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OSSIER EMILIA-ROMAGNA L’INTERVENTO..........................................11 Carlo Alberto Roncarati Paolo Buzzetti

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................14 Giovanni Borri IL PUNTO .................................................18 Gaetano Maccaferri RITRATTI.................................................20 Mario Monti

ECONOMIA E FINANZA CREDITO & IMPRESE ........................25 Gabriele Piccini Luca Lorenzi Philippe Voisin Alessandro Volta LAVORO ..................................................38 Michele Tiraboschi Simonetta Cavasin Ugo Girardi Maurizio Sacconi Giuliano Cazzola DISTRETTI INDUSTRIALI .................48 Franco Mosconi IL TESSILE DI CARPI..........................50 Maurizio Torreggiani Sonia Govi Maurizio Setti Chiara Piccinini IL SETTORE TESSILE ........................59 Antonella Solaroli MERCATI ESTERI ................................60 Carlo Comani Roberto Brevini EXPORT...................................................64 Andrea Sgargi Renzo Grazi TECNOLOGIE.........................................72 Giacomo Natali Stefano Iotti Giorgio Acerbi Romano Bellamico Riccardo Maiarelli Roberto Negri e Paola Ziliani Roberta Vellani Gian Pietro Biolcati Paolo Trecco Roberto Gaspari

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MODELLI D’IMPRESA .......................94 Roby Luca Botteri Barbara Franchini Corrado Fontanini Massimiliano Tintori Rodolfo Pollastri Devid Cavatorti Enzo Minero e Domenico Pepe Ansillo Mazzanti e Marino Panella Rossella Po Antonio Catallo Paolo e Andrea Lelli Andrea Venturelli Emer Zanfi Bartolomeo Ghirardini Attilio Maffezzoli Franco Mantovani Fabio Binacchi IL SETTORE AUTO.............................134 Roberto Masi


Sommario GIUSTIZIA IL SETTORE PETROLIFERO...........136 Walter Bagassi

AGROALIMENTARE ..........................158 Demetrio Medici

CARBURANTI ......................................138 Andrea Salsi

FOCUS PARMA ....................................161 Verso le amministrative Mario Ciclosi Andrea Zanlari

SPORT E COMUNICAZIONE .........140 Zelindo Melegari SERVIZI ALLE IMPRESE .................142 Adrasto Brasi CONSULENZA.....................................144 Giorgio Pagliani e Federica Tagliazucchi ZOOTECNIA..........................................146 Emma De Antoni Corradetti PRODOTTI ALIMENTARI.................148 Andrea Melioli Carolina Toscani Giuliano Montali Luigi Celli

EVASIONE FISCALE..........................212 Domenico Minervini Antonino Gentile Francesco Tundo TUTELA DEI MINORI........................220 Manuela Tirini e Claudia Grassi

AMBIENTE

SANITÀ

RINNOVABILI.......................................172 Ivo Poltronieri

ATTREZZATURE MEDICALI..........222 Silfradent

GESTIONE RIFIUTI.............................174 Alfredo Cavozza

TERRITORIO UN PIANO PER BOLOGNA..............178 Virginio Merola Federica Guidi INFRASTRUTTURE............................182 Massimo Masini TRASPORTI..........................................184 Giampietro Sani LOGISTICA............................................186 Anna Rosa Barberini e Valeria Basile EDILIZIA.................................................188 Giovanni Spina Antonio Sequino Enrico Bertolini Alessandro Ferretti Claudia e Marino Bergonzini INGEGNERIA ........................................198 Massimiliano Galli INTERNI................................................200 Marco Foschi TURISMO .............................................202 Piero Gnudi Adolfo Parodi Paolo Rubini Gian Luigi Piacenti Alessandro Giorgetti EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 9



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Agganciare la ripresa di Carlo Alberto Roncarati, presidente di Unioncamere Emilia Romagna

e previsioni sull’andamento dell’economia italiana non sembrano promettere nulla di buono. Le stime del Fondo monetario internazionale prefigurano un 2012 in forte flessione, il prodotto interno lordo si ridurrà di oltre il 2%. I dati relativi alla nostra regione elaborati da Unioncamere Emilia Romagna e Prometeia presentano uno scenario a tinte meno fosche rispetto a quello nazionale, ma pur sempre caratterizzato da un andamento recessivo. L’anno in corso dovrebbe chiudersi con una contrazione del Pil dell’1,5%; nel 2013 è atteso qualche piccolo segnale di risveglio, +0,6%. La flessione nel 2012 riguarderà tutti i settori economici, con cali più elevati nel comparto industriale e delle costruzioni. Ancora una volta, a fronte della progressiva riduzione dei consumi interni, è il commercio con l’estero a determinare le sorti della nostra economia: in termini reali le esportazioni nel 2011 sono cresciute dell’8% (mentre il Pil è aumentato dello 0,7%), nel 2012 l’incremento dovrebbe attestarsi attorno al 2%. Note dolenti sul versante dell’occupazione, dopo un 2011 di crescita (+1,6%), l’anno in corso porterà a una riduzione degli occupati dello 0,7%. Fin qui i numeri, che derivano dall’aver proiettato nel futuro le tendenze più recenti dell’economia, quindi numeri che possono modificarsi in ragione della nostra abilità di incidere sulle traiettorie di sviluppo. È vero che con la globalizzazione gli spazi d’azione a livello locale sono sempre più ristretti, il governo territoriale è chiamato a trovare soluzioni a problemi di cui non è la causa in quanto arrivano dai flussi globali. È altrettanto vero però che la competizione si gioca sempre più sulla qualità dei sistemi territoriali, sulla capacità di essere di reale supporto alla crescita delle persone e delle imprese. Un supporto che, in una fase di grande transizione come l’attuale, non può esaurirsi solo con il

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tentativo di rispondere prontamente alle domande del territorio, ma deve essere in grado di proporre nuove idee e modalità per accompagnare persone ed imprese nel cambiamento. Conosciamo bene i limiti del nostro sistema economico, e le competenze distintive, quelle caratteristiche che costituiscono un valore aggiunto proprio della regione. Le carte per essere competitivi non ci mancano, la globalizzazione ci richiede di giocarle in maniera differente rispetto al passato. L’esperienza di alcune aziende statunitensi di successo dimostra che i risultati conseguiti derivano dall’essere passati da un modello organizzativo tradizionale - una struttura piramidale che ha nelle efficienze di scala l’obiettivo principale e nell’organizzazione burocratica gli strumenti per il suo raggiungimento - a un modello più partecipativo, dove tutto ciò che ruota attorno all’impresa, dall’imprenditore ai dipendenti fino al consumatore finale, ha voce anche nel processo decisionale. Per sfruttare al meglio le nostre competenze distintive, dobbiamo pensare a un modello che sappia mobilitare tutti i membri - imprese, persone e istituzioni - anche nell’individuazione della missione comune. Una rete aperta al contributo di tutti dove le informazioni e la conoscenza circolino liberamente seguendo modalità di massima visibilità e trasparenza. Chi vi partecipa conta non tanto per quello che è, ma per il contributo che porta alla soluzione del problema. Una rete fatta di collaborazione, di lavoro collettivo, di divisione dei compiti, di valorizzazione delle risorse individuali per la realizzazione di un disegno comune. L’Emilia Romagna, più di altri territori, ha nel suo dna la forza per dare vita a un’architettura organizzativa differente, che sappia valorizzare le risorse e le competenze distintive della regione. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 11



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Guardare all’edilizia come motore del rilancio di Paolo Buzzetti, presidente di Ance

l settore delle costruzioni sta pagando a caro prezzo gli effetti della crisi dei mercati finanziari. La restrizione del credito concesso dalle banche rischia ormai di paralizzare l’intera rete imprenditoriale dell’edilizia. Ma oltre a ciò, le aziende devono affrontare anche il grave problema dei ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Si è giunti, infatti, a un tempo medio d’attesa di otto mesi, con un incremento del 40%: dai 114 giorni del maggio 2011 agli attuali 159. Senza considerare quelle situazioni limite nelle quali si sono superati i due anni. In questo modo si condannano le imprese a un inevitabile fallimento. È, invece, proprio al settore edile che bisognerebbe guardare per avviare concrete azioni anticicliche capaci di rilanciare l’economia, come avviene in altre grandi nazioni europee. L’Ance lo sostiene da tempo: la spesa pubblica produttiva, come quella delle infrastrutture, va salvata. Ogni miliardo di euro investito in edilizia genera ricadute positive per ben 3,4 miliardi. Tuttavia, negli ultimi anni, si è puntato su una politica di tagli agli investimenti piuttosto che alla spesa corrente, generando - dal 2005 a oggi - una contrazione del 44,5% del mercato dei lavori pubblici. Di certo, la decisione del Cipe dello scorso gennaio, che ha confermato l’assegnazione di fondi per le opere contro il rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, va letta come un primo segnale positivo. Al quale bisogna però far velocemente seguire un piano di spesa delle risorse che, dopo una prima boccata d’ossigeno, sia in grado di

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creare una reale prospettiva di sviluppo. Prospettiva che deve naturalmente coinvolgere anche il settore privato il quale, nonostante abbia evitato gli effetti nocivi di una bolla speculativa, non è in grado di rispondere a un’esigenza abitativa decisamente alta, stando alle stime sulla crescita del numero di famiglie. Sono tre gli obiettivi su cui bisognerebbe concentrare gli sforzi. In primo luogo, è necessario investire nell’edilizia sostenibile, intervenendo sulla gran parte degli edifici esistenti secondo i più moderni criteri di risparmio energetico e le attuali norme antisismiche. Importante, poi, è rendere accessibile la casa anche alle fasce medio-basse della popolazione, attraverso mutui a condizioni agevolate e incentivi fiscali mirati. Ma, soprattutto, è urgente avviare un piano città capace di realizzare una radicale riqualificazione del tessuto urbano per recuperare le periferie, riorganizzare la mobilità e rendere le nostre città motori di sviluppo economico, poli turistici di grande interesse e luoghi di sempre più elevata qualità della vita. Quest’ultimo punto è fondamentale non soltanto per il settore, ma per tutta l’economia. La città, infatti, intesa come luogo di produzione della ricchezza materiale e culturale di un paese, è destinata a essere il principale terreno del confronto futuro fra le economie mondiali. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

UN CONTESTO IMPRENDITORIALE VIVACE È il settore agroindustriale a trainare la ripresa e dimostrano una maggior tenuta i settori che puntano su innovazione ed export. Il presidente dell’Unione parmense degli industriali, Giovanni Borri, analizza l’andamento dei prossimi mesi, con aspettative «caute ma positive» Renata Gualtieri

area studi e ricerche di Unioncamere Emilia Romagna, in collaborazione con Prometeia, ha predisposto lo scenario di previsione macroeconomica per la regione fino al 2013. L’edizione corrente dello scenario rivede leggermente al ribasso la stima della crescita reale del Pil per il 2011, da +0,9 a +0,7, ma riduce sensibilmente la previsione riferita al 2012, dalla stazionarietà a una flessione dell’1,5 per cento. La crescita dovrebbe riprendere nel 2013 ma non andrà oltre lo 0,6 per cento. Nonostante il delinearsi di uno scenario mondiale più solido, l’economia italiana però continua a vivere una situazione di grande incertezza che rende difficile fare previsioni. Lo conferma anche il centro studi di Confindustria che parla di flessione per il 2012 e di una successiva lenta tendenza verso la ripresa. Molto dipenderà probabilmente dal clima di fiducia che si riuscirà a ricostruire attorno ai consumatori, ai mercati e alle imprese e, quindi, dall’adozione di interventi efficaci nel settore del credito e dal rilancio di investimenti. «Per quanto riguarda l’Emi-

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lia Romagna e Parma – precisa il presidente dell’Unione parmense degli industriali Giovanni Borri – all’indomani della crisi avevano evidenziato una maggiore tenuta grazie ai distretti più vocati all’export, quindi ora l’economia regionale si trova a scontare un rallentamento fisiologico. Le aziende che prima di altre avevano avviato processi di internazionalizzazione e innovazione hanno incontrato meno difficoltà e sono cautamente positive». Qual è il livello di salute delle imprese della provincia e quali i settori su cui puntare per la ripresa dell’economia locale? «L’industria parmense presenta una situazione molto variegata per risultati e prospettive. Vanno meglio i settori a maggiore vocazione internazionale, come l’alimentare, la meccanica e la chimica farmaceutica; gli altri, più legati alla domanda interna, hanno subìto il ridimensionamento degli ordini e si sono riorganizzati per restare sul mercato. Questo territorio ha saputo sviluppare la propria naturale vocazione per l’agroindustria arrivando a ottenere eccellenze e unicità nella produzione alimentare e nella

correlata proposta impiantistica. Oggi è proprio il settore agroindustriale che genera il maggior fatturato ed è quindi trainante per la ripresa. Negli anni, però, questo distretto ha saputo stimolare un tessuto di aziende a servizio, un contesto imprenditoriale vivace e una forte specializzazione tecnica che hanno generato eccellenze anche in altri comparti. Pensiamo all’informatica, al medicale e alla farmaceutica, che qui vedono presenze importanti e sono settori in crescita». Guardando ai dati relativi all’occupazione tra le imprese parmensi quali le prospettive del mercato del lavoro, anche alla luce della riforma? «I dati del mercato del lavoro emi-

L’industria parmense presenta una situazione variegata per risultati e prospettive


Giovanni Borri

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IN COPERTINA

liano-romagnolo hanno evidenziato attendersi un rafforzamento nel specchia quella regionale? Quali i una situazione tra le migliori a livello italiano grazie alla propria solidità strutturale. L’occupazione parmense è calata meno che in altre province e nel 2011, a Parma come in Emilia Romagna, il ricorso alla cassa integrazione è diminuito rispetto al 2010, tuttavia l’andamento dell’occupazione desta preoccupazioni per il 2012. Esiste un problema di tenuta delle imprese che rende il mercato del lavoro stazionario, con una preoccupante tendenza alla contrazione. L’incertezza sul futuro induce alla cautela e le imprese attendono prima di procedere con nuove assunzioni. Sulla riforma del mercato del lavoro è troppo presto per fare una valutazione». La crescita del Pil ha continuato ad avvalersi nel 2011 dell’effetto di traino derivante dalle vendite all’estero. Nel 2012 l’andamento dell’export regionale dovrebbe peggiorare per effetto della moderata recessione che interesserà i paesi europei, ma resterà positivo per poi 16 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

2013. È l’internazionalizzazione dunque la via per crescere? «Con una domanda del mercato interno debole e legata a fattori strutturali, difficili da rimuovere in tempi stretti, il traino dell’export resta vitale per il tessuto produttivo regionale. Per le aziende, quella di agganciarsi ai mercati in crescita è quindi un’opportunità che va fortemente perseguita. A maggior ragione per eccellenze come quelle emiliano-romagnole, spesso oggetto di imitazione da parte di concorrenti esteri. Non dobbiamo dimenticare che la globalizzazione è un fenomeno irreversibile e la crisi che da qualche anno stiamo attraversando riguarda l’Occidente e non il resto del mondo, che cresce e prevede di crescere ancora. Tutto questo comporta per le aziende la necessità di adattarsi ai nuovi mercati, con sforzi maggiori che in passato e che vanno sostenuti anche economicamente con strumenti specifici». La situazione provinciale ri-

mercati su cui puntare e le iniziative dell’Unione parmense degli industriali per offrire alle imprese associate gli strumenti necessari ad affrontare le sfide che si stanno creando in un contesto mondiale sempre più globalizzato? «L’export parmense è cresciuto meno del dato regionale, ma dipende dal fatto che nell’ultimo biennio avevamo registrato incrementi maggiori della media emiliano-romagnola e nazionale, recuperando prima di altri i valori ante crisi. Possiamo comunque dire che le aziende stanno allargando gli orizzonti commerciali e si aprono sempre più ai mercati emergenti. Per questo da tempo stiamo lavorando per trasferire alle imprese gli strumenti utili ad affrontare i mercati e le problematiche che implicano, e per favorire l’incontro tra partner. Senza dimenticare i mercati consolidati, abbiamo focalizzato le azioni su Turchia, Kazakistan e Brasile attraverso approfondimenti e


Giovanni Borri

L’informatica, il medicale e la farmaceutica sono settori ancora in crescita

missioni del sistema regionale di Confindustria; sono Paesi dal posizionamento strategico e contraddistinti da una crescita solida che è presupposto per apprezzare prodotti di qualità come quelli parmensi». Secondo i dati della Banca d’Italia, nel primo semestre del 2011, il 34 % delle imprese dell’industria e dei servizi e il 47 di quelle delle costruzioni hanno registrato un peggioramento nelle condizioni di accesso al credito. Registra anche a livello locale questo inasprimento e cosa sta facendo o farà l’associazione per arginare queste difficoltà nell’ottenimento di nuovi finanziamenti?

«Anche a Parma nell’ultimo periodo la stretta creditizia si è fatta sentire in modo pesante sulle imprese, indipendentemente dalle dimensioni. E se le difficoltà di accesso ai finanziamenti frenano, per tutte le aziende, nuovi investimenti e progetti di internazionalizzazione, nel caso del settore delle costruzioni rischiano di arrestare l’operatività dei cantieri e, sommate ai ritardi di pagamento della Pa, mettono a repentaglio la sopravvivenza. L’Ance ha recentemente interrogato il settore ed emerge una situazione ancora più difficile di quanto registrato dalla Banca d’Italia. Noi ci stiamo adoperando per richiamare gli istituti bancari a intervenire sul merito creditizio e sulla valutazione corretta delle aziende e dei loro progetti, con l’intento di agevolare lo sviluppo di un equilibrato rapporto tra banche e imprese a supporto della crescita». L’aggregazione è la strada per le piccole e medie imprese per far fronte alle sfide della competizione globale e alle restrizioni del-

l’accesso al credito. A che punto è in regione lo sviluppo delle reti d’impresa? Cosa fare per sollecitarne lo sviluppo? «In tutta Italia le reti di impresa formalizzate sono oltre 300, 178 in Emilia Romagna, di cui 15 a Parma. Sono uno straordinario strumento a disposizione delle pmi per superare i loro vincoli dimensionali ma hanno alcune caratteristiche che ne frenano l’ampia diffusione. Innanzitutto presuppongono disponibilità alla cooperazione e alla limitazione delle autonomie, in funzione di una grande fiducia tra i membri della rete. E se questo è un processo di difficile realizzazione in generale, lo è a maggior ragione per un imprenditore. Poi scoraggiano la complessità e la burocrazia che le accompagna. È quindi fondamentale incrementare la conoscenza specifica di questi strumenti. Sono uno straordinario moltiplicatore di capacità di incidere sui mercati e sono versatili, ma occorre consapevolezza per sfruttarne appieno i vantaggi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 17


IL PUNTO

Percorsi virtuosi di crescita «La sfida più importante oggi si gioca sulla capacità d’innovazione e internazionalizzazione che, in un contesto di piccole e medie imprese, passa dalla capacità di costruire reti per affrontare mercati sempre più competitivi». Il punto di Gaetano Maccaferri Renata Gualtieri

nche per l’Emilia Romagna il 2012 sarà un anno di recessione: il prodotto interno lordo si ridurrà infatti dell’1,5 per cento rispetto all’anno precedente. L’andamento regionale è negativo, ma risulta meno pesante di quello prospettato a livello nazionale, dove per il 2012 è prevista una contrazione dell’1,7 per cento. Le prospettive delle imprese hanno subìto un deciso peggioramento in questi ultimi mesi e la recente indagine previsionale di Confindustria Emilia Romagna conferma che ci troviamo in un periodo difficile, il cui il saldo tra ottimisti e pessimisti è negativo per tutti gli indicatori: produzione, ordini complessivi e occupazione, con un unico dato positivo sulla domanda dall’estero. Basta pensare che il 30 per cento degli imprenditori prevede un calo produttivo rispetto al primo semestre dell’anno scorso. «Il timore è – afferma il presidente degli industriali emiliano-romagnoli Gaetano Maccaferri – che neppure l’export, che fortunatamente continua a dare segnali positivi, riesca a compensare le spinte recessive che provengono dall’Europa e dal mercato interno».

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Elisabetta Baracchi

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Quali cambiamenti strutturali faranno ritornare a crescere le imprese? E qual è il contesto più favorevole per adottarli? «In questa fase è urgente ridare avvio alle dinamiche di crescita perché gli effetti recessivi di manovre basate quasi unicamente sul prelievo stanno incidendo in modo pesante

sul ciclo economico. Anche a livello regionale e locale c’è una vera e propria rincorsa ad appesantimenti fiscali e tributari, che contribuiscono a fermare gli investimenti e i consumi. È indispensabile ridare avvio ai flussi di credito alle imprese, sbloccare i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese, raf-


Gaetano Maccaferri

In apertura, Gaetano Maccaferri, presidente Confindustria Emilia Romagna

Occorre sostenere le imprese, soprattutto le pmi, che investono in ricerca, innovazione, formazione

forzare gli interventi di sostegno per internazionalizzazione, ricerca e innovazione e reti tra aziende. Vanno affrontate con fermezza le debolezze strutturali che si traducono in un freno allo sviluppo: infrastrutture, pubblica amministrazione, burocrazia, squilibri territoriali e così via». In occasione del Premio Biagi ha dichiarato che la crisi ha picchiato duro in regione, con ripercussioni pesanti sulle imprese proprio nei settori portanti del sistema produttivo, come il meccanico e il ceramico. Quali sono stati i fattori che hanno messo in ginocchio questi comparti e quali le proposte per sostenerli? «La crisi è stata così pervasiva e ha interessato tutti i settori perché si sono fermati contemporaneamente il mercato internazionale e quello

interno. Ora l’economia mondiale ha ripreso a crescere, ma a ritmi molto differenziati e con una domanda che si spostando verso i Paesi emergenti. Per questo occorre sostenere le imprese, soprattutto piccole e medie, che investono in ricerca, innovazione, formazione, presenza sui mercati. Servono una decisa semplificazione legislativa e amministrativa, una vera e propria liberalizzazione dei servizi pubblici e, in generale, un ambiente più favorevole alla nascita e al rafforzamento della manifattura». Nonostante la crisi però ci sono aziende che assumono. Su che cosa hanno puntato le imprese che hanno agganciato la ripresa? «Gli imprenditori che assumono sono soprattutto quelli che hanno avuto una capacità migliore di reazione alla

crisi e hanno puntato su nuovi prodotti e servizi, a più alto valore aggiunto, e a nuovi mercati. La sfida più importante si gioca oggi sulla capacità d’innovazione e d’internazionalizzazione, che in un contesto territoriale di piccole e medie imprese passa anche dalla capacità di aggregarsi e di costruire reti per affrontare mercati sempre più complessi e competitivi. C’è inoltre una questione che definirei paradossale: l’industria ha bisogno di tecnici e ci sono migliaia di giovani senza lavoro. Per una regione manifatturiera, come la nostra, i tecnici sono indispensabili: dobbiamo orientare i giovani e le loro famiglie verso i percorsi formativi e le professionalità tecniche. Certo, però, se il Paese non avvia un percorso virtuoso di crescita non sarà facile recuperare e rafforzare i livelli occupazionali». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 19


RITRATTI

I compiti del professore e le relazioni che contano La priorità del Governo Monti è stata quella di restituire credibilità al Paese. Da un lato ha seguito la via tracciata dal Governo Berlusconi. Dall’altro ha messo in campo iniziative che danno l’impressione di affrontare i problemi storici dell’Italia Renato Farina, deputato della Repubblica

na delle ultime foto “internazionali” di Monti lo raffigura con il viso così vicino a quello di Angela Merkel da rasentare l’idea del bacio. Che sia un bacio appassionato è impossibile: Monti è così freddo che quando dona il sangue devono prima scaldargli il braccio; ma un bacetto era nello stato delle cose. Tutti vorrebbero baciare Monti in giro per il mondo. È il paradosso italiano: nel momento di massima debolezza della nostra politica estera, l’immagine, ma anche la sostanza, dell’inquilino di Palazzo Chigi è lucidata come argenteria a Westminster. Però teniamocelo. Giova. L’economia è anche fatta di quell’elemento imponderabile eppure pesantissimo che è il dato psicologico. E ora almeno quello gira giusto, e si vede dallo spread. La Merkel lì immortalata felice era venuta a Roma per un incontro in precedenza rimandato a causa di un problema tedesco. A quel tempo c’era una tensione fortissima tra i due Paesi, e l’Italia pareva lì con la manina tesa per l’elemosina dinanzi a una maestrina neghittosa. Un mesetto dopo, il

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13 marzo, data della foto romana, la situazione si era rovesciata. Se all’inizio del suo mandato il nostro Bocconiano era andato a ricevere i compiti a casa, adesso è considerato lui il Professore che impartisce lezioni, visto anche da quelli che disprezzano volentieri l’Italia (tipo Economist e Time) l’Angelo della salvezza dell’euro. L’Angela oggi confida in Monti per avere meno grane in casa, per addolcire il nazionalismo estremo della sua base e dei suoi alleati, che sarebbero pronti a tutto, persino a rinunciare a un etto di crauti, pur di fare uno sgarro agli italiani visti come pizza, mandolino, spazzatura e mafia. Del resto l’impostazione del premier tecnico sulle questioni del debito e del credito, dei bund e dei bond portata avanti insieme all’altro SuperMario italiano alla Banca centrale europea, cioè Draghi - sta smorzando (sia chiaro: non risolvendo!) la crisi finanziaria. Mi colpì subito la stima riservata a Mario Monti a Strasburgo. Il giorno del suo esordio a France 1 lo definirono così: “Illustre eurocrate”. Da noi suona male, ma al Nord è come dire: è uno dei nostri, fidiamoci. E lo

hanno dipinto come l’opposto di Berlusconi, che il combinato disposto di giornali, tivù e magistratura italiani, aveva deformato per odio e invidia. Ma non è vero, neanche un po’: sia nella testa di Monti che nella realtà delle scelte. Mi resta impressa una battuta di Silvio Berlusconi il giorno in cui il successore da lui di fatto designato ottenne la fiducia alla Camera (quattro mesi fa, anche se sembra un secolo): «Se al posto di Tremonti ci fosse stato Monti sarei ancora sullo scranno da cui parla Mario». Diciamo allora che la stima internazionale di Monti comincia ad Arcore. Un temperamento opposto a quello del Cavaliere, ma essendo entrambi di origini varesine (anche Berlusconi mi raccontò che la sua famiglia veniva da quelle zone) hanno un’idea del lavoro simile. Anche Tremonti è di quelle latitudini e quasi longitudini, da valtellinese di confine, e oggi è facile metterlo in croce, ma andrebbe rimesso in alto: resta un genio, rovinato dal carattere. Monti forse non è un genio, si giova però di un carattere imperturbabile. Va forte lui, ora. C’est la vie. Per venire poi a un’analisi più pun-


Mario Monti

tuale, enuncio ancora un’osservazione generale. La presidenza del Consiglio di Mario Monti verrà ricordata, forse, più per le azioni in politica internazionale che per quelle in politica interna. A dire il vero, le seconde risultano in realtà funzionali alle prime. La priorità del governo Monti è infatti quella di ristabilire la credibilità del nostro Paese in un senso molto concreto: come debitore. Per ristabilire questa credibilità sono state poste in essere azioni di carattere diverso. Da

una parte, il governo ha proseguito sulla strada del consolidamento della finanza pubblica - seguendo una via tracciata, nei fatti, dal Governo Berlusconi, autore di due manovre che pesano (detto brutalmente) per più del 60% dell’aggravio del prelievo fiscale sugli italiani a seguito della drammatica crisi del debito. Dall’altra, il governo ha dovuto porre in atto iniziative che - dalle liberalizzazioni alla riforma del mercato del lavoro adesso in discussione - dessero agli

osservatori internazionali l’impressione fondata che l’Italia è, finalmente, pronta a venire alle prese con i suoi problemi di lungo periodo. Nulla di quanto è stato intrapreso è stato fatto per ideologia. Il Governo Monti non sortisce da un libero confronto elettorale. Il presidente del Consiglio non è stato eletto in ragione di una sua visione del futuro del Paese. Egli questo lo sa benissimo, ed è ben attento a non sovrapporre perfettamente le proprie opinioni con EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 21


RITRATTI

l’azione del governo. In questa distanza misteriosa tra quello che fa e quello che pensa, sta il suo fascino. Si sa che è un uomo sicuro e competente, ma di che cosa sia sicuro, sui vasti campi del bene comune, non si sa e non si dice. Le stesse liberalizzazioni (sono quelle che avrebbe fatto Monti se avesse avuto i voti dal popolo per le sue idee?) sono state accusate dai liberalizzatori militanti di essere una mera cura omeopatica, per un malato che di ben altre dosi di liberismo avrebbe avuto bisogno. Monti è, in questo senso, un “tutore” più che un “ortopedico” dell’economia italiana. Il problema che egli ha dovuto risolvere era di palmare evidenza: il fatto che il resto del mondo, a fronte di fondamentali macroeconomico considerati solidi dagli economisti del ramo, fosse arrivato a pensare all’Italia come una tessera del domino che, cadendo, poteva travolgere tutta la costruzione dell’euro. Egli viene investito del ruolo di governare l’Italia sulla base anche di una visione ormai internazionalmente condivisa dei problemi del nostro Paese. L’eco di questa visione è nella lettera della Bce al Governo Berlusconi dell’agosto scorso. In quel testo, il presidente uscente Trichet e il presidente entrante Draghi mettono nero su bianco nient’altro che quella che è la percezione diffusa sui problemi, visti come magagne storiche, dell’Italia. L’alto debito pubblico è insostenibile di per sé, e ancora più reso tale dalla bassa crescita. Pertanto bisogna assieme ridurre la spesa pubblica e porre in essere provvedimenti che aiutino a tornare a crescere. Questo “common wisdom” traspare dagli articoli del Financial Times così come del Wall Street 22 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

Journal. È riconosciuto dall’Index of Economic Freedom così come dalla classifica Doing Business. È, insomma, pensiero condiviso dei grandi della terra. Monti è, detto brutalmente, uno di loro. È stato commissario europeo per due mandati: conosce i grandi del pianeta avendoli incontrati al livello più alto possibile, per un europeo. Di famiglia alto borghese, ha studiato in America (fra gli altri, con il Nobel James Tobin), ha una storia di banca (la Comit) e d’impresa, avendo frequentato i consigli di amministrazione d’imprese di rilevanza internazionale come la Fiat e l’Ibm. Fa parte di club esclusivi come la Commissione Trilaterale: che non sono cospirazioni che ambiscono a

governare il pianeta, ma semplicemente momenti nei quali si stringono relazioni ai più alti livelli e si discutono studi e ricerche sul futuro dell’economia mondiale. Gli italiani stimati nel mondo, in questo ambienti ovattati, sono molti, ma pochissimi al livello di Monti. Forse solo Mario Draghi, però - come dicevamo - già chiamato a governare la Banca centrale


Mario Monti

Nulla di quanto è stato intrapreso è stato fatto per ideologia. Il Governo Monti non sortisce da un libero confronto elettorale. Il presidente del Consiglio non è stato eletto in ragione di una sua visione del futuro del Paese

europea, e, per altri versanti, e in un’altra ala più tedesca di questo salotto, Giulio Tremonti. Insomma, che la scelta per un “traghettatore” dell’Italia fuori dalle secche di una percepita inaffidabilità cadesse su Monti, era scontato. Meno scontate sono state le sue azioni. Ho accennato all’opera di consolidamento “economico” del nostro Paese. Il rettore bocconiano è un uomo dei fatti. Ma è anche un uomo di relazioni. Era imprevedibile - e sarà, credo, il suo maggiore merito agli occhi della storia - che Monti mettesse con tanta convinzione il carico da novanta delle sue relazioni a servizio dell’Italia. Egli ha preso a modello non tanto i capi di Stato o di governo, ma gli amministratori delegati delle grandi imprese, e ha preso a girare per una

sorta di “road show”: come fa chi vuole presentare la bontà dei risultati raggiunti ad analisti e investitori, per attirare a suo proprio vantaggio capitali freschi. È andato, a questo scopo, alla City e a Wall Street. Ma, contestualmente, Monti ha anche identificato un ruolo originale per l’Italia, nella grande famiglia europea: un ruolo meno schiacciato sui due grandi Germania e Francia, e invece dialogante con i nuovi Paesi membri e con la Gran Bretagna. È qui che forse più che con ogni altra scelta egli è riuscito a ristabilire il prestigio del Paese. Lui, ultra europeista e nemico ideologico degli euroscettici, si è ricordato di essere stato, prima ancora, un ardente anglofilo. E così ha costruito, sui temi europei, una special partnership con David Cameron, premier britannico rimasto escluso dall’asse Merkozy. (La vicenda nigeriana non tocca Cameron-Monti, ma i cattivi rapporti tra i servizi segreti). Di impatto ancora superiore è stata sicuramente la visita di Monti a Barack Obama. L’incontro con il presidente americano ha certificato, con la più opportuna delle patenti, il più indelebile dei bollini blu, il ritorno dell’Italia nell’alveo dei Paesi “affidabili”, sul piano de-

bitorio e politico. Le doti di Monti negli incontri internazionali sono le stesse che gli italiani hanno visto nell’uomo, nelle sue performance televisive e nei suoi slanci di comunicatore: cioè la capacità di comunicare, col massimo della semplicità e con parole scandite magari un po’ roboticamente, l’azione politica del governo e una sana aspirazione politica a restituire al Paese l’immagine che merita. È chiaro che la comunicazione non basta, e un tale investimento in comunicazione si espone persino a qualche critica da parte dei partiti politici: Monti dovrebbe “parlare di meno” e “fare di più”. Ma in un mondo nel quale a contare è la reputazione dell’Italia “parlare” significa più che mai “fare”. Il presidente del Consiglio l’ha fatto nel modo più efficace possibile, date le circostanze. «Quando Silvio si dimetterà (…) il governo sarà capeggiato da Mario Monti». Questa la profezia pronunziata da Francesco Cossiga nel 2008, sta (mi faccio réclame) nel mio libro Cossiga mi ha detto (Marsilio) a pagina 37: “Quando Silvio si dimetterà il governo sarà capeggiato da Mario Monti”. A quanto pare non era una profezia di sventura. O almeno sperèm… EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 23



CREDITO & IMPRESE

L’AVANZATA DEL CREDIT CRUNCH Ritardi dei pagamenti, mancanza di liquidità e utilizzo di quest’ultima quasi esclusivamente per le spese correnti e per ripianare debiti precedentemente contratti: è questo lo scenario soprattutto delle piccole e medie imprese, che oggi faticano a rimanere a galla. Nel 2011 sono state più di 43.000 le aziende italiane protestate e le tempistica media per liquidare una fattura è stata di 89 giorni. Sempre nel 2011, il 14,5% delle imprese dell’Emilia Romagna si è trovato costretto ad allungare la durata del debito.

Uno scenario poco incoraggiante non solo nell’immediato, ma soprattutto nel lungo periodo. Da questo punto di vista, infatti, le imprese si ritrovano necessariamente a dover ridurre gli investimenti in ricerca e innovazione, in favore della necessità più urgente di avere a disposizione capitale circolante. In questo modo, l’intero comparto imprenditoriale italiano si troverà ad affrontare la concorrenza internazionale con aziende non moderne, perché non hanno investito nella ricerca e negli investimenti, e assorbite dal problema di sopravvivere hic et nunc. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 25


CREDITO & IMPRESE

UN PIANO PER FAR RIPARTIRE L’ITALIA L’imprenditoria italiana stenta a metter fuori la testa dalla crisi, complici i ritardi nei pagamenti e un accesso al credito sempre più complesso. Mentre il piano “Unicredit per l’Italia” mette a disposizione 40 miliardi di euro per favorire la ripresa e la crescita Teresa Bellemo

l comparto imprenditoriale italiano continua a soffrire, stretto dalla morsa della crisi economica. Oltre alla contrazione dei consumi, le aziende si trovano nella difficoltà di riscuotere i crediti da parte di imprese e pubblica amministrazione e di ricorrere a finanziamenti e prestiti da parte delle banche. Un corto circuito che sembra senza via di uscita e che rischia di far chiudere i battenti a molte imprese. Secondo i dati della Cgia di Mestre, infatti, nel 2011 quasi un fallimento su tre è stato causato proprio dai ritardi nei pagamenti. Anche su questo si concentra il programma “Unicredit per l’Italia”, presentato a Roma lo scorso 14 marzo. Da oggi al 2015 l’istituto di Piazza Cordusio metterà a disposizione 40 miliardi di euro per le imprese italiane e ne accompagnerà 15mila nel percorso di internazionalizzazione per valorizzare il made in

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Italy. «Unicredit è la prima banca italiana all’estero, con una presenza diretta in 50 Paesi. Inoltre, grazie al recente aumento di capitale è una delle più solide in Europa. Lo scopo di questo piano è immettere nell’economia reale risorse che aiutino a innescare un nuovo circolo virtuoso che favorisca la ripresa e il ritorno alla crescita». Il punto di Gabriele Piccini, country chairman dell’istituto bancario. In Italia la restrizione finanziaria è resa più grave dall’allungamento dei tempi di pagamento, soprattutto della pubblica amministrazione. Come superare questo ostacolo? «Nel piano “Unicredit per l’Italia” ci sono importanti risorse finalizzate proprio a dare ossigeno alle aziende in tema di liquidità, come lo sblocco dei crediti verso la pubblica amministrazione tramite il factoring e gli anticipi bancari. Il nostro intervento mira


Gabriele Piccini, country chairman di Unicredit

Dovremmo concentrarci maggiormente per definire una strategia europea condivisa ed efficace di contrasto della crisi

a valorizzare la disponibilità degli enti, a certificare e accettare la cessione dei crediti vantati dalle imprese nei loro confronti. Proprio in questi giorni abbiamo messo a disposizione di Sace una linea di credito da 500 milioni finalizzata allo smobilizzo dei crediti delle pmi verso le amministrazioni centrali e regionali». In che modo poter incentivare da una parte gli investimenti esteri in Italia e dall’altra, soprattutto, favorire l’internazionalizzazione delle aziende italiane? «L’internazionalizzazione delle aziende italiane è uno dei cardini del nostro piano di azione da qui al 2015. Un’iniziativa già testata con successo è l’organizzazione di momenti di incontro tra le imprese del made in Italy e buyer stranieri selezionati dalle nostre banche estere. Per gli imprenditori che vogliono aumentare il proprio business all’estero o che cercano sbocchi in nuovi mercati abbiamo creato invece un programma di formazione e consulenza. Poi c’è “Unicredit International“, un portale che fornisce servizi di ricerca e informazione sui mercati di sbocco e sui potenziali partner internazio-

nali. Nell’ambito della rete commerciale italiana, abbiamo creato sul territorio 50 centri di supporto alle piccole e medie aziende che approcciano i mercati esteri, per accompagnarle nelle fasi di analisi del mercato e di scelta delle modalità operative più opportune. Infine, in tutte le banche estere del Gruppo è attivo un international desk in grado di supportare le aziende in lingua italiana con servizi di consulenza e orientamento, oltre che finanziari». Dopo quella del dicembre scorso, il 29 febbraio la Bce ha introdotto una seconda asta straordinaria da 529 miliardi. Quanti di questi stanno servendo effettivamente a ridurre la stretta creditizia per aziende e famiglie? «Le banche italiane, che prestano all’economia poco meno di 2mila miliardi di euro, hanno partecipato all’asta per 139 miliardi, di cui circa 60 sono andati a rinnovare precedenti prestiti con scadenze più brevi. Detto questo, le aste della Bce sono strumenti importanti. La prima di dicembre ha consentito alle banche di superare il blocco del mercato interbancario a seguito della crisi dei debiti sovrani e di mantenere lo EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 27


CREDITO & IMPRESE

stock di crediti che altrimenti avrebbero do- tra le imprese operanti nelle diverse parti vuto diminuire. La seconda ha consentito alle banche italiane di mettere in atto la moratoria, con cui gli interessi sui debiti delle imprese possono essere congelati per 12 mesi. Per vedere ulteriori effetti positivi sulla concessione di credito è necessario che si consolidi la diminuzione del differenziale dei tassi tra Bund e Btp, che in questi giorni sembra essersi viceversa interrotta». In questi giorni, dopo un periodo che poteva assomigliare a un sospiro di sollievo, lo spread è tornato a salire. Quanto questa crisi è figlia della speculazione? «Si sono riaffacciati sui mercati alcuni timori relativi alla sostenibilità delle manovre di bilancio messe in atto da alcuni dei paesi periferici. A ciò si aggiungono le preoccupazioni per un ciclo economico che, senza decise azioni di stimolo, rischia di essere negativo in misura superiore rispetto alle previsioni. Ritengo che dovremmo concentrarci maggiormente per definire una strategia europea condivisa ed efficace di contrasto della crisi. E che sia riconoscibile dagli investitori». Il governatore di Bankitalia Visco ha ipotizzato una crescita del sistema Italia nel 2013, dopo un 2012 di recessione. Quali devono essere le direttrici per un’effettiva ripresa? «A livello politico-istituzionale bisogna proseguire con le riforme, inserire qualche elemento di stimolo all’economia e lavorare per rimuovere le cause che oggi determinano differenze insostenibili, in termini di costo della liquidità e quindi del credito,

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della stessa Unione europea. A livello bancario, esercitare la massima responsabilità nel concedere il credito, in modo da supportare con i necessari mezzi finanziari le iniziative economiche più strutturate, innovative e aperte ai mercati internazionali, che possono creare valore in maniera duratura e sostenibile. A livello imprenditoriale, cercare ogni possibilità di crescita e rafforzamento patrimoniale, anche attraverso forme di aggregazione innovative come le reti d’impresa». Nei primi mesi di quest’anno è stata rilevata una riduzione della domanda per i prestiti da parte delle aziende. Questo però riguarda i prestiti per finanziare gli investimenti, non quelli per finanziare una ristrutturazione del debito e il fabbisogno di capitale circolante. Andando avanti di questo passo, il rischio non è quello di arrivare al 2013 con delle aziende ferme? «Nei periodi di crisi il riflesso condizionato porta a rimandare gli investimenti. È un comportamento comprensibile, ma comporta il rischio di perdere competitività e non essere quindi in grado di agganciare la ripresa. Nei limiti del possibile gli investimenti andrebbero salvaguardati. Anche per questo nel nostro piano “Unicredit per l’Italia” abbiamo previsto, accanto alle risorse per finanziare il circolante, uno sforzo importante per il supporto della patrimonializzazione, della crescita dimensionale, dell’innovazione e della nuova imprenditoria».


Il condirettore di Cariparma, Philippe Voisin

SEMPRE VICINI ALLE IMPRESE SANE Le aziende faticano ancora ad accedere al credito, ma grazie alle maxi operazioni di liquidità della Bce la situazione sembra migliorare e si ipotizza una riduzione dei tassi d’interesse. Philippe Voisin fa il punto della situazione di Teresa Bellemo

a battuta d’arresto dell’economia globale causata dalla forte instabilità dei mercati finanziari ha determinato una maggior cautela da parte del sistema bancario nel concedere credito e finanziamento ad aziende e famiglie. In Italia le dinamiche altalenanti dello spread hanno ulteriormente ridotto la capacità del sistema bancario nazionale di andare incontro alle necessità delle aziende in crisi, dovendo inizialmente provvedere alla propria solidità per poter affrontare le continue incertezze dei mercati. Per Philippe Voisin, condirettore di Cariparma, le aziende emiliano-romagnole che mostrano prospettive economiche positive devono mostrarsi fiduciose nei confronti del sistema bancario regionale, il quale, a sua volta, grazie alle due aste della Bce e alla riduzione dello spread, è sano e vede possibile una riduzione dei tassi praticati alle imprese. La maggior parte dell’erogazione straordinaria della Bce di dicembre è stata utilizzata per acquistare titoli di Stato, facendo in modo

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di ridurre lo spread. La seconda asta di fine febbraio sta servendo effettivamente a ridurre la stretta creditizia per aziende e famiglie? «Da inizio anno abbiamo assistito a una prima timida inversione di tendenza nel mercato dei mutui con uno spread che dopo otto mesi di rialzi consecutivi ha iniziato finalmente a scendere, pur rimanendo a livelli ancora alti. Le maxi operazioni di liquidità realizzate dalla Bce hanno iniziato quindi a influire sul sistema dei finanziamenti. Certo i problemi di liquidità permangono e non è pensabile che si verifichi a breve un drastico calo dei tassi. È plausibile che si ottenga un assottigliamento del differenziale di spread tra tasso fisso e variabile. Va tenuto in conto però che gli interventi attuati oggi sono il frutto della prima asta di rifinanziamento a tre anni del 21 dicembre scorso. In questo senso per iniziare a vedere i riflessi della seconda asta di febbraio sarà necessario a mio avviso attendere i prossimi mesi, che vedranno un ulteriore abbassamento degli spread dando maggiore ossigeno a famiglie e imprese». Il tasso di riferimento per le imprese a feb- EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 29


braio è sceso al 4,59% dal 4,64 di gennaio stanziato a favore delle principali associazioni 2012. Dato che la Bce ha tagliato il costo del denaro all’1 per cento, si può fare di più? «Certamente sì. I principali tassi di mercato sono già oggi in netta fase discendente, anche grazie alle recenti immissioni di liquidità nel sistema da parte della Bce. Il calo più contenuto dei tassi di riferimento per le imprese è dovuto al fatto che le banche continuano a operare in un contesto particolarmente difficile, caratterizzato da una sempre più scarsa propensione al risparmio delle famiglie, da un conseguente aggravio dei costi di raccolta, da vincoli regolamentari sempre più stringenti. Nel medio termine sono comunque fiducioso che si possano creare le condizioni per un più marcato calo dei tassi praticati alle imprese, sempre nel quadro di un miglioramento del contesto di mercato dove oggi operano gli istituti bancari». Riduzione di liquidità e difficoltà a incassare i pagamenti sono il problema esiziale per le aziende della regione. Il sistema bancario come può inserirsi in questo meccanismo? «Le banche del territorio sono impegnate a favorire la continuità dell’afflusso di credito a tutto il sistema produttivo. Le pmi con adeguate prospettive economiche possono reperire presso il sistema bancario regionale, ancora solido e liquido, le risorse finanziarie per superare la fase più acuta della crisi per poi ripartire non appena lo scenario economico lo consentirà. Segno concreto del sostegno al sistema produttivo locale sono i numerosi plafond creditizi che Cariparma ha

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di categoria imprenditoriali e ai relativi confidi. Da ricordare, inoltre, la recente adesione del Gruppo all’accordo nazionale “Nuove misure per il credito alle pmi”, che consentirà alle piccole e medie imprese di sospendere o allungare i mutui in essere». Destinazione principale delle risorse finanziarie per le imprese emiliano-romagnole sono le spese correnti, i debiti e le spese per il personale. Come potrà esserci un’effettiva ripresa se le imprese non riescono a investire in innovazione e ricerca? «Oggi purtroppo l’acuirsi della crisi obbliga le imprese a impiegare gran parte delle risorse finanziarie disponibili per tamponare gli squilibri della gestione corrente. Resto comunque fermamente convinto che le aziende che non investono in innovazione e ricerca non riusciranno nel lungo termine a competere né sui mercati nazionali né su quelli internazionali. È assolutamente necessario riprendere a investire in ricerca e innovazione in un’ottica di medio-lungo termine e migliorare la competitività. Da parte nostra non faremo mancare alle imprese intenzionate a investire gli strumenti e le risorse necessarie. Già da qualche anno, Cariparma mette a disposizione delle aziende emiliano-romagnole un prodotto dedicato denominato “Finanziamento innovazione”. Si tratta di un finanziamento a medio-lungo termine particolarmente flessibile nella struttura di erogazione e di rimborso, di durata fino a 96 mesi, che non richiede alcuna garanzia reale».



CREDITO & IMPRESE

FUORI DALLA CRISI, INSIEME La moratoria dell’Abi e il piano “Unicredit per l’Italia” puntano entrambi a rafforzare il comparto aziendale, grazie al supporto diretto all’innovazione e al finanziamento e all’ottimizzazione del capitale circolante delle imprese. Parola di Luca Lorenzi di Teresa Bellemo

a crisi economica che il nostro Paese e, più in generale, l’intera economia internazionale sta affrontando rischia di non essere facilmente risolvibile e, soprattutto, difficilmente può trovare soluzione a livello unicamente nazionale, in quanto interconnessa con meccanismi ben più globali. Questo però non deve essere motivo per gli istituti bancari e le imprese stesse di delegare fuori dai confini nazionali il metter in campo tentativi che perlomeno alleggeriscano e rendano più semplice l’uscita da questo momento di recessione. A questo scopo servirebbe una maggior strutturazione delle piccole e medie imprese italiane, rafforzandosi ricapitalizzando. Inoltre, gli organismi bancari dovrebbero finanziare maggiormente sia il capitale circolante delle imprese che quello necessario per favorire la loro internazionalizzazione e competitività. Su questo solco si inseriscono il programma “Unicredit per l’Italia” e la moratoria per i debiti delle pmi sottoscritta dall’Abi. L’ana-

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lisi di Luca Lorenzi, responsabile di territorio Centro-Nord per Unicredit e direttore della commissione regionale dell’Abi. Qual è l’intento dell’Abi riguardo la moratoria per i debiti delle pmi? «Quello della moratoria è uno strumento utile per intervenire a supporto delle imprese in una fase congiunturale complessa e di emergenza come quella attuale. Resta tuttavia prioritario che anche le imprese facciano la loro parte, in particolare investendo capitale proprio nell’azienda al fine di rafforzarla in termini patrimoniali. Solo questo sforzo congiunto può dare autentico valore a strumenti importanti come la moratoria. Nell’ambito del procedimento “Avviso comune Abi” hanno aderito oltre 260.000 aziende e ben 55.000 famiglie, consolidando un debito complessivo di oltre 77 miliardi di euro. Anche in questa occasione, abbiamo la sensazione che le cifre saranno assolutamente rilevanti, a testimonianza di uno sforzo notevolissimo da parte del sistema bancario».


