Dossier Friuli 02 2012

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OSSIER FRIULI VENEZIA GIULIA MERCATO DEL LAVORO ................. 76 Giovanni Pavan Massimiliano Fabian Giovanni Fania

L’INTERVENTO.........................................13 Alessandro Calligaris Pietro Ichino

LIBERALIZZAZIONI .......................... 84 Giovanni Cobolli Gigli Angela Brandi Ettore Romoli

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 16 Renzo Tondo BILANCI COMUNALI .......................... 22 Furio Honsell

ECONOMIA E FINANZA COMMERCIO ESTERO .................... 26 Giovanni Da Pozzo Renato Pujatti Lucia Pilutti INTERNAZIONALIZZAZIONE ......... 34 Ugo Frata EXPORT ................................................. 38 Daniele Filippo e Lino Sfiligoi DISTRETTI ............................................ 42 Giorgio Costacurta Giusto Maurig Mauro Manassero Luciano Biscontin RICERCA E SVILUPPO ..................... 52 Roberto Molinaro Enzo Moi INNOVAZIONE ..................................... 58 Lucio Tomasella Vanni Snidero TECNOLOGIE ....................................... 64 Niveo Paravano Giuseppe Buonis Michelangelo Agrusti Stefano Dal Poz Remigio Del Col

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MODELLI D’IMPRESA ...................... 94 Edi Snaidero Luigi Cimolai Riccardo Illy Roberto Bissacco Luca Solari Adriano Casasola PRODOTTI ALIMENTARI ................ 110 Stefano Petris


Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

GIUSTIZIA

RINNOVABILI ..................................... 114 Francesco Cestaro

EDILIZIA .............................................. 128 Walter Lorenzon Giuseppe Graffi Brunoro Antonio Manzato e Federico Zat Andrea Ursella

DIRITTO FALLIMENTARE ............ 180 Enrico Bran Walter Manzon

FOTOVOLTAICO E BIOEDILIZIA .................................. 118 Mara Gallo e Danilo Todeschini IMPIANTI ............................................. 122 Paolo Costantin e Paolo Siega GESTIONE RIFIUTI ......................... 124 Roberto e Michela Nadalutti

DESIGN ................................................ 136 Fabio Simonella Luigi Tomasella Gianni Urbancig

SANITÀ BENESSERE ..................................... 188 Paola Pizzirani

MATERIALI ........................................ 146 Giuseppe Presotto Luciano Berti Nicola Plazzotta Elia Passoni INTERNI ............................................... 156 Giacomo Zanette LOGISTICA ......................................... 158 Guido Valenzin TURISMO ............................................ 162 Piero Gnudi Ferruccio Dardanello Paolo Rubini Federica Seganti Bruno Vesnaver

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Infrastrutture per la crescita di Alessandro Calligaris Presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia

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uando parliamo di rilancio dell’economia regionale, ci addentriamo in una problematica molto complessa, che per essere risolta richiederebbe uno sforzo congiunto, una visione comune e interventi a tutti i livelli. Tale riflessione non può, quindi, rimanere confinata a una dimensione esclusivamente produttiva, ma deve considerare in primis le potenzialità di questo nostro territorio, i suoi punti di forza e le sue aspirazioni. Il Friuli Venezia Giulia può diventare il cuore dell’Europa se sfrutterà la sua posizione geografica di regione di confine con i paesi dell’Est, sviluppando rapporti economici e commerciali con questi “nuovi” Stati europei: il nostro mare può fare da hub a tutti questi paesi, ma occorre anche potenziare i collegamenti autostradali e ferroviari, realizzando quei progetti infrastrutturali di cui il territorio necessita da molto tempo. Molte le proposte dei diversi governi regionali, ma nessuna che – a oggi – abbia trovato una concretizzazione. Il governo nazionale forse non ha creduto nelle potenzialità di sviluppo della nostra economia oltre confine e, a ogni modo, non ha supportato lo sviluppo di tali infrastrutture; sono certamente investimenti importanti anche sotto il profilo finanziario, ma occorreva e occorre agire senza indugi. Priorità per Confindustria sono innanzitutto la terza corsia della Venezia-Trieste e lo sviluppo di questa tratta fino a Kiev; un corridoio Adriatico-Baltico che colleghi il Nord e il Sud dell’Europa per trasportare le merci nei porti di Trieste e Monfalcone, che pure devono essere adeguatamente potenziati e ristrutturati. Servono poi un rigassificatore per ridurre i costi energetici e infrastrutture per la distribuzione del-

l’energia. Fondamentali la banda larga e lo sviluppo della rete internet in tutta la regione. Queste opere darebbero finalmente identità al nostro territorio, agevolando in maniera rilevante lo sviluppo dell’export da parte delle imprese. Export che deve essere affrontato dalle aziende con un approccio strategico e con investimenti specifici, dedicati e adeguati a ogni singolo mercato di riferimento. Occorrono, infatti, strategie aziendali, commerciali e distributive differenziate. Questo approccio presuppone che l’impresa abbia ben chiara la propria scala di priorità, individuando i mercati con le maggiori potenzialità di crescita da affrontare anno per anno. In tutto questo, l’innovazione in senso stretto, vale a dire l’innovazione di prodotto, ha un peso ovviamente importante ma non determinante; rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente al successo di un’azienda sui mercati esteri. L’innovazione da perseguire identifica un concetto più ampio che deve coinvolgere i processi organizzativi interni, così come quelli produttivi e logistici, per ottenere maggiore efficienza, migliorando il servizio al cliente, perseguendo politiche commerciali e distributive in un’ottica di partnership con il retail finalizzata al raggiungimento e alla soddisfazione del cliente finale. In una regione con una struttura industriale composta da moltissime aziende di piccole e medie dimensioni, sarebbe innovativo un approccio che persegua l’aggregazione tra aziende e la loro conseguente crescita dimensionale. In questo modo, le aziende avrebbero a disposizione maggiori risorse da investire per affrontare i sempre più veloci cambiamenti e le evoluzioni del mercato nonché per costruire successi nei mercati esteri. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 13



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Ristrutturare il diritto del lavoro di Pietro Ichino, giuslavorista

l diritto del lavoro necessita di una drastica semplificazione della normativa vigente: è un’operazione che si può compiere immediatamente, a costo zero, con il varo del Codice del lavoro semplificato, contenuto nel disegno di legge n. 1873/2009. Il testo sostituisce più di cento leggi attualmente in vigore con 70 articoli brevi, chiari e facilmente traducibili in inglese. In questo quadro rientra anche la seconda priorità: la riforma della materia dei licenziamenti per i nuovi rapporti di lavoro, secondo il modello della flexsecurity. Occorre puntare al superamento dell’attuale regime di apartheid che divide i lavoratori protetti da quelli non protetti. È un’operazione che si può compiere soltanto sostituendo la vecchia tecnica protettiva con una nuova. Quello della flexsecurity è il regime che offre ai lavoratori il massimo di sicurezza economica e professionale nel contesto di mercato odierno. È una protezione migliore anche rispetto all’articolo 18, che

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ingessa i posti di lavoro. Ricordiamoci che quando viene l’acquazzone anche il gesso si scioglie, e il lavoratore si ritrova con un pugno di mosche in mano. La flexsecurity rappresenta il solo regime suscettibile di essere esteso davvero a tutti i lavoratori: altrimenti la protezione rigida resta necessariamente limitata a una parte di essi, mentre la flessibilità di cui il sistema ha bisogno si scarica interamente sull’altra. In materia di amministrazione della giustizia, il problema non è tanto di cambiare le norme processuali, quanto di governare meglio l’organizzazione del lavoro dei magistrati, responsabilizzare i dirigenti e istituire gli incentivi giusti per l’efficienza. In materia di lavoro, l’obiettivo che ci viene indicato dalle istituzioni europee è sostanzialmente questo: conciliare il massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza per il lavoratore. Si torna, così, alla flexsecurity. È ora che ci cimentiamo seriamente su questo fronte, senza paure e con molto buon senso. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 15


Foto ARC Montenero

IN COPERTINA

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Renzo Tondo

RIPRESA E AUTONOMIA, PAROLE D’ORDINE PER LA REGIONE Il Friuli Venezia Giulia rivendica la sua capacità di saper gestire un’autonomia responsabile, interpretata come un servizio della regione a tutto il Paese. Partendo da questo presupposto, il governatore Renzo Tondo illustra le priorità per il 2012: lavoro, piccole e medie imprese, innovazione, ambiente, infrastrutture, sanità. Ottimizzando le risorse Francesca Druidi

l Friuli Venezia Giulia non si abbatte di fronte all’instabilità economica e finanziaria che attanaglia i mercati mondiali incidendo in maniera evidente sulla situazione generale italiana. Consapevole delle criticità, il territorio guarda con ottimismo al 2012, forte delle proprie peculiarità e prospettive di sviluppo. L’amministrazione regionale guidata da Renzo Tondo punta sul sostegno all’occupazione, alle pmi e all’innovazione, intesa come fondamentale valore aggiunto alla produzione. A fianco delle misure rivolte alla crescita economica, è stata improntata una

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linea di governo finalizzata al rigore nella spesa, alla riduzione dei costi e al potenziamento dell’efficienza della pubblica amministrazione. La giunta presieduta da Tondo punta poi a vincere la delicata quanto cruciale partita delle infrastrutture e a completare la riorganizzazione del sistema sanitario. La strada verso una ripresa che sia realmente solida non potrebbe però avvenire senza la salvaguardia di quella autonomia e di quella particolarità che contraddistingue il Friuli Venezia Giulia. In un recente incontro svoltosi a Palazzi Chigi con il presidente del Consiglio Monti Tondo ha illu-

strato le ragioni del territorio chiedendo - e ottenendo - un tavolo per ridefinire i rapporti finanziari tra Stato e Regione. Quali sono, nello specifico, i temi che ha sottoposto all’attenzione del premier Monti e che l’hanno portata a sollevare critiche nei confronti della manovra “Salva Italia”? «Non ho criticato la manovra del Governo Monti, ma ho anzi riconosciuto che sono stati assunti provvedimenti dolorosi ma necessari, di fronte alla situazione della finanza pubblica, per bloccare la pericolosa deriva della credibilità del Paese sui mercati finanziari. Su FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 17


Foto Arc

IN COPERTINA

Sopra, Renzo Tondo con il presidente del Consiglio Mario Monti il 2 febbraio a Roma. A fianco, l’aula del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia

alcune questioni, come l’addizio- singoli provvedimenti del cosid- nità, a ridurre il nostro debito di nale sull’energia elettrica e l’Imu, non si è tenuto conto che le Regioni a statuto speciale hanno in queste materie meccanismi diversi rispetto a quelle ordinarie, con una sperequazione a nostro danno e pesanti conseguenze per i cittadini. Il Friuli Venezia Giulia è, inoltre, regione di confine. L’aumento della benzina e l’introduzione della tassa di stazionamento per i natanti producono una fuga immediata verso i distributori e i porti nautici della vicina Slovenia con la conseguente perdita di posti di lavoro e danni gravi non solo per alcune categorie economiche ma, in definitiva, anche per le casse dello Stato». Per questo lei ha sottolineato più volte l’importanza della difesa dell’autonomia della Regione. «È una questione che va al di là dei 18 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

detto decreto “Salva Italia” e del Governo Monti, per coinvolgere i rapporti con lo Stato centrale. Dobbiamo riconfermare che la nostra autonomia speciale non è un privilegio, ma una responsabilità che abbiamo sempre esercitato nell’interesse del Paese. Ricordo che le nostre entrate non derivano da trasferimenti dello Stato, ma da compartecipazioni ai tributi riscossi sul nostro territorio. Con queste risorse, e senza chiedere nulla in più, gestiamo in proprio e in piena autonomia la sanità e gli enti locali. Stiamo, inoltre, realizzando alcune grandi infrastrutture al servizio dell’Italia. Con la diminuzione delle entrate tributarie, a causa della crisi, abbiamo dovuto tirare la cinghia, ma siamo riusciti lo stesso, dopo aver messo in sicurezza la sa-

600 milioni di euro, 500 euro per ogni cittadino della regione, dando un contributo rilevante al risanamento della finanza pubblica nazionale. Crediamo, anzi, che la nostra autonomia sia un modello anche per le altre Regioni. Non pretendiamo l’esclusiva». Quali le misure prioritarie che vanno adottate in questi primi mesi del 2012? «Siamo consapevoli delle difficoltà che ci aspettano quest’anno. Ma lo siamo anche della solidità delle nostre imprese, della coesione sociale della nostra comunità e delle energie che il Friuli Venezia Giulia può mettere in campo. Perciò possiamo guardare con fiducia al futuro. Il nostro obiettivo principale è quello di mantenere alta la fiducia dei cittadini e delle imprese, che qui da


Foto ARC Montenero

Renzo Tondo

noi continuano a esportare e presentano l’incremento più alto tra le regioni italiane nel volume di investimenti. Questo vuol dire che ci sono ancora imprenditori che producono e che ci credono. Le linee di intervento dell’amministrazione regionale sono comunque chiare: rafforzamento degli ammortizzatori sociali e sostegno allo sviluppo dell’economia, utilizzando soprattutto la nuova programmazione delle risorse comunitarie. Puntiamo su tre filoni principali: piccole e medie imprese, innovazione, ambiente».

Finora abbiamo aperto cantieri per 750 milioni di euro, tra cui il primo lotto della A4

A che punto è la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A4 Venezia-Trieste? Il nodo infrastrutture resta sempre centrale parlando della regione. Quali gli ultimi sviluppi? «Il presidente del Consiglio Mario Monti e il ministro delle Infrastrutture Corrado Passera hanno firmato l’atto aggiuntivo tra l’Anas e Autovie Venete, concessionaria

della A4: una misura che ci permette adesso di reperire le risorse finanziarie mancanti. Al di là del passaggio tecnico, la firma dell’atto aggiuntivo dimostra che nel governo c’è consapevolezza dell’importanza di quest’opera, non solo per il Friuli Venezia Giulia ma per l’Italia. Le infrastrutture continuano a essere una priorità: finora abbiamo aperto cantieri per 750 milioni di euro, tra cui il primo lotto della A4 e la VillesseGorizia. Ma non ci sono soltanto le strade: porti, piattaforma logistica, banda larga. L’Unione euro- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 19


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pea ha appena riconosciuto il ca-

rattere strategico del corridoio Adriatico-Baltico, che interseca il Corridoio V proprio in Friuli Venezia Giulia, ponendoci al centro della rete degli scambi in Europa. È questa la nostra vera opportunità per il futuro». Un altro filone fondamentale per lo sviluppo è rappresentato dal taglio delle spese improduttive e dalla riduzione dei costi di gestione della Pubblica amministrazione. Quali sono le iniziative più importanti che la Regione ha preso e prenderà su questo versante? «Ci siamo subito messi al lavoro e possiamo vantare alcuni risultati significativi: in quattro anni i dirigenti sono passati da 145 a 114, con una diminuzione di 31 unità e un risparmio di quasi 5 milioni di euro, pari al 25 per cento del totale della spesa. I dipendenti pubblici sono calati di 1.400 unità, tra settore sanitario, Regione ed enti locali, senza diminuire le prestazioni. Questo però, come ho più volte sottolineato, ancora non basta. Bisogna incidere su quelle strutture burocratiche che sono state create nel tempo per meglio amministrare la cosa pubblica, ma che poi sono diventate fini a se stesse. Su questa strada mi sono già messo, fin da tempi non sospetti, chiudendo nel mio primo mandato vari enti regionali, tra cui quelli dell’artigianato e della formazione, e ho continuato in questa legislatura a partire dalle Comunità montane. Stiamo lavorando a una serie di accorpamenti e razionalizzazioni, dagli enti per il diritto allo studio universitario alle 5 Ater, le aziende 20 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

Nel nuovo piano sanitario abbiamo indicato obiettivi più incisivi, tra cui la riorganizzazione complessiva della rete ospedaliera

territoriali per l’edilizia residenziale: in una regione con un milione e 200mila abitanti forse ne basta una». Anche sul fronte della sanità la Regione sta lavorando all’ottimizzazione delle risorse. Può illustrarci i risultati e i prossimi obiettivi in questa direzione? «Possiamo considerarci soddisfatti dei risultati sin qui raggiunti: sono diminuiti i costi di regia; si registra un miglioramento nell’appropriatezza dei ricoveri ospedalieri e una crescita dell’attività territoriale; ci sono più infermieri e operatori socio-sanitari a scapito del personale amministrativo; la spesa complessiva è stata contenuta senza inci-

dere sui servizi. Nel nuovo piano sanitario indichiamo nuovi e più incisivi obiettivi: riorganizzazione complessiva dell’offerta della rete ospedaliera e ricerca di una maggiore efficienza complessiva del sistema, attraverso l’eliminazione di inutili sovrapposizioni e la ricerca di sinergie tra le aziende sanitarie. Confermo la necessità di riorganizzare il sistema di governo della sanità regionale, con la prospettiva di arrivare possibilmente a un’unica azienda territoriale regionale. Qualsiasi percorso di riforma deve partire, in ogni caso, dalla fotografia dei bisogni dei cittadini e non dalla difesa dei singoli territori».



BILANCI COMUNALI

Nessun aumento previsto per l’addizionale Irpef La crisi economica colpisce anche i cittadini, e per questo il Comune di Udine cerca di adottare interventi che favoriscano il risparmio. Furio Honsell illustra le politiche della sua amministrazione in questo difficile momento Nicolò Mulas Marcello

Furio Honsell, sindaco di Udine

e incertezze sui tagli che il Governo e la Regione faranno al Comune, non hanno permesso ancora all’amministrazione comunale di Udine una previsione di bilancio per il 2012, ma ci sono alcuni punti fermi. «La mia amministrazione – afferma Furio Honsell, sindaco di Udine – non ha assolutamente intenzione di risolvere le tensioni di bilancio incrementando l’addizionale Irpef». La crisi economica non accenna a placarsi. Qual è la situazione a Udine? «Dalla tragedia del terremoto il Friuli aveva conosciuto un grande periodo di sviluppo economico quasi un effetto paradosso - che

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aveva trasformato una terra di emigrazione a terra di immigrazione. La recessione economica iniziata nel 2008 è quindi stata un fenomeno nuovo, soprattutto per le generazioni più giovani del Friuli. È una crisi che colpisce settori che hanno poco praticato l’innovazione ed è pertanto molto difficile da contrastare, anche perché molte aziende in difficoltà nel frattempo hanno esternalizzato le loro produzioni, ad esempio in Turchia o in Cina. I servizi sociali registrano un aumento di richieste non soltanto da parte delle fasce più povere, ma anche da persone che manifestano criticità legate ai menage familiari. La stretta creditizia che si è verificata negli ultimi 6-9 mesi ha

ulteriormente irrigidito la capacità di reagire alla crisi economica». Parliamo del bilancio comunale, qual è la situazione, e cosa si prevede per il futuro? «Noi eravamo abituati ad approvare il bilancio di previsione entro febbraio. Quest’anno invece c’è moltissima incertezza sull’entità dei tagli che il Governo e la Regione faranno al Comune, quindi non abbiamo ancora la possibilità di redigere il bilancio. La mia amministrazione non ha assolutamente intenzione di risolvere le tensioni di bilancio incrementando l’addizionale Irpef. Per quanto riguarda l’Imu, invece, stiamo scrivendo un regolamento mirato a sostenere i cittadini più in difficoltà e a favorire


Furio Honsell

Abbiamo siglato il Patto europeo dei sindaci, che vuole migliorare l’efficienza energetica

l’immissione di alloggi sfitti nel mercato immobiliare, con l’auspicio di aiutare a risolvere il problema della casa che, in seguito della stretta creditizia, si è aggravato». Quali interventi sono stati fatti e quali sono necessari per aiutare lo sviluppo economico della città? «Gli interventi sono soprattutto legati alla promozione dell’innovazione e alla cantierazione del maggior numero di opere pubbliche. La nostra politica di liquidazione degli stati di avanzamento entro 30 giorni ha permesso di sostenere le imprese edili. Da quando abbiamo siglato il Patto europeo dei sindaci, che vuole migliorare l’efficienza energetica, abbiamo promosso in città lo svi-

luppo di numerose attività legate all’edilizia sostenibile e alle fonti rinnovabili. Ad esempio, siamo l’unico Comune in Italia - oltre alla Provincia autonoma di Trento - che ha adottato lo standard Casa Clima, ponendo come obbligatorio nel regolamento edilizio lo standard di coibentazione Casa Clima B. All’inizio questa scelta sembrava avversata dalle imprese che temevano una lievitazione dei costi, invece, a distanza di tre anni, Udine è diventata un laboratorio di green buildings. I costruttori sono soddisfatti e i cittadini di Udine sono diventati molto esigenti in fatto di dispersioni termiche, tanto più che, anche in seguito dell’incremento dei costi

dell’energia, i costi in più sono facilmente ammortizzabili». Per quanto riguarda infine la riduzione dei costi della politica, cosa ci può dire? «I costi della politica non sono certo le indennità dei sindaci e degli amministratori comunali che, soprattutto nei piccoli Comuni, svolgono un’attività - anche gestionale - insostituibile, spesso di volontariato. Essi sono piuttosto legati ai costi delle aziende pubbliche che, sia nelle figure dei revisori dei conti sia in quelle degli amministratori, sia spesso anche in quelle dei direttori, scelgono non in base alle competenze ma soltanto in base a esigenze di collocazione per politici perdenti». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 23




COMMERCIO ESTERO

Fare squadra per potenziare l’export Il neo coordinatore di Unioncamere Friuli Venezia Giulia, Giovanni Da Pozzo, indica la strada maestra alle aziende regionali. E annuncia il prossimo varo di una task force fra le quattro Camere di Commercio del territorio per mettere nuova benzina sulla via dell’internazionalizzazione Giacomo Govoni

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gganciare senza timori il treno del mercato estero, aiutando gli imprenditori a emanciparsi dall’istintiva vocazione al “fai da te”. Se esiste una lezione che il tessuto produttivo regionale non ha ancora assorbito a pieno, è questa. Lo attestano i dati riportati sul bollettino datato dicembre 2011 della Camera di Commercio di Udine, che mostrano come, per due imprese su tre, affidarsi a istituti di supporto all’internazionalizzazione sia ancora una sorta di tabù. E ne è convinto Giovanni Da Pozzo, presidente della Camera di Commercio

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giovanni Da Pozzo

di Udine e dallo scorso gennaio in sella anche a Unioncamere, fermamente intenzionato a invertire questo trend. «Ci sembra importante far capire al nostro sistema produttivo che per “conquistare” il mercato mondiale, globalizzato e ipercompetitivo, bisogna fare massa critica». Lavorare di squadra, in pratica, è l’imperativo del neo coordinatore dei quattro enti camerali regionali, che ambisce a «sviluppare una task force assieme alle associazioni di categoria che diventi punto di riferimento per la regione». Nel suo recente discorso d’insediamento al vertice regionale di Unioncamere ha messo il tema dell’internazionalizzazione in cima alle priorità. Perché? «Abbiamo un mercato interno in difficoltà e le previsioni non tendono ancora al sereno. Sono convinto pertanto che le aziende che sanno puntare all’estero con intelligenza e organizzazione possano davvero continuare a crescere nonostante la situazione complessa dell’economia mondiale. Visitando tante aziende ho avuto modo di appurarlo personalmente: chi ha avuto il coraggio di investire su nuovi mercati ha resistito alla crisi e ce l’ha fatta a restare competitivo, pur con un impegno enorme. L’internazionalizzazione dunque è una delle rarissime strade percorribili per uno sviluppo concreto del nostro sistema produttivo e le nostre quattro Camere di Commercio vogliono essere in prima linea, con la loro esperienza e professionalità, su questo tema cardine per le nostre imprese». Al capitolo rapporti con l’estero, i dati del 2011 dicono che le imprese udinesi (56,8 per cento) viaggiano sopra la media rispetto all’intero Nordest (47,5 per cento). Si può fare ancora meglio? «Certamente. Le nostre imprese, che beneficiano della posizione strategica al centro dell’Europa, sono in questo senso davvero virtuose. Ma ancora molto si può fare: le aziende friulane si sono sviluppate tendenzialmente su mercati esteri piuttosto tradizionali, che restano e resteranno di certo un riferimento. A essi, però,

vanno aggiunti nuovi Paesi-obiettivo, magari più insoliti, ma con prospettive di crescita esponenzialmente più elevate. In questo senso ci siamo impegnati con un progetto specifico, portato avanti con i nostri imprenditori: lo studio di mercati nuovi, più promettenti, su cui puntare e investire. Penso al Vietnam, al sud-est Asiatico, alla Cina, alla Repubblica di Corea, all’Africa sub-sahariana». Peraltro, nessuna azienda udinese ha optato per la chiusura degli stabilimenti “casalinghi”. Un atteggiamento virtuoso: ma durerà? «È un segnale interessante, che distingue e qualifica il nostro sistema produttivo. Tutto dipen-

derà ovviamente anche dalla risoluzione dei ben Giovanni Da Pozzo, noti problemi strutturali del nostro paese, a cui presidente di Unioncamere il Friuli di certo non può sottrarsi. C’è da sottolineare però una forza particolare di questa piccola terra di confine: un legame speciale tra uomo, prodotto e territorio. Un trinomio fortissimo che contraddistingue la nostra società anche culturalmente e che la nostra comunità, produttiva e non, difende con orgoglio. Ciò è evidente anche nei tratti d’eccellenza che sappiamo esprimere in tanti campi. E ciò, dunque, ci permette di pensare e sperare che questo atteggiamento possa durare ancora». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 27


COMMERCIO ESTERO

Un fronte su cui avete battuto molto ultimamente è l’Est Europa, Serbia in testa. Quali saranno i fronti strategici nel triennio 2012-2014? «La Serbia è un mercato sempre più interessante, anche in prospettiva, guardando al suo avvicinamento all’Europa. Il centro-est europeo, dato ancora in crescita, rimane un interessante mercato per le imprese friulane, così come c’è la necessità di conquistare e presidiare i mercati dati in maggior crescita nei prossimi anni: Russia, Africa, Sudest asiatico, Brasile. Dobbiamo però rimarcare l’importante lavoro di squadra, a livello di Unioncamere regionale, che le quattro Camere di Commercio regionali porteranno avanti proprio in tema di internazionalizzazione. Gli obiettivi per i prossimi anni saranno perciò condivisi. A livello provinciale, declineremo ovviamente le strategie sulle singole specificità territoriali, ma l’azione sarà comune e connessa anche ai principali network nazionali, europei e internazionali». Commercio estero, investimenti produttivi in nuovi paesi, creazione di partnership: in quale direzione convoglierete maggiormente le vostre attività di supporto? «Le Camere di Commercio offrono un servizio di prima internazionalizzazione: aiutiamo le nostre imprese ad aprirsi la strada, stabiliamo relazioni e contatti, le prepariamo al meglio. Pertanto, oltre alle missioni, in cui organizziamo specifici matching con imprese del Paese-target di volta in volta interessato, continueremo ospitando incoming di operatori e imprenditori stranieri, stimolando l’analisi dei mercati esteri con seminari, workshop, ma anche tramite consulenze e check up. A questo, aggiungo un’iniziativa a cui teniamo molto. Ovvero, due bandi: il primo, giunto alla terza annualità, a supporto delle spese sostenute dalle imprese per attività di internazionalizzazione; il secondo, novità di quest’anno, a supporto delle aziende che si mettono in rete per portare avanti insieme progetti di internazionalizzazione. Ci sembra importante far capire al nostro sistema produttivo da soli, se si è piccoli o minuscoli come nella stragrande maggioranza dei casi in regione, non si può arrivare. Uniti sì, nel rispetto delle singole

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La meccanica e il vitivinicolo sono da sempre sensibili e attenti ai nuovi mercati e stanno procedendo bene su questa strada

autonomie». Quali settori a oggi hanno saputo sfruttare le possibilità offerte dal mercato estero? Per quali invece, oggi in ritardo, l’investimento all’estero potrebbe rivelarsi la ricetta vincente? «I ritardi dipendono il più delle volte dalle difficoltà oggettive di internazionalizzare alcuni settori dell’economia. La meccanica e il vitivinicolo sono di certo gli apripista, sono da sempre sensibili e attenti ai nuovi mercati e stanno procedendo bene su questa strada. Nel legno-arredo ci possono essere notevoli possibilità nei paesi a crescita più elevata; la scelta vincente per le nostre piccole imprese, ancor più nel contract che nel residenziale, può essere proprio l’aggregazione. Anche l’agroalimentare può sfruttare al meglio la sua specialità e l’eccellenza dei tanti artigiani del gusto che devono farsi conoscere sempre più all’estero. Penso poi alle tecnologie, in generale, e alla green growth. Una crescita che dobbiamo fare noi, ma che possiamo fare anche - e ancor meglio - insieme ai Paesi che si rafforzeranno nei prossimi anni».


Renato Pujatti

Vento dell’Est per le piccole e medie imprese Uno sbocco verso i mercati emergenti dell’Europa orientale può rivelarsi decisivo per la tenuta competitiva delle pmi friulane. Renato Pujatti illustra le strategie con cui Finest si adopera per accompagnarle al traguardo dell’internazionalizzazione Giacomo Govoni

orta per dare attuazione alla legge 19/1991, che definiva il Friuli Venezia Giulia quale regione frontaliera della vecchia Cee, Finest è una società finanziaria che della cooperazione economica con l’Est europeo e degli investimenti nei territori dell’ex blocco sovietico, ha fatto la sua missione. Dal suo battesimo sono trascorsi diciassette anni, spesi a mettere in carniere 400 progetti a favore delle pmi del Triveneto e ad allacciare rapporti con 29 paesi esteri. Tra le strette di mano più recenti, quella arrivata a metà gennaio con la Camera di Commercio degli Urali del Sud, nell’ambito di un’intesa di sviluppo economico il Friuli Venezia Giulia e i delegati governativi della regione di Chelyabinsk. «Questo accordo di collaborazione ci consentirà di rafforzare e sviluppare le relazioni economiche tra i territori di nostra competenza e della regione russa – spiega il presidente di Finest, Renato Pujatti – ma soprattutto creare opportunità di proposte concrete per le nostre pmi, non solo nel campo degli investimenti». Quali altri assi di sviluppo sono contenuti

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in questo protocollo d’intesa con la Federazione russa? «Tra i capisaldi dell’accordo, definito alla presenza del governatore Mikhail Yurevich, si rimarca la volontà di sviluppare una collaborazione informativa, in ambito statistico e analitico, dei principali orientamenti di sviluppo e di regolamentazione legislativa dell’attività economica estera nel territorio delle parti. In secondo luogo, si mira a favorire lo scambio di informazioni ed esperienze, anche in campo accademico, fornendo assistenza nella partecipazione delle organizzazioni imprenditoriali a seminari, corsi organizzati nel territorio delle parti coinvolte al fine di consolidare rapporti economici con le pmi del Triveneto». Sviluppo dell’export e investimenti per incentivare la delocalizzazione nei Paesi emergenti: quale strada battete di più? «Tengo molto a precisare che Finest non promuove la delocalizzazione ma l’internazionalizzazione. Non si vuole, infatti, sradicare il patrimonio della nostra economia, cioé le pmi all’estero, ma si vuole dare un’opportunità a FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 29


COMMERCIO ESTERO

Si vuole dare alla nostra economia l’opportunità di crescere anche all’estero

queste realtà di crescere anche all’estero. A tal

proposito stiamo sviluppando progetti al fine di poter facilitare l’ingresso delle nostre imprese in nuovi Paesi emergenti». Il Ministero dello Sviluppo economico vi ha affidato anche la gestione del venture capital. A quali progetti date la precedenza e verso quali Paesi li indirizzate? «Riteniamo che la gestione di questo servizio vada a chiudere l’offerta di una serie di servizi che diamo alle aziende. Si tratta di un fondo rotativo finalizzato a sostenere gli investimenti delle imprese italiane nei Balcani, quindi in Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia, Serbia e Montenegro, attraverso l’acquisizione da parte di Finest di quote del capitale di rischio in imprese da costituire o già costituite nei Paesi citati. Tali quote sono aggiuntive rispetto a quelle acquisite ai sensi della legge 19/91». Oltre a una fervida collaborazione con la Federazione russa, un altro fronte caldo sembra essere la Serbia. Quali risultati avete ottenuto?

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«Nel corso del 2011 è stato attivato “Destinazione Kragujevac”, un importante progetto per rispondere all’esigenza dell’imprenditore operante in Serbia di interfacciarsi con un unico interlocutore economico e istituzionale a sostegno dell’internazionalizzazione. Ideato e coordinato da Finest, il progetto vede la collaborazione di importanti enti e istituzioni, tra cui l’ambasciata di Serbia in Italia, il consolato generale di Serbia, l’ambasciata d’Italia in Serbia e la regione Friuli Venezia Giulia. Terminata la prima fase, articolata su cinque tavoli di lavoro (infrastrutture, edilizia, formazione, business e finanza), quest’anno è in previsione la seconda fase del progetto, per dare continuità e ancora maggior concretezza ai rapporti avviati. Visti i buoni risultati conseguiti, abbiamo deciso di riproporre il progetto anche alla Federazione russa, con il recente lancio di “Destinazione Chelyabinsk”. Un lavoro suddiviso in tavoli tecnici dedicati a settori come la metallurgia, l’agroalimentare e il turismo, con l’obiettivo di individuare opportunità di business interessanti per il nostro territorio. Quindi interventi mirati per risposte concrete alle pmi». Quali sono in comparti produttivi nel prossimo futuro potranno trarre maggiori benefici da un processo di internazionalizzazione? «Da recenti analisi di mercato si nota come i settori di potenziale e significativo interesse siano: il settore energetico, inteso come rispetto ambientale ed energia pulita; quello agroalimentare a 360°, vale a dire dalla produzione alla trasformazione, fino alla distribuzione; il comparto legato alla tecnologia e innovazione; il settore metallurgico, con know-how specifici di nicchia, e il turismo».



