Dossier Lombardia 06 2012

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OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO..........................................11

ECONOMIA E FINANZA

ECONOMIA E FINANZA

Alberto Barcella Francesco Bettoni

L’EUROPA E LA CRISI .......................40 Alberto Quadrio Curzio

PRIMO PIANO

CREDITO & IMPRESE ........................45 Giovanni Grazioli Gian Domenico Auricchio

INTERNAZIONALIZZAZIONE .........128 Sergio e Franco Pagliari Marco Antonini Diego Cazzaniga Antonella e Ottavio Rota e Luca Tamberi Giovanni Mogni

ATTRATTIVITÀ TERRITORIALE......52 Andrea Gibelli Alessandro Scaccheri Enrico Ciciotti

INNOVAZIONE.....................................138 Davide Zoppini Massimo Mortarotti Fabrizio Vignati

MODELLI D’IMPRESA........................60 Demetrio Grassenis, Ilario Santus e Amedeo Zanotti Alberto Galbiati Mimmo Costanzo Pietro Colombo Paolo Maria Rossin Enzo Fiume Tiziano e Claudio Carlotto Giovanni Cattaneo Pierluigi Brena Roberto Cipriano Luciano Boccola Massimo Rossi e Vincenzo Ciciulla Andrea Manzi Renzo Pedraccini Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen Fabio Saporiti Sergio Oltolini Franco Colombo Francesco Congregalli Roberto Vezzoli Ancilla Bezzi

TECNOLOGIE.......................................146 Pasquale Quadri Caterina Patelli e Marco Austoni Giulio Piantoni Simone Barino Marco Cilio Andrea Gremi Marco Riganti Gianfranco Domenighini Ezio Ferrari Robert Frassinelli e Carmine Abbatangelo Armando Mezzomo e Francesco Iacovone Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Matteo Fiocchi

IN COPERTINA.......................................14 Sara Calzi STRATEGIE PER LE PMI...................20 Giorgio Ambrogioni Luigi Bordoni Marco Beltrami POLITICA ECONOMICA .....................26 Carlo Sangalli IL VALORE DELL’IMPRESA.............28 Sergio Travaglia WELFARE ..............................................32 Giuseppe Guzzetti Giulio Boscagli VERSO L'EXPO .....................................36 Roberto Formigoni

EXPORT ..................................................114 Andrea Giorgi Paolino Gastoldi Eugenio Saletti Giuseppe Bonomi Carlo e Paolo Pilenga Anna Maria Pilenga Roberto Robecchi

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IL MERCATO DELL’AUTO ...............176 Omar Oberti Alexander Foresti


Sommario ECONOMIA E FINANZA

TERRITORIO

ECONOMIA E FINANZA

CARBURANTI ......................................180 Gabriele De Stefano

INFRASTRUTTURE ..........................234 I fondi del governo Paolo Buzzetti Raffaele Cattaneo

TURISMO..............................................268 Renzo Iorio Flavia Coccia Bernabò Bocca

TRASPORTI.........................................240 Giancarlo Ballo

AMBIENTE

CONSUMI ..............................................182 Aldo Pasini IL COMPARTO ALIMENTARE........184 Gianbattista Pagani Gianfranco Belometti Ercole Lucchini SICUREZZA..........................................190 Simone e Roberto Cornali Pasquale Trotta Alberto Mattia SERVIZI LINGUISTICI .......................198 Fulvia Violini FORMAZIONE.....................................200 Francesco Profumo Guido Tabellini Giovanni Puglisi Giovanni Azzone MERCATO DEL LAVORO................208 Rosario De Luca Giovanni Zingales FOCUS BRESCIA................................213 Adriano Paroli Massimo Ziletti Eugenio Massetti COMMERCIO ......................................224 Giovanni Cobolli Gigli ACQUISTI SICURI..............................228 Ugo Ruffolo Fabiola Treffiletti

EDILIZIA ...............................................242 Calogero Amico Mario Cerotti Battista Tombini Alberto Moretti Nunzio Giardiello Andrea Cortesi Massimiliano Donzelli IMMOBILIARE ....................................258 Gianluca Cervara MATERIALI ..........................................260 Alberto Savarola Cesare Ricchetti Luciano Lancerotto

RISPARMIO ENERGETICO.............276 Livio Gallo Agostino Ghiglia Giorgio Paglini GESTIONE ENERGIA........................282 Domenico Piazzini RINNOVABILI......................................284 Giuseppe Bracchi Gianna Rebaioli Fiper Walter Righini BONIFICHE..........................................294 Paolo Andreini Alessandra Grinover GESTIONE RIFIUTI ...........................298 Sergio Brocchi

GIUSTIZIA RESPONSABILITÀ CIVILE.............302 Angelo Iannaccone IL RUOLO DELL’AVVOCATO ........304 Enrico Vizzardelli

SANITÀ PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE .................308 Giancarlo Comi Nereo Bresolin APPARECCHIATURE MEDICALI ....314 Tiziana Fantoni CO-PROMOTION FARMACEUTICA.................................316 Francesco Rossi

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Innescare il cambiamento di Alberto Barcella, presidente Confindustria Lombardia

tiamo vivendo un periodo di notevole incertezza: le imprese e i cittadini toccano con mano una crisi che pone fine a un’epoca, quella della centralità delle economie e delle società di antica industrializzazione. L’Europa è in grande difficoltà e numerosi paesi hanno adottato provvedimenti che comportano sacrifici. Anche l’Italia ha affrontato manovre di finanza pubblica che, seppur necessarie, scaricano costi enormi sui cittadini e sulle imprese. Non dobbiamo però scoraggiarci, ma rispondere con determinazione alle sfide del nuovo, aumentando sempre più il valore della nostra produzione e adoperandoci affinché le condizioni del contesto italiano si adeguino a quelle dei paesi migliori. Non ci sono ricette sicuramente vincenti per resistere alla crisi e tornare a crescere, ma ci sono ambiti di intervento che, più di altri, possono aiutare la ripresa. La presenza di infrastrutture adeguate, una burocrazia non opprimente, investimenti mirati al risparmio energetico e al rispetto dell’ambiente e un’organizzazione funzionale del lavoro, sono requisiti fondamentali per un paese che voglia sostenere le aziende del proprio territorio. Il processo di semplificazione, in particolare, è un elemento strategico e dovrà tener conto di alcune istanze particolarmente sentite da parte delle imprese. Favorire lo snellimento delle procedure con la pubblica amministrazione, ancora ostacolate da inutili ridondanze, digitalizzando per esempio le pratiche per superare i “colli di bottiglia” e ottimizzando i processi per un’applicazione uniforme delle norme, sono soltanto alcune di queste istanze. Abbiamo anche assolutamente necessità di un sistema

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educativo che soddisfi i fabbisogni di professionalità richiesti dalle nostre imprese. Abbiamo bisogno di giovani intraprendenti, ai quali chiediamo di essere flessibili e disponibili al cambiamento, capaci di adeguarsi alle dinamiche economiche imposte dai mercati globali. Dobbiamo avere i mezzi per supportare la competizione delle nostre aziende sui mercati esteri, perché internazionalizzare non significa delocalizzare ma investire all’estero, anche a beneficio dei consumatori locali e creando quindi valore in Italia. Per questo, dobbiamo ottimizzare gli strumenti di accompagnamento, migliorando i contenuti e le modalità relative ai servizi offerti alle imprese e superando la logica dei finanziamenti a pioggia. È necessario che il governo attui quanto lungamente promesso e sblocchi i crediti che le imprese hanno maturato verso la Pa, mitigando una situazione altrimenti insostenibile. Nonostante un leggero aumento della liquidità complessiva, le piccole e medie imprese sono ancora gravate da un costo del denaro altissimo. Chiediamo, quindi, di investire le scarse risorse disponibili per la politica economica in uno strumento, come i confidi, che sono storicamente vicini alle piccole aziende, realizzano un significativo effetto leva sulle risorse investite e mitigano il rischio per il sistema bancario. Sono molti gli aspetti su cui dobbiamo ancora lavorare per innescare il cambiamento del nostro sistema produttivo ed economico. La staticità e l’incapacità di elaborare regole nuove sono lussi che non possiamo più permetterci. I primi passi sono stati compiuti, ma il cammino è ancora lungo. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 11



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Con le imprese per uscire dalla crisi di Francesco Bettoni, presidente di Unioncamere Lombardia

a decima Giornata dell’economia del 4 maggio scorso e la contestuale presentazione dei risultati sulla congiuntura del primo trimestre 2012 sono state due occasioni di forte riflessione del sistema camerale lombardo per cogliere le priorità delle imprese e supportarle con iniziative concrete. Lo scenario economico non ha bisogno di ulteriori commenti: anche se la Lombardia registra trend produttivi sostanzialmente allineati alla media europea, siamo in recessione e fatichiamo a tenere i livelli produttivi del 2005. Nonostante il raffreddamento della domanda mondiale, è comunque l’export a impedire il crollo delle produzioni lombarde, mentre la domanda interna resta stagnante e decrescente, con effetti negativi su tutti i settori dell’economia. Dobbiamo, quindi, rassegnarci e aspettare improbabili soluzioni che piovano dal cielo? Il sistema camerale, sia livello regionale che nazionale, ha indicato le strade da percorrere e, per quanto possibile, ha iniziato a praticarle: sostenere, da un lato, le imprese ancora competitive e che grazie alle loro esportazioni riescono a tenere - sia pure a fatica - discreti livelli produttivi e, dall’altro, tamponare le maggiori criticità per micro e piccole imprese, strutturalmente più deboli, accompagnandole sia con misure specifiche sia con la spinta a processi di aggregazione e messa in rete. Con sforzi notevoli per i bilanci camerali che, lo voglio ricordare, non incidono per un solo euro né sul debito né sul deficit pubblico, siamo così intervenuti su una delle maggiori criticità per le aziende, quella dell’accesso al credito, attivando misure non solo per la generalità

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delle imprese (come Confiducia, che con 36 milioni ha contro-garantito un finanziamento per oltre un miliardo di euro), ma anche per le specificità delle micro e piccole imprese (Sbloccacrediti per anticipare i pagamenti dei Comuni e finanziamenti di “microcredito”) o per supportare gli esportatori (l’operazione Confiducia International in fase di attivazione con il Fondo centrale di garanzia). Per uscire dalla crisi le imprese lombarde hanno bisogno anche di essere supportate nei processi di innovazione e internazionalizzazione, oltre che nell’adeguamento del proprio capitale umano. Tre priorità tra loro correlate, sulle quali mentre attendiamo provvedimenti significativi sul piano nazionale - detassazione e incentivi agli investimenti e alle assunzioni o stabilizzazioni di personale, accompagnamento e garanzie per le esportazioni - ci siamo comunque mossi come sistema camerale lombardo, sia autonomamente che con la Regione Lombardia attraverso l’accordo di programma per la competitività. Voglio ricordare, in particolare, il bando Ergon che ha messo per ora a disposizione 18 milioni di euro per progetti di aggregazione e rete fra imprese in materia di innovazione e internazionalizzazione. Si voleva esplicitamente spingere le imprese a “mettersi assieme” per superare i limiti strutturali di ognuna e le imprese lombarde hanno risposto con quasi 400 progetti che coinvolgono 1.500 realtà produttive. Una dimostrazione concreta della voglia delle aziende di uscire dalla crisi e della possibilità reale per la Pa e per il sistema camerale di accompagnarle in maniera efficace. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 13


L’Avvocato Sara Calzi del Centro Studi Ameco di Milano


Sara Calzi

CHI CREA LE STRATEGIE PER USCIRE DALLA CRISI Non si tratta, soltanto, di restructuring. Risanare un’impresa significa trasformarla affinché possa tornare a crescere. Ma tra fisco, riforme del lavoro e recessione dei mercati, i consulenti non hanno gioco facile. La soluzione si può trovare nella multi professionalità. Il caso dell’avvocato Sara Calzi e del Centro Studi Ameco di Milano Andrea Moscariello

iuscire a dare una prospettiva di crescita concreta, alle imprese, è un esercizio tutt’altro che scontato. I motivi sono sotto gli occhi di tutti. Un eccessivo carico fiscale, una burocrazia “monstrum”, normative spesso incomprensibili e contraddittorie, una Pubblica amministrazione ritardataria nel pagare i debiti, quando li paga. Uno scenario critico che ha messo alle strette anche i consulenti più esperti. Il mondo dell’advisoring italiano, infatti, è reduce da un triennio in cui soltanto i migliori hanno saputo reggere l’onda d’urto della recessione. Ad aver resistito sono quei professionisti che hanno colto il cambiamento, leggendo nella crisi anche un’oppor-

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tunità di riassetto ed evoluzione, subentrando realmente nelle realtà aziendali. Siamo lontani anni luce da quegli azzeccagarbugli cui si affidavano, spesso anche con sudditanza psicologica, i piccoli e i medi imprenditori. I consulenti moderni sono dei veri partner per i protagonisti del tessuto produttivo. Una rete di avvocati, commercialisti, esperti in strategie finanziarie che vanno a ridefinire il volto del settore terziario. A testimoniarlo è l’esperienza dell’avvocato Sara Calzi, socio junior e responsabile dell’area legale del Centro Studi Ameco. Una realtà multi professionale creata a Milano dal senatore Eugenio Filograna, che guarda caso è anche un imprenditore di successo, tra i principali attori sul

mercato delle agenzie di lavoro. Negli ultimi anni, quelli più difficili per la nostra economia, il Centro Studi Ameco ha mostrato tutto il suo potenziale, affiancando aziende e lavoratori trovatisi in serie difficoltà. Sara Calzi, oggi, inaugurando la nuova sede della società a Brugherio, alle porte del capoluogo meneghino, si sofferma a riflettere su cosa significa assistere un’azienda in crisi. «Il nostro centro è ormai una realtà consolidata che ci permette di osservare l’economia territoriale. Posso dire che in questi ultimi tre anni il numero di attività che hanno palesato l’urgenza di affrontare la crisi e di scongiurare il fallimento, rivolgendosi alla nostra struttura, è aumentato enormemente». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 15


IN COPERTINA

Anche lei trova che sia sempre più difficile, in Italia, fare impresa? «Lo testimonia anche l’ultimo rapporto della Banca mondiale “Doing Business”. Il nostro Paese è all’87esimo posto della classifica internazionale, risulta penultimo tra gli stati membri dell’Unione europea e viene perfino dopo il Ruanda e la Bulgaria. A stare dietro di noi, in questa classifica, sono esclusivamente nazioni dell’Africa o, in generale, del terzo mondo. In un confronto internazionale, avviare e gestire un’attività economica nel nostro Paese richiede uno sforzo enorme». Trova che questa classifica sia attendibile? «Sì, in quanto tiene conto dei costi di avviamento, degli iter per l’ottenimento di licenze, dell’accesso al

credito, dell’incidenza delle imposte sul reddito prodotto. Inoltre considera anche il rispetto dei contratti e, soprattutto, i ritardi nei pagamenti, anche da parte della Pubblica amministrazione, la burocrazia e la flessibilità del mercato del lavoro». Sono molti gli strumenti utili ad affrontare una crisi aziendale, ma spesso poco conosciuti dai diretti interessati. Voi quali proponete, generalmente? «In genere partiamo iniziando una sorta di due diligence per meglio comprendere lo stadio della “patologia” aziendale e la gravità della situazione. Gli strumenti che proponiamo possono essere diversi, a seconda degli esiti della valutazione iniziale. Tra questi si può optare per un piano di risanamento, per accordi

di ristrutturazione o per un concordato preventivo; il tutto finalizzato alla ristrutturazione aziendale e seguendo gli articoli della Legge Fallimentare in vigore. Queste procedure permettono, insieme all’accordo con i creditori, di stralciare una parte delle posizioni debitorie ed eventualmente anche di rateizzarle». Da cosa dipende la scelta di una di queste procedure? «La scelta della procedura è condizionata da diversi fattori. Occorre considerare l’entità della posizione debitoria nel confronto con il fatturato, la tipologia delle attività utilizzabili per i pagamenti ai creditori, i tempi di realizzo delle attività costituite da beni. Oltre che la tipologia dei debiti, che possono essere commerciali, fiscali, previdenziali o bancari». Con queste procedure è possibile ridurre anche i debiti nei confronti dello Stato? «Da alcuni anni è possibile ristrutturare i debiti tributari e contributivi, ricorrendo alla cosiddetta transazione fiscale. Per ristrutturare intendo ridurre o rateizzare i debiti. L’istituto è azionabile solo nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, mentre la transazione fiscale è preclusa all’imprenditore che utilizza un piano attestato di

Da alcuni anni è possibile ristrutturare i debiti tributari e contributivi, ricorrendo alla cosiddetta transazione fiscale

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Sara Calzi

risanamento (ex art. 67). Se l’accordo viene perfezionato consente di “chiudere” definitivamente le pendenze verso Erario, Inps e Inail, anche in presenza di contenziosi pendenti e procedure esecutive. L’art. 182 ter (ristrutturazione del debito), tuttavia non permette la falcidia del debito per Iva, che può essere soltanto oggetto di dilazione. Resta ferma la possibilità di proporre il pagamento parziale degli accessori al tributo, quindi sanzioni e interessi. Se si attiva il concordato preventivo, e questo viene approvato dalla maggioranza dei creditori e omologato, esso diventa obbligatorio anche per i creditori dissenzienti, pure se si tratta dello Stato». Per affrontare queste procedure è necessario rivolgersi a una struttura professionale avanzata? «Occorrono un commercialista, un avvocato specializzato in diritto societario, un tributarista e un giuslavorista, oltre che una figura esperta nella trattativa con tutti i creditori. In alcuni casi possono servire anche penalisti. Per questo, nel Centro Studi Ameco abbiamo professionisti specializzati in tutte queste discipline. Proponiamo un team diversificato in grado di dare assistenza a 360 gradi. In questo modo le aziende possono sapere in anticipo quanto spenderanno, a prescindere dal numero di professionisti necessari, e non dovranno continuare a girare da uno studio all’altro per coordinare l’operato dei vari professionisti. Avere un solo interlocutore consente un vantaggio di tempo e denaro». Le cronache degli ultimi periodi ci raccontano di casi di grave esa-

Un network di professionisti D a quasi quarant’anni il Centro Studi Ameco è un punto di riferimento per il tessuto produttivo lombardo e non solo. La storia e l’approccio della struttura ricalcano in pieno la filosofia e il carattere del suo patron, il senatore Eugenio Filograna (nella foto, insieme all’avvocato Sara Calzi), che ha creduto, prima di molti altri, nel modello dei grandi studi di advisoring americani. La forza del progetto Ameco, infatti, risiede nell’aver puntato sull’interdisciplinarietà. La consulenza offerta è amministrativa, legale, contabile e societaria. Avvocati, dottori commercialisti e consulenti, tutti coadiuvati per rispondere alle più

svariate esigenze del mondo imprenditoriale e dei lavoratori. In particolare, anche in collaborazione con la società Workforce, il Centro si occupa altresì di Formazione Finanziata rivolta ad aziende, lavoratori, disoccupati e inoccupati. Al fine di ampliare il suo raggio di azione, oltre allo studio di Milano, Ameco ha ora aperto una nuova sede a Brugherio, scegliendo di investire ulteriormente sul tessuto economico brianzolo, che mai come nell’ultimo triennio di crisi si è rivolto al gruppo di lavoro di Filograna, al fine di trovare le migliori strategie risolutive. www.ameco.it

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IN COPERTINA Da sinistra, l’avvocato Alessandro Rizzo, il dottor Filippo Santambrogio, il senatore Eugenio Filograna, l’avvocato Sara Calzi e il dottor Pasquale Maione

sperazione. Molte persone, al ricevimento delle cartelle di Equitalia, si sono fatte sopraffare dal panico. Secondo lei questo istituto è effettivamente divenuto più “aggressivo” negli ultimi anni? «Spesso le persone sottovalutano il problema e si attivano solo quando le cartelle sono già diventate esecutive, dunque quando Equitalia ha già attivato procedure di pignoramento, di fermi o di ipoteca. Questi sono i casi che portano alle maggiori esasperazioni. Quelli in cui ci si ritrova di fronte a un debito aumentato esponenzialmente a causa di interessi e sanzioni, se non addirittura con i beni bloccati e privati di alcuna possibilità di difesa. Rispetto al passato, Equitalia ha iniziato a pignorare anche i crediti, per le so-

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cietà, o i conti correnti e gli stipendi, per le persone fisiche. È evidente che in un periodo di grave crisi un simile accanimento spesso non permette di vedere vie d’uscita. È importante, anche in queste situazioni, farsi seguire da un professionista, che in caso di ispezione può impugnare tempestivamente il verbale che ne deriva. È fondamentale impugnare le cartelle esattoriali per tempo. Ed è da valutare anche un’eventuale rateizzazione». Che consiglio si sente di dare agli imprenditori? «Di non ignorare il problema, perché prevenire è sempre meglio che curare. Peraltro in Commissione Tributaria vi è una buona possibilità di successo. Inoltre, il recente decreto Mille Proroghe ha previsto

qualche miglioramento, avendo introdotto regole più stringenti a carico del concessionario della riscossione in relazione al pignoramento esattoriale degli stipendi e della casa di abitazione». Il paradosso è che molte imprese non riescono a pagare le tasse perché aspettano da mesi, se non da anni, di riscuotere ingenti crediti dallo Stato. Il Governo Monti ha adottato alcuni decreti in proposito. Che opinione si è fatta? «È certamente meglio di niente, ma non si tratta di un vero supporto alle imprese, né di una strategia per lo sviluppo. È semplicemente un atto dovuto. Mi sembra che il Governo abbia presentato questa iniziativa in un’ottica sbagliata. La realtà è che anche con lo sblocco delle


Sara Calzi

prime somme, lo Stato rimane un debitore che, per ora, pagherà solo parzialmente e con grave ritardo». Anche per questo ritardo le società straniere non investono in Italia? «Sì, ma certamente non è questo l’unico motivo. Peraltro non solo si attraggono poco gli investimenti stranieri, ma molti investitori italiani “scappano”. L’Italia, ora più che mai, ha la necessità di incrementare le entrate. Ma non mi pare che la soluzione giusta sia quella di aumentare le tasse alle poche aziende sofferenti già esistenti. Ritengo invece che la necessità sia quella di stimolare la nascita di nuove imprese e l’afflusso di nuovi capitali, che generano di conseguenza entrate per lo Stato e occupazione». La vostra struttura si occupa inoltre di lavoratori. Lei, infatti, è anche giuslavorista. Cosa ne pensa del disegno di legge sulla Riforma del Lavoro? «Le intenzioni iniziali del Governo erano buone, ma alla fine il disegno legge è stato stravolto da troppi compromessi. Non credo sarà di grande aiuto per l’Italia. Ci sono modifiche addirittura peggiorative, in particolare sulla flessibilità in entrata. Inoltre, il compromesso sull’articolo 18 con ogni probabilità determinerà una crescita del contenzioso. Purtroppo si verifica anche un irrigidimento di certi istituti contrattuali che, invece, dovevano essere alleggeriti per permettere di mantenere il livello complessivo di disoccupazione sulle medie europee. Ad esempio, il tempo determinato ha un costo maggiore, peraltro neppure a beneficio del lavoratore, ma è previsto un incremento della contribuzione. E

Le intenzioni iniziali del Governo erano buone, ma alla fine il disegno legge sulla Riforma del Lavoro è stato stravolto da troppi compromessi

ancora: il contratto a progetto viene segnato da una serie di condizioni vincolanti e viene limitato il contratto a chiamata». Oltre che di diritto civile, amministrativo, societario e del lavoro, Ameco ha una divisione che si occupa di successioni e diritto di famiglia. Come mai questa scelta? «In quanto abbiamo compreso che, seppur indiretta, vi è una correlazione tra la crisi economica e quella famigliare. Le difficoltà determinano uno stato di stress, irritabilità, insofferenza e questo si riversa sulla vita di coppia. Nella maggior parte delle separazioni che abbiamo trattato il motivo della rottura è l’intollerabilità della convivenza. Le separazioni hanno anche aggiunto, a uno scenario già

di per sé complesso, nuovi “poveri”. Pensiamo solo ai tanti padri separati oggi in forte difficoltà economica. Quando una famiglia si rompe diventa necessariamente più povera. Questo perché vengono meno le economie di scala. Contrariamente a quello che si crede, i dati Istat sull’incidenza di povertà relativa del 2010 dicono che tra gli uomini separati e single è povero l’1,6 per cento, dato che cresce al 3,5 per cento tra le donne single separate. Il dato esplode in presenza di figli: le donne sono povere nel 10,4 per cento dei casi, dato che sale al 15,4 per cento se il figlio è minorenne. Ecco perché a queste famiglie può risultare utile il sostegno di una struttura professionale esperta». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 19


STRATEGIE PER LE PMI

La managerialità per il futuro Il manager è uno dei motori dell’innovazione e l’obiettivo di Federmanager, secondo il presidente Giorgio Ambrogioni, rimane quello di favorire la crescita delle aziende attraverso l’affermazione della cultura manageriale, a partire dalle pmi Renata Gualtieri

ella tradizione del nostro capitalismo, che si è fondato su un fittissimo tessuto di pmi e su pochi grandi player, l’imprenditore ha saputo storicamente imprimere una precisa identità alla propria azienda, di cui è stato custode geloso. Se questa componente ha rappresentato in passato la marcia in più, oltre che un bagaglio essenziale e distintivo della classe imprenditoriale, «oggi – precisa il presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni – non basta più». Il sistema delle pmi, che rappresenta il 99% della realtà imprenditoriale, produce il 71,7% del valore aggiunto nazionale perciò deve essere sempre più contaminato dalla managerialità per affrontare le strade della crescita. È stato dimostrato, infatti, che gli imprenditori che hanno creduto in ciò hanno puntato su due cardini: internazionalizzazione e capitale umano e «questo prova che manager e imprenditori devono camminare insieme». Che posto occupano i manager nell’azione di risanamento del Paese e su cosa occorre puntare per crescere? «Il manager è uno dei motori dell’innovazione. Per dimostrarlo

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deve contribuire a cementare quello spirito di coesione di cui il Paese ha bisogno. Esercitare l’etica della responsabilità è il prerequisito di ogni buon manager, che deve inoltre saper fare da tutor ai giovani, facilitare il ricambio generazionale consentendo alle energie migliori di emergere. Anche le associazioni di categoria hanno un ruolo, in quanto catalizzatrici del cambiamento. Gli ultimi dati del centro studi di Confindustria prospettano un 2013 di recessione. Per riavviare il ciclo e dare un’iniezione positiva al Pil bisogna valorizzare quei giacimenti di intelligenza, competenza, creatività di cui è ricco lo spirito italico. Abbiamo comparti all’avanguardia che eccellono in competitività, innovazione e sostenibilità. Non potremo difendere questo patrimonio senza una politica industriale. In assenza di scelte coraggiose, di visione, non c’è futuro». Quali caratteristiche dovranno avere i manager del futuro? «Il manager che va incontro al domani deve coltivare l’apertura, il

confronto, abbandonare le logiche rivendicative fine a se stesse, potenziare la “mente innovativa”, sfidando la negatività. C’è una grande emersione dell’etica, come dimostrano numerose pubblicazioni recenti. Il dilagare della corruzione, la degenerazione di una politica che è divenuta collettore di interessi privati, hanno comprensibilmente innescato un moto di reazione. Dobbiamo però evitare la facile retorica dei valori. I valori vanno attualizzati nella storia, nella vita e nel conflitto, altrimenti rimaniamo nel vuoto esercizio intellettualistico. La storia fa cogliere al manager i trend evolutivi, la vita dà il senso della


Giorgio Ambrogioni

A sinistra, Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager

relatività e del mutamento, il conflitto offre quella “analitica degli ostacoli” che determina la crescita. Non abbiamo scelta: dobbiamo rispondere con forza alle esigenze di questo “tempo diverso” in cui, per dirla con Edgar Morin, “è per tutti difficile comprendere il senso della complessità crescente”». Come Federmanager favorisce l’inserimento di competenze manageriali nelle pmi per cercare di dare un contributo professionale allo sviluppo e alla crescita del Paese? «Abbiamo varato un grande progetto di sostegno allo sviluppo della piccola industria che esalta la bilateralità espressa da Confindustria e Federmanager, tramite Fondirigenti, che intende rafforzare i fattori della produttività, dell’innovazione tecnologica, promuovere l’internazionalizzazione, le alleanze imprenditoriali, l’utilizzazione razionale della finanza

strategica. Più produttività significa fare leva sull’efficienza dei processi aziendali, su accorte politiche di “saving”, su una promozione sistematica delle competenze, che sono strumenti indispensabili in contesti competitivi. Obiettivo di Federmanager è favorire la crescita delle aziende attraverso la presenza di una maggiore managerialità, in termini di cultura, capacità organizzativa e gestionale. Il “quarto capitalismo” quello costituito da medie aziende in cui l’imprenditore ha delegato la gestione ai manager, ha cambiato alcuni paradigmi che credevamo incrollabili. Per capire il “mondo che verrà” sarà importante investire in formazione e know how». La forza lavoro con profilo professionale elevato, nel pubblico e nel privato, dal 2008 al 2011 ha subito un calo del 20,8%. Quanto la preoccupano questi dati e quale le sue previsioni per il futuro? «Se riusciremo a mettere in campo le risorse migliori non c’è motivo di preoccupazione. Un sindacato conosce per definizione il conflitto, ma è anche titolare della forza mo- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 21


MANAGEMENT STRATEGIE PER LE PMI

I dirigenti senior possono mettere a disposizione esperienze e competenze preziose per quelle aziende sprovviste di determinate skill

rale che occorre per superarlo in nome di un progetto comune. È mancata questa koiné, questa sintonia di interessi e di aspirazioni che dobbiamo ritrovare. Non consentiremo ancora lo spreco di talento e di intelligenza. Per affrontare l’emergenza occupazionale abbiamo aperto un tavolo sulle problematiche della dirigenza privata con il viceministro Michel Martone al fine di arrestare l’emorragia di professionalità elevate che la nostra economia in ginocchio non può certo permettersi». 22 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Qual è la posizione di Federmanager in riferimento alle problematiche dei numerosi dirigenti che in questi anni hanno perso il posto di lavoro e al tema degli esodati? «Stiamo seguendo lo sviluppo di questa intricata vicenda, che potremmo definire come una “conseguenza indesiderata” della riforma delle pensioni. Abbiamo presentato al ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi, il “progetto Senior”, che intende porre l’attenzione su questo delicato tema. Siamo con-

vinti che i dirigenti senior possono mettere a disposizione esperienze e competenze attraverso attività di tutoring, che risultano preziose per quelle aziende sprovviste di determinate skill. Sulla questione degli esodati siamo convinti che si debba fare di più e meglio. Incalzeremo l’esecutivo per avere risposte certe. Il 2012 è stato proclamato dall’Ue anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni. Credo che la valenza sociale e culturale della nostra iniziativa non abbia bisogno di ulteriori commenti».