Luca Lorenzi, responsabile di territorio Centro-Nord per UniCredit e direttore di Abi per l’Emilia Romagna

In Italia la restrizione finanziaria è resa più grave dall’allungamento dei tempi di pagamento da parte non solo del pubblico, ma anche del privato. Che fare? «Questo è indubbiamente un problema che grava sulla liquidità delle nostre imprese. Da questo punto di vista Unicredit offre soluzioni specifiche in termini di factoring. Ad esempio, vogliamo lavorare sul fronte del finanziamento e dell’ottimizzazione del capitale circolante delle imprese, con un piano specifico che fa leva su Unicredit Factoring per accelerare lo smobilizzo dei crediti verso la pubblica amministrazione. In particolare, Unicredit si propone di aumentare del 50% il proprio livello di operatività per quanto riguarda l’anticipo fatture dei crediti delle imprese verso la Pa, superando nettamente la quota di mercato che la banca detiene oggi nel settore». Qual è lo stato di salute del sistema bancario emiliano-romagnolo? «Lo stato di salute del sistema regionale non è molto differente da quello del sistema bancario nazionale, caratterizzato in gran parte da banche commerciali di medie dimensioni, molto vicine al territorio e ai loro clienti. Quindi, tutti quanti risentono dell’attuale situazione di crisi e, soprattutto, di un notevole aumento delle sofferenze, che in Emilia Romagna hanno raggiunto e superato

il 5,3% a dicembre scorso rispetto al totale dei crediti, con un cospicuo incremento sull’anno precedente». Destinazione principale delle risorse finanziarie per le imprese emiliano-romagnole sono le spese correnti, i debiti e le spese per il personale. Come potrà esserci un’effettiva ripresa se le imprese non riescono a investire in innovazione e ricerca? «Nel piano messo in campo da Unicredit abbiamo deciso di dedicare un capitolo specifico alla crescita dimensionale delle imprese, che è strettamente collegata al supporto diretto all’innovazione, altra condizione necessaria per competere su mercati contraddistinti da sempre maggiore concorrenza e da una spinta decisa verso le nuove tecnologie. In questo ambito un focus specifico è riservato alla nuova imprenditoria e alla riprogettazione di specifici distretti e aree industriali. Nell’ambito del supporto ai progetti per l’innovazione, ad esempio, è stato avviato uno specifico piano di mappatura delle aziende che promuovono ricerca e sviluppo in Emilia Romagna. Si tratta di un archivio, consultabile via web, che ha già permesso di individuare e analizzare circa 2mila imprese emiliane che investono a vario titolo su ricerca e sviluppo. Ciò consentirà di effettuare un’analisi di contesto sulle aziende al fine di supportarne la crescita». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 33


CREDITO & IMPRESE

DIAMO CREDITO ALLE IMPRESE La crisi economica e la stretta creditizia rischiano di vanificare ciò che di buono ha fatto l’imprenditoria regionale negli ultimi anni. Ci deve essere la disponibilità delle banche di capire le imprese per evitare un dialogo tra sordi. Ne parla Alessandro Volta di Teresa Bellemo

erogazione del credito da parte degli istituti bancari risulta ormai di fondamentale importanza per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese. Ottenere finanziamenti e liquidità dalle banche permette alle imprese non solo di far fronte alle spese correnti, come il pagamento dei fornitori e del personale, ma anche poter ripianare i propri debiti e, nella migliore delle ipotesi, poter investire in ricerca e innovazione, migliorando in competitività. Proprio considerando questi aspetti, gli imprenditori emiliano-romagnoli non promuovono il sistema bancario regionale. Anche Alessandro Volta, presidente di Fidindustria Emilia Romagna, sottolinea come questa difficoltà nell’aprire i cordoni della borsa a lungo andare possa vanificare ciò che è stato fatto di buono nel comparto imprenditoriale della regione negli anni precedenti alla crisi. «Certamente l’opera di stabilizzazione dei mercati finanziari e la risoluzione del problema dei debiti sovrani è una prima condizione necessaria affinché torni ad es-

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serci più disponibilità di credito anche sulle operazioni di ristrutturazione del debito o di finanziamento del circolante. Ma già adesso le imprese hanno il fiato grosso». Qual è lo stato di salute delle imprese della regione? «Le imprese emiliano-romagnole rappresentano un tessuto imprenditoriale sano che sta affrontando un periodo difficile e che può mettere in crisi quanto di buono fatto registrare nel corso degli anni in termini di capacità competitiva. Gli elementi di difficoltà sono ampiamente noti e li riassumerei in due ordini, uno di tipo economico e l’altro di tipo finanziario. È evidente che il periodo recessivo sta mostrando una domanda aggregata sempre più depressa: i consumi interni sono ai minimi, mentre quasi del tutto assenti sono ormai gli investimenti. Dall’altro il problema finanziario è altrettanto evidente: i cicli di pagamento e incasso sono sempre più lunghi e in particolare chi opera con la pubblica amministrazione incassa con molti mesi di ritardo. In questo quadro preoccupante, le


Alessandro Volta, presidente di Fidindustria Emilia Romagna

imprese locali, che in molti settori hanno comunque una elevata propensione all’esportazione, riescono a mantenere discreti livelli produttivi pur in quadro concorrenziale sempre più difficile». In Emilia Romagna, riguardo l’erogazione del credito, gli imprenditori danno un giudizio negativo del sistema. Cosa manca? «Dal mio osservatorio rilevo che certamente non è migliorato il dialogo. Le banche non impiegano perché sottostanno a complesse normative di vigilanza, ma la reazione di chiusura rispetto alle richieste delle imprese spesso sono eccessivamente dure e massive: l’esempio può essere dato dalle imprese del settore edile che stanno subendo un vero e proprio ostracismo da parte del sistema del credito, anche al di là dei loro demeriti, solo per il fatto di appartenere a tale settore. Da parte delle imprese, invece, deve migliorare la capacità di dare un’informativa prospettica sulle loro attività in grado di dimostrare su dati plausibili la loro capacità di rimborsare i prestiti. Lo sforzo su questo terreno per una pmi è particolarmente gravoso e gli sforzi che le imprese fanno su questo versante devono essere compresi dal mondo bancario. In caso contrario rischia di essere ancora un dialogo tra sordi». Qual è la sua opinione sulla moratoria dei debiti delle pmi? «La moratoria Abi, giunta di fatto alla sua

terza edizione, è un’azione tampone che risulta senz’altro utile a chiudere una falla, ma non a rimettere in piena efficienza il sistema. Va rilevato che rispetto alle precedenti prevede un’interessante e, a mio avviso, importante novità che riguarda i finanziamenti per la capitalizzazione delle imprese. Nell’accordo tale possibilità è declinata solo in termini di disponibilità generica, ma noi abbiamo già collaborato con le banche per farne un prodotto finanziario attrattivo per le imprese: in sostanza il finanziamento dell’aumento del capitale sociale delle imprese può essere richiesto fino a quattro volte, a seconda degli istituti di credito. Mi auguro che tale possibilità non resti solo una dichiarazione di intenti ma sia una modalità di finanziamento in grado anche di migliorare la struttura finanziaria delle pmi, storicamente caratterizzate da una cronica sottocapitalizzazione». Quale potrebbe essere una ricetta verosimile per uscire dalla crisi? «La crisi è talmente di vasta portata che si fa fatica a trovare ricette efficaci come singolo Paese. Mi auguro che sempre più ci sia una regia quantomeno europea in grado di trovare efficaci risposte non solo in termini di salvaguardia del sistema credito, ma in grado di rilanciare investimenti e consumi. Certo è che i continui balbettii delle nostre istituzioni europee possono generare ulteriori preoccupazioni in tal senso». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 35




LAVORO

Riforma del lavoro, il nodo è la flessibilità Realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo. Questo è l’obiettivo che si è posto il governo con la nuova riforma. Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro, ne prende in considerazione alcuni aspetti Francesca Druidi

dieci anni dalla morte di Marco Biagi, l’Italia sta affrontando i passaggi decisivi che condurranno alla nuova riforma del mercato del lavoro. A commentarne punti negativi e positivi è Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, attuale direttore del Centro studi internazionali e comparati “Marco Biagi”. In attesa del vaglio del Parlamento, cosa c’è di buono e di “sbagliato”, a suo avviso, nel testo presentato il 23 marzo? «In generale, posso dire che se è vero che si fa un passo avanti, è altrettanto vero che se ne registrano anche due indietro. La concezione di flessibilità nel mercato del lavoro insita nel progetto di riforma è agli antipodi rispetto a quella

A Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

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che ha guidato l’azione riformatrice degli ultimi dieci anni. Si afferma l’equazione flessibilità uguale precarietà e si rinuncia a tutelare il lavoratore all’interno della flessibilità, tentando di ricondurlo quasi esclusivamente sul modello standard di lavoro a tempo indeterminato, affidando la speranza di creazione di maggiori posti di lavoro unicamente alla minore rigidità dei regimi di protezione dell’impiego». La riforma, al momento, non tocca il lavoro pubblico. Cosa pensa al riguardo? «Il testo presentato dal ministro Fornero prevede che eventuali adeguamenti per il settore pubblico “saranno demandati a successive fasi di confronto”. È innegabile, però, che siamo di fronte a un duplice paradosso. Dati alla mano, infatti, la “flessibilità cattiva” che la riforma vuole combattere si nasconde molto di più nella Pa che non nel settore privato. Questo anche se nel lavoro pubblico non si applica la legge Biagi». Un capitolo importante riguarda gli ammortizzatori sociali. Quale fattibilità esiste nel concreto per l’assicurazione sociale per l’impiego? «Nell’ultimo decennio, non è mai stata chiusa una riforma organica e strutturata degli ammortizzatori sociali e questo ha indirettamente giustificato molti giudizi scorretti e frettolosi sulla legge Biagi. Invero, però, dall’inizio della crisi gli interventi sono stati tanti e hanno garantito l’universalità degli ammortizzatori. Era necessario ordinare questi interventi e tornare alla


Michele Tiraboschi

Si afferma l’equazione flessibilità uguale precarietà e si rinuncia a tutelare il lavoratore all’interno della flessibilità

matrice assicurativa di ogni forma di strumento di sostegno al reddito. Questo è stato fatto ed è positivo. Positiva anche la previsione di una mini Aspi, rivolta ai lavoratori più atipici. Bisognerà ora verificare quanto possa reggere in Italia un modello di ammortizzatore sociale che si ispira alle regolazioni del lavoro nordiche, dove cultura e spesa pubblica sono ben differenti dalle nostre». Ritiene sufficientemente efficaci le disposizioni in merito alle politiche attive per l’impiego e all’incentivazione dell’occupazione femminile e giovanile? «Il testo della riforma mi sembra piuttosto debole per quanto riguarda la questione delle politiche attive che, forse non a caso, si trovano tra le ultime voci. Ciò che emerge è una serie di enunciazioni di principio di carattere molto generale, senza una reale proposta concreta. Inoltre le Regioni hanno già comunicato una certa irritazione, essendo la materia di loro compe-

tenza. Per quanto riguarda l’occupazione femminile, invece, mi sembra ci siano delle contraddizioni evidenti. Da un lato, infatti, la riforma propone un rilancio delle politiche conciliative, dall’altro, però, viene ad appesantire lo strumento del part-time che è universalmente riconosciuto come uno dei migliori mezzi di conciliazione vita-lavoro. Infine, in merito all’apprendistato, il governo - soprattutto grazie alla posizione netta delle parti sociali - si è convinto che debba essere la modalità privilegiata d’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, come già regolato dal Testo unico del settembre 2011. Certo, anche in questo caso, occorrerà vigilare che l’incentivo occupazionale non vada a discapito di quello formativo, che costituisce la vera forza di questo strumento». Nonostante l’Emilia Romagna possa vantare una solida tradizione di sostegno al lavoro, gli ultimi dati restituiscono uno scenario tuttora molto incerto sul fronte occupazionale. Tutto dipende dalla crisi generalizzata o si può fare qualcosa di più a livello economico e istituzionale? «Fino a quando si continua a pensare che sia sufficiente modificare le tipologie contrattuali per ridurre la disoccupazione, non si avranno cambiamenti significativi. La vera sfida che occorre vincere è quella contro il lavoro nero. I dati sul sommerso dimostrano, paradossalmente, come il lavoro in Italia non manchi. Solo facendo emergere ciò che non appare, potremo avere tassi occupazionali in linea con i nostri competitor europei e internazionali, oltre che attirare i loro investimenti. Inoltre, ricordo che il mercato del lavoro non è un mercato “indipendente”, ma estremamente connesso alle condizioni economiche complessive. Senza vera ripresa economica non ci può essere ripresa occupazionale, nonostante tutti i possibili interventi sulla regolazione delle tipologie contrattuali». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 39


LAVORO

Affrontare la stretta retributiva Le aziende hanno reagito alla crisi congelando aumenti di merito e la parte variabile degli stipendi. I possibili effetti della riforma del lavoro in questo ambito sono esaminati da Simonetta Cavasin, general manager di Od&m Consulting Francesca Druidi

i registra, considerando l’inflazione, una caduta delle retribuzioni in Italia dal 2007 al 2011 che ha riguardato in maniera trasversale tutte le categorie professionali. La questione delle buste paga snelle costituisce, del resto, un altro aspetto problematico del mercato del lavoro del nostro Paese. La riforma del Governo Monti saprà modificare questo scenario? Una valutazione la offre Simonetta Cavasin, general manager di Od&m Consulting, organizzazione appartenente a Gi Group attiva nel settore delle indagini retributive e nella consulenza per la valorizzazione delle risorse umane. Quali sono le principali tendenze sulle retribuzioni che avete riscontrato nelle ultime ricerche condotte? «Il 2011, e più in generale l’ultimo quinquennio, si è rivelato un periodo di sofferenza sotto l’aspetto retributivo: la crescita delle retribuzioni è stata inferiore all’inflazione, e ciò ha determinato una perdita di potere d’acquisto che ha impattato in maniera diffusa sulle famiglie professionali che fanno parte del mercato del lavoro. Si riscontra ancora una forte prevalenza della Ral (retri-

S Simonetta Cavasin, general manager di Od&m Consulting

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buzione annua lorda) nel pacchetto retributivo e un’incidenza sempre molto contenuta della retribuzione variabile percepita. Continuano, inoltre, a persistere differenze retributive tra Nord e Centro-Sud, tra grandi aziende e pmi e tra uomini e donne». La recente riforma del mercato del lavoro mira a rinforzare l’istituto dell’apprendistato come modalità di accesso dei giovani al mondo del lavoro. Può essere considerata una buona soluzione? «Pensiamo sia lo strumento su cui puntare e che debba diventare sempre di più il principale canale di accesso dei giovani al mondo del lavoro. Da una nostra recente ricerca emerge che c’è ancora molto lavoro da fare sull’apprendistato: quasi il 90 per cento delle aziende utilizza, infatti, il contratto di apprendistato principalmente per i vantaggi economici che ne derivano. Solo un’azienda su tre aggiunge come motivazione l’intenzione di far crescere all’interno dell’azienda i lavoratori, così come un’azienda su tre sostiene di usare l’apprendistato per formare le persone secondo le esigenze aziendali. In più, la capacità delle aziende di formare i lavoratori risulta insufficiente, tant’è vero che solo il 36% di esse si sente in condizione di garantire autonomamente la formazione, mentre 3 aziende su 5 ricorrono a strutture


Simonetta Cavasin

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Da una nostra recente ricerca emerge che c’è ancora molto lavoro da fare sull’apprendistato

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4,5% STIPENDIO Calo percentuale, al netto dell’inflazione, della retribuzione totale annua dei dirigenti in Italia dal 2007 al 2011

6,7% COMPENSO Decremento percentuale, al netto dell’inflazione, della retribuzione totale annua degli operai in Emilia Romagna dal 2007 al 2011

esterne per l’erogazione. In risposta a questi comportamenti, pensiamo che soggetti terzi come le agenzie per il lavoro possano fungere da “facilitatori”, da un lato per sgravare l’azienda da tutta una serie di incombenze, e dall’altro, per fornire al lavoratore un adeguato piano formativo, seguendolo in tutto il suo percorso». Può questa riforma contribuire a creare le condizioni per una crescita dei livelli occupazionali e delle dinamiche contributive? «Il punto di partenza della riforma, che è lavorare sull’occupabilità delle persone e non sulla garanzia “eterna” del posto di lavoro che si occupa, è un principio moderno e realistico. L’insieme delle norme persegue questo obiettivo in una logica di mediolungo periodo. Crediamo che sia necessario porre attenzione agli effetti di breve periodo della riforma che, in un momento di forte recessione economica, potrebbero andare in

controtendenza proprio perché le aziende sono ancora in una fase di contrazione degli investimenti». Per quanto riguarda nello specifico l’Emilia Romagna, ci sono particolari tendenze che possono essere evidenziate a livello retributivo? «In Emilia Romagna non vi sono particolari differenze rispetto all’andamento del mercato retributivo nazionale. I trend del 2011 sono positivi per i dirigenti e soprattutto per gli operai, mentre le retribuzioni di quadri e impiegati calano leggermente. In termini assoluti, i livelli retributivi di dirigenti e quadri sono in linea con i livelli nazionali, mentre impiegati e operai percepiscono stipendi superiori rispetto alla media nazionale. Il “compensation mix” vede ancora la prevalenza della componente fissa della retribuzione, che pesa più del 90% nel pacchetto retributivo ed è ancor più prevalente che a livello nazionale». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 41


LAVORO

Un piano di sviluppo per economia e lavoro e prospettive del mercato del lavoro si intrecciano con la recessione in atto». È l’analisi di Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia Romagna, sull’occupazione in regione, alla luce anche delle previsioni di scenario di Unioncamere e Prometeia, in base alle quali è previsto un calo dello 0,7 per cento degli occupati nel 2012. «La moderata ripresa del Pil dovrebbe coniugarsi nel 2013 con un’ulteriore, anche se più contenuta, riduzione dell’occupazione». I più colpiti restano i giovani. «È cresciuta la fascia di chi, scoraggiato, non studia e non cerca occupazione, a conferma di un dualismo del mercato del lavoro inefficiente e ingiusto». Quali i comparti maggiormente in difficoltà in termini di occupati? «Le previsioni per il 2012 indicano che a soffrire maggiormente, oltre alle costruzioni, è l’industria in senso stretto, con una flessione pari all’1,8 per cento. Che nel settore edile persista una grave situazione è attestato dalla flessione dell’11 per cento nel 2011 (se si confronta con il 2008 la riduzione sale al 22,3), costata in termini assoluti circa 15.000 addetti tra dipendenti e autonomi. Il 2011 è stato un anno negativo anche per le attività commerciali (compresi alberghi e ristoranti), i cui addetti sono calati del 3,3 per cento rispetto al 2010, a causa della debolezza della domanda interna. In controtendenza, i servizi diversi dalle attività commerciali, caratterizzati da una crescita media degli occupati del 5,6 per cento dal 2008». Il sistema industriale e quello sociale che usciranno da questa fase di crisi saranno qualcosa di diverso da quello che conoscevamo. Quali contorni avranno? «Ci troviamo di fronte a una crisi strutturale che rende inefficaci le tradizionali modalità di gestione dei problemi. La crisi del debito sovrano

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Le previsioni occupazionali per il 2012 non sono incoraggianti per l’Emilia Romagna. Ugo Girardi, auspica «un equilibrio più avanzato tra competitività delle imprese e coesione sociale» Francesca Druidi

di alcuni paesi dell’Ue mette in discussione non solo la moneta unica, ma il modello stesso di economia sociale di mercato promosso dalle istituzioni comunitarie. Da questo punto di vista, il “Patto per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” promosso dalla Regione e sottoscritto anche dal sistema camerale prende le mosse da una consapevolezza suffragata dai dati statistici. Per riprendere a crescere non basta la competitività delle imprese, impegnate a incrementare le esportazioni verso i mercati emergenti. Serve con urgenza il varo di un piano straordinario delle istituzioni comunitarie per consentire all’economia europea, pur salvaguardando le esigenze di contenimento della spesa pubblica, di imboccare un nuovo sentiero di sviluppo. All’Emilia Romagna, che resta una delle regioni più dinamiche nel contesto europeo, spetta a sua volta costruire un equilibrio più avanzato tra competitività delle imprese e coesione sociale».

Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna



LAVORO

Fare in modo che le imprese tornino ad assumere L’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invita il Governo Monti a una revisione del disegno di legge in materia di lavoro, eliminando rigidità e vincoli e riducendone la complessità. Aspetti che non assicurano le sufficienti certezze alle imprese Leonardo Testi

Maurizio Sacconi, senatore del Popolo della Libertà

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ncrementare in maniera significativa l’orientamento delle imprese italiane ad assumere, nonostante tutte le incertezze del presente e soprattutto del futuro, generando così nuova occupazione. Questo per Maurizio Sacconi deve essere l’obiettivo prioritario della nuova riforma del lavoro attesa dal paese e dai lavoratori italiani. «Preoccupa, e non poco – ha dichiarato il senatore in una nota – l’esplosione del tasso di disoccupazione dopo che, negli anni della gelata dell’economia globale, in Italia era rimasto più contenuto che altrove. Esso sollecita ancor più un tempestivo completamento delle riforme del lavoro, tale da produrre una maggiore propensione ad assumere in quanto le imprese sono scoraggiate dalle aspettative incerte e dalle ipotesi di nuove rigidità nella gestione dei rapporti di lavoro». Per Sacconi spetta al governo definire un punto di equilibrio tra flessibilità e sicurezza che, tenendo conto delle valutazioni della Commissione europea, sia in grado di produrre un saldo positivo per l’occupazione. «Guai a noi se la riforma dovesse definirsi in termini di complessiva maggiore rigidità e, quindi, di minore propensione ad assumere», ha ribadito Sacconi all’inizio di aprile. Le reazioni al disegno di legge presentato dal Governo Monti sono però risultate piuttosto negative, in primis quella di Confindustria. Al termine delle festività pasquali è, ad ogni modo, cominciato l’iter parlamentare. «Si tratta di un processo legislativo complesso, a un anno dalle elezioni, sulla materia più divisiva tra gli stessi grandi partiti che sostengono il governo. Conterà quindi anche il dettaglio, ove si nasconde spesso il diavolo, per stabilire il saldo finale della riforma e in particolare se farà compiere un passo indie-

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Maurizio Sacconi

tro o un passo avanti nella motivazione delle imprese». L’aspetto che preoccupa maggiormente Sacconi è il giudizio delle imprese, che temono flessibilità in uscita incerta contro rigidità in entrata più certa. «Il presidente Monti dovrebbe ascoltare con serenità e interesse le ragioni critiche delle imprese, dei consulenti del lavoro, di molti tecnici del diritto che segnalano, nella riforma presentata dal governo, la larga prevalenza di norme che evidenziano diffidenza e ostilità dell’amministrazione verso i datori di lavoro, inibizione all’uso dei contratti flessibili in un tempo di incertezze, maggiore costo del lavoro e una “compensazione” sull’articolo 18 che non introduce certezze sulla risoluzione del rapporto di lavoro». Sacconi invita, perciò, l’Esecutivo a operare decisive correzioni al testo iniziale. «È necessaria una diffusa ripulitura del testo da vincoli, sanzioni, complessità, oneri che ne rovesci l’approccio punitivo. A meno che non prevalga una lettura politicista fondata sulle convenienze del palazzo e non su quelle della maggiore occupazione. Sarebbe un’assurda contraddizione per il governo tecnico». Del resto, il Pdl ha già chiaramente espresso i punti cardine del suo manifesto del lavoro in occasione della conferenza nazionale del partito incentrata proprio su questo tema - il leitmotiv era “Più lavoro. Lavorare in più, di più, più a lungo” - tenutasi il 26 marzo scorso. Il manifesto inserisce tra gli obiettivi “una conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di famiglia a partire dalla modulazione degli orari”, oltre alla “diffusione dei servizi, anche aziendali, all’infanzia”, incentivando l’imprenditorialità e l’occupazione femminile. Altro cavallo di battaglia del Pdl è rappresentato dall’impegno a collegare in maniera più efficace il mondo della scuola e dell’università

Guai a noi se la riforma dovesse definirsi in termini di complessiva maggiore rigidità e, quindi, di minore propensione ad assumere

con quello delle imprese e del mercato del lavoro, “promuovendo il nuovo apprendistato non solo quale modo prevalente di accedere al lavoro, ma anche come percorso formativo per acquisire diplomi e qualifiche professionali, lauree, dottorati di ricerca, praticantati professionali. Per questo il Pdl sostiene la limitazione dei tirocini alla sola fase educativa e l’abrogazione delle collaborazioni coordinate e continuative o a progetto“. La visione del Pdl in merito al lavoro si struttura su concetti quali sicurezza, responsabilità, previdenza, ammortizzatori sociali e lotta al lavoro sommerso, anche attraverso lo strumento dei voucher. Soprattutto, “il Pdl confida che, a dieci anni esatti dalla morte di Marco Biagi, la nazione intera voglia trarre dalla sua memoria oggi condivisa la forza, anche morale, per superare barriere e pregiudizi realizzando un moderno Statuto dei lavori”. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 45


LAVORO

Il rischio è avere un mercato più rigido Troppa rigidità in entrata per la riforma del lavoro. È il commento di Giuliano Cazzola, esponente del Pdl e vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, che solleva perplessità sulle modifiche dell’articolo 18 Leonardo Testi

iuliano Cazzola ha espresso un parere decisamente sfavorevole sul testo di riforma del mercato del lavoro presentato dal Governo Monti il 23 marzo. In particolare, i dubbi del vicepresidente della commissione Lavoro della Camera si concentrano sulla flessibilità in entrata. Cosa non va? «Sulla flessibilità in entrata grava un’inaccettabile cultura del sospetto. Tutti i rapporti di lavoro flessibili sono ritenuti truffaldini e perciò illegittimi fino a prova contraria. Per superare la provafinestra della correttezza devono far valere requisiti incoerenti e assurdi, che finiranno per penalizzare anche la flessibilità cosiddetta “buona”. Ad esempio, il caso delle partite Iva: è assurdo che si consideri truffaldina la posizione di chi riceve il 75% del proprio reddito da un solo committente. Va poi fatto notare che non esiste un equilibrio tra minore precarietà in entrata e minore rigidità in uscita. Il mercato del lavoro diventa complessivamente più rigido». Al centro delle critiche c’è l’articolo 18. La

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Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera

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soluzione tedesca è stata ammorbidita? «Innanzitutto, non è vero che il giudice abbia libertà di scelta tra reintegra e indennizzo nel caso di licenziamento disciplinare poiché sono indicate le fattispecie in cui esso deve ordinare la reintegra. Per quanto riguarda il licenziamento economico, si tratta di una foglia di fico. Il giudice che ritiene ingiustificato quel licenziamento impiegherà un attimo ad andare alla ricerca di quelle che per lui sono le vere cause del recesso. La gran parte dei licenziamenti economici ritenuti ingiustificati finirà per diventare licenziamento discriminatorio. Meglio allora la soluzione tedesca anche per il licenziamento oggettivo». Come limitare l’utilizzo irregolare del regime delle collaborazioni a progetto? «Sono le collaborazioni i riporti che vanno disboscati. È la parasubordinazione il campo dei maggiori equivoci. Vanno abolite e drasticamente ridotte. Così si risanerebbe anche l’ambito delle partite Iva». In Emilia Romagna lo scenario occupazionale non mostra previsioni ottimistiche per il 2012. Qual è la sua valutazione? «Le cose vanno sicuramente meno peggio che in altre aree del Paese. Ma la situazione è pesante anche qui. Si sentirà soprattutto l’effetto dei tagli alla spesa degli enti locali che potranno assicurare meno servizi e a un costo più alto. La Regione sta varando un piano per l’occupazione dei giovani. Vedremo i risultati. Mi sembra, però, viziato da un errore di fondo: non si può fare insieme la lotta alla disoccupazione e alla cosiddetta precarietà, come la sinistra definisce quei rapporti di lavoro flessibili che, da soli, possono sbloccare il mercato del lavoro».



DISTRETTI INDUSTRIALI

Nuovi luoghi di cooperazione per il comparto tessile Secondo Franco Mosconi ora bisogna proseguire col rafforzamento della componente “immateriale” della produzione: «Che significa più sforzi nella ricerca, nel design e nella progettazione, nella commercializzazione» Elisa Fiocchi distretti tradizionali dell’Emilia Romagna hanno registrato valori positivi nell’arco di tutto il 2011, trainati fortemente dalla crescita delle esportazioni sui mercati esteri (+9,5%) e dalla ripresa del sistema moda (9,2%). Stando poi ai dati del servizio studi di Intesa Sanpaolo per Carisbo e Cariromagna, l’accelerazione degli scambi nel quarto trimestre dell’anno (+10,7%), ha segnato una dinamica migliore rispetto alla media nazionale grazie ai buoni risultati ottenuti sul mercato russo e su quello statunitense. «Pensiamo a cosa sarebbero i nostri tanti distretti del made in Italy se non potessero contare su mercati di sbocco sempre più grandi, benché sempre più lontani geograficamente» osserva Franco Mosconi, professore di economia industriale presso l’Università degli studi di Parma, riferendosi non solo ai paesi Bric, ma anche alla Turchia, al sud Africa, a larghissime parti dell’Asia e dell’America Latina. «Per semplificare possiamo dire che in questo pezzo di mondo il Pil cresce fra il 5 e il 10 per cento e la storia economica insegna che è la liberalizzazione degli scambi su scala mondiale, e non il protezionismo, l’autentico motore di questa crescita». Per quanto riguarda le esportazioni, la maggioranza dei distretti dell’Emilia Romagna s’indirizza proprio questi mercati (+17,7 per

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cento nel 2011), e in particolare Russia (+22,9), Polonia (+20,5), Turchia (+51,6), Brasile (+51,6). Quali prospettive offrono alle realtà produttive del sistema moda regionale? «In quei paesi si va formando una classe medioalta, con redditi comparabili a quelli dei paesi occidentali: e man mano che il reddito sale, una proporzione sempre minore di esso serve per i consumi indispensabili e, d’altro canto, una quota sempre maggiore va in consumi per abbigliamento di lusso, arredamento della casa di pregio, senza dimenticare il cibo di qualità: tutti settori - la moda in primis - dove l’industria emiliano-romagnola ha eccellenze. Le auto di lusso, si sa, le vendono i tedeschi anche se l’Emilia vende non poche Ferrari e Maserati». I mercati europei mantengono comunque cifre importanti: l’export è cresciuto in media del 5,5 per cento, con Francia (+8,6) e Germania (+4,2) in testa. Stando al tessile, attraverso quali modelli di business il distretto moda di Carpi sarà in grado di mantenersi competitivo anche sulla scena europea? «Guai a dimenticare questi punti di forza, ciò non

Franco Mosconi, professore di economia industriale presso l’Università degli studi di Parma


Franco Mosconi

significa cullarsi sugli allori, ma utilizzarli come trampolino di lancio. Dover vendere in mercati ricchi come quelli tedesco e francese ha abituato le imprese distrettuali - quelle carpigiane sono fra queste - a utilizzare entrambe le leve competitive, cioè la qualità e il prezzo, che vanno dosate con maestria. Dal 1999 poi, con la nascita dell’euro, le nostre imprese operano in regime di cambi fissi senza più la possibilità di operare le cosiddette “svalutazioni competitive” tipiche degli anni della lira. Ne è uscita accresciuta la necessità di conferire al prodotto una sempre maggiore qualità, rendendolo altresì riconoscibile con un proprio marchio. Da qui alla creazione di estese reti di negozi monomarca il passo è breve. Proseguire su questa strada, col rafforzamento di quella che gli esperti di direzione aziendale chiamano la componente “immateriale” della produzione, è un imperativo categorico: più sforzi nella ricerca, anche di nuovi materiali, nel design, nella progettazione e nella commercializzazione». Per quanto riguarda i consumi interni, come invece sarà possibile rilanciare la domanda nazionale?

«Questo è il punto davvero critico della situazione italiana: stipendi e salari fermi, per non dire in calo in termini reali, da anni e, dall’altra parte, tasse - nazionali, regionali e comunali - sempre più alte. Il potere d’acquisto dei cittadini, giocoforza, si è ridotto. Servirebbe un nuovo fisco capace di aiutare davvero le famiglie; dopo quella del 2006, sarebbe necessaria un’altra riduzione del “cuneo fiscale” che rende il costo del lavoro un po’ più basso per l’imprenditore e la busta paga del lavoratore un po’ più alta; un rilancio della spesa per infrastrutture, perché da molti anni la spesa corrente è aumentata a scapito degli investimenti. La montagna del debito pubblico, purtroppo, impedisce di fare queste cose con immediatezza e con la necessaria forza. La speranza di molti è che il Governo Monti, superata l’emergenza, riesca a iniziare anche queste riforme». Quali nuovi progetti di sviluppo, nell’ottica di fare sistema, possono promuovere la ricerca l’innovazione e la creatività del comparto tessile regionale? «In Emilia Romagna, lasciando stare i due grandi gruppi francesi, non abbiamo colossi mondiali come Luxottica e Benetton. Abbiamo però altre aziende medio-grandi, soprattutto “medie” secondo la definizione di Mediobanca-Unioncamere, che a loro volta mettono in moto filiere molte fitte di piccole imprese e artigiani. A mio avviso, due strutture collettive disegnate, entrambe, secondo il modello tedesco potrebbero rappresentare i luoghi ove far cooperare più strettamente tutte queste imprese, le grandi e le piccole. Mi riferisco a una grande scuola tecnica superiore, sulla scia della Fachschule, e a un Fraunhofer, gli istituti sparsi sul territorio e dedicati alla ricerca applicata, per il sistema moda. La Regione ha avviato interessanti iniziative e si tratta di vedere quanta distanza ancora ci separa da un assetto, sul piano dell’istruzione tecnica e della R&S, simile a quello di un Land tedesco. Perché l’Emilia Romagna è, e deve avere l’ambizione di continuare a essere, una grande regione d’Europa». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 49


IL TESSILE DI CARPI

Modernizzazione e aperture verso i mercati mondiali on il lancio del progetto Carpi Fashion System, le piccole e medie imprese che rappresentano le eccellenze del distretto tessile modenese, potranno usufruire di una serie d’opportunità e di servizi al fine di promuovere efficacemente le loro collezioni e i loro brand a livello internazionale. L’iniziativa, promossa dalle associazioni Cna, Confapi, Confindutria e Lapam, con il contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Carpi e del Comune e il coinvolgimento di Promec, intende rafforzare il ruolo del commercio estero seguendo la scia positiva di un 2011 concluso con una variazione tendenziale delle vendite estere di Modena al +8,7 per cento. «In questa particolare fase del ciclo economico, la crescita si è concentrata prevalentemente tra i settori maggiormente export-led, mentre poco sostenuta s’è dimostrata l’attività dei settori più legati alla domanda interna». Il presidente della Camera di Commercio di Modena, Maurizio Torreggiani, nell’analizzare l’andamento economico del comparto, si concentra sull’importanza delle nuove iniziative legate allo sviluppo e alla crescita di una rete d’imprese sul territorio. «Sono state organizzate missioni esplorative nei mercati in via di sviluppo che puntano all’incremento della presenza commerciale e operativa, nel cui ambito sono previste varie azioni: tra cui studi di fattibilità, ricerche di mercato, incontri bilaterali con operatori esteri, show room itineranti con particolare attenzione ai mercati di Cina, India, Russia e Brasile». Ma sono previsti anche eventi collaterali alle manifestazioni fieristiche, come sfilate, campagne promozionali e incontri con i buyer locali ed esteri. Come si chiude il bilancio del 2011 per il comparto tessile modenese e con quali prospettive per il futuro? «Complessivamente l’anno è terminato con in-

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Il ruolo del commercio estero assume sempre più rilevanza nelle vendite del comparto tessile modenese. Maurizio Torreggiani elenca tutte le iniziative a disposizione delle piccole e medie imprese per una promozione internazionale di successo Elisa Fiocchi

crementi modesti, quando non negativi, con una dinamica evolutiva in netto peggioramento nel quarto trimestre. L’indagine congiunturale della Camera di Commercio indica una produzione in flessione per la maglieria e stazionaria per l’abbigliamento. Nel 2011, infatti, il primo comparto ha mostrato un decremento del 2,6% rispetto al 2010, con un peggioramento nell’ultimo trimestre (-6,6%) che non lascia ben sperare per le prospettive a breve termine. L’abbigliamento ha registrato in media d’anno un +0,3%, e una variazione tendenziale del +0,9% nel quarto trimestre 2011». Quali mercati esteri si sono dimostrati finora vincenti in termini di vendite? «La Russia, in particolare, è un mercato molto


Maurizio Torreggiani

Maurizio Torreggiani, presidente della Camera di Commercio

vasto con un’ampia fascia di consumatori interessati ai beni di lusso, o comunque di alta gamma, come ad esempio alcune firme del tessile e dell’abbigliamento carpigiano. Dopo la battuta d’arresto del 2008, questo mercato è in ripresa ed è tornato ad essere uno dei principali canali di sbocco per il made in Italy». Attraverso quali strategie il distretto tessile modenese si afferma a livello internazionale? «Proprio in Russia, è stata costituita una task force italo-russa per lo sviluppo di distretti industriali nella Federazione, sul modello di quelli italiani. Quest’alleanza sottolinea la volontà, anche a livello politico, di rafforzare le collaborazioni industriali tra imprese. Gli altri paesi, come Polonia, Turchia e Brasile, rappresentano aree a basso costo di manodopera che consentono quindi delocalizzazioni produttive vantaggiose». Quale supporto offre la Camera di Commercio per continuare a sostenere e favorire la competitività delle aziende? «All’interno dell’ente è presente un’azienda speciale per l’estero chiamata Italy Empowering Agency (Promec) che fornisce assistenza e supporto a tutte le imprese che intendono affacciarsi

Il design e la creatività sono le nostre carte vincenti contro una concorrenza basata su politiche di prezzo

sui mercati esteri, tramite consulenza personalizzata, missioni operative, incontri d’affari e numerose altre attività». I mercati europei mantengono valori notevoli e restano il principale mercato di riferimento per le vendite delle imprese della provincia di Modena, con un +6% nel 2011. Quali sono i punti di forza del distretto moda in campo europeo e attraverso quali modelli di business promuove il made in Italy nel mondo? «Tra i punti di forza del nostro distretto troviamo il design e la creatività, ma anche l’innovazione e la qualità del prodotto: puntare su questi fattori competitivi ci consente di fronteggiare la concorrenza, che in gran parte in questo settore è basata su politiche di prezzo. Il comparto della moda vanta tradizioni antiche sul nostro territorio, che risalgono all’immediato dopoguerra, ma l’affermazione a livello internazionale è avvenuta intorno alla seconda metà degli anni Sessanta in un periodo di forte crescita della domanda europea. Negli anni il distretto ha vissuto profonde trasformazioni, sviluppando una rapida capacità di risposta alle esigenze di un mercato complesso, attraverso investimenti sui brand e sulla rete distributiva. Le imprese hanno realizzato che per mantenersi competitive è necessario intraprendere un processo di modernizzazione e di apertura verso i mercati mondiali». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 51


IL TESSILE DI CARPI

La maglieria dal design innovativo Il marchio Gotha, partendo dal tradizionale background del knitwear emiliano, si è fatto portavoce e pioniere dello spirito innovativo, che ha coinvolto il settore della maglieria Antonella Chirico

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Sonia Govi

a Campogalliano, in provincia di Modena, in quella che è considerata la patria del knitwear, che il gruppo Vidieffe crea nel 2004 il marchio Gotha, la prima linea di abbigliamento di maglieria di alta qualità che in breve tempo s’impone nel panorama italiano come una griffe dal forte concept design. «Le collezioni sono in grado di esprimere uno stile immutato nel tempo ma sono al contempo capaci di adattarsi e di cogliere mode e tendenze», racconta Sonia Govi, responsabile commerciale di Vidieffe. È proprio grazie al design che la maglieria ritrova la sua espressione più interessante, attraverso la continua ricerca e la sperimentazione di volumi, strutture e forme innovative. «Una creatività a 360 gradi, preziosa nei dettagli e volutamente femminile, che l’azienda ha espresso anche nel debutto della nuova linea “..à_la_fois…”, dedicata a una donna contemporanea alla ricerca di un look sofisticato e molto versatile per la collazione autunnoinverno 2012-13». Quali elementi della ricca tradizione del distretto modenese fanno parte dell’azienda? «Il gruppo Vidieffe ha radici profondamente radicate nel territorio emiliano ed è caratterizzato da un team stilistico eclettico, dallo spiccato gusto innovativo, attento a dettagli, forme inusuali, tessiture e rifiniture. Gotha si distingue proprio per un iter creativo che fa capo all’imprenditorialità di Vidieffe che ha investito in maniera considerevole nell’immagine e comunicazione del marchio. La qualità è l’elemento imprescindibile del brand che, pur mantenendo il suo core business legato alla maglieria, si è espresso, negli anni, in tutte le categorie merceologiche per arrivare a creare un total look dallo stile raffinato e sofisticato. Il tradizionale background del knitwear emiliano viene così aggiornato con la capacità di rimanere al passo con i tempi, di rinnovarsi

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Abbiamo incrementato la comunicazione per una maggiore penetrazione e visibilità nei mercati esteri esistenti e verso le nuove aperture dei mercati emergenti

con piccoli passaggi, per avere un capo finale, nei volumi utilizzati, nella scelta dei colori della collezione, inimitabile». Attraverso quali strategie il marchio Gotha si è imposto nel panorama del fashion italiano? «Seguendo un percorso in crescendo, è diventato presto sinonimo di stile presentandosi nel panorama italiano come una griffe dal forte concept design e con un mood, che caratterizza la creazione delle collezioni inedite, originali, pregiate, in grado di utilizzare i migliori materiali italiani e le più avanzate tecniche di maglieria. Gotha diventa così una linea che è espressione di qualità eccellente e design innovativo: questi plus le permettono di imporsi

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IL TESSILE DI CARPI

Manila Grace, eccellenza carpigiana nel mondo Antress Industry ha chiuso il 2011 con un fatturato di 70 milioni di euro, con un +40% derivante dalle vendite italiane. Ora le strategie del gruppo guardano all’espansione in Europa e Asia Tra il 2009 e il 2010, il marchio Manila Grace ha incrementato il proprio fatturato del 56%, registrando un ulteriore balzo in avanti nell’ultimo anno, con una crescita attorno al 40%. Il brand appartiene al Gruppo Antress Industry, una delle principali realtà del distretto tessile carpigiano, che comprende anche Doralice e la linea di abbigliamento E-gò, cresciuta del 90% nell’ultimo triennio. La distribuzione, per la quasi totalità italiana, le strategie di internazionalizzazione, ma anche, sottolinea Maurizio Setti, amministratore delegato e presidente del Gruppo, «l’artigianalità che caratterizza il nostro distretto, la creatività e l’uso della tecnologia più avanzata nella produzione», sono le carte vincenti di Antress Industry, che ha chiuso il 2011 con un fatturato di circa 70 milioni di euro e possiede 25 store Manila Grace, sei E-gò e un totale di 700 negozi multimarca in Italia. «La strategia dell’azienda ha puntato sulla dinamicità e sulla consapevolezza dei tempi nei quali viviamo», spiega Setti. «La nostra presenza in Europa sarà consolidata attraverso l’apertura di negozi monomarca e instaurando collaborazioni commerciali e distributive con nuovi partner esteri di rilievo nel panorama mondiale». Le medesime strategie saranno adottate per l’est Europa e l’Asia.

nel panorama fashion italiano, facendosi portavoce e pioniere di questo spirito innovativo che ha coinvolto il mondo della maglieria». Come il binomio tra qualità e design e la scelta dei materiali e delle tecniche di maglieria esprimono il concetto di made in Italy? «È proprio grazie al design che la maglieria trova la sua espressione più interessante, attraverso una ricerca e una sperimentazione di volumi, strutture e forme innovative che esaltano la personalità di chi le indossa. Un binomio che attualizza quel patrimonio di conoscenze e competenze unito all’utilizzo di materiali pregiati e lavorati secondo le tecniche tradizionali che è caratteristico del più autentico made in Italy». Il gruppo ha investito in maniera considerevole nell’immagine e comunicazione del marchio. Come l’azienda si è espansa sui mercati internazionali? «Vidieffe realizza la maggior parte del proprio fatturato sul mercato interno, ragion per cui una parte considerevole degli investimenti è da

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sempre stata rivolta allo sviluppo dell’immagine e della comunicazione dei suoi marchi. Adesso più che mai questa attenzione per l’immagine e la comunicazione è diventata fondamentale e, in prospettiva, è stata incrementata di una maggiore penetrazione e visibilità nei mercati esteri esistenti e verso le nuove aperture dei mercati emergenti». Quali sono gli obiettivi principali del gruppo per l’anno 2012? «La strategia è quella di proseguire e investire sull’espansione dei mercati internazionali per entrambi i marchi e, in particolare, per la debuttante “…à_la_fois…”; l’obiettivo principale, per quanto riguarda quest’ultima, è focalizzato sulla conquista dei mercati internazionali con una strategia di distribuzione che punta alle boutique multimarca nelle principali capitali estere. In questo processo è stata coinvolta anche la comunicazione, concentrata sull’utilizzo del canale web e sulla creazione di un blog rivoluzionario in grado di concentrare l’attenzione sulla nascita e sullo sviluppo della label».



La ricerca per il rilancio del distretto di Carpi Dopo un anno partito in ripresa e terminato in stallo, facciamo il punto con Chiara Piccinini di Tecnofin Srl sulla situazione del distretto della moda in provincia di Modena. Per capire quali sono le carte da giocare per le piccole e medie imprese Valerio Germanico

l 2011 del tessile italiano è stato un anno a due velocità. A un primo semestre di ripresa è seguito un nuovo stop nel secondo. A frenare la crescita è stato soprattutto il crollo della domanda interna. In questo quadro si rispecchia anche la situazione economica del distretto di Carpi. L’istituto di ricerca R&i ha registrato che, mentre nel 2009 la moda nazionale perdeva 12,3 punti percentuali di fatturato, a Carpi il danno era limitato entro il 7,3 per cento. Tuttavia il recupero nel 2010 del 4,2 per cento e il dato – in attesa di conferma – di una crescita del 3,8 nel 2011 non hanno permesso ancora alle aziende della provincia modenese di tornare ai livelli pre-crisi. Le criticità principali del settore sono legate alla dicotomia fra le poche imprese forti – che non hanno esitato a ri-

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Fasi produttive della lavanderia industriale TECNOFIN Srl di Carpi (MO). Nella pagina accanto, a sinistra, tecnica di tintura antiques www.tecnofinsrl.com

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correre alla delocalizzazione – e i piccoli marchi. Questi, a fronte di un’elevata creatività produttiva, pagano lo scotto di una scarsa visibilità sul mercato. Questa situazione si ripercuote anche sulle aziende a monte e a valle del settore moda, che tuttavia conoscono eccezioni e imprese in crescita, che hanno puntato sullo stile e l’innovazione, come la lavanderia industriale TECNOFIN, azienda con una lunga esperienza nel finissaggio. Come spiega la titolare, Chiara Piccinini: «Nell’ultimo anno abbiamo conseguito risultati molto importanti, quasi raddoppiando l’utile realizzato negli anni 2009-2010 e questo nonostante la crisi generale. Ricerca, sperimentazione e innovazione sono stati gli elementi essenziali per affrontare la congiuntura degli ultimi anni e sono quelli che ci garantiranno


Chiara Piccinini

un futuro di costante crescita. Il nostro è stato un progetto ambizioso: creare un’attività capace di evolversi e plasmarsi sulle necessità commerciali del momento, garantendo, oltre ai servizi classici di una lavanderia industriale, tecniche sempre più all’avanguardia e soprattutto tempestività, serietà e fantasia. Per fare questo abbiamo sempre puntato sulla differenziazione dalla concorrenza, cercando di proporre novità e innovazioni nel settore: abbiamo per questo un reparto che lavora esclusivamente sulla sperimentazione di nuovi effetti visivi e tattili». Questa politica aziendale basata sulla ricerca di nuovi effetti e trattamenti per i tessuti ha le sue ragioni nel fatto che a Carpi quello della lavanderia industriale è ormai un mercato inflazionato e soffocato da una ricorsa al ribasso dei prezzi – anche per influenza della concorrenza estera – a fronte di costi di gestione crescenti. «Il mercato richiede un prodotto che si distingua dalla massa, veloce da realizzare e soprattutto vendibile. Quindi economicamente competitivo. Noi ci rivolgiamo ai maglifici, al pronto moda, alle confezioni, alle agenzie di moda e anche agli stilisti. Lavoriamo tutti i tipi di tessuti a eccezione del jeans, che però potrebbe presto diventare uno dei nostri mercati. I nostri servizi, oltre che riguardare la nobilitazione dei tessuti della ma-

Il mercato richiede un prodotto che si distingua dalla massa, veloce da realizzare e soprattutto vendibile

glieria, comprendono la tintura a freddo e altre tinture particolari. Una lavorazione che è stata per molti aspetti rivoluzionaria è stata quella fade. Questa ci permette di tingere a freddo capi di maglieria confezionati con i più disparati tessuti contemporaneamente – impreziositi di stampe, ricami, paiette, pizzi di ogni tipo – e senza compromettere la buona riuscita della lavorazione. Questo processo veniva considerato fino a qualche anno fa una vera e propria utopia, oggi fa parte della nostra produzione standard. Una delle ultime novità è la lavorazione Antique, che consiste in una tintura a freddo in grado di dare un effetto visivo originale: grazie a una marmorizzazione particolarissima, come suggerisce il nome, i tessuti sembrano degli oggetti anticati». I progetti per il futuro di TECNOFIN sono quelli di potenziare il reparto produzione. «Investiremo – conclude Chiara Piccinini – nella velocizzazione ulteriore dei servizi e destineremo nuove risorse verso il reparto sperimentale per continuare a soddisfare e stupire i nostri partner con prodotti sempre più rivoluzionari. Crediamo che queste siano le scelte migliori per assicurarsi buone prospettive».

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MERCATI ESTERI

La qualità emiliana apprezzata all’estero ltre cento anni di storia fanno di Gazzotti una delle aziende leader nella realizzazione di parquet in Italia e anche all’estero. La qualità della produzione interamente realizzata in Italia è solo uno dei punti di forza, apprezzati anche in estremo Oriente, dove la sfida con la concorrenza cinese è agguerrita. L’innovazione tecnologica e di design, oltre all’attenzione per l’ambiente sono caratteristiche che rendono il parquet lavorato a Trebbo di Reno, in provincia di Bologna, un prodotto esportato in quaranta Paesi. «Le produzioni asiatiche hanno sicuramente un costo più basso – spiega Carlo Comani, amministratore delegato di Gazzotti Spa – ma c’è un differenziale di qualità molto elevato. La nostra intenzione è quindi quella di far capire l’importanza della qualità perché riteniamo che all’interno della casa sia essenzialmente indispensabile». La vostra produzione è interamente realizzata in Italia. Quanto conta questo valore aggiunto per i vostri clienti italiani e quelli esteri? «Per i clienti esteri sicuramente conta molto. Per esempio siamo market leader in Corea, nonostante sia un paese a un passo dalla Cina. I coreani comprano in grande quantità i nostri prodotti, per cui indubbiamente questa attenzione c’è e tutte le volte che abbiamo richieste di forniture importanti, abbiamo anche una visita interna per verificare che tutto venga prodotto in Italia. Per cui se questa esigenza viene sentita, ovviamente ci rendiamo conto che si tratta di un delta qualitativo apprezzato anche all’estero. In Italia è un fattore indispensabile. Il grande problema però, come dicevo prima, è la confusione. Ovvero credo che oggi nessun consumatore

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Il made in Italy è un valore aggiunto riconosciuto a livello mondiale anche in un settore particolare come quello della produzione di parquet. Carlo Comani spiega come si muove l’azienda Gazzotti sullo scacchiere dei mercati internazionali e quali sono le richieste dei clienti esteri Nicolò Mulas Marcello

capisca più se un prodotto è stato fatto in Italia o se è stato realizzato in Asia e poi controllato in Italia. Tra i due aspetti c’è molta differenza. E questa è una delle grandi lacune della globalizzazione, perché il consumatore spesso, nonostante noi ci impegniamo su questo fronte, fa fatica a fare una scelta consapevole». Cosa rappresenta per voi il mercato


Carlo Comani

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Le produzioni asiatiche hanno sicuramente un costo più basso, ma c’è un differenziale di qualità molto elevato

In alto a destra, Carlo Comani, amministratore delegato di Gazzotti Spa

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estero e quali sono i paesi più interessati ai prodotti italiani? «Il mercato estero l’anno scorso ha rappresentato il 15% del nostro fatturato, e fino a oggi costituisce il 24%. L’obiettivo è quello di portarlo almeno al 50, in quanto le sfide al momento si vincono all’estero e non in Italia. I paesi più importanti sono quelli che hanno il maggiore sviluppo in questo momento, ovvero i paesi asiatici, tra questi soprattutto Cina e Corea, poi la Russia, Stati Uniti e Canada, dove si avvertono segnali di ripresa anche se a corrente alternata. Noi esportiamo in 40 Stati ma questi che ho citato, assieme alla Turchia, sono quelli in cui vendiamo maggiormente». Quanto è agguerrita la concorrenza su scala internazionale? «La concorrenza è agguerritissima, perché i prezzi contano molto e il mercato mondiale

è dettato dai prodotti asiatici, come in tanti settori, e dai loro prezzi. Noi cavalchiamo l’aspetto della qualità e quindi puntiamo sul made in Italy. Questo significa che il prodotto di qualità è riconosciuto da chi ha attenzione per la casa e questo avviene in pochi paesi al mondo come in Italia. Per quanto riguarda la sfera del prezzo, le produzioni asiatiche hanno sicuramente un costo più basso ma c’è un differenziale di qualità molto elevato. La nostra intenzione è quindi quella di fare capire l’importanza della qualità perché riteniamo che all’interno della casa sia indispensabile». Su quali altri elementi e caratteristiche puntate per competere all’estero? «Sicuramente puntiamo sull’innovazione, che può essere tecnologica ma anche di design, e sul rispetto dell’ambiente. Sono armi forti apprezzate anche su scala internazionale. La grande difficoltà che troviamo all’estero, come in Italia, è l’estrema confusione sulle informazioni riguardanti la produzione: noi conosciamo la qualità dei prodotti che forniamo, ma non sappiamo che tipo di prodotti forniscono gli altri, come sono stati realizzati e con quali criteri. Per cui la disinformazione sulle produzioni estere è molto diffusa». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 61


MERCATI ESTERI

All’estero aumenta la competitività Nel settore delle trasmissioni meccaniche la concorrenza arriva soprattutto da Germania e nord America, ma i mercati orientali e sudamericani premiano il lavoro della reggiana Brevini Power Transmission. Roberto Brevini, presidente della società, spiega come la competenza italiana ha raggiunto anche la Cina Nicolò Mulas Marcello

er una realtà consolidata come Brevini Power Transmission, specializzata nel campo delle trasmissioni meccaniche, l’internazionalizzazione rappresenta una continua sfida e un motivo di consolidamento del proprio brand su scala globale. Seppur in un settore molto particolare come quello dei riduttori epicicloidali, la concorrenza a livello internazionale non manca e, in un periodo di crisi economica come questo, la situazione si presenta ambigua. Da un lato ci sono i mercati dei materiali, che si muovono su numeri positivi, dall’altro le industrie di lavorazione che, come spiega Roberto Brevini, presidente e fondatore di Brevini Power Transmission, procedono invece a passo rallentato. Qual è il vostro grado di internazionalizzazione? «L’azienda ha chiuso il 2011 con un fatturato consolidato di 310 milioni di Euro, di cui l’85% sui mercati esteri. Abbiamo 24 società filiali - alcune di esse vantano 40 anni di attività - e i risultati più interessanti arrivano da Cina, Australia, Corea, Singapore e Brasile». Che tipo di concorrenza esiste sul piano internazionale nel vostro settore? «Nel settore delle trasmissioni meccaniche, riduttori e motoriduttori, ci sono concorrenti globali, come Siemens, e importanti concorrenti locali: imprese industriali molto dinamiche, a con-

P Roberto Brevini, presidente e fondatore della Brevini Power Transmission

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duzione familiare. Tradizionalmente i maggiori competitor sono tedeschi e nord americani. Da circa cinque anni sentiamo anche la concorrenza dei cinesi, ai quali abbiamo risposto aprendo una grande fabbrica a Yancheng, vicino a Shanghai». In questo periodo come reagiscono i mercati nel vostro settore? «La situazione è ambigua: i mercati globali delle risorse di base, miniere, energia e movimentazioni industriali, stanno lavorando molto bene. Invece, le industrie più concentrate geograficamente in Europa hanno rallentato il passo». Quali sono le previsioni per l’anno in corso e quali progetti avete per il futuro? «Chiuderemo il 2012 con un ulteriore aumento del fatturato consolidato: da 310 a 330 milioni di euro. Inoltre, abbiamo in corso l’apertura del nostro nuovo headquarter a Reggio Emilia, una innovativa fabbrica integrata di 40.000 metri quadrati, che adotta il “lean manufacturing” e che ci consentirà un significativo incremento di competitività internazionale».