COMMERCIO ESTERO

Rotta verso terre promettenti «Solo chi saprà allearsi per cogliere le occasioni estere riuscirà a imporsi nel mercato globale». Maria Lucia Pilutti sprona all’internazionalizzazione le pmi del territorio Giacomo Govoni

i tutte le imprese udinesi che tra il 2009 e il 2011 hanno deciso di osare, giocandosi la carta internazionalizzazione, nessuna lo ha fatto a discapito degli stabilimenti radicati nel territorio nostrano». Un tratto virtuoso, confrontato al 13 per cento di chiusure registrate dalle aziende del Nordest e che incoraggia la Camera di Commercio di Udine a investire sempre più energie e risorse in chiave estera. «Un’azione comune che condurremo sotto il coordinamento di Unioncamere regionale e in accordo con le associazioni di categoria – ci tiene a precisare il vicesegretario generale della Camera di Commercio, Maria Lucia Pilutti – per poi affidare ai singoli enti camerali il compito di pianificare le strategie in base alle specificità di ciascuna provincia». Nel piano di internazionalizzazione 2012-2014 che avete elaborato emergono direttrici inedite di penetrazione commerciale. Come si traducono operativamente queste scelte? «Premesso che oltre alla sinergia regionale, intendiamo valorizzare le più proficue collaborazioni all’interno di reti camerali nazionali e internazionali, come ente camerale della provincia di Udine abbiamo avviato un percorso inedito insieme alle nostre imprese. Con il progetto “Network Imprese Mercati” abbiamo costituito gruppi di imprenditori sud-

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divisi per settori rappresentativi. Sotto la guida di esperti, hanno portato avanti un lavoro di studio e approfondimento dei mercati più promettenti, in linea con gli obiettivi e le esigenze reali degli imprenditori stessi. I paesi-target individuati sono perciò su misura per il tessuto produttivo a cui ci rivolgiamo e ne terremo conto nella predisposizione dei nostri prossimi piani di attività verso l’estero». In quali aree e da quali progetti sono arrivati i migliori risultati nel 2011? «Uno dei progetti di maggior successo è stato l’Ocm vino, una compartecipazione al 50 per cento di fondi pubblici e fondi delle imprese per la promozione della produzione vinicola nel mercato degli Stati Uniti. Siamo arrivati alla terza annualità e abbiamo proceduto puntando sulla rete: abbiamo costituito un’associazione temporanea d’imprese (Ati) che ha la Camera di Commercio come capofila. Da 22 imprese coinvolte nel 2010, siamo arrivati quest’anno a ben 42. Estenderemo poi la promozione anche ai mercati di Russia e Cina, che le imprese coinvolte hanno ritenuto particolarmente interessanti. Ottimi riscontri si sono avuti anche dalla prima missione in Repubblica di Corea, e dalle iniziative di promozione internazionale delle aziende dell’arredo design, dalla Russia al Canada, all’India». Per affrontare mercati oggi poco esplorati di certo le imprese avranno bisogno di informazione e formazione: che supporto date in questo senso? «L’attività seminariale è praticamente continua, con esperti del sistema camerale e delle istituzioni italiane presenti nei Paesi stranieri


Maria Lucia Pilutti

target, abbinata sempre a consulenze individuali, a business forum, a servizi di check up, per verificare la situazione e le opportunità competitive delle singole aziende. L’attività di informazione, anche tramite newsletter mirate, è poi costante e apprezzata, abbinata a un’ulteriore risorsa impegnata espressamente in attività di formazione. Attività coordinata dall’Azienda speciale Imprese e Territorio, che si occupa dell’internazionalizzazione, insieme alla nostra azienda speciale Ricerca&Formazione». Anche quest'anno riproponete il bando di assegnazione voucher per le imprese che hanno in cantiere iniziative d'internazionalizzazione. Evidentemente la formula piace. «Nel 2010 e nel 2011 abbiamo avuto circa 150 domande, con una leggera crescita da un anno all’altro. Sono ammesse a finanziamento le spese per missioni economiche e partecipazioni a fiere o a esposizioni, anche a carattere temporaneo, all’estero e in Italia. I servizi connessi possono comprendere check up preliminari con esperti-Paese, interpretariato, organizzazione incontri B2B, visite individuali o collettive, follow-up e molti altri servizi». Oltre ai voucher offrite altre forme di sostegno economico? «Proprio nel 2012 ci sarà una novità interessante: un ulteriore bando, fortemente voluto dalla giunta camerale, che andrà a finanziare le iniziative di internazionalizzazione che le imprese decideranno di affrontare mettendosi in rete. Andiamo perciò a promuovere l’impegno ad aggregarsi delle nostre aziende, il 96 per cento delle quali è una piccola o micro impresa. Se trovano le giuste forme di collaborazione e “alleanza” sono in grado di essere competitive su un mercato globale che singolarmente non sarebbero in grado di af-

frontare. Chi lo capisce ha delle chance in più in questo momento di difficoltà». Tra i paesi verso cui rivolgete le vostre azioni, quali attraggono di più le aziende udinesi? «Il mercato europeo resta fondamentale, Germania in testa. Sempre più stanno emergendo opportunità nel centro e dell’est Europa, in Russia, ma anche, recentemente, nella più vicina Serbia. Le nostre imprese si trovano in posizione geograficamente strategica, in questo caso. Certo, noi stiamo puntando molto anche su mercati lontani con previsioni di crescita più elevate, dall’Africa sub sahariana al Far east, al Brasile, registrando interesse in aumento da parte del nostro tessuto produttivo». A quali settori produttivi rivolgete i maggiori sforzi? C’è spazio anche per quello turistico? «Cerchiamo di calibrare l’attenzione, come nostro dovere, su tutti i settori, dall’arredodesign all’agroalimentare, dalla nautica alla meccanica, dal commercio e artigianato all’accoglienza e ospitalità e alla cultura. La promozione del turismo è affidata alla Regione, tramite l’agenzia Turismo Fvg, con cui c’è ovviamente collaborazione e coordinamento». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 33


INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’Italia protagonista nello sviluppo del pipeline Un ambizioso progetto di internazionalizzazione al centro dell’agenda della Salp. La società guidata da Ugo Frata ha come obiettivo la conquista di importanti commesse in Medio Oriente e Africa. Ma non sono pochi gli ostacoli da superare Andrea Moscariello

resce, nonostante uno scenario nazionale decisamente critico, la friulana Salp. La società, leader nella realizzazione di reti metanifere, si è posta anche nel corso del 2011 come attore strategico per un comparto, quello delle infrastrutture energetiche, colpito da ennesimi “scossoni”. «Le tensioni nel mercato del petrolio, l’aumento dei prezzi dei carburanti, l’incremento del tasso di disoccupazione, il collasso immobiliare e bancario sono tutti elementi che di certo non aiutano l’economia e il nostro settore» osserva il titolare Ugo Frata, il quale però è riuscito a stabilizzare l’azienda, esponendola sempre di più a livello internazionale. «Il 2011 si è concluso positivamente, non solo confermando il fatturato 2010, ma addirittura migliorandolo. Ciò non significa che l’anno appena trascorso sia stato privo di difficoltà. Nonostante gli ostacoli incontrati sulla nostra strada, abbiamo conseguito risultati apprezzabili che contiamo di mantenere anche nel 2012». Dunque lei è fiducioso? «Vorremmo guardare all’anno venturo con un pizzico di ot-

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Ugo Frata, presidente dell’impresa Salp Spa di Bagnaria Arsa (UD) www.salpspa.com

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timismo. Le nostre aspettative sono sicuramente ambiziose, considerando la grave crisi economica, ma non per questo irrealizzabili». Sotto quali aspetti siete cresciuti e migliorati nell’ultimo biennio? «Siamo riusciti a ottimizzare l’organizzazione interna. In secondo luogo abbiamo messo a punto soluzioni specifiche per la saldatura automatica in ambienti esterni “non protetti” per la posa di pipeline per gas naturale o acqua, in cantieri con tubazioni anche di grosso diametro». È su questo che continuerete a investire anche nel 2012? «Puntiamo al continuo miglioramento dell’attività di saldatura automatica con l’eventuale acquisto di nuove tecnologie, più aggiornate rispetto a quelle attuali, unite a personale sempre più specializzato e preparato. L’obiettivo è quello di realizzare un impianto automatico pronto a qualsiasi evenienza. Il rafforzamento del parco macchine andrà a perfezionare questo avanzato sistema di saldatura. In secondo luogo, abbiamo posto in agenda l’incremento e il potenziamento dei mezzi per il movimento terra, propedeutico all’attività di pipeline». Come si stanno trasformando gli impianti di saldatura per grossi diametri? «Abbiamo portato la cabina di saldatura esattamente dove occorre, trasportandola e po-


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Abbiamo messo a punto soluzioni specifiche per la saldatura automatica in ambienti esterni “non protetti” per la posa di pipeline

sizionandola nel punto in cui avviene l’unione dei tubi. Abbiamo dotato mezzi cingolati semoventi di gru. Questi ultimi, prima trasportano i tubi, avvicinandoli fino alla collocazione ideale di saldatura, poi si occupano di trasportare e posizionare esattamente la cabina. Questa si presenta come una tenda, all’interno della quale vengono collocati due robot di saldatura e due operatori. Tale attrezzatura consente la saldatura automatica e veloce delle tubazioni in un ambiente protetto dagli agenti atmosferici come pioggia, sole e, soprattutto, vento. Ciò ha reso necessario la creazione di un knowhow tecnico per lo sviluppo e la gestione delle nuove attrezzature, la riorganizzazione delle attività operative di saldatura e la modifica dell’impostazione logistica dei cantieri in cui i nuovi sistemi vengono utilizzati. Il

AZIENDE

tutto accompagnato da un necessario miglioramento della competenza del personale tecnico e operativo». Il settore edile e delle opere pubbliche ha patito il colpo della crisi più duramente rispetto ad altri. Questo come si riflette sul vostro operato? «Ovviamente ne risentiamo anche noi. Gli appalti, negli ultimi due anni sono sensibilmente diminuiti, a fronte di una concorrenza invece sempre più accanita, fatta di aziende che, spinte dalla scarsità di lavoro, effettuano ribassi esagerati con cui gli altri imprenditori devono confrontarsi. Questo li costringe a sottoscrivere contratti a condizioni non remunerative o, peggio ancora, a scapito della qualità dell’opera e della sicurezza dei lavoratori. Per evitare di cadere in questa situazione mi vedo, a volte, costretto a declinare FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 35


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Oltre cinquant’anni di attività S.A.L.P. Spa nasce a Bologna nel 1959, città in cui svolge la propria attività nell’ambito dei lavori di bonifica della pianura padana. Ben presto viene a contatto con il mondo del gas metano e del petrolio, che proprio negli anni ‘60 vede i primi sviluppi nell’area emiliana. Il trasferimento in Friuli avviene nel 1971, regione in cui la società intraprende quella che, di lì a breve, sarebbe divenuta la sua attività principale: la costruzione e la manutenzione delle reti metanifere. Attualmente, grazie alle competenze acquisite, Salp si è anche specializzata nella progettazione e messa in opera di oleodotti, ossigenodotti e acquedotti. Dispone di attrezzature tali da permettere di operare con grandi capacità e professionalità in attività complementari, quali i lavori riguardanti fognature, sistemazioni idrauliche e difese delle sponde, bonifica di siti ambientali, costruzioni stradali e stabilizzazione dei terreni. Attualmente è annoverata tra le maggiori imprese italiane qualificate e in grado di operare su metanodotti di grosso diametro ad alta pressione, compresa la costruzione dei relativi impianti e opere accessorie, la progettazione e la manutenzione degli stessi. L’impresa è uno dei fornitori ufficiali delle società Eni Spa nella massima categoria per la costruzione di simili opere. La competenza dell’impresa si interseca anche con la capacità di realizzare nel settore dell’impiantistica stazioni di compressione e stazioni di pompaggio, misura e riduzione per gas metano. L’Azienda ha avuto in media, negli ultimi anni, circa 170 dipendenti, arrivando nel 2011 a 250 tra tecnici e maestranze di varie specializzazioni.

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l’invito a realizzare progetti che non garantirebbero la copertura dei costi sostenuti dalla mia azienda». Dal suo punto di vista quale atteggiamento dovrebbero assumere gli enti appaltanti? «Gli enti dovrebbero essere attratti non tanto dai prezzi vantaggiosi, ma soprattutto dalla qualità del lavoro finito e dal modus operandi delle aziende. Le leggi italiane comprendono un insieme di procedure e istruzioni operative stabilite dalle norme di sicurezza e ambientali. Queste servono a preservare l’integrità fisica dei nostri lavoratori e dell’ambiente. Il tutto, per funzionare, deve però essere integrato da un sistema di gestione atto a perseguire, sotto ogni punto di vista, questi obiettivi. E noi lo sappiamo bene, avendo alle spalle anni di esperienza e di studio delle normative. Un know how che ci è stato riconosciuto anche attraverso le numerose certificazioni in nostro possesso». Ultimamente Salp si sta esponendo sempre di più verso l’estero. «Le nostre intenzioni sono di espandere i nostri orizzonti oltre i confini nazionali, perciò continueremo a effettuare ricerche mirate alla selezione di nuovi progetti in paesi dell’Unione Europea e del Medio Oriente».


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In particolare quali mercati presentano le prospettive più importanti? «Il nostro interesse è rivolto prevalentemente a paesi come Bulgaria, Russia, Kuwait, Libano e Africa. In particolare la Salp sta analizzando la possibilità di realizzare joint venture con società operanti in questi mercati per la realizzazione di progetti volti alla costruzione e manutenzione di metanodotti. Queste aree sono caratterizzate da una concorrenza sempre più acerrima, con prospettive di competizione incentrate sull’innovazione». Quali azioni intraprenderete per rendervi competitivi? «Per supportare il processo di internazionalizzazione aziendale e reggere il confronto, l’azienda intende avvalersi di un insieme di competenze professionali che la supportino nella realizzazione delle specifiche attività. Ciò avverrà attraverso l’introduzione nell’organigramma aziendale di un business development manager, di geometri e ingegneri di provata esperienza per la supervisione e l’or-

Le nostre aspettative sono sicuramente ambiziose, considerando la grave crisi economica, ma non per questo irrealizzabili

ganizzazione delle attività stesse e, dove necessario, adottando strategie di cooperazione con altre imprese». Quali difficoltà teme di incontrare? «Il punto è che fare delle ipotesi sul futuro risulta difficile, soprattutto se consideriamo che le previsioni per il 2011 non evidenziavano una crisi così profonda come, invece, si è verificata. Probabilmente sarà un anno di recessione. La tassazione sulla benzina ha già ridotto i consumi italiani. Probabilmente ci sarà un aumento del prezzo del petrolio dettato anche dalla crescente richiesta di energia da parte di Cina e India. Se il petrolio aumenta, aumentano anche i prodotti raffinati, nonché tutti quelli che vengono trasportati su gomma, e nel nostro Paese rappresentano l’80% del totale. Considerando che il mercato energetico è in costante evoluzione e la presenza di energie rinnovabili come eolica, fotovoltaica e solare sta assumendo sempre maggiore rilievo, non escludiamo nessuna possibilità per il nostro futuro». Cosa caratterizzerà i prossimi mesi? «In primis la concretizzazione di progetti di costruzione nel mercato dell’Est Europa, dove l’impresa ha già presentato offerte per incarichi “chiavi in mano”. Proseguirà, poi, l’approfondimento della ricerca sul mercato Medio Orientale, specialmente per le aree del Golfo, di possibili acquisizioni di nuove commesse. Per raggiungere questi obiettivi dovremo rafforzare la nostra capacità di penetrazione commerciale estera, acquisendo nuove sinergie, sia con i consorzi, sia tramite joint venture con imprese locali. Sarà fondamentale adeguare le certificazioni già in nostro possesso alle richieste dei mercati stranieri, laddove occorre acquisendone di nuove, per far fronte a tutte le necessità della committenza sotto i profili normativo, formativo e organizzativo. Vanno internazionalizzate le risorse umane, formando il management nella gestione delle varie specificità, il tutto accompagnato da un continuo sviluppo di nuove tecnologie nel settore dell’Oil & Gas, finalizzato alla promozione, all’esportazione e valorizzazione del nostro bagaglio di esperienze». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 37


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EXPORT

Il triangolo della sedia si reinventa e roccaforti di produzioni specializzate, come quella del cosiddetto “triangolo della sedia”, con l’ingresso nel mercato di nuovi attori internazionali, si sono dovute reinventare. L’alternativa era quella di ritrovarsi fuori mercato. Il distretto della sedia, compreso fra i comuni di San Giovanni al Natisone, Manzano e Corno di Rosazzo, fino alla metà degli anni Novanta contava ben 1.200 aziende specializzate, che davano lavoro a oltre 14mila addetti. E questo nonostante una prima forte crisi negli anni Ottanta, che aveva determinato il fallimento di molti nomi storici. Grazie alla capacità di rinnovare in profondità il modo di produrre e commercializzare la sedia, però, il tessuto produttivo riuscì a far fronte a questo primo colpo, per poi trovarsi nuovamente in difficoltà di fronte alla concorrenza proviene dall’Est Europa: Croazia, Romania, Polonia, realtà che hanno saputo superare i problemi iniziali legati alla qualità del loro prodotto. Daniele Filippo e Lino Sfiligoi, soci titolari

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Daniele Filippo e Lino Sfiligoi sono soci titolari insieme a Valter Braida della Caselli Group Spa di San Giovanni al Natisone (UD) www.casellispa.com

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Il rilancio di un settore storico del tessuto produttivo udinese. Daniele Filippo e Lino Sfiligoi spiegano come dall’indotto locale della lavorazione del legno sono riusciti a posizionarsi sui mercati internazionali ed emergenti Luca Cavera

insieme a Valter Braida della Caselli Group di San Giovanni al Natisone – che produce macchine per la lavorazione del legno –, sono fra gli imprenditori che sono stati capaci di fare un passo avanti pur di non cedere quote di mercato. «Sulla scia delle difficoltà generate dalla globalizzazione – spiega Daniele Filippo – la nostra azienda ha saputo modificare il proprio target. Il settore delle macchine per il legno è vasto e complesso, noi abbiamo scelto, favoriti dalla posizione geografica, di specializzarci nella produzione di macchine per la lavorazione di sedie, tavoli e legno massello in generale. Alla produzione abbiamo affiancato un’officina interna che cura il ripristino delle macchine e un negozio per la vendita di ricambi e utensili». In questo modo, da una dimensione locale, Caselli Group è riuscita a puntare ai mercati emergenti, nei quali l’esperienza di produzione poteva fare la differenza. «A partire dagli anni Novanta – prosegue Lino Sfiligoi –, abbiamo iniziato a essere presenti direttamente con nostri rappresentanti sui mercati dell’Est. In seguito, quando alcuni imprenditori hanno avviato il trasferimento di de-


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Daniele Filippo e Lino Sfiligoi

Abbiamo dimostrato sui mercati internazionali la nostra capacità di offrire un servizio a tutto tondo

70% EXPORT Il fatturato attuale di Caselli Group Spa dipende in larga parte dall’estero. Fino al 2001 il dato era invece sbilanciato sul mercato interno

terminate fasi produttive in questi paesi, noi abbiamo fornito le macchine per le lavorazioni e i tecnici specializzati per la messa a punto e la manutenzione. In questo modo abbiamo dimostrato sui mercati internazionali la nostra capacità di offrire un servizio a tutto tondo: dalla fase di studio alla progettazione, dalla fornitura all’installazione dei macchinari e infine con il servizio postvendita, la ricambistica delle migliori marche e l’assistenza di tecnici costantemente aggiornati e con un’esperienza pluriennale». Questa spinta ha avuto un suo riscontro anche sotto l’aspetto del fatturato. «Se fino all’inizio del millennio – dice Daniele Filippo – il nostro fatturato derivava per il 60-70% dalle vendite nel mercato italiano, negli ultimi anni abbiamo registrato un’inversione di tendenza, con un fatturato estero che sfiora il 70%. Ciò è stato possibile perché abbiamo considerato la globalizzazione come un’opportunità e abbiamo così cercato costantemente sbocchi in nuovi mercati. Per esempio attra-

verso la partecipazione alle fiere di settore – importanti sia per il mercato interno che estero. Tuttavia queste non sono un mezzo sufficiente. Per questo ci stiamo rivolgendo anche a nuove strategie di vendita e una crescente attenzione a Internet e al web marketing». In questo modo, la modernizzazione e i metodi di vendita tradizionali si fondono, garantendo la risposta ottimale alle esigenze di ogni mercato, come dice in conclusione Lino Sfiligoi: «Alcuni mercati richiedono una risposta online immediata, mentre esistono altri contesti in cui il cliente vuole toccare con mano il prodotto, per questo possiamo contare su oltre 4mila metri quadri di esposizione di macchinari sia nuovi sia usati. Il mercato dell’usato è sicuramente un campo in cui ci sentiamo forti, sia per la vastità della scelta, sia per la qualità. Infatti, oltre a macchine di basso costo, possiamo offrire macchine a controllo numerico e macchine ricondizionate che permettono all’utilizzatore finale di contare su un’affidabilità e un’efficienza pari al nuovo, però con un notevole risparmio. E questo è molto importante per l’attuale situazione di mercato». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 39


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DISTRETTI

Piccolo non fa rima con mercati Un cluster con l’export nel dna che, dopo i mercati europei guarda a quelli emergenti, Brasile e Cina in testa. Le aziende del distretto Comet hanno saputo riorganizzarsi e fare dell’internazionalizzazione la leva dello sviluppo. L’analisi di Giorgio Costacurta, presidente del distretto Luca Donigaglia

l distretto della componentistica e della termoelettromeccanica è nato nel 2007 ed è costituito principalmente da piccole e medie imprese nate da spin-off di grandi aziende leader del settore meccanico, dell’elettrodomestico e dell’automotive. Il comparto che racchiude il maggior numero di imprese (nel 2009 erano 2.672) è quello dalla produzione di componenti per il settore meccanico. Per Comet, cluster molto incline all’export, la crisi economica diventa anche uno stimolo per guardare mercati finora inesplorati. «È finito il tempo del “piccolo è bello”, adesso è il tempo di nuovi mercati, nuove strategie, nuove mentalità». Il punto di Giorgio Costacurta, presidente del distretto Comet Sui fronti export, innovazione e occupazione, che bilancio stilare per il 2011? «Nel 2011 abbiamo evidenziato un ottimo andamento delle esportazioni. Il 13% della produzione delle aziende di Comet è indirizzato all’estero, soprattutto in Cina, Brasile e Russia. Nel 2011 anche le piccole e medie aziende del settore hanno consolidato la crescita avviata l’anno precedente. La positiva performance messa a segno dalle imprese del comparto è però, nel complesso, frutto dell’export che continua a crescere, premiando coloro i quali investono in internazionalizzazione». Il distretto è il primo del Triveneto per le dimensioni dell’export con più di 3 miliardi nel

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Giorgio Costacurta, presidente del Distretto della componentistica e della termoelettromeccanica

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2010, quasi il 15% delle esportazioni del Nord-Est. La crisi ha inevitabilmente ridotto la domanda, le imprese hanno dovuto reinventarsi. Come superare le difficoltà che restano? Insistere sull’aggregazione? «Bisogna creare una rete sempre al passo con le esigenze competitive necessarie ad affrontare i mercati globali. Per le nostre attività imprenditoriali oggi l’aggregazione è diventata una necessità. Una volta l’approccio col mercato delle piccole e medie aziende, vale a dire l’ossatura del Comet, avveniva grazie alla cultura del “saper fare”. Una cultura che veniva messa a disposizione delle grandi imprese committenti. Oggi non è più così. Anche la piccola e media azienda deve pensare, lavorare, programmare e aggregarsi per affrontare un mercato più ampio e competitivo. Oggi non si decide più da soli, così come non si può più essere solo funzionali a qualcun altro. La piccola e la media impresa devono sapersi muovere nello stesso modo dentro e fuori dell’Europa. Meglio ancora se assieme. Con una strategia che va individuata e suggerita anche dal distretto. Il Comet, a sua volta, deve farsi promotore della condivisione dei programmi interfacciandosi con le istituzioni e le associazioni del territorio. È finito il tempo del “piccolo è bello”, adesso è il tempo di nuovi mer-


Xxxxxxx GiorgioXxxxxxxxxxx Costacurta

cati, nuove strategie, nuove mentalità. Che si devono confrontare con due fattori determinanti: l’aggregazione e la tecnologia». Fra gli sbocchi commerciali dei distretti del Triveneto prevalgono la Germania (+15,8%) e la Francia (+18,2%), ma crescono anche Cina e Brasile così come riparte la Russia. La Cina resta un partner privilegiato con l’87% di export nel primo trimestre 2011 rispetto al primo trimestre 2010, l’80% di incremento nel 2010 rispetto al 2009. Come consolidarsi in questi mercati? «Anche in questo caso entra in gioco come non mai il fattore integrazione. Molte piccole e medie imprese del distretto Comet stanno vivendo ormai da qualche tempo una fase di frenetica espansione delle proprie esportazioni verso i Paesi Bric. Una espansione, tuttavia, determinata da commesse di breve periodo e dagli importi relativamente contenuti, i quali prevedono tempi di fornitura molto veloci, tra l’altro. Dunque, a differenza di quanto poteva avvenire in passato, sviluppare una seria

pianificazione non è facile. Si tratta, in generale, di una crescita non strutturale. Il punto è che l’andamento complessivo del Distretto oggi risente notevolmente dell’esaurirsi di singole importanti commesse legate a poche ma grandi imprese. La situazione non è drammatica, intendiamoci, ma con venti aziende che non raggiungono il peso di una, le nostre imprese non potranno scegliere se aggregarsi o meno: dovranno farlo per forza». Cosa fa il Comet in merito? «I progetti sviluppati da Comet con le aziende stesse vanno proprio in questa direzione. Gli otto progetti del filone dei “precompetitivi” coinvolgono e vedo la partecipazione attiva di più di trenta aziende, ma essendo progetti che riguardano l’innovazione di processo ne interessano un numero ben maggiore . L’output dei vari progetti viene distribuito gratuitamente alle aziende del distretto interessate. Bisogna fare squadra, il vicino di casa non è più l’unico concorrente da cui difenderci, ma anzi è il partner con cui collaborare». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 43


DISTRETTI

Il distretto delle sedie guarda a est Capacità produttiva, garanzia di know-how, tradizione e moderne tecnologie. Sono questi gli ingredienti che hanno portato il distretto della sedia friulano a reinventarsi dopo la crisi degli anni passati per scoprire nuovi mercati Luca Donigaglia

n’indagine su 30 aziende del Distretto della sedia per valutarne lo stato di salute su un periodo che va dal 2003 al 2009. Area Science Park, attraverso la società modeFinance, specializzata nella valutazione del merito creditizio, e il Centro Legno&Arredo della rete Innovation Network hanno così fotografato la situazione attuale e gli sviluppi futuri dell’Italian Chair District. Ne parla il presidente del distretto, Giusto Maurig. Dopo il picco negativo del 2009, i dati più recenti del 2010 mostrano una prima inversione di tendenza. Quanto servirà per tornare ai livelli-pre crisi? «Mentre in passato erano i grandi quantitativi di ordini a caratterizzare la nostra presenza sul mercato, oggi si sta puntando su un’offerta di prodotti di qualità, attenti all’ambiente e dal design ricercato. Fatta questa doverosa premessa, risulta chiaro che il percorso di rinnovamento del distretto non può raggiungere risultati di crescita dall’oggi al domani, anche se la nuova identità del distretto sta iniziando a riscuotere un notevole interesse sul mercato della sedia e, più in generale, sul mercato del legno arredo sia nazionale che internazionale». Dal confronto tra 2009 e 2010 emerge una crescita del fatturato medio delle aziende del campione pari al 5,8 per cento, un raddoppio del margine operativo lordo medio (dal 2 al 4,7%), un aumento del 50 per cento delle aziende che hanno chiuso in utile rispetto al-

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l’anno precedente. Come vanno interpretati questi numeri? «Ritengo che la risposta risieda anche nelle nuove attività proposte dalle aziende del distretto che, per emergere dalla crisi, hanno adottato politiche di miglioramento. Penso, ad esempio, alle certificazioni Iso e Fsc, il cui conseguimento sta entrando sempre di più tra le priorità dei nostri imprenditori, poiché permettono di offrire all’esterno un’immagine di maggiore garanzia e qualità del prodotto. Parallelamente, si nota un’attenzione crescente verso il design e la comunicazione, attività marginali nel passato ma ora fondamentali per essere presenti con un’identità ben definita sul mercato». Confrontando la performance del distretto della sedia dal 2003 a oggi con l’analogo comparto della Spagna, tradizionalmente competitor dell’Italia, il distretto friulano appare davvero più in salute di qui ai prossimi anni? «In un sistema economico ormai globale i prin-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giusto Maurig

cipali mercati di sbocco dei paesi europei stanno diventando sempre più simili. Ad esempio, i paesi Bric rappresentano un’interessante meta d’affari per i cluster europei e, pertanto, la sfida si gioca anche sulla capacità di essere presenti all’interno di tali mercati. Va quindi presa in considerazione la posizione strategica del Distretto della sedia rispetto alla nuova Europa allargata a est, dove esso si colloca proprio al centro. Un altro fattore che può rappresentare un punto di forza nella competizione con i colleghi europei, è il consolidamento e il mantenimento di una subfornitura interna al distretto che possa rispondere con flessibilità e dinamicità alle richieste del mercato. Valorizzare tale filiera “corta” interna al territorio significa permettere alle aziende che si propongono con un proprio marchio sul mercato di rispondere sempre con flessibilità e dinamicità alle richieste». Quali strategie di comunicazione e di miglioramento qualitativo delle imprese del distretto avete in programma per aiutare le stesse ad individuare quei percorsi di sviluppo oltre l’attuale fase di crisi economica generalizzata? «Sicuramente dare concretezza a un marchio, che caratterizzi la qualità delle nostre aziende, anche attraverso l’identificazione distrettuale è parte della mission di Asdi Sedia. Per questo stiamo potenziando il brand “Italian Chair District”. Oltre a migliorare la comunicazione d’insieme, è inoltre fondamentale permettere alle aziende di strutturarsi e presentarsi sul mercato rafforzate: da qui i progetti di certificazione aggregata. Penso, in particolare, al già citato progetto Filiera ISO9001, che vede già certificate 12 aziende e altrettante in fase di formazione; e al progetto di Fi-

liera Green, in fase di realizzazione, che certifica l’utilizzo di legno proveniente da foreste gestite in modo responsabile, con una catena di custodia certificata Fsc». Quartieri ecosostenibili, fattorie ippoterapiche, piccoli centri commerciali socializzanti. Sono solo alcune delle suggestioni emerse dall’esplorazione effettuata dal gruppo di ricerca della Facoltà di Architettura di Trieste, incaricato dall’Asdi Sedia di seguire un progetto di riqualificazione e valorizzazione del distretto. Quando si potrà entrare nel vivo dei progetti? «I progetti presentati dallo studio dell’Università di Trieste rappresentano un’interessante visione per le aziende e gli amministratori del nostro territorio. Considerato il numero di edifici industriali a disposizione per una riconversione si potrebbe veramente parlare di una nuova primavera per il distretto, qualora tali progetti vengano recepiti. Va segnalato che, a seguito della costante richiesta da parte del settore pubblico di poter prendere visione degli elaborati, in accordo con l'università abbiamo colto l’opportunità di trasformare tale studio in una pubblicazione, che sarà diffusa tra qualche mese. Chiaramente il compito dell’Asdi è quello di stimolare il dibattito e la riflessione su questi temi, starà poi alle amministrazioni o agli imprenditori cogliere le opportunità fornite attraverso tali spunti ideali. Tutto ciò detto, l’impegno delle nostre aziende rischia di risultare vano, qualora il sistema-paese in cui esse si trovano quotidianamente a operare non sia all’altezza. Capacità imprenditoriali, impiego di capitali, creatività e innovazione vengono, infatti, troppo spesso ridimensionati da una burocrazia fatta di troppe regole non chiare e interpretabili, che appesantiscono come sterile zavorra il lavoro dei nostri imprenditori, sempre più proiettati in un mercato divenuto necessariamente globale».

Sotto, Giusto Maurig, presidente del Distretto della sedia

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DISTRETTI

«Senza aggregazione il distretto non riparte» Un 2011 in flessione anche per le aziende del comparto legno-arredo. Per questo Mauro Manassero, presidente del Distretto del mobile del Livenza, evidenzia la necessità «di una riflessione per una profonda rivalutazione del settore», attraverso nuove forme di collaborazione tra i diversi attori coinvolti Luca Donigaglia

l Distretto del mobile del Livenza conta circa 1.300 aziende locali, che danno lavoro a 20.000 addetti, con un fatturato di circa 2,5 miliardi di euro annui e con un peso dell’export pari al 35 per cento della produzione totale. Si tratta della terza provincia in Italia per l’esportazione di mobili. Negli ultimi anni alcuni dei temi che sono stati al centro dell’attenzione dei vertici del distretto sono diversi: dalla riorganizzazione aziendale ai progetti di innovazione, dall’efficienza energetica alla sostenibilità ambientale, dall’internazionalizzazione all’esigenza di fare rete. E proprio su quest’ultimo punto è stato chiaro Mauro Manassero, presidente del distretto, il quale ha chiarito che “fare squadra” è vitale per le aziende locali del settore legno-arredo. La ripresa del distretto del mobile, che non è stato esente da questo periodo di crisi, per ripartire deve puntare sull’aggregazione di imprese? «Il 2011 per gli operatori del distretto è stato un anno di ulteriore flessione per quanto riguarda produzione e vendite. Il mercato nazionale non dà ancora segnali di risveglio e la ripresa dell’export risulta, ancorché incoraggiante, in generale, ancora modesta. Da qui la necessità di una riflessione per una profonda rivalutazione del settore che rappresenta la seconda economia della provincia di Pordenone. La crescita del nostro di-

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stretto deve ripartire da una progettualità che veda al primo posto le aggregazioni fra le imprese del territorio, finalizzate a obiettivi e investimenti non solo per ragioni di “interesse” contingente, ma per “necessità” comune». Le imprese capaci di intraprendere percorsi di innovazione e internazionalizzazione in maniera autonoma sono ancora poche nel distretto? «Le aziende strutturate e con propria capacità progettuale, non rappresentano che una minoranza, per il resto il distretto è costituito da una prevalenza di imprese di piccola dimensione che faticano a intraprendere la strada dell’innovazione nel senso più ampio del termine e ciò non aiuta a competere nell’attuale scenario che richiede forte capacità organizzativa e importante forza finanziaria. È proprio qui che la somma dei valori che discendono dalla forza aggregativa può fare la differenza e, verosimilmente, risultare una valida soluzione. A cominciare dalla valorizzazione del know-how,

Sopra, Mauro Manassero, presidente del Distretto del mobile di Livenza


Xxxxxxx MauroXxxxxxxxxxx Manassero

che ha caratterizzato il vantaggio competitivo maturato, prima che diventi serio il rischio di una sua dispersione. Valorizzazione che va incanalata su progetti interaziendali ad ampio respiro». Proviamo a definire una parola-chiave in questo scenario? «Internazionalizzazione per meè la parola chiave. Andare all’estero è una necessità. Non solo con la valigia e la buona volontà ma con un bagaglio costituito da una serie di valori, costituiti da un brand, da un prodotto caratterizzante, quindi tracciabile e riconoscibile, e da una capacità di risposta immediata alle necessità di un mercato esigente. Purtroppo, per quanto attiene il brand, da parte delle nostre singole aziende riscontriamo un bassissimo grado di orientamento verso politiche che potrebbero aiutare la riconoscibilità dei prodotti. A tali lacune, secondo me, potrebbe essere rimediato con il supporto di un marchio di distretto». Insomma, pare che essere bravi a produrre mobili oggi non sia più sufficiente. «All’estero sempre di più le opportunità per le nostre aziende arrivano dal settore dei grandi progetti, dal contract. Per approcciare tale ambito non è però sufficiente essere bravi a produrre mobili, questo oggi lo sanno fare in tanti. È invece indispensabile possedere un’organizzazione adeguata: essere capaci di costruire relazioni, di intercettare opportunità, di progettare, di proporre soluzioni di prodotto e di arredo, di rispondere in tempi rapidi alle richieste. Anche nel contract possiamo dimostrare che l’aggregazione tra le imprese del di-

stretto può risultare vincente: oltre che con la messa in comune delle competenze aziendali, con un brand e un prodotto favoriti dai valori di appartenenza al distretto». Il vostro distretto mostra, in ogni caso, di possedere sempre notevoli capacità di creare progetti orientati allo sviluppo delle proprie imprese. Che dire degli investimenti sul risparmio energetico, ad esempio? «È uno dei nostri progetti che rappresentano molto bene la nostra certificata inclinazione e capacità verso l’ecosostenibilità. Abbiamo iniziato con la certificazione distrettuale Emas che, grazie ad alcune imprese e Comuni particolarmente sensibili che hanno adottato un sistema di gestione ambientale accreditato dalle norme internazionali Emas ci ha permesso di ottenere come ambito produttivo omogeneo il relativo attestato da parte del comitato Ecolabel-Ecoaudit. Il progetto relativo alla mappatura ambientale ed energetica ci ha poi permesso di comprendere meglio le esigenze delle nostre imprese e poter conseguentemente proporre una serie di interventi tecnologici per renderle maggiormente efficienti e ridurre gli sprechi. Oggi siamo in dirittura d’arrivo per quanto riguarda il progetto di certificazione di prodotto ecosostenibile, al quale altri distretti, ma anche altri settori, grazie all’interessamento dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, stanno guardando con attenzione». Distretti come quello di Livenza hanno dimostrano di sapersi guadagnare anche un certo profilo istituzionale. Come tradurlo in benefici per il territorio? «Come Asdi riteniamo di avere oggi, oltre che il ruolo istituzionale, anche la competenza e la capacità per supportare il territorio e le imprese e per favorirne i relativi percorsi di crescita. Insieme all’ Unione Industriali di Pordenone abbiamo prodotto e presentato alla Regione un progetto per un piano straordinario di rilancio del settore e del distretto, condiviso con le imprese, che prevede azioni nell’ambito della riorganizzazione e della ristrutturazione, dell’innovazione di prodotto e di processo, dell’internazionalizzazione. A brevissimo l’attivazione delle relative azioni». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 47


DISTRETTI

Alla conquista dei mercati esteri Le reti di impresa sono una delle principali leve per la competitività sul mercato internazionale. Per la Presotto le esportazioni hanno raggiunto nel 2011 il 45%. L’esperienza di Luciano Biscontin Luca Donigaglia

l termine made in Italy abbraccia un insieme di competenze, prassi, visioni e approcci che determinano storie imprenditoriali di successo. Nel nostro Paese, il filo che lega l’estro creativo alle produzioni industriali è quel mix di gusto e praticità che rende gli oggetti “fatti in Italia” appetibili e funzionali alla vita quotidiana. In questo modo sono nate tante imprese, da nord a sud, che del saper fare italiano hanno fatto la loro bandiera. E che in questo periodo di difficoltà economica trovano, proprio nella forza del made in Italy, la leva per crescere, soprattutto in quei mercati dove la crisi si sente meno. Di queste fa parte il Gruppo Presotto Industrie Mobili di Brugnera, in provincia di Pordenone, che conta oggi 200 dipendenti per 29,5 milioni di euro di fatturato nel 2010. Una storia iniziata nel 1948, che oggi continua grazie a intuito imprenditoriale e nuove forme di aggregazione tra imprese. Recentemente siete stati capofila nel progetto del contratto di filiera con altre aziende dell’indotto territoriale per avere più peso sui mercati internazionali. Quanto sono importanti questi nuovi strumenti di aggregazione tra piccole e medie imprese? «Presotto Industrie Mobili, e quindi anche la sua divisione Presotto Contract, ha fatto dell’aggregazione con partner qualificati una delle principali leve per la competitività. Que-

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sto perché la proposizione dei progetti più importanti, per contenuto e per impatto sul mercato, spesso passa attraverso la condivisione di competenze, professionalità e specializzazioni. Per questo motivo, lavoriamo e viviamo a stretto contatto con il Distretto del mobile di Livenza, una realtà che continua a dare grandi impulsi al nostro settore e

Luciano Biscontin, presidente del Gruppo Presotto Industrie Mobili


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luciano Biscontin

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Non credo di poter suggerire nulla a nessuno. Le aziende e i prodotti di successo sono il risultato di una serie di variabili complesse in cui nulla può essere lasciato al caso

non solo. L’aggregazione ci permette non solo di essere competitivi ma soprattutto di rispecchiare la natura innovativa che ogni azienda deve dimostrare di avere. Un esempio per tutti, il progetto “Pure”, presentato alla fiera Host di Milano lo scorso anno, è un esempio significativo della nostra capacità di costruire reti di intesa con obiettivi di qualità totale». Da decenni siete specializzati nella produzione di arredi per la casa di fascia medioalta, apprezzati anche all’estero. La leva dell’export quanto è decisiva in questa fase? «L’export rappresenta da sempre una quota importante per la nostra azienda. La richiesta crescente di arredi made in Italy ha fatto sì che le nostre percentuali di vendita si suddividano quasi equamente tra Italia ed estero. Un dato sicuramente positivo, considerato anche che in questo periodo è il mercato interno quello che dimostra meno vitalità». Lo scorso anno le vostre esportazioni hanno raggiunto il 45%. Avete già conquistato sud-est asiatico, Europa, Medio Oriente, India e Australia. Quali le previsioni per il 2012? «Contiamo di confermare questo dato. Sarà, infatti, un anno di mantenimento quello che è appena iniziato, per quanto si punti comunque a guadagnare qualche quota in più. Ma dobbiamo essere anche realisti: la grande incertezza del mercato, per non parlare del blocco dei consumi, non ci semplifica certo il compito».