Luigi Bordoni

Un nuovo modello per le pmi L’industria di marca promuove da anni il concetto di sostenibilità dello sviluppo. Il presidente di Centromarca Luigi Bordoni spiega quanto convenga alle aziende essere “socialmente responsabili” e indica le procedure da adottare per le pmi, sull’esempio delle multinazionali Renata Gualtieri

no studio dell’Università Bocconi con Fondazione Ernesto Illy e Centromarca dimostra che a livello di sistema Paese e aziendale servono nuovi indicatori di ricchezza che diano valore anche al benessere umano e sociale. In un momento di crisi strutturale come quello che stiamo affrontando, è riduttivo prendere in considerazione solo il Pil per capire qual è la capacità di un Paese di creare benessere ma vanno valutati anche altri fattori, come il livello qualitativo del sistema formativo ed educativo o l’assenza di criminalità. Centromarca, sostiene il presidente Luigi Bordoni, plaude ai nuovi indicatori «per documentare le diverse forme di valore che

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Il presidente di Centromarca Luigi Bordoni

possono essere prodotte per migliorare la qualità complessiva delle persone e delle società in cui vivono». È stato dimostrato che le imprese che lavorano in una logica di crescita sostenibile sono quelle che nel lungo periodo riescono a produrre i risultati migliori e risultano vincenti grazie alla capacità di tenere il mercato e produrre profitti. Fare cultura e avvicinare le pmi all’applicazione della responsabilità sociale d’impresa sarà l’elemento che farà la differenza sul mercato globale quando l’economia tornerà a crescere. Che idea c’è dietro la creazione del sito Ibconline.it? «È la prima iniziativa a livello europeo, varata dal Ministero dello sviluppo economico in collaborazione con Ibc, con l’obiettivo di selezionare alcune best practices usate dalle grandi industrie di marca a livello internazionale e metterle a disposizione delle pmi per incrementare l’efficienza e la sostenibilità nell’ambito dell’attività svolta. Un pool di esperti delle industrie di marca assieme ai tecnici del ministero le ha individuate, rielaborate

in chiave pmi e inserite nel sito Ibconline.it, con una serie d’ipotesi che possono essere sviluppate e portate avanti all’interno delle aziende con vantaggi in termini di riduzione dei costi e sostenibilità». Quali sono le esigenze delle imprese evidenziate dall’indagine sulla formazione dei neolaureati promossa dall’università Iulm di Milano in collaborazione con Centromarca e Fondazione Crui? E quale la ricetta per risolvere il gap tra profili ideali e reali? «Siamo andati a verificare tra le industrie di marca quale fosse la rispondenza dei neolaureati rispetto ai profili richiesti dalle aziende ed è emerso che non c’è una rispondenza al 100% tra domanda e offerta, con significativi punti deboli nei neolaureati legati principalmente alla conoscenza delle lingue e alla capacità di lavorare in team nell’ambito di progetti complessi e alla scarsità di motivazione, elemento molto presente nei laureati esteri, specie in quelli dei paesi dell’Est. Spettano, dunque, al mondo accademico proposte formative il più possibile rispondenti alle richieste delle imprese. Centromarca, ad esempio, dà il suo contributo come partner di Iulm in un master nell’area digital». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 23


MANAGEMENT STRATEGIE PER LE PMI

Il consulente è un agente di cambiamento «L’industry della consulenza direzionale è un driver di forte sviluppo per l’economia: favorisce l’innovazione e l’adeguamento dei modelli di business, dell’organizzazione e dei processi ai mutati scenari di mercato». Il punto di Marco Beltrami, presidente di Apco Renata Gualtieri na recente ricerca dell’Università di Tor Vergata quantifica la spesa in consulenza in Italia nello 0,2 per cento del Pil, contro lo 0,74 per cento della Germania e lo 0,61 per cento del Regno Unito, nazioni che hanno un’economia robusta e vitale. Quindi, la consulenza aiuta le economie a crescere e in Italia può e deve giocare un ruolo forte per la ripresa. Il presidente di Apco Marco Beltrami è convinto, e la letteratura manageriale lo conforta, che il contributo dei consulenti in momenti di cambiamento come questo può essere estremamente importante e decisivo. «Dietro tutti i turnaround significativi, l’adozione di nuove strategie di successo e le decisioni importanti, ci sono, più o meno pubblicamente, i consulenti di direzione. Le aziende, e i loro proprietari, hanno bisogno di essere aiutate a confrontarsi con sfide nuove o con problemi già noti, ma che chiedono di essere affrontati con taglio e aggressività diversi». Quante aziende si rivolgono ad Apco e che tipo di consulenza

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chiedono più frequentemente? «La nostra associazione riunisce chi svolge come professione l’attività di consulente di management; a essa aderiscono sia consulenti che lavorano in grandi società di consulenza sia coloro che operano individualmente in regime di partita Iva. Si può dire dunque che le grandi società clienti tendono a comprare servizi dalle grandi società di consulenza, mentre le pmi si rivolgono di più a piccole società e singoli consulenti. Con ri-

ferimento ai settori, banche e aziende di Tlc privilegiano le grandi società di consulenza, le medio-piccole società e i singoli sono invece molto presenti nel manifatturiero». I clienti oggi tendono a essere sempre più informati, più competenti ed esigenti. Quali requisiti si richiedono oggi a un buon management consultant? «La competenza manageriale media è cresciuta negli ultimi anni, e il consulente, per offrire valore ag-


Marco Beltrami

Marco Beltrami, presidente dell’Associazione professionale dei consulenti di direzione e organizzazione

giunto deve “alzare l’asticella” della sua prestazione. Per avere successo oggi, occorre rinnovarsi, specializzarsi, focalizzarsi. I clienti chiedono al consulente supporto per affrontare nuovi problemi, originati dalla crisi o specialistici, e si aspettano un professionista che abbia dimestichezza con questi problemi oltre che la necessaria competenza di base. Il cliente chiede un consulente che sia più avanti di lui, sia propositivo, segnali i problemi futuri, le opportunità finora non colte. Il modello di relazione è in via di cambiamento ed è responsabilità dei consulenti sforzarsi di trovare i nuovi equilibri. Un aspetto rimane stabile a connotare la prestazione del consulente: il vero consulente non solo aiuta il cliente a risolvere un problema, ma trasferisce anche un metodo e delle capacità che rendono poi il cliente progressivamente autonomo. È proprio questo il fattore differenziante tra il

consulente ed altre professionalità, come ad esempio gli ex manager che ora affollano il mercato». Come si può scegliere un buon consulente, quello più adatto alla propria azienda? «In effetti non è semplice trovare il consulente giusto, e come associazione suggeriamo di porre grande attenzione a questa scelta. Abbiamo anche collaborato allo sviluppo di alcune norme Uni che possono aiutare le aziende in questa decisione. Sono molte le variabili che devono essere considerate e le più significative, senza considerare l’aspetto economico, sono: la competenza sul problema specifico, le referenze, lo stile di comunicazione, le modalità di relazione con il cliente. Come riportato prima, infatti, molti settori di mercato, per consuetudine o per tradizione, stentano a orientarsi verso la consulenza, in primis pmi e pubblica amministrazione, e sono proprio questi settori quelli che più faticano a interagire con la consulenza. Apco non vuole lasciare soli i consulenti e i clienti ad affrontare queste difficoltà». Quali garanzie fornisce l’Apco sulle competenze dei suoi associati? «L’iscrizione è per il cliente già una forma di garanzia perché identifica chi svolge realmente la professione di consulente di management; fra i requisiti necessari all’iscrizione segnalo che sono richiesti almeno 2 anni di attività specifica, la presentazione di referenze validate dal cliente, la firma di un impegnativo Codice etico. Un’ulteriore sicurezza per il cliente è rappresentata dalla certificazione Cmc, certified management consultant, unica certificazione inter-

nazionale esistente per la consulenza di management, che qualifica i consulenti che hanno un livello ancora più elevato di professionalità, competenza ed esperienza. In Italia Apco è l’unica associazione abilitata a rilasciarla». Il mercato italiano sta cambiando e rispetto al passato sono cambiati i player che necessitano di un servizio di consulenza professionale: come cambiano dunque le strategie? «Il cambiamento del mercato riguarda anche la consulenza; la grande maggioranza dei consulenti, sia società sia singoli, è consapevole di questi mutamenti e sta cercando di evolvere e costruire value proposition adeguate. Se vogliamo, quindi, analizzare come la consulenza sta cambiando, possiamo provare a farlo secondo alcune prospettive classiche: prodotto, processo. L’aspetto del “prodotto” consulenziale è probabilmente la dimensione più evidente del cambiamento. Alcuni temi classici della consulenza hanno un mercato in calo. Si stanno sviluppando nuove linee di servizio che, magari con valori assoluti di fatturato ora non altissimi, hanno tassi di crescita molto elevati (green economy, corporate social responsibility, analytics, coaching/counselling, specializzazioni di mercato). Sta cambiando anche il “processo” consulenziale cioè il modo in cui viene gestita la relazione con il cliente. Il cambiamento in questo fronte ha avuto stimolo anche da una forte pressione sulle tariffe, che ha spinto il mondo della consulenza a cercare nuove forme di organizzazione e “delivery”». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

Fare business “in rete” I percorsi per l’innovazione in azienda sono il principale fattore su cui puntare per rendere il sistema imprenditoriale competitivo. E per le pmi un’opportunità concreta viene, secondo il presidente della Camera di Commercio di Milano Carlo Sangalli, dalle reti d’impresa Renata Gualtieri

a Lombardia è la regione che continua a mantenere il più alto tasso imprenditoriale in Europa, dato che rappresenta la realtà straordinaria di un territorio, e del suo capitale umano, che riesce a esprimere e realizzare idee e progetti in grado di affermarsi sul mercato. Carlo Sangalli indica che le sfide del futuro, anche per quanto riguarda l’occupazione, passano da Internet e dall’utilizzo diffuso delle nuove tecnologie e punta l’attenzione sulle reti d’impresa che «al momento rappresentano la risposta più convincente ai problemi dimensionali e competitivi delle pmi». In Lombardia sono presenti 380 aziende che fanno già parte di una rete d’impresa. Quali i vantaggi concreti che arrivano alle aziende ed è giusto dire che potrà essere considerato sempre di più un valido strumento per rendere più competitive le pmi? «Le reti d’impresa sono nuove forme di aggregazione molto interessanti perché flessibili, leggere e potenzialmente capaci di svilupparsi anche tra diverse categorie e territori. Mettendosi in rete le imprese hanno la possibilità di parlare con una sola voce alle banche e alla pubblica amministrazione. Ma soprattutto possono presentarsi con maggior forza sul mer-

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Il presidente della Camera di Commercio di Milano Carlo Sangalli

cato interno e su quello internazionale sviluppando sinergie e ottimizzazione dei costi. Per le reti sono previste agevolazioni fiscali che però sono sottoposte ad alcuni vincoli tra cui un fondo patrimoniale. Proprio su questo tema sarebbe necessaria una maggiore apertura da parte del governo. Secondo una rilevazione della Camera di Commercio, un’impresa su dieci è pronta a fare rete per abbattere i costi, accedere al credito e mettere in comune conoscenze. Alcune hanno già impostato la loro attività attraverso dei contratti che si possono registrare in Camera di Commercio. Sono 83 i contratti di rete già sottoscritti in Lombardia, quasi uno su tre in tutta Italia, con imprese coinvolte soprattutto nel settore dei servizi e nell’industria. Solo a Milano sono 51

i contratti di rete e 105 le imprese coinvolte». La crisi sembra non intaccare gli investimenti sulla responsabilità sociale. Su cosa gli imprenditori concentrano il loro impegno? «Sensibilizzare le imprese sul tema della responsabilità etica e sociale significa promuovere un mercato più equo, efficiente e competitivo. In questo senso, la Camera di Commercio di Milano è da tempo attiva nell’incoraggiare e offrire assistenza e sostegno alle aziende che vogliono migliorare la loro gestione con prassi sempre più responsabili dal punto di vista sociale e ambientale. È operativo uno sportello dedicato per le imprese per poter scegliere se adottare misure che, al di là dei costi iniziali, portano un vantaggio in termini di competizione,


Carlo Sangalli

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Un’impresa su dieci è pronta a fare rete per abbattere i costi e accedere al credito

immagine e affidabilità. Si tratta di un ambito che coinvolge ormai otto imprenditori milanesi su dieci». Trentamila imprese milanesi fanno business sui social network. Quale la differenza tra grandi e piccole? E la rete sarà uno strumento da sfruttare in futuro assieme all’e-commerce? «Oltre 8 imprese milanesi di servizi su 10 hanno una qualche “traccia” ufficiale in rete - dalla home page, alla presenza su newsletter o mailing list - come emerge da una ricerca della Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con

l’Università Iulm e la sua Fondazione. Le imprese che hanno un proprio sito Internet variano dal 57,5% dell’editoria, al 55,8% della moda e design, al 55,5% di alimentari e bevande, per passare al 44% di hotel e ristoranti e scendere al 20,8% per il commercio al dettaglio, anche se rimane una forte differenza tra imprese grandi e piccole. I percorsi per l’innovazione in azienda sono oggi il principale fattore sul quale puntare per rendere il nostro sistema imprenditoriale competitivo sui mercati. Il superamento del divario digitale nella

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quotidianità della vita aziendale rappresenta per le piccole e micro imprese oltre che una necessità, un’opportunità concreta di crescita. Per questo l’impegno congiunto di istituzioni e mondo associativo è importante per favorire un sempre più rapido avvicinamento tra piccola impresa e tecnologia». Quanto è importante la formazione per fare impresa? E quali i corsi della Camera di Commercio di Milano caratterizzati da un’impostazione business oriented? «Attraverso la sua azienda speciale Formaper, l’ente camerale organizza corsi di formazione con contenuti e metodologie specifiche, con docenti e facilitatori esperti. Le iniziative sono progettate per supportare le aziende nelle fasi cruciali: nascita, sviluppo, consolidamento, innovazione. In particolare, durante l’arco dell’anno vengono realizzati sia seminari di orientamento per aiutare gli aspiranti imprenditori a valutare la reale fattibilità dell’idea imprenditoriale e a elaborare il proprio business plan, sia programmi formativi su diverse tematiche per imprenditori e loro collaboratori con l’obiettivo di diffondere una cultura strategico-gestionale, opera difficile ma necessaria per garantire lo sviluppo delle piccole imprese». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 27




WELFARE

Sostenere progetti utili alla comunità Una spinta economica al terzo settore. È questo l’obiettivo delle risorse che le fondazioni bancarie destinano alla realizzazione di servizi per le fasce più deboli dei cittadini. Giuseppe Guzzetti spiega in quali progetti è impegnata la Fondazione Cariplo Nicolò Mulas Marcello Giuseppe Guzzetti, presidente Fondazione Cariplo

l ruolo delle fondazioni bancarie non è quello di supplenza allo Stato, ma di aiuto alle fasce deboli della popolazione nell’erogazione di servizi alla persona. «In questi anni – spiega Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo – abbiamo tenuto sostanzialmente stabili, non senza fatica, le erogazioni agli enti non profit, quelle organizzazioni che stanno cercando di arginare gli effetti della crisi che si riverberano soprattutto sulle fasce deboli e sulle famiglie, in svariati ambiti: dalle problematiche che coinvolgono gli anziani a quelle relative ai disabili, fino alla cura dei minori. La Fondazione Cariplo, come le altre fondazioni di origine bancaria, ha competenza lì dove svolge la propria attività, quindi la Lombardia più le province di Novara e Verbania». E sono le famiglie che risiedono in quei territori le destinatarie degli interventi della fondazione. Quale dovrebbe essere il ruolo

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del governo per sostenere le famiglie italiane? E quale, invece, quello delle fondazioni bancarie? «Le fondazioni non devono fare supplenza allo Stato. Ricordiamo sempre che le risorse, pur importanti, che le fondazioni mettono a disposizione sono poco rispetto al fabbisogno dello Stato. Solo utilizzandole con l’effetto moltiplicatore e rigeneratore che sa offrire il terzo settore riescono a dare i frutti che vediamo tutti i giorni. Le famiglie italiane non hanno solo bisogno di risorse e servizi, ma di intravedere una via d’uscita. In questa fase credo che la cosa più importante per il nucleo familiare sia non sentirsi vessato da tributi e riuscire a vedere la possibilità di ripartire, soprattutto per le giovani generazioni». La crisi economica sta minando la salute del nostro welfare, e di altri diritti che riguardano le famiglie italiane. Qual è la risposta della Fondazione Cariplo a questo problema?

«Abbiamo riallocato le risorse aumentando quelle destinate ai servizi alla persona. Abbiamo avviato esperienze di secondo welfare, ad esempio per studiare un modello che aiuti le famiglie con persone disabili a garantire loro un futuro dopo la scomparsa dei genitori. Stiamo dando impulso alla realizzazione di abitazioni a canone calmierato per le giovani coppie: mille appartamenti verranno realizzati in breve a Milano. La famiglia, tra le tante necessità, ha bisogno di un tetto sulla testa. Purtroppo sul fronte del welfare i tagli dello Stato stanno lasciando vuoti che non possiamo colmare. Quello che possiamo fare è dare il nostro contributo, come sempre; stiamo ad esempio sviluppando un concetto moderno di “welfare community”, attraverso le nostre fondazioni di comunità locali: le comunità si organizzano per generare risorse dal basso che servono per integrare i servizi che vengono a mancare; ciò non significa che siano in grado di


Giuseppe Guzzetti

sostituirsi al settore pubblico, non è nemmeno giusto che ciò accada, il terzo settore come sempre fa la sua parte secondo il principio di sussidiarietà». Quali le iniziative in programma per il futuro? «Ogni anno sosteniamo più di mille progetti: individuarne qualcuno nello specifico è difficile. Ci sono i grandi temi, che diventano bandi e strumenti per sostenere i progetti che gli enti non profit intendono realizzare. Su questo fronte grande attenzione, come detto, va all’housing sociale, cioè alla realizzazione di abitazioni a canone accessibile alle famiglie, da 400 o 500 euro al mese. È un nuovo modello dell’abitare che esprime un forte concetto di solidarietà: non sono case popolari, ma

abitazioni classificate in classe A, moderne, che però accolgono famiglie di diversa estrazione: italiani, giovani, stranieri, anziani. Pochi giorni fa simbolicamente abbiamo donato al Papa, in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie, le chiavi di Maison du monde, uno stabile in via Padova che accoglierà 50 famiglie. Stiamo operando per il sostegno di progetti che si preoccupano dei minori a rischio, per quelli educativi nelle scuole, per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, come ad esempio i malati psichiatrici; ma non dimentichiamo l’arte e la cultura, che possono essere strumenti di coesione sociale, soprattutto nelle periferie: le attività di una biblioteca possono rigenerare il tessuto sociale di un quartiere. Stiamo dedicando

Le famiglie italiane non hanno solo bisogno di risorse e servizi, ma di intravedere una via d’uscita

grande attenzione alle tematiche ambientali, ad esempio al risparmio energetico. Se non impariamo queste cose e non le tramandiamo ai nostri figli avremo gravi conseguenze in futuro; non dimentichiamo, inoltre, quanto sia importante investire in ricerca scientifica: ogni anno sosteniamo progetti per oltre 30 milioni di euro. Senza innovazione non ripartiremo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 33


WELFARE

Rimettere la famiglia al centro delle politiche sociali Per venire incontro alle difficoltà economiche delle famiglie occorre ripensare il modello di welfare sia a livello nazionale che regionale. L’assessore Giulio Boscagli illustra gli interventi in atto in Lombardia Nicolò Mulas Marcello

onostante in Lombardia il contesto economico risulti più solido delle altre regioni, le famiglie della regione scontano, come le altre, le difficoltà della crisi economica. «Non c’è dubbio – spiega Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia della Regione Lombardia – che c’è una difficoltà più evidente nelle fasce più deboli della popolazione, come dimostra anche l’elevato numero di richieste che i centri per i più bisognosi ricevono negli ultimi tempi». In cosa consiste il “fattore famiglia” introdotto con una legge dalla Regione? «Questo provvedimento, la cui sperimentazione partirà nelle prossime settimane, è uno strumento che dovrebbe consentire di calcolare meglio il reddito delle famiglie, in maniera da calibrare su questo dato il contributo ai servizi. A livello nazionale per misurare il reddito esiste l’Isee, ma esso non è favorevole alle famiglie perché non tiene conto del carico esistente all’interno del nucleo, come il numero di figli, le disabilità, gli anziani presenti, i disoc-

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cupati e così via. Noi vogliamo tener conto di tutti questi elementi per poter scattare una fotografia del reddito familiare più adeguata. In base a esso poi i cittadini pagheranno la giusta quota per i servizi». Quali sono gli effetti previsti da questo provvedimento? «Vogliamo venire incontro a chi possiede meno. La logica del “fattore famiglia” su scala regionale è diversa dal pagamento delle tasse su scala nazionale, sulla quale non abbiamo competenza. A livello locale possiamo semplicemente in-

tervenire sui costi dei servizi. Oggi si pagano determinate rette per l’asilo nido dei figli, per ricoverare gli anziani nei centri di assistenza, o i disabili negli istituti. La quota per questi servizi è uguale per tutti, indipendentemente dal reddito. Il “fattore famiglia” cercherà di rendere più equo il pagamento a seconda delle condizioni economiche dei nuclei familiari». Quali altri provvedimenti ha adottato la Regione Lombardia per dare un sostegno concreto alle famiglie?

Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia della Regione Lombardia


Giulio Boscagli

«Il pacchetto che riguarda il welfare tocca vari livelli di bisogno. Uno degli interventi più recenti è il potenziamento del sostegno a persone con gravi disabilità. Ad esempio, fino a qualche settimana la Regione dava un contributo di 500 euro al mese alle famiglie di chi è affetto da Sla o da altre malattie gravemente invalidanti. Oggi, invece, l’amministrazione ha incrementato questo contributo, che può arrivare, a seconda della situazione dell’individuo, fino a 2.500 euro al mese. È chiaro che non possiamo risolvere il problema della malattia ma cerchiamo con un contributo economico di aiutare le famiglie che hanno malati in casa. Un altro intervento è “Nasko”, un fondo che dà un sostegno economico e un accompagnamento sociale, attraverso alcuni centri, alle donne che scelgono di non abortire, ovvero quelle donne che hanno preso questa decisione solo per un problema di tipo economico. In

C’è bisogno di un ripensamento profondo del nostro sistema di welfare

questo progetto abbiamo coinvolto oltre 2.400 mamme. Inoltre, stiamo portando avanti un piano d’azione per riportare il tema la disabilità al centro dell’attenzione. Tra gli interventi per le famiglie è molto importante ciò che si sta facendo sulla conciliazione famiglia-lavoro, aspetto su cui abbiamo investo qualche risorsa ma sul quale soprattutto è utile far crescere una cultura. A livello generale, ci stiamo adoperando per far sì che la famiglia, e non il singolo individuo, sia messa al centro delle politiche sociali, valorizzandone il ruolo». Quali sono le prospettive per il futuro e quali gli interventi in programma?

«Andando verso un sistema nazionale e regionale in cui le risorse non sono in crescita ma tendenzialmente in diminuzione, c’è bisogno di un ripensamento profondo del nostro sistema di welfare. Cosa che stiamo già iniziando a fare ponendoci alcuni obiettivi specifici, come la valutazione più precisa del bisogno delle persone per dare risposte appropriate ai vari casi senza disperdere risorse. Vogliamo poi passare dall’attuale situazione di pagamento delle strutture all’introduzione di un voucher che le famiglie possono utilizzare per i loro bisogni. E in tutto questo resta essenziale la collaborazione con il terzo settore, che per noi è un interlocutore fondamentale». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 35


VERSO L'EXPO

Lo sguardo del mondo su Milano Avanzano i progetti e i cantieri in attesa dell'Esposizione universale. Entrano nel vivo le attività legate alla promozione dell’evento. Cruciali sono incontri e missioni internazionali. Ne parla Roberto Formigoni Francesca Druidi

l comitato esecutivo del Bie (Bureau international des expositions) ha espresso soddisfazione per i progressi compiuti in questi ultimi mesi verso Expo 2015, soprattutto sul fronte dei lavori tesi a completare il masterplan e sul numero dei partecipanti confermati. Lo stesso Bie, però, non ha espresso alcun commento ufficiale alle dimissioni rassegnate l’11 giugno scorso dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che ha rimesso il suo mandato da commissario per Expo 2015, rimarcando l’insufficiente attenzione del governo e del Parlamento verso l’evento. E mentre si prospetta l’apertura a Roma di un tavolo di coordinamento per l’Expo, il commissario generale, nonché presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che, pur comprendendone le ragioni, aveva stigmatizzato la scelta di Pisapia (“Abdicare alle proprie responsabilità sarebbe inaccettabile”), fa il punto della situazione sull’atteso appuntamento del 2015. Mancano tre anni all’appuntamento. Come valuta lo stato di avanzamento del masterplan e del livello organizzativo dell’evento? «Come ho avuto modo di ricordare allo stesso Bie partecipando all’ultima assemblea generale, tenutasi lo scorso 12 giugno a Parigi, stiamo lavorando

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intensamente e nel rispetto dei programmi. Dobbiamo sempre ricordarci che giungere al pieno compimento di un’opera così complessa, come sarà l’Expo di Milano, richiede un enorme dispiegamento di forze e in questa chiave il masterplan costituisce l’approdo finale di quel grande sogno che vogliamo realizzare. Per tale ragione, in queste ultime settimane, abbiamo impresso un ulteriore sprint all’impostazione generale del lavoro, oliando ancora meglio ciascun meccanismo coinvolto. Ognuno è responsabile di un tassello fondamentale: la società Expo 2015 dell’avanzamento del cantiere; il governo

nazionale, garante dell’evento a livello istituzionale attraverso l’attività svolta dai singoli ministeri e dal proprio corpo diplomatico; l’attività di "ambasciatore" internazionale dell’Expo che, proprio per conto del governo stesso, svolgo in qualità di commissario generale e il Tavolo Lombardia da me presieduto, cui converge la supervisione delle opere infrastrutturali da realizzare, sia a livello regionale che sovraregionale». Per quanto riguarda quest’ultimo punto, sono stati confermati i tempi di realizzazione e di messa in opera previsti? Quali sono i prossimi step?


Roberto Formigoni

Roberto Formigoni e Hillary Clinton alla cena di apertura del simposio sulla sicurezza alimentare a Washington il 17 maggio

«Abbiamo fatto il punto sulle circa 50 opere in atto - dal valore complessivo di circa 25 miliardi di euro - nella seduta dello scorso 23 aprile. Progetti e cantieri stanno procedendo nel rispetto dei tempi e posso garantire che infonderemo il massimo impegno affinché le opere previste siano ultimate in tempo per l’avvio della manifestazione. Inoltre, abbiamo anche individuato alcuni tavoli tematici, attorno ai quali far gravitare quattro aree fondamentali di intervento: i servizi essenziali (sanità, sicurezza, servizi pubblici locali e ambiente), l’attrattività del territorio, la condivisione dei sistemi di informazione e la mobilità. Insomma, proprio nell’ambito del Tavolo Lombardia, cioè del luogo individuato dalla legge nazionale come sede deputata a svolgere un ruolo alto di regia, indirizzo e coordinamento delle opere, ci occuperemo anche di quelle ‘immateriali’ ma altrettanto irrinunciabili per una piena riuscita dell’evento». Come unico rilievo il comitato esecutivo del Bie ha sottolineato

l’esigenza di intensificare le attività di comunicazione e promozione a livello nazionale e internazionale. Come vi muoverete in questo senso, tenendo conto del fatto che l’Expo rappresenta una vetrina anche per tutto il Paese? «È naturale che, con l’avanzamento progressivo dei lavori, l’identità stessa dell’evento uscirà sempre più da quella sorta di nebulosa nella quale a volte - sembra essere imprigionata. Detto ciò, è inevitabile amplificare l’impegno sul fronte della promozione internazionale e, in questo senso, la mia attività di commissario generale si dimostra assai utile: di recente ho ricevuto a Palazzo Lombardia il commissario indiano per l’Expo, la signora Rita Menon, e il commissario cinese per l’Expo Wang Jinzhen, che si è detto interessato a svolgere in Cina attività di campagne promozionali, impegnandosi inoltre a portare a Milano per l’occasione un milione di visitatori. Non solo, su richiesta di alcuni tra i più significativi operatori del mondo turistico americano, abbiamo

gettato le basi per analoghe attività di marketing da svolgere a tappeto in tutti gli Stati Uniti. Ricordo, inoltre, che la Svizzera ha già presentato il progetto del proprio originalissimo padiglione, scelto attraverso un concorso di idee. Questo è solo l’inizio, ma attesta in modo inequivocabile l’interesse suscitato a livello internazionale da un evento che si dimostra essere improntato alla qualità e alla creatività, nel segno della migliore tradizione italiana». La partecipazione al simposio negli Stati Uniti, parte integrante del programma del G8, ha identificato una straordinaria opportunità di promozione. Quali risultati sono stati raggiunti rispetto a questo profilo e alla redazione del documento strategico dell’Expo? «Come unico esponente politico italiano invitato al simposio “Advancing food and nutrition security at the 2012 G8 summit”, dedicato ai temi strategici della nutrizione e della lotta alla fame, ho avuto occasione di stringere contatti con i principali attori LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 37


XXXXXXXXXXX VERSO L'EXPO

Il commissario cinese per l’Expo, Wang Jinzhen, si è detto interessato a svolgere in Cina attività promozionali, impegnandosi inoltre a portare a Milano per l’occasione un milione di visitatori

mondiali coinvolti, a vario titolo, da dell’America, un’attenzione elevatis- sviluppo. La sua risposta è stata decisa queste urgenze planetarie. Ricordo gli incontri, oltre al segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, con il presidente dell’Unione africana, Boni Yayi, il direttore esecutivo del programma alimentare mondiale, Ertharin Cousin, il vicedirettore del World economic forum di Davos, Josette Sheeran. Tutti ci siamo stretti attorno a questa domanda: come possiamo far sì che l’alimentazione, oltre a essere assicurata in ogni angolo del mondo, sia anche inserita in un contesto di rispettoso equilibrio ambientale e sociale? Posso dire che è stato confortante cogliere a Washington, nel cuore 38 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

sima ai lavori del dibattito». È stata avviata una collaborazione con Bono Vox, leader degli U2. Si è parlato per lui di un ruolo nell’International advisory board, quale sarà il ruolo di questo board e quali altri membri ne potranno far parte? «Bono era tra i relatori più attesi al simposio. Da anni, infatti, è personalmente impegnato sul fronte della cooperazione attraverso la sua associazione internazionale "One", dunque gli ho personalmente evidenziato come Expo Milano 2015 voglia e possa essere un motore di rilancio per i programmi relativi alla crescita e allo

e sincera. “Conosco gli italiani – mi ha detto – e so che sono generosi!” L'invito che gli ho rivolto è stato allora quello di impegnarsi e collaborare nel percorso di costruzione di Expo, entrando a far parte dell’International advisory board. Questo costituendo comitato internazionale si avvarrà di esponenti mondiali di altissimo livello, appartenenti ai più diversi ambiti, che potranno mettere a disposizione la proprie prestigiose competenze. Oltre a Bono, stiamo lavorando su altri nomi di eguale fama e differente esperienza. E, come sempre, siamo ottimisti».



L’EUROPA E LA CRISI

Il ruolo dell’Unione nella ripresa Nell’andamento economico di un singolo paese è importante la politica del suo governo ma è fortemente influente anche ciò che accade nello scacchiere internazionale e a livello comunitario. Per questo sono urgenti scelte targate Europa Teresa Bellemo

a globalizzazione, la crisi internazionale, l’euro, l’Unione europea. Appare chiaro che la situazione economica italiana non dipende soltanto dal nostro sistema, ma è strettamente interconnessa ad altri fattori economici e istituzionali esterni ai confini nazionali. E se dopo il periodo di particolare difficoltà vissuto a fine 2011, il Governo Monti è riuscito a riportare un’Italia più autorevole nei consessi internazionali ed europei ora tocca, però, all’Europa ridare slancio alla crescita dei Paesi membri.

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Alberto Quadrio Curzio, economista e professore emerito di economia politica all’Università Cattolica di Milano

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Lo ha chiesto anche Barack Obama, indicando il rigore imposto dalla cancelliera Angela Merkel come corresponsabile delle difficoltà della zona euro che rischia di contagiare i mercati internazionali, Usa e Cina compresi. Gli Stati Uniti, infatti, puntano molto sulla crescita per rientrare con i debiti ma temono che la stessa venga bloccata dalla crisi europea. La Cina invece ha un problema diverso. Esporta molto verso l’Europa e puntava anche a investire su una diversificazione che avrebbe fatto molto bene anche a noi. La recessione sta

frenando entrambi i progetti delle due superpotenze. A delineare un quadro dell’intricata situazione in cui versa l’eurozona è il professor Alberto Quadrio Curzio, presidente del consiglio scientifico del Cranec (Centro di ricerche in Analisi economica) e docente emerito di Economia politica presso lo stesso ateneo. Come vede il futuro delle Uem e dell’euro? Che ruolo ha avuto e può avere la Bce? «L’euro è più di una moneta. È stata una costruzione di gran rilievo, per i Paesi membri, per l’Europa e per il mondo. La sua difesa spetta primariamente alle istituzioni della Ue e dei singoli paesi. Per sostenere - e nel caso estremo per salvare l’euro ci sono almeno due linee di azione: la prima è lasciare che la Bce prosegua nelle sue operazioni di rifinanziamento delle banche, e sin d’ora dichiari che lo farà, così sosterrebbero i titoli di stato. Se la situazione precipitasse, la Bce può diventare il prestatore di ultima istanza acquistando sul mercato titoli di stato dei paesi in difficoltà. La seconda linea è, partendo dal fondo salva-Stati temporaneo già operativo, tra-


Alberto Quadrio Curzio

sformare il cosiddetto “meccanismo di stabilità europeo” in un fondo finanziario europeo. Questo dovrebbe avere una licenza bancaria per accedere alla liquidità della Bce e di un capitale reale, a partire dalle riserve auree ufficiali e dovrebbe mutuare una parte del debito dei paesi Uem e aiutare nei salvataggi bancari. Finché tutto ciò non sarà fatto, solo la Bce ha la forza per bloccare il contagio, come ha fatto in dicembre e gennaio. Ma se dal contagio si passa al panico, anche la Bce può poco». Oltre alla crisi dei debiti sovrani e del sistema bancario di alcuni Paesi, la Uem sta anche vivendo una recessione che aggrava la crisi. Come si potrebbe uscirne? «La recessione è un male grave che la Uem non si dovrebbe permettere ma che invece è già in atto. Il rigore di bilancio che è stato imposto a tutti soprattutto per l’orientamento tedesco ha portato al “fiscal compact” che è una camicia di forza molto pericolosa se non viene affiancata da un simmetrico “growth compact”. Il problema è che taluni stati non possono rilanciare la crescita avendo un alto debito pubblico, mentre altri che potrebbero non vogliono farlo per non aumentare la spesa pubblica. In realtà è che per un rilancio della crescita nella Uem ci vorrebbe un’azione a livello comunitario perché l’azione dei singoli Stati non basta. Per questo la via più rapida sarebbe un potenziamento della Banca europea degli investimenti. Si do-

Per rilanciare la crescita servirebbe un’azione comunitaria, perché quella dei singoli Stati non basta

vrebbe aumentare subito il suo capitale e le sue emissioni obbligazionarie per finanziare investimenti europei nonché la sua operatività con la collaborazione rafforzata con le Casse depositi e prestiti nazionali. Qualcosa si sta muovendo con i project bond ma a una lentezza tale che gli effetti sono troppo deboli. La cura del rigore di bilancio esasperata può portare a qualche altra crisi greca, un paese che da anni vede scendere il suo Pil di vari punti percentuali». Nonostante le politiche di rigore del Governo Monti, lo spread è tornato a salire. In un’economia globale quanto le politiche di un Paese possono realmente infondere fiducia nei mercati?