L’export traina l’engineering italiano Un business globale basato su soluzioni integrate, strumentazione elettronica, pneumatica e linee vapore per l’industria farmaceutica e alimentare. Che ora si è espanso anche verso le tecnologie per la produzione di energia da scarti agricoli e zootecnici. Il punto di Andrea Sgargi, direttore generale di Smc Valerio Germanico

Andrea Sgargi, direttore generale della Smc Srl che ha sede a Collecchio (PR) www.smcsmc.it

siste una costante nell’attuale situazione economica italiana. La costante è che la maggior parte delle imprese in attivo cresce principalmente grazie all’export. L’altra faccia della medaglia è che se queste stesse imprese avessero come loro unico mercato di riferimento quello interno, probabilmente avrebbero già interrotto l’attività. Gli imprenditori hanno una percezione distinta della situazione, come afferma Andrea Sgargi, direttore generale della Smc di Collecchio, in provincia di Parma: «Mentre lo scenario del mercato nazionale è decisamente negativo, è possibile riuscire a ottenere importanti risultati all’estero. Nel 2011, infatti, la nostra azienda, grazie a un fatturato che per l’80 per cento dipende dalle esportazioni, è riuscita a centrare una crescita del 23 per cento. E all’interno di questo dato è contenuta inoltre un’importante verità: fra i prodotti che la nostra divisione trading ha esportato sono cresciuti di più (del 30 per cento a volume)

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Andrea Sgargi

Per l’engineering, la strategia migliore è offrire semplicità e affidabilità dove la domanda è in aumento e qualità e soluzioni innovative ai mercati più maturi

quelli realizzati da aziende italiane. In altre parole, il risultato della nostra attività di trading è stato migliore con i prodotti costruiti in Italia rispetto a quelli che importiamo e poi rivendiamo all’estero». Smc, nata come distributrice e produttrice di scambiatori di calore e componenti per impianti industriali, è oggi organizzata in tre divisioni: Trading, Engineering ed Energy. Dopo un dato così rilevante per l’anno scorso, con quali prospettive si è aperto il 2012? «Il 2012 è iniziato sulla spinta del 2011 e il livello di ordinato al momento non accenna a scendere, sempre grazie all’estero, che continua a fare da traino, in particolare per il settore farmaceutico e alimentare. Purtroppo non sono all’orizzonte cambiamenti nell’andamento del mercato nazionale. Sperando invece che l’estero mantenga il trend attuale – quest’anno saremo impegnati soprattutto nel consolidare le attività in Brasile, Marocco e Algeria –, dovremmo portare a termine il 2012 con risultati ancora una volta caratterizzati dal segno più. Forse non ai livelli del 2011, ma certamente non al di sotto di un 10-15 per cento di incremento».

+23% FATTURATO Risultato conseguito da Smc Srl nel 2011 rispetto al 2010, soprattutto grazie ai settori alimentare, farmaceutico ed energia

Quali sono stati e sono i settori trainanti, per il trading, e quali, invece, le maggiori criticità? «Il settore alimentare, farmaceutico e dell’energia sono stati quelli dove abbiamo ottenuto i migliori risultati. Sono anche i settori storici nei quali è stata sempre indirizzata l’attività della nostra azienda e EXPORT fortunatamente anche quelli che la crisi inQuota del fatturato ternazionale ha colpito in misura minore – la di Smc Srl che deriva dalle quota di materiali venduti per progetti da esportazioni sia in realizzare all’estero è aumentata e siamo arEuropa sia nei mercati emergenti rivati a una quota del 75 per cento sull’intero fatturato. Il prodotto di Smc che ha contribuito in misura maggiore alla crescita è stato lo scambiatore di calore. La sua gamma e le norme costruttive sono state ulteriormente ampliate e adesso disponiamo di un’offerta veramente completa. Per quanto riguarda le criticità, il problema fondamentale resta la difficoltà a ottenere finanziamenti e liquidità ❯❯

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EXPORT

❯❯ – e questo ha limitato le possibilità di ottenere risultati ancora migliori. A ciò si aggiunge l’allungamento dei tempi di pagamento medio e la crescita del numero di fatture insolute». Anche la vostra divisione engineering si rivolge soprattutto all’alimentare e al farmaceutico. I vostri partner stanno continuando a investire nel rinnovamento tecnologico? «Per questi due mercati, attualmente, sono soltanto i grossi gruppi a investire, probabilmente perché sono gli unici che hanno minori difficoltà a reperire le risorse necessarie. In questo momento, paesi come Cina, India, Brasile e i paesi africani stanno investendo in questo settore dietro la spinta di una domanda interna che aumenta. Al contrario, in Europa, la domanda interna è in calo e si investe soltanto sull’innovazione o sullo sviluppo tecnologico per qualche nuovo prodotto. Dal nostro punto di vista, la strategia migliore da attuare è quella di offrire alle diverse situazioni le soluzioni più adatte: semplicità e affidabilità dove la domanda è in aumento e qualità con soluzioni innovative

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La particolarità della reazione di pirolisi è quella di poter trattare prodotti con qualsiasi forma e composizione. Anche prodotti ad alto contenuto di umidità

dove il mercato è più maturo». Parlando di energia, in un mercato inflazionato e competitivo, cosa vi ha permesso di mantenere i vostri livelli di competitività? «La divisione Energy è quella sulla quale, negli ultimi tre anni, si sono concentrati i nostri maggiori investimenti. La nostra esperienza in questo ramo di attività è iniziata nei primi anni Novanta con la fornitura di apparecchiature per impianti di cogenerazione a gas metano, percorso proseguito fino alla costituzione della nostra associata Alase Energia nel 2007. Questa società oggi ci pone in una posizione di rilievo sul mercato grazie ai diritti sul brevetto del processo di pirolisi lenta umida e catalizzata. Questo permette, senza alcun tipo di combustione della matrice organica utilizzata, di ottenere gas di


Andrea Sgargi

sintesi e carbone». Quali applicazioni ha trovato sul mercato questa tecnologia? «I risultati degli ultimi due anni di ricerca su impianti pilota e su un impianto dimostrativo ci hanno permesso di arrivare alla fase di realizzazione di una prima serie di impianti su scala industriale per la conversione in gas della lettiera derivante dall’allevamento dei polli, detta in gergo “pollina” – in pratica questa è una miscela di deiezioni e paglia molto ricca di azoto che in quantità elevate diventa un inquinante per i terreni e le conseguenti coltivazioni. La ricerca è stata supportata dal professor Cruccu, attuale presidente di Alase Energia, e dal dipartimento di chimica industriale dell’università di Cagliari. Le applicazioni di questa tecnologia sono molteplici, le più interessanti sono quelle che prevedono lo sfruttamento e lo smaltimento di sottoprodotti di altre lavorazioni. La particolarità di questa reazione di pirolisi è quella di poter trattare prodotti con qualsiasi forma e composizione e anche ad alto contenuto di umidità. L’elenco dei prodotti utilizzabili è lunghissimo, ma fra quelli più interessati ci sono sicuramente tutte le deiezioni animali, i fanghi di depurazione, le sanse olearie, tutti gli scarti agricoli in generale». Quali prospettive riponete nei confronti del mercato interno delle rinnovabili? «Auspichiamo che l’attuale governo vari al più presto un nuovo decreto per la regolamentazione degli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Al momento, la sola certezza sull’entità dell’incentivo è per gli impianti che verranno messi in esercizio entro dicembre 2012. Questa incertezza, trattandosi d’impianti con tempi di realizzazione dell’ordine di dodici mesi,

sta frenando gli investitori e i finanziatori interessati, che non riescono a produrre un business plan dell’investimento. Sarebbe paradossale, in periodi come quello attuale, vedere limitata l’azione dei pochi investitori disponibili sul mercato soltanto perché non sono stati varati i nuovi regolamenti». Quali saranno i principali obiettivi e le sfide che attendono Smc e Alase nei prossimi mesi? «Porteremo avanti i progetti sui quali stiamo già lavorando. Di questi i più interessanti sono applicazioni per i prodotti del settore latte per il Sud America, mentre per il settore energia – oltre agli impianti di gassificazione per il settore avicolo in Italia – abbiamo progetti per la gassificazione di rifiuti urbani in Brasile, Vietnam, Marocco. Oltre a questo, nel 2012 Smc rafforzerà l’ufficio tecnico della nostra sede di Collecchio, con l’assunzione di personale di grande esperienza nei settori di attività principale dell’azienda. Alase Energia, come obiettivo 2012, ha la messa in esercizio di almeno due impianti per il trattamento delle deiezioni animali e progettazione esecutive per un impianto di trattamento rifiuti all’estero». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 67


EXPORT

La Russia, un’opportunità per l’export emiliano Le piccole e medie imprese italiane faticano a imporsi sui mercati internazionali. Esistono però delle eccezioni. Renzo Grazi racconta il caso della Taiss, leader in Russia nel settore della verniciatura industriale Diego Bandini

la Russia la nuova frontiera dell’export italiano. Sono infatti sempre più numerose le aziende manifatturiere nostrane che, desiderose di trovare nuovi sbocchi commerciali per i loro prodotti, guardano con un interesse crescente alle opportunità offerte da un Paese che, nonostante la crisi, continua a crescere a un ritmo superiore al quattro per cento annuo. Chi da tempo ha compreso l’importanza strategica di questo mercato è senza dubbio Renzo Grazi, direttore generale della Taiss, società di Manzolino di Castelfranco Emilia che dal 2004 opera con successo nel campo della verniciatura industriale, attraverso la progettazione e costruzione di impianti rivolti a diversi ambiti industriali. «La nostra è una realtà giovane e per certi versi “anomala”, in quanto pur lavorando in Italia, la quasi totalità della produzione è destinata proprio al mercato russo. Attualmente circa l’ottanta per cento del fatturato di Taiss deriva dalle relazioni commerciali instaurate con importanti partner situati sul territorio russo, e più in generale nei paesi dell’ex Unione Sovietica, come ad esempio Russia, Uzbekistan, Kazakistan, Estonia,

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Renzo Grazi, direttore della Taiss Srl di Manzolino di Castelfranco Emilia (MO) www.taiss.it

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Lettonia». Come siete riusciti a conquistare fette così consistenti di mercato in un arco di tempo relativamente breve? «Possiamo vantare una conoscenza approfondita del nostro settore di riferimento. Con il mio team abbiamo fatto i primi passi sul mercato russo nel 1995, quando ancora Taiss non esisteva. A quel epoca gli impianti da noi prodotti venivano esportati in tutto il mondo: Giordania, Olanda, Francia, Germania, India, Russia ed altri paesi ancora. Quando nel 2004 è nata Taiss, è stato per noi naturale rivolgerci alla Russia, potendo sfruttare il know how e l’esperienza maturata nel corso degli anni. Oggi siamo presenti sul territorio in maniera capillare, con un’organizzazione che ci permette di vendere gli impianti direttamente all’utilizzatore finale, senza il bisogno di utilizzare agenti o distributori esterni che farebbero inevitabilmente lievitare i costi. Inoltre da anni siamo presenti nei maggiori eventi fieristici del settore organizzati su tutto il territorio russo sino alla lontana Siberia. Queste fiere ci aiutano a proporci ai potenziali clienti, oltre a meritare riconoscimenti ed elogi dalle autorità organizzatrici, che in qualche modo gratificano da una parte gli sforzi sinora profusi ed evidenziano dall’altra la serietà e la professionalità


Renzo Grazi

La progettazione e produzione dei nostri impianti avviene completamente in Italia, grazie anche all’ausilio di software tridimensionali all’avanguardia

della nostra azienda». Come si struttura, nel dettaglio, la vostra attività? «Come accennato in precedenza, la progettazione e produzione dei nostri impianti avviene completamente in Italia presso officine di carpenteria metallica specializzate. Grazie all’ausilio di gestionali di ultima generazione che sviluppano i progetti tridimensionali, siamo in grado di realizzare soluzioni studiate ad hoc, sulla base delle richieste ed esigenze della clientela. Gli impianti destinati al mercato russo vengono poi installati presso i nostri clienti dal personale russo adeguatamente formato. In Russia abbiamo nostro partner ormai consolidato con il quale i rapporti tecnico-commerciali hanno abbondantemente superato la prova del tempo. Infatti si tratta di una simbiosi proficua per tutte le parti interessate in quanto commissionando ad esso montaggio, collaudo, assistenza post vendita dei nostri impianti e tutta una serie di servizi compreso anche la rivendita dei ricambi riusciamo ad essere più rapidi nel reagire alle richieste dei nostri clienti; eliminare le barriere linguistiche che in paesi come la Russia sono molto penalizzanti; abbattere i nostri costi. Però chi che guadagna di più da questa collaborazione è ovviamente il no-

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stro cliente finale in quanto non si sentirà mai A tanto ammonta “abbandonato a se stesso” ma al contrario avrà la quota di fatturato di Taiss generata sempre un referente in loco cui rivolgersi per la dalle esportazioni verso la Russia soluzione delle diverse problematiche. L’altra ragione importantissima di questa collaborazione è che con i nuovi regolamenti russi diventa assai difficile, se non dire “impossibile” importare e installare apparecchiature e macchinari per un’azienda straniera che non ha un partner fisso sul territorio russo. Questo provvedimento ovviamente dovrebbe garantire maggiormente il consumatore russo contro fornitori poco coscienziosi». Quali sono, nello specifico, gli elementi che caratterizzano i prodotti da voi proposti? «Siamo specializzati nella produzione di impianti industriali di verniciatura con polveri e a liquido per i prodotti metallici, che possono essere completati con impianti di pretrattamento delle superfici, di demineralizzazione e di trattamento delle acque di scarico. Forniamo impianti completi con diversi livelli di automatizzazione, ma anche singoli componenti, tra cui ad esempio cabine di verniciatura, essiccatoi, forni e trasportatori». A quali ambiti si rivolge prevalentemente la vostra produzione? «Non abbiamo un target predominante. Realizziamo gli impianti di piccole e grandi dimen- ❯❯ EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 69


EXPORT

❯❯ sioni, anche se naturalmente le aziende che ri-

chiedono i nostri prodotti e servizi provengono soprattutto dal settore metalmeccanico». La qualità del prodotto italiano rappresenta ancora un valore aggiunto sui mercati esteri? «Assolutamente sì. Purtroppo però, negli ultimi anni abbiamo dovuto fare i conti con la concorrenza di competitor italiani che, lavorando in maniera non sempre professionale, hanno finito per danneggiare non poco l’immagine “made in Italy” e quei produttori che, come Taiss, si è costruito negli anni una solida credibilità. Fortunatamente, essendo presenti sul territorio russo da quasi vent’anni, l’affidabilità e la serietà del nostro lavoro sono valori universalmente riconosciuti. Il fatto che gli impianti costruiti allora siano ancora oggi in funzione costituisce senza dubbio il nostro miglior biglietto da visita». Per riuscire a rimanere competitivi non si può però prescindere da una seria politica di investimenti in ricerca e innovazione. Quante risorse destinate annualmente a queste attività e quali sono le novità più significative introdotte da Taiss a questo proposito?

«Ogni anno investiamo una percentuale rilevante del fatturato in progetti legati alla ricerca e allo sviluppo di nuove soluzioni. Attualmente Taiss è impegnata nella progettazione (con possibilità di brevettarne il progetto) di un impianto di pretrattamento e di verniciatura a polvere con delle dimensioni ridotte che permetteranno di utilizzare al meglio gli spazi e le risorse umane garantendo alla fine del processo un’alta capacità produttiva ed efficienza. Inoltre, per ridurre al minimo i margini di errore, stiamo laI primi mesi del 2012 sono stati molto vorando sull’informatizzazione positivi, tanto che recentemente abbiamo completa del sistema produttivo, provveduto anche a nuove assunzioni, sia attraverso lo sviluppo di un nuovo in Italia che in Russia software che, sulla base di quanto richiesto dai nostri clienti, ci permetterà di aumentare ulteriormente il livello di precisione delle lavorazioni. Il nostro obiettivo principale è quello di fornire un prodotto sempre più performante, una sorta di “abito sartoriale, disegnato sulla misura” cioè sulle specifiche esigenze dei nostri committenti. Riuscire a interpretare al meglio i bisogni dei clienti non è però così

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Renzo Grazi

semplice, ancora più difficile è cercare di proporre alta tecnologia in un mercato dove ancora oggi regna sovrano un caos informativo con le proposte di ogni genere, pero ci stiamo riuscendo». Oggi un tema molto sentito è quello dell’impatto ambientale. «Siamo molto sensibili alla tematica ambientale. Per lavorare in Russia è indispensabile rispettare stringenti requisiti, anche se, in realtà, il più delle volte mancano efficaci strumenti di controllo da parte degli enti locali. Per quel che ci riguarda siamo dotati di tutte le certificazioni del caso, tanto che, per quanto concerne il settore degli impianti di verniciatura, siamo l’unica azienda straniera che possiede le certificazioni Gost e Rostechnadzor (RTN) Permits, a conferma della qualità dei nostri prodotti e della loro conformità alle normative in vigore nella Federazione Russa». Taiss è molto attiva anche nel sociale. «Tre anni fa abbiamo aderito al programma “Impresa Amica dell’Unicef”, attraverso il quale, nel nostro piccolo, possiamo contribuire alla scolarizzazione dei bambini dell'Africa, dando loro l’opportunità di costruirsi un futuro migliore. Inoltre collaboriamo anche con un’altra Onlus – Save The Children». Facendo un bilancio dell’ultimo anno di attività di Taiss, quali sono i risultati più significativi che avete conseguito? «Il 2011 è stato per noi un anno fondamentale, visto che la produzione aziendale è praticamente tornata ai livelli precedenti allo scoppio della crisi economica. Tra il 2009 e il 2010, infatti, il nostro fatturato era stato pesantemente influenzato dalla negativa congiuntura internazionale, con una contrazione pari al 75 per cento del totale. Nonostante questo momento di difficoltà, però, non ci siamo persi d’animo, tanto che già nel 2011 siamo tornati a crescere a ritmi piuttosto elevati, senza neanche dover ricorrere all’aiuto delle banche. Abbiamo utilizzato questo periodo

di empasse per cercare di ottimizzare i modi e i tempi di lavoro, anche e soprattutto da un punto di vista gestionale, imparando a sfruttare al massimo le opportunità offerte dai programmi di disegno tridimensionale che ormai sono alla base della nostra produzione. Un lavoro impegnativo, di cui adesso però raccogliamo i frutti». Nel futuro pensate di rivolgere la vostra attenzione anche ad altri Paesi? «Al momento non è un’opzione in agenda. Scelte di questo tipo devono essere precedute da attente considerazioni, in quanto per potersi affermare in maniera stabile su nuovi mercati è indispensabile avere non soltanto un’organizzazione adeguata, ma anche e soprattutto un’approfondita conoscenza del territorio in cui si va ad operare. Tuttavia, se nel futuro ci dovessero essere le condizioni adatte per ampliare il nostro business anche da un punto di vista geografico, non ci tireremo certo indietro». Quali sono, infine, le prospettive di Taiss per il 2012? «I primi mesi del 2012 sono stati molto positivi, tanto che recentemente abbiamo provveduto anche a nuove assunzioni, sia in Italia che in Russia. Per questo intendiamo lavorare per consolidare e se possibile incrementare ulteriormente il fatturato. Certo fare previsioni o programmi a lunga scadenza al momento non è facile, ma gli ottimi risultati fin qui conseguiti ci spingono a guardare al futuro con grande ottimismo». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 71


TECNOLOGIE

Nuove tecnologie per il lavaggio industriale Sistemi di lavaggio innovativi, caratterizzati da una particolare attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale, per fornire risposte efficaci a numerosi settori industriali, dall’automotive all’aerospaziale. Il punto di Giacomo Natali Diego Bandini

è un continuo processo di innovazione tecnologica e imprenditoriale dietro al successo della Firbimatic, azienda di Sala Bolognese nata all’inizio degli anni 70 su idea dell’attuale presidente, Gino Biagi, e specializzata nella progettazione e costruzione di impianti per il lavaggio industriale e per il lavaggio dei tessili. La dimostrazione viene dai risultati ottenuti in soli dieci anni dalla Firbimatic Metal Cleaning Division, divisione creata appositamente con l’obiettivo di produrre impianti di pulizia e sgrassaggio metallico a solvente e ad acqua detergente, per soddisfare le esigenze di svariati ambiti industriali, come spiega il direttore commerciale Giacomo Natali. «Il processo di lavaggio industriale a circuito chiuso con solvente rappresenta la tecnologia ideale per tutte quelle applicazioni ove si ricerchi la più alta qualità nei trattamenti, considerando l’economia di esercizio e la ripetibilità dei risultati nel pieno rispetto delle norme ambientali». Di quali macchinari si compone, nello specifico, la vostra produzione? «Il nostro core business, come detto, riguarda la produzione di impianti

C’ Giacomo Natali direttore commerciale della Firbimatic Metal Cleaning Division di Sala Bolognese (BO) www.firbimatic.it

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a solvente, che sono in grado di trattare particolari di piccole dimensioni ma anche pezzi pesanti diverse tonnellate. Tali macchinari sono particolarmente indicati per la pulizia di parti di geometria complicata, contenenti fori ciechi, fori passanti e saldature, che possono essere lavati grazie alle ripetute fasi di aspersione, immersione e vapore. Realizziamo impianti standard, aventi caratteristiche codificate e che ripetono schemi già realizzati, ma anche impianti assolutamente personalizzati, per soddisfare bisogni specifici di singoli clienti, sia per quel che riguarda le dimensioni della camera di lavaggio che per quel che riguarda gli aspetti del ciclo di lavaggio richiesto dell’impianto stesso. Da alcuni anni, inoltre, abbiamo avviato la produzione di un’interessante gamma di impianti speciali, destinati al lavaggio di tubi e profilati metallici, che hanno trovato perfetta applicazione nell’industria aeronautica e militare. Inoltre l’azienda sta rafforzando il supporto tecnico e chimico specializzato al fine di risolvere esigenze di lavaggio specifiche del cliente, nonché i servizi di assistenza tecnica che oggi sono disponibili in tutti i paesi del mondo». In che modo i vostri macchinari sono in grado di assicurare elevate prestazioni anche da un punto di vista ambientale? «Il lavaggio del materiale avviene per lo più attraverso l’impiego di solventi specifici, sottoposti ad appositi trattamenti al fine di ridurre al minimo l’impatto ecologico. La continua ricerca di solventi di ultima generazione, unita agli ingenti


Giacomo Natali

Realizziamo impianti standard, aventi caratteristiche codificate e che ripetono schemi già realizzati, ma anche impianti assolutamente personalizzati

investimenti sostenuti per l’aggiornamento delle tecnologie a disposizione, fanno sì che oggi Firbimatic possa garantire macchinari che all’assoluta affidabilità e sicurezza uniscono la certezza di un lavaggio impeccabile e ripetuto. Grande attenzione viene posta inoltre al tema del risparmio energetico, che nella maggior parte dei nostri impianti, in media, è superiore al 90 per cento rispetto a tutti i parametri considerati. Il lavoro portato avanti dal nostro studio tecnico, infine, ci ha permesso di aprire un’importante finestra sull’utilizzo dell’acqua detergente, applicata in forma innovativa su una nuova serie di impianti recentemente immessi sul mercato». Firbimatic è caratterizzata da una forte vocazione all’internazionalizzazione. Da quali mercati, al momento, derivano le performance migliori per i vostri prodotti? «L’export rappresenta circa il 70 per cento del fatturato aziendale. Recentemente abbiamo siglato importanti accordi per la distribuzione delle nostre macchine negli Stati Uniti, ma anche in Cina, Brasile, India, in totale controtendenza rispetto all’andamento dell’economia mondiale. Per quel che riguarda l’Italia, qui operiamo prevalentemente al fianco del settore aeronautico, per il quale realizziamo impianti per il lavaggio di componenti di grandi di-

mensioni e con notevoli problematiche, legate soprattutto alla sicurezza e al mantenimento delle caratteristiche dei componenti stessi». Quali sono, infine, le strategie per il futuro dell’azienda? «Da qualche tempo abbiamo intensificato i rapporti con diverse realtà situate nei paesi di nuova industrializzazione, dando vita a una serie di joint-venture che ci hanno consentito di rafforzare la nostra presenza a livello globale. Rimaniamo comunque fortemente legati al territorio italiano, dove intendiamo consolidare la nostra leadership nel settore del lavaggio di componenti per le aziende meccaniche, per le minuterie e per il settore automotive. Nel 2012 contiamo di raggiungere risultati record: il giusto premio per un’azienda che, in soli dieci anni, è riuscita ad affermarsi come una delle più importanti realtà del settore su scala internazionale». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 73


Innovazioni nel settore oleodinamico Tecniche produttive innovative, derivate dallo sviluppo di know-how e tecnologia, hanno ottimizzato i processi di realizzazione dei tubi per cilindri, aprendo anche le porte a nuovi scenari commerciali. Ne parla Stefano Iotti Amedeo Longhi

iglioramento della qualità dei materiali, aumento dell’affidabilità, ottimizzazione dei costi. Sono questi i criteri che l’attività di ricerca e sviluppo nel settore oleodinamico cerca di soddisfare. La sfida è ancora più avvincente nella nicchia specifica dei tubi per cilindri: «Lo spartiacque è rappresentato da un’innovazione nella lavorazione introdotta sei o sette anni fa», spiega Stefano Iotti, vicepresidente dell’omonima azienda emiliana che opera nel settore sin dal 1963. «Grazie anche agli input forniti da noi – prosegue Iotti – alcune aziende del Gruppo Marcegaglia, con cui collaboriamo, ci hanno permesso di sostituire il tubo tradizionale meccanico, che veniva utilizzato da quasi tutti i produttori di cilindri, con quello elettrosaldato, quindi di spessore minore ad alto snervamento che, mantenendo le carat-

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teristiche di resistenza di un tubo meccanico, ha un peso finale molto più contenuto». Partendo dalla lamiera, si ottengono materiali alto resistenziali con spessori precisi che vengono poi calandrati, quindi trasformati in tubi, elettrosaldati e poi trafilati. «Fino a qualche anno fa, questo processo godeva di scarsa fiducia da parte di uffici tecnici e studi di progettazione: un tubo elettrosaldato con una pressione di interna di 300/400 bar era considerato inaffidabile. Oggi invece la tecnologia lo permette». Quali sono le principali applicazioni di questi prodotti? «Si va dalle soluzioni per il settore navale


Stefano Iotti

Stefano Iotti, vicepresidente della Iotti Giovanni Srl di Reggio Emilia www.iottihc.com

alle applicazioni per gru, impiegate principalmente in strutture offshore in campo estrattivo, di gas e petrolio – in collaborazione con un’azienda del Nord Italia stiamo realizzando quattro grossi cilindri da più o meno due tonnellate l’uno di portata da montare su una piattaforma a largo del Vietnam. Recentemente ci sono pervenute delle richieste sempre dal Vietnam riguardanti prodotti per dighe e sbarramenti di corsi d’acqua, poi piattaforme offshore con gru per settore gas e petrolifero. Naturalmente per ogni tipologia di applicazione esistono delle specifiche particolari che dipendono dall’utilizzo che verrà fatto del cilindro. Ad esempio nel settore delle gru come criterio predominante c’è quello della sicurezza, proprio perché il prodotto serve a sollevare carichi anche pesanti. Per controllare il carico stesso, vengono quindi applicati sistemi di valvole ed elettrovalvole che intervengono sul funzionamento del cilindro, che viene quindi dotato di un sistema di controllo intelligente, accompagnato da un software che sta a monte del sistema e gestisce elettronicamente le valvole. A bordo del cilindro vengono montati

dei sistemi di elettrovalvola e di valvole di massima, che realizziamo noi, per controllare e gestire il funzionamento del cilindro stesso. Questo vale per gru, piattaforme aeree, ascensori e qualsiasi altro dispositivo atto a sollevare cose o persone che, in caso di rottura o avaria, può provocare dei danni». Immagino che questa tecnologia presenti dei vantaggi anche dal punto di vista economico. «È così: il tubo ricavato da lamiera è molto più preciso, sia come dimensioni complessive che come concentricità, cioè corrispondenza fra diametro esterno e diametro interno. Questo aspetto è fondamentale: un tubo meccanico non è altrettanto preciso e richiede un’ulteriore lavorazione in macchina per centrare l’esterno rispetto all’interno, con conseguente lievitazione del costo». Che possibilità hanno aperto questi aggiornamenti tecnologici dal punto di vista commerciale? «Oltre alle collaborazioni esistenti con distributori collocati a Singapore, in Vietnam e in Cina per servire gli altri paesi asiatici e in Nuova Zelanda per l’area del Pacifico, stiamo trovando una soluzione per distribuire in Russia, dove soprattutto nel settore siderurgico si utilizzano prodotti che noi saremmo in grado di fornire. A questo proposito, i primi di giugno saremo presenti a una fiera sulle costruzioni a Mosca. Stiamo anche lavorando per instaurare una collaborazione commerciale con un’azienda del nostro territorio che produce riduttori e altre componenti del settore oleodinamico, come valvole, centraline e pompe, compatibili con i nostri cilindri». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 75


TECNOLOGIE

Impianti radianti, un investimento promettente l raggiungimento di un adeguato comfort climatico e di un opportuno risparmio energetico sono i must a cui, negli ultimi anni, si sta uniformando tutta la progettazione degli impianti di climatizzazione sia in nuovi edifici che in quelli esistenti. Anche per questo motivo si stanno diffondendo gli impianti di riscaldamento e raffrescamento radianti, che funzionano in integrazione con caldaie a condensazione o impianti solari termici. È in questo settore che si è specializzata da anni la Acerbi Luigi & Figlo. Costruzione di impianti di riscaldamento ad alta efficienza, radianti caldo-freddo, a pavimento/soffitto, condizionamento e trattamento aria in pompa di calore e con recupero di energia, nonché impianti solari termici e fotovoltaici, caldaie a biomassa, cogenerazione e geotermia. «Una tipologia di impianti che rappresentano sicuramente un campo in grande espansione in questo periodo. – Afferma il titolare Giorgio Acerbi- Sotto questo punto di vista la nostra realtà è stata piuttosto lungimirante». Come avete intuito che la partita dell’efficienza energetica e del risparmio si sarebbe giocata proprio sulle attività portate avanti dall’azienda? «In virtù dell'appartenenza al franchising Domotecnica, sin dalla nostra fondazione e in qualità di azienda pilota di riferimento, abbiamo seguito con ovvio anticipo, rispetto il mercato medio, l'evoluzione delle tecnologie in sintonia con i migliori produttori nazionali ed europei. Un altro aspetto molto importante che abbiamo portato avanti in parallelo è stata l’attivazione del marketing necessario all'infor-

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Con l’installazione degli impianti radianti si ottiene comfort, rispetto dell'ambiente, un’elevata sicurezza e risparmio energetico. Giorgio Acerbi ne approfondisce le caratteristiche Marco Tedeschi

mazione della clientela. È molto naturale che l'efficienza energetica sia ora venuta di grande attualità. Ormai da diversi anni -almeno cinque- anche al traino di altri mercati come automobile, casa, elettrodomestici, anche il comfort negli edifici, non solo domestici, si è messo in grande evidenza. Esso genera elevati livelli di consumo e inquinamento e con il costo crescente dell'energia, l'efficienza energetica è diventata un investimento molto promettente». Da quanto avete iniziato a specializzarvi nelle applicazioni radianti? «Abbiamo iniziato ad applicare gli impianti radianti a pavimento e a bassa temperatura nelle grandi superfici da almeno 15 anni. Con ottimi risultati. Questo sia per il riscaldamento che per raffrescamento». È possibile utilizzare impianti radianti anche per i grandi spazi del settore pubblico, industriale o altri spazi? «Le chiese, nella fattispecie, sono l'esempio classico di applicazione del radiante a pavimento collocato solo là dove serve, evitando di riscaldare enormi volumi di aria che stratifi-

Giorgio Acerbi è titolare della Acerbi Luigi & Figlio di Piacenza www.acerbiluigi.it


Giorgio Acerbi

Le chiese sono l'esempio classico di applicazione del radiante a pavimento collocato solo dove serve, con beneficio quindi per le zone frequentate

cando si riscaldano a quote elevate senza alcun beneficio quindi per le zone frequentate. Ottimi risultati si ottengono anche nelle grandi superfici sia commerciali che industriali ove il comfort desiderato si raggiunge con consumi molto ridotti anche nella climatizzazione estiva». Presso la sede di Piacenza avete creato il Punto Verde del Risparmio Energetico, un luogo di riferimento per i consumatori e gli addetti ai lavori. «Il nostro "Punto Verde del Risparmio Energetico" inaugurato più di cinque anni fa è uno

strumento dotato di apparecchi multimediali costruito per informare e formare sia tecnici che clienti privati sulle tecnologie disponibili, la loro applicazione e le referenze. All'interno del Punto Verde si può visitare il Percorso del Risparmio Energetico, che permette di approfondire, anche attraverso esempi concreti, tematiche importanti quali la combinazione di tecnologie tradizionali e innovative per il riscaldamento, la climatizzazione e l'alimentazione degli impianti con energie rinnovabili e pulite come sole, acqua, terra e biomasse». Dato che vi siete concentrati sugli impianti radianti, quali considerate più efficaci? «Per gli impianti radianti, che peraltro sono (ove applicabili) i più confortevoli e risparmiosi, le applicazioni a bassa temperatura sono quelle a pavimento/soffitto, quelle a battiscopa rientrano nei sistemi a convezione. I sistemi a secco sono particolari applicazioni del radiante a pavimento che evitano le impegnative opere murarie nel caso di ristrutturazioni». Quali saranno gli sviluppi di questo settore? «Credo che sarà fondamentale seguire la strada già tracciata e continuare a sviluppare le tecnologie con la possibilità di portarle ai clienti con la massima efficienza e con dei piani di ammortamento credibili e finanziabili. Il settore dell'efficienza energetica è infatti solo agli inizi del suo sviluppo. Lo stiamo connettendo con la produzione di energia da fonti rinnovabili nell'ottica di produrre e consumare l'energia che ci è necessaria in completa autonomia». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 77


Propulsori con tecnologia green I motori destinati a utilizzi non-automotive sono soggetti a normative che ne disciplinano con rigore le emissioni. La recente tendenza poi, come spiega Romano Bellamico, punta all’ottimizzazione delle rese e all’abbattimento dei consumi Amedeo Longhi

evoluzione tecnologica dei motori diesel industriali è scandita dalle varie fasi – Stage o Tier – che, succedendosi dall’inizio del nuovo millennio, hanno abbattuto drasticamente le emissioni inquinanti. In base all’ultima subentrata in vigore, lo Stage IIIb per l’UE o Tier IV Interim in USA – che dal 2012, riguarda i motori da 56 kW in su –, le polveri sottili NOx emesse devono essere ben il 90 per cento inferiori rispetto a quelle di un motore di tipo Stage IIIa. «Con queste severe regole – spiega Romano Bellamico, titolare della reggiana Rama Motori –, i motori John Deere che distribuiamo hanno avuto e avranno un’evoluzione costante e significativa: da alcuni anni ad es., sono tutti controllati elettronicamente da centraline, è

L’ Romano Bellamico, fondatore e presidente della Rama Motori di Reggio Emilia www.rama.it

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stato introdotto il turbo a geometria variabile con ricircolo dei gas di scarico, è subentrato un nuovo filtro antiparticolato, e molto altro. Tutto è volto a ottimizzare le rese a parità di consumi e inquinare di meno». Anche i motori a benzina per macchine da giardino, sebbene sottoposti a normative meno severe in Europa, sono soggetti a limitazioni: «Se costruiti da un produttore globale come Kawasaki, oggi distribuito dalla nostra azienda, devono rispondere alle normative Statunitensi EPA (Environmental Protection Agency) e CARB (California Air Resources Board), le più avanzate al mondo. Sono infatti tanti i produttori di macchine da giardino italiani, anche nostri clienti, che, esportando nel mondo e negli Stati Uniti in


Romano Bellamico

particolare, devono installare motori a norma». All’inizio degli anni Settanta, Rama era una micro-impresa che gestiva qualche ricambio per l’agricoltura. Poi, negli anni Ottanta i ricambi agricoli furono passati ad Agriservice, azienda fondata per seguire la distribuzione locale: «Abbiamo iniziato a dedicarci alla distribuzione a livello nazionale di piccoli motori a benzina nel 1975 con l’avvio della partnership con la Briggs & Stratton di Milwaukee, grazie alla quale l’azienda si è data un’organizzazione e dei metodi mutuati da oltreoceano, allora all’avanguardia. Negli anni Novanta, affiancammo la distribuzione del motore diesel John Deere, aggiungendo anche prodotti complementari come l’oleodinamica. Da lì partì l’ampliamento dell’offerta di motori e componenti per Oem. Nel frattempo, con lo sviluppo del settore del giardinaggio anche in Italia, nacque Verdemax, marchio proprio che racchiude diverse gamme di prodotti finiti da giardino». La ricerca e lo sviluppo della tecnologia motoristica puntano con decisione in una direzione precisa: «Prestiamo molta attenzione ai carburanti “puliti” come Gpl e gas metano: abbiamo sviluppato una linea di motori a gas su base GM e dedicati alla cogenerazione. Il blocco di alimentazione è stato messo a punto in Italia con un team composto da nostri tecnici e vari esperti della zona, ed è conforme alle norme europee». La richiesta di motori per cogenerazione è in timida crescita, ma il concetto dell’ottimizzazione energetica è sempre più sentito. «Per questo la

Prestiamo molta attenzione ai carburanti puliti: abbiamo sviluppato una linea di motori dedicati alla cogenerazione funzionanti a gas

possibilità di ricavare da un’unica fonte sia energia elettrica che acqua calda semplicemente allacciando il motore alla rete del gas, viene ricercata e apprezzata da sempre più operatori. Lavoriamo in questa direzione per potenziare le gamme di motori a gas adatti a questo tipo di applicazione». Oggi le esigenze dei produttori di macchine si sono evolute: non basta più il giusto motore nei tempi richiesti, ma sono necessari anche tutti quegli accessori – radiatori, marmitte, centraline, cablaggi – che lo rendono pronto per essere installato direttamente sulla macchina. «Negli anni Ottanta e Novanta eravamo conosciuti e apprezzati, oltre che per i prodotti offerti, anche per i servizi di import da oltreoceano e per il supporto tecnico nelle applicazioni dei motori. Oggi sono necessari molti più servizi e garanzie per tutelare le rispettive responsabilità: da forniture sempre più complete e “just-in-time”, ai supporti post-vendita, al rispetto di nuove norme ai controlli qualità, alla certificazione di sistema. Rama Motori è certificata da oltre dieci anni con le norme Iso 9001:2008. Invece, come un tempo, le partnership con clienti e fornitori mantengono la loro importanza: così, mentre a “monte” stringiamo il legame con i fornitori, a “valle” completiamo i servizi per gli OEM con una rete in Italia di officine dedicate».

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TECNOLOGIE

La nuova era del cloud computing Valorizzare il ruolo strategico che l’It riveste nei contesti produttivi, puntando sulla competenza del sistema d’offerta. È questo l’obiettivo che, secondo Riccardo Maiarelli della società Icos, va messo al primo posto nella consulenza e nella proposizione di servizi per l’innovazione informatica delle imprese Valerio Germanico

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ei contesti aziendali l’information technology è strategica per lo sviluppo. Tuttavia, il sistema informativo non è un fattore di crescita in sé, bensì, per essere efficace, deve rispondere a precisi requisiti e soprattutto non deve essere proposto come una commodity inevitabile. «Quello che spesso manca, nella consulenza alle aziende, è l’offerta di un service maggiore, una consulenza integrata e completa al prodotto. Questo deve essere adattabile e integrare molteplici aspetti operativi in modo trasparente per gli utenti e, in ultima analisi, essere economico da gestire e di facile amministrazione. Tutto questo richiede un’attenta analisi dei requisiti, una scelta oculata dei componenti e un lavoro di integrazione». L’ingegnere Riccardo Maiarelli, presidente di Icos, sintetizza così quella che dovrebbe essere la consulenza ideale all’impresa che vuole implementare sistemi informatici ai propri processi. Icos da oltre 25 anni offre soluzioni It per l’impresa: da quelle infrastrutturali – hardware e software – per l’elaborazione e il data storage a servizi di formazione, supporto, marketing e generazione della domanda. Nel 2011 ha inoltre lanciato il progetto NuAge, uno spin-off nell’ambito del cloud computing. Su quali prerogative è nato il vostro progetto di cloud? «NuAge – che si può alternativamente leggere alla francese, come “nuvola”, o all’inglese, come “new age” – è un progetto nato dalla collaborazione con l’università di Modena e Reggio Emilia. Ha come obiettivo lo sviluppo di un’infrastruttura tecnologica con la quale saremo in grado di erogare servizi cloud agli operatori del settore, fornendo a questi i mezzi per proporre a loro volta il cloud agli utenti finali. La peculiarità di NuAge

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Riccardo Maiarelli

risiede in un portale sviluppato ad hoc: un metacloud che permette di semplificare, personalizzare e gestire l’accesso alle applicazioni e alle risorse It da parte degli attori nella catena commerciale: distributore, rivenditori, utenti. Un’importante innovazione che stiamo introducendo con NuAge è la piattaforma infrastrutturale di Joyent, un software di origine statunitense che rende efficace e immediata l’implementazione di un data center cloud “intelligente”». Oggi si sente parlare spessissimo di cloud. Quali peculiarità distinguono il vostro nuovo portale rispetto a quelli proposti dai vostri competitor? «Al momento, la nostra iniziativa è unica nel suo genere. È vero che il cloud è un tema di attualità, ma questo generalmente viene declinato come fornitura di servizi remoti a consumo attraverso Internet. Noi abbiamo voluto puntare su idea diversa: mantenere intatta la catena del valore (distributore-rivenditore-utente). Le prerogative distintive del software sviluppato sono molteplici: nella giungla delle proposte esistenti, c’è per esempio una selezione ragionata dei servizi e delle applicazioni, per individuare quelli più adatti a uno specifico target. C’è inoltre una gestione centralizzata del processo commerciale, pensato per essere aziendale e granulare, fino a te-

Il nostro metacloud semplifica l’accesso alle applicazioni It da parte degli attori nella catena commerciale: distributore, rivenditori, utenti

nere in considerazione la fruizione dei servizi da parte di singoli dipartimenti e singoli utenti dell’azienda cliente. Per fare un paragone, si pensi alle offerte di soggetti come Apple (iTunes) o Amazon, alle quali mancano l’una e l’altra delle caratteristiche sopra elencate. Un occhio di riguardo è infine dedicato alla sicurezza dei dati affidati al cloud che sono localizzati sul territorio nazionale – come raccomandato dall’Autorità garante per la privacy e la sicurezza dei dati». Il vostro progetto è nato dalla collaborazione con Unimore. Come si struttura la vostra collaborazione con le università locali? «L’attività collaborativa rientra in un piano di sviluppo delle imprese locali per il quale, assieme ad altre realtà regionali, abbiamo potuto attingere a fondi messi a disposizione dall’Unione Europea. Ciò non toglie che Icos tenga in gran conto il ruolo della formazione superiore nel suo complesso e a questo proposito siamo in contatto, in vario modo, anche con gli altri atenei regionali, in particolare con le università di Bologna e Fer-

In apertura, l’ingegnere Riccardo Maiarelli, presidente della Icos Spa di Ferrara www.icos.it

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TECNOLOGIE

❯❯ rara. Quest’ultima è per noi un serbatoio di pro- «In un momento di stagnazione del mercato, il fessionalità pre-qualificate, che in larga parte costituiscono lo staff operativo dell’azienda. Con la collaborazione scientifica dell’università di Ferrara stiamo anche portando avanti progettualità locali mirate allo sviluppo imprenditoriale del territorio, sempre in relazione alle tematiche dell’It». Quali nuove esigenze, espresse dagli operatori del settore It, crede andranno assecondate e soddisfatte, in futuro, per mantenervi competitivi?

Quello che spesso manca è l’offerta di una consulenza integrata e completa al prodotto It per l’azienda

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supporto alla creazione di opportunità commerciali è fondamentale. Noi lo realizziamo attraverso una struttura marketing dedicata. Altrettanto dedicata è la divisione che si occupa dei servizi post-vendita, laddove le capacità dei partner non sono sufficienti a coprire la domanda. Ritengo poi che l’iniziativa NuAge soddisfi la necessità primaria di rispondere ai nuovi bisogni del mercato, facendo leva su una soluzione innovativa pensata proprio per gli operatori». Quale bilancio può trarre dell’attività nel 2011? «Il giro di boa annuale ci ha portato risultati molto soddisfacenti, in un contesto di mercato che in generale lamenta una tendenza alla stagnazione quando non addirittura alla recessione. I primi sei mesi dell’anno fiscale 2011 si sono infatti chiusi con un incremento del fatturato a due cifre, superando gli obiettivi che ci eravamo prefissi in fase di pianificazione. La ragione non ha origine in nessuna strategia sconvolgente: abbiamo soltanto continuato a puntare sulla competenza, in un settore che troppo spesso vede muoversi soggetti non sempre in grado di risolvere in modo puntuale e soddisfacente le problematiche dei clienti. Questo è stato il fattore vincente, soprattutto quando ci si rivolge alle fasce più alte del mercato – quelle che appunto prediligiamo e dove peraltro si è sentita meno la crisi». Quali sono le sfide e gli obiettivi principali che attendono la società nel corso dei prossimi mesi? «Intanto confermare i risultati dell’anno passato. Inoltre, continuare sulla via tracciata attraverso il go live ufficiale del progetto NuAge, atteso entro la fine dell’anno fiscale. A parte questo, l’azienda continuerà a operare come ha sempre fatto, basandosi sul solido pilastro della competenza per fornire soluzioni e servizi innovativi che interpretino al meglio le evoluzioni della tecnologia e i bisogni del mercato».



