Dossier Emilia Romagna 01 2012

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OSSIER EMILIA-ROMAGNA L’INTERVENTO.........................................13 Gaetano Maccaferri Pietro Ichino

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 16 Pietro Ferrari ACCESSO AL CREDITO ................... 20 Emilio Bolzoni Riccardo Fava Corrado Sforza Fogliani Antonio Patuelli RITRATTI ............................................... 30 Giorgio Napolitano

ECONOMIA E FINANZA MERCATI ESTERI .............................. 36 Franco Mosconi Romano Baruzzi Bruno Filetti CONTRATTI DI RETE ........................ 42 Carlo Alberto Roncarati Giuseppe Tripoli RETI D’IMPRESA ............................... 46 Florenzo Vanzetto DISTRETTI ............................................ 48 Alessandro Curti Luigi Zaffi Filippo Contadini Daniela Morandi Mario e Marzia Mengozzi TECNOLOGIE ....................................... 58 Nelso Antolotti e Alberto Ravagni Rino Bugiardini e Marcello Maffei Alessandro Campi Alessandro Poli Paolo Ossi Massimiliano Bacchieri Antonio Gelmini Lorenzo Cottignoli Pietro Guizzardi Marisa Rossi Luigi Valdinoci Sauro Boschi IL COMPARTO DELLA PLASTICA .............................. 86 Paola Casali CONSULENZA TECNICA ................. 88 Stefania Ghetti Valerio Suzzi INNOVAZIONE ..................................... 92 Giovanni Marcotti e Bruno Riccò Conteco Marino e Alessandro Bandini ELETTRONICA .................................... 98 Gilberto Cristofori Enzo Montani e Gian Marco Baldini Gianfranco Della Bartola

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ENERGIA ............................................. 104 Piero Cotti Costantino Calzoni e Gabriele Amato EXPORT ............................................... 108 Piero Prati INVESTIMENTI E SVILUPPO ........ 110 Maurizio Corcelli IL SETTORE NOLEGGIO ................. 112 Federico Sandri MODELLI D’IMPRESA ..................... 114 Alberto Calderoni Liliana Caselli Alain Leporati Miria Gagliardi SERVIZI ALL’IMPRESA .................. 122 Cinzia Zoli PRODOTTI ALIMENTARI ............... 124 Franca Carella Alessandro Grandi Paola Pivetti Ruggero Ruggeri Romana Tamburini Giovanni Palmieri FOCUS PARMA ................................. 138 Mario Ciclosi Ugo Margini SISTEMA PORTUALE ...................... 144 Anton Francesco Albertoni Umberto Miccoli Egidio Dal Fiume Guido Ottolenghi Giuseppe Parrello Giannantonio Mingozzi


Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

TUTELA DEL TERRITORIO ........... 156 Corrado Clini QUALITÀ DELL’ARIA ...................... 160 Sabrina Freda Fabio Filippi Fabrizio Matteucci

INFRASTRUTTURE .......................... 176 Pietro Ciucci Alfredo Peri Marco Monesi Manes Bernardini Lorenzo Frattini Gian Pietro Riccardi

PROGETTI ECOSOSTENIBILI ...... 166 Gianluca Celli

TRASPORTI ....................................... 192 Roberto Rossi

RINNOVABILI...................................... 168 Romeo Callegari

LOGISTICA ........................................ 194 Cristina Arlango

GESTIONE RIFIUTI ........................... 170 Giovanni Costa Rita Bandini

NAUTICA .............................................. 198 Italo Caporossi Roberto Agostini Michele Marzucco

TURISMO ........................................... 230 Gianfranco Lorenzo Maurizio Melucci Andrea Babbi Marco Ricchetti

EDITORIALE ..................................... 204 Vittorio Paolucci

GIUSTIZIA

EDILIZIA ............................................. 206 Andreina Ferrari Corrado Salustro Alessandro Pesaresi Ilaria Vetrucci Maurizio Bertozzi Marcello Agostino Giordano Rossi

MATERIALI ........................................ 220 Paolo Zavatti INTERNI .............................................. 222 Roberto Rubini Roberto Tagliaferri MASTRI VETRAI .............................. 226 Alessandro Mugnaioni TRASLOCHI ....................................... 228 Massimo Miani e Massimo Goldoni

MICROCRIMINALITÀ ...................... 240 Angelo Tranfaglia Virginio Merola Roberto Balzani Galeazzo Bignami MAFIE IN RIVIERA .......................... 248 Vittorio Saladino Angelo Trovato Alessandro Giorgetti

SANITÀ FORMAZIONE ................................... 254 Adelfio Elio Cardinale TECNOLOGIA E SALUTE .............. 256 Stefano Rimondi Alida Bellosi Maria Gorni Erio Luigi Munari ATTREZZATURE MEDICALI ........ 266 Silfradent

RUBRICHE TRA PARENTESI............................... 268 Giuliano Cazzola

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

L’Emilia Romagna verso il rilancio di Gaetano Maccaferri, presidente di Confindustria Emilia Romagna

l 2012 si presenta come un anno difficile e carico di incertezze per l’economia dell’Emilia Romagna, ma gli imprenditori lo affronteranno con il consueto impegno alla ricerca di ogni possibile opportunità. L’avvio dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle era stato favorevole, con segnali positivi sul versante della produzione, degli ordini e degli investimenti industriali, ma dopo l’estate la crisi dei debiti sovrani, il deciso rallentamento della domanda e il calo dell’export hanno nuovamente “fermato i motori”. In uno scenario così complesso non è semplice prevedere come evolveranno i prossimi mesi per la nostra economia. Le prospettive di breve periodo sono di una ulteriore decelerazione, con stime di crescita zero o sotto zero. Vi sono tuttavia alcuni fattori che consentono di guardare con fiducia al futuro, a partire dalla capacità dell’Emilia Romagna di dare risposte concrete in tempi rapidi e in un’ottica di sistema. Il Patto per la crescita, sottoscritto dalla Regione e dalle organizzazioni datoriali e sindacali, è certamente un riferimento importante. Vi sono poi tutte le azioni a favore dello sviluppo messe in campo a livello regionale: ricerca, innovazione, internazionalizzazione, formazione, reti d’impresa e sistema dei consorzi fidi, asset strategici che possono contribuire a restituire slancio alle attività manifatturiere. Non dobbiamo dimenticare che la crisi, rivoluzionando gli equilibri mondiali, ha avviato un naturale processo di evoluzione del sistema economico: alcuni settori tradizionali tenderanno progressivamente a perdere quote, mentre cresceranno gli spazi per settori emergenti e innovativi. Per questo, le im-

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prese sono impegnate a ripensare le strategie, le alleanze, l’organizzazione, nell’ottica di investire in nuovi settori e offrire produzioni di ancora più elevato valore aggiunto, indispensabili per essere competitivi sui mercati. L’economia mondiale, del resto, mantiene un trend di crescita, anche se a ritmi inferiori rispetto al passato e prevalentemente in aree in cui la nostra presenza spesso non è sufficientemente consolidata. Da qui, la necessità di rafforzare ogni possibile intervento che permetta di competere meglio sui mercati, da una maggiore produttività e qualità a una più decisa internazionalizzazione del sistema produttivo. La capacità competitiva delle imprese e l’attrattività dei nostri territori potranno essere incrementate anche dall’attuazione della nuova legge regionale in tema di semplificazione, alla quale abbiamo dedicato e dedicheremo grande impegno. Si tratta, infatti, di una riforma strutturale che, alleggerendo il quotidiano carico burocratico, potrà determinare riduzioni di costi e tempi per le aziende e per il sistema pubblico. Ma tutti questi sforzi delle imprese potranno avere effetti positivi soltanto se il sistema del credito sarà al loro fianco. Oggi questa è la vera emergenza: occorre superare in tempi rapidi, con l’impegno convinto di tutto il sistema bancario, la stretta creditizia che sta penalizzando in particolare le piccole aziende. Solo attraverso un rinnovato impulso alla crescita l’Emilia Romagna, che nonostante la crisi è e resta una delle regioni manifatturiere d’eccellenza mondiale, potrà riprendere a creare lavoro e prospettive di sviluppo per i prossimi anni EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 13



Pietro Ferrari

PIÙ FORMAZIONE PER UNA CORRETTA GESTIONE FINANZIARIA Tante le iniziative di Confindustria Modena a sostegno delle imprese nell’accesso al credito, passaggio imprescindibile per investire nella crescita: dagli accordi con i principali istituti bancari ai percorsi di approfondimento mirati. La parola al presidente Pietro Ferrari Michela Evangelisti

economia dell’Emilia Romagna nel 2011 ha continuato a crescere, nonostante la crisi, con un ritmo ridotto rispetto agli anni passati, mentre per il 2012 si prevede un brusco rallentamento. Sono queste le indicazioni che provengono dall’analisi realizzata in chiusura d’anno da Unioncamere e dalla Regione. La situazione nel Modenese non si discosta molto da questo quadro: la risalita dell’industria manifatturiera registrata nel terzo trimestre 2011, trainata dalle esportazioni e dal ciclo delle scorte di magazzino, sembra ostacolata in prospettiva dal materializzarsi degli scenari più pessimistici. Almeno è quanto emerge dall’indagine congiunturale condotta dalla Camera di Commercio di Modena, Cna e Confindustria, che rileva lo stato di salute di un campione rappresentativo di imprese attive con sei e più addetti. I buoni dati registrati a livello locale devono molto alle performance segnate nella produzione dei prodotti riconducibili alla fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, le cui esportazioni,

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dopo la brusca caduta del 2009, sono tornate a crescere in doppia cifra. Qui i principali elementi di preoccupazione per il futuro si legano alla crisi di liquidità del sistema finanziario e alle restrizioni al credito, che possono influire pesantemente sulle decisioni di investimento. Presidente, secondo una recente indagine di Swg ottenere un prestito o aprire una linea di credito è diventata una chimera per un terzo delle piccole e medie imprese italiane. Come si configurano sul territorio i rapporti tra banche e imprese? «Anche per Modena il 2012 sulla carta si presenta molto più difficile dell’anno appena concluso sul fronte dell’accesso al credito. Da una parte pesano i ben noti problemi di liquidità degli istituti di credito, causati anche dalle regole imposte da Basilea, che li costringono ad aumentare entro giugno la percentuale del patrimonio di vigilanza; dall’altra il persistere della congiuntura internazionale negativa mette in difficoltà le imprese, con un conseguente deterioramento del merito creditizio. A questo dobbiamo anche aggiungere

un’altra forte preoccupazione: le imprese che riescono ad avere accesso al credito riscontrano purtroppo spread elevati, in alcuni casi tali da dover rinunciare al finanziamento bancario». Sempre secondo la stessa indagine, per la maggioranza degli interpellati nei prossimi mesi la situazione peggiorerà. Quali sono le sue previsioni? «Senza dubbio la situazione economica generale è molto difficile e il futuro prossimo non si prospetta semplice. Altrettanto indubbio è il ruolo essenziale che le banche devono continuare ad avere nel finanziare il nostro tessuto produttivo, fatto di tante piccole e medie imprese che creano da sempre occupazione e benessere. Rispetto agli anni scorsi, in cui Confindustria Modena è riuscita a siglare per i propri associati convenzioni con le banche basate principalmente su spread di favore, il quadro attuale rende meno efficace questa strada, in quanto negli ultimi 18 mesi abbiamo assistito a diversi repricing delle condizioni che hanno parzialmente ridotto l’efficacia degli accordi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

Quali sono i progetti che intendete mettere in campo per sostenere le imprese nell’accesso al credito? «Questo è un tema su cui Confindustria Modena continua a investire molto, tanto che da diverso tempo portiamo avanti un’attività di sensibilizzazione e di formazione sulle materie finanziarie realizzata anche con il supporto della nostra scuola di management, Nuova Didactica, e dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Più specificatamente, stiamo continuando a monitorare il rapporto banca-impresa e stiamo incontrando tutti gli istituti di credito presenti sul territorio provinciale per trovare soluzioni che consentano di facilitare l’accesso al credito delle imprese associate». Può farci qualche esempio? «Una di queste è il “desk del credito”, che consente alle nostre imprese, dopo una diagnosi dettagliata delle problematiche aziendali, di ricevere gratuitamente le linee guida con la definizione delle soluzioni e del piano di azioni da intraprendere; successivamente arriviamo ad affiancare le aziende nei rapporti bancari, anche attraverso la predisposizione di un “fascicolo” che contiene i dati quantitativi e qualitativi dell’azienda. A tal proposito stiamo chiudendo un accordo con i principali istituti di credito». Cosa prevede questo accordo? «A fronte di una comunicazione trasparente da parte delle nostre associate, con la presentazione completa del “fascicolo”, prevede 18 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

Le banche devono continuare a finanziare il nostro tessuto produttivo, fatto di tante piccole e medie imprese che creano da sempre occupazione e benessere

un tempo di risposta delle banche alla richiesta di fido non superiore ai 30 giorni e uno sconto sui costi legati alla revisione dei fidi. Inoltre, consapevoli che è determinante per tutte le aziende poter contare su un sistema di controllo di gestione, stiamo valutando alcune opportunità per fornire questo servizio alle nostre piccole e medie imprese che non hanno la possibilità di organizzarlo al proprio interno». Un’altra iniziativa in questa direzione è il “Club della finanza”. «Un progetto che in pochi mesi conta già un centinaio di iscritti e che ha l’obiettivo di promuovere il confronto e l’approfondimento di tematiche specialistiche dettate dalle esigenze e dagli sviluppi di un mercato in continua evoluzione. Gli incontri si svolgono prevalentemente con la formula della tavola rotonda con un numero limitato di partecipanti, nella quale un moderatore introduce il tema, che viene poi discusso e analizzato dai presenti. Si sta ora definendo

l’attività del 2012, che sicuramente comprenderà argomenti quali la corretta gestione finanziaria, l’analisi del costo effettivo del debito e il rischio di cambio». Ma la vostra attività non si esaurisce con le azioni verso le piccole e medie imprese. «Chiaramente offriamo un importante supporto anche alle nostre associate più strutturate; presso i nostri uffici è stato aperto uno sportello del Fondo italiano d’investimento e uno di Borsa Italiana. In particolare abbiamo già selezionato tre nostre aziende con alto potenziale di crescita che abbiamo portato all’attenzione del Fondo per un’analisi di investimento diretto. Con Borsa Italiana, considerato il momento non favorevole alla quotazione, stiamo ragionando per fare entrare qualche nostra azienda nel progetto Elite, da loro promosso, che prevede un programma di formazione triennale con l’obiettivo di “allenare” le imprese a un’eventuale futura quotazione».



XXXXXXXXXXX ACCESSO AL CREDITO

Meno carico fiscale sul reddito da lavoro

Il pareggio di bilancio nel 2013 non è l’obiettivo prioritario. Secondo Emilio Bolzoni, presidente di Confindustria Piacenza, è più urgente che l’economia torni a crescere. «Occorre partire dalla riduzione delle tasse sui salari» Michela Evangelisti

ilanciare la solida tradizione manifatturiera piacentina. A questo Emilio Bolzoni ha dichiarato di voler puntare al momento del suo insediamento a capo della Confindustria locale. Un settore fortemente vocato all’esportazione, che ha permesso al territorio di attraversare questo periodo buio con una percentuale di disoccupazione nettamente più bassa della media nazionale. Ora però, evidenzia Bolzoni, ci sono chiari segnali di un peggioramento della situazione. «Siamo anche noi sottomessi alle regole dell’economia in un mercato fortemente globalizzato – precisa –. Certamente stiamo portando avanti un’azione mirata per rimettere al primo punto dell’agenda la crescita del manifatturiero, ma tanti fattori sfuggono al nostro controllo». Presidente, a mettere in ginocchio molte imprese è la stretta creditizia. «In questa situazione di mercato la prima cosa che accade è che le aziende rimandano gli investimenti, anche senza bisogno di sollecitazioni esterne. Ora, poi, è diventato inevitabile rinviarli, perché è difficilissimo reperire il denaro a

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medio termine; non è solo un problema di costo (ma anche tale, perché i tassi sono aumentati sensibilmente). La speranza è che l’operazione compiuta dalla Bce, mettendo a disposizione capitali illimitati all’1%, porti liquidità sul mercato. Purtroppo questo meccanismo non si è ancora messo in moto, anche se è ragionevole pensare che l’operazione darà qualche risultato positivo».

Le previsioni per i primi mesi del 2012 non sono rosee. Quali sono le più efficaci ricette per far ripartire la crescita? «La crescita si può ottenere solo attraverso due azioni. Innanzitutto occorre individuare il famoso “prestatore di ultima istanza”; può essere la Bce, il Fondo salva Stati, il Fondo monetario internazionale, ma è ora di deciderlo. Un minuto dopo, infatti, cesseranno le specu-


Emilio Bolzoni

La speranza è che l’operazione compiuta dalla Bce, mettendo a disposizione capitali illimitati all’1%, porti liquidità sul mercato

A sinistra, Emilio Bolzoni, presidente di Confindustria Piacenza

lazioni sull’euro e le tensioni sul mercato finanziario. In seconda istanza, è necessario ridurre il carico fiscale sul reddito da lavoro, in parole povere le tasse sui salari. Sono tante le iniziative che possono produrre crescita, ma questa è la prima e la più urgente, anche se dovesse provocare qualche piccolo problema di deficit. L’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 non è, a mio avviso, prioritario: è più importante che l’economia reale ricominci a crescere. In caso contrario, al pareggio non arriveremo mai». Quali sono, dunque, le sue pre-

visioni? «Le mie previsioni sono fortemente legate alla decisione europea, che, se ci sarà, darà immediatamente una spinta alla situazione interna; mi sembra di vedere un consenso in aumento a livello europeo. Rimane la reticenza da parte della Germania, ma sono ottimista». La metà delle aziende che hanno risposto al sondaggio sfociato nell’ultima indagine trimestrale realizzata dalla Banca d’Italia e da Il Sole 24 Ore hanno lamentato un peggioramento delle condizioni di accesso al credito negli ultimi tre mesi (si tratta, per l’esattezza, del 49,7% delle imprese, contro il 28,6% dell’inchiesta precedente). In una delicata contingenza come l’attuale, cosa vi aspettate dagli istituti di credito per la crescita del tessuto economico? «Le aziende crescono e lavorano usando i soldi delle banche e di quello hanno bisogno: il compito delle banche è di svolgere appieno il proprio ruolo, considerando che

le aziende che hanno superato la crisi del 2009 e del 2010 hanno le spalle robuste e meritano fiducia». Oltre al credito, un problema che attanaglia le imprese è al momento anche quello dei tempi dei pagamenti, che arrivano anche dopo 160, 200, addirittura 400 giorni. Cosa chiedete a questo proposito al governo e agli enti locali? «Viviamo in un Comune virtuoso, che paga mediamente a 60 giorni. Naturalmente le aziende piacentine non lavorano solo sul territorio comunale, quindi il problema le tocca in prima persona: sembra ci sia l’intenzione di accorciare drasticamente i pagamenti da parte degli enti pubblici, e si tratterebbe di un’iniezione di liquidità davvero importante, dato il calibro delle cifre in gioco. Spero si stia concretamente pensando a una soluzione efficace. Oggi lo Stato è davvero un pessimo pagatore: mi sembra giusto che, in una situazione del genere, sia il primo a fare la sua parte». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 21


XXXXXXXXXXXXXX ACCESSO AL CREDITO

Soluzioni per le imprese impegnate nella crescita «Ci aspettano mesi impegnativi, nei quali la coesione sociale e il contributo di tutti gli attori economici e politici saranno indispensabili». Così il presidente di Unindustria Ferrara, Riccardo Fava, commenta le previsioni economiche per l’anno che si è appena aperto Riccardo Fava, presidente di Unindustria Ferrara

econdo un’indagine di Swg per la Confederazione nazionale degli artigiani, ottenere un prestito o aprire una linea di credito è diventata una chimera per un terzo delle piccole e medie imprese italiane. Le imprese della Provincia di Ferrara non fanno eccezione e scontano le stesse difficoltà rilevate a livello nazionale. «La scarsa liquidità delle banche, gli stringenti vincoli patrimoniali imposti da Basilea 3 e dall’Eba, la crescita delle sofferenze e dei crediti deteriorati frenano o ritardano tutti i processi di delibera ed erogazione di denaro richiesto dalle imprese al sistema bancario» illustra Riccardo Fava, presidente di Unindustria Ferrara. L’associazione degli industriali locali monitora con attenzione l’andamento del rapporto banca-impresa, intervenendo ogni qual volta l’azienda faccia richiesta di supporto. «Le relazioni consolidate con i referenti delle banche presenti sul territorio ci consentono di col-

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Michela Evangelisti

loquiare con loro in modo chiaro e trasparente – precisa Fava –, cercando insieme di risolvere anomalie, ritardi o particolari difficoltà insorte nei rapporti con le imprese». Cosa prevede nei prossimi mesi per quanto riguarda la stretta creditizia? «Condividiamo, purtroppo, la previsione negativa formulata dagli intervistati dell’indagine sopra citata, pur cercando di contrastarla attivando tutte le azioni e gli strumenti possibili. Le previsioni del centro studi di Confindustria valgono anche per la provincia di Ferrara, sia per gli aspetti creditizi che per quelli economici. Mentre il 2011 si è concluso con un, seppur piccolo, segno positivo, il 2012 sarà un anno di recessione. Come Confindustria, stimiamo a livello nazionale un pil in flessione dell’1,6%. Solo nel 2013 torneremo a vedere una ripresa, seppur modesta. Ma se parliamo di economia e crescita, non possiamo non spendere qualche considerazione per uno degli indi-

catori più preoccupanti, quello dell’occupazione». Ferrara in questo senso è una provincia in particolare sofferenza? «Confindustria prevede che l’occupazione scenderà dello 0,6% nel 2012 e dello 0,2% nel 2013, quando la disoccupazione toccherà il 9%. A fine 2013, per fare un confronto con il periodo pre-crisi, ci saranno 800mila occupati in meno rispetto all’inizio del 2008. Ferrara, che già sconta una sua condizione di particolare debolezza economica e produttiva, con tutta probabilità vedrà acuirsi il gap con le altre province limitrofe. Ci aspettano mesi impegnativi, nei quali la coesione sociale e il contributo di tutti gli attori economici e politici saranno indispensabili». Dall’ultima indagine trimestrale Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore emerge come il 31% delle imprese dichiari che la propria liquidità nei prossimi tre mesi sarà insufficiente. In una deli-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Riccardo Fava

Nell’attuale fase di emergenza abbiamo ritenuto prioritaria l’azione di rafforzamento patrimoniale del confidi locale

cata contingenza come l’attuale, quale dovrebbe essere il ruolo degli istituti di credito? «Da molti mesi ormai tante imprese si trovano in una condizione di tensione finanziaria che potrebbe accentuarsi nel corso del 2012, e il numero di nuove imprese con problemi di squilibri di tesoreria generati da ritardi nei tempi di incasso o da insoluti da clienti continua a crescere. Le banche, per quanto loro possibile e sostenibile per qualità e prospettive dell’impresa, non si sottraggono da valutazioni di operazioni di riequilibrio o ristrutturazione finanziaria. Senz’altro l’attenzione sulle singole pratiche è molto alta, come altrettanto elevata è la richiesta di garanzie correlate al merito creditizio a copertura del rischio».

Quali sono i progetti che metterete in campo prossimamente per sostenere le vostre imprese nell’accesso al credito? «Nell’attuale fase di emergenza abbiamo ritenuto prioritaria l’azione di rafforzamento patrimoniale del confidi locale, il confidi Romagna e Ferrara, strumento indispensabile per supportare, con la sua azione di prestatore di garanzie, le imprese più in crisi. Verso il confidi sono state convogliate risorse dell’ente camerale e degli enti locali. Unindustria Ferrara ha poi recentemente promosso un progetto che si pone l’obiettivo di fornire un contributo alla crescita delle pmi attraverso il potenziamento delle capacità d’impresa di pianificare i fabbisogni finanziari. Alle banche verranno fornite informazioni qua-

litative sull’azienda (business, prodotti, mercati), raccolte in un business plan, per facilitarle nella valutazione dei progetti aziendali, dei finanziamenti necessari e della loro sostenibilità». Il mese scorso avete anche siglato l’accordo locale con Carisbo. «Esatto. Si tratta del recepimento di un accordo nazionale tra Confindustria e Intesa Sanpaolo, con cui la banca mette a disposizione un plafond di credito dedicato alle imprese per sostenerle in percorsi di crescita e rafforzamento del business. Si punta a soluzioni a supporto della crescita dimensionale, a progetti di razionalizzazione e recupero di efficienza nell’organizzazione, ai percorsi di internazionalizzazione e ai progetti di ricerca e innovazione». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 23


ACCESSO AL CREDITO

Banche popolari, un punto di forza «La vicinanza agli operatori locali ci consente di ridurre le asimmetrie informative e di valorizzare adeguatamente i progetti di crescita e sviluppo delle piccole e medie imprese». Corrado Sforza Fogliani illustra intenti e progetti della Banca di Piacenza Michela Evangelisti

l primo gennaio 2012 è scaduta l’esenzione concessa alle banche italiane dalle autorità di vigilanza bancaria europea sulla classificazione dei crediti con ritardo nel rimborso, che consentiva alle banche di classificare nella categoria “esposizioni scadute” (che fanno parte, cioè, del credito deteriorato) operazioni con ritardi sino a 180 giorni. Ore le banche italiane sono state allineate alle sorelle europee e lo scaduto scatta a 90 giorni. I nuovi termini avranno un forte impatto sia sulle banche che sulle imprese. «Le banche do-

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vranno fare maggiori accantonamenti, con conseguente aggravio dei requisiti patrimoniali, visto che il passaggio da 180 a 90 giorni si tradurrà in un aumento delle posizioni deteriorate – spiega Corrado Sforza Fogliani, vicepresidente dell’Abi e presidente della Banca di Piacenza –. Invece l’effetto pratico sulle imprese sarà prima di tutto un aumento del costo del denaro per la parte scaduta e non rimborsata, e poi un pressante monitoraggio da parte di quelle banche che intendono rientrare dagli esuberi. Le conseguenze sulle imprese

rischiano di essere molto pesanti sul piano del credito, tenuto conto della circolarità delle informazioni nel sistema bancario». Al fine di attenuare l’impatto dei nuovi termini sulla clientela, l’Associazione bancaria italiana ha sottoscritto un protocollo d’intesa con alcune associazioni di categoria: le banche si impegnano a esaminare tempestivamente le posizioni delle imprese e a evidenziare gli sconfinamenti oltre la soglia di rilevanza e hanno la possibilità di valutare, insieme all’impresa cliente, eventuali soluzioni personalizzate per il rientro,


Corrado Sforza Fogliani

In basso, Corrado Sforza Fogliani presidente della Banca di Piacenza e vicepresidente dell’Abi

Uno degli obiettivi dell’iniziativa “Guarda avanti” è il sostegno ai progetti formativi delle imprese

anche ricorrendo a forme tecniche di finanziamento sostitutive. «La Banca di Piacenza – precisa Fogliani – ha aderito al protocollo e ha previsto interventi ad hoc, valutando, attraverso un confronto costante con le imprese, soluzioni personalizzate». In una contingenza come l’attuale, quale può o dovrebbe essere il ruolo degli istituti di credito per la ripresa dell’economia reale? «Le banche svolgono in prevalenza attività di credito e hanno tutto l’interesse che essa si sviluppi correttamente a sostegno della ripresa economica. Le stesse, però, devono essere messe in grado di poter fare tale attività, senza essere costantemente distratte da altri impegni indotti da provvedimenti che con il settore bancario hanno poco a che

vedere. Occorre poi distinguere il ruolo delle grandi banche nazionali da quello delle banche locali. A livello locale le banche nazionali possono finire per assumere atteggiamenti poco rischiosi e comportamenti a redditività immediata, standardizzando le relazioni con la clientela. L’attività creditizia a favore delle piccole e medie imprese e delle famiglie svolta dalle banche di minori dimensioni si fonda, invece, sulla relationship banking/lending. Il sostegno all’economia fornito dalle banche popolari rappresenta un punto di forza del nostro sistema bancario». Quali sono le principali difficoltà ed esigenze espresse dalle imprese locali rilevabili dal vostro osservatorio? «Sono tre i settori nei quali si sono concentrate le difficoltà: le costruzioni (ciò conferma il forte stato di stress cui è sottoposto il comparto), il commercio e le attività manifatturiere. In generale le imprese soffrono i ritardi negli incassi dei crediti vantati, e questo incide fortemente sulla loro liquidità, costringendo molte aziende a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l’attività». Quali i progetti della banca a sostegno dell’imprenditorialità lo-

cale per l’anno che si apre? «Un accordo recentemente firmato con la locale Confindustria si pone l’obiettivo di fornire un contributo alla crescita delle piccole e medie imprese attraverso il potenziamento delle capacità di pianificare il loro sviluppo e i relativi fabbisogni finanziari. Le vicende economico-finanziarie che stanno caratterizzando questi anni hanno reso più complessi i rapporti tra il sistema del credito e quello delle imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni. La Banca di Piacenza ritiene che, grazie a questo accordo, si potranno meglio coniugare le informazioni, che le aziende riusciranno a rendere più trasparenti e facilmente leggibili, con le conoscenze che la Banca ha degli stessi imprenditori, relazioni che solo una Banca locale è in grado di coltivare grazie alla costante presenza sul territorio. La vicinanza agli operatori locali consente, infatti, a una Banca come la nostra di ridurre le asimmetrie informative e di valorizzare adeguatamente i progetti di crescita e di sviluppo delle Pmi». In cosa consiste, invece, il progetto “Guarda avanti”? «La banca locale ha previsto un plafond di 50 milioni di euro a disposizione delle aziende del commercio, EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 25


ACCESSO AL CREDITO

dell’artigianato, dell’agricoltura e

della piccola industria. I punti chiave su cui verte il progetto sono: sostenere la crescita dimensionale dell’impresa, sostenere gli investimenti nel settore del risparmio energetico, sostenere i progetti formativi delle imprese, potenziamento dell’attività su mercati nazionali ed esteri. Rinnovando il progetto “Guarda avanti” la nostra banca dimostra, ancora una volta, come sia parte attiva dello sviluppo sociale ed economico dell’area d’insediamento». Quali previsioni si sente di formulare in apertura d’anno per l’andamento dell’economia e della stretta creditizia? «Per quanto riguarda l’andamento dell’economia, e in particolar modo di quella locale, si rileva una positiva ripresa del commercio estero: la provincia di Piacenza evi-

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In generale le imprese soffrono i ritardi negli incassi dei crediti vantati, e questo incide fortemente sulla loro liquidità

denzia un aumento delle esportazioni del 30,4% nei primi nove mesi del 2011. Le esportazioni delle imprese piacentine tornano ai valori del 2008, recuperando quindi le riduzioni del 2009 e del 2010. Per il resto le previsioni non possono essere altro che quelle di una lenta ripresa, condizionata da fattori macroeconomici che, per ora, evidenziano solo fenomeni di recessione».

Una maggiore liquidità faciliterebbe le banche nel tornare a dare credito. Quali interventi occorrerebbero in questo senso? «Il funding, cioè la provvista di liquidità, avviene per il tramite di raccolta diretta dei risparmi della clientela oppure con l’accesso al mercato interbancario. La prima attività vede una forte concorrenza sui tassi di interesse, mentre la seconda vede un mercato molto attento e poco disposto allo scambio di fondi per mancanza di fiducia tra le controparti. Sul mercato domestico c’è un problema di forbice dei tassi sfavorevole e l’attività è gravata da un costo del rischio elevato. Le banche popolari come la nostra hanno, dal canto loro, sempre basato la propria attività di funding sulla raccolta di denaro dalla propria clientela e ciò ha giovato in questo periodo di instabilità dei mercati, garantendo la liquidità sufficiente per sostenere il credito».


Antonio Patuelli

Innescare circuiti virtuosi «Occorre ritrovare un clima di fiducia che favorisca la ripresa produttiva» ammonisce Antonio Patuelli, presidente della Cassa di risparmio di Ravenna. E aggiunge: «Serve il massimo di trasparenza e lealtà fra Stato, banche, imprese e famiglie» Michela Evangelisti

l sostegno alle imprese turistiche è ormai una tradizione per la Cassa di risparmio di Ravenna, che ha deciso di recente di stanziare in questa direzione un ulteriore plafond dell’ammontare di 10 milioni di euro. «Il turismo è uno dei settori che può sviluppare una maggiore e più tempestiva ripresa: Romagna ed Emilia sono esempi internazionali di innovazione e capacità di lavoro – commenta Antonio Patuelli, presidente della banca e vicepresidente

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Antonio Patuelli, vicepresidente Abi

Abi –. La riviera adriatica si integra strettamente con le insigni città d’arte e con i tradizionali e i più innovativi parchi a tema. L’imprenditorialità locale è assai diffusa e va sostenuta particolarmente, anche perché il turismo, specialmente romagnolo ed emiliano, può essere anticiclico. Continueremo con decisione su questo nostro indirizzo, con prodotti e sensibilità sempre rinnovati». In generale, come sta reagendo il tessuto imprenditoriale romagnolo alla delicata congiuntura internazionale? «La Romagna, a cominciare dal Ravennate, è una specie di California, dove si integrano in complementarietà le più diverse tipologie imprenditoriali ed economiche: dall’industria alle attività portuali, dal turismo alla cultura, dal commercio all’artigianato, dai servizi all’agricoltura e all’agroindustria. Questa ampis-

sima diversificazione tende anche a evitare che la crisi, incentrata in particolare su un solo settore, possa essere eccessivamente travolgente. Così si può e si deve puntare decisamente alla ripresa dello sviluppo e dell’occupazione, continuando a favorire la diversificazione delle attività d’impresa». Quale può e dovrebbe essere oggi il ruolo degli istituti di credito? «Le banche, non da sole, sono decisive per favorire la ripresa. Operano in strettissima collaborazione con le imprese e le famiglie, e ciò avviene in un mondo sempre più competitivo e trasparente, dove la chiarezza e la lealtà sono quanto mai inderogabili». Quali sono le sue previsioni in apertura d’anno? «Luigi Einaudi insegnava che i banchieri debbono parlare soltanto per consuntivi e non per previsioni. Comunque le banche non EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 27


ACCESSO AL CREDITO

Sosteniamo da sempre il turismo, settore che può sviluppare una tempestiva ripresa

sono “variabili indipendenti”: in-

nanzitutto si debbono muovere all’interno di un quadro normativo quanto mai complesso e vincolante, sia di norme italiane sia di regole europee sempre crescenti, talvolta anche a sorpresa. Il fatto che il rapporto fra le banche (tutte in forte concorrenza fra loro) e i clienti si svolga in conseguenza di questo rigidissimo quadro è un elemento che non va mai trascurato. Comunque occorre sempre ricordare anche che la funzione delle banche è quella di intermediare i depositi che ricevono trasformandoli in prestiti alle imprese e alle famiglie. Inoltre le banche italiane sono tutte private e non hanno ricevuto alcun aiuto di Stato o dagli enti locali, a differenza di tanti istituti bancari di altre parti d’Europa e del mondo». Questo cosa ha comportato? «Che le banche italiane si sono sobbarcate in pieno anche i danni subiti dai prestiti affidati a imprese e famiglie in grave crisi e insolventi. Queste perdite sono state ingenti e non ripetibili. Pertanto la sana e prudente gestione bancaria è non solo una regola inderogabile in applicazione a normative vinco-

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lanti, ma è ugualmente una necessità inderogabile per il rispetto dovuto ai milioni di risparmiatori italiani che hanno investito in azioni bancarie». Una maggiore liquidità faciliterebbe le banche. Come occorrerebbe muoversi? «Occorre innanzitutto ritrovare un clima di fiducia che favorisca la ripresa produttiva. Servono maggiore certezza e oculatezza della spesa, preliminarmente sui conti dello Stato. Necessita innestare al più presto un circuito virtuoso che blocchi i continui aumenti della pressione fiscale, accentui la lotta all’evasione e favorisca maggiori spazi per i fondamentali fattori produttivi». Dal 2012 il credito alle imprese viene classificato come deteriorato dopo tre mesi invece degli attuali sei. Come agire per attenuare l’impatto dei nuovi termini? «Purtroppo le banche non definiscono, ma debbono applicare rigorosamente, regole sempre più numerose e internazionali. Ora più

che mai occorre il massimo di trasparenza e lealtà fra Stato, banche, imprese e famiglie per voltare pagina e uscire dalla spirale della crisi. Recentemente l’Abi e le maggiori associazioni di categoria hanno sottoscritto il protocollo d’intesa “Comunicazione alle imprese sull’entrata in vigore dei nuovi termini per la segnalazione degli sconfinamenti bancari”». Quali sono i termini dell’accordo? «Si chiede alle banche aderenti di effettuare un celere esame delle posizioni dei clienti affidati che dovessero presentare esposizioni “past due”, quando presentate per il tramite delle associazioni imprenditoriali firmatarie, fermo restando l’insindacabile giudizio della banca per ogni eventuale facilitazione da concedere. Anche le convergenze realizzate di recente fra le diverse associazioni di categoria possono e debbono essere una premessa indispensabile del nuovo clima di fiducia che tutti insieme dobbiamo costruire».



MERCATI ESTERI

Pmi, una metamorfosi necessaria Franco Mosconi, professore associato di Economia industriale all’Università di Parma e titolare della “Cattedra Jean Monnet”, parla del suo progetto di ricerca sulle trasformazioni che sta affrontando il modello emiliano Riccardo Casini ual è il futuro del cosiddetto “modello emiliano”? Come si sta adattando il tessuto imprenditoriale della regione al mutato contesto nel quale si trova oggi ad agire? A queste domande ha provato a dare una risposta con un progetto di ricerca ad hoc la “Cattedra Jean Monnet” dell’Università di Parma, il cui titolare Franco Mosconi, professore associato di Economia industriale, mette però le mani avanti. «Parliamo – spiega – di due processi in itinere: sarebbe dunque un tantino presuntuoso, anche parlando come promotore di questo progetto, tirare conclusioni definitive». Il progetto di ricerca, dal titolo evocativo “La metamor-

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fosi del modello emiliano”, ha preso il via nel 2009 coinvolgendo anche istituti di credito, università e centri di ricerca. «Ho sottoposto il progetto alla Fondazione Cariparma nel febbraio 2008 – spiega Mosconi – e dal 2009 a oggi, in varie tappe, abbiamo cercato di gettare luce sui tratti più rilevanti di questa trasformazione. Sul sito della mia cattedra già vi sono materiali, inoltre con la casa editrice Il Mulino abbiamo messo in cantiere due uscite: la prima, che è già realtà, è una sezione monografica nel nuovo numero della rivista “L’Industria”; la seconda, che si materializzerà in primavera inoltrata, è un libro ad hoc sulla metamorfosi. Nel complesso stiamo parlando della pubblicazione di oltre 20 paper, moltissimi scritti a più mani, presentati e discussi nell’ambito del progetto». Prima faceva riferimento a due processi in itinere. Qual è il secondo? «L’altro processo è quello reale, legato alla “me-


Franco Mosconi

In apertura, Franco Mosconi, professore associato di Economia industriale all'Università di Parma e titolare della “Cattedra Jean Monnet”

tamorfosi del modello”, visto in una dimensione eminentemente economica. Qui il vocabolario aiuta, in quanto per metamorfosi s’intende la trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa. Ecco, è precisamente questo ciò su cui abbiamo lavorato in questi anni, con la partecipazione di molti ricercatori provenienti da varie regioni e anche dal servizio studi della Banca d’Italia: qui in Emilia, e lo stesso può ripetersi per il Nord Est del Paese, siamo di fronte a un’economia regionale ancora largamente fondata sulla manifattura e che su larga parte del suo territorio ha, vivi e vegeti, i distretti industriali o cluster, ossia aggregazioni di imprese di tutte le dimensioni. Ma queste imprese, negli anni dell’euro e della sfida asiatica, sono cambiate e stanno tuttora cambiando». Quali sono oggi vantaggi e svantaggi di questo modello in rapporto all’internazionalizzazione delle imprese e in particolare delle pmi? «Nell’economia reale c’è un binomio che è quasi una regola aurea: forte base manifatturiera e spiccata vocazione all’export. L’Emilia Romagna non sfugge alla regola, come non vi sfugge, per fare un esempio di grande scala a cui guardare con ammirazione, la Germania. Ora, sia prima che dopo la crisi del 2008 il cosiddetto “grado di apertura” della nostra economia regionale, dato dal rapporto tra export e Pil, si colloca intorno al 30%: è un rapporto elevatissimo, che dice molto sulla capacità di esportare delle imprese emilianoromagnole. Esportano naturalmente le grandi imprese e le multinazionali, ma esportano molto

anche le medie imprese industriali. E pure da diversi distretti industriali, come quelli della filiera agro-alimentare, giungono buone notizie sui fronti esteri». In che modo a suo avviso le pmi della regione dovranno ulteriormente adattarsi alle esigenze del mercato globale? Quali saranno le sfide che si troveranno dinnanzi nel prossimo futuro? «La questione fondamentale è quella di guardare ai mercati che, seguendo il Fondo monetario internazionale, vengono chiamati “Paesi emergenti e in via di sviluppo”: il pensiero di tutti corre subito a Cina, India e Brasile, ma si tratta di un insieme molto più consistente, ovvero decine e decine di paesi che, pur tenendo conto del rallentamento generale dell’economia mondiale, crescono a tassi del 5-6% annuo con punte anche del 7-8%. Come dimostra bene l’ultimo rapporto sull’economia regionale curato da Unioncamere Emilia Romagna e Regione, questo ri-orientamento delle esportazioni dai tradizionali mercati europei verso quelli asiatici e non solo è già cominciato». Qual è invece oggi l’importanza delle reti d’impresa in Emilia Romagna? In che direzione andrebbero sviluppate? «Per andare su mercati che distano migliaia e migliaia di chilometri, alle nostre Pmi servono spalle più larghe. Ebbene, le reti d’impresa possono essere uno strumento utile proprio per raggiungere questo scopo, ovvero condividere fra due o più imprese una funzione aziendale particolarmente sensibile, come lo è l’internazionalizzazione, salvaguardando la propria individualità. “RaceBo” e “Is Bologna” sono due esempi di nuove reti d’impresa citati dai massimi dirigenti di Confindustria ben al di là dei confini cittadini e regionali. Un’altra funzione sensibile, dentro l’impresa, che merita sforzi congiunti è quella della R&S e, più in generale, dell’innovazione tecnologica. Insomma, reti d’impresa per la ricerca: ecco un’altra possibile direzione di marcia. Ed è una direzione auspicabile». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 37


MERCATI ESTERI

Un modello di successo Secondo Romano Baruzzi, direttore Ice di Bologna, «in questo scenario difficile l’Emilia Romagna si trova in una situazione migliore rispetto alle altre regioni: le imprese si sono rafforzate nel processo di internazionalizzazione». Da Cina e India le dinamiche più interessanti Riccardo Casini embrava destinato alla soppressione, invece il Governo Monti lo ha riportato in vita. L’Istituto per il commercio estero, oggi denominato Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, continuerà ad accompagnare le aziende nel loro percorso verso i mercati più lontani. Non farà ovviamente eccezione l’Emilia Romagna, dove secondo l’Istat nei primi nove mesi del 2011 l’export è ammontato a circa 35 miliardi e 768 milioni di euro, superando del 14,3% (incremento superiore al dato medio nazionale) l’importo dell’analogo periodo del 2010. E’ presto però per parlare di uscita dalla crisi: nonostante la crescita sostenuta non si è infatti ancora raggiunto il livello di export del 2008, a indicare quanto la caduta del 2009 fosse pesante. «In Emilia Romagna – spiega Romano Baruzzi, direttore Ice di Bologna – sono oltre 430mila le imprese attive registrate, in aumento nel 2011 rispetto all’anno precedente. Negli ultimi 5 anni le pmi emiliano-romagnole esportatrici hanno consolidato il proprio rapporto con i mercati esteri. Dall’ultima indagine di Unioncamere Emilia Romagna, che ha condotto una rilevazione statistica con l’obiettivo di indagare sul rapporto tra le imprese esportatrici e i mercati internazionali, è emerso infatti che le imprese del nostro territorio si sono rafforzate nel processo

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Romano Baruzzi, direttore Ice di Bologna

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d’internazionalizzazione, dotandosi di un ufficio estero all’interno della propria struttura e aumentando sia l’incidenza del fatturato estero sul fatturato Italia che il numero dei paesi esteri acquirenti». Un percorso tutto sommato necessario. «È noto che la forza principale della regione è nell’economia manifatturiera. E l’attuale situazione economica nazionale e internazionale, che è molto complessa, costringe a mio avviso le pmi emiliano romagnole a intraprendere sempre di più la via della globalizzazione per la sopravvivenza». Quali tra le imprese regionali stanno trovando oggi i maggiori sbocchi, in particolare verso i paesi asiatici? «Con circa 36 miliardi di euro di esportazioni totali nel periodo gennaio-settembre 2011, la regione Emilia Romagna è la terza d’Italia, dopo Lombardia (77,4 miliardi) e Veneto (37,5), in termini di maggior peso sul commercio estero italiano. Le imprese regionali che nell’anno passato hanno registrato maggiori sbocchi, oltre i mercati cosiddetti “tradizionali”, sono quelle del comparto meccanico, del settore della chimica e farmaceutica, del sistema moda e dell’industria alimentare. E da una disamina del commercio estero dell’Emilia Romagna emergono novità dal punto di vista dei mercati di destinazione». Che tipo di novità? «Se tra i maggiori partner commerciali dell’Emilia Romagna le prime cinque posizioni sono occupate da Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna, meritano molto interesse anche le dinamiche di alcuni paesi asiatici come la Cina, che è passata dal 2001 al 2010 dalla tredicesima alla sesta posizione tra i paesi destinatari delle esportazioni della regione con un aumento del 266%, o l’India, verso la quale nello stesso periodo le esportazioni


Romano Baruzzi

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I comparti con i maggiori sbocchi? Meccanica, chimica, moda e alimentare

sono cresciute del 246%». Ma come sta reagendo al difficile momento economico il cosiddetto “modello emiliano”? A suo avviso è in grado di affrontare le nuove sfide imposte dal mercato globale? «Dal 2000 fino a giugno del 2011 ho vissuto in Asia perché ho lavorato per 4 anni come vicedirettore all’ufficio Ice di Tokyo e diretto, da ultimo, quello di Hong Kong Sar. Durante le interviste i giornalisti stranieri mi chiedevano spesso se il modello italiano, fatto di piccole e medie imprese internazionalizzate nell’export, di distretti tra loro integrati e nel caso del “modello emiliano”, di stretti rapporti fra sistema produttivo, prevalentemente manifatturiero, e regione, fosse ancora una formula di successo per affrontare le nuove sfide del trade, della globalizzazione e delle nuove ragioni di sviluppo. Ebbene, la mia risposta è sempre stata affermativa perché quello emiliano è un modello vincente che può essere anche esportato, se opportunamente adattato. In questo scenario difficile l’Emilia Romagna si trova, dal mio punto di vista, in una situazione migliore rispetto alle altre regioni d’Italia, forse grazie anche a questo modello unico di successo». Quale sarà ora l’impegno dell’Ice per favorire l’approdo delle Pmi della regione sui mercati internazionali? «Il nuovo piano di assistenza alle piccole e medie imprese che sarà operativo al più presto con iniziative promozionali mirate ai settori strategici del made in Italy è orientato a obiettivi di immediato impatto e ritorno

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commerciale. Per il 2012 gli interventi saranno programmati principalmente verso i grandi mercati emergenti, caratterizzati da tassi di crescita particolarmente elevati e con notevoli prospettive di sviluppo, ma anche verso i Paesi del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente che anche per la prossimità geografica presentano notevoli opportunità di business soprattutto nei settori costruzioni ed energia, e verso le aree economicamente avanzate per consolidare le quote di mercato delle imprese nazionali. La nuova agenzia erogherà servizi di informazione, assistenza e consulenza alle imprese italiane che operano nel commercio internazionale assicurando un elevato livello di attenzione ai settori industriale, agricolo e agro-alimentare, della distribuzione e del terziario, per incrementare la presenza delle imprese italiane sui mercati esteri». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 39


MERCATI ESTERI

Adattare le strategie Bruno Filetti, presidente della Camera di Commercio di Bologna, illustra le iniziative dell’ente. E dice: «Lo scenario internazionale è cambiato, i nuovi mercati rappresentano destinazioni difficilmente alla portata delle piccole imprese» Riccardo Casini en 12 milioni di euro a sostegno delle imprese bolognesi. È questa la novità più rilevante del budget di bilancio 2012 della Camera di commercio di Bologna, un budget che va decisamente in controtendenza in un momento in cui tagli e riduzioni sembrano essere ovunque le parole all’ordine del giorno. Di questi 12 milioni, tra l’altro, 4 andranno a supporto del credito delle piccole e medie imprese bolognesi, sosteBruno Filetti, presidente della Camera di Commercio di Bologna nendo la rete dei consorzi fidi e abbattendo gli oneri che le aziende devono accollarsi. Ma aumentano anche gli interventi e gli cole imprese. Ma dobbiamo prendere atto del incentivi per gli investimenti e l’internaziona- fatto che la geografia economica è mutata». lizzazione, con il potenziamento dei desk caQuali settori produttivi si stanno commerali in Cina, Brasile, Russia e India, come portando meglio? spiega il presidente Bruno Filetti. «Direi meccanica e meccatronica, non a caso Presidente, gli interventi della Camera di quelli maggiormente presenti nei paesi che ora Commercio giungono in un momento non crescono di più, ovvero Cina, India e Brasile». facile per le pmi bolognesi, anche sul fronte Quali Paesi invece offrono ancora i più sidell’internazionalizzazione. Quali sono le gnificativi margini di sviluppo nei confronti principali difficoltà che incontra oggi il co- delle Pmi del territorio? siddetto “modello emiliano”? «Il bacino del Mediterraneo è molto interes«Occorre partire da una considerazione, e cioè sante, speriamo si arrivi presto a una stabilizche lo scenario internazionale è cambiato: se zazione. L’Egitto in particolare è un Paese guida prima le principali mete di destinazione delle con dimensioni importanti: è un mercato, se nostre esportazioni erano i paesi dell’Unione non da ricostruire, da rilanciare e sul quale toreuropea, ora sono prevalentemente l’estremo nare a investire. Come Camera di Commercio Oriente e l’America. E purtroppo si tratta di avevamo iniziato un lavoro molto interessante destinazioni difficilmente alla portata delle pic- e ora seguiamo con attenzione i cambiamenti

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Bruno Filetti

Un premio per chi crea sviluppo Verrà consegnato il prossimo 29 gennaio con una cerimonia pubblica al Palazzo degli Affari il “Premio per l’impegno imprenditoriale e il progresso economico 2011”, il riconoscimento voluto dalla Camera di Commercio per le imprese che contribuiscono da più tempo allo sviluppo del territorio bolognese. «Il significato del premio – ha detto il presidente Filetti – è offrire il giusto riconoscimento a imprenditori che hanno avviato e fatto crescere aziende piccole, medie e grandi, insieme alla crescita delle loro famiglie e di quelle dei loro collaboratori». Un riconoscimento speciale andrà ai giovani imprenditori che hanno raccolto il testimone dell’attività di imprese di lunga tradizione. Tra le realtà che riceveranno il Premio, che consiste in un diploma di benemerenza, la più antica, la tipografia Fratelli Cava, ha iniziato ufficialmente l’attività nel 1892, ma per tante altre la storia inizia ancora prima che la Camera di Commercio iniziasse a registrare ufficialmente tutte le attività economiche.

politici e amministrativi: aspetti delicati, visto che in questi paesi i mercati sono fortemente condizionati dallo Stato. Non siamo però gli unici a guardare al Nord Africa: abbiamo concorrenti molto forti per costi e capacità di penetrazione, come ad esempio, nell’ambito dell’agroalimentare, la Spagna e soprattutto la Turchia, che stanno praticamente tagliando fuori le nostre esportazioni». A dicembre avete dato il via alla seconda edizione del progetto “Temporary Export Manager”. Quali altre iniziative sono in programma in favore delle imprese che vogliono investire e promuoversi all’estero? «Davanti a una situazione economica mutata bisogna adattare di conseguenza la strategia. “Temporary export manager” è una metodologia adeguata che mettiamo a disposizione in questa fase storica ed economica. Così come la rete delle Camere di Commercio italiane all’estero, i contributi per frequentare le fiere internazionali e gli incontri formativi per permettere alle imprese di conoscere adeguatamente le normative da rispettare e le opportunità dei Paesi più interessanti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 41


CONTRATTI DI RETE

Occorre credere nelle reti di impresa Il contratto di rete è uno strumento innovativo, perché consente all’imprenditore di conseguire una dimensione maggiormente competitiva senza perdere gradi di autonomia nella propria attività e di godere di vantaggi logistici e di know how. Carlo Alberto Roncarati illustra i vantaggi dell’aggregazione Nicolò Mulas Marcello

l progetto comune alla base del contratto di rete può essere finalizzato a conseguire nuovi sbocchi di mercato, a cogliere nuove opportunità, a potenziare la capacità di innovare, attraverso l’incrocio tra competenze e tecnologie diverse e complementari che le imprese possono mettere a fattor comune. «Scegliendo di partecipare a una rete – spiega Carlo Alberto Roncarati, presidente di Unioncamere Emilia Romagna – si possono, ad esempio, impostare collaborazioni tecnologiche e commerciali, con aziende della stessa filiera produttiva, al fine di acquisire maggiore forza contrattuale, agevolazioni amministrative, finanziarie e per ricerca e sviluppo». I contratti di rete sono la ricetta per contrastare la crisi economica soprattutto dal punto di vista delle piccole imprese? «I contratti di rete, e più in generale le diversificate strumentazioni per agevolare i percorsi di aggregazione tra imprese, possono contribuire a recuperare competitività, mettendo le pmi in una situazione più favorevole per affrontare la crisi. In altre parole, un’impresa di dimensioni ridotte acquisisce più possibilità di reggere le sfide del mercato globale se esce dall’isolamento e sviluppa collaborazioni con altre strutture. L’internazionalizzazione e l’innovazione sono

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leve altrettanto decisive per raggiungere lo stesso obiettivo. La pressione competitiva che devono affrontare le imprese più innovative impegnate ad acquisire quote di mercato all’estero spinge, a sua volta, a intensificare il ritmo delle innovazioni di prodotto e di processo, alimentando un circuito virtuoso. La peculiarità del contratto di rete consiste nel consentire un’aggregazione per attuare un progetto comune, senza ridurre il livello di autonomia decisionale di ogni singola impresa aderente». Qual è la tendenza da parte delle pmi emiliane-romagnole a fare rete in un periodo distinto da economia altalenante come questo? «A inizio novembre del 2011, dalla fotografia scattata da InfoCamere risultavano registrati presso gli enti camerali 26 contratti di rete, con il coinvolgimento di oltre 130 imprese in Emilia Romagna. Insieme alla Toscana, l’Emilia Romagna si presentava come il contesto regionale nel cui ambito il contratto di rete veniva maggiormente utilizzato dalle imprese. Oltre alla propensione delle imprese a collaborare, a questo risultato ha contribuito l’impegno delle isti-


Carlo Alberto Roncarati

Carlo Alberto Roncarati, presidente di Unioncamere Emilia Romagna

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Con una specifica indagine stiamo approfondendo le esperienze avviate sulla base dei contratti di rete già operativi

tuzioni e del mondo associativo per promuovere lo strumento. La Regione ha promosso con dei bandi specifici anche tale modalità di aggregazione di imprese, evitando di varare provvedimenti normativi di dettaglio che avrebbero rischiato di irrigidire lo strumento, aggiungendosi a un quadro normativo statale a maglie larghe, che costituisce un effettivo punto di forza». E qual è stato il ruolo delle Camere di Commercio? «Il sistema camerale, da parte sua, ha sottoscritto un accordo di programma con il ministero dello Sviluppo economico per promuovere lo strumento in tutti i contesti territoriali; inoltre, ha stipulato protocolli di collaborazione operativa con le associazioni di rappresentanza delle imprese, a cominciare da Reteimprese del presidente Aldo Bonomi, aderente a Confindustria». Unioncamere l’anno scorso ha organizzato vari seminari per approfondire la conoscenza degli stakeholders locali in materia di contratti di rete. Qual è stato finora il bilancio? I seminari continueranno anche quest’anno?