«L’analisi dello spread italiano va fatta con almeno tre confronti. Lo spread, ovvero l’interesse maggiore pagato dai titoli di Stato decennali italiani (Btp, più rischiosi) su quelli tedeschi (Bund, più sicuri), all’inizio di luglio 2011 era a 1,8 punti percentuali. All’inizio di novembre superava i 5,5. Questo significa che la gestione del bilancio pubblico italiano fino a luglio scorso non preoccupava i mercati anche grazie alla buona gestione di Tremonti. Poi, come sappiamo, la situazione è degenerata. Direi che il Governo Monti, unitamente alle iniezioni di liquidità della Bce, ottimamente governata da Draghi, ha influito senz’altro positivamente sullo spread che, seppur in maniera altalenante, LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 41


XXXXXXXXXXX L’EUROPA E LA CRISI

è migliorato fino alla seconda salvare banche. I “Tremonti metà di marzo. Ora è purtroppo ritornato a oscillare tra 4,30 e 4,50, livelli molto alti. Se però confrontiamo la situazione di Italia e Spagna vediamo che lo spread italiano da inizio anno è sceso del 16% mentre quello spagnolo è aumentato del 50%». Recentemente Moody’s ha tagliato il rating di 26 banche italiane, comprese le prime cinque. Questa decisione secondo lei è giustificata? «Il taglio di Moody’s è dovuto al ritorno dell’Italia in recessione e alle misure di austerità del governo che, riducendo la domanda nel breve termine, hanno aumentato la vulnerabilità delle banche. I rating delle banche italiane, in alcuni casi, sono adesso tra i più bassi nei paesi europei. Non condivido questi giudizi perche l’Italia è uno dei pochi paesi europei dove lo Stato non ha dovuto

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bond” per la ricapitalizzazione sono stati usati pochissimo e in gran parte già restituiti. La ragione è che la banche italiane sono poco esposte verso l’estero, che non si sono avventurate in speculazioni (come in Spagna con l’immobiliare) o con prodotti finanziari spericolati (come l’Irlanda). Infine in Italia le famiglie sono poco indebitate e continuano a risparmiare. Nel complesso le nostre banche abbiano retto bene fino ad ora la crisi e pertanto sorrido quando penso a chi anni fa suggeriva che prendessero esempio dalle banche irlandesi e inglesi. Forse l’unico aspetto che hanno preso dalle banche inglesi sono le remunerazioni dei manager che hanno raggiunto, anche nelle banche minori, livelli inconcepibili nella situazione in cui ci troviamo». In che modo le banche italiane possono assumersi il

compito di incentivare la crescita e lo sviluppo del nostro Paese? «Il sistema bancario italiano ho adottato con la sua associazione Abi molte misure per sostenere l’economia italiana sia per le persone fisiche che per le imprese. Questo anche perché la banche italiane sono in gran parte sorrette dalle fondazioni e dal credito popolare e cooperativo che è un credito paziente. Ma le sue sofferenze sono in forte crescita e i requisiti patrimoniali di Basilea tre non consentono di fare più credito. Il rilancio della crescita italiana, che non può essere risolutivo se non parte anche quella delle Uem, passa attraverso l’urgente varo del decreto, che dalle anticipazioni mi sembra troppo frastagliato. Date le poche risorse a disposizione tre dovrebbero essere le linee di intervento: defiscalizzazioni sugli investimenti in ricerca e sviluppo, sulle ristrutturazioni e efficientizzazioni (misure energetiche e antisismiche) edilizie, semplificazione e aumento di produttività della pubblica amministrazione, lotta alla criminalità. In Italia l’economia privata (imprese e risparmio) sono forti ma si deve trovare il modo di ridare loro spinta. Le analisi e le proposte del neopresidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sono un importante riferimento di cui speriamo che il governo tenga conto».




CREDITO & IMPRESE

USCIRE DALLA CRISI, INSIEME Al giro di boa, il 2012 sembra confermare le previsioni degli analisti. Recessione produttiva e dei consumi, difficoltà nell’accedere al credito da parte di imprese e famiglie, mercati finanziari turbolenti. È questo lo scenario, non solo italiano, che frena lo sviluppo. Nel tentativo di superare questa émpasse, il governo sta mettendo a punto il decreto sviluppo, in modo da riuscire a ridare slancio alle aziende che vogliono investire e tornare a competere. A livello re-

gionale, Confidi ha da poco siglato un accordo teso a facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese lombarde. La voglia di ripartire dunque è forte, ma diventa sempre più evidente quanto il territorio e l’Italia, come ogni paese europeo, siano interconnessi e dipendano da una sovrastruttura comunitaria che si sta rivelando di fondamentale importanza nella decisione dei tempi, e soprattutto dei modi, per uscire da questa crisi economica. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 45


CREDITO & IMPRESE

DIAMO CREDITO ALLE IMPRESE Le aziende lombarde hanno bisogno di fiducia e liquidità per riuscire a superare la crisi economica e vincere la sfida dell’internazionalizzazione. A questo serve la recente convenzione 107 siglata da Confidi Lombardia e Unicredit Teresa Bellemo

e l’accesso al credito è il nodo su cui si fermano tante imprese, gli accordi tra istituti bancari e associazioni di categoria possono essere il balsamo in grado di sciogliere questi nodi, spingendo le aziende oltre la crisi economica. La recente convenzione 107 siglata tra Unicredit e Confidi Lombardia ha lo scopo di facilitare l’accesso al credito alle 15 mila piccole e medie imprese aderenti al Confidi del sistema associativo di Confindustria. A sottoscrivere l’accordo sono stati Monica Cellerino, responsabile di territorio per la Lombardia di Unicredit e Giovanni Grazioli, presidente di Confidi Lombardia. Si tratta del primo patto di intesa stipulato tra Unicredit e Confidi Lombardia, che ha intrapreso negli ultimi due anni un intenso dialogo con la realtà bancaria per valorizzare dare ragione al proprio ruolo di intermediario. Grazie a questo accordo molte piccole e medie imprese lombarde potranno beneficiare di condizioni creditizie più favorevoli e di nuovi finanziamenti a tassi più vantaggiosi. Giovanni

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Grazioli esprime soddisfazione, ma non rinuncia a sottolineare la difficoltà per le imprese a ottenere credito e quella delle banche a finanziare le imprese valide. «Il punto è riuscire ad avere le capacità per distinguere quali aziende sono da finanziare e quali meno. È un problema che riguarda banche e confidi. In questo senso serve organizzarsi non solo professionalmente, ma anche con strumenti utili per riuscire a prendere questo genere di decisioni». Qual è il ruolo delle banche in questa crisi economica mondiale? «Il ruolo delle banche è svolgere appieno il proprio compito di sostegno finanziario dell’economia reale; cosa che in questo periodo non sempre è avvenuta. Sono consapevole della difficoltà affrontata anche dalle banche, ma in una situazione critica come quella che stiamo attraversando, che non sembra avere breve durata, è utile non far mancare le risposte necessarie alle imprese. Mi sembra invece che negli ultimi anni questo ruolo si sia un po’ perso, per questo credo sia necessario


Giovanni Grazioli, presidente di Confidi Lombardia

un maggiore radicamento sul territorio, in modo da poterlo conoscere bene e con esso anche le sue imprese. Credo che sapere come lavora il tessuto produttivo sia l’unica strada per operare al meglio. La centralizzazione del processo decisionale avvenuta negli ultimi anni in molte banche sicuramente è andata nella direzione opposta e non ha fatto bene all’economia perché, se chi decide è lontano, spesso si basa su valutazioni troppo oggettive, perdendo di vista le capacità di un’azienda». È su questo solco che si inserisce il recente accordo con Unicredit? «Confidi Lombardia ha cercato di operare al fianco delle aziende e a questo proposito nell’ultimo periodo ha messo a punto parecchie convenzioni con molti dei principali istituti di credito. L’ultimo in ordine di tempo è quello con Unicredit, di cui sono particolarmente soddisfatto perché non è stato semplice arrivare a un accordo valido. Sono certo che sarà di aiuto a molte aziende». Il credit crunch costringe molte aziende alla chiusura. Come aiutare gli imprenditori che in questi ultimi mesi sembrano particolarmente sotto pressione, arrivando in alcuni casi a gesti estremi? «Innanzitutto va riaffermato con forza che il credit crunch esiste ed è reale; da qualche tempo si sentono troppe voci tentare di affermare il contrario. C’è negli imprenditori una paura forte di non riuscire a sopravvivere, lo percepiamo ogni giorno dal tenore delle telefonate e delle richieste che riceviamo. Per quanto riguarda i Confidi credo che abbiamo svolto un’attività importante al fianco delle

aziende, ma purtroppo da soli non sono sufficienti a salvaguardare gli interessi delle aziende. Siamo un sistema poco patrimonializzato, per questo abbiamo necessità di aiuti da parte degli enti pubblici che da un po’ di tempo non stanno arrivando. Al di là degli encomi per il lavoro svolto ci aspettiamo che ci sia un indirizzo politico chiaro che affermi il ruolo dei Confidi e che contribuisca al loro rafforzamento patrimoniale. I Confidi sono le uniche strutture in grado di supportare le aziende in questo momento in difficoltà. Credo che sia necessario che gli enti si muovano a loro sostegno come alcune regioni stanno già facendo, destinando fondi alle imprese attraverso questi organi di mediazione. Un euro dato a Confidi equivale, grazie al nostro effetto moltiplicatore, a 16 euro». Quali sono i provvedimenti più immediati da adottare per dare una spinta allo sviluppo dell’economia lombarda e nazionale? «Le nostre imprese devono fare i conti con tre problemi essenziali: credito, innovazione e internazionalizzazione. Solo con questi tre pilastri possono cercare di stare in piedi e per questo bisogna sostenere queste tre parole d’ordine. Se riteniamo che il ruolo dei Confidi a livello di sostegno al credito sia importante, allora gli enti pubblici dovrebbero finalizzare i loro interventi nei confronti dei Confidi vigilati, che danno garanzie serie, evitando piuttosto di distribuire contributi a pioggia, di pianificare incontri e meeting che servono molto poco alle aziende e al sistema. Probabilmente avranno altri fini, però non sono quelli che interessano a noi». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 47


CREDITO & IMPRESE

AL FIANCO DEGLI IMPRENDITORI La crisi economica continua a complicare il lavoro di tanti imprenditori lombardi, divisi tra calo della produzione e credit crunch. Per questo il sistema camerale deve fare tutto il possibile per favorire le imprese che operano bene Teresa Bellemo

nche la Lombardia, una delle regioni più floride e con valori di produttività più elevati, lascia il passo alla crisi economica. La produzione industriale del primo trimestre 2012 registra una variazione negativa sia del dato congiunturale (-0,7% il dato destagionalizzato) che di quello tendenziale (-2,8%). La produzione, tranne nei settori delle pelli-calzature e dell’alimentare, non cresce, e ciò si associa all’ormai nota cronicizzazione della difficoltà di accesso al credito per le piccole e medie imprese. Un corto circuito che sembra non voler allentare la sua presa. Quello del credito è sicuramente il problema più urgente e su questo fronte giocano un ruolo importantissimo i Confidi. Per questo la Camera di Commercio ha provveduto a rafforzare i fondi a rischio degli organismi di garanzia fidi e ad abbattere il costo delle operazioni di investimenti attivate tramite Confidi. Un tentativo di rispondere alle imprese che, in questi anni così difficili, hanno battuto nuove strade per competere, ricercando forme di aggregazione come risposta alla competizione globale e

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nuove strategie per affacciarsi sui mercati più promettenti. «Un impegno a tutto campo che vuol testimoniare la volontà del sistema camerale lombardo di essere costantemente al fianco degli operatori economici in questa fase congiunturale ancora delicata». Ne parla il presidente della Camera di Commercio di Cremona e vicepresidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio. La produzione industriale lombarda ha subito un forte freno, soprattutto a causa della diminuzione degli ordinativi interni. Quali le strategie per uscire dalla crisi? «È innegabile che il 2012 sia iniziato in salita: il primo trimestre ha visto in Lombardia una nuova contrazione della produzione industriale, sia in termini congiunturali (-0,7%) che tendenziali (-2,8%). Si tratta comunque di dati meno negativi di quanto previsto tre mesi fa e, soprattutto, migliori di quelli nazionali (-7,5%). Cremona, con un +2,1% rispetto all’anno prima, si distingue nel panorama lombardo e registra la performance migliore. Troppo poco, però, per ipotizzare una svolta a breve termine.


Gian Domenico Auricchio, presidente della Camera di Commercio di Cremona e vicepresidente di Unioncamere Lombardia

Certo il clima è di grande incertezza, considerando anche che non si sono ancora delineati compiutamente gli effetti restrittivi della recente manovra governativa che, almeno nel breve termine, possono agire da freno sull’economia locale, andandosi a sommare a problematiche come la difficoltà di accesso al credito e l’ormai prolungato stallo dei consumi interni. La Camera di Commercio sta cercando di mettere in campo misure per fronteggiare la crisi di liquidità delle aziende e per incentivare le imprese che decidono di investire e di puntare sull’internazionalizzazione e sull’innovazione. Detto ciò, siamo in attesa di interventi di sistema del governo che favoriscano la crescita e una maggiore liquidità». Durante questa crisi economica si sono verificati molti casi di usura associati alla criminalità organizzata, anche nel Nord Italia. Spesso le motivazioni si trovano nella difficoltà degli imprenditori a recuperare il credito attraverso i canali bancari. Quale soluzioni suggerisce? «Effettivamente l’accesso al credito è oggi la priorità assoluta. Proprio per questo le istituzioni, mai come adesso, devono porsi al fianco delle imprese, soprattutto di quelle più piccole, per mettere in campo azioni volte a fronteggiare la crisi di liquidità delle aziende. Come sistema camerale lombardo siamo intervenuti con una serie di iniziative: ricordo innanzitutto l’operazione “Confiducia”, volta a sostenere l’operatività dei Confidi, e lo “Sbloccacrediti”, un progetto che attraverso un fondo di rotazione consente di anticipare senza interessi e commissioni i crediti scaduti delle imprese nei con-

fronti dei Comuni lombardi. Sono infine ai blocchi di partenza altre due proposte: “Microcredito” è una misura che si stima possa finanziare circa 2.000 microimprese, start-up e nuove imprese con un finanziamento di massimo 25.000 euro, rimborsabile nell’arco di 3/60 mesi. “Confidi International”, infine, è un intervento a sostegno delle imprese che svolgono attività con l’estero che, meglio delle altre, stanno affrontando la crisi ma che devono essere supportate per garantire loro facilità nell’ottenimento delle risorse necessarie per mantenere alto il loro livello di competitività». Infine una domanda sulla riqualificazione del polo cremonese di Tencara. Quali strategie di marketing territoriale sono state messe in campo dopo la chiusura di Tamoil? «Proprio in questi giorni è stata siglata un’intesa fra Ministero dello Sviluppo economico, Regione Lombardia, Provincia, Camera di Commercio, Comuni di Cremona e Pizzighettone, associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e Tamoil Italia per favorire il rilancio del territorio concentrando le strategie di marketing territoriale in particolare sull’area di Tencara, una superficie di circa un milione di metri quadri situata al terminale del canale navigabile, a Pizzighettone. Si tratta di una zona supportata dalla possibilità di movimentazione di carichi mediante il canale, la ferrovia e la rete stradale. È stato un impegno di responsabilità condiviso per aumentare l’attrattività del nostro contesto territoriale e favorire la scelta insediativa di nuovi business attraverso la definizione di un’offerta di un pacchetto localizzativi di servizi e condizioni incentivanti che ne sostengano l’attrattività». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 49




ATTRATTIVITÀ TERRITORIALE

Rafforzare i legami territoriali e investire sulla filiera produttiva Consolidando i rapporti tra la grande e la piccola impresa si cresce insieme e si fortifica anche l’intero sistema produttivo. Andrea Gibelli spiega perchè l’evoluzione tecnologica crea affiatamento e diventa un deterrente alla delocalizzazione Elisa Fiocchi

aratterizzare il territorio attraverso il brand è uno dei processi fondamentali per renderlo più attrattivo, ma perché ciò avvenga è necessario coniugare tecnologia, maestranze qualificate e creatività assieme a un cultura che rappresenta un ulteriore elemento di competitività. Il vicepresidente della Regione Lombardia, Andrea Gibelli, illustra i passaggi chiave contenuti nelle future strategie di marketing territoriale che, rispetto al passato, avranno come fattore decisivo l’elemento temporale. «Nessuna multinazionale estera, pur valutando e riconoscendo la qualità della nostra ricerca e della nostra forza lavoro, sceglie investimenti senza un ritorno temporale preciso. Ecco perché il programma Aster cerca di responsabilizzare la filiera locale per abbreviare al minimo un percorso autorizzativo entro il termine di diciotto mesi». È poi in fase esplorativa

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Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia

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il progetto “wiki Lombardia”, che studia una piattaforma digitale di natura pubblica e privata che possa favorire lo scambio di conoscenza attraverso il confronto digitale. Come si lega sul territorio lombardo il tema dell’internazionalizzazione a quello dell’attrattività per incrementare la competitività delle imprese locali? «Mettendo in conto le condizioni di costo strutturale e di energia e del peso fiscale, che non aiuta la competitività delle imprese lombarde, l’elemento principale su cui ha competenza e fa leva la Regione è la presenza di un’impresa ogni 12 abitanti, ciò significa disporre di un’intelligenza collettiva diffusa elevatissima in termini di capacità tecnologiche, che negli anni abbiamo sostenuto attraverso programmi di innovazione e oggi supportiamo con forme di aggregazione che consentono a un territorio di connotarsi dentro legami strutturali di imprese. Localizzazioni che devono diventare elementi strutturali di sistemi nelle reti di imprese, ad esempio con il bando avanzato nel programma Ergon». Su quali altri elementi fare leva per rendere competitivo il territorio? «Indubbiamente la valorizzazione del capitale umano, che va motivato nell’ottica di appartenenza all’azienda. Un ulteriore elemento di competitività all’interno di questi parametri, riguarda il coinvolgimento degli enti pubblici che hanno una grossa responsabilità nel percorso autorizzatorio di iniziativa imprenditoriale. A tal proposito, il rapporto tra istituzione regionale, sistema


Andrea Gibelli

produttivo ed ente locale è contenuto all’interno del programma Aster che definisce accordi di sviluppo territoriale mettendo a confronto l’ente locale e i soggetti privati per l’attuazione di un programma che si avvia e si conclude in 18 mesi». Quanto l’introduzione di un limite temporale può incidere sugli investimenti esteri? «La definizione temporale in passato è stato uno dei parametri decisivi nell’attrattività degli investimenti esteri: in Slovacchia ad esempio il parametro di valutazione dell’investimento in termini di ritorno temporale è breve, mentre in Lombardia la fase autorizzatoria è lenta e a volte si traduce in quattro o cinque anni di attesa. Nessuna multinazionale, pur valutando e riconoscendo la qualità della nostra ricerca e forza lavoro, ricorrerà a noi in termini temporali. Il programma Aster cerca quindi di responsabilizzare la filiera locale per abbreviare al minimo il percorso autorizzativo». E quali strumenti la Regione mette a disposizione delle imprese per promuovere l’uso della tecnologia a supporto del business? «Ci sono misure precise per costruire partnership funzionali alle imprese, che danno supporto e valutano il check up dell’azienda e individuano poi l’elemento potenziale per favorire il business. Le imprese che ne fanno richiesta sono affiancate da un team che definisce una piattaforma di orientamenti che possono permetterle di uscire da una fase prefallimentare dove c’è ancora forza vitale ma non si sa ancora in che direzione andare. Il secondo concetto riguarda invece alcune forme incentivanti, ad esempio il bando sulla responsabilità sociale d’impresa promosso per prima dalla Regione Lombardia che guarda alla competitività come elemento imprescindibile dalla responsabilità sociale d’impresa». Perchè è così importante investire sulla filiera produttiva corta? «Perchè in questo modo si rafforza il legame di relazione territoriale tra la grande e la piccola impresa e si cresce insieme, consolidando tutto il sistema territoriale. L’evoluzione tecnologica crea affiatamento tra le imprese interessate e al tempo

L’elemento di maggiore competitività della Lombardia consiste nella presenza di un’impresa ogni dodici abitanti, ciò significa disporre di un’intelligenza collettiva diffusa elevatissima in termini di capacità tecnologiche

stesso diventa un deterrente alla delocalizzazione. Investire nella filiera corta significa rafforzare questi legami. Altra condizione necessaria è mettere l’impresa in relazione con il territorio stesso per favorire percorsi di formazione e di ricollocazione professionale». Quali aree della Lombardia si prestano maggiormente a essere “brandizzate”? «Tutte, la Regione non ha prevalenze specifiche. Ha esteso le proprie politiche dal comparto manifatturiero tradizionale al settore della sostenibilità compatibile, passando per quello della moda che rappresenta un settore in cui l’innovazione è concepita per definire la competitività di sistemi maturi attraverso la creatività. La sfida è brandizzare tutto ciò che contiene gli elementi più importanti del territorio, ma in forma aggregata: non ci interessa più la localizzazione fisica ma il sistema di relazioni tra imprese dentro il territorio». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 53


ATTRATTIVITÀ TERRITORIALE

Imprese al centro dello sviluppo economico e sociale Secondo Alessandro Scaccheri, il tema della collaborazione tra aziende è tanto importante quanto ancora poco presente nella cultura di molti nostri piccoli imprenditori: «Fare squadra può essere la vera chiave di volta per recuperare competitività e attivare proficue collaborazioni tra pubblico e privato» Elisa Fiocchi

ell’ultimo anno il tessuto imprenditoriale lombardo ha accumulato perdite per 40 miliardi di euro. I dati della crisi toccano in maniera particolare le aziende della provincia di Monza e Brianza, che con un calo del 6% perdono complessivamente 2,7 miliardi, e le imprese bresciane, che vedono il proprio giro di affari rallentare dell’8% rispetto a quello del 2010. Alessandro Scaccheri, responsabile della sede di Monza di Formaper ed esperto di problematiche della nuova e della piccola impresa, analizza i modelli organizzativi del comparto produttivo lombardo e introduce nuovi strumenti di promozione e di sviluppo dell’imprenditorialità. Per risollevarsi dalla crisi molte imprese lombarde destinano le proprie risorse al web,

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Alessandro Scaccheri, dirigente di Formaper, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano

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puntando sull’e-commerce, i social network, la pubblicità online: ritiene questa strategia vincente per valorizzare le potenzialità delle imprese? «Negli ultimi anni Internet ha cambiato il modo di comunicare. Questo fenomeno è recentemente esploso soprattutto per via della diffusione di Facebook, che conta oltre 20 milioni di utenti in Italia. Per le imprese, quindi, è essenziale non perdere quest’opportunità, essere presenti sul web nelle sue diverse modalità di utilizzo tramite social network, smartphone e altro ancora. Questo canale rappresenta, infatti, una valida possibilità che, se correttamente colta e interpretata, offre ricadute positive su molti fronti che vanno dall’efficienza dei processi all’aumento dei profitti». Quali sono i vantaggi immediati? «La comunicazione digitale deve rappresentare l’innovativo “biglietto da visita” che può sviluppare le relazioni con clienti e fornitori, valorizzare gli investimenti pubblicitari, il patrimonio aziendale di contatti web e, non ultimi, il coinvolgimento interattivo degli utenti in alcuni aspetti del marketing e la reputazione online. Certo, per un’impresa la scelta di intraprendere un percorso informatizzato significa avere la consapevolezza di dedicare a tale obiettivo un impegno costante e determinazione nella ricerca e aggiornamento dei contenuti adeguati». Attraverso quali strumenti si attuano strategie mirate allo sviluppo di ogni diversa re-


Alessandro Scaccheri

altà imprenditoriale sul territorio? «Soprattutto in un momento di crisi economica, ciascun territorio sente fortemente l’obiettivo di difendere e consolidare il proprio tessuto economico-occupazionale. Cresce, così, la competitività fra territori in tema di attrattività di turisti, residenti e imprese. Si tratta di una “competizione” che richiede, da un lato, una strategia di intervento condivisa dai principali attori economico-istituzionali locali e, dall’altro, una convinta e fiduciosa partecipazione dell’intera comunità del territorio. Specialmente, in un periodo di risorse scarse come questo, è essenziale che un sistema locale sia in grado di mettere insieme e concentrare volontà e investimenti al fine di perseguire alcune priorità di crescita ben definite». Com’è possibile raggiungere questo obiettivo? «È importante riuscire ad attivare la collaborazione pubblico-privato e mettere al centro l’impresa come motore di sviluppo economico, occupazionale e sociale. Sempre di più, infatti, le

Nel nostro Paese, in cui oltre il 95% di imprese hanno meno di dieci dipendenti, è fondamentale far sì che sempre più imprese scelgano la strada dell’aggregazione in rete

imprese non sono solo lo strumento per generare lavoro, produrre profitto e, quindi, favorire l’introito fiscale per i servizi pubblici della Pa, ma anche occasione di iniziative utili al territorio nel rispetto dei principi della responsabilità sociale d’impresa. Inoltre, vorrei ricordare che qualsiasi definizione di una strategia di marketing territoriale richiede un’attenta e partecipata analisi delle caratteristiche del territorio, delle sue potenzialità, dei suoi punti di forza e di debolezza. Quando tale lavoro preliminare è compiuto, in modo partecipato e coinvolgente, tenendo conto dei diversi aspetti e peculiarità, nonché è stato

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ATTRATTIVITÀ TERRITORIALE

LOMBARDIA QUARTA IN EUROPA PER PRESTAZIONI INNOVATIVE Il territorio regionale tiene per quanto riguarda la qualità, la produttività dei servizi finanziari e del sistema scientifico ma è più debole nella capacità innovativa del tessuto delle pmi. Ne parla Enrico Ciciotti no dei nodi da sciogliere per rilanciare la competitività del nostro territorio su scala globale consiste nell’individuare le cause che rendono l’Italia un paese meno attrattivo rispetto alle altre realtà europee. Enrico Ciciotti, docente di politica economica e preside della Facoltà di Economia all’Università Cattolica di Piacenza, esclude che il costo del lavoro costituisca una discriminante nell’attrazione degli investimenti esteri. «È un falso problema – spiega – perché se il nostro paese è meno appetibile è colpa della scarsa efficienza della pubblica amministrazione, della carenza di infrastrutture e della corruzione diffusa che causa costi enormi per le imprese sane ed è al tempo stesso una delle cause/conseguenze dell’inefficienza della Pa».

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Quali sono le strategie vincenti da attuare per la valorizzazione del binomio prodotto-territorio in Lombardia? «Il territorio lombardo si presenta con caratteristiche che lo rendono abbastanza unico nel contesto europeo e che hanno trovato riscontro nelle politiche regionali per i distretti e i metadistretti che costituiscono, almeno sulla carta, una valida strategia. Sarebbe però necessaria una loro attenta valutazione da parte degli enti pubblici e delle imprese che ne hanno, oppure no, beneficiato per verificare la loro efficacia proprio nella promozione del binomio

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stretti. Anche in questo caso si tratta di verificare se e in che misura questa impostazione più selettiva ha Come giudica l’evoluzione delle dato gli esiti positivi attesi. In particolare, va valutato se i ritardi che la imprese lombarde negli ultimi anni in relazione alla loro capacità Lombardia presentava rispetto alle di investire in innovazione e di dif- regioni europee leader, principalmente in termini di ostacoli al finanfondere servizi su scala internaziamento dell’attività innovativa e di zionale? offerta di capitale umano particolar«Buona, se rapportata al contesto delle regioni italiane: la Lombardia si mente qualificato, sono stati effetticonferma come la regione le cui im- vamente colmati». prese presentano uno dei più alti tassi di innovazione, intesa nelle sue Enrico Ciciotti, direttore del Must, master universitario in sviluppo varie forme di innovazione di proturistico e valorizzazione culturale del territorio presso la sede di Piacenza dotto, di processo e di organizzadell’Università Cattolica zione. Se però facciamo riferimento al contesto europeo, si colloca al quarto posto per quanto riguarda le prestazioni innovative considerate nel loro complesso. In particolare, la regione dimostra un buon posizionamento per qualità e produttività dei servizi finanziari e del sistema scientifico, mentre presenta una maggior debolezza nella capacità innovativa del tessuto delle pmi». territorio/impresa e introdurre eventualmente i correttivi necessari».

Le istituzioni regionali attuano politiche territoriali adeguate per affacciarsi sui mercati più competitivi? «Il sistema di innovazione lombardo si caratterizza per aver orientato le risorse sull’alta formazione, ad esempio attivazione di dottorati e contratti per giovani ricercatori, e aver concentrato il sostegno sui progetti di ricerca e sviluppo prevalentemente nell’ambito dei metadi-


Alessandro Scaccheri

possibile giungere all’individuazione di scelte condivise e consapevoli, allora quel territorio ha acquisito un primo vantaggio competitivo che, se perseguito con coerenza, potrà dare risultati positivi nel medio-lungo periodo». Quali sono i nuovi modelli di business e i percorsi di sviluppo per uscire dalla crisi e rilanciare il comparto produttivo lombardo, in particolare le imprese monzesi e brianzole? «La contrazione dell’economia lombarda dei primi mesi del 2012 conferma la gravità dell’attuale fase economica, particolarmente critica e richiede da parte di tutti i soggetti interessati un accresciuto impegno per sostenere le imprese e fare in modo che siano in grado di sviluppare competitività nel momento in cui si presenterà l’uscita dal tunnel di questa congiuntura negativa. È, quindi, importante far sì che il tessuto delle imprese si mantenga solido e non si impoverisca, sia numericamente sia qualitativamente. Proprio nei momenti di difficoltà, deve farsi strada la capacità imprenditoriale di “fare rete” con le altre imprese per avere la forza necessaria a innovare e trovare nuovi

mercati. Il tema della collaborazione tra imprese è tanto importante quanto ancora poco presente nella cultura di molti nostri piccoli imprenditori. Eppure, riuscire a superare questa inerzia, “fare squadra” può essere la vera chiave di svolta per far recuperare competitività alle nostre piccole e medie imprese». In che modo le imprese possono diventare competitive nell’economia globale? «Nel nostro Paese, in cui oltre il 95% di imprese hanno meno di dieci dipendenti, non possiamo dimenticare che è fondamentale far sì che sempre più imprese scelgano la strada dell’aggregazione in rete, per fare massa critica sul mercato e mettere insieme le risorse necessarie alla ricerca e all’innovazione. È ormai appurato da tutti i più recenti studi che le imprese più dinamiche nell’export sono anche quelle più impegnate sul fronte dell’innovazione di prodotto e di processo. Non bisogna, poi, trascurare l’esigenza di favorire la nascita di nuove imprese innovative in grado di consolidare la dinamica imprenditoriale e di evitare un pericoloso depauperamento del tessuto delle imprese». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 57




Tolto l’amianto, più efficienza energetica Cresce la richiesta di interventi specializzati per la rimozione dell’eternit dalle coperture industriali e civili. La Lombardia prosegue verso l’obiettivo di diventare regione “amianto free” entro il 2015. Ne parliamo con Demetrio Grassenis, Ilario Santus e Amedeo Zanotti Manlio Teodoro

econdo le stime di Legambiente nel territorio lombardo esistono ancora circa 2,7 milioni di metri cubi di amianto da mettere in sicurezza. Equivalenti a un milione di tonnellate di materiale contaminato e dislocato in oltre 28mila fra edifici privati e capannoni industriali – in prevalenza – e strutture pubbliche. A questa stima, basata sui siti di cui è stata accertata l’esistenza, si deve poi sommare l’eventuale presenza sul territorio di discariche abusive o sedi non segnalate. In base al Piano Regionale Amianto Lombardia (Pral) entro il 2015 la regione dovrà poter essere dichiarata “amianto free”. A che punto è l’opera di bonifica? Ne

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La Duesse Coperture Srl, ha sede a Ponte Nossa (BG) www.duessecoperture.com

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parliamo con Demetrio Grassenis, titolare della Duesse Coperture, azienda specializzata nel rifacimento nella realizzazione ex novo di coperture industriali e civili, inoltre autorizzata a eseguire la rimozione sicura dell’amianto da queste strutture. «Negli ultimi anni abbiamo registrato un incremento nella richiesta di interventi per la rimozione dell’eternit dai capannoni industriali. Questa operazione è pressoché sempre abbinata al rifacimento delle coperture con pannelli coibentanti o anche con l’installazione di pannelli fotovoltaici. In entrambi i casi, dunque, oltre alla bonifica, c’è la ricerca, da parte dei committenti, di una migliore resa energetica delle


Demetrio Grassenis, Ilario Santus e Amedeo Zanotti

Una storia ecosostenibile

strutture. Se questa rappresenta certamente un vantaggio economico per il proprietario dell’immobile o dello stabilimento produttivo, ha indubbiamente l’effetto di diminuire le emissioni e di ridurre il consumo delle risorse. Questa possibilità, insieme ai vantaggi fiscali, è certamente uno stimolo in più per intraprendere un intervento di bonifica».

A ulteriore conferma dell’impegno verso uno sviluppo ecosostenibile, la Duesse Coperture di Ponte Nossa è in attesa di ottenere la certificazione ambientale Iso 14001/2004, un traguardo importante per una realtà imprenditoriale specializzata nella realizzazione di coperture edili e smaltimento di amianto e che in quanto tale ha fatto del rispetto ambientale la sua mission. A conferma di questo impegno, nel 2011, l’azienda è entrata a far parte del consorzio Compere (Consorzio Materie Prime Energie Rinnovabili Ecosostenibili), una rete di imprese unica nel suo genere e costituita proprio per favorire lo sviluppo di tecnologie energetiche innovative e la valorizzazione delle risorse locali di ogni territorio. Gli obiettivi di ottimizzazione delle risorse e di un consumo responsabile dell’energia hanno però caratterizzato tutta la vita dell’azienda. Nata nel 2001, dall’accorpamento di due società già operative nel settore, la Duesse Coperture è attiva in tutto il Nord Italia e dispone delle autorizzazioni e certificazioni necessarie per assicurare qualità e funzionalità nella bonifica di amianto ed eternit presenti su edifici civili e industriali, effettuando i lavori di rimozione, incapsulamento e confinamento – servizi ai quali affianca la realizzazione ex novo di coperture ad alta efficienza energetica. Inoltre, Duesse realizza impermeabilizzazioni industriali, lavori di lattoneria, coibentazioni e manutenzioni.

