professionista certificato Efa o Efp occorre superare un apposito esame. governativi alternativi; dall’altro, le aziende italiane di medie e piccole dimensioni - le abbiamo presenti nei nostri portafogli medium small cap - sono avulse dal quadro macroeconomico e politico italiano, per cui vanno per la loro strada e, i dati lo dimostrano, hanno ottenuto risultati positivi. Anche in questo caso, quindi, si possono prendere strade interessanti, a prescindere dallo scenario nazionale». Dato il quadro attuale, quali strategie di investimento suggerirebbe? «Rimaniamo ancora positivi sul mercato azionario perché il quadro

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macroeconomico generale delinea una crescita, seppur moderata ma comunque consistente in varie aree geografiche - Stati Uniti, Giappone, paesi asiatici, emergenti e non, in parte anche Europa - con politiche monetarie che restano favorevoli alla tendenza. Gli investimenti obbligazionari non risultano, invece, particolarmente interessanti, se non si scelgono alcune specifiche asset class come i governativi dei paesi periferici europei, le obbligazioni high yield o le convertibili, operando quindi un’attenta selezione all’interno del mondo obbligazionario». Francesca Druidi


La finanza comportamentale • Investire

Dove sbaglia l’investitore Scelte rimandate ed eccessiva sicurezza di sé. Sono alcune delle trappole mentali che pregiudicano il comportamento degli investitori. Lo spiega il docente Enrico Maria Cervellati ta conoscendo una fase di crescita la finanza comportamentale, disciplina che unisce economia e psicologia cognitiva per comprendere le decisioni di investimento e il loro impatto sui mercati. «L’approccio tradizionale – rimarca Enrico Maria Cervellati, docente ed esperto di finanza comportamentale – ipotizza che gli individui siano perfettamente razionali e onniscienti. Questa disciplina studia, invece, i fattori che portano i risparmiatori a compiere scelte inefficienti». A influire sono sia fattori cognitivi, cioè di come si ac-

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quisiscono ed elaborano le informazioni, che emotivi. «Questi errori hanno conseguenze sui mercati, come ha dimostrato Robert Shiller, premio Nobel per l’economia 2013». Quali sono gli errori più comuni che oggi i risparmiatori compiono? «Gli errori sono molti. Uno dei più comuni e studiati è l’eccessiva sicurezza nelle proprie conoscenze e capacità, che porta soprattutto chi passa al trading online a movimentare troppo il proprio portafoglio. Ciò conduce spesso a performance nette basse, a causa dei costi di transazione che si sostengono in ogni operazione. Un’altra tipica mancanza è quella di investire una quota troppo ele-

Enrico Maria Cervellati, docente di finanza aziendale presso l’Università degli studi di Bologna e la Luiss Guido Carli di Roma

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Investire • La finanza comportamentale

vata - a volte pressoché totalitaria - del proprio portafoglio in titoli domestici, solo perché ritenuti più familiari. È meglio diversificare a livello internazionale. Più in generale, sembra che i risparmiatori diversifichino in modo naif, dando più importanza alle etichette (i nomi dei prodotti) che al reale contributo in termini di rischio-rendimento al portafoglio». Individua ulteriori atteggiamenti poco lungimiranti? «Ci sono altri due sbagli che si combinano e non permettono di risparmiare a sufficienza per la pensione: l’errore dello status quo, cioè la tendenza a procrastinare le decisioni (anche importanti), e il “present bias”, che spinge a dare troppo peso al presente, sottovalutando le esigenze future. A questi si aggiunge la nota “avversione miope alle perdite”, secondo la quale la paura di perdite di breve periodo porta a non investire a sufficienza in azioni per il lungo periodo. Avendo un orizzonte di investimento lungo, si dovrebbe invece detenere una maggior quota di azionario in portafoglio. Insomma, l’investitore fai da te corre molti rischi, dovuti a entrambi i tipi di abbagli che influenzano negativamente le sue decisioni». Quali sono i modelli comportamentali da seguire? «Spesso la nostra mente ci porta esattamente nella direzione opposta rispetto a quella che dovremmo prendere. Per ovviare ai diversi errori cognitivi ed emotivi, esistono diversi trucchi. A volte sono più generali, altre volte specifici e collegati ai singoli sbagli. Per correggere la tendenza a essere troppo sicuri di sé, è opportuno tenere traccia delle proprie decisioni e stime, andandole a rivedere di tanto in tanto per capire che non si è infallibili. Questo aiuta a risolvere anche l’atteggiamento del senno di poi, per cui riteniamo che quello che sap-

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L’investitore fai da te corre molti rischi dovuti a diversi errori piamo oggi era ovvio anche in passato». C’è poi la naturale tendenza umana a procrastinare scelte anche importanti. «Non bisogna rimandare, ma per esempio occorre iniziare a risparmiare quando si è giovani: anche piccoli importi investiti oggi in un piano di accumulo o fondo pensione frutteranno molto se lasciati investiti per lunghi periodi. Non si deve poi rimanere ancorati al passato o a valori come il prezzo di acquisto di un titolo o di un fondo. Questo ancoraggio mentale è pericoloso, soprattutto se combinato all’avversione alle perdite. È tipico il caso dell’investitore che ha titoli perdenti in portafoglio, ma non riesce a liberarsene ed è tentato a comprarne ancora per tornare in pareggio, aumentando quindi la propria propensione al rischio. Questo comportamento è molto pericoloso e per correggerlo bisogna cambiare il modo in cui si inquadra il problema, non pensando al passato, ma a come in-

vestire il denaro rimasto per il futuro». Quali sono gli ultimi filoni di ricerca della finanza comportamentale? «Una delle tematiche più recenti e interessanti è la previdenza comportamentale, essa studia come i nostri comportamenti sbagliati in ambito finanziario siano ancor più deleteri quando prendiamo scelte in ambito previdenziale. Si utilizzano anche recenti studi di neuroeconomia che mostrano come il sistema limbico del nostro cervello, che governa le nostre risposte emotive agli stimoli, si attivi quando c’è una gratificazione immediata. Ciò contribuisce a spiegare perché quando parliamo di pensioni ci appassioniamo così poco. Ancor più recenti sono gli studi di finanza evolutiva, che spiegano perché il nostro cervello si è evoluto sviluppando una serie di scorciatoie mentali (le euristiche decisionali) che ci aiutano nella vita di tutti i giorni, ma ci fanno prendere decisioni errate e costose in ambito finanziario». Francesca Druidi





Smart cities

Le città alla prova dell’innovazione

Le più smart d’Italia

Economia, ambiente, mobilità, governance, qualità della vita e capitale sociale. Sei parole chiave che determinano il livello di sostenibilità e intelligenza di oltre 100 capoluogo italiani

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Le città alla prova dell’innovazione • Smart cities

ontano sempre più riflessioni e proposte attorno al tema della smart city, una sorta di concetto-ombrello che sfugge a una definizione univoca in quanto, nella sua generalità, copre una vasta gamma di tematiche differenti ed eterogenee. In risposta a problematiche cogenti, quali l’invecchiamento della popolazione, il consumo di suolo, il peggioramento delle condizioni ambientali e la contrazione delle risorse pubbliche, si va affermando la smart city come paradigma in grado di fornire soluzioni innovative per lo spazio urbano. Tre le dimensioni da considerare: quella economica, intesa come implementazione di ricerca e sviluppo, oltre alla capacità della città di attrarre capitale umano e finanziario; quella sociale, intesa come spinta all’inclusione, alla tolleranza, alla costruzione di nuovi modelli di interazione; infine, quella relativa alla governance, che prevede la partecipazione attiva del cittadino. La priorità è posta sull’interazione tra rete e rete e tra cittadino e città. Il movimento è duplice: la dimensione urbana si adatta sempre più alle istanze del cittadino e quest’ultimo diventa, a sua volta, parte attiva e consapevole nel processo di creazione della nuova città sostenibile. A fare da collante tra questi aspetti è l’impiego di tecnologie Ict e di una progettazione sempre più sistemica, sorretta da una visione olistica. Numerosi Comuni e città italiani, in questi ultimi anni, hanno messo a punto misure riguardanti ambiti specifici quali mobilità sostenibile, e-government, efficientamento energetico, gestione integrata dei dati, e puntano per il futuro a una programmazione ancor più integrata. Una fotografia degli sforzi e delle strategie adottate dalle città italiane in termini di mobilità, economia, governance, ambiente, qualità della vita e capitale sociale, la restituisce la classifica sulle città intelligenti ICity Rate, il rapporto annuale redatto da Forum Pa, giunto alla sua seconda edizione e presentato lo scorso ottobre a Bologna. L’indagine 2013 ha riguardato 103 Comuni capoluogo, utilizzando circa 100 indicatori aggiornati. Trento, che conquista il primo posto assoluto, e Bologna, piazzata al secondo (terza per mobilità e governance, quinta per dimensione economica), sono seguite da Milano, Ravenna, Parma, Padova, Firenze, Reggio Emilia, Torino e Venezia. La prima città del Sud, Cagliari, è situata al 47esimo posto, con Lecce alla 52esima e Bari alla 59esima posizione. Siracusa, Crotone, Enna e Caltanisetta chiudono la graduatoria generale. Il gap tra nord e sud è confermato anche nella classifica delle sole dieci città metropolitane, dove si posizionano, in or-

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103

Comuni capoluogo presi in esame dal rapporto IcCity Rate sulle smart city

Smart city come paradigma in grado di fornire soluzioni innovative per lo spazio urbano

dine, Bologna, Milano, Firenze, Torino, Venezia, Genova, Roma (molto distaccata) e ancora più distanti Bari, Napoli e Reggio Calabria. Nel 2013 Milano è riuscita a risalire dal quinto al terzo posto in classifica generale rispetto al rapporto 2012, grazie soprattutto alla leadership sul fronte economico e della mobilità. Il capoluogo lombardo guadagna posizioni nella dimensione ambiente (dove però è ancora 47esima) e nella dimensione governance (15esima), ma perde terreno sotto il profilo della qualità della vita e del capitale sociale. La pubblica amministrazione più smart, trasparente e a misura di cittadino, si registra a Torino, seguita da Genova e Bologna, che scalza Padova. La dimensione della qualità della vita conferma Siena e Trieste nelle prime posizioni, mentre la novità è rappresentata da Trento che sale dal settimo al secondo posto. L’exploit per Trento si replica nella dimensione del capitale sociale, dove primeggiano Ravenna e Bolzano. Trento si conferma al primo posto nella categoria ambiente, insieme a Verbania e Pordenone. In base ad ICity Rate 2013, la strada verso le città intelligenti sconta gli effetti della crisi, che esercita i propri effetti sugli indicatori economici e sulla qualità della vita. Rispetto alla prima indagine effettuata nel 2012, c’è però un elemento incoraggiante: fa progressi la dimensione sociale, intesa come maggior orientamento delle pubbliche amministrazione al coinvolgimento dei cittadini e all’ascolto delle loro problematiche. Con finanziamenti importanti in arrivo dall’Europa per i progetti di realizzazione delle città intelligenti, diventa sempre più importante analizzare le esperienze delle singole realtà territoriali e metterle a sistema per comprendere come programmare in maniera più efficiente gli interventi in ottica smart. Leonardo Testi

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Smart cities • Il contributo dell’industria elettronica

Fornitori di tecnologie

Energia e building, trasporti e mobilità, sicurezza e automazione sono centrali per lo sviluppo delle citte del futuro. In questi settori operano le imprese Anie con soluzioni all’avanguardia ell’esaminare lo scenario delle smart cities non si può trascendere dalla componente tecnologica. Ma l’impiego diffuso delle nuove tecnologie non va inteso solo nella costruzione dello spazio digitale. Nella costruzione delle città intelligenti, le tecnologie vantano infatti ambiti piuttosto diversificati di applicazione. L’industria dell’elettronica ed elettrotecnica può, in questo senso, fornire un contributo determinante nel fornire soluzioni innovative in relazione alle aree di sviluppo delle smart city. Lo spiega il direttore di Anie, Maria Antonietta Portaluri. In che modo le imprese Anie stanno lavorando sugli ambiti di applicazione legati alle smart cities? «Il contributo che l’industria dell’elettronica ed elettrotecnica sta dando al processo verso la creazione di città davvero a misura di cittadino è imprescindibile. In particolare, le aziende si stanno concentrando su mobilità e trasporti intelligenti, automazione di edifici, integrazione delle fonti rinnovabili, generazione distribuita, telecontrollo. L’innovazione applicata al territorio urbano sarà sempre più importante per le città di domani. L’obiettivo è quello di arrivare a un sistema fortemente interconnesso che sia sicuro ed efficiente dal punto di vista energetico. I casi di successo delle nostre aziende sono moltissimi. In generale, è importante ricordare che si tratta di imprese che guardano al futuro, pronte a investire in ricerca e sviluppo quote importanti del fatturato (fino al 4 per cento in media). Da una recente indagine rivolta alle piccole e medie imprese è emerso che, nel primo semestre del 2013, il 70 per cento delle aziende campione di Anie ha effettuato investimenti rivolti ad attività di ricerca e sviluppo, i cui esiti sono visibili a medio e lungo termine». Quali sono le soluzioni tecnologiche più significative e all’avanguardia sviluppate dalle imprese Anie? «Gli ambiti applicativi sono molteplici e spaziano dall’energia ai trasporti, dall’illuminazione pubblica fino all’edilizia. A questo proposito abbiamo costituito all’interno della nostra

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200 mln

Risorse inserite dalla Commissione europea nel bilancio 2014-15 per le smart cities


Il contributo dell’industria elettronica • Smart cities

federazione il gruppo interassociativo “Anie Building”, che si concentra proprio sull’integrazione tecnologica dell’edificio. Sul fronte del building, abbiamo la possibilità di lavorare su un doppio binario: da un lato, con le nuove costruzioni, dall’altro, con la riqualificazione del patrimonio esistente che in Italia è spesso obsoleto, poco sicuro, poco efficiente. Pensiamo, solo per fare un esempio, a quanto lavoro ci sarebbe da fare nell’ambito dell’edilizia scolastica». Per quanto riguarda la mobilità elettrica e i trasporti? «Il potenziale qui è enorme: penso al trasporto pubblico locale - i veicoli driverless sono ormai una realtà quotidiana in una grande città come Milano - ma anche ai veicoli elettrici e a tutto il sistema di ricarica, le famose colonnine che li supportano. Un capitolo a parte è poi costituito dai cosiddetti smart meter, i contatori intelligenti, che permettono un monitoraggio dei consumi energetici estremamente preciso al servizio del cittadino. Sono soltanto pochi esempi che possono far comprendere quale potenziale di sviluppo abbiamo tra le mani». Come può essere migliorato e implementato il rapporto tra mondo produttivo e pubblica amministrazione? «Il territorio italiano si caratterizza per una prevalenza di realtà urbane di medie e piccole dimensioni, condizioni molto favorevoli per fare del nostro tessuto urbano un laboratorio di sperimentazione smart. La pubblica amministrazione si è dimostrata abbastanza sensibile a questa grande opportunità: basti pensare alla pubblicazione nel 2012 del bando Miur “Smart City and Communites” e alla stesura di uno specifico Programma operativo nazionale dedicato alle metropoli. Una riflessione strutturata su questo tema era iniziata già nel 2008, attraverso il cosiddetto Patto dei sindaci, che aveva stabilito quali concetti cardine per lo sviluppo delle città la sostenibilità energetica e quella ambientale. Oggi occorre trasformare quelli che, per ora, sono solo progetti pilota in un modello concreto di sviluppo per tutte le città ita-

4%

Percentuale del fatturato investito dalle imprese Anie in R&S

Nelle città metropolitane italiane vive il 30% della popolazione ed è prodotto il 35% del Pil nazionale

Maria Antonietta Portaluri, direttore generale di Anie Confindustria

liane. Per far questo, bisogna diffondere fin dalle scuole la cultura dell’innovazione e far conoscere le potenzialità offerte dalle tecnologie. Al di là delle singole iniziative di qualche amministratore più o meno illuminato, senza dubbio questo processo deve poi passare attraverso un forte movimento di sensibilizzazione nei confronti dei decisori pubblici. Le città intelligenti sono un beneficio per tutti dal punto di vista economico, sociale e della salute». Sarebbe auspicabile istituire una regia centrale a livello nazionale per quanto riguarda le smart city e i suoi sviluppi? «Sì, un po’ come sta accadendo con l’Agenda digitale. Senza moltiplicare gli enti centrali e governativi, già sovrabbondanti, sarebbe però augurabile prevedere almeno una forma di coordinamento che metta a fattor comune le esperienze virtuose. Inoltre, la Commissione europea ha annunciato 200 milioni di euro di stanziamenti per il progetto sulle città e le comunità intelligenti del programma di

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Smart cities • Il contributo dell’industria elettronica

È tempo di “smart burocrazia” Gli ingegneri sono tra i principali attori dei processi di riqualificazione delle città e di costruzione sostenibile, ma non mancano le criticità da superare ricerca e innovazione “Orizzonte 2020” per il biennio 2014-2015. Sono previsti, nel 2014, 92 milioni di euro per le “Smart cities and communities” e 98 milioni di euro per l’efficienza energetica». Un’occasione da non perdere per il nostro Paese. «I primi bandi per l’accesso a queste risorse sono già stati pubblicati: si tratta di un’opportunità che l’Italia deve cogliere al volo, che interessa tutti, dalla pubblica amministrazione al singolo cittadino, dalle università alle imprese. Il nostro paese troppo spesso si è dimostrato impreparato a saper cogliere le occasioni di sviluppo, anche per la mancanza di adeguati stimoli alla partnership tra pubblico e privato. Se si guarda ai numeri del VII Programma quadro europeo, non si può non notare che l’Italia ha impegnato solo il 40 per cento delle risorse disponibili, piazzandosi al 26esimo posto sui 27 Stati dell’Ue per capacità di spesa. Secondo l’Osservatorio Smart City (fonte Anci), 40 sono le città italiane che si sono dichiarate pronte a diventare smart, ma di esse solo il 31 per cento si è concretamente dotato di una regia politica e organizzativa per la pianificazione di questa grande trasformazione». Francesca Druidi

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on smart city si identifica un’area di ricerca e applicazione dalle enormi potenzialità di crescita. «Le smart cities rappresentano attualmente una grande sfida per gli ingegneri e per tutti i professionisti tecnici» conferma Armando Zambrano, presidente del Cni (Consiglio nazionale degli ingegneri). «Per rendere concreto questo orizzonte di sviluppo è necessario partire da piccoli luoghi di sperimentazione». In che modo? «Non serve partire da grandi realtà ma dai quartieri, creando aree di ricerca applicata dove sperimentare e osservare tutti i comportamenti tecnici e sociali per poterli poi replicare su scala più grande. Luoghi piccoli dotati di infrastrutture intelligenti che emettono e ricevono dati. Questi dati possono essere emessi dai sistemi di erogazione dell’acqua, da quelli di riscaldamento e condizionamento d’aria, dai dispositivi di sicurezza, da strade, ferrovie e aeroporti, dalle apparecchiature per ufficio. Analizzando e incrociando questi dati e creando nuove applicazioni per accedervi, si possono scoprire le inefficienze e individuare aree di miglioramento per ridurre i costi. Sarebbe così possibile ottimizzare l’utilizzo di energia, favorendo spostamenti più razionali o altre svariate applicazioni. A breve le tecnologie potranno consentire di fare tutto questo. Ad esempio, nel quartiere Back Bay di Boston pare stiano lavorando per aiutare la comunità ad adottare la tecnologia delle reti elettriche bidirezionali, più comunemente conosciute come smart grid». Si stanno affermando specifiche soluzioni nell’ottica della smart city? «Uno dei concetti che più mi affascina nell’ambito delle smart cities, e che prendo a prestito dai ricercatori Enea, fa riferimento alla cosiddetta “User produced city”, in base alla