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«L’iniziativa ha coinvolto quasi 600 partecipanti tra imprenditori, rappresentanti di associazioni di categoria, liberi professionisti e funzionari della pubblica amministrazione. Il titolo scelto, “Crescere e competere con il contratto di rete: creare valore attraverso economie di scala e di specializzazione”, indica con chiarezza l’obiettivo perseguito. Attraverso questo ciclo di seminari formativi sono state fornite indicazioni sulle opportunità e sui vantaggi offerti dal contratto di rete, sulla normativa che lo regola e sulle agevolazioni per l’accesso al credito. Ai partecipanti è stato consegnato un manuale, realizzato da Universitas Mercatorum, l’Università telematica delle Camere di Commercio: si tratta di una sorta di “cassetta degli attrezzi”, utile per le imprese e i loro consulenti. Con una specifica indagine, stiamo approfondendo le esperienze avviate sulla base dei contratti di rete già operativi. A breve termine, in continuità rispetto al programma da poco concluso, partirà un nuovo ciclo di iniziative, articolato su eventi formativi a carattere strettamente tecnico e operativo».

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CONTRATTI DI RETE

Condividere soluzioni organizzative La recessione economica ha spinto le imprese a trovare soluzioni per non soccombere. Importante in questa fase è il ruolo delle reti di impresa. Giuseppe Tripoli, spiega in che modo si stanno sviluppando Paolo Bianchi

a crescita dimensionale delle imprese spesso rimane un grande ostacolo per chi vuole intraprendere un percorso di internazionalizzazione. Il contratto di rete studiato dal Governo cerca di venire incontro a questo problema. «Consentire alle pmi – spiega Giuseppe Tripoli, capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo economico – aggregandosi tra loro o con una o più imprese leader di maggiori dimensioni a cui sono legate in rapporto di subfornitura, di essere maggiormente presenti sui mercati esteri, era uno dei principali obiettivi che ci siamo posti con lo strumento “contratto di rete”. Anche le più recenti rilevazioni congiunturali hanno infatti confermato che, a fronte di un mercato interno stagnante se non in recessione, l’export continua a tirare. Quindi le nostre piccole imprese o “sono” sui mercati internazionali o “non sono”». In un momento di crisi economica come quello attuale, le reti di impresa hanno avuto uno sviluppo? «Assolutamente sì, anche superiore al previsto. Pur non avendone noi mai fatto una questione di quantità ma di qualità strategica, il fatto che siano già stati formalizzati oltre 215 contratti di rete per non

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Giuseppe Tripoli, capo del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del Ministero dello Sviluppo economico

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meno di 1.000 imprese coinvolte in 18 diverse regioni ci sembra un risultato importante». Esistono incentivi per favorire l’accesso al credito per quelle imprese che decidono di aderire ai contratti di rete? «Non ne esistono di specifici, e in generale aggregarsi alla sola ricerca di qualche forma di incentivo pubblico è una strategia di scarso profilo e prospettiva. Esiste, invece, un interesse di alcuni big player del sistema bancario italiano a proporre strumenti di finanziamento specifico per le imprese che si aggregano, naturalmente a fronte di una valutazione seria delle prospettive competitive e di mercato associate al progetto di aggregazione e alla costituzione del patrimonio comune. Anche per le banche l’aggregazione in rete, se ben fatta, garantisce una ripartizione del rischio di credito di particolare valore in un momento congiunturale non facile come quello che stiamo attraversando». Quali sono le prospettive per le reti di impresa e quali sono le azioni a loro sostegno? «Le prospettive sono quelle di “uscire dal locale” - troppe reti sono ancora confinate al livello provinciale o regionale - e di condividere soluzioni organizzative a problemi che, man mano che si fa rete, le imprese stesse risolvono “dal basso”. Si pensi agli elementi legati alla gestione del patrimonio comune, a quelli della managerializzazione e agli aspetti giuslavoristici, o alla creazione di reti con imprese estere».



RETI D’IMPRESA

RaceBo, il primo “contratto di rete” per la meccanica Nasce a Bologna RaceBo, grazie alla partnership tra alcune aziende operanti nei diversi comparti della meccanica per l’automotive. Ne parla Florenzo Vanzetto, titolare della Vrm e ideatore del progetto insieme a Unindustria Bologna Guido Puopolo

I soci fondatori di VRM, l’ingegnere Florenzo Vanzetto e Vittorio Clò www.vrm-italia.it

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egli ultimi anni il settore dell’automotive è stato attraversato da una profonda crisi, che ha inevitabilmente interessato anche tutte quelle piccole e medie imprese che, lavorando a stretto contatto con le case automobilistiche, fanno sempre più fatica a mantenersi competitive sul mercato. Il distretto dei motori bolognese, la cosiddetta Motor Valley, ha però cercato di far fronte a questa difficile congiuntura in maniera costruttiva e innovativa, puntando sulle potenzialità del suo tessuto produttivo e dando vita, attraverso un vero e proprio contratto, a un network che oggi riunisce ben 12 imprese manifatturiere, subfornitrici per i colossi del mondo automobilistico e delle moto. Presenti singolarmente in comparti diversi ma tra loro complementari, le aziende di RaceBo, questo il nome della rete, insieme oggi possono contare su più di mille dipendenti, e su un fatturato globale di oltre 100 milioni di euro. Capofila di questa iniziativa è stato Florenzo Vanzetto, presidente di RaceBo e socio fondatore, insieme a Vittorio Clò, della Vrm Spa, società di Zola Predosa specializzata nel campo delle lavorazioni meccaniche di precisione, al fianco di realtà del calibro di Ferrari e Ducati. «I grandi clienti ormai non prendono neppure in considerazione chi è troppo piccolo. RaceBo non è una semplice aggregazione di imprese, ma una vera e propria rete che mette in sinergia aziende specializzate, garantendo l’eccellenza produttiva. Basti pensare che, nonostante la crisi, nel 2010 Vrm è cresciuta del 30% rispetto all’anno precedente. Grazie anche al valore aggiunto rappresentato da RaceBo siamo infatti riusciti ad aggiudicarci nuove e importanti commesse, che difficilmente avremmo ottenuto senza questo fondamentale supporto». Al contrario delle strategie adottate da moltissime imprese italiane, sempre più propense a una politica di delocalizzazione, Vrm, così come tutte le altre aziende facenti parte di RaceBo, può vantare una filiera produttiva completamente locale, come conferma lo stesso Vanzetto. «Tutto

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Florenzo Vanzetto

il processo produttivo è seguito in maniera capillare, per garantire l’assoluta qualità del prodotto finito e massima puntualità nelle consegne. Dal 2003 ad oggi abbiamo investito in rinnovamento tecnologico ed innovazione oltre venti milioni di euro, con un’ottimizzazione delle fasi di lavoro che ci permette di essere competitivi anche nei confronti dei cosiddetti Paesi low cost, primi tra tutti Cina e India». Altro ingrediente importante nel successo di Vrm è l’attenzione dedicata alla formazione delle risorse umane che operano al suo interno, anche per sopperire alle difficoltà di reperire sul mercato personale all’altezza: «La mancanza di una formazione tecnica adeguata da parte delle nuove generazioni è un problema molto sentito, soprattutto nel territorio bolognese. Per quel che ci riguarda da diversi anni collaboriamo con numerosi istituti scolastici, anche del Sud Italia, per cercare di avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro, anche attraverso stage formativi finalizzati all’assunzione, perché crediamo che i nostri col-

laboratori siano la ricchezza più importante di cui disponiamo». Gli ottimi risultati fatti registrare da Vrm e da RaceBo hanno acceso l’interesse del mondo istituzionale e imprenditoriale su questa particolare iniziativa. «Le associazioni di categoria stanno investendo molto sulla creazione di nuove reti di impresa, che rappresentano una soluzione ottimale ai problemi di sottodimensionamento che affliggono molte aziende che, in questo modo, possono presentarsi sul mercato in maniera più solida e strutturata. Credo che l’aggregazione sia un percorso vantaggioso per il sistema economico del nostro Paese, al di là della tendenza all’individualismo che da sempre caratterizza l’imprenditoria italiana». Per il futuro Vrm punta a proseguire sulla strada intrapresa, forte di una strategia di investimenti che continua a dare risultati eccellenti: «Nel 2011 – conclude Vanzetto - abbiamo investito altri 5 milioni di euro nel miglioramento delle nostre linee produttive, anche se la situazione generale certo non è delle più favorevoli. Stiamo infatti assistendo a una crescita dei costi di produzione che potrebbe incidere, nel futuro, sugli ordinativi dei nostri partner. Allo stato attuale pensiamo però di poter continuare nel trend di crescita fatto registrare negli ultimi anni, grazie soprattutto a partnership con importanti multinazionali estere». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 47


DISTRETTI

La meccanica di qualità conquista i mercati Emilia Romagna è un’area geografica caratterizzata da una forte concentrazione di aziende di piccole e medie dimensioni, specialiste nelle lavorazioni meccaniche. Ne consegue che per differenziarsi, e riuscire quindi ad emergere all’interno di un settore altamente competitivo, diventa indispensabile puntare sulla qualità produttiva e sulla ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative, che possano fornire risposte adeguate alle reali necessità della committenza. Una strada, questa, intrapresa fin dal 1955 dalla Curti Costruzioni Meccaniche Spa, azienda con sede a Castel Bolognese (RA) fondata da Libero Curti e attualmente guidata dai figli Claudia e Alessandro, che spiega: «Fin dall’inizio delle attività ci siamo specializzati

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La Curti Spa ha il suo stabilimento produttivo a Castel Bolognese (RA) www.curti.com

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La meccanica di precisione si rinnova, puntando su moderne e avanzate tecnologie, per offrire prodotti ad alto valore aggiunto e imporsi sui mercati internazionali. Alessandro Curti delinea l’evoluzione e le ultime novità del settore Guido Puopolo

nella meccanica di precisione, poi nella progettazione e nella realizzazione di parti e gruppi meccanici destinati al settore tessile e agricolo; oggi siamo presenti nell’ industria della difesa e dell’aerospazio. Pionieri nell’utilizzo delle prime macchine utensili a controllo numerico, nel corso degli anni abbiamo continuato, con costanza e determinazione, l’arricchimento del nostro patrimonio tecnologico». E così, da piccola realtà locale, grazie soprattutto a scelte oculate e a una lungimirante strategia imprenditoriale, la società è riuscita ad affermarsi anche all’interno del difficile mercato delle macchine automatiche, come conferma lo stesso Curti: «Rispetto all’idea iniziale di business, che proponeva al mercato lavorazioni meccaniche e/o la costruzione di carpenteria di elevata qualità in leghe pregiate, a partire dagli anni 80 abbiamo sviluppato un servizio di fornitura di macchine


Alessandro Curti

complete per conto terzi, comprensive di cablaggio elettrico. Questa attività – sottolinea Curti – che prosegue tutt’oggi, con la fornitura ai nostri partner di moduli e macchine complete per vari settori, dal tessile alla robotica, passando per il packaging e il beverage, senza dimenticare, come accennato in precedenza, la nostra collaborazione con l’industria della difesa e quella aerospaziale, per la quale costruiamo componenti meccanici per satelliti». Oggi Curti è infatti una realtà sfaccettata, che sfruttando l’esperienza e le competenze acquisite ha ampliato il proprio raggio d’azione, arrivando a produrre e commercializzare prodotti a marchio proprio nel settore packaging e delle automazioni per il cablaggio elettrico, entrando in competizione con importanti società internazionali. «Questa è stata una svolta decisiva per il nostro business. Per continuare a crescere, e mantenere al tempo stesso trend di lavoro soddisfacenti – prosegue Curti – abbiamo attuato un’efficace strategia di diversificazione, acquisendo anche partecipazioni in aziende specializzate in nuovi settori. Abbiamo così fatto il nostro ingresso nel campo delle macchine per il settore alimentare e per la lavorazione dei cavi elettrici, dove oggi siamo leader indiscussi a livello mondiale, grazie anche alla creazione di una fitta rete di fornitori presenti sul territorio italiano e non solo. Di questi circa 70 sono piccole imprese, cresciute con la Curti attraverso un continuo e proficuo dialogo con il nostro Reparto Controllo Qualità, che – sottolinea

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Oggi siamo leader indiscussi a livello mondiale nel campo delle macchine per il settore alimentare e per la lavorazione dei cavi elettrici

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l’amministratore - ci permette di rispondere in maniera adeguata e puntuale alle richieste provenienti da un mercato in continua evoluzione, riuscendo così a offrire un prodotto innovativo, performante ed economicamente vantaggioso». L’attenzione che l’azienda dedica alla qualità del prodotto, ricorda Curti, è confermata anche dalle numerose certificazioni in possesso del gruppo, a testimonianza di un percorso di crescita costante che ha proprio nella ricerca della massima qualità il suo filo conduttore: «Lavoriamo in conformità alle più stringenti normative internazionali, tanto che oggi disponiamo anche della prestigiosa certificazione del sistema di gestione Qualità in ambito aeronautico, spazio e difesa UNI EN 9100». Ultima novità, ma solo da un punto di vista temporale, la costituzione della divisione Curti Energia, «una divisione – conclude Curti – attraverso cui stiamo sviluppando innovativi progetti a carattere energetico improntati sulla green economy, perché siamo convinti che questo sia un settore che nei prossimi anni potrà riservare grandi soddisfazioni».

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DISTRETTI

Il costo delle materie prime pesa sul siderurgico Le oscillazioni del prezzo del ferro e i loro effetti nell’industria metalmeccanica. Daniela Morandi spiega quale può essere la strategia per incrementare gli utili schiacciati fra costi fissi di gestione e speculazioni Manlio Teodoro

e recenti oscillazioni nel prezzo del ferro e dei minerali ferrosi stanno avendo pesanti ripercussioni sull’industria siderurgica e le imprese italiane non fanno eccezione. «Nonostante nel 2011 i volumi di produzione siano cresciuti rispetto all’anno precedente – spiega Daniela Morandi, titolare di Simo – e di conseguenza è cresciuto il fatturato, questo non si è tradotto in un aumento degli utili. Al contrario, a causa degli aumenti improvvisi del costo della materia prima, abbiamo registrato un crollo dei margini». Simo è un’azienda siderurgica specializzata nello stampaggio a freddo delle lamiere e nella lavorazione in automatico di materie prime come ferro, inox, ottone, leghe di alluminio e titanio. Inserita nel contesto dell’industria meccanica emiliana, si rivolge principalmente al settore della costruzione di macchine agricole e all’automotive, realizzando parti e componenti desti-

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nate al montaggio dei motori. Come ha reagito il vostro settore di fronte alle notevoli oscillazioni del prezzo delle materie prime e in particolare del ferro? «Le difficoltà, nel nostro settore, sono legate alla concorrenza dei prodotti italiani con quelli esteri. Questi ultimi vengono immessi sul mercato a prezzi contro i quali difficilmente un’impresa con i nostri costi può competere. Questo è un problema che però precede l’attuale situazione del mercato del ferro e che riguarda tutte le imprese metalmeccaniche. Chi aveva avviato un’azione di inseguimento dei prezzi bassi della concorrenza straniera, si è trovato così con una fortissima riduzione dei margini. Da una parte per i costi di gestione, dall’altra per le richieste degli acquirenti e per le speculazioni sulle materie prime. Quella che pareva una mossa vincente, si è ritorta contro chi l’aveva intrapresa, abbattendosi su utili e pro-

Daniela Morandi, titolare di Simo Srl, Modena www.tranciatura.it


Daniela Morandi

fitti. Noi, al contrario, stiamo cercando di rendere più efficiente la produzione, per cercare di avere costi certi. E cercheremo di favorire la concorrenza fra i fornitori per acquistare la materia prima a prezzi privi di speculazione». Quali interventi normativi potrebbero contribuire a un abbassamento dei costi fissi di gestione dell’impresa? «Certamente il nodo cruciale è quello dell’organizzazione e dei costi del lavoro – questi ultimi sono un problema antico. Il tentativo di una diversa organizzazione del lavoro, invece, che ha avuto come strumenti in questi anni i contratti atipici, si è rivelato non risolutivo, dato che ha creato soltanto incertezza e ha demotivato i lavoratori. Di fronte a una situazione come quella attuale, in cui le oscillazioni produttive pesano sui costi aziendali, sarebbe necessario creare le possibilità per una maggiore flessibilità. Questo processo dovrebbe passare attraverso un cambiamento di mentalità nei la-

Di fronte a una situazione come quella attuale, in cui le oscillazioni produttive pesano sui costi aziendali, sarebbe necessario creare una maggiore flessibilità

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voratori – che, per esempio, dovrebbero accettare periodi di part time alternati a periodi di full, secondo le esigenze produttive. L’accettazione di tali riforme dovrebbe però fare salva la sicurezza e la continuità del lavoro, in modo che i lavoratori considerino il cambiamento un’opportunità e non una perdita». A livello industriale, quali sono stati i maggiori cambiamenti che hanno caratterizzato la vostra impresa nel corso degli anni? «Negli anni Novanta abbiamo iniziato ad apportare i primi cambiamenti nella struttura e nell’assetto dell’azienda, sia dal punto di vista tecnologico sia da quello dei rapporti con i nostri partner. Era necessario un cambiamento di strategia, per dare una nuova impronta a un’azienda che ancora risultava troppo statica e concentrata su un unico cliente. Da allora abbiamo anche avviato una più articolata azione commerciale, puntando alla diversificazione dell’offerta merceologica di nostra competenza e sviluppando nuovi servizi. Entro pochi mesi questo nuovo corso si tradusse nell’acquisizione di nuovi clienti. Una delle ultime evoluzioni ha riguardato invece l’automazione del processo produttivo. Questo ci ha permesso di avere macchinari capaci di funzionare con ritmi prima impensabili, consentendoci di raggiungere volumi di prodotto di gran lunga più consistenti rispetto al passato». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 55


DISTRETTI

La meccanica di precisione punta sul just in time i è chiuso in maniera più che soddisfacente il 2011 per la Torneria Mengozzi Srl. L’azienda forlivese, specializzata nella lavorazione di componenti e per la meccanica di precisione, ha infatti fatto registrare una crescita considerevole, con performance di assoluto livello, in totale controtendenza rispetto a un mercato che fatica a uscire dalla stagnazione generata dalla crisi economica internazionale. «Per la nostra attività il 2009 è stato senza dubbio l’anno più difficile, a causa del crollo degli ordinativi dovuto alla negativa congiuntura economica», racconta Mario Mengozzi, che insieme alla moglie Marzia ha creato l’azienda nel lontano 1978, trasformandola da piccola impresa artigianale a consolidata realtà nel settore della meccanica di precisione. «Abbiamo però affrontato questa situazione di criticità con spirito costruttivo, cercando di trasformare la crisi in un’opportunità di sviluppo, ottimizzando e razionalizzando le risorse a nostra disposizione. Grazie a questa strategia, affiancata da un’efficace politica di innovazione tecnologica e di diversificazione produttiva, nell’ultimo biennio siamo stati in grado di acquisire nuove e im-

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La Mengozzi Srl ha la sua sede produttiva a Forlì www.torneriamengozzi.com

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Flessibilità, versatilità, differenziazione sui prodotti e capacità di gestire piccole, medie e grandi serie, nel rispetto dei target di qualità richiesti. L’evoluzione della meccanica di precisione sulla base dell’esperienza di Mario e Marzia Mengozzi Diego Bandini

portanti commesse, inaugurando un trend di crescita che, dai primi riscontri, crediamo possa continuare anche nei prossimi mesi». Il core business aziendale è rappresentato, come detto, dalla produzione di componenti e applicazioni meccaniche, realizzate su specifiche richieste dei committenti, che vengono poi installati su appositi macchinari destinati a diversi ambiti, tra cui ad esempio, il settore navale, quello edile, dei trasporti e del packaging. «Operiamo inoltre nel settore dei ricambi per l’industria della ceramica», spiega la signora Marzia, «per il quale realizziamo, attraverso un apposito reparto presente in azienda, non soltanto semplici componenti ma anche macchine già assemblate, complete cioè di motore elettrico e cablaggio». I principali referenti di Mengozzi sono grandi gruppi industriali emiliani e romagnoli, che sono però presenti sul mercato a livello globale. «In particolare possiamo vantare una consolidata partnership con un’importantissima azienda bolognese, per la quale produciamo specifici componenti che vengono poi consegnati anche all’estero, non soltanto in Europa ma anche in India e Asia». All’interno dell’azienda, la presenza di personale altamente specializzato e sottoposto a continuo aggiornamento produce un’attività


Mario e Marzia Mengozzi

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Abbiamo ultimato il processo di automatizzazione di alcune isole di lavoro, per raggiungere performance produttive sempre più elevate, riducendo al minimo i margini di errore

di ricerca e sviluppo tecnologico, volta a offrire al mercato prodotti sempre più affidabili e performanti: «Siamo particolarmente sensibili all’innovazione e al miglioramento dei nostri processi produttivi – conferma Mengozzi -, ed è per questo che periodicamente provvediamo al rinnovamento tecnologico dei mezzi a nostra disposizione, dotati di sistemi di gestione di ultima generazione e sempre più integrati a processi automatizzati di carico e scarico per lavorazioni non presidiate. Recentemente, a questo proposito, abbiamo ultimato il processo di automatizzazione di alcune isole di lavoro, in modo da poter raggiungere performance produttive sempre più elevate, riducendo al contempo al minimo i

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margini di errore». «Il nostro obiettivo, infatti – gli fa eco Marzia – è quello di assicurare ai nostri committenti un servizio di assoluta qualità, anche attraverso una produzione just in time, che ci permette di soddisfare in maniera precisa e puntuale anche le più specifiche esigenze». Il domani, quindi, si preannuncia ricco di opportunità per la Mengozzi, come conferma il suo titolare: «Ci apprestiamo ad affrontare il nuovo anno con il nostro abituale entusiasmo, ma con la cautela che i tempi suggeriscono. Abbiamo infatti in cantiere diversi progetti, che ci potranno aprire la strada a nuovi e interessanti mercati. Abbiamo sempre creduto nella bontà del nostro lavoro, che in questi anni ci ha riservato tante soddisfazioni, e che con grandi sacrifici cerchiamo di portare avanti nel migliore dei modi. Da alcuni anni – conclude Mengozzi - nella nostra attività io e mia moglie siamo inoltre affiancati anche da nostro figlio Manuele, ingegnere meccanico che con le sue competenze tecniche ha portato in azienda un ulteriore valore aggiunto, soprattutto per quel che riguarda l’ottimizzazione dei processi produttivi, aiutandoci a migliorare ulteriormente i nostri standard qualitativi, sempre in un’ottica di massima soddisfazione dei nostri partner». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 57


TECNOLOGIE

Se l’elettricità si produce in casa Non solo caldaie. In futuro il riscaldamento domestico avrà anche il volto dei cogeneratori. Una tecnologia innovativa in grado di renderci produttori autonomi di energia elettrica. A parlarne sono Nelso Antolotti e Alberto Ravagni Guido Puopolo

n modulo di potenza per cogenerazione di elettricità e calore basato sulla tecnologia innovativa delle celle a combustibile a ossidi solidi, capace di generare calore ed energia elettrica, e che per questa sua peculiarità si pone come alternativa sostenibile ed economicamente vantaggiosa rispetto alle classiche caldaie per uso domestico e rappresenta la prossima generazione delle caldaie ad alta efficienza. È questo il risultato raggiunto da Sofcpower Spa, giovane realtà nata come spinoff del Gruppo Industriale Eurocoating e Turbocoating di Rubbiano di Solignano, che in questi anni ha concentrato l’attività proprio

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Nelso Antolotti, presidente del Gruppo Industriale Eurocoating e Turbocoating di cui Sofcpower fa parte www.turbocoating.com www.sofcpower.com

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nello sviluppo di sistemi di microcogenerazione per applicazioni stazionarie e di remote powering, come spiega il presidente del gruppo, Nelso Antolotti. «Dopo aver ottenuto riscontri positivi anche da un punto di vista tecnico, siamo ormai prossimi all’avvio dell’attività produttiva di questa particolare tecnologia. Spiace però constatare come in Italia, soprattutto in un momento di difficoltà come quello attuale, risulti particolarmente difficile trovare un adeguato supporto economico da parte delle istituzioni, poco propense a concedere credito a start-up come la nostra. Negli USA, specialmente in California, gli investimenti in questa tecnologia si moltiplicano.». L’attività di Sofcpower, infatti, richiede naturalmente importanti risorse per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, ma allo stesso tempo, sottolinea il responsabile del progetto, l’ingegner Alberto Ravagni, è in grado di generare ricadute occupazionali ed economiche molto significative: «Con il nostro lavoro abbiamo dimostrato che è possibile, anche in Italia, dare vita a un’industria “Cleantech” senza dover necessariamente dipendere da pesanti incentivi e sussidi che spesso, come nel caso del fotovoltaico, in assenza di un’adeguata filiera produttiva, non permettono di generare occupazione e ricchezza sul nostro territorio, come recentemente sottolineato dallo stesso ministro dell’Ambiente Clini». Alla base del progetto realizzato da Sofcpower


Nelso Antolotti e Alberto Ravagni

90% EFFICIENZA

c’è l’idea che nel futuro l’elettricità non si produrrà più soltanto nelle centrali, ma anche in maniera diffusa. «Questo è il concetto di smart grid », evidenzia Ravagni. «Pur utilizzando il metano, il risparmio energetico ottenuto dai nostri moduli può infatti essere equiparato, anche da un punto di vista normativo, a quella ottenuta dalle fonti alternative. Il comune di Bologna, ad esempio, ha recentemente recepito la direttiva comunitaria che obbliga le nuove costruzioni a produrre almeno 1 kw di energia da fonti rinnovabili. Questo risultato, come riportato dalla legge, può essere raggiunto installando un pannello fotovoltaico, una pompa di calore, oppure anche con un microcogeneratore». Nello specifico un microcogeneratore può essere paragonato a un qualsiasi elettrodomestico, con la differenza che, al contrario delle normali caldaie, ha la capacità di produrre energia elettrica con un’efficienza altissima, eliminando anche le perdite dovute al trasporto: «Oggi una moderna turbina riesce a consegnare al massimo il 40% dell’energia prodotta. Il nostro cogeneratore – spiega Antolotti – supera la soglia del 50%, consegnato alla presa dell’utente finale. A ciò va però aggiunto il fatto che, con la tecnologia da noi ideata, possiamo recuperare il calore che di solito viene invece disperso nell’ambiente, utilizzandolo così per il riscaldamento, ottenendo così un’effi-

cienza pari a circa il 90%, irraggiungibile da generatori di elettricità tradizionali. Sono Ovvi gli enormi benefici sia da un punto di vista ambientale che economico». Il prossimo step del gruppo emiliano, afferma Antolotti, sarà quello di aumentare la capacità produttiva, per poter raggiungere, nel più breve tempo possibile, la parità di rete, la cosiddetta grid parity, ovvero il momento in cui un Kilowattora prodotto in casa costa meno di quello acquistato dalla rete. «In collaborazione con la provincia di Trento abbiamo condotto diversi test, che hanno dimostrato come, con la microcogenerazione, sia possibile ottenere la grid parity anche con volumi di produzione molto inferiori rispetto al solare fotovoltaico, e soprattutto mantenendo la produzione industriale ed i relativi posti di lavoro in Italia. Il 2012 sarà quindi l’anno della svolta, grazie anche a un progetto europeo a cui noi parteciperemo, che porterà all’installazione di ben duemila microcogeneratori su tutto il continente». Il futuro, dunque, sembra sorridere a Sofcpower,: «Oggi siamo pronti a sostenere una produzione “di massa”, e la nostra speranza è che, come accennato in precedenza, ad investitori stranieri si aggiungano anche attori Italiani, perché solo così il nostro Paese sarà in grado di riacquistare il ruolo che gli spetta nel sistema economico mondiale».

Oggi una moderna turbina riesce a consegnare al massimo il 40% dell’energia prodotta. Il cogeneratore, raggiunge invece la soglia del 50%, cui va aggiunto un ulteriore recupero del 40%, altrimenti disperso nell’ambiente

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L’oleoidraulica si affaccia a nuovi settori e aziende italiane che operano in settori nevralgici per lo sviluppo dell’economia nazionale sono ancora alla prese con gli strascichi della crisi economica che lascia intravedere prospettive di rilancio soprattutto nel potenziamento degli investimenti sui mercati stranieri e nella diversificazione delle linee produttive. Per quanto riguarda il comparto oleoidraulico, il rilancio parte dalla valorizzazione della qualità aggiunta alla componentistica e da un elevato grado di progettualità e di specializzazione dei laboratori tecnici che devono massimizzare gli sforzi per proporsi positivamente ai mercati e sconfiggere le logiche di prezzo dominanti. In tal senso, l’esperienza consolidata in anni di attività e la ricerca di partnership che aumentino il livello di concorrenzialità delle imprese sono fattori strategici determinanti. Ed è proprio su tali presupposti che aziende come la Hidro-

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Anche l’oleoidraulica italiana inizia ad affacciarsi ai mercati emergenti per trovare nuovi margini di crescita: know-how e qualità, sono questi i punti di forza su cui l’economia italiana deve investire per credere nel suo rilancio. Ne sono convinti anche Rino Bugiardini e Marcello Maffei, della Hidromec di Modena Erika Facciolla

mec di Modena – attiva dal 1976 nella progettazione e realizzazione di cilindri idraulici - stanno costruendo il proprio futuro, nonostante le difficoltà del momento e la farraginosità della burocrazia italiana. Le conoscenze e le capacità progettuali dello staff tecnico unite alla qualità intrinseca riflessa nelle lavorazioni e nei controlli del prodotto, hanno sempre caratterizzato lo sviluppo di questa società modenese e continuano a rimanere i punti fermi della produzione. Tale scelta strategica ha permesso di raggiungere ambiziosi traguardi e importanti affermazioni sui principali mercati in-

Marcello Maffei e, a sinistra, Rino Bugiardini, amministratori della Hidromec Srl di Modena www.hidromec.it


Rino Bugiardini e Marcello Maffei

ternazionali. A parlarne sono i due amministratori, Rino Bugiardini e Marcello Maffei. Quali sono i campi in cui i cilindri di Hidromec trovano una migliore applicazione? MARCELLO MAFFEI «Esperienza e consolidate conoscenze tecniche permettono a Hidromec di intervenire su ogni tipo di applicazione, dal settore mobile all’industriale, dal siderurgico al marino e all’ ingegneria civile». Quali sono stati risultati più importanti conseguiti nel 2011? RINO BUGIARDINI «Il 2011 è stato un anno molto complesso in termini di sviluppo economico; abbiamo assaporato un inizio di ripresa, poi un successivo e rapido calo di fatturato, che ci ha messo di fronte a scelte difficili e impegnative da intraprendere. Questa crisi ci ha però spronato a rivolgere lo sguardo ai mercati esteri che una volta non facevano parte dei nostri target, come Cina ed India, che erano da sempre stati considerati fuori dalla nostra portata». Il contesto italiano soffre per le note criticità economiche. Nel vostro caso soprattutto quali ostacoli avete dovuto superare? M.M. «I gap sono prevalentemente dovuti all’erodersi dei margini operativi, male di cui sta soffrendo un po’ tutta l’economia nazionale. La causa di questo male è ben conosciuta da tutti gli imprenditori: costi del lavoro troppo alti, nessun aiuto da parte dello Stato, livelli di tassazione

Questa crisi ci ha spronato a rivolgere lo sguardo ai mercati esteri che una volta non facevano parte dei nostri target, come Cina e India

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delle imprese troppo alti, burocrazia farraginosa. Tutto ciò, unito ad una impossibilità di aumentare i prezzi di vendita, si traduce in una drastica compressione dei margini industriali e un conseguente impoverimento delle aziende». La crisi economica ha imposto di modificare le strategie aziendali di molte imprese in svariati settori produttivi. È stato così anche per Hidromec? R.B. «Siamo dovuti intervenire principalmente sulla diversificazione del prodotto. Attualmente stiamo operando anche su settori alternativi rivolti al risparmio energetico, piuttosto che alla cosiddetta “green economy”. Stiamo realizzando e brevettando strutture innovative per impianti solari, studiando nuovi dispositivi di cottura che consentano un risparmio energetico, che si traduca in beneficio per l’ambiente. Investire sulla green economy è un po’ come investire su noi stessi e il nostro futuro. Parallelamente, cerchiamo di sondare nuove possibilità operative e di intervento direttamente sui mercati emergenti, magari attraverso partnership e joint venture».

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TECNOLOGIE

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Da quali settori derivano le performance migliori? M.M. «I settori di applicazione che riguardano il nostro core business sono molteplici, ma le performance economiche migliori sono e restano in quei prodotti dove è ancora prevalente la necessità di qualità piuttosto che prezzo». Quali saranno, presumibilmente, le innovazioni tecnologiche che più caratterizzeranno il futuro prossimo della vostra attività? R.B. «La nostra attività non necessita particolarmente di innovazione tecnica, in quanto l’idraulica, come scienza in se stessa, è la più antica della storia umana: considerando, infatti, che già gli egizi utilizzavano sistemi idraulici, l’innovazione sta nel incrementare il know-how in merito alla realizzazione della componentistica di qualità. Un esempio? abbiamo “scoperto” che realizzare alcuni componenti in fusione di ghisa ad alte prestazioni ci portava ad essere il benchmark di prezzo, quindi ci siamo messi a progettare stampi in ghisa e a realizzare componenti con questa tecnologia». Che posto occupa la ricerca di nuove soluzioni e lo sviluppo di prodotti sempre più

Stiamo studiando e proponendo soluzioni migliorative per aumentare la resistenza alla corrosione dei nostri cilindri

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performanti? M.M. «Stiamo studiando e proponendo soluzioni migliorative per aumentare la resistenza alla corrosione dei nostri cilindri finalizzata all’impiego in ambienti aggressivi: ingegneria civile per sbarramenti sui fiumi e porti, macchine da miniera e tutti quegli impieghi dove la politica “low cost” non può essere applicata. Questo può divenire un fattore strategico decisivo che ci potrà aiutare a penetrare maggiormente anche i mercati emergenti i quali, bene o male, necessitano anche di prodotti di qualità piuttosto che solamente di prezzo». Parlando di mercati esteri, quanto incide l’export sui bilanci aziendali? R.B. «L’export, soprattutto riferito al mercato tedesco, rappresenta la “fetta grossa” del nostro fatturato, e la cosa ci fa piacere, in quanto lavorare per i tedeschi significa dare innanzitutto qualità». Quali sono le scelte strategiche che adotterete nel 2012 per superare l’empasse economica e cercare nuovi margini di crescita? M.M. «Il 2012 sarà un anno di sacrifici e di scelte strategiche volte a ricercare partnership con attori stranieri che necessitino di un fornitore affidabile. La cosa interessante è che diversi attori stranieri di paesi emergenti stanno bussando alla nostra porta per ventilare, se non per proporre, una partnership. Diciamo che il nostro prodotto, benché maturo nella sua tecnologia, è comunque un componente critico molto ricercato nei mercati emergenti, che necessitano di produrre da soli i macchinari per la loro industria. Speriamo che il nostro governo favorisca chi come noi ha ancora forza e voglia di combattere per competere e produrre ricchezza nel nostro paese».



Segnali di ripresa per l’industria emiliana La crescita ancora lenta e i mercati incerti non scoraggiano l’industria italiana che accoglie con entusiasmo i primi segnali di ripresa e punta decisa al consolidamento. Alessandro Campi descrive il settore della costruzione e manutenzione di impianti oleodinamici e di lubrificazione Erika Facciolla

empo di bilanci per le imprese italiane che dopo un triennio particolarmente difficile iniziano a recuperare terreno, grazie alla lungimiranza di una classe imprenditoriale che non ha mai smesso di investire in tecnologia e ricerca. E se in molti settori le commesse ancora scarseggiano, c’è chi ha saputo trovare nuovi margini di sviluppo nel consolidamento di attività ugualmente redditizie, puntando sull’affidabilità del servizio e sullo sviluppo di soluzioni all’avanguardia. È questo il caso dell’azienda modenese OilSafe che ha fatto della manutenzione di fluidi e impianti oleodinamici e di lubrificazione, e della progettazione e costruzione specialistica di banchi prova e sistemi di decontaminazione dei lubrificanti, la sua attività di punta. La ricerca dell'affidabilità è da sempre il primo obiettivo di OilSafe, i cui piani di intervento specialistici consentono di

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individuare il giusto compromesso tra i costi di manutenzione e il raggiungimento del livello di rischio prefissato. Ne parliamo con Alessandro Campi, amministratore delegato della OilSafe di Modena. Cosa ha rappresentato, in termini produttivi e di crescita, il 2011 per la OilSafe? «Il 2011 è stato l’anno del consolidamento delle due principali divisioni aziendali di OilSafe, la prima dedicata alla manutenzione di fluidi e impianti oleodinamici e di lubrificazione, la seconda alla progettazione e costruzione di banchi di collaudo e sistemi di decontaminazione dei lubrificanti. I risultati più significativi sono riconducibili all’acquisizione di nuovi contratti di manutenzione di impianti oleodinamici installati in stabilimenti ap-

Alessandro Campi, amministratore delegato della OilSafe Srl di Modena www.oilsafe.it


Alessandro Campi

Le divisioni OilSafe ha strutturato negli anni due divisioni principali: La Hydraulic Division, attiva dal 1995 per la progettazione, realizzazione e manutenzione di impianti oleodinamici di potenza, regolazione e testing; la Power Generation/Oil&Gas Division attiva dal 2001 per la fornitura di servizi di analisi e decontaminazione di lubrificanti e impianti in realtà legate alla generazione dell’energia e agli impianti di perforazione ed estrazione di idrocarburi. I programmi di manutenzione predittiva OilSafe nascono dall'evidenza statistica che l'80% di rotture e guasti negli impianti oleodinamici e di lubrificazione sono causati da olio inquinato, come conseguenza di interventi di monitoraggio e manutenzione inadeguati. La collaborazione e il supporto di università, centri di ricerca e centri per l'innovazione, consentono di attingere a conoscenze specifiche per la realizzazione di studi e analisi approfondite.

partenenti a realtà d’impresa regionali ed extraregionali». Avete constatato anche un recupero del fatturato rispetto alla flessione degli anni precedenti? «Il fatturato 2011 è tornato ai livelli 2008 recuperando quindi la flessione originata dalla crisi, con una crescita approssimativamente del 25%. Il rallentamento dell’economia ci ha consentito di riguadagnare il baricentro, riducendo i volumi e incrementando la qualità dei servizi». Quali sono state le strategie che hanno permesso il conseguimento di questi risultati? «Al sensibile aumento di fatturato ha partecipato la realizzazione di impianti di testing e l’acquisizione di importanti commesse per unità di collaudo destinate al mercato nazionale, ma anche a paesi dell’Est e asiatici. Tutto questo è stato possibile grazie all’ingresso di professionalità di primo livello, provenienti da importanti realtà nazionali e investimenti mirati in ricerca e sviluppo, in particolare sul laboratorio interno di analisi dei lubrificanti, sulle apparecchiature specialistiche per la gestione della contaminazione di fluidi e impianti e sul potenziamento dell’ufficio tecnico». In che direzioni l’attività di OilSafe ha mostrato i margini di crescita più incoraggianti? «Il settore della generazione dell’energia ha consentito di mantenere una buona periodicità e redditività degli interventi, grazie alla copertura di alcune fermate per manutenzione di impianti

turbogas. In questo caso, è risultata strategica la riqualificazione dei riscontri analitici forniti dal laboratorio interno di analisi dei lubrificanti, consentita grazie all’approvvigionamento di nuova strumentazione e al consolidamento delle collaborazioni con istituti ed enti di ricerca». Di contro, quali sono le principali criticità riscontrare nei vostri mercati di riferimento? «La congiuntura europea e la stagnazione in cui si trova l’economia Italiana, risultano evidenti dalla mancanza di investimenti nei settori trainanti. Tra i nostri clienti rientrano diverse acciaierie e inevitabilmente il rallentamento di parte dei loro mercati ha avuto ripercussioni sulle vendite e sulla propensione ad investire». Nello specifico, quali sono i vostri target di riferimento sul mercato? «I costruttori di componenti o impianti oleodinamici si rivolgono a noi per la realizzazione di nuove unità di testing e per l’aggiornamento o la manutenzione delle unità già in possesso. I produttori di impianti di perforazione o per la generazione dell’energia ci consultano per la de- ›› EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 65


TECNOLOGIE

È possibile ridurre i consumi energetici, rendendo gli impianti più efficienti, affidabili e ovviamente meno costosi da mantenere

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contaminazione dei circuiti in fase di costruzione di impianti nuovi o nel corso di importanti interventi di manutenzione. Gli utilizzatori finali, invece, affiancano i nostri servizi specialistici di gestione della contaminazione, alle loro attività di manutenzione, anche per ridurre i costi delle assicurazioni grazie alle certificazioni rilasciate». Cosa rappresentano per voi i mercati esteri? «Ad oggi il mercato estero rappresenta il 30 per cento del nostro fatturato, realizzato principalmente attraverso l’appoggio di multinazionali che dopo aver beneficiato del nostro supporto in stabilimenti italiani, decidono di replicare le soluzioni adottate negli stabilimenti esteri». Buona parte dei guasti e dei problemi negli impianti oleodinamici sono causati dalla presenza di particelle solide, acqua o morchie negli oli. Le imprese del settore quanto sono consapevoli di questa incidenza? «La sensibilità sulle tematiche della contaminazione del fluido è cresciuta notevolmente in questi anni. All’incremento di questa sensibilità, hanno sicuramente contribuito gli Oem e i costruttori di componenti e macchinari che negli anni sono diventati sempre più esigenti in materia di pulizia di fluidi e componenti». A tal proposito, quali effetti ha l’utilizzo delle vostre soluzioni sugli impianti? «Una corretta gestione della contaminazione di fluidi e impianti oleodinamici e di lubrificazione consente un considerevole incremento nella loro durata. Conseguentemente si riducono i costi per manutenzione, ricambi e fermi macchina, e per fluidi lubrificanti, che in quanto ‘rifiuti altamente inquinanti’, risultano soggetti a specifici

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obblighi normativi». Applicando sistematicamente questo approccio alla materia, i vantaggi si moltiplicano. «Sicuramente è possibile standardizzare la componentistica utilizzata su differenti tipologie di impianti, rivedere le soluzioni obsolete e ridurre i consumi energetici, rendendo gli impianti stessi più efficienti, più affidabili e ovviamente meno costosi da mantenere». Quali saranno le innovazioni più importanti che proporrete nel prossimo futuro? «Il futuro di OilSafe passa per l’integrazione di tutti questi servizi in “pacchetti” che possano coprire le principali esigenze di costruttori e utilizzatori di impianti oleodinamici e di lubrificazione, in un mondo in cui è sempre più difficile ammortizzare l’acquisto di sistemi nuovi e sempre più necessario ottimizzare l’utilizzo degli impianti esistenti». E per quanto riguarda le sfide che attenderanno la OilSafe nel 2012? «L’obiettivo primario è quello di dare continuità al lavoro di questi anni. In questo senso ci sono tre priorità: il potenziamento della distribuzione dei prodotti a marchio MOOG, multinazionale americana, leader mondiale nei sistemi di regolazione oleodinamici, di cui OilSafe è partner e concessionaria unica per l’Emilia Romagna; il rafforzamento della presenza sul territorio regionale; il consolidamento delle attività di decontaminazione di fluidi e impianti in gruppi industriali strutturati, che consenta di rendere OilSafe più forte d’innanzi alle ripercussioni derivanti dalla variabilità dei mercati».



Lo stampaggio in plastica per alte tirature Dalla progettazione e prototipizzazione degli stampi all’imballaggio e alla logistica. Un sistema integrato di produzione di oggetti in materiale plastico studiato per affrontare i grandi numeri. Ne parla Alessandro Poli Manlio Teodoro

onostante sia avversata da più fronti, la plastica continua a essere il materiale di base di molte produzioni industriali. Anche grazie al fatto che questa può essere facilmente riciclata e che esiste una raccolta differenziata specifica per i prodotti composti di plastica. La quasi totalità degli oggetti in plastica che quotidianamente si utilizzano vengono costruiti attraverso stampi, che negli anni si stanno evolvendo nelle loro potenzialità tecnologiche, permettendo la realizzazione di forme sempre più sofisticate. Come spiega Alessandro Poli, titolare della Cantelli e Poli, azienda specializzata nello stampaggio di materie plastiche: «Attualmente sono in implementazione degli stampi di nuova generazione che sfruttano un'innovativa tecnologia. Permettendo l’utilizzo di più figure rispetto a quelle usate tradizionalmente, passando da

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trenta figure al doppio». Com’è organizzata la vostra produzione? «La nostra azienda esegue internamente tutti i passaggi connessi con lo stampaggio delle materie plastiche, dalla progettazione dello stampo alla prototipizzazione e si conclude ovviamente con la realizzazione dello stampo. Eseguiamo tirature dai grandi numeri. Per fare un esempio, per il settore della caccia, produciamo le borre per le cartucce in una quantità di circa 800 milioni di pezzi ogni anno. La nostra forza è quella di avere costantemente un approvvigionamento consistente di materia prima, in questo modo siamo nelle condizioni di evadere in poco tempo anche un ordine urgente di molti pezzi. Abbiamo a disposizione quaranta macchine orizzontali di stampaggio a iniezione che possono lavorare pezzi di varie dimensioni e pesi – da un minimo di 1 grammo a 1 kg».

Cantelli e Poli Srl ha sede a Granarolo dell’Emilia (BO) www.cantelliepoli.it


Alessandro Poli

❝ Si parla sempre genericamente di plastica, nella pratica esistono differenze fra i vari materiali che utilizzate? «L’esperienza maturata negli anni ci permette di scegliere le materie prime più adatte in base alle esigenze di prodotto da realizzare. Possiamo utilizzare materiali di alta qualità – corredati da schede di sicurezza, certificati Rhos e forniti di dichiarazione di conformità alimentare –, come pure materiali meno pregiati per prodotti di minori pretese. In ogni caso, in base alle esigenze dei nostri partner, siamo in grado di garantire la massima flessibilità e disponibilità di materiali, pesi, dimensioni e quantitativi prodotti, in modo da ottenere un risultato ottimale». Come realizzate i vostri stampi? «Disponiamo di un’attrezzeria dotata delle più sofisticate tecnologie Cad Cam, in grado di soddisfare le più esigenti richieste di progettazione di stampi in acciaio bonificato e temprato. I nostri tecnici, inoltre, sono a disposizione per intervenire tempestivamente per ogni eventuale modifica o effettuare riparazioni di emergenza su accidentali rotture che possono manifestarsi in corso di produzione. Fra i macchinari che utilizziamo nella nostra attrezzeria abbiamo elettroerosioni a tuffo, fresatrici a controllo numerico e macchinari di rettifica».

L’esperienza maturata negli anni ci permette di scegliere le materie prime più adatte in base alle esigenze di prodotto da realizzare

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Vi occupate anche degli aspetti di logistica? «Quotidianamente il materiale pronto a uscire dallo stabilimento viene caricato e trasportato verso tutte le destinazioni utili ai nostri partner. Garantiamo la miglior accuratezza negli imballaggi per mantenere nei trasporti e negli stoccaggi la massima integrità del prodotto. In particolare offriamo un servizio di avvolgimento automatico dei bancali con film estendibile che assicura una perfetta tenuta». Quali sono le tappe fondamentali nella storia della vostra impresa? «La nostra società è nata nel 1969 – alcuni dei nostri partner più importanti lavorano con noi dalla fondazione e con questi abbiamo impostato un rapporto strutturato che ci permette di offrire un bagaglio completo di competenze tecniche. Un momento di svolta è stato il 1999, quando la nostra trentennale esperienza sul mercato ha permesso la formazione di un nuovo staff giovane e dinamico passato alla dirigenza della società. Questo momento è coinciso anche con un rinnovamento dei macchinari con l’introduzione delle più moderne strumentazioni». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 69


TECNOLOGIE

Le nuove funzioni dell’etichetta stato stimato che sono appena sette i secondi che un consumatore impiega a scegliere un prodotto fra quelli esposti sullo scaffale di un supermercato. In questo brevissimo intervallo di tempo l’etichetta diventa quasi l’abito del prodotto e ne rappresenta il principale veicolo di comunicazione. Valerio Germanico Non a caso nel disegno di una veste grafica riconoscibile e d’impatto – realizzata con supporti inconsueti e stampata con inchiostri speciali – si investono consistenti risorse. E si utilizzano tecnologie di stampa e realizzazione raffinate per incrementare il potere di attrazione del prodotto, concorrendo ad aumentare le probabilità di scelta e acquisto. Al contempo, l’etichetta può anche svolgere altre funzioni: può essere usata per richiudere il prodotto o per mantenerne la freschezza. O ancora per esporlo, per suggerirne il gusto o il profumo. Però l’etichetta ha anche un’altra funzione importantissima: quella di garantire l’autenticità del prodotto. Parliamo di questi temi con la proprietà di Idea srl, Massimiliano Bacchieri, uno dei membri della famiIl tema della contraffazione dei prodotti è glia, specializza da più di 30 anni nella produ- oggi molto attuale. Quali garanzie danno le zione di etichette adesive. tecniche di etichettatura? «Oggi sono disponibili delle innovative soluzioni di etichettatura anticontraffazione, adatte anche a essere applicate su beni di lusso ad alto valore unitario. Ma anche a impedire la contraffazione di buoni sconto o bollini per le raccolte promozionali. Ovviamente questa stessa tecnologia viene impiegata per limitare la possibilità di contraffare i prodotti di marca dei settori merceologici più comuni – dall’enoalimentare alla cosmetica e al farmaceutico da considerarsi di notevole impatto la diffusione di etichetta a radiofrequenza denominate RFID che produciamo ormai da diverso tempo. Siamo inoltre partner tecnici e realizzativi di tecnologie RFID con l’università degli studi di Parma, RFID Lab, nonché Laboratorio Accreditato dal MIUR (Mi-

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Famiglia Bacchieri, proprietaria della Idea Srl, Vicofertile (PR) www.rolmarkem.it www.idea-paper.it

Identificare il marchio e spingere all’acquisto. Queste le funzioni classiche dell’etichetta. Oggi però può diventare anche garanzia contro la contraffazione e misura antitaccheggio. Ne parliamo con Massimiliano Bacchieri

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Massimiliano Bacchieri

nistero Istruzione Università della Ricerca). Ci vediamo impegnati in progetti di ricerca e sviluppo tecnologico per l’ideazione di etichette antitaccheggio innovative con lo scopo di coniugare l’innovazione a costi contenuti. Lo scopo è quello di poter applicare nuove etichette intelligenti ai beni di largo consumo». Considerando anche la vostra collocazione geografica, quanto è stata importante per l’azienda la creazione di etichette per il settore alimentare? «Essere al centro della Food Valley italiana è stato fondamentale. La nostra storia ha avuto inizio 30 anni fa proprio con la fornitura di etichette per prodotti alimentari. Nel tempo siamo riusciti a rispondere in modo efficace alla richieste di partner sempre molto esigenti sul piano qualitativo, ma estremamente attenti ai costi. Produrre le etichette per prodotti tipici della nostra regione, ma esportati in tutto il mondo, ha poi contribuito a raggiungere una specializzazione sempre più sofisticata».

Oggi sono disponibili innovative soluzioni di etichettatura anticontraffazione

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Come si svolge l’elaborazione tipografica delle vostre etichette? «Abbiamo uno studio grafico dedicato, che ci consente di assistere i nostri partner dalla semplice modifica di un particolare fino allo sviluppo creativo di una nuova etichetta. Il servizio di prestampa è in grado di trattare ogni tipo di originale, sia su supporto cartaceo sia elettronico. Nel caso di nuove etichette, prima dell’approvazione definitiva, presentiamo un capitolato tecnico e una scheda corredata di bozze definitive e prove colori. Abbiamo 6 linee produttive per la stampa tipografica, flessografica, serigrafica, in rilievo e a caldo – le varie tecniche possono anche essere combinate». E per quanto riguarda i materiali? «Grazie all’integrazione della produzione di carta autoadesiva, siamo in grado di garantire, oltre alle produzioni standard, anche produzioni speciali. Possiamo adesivizzare qualsiasi materiale, dal cartoncino al film metallico ai tessuti. Utilizziamo vari tipi di inchiostri standard e speciali, inchiostri profumati, sensibili al calore, fosforescenti, a rilievo, metallici e ologrammati. La fedeltà dei colori è garantita nel tempo dallo spettrofotometro impiegato nella preparazione del colore e dai colorimetri elettronici impiegati nel controllo periodico della produzione». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 73


TECNOLOGIE

Dalla food valley al Nord Europa on l’esperienza sviluppata a contatto con i produttori della cosiddetta food valley, la tecnologia italiana per la lavorazione industriale di salumi e formaggi sta per approdare all’estero. L’abitudine di consumare pasti veloci ma nutrienti, ha imposto anche all’industria tradizionale del formaggio Grana l’avvio di una linea di prodotti in monoporzione. L’industria dell’automazione alimentare ha risposto a questa esigenza proponendo diverse possibilità di presentazione del prodotto, creando macchinari per realizzare design a cubetti, stick e scaglie. «Abbiamo cominciato la nostra attività nel settore della lavorazione del formaggio realizzando tecnologie per il taglio proporzionato - spiega Antonio Gelmini, titolare dell’omonima società – che ci ha permesso di conoscere da vicino la realtà di tutti i produttori di formaggio Grana e le loro esigenze. Abbiamo in seguito introdotto, negli anni, le nuove tecnologie per il monoporzione. Da sempre, il 99% delle aziende che lavorano questo formaggio sono nostri partner. A queste forniamo non solo macchine tecnologicamente innovative, ma anche un servizio di consulenza». Come si è tradotta la vostra esperienza con i prodotti tipici del vostro territorio in una proposta di macchinari anche per le produzioni estere? «Il successo ottenuto in Italia e il consolidato rapporto con i produttori locali sono stati lo stimolo per trasferire il nostro know how anche sui formaggi a pasta

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Antonio Gelmini, titolare della Gelmini Srl di Langhirano (PR) www.gelminimacchine.com

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La tecnologia sviluppata per lavorare il Grana viene declinata per macchine destinate alle lavorazioni di formaggi tipici di altri Paesi. Antonio Gelmini spiega come si sono evoluti i sistemi per l’industria alimentare Luca Cavera

semidura e tenera. Abbiamo così progettato le macchine per il taglio in fette a peso fisso e per la porzionatura di forme rotonde anche di grosse dimensioni. Grazie a questo tipo di macchine intendiamo svilupparci anche nel mercato estero, in particolare in quello del Nord Europa, consumatore di formaggi di tipo Emmentaler. Quello che le nostre macchine garantiscono è una diminuzione dei costi legati alla manodopera e inoltre una grande facilità nell’uso e nella manutenzione». In che modo la vostra azienda si è evoluta fino a raggiungere questa specializzazione? «Il nostro sviluppo si può suddividere in tre periodi. Inizialmente ci occupavamo esclusivamente della produzione di macchine per il confezionamento sottovuoto degli alimenti. In seguito siamo passati alla progettazione e produzione di macchine per la lavorazione del prosciutto stagionato. In questa fase, corrispondente al nostro momento di massimo sviluppo, il settore delle carni e quello del prosciutto, subirono però una significativa flessione. In quel momento – a metà degli anni Novanta – che decidemmo di affrontare con decisione il settore del formaggio, che fino ad allora avevamo soltanto sfiorato». Quali sono state le vostre strategie per


Antonio Gelmini

Il successo ottenuto in Italia è stato lo stimolo per trasferire il nostro know how anche sui formaggi a pasta semidura e tenera, come quelli di tipo Emmentaler

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entrare in contatto con le diverse realtà produttive del settore alimentare? «Abbiamo sempre scelto di stabilire un contatto diretto con ogni singolo partner, in modo da conoscerne le esigenze, ma anche quello che è l’andamento del mercato e le soluzioni che richiede per il superamento delle problematiche che via via si incontrano. Quando entrammo nel settore delle macchine per la lavorazione del formaggio, la richiesta era quella di una maggiore ottimizzazione di costi e tempi e quindi la nostra azienda ha investito e lavorato in questa direzione. Sono nate così le macchine per la porzionatura a peso fisso, per la raschiatura e per il taglio dedicate al grana. Inoltre, la necessità di recuperare gli sfridi di produzione, ci ha indirizzati verso il completamento di una gamma di grattugie che, grazie alle sue innovative

peculiarità, ha trovando ampio consenso nei produttori». Quali garanzie di praticità dal punto di vista igienico garantiscono le vostre macchine? «Le nostre macchine sono completamente realizzate in acciaio inox e tutte le parti a contatto con il prodotto sono facilmente rimovibili, in modo da permettere una totale e perfetta igienizzazione. Questo è un fattore fondamentale nella progettazione di un macchinario – ma anche dei singoli componenti – destinato a processare alimenti». Oltre alla conquista del mercato nordeuropeo, quali sono i vostri progetti futuri? «Stiamo studiando soluzioni per ottimizzare la manipolazione dei formaggi sia a pasta dura che a pasta tenera nella fase di confezionamento. Inoltre, il momento economico che stiamo attraversando ci invita a proporre un restyling e un aggiornamento delle macchine già vendute. Abbiamo così concepito un progetto che ingloberà le più recenti innovazioni, permettendo ai nostri partner fidelizzati di tenere il passo con i tempi, investendo risorse minime». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 75


Dall’analisi di mercato al progetto dell’impianto La tecnologia sviluppata per l’industria agroalimentare della regione si espande all’estero. Soluzioni e impianti personalizzati per la gestione del prodotto agricolo dal seme al packaging. La parola a Lorenzo Cottignoli Manlio Teodoro utte le province del territorio dell’Emilia Romagna esprimono grandi eccellenze con le produzioni agroalimentari. Non a caso queste sono conosciute, apprezzate – e imitate – anche fuori regione e in alcuni casi anche oltre i confini nazionali. È in questo contesto che si è sviluppata, di pari passo all’evoluzione e all’industrializzazione dei sistemi produttivi, la competenza per la progettazione e lo sviluppo di tecnologie per l’automazione delle imprese agroalimentari. Questo know how oggi si propone anche all’estero. «Il nostro gruppo – spiega Lorenzo

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Cottignoli, presidente di Greentechnology – si propone di trasferire nei paesi che si sono affacciati di recente sulla scena internazionale le più innovative tecnologie studiate per le lavorazioni delle imprese agroalimentari». Quali sono le vostre soluzioni di engineering? «Poiché la tecnologia deve sempre corrispondere alle esigenze e alla realtà di chi la deve utilizzare, sviluppiamo sempre soluzioni personalizzate. Elaboriamo i nostri progetti partendo dall’analisi e dalla conoscenza diretta dei diversi mercati e, soprattutto, dalle esigenze proprie di ogni imprenditore. Per noi, infatti, non esistono progetti che siano sempre validi: ogni richiesta prevede uno studio e una soluzione adeguata allo specifico ciclo produttivo con modalità operative più efficaci che al contempo rispettino l’ambiente». La creazione di soluzioni personalizzate


Lorenzo Cottignoli

quali servizi postvendita comprende? Abbiamo maturato le nostre competenze «Siamo in grado di consegnare all’interno delle principali imprese impianti e stabilimenti secondo agroalimentari del gruppo Legacoop la modalità del chiavi in mano. Completano la collaborazione la fornitura di tutte le tecnologie necessarie a comporre le linee di produzione. Dopo la realizzazione del naggio. Per vari prodotti – surgelati e non – abprogetto, inoltre, siamo disponibili per suppor- biamo progettato centri logistici e magazzini autare la clientela nel raggiungimento degli obiet- tomatici. Infine, impianti per la produzione di tivi mediante la formazione del personale, l’assi- energia da biomasse solide o liquide – biodigestenza durante la fase di avviamento stione, gassificazione e combustione». dell’impianto e l’ottimizzazione del processo proQuali risultati avete raggiunto attualmente duttivo attraverso un’articolata attività di consu- dal confronto con i mercati internazionali? lenza: dagli studi di fattibilità alle analisi finan- «Abbiamo maturato le nostre competenze, che ziarie. Si perfeziona il servizio con gli strumenti riguardano l’intero processo agroindustriale, di ricerca di mercato e verifica dei fornitori, ol- dalla produzione agricola alla realizzazione dei tre alla progettazione generale e dettagliata dei la- prodotti alimentari, all’interno delle principali vori, l’assistenza contrattualistica, il project ma- imprese agroalimentari del gruppo Legacoop. nagement, la programmazione e direzione lavori, Questo ci ha permesso – e l’attuale congiuntura assistenza ai montaggi e avviamenti, collaudi e as- economica in Italia e in Europa ha spinto in sistenza tecnica». questa direzione – di trasferire il nostro know In apertura, Lorenzo Cottignoli, presidente Quali sono i settori specifici con i quali how consolidato verso i mercati che oggi pro- di Greentechnology, avete lavorato? mettono importanti margini di crescita. Oltre Ravenna «Abbiamo realizzato impianti per la frigocon- al mercato italiano ed europeo, che comunque www.greentechnology.it servazione di frutta e verdura, il confeziona- negli ultimi anni sta evidenziando un calo demento di prodotti freschi e la produzione di sur- gli investimenti, Greentechnology mantiene gelati, succhi, polpe e cremogenati di vegetali. rapporti commerciali per almeno il 50% del Inoltre impianti di essiccamento per pomodori, proprio volume d’affari con l’Argentina, il Braprodotti ortofrutticoli, impianti automatizzati sile, i paesi africani del bacino del Mediterraneo, per il trattamento e l’insilaggio di cereali. In am- i paesi arabi e il Medio Oriente, la Russia, le rebito enologico, abbiamo realizzato impianti per pubbliche ex sovietiche e la Repubblica Popola produzione, l’imbottigliamento e il magazzi- lare Cinese».