STRATEGIA DI CRESCITA

Nonostante la crisi economica abbia avuto un peso particolarmente grave sul settore dell’edilizia, Duesse è riuscita negli ultimi anni a mantenere un trend di crescita costante. Come aggiunge Ilario Santus, socio di Grassenis insieme ad Amedeo Zanotti: «A fronte di un sistema paese certamente in difficoltà, siamo riusciti a registrare comunque un incremento considerevole. Nel 2011 abbiamo

raggiunto un fatturato di circa 11 milioni di euro, che ha migliorato il risultato 2010, che si era fermato a 9,5 e che veniva da un 2009 a quota 6 milioni. Di fronte a un quasi raddoppio del fatturato in appena un triennio, dunque, non possiamo che trarre un bilancio positivo dell’andamento del nostro business. La mossa fondamentale per avere queste performance è stata l’aver investito molto sull’azienda. Soprattutto sotto il profilo della áá LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 61


MODELLI D’IMPRESA

áá formazione del personale –

che ha un’età media di 30 anni –, del potenziamento delle capacità tecniche e inoltre dell’aggiornamento dei mezzi e degli strumenti fondamentali per il nostro lavoro – anche se, per noi, l’investimento più importante resta quello sulle persone. L’obiettivo per il 2012 è quello di consolidare il fatturato. Infatti, in questo momento complicato per l’economia italiana, consideriamo già un risultato importante la conferma della performance mantenuta finora». PROGETTI E LAVORI

Nell’ultimo triennio, la maggior parte delle commesse che hanno contribuito alla crescita della Duesse Coperture sono stati interventi per grandi aziende lombarde. «In tutti i lavori che abbiamo fatto sui capannoni industriali, è sempre stato necessario rimuovere l’amianto, seguendo le procedure di sicurezza stabilite dalle normative – interviene il socio Amedeo Zanotti -. Per il rifacimento delle coperture,

negli ultimi due anni abbiamo avuto una richiesta sempre maggiore di una tipologia di pannello diversa dal passato. Se prima montavamo un pannello alto appena 4 centimetri, adesso, tolto l’amianto abbiamo sempre montato un pannello coibentato di almeno 10 centimetri, composto da due lastre di lamiera con in mezzo del poliuretano. La scelta di questa soluzione è stata fatta anche da molti privati per il rinnovo delle coperture di abitazioni private». CERTIFICAZIONI E CONTROLLO QUALITÀ

Duesse svolge il lavoro attraverso un sistema di gestione della qualità certificato Iso 9001:2008, che la società ha attivato per mantenere e accrescere le proprie capacità e per individuare nuovi obiettivi di miglioramento. «Siamo iscritti – spiega Grassenis – all’Albo nazionale dei gestori ambientali, 62 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012


Demetrio Grassenis, Ilario Santus e Amedeo Zanotti

11 mln EURO

Fatturato registrato dalla Duesse Coperture nel 2011. Il dato si colloca su un trend di crescita dopo un 2010 a quota 9,5 milioni e un 2009 a 6 milioni

Tolto l’amianto, montiamo un pannello coibentato composto da due lastre di lamiera con in mezzo poliuretano, che garantisce un alto risparmio energetico

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mentre tutti i nostri operatori, che eseguono le bonifiche di strutture contaminate da eternit, hanno ottenuto dalla Regione Lombardia il cosiddetto “patentino” per lo smontaggio e il trattamento di coperture contenenti fibre in cemento-amianto. Inoltre, benché i lavori pubblici rappresentino attualmente meno dell’1 per cento del nostro fatturato, siamo in possesso dell’attestazione Soa – uno degli obiettivi per il futuro è quello di partecipare maggiormente alle gare di appalto. Per aggiudicarci questo tipo di lavori, le nostre certificazioni avranno un ruolo importante, dato che ormai sono pressoché dei requisiti di partecipazione ai bandi. Però le certificazioni giocano un ruolo altrettanto importante di fronte alle imprese private, soprattutto quelle più strutturate e in grado di comprendere il valore aggiunto di un’azienda che svolge il proprio lavoro seguendo determinati criteri,

che è strutturata in modo chiaro ed esegue controlli e procedure certe». Il corretto funzionamento di un’impresa e quindi la sua capacità di dare risposte positive alle richieste del mercato – in termini di prestazioni, qualità, affidabilità, puntualità, flessibilità e contenimento dei costi – si basano sulla responsabilizzazione del personale a ogni livello, sulla sua professionalità e sul concreto rispetto delle responsabilità assegnate. «Questo vale anche per il rispetto dell’ambiente. Infatti, Duesse ha sempre puntato a un impatto limitato, anche come fattore distintivo rispetto alla concorrenza. Abbiamo esteso anche ai nostri collaboratori e ai fornitori questa richiesta di prestare attenzione a quantità e qualità dei consumi per limitare l’impatto sull’ambiente. Gli obiettivi principali sono quelli di ridurre il consumo di materie prime, il consumo di energia, la quantità di rifiuti da smaltire – a favore del riciclo e del recupero – e di avere una gestione corretta dello smaltimento dell’amianto». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 63


L’Italia, avamposto per il petrolchimico? L’Italia, al centro del Mediterraneo, è un punto di riferimento per lo sviluppo del petrolchimico. Un processo che vede sempre più coinvolte le società esperte nel trasporto pesante e nelle grandi movimentazioni. Il punto di Alberto Galbiati di Mammoet Italy Luca Cavera Alberto Galbiati, amministratore delegato della Mammoet Italy Srl di Milano www.mammoet.com

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Alberto Galbiati

razie alla sua centralità geografica rispetto al bacino del Mediterraneo e all’enorme presenza di Epc contractor – ovvero le grandi imprese di ingegneria –, l’Italia si colloca in una posizione privilegiata per la ricezione dei grandi investimenti delle multinazionali del petrolchimico e delle grandi realizzazioni ingegneristiche. Il know how disponibile e la posizione favorevole la rendono infatti un avamposto per intervenire in Europa Meridionale, Nord Africa e Medio Oriente. Tuttavia, il nostro paese continua ad attrarre con difficoltà i capitali dall’estero. Come spiega Alberto Galbiati, amministratore delegato di Mammoet Italy, società che fa capo alla holding olandese Mammoet specializzata nei sollevamenti e trasporti pesanti: «Per una società estera che vuole venire in Italia a realizzare un progetto on the spot esistono innumerevoli difficoltà burocratiche, soprattutto se questa non si interfaccia con referenti italiani che abbiano esperienza nel curare le relazioni con le istituzioni, soprattutto locali». Mammoet Italy, in virtù della propria “anima italiana”, ha così assunto un ruolo strategico all’interno degli interessi del gruppo olandese, specializzandosi principalmente nel settore petrolchimico e facendo da base anche per la realizzazione di progetti in tutta l’area mediterranea. Qual è il ruolo di Mammoet Italy sullo scacchiere della holding olandese? «La nostra società agisce in autonomia rispetto al gruppo, tuttavia il nostro ruolo è strategico e si muove su due direttrici fondamentali. La prima è quella dell’operatività italiana. In Italia il nostro core business è quello del settore petrolchimico e l’attività principale è rappresentata dal revamping e refurbishing di raffinerie e impianti – il che comprende anche i grandi sollevamenti e i trasporti connessi al settore. Sempre nell’ambito dei sollevamenti e trasporti pesanti a questa prima direttrice si aggiungono i servizi

G

50 mln EURO

Investimento tecnologico di Mammoet Holding nel 2011 per tre gru con capacità di 3.200 tonnellate ciascuna, sviluppate con tecnologia in house per essere impiegate in progetti in Sud America e Medio Oriente

che forniamo ai produttori di vessel, reattori, generatori e altri equipaggiamenti di grandi dimensioni – questi soggetti operano in Italia, ma spesso si tratta di grandi società multinazionali». E la seconda direttrice? «È il nostro ruolo di hub commerciale per tutte quelle aziende italiane di Epc contractor che producono ed esportano tecnologia ingegneristica nel mondo e per le quali noi svolgiamo un servizio di back up e assistenza, mettendole in coordinamento con le nostre branch estere presenti nei mercati dove queste società vanno a operare. Inoltre, rispetto all’intero gruppo, Mammoet Italy ha la responsabilità diretta per i paesi dell’area nordafricana. Infatti coordiniamo le attività commerciali in Egitto, Libia, Algeria e Tunisia ed entriamo anche in scena in paesi, come il Marocco, che farebbe riferimento a Mammoet Spagna, nel caso in cui a operarvi siano aziende italiane – come nel caso di un intervento, due anni fa, presso la raffineria Samir áá di Casablanca».

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 65


MODELLI D’IMPRESA

áá

La crisi economica come ha influito sul vostro business? «Se analizziamo con attenzione l’ultimo biennio e confrontiamo l’andamento del nostro bilancio con quello del resto dell’economia italiana e mondiale, possiamo affermare che ci siamo rafforzati. Paradossalmente è stato proprio nel 2009, anno di massima crisi economica, che abbiamo registrato il risultato migliore, realizzando una crescita del 101 per cento sul nostro budget – questo dato ha le sue ragioni nella particolarità del nostro campo di azione. Il 2010 e il 2011 sono stati poi due anni di consolidamento e soltanto adesso, nel 2012, abbiamo iniziato ad avvertire la crisi. Le ragioni di que-

sto “ritardo” nel sentire gli effetti della crisi si spiegano con le specificità del settore petrolchimico». Vale a dire? «Il nostro core business è rappresentato dai servizi per le raffinerie e poiché queste ultime sono

In Italia il nostro core business è quello del settore petrolchimico. Inoltre siamo un hub commerciale per gli Epc contractor che producono ed esportano ingegneria italiana nel mondo

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Alberto Galbiati

L’autonomia in un grande gruppo Mammoet Italy è una società del gruppo Mammoet, holding internazionale con sede a

sottoposte a norme sempre più Utrecht (Olanda). È stata fondata a Milano nel 2001 e in appena un decennio ha stringenti per il rispetto amraggiunto una posizione di leadership nel mercato italiano dei sollevamenti pesanti in ambito petrolchimico, in qualità di subappaltatrice per le principali compagnie italiane bientale, che non consentono di ingegneria, realizzando le operazioni più critiche di sollevamento e mantenendo il di procrastinare gli interventi target di “zero incidenti”, obiettivo posto alla base di ogni progetto per una società che di revamping e refurbishing demesso al primo posto l’attenzione per la sicurezza e la salvaguardia ambientale. gli impianti, tutte le attività Mammoet Italy ha portato i propri mezzi e servizi in quasi tutte le raffinerie e gli impianti connesse sono state mantenute petrolchimici nazionali, sia sulla terraferma che sulle isole. La società ha anche coordinato appaltatori e ingegneri italiani nell’assegnazione, nella logistica e costanti nel tempo, nonostante nell’esecuzione di grossi progetti all’estero. Fra questi, ha curato la movimentazione a la crisi economica. Questo è ciò Malta di giganteschi serbatoi per conto della Liquigas Spa, società italiana che ci ha permesso quindi di appartenente allo stesso gruppo di investimento olandese, SHV Group, che controlla avere continuità di commesse anche Mammoet Italy. Questo intervento si inserisce nella specializzazione operativa negli ultimi anni. La crisi, inraggiunta dalla società nella movimentazione via terra e mare di reattori, caldaie, vece, non ha risparmiato i sezioni di navi e grossi yacht assemblati, lavori che l’hanno resa un partner affidabile e di valore per tutti i problemi connessi alle attività marine. nuovi progetti, che hanno subito una frenata. In realtà, fra i lavori che prevedevano finanziamenti ex novo, la maggior parte sono stati sol- mezzi che abbiamo già a disposizione. Questo tanto posticipati, mentre pochissimi sono quelli anche perché, nel nostro settore, gli investimenti cancellati. La sospensione ha comunque portato in nuovi mezzi prevedono costi di decine di mianche noi ad avvertire una crisi, sebbene con una lioni di euro. Per esempio, nel 2011, per l’agsfasatura temporale rispetto ad altri settori». giunta al nostro parco mezzi di tre nuove gru Questo ha determinato un cambiamento con una capacità di 3.200 tonnellate ciascuna, nei vostri asset e piani operativi? sviluppate con tecnologia in house e autopro«La nostra strategia è stata quella di sfruttare dotte da Mammoet, abbiamo dovuto destinare questo momento per guardare maggiormente al risorse per 50 milioni di euro – questi mezzi nostro interno, cercando di individuare quali sono stati realizzati appositamente per essere sono gli aspetti migliorabili. Quindi abbiamo impiegati in progetti in Sud America e Medio preferito investire di più nel personale, nel know Oriente». how, sulla crescita professionale e personale, sul Riscontrate disponibilità di manodopera cambio generazionale e meno in nuovi equi- specializzata in Italia o avete difficoltà a troáá paggiamenti, cercando di ottimizzare la flotta di vare le competenze adeguate? LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 67


MODELLI D’IMPRESA

áá «Nella selezione delle risorse umane abbiamo mentale, anche perché la nostra attività imsempre avuto un approccio di tipo americano e anche europeo, ovvero abbiamo scelto le persone in base al loro carattere, alla loro umanità e alla disponibilità a imparare. Spesso però sono le condizioni di partenza a mancare, come per esempio la conoscenza della lingua inglese, che nel nostro lavoro è un requisito fonda-

Nel 2009 abbiamo registrato il risultato migliore, realizzando una crescita del 101 per cento sul nostro budget

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plica la disponibilità a viaggiare e spostarsi. Abbiamo anche trovato ottimi tecnici, specializzati nella movimentazione di grandi mezzi. Tuttavia il fatto di non conoscere l’inglese resta una limitazione incredibile, specialmente in un paese come l’Italia, che è entrato in Europa e si colloca al settimo posto a livello internazionale per la forza commerciale e finanziaria». Quali sono i programmi e le strategie per il secondo semestre del 2012? «Punteremo certamente sulla diversificazione dei servizi. Già negli ultimi anni, a causa della diminuzione degli investimenti nel settore petrolchimico, abbiamo cercato spazio in altri ambiti. Come in quello della logistica, per il quale abbiamo sottoscritto un contratto pluriennale per la movimentazione di grandi motori, presso la divisione triestina della Wartsila, multinazionale finlandese. Poiché si tratta di trasporti che avvengono a cadenza settimanale, abbiamo collocato una nostra divisione a Trieste. Oltre alla logistica, ci siamo avvicinati anche ai grandi lavori e alle infrastrutture. Fra questi abbiamo completato il tetto del nuovo stadio della Juventus a Torino, lavoro per il quale abbiamo ottenuto il prestigioso Esta Combined Techniques Award. Allo stesso premio ci eravamo candidati già nel 2011 per l’assemblaggio, in Sardegna, della parabola di un telescopio di 66 metri di diametro e 55 tonnellate di peso». Quali saranno gli obiettivi e i progetti più importanti nei prossimi anni? «L’obiettivo fondamentale sarà quello di continuare lo sviluppo costante dell’azienda. A livello di progetti, guardiamo con molto interesse ai prossimi lavori di revamping che realizzeremo in Sicilia e per i quali abbiamo già acquisito i contratti. Mi riferisco al grande lavoro che ci attende per il revamping dell’impianto di raffinazione di Gela, che realizzeremo nel 2013, e quello che faremo ad Augusta, presso l’impianto della Exxon».



MODELLI D’IMPRESA

L’isolamento blocca la ricchezza

«N

on credo di aver compiuto un’azione straordinaria». Commenta in questo modo, Mimmo Costanzo, la sua reazione a seguito di quanto accaduto presso il cantiere sulla Statale Ionica 106. Il tratto stradale calabrese, la cui messa in sicurezza è stata appaltata all’azienda di Costanzo, la Cogip Infrastrutture, a Febbraio è divenuto lo scenario di un tentativo di estorsione da parte di alcuni esponenti malavitosi. Ma dinanzi alla richiesta del pizzo e alle minacce rivolte al capocantiere, Costanzo ha denunciato gli estorsori ai carabinieri. «Semplicemente è prevalso il buon senso. Ci tengo che la mia decisione venga letta come la “normalità”, tutti dovremmo fare così». Qual è stata la sua prima reazione una volta appreso ciò che stava accadendo presso il cantiere? «Quando sono stato informato che i miei collaboratori avrebbero potuto correre un pericolo

70 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Restituire un senso di dignità all’impresa. Un obiettivo raggiungibile, in primis, attraverso una riaffermazione del principio di legalità. Il caso di Mimmo Costanzo, l’imprenditore siciliano, attivo nell’ambito delle opere pubbliche, che non ha esitato a denunciare i suoi estorsori Aldo Mosca non ci ho pensato un attimo, ho scelto la strada della legalità. E in questo cammino sono stato supportato dagli uomini delle forze dell’ordine impegnati nel territorio e dalla Magistratura. Bisogna avere fiducia, i grandi successi dello Stato nella lotta contro la mafia sono avvenuti quando c’è stata la collaborazione di tutti». Cosa può fare l’imprenditoria, in particolare quella del Sud, affinché sul tessuto produttivo si diffonda una maggiore cultura della legalità? «Intanto, da imprenditore che opera in tutta Italia, ci tengo a ribadire che questo è un problema che riguarda l’intero Paese. Episodi simili si verificano sia al Sud che al Nord. Per quanto riguarda la cultura della legalità, sono consapevole che si tratta di una “virtù” necessaria per un sano sviluppo di ogni business. Una virtù oggetto anche delle recenti prese di posizione di Confindustria. Sicuramente le azioni intraprese dall’Associazione degli Industriali, le loro direttive e i protocolli di legalità firmati con le Prefetture, hanno portato a una presa di coscienza da parte di tanti, hanno fatto emergere un problema di cui si parlava troppo poco. Molte imprese, ora, optano per fare squadra. Insieme è più facile condurre e vincere queste battaglie». Lei ha dimostrato di avere fiducia, al di là delle istituzioni, anche nei confronti del Sistema Paese e della sua economia. Quale ruolo può rivestire il suo gruppo nei piani di rilancio del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno?

Mimmo Costanzo, Amministratore Delegato del gruppo Cogip. La società ha sedi a Roma, Milano e Catania. Nell’altra immagine, una veduta del cantiere sulla Salerno-Reggio Calabria. www.cogip.it


Mimmo Costanzo

Il sistema della rete di imprese e la diversificazione, cominciano a essere compresi anche al Sud, dove invece per decenni si è scelto l’individualismo

«Sono fermamente convinto che il nostro Paese può farcela. Il momento storico non ci permette di attendere altro tempo e la strada è senza dubbio quella del rigore, in primis, ma anche del rilancio attraverso gli investimenti, necessari, e lo snellimento burocratico. Non ci sarà sviluppo se non vengono attuate tutte e tre le componenti di questa ricetta. L’efficacia di strategie per una fiducia solida e duratura è certamente legata all’efficacia delle azioni dello Stato. Perché questo faccia davvero bene e sul serio urge che nella politica, nell’amministrazione e nella stessa ricerca ci si liberi da certi paraocchi che hanno condizionato e continuano a condizionare l’azione di contrasto». Su cosa investirà la sua impresa in futuro? «Investiremo in innovazione e internazionalizzazione, i due elementi che in un momento come questo distinguono le imprese che si chiudono a riccio da quelle che credono in una nuova visione del futuro. Fare “rete”, incontrarsi, parlarsi, confrontarsi, è un’opportunità. Un sistema di relazioni sano, efficace, di valore è necessario per chi vuole evolversi. L’isolamento, non solo nel nostro campo ma

in generale, blocca la ricchezza. Dico che questo sistema, la rete di imprese, la diversificazione, cominciano a essere compresi anche al Sud, dove invece per decenni si è scelto l’individualismo. Sono tutti concetti che stiamo assimilando da poco ma direi con un discreto successo. Anche per questo credo vadano ringraziate la lucidità e la lungimiranza dei vertici di Confindustria». Su quali nuovi progetti intende concentrarsi nei prossimi mesi? «La nostra azienda è impegnata nel campo delle infrastrutture e delle energie rinnovabili. Siamo sempre pronti a nuove sfide, l’internazionalizzazione e l’esplorazione di nuovi mercati in espansione è un’occasione che non va perduta. L’andare all’estero, però, passa anzitutto attraverso una rivoluzione profonda dell’imprenditore, da una sua apertura reale e convinta verso il sistema di opportunità e di creatività che i diversi contesti territoriali possono offrire. Se comprendiamo tutto ciò non ci sfuggiranno i grandi vantaggi competitivi che gli investimenti esteri e la delocalizzazione comportano». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 71


MODELLI D’IMPRESA

La gestione integrata del processo produttivo Il vantaggio competitivo si ottiene investendo nell’innovazione e nella formazione del capitale umano, la vera risorsa creatrice di ricchezza sociale. Il modello di BLM Group, protagonista dei sistemi di lavorazione del tubo, e le intuizioni di Pietro Colombo, che ha posto la persona al centro dell’azienda Valerio Germanico

reare valore tramite l’innovazione continua. Questa la strategia perseguita da una delle principali realtà italiane nell’ambito della lavorazione dei tubi. La BLM Group di Cantù, in provincia di Como, fonda il suo successo su questa intuizione, ma soprattutto sulla scelta di concentrarsi, in primis, sulla valorizzazione del proprio capitale umano. Un aspetto quanto mai centrale per il suo patron, Pietro Colombo, il quale spiega che: «I punti di forza di BLM sono rappresentati da un patrimonio di cono-

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scenze da condividere – risultato di cinquant’anni di esperienza nella produzione di macchine utensili per la lavorazione dei tubi –; dalla continua innovazione delle tecnologie produttive mirate ad aumentare la competitività dell’utilizzatore; dalla capacità di dare risposta a esigenze specifiche con soluzioni su misura; dal mantenimento di un dialogo costante, pre e post vendita, che ci fa essere un punto di riferimento sicuro per il committente; infine, da una presenza globale e capillare, grazie a un servizio locale che ci permette di raggiungere ogni utente parlando la sua stessa lingua». LA MISSION

In apertura, Matteo Piccoli, direttore vendite che ha accompagnato il successo del Gruppo BLM dall’inizio dell’attività, nel 1960, a oggi

72 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Il gruppo si propone come partner per tutto il processo di lavorazione del tubo: dal taglio laser o a disco alla curvatura, alla sagomatura, fino alla certificazione del pezzo. «Forti di un alto livello di esperienza e professionalità specifiche, costruite in decenni di attività nel settore della lavorazione del tubo, proponiamo un’ampia varietà di soluzioni dedicate, che sviluppiamo attraverso le nostre diverse realtà industriali». Con oltre cinquecento dipendenti, BLM Group comprende in Italia BLM Spa, società capogruppo specializzata nella produzione di macchine curvatubi a Cnc, sagomatubi, sistemi di misura e relativi dispositivi di integrazione e automazione; Adige Spa, produttrice di sistemi di


Pietro Colombo

taglio laser dei tubi e macchine per il taglio a disco e la lavorazione di tubi, pieni e profilati – completano la gamma le spazzolatrici, i sistemi di misura, lavaggio e raccoglitori; e, infine, Adige-Sys Spa, specializzata nella produzione di sistemi di taglio laser per tubo. PARTNER

La quota di fatturato che annualmente reinvestiamo nella ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni supera il 7 per cento

Secondo Colombo: «Le condizioni essenziali per avviare un processo di crescita reciproco sono il dialogo e la cooperazione continua con i partner. La conquista di nuovi spazi di mercato è infatti strettamente legata alla capacità di anticipare, interpretare e soddisfare le esigenze di un settore industriale costantemente alla ricerca dell’eccellenza. La quota prevalente dell’attività del nostro gruppo, ormai, si svolge a livello internazionale, con una presenza nei cinque continenti che riflette la volontà di crescere nelle diversità, potenziando la capacità di raggiungere ciascun committente, conoscerlo e sede di BLM Group si dare risposte alle sue particolari esigenze – par- La trova a Cantù (CO) lando, in senso simbolico e letterale, la sua www.blmgroup.com stessa lingua». È questa la base dello sviluppo della rete di vendita e assistenza internazionale, inclusi i servizi remoti, attraverso la costituzione di società controllate locali e di una rete e centri di servizi esclusivi, che qualificano BLM come un affidabile partner globale. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 73


MODELLI D’IMPRESA

LA “CULTURA DEL NOI” CONTRO LA CRISI a forza innovativa di BLM ha il suo fondamento in una filosofia che l’amministratore delegato del gruppo definisce “Cultura del noi”, le cui parole chiave sono entusiamo, appagamento morale, coinvolgimento e considerazione. I rapporti aziendali, quindi, sono regolati dalla responsabilità, dalla fiducia e dal rispetto, mentre alla base del lavoro di gruppo ci sono il dialogo e l’attenzione, oltre che una piena consapevolezza dell’importanza di dare il buon esempio e un’immagine responsabile da proporre prima di tutto all’interno. Questa filosofia di impresa prevede inoltre una formazione continua delle risorse umane, investimenti in ricerca e sviluppo, l’internazionalizzazione dei mercati e un servizio sempre più aderente alle necessità della committenza. Alla base di questa concezione esiste una più ampia visione di quello che è oggi lo

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scenario della formazione scolastica e della regolamentazione del mondo del lavoro. Come spiega Pietro Colombo: «A monte dell’attuale crisi economica esiste anche una “crisi dei valori” legati al lavoro che parte dalla scuola e dalla formazione. Mondo della formazione e del lavoro sono ancora troppo distanti. Andrebbero integrati seguendo alcuni semplici principi, vigenti nelle aziende di successo e riassumibili

L’ATTENZIONE ALLA RICERCA

All’origine di tutto, però, si colloca l’investimento in ricerca e sviluppo, motore dell’eccellenza industriale del gruppo. «La quota di fatturato che annualmente reinvestiamo nella ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni supera il 7 per cento. L’investimento è diretto sia al nostro reparto interno, nel quale lavora personale di elevata specializzazione, sia al finanziamento di attività di collaborazione con i maggiori centri di ricerca e i più importanti partner tecnologici. Lo scopo ultimo di queste attività di studio è raggiungere eccellenze tecnologiche che abbiano una ricaduta imme74 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

nella formula: “Sì al reciproco rispetto dei diritti e doveri, no all’anarchia. Sì a far rispettare le regole con l’esempio, no al buonismo”. Per completare il quadro sarebbe poi necessario introdurre una riforma che definisca il ciclo di vita di ogni bene mobile e immobile – in modo da equilibrare la domande e l’offerta – e istituire regole certe, valide globalmente, per il mercato del lavoro».

diata sul prodotto che riusciamo a sviluppare, in modo da anticipare le attese del target al quale ci rivolgiamo». LA VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE UMANO

Altrettanto importante viene considerata la formazione, primo e principale strumento di sviluppo aziendale. «Poiché siamo convinti che attraverso l’incremento delle competenze individuali crescano le capacità dell’intero gruppo, negli ultimi anni abbiamo dedicato migliaia di ore alla formazione interna. Quest’attività ha contribuito anche a rafforzare il rapporto fra il personale e la direzione e la condivisione dei


Pietro Colombo

medesimi obiettivi di crescita. Ciò, insieme al fatto che per nessuno dei nostri dipendenti siamo dovuti ricorrere alla cassa integrazione, ha indubbiamente reso più coese le nostre realtà. Poiché poi è fondamentale anche la formazione anche sul prodotto diretta all’esterno, abbiamo lavorato per dare alla nostra committenza le competenze adeguate per sfruttare al massimo le nostre tecnologie». PRESENTI NEL MONDO

La dimensione globale del gruppo, presente all’estero anche attraverso società controllate, ha portato il management di BLM a guardare al mercato con un’impostazione nuova, che scavalca le tradizionali distinzioni geo-economiche. Come argomenta infatti Colombo: «Negli ultimi anni abbiamo consolidato la convinzione che la distinzione fra mercato italiano, europeo ed estero sia ormai superata. Per noi esiste un solo mercato ed è quello mondiale. Naturalmente poi, all’interno di questo vasto orizzonte ci sono aree che spiccano per performance e risultati – anche se complessivamente la crisi non ha inciso, per quanto riguarda l’estero, sul nostro piano industriale. Attualmente a trainare sono paesi come Brasile, Germania, Polonia e Stati Uniti. Ed è verso le nostre controllate in questi paesi che si sono orientati i maggiori investimenti – che hanno incluso però anche le nostre società nel Regno Unito, Messico e Shanghai. Per quel che riguarda il futuro, sono state avviate le prime azioni per l’ingresso nei mercati di Romania e Serbia, stiamo valutando con attenzione l’India, tuttavia, l’obiettivo dei prossimi anni, sarà il mercato cinese, che potenzialmente è destinato a diventare uno di quelli più interessanti per il nostro business». Una rete di vendita così estesa e una produzione diversificata hanno imposto precise strategie logistiche, soprattutto per quanto

Negli ultimi anni abbiamo consolidato la convinzione che la distinzione fra mercato italiano, europeo ed estero sia ormai superata

riguarda l’assistenza, che si sono concretizzate in investimenti tecnologici basati sul concetto di “assistenza in remoto”. «Proprio per la necessità di coprire una rete di assistenza che ha raggiunto dimensioni globali, molti dei nostri servizi di post-vendita oggi sono svolti per lo più in remoto, attraverso l’implementazione di applicazioni di tele-assistenza. In parole povere, si stabilisce una connessione fra il cliente e il nostro centro di assistenza e questo permette di verificare la funzionalità degli impianti in tutto il mondo. Fra gli altri servizi abbiamo introdotto anche il Webcam Remote Teleservice, un apparato che permette all’operatore di vedere l’impianto come se fosse presente in loco. La nostra organizzazione si sta facendo sempre più global anche grazie alle possibilità offerte da Internet». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 75


MODELLI D’IMPRESA

Proteggere il lavoro Puntare su nuovi materiali per la realizzazione di indumenti monouso, garanti di una protezione sempre maggiore di fronte agli agenti chimici, biologici e radioattivi. Paolo Maria Rossin, responsabile ricerca e sviluppo della Indutex, presenta gli ultimi risultati dell’attività di laboratorio Valerio Germanico

resce l’attenzione verso il tema della sicurezza sul lavoro. Da una parte, per la definizione sempre più completa del quadro normativo, a livello sia italiano sia europeo, dall’altra, per la crescente sensibilità verso l’argomento. Per prevenire i rischi di un contatto diretto con agenti chimici, biologici o radioattivi, rischi ai quali è esposto chi lavora nel settore difesa, nell’industria e in molti altri contesti professionali e produttivi, sono stati sviluppati indumenti appositi, che permettono di lavorare in sicurezza anche in ambienti in cui è concreto ed elevato il pericolo di contaminazione. «La sicurezza di questi abiti da lavoro non si riduce alla loro capacità di schermatura, ma dipende anche dalle caratteristiche che offrono a chi li in-

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Paolo Maria Rossin, responsabile ricerca e sviluppo e procuratore speciale della Indutex Spa di Corbetta (MI) www.indutexspa.com

76 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

dossa in termini di prestazioni e comfort. Alla costante ricerca sui materiali si affianca quindi una progettazione che tiene in considerazione le condizioni di impiego, che devono lasciare dinamicità di movimento a chi indossa il capo». A spiegare i requisiti che deve avere un dispositivo di protezione individuale (Dpi) è Paolo Maria Rossin, procuratore speciale della Indutex, azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di articoli monouso destinati alla sicurezza dei lavoratori sia dell’ambito civile sia in quello militare. Indutex fornisce i capi utilizzati nell’industria chimica, farmaceutica, petrolchimica, nucleare e aerospaziale, e inoltre quelli impiegati dalle Forze armate italiane e dalla Protezione civile per l’intervento in contesti delicati. Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti nell’ultimo anno e su quali prospettive si è aperto il 2012? «Dopo alcuni anni di difficoltà, siamo riusciti a chiudere il bilancio 2011 con un incremento di fatturato di circa il 3 per cento. L’anno scorso, infatti, è iniziata una fase di ripresa dei consumi nei nostri mercati di riferimento, che erano stati penalizzati nella crisi del biennio 2009-2010. Questo dato di crescita si è confermato come trend anche nei primi mesi del 2012. Risultato particolarmente importante è stata la scelta dei nostri prodotti come dotazioni per il servizio di emergenza predisposto per la visita del pontefice a Milano all’inizio di giugno».


Paolo Maria Rossin

A livello di produzione, abbiamo preso la decisione di non importare merci a basso valore aggiunto da paesi come Cina e India

Quali dotazioni fornirete e quali sono le loro caratteristiche? «Sono stati forniti indumenti ventilati a tenuta non stagna di gas. Questi, grazie a una ventilazione forzata, pongono l’operatore in sovrappressione rispetto all’ambiente contaminato, aggiungendo anche la protezione delle vie respiratorie alla normale protezione Nbcr (Nucleare Biologica Chimica Radiologica) già integrata nell’indumento. Anche il servizio di decontaminazione ed emergenza dell’ospedale Cà Granda di Niguarda ha scelto indumenti Indutex. Quella che è stata premiata è stata la nostra lunga esperienza a contatto con i servizi di emergenza a livello nazionale e locale, in particolar modo la pluriennale collaborazione con il corpo nazionale dei vigili del fuoco». Avete raggiunto anche ulteriori risultati sotto il profilo della ricerca e dello sviluppo? «Recentemente abbiamo lanciato sul mercato uno speciale tape protettivo adesivo. Sul fronte della ricerca, stiamo lavorando intensamente a una nuova generazione di materiali ancora più polifunzionali e protettivi, che si adattino sempre meglio alle esigenze dei nostri committenti – per questo stiamo ampliando anche la varietà dei modelli. A supporto del lavoro del nostro reparto R&S e per assicurare il massimo della qualità, collabo- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 77


MODELLI D’IMPRESA

ESPERIENZA NELLA SICUREZZA L a Indutex Spa è stata fondata alle fine degli anni Settanta per rispondere alla richiesta, in quegli anni emergente, di indumenti monouso per la protezione in ambito professionale. In pochi anni, la società riesce a collocarsi in una posizione di primo piano a livello nazionale ed europeo e questo le dà le risorse per lo sviluppo, fra gli anni Ottanta e Novanta, di una propria tecnologia di assemblaggio con saldature a ultrasuoni, nastrature a caldo e a freddo, fino ad arrivare agli assemblaggi ad alta frequenza. Questi, identificati col marchio Topguard, garantiscono la massima protezione chimica possibile anche nei delicati punti di giunzione, da sempre considerati i punti deboli della tecnologia protettiva.