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“Smart Cities and Communities” è l’iniziativa della Commissione europea in cui si propone ai settori dell’energia, dei trasporti e dell’Ict di creare progetti in partnership con le città allo scopo di rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini


L’ingegneria per lo sviluppo urbano • Smart cities

quale il cittadino partecipa attivamente a disegnare la città sulla base delle proprie esigenze e dei propri comportamenti. Naturalmente, la realizzazione pratica di questo concetto risulta abbastanza difficile. Si devono avverare tre condizioni: la prima riguarda la possibilità per il cittadino di interagire agevolmente con le infrastrutture; la seconda che l’infrastruttura sia in grado di raccogliere, elaborare e prevedere le richieste del cittadino; e la terza che vi sia la possibilità di restituire i servizi in maniera dinamica. Un esempio concreto di questi servizi flessibili riguarda le applicazioni nell’ambito dell’efficienza energetica, dove è necessario che i servizi siano forniti con il minor utilizzo di risorse, ma nel luogo dove essi sono richiesti, per tutto il tempo necessario e con la corretta intensità». Quali sono, allo stato attuale, i principali ostacoli sulla strada verso le città intelligenti? «A livello strettamente tecnico, soprattutto in un ambito complesso come quello che riguarda le smart cities, i

Armando Zambrano, presidente del Cni (Consiglio nazionale degli ingegneri)

problemi sono molteplici e di diversa natura. Ma gli ingegneri e gli altri professionisti dell’area tecnica sono in grado di individuare e trovare, quasi sempre, una soluzione soddisfacente a tali problemi. Vorrei sottolineare con forza che gli ingegneri devono potersi concentrare solo sui problemi tecnici e non su altri aspetti che, invece, diventano una loro ossessione. Spesso, infatti, siamo costretti a interpretare norme di legge in continuo mutare, spesso contraddittorie e non al passo coi tempi, o a rincorrere autorizzazioni da parte della Pa che arrivano dopo mesi, se non anni. Questo rappresenta il collo di bottiglia del nostro lavoro che non permette la conclusione di molti progetti tradizionali e, a maggior ragione, quelli dal forte carattere innovativo. Per realizzare le smart cities, oltre la tecnica, serve prima di tutto una “smart burocrazia”». Come smantellare allora l’eccessiva burocratizzazione? «Per sconfiggere o comunque cercare di rendere la burocrazia meno opprimente, è necessario introdurre alcuni meccanismi di devoluzione professionale. Il che significa attribuire ai professionisti specifiche responsabilità, sostituendosi allo Stato nel potere di dare avvio a interventi di bassa e media complessità. Questo permetterebbe di modulare le regole in base al rischio, applicando un principio di proporzionalità, e imprimere un cambiamento importante nel senso di un profondo snellimento e di una semplificazione procedurale della macchina pubblica. Durante l’ultimo congresso della categoria che si è tenuto lo scorso luglio a Brescia, abbiamo presentato i risultati di una nostra ricerca, cui hanno partecipato oltre 8.500 ingegneri». Cosa è emerso? «Tutti gli ingegneri sono pronti ad assumersi la responsabilità di dare avvio alle opere certificandone la conformità a tutte le norme, senza attendere i tempi lunghi delle Pa. At-

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Smart cities • L’ingegneria per lo sviluppo urbano

Rigenerazione urbana Promuovere la sostenibilità ecologica ed economica delle città e del patrimonio abitativo, riqualificando l’esistente. Il ruolo dell’architettura nel percorso verso le smart cities tribuire al sistema professionale il compito di certificare la rispondenza dei progetti alle norme è sì una grande responsabilità, ma certo anche una grande opportunità di sviluppo. E allora quale ambito migliore della smart city, innovativa per definizione, come luogo di sperimentazione di una smart burocrazia costruita sulla devoluzione professionale? Si potrebbe pensare a una sperimentazione congiunta di smart burocrazia e di smart city da attuarsi a livello locale, a livello di quartiere o circoscrizione come accade già in alcune realtà estere dove si sperimentano le smart city. Una sorta di zone franche dalla burocrazia, dove provare a realizzare le infrastrutture tecnologiche innovative tipiche delle smart cities con il contributo fondamentale dei professionisti che ne certificano la loro correttezza normativa, senza o con un minimo intervento della Pa». Francesca Druidi

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ntelligenti, sostenibili, tecnologiche e partecipate: le nostre città hanno le potenzialità per esserlo». A sostenerlo è Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, tutti soggetti impegnati nell’individuazione di tecniche, strategie e proposte per una buona architettura in grado di rispondere all’esigenza di una maggiore qualità della vita all’interno degli ecosistemi urbani. Progetto esemplificativo di questo obiettivo è Riuso, il programma per la rigenerazione urbana sostenibile, «già da tempo elaborato e lanciato dal Consiglio insieme ad Ance e a Legambiente». Nel nostro paese si registrano più resistenze che altrove nell’innovare e nel rileggere lo spazio urbano? «Le città, nel loro complesso, si stanno evolvendo per essere pronte ad assicurare una migliore qualità della vita ai loro abitanti: perché la peculiarità della città intelligente non è solo quella di puntare all’utilizzo di tecnologie di avanguardia, ma di essere socialmente inclusive. Il problema è quello di tornare a investire in modo nuovo e finalizzato all’innovazione secondo uno schema progettuale preciso. Senza dimenticare che è nelle città che vive il 70 per cento degli italiani ed è lì che si produce l’80 per cento del Pil. Nel nostro paese, non si investe nelle città da quasi mezzo secolo. Investire non significa disporre di grandi risorse economiche: investire significa prima di tutto avere in mente un progetto strategico chiaro. Governo e Parlamento devono essere in grado di costruire una strategia coraggiosa e realistica, avviando sperimentazioni concrete con Regioni e Comuni, anche utilizzando il know-how e l’esperienza che gli architetti italiani sono sempre pronti a mettere a disposizione della collettività». Su quali direttrici dovrebbe avvenire il processo di costruzione di una smart city? «C’è un passaggio dal quale non si può prescindere. Le città - intendo le scuole, gli edifici pubblici e le residenze - van-

«I

Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori


Architetture intelligenti • Smart cities

11 mln

Edifici italiani che dovrebbero essere rigenerati

no innanzitutto messe in sicurezza. Per farlo non servono grandi risorse economiche o grandi investimenti da parte dello Stato: servono poche, chiare e semplici leggi, perché la burocrazia è proprio uno dei problemi che blocca la riqualificazione delle città. Quella di aprire subito i cantieri della riqualificazione energetica e antisismica è stata la richiesta avanzata al governo già all’indomani del suo insediamento. Tra i punti della proposta, l’esclusione dal Patto di stabilità degli interventi di riqualificazione energetica e antisismica del patrimonio edilizio pubblico, finanziati dalle Regioni e dagli enti locali; l’istituzione di un fondo nazionale di garanzia della Cassa depositi e prestiti per favorire l’accesso al credito da parte degli enti locali, dei proprietari di abitazioni,

Le residenze Le Albere completate a Trento nell'area ex Michelin

Occorre aprire subito i cantieri della riqualificazione energetica e antisismica

dei condomini; lo snellimento delle procedure con l’introduzione di incentivi per interventi sui condomini. Serve liberare le energie: non si può e non si deve più consumare suolo, bisogna rendere vantaggioso dal punto di vista economico intervenire sull’esistente». In che misura le nuove tecnologie potranno influenzare la progettazione urbana e architettonica delle città del futuro? «Il concetto di smart city racchiude in sé quello di sostenibilità per offrire ai cittadini servizi sempre più innovativi, consentire loro la partecipazione attiva alla vita della comunità e supportare la loro socialità attraverso servizi dedicati. Se il fine è quello di migliorare la vivibilità, il ruolo di internet e delle nuove tecnologie in campo Ict è chiaramente imprescindibile per la realizzazione di questi obiettivi. Alcune città europee, tra cui Amsterdam, Barcellona, Lione, Santander, Birmingham, hanno già attivato programmi specifici per dotarsi di soluzioni che consentano di fornire questi servizi ai propri cittadini. Mentre in Italia il Cnr, in collaborazione con l’Anci, ha recentemente lanciato un programma per dotare alcune città delle più recenti tecnologie per le smart cities. La tecnologia è disponibile, occorre saperla coniugare con la specificità dei territori e con la capacità di ascoltare i bisogni delle comunità. Si tratta di una rivoluzione culturale per la realizzazione della quale la tecnologia da sola, però, non basta». Con quali soluzioni architetti e paesaggisti italiani possono migliorare sensibilmente la qualità della vita nelle città intelligenti? «Il territorio italiano e le nostre città debbono essere trasformate in una miniera di cultura, formazione e bellezza, in una inesauribile fonte di energie anche tecniche e turistiche affinché possano essere volano dello sviluppo economico. Il contributo degli architetti è fondamentale per raggiungere questi obiettivi se, come sta avvenendo negli ultimi tempi, l’architettura torna a svolgere la sua funzione civile, che è quella di rispondere concretamente ai bisogni dei cittadini. Dobbiamo essere capaci - come comunità professionale - di suscitare l’interesse nazionale con proposte e progetti. Per fare questo, dobbiamo uscire dalla logica dell’architettura come esibizione politica nel monumento attraverso la realizzazione di costosissimi musei o auditori. Dobbiamo tornare a parlare delle città e del paesaggio, risolvere i problemi della condizione del patrimonio edilizio italiano, innovare i modelli e le tecniche dell’abitare, promuovere la sostenibilità ecologica ed economica». Francesca Druidi

Dossier Lombardia 2014 • 149


Smart cities • Verso comunità intelligenti

Una governance urbana condivisa

Realizzare un modello di smart community superando il digital divide e sviluppando tematiche innovative, non solo dal punto di vista tecnologico. La visione di Attilio Fontana, presidente Anci Lombardia Osservatorio nazionale Smart City promosso da Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) approfondisce gli aspetti legati allo sviluppo della città intelligente, riportando riflessioni ed esperienze dei Comuni che aderiscono all’osservatorio. Attilio Fontana, sindaco di Varese e presidente di Anci Lombardia, fa il punto della situazione in regione. Quali direttici stanno seguendo i Comuni lombardi nel percorso verso le città intelligenti? «I Comuni lombardi, negli ultimi anni, hanno dimostrato una forte vivacità nel loro approccio alle città intelligenti. Le amministrazioni, anche di fronte a un quadro non sempre chiaro e a risorse spesso scarse, si sono attrezzate per portare l’innovazione e l’accesso alle tecnologie anche dove queste non erano disponibili o non remunerative per il mercato, sviluppando un’ottica di smart city allargata, comunitaria. In particolar modo, si

L’

Attilio Fontana, sindaco di Varese e presidente di Anci Lombardia

150 • Dossier Lombardia 2014

è operato da un lato per migliorare i servizi, rendere le città più sostenibili e vicine alle esigenze dei cittadini e delle imprese; dall’altro, si è operato per rendere possibile l’accesso alle tecnologie in territori dove il digital divide è ancora ampio. I territori si sono quindi inventati soluzioni ad hoc, spesso supportati dalle loro aziende di servizi. In queste partnership si riscontra anche la possibilità di intraprendere nuove azioni». Quali sono le principali sfide da affrontare nell’ambito del para-


Verso comunità intelligenti • Smart cities

digma della smart city? «Emerge innanzitutto l’esigenza di portare l’innovazione tecnologica in tutti i territori. Accanto ad esperienze estremamente positive esistono, infatti, aree a forte rischio di esclusione digitale, spesso determinato dalla scarsa attrattività di questi territori in termini di investimento da parte delle grandi realtà del settore. Se vogliamo che le nostre città diventino intelligenti, sostenibili e innovative, si devono considerare le peculiarità del sistema lombardo, composto in prevalenza da Comuni piccoli e piccolissimi. Diventa, quindi, spontaneo pensare alle smart cities su vasta scala, considerando la cooperazione inter-comunale attraverso le varie forme aggregative previste dalla normativa. Anci Lombardia considera, infatti, decisiva la realizzazione di politiche per la diffusione delle comunità intelligenti, le smart communities, come necessaria integrazione del tema delle smart cities». Come si declinerebbero queste comunità intelligenti? «I Comuni potranno partecipare a questa sfida mettendo a disposizione i loro territori, le loro esperienze e le loro eccellenze, per intraprendere un percorso condiviso con quegli attori che producono innovazione, al fine di favorire l’emersione di strategie organizzative innovative ed efficienti, di processi di governance semplici e sostenibili, di comunità più coese e dove siano disponibili servizi adeguati e di qualità. Siamo convinti che al governo locale spetti la costruzione di una piattaforma di innovazione tecnologica che renda possibile l’accoglimento e lo sviluppo dei talenti, la garanzia di coesione e inclusione sociale, condizione indispensabile nello scenario globale per poter parlare ancora di comunità». Quali sono gli esiti concreti più interessanti che stanno emergendo in questo momento dai Comuni lombardi? «Non è facile elencarli, considerata la notevole frammentazione di queste iniziative. Segnaliamo però l’emergere di alcune progettualità votate alla messa a sistema delle iniziative che i singoli territori stanno attuando. Anci Lombardia, ad esempio, a breve rilascerà a tutti i Comuni un sistema di App in grado di acquisire e gestire centralmente informazioni in modo sinergico. Ciò significa, ad esempio, che acquisendo una volta i dati dal portale open data di Regione Lombardia o gli orari dell’Atm, queste informazioni potranno essere ero-

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Le città lombarde aderenti all’Osservatorio nazionale Smart city dell’Anci

gate sotto forma di App a chiunque sia collegato alla piattaforma di Anci Lombardia. Un’altra iniziativa che consideriamo di grande valenza riguarda il coordinamento e il supporto ai Comuni affinché incrementino la qualità dei dati in loro possesso: condizione necessaria per poi farli dialogare con altri dati ed esporli in formati utili per tutti quei soggetti, soprattutto privati, in grado di acquisirli e trasformarli in servizi che generano qualità della vita ed economia». Oltre a Milano, anche Bergamo, Brescia, Pavia, Varese e la zona della Brianza sono territori dinamici sul fronte smart city. Qual è lo scenario oggi?

Dossier Lombardia 2014 • 151


Smart cities • Verso comunità intelligenti

«La Lombardia esprime, anche sul tema smart city, casi di eccellenza nazionale troppo spesso confinati nell’ambito di centri urbani di medie e grosse dimensioni. Si possono citare anche Cremona, che ha cablato la città con la fibra quando di certo non era di moda, ed esperienze interessanti nella comunità di Iseo. Il nostro territorio avrebbe bisogno di iniziative più convinte e legate alla costruzione di ambiti allargati, nei quali anche i territori più periferici abbiano la possibilità di intraprendere concreti percorsi di innovazione. Occorre lavorare per indurre la creazione di centri di competenza territoriale, nei quali si sviluppino le condizioni per progettare il futuro digitale dei territori e le competenze per governare i molteplici processi legati all’avvio, alla gestione e all’evoluzione di tali sistemi. Processi realizzabili solo in presenza di una regia d’ambito regionale. Anci Lombardia, al fine di contribuire alla messa in rete delle iniziative sviluppate e in corso di realizzazione, ha costituito il Comitato Tematico ReteComuni sull’innovazione tecnologica, un ambiente dove i Comuni possono confrontarsi in modo continuativo sulle esigenze e su nuove progettualità, contribuendo alla costruzione di territori intelligenti alla pari con altri soggetti istituzionali». Francesca Druidi

152 • Dossier Lombardia 2014

Province, l’abolizione che non c’è Le città metropolitane devono rispondere a due urgenze: una economica e l’altra di pianificazione territoriale. Il ddl Delrio su questi fronti è ancora troppo ambiguo a necessità di dotare le grandi aree metropolitane di istituzioni sovracomunali che innovino le pratiche di governance non è nuova. Nasce infatti da molteplici esigenze, ritenute cruciali nell’attuale fase in cui si fa sempre più ampio il dibattito sulla crescita fisica ed economica del territorio, un tema sicuramente complesso perché porta con sé rischi sia per la sostenibilità che per la competitività delle aree urbane. Da decenni la forza economica e politica delle grandi città è intrecciata con le decisioni sulle nuove grandi reti di trasporto e comunicazione e spesso sono ne sono conseguite tensioni territoriali, crescite insediative e trasformazioni disordinate. Per questo servono sistemi di pianificazione in grado di tenere il ritmo delle trasformazioni dei territori. Il disegno di legge proposto dal sottosegretario alla

L

68%

La popolazione dell’Unione europea che vive in regioni metropolitane, dove si genera più dei due terzi del Pil europeo


Aree metropolitane • Smart cities

presidenza del Consiglio Graziano Delrio prova a rispondere a questa esigenza, riducendo la spesa e gli organismi superflui, da una parte, e provando a dare una governance efficace a dei territori inevitabilmente sempre più vasti e diversificati, dall’altra. Roberto Camagni, docente di economia urbana al Politecnico di Milano, fa il punto sul documento approvato alla Camera. «Non si dovrebbero varare riforme istituzionali per risparmiare. Proporre che il sindaco metropolitano e i consiglieri lavorino gratuitamente è banale, quando invece occorrerebbero risorse per uno sviluppo strategico». Uno degli scopi principali del disegno di legge Delrio è però l’abolizione delle province. L’obiettivo viene centrato? «Viene centrato per quanto è possibile con legge ordinaria. Salvo quelle metropolitane, le province divengono delle agenzie territoriali al servizio dei comuni e delle asso-

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Le città metropolitane italiane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Roma e Reggio Calabria

ciazioni di comuni. La parte del disegno di legge che tratta della città metropolitana è più fragile, anche perché sconta un insufficiente dibattito politico sul tema. Certamente questa parte è quella in cui la distanza fra obiettivi e soluzioni appare tale da far presagire un’ennesima occasione mancata per il paese». Uno dei leitmotiv più ripetuti sulle province è che esse rappresentano un costo inutile. Stando al ddl, di quanto sarebbe la riduzione stimata della spesa pubblica? «La riduzione sarebbe risibile, perché permangono necessariamente le strutture e si risparmierebbe solo sul costo delle strutture politiche. Di più, si è avviato uno spreco rilevante di risorse pubbliche, finanziarie e umane, perché da due anni le strutture provinciali sono state delegittimate e additate come enti inutili e costosi. I dipendenti, pagati, sono stati totalmente disincentivati. Inoltre, si è anche indebolita qualunque funzione di pianificazione di area vasta, assegnata ai comuni, cioè a enti non adeguati per questa funzione e in gran parte responsabili per l'insensato processo di consumo di suolo. Tutto ciò mi sembra solo un omaggio a un populismo facile». Quali sono secondo lei i punti maggiormente critici del testo? «Allo stato attuale della legge, approvata solo alla Camera, le città metropolitane sono sostanzialmente province tradizionali, con le stesse funzioni e poche aggiunte, come ad esempio la pianificazione territoriale generale e strategica, una funzione non