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TECNOLOGIE

Dietro la buona resa di un frutteto L’ottimizzazione dell’uso degli antiparassitari attraverso le ultime tecnologie garantisce un buon raccolto attraverso un minimo utilizzo. Con buona soddisfazione dell’ambiente. La parola a Pietro Guizzardi Nicoletta Bucciarelli

Tifone srl ha la sede a Ferrara www.tifone.com

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utti gli alimenti destinati al consumo umano o animale nell’Unione Europea sono sottoposti a un limite massimo di residui di antiparassitari nella loro composizione, in modo da proteggere la salute degli animali e dell’uomo. Questa disposizione ha comportato necessariamente degli adeguamenti per quelle realtà come la Tifone che dal 1955 costruisce macchine per trattamenti antiparassitari nei frutteti. «L’adeguamento alle disposizioni europee è venuto in maniera spontanea e naturale, grazie alla nostra “visione”, sempre orientata a fornire tecnologia utile al cliente, e non fine a se stessa», spiega Pietro Guizzardi, titolare e fondatore dell’azienda di Ferrara. «A questo proposito i

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Pietro Guizzardi

nuovi apparati Torre Dielectric e Aspirazione Anteriore Dielectric sono stati progettati pensando alla simmetria assoluta. Questa peculiarità, confermata nei test eseguiti, garantisce la stessa quantità d’aria in uscita in ogni settore dell’apparato irrorante, con l’enorme vantaggio che l’agricoltore, per avere garantita la buona riuscita del trattamento, non ha bisogno di eccedere nell’irrorazione su un lato per compensare la carenza di simmetria rispetto all’altro, ma può ottimizzare in maniera pressoché perfetta, la quantità di prodotti fitosanitari. È per questo motivo che le disposizioni europee non ci hanno penalizzato, tutt’altro». I cambiamenti che hanno interessato il mercato di riferimento dell’azienda si rispecchiano nelle politiche aziendali. «Come in ogni settore tecnologico», precisa il fondatore Guizzardi «anche nella meccanica ad uso agricolo si è risposto a due principali esigenze: incrementare la produttività, che nel nostro ambito si traduce nell’incremento della resa di un frutteto, e rendere lo sviluppo tecnologico un vantaggio per i nostri clienti». Producendo macchine per trattamenti antiparassitari, l’operato della Tifone si lega inequivocabilmente alla causa ambientale. «Ottimizzare la distribuzione di prodotti antiparassitari, cioè utilizzarne il minimo indispensabile per garantire un buon raccolto,

Utilizzare il minimo indispensabile di antiparassitari per garantire un buon raccolto è un’esigenza imprescindibile e primaria

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è un’esigenza imprescindibile e primaria» precisa Guizzardi. «Già da tempo abbiamo capito questa necessità concentrando una notevole quantità di sforzi nel ricercare soluzioni orientate alla riduzione della quantità di prodotti antiparassitari distribuiti. Questo è stato fatto con idee come ad esempio l’Elica a Passo Variabile, e con i nuovi apparati Torre Dielectric e Aspirazione Anteriore Dielectric, che permettono l’utilizzo del sistema Dielettrico a Polarizzazione assoluta E±S per ridurre l’effetto della deriva e migliorare la distribuzione fogliare dei prodotti fitosanitari». La Tifone è stata la prima azienda italiana a costruire macchine per i trattamenti antparassitari nei frutteti. «Negli anni 50 si trattava tutto a mano, con lance e lunghi tubi, spesso da trascinare faticosamente nel fango. Da allora ad oggi, tutti i nostri sforzi si sono orientati a fornire all’agricoltore delle apparecchiature progettate per le specifiche esigenze in adempienza alle Normative Europee che sensibilmente si fanno sempre più restrittive». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 79


IL COMPARTO DELLA PLASTICA

I granulati trainano il settore della plastica Nonostante per il 2012 le previsioni relative al comparto della plastica non siano delle migliori, nel settore stanno nascendo molte nuove aziende, in particolare nell’ambito dei granuli. Il punto di Paola Casali Emanuela Caruso

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l 2012 sarà decisivo per il mondo della plastica. Negli ultimi anni il settore ha dovuto rispondere a una sempre più marcata attenzione nei confronti dell’impatto ambientale. Non solo, il comparto deve anche fare fronte a una concorrenza sempre più agguerrita da parte degli attori cinesi, ormai onnipresenti sul mercato. Ma nonostante le criticità, non sono poche le imprese italiane del campo a registrare cambiamenti positivi, o almeno confortanti, e tra queste merita una menzione anche la Tecnoplastica, azienda individuale sita a Parma e inserita nel commercio e nella distribuzione di granuli plastici. «Tanto il difficile momento economico quanto i pregiudizi che ancora permangono a riguardo della plastica – commenta Paola Casali, a capo dell’azienda fondata dal padre, attuale presidente del Consiglio d’Amministrazione, Giuseppe Casali – hanno portato alla chiusura di molte attività di trasformazione del materiale plastico, ma non per questo bisogna sminuire il fatto che, al contempo, molte altre si sono affacciate sul mercato, specializzandosi nelle varie applicazioni del granulo plastico e presentando nuovi e interessanti prodotti». Parlando, nello specifico, della vostra realtà imprenditoriale, quali difficoltà principali avete dovuto affrontare nel corso del 2011 e come le avete risolte? «La problematica più importante a cui abbiamo dovuto far fronte è stata quella della scarsa puntualità nei pagamenti delle forniture, che, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, crea un continuo e dannoso ricorso al credito bancario, sempre più difficile da ottenere e meno vantaggioso di un tempo. La Tecno-

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Paola Casali

plastica è riuscita a barcamenarsi in tale situazione e a risentirne in minima parte attraverso una politica di studio, di informazione sui potenziali nuovi clienti a cui rivolgersi e di monitoraggio degli utenti storici». Quali prodotti commercializza la Tecnoplastica e a quali settori e mercati di riferimento sono indirizzati? «La nostra impresa commercializza e distribuisce svariati tipi di granuli plastici, dalle resine plastiche ai granulati termoplastici, dalle materie plastiche al polistirolo, fino ad arrivare al polipropilene e ai tecnopolimeri. Siamo in grado di coprire tutti i settori di utilizzo di questi materiali e in particolare il campo del giocattolo, la farmaceutica, l’edilizia e l’imballaggio, in modo da garantire all’azienda una notevole differenziazione settoriale. Questa strategia si è dimostrata vincente soprattutto nell’ultimo periodo perché ha evitato ripercussioni negative sul trend di sviluppo dell’attività nei casi di calo di domanda di alcuni specifici settori di applicazione. Il nostro mercato di riferimento è quello nazionale e le vendite si concentrano in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte». Quale filosofia aziendale sta alla base dell’attività della Tecnoplastica? «Sin dal 1972, anno di fondazione della società, l’azienda è stata impostata sui principi di affidabilità, sincerità e correttezza ed è stata guidata dalla consapevolezza che un mercato fortemente concorrenziale non crea serenità e

Nonostante la situazione del comparto plastico sia poco rosea, sono tante le imprese del campo a registrare cambiamenti positivi, o almeno confortanti

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collaborazione né tra i vari competitor Da sinistra, Paola, Giuseppe né tra il bacino d’utenza, ostacolando e Gianluca Casali della società Tecnoplastica di Parma così la crescita del settore e disperdendo www.tecnoplasticaparma.com importanti risorse e risultati. Al contrario, lo staff della Tecnoplastica è convinto che una sana competitività porti al miglioramento tanto del proprio ambito di riferimento quanto del mercato, creando certezze e opportunità per la propria attività». Da sempre, la Tecnoplastica pone grande attenzione e investe grandi quantità di capitale nel reparto logistico dell’azienda. «Sì, in questo modo, e facendo leva anche sulla solvibilità e sull’affidabilità che caratterizzano la nostra società, siamo riusciti a creare canali di distribuzione, sia di prodotti già conosciuti che di nuovi articoli, ben organizzati e funzionanti. Per questo motivo, ci siamo posti come obiettivi da raggiungere durante il 2012 il consolidamento dell’attività di vendita e distribuzione e l’ampliamento di quest’ultima anche in quelle regioni italiane in cui la nostra presenza è ancora minima o poco sviluppata». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 87


Parma capitale dell’automazione Italia è il secondo maggior mercato dell’automazione industriale d’Europa, preceduto soltanto dalla Germania. Non solo, l’automazione industriale, insieme alla componentistica elettrica, rappresenta da sempre una grande eccellenza del “made in Italy”. Ecco spiegati i motivi per cui questo settore, nel nostro Paese, gode di un’attenzione particolare, volta al miglioramento costante e all’innovazione continua. La maggior parte delle aziende specializzate in tale ambito si concentra nell’area formata da Lombardia ed Emilia Romagna, bacino in cui sorgono circa il 70% degli stabilimenti produttivi, e il baricentro indiscusso del polo dell’automazione è Parma, che vanta la maggiore densità di operatori del settore in Italia. Tra le tante imprese parmensi spicca la Rimar, fondata più di trent’anni fa da Giovanni Marcotti e Bruno Riccò. «La nostra società – spiega Giovanni Marcotti – è da sempre orientata all’innovazione tecnologica e alla soddisfazione delle svariate esigenze del mercato, e in campo nazionale si posiziona tra le aziende leader per la realizzazione di soluzioni

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L’Emilia Romagna guadagna la prima posizione per densità di imprese specializzate nell’ambito dell’automazione industriale e fa di Parma il centro nevralgico di tale settore. Il commento di Giovanni Marcotti e Bruno Riccò Emanuela Caruso

industriali elettroniche ed elettromeccaniche per l’automazione di processi produttivi». Un valido e moderno impianto industriale non è solo una serie di automatismi, ma anche un felice connubio tra creatività e professionalità, ragion per cui ai clienti operanti nei settori alimentare, cosmetico chimico, chimico farmaceutico, manifatturiero civile, plastico e vetrario, Rimar offre «impianti concepiti secondo i criteri di modularità, espandibilità e integrabilità, così da consentire la massima flessibilità delle automazioni realizzate. Inoltre, i quadri elettrici e di potenza di controllo vengono progettati e costruiti in base alle specifiche richieste dei committenti e secondo le più rigorose disposizioni

La Rimar e la Cosma hanno entrambe sede a Parma www.rimar.it www.cosmapr.it


Giovanni Marcotti e Bruno Riccò

tecniche e normative». Tutte le fasi del ciclo produttivo della Rimar, dalla progettazione al montaggio al collaudo, sono svolte all’interno dell’azienda, che in prima persona si occupa anche della scelta dei materiali e dei componenti. «Poniamo grande attenzione durante la scelta dei dispositivi e della componentistica che andrà a formare i nostri prodotti – continua Giovanni Marcotti –; in questo modo garantiamo la sicurezza e l’affidabilità degli impianti e la pronta disponibilità di pezzi di ricambio». Nel 1990, a completamento della Rimar, i due titolari danno vita alla Cosma, società specializzata nella progettazione e costruzione di macchine e impianti industriali. «Tutti i macchinari sviluppati – commenta Bruno Riccò – sono elaborati seguendo le esigenze peculiari di ogni cliente e usufruendo delle migliori tecnologie esistenti in commercio, quali ad esempio 2D Autodesk Autocad e 3D Autodesk Autocad Inventor. Tutta l’attività, inoltre, viene integrata in modo da produrre documentazione conforme a quanto previsto dal Sistema di Qualità Iso 9001 e dalla Direttiva Macchine in merito alla marcatura CE. La nostra struttura aziendale, infine, ci consente di effettuare studi di fattibilità, di progettazione, di produzione e di installazione presso il cliente finale di macchine e impianti “chiavi in mano”». I prodotti realizzati da Cosma sono tantissimi e si rivolgono ad altrettanti settori del mercato italiano. «La nostra officina – conclude Bruno Riccò – è in grado di realizzare carpenterie di macchine con tubolari, profili o lamiere; componenti meccanici; rulliere e nastri trasportatori; elevatori e discensori; navette; e sistemi di

Tutti i macchinari sviluppati sono elaborati usufruendo delle migliori tecnologie esistenti in commercio, quali ad esempio 2D Autodesk Autocad e 3D Autodesk Autocad Inventor

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pesatura, dosaggio e confezionamento; occupandosi delle varie fasi di montaggio, installazione, avviamento, manutenzione e revisione. I settori di nostra competenza sono quelli dell’industria alimentare, degli impianti di palettizzazione di cartoni e flaconi, della movimentazione interna, elevamento e convogliamento, delle macchine automatiche e speciali, e dei nastri per trasporto prodotti». L’alta qualità degli impianti e dei componenti, l’assistenza di uno staff tecnico altamente qualificato, la filosofia innovativa alla base dell’attività e la collaborazione con le più grandi realtà multinazionali italiane fanno di Rimar e Cosma due partner importanti per chiunque operi nel settore dell’automazione industriale.

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INNOVAZIONE

L’innovazione a portata di brevetto all’analisi svolta sui dati raccolti dall’Osservatorio brevetti, marchi e domande di design realizzata periodicamente da Unioncamere è emerso che in 11 anni l’Italia ha depositato in Europa circa 40mila brevetti, ovvero il 3,5% del numero totale di domande di brevetto pubblicate. Con tali numeri, il nostro paese si posiziona ottavo tra le 12 nazioni più industrializzate del mondo, continuando così a segnalare la scarsa dinamicità e competitività che stanno caratterizzando il mercato italiano degli ultimi anni. Nonostante i dati poco confortanti, però, le società nazionali, consapevoli del ruolo fondamentale giocato dall’innovazione e dalle nuove idee, continuano a essere tante e a realizzare senza sosta prodotti coperti da brevetto. Proprio tra queste si colloca l’impresa Conteco di S. Bernardino di Lugo, in provincia di Ravenna, che sin dalla sua fondazione ha visto nell’evoluzione, nei miglioramenti e nelle innovazioni il motore dello sviluppo e si è così

D Sotto, contenitore “bisboccia” per alimenti. Nella pagina accanto, in alto il gancio regolabile e bloccabile e la manopola frenante. Sotto, il deviatore universale per docce. Conteco ha sede a S. Bernardino di Lugo (RA) www.contecosrl.com

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Nonostante la difficile congiuntura economica alcune aziende italiane continuano a ideare e sviluppare prodotti nuovi e creativi. Diversificando così l’offerta su un mercato sempre più competitivo. Il caso della Conteco Emanuela Caruso

specializzata nella produzione di brevetti non solo dedicati alla realizzazione di tubi spiralati in pvc, ma anche pensati per altri campi della tecnica suscettibili di perfezionamento. E la Conteco, negli anni, ha avuto ragione di questa sua attività, in quanto molti dei brevetti depositati hanno riscosso grande successo e vengono attualmente utilizzati nei settori produttivi e merceologici di interesse; altri sono in fase di miglioramento e ultimazione, così da poter poi essere collocati in precisi spazi commerciali; e altri ancora sono in attesa di trovare il giusto partner con cui procedere alla produzione e alla commercializzazione. Un brevetto, infatti, dal momento in cui viene depositato a quello in cui viene realizzato e distribuito, può veder trascorrere molto tempo, ma non per questo diminuisce il valore aggiunto che conferisce all’azienda ideatrice, che con i suoi prodotti aiuta e movimenta il mercato sia in periodi di prosperità che in periodi di crisi. Gli ultimi brevetti presentati e depositati dalla Conteco, sviluppati per risolvere piccoli problemi quotidiani in modo semplice e pratico, hanno riguardato ambiti molto diversi tra loro, ma tutti hanno attirato l’attenzione del pubblico e delle potenziali aziende investitrici. Tra i più interessanti è doveroso nominare il de-


Conteco

I prodotti coperti da brevetto rappresentano il valore aggiunto di un’azienda che mira a migliorare e innovare i settori del mercato italiano

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viatore universale per docce e il gancio regolabile e bloccabile. Il primo permette di far defluire l’acqua nel piatto doccia, in attesa dell’arrivo dell’acqua calda ed evita il rischio di bagnarsi improvvisamente e di far arrivare l’acqua sul pavimento o sui vicini sanitari. L’apparecchio è costituito da un corpo installabile fra il tubo flessibile di mandata dell’acqua e il “telefono” della doccia, da un selettore azionabile a mano attraverso cui si può decidere dove far defluire l’acqua e di interrompere il getto senza variare la temperatura per il successivo utilizzo, e da un tubo flessibile aggiunto il cui compito è quello di portare l’acqua solo nel piatto doccia. Come molti altri brevetti della Conteco, anche questo è universale e installabile su allestimenti già esistenti. Il gancio regolabile, invece, vuole risolvere i problemi che molto spesso si presentano al momento di appendere un quadro, uno specchio o qualsiasi altra superficie a una parete. Con questo dispositivo, infatti, formato da una parte mobile e una fissa, entrambe realizzate con dentature che rendono possibile lo spostamento verso l’alto dell’una rispetto all’altra, diventa facile e veloce riallineare gli oggetti qualora i fori praticati nel muro non siano perfettamente allineati. Degni di nota sono

anche i prodotti pensati per il settore alimentare e per quello del trasporto su due ruote. Analizzando la crescita e la diffusione del mondo del fast food e le esigenze di una popolazione che sempre più spesso non pranza a casa, ma sul luogo di lavoro, la Conteco ha ideato il contenitore “ bisboccia” per alimenti, che va a migliorare la fruibilità dei prodotti alimentari da asporto. Il contenitore dispone di due valve simmetriche che, una volta aperte, fungono da piatto e da ciotola per lo scarto; è inoltre presente un bicchiere rimovibile che permette tanto la divisione di due cibi diversi quanto quella tra cibo e oggetti non alimentari, come ad esempio le posate o i condimenti confezionati monodose. Infine, l’impresa ha sviluppato un particolare meccanismo di frenatura da applicare alle biciclette e da integrare o sostituire ai dispositivi standard, ovvero le leve a mano, che consente di frenare ruotando le manopole del manubrio e di conseguenza di accorciare il tempo che intercorre tra percezione del pericolo e frenata. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 95


ELETTRONICA

Verso un’elettronica personalizzata l mercato dell'elettronica è soggetto alla continua ricerca di soluzioni tecnologiche avanzate ed a basso costo, tale situazione sta spingendo molti protagonisti del settore a delocalizzare la produzione e/o a limitarsi al solo trade. A rendere ancora più complicate e confuse le dinamiche del mercato elettronico, inoltre, ci hanno pensato, e continuano a farlo, la globalizzazione, la forte concorrenza, la reperibilità dei materiali, la riduzione dell’interesse per alcuni settori e l’incremento per altri, quali il lighting, il controllo dell’energia, la microelettronica e il ramo medico. È in questo scenario che le aziende italiane tentano di rimanere competitive studiando e mettendo in pratica apposite strategie ed è sempre in tale panorama che opera la Gr Elettronica di Massa Lombarda, in provincia di Ravenna. «Per contrastare gli ostacoli portati dalla globalizzazione e dall’inflazione – spiega Gilberto Cristofori, titolare dell’attività insieme alla moglie Roberta – abbiamo cercato di capire quale collocazione sul mercato fosse la più adatta alla nostra impresa, ed essendo posizionati in una zona ad alta concentrazione di aziende operanti in differenti settori

I

Gilberto Cristofori e Roberta Stambrini, titolari della G.R. Elettronica Srl di Massa Lombarda (RA) insieme ai figli www.gr-elettronica.com info@gr-elettronica.com

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L’eccesso di offerta di cui soffre il comparto elettronico ha spinto molte imprese del settore a riflettere sulla collocazione da far assumere alla propria attività all’interno del mercato nazionale e mondiale. L’analisi di Gilberto Cristofori Emanuela Caruso

ma tutte accomunate dal bisogno di un partner di riferimento per la fornitura, la abbiamo individuata nell’outsourcing». Quindi, nello specifico, quali cambiamenti avete apportato alla vostra attività? «Abbiamo basato il nostro approccio su personalizzazione, prestazione, affidabilità, puntualità nelle consegne e costi competitivi; così facendo siamo riusciti ad affinare la capacità di gestione del prodotto durante tutto il suo iter produttivo, dalla nascita alla realizzazione finale. Questo venire incontro alle esigenze del cliente ci ha consentito di consolidare la posizione della GR Elettronica tanto sul mercato quanto presso i clienti leader dei vari settori di riferimento dell’impresa». A tal proposito, quali sono i vostri settori d’interesse e da quali stanno derivando le migliori risposte in termini commerciali? «Progettiamo e produciamo apparecchiature elettroniche ed elettriche custom per molti ambiti, come ad esempio quelli industriale, elettromedicale, lighting, automotive e consumer. Tra questi, il settore industriale è quello che sta risentendo maggiormente della stagnazione del mercato; mentre i campi che stanno tenendo bene e addirittura innovando


Gilberto Cristofori

il mondo elettronico sono quelli capaci di implementare delle interfacce uomo-macchina sempre più user-frendly con grafiche intelligenti e touch-screen; delle unità di controllo, impiegate per la gestione di processi sulle automazioni industriali; della connettività, dove necessita lo scambio di dati tra le molte piattaforme esistenti (Seriali, Wireless ecc) e del lighting, ovvero l’illuminazione con led, il cui obiettivo è di permettere un utilizzo flessibile e integrabile della luce». Quanta attenzione ripone e quanto investe la GR Elettronica in ricerca, innovazione e sviluppo? «L’innovazione, nel nostro campo, è incessante e fondamentale, ragion per cui investiamo in maniera costante sui processi produttivi, dotandoci di strumenti in grado di monitorarli e renderli più efficienti e veloci, e in know how, così da sviluppare applicazioni allineate agli standard di mercato e basate su processori sempre più avanzati e sofisticati e su grafiche user-friendly. La tecnologia del nostro settore ci pone ogni giorno prima come utenti, per studiarla e coglierne le opportunità, e poi come azienda che deve servirsene per creare e migliorare i propri pro-

La fornitura in outsourcing ci pone come partner di riferimento nella gestione e personalizzazione del prodotto

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dotti». Quali sono le prospettive per il 2012? «L’obiettivo è quello di aumentare ancora le peculiarità della nostra impresa, in modo tale da poter realizzare soluzioni progettuali e produttive che possano offrire e far ottenere il massimo vantaggio competitivo dei nostri articoli, in termini sia tecnici che economici. Inoltre, vogliamo continuare a innovare le caratteristiche tecnologiche dei prodotti e superare i numeri del 2011, ovvero le 400 tipologie di articoli in produzione e gli 80mila prodotti elettronici venduti. Infine, porteremo avanti gli investimenti iniziati l’anno scorso, che riguardano la realizzazione di apparecchi con sistema operativo Linux e Android, caratterizzati da capacità grafiche e operative simili a quelle dei tablet e dalla possibilità di essere personalizzati, e lo sviluppo di soluzioni su misura in grado di utilizzare led per l’illuminazione e la segnalazione». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 99


ELETTRONICA

L’elettronica conquista nuovi mercati Dalla Romagna un esempio di come affrontare la crisi in maniera costruttiva, investendo in innovazione e ricerca tecnologica. La produzione di circuiti stampati, destinati a innumerevoli applicazioni, nell’esperienza di Enzo Montani e Gian Marco Baldini Emanuela Caruso

n’azienda leader nella produzione di circuiti stampati che, grazie all’alto livello di automazione e alla professionalità dei propri collaboratori ha raggiunto livelli di competitività e performance importanti, che hanno permesso all’azienda di superare in maniera brillante anche la fase più acuta della crisi, affermandosi come punto di riferimento a livello internazionale in questo particolare ambito. È la Piciesse Elettronica, società di Taverna di Monte Colombo, in provincia di Rimini, che dal 1993 produce circuiti stampati di grande qualità, affidabili e assolutamente performanti, come raccontano i suoi titolari, Enzo Montani e Gian Marco Baldini. Nonostante la congiuntura, il 2011 per voi si è rivelato un anno strategico. GIAN MARCO BALDINI «Con grande soddisfazione

U La Piciesse Elettronica Srl ha sede a Taverna di Monte Colombo (RN) www.piciesse.it

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possiamo affermare che i risultati ottenuti sono stati tanti, primo fra tutti una buona e rilevante crescita dell’attività. A questo sono seguiti, poi, una maggiore internazionalizzazione dell’impresa. Abbiamo inoltre provveduto ad assumere nuovo personale, un particolare certo da non sottovalutare soprattutto in un momento come quello attuale. Infine, da gennaio a giugno 2011 ci siamo anche impegnati sul fronte interno, ampliando la nostra sede operativa, sia per quanto riguarda la parte produttiva, sia per quel che concerne la parte direzionale». A quali settori si rivolgono i vostri articoli? ENZO MONTANI «Collaboriamo soprattutto con le aziende OEM ed EMS, ovvero con società appartenenti ai più svariati settori, dall’automotive a quello della tele e videocitofonia, dall’illuminazione a Led alle unità di controllo, dalla ventilazione alla regolazione termica, fino ad arrivare al fotovoltaico. Essere un punto di riferimento tecnico per tutti i nostri clienti è una parte fondamentale di Piciesse. Oggi, i settori che ricoprono la fetta più rilevante del nostro fatturato sono proprio l’automotive, caratterizzato da un forte incremento dell’elettronica a bordo macchina, per il quale disponiamo anche di un’apposita certificazione, e l’illuminazione, grazie all’avvento dei led. Registriamo però performance incoraggianti provenienti anche da altri comparti, tra cui il mondo musicale, quello degli elettrodomestici e il consumer in generale». Come sono mutate nell’ultimo periodo le esigenze del vostro bacino d’utenza e quali pe-


Enzo MontaniXxxxxxx e Gian Marco Xxxxxxxxxxx Baldini

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Registriamo performance incoraggianti da diversi comparti, tra cui anche il mondo musicale, quello degli elettrodomestici e il consumer in generale

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40% EXPORT

culiarità vi permettono di soddisfarle? G.B. «Oggi il sistema economico e imprenditoriale italiano, già di per sé penalizzato da una burocrazia invasiva che spesso limita le possibilità di azione delle imprese, è costretto a fare i conti con la concorrenza proveniente soprattutto dai costruttori cinesi e indiani. Per quel che ci riguarda abbiamo deciso di affrontare il momento puntando con forza sull’innovazione tecnologica e sull’automazione dei nostri processi produttivi, cercando di rispondere in maniera competitiva ed efficace alle richieste provenienti da un mercato sempre più globale. La soddisfazione del committente è infatti, da sempre, il nostro obiettivo fondamentale, nonché l’asset che intendiamo capitalizzare nel tempo, così da fidelizzarlo e conquistare la sua fiducia. Il cliente in Piciesse è considerato come una risorsa e in ogni azienda che si rispetti non può essere ammesso alcuno spreco». L’apertura verso il mercato internazionale è da sempre una delle principali caratteristiche della Piciesse Elettronica. In quanti paesi esteri siete presenti e quanto è importante l’export per la vostra attività? E.M.«Grazie ai continui investimenti in tecnologia e automazione, sin dagli inizi della nostra attività, siamo stati in grado di soddisfare sia le esi-

genze del mercato nazionale che di quello europeo, e di conseguenza, di internazionalizzare l’azienda. Oggi riforniamo 26 Stati e oltre 200 clienti, e l’export ammonta al 40% della produzione totale, il nostro obiettivo è quello di portare questa quota al 50% entro il 2013. Il nostro mercato di riferimento, al momento, è quello Tedesco, ma stiamo lavorando per aumentare la nostra presenza in Francia e in altri Paesi potenzialmente molto interessanti». Recentemente la vostra azienda è stata tra le protagoniste di Interlight Moscow, evento fieristico organizzato in Russia, con il principale obiettivo di radunare nella capitale russa realtà imprenditoriali provenienti da tutto il mondo. Cosa ha rappresentato per voi questa vetrina? G.B. «È stato un momento di incontro molto positivo per noi. Partecipando all’Interlight Moscow ci siamo infatti accorti del grande fermento che si respira, tanto a Mosca quanto nel resto della nazione. Durante la fiera siamo così entrati in contatto con varie aziende del settore dell’illuminazione, a cui abbiamo poi proposto alcune offerte. Proprio a breve, inizieremo a collaborare con uno di questi clienti, così da capire, nel concreto, quali aspettative nutrono e come si sviluppa la loro organizzazione logistica».

L’azienda esporta il 40% della sua produzione totale, ma punta a raggiungere il 50% attraverso l’apertura al mercato francese e russo

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Fonti energetiche “trasportabili” ella realizzazione delle grandi opere – i cantieri aperti sono ancora numerosi nel nostro Paese – uno dei problemi fondamentali è quello della disponibilità di una fonte di energia elettrica in loco. Nelle località più impervie o mai raggiunte dalla rete elettrica è quindi necessario “portare” le fonti energetiche. Per questo la costruzione, nei cantieri, di cabine elettriche e di centri di trasformazione dell’energia è la prassi. In alcuni contesti particolari, in più, esiste la necessità di “trasportare” la fonte energetica, per esempio per i lavori di scavo di gallerie con l’utilizzo delle fresatrici Tbm (Tunnel Boring Machine). Le condizioni estreme in cui si svolgono questi lavori hanno spinto un’impresa bolognese a sviluppare un sistema di trasformazione energetica svincolato da una sede fissa sul terreno, trasportabile là dove gli operatori ne hanno necessità, anche all’interno delle gallerie in scavo, e che garantisce le elevate potenze richieste per i lavori. Piero Cotti, amministratore della Cotti & Marchi, spiega com’è nata l’idea di inserirsi

N Piero Cotti, amministratore della Cotti & Marchi Srl di Bologna www.cottiemarchi.it

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Un sistema di cabine elettriche svincolate dal terreno. Piero Cotti spiega com’è stato possibile portare l’energia elettrica anche nelle condizioni estreme dei cantieri che usano le frese Tbm per lo scavo delle gallerie Manlio Teodoro

in questo settore. «Osservando la realizzazione di grandi opere, per le quali l’energia è un fattore indispensabile e per le quali è necessario avere centri di trasformazione dell’energia da poter muovere secondo le situazioni, abbiamo studiato e realizzato cabine elettriche di trasformazione trasportabili. Questo permettere agli operatori di avere centri di energia non vincolati al terreno e, soprattutto, nel caso di realizzazione di gallerie, di poterli portare anche all’interno degli spessori rocciosi e muoverli nelle fasi di scavo». Come siete arrivati allo sviluppo di questa soluzione? «La nostra società ha una lunga esperienza nella progettazione e installazione di impianti elettrici industriali, civili e tecnologici, nella costruzione


Piero Cotti

di cabine elettriche di trasformazione per ogni esigenza – compresa le containerizzate per grandi cantieri e le cabine da galleria di tipo blindato. Tutti i progetti vengono sviluppati dal nostro ufficio tecnico, mentre la produzione e l’installazione delle cabine di trasformazione prefabbricate – sia per interni sia per esterni – viene eseguita dalle nostre squadre operative, che sono disponibili anche per un servizio di assistenza dopo che gli impianti sono stati ultimati». Oltre a questo settore particolare, verso quali ambiti vi siete orientati? «Ultimamente, l’evolversi della nostra tecnologia ci ha permesso di occuparci anche dei tradizionali impianti di riscaldamento e condizionamento, idricosanitari e dei sistemi per il ricambio e il trattamento dell’aria, dell’acqua e degli impianti a gas. In ognuno di questi tipi di impianti la componente elettronica è diventata importante e indispensabile, per questo, in ogni macchina la gestione di funzionamento è affidata a regolazioni automatiche elettromeccaniche ed elettroniche, permettendo, se necessario anche il controllo a distanza». Dunque il vostro prodotto si sta spostando dal contesto dell’edilizia pesante anche ad altri ambiti, come quello civile. «Iniziando a occuparci anche della parte meccanica, abbiamo esteso il nostro campo di intervento agli ambienti industriali e anche civili residenziali, con particolare attenzione all’utilizzo

Abbiamo progettato cabine elettriche di trasformazione trasportabili. Questo permettere di avere centri di energia non vincolati

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di fonti di energia alternative. Per ottenere una riduzione dei costi di gestione e un maggiore comfort all’utilizzatore finale, realizziamo inoltre impianti fotovoltaici – con potenze che vanno dall’uso domestico a quello industriale –, in esecuzione a terra o su coperti. Ci siamo specializzati nell’intervento sugli impianti tecnologici esistenti, integrando o sostituendo i sistemi di illuminazione con analoghi a tecnologia Led. Questo in una complessiva azione di verifica e ottimizzazione dei consumi energetici, portata avanti attraverso strumenti per la supervisione e la gestione anche dei sistemi più complessi e per un monitoraggio e possibilità di intervenire costantemente sui vari parametri energetici in questione. Offriamo un servizio di global service sia per gli impianti di nuova realizzazione sia per la manutenzione di quelli esistenti. Il vantaggio per il committente è quello di interagire con un solo interlocutore». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 105


ENERGIA

Il comparto idroelettrico guarda all’estero All’estero, nel settore idroelettrico, non mancano grandi commesse. Ecco perché molte aziende italiane hanno deciso di investire in progetti destinati all’Africa e all’America Latina. L’esperienza di Costantino Calzoni e Gabriele Amato Emanuela Caruso

egli ultimi anni, e in particolare nel 2011, molte imprese italiane si sono interessate alle possibilità di sviluppo nei mercati esteri. In testa si collocano quelle del settore idroelettrico, che soprattutto in Africa e in America Latina ha dimostrato di essere dinamico e pronto a espandersi. A conferma di questo trend si possono citare gli investimenti portati avanti in Etiopia, dove la produzione idroelettrica è addirittura superiore alla domanda di energia nazionale, in Congo e in Sudafrica, dove è stato recentemente firmato l’accordo per il più grande progetto idroelettrico del mondo, ovvero il Grand Inca. Allo stesso modo, in America Latina, il comparto idroelettrico ed elettromeccanico si sta dimostrando uno dei più strategici per rilanciare lo sviluppo e l’economia dei vari paesi sudamericani e molti interessanti progetti sono già stati realizzati in Cile e Perù. Tra le società italiane che hanno saputo cogliere il potenziale idroelettrico estero si

N Da sinistra, Costantino Calzoni e Gabriele Amato, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Calzoni Hydro Spa di Zola Predosa (BO) www.calzonihydro.it

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colloca la Calzoni Hydro di Zola Predosa. «A differenza di quanto succede in Italia, dove si riscontrano notevoli difficoltà di sviluppo per il nostro settore – spiegano Costantino Calzoni e Gabriele Amato, rispettivamente presidente e amministratore delegato dell’impresa –, in Africa e America Latina le possibilità di investire e realizzare impianti d’avanguardia è altissima, anche grazie alla grande presenza di risorse idriche». Nello specifico, di quali progetti esteri si sta occupando al momento la Calzoni Hydro? COSTANTINO CALZONI «Attualmente, stiamo lavorando su un progetto di una centrale idroelettrica di notevoli dimensioni in Sudafrica, Ingula, che sarà terminata nel 2013 e disporrà di una pompa turbina e di apparecchiature elettromeccaniche di ultima generazione; e stiamo progettando un impianto in Algeria , Tabellout dove a breve apriremo anche una nuova sede aziendale. L’input ad acquisire tali commesse e ad affrontare importanti investimenti ci è stato dato dagli ottimi riscontri che tutto il nostro settore sta registrando in quelle zone». Quali sono le attività principali della Calzoni Hydro? C.C. «Il business tradizionale della nostra società è costituito dalla progettazione, costruzione e installazione di impianti idroelettrici e forniture elettromeccaniche, studiati di volta in volta in base alle specifiche esigenze della clientela. Nell’ultimo periodo, inoltre, ci siamo specializzati anche nella ristrutturazione e nel rinnovamento di macchinari già installati. Tale attività prevede


Costantino Calzoni e Gabriele Amato

Al momento, la nostra azienda sta rispondendo a due grandi commesse: una centrale idroelettrica in Sudafrica e un impianto in Algeria

svariati interventi, dalla manutenzione meccanica ordinaria e/o straordinaria di componenti usurati, alla fornitura di ricambi all’automazione di interi impianti o di nuovi sistemi per ridurne i costi di esercizio». Quali sono i vostri mercati e committenti di riferimento e quali prodotti, oltre agli impianti, fornite loro? GABRIELE AMATO «La nostra attività si rivolge al mercato nazionale ed internazionale sia pubblico che privato e tra i nostri committenti più importanti possiamo ricordare i produttori di energia, ad esempio l’Enel, i consorzi per la gestione delle risorse idriche e gli appaltatori di opere di ingegneria civile. Serviamo inoltre enti elettrici statali e privati, fornitori di impianti idroelettrici chiavi in mano e produttori di turbine. Oltre a realizzare impianti, mettiamo a

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loro disposizione componenti quali valvole, paratoie, panconi, griglie e sgrigliatori; e, ancora, meccanismi oleodinamici, quadri elettrici di comando e automazione. La qualità dei nostri prodotti e servizi è garantita dall’altissima professionalità del personale e dalle loro competenze che rappresentano il vero vantaggio competitivo della nostra azienda». Proprio l’automazione rappresenta per la Calzoni Hydro un ramo molto rilevante, perché? G.A. «L’automazione è il miglior modo per rispondere con efficienza e qualità alle richieste dei clienti. L’esperienza centenaria che caratterizza la nostra attività e che abbiamo acquisito attraverso la progettazione, la fabbricazione e l’assistenza ai prodotti e agli impianti ci consente di offrire sistemi di automazione idonei al perfetto esercizio e controllo delle apparecchiature elettromeccaniche. In particolare, sviluppiamo automatismi per quanto riguarda la gestione remota dei macchinari, ad esempio delle manovre di movimentazione e di emergenza; la regolazione , il monitoraggio con la relativa registrazione delle portate, dei livelli idrici, dello stato delle varie strumentazioni, del loro grado di apertura e dei parametri di esercizio; la messa a norma degli impianti; e la video sorveglianza locale e remota». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 107


Produzioni di nicchia nel mercato globale Da Civitella di Romagna parte il 70% delle presse per polpe di barbabietole presenti sul mercato mondiale. Vengono prodotte negli stabilimenti della Babbini Spa. Piero Prati delinea le prospettive e gli obiettivi dell’azienda Eugenia Campo di Costa

In apertura, sei presse Babbini tipo PB48FS, situate nello stabilimento di Arcis-sur-Aube (F) e in grado di lavorare 230.000 q di barbabietole al giorno

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alla Siberia al Giappone, dal Canada al Cile, chi cerca presse per polpe di barbabietole ha un preciso riferimento, la Babbini di Civitella di Romagna. Sette presse su dieci, destinate al mercato mondiale, partono proprio dalla cittadina romagnola, dalla Babbini in particolare, realtà che detiene oggi il 70% del mercato mondiale saccarifero ed esporta il 100% della produzione. Il costante trend di crescita, seppure in un settore di nicchia, fa dell’azienda romagnola senz’altro un bell’esempio di “made in Italy” nel mondo. «La nostra azienda è nata oltre 150 anni fa ed è passata di proprietà nel 2001 dalla famiglia Babbini all’industriale locale Mauro Can-

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Piero Prati

gialeoni» afferma il direttore Piero Prati che, insieme al nuovo titolare, si è impegnato in prima persona nel dare all’impresa nuovo slancio e sviluppo. Come siete riusciti a detenere quasi il monopolio nel vostro mercato? «Quando siamo entrati in questa nicchia di mercato un produttore norvegese deteneva il monopolio incontrastato. Altri produttori italiani, spagnoli e tedeschi arrancavano per avere quote molto marginali di mercato. La Babbini ha puntato su assistenza tempestiva, affidabilità e tecnologia per avere uno spazio significativo nel settore delle presse per polpe di barbabietole, facendo leva anche sulla disponibilità della proprietà a effettuare importanti investimenti in ricerca e sviluppo. Vorrei evidenziare che tutto ciò è stato fatto senza avere mai avuto finanziamenti o altri contributi. Abbiamo conquistato la fiducia dei più grandi gruppi saccariferi mondiali e attualmente collaboriamo con loro attraverso un team di lavoro comune, con l’obiettivo condiviso di migliorare il prodotto finale». Quali rischi si possono correre con un’attività monoprodotto? «Difficile avere ulteriori margini di crescita nel mercato dove operiamo attualmente e

Le prospettive sono senz’altro positive per il 2012 e non pessimistiche per il 2013, sempre che vengano attivate linee di credito verso alcuni paesi in via di sviluppo

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ovviamente riflettiamo su Piero Prati, secondo da sinistra, insieme al team questo tipo di rischio. Siamo della Babbini Spa di Civitella di Romagna (FC) www.babbinipresses.com già operativi in altri settori quali il rendering e la farina di pesce, ma certo questo non basta. Facciamo parte del Cangialeoni Group assieme ad altre quattro aziende, la GPS Engineering di Legnano, che produce riduttori speciali, la Bartoletti, conosciuta per i suoi rimorchi, l’Artigianferro, azienda madre del gruppo che opera nel settore metalmeccanico, e la Soniastil, azienda che opera nel settore termoidraulico. Ho fatto riferimento al gruppo poiché, attraverso la sinergia di queste aziende, intendiamo sviluppare attività alternative, legate magari alla green economy, al riciclo dei rifiuti o ad altri settori, in merito ai quali per ora preferiamo non scendere nel dettaglio». Come vede il futuro della Babbini relativamente al gruppo gestionale? «Enrico, figlio di Mauro Cangialeoni, assieme a una struttura snella, giovane, motivata e capace, di cui fa parte anche mio figlio Ermanno, sono il futuro per il quale stiamo investendo risorse importanti». Come sono, invece, le prospettive per i prossimi anni? «Senz’altro positive per il 2012 e non pessimistiche per il 2013, sempre che si attivino linee di credito verso alcuni paesi in via di sviluppo, indispensabili per esportare il “made in Italy” e fare girare l’economia italiana». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 109


INVESTIMENTI E SVILUPPO

Nuovi investimenti potenziano l’economia ravennate a città di Ravenna, negli ultimi anni, forte della sua posizione geografica, è stata protagonista di un notevole incremento di presenze industriali e di un miglioramento e consolidamento delle infrastrutture, quali ferrovie e aree portuali, fondamentali allo sviluppo delle realtà imprenditoriali della zona. Proprio per il valore strategico di Ravenna e dei suoi ultimi investimenti, alcune importanti imprese hanno deciso di concentrare la loro attività in città e di incentivare in modo ancora più sostenuto il potenziamento dell’area. Tra queste imprese anche la Bunge Italia, consociata italiana del Gruppo Bunge, società multinazionale operante nel mercato agroalimentare su scala mondiale. «In stretta collaborazione con l’Autorità portuale di Ravenna – spiega Maurizio Corcelli, amministratore delegato della filiale nazionale – abbiamo lanciato, e stiamo ora realizzando, interessanti lavori di incre-

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Maurizio Corcelli, amministratore delegato di Bunge Italia, con sede a Ravenna www.bunge.com

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Investire nel potenziamento delle capacità logistiche di alcuni territori strategici significa incentivare lo sviluppo industriale ed economico di molte città. È il caso di Ravenna. L’analisi di Maurizio Corcelli Emanuela Caruso

mento delle capacità logistiche già presenti sul territorio». Che cosa prevede e come si articola questo progetto? «Nodi centrali del progetto d’investimento, che ammonta a un totale di 24 milioni di euro, 8 dei quali dedicati a infrastrutture portuali realizzate dall’Autorità Portuale, sono il potenziamento delle zone di sbarco, il miglioramento di tutti i trasporti interni, e l’adeguamento e il rafforzamento dei punti di carico e scarico di prodotti e materie prime. Tutti questi fattori sono stati pensati per portare a una netta riduzione dell’impatto ambientale e per creare notevoli benefici in termini di produttività e competitività. Gli interventi saranno ultimati nella primavera del 2012 e raddoppieranno i volumi di traffico movimentato ogni anno dalla Bunge, consentendoci così di aumentare la nostra presenza sul territorio di Ravenna, di valutare un ulteriore sviluppo dell’attività in termini di importazioni, e di razionalizzare il ciclo produttivo, in particolare per quanto riguarda l’area di raffinazione degli oli». Quanto è importante un investimento del genere per la Bunge Italia?


Maurizio Corcelli

La collaborazione tra realtà industriali e autorità del territorio è necessaria per portare avanti progetti volti allo sviluppo territoriale

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«Per una società di commodities agroalimentare come la nostra, migliorare l’assetto logistico rappresenta una strategia indispensabile per dare continuità alle operazioni aziendali e aumentare la competitività sul mercato nazionale e mondiale. La città di Ravenna si è dimostrata davvero adatta al nostro obiettivo e aver iniziato un investimento del genere testimonia quanto positive e necessarie possano essere le sinergie e le collaborazioni tra industrie e autorità del territorio. Attualmente, possiamo dire con certezza che l’ambito agroalimentare italiano è quello che sta assistendo ai più rilevanti incentivi e miglioramenti». Quali sono le attività di cui si occupa il Gruppo Bunge e quali i suoi numeri? «Il Gruppo Bunge impiega oltre 32mila persone in più di 40 nazioni sparse in tutto il mondo e riesce a farlo attraverso una catena integrata che inizia dalla coltivazione e arriva fino ai clienti e ai consumatori finali. Le attività su cui si concentrano gli sforzi e le energie imprenditoriali e produttive dell’azienda sono l’approvvigionamento di semi oleosi e cereali, e il conseguente trasporto e commercio sui mercati mondiali; la spremitura dei semi per ottenere farine a uso zootecnico e oli per

l’industria di biocarburanti ed energie rinnovabili; e la produzione di olio raffinato e confezionato, di margarine e maionese. La Bunge si occupa, inoltre, anche della macinazione di grano e mais per realizzare materie prime destinate a prodotti da forno e alimentari; della produzione di zucchero di canna per la generazione di etanolo ed energia elettrica; e infine della vendita di fertilizzanti». Nello specifico, quali sono invece le attività e le lavorazioni svolte nello stabilimento della consociata italiana della Bunge? «Grazie all’impianto produttivo sito a Porto Corsini, la Bunge Italia, che conta 160 addetti, lavora in particolare soia, colza e girasole per ottenere farine e olio, compreso quello raffinato. La nostra azienda nazionale vende sul mercato tanto i prodotti del sito produttivo italiano, quanto grano e farine di importazione. L’attività della Bunge Italia viene poi completata dalle operazioni svolte dal reparto di confezionamento dell’olio in bottiglia. È molto importante ricordare anche che la nostra filiale è collegata all’impianto di biodiesel di Novaol, per il quale provvede alla fornitura e alla neutralizzazione di olio di soia e colza, volte alla produzione dei biocarburanti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 111


Un settore in cerca di risposte Il mondo dell’autonoleggio con conducente è alla ricerca di risposte legislative più certe che pongano un limite alle speculazioni di mercato e al costante aumento dei costi che gli operatori devono sopportare. Il parere di Federico Sandri, legale rappresentante e presidente di Amne Erika Facciolla

l noleggio auto con conducente rappresenta un settore che nel corso degli anni ha subito diversi cambiamenti e attraversato momenti di grave difficoltà, soprattutto a causa di una regolamentazione incerta e a volte contraddittoria. A questo proposito è bene ricordare che le imprese operanti nel cosiddetto Ncc (noleggio con conducente), a differenza dei taxi, hanno licenze senza limiti territoriali e auto di rappresentanza di classe alta, il ché vuol dire forti costi di manutenzione e consumi elevati. Ecco perché la maggior parte degli operatori del settore sta gradualmente convogliando in realtà cooperative e consortili. Un esempio, in tal senso, è quello di Amne, società consortile modenese che offre servizi di autonoleggio con conducente in Italia e all’estero grazie ad un ampio parco di autovetture e monovolume dotate di ogni comfort. Analizziamo il momento che il comparto sta vivendo con il titolare di Amne, Federico Sandri. Quali sono i principali cambiamenti che il vostro settore ha affrontato? «Il principale cambiamento che queste imprese hanno dovuto fare è stato quello di organizzarsi in consorzi o intraprendere relazioni con aziende

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concorrenti per affrontare un mercato con richieste sempre più complesse e per offrire una logistica specializzata». Come funziona il regolamento che determina la concessione delle licenze? «L’emissione di nuove licenze dipende dalle politiche dei singoli comuni e viene regolamentata tramite bando di concorso. L’alternativa è acquistarle da chi ne è già in possesso, ma questo costituisce un aspetto molto delicato in quanto l’elemento speculativo in certi casi è forte». Qual è la posizione di Amne rispetto a questo fenomeno? «Siamo contrari a politiche speculative sul prezzo della licenza dettate dal contingentamento della licenza stessa o da posizioni predominanti esercitate da una singola coope-

Federico Sandri, presidente di Amne che ha la sede a Modena www.amne.it


Federico Sandri

rativa. Amne è convinta che vada valorizzata l’impresa per il volume d’affari che garantisce, per la qualità della clientela e per la sua capacità progettuale». In tale senso, quale dovrebbe essere la giusta linea di condotta da seguire? «L’errore che fanno molte cooperative è quello di proporre prezzi che sono tre o quattro volte il volume d’affari reale. Amne ritiene che il consorzio debba sforzarsi di trovare il giusto equilibrio per tutelare sia il vecchio che il nuovo socio. Questa filosofia ha permesso ai soci di non temere la liberalizzazione ma di concentrarsi sempre di più sul mercato e le sue dinamiche». Il vostro settore si pone inevitabilmente in competizione con quello dei taxi. «In realtà non ci sarebbe scontro se si rispettasse una sostanziale differenza che la norma mette in evidenza. Infatti il servizio taxi si rivolge ad un’utenza indifferenziata, le tariffe sono determinate dal comune e garantite dall’uso del tas-

Siamo contrari a politiche speculative sul prezzo della licenza dettate dal contingentamento della licenza stessa o da posizioni predominanti

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sametro, mentre l’Ncc si rivolge ad un’utenza differenziata la quale “prenota” il servizio a fronte di una tariffa concordata. Questa sostanziale differenza fa comprendere quali sono gli elementi che il cliente ricerca: garanzia della macchina, dell’orario, richiesta di un autista particolare o di un tipo di mezzo, logistica nell’organizzare eventi e costo certo». Negli ultimi giorni abbiamo assistito all’impennata dei prezzi dei carburanti, insieme ad altri rincari come assicurazione e bollo. Come incide tutto ciò nel vostro settore? «Sicuramente questi rincari ci preoccupano anche se siamo maggiormente preoccupati dei tempi di pagamento che si allungano sempre di più. Probabilmente se fossimo più tutelati potremmo anche tentare di sostenere i rincari senza incrementare le tariffe». Cosa occorre fare, a suo parere, per migliorare il trend del settore? «Gli operatori Ncc hanno spesso una mentalità provinciale e poco lungimirante. Questa è la critica che ci facciamo spesso. Mai come adesso occorre fare uno sforzo imprenditoriale notevole proponendo idee innovative che abbiano risvolti sociali e non solo elitari».