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Avete raddoppiato la vostra presenza a New York con un secondo importante accordo siglato con Domus Design Collection, tra i più quotati show room della grande mela e punto di riferimento dell’arredo di design. Come sta andando oltreoceano? «La nostra presenza oltreoceano ci sta gratificando sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo. Abbiamo saputo esportare e diffondere la nostra idea di made in Italy e il tempo ci ha dato ragione, in particolare per certe collezioni, in primis quelle ad alto contenuto materico come Modul_art». Di recente ha affermato che la vostra scelta vincente, anche in tempi di crisi, è non aver mai rinunciato alla qualità, all’innovazione del prodotto e alla sostenibilità della produzione. Cosa suggerisce a chi nel nostro Paese, nonostante il made in Italy, non ce la fa? «Non credo di poter suggerire nulla a nessuno. Le aziende e i prodotti di successo sono il risultato di una serie di variabili complesse in cui nulla può essere lasciato al caso. Per quanto ci riguarda, posso dire che il made in Italy è naturalmente molto di più di un’etichetta. Dal 1948 progettiamo e produciamo con una filosofia che ha sempre guardato avanti, in termini di prodotto, di tecnologia applicata al vivere domestico, di qualità della vita sul posto di lavoro, di rispetto per l’ambiente in cui viviamo. Piuttosto vorrei fare un accorato invito a lavorare e crescere accanto ai giovani, così da permettere loro di arricchire, attraverso il loro sguardo globale, la tradizione italiana». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 49




RICERCA E SVILUPPO

L’innovazione come leva di competitività Uno dei punti di forza del Friuli Venezia Giulia è la capacità di fare sistema, di creare sinergie tra i diversi attori scientifici e tra questi e il settore industriale. Ne parla l’assessore regionale, Roberto Molinaro Nicolò Mulas Marcello

on due università, una scuola internazionale di studi avanzati, una cinquantina di istituti di ricerca, alcuni anche di livello nazionale e internazionale e quattro parchi scientifici e tecnologici, il Friuli Venezia Giulia è considerata una delle regioni italiane a maggior vantaggio competitivo. E ogni anno riesce ad attirare un numero di ricercatori paragonabile a quello delle economie più avanzate: nel 2010 sono stati oltre 13.500 gli studenti e i ricercatori stranieri che, per un periodo più o meno lungo, hanno lavorato o studiato in una delle istituzioni scientifiche della regione. A rivelarlo è l’indagine “Mobilità della

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Roberto Molinaro, assessore con delega all’istruzione, università, ricerca e politiche giovanili della Regione Friuli Venezia Giulia

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conoscenza”, realizzata dal Coordinamento degli enti di ricerca (Cer) in collaborazione con il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario. Dallo studio emerge che i ricercatori e i docenti stranieri che operano stabilmente presso le istituzioni scientifiche regionali sono 4.123 (quasi la metà del totale di 8.301). Provengono soprattutto dall’Unione europea e dall’Africa, ma sono in crescita anche gli arrivi dai Paesi asiatici e del Centro e Sud America. Con Roberto Molinaro, assessore regionale con delega all’istruzione, università, ricerca e politiche giovanili, abbiamo approfondito alcuni aspetti di questa economia della conoscenza nell’area più estrema del Nord-Est italiano. Quali settori vedono uno stretto rapporto tra parchi scientifici e tecnologici, enti di ricerca, università e sistema industriale in Friuli Venezia Giulia? «La cantieristica, la nautica, la biomedicina molecolare e la domotica sono gli ambiti dove oggi si registra la più forte collaborazione tra mondo delle imprese e sistema di ricerca. Obiettivo di questa alleanza è la competitività del tessuto imprenditoriale regionale attraverso la leva dell’innovazione, ovvero del trasferimento di nuove idee sul mercato, con il giusto profitto per tutti gli stakeholder, da chi genera e utilizza l’idea a chi la trasforma in prodotto e


Roberto Molinaro

lo distribuisce sul mercato». Quali sono i progetti intorno ai quali si sta lavorando? «Per la cantieristica navale e la nautica da diporto i progetti di maggior impatto puntano a far crescere la capacità di competere dei settori interessati sia dal punto di vista tecnico, sia da quello economico, con il coinvolgimento dei cluster più importanti del territorio regionale, come l’elettronica, i mobili e l’arredo, la componentistica, i sistemi e gli impianti energetici. La biomedicina molecolare sta, invece, operando nel campo delle patologie cardiovascolari, dei tumori, delle malattie neurodegenerative e del monitoraggio genetico della popolazione che, oltre a costituire i punti di forza del settore in regione, sono anche aree di interesse a livello nazionale e internazionale. La domotica, infine, è impegnata in più fronti: dallo sviluppo di sistemi energetici, di sicurezza e di controllo all’applicazione di materiali innovativi, dall’ergonomia alla salute e al miglioramento della qualità della vita della popolazione anziana». Ci sono in atto progetti che favoriscono il lavoro dei giovani e le imprese attraverso la ricerca?

«A favore dell’occupazione giovanile la Regione ha promosso i progetti “Imprenderò” e “Sharm”. Il primo è finalizzato a sostenere l’autoimprenditorialità, con servizi anche individuali di orientamento, formazione e consulenza, diretti in particolare alla creazione di spin off; il secondo è volto a favorire l’alta formazione di laureati e laureandi mediante attività di studio e di ricerca realizzate in Friuli Venezia Giulia e all’estero. A tali azioni si aggiunge uno specifico intervento, disciplinato dalla legge regionale 18 del 2005, che prevede la concessione di contributi a fondo perduto per i datori di lavoro che assumono soggetti ad elevata qualificazione e giovani ricercatori. Rilevante è poi il master in Complex actions, promosso dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste, per la formazione dei manager del futuro. Si tratta di un percorso altamente specialistico che fornisce, oltre agli elementi tipici di un master in Business administration, ulteriori strumenti strategici per affrontare la competizione internazionale e la complessità delle nuove sfide globali. Infine, con la programmazione 2012 del Fondo sociale europeo, stiamo definendo nuove misure di intervento per incentivare l’ingresso nel mondo del la- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 53


RICERCA E SVILUPPO

voro di giovani che desiderano impegnarsi in attività di ricerca e per sostenere programmi di mobilità tra università e centri scientifici o istituzioni che operano nel trasferimento tecnologico. In questo modo intendiamo migliorare la circolarità della conoscenza e della tecnologia a beneficio del sistema regionale complessivo». Qual è lo stato di salute del tessuto universitario del Friuli Venezia Giulia? «Le nostre università sono state, tra le prime, ad applicare la riforma Gelmini, rinnovando i propri statuti e trovando opportune e strategiche collaborazioni interateneo. Un processo che la Regione ha sostenuto con un preciso strumento legislativo, la legge 2 del 2011, mediante il quale ha rinnovato il sistema di finanziamento ai centri di alta formazione e previsto l’istituzione della Conferenza del sistema universitario regionale, con il compito, tra l’altro, di promuovere e favorire sinergie operative tra tutte le istituzioni che si occupano di alta formazione in Friuli Venezia Giulia. Alla Conferenza sono inoltre attribuiti il coordinamento delle attività di ricerca e di formazione e l’individuazione di strumenti utili a innalzare la competitività dello stesso sistema universitario regionale». La Regione sta predisponendo una legge

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La cantieristica e la nautica sono gli ambiti dove oggi si registra la più forte collaborazione tra mondo delle imprese e sistema ricerca

quadro per aiutare i giovani nella formazione. In cosa consiste? «Il focus innovativo della nuova legge in materia di politiche giovanili è rappresentato dalla creazione di un fondo di garanzia destinato a iniziative portate avanti dai giovani. Il provvedimento, in questi giorni all’esame del consiglio regionale, si propone di mettere a disposizione dei giovani alcune opportunità nei settori della casa, della formazione, dell’imprenditoria, dall’accesso al credito. L’intervento legislativo quindi esce dalla logica di “nicchia” entro cui sono spesso confinate le norme in materia di politiche giovanili e inaugura un approccio diverso, quello dell’autonomia, mettendo in campo un insieme organico di azioni che vedono i giovani protagonisti delle proprie scelte e di qelle che riguardano il proprio futuro».


Enzo Moi

Soluzioni mirate all’innovazione I progetti di sviluppo per le imprese e una formazione altamente specializzata, fanno di Area Science Park un modello di eccellenza nell’ambito del trasferimento tecnologico. Enzo Moi illustra i risultati raggiunti finora Nicolò Mulas Marcello

l passo successivo alla produttiva ricerca scientifica è il trasferimento tecnologico. In Friuli Venezia Giulia l’Area Science Park ha raggiunto risultati importanti sotto questo punto di vista. «Abbiamo messo a punto un nostro modello di intervento sul trasferimento tecnologico – spiega Enzo Moi, direttore generale di Area Science Park – che è stato consolidato nel corso di parecchi anni di lavoro, imparando dagli errori e migliorandolo man mano». Come si concretizza il trasferimento tecnologico all’interno del parco scientifico? «Noi usiamo il trasferimento tecnologico per essere utili alle imprese, migliorarne la competitività attraverso l’innovazione, migliorare il dialogo con la ricerca e favorire l’immissione sul mercato di prodotti innovativi, brevetti e nuove imprese. Negli ultimi dodici anni abbiamo effettuato circa 2.000 interventi principalmente sul territorio regionale diretti a pmi in vari settori come nel manifatturiero e nei distretti produttivi, che sul nostro territorio interessano diversi settori, dal mobile all’alimentare, dal navale alle industrie elettroniche, dall’ingegneria all’automazione industriale. Abbiamo realizzato progetti anche nei campi della domotica, della meccanica, delle biotecnologie e in altri settori. Abbiamo messo in campo una nostra best practice che è nota come “innovation network”, ovvero abbiamo istituito sul territorio nazionale dei centri di competenza nei quali lavorano nostri esperti che noi chiamiamo broker tecnologici, vale a dire dei veri e propri intermediari della tec-

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Enzo Moi, direttore generale Area Science Park

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nologia, in grado di parlare sia il linguaggio delle imprese sia quello degli enti di ricerca. Essi vanno a bussare alla porta delle imprese, individuano i bisogni e suggeriscono le soluzioni creando link anche con i gruppi di ricerca e assistendo il processo per tutta la sua durata. Si tratta di piccoli progetti finanziati dalla Regione, pertanto non ricadono sulle spese delle imprese. Stiamo esportando questo modello, che ha portato già molti risultati, anche in altre regioni». Parliamo di formazione. Attraverso quali percorsi avviene la specializzazione post laurea e post diploma? «Tra i pilastri del sistema di gestione dell’innovazione c’è anche la formazione, che nel nostro caso si chiama “Innovation campus”, un progetto che raccoglie metodologie,

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esperienze e attività per accompagnare le imprese nella preparazione di risorse umane in grado di gestire al meglio i processi di innovazione. Gestiamo un grande parco scientifico nel quale sono presenti imprese e laboratori che studenti ospitano e ricercatori e mettiamo a disposizione loro anche borse di ricerca o stage che, in parte vengono finanziati dalla regione o dall’Europa, in parte da noi. Nell’ultima previsione di bilancio 2012, il valore di queste borse di ricerca è di oltre un milione di euro. Offriamo corsi post laurea e master in collaborazione con varie università e corsi di perfezionamento per operatori già attivi sul territorio. Nell’ultimo anno abbiamo effettuato trenta corsi di duemila ore complessive con circa quattrocento partecipanti, tra cui duecento-


Enzo Moi

Negli ultimi dodici anni abbiamo effettuato circa duemila interventi principalmente sul territorio regionale in diversi settori e nei distretti produttivi

cinquanta imprenditori e manager. I buoni dati si riflettono sui risultati occupazionali». In uno scenario come quello attuale, quali elementi risultano vincenti in termini di competitività per le imprese? «L’innovazione e sicuramente anche l’internazionalizzazione. Le imprese più forti e competitive sono quelle in grado al tempo stesso di innovare i propri prodotti e di mettere in campo strategie commerciali di livello internazionale. Ciò comporta una massa critica che le imprese faticano a creare. C’è spazio anche per quelle piccole imprese con ottime idee, che devono però lavorare per raggiungere un livello dimensionale tale da poter competere a livello internazionale». Per quanto riguarda le start up qual è l’incidenza di nascita di nuove imprese?

«La strategia sulle start up è relativamente recente e costituisce un altro pilastro della gestione dell’innovazione da parte di Area Science Park, ovvero “Innovation factory”, che rappresenta anche una Srl nata nel 2007 per trasformare buone idee in buone imprese. Il nostro intervento incomincia con un’opera di scouting sui gruppi di ricerca interessanti e interessati a lavorare per entrare nel mercato. Da qui nasce, quindi, un accordo per la creazione di un piano con verifiche periodiche per valutare il raggiungimento degli obiettivi fissati. Nel Parco è presente anche un incubatore di imprese. Il lavoro di affiancamento va dalla fase di preincubazione a quella di creazione delle start up, seguendo e migliorando le idee da proporre al mercato». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 57


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La rigenerazione dei toner, una scelta che conviene Prodotti ecosostenibili ed economicamente vantaggiosi, in grado di assicurare massima qualità di stampa, i toner rigenerati rappresentano la soluzione ideale per le esigenze delle pubbliche amministrazioni. Il punto di Lucio Tomasella Guido Puopolo

n un momento di ristrettezze economiche come quello attuale la razionalizzazione della spesa pubblica è diventata ormai una necessità imprescindibile. Eliminare gli sprechi e risparmiare risorse preziose, senza per questo ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini è, per la Pubblica Amministrazione, senza dubbio un’impresa ardua, ma non impossibile. Nell’attesa di riforme e “rivoluzioni” più volte annunciate, ma ancora difficili da concretizzare, sarebbe infatti sufficiente adottare tanti piccoli accorgimenti, apparentemente insignificanti, per ottenere, praticamente a costo zero, considerevoli e immediati risparmi per le casse dello Stato, con enormi vantaggi per tutta la comunità. Una testimonianza diretta in questo senso viene da Lucio Tomasella, socio e amministratore delegato della DVT Sistemi Srl, società di Budoia, in provincia di Pordenone, fondata nel 1996 e specializzata nella produzione e commercializzazione di toner rigenerati per stampanti laser. Dallo scorso mese di giugno, infatti, l’azienda è diventata fornitrice, su scala nazionale, di toner ricostruiti per l’Arma dei Carabinieri. Questa collabo-

I Lucio Tomasella, socio e amministratore delegato della DVT Sistemi Srl di Budoia (PN) www.dvtsistemi.com

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razione, come spiega con orgoglio lo stesso Tomasella, rappresenta un’autentica boccata d’ossigeno per le finanze della “Benemerita”, che potrà così ottenere un risparmio quantificabile in circa 3,5 milioni di euro all’anno. «Nel 2010 abbiamo vinto una gara d’appalto per la fornitura di quasi quaranta mila toner, tutti rigorosamente riciclati. Credo che l’Arma - prosegue Tomasella - attraverso questa iniziativa abbia compiuto una scelta lungimirante, che speriamo possa essere presa ad esempio anche da altri enti. Le cartucce toner per stampanti laser, infatti, come è noto hanno costi piuttosto elevati. Da diversi anni, attraverso apposite procedure, è però possibile recuperare e rigenerare questi prodotti, per soddisfare le esigenze di economicità senza per questo rinunciare alla qualità». Al di là dell’aspetto economico, l’utilizzo di toner rigenerati garantisce anche notevoli benefici da un punto di vista ambientale. «Assolutamente sì. La rigenerazione di un toner esausto permette di recuperare la maggior parte dei suoi componenti. Tutto ciò si traduce in una notevole diminuzione di rifiuti plastici e inquinanti, dannosi per la salute e altrimenti destinati a finire in discarica. C’è da dire che l’Unione Europea, attraverso la direttiva sul Green Public Procurement - GPP, già da diverso tempo ha promosso una campagna di sensibilizzazione sul tema, invitando


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Lucio Tomasella

guita in maniera scrupolosa e da personale appositamente formato, per garantire sempre la qualità del prodotto finito. Per quel che ci riguarda acquistiamo i vuoti da apposite società che si occupano della raccolta dei toner esausti che, una volta giunti presso il nostro stabilimento, sottoponiamo a una prima verifica visiva. Successivamente provvediamo a smontare i toner, sostituendo le componenti difettose e i meccanismi usurati, come ad esempio il tubo fotosensibile. Una volta riassemblato il tutto, al fine di assicurare sempre un risultato ottimale, ogni singola cartuccia, prima di essere imballata, viene sottoposta a ripetuti test tossicologici e di stampa, realizzati in collaborazione con la Stazione Sperimentale della Carta, Cartoni e Paste per la Carta (Ssccp), divisione dell’ Azienda Speciale della Cciaa di Milano Innovhub – Stazioni Sperimentali per l’Indu-

Il procedimento di rigenerazione dei toner è un’attività complessa, che deve essere eseguita in maniera scrupolosa e da personale appositamente formato

gli uffici pubblici ad adoperarsi per coprire il loro fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale ecosostenibile nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo. In Italia siamo ancora un po’ indietro, anche se in questi anni sono stati fatti significativi passi avanti in questa direzione, a testimonianza di una sensibilità crescente in materia». Nello specifico, qual è il processo lavorativo alla base della rigenerazione dei vostri toner? «Il procedimento di rigenerazione dei toner è un’attività complessa, che deve essere ese-

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INNOVAZIONE

stria. In questo modo sono ridotti al minimo obiettivo di imitare i prodotti originali. Per i casi di malfunzionamento, tanto che, fino a oggi, la percentuale media di resi per guasti è stata pari allo 0,2 per cento della nostra produzione totale». Quali sono, invece, le principali criticità con cui siete costretti a fare i conti nella vostra attività? «Da un po’ di tempo a questa parte il mercato è stato letteralmente invaso da articoli a basso costo, provenienti soprattutto dalla Cina e caratterizzati da standard qualitativi assolutamente inadeguati alle necessità tanto della pubblica amministrazione quanto delle imprese private. Penso ad esempio, ai toner cosiddetti “compatibili”, che nella maggior parte dei casi non sono altro che articoli di scarsa qualità, costruiti e assemblati all’estero con materiali di seconda scelta, con l’unico

In queste pagine, fasi di lavoro all’interno dello stabilimento aziendale

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questo motivo a volte, oltre a ledere marchi e brevetti internazionali protetti da copyright, i toner compatibili possono causare danni e malfunzionamenti alle stampanti, con rischi molto elevati per chi li utilizza. Il danno peggiore è però quello che arrecano all’ambiente, perché essendo prodotti nuovi, non ricostruiti e spesso senza alcuna garanzia sulla sicurezza ed eventuale nocività dei componenti adoperati, non fanno diminuire la quantità di rifiuti. La proliferazione di produttori scarsamente affidabili ha, di fatto, finito per danneggiare anche tutte quelle realtà che, come la nostra, operano nel pieno rispetto delle regole, e per questo credo sia necessario intervenire per porre un freno a questo tipo di “concorrenza sleale”». Da parte vostra quali strategie avete adottato per cercare di far fronte a questa situazione? «Credo che puntare sulla qualità sia l’unica strada percorribile. La continua ricerca di materiali e tecnologie sempre all’avanguardia ha infatti portato alla produzione di cartucce di alta qualità di stampa e durata, paragonabili e in molti casi superiori alle stesse cartucce originali. A testimonianza del nostro impegno in questa direzione, ci siamo dotati di numerose certificazioni, tra cui possiamo ricordare la Iso 9001 e la Iso 14001. Inoltre, tra le prime aziende in Italia, abbiamo da poco concluso l’iter procedurale per l’ottenimento della Certificazione Ohsas 18001, relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Un risultato per noi molto importante, che conferisce ancora più forza e valore all’attività aziendale». DVT non si limita alla produzione e commercializzazione dei toner, ma offre anche un adeguato servizio di assistenza post vendita. Quale valore aggiunto assicura un’impostazione di questo tipo nel rapporto con i vostri committenti? «Chi si rivolge a noi sa di poter contare su un partner competente e professionale. Siamo dotati di una struttura dinamica e


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Lucio Tomasella

flessibile, attraverso la quale riusciamo a soddisfare in maniera esauriente ogni specifica esigenza che si dovesse manifestare. Tutti i nostri prodotti sono infatti garantiti per due anni dalla data di acquisto e, qualora si dovesse presentare un difetto sulle cartucce, assicuriamo un intervento diretto entro le 24 ore dalla segnalazione, con l’immediata sostituzione dei prodotti non funzionanti, ancora prima della valutazione delle eventuali loro problematiche». Allo stato attuale, con quali realtà collaborate maggiormente? «La pubblica amministrazione rappresenta sicuramente il nostro interlocutore principale. Oltre alla già citata partnership con l’Arma dei Carabinieri, forniamo infatti i nostri toner a diversi Comandi della Polizia e della Guardia di Finanza, oltre che ad alcune sedi regionali dell’Asl e dell’Agenzia delle Entrate. Per quel che riguarda il settore privato, invece, operiamo principalmente al fianco di banche e assicurazioni, con le quali collaboriamo fin dalla nostra nascita. Sicuramente la crisi economica in atto ha contribuito a sensibilizzare le istituzioni e le aziende al tema del risparmio. Questa esigenza deve però essere accompagnata, dagli operatori del settore, dalla garanzia di poter offrire prodotti affidabili e sicuri, perché altrimenti il rischio è quello di perdere credibilità agli occhi del mercato». Anche alla luce della difficile congiuntura internazionale, che bilancio è possibile trarre dall’ultimo biennio di attività? «Tra il 2008 e il 2011, nonostante il periodo di crisi e le inevitabili difficoltà, la nostra produzione è cresciuta costantemente, a testimonianza dell’ottimo lavoro svolto da tutto il personale, che quotidianamente opera con grande abnegazione per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. L’anno appena trascorso ha rappresentato per noi uno spartiacque decisivo, durante il quale abbiamo sostenuto considerevoli investimenti per cercare di consolidare e am-

3,5 mln EURO

A tanto ammonta il risparmio annuale per l’Arma dei Carabinieri, derivante dall’utilizzo dei toner rigenerati prodotti dalla DVT Sistemi Srl

La continua ricerca di materiali e tecnologie all’avanguardia ha portato alla produzione di cartucce di alta qualità di stampa e durata, in molti casi superiori alle stesse cartucce originali

pliare la nostra posizione sul mercato. A questo proposito mi preme sottolineare come, in questo nostro percorso di crescita, siamo stati sostenuti in maniera fondamentale da un piccolo istituto di credito locale, la Banca della Marca Credito Cooperativo, che al contrario dei grandi gruppi internazionali ha creduto in noi e nei nostri progetti, permettendoci di conseguire risultati altrimenti difficilmente raggiungibili». Quali sono, infine, le prospettive per il futuro? «Come detto, nei mesi scorsi abbiamo fatto sacrifici importanti, ma devo dire che ne è valsa la pena, in quanto ora stiamo iniziando a raccogliere i frutti di quanto seminato. Proprio in questi giorni, infatti, dovremmo concludere alcuni importanti accordi con partner di una certa rilevanza, che ci inducono a guardare al futuro con grande ottimismo e fiducia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 61


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INNOVAZIONE

Una tecnologia brevettata per l’osteointegrazione a tecnologia che dal 2008 ha rivoluzionato l’implantologia è il risultato degli investimenti in ricerca di un’azienda friulana, Geass. Questa è riuscita a sviluppare una superficie implantare abile a controllare e pilotare verso risultati ottimali un processo biologicamente molto complesso: l’osteointegrazione. Come spiega Vanni Snidero, presidente della società: «Il risultato che abbiamo ottenuto ci ha permesso di realizzare una superficie al laser, completamente pulita e con caratteristiche biomimetiche, in grado di stimolare la differenziazione e la proliferazione delle cellule osteoblastiche, proprio perché ne simula la regolarità e le dimensioni. La chiave di volta è una geometria prestabilita, riproducibile in modo costante e ripetibile sull’intera superficie di un impianto endosseo. I milioni di fori micrometrici, perfettamente controllati in dimensioni, forma e distribuzione, sono realizzati senza l’uso di sostanze estranee». Quali scelte si collocano a monte dei vostri risultati clinici? «Questi si spiegano, innanzitutto, con le decisioni strategiche prese dall’azienda sulla destinazione delle risorse: un costante investimento nell’area ricerca e sviluppo, coordinata da un team multidisciplinare formato da biologi e ingegneri. Inoltre, l’intensa attività di studio e il confronto diretto con i professionisti del settore e la collaborazione con le più importanti università italiane – Bologna, Firenze, Pisa, Tor Vergata, Trieste e Chieti – ci hanno poi condotto verso percorsi di approfondimento e stimolanti progetti di ricerca, come quelli che ci hanno permesso di sviluppare la rivoluzionaria

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Una superficie implantare che favorisce l’osteointegrazione con una geometria prestabilita, riproducibile in modo costante e ripetibile sull’intera superficie di un impianto endosseo. Vanni Snidero descrive questo risultato tecnologico Luca Cavera

superficie implantare Synthegra». Avete ottenuto dei riconoscimenti per Synthegra? «Con il lancio di Synthegra, nel 2008, l’azienda ha ottenuto il Premio Innovazione da parte della Camera di Commercio di Udine, mentre nel 2011 la nostra tecnologia brevettata per un’osteointegrazione più sicura e prevedibile degli impianti dentali è stata oggetto di tre pubblicazioni su autorevoli riviste scientifiche internazionali. In tema di riconoscimenti, sempre

Vanni Snidero, presidente della Geass Srl di Pozzuolo del Friuli (UD) www.geass.it


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Vanni Snidero

Synthegra si basa su una tecnologia brevettata per un’osteointegrazione più sicura e prevedibile degli impianti dentali

+7% CRESCITA L’incremento di fatturato registrato nel 2011 da Geass Srl

quest’anno, il contenitore Touch&Go per impianti endossei è stato inserito nell’Adi Design Index, la pubblicazione annuale che raccoglie il meglio del design industriale italiano». Questi successi tecnologici si sono tradotti anche in riscontri di fatturato? «Rispetto alla fragile situazione economica nazionale, il fatturato di Geass nel 2011 ha registrato un +7% rispetto all’anno precedente. Una performance incoraggiante per la nostra azienda friulana, che da trent’anni sfida a testa alta le multinazionali straniere del settore degli impianti dentali sul campo dell’affidabilità e della sicurezza dei dispositivi medici». In che modo la vostra realtà produttiva interpreta il controllo interno di qualità? «Abbiamo una filiera integralmente interna che si basa un rigidissimo controllo di qualità sulla totalità dei prodotti. Questo è un valore aggiunto per i dispositivi medici realizzati, che sono monitorati in tutte le fasi critiche del processo produttivo – attraverso le tecniche di decontaminazione, confezionamento, gestione degli ambienti a contaminazione controllata, trattamento delle superfici e sterilizzazione. Inoltre abbiamo strutturato un sistema completo di proto-

colli di validazione, attraverso settanta diverse tipologie di analisi a garanzia di una sicurezza chimica e microbiologica». La vostra competizione con le multinazionali della tecnologia implantologica si svolge solo nel mercato italiano o anche all’estero? «Commercializziamo i nostri prodotti in più di quindici Paesi nel mondo. L’ultimo nel quale siamo entrati è l’Iran, mentre in Repubblica Ceca e in Slovacchia abbiamo recentemente aperto due nuove filiali. All’offerta di prodotto si aggiunge anche una proposta didattica completa e personalizzata, Geass Campus. Si tratta di percorsi di formazione teorico-pratica in chirurgia orale e implantologia, che svolgiamo sia in Italia sia all’estero. Sono adatti a ogni livello di esperienza e rivolti all’odontoiatra, al team e all’odontotecnico». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 63


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Impianti tecnologici sostenibili Se la crisi dell’edilizia ha fatto arretrare la forza produttiva di molti territori, ha anche incrementato la costruzione di impianti tecnologici che assicurano un maggiore risparmio energetico. Niveo Paravano spiega come sfruttare al meglio questo apparente paradosso Manlio Teodoro

l settore edile friulano è in profonda crisi da almeno un decennio. E con esso tutto l’indotto delle aziende collegate. In condizioni non dissimili si trova il comparto della sedia, che ha subito un forte processo di delocalizzazione della produzione, determinando la saturazione del mercato delle imprese ancora attive in settori direttamente collegati. La variazione tendenziale del livello occupazionale

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Adriana Tulisso, procuratore speciale, e il marito Niveo Paravano, presidente di Idrotermica Buttrio Srl di Buttrio (UD) www.idrotermicabuttrio.it

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nel terzo trimestre del 2011, se confrontata con lo stesso intervallo del 2010, mostra un calo del -3,3% (fonte Camera di Commercio di Udine). La situazione oggi è acuita dalla recente congiuntura internazionale, ma alle spalle si contano decine e decine di imprese che negli ultimi anni hanno interrotto l’attività. «Di fronte a una crisi come questa si deve reagire. Il nostro compito di imprenditori è quello di sviluppare nuove tecnologie attraverso cui rilanciare l’intero sistema industriale, puntando soprattutto sul risparmio energetico – dato il peso che il costo dell’energia ha oggi sulle imprese». Questa è la spinta ottimistica che anima Niveo Paravano, presidente di Idrotermica Buttrio, società che progetta e realizza impianti tecnologici per edifici privati, aziende ed enti pubblici. Quali sono i punti di forza sui quali le imprese friulane possono ancora contare per invertire la tendenza di decrescita? «Sviluppare nuove soluzioni tecnologiche è la prima mossa per offrire un servizio più efficiente


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Niveo Paravano

Dagli impianti di riscaldamento a circolazione naturale siamo passati a degli impianti sofisticatissimi, termoregolati e personalizzati per ogni singolo ambiente

5 mln EURO

Fatturato medio annuo della Idrotermica Buttrio Srl nell’ultimo biennio

in termini di impianti idraulici, termici, a vapore, condizionamento, trattamento dell’aria, aspirazione, aria compressa, teleriscaldamento, antincendio e cogenerazione. Tuttavia bisogna anche saper comunicare queste innovazioni, suggerendo ai nostri partner e indirizzandoli verso le nuove tipologie di impianti, particolarmente efficaci per il risparmio energetico». Data la crisi che investe direttamente il vostro territorio, state anche pensando di ampliare il vostro raggio di azione? «Abbiamo creato un ufficio commerciale a Trieste, dove siamo molto attivi e presenti in diversi lavori e appalti pubblici. Inoltre, come azienda ci siamo impegnati a costituire una rete di sinergie fra le imprese locali, che ci permetta di affrontare nuovi mercati, anche esteri, che potrebbero darci importanti opportunità. Tuttavia crediamo che l’Italia sia ancora il mercato migliore. E, paradossalmente, proprio per via della crisi, si sta sviluppando una maggiore sensibilità per l’in-

stallazione di sistemi orientati al risparmio energetico. Questo vuol dire che nel mercato c’è una maggiore attenzione agli sviluppi tecnologici, fra questi i sistemi a biomasse, gli impianti a geotermia o centralizzati e tutte le tecnologie progettate e pensate per ridurre al minimo le emissioni nocive in atmosfera». In quest’ottica è quindi fondamentale puntare sulla ricerca e lo sviluppo? «Esattamente. Per questo collaboriamo con i migliori studi di progettazione termotecnica del Nord Est d’Italia e, dal momento che realizzare impianti meccanici richiede, oltre a un’accurata progettazione, anche esperienza e conoscenza delle regole dell’“arte” dell’installazione, abbiamo creato al nostro interno una struttura tecnica di primissimo livello. Sono infatti il know how e l’esperienza acquisita sul campo, le “tecnologie” più importanti per innovare e soprattutto dare una risposta pronta alle diverse variabili esterne». Qual è dunque la mission della vostra società? «È quella di realizzare gli impianti dei nostri committenti al massimo livello di qualità, però anche di studiare, capire – e far capire – qual è la soluzione migliore o alternativa. Questo ci ha permesso di diventare una ditta di riferimento a livello regionale per la realizzazione, installazione e manutenzione di impianti tecnologici». Avete celebrato quarantacinque anni di attività. Qual è il traguardo più importante che avete raggiunto? «Indubbiamente l’apprezzamento della nostra clientela che ci ha sempre dato fiducia apprezzando la nostra serietà e professionalità. La nostra azienda ha avuto la fortuna di lavorare con professionisti e committenti che, per la loro sensibilità, esigenze o obblighi, hanno sempre optato per impianti tecnologici orien- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 65


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Al primo posto abbiamo collocato la produzione di green energy, ovvero impianti che tutelino l’habitat e siano ecocompatibili con l’ambiente

tati al risparmio energetico e in generale a si-

stemi a basso impatto ambientale. Se a questo aggiungiamo la nostra sensibilità e la nostra l’intuizione, il risultato è stato quello di avere costruito negli anni un bagaglio di conoscenze che ci permettono di saper realizzare un’ampia gamma di sistemi ecofriendly». Quindi aver dato all’impresa un’impronta green è stata una scelta vincente in termini di conquista di quote di mercato. «L’anniversario della fondazione ha rappresentato l’occasione per riflettere sul core business dell’azienda. Al primo posto abbiamo collocato la produzione di green energy, ovvero impianti che tutelino l’habitat e siano ecocompatibili con l’ambiente. Anche per questo abbiamo ottenuto le certificazioni Uni En Iso 9001, pas-

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sando poi alla nuova norma Uni En Iso 9001:2000 e più recentemente alla Uni En Iso 9001:2008. Il raggiungimento di questo obiettivo rappresenta un traguardo molto importante per la nostra società, che è stata in grado di offrire ai propri partner un’ulteriore garanzia sulla qualità del prodotto e dei servizi». Come si è evoluta la vostra tecnologia di riscaldamento? «Nel corso del tempo la tecnologia si è adeguata alle richieste del mercato, passando dagli impianti di riscaldamento a circolazione naturale a degli impianti sofisticatissimi, termoregolati e personalizzati per ogni singolo ambiente, in modo da assecondare le diverse esigenze di impianto nei vari settori. Abbiamo realizzato in Regione FVG diversi impianti, complessi residenziali, centri commerciali e in particolare diversi ospedali quali, l’Istituto per l’infanzia “Burlo Garafolo” di Trieste, l’ospedale Maggiore di Trieste, l’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine, quella di San Giorgio di Nogaro, l’Unità Sanitaria locale cinque di Udine e la Casa di Riposo Culot di Gorizia. Per quanto riguarda il settore industriale, infine, nell’area Science Park di Trieste, per la Sincrotrone Elettra di Bosovizza e al Main Fermi apprezzato anche dal Ministro Gelmini».


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TECNOLOGIE

Smartphone e Internet key: un settore in ascesa Comodità, fruibilità e semplicità dei nuovi device mobili rendono l’accesso alla rete sempre più distaccato dalle connessioni tradizionali domestiche. Dove sta andando il mercato delle chiavette Internet? La parola a Michelangelo Agrusti Valerio Germanico

l 2011 è stato l’anno della definitiva affermazione della navigazione in mobilità, nelle sue varie forme: tablet, smartphone e Internet key – le cosiddette “chiavette”. E la tendenza a lavorare, studiare, leggere e soprattutto comunicare con dispositivi elettronici svincolati da una rete telefonica fissa non sembra destinata a esaurirsi rapidamente, anzi, per certi versi, questa è solo l’alba del mobile. Come spiega Michelangelo Agrusti, fondatore e presidente del Cda della società Onda Communication, che ha per partner i maggiori operatori telefonici italiani: «I principali punti di forza sono comodità, fruibilità e semplicità nell’utilizzo di questi nuovi device, a fronte anche di performance ormai di assoluto rilievo». Nel campo delle telecomunicazioni e in particolare in quello del mobile broadband l’azienda ha raggiunto un’importante posizione nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di soluzioni per la trasmissione di dati e voce e ha recentemente lanciato sul mercato la quarta generazione di chiavette Internet a tecnologia Lte (Long Term Evolution). Qual è l’attuale situazione del mercato, in particolare italiano, per quanto riguarda la connessione in mobilità? «Attualmente l’indiscusso padrone del mercato, a livello globale, è Apple. Da una parte ciò contribuisce alla vendita dei dispositivi mobili, dal-

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In apertura, Michelangelo Agrusti, fondatore e presidente del Cda di Onda Communication Spa di Roveredo in Piano (PN) www.ondacommunication.com

l’altra la mantiene al di qua della diffusione di massa, a causa dei costi ancora relativamente elevati di accesso a queste tecnologie – che però stanno già progressivamente sostituendo i netbook. Noi siamo comunque fiduciosi che la diffusione del sistema Android contribuirà a un abbassamento dei costi, dato che questo sistema è svincolato da un hardware proprietario. Pensiamo che costituzione di un vero mass market passi attraverso questo tipo di soluzioni». In un mercato competitivo come quello delle Tlc, nel quale le novità invecchiano rapidamente, quanto è importante la ricerca tecnologica? «La nostra carta per il futuro è l’intensificazione del lavoro di ricerca e sviluppo, sia nella direzione di prodotti più avanzati a prezzi più bassi, sia nella diversificazione dell’offerta e nell’ampliamento dei mercati di riferimento. Inoltre, essendo noi un system integrator, una delle nostre attività fondamentali è quella di marketing strategico. Cioè cercare di capire dove andrà il mercato e cercare tutte quelle collaborazioni tecnologiche che ci consentiranno di essere sempre


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Michelangelo Agrusti

all’avanguardia. Attualmente, la nostra forza, rispetto ai grandi competitor, è quella di riuscire a creare apparati completamente customizzati, cosa che le grandi società delle telecomunicazioni hanno maggiori difficoltà a realizzare, a causa delle dimensioni dei loro mercati». Voi siete stati i primi in Italia a introdurre la chiavetta Internet Usb. In che modo avete intuito che questo sarebbe stato il futuro delle telecomunicazioni? «L’idea di avviare la produzione di PC Card con tecnologia Edge nacque intorno al 2003 durante una discussione tecnico-scientifica con l’ingegner Mauro Sentinelli della dirigenza Telecom. L’Edge consentiva infatti di operare con performance superiori a quelle dello standard Gsm e rendeva disponibile la velocità sufficiente alla trasmissione dei dati attraverso gli apparati mobili. Proseguire su questa strada è poi stato inevitabile, visto il successo dei primi prodotti. Siamo così passati alle PC Card Umts e poi abbiamo immaginato che queste potessero essere montate all’interno di una chiavetta Usb. Oggi produciamo chiavette Usb ad alta velocità, come le Lte, che permettono di raggiungere una velocità di 100 Mbps». Quali saranno i prossimi sviluppi di questa tecnologia?