Dossier Lombardia 2014 • 153


Smart cities • Aree metropolitane

Si dovrebbero innanzitutto rafforzare le competenze ulla pianificazione territoriale coercitiva che già molte province hanno attuato, come la Provincia di Bologna d’intesa col Comune. Inoltre, dato che i suoi organi politici dovrebbero lavorare gratuitamente, il rischio è che nascano come enti debolissimi. Anche per questo si dovrebbero rafforzare le garanzie di assenza di conflitti d’interesse con gli organi che saranno preposti al loro funzionamento (i sindaci attuali e i consiglieri comunali) anche attribuendo alla città metropolitana alcune funzioni oggi proprie dei comuni e delle regioni, come avviene in Francia. Inoltre, gli statuti delle città metropolitane dovrebbero essere approvati dalle Regioni, che non hanno mai visto di buon occhio la potenziale forza politica delle città metropolitane». Quali funzioni dovrebbero avere le città metropolitane nella gestione dello sviluppo del territorio? «Si dovrebbero innanzitutto rafforzare le competenze sulla pia-

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Le grandi aree metropolitane europee secondo l'Ocse

Roberto Camagni, docente di economia urbana al Politecnico di Milano, da anni studia il tema delle città metropolitane

154 • Dossier Lombardia 2014

nificazione territoriale. In secondo luogo, le città metropolitane dovrebbero essere gli enti deputati alla tassazione delle trasformazioni immobiliari, oggi male utilizzata, con finalità di competizione fra comuni e irrazionalmente bassa rispetto agli standard europei. E poi le politiche di housing sociale, di impiego del patrimonio immobiliare inutilizzato, del consumo di suolo, della gestione delle aree produttive. Infine, si dovrebbe prevedere l'istituzione di un "consiglio di sviluppo" metropolitano con la partecipazione delle parti sociali. Di tutto ciò non si parla nella legge e non si prevede una maggiore attenzione dalla prossima discussione al Senato». Teresa Bellemo



Edilizia • Arredo urbano

Spazi più fruibili Arredare le città con spazi verdi significa migliorare la qualità della vita e dell’ambiente urbano. Il caso della bresciana Deltaparchi, tra ecologia e paesaggio egli ultimi anni il concetto di ‘verde urbano’ ha conosciuto una straordinaria evoluzione, dettata in gran parte dalla ritrovata necessità di fruire dell’ambiente in maniera emozionale e interattiva. Oltre alla componente estetica, ecologica, economica e paesaggistica, la pianificazione e la progettazione di spazi verdi adibiti al gioco e al tempo libero rappresenta una risorsa strategica in chiave urbanistica divenuta ormai imprescindibile. Al verde pubblico, in particolare, viene riconosciuta una grande rilevanza sociologica, psicologica ed educativa che trova conferma nella proliferazione di spazi – come giardini, orti urbani e parchi gioco - pensati per migliorare la qualità della vita e rendere più vivibile le nostre città. Ed è proprio dall’idea di porsi al servizio dell’ambiente, migliorarne la fruibilità, la conservazione e la tutela che nasce Deltaparchi, azienda bresciana specializzata in ambito nazionale ed europeo nel settore dell’arredo urbano, del verde pubblico e dei parchi gioco e forte di un’esperienza consolidata in oltre vent’anni di attività. Lo staff qualificato di Deltaparchi è in grado di offrire molteplici servizi: dalla progettazione alla realizzazione fino alla manutenzione delle aree verdi sia per privati, aziende che enti pubblici. Vivere il verde in piena libertà e sicurezza: è questo uno dei principi ispiratori che hanno portato l’azienda a di-

N

156 • Dossier Lombardia 2014

ventare uno dei leader di riferimento nel settore dell’arredo urbano e della progettazione di spazi verdi. A confermarlo è Riccardo Pedretti, amministratore delegato, che definisce ‘autentiche esperienze di crescita’ i parchi gioco firmati dall’azienda. «Nelle aree progettate per lo svago e il gioco dei più piccoli, in particolare, i bambini possono accrescere la propria autonomia e la fiducia nelle proprie capacità, imparare a stare in gruppo, fare

attività fisiche sane, in piena libertà ma sempre in piena sicurezza. La sicurezza di tutte le nostre attrezzature da gioco, infatti, è certificata e rispondente ai canoni europei». Ogni progetto è un mix di qualità, esperienza, know-how e passione per il verde. «Realizzare aree verdi, parchi gioco o arredare le vie delle nostre città – sottolinea Pedretti – significa imprimere tutta la nostra esperienza in ciò che facciamo, affinché adulti e bam-


Arredo urbano • Edilizia

I parchi gioco rappresentano autentiche esperienze di crescita per i bambini bini possano godere del contatto della natura in piena sicurezza e libertà». Deltaparchi è diventata nel corso degli anni partner delle più importanti aziende italiane ed europee e punto di riferimento per le Amministrazioni pubbliche e per le Aziende di Trasporto Pubblico Locale. «Per queste ultime realtà – sottolinea l’Amministratore delegato – la nostra azienda fornisce tabelle porta-orari per paline di fermata autobus realizzate dalla nostra officina di lavorazioni metalliche. Un segmento produttivo che ci distingue per l’alta flessibilità e personalizzazione, nonché per la rivoluzionaria ‘Deltapaper’, una carta impermeabile e resistente che non necessita manutenzione o ulteriori plastificazioni». In Deltaparchi innovazione e tradizione si fondono in un connubio perfetto. «Il legno – continua Pedretti - è protagonista di molti prodotti ‘storici’ dell’azienda, come panchine, fioriere, cestoni portarifiuti e tanti altri elementi d’arredo per aree verdi. Ma a fianco ai prodotti tradizionali, Deltaparchi è in grado di proporre diverse soluzioni di arredo urbano innovative, come quelle di generazione fotovoltaica, cioè impianti che oltre alla funzione estetica assicurata dal design accattivante, si caratterizzano per l’elevato contenuto tecnologico. Ed è proprio su questa capacità di innovare, pur mantenendo riconoscibile la qualità che da sempre contraddistingue il nostro marchio, che fonderemo le prossime strategie di sviluppo». Erika Facciolla

Il modulo Gastone e, nelle altre immagini, ulteriori progetti della Deltaparchi di Pian Camuno (BS) www.deltaparchi.it

Non solo “giochi” Il sistema Gastone è un modulo fotovoltaico con un pratico vano interno, sfruttabile per molteplici usi come armadietti portavalori, frigo bar, carica batterie, locale rinfrescato. L'idea è di renderlo utilizzabile in svariate location: spiagge, parchi, aree sosta, aree camping, zone montane. È dotato di una cellula interna che può essere declinata a diverse funzioni, come postazione per la raccolta differenziata, stazione di ricarica per i cellulari, urban office, stazione wi-fi.

Dossier Lombardia 2014 • 157


Edilizia • Prefabbricati

Il sistema Sidermajor Soluzioni flessibili, adatte a qualsiasi clima ed esportabili ovunque nel mondo. Carlo Spada illustra una proposta edile affidabile, attenta alla sostenibilità ambientale ed energetica ontro le proporzioni assunte dalla crisi non c’è acrobazia commerciale che tenga: dalle imprese il mercato pretende soluzioni innovative. Il caso della Edilsider mostra come anche in un ambito così colpito come quello edile ci siano spazi fertili per un possibile sviluppo. Il gruppo imprenditoriale lecchese, ora guidato da Carlo Spada, fin dagli anni settanta intuì l’importanza di una proposta inedita che ovviasse alle necessità di realizzare in poco tempo alloggi e servizi per il personale impegnato nelle grandi opere di costruzione. Per questo Edilsider sviluppò uno studio accurato per prefabbricati metallici con caratteristiche tecniche all’avanguardia. «Il risultato di tale studio – ricorda Spada – portò alla creazione del sistema Sidermajor, ancora oggi unico in Europa, che si distingue per l’affidabilità, la solidità, la versatilità e la velocità

C

di montaggio». Ora Edilsider esporta in Europa, Asia, Estremo Oriente, Sud America, Nord America, dov’è presente con sedi di rappresentanza, e in Medio Oriente, Australia e Africa, paesi che ospitano alcune delle unità produttive dell’azienda. «Recentemente – afferma Carlo Spada – abbiamo realizzato un campo logistico per 1,500 persone in Nigeria, 3mila metri quadrati di uffici in Venezuela, 2mila metri quadrati di uffici a Panama, 1,300 metri quadrati di uffici e capannoni in Angola, una cucina per 150 persone in Congo e un campo per

Progettiamo e produciamo tutti i componenti dei nostri edifici prefabbricati modulari 158 • Dossier Lombardia 2014


Prefabbricati • Edilizia

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I Paesi di riferimento per il Gruppo Edilsider

Carlo Spada, presidente della Edilsider Spa di Calolziocorte (LC). Nelle altre immagini alcune realizzazioni dell’azienda www.edilsider.com

600 persone realizzato in 68 giorni per l’Expo 2015. Ma i nostri servizi sono disponibili anche per le realizzazioni localizzate nelle zone più remote del pianeta, come abbiamo fatto con successo per alcuni progetti in Nuova Caledonia, Canada e Australia. Attualmente, abbiamo aperto nuove succursali in Africa, Australia e Nord e Sud America». L’export del gruppo guidato da Spada esporta in 65 paesi, nel tentativo di realizzare comfort abitativo, ecosostenibilità energetica e dei materiali, attraverso edifici prefabbricati modulari. «Il nostro punto di forza – continua il presidente della società – sta nel progettare e pro-

durre direttamente tutti i componenti dei nostri edifici prefabbricati modulari. In questo modo, riusciamo a creare soluzioni flessibili e personalizzate, declinabili in più settori (grandi costruzioni edili e civili, miniere, petrolio e gas, forze militari, agricoltura, emergenze e organizzazioni umanitarie)». L’ultimo prodotto sviluppato dai progettisti Edilsider è il modulo serie 3001. «La nuova serie – spiega Spada – prosegue il percorso iniziato con i moduli serie 2001 e i prefabbricati modulari coibentati serie Sidermajor, i più richiesti e venduti. Le tecnologie recenti ci hanno permesso di dare valore aggiunto ai nostri prefabbricati, dotandoli

di pannelli fotovoltaici e solare termico. Ma è dalla progettazione e dalla scelta dei materiali che iniziamo a curare gli aspetti ambientali. Per esempio, nella pavimentazione dei prefabbricati utilizziamo pannelli in plastica riciclata di nostra produzione. Questi, oltre a essere ecosostenibili, garantiscono la durata delle pavimentazioni anche in condizioni estreme. La scelta dei materiali e delle dotazioni tecnologiche si inserisce poi in un processo produttivo attento a non influire sull’ambiente: nella nostra sede centrale abbiamo realizzato un impianto fotovoltaico da 600 kWp che alimenta l’unità produttiva». Luca Càvera

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Design • Forma e funzione

Emozioni da abitare L’attenzione alla funzionalità cresce, ma secondo Giulio Cappellini il «mix di tecnologia e artigianalità» resta l’asso nella manica del design italiano perimentatore, viaggiatore alla continua ricerca della miscela perfetta fra avanguardia e tradizione, docente in diverse università da Milano a Montreal e uno spiccato fiuto nella ricerca di astri nascenti del design. È il ritratto appena abbozzato di Giulio Cappellini, architetto e progettista simbolo dell’arte creativa italiana, inserito dal settimanale Time tra i dieci trend setter della moda e del design mondiale. Un’autentica icona del lifestyle che negli ultimi tempi, tra l’altro, ha assunto la direzione creativa di una

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260 mq

nuova design school creata presso l’Istituto Marangoni, storica accademia di moda con sedi a Milano, Londra e Parigi. Proprio in virtù di quella sensibilità nei confronti dei talenti che, quando lo colpiscono particolarmente, non esita ad accogliere nel suo portafoglio aziendale. «In passato il nostro design è stato un fenomeno creato da progettisti e imprenditori italiani – spiega Cappellini – ma oggi i designer che confluiscono nell’industria italiana provengono da tutto il mondo». Il design è storicamente un fiore all’occhiello del know how italiano. Quanto il suo valore continua a tro-

La superficie del primo showroom di Cappellini in Asia. È il quarto, all’estero, dopo Parigi, New York e Bruxelles

162 • Dossier Lombardia 2014

vare riscontro nella platea internazionale? «Il valore del design italiano conserva ancora un forte appeal sulla scena internazionale perché continua a lavorare in buona parte su ricerca e innovazione, assumendosene tutti i rischi. L’Italia è l’unico paese al mondo con un’altissima concentrazione di aziende di design». Cosa cerca un consumatore straniero nei suoi lavori e, in generale, nel prodotto di design italiano? «Il consumatore ricerca un prodotto bello e funzionale, ma soprattutto un’emozione, un sogno. Il prodotto italiano deve rappresentare qualità e


Forma e funzione • Design

Il prodotto italiano deve rappresentare qualità e arte del saper fare arte del saper fare, attraverso un mix di tecnologia e artigianalità in grado di rendere l’oggetto un’icona che il compratore estero desidera acquistare». Quali sono oggi i mercati in cui si esporta meglio il nostro design? «Accanto ai mercati maturi ci sono nuovi mercati di grande interesse. L’Europa è sempre stata il primo mercato di sbocco per i prodotti di design italiano ma ora, data la situazione economica generale, è in frenata. Molto interessante è il consolidamento negli Usa e soprattutto le nuove aperture nel far East, in India e in Sudamerica».

Quali regole deve seguire un giovane progettista italiano per aspirare a costruirsi una dimensione sovranazionale? «Deve prima di tutto avere un’approfondita conoscenza storica dei prodotti di design, cercare di capire quali sono i reali bisogni del consumatore finale, creare prodotti significativi ma che possano facilmente per dimensioni e finiture - entrare nelle case di tutto il mondo. Lavorare su una giusta scala e con grande attenzione ai dettagli è fondamentale». A livello di impiego di materiali, quali novità sta sperimentando con la sua azienda e quali sono invece

Giulio Cappellini, architetto e designer www.cappellini.it

le sollecitazioni più innovative che arrivano dall’estero? «Stiamo testando materiali, e soprattutto sistemi costruttivi, innovativi. Pur mantenendo un altissimo livello di qualità, cerchiamo di realizzare anche prodotti più accessibili e certificati che rispondano alle richieste del mercato contract. Stiamo sperimentando con una tecnologia per ora esclusivamente tedesca un sistema di rivestimento degli imbottiti e alcuni materiali ultraleggeri di nuova generazione che rendono i mobili più facilmente trasportabili e stoccabili». Giacomo Govoni

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Design • Il progetto secondo Bellini

Stile provocatorio e contagioso Il gusto irriverente che guida la mano di un protagonista del design italiano come Mario Bellini oggi è sorgente d’ispirazione per progettisti di tutto il mondo ppartiene alla generazione che diede vita al cosiddetto miracolo italiano. Una stagione di risveglio economico e culturale che ebbe nel design una delle sue espressioni più fertili e in Mario Bellini uno degli interpreti più speciali. «Così eravamo considerati noi italiani tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, quando godevamo di una riconoscibilità e specificità senza precedenti» spiega l’architetto e designer milanese, protagonista di un’epoca in cui il genio italiano nel campo della progettazione fu ospitato al MoMa Museum di New

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164 • Dossier Lombardia 2014

York. Era il 1972 e l’architetto Emilio Ambasz curò la grande esposizione intitolata “Italy: the new domestic landscape”, invitando 4-5 architetti italiani perché creassero un’installazione dedicata. «Io realizzai la famosa Kar-asutra – ricorda Bellini – una specie di dream car che negava la validità della vecchia berlinona convenzionale e suggerì l’idea di monovolume che, in pratica, modificò la storia dell’automobile: oggi oltre la metà delle vetture non sono più berline tradizionali, ma trasformabili, dove si spostano gli elementi». Grazie al design, insomma, l’Italia catturò l’attenzione del mondo. Quali nuovi paradigmi portava alla ribalta?

«Il design italiano era rottura delle convenzioni pigre, senza rispetto per il gusto corrente. Provocatorio in senso attivo. Porto l’esempio dei miei lavori, quelli che conosco meglio. Negli anni Settanta disegnai un nuovo sistema di arredi chiamato il Pianeta ufficio, con scrivanie non più rettangolari, ma per la prima volta con un appendice a ricciolo rotondo per le riunioni. Un’invenzione che nel giro di pochi mesi entrò in migliaia di uffici. Altra prerogativa del nostro design era la capacità di reinterpretare la storia dell’arredo con idee nuove: ad esempio il modernismo degli anni 20-30, riletto con fantasia e freschezza».


Il progetto secondo Bellini • Design

Oggi non si parla solo di designer italiani, ma di progettisti che adottano lo stile italiano Mario Bellini, architetto e designer

Come si declina quella storica stagione nello stile italiano di oggi? «Il successo del design italiano è stato talmente endemico e contagioso che oggi conserva certamente inalterato il suo vigore. La differenza è negli interpreti, nel senso che oggi non si parla solo di progettisti italiani, ma di progettisti che adottano il nostro lifestyle, eleggono l’Italia e appuntamenti quali la settimana del design presso il Salone del mobile come assoluto baricentro, ma che possono essere anche olandesi, cinesi, australiani, coreani chiamati dall’industria italiana. In altre parole, il patrimonio di libertà, freschezza, creatività

ruota ancora attorno al Belpaese, ma è tenuto in moto da progettisti sfornati da tutto il mondo. Ai tempi miei, di Castiglioni, Zanuso o Gardella, i designer si contavano su una o due mani. Oggi sono migliaia e mediamente molto preparati». In quali mercati internazionali oggi le sue creazioni, e in generale quelle italiane, sono maggiormente apprezzate? «Di tutti i produttori di arredi, ad andare meglio oggi sono quelli che si riferiscono a un mondo globale. Chi è legato al solo mercato interno soffre molto. Se invece parliamo di realtà affermate come Cassina o Kartell, que-

ste non sono affette dalla crisi, ma godono dell’apertura verso i mercati del ricco Est, della Cina, del Medioriente, degli Emirati Arabi e del Sudamerica. Quanto ai miei lavori, la sedia di cuoio Cab realizzata per Cassina, ad esempio, è prodotta ormai da 30 anni in migliaia di esemplari ed è praticamente universale. Il mondo è davvero globale, anche nei confronti di prodotti semplici come possono essere i vassoi Dune disegnati per Kartell, oggi distribuiti su tutti i mercati internazionali. A dimostrazione che noi accogliamo designer da tutto il mondo, ma poi esportiamo anche in tutto il mondo».