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MODELLI D’IMPRESA

Un’imprenditoria “a misura d’uomo” I momenti di crisi sono la migliore occasione per riflettere non solo sul sistema economico e industriale del Paese, ma anche sul modo di relazionarsi nel mondo lavorativo. Alberto Calderoni propone le sue considerazioni sul tema Amedeo Longhi

l fattore umano e la produttività aziendale sono saldamente interconnessi. Sono fermamente convinto dell’importanza basilare che i rapporti umani rivestono nelle attività commerciali, soprattutto se queste sono di dimensione familiare». Secondo Alberto Calderoni la dimensione relazionale rappresenta quindi un aspetto di primaria importanza dell’imprenditoria di oggi. Sulla base di questa convinzione porta avanti l’attività della Inter-Stock Lamiere insieme ad Aldo Zauli, fondatore e titolare dell’azienda romagnola. «Zauli ha creato un ambiente lungimirante e motivato, ha motivato e soprattutto realizzato prospettive concrete per persone che lavorano all’Inter-Stock Lamiere creando aggregazione, partecipazione e produttività». Quali sono i valori imprenditoriali su cui si fonda l’attività? «L’azienda è vissuta non solo dalla famiglia, ma da tutti i dipendenti. Cerchiamo di ritagliarci sempre il tempo per condividere esperienze e opinioni e questo aspetto anche dal punto di vista commerciale si rivela vincente. Conoscersi meglio non solo a livello professionale si traduce in aggregazione, partecipazione, produttività. Personalmente non trovo necessario ripensare economie “a misura

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Sopra, Alberto Calderoni, amministratore della Inter-Stock Lamiere di Forlì. Sotto, Aldo Zauli, fondatore e titolare dell’azienda www.interstocklamiere.com

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d’uomo”, semplicemente perché il sistema economico e produttivo che abbiamo oggi si presta già a essere ricondotto a questa dimensione. La crisi che ci attanaglia oggi è sociale prima che economica ed è in quell’ambito che va curata: vanno prima di tutto recuperati i valori di condivisione, socialità, senso di comunità e allontanate le spinte negative e gli squilibri che si ripercuotono poi anche sulla sfera lavorativa e quindi economica». Quali sono le difficoltà che vi trovate ad affrontare? «A livello imprenditoriale ci si trova ovviamente a occuparsi di tutti gli aspetti inerenti all’attività aziendale: risorse umane, reparti produttivi, politica commerciale, incombenze finanziarie. Questo significa sottoporsi costantemente e obbligatoriamente a un continuo aggiornamento, che spesso trasmette la sensazione di trovarsi in un’eterna rincorsa dato che tutti gli aspetti commerciali, finanziarie, burocratici e tecnologici sono in continuo movimento». In cosa consiste nello specifico l’attività


Alberto Calderoni

dell’azienda? «Siamo commercianti puri di acciai al carbonio, di eccedenze di prima, seconda e terza scelta. Siamo anche distributori. Il nostro core business è la commercializzazione di prodotti piani – coils, lamiere, nastri –, rivestiti – zincati, elettro-zincati, alluminati – , laminati a freddo e a caldo. Abbiamo fatto la scelta di investire sul materiale e non sulla tecnologia per trasformarlo. Per ora siamo contenti di questa decisione, poiché abbiamo riscontrato una buona risposta di un mercato che premia la velocità del servizio e la flessibilità. La costante disponibilità a magazzino ci consente di essere un valido fornitore sia per centri di servizio, coloro che trasformano il materiale, sia per piccoli o grandi utilizzatori». Quali sono i parametri in base ai quali selezionate i clienti, i fornitori e in generale partner con cui lavorare? «Credo che questo aspetto rappresenti il vero problema imprenditoriale italiano: gran parte del nostro tempo ormai lo trascorriamo a prendere informazioni, scambiarci

La crisi che ci attanaglia oggi è sociale prima che economica ed è in quell’ambito che va curata

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conoscenze e opinioni con colleghi al fine di valutare principalmente una sola cosa: la serietà del cliente, cioè la sua solvibilità. Oggi si può dire che il problema non è tanto vendere quanto piuttosto incassare. Diventiamo retorici nel sottolineare le sempre maggiori difficoltà di accesso al credito, quindi se dobbiamo “fare da banca al cliente” lo facciamo con chi ci fornisce più garanzie, a costo di abbassare i volumi di vendita. Di mancato guadagno si campa, di insolvenza si muore e l’insolvenza in Italia sembra quasi legittimata da un sistema giudiziario indecoroso. Da qui nasce l’esigenza di ripensare il sistema nella sua interezza partendo da noi stessi, stando attenti a non tradire quel mandato che la scuola, la politica e in parte la famiglia ha disatteso».

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MODELLI D’IMPRESA

La cultura del tempo made in Modena L’imprenditoria modenese spicca per la produzione di misuratori del tempo e dona agli orologi “made in Italy” tutte le carte in regola per competere con gli esperti esteri del settore. L’esperienza di Liliana Caselli Emanuela Caruso

a recessione che tre anni fa ha colpito l’intero settore dei misuratori del tempo ha allentato la presa, permettendo così al mercato italiano di riassestarsi e di analizzare con calma i risultati ottenuti nel 2011. Dai dati ufficiali è emerso che il totale degli orologi venduti è stato di poco inferiore alla quantità registrata nel 2010, ma ben superiore a quelle raggiunte nel biennio 2008-2009. L’Italia, inoltre, ha saputo tenere il ritmo dei grandi del settore orologeria, ovvero Svizzera, Cina e Germania, e portare in tutto il mondo lo stile unico del “made in Italy”. Proprio del “made in Italy”, più precisamente del “made in Modena”, ha fatto la sua caratteristica distintiva la società Lowell, guidata da Liliana Caselli. «La nostra azienda – spiega Liliana Caselli – è un classico esempio di imprenditoria modenese, quella che nasce da intuizione, tenacia e passione. Sono queste le carte vincenti con cui affrontiamo

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Liliana Caselli è titolare della Lowell di Modena www.lowell.it

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ogni giorno il mercato e che ci hanno permesso di arrivare al vertice del mercato europeo nella produzione di orologi da parete». Com’è nata e come si è evoluta negli anni la Lowell? «La società è stata fondata da me e da Fabio Meschieri nel 1969 con il nome di Modena Watch ed è stata la prima a presentare al mercato il rivoluzionario modello di orologioagenda, prodotto che ha riscosso subito un enorme successo e che è stato adottato da importanti strutture alberghiere, tra cui anche l’Hotel Real Fini di Modena. L’azienda ha preso il nome di Lowell all’inizio degli anni 70, specializzandosi contemporaneamente nella produzione di orologi da parete e grande orologeria. Negli anni seguenti, il raggio d’azione dell’attività si è ampliato ed è andato a inglobare tutti i misuratori del tempo, dalle sveglie alle stazioni barometriche agli orologi da polso. Oggi vantiamo un catalogo di oltre 2500 prodotti, più di 4000 punti vendita in Italia e un export che si rivolge ai mercati europeo, con una buona presenza anche nei paesi dell’Est, giapponese, nord e sud americano, e medio orientale». Uno degli ambiti più cari alla Lowell è quello della produzione di orologi da parete. Come sono realizzati e quali peculia-


Liliana Caselli

rità li contraddistinguono? «Il ciclo produttivo degli orologi da parete si svolge totalmente all’interno dell’azienda e si serve di tecniche esclusive messe in pratica da uno staff qualificato e preparato. L’iter è composto dalle fasi di progettazione, costruzione, verniciatura, serigrafia e assemblaggio; la presentazione al mercato viene affidata ad una collaudata rete di agenti. Il punto di forza di questa collezione di orologi è la serigrafia su vetro, un delicato processo che consente di imprimere sui quadranti i segni e le misure del tempo. È una tecnica molto antica e del tutto manuale, che necessita di precisione e abilità e che è stata messa a punto dalla nostra società come “marchio di fabbrica”». Un’altra produzione Lowell che ha incontrato il favore del pubblico e del mercato è quella degli orologi da polso. Quali le principali caratteristiche? «I nostri orologi da polso hanno da subito trovato un buon posizionamento a livello di mercato grazie alle particolari caratteristiche estetiche, alla ricercatezza dei materiali e dei meccanismi, e all’ottimo rapporto qualitàprezzo; e ancora, alla buona vestibilità di cui sono dotati, a un servizio di distribuzione puntuale e a un’assistenza post vendita rigorosa e ormai collaudata. Poniamo grande at-

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La tecnica della serigrafia su vetro è il “marchio di fabbrica” che identifica i nostri prodotti

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tenzione nella scelta di ciascun modello, perché oltre al design vogliamo garantire una meccanica di estrema affidabilità, obiettivo che ci spinge a effettuare severi controlli di qualità del prodotto». Sin dall’inizio dell’attività, avete dato grande importanza alla comunicazione. «Comunichiamo con il mercato e il nostro pubblico utilizzando le potenzialità di tutti gli strumenti, dalla stampa di settore alle newsletters che inviamo al nostro bacino d'utenza, dai cataloghi curati nella grafica come libri da sfogliare, al sito web fino alla nuova app scaricabile gratuitamente ILowell. Editiamo poi in 5.000 copie il magazine “Oltre il Tempo” che ha creato nel tempo un filo diretto con la nostra clientela. La rivista parla della cultura del tempo, mostra i volti e le opinioni del nostro staff, e introduce le ultime proposte del marchio e le iniziative del gruppo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 117


MODELLI D’IMPRESA

Sculture per l’alta moda odena, culla italiana di auto prestigiose come Ferrari, Lamborghini, Maserati e Pagani. Ma anche patria di un settore che sta riscuotendo un enorme successo in molte parti del mondo, quello dei manichini. «La vicinanza con case automobilistiche così importanti ci ha consentito di accedere alle migliori tecnologie e professionalità in merito alle verniciatura dei nostri manichini, vissuta esattamente come la verniciatura di un’automobile di lusso. L’utilizzo di vernici pregiate rende i nostri manichini ancor più unici ed esclusivi». Racconta Alain Leporati, titolare della King Manichini. Come siete arrivati all’intuizione di specializzarvi proprio in manichini? «La nostra società nasce alla fine degli anni 80 quando la zona di Carpi stava vivendo il momento più magico della sua realtà industriale legata al settore della maglieria e dell’abbigliamento. Siamo partiti rispondendo alle esigenze del settore producendo busti sartoriali realizzati secondo le misure desiderate dagli stilisti più esigenti, poi abbiamo esteso la nostra produzione al mondo retail con linee di busti uomo e donna creati specificatamente per la vetrina. Nel 2000 si è assistito a un “boom economico” dei manichini, che non si vedevano nei negozi di tendenza dagli anni 70, e ci siamo specializzati nella produzione di manichini a corpo intero». La vostra azienda si confronta continuamente con il mercato internazionale. Verso quali paesi esteri espor-

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Alain Leporati, titolare della King Manichini di Carpi (MO) www.kingmanichini.it

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Tra cura meticolosa dei dettagli e particolare attenzione a ogni singolo anello che porta dall’idea alla vetrina, nascono i manichini che espongono l’alta moda italiana ed estera. Ne parla Alain Leporati Nicoletta Bucciarelli

tate maggiormente e con quali numeri? «Il 65% della produzione è destinata all’estero e il restante 35% viene assorbito dal mercato interno. I mercati che ci hanno premiato maggiormente sono stati i mercati arabi, i mercati dell’est e i mercati europei. Si è assistito a un rallentamento delle vendite negli Stati Uniti a causa del cambio così sfavorevole col dollaro ma contestualmente abbiamo avuto vendite in luoghi inaspettati come il Kazakistan, la Tanzania o l’Azerbaijan». Quali sono i materiali con cui vengono realizzati i manichini e che tipo di lavorazione necessita il materiale per arrivare al prodotto finale? «Fra busti e manichini nelle nostre lavorazioni vengono utilizzati davvero i materiali più svariati come vetroresina, kevlar, acciaio, legno, pelle, cuoio, tessuti tra i più ricercati e lavorazioni innovative come la carta stratificata e verniciature speciali. Tutte le materie prime vengono scrupolosamente selezionate e fino ad oggi siamo riusciti a non piegarci all’importazione dai paesi asiatici per nessun elemento. L’unica importazione proviene dalla Svizzera e riguarda le calamite al neodimio per gli attacchi spalla brevettati. Un’unicità che ci differenzia in termini di praticità dai nostri concorrenti».


Alain Leporati

❝ Una componente fondamentale dei vostri prodotti è rappresentata dall’estetica e dalla cura nei dettagli. «La progettazione nasce come in tutti gli altri settori da un’idea. L’idea viene sviluppata creando una vera scultura che diventa una sorta di statua che deve essere sezionata per permetterne la vestizione. Abbiamo cercato di ridurre al minimo i tagli che tolgono eleganza all’oggetto evitando i tagli in vita e nella giuntura delle mani. Terminata questa fase si passa alla realizzazione vera e propria dello stampo per poi essere pronti per la produzione. Anche se viene utilizzato uno stampo, l’applicazione della vetroresina avviene del tutto manualmente e anche quando il manichino è pronto, occorrono ancora ore ed ore di manodopera per poterlo passare al reparto verniciatura. Terminata la verniciatura a triplo strato, il manichino può essere ultimato montando una serie di dettagli che lo completano». Siete riusciti a garantire l’unicità e allo stesso tempo la qualità del prodotto. Come lavorate sotto questo punto di vista? «Ogni articolo che esce dalla nostra produ-

Ogni articolo che esce dalla nostra produzione è sempre unico in quanto viene lavorato artigianalmente

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zione è sempre unico in quanto viene lavorato artigianalmente. Ogni passaggio viene affidato a personale specializzato in quella determinata specifica lavorazione e quando il prodotto è finito viene eseguito il collaudo ed effettuato il controllo qualità finale. Per noi la qualità implica un’attenzione anche al materiale d’imballaggio affinché i nostri prodotti arrivino perfetti a destinazione. Dato che la maggior parte delle nostre spedizioni sono dirette all’estero utilizziamo cartoni realizzati a misura, vulcanizzati ad alta resistenza, foderati in polistirolo, ed effettuiamo un grande utilizzo di pluriball a maxi bolla a protezione ulteriore delle vernici dagli urti. Il tutto comporta ulteriori costi ma l’attenzione anche all’ultimo anello del ciclo produttivo è necessaria per garantirne la qualità d’insieme. Il ciclo di produzione per noi finisce quando il nostro prodotto è montato in vetrina in perfette condizioni». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 119


La qualità nella tradizione Nata nel 1950 e fondatrice del famoso marchio del ‘caffè in frac’, oggi Moka Rica è sinonimo di ricerca e innovazione nel campo dell’espresso. Franca Carella descrive la costante politica di sviluppo e innovazione portata avanti dalla famiglia Erika Facciolla

l 2011 è stato un anno molto difficile per i torrefattori italiani, soprattutto per quelli operanti nel settore bar – caffetterie. Oltre alla crescita esponenziale del prezzo del caffè, iniziata già nel 2010, si è assistito ad un crollo di circa il 30 per cento del consumo delle colazioni mattutine nei bar, dovuto principalmente alla crisi economica. Inoltre ha certamente influito l’uso sempre più frequente e diffuso della monoporzione (capsula e cialda) sia a casa che negli uffici e nelle comunità di lavoro. I consumi, dunque, confermano il trend in progressiva contrazione, una contrazione quanto mai difficile da digerire soprattutto in un paese come l’Italia, amante per tradizione della buona tavola e dei sapori autentici. Resistono, però, diversi casi di eccellenza. Tra questi, la Moka Rica di Forlì, torrefazione attiva dal 1950 e fondatrice del famoso marchio del ‘caffè in frac’. Oggi Moka Rica è sinonimo di ricerca e innovazione nel campo del-

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l’espresso, grazie ad una costante politica di sviluppo e di innovazione tecnologica sviluppata negli anni dalla famiglia Carella, proprietaria dell’impresa. Franca Carella, amministratore della Moka Rica, spiega che «vi è un forte impegno nel mantenere inalterato lo standard qualitativo delle nostre miscele, ritoccando solo minimamente i prezzi di vendita. Si è migliorata, allo stesso tempo, l’assistenza tecnica post-vendita alla clientela e si è portato a compimento il progetto di una scuola di caffetteria dove si propone un’offerta formativa che arricchisce la specializzazione del barista». La rete distributiva della Moka Rica si avvale di agenti specializzati e concessionari di vendita che contribuiscono a diffondere il marchio in diverse regioni del nord e del centro Italia, così pure all’estero attraverso importatori europei diretti. «Il nostro prodotto – racconta Franca

La Moka Rica Spa si trova a Forlì www.mokarica.com


Franca Carella

Carella – si rivolge soprattutto al settore ‘bar’ e si presta ad essere consumato sia al bancone che al tavolo, per un breve momento di relax o una sosta più lunga. Ma la gamma dei prodotti firmati Moka Rica – continua Carella – sta entrando anche nelle case degli italiani con le pratiche cialde e capsule». In un mondo che cambia ed evolve velocemente, garantire la qualità di sempre è uno dei valori sulla quale l’azienda forlivese ha costruito la propria immagine e credibilità. Il fondatore Franco Carella, creatore del ‘caffè in frac’, volle comunicare proprio l’alto livello qualitativo che caratterizzava il prodotto della sua torrefazione. È per questo che ancora oggi, la famiglia Carella, prosegue l’attività nel segno di quegli stessi valori: «Moka Rica sce-

Affronteremo il 2012 con una serie di novità: il restyling della nostra immagine e un maggiore impegno in favore dell’ambiente

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glie la qualità della tradizione. Il nostro laboratorio di analisi garantisce tale qualità partendo dal controllo delle materie prime in arrivo fino ai processi di lavorazione del prodotto finito. L’esperienza e l’abilità dei mastri torrefattori – sottolinea la Carella sono fondamenti per l’equilibrio e la costanza delle miscele prodotte». Una scelta lungimirante, che ripercorre i punti di forza della storia imprenditoriale e non cede alla globalizzazione dei sapori, ma difende e valorizza le peculiarità di una scelta compiuta ogni giorno da oltre sessant’anni. «Siamo pronti al 2012 con una serie di novità: il restyling della nostra immagine e l’impegno a favore dell’ambiente, inteso come una delle chiavi di valorizzazione del nostro marchio che ci porterà a racchiudere tutta la qualità e la fragranza del prodotto anche in capsule biodegradabili. Il caso delle cialde monouso – conclude Franca Carella – è emblematico: il contenitore diventa parte integrante del prodotto finale e come tale deve garantire l’aroma del caffè che scende lentamente nella tazzina un attimo prima di essere sorseggiato con piacere». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 125


Il riso italiano sempre più apprezzato all’estero Il mercato orientale apre le porte al riso ferrarese del Delta del Po. In particolare sono sempre più numerosi i ristoranti italiani in Cina e che lo utilizzano. A confermarlo, Alessandro Grandi Adriana Zuccaro

econdo quanto prevede il bando approvato nei giorni scorsi dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Agricoltura Tiberio Rabboni, due milioni e 100mila euro sono stati destinati alla promozione del consumo di prodotti tipici e di qualità dell’Emilia-Romagna, tutelati dall’Unione europea e dalle leggi italiane, grazie al Piano regionale di sviluppo rurale. Tra i prodotti cui è rivolto il bando, non poteva mancare il riso del Delta del Po Igp: la sua produzione copre attualmente circa 9mila ettari di territorio tra Veneto ed Emilia Romagna. Da Pontelangorino, nel ferrarese, l’ultimogenito di una tradizione risicola che risale a quattro generazioni, Alessandro Grandi, è riuscito a condurre il “testimone” della Grandi Riso, con una produzione complessiva nel territorio di mezzo milione di quintali di riso l’anno e l’exploit commerciale verso la nazione simbolo del riso e

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del suo consumo, la Cina. Sfondare una fetta di mercato della “patria del riso” è una conquista notevole. Attraverso quali strategie la Grandi Riso è riuscita a espandere la commercializzazione in Cina? «L’azione commerciale della Grandi Riso è certamente connessa a una nuova tendenza delle grandi imprese attive nel settore della ristorazione che sempre più spesso decidono di esportare la cucina italiana anche in Oriente. E proprio in Cina, ad esempio, ogni giorno viene avviato un numero sempre più alto di ristoranti italiani di diverso target e affluenza. Il pubblico consumatore che vanta un reddito importante non accetta che il riso utilizzato per il risotto, piatto tipico della nostra cucina, non abbia le caratteri-

Alessandro Grandi, amministratore della Grandi Riso Spa con stabilimento a Pontelangorino (FE). Nelle altre immagini, dettagli delle risaie e una fase di confezionamento www.grandiriso.it


Alessandro Grandi

stiche di quello italiano. Con la crescita della richiesta dei ristoranti italiani presenti in Cina si è dunque incrementato il volume d’affari della società per azioni di cui sono fieramente amministratore». Quali dati indicano invece la crescita della commercializzazione del riso in Italia? «Grandi Riso è un marchio che nel 2011 ha registrato un aumento del 82% conTra macchine tradizionali e tecnologia fermando una maggiore crescita e peneavanzata, la produzione di Grandi Riso trazione nei mercati nazionali. Un risultato ancor più straordinario, poiché i ammonta 2mila e 500 quintali concorrenti sono marchi storici del made di riso al giorno in Italy. Per intendere il “gran salto”, negli ultimi anni, il nostro stabilimento di Pontelangorino è passato da una produzione di poche centinaia di quintali di riso fino proprio nel delta del Po». a 280.000 quintali annui, con una produzione Quanto incide l’export sui bilanci della complessiva nel territorio di mezzo milione». società? Cosa contraddistingue la filiera Grandi «Esportiamo in paesi come Germania, FranRiso? cia, Inghilterra, Spagna, Grecia, paesi del«Innanzitutto la riseria, che è un giusto com- l’Est, Medio Oriente, Stati Uniti, Canada, promesso tra macchine tradizionali e tecnologia Australia, solo per citarne alcuni. Abbiamo avanzata, controllo a fibre ottiche e infrarossi, ca- chiuso l’anno appena salutato con un fattupace di garantire uno standard qualitativo alto e rato di circa 25 milioni di euro contro i 15 di costante (una produzione attuale di 2mila e 500 due anni fa. Gli alti livelli di export raggiunti quintali al giorno con previsione di arrivare a dipendono in parte anche dalla qualità, che il 4mila e 500 nel 2012), ottenendo un giusto nostro territorio ci regala, da oggi anche cerrapporto tra qualità e prezzo. Il nostro marchio tificata Igp. Un atto di valorizzazione molto rappresenta una filiera trasparente che ha origine importante per il nostro territorio e che unito alla migliore qualità del prodotto potrebbe dare risultati eccellenti». Dove risiede la forza della tradizione Grandi? «Nell’attenta gestione delle opportunità offerte dai mercati. Sappiamo bene che se l’obiettivo è far conoscere il nostro riso, bisogna dare un prezzo giusto e competitivo che permetta alla distribuzione di avere rotazioni importanti e garantite nel tempo. Solo così potremmo dare un valore aggiunto a tutti gli agricoltori che si impegneranno seriamente a seguire i disciplinari richiesti».

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PRODOTTI ALIMENTARI

L’alternativa alla pastorizzazione on è pastorizzata, non contiene additivi o conservanti e non ha zuccheri aggiunti. Stiamo parlando della frutta di IV gamma proposta da Macè, l’azienda nata nel 2000 e che ha sede a Sant’Agostino (FE). Paola Pivetti ci ha parlato del processo di lavorazione che la sua azienda utilizza ed in particolare del procedimento denominato feel-pure, «I nostri prodotti vengono sottoposti ad un trattamento ad alta pressione a freddo che li stabilizza e rallenta considerevolmente lo sviluppo degenerativo dei microrganismi naturalmente presenti nella frutta. Non vengono quindi “cotti”, mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche e nutritive. Una tecnica innovativa, utilizzata in Italia solo da Macè». Che tipo di frutta propone Macè? «Macè produce frutta di IV gamma (tagliata, pelata e pronta da mangiare), frutta da bere, frutta da gustare (creme non pastorizzate con pezzi di frutta fresca) e fruit bags, ovvero “frutta da passeggio” confezionata per il consumo veloce. Inoltre, in occasione del Sigep, il Salone Internazionale della Gelateria e della Pasticceria, che si terrà a Rimini dal 21 al 25 gennaio, abbiamo preparato un’interessante novità: una linea dedicata alla gelateria. Si tratta di una serie di polpe di frutta fresca, conservabili nel frigorifero, sempre trattate con il procedimento feel-pure, quindi senza conservanti e non pastorizzate, utili per la preparazione del gelato. Per chi vorrà venirci a trovare, saremo al padiglione C5, stand 32.»

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Paola Pivetti (a destra), titolare della Macè di Sant’Agostino (FE), insieme Silvia Pivetti www.macefruit.com

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Proporre frutta naturale al 100% senza utilizzare tecniche che ne modificano le proprietà fisico-organolettiche oggi è possibile. Ecco l’analisi di Paola Pivetti, titolare dell’azienda Macè Amedeo Longhi

Quali sono le caratteristiche di questo tipo di frutta? «Sostanzialmente frutta fresca pronta da mangiare: sana, priva di conservanti, non pastorizzata, che garantisce un importante apporto di antiossidanti naturali, fibre, vitamine e sali minerali. La nostra frutta viene pelata, lavata, tagliata e confezionata in pratiche vaschette che danno la possibilità di consumarla in qualsiasi luogo ed ora della giornata. I nostri prodotti, essendo freschi, vanno conservati in frigorifero ed hanno una scadenza che va dagli otto ai diciotto giorni, le polpe di frutta fresca per la preparazione del gelato che hanno invece una scadenza di 25 giorni. Una volta aperti sono da consumare entro le successive quarantotto ore». A chi sono destinati i vostri prodotti? Dove sono distribuiti? «I nostri prodotti sono destinanti a tutti: adulti e bambini. Da sempre distribuiamo la nostra frutta attraverso due importanti canali, quello dell’Ho.Re.Ca e quello della Grande Distribuzione Organizzata. Col tempo abbiamo maturato un solido legame con alcuni importanti gruppi nazionali ed internazionali. Per questo motivo abbiamo diverse tipologie di clienti, dai ristoranti agli hotel, dalle agenzie di catering alle mense, dalla gelateria al singolo consumatore finale». Da poco avete presentato la linea Onlyou. Quali sono le sue particolarità?


Paola Pivetti

«Onlyou è la nostra nuova collezione di spre mute e creme di frutta. Una linea di frutta pronta da consumare, assortita e sempre fresca, comoda e sana. Come tutti i nostri prodotti, gode di tutti i vantaggi del trattamento feelpure. E’ una linea dedicata al consumatore finale che la può trovare nel banco frigo dei supermercati. Gusto e benessere a portata di mano, direttamente dal proprio frigorifero, con una scadenza di 18 giorni». Ci parli dell’attività di ricerca e sviluppo dell’azienda. «Il nostro stabilimento è dotato delle tecnologie più moderne, utili per un’attenta attività di ricerca e sviluppo del prodotto. Importanti per noi sono gli standard igienico-sanitari del settore. Inoltre, la nostra conoscenza delle più delicate tecnologie di pelatura, taglio e conservazione (cut & chill) garantisce al consumatore un prodotto di elevata qualità che mantiene il sapore e le proprietà organolettiche della frutta fresca.». Che tipo di supporto fornite alla salvaguardia am-

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Feel pure è il nostro esclusivo procedimento freddo ad alta pressione che non “cuoce” l’alimento come invece avviene con la pastorizzazione

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bientale? «Per noi è molto importante il rispetto dell’ambiente e della terra, perché è da lì che nasce la nostra frutta. Proprio per questo lo rispettiamo adottando i metodi più sicuri e moderni. Per la sanificazione della frutta utilizziamo tecniche all’avanguardia, come l’ozonizzazione dell’acqua e dell’aria. Effettuiamo controlli sistematici della materia prima, del processo di lavorazione e del prodotto finito. Interventi molto importanti in quanto si riducono i passaggi di lavorazione, si risparmia energia e materia prima, contenendo la quantità di scarti da smaltire. Gli scarti organici della produzione vengono poi mandati ad una centrale che produce biogas. Disponiamo poi di un impianto fotovoltaico di 360 kW e di un sistema di depurazione autonoma delle acque». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 129


PRODOTTI ALIMENTARI

La pasta surgelata conquista la ristorazione In Emilia-Romagna il mangiare bene è una vera filosofia di vita, che si tramanda da generazioni. Romana Tamburini spiega come produrre pasta fresca surgelata nel solco della migliore tradizione artigianale Guido Puopolo

n periodi di ristrettezze economiche le famiglie, per far quadrare i conti, sono costrette a “tagliare” diverse spese considerate superflue. Anche per questo la gente si reca al ristorante con meno frequenza rispetto al passato, ma quando lo fa pretende giustamente di mangiare bene. È partendo da questi presupposti che la Surgital Spa, azienda nata nel 1980 a Lavezzola, in Romagna, come piccolo laboratorio artigianale e oggi diventata una realtà leader nella produzione di pasta fresca surgelata e sughi per la ristorazione di qualità, ha ideato una nuova linea di prodotti, che in breve tempo ha rivoluzionato il mondo della pasta fresca, come racconta il presidente del gruppo, Romana Tamburini: «Dedicata agli chef e ai ristoratori che sanno riconoscere e apprezzare i sapori autentici della migliore cucina italiana, questa linea, denominata Divine Creazioni, con i suoi ingredienti Dop, gli abbinamenti ricercati e il confezionamento esclusivo in plateau, è senza dubbio il piccolo capolavoro di Surgital». Quali sono le peculiarità che rendono i prodotti a marchio Divine Creazioni così speciali? «La linea Divine Creazioni presenta tutte le caratteristi-

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Romana Tamburini, fondatrice e presidente della Surgital Spa di Lavezzola (RA). Nella pagina a fianco, fasi di lavoro all’interno dello stabilimento aziendale www.surgital.it

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che della pasta fatta a mano, sia nell’aspetto che nelle qualità organolettiche, permettendo così di offrire ai consumatori un prodotto superlativo per consistenza e gusto, senza per questo rinunciare agli innegabili vantaggi della surgelazione. Ma c'è di più, perché la pasta fresca surgelata Divine Creazioni, nelle sue diverse referenze, rappresenta un vero e proprio viaggio alla riscoperta di prelibatezze tipiche della tradizione italiana». Per garantire la qualità dei suoi prodotti, Surgital ha scelto fin dall’inizio il metodo della surgelazione. Quali sono i vantaggi derivanti da questa tecnica? «La surgelazione è il sistema di conservazione più naturale che permette di mantenere inalterate le caratteristiche qualitative e nutrizionali degli alimenti, senza dover ricorrere all’uso di conservanti. All’interno del nostro stabilimento la surgelazione avviene in IQF - Individually Quick Frozen, che significa surgelare ogni pezzo separatamente dagli altri, a tutto vantaggio dell’utilizzo finale. Il risultato è una pasta delicata, di alta qualità organolettica che si conserva a lungo, senza però perdere le qualità della pasta fresca». Ricerca e innovazione sono dunque fondamentali anche nel vostro settore. Quali soluzioni avete adottato a questo proposito? «La continua ricerca rappresenta la base del nostro lavoro. In questi anni abbiamo sostenuto considerevoli investimenti, primo tra tutti la creazione di un Centro Ricerca e Sviluppo all’avanguardia. Qui lavorano biologi e tecnici al-


Romana Tamburini

La linea Divine Creazioni presenta tutte le caratteristiche della pasta fatta a mano, senza per questo rinunciare ai vantaggi della surgelazione

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tamente specializzati, che grazie anche al supporto fornito da macchinari di ultima generazione, assicurano un’accurata selezione delle materie prime e il controllo di tutto il processo produttivo, per offrire al mercato un prodotto di eccellenza, capace di conquistare anche i palati più raffinati». Quali sono attualmente i vostri mercati di riferimento e quali quelli che presentano le maggiori possibilità di sviluppo? «Oggi esportiamo i nostri prodotti praticamente

in tutto il mondo, dall’Europa agli Usa, passando per il Giappone e le Filippine. Siamo però sempre alla ricerca di nuove opportunità di business. Per questo guardiamo con grande interesse alla Russia e al Brasile, due Paesi dalle enormi potenzialità che intendiamo conquistare anche attraverso la partecipazione a fiere ed eventi promozionali, indispensabili per diffondere i nostri marchi su scala globale». Quali sono, infine, le prospettive per il futuro di Surgital? «La nostra è un’azienda giovane e dinamica che, pur in un contesto economico non facile, è riuscita a crescere notevolmente in pochi anni. Attualmente stiamo ultimando la costruzione di un nuovissimo magazzino automatizzato capace di contenere fino a 14.000 pallet a –20°C, in quanto siamo convinti che presto le cose miglioreranno, e non vogliamo certo farci trovare impreparati. Siamo una grande squadra, e con questo spirito guardiamo al futuro con ottimismo, con l’obiettivo di proseguire nel nostro percorso di crescita e sviluppo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 133


Tradizioni gastronomiche mediterranee Pilastro della dieta mediterranea, le alici rappresentano una delle tradizioni culinarie italiane. Zarotti da cinquant’anni armonizza memoria gastronomica e filosofia commerciale. Ne abbiamo parlato con Giovanni Palmieri Nicoletta Bucciarelli

Giovanni Palmieri è amministratore delegato della Zarotti Spa di Parma www.zarotti.it

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a dieta mediterranea rappresenta un orgoglio tutto italiano, da circa un anno riconosciuta come patrimonio dell’Unesco. Mette un po’ in allarme quindi la notizia pubblicata dal Wall Street Journal nella quale si ipotizza la possibilità che la nostra cucina, quella tramandata di generazione in generazione dalle donne di casa, si estingua, in un rapido e triste declino. Il quotidiano in ogni caso suggerisce un modo per evitare il tracollo definitivo, invitando la nuove generazioni a recuperare la tradizione culinaria, poiché la cucina italiana, da sempre stimata e apprezzata proprio per i suoi sapori, non può perdere nel tempo precisione e accuratezza. Tra queste tradizioni da recuperare c’è sicuramente la lavorazione delle alici, perno della dieta mediterranea e direttamente collegate all’antica cultura culinaria del nostro Paese. «Le alici rappresentano un prodotto della tradizione italiana da conservare e difendere. Però oggigiorno risulta di fondamentale importanza la presentazione di tale prodotto in ottica moderna». A parlare è Giovanni Palmieri, amministratore delegato della Zarotti Spa, azienda che da oltre cin-

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Giovanni Palmieri

quant’anni produce filetti di alici, sgombri e sardine, vongole e tonno. Zarotti risulta in una posizione di eccellenza per quanto riguarda la presenza nella Gdo. Che cosa si cela dietro questi successi? «Dietro il successo del brand Zarotti c’è indubbiamente la ricerca costante del miglior pescato e una dedizione particolare mostrata durante la fase produttiva al fine di garantire l’eccellenza del prodotto finito. Perché, è noto, il consumatore italiano è un cultore del buon cibo e non intende rinunciare alla qualità, anche in periodo di crisi economica. Inoltre risultano essere sicuramente determinanti altresì le scelte strategiche in ambito commerciale e per quanto concerne il marketing». La vostra realtà guarda soprattutto alla grande distribuzione italiana. Distribuite anche in altri paesi europei? «La nostra realtà industriale è senza dubbio orientata in primo luogo verso la GDO italiana, nostro canale distributivo per eccellenza. Però all’export abbiamo sempre guardato come un’importante opportunità dalle prospettive estremamente interessanti. Attualmente siamo presenti sul mercato europeo prevalentemente in Germania ed Austria e negli ultimi anni abbiamo consolidato la nostra posizione di mercato anche negli Stati Uniti, in Australia e in Giappone. L’obiettivo del brand Zarotti è quello di raggiungere una quota pari al 20% del fatturato totale per quanto concerne il comparto estero». Zarotti ha messo in primo piano la tradizione senza però accantonare l’innovazione attraverso la ricerca di prodotti sempre innovativi. Su quali prodotti vi state indirizzando? «Le ricerche alla base dell’innovazione ri-

Il consumatore italiano è un cultore del buon cibo e non intende rinunciare alla qualità, anche in periodo di crisi economica

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guardano essenzialmente il nostro core business ovvero le alici. Gli sforzi in tal senso mirano alla realizzazione di prodotti di altissima qualità e di varianti delle nostre referenze di punta che stuzzichino sempre più il palato e la fantasia del consumatore». Da dove proviene la materia prima e in che modo ne viene garantita la qualità? «La materia prima viene selezionata scandagliando il miglior pescato del Mediterraneo e non solo. Successivamente, avvalendoci del supporto di uno staff altamente specializzato preposto al controllo qualità dell’intera filiera produttiva, siamo in grado di garantire l’eccellenza del prodotto finito». Come è andato il 2011 e che cosa vi aspettate per il 2012? «L’anno che si è appena concluso, compatibilmente con la congiuntura economica mondiale vigente, è stato soddisfacente per quanto riguarda il nostro comparto di riferimento. Per il 2012 ci auguriamo di rafforzare o quantomeno di confermare la nostra posizione di mercato, e in primis di conservare l’affezione dei nostri consumatori». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 135




FOCUS PARMA

l bilancio di previsione 2012-2014 presentato di recente dal commissario straordinario del Comune di Parma, Mario Ciclosi, risponde necessariamente a criteri di rigore per il risanamento dei conti. «Il commissariamento è naturalmente una risposta a una situazione eccezionale. E il bilancio è figlio di questa situazione, oltre che del contesto generale, che richiede a tutti uno sforzo di rigore e di sobrietà». Per questo la gestione commissariale è intervenuta in modo deciso per contenere i costi dell’ente. Si è razionalizzato sul personale, rinunciando a dirigenti e professionisti con contratto in scadenza. Come prevede di pagare i fornitori ed estinguere i debiti, nonostante la crisi e i tagli da parte dello Stato? «Da subito ci si è concentrati sui pagamenti ai fornitori, con l’intento di dare una prima risposta di sollievo a tante realtà produttive che già versano in una condizione di difficoltà. Non sono state dimenticate nemmeno le società partecipate, su cui stiamo intervenendo in un’ottica di decisa razionalizzazione. Il tutto attraverso una filosofia fondata su quattro pilastri, che ho deciso di declinare fin da subito nello statuto del Comune. Le parole d’ordine sono trasparenza, legalità, efficienza e controllo». Per superare la forte riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato, passati da 43 milioni nel 2011 a 6,8 del 2012, c’è necessità di maggiori entrate. Da dove arriveranno e quanto ciò graverà sui cittadini? «La maggior parte dei cittadini ha capito la complessità del momento e sa che questo è il tempo dei sacrifici. Tra i numerosi messaggi a cui rispondo quotidianamente, ci sono naturalmente anche quelli di chi si lamenta per l’aumento delle aliquote Irpef e Imu. A tutti cerco di offrire una spiegazione semplice e onesta: i sacrifici di oggi servono a costruire la serenità di domani. A Parma, come a livello na-

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Agire subito e bene «Le parole d’ordine sono trasparenza, legalità, efficienza e controllo». Mario Ciclosi, commissario straordinario del Comune di Parma, offre ai cittadini una spiegazione semplice: «I sacrifici di oggi servono a costruire la serenità di domani» Renata Gualtieri Mario Ciclosi, commissario straordinario del Comune di Parma

zionale. I parmigiani sono persone responsabili e - ne sono certo - stanno comprendendo le difficoltà e il senso del nostro impegno». La riduzione della spesa inciderà sui servizi alla persona e, più in particolare, sul disagio, sulla disabilità e sulla disoccupazione? «No, anzi. Ho illustrato in sede di presentazione, e mi piace sottolineare nuovamente la filosofia di questa manovra, che è nel segno del rigore e ha l’obiettivo di risanare i conti e di garantire i servizi. Perciò, sulla base di un doveroso criterio di equità, si è agito per non dover sacrificare welfare e servizi educativi e soprattutto per non scaricarne i costi sui cittadini. Le tariffe avranno un incremento minimo, pari o in alcuni casi anche inferiore ai parametri dell’Istat. Quanto alla disoccupazione, abbiamo deciso di creare un fondo ad hoc di un milione


Mario Ciclosi

6,8 mln TRASFERIMENTI La cifra che il comune di Parma riceverà dallo Stato. I fondi sono stati ridotti nel 2012 rispetto ai 43 milioni del 2011

100 mln PROGETTI Stanziamento approvato nel piano triennale del Comune

di euro. Il problema esiste, la crisi morde e, nonostante la congiuntura indubbiamente difficile, abbiamo il dovere di affrontare questa criticità. Per sostenere chi è in difficoltà, senza dimenticare i giovani». Quanto tempo si è dato per far fronte ai gravosi impegni di pagamento? «Dal giorno del mio insediamento, in poco più di un mese, sono stati sbloccati quasi 10 milioni di euro per i pagamenti ai fornitori. In gennaio, è in arrivo un altro pacchetto di 15 milioni. Ora è stato approvato un piano triennale per oltre 100 milioni: il tutto nel pieno rispetto del patto di stabilità, che, a Parma come in tutti gli altri Comuni italiani, vincola fortemente queste operazioni, nonostante la buona disponibilità di cassa che ho registrato

al mio arrivo. Ma, proprio per questo, sono stati accelerati i tempi di approvazione del bilancio di previsione, nonostante la possibilità di prorogare i termini che molte altre amministrazioni hanno invece deciso di sfruttare. Agire subito e agire bene, insomma. Perché un’amministrazione pubblica ha il dovere di onorare i suoi obblighi e di tutelare i suoi cittadini. A questo proposito, credo che sia giusto ricordare i criteri adottati per garantire equità e omogeneità ai pagamenti, incidendo da subito su una vasta platea di fornitori». Un rapido esame dei costi mensili e semestrali dell’ex Giunta Vignali e dell’attuale fase commissariale ci riporta alla sobrietà e all’antipolitica? «Sobrietà sì, antipolitica mai. La sobrietà è, infatti, un imperativo imposto dalla difficile situazione che stiamo vivendo, oltre che naturalmente da una doverosa etica pubblica. Ma la politica resta un’attività fondamentale e chi la esercita ha tutto il mio rispetto e la mia considerazione. Come affermava Paolo VI, “la politica è la più alta forma di carità”. Quando ho deciso di rendere noti i costi della gestione politica e della gestione commissariale, ho voluto dare risposta a specifiche richieste dei cittadini: ho agito senza alcun intento polemico, ma avendo come unico obiettivo la trasparenza. Solo con questo approccio possiamo avvicinare i cittadini alle istituzione, incentivando partecipazione e condivisione sulle scelte che riguardano il nostro futuro. E questa, appunto, è la missione della politica, intesa nel suo senso più alto». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 139


FOCUS PARMA

Lo sviluppo è nel bene comune «Agiremo a sostegno della piccola e media impresa, importante valore economico e sociale per il territorio». Lo assicura Ugo Margini, presidente di Confcommercio regionale e Ascom Parma Renata Gualtieri

arma e le imprese del territorio hanno subìto l’evoluzione della crisi mondiale, che ha colpito il tessuto produttivo, in maniera leggermente minore della media nazionale, essendo l’economia della provincia basata per lo più sul settore agroalimentare, che ha avuto cali minori. Malgrado ciò «gli effetti reali della crisi, ma anche la psicosi che ne è conseguita, hanno portato a una riduzione dei consumi che – precisa Ugo Margini – unitamente alla diminuzione dell’erogazione del credito da parte delle banche, hanno determinato la fuoriuscita dal mercato di numerose piccole imprese commerciali».

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Quali le risposte di Ascom Confcommercio Parma alle molteplici istanze della collettività e del tessuto commerciale? «Ci siamo battuti e continueremo a farlo con tutta l’energia per garantire un adeguato equilibrio distributivo, intervenendo in primis a sostegno della piccola e media impresa commerciale, che riteniamo essere un importante valore non solo economico ma anche sociale per l’intero territorio. In quest’ottica abbiamo lavorato in particolare per agevolare l’accesso al credito delle piccole imprese mediante la nostra cooperativa di garanzia e investendo direttamente sui grandi eventi, perché riteniamo che questi possano


Ugo Margini

essere un importante motore per lo sviluppo economico e turistico del territorio provinciale, che rappresenta uno degli elementi fondamentali per la ripresa dei consumi interni. Da ultimo, ma non per importanza, abbiamo attivato accordi con alcune istituzioni locali volti a garantire un sostegno efficace e costante per favorire i processi di ricollocazione delle persone che perdono il lavoro a causa della crisi». Basta l’export per uscire in maniera definitiva dalla crisi o vanno rilanciati i consumi interni? «Le esportazioni da sole non sono sufficienti a rilanciare l’economia e sostenere la crescita, soprattutto se non innescano uno stimolo per l’incremento dell’occupazione. Basta pensare che nel terzo trimestre del 2011, in cui il nostro Paese ha mostrato una riduzione del Pil dello 0,2% rispetto al secondo trimestre, l’export è cresciuto, in volume, dell’1,6%. Va anche detto che in termini di contributo al Pil della domanda estera bisogna considerare il saldo che si determina tra importazioni ed esportazioni. Analizzando quanto accaduto dal 1990 a oggi si riscontra come in molti periodi il saldo abbia contribuito negativamente, in relazione a un’evoluzione delle importazioni più sostenuta rispetto all’export, e in linea generale si evince come l’andamento delle esportazioni nette non sia in grado di condizionare in misura rilevante la crescita economica. Decisamente diverso è il ruolo svolto dai consumi delle famiglie e dagli investimenti sul Pil, che rappresentano le uniche componenti in grado di determinare un vero impulso allo sviluppo. Secondo nostre analisi, peraltro, i consumi delle famiglie si orientano per l’80% a produzioni nazionali, contribuendo non solo allo sviluppo del settore dei servizi ma anche a quello del manifatturiero». In che misura la politica regionale è di sostegno al terziario? «Il confronto con la Regione ha visto un significativo lavoro di coordinamento tra tutte le componenti del nostro sistema associativo regionale, consentendo di portare a sintesi le

istanze delle categorie. Nel periodo 20082011 sono stati, infatti, stanziati dalla Regione oltre 160 milioni di euro sulle principali leggi regionali di sostegno ai nostri settori. La programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013 ha visto assegnare al terziario 70 milioni di euro sull’Asse 4 del Por-Fesr, a copertura di azioni volte ad incentivare iniziative di riqualificazione e valorizzazione commerciale e turistica su tutto il territorio regionale».

È stato, inoltre, avviato un confronto Ugo Margini, presidente con l’assessorato alle Attività produttive. di Ascom Parma e Confcommercio «Sì, per evidenziare la necessità di azioni con- regionale giunte a vantaggio delle imprese del terziario, offrendo loro le stesse opportunità di sviluppo riservate alle imprese degli altri settori produttivi, in particolare bandi relativi a green economy e sviluppo energetico sostenibile, innovazione, internazionalizzazione e credito. A queste risorse si aggiungono i 7 milioni di euro assegnati per il sostegno a progetti di eccellenza per il turismo, destinati di concerto con la Regione alla riqualificazione delle strutture ricettive della filiera turistica congressuale regionale. Ma il confronto con la Regione sul tema delle risorse sarà garantito e intensificato per intervenire su eventuali assestamenti al bilancio regionale e per impostare i lavori sulla politica europea di coesione 2014-2020». In un periodo di crisi “La festa scende in EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 141


FOCUS PARMA

I mercatini vivacizzano il territorio e promuovono l’offerta commerciale

strada” è ancora un’interessante opportu- “Il buon governo e il bene comune” si è

80% MADE IN ITALY Secondo i dati di Confcommercio i consumi delle famiglie si orientano per l’80% a produzioni nazionali

70 mln FONDI Le risorse assegnate al terziario per il periodo 2007-2013

nità che Ascom offre per il rilancio del territorio, dei suoi prodotti e delle imprese? «Credo che i mercatini e le feste di quartiere che organizziamo nel centro storico della città rappresentino un momento importante di vivacizzazione del territorio e un’opportunità per il commerciante di promuovere direttamente la propria offerta commerciale. Infatti, nostro obiettivo è ed è sempre stato quello di coinvolgere in primo luogo gli operatori commerciali in sede fissa che hanno la possibilità di uscire con propri stand merceologici sulla via e di inserire inoltre altri banchi di qualità specializzati, con merceologie che non vadano in diretta concorrenza con quelle del commercio fisso, ma le integrino sinergicamente rappresentando cosi un elemento di maggiore attrattiva sia per i visitatori locali che i potenziali turisti. In quest’ottica ci siamo da sempre battuti per evitare l’invasione di massicce presenze di operatori ambulanti provenienti da province diverse dalla nostra e con offerte monotematiche, convinti che le stesse non aiutassero di certo a far sopravvivere i nostri settori». Durante il forum di 2 giorni dal titolo

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parlato di politica sociale e di rilancio dell’economia. Quanto è importante in economia una politica sociale che tenda al bene comune? «La qualità della vita o “benessere” della popolazione di una comunità è un argomento importante sia in economia che in politica, è un indicatore della civiltà democratica di una comunità e si misura anche dal buon governo e dalla capacità di chi amministra di rendere tutto semplice e comprensibile usando bene i canali di informazione e stimolando i cittadini e le categorie a partecipare e a decidere. Quando una città ha una buona qualità della vita, sia in termini economici che sociali, significa che la sua popolazione e le sue imprese possono fruire di una serie di vantaggi che le permettono di sviluppare le proprie potenzialità in un virtuoso circolo di crescita complessiva. Il bene comune deve essere posto, dunque, assolutamente al primo posto in quella scala di valori fondamentali da tenere come riferimento per attuare adeguate politiche di buon governo. Solo nel bene comune si hanno le basi per uno sviluppo armonico e duraturo della nostra società».



SISTEMA PORTUALE

Un settore a rischio isolamento La nuova tassa di stazionamento colpisce la nautica da diporto. «Ucina è consapevole della situazione di difficoltà in cui versa il Paese ma il governo, da parte sua, non può non comprendere il valore economico del turismo nautico in Italia». Il punto di Anton Francesco Albertoni Elisa Fiocchi al 1 maggio 2012 entrerà in vigore la tassa sulle imbarcazioni contenuta nel decreto “salva Italia” della manovra Monti che avrà come destinatari tutte le unità di diporto, a vela o a motore, di dimensioni superiori ai dieci metri di lunghezza, che stazionano in porti marittimi nazionali, navigano o sono ancorate in acque pubbliche, anche se in concessione a privati. Da calcolare su base giornaliera, l’imposta avrà un gettito pari a 285 milioni di euro secondo le stime fornite dall'Osservatorio nautico nazionale, con un impatto forte sulle regioni che detengono il maggior numero di posti barca e sul traffico di diportisti stranieri. Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina, ribadisce l’impegno dell’associazione affinché «la tassa di stazionamento venga tramutata da tassa di soggiorno, quale di fatto è attualmente, a tassa sul bene, per evitare il naufragio della portualità turistica nazionale». Il comparto offre lavoro a 100mila persone, rappresenta la quinta forza dell’export del nostro Paese: quali sono i punti di forza del settore su cui investire nel 2012? «La capacità di innovare, le competenze e le professionalità altamente qualificate che operano all’interno delle nostre aziende e la forza dei nostri brand è confermata anche

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Sopra, Anton Francesco Albertoni, presidente Ucina Confindustria Nautica

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dai dati dell’ultimo Global Order Book, la classifica della prestigiosa rivista internazionale Show Boat, che vedono ai primi tre posti altrettante aziende italiane che realizzano megayacht». Come il settore della nautica da diporto esce dalla crisi economica degli ultimi due anni e in che modo ha accolto le misure presentate dal governo nell’ambito della manovra finanziaria? «La crisi che si è abbattuta sulle economie internazionali ha colpito duramente anche il nostro settore che, nel biennio 2008-2010, ha registrato una contrazione del fatturato globale di circa il 45%, passando da circa 6,2 miliardi di euro agli attuali 3,4. Con riferimento alle norme sulla nautica contenute all’interno della manovra finanziaria “salva Italia”, Ucina, pur accogliendo con soddisfazione i correttivi tecnici apportati dall’esecutivo alla tassa di stazionamento destinata alle unità da diporto, ritiene che tale provvedimento avrà ripercussioni fortissime sulle economie locali della filiera nautica, dei sevizi, dei porti, del rimessaggio e del commercio legato al settore, rischiando di dare il colpo di grazia al nostro comparto». L’introduzione di una tassa di stazionamento sui posti barca quali ripercussioni avrà sulle economie locali della filiera nautica,


Anton Francesco Albertoni

3,4 mld FATTURATO Il biennio 2008/2010, ha registrato una contrazione del settore nautico di circa il 45%

285 mln TASSA La stima dell’intero gettito dell’imposta

quali settori saranno maggiormente colpititi e quali regioni? «Secondo le stime fornite dall’Osservatorio nautico nazionale, la nuova norma avrà un impatto molto forte sulle regioni che detengono il maggior numero di posti barca: Liguria, Toscana, Campagna, Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Tra le realtà più colpite figurano le centinaia di imprese portuali turistiche dislocate sulle coste. Inoltre, è forte la preoccupazione per le possibili ricadute negative che la norma potrà avere anche sui progetti in essere riguardanti la costruzione di nuovi ormeggi, con la reale prospettiva di un allontanamento del sistema creditizio dalle infrastrutture in fase di realizzazione». In merito ai diportisti stranieri che nel 2011 hanno registrato un flusso del 15%, quali provvedimenti rischiano di isolare il nostro Paese dai traffici internazionali? «La nuova tassa di stazionamento penalizzerà ulteriormente il settore della nautica da diporto, già messo in ginocchio dalla crisi eco-

nomica degli ultimi due anni. I diportisti italiani e stranieri saranno inevitabilmente scoraggiati a permanere sulle nostre coste dal momento che in altri paesi confinanti, come ad esempio Francia, Croazia, Slovenia, Malta, Montenegro, Grecia e Tunisia, tale imposta è assente. Inoltre, una flessione del 25% dell’indotto derivante dal traffico charter annullerebbe da sola l’intero gettito dell’imposta, stimato in circa 285 milioni di euro, senza contare la mancata contribuzione Iva sulla vendite di nuove unità acquistabili con leasing estero e la diminuzione dei ricavi delle aziende del turismo e dei servizi legati all’uso delle barche di proprietà dei privati». Come Ucina sta collaborando in vista del 52° Salone nautico di Genova, punto di riferimento mondiale per l’industria nautica e per tutti i diportisti? «Nel corso dell’ultima assemblea generale, tenutasi lo scorso mese di dicembre a Genova, sono state lanciate le assise generali della nautica, un’iniziativa che terminerà nel prossimo mese di maggio in occasione dell’annuale convention Ucina Satec. Tra gli argomenti che verranno discussi all’interno dei gruppi di lavoro che sono stati costituiti, ampio spazio verrà riservato a tematiche prioritarie per il comparto nautico quali, ad esempio, gli strumenti finanziari a sostegno delle imprese, l’internazionalizzazione e la competitività, le infrastrutture e la portualità turistica, la sostenibilità ambientale e lo sviluppo dello stesso Salone Nautico Internazionale, vetrina nel mondo dell’eccellenza made in Italy legata alla nautica». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 145


PORTO DIPORTUALE SISTEMA RAVENNA

Ravenna, vocazione nautica Come alternativa valida alla tassa di stazionamento presto in vigore, Egidio Dal Fiume pensa all’esempio dei francesi: «Una soluzione percorribile, che ne prevede una per le imbarcazioni da diporto ma molto più limitata e soprattutto articolata» Elisa Fiocchi

l Circolo Velico Ravennate è un’associazione sportiva senza fini di lucro, nata nel 1949 per iniziativa di un gruppo di amici appassionati di mare, con sede nei pressi della costruzione del Faro lungo un’area di circa 65mila mq. Affiliato alla Federazione italiana vela, nel 1989 è stato insignito dal Coni con la Stella d’argento al merito sportivo. Il presidente, Egidio Dal Fiume, analizza il valore dell’economia nautica sul territorio ravennate e i benefici in grado di offrire al settore del commercio e del turismo, oltre ai rischi della tassa di stazionamento sull’intero comparto. «Si comprende subito che il valore

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Egidio Dal Fiume, presidente del Circolo Velico Ravennate

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dell’economia nautica di Marina di Ravenna è di tutto rispetto e insieme alle attività portuali costituisce il filone portante dell’economia ravennate e del suo indotto». Il Circolo conta oggi circa 600 soci: che valore offre all’economia nautica e turistica del territorio? «Di questi, 333 sono soci armatori, possessori, cioè, di 284 barche a vela e 49 barche a motore, di lunghezza variabile tra 8 e 19 metri. Di queste, circa un terzo sono dimensione inferiore a 10 metri e quindi non soggette al pagamento della tassa di stazionamento. Il rimanente, copre principalmente la fascia tra 10 e 14 metri e pagheranno dal mese di maggio la tassa del decreto “salva Italia”. Al circolo si aggiungono altri circoli privati e un marina, per un totale di più di duemila barche ormeggiate. Per la nautica da diporto sono i cantieri e l’indotto terziario a beneficiarne principalmente. Ma non è certamente trascurabile la parte turistica, per cui i ristoranti e il commercio in generale ne beneficiano in

modo sostanziale. Si pensi che ogni natante da diporto, soprattutto nei weekend, indirizza a Marina di Ravenna dalle due alle quattro persone, per cui una semplice media porta a presenze dell’ordine di svariate migliaia di persone che gravitano sull’economia turistica ravennate di provenienza nautica: non sono numeri trascurabili in periodi di crisi come quello attuale. Il decreto “salva Italia”, sebbene necessario e improrogabile, non favorisce di certo lo sviluppo della nautica da diporto e del suo indotto». Se si considera che nel Mediterraneo esiste un’offerta turistica appetibile e competitiva come in Francia, Spagna, Croazia, Turchia, Grecia, quali soluzioni e provvedimenti possono escludere la perdita di flussi croceristici sul territorio nazionale con l’introduzione della tassa di stazionamento? «Una soluzione percorribile è quella francese che prevede una tassa di stazionamento per le imbarcazioni da diporto ma molto più limitata e soprattutto articolata: si paga da 8


Egidio Dal Fiume

metri di lunghezza e si aumenta di metro in metro per un valore tassabile molto più adeguato all’appassionato nautico. Non credo che nel Mediterraneo esistano soluzioni tali da far perdere flussi crocieristici sul territorio nazionale, se non per imbarcazioni di lunghezza superiore ai 14 metri e a motore. Ricordiamo che la tassa di stazionamento è dimezzata per le barche a vela e tiene conto per tutte le imbarcazioni della vetusta con riduzioni fino al 45%». Quali iniziative e progetti dell’associazione saranno attuati nel 2012? «Le principali iniziative del nostro circolo iniziano con lezioni, teoriche e pratiche, nelle scuole della provincia di Ravenna per invogliare i giovani nelle attività sportive veliche. Tutto ciò prosegue con la scuola vela per giovanissimi sugli Optimist e sui “420” laser e recentemente sui “470”. In sostanza, una parte consistente dei nostri bilanci è dedicata ad attività sportive indirizzate ai giovani. Per non parlare delle numerose veleggiate che organizziamo per coinvolgere i soci».