La nostra forza rispetto ai competitor è quella di riuscire a creare apparati completamente customizzati

«Il futuro della chiavetta passa attraverso la tecnologia Lte. Attualmente abbiamo iniziato a lanciare sul mercato dei mini router wifi, ovvero degli apparati in grado di ricevere la connessione ad alta velocità come un dispositivo mobile, però in grado di condividere il segnale con una molteplicità di apparati». Voi state ampliando i vostri mercati di riferimento anche all’estero. In quali paesi e con quali prospettive? «Abbiamo aperto una società autonoma a San Paolo del Brasile, ricalcandola sul modello della nostra attività qui in Italia. Questa sta avendo già un buon successo in Brasile, ma ha come obiettivo l’intero mercato latino-americano. Infatti, mentre in Europa il mercato è ormai avviato, in America Latina si trova ancora a livello di start up, quindi con volumi di crescita assolutamente straordinari e una fortissima evoluzione tecnologica. Abbiamo inoltre la fortuna di collaborare anche oltreoceano con Telecom, che lì sta diventando un leader di mercato».

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TECNOLOGIE

Le applicazioni dell’elettronica embedded

Q La Dave Srl ha sede a Porcia (PN) www.dave.eu

uello dell’elettronica è diventato un mercato talmente pervasivo che più che di “mercato dell’elettronica” sarebbe più corretto parlare di una pluralità di possibilità applicative. Fra queste, oggi, puntando su microprocessori e sistemi operativi di ultimissima generazione, è possibile avere, anche in ambito industriale, applicazioni e modalità di interazione vicine a quelle a cui siamo stati abituati dall’uso dei dispositivi di telefonia mobile. Naturalmente, in questo scenario caratterizzato dalla pervasività, la moltiplicazione delle possibilità di impresa va di pari passo con l’avanzamento tecnologico. Ciò vuol dire anche un numero sempre più elevato di competitor e quindi una costante specializzazione per distinguersi nel mare magnum della proposta tecnologica. Parliamo di questi temi con l’ingegner Stefano Dal Poz, amministratore della DAVE, azienda che progetta e produce sistemi

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L’ingegner Stefano Dal Poz spiega verso quali direzioni si sta avviando il mondo dell’informatica per l’industria. Soprattutto a fronte del fatto che il software diventa una voce di spesa sempre più consistente per le aziende Valerio Germanico

embedded basati sui più diffusi sistemi operativi, sia proprietari che open source. «La concorrenza, in questo settore, oggi arriva dalle aree più industrializzate del mondo, mentre i paesi emergenti sembrano essere ancora più dei consumatori di questi dispositivi che non produttori. L’evoluzione dei sistemi embedded prevede l’approntamento di piattaforme sempre più “friendly”, a partire dall’astrazione sempre più spinta dell’hardware che ne è il propulsore. Il tutto a vantaggio della riusabilità del software, che diventa una voce di spesa sempre più consistente nelle aziende». DAVE si è specializzata nei prodotti destinati all’elettronica industriale per il tessile, la domotica, i trasporti, il biomedicale e altri. «Lavoriamo nella fascia B2B, sia con l’integrazione dei nostri moduli a microprocessore nei sistemi delle aziende, sia fornendo l’intero sistema secondo la formula del chiavi in mano. In entrambe le tipologie di prodotto, forniamo tutto il necessario per offrire ai nostri partner una “piattaforma di sviluppo” che consenta di approntare le applicazioni software necessarie». Il 2011 è stato l’anno migliore nella storia di DAVE, portando un incremento di volume


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Stefano Dal Poz

+50% VOLUME D’AFFARI

Incremento registrato da Dave Srl nel 2011

L’evoluzione dei sistemi embedded prevede l’approntamento di piattaforme “friendly”, a partire dall’astrazione sempre più spinta dell’hardware che ne è il propulsore

d’affari complessivo superiore al 50%. «Fin dalla fondazione, l’azienda ha incrementato con regolarità le proprie prestazioni in termini di fatturato, dipendenti, quantità e qualità delle partnership. Il 2011 però è stato un anno particolarmente soddisfacente, dato che questi ottimi risultati sono stati conseguiti nel corso di una congiuntura economica non facile. Credo che il valore aggiunto dell’offerta di DAVE, che il mercato ha riconosciuto, risieda nel servizio di supporto. Per i nuovi partner questo si traduce in un servizio di consulenza accurato, che recepisce le esigenze del cliente e le traduce in una specifica di progetto che si rivela economica e rapida da implementare. Per coloro che già si servono presso di noi, è la certezza di poter godere di forniture lunghe e senza inconvenienti ma anche, ove ve ne fosse bisogno, di aggiornamenti e miglioramenti». La società investe metà delle proprie risorse tecniche nell’innovazione e nella generazione di nuovi prodotti, mentre l’altra metà è destinata allo sviluppo di processi tecnologici innovativi per la produzione. «L’innovazione è qualcosa che va oltre gli investimenti diretti in strutture,

mezzi e processi. Riguarda anche gli obiettivi e il modo di lavorare dei reparti o di quelle funzioni che sono di solito definite “di staff” e che non possono essere sottratte a questa logica». Una parte non secondaria del fatturato di DAVE deriva dai mercati del Nord Europa. «Il target di medio periodo che ci poniamo è quello di riuscire a esportare almeno la metà del prodotto in quello che inevitabilmente sarà sempre più il mercato interno del futuro, ovvero l’Unione Europea. Essendo questo un mercato già evoluto dal punto di vista tecnologico – e proponendoci come partner del settore industriale, con uno sviluppo soprattutto dei sistemi per il trattamento video nella domotica, nella videosorveglianza e nel biomedicale –, l’obiettivo primario che ci poniamo per il 2012 è quello di fornire al mercato un prodotto di altissima qualità, allineandoci con le possibilità offerte dal mercato dei semiconduttori. Ciò senza trascurare il supporto dei prodotti esistenti, che costituiscono il nostro vero patrimonio aziendale. Sempre guardando in prospettiva, la sfida più importante sarà quella di investire sulle risorse interne all’azienda e sulla loro formazione e autonomia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 73


MERCATO DEL LAVORO

Capitale umano dal profilo internazionale n’indagine Excelsior, realizzata a livello nazionale da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e l’Unione europea, evidenzia come nel primo trimestre 2012, in provincia di Pordenone, si prevedono 710 assunzioni, con un tasso di entrata pari a circa 9,6 assunzioni ogni mille dipendenti. Ma più che un reale segnale di ripresa, segnala il presidente della Camera di Commercio di Pordenone, Giovanni Pavan: «È la conseguenza di dicembre, mese in cui tipicamente si concentrano numerose “uscite” di lavoratori dalle imprese dovute a pensionamenti e scadenza dei contratti a termine, mentre a gennaio i lavoratori vengono sostituiti e i contratti rinnovati». Stando poi ai dati delle ultime rilevazioni camerali, pur se non ancora definitivi, le opportunità di lavoro nella provincia non sembrano indirizzate alla crescita. «Le stime indicano un calo dell’occupazione con previsioni non ottimistiche da parte degli imprenditori». Giovanni Pavan raccoglie la sfida

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Giovanni Pavan, presidente della Camera di Commercio di Pordenone

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Le imprese che assumono ritengono ormai necessaria la laurea, come una maggiore internazionalizzazione dell’università che può così garantire un apporto conoscitivo utile ad alimentare i processi d’innovazione aziendale Elisa Fiocchi

della competitività, che unisce l’importanza della formazione professionale alla propensione all’export aziendale. Quali sono i profili professionali più richiesti dalle imprese e quali settori produttivi offriranno maggiori assunzioni nel 2012? «Per quanto riguarda il primo trimestre dell’anno il 59 per cento delle nuove assunzioni sarà concentrato nel settore dei servizi, il restante 41 per cento avrà luogo nell’industria e nelle costruzioni, mentre il 51 per cento nelle imprese con meno di 50 dipendenti. Tra i profili professionali più richiesti in provincia, in riferimento all’industria, figurano gli operai nelle attività metalmeccaniche. Nelcommercio, invece, sono richieste le figure di commessi, altro personale di vendita, cuochi e camerieri, la cui formazione coinvolge in particolar modo gli istituti tecnici e professionali. Emerge, inoltre, la necessità di formazione di alto livello per istruire addetti alla gestione dei magazzini, specialisti e tecnici amministrativi, finanziari e bancari. È chiaro, quindi, che gioca un ruolo fondamentale la formazione secondaria superiore dei giovani». Dall’analisi delle graduatorie provinciali Pordenone si posiziona al 28° posto in Italia per le assunzioni a tempo indeterminato


Giovanni Pavan

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Le assunzioni di immigrati a Pordenone saranno del 15 per cento, maggiormente nei settori turismo e ristorazione, del 40 per cento per gli under 30 e del 17 per cento per le donne ritenute più adatte alla professione

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che rappresentano il 40 per cento del totale, una quota superiore alla media regionale (36 per cento). Quali politiche sul territorio hanno consentito risultati superiori e una maggiore tenuta? «Sicuramente è stato importante il lavoro di coesione avviato dalla Provincia di Pordenone, che ha istituito un tavolo di lavoro per valutare gli interventi di politica attiva del lavoro e politiche sociali, coinvolgendo vari enti e istituzioni, dall’ente camerale ai sindacati, alle associazioni di categoria. Il buon posto in graduatoria della nostra provincia per quanto riguarda le assunzioni a tempo indeterminato credo sia anche conseguenza del fatto che le piccole e medie imprese, ricchezza del nostro territorio, credano nel valore aggiunto portato dalle qualificate professionalità, che quindi mirano a consolidare». Pordenone balza in avanti, al 23esimo

posto, per l’assunzione di giovani under 30 (era 76esima nel trimestre precedente), al 46esimo per la richiesta di figure professionali di alto profilo e al 63esimo per l’assunzione di laureati e diplomati. Quale futuro attende i giovani e in quali specifici comparti produttivi locali? «Per l’8 per cento delle assunzioni non stagionali sarà richiesta una laurea. Mentre in circa 4 casi su 10, gli imprenditori pordenonesi ritengono necessaria la laurea triennale e nel 28 per cento dei casi preferiscono la laurea specialistica. Inoltre, da un recente studio che abbiamo commissionato alla Fondazione Nord Est, “Pordenone verso il 2020”, è emersa dagli imprenditori intervistati la necessità di puntare su una maggiore internazionalizzazione degli Atenei. L’attribuzione di un profilo internazionale al capitale umano non riguarda esclusivamente Pordenone, ma qui potrebbe trovare nuovo spessore in ragione dell’orientamento all’export che tradizionalmente ha contraddistinto le nostre imprese. Da tale punto di vista, potrebbe concretarsi uno scambio virtuoso tra le imprese e università, ed è anche per questo motivo che è importante che essa si mantenga sul territorio: le imprese, affrontando i mercati emergenti, individuano nuovi sbocchi per prodotti innovativi, e l’università può garantire un apporto conoscitivo utile ad alimentare i processi d’innovazione aziendale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 77


MERCATO DEL LAVORO

Nuovi incentivi alle aziende che assumono Massimiliano Fabian elenca nuove proposte per la crescita del comparto produttivo e per contrastare la concorrenza delle aziende slovene, che pagano meno tasse e ricevono aiuti europei Elisa Fiocchi

a variabilità che contraddistingue il comparto produttivo del Friuli Venezia Giulia incide in maniera forte sulla competitività del sistema stesso e sulla crescita occupazionale. La serie di proposte avanzate dalla Piccola Industria di Trieste vogliono rendere più equo il sistema fiscale - dall’abolizione dell’Irap, che colpisce il costo del lavoro e gli oneri finanziari, alla detassazione degli utili reinvestiti - e puntano a rafforzare la competitività con l’abbassamento dei prezzi delle materie prime e dell’energia che, in Italia, costa il 30 per cento in più della Germania. «È molto difficile analizzare un territorio che mostra nette diffe-

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Massimiliano Fabian, presidente della Piccola industria di Trieste e amministratore delegato di Demus Spa

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renze da un capannone all’altro – dichiara il presidente Massimiliano Fabian – ma permangono alcune caratteristiche nella storia Regione, come la presenza di grandissime imprese statali e la carenza di piccole e medie aziende». Quali particolari problemi penalizzano il comparto produttivo triestino? «La maggior parte delle criticità rilevate sul territorio regionale rispecchia le sofferenze che l’Italia sta vivendo in questa fase economica. Certamente il nostro territorio ha delle caratteristiche precise, come una consolidata storia imprenditoriale che si traduce in grandi imprese pubbliche, e grandi aziende, soprattutto nel comparto alimentare, che vivono andamenti molto differenti l’una dall’altra. Sul territorio, Unicredit ha da poco rilevato l’ex Cassa di risparmio di Trieste e si sta collocando come un player finanziario molto forte sul territorio». Come s’incentiva lo sviluppo d’impresa, l’internazionalizzazione e di conseguenza l’incremento occupazionale? «La nostra regione non può più usufruire degli aiuti comunitari come invece accade per quelle confinanti. Questo e altri fattori mettono il nostro territorio a confronto con una concorrenza importante con livelli di inter-


Massimiliano Fabian

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Le imprese triestine non incontrano difficoltà nel reperire una forza lavoro preparata e capace, con una formazione che sul territorio raggiunge livelli medio-alti

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nazionalizzazione elevata. Mi riferisco, ad esempio, a paesi come l’Austria e la Slovenia che godono di una protezione sociale molto ampia senza alcuna tassazione. L’insufficiente semplificazione della nostra burocrazia non può che danneggiare il comparto produttivo, soprattutto le imprese di piccole dimensioni». Le imprese che assumono, anche tramite la stabilizzazione dei lavoratori precari, possono chiedere gli incentivi messi a disposizione dalla Regione. Come sono stati accolti questi provvedimenti dagli imprenditori? «In quanto Regione a statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia opera meglio di molte altre realtà italiane. Finora i provvedimenti intrapresi sono stati di sicuro aiuto per le aziende, anche se si tratta ancora una volta di interventi che vanno a tamponare una situazione più generale e di carattere nazionale. È benvenuto l’intervento regionale e credo che gli incentivi offerti alle imprese che assumono o regolarizzano i propri dipendenti registreranno un netto consenso sul territorio. Tuttavia, vanno prima risolti alcuni

problemi a monte». Su quali aspetti del tessuto produttivo le istituzioni sono chiamate a intervenire per l’economia? «Per prima cosa bisogna operare una defiscalizzazione di tipo trasversale, consentire maggiore accesso al credito e nuovi strumenti finanziari a sostegno delle realtà locali. Vanno poi incentivati gli investimenti e potenziata la rete infrastrutturale in particolare il sistema ferroviario e la rete stradale con la terza corsia. Altre risorse da sfruttare devono poi essere individuate nel comparto energetico e nella cantieristica, molto forte sul territorio ma penalizzata dall’attuale crisi». In quali settori scorge prospettive reali in termini di innovazione e sviluppo occupazionale? «Il settore del caffé è vivace e competitivo ma, più in generale, si registra una forte variabilità a seconda delle località e del comparto produttivo». Giovani imprenditori e giovani laureati: che prospettive e opportunità ci sono per chi s’affaccia al mondo del lavoro? «Trieste è una provincia molto attiva che può contare su un personale qualificato e competente. Da questo punto di vista le imprese non incontrano alcuna difficoltà nel reperire una forza lavoro preparata e capace, grazie a una formazione che sul territorio raggiunge livelli medio-alti. Fare leva su questa solida offerta formativa sarà un altro passaggio chiave per mantenere alta la competitività». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 79


MERCATO DEL LAVORO

Flexicurity e crescita industriale Il settore manifatturiero deve tornare competitivo per ridare ossigeno al mercato del lavoro. «Vanno sfruttate le opportunità della green economy e il know how industriale di aziende e lavoratori». Il punto di Giovanni Fania Elisa Fiocchi

el primo trimestre 2012 le assunzioni programmate dalle imprese italiane saranno quasi 152.100, contro le 92mila degli ultimi tre mesi dello scorso anno. Tuttavia, a determinare la crescita della domanda sarà principalmente la riattivazione di una parte dei rapporti di lavoro di inizio anno. «Non possiamo non sperare che queste stime siano vere, per quanto si tratti di proiezioni su un futuro ancora incerto», afferma Giovanni Fania, segretario generale Cisl Friuli Venezia Giulia, che analizza non senza preoccupazione i valori sul territorio regionale, dove la crisi resta ancora di dimensioni importanti. «Malgrado il ricorso agli ammortizzatori sociali sia diminuito, la cassa integrazione straordinaria risulta in crescita con un +4,3% sul 2010, pari a 632mila 520 ore autorizzate». Questi dati che realtà territoriale fanno emergere? «Rispecchiano molto bene le difficoltà del mondo del lavoro nella nostra Regione. Inoltre, il fatto che per diverse aziende gli ammortizzatori sociali sono agli sgoccioli e questo comporterà seri problemi di ricollocazione nei cicli produttivi. In

N Giovanni Fania, segretario generale Cisl Friuli Venezia Giulia

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ogni caso, non dobbiamo abituarci all’idea che se caliamo di qualche punto le ore di Cig stia tornando il sereno. Non è così: le ore utilizzate sono ancora eccessive, dieci volte la pre-crisi». Stando ai dati dell’occupazione, assieme a Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana e Veneto, il Friuli Venezia Giulia registra livelli negativi ma comunque inferiori alla media nazionale. Quali percorsi intraprendere? «La regione storicamente ha saputo costruire e consolidare nel tempo una forte vocazione manifatturiera, con indici doppi rispetto alla media italiana per esportazioni extra-Ue. Questo sistema industriale ha senz’altro rappresentato una sorta di paracadute alla crisi. Tuttavia, e questo è l’altra faccia della medaglia, proprio il comparto manifatturiero, per tornare a essere competitivo, ha bisogno di interventi strutturali pesanti e di essere traghettato verso nuove opportunità». Quali categorie di persone sono maggiormente esposte alle difficoltà e con quali problemi di reinserimento nel mercato del lavoro? «Gli over 45, le donne e i giovani. In Friuli Venezia Giulia si sono persi negli ultimi anni 20mila posti di lavoro tra i giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni e che il tasso di disoccupazione per gli under 24 è al 18%, con punte del 22% per le donne; senza contare la precarietà in crescita, alimentata da contratti di col-


Giovanni Fania

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In Friuli Venezia Giulia si sono persi negli ultimi anni 20mila posti di lavoro tra i giovani dai 15 ai 34 anni e il tasso di disoccupazione degli under 24 è al 18%

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laborazione, che in regione riguardano circa 13.500 persone. I problemi di reinserimento sono altrettanto noti e aggravati da alcuni gap di fondo sui quali come Cisl stiamo intervenendo, anche attraverso la contrattazione di II livello: così la diffusione di un modello di flexicurity a contrasto della precarietà, ma anche la carenza di servizi alle donne lavoratrici, forme contrattuali come il part time lungo, formazione mirata ai reali fabbisogni del mercato del lavoro». Cisl chiede anche di aprire una discussione sul riordino degli ammortizzatori sociali. «Più che un riordino chiediamo una riforma complessiva delle politiche attive del lavoro, che coniughi il diritto ad avere un lavoro a sistemi di protezione sociale quali il sostegno economico, la formazione, l’orientamento, il collocamento e sostenute da una legge quadro di coordinamento. Le risorse possono derivare da diverse fonti: ad esempio, dal riordino della fiscalità generale, dal contrasto all'evasione, da Fondi europei sottoutilizzati, dalla bilateralità».

Il vademecum “Le politiche del lavoro in Friuli Venezia Giulia” illustra gli interventi per l’occupazione. Ritiene corretta la strada intrapresa dall’amministrazione regionale? «Sicuramente va dato atto alla Regione di essersi attivata – prima in Italia – sul fronte degli ammortizzatori sociali in deroga. Tuttavia, come Cisl, chiediamo di potenziare le infrastrutture a partire dal nostro sistema portuale, punta più avanzata di penetrazione del Mediterraneo nell’Est Europa, di tradurre l’eccellente ricerca teorica (in Fvg il rapporto ricercatori/popolazione è fra i più alti al mondo) in sviluppo e know how tecnologico per le imprese locali, di revisionare tutti i bracci operativi della Regione e non ultimo,, di snellire i livelli istituzionali, che tradotto significa abolizione delle Province, accorpamento dei Comuni, riforma della Pa in chiave di efficienza, valorizzazione del personale e di risposta alle mutate esigenze dei cittadini e delle imprese, oltre al taglio dei costi impropri della politica». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 81


MERCATO DEL LAVORO

Impennata di fallimenti aziendali A Trieste le pratiche di disoccupazione aperte nel corso del 2011 sono state oltre 370, contro le 80 circa dell’anno precedente. «Un tale aumento conferma che la situazione occupazionale sul territorio non vive un periodo roseo». Il punto di Erica Mastrociani Elisa Fiocchi

l panorama occupazionale triestino sta vivendo un momento di crisi molto profonda, anche se i numeri e le percentuali a disposizione tracciano un quadro meno evidente rispetto ad altre zone del Paese e della regione stessa. Parte dell’incremento del peso dell’occupazione in provincia è riconducibile al settore pubblico che registra oltre il 25 per cento delle assunzioni contro una media regionale del 16 per cento. Stando però all’ana-

I Erica Mastrociani, presidente delle Acli di Trieste con delega a welfare e formazione

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lisi di mercato svolta da Erica Mastrociani, a capo delle Acli di Trieste, le difficoltà registrate dai lavoratori sul territorio sono in continua crescita, così come le tipologie di problematiche riscontrate nelle persone che si rivolgono ai servizi delle Acli e la percentuale di aziende che dichiara il passivo per fallimento. Qual è il profilo del lavoratore che si rivolge presso i vostri uffici? «Si tratta di lavoratori che subiscono ritardi non solo occasionali nel pagamento dello stipendio; che si dimettono per giusta causa per mancati pagamenti; provenienti da aziende fallite; che vengono licenziati per chiusura di attività o in seguito a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Una buona parte di loro provengono da piccole aziende, esercizi commerciali e pubblici esercizi. In diversi casi ci siamo trovati davanti persone che venivano da realtà molto conosciute in città che, nel comune pensare, erano ben avviate ed econo-


Erica Mastrociani

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RICHIESTE Le domande di contributo avanzate nel 2011 dalle aziende per assunzioni e stabilizzazioni su un totale di 443 presentate in regione

500% PASSIVO

Il numero delle pratiche aperte per iscrizione al passivo per fallimento aziendale

micamente solide». Il dato che emerge è la paura da parte Quali sono oggi le prindegli imprenditori di vincolarsi con cipali preoccupazioni dei lavoratori che si recano assunzioni a tempo indeterminato, presso i vostri uffici? sebbene incentivate dai contributi «Le richieste di informazioni per fallimenti, chiusure di esercizi sono in notevole crescita rispetto agli anni precedenti. Il numero dato diffuso dell’Agenzia del lavoro sulle ridelle pratiche aperte per l’iscrizione al passivo chieste arrivate dalla provincia di Trieste nel per fallimento d’azienda ha visto anch’esso primo semestre del 2011: solamente 15 doun’impennata, addirittura del 500%, anche se mande di contributo fra gennaio e giugno il numero totale di pratiche non è così signi- 2011 su un totale di 443 presentate in reficativo come per le domande di disoccupa- gione. Siamo dunque in presenza di uno stallo zione. Rispetto al passato, in cui arrivavano completo delle assunzioni oppure le aziende pochi, ma cospicui, gruppi di lavoratori ap- non conoscono le misure previste. In ogni partenenti alla stessa azienda, nel corso del caso, il dato che emerge è la paura da parte de2011 si sono rivolti ai nostri uffici singoli la- gli imprenditori di vincolarsi con assunzioni a voratori provenienti da aziende in crisi e in po- tempo indeterminato, sebbene incentivate dai chi casi abbiamo grandi gruppi di lavoratori contributi». appartenenti alla stessa azienda. Questo ci fa Come si differenzia il lavoro svolto dalle pensare che le aziende in difficoltà siano sem- due cooperative sociali Lybra e Polis per fapre di più; l’esiguità del numero di pratiche ri- cilitare l’accesso al lavoro, in particolare per guardanti fallimenti di aziende, rispetto a i più giovani? quelle per disoccupazione, è dettato anche dal «Considerando entrambe le realtà, i lavoratori fatto che in caso di fallimento molti lavoratori occupati sono una settantina, quasi tutti dio gruppi di lavoratori si rivolgono diretta- pendenti a tempo indeterminato. Le scelte mente ai legali, senza passare per i patronati». fatte, anche relativamente a situazioni di maCome si incentiva l’occupazione? ternità, di dipendenti con problemi di salute, «La Regione offre dei contributi per l’assun- talvolta gravi, sono state sempre finalizzate alla zione a tempo indeterminato di disoccupati conciliazione dei tempi, alla garanzia di tutele con determinati requisiti di età o che sono di- e alla comprensione delle difficoltà dei lavorasoccupati da dodici mesi. È emblematico il tori: questo senza dubbio ha comportato sforzi dal punto d vista economico, che attualmente riusciamo a bilanciare con scelte attente e una gestione efficiente del lavoro». Nel 2012 quali iniziative saranno rivolte alla promozione del lavoro? «Purtroppo i più colpiti sono le persone appartenenti alle fasce più deboli della popolazione, quelli che hanno a disposizione meno strumenti culturali e di orientamento. Proprio in favore di queste persone - disabili, con bassi livelli culturali, con pochi strumenti di sostegno e immigrati - intendiamo mettere in campo iniziative di supporto all’orientamento lavorativo e ai servizi del territorio».

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LIBERALIZZAZIONI

Sì alla legge ma con riserva «È necessario evitare gli stati d’incertezza che rischiano di andare a discapito dei lavoratori». L’assessore regionale Angela Brandi commenta la norma sulle liberalizzazioni e illustra le azioni a sostegno del commercio, specie nei centri storici Renata Gualtieri

l presidente Renzo Tondo ha annunciato il ricorso contro l’intero pacchetto Monti, dunque anche sul commercio. La Regione non ha presentato da subito ricorso contro la legge sulle liberalizzazioni, ma ora è nelle intenzioni dell’ente ricorrere contro la norma per ribadire la propria competenza in materia di commercio. «Il ricorso – precisa l’assessore regionale al Commercio, Angela Brandi – sarà il risultato di un’attenta analisi, alla luce del fatto che dove ci si è mossi troppo repentinamente con l’impugnazione della norma Monti e con l’emanazione di una nuova legge regionale adesso sta regnando un caos». Da cosa è stata generata questa situazione e

I Angela Brandi, assessore regionale al Lavoro, formazione, commercio e pari opportunità

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come dunque occorrerà procedere? «Questo stato di cose è nato dal fatto che le sospensive concesse dal Tar stanno dando ragione agli operatori commerciali richiedenti l’applicazione del provvedimento del governo sulle liberalizzazioni. Una condizione d’incertezza per commercianti e consumatori che non mi pare un grandissimo risultato da imitare. Inoltre, nella confusione è più facile che si possano determinare quelle situazioni di svantaggio per i lavoratori costretti a sostenere orari e turni festivi particolarmente pesanti. Anche per questo è auspicabile che possano esserci accordi per salvaguardare i lavoratori, in particolar modo le donne, che devono gestire i tempi del doppio


Angela Brandi

impegno familiare e lavorativo. Quindi liberalizzazioni sì, ma non a discapito dei lavoratori». Ha sottolineato come «la norma sulle liberalizzazioni attribuisca ai commercianti non un obbligo di apertura ma la facoltà di autodeterminare gli orari del proprio esercizio». Cosa cambia allora in concreto? «Lo ribadisco: una facoltà non è un obbligo. Con questa nuova norma gli esercizi commerciali È auspicabile che possano esserci accordi si organizzeranno autonomamente secondo il mercato e le per salvaguardare i lavoratori, le donne in esigenze dei consumatori. Per particolare, che devono gestire i tempi del molti versi è un’opportunità doppio impegno familiare e lavorativo che fa i conti con quanto accade in Europa. La situazione di Trieste, e della fascia confinaria più in generale, funge da esempio: lì ci troviamo a concorrere, infatti, con tivo è ridare fiato alle attività economiche del cenla grande distribuzione della Slovenia che la- tro storico, o del quartiere, valorizzare e rendere vora la domenica puntando anche alla clientela più vivibili i centri urbani, incentivare le produitaliana. Regalare quote di mercato ai nostri vi- zioni locali. Con questo provvedimento, infatti, cini, già attivi - grazie ai prezzi inferiori - sul ver- la Regione ha inteso sostenere in maniera consante del carburante e dei tabacchi, non mi pare creta le piccole attività commerciali, artigianali e una posizione lungimirante per lo sviluppo della di servizio, aiutandole a distinguersi dalla grande nostra economia. Per quanto riguarda gli allar- distribuzione, non certo in termini di concormismi c’è da dire che il prefigurarsi di scenari con renza, ma piuttosto di qualità, sia dei prodotti ofnegozi aperti 24 ore al giorno è abbastanza di- ferti, sia dei servizi prestati alla clientela». stante dalla realtà perché l’imprenditore comÈ una strategia finalizzata dunque alla rivimerciale fa ciò che gli conviene fare, quindi talizzazione dei centri storici? difficilmente terrà aperto se i costi supereranno «Sì perché senza il commercio il rischio è che le i ricavi». L’amministrazione regionale ha fi- città si spengano, perdano il loro elemento di atnanziato con 640mila euro la creazione dei trazione, mentre la bellezza delle nostre piazze e cosiddetti “centri commerciali naturali” e delle nostre vie è data proprio dalle luci delle ve“centri in via”. A cosa serviranno? trine dei negozi. Tra gli impegni previsti nel bi«I centri commerciali naturali e i centri in via lancio 2012 per il commercio si trovano questo sono costituiti da piccole attività localizzate in tipo di progetti, nonché il supporto ai Cat, i un’area determinata del territorio e dei contesti Centri di assistenza tecnica per imprese, che aturbani. Attività che, seppur distinte, vengono or- traverso la formazione contribuiscono a far creganizzate e gestite in maniera unitaria, anche at- scere in termini di innovazione e di competitività traverso azioni di marketing congiunte. L’obiet- l’offerta commerciale del territorio».

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FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 87


LIBERALIZZAZIONI

Fronte compatto nella difesa dei “piccoli” «Senza il commercio le città rischiano di spegnersi, perdono d’attrazione». I quattro presidenti delle associazioni territoriali di Confcommercio Friuli Venezia Giulia indicano come agire per scongiurare questo pericolo Renata Gualtieri

l ricorso sulle liberalizzazione è infine arrivato. La decisione è stata inserita dalla Regione all’interno di un “pacchetto” di correzioni alla legge Monti. Grazie all’iniziativa delle quattro associazioni territoriali di Confcommercio, sollecitate prontamente dal presidente nazionale Sangalli, si sono poste le basi perché la Regione virasse con decisione verso un’azione di tutela della sua autonomia in materia e presentasse ricorso alla Corte costituzionale sulla parte di legge Monti che impone la deregulation pure al Friuli Venezia Giulia. «Quello che ci differenzia dal vicino Veneto – precisa il presidente di Confcommercio Udine, Giovanni Da Pozzo – è l’individuazione della percorribilità di una normativa autonoma, che non potrà non tenere conto delle diverse esigenze da provincia a provincia». In attesa dell’iter del ricorso regionale, la liberalizzazione di orari e aperture domenicali è operativa. Con

I Antonio Paoletti, presidente di Confcommercio Trieste e Pio Traini, presidente di Confcommercio Gorizia

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conseguenze negative su buona parte del territorio perché, in una fase di calo dei consumi, la deregulation impone inevitabilmente di fare i conti con un incremento di costi a carico della piccola come della media e grande distribuzione. «Si tratterà ora – commenta Alberto Marchiori, presidente Confcommercio Pordenone – di risolvere in qualche modo i problemi di concorrenza della fascia confinaria e di vedere riconfermata una mediazione virtuosa (quella che conteneva le aperture domenicali sotto quota 30) che aveva dimostrato di tenere sia in provincia di Udine che di Pordenone, contrarie a provvedimenti “spontanei” e non opportuni, tanto più in una fase di recessione». È un momento di difficoltà per il commercio regionale ma non troppo diverso da quello di altre realtà. Certo non aiuta in questo caso l’essere sul confine. Due province su quattro, Trieste e Gorizia, hanno subito duramente in questi ultimi mesi la morsa della crisi. «Il rilancio dei centri urbani – spiega il presidente Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti – passa attraverso una politica complessiva di riqualificazione dei servizi di stampo europeo, in grado di intercettare i fondi che la Comunità ci mette a disposizione. Confcommercio svolge con impegno il ruolo di confronto progettuale con le istituzioni cittadine e non fa mancare informazione, consulenza e servizi alle imprese associate». Un’opportunità potrebbe arrivare dai fondi destinati allo sviluppo dei “centri in via” e dei centri commerciali naturali, 640.000 euro


Le proposte di Confcommercio

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È un momento di difficoltà per il commercio del Friuli Venezia Giulia, certo non aiuta l’essere sul confine

A sinistra, Giovanni Da Pozzo, presidente di Confcommercio Udine. A destra, Alberto Marchiori, presidente Confcommercio Pordenone

previsti dalla Regione, «ma solo se questi fondi saranno finalizzati a progetti con prospettive di ampio respiro». Le quattro associazioni territoriali di Confcommercio regionale sono pronte a mettere a disposizione centri di assistenza tecnica per poter costruire iniziative mirate a ridare fiato alle attività economiche del centro storico, valorizzare e rendere più vivibili i centri urbani, incentivare le produzioni locali. Il “piccolo” non può sostenere la concorrenza con i centri commerciali sulla quantità, deve quindi percorrere la strada della qualità sia dei prodotti offerti che dei servizi prestati. Scomponendo le superfici della rete di vendita in Friuli Venezia Giulia, oggi si conta poco meno del 65 per cento di media-grande distribuzione, con la provincia di Udine che segna il 36 per cento nelle grandi strutture, quelle oltre i

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1.500 metri quadrati (la media regionale è del 30,8%). «Si rende opportuno – dichiara Pio Traini, presidente Confcommercio Gorizia – un intervento dal punto di vista urbanistico che tuteli i piccoli centri e le città, in modo anche da evitare il fenomeno della desertificazione che ha effetti sull’ordine pubblico e determina il venir meno di un valore sociale storico per le nostre comunità com’è quello dei negozi di vicinato». In questo clima di incertezza fa notizia che i contribuenti triestini siano finiti sotto le lenti del fisco. Il 25,9 di questi dichiara ricavi o compensi minori di quelli attesi dall’amministrazione finanziaria. «Il dato della non congruità dei ricavi agli studi di settore e ai parametri, contenuta nella dichiarazione dei redditi – tiene a precisare il presidente Antonio Paoletti – non comporta che il dichiarante non congruo sia un evasore, così come il dichiarante congruo non è senza dubbio in regola». Da sottolineare che il dato riguarda tutti i settori d’impresa, non solo il terziario, e che l’anno di riferimento, il 2009, è stato un primo anno di crisi, nel quale in molti casi, a fronte di un calo dei ricavi, gli imprenditori hanno mantenuto inalterata la propria struttura di costi, soprattutto personale e altri costi fissi, che oltretutto tendono fisiologicamente ad aumentare di anno in anno. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 89


LIBERALIZZAZIONI

Sinergie per il commercio A Gorizia si lavora su più fronti: è forte la campagna di promozione della città, che già ha dato i suoi frutti ma, secondo il sindaco Ettore Romoli, serve un confronto sulle liberalizzazioni, per cogliere le opportunità che ne possono derivare per i commercianti Renata Gualtieri

a situazione di crisi globale non ha risparmiato alcuno e anche il commercio goriziano ne sta risentendo. Negli ultimi anni, però, grazie anche alla riqualificazione urbanistica, si sta assistendo a un nuovo dinamismo dei commercianti che in sinergia con il Comune stanno cercando di creare le condizioni per recuperare competitività, associando il miglioramento dell’offerta commerciale all’attrazione del centro storico rinnovato. Peraltro, lo stesso Comune, insieme all’Ascom, si è fatto promotore di una campagna promozioEttore Romoli, sindaco di Gorizia nale della città, «i cui frutti – sottolinea il sindaco di Gorizia Ettore Romoli – si sono già visti durante le festività natalizie, che hanno visto la città affollata come non si vedeva da anni». Nell’ottica di una sinergia a 360 gradi fra istituzioni e operatori commerciali, un forte contributo lo ha dato anche la Camera di Commercio. La Regione non si è adeguata da subito alle liberalizzazioni del commer-

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cio e si parla di ricorso. Quali gli elementi di vantaggio e quali quelli di svantaggio che possono derivare dalla norma per i commercianti goriziani e come occorre agire? «Proprio partendo dall’esperienza di Gorizia, alla luce della grande varietà di situazioni presenti sul territorio regionale, ritengo sia necessario che in ogni realtà l’amministrazione comunale si faccia promotore di un confronto con le realtà interessate per condividere una strategia che possa “sfruttare” le opportunità contenute in queste liberalizzazioni e cercare di limitarne gli svantaggi. A Gorizia, ad esempio, non si può non tener conto della concorrenza della vicina Slovenia che, in alcuni settori, in particolare quelli dei benzinai e dei tabaccai, è particolarmente pesante e, quindi, dovrebbero essere attivati interventi adeguati. Valuteremo insieme agli stessi commercianti quali sono i punti che potremo volgere a nostro vantaggio e quali, invece, dovremo cercare di neutralizzare». “Le nuove vie” di Gorizia è stato un progetto pilota per il rilancio del piccolo commercio. A quali risultati ha portato fin qui e quale sinergia si è creata tra i vari soggetti della città? «Innanzitutto devo esprimere un grande apprezzamento nei confronti di questi commercianti che, per primi, accogliendo l’invito del Comune, si sono associati e, attraverso un’autotassazione hanno avviato le prime iniziative per creare un centro commerciale na-


Ettore Romoli

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Si sono già visti i frutti della campagna promozionale di Comune e Ascom, la città non si è vista mai così affollata come nelle festività natalizie

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turale. Solo con le proprie forze, partendo da una situazione svantaggiata dovuta al protrarsi della presenza dei cantieri, hanno saputo guardare avanti, consapevoli che solo con un associazionismo intelligente potranno misurarsi con la grande distribuzione e con il mercato del futuro. Questa intuizione, fra le altre cose, ha “contagiato” anche operatori di altre

zone, come Corso Italia e Corso Verdi, che hanno programmato un’associazione analoga. Questi progetti hanno ottenuto dalla Regione un congruo finanziamento per iniziative collegate al marketing e, in generale, alla promozione del commercio cittadino». L’assessore Brandi ha affermato che la piccola distribuzione è destinata a soccombere «se si pone semplicemente in contrapposizione ai centri commerciali». Come occorre dunque agire per valorizzare la propria offerta? «Non contrapposizione, ma concorrenza sì. A Gorizia, il percorso avviato con i commercianti va proprio nella direzione di creare nel cuore della città un polo commerciale all’aperto che si sviluppa in un centro storico vero e non fasullo come quello degli outlet village. Bisogna lavorare su più fronti, qualificando e ampliando ulteriormente la tipologia dell’offerta commerciale, sposandola a iniziative di animazione e ad altre di valorizzazione del contesto storico. Un marketing efficace diventa fondamentale per promuovere il polo commerciale. Credo che Gorizia abbia sicuramente tutte le carte in regola per raggiungere quest’obiettivo, sempre che istituzioni e operatori continuino a lavorare insieme come hanno fatto finora». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 91




MODELLI D’IMPRESA

L’italian lifestyle conquista i mercati Il design italiano è amato per il suo carattere unico e la qualità dal consumatore straniero e, secondo Edi Snaidero, per la creatività e l’originalità dei prodotti Renata Gualtieri

ll’estero come in Italia la forza del marchio Snaidero è la sua storia: da oltre 65 anni l’azienda è presente sul mercato italiano e da oltre 40 esporta le sue cucine in tutto il mondo, puntando a un posizionamento che gioca sul valore di un design raffinato rigorosamente made in Italy. «Ritengo – evidenzia Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato dell’omonimo Gruppo – che, nonostante la congiuntura internazionale attualmente debole, in un orizzonte di medio periodo le imprese del made in italy possono ancora contare su un “fortissimo” percepito dell’Italia a livello internazionale e quindi su una forte predilezione per l’interior design italiano da parte di larghe fasce di nuovi consumatori nel segmento medio-alto». Su quali mercati punterete la vostra attenzione? «In Cina, Brasile e India abbiamo iniziato una politica d’investimento e sviluppo già da qualche anno e qui ci focalizzeremo nel medio periodo: si tratta di mercati lontani geografica-

A Edi Snaidero, presidente e amministratore delegato del Gruppo Snaidero

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mente e culturalmente, più difficili da intercettare, ma enormi. Se li esaminiamo dal punto di vista del ritmo di crescita, la situazione sarà particolarmente interessante: i prodotti e i brand italiani avranno più facilità a trovare nuovi consumatori nei paesi emergenti che a conservare i clienti nei paesi avanzati. La percezione di gusto e di eccellenza che l’Italia è riuscita a produrre, pur se importante, continuerà a tradursi in successo solo nei casi in cui sarà accompagnata dall’organizzazione e dalla sistematicità dell’offerta. Una conferma importante a tal proposito ci è arrivata recentemente dal Canada, dove la nostra divisione Usa ha ufficializzato l’aggiudicazione della più grande commessa di sempre attraverso un progetto a Vancouver che verrà realizzato con la cucina Orange per un valore complessivo di 25 milioni di dollari». Snaidero è ambasciatore dell’italian lifestyle sulla scena internazionale. Cosa rende riconoscibili i vostri prodotti nel mondo? «L’Italia è ancora oggi il Paese in cui le cose vengono prodotte nel modo migliore per il


Edi Snaidero

46% EXPORT

Quota esportazioni nel 2011

1,5% RICERCA

Percentuale investimento ricerca sul fatturato

semplice gusto di farle bene, secondo il classico approccio artigianale. Tutto questo ha di per sé un potenziale enorme per generare quell’effetto “volano” verso i nuovi mercati che, in qualche modo, riescono a incarnare questo immaginario di stile, qualità della vita, creatività, eleganza, gusto. Sono tutti valori che cerchiamo di rappresentare al meglio con le nostre cucine, affidandole a progettisti e designer capaci di curarle in ogni dettaglio, estetico e progettuale, comunicandole con tutti i contenuti di stile, ricerca tecnologica e funzionale che rendono il nostro prodotto bello nella forma e ricco nella sostanza. Non da ultimo si assapora, anche solo per un tempo breve, il concetto di lifestyle di cui il marchio è ambasciatore nel mondo. In sostanza cerchiamo di proporre attraverso le nostre cucine un concetto di lifestyle e non solo prodotto, offrendo ai nostri clienti in tutto il mondo un’esperienza di acquisto e un servizio “totale”». Ha dichiarato di aver sempre ammirato in suo padre, Rino Snaidero, la costante proiezione verso il futuro nella ricerca di prodotto, di tecnologie e servizi per le persone. Come prosegue oggi la sua attività nel segno dell’innovazione?