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Gli oggetti firmati Bellini esposti nella collezione permamnente del MoMa di New York

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mastro nuovo dossier febbraio 2014:Layout 1

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Design • Il progetto secondo Bellini

Il successo del design italiano è stato talmente endemico e contagioso che oggi conserva certamente inalterato il suo vigore

Da quali Paesi in questo momento stanno arrivando le migliori idee e suggestioni creative per un design innovativo e funzionale alle esigenze del futuro? «Diciamo che negli ultimi anni c’è stato un faro puntato sull’Olanda, anche per l’architettura, così come sui Paesi scandinavi che hanno prodotti architetti giovani, aggressivi e pieni di inventiva. Anche la Svizzera si è ritagliata una vetrina con Herzog e De Meuron. Fuori dall’Europa i giapponesi sono già collaudati, mentre stimoli nuovi giungono dai cinesi, dagli australiani e dall’area sudamericana. Nel campo delle automobili, la patria

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del design continua a essere la Germania, per quanto andando a scavare si scopra spesso che gli stilisti migliori sono in realtà italiani emigrati che, in colossi industriali iper-strutturati come Audi o Porsche, hanno trovato le condizioni ideali per esprimere al massimo il loro valore». A che punto è l’Italia sul piano della formazione e della preparazione professionale del designer e quali Paesi rappresentano un modello in tal senso? «I nostri istituti sono all’avanguardia. Ci sono 4-5 scuole di fama internazionale, con tantissimi stranieri iscritti. Per non parlare dell’Accademia di Brera, che

conta migliaia di studenti provenienti da ogni continente. Detto questo, la mia visione della scuola è molto relativizzante, per cui ritengo che già vivere a Milano, muoversi, lavorare con la nostra industria e respirare la cultura italiana fornisca un bagaglio di competenze inestimabile. Per me la scuola è tutto, la vita, cosa fai, chi frequenti, cosa leggi. Basti pensare che i grandissimi pittori e architetti del Rinascimento italiano non sono mai andati a scuola. Nascevano con un talento straordinario, il papà o lo zio li mettevano a bottega da un artista noto e là davano alla luce i loro primi capolavori». Giacomo Govoni


Il futuro del made in Italy

• Design

Il lifestyle che vince sul marketing Qual è il valore che rende unico il design italiano nel mondo Secondo l’Adi è l’etica che muove il progettista a mettere lo stesso impegno in un palazzo come in una sedia a 60 anni è l’istituto che conferisce il più antico riconoscimento europeo nel campo del design. È targato Adi, infatti, il Compasso d’Oro, premio che l’associazione per il design industriale assegna ogni tre anni ai lavori che si sono distinti per vena artistica e apporto innovativo. Un appuntamento che mette in vetrina l’eccellenza del settore nel nostro Paese e che per l’Esposizione universale di Milano

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promette sorprese. «In occasione di Expo 2015 – spiega la presidente Luisa Bocchietto – intendiamo lanciare una speciale edizione internazionale del Compasso d’Oro. Stiamo lavorando al regolamento del premio per favorire un dibattito e opportunità più ampie». Qual è oggi il valore del design italiano e come si posiziona sulla scena internazionale? «Insieme al cibo e alla moda, il design è una componente fondamentale del made in Italy che il premio

Compasso d’Oro ha contribuito negli anni a rafforzare. È parte del concetto di lifestyle che identifica il nostro modo di vivere, di comunicare, creare e produrre. Quello italiano, sviluppatosi dal dopoguerra, racconta lo sviluppo del nostro Paese e ne rappresenta gli aspetti economici, artistici e culturali». In quali aspetti lo stile dei designer italiani si differenzia rispetto agli altri? «Il nostro design ha sempre mantenuto un’inclinazione etica derivante dalla professione. La famosa frase “dal cucchiaio alla città” di Ernesto Rogers significa, ieri come oggi, avere lo stesso approccio, sia che si tratti della progettazione di un cucchiaio sia che si affronti il masterplan di una città. Questo aspetto utopico di fondo è rimasto a mitigare il fascino lusinghiero del marketing. Nel resto del mondo il design è considerato uno strumento utile a vendere di più. Invece a noi italiani, imprenditori o designer, non basta fare una bella sedia: vogliamo fare ogni volta la sedia più bella del mondo». Il futuro del design parlerà sempre di più cinese. Quali legami hanno costruito in questi anni aziende e progettisti italiani col mercato asiatico e che margine di

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Design • Il futuro del made in Italy

Senza la protezione del diritto d’autore non si crea valore sui mercati esteri penetrazione resta? «Il mondo asiatico in generale, non solo cinese, vedrà un crescente sviluppo e offrirà tante opportunità di lavoro per designer e aziende italiane. Purtroppo la penetrazione è lenta a causa della mancanza di una strategia coordinata da parte del nostro Paese. Le aziende e i designer, da soli, hanno intrapreso la conquista di questi nuovi mercati ma i piccoli soggetti temono la complessità della lingua e dell’internazionalizzazione. Il margine di

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penetrazione è alto, ma necessita di strumenti che solo una regia di politica economica più consapevole può fornire». Quanto il tema della tutela del marchio industriale si riflette oggi sulla competitività del settore? «È uno dei temi ancora incompresi. Senza la protezione certa della proprietà intellettuale degli autori designer non si crea valore nei mercati internazionali e si è soggetti a essere depredati. Purtroppo in Italia si parla di creatività ma non la si difende,

Luisa Bocchietto, presidente dell’Associazione per il disegno industriale (Adi)

forse perché non la si comprende a fondo. E in più si disattendono in modo autolesionista le normative europee sul diritto d’autore a favore, invece, di chi copia. Anche il brevetto unitario, che con vantaggi di costo permetterebbe di registrare in un Paese a valere per tutta Europa, trova incredibile difficoltà a essere accolto. Sono battaglie che Adi fa insieme al Consiglio nazionale anticontraffazione, di cui è componente, a Indicam, Federlegno e Confindustria, restando inascoltati dal mondo politico». Tra gli obiettivi di Adi c’è la diffusione della cultura dell’innovazione fuori dall’Italia. Attraverso quali progetti la state perseguendo? «La selezione annuale del miglior design italiano porta alla pubblicazione di Adi design index, volume di preselezione per il premio Compasso d’Oro triennale, conosciuto all’estero sebbene riservato al design italiano. La selezione è incentrata sull’innovazione di processi, prodotti e servizi, secondo una linea che seguiremo anche nell’edizione speciale in cantiere per il 2015, con l’obiettivo di portare un contributo al tema di Expo “Nutrire il pianeta-Energia per la vita”. Il cibo è parte dei processi di design che possono coinvolgere il turismo e il nostro territorio, creando crescita sostenibile». Giacomo Govoni



Design • Il salone del Mobile

Il made in Italy in fiera Dall’8 al 13 aprile riapre il Salone internazionale del Mobile di Milano, un’occasione per rilanciare il ruolo da protagonista nel mondo del design italiano ilano si conferma capitale internazionale dell’arredo, l’unica città al mondo che ospita una manifestazione in grado di attirare oltre 300mila visitatori provenienti da 160 paesi. Si presenta così la 53esima edizione del Salone Internazionale del Mobile, che quest’anno andrà in scena dall’8 al 13 aprile, come sempre presso la Fiera di Milano in località Rho. Un appuntamento che per il presidente di FederlegnoArredo, appena rieletto, Roberto Snaidero e il presidente di Assarredo Giovanni Anzani, è irrinunciabile per tutti gli attori principali del settore. «Il salone è di un’importanza indescrivibile – dice Anzani –, diventa l’ombelico del mondo per tutto il design. In più, nonostante i nuovi media mettano ormai a disposizione una velocità di comunicazione impressionante, anche quest’anno ci saranno delle sorprese. Oggi, infatti, le novità delle singole aziende non rimangono nascoste a lungo, perché oggi ogni impresa può creare una vetrina per le innovazioni in tempo reale. Eppure molte novità sono rimaste in serbo proprio per mostrarle in occasione di questo incontro». Qual è il contesto in cui si inserisce l’evento? Roberto Snaidero: «Il quadro generale nazionale è di un settore con circa 60mila imprese con 320mila addetti. Sono tutte medie e piccole imprese ra-

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Photo Alessandro Russotti

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Il salone del Mobile • Design

I tesori del Salone Il Salone Internazionale del mobile di Milano quest’anno sarà suddiviso in tre tipologie stilistiche: il settore Classico, Moderno e Design, con la partecipazione di oltre 1.400 espositori italiani ed esteri. «Tra questi – dice Roberto Snaidero – ci sono le

Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it www.cosmit.it

aziende dell’arredo più importanti, come Hästens e Kvadrat, e del settore moda, come Iittala, Tom Dixon Ferré, Pierre Cardin, Ungaro Ferré. Nomi di fama mondiale che vanno a rendere ancora più ricca la già ampia offerta merceologica».

dicate sul territorio, che derivano da una tradizione antica. Il lavoratore del mobile si trova in tutti i paesi d’Italia, anche i più piccoli, nessuno escluso. E proprio questo ha permesso, nella nostra storia, di creare l’immagine dell’eccellenza made in Italy anche nell’arredamento, rappresentata dal Salone del Mobile, i cui visitatori sono per il 70 per cento stranieri: vengono a vedere cosa fanno gli italiani. Siamo un riferimento per il mercato mondiale». Tutto il comparto quindi fa leva sull’export. R. S.: «Uno dei dati più positivi è certa-

mente l’export in crescita, che si aggira intorno al 3 per cento in più rispetto al 2012, e andiamo ad affrontare i nuovi mercati. La Federazione sta facendo delle missioni all’estero, ma non nei soliti Paesi come Usa, Francia, Germania: oggi ci spostiamo in nuovi mercati, che rappresentano sfide del tutto inedite e con opportunità enormi. Insomma, abbiamo in programma di avvicinarci a quei paesi che potenzialmente recepiscono il prodotto di qualità e di design italiano». Quali sono, a vostro avviso, le caratteristiche che definiscono l’Italia del design? Giovanni Anzani: «L’offerta italiana è unica: oltre all’ingegno, abbiamo maestranze che riescono a lavorare qualsiasi materiale, che sia legno, vetro, marmi, plastiche o nuovi agglomerati. La flessibilità delle nostre produzioni, dall’artigianato alle grandi industrie, permette di realizzare sia il prodotto seriale, comunque fortemente personalizzabile e quasi pret a porter, fino al prodotto artigianale fatto su misura. Insomma, una gamma vastissima sia per qualità che per varietà». Dunque, quando si parla di made in Italy che cosa s’intende esattamente? G. A.: «È una definizione molto larga. Sicuramente si riferisce anche alla capacità di costruire, che deriva dalla nostra storia antica, dai maestri che abbiamo avuto, fin dai grandi nomi del Rinascimento. Tutti i più grandi designer del mondo vengono in Italia realizzando

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Design • Il salone del Mobile

Giovanni Anzani, presidente di Assarredo

I visitatori sono per il 70% stranieri: il salone è un riferimento per il mercato mondiale i loro progetti al meglio delle possibilità estetiche. Il fascino del made in Italy sta in questo: se noi abbiamo una capacità attrattiva è esprimere il design dei grandi maestri italiani, che poi hanno fatto scuola formando interpreti anche stranieri». Sembra quasi che non ci sia nulla che faccia da ostacolo alle nostre imprese. R. S.: «Il problema è comunicare la vasta gamma del design e sotto questa definizione l’arredo, in particolare, è uno dei campi più vasti per varietà di offerta,

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grazie al sistema produttivo. Una possibilità è educare i cosiddetti paesi emergenti alla nostra estetica. In altre parole, dobbiamo tenerci stretto il nostro ruolo di maestri del design: dobbiamo portare tutto il mondo qui per mostrare quello che siamo in grado di fare». Qual è il futuro del design italiano nel vostro campo e che investimento si è fatto? G. A.: «I nuovi talenti sono una fonte di ricchezza per tutto il nostro tessuto industriale e non possiamo permetterci di perderla. Per questo le iniziative sono

I progetti di aspiranti designer valutati nel SaloneSatellite

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frequenti e con un impegno a volte molto dispendioso. Ma danno i loro frutti. Come per il caso del salone Satellite, sempre all’interno del Salone del Mobile, che quest’anno arriva alla quinta edizione. Nel Satellite una commissione seleziona i progetti dei giovani fino ai 35 anni, ad alcuni dei quali diamo la possibilità di trovare delle collaborazioni con le imprese. In particolare, il concorso SaloneSatellite Award premia i 3 progetti migliori attinenti alle merceologie presenti in fiera». Renato Ferretti



Design • Arredo .

Torna il desiderio di matericità Il settore del mobile e dell’arredo trova nelle collaborazioni tra professionisti e nella scelta dei materiali i punti di forza attraverso cui soddisfare le richieste del mercato. Il commento di Daniele Fucili ggi, non si può parlare di tendenza n e l mondo dell’arredo, ma di certo si percepisce la voglia di tornare alla matericità, riscoprendo il legno nella sua forma più vera e cruda, da abbinare ad altri materiali altrettanto autentici, come il ferro». Così, Daniele Fucili, amministratore unico della società Mobili Fucili, delinea le preferenze odierne dei committenti. «Tornare al legno o al ferro è un chiaro segnale della voglia di concretezza; in particolar modo, prediligere il legno significa dare importanza a un prodotto, ed essere certi di avere in casa un valore vero. Il nostro cliente è sempre più informato e preparato, sa che alla qualità è necessario unire un prezzo giusto e, di conseguenza, sente il bisogno di interfacciarsi con personale disponibile e qualificato sia sul fronte emozionale e di progetto che sull’aspetto tecnico ed economico. Per contenere l’inevitabile lievitazione dei costi che la scelta del legno massello porta con sé, consigliamo al committente attento al risparmio un impiallacciato con finitura materica, tradotto poi su mobili più economici con una finitura in laminato che sappia riprodurre fedelmente l’emozione e la sensazione del legno. C’è anche molta voglia di ritorno al colore, che nel nostro

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50%

La detrazione per l’acquisto di arredi per immobili in ristrutturazione


Arredo • Design

I materiali autentici quali legno e ferro sono sempre più richiesti

Sopra, Daniele Fucili, amministratore unico della Mobili Fucili Srl di Gorlago (BG) www.mobilifucili.it

settore è sinonimo di crescita e desiderio di riprendersi e rialzarsi». I vostri progettisti devono concretizzare le esigenze e i sogni della committenza unendo bello e praticità. A tal fine, collaborate anche con architetti e interior designer? «Collaboriamo molto spesso con professionisti del settore; a volte è lo stesso committente che ci indirizza verso un architetto o un interior designer, ma molte altre volte sono proprio i professionisti a mandare da noi i loro clienti. Siamo certi che solo tramite un’attiva collaborazione si sviluppino e creino le soluzioni migliori, quelle capaci di incontrare sia il gusto che l’esigenza specifica dell’utente». Nella scelta dei fornitori tenete conto degli aspetti ecosostenibili? «Per quanto riguarda i fornitori, alla luce della crisi che ha colpito il settore edile e del legno, il primo fattore di scelta è quello di trovare partner solidi, affidabili e in grado di garantire continuità al ciclo produttivo, in modo da consentire alla nostra impresa di presentarsi al cliente efficiente e puntuale. Il tema dell’ecosostenibilità è sentito da molti fornitori, ma ancora non è diventato determinante nel mondo italiano. Certamente rappresenta la nicchia di mercato sulla quale investire per sensibilizzare il privato e la stessa filiera». Quali sono i mercati esteri più importanti per la Mobili Fucili?

«Nell’ultimo periodo abbiamo investito molte risorse verso l’estero, Paesi come la Libia, il Senegal, la Nigeria e il Sud Africa ci hanno visti impegnati a costruire rapporti con interlocutori locali al fine di puntare sulla continuità della collaborazione. Per questi clienti abbiamo cercato di essere non soltanto dei fornitori ma anche e soprattutto dei partner affidabili, puntando sulla nostra conoscenza, capacità, affidabilità e gusto. In Libia abbiamo seguito un’importante fornitura che ci ha tenuti impegnati per ben dodici mesi e che sta giungendo a maturazione proprio in questi giorni». Per concludere, qual è stato l’andamento del vostro business nel corso del 2013? «Nel 2013 abbiamo operato una fortissima attività di marketing, che oltre ai canali che oggi dominano il mercato della comunicazione – social e news letter – si è concentrata anche sugli eventi all’interno dell’esposizione, trasformando l’impresa in uno spazio polifunzionale ricco di attive collaborazioni con eccellenze del territorio bergamasco. Abbiamo cercato di difendere il fatturato del 2012 mettendo in atto diverse strategie, coinvolgendo i nostri clienti e ampliando i servizi annessi al mondo dell’arredo. Così facendo siamo riusciti a ingrandire il parco cienti, espandendo il nostro raggio d’azione al di là della provincia di Bergamo». Emanuela Caruso

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Impresa e territorio

Speciale Tanexpo 2014

56 nazioni rappresentate

200 aziende espositrici

16.800 operatori professionali

23.000 mq di superficie espositiva

Per una nuova cultura d’impresa A Bologna la prima fiera funeraria al mondo per numero di visitatori e superficie espositiva. Una biennale per le migliori imprese e per gli operatori più apprezzati del settore

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Impresa e territorio • Maurizio Cal

Come cambiano i servizi in una società multietnica Come garantire il rimpatrio delle salme degli appartenenti alle comunità straniere in Italia. E le mutate abitudini delle famiglie italiane nell’affrontare il lutto. L’esperienza di Maurizio Cal attuale società milanese è fortemente multiculturale, con circa un quarto della popolazione composto da stranieri. Le diverse comunità sul territorio italiano, per quanto numerose, non rompono mai il legame con la madrepatria e i parenti rimasti in loco. Non stupisce dunque che in caso di decesso nel nostro paese, le famiglie richiedano il rimpatrio della salma, per l’inumazione nella terra di origine. Questo ha spinto le imprese di onoranze funebri a proporre un servizio di rimpatrio che tenga conto in particolare dell’aspetto economico. Un servizio di questo tipo è quello proposto dall’impresa Generali di Maurizio Cal, che ha stretto accordi con numerose istituzioni consolari e associazioni umanitarie, oltre che stipulare accordi commerciali con diverse compagnie aeree. «È nostra cura – spiega Cal – provvedere alla preparazione di tutta la documentazione presso gli uffici comunali e sanitari competenti e presso le sedi consolari, adeguandola alla normativa dei paesi di destinazione, che varia da paese a paese». Secondo l’esperienza dell’impresa Generali, in questo momento le destinazioni di rimpatrio più frequenti sono i paesi dell’America

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Maurizio Cal, titolare dell’impresa di onoranze funebri Generali Srl di Milano impresa.generali@libero.it

Latina (Ecuador, Perù, Brasile, Sri Lanka), del corno d’Africa (Eritrea, Etiopia), nonché l’arcipelago delle Filippine, che a Milano conta una comunità molto numerosa. Se per le comunità straniere l’esigenza principale è quella di poter far rientrare il proprio caro a costi ragionevoli, qual è l’attuale situazione di mercato dell’utenza italiana? «La crisi economica – risponde Cal – ha

contribuito notevolmente a cambiare le tradizionali scelte nell’esecuzione del servizio funebre. Gli aumenti delle tariffe cimiteriali e la carenza di liquidità hanno spinto le famiglie, per esempio, a contrarre la spesa per i decori floreali a vantaggio delle opere di bene. Inoltre, registriamo una maggiore richiesta della pratica della cremazione, che da un’analisi dei dati statistici evidenzia un


Maurizio Cal • Impresa e territorio

Le destinazioni di rimpatrio più frequenti sono l’America Latina e il Corno d’Africa

Assistenza e consulenza L’impresa Generali è presente da oltre 50 anni nel settore delle onoranze funebri, con un servizio professionale dedicato alle famiglie nel momento del distacco dal loro caro. L’impresa offre assistenza con un supporto informativo specifico sui vincoli legislativi, le incombenze burocratiche e un’adeguata consulenza nel periodo post mortem. Inoltre, su incarico, può operare in qualsiasi comune, ospedale, istituto di cura, casa di riposo. Oltre a offrire un servizio specifico per il rimpatrio delle salme all’estero.