TECNOLOGIE

Il mercato dell'outsourcing per l'elettronica La flessibilità progettuale e realizzativa, insieme a una dotazione tecnologica sempre all'avanguardia e soggetta a continui investimenti, sono le carte vincenti per emergere nel competitivo mercato dell'outsourcing per l'elettronica. L’analisi di Roberto Negri e Paola Ziliani Lodovico Bevilacqua

on la terza rivoluzione industriale – quella tecnologica, per intenderci – ci troviamo in un panorama produttivo ormai profondamente mutato, nei suoi connotati, rispetto a poche decine di anni fa. In un vorticoso processo evolutivo, la tecnologia ha assunto un ruolo sempre più importante e pervasivo nella gestione dei processi produttivi di ogni ambito. Sono così cresciuti – in numero e in professionalità – i player di quello che ormai è divenuto un vero e proprio mercato, spietato e selettivo nella sua specializzazione: quello dell'outsourcing per

C La TecnoElettronica Srl ha sede a Roveleto di Cadeo (PC) www.tecnoelettronica.pc.it

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l'elettronica. Possono essere considerati dei pionieri nella fornitura di questo servizio Roberto Negri e Paola Ziliani, titolari di una piccola ma virtuosa realtà imprenditoriale del piacentino, la TecnoElettronica Srl: «Nata nel 1988, la nostra azienda ha esteso – negli anni – le sue prerogative, aumentandole e migliorando la qualità del servizio». Inizialmente terzisti specializzati nell'assemblaggio di schede elettroniche – infatti – i titolari della TecnoElettronica hanno profuso impegno e dedizione nella loro attività, potenziandola dal punto di vista dei risultati e delle competenze. «Ci proponiamo come partner affidabili e professionali per una lunga serie di mansioni – dall'approvvigionamento di componenti elettronici ad assemblaggi elettronici, PTH e SMD, dall'allestimento commesse ai collaudi funzionali, solo per citarne alcune. Naturalmente tutte le commesse sono precedute da un'accurata analisi preliminare e realizzate in stretta collaborazione con il committente, sensibili a ogni sua più piccola esigenza progettuale». Una customizzazione del servizio molto apprezzata dalla clientela, alla continua ricerca di disponibilità e flessibilità produttiva. Ma come


Roberto Negri e Paola Ziliani

Gli investimenti sul capitale umano, in termini di formazione e aggiornamento professionale sono prerogative irrinunciabili per la società

si può realizzare tutto ciò? «In sostanza, sfruttando la combinazione fra le piccole dimensioni dell'azienda e la grande professionalità dei suoi dipendenti», sostiene Negri, che continua. «Molte grosse aziende del settore non sono in grado di garantire l'attenzione al particolare, la flessibilità progettuale e realizzativa invece costituisce una delle caratteristiche salienti della TecnoElettronica Srl». Il tutto senza perdere di vista la qualità. «La dotazione tecnologica della nostra azienda è sempre all'avanguardia e soggetto di continui investimenti. La precisione delle lavorazioni è garantita da macchine estremamente avanzate dal punto di vista tecnologico, alcune addirittura progettate e realizzate assecondando nostre specifiche richieste, in modo da ottimizzare al massimo, in termini quantitativi e qualitativi, il ciclo di produzione, cercando di eliminare il famoso “Dead Time” che incide sul costo del prodotto». In un'azienda a vocazione artigianale, non può inoltre mancare una convinta valorizzazione della componente umana – pur in un ambito completamente automatizzato dal punto di vista produttivo. «Dalle scelte strategiche a li-

vello dirigenziale all'utilizzo delle competenze a livello progettuale, la professionalità e la preparazione dei dipendenti della TecnoElettronica Srl costituiscono il vero valore aggiunto. Gli investimenti sul capitale umano, tanto in termini di formazione e aggiornamento professionale quanto in garanzie a livello di offerte contrattuali, sono prerogative irrinunciabili per la società». Una scelta finora premiata dai successi commerciali e dalla fiducia dei clienti. «La TecnoElettronica Srl è dotata di un'organizzazione aziendale concepita per offrire un'assistenza completa e professionale, dall'analisi preliminare alla realizzazione del progetto, dalla produzione alla fase post-vendita». Una realtà produttiva e professionale, virtuosa – dunque – che ha fatto della coesione e del dinamismo innovativo una ragione d'essere e che ha visto premiata la propria intraprendenza con la fiducia accordata dal mercato e dalla committenza». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 85


TECNOLOGIE

Tecnologie per la conservazione e distribuzione degli alimenti Un sistema di pastorizzazione industriale a microonde che permette di portare a sessanta giorni la shelf life dei prodotti. Evitando i problemi connessi alle altre tecniche di conservazione. Roberta Vellani spiega l’applicazione del sistema anche alla distribuzione automatica Manlio Teodoro

l mercato alimentare propone al consumatore una vasta gamma di piatti preparati, soprattutto surgelati, refrigerati e disidratati. Questi prodotti, nonostante siano pensati per un consumo pratico, per essere consumati, devono subire ancora un’ulteriore elaborazione. Per esempio, i piatti disidratati devono essere reidratati con l’aggiunta di acqua bollente. Per superare questo e altri problemi dei sistemi di conservazione, la società Remak, di Reggio Emilia, negli ultimi quattro anni, ha puntato sulla ricerca e lo sviluppo di un sistema di pastorizzazione a microonde, oggi divenuto realtà. Questo sistema è stato anche integrato in un progetto di distri-

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Sotto, pastorizzatore microonde prodotto dalla Remak Srl di Reggio Emilia. A fianco, distributore Fm1000 www.remakvending.it

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buzione e catering automatico che sarà presentato al prossimo Cibus di Parma all’interno del I° Salone del Vending Pubblico e Retail automatico presso il padiglione 7. A parlarne è Roberta Vellani, amministratore di Remak: «Proponiamo una soluzione innovativa per la produzione di piatti pronti pastorizzati a lunga conservazione che garantiscono l’eliminazione di conservanti chimici e il mantenimento a temperatura + 4° fino a 60 giorni, sia della stabilità microbiologica sia delle qualità organolettiche del prodotto. Ciò da cui siamo partiti è la filosofia del “mangiare buono e sano”, che significa offrire al consumatore un prodotto genuino. L’attività di ricerca e sviluppo ci ha portato a una duplice innovazione di prodotto e di processo, introducendo le microonde come sistema di pastorizzazione del prodotto confezionato. Un prodotto pastorizzato a microonde è un prodotto indubbiamente sano, in quanto privo di conservanti chimici. Inoltre, essendo trattato termicamente in una confezione ermeticamente chiusa, si riduce efficacemente la carica batterica, mentre le microonde non causano alcuna alterazione organolettica». Un esempio è rappresentato dal caso del piatto pronto confezionato e, non ultimo, delle verdure lessate. «Grazie al processo di pastorizzazione a microonde siamo riusciti a soddisfare le necessità della moderna distribuzione mantenendo tutte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto fresco, oltre alle sue caratteristiche di ti-


Roberta Vellani

Siamo partiti dalla filosofia del mangiare buono e sano, che significa offrire al consumatore un prodotto genuino

picità e tradizionalità specifiche. Il processo di pastorizzazione a microonde, inoltre, garantisce la massima efficacia di trattamento, tempi ridotti rispetto alle altre tecnologie e l’eliminazione degli eventuali danneggiamenti alle confezioni». Altro fronte sul quale Remak ha concentrato le proprie risorse è la distribuzione automatica di alimenti. «Dalle recenti ricerche di mercato emerge la richiesta da parte dei consumatori di una soluzione che unisca qualità e rapidità – spiega Roberta Vellani –. Per esempio come risposta ai tempi ristretti della pausa pranzo, durante la quale si vorrebbe comunque usufruire di un buon servizio. La nostra proposta, Fm1000, sarà presentata presso il Cibus di Parma all’interno di Venditalia Self Expo a maggio 2012. Rispetto ai consueti distributori, Fm1000 garantisce la massima funzionalità, superando i limiti dei distributori già presenti sul mercato per l’erogazione di piatti pronti caldi/freddi. È dotato di un vano frigorifero per ospitare 144 piatti e può offrire un menù completo, dal primo al dessert. I piatti sono freschi stabilizzati a 30-60 giorni, conservati a una temperatura che va da 0 a 4 C° e riscaldati grazie al forno a microonde incorporato e appositamente studiato per questa applicazione. Dal punto di vista tecnico Fm1000 è costruito per essere collocato in ambienti diversi, è robusto e sicuro per prevenire eventuali attacchi vandalici ed è in grado di affrontare situazioni cli-

matiche avverse. Il sistema elettronico che gestisce il distributore automatico è impostato per “generare” le offerte sui prodotti che risultano prossimi alla data di scadenza. Infatti, al momento del rifornimento dei piatti viene registrata la data di scadenza riportata sulle confezioni e dieci giorni prima della scadenza, se non sono stati consumati, il sistema li mette in offerta a un costo inferiore. Questo consente di ridurre a zero i resi». Oltre a un’ampia possibilità di scelta, il sistema è stato pensato anche per garantire la praticità di consumo del pasto nei diversi contesti nei quali i distributori saranno collocati. «I tempi di erogazione del piatto sono molto rapidi: da 25-35 secondi per un piatto freddo a un massimo di 45 secondi per un primo o un secondo caldi da 250gr. Ogni piatto si presenterà in comode vaschette monoporzione trasparenti, con posata e tovagliolo a corredo». Per offrire un servizio completo, Remak Vending ha creato strette collaborazioni con alcuni produttori di piatti pronti che possano garantire diverse varietà di piatti. EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 87


TECNOLOGIE

Qualità italiana nel mercato dell’elettronica Innovazione e formazione, flessibilità e lungimiranza. Caratteristiche irrinunciabili per la sopravvivenza in un mercato specialistico e competitivo come quello dell'elettronica. Gian Pietro Biolcati racconta la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

ambito della componentistica elettronica rappresenta un comparto caratterizzato da una spietata concorrenza e da una rigida selezione del mercato, determinate dalla specializzazione delle competenze richieste. L'esigenza di tecnologie sempre più aggiornate ed efficienti impongono l'acquisizione di un costante slancio innovativo, di un'organizzazione aziendale affidabile e rodata, di condizioni produttive informate da flessibilità e disponibilità alla customizzazione. In continua competizione con la rinomanza dei prodotti tecnologici orientali, esistono realtà produttive italiane dinamiche e virtuose, in grado di raccogliere la sfida del mercato globale con entusiasmo e ambizione. Titolato rappresentante di

L’ Gian Pietro Biolcati, presidente della Selco Spa di Ozzano dell’Emilia (BO) www.selcobo.it

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questa imprenditoria è Gian Pietro Biolcati, amministratore delegato della Selco di Ozzano dell’Emilia. «La nostra società è operativa nel settore della progettazione, industrializzazione e produzione di schede e apparecchiature elettroniche complete dal 1979. Partendo da un core business orientato verso gli ambiti dell'automotive, del domestico bianco e dell'industriale, la confidenza con il mercato e l'acquisizione di competenze sempre maggiori ci ha permesso di diversificare la produzione, volgendoci verso un numero via via crescente di settori». Come riuscite a rimanere competitivi nell'ambito di un mercato così selettivo e specializzato? «La strategia aziendale della Selco è sempre stata caratterizzata da una vivace attitudine innovativa, in un comparto produttivo dove lo sviluppo di nuove tecnologie e competenze rappresenta un’ineludibile condizione di competitività. Un quarto dei dipendenti della Selco è impiegato nel dipartimento di ricerca e sviluppo e questo settore aziendale catalizza la maggior parte degli investimenti della società. Sempre nell'ottica di perseguimento dell'eccellenza professionale va inquadrata l'attenzione dedicata alla selezione e formazione del personale». Come si declina questo slancio innovativo che tanto caratterizza la politica aziendale della Selco? «In qualità di azienda original design manufacturing dedichiamo molta attenzione alla fase


Gian Pietro Biolcati

progettuale; sono numerosissimi i brevetti registrati dalla Selco che hanno poi trovato collocazione nei più disparati ambiti produttivi di tutto il mondo. La nostra attitudine innovativa va inoltre concepita – oltre che nell'ottica di rinnovamento tecnologico – anche nello studio di processi produttivi sempre più elastici ed efficaci, in modo da ottimizzare il virtuoso rapporto fra flessibilità e qualità produttiva che ci ha sempre caratterizzato. Con una punta di orgoglio desidero inoltre sottolineare come la Selco abbia preferito – rispetto all’attuale tendenza alla delocalizzazione – mantenere la sede produttiva in Italia e scegliere una destinazione domestica per la maggior parte degli investimenti». In un mercato caratterizzato dalla qualità produttiva, come garantite la conformità a certi standard? «L'attenzione alla qualità dei nostri prodotti è una scelta consapevole. La tracciabilità di ognuno dei nostri prodotti o dei componenti che li formano è una garanzia preliminare, così come l'allestimento di un laboratorio interno con lo scopo di effettuare gli adempimenti necessari ad acquisire i certificati di conformità. Dal punto di vista formale inoltre, l'idoneità delle nostre linee produttive ai più alti standard qualitativi è certificata dal conseguimento delle più autorevoli e affidabili certificazioni; dalla Iso 9001 alla più prestigiosa Iso TS 16949 – standard internazionale di qualità nel settore automobilistico. La

Selco è in procinto di conseguire l'attestazione “Spice”, Process Improvement and Capability Determination, di livello 2, relativa alle principali aree di sviluppo e di validazione dei software per i prodotti elettronici e di particolare rilievo tecnico». Quali sono le prospettive future per la Selco e per il settore di afferenza? «Assecondando le richieste del mercato, continueremo a investire sulla qualità del prodotto e sul rinnovamento continuo della tecnologia progettuale e produttiva. La nostra strategia dinamica e virtuosa è stata inoltre premiata dal mercato, con un aumento del 9 per cento del fatturato nel primo trimestre dell'anno corrente; un risultato di assoluto prestigio, anche perché conseguito in coincidenza di una congiuntura economica estremamente negativa, caratterizzata da una contrazione della domanda e da compromettenti difficoltà palesate dal sistema creditizio». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 89


TECNOLOGIE

Trattamenti sui metalli, tra ricerca e sostenibilità n esclusivo trattamento anticorrosivo resistente agli acidi e agli ambienti salini, eseguito su filtri per piscine e acquedotti, e oggi utilizzato anche per trattare tondini di ferro per cemento armato, è l’innovativo prodotto che da qualche tempo ha rivoluzionato il settore della verniciatura a polvere. A proporlo al mercato è la P.R.A. Plastificatori Riuniti Argentani, società sita ad Argenta, in provincia di Ferrara, e specializzata da oltre trent’anni in un’ampia gamma di trattamenti, dalla verniciatura a polvere alla sabbiatura metalli, dalla rilsanizzazione alla plastificazione. «In quanto unica azienda italiana a eseguire interventi anticorrosivi di questo tipo – spiega Paolo Trecco, legale rappresentante dell’impresa – tale trattamento rappresenta il fiore all’occhiello della nostra attività. Consiste nell’applicazione di una resina liquida epossidica il cui compito è proprio quello di proteggere il metallo dalla

U

P.R.A. ha la sede ad Argenta (FE) www.pra-argenta.it

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Innovazioni e soluzioni sempre più tecnologiche stanno caratterizzando l’evoluzione del settore della verniciatura e dei trattamenti sui metalli. Paolo Trecco presenta le ultime novità del comparto, a partire da un esclusivo intervento anticorrosivo Emanuela Caruso

corrosione. La resina è conforme ai requisiti imposti dalla FDA, Indirect Food Additive Regulation, e può essere spruzzata con apparecchiature ad aria compressa o stesa in modo manuale». Questa non è di certo la prima volta che la P.R.A. si dimostra capace di innovazione tecnologica. Negli anni infatti ha saputo stare al passo coi tempi e con l’evoluzione, adottando sempre nuove tecniche e strumentazioni. «Negli ultimi 20 anni il nostro settore ha avuto un’evoluzione notevole, in particolare i dinamici cambiamenti hanno riguardato l’applicazione delle polveri. Infatti si è passati dall’impiego di una semplice pistola a spruzzo all’interno di una cabina di verniciatura, all’uso di polveri in grado di reticolare tramite radiazioni ultraviolette o pretrattamenti nanotecnologici». In tale specifico settore, però, la ricerca è costante e ultimamente si è focalizzata sul miglioramento dei prodotti e sulla diminuzione dell’inquinamento ambientale. In questa occasione la P.R.A. si è mostrata ricettiva e all’avanguardia. «Ben consapevoli del tipo di attività che svolgiamo e dell’impatto che i nostri articoli hanno a livello ambientale – continuaPaolo Trecco – cerchiamo di essere ecocompa-


Paolo Trecco

La P.R.A. è specializzata nell’applicazione di un trattamento anticorrosivo che resiste agli acidi e agli ambienti salini

Nella foto a sinistra, fase di applicazione della polvere prima della cottura del pezzo. In alto, interno di un filtro per acqua; sotto, filtri per acqua di mare pronti

tibili quanto più possibile. Ecco perché sottoponiamo l’azienda a controlli rigorosi per l’emissione di fumi, polveri e liquidi; ricicliamo gran parte del materiale impiegato nelle lavorazioni; e smaltiamo i materiali esausti attraverso l’aiuto di imprese specializzate. Inoltre, quest’anno procederemo con l’installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto del nostro capannone, e al contempo stiamo pensando di investire nell’installazione di ulteriori impianti che avranno come obiettivo la riduzione del 40 per cento dei costi operativi». Ma come si articola l’attività della P.R.A.? «Per tutti i vari trattamenti – commenta ancora Paolo Trecco –, operiamo su pezzi già assemblati che ci vengono consegnati dai nostri clienti sparsi in tutta Italia. Questi pezzi vengono sottoposti agli svariati processi di finitura, quali appunto la verniciatura o la plastificazione; soltanto dopo, però, essere stati idoneamente pretrattati con strumenti di natura chimica o meccanica. Tutto ciò è volto alla piena soddisfazione delle esigenze del committente e

del prodotto finito. Così facendo, riusciamo a rispondere alle richieste di moltissimi settori, tra i quali l’edilizia, l’industria biomedicale e chimica, la nautica, il comparto alimentare e quello agrario, la meccanica e l’arredamento». E proprio potendo contare sulle commesse di più settori, la P.R.A. è riuscita a risentire solo in modo marginale della crisi che attanaglia il mercato nazionale ed estero da ormai alcuni anni. «L’essere operativi in più rami dell’economia italiana – conclude Paolo Trecco – ci ha permesso di mantenere la nostra posizione sul mercato e andare avanti con l’attività. Certo la crisi rimane un dato di fatto, ragion per cui ci auguriamo che vengano presto effettuate le misure necessarie per migliorare e risolvere in maniera definitiva la situazione di stallo creatasi, misure riguardanti una minor burocrazia e maggiori finanziamenti da parte delle banche». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 91


TECNOLOGIE

Nuove tecnologie per la saldatura Un’importante novità nella composizione dei materiali per il settore automotive ha richiesto l’aggiornamento da parte dei produttori di macchine per saldatura. Ma, come spiega Roberto Gaspari, si sta lavorando anche all’abbattimento dei consumi Amedeo Longhi

uove esigenze in termini di sicurezza, di robustezza e di peso delle autovetture hanno spinto le più importanti case automobilistiche sul mercato a rivoluzionare una parte della produzione, in particolare quella che riguarda la composizione dei lamierati di ferro, unito al carbonio e ad altri elementi, che costituiscono la base per la struttura dell’auto. Naturalmente, è stata necessaria una pronta reazione di tutti gli operatori che si trovano lungo la filiera dell’automotive, primi fra tutti i produttori delle macchine mediante le quali vengono lavorati e saldati i lamierati. Una di queste aziende è l’emiliana TECNA Spa, di cui Roberto Gaspari è Membro del Consiglio. «Questo aggiornamento ha rappresentato una sfida importante, che siamo riusciti a vincere grazie a una peculiarità della nostra realtà, ovvero la capacità di sviluppare le innovazioni tecnologiche in casa». Come è stato affrontato il cambiamento nella composizione dei lamierati per auto? «Si è presentata subito una grossa difficoltà che contraddistingue questi nuovi lamierati alto resistenziali: ogni casa automobilistica ha i suoi, che si è fatta realizzare custom, con composizioni delle leghe differenti. Per questo motivo abbiamo dovuto aggiornare le nostre macchine in maniera

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da poter saldare i vari tipi di lamiera provenienti dalle diverse case. Noi siamo omologati per autoriparazioni con diverse case automobilistiche europee ed extraeuropee fra le più importanti. Abbiamo risolto questo problema realizzando una macchina intelligente dotata di un controllo touch screen sul quale l’operatore può impostare il tipo di lamierato che deve saldare e l’apparecchio automaticamente riconosce gli spessori, la forza, l’intensità della corrente e tutte le altre variabili necessarie alla lavorazione. Inoltre, questa macchina può memorizzare i parametri forniti dalla casa costruttrice, di modo che carrozzai e meccanici che operano nelle filiali sul territorio possono lavorare conoscendo già tutti i dati del pezzo, visualizzati sul touch screen, con le caratteristiche e le indicazioni riguardanti tutti i punti di saldatura che devono essere effettuati». Come avete fatto per adeguarvi? «Abbiamo realizzato una lunga serie di test. Tutto ciò che riguarda la creazione di software e lo sviluppo elettronico e meccanico è curato internamente. In questo senso la nostra è una ditta un po’ anomala, perché compriamo pochissimo materiale commerciale. Anche i trasformatori, gli stru-

Roberto Gaspari, Membro del Consiglio della TECNA Spa di Castel San Pietro (BO) www.tecna.net


Roberto Gaspari

Abbiamo dovuto aggiornare le nostre macchine in maniera da poter saldare i vari tipi di lamiera provenienti dalle diverse case automobilistiche

menti, le parti pneumatiche, i cilindri vengono progettati e realizzati direttamente da noi. Questa scelta ha pagato negli anni, perché ci ha sempre consentito di accontentare le richieste di ogni singolo committente. Grazie a questa struttura siamo in grado di realizzare macchine custom, per esempio per chi necessita di strumentazioni per saldare componenti molto grandi o molto piccole». Per il futuro avete in programma qualche altra novità? «Stiamo lavorando su macchine a basso consumo energetico, però di una certa dimensione, progettate per operare a livello industriale, dove occorrere molta energia. Saranno apparecchiature dai consumi limitati, in grado di recuperare energia tramite dei condensatori elettrici. In Giappone sono già disponibili, noi le stiamo mettendo a punto per il nostro mercato, un paio le abbiamo

già consegnate e le ultime novità le proporremo alla fiera Lamiera che si terrà a maggio a Bologna. Saranno disponibili diverse taglie, presto ne presenteremo una da centomila ampere, dotata però di una spina che sarà la metà di quelle convenzionali. A volte infatti alcune aziende hanno bisogno di realizzare impianti o cabine elettriche ad hoc per macchine con consumi fuori dalla norma, mentre con apparecchi a basso consumo energetico questo problema non si presenta». Come si compone il resto della produzione? «Nel tempo abbiamo sviluppato tanti articoli, anche diversi da quelli per la saldatura a resistenza. Posso fare l’esempio dei bilanciatori, che sono dei semplici prodotti meccanici dotati di molle e studiati per sollevare pesi e che rappresentano una fetta considerevole della nostra produzione. Sono strumenti nati per sollevare le macchine pensili da saldatura, quelle che si tengono in mano e che, siccome sono troppo pesanti per essere maneggiate, necessitano del bilanciatore. Successivamente si sono diffuse in tantissimi ambiti, dagli ospedali ai macelli; ne produciamo migliaia ogni anno e le vendiamo in tutto il mondo». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 93


Affidabilità ed efficienza nel trading Personale selezionato, un’organizzazione rodata e affidabile e una raffinata capacità di lettura del mercato. L’esperienza di Roby Luca Botteri nel settore del commercio di componenti per impianti di piping Lodovico Bevilacqua

teeltrade è un punto di riferimento nel mercato delle componenti di impianti per la distribuzione oil, gas, power e acqua. Il quartier generale si trova a Rottofreno, nella provincia di Piacenza, i cancelli hanno aperto nel 1981 e la società opera oggi in sessanta paesi: ha partecipato a grandi progetti dal Sudamerica all’Estremo Oriente e partecipa ai principali appuntamenti del settore su scala internazionale. L’interesse numero uno è legato all’ingegneria pesante, un campo che richiede capacità di analisi raffinate e competenze progettuali specifiche: gestire un’opera diventa importante può essere un impegno estremamente gravoso anche

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per le grandi multinazionali, se non si delegano alcune parti del lavoro a società altamente specializzate, che sono in grado di alleggerire l’impresa costruttrice degli adempimenti più complicati. Progettazione, produzione e acquisto dei materiali sono il mestiere di Steeltrade, così come il rispetto di rigidi parametri di qualità e affidabilità, caratteristiche che hanno permesso alla società di consolidare la propria posizione sul mercato anche in tempo di crisi.Specializzato nel trading di componenti per piping, Roby Luca Botteri è l’amministratore delegato della Steeltrade. «La società ha compiuto di recente trent’anni e fin dai primi anni è

Sopra, Roby Luca Botteri, Ad della Steel Trade Srl di Rottofreno (PC). Nell’altra pagina, il presidente e fondatore, Mauro Resmini www.steeltrade.it


Roby Luca Botteri

stata caratterizzata da una vivace tendenza all’innovazione e all’implementazione dei servizi, che ha permesso, grazie ad una lungimirante strategia aziendale, di assecondare, e anche di anticipare, le esigenze del mercato». In che cosa consiste, precisamente, il vostro compito? «La nostra attività nasce e si sviluppa come intermediazione commerciale fra i produttori di componentistica e i costruttori degli impianti. La necessità di reperire tutti i pezzi necessari alla realizzazione dell’opera in tempi estremamente rapidi, il rispetto di rigidi criteri di consegna che finirebbero per compromettere l’efficienza del cantiere e si tradurrebbero in pesanti penali, la garanzia della qualità dei componenti richiesti, sono condizioni necessarie da rispettare, ma difficili e costose da verificare, tanto che nella totalità dei casi questa fase di gestione e di controllo viene delegata ad aziende specializzate quali appunto Steeltrade». Quali vantaggi offrite? «Iniziamo il nostro supporto ai nostri clienti ancor prima che a questi venga assegnato un lavoro con i nostri servizi di consulenza e budgeting. A differenza di quanto propongono gli altri pro-

duttori, non siamo noi a indicare i tempi di consegna del materiale, ma modelliamo le nostre tempistiche di fornitura sulle esigenze del cliente. Lo sviluppo di un’attività come la nostra si basa sulla perfetta sintesi fra un’efficace opera di networking e l’allestimento di un apparato organizzativo impeccabile. La capacità di offrire dei pacchetti di fornitura completi, che permettono alla committenza di affidarsi a noi per il reperimento di tutti i componenti necessari alla realizzazione dell’impianto – dai tubi alle flange, dai raccordi alle valvole – è una condizione molto vantaggiosa e apprezzata della nostra offerta». Come si declina il concetto di sviluppo? «Intanto nell’allestimento di un’organizzazione sempre più efficiente e meticolosa, garantita da un’attenta politica di selezione e formazione del personale e dalla dotazione di sofisticate tecnologie per la conduzione dell’aspetto logistico dell’attività – il software integrato di gestione è stato progettato direttamente dalla Microsoft in base alle nostre specifiche esigenze. Inoltre perseguendo politiche aziendali sagaci e intuitive, come l’acquisizione di una ditta di produzione di valvole a sfera – la componente più sofisticata degli impianti di piping, solitamente reperita separatamente dagli altri pezzi proprio per la sua natura – che ci permette di completare la gamma della nostra offerta». Quali sono gli obiettivi futuri? «Seguendo il principio del miglioramento continuo vorremmo rendere il nostro servizio ancor più aderente alle esigenze del cliente oltre a consolidare ed espandere la nostra presenza sui mercati di tutto il mondo». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 95


MODELLI D’IMPRESA

Le tre “i” dell’impresa che guarda al futuro L’

Ict, innovazione e internazionalizzazione. Sono queste le tre voci irrinunciabili di investimento per le imprese che vogliono potenziare la presenza nei mercati in crescita dei paesi Bricst. La visione strategica di Barbara Franchini inizia nel reparto ricerca e sviluppo Valerio Germanico

Sotto, reparto produttivo della FM Srl di Correggio (RE). A fianco, lo studio progettazione della società www.fm.re.it

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internazionalizzazione e l’export hanno come nuovi obiettivi i paesi Bricst – Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa e Turchia –, mercati in via di sviluppo e con una forte richiesta di import tecnologico. È verso questi mercati che si stanno orientando anche le imprese emiliane, come la FM di Correggio, società che realizza componentistica industriale per il trasporto interno. L’amministratore delegato, e rappresentante della seconda generazione in azienda, Barbara Franchini, spiega il percorso che può portare all’espansione internazionale: «Nonostante un periodo abbastanza difficile per tutte le imprese, noi in questi anni abbiamo continuato a investire in quelle che consideriamo le tre “i”: Ict (Information and Communications Technology), innovazione e internazionalizzazione. Per raggiungere l’obiettivo strategico per il futuro – quello di incrementare la percentuale di export –, que-


Barbara Franchini

ste sono state e sono tre voci di investimento irrinunciabili. Adesso stiamo già iniziando a raccogliere i risultati, avendo costruito una nostra rete di vendita che conta già 38 punti tra distributori e agenti distribuiti in tutto il mondo. Finora abbiamo ottenuto le maggiori Abbiamo costituito una rete – Netmade – insieme soddisfazioni nel mercato suad altre cinque aziende del settore della plastica damericano, area dallo svie della gomma, che darà risultati sia in termini luppo economico in forte crescita. Abbiamo registrando commerciali che di ottimizzazione delle risorse anche importanti risultati in diversi paesi mediorientali, questi ultimi tuttavia risentono ancora di forti instabilità politiche interne, che e un’altra. Il prodotto customizzato, invece, rendono il flusso economico discontinuo». spazia nei settori più disparati: dall’automotive FM ha strutturato al proprio interno due distinte al settore delle energie alternative, dal meccaanime produttive: una che progetta, produce e tronico all’elettrico ed elettronico, fino ad arcommercializza articoli standard per la compo- rivare al medicale. Sono insomma tutti settori nentistica industriale per il trasporto interno; che richiedono un elevato contenuto tecnoloun’altra dedicata esclusivamente al prodotto cu- gico e che ci permettono di sfruttare al meglio stomizzato, quindi eseguito in esclusiva su spe- il nostro know how». cifica richiesta. «Questa seconda anima è Questa capacità di dare risposte innovative ed quella che ha solitamente il più elevato con- evolute dal punto di vista tecnologico è il ritenuto tecnologico. Uno degli ultimi progetti sultato di importanti investimenti nella ricerca realizzati con successo è stato incentrato sul e nello sviluppo, attività per la quale FM ha otmetal replacement, cioè sulla sostituzione di tenuto anche l’accreditamento dal Miur e leghe di metallo con polimeri termoplastici. quello alla Rete Alta Tecnologia della Regione Questa soluzione ha permesso ai nostri com- Emilia Romagna. «Grazie a questi accreditamittenti un importante cost saving, seguito menti abbiamo potuto creare una rete di siinoltre da un miglioramento delle prestazioni nergie fra il nostro laboratorio, le università e del prodotto. Per i prodotti standard, invece, altri centri di eccellenza che ci permettono di l’ultima novità riguarda la realizzazione di una crescere e offrire ai nostri partner un servizio di rulliera Easy Roll utilizzata nei trasporti interni eccellenza. Siamo consapevoli che la sfida sarà di prodotto. È un sistema semplice, leggero e sempre più dura per le piccole imprese, permodulare, arricchito anche dalla versione con tanto crescere è un obbligo e non più una sfere che permette un movimento libero a 360 scelta. Per questo abbiamo costituito una rete gradi. Gli articoli standard si rivolgono prin- – Netmade – insieme ad altre cinque aziende cipalmente al settore metalmeccanico e più del settore della plastica e della gomma. Queprecisamente ai costruttori di macchine che sta sinergia contribuirà a darci risultati positivi hanno bisogno di realizzare un sistema di tra- sia in termini commerciali che di ottimizzasporto del prodotto fra un’isola di lavorazione zione delle risorse».

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Il valore del design ceramico italiano Le tecnologie digitali hanno standardizzato le produzioni ceramiche a livello globale. Non potendo competere con i prezzi dei paesi emergenti, il settore italiano non può che puntare sulla creatività. Ne parliamo con Corrado Fontanini Valerio Germanico

l mercato europeo della ceramica, nel 2011, a causa della crisi, ha registrato un calo della domanda che ha influito in maniera importante sull’andamento delle aziende del settore. Poiché il superamento di queste difficoltà non sembra essere all’orizzonte, è fondamentale insistere nel potenziamento dell’export verso quei mercati extraeuropei che permettono di compensare le perdite di fatturato all’interno dell’area comunitaria». È questa la strategia indicata da Corrado Fontanini, fondatore e presidente della Srs, società specializzata nei sistemi di grafica e design per la ceramica. «Il nostro imperativo è stato quello di favorire un moderato incremento delle quote di mercato in Italia e Spagna e, invece, di concentrare gli sforzi per far crescere molto lo share di mercato nei paesi

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in cui siamo presenti con le nostre filiali e consociate – tre in Brasile, una in Spagna, una in Messico, una in Egitto e due in Iran – e nei paesi con la maggiore domanda: Cina, India e Russia. Dopo primi mesi non facili, oggi stiamo raccogliendo risultati estremamente interessanti e decisamente confortanti per il futuro». Com’è possibile esprimere, in termini quantitativi, questi risultati? «Abbiamo compensato le riduzioni di fatturato dei mercati europei con crescite a doppia cifra nei mercati non comunitari. Se questo indica una situazione di crisi differenziata per area geografica, bisogna però anche aggiungere che il rinnovamento tecnologico in atto nell’industria ceramica ha modificato lo scenario competitivo, introducendo nuovi competitor e nuove strategie di vendita. Le

Corrado Fontanini, presidente e fondatore della Srs Spa di Fiorano (MO) www.grupposrs.com


Corrado Fontanini

nuove tecnologie digitali stanno rendendo le produzioni mondiali molto più omogenee e standardizzate di quanto non fosse in passato. Questo non favorisce certo la nostra competitività, dato che i costi di realizzazione nei paesi emergenti sono molto bassi. La leva che tutte le aziende italiane devono valorizzare è quindi quella della creatività, per fare in modo che il prodotto ceramico italiano si distingua dalle produzioni di massa e a basso costo dei paesi emergenti». Quali sono state le vostre risposte in questo scenario mutato? «Devo sottolineare che già ci avvaliamo delle più moderne tecnologie e di personale riconosciuto fra i migliori nella realizzazione e sviluppo di grafiche per il digitale. Stiamo inoltre operando importanti investimenti per dotarci di laboratori e attrezzature necessarie a soddisfare le richieste più esigenti e stiamo introducendo nuovi prodotti in linea con il mutamento della tecnologia. E, ovviamente, abbiamo introdotto diverse nuove figure commerciali che seguiranno in maniera ancora più assidua i mercati esteri e soprattutto quelli Brics». Le fusioni societarie che avete realizzato negli anni scorsi vi hanno messo nelle condizioni di essere maggiormente preparati

a queste evoluzioni? «Da un punto di vista operativo, la fusione avvenuta fra le nostre aziende italiane – la divisione grafica Srs, l’azienda commerciale Assoprint e quella produttiva Silindro – sta oggi portando risultati importanti. Siamo infatti in grado di fornire ai nostri clienti un pacchetto completo, che va dalla semplice elaborazione grafica a progetti di strutture complesse eseguiti manualmente, dal singolo rullo cilindrico “vergine” alla realizzazione di retini piani e rotativi, come pure di cilindri incisi. In più offriamo dal materiale di consumo per i laboratori serigrafici – siamo da decenni partner e distributori per molti mercati a livello mondiale dell’azienda produttrice di tessuti e chimica Saati – alle più sofisticate apparecchiature per gli stessi laboratori, dal nostro sistema di profilazione ❯❯ EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 99


MODELLI D’IMPRESA

❯❯ colori Aicm alle apparecchiature fotografiche logna ed En & Tech di Reggio Emilia – che ad altissimo grado di risoluzione. Dunque adesso ci poniamo come “one stop shop”». Quali sono le vostre strategie di sviluppo sul fronte della ricerca? «Destiniamo notevoli investimenti nel nostro reparto ricerca e innovazione, poiché pensiamo che un’azienda che non rinnova costantemente il proprio portafoglio prodotti e servizi adattandolo alle esigenze del cliente e, se possibile, addirittura anticipandole, non abbia alcun futuro in un mercato complesso e globalizzato. Sul fronte della ricerca, lavoriamo anche con settori affini al nostro con l’obiettivo di risolvere problematiche comuni. Abbiamo stretto una collaborazione con Colorobbia Italia, Smaltiflex e i laboratori Intermech di Modena, Matmec di Bo-

Stiamo lavorando per diversificare il nostro campo d’azione e spingerci in settori attigui, come il tessile e quello delle resine

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appartengono al circuito della Rete regionale dell’alta tecnologia». Verso quali programmi di sviluppo sono state orientate queste collaborazioni? «Gli obiettivi sono quelli di sviluppo di strumenti software per la progettazione di materiali innovativi a basso impatto ambientale. La progettazione di vetri, resine e altri materiali addizionati con nano-particelle che presentano funzionalità inedite e la partecipazione allo sviluppo di nuovi metodi di progettazione dell’esperimento scientifico. Oggi sono stati già raggiunti alcuni degli obiettivi previsti dalla tabella di marcia stabilita insieme ai nostri partner e ci avviamo alla conclusione del programma, che ci darà importanti benefici, sia in termini di innovazione tecnologica, sia di know how acquisito». Quali sono i nuovi settori e mercati che potreste conquistare in futuro? «Poiché nel settore ceramico abbiamo già la copertura globale dei mercati, stiamo lavorando per diversificare il nostro campo d’azione e spingerci in settori attigui, come il tessile e quello delle resine. A tal proposito, per quanto riguarda il tessile, stiamo collaborando con un’azienda dell’hinterland milanese, la Cs Automazioni, che progetta e realizza impianti robotizzati e dalla quale abbiamo acquisito alcuni brevetti internazionali per i sistemi di dosaggio automatici. Per quanto riguarda il settore delle resine, una delle aziende del gruppo, la Bulwark Design, realizza già prodotti e superfici in resina ad alto contenuto tecnologico, con un’attenzione particolare alle nuove esigenze di comfort ed estetica dell’architettura e dell’edilizia contemporanea. In particolare siamo specializzati nelle pavimentazioni monolitiche e in un’ampia gamma di oggetti d’arredo».



MODELLI D’IMPRESA

Il settore automotive punta su ricerca e sviluppo Il futuro dell’industria italiana è legato a doppio filo alla capacità delle imprese di “fare sistema” e imporre la logica della “qualità” a quella del “prezzo”. Ne è convinto anche Massimiliano Tintori, della Astrolyne di Collecchio Erika Facciolla

nche il settore dell’automotive si appresta a superare il difficile momento economico forte di valori che da sempre contraddistinguono l’operato di alcune aziende italiane del settore. Qualità, investimento continuo nella ricerca e sviluppo tecnologico: sono queste le leve su cui occorre puntare per vincere la concorrenza asiatica e le fuorvianti logiche di “prezzo” da essa indotte. Al tempo stesso sarà fondamentale differenziare l’attività produttiva per poter presidiare nuovi settori e accumulare un buon vantaggio strategico nei confronti dei competitor orientali. In un mercato in continuo divenire attraversato da repentini cambiamenti, la Astrolyne di Collecchio è riuscita a conquistare un posto in prima fila grazie ad una filosofia che da sempre riflette nella qualità il suo principale valore aziendale. Ne parliamo con il presidente, Massimiliano Tintori. Quali sono le scelte strategiche e le logiche di mercato sulle quali l’azienda si è orientata in questi anni? «Abbiamo sempre pensato che il “prezzo”, inteso come unico fattore di competitività, a lungo andare, non pagasse. Ecco perché la nostra filosofia aziendale è da sempre impron-

A Massimiliano Tintori, presidente di Astrolyne di Collecchio (PR). Nelle altre immagini, ambienti di lavoro www.astrolyne.it

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tata sulla qualità che è parte fondamentale del nostro marketing mix. Inizialmente, la buona risposta ottenuta dal nostro prodotto sul mercato tedesco, ci ha consentito di migliorare costantemente e di avvantaggiarci sui nostri principali competitor, puntando sulla componentistica italiana e sulla collaborazione dei nostri fornitori. Ovviamente il nostro prodotto doveva, anche esteticamente, differenziarsi dagli altri: questo è stato possibile grazie alla marcatura laser che, oltre ad essere indelebile come vuole la normativa tedesca, offre al prodotto un’immagine personalizzabile e che riflette le caratteristiche qualitative». Da quale settore o applicazione derivano le migliori performance in questo momento? «Il nostro core business resta il settore dell’ingrassaggio, l’automotive. Da qualche anno abbiamo consolidato una collaborazione con un’importante azienda tedesca del settore dell’idropulizia e riteniamo che questo possa darci una spinta in più per cavalcare il trend positivo che quel comparto conoscerà nei prossimi anni». Che peso ha l’investimento nella ricerca tecnologica e nello sviluppo di soluzioni innovative? «Investire nella qualità significa quasi sempre avvantaggiarsi in termini di capacità produttiva. Come assemblatori, l’attività di ricerca e sviluppo si svolge sia esternamente, in collaborazione con i fornitori per il miglioramento


Massimiliano Tintori

La filosofia aziendale è da sempre improntata sulla qualità, che è parte fondamentale del nostro marketing mix

delle componenti, che internamente investendo in quegli strumenti che ci diano la certezza delle effettive performance del prodotto e che ci offrano l’opportunità di creare articoli con prestazioni affidabili». Quanto e come ha inciso la difficile congiuntura economica sul comparto e sulle performance aziendali? «Nonostante il nostro fatturato dipenda per la maggior parte dall’andamento del mercato tedesco, la crisi ha inciso comunque in maniera rilevante, ma fortunatamente non si sono aggiunti problemi relativi ai pagamenti, fattore che ha purtroppo messo in ginocchio anche valide realtà produttive». Alla crisi economica si è aggiunta l’aggressiva concorrenza asiatica che ha imposto al mercato logiche di prezzo, più che di qualità. Che tipo di ripercussioni ha avuto sulla

produzione di Astrolyne? «Gli effetti più rilevanti si sono registrati su un prodotto a bassa pressione più semplice da assemblare, che per un periodo abbiamo fornito ad un leader italiano nel settore e che successivamente ha incontrato difficoltà perché la discriminante è diventata, appunto, il prezzo. Vista la pressante concorrenza dei paesi orientali, abbiamo smesso di produrlo. Essendo il nostro un prodotto di nicchia, con margini ridotti, un altro rischio è che i nostri stessi clienti possano decidere di assemblare internamente i prodotti». Quali sono gli obiettivi per il 2012? «Quello che auspichiamo è riuscire ad inserire articoli destinati a nuovi settori di attività e differenziare quanto più possibile il prodotto. Se, come ci auguriamo, emergerà la possibilità di produrre nuovi articoli, siamo pronti a valutare investimenti ad hoc: ogni prodotto assemblato, qualunque sia il suo campo di applicazione, dovrà rispettare le caratteristiche qualitative e di immagine che ci contraddistinguono». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

Il mercato premia la flessibilità Nella lavorazione delle materie plastiche per l’industria, la capacità di adattarsi alle richieste del mercato, unendo qualità e velocità di realizzazione, è oggi il fattore in grado di fare la differenza. Ci spiega il perché Rodolfo Pollastri Diego Bandini

Nelle immagini, momenti di lavoro all’interno della Erre Effe Plast Srl. L’azienda ha sede a Modena info@plastgroup.it

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a flessibilità produttiva rappresenta, per moltissime aziende di piccole e medie dimensioni, l’arma migliore per proporsi e affermarsi su mercati in continua evoluzione, e caratterizzati da una concorrenza sempre più agguerrita. Ne è convinto Rodoflo Pollastri, amministratore della Erre Effe Plast, azienda di Modena nata nel 2001, ma con alle spalle un’esperienza ultra ventennale nel settore delle applicazioni delle materie plastiche destinate all’industria. «Sono convinto che oggi sia fondamentale riuscire ad adattarsi alle necessità della committenza, soprattutto per quel che riguarda il nostro ambito di riferimento. Per questo in Erre Effe Plast abbiamo fatto della flessibilità il nostro cavallo di battaglia. Un’impostazione che ci permette di aggredire con successo un mercato molto polverizzato, anche perché, come si sa, quando il mercato langue le pretese da parte della clientela sono senz’altro maggiori». Tutti questi sforzi, sottolinea però Pollastri, sarebbero pressoché inutili se non fossero accompagnati da un’adeguata politica di innovazione e aggiornamento tecnologico. «Ogni anno investiamo mediamente tra il cinque e il dieci per cento del nostro fatturato in attività di ricerca e sviluppo, tanto che attualmente siamo dotati delle più moderne attrezzature per il taglio e la lavorazione delle lastre di tutti i termoplastici industriali. Siamo una piccola realtà nel mercato nazionale, consapevoli del fatto che questa strada sia l’unica percorribile per continuare a garantire quei livelli di servizio che ci hanno consentito di conquistare, in pochi anni, importanti quote di mercato». All’interno di Erre Effe Plast flessibilità è anche sinonimo di diversificazione produttiva, un altro degli elementi che hanno contribuito in maniera decisiva ad attenuare le conseguenze della crisi per l’azienda modenese: «Il target di riferimento a cui ci rivolgiamo è, per fortuna, molto variegato» afferma l’amministratore. «Offriamo infatti una gamma pressoché completa

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Rodolfo Pollastri

Flessibilità è anche sinonimo di diversificazione produttiva, un altro degli elementi che hanno contribuito ad attenuare le conseguenze della crisi

di prodotti polimerici, tra cui lastre, foglie, tondi, tondi forati, barre quadre, rettangolari e profili. Siamo inoltre in grado di fornire, in breve tempo, particolari plastici semifiniti e finiti, su disegno del committente o su nostro co-progetto, grazie alla disponibilità di centri di lavoro CNC a 3 e a 5 assi». Sulla base di queste considerazioni, Pollastri può tracciare un bilancio più che soddisfa-

10% INVESTIMENTI

cente dell’ultimo anno di attività di Erre Effe Plast, anche e soprattutto in considerazione della situazione di precarietà in cui versa l’economia nazionale: «In questo periodo abbiamo attuato una seria politica di rinnovamento, non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche organizzativo e gestionale, puntando sul rafforzamento del servizio alla clientela, la quale ci impone sempre più risposte e consegne veloci. Nel complesso possiamo comunque ritenerci soddisfatti, anche se la nostra potenzialità in termini di volumi, e di conseguenza di fatturato, è senz’altro maggiore». Superata la fase più acuta della crisi, dunque, sono diversi gli obiettivi e le sfide che attendono l’azienda: «Il contesto all’interno del quale ci troviamo certo non aiuta, specialmente per noi che operiamo prevalentemente sul territorio nazionale», spiega Pollastri. «Lavorando per aziende che hanno interessi consolidati anche all’estero, abbiamo infatti potuto notare come per loro la crisi abbia avuto un impatto minore, proprio perché il mercato internazionale sembra essere più ricettivo rispetto all’Italia. Nonostante una contrazione del business fatta registrare in quest’ultimo periodo, il 2012 si è comunque aperto all’insegna di un incremento positivo. Un trend che speriamo possa essere confermato anche nei prossimi mesi».

È la quota base di fatturato destinata annualmente dall’azienda all’innovazione e all’aggiornamento tecnologico

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Sostenibilità e riciclo dei materiali da costruzione l mondo del riciclo è sempre più in espansione. Abbraccia ormai molti settori, spaziando dall’industria della lavorazione della plastica, a quella del vetro, arrivando a interessare anche l’edilizia. Questo campo infatti vive più di altri sull’utilizzo di materie prime. L’acciaio, ad esempio, occupa una grossa fetta del comparto riciclo in edilizia. Da scarti di lavorazione vengono prodotte grosse quantità di tondini, lamiere, strutture portanti, reti metalliche, pali, tubature, accessori e minuteria varia. Interessati al riciclo del materiale sono ovviamente anche le molte realtà che collaborano con il comparto dell’edilizia, come la Cavatorti e Riccò di Castelnuovo di Sotto. «Gli scarti del materiale che lavoriamo sono da sempre riciclati al 100 per cento dalle acciaierie che li fondono e li utilizzano per nuovo materiale. Inoltre, sempre in materia di salvaguardia ambientale, non utilizziamo nessun prodotto come oli lubrificanti o prodotti chimici per le nostre lavorazioni che vengono effettuate esclusivamente “a secco”». Devid Cavatorti, amministratore dell’azienda reggiana, introduce in questo modo uno degli

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Nelle immagini alcune fasi di lavoro all’interno della Cavatorti e Riccò di Castelnovo di Sotto (RE) www.cavatortiericco.com

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Il comparto dell’acciaio destinato alle costruzioni sta risentendo delle difficoltà che interessano il settore edile. Le aziende reagiscono puntando sulle innovazioni, l’esperienza e la riciclabilità del prodotto. Ne parliamo con Devid Cavatorti Marco Tedeschi

ambiti di cui si occupa la sua azienda che, dagli anni sessanta, effettua le lavorazioni dell’acciaio da cemento armato. «In Emilia Romagna siamo tra i primi operatori del settore, fornendo il materiale alle imprese di costruzioni per tutti i tipi di lavori (civili, industriali e pubblici). Sempre in ambito di risparmio un passo importante lo abbiamo fatto anche a livello di produzione e lavorazione. Negli ultimi anni infatti un occhio particolare si è posto anche ai consumi, iniziando ad utilizzare motori a risparmio energetico. Parlando invece di novità che hanno inte-


Devid Cavatorti

L’efficienza e il risparmio energetico sono gli obiettivi che hanno interessato l’azienda in questi ultimi due anni

ressato il nostro settore, abbiamo iniziato a utilizzare i codici a barre per la tracciabilità dei materiali utilizzati nelle varie commesse e abbiamo reso più intensa la collaborazione tra ufficio tecnico e reparti di produzione, con software che permettono la programmazione delle macchine dall’ufficio stesso. Naturalmente il mercato seleziona, soprattutto in questo duro momento, le aziende più competitive, e la competitività è ovviamente data dall’innovazione tecnologica e dall’esperienza». IL MERCATO DELLE COSTRUZIONI

Ma il settore edile non è l’unico con cui collabora la Cavatorti e Riccò. «Il mercato principale con il quale lavoriamo è ovviamente quello delle costruzioni – spiega Cavatorti – ma abbiamo piccole commesse anche in agricoltura

e in meccanica. Le aziende più importanti con cui collaboriamo sono in ogni caso le imprese edili, le cooperative di costruzioni o i prefabbricatori». Il mercato dell’acciaio per l’edilizia sta ovviamente risentendo dei problemi che stanno interessando in questo periodo il comparto da cui dipende. «Ad oggi il mercato italiano dell’acciaio da cemento armato è in una situazione di “calma piatta”, pochi i lavori che procedono senza intoppi. Un enorme problema sono i pagamenti in ritardo, se non del tutto bloccati, sia tra privato e privato che tra pubblico e privato. Le acciaierie riducono le produzioni e ne esportano la maggior parte. Per il futuro si naviga a vista». INVESTIMENTI

Puntare sull’efficienza nella produzione e su un sempre maggior risparmio energetico sono gli investimenti che hanno interessato e stanno coinvolgendo l’azienda in questi ultimi due anni. «I nostri investimenti si sono concretizzati - conclude l’amministratore Cavatorti con il rinnovamento di alcuni impianti di produzione, un impianto fotovoltaico da 100 kwh e, sulla sicurezza, nella movimentazione dei carichi pesanti. Per il 2012 ci concentreremo inoltre sul perfezionamento e sviluppo di un nuovo servizio ai nostri clienti: l’assemblaggio dei manufatti a mezzo saldatura, procedura per la quale abbiamo ottenuto le certificazioni necessarie pochi mesi fa». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 107


Una fase importante nella lavorazione dei metalli Il processo di sverniciatura ha un ruolo fondamentale nell’ottimizzazione della produzione e nel risparmio e recupero di materie prime. Enzo Minero e Domenico Pepe spiegano com’è mutato il settore dopo la crisi e quali sono le principali sfide per il futuro Manlio Teodoro

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a sverniciatura è un’operazione che permette di recuperare materie prime attraverso la reimmissione nel ciclo produttivo di manufatti già lavorati, ma non conformi, e rappresenta una fase importante del ciclo di finitura delle superfici. È possibile quindi, con questo processo, rimediare a difetti di verniciatura sorti durante la fabbricazione, l’assemblaggio o lo stoccaggio del manufatto, a scelte di colore non più efficaci nel mercato di riferimento, o ancora per intervenire con modiche strutturali o per rimediare al deterioramento causato dall’uso. Infine, la sverniciatura permette anche di avviare adeguatamente allo smaltimento o al riciclo materiali che hanno ormai esaurito il loro potenziale. Le varie tecniche di sverniciatura, diverse per materiale, non hanno subito nel tempo particolari innovazioni tecnologiche e la lavorazione continua a basarsi sull’intervento umano e l’uso di solventi chimici. «Ciò su cui è possibile però ancora intervenire – spiega Enzo Minero – è la diminuzione dell’impatto am-

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Enzo Minero e Domenico Pepe

L’andamento positivo ci spinge a essere ottimisti e potremmo anche avviare già quest’anno degli investimenti per potenziare la sverniciatura del legno

bientale del processo». Minero è socio, insieme a Domenico Pepe, della Sverniciatura F2m, azienda specializzata nella sverniciatura dei metalli e nella sabbiatura dei materiali ferrosi e che recentemente è entrata anche nel settore della sverniciatura del legno. «Il nostro core business – prosegue Minero – è rappresentato dalla sverniciatura industriale dei metalli e dei materiali ferrosi, che rappresenta il 90 per cento del fatturato. Il nostro mercato di riferimento è quello delle aziende metalmeccaniche dell’Emilia Romagna, con piccole incursioni in Toscana e Umbria. Se in passato, prima della crisi del 2009, avevamo anche rapporti con realtà più lontane, dopo il 2009 abbiamo dovuto restringere il nostro raggio di azione, perché non riuscivamo più a garantire lo stesso servizio a causa del rialzo dei costi ai quali non abbiamo fatto seguire i nostri prezzi». Nonostante questa scelta di limitare la copertura geografica, F2m ha registrato negli ultimi anni una crescita costante, grazie soprattutto alla capacità dell’azienda di attrarre anno per anno nuovi partner. Come aggiunge Domenico Pepe: «Negli ultimi anni abbiamo sempre registrato un incremento di fatturato, questo è stato possibile grazie a una platea di clienti sempre più ampia, che abbiamo conquistato puntando su qualità e tempistiche. Soprattutto il fattore tempo ha giocato un ruolo fondamentale, dato che, dopo la crisi, i nostri partner hanno smesso di fare magazzino e hanno al contrario bisogno del prodotto nell’immediato. Ci siamo così impegnati

per garantire tempi di consegna entro l’arco di ventiquattro ore. Dopo un 2011 positivo, l’avvio del 2012 sullo stesso trend ci dà la prospettiva di chiudere l’anno in attivo». Questo scenario conosce però anche delle criticità, che sono rappresentate principalmente dai ritardi nei tempi dei pagamenti e dall’aumento costante dei costi, che fanno assottigliare sempre più i margini di utile. «L’andamento positivo – dice Enzo Minero –, comunque, ci spinge a essere ottimisti e potremmo anche avviare già quest’anno degli investimenti per potenziare la sverniciatura del legno. Siamo entrati in questo settore da poco tempo e abbiamo ancora bisogno di potenziare la strumentazione e l’approvvigionamento dei prodotti per il trattamento del legno, che sono specifici rispetto a quelli che utilizziamo per il metallo. Abbiamo anche un problema di spazio e quindi, per potenziare la divisione legno, uno dei primi interventi dovrebbe riguardare l’ampliamento dello stabilimento». La maggiore sfida per il 2012 è però rappresentata dal potenziamento del target della grande industria, come dice in conclusione Pepe: «Oggi si rivolgono a noi soprattutto artigiani e piccole imprese. Per confrontarsi con la grande industria – soprattutto in un settore come il nostro, che non è produttivo, bensì di recupero – bisogna avere standard di qualità ben definiti e supportati da certificazioni. Stiamo quindi lavorando con dei laboratori specializzati, che ci offrono un’assistenza sui materiali e le materie prime, effettuando anche il controllo qualità».