«Come allora anche oggi l’innovazione rappresenta l’ingrediente fondamentale per affrontare e non subire i cambiamenti epocali che stanno toccando ogni aspetto della società in cui viviamo. Innovare oggi spesso coincide con il mettere in discussione tutto: prodotto, organizzazione, industriale e distributiva, comunicazione. Il Gruppo che rappresento ha focalizzato i propri sforzi nel ripensamento radicale della propria struttura di prodotto in chiave progettuale e industriale, orientandosi a quella che secondo noi è la tendenza chiave del mercato: privilegiare prodotti belli, fatti bene, altamente personalizzabili ed accessibili. Quattro caratteristiche che tradotte in termini aziendali hanno significato per noi processi di riorganizzazione interna importanti con ricadute ad ogni livello. Il risultato è stato una piattaforma prodotti accomunati dal fatto di essere soluzioni straordinariamente flessibili e con uno standard di qualità a cui non abbiamo fatto nessuno sconto. Combinare eccellenza e qualità con una maggiore accessibilità economica è stata la nostra vera sfida». Come stanno cambiando i gusti degli italiani? «Notiamo la tendenza nelle persone a semplificare la loro vita e di conseguenza le loro scelte, ma badando comunque a non perderne in senso e sostanza. Rispetto all’estetica per esempio s’insegue e si cerca una bellezza negli oggetti che lavori per sottrazione, eliminando tutto ciò che viene percepito come superfluo. Anche rispetto alla funzione, si cercano soluzioni in grado di trasformare la complessità tecnologica in semplicità fruitiva, senza però banalizzare. In generale il gusto, la sensibilità, la qualità, il benessere anche rispetto alla dimensione domestica verranno FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 95


MODELLI FIVE TI D’IMPRESA

ripensati e ridefiniti nei prossimi anni sulla

Nelle pagine precedenti lo stabilimento Snaidero; sopra, la cucina Ola20

base di questi nuovi valori, che si traducono in semplicità estetica, richiesta di comfort, qualità del tempo e degli spazi, sostenibilità e accessibilità». Come vede dunque cucina del futuro? «Credo che la cucina del futuro riassumerà in sé tre concetti chiave: design, qualità tangibile, e rapporto qualità-prezzo corretto e percepibile. Una sfida complessa, perché giocata su molti fronti, non meramente industriali o progettuali: su questi presupposti abbiamo lavorato negli ultimi anni, e soprattutto in questi ultimi tempi di crisi, privilegiando i valori che sono sempre stati alla base del dna del marchio Snaidero: qualità, durata, bellezza e sostenibilità, ambientale ed etica». La cucina Ola20 ha riscosso un grande successo in Francia. È stata infatti la cucina più votata alla Fiera di Lione. Cosa ha rappresentato questo successo? «La cucina Ola20 è stata una bellissima esperienza progettuale, di comunicazione e commerciale. Prodotta ininterrottamente dal 1990, ha sancito l’inizio della nostra collaborazione con il Gruppo Pininfarina. Già al-

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l’epoca nasceva dall’idea di uscire da un impatto visivo dell’ambiente domestico ormai divenuto standardizzato e ricercare nuove strade progettuali, puntando a risolvere nella forma più nuova le funzioni fondamentali della cucina. A vent’anni di distanza abbiamo voluto riportare il progetto ai nostri tempi. Ola20 riprende lo spirito ottimista e futurista di Ola, portandolo con naturalezza nel contesto contemporaneo. Il premio di Lione prima e il recentissimo Design Award del Museo di Chicago, peraltro già aggiudicato alla prima versione della Ola nel 1996, ci rendono particolarmente orgogliosi e rappresentano un forte incoraggiamento per il marchio che rappresento a continuare a investire nella ricerca, nell’innovazione e nel design». Qual è l’aspetto che secondo lei è stato più apprezzato di questa cucina? «L’innovazione è tangibile d’impatto, sia negli aspetti formali che in quelli funzionali. Un design che non segue le tendenze, ma le anticipa. Complesso ma allo stesso tempo essenziale, senza fronzoli. Curato tecnicamente in ogni minimo dettaglio: parlo del disegno e delle ricadute industriali per realizzarlo ma anche della verniciatura micalizzata, un’esclusiva nel settore delle cucine, una tecnologia di derivazione industriale che utilizzando speciali miche ha permesso di ottenere nelle superfici dei riflessi estremamente sofisticati e brillanti».



MODELLI D’IMPRESA

Un polo del gusto di alta qualità Illy con i suoi brand è presente oggi in quasi tutto il mondo, dove porta il proprio messaggio di qualità e innovazione. Il presidente Riccardo Illy rivela le scelte coraggiose alla base del successo del marchio triestino Renata Gualtieri

ggi il fattore competitivo principale per un’impresa è la capacità di innovare: si potrebbe dire, per capire l’importanza di questo fattore di sviluppo, che “chi non innova muore”. Illy ha messo al centro della propria strategia industriale l’innovazione al servizio della qualità, fattori che rappresentano per l’azienda un binomio inscindibile. «Abbiamo contribuito - riflette Riccardo Illy - a rivoluzionare il modo di produrre, trasformare e gustare il caffé attraverso la costante ricerca e l’innovazione di prodotto, processi, materia prima, macchine industriali». Con questa filosofia Illy è riuscita a posizionarsi al terzo posto al mondo nella classifica del numero di brevetti nel settore. Un contributo certamente di qualità all’industria del caffé mondiale. E con la stessa attenzione alla qualità il Gruppo si è avvicinato anche ad altri settori, attraverso Domori, che produce cioccolato pregiatissimo, la Cantina Mastrojanni con i suoi vini di altissima qualità, Dammann Frères, la più antica azienda di tè francese, e gli eccezionali prodotti Agrimontana.

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Riccardo Illy, presidente del Gruppo Illy

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Accanto a innovazione la parole d’ordine è internazionalizzazione. Qual è la presenza dell’azienda nei mercati internazionali e quali i mercati che potrebbero rivelarsi interessanti in futuro? «Oggi Illy è commercializzato in 5 continenti: in più di 140 Paesi al mondo si beve il nostro unico blend. Ogni giorno vengono servite 6 milioni di tazzine a marchio Illy. Si tratta di numeri che senza dubbio danno il senso dell’importanza che rivestono per noi i mercati internazionali, che rappresentano circa il 60% della cifra d’affari. A questi numeri va aggiunta la presenza in Venezuela di una piantagione del pregiatissimo e rarissimo cacao Criollo, unica al mondo per caratteristiche agronomiche, che ci consente di offrire, attraverso il marchio Domori, un cioccolato


Riccardo Illy

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Illy con la ricerca e l’innovazione ha rivoluzionato il modo di produrre, trasformare e gustare il caffé

6 mln

TAZZINE DI CAFFÈ Quelle servite ogni giorno a marchio Illy

140 PAESI

Presenza Illy nel mondo

dalle straordinarie qualità, oltre alla presenza in Francia della produzione e dei negozi Dammann. Siamo dunque un Gruppo che con i suoi brand è presente già oggi in quasi tutto il mondo e che porta dovunque il proprio messaggio di qualità, innovazione e gusto». Come si è chiuso per il Gruppo il 2011 e quali le principali sfide da affrontare nei prossimi mesi? «Prevediamo di chiudere l’esercizio 2011 con un fatturato consolidato superiore a 350 milioni di euro, in crescita rispetto agli anni precedenti. Questo è possibile perché stiamo costruendo e rafforzando giorno dopo giorno un vero e proprio polo del gusto, un gruppo in cui ciascuna azienda, pur mantenendo la propria individualità, possa rappresentare un riferimento di altissima gamma nel proprio ambito. In un momento di crisi come questo, in cui aumentano anche i costi di produzione, mantenere alta la qualità è una sfida perenne. La nostra scelta è quella di rispettare sempre la missione di creare prodotti di altissimo livello, per rispetto nei confronti del consumatore e per filosofia aziendale». Il Gruppo Illy è entrato anche nel mondo del vino. Cosa accomuna il settore del vino a quello del caffè, è richiesto anche un ap-

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proccio imprenditoriale differente? «L’acquisizione dell’azienda Mastrojanni ha rappresentato per noi un ritorno all’esperienza agricola del nonno e una sfida; convinti della eccellente qualità del Brunello prodotto, abbiamo deciso di mantenere una continuità della gestione aziendale e ci siamo affidati agli stessi responsabili dell’azienda, della vigna e della cantina. Una scelta di continuità che, unita ai nuovi investimenti nei vigneti e negli ampliamenti della cantina con le tecniche della bioedilizia, paga. Oggi produciamo il Brunello di Montalcino Vigna Schiena d’Asino, cru dell’azienda che esce sul mercato solo nelle annate migliori, il rubino Brunello di Montalcino, il Rosso di Montalcino e il “supertuscan” San Pio. Si aggiungono un vino da dessert, uvaggio Moscato, Malvasia di Candia e Sauvignon, e la grappa di Brunello di Montalcino per un totale di quasi 100mila bottiglie l’anno. Il settore vinicolo, con una grande frammentazione di territori e di aziende, è senza dubbio uno dei più competitivi. Abbiamo cercato di esportare in questo settore pratiche aziendali che riteniamo vincenti e condiviso con il management la filosofia di ricerca della perfezione e rispetto per la terra. Due spinte che hanno determinato anche il successo del marchio Illy». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 99


MODELLI D’IMPRESA

Europei 2012, il Friuli è nel mondo Le strutture sportive rappresentano il core business del Gruppo, ma il presidente Luigi Cimolai, ha in serbo un sogno: realizzare il ponte di Messina e crescere nel settore dell’energia Renata Gualtieri

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l 29 gennaio scorso è stato inaugurato il National Stadium di Varsavia, impianto che ospiterà la cerimonia di apertura degli Europei di calcio 2012 e la gara inaugurale dell’8 giugno tra Polonia e Grecia. È la struttura più grande tra quelle che accoglieranno le gare della competizione calcistica. «La capienza è di 55.000 posti e il tetto di 65.000 metri quadrati è realizzato completamente con membrane Ptfe e la parte centrale di 11.000 metri quadrati può aprirsi e chiudersi a seconda delle necessità». È la Cimolai ad aver realizzato la copertura dello stadio. Per l’impresa pordenonese, guidata da Luigi Cimolai, però non si tratta della prima «casa dello sport». Con la realizzazione, tra gli altri, dello stadio di Atene e dello stadio di Johannesburg, la costruzione della stazione ferroviaria Oculus a Ground Zero e l’Estela del lux, per commemorare il bicentenario del-

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Luigi Cimolai

l’indipendenza messicana, Cimolai ha esaltato il lavoro friulano nel mondo. Qual è il segreto di questo successo all’estero? «Dal 2004, anno delle olimpiadi di Atene, l’azienda è cresciuta in modo esponenziale sia a livello di valore della produzione che come notorietà. Siamo presenti nel mercato da oltre 60 anni e i nostri punti di forza sono sempre state le soluzioni ingegneristiche proposte ai committenti, la qualità e lo sviluppo di nuove tecnologie di produzione, il nostro capitale umano e il rispetto dei tempi di consegna, che nel nostro settore sono un fattore determinante». Ha collaborato con i grandi nomi dell’architettura. Cosa le hanno lasciato queste esperienze e qual è l’opera che sogna di realizzare? «Sicuramente lavorare con nomi di fama internazionale è un’esperienza che consente di mettersi sempre alla prova, si cerca di realizzare l’idea dell’artista facendo da trait d’union fra arte e tecnica, sfidando a volte leggi fisiche per trovare sempre nuove soluzioni progettuali. Negli ultimi anni le infrastrutture non sono più viste solo come opere funzionali ma assumono un valore artistico e questo permette alla nostra realtà di avere una maggiore visibilità rispetto ad anni fa. L’opera che è sempre stata il mio sogno nel cassetto è “il Ponte”, come lo chiamiamo noi in azienda, ovvero il ponte di Messina. Lasciando alla politica i pro e i contro della sua realizzazione, per un ingegnere è l’opera più prestigiosa che

2% RICERCA

Percentuale sul valore della produzione che viene investito in ricerca

si possa eseguire». La ricerca è il terreno sul quale nasce e cresce l’innovazione. Quanto del fatturato viene investito per queste attività? «Generalmente investiamo circa il 2% del valore della produzione in ricerca, anche se credo che molte soluzioni innovative siano nate proprio cercando di risolvere problemi progettuali di costruzione e di montaggio». Che peso ha l’export sul fatturato dell’azienda e quali sono i mercati da potenziare? «Negli ultimi anni l’export ha pesato per il 60% del valore della produzione. I mercati nei quali si possono vedere possibilità di sviluppo sono sicuramente i paesi del Medio Oriente e il sud America, con particolare attenzione al Brasile, dove si svolgeranno i prossimi mondiali e le prossime olimpiadi. Attualmente siamo presenti in Venezuela con uno stabilimento di produzione e pensiamo di stringere alleanze in altri mercati dove poter produrre in loco e abbattere costi di trasporto e dazi d’importazione, che nel nostro settore incidono in modo determinante». Quali sono i suoi obiettivi futuri? «Il nostro obiettivo è di crescere in campi complementari ai nostri, soprattutto nel settore dell’energia».

60% EXPORT

Percentuale che indica il peso delle esportazioni degli ultimi anni sul valore della produzione

In questa pagina, lo Stadio di Johannesburg. Nella pagina precedente Luigi Cimolai

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Etica ed efficienza nell’industria siderurgica Una strategia aziendale votata al potenziamento produttivo e alla tutela della sicurezza dei lavoratori garantisce una sintesi ottimale fra perseguimento degli obiettivi commerciali e gestione corretta delle risorse umane. Il punto di Roberto Bissacco Lodovico Bevilacqua

pina dorsale dell'industria pesante, la siderurgia richiede un’impegnativa sintesi fra massicci volumi di produzione, celerità ed efficienza distributiva e – naturalmente – qualità produttiva. Con queste premesse, istituire un apparato aziendale potente e organizzato, garantire esperienza gestionale in merito a materie prime, lavorazioni e distribuzione, gestire al meglio le risorse umane e tecnologiche dell’azienda, sono le prerogative che ogni manager del settore deve essere in grado di offrire. Latore di queste preziose caratteristiche si può considerare Roberto Bissacco, amministratore delegato di EVRAZ Palini&Bertoli. «In un'epoca dove il livellamento dei prezzi obbliga ad offrire alla clientela committente un'efficienza produttiva e distributiva sempre più sviluppata, la gestione di questi aspetti dell'attività diventa sempre più importante; è per questo che il recente ingresso in EVRAZ di Palini&Bertoli Roberto Bissacco, amministratore delegato costituisce un salto di qualità di EVRAZ Palini&Bertoli di San Giorgio per la nostra società». di Nogaro (UD) - www.evrazpaliniebertoli.it

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Partiamo dunque descrivendo questo delicato e importantissimo passaggio. Come è avvenuto e quali conseguenze ha determinato? «Nella sua storia aziendale, la Palini&Bertoli ha sempre rappresentato un esempio di eccellenza produttiva, determinata dalla spiccata propensione all'innovazione tecnologica e alla convinta valorizzazione delle risorse umane. I risultati raggiunti hanno determinato l’interessamento di EVRAZ, che ha integrato l'azienda friulana nel suo gruppo societario nel 2007; è naturale che condividere la stessa piattaforma distributiva e gli stessi canali di fornitura delle materie prime con un’azienda dalle enormi potenzialità costituisce un vantaggio di notevole entità». Quali sono le caratteristiche di EVRAZ Palini&Bertoli, a livello di storia e struttura aziendale e a livello produttivo? «La storia antecedente la fusione è lunga e prestigiosa, essendo la Palini&Bertoli stata fondata nel 1963; nei suoi cinquant’anni di attività ha sviluppato una struttura produttiva efficiente e sicura, localizzata dapprima a Spinadesco, nel cremonese, in seguito – dal 1992 – a San Giorgio Nogaro, dove si trova tutt’ora. Specializzata nella produzione di lamiere in acciaio da treno quarto, l’azienda offre una gamma produttiva


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Roberto Bissacco

La valorizzazione delle risorse umane si declina soprattutto nell'istituzione di un'attenta e premurosa politica di prevenzione degli infortuni e tutela della sicurezza

estremamente ampia per caratteristiche e dimensioni delle lamiere, così come un’efficace rete distributiva che permette di evadere gli ordini ricevuti con puntualità». In un’attività così esposta al rischio di infortunio, qual è la politica perseguita dall’azienda in merito alla sicurezza sul lavoro? «La valorizzazione delle risorse umane che da sempre è una prerogativa dell'azienda si declina anche e soprattutto nell'istituzione di un'attenta e premurosa politica di prevenzione degli infortuni e tutela della sicurezza; le nuove pratiche operative, la meticolosa formazione professionale, il continuo adeguamento di impianti e attrezzature, hanno permesso a EVRAZ Palini&Bertoli di divenire un esempio e un punto di riferimento – anche all'interno della stessa EVRAZ – per la gestione di questo delicato aspetto aziendale. Una premura per la sicurezza, la prevenzione e la tutela ambientale ratificata dall'ottenimento di diverse attestazioni di conformità,

quali la Ohsas18001 e la Iso14001. L'ultimo e più ambizioso obiettivo aziendale in questo ambito sarà l'acquisizione della certificazione integrata Qualità-Sicurezza-Ambiente, conseguita solo da pochissime aziende siderurgiche italiane». Quali sono gli attuali standard quantitativi di produzione e come sono distribuiti sul mercato? «L'attuale potenziale aziendale ci permette di produrre circa 450 mila tonnellate di lamiere ogni anno che nel prossimo futuro, grazie ad un impegnativo e articolato piano di investimenti, sarà ulteriormente implementato. Di questa quantità di lamiere prodotta, circa la metà è destinata ad essere commercializzata entro i confini nazionali, mentre la restante parte contribuisce all'espansione del nostro mercato di esportazione, particolarmente sviluppato nella zona occidentale dell'Europa e nel bacino del Mediterraneo, dalla costa Maghrebina fino all'area mediorientale». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 103


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Export all’80%, senza delocalizzare Consolidare la propria posizione sui mercati esteri non significa dover per forza spostare la produzione. Luca Solari illustra un processo di valorizzazione del know how. Le parole chiave sono investimenti e conoscenza diretta dei mercati Valerio Germanico

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Luca Solari, amministratore delegato di Stark Spa, Trivignano Udinese (UD) www.starktools.com

a nostra politica di investimenti ci permette di restare sul mercato globale con un trend di crescita, senza cedere alla delocalizzazione produttiva». È questo il risultato delle scelte imprenditoriali di Luca Solari, amministratore delegato di Stark, società specializzata nella progettazione, produzione e commercializzazione, a livello internazionale, di utensili per il taglio dei metalli, in particolare di seghe circolari HSS (High Speed Steel), oggi vendute per l’80% all’estero. «L’apertura di numerose filiali in Europa, nelle Americhe, in India e in Asia ci ha permesso di essere presenti in prima persona nei contesti nei quali il nostro prodotto è maggiormente richiesto. Questo vuol dire controllare il polso delle diverse situazioni e poter differenziare le strategie commerciali. Essere competitivi in tutto il mondo significa però anche parlare di processo, produrre con il minimo costo – quindi lotta agli sprechi –, migliorare continuamente i processi, applicando i principi della produzione snella e investendo sulla formazione». L’internazionalizzazione,

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dunque, non vi ha sganciato dal vostro territorio? «In realtà non abbiamo mai pensato di andare a produrre in Paesi dove la manodopera ha un costo più basso. L’apertura delle nostre filiali aveva semmai l’obiettivo di favorire la promozione del prodotto che noi vogliamo realizzare. Tanto che, non trovando le macchine specifiche per questo tipo di lavorazioni, abbiamo creato all’interno della nostra struttura un reparto Engineering. Questo, in totale autonomia, progetta, dal punto di vista meccanico ed elettronico, delle macchine molto più performanti, adeguate alle nostre esigenze di produzione». Quali prospettive ha aperto la produzione di macchine per la lavorazione dei metalli? «Negli ultimi anni, il ferro è stato trainante e questo ci ha reso sempre più legati alla subfornitura per il mondo dell’automotive. È proprio con questo settore che oggi si stanno facendo grossi passi avanti per lo studio di prodotti sempre più performanti. Abbiamo così creato un nuovo reparto produttivo dedicato alle seghe TCT (Tungsten Carbie Tips), che sono la più innovativa delle tecnologie per il taglio dei metalli». Verso quali novità tecnologiche vi orienterete nei prossimi anni? «Per restare al passo con i tempi e per rispondere a esigenze di lavorazione sempre più critiche, siamo impegnati costantemente nell’evoluzione e nel miglioramento delle per-


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Luca Solari

Non trovando sul mercato le tecnologie che ci occorrono, abbiamo creato nella nostra struttura un reparto Engineering

formance di applicazione del prodotto. Uno degli investimenti più importanti in questa direzione è stato quello negli impianti per il rivestimento duro dell’utensile con tecnologia PVD (Physical Vapor Deposition). L’adozione di questa tecnologia ci ha visto pionieri nel nostro settore, con tre impianti già installati nel nostro centro produttivo. Per i prossimi anni, la sfida sarà quella di individuare delle nuove tecnologie che ci permetteranno di sostituire la sega HSS – ormai un prodotto maturo». La vostra realtà è nata nel cosiddetto “triangolo della sedia” e inizialmente era inserita nel settore della lavorazione del legno. Com’è avvenuto il passaggio verso un tipo di prodotto destinato alla lavorazione del ferro? «Il legno e il ferro sono due materie prime che sembrano avere poco in comune. Essendo nati come azienda del settore meccanico in un momento in cui il distretto industriale del legno – materiale usato per la produzione delle sedie –, qui nella provincia di Udine, era in piena espansione, la scelta di rivolgerci a questo tipo di prodotto era quasi inevitabile. Col tempo abbiamo però iniziato a riposizionarci sul mercato con la proposta di una tecnologia completamente differente e che ci permettesse di uscire dai confini nei

80% quali il legno ci costringeva». Come si è svolto materialmente il processo di riposizionamento? «L’esperienza produttiva che andavamo acquisendo e maturando nella progettazione di utensili per il legno ci ha permesso di creare prodotti sempre più elaborati, dando una risposta tecnologica alle esigenze di lavorazione, che con il passare del tempo diventavano sempre più complesse. All’aumentare della complessità si andava aprendo la possibilità di imparare a convertire gli strumenti già usati per il legno al trattamento dell’acciaio e dei metalli. In pochi anni riuscimmo così a lanciare sul mercato una linea di prodotti rappresentata da seghe circolari in acciaio super rapido e oggi il settore del taglio dei metalli è diventato la nostra principale fonte di fatturato».

EXPORT La percentuale di prodotto della Stark Spa che viene assorbita dai mercati esteri

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Il rame, un metallo prezioso Il prezzo del rame cresce, trainato dal costante incremento della richiesta. Adriano Casasola spiega perché, per la realizzazione dei componenti tubolari, il rame continuerà a essere la materia prima più importante Manlio Teodoro

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er la costruzione di circuiti di apparecchiature destinate alla refrigerazione, al riscaldamento e svariati altri settori produttivi, l’impiego del rame continua a essere la soluzione vincente all’interno dell’industria. E ciò nonostante il prezzo del rame soffre di una forte incertezza sui mercati internazionali. Questo trova giustificazione nelle sue caratteristiche di resistenza meccanica, elevato scambio termico e facilità di lavorazione che rendono il rame tuttora insostituibile in molti settori produttivi e così ne giustificano il prezzo. Proprio sulla lavorazione di questo metallo si è concentrato il core business della Tubotec. Come spiega l’amministratore delegato, Adriano Casasola: «La nostra azienda lavora il tubo di

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Adriano Casasola

4,5 mln EURO

Il giro d’affari della Tubotec Srl, specializzata nella lavorazione di tubi in rame

La Tubotec Srl si trova a Varmo (UD) www.tubotec.eu

rame in tutte le sue forme e in tutte le sue dimensioni, fino alla creazione di manufatti industriali destinati a una molteplicità di usi: dalle apparecchiature frigorifere e dai refrigeratori al solare termico, dalle termocucine agli scambiatori di calore. Inoltre macchine da caffè e apparecchiature per il raffreddamento e riscaldamento degli ambienti, come pompe di calore, condizionatori, termostufe e caldaie». L’azienda ha nel tempo acquisito e sviluppato le competenze per la trasformazione del tubo di rame in manufatti finiti attraverso diverse tipologie di lavorazione. «Con il nostro ricco parco macchine possiamo eseguire il taglio, la piega, la deformazione, la saldatura, l’assemblaggio, la coibentazione, il collaudo, il montaggio dei componenti e la costruzione di preassemblati, il tutto svolto nel rigoroso

Le caratteristiche di resistenza meccanica, elevato scambio termico e facilità di lavorazione, rendono il rame insostituibile in molti settori produttivi

rispetto delle esigenze dei nostri clienti. Questo insieme di attività viene eseguito “su commessa”con flessibilità e competenza, proponendo sempre al cliente suggerimenti e soluzioni tecniche per la massimizzazione del risultato al minor costo». L’azienda ha oggi due unità produttive, una in provincia di Udine e una in Slovacchia. L’apertura verso l’estero non è limitata alla sola produzione, dato che il 25% del giro di affari della società – che corrisponde a circa 4,5 milioni di euro l’anno – è assorbito dall’export. «Abbiamo accumulato nel tempo un portfolio di circa 150 clienti fidelizzati che spaziano in molteplici settori merceologici. Noi non ci proponiamo come un semplice fornitore, bensì come un vero e proprio partner, una sorta di reparto “delocalizzato” e specializzato in un’attività produttiva settoriale. È secondo questa logica che offriamo anche un servizio di consulenza tecnica e produttiva, reagendo tempestivamente a tutte le sollecitazioni e le richieste che ci vengono sottoposte da un mercato sempre più globalizzato, esigente e competitivo». Le caratteristiche con le quali Tubotec si propone sul mercato sono quindi quelle della qualità, del dinamismo, della collaborazione. Questi punti di forza della società sono stati anche certificati attraverso il sistema per il controllo della qualità conforme alla norma 9001:2008, conferito dal Tüv. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 107


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PRODOTTI ALIMENTARI

Tradizioni secolari inimitabili Stefano Petris racconta come l’eredità secolare della Val Lumiei nella produzione di prosciutti e speck di altissima qualità si è fatta impresa. Oggi il prosciutto di Sauris è riconosciuto come un prodotto Igp Luca Cavera

L’ Stefano Petris, titolare del prosciuttificio artigianale Wolf Spa, Sauris (Ud) www.wolfsauris.it

economia delle valli alpine può contare su una tradizione secolare di produzioni alimentari inimitabili. Prodotti un tempo conosciuti e apprezzati da poche centinaia di persone legate al territorio, oggi diventano occasioni di business, grazie al potenziamento delle produzioni e all’amore diffuso per la cucina di alta qualità. È questo il caso del prosciutto di Sauris, località delle Alpi Carniche, prodotto nel prosciuttificio artigianale Wolf – che quest’anno celebra il 150esimo anniversario dalla fondazione –, prosciutto che è stato insignito del marchio Igp (Indicazione Geografica Protetta). Stefano Petris, titolare del prosciuttificio, racconta la lunga storia di questo prodotto unico e la capacità dell’azienda di adattarsi alle tecniche di lavorazione moderne salvaguardando i segreti della tradizione. «Questi due fattori insieme, tradizione e innovazione, hanno determinato il successo dei nostri prodotti che nascono a 1.200 metri di

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quota e il cui sapore inconfondibile è un tuttuno con queste montagne, dato che, come nel mito, nasce dalla combinazione di aria, terra, acqua e fuoco». Qual è il segreto che sta dietro al successo della vostra produzione artigianale di salumi? «Alla base ci sono una materia prima selezionatissima, un rigoroso autocontrollo e un’estrema cura per ogni fase della lavorazione. A questo va aggiunta la preziosa componente climatico-ambientale, che consente di dare una salatura leggera che ha come risultato un gusto dolce e profumato. L’affumicatura è eseguita solo impiegando legna locale, con un metodo che risale ancora all’antica esperienza locale. A concludere il processo produttivo contribuisce poi l’aria fresca e pura delle nostre montagne e dei boschi che circondano l’azienda, che permette la stagionatura ottimale del prodotto». Come si concilia la produzione tradizionale e l’eredità di conoscenze locali nella preparazione dei salumi con gli standard moderni per la sicurezza degli alimenti? «Alla sapienza artigianale abbiamo affiancato tecniche d’avanguardia per agevolare il lavoro e fornire un controllo costante in ogni fase di


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Stefano Petris

Alla sapienza artigianale abbiamo affiancato tecniche d’avanguardia per un controllo costante in ogni fase di lavorazione

lavorazione, inoltre abbiamo la strumentazione e il personale qualificato per svolgere un controllo microbiologico specifico di tutte le fasi di produzione. Questo ha contribuito al costante miglioramento degli standard produttivi, di servizio e alla capacità di elaborare soluzioni innovative in linea con le esigenze di mercato. Abbiamo anche ottenuto importanti riconoscimenti, come l’Indicazione Geografica Protetta per il nostro prosciutto Sauris». Quali sono i vostri prodotti più importanti a livello di quantità prodotte e quali sono le loro caratteristiche? «Le attuali dimensioni dello stabilimento ci consentono di immettere sul mercato una produzione annua di 80mila prosciutti, 100mila speck, oltre a migliaia di quintali di insaccati di pregio – questa produzione per il 40% è destinata al mercato interno del FriuliVenezia Giulia, il resto è diviso fra Veneto (30%), altre regioni italiane (28%) ed estero (2%). Il nostro è un prosciutto squisito come antipasto o per uno spuntino accompagnato

da un buon calice. Ha un caratteristico profumo aromatico e un velato gusto fumé. Lo speck è probabilmente però la nostra specialità più famosa. È prodotto solo a partire da cosce magre e la particolarità della sua lavorazione è custodita da una ricetta segreta». In quale antichissima tradizione affonda le radici la vostra attività? «La comunità di carinziani dai quali discendiamo si stabilì in questa valle nel XIII secolo. Per le difficoltà di raggiungere la località, vissero in un isolamento durato fino alla metà del Novecento. In questi sette secoli gli abitanti di Sauris appresero a essere autosufficienti e a produrre prosciutti affumicati e insaccati di grandissima qualità. Oltre un secolo fa Pietro Schneider iniziò a firmare una modesta produzione di prosciutti affumicati, speck e altri salumi tipici della zona. I suoi numerosi segreti di abile norcino passarono quindi di generazione in generazione e un nipote, Giuseppe Petris, fece nascere a Sauris, nel 1962, il prosciuttificio artigianale Wolf». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 111


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RINNOVABILI

Verso la grid parity Superata la fase di stallo, torna a crescere l’industria del fotovoltaico in Italia. Francesco Cestaro analizza l’evoluzione del settore, sempre più avviato verso la totale indipendenza dai sostegni pubblici Guido Puopolo

opo l’entrata in vigore del Quarto Conto Energia, e la conseguente riduzione degli incentivi, molti si chiedono se sia ancora conveniente la realizzazione di un impianto fotovoltaico a pannelli solari in Italia. La risposta a questa domanda deve considerarsi senz’altro affermativa: installare un impianto fotovoltaico per uso privato rappresenta ancora una scelta lungimirante, anche in virtù del corrispondente calo dei costi dei materiali e d’installazione. «In questi anni il settore, nonostante la crisi economica in atto, è cresciuto in maniera esponenziale, con performance davvero sorprendenti», sottolinea Francesco Cestaro, socio amministratore della Nuova Gema Srl, società di Sesto al Reghena (PN) nata nel 2007 come

D Francesco Cestaro, socio fondatore della Nuova Gema Srl di Sesto al Reghena (PN) www.nuovagema.it

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naturale evoluzione della Gema Sas, che nel 1981 fu una delle prime aziende in Italia ad avviare la produzione di pannelli fotovoltaici. «Oggi stiamo assistendo a un calo fisiologico degli investimenti, anche se sono convinto che nel prossimo futuro il fotovoltaico continuerà a rappresentare una soluzione ottimale per le esigenze energetiche di imprese e semplici cittadini». La spinta propulsiva proveniente dal mondo delle rinnovabili, dunque, non si sta affatto esaurendo. «Assolutamente no. Infatti, se è vero che le disposizioni contenute nel Quarto Conto Energia hanno determinato una significativa diminuzione degli incentivi statali, allo stesso tempo sono calati in maniera consistente i costi di realizzazione degli impianti, con tangibili benefici per l’utente finale. Diversi studi, inoltre, indicano che a breve in Italia potremo raggiungere la grid parity, vale a dire quella situazione in cui produrre elettricità da fonti rinnovabili costerà come pro-

durla da combustibili fossili. Questo permetterà quindi al settore di camminare sulle proprie gambe, senza più la necessità di ricorrere agli incentivi per ammortizzare il costo dell’impianto». Come sta affrontando la sua azienda questa fase di transizione? «Indubbiamente nei mesi scorsi la situazione di incertezza venutasi a creare con il passaggio dal Terzo al Quarto Conto Energia ha provocato notevoli disagi per gli operatori del settore, con un calo generale delle commesse. Grazie a una struttura ormai consolidata e a un’efficace organizzazione aziendale, la Nuova Gema è però riuscita a superare brillantemente questo particolare momento, al contrario di tante altre aziende che, anche a causa delle contingenti difficoltà di accesso al credito, sono state costrette a chiudere i battenti». La Nuova Gema si caratterizza anche per una spiccata propensione all’innovazione, tanto da aver ideato e brevettato un


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Francesco Cestaro

esclusivo sistema di sostegno dei moduli fotovoltaici. In cosa consiste nello specifico questo sistema e quali sono i vantaggi che derivano dal suo utilizzo? «Il sistema di supporto da noi brevettato è davvero rivoluzionario. Questo, infatti, grazie alla presenza di quattro molle in acciaio armonico, attraverso le quali è possibile agganciare il pannello alla struttura modulare, permette un’installazione pratica e veloce dei moduli fotovoltaici, con la possibilità di sfruttare al massimo gli spazi utili per la realizzazione dell’impianto». L’azienda offre un servizio completo, attraverso un approccio integrato che le con-

sente di soddisfare ogni specifica esigenza. Quale valore aggiunto vi garantisce questo tipo di impostazione? «Chi si rivolge a noi sa di poter contare su un interlocutore unico, con la consapevolezza di poter ottimizzare i tempi e razionalizzare i costi di installazione di qualsiasi tipo di impianto, da quello isolato a quello connesso alla rete, sia in ambiente civile che industriale. In particolar modo mi preme sottolineare

come la nostra azienda sia specializzata anche nella rimozione di amianto ed eternit dai tetti, che successivamente provvediamo a ricoprire con pannelli fotovoltaici. Questo tipo di applicazione sta conoscendo una grande diffusione, anche perché dà la possibilità di accedere ad ulteriori incentivi, oltre a quelli già previsti dal Quarto Conto Energia». Oltre a impianti fotovoltaici, l’azienda negli ultimi

Il fotovoltaico continuerà a rappresentare una soluzione ottimale per le esigenze energetiche di imprese e cittadini

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RINNOVABILI

anni si è specializzata anche nella realizzazione di impianti eolici per utenze medio-piccole. Come è nata questa scelta e quali sono stati i risultati fin qui ottenuti in questo nuovo settore? «Abbiamo avviato questa nuova attività con l’obiettivo di diversificare la produzione. Tuttavia, dopo attenti studi e ricerche, abbiamo constatato come, allo stato attuale, il nostro territorio di competenza mal si adatti a tali applicazioni. Siamo pertanto in attesa di nuove tipologie di macchine eoliche, che permettano di aumentare il rendimento e di abbattere così i costi di installazione, che oggi sono ancora piuttosto elevati». La Nuova Gema è impegnata anche nella fornitura di componenti, consulenza e assistenza tecnica per impianti fotovoltaici in Africa. Come sta procedendo questo progetto e quali sono le principali difficoltà finora incontrate nell’operare in un territorio come quello africano? «In Africa stiamo proseguendo un percorso avviato alcuni anni fa dalla Gema Sas, con l’installazione di alcuni impianti “stand alone”

Un efficiente servizio di manutenzione è indispensabile per garantire elevate prestazioni dei moduli anche nel lungo periodo

per ospedali e strutture pubbliche. Attualmente siamo presenti nella regione del Sembè in Congo, e in Marocco, dove stiamo conducendo dei progetti per rendere energeticamente autosufficienti alcuni villaggi dislocati in zone remote. Naturalmente le difficoltà non mancano, soprattutto da un punto di vista logistico, in quanto l’assenza di adeguate infrastrutture rende molto problematico il trasporto delle attrezzature necessarie. Un lavoro duro, ma molto gratificante, in quanto, nel nostro piccolo, stiamo cercando di aiutare le popolazioni locali a migliorare le loro condizioni di vita». Quali sono, infine, gli obiettivi dell’azienda per il prossimo futuro?