aumento costante e rilevante, con percentuali che negli ultimi tre anni hanno toccato anche il 40 per cento. Nell’ottica di rispondere alle nuove esigenze delle famiglie, poi, abbiamo introdotto la figura del cerimoniere. Questo sovrintende, organizza e cura tutti gli aspetti del funerale, con particolare attenzione alla qualità di tutte le forniture e al rapporto con gli uffici pubblici, prov-

vede a tutte le incombenze cimiteriali, redige e pubblica necrologi, assiste la famiglia del defunto cercando di sollevarla da qualsiasi incombenza o problema». Alla luce di questi cambiamenti, come si è evoluto il settore nel suo complesso? «Si è deciso di organizzarsi in società consortili, che consentono di ottenere una risposta formalmente valida innanzi alle

richieste di requisiti strutturali relativi a personale e mezzi funebri delle normative regionali. I consorzi sono, di fatto, contratti fra imprenditori, che istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina e lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. E che consentono di raggiungere obiettivi che nessuna impresa consorziata, da sola, sarebbe in grado di raggiungere. E, a differenza delle società, lo scopo del consorzio non è volto alla realizzazione di profitto, ma alla realizzazione di vantaggi per i consorziati. Fra questi, ottimizzare gli approvvigionamenti, permettendo economie di scala; realizzare investimenti, anche ingenti, ripartendo i costi di ricerca, personale, acquisizione di attrezzature e beni strumentali». Valerio Germanico

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Impresa e territorio • Danilo Valente

Nel rispetto della legge e dei cittadini

Riconoscere ed evitare di alimentare un fenomeno che, oltre a non rispettare il lutto, va contro la legge. Danilo Valente spiega come tutelarsi i sono moltiplicate nelle ultime settimane le notizie di inchieste su quello che è stato definito il “racket del caro estinto”. Limitando il focus alle grandi città, basti citare gli ultimi casi di Roma e Napoli. Negli anni scorsi il fenomeno è stato registrato anche a Milano e già all’epoca dei fatti (che risalgono a fine 2008), la Federazione Italiana Onoranze Funebri (Feniof) parlava non di un fatto nuovo, bensì di un problema che «si ripresenta con una certa periodicità anche in territori diversi». A restare immutata è la vittima, che è sempre il cittadino che ha appena perso uno dei propri cari e sul quale, in un momento di particolare debolezza emotiva, si avventano gli “sciacalli”. Come difendersi? L’abbiamo chiesto a Danilo Valente, direttore dell’impresa di onoranze funebri San Cipriano 1929 di Milano, che sul territorio del capoluogo lombardo e della sua provincia opera dagli anni Settanta e che da allora si è rapidamente affermata come punto di riferimento per l’erogazione dei servizi fu-

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Danilo Valente, direttore dell’impresa di onoranze funebri San Cipriano 1929 di Milano www.sancipriano1929.com

nerari e cimiteriali. Perché esiste questa periodica ricomparsa del “racket del caro estinto”? «Da circa un ventennio, la maggioranza delle dipartite avviene in strutture sociosanitarie, ospedali o case di cura. Sempre più di rado avviene in casa. Proprio per questo motivo, spesso, in queste strutture, si trovano personaggi che “consigliano” una determinata impresa. Ciò su cui giocano questi soggetti è che è molto facile accettare consigli, soprattutto considerando che nella

Se il personale ospedaliero consiglia un’impresa, sta violando la legge 180 • Dossier Lombardia 2014

maggioranza dei casi coloro che li danno sono le stesse persone che si prenderanno cura del nostro caro defunto, lo comporranno e vestiranno. Di fatto, però, stanno solo favorendo, illecitamente, un’impresa rispetto a tutte le altre. Detto questo, una precisazione è d’obbligo: non troverete mai la nostra società nelle camere mortuarie. E se qualcuno vi consiglierà la nostra impresa, non potrà che essere una persona disinteressata, meglio se a voi vicina per amicizia o conoscenza». Dunque come comportarsi? «Se il personale ospedaliero consiglia un’impresa, questo va comunicato alla direzione sanitaria, perché si sta violando la legge. Inoltre, mai affidarsi alla prima impresa di onoranze funebri, soprattutto se questa si manifesta di sua iniziativa o si attribuisce il titolo di “im-


Danilo Valente • Impresa e territorio

La missione e i punti di forza

presa dell’ospedale”, perché anche in questo caso, affermando ciò, sta commettendo un illecito. Di conseguenza, non bisogna assolutamente firmare documenti senza valutarli attentamente e, tanto meno, documenti “in bianco” (giacché è capitato anche questo). Agendo diversamente non si fa altro che alimentare questo racket. E solo rifiutando queste offerte e scegliendo autonomamente l’impresa alla quale affidarsi si potrà debellare questo vergognoso malcostume». A questo punto, cosa valutare nel momento in cui si fa la propria scelta autonomamente? «Le variabili sono molte – l’essenza e la qualità del legno della bara, le tipologie e i materiali dell’urna cineraria, la qualità dei fiori, la tipologia degli addobbi funebri e non ultima la discrezione nel-

l’assistenza. Benché non sia facile riconoscere l’impresa giusta, quello che posso consigliare è di cercare un interlocutore che non si ponga come un mero venditore di prodotti, ma che sia improntato all’onoranza nel verso senso della parola. Diverso è il discorso se si parte dall’idea di spendere il meno possibile. Se in questo caso esistono aziende che rifiutano certi servizi, ce ne sono altre che pur di incassare fanno a gara ad abbattere i prezzi, naturalmente tagliando su tutto ciò che è possibile tagliare. Purtroppo la realtà è che oggi come ieri, e come sarà sempre, anche morire costa. E le leggi della Regione Lombardia non hanno certamente aiutato le aziende, imponendo numerosi oneri alle imprese, come i corsi obbligatori e a pagamento per gli addetti». Valerio Germanico

L’impresa di onoranze funebri San Cipriano 1929 è orientata al miglioramento dei livelli qualitativi professionali e all’addestramento del personale. Nella convinzione che solo migliorando le qualità umane e professionali, giorno per giorno, si possa offrire un servizio di qualità elevata che ponga al centro, e prima di tutto, l’uomo nella sua interezza. I punti di forza dell’impresa sono la massima cortesia nell’accoglienza; la gentilezza e comprensione per ogni tipo di esigenza, la tempestività e totale disponibilità 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno, con servizi sul territorio nazionale e internazionale e la formazione permanente del personale.

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Impresa e territorio • Riccardo D’Antoni

Servizi e criticità nel comune milanese Riccardo D’Antoni analizza la grave crisi che sta attraversando il settore delle pompe funebri con particolare attenzione alla situazione milanese i sono attività che più di altre si prestano al pressapochismo e all’improvvisazione. Per quanto sia odioso, il rito che accompagna l’ultimo saluto al membro di una comunità è sempre più preso d’assalto da agenzie senza esperienza e a volte con una discutibile deontologia professionale. È la denuncia di molte imprese funebri, tra cui la D’Antoni di Milano, un’azienda

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autonoma con personale, mezzi e centro di composizioni floreali propri. «Siamo presenti a Milano con quattro uffici – precisa Riccardo D’Antoni, titolare dell’impresa – e abbiamo filiali in provincia nei comuni di Arese, Bollate, Buccinasco, Rho, Senago, Settimo Milanese e Vimodrone. Nella sede centrale e centro operativo di Settimo Milanese abbiamo il deposito dei mezzi, un ampio showroom, dove scegliere i prodotti più adatti e un cen-

tro per le preparazioni floreali». Quali sono le maggiori criticità che riscontra nella vostra attività? «Gli argomenti di principale criticità del settore sono la carenza di organico attivo presso i cimiteri cittadini, che impedisce, ad esempio, di terminare la cerimonia funebre con la sepoltura o tumulazione nello stesso giorno del funerale. Infatti, spesso la salma viene messa in deposito per eseguire la sepoltura o tumulazione quando il personale cimiteriale è disponibile, generando malcontento nei dolenti. L’attuale legislazione ha favorito il moltiplicarsi delle agenzie nel settore, che invece di migliorare la qualità del servizio hanno generato un’eccessiva concorrenza basata esclusivamente sul ribasso del prezzo, che ha conseguentemente generato strutture di fornitura per le agenzie funebri con personale inquadrato con contratti di lavoro precari o addirittura al limite delle legalità. Certamente il ribasso dei prezzi imposti dal Comune di Milano per i servizi calmierati ha contribuito ad aumentare la problematica». Avete stipulato convenzioni con il Comune? «Esistono alcune convenzioni stipulate con comuni dell’hinterland milanese quali ad esempio Comune di Rho, Senago, Bollate, Buccinasco, per lo svolgimento dei servizi istituzionali ovvero il recupero salme per i decessi sulla pubblica via e i servizi funebri per gli indigenti.


Riccardo D’Antoni • Impresa e territorio

Sul vasto territorio milanese, si deve fronteggiare una domanda non programmabile

Riccardo D’Antoni, titolare della Onoranze Funebri D’Antoni, con sede a Milano www.onoranzefunebridantoni.it

Detti servizi ovviamente garantiscono all’amministrazione un'operazione a basso costo, che non grava direttamente sulle famiglie dei dolenti e per l’azienda che li esegue, è una forma di pubblicità. Un’ulteriore forma di pseudo-convenzione è quella in essere con il comune di Milano che prevede l’esecuzione di servizi funebri a prezzo calmierato, prezzo concordato fino al 2008 con le associazioni di categoria, e arbitrariamente ridotto nel 2009 dall’amministrazione comunale e mai aggiornato fino ad oggi, neanche dei comuni aumenti Istat che hanno interessato le altre tariffe funerarie/cimiteriali incamerate dallo stesso Comune». Descrive una situazione piuttosto critica. «Le prospettive per il 2014 per l’intero comparto a Milano sono ancora negative, almeno finché continuerà a esserci un’inflazione di operatori improvvisati che illusi da una pseudo convenzione con il comune di Milano che garantisce

a rotazione due o tre servizi al mese pensano di poter realizzare facili guadagni. Una libera concorrenza basata su un prezzo formulato dall’amministrazione comunale di Milano per un servizio politico e non economico completerà l’involuzione dell’intero comparto. Un’attività svolta su un vasto territorio come quello milanese, che necessita per la propria particolare tipologia ingenti risorse umane ed economiche, deve fronteggiare una domanda non programmabile, e oggi è svolta da una miriade di piccoli operatori, che se in un futuro prossimo non si uniranno in un consorzio serio e laborioso non potranno sopravvivere all’impoverimento del settore. In un mercato sempre più corrotto dalla crisi economica e dalla crisi di valori, solo un’aggregazione di massa, in cui centralizzare i costi di struttura e utilizzare economie di scala per gli acquisti, potrà garantire ancora una giusta remunerazione per il lavoro svolto dagli operatori seri». Remo Monreale

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Impresa e territorio • Mario Gianella

L’impresa di onoranze funebri Gianella e la sua casa funeraria si trovano a Limbiate (MB) www.casafunerariagianella.it

Affrontare procedure e pratiche burocratiche Mario Gianella dà indicazioni e informazioni sulle procedure, anche burocratiche, che accompagnano la perdita dei propri cari. Per avere il giusto supporto in un momento delicato n un sistema che riconduce a norme ogni aspetto dell’esistenza, anche l’evento luttuoso è regolato da leggi e prescrizioni, che ne stabiliscono tempi e modi. «Gli adempimenti sono molteplici e, in alcuni casi, possono essere complessi per una famiglia già destabilizzata emotivamente. Per questo,

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come in tutti gli ambiti, per svolgere tutte le procedure correttamente e in poco tempo sono necessarie una conoscenza e una preparazione mirate». A parlare è Mario Gianella, dell’omonima Impresa di onoranze funebri di Limbiate, in provincia di Monza e Brianza, che alla luce della sua esperienza professionale indica alcuni suggerimenti per capire come affrontare al meglio, per quanto riguarda i doveri

burocratici, la scomparsa di una persona cara. Innanzitutto, la scelta dell’impresa. «Nonostante alcuni casi recenti di cronaca abbiano evidenziato situazioni che tendevano a manipolare questo aspetto, va sottolineato che in ogni luogo avvenga il decesso e qualsiasi circostanza, la famiglia ha la libera ed esclusiva scelta dell’impresa alla quale affidarsi. Per questo è il caso di diffi-


Mario Gianella • Impresa e territorio

dare di soggetti che, autonomamente, si propongono senza essere stati interpellati o da chi cerca di indirizzare forzatamente su una scelta “consigliata”. L’ideale è rivolgersi a un’impresa di fiducia. Nel caso non se ne riesca a individuare una, nella scelta fra le molte offerte, i punti da considerare sono la struttura e l’organizzazione. Nel settore, infatti, ci sono numerosi mediatori, che, non avendo mezzi, personale e strutture proprie, affidano completamente ad altri il reale svolgimento delle esequie». Anche l’organizzazione del rito funebre è dirittodovere attribuito agli eredi. E prosegue Gianella: «Solo gli aventi titolo potranno prendere le necessarie decisioni e disporne l’esecuzione. Naturalmente è opportuno confrontarsi e ascoltare il parere di una persona di fiducia o del professionista al quale ci si è rivolti, dato che, in certi momenti,

non è semplice essere lucidi e non sempre è possibile o consigliabile seguire la volontà del cuore, a volte in contrasto con quella della ragione. La stessa scelta di svolgere un funerale religioso e le sue modalità è bene che passino dal contatto diretto con l’officiante del rito, anche per un ulteriore conforto». Molte imprese, compresa Gianella (che è stata fra le prime in Italia a offrire questo servizio), oltre al normale svolgimento del funerale, mettono a disposizione anche il servizio di casa funeraria. «Questa, anche detta sala del commiato, è un luogo concepito e realizzato per ospitare i defunti e i loro familiari in condizioni di igiene, decoro e comfort per il tempo che deve trascorrere fra il momento del decesso e la sepoltura, permettendo così di affrontare questo spiacevole evento con maggiore calma e tranquillità».

Infine, una delle pratiche alle quali si ricorre sempre più spesso è la cremazione. Cosa c’è da sapere in merito? «Per la cremazione è sufficiente che gli eredi esprimano tale volontà o che il defunto l’avesse espressa in vita, non essendoci più alcun obbligo di iscrizione a società di cremazione. Le spoglie vengono cremate, obbligatoriamente, racchiuse nel feretro. Le ceneri, accuratamente separate e raccolte, verranno poi sigillate in un’urna apposita, che potrà essere sia tumulata al cimitero (anche in una sepoltura già esistente), sia, su richiesta degli aventi titolo, affidata a questi ultimi, che potranno così custodirla presso il proprio domicilio. Argomento a parte, rimane, invece, la dispersione delle ceneri, pratica tuttora consentita solo in alcune forme e in determinate modalità». Vittoria Divaro

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Impresa e territorio • Gaetano Carbonara

Un settore in evoluzione Uno degli aspetti più delicati del settore è l’intermediazione fra la famiglia del defunto e coloro che in concreto svolgono i servizi funerari. Gaetano Carbonara propone una formula che abbatte i costi fissi e mantiene alta la qualità partire dalle regioni del Nord Italia e via via scendendo verso il Meridione, il settore delle imprese di pompe funebri sta cambiando volto. Sono nate molte nuove attività imprenditoriali con una funzione strettamente commerciale e di intermediazione fra la famiglia del defunto e coloro che in concreto svolgono i servizi funerari. Dall’osservazione di questo scenario è partita l’iniziativa imprenditoriale del gruppo Caccia di Busto Arsizio, in provincia di Varese, che opera direttamente con il marchio Illuxit e che ha avviato un progetto in franchising. Come spiega l’amministratore del gruppo, Gaetano Carbonara: «Da una parte ci sono le imprese strutturate, con propri automezzi e personale. Dall’altra, molte piccole imprese che non hanno la possibilità di investire nell’assunzione di dipendenti e nel mantenimento di autorimesse e strutture. In questo senso, il nostro progetto in franchising ha l’obiettivo di creare delle agenzie che si occupino essenzialmente delle pubbliche relazioni e dell’acquisizione delle commesse. Queste ultime, una volta contrattualizzate, vengono poi commissionate a noi come centro servizi, che curiamo tutte le procedure del servizio funebre, mettendo a disposizione competenze e mezzi».

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Partito poco meno di un anno fa, il progetto conta già due agenzie in Lombardia, alle quali a breve se ne sommeranno altre due nella stessa regione, mentre diverse altre stanno per essere avviate in Veneto e Piemonte. L’obiettivo di Carbonara è quello di raggiungere entro fine anno almeno venti nuove affiliazioni sul territorio italiano. «Questo sarebbe già un buon risultato, perché purtroppo, attualmente, bisogna fare i conti con un sistema crediti-

Gaetano Carbonara, amministratore del gruppo Caccia di Busto Arsizio (VA), che opera nel settore delle pompe funebri con il marchio Illuxit www.illuxit.eu www.condoglianzeonline.it


Gaetano Carbonara • Impresa e territorio

C’è anche la proposta di nuovi servizi, come il “cimitero online” e il servizio funebre per gli animali

zio piuttosto avaro. A questo, tuttavia, fanno da contraltare i vantaggi della formula, che sono molteplici. Infatti la formula in franchising permette di mantenere bassi i costi fissi e dunque di ottenere una buona redditività. Ciò ha fatto sì che le richieste di affiliazione ci stiano giungendo da tutta l’Italia e inoltre stiamo valutando la creazione di una rete anche in Spagna. Una copertura territoriale così ampia è possibile, naturalmente, gra-

zie alle partnership che stiamo stringendo con i centri servizi collocati nelle diverse aree. Una clausola insindacabile alla base dell’affiliazione di nuove agenzie è che il nostro interlocutore possegga una sensibilità ai rapporti umani adeguata alla gestione di questi particolari momenti. Per questo mettiamo a disposizione degli aspiranti affilianti assistenza e formazione, anche per istruirli sulle normative che regolano il settore. Insomma,

stiamo facendo di tutto per evitare che si aggreghino persone spinte da mero interesse economico, mentre sono i benvenuti tutti quei professionisti che sono in grado di proporre un servizio di qualità a un prezzo equo». A fare da traino a questo modello imprenditoriale c’è anche la proposta di nuovi servizi, come quello del cosiddetto “cimitero online” e del servizio funebre per gli animali da compagnia. «Il primo servizio poggia su un sito Internet che offre la possibilità di consultare con semplicità i necrologi, attraverso un sistema di ricerca che si basa, alternativamente, sui dati anagrafici, la data di morte o la zona geografica di appartenenza. E con altrettanta semplicità è possibile manifestare la propria partecipazione al dolore dei familiari attraverso il canale telematico. Per quanto riguarda, invece, i servizi dedicati agli animali domestici, il nostro centro servizi si occupa di mettere in contatto il proprietario dell’animale o il veterinario con i centri crematori specializzati – la legge vieta l’abbandono delle carcasse animali e la libera tumulazione. Per noi, comunque, si tratta di un servizio di mero supporto, sul quale non intendiamo creare profitto. Infatti, il nostro supporto spesso si limita esclusivamente all’indicazione del centro cremazione». Vittoria Divaro

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Impresa e territorio • Maurizio Cremascoli

La cultura del ricordo Come si difendono tradizioni millenarie dagli stravolgimenti economici e sociali, nella grande città europea che è Milano? Il nuovo corso del rito funebre, secondo Maurizio Cremascoli n questo mestiere, ci si ritrova di fronte a una verità difficile da digerire: abbiamo perso il senso della famiglia e del suo valore». Maurizio Cremascoli, alla guida della milanese Onoranze Funebri Certosa, riflette sulla trasformazione sociale da un punto di vista privilegiato, che si ritrova in uno dei momenti più delicati di una comunità. Per Cremascoli oggi si vive l’addio a una persona cara con un distacco sempre maggiore e nel campo di sua pertinenza questo si riflette chiaramente. «Molte persone – spiega Cremascoli – subiscono l’evento con un distacco preoccupante, quasi come se fosse un incidente che “costringe” a spendere dei soldi. La tendenza è di minimizzare la spesa: sicuramente la crisi ha la sua influenza sul fenomeno, ma la tendenza è verso l’annullamento del valore del ricordo». In che modo questo sta cambiando la sua attività? «Un esempio della trasformazione sta nell’aumento delle richieste di cremazione. Non siamo un popolo nord-europeo, ma di origine latina, la nostra cultura prevede la venerazione della salma e quindi della tomba. Ma la cremazione è stata molto incentivata dalle grandi città, per non dire imposta come alternativa, perché alla fine degli ottanta i cimiteri erano già saturi.