Nella pagina a fianco, in basso, Enzo Minero e Domenico Pepe, soci della Sverniciatura F2m Srl che ha sede a Castelfranco Emilia (MO) info@f2msverniciatura.it

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MODELLI D’IMPRESA

L’innovazione viaggia su gomma

Diversificare per restare competitivi. È questa la strategia adottata dalla Moder Frigo, impegnata nella produzione di innovativi impianti frigoriferi per il trasporto su gomma. Il punto di Ansillo Mazzanti e Marino Panella Lucrezia Gennari

impennata del costo della benzina aggrava la situazione del trasporto merci su gomma, settore che vive una crisi ormai generalizzata già da alcuni anni. Ancora una volta, diversificare il servizio, sembra essere la soluzione migliore per resistere in un mercato sempre più complesso. Lo conferma l’esperienza della Moder Frigo, azienda di Modena guidata da Ansillo Mazzanti e Marino Panella, specializzata nel settore del trasporto refrigerato. Al trasporto di derrate alimentari, l’azienda ha affiancato altre attività, in primis quella della produzione di impianti per il trasporto di animali vivi e per lo smaltimento di rifiuti organici. «Questi settori, in cui oggi siamo leader in Italia, ci hanno

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Ansillo Mazzanti e Marino Panella, titolari della Moder Frigo di Modena www.moderfrigo.com

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permesso di tenere costante il fatturato, anzi addirittura di incrementarlo nonostante la crisi degli ultimi anni» afferma Mazzanti. Anche nel 2011, infatti, Moder Frigo ha chiuso il bilancio in positivo, consolidando la vendita dei propri prodotti sul mercato nazionale e internazionale. La produzione dell’azienda comprende una vasta gamma di impianti frigoriferi con regolari omologazioni rilasciate dal Ministero dei Trasporti nel rispetto della legge ATP entrata in vigore nel 1984. Nel corso degli anni, Moder Frigo ha realizzato alcune migliaia di gruppi frigoriferi autonomi funzionanti con motore diesel e gas ecologici, e ogni impianto di refrigerazione può essere creato su misura in base alle specifiche esigenze dei clienti. «La nostra realtà – continua Mazzanti – è un’azienda flessibile e dinamica che riesce ad adattarsi alle esigenze del mercato, realizzando progetti altamente innovativi, utilizzando sempre e solo le sue risorse. Tutti i nostri prodotti dispongono di un sistema di gestione dell’impianto elettronico che sfrutta la tecnologia Wifi e per il futuro stiamo elaborando progetti che permetteranno di costruire gruppi frigoriferi multi temperature ecologici a basso consumo energetico sfruttando nuove tecnologie inverter/ibrido». A completamento del servizio, inoltre, Moder Frigo offre un servizio di assistenza per i propri gruppi frigoriferi mediante un’officina meccanica specializzata, pronta a intervenire 24 ore su 24 e in grado di operare anche sugli impianti delle più importanti multinazionali,


Ansillo Mazzanti e Marino Panella

Tutti i nostri prodotti dispongono di un sistema di gestione dell’impianto elettronico che sfrutta la tecnologia Wi-fi

nonché attraverso una rete di centri specializzati diffusi in tutta Italia. Il lavoro della Moder Frigo, infatti, va oltre i confini regionali: «Modena copre solo una piccola parte del nostro mercato, circa il 10 per cento. Lavoriamo principalmente nel resto d’Italia e all’estero». Un successo che, negli ultimi anni, è stato sostenuto proprio dalla diversificazione settoriale. L’impresa infatti oggi è impegnata non solo nel comparto alimentare, ma anche in quello ambientale e nel trasporto animali. «La diversificazione delle attività – conferma Marino Panella - ci ha permesso di sopravvivere in un contesto di congiuntura estremamente negativa come quella attuale. Oggi, infatti, con i soli prodotti standard è impossibile reggere la concorrenza straniera, e riusciamo a rimanere competitivi grazie proprio alla capacità di realizzare prodotti speciali, lavorando su mercati di nicchia». In particolare, il settore ecologico controllato sembra quello in grado di aprire le prospettive

più importanti: «Riponiamo in questo tipo di attività grandi aspettative, anche perché la legge impone che gli scarti della macellazione siano mantenuti in celle a temperature controllate. Naturalmente, questo per noi rappresenta un mercato fiorente nel quale al momento non abbiamo concorrenti e in cui serviamo le principali aziende del settore». Un esempio positivo in un mercato in crisi, dunque, che guarda al futuro con fiducia, rinnovando gli obiettivi da conseguire. «I programmi per i prossimi anni sono molteplici – conclude Panella -. In particolare, desideriamo integrare la nostra produzione con la commercializzazione di gruppi frigoriferi da noi non prodotti. Tra i nostri obiettivi c’è inoltre quello di consolidare e incrementare il fatturato a livello internazionale, dare continuità aziendale coinvolgendo il personale giovane nella proprietà e nella dirigenza e, infine, cambiare sede realizzandone una ancora più efficiente». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 111


MODELLI D’IMPRESA

Tra innovazione tecnologica e responsabilità sociale na solida esperienza maturata in novant’anni di attività, unitamente a continui investimenti in ricerca e sviluppo, sono gli elementi che hanno permesso al gruppo carpigiano Angelo Po di affermarsi a livello internazionale nel complesso settore delle attrezzature per la ristorazione professionale. «Il mondo si sta trasformando a una velocità impressionante, e con esso anche i gusti alimentari delle persone», afferma la presidente del gruppo, Rossella Po. «Per questo diventa fondamentale riuscire a rimanere al passo con i tempi, soprattutto in un ambito come il nostro, caratterizzato da una competizione serrata e dalla presenza di multinazionali molto “aggressive”». Facendo un bilancio dell’ultimo biennio di attività, quali sono i principali risultati raggiunti da Angelo Po, anche in considerazione del contesto di crisi in cui è tuttora immersa

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Rossella Po, presidente della Angelo Po Spa di Carpi (MO) www.angelopo.it

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Dalla provincia modenese un esempio di come sia possibile conciliare gli obiettivi di natura economica con i temi etici e sociali. Il caso della Angelo Po, leader nella produzione di macchinari per la ristorazione professionale, spiegato da Rossella Po Guido Puopolo

l’economia globale? «Sembrerà strano, ma per noi questo è stato un periodo estremamente positivo. Tre anni fa abbiamo inaugurato una nuova filiale in Cina, a Shangai, dalla quale abbiamo ottenuto ottimi riscontri. Qui, infatti, è molto forte la richiesta di prodotti occidentali, che sappiano coniugare bellezza estetica e funzionalità, anche in virtù della diffusione del fenomeno dello “show-cooking”. Allo stesso modo risultati importanti sono stati raggiunti sul mercato indiano, russo e, più in generale, dell’est Europa. Certo radicarsi a livello internazionale richiederà tempo e fatica, in quanto è necessario adattare prodotti e apparecchiature alle norme e agli standard qualitativi presenti all’interno di ogni singolo Paese. Stiamo seminando, e sono convinta che presto potremo raccogliere i frutti di questo lavoro». Quali riscontri avete invece ottenuto dal mercato italiano?


Rossella Po

Collaboriamo costantemente con centri di ricerca e studi di design, per cercare di offrire attrezzature specifiche all’avanguardia

«L’Italia resta ancora il nostro principale riferimento, potendo contare sulla forza di un brand presente ormai da novant’anni e su una rete distributiva di primissimo livello, in grado di coprire in maniera capillare tutto il territorio nazionale. In particolar modo ci siamo rivolti soprattutto alle grandi catene di ristorazione presenti, instaurando proficue collaborazioni che ci hanno portato, nell’ultimo anno, addirittura a raddoppiare il fatturato proveniente dal mercato interno». In che modo siete riusciti a ottenere questi risultati? «Ci siamo attrezzati per gestire il cambiamento in atto. In particolar modo nell’ultimo periodo abbiamo investito importanti risorse per l’implementazione di un nuovo modello organizzativo - gestionale, il cosiddetto “lean thinking”, con l’obiettivo di aumentare la qualità del servizio e di ridurre al minimo lo spreco di tempo e risorse. Un processo tuttora in corso, che sta coinvolgendo l’azienda in tutte le sue parti, ma di cui già iniziamo a sentire i primi benefici effetti». Per quel che riguarda la produzione, quali

sono le ultime novità proposte dalla vostra azienda? «I nostri prodotti sono il frutto di una perfetta sintesi tra tradizione e innovazione tecnologica. Collaboriamo costantemente con centri di ricerca e studi di design per cercare di offrire attrezzature specifiche per la conservazione, la preparazione e la cottura dei cibi sempre più all’avanguardia, anche da un punto di vista del design. Alla recente fiera di Milano, ad esempio, abbiamo presentato alcune nuove apparecchiature, tra cui un abbattitore di temperatura con un’estetica molto accattivante, realizzato da un designer di fama mondiale come Zagato. Senza dubbio, però, il nostro fiore all’occhiello resta il forno Combistar FX». Quali sono, dunque, le peculiarità che rendono questo forno un prodotto unico sul mercato? «Combistar FX è un forno veramente rivoluzionario. Frutto dell’ingegno creativo del famoso designer milanese, Massimo Mussapi, è stato anche ❯❯ EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 113


MODELLI D’IMPRESA

❯❯ premiato con una Menzione d’Onore alla XXII

Edizione concorso Compasso d'Oro ADI Design Index 2011. Ma il valore di Combistar FX non si esaurisce al fattore estetico. Grazie a una sofisticata strumentazione tecnologica, esso è infatti in grado di rispondere in maniera adeguata a ogni specifica esigenza, ponendosi come supporto ideale tanto per il professionista esperto quanto per il cuoco alle prime armi. L’innovativa funzione Multicooking, ad esempio, permette la gestione contemporanea e automatica di 20 diversi processi di cottura, mentre la funzione attiva Eco, progettata per ottimizzare i consumi, garantisce significativi risparmi di energia. Il tutto è ulteriormente valorizzato da una facilità d’uso davvero senza eguali, con la presenza di un menù interattivo “user friendly”, programmabile e personalizzabile».

Abbiamo investito importanti risorse per l’implementazione di un nuovo modello organizzativo - gestionale, il “lean thinking”, con l’obiettivo di aumentare la qualità del servizio

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La Angelo Po è un’azienda storica, che ha saputo però rinnovarsi col passare del tempo. Quali sono, a suo avviso, quei valori irrinunciabili, ereditati dal passato e che ancora oggi continuano a guidarvi nel vostro lavoro? «Abbiamo ancora una gestione di tipo familiare. Siamo ormai giunti alla terza generazione, ma nonostante i cambiamenti fisiologici che hanno attraversato la nostra realtà, continuiamo a considerare l’attività imprenditoriale come una sorta di “missione” etica, che non può prescindere dalla passione e della serietà che quotidianamente mettiamo nel nostro lavoro. Altro aspetto fondamentale è la valorizzazione delle persone che lavorano con noi, che grazie anche a una formazione continua, hanno la possibilità di crescere in un ambiente coinvolgente e stimolante». A proposito di attenzione ai temi etici, il vostro gruppo è da sempre in prima linea nella promozione di iniziative di grande rilevanza sociale sul territorio modenese. «È vero. Credo fortemente nel ruolo sociale della figura dell’imprenditore. Essere socialmente responsabili significa andare oltre il normale senso civico di un’impresa. Significa investire nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con i propri interlocutori, siano Enti o persone. Ciò si traduce nell’adozione, a livello economico e culturale, di una politica aziendale che sappia conciliare le esigenze di carattere economico con quelle sociali e ambientali. Per questo il tema della responsabilità sociale di impresa è stato anche al centro della mia attività di Presidente dei giovani industriali della provincia modenese. Sono orgogliosa, ad esempio, di aver contribuito, insieme ad altre realtà locali, alla realizzazione di un nuovissimo reparto di radioterapia all’interno dell’Ospedale di Carpi: un vero e proprio punto di riferimento per la sanità provinciale, che ridurrà drasticamente i tempi d’attesa per i degenti oncologici».



MODELLI D’IMPRESA

Innovazioni nel distretto ceramico a Fiorano a Formigine, da Maranello a Sassuolo, il distretto modenese della ceramica ha raggiunto – grazie alla qualità delle lavorazioni e al pregio dei prodotti realizzati – un livello di celebrità e rinomanza globale. Pregevoli materie prime e sapiente maestria nel lavorarle sono il retaggio che numerose industrie ceramiche tramandano da decenni. La fama e la qualità dei prodotti realizzati – tuttavia – non sarebbe tale senza il prezioso contributo di alcune aziende di service, che svolgono un fondamentale servizio complementare all'attività di produzione delle società maggiori. Impegnato in questo ambito da alcuni anni, Andrea Venturelli – titolare della Maver di Serramazzoni – ben conosce le esigenze di un mercato sempre più difficile e selettivo. «Così come i miei due soci, ho maturato una lunga esperienza nell'ambito della produzione vera e propria di piastrelle in aziende specializzate; questo retaggio professionale mi ha garantito l'acquisizione di competenze poi rivelatesi preziose anche per l'attività attuale». Quali sono le caratteristiche del ciclo produttivo ceramico e come sono cambiate nel corso degli anni? «Il processo di produzione delle piastrelle ceramiche è diviso in diverse fasi, che partono con la macinazione delle materie prime – argilla e materie minerali – per mezzo di un mulino e continuano con

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Andrea Venturelli, titolare della Maver di Serramazzoni (MO) www.maversrl.com

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Nel periodo attuale il mercato sta tracciando una preoccupante flessione, ma l’innovazione è ancora capace di fare da traino per il comparto della ceramica. Il punto di Andrea Venturelli su export, tecnologie e macchinari Lodovico Bevilacqua

l'atomizzazione, da cui si ottiene l'atomizzato appunto,segue poi la fase di pressatura della polvere stessa. Il ciclo si conclude con l'essicazione, la smaltatura e la cottura della piastrella. L'intera sequenza produttiva è oggigiorno meccanizzata e in questa direzione si orienta lo slancio innovativo del settore. Dalla fine degli anni Novanta, infatti, la ricerca si è concentrata – più che sul tentativo di aumentare la qualità delle piastrelle, innovandone i processi di produzione – sull'obiettivo di meccanizzare il ciclo produttivo per contrarre i tempi e i costi di realizzazione privilegiando soprattutto la produttività». In cosa consiste il servizio che offrite? «Ci affianchiamo alle grandi ditte produttrici di macchine per ceramiche e refrattari proponendo la cura di una fase che è spesso trascurata dai grandi produttori, ovvero l'assistenza successiva alla vendita. Le aziende che producono i macchinari per la lavorazione della ceramica tendono a concentrare tutte le risorse produttive nella realizzazione della macchina stessa, mentre i committenti hanno sovente l'esigenza in intervenire sui suddetti macchinari con migliorie, adeguamenti operativi, mo-


Andrea Venturelli

difiche o integrazioni, non che parti di ricambio in pronta consegna e per questo servono aziende qualificate ed estremamente flessibili. E proprio l'offerta di questo particolare servizio costituisce il nostro core business». Quali competenze richiede il vostro compito? «È necessario avere un'ottima conoscenza delle macchine e del loro funzionamento, così come una grande confidenza con i processi e le modalità produttive dei prodotti ceramici. La professionalità dei tecnici, unita alla nostra esperienza nel comparto produttivo, permettono di proporre un servizio preciso e puntuale, in modo da permettere al cliente di sfruttare al massimo il rendimento degli impianti». La vostra esperienza vi ha suggerito una particolare strategia? «Diciamo che abbiamo optato – nel corso degli anni – per una specializzazione in interventi dedicati a particolari reparti produttivi. Principalmente ci interessiamo alle fasi di pressatura, smaltatura e stoccaggio del prodotto,

Dalla fine degli anni Novanta la ricerca si è concentrata sull'obiettivo di meccanizzare il ciclo produttivo per contrarre i tempi e i costi di realizzazione

pur avendo le competenze per intervenire in ogni ambito». Come vi posizionate nel mercato di riferimento? «La qualità del servizio offerto ci ha permesso di fidelizzare clienti in ogni parte del mondo, compresa – naturalmente – l'Italia. Le modalità di intervento cambiano tuttavia quando si lavora all'estero, poiché – nella maggior parte dei casi – bisogna affidarsi a società di intermediazione del settore per entrare in contatto con i committenti. Nel periodo attuale il mercato sta tracciando una preoccupante flessione, ma paradossalmente il nostro compito è agevolato da questa condizione, poiché – scarseggiando le possibilità di investire in nuovi macchinari – gli interventi in quelli già in uso divengono ancora più importanti e necessari. In controtendenza rispetto al trend attuale, infatti, il nostro fatturato ha registrato un aumento estremamente positivo».

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MODELLI D’IMPRESA

Il distretto della ceramica tra Italia e Spagna Il distretto modenese della ceramica continua a proporre ottimi prodotti e servizi al mercato nazionale e internazionale. Il merito va alle piccole e medie imprese della zona. Ne parliamo con Emer Zanfi Emanuela Caruso

ecnologie d’avanguardia volte all’incremento della produzione e sguardo puntato verso i mercati esteri. Sono queste le strategie con cui le piccole e medie imprese del settore ceramico italiano sono riuscite a vincere la crisi economica e a non risentire della stagnazione del comparto edile. È il caso specifico della Vernis Italia, società sita a Ubersetto di Fiorano Modenese che affonda le sue radici in un passato denso di cultura e tradizione ceramica. «Per essere competitivi in un periodo come quello che stiamo vivendo – spiega Emer Zanfi, presidente della Vernis Italia – abbiamo deciso di non accontentarci delle apparecchiature già in nostro possesso e di investire nella progettazione di un impianto di miscelazione automatizzato. Così facendo, a partire dalla fine del 2012 saremo in grado di aumentare la produzione aziendale. Inoltre, la profonda sinergia maturata nel tempo tra la nostra filiale e la Vernis Spagna SA, ovvero la sede centrale sita nel distretto ceramico spagnolo di Castellon de la Plana, ci ha permesso di guardare con attenzione agli sviluppi del mercato estero e di instaurare importanti partnership con aziende di paesi quali Polonia, Ucraina, Turchia, Grecia e Stati Uniti». Nello specifico, di che cosa si occupa la

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A sinistra, Emer Zanfi, presidente della Vernis Italia. In alto e nella pagina a fianco, fasi produzione, controllo e deposito www.colorificiovernis.com

Vernis Italia e a chi sono destinati i prodotti che realizzate? «La nostra società è impegnata nella produzione di smalti, da quelli in bicottura rapida e tradizionale a quelli in gres porcellanato smaltato, passando per quelli in monoporosa e monocottura; di fritte, ovvero vetri di composizione chimica utilizzati per conferire determinate caratteristiche alla ceramica; di basi serigrafiche; e di coloranti, in grado di colorare per via umida o per via secca qualsiasi tipo di piastrella. Tutti i nostri articoli sono destinati unicamente alle industrie produttrici di piastrelle ceramiche e sono caratterizzati da alta qualità e da raffinate tecniche realizzative. Infine, mettiamo a disposizione dei clienti tanto il prodotto finito, quanto le singole materie richieste». Quali sono i principali clienti della Vernis Italia? «In ormai quattordici anni di attività, siamo stati capaci di conquistare la fiducia e la col-


Emer Zanfi

35% CRESCITA È quanto ammonta l’ascesa del fatturato della Vernis Italia nel 2011

Alta tecnologia, ottimi servizi e partnership internazionali: questi i valori aggiunti della Vernis Italia

laborazione dei più rappresentativi e importanti gruppi del mercato ceramico italiano. A oggi, il nostro bacino d’utenza è formato da società quali Gruppo Atlas Concorde, EmilCeramica, Sichenia, Ceramiche Moma, Coop Imola, Panaria Group, Sant’Agostino, Opera Group, Graniti Fiandre e Rondine Group. Non ancora pienamente soddisfatti di questi risultati, nel biennio 2010-2011 ci siamo impegnati al fine di aumentare il numero del parco clienti, incremento che ci ha consentito di far salire di un buon 35 per cento anche il nostro fatturato, sia a livello nazionale che a livello internazionale». Quali altri punti di forza, o valori aggiunti, caratterizzano l’attività della Vernis Italia? «Dobbiamo gran parte del nostro successo ai parametri tradizionali con cui lavoriamo le materie e i prodotti, all’assistenza capillare che assicuriamo ai clienti, in modo da soddisfare ogni loro richiesta ed esigenza, alla ve-

locità nell’acquisizione e nella consegna degli ordini, capacità che abbiamo raggiunto abbattendo le inutili barriere burocratiche che spesso nel mercato nazionale rallentano i rapporti e le commissioni. In aggiunta, disponiamo di un’equipe di tecnici e commerciali altamente qualificati e preparati, capaci di rispondere con professionalità ed efficienza a qualsiasi tipo di richiesta, problema o innovazione. È proprio grazie allo staff aziendale che nel 2006 siamo stati insigniti dell’Alfa De Oro, un prestigioso riconoscimento legato all’innovazione tecnologica». Quanto sono importanti per un’azienda come la vostra gli investimenti in ricerca e sviluppo? «Moltissimo. Il laboratorio di ricerca grafica della Vernis Italia ha lo specifico incarico di rilevare marmi, pietre naturali e legni capaci di soddisfare in pieno le esigenze del mercato e di anticipare le tendenze future. Ecco perché ci avvaliamo anche dell’esperienza dei nostri partner spagnoli, che dispongono di laboratori di ultima generazione adatti allo studio della struttura chimico-fisica dei vari prodotti. La ricerca di nuove tecniche e soluzioni copre l’intero iter realizzativo dei nostri articoli, dallo sviluppo grafico e tecnico alla produzione, dall’installazione al servizio post-vendita». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 123


MODELLI D’IMPRESA

Una gestione razionale del magazzino eguendo il modello Toyota, anche Italcuscinetti, azienda che opera nel settore dal 1981, ha investito molto nel funzionamento del magazzino e nella gestione del servizio. «I nostri obiettivi – spiega il presidente dell’azienda emiliana Bartolomeo Ghirardini – sono il costante miglioramento delle prestazioni offerte e la conseguente fidelizzazione della clientela. Perché ciò avvenga, il servizio deve fondarsi su tecniche gestionali avanzate e innovative: il nostro magazzino è gestito da un sistema interamente automatizzato che permette di contenere i costi, velocizzare i tempi di approntamento ordine e ridurre sensibilmente i rischi di errore». A quali tecniche gestionali si riferisce? «Mi riferisco al kanban e al consignment stock. Il kanban è un sistema di gestione scorte grazie al quale in ogni passaggio della produzione o della filier, forniamo just in time solo le quantità di prodotto necessarie, ottimizzando i tempi di produzione e la gestione del magazzino del cliente. Il consignment stock invece, prevede che la merce richiesta sia interamente depositata presso il magazzino del cliente che, a seconda dei flussi di produzione, preleva e utilizza solo la quantità necessaria. In stretta collaborazione con esso, verifichiamo di volta in volta la quantità di ma-

S Nella foto, a sinistra, Bartolomeo Ghirardini, presidente e amministratore delegato della Italcuscinetti di Rubiera (RE), insieme agli altri due amministratori delegati, Renzo Pedriali e Iris Ghirardini, e a Chiara Ghirardini, coordinatrice delle attività amministrative e finanziarie www.italcuscinetti.it

124 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

Kanban, customizzazione, consignment stock sono termini specifici che indicano particolari tecniche di gestione dei servizi di magazzino e assistenza. Bartolomeo Ghirardini ne illustra i dettagli e spiega come attuarle nell’attività aziendale Amedeo Longhi

teriale effettivamente utilizzata: così facendo i tempi di approvvigionamento sono quasi azzerati e i costi logistici ottimizzati. Queste tecniche gestionali sono sempre più richieste dagli utilizzatori che adottano i principi di Lean Production (produzione snella) come filosofia aziendale. Inoltre, Italcuscinetti offre un packaging personalizzato che, unitamente a un sistema di codice a barre, rende più efficiente la gestione dei prodotti sia all'azienda che ai propri clienti, garantendo l'unicità e la rintracciabilità della merce». Quali sono i marchi commercializzati? «I nostri marchi sono ISB per cuscinetti volventi, cuscinetti per applicazioni a bassa rumorosità, cuscinetti di base, supporti, snodi, teste a snodo, boccole; NBS per cuscinetti a rullini, sistemi lineari e ruote libere. La nostra gamma non ha pari tra i competitors del settore grazie a un imponente assortimento in continuo ampliamento e pronto a stock, un ottimo rapporto qualità/prezzo e un servizio di spedizione in giornata». Dai rivenditori ai costruttori: ISB ed NBS sono presenti in tutto il mondo. «Italcuscinetti garantisce la presenza


Bartolomeo Ghirardini

Il kanban è un sistema grazie al quale ogni passaggio della produzione o della filiera fornisce solo le quantità richieste

25 mila POSTI PALLET

dei marchi ISB ed NBS in Italia e in 72 Paesi esteri, come alternativa alle primarie marche, affidando la distribuzione dei propri prodotti a una rete di rivenditori radicata sul territorio. Gli obbiettivi di Italcuscinetti sono consolidare e fidelizzare questo network nazionale e internazionale di rivenditori, nonché instaurare nuovi rapporti di partnership nei paesi in via di sviluppo: Sud Africa, Est Europa e Sud America. Altro obbiettivo dell'azienda è incrementare la propria presenza nel mercato degli utilizzatori italiani, che al momento si attesta intorno al 40% del fatturato, sviluppando un prodotto a marchio ISBems dedicato alle richieste più esigenti e investendo nel proprio reparto tecnico, inserendo nuove risorse e nuova strumentazione». Quale attività svolge il vostro reparto tecnico? «Gli ultimi anni hanno registrato una forte crisi

economica e questo ha portato i nostri clienti a ricercare soluzioni alternative che permettessero loro di economizzare senza rischiare dal punto di vista qualitativo: le loro stesse produzioni si stanno differenziando dalle altre per la qualità che sono in grado di offrire e quindi rivolgono a noi richieste di un prodotto economico ma di qualità. Il laboratorio tecnico, formato da quattro tecnici, è in grado di garantire un servizio a 360°: assistenza pre-vendita e in fase di omologazione con attività di application engeenering, assistenza post vendita nella fase di montaggio e assistenza nello sviluppo di nuovi progetti. Offriamo anche un servizio customizzato, in grado di studiare e realizzare prodotti personalizzati in base alle esigenze del cliente, instaurando veri e propri rapporti di collaborazione tra i nostri e i suoi tecnici progettisti. Chi entra in contatto con la nostra realtà diventa un cliente fidelizzato e allo stesso tempo un valido partner che contribuisce al nostro costante miglioramento sia in termini tecnici che di qualità del servizio fornito. Il risultato è ottenuto grazie alla filosofia aziendale, che della qualità dei prodotti, della varietà di gamma, del forte stock e del servizio altamente professionale ha fatto i propri punti di forza».

La disponibilità a stock della Italcuscinetti

EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 125


MODELLI D’IMPRESA

La piccola impresa punta sulla qualità di nicchia Anche le aziende non toccate dalla crisi guardano al futuro con prudenza. Attilio Maffezzoli spiega i risultati raggiunti negli ultimi anni e la specificità della piccola impresa nel dare risposte al settore della gomma e delle mescole Luca Cavera

l di là della crisi, ciò che al momento grava maggiormente sull’economia italiana è l’incertezza. Se alla prima alcune imprese sono riuscite a sfuggire, i dubbi sul futuro gravano anche sulle realtà che negli ultimi anni hanno registrato risultati positivi. Questo si traduce in una prudenza nell’effettuare nuovi investimenti che, a meno di un’improvvisa inversione di tendenza dei mercati, potrebbe protrarsi per un triennio. Destinare risorse all’incremento di produzione diventa così più difficile per le imprese, che temono di ritrovarsi con una capacità produttiva che il mercato non potrà assorbire. Questo è tanto più vero per le piccole imprese che hanno

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Momenti della produzione di Multicom Srl di Taneto di Gattatico (RE) www.multicomonline.it

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come specificità quella di rispondere alle esigenze di mercati di nicchia per lo più nazionali. Un esempio è la Multicom, azienda del settore della gomma che ha il proprio core business nelle mescole sia nere sia colorate, che rappresentato il 90 per cento del fatturato. Come spiega il titolare, Attilio Maffezzoli: «L’ultimo biennio è stato positivo, abbiamo registrato una crescita del 30 per cento annuo. E questo nonostante la crisi del settore della gomma in Italia, che è il nostro mercato. Attualmente, infatti, per espanderci all’estero in maniera significativa avremmo bisogno di potenziare la nostra capacità produttiva, investendo in impianti e macchinari. Tuttavia, l’eccessiva incertezza sul futuro, i costi crescenti di carburanti – che incidono sul trasporto – ed energia, le difficoltà che vediamo anche fra i nostri competitor nazionali e le limitate opportunità di business che si profilano nei paesi europei che potrebbero essere dei potenziali mercati, ci hanno impedito di avere l’input per investire, nonostante la nostra società avrebbe certamente le possibilità per farlo». Multicom ha realizzato i propri risultati puntando sulla qualità di nicchia e intercettando richieste di lavo-


Attilio Maffezzoli

Le piccole dimensioni ci hanno permesso di intercettare la richiesta in quantità limitata di un prodotto con caratteristiche specifiche

razioni che difficilmente la grande industria della gomma prende in considerazione. «Nonostante la massiccia capacità produttiva dei principali attori attivi nel nostro settore, questi ultimi non riescono a rispondere alle esigenze di committenti che necessitano di quantitativi spesso di poche centinaia di chili di gomma con caratteristiche di mescola e colorazione particolari. Noi abbiamo deciso quindi di intercettare questo target e offrire un prodotto con tutte le caratteristiche qualitative richieste e di farlo anche per quantità di prodotto limitate. Ciò che ci ha permesso di porci in questo modo rispetto al mercato sono proprio le nostre piccole dimensioni, che ci consentono flessibilità e rapidità di risposte. Soprattutto in un mercato, come quello della gomma, dove esiste una gamma di centinaia di articoli ciascuno con caratteristiche peculiari – dalle applicazioni nell’informatica a

+30% FATTURATO

quelle sui pannelli solari, passando per le guarnizioni destinate al mondo dell’alimentare e del non alimentare». Alla costante richiesta di mescole particolari, Multicom risponde con l’attività del laboratorio interno. «Il nostro laboratorio svolge sia le attività di ricerca e sviluppo, sia le procedure di controllo qualità sui processi produttivi – che, in base alla certificazione Iso 9000, prevedono l’analisi delle materie prime in ingresso e la verifica del prodotto in uscita. Eseguiamo delle prove per sperimentare nuove soluzioni che rispondano a richieste particolari. Fra queste ci sono mescole particolari, progettate e realizzate per resistere a temperature altissime o, al contrario, a temperature rigide di anche 80 gradi sotto zero. O ancora mescole capaci di non usurarsi se immerse per lunghi periodi nell’acqua marina. Questi esempi dimostrano come ogni mescola abbia una caratteristica particolare dipendente dal suo impiego e che le competenze che sono richieste anche a una piccola impresa del settore non sono poche». La società, che ha scelto i propri fornitori di materie prime entro i confini comunitari, si è dotata di tutti gli strumenti necessari previsti dalla norma Iso 14000 per garantire l’ecosostenibilità dei processi sia all’interno dell’azienda sia all’esterno, limitando così l’impatto ambientale.

Incremento annuo registrato da Multicom Srl nell’ultimo biennio

EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 127


MODELLI D’IMPRESA

Una produzione sostenibile e ancorata al territorio maggio, ad Amsterdam si terrà la più importante fiera di settore europea per il cleaning professionale: Issa Interclean 2012. All’evento parteciperà un’azienda che ha fatto del design e della qualità made in Italy il suo biglietto da visita nel mondo, esportando in oltre sessanta paesi dispenser e altre soluzioni di arredo bagno, cucina e ambienti professionali. Si tratta della Mar Plast di Rio Saliceto. Come spiega Franco Mantovani, amministratore e fondatore della società insieme a Giuliano Ascari: «Essere certificati made in Italy per noi è un valore. Significa garanzia di qualità, cura della filiera, conoscenza del produttore, attenzione per il territorio e per l’economia italiana e locale. Inoltre è segno di responsabilità, con un forte impatto sociale di redistribuzione della ricchezza. Il mercato non sempre vede questi fattori, ma sul lungo periodo la qualità viene ripagata. Nonostante i molti produttori esteri che offrono prodotti a basso costo, alla nostra società è ancora riconosciuto il valore della qualità e del design». Quali sono le novità più importanti, nel vostro settore, per quanto riguarda design, scelta e utilizzo dei materiali?

A

Franco Mantovani, amministratore della Mar Plast Spa di Rio Saliceto (RE) www.marplast.it

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Le novità per i sistemi di erogazione di carta asciugamani e sapone. La ricerca sui materiali, il design e l’introduzione dell’elettronica permettono di realizzare dispenser che garantiscono maggiore igiene per gli utenti. Ne parliamo con Franco Mantovani Luca Cavera

«Oltre ai materiali plastici tradizionali e all’acciaio inox, oggi si stanno imponendo il mater-bi – una plastica biodegradabile –, le plastiche igienizzanti e si sta sviluppando la produzione di articoli in plastica con effetto gomma. Certamente, anche guardando agli aspetti ambientali, oltre che a quelli dell’igiene, l’attenzione alle materie prime è sempre più alta: la qualità si costruisce partendo da questo. Molta attenzione stanno inoltre destando le possibilità offerte dall’elettronica, con lo sviluppo di dispenser no touch per carta e sapone. Queste soluzioni innovative, insieme all’uso di materiali di qualità – come l’Abs – si inseriscono sempre nel solco del design che è sempre stato importantissimo. Per questo, per le nostre collezioni ci siamo sempre affidati a designer che hanno saputo sviluppare linee capaci di conquistare il mercato». Cosa presenterete in occasione di Issa Interclean 2012? «Proporremo la nostra nuova linea Colored, che siamo certi avrà un ottimo impatto. Si tratta di dispenser in plastica con effetto gommato e colori accattivanti. Inoltre, presente-


Franco Mantovani

Mantenere la produzione in Italia ci ha permesso di avere un controllo puntuale di tutta la filiera

remo dei dispenser elettronici per l’erogazione di carta asciugamani e sapone. A questi si aggiungeranno anche altre tipologie di dispenser per carta che hanno sistemi di erogazione innovativi, apprezzabili soprattutto dagli operatori tecnico-professionali». La vostra produzione è fortemente ancorata all’Italia e al vostro territorio. Può spiegare le ragioni di questa scelta? «Nei 44 anni di attività il filo conduttore è stato senz’altro la nostra capacità di fare tutto internamente all’azienda: l’idea, la progettazione dei prodotti, la creazione degli stampi, la produzione degli articoli e anche la commercializzazione, in tutto il mondo. Questo ci ha permesso di avere conoscenza di tutte le problematiche, dal design applicato all’ingegnerizzazione del prodotto, fino alle esigenze dei diversi mercati. Mantenere la produzione in Italia ci ha permesso un controllo puntuale di tutta la filiera». Quali sono i settori e i mercati più im-

portanti? «Le nostre linee di accessori si caratterizzano per la molteplicità delle applicazioni e la varietà dei settori finali di impiego. Tradizionalmente, infatti, abbiamo arredato i bagni di hotel, locali pubblici, ristoranti, ospedali, aeroporti, stazioni, uffici. Oggi abbiamo anche una linea dedicata alla casa e attraverso una società del nostro gruppo, la Fantozzi Electric Carts, siamo entrati nel settore dei veicoli elettrici per la movimentazione interna di persone e merci e macchine per il settore hospital. In termini geografici guardiamo soprattutto a est, alla Russia e ai paesi Arabi, ma non trascuriamo i mercati tradizionali italiano ed europeo». Quale bilancio potete trarre per l’attività svoltasi nel 2011 e su quali presupposti si è aperto il 2012? «Il bilancio che possiamo trarre dal 2011, considerando il periodo di crisi, o almeno di stagnazione dell’economia, è complessivamente positivo. Nonostante la crisi abbia raggiunto anche il nostro settore, Mar Plast ha mantenuto nel 2011 buoni livelli di vendite, continuando ad avere volumi produttivi adeguati alla struttura. L’inizio del 2012 è stato intenso, ricco di relazioni con alcune grandi aziende. Queste si stanno traducendo in progetti di collaborazione per la realizzazione di nuovi prodotti – collaborazioni che saranno avviate nei prossimi mesi». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 129


MODELLI D’IMPRESA

Idee e innovazioni nel packaging del caffè Le aziende del comparto alimentare, per confezionare i loro prodotti, necessitano oggi di macchinari “ad hoc”, che devono essere sempre più performanti e affidabili. Fabio Binacchi illustra le evoluzioni e le ultime novità Guido Puopolo

mpianti tecnologici e innovativi, destinati al confezionamento di prodotti alimentari, come caffè e tea, progettati e realizzati “su misura”, perfetti tanto per la grande multinazionale quanto per la piccola e media impresa. È da ricercare in questa particolare impostazione la chiave del successo della Opem, azienda parmigiana fondata nel 1974 e specializzata proprio nella realizzazione di macchine per il confezionamento di caffè e altri infusi. «Il caffè è una bevanda utilizzata in tutto il mondo, e il suo confezionamento nel corso degli ultimi due ultimi decenni è stato soggetto a notevoli trasformazioni. Dal caffè confezionato in semplici sacchetti, si è passati al caffè in sacchetti sottovuoto “Brick Pack”, per arrivare poi al caffè in cialde di carta filtro e in capsule di plastica e alluminio, fino alla rivoluzionaria introduzione di capsule biodegradabili ottenute dal mais», afferma il fondatore e attuale presidente dell’azienda, Fabio Binacchi. «In questo particolare percorso Opem ha svolto un ruolo da protagonista, contribuendo con idee

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Fabio Binacchi, fondatore e presidente della Opem Spa di Parma www.opem.it

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e soluzioni veramente d’avanguardia, visto che siamo stati i primi al mondo a costruire gli impianti adibiti proprio alla produzione delle capsule biodegradabili per il caffè». Quali particolari accorgimenti devono essere presi in considerazione nel packaging alimentare e, di conseguenza, quali caratteristiche devono assicurare le macchine utilizzate a questo scopo? «Nella nostra idea di packaging, crediamo che esistano alcuni punti da cui non si può prescindere. Oggi il mercato richiede sempre di più prodotti realizzati con materiali rispettosi dell’ambiente, ma allo stesso tempo esteticamente accattivanti e soprattutto funzionali, capaci cioè di proteggere gli alimenti dall’ossigeno e dagli agenti esterni. Sono questi gli elementi che cerchiamo di considerare quando andiamo a realizzare un impianto, con l’obiettivo di non deludere le aspettative di chi si rivolge a noi. Serviamo grandi aziende e multi-


Fabio Binacchi

Gli impianti per il confezionamento del caffè rappresentano attualmente circa l’85 per cento della nostra produzione

nazionali, come Kraft e GMCR, ma anche le piccole e medie imprese, che con il nostro supporto possono innovarsi e affermarsi sui rispettivi mercati di riferimento». Per fare questo è però necessario perseguire una seria politica di ricerca e sviluppo. «La ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico rappresentano il nostro pane quotidiano. Tutti i nostri impianti vengono costruiti in maniera personalizzata, sulla base delle specifiche indicazioni fornite dai committenti, perché una buona progettazione può essere tradotta nella pratica solo nel momento in cui si sono comprese le reali necessità dei clienti. Bisogna infatti distinguere tra coloro che hanno una produzione già fortemente industrializzata e quelli che hanno invece la necessità di proporre un nuovo progetto. Partendo da queste considerazioni riusciamo poi a elaborare le migliori soluzioni possibili». In particolare, come è organizzato in azienda il reparto di ricerca e sviluppo e quali test vengono effettuati nei vostri laboratori? «Disponiamo di due laboratori, uno meccanico e uno elettronico, all’interno dei quali sviluppiamo i progetti più complessi e innovativi. In genere il primo passaggio riguarda lo studio e la costruzione di un prototipo, indispensabile per testare la fattibilità del pro-

getto stesso. Una volta sviluppato con successo il prototipo, questo viene sottoposto alla verifica da parte del committente, con il quale operiamo in piena sintonia. Anche la partecipazione dei nostri tecnici è altissima. Con un pizzico di presunzione possiamo dire che, in un certo senso, Opem ha fortemente contribuito ad innovare il packaging alimentare, attraverso un lungo elenco di innovazioni brevettate che ci hanno portato a collaborare con alcune delle più importanti multinazionali del settore». Da un punto di vista commerciale quali sono al momento i principali mercati di riferimento e da quali, in futuro, potrebbero derivare le migliori opportunità? «Considerando la tipologia d'impianti che progettiamo e costruiamo, va da sè che i nostri mercati di riferimento sono quelli più evoluti. Operiamo principalmente in Europa, ❯❯ EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 131


MODELLI D’IMPRESA

❯❯ negli Stati Uniti e in misura sempre più cre-

scente in Brasile. Ovviamente siamo tuttora alla ricerca di nuovi spazi da conquistare, e ultimamente abbiamo ottenuto riscontri positivi anche sui mercati emergenti, in particolar modo dalla Cina e dai paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. In un’ottica di continua espansione del business, infatti, nulla deve essere sottovalutato, e la decisione di entrare in un determinato mercato è sempre il frutto di scelte strategiche ponderate e ragionate. Per questo una parte considerevole dei nostri investimenti è destinata proprio alla conquista di nuovi Paesi». Quali sono, invece, i macchinari più richiesti? «Il core business della Opem è senz’altro rappresentato dagli impianti per il confezionamento del caffè, che rappresentano ben l’85 per cento della nostra produzione. In particolar modo nel 2011 abbiamo assistito a una crescita impetuosa degli ordini per gli im-

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Nonostante l’azienda conti ormai quasi cento dipendenti, non abbiamo mai perso il nostro carattere artigianale

pianti ad alta produzione per l’industrializzazione delle capsule biodegradabili e capsule di materiale plastico, destinati soprattutto in Svizzera, Stati Uniti e Italia». Opem, a fianco di un continuo processo di aggiornamento tecnologico, ha saputo conservare una cura artigiana unita a una grande rapidità decisionale. Quali servizi, al di là della progettazione e realizzazione dell’impianto, offrite ai vostri clienti? «È vero, nonostante l’azienda conti ormai quasi cento dipendenti, non abbiamo mai perso il nostro carattere artigianale. Come accennato in precedenza, infatti, ogni nostra macchina è un “pezzo unico”. Il cliente può vedere come viene progettato il suo impianto, quali sono le macchine utensili che costruiranno il particolare metallico; può parlare e discutere con il programmatore elettronico, e partecipare attivamente al design review per l'approvazione del progetto. Altrettanto importanti sono i servizi di post-vendita offerti, che spaziano dalla messa in produzione dell’impianto alla formazione del personale addetto al suo utilizzo, fino all’assistenza e alla fornitura dei


Fabio Binacchi

31,5 mln

FATTURATO

pezzi di ricambio». Quali vantaggi vi derivano da questo tipo di organizzazione? «Questo è indubbiamente un approccio molto apprezzato dai nostri partner, soprattutto americani e tedeschi, che possono così contare su un unico interlocutore, capace di rispondere in maniera adeguata e professionale a ogni loro necessità. Grazie a una struttura decisionale snella e flessibile, riusciamo inoltre a intervenire praticamente in tempo reale per apportare eventuali modifiche o correzioni ai nostri progetti, con una disponibilità e un’accuratezza che le grandi multinazionali, che solitamente producono in serie, non possono certo garantire. L’impegno verso la qualità e la continua ricerca di soluzioni innovative rappresentano il fulcro dell’attività di Opem, un’azienda fatta dalle risorse umane che la compongono e dal loro bagaglio di conoscenze, che sono per noi un patrimonio di inestimabile valore». Quale bilancio può trarre dall’attività e dal fatturato della Opem relativamente all’ultimo anno e quali sono stati i risultati conseguiti più significativi? «Rispetto al 2010, nell’anno appena trascorso abbiamo fatto registrare un incremento del

fatturato di circa il 30 per cento, passando da ventiquattro a trentuno e mezzo milioni di euro. Un dato, questo, molto positivo, che secondo le prime stime dovrebbe essere quantomeno confermato anche per il 2012. Credo però che al di là dei numeri, che sono comunque importantissimi, l’aspetto più significativo per Opem sia quello di aver ormai raggiunto una solidità organizzativa e strutturale tale che ci permetterà di mantenere, anche nel prossimo futuro, i risultati fin qui conseguiti, indipendentemente dal contesto di crisi all’interno del quale versa la nostra economia». Quali sono, quindi, le prospettive per il 2012 dell’azienda? «Direi buone. Abbiamo un calendario fitto di ordini e commesse, grazie al quale possiamo guardare al futuro con una certa tranquillità. Siamo inoltre impegnati nella costruzione della nuova sede aziendale, un altro importante tassello nel nostro processo di crescita. Per quel che ci riguarda intendiamo continuare a lavorare con il massimo impegno, per contribuire alla rinascita del tessuto economico parmense e, più in generale, per dimostrare al mondo che le imprese italiane sono ancora in grado di competere e di dire la loro anche a livello globale».

Questo il dato con cui Opem ha chiuso il bilancio nel 2011, in crescita del 30% rispetto all’anno precedente

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IL SETTORE AUTO

li ultimi dati Istat pubblicati a fine 2011 dall’Aci mostrano che in Italia nel 2010 ci sono stati oltre 211mila incidenti stradali. Benché il dato sia in calo rispetto alla media dello scorso decennio – soprattutto è calato il numero dei morti sulle strade, diminuiti del 42,4 per cento rispetto al 2002 –, il dato si mantiene costantemente al di sopra dei 200mila sinistri (nel 2001 erano stati ben 263mila). Le cause sono molteplici e non riconducibili a un unico fattore. Esiste però un fattore capace di mutare l’esito di una situazione di pericolo e si tratta della manutenzione del mezzo. Sono almeno un migliaio all’anno gli incidenti nei quali ha avuto un ruolo determinante un guasto dovuto all’usura dei componenti. In testa stanno la rottura dei freni, l’eccessiva usura degli pneumatici, il guasto dello sterzo e l’insufficienza dei fari. Abbiamo chiesto a Roberto Masi, amministratore dell’autofficina Battilani & Ferri, specializzata nella manutenzione di autocarri, automobili e veicoli aziendali, quanta coscienza esista fra gli automobilisti dell’importanza fondamentale della manuntezione periodica del mezzo. «La maggioranza degli automobilisti che si rivolgono a noi è certamente consapevole del fatto che i controlli periodici aumentano la sicurezza di guida. Il ruolo di noi tecnici è quello di consigliare l’automobilista sugli interventi più urgenti, ma soprattutto ricordare di tornare periodicamente in officina. L’individuazione dei punti deboli è importantissima e riguarda tutti gli aspetti della sicurezza del veicolo, dai freni all’Abs, dal sistema di illuminazione agli airbag. Spesso si sottovalutano questi aspetti perché nelle normali situazioni non rappresentano un problema. Possono però diventarlo in un momento di pericolo». La vostra officina ha puntato da una parte sulla diversificazione e dall’altra sulla specializzazione. Quali sono i vostri

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I controlli sui mezzi e la sicurezza in strada La cattiva manutenzione di freni, pneumatici, fari e sterzo ha un ruolo spesso sottovalutato nel determinare situazioni di pericolo e incidenti. Roberto Masi spiega l’importanza di sottoporre a verifiche e interventi periodici il proprio mezzo di trasporto Luca Cavera

target di riferimento? «I nostri servizi si rivolgono sia al privato cittadino sia alle imprese. Abbiamo tre diverse officine: una dedicata alle auto private, un’altra ai mezzi aziendali Volkswagen e un’altra agli autocarri – siamo stati una delle prime officine autorizzate Scania in Italia. Inoltre offriamo i servizi di gommistica, carrozzeria e installazione di impianti a gas metano e Gpl. In questo modo abbiamo la possibilità di intercettare sul mercato uno spettro molto ampio di interlocutori». Cosa via ha spinto a intraprendere questa strategia di diversificazione dell’offerta? «La nostra officina nasce con una specializzazione nei mezzi per autotrasporto. La manutenzione e l’intervento dell’autocarro non deve solo essere di qualità, ma anche ese-

Roberto Masi, amministratore della Battilani & Ferri Srl di Spilamberto (MO) www.battilaniferri.it


Roberto Masi

L’individuazione dei punti deboli del veicolo è importantissima e riguarda tutti gli aspetti inerenti la sicurezza

guita velocemente, dato che il mezzo fermo non produce valore. Noi abbiamo cercato di trasferire questa nostra esperienza anche al settore delle autovetture, intercettando la richiesta di un mercato privato che vuole il miglior servizio nel minor tempo possibile. Riunire i servizi di officina, gommista, carrozziere, inoltre, dà un vantaggio ulteriore in termini di tempo, offrendo in un solo momento interventi che imporrebbero altrimenti di rivolgersi a più soggetti. La nostra scelta oggi è risultata particolarmente vincente, dato che la crisi ha colpito duramente il settore degli autotrasporti e quindi c’è stato un calo degli interventi». Quanto è importante l’aggiornamento nel vostro settore, anche sotto il profilo delle tecnologie? «È basilare. Le costanti innovazioni lanciate

sul mercato dalle case automobilistiche ci impongono frequenti corsi di aggiornamento. Le automobili moderne richiedono competenze specifiche: noi non procediamo per tentativi, ma conosciamo i motori e le tecnologie che adottano in modo da individuare rapidamente il problema e la sua soluzione. Abbiamo anche investito molto nell’acquisto dei software delle diverse case automobilistiche, in modo da poter eseguire test rapidi su ogni tipo di autovettura. Senza aggiornamento oggi si finisce subito fuori dal mercato». Gli alti costi della benzina stanno influendo sul numero delle installazioni di impianti a gas metano e Gpl? «Con la crisi economica e l’aumento del costo dei carburanti c’è stato un fortissimo incremento di richieste di installazioni di impianti a gas e Gpl. Mentre prima la richiesta era di un impianto alla settimana, adesso ne installiamo uno al giorno. Gli automobilisti sono evidentemente attratti dal risparmio notevole che si ottiene». Quali sono i vostri progetti di investimento e gli obiettivi per il 2012 e i prossimi anni? «Intendiamo potenziare l’officina dedicata ai mezzi aziendali e orientarci maggiormente al settore auto. L’officina Volkswagen, che abbiamo avviato nel 2010, è attualmente di soli 200 metri quadri. A breve investiremo per portarla a 2mila metri. In questo modo intendiamo controbilanciare la crisi del settore degli autotrasporti, che ci ha causato anche delle perdite. Infatti, benché il nostro fatturato sia rimasto costante in questi anni, abbiamo incassato solo l’85 per cento del fatturato, a causa di fallimenti e insolvenze». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 135


IL SETTORE PETROLIFERO

Una rivoluzione tecnologica per il petrolifero Il know how made in Italy sta per scatenare una rivoluzione nei sistemi di trivellazione ed estrazione del petrolio. L’interesse di una grande drilling company texana ne è la prova più eloquente. L’ingegnere Walter Bagassi spiega i fattori tecnologici che caratterizzano l’innovazione dell’impianto da lui ideato Valerio Germanico

l settore della perforazione petrolifera, dopo parecchi decenni, si trova alla vigilia della sua prima vera rivoluzione tecnologia. L’artefice di questa rivoluzione è il reparto engineering della B Robotics W di Besenzone, società creata dall’ingegner Walter Bagassi per la costruzione di attrezzature e la revisione degli impianti delle società di perforazione. Come racconta Bagassi: «Dopo una lunga esperienza negli Stati Uniti e nel mondo, trascorsa lavorando per le multinazionali del settore petrolifero, ho fatto ritorno in Italia e avviato la società, destinandone i ricavi alla ricerca su un progetto di impianto di estrazione che oggi stiamo per realizzare su grande scala, avendo per committente principale una società texana che produce un milione di barili al giorno». La sfida che Bagassi ha raccolto è quella di fornire alle drilling company un impianto dotato delle premesse tali da poter incrementare le performance di perforazione e portare ad eseguire un numero maggiore di pozzi all’anno rispetto a quello attuale. E questo a fronte di una diminuzione dei costi di gestione. «La prima intuizione è venuta dal fattore sicurezza. Avere degli operatori che lavorano a 27 metri di altezza, nella teo-

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La B Robotics W Srl ha sede a Besenzone (PC) www.bwrobotics.com

136 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

ria e nella pratica, e alle chiavi di manovra, rappresenta un rischio particolarmente importante, oltre a un costo per gli eventuali danni e il blocco temporaneo della produzione. Dunque il nostro impianto ha puntato sull’automazione e sulla movimentazione in sicurezza delle aste di perforazione, strutturando l’impianto in maniera tale che il personale non debba trovarsi in situazioni di rischio rispetto alla macchina. L’automazione ha permesso inoltre di dimezzare il numero di addetti necessari al funzionamento dell’impianto (manovali), riducendo così ulteriormente i costi di gestione». Se questi aspetti hanno inciso sul costo di esercizio dell’impianto, l’incremento di produzione si basa direttamente su altri fattori. «La velocità di sollevamento delle aste è stata raddoppiata, portandola da 0,5 metri al secondo a 1 metro. Inoltre, con l’installazione di un sistema cinetico di recupero dell’energia (Kers), dalla fase di


Walter Bagassi

Le nostre innovazioni all’impianto riducono i tempi morti e aumentano la redditività per la catena di soggetti coinvolti nell’estrazione petrolifera

discesa dei pesi riusciamo a generare energia utilizzabile nel cantiere. Altro discorso importante è quello che riguarda lo spostamento dell’impianto da un pozzo all’altro – dato che ogni macchina in un anno perfora più pozzi e il tempo di smontaggio e rimontaggio ha un peso importante sulla produzione di pozzi in un anno. Abbiamo disegnato l’impianto tenendo conto dell’ottimizzazione di questa fase e degli standard dimensionali e di peso dei vari componenti che devono essere trasportati su strada. Questa riprogettazione permette al nostro impianto di essere smontato e rimontato altrove in appena tre giorni e mezzo, contro i dieci dei sistemi tradizionali. Altro fattore di fondamentale importanza è l’affidabilità. La macchina è stata concepita in modo tale che i suoi componenti critici siano scomposti (redundancy). Dunque, se si rompe un componente ne è disponibile un altro che fa da sostegno. Insomma, tutte le nostre innovazioni hanno come obiettivo la riduzione dei tempi morti, dato che sul tempo si gioca molta della redditività per la catena di soggetti coinvolti nell’estrazione petrolifera». Questa parte dai governi che danno alle oil company le concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti e

prosegue con le drilling company che, sulla base di un accordo commerciale, garantiscono alle oil company il ritorno di investimento e quindi un determinato quantitativo di greggio. L’accoglienza positiva di questo innovativo tipo di impianto da parte dell’industria petrolifera è stata tale che subito dopo la pubblicazione online di un rendering del progetto la B Robotics W ha firmato un contratto per la costruzione di una serie di impianti per una società turca che effettua trivellazioni nei territori ai confini con la Georgia, la Siria e l’Arabia Saudita. «Il nostro committente più importante, però, al momento è questa società texana, che attende di testare il nostro prodotto per avviare la sostituzione dei primi 5 dei loro 150 impianti per il rinnovamento della sua flotta – progetto per il quale ha già stanziato 100 milioni di dollari. Il test si sarebbe dovuto già svolgere, tuttavia le richieste turche hanno impegnato la nostra produzione e quindi abbiamo posticipato a giugno di quest’anno l’avvio della fase di testing in cantiere. Il fatto che una società di queste dimensioni, e americana soprattutto, attenda il nostro prodotto è per noi un riscontro importante delle sue potenzialità».

EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 137


CARBURANTI

La distribuzione di carburante in Italia Le attuali difficoltà legate al caro benzina sono la punta di un iceberg rappresentato dal complesso settore della distribuzione dei carburanti. Andrea Salsi lo descrive, analizzando la situazione e proponendo soluzioni al problema dei prezzi Amedeo Longhi

ccesso di offerta rispetto alla domanda, un regime estremamente oneroso, difficoltà logistiche per gli approvvigionamenti, un servizio a volte eccessivo che fa lievitare i prezzi. Molto sinteticamente, sono queste le criticità che caratterizzano il sistema distributivo dei carburanti in Italia. Delle soluzioni atte quantomeno a mitigare le gravi difficoltà generate dal caroprezzi esistono. «L’iniziativa che abbiamo intrapreso punta sulla distribuzione “no logo” e sull’eliminazione di tutte le spese di gestione superflue, dal marketing al servizio», spiega Andrea Salsi, amministratore delegato di Scat, che dal 1933 opera nel settore carburanti. «Abbiamo oltre 75 stazioni di servizio in tutto il Nord Italia. Nel 2011 abbiamo fatturato circa 300 milioni di euro e ogni anno commercializziamo oltre 300mila tonnellate di combustibili e carburanti». Come è strutturata la vostra attività per quanto riguarda la gestione dei punti vendita? «La maggior parte dei nostri impianti reca il marchio delle grandi major petrolifere – Eni, Q8, Total e Ip. La soluzione low cost che proponiamo è costituita da un marchio anonimo denominato Ego della società Nuovo Progetto, di cui la Scat è socia, una rete di circa 35 impianti

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discount in Emilia Romagna dove vendiamo prodotto a basso costo e con grossi sconti, fino a dieci centesimi al litro. Questo ci è possibile perché, al contrario delle grosse aziende petrolifere, non abbiamo costi aggiuntivi legati a iniziative promozionali. Inoltre, per minimizzare i costi, l’utente si serve da solo». Quali sono le voci che incidono sul caro carburante? «Molto presto si arriverà ai due euro al litro. Accise e iva incidono per oltre il 65% sul costo finale del prodotto. Inoltre in Italia ci sono oltre 24mila impianti, mentre in Francia, per esempio, ce ne sono solo 12mila. C’è quindi un eccesso di offerta, in parte dovuto alla morfologia del territorio, stretto, lungo e montagnoso. Inoltre, mentre in Europa l’erogato medio di ogni singolo impianto è oltre due milioni di litri, in Italia non supera il milione e mezzo; questo provoca per il gestore ricavi modesti e per la distribuzione costi elevati». Nei paesi limitrofi infatti, i prezzi sono più contenuti. «Sì e questo è dovuto anche a un altro fatto. L’Italia è l’unico paese in cui esiste la modalità servito. A parità di servizio infatti, il prezzo del carburante non si discosta troppo dalla media europea, solo che in Italia si paragona la meto-

Andrea Salsi, amministratore delegato della Scat Punti Vendita di Reggio Emilia www.scat.it


Andrea Salsi

dologia preminente, che è il servito, contro l’unica in uso nel resto d’Europa, ovvero il fai da te. All’estero i prezzi sono più contenuti e il business per il gestore non viene dalla vendita del carburante ma da quella dei prodotti da acquisto impulsivo come acqua, caramelle e beni analoghi, un po’ come avviene nei nostri shop autostradali. A parità di modalità quindi non c’è questo grande gap fra Italia ed estero; la differenza è data dagli aspetti di cui parlavo prima: eccesso di offerta e difficoltà di distribuzione. La nostra iniziativa si basa proprio sull’eliminazione di tutti i servizi accessori allo scopo di abbassare i prezzi, anche se il prodotto rimane lo stesso commercializzato dai grandi marchi. In un momento di crisi come quello che stiamo attraversando sicuramente questa condotta è apprezzabile». Vantate anche collaborazioni con le amministrazioni pubbliche? «Sì, principalmente in due ambiti. Per prima cosa, avendo un deposito, forniamo le amministrazioni pubbliche di gasolio, da destinare a mezzi d’opera delle municipalizzate, vetture di rappresentanza e così via. Per quanto riguarda i distributori stradali invece, offriamo una carta, denominata Carta Sconto Più, dedicata ai dipendenti delle amministrazioni,

che possono usufruire di un ulteriore sconto presso i nostri impianti, sia quelli no logo che quelli marchiati. Queste collaborazioni sono dovute al forte radicamento che la nostra azienda ha sul territorio reggiano. Con le amministrazioni pubbliche, soprattutto sulla provincia di Reggio Emilia, abbiamo anche attivato un progetto che ha come obiettivo il potenziamento degli impianti di metano. Possediamo infatti sedici stazioni di metano e, in accordo la pubblica amministrazione, abbiamo stilato un piano di potenziamento per potenziare l’offerta nel reggiano, che poteva contare su soli quattro impianti». Quali sono i progetti per il futuro? «Stiamo realizzando due nuove stazioni stradali, dislocate in corrispondenza di due importanti nodi della viabilità reggiana. Saranno impianti innovativi, dotati di impianti fotovoltaici e di distributori di metano e GPL. La conclusione di queste opere è prevista per il 2013. Stiamo anche completando un piano di automazione del deposito, che riguarderà la caricazione delle autobotti. L’obiettivo è aumentare la produttività e garantire la sicurezza di una fase molto delicata». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 139


SERVIZI ALLE IMPRESE

I benefici del regime del deposito doganale ell’era della globalizzazione, il settore dell’import-export è la chiave di volta per la crescita del fatturato delle imprese. Per le aziende, dunque, la corretta gestione delle procedure doganali, relativamente a tutte le merci introdotte nel territorio comunitario, è condizione indispensabile per superare i controlli ed evitare così possibili ritardi e sanzioni, che potrebbero influenzare negativamente il loro business. «Un’errata classificazione doganale delle merci, ad esempio, può comportare differenze tariffarie nell’applicazione dei dazi comunitari all’importazione previsti dalla Tariffa Doganale Comunitaria, con possibili conseguenze sanzionatorie, anche piuttosto ingenti da un punto di vista economico, per l’importatore». Lo afferma Adrasto Brasi, direttore della Sesap di Piacenza, società specializzata nell’attività di consulenza e assistenza alle imprese per tutto ciò che riguarda le operazioni doganali. Quali altre “incombenze” deve affrontare

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Adrasto Brasi, direttore della Sesap Srl di Piacenza www.sesappiacenza.com

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Il veloce evolversi dei mercati ha cambiato le esigenze delle aziende che, nei rapporti con l’estero, necessitano sempre più di sicurezza nell’operare. Adrasto Brasi spiega come districarsi nel complesso universo delle pratiche doganali Guido Puopolo

un’azienda nello svolgimento delle pratiche doganali? «La preparazione e la presentazione di una corretta documentazione commerciale di circolazione e di trasporto sono passaggi fondamentali, per evitare di incappare in problemi quali ritardi, soste e mancati svincoli delle merci in Dogana». Uno degli strumenti più utilizzati dalle aziende che operano sui mercati internazionali è quello del deposito doganale. A cosa ci si riferisce, nello specifico? «Il deposito doganale è un luogo, autorizzato dall’autorità doganale e sottoposto al suo controllo, deputato a immagazzinare merci non comunitarie, senza che queste siano assoggettate ai dazi di importazione, fino al momento dell’invio delle merci stesse verso una destinazione doganale definitiva». Quali sono i vantaggi più significativi che spingono un’impresa a scegliere la strada del deposito doganale per l’immagazzinamento delle merci? «Il regime del deposito doganale offre agli operatori economici interessanti facilitazioni. Attraverso questo meccanismo, infatti, i dazi di


Adrasto Brasi

importazione, unitamente ad altre eventuali imposte, vengono riscossi solo al momento dell’uscita della merce dal deposito. Questo permette agli importatori di “approvvigionarsi”, senza dover anticipare il pagamento dei diritti doganali rispetto al momento dell’effettiva immissione in consumo dei prodotti. Inoltre, nel caso in cui la merce venga rispedita verso altri Paesi extracomunitari, l’operatore non è soggetto al pagamento di alcun tributo, evitando così l’aggravio di tasse aggiuntive». Quali sono le procedure che un’azienda deve seguire affinché le sue merci possano accedere al deposito doganale e che tipo di supporto offre Sesap a questo proposito? «Le merci devono essere dichiarate in Dogana attraverso un apposito modulo, il DAU - Documento Amministrativo Unico, con il regime doganale previsto per l’introduzione in deposito. Al suo interno devono essere indicati la classificazione doganale prevista dalla Tariffa Doganale Comune, il numero dei colli, il peso netto e lordo della partita, la provenienza, l’origine e il valore dei beni, sulla base della documentazione commerciale e di trasporto. Infine è necessario calcolare i diritti gravanti sulle merci, che verranno garantiti da un’apposita fidejussione presentata al momento dell’autorizzazione al deposito doganale. La Sesap, in rappresentanza della ditta importatrice, predispone la dichiarazione in Dogana, procedendo poi al controllo della documentazione e al contraddittorio con i funzionari dell’amministrazione doganale al momento

della verifica delle merci». Sesap svolge però un’attività di consulenza a 360 gradi nel campo delle pratiche doganali. Quali altri servizi offrite? «I servizi maggiormente richiesti riguardano l’esatta classificazione delle merci, l’indicazione corretta delle documentazioni di scorta alle merci e le agevolazioni possibili sulla base degli accordi preferenziali che la Comunità ha stipulato con molti Paesi extracomunitari, ma anche l’eventuale richiesta di certificazioni di circolazione e sanitarie». La sua società inoltre è attiva nel campo della logistica integrata, per la movimentazione e lavorazione delle merci. Quali considerazioni vi hanno spinto a entrare anche nel settore della logistica? «Nel tempo, allo scopo di fidelizzare la clientela e di venire incontro alle richieste del mercato, abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione, attraverso un servizio di logistica integrato rivolto soprattutto alle aziende del settore tessile/abbigliamento. Abbiamo creato diversi collegamenti nei principale porti e aeroporti nazionali e internazionali, mettendo a disposizione delle aziende spazi per le lavorazioni la preparazione dei materiali destinati all’esportazione. Un servizio completo, che sta riscuotendo un crescente successo e sul quale contiamo molto per il futuro». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 143


CONSULENZA

Il valore aggiunto di una consulenza globale Nella giungla dei mercati, una consulenza efficace può risultare il fattore decisivo per favorire i processi di crescita e sviluppo delle piccole e medie imprese. Ne parliamo con Giorgio Pagliani e Federica Tagliazucchi Guido Puopolo

n questi anni il mondo imprenditoriale è stato attraversato da profonde trasformazioni. Per rimanere al passo con questi cambiamenti e sfruttare appieno le loro potenzialità, le aziende, costrette a operare all’interno di mercati sempre più complessi e difficili da interpretare, hanno quindi bisogno del supporto di figure professionali adeguate, che sappiano affiancare ai problemi le possibili soluzioni, per ridurre gli sprechi, migliorare l’organizzazione e aumentare i margini di profitto. «Il ruolo svolto dal consulente esterno è oggi fondamentale in un’ottica di crescita aziendale, anche se è necessario affidarsi a persone esperte e qualificate», afferma Giorgio Pagliani, che insieme a Federica Tagliazucchi dal 2001 è alla guida di Nuova Tesi, società modenese specializzata nella consulenza d’impresa, con una particolare attenzione al campo della finanza agevolata. «Il vero professionista è colui che mira a creare un rapporto costante con il cliente, a entrare in sintonia con la realtà aziendale, a conoscerne la storia, il prodotto e il mercato a cui si rivolge», ribadisce Tagliazucchi. Quali sono le linee guida che seguite? GIORGIO PAGLIANI «A volte, quando si esercita una professione, si corre il rischio di diventare “autorefe-

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Giorgio Pagliani e, nella pagina a fianco, Federica Tagliazucchi, soci della Nuova Tesi Srl di Modena www.nuovatesi.com

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renziali”, chiudendosi nelle certezze e nei tecnicismi del lavoro, perdendo di vista lo spunto originario, il bisogno dal quale tutto ha avuto origine. Nuova Tesi cerca nel suo piccolo di sfuggire a questo meccanismo e continua ad avvicinarsi alle aziende con, in primo luogo, la curiosità di conoscere e capire. Il nostro modello operativo è quello della “rete”, che permette di sfruttare le molteplici professionalità che costituiscono il nucleo di Nuova Tesi, al cui interno sono presenti esperti di finanza agevolata, analisti organizzativi, tecnici esperti in processi produttivi e in efficientamento energetico e selezionatori». Che tipo di approccio utilizzate, quindi, nei confronti delle imprese che si rivolgono a voi? FEDERICA TAGLIAZUCCHI «In primo luogo analizziamo assieme all’imprenditore i problemi, verificando se quelli più urgenti sono effettivamente quelli per i quali ha chiesto il nostro consulto. Tanti anni trascorsi a contatto con le aziende, anche in ambito associativo, ci hanno dotato di una buona capacità di analisi delle realtà più disparate. Una volta messo a fuoco il tema centrale, progettiamo l’intervento, e quindi scegliamo gli strumenti più idonei a soddisfare le sue necessità. L’esperienza maturata ci mette nelle condizioni di ascoltare l’imprenditore e di capire ciò di cui ha realmente bisogno. Non abbiamo “un prodotto” da vendere, ma la nostra “valigia degli strumenti” è fornita di tutto».


Giorgio Pagliani e Federica Tagliazucchi

Nuova Tesi è specializzata Un’azienda che punta ad aprirsi a nuovi nella consulenza in materia mercati o che intende investire in progetti di finanza agevolata e reperimento dei finanziamenti. di innovazione deve sapere che ha sempre Quali sono attualmente le a disposizione vari canali di agevolazione opportunità di finanziamento e le agevolazioni più appetibili per le Pmi? F.T. «Un’azienda che punta ad aprirsi a nuovi mercati o che intende investire momento, i servizi più richiesti? in progetti di innovazione deve sapere che ha G.P. «Le imprese ci chiedono di aumentare i sempre a disposizione vari canali di agevola- margini. È indispensabile riuscire a capire zione, siano essi nazionali o europei. È però fon- quali sono le reali necessità di un’azienda, per damentale porsi il problema delle agevolazioni elaborare poi strategie e piani adeguati al ragprima di avviare il progetto. In questo mo- giungimento dell’obiettivo. A volte è suffimento, ad esempio, ci sono interessanti oppor- ciente trovare linee di finanziamento agevotunità sul fronte della formazione aziendale, lato che facilitino l’ingresso su nuovi mercati grazie ai fondi interprofessionali, che hanno la esteri, altre volte occorre intervenire anche peculiarità di essere facilmente accessibili da sul layout di processo, rivedendo nel conparte delle aziende. A tale riguardo stiamo la- tempo gli accordi con i fornitori, così come vorando proprio su due bandi Fondimpresa in modificare l’organizzazione interna, introduscadenza a metà anno, uno riservato alle aziende cendo nuove figure o assegnando compiti diche non hanno ancora aderito al fondo e l’altro versi a quelle esistenti, progettando interventi riservato alle aziende di minori dimensioni». di formazione finanziati dai fondi interproNel campo della consulenza aziendale ope- fessionali. Negli ultimi tempi, inoltre, stiamo rate però a 360 gradi, offrendo un’ampia assistendo a una crescente importanza del gamma di soluzioni in tema di riduzione dei tema dell’efficienza energetica all’interno delle costi, di efficientamento delle strutture or- aziende: abbiamo quindi attrezzato la nostra ganizzative e produttive, di miglioramento struttura consulenziale per poter fornire ridei sistemi operativi interni. Quali sono, al sposte anche a questi problemi».

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ZOOTECNIA

La zootecnia migliora la suinocoltura uasi la metà del patrimonio zootecnico dell’Unione Europea è rappresentato dagli allevamenti di suini. Il primo produttore è la Germania, mentre l’Italia si colloca al sesto posto con un numero di capi che si avvicina progressivamente ai 10 milioni. Secondo i numeri forniti da Nomisma, questo dato è in costante aumento da oltre un decennio e dimostra l’importanza di questo animale nell’economia del sistema paese. La popolazione suina è concentrata principalmente nelle regioni del Nord, in testa sta la Lombardia, seguita dall’Emilia Romagna. I sistemi di allevamento che costituiscono la fetta più importante della suinocoltura sono organizzati secondo una logica intensiva. Come spiega Emma De Antoni Corradetti: «Questo fa sì che esista molta attenzione per tutti gli aspetti impiantistici di zootecnia suina, dato che dalle condizioni di allevamento dipende direttamente la salute dell’animale e quindi la sua produttività. Oltre al fatto che un allevamento in salute permette di limitare il ri-

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Un allevamento suino e, nella pagina a fianco, particolari di impianti installati dalla R.G. di De Antoni Srl di Vignola (MO) comcos@alice.it

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Emma De Antoni Corradetti spiega con quali interventi è possibile ottimizzare e migliorare le condizioni di suinocoltura. La realizzazione di impianti su misura è una delle risposte per venire incontro alle esigenze specifiche dei diversi allevatori Manlio Teodoro

corso a cure e farmaci». La signora Emma De Antoni Corradetti è oggi la titolare della R.G., società che ha fondato insieme al marito Roberto De Antoni e che realizza impianti per zootecnia suina. Una realtà che ha celebrato 30 anni di attività sul settore, affiancando importanti aziende, non soltanto in Emilia Romagna. «La nostra azienda si è specializzata nella costruzione di impianti “personalizzati”, non standard. Nello svolgere il nostro lavoro dobbiamo tenere necessariamente in considerazione alcuni dati. Dalle diverse fasi di allevamento del suino gestazione, parto, svezzamento, ingrasso - alla dimensione dello stesso, a seconda della razza, dalla tipologia della struttura del fabbricato, se parzialmente aperto o chiuso, alle differenze tra le zone climatiche in cui operiamo e tra le tipologie di alimentazione, che può essere a secco o a broda». È chiaro, dunque, che si tratta di un lavoro estremamente complesso. «Per questo abbiamo delle squadre di addetti alla gestione diversificate. Per ottimizzare al massimo un’impianto, a volte è meglio prevederne uno a gestione semplice, altre volte si può realizzare attraverso la tecnologia più complessa, ottenendo in entrambi i casi ottimi risultati». In un allevamento esistente, l’azione dei tecnici inizia dallo studio delle sue condizioni. «Individuiamo i possibili interventi di miglioramento e, in seguito, eseguiamo i lavori ne-


Emma De Antoni Corradetti

La nostra azione inizia con lo studio delle condizioni dell’allevamento esistente, individuando i possibili interventi di miglioramento

cessari, seguendo una scaletta di priorità, considerando tempistiche e possibilità economiche dell’allevatore. Ci occupiamo, in seguito, anche dell’assistenza e della manutenzione». La società ha realizzato impianti in tutta Italia e anche all’estero, seguendo le società italiane di allevamento che installavano allevamenti in Ungheria e Romania. «Avere lavorato in allevamenti collocati in realtà molto diverse fra loro è stata l’opportunità per accumulare un bagaglio di conoscenze importante per la nostra attività. Infatti, una soluzione frutto dell’intuizione di un allevatore, poteva essere utile se riproposta anche in un altro caso. In questo modo è nata anche l’idea di avviare una società parallela, la ComCos, dedicata al commercio e alla vendita di componenti legati al mondo degli impianti. L’esperienza acquisita ci ha anche permesso di fornire sempre un servizio di assistenza tecnica che non necessariamente si traduce in un intervento radicale, e quindi in un costo relativo per l’allevatore. Molti problemi possono essere risolti dall’allevatore stesso con una semplice indicazione da parte nostra. Questo ci ha permesso, negli anni, di instaurare un rapporto di solida fidelizzazione dei clienti, che vedono in noi quasi un partner». Un’altra delle caratteristiche che contraddistinguono R.G. è l’essere ancora una realtà a forte impronta familiare, anche adesso che l’azienda è cresciuta. Tant’è che in passato, pur essendo ora impegnati su fronti diversi, anche i figli dei coniugi De Antoni hanno lavorato attivamente all’interno della società. «Il nostro modello di scuola tecnica familiare – che è poi un modello tipico del

nostro territorio modenese – ci permette di essere una squadra in cui tutti acquisiscono via via l’esperienza di pressoché tutte le mansioni, dato che i ruoli sono sfumati, soprattutto per quanto riguarda la parte tecnica. Quando interveniamo su un allevamento, non ci occupiamo esclusivamente dell’impianto, ma ci rendiamo disponibili a risolvere qualsiasi tipo di intervento si renda necessario, anche se questo esula dalla costruzione. La nostra filosofia è sempre stata riassumibile con una frase di Benjamin Franklin: “Fate quel che potete, con quel che avete, ovunque voi siate”. Per noi questo motto si è tradotto nella prassi che la creatività sommata all’ingegno porta alla produttività. Credo che questa filosofia sia quanto mai attuale, data la situazione di crisi e la necessità di ridurre i costi e ottimizzare il più possibile. Certamente c’è una situazione difficile, ma noi siamo animati da ottimismo e cerchiamo sempre di individuare, anche nei momenti di difficoltà, le possibilità per la ripresa». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 147


PRODOTTI ALIMENTARI

La gastronomia emiliana tra industria e tradizione Un bilancio dei primi due anni della società Righi, tornata a una proprietà italiana. Presente e prospettive future del mercato delle torte salate surgelate della tradizione gastronomica emiliana. Andrea Melioli affronta i temi della crescita industriale e della conquista dei mercati esteri Luca Cavera

due anni dalla riacquisizione da parte di due imprenditori reggiani della Righi di Reggio Emilia, marchio leader nel segmento della gastronomia tradizionale surgelata, facciamo il punto sui primi risultati raggiunti e sugli obiettivi per i prossimi anni. Ne parliamo con l’amministratore delegato Andrea Melioli, che insieme a Marco Barbieri nel 2010 ha acquisito il marchio dalla multinazionale olandese Royal Wessanen. La sfida maggiore è rappresentata dal diventare industria. Righi, infatti, pur appartenendo ancora all’universo delle Pmi e conservando l’anima artigianale del prodotto gastronomico di nicchia, ha sviluppato logiche produttive, organizzative e di relazione con il mercato che l’hanno portata ad operare come le grandi industrie. «La nostra mission è quella di proporre al mercato un prodotto che rimanga fedele alle tradizioni del territorio, ma di realizzarlo con logiche e su dimensioni industriali – prerequisito oggi per potersi confrontare con operatori retail importanti. Il 95 per cento del nostro fatturato deriva da prodotti a marchio Righi, ma siamo in grado di gestire progetti di co-development per marchi di terzi».

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Quali sono stati i risultati ottenuti nel 2011 e con quali prospettive è iniziato il 2012? «Il 2011 si è chiuso positivamente. Siamo cresciuti nei segmenti di mercato di nostro principale interesse, in particolare nel segmento delle torte salate, che è quello che ci vede leader di mercato con una quota prossima al 55 per cento. Da un punto di vista qualitativo, abbiamo ripreso il processo di innovazione, promuovendo nuove linee di prodotto lanciate a metà del 2011. Abbiamo anche implementato un processo di sviluppo distributivo al Centro Sud, che ci ha consentito di raggiungere una migliore copertura del territorio nazionale. Le prospettive per il 2012 sono di confermare il trend di sviluppo e prevediamo di crescere di oltre il 10 per cento a volume a fine anno. Nel primo trimestre abbiamo già avuto una importante conferma di queste aspettative, con una crescita di oltre il 30 per cento a volume rispetto allo stesso periodo del 2011». Questi risultati vi permettono di avere margini per nuovi investimenti? «I nostri prossimi investimenti si concentreranno in tre direzioni. Ricerca e sviluppo, perché la

Andrea Melioli, amministratore delegato della Righi Srl di Reggio Emilia www.righifood.com


Andrea Melioli

nostra strategia di crescita si fonda sulla capacità di sostenere la categoria di prodotto attraverso innovazioni di prodotto e di servizio. Tecnologie produttive, spesso profilate e prototipate sull’esigenza specifica del prodotto, per migliorare l’efficienza e la qualità complessiva del prodotto. Infine, abbiamo in programma una dimensione più generale di investimento, comunque strategica, che riguarderà i processi organizzativi interni della società e gli strumenti di lavoro, perché lo sviluppo del portafoglio e dell’attività sui mercati richiede un adeguamento anche delle competenze interne, dei profili professionali e degli strumenti operativi. Inoltre, nei prossimi mesi, inizieremo a lavorare per un nuovo stabilimento produttivo; questo importante investimento sarà strategico per disporre in futuro di nuove tecnologie, realizzare nuovi prodotti e collocarci in altri mercati o segmenti di consumo». Avete quindi programmato un’espansione verso nuovi mercati. «C’è sia la volontà di confermare i mercati attuali,

Siamo convinti che la dimensione valoriale del surgelato vada oltre il tema del servizio e debba concentrarsi sul contenuto gastronomico del prodotto

55% QUOTA DI MERCATO Righi Srl è leader di mercato nel segmento delle torte salate surgelate che produce seguendo la tradizione gastronomica dei territori e delle regioni italiane

sia quella di individuare nuove aree. Parlando di mercato italiano retail e quindi consumer, sostanzialmente il focus si conferma. Oggi il 65 per cento del nostro fatturato è realizzato nel canale della GDO e su questo stiamo lavorando in profondità, soprattutto sulla fascia di prodotti a maggiore valore aggiunto, con la linea delle torte salate per la famiglia. In soli quattro mesi di attività, questa linea, composta da tre articoli, ci ha fatto guadagnare 15 punti di quota di mercato. Sempre parlando di Italia e spostandoci invece sul canale Ho.re.ca., svilupperemo offerte più mirate, sia in termini di approccio commerciale che di catalogo prodotti. La terza area di sviluppo sarà l’estero. Nel 2012 inizieremo a muoverci per lo sviluppo oltre i confini nazionali e su questo obiettivo è pensata la nostra partecipazione al prossimo Cibus». Quali sono i mercati esteri di maggiore interesse? «Un primo fattore discriminante è il ruolo che la cucina italiana ha nei diversi paesi. Proponendo ❯❯ EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 149


PRODOTTI ALIMENTARI

❯❯ prodotti che nascono dalla cultura gastronomica dei territori e dei luoghi, abbiamo bisogno di lavorare su mercati che abbiano una capacità ricettiva rispetto al prodotto etnico, italiano in particolare. Certamente ci sono alcuni mercati che hanno maggiori potenzialità, per esempio gli Stati Uniti – nei quali c’è una forte diffusione della cucina italiana. Esistono altri mercati importanti rispetto alla tipologia di prodotto, per esempio, la Francia è una terra in cui la cultura della torta salata è molto sviluppata. Quindi bisognerà mappare queste situazioni per cercare di avviare uno sviluppo mirato e non su base estensiva». Guardando ai gusti del consumatore, quali sono le esigenze che adesso vanno assecondate? «Siamo profondamente convinti che al surgelato vada dato, come dimensione valoriale, non soltanto il tema del servizio, ma anche quello che in Righi definiamo “il contenuto gastronomico”. Quanto più questo è di alto livello, quanto più riprende le caratteristiche del prodotto artigianale e fatto in casa, tanto più dà motivazioni di scelta al consumatore o al responsabile di acquisto. Oggi i prodotti sui quali noi stiamo lavorando hanno un aspetto anche estetico tale da poter essere proposti pure durante un pranzo o una cena non ristretta al semplice ambito familiare. Pensiamo a un alimento, insomma, che non sia un ripiego, bensì una soluzione completa e qualificata. In questo pensiamo che sia fondamentale “la nostra capacità di trasportare su base in150 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

Le prospettive per il 2012 sono positive, confermeremo l’attuale trend crescendo di oltre il 10 per cento a volume

dustriale un prodotto che deve restare artigianale nell’anima”». In un periodo di forte stretta creditizia, quali sono stati i fattori che vi hanno permesso di ottenere l’appoggio degli istituti di credito nella fase delicata del cambio di proprietà? «Bisogna distinguere fra due momenti: quello dell’acquisizione e quello del dopo acquisizione. Al momento dell’acquisizione credo che siano stati determinanti due fattori: la credibilità degli imprenditori e del loro progetto; la storia e l’immagine che l’azienda e il marchio avevano sul territorio. In questa prima fase, quindi, quando gli istituti ci hanno sostenuto, hanno espresso una forte fiducia nei confronti dei manager-imprenditori che avrebbero intrapreso l’iniziativa. Per quanto riguarda il dopo, è fondamentale avere con gli istituti un rapporto di massima trasparenza e condivisione sulle scelte, i progetti e gli obiettivi dell’impresa, cosa certamente non facile in questo periodo».



PRODOTTI ALIMENTARI

Un catering su misura Una versione specialistica del catering che risponde alle esigenze attuali della fornitura di carne per le cucine di hotel e ristoranti. Carolina Toscani spiega come l’esperienza di una famiglia, da quattro generazioni nel settore della macelleria, sia diventata un’opportunità di business Manlio Teodoro

nel cuore dell’Emilia, presso Salsomaggiore Terme, che è nata una tipologia di catering sui generis, quella lanciata dalla Salsocarni, azienda amministrata da Carolina Toscani insieme ai fratelli Andrea e Marco, eredi di una tradizione familiare di macelleria e commercio della carne che è giunta alla quarta generazione. Non a caso il punto di forza dell’azienda si concentra nella proposta delle carni e dei salumi tipici locali, tuttavia Salsocarni è stata capace di allargare la propria offerta – destinata principalmente alle cucine di

È

La Salsocarni Srl ha sede a Salsomaggiore Terme (PR) salsocarni@gmail.com

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ristoranti e alberghi – a tutti i prodotti alimentari necessari alla moderna ristorazione. «Abbiamo messo la nostra esperienza nel mondo della carne al servizio di un settore, quello della ristorazione, che negli ultimi anni ha subito un cambiamento importante proprio per quello che riguarda le competenze di macelleria. Una volta, infatti, i ristoratori avevano al loro fianco personale con capacità tali da potersi preparare le carni direttamente dalla coscia intera o dalla mezzena secondo i loro menù senza che qualcuno li preparasse per loro. Dunque è emersa nel mercato la necessità di fornire alle cucine tagli pronti per essere cucinati e serviti». Ed è in questo solco che Salsocarni si è inserita, offrendo però non un tradizionale servizio di catering standardizzato, bensì soluzioni su misura e richiesta delle esigenze di menu. «La nostra produzione dunque si è organizzata in due divisioni. Una prosegue la lavorazione tradizionale delle carni. L’altra, invece, si occupa


Carolina Toscani

La nostra specificità è proporre soluzioni per la carne e per gli altri prodotti alimentari adatte per ogni ristoratore o chef

di importazione di surgelati, che commercializziamo insieme a tutti gli altri prodotti alimentari – pasta, olio, pelati, salumi locali – per le cucine dei ristoranti e degli hotel. La nostra specificità è quella di proporre soluzioni uniche per ogni cucina, quindi il nostro lavoro è assolutamente diverso da quello delle aziende di catering industriale, che hanno certamente la possibilità di proporre grandi quantità di merce, però senza alcuna attenzione particolare verso le esigenze del cliente. Noi ci proponiamo invece quasi come un partner e consulente , a cui lo chef può richiedere la soluzione su misura per il proprio menu. Il nostro mercato di riferimento rientra in un raggio di circa duecento – trecento chilometri perché è qui che possiamo esprimere il meglio della nostra offerta fatta di qualità e prezzo ma anche di un servizio rapidissimo». Per quanto riguarda la scelta delle carni, invece, l’azienda ha sempre avuto riferimenti geografici ben più estesi dato che da sempre ha importato carni da tutto il mondo. «Un caso a parte è stato rappresentato dal suino e dai salumi , per i quali

ovviamente nel nostro territorio emiliano non esistono problemi di approvvigionamento né tanto meno di qualità. Quest’ultima - la qualità s'intende - è poi sempre stato il parametro più importanti nella nostra scelta delle carni, dato che nel contesto enogastronomico in cui operiamo - il consumatore è molto esigente». L' ultimissima innovazione è stata quella di allestire una moderna cucina all' interno dello stabilimento per potere testare - direttamente con i clienti - tutte le nuove proposte nel campo alimentare. Prima della specializzazione in questa particolare forma di catering, le radici dell’azienda affondano nella tradizione della famiglia Toscani, che dalla fine dell’Ottocento gestisce macellerie. All’inizio, il bisnonno Riccardo aveva sia un’attività legata al bestiame che alle carni, passata poi al figlio Italo, ricordato come grande esperto nella selezione degli animali migliori. La storia è poi proseguita con i suoi figli, fra i quali Corrado. Infine, dai figli di Corrado – cioè dall’attuale generazione che gestisce l’azienda – è venuta l’idea di ampliare l’attività al catering specializzato. EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 153


PRODOTTI ALIMENTARI

Tradizioni mediterranee si rinnovano La reinterpretazione in larga scala di un classico della dieta mediterranea. Quello del pomodoro è un mercato dai grandi numeri nel food italiano. Giuliano Montali spiega i requisiti del processo produttivo di conserve e sughi pronti Manlio Teodoro

l mercato delle conserve di pomodoro in Italia vale mezzo miliardo di euro. Un dato importante ma che certamente non stupisce nella patria della dieta mediterranea. I quasi 400 milioni di chilogrammi di prodotto sono dominati in larga parte da passate e polpe, che insieme rappresentano oltre il 70 per cento dell’intera produzione di pomodoro da industria (fonte Iri). «La forza di questo prodotto è la sua capacità di incarnare la tradizione e contemporaneamente adattarsi ai gusti moderni, com’è dimostrato dallo svi-

I

Sotto, la premiazione di Giuliano Montali, titolare delle Industrie Montali Srl di Montecchio Emilia (RE), per i 102 anni di storia dell’azienda, conferita da Unioncamere all’interno delle celebrazioni per l’Unità d’Italia. Nella pagina a fianco, in basso, interni del ristorante Le Segrete www.industrie-montali.it

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luppo dell’industria legata ai suoi derivati». Questa l’opinione di Giuliano Montali, titolare delle Industrie Montali di Reggio Emilia, la più antica azienda della provincia. La società è specializzata nella produzione e trasformazione dei derivati del pomodoro e ha raggiunto una presenza consolidata anche sui mercati esteri. Com’è organizzata la produzione? «Per produrre i derivati del pomodoro conservando le caratteristiche di pregio proprie del frutto – che una lavorazione non scrupolosa potrebbe modificare – è necessaria una pratica industriale collaudata. Per soddisfare questi requisiti, la nostra azienda ha cercato di coniugare i moderni metodi produttivi con la migliore tradizione artigianale tipica della cultura emiliana. La trasformazione della materia prima si svolge attraverso una sola fase di cottura, alla quale segue l’immediato imbustamento. Questo viene eseguito secondo un procedimento che garantisce la salvaguardia delle principali proprietà organolettiche del pomodoro stesso: ovvero sapore e fragranza». Quali sono i vostri prodotti principali? «Abbiamo una produ-


Giuliano Montali

zione su larga scala di conserve che si propongono di interpretare una freschezza e una genuinità paragonabili alla qualità di quelle fatte in casa – siamo dotati dei più importanti food certificate riconosciuti a livello internazionale: Brc, Ifs e Biologico. Sotto l’impulso di un forte spirito innovatore e con l’ausilio di un programma di ricerca orientato a individuare le richieste e le aspettative dei consumatori stiamo cercando di dare risposta a un target che, in cucina, valuta preziosi sia il tempo di preparazione dei cibi sia la loro qualità. Proponiamo diverse tipologie di sughi al pomodoro, con aggiunta di verdure fresche ed erbe aromatiche, ma anche pesti e paté, creme, e tanti altri prodotti, tra cui ketchup, confetture e salse varie. Questi sapori si possono ritrovare

La trasformazione della materia prima si svolge attraverso una sola fase di cottura, alla quale segue l’immediato imbustamento

anche nel nostro ristorante Le Segrete, che si trova presso l’antico castello di Montecchio». Nel vostro settore le tecnologie per la conservazione hanno un ruolo importantissimo. Quali sono le soluzioni che voi avete adottato? «I nostri articoli non devono essere conservati in frigo, non contengono conservanti né grassi e hanno una durata di oltre due anni a partire dal confezionamento. A livello di tecnologie, già a partire dagli anni Ottanta, la nostra azienda è stata fra le prime a introdurre delle buste apposite come imballaggio per i nostri prodotti, in sostituzione dei classici contenitori di latta e vetro. Questa scelta, all’epoca una vera innovazione, nel tempo si è dimostrata corretta. E anche in un momento di crisi economica come quello attuale dimostra la sua validità strutturale, poiché ci consente una consistente riduzione dei costi di trasporto, combinata con una maggiore attenzione per l’ambiente grazie a una minore produzione di rifiuti».

EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 155


Il futuro dell’agricoltura è nelle sue radici La selezione e l’uso di sementi certificate garantiscono raccolti migliori e benefici che si estendono lungo tutta la filiera alimentare, fino al consumatore finale. Ne parliamo con Demetrio Medici Manlio Teodoro

ssosementi registra che negli ultimi anni le semine di cereali autunnovernini hanno subito un calo fra il 10 e il 20 per cento. Inoltre, è stato evidenziato un calo importante nell’uso delle sementi certificate, che, per esempio, per il grano duro, hanno toccato meno 33 per cento. Poiché la diminuzione dell’uso di sementi certificate potrebbe danneggiare i raccolti futuri, sia sotto il profilo della quantità che della qualità, e di conseguenza tutta la filiera alimentare collegata, l’Associazione italiana sementi ha promosso una campagna per il seme certificato – anche alla luce dell’approvazione nel 2011 della legge sull’etichettatura obbligatoria delle materie prime. L’obiettivo dell’iniziativa è garantire lo sviluppo e la realizzazione di un’agricoltura quanto più possibile sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Ne parliamo con Demetrio Medici, amministratore della Fpm, azienda che produce macchine e im-

A Fpm Srl ha sede a Bosco di Scandiano (RE) www.fpmsrl.it

158 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

pianti per la selezione delle sementi certificate e per la pulitura di prodotti destinati all’alimentazione, come riso, legumi cereali, caffè, spezie. «La questione delle sementi certificate non è un problema che riguarda soltanto l’agricoltore, ma si estende a tutto il sistema. Se un agricoltore percepisce il giusto compenso per produrre del buon grano, utilizzando per farlo le migliori tecniche colturali e facendo uso di seme certificato, con questa sua scelta permette alla ricerca di migliorare le varietà, a chi produce mezzi tecnici di creare sviluppo, ai mulini di avere un grano con le caratteristiche adatte per produrre farine da trasformare in buon pane e buona pasta. E infine il consumatore avrà modo di mangiare un prodotto sano. Come si vede, è tutta la filiera a trarne beneficio e con essa l’economia. E al contempo non dipende soltanto dall’agricoltore fare una scelta, ma anche dal consumatore favorirla con degli acquisti consapevoli. Anche se la situa-


Demetrio Medici

zione sui mercati e il modo di fare impresa sono profondamente cambiati, credo che occorra cercare il futuro nelle nostre radici e si debba riportare al centro di tutto la cultura del lavoro e la persona». La Fpm ha scelto di rispondere alla situazione attuale con questi valori e utilizzando un sistema produttivo basato sul terziario presente nella regione Emilia Romagna e su accordi commerciali con le principali società estere che operano nello stesso settore e che sono in grado di presidiare mercati in cui Fpm non è ancora entrata direttamente. «Negli ultimi anni l’effetto della globalizzazione è stato evidente e ha messo in evidenza le criticità del sistema. Essere una piccola impresa oggi è diventato un limite, che spesso non permette di accedere ai nuovi mercati e di fare fronte alla concorrenza dei paesi produttori emergenti. Attraverso la collaborazione con le realtà del nostro territorio e le partnership commerciali riusciamo a rispondere alle esigenze delle industrie sementiere e agroalimentari, ponendoci come punto di riferimento nel settore. Il nostro mercato di riferimento è principalmente quello italiano, in particolare i nostri partner sono collocati nelle regioni meridionali, dove negli ultimi vent’anni è stato registrato il maggiore sviluppo nella coltivazione del grano duro. Serviamo anche alcuni paesi del bacino mediterraneo, potendo offrire una giusta miscela che comprende la parte tec-

La questione delle sementi certificate non è un problema che riguarda soltanto l’agricoltore, ma si estende a tutto il sistema

nica progettuale con laboratorio di analisi e ricerca e la fornitura di macchine e impianti in opera. Oltre a questo forniamo le macchine per la lavorazione del riso – che sono presenti nelle più importanti case produttrici e di trasformazione –, come pure quelle per la lavorazione dei cereali e dei legumi coltivati in Italia – come cece, fagioli, cicerchia, farro, miglio – secondo le modalità dell’agricoltura biologica». In conclusione, Demetrio Medici, traccia le prospettive per il futuro dell’agricoltura nel nostro paese e i possibili interventi per favorirla: «Non credo allo sviluppo economico e alla crescita sanciti per decreto legge, senza una domanda del mercato. Auspico che le politiche di sviluppo, italiane ed europee, creino i presupposti per favorire la domanda del mercato, senza più passare attraverso delle “rottamazioni”, come già avvenuto per altri settori, ma attraverso una riqualificazione della produzione di prodotti agricoli nazionali e un riequilibrio dei prezzi nella filiera agroalimentare che parta dalla produzione, passi dalla trasformazione e giunga fino al consumo».

EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 159



FOCUS PARMA Le economie locali sono sempre più dipendenti da quelle degli altri Paesi: lo dimostra il ruolo che ha l’export nel sostenere l’economia parmense. L’Emilia Romagna è tra le regioni che hanno fornito il maggior contributo alla crescita delle esportazioni in Italia nel 2011,con Parma in posizione avanzata


FOCUS PARMA

ELEZIONI TRA VECCHIO E NUOVO 18 20 COMUNI

LISTE

I consigli comunali emiliano-romagnoli che si rinnoveranno con le prossime elezioni amministrative del 6 e 7 maggio

Le liste ammesse alle elezioni dall’ufficio elettorale del Comune di Parma

162 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012


Verso le amministrative

I parmigiani, passati negli ultimi mesi dall’indignazione per le bufere e gli scandali che hanno portato alle dimissioni di Pietro Vignali alla gestione trasparente di Mario Ciclosi, tra pochi giorni si troveranno a scegliere la persona che guiderà la città nei prossimi anni, ed emerge il “partito degli indecisi” Gloria Martini

10

CANDIDATI Il numero delle persone candidate alla poltrona di primo cittadino alle comunali di Parma

i torna al voto. Nella tornata amministrativa del 6 e 7 maggio, sono 18 i Comuni emiliano-romagnoli che sceglieranno il proprio sindaco sui 1.027 complessivi in Italia. In Emilia Romagna saranno quasi 329mila (secondo i dati aggiornati al II semestre 2011) gli elettori chiamati alle urne: si tratta di poco meno del 10 per cento dell’intero corpo elettorale della regione. Quattro Comuni Parma, Piacenza, Comacchio (in provincia di Ferrara) e Budrio (in provincia di Bologna) - hanno una popolazione superiore ai 15mila abitanti e potrebbero, quindi, accedere al turno di ballottaggio e 14 una popolazione inferiore ai 15mila abitanti. Tornando a Parma, sono 20 le liste che si contenderanno i voti dei parmigiani alle elezioni amministrative, 10 i candidati a sindaco e circa 600 gli aspiranti consiglieri. Secondo un sondaggio curato dall’agenzia Agron, il favorito sarebbe il candidato della coalizione di centrosinistra Vincenzo Bernazzoli, attuale presidente della Provincia di Parma, con il 45,3 per cento delle preferenze. A seguire l’ex sindaco Elvio Ubaldi, che guidò la città

S

prima di Pietro Vignali, con il 24,3%. Indietro, con un considerevole distacco, gli altri otto candidati: Paolo Buzzi del Popolo della Libertà si ferma al 9 per cento, Andrea Zorandi della Lega al 6,5 per cento, Roberta Roberti di “Parma bene comune”, sostenuta da Rifondazione, al 5,2 per cento. Segue Roberto Ghiretti, che si ferma al 4,2 per cento e Federico Pizzarotti al 3,4 per cento. A contendersi il restante 2,1 per cento complessivo, tre candidati: Liliana Spaggiari del Partito comunista dei lavoratori (1,1 per cento), Priamo Bocchi della Destra (0,5 per cento) e la stilista Wally Bonvicini, appoggiata dalla lista “Buongiorno Italia! Siamo voi”, con lo 0,5 per cento. Ma al di là dei sondaggi, è il numero degli indecisi a destare preoccupazione: il 35 per cento degli intervistati non ha ancora deciso se e chi andrà a votare. Dopo lo scandalo per il default amministrativo, gli arresti giudiziari dell’estate 2011 e il conseguente momento di indignazione popolare, culminato con le dimissioni di Pietro Vignali, occorrere puntare su persone appassionate che agiscono in difesa del bene comune. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 163


SOLUZIONI DI BUON SENSO PER LA COLLETTIVITÀ La gestione del commissario straordinario Mario Ciclosi si è distinta per la consapevolezza che anche nelle azioni più semplici che si compiono c’è un piccolo mattone in grado di costruire la grande casa del bene comune Renata Gualtieri

a affermato che il suo compito è quello di sistemare le cose affinché il prossimo sindaco abbia le condizioni migliori per governare. Per arrivare a questo obiettivo il commissario straordinario del Comune di Parma, Mario Ciclosi, ha annunciato fin dai primi giorni che il suo scopo era quello di consegnare una macchina comunale in salute e a pieno regime alla politica, dopo le prossime elezioni amministrative. Perciò sono state portate a termine in questi mesi alcune operazioni essenziali, dal riassetto delle società partecipate alla riorganizzazione della mac-

H

164 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

6,5mln AVANZO

Il bilancio consuntivo 2011 del Comune si è chiuso con un avanzo di gestione di 6,5 milioni di euro

china comunale, fino al piano di salvataggio del Teatro Regio, per ripianare in tre anni le passività. «Abbiamo fatto manovre impopolari – riflette Ciclosi – sapendo che il nostro obiettivo non era quello di acquisire consenso, ma di operare interventi forti, richiesti dal contesto in cui siamo intervenuti». La gestione commissariale ha pertanto puntato sull’aumento delle entrate e su un attento contenimento delle spese. Questa operazione è stata finalizzata a mettere a disposizione della nuova amministrazione risorse importanti che possano migliorare nel loro complesso le politiche di fiscalità. «Con l’ultima

variazione di bilancio abbiamo anche voluto costituire un fondo rischi e salvaguardare così i conti, in modo che il Comune possa fare fronte ai suoi obblighi e dare risposta a qualsiasi evenienza futura». Le tre commissioni d’inchiesta avviate a quali risultati hanno portato? «Innanzitutto tengo a sottolineare qual è l’obiettivo delle commissioni di inchiesta, che rappresentano uno strumento per dare concretezza a uno dei principi cardine sulla base dei quali ha operato la gestione commissariale: quello della trasparenza, in funzione delle responsabilità a cui ogni dipendente comu-


Mario Ciclosi

nale è tenuto. La commissione d’inchiesta relativa alla fuga di notizie ci ha confortato sul fatto che non fosse coinvolto alcun dipendente del Comune. Per quanto riguarda il termovalorizzatore, i risultati sono stati rispettosi del pronunciamento dell’organo terzo, ossia il Tar. Per i dehor, oggetto della terza commissione d’inchiesta, l’iter è ancora aperto. Tuttavia, la questione, più in generale, appare assai articolata e riguarda prioritariamente le regole che devono garantire agli operatori un quadro normativo omogeneo in questa materia». Come sono state accolte le nuove ordinanze sulla

movida di Parma e a quali esigenze rispondono? «Le reazioni, com’è naturale in questi casi, sono state differenti: i residenti hanno accolto positivamente i provvedimenti, i commercianti un po’ meno. Del resto, gli stessi interessi in gioco sono naturalmente contrapposti e tutti legittimi: da un lato ci sono le aspettative degli esercenti e dei frequentatori della movida, dall’altro lato quelle dei cittadini residenti. Si doveva perciò trovare un equilibrio, ma la priorità affermata dall’ordinanza è senza dubbio quella di garantire il decoro, la vivibilità e la sicurezza urbana. Il che significa mettere al centro l’interesse generale: linea che la gestione commissariale ha sempre cercato di perseguire in tutti i suoi provvedimenti. Per raggiungere l’obiettivo abbiamo optato per alcune soluzioni che io ritengo di buon senso. Nessun divieto a priori, nessuna volontà censoria: movida sì, insomma, ma nel rispetto dei diritti di tutti». È stata approvata la delibera relativa al bilancio consuntivo 2011 con un avanzo di 6,5 milioni, che dovrà ottenere la definitiva approvazione del conto consuntivo 2011 da parte del collegio dei revisori.

Quali le fasi più difficili di questo suo lungo lavoro e i più grandi traguardi raggiunti? «Le fasi più importanti e complesse sono state senz’altro quelle iniziali, relative all’approvazione del bilancio preventivo e al riassetto delle società partecipate: la manovra di bilancio ha consentito di sbloccare i pagamenti ai fornitori e di dare un quadro generale di certezze; l’operazione sulle partecipate ha Mario Ciclosi, consentito di mettere ordine commissario del in una galassia piuttosto ar- straordinario Comune di Parma ticolata e di procedere a una complessiva razionalizzazione dei costi. Questi due passaggi sono stati certamente propedeutici al resto dell’azione amministrativa, che trova ora i suoi frutti, con l’ultima variazione di bilancio e l’approvazione della delibera relativa ai dati finanziari del consuntivo». Chiuso, riordinato e portato in equilibrio il bilancio, ora bisogna dare un risposta al secondo problema: il pagamento dei fornitori e delle società nei limiti del patto di stabilità. Come procederà su questo e sugli altri obiettivi che rimangono da portare a termine? «Voglio ricordare che abbiamo sbloccato fin da subito, in dicembre, un consistente pacchetto di pagamenti ai EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 165


44mln RISORSE

La cifra stanziata dal Comune nel quinquennio 2012-2016 per costituire un fondo rischi per cause d’esproprio, lavori e contenziosi

fornitori e, grazie alla tempestiva approvazione del preventivo, abbiamo potuto delineare un consistente piano triennale di pagamenti. Ora tutti i commissari, insieme agli uffici, stanno lavorando soprattutto su altri due fronti con lo scopo di completare il lavoro avviato entro le elezioni. Una partita fondamentale è quella relativa ai fondi ex-metro, per consentire i pagamenti di opere avviate. Inoltre, il nostro impegno è soprattutto quello di congelare le opere ancora da avviare, perchè generano pagamenti insostenibili coi vincoli di finanza pubblica, per concentrare tutte le risorse 166 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

sul pagamento del pregresso. Un imperativo realistico e doveroso, che ci permetterà di completare coerentemente l’azione commissariale». Vedere un complesso sportivo come il Quadrifoglio abbandonato all’incuria è tra i suoi crucci, come commissario e cittadino. Perché e come crede che si potrà arrivare a una soluzione? «Il caso si commenta da sé e rappresenta una delle ultime questioni che stiamo cercando di affrontare in queste ultime settimane della gestione commissariale. Al di là del caso specifico, però, io farei un discorso più gene-

rale, che vale per la questione Quadrifoglio come per altre: uno degli obiettivi fondamentali che ha animato la gestione commissariale è stato quello di affermare un principio di responsabilità a cui abbiamo chiamato tutti: dirigenti, dipendenti dell’ente e delle società, amministratori delle partecipate. L’attenzione e la cura a quanto gestiamo per conto della collettività richiede insomma un supplemento d’impegno, nella consapevolezza che anche nelle azioni più semplici che compiamo c’è un piccolo mattone in grado di costruire la grande casa del bene comune».