Un patto di sviluppo di Elisa Fiocchi n chiusura del 2011 l’Autorità portuale, assieme al Circolo Velico Ravennate e al Ravenna Yacht Club, ha firmato un protocollo d’intesa atto alla valorizzazione dell’area demaniale marittima compresa tra il molo guardiano Dalmazia, la darsenetta lungo il canale e la sede del Circolo Velico Ravennate. La finalità del progetto è quella di offrire nuovo impulso allo sviluppo della nautica lungo il canale Candiano, così come già è stato previsto nel quadro più ampio degli interventi infrastrutturali che dalla darsena di città, passando per la Cittadella della nautica, arrivano fino a Marina di Ravenna. L’iniziativa si colloca all’interno del quadro complessivo di sviluppo dell’intero comparto attuato in questi anni sul territorio con gli interventi di banchinamento dell’avamporto, il completamento del porto turistico di Marinara - attualmente in fase di rilancio - con la realizzazione dei servizi a terra, la riqualificazione dell’area della darsena. «Viva soddisfazione» è stata espressa da Umberto Miccoli (in alto, nella foto), presidente del Ravenna Yacht Club fondato nel 1976 come Circolo motovelico, oggi cresciuto con circa 250 posti barca per imbarcazioni dai 6 ai 15 metri e con un pescaggio garantito di 3 metri. Il campionato invernale che in questa stagione compie 30 anni, raccoglie ben 140 iscritti che si traducono in 700 velisti, due percorsi di regata, tre diverse partenze e tre classifiche di gruppo. Gli altri due eventi di punta del calendario, sono la classicissima “Lui e Lei” a settembre, e la veleggiata di Santo Stefano, la cui edizione 2011 ha visto scendere in acqua 53 barche.

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PORTO DIPORTUALE SISTEMA RAVENNA

Investire sui collegamenti per crescere Guido Ottolenghi, presidente di Confindustria Ravenna, parla di un «lento recupero» nel 2011 e dice: «Resta centrale puntare su infrastrutture e servizi adeguati a reggere il peso della concorrenza degli scali con cui compete il nostro porto» Riccardo Casini

n aumento del 12% nella movimentazione container: questo, secondo Tcr, il dato più rilevante riferito alle attività del porto di Ravenna nel 2011. Il preconsuntivo dell’anno appena concluso parla infatti di una movimentazione di circa 195mila teus contro i 174mila del 2010 e i 177.575 del 2009. Dati confortanti, che fanno intravedere un seppur faticoso ritorno ai livelli pre-crisi, come conferma Guido Ottolenghi, presidente di Confindustria Ravenna. «Oggi – dice – il porto di Ravenna sta vivendo un momento di lento recupero, alla ricerca di nuove prospettive di sviluppo. Nonostante l’incremento della movimentazione container, che in effetti è tornata ai livelli precrisi, nel complesso siamo ancora al di sotto dei traffici del 2008». In che direzioni occorre allora sviluppare il porto? «Resta centrale investire su infrastrutture e servizi adeguati a reggere il peso della concorrenza degli scali con cui Ravenna compete, prestando grande attenzione alla sicurezza, tema su cui Confindustria è da sempre fortemente impegnata. La direzione in cui occorre sviluppare il porto è quella dell’approfondimento dei fondali e

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Guido Ottolenghi, presidente di Confindustria Ravenna

dell’adeguamento delle banchine al vigente piano regolatore portuale. Vanno, inoltre, sviluppati i collegamenti logistici che ampliano l’entroterra del porto». A proposito di approfondimento dei fondali: che importanza ha l’adozione da parte del consiglio comunale della variante relativa al Candiano? Quali prospettive di sviluppo offre al porto? «La variante adottata il 22 dicembre scorso consente lo svuotamento delle casse di colmata e il conferimento del materiale in esse contenuto presso le aree del comparto 3 del Poc logistica, creando di fatto le condizioni per avviare i lavori di

escavo. Questa è una prospettiva di sviluppo concreta e apprezzabile: l’approfondimento dei fondali è il requisito imprescindibile per rendere il 2012 l’anno del porto, così come l’adeguamento delle banchine. Questo anche a causa del grande cambiamento che in questi anni hanno subìto le navi, che sono diventate più grandi per comprimere i costi, e ciò ha modificato significativamente il mondo dei trasporti. Bisogna rapidamente adeguarsi a questi mutamenti, pena una perdita di competitività di tutto il porto». Cosa vi attendete invece dal progetto della nuova darsena? Quale


Foto concessa dall'Autorità Portuale di Ravenna

Guido Ottolenghi

Una visuale dell’area della cosiddetta penisola Trattaroli, dove potrebbe sorgere il nuovo terminal container

valore aggiunto potrà portare alla città e alla sua economia? «Si tratta di una porzione importante della città, con un waterfront che può essere al centro di una riqualificazione dal respiro internazionale, come è stato per altri progetti europei. È un’operazione che potrebbe rendere l’area attrattiva per il sistema finanziario e immobiliare non solo italiano, e può giocare un ruolo anche per la candidatura di Ravenna a Capitale europea della cultura 2019. Crediamo che sia opportuna una molteplicità di destinazioni d’uso, residenziale, commerciale, direzionale, culturale, universitario per un investimento che oggi viene stimato in oltre 800 milioni di euro».

Cosa sta facendo Confindustria in questo senso? «Per Confindustria questo rappresenta un intervento che cambierà e svilupperà tutta la città, e potrà trovare collegamenti con progetti quali la cittadella della nautica, Marinara, e ovviamente il porto stesso. L’associazione dal 2004 ha assistito e affiancato il Consorzio Nuova darsena, che riunisce la maggioranza dei proprietari delle aree, per un confronto continuo sul futuro di una zona tanto importante». Collegato al porto c’è sicuramente il discorso del corridoio europeo Baltico-Adriatico. In che modo gli industriali ravennati possono favorirne la realizzazione, in

particolare per quanto riguarda il tratto Ravenna-Venezia della E55? Quali altre opere infrastrutturali sarebbero necessarie per la logistica nel vostro territorio? «Per quanto riguarda il tratto della E55, guardiamo con speranza all’impegno del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Corrado Passera e al pacchetto sulle grandi opere strategiche. Da parte nostra, sul territorio abbiamo ribadito nel Patto per lo sviluppo, recentemente presentato in Provincia, la necessità di accelerare tutti i lavori in attesa di realizzazione e per i quali sono già state individuate le risorse necessarie, anche ricercando forme di partecipazione di capitali privati attraverso il project financing». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 149


PORTO DIPORTUALE SISTEMA RAVENNA

Nel cuore ricco dell’Europa Secondo Giuseppe Parrello, presidente dell’Autorità portuale di Ravenna, l’approvazione del corridoio Baltico-Adriatico porterà ulteriori possibilità di sviluppo allo scalo. «Ma servono infrastrutture, l’approfondimento dei fondali non è sufficiente» Riccardo Casini

al 2003 Giuseppe Parrello «è» il porto di Ravenna. Oggi, giunto al termine del suo secondo mandato come presidente dell’Autorità portuale, può guardare indietro con soddisfazione. «Negli ultimi anni – spiega – e ancor di più da quando il Paese è stretto nella morsa della crisi che ha colpito l’economia mondiale, si è lavorato a Ravenna per realizzare appieno tutte le potenzialità che la presenza di uno scalo di rango internazionale offre e per creare nuove opportunità di un suo sviluppo». Ecco perché, prosegue, «non esiste un “anno del porto”: ogni anno è “l’anno del porto”, ogni anno per un progetto diverso. Possiamo parlare di una continuità che ha visto il ruolo del porto di Ravenna sempre centrale in quanto occasione di crescita e di sviluppo di tutto il territorio, dal punto di vista degli investimenti e della realizzazione di infrastrutture». Il 2011 allora potrebbe venire ricordato come l’anno delle crociere. «In generale, in termini di movimentazione di merci e passeggeri il 2011 si conclude in costante ripresa rispetto all’anno precedente, con una crescita di traffico complessivo delle merci dell’8,6%, al-

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meno secondo i dati relativi ai primi 11 mesi. Si può affermare che si è nella fase finale del percorso che, si auspica, porterà in futuro a raggiungere nuovamente i livelli di traffico del 2008, che a tutt’oggi rappresentano risultati record per lo scalo. Certo, per quanto riguarda il traffico passeggeri nel 2011, suo primo anno di attività, il terminal di Ravenna ha raggiunto 160mila passeggeri contro i 15mila degli anni precedenti, ospitando più di 80 toccate di 17 navi di differenti compagnie internazionali». Che eredità lascia allora la sua presidenza? Quali margini di sviluppo offre ancora la struttura, in particolare in caso di realizzazione dei lavori di approfondimento del canale Candiano? «Diciamo che molte cose sono state fatte, per un valore pari a 400 milioni di euro di investimento; molte sono a un avanzato stadio della loro realizzazione, e qui parliamo di un valore pari a oltre 140 milioni di euro, mentre molto si sta lavorando per creare le condizioni di un ulteriore sviluppo dello scalo, che presuppone investimenti per circa 250 milioni di euro. L’approfondimento dei fondali è sicu-

ramente una condizione prioritaria e necessaria ma non sufficiente a garantire tale sviluppo». Cosa occorre ancora? «C’è bisogno di infrastrutture portuali, di risorse finanziarie, di imprenditoria privata. Per questo si è lavorato al fine di valorizzare il patrimonio portuale e potenziare i collegamenti infrastrutturali al servizio del porto, come le strade Baiona o Classicana, il ponte mobile sul Candiano o la ferrovia in sinistra Canale. Sono poi stati realizzati 4,5 chilometri di nuove banchine, si è passati da fondali profondi 9,40 metri a 11,50 metri e sono state già destinate nel bilancio 2012 risorse proprie dell’ente per garantire ulteriori approfondimenti. Inoltre si è svolta una costante azione di primo piano a livello internazionale, che ha portato alla decisione della Commissione europea di inserire il corridoio Baltico-Adriatico tra le sue priorità infrastrutturali e in parti-


Giuseppe Parrello

Foto concessa dall'Autorità Portuale di Ravenna

Una vista del porto turistico di Marinara e, a sinistra, Giuseppe Parrello, presidente dell’Autorità portuale di Ravenna

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Marinara? Una delle poche iniziative urbanistiche di qualità portate a compimento sul territorio

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colare di riconoscerne la completa estensione con il porto di Ravenna quale terminale meridionale. Infine, in tre anni si è progettato, realizzato e promosso il nuovo terminal passeggeri che ha consentito di movimentare nel corso del 2011 oltre 220mila persone tra passeggeri e membri di equipaggio». La nuova darsena, il futuro di Marinara, il progetto di un nuovo terminal container nella penisola Trattaroli: sono però ancora molti i nodi da sciogliere per il futuro. «Non esistono “nodi” ma “azioni” che devono esser realizzate in termini imprenditoriali e manageriali.

L’Autorità portuale è stata promotrice della costituzione di Agenda, la società sorta per la realizzazione del progetto di riqualificazione della Darsena di città, società nella quale l’Autorità Portuale (socia al 40%) è parte attiva insieme alle altre istituzioni locali e la cui attività ha fatto sì che nell’ultimo anno il tema della Darsena divenisse un tema centrale per le istituzioni e la comunità ravennate intera. Inoltre ha sostenuto gli sviluppi del progetto di Marinara, attualmente in fase di rilancio, che rappresenta una delle poche iniziative urbanistiche di qualità effettivamente portate a compimento sul territorio». E il nuovo terminal container? Qual è la situazione? «L’Autorità portuale partecipa, per i suoi compiti istituzionali, alla realizzazione del nuovo terminal in Penisola Trattaroli, così come sta continuando a svolgere le normali attività imprenditoriali e manageriali che sono indissolubilmente legate a una realtà economica, indu-

striale e commerciale importante come quella del porto di Ravenna. Bisogna cercare di individuare e definire con chiarezza le azioni da porre in essere al fine di dare corso ai progetti che si ritengono strategici per lo sviluppo del porto e perseguire questi progetti con determinazione. Bisogna impegnarsi per deburocratizzare il sistema il più possibile e tentare di trovare soluzione ai problemi e alle criticità che possono costituire un “alibi” per non fare le cose». Prima parlava del corridoio Baltico-Adriatico. Può fornire un ulteriore impulso in questo senso? «A Ravenna la coesione del sistema, la condivisione da parte delle istituzioni, lo spirito e le iniziative imprenditoriali e manageriali hanno prevalso su logiche di altro tipo, sulla tentazione di facili campanilismi e hanno consentito il raggiungimento di importanti risultati, come il citato inserimento di Ravenna quale terminale sud del Corridoio. Questo offre ora significative opportunità al mondo dell’impresa e a tutti gli operatori economici, mirando a facilitare la movimentazione di 50 milioni di passeggeri e 100 milioni di tonnellate di carichi l’anno, peraltro nel cuore più ricco dell’Europa». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 151


PORTO DIPORTUALE SISTEMA RAVENNA

Per Ravenna è l’anno del porto Il vicesindaco Giannantonio Mingozzi traccia un bilancio positivo del 2011, sia per il movimento container che in termini di crociere. E dice: «Restiamo deficitari sotto il profilo dei collegamenti. Incomprensibili certe posizioni contro la E55» Riccardo Casini

anno del porto»: così nei giorni scorsi il sindaco Fabrizio Matteucci ha definito il 2012 per Ravenna. E in effetti, tra l’adozione da parte del consiglio comunale della variante relativa ai lavori di approfondimento del canale Candiano e la possibilità di inserirsi nel corridoio europeo Baltico-Adriatico, nei prossimi mesi potrebbero crearsi prospettive di sviluppo interessanti. «Il 2011 – spiega Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna con delega al porto – è stato un buon anno, nel quale si è registrata una ripresa della movimentazione container. Certo, questa non rappresenta l’attività prevalente del porto, ma è comunque significativa in termini di innovazione. I numeri poi non sono ancora ai livelli

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di 2007 e 2008, ma rappresentano in ogni caso un’inversione di tendenza». Un ulteriore impulso potrebbe venire poi dalla realizzazione del nuovo terminal container nella cosiddetta penisola Trattaroli, che sembra più vicina dopo che «l’amministrazione centrale ha manifestato la volontà di finanziare il tratto più importante dei lavori di approfondimento dei

fondali», come conferma Mingozzi. Anche se una delle novità principali dell’anno appena trascorso viene dal movimento passeggeri, con l’avvio dell’attività del terminal crociere di Porto Corsini. «Grazie all’intraprendenza dell’Autorità portuale e del presidente Parrello – spiega ancora Mingozzi – Ravenna si sta ritagliando uno spazio fino a poco tempo fa impensabile nella terminalistica passeggeri. Per quanto riguarda le crociere, nel 2012 sono previste infatti circa 50 toccate, una base dalla quale si potrà solamente crescere. Ravenna è divenuta una sosta ormai acquisita nel bacino del Mediterraneo. Ora è importante dimostrare che la città è all’altezza, e qui parlo in particolare agli esercenti: occorrerebbero negozi aperti con un ventaglio di


Giannantonio Mingozzi

Foto concessa dall'Autorità Portuale di Ravenna

A lato, l’area della nuova darsena del porto di Ravenna. Sotto, il vicesindaco Giannantonio Mingozzi

orari più ampio, dal momento che le crociere approdano a volte anche di sera. Serve insomma maggiore flessibilità». Come procede invece la realizzazione del progetto della nuova darsena? In che modo potrà contribuire allo sviluppo del porto? «Una darsena come quella di Ravenna risulta appetibile anche per il fatto di mettere insieme attività commerciali, possibilità di attracco di piccole barche e strutture legate all’università, che vi intravede possibilità di studio o lavoro. Si tratta di un elemento che solo la nostra città può spendere: altrove invece urbanizzazioni di questo tipo in piena città hanno creato più problemi che soluzioni». Quali collegamenti infrastrutturali si rendono necessari? Quali

contributi possono giungere in questo senso dopo l’approvazione da parte della Commissione Ue del corridoio Baltico-Adriatico? «Sotto il profilo dei collegamenti il porto di Ravenna è deficitario, non c’è dubbio. Ci ha fatto piacere l’approvazione del corridoio europeo, per la quale il Napa (l’associazione dei porti del Nord Adriatico, ndr.) ha esercitato un’utile pressione. Siamo però ancora nella fase delle premesse e delle promesse, mentre qui resta il problema della statale “Romea”, che difficilmente potrà sopportare ulteriore traffico. Senza parlare della ferrovia che attraversa ancora la città. Insomma, sul fronte delle infrastrutture le prospettive restano a lungo termine: possiamo ragionare in termini di vent’anni. Sono indubbiamente più ottimista

invece per quanto riguarda i tempi dei lavori ai fondali». Restando in tema di infrastrutture, il Comune si è detto favorevole al progetto della nuova autostrada Orte-Mestre. «Abbiamo risposto alla Regione e concordato il percorso: siamo pronti a partire, anche alla luce della situazione in cui versa la E45, sulla quale i tempi di percorrenza aumentano continuamente anziché diminuire. Il progetto, che prevede anche le interconnessioni con la viabilità esistente e con il porto, è stato consegnato alla Gefip Holding di Vito Bonsignore, che sembrava la società più accreditata. Il Cipe ha esaminato tutto, ora siamo in attesa di comunicazioni. Purtroppo in questo ambito ho imparato presto a essere realista». Contro la nuova E55 si sono levate molte voci, che ne criticano i costi e l’impatto ambientale. Come replica? «Il Comune ha una posizione chiara in merito, avendo approvato il tracciato in consiglio comunale. Di più, credo che questa opera consentirebbe di risolvere anche alcuni problemi di traffico interno nei paesi limitrofi. Per questo trovo invece incomprensibile la posizione di Legambiente: non sembrano rendersi conto che il vero problema è dato da una strada che non regge più un traffico costituito da mezzi diversi da quelli presenti quando è stata realizzata. La Romea può essere un tracciato turistico, ma solo nel momento in cui nascerà un’alternativa». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 153




QUALITÀ DELL’ARIA

Interventi concreti per un’aria più pulita pingere sempre più verso l’utilizzo dei mezzi pubblici è uno dei punti chiave sui cui investire e in cui anche le chiusure del giovedì possono dire la loro». Con queste parole Sabrina Freda, assessore all’Ambiente della Regione Emilia Romagna, spiega una delle soluzioni al problema dell’inquinamento regionale. «Non vediamole solo come una momentanea interruzione delle emissioni inquinanti, ma come un momento di riflessione in cui amministrazioni e cittadini devono ripensare la mobilità cittadina e i servizi necessari affinché questa sia sempre

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Nonostante i provvedimenti adottati, gli sforamenti delle pm10 rimangono sopra il limite consentito ogni anno in quasi tutte le province della regione. Sabrina Freda illustra gli interventi locali di protezione dell’aria dall’inquinamento Nicolò Mulas Marcello

meno legata al mezzo privato». In questo ambito è però fondamentale l’impegno del governo nazionale nel promuovere e sostenere il trasporto pubblico locale e il trasportosu ferro. Il 19 dicembre si è svolto a Milano un incontro con il ministro Clini, durante il quale è stato deciso di attivare un tavolo di lavoro tra le Regioni del Bacino Padano, gli enti lo-

cali e il ministero per definire un pacchetto di misure di livello nazionale con l’obiettivo di individuare le azioni nazionali e le modalità di supporto delle Regioni, identificare misure statali di rafforzamento del trasporto pubblico e definire linee guida per gli interventi locali di protezione dell’aria dall’inquinamento. Oggi qual è la situazione inquinamento in regione? «I provvedimenti di limitazione della circolazione hanno contribuito, insieme agli interventi di rinnovo e conversione del parco auto circolante e agli investimenti per la mobilità sostenibile, a una costante riduzione del particolato fine Pm10 nell’ultimo decennio. In nove anni dal 2002, le polveri sottili sono calate del 25% come valor medio annuale. Nel 2010, e per la prima volta nel corso degli ultimi 10 anni, il valore della media


Sabrina Freda

Sabrina Freda, assessore all’Ambiente della Regione Emilia Romagna

annuale è sceso in tutte le stazioni al di sotto del limite normativo previsto di 40 μg/m3. Ciò nonostante, l’inquinamento atmosferico rimane per l’Emilia Romagna una criticità da affrontare e lo stato della qualità dell’aria permane critico per inquinanti quali biossido di azoto, Pm10 e ozono, come dimostrano i ripetuti episodi di superamento del limite giornaliero del particolato fine registrati pressoché su tutto il territorio regionale nelle ultime settimane del 2011». Quali sono le politiche della Regione per far fronte a questo problema? «Le azioni messe in campo da Regione ed enti locali nell’ultimo decennio attraverso lo strumento dell’accordo di programma per la qualità dell’aria prevedono limitazioni alla circolazione veicolare, ma anche interventi strutturali nel settore dei trasporti, dell’industria, dell’energia, dell’agricoltura, per un finanziamento complessivo di quasi 1 miliardo di euro. In questi anni gli accordi hanno visto una crescente adesione da parte dei Comuni e hanno contribuito a una progressiva riduzione degli inquinanti. L’insieme dei provvedimenti varati nel corso degli anni, sicuramente

coadiuvati da una serie di iniziative anche a livello nazionale, quali incentivazione al cambio delle auto, finanziamento della ristrutturazione degli edifici con risparmio energetico, ha comunque lentamente eroso quote di Pm10 portandoci alla situazione attuale. Il risparmio energetico e la coibentazione degli edifici, ad esempio, operano nel ridurre le emissioni dovute al riscaldamento domestico, che è sicuramente una delle fonti di Pm10 e ossidi di azoto più importanti e sulla quale si può e si deve fare di più, anche perché il risanamento avrebbe non solo benefici per l’inquinamento ma anche sui costi di gestione delle nostre abitazioni». Quest’anno alcune amministrazioni emiliano-romagnole hanno deciso di non adottare i divieti di circolazione. Manca una cultura dell’utilizzo del trasporto pubblico? «Ciò che è emerso dall’intenso confronto avuto con i Comuni per fronteggiare congiuntamente la situazione critica degli ultimi mesi è la necessità di una azione più incisiva sull’intero territorio regionale, che non si limiti ad una serie di misure di carattere “emergenziale” ma si EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 161


QUALITÀ DELL’ARIA

Nel 2010, e per la prima volta nel corso degli ultimi 10 anni, il valore della media annuale di Pm10 è sceso in tutte le stazioni al di sotto del limite normativo previsto di 40 ug/m3

configuri piuttosto come un

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I superamenti del limite consentito delle Pm10 (35) nella provincia di Parma

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CESENA I superamenti del limite consentito delle Pm10 (35) nella provincia di Cesena

programma d’azione organico e di carattere multi-settoriale, in grado di affrontare efficacemente ed in modo durevole le criticità della qualità dell’aria. Per questo il dialogo con le Province e i Comuni è in corso e ci vedrà impegnati in una serie di incontri mirati a individuare strategie di intervento più incisive, sempre nel rispetto dello spirito di condivisione delle scelte e di responsabilità che ci ha visto lavorare congiuntamente in questi anni. Un’ampia azione di sistema che ci porterà a rivedere, ove necessario, gli esistenti aspetti e strumenti di gestione della qualità dell’aria in Emilia Romagna, alla luce delle modifiche intervenute

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nel contesto nazionale e internazionale che delinea un nuovo quadro gestionale della qualità dell’aria al fine di garantire un approccio coerente ed uniforme nel quadro del riparto di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali». Quali sono le prospettive per il futuro per quanto riguarda la salvaguardia dell’aria delle città emiliano romagnole? «I risultati positivi e incoraggianti ottenuti negli ultimi dieci anni, anche grazie all’ingente investimento di risorse, ci devono far riflettere su una sfida che è sì difficile ma anche possibile. D’altra parte il miglioramento della

qualità dell’aria e il rientro negli standard definiti dall’Unione europea è un obiettivo imprescindibile, necessario per la tutela della salute dei cittadini. Certo, occorre proseguire sulla strada intrapresa e consolidare gli sforzi, chiedendo il contributo di tutti, dalla pubblica amministrazione, al livello nazionale, regionale e locale, agli attori socio-economici, alla società civile. Occorrerà anche mettere in atto soluzioni “innovative”, che ci consentano di rafforzare gli sforzi nonostante la situazione economica attuale che di certo non ci consentirà di porre in campo le stesse risorse investite nell’ultimo decennio».


Fabio Filippi

Occorrono strategie più convincenti L’inquinamento in Emilia Romagna mina la salute dei cittadini e le strategie per il contrasto secondo il Pdl sono insufficienti. Fabio Filippi spiega cosa occorre fare per migliorare la situazione Nicolò Mulas Marcello

econdo Fabio Filippi le politiche regionali di contrasto all’inquinamento sono inadeguate. Per il consigliere regionale del Pdl occorre rivedere i piani energetici e non bisogna penalizzare la circolazione automobilistica. Le politiche di salvaguardia dell’aria, adottate dalla Regione sono sufficienti? «Non sono sufficienti in quanto seguono un canovaccio molto ideologico, incentrato sulle responsabilità prevalenti del traffico veicolare sull’inquinamento ambientale. Molte città subiscono le conseguenze negative dell’inquinamento dell’aria e del-

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Fabio Filippi, consigliere regionale del Popolo della Libertà

l’acqua a seguito del mancato completamento di parcheggi, strade e tangenziali, come ad esempio a Reggio Emilia. In materia di risorse energetiche si è poi demonizzato, in modo pregiudiziale, il ricorso all’energia nucleare pulita, puntando esclusivamente sulle energie alternative, come quella solare o eolica. Questa politica ha contribuito a mantenere elevato il prezzo dell’energia, soprattutto per le imprese industriali e artigianali, tenuto conto che con le energie alternative si può assicurare a malapena l’acqua calda per lo scaldabagno di un’abitazione, non certo riscaldare un edificio o far camminare un’azienda». Quali sono le proposte del Popolo della Libertà allora? «La politica ambientale della regione è stata pesantemente condizionata dall’elucubrazioni dei verdi fondamentalisti, che vogliono imporre a tutti di andare in bicicletta e pretendono di ristringere le strade per piantarvi alberi. A

ciò va aggiunta una tutela ambientale dei cittadini tutta concentrata nel penalizzare la circolazione automobilistica. Per questa ragione il Pdl propone di non trascurare le altre fonti di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua; fonti che sono riconducibili alle attività agricole, industriali e alle utenze private, soprattutto nell’ambito del riscaldamento degli edifici residenziali». Molti amministratori locali hanno deciso di autoregolamentarsi per quanto riguarda i divieti di circolazione. Cosa ne pensa? «Ritengo che in materia ambientale anche i Comuni possano compiere scelte specifiche e limitate, ma senza danneggiare gli automobilisti e i cittadini residenti nei comuni limitrofi. Sono altresì convinto che dei provvedimenti decisi a macchia di leopardo rischiano di essere del tutto ininfluenti rispetto all’obiettivo di contenere e di ridurre l’inquinamento ambientale». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 163


QUALITÀ DELL’ARIA

Usiamo i mezzi pubblici per contrastare lo smog Oltre al blocco del traffico Ravenna cerca di far fronte al problema inquinamento incentivando l’utilizzo delle biciclette e dei mezzi pubblici, che con il tempo sono stati sostituiti con quelli a metano. Fabrizio Matteucci spiega come in città ci si possa muovere anche senza automobile Nicolò Mulas Marcello ome ogni anno i sindaci emilianoromagnoli sono costretti ad adottare provvedimenti sulla circolazione del traffico per far fronte agli sforamenti di Pm10 rilevati dalle centraline Arpa. Questi interventi, frutto di un’intesa decennale che si rinnova annualmente tra Regione, Province e Comuni, cerca di arginare il problema. «Gli enti pubblici – sottolinea Fabrizio Matteucci, sindaco di Ravenna – devono mettere in campo servizi e incentivi che stimolino a usare di più l’autobus o mezzi meno inquinanti per quanto riguarda in particolare il traffico. Ravenna è servita da una buona rete di piste ciclabili che amplieremo; col tempo abbiamo anche sostituito i vecchi autobus con

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mezzi a metano». La giunta comunale ha deciso lo stop ai mezzi più inquinanti nei giorni feriali. Decisione necessaria ma non sufficiente? «Il Comune mette in atto una serie di provvedimenti antismog in base al decimo accordo sulla qualità dell’aria siglato fra la Regione, le Province, i Comuni capoluogo e i Comuni sopra i 50 mila abitanti. Questi provvedimenti prevedono che, dal 4 ottobre fino al 30 marzo, nei giorni feriali dalle 8,30 alle 18,30 nel centro urbano non possano circolare i veicoli a benzina e diesel pre euro, euro 1 ed euro 2 (in questo caso solo se sprovvisti di filtro antiparticolato) oltre ai motocicli e ai ciclomotori a due tempi pre euro. A queste misure già in vigore, si affian-

cano i blocchi del traffico del giovedì a partire dal 12 gennaio fino al 29 marzo. In queste giornate il divieto si estende ai veicoli a benzina e diesel fino all’euro 3, nonché ai ciclomotori e ai motoveicoli euro 1. Le condizioni critiche dell’aria ci hanno costretto poi a un fuori programma: due giornate straordinarie di blocco del traffico sono già state effettuate il 29 dicembre e il 4 gennaio. Ritengo che questa sia una misura necessaria ma non certo sufficiente per sconfiggere l’inquinamento atmosferico. Se non altro ci costringe a tenere una volta a settimana l’auto in garage e a ricorrere a mezzi alternativi come l’autobus o la bicicletta. E questa è una cosa che dovremmo fare sempre più spesso, anche perché Ravenna è una città che si gira


Fabrizio Matteucci

facilmente sia a piedi che in bici. In questo modo la qualità dell’aria migliorerebbe e ci guadagneremmo tutti in salute». La concentrazione di Pm10 in città è legata solamente al traffico urbano? «Il traffico viene considerato la principale causa di concentrazione di Pm10. Ma incidono anche altri fattori come le emissioni da riscaldamento domestico, la presenza di industrie e il verificarsi di particolari condizioni atmosferiche. Quest’anno, ad esempio, abbiamo avuto finora un inverno eccezionalmente siccitoso. Anche la scarsità di piogge e la mancanza di vento contribuiscono ad aumentare la concentrazione delle pol-

veri sottili in atmosfera. Il fattore meteo non è irrilevante: spero in qualche giornata di pioggia in più, perché ci potrebbe aiutare a tenere sotto controllo il Pm10. Nel caso ci fossero ulteriori sforamenti del limite decideremo se affiancare le misure già in essere con altre iniziative». Quali interventi occorrono per fare fronte a questo problema in maniera più incisiva? «Combattere l’inquinamento atmosferico è un problema che riguarda tutti: istituzioni pubbliche, imprese, semplici cittadini. Serve un cambio di mentalità e tutti devono fare la propria parte, anche modificando le nostre abitudini quotidiane e imponendoci

qualche piccolo sacrificio, come appunto usare sempre meno l’auto e andare sempre di più in bici o a piedi. Gli enti pubblici devono mettere in campo servizi e incentivi che stimolino a usare di più l’autobus o mezzi meno inquinanti. Ravenna è servita da una buona rete di piste ciclabili che amplieremo; col tempo abbiamo sostituito anche i vecchi autobus con mezzi a metano. Poi c’è tutto il capitolo che riguarda l’utilizzo di fonti delle energie alternative e del risparmio energetico per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera: nella scorsa legislatura abbiamo approvato il piano energetico comunale che va in questa direzione».

In apertura, Fabrizio Matteucci, sindaco di Ravenna

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PROGETTI ECOSOSTENIBILI

Un’alternativa di qualità all’acqua in bottiglia Diminuire la quantità di rifiuto in plastica derivato dal consumo di acqua minerale. Senza rinunciare alle caratteristiche di un’acqua dal sapore gradevole e alla sicurezza per la salute. Gianluca Celli spiega qual è la nuova soluzione Luca Cavera

Goffredo Celli con i figli Gianluca e Manuel della Celli Spa di San Giovanni in Marignano (RN) www.celli.com

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li italiani sono tra i maggiori consumatori al mondo di acque minerali, con un consumo medio annuo di circa 200 litri pro capite. Ciò fa sì che ogni anno arrivino in discarica oltre 5 miliardi di bottiglie di plastica, equivalenti a 130mila tonnellate di rifiuto. Poiché è ancora limitata la percentuale di bottiglie di plastica avviata al riciclo, è evidente come questo consumo da record di acqua minerale abbia come rovescio della medaglia un gravissimo impatto sull’ambiente. A monte c’è inoltre il consumo di petrolio ed energia per la produzione, l’imbottigliamento e la distribuzione delle bottiglie. Una possibile soluzione sarebbe quella di trovare un’alternativa alla confezione dell’acqua, mantenendo però le caratteristiche qualitative di quest’ultima. Verso un’ipotesi di questo tipo, con il progetto FonteAlma si è orientata Alma, la divisione acqua della Celli S.p.A., società specializzata nella realizzazione di impianti di spillature e refrigerazione di bevande. Ne spiega i dettagli il Responsabile della Divisione, Gianluca Celli.

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In cosa consiste il vostro progetto e qual è la sua portata innovativa? «FonteAlma è un progetto ecosostenibile nato per soddisfare una domanda crescente: quella di poter consumare l’acqua potabile degli acquedotti pubblici. Questo consumo avviene attraverso erogatori di acqua installati in apposite strutture, denominate “Casette dell’Acqua”. A queste casette è possibile attingere un’acqua di ottima qualità, fresca ed eventualmente anche frizzante. L’aspetto innovativo del progetto sta nel fatto che è possibile utilizzare un’acqua a “km 0”, viva e costantemente controllata, senza il problema dello smaltimento del contenitore». L’alimentazione delle casette erogatrici quale impatto ha sull’ambiente? «L’impatto dell’impianto è stato analizzato e misurato per l’intero ciclo di vita con le tecniche Lca e Lct. Le principali criticità sono state individuate nella fase di utilizzo. Sono state quindi individuate delle soluzioni tecniche in grado di ridurre i consumi energetici e quindi le emissioni di anidrite carbonica anche del


Gianluca Celli

FonteAlma è un progetto ecosostenibile nato per soddisfare la domanda di consumo dell’acqua potabile degli acquedotti

50% – le riduzioni sono state formalizzate da un ente indipendente e certificate secondo la normativa Iso 14021. Per evitare verniciature e altri trattamenti, l’erogatore è interamente realizzato in acciaio. Il progetto è stato studiato per garantire una durata della struttura nel tempo in modo che, terminato l’utilizzo, il “contenitore” non si trasformi in un rifiuto da smaltire. Anche il design delle casette è stato progettato per adattarsi al resto dell’arredo urbano». Quali le garanzie per la salute del consumatore? «Tutti i materiali utilizzati sono adeguati al contatto con alimenti. A questi si sono aggiunte nuove soluzioni destinate a proteggere le parti esposte al pubblico da even-

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tuali contaminazioni batteriche, per questo è stato installato un ozonizzatore e altri sistemi di protezione igienica. Grazie a questi accorgimenti FonteAlma è stato il primo sistema, e a oggi è ancora l’unico, realizzato per le fontane o casette pubbliche dell’acqua ad aver ottenuto il marchio di conformità igienica Tifq (Istituto per la Qualità Igienica delle Tecnologie Alimentari). Inoltre, la fondazione per lo Sviluppo sostenibile ha assegnato alla nostra società un riconoscimento per l’efficacia

dei risultati ambientali, il contenuto innovativo, i risultati economici e la possibilità di diffusione». Con quali accorgimenti tecnici è possibile ottenere un’acqua sicura e gradevole al gusto? «Dal punto di vista igienico, la scelta più importante riguarda i componenti. È sufficiente un nipplo realizzato con un trattamento superficiale inadeguato – che rilasci nikel o altre sostanze tossiche nell’acqua – a rendere inutili tutti gli sforzi per l’erogazione di un’acqua di qualità. Anche la filtrazione ha la sua importanza. FonteAlma utilizza prefiltri e filtri a carbone attivo che garantiscono un’acqua di qualità, privata di eventuali odori e sapori sgradevoli e di particelle in sospensione. Il risultato è un filtraggio dolce ed efficace, che non richiede energia e non spreca parte dell’acqua da filtrare, come accade con filtri più aggressivi». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 167


RINNOVABILI

Prospettive di crescita per l’energia pulita Attualmente in Italia il fotovoltaico ha raggiunto i 12 GWe. Entro il 2015 si prevede un importante ulteriore incremento. Romeo Callegari spiega su cosa stanno puntando le aziende del settore: la sfida si gioca sull’avanzamento tecnologico Manlio Teodoro

econdo il Gse (gestore dei Servizi Energetici) la potenza installata in Italia di impianti fotovoltaici ha già superato i 12 GWe. Questo dato, però, non garantisce ancora la sostituzione integrale delle fonti fossili per approvvigionamento energetico. Come spiega Romeo Callegari, amministratore unico di Siet, società nata nel settore

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Siet Srl, Ferrara www.sietonline.it

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delle telecomunicazioni e in seguito specializzatasi nelle energie rinnovabili ad alto potenziale tecnologico: «Il fotovoltaico, parte importante del gruppo delle energie rinnovabili, sebbene stia vivendo un incredibile sviluppo – sia come ricerca di nuovi materiali, sia come introduzione di sistemi applicativi innovativi –, difficilmente potrà sostituire, nel breve e medio periodo, le fonti fossili. Al massimo potrà essere considerato complementare in misura crescente. Certamente, dalla sua, il fotovoltaico, ha il vantaggio di non avere emissioni di anidrite carbonica. La vera differenza quindi fra energia solare ed energia da fonti fossili si gioca, più che in termini di efficienza da un punto di vista comparativo, sul diverso impatto ambientale che le due forme energetiche determinano. Inoltre, la riflessione che questi argomenti dovrebbe indurre è strettamente legata a una diversa concezione della produzione di energia elettrica capillare, di prossimità all’utenza, total-

mente diversa dalla produzione di energia da fonti fossili che avviene de-localizzata rispetto alle grandi utenze con la necessità quindi di avere reti di trasmissione complesse ed estese per molti chilometri». Negli ultimi anni, il boom del settore ha determinato un’accesa concorrenza fra gli operatori, che per emergere e differenziarsi hanno puntato sull’innovazione e nelle attività di ricerca e sviluppo, unici mezzi per garantirsi un vantaggio competitivo. «La nostra ricerca nel campo fotovoltaico è indirizzata verso un miglioramento del rapporto fra efficienza di conversione e costo del modulo fotovoltaico. Per questo si punta su materiali semiconduttori e tecniche di realizzazione che coniughino il basso costo con un’alta efficienza di conversione. Le università americane stanno sviluppando materiali plastici che sfruttano le nanotecnologie per convertire in elettricità i raggi solari della banda dell’infrarosso, cioè funzionante anche


Romeo Callegari

con cielo coperto». Siet ha al suo interno ingegneri e tecnici la cui mission è analizzare e implementare idee da tradurre in applicazioni innovative concrete, sia di prodotto, ma soprattutto di processo. «Il team è composto da specialisti provenienti per formazione da ambiti diversi, sebbene complementari: dalla meccanica alla elettronica, dalla chimica alla fisica dei materiali. Questi operano in stretta collaborazione con tutti i responsabili dei cantieri, realizzando una sinergia nel passaggio dalla fase concettuale alla fase applicativa. Da questa attività nasce lo sviluppo e la messa a punto dei servizi offerti dalla Siet». La società è concessionaria di Enel.si attraverso un contratto in franchising. «Attraverso la gestione di quattro punti a marchio Enel, siamo impegnati nel proporre servizi, prodotti e soluzioni integrate per il risparmio e l’efficienza energetica. Fra questi l’analisi e l’ottimizzazione dei consumi di elettricità e gas, la certificazione energetica –

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Entro il 2015 saranno installati oltre 20 GWe di solo fotovoltaico. E le energie rinnovabili nel complesso avranno raggiunto i 30 GWe

con particolare focalizzazione sulle fonti rinnovabili di energia che utilizzano la tecnologia fotovoltaica e solare termica. Il nostro obiettivo per i prossimi anni è quello di diventare uno degli attori principali dell’Italia settentrionale nel settore delle energie rinnovabili. Riteniamo che, sebbene con drastiche riduzioni legate al quarto conto energia, entro il 2015 saranno installati oltre 20 GWe di solo fotovoltaico. Per quanto attiene le energie rinnovabili nel complesso, si può ragionevolmente stimare di arrivare nel 2015 a ottenere almeno 30 GWe installati, con concreti vantaggi di impatto ambientale ridotto, cioè con contenute emissioni in atmosfera di anidride carbonica». La società è impegnata nella sicurezza e nella tu-

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tela ambientale in azienda e investe molte risorse nello sviluppo delle risorse umane. «Abbiamo introdotto degli indicatori per monitorare costantemente questi parametri nelle sedi di lavoro e avere un riferimento statistico nel tempo. Un contributo al miglioramento di questi indicatori è dato dalle attività di formazione, sensibilizzazione e coinvolgimento del personale. Due sono le direttrici principali di intervento sulle quali ci stiamo muovendo per diffondere a tutti i livelli la cultura aziendale in tema di sicurezza e ambiente: una orientata alla formazione continua di tutto il personale attraverso corsi specifici, l’altra attenta a coinvolgere su queste tematiche tutti i responsabili di cantiere».

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GESTIONE RIFIUTI

Smaltire i rifiuti aziendali Esperienza e competenza espresse in un servizio di pubblica utilità, per la salvaguardia dell'ambiente. Il riciclaggio di rifiuti aziendali descritto da Giovanni Costa Lodovico Bevilacqua

egli ultimi anni la maturazione di una coscienza ecologica sta favorevolmente condizionando – in maniera sempre più inclusiva – un numero crescente di società, enti e aziende, afferenti agli ambiti commerciali, industriali e appartenenti alla sfera pubblica più disparati. Contestualmente a questa tendenza, stanno nascendo cospicui e complessi codici normativi con il fine di disciplinare e sorvegliare l'attività di raccolta e di riciclaggio dei materiali. Con quella che ormai può essere de-

N La Eco-Recuperi Srl ha sede a Solarolo (RA) www.ecorecuperi.it

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finita – senza timore di incorrere in un’iperbole storica – la terza rivoluzione industriale, l'uso della tecnologia informatica e dei suoi dispositivi è divenuto sempre più pervasivo in ogni ambito lavorativo e, con esso, si è imposto di autorità il problema relativo al recupero – inteso nel senso più ampio di raccolta, riciclaggio, rigenerazione – di tutti i congegni elettrici ed elettronici. Questo, in sintesi, lo scenario in cui si contestualizza l'esperienza e la competenza professionale di Giovanni Costa, amministratore unico della Eco-Recuperi di Solarolo. «La società si costituisce nel 1997, in conseguenza del varo del decreto Ronchi, il primo, consistente testo normativo finalizzato alla disciplina dei rifiuti speciali e pericolosi nell'interesse comune». Il testo, in effetti, distingue le categorie sopracitate, individuando una tipologia di rifiuti nel riciclaggio dei quali la Eco-recuperi si è specializzata, come racconta Costa. «In questi quindici anni

di attività abbiamo sviluppato un efficiente e completo servizio di recupero dei rifiuti prodotti all'interno delle aziende, fino alla gestione – a prezzi modici – di tutte le successive fasi burocratiche». Estremamente preziosa, vista la complessità dei regolamenti vigenti – ricordiamo inoltre la complementare sovrapposizione di normative nazionali e comunitarie – la competenza acquisita dalla Eco-Recuperi nella gestione della fase burocratica del processo. «Il servizio che offriamo è decisamente più complesso di quanto si possa immaginare; la fase operativa prevede la fornitura di adeguati contenitori e il successivo ritiro degli stessi, conformemente alle esigenze del cliente. Segue poi il trattamento e il recupero vero e proprio dei rifiuti. Contestualmente ci occupiamo dell'assolvimento dell'aspetto burocratico e procedurale, compilando il formulario per l’identificazione e il trasporto dei rifiuti, redigendo il registro di carico e sca-


Giovanni Costa

In questi anni di attività abbiamo sviluppato un efficiente e completo servizio di recupero dei rifiuti prodotti all'interno delle aziende

rico e presentando – infine – il modello unico di dichiarazione ambientale». Un servizio integrato ed efficiente, frutto di una meticolosa organizzazione e di una vasta esperienza. Non millantazioni propagandistiche, ma caratteristiche formalmente certificate, come precisa Costa. «I parametri di qualità cui ci siamo sempre attenuti sono valsi il conseguimento di numerosi riconoscimenti attestanti l'attenzione che dedichiamo alla salvaguardia dell'ambiente e alla soddisfazione del cliente, primi fra tutti il sigillo Uni En Iso 14001:2004

in materia ambientale e Uni En Iso 9001:2008 per la qualità». Un grande potenziale operativo che si codifica nel programma EcoWay; considerando l'aumento esponenziale dell'utilizzo – e dunque delle necessità di smaltimento – dei dispositivi elettrici da ufficio, particolare importanza ricopre, all'interno del sopracitato programma, il servizio di raccolta Raee. «Questo servizio si occupa appunto della gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e il suo perfezionamento ha assor-

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bito buona parte dei recenti sforzi operativi e gestionali dell'azienda; una scelta inevitabile, considerando che l'aumento dei questa tipologia di rifiuti è esponenziale – attualmente e in prospettiva – e, per questo motivo, gli obiettivi fissati dalle normative comunitarie sono sempre più ambiziosi e difficili da raggiungere». L'esperienza e la professionalità della Eco-recuperi sono tuttavia una garanzia di successo, in Italia come all'estero. «L'efficienza dei nostri servizi ci ha permesso di estendere la nostra attività ben oltre i confini nazionali; del milione e 500mila cartucce vuote che commercializziamo ogni anno – infatti – quasi la metà viene venduta all'estero, fra Germania, Inghilterra, Cina, America, Canada, Francia, Spagna e India, contribuendo in maniera consistente al raggiungimento dei circa 5 milioni di euro che fatturiamo annualmente».

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GESTIONE RIFIUTI

Da rifiuto a risorsa Rita Bandini spiega come il trattamento controllato dei rifiuti industriali consenta di ottenere tonnellate e tonnellate di materiali senza intaccare le materie prime Valerio Germanico

A destra, Rita Bandini insieme al team direzionale della Bandini-Casamenti Srl di Forlì www.bandinicasamenti.it

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ormai entrata nella coscienza comune l’importanza del riciclo e del trattamento dei rifiuti, comuni e speciali. La carta, la plastica, il legno, il vetro, il ferro e l’alluminio sono tutti materiali che, abbandonati nell’ambiente, possono danneggiarlo. Tuttavia, se trattati adeguatamente, possono conoscere una nuova vita, contribuendo anche ad un risparmio di materie prime. Per questo vanno raccolti, selezionati e recuperati da chi ha sviluppato le competenze per farlo al meglio e in sicurezza. «La nostra società – spiega Rita Bandini della Bandini-Casamenti – opera nel campo della raccolta, della lavorazione e della selezione di prodotti cartacei, di alluminio, di rottami ferrosi e metallici, di plastica, di legno e di vetro di recupero di ogni tipologia. Ci impegniamo quotidianamente a fianco delle aziende che hanno scelto di stare dalla parte della natura a salvaguardare l’ambiente, evitando ogni giorno, per esempio, la distruzione di migliaia di alberi». Come agite concretamente? «Ci occupiamo direttamente di tutte le attività di ritiro, trasporto, stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali. Operiamo su tutto il territorio romagnolo, nel settore nord delle Marche e nel Triveneto con 400 container scarrabili di varie cubature, 50

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compattatori elettroscarrabili e 10 presse stazionarie che sono funzionali alla raccolta dei rifiuti da avviare al recupero o da smaltire in discariche autorizzate. In questo modo contribuiamo a restituire una nuova vita a 70 mila tonnellate annue di materiali della più varia natura, che altrimenti finirebbero bruciati o distrutti in discarica». Quali sono i vostri processi di lavorazione? «In base al trattamento necessario, il rifiuto raccolto viene movimentato e indirizzato all’interno dello stabilimento. La prima linea di lavorazione è costituita da un impianto di selezione che, tramite nastri trasportatori a più livelli, convoglia il rifiuto verso una cabina di cernita. Qui gli operatori, con l’ausilio di ulteriori nastri regolabili, provvedono alla separazione e alla selezione dei diversi materiali, lavorando in definitiva circa 60 tonnellate di rifiuti al giorno. Separati per tipologia e qualità, i rifiuti vengono fatti cadere in appositi bunker di scarico, dai quali il materiale accede meccanicamente all’impianto di triturazione e infine all’impianto pressante che provvede, con un processo completamente automatizzato, alla compattazione in balle del peso di circa 1.300 kg cadauna». Qual è la tipologia di aziende che si rivolge a voi per il servizio di raccolta e smalti-


Rita Bandini

mento? «Attualmente serviamo circa 500 clienti appartenenti a differenti realtà industriali, artigianali, commerciali, della grande distribuzione, delle amministrazioni pubbliche, istituti bancari, enti religiosi e no profit. Alle aziende che aderiscono al sistema Sistri – un sistema di controllo per la tracciabilità dei rifiuti – forniamo un servizio specifico. Mentre per tutte garantiamo un’efficienza tempestiva e puntuale con il nostro servizio di call center, sempre operativo. Inoltre siamo una piattaforma operativa del Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo

La raccolta dei rifiuti da avviare al recupero o da smaltire in discariche autorizzate permette di restituire una nuova vita a 70mila tonnellate l’anno di materiali

degli Imballaggi a Base Cellulosica) e del Consorzio Nazionale Acciaio. Dal 1996 rappresentiamo uno dei centri di conferimento del Corepla (Consorzio Recupero Plastica). È inoltre da sempre un’azienda vicina all’ambiente, dotata di un impianto fotovoltaico di ultima generazione, che produce annualmente energia pari a 160.000 kWh, e attiva per la sua salvaguardia anche attraverso una serie di azioni sul territo-

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rio, che hanno lo scopo di sostenere il Fai (Fondo Ambiente Italiano) nella sua promozione di una cultura di rispetto del patrimonio naturalistico e artistico italiano». Trattate anche rifiuti speciali? «Tutti i rifiuti dannosi e in regime di ADR – l’accordo europeo per il trasporto internazionale stradale delle merci pericolose – vengono da noi ritirati e smaltiti nell’assoluto rispetto delle normative europee. In questa categoria di sostanze, oggetti e materiali che, esaurito il loro ciclo di vita, non possono più essere recuperati e risultano pericolosi per l’ambiente, come ad esempio gli oli esausti minerali e vegetali, le batterie, i residui chimici, tutti gli oggetti ingombranti, i nastri stampanti ad aghi e a getto d’inchiostro, i toner, gli inerti e le macerie, gli pneumatici».

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INFRASTRUTTURE

E55, via al nuovo corridoio tra Tirreno e Adriatico da quando, nel 2001, venne inserito tra le opere del primo programma delle “infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi” previsto dalla Legge obiettivo del Cipe, che si parla di un collegamento autostradale Orte-Mestre, ovvero la cosiddetta E55. Un asse viario che metterebbe in connessione Tirreno e Adriatico, attraversando quell’Italia centrale ancora carente a livello di infrastrutture e che, per quanto riguarda l’Emilia Romagna, permetterebbe il superamento dell’ormai satura strada statale Romea. Attualmente è in corso una valutazione preliminare del progetto e del piano finanziario, poi l’iter per la realizzazione dell’opera potrebbe finalmente prendere il via. I tempi sembrano insomma maturi, come conferma l’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci. «La struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – spiega – ha pressoché concluso le sue istruttorie. L’Anas invierà a breve le ultime valutazioni sugli aspetti finanziari per le successive valutazioni del ministero. Pertanto, il progetto potrà essere presentato dal governo, se lo riterrà op-

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L’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci, fa il punto sulla realizzazione di un’opera di cui si parla da un decennio: «nelle prossime settimane il progetto potrà essere presentato all'approvazione del Cipe. E con il project financing sarà possibile contenere la spesa pubblica» Riccardo Casini

Un tratto della statale 309 “Romea” e, sotto, l’amministratore unico dell’Anas, Pietro Ciucci

portuno, al Cipe presumibilmente nelle prossime settimane. Dopo l’approvazione e la registrazione della delibera Cipe per l’assegnazione delle risorse previste, l’Anas potrà bandire la gara per la scelta del concessionario privato. A quel punto il cronoprogramma prevede 2 anni per la progettazione definitiva ed esecutiva e


Pietro Ciucci

Il potenziamento del corridoio della E55 consentirà di alleggerire il traffico che oggi grava sull’attuale strada statale Romea, che verrà trasformata in “strada parco”

per gli espropri, 7 ulteriori anni per la realizzazione delle nuove opere e altri 6 per il completamento della E45». Il progetto risulta avere un costo complessivo di oltre 9 miliardi di euro, con un contributo pubblico richiesto di circa 1,5 miliardi. Oggi vi sono le condizioni per ottenerlo? «Grazie al project financing sarà possibile contenere la spesa pubblica in misura rilevante, con un contributo a carico dello Stato inferiore al 20% del totale. L’eventuale ricorso alle misure di defiscalizzazione recentemente introdotte dal governo con la legge 183 del 2011 potrebbe consentire di ridurre, anche in maniera rilevante, l’importo del contributo richiesto. L’applicazione della defiscalizzazione e l’assegnazione del finanziamento necessario dipenderà comunque dalla valutazione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dalla deliberazione del Cipe». Quale impulso, in particolare per quanto riguarda la realizzazione della tratta Ravenna-Venezia, può venire dall’approvazione da parte della Commissione europea del corridoio Bal-

tico-Adriatico che collegherà Ravenna a Helsinki? «Il progetto ha di per sé una valenza strategica nel piano infrastrutturale sia italiano che europeo, poiché consentirà non solo di collegare vaste aree del centro e del sud tirrenico con il nord-est del paese, ma anche di interconnettersi con il corridoio transeuropeo 5 Lisbona-Kiev. L’opera era stata peraltro dichiarata strategica e di preminente interesse nazionale già dalla delibera Cipe del 21 dicembre 2001, confermata dall’intesa sottoscritta nel novembre 2004 dalle Regioni interessate con il Governo e dalla delibera Cipe del 2006». Quali saranno i principali vantaggi di quest’opera, una volta ultimata? «A livello nazionale verrà riequilibrata la distribuzione dei grandi flussi nazionali di traffico che oggi insistono sull'itinerario A1 Orte-Bologna, A13 Bologna-Padova e A4 Padova-Venezia. Inoltre, contrariamente al corridoio A1A13-A4, che insiste essenzialmente nell’entroterra, la nuova opera consentirà l’interconnessione e l’interscambio con un gran numero di importanti hub portuali (costituiti dagli scali di Civita-

vecchia, Ancona, Ravenna, Chioggia e Mestre) e una migliore accessibilità alle aree costiere tra Venezia e Ravenna». Come replica invece a chi punta il dito contro l’impatto ambientale che avrebbe l’opera, in particolare nel tratto tra Ravenna e Venezia? «Il potenziamento del corridoio della E55 consentirà di alleggerire drasticamente il traffico che oggi grava sull’attuale strada statale 309 Romea, caratterizzata per la scarsa capacità della sede stradale (con una corsia per senso di marcia) rispetto ai flussi di traffico. La trasformazione dell’attuale statale 309 Romea in “strada parco” consentirà poi una straordinaria occasione di riqualificazione dell’attuale itinerario, che interessa aree di raro pregio ambientale e ne garantirà la fruizione al traffico turistico e locale».