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Maurizio Cremascoli • Impresa e territorio

A Milano le imprese sono aumentate in modo esponenziale, sono circa duecento le accreditate al Comune

Maurizio Cremascoli, titolare della Onoranze Funebri Certosa con sede a Milano www.onoranzecertosa.it www.cremazionimilano.it www.onoranzefunebrimilanocertosa.it

Usanze diverse In una città come Milano, le imprese di onoranze funebri spesso devono confrontarsi con culture molto lontane. Che vanno rispettate. «Per esempio – dice Maurizio Cremascoli, titolare della Onoranze Funebri Certosa –, i cinesi per il funerale aspettano la luna nuova. I musulmani, invece, sono seppelliti senza cassa, avvolti in un lenzuolo e usano le rose sui defunti, come da noi il crisantemo. Lo stesso crisantemo, per allargare il fronte, in Giappone è il fiore nazionale, niente a che fare con le funzioni funebri».

Adesso si pensa alla cremazione come a una pratica per risparmiare. È svilente della nostra stessa cultura». Un risparmio che fa pensare a una certa flessione nel vostro ramo. Eppure continuano a nascere nuove imprese. «A Milano le imprese sono aumentate in modo esponenziale, sono circa duecento quelle accreditate al Comune, attualmente. Ma c’è un errore di valutazione alla base. Molti imprenditori sono entrati in questo campo pensando a grandi guadagni, invece non si diventa ricchi con questo mestiere. Nella fattispecie, si tratta per lo

più di agenzie dotate di un ufficio e un telefono, che poi si appoggiano a un centro servizi come il nostro». Quali sono le differenze più importanti che definiscono la qualità nel vostro settore? «Prima di tutto la deontologia professionale. Ci sono stati episodi giudiziari scandalosi per cui grandi imprese hanno chiuso: pagavano le infermiere presso le camere mortuarie per dare il loro nome alle famiglie dei defunti, in modo da accaparrarsi lavoro. Il momento è molto delicato per la famiglia in lutto, i suoi componenti sono vulnerabili e quindi molto più influenzabili, non riescono a pensare a un servizio liberamente scelto tra i tanti: chi viene “aggredito” cede facilmente. Poi, c’è chi pur di abbassare i prezzi vende per noce legno di qualità molto inferiore per le casse, o che su queste monta maniglie in plastica. Queste furbizie irrispettose non ci appartengono». Renato Ferretti

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Impresa e territorio • Roberto Veronese

Un riferimento nel panorama milanese La scelta della Antonio Pirovano Srl di impiegare solo personale necroforo formato nei centri regionali riconosciuti. Le peculiarità di una tra le più antiche realtà del Milanese e della Brianza n un’impresa di pompe funebri, la scelta del personale fa la differenza. In questo senso, l’impresa Antonio Pirovano Srl di Cinisello Balsamo è, pressoché unica nel panorama milanese, una struttura che, lavorando anche come centro servizi per altre imprese, ancora può contare su oltre cinquanta dipendenti assunti a tempo indeterminato, tutti formati presso i centri regionali di formazione riconosciuti. E potendo così garantire, anche in momenti di particolare intensità lavorativa, la continuità nello svolgimento dell’attività in conto terzi con standard elevati, sia dal punto di vista delle precauzioni igienico-sanitarie, che da quello di un approccio professionale ai dolenti. «Nel nostro organico – spiega il presidente Roberto Veronese – non ci avvaliamo mai di quei lavoratori che in gergo vengono chiamati “volanti”. E questo ci diffe-

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L’impresa Antonio Pirovano srl si trova a Cinisello Balsamo (MI) info@pirovano.info

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Roberto Veronese • Impresa e territorio

Rappresentando una ditta storica vogliamo coniugare esperienza e modernità renzia dalla maggior parte degli altri centri servizi, che ricorrono a queste figure, benché questi lavoratori non siano formati come personale necroforo e debbano venir retribuiti a chiamata, eludendo le prescrizioni di legge». Nata nel cuore di Monza durante la seconda metà dell’Ottocento – può essere definita una delle realtà più antiche del settore –, l’impresa Antonio Pirovano Srl ha esteso la propria area di riferimento sull’intero territorio provinciale di Monza e su quello di Milano. «Oggi continuiamo a operare direttamente come impresa funebre, attraverso le nostre agenzie sul territorio. Tuttavia ci siamo anche strutturati come centro servizi, per sostenere quelle molteplici agenzie funebri che non sono dotate in proprio di uomini e mezzi per l’espletamento delle esequie. Oltre a fornire il completo supporto logistico ordinario, stiamo cercando di andare oltre la precedente concezione di onoranze funebri, offrendo un’ampia gamma di servizi per riuscire a far affrontare con maggiore successo e a far superare ai dolenti un momento di grave sconforto come il lutto». Un esempio è la moderna e funzionale casa funeraria, ovvero una struttura che con le sue quattro sale del commiato si propone di ricevere i dolenti entro un’atmosfera più decorosa ed accogliente rispetto alle camere ardenti

delle tante strutture sanitarie del territorio, siano esse pubbliche o private. «La sala culto permette lo svolgimento di esequie funebri di ogni credo, oltre a cerimonie di commemorazione a carattere laico. A questa struttura è inoltre annessa una sala all’avanguardia per interventi di tanatoestetica, che nel 2011 è stata scelta dall’Arcidiocesi di Milano per effettuare un complesso intervento di tanatoestetica conservativa, con lo scopo di meglio preservare lo stato delle spoglie mortali del Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari (deceduto nel 1921) e del Beato Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (1954) e di poterle così esporre nuovamente alla vista dei fedeli nel Duomo di Milano. Per svolgere queste operazioni – che di solito si fanno o nell’immediatezza della morte, o, soprattutto, su reliquie, al fine di mantenerle nella maniera più integra possibile – è stato richiesto l’intervento di un tanatoprattore di fama internazionale, nonché professionista di fiducia della Curia Vaticana per la ricomposizione delle salme dei Pontefici. Questi, presso la nostra casa funeraria, nell’arco di circa due settimane, ha operato sulle reliquie, cercando di salvaguardarne l’integrità con interveneti mirati di lavaggio, restauro e mantenimento». Per il prossimo futuro, l’azienda è in procinto di aprire una seconda casa funeraria nel Nord Milano. Mauro Terenziano

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Impresa e territorio • Renato Miazzolo

Formazione e certificazioni L’aggiornamento costante delle competenze come politica aziendale. In un settore che impone conoscenza delle norme e preparazione alle relazioni umane. La parola a Renato Miazzolo er garantire al meglio un servizio complesso come quello delle onoranze funebri e dell’assistenza a coloro che hanno appena perso i loro cari, l’impresa Miazzolo-Soges di Rovellasca, nel comasco – ma con sedi operative anche a Saronno, nel varesotto – ha puntato su una precisa politica aziendale. Questa prevede formazione continua del personale, certificazioni e l’offerta di tutti i servizi di qualità che un’azienda strutturata – con personale, sale di commiato e mezzi propri – può proporre al pubblico. «La nostra impresa – spiega Renato Miazzolo, titolare e da diversi anni presidente nazionale della Federazione italiana onoranze funebri (Feniof) – è impegnata in una politica che pone la persona al centro delle attività. Questa si traduce nell’offerta di servizi di onoranze funebri, e servizi complementari, adeguati alla necessità di chi si trova a vivere il lutto e che rispettino i requisiti cogenti. E questo lo facciamo sia attraverso il nostro personale di professionisti, sia attraverso un modus operandi che renda visibili e comprensibili i principi ispiratori del nostro sistema di gestione della qualità». L’impresa Miazzolo-Soges, infatti, già

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nel 1997, è stata fra le prime aziende italiane del settore, ad avviare l’iter di certificazione, ottenendo prima il marchio di qualità Feniof, poi la certificazione al sistema di gestione per la qualità in accordo con la norma Uni En Iso 9001 e con le normative di settore, in particolare con la normativa Uni En 15017, norma europea per i servizi funebri. «Inoltre, abbiamo ottenuto anche il marchio qualità Ifi (Imprese Funebri Italiane) al massimo livello (platinum), per il modo in cui seguiamo scrupolosamente il codice etico e il codice comportamentale Ifi e di condotta Feniof per le imprese e i servizi funebri». E il costante miglioramento dei servizi è garantito dalla formazione continua del personale. «Annualmente, per ogni risorsa, viene predisposta una specifica attività formativa. Questa è contenuta in un piano di addestramento annuale, che ha lo scopo di dare la consapevolezza del proprio ruolo e del proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi per la qualità, oltre che le informazioni e le conoscenze necessarie per un corretto svolgimento del ruolo assegnato. L’obiettivo principale delle attività formative pianificate dalla nostra impresa è quello di garantire strumenti e occasioni per tenere ag-

giornate le proprie competenze, mantenendo così la capacità di soddisfare i requisiti per ogni ruolo e per sostenere i processi organizzativi e di miglioramento. In più, il personale dedicato al trattamento delle salme, oltre alla frequentazione dei corsi regionali obbligatori, grazie all’organizzazione della Feniof, ha effettuato ed effettua aggiornamenti presso alcuni istituti o case funerarie all’estero, in


Renato Miazzolo • Impresa e territorio

L’impresa di onoranze funebri Miazzolo-Soges Srl ha la propria sede legale a Rovellasca (CO) e una sede operativa a Saronno (VA) info@miazzolo.it

La storia dell’azienda

special modo in Spagna, dove si effettuano corsi pratici per la preparazione e la composizione delle salme». Fra i servizi ulteriori che MiazzoloSoges propone c’è anche la previdenza funeraria. «Si tratta del funerale “prepagato”, attraverso la commercializzazione del prodotto Programma domani, gestito e controllato dalla Feniof – associazione di categoria che

per prima, in Italia, ha realizzato questo tipo di contratto – attraverso il Feniof Service, del quale siamo fiduciari. La previdenza funeraria offre la possibilità di stipulare un contratto che permette a qualsiasi utente di predeterminare il servizio funebre, per sé o per un proprio caro, con l’impresa di fiducia, definendone caratteristiche e prezzo definitivo». Vittoria Divaro

L’odierna impresa di pompe funebri Miazzolo-Soges nasce a Rovellasca nel 1948. Inizialmente, l’attività principale era il trasporto di merci e persone, al quale si aggiunse, verso la metà degli anni Cinquanta, il trasporto funebre, seguito di lì a poco dal servizio completo di onoranze funebri. Nel tempo si è perfezionato il servizio delle onoranze funebri e, dal 2005, sono stati introdotti ulteriori servizi, realizzando nella sede di Saronno la casa funeraria con all’interno i servizi per il commiato e, poi, la sala del commiato. Miazzolo-Soges dispone di quattro auto funebri e altrettanti mezzi di supporto, più altri automezzi per l’esecuzione dei vari servizi.

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Turismo • La regione punta sui suoi asset

Esperienze turistiche innovative Una regione con una spiccata vocazione turistica e un’offerta diversificata che, con progetti concreti, si prepara al grande appuntamento di Expo 2015

l turismo sta diventando sempre di più una componente fondamentale della nostra economia, un asset strategico sul quale fare affidamento e investire. Nel 2013 l’Italia ha registrato un calo medio del 4 per cento degli arrivi e delle presenze (-8 per cento gli italiani, stabili gli stranieri) rispetto al 2012, confermandosi però al terzo posto a livello europeo, dopo Francia e Spagna, per numero di pernottamenti negli esercizi ricettivi. «In Lombardia - precisa l’assessore regionale Alberto Cavalli - dal 2008 al 2012 si può apprezzare una crescita costante sia degli arrivi sia delle presenze turistiche. Guardiamo con

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particolare attenzione ai turisti internazionali e, tra questi, per la loro significativa capacità di spesa, in particolare ai tedeschi, agli americani, ai russi e ai cinesi». Quali gli elementi che premiano l’offerta turistica della Lombardia e quale il valore aggiunto che viene dall’area nord-milanese? «All’interno di un’offerta molto ampia e diversificata, è possibile indivi-

Alberto Cavalli, assessore al Commercio, turismo e terziario Regione Lombardia


La regione punta sui suoi asset • Turismo

I turisti stranieri, soprattutto americani, russi e cinesi, sono per noi molto importanti

100 mln

Risorse destinate alle imprese del turismo e del commercio grazie all’iniziativa “Lombardia concreta”

duare quattro punti di forza che solo qui, “Only in Lombardia”, come recita lo slogan della campagna di promozione recentemente lanciata da Regione Lombardia, sono presenti contemporaneamente design, fashion, food e culture. Sono questi gli elementi fondanti della nostra offerta che si basa su un’idea di turismo esperienziale invece che di turismo per destinazione. E l’area del nord

milanese lo conferma, se pensiamo alla sua importantissima vocazione imprenditoriale nei settori del legnoarredo e del design. Un territorio che ci permette di osservare come l’offerta turistica nasca quasi sempre da un retroterra produttivo che, in molti casi, non solo è ancora attivo ma è fondamentale per l’economia della regione. Lo stesso vale per il settore fashion o food. Ci sono, inoltre, al-

cuni punti unici al mondo sui quali stiamo concentrando i nostri investimenti: come il Capitolium di Brescia, una delle aree archeologiche più estese e interessanti dell’Italia settentrionale, per il quale abbiamo da pochi giorni sottoscritto un protocollo d’intesa per il suo completo recupero». Quali le novità e le iniziative in programma in vista di Expo 2015? «Siamo alla vigilia di un appuntamento fondamentale per la Lombardia e per l’intero Paese, in vista del quale siamo impegnati su tutti i fronti per migliorare l’attrattività del nostro territorio. Tra le tante misure attivate, voglio ricordare la costituzione della società Explora, partecipata da Re-

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Turismo • La regione punta sui suoi asset

Roberto Maroni con il commissario generale del Governo tedesco per Expo 2015, Dietmar Schmitz, all'Ambasciata italiana a Berlino

Per arrivare pronti a Expo 2015 investiremo su accoglienza e ricettività gione, Camera di commercio di Milano, Expo Spa e Unioncamere Lombardia, che ha l’obiettivo di rilanciare l’offerta turistica del territorio lombardo. Tra le più recenti iniziative promosse direttamente dal presidente della Regione Roberto Maroni ci sono poi due grandi tour che si svolgeranno da oggi al marzo 2015: il World Expo tour, un viaggio tra i più importanti Paesi che hanno finora aderito a Expo, per la promozione della Lombardia, del suo territorio e delle sue imprese e Lombardia Expo tour, che ha i come tappe i capoluoghi di provincia lombardi. Un’iniziativa che conferma un principio che questa Regione ha sempre sostenuto, secondo cui Expo 2015 è un evento non solo di Milano ma della Lombardia e di tutto il Paese. Stiamo inoltre collaborando con la Triennale

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di Milano per realizzare una serie d’iniziative che raccontino su tutto il territorio regionale la forza della nostra creatività». La regione può dirsi pronta a ospitare i circa 20 milioni di turisti che, secondo le previsioni, visiteranno la Lombardia in occasione dell’evento o occorre intervenire? «Ospitare 20 milioni di turisti è una sfida enorme che metterebbe alla prova anche i sistemi turistici più collaudati. Per arrivare pronti all’appuntamento dell’Expo dobbiamo investire sui temi dell’accoglienza e della ricettività. Non possiamo permetterci di sbagliare in un’occasione in cui ci giochiamo la nostra credibilità a livello internazionale e in cui abbiamo la possibilità di conquistare milioni di turisti anche per gli anni successivi all’evento. Con questo

obiettivo ben chiaro in mente, Regione Lombardia ha lanciato “Lombardia concreta”, che interviene a favore delle imprese del turismo e del commercio con un investimento di 100 milioni di euro. Saranno finanziati interventi come opere edili e impiantistiche, arredi funzionali all’attività dell’impresa, reti wifi, interventi per il miglioramento energetico degli edifici, impianti per la sicurezza, spese di progettazione. Questa misura non si limita a sostenere un solo settore ma l’intera filiera. Un’iniziativa che abbiamo promosso insieme a Federlegno Arredo, il cui presidente Roberto Snaidero ha riconosciuto quanto essa rappresenti una concreta opportunità anche per le imprese dell’arredo, e sono certo che seguiranno altre iniziative congiunte». Renata Gualtieri


Explora, una piattaforma social • Turismo

Promuovere il territorio La convinzione che l’Expo 2015 sia la soluzione a tutti i mali del Paese è un mito da sfatare. È un’occasione irripetibile, ma deve essere accompagnata da azioni lungimiranti

obiettivo della società Explora è lo sviluppo turistico in chiave competitiva della Lombardia in vista dell’Esposizione universale. Due sono i tratti distintivi della piattaforma di promozione: la focalizzazione sul mondo digitale - il budget per il marketing è infatti per il 70 per cento dedicato al mondo online - e una comunicazione non tanto volta a promuovere singole destinazioni quanto motivazioni di viaggio. L’esigenza è quella di rispondere alla nuova domanda di turismo in cui gli individui maturano preferenze e interessi in modo sempre più autonomo

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rispetto ai classici intermediari. In questa prospettiva, Explora intende promuovere una narrativa delle bellezze naturali e dei giacimenti culturali della Lombardia: fornendo così ai turisti, italiani e stranieri, una motivazione in più per decidere di venire all’Esposizione universale. «Solo combinando un’esperienza turistica attrattiva alla visita ai padiglioni dell’Expo - commenta il presidente di Explora, Giuliano Noci - possiamo pensare di ottenere il risultato di 20 milioni di visitatori». Come verrà sollecitata la sinergia tra tutte le regioni italiane perché Expo 2015 valorizzi l’intero Paese?