L’inizio del nuovo millennio ha visto il proseguimento dell’attività di sviluppo di nuovi materiali, portata avanti dal reparto R&S interno e che ha permesso alla società di realizzare la propria gamma di indumenti protettivi realizzati con la seconda generazione di tessuti non tessuti che garantiscono la protezione Nucleare, Biologica e Chimica (Nbc). Questa gamma, nell’arco di un quinquennio si evolve nella protezione Nucleare Biologica Chimica Radiologica (Nbcr) e crea una linea dedicata ai cosiddetti Chemical Warfare Agents, realizzando indumenti che mettono al riparo dalla contaminazione degli agenti utilizzati nella guerra chimica. Questa specializzazione produttiva nella

sicurezza ha permesso a Indutex di affermarsi come partner sia dell’industria chimica e nucleare, sia dei servizi di emergenza, come vigili del fuoco, Forze armate – sia italiane che estere – e reparti investigativi scientifici. La qualità dei suoi capi è garantita dal fatto di essere l’unica major del settore ad avere una produzione totalmente europea. Questo permette alla società di avere una gestione diretta del ciclo produttivo e un controllo puntuale sull’approvvigionamento delle materie prime, che provengono esclusivamente da Europa e Stati Uniti. Il processo produttivo Indutex risponde a pieno alla normativa Iso 9001 e integra, inoltre, aspetti di rilievo delle procedure Gmp farmaceutiche.

riamo attivamente anche con enti specializzati e con laboratori di analisi, che sottopongono i nostri prodotti a test e prove con le quali ne certificano le caratteristiche dei materiali e le proprietà dei nostri indumenti». Qual è la quantità di risorse che destinate all’investimento in ricerca e innovazione? «Non abbiamo un budget fisso annuo per la R&S. Ciò è dovuto al fatto che la nostra attività fondamentale è la ricerca costante di nuove soluzioni da proporre al mercato: lo sviluppo dei materiali e la progettazione sono in stretta connessione con la nostra produzione. Sviluppiamo noi stessi la maggior parte dei materiali che utilizziamo e per questo un impegno considerevole è nella combinazione dei vari polimeri per ottenere un effetto barriera ai diversi agenti nocivi». 78 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012


Paolo Maria Rossin

Siamo alla ricerca costante di nuove soluzioni da proporre al mercato: lo sviluppo dei materiali e la progettazione sono in stretta connessione con la nostra produzione

Quali sono, invece, i vostri investimenti, nella direzione dello sviluppo sostenibile? «Nel 2010 abbiamo devoluto risorse consistenti per la realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, che è stato installato sulla copertura della nostra sede operativa. Questo investimento ci porterà sia dei vantaggi economici per quanto riguarda la spesa energetica che l’impatto ambientale della nostra produzione. A fronte di un impegno finanziario notevole – che ammortizzeremo nel corso del prossimo decennio – la nostra società ha abbattuto la totalità delle emissioni di anidride carbonica autoproducendo l’energia necessaria alla produzione e immettendo in rete quella in eccesso attraverso un sistema di grid connected e di scambio sul posto. Infatti,

l’impianto, composto da 700 pannelli in silicio policristallino da 220 W, ha una capacità produttiva di 150 kWp, permettendo così un risparmio di risorse equivalente a oltre 40mila kg all’anno di olio combustibile e all’abbattimento di oltre 90 mila kg di anidride carbonica». Quali sono i vostri rapporti con l’estero? «A livello di produzione, abbiamo preso la decisione di non importare merci a basso valore aggiunto da paesi come Cina e India. Nel medio e lungo periodo, questa scelta, per molti versi coraggiosa, ci ha garantito importanti vantaggi sulla qualità del prodotto, difficilmente eguagliabili dalla concorrenza, soprattutto in quelle nicchie di mercato dove la protezione della persona è posta al centro e non si guarda al risparmio economico. I materiali LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 79


MODELLI D’IMPRESA

che importiamo provengono da produttori europei e americani, che ci garantiscono un’altissima qualità, mentre l’assemblaggio avviene completamente in Italia e nelle nostre due filiali in Tunisia e Romania. La scelta di delocalizzare parte della produzione è stata strategica per il contenimento dei costi e il mantenimento del livello qualitativo del prodotto. A livello di export, dagli anni Ottanta esportiamo in tutto il pianeta. I nostri mercati più importanti sono l’Europa e gli Stati Uniti – dove forniamo i nostri articoli anche a Boeing e Cia. Oltre a consolidare il nostro business in questi paesi, stiamo iniziando a guardare con interesse ai paesi emergenti». La ricerca di nuovi mercati esteri rientra in una riconsiderazione della vostra strategia commerciale? «In questi anni abbiamo registrato un forte calo nei consumi dei nostri partner tradizionali. La crisi ha infatti determinato la chiusura di diverse industrie e questo ha avuto i suoi effetti, inevitabilmente, anche sul nostro fatturato. Quindi la ricerca di nuovi sbocchi, che ci permettessero di compensare il venire meno dei risultati attesi, si è fatta inevitabile e ha avuto come prima direzione l’espansione geografica per l’individuazione di nuovi partner. A partire dal 2011, tuttavia, abbiamo assistito a una ripresa dei settori che rappresentano il nostro core business, ovvero l’industria chimica, far-

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maceutica e i reparti di emergenza». Quali sono, infine, i principali obiettivi e le aspettative per il futuro della società? «Dal punto di vista economico, l’obiettivo prioritario è il consolidamento del fatturato. Accanto a questo si pone poi la piena soddisfazione dei nostri partner, che lavorano in condizioni difficili e pericolose e che sfruttano la protezione dei Dpi che progettiamo. In questi anni, il nostro prodotto, ha contribuito a salvare molte vite di lavoratori esposti ad agenti chimici nocivi e a proteggerli anche dai cosiddetti Cwa (Chemical Warfare Agents) utilizzati per la guerra chimica. L’obiettivo principale della nostra società, dunque, resta quello di consolidare la posizione sul mercato e l’esportazione oltre i confini del vecchio continente dell’esperienza acquisita in oltre trent’anni di attività. A questo proposito, i paesi in via di sviluppo, nei quali il concetto di sicurezza sul lavoro sta muovendo i primi passi, rappresentano la maggiore opportunità di crescita per il futuro».



MODELLI D’IMPRESA

Tecnologie innovative per il cleaning Nonostante la crisi economica abbia influito anche sul settore cleaning, non si fermano gli investimenti per implementare soluzioni e tecnologie efficaci nella pulizia di residenze, aziende e luoghi pubblici. La parola a Enzo Fiume di Kärcher Italia Luca Cavera

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al Cristo Redentore di Rio de Janeiro, alla porta di Brandeburgo, dai volti dei presidenti americani scolpiti sul monte Rushmore al colonnato di San Pietro a Roma. Questi sono solo alcuni dei monumenti inclusi nelle attività di Monumental Cleaning realizzate da Kärcher, primo produttore mondiale di macchine e soluzioni per la pulizia domestica e professionale, attiva anche sul versante della Corporate Social Responsibility. «Oltre all’attività di produzione – spiega Enzo Fiume, Amministratore Delegato di Kärcher Italia –, la nostra Società ha come missione quella di contribuire, grazie alle tecnologie e alle competenze di un leader, a preservare monumenti e beni di interesse collettivo nel mondo. In Italia, collaborando con le amministrazioni locali, siamo intervenuti sulla Fontana La Totalità di Torino, sulla Scalinata del Milite Ignoto a Genova e sulla pavimentazione della Loggia dei Mercanti a Milano». Il core business di Kärcher è quello delle idropulitrici, al quale si affianca un’offerta diversificata di prodotti in differenti settori: dalla pulizia in generale al trattamento

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Enzo Fiume

c

Investire in tecnologia, innovazione e soprattutto persone rappresenta ancora il migliore vantaggio competitivo

1,7 mld EURO

Fatturato complessivo del gruppo Kärcher, presente in 190 paesi nel mondo con circa 8.700 dipendenti

Enzo Fiume, amministratore delegato di Kärcher Italia Spa, che ha sede a Gallarate (VA). In apertura, attività di Monumental Cleaning sul monte Rushmore (USA) www.kaercher.it

delle acque fino al recente ingresso nel gardening. La vostra casa madre è stata fondata in Germania nel 1935. Qual è l’organizzazione di Kärcher in Italia? «Siamo presenti in Italia dal 1974, con sede a Gallarate. Oltre a questa sede abbiamo due stabilimenti produttivi a Volpiano (TO) e Quistello (MN) – Cem Spa – nei quali lavorano circa mille dipendenti. Due siti di importanza strategica per il gruppo, perché rappresentano poli internazionali di approvvigionamento rispettivamente per gli aspiratori professionali e per le idropulitrici consumer. L’Italia ha avuto anche un ruolo nell’ingresso del gruppo nel settore del garden, con l’acquisizione dell’italiana Uniflex, azienda specializzata nei sistemi di irrigazione con sede a Montereale Valcellina (PN)». Quali sono stati gli altri risultati raggiunti nel 2011 e quali gli obiettivi per il 2012? «Nel corso del 2011 abbiamo costruito un’organizzazione dedicata per gruppi di clienti e canali di vendita, con lo scopo di essere più efficienti nei core target. Nel corso del 2012 investiremo sulle principali categorie dei prodotti di pulizia, sia consumer che professional e aumenteremo il livello della nostra brand awareness con importanti investimenti in comunicazione. Inoltre – in controtendenza con l’andamento complessivo dell’economia –, rafforzeremo ulteriormente il nostro organico nelle aree vendita e service». Quindi la crisi economica non ha influito sul vostro business? «L’attuale fase di recessione in realtà coin-

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volge anche il settore del cleaning. Tuttavia la nostra propensione a investire in tecnologia, innovazione e soprattutto persone rappresenta ancora il migliore vantaggio competitivo. Benché il nostro marchio sia legato principalmente alla categoria delle idropulitrici, la nostra offerta è ampia e diversificata: dagli aspirapolvere alle spazzatrici, alle lavasciuga pavimenti, fino agli impianti di lavaggio veicoli. L’ingresso nel gardening, poi, ci offre ulteriori e importanti prospettive. Complessivamente il nostro obiettivo non è mutato ed è quello di affermarci sempre più come realtà di riferimento nel cleaning, contribuendo a diffondere il concetto di pulizia quale valore sociale ed elemento di crescita collettiva». Come si inserisce l’attività di Monumental Cleaning in questo concetto? «La pulizia non è soltanto una questione estetica o strumentale, ma il segnale della cultura di un popolo ed espressione di civiltà: per il nostro gruppo è da sempre una vera e propria missione. L’attività di Monumental Cleaning è per noi un importante momento di comunicazione ma soprattutto un’attività di CSR condotta nell’interesse di tutta la collettività, grazie a operazioni idonee a preservare luoghi e beni artistici di patrimonio comune. Con questo obiettivo lavoriamo costantemente per sviluppare nuove tecnologie e soluzioni che possano in seguito trovare applicazione nel lavoro di tutti i giorni: dalla pulizia dal pavimento di casa, al cortile, agli uffici, agli alberghi, ristoranti e ospedali, fino ai grandi stabilimenti industriali e alle nostre stesse città». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

La crisi? Uno stimolo per internazionalizzare Dalle lavorazioni in conto terzi all’avvio della produzione propria. Tiziano e Claudio Carlotto presentano il percorso di una società che, per reagire alla congiuntura economica, in pochi anni ha deciso di espandersi nel settore oil & gas Manlio Teodoro

a crisi economica come momento per ripensare il proprio assetto industriale. È così che la Fabrizio Carlotto Spa di Brunello ha affrontato il difficile 2009. Come spiega Tiziano Carlotto, titolare dell’azienda insieme al fratello Claudio: «La nostra attività di stampaggio a caldo degli acciai, fino agli anni della crisi, era stata orientata esclusivamente alla lavorazione in conto terzi per i settori automotive, agricolo e industriale in genere, con l’80 per cento di export. La congiuntura è stata determinante per comprendere la necessità di dare una svolta all’azienda e avviare

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Tiziano e Claudio Carlotto, titolari della Fabrizio Carlotto Spa. L’azienda ha sede a Brunello (VA) - www.fabriziocarlotto.com

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un processo di diminuzione graduale della quota di lavoro in conto terzi a favore della produzione di una gamma di prodotti a marchio da proporre direttamente al mercato». L’esperienza della Fabrizio Carlotto nella produzione di raccordi per il settore oil & gas, destinati sia al mercato interno che ai mercati di Spagna e Francia, e il momento favorevole per l’industria energetica, hanno dato così l’input per avviarsi verso prodotti destinati al comparto petrolifero e del gas naturale e all’internazionalizzazione. «Il primo passo – precisa Claudio Carlotto - è stato quello di aprire una filiale in Egitto, che aveva come obiettivo sia la commercializzazione che la produzione in loco. In realtà, a causa dei rivolgimenti politici nel paese, è stata avviata solo la prima. Un progetto più importante è quello che stiamo concretizzando in Qatar. All’apertura di una filiale e di uno stock, infatti è seguito l’inizio della realizzazione di un progetto da diversi milioni di euro – in compartecipazione con capitali locali –, per la produzione di prodotti per l’oil & gas. Ma l’insediamento nei principali paesi dell’estrazione petrolifera della Fabrizio Carlotto è avvenuto anche in Kuwait con una rappresentanza e in Iraq. In quest’ultimo, l’apertura di una filiale rappresenta un investimento per il futuro a causa della recente scoperta di grandi giacimenti. «Potenziando la nostra produzione destinata al settore del-


Tiziano e Claudio Carlotto

La crisi è stata determinante per comprendere la necessità di dare un nuovo assetto alla società

17 mln EURO

l’oil & gas prevediamo di spostarci progressivamente e sempre più dal conto terzi alla produzione propria. Per questo motivo i prossimi investimenti in impianti prevedono l’acquisto di macchinari dedicati alla lavorazione meccanica dei prodotti, che affiancheranno quelli già posseduti, che sono però adatti al solo stampaggio dell’acciaio». Nella scelta di avviare questo percorso, la crisi economica ha certamente rappresentato un fattore determinante. «La nostra società – spiega Tiziano Carlotto - è stata colta dalla crisi all’indomani di un grosso investimento realizzato per potenziare la nostra capacità di lavorazione dell’acciaio. Nel 2009 il nostro fatturato ha avuto un calo importante, precipitando a quota 8,7 milioni di euro. L’essere riusciti prima a riagganciarci alla Germania e la scelta di evolvere il nostro modello industriale, però, ci hanno permesso di chiudere il 2011 con un fatturato di 17 milioni. E gra-

zie all’ampliarsi della nostra presenza all’estero, prevediamo di raggiungere i 30 milioni entro il prossimo biennio». In conclusione, Tiziano Carlotto delinea quelli che sono gli obiettivi della società per il 2012: «Questo sarà un anno di consolidamento e di assestamento, nel quale i processi avviati raggiungeranno il compimento e nei prossimi anni prevediamo di ottenerne risultati importanti. Una delle nostre prossime azioni sarà quella di consociarci con altri partner. Dato che è divenuto evidente che in un’economia globalizzata un’azienda non può procedere da sola. Cercheremo nuovi soci sia in Italia sia all’estero, in particolare guardando ai paesi del golfo Persico. Tutte queste iniziative, soprattutto, ci permetteranno di reagire a un’eventuale nuova crisi, che potremo affrontare meglio grazie a una produzione attiva su più fronti indipendenti fra loro».

Fatturato realizzato nel 2011 dalla Fabrizio Carlotto Spa, che prevede di raggiungere i 30 milioni nel prossimo biennio

100 mln EURO

Costo del progetto avviato in Qatar per la produzione di componenti per il settore oil & gas

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MODELLI D’IMPRESA

La meccanica punta sulla diversificazione Di fronte al calo della produzione industriale, è fondamentale lo sviluppo di strumenti che svincolino il destino di un’impresa da un solo settore. Per Giovanni Cattaneo la risposta sono gli investimenti in tecnologia, know how e flessibilità Manlio Teodoro

Istat ha recentemente certificato il calo della produzione industriale italiana. Fra marzo e aprile 2012 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dell’1,9 per cento. Inoltre, dal confronto della media del primo quadrimestre di quest’anno con lo stesso periodo del 2011 la flessione produttiva raggiunge il 6,6 per cento. Tuttavia, da questo quadro generale di difficoltà per l’industria italiana riescono a emergere alcune eccezioni. Una fra queste è la Cattaneo Meccanica di Albegno di Treviolo (BG), azienda specializzata nella progettazione e costruzione di macchine e impianti destinati a

L’ 86 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

più settori industriali – carta e stampa, cementiero, energia, impiantistico, navale, offshore, siderurgico – e che proprio grazie a questa diversificazione nel 2011 è riuscita a confermare il proprio trend e che ha iniziato il 2012 con prospettive positive. Come spiega il titolare della società, Giovanni Cattaneo: «In questi anni, la tenuta del nostro business è stata possibile in virtù del fatto che siamo partner di aziende che appartengono a settori molto diversi fra loro e che quindi hanno risentito della crisi con forme e modalità differenziate. Questo ci ha permesso di non essere legati esclusivamente all’andamento di un settore, ma al contrario di rispondere in


Giovanni Cattaneo

La Cattaneo Meccanica Spa ha sede presso Albegno di Treviolo (BG) www.cattaneomeccanicaspa.com

modo adeguato alle specifiche richieste del mercato. Attualmente i settori che garantiscono le maggiori prospettive per la nostra attività sono quello dell’energia e il petrolchimico. A questi si aggiunge il siderurgico, che per noi è sempre stato e si conferma strategico. Mentre il settore cementiero è certamente in difficoltà, come l’intero mondo delle costruzioni». Per riuscire a muoversi in ambiti così distanti fra loro, Cattaneo Meccanica ha investito su tecnologia e know how. «I denominatori comuni che uniscono tutti questi settori – prosegue Giovanni Cattaneo – sono, da una parte, le lavorazioni meccaniche di tornitura e alesatura e, dall’altra, il montaggio. Negli anni la nostra azienda ha consolidato le proprie competenze, sviluppandole attraverso l’esecuzione di lavorazioni meccaniche che richiedono un altissimo livello di precisione ed effettuando montaggi speciali, non solo differenti da un settore all’altro, ma spesso unici. Questa flessibilità è così diventata il nostro valore aggiunto. Per questo motivo i nostri investimenti non sono mai limitati a un solo particolare settore, bensì hanno l’obiettivo di incrementare il livello tecnologico complessivo per renderlo spendibile in tutti i settori ai quali ci rivolgiamo, combinando l’esperienza con l’innovazione per poter essere competitivi anche nel futuro». Di pari passo a un complessivo sviluppo delle competenze, Cattaneo Meccanica ha anche raggiunto settori di nicchia specifici, come quello della stampa di sicurezza. «Le conoscenze nel campo della meccanica, unite alla ricerca e all’innovazione, ci hanno portato allo sviluppo, al nostro interno, di una divisione Security che ha come mercato di riferimento poligrafici, stamperie

I nostri investimenti non sono mai limitati a un solo settore, ma hanno come obiettivo il livello tecnologico complessivo

private e statali di tutto il mondo. A questi partner forniamo macchine da stampa calcografiche e sistemi per la realizzazione di cliché per la stampa di sicurezza e l’anticontraffazione di passaporti, assegni, titoli di stato, visti, francobolli, bandarelle per i monopoli di alcol e tabacco». In conclusione, Giovanni Cattaneo delinea i progetti futuri dell’azienda. «Investiremo nel continuo aggiornamento strutturale del nostro parco macchine. Sia per garantire la massima prestazione e qualità di lavorazione, sia per aumentare la dimensione dei pezzi che riusciamo a lavorare, spostandoci verso ordini dimensionali per i quali esiste minore concorrenza. Lo stesso discorso vale anche per il reparto montaggio, dove sono necessarie aree più grandi per l’esecuzione di movimentazioni importanti – oggi abbiamo carroponti fino a 100 tonnellate. Infine, punteremo sempre di più sull’innovazione e la ricerca, che sono fondamentali per rispondere adeguatamente alla concorrenza dei mercati emergenti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 87


MODELLI D’IMPRESA

Efficienza nei processi di combustione a ricerca come motore di sviluppo. È questa la filosofia alla base del lavoro portato avanti dalla Esa Srl di Curno, società del gruppo Siad Macchine Impianti specializzata nella produzione di bruciatori, organi di regolazione, strumenti di misura e controllo, sistemi di sicurezza e componentistica per impianti di combustione industriale. Fulcro dell’attività aziendale è infatti il suo modernissimo Centro Ricerche, un complesso di circa 800 mq inaugurato lo scorso settembre a coronamento di un percorso iniziato nel 2005, e da più parti indicato come un polo d’eccellenza su scala europea. «Se si vuole rimanere competitivi su un mercato sempre più globale – spiega l’amministratore delegato di Esa, Pierluigi Brena – non si può prescindere dalla ricerca. Ogni anno destiniamo a tale ambito circa il 5 per cento del fatturato aziendale, perché siamo convinti che solo attraverso una ricerca continua sia possibile proporre al mercato articoli innovativi e tecnologicamente avanzati, indispensabili per conquistare nuovi spazi e opportunità». Per quel che riguarda la produzione di bruciatori, attualmente le linee guida da seguire sono chiare: valorizzazione del risparmio energetico, riduzione delle emissioni nocive e massimizzazione delle performance da un punto di vista ingegneristico, in accordo a quanto previsto dal Protocollo di Kyoto. «La nostra società ha la responsabilità di rispondere adeguatamente a tali esigenze», afferma Brena. «Col tempo, infatti, abbiamo avvertito sempre più la necessità di rinnovare quei prodotti non più in linea con i nuovi parametri di consumi ed emissioni. Per questo abbiamo investito ingenti risorse nella ri-

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Nella produzione di bruciatori la salvaguardia dell’ambiente e la riduzione dei consumi energetici rappresentano requisiti indispensabili per soddisfare le esigenze del mercato. L’evoluzione del settore illustrata da Pierluigi Brena Guido Puopolo

cerca e nello sviluppo di nuove gamme di bruciatori, in grado di ridurre le emissioni in atmosfera e i consumi energetici, coniugando così performance elevate con la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali». Sono numerosi i comparti industriali in cui trovano applicazione i prodotti Esa, che rappresentano la soluzione ottimale per le esigenze di tutti quei settori in cui sono richiesti processi di combustione, come ad esempio il settore metallurgico, ceramico, alimentare, tessile, vetrario, farmaceutico e petrolchimico. «Come accennato in precedenza, i prodotti maggiormente richiesti dal mercato sono i nuovi bru-

Esa Srl ha la sua sede a Curno (BG) www.esapyronics.com


Pierluigi Brena

Abbiamo investito ingenti risorse nella ricerca di nuove gamme di bruciatori, in grado di ridurre le emissioni in atmosfera e i consumi energetici

ciatori a basso consumo energetico e a basse emissioni, accoppiati a organi di sicurezza che garantiscano l’incolumità degli operatori e dei processi industriali», sottolinea l’amministratore. «All’interno del nostro stabilimento disponiamo di ben sette forni, capaci di supportare l’installazione di bruciatori di potenzialità diverse per eseguire prove dimostrative, ricerche e training. Proprio grazie a questa impostazione siamo oggi in grado di sviluppare, al di là del “classico” prodotto per il singolo committente, anche intere famiglie di nuovi bruciatori meno inquinanti e più efficienti, oltre che valvole, linee preassemblate, componenti, accessori e tutta la parte elettrica ed elettronica». L’azienda si è così affermata, negli anni, come una realtà di livello internazionale, conquistando importanti quote di mercato nei Paesi emergenti: «Ci rivolgiamo soprattutto all’Europa dell’Est, all’Asia e al Sud America, dove la nostra ricerca tecnologica nel campo della combustione industriale è particolarmente apprezzata», conferma Brena. «Ovviamente in questi anni non sono mancate le difficoltà, ma

l’impegno e la determinazione con cui abbiamo affrontato queste nuove sfide ci hanno dato ragione». E i risultati conseguiti premiano gli sforzi sostenuti da Esa, visto che dopo una fase di stagnazione, coincisa con l’inizio della crisi economica del 2008, l’azienda è riuscita a rafforzare e consolidare la sua posizione sul mercato. «Nel 2011 il nostro fatturato si è attestato intorno ai 14 milioni di euro, con un aumento pari al 21 per cento rispetto all’anno precedente. Un traguardo di tutto rispetto, anche in considerazione del particolare momento storico che stiamo vivendo. Per il futuro – conclude Brena - intendiamo continuare a sperimentare e proporre soluzioni sempre più competitive e all’avanguardia, nel rispetto della tradizione e dell’identità che da sempre ci contraddistinguono, con l’obiettivo di contribuire, nel nostro piccolo, all’affermazione di uno sviluppo sostenibile e attento alla tutela dell’ambiente». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 89


MODELLI D’IMPRESA

Una nuova generazione di motori Motori silenziosi, leggeri e con una durata di vita superiore alla media. «E l’obiettivo per il futuro è un motore completo, già dotato anche della parte elettronica». L’esperienza di Luciano Boccola Guido Puopolo

otori per aspirazione in versione “silence”, molto più silenziosi dei normali motori presenti sul mercato. È questa l’ultima novità introdotta da Fise, azienda di Bottanucco che ha alle spalle un’esperienza ultradecennale nella produzione di motori per elettrodomestici di alta gamma e motori a magnete permanente per automatismi, come spiega il suo titolare, Luciano Boccola: «Abbiamo cercato di sviluppare un motore che rispondesse a una specifica necessità del mercato: ridurre la rumorosità degli aspirapolvere domestici. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla presenza di una ventola di aspirazione nella parte inferiore del motore stesso, che viene isolata proprio per ridurre i decibel quando il motore gira alla massima potenza, mantenendo però sempre la stessa temperatura di funzionamento e le stesse performance». In quali comparti sono maggiormente impiegati i motori Fise? «Lavoriamo al fianco di realtà di primissimo piano, attive soprattutto nella produzione di asciugacapelli professionali. Tra i nostri committenti possiamo vantare alcuni tra i nomi più importanti nel panorama italiano, tra cui Conair, Elchim, Tecnoelettra e ProJet. Abbiamo poi una presenza consolidata anche nel campo della robotica per il giardinaggio e, come accennavo in precedenza, nella produzione di motori per aspirapolvere di alta gamma, dove serviamo aziende del calibro di Air Delphin, ProAqua, Aura e Axana. Di re-

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92 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

cente, infine, abbiamo fatto il nostro ingresso anche nel mercato del vending, fornendo al gruppo N&W i motori che vengono poi installati all’interno dei classici distributori automatici di caffè». Quanto contano le attività di ricerca e sviluppo, per poter offrire motori sempre più performanti e innovativi? «La ricerca e lo sviluppo sono vitali per noi. Purtroppo, dati i continui aumenti nella tassazione e nei costi delle attività produttive, la percentuale che possiamo dedicare a queste attività non è sempre costante. Nonostante questo però, Fise sta continuando a innovare, progettando e creando nuovi motori, ma soprattutto automatizzando le linee di produzione esistenti».

Luciano Boccola, titolare della Fise Spa di Bottanucco (BG) www.fise-spa.it


Luciano Boccola

Fise ha consolidato la presenza sui mercati, con interessi commerciali che vanno dall’Europa agli USA ai Paesi Arabi, fino ad arrivare al Far East

Fise è oggi presente con i suoi prodotti su scala mondiale, con un fatturato estero in continua crescita. Come siete riusciti ad attuare una politica di internazionalizzazione così efficace e quali sono al momento i paesi più importanti per il vostro business? «Sono ormai diversi anni che Fise ha consolidato la sua presenza sui mercati stranieri, con interessi commerciali che vanno dall’Europa agli USA ai Paesi Arabi, fino ad arrivare al Far East. Per noi l’unico modo per mantenere significative quote di mercato all’estero è fornire prodotti di qualità, a un prezzo comunque interessante, per cercare di ridurre il più possibile l’influenza della concorrenza “low cost” proveniente dall’Asia. Ovviamente siamo sempre alla ricerca di nuove partnership, e questo vale anche per il mercato interno, che continua a rappresentare una fetta importante del nostro business». In che misura la crisi economica in atto ha influenzato la vostra attività e come avete reagito a questa situazione? «La crisi, così come successo per tantissime

aziende italiane, ha inciso in maniera importante anche sul nostro fatturato. Grazie a una struttura produttiva dinamica e flessibile, siamo comunque riusciti a fronteggiare efficacemente la riduzione degli ordinativi che ha caratterizzato l’ultimo periodo di attività. Oggi, infatti, siamo in grado di consegnare i motori finiti in meno di tre settimane, quando fino a poco tempo fa il nostro normale lead time era di sei. Addirittura riusciamo a consegnare particolari motori anche in una sola settimana, grazie all’utilizzo di macchinari completamente automatici e un sistema gestionale elastico». Anche alla luce di queste considerazioni, quale bilancio è possibile trarre dall’ultimo anno di attività di Fise? «Possiamo ritenerci pienamente soddisfatti dei risultati raggiunti nell’ultimo anno. Il fatturato del 2011 si è infatti attestato sui 10 milioni di euro, e contiamo di poter mantenere questi livelli anche per il 2012». Quali sono, infine, gli obiettivi dell’azienda per il prossimo futuro? «Attualmente siamo concentrati sullo sviluppo di motori brushless (senza spazzole di carbone). Sono motori silenziosi, leggeri e con una durata di vita decisamente superiore alla media. La nostra intenzione è quella di realizzare un motore completo, già dotato anche della parte elettronica, che il committente dovrà quindi semplicemente inserire nel proprio apparecchio. Questa è una grande innovazione per il settore: la speranza è che il mercato sia pronto a raccoglierla». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 93


MODELLI D’IMPRESA

Un nuovo polo logistico per la chimica na scelta forte di contrasto alla crisi: investire sul territorio. È questo il messaggio che la Carlo Erba Spa, società che produce e distribuisce reagenti chimici per applicazioni analitiche e produttive, ha voluto dare al mercato con la realizzazione di un nuovo polo logistico ad Arese. Come spiega Massimo Rossi, country manager: «La sfida alla quale ci troviamo di fronte è quella di uno scenario di competitività mondiale che richiede oltre ad un servizio al top anche un’economicità del prezzo finale del prodotto per far fronte alla concorrenza internazionale. Con questo nuovo presidio riusciremo a garantire un servizio e una flessibilità che rispondano più efficacemente a un mercato nel quale oggi la programmazione è diventata più complessa e che però, allo stesso tempo, richiede anche un ridotto livello di inventario». E aggiunge Vincenzo Ciciulla, chief financial officer per l’Italia: «Il polo di Arese è stato posizionato strategicamente, progettato ergonomicamente – con flussi che ci permetteranno un servizio puntuale –, adeguato a soddisfare le necessità di laboratori di analisi e industria, con l’offerta di reagenti, consumabili, strumenti, materie prime certificate e servizi». Sul mercato da oltre 150 anni come uno dei principali fornitori di materie prime ad alta purezza, in particolare per l’industria farmaceutica, negli ultimi anni l’azienda è stata avviata dal nuovo management verso una strategia fondata sulla tecnologia, l’innovazione e il valore competitivo. Fattori questi che le hanno dato un forte rilancio, proiettandola con dinamismo verso il futuro. «Il nostro punto di partenza – spiega Massimo Rossi –

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94 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Un programma di profondo rinnovamento dell’assetto produttivo e organizzativo. Massimo Rossi e Vincenzo Ciciulla, manager di Carlo Erba Reagenti, presentano i risultati di una strategia fondata su tecnologia, innovazione e valore competitivo Valerio Germanico

Fasi produttive del Gruppo Carlo Erba Reagents, che ha sede press Arese (MI) www.carloerbareagents.com

è stato il riassetto organizzativo della filiera produttiva. Questo si è tradotto nello spostamento di uno stabilimento e in investimenti per la realizzazione di nuove camere bianche, nuovi edifici e impianti produttivi negli stabilimenti del gruppo. Il frutto di questi investimenti è la possibilità di soddisfare le aspettative più esigenti e gli standard più elevati dell’industria, in particolare all’interno della filiera farmaceutica. La nostra produzione assicura la conformità alle Ipec-Iso-Ich/Q10 con il confezionamento in camere bianche certificate con flusso laminare a classe Iso 5. Agli standard di qualità (Iso 9001), ambientali (Iso 14000) e sociali (Sa 8000) si sommano così alla quantità, grazie a una capacità produttiva di oltre 30mila metri cubi di solvente ad alta purezza e 3mila


Massimo Rossi e Vincenzo Ciciulla

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Abbiamo investito per raggiungere la piena soddisfazione dei più elevati standard dell’industria farmaceutica

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tonnellate di sali, che garantiscono ai nostri partner oltre 8mila referenze chimiche tra reagenti di laboratorio e materie prime, alle quali si vanno ad aggiungere altre 15mila referenze capaci di coprire l’intera necessità dei più sofisticati laboratori farmaceutici». Abbiamo chiesto a Ciciulla un bilancio dell’andamento dell’attività della Carlo Erba Reagenti nell’ultimo biennio, che così ha risposto: «I risultati di produzione e fatturato degli ultimi due anni possono essere definiti soddisfacenti, soprattutto se collocati all’interno della fase economica che abbiamo attraversato, sia a livello di scenario italiano che internazionale. Inoltre questi risultati positivi sono venuti in contemporanea a un programma di profondo rinnovamento del nostro assetto produttivo e organizzativo e in un contesto di criticità che ancora pesa sull’attività delle imprese». È Rossi, in conclusione, a entrare nel merito di quelle che sono le riforme che il tessuto produttivo italiano ancora attende dalle istituzioni: «Fra le

aree di intervento più urgenti, certamente, c’è il problema della semplificazione dell’attività burocratica, che oggi sottrae alle imprese troppe risorse per la sua gestione – e che oltretutto continua ad allontanare dal nostro territorio l’arrivo di capitali di investitori stranieri. Inoltre, bisognerebbe allineare le condizioni del credito a quelle presenti nel resto dei paesi europei. Soprattutto tenendo conto che le materie prime acquistate all’estero hanno condizioni di pagamento molto più brevi rispetto ai nostri tempi medi di riscossione e che questo gap si accentua maggiormente per aziende come la nostra, profondamente coinvolta nella fornitura alle amministrazioni pubbliche». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 95


Le nuove dinamiche dell’Epc La globalizzazione dei mercati ha portato una nuova logica nell’universo dell’engineering, procurement and construction industry. Andrea Manzi, presidente del Cda di Fgm, spiega quale riassetto è avvenuto nel settore della fornitura di impianti Manlio Teodoro

er le società dell’Epc (Engineering, Procurement and Construction), negli ultimi anni, una delle variabili fondamentali è stata il rapporto con i fornitori esteri. Fatto 100 il totale dei costi di Epc per un impianto chiavi in mano, sulla distribuzione media dei costi il 15 per cento va in ingegneria e project management, il 35 per cento nei subappalti della costruzione – che comprende