Andrea Zanlari

LE TANTE INCOGNITE CHE PESANO SULL’ECONOMIA «Il futuro della città – riflette il presidente della Camera di Commercio di Parma Andrea Zanlari – deve passare da coesione sociale e sinergia fra tutti gli attori per evitare gli effetti negativi della crisi e della globalizzazione» Renata Gualtieri

industria in provincia di Parma ha evidenziato nel 2011 un recupero più accentuato rispetto ai dati medi regionali e alcune imprese della meccanica, del trattamento dei metalli, dell’alimentare e del comparto moda hanno anche ottenuto risultati positivi. «Sono tempi di fortissime incertezze – tiene a precisare il presidente della Camera di Commercio di Parma, Andrea Zanlari – e brusche cadute di Borse e mercati: le previsioni relative al 2013 hanno quindi un valore indicativo, ma confermano una debole ripresa anche per Parma: +0,7 per cento». Nei primi nove mesi del

L’

2011 le esportazioni parmensi sono aumentate del 10,4 per cento rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Quali i settori dove si registrano le migliori performance e quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi? «Le nostre imprese nei primi 9 mesi del 2011 hanno esportato oltre 3.968 milioni di euro di merci, in gran parte provenienti dai settori “macchinari ed apparecchiature”, e “prodotti alimentari”. Dall’esame dei dati 2011 dell’Osservatorio sull’internazionalizzazione del sistema produttivo emiliano romagnolo si evince come il tessuto imprenditoriale della

Il presidente della Camera di Commercio di Parma, Andrea Zanlari

EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 167


FOCUS PARMA

Regione sia vitale e reattivo e abbia reagito alla crisi strutturandosi nel rapporto con i mercati esteri. Va tuttavia ben tenuto presente il rischio che le imprese non esportatrici o poco consolidate all’estero possano risentire ancora fortemente della crisi non avendo il traino della domanda mondiale. Un segnale poco rassicurante in questo senso ci viene dai dati dell’ultimo trimestre dello scorso anno. Infatti, la prima metà dell’anno ha riservato un andamento meglio intonato (+10,4 per cento) rispetto alla seconda (+7,2 per cento), in linea con quanto avvenuto in regione e nel Paese». Da dove passa il futuro della città e quali sono i punti di forza dell’economia locale? «Parma si trova al centro di un distretto agroindustriale che si estende a nord verso le province lombarde, ricche di allevamenti, e a est verso la parte restante della regione emiliana. Nella nostra provincia si concentra l’industria della trasformazione alimentare e l’industria meccanica per la trasformazione. Su di essa convergono i prodotti agricoli e zootecnici del distretto e da essa i prodotti trasformati si proiettano verso il mercato nazionale e internazionale. Parma è uno dei territori italiani a più alta concentrazione di prodotti a denominazione tutelata, ma 168 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

ha sempre creduto all’imperativo di andare incontro al mercato e alle sue mutazioni, grazie ai risultati della ricerca costante: non è un caso se proprio qui abbia sede la Stazione sperimentale per le conserve alimentari». Quali le opportunità di crescita per le imprese locali che possono derivare dai contratti di rete? «Non tutte le imprese hanno la stessa capacità e organizzazione atta a intervenire con profitto sui mercati esteri; sappiamo anzi che spesso le aziende più piccole, ancorché capaci di qualità e innovazione, abbiano grosse difficoltà in questo senso. Proprio recentemente abbiamo organizzato un seminario per avvicinare le imprese alla novità rappresentata dai contratti di rete, che può realmente rafforzare il nostro sistema anche grazie alle agevolazioni fiscali previste, ai contributi a fondo perduto e alla facilitazione nell’accesso al credito, e abbiamo pensato a un percorso di assistenza e consulenza personalizzata per la creazione di nuovi contratti di rete sul territorio regionale, sulla base dei fabbisogni delle imprese». Quali interventi sono necessari perché sia assicurato al tessuto imprenditoriale un contesto favorevole alla concorrenza e al mercato?

«Numerose imprese provinciali hanno saputo avviare percorsi di cambiamento, adottando nuovi modelli di business anche verso l’estero, riorganizzandosi e investendo in tecnologia, comunicazione e capitale umano. Sono scelte di innovazione strategica che la Camera e le altre istituzioni


3,9

9,3%

Il valore delle esportazioni imprese parmensi nei primi 9 mesi del 2011

La percentuale delle aziende giovanili sul totale delle imprese locali

MILIONI

dovranno sforzarsi di supportare il meglio possibile, con interventi che non prescindano dall’incentivazione economica, ma che facciano soprattutto leva sull’approfondimento della cultura d’impresa e sulla diffusione di nuovi strumenti per l’acquisizione da parte delle imprese minori di una corretta dimensione organizzativa. In tal senso e nel sostegno al mercato va il più recente e importante progetto che ha portato la Camera di commercio di Parma a diventare il punto di riferimento italiano per la contrattazione delle carni suine e dei salumi, dopo l’insediamento in Borsa merci di due commissioni uniche nazionali: quella dei

IMPRESE “tagli di suino” e quella del “grasso e strutto”; la loro funzione sarà di formulare previsioni sull’andamento dei prezzi nella settimana successiva per tutto il mercato nazionale». In Italia anche il tessuto imprenditoriale “invecchia”. L’Osservatorio di Unioncamere sull’imprenditorialità giovanile ha rilevato infatti che, rispetto all’11,8 per cento 2010, l’incidenza delle imprese giovanili è sceso all’11,4 per cento. Qual è la situazione a livello locale e come sta lavorando la Camera di Commercio di Parma per dare un futuro al territorio e sostenere i giovani? «In Emilia Romagna su un

totale di 43.870 imprese a fine 2011, quelle giovanili rappresentano il 9,2% del totale, in diminuzione tendenzialmente del 4,2 per cento, con andamento simile in Italia. Anche a Parma, le imprese giovanili sono il 9,3 per cento del totale. Percentuali che possono e devono essere incrementate per costruire il futuro del nostro territorio e del nostro Paese. A supporto dell’imprenditorialità giovanile la Camera di Commercio ha attivato due sportelli di informazione e accompagnamento: attenzione particolare è stata rivolta poi all’imprenditoria femminile, perché spesso sono proprio le donne a scegliere di più la soluzione di “mettersi in proprio”». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 169




RINNOVABILI

Ottimizzare la resa energetica Si sta avvicinando il momento in cui le tecnologie per l’energia pulita e rinnovabile potranno sostituire le fonti fossili. Ivo Poltronieri dell’Atvi Srl fornisce alcune indicazioni su come massimizzare le prestazioni energetiche della casa Amedeo Longhi

La Atvi Srl si trova a Modena www.atvi.it

l primo passo per abbattere l’impatto – sia ambientale che economico – dei nostri consumi energetici è utilizzare meno energia. In questa direzione vanno le opere di isolamento termico degli edifici. Se è possibile adottare uno stile “low impact”, non è però verosimile rinunciare completamente all’energia. Il secondo passo, dopo quello della riduzione dei consumi, consiste

I

quindi nell’utilizzare tecnologie che la producano in maniera il meno impattante possibile. «Per esempio – spiega in proposito Ivo Poltronieri – si può conseguire un considerevole risparmio energetico negli impianti di riscaldamento ricorrendo all’installazione di caldaie a condensazione, che garantiscono un elevato rendimento rispetto a quelle tradizionali». Poltronieri è responsabile tecnico di Atvi, azienda emiliana che fonda la propria attività sullo studio e sulla realizzazione di soluzioni per il risparmio energetico. L’attività di Atvi, si fonda sullo studio e sull’applicazione delle diverse innovazioni virtuose, oltre che economicamente convenienti, che hanno caratterizzato il settore negli ultimi tempi. Poltronieri descrive le più importanti: «Negli impianti di riscaldamento condominiali risulta vantaggioso utilizzare un impianto centralizzato con centrale termica funzionante a gas metano, in cui ogni unità immobiliare è dotata di un contabilizzatore di energia termica. Grazie a questo sistema, ogni utente paga esclusivamente l’energia consumata, calcolata in base alla differenza di temperatura tra mandata e ritorno dell’impianto e in funzione dei me-


Ivo Poltronieri

I pannelli radianti a pavimento funzionano a bassa temperatura e riducono le dispersioni, mantenendo un ottimo livello di comfort e contenendo i consumi

tri cubi di passaggio nel suo circuito. In questo modo è possibile conseguire un notevole risparmio energetico rispetto a un impianto non centralizzato con più caldaie indipendenti. Inoltre, diminuiscono sensibilmente i costi d’installazione e di successiva manutenzione». Il pavimento radiante è un altro elemento che, sostituendo i sistemi classici, aiuta a ottimizzare i consumi e il comfort della casa: «Sempre più frequentemente vengono sostituiti i tradizionali radiatori con pannelli radianti a pavimento che funzionano a bassa temperatura e riducono le dispersioni termiche, mantenendo un ottimo livello di comfort ambientale e garantendo così la riduzione dei consumi con un buon risparmio energetico». Per la produzione di acqua calda sanitaria, è innegabile la validità del pannello solare termico, che può sfruttare al massimo l’energia che viene recuperata, dimensionando l’impianto in modo da sfruttare il calore che può essere recuperato. «Negli impianti centralizzati per la produzione di acqua calda – spiega il responsabile tecnico di Atvi – , risulta utile ai fini del risparmio energetico l’integrazione di un impianto solare termico con

bollitore di scambio e accumulo, installato in preriscaldo dell’acqua sanitaria, cioè a valle dell’ingresso generale dell’acqua fredda per uso sanitario e a valle dell’impianto di produzione di acqua calda esistente, che provvederà a integrare quella quota di energia necessaria a raggiungere la temperatura dell’acqua richiesta dalle utenze». Il massimo rendimento questo sistema lo offre nel periodo estivo, quello di maggiore esposizione ai raggi solari. «Anche nel periodo invernale però, il pannello solare termico, soprattutto quello a tubi sottovuoto che riduce le dispersioni termiche rispetto a quello piano, riesce a garantire una temperatura minima, anche se non del tutto costante». Fondamentale è anche affrontare il discorso relativo all’energia elettrica: «In questo caso, il risparmio energetico è garantito dall’utilizzo di pannelli fotovoltaici che sfruttano l’effetto innescato dall’esposizione ai raggi solari. L’effetto fotovoltaico consiste nella conversione dell’energia solare in elettricità, processo possibile grazie alle spe-

cifiche proprietà fisiche di alcuni particolari elementi, detti semiconduttori. L’elemento base della tecnologia fotovoltaica è la cella, formata da materiale semiconduttore con uno spessore ridotto, alla quale vengono collegati i contatti elettrici. Con l’esposizione alla luce la cella produce energia elettrica in corrente continua che poi, successivamente, verrà trasformata in corrente alternata per poter essere utilizzata nei normali impianti elettrici domestici. Anche in questo caso, il massimo rendimento si ottiene nel periodo estivo, quello di maggiore esposizione». Inoltre, è ideale installare, in abbinamento all’impianto fotovoltaico, un impianto a pompa di calore abbinata a sonde geotermiche o del tipo “acqua aria” ad alta efficienza – rientranti nello sgravio fiscale del 55 per cento di cui godono gli investimenti finalizzati al risparmio energetico – che permettono di riscaldare e raffrescare le nostre case con un unico diminuendo il consumo di energia nell’arco dell’intera stagione. EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 173


GESTIONE RIFIUTI

I rifiuti, un’opportunità per l’economia l responsabile sviluppo di una sana coscienza ambientale ha inaugurato – negli ultimi anni – un trend di adeguamento a normative sempre più precise e circostanziate concernenti la sostenibilità delle attività industriali e artigianali. Perno di questo corpo normativo e delle consuetudini che ne derivano è divenuto il principio del riciclaggio; concetto di per sé molto semplice, richiede tuttavia nella sua applicazione una matura e raffinata competenza, che ha imposto la delega del suo svolgimento a società specializzate. Forte di un'esperienza pluriennale ormai accumu-

I

Alfredo Cavozza è titolare della Inerti Cavozza di Sorbolo (PR) www.cavozza.it

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Convincente risposta alla crisi economica e lodevole attitudine nella promozione di politiche ambientali sostenibili, l'attività di riciclaggio dei rifiuti sta conquistando sempre più mercato. Alfredo Cavozza ci spiega perchè Lodovico Bevilacqua

lata in questo ambito, Alfredo Cavozza – titolare della Inerti Cavozza di Sorbolo – puntualizza come la raccolta, la selezione e il riciclaggio dei rifiuti sia un'attività nata dalla conversione dell'originale vocazione aziendale. «Nata nel 1975 come società di fornitura di materiali inerti per l'edilizia e di autotrasporto per conto terzi, la Cavozza ha in seguito convertito il proprio core business verso la fornitura di servizi ambientali, mantenendo tuttavia le originali prerogative e sfruttando anzi l'esperienza acquisita per garantire un servizio completo e integrato dalla qualità garantita». Come si può descrivere l'attività attuale della Cavozza? «La menzione della struttura organizzativa aziendale rispecchia fedelmente le prerogative della società; essa è suddivisa in due comparti operativi connaturati alla ti-

pologia di attività svolta. Con la funzione di gestire il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi è nata la divisione Ambiente; con competenze relative alla fornitura di materiale inerte opera invece la divisione Inerti». Come si può descrivere quest'ultima attività? «La fornitura di materiale inerte costituisce il retaggio della mansione originaria dell'azienda. La puntualità e l'efficienza garantita nel servizio trova ragione d'essere nella rodata organizzazione aziendale, ma soprattutto nella disponibilità di un ampio e completo parco mezzi, compreso di automezzi speciali, autocarri con gru, rimorchi, mezzi d'opera di vario genere – dalle pale gommate agli escavatori cingolati, fino ai caricatori a ragno». A che punto è il progetto di studio nato in collaborazione con l’Università di


Alfredo Cavozza

La puntualità e l'efficienza garantita nel servizio trova ragione d'essere nella rodata organizzazione aziendale, ma soprattutto nella disponibilità di un ampio e completo parco mezzi

Parma? «Presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Parma è allo studio un progetto attraverso il quale sarà possibile il riutilizzo dei rifiuti di costruzione e demolizione dopo un’accurata selezione, vagliatura e macinatura di questa preziosa materia prima seconda in prefabbricati, in manufatti e in sottofondi. Questo sarà di grande beneficio per l’ambiente ed eviterà il dover sottrarre sempre più inerte alla natura già tanto vessata». Come si sviluppa invece l'attività della divisione Ambiente? «Ormai divenuta il vero core business dell'azienda, la suddetta attività si divide in due ambiti, attinenti rispettivamente a macro attività per industrie e stabilimenti e micro attività per imprese edili e piccoli cantieri. La fase iniziale consiste nella raccolta dei rifiuti con l'ausilio di automezzi e contenitori adeguati; successivamente si passa alla selezione e alla suddivisione dei rifiuti stessi, distinti per tipologie – carta,

plastica, legno, pneumatici, risulte di cantiere. La fase conclusiva consiste infine nell'indirizzamento di ciò che è stato recuperato verso il processo di riciclo che porterà al suo riutilizzo, mentre ciò che risulta non recuperabile viene avviato all'impiego energetico presso termovalorizzatori, così da portare in discarica la minor quantità di rifiuto possibile». Come sottolineato in precedenza, tutte le attività summenzionate sono soggette a rigidi vincoli normativi. In che misura vi adeguate a tali regolamenti?

«L'attinenza dell'attività della Inerti Cavozza alle leggi vigenti è totale. La qualità, l'efficienza e la liceità dei nostri processi operativi sono inoltre certificate da numerosi attestati, a partire dal più prestigioso Uni-En Iso 14001:2004. È tuttavia importante sottolineare come – prima ancora che disciplina normativa – la nostra attitudine verso la promozione di politiche ambientali sostenibili e propositive consista in una vera e propria vocazione aziendale, positivamente pervasiva e caratterizzante nella persecuzione degli obiettivi societari». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 175




UN PIANO PER BOLOGNA

Quale Piano per Bologna? Un processo che coinvolge soggetti pubblici e privati mirando a definire strategie condivise per lo sviluppo di Bologna. È il Piano strategico metropolitano, di cui il sindaco Virginio Merola delinea tempi e obiettivi Francesca Druidi Virginio Merola, sindaco di Bologna

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ualità urbana, lavoro, beni comuni e cultura. Ma anche sanità, ricerca e innovazione, governance. Sono i grandi temi sui quali si giocherà il futuro volto di Bologna e anche i pilastri attorno ai quali si articola il Piano strategico metropolitano, lo strumento scelto dal Comune e dalla Provincia, insieme alla Regione, per rilanciare il capoluogo come realtà d’eccellenza a livello nazionale e oltre confine. Al piano stanno aderendo privati cittadini, imprese, comitati, associazioni e soggetti pubblici. Virginio Merola, primo cittadino di Bologna, ne spiega propositi e aspettative. Ha dichiarato che con il Piano strategico metropolitano Bologna mira a tornare una “città speciale”. Quali

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sono i presupposti di questa iniziativa e quale significato assume questo progetto per la città in questo momento così delicato per lo scenario locale, nazionale e non solo? «Il Psm rappresenta un momento di progettazione corale del futuro di Bologna, che l’amministrazione comunale ha scelto di attivare assieme alla Provincia e agli altri Comuni dell’area metropolitana. Se abbiamo deciso di muoverci in questa direzione è perché riteniamo importante condividere, con gli attori rilevanti del territorio e tutta la cittadinanza attiva e creativa, i tratti essenziali del nostro futuro. Non è poi indifferente il fatto che Bologna affronti la pianificazione strategica in tempi di crisi, quando molte altre città in Italia si sono attivate solo all’arrivo di fondi e finanzia-

menti straordinari. Noi cerchiamo una Bologna speciale innanzitutto per noi stessi e poi per diventare attraenti per nuovi investimenti, nuove idee e nuovi attori». Il piano identifica un percorso progettuale che punta a rimodellare il volto di Bologna a lungo termine, ma lo stesso Romano Prodi ha sollecitato decisioni in tempi rapidi. Quali saranno i prossimi passi? «Dopo il primo forum è iniziato il percorso dei quattro tavoli di progettazione - Innovazione e sviluppo; Educazione, istruzione e cultura; Ambiente, mobilità e qualità urbana; Benessere e coesione sociale - che dovrà portare a un insieme di proposte da presentare al prossimo forum. Poi inizierà un lavoro di editing e di redazione formale, chiamato a dar vita al vero e pro-


Virginio Merola

prio patto metropolitano, che tutti i partecipanti “attivi” saranno chiamati a firmare nel terzo e ultimo forum. A chi mi chiede, di fronte alle novità che abbiamo proposto all’inizio del nostro mandato, se avremo il coraggio di arrivare fino in fondo, io rispondo con serenità: tagliamo i ponti con chi non vuole cambiare mai. E usiamo i prossimi mesi per vincere questa sfida». Cosa si attende dai tavoli di progettazione? «Credo che i tavoli di progettazione debbano mettere a fuoco le idee e i valori che daranno corpo al futuro dell’ambito metropolitano, partendo dal programma di mandato che le istituzioni hanno visto approvare dagli elettori. E ciò nella complessità della sfida che l’altissimo numero di adesioni ci consegna. In questo senso, voglio

dire con chiarezza che, com’è naturale, vi saranno progetti infrastrutturali e altri “di cittadinanza”, e quindi realizzazioni che chiederanno tempo e sforzi ulteriori, e altre che invece daranno risultato immediato. Alcune idee saranno selezionate e altre no, ma soltanto sulla base dell’idoneità a soddisfare l’interesse della comunità e della loro forza di innovazione, nella direzione che i lavori prenderanno». Bene la democrazia partecipativa, ma l’elevato numero dei soggetti aderenti al piano - oltre 400 a inizio aprile non rischia di porre sul tavolo troppi punti di vista difficilmente conciliabili rallentando, di conseguenza, il processo decisionale? «Devo dire che quello che mi interessa è la qualità della progettazione e non la sua rapidità: ci stiamo per sedere

attorno a un tavolo, dopo anni di stagnazione, per disegnare la Bologna dei prossimi vent’anni. Poi ha ragione il presidente Prodi quando ci chiede di fare presto, ma non credo che una settimana, o un mese in più, passati a ragionare del nostro futuro cambino davvero le cose. E in ogni caso, noi ci siamo presi l’impegno di chiudere il processo per la fine dell’anno, quando in ogni città europea nella quale si è realizzato un piano strategico i lavori sono durati almeno due anni. Come ho detto durante il mio discorso al primo forum (29 marzo), dobbiamo selezionare il meglio del meglio, e lavorare solo con quello. Non voglio concertare e lavorare per l’unanimità o cercare di accontentare tutti, voglio una selezione di merito di quello che va fatto». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 179


Potenziato al Fellini il traffico verso Est

Intercettando il flusso di turisti russi e con i voli di numerose compagnie internazionali come Ryanair, Air Berlin, Wind Jet e Darwin/Alitalia, l’aeroporto di Rimini - San Marino registra il più alto tasso di crescita di passeggeri in Europa. Il punto del presidente Massimo Masini Andrea Moscariello

l 2011 ha rappresentato l’anno dei record per l’aeroporto internazionale di Rimini - San Marino. Il Federico Fellini porta a casa un risultato significativo, con oltre 920mila passeggeri, una crescita di 66,5 punti percentuali rispetto al 2010, la migliore performance registrata nell’ultimo anno tra gli aeroporti europei. A commentare i dati è il presidente Massimo Masini. «Il risultato del 2011 è il frutto di una pianificazione attuata negli ultimi anni – ricorda Masini –. Quando arrivai al Federico Fel-

I Massimo Masini, presidente dell’Aeroporto Internazionale di Rimini – San Marino www.riminiairport.com

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lini viaggiavamo su una media annua di 240mila passeggeri». A quale strategia va attribuito il merito di questo trend positivo? «Abbiamo rimesso il Fellini in sintonia con l’economia portante del riminese, il turismo. In tal senso si è rivelata fondamentale la collaborazione con le associazioni degli albergatori e con gli operatori di settore. È stata un’opera di concerto che ha consentito alla Riviera di riacquisire un forte posizionamento sullo scenario internazionale. A questo aggiungiamo il fatto che

siamo stati i primi a intercettare le potenzialità del traffico russo e, nel 2010, l’operazione con la Wind Jet, che con due destinazioni italiane, Catania e Palermo, e dieci straniere, ha fatto la differenza. Inoltre abbiamo consolidato i voli da e per 24 Paesi, 70 destinazioni, di cui 21 Capitali». Non crede occorrano anche nuove strategie per destagionalizzare i flussi? «È proprio quello su cui dobbiamo puntare. Per questo abbiamo il dovere, oltre al supporto del turismo estivo


Massimo Masini

32 PAESI Sono collegati al Federico Fellini di Rimini. 70 destinazioni, di cui 21 capitali

+54% RUSSI

balneare, di sviluppare nei prossimi anni i voli per l’intero anno solare al servizio del turismo congressuale e fieristico, spinti anche dall’apertura della nuova Fiera e dei due Palacongressi di Rimini e Riccione. Ma per fare questo serve un potenziamento nei collegamenti con le grandi capitali del Nord Europa, oltre all’hub di Roma Fiumicino già collegato tutti i giorni con Darwin/Alitalia». E collaborazioni strategiche con gli aeroporti regionali? «Dovranno essere sempre più concrete. In particolare, più crescono i collegamenti e le connessioni con l’infrastruttura principale regionale, il Marconi di Bologna, più anche noi possiamo trarne vantaggio». Nelle discussioni sul nuovo Piano Nazionale degli Aeroporti, pare che il problema principale sia il numero delle strutture sul territorio. «La discussione dovrebbe vertere su altri punti. Non ci si può limitare a valutare un aeroporto in base al suo bacino di utenza. Bisogna osservare anche il traf-

fico che riesce ad attirare da fuori. E in questo il Federico Fellini è un esempio. Il bacino d’utenza riminese non è paragonabile a quello di Bologna, ma siamo in grado di portare un’affluenza significativa dall’estero grazie al turismo». Di recente avete stipulato un nuovo accordo con la Repubblica di San Marino. «L’auspicio è che questo diventi operativo il prima possibile. Due anni fa, anche grazie all’allora ministro degli Esteri Frattini, si arrivò a un accordo di collaborazione concreto. Poi ci sono stati alcuni anni di stallo, a causa di altri problemi, ben più ampi, che hanno ovviamente rallentato il tutto. A gennaio 2011, poi, il sottosegretario di Stato di San Marino, Mularoni alla quale rinnovo pubblicamente l’apprezzamento e il ringraziamento per il grande risultato ottenuto, ha annunciato che la partita si è sbloccata». Quali obiettivi vanno portati a termine? «Intanto San Marino all’interno di un contesto europeo, potrà,

I passeggeri russi, in particolare, rappresentano un bacino strategico per l’aeroporto. Con oltre 408mila passeggeri il 2011 raddoppia il risultato dell’anno precedente

oltre agli aerei di aviazione generale, iscrivere nei suoi registri anche aerei commerciali, dunque di linea e low cost. Vorrei vedere nascere una prima compagnia aerea Sanmarinese da collegare, con voli diretti, ad alcune capitali estere. Infine, San Marino potrebbe avere all’interno dell’aeroporto una sua area doganale, che aprirà lo Stato alle destinazioni intercontinentali. Considerando i rapporti e gli accordi che San Marino intrattiene con la Cina, si aprirebbe un importante canale per un nuovo, importantissimo, flusso di passeggeri. Sarebbe un grande vantaggio anche per il riminese». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 183


TRASPORTI

Il fardello del gasolio sul trasporto alimentare Mentre i consumi frenano, l’Istat registra un nuovo balzello nel carrello della spesa. Principale accusato il costo dei carburanti, che si abbatte sull’intero sistema economico. Giampietro Sani, a capo di un’impresa attiva da anni nel trasporto agroalimentare, indica le possibili soluzioni Valerio Germanico

Giampietro Sani, titolare della Sani trasporti Srl di Marzolara (PR) www.sanitrasporti.it

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i mese in mese si rincorrono i record del costo della spesa alimentare, a Febbraio cresciuta del 4,5 per cento, dopo un Gennaio a quota 4,2 (fonte Istat). Gli articoli che hanno subito il balzo maggiore sono la frutta e gli ortaggi freschi, cresciuti dell'8,7 per cento. Se questo dato può avere una sua giustificazione nel maltempo e nei ripetuti scioperi degli autotrasportatori, la ragione strutturale sembra risiedere nel continuo aggiornarsi al rialzo del prezzo dei carburanti. Questo, cresciuto del 18,6 per cento per la benzina e di addirittura del 25,5 per il gasolio, colpisce due volte le produzioni agricole. La prima volta i produttori – gravati dai costi per l’alimentazione dei mezzi agricoli e il riscaldamento delle serre durante l’inverno –, la seconda il trasporto e la distribuzione, dato che la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari, in Italia, viaggia su gomma. Un progresso su questo trend non potrà che spingere in basso le probabilità di una ripresa economica che passi dai consumi, a meno di interventi che risolvano il problema alla radice. Parliamo di questi temi

D

con Giampietro Sani, titolare della Sani Trasporti, azienda specializzata nel trasporto di prodotti alimentari confezionati e in particolare di pomodoro fresco da industria. Il settore degli autotrasporti è il primo a risentire del caro benzina. Su cosa si potrebbe fare leva per invertire questa tendenza e sostenere maggiormente le aziende del comparto? «Il caro benzina è un problema che tocca tutti, ma certamente le aziende di trasporto ne vengono investite in modo particolare. In questa situazione, l’unica misura che potrebbe dare un po’ di respiro al settore sarebbe la creazione di un gasolio professionale agevolato dedicato all’autotrasporto – come è già stato fatto da anni per i settori dell’agricoltura e della pesca. Tuttavia un provvedimento del genere, avrebbe un effetto molto più importante se il nostro governo facesse leva sulla Comunità Europea affinché venisse adottato da tutti gli stati membri. Altro intervento utile sarebbe una revisione dei pesi e dei volumi dei mezzi, per aumentarne la lunghezza e la portata. Questo avrebbe l’effetto sia di abbattere i costi di trasporto e far aumentare la red-


Giampietro Sani

+4,5% COSTI

ditività, sia ridurre i mezzi in circolazione e l’inquinamento conseguente». In questa fase è alle ultime battute la discussione sulla riforma del lavoro. I temi trattati vi sembrano andare in una direzione che potrà favorire il vostro settore? «Per quanto riguarda il mondo del lavoro dipendente, in questo momento effettivamente oggetto di innumerevoli discussioni, a mio parere sono mancate e mancano nel dibatto alcune parole fondamentali: “detassazione delle buste paga”. Insomma, come per le accise sul carburante, anche per la mano d’opera il problema principale è la tassazione. La crisi dei consumi non si risolverà fino a che non si darà ai lavoratori una

maggiore disponibilità di spesa. Al contempo, minori tasse sul lavoro potrebbero dare agli imprenditori maggiori possibilità per investire». Qual è stato per voi l’andamento dell’ultimo anno e quali le principali criticità? «Il bilancio 2011 è stato nel complesso soddisfacente. Abbiamo registrato un aumento del fatturato e acquisito nuovi clienti. Purtroppo questi successi sono stati controbilanciati in negativo dal notevole aumento dei costi del carburante e dalle altre voci di spesa presenti nella gestione della nostra azienda, che hanno ridotto gli utili in maniera significativa. Le criticità sono quelle di una tendenza che vede una progressiva decrescita delle produzioni in-

La crisi dei consumi non si risolverà fino a che non si interverrà sulle tasse che gravano sul lavoro dipendente

dustriali, in linea all’andamento dei consumi in generale e all’incremento delle importazioni di materie prime dall’estero. Tuttavia sono convinto che questo andrà a favore delle aziende più strutturate. Dal lato del trasporto, la diminuzione della produzione industriale può essere controbilanciata con la diminuzione dell’offerta di trasporto dovuta alla chiusura di tante aziende». Quali sono le sfide e gli obiettivi che attendono la Sani Trasporti nei prossimi mesi? «La sfida dei prossimi mesi sarà di rimanere sul mercato nonostante l’aumento vertiginoso dei costi – che non riusciamo a ricaricare sui nostri committenti, a causa di tariffe vantaggiose che però sono frutto dell’illegalità. L’applicazione dei costi minimi di sicurezza ha aiutato molto il nostro settore, ma purtroppo i tempi sono difficili e bisogna darsi da fare per migliorare le cose. Noi stiamo infatti anche diversificando con la logistica e il packaging».

A febbraio è stato registrato un nuovo record di crescita nei costi di alimenti e carburanti (fonte Istat)

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Il mercato dei ricambi e la meccanica, un’occasione per il Paese Un customer care supportato da un’organizzazione produttiva estremamente flessibile e da una struttura logistica altamente automatizzata. Sono questi gli elementi che hanno contribuito al successo internazionale di G.A. Nicoletta Bucciarelli

Valeria Basile, amministratore delegato G.A. Spa di San Cesario sul Panaro (MO) www.garicambi.it

nizio d'anno positivo per le aziende della meccanica. Secondo alcuni dati il 48,2 per cento si aspetta di mantenere inalterato il numero di commesse e il 20,6 per cento di avere un'ulteriore crescita. Tra i fattori determinanti si segnala soprattutto l'apporto che viene dato dall'export. Lo scenario delineato si sposa perfettamente con la politica che da 25 anni fa da supporto alla G.A., realtà aziendale italiana che occupa una posizione di leadership nella produzione e nella commercializzazione di parti di ricambio, after market, per macchine movimento terra come Caterpillar®, Komatsu®, Liebherr®, Volvo® e Hitachi® con una forte vocazione all’internazionalizzazione. «La realizzazione di uno dei magazzini tecnologicamente più avanzati d’Europa permette a G.A. di servire i clienti con rapidità estrema». Spiega Anna Rosa

I

Barberini, titolare dell’azienda, affiancata dall’amministratore delegato Valeria Basile. Il 90 per cento del vostro fatturato viene realizzato all’estero. VALERIA BASILE «Se la nostra immagine di serietà si è andata sempre più affermando sul mercato italiano, all’estero siamo ormai conosciuti e apprezzati ovunque per l’efficiente organizzazione interna che consente di ridurre sempre più i tempi di consegna mantenendo comunque la qualità. Abbiamo clienti in Europa, in Russia, Nord Africa occidentale e Sud Africa, Brasile e Sud America, Far East con Indonesia, Malesia, Singapore e Australia. I mercati in cui la crescita è stata più significativa negli ultimi mesi sono quello sudamericano e quello estremo orientale. Il prossimo obiettivo è consolidare queste realtà e aumentare la copertura del mercato mondiale con l’apertura di


Valeria Basile e Anna Rosa Barberini

filiali commerciali in Europa, Sud America e Medio Oriente». Un grande stabilimento è basilare per la vostra attività. V.B. «La nuova sede è uno stabilimento all’avanguardia, che rispetta l’ambiente. Innovazione, efficienza, risparmio energetico ed ecosostenibilità, sono i principi a cui ci si è ispirati sin dal momento della sua ideazione. È una struttura dotata di un impianto fotovoltaico, di un impianto geotermico a circuito aperto per il riscaldamento dei locali e di un sistema di ‘building automation’ per favorire il collegamento funzionale di comunicazione tra i vari reparti. Vero e proprio gioiello di questo nuovo headquarter è il magazzino altamente automatizzato, dotato delle più moderne tecnologie per il ricevimento, lo stoccaggio e la spedizione delle merci e capace di gestire direttamente a stock più di 350.000 codici e consente la movimentazione di oltre 1 milione di articoli secondo un ciclo continuo, 24 ore su 24. La nuova realtà commerciale, si pone ai massimi livelli dimensionali per capacità di commercializzazione in ambito europeo».

1 mln ARTICOLI

Quali sono i vostri punti di forza? V.B. «Vocazione all'internazionalizzazione, flessibilità, qualità, servizio e un’ampia gamma di ricambi, sono le strategie vincenti dell’impresa. In più anche la velocità con cui forniamo il prodotto e la capacità di organizzare nell’arco delle 24 ore spedizioni in tutto il mondo senza alcun limite geografico. Dietro questo servizio c’è un’organizzazione produttiva estremamente flessibile, che si appoggia su un indotto specializzato e su una struttura logistica altamente automatizzata capace di consentire prelievi di merce in tempi rapidissimi in quanto dotata delle più moderne tecnologie per il ricevimento, lo stoccaggio e la spedizione delle merci». Da osservatori diretti e coinvolti, come sta andando il mercato? V.B. «La ripresa è in vista ma è

necessario essere pronti a cogliere l’attimo. In un momento ancora di limbo, con una richiesta di ricambi in aumento e gli stock dei magazzini internazionali a regime ridotto, la strategia vincente è quella di poter fornire, da subito, merce pronta dai propri depositi». Che cosa avete presentato alla Fiera Intermat di Parigi? ANNA ROSA BARBERINI «All’Intermat 2012 abbiamo presentato il nostro nuovo sito web in cui il sistema di e-commerce, che integra perfettamente il magazzino automatizzato in un unico processo aziendale, consentirà di avere un’organizzazione più rapida in grado di non generare perdite di tempo né tempi di attesa. Vogliamo dare dei segnali di riscossa e parleremo di concreta risalita mettendo in luce il nostro impegno nel preservare in primo luogo il lavoro e il coraggio di chi come noi ha avuto la forza di investire».

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L’edilizia punta alla diversificazione 30mila sono i posti di lavoro persi in Emilia Romagna dall’inizio dell’anno. E molte Pmi del settore edile ancora arrancano. Antonio Sequino, invece, ha rafforzato la rotta verso l’edilizia a servizio delle società petrolifere Adriana Zuccaro

Il geometra Antonio Sequino, titolare della Sequino Costruzioni Srl di Bianconese di Fontevivo (PR). In alto, panoramica della palestra realizzata dall’azienda ad Agnosine (BS) www.sequinocostruzioni.it

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Parma e provincia, dal primo gennaio 2012, trenta aziende hanno ottenuto la cassa integrazione ordinaria, lasciando a casa circa 300 lavoratori. Un andamento che rispecchia il settore delle costruzioni a livello nazionale, dove nell’ultimo triennio hanno perso il posto di lavoro in 300mila, di cui 30mila solo in Emilia-Romagna. «Sono molte le criticità che l’edilizia vive sul nostro territorio. Ma affinché il settore torni a essere un pilastro dell’economia del Paese, occorre che si verifichi in primo luogo lo sblocco dei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche». All’incipit di Antonio Sequino, manager proveniente da esperienze maturate nel settore dell’edilizia civile ed industriale, segue un quadro del mercato parmense in cui, nonostante la congiuntura, la Sequino Costruzioni è una delle poche aziende che non solo ha mantenuto un’egregia posizione nel

A

mercato, ma che ha ancora tutte le carte in regola per continuare a crescere, ponendosi anche come partner ideale delle più grandi compagnie petrolifere. Come e quando è nata l’interazione tra la Sequino Costruzioni e i grandi magnati del petrolio? «La collaborazione con Eni e Q8 nasce negli anni Sessanta con l’impresa familiare di proprietà di mio padre. Per quel che riguarda l’attuale Sequino Costruzioni, fondata nel 2000 ma nata a Napoli come ditta individuale negli anni Ottanta, l’aggiudicazione dell’appalto con la società ENI per il rifacimento totale dell’area di servizio Medesano Ovest (autostrada A15 Parma-La Spezia), ha condotto all’istituzione di una nuova sede operativa a Parma. Da quegli anni in avanti, un’intensa attività e la grande crescita aziendale che ne è conseguita, hanno reso naturale il trasferimento della sede legale da Napoli a Parma, e l’innesco di una


Antonio Sequino

serie di attività e servizi per grandi società petrolifere come Eni e Q8». Quanto incidono queste attività sui bilanci aziendali? «Grazie all’esperienza maturata nel settore, alla profonda conoscenza del mercato e delle sue problematiche accompagnata da una costante crescita tecnologica e organizzativa aziendale, la Sequino Costruzioni oggi si annovera quale impresa di fiducia di diverse società petrolifere. Le attività che ci connettono al settore carburanti, soprattutto con la realizzazione di stazioni e impianti carburante, incidono sui bilanci aziendali attestandosi intorno al 50 per cento del fatturato annuo». Quali vantaggi procura l’approvvigionamento di attività a servizio di grandi società come Eni e Q8? «I vantaggi sono molteplici. Fra tutti il più importante è la costante acquisizione di esperienza e, quindi, di crescita e aggiornamento. Ma per lavorare con società quale Eni e Q8 bisogna essere società “concrete” e non solo “di immagine”. Si è sotto-

posti periodicamente a processi di qualifica mirati alla verifica del mantenimento degli standard tecnico-qualitativi e organizzativi. Inoltre, soprattutto negli ultimi anni, grande attenzione è stata rivolta anche alla verifica della sicurezza sui cantieri i cui standard attuativi sono molto alti». Come si muove la Sequino Costruzioni per ottenere i livelli di sicurezza necessari e obbligatori nelle stazioni di rifornimento carburanti? «Grazie anche alla grande sensibilizzazione delle società petrolifere, la nostra azienda è sempre

stata molto attenta alla sicurezza e alla salute dei dipendenti imponendosi degli importanti standard aziendali. Per raggiungere gli obiettivi che periodicamente ci imponiamo, responsabilizziamo e rendiamo partecipi i nostri dipendenti, investendo molto nella loro informazione e formazione». In generale, però, gli investimenti delle Pmi sono stati sensibilmente ridimensionati causa crisi. Cosa dunque occorre per risolvere tale criticità? «Maggiore fiducia delle banche a piccoli e medi imprenditori, con aperture di crediti agevolati, semplificazione amministrativa e adozione di politica di sviluppo. Lo stallo in cui versa il settore è poi provocato dall’attesa degli investimenti pubblici, che però non arrivano anche a causa del Patto di stabilità sottoscritto dal Comune di Parma, che impedisce di sbloccare fondi per le opere già programmate».

In alto, Capannone Nestlè Interporto di Parma e impianto ENI tangenziale ModenaSassuolo. In basso, impianto Q8 tangenziale Parma

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EDILIZIA

La ristrutturazione è il futuro dell’edilizia Con la flessione della domanda, nel settore immobiliare conviene puntare sul recupero e sulla valorizzazione del patrimonio edilizio esistente più che sulla costruzione di nuovi immobili. Il punto di Enrico Bertolini Eugenia Campo di Costa

a crisi del mercato immobiliare non lascia immune la città di Parma dove, nonostante il calo dei prezzi, molte abitazioni rimangono invendute. L’offerta di immobili, infatti, supera di gran lunga la domanda e oggi le possibilità di acquistare casa si sono ridotte drasticamente, a causa di una condizione di vita sempre più precaria e delle difficoltà di accesso al credito. «Nonostante la totale stasi della compravendita – afferma il geometra Enrico Bertolini, il cui studio opera nella consulenza per nuove costruzioni, ristrutturazioni e gestione dei patrimoni immobiliari -, a Parma la costruzione di nuovi complessi immobiliari non si ferma». Una tendenza che lascia non pochi dubbi sulle possibilità di vendita di tali immobili. «Credo che in futuro si dovrà costruire meno, concentrandosi di più sul recupero e sulla valorizzazione del patrimonio edilizio esistente». Gran parte dell’attività del

L

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suo studio riguarda proprio le ristrutturazioni e il recupero dell’esistente. Crede che questa tipologia di interventi rappresenterà il mercato di domani? «In questi ultimi anni abbiamo riscontrato che il privato tende ad avvicinarsi più a una ristrutturazione piuttosto che a una nuova costruzione. I costi più contenuti e la possibilità di accedere alle detrazioni fiscali riservate a chi ristruttura incoraggiano a investire in questo tipo di attività. Siamo impegnati su diverse ristrutturazioni, in particolare, in questo periodo stiamo lavorando alla riqualificazione del vecchio stabilimento della ditta Mazzoni Salotti a Parma. L’edificio risale ai primi anni 60 e in questo immobile di importanti dimensioni era concentrata la produzione di divani e arredi. Oggi l’attività si è spostata in periferia e la proprietà ci ha incaricato di redigere un progetto per la riqualificazione di quest’area in un centro dire-

Il geometra Enrico Bertolini nel suo studio di Calestano (PR). Lo studio lavora su tutta la provincia di Parma e Reggio Emilia. Nella pagina accanto, un lavoro di ristrutturazione e il progetto per la riqualificazione del vecchio stabilimento della ditta Mazzoni Salotti a Parma www.studiobertolini.com

zionale - commerciale». Con le nuove normative che regolano le vendite immobiliari è necessario che gli acquirenti e le agenzie immobiliari siano assistiti da un tecnico che verifichi la completa conformità urbanistica e catastale dell’immobile. Qual è la vostra esperienza in questo senso? «Con l’obbligo della certificazione energetica degli immobili oggetto di compravendita


Enrico Bertolini

è quanto mai necessaria la figura del tecnico che provveda a regolarizzare ciò che non è conforme e che certifichi la classe energetica dell’immobile stesso. Noi siamo stati tra i primi a Parma a essere abilitati alla certificazione energetica degli immobili e questo ci ha aiutato a imporci in questo tipo di consulenza. In questi anni abbiamo stretto collaborazioni con le più importanti imprese e agenzie immobiliari del territorio, abbiamo fatto numeri importanti e vogliamo crescere ancora. I proprietari hanno bisogno di una continua assistenza per sfruttare al meglio il patrimonio immobiliare, riqualificarlo e gestirlo anche alla luce delle nuove normative fiscali». In tema di risparmio energetico, collaborate con la ditta Geco che produce case ecologiche in legno. «Stiamo riscontrando un aumento costante dell’interesse verso questa tipologia di case:

su quattro nuove costruzioni da noi progettate, due sono case ecologiche. In particolare, chi decide di costruirsi una casa in collina tende a preferire questa tipologia, sia per l’aspetto ecologico e il risparmio energetico, sia perché queste case hanno dei costi minori rispetto all’edilizia tradizionale. Abbiamo lavorato con diverse ditte che costruiscono abitazioni di questo tipo ma la maggior parte di queste imprese sono straniere e hanno un’idea di progettazione molto lontana alla filosofia italiana. La ditta Geco ci consente di dare più “italianità” alla casa ecologica, garantendo alti standard di qualità e attenzione ai dettagli». Lo studio dà la possibilità ai giovani geometri di acquisire esperienza lavorativa come tirocinanti e prepararsi all'esame di stato. Alla luce del difficile contesto economico e lavorativo dell’attuale momento storico, cosa vuol

Stiamo riqualificando l’area del vecchio stabilimento della ditta Mazzoni Salotti a Parma in un centro direzionale-commerciale

dire per un giovane entrare nel mondo delle libere professioni oggi e come vede il futuro della sua attività? «Entrare nel modo delle libere professioni non è facile, bisogna dedicare la propria vita a questo lavoro cercando di crescere continuamente, diversificare l’offerta per poter dare risposte a una clientela che diventa sempre più esigente. Il futuro riserva anni difficili, di radicale cambiamento sociale che si ripercuoterà anche sul mondo delle libere professioni, ma resto ottimista, nel tempo abbiamo visto un aumento continuo e considerevole della nostra clientela, l’obiettivo è mantenere questo trend di crescita».

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L’edilizia riparte dall’innovazione

Un particolare slancio innovativo e il tentativo di promuovere anche in Italia una tecnologia largamente diffusa nei paesi dell’Europa settentrionale, la realizzazione di palancolature vibroinfisse. Alessandro Ferretti illustra le soluzioni possibili per ridare slancio al settore Lodovico Bevilacqua

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erogazione di servizi dedicati al settore edile è un’attività che – in particolar modo alla luce della recente crisi economica – si inserisce in un mercato selettivo e specializzato, dove le competenze e la professionalità devono necessariamente coniugarsi con affidabilità, rapidità di esecuzione ed efficienza operativa. Unite alla capacità di diversificare le competenze, queste preziose caratteristiche determinano la competitività delle aziende di questo settore. Cosciente delle difficoltà ma da queste per nulla intimorito, Alessandro Ferretti – titolare della Chimin di Correggio – è il latore di un prestigiosissimo retaggio imprenditoriale.

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«L’azienda fu fondata nel lontano 1953 da mio padre Egeo ed è sempre stata caratterizzata dalla sua personalità intraprendente e determinata. Questo dinamismo ci ha permesso di crescere e di evolvere le dimensioni della società, guadagnando la fiducia del mercato». In che misura incide sulla vostra attività l’esigenza di innovazione? «Nel nostro caso specifico, rappresenta un importante capitolo della strategia aziendale. L’aggiornamento del nostro parco di macchine operatrici e l’indagine di soluzioni operative sempre nuove e innovative è da sempre una prerogativa della Chimin. A questo proposito è utile segnalare il


Alessandro Ferretti

nostro tentativo di promuovere anche in Italia una tecnologia edilizia largamente diffusa nei paesi dell’Europa settentrionale, ovvero la realizzazione di palancolature vibroinfisse. Alternativa alla costruzione di muri di sostegno in cemento armato, questa tecnica – utile per necessità di infissione definitiva ma particolarmente indicata per quelle di natura provvisoria – garantisce maggiore sicurezza e rapidità di installazione, con conseguente contrazione dei costi». In quale ambito siete specializzati? «Il nostro potenziale operativo e strutturale ci permette di svolgere qualsiasi compito afferente all’edilizia, pur avendo un core business incentrato sul commercio di materiali inerti e su tutte le

attività ad esso complementari, come lo scavo, la demolizione, il movimento di terra, il deposito di materiali. Grazie alla disponibilità di un magazzino di 66mila metri quadrati e di un completo ed efficiente parco mezzi, siamo tuttavia in grado di proporci come unico e affidabile referente per ogni intervento di edilizia privata, industriale, pubblica o civile che riguardi progetti concernenti demolizioni, fondazioni speciali, escavazioni e movimento terra, manutenzione di aree cortilive, industriali, portuali, commercio e fornitura di materiali inerti, servizio di autogru, recupero di materiali inerti, bonifiche ambientali». Quali sono le prospettive future della vostra azienda e del vostro settore di afferenza?

«La crisi economica ha colpito in maniera molto dura il settore edile; la mancanza di liquidità e la diffidenza del sistema creditizio rendono incerte le corresponsioni per le commissioni – qualora queste si riescano ad acquisire. La Chimin mantiene tuttavia quella attitudine positiva e propositiva che l’ha sempre caratterizzata, puntando sull’innovazione e sulla diversificazione. La scelta di specializzarsi sempre di più nella realizzazione di fondazioni speciali – competenza difficilmente reperibile in Italia – ha permesso, negli ultimi anni, di contenere in maniera soddisfacente gli effetti negativi della crisi. Consapevoli del nostro patrimonio aziendale – costituito da professionalità ed entusiasmo – rimaniamo dunque fiduciosi nel futuro dell’impresa e del mercato».