Sopra, il tracciato della E55

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INFRASTRUTTURE

Passante e Cispadana, i nodi da sciogliere Due infrastrutture strategiche per tutta la regione che non hanno ancora visto la luce a causa di procedure burocratiche troppo lente e stop per questioni di impatto ambientale. Prova a tirare le fila del discorso, l’assessore regionale alle Infrastrutture, Alfredo Peri Tiziana Bongiovanni

idea del passante autostradale di Bologna, meglio conosciuto come Passante Nord, consistente in un semianello autostradale da costruirsi a nord della città per bypassarla, nasce nel 2002. Un opera strategica per consentire l’alleggerimento e l’ammodernamento del sistema territoriale felsineo. Il passante collegherà A1, A13 e A14. Dopo 7 anni di “tira e molla” (lo studio di fattibilità per la riorganizzazione del sistema autostradaletangenziale bolognese risale al 2004), il 21 novembre scorso è stato firmato l’accordo tra Anas e Autostrade per l’Italia per la predisposizione del progetto definitivo dell’opera alla presenza dell’assessore regionale alla Mobilità e infrastrutture Alfredo Peri. Un percorso “sofferto”, a causa anche dell’opposizione di alcune forze politiche locali (Lega Nord e Movimento 5 stelle) e comitati di cittadini.

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Alfredo Peri

Se in futuro con la banalizzazione della sede autostradale si passasse a un rapporto di 50 e 50, già sarebbe un successo

Assessore Peri, soddisfatto dell’accordo? «Sì. Abbiamo condiviso con il ministro Corrado Passera e tutti i soggetti interessati l’avvio della procedura, cioè l’affidamento alla società Autostrade della responsabilità di progettare, bandire la gara per la realizzazione dei lavori e gestire il Passante. Il “pronti via” è in mano al ministro, che dovrà emanare un decreto di incarico diretto a Società Autostrade. Da quel momento saremo dentro la procedura operativa. È ragionevolmente prevedibile che l’iter verrà completato in pochi giorni perché tutti gli elementi di merito che erano stati di ostacolo finora sono stati risolti». Un’anteprima del progetto? «Ci sono state delle verifiche preparatorie degli atti dove viene evidenziato che rispetto all’ipotesi della provincia, che prevedeva un tracciato ampio, e a quello di Società Autostrade, che optava per uno molto stretto, la soluzione sarà intermedia fra le due. La lunghezza complessiva si attesterà sui trenta chilometri. Con l’avvio delle verifiche progettuali, nel giro di qualche mese potremo avere una prima ipotesi di tracciato».

Sul suo sito internet Legambiente ha pubblicato un’ipotesi verosimile di tracciato. Ne è a conoscenza? «No. Ora siamo nel momento della verifica, non dell’annuncio. Il Passante attraverserà un territorio fortemente urbanizzato, quindi un conto è fare un disegno sulla carta in scala a 20.000, un conto è farne uno in scala 5.000. Solo in quest’ultimo caso si possono avere i dettagli e, quindi, comunicare quali saranno i Comuni interessati, il cui elenco preciso ancora non ho, anche se so che saranno molti di quelli ipotizzati». Quanto costerà l’opera? «Dipenderà molto dal progetto. Si era parlato di circa un miliardo e 400 mila euro a totale carico privato, cioè di Società Autostrade, che ricaverà dal traffico il ristoro dell’investimento fatto». Quali saranno i benefici per i cittadini bolognesi? «Società Autostrade diceva no alla banalizzazione dell’attuale sede autostradale, ma noi abbiamo voluto la liberalizzazione del tratto che verrà trasformato in un’unica tangenziale a 3 corsie per senso di marcia. I bolognesi avranno a disposizione

quasi il doppio della tangenziale: una maggiore piattaforma nell’area metropolitana stretta e un allontanamento del traffico dall’area cittadina e urbana. Un vantaggio secco». Gianni Galli, portavoce del comitato dei cittadini nel no, parla di un’opera superata, che sposterà solo 36mila vetture al giorno. «Una cifra astronomica. Non so come faccia a dirlo, mi sembra un po’ azzardato. Oggi passano dall’attuale sede autostradale, assieme alla tangenziale, 110mila veicoli al giorno, di cui il 60% in autostrada e il 40% in tangenziale. Se in futuro con la banalizzazione della sede autostradale si passasse a un rapporto di 50 e 50, già sarebbe un successo». Un’altra critica è quella relativa agli autotrasportatori, che non sarebbero disposti ad allungare il percorso e, pur di guadagnare tempo, attraverserebbero la città. «Stiamo ragionando di prevedere un meccanismo tariffario disincentivante. Il tempo risparmiato sarebbe di soli 5 minuti, ma con penalizzazione.

Alfredo Peri, assessore regionale ai Infrastrutture e trasporti

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INFRASTRUTTURE

Vogliamo rendere quasi impossibile l’attraversamento per chi non deve accedere alla città. Insomma, chi esce a Borgo Panigale e rientra a San Lazzaro, potrà pagare pegno». Il Passante avrà un forte impatto sull’agricoltura. «Il Passante è un’opera importante, quindi come tale avrà sicuramente un impatto sul territorio che cercheremo di ridurre al minimo con la verifica in dettaglio del tragitto». Poi dovrete affrontare la delicata questione degli espropri. «Sì, faremo degli espropri.

Certo l’impatto sarà pesante sui singoli, ma è un’opera pubblica fatta con l’intento di produrre un beneficio per la collettività». E per quanto riguarda l’inquinamento? «Dovrebbe assolutamente migliorare, nel senso che la fluidificazione del traffico e la divisione di flussi così concentrati di veicoli su infrastrutture più dedicate produrrà degli effetti positivi. Cito l’esempio classico della quarta corsia fra Modena e Bologna, che ha prodotto una diminuzione della congestione del 70%». Si tratta pur sempre di

un’opera di grande cementificazione. «Certo, io sono per dire le cose come stanno: mettiamo del cemento dove prima c’era l’erba, ma l’abbiamo attentamente valutato e fa parte delle grandi opere nazionali. Dal quadrante di Bologna, che soffre di un’infrastruttura vecchia di decine d’anni, passa il 70% del traffico nazionale». Altre critiche dicono che il Passante incentiva il trasporto su gomma anziché quello su rotaia. «Negli ultimi 8 anni abbiamo aumentato del 30% i treni a

I DUBBI SUL TRACCIATO Nonostante la mappa sia ancora top secret, molte sono le perplessità intorno al Passante Nord. A partire da quelle del sindaco Monesi, che preferisce pensare alla nuova strada provinciale Galliera accordo di realizzazione del Passante Nord è già stato firmato. Però il sindaco di Castelmaggiore, Marco Monesi, ancora non ha idea di come sia e di come interesserà il suo Comune. «Attualmente non sono in grado di valutare la cosa. Mi definisco neutro, in attesa vigile. Non abbiamo notizie sul nuovo progetto – dichiara –. Su quello vecchio invece avevamo sottoscritto un accordo condiviso con gli altri Comuni». Castelmaggiore, cerniera tra Bologna e l’area centrale della pianura sarà, assieme a Calderara, Anzola, Granarolo, Castenaso e Ozzano, zona di passaggio della supertangenziale. Si tratta del progetto bis del Passante, versione light rispetto al precedente, che prevedeva un tracciato lungo oltre 40 km. La prima proposta, infatti, fu bocciata dal commissario dell’Unione europea per violazione delle norme che regolano il conflitto di inte-

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ressi (l’attuazione e la gestione del Passante era stata affidata senza gara a Società Autostrade). La seconda, invece, non è stata ancora resa pubblica. «In giro ci sono solo ipotesi giornalistiche. Se fosse come è apparso sulla stampa non ci interessa» taglia corto il sindaco. Anche se prova ad azzardare: «Se fosse realizzato sotto terra si potrebbe valutare» e, come ogni buon amministratore locale, guarda a casa propria: «Però se passasse tra Castelmaggiore e Funo non sarebbe una buona soluzione. Ci sono criticità più importanti da risolvere – continua –. Ad esempio sarebbe il caso di migliorare la trasversale di pianura e alcuni nodi che sono congestionati, come i collegamenti est-ovest, al fine di consentire l’aggiramento dei centri urbani». I livelli di congestione di questo paese agricolo (l’87% del territorio è adibito a coltivazioni) e l’aumento dei veicoli hanno

gravato su molte strade comunali, caricandole di funzioni improprie e peggiorando il livello di sicurezza. Monesi punta molto alla realizzazione della Nuova Galliera, per la quale è stata bandita la gara d’appalto a dicembre, che dovrebbe alleviare il problema di attraversamento di paese: «Sono favorevole alla sua attuazione. È un intervento su cui è molto forte la richiesta dei nostri cittadini che, a ragione, individuano in quest’infrastruttura un elemento per garantire maggiore sostenibilità e vivibilità dei centri urbani». La nuova strada provinciale Galliera, bretella di collegamento a due corsie con la Trasversale di Pianura, sarà attuata nella parte nord del capoluogo, ai lati della ferrovia, in una pianificazione concertata con il Comune di Argelato, che prevede anche la realizzazione di servizi comuni, dall’istruzione alla cultura, al sociale, al sanitario.


Alfredo Peri

Nell’anno di crisi abbiamo avuto un calo del traffico ferroviario merci del 30%, mentre di quello su gomma solo del 4%

disposizione e raddoppiato la linea ferroviaria dell’asse principale della Via Emilia, investendo complessivamente in Emilia Romagna 10 miliardi di euro. Nell’anno di crisi abbiamo avuto un calo del traffico ferroviario merci del 30%, mentre di quello su gomma solo del 4%. Il sistema paese è orientato su gomma». E l’autostrada Cispadana, a che punto è?

«Sta per partire la predisposizione del progetto definitivo e la valutazione dell’impatto ambientale». Il Movimento 5 stelle asserisce che il Passante è in conflitto con la Cispadana. «È esattamente il contrario. Sono due opere complementari e le accuse del Movimento 5 stelle sono infondate e strumentali». Ma insomma, tutte queste

critiche non la toccano? «Sono tutte rispettabili e da valutare con attenzione perché i giudizi negativi sulle infrastrutture hanno sempre una quota di buon senso. Rispetto ai cittadini che vengono impattati bisogna avere trasparenza e ascolto. Ho visto la Lega Nord andare contro la Cispadana, ma al contempo voler realizzare un’autostrada analoga in Veneto. C’è un po’ di competizione territoriale, legittima anche quella, ma mi sento di rispettarla di meno rispetto alle esigenze dei cittadini. Del resto loro sostengono il punto di vista dei “comitati dei no” perché cavalcare la protesta gli conviene dal punto di vista del consenso». Perché i cittadini non hanno capito l’importanza di quest’opera? «Io non ci credo che non l’abbiano capita. I cittadini che attraverso quattro turni politici ci hanno votato hanno approvato anche i nostri programmi, che prevedevano il Passante. Fra un paio di mesi inizierà il lavoro di confronto con le istituzioni, con i comitati, con le rappresentanze sociali per arrivare a un progetto che cercherà di essere condiviso al massimo». Fine lavori? «Sarei già contento di fissare un inizio. Spero che sia fra almeno un paio di anni. Se tutto procederà bene, vedo una data realistica nel 2014». Siamo in Emilia. Si sbilanci. Saranno le Coop a realizzare i lavori? «C’è un bando di gara. Sarà vinto da chi farà l’offerta migliore”. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 181


INFRASTRUTTURE

«Dalla giunta regionale proposte superate» anes Bernardini, leghista, consigliere regionale e vicepresidente della III commissione Ambiente e Territorio è l’altra voce contraria alla realizzazione del Passante Nord. Perché la sua posizione contro tale infrastruttura è così netta? «Perché non coglie gli obiettivi dichiarati dai suoi sostenitori e il costo, in termini economici e ambientali, non trova giustificazione. Parliamo di un’infrastruttura che comporta un impiego ingiustificato di territorio in contrasto con le raccomandazioni internazionali e con le leggi regionali che mirano ad azzerare questo consumo e risolvere i problemi migliorando le strutture esistenti. La sfida futura è sul servizio pubblico efficiente, la priorità non può essere il Passante. Qui colgo il ritardo e l’incapacità di programmare che ha questa giunta». Il Passante Nord è stato fortemente voluto proprio dal presidente di tale giunta, Vasco Errani, suo avversario politico. La sua potrebbe sembrare più una battaglia personale. «È una battaglia contro le cose che ha fatto o sta facendo. La Regione, pur avendo una continuità politico-gestionale, non ha saputo cogliere i segni del cambiamento, delle nuove sfide. Errani per anni ha sostenuto il policentrismo regionale che ha portato a una concorrenza interna di fiere, aeroporti e servizi, con la conseguente perdita di competitività nei confronti delle altre realtà regionali. Bologna ha perso fiere di prestigio e servizi efficienti senza sviluppare un’adeguata attrattiva storico-turistica. La pianificazione urbanistica ha prodotto un’urbanizzazione selvaggia di città

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La Lega Nord è contraria alle scelte dall’amministrazione Errani sulle infrastrutture strategiche per la regione, giudicandole non lungimiranti e in contrasto anche con le direttive imposte dall’Unione europea. Il commento di Manes Bernardini Tiziana Bongiovanni

e periferie prive di servizi pubblici e potenziamento delle viabilità locali. Il consumo di territorio ha caratterizzato le scelte di questa giunta, per quantità di urbanizzazione, per ritardo nella disciplina del fotovoltaico e più recentemente nella realizzazione di centrali a biomasse e le cosiddette discariche “controllate”. Il recente Ptr approvato dalla regione arriva a prevedere per i prossimi 10 anni uno sviluppo urbanistico del +20% con relativi servizi e strade; ma quale sviluppo se la natalità è piatta? Qual’è il futuro di Bologna e dell’Emilia? Inoltre siamo in ritardo di circa venti anni per la metrotranvia, mentre l’alta velocità

Manes Bernardini, consigliere regionale della Lega Nord


Manes Bernardini

La cosa peggiore che sta avvenendo consiste nel progettare sempre nuove opere, lasciando altre opere stradali ordinarie incomplete da anni

è pronta, ma i fondi assegnati al metrò sono stati dirottati per l’acquisto di nuovi locomotori da utilizzare sui binari che saranno lasciati liberi. La linea Sfm Bologna-Portomaggiore è stata recentemente elettrificata ma sui binari corre un nuovo treno a gasolio inaugurato lo scorso anno, perché? Il Prit 2000/2010 non ha portato a conclusione interventi importanti, fermi da anni, come la trasversale di pianura e la realizzazione del servizio ferroviario metropolitano». Però ormai l’accordo per la realizzazione del Passante Nord è stato firmato lo scorso novembre. Deluso? «Deluso no, ma rammaricato sì perché non ci sono informazioni e c’è scarsa trasparenza. A Roma si sono cercate nuove modalità per ottenere il “via libera” da parte dell’Ue per l’affidamento diretto ad Autostrade a condizione che venga realizzato un tracciato più corto di qualche chilometro. Non esiste a oggi alcun nuovo tracciato alternativo più corto. Non se n’è discusso nelle sedi proprie e neppure con le comunità coinvolte. La Regione sta conoscendo una crisi economica profonda, ma la risposta alle emergenze è ancora secondo vecchie logiche e modelli di sviluppo superati». Ma lei ha un’alternativa? «Un esame attento consiglia un approccio modulare e pragmatico ai problemi della criticità

del traffico bolognese: interventi veloci con opere utili a costo relativamente basso; completamento della viabilità ordinaria di grande scorrimento est-ovest esistente, da Castenaso a Calderara con 3 rotonde, collegandola con la tangenziale di Trebbo fino al superamento del fiume Reno con il nuovo ponte Trebbo. Intervento che ridurrebbe del 10% l’attuale utilizzo della tangenziale; completare la trasversale di pianura nei tratti mancanti; un’uscita dedicata sull’A13 per Interporto. Oggi circa 1.200 autotreni al giorno entrano ed escono dall’interporto e percorrono circa 1.800 metri della trasversale per arrivare al casello attuale interporto A13 creando blocchi, ingorghi e ritardi nella circolazione. Qualora la situazione richiedesse ulteriori interventi sarebbe ipotizzabile la fase successiva come un intervento strutturale sul nodo bolognese (tangenziale + autostrada), interventi sulla piattaforma attuale con le modalità proposte dal Comitato di cittadini che da anni propone una soluzione alternativa al Passante». Ha da dire qualcosa all’assessore Alfredo Peri? «A Peri chiedo di riconsiderare la scelta delle autostrade a scapito della ferrovia. I continui cambiamenti, i mutamenti economici, la crisi industriale richiedono aggiornamenti e aggiustamenti di azioni, di interventi. Per quale ragione le scelte infrastrutturali stradali come il Passante dovrebbero essere ancora attuali? È su programmi e scelte di tale importanza che rimprovero a questa giunta l’assenza di un cambio di marcia, di una discussione aperta alle priorità d’intervento. Si continua a parlare di ferrovia, ma si programmano autostrade. La cosa peggiore che sta avvenendo consiste nel progettare sempre nuove opere, lasciando altre opere stradali ordinarie incomplete da anni. Spreco di denaro, ritardi e mancanza di una programmazione lungimirante». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 183


INFRASTRUTTURE

Grandi opere, Legambiente dice no Infrastrutture utili solo ad aumentare la cementificazione. È questo il pensiero della più grande associazione ambientalista italiana sulle due grandi infrastrutture viarie della regione. Il presidente regionale, Lorenzo Frattini, sposta l’attenzione su una mobilità più green: «Meglio aumentare il trasporto su ferro» Tiziana Bongiovanni

artiamo da alcune cifre: l’area della provincia bolognese, cerniera tra Nord e Sud, è attraversata ogni giorno da 2,5 milioni di spostamenti, con un carico annuale di 67 milioni di veicoli. Cifre da capogiro. Per alleggerire il traffico passante dal nodo bolognese, è stato predisposto il Passante Nord, un’opera di forte impatto ambientale. In Regione invece, si sta per costruire un’altra infrastruttura ancora più impattante. È l’autostrada regionale Cispadana. Collegherà l’A22 del Brennero, in località Reggiolo, con l’A13 Bologna-Padova, in prossimità dell’attuale svincolo Ferrara Sud, ponendosi come alternativa all’asse centrale del corridoio via Emilia (A1/A14). Lunga 67 km, costerà un miliardo e 150 milioni di euro (di cui un miliardo a carico di privati e 179 milioni come contributo pubblico) e sarà realiz-

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Lorenzo Frattini, presidente della sezione Emilia Romagna

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zata dalla Società Autostradale Cispadana. Vedrà la realizzazione di numerose opere accessorie (10 viadotti, 24 sottovia, 21 cavalcavia, 2 aree di servizio). Andando ad aggredire pesantemente la campagna circostante, è prevista nel progetto una mimesi dell’opera (mitigazioni ambientali per 2,7 milioni di mq e 42 km di barriere acustiche). L’assessore Alfredo Peri ha parlato di uno «sforzo corale sul quale la Regione ha creduto, crede e investe che riguarda territori fondamentali: Ferrara, Modena, Reggio e anche Parma. Un’occasione storica che consentirà di dare risposte alla viabilità non solo di questi territori ma di tutta l’Emilia Romagna». Legambiente, la maggiore associazione italiana a tutela dell’ambiente, dice no a entrambe le opere. Una contrarietà espressa chiaramente dal presidente della sezione Emilia Romagna, Lorenzo Frattini. Perchè siete contrari? «Perché si assommano a tante altre infrastrutture autostradali già previste in Emilia Ro-

magna, come la bretella Campogalliano-Sassuolo e la Tirreno-Brennero, in una regione dove, negli ultimi 25 anni, abbiamo consumato territorio al ritmo di circa otto ettari al giorno. È un furto di terreno all’agricoltura. Tra l’altro siamo in una fase storica dove l’Europa è impegnata nella riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di anidride carbonica. Quest’anno nella pianura padana l’incremento delle Pm10 è stato fino a 50 volte superiore ai limiti di legge. E il trasporto su gomma è uno dei principali fattori di immissione di questo inquinante. Poi c’è la cementificazione, e l’inurbamento che avviene attorno a questi nuovi rami autostradali ne porta con sé altra. Si mangia suolo spostando le città sempre più verso la pianura. Noi stiamo facendo una campagna di sensibiliz-


Lorenzo Frattini

Quest’anno nella pianura padana l’incremento delle Pm10 è stato fino a 50 volte superiore ai limiti di legge

zazione sul fatto che il territorio agricolo non è illimitato. Se ogni anno ne cementiamo un pezzo - questo processo è sempre più veloce da trent’anni a questa parte - prima o poi si avranno non solo meno zone da dedicare alle coltivazioni, ma meno capacità di trattenere le piogge e meno bellezza del paesaggio». Ci vorrebbe un cambio di mentalità. «Esattamente. Dobbiamo cambiare modello di spostamento collettivo. Le persone che si devono muovere da una città all’altra devono usare mezzi alternativi all’auto. È la strada ottimale propugnata non solo da noi ambientalisti, ma anche dall’Unione europea. Meglio aumentare il trasporto su ferro». L’assessore Peri però, a favore del Passante, dice che il sistema ferroviario per il trasporto merci, come alter-

nativa a quello su gomma è stato fortificato in Emilia Romagna, ma non ha prodotto i risultati sperati. «Noi non vogliamo certo eliminare il trasporto su gomma, ma non siamo più negli anni 50 o 70. Peri dice giustamente che ha investito sul treno e questo in parte è vero, ma se guardiamo la proporzione degli investimenti, questi ultimi sono a favore delle grandi opere autostradali. Non chiediamo certo che non si vada più in auto, ma piuttosto destiniamo le risorse a favore del trasporto pubblico. Il Passante Nord era stato previsto una decina di anni fa, nel frattempo nel 2007 è stato concluso un intervento sul ramo esistente dell’autostrada che ha portato alla realizzazione della corsia dinamica. Ho letto che i tempi di percorrenza e i disagi da rallentamenti del traf-

fico si sono ridotti del 50% con tale modifica». Però il raddoppio della tangenziale bolognese dovrebbe alleviare molto la congestione attuale, che spesso si risolve in code. «Ma se noi potenziassimo veramente il Servizio Ferroviario Metropolitano di cui si parla da anni, ma che non vede il termine, la congestione troverebbe la sua soluzione in modo più giusto, abituando i cittadini a servirsi del servizio pubblico». Il decreto che darà il via alla fase operativa del Passante Nord sarà firmato fra pochi giorni dal ministro Passera. Voi che farete? «Bisognerà vedere il progetto definitivo e valutarlo dal punto di vista ambientale nel dettaglio. Di sicuro noi ci saremo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 185




L’oleodotto attraverso la Foresta Amazzonica Una società italiana, la Sicim, sta costruendo l’oleodotto più importante della Colombia. Gian Pietro Riccardi, presidente dell’impresa protagonista del progetto, spiega quali sono le prospettive aperte da quest’opera Luca Cavera

n Colombia, nel 2011, è iniziata la costruzione di u n’ i m p o r t a n t i s s i m a opera per l’industria petrolifera sudamericana, che è stata battezzata “Oleoducto Bicentenario”, a celebrazione dei due secoli dell’indipendenza colombiana. Si tratta di un oleodotto di quasi mille chilometri che permetterà di trasportare idrocarburi dalla parte occidentale dell’Amazzonia – attraversando la cordigliera delle Ande – fino al porto di Cavenas, che si affaccia sull’oceano Atlantico. Si tratta di un progetto impe-

I Gian Pietro Riccardi, presidente della Sicim S.p.a. di Busseto (PR) www.sicim.eu

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gnativo e denso di difficoltà tecniche, come attraversamenti di grandi fiumi e condizioni climatiche proibitive. A finanziare la realizzazione dell’opera è la colombiana OBC, partecipata della società nazionale petrolifera Ecopetrol, della canadese Pacific Rubiales e altri operatori del settore. L’opera avrà un costo complessivo di 4,2 miliardi di dollari e una volta completata garantirà una portata minima di 450mila barili di greggio al giorno, fino a un massimo di 600mila. La scorsa primavera, una società di costruzioni par-


Gian Pietro Riccardi

Una pipeline è un’opera molto complessa tecnicamente. Soprattutto quando va realizzata su territori rocciosi e in forte pendenza

migiana, la Sicim, è riuscita ad aggiudicarsi la costruzione del primo tratto dell’oleodotto, 230 km con diametro di 42 pollici che si svilupperanno nei dipartimenti di Arauca e Casanare, nella zona sudorientale del paese. Gian Pietro Riccardi, presidente della Sicim, spiega le fasi di realizzazione del progetto. Quale organizzazione si è data la vostra società per realizzare un progetto delle dimensioni dell’Oleoducto Bicentenario, oltretutto all’estero? «La prima azione è stata quella di aprire una sede amministrativa e commerciale nella capitale colombiana, a Bogotà. A questa si è affiancata una base operativa nella città di Yopal. Abbiamo costruito quattro campi abitativi per alloggiare parte delle

2500 persone che saranno coinvolte. Per l’esecuzione dei lavori è stato necessario trasferire in loco circa il 50% delle attrezzature della società. Tutti questi sforzi hanno avuto come obiettivo principale il conseguimento dell’opera nei tempi richiesti, mantenendo al contempo i più elevati standard qualitativi. Fra le priorità è stato anche posto il coinvolgimento delle competenze presenti nelle comunità locali. La Colombia, infatti, possiede una grande tradizione nell’oil & gas – per questo abbiamo impiegato risorse colombiane anche in altri nostri progetti in Kazakhstan, Congo e Messico». Quali prospettive ha aperto per la vostra società

l’ingresso nel mercato sudamericano? «In realtà non si è trattato dell’ingresso in un mercato totalmente nuovo per noi, piuttosto di un ritorno. Infatti, già nel 1984 eravamo stati coinvolti in un progetto per l’attraversamento delle Ande – questo aveva rappresentato una delle prime esperienze della Sicim al di fuori dei confini nazionali. Prima di partecipare al progetto di questo oleodotto, abbiamo operato durante il 2010 nell’area americana, realizzando il progetto Manzanillo-Guadalajara in Messico. Per il futuro prevediamo di continuare a investire nell’area, rafforzando la nostra presenza nei paesi in cui già stiamo operando e ampliando il raggio di azione ad EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 189


INFRASTRUTTURE

altri mercati come Bolivia, Costa Rica, Cile, Venezuela e Porto Rico». Può fare qualche esempio di progetti di cui avete già la commessa? «I forti investimenti fatti in Colombia nei primi mesi del 2011 ci hanno permesso di ottenere altri due progetti importanti nella stessa area: la costruzione di un loop per TGI di 54 km e 20 pollici di diametro, che unirà la stazione di El Porvenir con la stazione di compressione di Miraflores; la costruzione di un gasdotto per EcoPetrol di 45 km e 18 pollici, per collegare gli impianti di Cupiagua e Cusiana. Pur essendo progetti di dimensioni minori rispetto al colosso Oleoducto Bicentenario, si tratta di opere molto complesse tecnicamente, da realizzare su terri-

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La Colombia possiede una grande tradizione nell’oil & gas. Per questo impieghiamo da anni risorse colombiane anche in altri progetti

tori rocciosi e in forte pendenza. Nei periodi di maggiore picco prevediamo che avremo coinvolte circa 3500 persone. Questi progetti saranno terminati entro giugno 2012, però già siamo al lavoro per garantire continuità sia in

Colombia che in altri paesi dell’area: abbiamo infatti acquisito progetti di grandi dimensioni in Perù – una pipeline di 116 km attraverso una foresta ai piedi delle Ande, nell’area di Machu Picchu – ed in Messico - una pipeline di 380 km nella parte settentrionale del paese, quasi al confine con gli Stati Uniti». Quali sono i fattori peculiari che vi hanno reso competitivi a livello internazionale? «Sicuramente è stato fondamentale rinforzare dipartimenti come la logistica e il recruitment. Questo ci ha permesso di operare con la stessa semplicità e flessibilità in Europa così come negli altri continenti. A livello commerciale, abbiamo fatto scelte importanti che ci permettes-


Gian Pietro Riccardi

sero di essere sempre aggiornati sui progetti in corso a livello mondiale ed essere costantemente presenti nelle aree in cui dovevano essere realizzate queste opere. Abbiamo sempre avuto una forte propensione all’investimento in attrezzature, in infrastrutture e nello sviluppo delle risorse umane. Inoltre in questi anni abbiamo affiancato alla costruzione di pipeline – che è il nostro core business a partire dalla fondazione – l’esecuzione di progetti EPC nei settori delle condotte e dell’impiantistica, sia onshore che offshore». La crisi globale quale impatto sta avendo sul vostro settore? «A livello globale, non si può parlare di crisi nell’oil & gas. Le grosse compagnie hanno continuato a investire in esplorazione e infrastrutture, per soddisfare la crescente necessità di energia e materie prime. A livello locale, invece, abbiamo registrato delle fluttuazioni nell’andamento del settore. Per esempio, in Italia – e più generalmente in Europa –, abbiamo assistito a un rallentamento degli investimenti da parte dei grandi gruppi del settore. Tuttavia riteniamo che questa sia una condizione temporanea, dato che sono già in progetto, a livello europeo, opere colossali come il Nabucco, il South Stream e il

Cinquant’anni nell’oil & gas La Sicim, fondata nel 1962 come società di costruzioni, ha festeggiato a Gennaio 50 anni di attività. Nel tempo si è specializzata nell’esecuzione di progetti EPC nel settore dell’Oil & Gas, realizzando condotte ed impianti in tutto il pianeta. Oltre ai progetti che la vedono attualmente impegnata in Sud America, Sicim ha realizzato parte il metanodotto Opal, che collega Lubmin a Olbernhau in Germania, il gasdotto che collega Tivissa a Paterna in Spagna e quello fra Manzanillo e Guadalajara in Messico. Ha sviluppato il centro olio di M’Boundi in Congo e ha partecipato alla costruzione dell’impianto di trattamento di idrocarburi di Bolashak, fra le opere che si sono realizzate per lo sviluppo del giacimento di Kashagan in Kazakhstan.

Galsi. È stata questa situazione di stallo nel mercato europeo, unita al presentarsi di opportunità interessanti, che ci ha spinto oltre oceano. Però non abbiamo abbandonato quei mercati che ci hanno permesso, nel corso degli anni, di essere quello che siamo». Dove orienterete i vostri prossimi investimenti? «In Italia ed Europa siamo sempre stati presenti e lo saremo ancora in futuro – anche se dalla fine del 2010 non abbiamo più operato in Italia per assenza di progetti rilevanti. Simultaneamente ai progetti che stiamo portando

avanti in altri continenti, stiamo operando in Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna, ponendo le basi per la realizzazione di grandi opere nel vecchio continente. Per quanto riguarda il resto del mondo, la tendenza è quella di rinforzare le posizioni acquisite negli ultimi anni in Kazakhstan, Congo, Messico e Colombia con l’intenzione di espanderci nei paesi limitrofi – Turkmenistan, Angola, Camerun, Perù –, cercando di sfruttare l’esperienza acquisita dopo anni di attività, e stringendo partnership con le organizzazioni presenti in loco». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 191


TRASPORTI

Il pallet, unità di misura per un Network europeo Un modello di trasporto che unisce i vantaggi del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Roberto Rossi spiega le ragioni del successo del pallet network. Nato nel Regno Unito, oggi diffuso in tutta Italia Valerio Germanico

opo quello britannico, il mercato italiano è stato il primo nel quale si è avviato un network specialistico dedicato alla distribuzione di merce su pallet, ponendo così le basi per la creazione di un network europeo. L’idea di base è quella di fornire un metodo di trasporto alternativo rispetto a quello dei tradizionali trasportatori generici di groupage e ai corrieri espresso. Al centro del sistema c’è il pallet, assunto a unità di misura fondamentale.

D

Roberto Rossi, presidente di Palletways Italia Spa, Calderara di Reno (BO) www.palletways.com

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La creazione di network specializzati ha semplificando l’offerta commerciale, abbassato i costi ed eliminato gli oneri accessori e permesso di superare come standard il rapporto peso/volume comunemente utilizzato. Una struttura nata in Italia come costola di un network oggi di dimensioni continentali è Palletways Italia. Come spiega Roberto Rossi, presidente di Palletways Italia: «Il nostro modello di business ha conosciuto una crescita importante negli ultimi anni. Il calo dei carichi completi e la distribuzione frammentata e meno regolare delle merci hanno permesso al nostro sistema di trasporto per pallet di mostrare la propria flessibilità». Come si è evoluto nel tempo il servizio di trasporto di merci su pallet? «In passato si utilizzava il pallet esclusivamente per carichi completi, diretti a un’unica destinazione oppure un unico carico distribuito su più destinazioni. In seguito è nata una nuova

modalità di sfruttamento di questo sistema di trasporto: il pallet network. Si tratta di un sistema sviluppato negli anni Novanta nel Regno Unito che consente di avere tariffe competitive e performance elevate anche di fronte alla graduale riduzione degli stock e alle esigenze della produzione just in time. Il risultato è un nuovo modello di trasporto espresso adatto alla spedizione di piccole partite di merce pallettizzata verso destinazioni multiple o con flussi di tipo irregolare». Qual è l’organizzazione del vostro pallet network? «Il Network é un raggruppamento di aziende di dimensioni mediopiccole e medio grandi, fatte salve le dovute eccezioni. L’avere creato un gruppo ha permesso a questa rete di aziende di diversificare l’offerta dei servizi, garantendo degli standard di qualità che agendo indipendentemente non avrebbero potuto offrire. La qualità del servizio si basa anche sulla capillarità e l’omogeneità della


Roberto Rossi

Il pallet network ha tariffe competitive e performance elevate anche con stock limitati

copertura territoriale, oltre che sulla salvaguardia dell’integrità del prodotto. Tutti i mezzi sono sottoposti a un controllo di performance attraverso un sistema informatico centralizzato». Quali sono i settori che investono soprattutto nel vostro servizio? «L’agroalimentare secco è il nostro mercato più importante. In questo, il trasporto di vino, destinato alla grande distribuzione,al trade o alla ristorazione, è una parte consistente del nostro business. Infatti, il 50% delle nostre spedizioni appartiene all’agroalimentare e di questo oltre la metà è trasporto di vino – che è concentrato soprattutto in tre picchi annuali – periodo pasquale, luglio, periodo natalizio - che riusciamo a gestire grazie alla nostra specializzazione e alla flessibilità intrinseca del nostro Network. Nel complesso, comprendendo anche le merci non alimentari, circa un terzo dei nostri flussi

4 mila

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sono destinati alla grande distribuzione». Il vostro network pallet è sviluppato anche all’estero. Quali sono le differenze con il mercato italiano? «Oltre a coprire il territorio italiano in maniera omogenea, siamo presenti, con un sistema di network interconnessi, anche nel Regno Unito e Irlanda, in tutta la penisola iberica, nel Benelux, in Germania e in Francia. La differenza più marcata fra noi e l’estero non è di mercato, ma riguarda le infrastrutture. Tuttavia, il nostro modello funziona allo stesso modo sia in Italia che al-

PALLET La media di trasporto giornaliera di Palletways Italia Spa attraverso il proprio network di 78 concessionari in Italia e oltre 300 in Europa

l’estero. Le vere differenze di mercato riguardano l’atteggiamento nei confronti dei committenti. Da noi, in genere, le società di trasporti, puntano sulla tariffa per essere competitive, piuttosto che su un servizio di qualità. Questo naturalmente fa il gioco di un certo tipo di committenza, che cerca prima di ottenere un prezzo basso con la speranza poi di avere il massimo di servizio possibile. Fuori dall’Italia, al contrario, il mercato si gioca in modo molto più marcato sulle performance, sia da parte dei trasportatori che della committenza». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 193


L’Africa “smuove” il mercato della logistica I paesi africani sono una destinazione particolare per gli spedizionieri: elevati tassi di crescita economica consentono buoni margini operativi, ma bisogna fare i conti con le criticità sociali e strutturali che ancora persistono. Cristina Arlango descrive la situazione Amedeo Longhi

a Costa d’Avorio, uno dei principali paesi dell’Africa occidentale, ha un tasso di crescita economica doppio rispetto a quello dell’Italia, ma un tasso di alfabetizzazione che è pari a meno della metà del nostro. Questi due semplici dati ben riassumono le particolari condizioni in cui si trova a operare chi lavora in questa zona del mondo. Cristina Arlango le conosce bene, poiché nel particolare settore della logistica, la sua azienda è specializzata nel West Africa. «Adrialogica nasce nel 2006 – racconta la titolare della casa di spedizione romagnola – e, pur coprendo capil-

L La Adrialogica Srl ha sede a Ravenna www.adrialogica.com

194 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

larmente l’Italia tirrenica e buona parte di Europa e Asia e tutta l’Africa, si concentra prevalentemente sui paesi del Golfo di Guinea. Questo è dovuto all’esperienza di mio padre, che mi ha aiutato a fondare l’azienda cinque anni fa e che l’ha caratterizzata sin dall’inizio con la sua esperienza come dirigente di un’importante compagnia marittima che trasportava legname con l’Africa occidentale». Oggi, oltre alla destinazione geografica, si è sviluppata anche la gamma di categorie merceologiche trattate: «Il legname rappresenta attualmente circa il quaranta per cento del vo-

lume di prodotto che trasportiamo. Il restante sessanta per cento è costituito dalle merci più disparate, dal the alle penne. Questo perché molti dei paesi in cui operiamo partono da una condizione di grande arretratezza economica, tecnologica e strutturale e stanno cominciando ora a dotarsi di beni che da noi vengono considerati di prima necessità». Le basi di Adrialogica in Africa sono due, una in Costa d’Avorio e una in Camerun: «Siamo una realtà abbastanza piccola – racconta Cristina Arlango –, in Italia possiamo contare su tre dipendenti, cui se ne somma un’altra quindicina distribuita


Cristina Arlango

fra i due paesi africani in cui siamo presenti grazie a due società di spedizioni locali. Siamo inoltre in procinto di aprire altre due sedi, una in Liberia e una in Ghana». Chi opera in questi paesi è legato a doppio filo allo sviluppo economico della zona, che però riserva delle sorprese rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare: «Al di là dell’instabilità politica – l’anno scorso c’è stata la guerra in Costa d’Avorio, con conseguente blocco dei traffici commerciali e dei flussi finanziari – quest’area non è mai stata colpita da particolari crisi. Anche in questo periodo di recessione globale c’è stata una diminuzione della redditività ma non dei volumi, perché si tratta di economie con tassi di crescita molto elevati». È interessante anche analizzare come si deve muovere chi lavora in questi paesi. «L’attività – spiega Arlango – si fa molto sulla base delle conoscenze dirette. Sussistono dinamiche di mercato molto diverse dalle nostre, ci sono differenti problematiche lavorative e relazionali

Il legname rappresenta circa il 40% della produzione da noi trasportata. Il restante 60% è costituito dalle merci più disparate

dovute anche soltanto al basso tasso di scolarizzazione delle persone; è difficile trovare personale competente, è difficile motivarlo. In questo periodo stiamo aprendo un ufficio in Liberia e mi rendo conto di quanto sia difficile trovare qualcuno che sappia anche solo leggere e scrivere in un paese che è appena uscito da vent’anni di guerra. Per altri versi tuttavia, alcune procedure sono più semplici rispetto a quanto avviene nei paesi più sviluppati; per esempio, è più facile entrare in contatto con le aziende per avere il primo colloquio in cui

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vengono proposti i servizi, c’è meno concorrenza e più elasticità nei rapporti personali». Anche dal punto di vista della concorrenza, si tratta di un mercato molto particolare: «Sono paesi in cui non sono presenti molti operatori. Ce ne sono due molto grossi, uno dei quali è fra i maggiori al mondo e opera in regime monopolistico in Africa, a cui si aggiungono altre realtà abbastanza rilevanti, soprattutto francesi, dato che molti paesi di quell’area sono ex colonie della Francia. C’è anche una società italiana di medie dimensioni con un’esperienza ormai ventennale. Tenuto conto dello sviluppo demografico del continente, della ricchezza di materie prime di cui dispone e dei tassi di sviluppo delle sue economie arretrate che a tappe forzate cercano di raggiungere livelli di sostenibilità, crediamo nell’avvenire della logistica in Africa».

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Qualità certificata per il settore navale Ancore, catene e funi d’acciaio, per il mondo del sollevamento e dell’armamento navale, nel segno della qualità e dell’innovazione tecnologica. L’esperienza di Italo Caporossi Guido Puopolo

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il mare il suggestivo scenario che fa da sfondo all’attività di Italmet, azienda ravennate che da oltre trent’anni opera nel settore dell’armamento navale e del sollevamento, come racconta suo il titolare, Italo Caporossi: «La nostra è una realtà in costante espansione. Ad esempio quest’anno Italmet è diventata distributore esclusivo di funi speciali Casar, una delle funi migliori al mondo come qualità e applicazioni. Siamo inoltre legati da anni alla Gunnebo, storico fornitore di catene Grado 80 e 100 di eccelsa qualità, e alla Van Beest, leader nel settore degli accessori di sollevamento». Quali sono le caratteristiche della vostra produzione?

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«L’elemento vincente alla base della nostra attività è senza dubbio rappresentato dalla qualità del prodotto, testimoniata dal possesso di numerose certificazioni. Italmet infatti non ha mai tralasciato l’aspetto normativo e legislativo relativo proprio alla qualità del prodotto e alla soddisfazione delle esigenze dei committenti. Prestiamo sempre grande attenzione ai suggerimenti provenienti dal mercato, adattandoci rapidamente ai diversi cambiamenti. Attualmente Italmet è in grado di fornire certificati di collaudo da parte di prestigiosi enti navali quali Rina, Lloyd’s Register, DNV e Bureau Veritas, oltre a disporre di un Sistema di Qualità Certificato Rina Iso 9001:2008. Al di là di questo, però, credo che la flessibilità di produzione, uni-


Italo Caporossi

Prestiamo sempre grande attenzione ai suggerimenti provenienti dal mercato, adattandoci rapidamente ai diversi cambiamenti

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tamente al vasto e completo stock di magazzino di cui disponiamo, sia l’arma che ci permette di essere competitivi e concorrenziali sul mercato, sia per quel che riguarda la rapidità delle consegne che per i costi». Quale percentuale del vostro fatturato viene investita in rinnovamento tecnologico e quali, nello specifico, le ultime innovazioni da voi adottate? «Non vi è una vera e propria percentuale d’investimento destinata al rinnovamento tecnologico, in quanto questo è un concetto che permea tutta la filosofia della nostra azienda. Attualmente siamo in attesa di ottenere nuove certificazioni, e precisamente la DNV 2.7.1, che ci qualificherebbe maggiormente nel mondo offshore, permettendo un confronto più competitivo e competente con le altre realtà europee. Allo stesso modo abbiamo recentemente rinnovato il nostro parco macchine, acquistando un bobinatore di ultima generazione, indispensa-

bile per le lavorazioni delle funi, e una nuova pressa. Abbiamo inoltre provveduto ad aggiornare il software del banco prova a trazione, elemento fondamentale per fornire un adeguato servizio di assistenza pre e post vendita, ma anche per il continuo aggiornamento delle normative che regolano il settore navale e del sollevamento». Qual è il bilancio dell’ultimo biennio di attività dell’azienda, anche alla luce della crisi economica? «Questo è stato un periodo duro, in cui abbiamo lavorato alacremente per mantenere le nostre relazioni commerciali, consolidando i rapporti con i partner e i fornitori storici, cercando di non disperdere il patrimonio di conoscenze accumulate in quasi quarant’anni di attività. Dal mio punto di vista il problema principale è la mancanza, se non la totale assenza, di lavoro, non solo in Italia ma anche a livello europeo. Tuttavia siamo convinti di aver operato nella maniera

migliore, e questa convinzione è ciò che ci permetterà di non farci trovare impreparati quando si avvierà la ripresa». A questo proposito, cosa si aspetta Italmet dal nuovo anno? «Le prospettive per il prossimo futuro sono quanto mai incerte. I comparti che lavorano e producono sono sempre meno, e per superare questa fase di difficoltà sarà necessario un maggiore confronto a livello internazionale. Comunque, intendiamo consolidare la nostra posizione, cercando però di trovare anche nuovi sbocchi sul mercato estero, puntando sulla correttezza, la flessibilità e la qualità che da sempre contraddistinguono il nostro lavoro».

In apertura, al centro Italo Caporossi, a sinistra Maura Caporossi e a destra Giovanna Caporossi. Italmet ha sede a Ravenna www.italmet.com

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La nautica si riassesta dopo la crisi partire dalla fine dell’estate 2008 la nautica da diporto ha assistito a un crollo verticale delle nuove commesse a seguito di una crisi principalmente finanziaria e globale. Gli acquirenti di imbarcazioni da diporto avevano immediatamente ridimensionato le loro richieste. Secondo Roberto Agostini, «minor disponibilità economica, ridotta predisposizione da parte del mondo bancario a favorire forme di finanziamento e maggior necessità di concentrare i capitali sui beni di primaria necessità sono state le principali cause di questo calo». Agostini è il titolare dell’omonima azienda, che dal 1973 svolge attività di stampaggio principalmente per il comparto nautico. «Successivamente la crisi si è espansa a tutti settori e perdura ancora oggi. Le previsioni at-

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Le ristrettezze economiche generate dalla recessione hanno influito fortemente sui mercati dei beni di lusso, rallentandoli. Roberto Agostini spiega come ha reagito il settore nautico

tuali fanno ipotizzare che i mercati dei beni di lusso torneranno a svilupparsi solo dopo che si sarà consolidata la ripresa dei mercati dei beni primari e di investimento; pertanto la nau- Amedeo Longhi tica da diporto vivrà un periodo di incertezza e di riduzione di volumi per un orizzonte temporale che non può essere di breve periodo. In più, il settore dovrà assorbire la cessazione dell’attività di tanti cantieri italiani di medie e piccole dimensioni che, non avendo una struttura commerciale internazionale, faticano a trovare sbocchi nel mercato domestico». Un semplice dato da l’idea della portata della recessione: i volumi di produzione della Agostini Nautica nel 2009 sono calati in un solo anno del 71% rispetto agli 11,5 milioni di euro prodotti nel 2008. «A ciò si aggiunga, sempre nel 2009, il concordato al 40% che


Roberto Agostini

Per fronteggiare il momento difficile abbiamo intercettato la richiesta di quei cantieri che avevano ancora un mercato di sbocco vivace

l’azienda ha dovuto affrontare relativamente al proprio secondo cliente in termini di fatturato, il cantiere Dalla Pietà Yacht di Venezia». Agostini spiega come si è mossa la sua azienda per fronteggiare il momento difficile: «Per prima cosa abbiamo avviato la ricerca di nuovi clienti, intercettando la richiesta di quei cantieri che avevano ancora un mercato di sbocco vivace, come i Cantieri Estensi, Monte Carlo Yacht (gruppo Benetteau), Rose Island, Se.Ri.Gi». La seconda mossa ha riguardato l’acquisizione di attività esistenti: «Abbiamo assorbito lo stabilimento produttivo di Forlì di proprietà Ferretti Yacht che realizzava scafi dai 15 a 24 metri. Questa acquisizione ha fornito anche l’occasione per procedere, in

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terzo luogo, alla riorganizzazione dei siti produttivi». In tal modo, nel 2010 Agostini Nautica ha più che raddoppiato i propri volumi rispetto all’anno precedente, chiudendo il 2011 con una crescita di fatturato di un ulteriore 10% e consolidando le proprie collaborazioni con, fra gli altri, Alfamarine, Cantieri Estensi, Carnevali, Ferretti, Monte Carlo Yacht, Rose Island, Se.Ri.Gi, Sly Marine, Wally. «Con tutti la collaborazione nasce in fase di perfezionamento delle specifiche costruttive – spiega Agostini illustrando il processo produttivo –, specie per quanto riguarda i materiali e la tecnica di costruzione più idonea; successivamente si passa alla fase realizzativa che prevede, da parte nostra, la costruzione della scocca in vetroresina e un suo preallestimento relativo a tutti i componenti che sono solidali alla vetroresina, come ad esempio paratie, serbatoi e paioli. Per alcuni cantieri ci preoccupiamo anche della realizzazione dei modelli a controllo numerico dai quali ricaviamo poi gli

stampi per la successiva messa in produzione dell’imbarcazione». In questi ultimi tre anni l’azienda ha perfezionato tutte le tecniche di costruzione previste per la nautica da diporto – manuale, infusione e RTM –, approfondendo l’analisi delle problematiche costruttive inerenti la realizzazione di imbarcazioni e componentistica che prevedono l’uso di carbonio e resine epossidiche, in particolare quelle che permettono una polimerizzazione a medie temperature, intorno ai 50 gradi. «Un altro fronte su cui stiamo sperimentando tecniche e nuovi materiali è quello della finitura superficiale dei manufatti in vetroresina, in particolare quelli realizzati in infusione, che spesso presentano dei disavviamenti superficiali che ne deteriorano l’estetica». Il 2012 sarà ancora un anno di assestamento; la normalizzazione del settore nautico si completerà solo quando anche sul lato della gestione dei flussi di incasso e pagamento si sarà ristabilita una regolarità di rapporti.