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In queste pagine, alcuni impianti realizzati dalla Fgm Engineering di Milano www.fgmengineering.com

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opere civili, montaggi elettromeccanici, avviamento. Mentre il restante 50 per cento è interamente assorbito dall’approvvigionamento dei materiali. E come spiega Andrea Manzi, presidente del Cda della Fgm di Milano, società specializzata nella progettazione, costruzione e fornitura di impianti industriali: «Prima della globalizzazione dei mercati, in particolare fra gli anni Ottanta e Novanta, l’approvvigionatore italiano di forniture e componenti industriali operava prevalentemente sul mercato locale, per una quota che poteva raggiungere anche il 70 per cento sul totale degli acquisti. La logica che guidava questi acquisti era quasi esclusivamente quella del prezzo più basso. Oggi, invece, l’approvvigionamento di beni e servizi è visto come un processo aziendale dal quale dipende il vantaggio competitivo dell’impresa e dal quale deve essere generato il maggiore valore aggiunto possibile». Dunque uno scenario mutato considerevolmente. «Dato che è cambiato il ruolo attribuito dagli imprenditori all’approvvigionamento, passato da voce di spesa da comprimere a fattore


Andrea Manzi

strategico di sviluppo, anche la nostra attività ha dovuto ripensare il proprio modello di business. Per esempio, sul fronte del reperimento dei materiali abbiamo dovuto riposizionare la nostra azione, raccogliendo in un punto di raccordo cruciale le strategie commerciali e quelle di mercato, i processi produttivi aziendali e il mondo esteso dei fornitori globali». Da un certo momento in poi, infatti, la competitività delle società impiantistiche è divenuta

sempre più strettamente legata a quella dei loro fornitori. E, di conseguenza, alla capacità di scegliere, gestire e controllare una serie di parametri, prima posti in secondo piano, per assicurarsi della qualità e dell’efficienza delle prestazioni a corredo delle forniture. «Pertanto – prosegue Manzi – per poter acquisire un vantaggio competitivo, è necessario stabilire una relazione collaborativa tra fornitore e main contractor. Questa relazione deve avere una configurazione tale da essere in grado di generare valore per entrambi i partner, attraverso l’adattamento reciproco e il ricorso alle risorse di fiducia». Anche sotto la spinta di queste evoluzioni del settore, negli ultimi anni, il management di Fgm ha avviato una ristrutturazione del proprio gruppo di progettazione e ingegneria di processo. «Il nuovo gruppo interagisce strettamente con le diverse discipline dell’ingegneria impiantistica – quali piping, meccanico civile, strutturale, elettrico e strumentale –, qualificando il prodotto in termini di servizio prestato. Inoltre, grazie a questa riorganizzazione, abbiamo portato sul mercato un pacchetto di proposte nuove, che comprende, oltre agli impianti in chiavi in mano, anche la progettazione e costruzione di parti di impianti, packages, studi di fattibilità tecnica, economica e di ottimizzazione, sia per unità di processo che per utilities, nel pieno rispetto delle principali normative nazionali e comunitarie, come Ped e Atex». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 97


MODELLI D’IMPRESA

Tra export e innovazione Riuscire a tenere il mercato per alcuni settori industriali, come quello della lavorazione delle materie plastiche, non è facile. La strategia imprenditoriale della Di Bosco Stampi nelle parole di Renzo Pedraccini Lucrezia Gennari

roblemi nell’accesso al credito, calo nella domanda, scarso sostegno da parte delle istituzioni sono le difficoltà principali che lamentano le imprese italiane. E che hanno portato alla chiusura di molte realtà. In un quadro del genere, resiste chi si rinnova, e chi, anche a costo di “abbassare il tiro” e rivedere i suoi obiettivi, riesce comunque a ritagliarsi un posto sullo scenario nazionale e internazionale. La Di Bosco Stampi di Sondalo ha scelto questa strada. «È difficile oggi parlare di bilancio, le prospettive non sono facilmente prevedibili, il lavoro ha subito un calo e i pagamenti avvengono a scadenze sempre più lunghe – afferma Renzo Pedraccini, titolare dell’azienda -. La nostra re-

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altà continua a restare sul mercato, senza aver fatto ricorso alla cassa integrazione o ad altri ammortizzatori sociali, grazie alla nostra volontà di continuare a lavorare, a costo di rivedere le modalità della nostra attività: oggi siamo impegnati infatti più che altro sul lavoro in conto terzi, che eseguiamo il più delle volte sotto costo, senza trarne profitti, ma ci permette comunque di rimanere sul mercato». Quali sono oggi i vostri principali mercati di riferimento? «Dal 1976, anno di fondazione dell’azienda, siamo impegnati nella costruzione di macchine e stampi per la lavorazione delle materie plastiche e ci siamo specializzati in termoformatura. Il target principale, oggi, resta quello dei nostri clienti storici, che ultimamente però hanno ridotto notevolmente gli investimenti, affidandoci solo manutenzioni e piccoli lavori di modifica. Compensiamo con l’attività sui mercati esteri, in Venezuela in particolare, dove però per problemi governativi i pagamenti risultano parecchio ritardati». Com’è organizzato il lavoro in azienda? «La ditta attualmente impiega 10 dipendenti. Dispone di un ufficio tecnico per la progettazione di stampi e macchine, inoltre si avvale di collaboratori esterni di fiducia per quello che concerne la programmazione (Plc) e l’automazione degli impianti. La meccanica viene eseguita in sede, disponiamo di supporti esterni che, su nostri progetti, eseguono lavori particolari che vengono poi controllati e montati nel nostro stabilimento».


Renzo Pedraccini

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Stiamo costruendo soprattutto macchine termoformatrici e presse di ripresa per linee di media e grossa produzione

La vostra produzione si compone di macchinari e articoli termoformati. Quali di queste due categorie rappresenta la percentuale maggiore del vostro core business? «In questo momento, così come negli ultimi anni, stiamo costruendo soprattutto macchine termoformatrici e presse di ripresa per linee di media e grossa produzione». Come si compone il vostro parco macchine? «Disponiamo di macchine utensili: elettroerosione a tuffo e a filo, torni Cnc e tradizionali, centri di lavoro a fresare, rettifica tangenziale per piani, rettifica interni – esterni per fori ed alberi, rettifica per profili Cnc, fresatrici Cnc, fresatrici ad alta velocità (30mila giri/min) su mandrino. Inoltre, possediamo un reparto per piccole carpenterie dove vengono utilizzate seghe a nastro e alternative, saldatrici a filo e a TIG». Quanto si investe in ricerca innovazione e sviluppo? «Negli ultimi 20 anni abbiamo deciso di investire soprattutto in progetti di termoformatura per piccole, medie e grosse linee per

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produrre articoli in materiali plastici, dal P.P al P.E.T., ottenendo ottimi risultati soprattutto nell’ambito dell’imballo orto-frutticolo e nel packaging». Anche se è difficile delineare le prospettive, persino a breve termine, quali risultati auspica per quest’anno? «Abbiamo referenze importanti, in questi anni infatti abbiamo fornito macchine e stampi a diverse aziende italiane e straniere. Spero che la Di Bosco Stampi possa confermare i risultati positivi conseguiti in passato e riesca a mantenersi competitiva, nonostante le difficoltà su un mercato che mi auguro si rimetta in moto il prima possibile».

In apertura, Renzo Pedraccini, titolare della Di Bosco Stampi di Sondalo (SO), al lavoro. Nelle altre immagini, momenti di attività all’interno dell’azienda www.diboscostampi.it

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MODELLI D’IMPRESA

L’industria galvanica fuori dalla crisi Il biennio 2008-2009 ha penalizzato la divisione italiana della multinazionale Coventya. Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen spiegano in che modo le aziende del gruppo hanno ritrovato la rotta Manlio Teodoro

l 62 per cento delle quote di mercato dell’industria galvanica italiana è spartito fra tre società, appartenenti alle tre principali multinazionali del settore. La posizione più importante è quella di Coventya Italia, che detiene il 24 per cento del mercato nazionale. La società appartiene al gruppo Coventya, che ha il proprio quartier generale in Francia e conta la sua presenza in più paesi europei, mentre dal 2000 è iniziata l’espansione nell’area extraUe, con l’apertura di sedi negli Stati Uniti, Messico, Brasile e Cina. In Italia il gruppo è presente a Carugo (CO), dove hanno sede l’amministrazione – diretta dall’ad Rainer Ruckelshausen –, l’ufficio vendite e il laboratorio analisi. Il settore operativo e la ricerca e sviluppo, invece, avvengono dentro lo stabilimento di Villorba

I Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen, amministratori delegati di Coventya Italia, Carugo (CO) www.coventya.com

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(TV) – guidato dall’ad Claudio De Val –, dove si trovano la produzione e la logistica, assi nevralgici dell’attività. Infine, è dedicata alla lavorazione dei metalli preziosi la sede di Agliana (PT), posta in una posizione strategica per il suo ruolo di partner per l’industria della moda e del lusso. Qual è il valore aggiunto che ha permesso al vostro gruppo industriale di raggiungere una posizione tanto importante nel settore galvanico italiano? Rainer Ruckelshausen: «La specificità dell’industria dei trattamenti elettrolitici impone una perfetta combinazione di scienza pura ed esperienza pratica. La forza del nostro modello si è sempre basata proprio sul dosaggio sapiente di queste due componenti. Abbiamo costruito un sistema operativo fondato sullo scambio costante delle informazioni fra tutti gli attori che partecipano a vario titolo al processo produttivo. Quindi i nostri committenti dialogano con il servizio tecnico e questo a sua volta lavora in sinergia con il team ricerca e sviluppo, per dare alla fine un risultato di qualità costante». La crisi economica ha influito sul vostro bilancio? Claudio De Val: «A partire dal secondo semestre del 2008 l’intera industria galvanica è stata


Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen

pesantemente colpita dalla crisi economica. Questo ha determinato nel 2009 un decremento dei ricavi per tutte le principali realtà italiane del settore, compresa Coventya. Tuttavia siamo riusciti a contenere i danni grazie al fatto che negli anni precedenti alla crisi la nostra società aveva mostrato performance di utili e indici di redditività importanti. Tuttavia, per reagire in maniera incisiva e av-

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Cerchiamo di avere una visione a 360 gradi del processo, in modo da garantire l’impiego ottimale delle risorse

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viarci verso la ripresa, già a partire dal 2009 abbiamo aumentato il numero dei dipendenti e contemporaneamente ridotto il costo del lavoro per addetto – voce che aveva assunto un peso considerevole sul nostro bilancio». Quali attività rappresentano il core business? R.R.: «Oltre a fornire specialità chimiche, offriamo trattamenti elettrolitici, chimici superficiali e di trattamento delle acque. I nostri prodotti vengono utilizzati da una platea molto ampia di settori: dall’industria automobilistica all’edilizia, dall’arredamento alla moda, passando per l’occhialeria e l’aeronautica, fino all’industria dell’elettronica e dei connettori. Dovendo tenere in considerazione le esigenze di un portfolio clienti così vasto, cerchiamo di avere una visione a 360 gradi del processo, in modo da garantire l’impiego ottimale delle risorse. Miglioriamo costantemente i trattamenti superficiali con processi innovativi, di facile utilizzo e soprattutto rispettosi dell’ambiente. A quest’ultimo tema siamo molto sensibili e possiamo affermare che il nostro gruppo, a livello globale, ha impostato la propria strategia in modo tale da renderla compatibile con un atteggiamento responsabile e di ecofriendly attitude». La vostra quota del mercato italiano come viene gestita a livello di distribuzione e logistica? C. De V.: «Una delle caratteristiche di Coventya è la sua capacità di offrire ai partner una copertura del territorio efficace e completa. Questa caratteristica si esprime sia nella presenza di tre sedi in Italia, localizzate in tre regioni strategiche per il nostro business, sia nella rete di agenti e distributori che in maniera tempestiva e competente sono in grado di coprire l’intero territorio da nord a sud. Lo stesso concetto viene applicato dal nostro gruppo anche su scala europea ed extraeuropea in tutti i paesi in cui siamo presenti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 101


Il ciclo integrato della saldatura I processi di saldatura sono alla base della realizzazione degli impianti industriali. Fra formazione degli operatori, analisi dei materiali, scelta dei procedimenti, svolgimento delle prove di qualifica, gli aspetti da tenere in considerazione sono molti. Li descrive Fabio Saporiti Amedeo Longhi

in dal 1969, l’Asme – l’Associazione americana degli ingegneri meccanici – ha sviluppato una serie di precise normative volte a verificare e certificare la qualità dei componenti e dei loro processi di realizzazione tramite l’analisi delle sollecitazioni. Nel campo della costruzione di grandi impianti industriali, che spesso si trovano a operare in condizioni particolarmente gravose, la meticolosità dei controlli sulla qualità di materiali e procedimenti di lavorazione è fondamentale. Fabio Saporiti è presidente della Samic, azienda lombarda che dalla fine degli anni Ottanta, dopo un periodo di attività nel trattamento delle acque, si è specializzata nella progettazione e costruzione di componenti e impianti dedicati in particolare al settore energetico, chimico e industriale. «Il livello tecnologico degli impianti energetici è elevato e ha richiesto da parte nostra un notevole impegno per crescere in termini di organizzazione interna, knowhow e informatizzazione dei processi». L’azienda

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La Samic Spa si trova a Lonate Ceppino (VA) www.samic.it

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lombarda propone un ciclo integrato del prodotto: «Fin dalla progettazione ci confrontiamo con la committenza per studiare la soluzione migliore, partendo dalle esigenze che si presentano e pensando già alla fase di costruzione dell’impianto», spiega Saporiti. «Per questo va posta grande attenzione alla scelta dei materiali e alla cura di un procedimento fondamentale come la saldatura». Le saldature sono fra i punti più critici del prodotto finale, i più esposti a eventuali problemi strutturali, e per questo devono essere realizzate conformemente a standard qualitativi elevati: «Si parte individuando il processo di saldatura migliore e il materiale d’apporto più indicato; tutto è rigorosamente regolato dalle norme internazionali. Per questo motivo destiniamo ingenti risorse alla formazione di personale preparato e competente: abbiamo raddoppiato il numero di persone che si occupano di questa fase all'interno dell’azienda». Oggi lo staff di saldatori può contare su una ventina di effettivi: «Sono tutti in possesso di qua-


Fabio Saporiti

lifica di saldatura in accordo al codice Asme Ix e En, mentre i responsabili sono certificati Ewt ed Ewit in accordo alla Ewf. Fondamentale è la loro formazione: i saldatori esperti, che hanno perfezionato le loro capacità nel corso degli anni, affiancano i più giovani. Da un po’ di anni a questa parte abbiamo infatti puntato molto sulle risorse interne, ottenendo figure professionali polivalenti e preparate. Indipendentemente dal processo, ogni saldatore è in grado di assicurare gli stessi risultati qualitativi in modo costante e prolungato nel tempo». Nel ciclo integrato, si parte dallo studio del materiale da utilizzare per realizzare ogni specifico prodotto. «In base alla scelta effettuata – prosegue Saporiti – viene selezionata anche la tecnologia di saldatura da applicare e individuato il prodotto di saldatura più adatto, capace di assicurare le caratteristiche

meccaniche e tecnologiche richieste. Il processo si conclude con le prove di qualifica effettuate su ogni campione, necessarie a validare e certificare il processo di saldatura». Sono più di trecento le qualifiche di processo in possesso della Samic: «Si tratta di un patrimonio pressoché ineguagliabile – osserva Saporiti –, soprattutto se si considera che queste riguardano materiali di varia natura, dagli acciai al carbonio agli acciai basso legati, ai legati, fino agli acciai inossidabili austenitici tipo Aisi 304, 316 e 321, per arrivare agli acciai Duplex, alle leghe di nickel e di rame». I processi produttivi sono strettamente legati all’attività del settore commerciale: «La qualità dei fornitori è basilare. Abbiamo selezionato una ventina di partner che riteniamo strategici con cui “facciamo sistema”, in modo da offrire flessibilità ed elevata competenza. Si tratta di studi di progettazione, contoterzisti e semplici fornitori di materiale, con cui facciamo interscambio e ricerca, per offrire prodotti all’avanguardia dal punto vista tecnologico e prestazionale». Samic può contare su consolidati rapporti con molte altre realtà, anche estere: «Più del cinquanta per cento del fatturato è dovuto alle relazioni commerciali che intratteniamo con società di ingegneria straniere che si rivolgono a noi per la realizzazione di componenti di grosse dimensioni destinate al settore energetico, chimico e petrolchimico». Proprio l’internazionalizzazione, secondo Saporiti, rappresenta il futuro del settore: «Oggi i nostri sforzi sono volti a rafforzare la presenza su più mercati: per esempio, abbiamo acquisito delle qualifiche in Arabia Saudita, ma stiamo lavorando anche in Russia e America Latina». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

Innovazione nel settore cosmetico Una proposta completa per i professionisti dei capelli, dell’estetica e del benessere. Franco Colombo fa il punto sulle nuove tendenze e le richieste di un settore che, nonostante la crisi, chiede innovazione cosmetica, stilistica e funzionale Manlio Teodoro

o stile ha un posto importante nella scala dei valori del mondo dedicato alla bellezza e al benessere. Perché rappresenta un elemento distintivo che caratterizza il professionista della bellezza agli occhi del consumatore. È a partire da questa consapevolezza che la società Müster & Dikson – che sviluppa, produce e commercializza prodotti per gli acconciatori e il settore estetico – progetta e realizza linee di cosmetici, accessori, apparecchi e arredamenti destinati sia all’ambito professionale sia, in parte, alla grande distribuzione, ricercando un connubio felice fra piacevolezza

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delle linee e funzionalità operativa. L’amministratore unico, Franco Colombo, nel delineare un bilancio dell’ultimo anno di attività, afferma: «Il 2011 è stato un anno positivo, anche se a fronte di un andamento della richiesta indubbiamente sofferente, abbiamo riscontrato una buona accoglienza dei nostri nuovi prodotti presso i partner storici e quelli acquisiti di recente. Infatti, nonostante la difficile congiuntura, nel 2011 l’azienda ha promosso numerose nuove attività, sia di carattere commerciale sia produttivo. La divisione che ha registrato le performance migliori è stata quella cosmetica. Con questa tipologia di pro-


Franco Colombo

dotto abbiamo ampliato notevolmente la nostra presenza presso le più importanti catene distributive italiane. Anche sul fronte della fornitura per i professionisti abbiamo lanciato delle nuove proposte innovative, puntando su un contenuto formulativo di elevata qualità». Anche per il settore arredamento, attrezzatura e apparecchiatura, la società ha proposto delle novità. «Abbiamo cercato di interpretare le nuove esigenze della clientela, che chiede strumenti ben fatti, funzionali, attraenti, però caratterizzati da un prezzo di acquisto moderato, a causa della bassa disponibilità di risorse da destinare agli investimenti. Avere imboccato questa strada si è rivelata una scelta vincente, poiché la nostra gamma di nuovi prodotti è stata interpretata correttamente dai professionisti come una nuova arma per incrementare la competitività». Proponendo numerose tipologie di prodotti, tutti realizzate internamente, Müster & Dikson investe grandi risorse nella ricerca e sviluppo. «Tutte le formulazioni cosmetiche sono sviluppate nei nostri laboratori, nei quali a partire dalla ricerca sulle materie prime più performanti e con ingredienti innovativi cerchiamo di anticipare le richieste del mercato. Ogni nuova formula è testata per verificarne stabilità e conformità. Altrettanta cura è dedicata alla ricerca tecnica sugli articoli e gli strumenti elettrici per coiffeur, il mondo professionale e i centri estetici – per i quali abbiamo da tempo avviato la produzione di apparecchi abbronzanti, prodotti secondo le nuove indicazioni normative, indirizzate alla totale sicurezza dell’utente». Un ulteriore team di arredatori, design e ingegneri lavora, poi, nello studio di progettazione per le soluzioni di arredo. «Benché la nostra società sia caratterizzata da un’ampia diversificazione produttiva, pur all’interno di un settore specifico, le diverse divisioni lavorano in sinergia fra loro. Questo rappresenta un valore aggiunto che ci dà dinamicità e il know how per interpretare le esigenze e individuare in anticipo le tendenze di mercato. Se la ricerca e sviluppo si svolgono in parte e inevitabilmente in modo indipendente, a unificare la nostra proposta sono l’innovazione e il marketing, che spesso si identificano in modo univoco fra le varie divisioni aziendali, vivendo una comunione di strategie e di intenti. In questo modo riusciamo an-

che a far funzionare meglio la logistica e l’amministrazione, ottimizzando la gestione dell’intera catena produttiva». Il mercato principale della società è quello italiano, che copre con una presenza capillare, tuttavia l’espansione all’estero è divenuta per Müster & Dikson una priorità commerciale

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I nostri mercati principali sono naturalmente quelli europei, ma anche molti paesi fuori dall’area euro

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e strategica. «Oggi abbiamo rapporti commerciali con 70 paesi nel mondo. I nostri mercati principali sono naturalmente quelli europei, ma anche molti paesi fuori dall’area euro – e questo benché la forza dell’euro negli ultimi anni non abbia certamente favorito l’export. Le performance migliori le registriamo infatti, oltre che nei paesi comunitari, anche nel bacino mediorientale, nei paesi dell’exUrss e in Nord America. In questo momento di crisi, l’accesso a più mercati, con ritmi di crescita diversi, è fondamentale per il bilancio di molte imprese, come la nostra. Per questo, gli obiettivi per il 2012 e i prossimi anni sono quelli di proseguire con lo sviluppo e il consolidamento dei mercati oltre confine. In particolare agiremo intensificando la partecipazione alle fiere di settore, la ricerca di nuovi operatori e interpretando al meglio le richieste, spesso diversificate, dei diversi mercati nei diversi angoli del globo».

La Müster & Dikson Spa ha sede presso Cerro Maggiore (MI) www.muster-dikson.com

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 107


MODELLI D’IMPRESA

Un bilancio sulla moda made in Italy Cresce l’export di abbigliamento made in Italy e continua a calare il consumo interno. Le strategie e le soluzioni delle imprese per reagire alla crisi. Ne parliamo con Roberto Vezzoli Valerio Germanico

n 2011 a due velocità per le imprese italiane dell’abbigliamento e delle calzature. Se l’export made in Italy ha raggiunto un importante incremento del 13 per cento, si sono contratte le vendite nel mercato interno, calate del 3,2 per cento (fonte: indice Icc di Confcommercio). Come conferma il dottor Roberto Vezzoli titolare di Tris Line, azienda che produce abbigliamento femminile con una struttura integrata che cura dallo stile alla commercializzazione: «Il comparto ha risentito in maniera significativa della crisi, soprattutto perché le vendite del no-

U Momenti della produzione della Tris Line Srl, azienda con sede a Bagnatica (BG) www.trisline.it

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stro prodotto sono legate indissolubilmente alla dinamica generale dei consumi. Quest’ultima è risultata in netta perdita sia negli ultimi due anni sia, ancora, in questi primi mesi del 2012. Nonostante queste difficoltà, però, l’azienda è riuscita a ottenere una performance in controtendenza, registrando una crescita del fatturato, raggiunta puntando, da un lato, sul consolidamento dei rapporti con i nostri partner e, dall’altro, espandendo l’attività aziendale con l’apertura di alcuni punti vendita monomarca». Tris Line, finora orientata principalmente al wholesale e in via residuale al retail, si è così inserita anche nel segmento della vendita diretta. «Abbiamo creato una rete di punti vendita, che si propongono con l’insegna Diambre, che comprende dodici negozi, distribuiti fra outlet, centri commerciali e località turistiche. In questo modo possiamo proporre direttamente le nostre collezioni, che sono disegnate e prodotte interamente in Italia, con attenzione per le tendenze della moda e un buon rapporto fra qualità e prezzo. I nostri creativi riescono a incorporare


Roberto Vezzoli

nei capi un’idea di moda dinamica ed elegante, realizzata con tessuti confortevoli e di qualità. Per la prossima stagione punteremo su una linea easy chic, caratterizzata da volumi fluidi e colori come il verde bottiglia, il mosto, il grigio e l’immancabile nero». L’azienda investe l’8 per cento del fatturato annuo nell’aggiornamento tecnologico e nello sviluppo di nuovi modelli. «L’innovazione, insieme alla creatività nel disegno dei modelli, è sempre più importante per riuscire a essere competitivi sul mercato. Per l’area tecnologica, ci siamo dotati di due macchine da taglio Lectra di ultimissima generazione che hanno contribuito a migliorare la nostra capacità produttiva. E, inoltre, stiamo procedendo in maniera sempre più spedita sulla via dell’informatizzazione, grazie all’integrazione di sistemi di controllo gestionale che permettono un maggiore monitoraggio e l’ottimizzazione del processo». Gli obiettivi che l’azienda si propone per il 2012 sono orientati in due direzioni. «Se da una parte intendiamo consolidare la nostra rete di punti vendita monomarca, sentiamo anche la necessità di diversificare i nostri punti di riferimento, in modo da raggiungere una posizione più solida rispetto ai rischi che la crisi dei con-

sumi ancora rappresenta in Italia. Per questo inizieremo a proporre le nostre collezioni anche all’estero. I primi mercati nei quali penetreremo saranno quelli di Svizzera, Germania e Austria. La nostra scelta di internazionalizzazione basa la sua ragione, ovviamente, sull’attrazione che la moda italiana, come pure altri prodotti del made in Italy, esercita oltreconfine. Tuttavia, crediamo che la buona fama che è stata costruita intorno al marchio Italia nei decenni scorsi non debba essere considerata un dato acquisito da noi produttori che la rappresentiamo. Al contrario, la vera sfida è quella di mantenere il prestigio dello stile e della moda italiana e, se possibile, di farlo crescere ancora agli occhi dei consumatori stranieri. Crediamo che questo sia un investimento importantissimo per il futuro di tutto il settore del fashion e anche del Sistema Italia». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 111


EXPORT

Nuovi orizzonti per il know how italiano L'industria ha sempre più spesso bisogno di strumenti precisi e adatti alle particolari esigenze della committenza. In questo modo si mantengono alti i livelli di produzione e si potenzia l’innovazione. Il punto di Andrea Giorgi Marco Tedeschi econdo recenti dichiarazioni di Confindustria, l’Italia resta la seconda potenza industriale d’Europa a livello produttivo, anche se siamo stati sorpassati nella classifica mondiale da Brasile, India e Corea del Sud. Il merito di quel secondo posto in prospettiva europea si deve soprattutto alle industrie che hanno sempre creduto e investito nell’innovazione e nella ricerca applicata allo sviluppo industriale. Andrea Giorgi, titolare della Giorgi, azienda con sede a Rodano, in provincia di Milano, che dal 1971 opera nel settore dei compensatori di dilatazione e dei tubi flessibili spiega che «l'innovazione è molto importante; infatti, collaboriamo con società di ingegneria, a livello internazionale, che progettano impianti personalizzati». Tutto ciò ha avuto un effetto decisamente positivo anche sul mercato internazionale. «La richiesta dei nostri

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Nelle immagini, fasi della progettazione e particolari della produzione aziendale www.giorgisrl.com

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prodotti è aumentata soprattutto nei mercati esteri. Negli ultimi anni abbiamo creato una collaborazione con aziende di spicco in 25 paesi del mondo. In questo modo ci siamo confrontati con la concorrenza diretta internazionale; siamo riusciti ad acquisire numerose commesse importanti nel settore petrolchimico, siderurgico e chimico. Oramai il nostro brand si è affermato in tutta Europa e altri paesi del mondo. In questo periodo stiamo esponendo in fiera nel sud est asiatico proprio per trovare nuovi canali nei paesi emergenti». La realtà di Rodano sta inoltre crescendo notevolmente. «Di recente – prosegue Andrea Giorgi - abbiamo inserito nuovi macchinari realizzati dai nostri tecnici. Il 90 per cento della produzione infatti è progettata e costruita su specifica richiesta. Riusciamo a progettare compensatori di dilatazione resistenti ad altissime pressioni e altissime tempe-


Andrea Giorgi

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Abbiamo a disposizione diversi impianti per il collaudo pneumatico e numerosi impianti per il collaudo idraulico a pressioni molto elevate

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rature. Questo tipo di compensatori fanno parte del 4° impianto costruito da una delle società di ingegneria più importanti d’Italia, che ci ha dato completa fiducia vista l’affidabilità dimostra negli anni di collaborazione». Usufruire di tecnologie all'avanguardia risulta fondamentale, e «potendo contare su una nuovissima tecnologia americana - conclude Giorgi - riusciamo a realizzare prodotti di grande qualità, in tempi minori rispetto alla normale produzione». L’innovazione, la tecnologia e la ricerca hanno portato alla realizzazione di una nuova gamma di prodotti. «Si tratta dei tubi flessibili in PTFE. Questo tipo di tubi viene realizzata per il convogliamento di fluidi altamente corrosivi, di prodotti farmaceutici e cosmetici, di prodotti alimentari, di gas e vapore. Con questo nuovo prodotto riusciamo a dare un servizio molto più completo rispetto a tutta la nostra concorrenza locale, concentrata solo su uno o due prodotti della nostra gamma». La sicurezza da sempre rappresenta una delle caratteristiche imprescindibili della Giorgi. «Per questo ci siamo dotati anche di una nuova certificazione. I nostri prodotti possono essere impiegati in atmosfere potenzialmente esplosive pertanto abbiamo inserito, insieme alle altre, la certificazione 94/9/CE ATEX 95. Questa certificazione

riguarda il rischio di esplosione dovuto a sorgenti di innesco di qualsiasi natura (non solo elettrica ma anche meccanica), la classificazione dei prodotti in gruppi e categorie in funzione del livello di protezione assicurato, la valutazione del pericolo di accensione in relazione alle polveri combustibili, la sorveglianza sulla produzione basata sui sistemi di qualità aziendali (ISO + EN 13980), la correlazione con macchinari/impianti che possono utilizzare/processare sostanze infiammabili (impianti di verniciatura, impianti per l’industria alimentare o della lavorazione del legno ed altri ancora)». Una delle peculiarità portate avanti dalla Giorgi è l’importante collaudo che viene effettuato sui prodotti. «Il fatto che il 100% dei nostri prodotti venga testato/collaudato rappresenta un valore aggiunto estremamente rilevante. Abbiamo a disposizione diversi impianti per il collaudo pneumatico e numerosi impianti per il collaudo idraulico a pressioni molto elevate. In casi particolari, come per gli impianti di produzione di ossigeno e di idrogeno, effettuiamo collaudi utilizzando l’elio. Questo, grazie alla sua molecola molto più piccola rispetto a quella dell’aria, riesce a penetrare in possibili cricche di saldatura facendo evidenziare i potenziali difetti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 115


EXPORT

Le Pmi reagiscono creando nuovi mercati aranno le Pmi a salvare il mercato italiano? Stando a quanto dicono i dati forniti dalla Ue, in Italia, oggi, le Pmi che hanno introdotto innovazioni di prodotto o di processo raggiungono il 35 percento del totale delle imprese. Sono proprio queste piccole e medie imprese che reagiscono al mercato e, cosa ancora più importante, a volte lo creano, schivando la concorrenza estera. È il caso ad esempio de La Meccanica, azienda bergamasca da 35 anni nel settore delle macchine e impianti per la verifica e il confezionamento di tessuti d’ogni tipo. «Una delle caratteristiche principali che ci ha sempre contraddistinto è stata la massima accuratezza nei dettagli e l’insistente ricerca della precisione, anche attraverso la produzione e lo sviluppo di nuovi impianti». Spiega Paolino Gastoldi, titolare de La Meccanica Spa. «Questo ci sta consentendo di restare ai vertici del mercato anche in anni difficili, con l’ingresso di nuovi paesi capaci di produrre materiali a basso costo».