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«In un’ottica di continuo miglioramento del nostro lavoro, stiamo provvedendo ad implementare un efficiente servizio di pulizia e manutenzione degli impianti, indispensabile per garantire elevate prestazioni dei moduli fotovoltaici anche nel lungo periodo. A questo proposito ci siamo già dotati di attrezzature all’avanguardia, che tramite un processo di osmosi inversa assicurano una pulizia ottimale dei pannelli, proteggendoli dagli agenti esterni e massimizzando così le loro prestazioni nel tempo. Questa particolare attività assumerà inevitabilmente una rilevanza sempre maggiore negli anni a venire, e non vogliamo di certo farci trovare impreparati».


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FOTOVOLTAICO E BIOEDILIZIA

Crescita e ambiente, al via la svolta “green” Efficienza e risparmio. Riuscire a soddisfare questi requisiti è un’esigenza sempre più impellente in campo energetico. Le possibilità di sviluppo insite nella diffusione della green economy illustrate da Mara Gallo e Danilo Todeschini Guido Puopolo

L’

affermarsi di un’economia sostenibile e attenta al suo impatto sull’ambiente è evocato da più parti come possibile acceleratore della ripresa economica, e al tempo stesso come panacea alle problematiche climatiche e ambientali. Ritornare a cre-

L’amministratrice della Solaria Renewable Technology System Srl, Mara Gallo, insieme a Danilo Todeschini, presidente del Consorzio Energia API - NES. L’azienda ha la sua sede a Sacile (PN) - www.solariaitaliasrl.eu

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scere ai ritmi pre-crisi rimane l’obiettivo primario dei governi, ma oggi è ormai chiaro a tutti che un uso sconsiderato delle risorse naturali a nostra disposizione potrebbe avere effetti deleteri sul futuro del pianeta. In tal senso vanno lette le recenti scelte di molti Paesi, tra cui l’Italia, che hanno deciso di puntare con forza sullo sviluppo della cosiddetta green economy, che allo stato attuale appare come l’unico modello capace di coniugare crescita e tutela ambientale. «Le tecnologie “pulite” rappresentano la strada maestra per un rilancio economico di lunga durata, in cui le Pmi potranno svolgere un ruolo da protagonista anche in termini occupazionali». È questo il pensiero di Mara Gallo, amministratrice della Solaria Renewable Technology System Srl, società di Sacile (PN) specializzata nella realizzazione di sistemi tecnologici innovativi, che abbiano come principio fondamentale l’utilizzo di risorse rinnova-

bili. «I numeri non mentono», aggiunge Danilo Todeschini, che affianca la dottoressa Gallo alla guida dell’azienda. «Attualmente il settore fotovoltaico conta oltre 350.000 impianti in esercizio, mentre il 30,9% degli italiani ha già commissionato interventi per migliorare l’efficienza energetica della propria abitazione, con volumi d’affari e livelli occupazionali in continua crescita». Questo nonostante le incertezze generate, nei mesi scorsi, dall’entrata in vigore del Quarto Conto Energia e dalla conseguente riduzione degli incentivi. Mara Gallo: «La riduzione periodica della tariffa incentivante, nel settore fotovoltaico è da sempre parte integrante al succedersi dei vari decreti, con un processo ormai pienamente compreso dagli operatori. L’annullamento di una normativa o la sua rimodulazione “in corsa” può invece creare forti disagi, sia per le imprese che per gli investitori,


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Mara Gallo e Danilo Todeschini

Il settore fotovoltaico conta oltre 350.000 impianti in esercizio, mentre il 30,9% degli italiani ha già commissionato interventi per migliorare l’efficienza energetica della propria casa

e questo è proprio ciò che è successo con l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 5 maggio 2011. Nonostante tutto, però, superato un primo momento di confusione, il settore ha ripreso a crescere a rimi sostenuti». La vostra azienda è specializzata non solo nella progettazione e realizzazione di impianti fotovoltaici ma, più in generale, nella riqualificazione energetica di edifici esistenti e nella progettazione e costruzione di nuovi edifici con avanzati concetti di bioedilizia. Quali vantaggi derivano da questa diversificazione produttiva? MG: «La green economy offre ampie opportunità per un’azienda. Assieme al nostro socio, il dottor Naranjo, abbiamo iniziato a esplorare altri settori potenzialmente interessanti. Reinvestendo parte dalle risorse e individuando partner strategici, siamo così riusciti ad allestire un ufficio tecnico di analisi, preparazione e applicazione degli in-

terventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, e per la costruzione di edifici in bioedilizia. Trarre consiglio dall’esperienza antica, anche dal nostro territorio, unendola alla moderna tecnologia: questo è il principio su cui si fondano i nostri progetti». A quale tipologia di committenti si rivolge soprattutto la vostra produzione? MG: «Oggi siamo in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza, dal piccolo al grande impianto di generazione da fonte rinnovabile

quali solare fotovoltaico, termico, eolico, termodinamico, alla progettazione e realizzazione di impianti a biomassa e geotermici, fino alla riqualificazione energetica di edifici di diversa entità. Crediamo fortemente anche nello sviluppo della bioedilizia, che già sta portando ottimi risultati. La diversificazione delle risorse applicative che la società offre, unitamente all’ottimo rapporto con le aziende con le quali collaboriamo, ci pone nelle condizioni di poter intervenire su tutto il territorio

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FOTOVOLTAICO E BIOEDILIZIA

nazionale, e di seguire attentamente ogni fase di realizzazione delle opere, per la massima soddisfazione dei nostri committenti». Tuttavia non mancano gli elementi di criticità. Crede, ad esempio, che le lungaggini burocratiche possano rappresentare un freno per eventuali nuovi investimenti nel settore delle rinnovabili? MG: «L’apparato burocratico può determinare rallentamenti e problematiche rilevanti, a causa anche di contrapposizioni normative e interpretazioni eccessivamente severe in ambito amministrativo. Credo però che l’investitore, se idoneamente supportato, possa riuscire a superare tali difficoltà. A questo proposito il problema maggiore è rappresentato proprio dal trasferimento di informazioni non sempre corrette e attendibili all’utente finale da parte di operatori non adeguatamente preparati che, interessati più che altro a sfruttare il momento favorevole per realizzare facili guadagni, finiscono per danneggiare tutto il sistema. Proprio per evitare questo Solaria si adopera per creare occasioni di scambio e confronto con il pubblico, attraverso un programma di incontri informativi ai quali partecipano anche esperti del Consorzio Energia API - Nord Est Sostenibile, emanazione di Confapi Pordenone e Gorizia».

Le tecnologie “pulite” rappresentano la strada maestra per un rilancio economico di lunga durata, in cui le Pmi potranno svolgere un ruolo da protagonista anche in termini occupazionali

Solaria è infatti tra i soci fondatori del Consorzio, creato con l’obiettivo di stimolare la diffusione della Green Economy sul territorio friulano. Quali le principali iniziative intraprese dal Consorzio in questo senso? Danilo Todeschini: «Il Consorzio, di cui attualmente sono Presidente, è nato nel dicembre 2010 con il patrocinio di Confapi Pordenone e Gorizia. La sua prerogativa è quella di mettere a disposizione della pubblica amministrazione, dei privati e delle imprese un gruppo di aziende storicamente attive sul territorio in settori differenti, ma accomunate nel perseguire e diffondere i principi di sviluppo sostenibile, responsabilità sociale e di tutela dell’ambiente.

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Come Consorzio abbiamo contribuito alla realizzazione dei piani energetici edilizi di varie amministrazioni comunali, effettuato l’analisi energetica in diverse aziende, e sostenuto imprenditori locali in nuovi progetti “green”, con l’obiettivo di creare nuove occasioni di sviluppo e di generare così nuove posti di lavoro, non soltanto sul nostro territorio. In questi mesi, come accennato in precedenza, abbiamo inoltre avviato diverse campagne di sensibilizzazione per favorire la diffusione delle fonti rinnovabili. Un lavoro impegnativo, ma anche molto gratificante, che cerchiamo di portare avanti rafforzando ancora più le nostre competenze e quella delle società facenti parte del Consorzio».


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IMPIANTI

Sistemi per le energie pulite La qualità di un impianto elettrico che sfrutta le energie rinnovabili inizia con la progettazione. Prosegue con la scelta dei materiali e con la manutenzione. Sono questi i segreti della sua durata nel tempo secondo Paolo Costantin e Paolo Siega Manlio Teodoro

iò che assicura nel tempo la convenienza dell’installazione di un impianto che sfrutti le energie rinnovabili è il risultato della combinazione di qualità dei materiali, professionalità nel montaggio e assistenza nel tempo. La compresenza di questi tre elementi garantisce la massima longevità ed efficienza di ogni singola installazione, contribuendo inoltre a ridurre i tempi e i costi della manutenzione periodica. È questa la fi-

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losofia che sta dietro il modo di lavorare della Sicem, società che da trent’anni è attiva nel settore dell’impiantistica elettrica industriale e civile per l’automazione e la costruzione di quadri elettrici. Inoltre, negli ultimi anni si è specializzata nella progettazione e installazione di impianti fotovoltaici e ha costituito un franchising con Enel.si, il più grande operatore elettrico d’Italia. Ne parliamo con i due soci fondatori e attualmente alla guida della società: Paolo Costantin e Paolo Siega.

Paolo Costantin e Paolo Siega, soci della Sicem Srl, Maniago (PN) - www.impiantielettricimaniago.com

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Qual è il core business della società? Paolo Costantin: «Progettiamo e installiamo impianti elettrici, sia per interni sia per esterni. Lavoriamo per il settore civile, industriale e per quello dell’illuminazione stradale. Attualmente ci siamo concentrati soprattutto negli impianti e componenti per lo sfruttamento dell’energia solare e delle energie alternative. Inoltre ci occupiamo della realizzazione e manutenzione di cabine elettriche per la trasformazione da alta a media tensione, per la distribuzione elettrica e quadri elettrici di comando e controllo. A queste attività se ne aggiungono altre collegate». Un esempio di queste attività collegate? Paolo Siega: «Ci occupiamo del collaudo degli impianti elettrici. Inoltre, collaboriamo con aziende del territorio alla realizzazione e allo sviluppo di impianti di automazione che vengono realizzati e montati in Italia, per poi essere smontati, trasportati e rimontati all’estero». Quanto ha inciso sull’evoluzione dell’azienda entrare a


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Paolo Costantin e Paolo Siega

Ci siamo concentrati soprattutto sugli impianti e componenti per lo sfruttamento dell’energia solare e delle energie alternative

far parte del franchising Enel Green Power? P.S.: «Ha dato un contributo notevole allo sviluppo della nostra attività. Grazie al costante rinnovamento dei prodotti e dei servizi legati alle energie pulite, essere franchiser di un marchio così noto a livello nazionale e internazionale ci ha dato una forte spinta innovativa. Tuttavia ciò ci ha dato anche maggiori responsabilità nei confronti del cliente finale, che da un grande nome aspetta qualità e servizio impeccabili. Tuttavia siamo riusciti a garan-

tire entrambi i parametri grazie alla dedizione e alla professionalità delle nostre risorse». Per svolgere la vostra attività vi siete dotati di certificazioni? P.C.: «Siamo in possesso dell’attestazione di qualificazione all’esecuzione di lavori pubblici (Soa) per le categorie Og9, impianti fotovoltaici classe III, Og10; impianti per la trasformazione alta-media tensione, classe II; Os30, impianti elettrici interni, telefonici e televisivi, classe III certificazione conforme alla norma Iso

9001:2000». Con quali dotazioni lavorano i vostri tecnici? P.S.: «L’assistenza tecnica della società dispone di autovetture aziendali, di telefono mobile, di valigia con attrezzature individuali e inoltre di dispositivi di protezione, oltre ai supporti informatici presenti in ufficio. Nei cantieri in cui impieghiamo il personale, viene nominato un responsabile che ha il compito di effettuare materialmente il servizio, applicando modalità e tempistiche precise e definite attraverso il programma in oggetto. Viene dunque allestita una squadra speciale al fine di poter agire con celerità per le eventuali sostituzioni dell’ultimo minuto». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 123


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GESTIONE RIFIUTI

Da rifiuto a risorsa Raccogliere, smaltire e recuperare i rifiuti in totale sicurezza, nel pieno rispetto delle più stringenti normative internazionali. L’esperienza di Roberto e Michela Nadalutti al servizio di imprese ed enti pubblici Guido Puopolo

L’ I titolari della Friul Julia Appalti Srl, Michela e Roberto Nadalutti. L’azienda ha la sua sede a Povoletto (UD) www.friuljulia.it

invasione degli imballaggi, la cultura dell’usa e getta e del monouso, unitamente ai nuovi ritmi e stili di vita hanno portato, negli ultimi decenni, a un aumento esponenziale dei rifiuti prodotti. Se quindi da un lato è auspicabile riuscire a ridurre all’origine la quantità di materiali di scarto generati dall’attività umana, dall’altro diventa fondamentale porre in atto adeguate strategie, che permettano una gestione ottimale del ciclo dei rifiuti. Questo perché attraverso specifici procedimenti e lavorazioni è oggi possibile recuperare gran parte degli scarti prodotti, e ottenere così

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nuovi materiali, con enormi benefici non soltanto da un punto di vista ambientale ma anche economico. Lo sanno bene i fratelli Roberto e Michela Nadalutti, titolari della Friul Julia Appalti Srl, società di Povoletto specializzata nella raccolta, nel recupero e nello smaltimento dei rifiuti, per conto di aziende ed enti pubblici. L’azienda, che già da diversi anni gestisce una struttura per la lavorazione dei rifiuti a Povoletto e una discarica nel comune di Maniago, proprio in questi giorni ha attivato, dopo ingenti investimenti e un iter amministrativo durato quasi tre anni, un nuovo impianto all’avanguardia nel trattamento e recupero di materiali non pericolosi. «Con l’entrata in funzione di questa struttura – sottolinea Roberto Nadalutti – siamo ora in grado di valorizzare nel migliore dei modi tutti quei rifiuti speciali non pericolosi provenienti da lavorazioni industriali, artigianali e commerciali, oltre che dalle filiere della raccolta dei rifiuti urbani». Come avviene, nello specifico, questo processo di

“rigenerazione” dei rifiuti? Roberto Nadalutti: «I materiali che giungono presso il nostro impianto, solitamente rifiuti indifferenziati, vengono sottoposti a una prima cernita meccanizzata, successivamente integrata da un’attività di selezione manuale, gestita da personale adeguatamente formato. Con questa operazione è così possibile recuperare le frazioni merceologiche destinate a un successivo riutilizzo, come plastica, legno, metalli, vetro e carta, che provvediamo poi a inviare presso appositi centri di lavorazione in modo che, dopo ulteriori trattamenti, i prodotti da noi selezionati possano infine essere reimmessi sul mercato». La questione dei rifiuti rappresenta oggi un tema di grande attualità. In questi anni, sulla base della vostra esperienza, avete notato un aumento della “sensibilità” da parte della popolazione a riguardo? Michela Nadalutti: «Assolutamente sì, e la crescita esponenziale delle percentuali relative alle percentuali di raccolta differenziata sono lì


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Roberto e Michela Nadalutti

a testimoniarlo. Per quel che ci riguarda ai nostri committenti offriamo costante supporto e assistenza, in quanto crediamo che tutte le parti in causa debbano essere coinvolte e informate sui vantaggi derivanti da una corretta gestione dei rifiuti. Cerchiamo di favorire le buone pratiche attraverso momenti di incontro e di dialogo, anche in considerazione del fatto che i nostri clienti, essendo i principali produttori di rifiuti, sono i primi responsabili di un loro corretto smaltimento». Friul Julia Appalti è infatti dotata di tutte le più importanti certificazioni, tra cui anche la prestigiosa registrazione al Regolamento

I rifiuti vengono sottoposti a una prima cernita meccanizzata, successivamente integrata da un’attività di selezione manuale, gestita da personale adeguatamente formato

Comunitario Emas del sito di Maniago, ottenuta nel 2009. Quale valore aggiunto conferiscono questi riconoscimenti al vostro lavoro? M.N.: «Certamente è un aspetto importante, in quanto il possesso di determinati requisiti rappresenta

prima di tutto una sicurezza per chi si rivolge a noi. Lo smaltimento dei rifiuti è infatti un’attività piuttosto delicata, e spesso offerte di smaltimento a prezzi “stracciati” nascondono in realtà operazioni di dubbia natura, che possono produrre conseguenze disastrose per l’ambiente. Per questo è fondamentale che i produttori si affidino a partner qualificati, che possano garantire un servizio adeguato e in linea con le rigorose normative nazionali e internazionali. I traguardi fin qui raggiunti dall’azienda, grazie anche all’eccezionale lavoro svolto da un team di validi collaboratori, non devono essere FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 125


GESTIONE RIFIUTI

però considerati come un punto di arrivo, quanto piuttosto come uno stimolo a proseguire sulla strada tracciata, perché solo così potremo mantenere gli elevati standard qualitativi che fino a oggi hanno caratterizzato il nostro operato». A livello geografico dove operate principalmente? R.N.: «Attualmente siamo presenti su tutto il territorio friulano, anche se da un po’ di tempo abbiamo iniziato a collaborare con alcune realtà venete, con prospettive di crescita interessante in chiave futura». Quali conseguenze ha avuto l’attuale congiuntura economica sulla vostra attività e quali strategie avete adottato per fronteggiare questa situazione di difficoltà? R.N.: «In trent’anni che faccio questo mestiere non mi era mai capitato di assistere a una tale diminuzione dei rifiuti raccolti, e credo che questo sia un segnale inequivocabile della crisi in cui siamo immersi. Da parte nostra abbiamo deciso di abbandonare l’attività di raccolta dei rifiuti urbani indifferenziati, che per una realtà di medie dimensioni come la nostra stava iniziando a diventare troppo dispendiosa. Abbiamo quindi

Lo smaltimento dei rifiuti è un’attività delicata, e spesso offerte di smaltimento a prezzi “stracciati” nascondono operazioni di dubbia natura, che possono produrre conseguenze disastrose per l’ambiente

preferito concentrare le nostre risorse sullo sviluppo degli impianti da noi gestiti e dei servizi offerti, con l’obiettivo di trattare diverse tipologie di rifiuti assicurando allo stesso tempo un’alta percentuale di recupero. Una scelta che si è rivelata vincente, in quanto grazie a questa impostazione oggi possiamo proporci sul mercato in maniera assolutamente competitiva, con un rapporto qualità/prezzo difficilmente riscontrabile altrove». Quali saranno, infine, le novità per il futuro di Friul Julia Appalti? M.N.: «Dai primi di gennaio abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione, acquisendo la gestione di un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi che, in quanto tali, de-

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vono essere trattati con procedure particolari. Nei prossimi mesi, congiuntamente alla valorizzazione della struttura di Povoletto, intendiamo quindi sviluppare questa nuova attività, senza però tralasciare ulteriori opportunità che si dovessero presentare. A questo proposito stiamo valutando la possibilità di fare il nostro ingresso anche nel settore energetico, con la costruzione di parchi fotovoltaici su discariche esaurite. Per il momento è ancora un’idea in fase embrionale, che speriamo però di poter attuare al più presto, in quanto permetterebbe di recuperare aree altrimenti inutilizzabili, con significativi vantaggi sia da un punto di vista economico che ambientale».


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EDILIZIA

Accesso al credito e professionalità na flessione incessante e con scarse avvisaglie di ripresa a breve termine. È un quadro a tinte fosche quello che l’osservatorio congiunturale Ance dello scorso dicembre ha dipinto sull’industria delle costruzioni in Italia. Sul territorio nazionale gli investimenti si sono ridotti del 5,4 per cento rispetto al 2010 e un’ulteriore diminuzione del 3,8 per cento è stimata per il 2012. Un cono d’ombra che investe anche il livello occupazionale del settore, descritto in modo eloquente dal numero delle imprese iscritte alle casse edili, sceso di un altro 5,8 per cento nei primi nove mesi del 2011. «Come nella tempesta perfetta - commenta Walter Lorenzon, presidente dell’Ance locale questa contrazione coinvolge sia il mercato privato che quello pubblico: le nuove abitazioni, l’edilizia residenziale e i lavori pubblici». Il vostro andamento si discosta da quello regionale oppure può dirsi tutto sommato in linea? «La provincia di Pordenone si presenta, purtroppo, in linea con le dinamiche nazionali e regionale. Anzi, se guardiamo ai permessi su abitazioni, la flessione da noi è iniziata prima che altrove (nel 2004) ed è stata più forte: laddove l’ultimo dato nazionale disponibile parla di

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Con il 2011 si è concluso un triennio amaro per il settore edilizio locale, costato caro al 22 per cento degli operai in uscita dalle costruzioni. «Serve ripartire dalla capacità di integrazione tra imprese diverse – sostiene Walter Lorenzon, presidente di Ance Pordenone – ma le banche devono aiutarci» Giacomo Govoni

un -47,5 per cento tra il 2005 e il 2009, quello del Friuli Venezia Giulia registra un -60 per cento tra il 2004 e il 2009 e quello di Pordenone addirittura -73 per cento. L’unica nota positiva è data dal comparto delle ristrutturazioni edilizie, dove la nostra regione è la terza in Italia. Da questo punto di vista ci fa piacere che, dopo tante incertezze, le agevolazioni fiscali per la ristrutturazione siano state rese permanenti. Sul fronte delle opere pubbliche, oltre al calo degli investimenti comune al Paese, in Friuli scontiamo un’inefficienza della pubblica amministrazione che rallenta l’appalto di opere già finanziate da tempo. Francamente inaccettabile vista la situazione che stiamo vivendo». Tra edilizia privata e opere pubbliche quale mercato lascia intravedere maggiori spiragli di ripresa? «Difficile fare previsioni che, rispetto all’anno scorso, come detto, partiranno comunque da

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un gap negativo del 12 per cento per quanto concerne gli investimenti in opere pubbliche, che arriveranno così a un taglio del 43 per cento rispetto al 2008. La cosa non è solo drammatica perché mette in seria difficoltà la tenuta delle imprese anche più solide e strutturate, è anche miope perché il nostro settore è un grande volano di ripresa economica se si pensa che una domanda ag-

A destra, Walter Lorenzon, presidente di Ance Pordenone


Walter Lorenzon

giuntiva di un miliardo di euro nelle costruzioni può generare una ricaduta sul sistema economico di 3,3 miliardi di euro, di cui 1 nel comparto delle costruzioni, 1 nell’indotto e 1,3 in qui settori che beneficeranno dell’aumento di reddito delle famiglie». C’è sufficiente dialogo con gli istituti bancari locali? «L’accesso al credito è un’altra nota dolente per noi costruttori. Anche a causa delle nuove e più stringenti regole introdotte da Basilea 3, le banche hanno assunto un atteggiamento di netta chiusura nei confronti del settore, frutto della percezione di una particolare rischiosità, non sempre suffragata dai fatti. Come evidenzia una recente indagine della Banca di Italia, in realtà, il settore delle costruzioni non risulta necessariamente più rischioso rispetto ad altri comparti produttivi. Il problema riguarda piuttosto la struttura del debito, caratterizzato da una quota più elevata di finanziamenti a breve termine, e la

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Nel 2008 gli operai del settore edile in provincia di Pordenone erano circa 3.600, alla fine del 2011 circa 2.800

forte dipendenza dal credito bancario per effetto di una sottopatrimonializzazione per la quale dovremmo fare un po’ di autocritica. Bisogna però capire che, oggi, una netta chiusura è solo controproducente». Come si stanno muovendo i costruttori di Pordenone per superare la crisi del mercato immobiliare che stenta a placarsi? «Sono convinto che si tratti di ripartire, da un lato, dall’identità e dai valori, alimentando con il proprio esempio e la propria professionalità l’idea che l’impresa è un patrimonio sociale e collettivo. Dall’altro, è necessario ripensare alla struttura e alla gestione delle nostre imprese puntando sulla qualità, l’unica vera arma per competere in futuro. E questa, sono convinto, passa da un ridisegno del modo di fare impresa, da una crescente specializzazione, che significa maggiore capacità di integrazione e coordinamento tra imprese diverse. Ecco perchè dovremo guardare con più attenzione agli strumenti di aggregazione e al tema della crescita dimensionale, su cui l’associazione dei costruttori può costituire un valore aggiunto, in grado di supportare le aziende in sfide oggettivamente difficili».

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Quali contraccolpi ha generato la crisi in termini occupazionali? «Pesantissimi, ben più di quanto si pensi e di quanto l’opinione pubblica abbia colto. Nel 2008 gli operai del settore edile in provincia di Pordenone erano circa 3.600, alla fine del 2011 circa 2.800: 800 in meno. Cifre che fanno meno scalpore solo perché distribuite su una pluralità di imprese. Se fossero concentrati tutti su una sola azienda ci sarebbero ogni giorno le prime pagine dei giornali». Nuove tecnologie costruttive: che apporto possono dare per tentare un’inversione di tendenza? «Sono fiducioso sul fatto che possano dare un contributo in vista di una migliore qualità, premiata in termini di scelta del consumatore. Nutro, invece, forti dubbi circa la loro possibilità di invertire la tendenza, anche perché le nuove tecnologie e la qualità costano e di questo ci si dimentica spesso: assieme al costo delle aree e dei materiali, stazionari o in crescita, è un altro dei motivi che contribuisce a spiegare perché il prezzo delle abitazioni non cala o, se lo fa, lo fa meno di quanto la gente si aspetti».


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EDILIZIA

Sostegno garantito a famiglie e lavoratori A fine gennaio è scattata la terza proroga di sospensione alle rate dei mutui, ma il sistema creditizio annuncia cambi strutturali. «Le famiglie friulane stanno resistendo, le micro imprese sono le più penalizzate». L’analisi di Giuseppe Graffi Brunoro Giacomo Govoni ei ulteriori mesi per iniettare un po’ di ossigeno nei bilanci delle famiglie e, intanto, guadagnare tempo per mettere a punto misure di modifica strutturale alla macchina del credito. A questa duplice esigenza risponde la proroga di sospensione dei mutui disposta a fine gennaio da Abi in accordo con tredici associazioni di consumatori. Un provvedimento tampone che estende fino al 31 luglio 2012 la precedente moratoria, scaduta a fine gennaio. Terzo e ultimo atto di «un’iniziativa vicina a concludersi e che pertanto impegna le parti a promuovere un confronto congiunto con gli altri soggetti partecipanti al tavolo di attuazione del Piano famiglie, al quale è stato invitato a partecipare anche il Ministero dell’Economia e delle finanze». Parola di Giuseppe Graffi Brunoro, presidente della commissione Abi del

S Sopra, Giuseppe Graffi Brunoro, presidente della commissione Abi del Friuli Venezia Giulia

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Friuli Venezia Giulia, che anticipa così quali saranno le prossime mosse a favore dei nuclei in difficoltà, senza dimenticare quanto è stato fatto fino a oggi. Qual è stato l’appoggio che il sistema creditizio regionale ha garantito alle famiglie che faticano a onorare il mutuo? «Secondo gli ultimi dati disponibili, al 30 novembre 2011, le banche hanno sospeso 55.551 mutui, pari a circa 7 miliardi di debito, garantendo alle famiglie interessate una liquidità complessiva di oltre 420 milioni di euro, pari a 7.636 euro a famiglia. In Friuli Venezia Giulia le operazioni sono state 1.388, pari a circa 168 milioni di euro». Quali fasce sociali fanno più fatica a dialogare col sistema bancario locale? «Premesso che dai dati rilevati presso il sistema bancario regionale non mi pare si evidenzi una difficoltà di dialogo “tout

court”, le micro imprese, proprio a causa della loro ridotta dimensione, sembra stiano soffrendo la congiuntura negativa più di altre tipologie aziendali. Le famiglie, pur in un contesto che crea comprensibili preoccupazioni e affanni, sostanzialmente evidenziano segnali di tenuta; secondo i dati diffusi dall’amministrazione regionale, in Friuli Venezia Giulia il tasso di disoccupazione risulta essere del 4,7%, rispetto al dato nazionale dell’8,9%. La rete degli ammortizzatori sociali messa in atto dalla Regione ha contribuito senz’altro a rendere meno aspri gli effetti della crisi economica in atto». Un recente report evidenzia che nel 2011 le richieste di mutui in Friuli Venezia Giulia sono calate del 18%: effetto della recessione globale o gli istituti sono più selettivi? «Credo che il calo di richieste


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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Graffi Brunoro

sia da attribuire più all’incertezza del momento, che scoraggia le famiglie dal comprare o cambiare abitazione. Infatti, anche le transazioni immobiliari sono diminuite. Per quanto riguarda il sistema bancario, più che di selettività forse occorre parlare di aumento dei tassi dei mutui, legati soprattutto al maggior costo del denaro che le banche italiane devono sostenere, anche a causa della più che nota situazione del debito pubblico nazionale e delle pressioni esistenti sui mercati internazionali». Sospensione dei mutui a parte, sono diverse le commissioni regionali dell’Abi che, mediante protocolli d’intesa siglati con istituti bancari ed enti locali, si sono già mostrate sensibili al problema dell’accesso al credito delle famiglie. In questa regione che passi sono stati fatti? «In Friuli Venezia Giulia, almeno fino a oggi, sono state le singole realtà bancarie a dar

vita a protocolli, intese e programmi condivisi con enti e istituzioni locali, nell’ambito di un quadro complessivo che vede l’Abi come struttura principale di idee e di proposte. I dati in nostro possesso dimostrano che nel 2011, pur in un anno difficile per le imprese e le famiglie (e per gli istituti di credito), non è venuta meno l’attenzione delle banche verso i nuclei familiari; nella nostra regione l’anno appena terminato ha fatto rilevare un aumento dei prestiti verso le famiglie rispetto al 2010. Posso inoltre citare un provvedimento specifico: fin dal 2009 la Federazione regionale delle Banche di credito cooperativo del Friuli Venezia Giulia ha sottoscritto un protocollo con l’amministrazione regionale, le associazioni di categoria dei datori di lavori e le organizzazioni sindacali, che ha portato nel tempo oltre mille lavoratori a beneficiare di un anticipo sull’indennità di cassa integrazione (sia ordinaria che straordinaria) a tasso

zero, senza attendere il pagamento da parte dell’Inps». Anche le imprese operanti nel settore edilizio lamentano difficoltà a confrontarsi col sistema bancario. Avete individuato forme di sostegno anche nei loro confronti? «Il settore delle costruzioni è senz’altro uno di quelli in maggiore difficoltà, anche in considerazione della stasi del mercato immobiliare. Credo che in questa fase ci si debba aspettare una ristrutturazione del comparto edilizio, inevitabile quando ci si trova in situazioni come l’attuale, con la diminuzione della domanda. Il dialogo prosegue, soprattutto per cercare delle soluzioni finanziarie tese a gestire al meglio le situazioni critiche delle imprese, che purtroppo sono frequenti, anche se occorre dire che vi sono, per fortuna, situazioni virtuose di costruttori che lavorano con efficienza ed efficacia e che quindi riescono a essere protagonisti del mercato». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 131


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EDILIZIA

Prefabbricato, sinonimo di sostenibile Prestazioni, efficienza energetica, alta componibilità e facile manutenzione. Le possibilità offerte dal calcestruzzo per la precostruzione di edifici civili, commerciali e industriali. Il punto di Antonio Manzato e Federico Zat, titolari della CONCRETE Srl di Aviano Manlio Teodoro

refabbricazione è oggi sinonimo di edilizia ecosostenibile. E questa può essere declinata efficacemente nell’ambito civile, commerciale e industriale, grazie alle possibilità offerte dalle strutture in calcestruzzo Scc (Self Compacting Concrete) e dalle pannellature in calcestruzzo ad alte prestazioni energetiche. Inoltre, la prefabbricazione, in termini di progettazione, realizzazione e utilizzo finale delle strutture offre molteplici vantaggi. Velocità di esecuzione, abbattimento

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Antonio Manzato e Federico Zat, soci della Concrete Srl di Aviano (PN) www.concrete-aviano.it

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dei costi di esecuzione, edifici con luci elevate, versatilità in caso di ampliamento o diversa destinazione. E ovviamente la possibilità di avere strutture a isolamento termico e acustico e dotate di pannelli fotovoltaici sulle coperture. Parliamo di questi temi con Antonio Manzato e Federico Zat, soci della Concrete, dal 1991 nel mercato dei manufatti prefabbricati nei territori del Nord e del Centro Italia, nel Triveneto e anche all’estero, in Austria e Slovenia. Quali sono le principali caratteristiche del calcestruzzo Scc che lo rendono un materiale ideale per la realizzazione di più tipologie costruttive? Antonio Manzato: «Il calcestruzzo Scc permette la realizzazione di strutture dall’alto valore funzionale grazie alle sue ottime caratteristiche meccaniche di resistenza e un’ottima estetica, come pilastri, architravi, ele-

menti nervati per solai, elementi per coperture e interi fabbricati. L’uso di questa tecnologia inoltre migliora le condizioni di lavoro in fase di produzione in stabilimento, grazie alla buona fluidità del calcestruzzo anche in presenza di armature fitte e all’eliminazione della vibrazione meccanica». Per la lavorazione di questo tipo di calcestruzzo è necessaria la disponibilità di un particolare know how? A.M.: «È necessaria la confidenza con la tecnologia e un’approfondita conoscenza tecnica. Soprattutto per quel che riguarda il controllo in laboratorio di aggregati, calcestruzzo fresco e dell’indurito. Bisogna poi utilizzare una strumentazione specifica per la verifica e il controllo del ciclo di miscelazione in betoniera e nel ciclo termico di maturazione accelerata del calcestruzzo sulle varie piste di prefabbricazione. Infine, grazie alla collaborazione con i laboratori specia-


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Antonio Manzato e Federico Zat

11 mln EURO

Il fatturato medio annuo della Concrete Srl nell’ultimo biennio

lizzati è possibile formulare nuove miscele sulla base delle esigenze tecniche-costruttive». Quali sono le fasi salienti del ciclo produttivo di un prefabbricato? Federico Zat: «La prima fase comprende la produzione del calcestruzzo, che in seguito viene gettato sulle piste di prefabbricazione, cioè su degli stampi precedentemente realizzati sulla base dei disegni progettuali elaborati dall’ufficio tecnico. In questa fase vengono anche creati i pannelli di tamponamento e quindi impiegati isolanti specifici e viene eseguita la finitura esterna del pannello, che può essere in graniglia pregiata di marmo o un semplice grigio da cassero. Dopo una fase di controllo, i manufatti sono pronti per il trasferimento e

l’installazione in cantiere». Tra quelle di ultima generazione spicca la copertura con trave alare precompressa “eagle”. Per i non esperti del settore, potrebbe descriverne le principali peculiarità? F.Z.: «Si tratta di un manufatto in calcestruzzo autostabile alla rotazione, pedonabile – e quindi sicuro durante l’installazione e le future manutenzioni. Ha una particolare forma concava, che garantisce una grande capacità e velocità di smaltimento delle acque piovane, resiste al fuoco e assicura un’ottima coibentazione unita al risparmio energetico, oltre a essere predisposto per l’installazione di un impianto fotovoltaico». Avete ottenuto delle certificazioni?