Giuliano Noci, presidente della società Explora

«Proprio qualche settimana fa Explora ha stipulato un protocollo d’intesa con il Padiglione Italia per far sì che tutte le Regioni possano valorizzare a livello internazionale le proprie potenzialità turistiche e culturali. Presenteremo alle Regioni e alle amministrazioni locali un’offerta integrata: potranno usufruire del pacchetto di servizi proposti dal Padiglione Italia congiuntamente con i servizi di marketing e promozione turistica di Explora e, così facendo, consolidarsi come destinazioni legate all’Esposizione milanese. Anche per le altre Regioni lavoreremo coerentemente con il marketing mix definito per la Lombardia e promuoveremo esperienze di viaggio integrate». Quali i miti da sfatare per chi vede l’Expo come soluzioni ai problemi del turismo nazionale? «I miti da sfatare sono sempre quelli sbagliati in partenza. La certezza

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Turismo • Explora, una piattaforma social

C’è grande attenzione al web perché è lì che l’80 per cento dei turisti sceglie il proprio viaggio granitica che l’Esposizione universale del 2015 sia la panacea per tutti i mali del Paese è senza dubbio uno di questi. Expo è senz’altro un evento di portata planetaria e porta scritta nel dna questa sua unicità, difficilmente ripetibile. Ma all’occasione devono seguire saggezza e operatività». Quali i principali mercati da attrarre e le prossime mosse di Explora orientate a questo scopo? «Demografia, capacità di spesa e propensione ad andare all’estero per turismo costituiscono i drivers principali della nostra analisi sui mercati: Cina, Russia, Stati Uniti, Brasile, Emirati Arabi e i grandi Paesi europei tra cui Germania, Francia e Regno Unito sono il ricco bacino cui abbiamo già iniziato ad attingere per fare inserire la destinazione lombarda come meta turistica nei cataloghi dei tour operator. Operiamo a più livelli: Explora svilupperà un’azione molto

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importante di social media marketing, è stata e continuerà a essere presente nelle più importanti e grandi fiere di settore di tutto il mondo; abbiamo iniziato a gestire l’incoming di blogger autorevoli sul turismo, stampa estera e ogni giorno riceviamo telefonate da parte di giornalisti interessati a scoprire Milano e l’area lombarda. Sarà nostro compito guidarli nell’esplorare al meglio il territorio per dare visibilità all’offerta turistica nel suo complesso». Secondo quale logica sono stati scelti i club di prodotto e quali requisiti devono avere gli operatori turistici per aderirvi? «I club di prodotto sono aggregazioni similari di offerte turistiche definite attraverso la motivazione di viaggio. Pensiamo alle volte in cui siamo in cerca del luogo di soggiorno ideale, ci mettiamo davanti al computer e ci lasciamo guidare dalle proposte che appaiono. Se siamo una coppia pronta a partire per un weekend romantico punteremo raggruppamenti di offerta diversi rispetto al gruppo di amici appassionati di mototurismo. Ecco perché, per gli operatori, essere presenti in un club di prodotto rappresenta un forte vantaggio competitivo: dà maggiore visibilità alla

struttura che appare come quella giusta al momento giusto. I requisiti di ingresso sono molto diversi e ben definiti per ciascun club». Un portale in 8 lingue è tra gli strumenti di Explora. Come si svilupperà l’attività sul web e quali altri mezzi di marketing e comunicazione saranno utilizzati? «L’attività di Explora si concentrerà in modo molto significativo sul web perché è l’ambiente in cui ormai oltre l’80 per cento dei turisti decide il proprio viaggio. È un percorso che ha inizio con la fase di ricerca, durante la quale il turista si trova a confrontare commenti e riflessioni di chi è partito prima di lui. Il viaggiatore si fida di chi ha viaggiato. E questa esperienza si conclude dopo che le valigie sono state chiuse. Quanti non postano foto o video per raccontare al mondo ciò che hanno vissuto? Ecco, dopo lo commenteranno anche e altri ancora seguiranno. Oltre al potenziamento degli strumenti online, ci stiamo anche concentrando su un’intensa attività di pubbliche relazioni offline, rivolta a individuare gli influencer più attivi di tutto il mondo per portarli in Lombardia. E, ci auguriamo, per farli innamorare della nostra terra». Renata Gualtieri


I club di prodotto • Turismo

Ospitalità in chiave Expo Si avvicina l’inaugurazione dell’Esposizione universale e già si avverte l’influenza positiva sul territorio che la ospiterà, ma è necessario uno sforzo in più per vincere la sfida del 2015 all’elaborazione dei dati del barometro del comparto alberghiero realizzato dalla Camera di commercio di Milano in collaborazione con Res Str sull’anno 2013 sono emersi i trend del comparto turistico dai quali si può già notare un impatto positivo per l’approssimarsi dell’inaugurazione di Expo 2015. Ci sono ricavi in crescita per gli alberghi milanesi nell’ultimo anno, che passano da 928,6 milioni a 970,9 milioni tra il 2012 e il 2013, 42 milioni in più, e aumentano soprattutto i ricavi nei mesi di giugno (+16 milioni di euro), ottobre (+9 milioni) e dicembre (+8 milioni). Milano è sempre più meta del turismo leisure di medio-alto livello: il tasso di occupazione delle camere è infatti passato dal 57 per cento al 61 per cento. Lo si vede anche dai picchi di presenze negli alberghi nel weekend con incrementi che arrivano a segnare un +17 per cento nei fine settimana di marzo, giugno, agosto, ottobre e dicembre. «Le caratteristiche del turismo nel capoluogo meneghino - ricorda il consigliere della Camera di commercio di Milano Remo Eder - si esprimono in ricettività d’élite, entertainment di livello, moda, artigianato di qualità, proposte culturali di portata internazionale e infrastrutturazione di buon livello».

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L’Expo 2015 che occasione può rappresentare per il rilancio del sistema turistico? «Dal punto di vista delle imprese, per valutare l’impatto di Expo è importante partire dai dati che abbiamo grazie a una ricerca che come Camera di commercio, abbiamo commissionato insieme alla società Expo. Da questa indagine è emerso che, dal 2012 al 2020, in Italia, Expo porterà 190mila unità di lavoro aggiuntive, una produzione aggiuntiva di 24 miliardi di euro, di cui circa 10 miliardi rimarranno nelle tasche di cittadini e imprese al netto dei costi. In particolare, per quanto riguarda il solo settore turistico, ci sarà una produzione aggiuntiva di 10 miliardi, un valore aggiunto di 4 miliardi e 84mila unità di lavoro in più. Il turismo è il settore che chiaramente vivrà con più forza l’impatto di Expo». Quali dovranno essere i principali fattori di cambiamento per centrare questo obiettivo? «Occorre mettere in moto iniziative che possano rimanere come eredità di Expo, un lascito al territorio per la valorizzazione dell’attrattività e delle risorse. I flussi di visitatori determineranno il successo di Expo, soprattutto quelli provenienti dai grandi Paesi emergenti. Secondo una ricerca della Camera di commercio di Milano effettuata sul web a livello internazionale, l’Esposizione universale

Remo Eder consigliere della Camera di commercio di Milano

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Turismo • I club di prodotto

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L’incremento dei posti di lavoro grazie all’Expo dal 2012 al 2020 secondo la Camera di commercio di Milano

inizia a essere conosciuta ma se ne parla ancora poco. È necessario dunque uno sforzo straordinario per promuovere a ogni livello la nostra Expo. A tal fine stiamo realizzando un’azione coordinata. La Camera di commercio, attraverso la sua azienda speciale per l’internazionalizzazione Promos e la società Explora, sta attuando un piano per la promozione di Expo 2015 nel mondo, in accordo con le altre istituzioni». Quale eredità si augura che l’esposizione universale lasci in eredità al territorio? «Un nuovo modo di fare turismo. La Camera di commercio, insieme a Regione, Expo Spa e Unioncamere Lombardia, ha costituito la società Explora,

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che raccoglie e integra l’offerta turistica disponibile sul territorio promuovendola soprattutto presso i tour operator internazionali. E, da un certo punto di vista, sta innovando il modo di fare offerta turistica in Italia. È un motore innovativo del territorio al servizio delle imprese e delle istituzioni anche a livello nazionale. La Camera di commercio è impegnata anche su altri progetti, come i tavoli tematici che dal 2010 raccolgono operatori diversi, incluso il turismo. Ma anche sul progetto Expo in città, una convenzione con il Comune di Milano per favorire e coordinare gli eventi dei “Fuori Expo”». Come giudica l’iniziativa della società Explora di proporre i “club di prodotto” e che importanza pos-

sono rivestire? «Gli obiettivi di Explora mirano a rafforzare la governance, supportando operatori e amministrazioni locali nella formulazione di proposte turistiche convincenti e nella loro promozione sul mercato estero. Crocevia dell’operazione sarà il portale di Explora, contenitore per tutte le offerte turistiche catalogate in club di prodotto, strutturati in aggregazioni di operatori definiti sulla base delle motivazioni turistiche e dei requisiti cui le strutture dovranno rispondere. Ad esempio, sono suddivisi sulla base dei prodotti turistici: city break con prodotti mirati per Paese e per tipo di turista, famiglia, sport e esperienze turistiche». Renata Gualtieri



Politiche sanitarie • La città della salute

Una struttura moderna ed efficiente

L’eccellenza su cui punta Regione Lombardia si fonda su professionalità, qualità e attenzione alle persone. Stando a queste linee guida è stato sviluppato un nuovo progetto

Mario Mantovani, vicepresidente della Regione Lombardia e assessore alla salute

a Città della salute e della ricerca è un progetto che nasce dall’esigenza di dotare l’Istituto neurologico Carlo Besta e l’Istituto nazionale dei tumori di Milano di una nuova sede adatta ad accogliere l’attività medico-scientifica di questi due importanti centri che rappresentano un’eccellenza nel panorama nazionale

L

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e internazionale per le neuroscienze e l’oncologia. Nonostante gli sforzi profusi nel passato, oggi non è più possibile intervenire ulteriormente sugli stabili esistenti. «Il livello di qualità raggiunto - commenta l’assessore regionale alla salute Mario Mantovani - rende indispensabile un progetto di rilancio e riqualificazione complessivo, così da garantire strutture adeguate, competitive e tecno-

logicamente efficienti». Quali saranno allora gli interventi e investimenti più importanti previsti? «Una superficie totale di 205mila metri quadrati, di cui oltre 120mila di superfici sanitarie e 18mila destinati ai laboratori di ricerca, 650 posti letto, blocco operatorio multifunzionale con 20 sale, ulteriori 12 sale di endoscopia e radiologia interventistica, 6 risonanze magnetiche, 3 Tac, 11 bun-


La città della salute • Politiche sanitarie

450 mln

Risorse destinate al progetto, di cui 330 stanziati dalla Regione

Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni

ker per la radioterapia, a cui si aggiungono ulteriori 10 sale di medicina nucleare, 120 ambulatori e il blocco di day surgery. Questi sono i numeri davvero imponenti del più grande progetto di edilizia sanitaria a livello europeo. Lo dimostrano i livelli di investimento: 450 milioni di euro, di cui 330 da Regione Lombardia. Altri 40 saranno, invece, a carico del Ministero della salute e altri 80 finanziati da chi si aggiudicherà la realizzazione dell’opera». Come sarà possibile far diventare questo progetto un’eccellenza in

Europa? «L’eccellenza del Besta e dell’Istituto Tumori è già nota a livello internazionale da tempo, tanto che con loro collaborano i più importanti istituti di ricerca del mondo. I professionisti che vi lavorano rappresentano un indubbio valore da salvaguardare e valorizzare: grazie anche alla presenza di nuove sedi e tecnologie di elevato livello questo obiettivo potrà essere consolidato. È importante però ragionare anche sul tema dell’accoglienza. L’eccellenza porta, infatti, le strutture a essere attrattive verso pa-

zienti che provengono da città lontane - italiane ed europee - e che non sempre sono in grado di permettersi un soggiorno per curarsi o per accudire il proprio familiare. La Città della salute, con i suoi 50 posti letto di albergo sanitario, punta anche a nuovo concetto di recettività: qui sia i pazienti che i loro familiari potranno trovare un’adeguata sistemazione senza dover essere costretti alla ricerca e al pagamento di costosi alloggi in Milano. L’eccellenza su cui punta la Regione è questa: professionalità, qualità e attenzione alle persone». Come verranno coniugati cura e ricerca e quali saranno i centri di eccellenza coinvolti ? «L’Istituto Besta e l’Istituto dei Tumori hanno già in essere molteplici rapporti di collaborazione e, con questo nuo-

Questo progetto implementerà sinergie nel campo della cura e della ricerca Dossier Lombardia 2014 • 207


Politiche sanitarie • La città della salute

650

I posti letto riservati ai pazienti accanto ai 50 dell’albergo sanitario per i familiari

Un nuovo modello d’ospedale La Città della salute e della ricerca verrà realizzata nel quadrante nord-est dell’area metropolitana milanese, nel comune di Sesto San Giovanni. Gli interventi previsti verranno attuati dalla Regione Lombardia tramite Infrastrutture Lombarde Spa. La società è responsabile della realizzazione di nuove strutture ospedaliere o del riassetto di strutture ospedaliere esistenti sulla base di un nuovo modello di ospedale, fondato sulla «centralità della persona e delle sue esigenze, sulla integrazione della struttura ospedaliera con il territorio circostante e la città, sulla presenza di tecnologie all’avanguardia per garantire al cittadino prestazioni di elevato livello, sulla completezza e la continuità dell’assistenza prestata e su un costante impulso volto alla ricerca e alla formazione in campo sanitario».

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vo progetto, potranno essere ulteriormente implementate sinergie sia nel campo della cura che in quello della ricerca scientifica. Al momento, tuttavia, è necessario concentrarsi sulla realizzazione di quanto già previsto per rispettare costi e tempi del progetto». Qual è oggi l’importanza e il valore strategico della Fondazione regionale per la ricerca biomedica sul territorio e come è possibile implementare le sinergie tra i ricercatori anche al di là dei confini nazionali? «La Fondazione è una straordinaria piattaforma di coordinamento e strumento di governo regionale della ricerca. Attraverso di essa, la Regione promuove e sostiene progetti di ricerca e innovazione - con particolare riguardo alla farmacologia molecolare nonché alla ricerca preclinica - e sviluppa relazioni istituzionali e sinergie con altri organismi italiani o esteri. L’obiettivo è implementare il si-

stema di alleanze al fine di sviluppare e trasferire il nostro know-how in un circolo virtuoso di sinergie e di reciproci stimoli, così da incrementare la competitività del sistema lombardo in Europa». È soddisfatto dello stato di avanzamento del progetto? Quali sono i prossimi passi da compiere? «Il progetto è strettamente connesso con i lavori legati alle bonifiche di cui è titolare il proprietario dell’area: tali attività renderanno il sito pronto per la realizzazione dell’opera. Oggi sono in corso le operazioni preliminari alle bonifiche e parallelamente sono state avviate le procedure per l’individuazione del soggetto che realizzerà l’opera. L’inizio dei lavori è previsto per l’estate del 2015 e l’avvio delle attività sanitarie vere e proprie è stimato per la fine del 2019. Al momento si è quindi in linea con quanto stabilito e vi è un forte impegno da parte della Regione affinché i tempi siano pienamente rispettati». Renata Gualtieri



Ricerca scientifica • Medicina cardiovascolare

Un controllo approfondito L’ipertensione arteriosa è un disturbo da non sottovalutare. Attraverso uno studio di monitoraggio ultraventennale si è potuto capirne più. Il professor Giuseppe Mancia ne illustra i risultati egli ultimi trent’anni si è riscontrata una riduzione della mortalità per le principali malattie cardiovascolari in Italia, ma nonostante questa tendenza la cardiopatia coronarica e l’ictus rimangono malattie a elevata frequenza e sono fra le cause più diffuse di invalidità. Numerosi sono i dati epidemiologici sull’eccesso di rischio attribuibile alla pressione arteriosa elevata nello sviluppo di queste due patologie. «A livello mondiale – spiega Giuseppe Mancia, professore emerito di medicina presso l’Università Milano Bicocca – l’incidenza dell’ipertensione arteriosa interessa il 30% degli adulti e il 50% degli anziani dai 60 anni in poi». Quali sono i mezzi strumentali e i nuovi marker a disposizione dello specialista per la diagnosi precoce dell’ipertensione? «La diagnosi si basa ancora oggi su un’adeguata misura della pressione ar-

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Giuseppe Mancia, professore emerito di medicina presso l’Università Milano Bicocca, a destra la sede di Monza

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teriosa e sull’identificazione di valori che vengono ritenuti, per convenzione, superiori a quelli che dovrebbero essere, vale a dire 140 millimetri di mercurio di pressione sistolica oppure 90 millimetri di mercurio di pressione diastolica. Da questo punto di vista ancora oggi la diagnosi si basa sul controllo di questi semplici parametri».