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116 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Il tessile sta attraversando momenti difficili. Eppure ci sono realtà che sono cresciute e hanno supportato il settore consentendo una maggiore automatizzazione dei macchinari per aumentare la produttività. Il caso dell’impresa La Meccanica Nicoletta Bucciarelli

Paolino Gastoldi è titolare de La Meccanica Spa di Urgnano (BG) www.la-meccanica.it


Paolino Gastoldi

Voi lavorate con l’estero. Con quali paesi nello specifico? «Attualmente lavoriamo molto con i paesi emergenti, quali Brasile, India, Turchia e Cina. Nel corso degli anni però abbiamo venduto, grazie alla nostra capillare rete di agenti, in quasi tutti i paesi del mondo. Questo ha contribuito a diffondere il nome de La Meccanica e la garanzia di un prodotto qualitativo made in Italy». Con quali realtà italiane invece collaborate maggiormente? «Con le grandi aziende italiane che producono a livello mondiale tessuti tecnici con standard qualitativi molto elevati, localizzate prevalentemente in Lombardia. Nel settore di stampa digitale, i nostri clienti sono dislocati per lo più nella provincia di Como». Quali sono gli ambiti di ricerca all’interno del settore delle macchine per il confezionamento di tessuti? «La ricerca in campo tessile si sta dirigendo verso l’automatizzazione pressoché completa dei macchinari utilizzati a livello industriale, per incrementare la produttività, diminuire i costi di produzione e accrescere la precisione assoluta dei risultati finali». Che cosa hanno rappresentato per voi questi 35 anni d’attività? «Sono stati 35 anni di costanti sviluppi e aggiornamenti in cui abbiamo cercato di combinare le esigenze dei singoli clienti con le tecnologie di volta in volta a nostra disposizione. Nell’ultimo decennio ci siamo specializzati anche nella costruzione di plotter di stampa

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Nell’ultimo decennio ci siamo specializzati anche nella costruzione di plotter di stampa ink jet per il settore tessile

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ink jet sempre per il settore tessile. Si sono alternati momenti di grandi soddisfazioni ad altri di pesanti fatiche, ma tutto sommato possiamo tracciare un bilancio più che positivo della nostra attività». Quali cambiamenti avete potuto registrare nel vostro settore in tutti questi anni? «Nel corso degli anni, i clienti sono diventati sempre più esigenti e la nostra mentalità, d’altro canto, è sempre stata molto aperta alle nuove tecnologie e le nostre macchine sono in continua evoluzione, in base ai crescenti sviluppi in campo informatico ed elettronico. Questo atteggiamento ci ha permesso di ampliare la produzione anche nel settore della stampa digitale per tessuto, prodotti meglio conosciuti con il brand Qualijet». Offrite anche qualche servizio parallelo? «Ci avvaliamo da anni di due nostre società del gruppo La Meccanica. Real time Automation produce e sviluppa internamente impianti nel campo del monitoraggio e controllo della produzione con soluzioni innovative in grado di soddisfare le più complesse esigenze nel campo tessile da applicare ai nostri sistemi di verifica, imballo e trasporto. Lmprints è invece dedicata alla vendita di pezzi di ricambio, studio, ricerca e ingegnerizzazione di nuove soluzioni nel campo della stampa tessile». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 117


EXPORT

L’export impone competitività Le difficoltà delle imprese italiane a tenere il passo della concorrenza internazionale. Cresce l’attesa di misure necessarie alle quali il governo tecnico sembra avvicinarsi con eccessiva prudenza. Il commento di Eugenio Saletti Valerio Germanico

on il suo discorso di insediamento del 24 maggio, Giorgio Squinzi, neopresidente di Confindustria, ha interpretato il malessere della categoria rispetto a misure urgenti che però ancora tardano ad arrivare. Alle maggiori criticità evidenziate – riforma del lavoro, pressione fiscale, spesa pubblica – fanno seguito quattro punti di intervento prioritari: riforma della Pa, tagli alla spesa, più credito alle imprese e meno tasse sul lavoro. Fra i commenti degli associati, riportiamo quello di Eugenio Saletti, fondatore della bresciana Epr, che afferma: «Sebbene le nostre imprese si trovino di fronte ad avversari con costi di produzione più bassi dei nostri anche fino a cinque volte, l’applicazione di quanto propo-

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Eugenio Saletti, fondatore della Epr Srl di Vobarno (BS) www.epr.it

118 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

sto dal presidente Squinzi ridarebbe certamente respiro all’industria italiana, infondendo soprattutto una rinnovata fiducia in un sistema statale che, paradossalmente, viene sempre più avvertito come un ostacolo allo sviluppo, mentre dovrebbe essere uno stimolo». La Epr di Saletti produce trasmissioni cardaniche per il settore siderurgico, attività alla quale è approdata nel 2004 dopo una lunga esperienza come distributore di questo tipo di prodotti. Oltre a quelle evidenziate dal presidente Squinzi, quali sono, secondo lei, le criticità per l’industria? «Abbiamo una burocrazia troppo pesante, che grava fortemente sui costi di produzione, sia a livello amministrativo che di costo del lavoro per


Eugenio Saletti

+8% FATTURATO

Crescita di Epr nel 2011. Risultato ottenuto grazie alla spinta sull’export, che rappresenta il 60-70% del business della società

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L’investimento in nuove tecnologie sarà possibile solo quando si presenterà una forte crescita nella richiesta di prodotto

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le imprese. A questo, dall’altra parte, corrisponde una totale incertezza del diritto, tanto che un’impresa che si trovi a dover riscuotere dei crediti è di fatto scoraggiata dall’intraprendere qualsiasi azione legale, perché per far valere il proprio diritto finirebbe per ottenere un danno maggiore». Data la situazione di difficoltà generale, qual è il bilancio dell’ultimo anno di attività? «Nonostante la crisi, nel 2011 abbiamo registrato una crescita del fatturato di circa l’8 per cento rispetto all’anno precedente. Questo è stato possibile grazie all’ingresso in nuovi mercati esteri – ormai il nostro fatturato deriva per il 60-70 per cento dall’export –, risultato della nostra campagna marketing che ha contribuito, insieme alla qualità del prodotto, alla nostra affermazione sul mercato. Consideriamo questo risultato particolarmente significativo dato il momento». Avete in previsione nuovi investimenti? «Nonostante l’attivo, la situazione non è favorevole all’investimento. Nel 2011 siamo riusciti a riportare il fatturato quasi ai livelli precrisi – recupero che ha richiesto un triennio. Inoltre la

nostra capacità produttiva, attualmente, è ancora forte della serie successiva di investimenti che abbiamo messo in atto fra gli anni 2004 e 2009. Abbiamo quindi ancora spazio per sfruttare i nostri mezzi. Un investimento in nuove tecnologie sarà possibile soltanto nel momento in cui si sarà presentata una forte crescita nella richiesta di prodotto». Quali sono i paesi e i settori ai quali si rivolge il vostro prodotto? «La nostra esperienza commerciale, precedente al 2004, era concentrata nel settore siderurgico. L’avvio di una nostra produzione ci ha portato a continuare il lavoro con questo settore – che ancora vale la metà del fatturato – e a entrare anche in nuovi, come quello navale. Ma soprattutto ci ha aperto le porte dei mercati esteri. Infatti oggi esportiamo in Usa, Turchia, Taiwan, Germania, Francia, Sud America e India. La nostra competitività sul mercato ci ha permesso di instaurare rapporti con il grande mercato asiatico da cui ci aspettiamo ulteriori nuovi successi commerciali».

Sopra, albero di trasmissione cardanica per gabbie di laminazione

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 119


EXPORT

Burocrazia, il freno a mano delle imprese In un mercato in cui la velocità è un vantaggio competitivo, il talento delle piccole e medie imprese italiane rischia di essere battuto sul tempo dai concorrenti stranieri. Carlo e Paolo Pilenga spiegano con quali strumenti le Pmi possono reagire Luca Cavera

Q Carlo e Paolo Pilenga, titolari della Europizzi Spa di Urgnano (BG) www.europizzi.it

ual è il vero limite allo sviluppo industriale italiano? Secondo Carlo Pilenga, la burocrazia ha un ruolo determinante nel frenare il decollo di nuove iniziative. «Avere le idee, i mezzi per concretizzarle e non poterle industrializzare a causa della lentezza dell’apparato burocratico diventa uno svantaggio che il mercato non perdona, dato che la velocità competitiva è ormai un requisito di partenza». Un’analisi severa ma realistica quella di Pilenga, condivisa insieme al fratello Paolo, cotitolare della Europizzi, azienda nata nel settore della tintura tessile e che negli anni ha saputo diversificare la propria attività, entrando anche nel settore chimico, dell’ambiente e dell’energia. A permettere questa evoluzione la spinta all’innovazione, di prodotto e di processo, ottenuta attraverso una costante attività di ricerca e sviluppo, svolta anche in partnership con altre aziende e istituzioni accademiche. Quante risorse destinate a ricerca e sviluppo?

«Benché sia un’attività fondamentale, le risorse disponibili sono scarse, specialmente in un momento di flessione del mercato. Per questo i nostri ricercatori sono stimolati a creare relazioni con le università e siamo aperti alla collaborazione con istituti di ricerca e anche con altre aziende che facciano dell’innovazione la loro bandiera. Va precisato però che la ricerca non è solo innovazione e creazione di nuovi prodotti, bensì riguarda il miglioramento dei prodotti e dei processi esistenti, attraverso i quali è anche possibile portare un prodotto esistente anche in settori lontani da quelli per i quali era stato progettato». Quali mercati stanno dando le migliori risposte in termini commerciali? P.P. «Purtroppo il mercato italiano è in sensibile contrazione e le attuali politiche fiscali non potranno certamente dare un impulso espansivo. Sulla base di questa analisi i nostri sforzi commerciali sono tutti orientati all’esportazione. Attualmente i nostri prodotti sono venduti in tutto il bacino del Mediterraneo e in Sud America, inoltre in Cina commercializziamo un prodotto specifico per il trattamento della seta. Però, anche operando in questi mercati con buoni risultati, ci troviamo in difficoltà nel confronto con le multinazionali, soprattutto a causa dei problemi specificamente italiani che pesano sulla nostra attività produttiva». Quali sono le criticità maggiori? CARLO PILENGA «I tempi burocratici, la pressione fiscale, il costo dell’energia. Queste sono certaPAOLO PILENGA


Carlo e Paolo Pilenga

I nostri ricercatori sono stimolati a creare relazioni con le università e a collaborare con altre aziende

mente criticità che ci pongono un gradino più in basso rispetto ai concorrenti europei ed extraeuropei. Certamente a bloccare ogni iniziativa sono i vincoli della burocrazia, che rendono il fare impresa un’attività difficilissima. Un esempio, la nostra consociata Euro D, che si occupa di depurazione acque, ha atteso 22 mesi per poter avviare un impianto di disoleatura di emulsioni lubrificanti. Può un’impresa attendere quasi due anni per avviare una produzione? Sul fronte energetico, inoltre, pensiamo che il suo consumo non sia solo un problema di costi, bensì anche di rispetto per l’ambiente. Per questo la nostra società, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, ha lanciato l’iniziativa “Pillole di sostenibilità”, con l’affissione in azienda di un decalogo rivolto ai nostri collaboratori per la promozione di atteggiamenti responsabili ed energeticamente consapevoli». Qual è il bilancio dell’ultimo anno di attività?

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P.P. «Il 2011 è stato caratterizzato da un primo se-

mestre in forte crescita, tanto da farci sperare in una ripresa dell’intero mercato. Di contro, però, il secondo semestre è poi stato decisamente recessivo. Tuttavia, nonostante questi segnali negativi, la spinta alla ricerca ci ha portato verso nuove opportunità, anche in settori che non avevamo ancora esplorato e che già a partire da quest’anno ripagheranno certamente gli investimenti». Da quali ambiti attendete i risultati migliori per il 2012? C.P. «Attendiamo un buon risultato dalla divisione chimica, che raccoglierà i frutti della ricerca svolta nel 2011. In particolare quella che ha portato alla realizzazione di due prodotti: un disperdente per il lattice e uno per le idrovernici. Inoltre, quest’anno dovrebbero essere concluse le lungaggini burocratiche che finora hanno bloccato l’avvio del progetto BioInNano per la funzionalizzazione dei substrati tessili – progetto posizionato sul bando made in Italy di Industria 2015 e valutato al sesto posto per importanza innovativa». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 123


EXPORT

La fonderia cresce, ma resta un gap energetico Ottimi risultati per la fonderia. Crescono export e partnership europee. Resta però il gap del costo energetico, che anche in un 2011 di incrementi a due cifre ha pesato sulla performance. Parliamo di questi temi con Anna Maria Pilenga Valerio Germanico

l trend positivo iniziato nel 2010 per l’industria italiana della fonderia è proseguito anche nel 2011, come ha comunicato l’Assofond (Federazione nazionale delle fonderie) durante l’assemblea degli associati dello scorso maggio. Sia gli indici di produzione che di valore sono cresciuti a doppia cifra, con un volume di prodotto al più 12 per cento, equivalente a 2,2 milioni di tonnellate di getti che hanno generato un valore di 7,5 miliardi di euro e determinato una crescita del fatturato del 20 per cento. E questo nonostante una nuova fase recessiva riscontrata dalla fine del terzo trimestre. A trainare è stata la domanda dall’estero, mentre si è confermato debole il mercato nazionale. A commentare questi risul-

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L’azienda Fonderie Pilenga Baldassarre & Co Spa si trova a Lallio (BG) - www.fpb.it

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tati la signora Anna Maria Pilenga, consigliere delegato e maggior azionista delle Fonderie Pilenga di Lallio, nel bergamasco: «L’andamento del nostro business nel 2011 si conferma in linea con l’andamento generale del settore. Abbiamo raggiunto un fatturato di 40 milioni di euro, che è derivato principalmente dal consolidamento del nostro core business – componenti per trattoristica e macchine movimento terra – e dall’acquisizione di nuovi partner esteri: infatti l’export è diventato il nostro obiettivo principale. L’anno scorso abbiamo avviato un accordo con un partner francese per la produzione di pompe a immersione. Questa partnership ci sta dando una quantità di lavoro importante e inoltre siamo in collaborazione anche per la ricerca e sviluppo. Un’altra partnership importante avviata nel 2011 è stata quella con un cliente tedesco che ha riportato in Europa la produzione di alcuni particolari che negli anni scorsi aveva delocalizzato in Cina. E che ha scelto la nostra fonderia». Alla domanda di come un’impresa italiana sia riuscita a battere in competitività un concorrente cinese, Pilenga risponde: «Più che la qualità del prodotto – perché anche una fonderia cinese è ormai in grado di raggiungere livelli qualitativi elevati – a essere determinante è stato l’insieme dei servizi offerti accanto alla produzione. Un valore aggiunto che paradossalmente all’estero – come in questo caso in Germania – trova maggiore apprezzamento che fra le aziende


Anna Maria Pilenga

Sulla nostra attività grava un pesante costo energetico, che rispetto ai principali competitor europei rappresenta un blocco allo sviluppo

italiane. Infatti, in Italia c’è un’eccessiva focalizzazione sul prezzo, fattore che nella scelta di un fornitore spesso finisce per prevaricare elementi importanti come la qualità, il servizio e il rapporto fra le imprese». Altro valore aggiunto per il quale le Fonderie Pilenga hanno trovato importanti collaborazioni all’estero è quello dell’innovazione tecnologica e della ricerca e sviluppo. «Studiamo il più possibile i vari modelli, cercando anche di proporre eventuali soluzioni alternative. Questo ci ha permesso di ottenere commesse in cui è stata determinante, per prima la capacità di sperimentare più prodotti per verificarne le performance migliori e, poi, la flessibilità produttiva, che ci permette di cambiare ciclo di produzione anche ogni ora. Lavoriamo su quattro linee automatiche di formatura, due verticali e due orizzontali, che ci permettono di realizzare pezzi da 25 grammi a 350 chili e circa 200 tonnellate al giorno tra ghisa grigia e ghisa sferoidale». Nonostante i risultati positivi ottenuti nel 2011, Anna Maria Pilenga sottolinea che nel

nostro paese esistono una serie di criticità che frenano il settore, che potrebbe esprimere un potenziale molto più elevato. «Sulla nostra attività grava un pesantissimo costo energetico, che rispetto ai principali competitor europei – Germania e Francia – rappresenta un vero e proprio blocco allo sviluppo. Specialmente per noi che utilizziamo esclusivamente la fusione elettrica, prodotta con cinque forni a induzione da 28 tonnellate ciascuno. Ci siamo organizzati in maniera tale da ottimizzare il ciclo produttivo rispetto al costo dell’energia, tuttavia questo continua a crescere e a penalizzarci anche negli anni, come l’ultimo, in cui abbiamo realizzato ottime performance a livello produttivo». In conclusione, le prospettive per il 2012. «Anche se il primo semestre è stato positivo, è ancora prematuro affermare che quest’anno sarà confermato il trend dell’ultimo biennio. Naturalmente è quello per cui lavoreremo, puntando sulla formazione interna, l’innovazione e la ricerca di nuovi partner europei, oltre che sulla fidelizzazione». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 125


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Internazionalizzazione e prospettive di crescita Guardare ai mercati stranieri attraverso una rete di imprese impegnate nell’impiantistica per il settore automotive. La Sam Progetti festeggia il venticinquesimo compleanno con il progetto Keypress.net. L’esperienza di Sergio e Franco Pagliari Lucrezia Gennari

ell’attuale scenario economico globale, l’internazionalizzazione sembra essere la strategia vincente per molte aziende. Un valore aggiunto ulteriore, inoltre, deriva dall’azione coordinata di una rete di imprese con un obiettivo comune: quello di crescere sul mercato straniero, acquisendo nuove commesse e opportunità. Questa è la strada intrapresa dalla Sam Progetti, realtà bresciana specializzata in progettazione industriale, guidata dai fratelli Sergio e Franco Pagliari. Proprio quest’anno, infatti, l’azienda è entrata a far parte del progetto Keypress.net, rete italo – nipponica attiva nell’impiantistica per il settore automotive, della quale fa parte un gruppo di aziende lombarde con capofila la società Aida Presse.

N Sergio e Franco Pagliari, titolari della Sam Progetti di Brescia www.samprogetti.com

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Quali prospettive si aprono con il progetto Keypress.net? Franco Pagliari: «La rete integrata Keypress.net guarda all’internazionalizzazione con prospettive sulla Russia, il Brasile e l’India. Siamo convinti che questo progetto di rete darà ottime opportunità di crescita e di sviluppo lavorativo alle aziende partecipanti. Il nostro obiettivo è quello di acquisire nuove commesse e per l’anno 2012 puntiamo a un aumento del fatturato del 5-10 per cento, migliorando ulteriormente l’offerta alla nostra clientela attraverso l’assunzione di personale altamente qualificato». Il processo di internazionalizzazione di Sam Progetti, però, non inizia adesso. Sergio Pagliari: «No infatti. Anche se il mercato principale dell’azienda resta quello italiano, dal 2002 la Sam Progetti ha aperto in Moldavia un ufficio di progettazione che attualmente conta una decina di dipendenti, i quali, oltre all’attività di progettazione meccanica, svolgono anche progettazione termotecnica, in modo particolare per quanto riguarda impianti di riscaldamento a pavimento. I tecnici che lavorano per la nostra società in Moldavia parlano sia la lingua italiana che la lingua russa, aspetto che ha facilitato i rapporti con alcune società russe con le quali collaboriamo». Quali sono, nello specifico, i vostri settori di riferimento? S. P.: «Abbiamo maturato esperienza nei tran-


Sergio e Franco Pagliari

sfer per alti volumi di produzione, per lavorazione di pezzi automobilistici, quali basamento motore, testate motore, e alberi a gomito. In particolare, abbiamo progettato per Fiat Auto, Ford e Chrysler linee transfer flessibili lineari, linee transfer flessibili a tavola girevole, unità speciali, fresatrici verticali e orizzontali a CNC mono e multi mandrino, centri di lavoro, FMS, centri di lavoro alesatrici-fresatrici a montante mobile, centri di lavoro con testa orientabile, carpenteria pesante. Particolari reparti sono dedicati inoltre alle presse per la lamiera e la pressofusione, nonché alla robotica e ad applicazioni speciali su macchine di montaggio». Quest’anno tagliate un traguardo molto importante, quello dei 25 di attività. Quali le evoluzioni principali del settore in questo “quarto di secolo”? F. P.: «In questi 25 anni di attività, nei nostri uffici abbiamo assistito a diversi cambiamenti strutturali nel modo di eseguire la progettazione. Nello specifico, la nostra società dal lavoro degli anni 80, esclusivamente manuale, con l’utilizzo

di tecnigrafo, matita, gomma e compasso, ai tempi odierni dove la necessità di essere sempre più precisi e all’avanguardia ha comportato l’utilizzo di tecnologie di ultima generazione. Abbiamo così investito su computer molto potenti, con programmi di modellazione 3D, creando una rete “software” fra tutti i collaboratori e utilizzando ogni settore per rendere tutto sempre più efficiente, sicuro e rapido». Quali peculiarità vi hanno consentito di mantenervi competitivi su un mercato che, in particolare negli ultimi anni, sembra essere sempre più difficile? S. P.: «Esserci strutturati in modo moderno e tecnologicamente all’avanguardia, ci ha consentito di superare i gravi momenti di crisi del mercato nazionale e di avere un fatturato dal 2010 in costante crescita. Un’altra scelta importante operata dai vertici Sam è stata appunto quella di iniziare a collaborare con il mercato estero. Attualmente la Sam Progetti sta ottenendo la certificazione Uni En ISO 9001, a garanzia di un servizio clienti completo e responsabile». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 129


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Tecnologia italiana per l’industria energetica Sviluppo continuo e un’attenzione costante all’innovazione. Così il gruppo Bea è riuscito a imporsi su scala mondiale nella produzione di sistemi di fissaggio per l’industria energetica. Ne parliamo con Marco Antonini Diego Bandini

ono numeri importanti quelli che hanno caratterizzato l’ultimo anno di attività del Gruppo Bea, leader internazionale nella produzione di tiranti e dadi destinati all’industria energetica. Nonostante la crisi, infatti, negli ultimi dodici mesi le performance fatte registrare dall’azienda di Solbiate Olona sono andate ben oltre le più rosee aspettative, come conferma il suo amministratore, Marco Antonini: «In effetti nel 2011 il nostro fatturato ha superato di ben dodici punti percentuali l’obiettivo che ci eravamo prefissati. Certo abbiamo dovuto sacrificare qualcosa in termini di marginalità, ma questa strategia ci ha permesso non solo di consolidare la nostra presenza sul mercato, ma anche di conquistare nuovi spazi». La produzione aziendale, che oltre a tiranti e dadi comprende viti e pezzi speciali a disegno con elevato contenuto ingegneristico, si rivolge soprattutto al settore petrolchimico, dove la necessità di ricercare nuovi giacimenti sta creando non poche difficoltà agli operatori. «Oggi le perforazioni vengono eseguite in contesti sempre più complessi, e per ottenere risultati significativi e resistere anche agli ambienti più ostili è indispensabile usare materiali con caratteristiche meccaniche elevate, come duplex, superduplex e ogni materiale ad alto contenuto di nichel. Grazie a una struttura snella e flessibile siamo così riusciti ad adattarci in breve tempo alle nuove esigenze

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La sede di Bea Srl si trova a Solbiate Olona (VA) www.beagroup.com

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del mercato, proponendo prodotti di svariate forme e dimensioni, resistenti alla corrosione e agli agenti atmosferici, capaci di assicurare massima efficienza anche in condizioni estreme. Non è un caso se siamo fornitori di alcune tra le più importanti compagnie energetiche internazionali, tra cui ad esempio Shell, Saipem, Chevron, Wintershall, Woodside e Aramco». Ricerca e innovazione rappresentano i due cardini lungo i quali si snoda l’attività di Bea: «La ricerca è fondamentale, soprattutto per quel che riguarda lo stampaggio a caldo, che nel nostro lavoro è una delle fasi produttive più delicate. A questo proposito abbiamo deciso di costruire un capannone all’interno del quale inserire il nuovo reparto di stampaggio a caldo, implementato da un’innovativa tecnologia di stampaggio e di tratta-


Marco Antonini

Siamo diventati fornitori di alcune tra le più importanti compagnie energetiche internazionali, tra cui Shell, Saipem, Chevron, Woodside e Aramco

mento termico, per poter produrre le migliori qualità di acciai, leghe e leghe non ferrose», spiega Antonini. «È importante sottolineare che l’intera produzione viene effettuata all’interno del nostro stabilimento, consentendoci di tenere costantemente sotto controllo la qualità dei prodotti nonché i relativi tempi di consegna. Siamo certificati Iso 9000 fin dal 1992 e, mediante il nostro Manuale di Qualità, il prodotto finito è sottoposto ai più severi test, in un’ottica di ottimizzazione e di continuo miglioramento degli standard operativi». Circa l’85 per cento dei prodotti che escono dallo stabilimento di Solbiate Olona sono rivolti al mercato estero, a testimonianza della dimensione internazionale ormai raggiunta dal gruppo varesino. «Lavoriamo praticamente in tutto il mondo – ribadisce Antonini -. La forza di Bea è la presenza sul territorio. Presenza che significa una rete di agenti e di distributori locali. Un network commerciale che conosce la realtà in cui opera, che controlla il mercato e calibra le ini-

ziative commerciali in funzione del momento. Circa vent’anni fa abbiamo costituito in Olanda una nuova società, la Bea Nederland BV, attraverso cui serviamo l’Europa settentrionale. Determinante nell’attività di Bea Nederland è il suo grande magazzino, in grado di rispondere con la massima tempestività a tutte le richieste di tiranti, dadi, prigionieri, viti e rondelle speciali». Anche grazie a questa impostazione, come detto, l’azienda è riuscita, pur in un momento di incertezza generale, a ribadire la sua posizione di leadership. «Fortunatamente il nostro settore ha risentito della crisi solo marginalmente», conclude Antonini. «La competizione sul mercato è però sempre più forte, e non ci possiamo permettere di rimanere indietro. Abbiamo investito ingenti risorse nell’acquisto di nuovi macchinari e nella costruzione di un innovativo reparto di stamperia, perché il nostro obiettivo è quello di continuare a crescere e a migliorare, sia da un punto di vista produttivo che della qualità del servizio». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 131


INTERNAZIONALIZZAZIONE

La tecnologia apre nuovi mercati Gli investimenti in ricerca e sviluppo e la capacità di trovare soluzioni impiantistiche innovative hanno permesso alla Omsa di conquistare i mercati stranieri, confermando un bilancio positivo. Il punto di Diego Cazzaniga Carlo Gherardini

a Omsa di Besana Brianza, in controtendenza con la gran parte delle imprese del suo settore, grazie all’ulteriore apertura verso gli scenari esteri, negli ultimi anni ha mantenuto costante il suo volume di affari. «Fortunatamente la Omsa, almeno per ora e guardando all’attività degli ultimi due anni è parsa al riparo dall’incertezza che si avverte a livello globale – conferma l’ingegner Diego Cazzaniga, responsabile tecnico dell’azienda -. Motivo di soddisfazione è l’ampliamento della rete commerciale nel Nord America e in Cina in particolare». Omsa è specializzata nella realizzazione di impianti per il trattamento e la finitura delle superfici, e proprio con questa tipologia di offerta ha conquistato i mercati internazionali, portando tecnologie e competenze da un settore al-

L Sotto, una panoramica della città di Shanghai. Nella pagina a fianco, momenti di lavoro presso un applicatore di polveri epossidiche della Omsa Srl di Besana Brianza (MB) www.omsasrl.com

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l’altro. Nello specifico, Omsa realizza impianti di lavaggio, di applicazione zinco lamellare, di verniciatura, di decorazione, di rivestimento a polvere, di verniciatura coil ed elettro-zincatura ed è diventata una realtà leader nel settore del bianco, dove realizza impianti per la finitura della componentistica per nomi importanti quali Whirlpool e Candy. «Oggi esportiamo circa il 60 per cento della nostra produzione – afferma Diego Cazzaniga -. Negli ultimi anni abbiamo cercato di ampliare il più possibile i nostri contatti all’estero visitando fiere ed eventi internazionali. In sostanza, abbiamo ampliato la rete commerciale sui mercati stranieri e in questo modo siamo riusciti a non risentire dei contraccolpi della crisi economica». Nel 2010 Omsa è stata impegnata come capo commessa nella realizzazione di uno dei più grossi impianti al mondo per la verniciatura di strutture reticolari metalliche: «Abbiamo costruito in Russia - specifica Cazzaniga - un impianto per trattare strutture fino a dodici metri per tre, tutto automatizzato e robotizzato, che ha eliminato l’errore umano, permettendo di realizzare manufatti di qualità finale molto alta e costante su ogni pezzo». Un forte impegno che ha seguito anche lo sviluppo di tecnologie nuove, come quella dello zinco lamellare, concepito per sostituire la zincatura con cromo esavalente. Su ricerca e sviluppo di nuove soluzioni si impronta costantemente l’attività della Omsa. Come spiega Cazzaniga: «Siamo attenti alle necessità


Diego Cazzaniga

Se riceviamo una richiesta particolare facciamo il possibile per trovare una soluzione impiantistica adeguata con un prezzo di vendita realistico

del mercato. Se riceviamo una richiesta particolare facciamo il possibile per trovare una soluzione impiantistica adeguata con un prezzo di vendita realistico». Una ricerca continua che ha dato vita anche a un innovativo impianto serigrafico automatico a polveri per ottenere l’effetto legno su pannelli e profilati d’alluminio e acciaio: «L’unica operazione manuale da compiere è il carico e lo scarico dei profili e delle lamiere. Questa soluzione consente una produttività di novanta unità all’ora, decorate su tutti e quattro i lati». Una tra le ultime innovazioni studiate dall’azienda è, inoltre, una macchina di sverniciatura che consente di rimuovere la vernice da diversi particolari, quali telai di apprensione pezzi o pezzi difettosi che devono essere riverniciati, mediante un’azione combinata chimico-meccanica. Questo macchinario po-

trebbe andare a sostituire l’attuale tecnologia di sverniciatura tramite forni a pirolisi. Con le sue soluzioni innovative, Omsa è entrata nel 1986 sul mercato cinese, ma lavora con successo anche in Russia, Francia, Brasile e naturalmente in Italia. «Attraverso una capillare rete di distributori siamo presenti in quarantasette Paesi e attualmente stiamo lavorando in stretta collaborazione con un partner tedesco, la cui produzione è complementare alla nostra e grazie al quale stiamo approfondendo il mercato tedesco. Inoltre, come detto, stiamo ampliando i mercati in America del Nord e Cina. Per il prossimo futuro ci auguriamo di trovare un potenziale partner in Brasile, nonché di consolidare e rafforzare i rapporti con tutti i partner stranieri, sperando che gli sforzi profusi nella ricerca siano ben recepiti su più ampia scala possibile». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 133


INTERNAZIONALIZZAZIONE

La geografia dei cavi per l’industria osì come un portafoglio adeguatamente diversificato protegge l’investitore finanziario, una gamma di prodotti ben assortita, destinata a diversi mercati, è un’assicurazione per chi opera nel settore manifatturiero. Contribuisce a spiegare meglio il concetto Luca Tamberi, direttore generale della Italian Cable Company, produttrice di cavi per l’industria e il trasporto di energia: «Come avviene da tre anni a questa parte per tutte le altre aziende del manifatturiero, anche noi stiamo affrontando un mondo che si sta trasformando rapidamente a livello di disponibilità finanziaria, di costo del denaro, anche di riorientamento dei mercati di riferimento. La nostra realtà si è sviluppata sul mercato italiano, fino agli anni ‘80 è cresciuta seguendo il suo andamento e dagli anni ‘90 ha cominciato ad affacciarsi all’estero, fino ad arrivare ad avere circa il 40 per cento del fatturato proveniente dall’Italia e il 60 per cento da oltreconfine». «Quello che stiamo vedendo – aggiunge Ottavio Rota, presidente del consiglio di amministrazione e membro della holding proprietaria di ICC – è che fino a oggi l’estero è corrisposto principalmente all’Europa dell’ovest: Francia, Germania, Benelux e in generale la Comunità Europea più la Svizzera. Quest’area ha due caratteristiche: sta continuando a seguire lo sviluppo che l’ha caratterizzata in passato ed è pieno di produttori». In uno scenario in continua evoluzione però, anche gli operatori si devono adeguare: «L’asse principale di sviluppo dell’azienda è la crescita nei mercati fuori dall’Europa occidentale: Asia, Africa e Sudamerica. Lì operiamo già, ma nei prossimi anni, come indi-

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134 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Un articolato scenario commerciale in rapida evoluzione, accompagnato da una gamma ben strutturata e da una solida cultura imprenditoriale. Antonella e Ottavio Rota e Luca Tamberi descrivono il settore Amedeo Longhi

rizzo strategico, vogliamo e dobbiamo rafforzare la presenza». Antonella Rota è direttore commerciale di ICC e cura la politica estera dell’azienda: «A seconda delle aree, prevediamo di assicurare una presenza puramente commerciale grazie all’export o, in alternativa, dove abbiamo già delle piccole realtà produttive o delle joint venture, di incrementare l’attività per rafforzare la presenza locale. Per esempio, possediamo un’unità in

La Italian Cable Company Spa si trova a Bolgare (BG) www.icc.it


Antonella e Ottavio Rota e Luca Tamberi

Argentina, una piccola joint venture per la quale abbiamo già approvato un piano d’investimento mirato a potenziarla per coprire il mercato non solo argentino ma di tutta l’America Latina. In alcuni paesi, per questioni di dazi o per problemi di entrata sul mercato, è più ragionevole o conveniente produrre localmente che esportare dall’Italia». A seconda del grado di industrializzazione del paese, cambia anche la tipologia di prodotto esportato. «In alcuni dei mercati del Nord Africa per esempio – spiega Ottavio Rota –, è in atto la ricostruzione dopo la guerra e non c’è un tessuto industriale sviluppato. Lì i prodotti che vendiamo di più sono quelli per le installazioni civili o per i grossi edifici e infrastrutture. In altri paesi che possiedono già un tessuto industriale articolato, dove per esempio sono presenti case automobilistiche o aziende che producono elettrodomestici, possiamo allargare l’offerta a settori più specialistici». La diversificazione della gamma, a questo proposito, gioca un ruolo fondamentale, come spiega Tamberi: «Non ci siamo specializzati su un solo settore, abbiamo sempre privilegiato una strategia flessibile. Abbiamo un portafoglio mediamente più ampio dei nostri concorrenti e questo ci consente di adattarci a mercati diversi». Antonella Rota entra quindi nel dettaglio dei prodotti proposti: «Siamo particolarmente competitivi nel comparto automotive, per cui forniamo cavi non solo per automobili ma anche per macchine agricole,

Operiamo già in Asia, Africa e Sudamerica, ma nei prossimi anni, come indirizzo strategico, vogliamo e dobbiamo rafforzare la presenza

movimento terra, camion, autobus. Siamo presenti anche nel mercato degli elettrodomestici, in quello delle costruzioni, in quello delle infrastrutture e della distribuzione di energia, nel settore ferroviario, per cui siamo fornitore approvato Rfi, e in quello navale, per il quale abbiamo le approvazioni internazionali per navi militari, da crociera e cargo. Curiamo anche le applicazioni che richiedono cavi capaci di funzionare ad alte temperature, come in illuminotecnica e siderurgia». Nonostante la spiccata vocazione all’internazionalizzazione, come osserva Ottavio Rota, l’azienda rimane fortemente radicata sul suo territorio: «Ci troviamo a Bolgare, la famiglia Rota è di questo paese e il legame con la nostra zona d’origine è forte. La nostra cultura imprenditoriale valorizza questo aspetto, così come quello legato ai rapporti interpersonali: viviamo in un mondo complesso, dobbiamo avere competenze manageriali, dobbiamo innovare, però non ci dimentichiamo di questi due elementi fondanti, l’attaccamento al territorio e il lato umano del business». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 135


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Dalla ricerca, l’espansione internazionale econdo i dati presentati da Ermeneia/Unipro, riferiti al valore dell’industria cosmetica in Italia, il mercato interno è aumentato nonostante la crisi. E non solo. La produzione cosmetica italiana nel 2011 ha sfiorato i 9 miliardi di euro (+4,4 per cento) e si prevede un aumento del 3,5 per cento nel 2012. Il consumo interno ha superato i 9,8 miliardi di euro nel 2011 (+2 per cento), le esportazioni sono aumentate dell'11 per cento nel 2011 e la tendenza si conferma per il 2012. Come ha sottolineato Nadio Delai, Presidente di Ermeneia: «In Italia ci sono 130 mila aziende nell’intera filiera della cosmesi con 220 mila collaboratori e il 60 per cento delle imprese è anticiclica rispetto alla crisi. Il 75 per cento degli imprenditori dichiara di usare la crisi per ristrutturare e innovare prodotti e processi e, per il 2012, prevede un andamento positivo per ordinativi, fatturato, occupazione, export e investimenti». A confermare il trend positivo del settore è il gruppo In Italy guidato da Giovanni Mogni e specializzato nella produzione di colorazioni professionali per capelli. Fondato a Brescia, il gruppo è stato capace di conquistarsi in pochi anni una posizione di leadership mondiale nel settore attuando una vera e propria “rivoluzione tecnologica”. «La costante attenzione alle innovazioni tecnologiche – afferma Giovanni Mogni, supportato nell’attività dai suoi cinque figli – ha portato rapidamente a uno sviluppo esponenziale dell'attività, che oggi conta sette stabilimenti di produzione in Italia e nel mondo: da un primo laboratorio di 500 mq

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136 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

L’investimento costante in ricerca e nuove tecnologie ha portato il gruppo In Italy alla leadership nella produzione di colorazioni per capelli. Con sette stabilimenti in Italia e all’estero. L’esperienza di Giovanni Mogni Lucrezia Gennari

Una delle aziende del gruppo In Italy si trova a Rezzato (BS) www.initalyhaircolor.com

di superficie, con una capacità produttiva giornaliera di circa 6.000 pezzi, siamo passati a oltre 10.000 mq di superficie per 200.000 pezzi al giorno». Un successo fondato sulla continua ricerca mirata a garantire i più elevati standard qualitativi nonché prodotti ampiamente testati con la collaborazione di tecnici ed esperti impegnati nella ricerca e sviluppo di settore. Oggi In Italy è un gruppo internazionale che collabora con importanti multinazionali della cosmetica e che gestisce con queste uno scambio continuo di informazioni e di conoscenze.