La Agostini Nautica ha sede a Castiglione di Ravenna (RA) www.agostininautica.it

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EDITORIALE

La “Babele”dei terreni edificabili di Vittorio Paolucci Avvocato del Foro di Bologna info@vittoriopaolucci.it

a fiscalità dei terreni edificabili si è evoluta sostanzialmente negli ultimi anni. In passato in diritto tributario, anche nella sua applicazione, il concetto di edificabilità era riconnesso alla sua sostanza giuridica, e veniva quindi mutuato dalla disciplina urbanistica. La stessa normativa, richiamando concetti, strumenti e riferimenti propri della disciplina urbanistica Piani urbanistici generali; Piani attuativi; urbanizzazioni; lottizzazioni; zonizza-

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zioni (Zone A, B, C, D, E, ed F); etc. portava a considerare l’edificabilità di un’area quale presupposto esogeno e non endogeno alla normativa tributaria. Dalla disciplina urbanistica la giurisprudenza si discostava solo occasionalmente in presenza di casi assolutamente peculiari. Tale panorama è oggi radicalmente mutato, e non certo nella prospettiva della certezza del diritto. Benché la legislazione fiscale continui a fare riferimento a concetti e strumenti propri della disci-

plina urbanistica, e sebbene la normativa di settore tenga chiaramente distinti gli aspetti qualificatori dell’edificabilità dei suoli da quelli estimativi, il legislatore prima -con i c.d. Decreti Bersani- e la giurisprudenza poi, hanno mutato il quadro di riferimento, iniziando a riconnettere il concetto di edificabilità non più alla sua sostanza giuridica bensì ad una economica. Si è finito, sostanzialmente, con il confondere i piani della qualificazione edificatoria e della valutazione estimativa, sconfinando nel paradosso di assoggettare a imposta come edificabili anche beni che non hanno alcuna effettiva giuridica possibilità di venire edificati. Addirittura la Corte di Cassazione ha cristallizzato espressamente il concetto che l’“edificabilità fiscale” sarebbe cosa diversa dalla “edificabilità urbanistica”. Di qui una serie di problematiche applicative non certo in linea con la certezza del diritto, di cui il nostro Paese dichiaratamente si vanta essere la culla, ma che ormai risulta totalmente inesistente per qualsivoglia operatore. In questo il caso dell’Emilia


Vittorio Paolucci

Romagna è emblematico. La Legge Regionale Urbanistica n.20 del 24 marzo 2000 ha acuito le problematiche interpretative e applicative. Questa legge ha “sostanzialmente” scisso (“spacchettato”) il Piano Regolatore Generale in tre diversi strumenti: Piano Strutturale Comunale (P.S.C.), Regolamento Urbanistico Edilizio (R.U.E.), e Piano Operativo Comunale (P.O.C.). In base alla normativa il P.S.C. non è destinato precipuamente a individuare quali ambiti abbiano natura edificabile o meno, bensì ha la finalità di delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo del territorio, curando in particolare la tutela dell'integrità fisica e ambientale e l'identità culturale dello stesso. La Legge Regionale chiarisce con fermezza (vieppiù oggi dopo la novella introdotta con la L.R.n.6/2009) che il

P.S.C. non ha portata conformativa dei diritti edificatori. La stessa Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna ha precisato che “l’elemento qualificante di detta riforma del sistema è dato dalla distinzione tra un piano strategico strutturale, il P.S.C., che in nessun caso attribuisce diritti edificatori; e un piano operativo che regola le trasformazioni da realizzare nei successivi cinque anni, il POC, il quale attribuisce detta edificabilità”, precisando altresì espressamente che non possono essere richiamati i c.d. Decreti Bersani per considerare edificabile un’area già solo sulla base delle previsioni del P.S.C., chiarendo ulteriormente che: “dal P.S.C. non è desumibile una vocazione edificatoria che giustifichi una legittima aspettativa sulla possibilità di edificare le aree attualmente non urbanizzate, in quanto la funzione attributiva dello jus

aedificandi è propria esclusivamente del P.O.C.”. Pur dovendo ricordare che le Regioni non hanno potestà legislativa propria in materia tributaria, si rileva tuttavia che la Regione ha qui legiferato non in materia fiscale ma solo in materia di governo del territorio, mentre le interpretazioni della normativa in ordine ai riflessi fiscali costituiscono unicamente “Atto di indirizzo”. Per contro, la Corte dei Conti ha assunto orientamento diverso da quello dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna, pretendendo che l’edificabilità (fiscale) sia riconducibile già alle previsioni di P.S.C., ma ciò assumendo, avendo dato per assodati concetti presupposti invero invece errati. È dunque in questo quadro normativo che si sta aprendo una vera e propria “babele” interpretativa con effetti applicativi devastanti. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 205


EDILIZIA

Detrazioni confermate, ossigeno per il settore Le detrazioni fiscali del 36% e del 55% sulle ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche sono le nuove leve su cui far forza per rimettere in sesto il comparto edile italiano. Ne parliamo con Andreina Ferrari Emanuela Caruso

In alto, Andreina Ferrari della impresa di costruzioni Ferrari Spa di Parma. Nelle altre immagini, cantieri in corso d’opera www.impresaferrari.com

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Le misure a sostegno del settore edile varate dal Governo Monti con la Manovra Salva Italia sono state approvate e confermate dal Senato e dalla Camera. Non solo è diventata permanente la detrazione fiscale del 36% attuabile sulle ristrutturazioni edilizie, ma è anche stata prorogata la detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici fino al 31 dicembre 2012, data dopo la quale la percentuale scenderà al 36% e sarà assimilata a quella per le ristrutturazioni. Il mondo edile ha accolto con ottimismo queste nuove direttive che, a rigor di logica, dovrebbero permettere una buona ripresa del comparto delle costruzioni e invogliare pubblici e privati a migliorare le condizioni della propria abitazione o del proprio stabile e a dotarli degli idonei accorgimenti studiati per il risparmio energetico. Tra le aziende che hanno apprezzato l’aiuto offerto all’edilizia dalla politica, troviamo l’Impresa Ferrari, società edile sita a Parma e impegnata nel ramo residenziale civile e industriale. «Questa manovra – spiega Andreina Ferrari, titolare dell’attività – è importante perché oltre a consentire il recupero di edifici obsoleti e la-

sciati al macero, permetterà anche di rinnovare il mercato immobiliare. Una casa ristrutturata e migliorata dal punto di vista energetico, infatti, acquisisce un valore elevato e si posiziona meglio sul mercato, per una successiva vendita». L’Impresa Ferrari è stata una delle aziende precursori nel campo del risparmio energetico. Cosa significa? «La nostra società si è impegnata a realizzare edifici in un’ottica d’incremento del risparmio energetico ancor prima che le relative leggi diventassero obbligatorie. Ne è un esempio la palazzina del Lotto 2 costruita a Parma in via Marconi, i cui lavori sono iniziati alla fine 2006 e terminati nel 2009 e già prevedevano l’installazione di pannelli fotovoltaici, di sistemi di isolamento termico e acustico e di accorgimenti volti all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili. Abbiamo realizzato appartamenti in classe B caratterizzati da un elevato comfort abitativo e da una grande riduzione dei consumi». L’Impresa Ferrari accetta commesse solo dai privati o anche dalle pubbliche amministrazioni? «Lavoriamo anche per gli enti


Andreina Ferrari

pubblici. Una delle nostre opere più interessanti e importanti da questo punto di vista è quella che riguarda i comparti di via Marconi e via Budellungo a Parma, dove abbiamo realizzato case in edilizia agevolata, o sovvenzionata, destinate alle Forze dell’Ordine. Ciò significa che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti agevola la nostra impresa con alcuni fondi, che noi dedichiamo alla costruzione di tali abitazioni, che una volta finite passano in consegna alla Prefettura di Parma, la quale si occupa di indire i bandi di gara necessari ad affittare o vendere gli appartamenti». Cosa cerca in un’abitazione o, più in generale, in un edificio l’acquirente odierno? «A differenza di quanto succedeva alcuni anni fa, quando i clienti compravano o commissionavano la costruzione di una casa o di uno stabile quasi a scatola chiusa, oggi i

clienti sono esigenti e soprattutto informati. Conoscono i materiali più pregiati, quelli più idonei al loro progetto e tutte le normative varate in merito alla sicurezza degli edifici, al risparmio energetico e all’ecosostenibilità; motivi per cui, sempre più spesso, ci chiedono di poter vedere e analizzare il capitolato relativo alla commessa. L’acquirente moderno non cerca una casa di lusso, ma un’abitazione di fascia media dotata delle migliori tecnologie, di buona qualità, dal prezzo contenuto e che sappia ottimizzare al meglio lo spazio a disposizione, senza lasciare angoli morti o zone non utilizzate». Da esperta del settore, può fornire un quadro generale del comparto edile dell’Emilia Romagna e, più precisamente, della provincia di Parma? «Nonostante la zona di Parma sia protagonista di un’offerta

edile di gran lunga superiore all’effettiva domanda, l’interesse per le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni rimane comunque molto alto e, di conseguenza, il mercato non è fermo. È però vero che se nel biennio 2004-2005 su 5 contatti che ricevevamo 3 si trasformavano in vendite, oggi su 10 contatti solo 2 diventano vendite. Cause principali di questa situazione sono i limiti imposti dalle banche, che non concedono mutui o crediti e che quindi frenano le iniziative di chi vorrebbe acquistare un appartamento o uno stabile o ristrutturare un edificio. In altre parole, sono le banche a protrarre la crisi del settore edile». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 207


La diversificazione nelle costruzioni La stretta dei mutui ha determinato un blocco nella vendita degli immobili residenziali. Le imprese di costruzioni che per tradizione e competenze hanno potuto orientarsi anche verso altre tipologie sono riuscite a mettersi al riparo dalla crisi. L’esperienza di Corrado Salustro Manlio Teodoro

Corrado Salustro, amministratore unico di Cogefer Spa, Casalecchio di Reno (BO). In alto, Palazzo dei Banchi (BO) ristrutturato da Cogefer www.cogeferspa.it

a differenziazione delle attività di costruzione è stato uno dei fattori chiave per la resistenza alla crisi di molte imprese edili. Non a caso il grosso dell’invenduto è rimasto nell’ambito residenziale, mentre altri settori dell’iniziativa privata o statale – come la costruzione di alberghi, di attività commerciali o di sedi per le forze dell’ordine –, hanno permesso di tenere il mercato. Infatti ciò che ha frenato gli acquisti di singoli cittadini interessati a investire in una prima o seconda casa è stato l’impossibilità di accedere al credito, a causa della

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stretta delle banche sui mutui. Resta ancora impossibile per alcune imprese edili, infatti, spostare risorse nella proposta di nuove abitazioni civili, che non avrebbero mercato. Parliamo di questi temi con Corrado Salustro, amministratore unico di Cogefer, impresa di costruzioni del bolognese, che nonostante la crisi è riuscita a chiudere il bilancio 2011 con un fatturato di 38 milioni di euro e 5 di utile. La vostra azienda è sempre stata contraddistinta dalla diversificazione produttiva. Qual è stato il settore trainante nel 2011? «Certamente quella commerciale. Un progetto particolare è

stato quello della realizzazione di un centro commerciale a Cento di 18mila metri quadrati che al suo interno ospita oltre alle classiche attività commerciali anche un cinema. Inoltre abbiamo scelto di dare un’impronta del nostro impegno per il rispetto ambientale a tutte le nostre costruzioni, installando pannelli fotovoltaici e servizi di classe energetica A in ogni realizzazione». Qual è il valore aggiunto che ha permesso alla vostra impresa di raggiungere i risultati attuali? «La nostra competenza è cresciuta attraverso una continua evoluzione delle conoscenze tec-


Corrado Salustro

niche, degli strumenti di lavoro e con l’introduzione in cantiere di nuove tecnologie. Inoltre, una gestione accurata dei fornitori, la mancanza di contestazioni, l’offerta di un prodotto finito che rispetti il giusto rapporto tra prezzo e qualità ci hanno permesso di ottenere importanti riscontri, anche di fatturato». Qual è il fattore che ha maggiormente penalizzato il settore dell’edilizia? «Sicuramente alla base c’è stato il fatto che le banche hanno stretto le maglie nella concessione dei mutui. Questo ha strozzato il mercato, dato che molti dei potenziali acquirenti hanno a disposizione appena un 20-30% del capitale necessario all’investimento. Questo dato trova riscontro nel fatto che molti dei nostri cantieri sono fermi proprio con prenotazioni in grado di coprire fino a questa quota. Ma il resto, che una volta sarebbe stato finanziato dalle banche, non viene concesso dagli istituti di credito». Affinché dunque l’edilizia ritorni a essere un pilastro dell’economia la prima cosa da fare è sbloccare i rubinetti delle banche? «Sarebbe una mossa strategica,

che avrebbe un effetto vivificante per le costruzioni e a catena per molti altri settori produttivi. E soprattutto rimetterebbe in moto i consumi, condizione senza la quale in ogni caso il mercato non potrà ripartire. Per fare tutto ciò, però, è necessaria una chiara volontà politica. Ciò che è nelle possibilità degli imprenditori non è sufficiente per fronteggiare una situazione di questo tipo. Sarebbero necessari degli interventi, per esempio, di recupero di risorse dai cosiddetti capitali “scudati”, rientrati con tassazioni incredibilmente basse se paragonate a quello che un’impresa paga ogni anno allo Stato. E, sicuramente, sarebbe possibile recuperare quelle risorse da immettere nel sistema attraverso il controllo sui capitali che certamente – in questa fase in cui si profila un maggiore rigore rispetto al passato – stanno per oltrepassare i confini nazionali e fiscali. Se solo il 20% dei 400 miliardi di euro degli evasori “scudati” venisse immesso nel mondo imprese, avremmo risolto molti degli attuali punti critici dell’intero sistema». In che modo la vostra impresa sta tentando di rispon-

dere a questa situazione di stallo? «Purtroppo noi siamo completamente fermi nel settore delle vendite residenziali. Quello che stiamo provando a fare è – come abbiamo fatto in passato, durante altri momenti grigi – di impostare un discorso di mobile a reddito. Questo consiste nell’avere un reddito con un fruitore che all’inizio è garantito e nel quale noi in seguito investiamo. Andare direttamente nel mercato immobiliare risulta però impossibile. La nostra impresa è nata con una specializzazione nella costruzione di caserme, sia per l’Arma dei Carabinieri che per le fiamme gialle. Queste, una volta ultimate, anziché essere vendute, sono rimaste di nostra proprietà e messe a disposizione dello stato con un affitto coordinato e concordato attraverso una valutazione dell’ufficio tecnico erariale».

Sopra, il Grand Hotel White Palace di Canto (FE); in basso, sala del cinema del centro commerciale White Park di Cento. Entrambe le opere sono state realizzate dalla Cogefer

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EDILIZIA

Le normative non agevolano l’eco-sostenibilità edilizia L’utilizzo di “sottoprodotti” originati dai processi produttivi di costruzioni e demolizioni edili è la “buona notizia” di una normativa moderna che rilancia il civico buon senso. Ne parla Alessandro Pesaresi, alla guida di un’impresa che sviluppa soluzioni e nuovi materiali per l’edilizia stradale Manlio Teodoro

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uando si parla di ecosostenibilità nel settore delle costruzioni, le imprese che puntano sull’innovazione si trovano spesso a scontrarsi con le normative e con chi tenta di interpretarle. Un esempio è quello dell’utilizzo del “sottoprodotto” che si origina in edilizia, come spiega Alessandro Pesaresi, amministratore delegato della Pesaresi Giuseppe Spa Costruzioni: «Gli imprenditori sono molto attenti alla nuova definizione di “sottoprodotto” della normativa contenuta nel decreto 205/2010 e al loro legittimo utilizzo nell’attività edile; tuttavia, paradossalmente, ciò che è già legale e tecnicamente fattibile viene purtroppo ostacolato da alcuni Pubblici Ufficiali che non si impegnano, responsabilmente, a comprendere le novità normative. Tra queste, la nuova definizione di “rifiuto” e di “sottoprodotto” viene erroneamente recepita: alcuni funzionari pubblici continuano a ritenere come “rifiuti” quei materiali che, invece, hanno la nobile caratteristica di “sottoprodotto”, ostacolandone il

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normale impiego e determinando molto spesso il ricorso a nuove risorse minerarie naturali, oltre a complicare la gestione amministrativa dei medesimi materiali che, se ritenuti rifiuti, devono essere sottoposti a tutta una serie di incombenze burocratiche e, quindi, di costi aggiuntivi inutili e gravosi che certamente non favoriscono la sopravvivenza delle nostre aziende». Stando a quello che la normativa prevede, in quali ambiti si manifesta il vostro impegno per uno sviluppo sostenibile? «Dal punto di vista operativo realizziamo grandi opere sia pubbliche che private, come aeroporti, autodromi, autostrade. Lavori edili e di bonifica per la sistemazione di argini, oltre a operare per il consolidamento di zone franose e intervenire nei cedimenti collinari. Tuttavia, una delle caratteristiche dell’impresa è quella di aver avviato già da molti anni un laboratorio interno dedicato all’innovazione. L’idea di per sé è già innovativa, dato che nel settore delle costruzioni non viene ancora attribuito sufficiente valore alla ricerca. Al contrario, noi abbiamo sem-


Alessandro Pesaresi

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Già da molti anni abbiamo avviato un laboratorio interno dedicato all’innovazione dei materiali

pre avuto la consapevolezza che per essere competitivi fosse necessario offrire un prodotto la cui qualità si esprime innanzitutto nei materiali di costruzione». La vostra impresa è specializzata nell’edilizia stradale e nella produzione di conglomerato bituminoso. Può spiegarne le caratteristiche? «I nostri materiali sono il frutto delle ricerche del nostro laboratorio, impegnato nell’individuare soluzioni nuove. Fra questi, il conglomerato per il ripristino e la

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manutenzione delle strade è stato un ambito di ricerca particolarmente importante, dato che è studiato per essere utilizzato per interventi rapidi, senza la necessità di riscaldare o rimescolare il materiale prima dell’impiego. E in particolare, alcuni conglomerati adatti al ripristino di piccole superfici stradali». In che modo la Pesaresi parteciperà al rilancio del settore? «Siamo sempre molto attenti agli andamenti del mercato, specialmente in una situa-

25 mln EURO

zione economica come quella contemporanea. Per questo motivo stiamo valutando l’ipotesi di ottenere commesse anche all’estero». Lei rappresenta la seconda generazione della famiglia Pesaresi. Qual è la vostra organizzazione manageriale attuale? «La struttura è guidata da un consiglio d’amministrazione e da vari dirigenti che gestiscono i settori commerciale, marketing e di comunicazione. Fra questi figurano diversi membri della famiglia. La scelta di affidare le posizioni chiave dell’azienda, che ha compiuto cinquant’anni nel 2011, alla nuova generazione, è derivata dalla collaudata sinergia di gestione che si è venuta a creare tra loro. Certamente frutto dell’esperienza trasmessa dalla prima generazione alla quale si è affiancato a suo tempo questo nucleo, che ha contribuito a valorizzare il lavoro svolto con nuove idee creative, strategie di marketing mirate e specifiche conoscenze tecnologiche e informatiche».

Il fatturato medio annuo della Pesaresi Giuseppe Spa Costruzioni

Alessandro Pesaresi, amministratore delegato della Pesaresi Giuseppe Spa Costruzioni di Rimini www.pesaresi.com

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Il recupero ossigena il settore edile N

Una specializzazione del settore edile cresciuta sottotraccia. Quella delle ristrutturazioni e della riqualificazione urbana. «In tempi di crisi delle costruzioni, è meglio valorizzare l’esistente che innalzare nuovi edifici». La parola a Ilaria Vetrucci Manlio Teodoro

Ilaria Vetrucci, presidente di Vetrucci Srl, Lugagnano Val d’Arda (PC)

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onostante l’impatto significativo della crisi sul settore dell’edilizia, che ha fatto diminuire prima le compravendite e a seguire le nuove costruzioni, l’ambito della riqualificazione nell’ultimo biennio ha registrato un incremento, non vistoso, ma pur sempre un attivo. Infatti, le attività di riqualificazione di immobili sono cresciute del 2,2% nel 2010 e del 2% nel 2011 (fonte Cresme – Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio). Questo fenomeno mostra la possibilità di una via alternativa alla politica che ha

governato il mondo delle costruzioni degli ultimi decenni: prima di creare nuove costruzioni è meglio recuperare, riqualificare, restaurare e valorizzare gli edifici esistenti. Fra le imprese che lavorano in questo comparto dell’edilizia c’è la Vetrucci, come spiega Ilaria Vetrucci, presidente: «La nostra attività è sempre stata concentrata nella realizzazione di ponti, strade, acquedotti, ma anche nelle riqualificazioni urbane, nella ristrutturazione di opere murarie di grandi aziende, nel restauro di immo-


Ilaria Vetrucci

bili sottoposti a vincolo dei beni culturali. Queste attività di recupero, negli ultimi anni, hanno assunto un ruolo sempre più importante». Qual è oggi il vostro core business? «Inizialmente ci occupavamo prevalentemente di lavori per privati nel campo dell’edilizia e del movimento terra. In seguito, siamo cresciuti e ci siamo specializzati, tanto che oggi operiamo quasi esclusivamente per committenti pubblici e grandi società private per la realizzazione di infrastrutture, lavori industriali, stradali, civili, opere strutturali speciali e di ingegneria naturalistica. L’area di intervento della nostra impresa risulta essere principalmente quella del territorio della provincia di Piacenza, ma operiamo spesso nelle province a noi limitrofe e anche oltre i confini regionali». Qual è stata la strategia che vi ha permesso di affrontare gli ultimi anni, difficili per molte imprese? «Pur ammettendo che procediamo di mese in mese nella programmazione del lavoro – non avendo la possibilità di pianificare per il lungo periodo –, siamo una delle poche aziende

che non ha ancora fatto ricorso alla cassa integrazione. Anzi, questo periodo di crisi ci ha spinto a puntare sul rinnovamento e il miglioramento sia delle nostre strutture che delle competenze interne all’azienda. Abbiamo intrapreso e portato a conclusione tutti i processi di certificazione, ma non ci riteniamo ancora soddisfatti. La crescita di un’azienda si deve misurare costantemente con i bisogni della comunità, con la quotidiana acquisizione di nuove competenze e con l’aggiornamento del suo staff, attraverso la formazione continua». Di quali certificazioni vi siete dotati? «Attualmente l’impresa dispone dell’attestazione Soa – strumento indispensabile per l’esecuzione di lavori pubblici. A questa si affiancano le certificazioni Iso 9001:2008, le certificazioni Ce degli aggregati prodotti direttamente nei propri impianti, le certificazioni ai sensi della normativa Bs Ohsas 18001:2007 e la Uni En Iso 14001:2004. Sui temi della sicurezza si concentra la nostra massima attenzione. I nostri lavori richiedono un elevato grado di sensibilità verso l’am-

Questo periodo di crisi ci ha spinto a puntare sul rinnovamento e il miglioramento sia delle nostre strutture che delle competenze interne all’azienda

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biente e il territorio. dato che ci occupiamo – con autorizzazione delle Provincia di Piacenza – anche di stoccaggio di rifiuti non pericolosi, messa in riserva e trattamento per la trasformazione in materie prime secondarie, attraverso un impianto mobile. Mentre la Provincia di Parma ci ha autorizzati allo smaltimento, stoccaggio e trattamento di tutti i rifiuti derivanti dall’attività edile del territorio provinciale». Qual è la storia della vostra azienda? «È stata fondata nel 1970 da Enrico Vetrucci, al quale successivamente si sono affiancati i fratelli Benedetto, Renzo, Roberto e Deliso. Quest’ultimo diede l’imprinting ai grandi lavori pubblici. A prendere in mano le redini dell’azienda, poi, è subentrata la seconda generazione, composta dai giovani Niccolò e Giampaolo, nel ruolo di consiglieri delegati, e da me nel ruolo di presidente». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 213


Capire e interpretare un mercato di nicchia Dai settori specializzati al mercato del fai da te. Dall’edilizia al comparto energetico e alla nautica. Sono queste le principali evoluzioni e rivoluzioni che hanno interessato il mondo dell’edilizia. La parola a Maurizio Bertozzi, che ha messo al centro qualità e servizio Emanuela Caruso

un nastro autoadesivo in alluminio, usato soprattutto nell’edilizia di Inghilterra e Paesi del Nord per impermeabilizzare, riparare e sigillare i tetti in legno, il prodotto che grazie alle sue evoluzioni nel tempo ha permesso lo sviluppo e la produzione delle membrane bituminose autoadesive e dei sigillanti butilici. L’importanza di questi materiali si è manifestata per la prima volta negli anni 60, quando hanno iniziato a rivoluzionare e a migliorare in modo continuo l’approccio ai problemi di impermeabilizza-

È In queste pagine, dettagli del ciclo produttivo della Isoltema Spa con sede a Gambettola (FC) www.isoltema.com

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zione e di sigillatura in svariati campi; ed è stata chiara per la seconda volta proprio negli ultimi periodi, quando tali strumenti, utilizzati in passato solo da tecnici professionisti del mestiere, sono approdati anche nel settore del fai da te, rispondendo con estrema efficienza alle richieste del mercato. Chi ha cavalcato l’onda di questo settore di nicchia è la società romagnola Isoltema, sita a Gambettola, in provincia di Forlì-Cesena. «Siamo riusciti a distinguerci dalle altre realtà presenti nel nostro campo – spiega Maurizio Bertozzi, amministratore delegato dell’atti-

vità – intuendo che abbandonare la produzione e concentrarsi sulla commercializzazione del prodotto, allo stesso modo di tutte le aziende concorrenti, non sia la mossa giusta da fare in un momento in cui i fornitori asiatici immettono sul mercato grandi quantità di prodotti, ragion per cui ci siamo posti sin dall’inizio come produttori specializzati. In altre parole, ci siamo focalizzati sulla realizzazione di membrane bituminose autoadesive e sigillanti butilici, lasciando ai nostri clienti la facoltà di distribuire in maniera capillare gli articoli creati». L’interesse del signor


Maurizio Bettozzi

Bertozzi per questi strumenti è nato tra gli anni 70 e 80 durante una visita alla Fiera Campionaria di Milano, vetrina delle novità tecnologiche globali, ed è stato il vero motore dell’avvio di attività della Isoltema. «In poco tempo – continua Maurizio Bertozzi –, tramite vari accordi, joint venture e acquisizioni, siamo riusciti a portare una piccola azienda artigiana ai vertici mondiali del settore degli impermeabilizzatori per edilizia. E, maturando esperienza, abbiamo costantemente ampliato il nostro raggio d’azione, per cui oggi siamo in grado di servire moltissimi ambiti, tra cui l’automotive, il rivestimento tubi, l’ambito energetico, l’industria, la manutenzione stradale, il ramo delle strutture prefabbricate e la nautica. Ogni anno realizziamo oltre 5mila tonnellate di articoli bituminosi e butilici e li esportiamo in tutti i paesi del mondo; partecipiamo, inoltre, alle più importanti opere ingegneristiche italiane ed estere». Ai prodotti personalizzati, alle tecnologie aggiornate, ai prezzi molto competitivi e agli ottimi servizi svolti anche sul campo,

si aggiunge un ulteriore punto di forza della Isoltema, il laboratorio aziendale di ricerca e sviluppo. «La società – conclude Maurizio Bertozzi – dispone di un laboratorio all’avanguardia, impegnato nella ricerca e nell’innovazione, che sviluppa, monitora, aggiorna e potenzia le linee di prodotto dell’impresa. I macchinari altamente tecnologici di cui ci serviamo sono in grado di mettere a punto nastri, membrane e mastici con compound bituminosi o butilici a seconda delle specifiche richieste ed esigenze dei committenti e dei mercati internazionali, sempre in continua evoluzione. Inoltre, per garantire la validità dei risultati ottenuti e la qualità dei prodotti e per abbattere la

Abbiamo conquistato questo settore di nicchia imponendoci da subito come produttori specializzati

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percentuale di fattori d’errore possibile, il laboratorio è certificato dal protocollo FPC, Factory Production Control, e si avvale di ambienti di lavoro con microclima controllato e di apparecchiature sottoposte a programmi di taratura. Ulteriori compiti del laboratorio sono, infine, quelli di conservare i campioni di prodotto finito e i relativi test qualitativi e di archiviarli sia in formato cartaceo che elettronico, così da assicurare, in caso di necessità, una rapida rintracciabilità dell’articolo anche a distanza di molto tempo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 215


INTERNI

Il design come progetto integrato L’ingegnere Roberto Rubini spiega l’importanza di una progettazione complessiva per l’interior design di contesti di pregio. «Dalla scelta dei materiali a quella delle rifiniture, bisogna avere una visione di insieme. E la capacità di integrare armonicamente tutti gli elementi» Valerio Germanico

Acf Trading Arredamenti ha sede a Bologna www.acftrading.eu

222 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

interior design, quando si tratta di arredare centri direzionali, fondazioni o anche lo studio di un professionista, è il risultato di un progetto di insieme, che parte dallo studio dello spazio e si occupa della scelta di tutti i materiali di arredo, mobili e immobili. «L’arredamento di ogni interno – spiega l’ingegnere Roberto Rubini, amministratore delegato di Acf Trading Arredamenti – è sempre sostenuto da una precisa e attenta attività di progettazione eseguita al Cad, da un concept, completo di immagini fotorealistiche, fino all’esecutivo particolareggiato

L’

al dettaglio». Acf Trading è una società bolognese che si occupa di contract, forniture di arredamento per ufficio, per residenze private e di progettazione di interni. «Forniamo soluzioni chiavi in mano per le aziende di tutte le dimensioni, dalle piccole alle grandi, oltre a lavorare anche per enti pubblici e committenti privati per la scelta di materiali edili, di pavimentazione, impiantistica, illuminazione e finiture in materiali lapidei o ceramici». Le maestranze artigianali della società sono in grado di lavorare su misura, realizzando anche l’adattamento di arredi di serie o producendo


Roberto Rubini

ex novo progetti particolari e singoli pezzi di arredo. «Mettiamo a disposizione dei progettisti il nostro archivio di cataloghi e materiali, oltre a offrire il supporto tecnico e informatico dei nostri collaboratori. In questo modo il committente può recarsi presso la nostra sede accompagnato dal suo professionista di fiducia per valutare e scegliere personalmente gli articoli e i materiali con cui realizzare i progetti. Data la conoscenza approfondita dei prodotti e dei materiali, mettiamo a disposizione la nostra esperienza per i servizi di installazione e assistenza postvendita». Fra le più importanti realizzazioni di arredo di Acf Trading degli ultimi anni si contano oltre mille lavori realizzati in Italia e all’estero, di cui duecento agenzie bancarie e relative sedi direzionali. «Abbiamo lavorato per la Fondazione della Cassa di risparmio della Spezia, le sedi della Banca del Monte di Parma e della Camera di commercio di Parma, Ber Banca, le agenzie della Banca di Bologna in piazza Maggiore, Galvani e via Murri – quest’ultima è stata un’importante commessa chiavi in mano, che ha compreso una ristrutturazione globale e la

sostituzione delle strutture portanti del fabbricato. Abbiamo inoltre seguito direttamente la realizzazione della sala stampa e delle sale di rappresentanza del Comune di Bologna nella sede storica di palazzo D’Accursio, la sede della Fondazione della Cassa di risparmio in Bologna e quella della Fondazione del Monte, l’oratorio dei Celestini e l’importante allestimento della chiesa di Santa Cristina. Sempre a Bologna abbiamo curato la fornitura totale degli arredi dei palazzi e della sede della Federazione delle banche di credito cooperativo e del Cedecra nel complesso Meraville Business Park – con le sue importanti sale congressi e sale corsi – e fornito e installato la biblioteca e l’intera sala del consiglio di amministrazione». Sono inoltre innumerevoli i lavori eseguiti per aziende private di ogni dimensione e per gli studi di professionisti, avvocati, notai e commercialisti. «La nostra società svolge anche una continua attività di promozione dell’arte e della cultura, mettendo a disposizione i suoi locali per manifestazioni selezionate, fra cui Arte Fiera Off. Ogni anno ospitiamo la serata inaugurale del festival inter-

nazionale di Santo Stefano, organizzato da Inedita. In oltre vent’anni di attività ininterrotta, il festival di Santo Stefano è diventato un appuntamento storico per la città di Bologna e per i numerosi appassionati di musica classica, jazz e contemporanea, che trovano nella manifestazione interessanti anticipazioni e la garanzia di scelte artistiche selezionate e originali. I concerti del festival rappresentano molto spesso il debutto su scala nazionale di artisti stranieri e anteprime pensate in esclusiva per il particolare contesto». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 223


INTERNI

Manualità e innovazione nella lavorazione del legno Da piccola falegnameria di provincia a consolidata realtà a livello nazionale nella progettazione e realizzazione di allestimenti per ambienti domestici e commerciali. Il caso della ArtigianaLegno, raccontato da Roberto Tagliaferri Guido Puopolo

la perfetta integrazione tra l’artigianalità tipica delle antiche botteghe di falegnameria e le più moderne tecnologie la soluzione vincente che può permettere, alle aziende operanti nel settore dell’arredamento e dell’allestimento, di soddisfare le richieste di un mercato sempre più competitivo ed esigenze. Ne è convinto Roberto Tagliaferri, titolare della ArtigianaLegno srl, società di Russi fondata nel

È

ArtigianaLegno ha la sua sede operativa a Russi (RA) www.artigiana-legno.it

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1984 e specializzata nella realizzazione di allestimenti di negozi, uffici, banche, stand fieristici, centri benessere e nella produzione di arredamenti su misura per locali commerciali e per la casa. «Grazie all’evoluzione tecnologica e alla collaborazione con importanti studi di architettura e di interior design, ArtigianaLegno è stata in grado, fin dalla nascita, di sviluppare la sua produzione, intercettando e interpretando le necessità dei committenti, in un costante progresso e continuo perfezionamento anche degli aspetti tecnici. Oltre al legno, infatti, disponiamo delle competenze per lavorare varie tipologie di materiali, come vetro, pelli, metalli, marmo e plexiglass». Come si può facilmente intuire, l’attività dell’azienda romagnola è quindi piuttosto diversificata tanto che, come ricorda lo stesso Tagliaferri ,«la necessità di integrare al meglio e nel modo più efficace queste varie realtà ha reso necessaria l’attivazione di un apposito ufficio tecnico, composto da professionisti al-

tamente qualificati che rappresentano per noi un importantissimo valore aggiunto». Proprio la flessibilità della struttura aziendale e la sua capacità di rispondere in maniera rapida e puntuale agli input provenienti dal mercato, rappresenta la chiave del successo di ArtiagianaLegno, oggi capace di realizzare non soltanto le grandi produzioni ma anche pezzi unici: «Progettiamo e costruiamo ambienti su misura, affiancando il committente e/o il progettista nelle scelte, e instaurando con i vari attori coinvolti un rapporto di proficua collaborazione, nell’ottica del raggiungimento della massima soddisfazione dei nostri partner. L’obiettivo finale – sottolinea Tagliaferri – è infatti quello di fornire proposte per l’arredamento di bar, negozi e ambienti commerciali, che rispettino i criteri di armonia estetica e funzionalità, con particolare attenzione al comfort e alla vivibilità di un ambiente pensato per soddisfare le diverse aspettative ed esigenze». Lo sforzo e l'impegno profuso


Roberto Tagliaferri

in questi anni, evidenzia Tagliaferri, consente oggi ad ArtigianaLegno di offrire un servizio “chiavi in mano”, che le permette così di essere estremamente competitiva: «L’utilizzo di sofisticati macchinari, frutto di una lungimirante politica di investimenti sostenuta dall’azienda, convive armoniosamente con il lavoro portato avanti da esperti artigiani. Ne risulta una produzione che, pur mantenendosi nei costi industriali, si caratterizza per l’alto grado di finitura e per l'estrema cura dei particolari». L’azienda è inoltre da sempre molto sensibile al tema della tutela dell’ambiente, avendo anche avviato una serie di azioni concrete per promuovere

e valorizzare proprio il tema della sostenibilità ambientale. «Creo che un’impresa - spiega Tagliaferri - debba essere attenta all’impatto che la sua attività ha sul territorio in cui opera. Recentemente, a questo proposito, abbiamo rinnovato la nostra sede, realizzando un edificio votato al risparmio energetico. La costruzione è impostata con moderne soluzioni di riscaldamento/raffrescamento, mentre per l’illuminazione degli uffici e dei luoghi di lavoro si utilizzano impianti a basso consumo. A questo bisogna aggiungere i pannelli fotovoltaici presenti sul tetto, che con una potenza installata di circa 100 kW, rendono nel complesso l’azienda completa-

Progettiamo e costruiamo ambienti su misura, affiancando il committente e il progettista nelle scelte, e instaurando un rapporto di proficua collaborazione

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mente autonoma dal punto di vista energetico». Per il futuro, conclude Tagliaferri, non mancano nuove idee e progetti da sviluppare, a testimonianza di una vivacità produttiva che neanche la crisi economica in atto è riuscita a scalfire. «Abbiamo in cantiere numerosi progetti, alla base dei quali c’è sempre l’idea che lo sviluppo del territorio debba essere inevitabilmente legato a un concetto di sostenibilità. Puntiamo infatti a creare una coscienza impostata al risparmio energetico e all’energia pulita, sia per i nostri lavoratori che per i partner con i quali collaboriamo. Proprio per raggiungere questi risultati ci stiamo impegnando per il conseguimento della “Certificazione dell'energia prodotta proveniente da fonti rinnovabili”». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 225


MASTRI VETRAI

L’arte della lavorazione del cristallo are forma all’eccellenza attraverso la ricerca del perfetto equilibrio tra funzionalità progettuale e ispirazione artistica, per creare oggetti capaci di suscitare emozioni attraverso una materia unica e preziosa come il cristallo lavorato con perizia dai maestri soffiatori la cui tradizione si tramanda da intere generazioni. È questo, in sostanza, il cuore di un’arte antica e preziosa come quella della lavorazione e della produzione del cristallo, la cui unicità è rimasta intatta di epoca in epoca pur assimilando le innovazioni tecnologiche ed estetiche più moderne. La storia di Rogaska Cristallo, società italiana che da oltre vent’anni distribuisce oggetti in cristallo prodotti nella manifattura dell'omonima cittadina slovena, è la storia di

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Alessandro Mugnaioni di Rogaska Cristallo. Nelle altre immagini, alcuni oggetti in esposizione e vendita a Parma www.rogaska.it

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La lavorazione del cristallo rappresenta un’arte dalla tradizione centenaria che ancora oggi rivive attraverso la sapienza artigiana dei mastri vetrai. Conosciamo da vicino un marchio storico del settore, “Rogaska”, attraverso le parole di Alessandro Mugnaioni, presidente della società Rogaska Cristallo Erika Facciolla

un’arte le cui origini si perdono nei secoli. Ancora oggi lavorano nello storico stabilimento novecento persone e la conoscenza delle tecniche di lavorazione del cristallo si è tramandata nel tempo fra i vari maestri vetrai che si sono succeduti. La precisione e la qualità con cui sono realizzati i prodotti Rogaska hanno consacrato il marchio come uno dei brand di riferimento del settore conosciuto in tutto il mondo, che vanta nella sua storia alcune lavorazioni realizzate per personaggi

come la Regina d’Inghilterra e Giovanni Paolo II. Alessandro Mugnaioni, presidente della società Rogaska Cristallo di Parma, ci svela i segreti di questo lungo successo. Che tipo di evoluzione ha conosciuto, nel corso degli anni, il marchio Rogaska nel settore dei cristalli? «L’attività della società Rogaska Cristallo è iniziata quindici anni fa, ma è soltanto dal 2007 che è iniziata la vera svolta di questa realtà, quella che ha trasformato l’interpretazione che il mondo esterno dava al nome Rogaska. Sino a quel momento, infatti, era considerato un mero produttore di cristallo ed era poco conosciuto al livello del consumatore finale. Oggi invece Rogaska si sta affermando come brand nel settore degli articoli in cristallo per la tavola e l’arredo grazie ad un’incisiva spinta commerciale che ha riguardato principalmente l’assortimento delle col-


Alessandro Mugnaioni

lezioni e le modalità della distribuzione». Quali sono i vantaggi di rappresentare e commercializzare un solo brand? «Concentrarsi su un solo brand offre la possibilità di diventare una realtà da tutti identificata in modo molto preciso. Commercializzare più brand offre sicuramente altri vantaggi, ma da un certo punto di vista rischia di “spersonalizzarti”». Quali sono i principali interlocutori commerciali attraverso i quali proponete al mercato le vostre innovative collezioni? «Fino al 2007 i principali interlocutori commerciali di Rogaska erano i punti vendita specializzati soprattutto nella lista nozze, non necessariamente selezionati. Oggi i prodotti di Rogaska, la cui distribuzione copre in modo capillare tutto il territorio italiano grazie a diciotto agenzie di vendita, sono presenti nei più importanti negozi di lista nozze, di regalistica e di arredo, nonché nelle gioiellerie e nei negozi specializzati di bomboniere per tutti gli eventi». A cosa si ispirano i designer

Rogaska si sta affermando come brand nel settore degli articoli in cristallo per la tavola e l’arredo grazie ad un’incisiva spinta commerciale

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in fase di progettazione? «Per quanto riguarda la fase di progettazione è fondamentale la perfetta conoscenza del mercato e dei gusti del consumatore, anche perché, ragionando solo sul territorio italiano, i gusti del nord sono quasi sempre diversi da quelli del centro e da quelli del sud. L’ispirazione varia da designer a designer e non è qualcosa di schematizzabile». Quali sono gli oggetti d’arte Rogaska che al momento rappresentano la principale innovazione anche in termini di successo commerciale? «Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione del pubblico verso gli oggetti in cristallo destinati all’arredo della casa e caratterizzati da forme molto moderne, mentre è un po’ diminuita l’attenzione verso il calice di cristallo, dove è stato ancor più importante ideare collezioni molto innovative. All’interno delle sue collezioni, Ro-

gaska ha molti oggetti che si distinguono dai classici oggetti in cristallo che il pubblico era abituato a conoscere». Alla luce di questa esperienza, quali sono a suo parere gli elementi strategici indispensabili al successo di un’azienda come la vostra? «Il primo riguarda la gestione della società. Oggi avere il prodotto giusto è solo il punto di partenza, ma gestire in modo capillare anche le aree degli acquisti, della distribuzione e dell’amministrazione è fondamentale. Il secondo punto riguarda specificatamente la distribuzione. La distribuzione tradizionale che aveva retto fino a non molto tempo fa oggi non è più sufficiente; oggi “distribuzione” significa multicanalità, comunicazione “tailor made” e web. Per avere successo occorre abbracciare tutti i nuovi concetti di distribuzione dei prodotti sul mercato». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 227


L’immagine della regione online «L’Emilia Romagna è vista come un territorio da esplorare». Gianfranco Lorenzo, direttore studi e ricerche del Centro studi turistici di Firenze, spiega perché il web è una grande opportunità Renata Gualtieri all’analisi dei principali indici turistici si scopre che il turismo dell’Emilia Romagna tiene meglio di altre regioni e i risultati stimati sono positivi. Il 2011 dovrebbe segnare una crescita delle presenze ben oltre l’1%, anche se i fatturati delle imprese rimarranno stabili o in lieve flessione. Città d’arte e balneare sono stati i prodotti trainanti, ma con risultati dif-

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Gianfranco Lorenzo, direttore studi e ricerche del Centro studi turistici di Firenze

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ferenziati per aree. Nella difficoltà del momento l’Emilia Romagna è riuscita a consolidare immagine e posizionamento sui mercati turistici, soprattutto su quelli stranieri per i quali le presenze del 2011 sono stimate in forte crescita. Preoccupano, invece, le prospettive per il 2012, indicato da molti osservatori come l’anno della stagnazione. «Considerato che oltre il 75% della domanda turistica è costituita da italiani – fa presente Gianfranco Lorenzo, direttore studi e ricerche Centro studi turistici di Firenze – il sistema turistico regionale dovrà intensificare gli sforzi sui i mercati esteri». Com’è vista l’Emilia Romagna dagli operatori turistici internazionali? «Le indagini più recenti sui trend del turismo segnalano una crescita dei cosiddetti “turisti fai

da te”, rispetto a quelli dei viaggi organizzati. Nonostante tutto il ruolo degli organizzatori e degli intermediari continua ad avere una grande importanza nelle scelte del turista. Ma a prescindere dal dato statistico, sui mercati turistici internazionali l’Emilia Romagna rappresenta una destinazione di assoluto interesse. In termini d’attrattiva, il principale prodotto regionale è rappresentato sempre dalla costa adriatica, ma non vanno trascurate le potenzialità del prodotto “città d’arte”». Quale immagine turistica viene veicolata sui diversi mercati attraverso il web? «Risulta molto apprezzato tutto il sistema regionale dei servizi, sia quelli turistici sia gli altri servizi del territorio. Però l’Emilia Romagna non ha un brand definito, ma l’immagine più diffusa è quella di un territorio da


Gianfranco Lorenzo

esplorare, capace di suscitare aspettative, stimoli e curiosità: una destinazione sostenuta dalla cultura e dalle persone che ci vivono, che sa valorizzare tutti i suoi attributi e sviluppare una rete di relazioni settoriali. Spesso la regione è rappresentata mediante il suo patrimonio storicoartistico, contrapposto però al dinamismo dell’offerta d’intrattenimento, di eventi, di architettura moderna e d’infrastrutture, probabilmente percepite come sviluppo economico e sociale del territorio. Ciò che invece non traspare in maniera univoca è l’associa-

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In termini d’attrattiva, il principale prodotto regionale è la costa adriatica, ma non vanno trascurate le potenzialità delle città d’arte

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zione spontanea dell’offerta balneare all’Emilia Romagna, che resta legata prepotentemente alle singole località della Riviera». Si può ipotizzare un aumento dell’incoming turistico, utilizzando la forza della rete e del web? «Tutti concordano sul fatto che il web contribuirà ad aumentare la conoscenza e le possibilità di acquisto dei servizi offerti in un territorio: la rete è ormai il canale di comunicazione più accreditato. Però, oltre che allargare la collaborazione tra operatori pubblici e privati, è preferibile puntare alla promocommercializzazione di precise aree tematiche per differenziarsi dalla comunicazione “generalista” dei grandi siti già presenti in rete, magari ampliando i servizi vendibili per presentare al mercato una serie di proposte flessibili. Quando si fanno simili scelte, tutto il sistema di offerta deve avere prima un’idea precisa di tutto ciò che può essere motivo di attrazione per il visitatore, poi deve predisporre accuratamente i prodotti/servizi e dopo pensare a come veicolarli sul web». Conoscere la qualità percepita dal turista spinge le amministrazioni regionali ad apportare dei correttivi immediati o a valorizzarne determinati aspetti? «Ascoltare i bisogni del cliente è un obbligo e il web è un’opportunità irrinunciabile per aumentare il livello competitivo dell’attività manageriale. Ciò

vale anche per l’ente pubblico che, indipendentemente dalle azioni che svilupperà, deve avere una strategia di coordinamento delle informazioni online. Oggi per gli utenti di Internet è naturale utilizzare la rete per discutere, confrontarsi, decidere e pianificare i viaggi, confinando i canali tradizionali a un ruolo sempre più marginale. Il Travel 2.0 ha sviluppato una nuova dimensione del mercato: l’utente non dipende più solo dai suggerimenti dell’operatore, ma è consigliato da migliaia di “amici” che indicano dove andare e cosa evitare». La sussidiarietà applicata al turismo emiliano-romagnolo è un sistema virtuoso da esportare? «Già da anni molte realtà regionali guardano con interesse alle esperienze dell’Emilia Romagna e spesso hanno adottato soluzioni analoghe. Penso per esempio alle Unioni di prodotto che suscitarono tanta curiosità, ma soprattutto un diffuso apprezzamento per il nuovo modo di concepire un sistema di offerta territoriale. Rimane comunque la convinzione che non sempre i modelli sono replicabili in realtà e contesti diversi. Le scelte spesso vengono realizzate in base al tessuto imprenditoriale di un territorio, alla tipologia prevalente di offerta turistica e al grado di diffusione di una cultura turistica, sia a livello di soggetti pubblici sia a livello di privati». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 231


TURISMO

L’offerta turistica in un click

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ono oltre 20.000 gli iscritti ai social network dedicati al turismo dell’Emilia Romagna. L’attività web della Regione è in costante crescita e vanta 5 milioni di visitatori, con un tasso di incremento del 13% nei primi dieci mesi del 2011. «È un risultato – dichiara l’assessore Maurizio Melucci – che ci riempie di soddisfazione e premia quello che stiamo facendo per presentare, attraverso Internet, l’offerta turistica regionale. Un’azione in sintonia con la crescente tendenza del consumatore finale, in Italia e all’estero, a utilizzare i social network per la scelta del viaggio». Cosa ha condotto a questi risultati, come giudica questi dati e quali i margini di crescita nei prossimi mesi? «Nell’aprile del 2008 con l’introduzione di un reparto web interno ad Apt Servizi si è deciso di incominciare a puntare con decisione su questo settore che negli ultimi anni sta assumendo sempre più importanza e rilevanza, non solo nel mondo, ma anche in campo turistico. L’offerta turistica diversificata proposta tramite i nostri portali dedicati agli eventi e ai singoli prodotti regionali e la presenza quoti232 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

«La community è il cuore pulsante del nostro network ed è composta da turisti e amanti dell’Emilia Romagna provenienti da diverse parti del mondo». L’assessore regionale, Maurizio Melucci, descrive l’esperienza sul pianeta Internet Renata Gualtieri

diana sui principali social network come Facebook e Twitter e i canali tematici di condivisione di foto e video come Flickr e YouTube ha permesso di raggiungere questi risultati. I dati finora confermano che la scelta di investire in questo settore è stata azzeccata e gli ottimi risultati ottenuti ci spingono a cercare di innovare e sviluppare il prodotto Emilia Romagna sempre di più nel

Maurizio Melucci, assessore al Turismo e al commercio della Regione Emilia Romagna


Maurizio Melucci

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I portali dedicati agli eventi e alle città d’arte, la costa, l’Appennino, le terme e la Motor valley presentano al meglio l’offerta turistica su Internet

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mondo del web». Come partecipano i visitatori alle community? «Inviando, oltre a commenti e domande, anche foto, video, proposte, segnalazioni e racconti della propria esperienza in regione, interagendo ogni giorno con lo staff di Turismo Emilia Romagna, che si occupa della gestione dei diversi canali dei social network regionali e di un blog, www.travelemiliaromagna.it, che viene aggiornato con cadenza quotidiana. La community è quindi il cuore pulsante del nostro network ed è composta da turisti e amanti dell’Emilia Romagna provenienti da diverse parti del mondo, grazie alla presenza costante sui canali social non solo in lingua italiana, ma anche in lingua inglese e tedesca». A quali mercati si rivolge il network del turismo? «Il portale www.emiliaromagnaturismo.it offre una prima visione d’insieme dei tesori che l’Emilia Romagna ha da offrire. Inoltre, i portali dedicati agli eventi e ai singoli prodotti come le città d’arte, la costa, l’Appennino, le terme e la Motor valley presentano al meglio l’offerta turistica su Internet, non solo per il mercato italiano, ma anche per i mercati esteri, grazie ai singoli siti specializzati per il mercato tedesco, francese, cinese, brasiliano, inglese, russo e polacco».

In cosa è davvero innovativa la recente “App mobile delle città d’arte”? «In due parole: sinergia istituzionale. L’aspetto social di questa applicazione è stato fondamentale per la sua realizzazione fin dall’inizio. L’iniziativa ha coinvolto istituzioni e imprese private in una cooperazione congiunta; secondo il criterio di rete si è dato vita a un unico dialogo territoriale grazie al quale è stato possibile creare uno strumento che garantisce un aggiornamento continuo delle informazioni. Ma l’aspetto ancor più rivoluzionario è che la comunicazione istituzionale ha avuto, e tuttora continua ad avere, una modalità fresca e dinamica». La presenza della regione su Internet avrà nuovi sviluppi nel 2012? «Certamente, il portale turistico ad esempio sarà pubblicato in lingua russa, spagnola e polacca e a breve saranno presentati nuovi progetti che coinvolgeranno sia i turisti che le imprese stesse». La scelta della vacanza dunque inizia online? «In questi ultimi anni Internet ha chiaramente modificato il modo in cui viene influenzato il viaggiatore nella scelta prima e nell’organizzazione poi della vacanza. L’Emilia Romagna ha deciso di rispondere presente». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 233


Un’offerta unica che parte dalla rete Il turismo regionale online entra nella top ten italiana del settore travel e, in una fase di continui cambiamenti, l’amministratore delegato Apt Servizi Emilia Romagna, Andrea Babbi, conferma che Internet rimane uno strumento determinante per il nostro turismo Renata Gualtieri

Sopra, la Basilica di San Vitale a Ravenna (archivio fotografico Apt Servizi Emilia Romagna). Sotto, Andrea Babbi, amministratore delegato Apt Servizi Emilia Romagna

a tempo Apt Servizi presenta in rete il meglio dell’offerta turistica dell’Emilia Romagna, offrendo uno spaccato il più possibile multimediale e vivido del territorio, in continuità con quei tratti di calore e simpatia che da sempre caratterizzano l’ospitalità della gente emiliano romagnola. «La tecnologia non ci ha fatto perdere la voglia d’incontro e di scambio – precisa l’amministratore delegato Apt Servizi Emilia Romagna Andrea Babbi – elementi che caratterizzano tutt’ora il nostro sistema di accoglienza». Oggi sono attivi 18 siti Internet in italiano e 7 dedicati ai mer-

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234 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

cati esteri (in tedesco, francese, cinese, portoghese, inglese, russo, polacco). È attivo, inoltre, sia in italiano che in inglese, il blog Turismo Emilia Romagna (con le sezioni dedicate alla Riviera, arte e cultura, natura, sport e benessere, Motor valley, Wine food festival) come canale comunicativo con tutti gli amici della nostra regione. Sono oltre 5 milioni i visitatori annui sui nostri network turistici che testimoniano l’esperienza e l’impegno da parte di Apt sul web per sottolineare l’importanza dell’utilizzo di internet per il settore. La vacanza nelle città d’arte dell’Emilia Romagna si programma sul proprio

smartphone grazie a un’innovativa App. Come hanno reagito le nuove e le vecchie generazioni al primo esempio in Italia che mette in rete le 9 città d’arte della regione? «La reazione a questo nuovo servizio è positiva: da quando il servizio è partito, il 4 dicembre scorso, abbiamo registrato oltre 2.000 download e 15.000 visite sulla webapp www.art-city.mobi. Per quanto riguarda la distinzione generazionale, possiamo dire che l’utilizzo del servizio è trasversale, tanto più che sono diversi i modi per arrivare a scaricare l’applicazione. È chiaro che per le nuove generazioni, grazie alla


Andrea Babbi

maggiore diffusione degli smartphone, l’accesso è più rapido». Quali sono le opportunità per i visitatori? «L’applicazione, che si scarica gratis sul proprio smartphone o digitando www.artcity.mobi, è in pratica una guida di viaggio virtuale specializzata in arte e cultura. Segnala oltre quattromila punti d’interesse vicino al turista: basta regolare a che raggio di distanza si vuole effettuare la ricerca o indicare semplicemente la provincia prescelta. In tutti i casi c’è anche il filtro “Consigliati dalla redazione”, con le indicazioni suggerite da una rete di redazioni presenti sul territorio. L’applicazione consente di segnalare ben 314 eccellenze artistiche, 4.301 strutture ricettive, 16 video promozionali, 34 pacchetti vacanza, 28 grandi eventi. Il sistema offre agli utenti informazioni curate nei minimi dettagli, con aggiornamenti ogni quattro ore per tutti gli eventi indicati e i pacchetti vacanza offerti. È un altro se-

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Eventi come la Notte rosa confermano che il turista è attratto da occasioni uniche di vacanza

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gnale dell’evoluzione tecnologica del pianeta turismo in Emilia Romagna». Cosa racchiude il concetto di web marketing in campo turistico? «In una fase di rapidi e continui cambiamenti in cui avanzano nuove forme di fare e di vivere il turismo, a fronte di presenze sempre più riconducibili al concetto di shortbreak, il web marketing consente di sviluppare una nuova cultura di settore in cui l’innovazione è fondamentale. E a sua volta l’innovazione non può prescindere dalla tecnologia e dall’uso di tutti i nuovi sistemi di comunicazione e promo-commercializzazione. Da questo punto di vista Internet si propone come strumento determinante per il nostro turismo. Eventi come

la Notte rosa, il Wine food festival e i Riviera beach games, diventati nel tempo veri e propri prodotti turistici, ci confermano che il turista è attratto da occasioni uniche di vacanza». Come si presenta il turismo emiliano-romagnolo sui social network? «La nostra presenza nella galassia dei social network è rilevante, oltre 20.000 iscritti ci seguono ogni giorno sui nostri canali social: Facebook, Twitter, Flickr, Youtube, Foursquare e Wikipedia, in italiano, inglese e tedesco. Un’attività intensa, questa, che ha permesso al nostro turismo online di entrare nella top ten italiana del settore Travel, come emerge da una ricerca sulle fanpage condotta da Blogmeter».

Qui sopra, da sinistra, una pagina della guida digitale “Città d’arte dell’Emilia Romagna” (archivio fotografico Apt Servizi Emilia Romagna) e, a destra, un momento della Notte rosa

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TURISMO

Sempre più specializzati e presenti sul territorio Viaggi in tutto il mondo che partono da una struttura organizzativa radicata in maniera capillare sul territorio, capace di offrire competenze specifiche e diversificate per soddisfare ogni esigenza. La descrive Marco Ricchetti Lodovico Bevilacqua

l viaggio come forma di arricchimento culturale, come via di fuga dall’oppressione della routine quotidiana, come occasione di socializzazione. Da sempre visitare e conoscere luoghi nuovi, lontani ed esotici è un’aspirazione e un’attività diffusa e apprezzata; per questo motivo si è creato un mercato sempre più specialistico, contraddistinto da un crescente livello di professionalità e da una varietà di offerta via via maggiore. L’organizzazione di un viag-

I Marco Ricchetti, presidente della Robintur. Nella pagina seguente, l’agenzia Orinoco di Ravenna www.robintur.it www.robintur.it/orinoco www.robintur.it/esarcotours

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gio richiede infatti grande competenza ed esperienza e la delega a professionisti del turismo di questa complessa fase organizzativa concede all’utente ulteriore distensione e relax. Questo – in sintesi – il principio che deve animare ogni operatore turistico modellandone la professionalità, come conferma – dall’alto della sua esperienza – Marco Ricchetti, presidente della rinomata Robintur, importante gruppo della distribuzione turistica italiana attivo sin dal 1989. «La soddisfazione del cliente rimane l’obiettivo finale della nostra strategia commerciale; per questo motivo ritengo fondamentale offrire all’utenza la massima professionalità nella consulenza organizzativa di un viaggio e la piena capacità di gestire la formula concordata». Destinazioni globali ma strutture saldamente legate al territorio, è questa la filosofia di Robintur che non viene tradita neanche in Romagna: «Abbiamo diverse agenzie

sparse in regione, in particolare tre a Ravenna: Orinoco, Esarcotours ed Esarcotours Filiale». La concentrazione di tre realtà nello stesso Comune – due sono addirittura nella stessa via, non è casuale ed è funzionale a una strategia che mira a fornire un servizio completo e diversificato. «Orinoco è attiva da venticinque anni; grazie alle 63 ore di apertura settimanali è sempre disponibile per risolvere qualsiasi emergenza logistica. La sua specialità è offrire un servizio personalizzato su misure per le aziende, con un reparto specifico a loro dedicato». Sempre nel capoluogo romagnolo, addirittura a poche decine di metri l’una dall’altra, si trovano Esarcotours ed Esarcotours Filiale. Ricchetti spiega la strategia che sta dietro a questa scelta: «Esarcotours può essere considerata come la “sartoria” del turismo. L’ambiente dell’agenzia è molto accogliente e confortevole e l’abilità del personale, altamente specializzato, consi-


Marco Ricchetti

❝ ste nel “cucire” il programma, anche attraverso incontri riservati, a seconda delle esigenze di viaggio del cliente, su sua misura e secondo un elevato grado di personalizzazione». Tutt’altra la specialità a cui è dedicata Esarcotours Filiale, a pochi civici di distanza dalla agenzia sorella: «Questo ufficio si occupa esclusivamente dell’organizzazione di viaggi di gruppo con accompagnatore, rivolgendosi a qualsiasi tipo di ente: Cral, associazioni private o incentive per aziende. Il viaggio di gruppo rappresenta infatti una

modalità tutta particolare di vivere questa esperienza, unendo al piacere di scoprire posti nuovi la possibilità di stringere amicizie e la garanzia di un’organizzazione sicura. Per fronteggiare ogni tipo di emergenza, Esarcotours Filiale offre una reperibilità di 24 ore su 24». Come conferma la completezza del servizio offerta nella zona di Ravenna, un aspetto di importanza primaria è rappresentato dall’organizzazione del gruppo: «La Robintur nasce a Bologna, ma la sua diffusione sul territorio – prima

Una fase di congiuntura come questa, offre tempo e modo di implementare le risorse umane e operative

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regionale e poi nazionale – è stata continua e capillare. Possiamo contare su una rete ampia e solida, che si avvale delle proprie potenzialità e del supporto di numerose partnership commerciali con altre agenzie e tour operator». La capillarità della diffusione territoriale e la varietà delle collaborazioni istituite consentono alla Robintur di operare in tutti gli ambiti dell’organizzazione turistica. «La nostra versatilità organizzativa è frutto di una precisa strategia commerciale; per aumentare l’efficienza in tale ambito abbiamo anche sperimentato una diversificazione logistica basata sull’assegnazione di differenti competenze a diverse agenzie e il caso delle tre sedi di Ravenna è un ottimo esempio a questo proposito». Una professionalità pluriennale che si rinnova dunque per continuare a essere in grado di offrire la soluzione migliore. EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 237




MICROCRIMINALITÀ

La ricetta di Forlì contro l’illegalità La recente escalation di eventi criminosi ha indotto il sindaco Roberto Balzani a rivolgersi direttamente al ministro Anna Maria Cancellieri. Il primo cittadino forlivese illustra i progetti previsti per contrastare la delinquenza Francesco Bevilacqua na particolare importanza riveste la collaborazione dei cittadini per la capacità di intercettare e segnalare alle forze di polizia ogni anomalia di per sé significativa, in una dialettica costruttiva che, peraltro, contribuisce anche a rafforzare la fiducia nelle istituzioni. La sicurezza richiede, infatti, nel rispetto delle diverse competenze, uno sforzo comune». Così ha risposto il ministro Cancellieri alla lettera che il sindaco di Forlì le ha inviato, sottoponendo alla sua attenzione le criticità del comune romagnolo in materia di criminalità. Recepiti i suggerimenti provenienti dal ministero e confrontatili con i dati già in suo possesso, Roberto Balzani ha elaborato, insieme agli enti del territorio, Prefettura e Regione su tutti, una serie di interventi mirati al ripristino della cultura della legalità. Recentemente sono avvenuti diversi episodi di microcriminalità in città, alcuni dei quali hanno visto coinvolti anche giovanissimi. A cosa è dovuta questa escalation e in che modo, anche attraverso un’azione preventiva, l’amministrazione comunale può contribuire ad arginare il fenomeno?