Il calcestruzzo Scc permette la realizzazione di strutture dall’alto valore funzionale

A.M.: «Abbiamo ricevuto la cer-

tificazione del sistema qualità Uni En Iso 9001:2008 e la certificazione Fpc (Factory Production Control). Inoltre abbiamo ottenuto l’attestazione Soa, valida anche come impresa edile per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, fondazioni ed edilizia tradizionale. A questo va aggiunto che tutti i nostri manufatti – dalle strutture in precompresso ai pannelli di tamponamento – sono gestiti in conformità alla direttiva Ce per i prodotti da costruzione e che rigorose procedure di controllo accompagnano il prodotto dalla sua “nascita” fino all’installazione finale in cantiere – e questo ne garantisce anche la rintracciabilità nel tempo».

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DESIGN

Pronto il piano per l’industria del legno Fabio Simonella, presidente della sezione Legno dell’Unione industriali di Pordenone, spiega quali iniziative sono state messe in campo, insieme alla Regione, per rilanciare il distretto del mobile. Le parole chiave sono innovazione, internazionalizzazione e riorganizzazione aziendale Valerio Germanico

el 2010 la sezione Legno dell’Unione industriali di Pordenone ha presentato alla Regione Friuli Venezia Giulia un piano strategico per il rilancio del settore, gravato dalla crisi economica. Infatti, dopo quello meccanico, il comparto produttivo del legno, del mobile e

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Fabio Simonella, amministratore del gruppo Sinco Spa di Zoppola (PN) www.sincosrl.com

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dell’arredamento è il secondo per importanza all’interno dell’economia del Friuli Occidentale. I punti fondamentali del piano sono quelli dell’innovazione, dell’internazionalizzazione e della ristrutturazione e riorganizzazione aziendale. Come spiega Fabio Simonella, presidente della sezione Legno e amministratore del gruppo Sinco – gruppo industriale che raggruppa cinque imprese e che produce il 60% delle forniture alle aziende del distretto del mobile –: «Il piano è stato approvato dalla Regione e nel mese di gennaio 2012 sono stati stanziati i fondi per le imprese che intendono presentare dei progetti di rinnovamento. Questi vanno dall’aggregazione fra imprese alla promozione del prodotto a livello internazionale. Però comprendono anche degli aiuti per le imprese costrette a ridurre il personale a causa di problemi di calo di fatturato, privilegiando il pensionamento dei collaboratori che hanno – o stanno per – matu-

rarne il diritto». Quali sono le maggiori innovazioni nel settore della produzione di mobili? «Le innovazioni sono di diversi ordini. A livello produttivo, oggi, la tecnologia ha un peso importante – dato che l’artigianalità nella lavorazione del legno si è assai ridimensionata – , tuttavia non totalmente determinate, dato che noi, per esempio, facciamo internamente una parte della lavorazione per poi far eseguire altre fasi ad altre aziende nostre partner. A fianco alla tecnologia è fondamentale quindi la specializzazione e la suddivisione delle fasi produttive fra più imprese: questo ci permette di essere maggiormente competitivi». Ci sono altri aspetti di innovazione? «Sta evolvendo, progressivamente, anche il nostro ruolo: non siamo più dei semplici produttori di mobili, ci stiamo spostando verso la figura dell’arredatore e al ragionamento sulla creazione di un’idea di arreda-


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Fabio Simonella

mento. L’arredamento non è solo il mobile, ma tutto ciò che riguarda la casa. Porte, pavimenti, finiture: sono elementi come questi che fanno di ogni ambiente – domestico o di ufficio, comunitario o destinato a un uso privato – un luogo diverso e personale, espressione di uno stile e di un gusto unici. Per questo collaboriamo con architetti che lavorano secondo i principi dell’ecosostenibilità: quindi minimalismo e funzionalità degli spazi. Inoltre, a livello di materie prime, è stato significativo il passaggio dal legno ai pannelli realizzati con legno riciclato o proveniente da alberi di foreste a marchio Fsc (Forest Stewardship Council), nelle quali esiste l’obbligo di reimpiantare ogni albero abbattuto. L’utilizzo dei pannelli permette un risparmio di ener-

12 mln EURO

Fatturato medio annuo del gruppo Sinco Spa, composto da Sinco, SinContract, Europavimenti, McDoor e Play & Co

gia, di materia prima e limita l’accumulo di rifiuto, attraverso il suo recupero». Sulla linea della vostra cultura dell’ecosostenibilità, avete ottenuto anche dei riconoscimenti come gruppo e come distretto? «Come gruppo stiamo pensando di avviare l’iter per ri-

Nel mese di gennaio sono stati stanziati i fondi per le imprese che intendono presentare dei progetti di rinnovamento

chiedere la certificazione Iso 14000. Il distretto è certificato Emas (Eco-Management and Audit Scheme), da circa 2 anni inoltre, si è anche dotato recentemente di un marchio green». Quali sono gli attuali mercati di riferimento per il mobile in legno friulano e verso quali paesi esistono possibilità di ulteriore sviluppo? «In questo momento il mercato interno e quello locale si trovano in una situazione di stasi e di flessione, dato che la frenata dei consumi sta penalizzando tutti i beni di non stretta necessità. Dunque attualmente il vero traino all’economia del settore viene dall’estero. I mercati di riferimento principali sono quelli del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Europa dell’Est – tutti contesti nei quali il made in Italy è apprezzato e ha grandi possibilità di espansione. La domanda sta però ripartendo anche dai mercati americani degli Stati Uniti e del Centro America». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 137


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DESIGN

Il design italiano punta all’export Il design che nasce nel distretto del mobile dell’Alto Livenza. Luigi Tomasella analizza le dinamiche del settore dell’arredamento e traccia il possibile sviluppo del made in Italy in nuovi mercati Luca Cavera

uello del mobile dell’Alto Livenza è uno dei distretti di lavorazione del legno più importanti d’Italia. Con un fatturato complessivo di 2 miliardi di euro, da solo vale un quarto del totale nazionale della produzione di mobili. Il settore ha dovuto affrontare diverse situazioni di crisi negli ultimi anni, in particolare con l’ingresso sul mercato di nuovi competitor particolarmente agguerriti. «Nonostante le difficoltà, grazie alla peculiare distribuzione delle lavorazioni – con il sorgere di terzisti specializzati e flessibili ai nuovi processi produttivi –, agli investimenti in tecnologia e all’innovazione del prodotto, siamo riusciti a non subire

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gravi cadute di mercato. Il distretto, nel suo complesso, ha sempre saputo reagire, modificando schemi e adattandosi alle nuove condizioni». A parlare è Luigi Tomasella, fondatore e titolare del gruppo industriale omonimo che oggi raccoglie quattro marchi di mobili in legno – Zanette, Compas e Artox –, destinati per il 60% all’export. Quali sono, attualmente, le maggiori difficoltà che dovete fronteggiare? «In questo periodo, dopo aver superato l’ondata della Cina, di altri paesi dell’Estremo Oriente e dei paesi dell’Est, la situazione è latente. L’export oltre a non crescere trova difficoltà nel mantenere le quote di mercato acquisite. Non tanto per la concorrenza, ma a causa della svalutazione del dollaro, che ha una ricaduta sul prezzo di acquisto dei mercati dove si usa questa moneta di scambio». Come state affrontando, a livello di distretto, questa situazione? «Il nostro distretto, di fronte alla spinta verso una più in-

cisiva globalizzazione, ha ricercato una massa critica dimensionale più elevata. Sono stati formati dei gruppi sinergici, avviate nuove strategie di prodotto, puntando sulla diversificazione nell’arredamento e su una maggiore componibilità. Inoltre abbiamo puntato su strategie commerciali che permettano di ottenere una più solida fidelizzazione, curando maggiormente la qualità, il servizio e garantendone la continuità». Quali sono state le scelte che avete compiuto per mantenere elevata la vostra competitività? «Una realtà come la nostra deve conoscere e poter rispondere in modo propositivo ai mutamenti a livello internazionale, anche in termini di prodotto. Ciò significa avere una gamma di proposte adatte a soddisfare il maggior numero possibile di segmenti di mercato. Per questo è sicuramente indispensabile investire in tecnologia, proprio perché i cambiamenti dei mercati, dei gusti, dei bisogni dei clienti finali impongono


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Luigi Tomasella

In apertura, Luigi Tomasella, fondatore e titolare del gruppo Tomasella di Brugnera (PN) www.gruppotomasella.it

Dal legno al design Il gruppo Tomasella, che oggi occupa 350 dipendenti e si estende su oltre 100mila metri quadrati, esporta il 60% della produzione proponendosi sui mercati con quattro marchi – Tomasella e Zanette (camere da letto e arredi per la zona notte), Compas (mobili per la zona giorno) e Artox – è stato fondato nel 1946 da Luigi Tomasella, ancora oggi presente nelle scelte dell’azienda, affiancato dal figlio Paolo. Dalle prime produzioni di camere da letto, l’azienda si diversifica e, seguendo le tendenze ma mantenendo l’impronta del proprio stile, si propone con mobili di design e di qualità. Così quello che era un laboratorio artigianale – avviato da Luigi ventenne – ha lasciato il posto a una produzione industriale, con l’ingresso della tecnologia e il successo sui mercati internazionali.

nuovi processi, nuove soluzioni e nuove scelte, a tutti i livelli». Cosa vi aspettate in futuro dal settore? «Gli aumenti nel costo delle materie prime, la forza dell’euro e il continuo aumento del prezzo dei prodotti energetici non favoriscono né fa-

voriranno la competitività dei nostri prodotti. Le aziende dovranno mostrare tutta la loro capacità di adattamento e sapersi rimodellare in base alle mutate condizioni dei mercati mondiali, proponendosi con nuove idee, ma soprattutto ristrutturando il processo

Sarà fondamentale avviare la ricerca di quei mercati in cui emerge una vocazione ad accogliere il gusto dell’arredamento made in Italy

produttivo, con nuove tecnologie di prodotto e di processo. Sarà anche fondamentale avviare la ricerca di quei mercati in cui il potere di acquisto sta crescendo e in cui emerge una vocazione ad accogliere il design e il gusto dell’arredamento di qualità made in Italy». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 139


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Fragranze nel design Il design made in Italy coinvolge anche l’olfatto. Un’azienda artigiana che produce sedie in legno ha brevettato a livello internazionale la prima sedia profumata. La presenta Gianni Urbancig Luca Cavera

Gianni Urbancig, titolare della Zilco Due Srl di San Giovanni al Natisone (UD) - www.zilco.it

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l design della sedia può soddisfare anche l’olfatto. Dopo la progettazione della forma e la scelta dei materiali, in una sintesi di ergonomia, colore e sensazioni tattili, è stata creata la sedia che profuma. È possibile scegliere anche la fragranza più gradita: anice nero, cedro giallo, rosa bourbon, glicine lillà. O ancora cappuccino, cioccolato, incenso e lavanda. Come spiega Gianni Urbancig, titolare della Zilco Due, l’azienda in cui ha iniziato a brillare questa sofisticata intuizione e che ne detiene la licenza a livello internazionale: «La nostra sedia profumata è l’emblema di una nuova concezione di sedute, un concept design che impiega nuove comunicazioni olfattive – combinate con lo stile made in Italy e un ottimo legno di faggio – per raggiungere un design moda emozionale». Disegnata da Francesco e Stefano Borella dello studio BB, la seduta profumata si inserisce nelle collezioni delle produzioni Zilco, che da sempre sono orientate a dialogare e creare relazioni con il mondo del fashion. Non a caso le linee dell’azienda hanno come target di riferimento un mer-

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cato di fascia medio-alta. Com’è avvenuto lo sviluppo di questo prodotto innovativo e qual è stata la prima reazione del mercato? «L’iter di sviluppo è stato lungo. In seguito sono stati necessari altri cinque anni per ottenere il brevetto e poter avviare la produzione. La nostra azienda ha anche subito un importante ridimensionamento a causa della situazione complessiva del distretto locale. L’aver ottenuto questa licenza a livello mondiale, però, sta dando i suoi primi risultati significativi». Avete coniugato la tecnologia e l’innovazione con la maestria artigianale. Quali sono i valori artigianali che, a prescindere dallo sviluppo e dall’innovazione, non si possono tralasciare nella progettazione di una sedia? «Produrre sedie e poltrone in legno con un’alta cura nel design richiede, oltre a macchinari sofisticati, una lunga esperienza e conoscenza delle lavorazioni e di tutti i passaggi produttivi ai quali va sottoposto il legno: segagione, essicazione, curvatura, giunzioni e incollaggi. Per raggiungere la competenza necessaria per padroneggiare questo materiale


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Gianni Urbancig

Produrre sedie e poltrone con un’alta cura nel design richiede una lunga esperienza nelle lavorazioni del legno

“vivo” sono necessarie decine di anni di lavoro nel settore. È chiaro quindi che esiste un problema di trasmissione del know how che sta alla base della qualità di questo tipo di produzioni. Oggi chi lavora in questo settore e ha la competenza adeguata rappresenta una risorsa unica e insostituibile per il made in Italy – come dimostra il successo che questa categoria di artigiani ha portato al nostro Paese in campo internazionale».

Ritiene che questa competenza tutta italiana avrà la possibilità di esprimersi anche in futuro? «Attualmente c’è il rischio che molte di queste figure escano dal mercato del lavoro per via della crisi economica, a causa dell’indifferenza delle istituzioni verso il settore manifatturiero. Il fatto è che queste persone sono portatrici di un bagaglio di conoscenze che va tutelato, altrimenti fra qualche anno saremo costretti a registrare la scomparsa di queste figure professionali». Quindi la crisi sta avendo un impatto anche nel co-

siddetto triangolo della sedia. Quanto sta pesando? «La crisi del distretto, complessivamente, ha portato a un crollo del mercato generico delle sedie in legno, con un conseguente aumento esponenziale dell’offerta di sedie in plastica e metallo. In particolare, per quello che riguarda la nostra azienda, il crollo del fatturato delle sedie in legno ci ha costretto a operare un riposizionamento sul mercato. Siamo rimasti comunque fedeli al prodotto in legno, ma abbiamo puntato su modelli che richiedono grande esperienza e tecnologia, oltre che di de- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 141


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sign. La nostra scelta di non altà trae in inganno il conabbandonare i capisaldi del nostro prodotto vuole essere un richiamo all’ottimismo. Crediamo che oggi come in passato sia possibile superare i tempi più difficili con l’impegno e mettendo a uso le capacità e lo spirito di inventiva di cui noi italiani siamo dotati». Parlando di materiali, come si combinano questi con il tema della sostenibilità? «È cruciale far capire al pubblico che acquistare un prodotto in legno vuol dire andare incontro alla natura. Chi propone sul mercato le sedie in plastica e metallo facendole passare per la scelta più ecologica – in quanto per produrle non vengono abbattuti gli alberi –, in re-

sumatore. Questo perché, in primo luogo, i legnami che noi utilizziamo vengono reperiti da foreste certificate e sottoposte a riforestazione controllata. Ma soprattutto perché il processo stesso di smaltimento della sedia in legno ha un impatto ambientale estremamente limitato e comunque in armonia con i processi naturali. A differenza dei prodotti in metallo o plastica, per la cui produzione e smaltimento viene impiegata non solo molta energia, ma anche prodotti altamente nocivi per l’ambiente». Parlando di export, quali sono i paesi da cui derivano le migliori performance commerciali e quindi ap-

C’è il rischio che molte competenze si perdano a causa della crisi economica e dell’indifferenza delle istituzioni

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Gianni Urbancig

Una nuova linea di sedie in legno Consolidata realtà nel settore delle sedute in legno, dal trent’anni Zilco Due è una delle aziende di punta del triangolo della sedia friulano. Esporta prodotti totalmente made in Italy – dal design ai materiali – in 35 paesi nel mondo, puntando su un target di fascia medio-alta. I tratti che hanno contraddistinto le linee delle sedie Zilco sono riassumibili nei concetti di accuratezza, comodità, vocazione fashion e rispetto dell’ambiente. Ogni nuova seduta nasce da una continua ricerca sulla qualità dei materiali, la ricerca della solidità della struttura e l’armonia delle linee e dei giochi cromatici. L’azienda detiene più di 50 tra brevetti e licenze internazionali, a questi oggi si aggiunge anche un nuovo modello di sedia profumata, battezzata Mary, brevettata dallo Studio BB di Borella disponibile in numerose fragranze per un’esperienza di design totale. Questa rientra nella nuova linea Zilco New Generation, un brand che riassume l’esperienza degli architetti Francesco e Stefano Borella e l’esperienza nella lavorazione del legno di Zilco.

prezzano maggiormente il vostro prodotto? «Del nostro design viene universalmente apprezzata la sintesi essenziale di estetica e funzionalità, un binomio vincente che ci porta a essere fautori del trend arredo, piuttosto che di subirlo. I mercati principali ai quali facciamo riferimento sono quelli di Francia, Inghilterra, Usa, Australia, Danimarca e

Israele. Anche se di recente abbiamo riallacciato collaborazioni commerciali col Giappone. Per noi l’internazionalizzazione è fondamentale e su di essa investiamo continuamente – non a caso oggi l’export rappresenta oltre il 70% del nostro fatturato. I canali di vendita che intendiamo sfruttare per comunicare al mondo le ultime novità delle nostre collezioni

passano da un uso intelligente della Rete, con tutte le potenzialità che questa offre, al quale si affianca una campagna pubblicitaria sulle riviste leader nel settore». Quali sono le vostre aspettative per il nuovo anno e le collezioni che proporrete in futuro? «Per quanto l’anno appena iniziato si sia da subito presentato pieno di incognite e incertezze, riteniamo che il nostro prodotto abbia in sé le caratteristiche di innovazione e qualità in grado di attirare l’attenzione di nuove fasce di mercato. Per quanto riguarda le collezioni, per il futuro abbiamo in mente di continuare a concentrarci, sviluppare e proporre nuovi modelli di design, ai quali abbinare anche nuovi accessori e nuove fragranze». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 143


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MATERIALI

Un nuovo concetto di arredo bagno Un concept di arredo che punta al benessere attraverso l’introduzione di materiali naturali. La ricerca di un’adattabilità per tutte le esigenze di spazio. Giuseppe Presotto illustra le nuove tendenze del design Luca Cavera

n nuovo concetto di arredo bagno è scaturito dall’unione di due aziende storiche del settore: il legno e la roccia hanno fatto così la loro comparsa su top e ante, portando la freschezza dei materiali naturali all’interno di un ambiente per vocazione dedicato al benessere. Il binomio è venuto a formarsi grazie all’acquisizione da parte di Arblu – azienda che progetta, produce e

U Giuseppe Presotto, amministratore di Arblu Srl di Fontanafredda (PN) www.arblu.it

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commercializza soluzioni di design per la stanza da bagno – del marchio La Roccia, impresa artigiana che per prima ha sperimentato la placcatura in pietra sul mobile da bagno. L’operazione ha permesso ad Arblu di posizionarsi su una fascia di mercato certamente di nicchia, orientata a un target medioalto. Come spiega Giuseppe Presotto, amministratore di Arblu: «Abbiamo cercato sempre di proporre un prodotto in

grado di interpretare i bisogni delle persone che cercano uno spazio intimo ed esclusivo, coniugando armonia ed energia, benessere fisico e spirituale, estetica e funzionalità. L’acquisizione del brand La Roccia è solo l’ultima iniziativa della nostra ricerca sui concept, sui materiali e le lavorazioni di qualità». Quale bilancio può trarre dall’ultimo biennio, anche in termini di fatturato e alla luce dell’acquisizione e dell’allargamento del vostro core business? «Arblu e La Roccia rappresentano, attualmente, due entità distinte e al contempo complementari. La prima, più matura per quel che riguarda gli anni di presenza sul mercato, ha incrementato il proprio fatturato, nel biennio 2010-2011, di oltre il 30%. La seconda, invece, si trova ancora in una fase di start up e ha sfruttato questo biennio per aggiornare e riposizionare i propri prodotti. Risultati positivi sono comunque già stati registrati nel secondo e terzo trimestre


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Giuseppe Presotto

del 2011, con un notevole incremento delle vendite». Quali sono state le caratteristiche del marchio La Roccia che vi hanno spinto all’acquisizione? «Fra i tratti distintivi dell’azienda, ci aveva colpito l’utilizzo del legno e della pietra. Però soprattutto è stata quest’ultima ad attirare la nostra attenzione. Infatti, questa viene applicata sotto forma di pannelli sottili su top e ante. L’assoluta particolarità di La Roccia è che i pannelli di roccia sono autentici e non il frutto di una sintesi che imita la natura. Sono semplicemente originali. È stata questa caratteristica, che rende

Cerchiamo di individuare soluzioni per trasformare anche gli spazi più difficili in angoli di assoluto benessere

ogni composizione unica, che ci ha spinto definitivamente a intraprendere la via dell’acquisizione del marchio». Oltre al legno e alla roccia, quali sono le ulteriori innovazioni che prevedete di introdurre? «Durante l’ultimo Cersaie, ma-

nifestazione internazionale di arredo bagno e ceramica che si è svolta a settembre a Bologna, abbiamo presentato in anteprima due collezioni: Sei e Tulip. Mentre la prima rappresenta il top delle nostre conoscenze tecniche e, oggettivamente, si colloca a un livello qualitativo piuttosto elevato, la seconda è una provocazione al mercato, in particolare per il settore dei “mobilieri”, dato che abbiamo introdotto una serie di elementi di arredo bagno in metallo laddove di norma si utilizza il legno». Su quali mercati si colloca il vostro prodotto? «Nella produzione e vendita di box doccia, il nostro mercato principale è quello interno, in FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 147


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Nella produzione e vendita di box doccia, il nostro mercato principale è quello interno, in Italia, infatti, abbiamo 2.500 punti vendita

Italia, infatti, abbiamo 2.500 punti vendita. Per quanto riguarda i mercati esteri, i nostri prodotti sono presenti in Europa, Medio Oriente e Nord Africa. A livello europeo, i mercati che stanno dando le migliori performance commerciali, riferendomi all’ultimo biennio, sono quello francese, lo svizzero e l’olandese. Anche l’area del contract, in generale, è in crescita». Com’è strutturata la vostra produzione? «La produzione è divisa in due macrocategorie: cabine doccia con accessori, box doccia e colonne doccia polifunzionali. Inoltre, nel 2011, per la prima volta, abbiamo introdotto nella nostra linea di prodotti un sistema di arredo bagno: vasche, lavabi, consolle e specchiere. Sono questi i nuovi elementi che completano la nostra offerta per l’arredo della sala da bagno.

Per tutte le linee impieghiamo soltanto materiali di alta qualità, selezionati fra quelli di fornitori e produttori certificati, che utilizzano un sistema di gestione della qualità conforme alla norma Uni En Iso 9001:2000». Quanto investite, in ricerca, innovazione e sviluppo? «Riponiamo moltissima attenzione su questi tre aspetti, dato che un prodotto eccellente, un attento servizio pre e postvendita e una buona comunicazione sono le uniche formule che conosciamo per distinguerci dai competitor. Il nostro investimento si aggira su circa il 5% del fatturato annuo. A livello di prodotto stiamo orientando i nostri sforzi sulla ricerca e l’utilizzo di forme e materiali innovativi, per esempio, per i piatti doccia – infatti, riteniamo che questo settore potrà in futuro riservarci delle buone prospettive.

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Inoltre cerchiamo di individuare nuove soluzioni per l’installazione, che permettano di trasformare anche gli spazi più difficili in angoli di assoluto benessere». Quali sono le prospettive per il 2012 e quali obiettivi e sfide attendono Arblu nell’anno appena cominciato? «In generale, le prospettive, purtroppo, non sono positive. Il mercato, che si trova già in una situazione di contrazione da un paio d’anni, non sembra abbia la forza per iniziare un’inversione di tendenza. Anzi, al contrario, da più parti arrivano segnali di ulteriori rallentamenti. Per quanto riguarda la nostra azienda in particolare, nel 2012 vorremo essere in grado di mantenere costanti i livelli di investimento, con l’obiettivo di un consolidamento del mercato interno e un incremento del fatturato sui mercati esteri».

+30% FATTURATO L’incremento registrato da Arblu Srl nel biennio 2010-2011 fra mercato interno ed export


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Uno sviluppo industriale compatibile La plastica al posto del legno non è ecosostenibile. Il dottor Luciano Berti parla di come sia possibile conciliare i programmi di sviluppo industriale del settore dei legnami e le politiche di salvaguardia del patrimonio forestale Valerio Germanico Il dottor Luciano Berti, presidente e Ad di Berti Legnami Spa, Pravisdomini (PN) - www.bertilegnamispa.com

egli ultimi vent’anni il mercato del legno è stato invaso da materiali alternativi meno costosi: alluminio, pvc, multistrati, truciolari, laminati, melamminici. Se questo apparentemente ha migliorato il rapporto dell’uomo con l’ambiente, contribuendo alla diminuzione dell’abbattimento degli alberi, in realtà ha aperto la strada al consumo di altre materie prime, spesso, difficili

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da smaltire, laddove il legno invece non presenta affatto problemi di questo tipo. «Il legno, materiale nobile, rinnovabile e non inquinante ha progressivamente perso quote di mercato». È questo lo scenario che traccia il dottor Luciano Berti, presidente e membro del consiglio di amministrazione di Berti Legnami Spa, azienda storica per la commercializzazione dei legnami, fondata da Giovanni Berti nel 1924 e amministrata

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dal dottor Luciano e dal fratello Renato, che ne hanno sviluppato l’attività. Qual è attualmente la situazione del mercato del legno? «Il circuito di produzione nel corso degli ultimi anni si è ridimensionato. Gli arrivi di tronchi dall’origine si sono ridotti drasticamente. Al contrario le politiche di salvaguardia del patrimonio forestale e i programmi di sviluppo industriale nei vari paesi di produzione – ove le prime lavorazioni sono a costi di manodopera molto bassi – hanno facilitato l’esportazione del tavolame e nel corso degli ultimi anni anche dei semilavorati». Verso quali mercati e settori sono destinati i vostri legnami? «Poiché il mercato domestico risente della crisi, l’azienda si è orientata verso i paesi europei – dai quali abbiamo ottenuto notevoli soddisfazioni. Inoltre


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Ci approvvigioniamo di legnami provenienti esclusivamente da foreste europee ed estere gestite in maniera corretta

il nostro gruppo, di recente, ha voluto affiancare al mercato tradizionale un nuovo punto vendita al dettaglio, per offrire una maggior varietà di prodotti finiti diretti alla clientela dei privati e degli hobbisti. I maggiori utilizzatori restano i falegnami, i serramentisti, i produttori di scale e gli artigiani del legno in genere». Quali novità deriveranno dalla messa a punto del Wood Technology System? «Il Wood Technology System è la mission espressa dal nostro nuovo brand. Con questa formula intendiamo un sistema di equilibrio tra industria ed ecologia, anche attraverso il recupero sostenibile delle energie alternative utilizzate per la lavorazione del semilavorato. Questo diverrà anche un sistema di nuova concezione nella lavorazione attraverso tecnologie ecoimpattanti: in sintesi un “eco brand”». Qual è la filosofia che muove il lavoro del gruppo

Berti sul concept dell’“eco brand”? «La filosofia che sta alla base del nostro gruppo è utilizzare il legno come materiale vivo e dotato di interazione positiva (con l’uomo in primis: lo dicono recentissimi studi scientifici). Viene da sé che tutte le fasi di produzione e distribuzione vengano realizzate nel pieno rispetto dell’ambiente da cui esso origina». A questo proposito, potrebbe descrivere le fasi salienti del ciclo di produzione aziendale? «La prima fase avvieni in segheria, dove i tronchi vengono trasformati in tavolame e sottoposti a collaudo. La seconda fase riguarda l’essicazione e la terza fase l’immagazzinaggio, il materiale viene suddiviso per lunghezza, spessore e qualità, e codificato. Nella vendita al dettaglio, l’azienda fornisce servizi ulteriori volti a soddisfare le richieste specifiche del cliente».

Da dove provengono le materie prime? «Ci approvvigioniamo di legnami provenienti esclusivamente da foreste gestite in maniera corretta. Dalle foreste dell’Europa importiamo legni di latifoglie come acero, castagno, ciliegio, frassino, legni resinosi di abete dall’Austria, dalla Finlandia, dalla Svezia, larici dalla Siberia e pini scandinavi. Dall’America importiamo olmi, toulipier, rovere e sapgum. Fra gli alberi tropicali di Asia e Africa, invece, importiamo afrormosia, akatio, mogano sipo e sapelli, teak, iroko, okomè, doussie, dibetou». In base all’esperienza aziendale di cui è portavoce, cosa necessita oggi il settore? «Bisognerebbe avvicinarsi di più al mondo del legno, per conoscerlo nei suoi usi, nelle sue finalità e nelle sue funzioni. Capire il legno vuol dire percorrere in avanti il viaggio verso la civiltà e il progresso dell’uomo». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 151


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INTERNI

Il riscaldamento che arreda Un camino che ingloba un televisore a schermo piatto. Una stufa che vince un premio per il design. E il combustibile è ecosostenibile. Un successo di export per la tecnologia italiana del riscaldamento indoor. Ne parla Giacomo Zanette Luca Cavera

rredare riscaldando e riscaldare sfruttando le energie rinnovabili. È questa la filosofia che riassume le mission di due brand del riscaldamento indoor: Mcz e Red, entrambi facenti capo a Mcz Group. «Il nostro prodotto si rivolge a due tipologie principali di target: uno che vuole riscaldare lo spazio domestico senza rinunciare al design, un altro che cerca un compromesso fra le esigenze di riscaldamento, il rispetto dell’ambiente e il risparmio economico sul com-

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Giacomo Zanette, presidente di Mcz Group Spa, Vigonovo di Fontanafredda (PN) www.mcz.it

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bustibile». Con queste parole Giacomo Zanette, presidente del gruppo, espone la strategia di sviluppo dei prodotti – principalmente stufe a biomassa e camini a legno –, strategia, che a livello commerciale, ha il suo zoccolo duro nei mercati d’oltralpe. Potete contare un 65% di export. Quali sono le dinamiche che danno ragione di questo importante risultato? «Se ci fossimo limitati a operare nel mercato italiano non avremmo avuto crescita. Infatti, nonostante l’ultimo biennio sia stato segnato dalla crisi, il nostro gruppo ha registrato un costante incremento di fatturato e redditività – ma la crescita è avvenuta all’estero. Se la crisi ci ha toccato, è stato in maniera marginale, incidendo soprattutto sul nostro marchio dedicato ai sistemi di cottura outdoor, Sunday. Le ragioni di questa differenza nel successo fra le tipologie di prodotto però si spiegano con la crisi, perché è in questi momenti che cresce la ricerca di soluzioni per risparmiare. Il mercato ha trovato nei nostri

prodotti una doppia valenza: riscaldare con energie alternative e avere un risparmio sul costo del riscaldamento». Quali sono dunque i vostri principali mercati? «Il mercato più importante per noi è la Francia, seguito dalla Germania. Sono ottimi mercati anche il Belgio, l’Austria, la Svizzera e la Danimarca. Recentemente anche il Regno Unito, che ha iniziato a mostrare una certa sensibilità nei confronti delle energie alternative. Poi, in misura molto minore, vengono i mercati di Giappone e Stati Uniti». Avete in programma di allargare ulteriormente il vostro scenario internazionale? «La premessa è che per aprirsi a nuovi mercati sono sempre necessari adeguati investimenti. Questi servono, innanzitutto, a conoscere gli usi e le normative del determinato paese nel quale si intende entrare e a predisporre una struttura di assistenza postvendita. Naturalmente per noi la crescita è ormai legata al mercato estero, insieme a un ampliamento della


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63 mln EURO

Fatturato 2010 registrato da Mcz Group Spa

gamma di prodotto e allo sviluppo di qualche altro business complementare. Nei prossimi anni, alcuni dei mercati obiettivo potrebbero essere i paesi dell’Est, dove non siamo ancora presenti o presenti in misura minima. In particolare, la Russia e gli altri paesi dell’Est hanno un elevatissimo potenziale, ma anche i paesi oltreoceano come Argentina, Brasile». Qual è la differenza fra i vostri prodotti a marchio Mcz e quelli Red? «Mcz ha come mission arredare riscaldando. Invece Red riscaldare con le energie alternative. Quindi il secondo è un prodotto più pratico sotto certi aspetti e un po’

meno estetico. Mentre Mcz sfrutta molto il design. Non a caso i due prodotti di punta di Mcz sono la stufa Toba – che ha anche ricevuto il riconoscimento If Design Award – e, nel settore dei camini, Scenario. Quest’ultimo è un prodotto che unisce la Tv al caminetto e che quindi ha anche una valenza estetica migliore: apparentemente sembra di vedere un unico vetro diviso in due unità, da una parte c’è la Tv e dall’altra il camino». Quale tipo di biomassa viene sfruttato dai vostri sistemi di riscaldamento? «Sicuramente, il nostro core business è rappresentato dalla biomassa legnosa e all’interno

della biomassa legnosa a farla da padrone è il pellet – un combustibile ecosostenibile ricavato dalla segatura essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri. Questo assicura un ottimo rendimento a livello di calore con consumi molto ridotti, perché il pellet ha un’umidità pari al 6% contro il 25-30% della legna. Inoltre è poco inquinante e permette di avere una combustione controllata». Su quali aspetti investirete nel 2012? «Uno degli obiettivi è quello di investire nella costituzione di un sistema logistico unitario. Attualmente ci troviamo dislocati su più magazzini e questo determina un elevato costo per la movimentazione. Un’unica piattaforma ci permetterebbe invece di snellire i processi e quindi di abbattere i costi, incrementando sia la produttività che i margini su ogni singola operazione».

65% EXPORT

Quota di prodotto Mcz Group Spa assorbita dai mercati esteri, in testa Francia e Germania

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LOGISTICA

Tre proposte per la logistica italiana L’aumento dei costi e la difficile situazione in cui versa il settore del trasporto impongono un ripensamento dei meccanismi che regolano questo mercato. Guido Valenzin fa il punto e fornisce alcune indicazioni Amedeo Longhi

Guido Valenzin, titolare della Tergestea di Trieste www.tergestea.com

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i stima che in Italia il costo della logistica sia pari a circa il venti per cento del valore del prodotto. Questa valutazione chiarisce con immediatezza le ragioni per cui il settore dei trasporti nostrano sta attraversando una fase critica, in particolare se confrontato con i mercati internazionali. Questo aspetto contribuisce in maniera determinante a ridurre la competitività del prodotto italiano all’estero. Guido Valenzin dirige l’azienda di famiglia da più di trent’anni e conosce bene la situazione: «Molte società esportatrici, per esempio, hanno pensato di ovviare al problema dei costi semplicemente accollando le spese all’acquirente straniero, ma questa non è una soluzione. Bisogna piuttosto attuare poche scelte, ma forti e coraggiose». Valenzin è titolare della Tergestea, società triestina fondata nel 1939 che deve il nome all’antico appellativo della città giuliana: Tergeste. «Ci occupiamo di spedizioni e trasporti internazionali, soprattutto marittimi, di tutti gli aspetti burocratici, fiscali e doganali e della gestione delle merci a magazzino e della loro

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consegna. L’attività tocca tutti i maggiori porti italiani e moltissimi paesi esteri. Siamo sufficientemente grandi per garantire continuità al servizio offerto ma anche abbastanza piccoli per garantire grande flessibilità». Proprio il Porto di Trieste è l’argomento da cui prende spunto Valenzin per avanzare la prima proposta di ristrutturazione della logistica italiana: «Il regime di Porto Franco di Trieste in questo scenario gioca un ruolo positivo fondamentale. Un corretto utilizzo delle norme previste dal questo regime consente un complessivo snellimento senza compromettere la sicurezza e la tracciabilità delle merci. Trieste è un porto che ha moltissime potenzialità ancora inespresse. Pochi sanno che in una città di poco più di 230 mila abitanti, l’attività portuale impiega più di 14 mila persone, fra diretti e indotto, produce oltre 300 milioni di euro di entrate fiscali e più di 200 milioni di tasse erariali/portuali, di ancoraggio e doganali. Nel 2009 l’Iva incassata dalla Agenzia delle Dogane sulle merci importate ammontava a circa 750 milioni, più altri 470 milioni di accise sui prodotti pe-


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Guido Valenzin

Quello di Trieste è un porto che ha moltissime potenzialità inespresse. In una città di poco più di 230 mila abitanti, l’attività portuale impiega più di 14 mila persone

troliferi. La poca informazione sulle reali potenzialità del Porto di Trieste è da anni un tema ampiamente dibattuto dalle associazioni di imprese che operano in porto e dalla pubblica amministrazione. A differenza di altri porti, Trieste è stata “venduta” poco e male in passato. Tuttavia, è inutile indagare sulle ragioni di questa negligenza: oggi le categorie produttive sono più unite e il dialogo con molte delle istituzioni è propositivo: stiamo recuperando molto, concordando le azioni da intraprendere e mettendole immediatamente in atto». Il tema relativo alle infrastrutture della logistica permette a Valenzin di collegarsi alla seconda proposta, relativa alle modalità di trasporto delle merci: «La ferro-

via è la modalità di trasporto terrestre più efficiente, economica e con l’impatto ambientale più contenuto. Da diversi anni però, in Italia è in atto una politica che mira incomprensibilmente a smantellare questa modalità di movimentazione delle merci, che vengono quindi affidate ai mezzi su gomma, in totale controtendenza con paesi più lungimiranti del nostro e con la linea indicata dalla stessa Unione Europea. Ultimamente però, l’intervento di grossi operatori ferroviari stranieri sta aprendo nuove possibilità di trasportare merci via ferrovia; questo aspetto rappresenta un vantaggio molto importante per il Porto di Trieste in termini di competitività». Sfruttare meglio le infrastrutture a disposizione – una su tutte, il Porto di Trieste – e

puntare maggiormente sul trasporto ferroviario. A queste due proposte, Valenzin ne aggiunge una terza, relativa a un problema cronico che caratterizza il nostro paese: la farraginosità della burocrazia. «Un altro fattore critico e fortemente penalizzante sono i tempi eccessivamente lunghi per realizzare opere infrastrutturali. Burocrazia, cambi di governo, incertezza delle leggi fanno il resto. Gli altri paesi spesso si muovono meglio e più in fretta, riuscendo anche a interpretare le norme europee, le stesse che anche noi applichiamo, con maggiore flessibilità, in modo da attirare traffico e garantire lo svolgimento delle formalità necessarie in tempi spesso molto più contenuti». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 159


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TURISMO

Destinazioni italiane Contro la standardizzazione del turismo bisogna puntare sull’unicità delle mete nazionali. «Come l’iniziativa Marchio di qualità, con il riconoscimento dei ristoranti italiani» rivela Ferruccio Dardanello Elisa Fiocchi

ra gennaio e dicembre 2011, le Camere di Commercio hanno rilevato la nascita di 391.310 imprese, contro le 341.081 che hanno cessato l’attività, con un incremento pari a 50.229 unità. In pratica un’impresa ogni dieci abitanti. Il dato fa riflettere considerando la crisi di fiducia registrata a partire dalla metà del 2011 in tutta l’Eurozona e mostra come la voglia di fare impresa sia ancora forte negli italiani che, tuttavia, chiedono efficaci strumenti per crescere e competere. Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, illustra tutte le iniziative a sostegno del fare impresa e le proposte per rimettere al centro del Paese il sistema turistico. Nel suo incontro con il ministro dello Sviluppo econo-

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In alto, Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere

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mico Corrado Passera ha chiesto di individuare nuove risorse per migliorare le situazioni di difficoltà. Su quali territori e realtà produttive bisogna intervenire con urgenza? «Al ministro Passera abbiamo presentato le proposte relative al contributo del sistema camerale al processo di semplificazione amministrativa, quelle destinate ad agevolare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, la tutela del made in Italy, la promozione dell’internazionalizzazione. Sono i temi principali della nostra azione a supporto del sistema produttivo. È chiaro, del resto, che la crisi sta attraversando il Paese da nord a sud e in questo contesto riesce difficile immaginare una scala di priorità. Tuttavia, in termini territoriali, è il Mezzogiorno l’area in cui si

concentrano le difficoltà maggiori. L’altro grande “nodo” è quello dell’occupazione e, soprattutto, di quel 31% di giovani che oggi non ha un lavoro. Quindi ogni iniziativa che rimetta in moto il mercato del lavoro penso vada guardata con grande favore». E quali politiche di sviluppo ha presentato per rimettere imprese e settore turistico al centro dello sviluppo del Paese? «Ho presentato tre ambiti di azione che abbiamo individuato come “premianti”: il monitoraggio che effettuiamo con l’Osservatorio del turismo, che è fondamentale per cogliere le tendenze in atto e rispondere ai mutamenti del mercato; la promozione dei contratti di rete (oltre 200 nei diversi settori con un migliaio di imprese coinvolte), che riteniamo strategici e riguardo


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Ferruccio Dardanello

Il monitoraggio dell’Osservatorio del turismo è fondamentale per cogliere le tendenze in atto

ai quali è possibile immaginare un percorso di miglioramento delle norme vigenti, di semplificazione delle procedure e degli aspetti tributari; il tema della qualità, che significa far valere, in un’epoca in cui anche il turismo è soggetto a fenomeni di standardizzazione, la reale unicità delle destinazioni italiane. Il sistema camerale, operando sia in Italia, con l’iniziativa “Marchio di qualità”, sia all’estero, con il riconoscimento dei ristoranti italiani, ha puntato con decisione su questa strategia». Nuove sinergie tra Confidi e sistema camerale possono agevolare le imprese in difficoltà: su quali elementi ci sarà un agire condiviso? «Tra i punti principali dell’azione del sistema camerale individuati in un recente documento congiunto Unioncamere-Assoconfidi ne segnalo tre: intervenire per rafforzare la patrimonializzazione dei Consorzi di garan-

zia fidi; operare ai fini di un’ulteriore razionalizzazione del sistema, agevolando l’avvio di ulteriori fusioni o l’aggregazione in rete per aumentare la “massa critica” dei Confidi; finalizzare l’erogazione delle risorse camerali al raggiungimento di alcuni obiettivi precisi che abbiano maggior capacità di intervenire a favore dello sviluppo. Tra questi, l’internazionalizzazione, la trasmissione e lo start up di impresa, la creazione di un fondo nazionale per le emergenze». L’Enit potrebbe diventare il braccio operativo tramite cui le Regioni faranno promozione all’estero: cosa ne pensa? «L’Italia ha quanto mai bisogno di politiche di promozione integrate e “di sistema”. Ritengo che sarebbe utile rimettere l’agenzia al centro delle strategie di comunicazione per promuovere l’offerta Italia condividendo tale attività con le Regioni».