In apertura, Alessandro Ferretti, titolare della Chimin di Correggio (RE). Nelle altre immagini, momenti di lavoro www.chimin.it

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EDILIZIA

Risorse umane e sicurezza, il nuovo perno dell’edilizia A dispetto dell’importante calo di produzione del settore costruzioni, le piccole e medie imprese continuano a collaborare fra loro per mantenere attivo l’indotto. Investendo sulle risorse umane e sulla sicurezza come hanno fatto Claudia e Marino Bergonzini Giulio Conti

ra il 2008 e il 2012 in Emilia-Romagna il settore delle costruzioni ha perso un quarto della produzione (24,9 per cento), vale a dire 4,1 miliardi di euro: il dato è contenuto nelle stime elaborate da Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Emilia Romagna nel “Rapporto con-

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giunturale sull’industria delle costruzioni in Emilia-Romagna”. Oltre i numeri e i rapporti redatti dagli osservatori di riferimento, la situazione non cela più alcun mistero, soprattutto per chi nell’edilizia ha investito la propria carriera imprenditoriale. «Il mercato è abbastanza “fermo”. Per rilanciare l’edilizia occorrerebbe si-

Claudia e Marino Bergonzini della Bergonzini Costruzioni Srl di Castelnuovo Rangone (MO). Nelle altre immagini, interventi condotti dall’impresa info@bergonzinicostruzioni.com

curamente una decisa semplificazione delle incombenze burocratiche, un aumento della professionalità di tutte le figure che intervengono nel processo di costruzione edilizia così come la collaborazione fra queste, credito dalle banche a costi ragionevoli, ricerca e innovazione». Sanno bene come si muove il settore i soci della Bergonzini Costruzioni, Claudia Bergonzini, impegnata principalmente nella contabilità e negli aspetti burocratici relativi alla gestione aziendale, e Marino Bergonzini, attivo nella coordinazione del cantiere, nell’acquisto dei materiali e nello svolgimento dei vari interventi. «Abbiamo sempre cercato di ottenere la massima qualità in tutte le realizzazioni affidateci, corroborando la scelta delle tecniche e materiali con la competenza delle maestranze interne ed esterne all’azienda – afferma Claudia Bergonzini –. Da decenni ormai, la collaborazione con diverse altre imprese del comparto ha condotto a una maggiore semplicità nello svol-


Claudia e Marino Bergonzini

gimento dei lavori e a quel valore di affidabilità che la committenza da sempre ci riconosce». Tra gli interventi di edilizia abitativa condotti dalla Bergonzini Costruzioni in oltre cinquant’anni di attività, il recente progetto di via Barberini a Modena ha avuto inizio con l’individuazione dell’area, precedentemente occupata da un ex magazzino, sita in una zona della città ben servita, ambita soprattutto per il potenziale di residenzialità. «La cantierizzazione si è svolta in modo lineare

a parte la fase di scavo che ha comportato la formazione di palificazioni causa la vicinanza degli edifici confinanti – spiega Marino Bengonzini –. Abbiamo rispettato il programma di cantiere, con l’impiego di due gru edili per lo scarico e il sollevamento dei materiali in quota». A cantiere ultimato, il complesso residenziale presenta «alloggi in classe energetica B cui abbiamo applicato delle tecnologie impiantistiche improntate al benessere abitativo, al risparmio energetico e alla comodità, come pannelli solari e fotovoltaici, impianto aspirapolvere, domotica di base, riscaldamento della rampa di accesso all’interrato – precisa Claudia Bergonzini –. Ogni alloggio è caratterizzato da buone finiture e da specifici accorgimenti che distinguono uno dall’altro. Abbiamo curato le zone condominiali pensandole in modo da ridurre le esigenze di manutenzione». Il complesso di via Barberini segue la linea evolutiva delle nuove costruzioni, in cui

Riteniamo indispensabile ripensare ai parametri costruttivi tradizionali e applicare materiali e tecnologie di ultima generazione

l’innovazione si misura in base agli ormai fondamentali livelli di risparmio energetico, biocompatibilità e isolamento acustico. «Riteniamo ormai indispensabile ripensare ai parametri costruttivi tradizionali e applicare materiali e tecnologie di ultima generazione, con la professionalità e la prudenza che ci ha accompagnato in questi anni». Non è infatti solo l’approccio strutturale a stabilire l’efficacia di un’impresa come la Bergonzini. «In questo momento di crisi stiamo raccogliendo i frutti di ingenti investimenti fatti in risorse umane e sulla sicurezza dell’ambiente di lavoro. Costruire, e soprattutto ristrutturare il patrimonio edilizio esistente per noi vuol dire lasciare un segno nel tempo nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 197


INGEGNERIA

Qualità e sicurezza delle costruzioni La caratterizzazione geotecnica, l’analisi dei materiali e le verifiche strutturali sono i presupposti fondamentali per la corretta realizzazione di qualsiasi intervento di ingegneria civile. Massimiliano Galli spiega l’importanza delle prove sui materiali e sulle strutture Manlio Teodoro

a consulenza, il supporto alla progettazione e la formazione rappresentano sempre più le esigenze di enti, progettisti, imprese e committenti, pubblici e privati, per la realizzazione di un progetto d’ingegneria civile e industriale, di un intervento in campo edile e nell’ambito della salvaguardia e recupero del patrimonio architettonico e ambientale. Massimiliano Galli, legale rappresentate di C.G.G. Testing, laboratorio ufficiale con sedi a Piacenza e a Bologna, autorizzato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che esegue in Italia e all’estero prove geotecniche su terreni, materiali da costruzione e strutture, sottolinea l’importanza dei controlli preliminari e in corso d’opera su terreni, materiali da costruzione ed opere realizzate, previsti dalle vigenti norme tecniche per le costruzioni. Sollecitare, mediante l’applicazione di un carico, una struttura, anche complessa, consente di verificarne il comportamento reale in esercizio e di analizzarne la rispondenza alle previsioni progettuali, a partire dalle fondazioni, che costituiscono l’interfaccia fra la struttura in elevazione e il terreno, coinvolgendo pertanto sia aspetti strutturali che geotecnici. «Ciò è vero in particolare per le fondazioni profonde, per le quali è fondamentale la verifica dell’esecuzione a regola d’arte e delle deformazioni per

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Massimiliano Galli

effetto dei carichi» come spiega Galli. Mediante l’installazione di idonea strumentazione di monitoraggio è anche possibile acquisire dati utili alla corretta programmazione degli interventi di manutenzione a garanzia della sicurezza di strade, ferrovie, aeroporti e opere edili o infrastrutturali in genere. «L’esecuzione di prove in sito o in laboratorio su campioni consente di valutare le caratteristiche chimiche, meccaniche, di deformabilità e di resistenza dei materiali analizzati, a partire dalla caratterizzazione del terreno di fondazione e del suo comportamento per effetto delle sollecitazioni indotte da attività naturali, come un sisma, o antropiche, come il traffico di una strada – precisa Galli –. Tra le principali attività del laboratorio vi è anche lo studio dei sistemi costruttivi e dei relativi componenti (laterizi, ac-

Le prove e i controlli permettono di verificare il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni

ciaio, intonaci, sistemi di impermeabilizzazione, conglomerati bituminosi ecc.), la qualificazione e la marcatura di materiali e prodotti per l’industria, le ricerche e consulenze per conto di aziende relativamente all’impiego anche non usuale dei diversi materiali da costruzione, nonché i controlli di qualità e di accettazione degli aggregati per il confezionamento di miscele cementizie e il mix design di calcestruzzi nelle diverse classi di resistenza ed esposizione». Anche in ambito stradale, ferroviario, aeroportuale e delle opere idrauliche prove e controlli si rivelano essenziali. «Tra le problematiche che investono le infrastrutture viarie – continua Galli – risultano di notevole interesse quelle relative alla manutenzione delle reti stradali o ferroviarie e il mantenimento della loro sicurezza. A causa dell’elevato numero di parametri da controllare, è indispensabile un’impostazione efficace dei rilievi, che consenta una programmazione della manutenzione e una ge-

stione della sicurezza sulla base di procedure codificate e in grado di ottimizzare la strategia degli interventi mediante un approccio di tipo sistematico e scientifico». Negli ultimi anni, a seguito di significativi eventi quali il terremoto in Abruzzo e il diffuso dissesto idrogeologico, oltre che della sentita esigenza di sviluppare il sistema delle reti stradali e ferroviarie e la salvaguardia dell’enorme patrimonio edilizio e storico-architettonico nazionale, l’attenzione per l’attività di verifica e controllo è andata via via crescendo, coinvolgendo anche il legislatore, come dimostrano le ultime norme di recente emanazione, che recepiscono anche le direttive europee in materia. Le innovative tecnologie impiegate per i monitoraggi e le prove di laboratorio, unitamente alla consolidata esperienza degli sperimentatori, caratterizzano la C.G.G. Testing come una delle primarie realtà del settore.

In apertura, Massimiliano Galli, legale rappresentante della C.G.G. Testing Srl con sedi a Piacenza e a Bologna. In queste pagine, controlli e prove eseguiti dall’Istituto www.cgg.it

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Il vetro che “scalda” Il calore si trasforma in un oggetto di puro design e conquista i settori dell’arredamento e del riscaldamento. Le caratteristiche dell’innovativo Vetrotermoarredo® BKBramo® dalla voce di Marco Foschi Emanuela Caruso

na fonte di calore in vetro purissimo. L’eccellenza del design e della lavorazione mastro vetraia “made in Italy”. Stile e funzionalità. Con queste carte vincenti Vetrotermoarredo® BKBramo® ha fatto irruzione nel settore dell’arredamento e ha convinto mercato e utenza. Nato dalla ricerca, esperienza e innovazione della società Seriglass, impresa vetraria di Forlì con all’attivo sessant’anni di attività, questo prodotto ha il compito di arredare riscaldando. «Vetrotermoarredo® BKBramo® – spiega Marco Foschi, nipote del fondatore dell’azienda, di cui è oggi responsabile commerciale – è

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stato progettato per sfruttare l’elevata conducibilità termica del vetro, ragion per cui è costituito da tre lastre di vetro, tutte accomunate da una grande resistenza meccanica e termica. La prima lastra, in cristallo extrachiaro, è il lato visibile e decorativo del prodotto e per questo è disponibile in varie tipologie, per esempio colorata, smaltata, cangiante e a specchio; la lastra centrale è quella responsabile del calore generato; l’ultima, infine, è adibita al supporto dell’intera struttura. Inoltre, Vetrotermoarredo® BKBramo® diffonde calore per convenzione e irraggiamento in tutte le direzioni, creando una temperatura più uniforme, e grazie all’inerzia


Marco Foschi

Abbiamo realizzato un termoarredo in vetro ecologico, sicuro, elegante e dal design raffinato

termica del vetro, anche dopo lo spegnimento continua a diffondere calore nell’ambiente». Ma le qualità dell’innovativo prodotto realizzato dalla Seriglass non si limitano solo a quelle appena descritte, ma comprendono anche la convenienza, l’ecologia e la sicurezza. «Abbiamo progettato Vetrotermoarredo® BKBramo® in modo da essere un sistema di riscaldamento a efficienza energetica elevata – continua Marco Foschi –; ciò significa che, al contrario degli usuali sistemi termici, le nostre creazioni sono prossime al traguardo ideale del 100 percento di rendimento tra riscaldamento prodotto ed energia consumata. Le perdite di energia non convertita sono infinitesime, per cui lo spreco di calore, energia e costi è ridotto al minimo. Con Vetrotermoarredo® BKBramo®, poi, assicuriamo al bacino d’utenza e al mercato un articolo “verde”, ovvero completamente riciclabile, privo di sostanze velenose per l’ambiente e in grado di ridurre ai minimi livelli l’effetto serra per il nostro pianeta, fattore raggiunto attraverso l’assenza di emissioni di

anidride carbonica, ozono, e altri gas e polveri. Per dare un ulteriore tocco ecologico al prodotto, abbiamo studiato un metodo per far sì che Vetrotermoarredo® BKBramo® sia alimentabile anche tramite l’inverter di un sistema fotovoltaico domestico o di un sistema minieolico». A tali traguardi di efficienza, quasi irrealizzabili per gli altri sistemi di riscaldamento oggi in commercio, si associa l’assoluta sicurezza del prodotto, che non prevedendo fiamme, gas di combustione, sostanze infiammabili, tubazioni con liquidi ad alta temperatura e volumi in pressione, non emette neanche pericolose perturbazioni elettromagnetiche. «Oltre a utilizzare materiali notoriamente incombustibili come il vetro e il metallo – commenta ancora il responsabile commerciale della Seriglass Marco Foschi –, siamo anche riusciti ad annullare il rischio

di surriscaldamenti e cortocircuiti grazie ad alcuni sensori di temperatura a interruzione automatica, fusibili e cavi antifiamma. Tutte queste peculiarità consentono di non avere bisogno di pesanti manutenzioni annuali o straordinarie, come invece accade per caldaie e canne fumarie». Le interessanti caratteristiche termiche, fisiche e tecnologiche non rappresentano però gli unici assi nella manica di questo prodotto, che può vantare anche linee e design molto accattivanti ed eleganti. «Vetrotermoarredo® BKBramo® – conclude Marco Foschi – unisce stile, lucentezza e duttilità; e ha un peso ridotto che gli permette di essere installato tanto in orizzontale quanto in verticale, a seconda del gusto e delle esigenze arredative dei clienti. Con le sue fantasie eleganti e raffinate riesce a conferire fascino e confort a qualsiasi ambiente della casa».

In apertura, ambienti di lavoro della Serigrass di Forlì. Qui sopra, Vetrotermoarredo® BKBramo® collocato in un interno d’alto design www.serigrass.com

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TURISMO

Un’unica rappresentanza per avere più peso Aggiornare il monitoraggio sull’andamento del mercato di meeting ed eventi in Italia e potenziare la rappresentatività spalancando le porte a nuovi soci. Adolfo Parodi traccia gli assi per il rilancio dell’associazione di riferimento del comparto Giacomo Govoni

nnunciato durante la passata edizione della Borsa del turismo congressuale, il progetto del nuovo osservatorio congressuale italiano è il grande strumento a cui potranno presto appoggiarsi i protagonisti del mercato della meeting industry e degli eventi incentive. A detenerne il marchio è Federcongressi&eventi, partner strategico di Btc che riunisce professionisti e operatori del settore. «A oggi disponiamo solo di uno studio fermo al 2005 – spiega il vicepresidente Adolfo Parodi – che attestava il valore del settore congressuale a 23 miliardi di euro, secondo segmento del comparto turistico». È tempo dunque di un aggiornamento della banca dati, ritenuto prioritario almeno quanto l’allargamento della base associativa promosso, in queste settimane, attraverso una campagna di affiliazione. «Il con-

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cetto principale, espresso dal titolo della campagna, è semplice e diretto: “Se ci sei, ti associ”». È in dirittura d’arrivo il progetto del nuovo osservatorio congressuale italiano. Quali i tratti salienti del primo capitolo, di natura prevalentemente economica? «Premesso che la presentazione alla Borsa del turismo congressuale di giugno avverrà presumibilmente in forma solo parziale, la parte realizzata per prima sarà quella dell’analisi congiunturale del settore, sviluppata attraverso uno studio relativo all’attività strutturale del comparto. La seconda, che sarà pronta solamente nel 2013, verterà invece su un’analisi macroeconomica degli sviluppi futuri e l’impatto che l’industria dei convegni e degli eventi genera sul tessuto economico nel suo complesso. I dati sono in via di raccolta e il rafforzamento della collabora-

zione tra Federcongressi e Btc mira ad accelerare il più possibile questa fase». Poi c’è la campagna di comunicazione per acquisire nuovi soci. Su quali “buoni motivi” fa leva e quali nuove prospettive aprirebbe un allargamento della base? «Per dare voce a un settore rilevante per l’economia del Paese quale è il congressuale, è necessario che un gruppo numeroso di imprese e professionisti si mettano insieme per far sentire il loro peso a livello politico-istituzionale, imprenditoriale e sociale. In momenti in cui si vanno cercando nuovi filoni di mercato che possano contribuire al rilancio del paese, il congressuale è certamente un settore che ha professionalità, destinazioni e competenze per stimolarlo.


Adolfo Parodi

Alla luce del salto di qualità che ha visto Federcongressi passare da raggruppamento di associazioni a organismo di primo livello che accorpa anche imprese e professionisti, vogliamo lanciare un messaggio che serva da scossa alle singole realtà operanti nel settore. Affinché non pensino solo a sé stesse, ma anche alla vita associativa, facendo indirettamente anche il proprio interesse». Che orientamenti delinea l’accordo di programma per incentivare la competitività della meeting industry, siglato a febbraio alla Bit di Milano? «Il presupposto da cui muove tale accordo è molto semplice: la

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competenza sulle politiche turistiche è conferita alle regioni, ma è importante che le strategie territoriali siano comunque orientate e coordinate verso l’obiettivo unico della valorizzazione del marchio Italia. Quindi sin dalla sua nascita, Federcongressi ha operato perché il livello delle imprese, il livello regionale e quello governativo operassero congiuntamente. Adesso, dopo una prima edizione di “Italia for events”, progetto interregionale che contava sulla presenza, tra gli altri, di 17 regioni e dell’Enit, è giunto il momento di “Mice Italia”. Con la Toscana in veste di capofila, questo secondo progetto teso

Il congressuale è certamente un settore che può mettere sul piatto professionalità, destinazioni e competenze

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alla riqualificazione dell’offerta formativa e alla stesura di linee d’indirizzo locali, vale circa 3,5 milioni di euro e coinvolge 11 regioni. Non è escluso che, in base a quanto emergerà dal Convention Bureau Italia, coordinatore del progetto, ci possa essere un intervento da parte delle regioni a sostegno della politica promozionale delle imprese a livello territoriale». Degli 11 macrotemi trattati nell’edizione del Buy Tourism Online dello scorso dicembre, uno è stato dedicato espressamente al settore congressuale. Quali i margini di potenziamento dello strumento web nelle fasi di engagement di un evento? «Il web è un formidabile strumento di supporto, perché agevola l’accesso a una quantità enorme di informazioni nazionali e internazionali e semplifica la vita di chi deve scegliere una sede o destinazione congressuale. Ma anche a chi deve organizzare, tramite l’accesso a piattaforme e software gestionali avanzati, consente di promuovere in maniera economica e presso una platea ampia strutture congressuali e servizi. In qualche caso il web può anche essere visto come concorrente, perché offre l’opportunità di parlarsi a distanza senza incontrarsi. Ma l’incontro frontale, la possibilità di parlare e toccare con mano un prodotto o servizio, rimangono tre prerogative che solo iniziative dirette come congressi o fiere possono soddisfare».

A sinistra, Adolfo Parodi, vicepresidente di Federcongressi&eventi nazionale

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TURISMO

Facilitare la circolazione delle informazioni La creazione di un catalogo “intelligente”, pensato per fornire ai buyer internazionali una mappatura esaustiva dell’offerta congressuale italiana, è una delle iniziative più significative messe in campo di recente da Convention Bureau Italia. Ne parla Paolo Rubini Giacomo Govoni Paolo Rubini, consigliere delegato di Convention Bureau Italia

ra le variabili che pesano nella scelta di una destinazione per l’organizzazione di un evento internazionale, per un espositore su due la capacità di accoglienza della location riveste un ruolo cruciale. Messo in luce da una recente indagine condotta da Icca, il dato dimostra quanto i battesimi di nuovi palacongressi in città importanti come Milano, Roma e Rimini, potranno rivelarsi fattori discriminanti per il rilancio dell’industria nazionale del meeting. «Per rappresentare al meglio l’offerta italiana nei mercati esteri – rivela Paolo Rubini, consigliere delegato di Convention Bureau Italia – abbiamo inoltre attivato contatti operativi con tutta la filiera congressuale per la messa a punto di strategie commerciali e promozionali». Il turista congressuale ha più capacità di spesa di quello tradizionale. In che modo capitalizzare questo aspetto?

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«Gli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio nazionale del turismo, risalenti al 2010, dicono che la spesa internazionale in Italia per motivi d’affari si aggira sui 6.379 milioni di euro. Ciò che conta è far capire agli stakeholder il peso e la ricaduta economica del comparto sul territorio: il 22 per cento della spesa turistica internazionale in Italia viene dal comparto dei congressi e degli eventi». Quale apporto il Convention Bureau Italia supporta le imprese del settore? «Il Convention Bureau Italia sta valorizzando di fronte agli interlocutori di tutti i livelli istituzionali l’importanza della meeting industry e la preziosa ricaduta che il Mice garantisce al sistema economico nazionale. Su questo aspetto, quindi, la nostra mission è rendere chiari e concreti alle istituzioni i risultati potenziali, fungendo da “facilitatore” per la migliore circolazione delle informazioni

settoriali sulla consistenza di tale economia, nonché posizionandoci nel mercato internazionale quale punto unico di contatto per il new business congressuale italiano. Stiamo poi creando una banca dati nazionale dell’offerta e una internazionale della domanda, in stretto collegamento con l’osservatorio nazionale». Sul piano operativo, quali referenti hanno più bisogno di essere attirati in questa operazione? «Il Convention Bureau ha iniziato, con le Regioni, la mappatura dell’offerta congressuale italiana che consentirà, per la prima volta, la creazione di un catalogo “intelligente” a disposizione dei buyer internazionali. Altri interlocutori importanti sul piano operativo sono i Convention bureau locali, nonché i due poli congressuali creati per Roma e Milano, città non ancora dotate di un convention bureau, ma che tuttavia rappresentano alcune delle mete principali del


Paolo Rubini

turismo congressuale. Ciò consentirà di affrontare i mercati internazionali in maniera unitaria ma personalizzata, attraverso un confronto continuo con le strategie di promozione locali delle destinazioni Mice». Qual è l’attuale percezione che i buyer esteri hanno del settore congressuale italiano? «L’Italia ha davvero una straordinaria varietà d’offerta, ma sinora è stata percepita in maniera frammentata e questo ha sicuramente penalizzato il nostro paese nelle grandi gare internazionali. Inoltre, il continuo cambio di strategia e di soggetto istituzionale dedicato al settore, non ha di certo agevolato i nostri operatori. Il settore congressuale ha necessità di stabilità dei propri riferimenti, trattando business che si svolgono normalmente dopo circa due o tre anni dall’assegnazione della commessa». Quali strategie predisporre per migliorare il nostro posizionamento?

«Uno dei principali obiettivi è migliorare la classifica dell’Italia, facendo percepire a coloro che vogliono organizzare un evento nel nostro Paese la funzione di riferimento unico del Convention Bureau Italia. Essere una società controllata indirettamente dall’Enit significa per il Convention Bureau Italia, già membro delle principali associazioni quali Icca, Uia, Site e Mpi, poter utilizzare tutta la rete delle sedi estere, con grandi economie di scopo. Inoltre lo scenario congressuale italiano si sta rinnovando con l’inaugurazione di nuovi spazi congressuali (Milano, Roma, Rimini) e offre ora location capaci di coniugare qualsiasi tipo di servizio con soluzioni di design e ricerca dei materiali». Dall’ultima edizione del Mitt, avete fatto ritorno con un bagaglio di buone notizie per il comparto congressuale. Quali le future direttrici di sviluppo da cui attendete maggiori soddisfazioni?

«La partecipazione alle principali fiere di settore è uno strumento tradizionale che ancora consente di incontrare un bacino di buyer di alto profilo di tutto il mondo. Tuttavia, il Convention Bureau Italia non vuole diventare l’agenzia delle fiere settoriali congressuali, bensì il consulente per buyer e seller per lo sviluppo degli affari del settore. È un grosso cambio di mentalità a cui stiamo cercando di educare gli operatori nazionali. Puntiamo molto sull’organizzazione di workshop mirati su singoli mercati. Per adesso, gli operatori del settore hanno individuato alcune destinazioni (Uk, Paesi scandinavi, Germania e Bruxelles), ma qualora ci siano operatori Mice interessati a ulteriori mercati, si potranno affrontare insieme altre sfide soprattutto in quei mercati Bric dove anche il turismo congressuale è in grado di ottenere gli interessanti risultati che già otteniamo nel turismo generalista». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 207


TURISMO

Fare squadra per valorizzare l’offerta congressuale Con «strutture di qualità, una buona raggiungibilità e un appeal invidiabile», rileva Gian Luigi Piacenti, l’Italia ha potenzialità di sviluppo nel ramo congressuale ancora inespresse. Farle emergere sarà l’obiettivo della prossima edizione della Borsa del turismo congressuale Giacomo Govoni

na piattaforma d’incontro in cui centri congressi, convention bureau, alberghi e fornitori di servizi incontreranno tramite appuntamenti prefissati gli hosted buyer italiani e internazionali. Questo il collaudato format della Borsa del turismo congressuale, l’unica fiera italiana del settore che per il terzo anno di fila sarà ospitata alla Fiera di Rimini,

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il 21 e il 22 giugno. Sulla scia del +8,8% di presenze incassato nell’ultima edizione, la manifestazione di quest’anno conta di irrobustire i legami fra gli operatori, gettando le basi per una futura strategia unitaria. «Dobbiamo fare molti passi in questa cultura del lavoro comune – sostiene Gian Luigi Piacenti, presidente di Exmedia – perché un convention bureau è tanto più utile e necessario se è in grado di relazionarsi su scala nazionale». I grandi trader del Mice vedono nell’Italia un teatro ideale per convegni e incontri d’affari. Questa percezione ha un riscontro nei fatti? «Secondo un’indagine sugli investimenti e i comportamenti d’acquisto delle aziende del segmento corpo-

rate, presentata all’ultima edizione di Btc, 7 imprese italiane su 10 hanno avuto nel 2011 una propensione all’investimento in eventi pari o superiore a quella del 2010. La percentuale supera l’80% se analizziamo le imprese estere. Anche l’entità degli investimenti è ben sostenuta: a livello europeo la metà delle aziende ha dichiarato spese per oltre 500mila euro. La destinazione Italia è scelta dal 46% delle aziende europee, con segni più sulla raggiungibilità, la professionalità degli interlocutori, la qualità della struttura scelta, degli alberghi e della destinazione». Gli eventi corporate costituiscono una parte importante del ventaglio d’offerta congressuale. Un trend destinato a confermarsi o fanno capolino nuove tendenze di turismo destagionalizzato? «Credo che i fatti economici che


Gian Luigi Piacenti

scuotono l’attualità abbiano causato una specie di pausa di riflessione. Percepisco una fase legata agli eventi corporate che si protrarrà ancora per circa un biennio perché, visti i tempi di programmazione degli eventi e degli investimenti necessari a realizzarli, i risultati di un cambio di direzione andranno raccolti nel tempo. Ciò non toglie che ci sia spazio per la sperimentazione di formule innovative. Anzi, parafrasando le espressioni di economisti illustri, forse i periodi di maggiore crisi sono quelli che fanno nascere i germogli di nuove tendenze e poi mercati concreti. Ma siamo nell’ambito delle sperimentazioni». Sul piano logistico-organizzativo, le attività e il volume d’affari generati da questo segmento dell’ospitalità sono all’altezza della dotazione “innata” del nostro Paese? «Sono convinto che siamo all’altezza della situazione. Abbiamo strutture di qualità e diffuse, una buona raggiungibilità e un appeal che poche altre destinazioni possono vantare. Aggiungerei la cultura dell’ospitalità, fattore che ha sempre il suo peso nella scelta della destinazione. Dobbiamo colmare invece un gap sulla promozione, troppo frammentata, priva di strategia a livello nazionale. Ecco, su quest’ultimo fronte, dico che non possiamo essere troppo soddisfatti. In questo lungo periodo di crisi, non ci si possono permettere “lussi”

come quello di sprecare enormi potenzialità». Guardando oltre i confini nazionali, ci sono best practices da mutuare per far crescere il nostro sistema congressuale? «Sono un convinto estimatore delle potenzialità del nostro Paese. Non abbiamo nessun gap strutturale con i concorrenti, nei confronti dei quali paghiamo uno svantaggio su alcuni segmenti della proposta, ma nel complesso siamo assolutamente competitivi. Dobbiamo soltanto dotarci di una strategia comune, attenuare qualche protagonismo, segmentare meglio la domanda e rispondere con un’offerta adeguata. Senza adagiarci sull’idea di vivere in un paese straordinariamente bello, ma lavorando sulla formazione e stimolando nuovi investimenti». A livello di nuove strutture da adibire alla meeting industry, quali i progetti vicini al battesimo o in via di definizione? «Mi consenta un atteggiamento scaramantico, ovvero quello di non citare alcun progetto in cantiere. Avendo vissuto, da riminese, le peripezie passate per aprire il nuovo Palacongressi, dar per scontato qualcosa in questo Paese è impossibile. Sappiamo dove e come si sta lavorando all’interno di contenitori fieristici, con poderosi investimenti che però si dilatano nel tempo senza arrivare al traguardo. Leggo piuttosto molte realtà

che intendono dare dinamismo ai convention bureau locali: fatto positivo, certo, perché finalizzato a qualificare l’offerta, ma bisogna lavorare dentro a una rete altrimenti si spreca tempo e soprattutto risorse, il che in questo momento è imperdonabile. Sottolineo una questione: avremo l’Expo in Italia e non manca molto tempo. Ritengo sia una grande occasione da non perdere per mostrare anche la qualità attuale della nostra proposta». Quanto al rapporto con le istituzioni - dalle Apt fino al livello centrale - siete soddisfatti o il raccordo può ancora migliorare? «Laddove il sistema è maturo, dove sono nate realtà competitive, capaci di leggere i mercati e di capirne modalità di approccio, anche i rapporti con le istituzioni sono positivi. Tutto può migliorare, è vero, ma culturalmente tendo a ragionare partendo da ciò che è misurabile in concreto, non a lamentarmi sempre di ciò che penso non stiano facendo gli altri».

Gian Luigi Piacenti, presidente di Exmedia, società organizzatrice della Borsa del turismo congressuale di Rimini

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TURISMO

Il circuito dell’ospitalità all’esame della destagionalizzazione Nel solco di gruppi alberghieri che in Romagna si dedicano già in maniera esclusiva al settore dei convegni, le strutture ricettive regionali possono raccogliere la sfida del turismo extra balneare, forti del lauto contributo nazionale. Il punto di Alessandro Giorgetti Giacomo Govoni mmontano a quasi 35 milioni di euro le risorse che il bilancio preventivo regionale ha assegnato al comparto turistico dell’Emilia Romagna per il 2012. Di questo plafond, che riconosce un importante sostegno a un settore che da solo alimenta il 15% del Pil regionale, ben 7 milioni di euro saranno destinati alla riqualificazione delle strutture ricettive della filiera congressuale. Un segnale di attenzione che mette gli operatori turistici più intraprendenti nelle condizioni di pensare concretamente a nuovi orizzonti di destagionalizzazione in chiave congressuale. Ambito già esplorato, peraltro, con esiti al momento incoraggianti da alcune catene alberghiere romagnole che hanno scelto di focalizzare il loro core business sull’organizzazione di convegni, riunioni aziendali ed eventi incentive. «La manifestazione – afferma Alessandro Giorgetti, presidente di Federalberghi Emilia Romagna – deve colpire con stimoli emozionali le persone che vi partecipano, ma soprattutto deve farle star bene. E in questo i nostri albergatori sono maestri».

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Per catturare l’attenzione dei buyer, su quali aspetti dovranno insistere hotel e catene alberghiere emiliane che esporranno alla prossima Btc di Rimini? «Ritengo che un aspetto importante sia la location in cui va in scena l’evento e quindi il contesto in cui è inserito. La Regione metterà a disposizione risorse per il settore congressuale che gli albergatori interessati indirizzeranno alla sempre maggior riqualificazione delle loro imprese». Oltre a Rimini, leader in fatto di ospitalità anche congressuale, quali altre destinazioni regionali stanno guadagnando terreno? «Nella nostra regione sono presenti, oltre a quella di Rimini, alcune realtà molto importanti del settore che ne formano un circuito, e mi riferisco a città come Bologna, Ferrara, Modena e Parma. Anche altre città, per esempio Riccione e Bellaria Igea Marina, sono in grado di ospitare eventi, certamente di portata minore, ma possono offrire qualità delle strutture, professionalità degli interlocutori, accessibilità delle destinazioni, adeguatezza dei prezzi e tanto altro».

Quali paesi esteri sono i più attivi in termini di incoming verso le strutture ricettive emiliano-romagnole? «Il mercato di riferimento è principalmente quello italiano ed europeo. Sul mercato internazionale scontiamo l’assenza di infrastrutture adeguate. Nella nostra regione, ad asempio, non c’è un hub di livello internazionale che le compagnie aeree possano utilizzare come scalo principale per i collegamenti». Come federazione, quali iniziative formative metterete in campo prossimamente per far cogliere ai vostri associati le opportunità della meeting industry? «La formazione a cui Federalberghi è particolarmente attenta deve fornire contenuti ricchi e variegati, progettati per rispondere alle esigenze di aggiornamento e di confronto di tutti gli stakeholder del settore. Abbiamo in programma la realizzazione di seminari su come utilizzare i fattori ambientali e l’impatto emotivo degli eventi. Saranno, inoltre, forniti strumenti di crescita personale e professionale per ottimizzare al meglio le relazioni esterne».

Alessandro Giorgetti, presidente di Federalberghi



EVASIONE FISCALE

L’efficacia dei controlli sul territorio e all’estero «L’evasione fiscale danneggia non solo il bilancio dello Stato, delle Regioni e degli enti locali ma anche quelle imprese che, pur rispettando le regole, subiscono la concorrenza sleale di chi sovverte l’etica del mercato». Domenico Minervini illustra gli interventi della Guardia di Finanza Nicolò Mulas Marcello

el corso del 2011 in Emilia Romagna sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza complessivamente 1.903 verifiche e 4.845 controlli fiscali, che hanno consentito di individuare redditi sottratti all’imposizione per oltre 3,3 miliardi di euro e un’Iva evasa pari a 406 milioni di euro. Dati che testimoniano l’impegno costante delle fiamme gialle su tutto il territorio. «Da tempo, il Corpo – spiega Domenico Minervini, comandante della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna – ha avviato un processo volto a incrementare la qualità e l’efficacia delle verifiche e dei controlli, basato su modelli operativi più flessibili, mirando gli interventi nei confronti dei soggetti che presentano gli indizi di evasione più evidenti». I controlli e le verifiche da parte della Guardia di Finanza in regione si stanno intensificando? «Il contrasto all’evasione fiscale è l’obiettivo prioritario della Guardia di Finanza. Il fenomeno danneggia non solo il bilancio dello

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Stato, delle Regioni e degli enti locali ma anche quelle imprese che, rispettando le regole, subiscono la concorrenza sleale di chi, ponendosi al di fuori della legalità, sovverte l’etica del mercato. Per questa ragione il piano d’azione del Corpo mira all’obiettivo di prevenire e reprimere l’elusione e l’evasione fiscale, mediante l’attuazione di piani d’azione che puntano a concentrare l’attività sui fenomeni più gravi e pericolosi quali l’economia sommersa, i reati tributari, le frodi fiscali. I dati di rendimento operativo, seppur elaborati nel breve periodo di riferimento, ovvero gennaio e febbraio dell’anno in corso, denotano proporzionalmente una progressione crescente rispetto allo stesso periodo del 2011». Nel corso degli oltre 34mila controlli su scontrini e ricevute fiscali sono state rilevate più di 10mila violazioni. È possibile affermare che c’è stato un incremento di evasori a causa della crisi economica anche in regione? «Al fine di aumentare la qualità dell’attività ispettiva del Corpo, è stata disposta l’inten-


Domenico Minervini

sificazione degli interventi nei confronti dei contribuenti con maggiore propensione alla violazione degli obblighi in materia di rilascio di scontrini e ricevute fiscali. Pertanto, sono proseguiti i cosiddetti controlli “ di massa”, che hanno suscitato reazioni favorevoli nell’opinione pubblica, nei media e negli operatori commerciali rispettosi della normativa tributaria. La perdurante crisi finanziaria potrebbe aver causato un aumento del fenomeno evasivo. Eloquenti, infatti, sono i risultati conseguiti, sono stati effettuati 5.605 controlli strumentali, tra scontrini e ricevute fiscali, che hanno consentito di rilevare 1.788 violazioni con una percentuale di incremento delle violazioni contestate pari al 31,9%, il 28,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2011». I protocolli d’intesa stipulati con Comuni ed enti della Regione hanno dato i loro frutti nell’arginare il danno erariale? «A seguito della stipula di questi protocolli d’intesa, l’azione ispettiva della Guardia di Finanza è stata oggetto negli ultimi anni di una crescente attenzione, in virtù del ruolo di polizia economica e finanziaria del Corpo deputato all’assolvimento, fra le altre, di funzioni di tutela dei bilanci dello Stato, delle Regioni, degli enti territoriali e dell’Unione europea. L’attività di controllo nei confronti dei soggetti destinatari delle “agevolazioni”

mira pertanto, da un lato, a salvaguardare gli interessi finanziari degli enti erogatori e, dall’altro, a perseguire obiettivi di equità sociale nella ridistribuzione delle risorse pubbliche a sussidio delle persone che versano in condizioni economiche di minor favore. Nell’anno appena trascorso sono stati eseguiti 928 controlli sulle prestazioni sociali agevolate ed esenzioni al servizio sanitario nazionale che hanno consentito di denunciare all’autorità giudiziaria 380 persone tra falsi invalidi e finti poveri e constatare indebite percezioni pari a 148mila euro per le prestazioni sociali erogate e 828mila euro in danno al servizio sanitario nazionale». Sul fronte dell’evasione internazionale sono stati fatti passi avanti? «Uno spazio prioritario è stato riservato al contrasto all’evasione internazionale, proseguendo e rafforzando le attività di controllo dei soggetti che hanno trasferito capitali all’estero in modo occulto, delle persone fisiche e delle società che hanno la residenza fittizia o la propria sede in Paesi a fiscalità privilegiata o che intrattengono rapporti commerciali con società controllate o collegate con soggetti ubicati in centri off-shore. In tale ottica il Corpo sta rafforzando le proiezioni all’estero dell’attività dei reparti attraverso gli scambi d’informazione, gli incroci di dati e le collaborazioni con gli Organi collaterali di tutto il mondo».

Sopra, Domenico Minervini, comandante della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna

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EVASIONE FISCALE

Più collaborazione tra istituzioni Può considerarsi positivo il bilancio dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna in base ai dati del 2011. L’incremento degli introiti, anche grazie a controlli più serrati, è superiore al doppio di quanto riscosso l’anno precedente. Antonino Gentile spiega il motivo di questi numeri Nicolò Mulas Marcello

el 2011, sono stati recuperati dal fisco 110 milioni di euro, con un incremento del 96 per cento rispetto ai 56 milioni del 31 dicembre 2010, e con una maggiore imposta accertata pari a 24 milioni di euro (+108 per cento). Un bilancio positivo quello raggiunto fino a oggi, che fa ben sperare per il futuro anche Antonino Gentile, direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna: «La rotta seguita poggia su questo presupposto: occorre differenziare gli approcci e calibrarli sulle caratteristiche dei contribuenti, presidiare il territorio e utilizzare la leva deterrente, ma al tempo stesso è cruciale incentivare i comportamenti virtuosi, facilitando l’adempimento spontaneo. Insieme al contrasto all’evasione fiscale, che resta elemento portante della nostra azione amministrativa, stiamo sviluppando dei modelli di compliance che tendono ad amplificare le potenzialità delle nuove tecnologie e a rimuovere gli ostacoli che talvolta complicano l’adempimento». A cosa sono dovuti i positivi risultati ottenuti nel 2011? «Questi risultati non sarebbero stati possibili se non ci fosse stata la capacità di “fare rete” sul territorio: un processo che ha richiesto un lavoro intenso e lungo, sia all’interno della nostra organizzazione, sia nei confronti degli enti che hanno partecipato alla sottoscrizione di un accordo-quadro tra Agenzia delle Entrate e Anci Emilia Romagna, che è stato il primo tassello di questo percorso; è stato poi istituito un gruppo di lavoro permanente composto da rappresen-

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tanti dell’Agenzia e dell’Anci, che ha definito le linee guida dei percorsi investigativi e delle metodologie di controllo. Per seguire lo sviluppo della collaborazione e garantire un collegamento con i Comuni, è stata creata anche una rete di funzionari presso ogni Direzione provinciale dell’Agenzia attraverso una intensa attività formativa. La linea di sviluppo della collaborazione si allarga ora verso altri soggetti istituzionali, con i quali già collaboriamo in altri ambiti, come la Guardia di Finanza e l’Inps, anche alla luce del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 27 febbraio 2012». Le somme riscosse nel 2011, sono pari a 7,5 milioni di euro (+138 per cento). I controlli stanno diventando quindi sempre più efficaci? «L’efficacia e la selettività dei controlli rappresentano una leva prioritaria per consolidare il legame fiduciario con il contribuente e per rafforzare il senso di equità nella percezione comune. Grazie al continuo affinamento degli strumenti di cui disponiamo è infatti possibile indirizzare i controlli verso le categorie di contribuenti a più alto rischio di evasione, massimizzando in questo modo la capacità operativa nostra e degli enti locali. Non è quindi casuale che l’indice di definizione degli accertamenti, vale a dire la percentuale di

110 mln EURO

La somma recuperata dall’Agenzia delle Entrate nel corso del 2011 in Emilia Romagna

270 COMUNI

Il numero delle amministrazioni emilianoromagnole che hanno aderito ai programmi anti evasione


Antonino Gentile

controlli “chiusi” con l’accordo del contribuente, abbia raggiunto il 78 per cento: in altre parole, su 100 controlli 78 sono chiusi con l’accordo del contribuente. In questo senso si può leggere anche l’incremento del 138 per cento del riscosso rispetto al 31 dicembre 2010, a dimostrazione della crescente qualità dei controlli: se al riscosso si aggiungono le rate da versare su accertamenti già chiusi, l’incasso complessivo sale a 9,7 milioni di euro. Oltre all’elemento qualitativo, sottolineo anche l’aspetto quantitativo: il volume delle segnalazioni inviate è in costante aumento, passando dalle 7.274 segnalazioni del 2010 alle 13.662 del 2011. Si infoltisce anche la schiera dei Comuni anti-evasione (270 su un totale di 348), che raccolgono una quota della popolazione residente pari al 94 per cento del totale regionale (+10% rispetto al dato del 2010)». Parliamo di adempimento spontaneo. In Emilia Romagna sta cambiando la mentalità dei cittadini?

«Sicuramente è cresciuta la sensibilità verso il problema dell’evasione fiscale, che tende a essere percepito nella sua effettiva gravità, complici la crisi economica e l’esigenza pressante di recuperare risorse da destinare al risanamento dei conti pubblici e al welfare. L’Emilia Romagna è peraltro una regione con un ricco tessuto associativo, probabilmente dotata più di altre di quel “capitale sociale” che serve a creare le condizioni per un rapporto collaborativo tra pubblica amministrazione e cittadino. Un contesto che è fotografato, insieme ad altri elementi significativi, dal Dbgeo, un database costruito dall’Agenzia delle Entrate per mappare il territorio nazionale in otto zone, ciascuna caratterizzata da un certo tax gap (la differenza tra l’importo delle tasse teoricamente dovute e quello effettivamente incassato). Le province dell’Emilia Romagna presentano un tax gap compreso tra il 20,3 per cento della “zona 1” (Bologna, Parma, Reggio Emilia e Modena) e il 34,1 per cento della “zona 2” (Ferrara, Ravenna, Forlì Cesena, Rimini, Piacenza), rispetto a un dato medio nazionale del 38,4 per cento. Di riflesso, si può ipotizzare una propensione alla tax compliance maggiore rispetto a quella che si manifesta in altre zone del paese, ferma restando la caratterizzazione a macchia di leopardo del fenomeno evasivo». Cosa occorre fare in più su questo fronte? «E’ fondamentale che l’intera filiera della fiscalità e più in generale le istituzioni diano un segnale forte: non è tutto “nero”, ci sono contribuenti e cittadini onesti - per fortuna una larga maggioranza - come dimostra un’ampia letteratura che nel tempo ha confutato la tesi secondo cui l’evasione sia frutto di un mero calcolo. Al contrario, la fedeltà fiscale è determinata dalla combinazione di elementi razionali con altri fattori quali il livello di etica individuale, i comportamenti collettivi o la qualità della spesa pubblica. Diventa perciò cruciale, per l’Agenzia delle Entrate, adattare la propria policy a questa complessità di motivazioni e di comportamenti». Quali sono le previsioni per il futuro e la EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 215


SFVWVWWRW EVASIONE FISCALE

L’efficacia e la selettività dei controlli rappresentano una leva prioritaria per consolidare il legame fiduciario con il contribuente e per rafforzare il senso di equità nella percezione comune

rotta che seguirà l’Agenzia delle Entrate in protocolli di intesa con il Forum del terzo set-

78% VERIFICHE La percentuale di controlli chiusi con l’accordo del contribuente in regione nel 2011

13.700 SEGNALAZIONI Gli episodi di evasione denunciati all’Agenzia delle Entrate regionale nel corso del 2011

Emilia Romagna? «Poste le strategie sopra citate, gli strumenti sono molteplici. Penso ad esempio ai servizi telematici, a cui abbiamo dedicato una recente campagna di comunicazione per il rilascio del pin code, leva indispensabile per contenere costi e tempi degli adempimenti. Un elemento innovativo in questo campo è Civis, la nuova procedura di assistenza telematica per contribuenti e professionisti: gli utenti assistiti sono stati 25 mila nel 2010 e 39mila nel 2011. Un altro strumento di sicura efficacia per promuovere la tax compliance e favorire il consolidamento di un rapporto fiduciario con il contribuente è rappresentato dalle collaborazioni con altri soggetti istituzionali. Sicuramente la partnership con i Comuni gioca un ruolo di primo piano, ma non è l’unico esempio. Abbiamo un’intesa, ormai consolidata, con Siae, Inps, Inail e Ispettorato del Lavoro, insieme ai quali abbiamo condotto una importante azione di presidio del territorio lo scorso 8 marzo; abbiamo siglato

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tore e con il Coni». Dal punto di vista legislativo ci sono diverse novità. «Sì, negli ultimi mesi sono stati messi a disposizione dell’amministrazione per incrementare le opportunità di adempimento: ad esempio, le semplificazioni fiscali previste dall’articolo 7 del decreto legge 70/2011, la nuova disciplina sulla rateizzazione dei debiti tributari, il regime fiscale di vantaggio per l’avvio di nuove imprese e per i giovani. E ancora, per passare all’accertamento, ricordo il nuovo redditometro, che è uno strumento efficace non solo per l’attività di controllo ma anche e soprattutto per stimolare la tax compliance, perché consente al contribuente di verificare la corrispondenza del reddito dichiarato con quello atteso attraverso un software disponibile on line. È questo, in conclusione, il modello dell’enhanced relationship, di una relazione “forte” tra amministrazione e contribuente, il momento in cui la tecnicalità si concilia con l’ascolto».



EVASIONE FISCALE

Partire dalle garanzie per il contribuente Prima che farsi veicolo di un’operazione culturale a tutto tondo, «le autorità di governo e gli organi preposti agli accertamenti fiscali devono scrivere e far rispettare le leggi tributarie». L’analisi di Francesco Tundo Giacomo Govoni

bbiamo bisogno di un ritorno alla centralità del Parlamento, perché insieme alle norme di contrasto all’evasione possano essere rivalutati gli strumenti e le garanzie del contribuente». È la ferma convinzione di Francesco Tundo, professore di diritto tributario all’Università di Bologna, che nella stretta messa in campo negli ultimi tempi dalle autorità competenti per arginare il fenomeno evasivo, richiama l’attenzione sul diritto del contribuente a essere informato delle ragioni a monte di eventuali accertamenti, nonché delle tutele su cui può sempre contare. Un “modus operandi” che, a detta di Tundo, incentiverebbe il ricorso al gettito spontaneo molto più di quanto non facciano ispezioni a sorpresa o improvvisi blitz ad alto effetto scenico, ma che «poi rischiano di innescare meccanismi perversi, persino di invidia e rivalsa sociale». Pagare le tasse: un dovere morale prima che civico o viceversa? «È un dovere morale e civico. Ma la sfera morale è assolutamente personale. Quindi nessuno, chiunque esso sia, si può sentire le-

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gittimato a far valere un “dovere morale” di contribuire alle spese pubbliche. In uno Stato di diritto esistono delle leggi che devono essere rispettate. Da entrambe le parti: dai contribuenti come dagli uomini del fisco». Tra i nuovi strumenti di contrasto all’evasione fiscale, pare che nel 2012 si farà molto affidamento al cosiddetto redditometro. È il solo? «Non c’è solo il redditometro, ma anche un maggior potere di indagini finanziarie. Oggi l’amministrazione può entrare nei nostri conti correnti e verificare la congruità delle spese con il nostro reddito. È uno strumento formidabile, che se accompagnato allo sviluppo della moneta elettronica e al graduale abbandono del contante, riduce sempre più le possibilità di evasione e di utilizzo dei redditi sui quali non si sono pagate le tasse. Ma deve essere applicato con cautela, e soprattutto si deve accompagnare a maggiori tutele per i contribuenti. Se il fisco può sapere quanto ho speso in un certo giorno e in quale negozio, devo avere il diritto di sapere quale funzionario del fisco ha avuto accesso ai miei dati personali e che uso ne ha fatto».

Francesco Tundo, professore di diritto tributario all’Università di Bologna e fiscalista con studi a Milano e Bologna


Francesco Tundo

Una migliore applicazione del fattore compliance per effetto di azioni di deterrenza può rappresentare una delle possibili chiavi di sviluppo del dialogo tra contribuente e amministrazione fiscale? «Diffido delle misure spettacolari, talvolta eccessive rispetto ai fini che intendono ottenere, perché cercano di attivare un mutamento culturale che, però, è compito che non spetta agli organi preposti all’accertamento delle evasioni e nemmeno alle autorità di governo. E poi rischiano di innescare meccanismi perversi, persino di invidia e rivalsa sociale. Ecco: le leggi tributarie devono essere applicate solo per far pagare le imposte e niente più». Quando la cronaca porta alla ribalta casi di maxi evasioni o controlli a tappeto, i protagonisti sono sempre Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza. Quali altri soggetti potrebbero concorrere a promuovere con più efficacia i princìpi di lealtà fiscale? «Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza svolgono un lavoro eccellente. Ma l’amministrazione fiscale può solo applicare le leggi, che devono però essere scritte dal Parlamento,

e solo da esso. C’è un importante principio costituzionale che lo impone. Oggi, nel nostro Paese, non c’è nemmeno un ministro delle finanze che nell’esecutivo possa raccordare l’attività legislativa con quella di applicazione delle leggi esistenti. Abbiamo bisogno di un ritorno alla centralità del Parlamento, perché insieme alle norme di contrasto all’evasione possano essere rivalutati gli strumenti e le garanzie del contribuente. Questi sì che sono strumenti che promuovono la lealtà fiscale, che contribuiscono a un maggiore adempimento spontaneo». Come si traducono in ambito universitario gli accordi che l’Agenzia delle Entrate regionale sigla periodicamente con gli istituti formativi del territorio regionale? «La Facoltà di economia dell’Università di Bologna è stata la prima - e sinora l’unica - in ambito nazionale ad attivare anni fa un corso post laurea d’intesa con Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza su “strumenti e tecniche per la prevenzione e la soluzione delle controversie tributarie”. Rivolto tanto ai professionisti quanto ai dipendenti dell’amministrazione finanziaria, ha il fine di promuovere la dialettica tra fisco e contribuente. Un’esperienza straordinaria. A distanza di anni mi capita di trovare nell’Agenzia delle Entrate o nella Guardia di Finanza miei ex studenti che mi ricordano quanto sia importante un approccio equilibrato e responsabile per risolvere i potenziali conflitti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 219


ATTREZZATURE MEDICALI

ell’ultimo decennio l’ingegneria tissutale ha fatto enormi progressi nell’identificazione di nuove strategie nel campo della rigenerazione. Tra queste, una delle più innovative, consiste nell’utilizzo di “concentrati piastrinici”: un interessante approccio clinico che ha aperto orizzonti finora inimmaginabili. Diversi studi, infatti, hanno evidenziato l’importanza delle piastrine nei meccanismi di rigenerazione tissutale grazie alla loro capacità di fornire un ricco apporto di fattori di crescita. Tali concentrati risultano coinvolti nell’induzione della proliferazione cellulare, nel rimodellamento della matrice extracellulare e nei meccanismi angiogenetici che si attuano durante le diverse fasi della rigenerazione. Come conferma Tiziano Batani, della Silfrandent, «negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi metodi per produrre concentrati piastrinici in grado di contenere un’ottimale concentrazione di fattori di crescita autologhi». Ricerca e innovazione continua: sono questi i presupposti fondamentali che muovono la ricerca scientifica e che rendono possibili applicazioni cliniche inesplorate. I pionieri di questa continua evoluzione sono proprio aziende come la Silfrandent che dal 1975 è specializzata nella produzione di strumenti per laboratori odontotecnici ed anche per il settore orafo ed estetico. Silfradent dispone di una gamma completa di prodotti che comprende micromotori, isoparallelometri di massima precisione, sabbiatrici modulari, potenti generatori di vapore ed affidabili miscelatori. Dal 2003, inoltre, l’azienda produce anche strumenti medicali con risultati apprezzabili. Il costante supporto della clientela, uno staff motivato e un’organizzata rete distributiva di depositi dentali hanno contribuito a far divenire Silfradent un’azienda leader in Italia e fra le più apprezzate a livello mondiale.

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Dalle piastrine la rigenerazione dei tessuti La ricerca scientifica in ambito medicale è trainata anche da aziende specializzate nella progettazione di strumenti, attrezzature e tecniche medicali sempre più innovative. Il caso della Silfradent Erika Facciolla

Dietro ogni strumento e ogni nuova tecnica individuata dall’equipe scientifica di Silfrandent, c’è un lavoro di accurata ricerca condotto nel pieno rispetto del cliente finale e dell’ambiente. «Le innovative apparecchiature odontoiatriche realizzate da Silfradent – precisa Tiziano Batani - sono frutto

La Silfradent ha sede a Santa Sofia (FC) www.silfradent.com


Silfradent

Il C.F.G. rappresenta una nuova generazione di concentrati piastrinici in grado di trattenere una maggior concentrazione di fattori di crescita autologhi

di un intenso lavoro di studio svolto rilevando attraverso una fitta rete di consulenti specialisti e i preziosi suggerimenti degli utilizzatori». Tornando alle tecniche di rigenerazione tissutale identificate negli ultimi tempi, sono tante le applicazioni cliniche che hanno di-

mostrato la grande efficacia dei preparati piastrinici, tra cui la chirurgia maxillo-facciale, la chirurgia ortopedica, estetica, l’oftalmologia, la medicina sportiva e la dermatologia. I ricercatori che hanno lavorato al progetto, oltre a Tiziano Batani, Rodella L., Favero G., Boninsegna R., Buffoli B., Labanca M., Scari G., Sacco L., Rezzani R. hanno ottenuto i concentrati piastrinici dal sangue venoso attraverso uno standardizzato processo di centrifugazione che, utilizzando talvolta l’aggiunta di sostanze esogene, permette di isolare una frazione ricca in piastrine e fattori di crescita, detta appunto ‘concentrato piastrinico’ o ‘gel piastrinico’. In particolare il C.F.G. (Concentrated Growth Factors) rappresenta una nuova generazione di concentrati piastrinici in grado di trattenere al suo interno una maggior concentrazione di fattori di crescita autologhi. La principale caratteristica di questo concentrato risiede nella sua consistenza: si tratta, infatti, di una matrice organica più ricca in fibrina e quindi più densa rispetto agli altri concentrati in grado di “intrappolare” una maggiore quantità di elementi piastrinici e fattori di crescita. Tiziano Batani precisa che «in esso è stata rilevata la presenza di cellule CD34 positive, elementi cellulari che vengono normalmente richiamati dal sangue verso i tessuti danneggiati e che giocano un ruolo chiave nel mantenimento dell’omeostasi vascolare e nei processi angiogenetici e di neovascolarizzazione». Ma quali sono le reali applicazioni che questo concentrato può incontrare? «La sua efficacia – risponde Batani - è stata finora dimostrata in chirurgia orale e maxillo-facciale negli interventi di rialzo del seno mascellare e di aumento del profilo crestale. Tuttavia, le sue caratteristiche lo rendono idoneo ad essere impiegato ad altri biomateriali, dove si rende necessaria la rigenerazione tissutale». EMILIA-ROMAGNA • DOSSIER • 223


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