«U Roberto Balzani, sindaco di Forlì

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«Che il rapporto fra cittadini vada mutando, anche nelle piccole realtà di provincia, è evidente. Basta considerare l’ondata di furti in appartamento che ha interessato tutta l’area urbana regionale, soprattutto le zone di periferia meno sorvegliate, nel corso del 2011. Ci sono poi i casi diffusi di microcriminalità, per fortuna a Forlì ancora contenuti, che tuttavia rappresentano quadri di disgregazione del tessuto sociale in corso. Credo che i sistemi repressivi, data la vastità dei fenomeni, finiscano sempre per rincorrere la cronaca: se si tiene conto che le unità disponibili sul territorio, mettendo insieme tutti i corpi, ammontano da noi a poche decine di elementi presenti in contemporanea, è facile immaginare che vi saranno sempre “buchi” e che i reportage continueranno ad appuntarsi su ciò che non ha funzionato. Il Comune, che non ha compiti prioritari di pubblica sicurezza e che comun-


que, anche dopo le ultime innovazioni legislative, è sempre subordinato a Prefettura e Questura, ha tuttavia una grande chance: utilizzare il proprio personale, dalle scuole al welfare, oltre ovviamente alla polizia municipale, per promuovere e difendere lo spirito di legalità, inducendo i cittadini a comportamenti virtuosi. Non è facile, ma si può fare». Quali misure verranno attuate a seguito dell’inclusione di Forlì nel programma “Mille occhi per la città” annunciata dal ministro Cancellieri? Ritiene che questo progetto possa contribuire a risolvere o quantomeno mitigare i fenomeni di piccola criminalità? «Firmeremo a breve un atto in Prefettura e ci impegneremo, insieme alle forze di pubblica sicurezza e alle agenzie dei vigilantes, a creare una rete informativa, in modo che il monitoraggio di porzioni rilevanti della città, fino a ora delegato al controllo delle telecamere o alla normale attività dei corpi di polizia, possa accrescersi considerevolmente. Una volta filtrate dalle centrali operative, le informazioni dovranno poi trovare congruo riscontro: per quelle riguardanti il degrado e altri fenomeni minori la risposta giungerà da parte del Comune, mentre per quelle relative ai reati più gravi, arriverà da parte di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Il programma “Mille occhi” è teso a rendere più intensa ed efficace una collaborazione che, a livello territoriale, esiste già, inserendo nel network quei soggetti privati

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Il Comune ha una grande chance: utilizzare il proprio personale per promuovere lo spirito di legalità, inducendo i cittadini a comportamenti virtuosi

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che già operano con interfacce pubbliche nel campo della sicurezza». In che modo verranno impiegati i fondi recentemente erogati dalla Regione nell’ambito del programma di finanziamento di progetti di supporto e promozione della legalità? «Il programma regionale che interessa pure il Comune di Forlì ormai da anni, prevede da un lato l’ampliamento numerico del corpo e il suo costante aggiornamento tecnologico, proprio per far fronte a una delle domande più pressanti della cittadinanza, quella di sicurezza. D’altro canto, il comando del nostro corpo di polizia municipale è in costante contatto con la Regione e con i comandi degli altri capoluoghi per confrontare politiche e modalità di azione. I vigili sulla strada sono stati incrementati, tanto per il controllo degli autoveicoli, quanto per l’intervento nei quartieri. La collaborazione con le altre forze di pubblica sicurezza è assai buona». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 241


MICROCRIMINALITÀ

Bologna, il punto sulla sicurezza Nel capoluogo emiliano i valori di alcuni indicatori, riguardanti in particolar modo i reati predatori, hanno destato preoccupazione nell’opinione pubblica e sono oggetto di particolare attenzione da parte delle istituzioni. Il prefetto Angelo Tranfaglia fa il punto della situazione Francesco Bevilacqua

Angelo Tranfaglia, prefetto di Bologna

empre in prima fila nell’opera di tutela dell’ordine pubblico e della legalità, la Prefettura di Bologna, insieme agli altri enti preposti al controllo del territorio, non ha sottovalutato il recente peggioramento del quadro cittadino in termini di pubblica sicurezza, che pure, come sottolinea il prefetto Angelo Tranfaglia, va analizzata attentamente e affrontata con consapevolezza, anche attraverso collaborazioni con gli altri attori politici e sociali. Secondo il rapporto “Qualità della vita 2011”, nell’ultimo anno a Bologna sono aumentati soprattutto i reati che contribuiscono a generare nei cittadini la perce-

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zione di insicurezza: scippi, rapine e borseggi, furti in casa, truffe e frodi informatiche. Che rispondenza c’è, a suo giudizio, fra tale percezione e l’effettiva situazione dell’ordine pubblico e in che maniera si deve porre l’operatore a questo proposito? «Se si guarda al complesso dell’andamento dei reati, in effetti si rileva che l’incremento è modesto, inferiore al 3%, dopo anni di costante e consistente calo. Tuttavia l’aumento dei reati predatori, che destano maggiore allarme sociale e incidono sulla sicurezza percepita molto più di altri crimini gravi ma con minore “visibilità”, è inconfutabile. Ed è un dato che registriamo con grande preoccupazione, che impone massima attenzione, nessuna sottovalutazione e impegno sempre più grande per individuare e mettere in campo sempre maggiori misure di contrasto. E questo, pur dando doverosamente atto dell’assoluta efficacia dell’azione di contrasto svolta dalle forze dell’ordine, che proprio nei settori in cui più rilevante è stato l’incremento dei reati è stata di particolare efficacia, come dimostrato tra l’altro dall’aumento considerevole degli arresti». Quali sono secondo lei le cause che hanno innescato questo sensibile aumento, che in alcuni casi hanno fatto segnare percentuali considerevoli (+44% per i borseggi, +34% per gli scippi, + 32% per i furti in appartamento)? «Le cause sono molteplici: non è ovviamente


Angelo Tranfaglia

ininfluente la situazione economica di perdurante crisi, le crescenti difficoltà che incontrano fasce sempre più ampie delle popolazione, il timore per la perdita del lavoro e un generale diffuso pessimismo sulle prospettive future, elementi tutti che generano inevitabilmente inquietudine, tensioni sociali e innescano un aumento dei crimini predatori. Così come non è ininfluente il massiccio afflusso proveniente dal Nord Africa a seguito delle note vicende della “primavera araba”. La tendenza riguarda purtroppo tutto il Paese, ma colpisce in modo particolare le realtà dove il reddito medio e l’entità dei patrimoni è superiore alla media: di conseguenza Bologna, per le sue caratteristiche - città universitaria, centro a forte presenza di immigrati e ad alto livello di benessere generale - è più esposta di altre realtà urbane». Un corrispondente aumento dei dati relativi all’azione repressiva evidenzia che l’azione delle forze dell’ordine sinora ha saputo rispondere ottimamente al boom di reati. In prospettiva, ritiene che l’organico a disposizione sia sufficiente o pensa che ci sia bisogno di ottimizzare l’organizzazione? «La capacità di contrasto dei fenomeni delinquenziali, da svolgere con azioni sia preventive che repressive, è evidente che migliori sempre sia con incremento delle risorse che con l’ottimizzazione nell’uso e nell’orga-

nizzazione delle stesse. Ogni sforzo e impegno per proseguire sulla strada da tempo intrapresa di sempre maggiori coordinamento e ottimizzazione delle risorse disponibili è quindi doveroso e va portato avanti con assoluta determinazione. Per quanto concerne l’incremento di risorse, ovviamente sempre auspicabile, esso non può tuttavia prescindere da valutazioni di ordine generale che tengono conto da un lato della delicata situazione delle finanze pubbliche, dall’altra di un’indispensabile comparazione delle esigenze a livello nazionale». Su quali aspetti si dovrebbe basare la collaborazione con le altre forze sociali - cittadini, operatori economici, sindacati, rappresentanti politici - nell’affrontare i problemi relativi alla sicurezza urbana e alla microcriminalità? «Quella della sicurezza urbana è problematica complessa che comprende anche fenomeni e aspetti non riconducibili allo stretto ambito della criminalità, come il degrado architettonico e ambientale e forme di cosiddetti “illeciti morbidi” che scaturiscono da comportamenti devianti e da inciviltà sociale. Su questo versante è fondamentale l’implementazione di sinergie tra forze dell’ordine ed enti locali; l’imminente rinnovo del “Patto per Bologna sicura” tra Prefettura e Comune si muove in quest’ambito e con questo obiettivo, anche con il coinvolgimento di privati e associazioni». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 243


Vivere la città per renderla più sicura Riempire le strade di vita e di socialità è un modo per combattere degrado e insicurezza. Virginio Merola fa il punto sulla situazione bolognese e illustra le iniziative in programma Francesco Bevilacqua

tando ai dati specifici, in quella che Il Sole 24 Ore ha definito “la città più vivibile d’Italia” degrado e sicurezza rappresentano ancora una ferita da risanare. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, pensa alla cura. Unitamente a una sempre più intensa collaborazione con le forze dell’ordine e al potenziamento degli strumenti in mano all’amministrazione, come la Polizia municipale, il primo cittadino ritiene prioritario attuare misure che favoriscano la riappropriazione, da parte della cittadinanza, delle aree urbane, in modo da sostituire al degrado la socialità, la cultura della legalità e la cura per la propria città. Qual è la sua agenda per il 2012 per quanto riguarda la lotta al degrado? «Con i pesanti tagli statali varati dalle ultime manovre, il bilancio del Comune si preannuncia drammatico. Nonostante questo cercheremo di difendere il più possibile i servizi ai cittadini e ritagliare risorse per la cura e la manutenzione della città. Il decoro dello spazio in cui viviamo è fondamentale per far crescere nelle persone un senso di amore verso la città e, quindi, di rispetto verso il bene pub-

S Virginio Merola, sindaco di Bologna

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blico, primo elemento per la lotta contro il degrado. Questo obiettivo inizierà a concretizzarsi con l’avvio del piano della pedonalità del centro storico, in primavera. Tra gli appuntamenti più importanti c’è sicuramente il confronto con il ministero dell’Interno sul Patto per la sicurezza, che dovrebbe concretizzarsi a giorni. La città ha bisogno di uomini e mezzi per poter contrastare al meglio la criminalità, in primis quella organizzata, che sempre più cerca di infiltrarsi anche sul nostro territorio. Altro tassello fondamentale della nostra politica di sicurezza è la riorganizzazione della Polizia municipale, con l’istituzione di uno speciale nucleo per il centro storico». Ritiene che le pedonalizzazioni attuate e previste in futuro rischino di esacerbare le situazioni di degrado o di crearne di nuove? «Considero il piano della pedonalità uno strumento chiave per riconsegnare la città alle persone, sottraendola alle automobili e alle moto. I cittadini saranno così liberi di muoversi e socializzare in sicurezza negli spazi urbani, vivendo da protagonisti la città. Da sempre, inoltre, le frequentazioni positive allontanano quelle negative e sono un antidoto


Virginio Merola

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Considero il piano della pedonalità uno strumento chiave per riconsegnare la città alle persone, sottraendola alle automobili e alle moto

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contro il degrado. Le pedonalizzazioni sono uno dei punti chiave della svolta ecologica che come amministrazione vogliamo per Bologna e con la grande partecipazione ai TDays i cittadini ci hanno dimostrato di essere pronti per andare in questa direzione. Il piano della pedonalità del centro storico che abbiamo presentato a dicembre verrà discusso con tutta la città in questi mesi, per essere pronto a partire ad aprile. Prevediamo principalmente zone ad alta pedonalità, dove possono accedere solo residenti, trasporto pubblico e mezzi di servizio o di soccorso. Ci saranno anche pedonalizzazioni integrali, TDays e zone a traffico limitato». Secondo il rapporto del Sole 24 Ore, Bologna è la città più vivibile d’Italia, anche se nella classifica dei valori legati all’ordine pubblico si piazza solo 92esima su 107. Come commenta questa discrepanza? «Il primo posto in classifica conferma che il

nostro sistema urbano ha tutte le condizioni per reggere al meglio la crisi ed è importate sapere che abbiamo tutte le possibilità per affrontare questa difficile situazione. Certo, non ci accontentiamo e dobbiamo investire sulla città per eliminare qualsiasi problema. Per quanto riguarda la sicurezza c’è un calo dei reati, ma al tempo stesso persiste una diffusa percezione d’insicurezza, dovuta ai temi noti, come l’invecchiamento della popolazione, con le comprensibili apprensioni dei ceti più anziani. A Bologna c’è poi l’abitudine di denunciare molto di più rispetto ad altre città d’Italia, perché vige la consapevolezza che l’attività delle forze dell’ordine è efficace e permette di assicurare i colpevoli alla giustizia. Dobbiamo quindi investire sulla città, perché se potessimo eliminare le immagini di degrado presenti, dalle aree dismesse fino alla manutenzione dei nostri giardini, sicuramente il clima generale migliorerebbe». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 245


MICROCRIMINALITÀ

Responsabilizzare i sindaci nella lotta al degrado n diverse province emiliano-romagnole le denunce per piccoli reati, che contribuiscono a generare la percezione di insicurezza, stanno crescendo sensibilmente. «Da un lato questo è un fatto positivo, poiché indica la diffusa propensione a denunciare tali fenomeni e questo è importante perché la prima prevenzione è proprio l’azione dei cittadini». È questa l’opinione del consigliere regionale Galeazzo Bignami, che aggiunge però che «le istituzioni tutte, Questura ma anche enti locali, devono essere posti nelle condizioni di prevenire e di reprimere questa tendenza. I sindaci devono assumersi la responsabilità di adottare ordinanze adeguate e di dotare i corpi di Polizia municipale di tutti gli strumenti necessari per affrontare queste urgenze: penso a strumenti di dissuasione, di autodifesa e competenze per intervenire sul piano della prevenzione e del contrasto di fenomeni di microcriminalità associati al degrado urbano». Secondo Bignami, le possibilità per intervenire in questo senso esistono già: «Il primo strumento è già a disposizione di tutti i livelli di governo ed è la volontà politica. Il Governo Berlusconi ha varato provvedimenti e decreti che consentono ai sindaci di intervenire direttamente nella lotta alla criminalità. Per contrastare il degrado urbano esistono, invece, contratti di servizio con società incaricate di eseguire questi interventi, anche se bisogna vigilare con attenzione in questo senso, poiché queste società spesso per interessi

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Sfruttare gli strumenti forniti dal Governo Berlusconi per affiancare le questure nella lotta alla piccola criminalità. È questo l’invito che Galeazzo Bignami rivolge ai sindaci dell’Emilia Romagna Belinda Pagano

politici vengono lasciate un po’ troppo libere, specialmente per quanto riguarda la pulizia». Proprio il principio della volontà politica è la discriminante a cui si richiama Bignami nel distinguere i casi che hanno adottato la linea da lui auspicata: «Ci sono delle amministrazioni che hanno emanato provvedimenti importanti. Penso per esempio a quella di Sassuolo, che sul fronte della tutela della sicurezza ha dato risposte importanti ai cittadini: il sindaco del Comune modenese ha voluto svolgere il proprio ruolo assumendosi le sue responsabilità. Purtroppo altre amministrazioni, che guardano a sinistra, ritengono che siano le questure a doversi impegnare e i sindaci abdicano alle loro funzioni». In conclusione, l’analisi si concentra sulla situazione bolognese. Bignami insiste sulla necessità di potenziare gli strumenti in capo all’amministrazione comunale utili a contrastare fattualmente il degrado e la microcriminalità: «La Polizia municipale non ha più un nucleo sicurezza e il Comune ha chiuso la direzione sicurezza, vale a dire che gli apparati amministrativi e operativi, a mio giudizio centrali, non sono più funzionanti. Oggi l’unica risposta può arrivare dalla Questura e dalla polizia locale, più impegnata sul versante di sanzioni e controllo del traffico, rinunciando agli interventi sui fenomeni di microcriminalità, che spesso però non sono fra le priorità di piazza Galileo. Per prima cosa è quindi necessario rimettere in funzione gli uffici di sicurezza e dotare gli agenti di Polizia municipale degli strumenti adeguati. Diversamente temo che lotte come quelle contro i graffiti o contro i bivacchi saranno destinate al fallimento».



MAFIE IN RIVIERA

Favorire la prevenzione del crimine organizzato L’Osservatorio provinciale antimafia contrasta la malavita nel territorio, che sinora – assicura il prefetto di Rimini Vittorio Saladino – non ha subito forme generalizzate di infiltrazione né di stabile radicamento di gruppi criminali Renata Gualtieri

imini, insieme a Bologna, è la città dell’Emilia Romagna con più operazioni sospettate di infiltrazioni mafiose. Lo rivela l’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia che vede le due città in testa alla testa classifica regionale, in base alle segnalazioni fornite da banche, Poste, intermediari. L’area riminese, per le sue note peculiari caratteristiche socio-economiche, ha sempre destato l’interesse di organizzazioni criminali. «Infatti – spiega il prefetto Saladino – la sua posizione geografica, i suoi collegamenti stradali, ferroviari, aeroportuali con zone ove la criminalità organizzata è radicata, il suo preponderante assetto imprenditoriale, basato su piccole e medie aziende nel settore turistico e dello svago, la vicinanza con la Repubblica di San Marino, costituiscono elementi tali da renderla fortemente appetibile per investimenti o insediamenti criminosi». Come si sta muovendo la Prefettura in proposito? «La Prefettura ha recentemente rinnovato l’azione

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Il prefetto di Rimini, Vittorio Saladino

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di coinvolgimento degli uffici comunali preposti al rilascio delle licenze ai fini di implementare i controlli sui trasferimenti di titolarità o di gestione di alcune attività economiche, dietro cui potrebbero celarsi forme di riciclaggio di denaro di origine illecita. La banca dati della Camera di Commercio costituisce una preziosissima fonte informativa per il monitoraggio sulle nuove partite Iva e sui nuovi soggetti imprenditoriali dietro i quali potrebbero celarsi collegamenti ad ambienti criminali. Anche i titolari degli alberghi sono stati invitati e sollecitati a comunicare in via telematica alla locale Questura le presenze dei soggiornanti, in modo da consentire alle forze dell’ordine di conoscere in tempo reale i soggetti che dimorano in questa provincia». In che cosa consiste l’Osservatorio provinciale antimafia e come contrasta e previene questo fenomeno? «La creazione dell’osservatorio rientra in un progetto presentato dall’amministrazione provinciale di Rimini alla Regione, in adesione alla legge n. 3/2011 che prevede contributi economici per iniziative specifiche da parte degli enti locali a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso. Tra le funzioni principali dell’osservatorio, che prevede il coinvolgimento anche di quest’ufficio, ci sono il monitoraggio e l’analisi degli atti illeciti legati alla criminalità organizzata di stampo mafioso; tali attività saranno propedeutiche alla realiz-


Vittorio Saladino

zazione di attività di prevenzione, formazione ed educazione da realizzare nelle scuole del territorio». In provincia di Rimini esistono organizzazioni criminali per le quali, come succede in Calabria o Campania, serve una mappatura o si può parlare di soggetti pericolosi per i quali è necessario un controllo costante? «No, non ne esistono. Tuttavia già da tempo viene costantemente tenuta aggiornata una “mappatura” delle presenze, dei patrimoni e delle attività sul territorio provinciale di soggetti, anche non colpiti da provvedimenti della magistratura, collegati ad ambienti della criminalità organizzata, dimoranti provvisoriamente o stabilmente in provincia. In tal senso ho richiesto alle forze di polizia territoriali un costante e intenso interscambio dei rispettivi patrimoni informativi e, in particolare, un’attività di verifica patrimoniale e della titolarità delle licenze e autorizzazioni commerciali e di polizia da parte anche della Guardia di Finanza». Corruzione e mafie quanto hanno corroso le potenzialità economiche della provincia? «Al momento si può sicuramente affermare che, pur essendo più volte emerse evidenze di presenze stabili o assidue di soggetti legati ad

ambienti della criminalità organizzata, il tessuto socio-economico riminese, basato su piccole e medie imprese spesso a carattere familiare, non ha sinora subito forme generalizzate di infiltrazione criminale e neppure di sicuro e stabile radicamento nel territorio di gruppi criminali facenti capo a organizzazioni criminali italiane o straniere. Ne deriva che le potenzialità economiche della provincia non risultano, al momento, fondamentalmente compromesse». La criminalità organizzata perché vien così attratta dalla Riviera? «La riviera romagnola, oltre a un’elevata capacità ricettiva determinata dalla presenza di numerosissime strutture alberghiere e residence, registra una florida imprenditoria legata ai luoghi di divertimento e ai locali notturni in genere, con evidente richiamo per le organizzazioni dedite sia al traffico di sostanze stupefacenti che alla prostituzione. La forte propensione imprenditoriale, infatti, costituisce un appetibile approdo per interessi malavitosi di gruppi connessi alla criminalità organizzata (soprattutto di quella di matrice camorristica) i quali possono “approfittare” della pressoché totale mancanza di associazioni delinquenziali locali e dell’inesistenza di un predominio autoctono nelle attività illecite». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 249


MAFIE IN RIVIERA

Un tessuto economico sano ma a rischio infiltrazioni Sono emersi segnali preoccupanti nel settore turistico ma si tratta di casi isolati. «Le regole ci sono però vanno rispettate». Il commento del prefetto di Forlì e Cesena, Angelo Trovato Renata Gualtieri

l Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in un suo recente rapporto sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia, fa capire che si è conclusa una fase di transizione: «In passato, l’Emilia Romagna era per le cosche mafiose una terra di passaggio, un territorio lungo il quale transitare senza dare nell’occhio, per non attirare troppo l’attenzione delle istituzioni preposte al controllo di legalità. Oggi, la realtà con la quale occorre misurarsi è ben diversa: una delle regioni più importanti per l’economia del Paese è al centro delle attenzioni di mafia, camorra e ‘ndrangheta». Il tessuto di piccole e medie imprese e la vocazione turistica sono le calamite che hanno attirato gli uomini delle cosche. Durante il convegno “Il turismo globale negli anni della crisi. Il mercato del lavoro nella riviera low-coast”, che si è tenuto lo scorso dicembre a Cesenatico, il prefetto Angelo Trovato ha evidenziato che nel settore ci sono

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Sopra, Angelo Trovato, prefetto di Forlì-Cesena

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alcuni segnali preoccupanti, anche se si tratta di casi isolati. «A ogni modo, stanno continuando le verifiche da tempo avviate su eventuali infiltrazioni mafiose in un ambito che potrebbe costituire un utile veicolo di estensione nel tessuto economico provinciale. Il nostro tessuto economico è “sano” e, proprio per questo, l’attenzione verso eventuali infiltrazioni è molto alta». Come vengono effettuate le verifiche su possibili collusioni, in particolare nelle strutture alberghiere? «L’aspetto su cui da tempo ci si è concentrati è quello dell’acquisizione o dell’uso, con contratti temporanei di affitto, di strutture alberghiere attraverso l’impiego di significative somme di denaro sulle quali, anche per la provenienza, sorgono sospetti di riciclaggio di denaro sporco». Occorre allora controllare la corretta applicazione di norme già esistenti?


Angelo Trovato

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Ci si è concentrati da tempo sull’acquisizione o l’uso di strutture alberghiere con l’impiego di ingenti somme di denaro sulle quali sorgono sospetti di riciclaggio di denaro sporco

«È esattamente questo l’obiettivo che, attraverso il più efficace coordinamento del sistema della sicurezza provinciale ci siamo posti in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, unitamente al procuratore della Repubblica, al questore e ai vertici provinciali delle forze di polizia. Da anni viene attivato durante l’estate il posto estivo di polizia, che si caratterizza per l’integrazione e il coordinamento di tutte le forze presenti e rafforzate nel territorio con fattiva e integrata partecipazione degli enti locali». L’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia rivela che nel primo semestre del 2011 sono state segnalate 1.250 situazioni sospette. E l’andamento delle segnalazioni nelle province vede nel 2010 al vertice Bologna (21%), poi Rimini (17%), Modena (15%), Reggio Emilia (14%), Parma (10%), Forlì-Cesena (8%), Ferrara (6%), Ravenna (5%), Piacenza (4%). Sono dati destinati a crescere? «Anche se non si tratta di dati ufficiali e nella nostra disponibilità, essendo stati elaborati e trattati dalla Banca d’Italia, sono dati preoc-

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cupanti. Il trend di crescita, che emerge dal rapporto sulle mafie in Emilia Romagna, mi indurrebbe a rispondere di sì, anche perché si tratta di forme utili di investimento di profitti illeciti. È per questo che è vigile l’attenzione su tutti i segnali che possono essere significativi della sussistenza di tali operazioni». Perché il tessuto economico della riviera romagnola fa gola al crimine? «Al pari di altre zone in cui sono forti i flussi di persone nel corso dell’anno, con conseguente spostamento di ingenti somme di denaro, anche nella zona rivierasca della provincia di Forlì-Cesena è possibile che sia consorterie criminali associate sia appartenenti alla criminalità comune possano avere nel tempo indirizzato la propria attenzione. Del resto, l’intervenuta confisca dei beni appartenuti alla criminalità comune, oggi restituiti a miglior uso, testimonia l’appetibilità di tale zona. Peraltro è indubbio che la forte presenza turistica (circa 3.500.000 presenze durante l’ultima stagione estiva) può costituire un bacino potenziale di attrattiva criminale, specie per gli spacciatori di droga». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 251


MAFIE IN RIVIERA

Al vaglio le strutture ricettive La Riviera desta l’interesse delle organizzazioni criminali ma assicura il presidente di Federalberghi Emilia Romagna, Alessandro Giorgetti, «il settore ha gli anticorpi per respingere le infiltrazioni malavitose» Renata Gualtieri

Emilia Romagna è la quinta regione per numero di segnalazioni bancarie su possibili infiltrazioni mafiose nel tessuto economico locale, con un aumento nel 2010 del 121% rispetto all’anno precedente. Bologna, Modena, Reggio Emilia e Rimini sono tra le prime 15 province italiane per numero assoluto di segnalazioni sospette e la stessa provincia di Rimini balza al sesto posto in Italia se la si valuta in rapporto agli sportelli bancari presenti sul territorio. L’allarme viene lanciato dal settore bancari della Cisl Emilia Romagna. Le possibili infiltrazioni mafiose preoccupano tutte le attività economiche, perché «dispongono di elevati flussi di denaro che possono essere utilizzati a fini malavitosi». Con Alessandro Giorgetti, presidente Federalberghi Emilia Romagna, vediamo quanto interessano e preoccupano il settore alberghiero. Sono sufficienti gli strumenti di verifica e monitoraggio da parte delle forze dell’ordine e della magistratura sulle strutture ricettive? «Riteniamo siano sufficienti sotto l’aspetto dei controlli che conosciamo. Le leggi d’altra parte non sempre riescono a supportare verifiche più stringenti. Così come operazioni di “intelligence” si scontrano con la capacità di incidenza che hanno le leggi attuali. Un aiuto

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Alessandro Giorgetti, presidente di Federalberghi Emilia Romagna

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potrà venire dall’Osservatorio per il monitoraggio e l’analisi dei fenomeni di illegalità collegati alla criminalità di stampo mafioso in fase di avvio nella provincia di Rimini. All’osservatorio prenderanno parte i Comuni, la Camera di Commercio, la Prefettura, la Questura e le associazioni di categoria». Quale l’impegno di Federalberghi per contrastare il fenomeno? «Federalberghi quando le perviene una richiesta di adesione da parte di una impresa ha la possibilità, in collaborazione con gli enti camerali, di incrociare i dati del richiedente per verificare la visura storica dell’attività dell’impresa, la partecipazione di altre imprese ed assicurarsi che sia “sana”». Il prefetto di Forlì ha dichiarato che in un caso è stata scoperta la mancata compilazione delle schedine di notifica delle persone in albergo ed in un caso c’era un pregiudicato che aveva fatto base in un hotel. Si tratta dunque prima di tutto di far sì che vengano rispettate le regole o ne vanno applicate di nuove? «Le nuove disposizioni riguardanti la registrazione dei clienti, oltre a consentire l’invio tramite fax degli alloggiati, sollecitano gli albergatori ad avvalersi del sistema informatico per la comunicazione ed è rituale che tutti gli arrivi nelle strutture ricettive siano segnalati. Questa operazione ha comunque un costo e deve poter essere sostenuta, soprattutto a favore delle piccole strutture alberghiere, perché possano disporre di un programma gestionale che permetta di superare in molti casi la compilazione, ancora effettuata a mano, delle presenze».



TECNOLOGIA E SALUTE

Il biomedicale italiano secondo solo alla Germania Sono 460 i milioni che le aziende produttrici di dispositivi medici hanno investito nel 2010 in ricerca e sviluppo in Italia, ben il 6,8 % della produzione nazionale del settore. Ne parla Stefano Rimondi Elisa Fiocchi

I dispositivi medici rivestono un ruolo primario nel funzionamento del sistema salute nazionale, «Basti pensare – afferma Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica – che la sala operatoria e quella di terapia intensiva è fatta essenzialmente di dispositivi medici: dai ferri chirurgici alle apparecchiature altamente tecnologiche». Si tratta dunque di strumenti indispensabili non solo negli ospedali, ma anche nei laboratori e negli ambulatori, che consentono la prevenzione, la diagnosi, la cura e la riabilitazione e da cui dipende spesso la sopravvivenza del paziente. «Purtroppo le politiche d’acquisto continuano a prestare maggiore attenzione al prezzo che alla qualità, le gare centralizzate minacciano così le imprese e insieme la salute di tutti noi». Stefano Rimondi fa il punto sul settore biomedicale, che continua a registrare numeri in attivo e una rapida innovazione tecnologica. Quali investimenti nelle tecnologie mediche sono previsti nel 2012? 256 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

«L’ultimo anno si è chiuso con l’economia italiana in recessione ed è ormai assodato che nel corso del 2012 il Pil diminuirà con un conseguente aumento della disoccupazione. In una fase così critica e delicata è difficile prevedere quali investimenti verranno attuati, ma il nostro è un settore che investe in modo significativo in ricerca. Sono 460 i milioni che le aziende produttrici di dispositivi medici hanno investito nel 2010 in ricerca e sviluppo in Italia, ben il 6,8 % della produzione nazionale del settore». In che modo, le scelte politiche vanno indirizzate sull’industria della salute perché diventi un motore di sviluppo? «Assobiomedica da anni, in linea con altri paesi europei, sostiene che il settore sanitario debba essere un volano per lo sviluppo economico. Investire nell’alta tecnologia potrebbe essere una sfida da portare avanti in questa particolare contingenza. E la sanità è un campo ideale. Ma perché ci sia spazio per


Stefano Rimondi

gli investimenti in sanità è indispensabile che la politica cambi rotta, che interrompa le ricerca ossessiva e scriteriata di risorse attraverso tagli, tetti e centralizzazione degli acquisti e inizi quindi a vedere la sanità come un’opportunità. Il risparmio, sia chiaro, va perseguito attraverso la riorganizzazione delle strutture, efficienza e con la promozione di politiche che incentivino gli investimenti in tecnologia». A tal proposito, il problema dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione come incide sullo sviluppo del settore? «Come dimostra uno studio che Assobiomedica ha condotto sui ritardi nei pagamenti delle singole Asl, alcune di esse onorano i

propri debiti ben oltre i 1.500 giorni. È evidente che per molte imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, l’attuale sistema di pagamento rischia di portare alla chiusura dell’attività. È inammissibile che il governo trascuri un problema la cui soluzione contribuirebbe anche a contrastare evidenti tendenze recessive. Assobiomedica è convinta che accanto ai problemi di risorse e di vincoli europei ci siano gravi inefficienze gestionali, eccessi di burocrazia e scarsa capacità di programmazione. I nostri associati non possono continuare a subire l’attuale situazione. Siamo pronti a ricercare con i ministri dell’economia e dello sviluppo economico, oltre che con la Conferenza Stato Regioni, soluzioni che trovino un punto di intesa fra i vari interessi. Intanto abbiamo avviato su tutto il territorio nazionale la nostra campagna di comunicazione contro i ritardi nei pagamenti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 257


TECNOLOGIA E SALUTE

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L’Italia si trova nell’urgente bisogno di generare crescita e la sanità è un campo ideale

Il settore italiano delle tecnologie sanitarie quale eccellenza rappresenta in campo internazionale? «L’Italia ha un ruolo pionieristico e di livello scientifico internazionale nell’interventistica oncologica, nella robotica e nelle tecniche mini-invasive guidate da immagini, nella ricerca sui biosensori per il glucosio, nella ricerca sulle malattie infiammatorie croniche, quelle neurodegenerative e legate all’invecchiamento, e in numerosi altri campi». Come si sta sviluppando il settore biomedicale strumentale? «I settori nei quali le imprese italiane si difendono meglio sono il biomedicale stru258 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

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mentale (in attivo) e l’elettromedicale diagnostico (in leggero passivo): due industrie particolarmente adatte al nostro tessuto industriale, notoriamente forte, ad esempio, nella meccanica di precisione. Per quanto riguarda il biomedicale strumentale, l’Italia detiene un buon posizionamento internazionale, sebbene su livelli inferiori a quelli della Germania che resta il paese europeo leader. Il nostro principale mercato di sbocco peraltro è proprio la Germania, seguita dagli Stati Uniti e dalla Francia, paesi dove la quota italiana è migliorata nell’ultimo decennio. Buono anche il nostro posizionamento in alcuni mercati emergenti».


Alida Bellosi

Bioceramica, rigenerare i tessuti senza invasività La richiesta di impianti per sostituzione ossea sta aumentando progressivamente, soprattutto per le applicazioni ortopediche e odontoiatriche. La ricerca risponde con dispositivi privi degli effetti indesiderati della chirurgia spinale Elisa Fiocchi

Alida Bellosi, direttrice del centro di ricerca Istec-Cn di Faenza

e patologie legate allo stile di vita e il progressivo invecchiamento della popolazione hanno aumentato fortemente la richiesta di materiali biomimetici per la medicina rigenerativa. «I settori di interesse – spiega Alida Bellosi, direttrice del centro di ricerca Cnr-Istec di Faenza – sono l’ortopedia, la neurochirurgia, il maxillofacciale-dentale e la chirurgia estetica, tutti settori che, per far fronte alla mancanza di tessuto dovuta a fattori traumatici, malattie degenerative o deformità, richiedono “scaffolds”, cioè impianti biomimetici, bioattivi e bioriassorbibili capaci di essere integrati dall’organismo umano, abitati dalle cellule e rimodellati fino a ricostruire la porzione mancante». L’Istituto di Scienza e tecnologia dei materiali ceramici ha conseguito elevati successi e riconoscimenti internazionali in questi

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anni, grazie a una politica di aggregazione e sinergie che, partendo dall’ambito regionale, si allarga a quelli nazionali e internazionali e alla realizzazione di una rete interdisciplinare che comprende la scienza dei materiali, la biologia e la ricerca clinica. «Solo grazie a un’alleanza tra le eccellenze nei diversi settori è possibile affrontare con successo la ricerca futura in un orizzonte di globalizzazione». Il punto di Alida Bellosi. Come si stanno sviluppando le tecnologie “biologically inspired”? «Dai primissimi anni Ottanta, presso l’IstecCnr di Faenza è attivo un gruppo di ricerca su bioceramici e compositi bio-ibridi che nell’ultimo decennio ha affrontato una svolta concettuale dedicandosi allo sviluppo di materiali biomimetici e tecnologie “biologically inspired”, i quali vengono progettati per rigenerare e riparare un organo o un tessuto e si propongono come una emergente alternativa all’approccio invasivo finora utilizzato e foriero di interventi di revisione accompagnati da elevatissimi costi per la spesa pubblica nazionale e internazionale». Quali risultati ha ottenuto l’attività sperimentale di ricerca? «Sono stati sviluppati una serie di materiali EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 259


TECNOLOGIA E SALUTE

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Il gruppo coordina numerosi progetti europei nel settore della medicina rigenerativa per un totale di 20 milioni di euro negli ultimi cinque anni

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nano-strutturati e dispositivi innovativi di grande rilevanza per il settore clinico di riferimento. Il numero dei brevetti mondiali e dei riconoscimenti nazionali e internazionali ricevuti negli ultimi anni fanno di questo gruppo un riferimento di eccellenza a livello europeo, con qualificate collaborazioni negli Stati Uniti. Il gruppo ha coordinato e coordina numerosi progetti europei nel settore della medicina rigenerativa per un totale di 20 milioni di euro negli ultimi cinque anni. Per far fronte agli sviluppi di queste tematiche innovative l’istituto si è dotato di un laboratorio di nanobiomagnetismo con lo scopo di valutare biocompatibilità e biofunzionalità di materiali e dispositivi in relazione alla loro capacità rigenerativa in differenti organi e tessuti umani in condizioni fisiologiche o sotto l’attivazione di campi magnetici. Queste attività si svolgono prevalentemente in collaborazione con gli Istituti ortopedici Rizzoli». Come si ottengono questi materiali? 260 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

«Cementi ossei bioattivi e bioriassorbibili vengono preparati mediante processi di idrolisi da fasi calcio-fosfatiche biomimetiche contenenti fattori anti-osteoporotici quali ioni Stronzio. Lo sviluppo di questi dispositivi nasce dalla necessità di ottenere soluzioni rigenerative e prive di effetti secondari indesiderati in chirurgia spinale, in particolare per la riparazione di corpi vertebrali danneggiati da osteoporosi. Le soluzioni cliniche attuali si basano, infatti, sull’uso di cementi acrilici che soffrono di effetti secondari gravi come la necrosi del tessuto circostante l’impianto, a causa dell’esotermia della reazione di polimerizzazione». Quali altre attività svolgete all’interno dell’istituto? «L’istituto non si limita ai materiali di base ma sviluppa veri e propri impianti 3-D bioattivi e funzionalizzati per la rigenerazione di estese perdite di tessuto. È stato anche affrontato recentemente con successo e con


Alida Bellosi

tecnologie originali e di avanguardia il problema della sostituzione e rigenerazione di ossa lunghe da ricostruire in caso di trauma grave o degenerazione tumorale per il quale non esistono ancora efficaci soluzioni cliniche. Una dei più recenti settori di studio è quello dei compositi bio-ibridi per la rigenerazione di regioni anatomiche multifunzionali: queste tecniche consentono di sviluppare strutture a gradiente che mimano le caratteristiche dei differenti tessuti di regioni anatomiche multifunzionali ed hanno portato all’ottenimento di impianti per la rigenerazione di osso, cartilagine, dentina, smalto, cemento». Da dove derivano i finanziamenti in pro-

getti di ricerca? «Principalmente da progetti europei per un ammontare dell’80%, a cui si aggiungono anche fonti di finanziamento da progetti nazionali, sebbene insufficienti, e sono attivi anche alcuni contratti con aziende del settore. Al momento, Istec-Cnr non ha progetti attivi sulle tematiche sopra citate da fondi regionali. Al di fuori di quanto promosso dalla Regione per l’innovazione nei settori collegati al biomedicale, l’Istituto ha attivato accordi di collaborazione con gli Istituti ortopedici Rizzoli e le cliniche universitarie con cui condivide progetti che prevedono la fornitura di dispositivi e prototipi e tale attività viene supportata da fondi interni dell’istituto». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 261


TECNOLOGIA E SALUTE

La fondazione biomedicale di Mirandola compie cinquant’anni Maria Gorni annuncia la nascita di un nuovo consorzio concentrato su operazioni di marketing e sull’export, «collegato all’Università di Modena, per la programmazione di corsi a Mirandola dedicati ai nuovi laureandi in medicina» Elisa Fiocchi

Maria Gorni, presidente di Consobiomed e general manager Ri.Mos

Fondato a Mirandola nel 1990, Consobiomed è una società consortile senza fini di lucro che raccoglie le piccole medie imprese operanti nel settore biomedicale a cui lavorano circa 10mila addetti. Da uno studio sulla ricerca e produzione del settore dei dispositivi medici in Italia, realizzato nel 2010 da Assobiomedica in collaborazione con varie università, è emerso che la produzione totale del settore raggiunge i 6800 milioni di euro con 700 imprese di produzione concentrate per la maggior parte in Lombardia, Veneto, Lazio ed Emilia Romagna. «Una vera eccellenza per il nostro Paese» dichiara Maria Gorni, al vertice di Consobiomed. In particolare, il distretto di Mirandola, chiamato anche “Biomedical valley”, è specializzato nei dispositivi per la dialisi, la cardiochirurgia, la plasmaferesi, le terapie trasfusionali ed infusionali mentre in provincia di Bologna, un cluster di imprese biomedicali opera nel settore dell'ortopedia. Quanto è importante in ottica futura attivare collaborazioni tra aziende biomedicali e università e quale accesso è garantito ai finanziamenti? «Gli investimenti in R&S rappresentano il 6,8% della produzione nazionale. In Italia, le aree di ricerca medico-clinica, biotecnologica e biomedicale sono al primo posto per fattore di impatto dei ricercatori. Molti istituti e centri universitari e di ricerca italiani in ambito medico e clinico si collocano, per la somma di impact factor, tra i primi venti in Europa. La ricerca italiana è an-

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cora competitiva nel mondo. Le nostre università producono molti ingegneri biomedici, ma i rapporti sono soprattutto di tipo cliente-fornitore invece che di partnership tra impresa e mondo accademico. Esistono quindi importanti potenzialità inespresse. Per quanto riguarda l’accesso ai finanziamenti pubblici per investimenti di ricerca, innovazione di prodotto, solo il 14% delle imprese ha usufruito più di una volta dei finanziamenti pubblici, il 35% solo in via sporadica, ma il restante 51% non ne ha mai usufruito». Per quali motivi? «In primis per le precedenti esperienze negative da parte delle imprese che non hanno ottenuto poi concretamente i soldi per i finanziamenti; poi c’è da sottolineare il deficit di comunicazione nei confronti soprattutto delle piccole imprese che spesso non vengono a conoscenza della disponibilità di fondi in tempi utili; infine, non giova l’imprevedibilità di tali opportunità, per cui non è possibile farci affidamento in fase di pianifica-


Maria Gorni

zione aziendali degli investimenti (che per la RS è almeno triennale), e la loro caratteristica di essere “una tantum”». Quale contributo al settore potrebbe apportare la collaborazione tra ModenaFiere e l’Exposanità di Bologna? «Modena Fiere quest’anno per la prima volta ha organizzato un evento dedicato all’industria manufatturiera italiana "Medtec", fiera dedicata ai produttori di componenti di dispositivi medici, molto diversa da Exposanità di Bologna, dove i produttori presentano prodotti finiti e i visitatori sono coloro che utilizzano o vendono agli ospedali tali prodotti. Potrebbe essere interessante e sicuramente di maggior interesse sia per le aziende che per i visitatori unire le due manifestazioni come si fa a Dusseldorf». Secondo gli ultimi dati forniti da Assobiomedica, l’Emilia Romagna è la regione che nel 2010 aveva pagato le fornitura con il maggior ritardo. E nei primi 10 mesi del 2011 i tempi di pagamento si sono addirittura allungati. Oggi ormai le più grosse società sono state acquisite da multinazionali estere. «Le piccole aziende di certo non sono in alcun modo tutelate. Qualche banca offre la possibilità di tenere nel castelletto i crediti con le strutture pubbliche, ma questo non risolve il pro-

blema della liquidità necessari per fare ricerca e nuovi investimenti. Per quanto riguarda gli insediamenti produttivi, c’è una modesta propensione a delocalizzazione in paesi a basso costo del lavoro, la maggior parte della produzione per ora resta ancora in Italia». Nel novo catalogo per la guida agli investimenti stranieri in Cina, è presente come settore d’interesse anche il biomedicale italiano. Che aperture ci sono con i mercati internazionali? «Le aziende medie, piccole, ancora non si muovono abbastanza. L’export risulta difficile, specialmente per i problemi legati alle registrazioni dei prodotti medicali. Questo aspetto scoraggia molte aziende, e nessun aiuto è dato dalle istituzioni. Le stesse Camere di Commercio, collegate direttamente con i paesi esteri o gli enti creati per l'export, sono assolutamente inadeguate e dare anche il più piccolo aiuto. La mia azienda, Ri.Mos, vende il 72 paesi ma ho dovuto fare tutto da sola con notevole dispendio di energie di tutti i tipi e temo che dovrò continuare a farlo, perché lo ritengo assolutamente indispensabile per il futuro delle nostre aziende. Non tutto il mondo è in crisi e in molti paesi siamo accolti come chi fa prodotti cari ma di qualità e anche nei paesi più poveri c'è chi cerca questo». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 263


TECNOLOGIA E SALUTE

Modena, distretti e alta tecnologia «Stiamo valutando un’ipotesi di collaborazione con un’importante università svizzera», spiega Erio Luigi Munari, a capo dell’azienda speciale che promuove le eccellenze d’impresa, rafforzandone il posizionamento internazionale Elisa Fiocchi

odena Emilia Romagna Italy empowering agency” è l’azienda speciale della Camera di Commercio di Modena che si occupa dell'internazionalizzazione delle imprese modenesi, operando per la loro promozione oltre i confini nazionali, organizzando missioni economiche, fiere e workshop. «La promozione passa attraverso la conoscenza e siamo convinti che non esista presentazione migliore dell’esperienza diretta» afferma il presidente Erio Luigi Munari. «Per questo motivo riteniamo fondamentale attirare gli operatori esteri a Modena e, attraverso visite aziendali, “far respirare” l’eccellenza e l’innovazione che contraddistingue il nostro distretto per fornire alle imprese concrete opportunità da cogliere». In che modo diffondete le eccellenze modenesi nel mondo, in particolare del distretto biomedicale? «Le iniziative si muovono su più livelli: in prima battuta, allacciando rapporti istituzionali con i Paesi obiettivo per agevolare gli scambi internazionali e intraprendere partnership che aprano la strada alle nostre aziende; penso all’Africa e ai quattro ambasciatori che sono intervenuti lo scorso dicembre di fronte a 130 imprenditori, spiegando quali opportunità offre questo

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Erio Luigi Munari, presidente di Modena Emilia Romagna Italy empowering agency

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mercato emergente. In secondo luogo, operiamo attraverso le presentazioni all’estero ad opinion leader ed operatori specializzati, selezionati per meglio diffondere la nostra cultura imprenditoriale nel mondo». Quali collaborazioni intercorrono tra il mondo accademico e quello imprenditoriale e quanto è importante l’ausilio delle università nella ricerca biomedicale? «Fondamentale. Da un paio d’anni siamo impegnati in un programma regionale in cui crediamo molto, il “Temporary export manager”, un autentico punto di incontro tra tessuto imprenditoriale e mondo accademico per lo sviluppo del commercio con l’estero. Il progetto è finalizzato all’inserimento in azienda di un tirocinante in marketing internazionale che opera in stretta collaborazione con i vertici aziendali, affiancato da un consulente senior». La presentazione del distretto biomedicale al BioAlps networking day 2011 a Ginevra, quali importanti risultati ha ottenuto in termini di promozione internazionale? «Abbiamo presentato il distretto di Mirandola di fronte a una platea di 500 esponenti dei settori biotech, medtech e foodtech con l’intento di promuovere le nostre eccellenze ed esplorare le opportunità di partnership per le imprese del nostro territorio con la Health Valley svizzera: al momento attuale, l’iniziativa ha portato all’organizzazione di un “incoming” di opinion leader a Mirandola, tenutosi lo scorso novembre, e un’ipotesi di collaborazione con un’importante università svizzera».



ATTREZZATURE MEDICALI

ell’ultimo decennio l’ingegneria tissutale ha fatto enormi progressi nell’identificazione di nuove strategie nel campo della rigenerazione. Tra queste, una delle più innovative, consiste nell’utilizzo di “concentrati piastrinici”: un interessante approccio clinico che ha aperto orizzonti finora inimmaginabili. Diversi studi, infatti, hanno evidenziato l’importanza delle piastrine nei meccanismi di rigenerazione tissutale grazie alla loro capacità di fornire un ricco apporto di fattori di crescita. Tali concentrati risultano coinvolti nell’induzione della proliferazione cellulare, nel rimodellamento della matrice extracellulare e nei meccanismi angiogenetici che si attuano durante le diverse fasi della rigenerazione. Come conferma Tiziano Batani, della Silfrandent, «negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi metodi per produrre concentrati piastrinici in grado di contenere un’ottimale concentrazione di fattori di crescita autologhi». Ricerca e innovazione continua: sono questi i presupposti fondamentali che muovono la ricerca scientifica e che rendono possibili applicazioni cliniche inesplorate. I pionieri di questa continua evoluzione sono proprio aziende come la Silfrandent che dal 1975 è specializzata nella produzione di strumenti per laboratori odontotecnici ed anche per il settore orafo ed estetico. Silfradent dispone di una gamma completa di prodotti che comprende micromotori, isoparallelometri di massima precisione, sabbiatrici modulari, potenti generatori di vapore ed affidabili miscelatori. Dal 2003, inoltre, l’azienda produce anche strumenti medicali con risultati apprezzabili. Il costante supporto della clientela, uno staff motivato e una organizzata rete distributiva di depositi dentali hanno contribuito a far divenire Silfradent un’azienda leader in Italia e

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Dalle piastrine la rigenerazione dei tessuti La ricerca scientifica in ambito odontotecnico è trainata anche da aziende specializzate nella progettazione di strumenti, attrezzature e tecniche medicali sempre più innovative. Il caso della Silfradent Erika Facciolla

fra le più apprezzate a livello mondiale. Dietro ogni strumento e ogni nuova tecnica individuata dall’equipe scientifica di Silfrandent, c’è un lavoro di accurata ricerca condotto nel pieno rispetto del cliente finale e dell’ambiente. «Le innovative apparecchiature odontoiatriche realizzate da Silfradent – precisa Tiziano Batani - sono frutto

La Silfradent ha sede a Santa Sofia (FC) www.silfradent.com


Silfradent

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Il C.F.G. rappresenta una nuova generazione di concentrati piastrinici in grado di trattenere una maggior concentrazione di fattori di crescita autologhi

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di un intenso lavoro di studio svolto rilevando attraverso una fitta rete di consulenti specialisti e i preziosi suggerimenti degli utilizzatori». Tornando alle tecniche di rigenerazione tissutale identificate negli ultimi tempi, sono tante le applicazioni cliniche che hanno dimostrato la grande efficacia dei preparati

piastrinici, tra cui la chirurgia maxillo-facciale, la chirurgia ortopedica, estetica, l’oftalmologia, la medicina sportiva e la dermatologia. I ricercatori che hanno lavorato al progetto, oltre a Tiziano Batani, Rodella L., Favero G., Boninsegna R., Buffoli B., Labanca M., Scari G., Sacco L., Rezzani R. hanno ottenuto i concentrati piastrinici dal sangue venoso attraverso uno standardizzato processo di centrifugazione che, utilizzando talvolta l’aggiunta di sostanze esogene, permette di isolare una frazione ricca in piastrine e fattori di crescita, detta appunto ‘concentrato piastrinico’ o ‘gel piastrinico’. In particolare il C.F.G. (Concentrated Growth Factors) rappresenta una nuova generazione di concentrati piastrinici in grado trattenere al suo interno una maggior concentrazione di fattori di crescita autologhi. La principale caratteristica di questo concentrato risiede nella sua consistenza: si tratta, infatti, di una matrice organica più ricca in fibrina e quindi più densa rispetto agli altri concentrati in grado di “intrappolare” una maggiore quantità di elementi piastrinici e fattori di crescita. Tiziano Batani precisa che «in esso è stata rilevata la presenza di cellule CD34 positive, elementi cellulari che vengono normalmente richiamati dal sangue verso i tessuti danneggiati e che giocano un ruolo chiave nel mantenimento dell’omeostasi vascolare e nei processi angiogenetici e di neovascolarizzazione». Ma quali sono le reali applicazioni che questo concentrato può incontrare? «La sua efficacia – risponde Batani - è stata finora dimostrata in chirurgia orale e maxillo-facciale negli interventi di rialzo del seno mascellare e di aumento del profilo crestale. Tuttavia, le sue caratteristiche lo rendono idoneo ad essere impiegato ad altri biomateriali, dove si rende necessaria la rigenerazione tissutale». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 267


IL COMMENTO

opo la stretta sulle pensioni, toccherà alla riforma del mercato del lavoro scuotere gli animi della politica così come della società italiana. Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, prende in esame i temi più caldi, primo fra tutti l’articolo 18. Il presidente Napolitano e Confindustria invocano la necessità di proseguire sulla strada tracciata dall’accordo interconfederale del 28 giugno scorso su contratti e rappresentanza. Cosa ne pensa? «Sono d’accordo, anche se trovo strano e inaccettabile l’ostracismo rivolto all’articolo 8 del decreto di ferragosto, che pure attribuisce alle parti sociali la possibilità di negoziare, anche in deroga, importanti innovazioni nel rapporto di lavoro e nell’organizzazione produttiva». Lei non è d’accordo con il contratto unico di inserimento e con la flexsecurity di Pietro Ichino.

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Una riforma efficace del lavoro in Italia deve necessariamente passare dalla revisione dell’articolo 18. Ne parliamo con Giuliano Cazzola 268 • DOSSIER • EMILIA-ROMAGNA 2012

Quali sono, invece, le sue proposte in merito? «Ho stima del senatore Ichino, con il quale ho condiviso parecchie iniziative. Tutto sommato, il suo modello di contratto unico è anche il più accettabile perché in pratica costituisce una revisione del contratto a tempo indeterminato e non ha la pretesa, come i progetti mutuati da quello di Tito Boeri, di eliminare sostanzialmente tutte le altre tipologie contrattuali che, a mio avviso, servono a regolare situazioni specifiche in modo appropriato. Del progetto Ichino non condivido, invece, che si applichi solo ai nuovi assunti, poi non mi convince il piano di flexsecurity perché, in sostanza, carica il problema solo sulle imprese. Quanto alle mie proposte, io ritengo sia necessaria una riforma dell’articolo 18». In che modo? «Lo si può fare in via sperimentale o definitiva. In Parlamento giacciono diversi progetti di legge, meno noti del “pacchetto Ichino”, ma altrettanto appropriati nelle soluzioni che suggeriscono. Si potrebbe, per esempio, elevare, per alcuni anni, il tetto dei 15 dipendenti oltre il quale opera la reintegra (proposta di legge Beltrandi); oppure riconoscere al datore soccombente la facoltà di versare una robusta penale in alternativa alla reintegra, sempre facendo salva la nullità dei licenziamenti discriminatori (pdl Cazzola, Della Vedova). Ancora, si potrebbe attribuire una tutela soltanto risarcitoria nel caso di stabilizzazione dei contratti a termine (pdl Cazzola, Contento) o della creazione


di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato nelle regioni del Sud. Queste misure potrebbero essere accompagnate da interventi di outplacement (ddl Treu e Castro)». Per chi dovrebbe valere? «Se, finalmente, fosse scoccata l’ora della revisione, essa non potrà non valere per tutti i lavoratori dipendenti e non solo per i nuovi occupati. Altrimenti non si verrebbe a capo del dualismo del mercato del lavoro, sempre a scapito delle giovani generazioni. E si finirebbe per caricare le imprese di nuovi disincentivi e vincoli per l’uso della manodopera “atipica”, senza concedere - in cambio - una maggiore flessibilità in uscita nello stock degli attuali occupati». Esistono concretamente le condizioni per modificare l’articolo 18, su cui sindacati ed esponenti del Pd pongono il veto? Quanto il nodo dell’articolo 18 risulta deter-

minante per una riforma del lavoro, dei licenziamenti e degli armonizzatori? «È un impegno assunto nella lettera di intenti presentata il 26 ottobre da Silvio Berlusconi in occasione del G20. L’attuale governo risponde di quell’impegno che riguardava soltanto i licenziamenti per motivi economici, quelli che dovrebbero essere liberati oggettivamente dal capestro dell’articolo 18 e dalla minaccia della reintegra, come se toccasse a un giudice valutare le condizioni di solidità di un’azienda che è costretta a licenziare». I più penalizzati sul mercato del lavoro sono soprattutto i giovani. Come arginare una volta per tutte il precariato? «Non sono le norme a creare occupazione e, in particolare, buona occupazione. Tra il 2001 e il 2006, l’occupazione è cresciuta in media

dell’1,4% all’anno, grazie anche ai contratti flessibili. La speranza risiede in una ripresa dell’economia. Credo, però, che la precarietà assoluta per una parte del mercato del lavoro la si possa superare se tutti accettano di essere un po’ meno stabili e un po’ più precari». La Regione Emilia Romagna sta avviando la prima sperimentazione di dottorato di ricerca mediante apprendistato. Potrebbe essere un modo per avvicinare mondo della ricerca e mondo dell’impresa? «L’apprendistato, come riformato secondo le intuizioni di Marco Biagi, può essere senza dubbio una risposta a tante esigenze del mercato del lavoro e dell’accesso dei giovani. Spero che l’iniziativa della Regione vada in porto. Il collegamento con il dottorato di ricerca per ora era soltanto una enunciazione. Se diventerà una buona pratica sarà un successo per tutti». EMILIA-ROMAGNA 2012 • DOSSIER • 269


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