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Sogno Italia «La nostra offerta turistica deve essere più accattivante e contemporanea, confezionata da mani esperte». Il direttore generale dell’Enit, Paolo Rubini, conferma che sarà sempre vincente la proposta personalizzata Renata Gualtieri 168 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

er consolidare i risultati realizzati nell’incoming lo scorso anno che, secondo la Banca d’Italia, nel periodo gennaio-ottobre hanno fatto segnare un incremento della spesa dei viaggiatori stranieri del 6,3% (pari a circa 27.790 milioni di euro), ma anche per favorire l’interesse del mercato mondiale verso la destinazione Italia, l’Enit sarà presente in Europa e oltreoceano con diversi appuntamenti. Dopo

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i test importanti in grandi manifestazioni come le fiere turistiche di Madrid, Oslo, Utrecht, Vienna e Stoccarda, l’Enit parteciperà a febbraio al Salon des vacances di Bruxelles, all’Holiday world di Praga e alla Free di Monaco. A marzo è prevista la presenza ai grandi appuntamenti di Berlino (Itb) e di Mosca (Mitt), oltre che di Goteborg (Tur) e di Kiev (Uitt), mentre ad aprile l’Agenzia nazionale del turismo presenzierà all’Atm di Dubai. Al


XxxxxxxPaolo Xxxxxxxxxxx Rubini

di fuori dell’ordinaria programmazione fieristica internazionale, «al fine di contribuire al sostegno del settore crocieristico nazionale fortemente danneggiato dal recente naufragio della Costa Concordia», il direttore generale dell’Enit, Paolo Rubini, ha garantito la partecipazione dell’ente al Seatrade cruise and shipping convention, in programma a Miami dal 12 al 15 marzo. Dopo il riassetto, in che modo l’ente opera per svolgere al meglio la sua mission? «Pur in mancanza di risorse finanziarie adeguate, l’Enit svolge efficacemente il ruolo di supporto e consulenza per Regioni, Province e operatori che necessitano di servizi professionali per il raggiungimento dei propri obiettivi di sviluppo dell’incoming, che, in ultima analisi, costituisce anche il nostro fine istituzionale. Stiamo operando in termini di club di prodotto, attraverso strategie di segmentazione della do-

manda internazionale e di confezionamento di un’offerta nazionale, coerente e personalizzata, veicolata attraverso canali idonei a raggiungere i vari target di domanda (new media, internet, web tv, cinema e social network). Tuttavia, il vero obiettivo è quello di arrivare alla promozione quale atto conclusivo di un piano marketing nazionale, nel quale sia preventivamente deciso quale nostro territorio promuovere all’estero, dove, perché, con quale prodotto e su quale target. Abbiamo già realizzato e attuato strategie di marketing per alcune realtà territoriali, declinate in ogni dettaglio, che hanno prodotto incrementi di circa il 35% degli arrivi internazionali dai mercati interessati, individuati sulla base delle nostre analisi, già dopo solo 6 mesi». Il progetto “Italia comes to you” è stato un successo. Cosa c’è alla base di questo buon risultato e come è stata presen-

tata l’offerta turistica italiana? «Mettere il cliente, cioè il turista che vogliamo far arrivare in Italia, al centro di ogni azione non è uno slogan ma una strategia. È necessario sviluppare una cultura che, fin dalla predisposizione e dalla promozione del prodotto turistico, parta dall’analisi delle esigenze dei diversi target - non esiste un turista ma tante tipologie di turista - per individuare e offrire a ciascuno il prodotto che risponde alle sue aspettative. Abbiamo tenuto presenti questi concetti nel progetto “Italia comes to you”, con cui abbiamo cercato di presentare in Il direttore generale dell’Enit, Paolo Rubin un unico format tutte le motivazioni del viaggio in Italia (cultura, made in Italy, enogastronomia, arte, territorio, life style), affascinando “sul posto” la popolazione dei principali Paesi a maggiore potenziale turistico. Abbiamo veicolato l’idea dell’Italia quale “sogno turistico” nell’immaginario di quanti provengono da questi immensi mercati. Sono certo che per il 2012 i risultati che arriveranno da questi Paesi saranno sorprendenti». Cosa prevede l’ultima tappa del progetto Bric, che riguarda l’India? «Intanto speriamo di poterla realizzare. L’Enit ha già da tempo presentato al Dipartimento del turismo il progetto esecutivo ma il ministero è in forte ritardo nell’iter di approvazione. Sarebbe un peccato se, a causa di lungaggini burocratiche, il progetto dovesse essere ritardato o, peggio ancora, annullato dopo gli eccezionali consensi avuti nelle precedenti tappe in Russia, Cina e Brasile. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 169


TURISMO

Peraltro, sottrarre al settore turi- B2B per ottenere rapidi risultati stagionalizzazione, dovrebbe es-

In alto, stand Enit alla fiera Fitur di Madrid

stico nazionale i forti incrementi dell’incoming dall’India che il progetto genererebbe sarebbe imperdonabile. È sempre più evidente che per competere sui mercati esteri è necessaria un’impostazione manageriale e non formalistica, burocratica e autoreferenziale. In ogni caso, come per le precedenti tappe, Italia comes to you India è centrato su una mostra di opere d’arte contemporanee realizzate da artisti indiani nel corso del viaggio in Italia organizzato dall’Enit al fine di poter illustrare ai cittadini indiani il nostro Paese, ma attraverso “gli occhi” dei propri connazionali. Abbiamo poi alcune nostre opere d’arte rinascimentali esposte per collegare idealmente l’arte contemporanea indiana con quella storica italiana. In parallelo, si svolgeranno workshop

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commerciali». L’obiettivo rimane la personalizzazione della promozione turistica con l’individuazione di tutti i target di potenziali consumatori. Quali i prodotti che stanno diventando più popolari, specie tra i giovani? «I giovani rappresentano un target interessante in quanto possono viaggiare in periodi di bassa stagione, disponendo di tempo libero e flessibilità maggiore rispetto ad altre tipologie di turisti, possono essere interessati a raggiungere anche zone del Paese a elevata attrattività turistica ma ridotte infrastrutture, valorizzando territori che altrimenti soffrirebbero dal punto di vista turistico. Parallelamente anche il segmento della terza età, che presenta caratteristiche simili a quello dei giovani almeno in termini di de-

sere sollecitato a scegliere l’Italia, e soprattutto il Sud, come località di lungo soggiorno durante il periodo invernale. Abbiamo un enorme bacino di potenziali turisti non sfruttato nel nord Europa, ma dobbiamo essere in grado di comunicare in modo coerente e dedicato a ciascun target. La nostra offerta turistica deve essere più accattivante e contemporanea, confezionata da mani esperte, mirata alla soluzione dei bisogni che riguardano le occasioni di incontro, individuali e di gruppo, di divertimento e di svago, di un tempo libero “non catalogato”, più estroverso, mobile e fantasioso, sia di ricerca che di scoperta. Enit è chiaramente pronto a supportare le Regioni e gli operatori in questo nuovo percorso di promozione turistica».



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TURISMO

Offerte per tutti i gusti Dalle Dolomiti alle città d’arte, dai centri termali ai siti Unesco, dall’enogastronomia alle escursioni. Il Friuli Venezia Giulia è una regione che soddisfa le esigenze di ogni turista. Con un occhio attento alle nuove tecnologie. Ne parla l’assessore Federica Seganti Tiziana Bongiovanni

osì definiva il Friuli Venezia Giulia Ippolito Nievo: “Piccolo compendio dell’universo”. E, infatti, poche altre regioni raccolgono in un territorio così piccolo una varietà tale di paesaggi, climi, ambienti e genti diverse. Differenze che uniscono più che separare: un melting pot pacifico che guarda verso il futuro. Assessore alle attività produttive con delega al turismo è la leghista Federica Seganti. Suo obiettivo è «modernizzare il sistema turistico, incrementare qualitativamente e quantitativamente la ricettività, favorire e la professionalità degli operatori». Assessore, la regione è da sempre terra di passaggio. Alcuni lo percepiscono lontano dal resto d’Italia. Qual è secondo lei il modo migliore per incrementare il turismo? «Essere terra di passaggio ci ha dato un’identità frutto di

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Nella pagina successiva, Federica Seganti, assessore al Turismo del Friuli Venezia Giulia

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molte influenze e una varietà di tesori architettonici e di tradizioni che, assieme a una natura estremamente varia, rappresentano oggi il nostro punto di forza. Attualmente l’80 per cento delle persone che visitano questa regione dichiara di voler tornare: ciò è molto importante ai fini del passaparola, fulcro della promozione attraverso lo “user generated content”, contenuto generato dagli utenti web, cioè dettato dall’esigenza di riportare l’esperienza vissuta sui social network con una condivisione di informazioni senza precedenti. Il piano marketing 2012 dell’Agenzia Turismo Friuli Venezia Giulia punta alla salvaguardia del mercato di prossimità italiano, che oggi è incentrato su Veneto (20,4 per cento), Lombardia (20,5 per cento) e Piemonte (5,2), ma senza trascurare l’estero, con la grande presenza dell’Austria (32 per cento) e

della Germania (24 per cento)». Che tipo di turismo sta prendendo piede? «Un modo di viaggiare motivato e d’azione, con il turista che si organizza le vacanze inserendovi i poli d’attrazione enogastronomici, la visita alle città d’arte, le escursioni, lo sport. Se è vero che l’italiano sta tornando a una vacanza breve, e che quello nazionale sarà un mercato di recessione, è altrettanto vero che possiamo aiutare i nostri connazionali a concentrare le emozioni, offrendo pacchetti in sintonia con le loro esigenze». C’è un’immagine che secondo lei descrive meglio la regione? «Un amico, nel corso dell’ultima Barcolana, ha scattato dal mare una foto: in primo piano ci sono le barche e subito dietro, complici l’aria tersa e l’obiettivo, le montagne. Il Friuli Venezia Giulia è bello per questo e, dal punto


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di vista turistico, va fatto crescere nel suo complesso, ricordando che in regione abbiamo quattro siti Unesco (Aquilea, Dolomiti e le new entry Palù di Livenza e Cividale del Friuli, ndr) e che, se il mare resta la meta principale, i capoluoghi registrano un aumento delle presenze del 10%. Senza dimenticare la segnalazione, da parte del Forum nazionale dei giovani, di ben 15 realtà e manifestazioni del Friuli Venezia Giulia da inserire tra le “meraviglie” d’Italia». A ogni modo siete favoriti dall’autonomia, potendo avere più risorse finanziarie a disposizione. Quanto investe la Regione nel turismo? «Parecchio, nel 2011 abbiamo stanziato 67 milioni di euro. Ma va fatta una precisazione: il Friuli Venezia Giulia è autonomo, ma autonomia significa anche responsabilità: la regione gestisce, da sola e senza perdite,

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un settore impegnativo come quello della salute, che ogni anno vale oltre la metà delle risorse disponibili, anche se a ogni finanziaria regionale le risorse disponibili sono sempre meno. Tornando al turismo, di recente l’Agenzia del Turismo ha appena attribuito un appalto di 10 milioni di euro a un raggruppamento di imprese per la progettazione e la realizzazione di campagne di promozione integrata. Come Direzione regionale alle attività produttive abbiamo, invece, recentemente suddiviso 5 milioni di euro tra 124 beneficiari per la realizzazione di manifestazioni ad alto riscontro attrattivo». La vostra giunta ha stabilito che alberghi, motel, villaggi, alberghi e residenze turistico-alberghiere si dovranno adeguare ai nuovi standard minimi di qualificazione. Di cosa si tratta? «Il fine è quello di potenziare l’attrattività del territorio e

avvicinare gli alberghi regionali ai canoni europei. Nella definizione dei requisiti abbiamo tenuto conto delle richieste degli albergatori di Confcommercio, stando attenti a non penalizzare in alcun modo gli hotel dei centri storici e dei borghi di pregio, a volte piccoli gioielli d’ospitalità, ma strutturalmente condizionati e di difficile adeguamento, come ad esempio, per l’installazione di ascensori. La riclassificazione è compito dei Comuni, che per farlo hanno tempo fino al 12 giugno». Avete chiuso un bando per la valorizzazione delle aree termali delle zone montane. Quali sono queste aree? «Hanno partecipato al bando i Comuni di Vito d’Asio e Arta Terme, ma il progetto del primo presentava alcune incertezze per la sua effettiva realizzazione e la commissione che ha valutato i progetti ha deciso così di finan- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 173


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ziare il potenziamento ter-

Sopra, l’interno della Grotta Gigante a Sgonico. A destra, la scorsa edizione della Barcolana, storica regata che si tiene nel capoluogo friulano

male di Arta Terme con quasi 1 milione di euro». Lancerete ufficialmente alla Bit di Milano il nuovo brand “Live”. Di cosa si tratta? «L’aspetto è quello di un timbro indelebile (FriuLIVEnezia Giulia) con evidenziato il claim Live, “vivi” o “dal vivo”. Un marchio che rimane impresso e collega idealmente tutta la regione in un unico messaggio, rivolto ad un target giovane, ma comprensibile a tutti. Il trademark turistico in regione è un esempio unico e originale nell’ambito del marketing territoriale e della promozione: dal nome

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stesso della regione si ricava un termine globale e, dunque, un messaggio rivolto a un pubblico internazionale. Da diversi punti dello stand, maxi schermi e monitor proporranno ai visitatori video sulle diverse località, la socialità virtuale di Twitter e Facebook sarà replicata anche nello spazio fisico dei cluster, grazie a vari iPad, e tutti i tweet che passeranno attraverso l’account @FVGlive verranno mostrati in tempo reale sul maxi schermo. Infine, con la web tv anche chi non potrà recarsi alla Bit avrà la possibilità di seguire in streaming le attività e gli eventi in programma in un’apposita sezione del portale www.turismofvg.it». Progetti futuri? «Mi piacerebbe dar corso alla destagionalizzazione di Grado, con lo sviluppo del suo polo termale, un obiettivo per cui la Regione ha

messo a disposizione diversi milioni di euro, ed è bene che Trieste torni a essere un hub crocieristico. Credo, inoltre, che sia importante l’evoluzione turistica del Carso (e sta già accadendo, con la Grotta Gigante che in tre anni ha aumentato i visitatori di 12mila unità), e trovo interessante il lavoro di iniziative come “Antica contea”, sinergia ai fini della promozione turistica di Cormons, Gradisca e Gorizia. Sono certa, inoltre, che avrà risvolti positivi la creazione dell’unico consorzio turistico Piancavallo-Dolomiti Friulane. Infine, abbiamo recentemente proposto un disegno di legge, messo a punto in stretta collaborazione con il Cai, per la ristrutturazione delle strutture alpine, dai 5.600 chilometri di sentieri, strade ferrate e vie attrezzate ai bivacchi, ai rifugi».


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Trieste, il bilancio è positivo Nonostante le difficoltà economiche, i pubblici esercizi triestini non hanno risentito in maniera decisa del calo dei consumi. Perché? Sia negli storici “buffet” che nei ristoranti si mangia bene, spendendo meno che altrove. Il punto di Bruno Vesnaver Tiziana Bongiovanni

n acqua pulita e limpida, ma senza spiagge di sabbia. Una cucina dai chiari influssi mitteleuropei, la cui punta di diamante sono la caffetteria e il pesce fresco. Un centro storico ricco di locali di ogni genere, per una città dall’impronta unica, con la sua storia e le sue tradizioni, diversa da Gorizia, da Pordenone, da Udine. Fa il punto in merito alle strutture turistiche triestine il presidente della sezione locale della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) Bruno Vesnaver, triestino doc e proprietario del ristorante Antica Ghiacceretta. Presidente, quanti associati contate? «In Friuli ci sono due Fipe, quella di Udine e quella di Trieste. Quest’ultima conta oltre trecento associati tra città e provincia. In prevalenza sono bar, ristoranti e mense. Per quanto riguarda gli alberghi, sono divisi

U Bruno Vesnaver, presidente della sezione locale del Fipe

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tra la nostra associazione e la Federalberghi». E per quanto riguarda le altre città della regione? «I pubblici esercizi di Gorizia e Pordenone sono associati alle Ascom locali che gestiscono un po’ tutto». Voi di Fipe in cosa vi contraddistinguete rispetto a Confcommercio? «Per l’indipendenza. Oggi gestire un’associazione è complicato: ci sono molti costi e mai come in questo momento di difficoltà economica, i nostri associati hanno l’esigenza di essere tutelati. La Fipe di Trieste è ramificata in due branche, associazione e servizi, e conta 28 dipendenti. Quest’ultima realtà è di sostegno concreto ai nostri soci, che vengono orientati all’apertura dell’attività per

quanto riguarda gli adempimenti da espletare, gli investimenti da fare e l’accesso al credito. Sono tutti un po’ sfiduciati: gli affitti, soprattutto in centro città, sono alti e tra il costo del personale e tutta una miriade di spese, l’incoraggiamento è d’obbligo». Come si è chiuso il 2011? «Abbastanza positivamente. Trieste, infatti, ha un trend diverso rispetto ad altre città: non avendo grosse industrie, tranne Illy Caffè, Generali, Allianz e un’altra decina di grandi aziende, non ha sofferto la grande crisi. C’è il porto, la sede della Regione (con tanti impiegati a stipendio fisso) e molti pensionati che non risentono della recessione». E il turismo? «È in crescita. Arrivano italiani,


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Bisognerebbe incrementare la Riviera Barcolana, cioè il lungomare che va dal Castello di Miramare verso il centro. I gazebo dovrebbero essere aperti anche di sera

soprattutto friulani, austriaci e bavaresi. L’Austria per noi è importantissima: soprattutto la Carinzia e la capitale, Vienna. Del resto Trieste è una piccola Vienna sul mare». E gli sloveni? «Da quando non ci sono più i confini, la città ne ha risentito positivamente. Gli sloveni del litorale confinante, soprattutto da Capodistria, vengono soprattutto nel weekend a fare shopping, a fare l’aperitivo, al cinema. Del resto ci si mette solo un quarto d’ora». Quali sono i locali migliori che offre Trieste? «A parte le caffetterie, tra le quali cito Tommaseo, Specchi, S. Marco, offre la tradizione. I “buffet”, cioè le vecchie osterie di una volta dove si mangia in piedi, piacciono tantissimo, ad esempio Da Giovanni o Da Pepi, offrono prodotti tipici come il prosciutto caldo tagliato a mano, panini con ottimi affettati, la trippa, il gulasch, e si mangia con soli 15 o 20 euro. Un buffet non è impegnativo, si può entrare e mangiare polpette e un calice di vino, tant’è vero che a Trieste i Mac Donald’s non hanno successo». Ma che differenza c’è allora

con i bar che fanno aperitivi? «L’happy hour è molto di moda tra i giovani ma è, come lo chiamiamo noi, un “rovoletto”, cioè uno stuzzicadenti, niente a che vedere con la cucina casalinga dei buffet». E per quanto riguarda la ristorazione vera e propria? «Il top sono i ristoranti di pesce. Qui una cena completa con una buona bottiglia del Collio non va oltre i 50 euro. In altre città d’Italia mi risulta che ce ne vogliono dalle 70 alle 80. Poi prediligiamo il pesce di stagione: d’estate si serve quello azzurro». Come mai però attorno a una delle zone a più alta attrattiva, come il Castello di Miramare, c’è poco? «Sì è vero, si tratta di una zona popolare con un vincolo ambientale. C’è un albergo con un ristorante interno, un ostello, un baretto. Ma concretamente, dopo vent’anni che se ne parla, la Sovrintendenza non ha ancora dato il permesso per fare un ristorante turistico. Tante sono state le nostre domande di apertura di attività, ma sono state tutte rifiutate». Ci sono altri “vuoti”? «Bisognerebbe incrementare la Riviera Barcolana, cioè il lun-

gomare che va dal castello verso il centro. I gazebo dovrebbero essere aperti anche di sera. Ma c’è anche un altro problema che danneggia la nostra categoria: la legge sull’alcol, che scoraggia molto la gente ad andare fuori città». Per concludere, che ne pensa delle liberalizzazioni? «Sono d’accordo, ma c’è da rivedere il sistema della contrattazione sindacale. Subentra, sia per noi che per i commercianti, il problema del costo della manodopera. Secondo la nuova legge un esercizio commerciale se ha la possibilità di restare aperto più a lungo guadagna di più e può assumere più dipendenti. Ciò vale per la grande distribuzione, mentre un piccolo esercizio che rimane aperto 7 giorni su 7 deve assumere almeno tre addetti in più: un’uscita esorbitante. Perché a pesare non è il costo del salario, ma quello del lavoro. Faccio un esempio: un dipendente che lavora da vent’anni con uno stipendio di 1.100 euro al mese costa al datore di lavoro più del doppio di ciò che guadagna. Si potrebbero assumere molto più facilmente se il costo del lavoro fosse più basso».

Nella pagina precedente, lo storico Buffet Da Pepi. Sopra, il Castello di Miramamare

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Nuova procedura per gli imprenditori in difficoltà La legge 3 del 2012 introduce norme che mirano a risolvere i problemi di sovraindebitamento per le imprese in crisi. Ne parla, facendo riferimento al quadro regionale, l’avvocato Enrico Bran Francesca Druidi

l numero di fallimenti in Friuli Venezia Giulia, in base all’elaborazione compiuta dal centro studi della Cgia di Mestre, è piuttosto alto rispetto al resto del Paese. «La realtà della nostra regione non è omogenea – commenta l’avvocato Enrico Bran – le province di Trieste e Gorizia hanno un tessuto imprenditoriale modesto, il che spiega la scarsità di procedure, che perciò non è un segnale di salute. Il territorio di Udine e Pordenone è caratterizzato da un’imprenditoria più ampia, che ha subìto pesantemente la crisi; sono le procedure aperte in queste aree che probabilmente hanno condizionato le statistiche». Quali sono i fattori che incidono più negativamente sull’andamento delle realtà imprenditoriali della regione? «L’impresa del Nord Est, tendenzialmente piccola e spesso incentrata sul terzismo, ha risentito dell’evoluzione dell’economia mondiale: prima la concorrenza dei mercati emer-

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Sopra, l’avvocato Enrico Bran

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genti, con la conseguente delocalizzazione di interi settori produttivi - penso, ad esempio, alla crisi del mobile -, poi una certa difficoltà a restare sul mercato con prodotti competitivi sul piano tecnologico, anche in ragione delle rigidità generazionali. Infine, la crisi finanziaria, con le difficoltà di ricorso al credito, ha fatto il resto. Il blocco degli investimenti, anche pubblici, in Italia come negli altri paesi europei, ha condizionato anche le imprese più grandi: mi riferisco ad aziende che ho personalmente conosciuto, anche in settori altamente tecnologici, rimaste al palo per mancanza di mercati di sbocco. Inutile dire quanto grave sia la perdita per la collettività, anche in termini di capitale umano e di patrimonio di conoscenze». Come valuta le disposizioni recentemente introdotte in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento? «La procedura introdotta dalla legge 3 del 2012 riguarda il cosiddetto debitore civile,


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Enrico Bran

vale a dire il consumatore o il piccolo imprenditore non fallibile: il tema era dibattuto da tempo ed era in agenda anche dei governi precedenti. Ritengo che l’idea di darvi forma sia nata dalla constatazione che la crisi economico-finanziaria finisce per colpire a caduta anche i non imprenditori o i piccoli imprenditori, se non altro per via della contrazione dei consumi e delle problematiche occupazionali. La nuova disciplina offre il vantaggio di evitare al debitore l’aggressione disordinata da parte dei diversi creditori, che finisce per portare a situazioni dolorose anche sul piano umano, in uno stillicidio di esecuzioni che non finiscono più e portano a poca soddisfazione per tutti. Quando si verificano questi scenari, non è purtroppo infrequente che appaia alla soglia l’usuraio, cui tanti si affidano nella vana speranza di arrivare a tempi migliori». Cosa cambia concretamente? «La procedura consente al debitore di affidarsi

al giudice, che anzitutto dispone il blocco di tutte le azioni esecutive per un periodo massimo di centoventi giorni: il debitore avrà così il “respiro” necessario per poter strutturare l’accordo con i creditori, valendosi degli organismi di composizione della crisi. L’accordo può assumere il contenuto più vario e può comportare una moratoria fino ad un anno: la sua esecuzione viene curata, secondo i casi, dal debitore o da un liquidatore di nomina giudiziale, sotto la sorvegliata dall’organismo di composizione della crisi. L’idea di per sé è buona e cade certamente al momento giusto: il suo funzionamento dipenderà dall’atteggiamento del giudice nei confronti di queste situazioni e dalla professionalità degli organismi di composizione della crisi. Immagino che non basterà affidarsi a moduli preconfezionati, ma servirà la capacità di esaminare ogni singola vicenda, con le sue peculiarità, aiutando il debitore a capire che difficilmente si esce dall’angolo se i creditori FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 181


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non hanno la sensazione che sia stato fatto -

o che sarà fatto - tutto il possibile. Quanto ai creditori, una soluzione rapida ed equa nel senso della par condicio conviene a tutti». Ulteriori vantaggi e svantaggi? «Se le cose vanno per il verso giusto il debitore è liberato dalla quota di debiti non pagati e i creditori hanno la ragionevole certezza di avere ottenuto quanto possibile, senza bisogno di percorrere individualmente le vie legali, con il relativo aggravio di tempi e costi. D’altra parte, va anche detto che la procedura pare piuttosto complessa, specie per il debitore-consumatore: la domanda deve essere accompagnata da una documentazione abbastanza corposa e l’esigenza di coinvolgere, notiziandoli formalmente, tutti i creditori, rischia di complicare l’accesso alla procedura. Un ulteriore punto discutibile è la sostanziale imposizione del pagamento integrale dei debiti privilegiati, fra i quali rientrano quelli fiscali e previdenziali, che spesso - soprattutto per i piccoli commercianti e gli artigiani - costituiscono il vero problema, che la nuova procedura non risolve. Infine, paiono forse eccessive le sanzioni penali che colpiscono il debitore non solo in caso di falsità, ma anche nel caso in cui aggravi la propria posizione debitoria durante la procedura o si renda intenzionalmente inadempiente».

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Il modello dell’attuale legge fallimentare permette a suo avviso di affrontare in maniera adeguata la crisi e la ristrutturazione aziendale? «Il discorso è molto complesso. Nessuna legge, per quanto buona, può cambiare la realtà: quando un’azienda non genera margini, il più delle volte la condanna sta nella natura delle cose e purtroppo non c’è procedura che tenga. Per il resto, certamente la riforma della legge fallimentare ha portato numerose novità positive: fra esse, l’ampio spazio che oggi viene lasciato agli accordi con i creditori e l’elasticità delle modalità di ricollocazione dell’azienda da parte del curatore. Alcuni punti critici sono però rimasti tali. La durata delle procedure dipende dalla lentezza delle liti che esse producono: per il riconoscimento dei diritti dei creditori contestati; per l’accertamento delle responsabilità, anche penali, degli amministratori; per la revoca degli atti che hanno leso la par condicio. Fino a che non sarà risolto il problema della durata abnorme dei giudizi civili, la competitività del sistema, compreso il microsistema della disciplina delle crisi, continuerà a essere zoppa». Per quanto riguarda le ristrutturazioni? «Soprattutto in questo periodo, un grosso ostacolo è dato dalle restrizioni all’accesso al credito. Sono stato purtroppo testimone di vicende nelle quali, pur essendo stato raggiunto rapidamente un accordo con i creditori, tale da consentire il rilancio dell’azienda in crisi, la chiusura del credito bancario conseguente all’avvio della procedura, impedisce di fatto di sfruttarne appieno le potenzialità. Perciò, il più delle volte il salvataggio passa per la via obbligata della cessione dell’azienda, ma ciò costituisce una remora per l’imprenditore che vede all’orizzonte la propria uscita di scena e, dall’altro lato, costringe a fare i conti con un mercato che non è certo prodigo di investitori disposti a rilevare aziende, ancorché risanate».


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Reati fallimentari, serve rapidità Nel 2011 sono aumentate in regione le indagini della Guardia di Finanza inerenti i reati previsti dalla Legge Fallimentare. Lo spiega il comandante della Gdf Friuli Venezia Giulia Walter Manzon Francesca Druidi on il protrarsi della congiuntura economica negativa, il fallimento di molte imprese rappresenta uno degli effetti più odiosi. Anche su questo fronte, però, possono riscontrarsi delle irregolarità. A esaminare il quadro dei reati fallimentari in Friuli Venezia Giulia, e anche l’attività di contrasto messa in campo dalla Guardia di Finanza nel settore, è il comandante regionale Walter Manzon. Prima di scendere nel dettaglio, come si delinea allo stato attuale la situazione delle imprese in regione? «La crisi generalizzata che ha investito il nostro Paese non ha mancato di far sentire i suoi effetti anche nel Friuli Venezia Giulia, in particolare nei comparti della lavorazione e del commercio del legno, dell’arredamento e manifatturiero. Dati più confortanti riguardano le imprese che operano nell’ambito del sociale e della qualità della vita - ad esempio nella sanità, nell’assistenza, nella cultura, nella green economy - e le imprese avanzate a forte base tecnologica». Avete registrato un incremento delle indagini su presunte bancarotte fraudolente e altri reati fallimentari che interessano le aziende del territorio? «Nel 2011 l’impegno dei reparti nel Friuli Venezia Giulia ha registrato un significativo aumento, rispetto al 2010, in termini di indagini svolte in materia di reati previsti dalla

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legge fallimentare. In particolare, gli interventi conclusi sono stati 78, a fronte dei 63 nel 2010, con la denuncia di 148 responsabili (105 nel 2010) di cui 108 per bancarotta fraudolenta (91 nel 2010). L’attività, nello specifico settore, ha interessato un po’ tutti i reparti in ambito regionale, in particolare le specifiche articolazioni dei nuclei di Polizia tributaria delle quattro province, caratterizzate da elevato tecnicismo e in grado di esprimere al meglio le attribuzioni demandate alla Guardia di Finanza dalla legge per le investigazioni di natura economica e tributaria». Quali tipi di indagini e di controlli vengono effettuati in questi casi? «Normalmente l’indagine fallimentare prende le mosse dalla relazione redatta dal curatore fallimentare e si sviluppa con l’acquisizione della documentazione contabile e societaria d’interesse, detenuta - quando non occultata - dall’imprenditore. La ricostruzione dell’operatività della società nel periodo precedente la dichiarazione di fallimento viene, pertanto, eseguita a mezzo di riscontri documentali ed, eventualmente, escussioni testimoniali e indagini finanziarie. A causa del disegno talora preordinato allo stato di crisi aziendale, le indagini svolte dal Corpo nel-

Il generale di brigata Walter Manzon, comandante della Guardia di Finanza del Friuli Venezia Giulia


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l’ultimo periodo si sono rivelate particolarmente articolate e connotate da aspetti di elevato tecnicismo, spaziando dall’esame di operazioni commerciali infragruppo internazionali – per le quali è necessario ricorrere ad attività rogatoriali – a elusive cessioni e locazioni di rami d’azienda. È noto, ad esempio, l’impiego di imprese decotte quali “missing trader” nell’ambito di frodi all’Iva oppure quali strumenti destinati a farsi carico delle passività di altre società collegate e riconducibili allo stesso soggetto economico». Come si configura il contrasto a questi reati? «Un adeguato contrasto a tale scenario, caratterizzato da sempre maggiore complessità, richiede un correlato, costante, approccio a elevato contenuto tecnico professionale e, per così dire, di “polizia”. Fondamentale è il ricorso a tecniche investigative per ricostruire una realtà aziendale spesso manchevole della documentazione contabile basilare. Si rivela sempre più determinante ricorrere in maniera ampia a perquisizioni e incisivi accertamenti, specie dei flussi finanziari. L’utilizzo delle indagini finanziarie rimane imprescindibile laddove emergano elementi indiziari relativi a possibili distrazioni operate da membri di organi societari o da dirigenti e amministratori che abbiano effettuato atti di gestione aziendale apparentemente svantaggiosi, o comunque di natura diversa da quella registrata nelle scritture contabili o nei bilanci. Particolarmente significativa può risultare un’analisi qualitativa delle vicende fallimentari». In che senso? «Dalle indagini svolte emerge, infatti, come il fallimento sia il frutto non solo di un’insol-

venza sopravvenuta e alla quale la struttura aziendale e gli organi direzionali non hanno trovato adeguata risposta, bensì di una pianificata modalità di distrazione di beni o prosecuzione dell’attività mediante articolati artifici, i cui consequenziali step sono stati con l’inganno predisposti con largo anticipo. In sostanza, a causa dello stato di difficoltà e di previsioni di mercato non favorevoli per il futuro, vi è chi, avendo la responsabilità di un’azienda strutturata in termini non adeguati per riuscire a rispondere con elasticità alle sfide, ha per tempo cercato di pianificare operazioni sostanzialmente distrattive, difficilmente attaccabili sotto il profilo civilistico e penale». L’azione investigativa viene realizzata di concerto insieme ad altri operatori? Quali nello specifico? «L’azione investigativa, che connota il ruolo peculiare della Guardia di Finanza quale organo esclusivo di polizia economico-finanziaria, si svolge prevalentemente sotto la direzione dell’autorità giudiziaria. Il suo successo è connesso proprio alla tempestiva capacità di reazione dei reparti del Corpo, al fine di assicurare il corretto funzionamento del mercato, a tutela di quanti operano nel rispetto delle regole. Indagini tardive, infatti, rischiano di essere pregiudicate dall’impossibilità di rintracciare elementi probatori che, solo a ridosso del manifestarsi dello stato di insolvenza dell’azienda è possibile reperire, soprattutto grazie a un approccio, anche “trasversale”, proprio di una forza di polizia, quale la Guardia di Finanza, che non si limiti a replicare l’azione “amministrativo-contabile” del curatore fallimentare». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 185


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