Per quanto riguarda invece la terapia, quali sono le novità in questo ambito? «Grandi novità non ci sono. Questo è stato un campo molto battuto negli anni passati e ci sono oggi moltissimi farmaci e combinazioni di farmaci con i quali si può cercare di ridurre la pressione arteriosa. Non è semplice rag-


Medicina cardiovascolare • Ricerca scientifica

giungere i valori sotto i 140/90 millimetri di mercurio, che rappresentano gli obiettivi della terapia, perché essa può spesso non essere facile da implementare e il successo può non essere frequente. Però oggi sappiamo che la maggior parte dei pazienti avrebbe bisogno di avere più di un farmaco per controllare la pressione, pertanto la combinazione di farmaci dovrebbe essere la strategia terapeutica più comune per ridurre la pressione arteriosa. Purtroppo non è così perché la maggioranza dei pazienti viene trattata con un singolo farmaco. Questa è una delle ragioni per cui la pressione arteriosa degli ipertesi è controllata solo in una piccola quota

La combinazione di farmaci dovrebbe essere la strategia terapeutica ottimale di ipertesi, inclusa l’Italia. Nel nostro Paese circa il 25-30% dei pazienti ha la pressione entro i valori di riferimento. Questo tra l’altro è responsabile del fatto che l’ipertensione continua a essere ancora oggi la prima causa di morte e di malattia al mondo». Quale tipo di ricerca viene svolta presso il Centro interuniversitario di fisiologia clinica e ipertensione di Milano? «Il centro lega tre università: l’università statale e la Bicocca di Milano e l’Università di Pavia. Uno degli studi importanti che viene svolto nei laboratori che afferiscono all’università Milano Bicocca è in corso da oltre 20 anni su un campione della popolazione di Monza. Si tratta di uno studio che ha dato risultati molto importanti, una ricerca non grandissima ma ben disegnata sin dall’inizio, in cui tutti i soggetti della popolazione avevano la misura della pressione da parte del medico ma anche la misurazione a domicilio e il rilievo della pressione su tutto l’arco delle 24 ore». Quali risultati avete ottenuto? «Lo studio è tutt’ora in corso, ma ha già dato informazioni importantissime. Innanzitutto sui valori della pressione, poi sulla percentuale di pazienti che possono definirsi controllati, sia quando ci basiamo sulla pressione misurata dal medico sia quando è il paziente stesso a misurarla. Inoltre, si sono scoperte moltissime informazioni sui fattori di ri-

schio, tipo alcune specifiche alterazioni ecocardiografiche, alcuni fattori metabolici legati all’elevazione della pressione arteriosa». Quali altri importanti studi avete effettuato? «Un altro studio è quello del controllo nervoso della circolazione sanguigna, ovvero l’importanza di fattori nervosi nella genesi e nel mantenimento della pressione alta. Il centro è uno dei pochi al mondo in cui l’attività simpatica può essere misurata direttamente con minuscoli elettrodi, inseriti in un nervo periferico, ovvero il nervo perineale del paziente. Da qui si riescono a registrare le scariche dei nervi simpatici che vanno alla circolazione del muscolo scheletrico. Si tratta di un metodo estremamente sensibile ed è l’unico che misura direttamente il numero di scariche nervose che vanno ai vasi sanguigni. Questo ha consentito di dimostrare con uno studio tra gli unici al mondo, che l’ipertensione si accompagna all’incremento dell’attività simpatica, sia nelle fasi precoci sia mano a mano che aumentano le complicanze dell’ipertensione. Inoltre ci ha permesso di dimostrare che esistono interazioni tra alterazioni metaboliche e alterazioni della pressione, in quanto questo si verifica nelle situazioni di sovrappeso e nei pazienti ipertesi e sovrappeso». Nicolò Mulas Marcello

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Sanità e assistenza • I dati

A lato, un’immagine dalla precedente edizione di Exposanità. Per informazioni sull’evento: www.expo-sanita.it

Il futuro della sanità

Dalle variabili socio-demografiche, le nuove sfide sanitarie. I focus di Exposanità 2014: ospedale e territorio, terza età, disabilità e internazionalizzazione. A Bologna da 21 al 24 maggio econdo i dati ripresi da Exposanità, con il progressivo invecchiamento della popolazione, in meno di quarant’anni la spesa sanitaria è destinata a crescere del 150 per cento, passando dai 112,7 miliardi attuali a 261 miliardi del 2050. Si tratta di una cifra importante, che richiede subito una profonda riflessione, e che impone la ricerca di nuovi modelli gestionali

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per le strutture sanitarie italiane. «La domanda di sanità e assistenza del nostro paese è destinata a crescere ulteriormente – dichiara Marilena Pavarelli, project manager di Exposanità –. Il progressivo invecchiamento della popolazione, la razionalizzazione dei costi e la maggiore importanza attribuita alla salute e alla prevenzione dalle malattie, rappresentano le principali sfide alle quali il sistema sanitario nazionale dovrà rispondere nei

prossimi anni». Alla luce di questi dati, la diciannovesima edizione di Exposanità, mostra internazionale al servizio della sanità e dell’assistenza, che si terrà a Bologna Fiere dal 21 al 24 maggio, si concentrerà su quattro focus tematici che corrispondo a quelli che sono i possibili sviluppi futuri del settore. Il primo focus è sul rapporto ospedale e territorio, con particolare riferimento alla gestione della struttura ospedaliera in rela-


I dati • Sanità e assistenza

La domanda di sanità e assistenza del nostro paese è destinata a crescere

zione al territorio e alla necessaria razionalizzazione dei costi. Segue la disabilità, da affrontare nei diversi contesti: dal lavoro alla pratica sportiva, dal tempo libero all’integrazione scolastica. Si va avanti con la terza età, un’inevitabile sfida per la sanità e per gli operatori, che dovranno far fronte alle mutate esigenze di una popolazione che nel 2040, in Italia, avrà il 35 per cento di over 65. Infine, internazionalizzazione, per promuovere le eccellenze

della produzione italiana. «Questi temi sono particolarmente complessi – continua Marilena Pavarelli – e richiedono preparazione, ma anche una forte capacità innovativa. Per questo chi è già nel mercato ma non si aggiorna rischia di perdere importanti opportunità. Con questi presupposti, Exposanità rinnova il proprio impegno nell’offrire una proposta culturale ampia e qualificata (oltre 500 ore di formazione) grazie anche all’imprescindibile collabora-

zione delle più autorevoli istituzioni, associazioni e aziende del settore». Anche quest’anno Exposanità concentra il proprio impegno verso la valorizzazione e la qualificazione di tutte le professioni sanitarie, promuovendo il dibattito all’interno del settore, per un sistema sanitario assistenziale adeguato al nostro Paese. E per questo riconferma il format tradizionale a nove saloni, per offrire una rassegna completa di prodotti, servizi, proposte e iniziative di carattere formativo e informativo di alto profilo. Le diverse aree espositive saranno dedicate a Hospital, salone delle tecnologie e prodotti per ospedali; Mit, Medical Innovation & Technology; Diagnostica 2000, salone delle apparecchiature e prodotti per la diagnosi; Sistem, Salone dell´informatica sanitaria e della telemedicina; Healthy Dental, prodotti, tecnologie e soluzioni per la salute dentale; Sanità Animale, organizzazione, tecnologie e soluzioni per la sanità veterinaria: Salute Amica, rassegna dei progetti e delle realizzazioni per la qualità del servizio sanitario; Horu, Handicap, ortopedia, riabilitazione; Terza Età, Soluzioni, prodotti e servizi per la geriatria». Valerio Germanico

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Strutture Sanitarie • Diagnostica

“Pacchetti prevenzione”, le nuove agevolazioni Dedicarsi ai pazienti. Garantire una tecnologia avanzata. E sviluppare agevolazioni economiche. Luca Marazzi, Renzo Rosso e Liliana Colombo presentano il progetto “Ci prendiamo cura di te” na delle maggiori criticità che oggi affligge il settore sanitario privato è la difficoltà a rendere accessibili a tutti i servizi offerti dalle varie strutture. Tra i centri che nell’ultimo periodo hanno cercato di porre rimedio a questa situazione, aiutando le persone che, anche a causa della crisi economica, trascurano la cura della propria salute, compare il Centro Diagnostico San Carlo, specializzato in attività polispecialistiche, di diagnostica per immagini e di medicina fisica e riabilitazione. «Nel 2013 il nostro Centro ha registrato ottimi risultati – spiega Luca Marazzi, titolare dell’impresa –un incremento del fatturato del 15 per cento, ma abbiamo riscontrato alcune problematiche, e tra queste la difficoltà d’accesso ai servizi è sicuramente una delle più gravi. A fronte di questa situazione, abbiamo deciso già da alcuni anni di rendere economicamente più accessibili tutti i controlli di prevenzione, offrendo dei cosiddetti “pacchetti prevenzione” relativi a cardiologia, andrologia, prevenzione base ematica, gastroenterologia, odontoiatria e senologia. La prevenzione deve declinarsi quotidianamente nella realtà e deve partire dall’applicazione di una corretta alimentazione e di adeguato esercizio fisico, ma anche dal rispetto

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di semplici controlli periodici. Purtroppo nell’ultimo periodo abbiamo registrato un calo di attenzione dei pazienti verso la propria salute e ci siamo quindi sentiti in dovere di dar vita al progetto “Ci prendiamo cura di te”, pensato e sviluppato per permettere agli utenti di accedere a prestazioni specialistiche nell’ambito della prevenzione con costi addirittura concorrenziali rispetto ai ticket previsti dalla Regione Lombardia». Per un centro diagnostico come il San Carlo, affidarsi a tecnologie di ultima generazione per garantire servizi efficienti è essenziale. «Dobbiamo essere


Diagnostica • Strutture Sanitarie

Il Centro Diagnostico San Carlo si trova a Varese www.centrodiagnostico.it

Propensione all’ascolto Per una struttura privata non convenzionata come il Centro Diagnostico San Carlo, propensione all’ascolto significa ritornare a un corretto rapporto medico-paziente. Ovvero una relazione basata sulla professionalità e sull’attenzione a un’anamnesi approfondita. Dedicare il giusto tempo a ogni singolo paziente permette di creare solidi rapporti umani ancor prima che profonda fiducia professionale, e pian piano trasforma la struttura sanitaria e i medici che ne fanno parte in punto di riferimento per i pazienti.

in grado di fornire un servizio tecnologico sempre attuale – continua la professoressa Liliana Colombo, direttore sanitario del centro – ragion per cui investiamo molto in tal senso. Indirizziamo ingenti risorse verso la diagnostica per immagini, campo in cui gli adeguamenti tecnologici implementano le potenzialità diagnostiche per esempio in campo ostetrico-ginecologico, permettendo una diagnosi prenatale accurata, oppure in campo dermatologico, attraverso l’utilizzo di apparecchi laser e di radiofrequenza. Inoltre, la nostra diagnostica per immagini si avvale di un sistema di digi-

talizzazione che consente una riduzione dell’emissione radiante e la gestione digitale nel tempo. In questo modo ci è possibile conservare informazioni cliniche e iconografiche di ogni paziente in una “banca dati” sicura e aggiornata». Anche per il 2014 gli investimenti da portare avanti saranno tanti per il Centro Diagnostico San Carlo, ma non saranno rivolti soltanto all’adeguamento tecnologico, in quanto punteranno anche a raggiungere un obiettivo importantissimo: portare il medico a casa dei pazienti. «Investiremo in risorse umane e tecnologiche – conclude Renzo

Rosso, altro titolare del centro – per implementare la fruizione domiciliare di buona parte dei nostri servizi: dai prelievi ematici al monitoraggio cardiaco, dall’assistenza infermieristica all’ecografia domiciliare. Inoltre, grazie alle numerose convenzioni sviluppate sia a livello regionale che a livello nazionale con fondi assicurativi, gruppi aziendali e associazioni di categoria, cercheremo di rendere ancor più accessibili dal punto di vista economico i nostri programmi di prevenzione, così da continuare a porre il paziente al centro di tutta la nostra attività». Emanuela Caruso

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Odontoiatria • Malattie del cavo orale

La prevenzione è un investimento La crisi ha ridotto l’attenzione nei confronti della salute della bocca. Ma questo atteggiamento può provocare problematiche dannose e invasive. Ne parliamo con gli specialisti del Centro Odontoiatrico C.O.B.

Il centro odontoiatrico C.O.B. si trova a Varese www.dentistacobvarese.it

a crisi sembra non risparmiare proprio nessun settore, nemmeno quello odontoiatrico, percepito ora da molti addirittura come un lusso superfluo del quale si può fare a meno. Rispetto al 2007, il numero d’italiani che sono andati dal dentista è diminuito di circa mezzo milione, con un calo di circa il 9 per cento. Questa diminuzione è stata minore nelle regioni settentrionali (in media

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del 7 per cento) e maggiore al Sud, dove si arriva fino al 13 per cento circa, con un calo del fatturato complessivo che sfiora i 5 milioni di euro. Recentemente il ministro della salute Lorenzin ha ricordato che «la mancanza di prevenzione ha fatto riemergere dati preoccupanti sui tumori del cavo orale. Per questo è fondamentale fare prevenzione ed essere visitati. I denti sono importanti e quando abbiamo dei problemi, ne risente tutto il corpo». Per questo

investire in prevenzione può essere considerata l’arma migliore. «In effetti i numeri che stiamo registrando – spiega Abramo Fidanza, amministratore del centro odontoiatrico C.O.B. – parlano di un minore ricorso alle cure dentistiche a causa della crisi economica. È indiscusso che la crisi abbia colpito anche il nostro settore, ma proprio per questo la prevenzione diventa oggi ancora più importante. L’investimento nella prevenzione dentale ha un doppio ritorno sia nel


Malattie del cavo orale • Odontoiatria

Investire nella prevenzione significa avere denti sani e risparmiare nelle cure. Per questo è fondamentale

Invisalign L’Invisalign è un trattamento che consente di allineare i denti avvalendosi di una serie di aligner quasi invisibili, creati su misura per i denti di ogni singolo paziente, in modo da offrire il massimo comfort. «Il paziente adulto – spiega la dottoressa Gazzano del centro odontoiatrico C.O.B -, in alcuni casi è restio ad affrontare la terapia ortodontica, per l’impatto estetico a cui verrebbe sottoposto durante l’ortodonzia tradizionale. Ecco dove invisalign o tecniche analoghe trovano miglior riscontro».

breve che nel lungo termine, mettendo al sicuro il paziente da eventuali patologie e problematiche che, se trascurate, produrranno un doppio effetto negativo sia sulla salute del paziente che su eventuali cure che diventeranno più invasive e costose». Il centro odontoiatrico C.O.B. é accreditato presso la regione Lombardia ed ha proprio nella prevenzione la sua linea guida basilare. «Pur avendo standard qualitativi

altissimi – prosegue Fidanza – ci impegniamo a mantenere listini prezzi adeguati a un’odontoiatria disponibile a tutti. Investire nella prevenzione significa avere denti sani e risparmiare nelle cure ed è questo il messaggio che l’equipe dello studio cerca sempre di comunicare». Prevenzione non riguarda infatti solo l’abitudine all’igiene orale, ma piuttosto uno stile di vita. «Questo implica soprattutto controlli periodici e sedute d’igiene in studio, un iter fondamentale proprio per poter intervenire tempestivamente su qualsiasi eventuale problematica. Che sia una carie, un problema parodontale, gengivale o ortodontico, la prevenzione è sempre la strada più conveniente». Interviene il dottor Angelo Mirra spiegando che negli ultimi anni il Ministero della Salute ha intrapreso a tal proposito una serie d’iniziative volte alla produzione e divulgazione di linee di indirizzo agli operatori del settore in merito alla prevenzione e cura delle patologie orali più frequenti nell’età adulta (carie, malattia parodontale, edentulia, cancro della bocca). Attraverso le linee guida gli operatori del settore possono consigliare i pazienti in maniera ancora più opportuna. «È importante seguire i consigli dell’odontoiatra sugli strumenti più idonei all’igiene domiciliare, che varia

a seconda di ogni paziente e del tipo di problematica in cui può incorrere. Lo spazzolino manuale o elettrico, lo scovolino e il filo interdentale restano gli strumenti principali ma possono essere integrati con altri presidi più o meno adatti a seconda del paziente». L’educazione all’igiene orale e l’abitudine ai controlli periodici è ancora più basilare nei bambini. Nei bambini è infatti fondamentale la prevenzione della carie dentale che può essere effettuata insegnando il prima possibile le metodiche per attuare un'efficace igiene orale che consiste prevalentemente nell’uso dello spazzolino usato con movimento verticale e rotatorio. Ancora prima che il bimbo sia in grado di provvedere autonomamente alla propria igiene orale, sta ai genitori occuparsi della corretta prevenzione. «Nei soggetti in giovanissima età – conclude la dottoressa Valeria Gazzano – è possibile infatti intervenire precocemente su disgnazie e malocclusioni con tecniche intercettive. Ma anche nei ragazzi e negli adulti, oggi è possibile applicare tecniche alternative all’ortodonzia tradizionale. Mi riferisco ad esempio all’Invisalign, mascherine trasparenti che permettono il riallineamento dei denti con minor disagio e impatto estetico durante la cura». Matteo Grandi

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Nota bene • I reati finanziari in Europa

La grande scommessa: un sistema uniforme della giustizia europea Il cammino verso un sistema giudiziario unico per tutti i paesi dell’Unione è ancora lungo e i diversi trattamenti sanzionatori per i reati economici all’interno dei singoli paesi ne sono la prova econdo un recente studio dell’Università di Losanna, in Italia si va in carcere per reati in materia fiscale, economica e finanziaria 55 volte meno che in Germania. Nel nostro Paese solo lo 0,4% è costretto a scontare una pena detentiva rispetto al 4,1% della media del resto dell’Europa. La differenza tra la nostra quota di detenuti per reati economici e finanziari e quella degli altri paesi dell’Unione, quindi, non è vistosa solo nei confronti della Germania; in rapporto al numero di abitanti, i detenuti per reati economici in Italia sono un sesto degli olandesi, un decimo degli svedesi, degli inglesi e dei norvegesi, un undicesimo dei finlandesi e un quindicesimo degli spagnoli. Mentre in Francia, i dati di ottobre 2013 dicono che nei penitenziari d’Oltralpe i detenuti per questo tipo di reati erano quasi 4.700. Oggi più che mai si rende necessario uniformare il trattamento giuridico dei reati finanziari in tutti i paesi europei: «La grande scommessa dell’Ue – sottolinea Renato

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222 • Dossier Lombardia 2014

Papa, presidente del Centro studi di diritto penale europeo - consiste nella elaborazione di un unico sistema giudiziario europeo che investa tutto il mondo dell’illiceità penale». All’inizio di febbraio il Parlamento europeo ha approvato nuove norme per i reati finanziari che prevedono sanzioni penali per chi compie gravi abusi di mercato. Nello specifico di cosa si tratta? «Le nuove norme (che attendono, però, l’approvazione del Consiglio dell’Ue) comminano, per la prima volta, sanzioni penali detentive su-

periori a 4 anni di carcere per chi venga ritenuto colpevole di illeciti finanziari particolarmente dannosi per gli investitori e tali da intaccare seriamente la fiducia di costoro nei confronti dei mercati. Più in particolare sono previste ipotesi di reato per chi effettua insider trading e per chi, con qualsiasi tipologia di operazione, manipola i mercati falsandone l’operatività a proprio vantaggio. Si tratta di un importantissimo passo avanti nella costruzione di un sistema penale europeo il quale, per divenire realmente efficace, dovrà comunque procedere di pari passo con la sempre più forte


I reati finanziari in Europa • Nota bene

Renato Papa, presidente del Centro studi di diritto penale europeo; a sinistra Justus Lipsius building, Brussels

La strada verso la Procura europea Il 17 luglio 2013 è stata varata la proposta della Commissione europea, in attuazione dell’art. 86 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, finalizzata all’istituzione dell’ufficio del Pubblico Ministero europeo. La Commissione ha delineato, non solo le strutture organizzative del nuovo ufficio, ma anche le misure investigative di cui potrà avvalersi il nuovo organo inquirente su tutto il territorio dell’Unione. Si tratta di un primo passo verso un unico sistema giudiziario europeo. La proposta di regolamento dovrà essere recepita all’unanimità dagli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio dell’Unione europea, e con il previo consenso del Parlamento europeo.

omogeneizzazione degli strumenti investigativo-processuali fra i vari stati dell’Ue». Da tempo si parla della creazione di una procura europea per la tutela penale degli interessi finanziari. Cosa comporterà l’istituzione di questo organismo? «L’istituzione della procura europea è ancora in fase troppo embrionale per poter avere una visione certa del suo ambito di operatività. Quello che si può ritenere è che costituirà un ulteriore elemento propulsivo sulla strada della costruzione di uno strumento giudiziario sempre più armonizzato in ambito Ue. L’istitu-

zione della procura europea comporterà, comunque, che si debbano affrontare e risolvere alcuni importanti aspetti di natura processuale al fine di consentire, in concreto, che questo organismo possa agire efficacemente e trasversalmente, in realtà giudiziarie ancora troppo diverse tra di loro». Si arriverà mai a una vera uniformità del trattamento giuridico dei reati finanziari nei singoli ordinamenti di tutti i paesi europei? «La grande scommessa dell’Ue consiste nell’elaborazione di un unico sistema giudiziario europeo che investa tutto il mondo dell’illiceità penale, non solo quella fiscale, economica e finanziaria. Naturalmente occorre affrontare e superare tutta una serie di problemi legati alle tradizioni storiche, giuridiche e culturali dei vari Paesi; ma il percorso è già intrapreso e con riferimento ai reati finanziari vi è una particolare attenzione, una sorta di corsia preferenziale affinché si pervenga a una rapida uniformità nella configurazione degli illeciti e nel trattamento sanzionatorio». Nicolò Mulas Marcello

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