Giovanni Mogni

200 mila PEZZI

È la produzione quotidiana del gruppo In Italy distribuita nei suoi sette stabilimenti in Italia e all’estero

«Restiamo comunque fortemente legati al territorio – sottolinea Mogni – siamo orgogliosi del nostro Paese, per quella genialità tipica italiana, che sta alla base del successo delle produzioni industriali competitive nel mondo. Per questo motivo abbiamo scelto di inserire nel nome di ogni realtà del gruppo un esplicito riferimento alla nostra patria, dove resta il cuore delle attività. In questo modo risultano immediatamente evidenti l’origine e il valore dei prodotti: l’espressione “In Italy” va a segnare ogni unità produttiva, da In Italy Haircolor, a In Italy International, a In Italy Worldwide». Quando si lavora a certi livelli, la grande sfida è mantenere i risultati raggiunti, senza retrocedere mai, anzi, continuando ad andare oltre, a crescere e a ottenere nuovi successi. Quale strategia ha messo in atto il gruppo In Italy a questo scopo? «Per conservare la nostra leadership e per guardare oltre abbiamo deciso di selezionare i migliori fattori produttivi disponibili sul mercato – continua Giovanni Mogni -. A tale fine è stata sviluppata una rete di aziende partner che forniscono materie prime qualitativamente superiori a quelle normalmente reperibili e che regolarmente scambiano con i laboratori interni informazioni sugli ultimi

La continua ricerca è mirata a garantire i più elevati standard qualitativi nonché prodotti testati con la collaborazione di tecnici ed esperti del settore

sviluppi e le tendenze, consentendo alle aziende del gruppo di utilizzare ingredienti sempre più aggiornati ed evoluti». Un gruppo proiettato alla crescita e al continuo miglioramento, che porta con sé l’affermazione dell'immagine aziendale. «Tutto questo però non sarebbe possibile se a supportare tecnologie, macchinari e materiali utilizzati, non ci fossero le capacità e l’entusiasmo imprenditoriale di ciascuno dei collaboratori – conclude Mogni -. Sono convinto che dietro al successo di un’impresa non ci siano solo il progetto e la determinazione degli imprenditori, ma anche la loro capacità di fare crescere professionalmente persone che credono nel progetto intrapreso e che lavorano con passione e determinazione per realizzarlo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 137


INNOVAZIONE

La produzione innovativa è la semplificazione Introdurre macchine ipertecnologiche, costose e complesse non sempre si traduce in un miglioramento delle performance produttive. Davide Zoppini spiega perché puntare sulla semplificazione dei sistemi di produzione Luca Cavera

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Davide Zoppini, amministratore della Mupi 2000 Srl di Castenedolo (BS) www.mupi2000.com

idurre il tema dell’innovazione a una questione di tecnologia, ignorando il ruolo del processo e della sua organizzazione, si traduce spesso in un investimento cospicuo al quale corrisponde però una limitazione delle possibilità di successo». È con questa affermazione che Davide Zoppini, amministratore della Mupi 2000, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di macchine per la rivettatura a partire da un’analisi del prodotto e del processo, intende sfatare un mito assai diffuso: quello che fa seguire automaticamente all’investimento nella macchina o nell’impianto più avanzato – e costoso – un ritorno economico. «Questo tipo di ragionamento – prosegue Zoppini – non prende in considerazione uno dei fattori di maggiore criticità che è l’effettivo utilizzo del sistema. In vent’anni di esperienza a contatto con aziende di tutta Europa, ho potuto costatare che le imprese che riescono meglio sul mercato, sono quelle che hanno investito nel processo di lavoro e in una tecnologia adeguata al prodotto, costruita secondo principi di ergonomia a partire dall’analisi dell’utilizzo quoti-

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diano che ne fa l’operatore». Come si esprime il vostro concetto di innovazione nella progettazione di una macchina? «Noi partiamo dall’idea che per ottenere grandi risultati sia necessario semplificare tutto ciò che è complicato. Ovviamente l’innovazione è una costante nelle richieste delle aziende che si rivolgono a noi. Poiché il nostro obiettivo è creare macchine che incrementino la produzione, partiamo dallo studio del prodotto che dovrà essere realizzato. Collaborando insieme ai tecnici delle aziende, riusciamo così a inquadrare il processo produttivo più congeniale e versatile per il tipo di lavoro da eseguire». Dunque alla base di tutto ci sono ricerca e collaborazione. «La ricerca sul processo porta alla creazione di sistemi nuovi, semplici e capaci di determinare effetti importanti sulla produttività. Perché ogni macchina che poi costruiamo è pensata appositamente per il tipo di prodotto e processo che l’azienda deve realizzare. In tutti i casi, ma soprattutto nelle fasi di crisi come quella che stiamo attraversando, c’è chi pensa di ottenere dei risultati senza spendere grandi cifre per l’acquisto di tecnologie standard progettate a prescindere dalle esigenze di personalizzazione delle grandi realtà industriali. È sufficiente una maggiore riflessione per ottenere un risultato uguale e spesso migliore con investimenti contenuti. A volte, quando


Davide Zoppini

La ricerca sul processo porta alla creazione di sistemi nuovi, semplici e capaci di determinare effetti importanti sulla produttività

si sta per iniziare la costruzione della linea per realizzare un nuovo prodotto, è sufficiente modificare di poco un elemento per evitare di investire in macchinari nuovi e costosi». Quali sono i settori che si rivolgono a voi per migliorare i processi? «I nostri partner sono aziende che producono articoli molto diversi fra loro. Si va dai produttori di articoli per la prima infanzia – passeggini, culle, seggioloni, box – a quelli di meccanismi per divani-letto e letti pieghevoli. Ma lavoriamo anche per altri settori come quello aeronautico. Nel 2011, per esempio, abbiamo individuato una soluzione che ha avuto importanti risvolti per l’inseri-

mento dei perni sulle ali degli aerei dell’ATR . Per un altro cliente francese, che produce sedie e articoli da giardino, abbiamo risolto un problema di processo proponendo un macchinario semiautomatico che ha permesso all’azienda di recuperare la competitività che aveva perso rispetto ai concorrenti estremorientali». La vostra operatività è internazionale. Quali sono i mercati più significativi in questo momento? «I nostri mercati principali sono l’Europa, la Turchia, la Russia, alcuni paesi dell’Africa del Nord e del Sud, oltre oceano lavoriamo con il Brasile, il Canada e gli Stati Uniti, e LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 139


INNOVAZIONE

inoltre con l’Australia. Negli ultimi anni abbiamo assistito, a livello europeo, a uno spostamento verso Est del nostro mercato di riferimento, causato soprattutto dalla crisi economica. Infatti sono sempre minori le richieste che ci giungono da paesi come Francia, Spagna e Belgio – che prima erano per noi mercati importanti. Quindi adesso lavoriamo molto di più con i paesi dell’Est Europeo come Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia». Quali differenze avete riscontrato fra l’atteggiamento delle imprese nei mercati occidentali e quello degli imprenditori dei paesi dell’Est? «Abbiamo trovato una grande apertura, che spesso è mancata con aziende di mercati più maturi. Noi puntiamo molto sullo studio della macchina, ma offriamo un servizio che investe l’intero processo produttivo: partiamo dall’analisi del prodotto e poi, a volte, stravolgiamo tutto il processo, inserendo una

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macchina che sarà una conseguenza del processo e non la sua origine. Le resistenze che spesso abbiamo incontrato con aziende che ci imponevano di attenerci alle loro linee guida, con i nostri nuovi partner sono al contrario fiducia e libertà di azione. A Est ci è permesso rivoluzionare una produzione e c’è grande apertura all’innovazione, soprattutto a quella più semplice che dà buoni risultati con piccoli interventi». Dopo la fase di studio del prodotto e del processo, come viene eseguita la progettazione della macchina? «Tutti gli studi di fattibilità vengono sviluppati dal nostro ufficio tecnico, prima con un’animazione del disegno in 3D, attraverso il quale il cliente può già avere una chiara visione delle parti della macchina e delle sue funzioni, dopo, se la simulazione ha avuto successo, con la realizzazione di un prototipo. Oltre alla produttività delle nostre macchine, nella progettazione, siamo molto attenti all’aspetto ergonometrico, realizzando macchine che aiutino l’operatore a mantenersi efficiente e a non dover eseguire sforzi eccessivi o movimenti non idonei». Avete ottenuto dei brevetti per le vostre realizzazioni? «Sotto la pressione della richiesta di numerosi


Davide Zoppini

Noi partiamo dall’idea che per ottenere grandi risultati sia necessario semplificare tutto ciò che è complicato

nostri clienti per lo sviluppo di avvitatrici autoalimentate per uso manuale, abbiamo progettato un nostro utensile, apportando tutte le innovazioni che riguardano il motore con controllo di coppia/giri tramite un display e aggiungendo, come nostra tradizione, delle novità per semplificarne l’uso. In particolare, abbiamo brevettato un sistema che evita di inserire interruttori elettromeccanici o pneumatici nell’utensile impugnato dall’operatore, evitando così ingombri inutili e rendendo più affidabile lo start». Lei è entrato nella società come operatore per poi diventarne l’amministratore. Qual è stato il percorso? «Quando sono arrivato in azienda, nel 1981, producevamo macchine standard e di serie. Negli anni ho contribuito a portare innovazione, modifiche al prodotto e a permettere l’ingresso in nuovi mercati, spostando la nostra produzione sulla realizzazione di macchine personalizzate e sullo studio dei processi produttivi nei quali inserire queste macchine. Grazie

a questi meriti e a dei titolari che hanno creduto nelle mie scelte di introdurre novità in azienda, gradualmente ho assunto ruoli maggiori nella società entrando come socio nel 2000, e nel 2009 ho sostituito il precedente amministratore, che era ormai giunto all’età della pensione, rilevando l'azienda». Quali sono i progetti che realizzerete nei prossimi mesi? «Abbiamo in programma la realizzazione di quattro macchine dalla progettazione abbastanza complessa per un’azienda italiana che produce forni con meccanismi di chiusura particolari. Per un cliente belga che produce divani-letto abbiamo in fase di sviluppo una macchina in grado di eseguire 24 rivetti in un’unica operazione. Infine, stiamo completando lo studio per una macchina che permetta di assemblare interamente il portello di carico dei bagagli di un aereo noto. Questo tipo di macchina non esiste ancora e quindi per noi potrebbe essere una novità importante per l’ambito dell’aeronautica». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 141


INNOVAZIONE

Nuove tecnologie per l’industria del monouso n un mercato interno che sta progressivamente rallentando, è l’estero, soprattutto l’extraUe, a rappresentare lo sbocco commerciale fondamentale per le imprese. E il mezzo attraverso il quale valorizzare gli investimenti in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Case history del nuovo corso del mercato nell’era della crisi è la Dispotech di Gordona, in provincia di Sondrio, azienda specializzata nella produzione di articoli monouso che trovano impiego in molteplici settori: dal grande mondo del medicale a quello specialistico dell’odontoiatria. «Inoltre – spiega Massimo Mortarotti, presidente della società – la nostra produzione si rivolge anche all’ambito sportivo. È proprio con uno di questi articoli, un modello di cuscinetto sottocasco refrige-

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Massimo Mortarotti, presidente della Dispotech Srl di Gordona (SO) www.dispotech.it

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Investire in ricerca e sviluppo, salvaguardando il know how tramite una produzione esclusivamente interna. Innovazione ed export. La case history della Dispotech illustrata da Massimo Mortarotti Manlio Teodoro

rante, già testato in gara da alcuni campioni del motociclismo, che ci è stato assegnato per due anni consecutivi il premio per l’innovazione degli Awards for Excellence “Andrea Pininfarina” di Confindustria». Quale ruolo svolge nella vostra realtà l’attività di ricerca e sviluppo? «Da parte del mercato cresce la richiesta di prodotti sempre più performanti e dall’elevato contenuto tecnologico. Per raggiungere questi standard oltre a un processo produttivo che ne garantisca la qualità di realizzazione è necessario un lavoro di progettazione a monte. Abbiamo un laboratorio che progetta e costruisce prototipi dei prodotti, occupandosi anche di testarne le performance. Un apparato di questo tipo richiede naturalmente investimenti costanti, però permette anche di stare in contatto con nuove prospettive di sviluppo in un comparto dove è fondamentale la scelta dei materiali e delle attrezzature più appropriate. L’innovazione è oggi la ricetta migliore per reagire alla concorrenza dei paesi


Massimo Mortarotti

emergenti. Questi sono ormai capaci di consegnare beni di una certa qualità, anche grazie alle tecnologie acquisite dall’Europa». Qual è la vostra dotazione tecnologica? «Le macchine che utilizziamo nel nostro processo produttivo hanno una peculiarità che le rende uniche. Siamo stati noi stessi a progettarle e realizzarle – in alcuni casi ne abbiamo progettate anche per alcune aziende partner. In questo modo preserviamo la specificità del nostro know how che rimane sempre all’interno dell’azienda. Al grande numero di articoli diversi che riusciamo a realizzare, recentemente abbiamo anche aggiunto la possibilità di personalizzare i prodotti, stampando su richiesta i marchi e loghi del committente sui prodotti stessi e sulle loro confezioni». Con che tipo di struttura commerciale sostiene le vostre esportazioni? «In questo momento metà del nostro fatturato deriva dall’export per tutti i settori che rap-

È con le idee nuove che possiamo distinguerci dalla concorrenza dei paesi emergenti. L’innovazione è oggi la ricetta migliore per reagire

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presentano i target principali: medicale, odontoiatrico, grande distribuzione, promozionale, sanitario, tempo libero e sport. La nostra strategia commerciale è quella di agire direttamente, entrando in contatto con i grossisti e instaurando con loro degli accordi di partnership duraturi, attraverso i quali questi soggetti fungono poi da distributori nei vari paesi europei ed extraeuropei. Dato che ricerchiamo direttamente i contatti commerciali, uno dei canali privilegiati di ricerca è quello delle fiere internazionali di settore. Inoltre, recentemente abbiamo anche costituito una società in Paraguay per seguire direttamente la produzione e le esportazioni per il Sud America». Come si è evoluta in vent’anni di presenza sul mercato la vostra impresa? «Nonostante la nostra azienda sia stata fondata e abbia mosso i primi passi con la forma e la struttura di un’impresa artigiana, il primo decennio di attività è stato caratterizzato dal raddoppiare, di anno in anno, del fatturato. Questo ci ha permesso di investire sulla nostra realtà e trasformarla in un’industria. La trasformazione ha significato anche cambiare politica ed è stato un passaggio delicato nella vita dell’impresa perché tuttavia oggi, nonostante la crisi generale, continuiamo a registrare un bilancio positivo anche grazie alle scelte fatte negli anni passati».

50% EXPORT Quota di fatturato della Dispotech Srl generato dall’esportazione di prodotti monouso per il settore medicale, odontoiatrico, grande distribuzione, promozionale, sanitario, tempo libero e sport

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 143


TECNOLOGIE

“Illuminare” le emozioni Know how italiano per i fari che illuminano le grandi star. Da Madonna a Lady Gaga, dall’Eurovision al Festival di Sanremo, tutti i proiettori creano “effetti luce” emozionali. L’esperienza di Pasquale Quadri presidente e fondatore della Clay Paky Nicoletta Bucciarelli

Nella pagina accanto Pasquale Quadri, presidente e fondatore della Clay Paky di Seriate (BG). Nelle altre foto, immagini di recenti spettacoli in cui sono stati utilizzati gli apparecchi prodotti dalla Clay Paky per illuminare la scena. Festival di Sanremo 2012, Academy Awards 2012 e Super Bowl - claypaky.it

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l mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento è oggi sempre più animato dal grande effetto che luci e musica possono generare insieme. Ma non è sempre stato così. «Fino agli anni settanta il connubio non era perfetto. A quei tempi io suonavo in una band e mi venne l’idea di un “effetto luce” ricavato da un proiettore per diapositive. Lo proposi con successo nelle discoteche dove suonavo e presto arrivai a organizzare una linea di produzione». Pasquale Quadri, presidente e fondatore della Clay Paky, spiega così gli esordi dell’azienda nata nel 1976 che, fino agli anni 90, operava nel settore dei locali d’intrattenimento. Oggi la Clay Paky è tra le più affermate realtà a livello internazionale che operano nella progettazione e produzione di apparecchi d’illuminazione che generano effetti di luce in molteplici spettacoli. Dal teatro agli studi televisivi, dai tour musicali ai grandi eventi. Come nasce l’idea di un nuovo prodotto? «Il mondo dello spettacolo vive di novità: il pubblico va stupito ogni volta con qualcosa di nuovo. Per questo i nostri progettisti studiano attentamente nuovi materiali, nuove soluzioni tecnologiche e cercano di usarle

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Pasquale Quadri

nei prodotti che lanciamo puntualmente ogni anno grazie anche al dialogo continuo con i lighting designer di tutto il mondo». Quali sono le varie fasi di lavoro per realizzare un apparecchio d’illuminazione? «I nostri proiettori non servono solo per “illuminare” ma creano “effetti luce” emozionali. Ad esempio una luce che cambia colore, oppure proiezioni grafiche, fasci in movimento. Tutti questi effetti sono controllati con estrema precisione da un computer interno. Per questo i nostri prodotti vengono chiamati “proiettori intelligenti”. La loro realizzazione parte da un progetto molto complesso nel quale servono competenze di micromeccanica di precisione, di ottica e di elettronica. I fari poi, uno a uno, vengono montati da tecnici esperti e collaudati per ore». I vostri proiettori sono stati usati sui palcoscenici di molti eventi. «I nostri fari stanno illuminando i nuovi tour di Madonna e di Lady Gaga. Un esempio altrettanto recente e interessante è la finale dell’Eurovision Song Contest (il Festival della Canzone Europea) svoltasi a Baku, in Azerbaijan, il 26 Maggio. Il lighting designer, Jerry Appelt, ha usato ben 700 dei nostri fari, fra i quali c’era anche Sharpy, un proiettore che sta avendo un successo planetario in quanto produce un “tubo” di potente luce colorata che anima la scenografia».

Il mondo dello spettacolo vive di novità: il pubblico va stupito ogni volta con qualcosa di nuovo

Voi siete una sorta di ambasciatori del made in Italy. «Oltre il 95 per cento della nostra produzione è venduta fuori dall’Italia. Però la nostra battaglia è più difficile di quella di altre aziende italiane. I clienti di tutto il mondo sono bendisposti nei confronti di prodotti Italiani di design, del fashion o dell’artigianato. Al contrario valutano con sospetto i prodotti di alta tecnologia come i nostri; i paesi dell’high-tech sono altri: l’America, la Germania, il Giappone. Per vendere dobbiamo sempre dimostrare la superiorità della nostra qualità e affidabilità. In ogni caso l’anima del “made in Italy” emerge soprattutto nell’innovazione, nella creatività che ognuno dei nostri prodotti porta con sé». In tutto il mondo però si parla anche di prodotti ‘eco-sostenibili’. «Negli spettacoli di oggi, nei grandi eventi mediatici, sarebbe ipocrita parlare di risparmio energetico. La spettacolarizzazione porta a impianti audio, luci, video sempre più potenti, sempre più grandiosi. In ultima analisi a consumi crescenti. Tuttavia Clay Paky ha lavorato sodo per migliorare l’efficienza luminosa dei prodotti; i nostri fari, a parità di watt consumati, producono molta più luce rispetto al passato e rispetto ai nostri

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TECNOLOGIE

concorrenti. Inoltre abbiamo recentemente ini- compensata dall’enorme crescita di altre. Clay ziato a produrre proiettori a Led, che notoriamente sono molto più “eco-friendly”». In che modo l’anima di Clay Paky riesce ad essere contemporaneamente “globale” e “locale”? «Il settore in cui operiamo, essendo di nicchia e molto avanzato, è un settore dove la globalizzazione e la standardizzazione sono arrivate rapidamente. Ciò significa che in tutto il mondo i prodotti usati sono sostanzialmente gli stessi. I nostri clienti sono tutti informatizzati, per questo abbiamo lavorato per ridurre al minimo il “time-to-market”. È un fattore chiave del nostro successo, vista la rapida obsolescenza dei prodotti nel nostro settore». Quali sono le ultime tendenze e che cosa viene richiesto maggiormente? «L’evoluzione della tecnologia digitale ha alzato la soglia di aspettativa dei nostri clienti. Tutti si aspettano da noi prodotti che funzionano con accuratezza digitale, sempre più compatti e leggeri, facili da usare». La “crisi generale” ha toccato anche il mondo dello spettacolo e la Clay Paky? «Il fatto che il 95 per cento delle nostre vendite sia destinato all’esportazione ci ha tenuto fuori dalla crisi. Godiamo di una grande diversificazione geografica e la crisi di certe aree (per lo più la vecchia Europa) è stata 148 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Paky sta avendo un grande successo negli Usa, in Russia, in Brasile, in India, in Asia, regioni in pieno sviluppo. Comunque, per noi, le cose sono andate bene anche in paesi più deboli, principalmente perché non abbiamo mai smesso di offrire prodotti innovativi che sono la linfa del mondo dello spettacolo». Che tipo di partnership mettete in gioco? «Anzitutto riteniamo che la collaborazione con i lighting designer abbia un’importanza strategica. In seconda istanza creiamo forti partnership con i distributori regionali. Un efficiente supporto tecnico locale è indispensabile nel mestiere. I nostri prodotti sono soggetti a un impiego usurante e gravoso e la regola “the show must go on” impone che, in caso di guasto, i prodotti vengano riparati prontamente. Una solida partnership con i distributori di tutto il mondo è fondamentale». Clay Paky è un leader internazionale malgrado la sua dimensione relativamente piccola. Come lo spiega? «Noi impieghiamo il classico modello industriale italiano basato sul conto terzista. Concentriamo gli investimenti solo nella tecnologia e nelle competenze vitali per il nostro business. Abbiamo inoltre messo a punto un sistema logistico che gestisce efficientemente il network dei fornitori».



TECNOLOGIE

Nuove tecnologie di confezionamento Il confezionamento e l’assemblaggio di prodotti destinati alla cosmesi e ad altri settori industriali non può prescindere dall’aggiornamento tecnologico, che permette di ottimizzare i tempi e snellire i processi. Il punto di Caterina Patelli e Marco Austoni Lucrezia Gennari

ecnologia e infrastrutture. Sono questi gli aspetti fondamentali sui quali puntare nel settore del confezionamento, assemblaggio, logistica e trasporto di diverse categorie merceologiche. Su questi fattori chiave si fonda Euroservice, azienda di Ciserano (Bergamo) specializzata in questo tipo di attività relativamente a prodotti del settore cosmetico, farmaceutico e della cura e igiene della persona. Alla guida dell’azienda Caterina Patelli, amministratore unico della società e fondatrice della stessa e il figlio Marco Austoni, business manager. «Oggi – afferma Caterina Patelli -, dopo oltre 15 anni di attività, siamo orgogliosi dei risultati sino ad ora ottenuti, ma la soddisfazione maggiore è la fiducia che ci viene accordata dai clienti, molti dei quali sono fidelizzati da tempo». La voglia di sperimentare, provare e creare, legata alla capacità di saper ascoltare e comprendere le diverse richieste del cliente hanno portato nel tempo l’azienda a diversificare, migliorare e in taluni casi ad avviare nuove tecnologie di confezionamento. La vostra attività non prescinde dall’aggiornamento tecnologico. Caterina Patelli: «Le nostre linee di confezionamento sono tra le più all’avanguardia sul mercato. Grazie al continuo processo di innova-

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Caterina Patelli e Marco Austoni, rispettivamente amministratore unico e business man della Euroservice Srl di Ciserano (BG) www.euroservice.bg.it

150 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

zione nelle tecnologie e nei materiali, siamo in grado di offrire un’ampia gamma di prodotti e servizi, sempre nell’ottica della “full customer satisfaction” e della “proud partnership” a favore della nostra clientela». A quale target vi rivolgete principalmente? Marco Austoni: «Euroservice negli anni si è sempre più specializzata nelle lavorazioni conto terzi per il confezionamento e l’assemblaggio di materiale prevalentemente nel settore della cosmesi, della cura e dell’igiene della persona e del make up, ma anche alimentare. Ricondizionamenti di qualsiasi tipo e assemblaggi manuali per articoli promozionali completano la nostra gamma dei servizi offerti. Oggi operiamo prevalentemente con multinazionali del settore in accordo a standard qualitativi e di sicurezza ad altissimi livelli, garantendo il massimo in termini di affidabilità, flessibilità e di cura nelle lavorazioni, disponendo delle risorse umane, degli spazi, dei mezzi, delle attrezzature, delle tecnologie e del “know how” necessari». Come è strutturata l’azienda? C.P.: «Euroservice è dislocata in due insediamenti produttivi per complessivi 11.000 mq. Questo ci permette di offrire, oltre a tecnologie all’avanguardia, anche infrastrutture idonee ai servizi che offriamo. Lo spazio di-


Caterina Patelli e Marco Austoni

Recentemente abbiamo costruito un laboratorio dedicato all’incollatura automatica di cialde in polvere per ombretti e relativo astucciamento

sponibile è fondamentale per il tipo di attività svolta, dove la movimentazione della merce ha un impatto significativo. Un servizio di logistica integrato, inoltre, consente lo stoccaggio temporaneo dei prodotti e/o la consegna diretta al cliente attraverso una struttura interna di trasporto che consente di dare un servizio completo, full service, e se richiesto anche “just in time”». Quali sono gli investimenti più importanti effettuati dall’azienda per quanto riguarda il rinnovamento tecnologico? M.A.: «Il nostro parco macchine conta numerose confezionatrici angolari automatiche, macchine fardellatrici automatiche e semiautomatiche, confezionatrici orizzontali e blister. Nel 2006 abbiamo effettuato inoltre un notevole investimento acquistando una macchina applicatrice sleeve con annesso tunnel di termoretrazione con tec-

nologia a vapore combinato con camera a raggi IR. Con la regolazione elettronica di tutti i parametri operativi, questa macchina consente una costante termoretrazione in tutte le condizioni anche di prodotti che presentano sagomature particolari ed è particolarmente adatta per l’impiego di etichette sleeves decorative e sigilli di garanzia su prodotti che spaziano dal campo alimentare, al cosmetico, al beverage e chimico-farmaceutico. Più recentemente abbiamo investito su un progetto volto a diversificare le tipologie di lavorazione, cioè sulla costruzione di un laboratorio esclusivamente dedicato all’incollatura automatica di cialde in polvere per ombretti e relativo astucciamento. A supporto di questa importante e nuova attività, disponiamo di linee automatiche di etichettatura astucci e/o flaconi, di linee semiautomatiche di timbratura a secco o a getto di inchiostro e di macchine per la stampa etichette a trasferimento termico. Tengo però a sottolineare che il punto di forza dell’azienda sono anche le risorse umane e solo attraverso loro è possibile una crescita performante». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 151


TECNOLOGIE

Packaging medicale, la svolta nell’automazione Cresce la competitività delle aziende italiane nel mercato del packaging medicale. Giulio Piantoni spiega quali sono gli strumenti sui cui far leva: investimenti in innovazione e tecnologie produttive per abbattere i costi mantenendo la qualità Manlio Teodoro

on l’ingresso sulla scena europea dei competitor estremorientali, il mercato del packaging per la sterilizzazione ad uso medicale ha raggiunto standard di prezzo fortemente competitivi, imponendo alle aziende occidentali produzioni sempre più automatizzate. Questa è diventata la condizione fondamentale per riuscire a conciliare, da una parte, il contenimento dei costi e, dall’altra, l’elevato livello qualitativo del prodotto, che essendo destinato all’ambito sanitario deve rispondere a precise caratteristiche». È questa l’analisi dell’attuale situazione di mercato che tratteggia Giulio Piantoni, Trade manager della E-line, società di Torre Pallavicina, in provincia di Bergamo, specializzata nella produzione di imballaggi per dispositivi medici, in particolare di buste e rotoli e articoli monouso. Con quale strategia la vostra società ha reagito a uno scenario di mercato divenuto sempre più competitivo? «Abbiamo scelto di investire in un sistema produttivo caratterizzato dall’alta tecnologia degli impianti e organizzato sulla base di un sistema gestionale che ci potesse permettere di semplificare la produzione per

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avere il migliore livello di qualità. Questa era un’impostazione presente già nelle premesse della fondazione della nostra società, che è nata dall’unione di due esperienze consolidate: quella del mio socio, Daniele Rossi, specializzato nella pianificazione della gestione aziendale, e la mia nel settore medicale, del quale mi occupo da oltre vent’anni». Dove sono stati diretti gli investimenti maggiori? «Avendo una commercializzazione orientata a livello globale, la nostra esigenza fondamentale è quella di produrre grandi quantità di prodotto di alta qualità e al contempo di avere bassi costi, in modo da proporre i nostri articoli a prezzi competitivi. Questo ha richiesto investimenti importanti nelle tecnologie produttive e nelle apparecchiature di controllo, per portare la nostra linea a un assetto sempre più automatizzato. Inoltre, per garantire i maggiori standard richiesti dal settore medicale e dalle normative Iso 9001 e Iso13485 abbiamo creato al nostro interno una camera bianca per i controlli di produzione e attuiamo una severa selezione delle materie prime, tutte certificate e di primissimo or-

Giulio Piantoni, Trade manager della E-line Srl che ha sede a Torre Pallavicina (BG). “Over the Excellence Line” www.elineitalia.com


Giulio Piantoni

dine. Anche la formazione, sia per il personale tecnico che commerciale, ha assunto un ruolo sempre più importante e fondamentale». In che modo avviene questa selezione? «Il criterio di base è quello della qualità. Ma affinché questa parola non resti un concetto astratto difficilmente rappresentabile, partiamo sempre dalla ricerca di mercato delle richieste dei nostri partner. Queste richieste, divenendo sempre più personalizzate, ci impongono una grande capacità di adattamento a livello produttivo. Al contempo, poiché ancora nel nostro settore esiste poca conoscenza sulla qualità dei prodotti delle aziende italiane, stiamo lavorando per promuovere l’affidabilità dei prodotti e la competenza dello

Nella scelta dei materiali, partiamo sempre da una ricerca di mercato e dalle richieste dei nostri partner, che sono sempre più personalizzate

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staff tecnico, anche attraverso il lancio di un nostro marchio, Securline, realizzato con l’applicazione degli standard produttivi previsti dalle normative Uni En 868:5, Uni En Iso 11607:1-2 e Uni En Iso 11140:1». Quali sono i settori di mercato principali per il vostro business? «Il settore principale è l’industria, alla quale resta legata la nostra competitività e la possibilità di avere una produzione diversificata. All’industria si affiancano anche i settori ospedaliero e dell’odontoiatria». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per i prossimi anni? «Il nostro obiettivo principale è quello di far crescere la quota di export che attualmente rappresenta circa il 35 per cento del fatturato. Esportiamo già in tutti i paesi del mondo ma, sulla base della programmazione e prevedendo di partecipare a fiere e congressi, vogliamo consolidare la nostra attività oltre confine e portarla a una quota di almeno il 50 per cento del fatturato nel breve periodo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 153


TECNOLOGIE

Il know how come primo fattore di sviluppo La società guidata da Simone Barino è riuscita in pochi anni a insediarsi nel settore delle valvole come partner affidabile per l’industria petrolifera e dell’energia. La forza degli investimenti in ricerca e sviluppo per la produzione tailor made Manlio Teodoro

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Simone Barino, titolare e presidente della Eurovalve Srl di Opera (MI) www.eurovalve.it

a nostra produzione di valvole di processo ha tenuto. Anzi, la domanda di determinate categorie di prodotto è cresciuta negli ultimi anni. È il caso, per esempio, delle valvole a farfalla di tipo triplo eccentrico a tenuta metallica con classe VI di tenuta. Un prodotto di altissima qualità che ha trovato un ottimo riscontro sul mercato sia nazionale che internazionale». Questo il bilancio tratteggiato da Simone Barino, presidente della Eurovalve di Opera. La società produce valvole principalmente destinate al settore petrolifero e dell’energia, ma con applicazioni anche in altri settori industriali. Eurovalve rappresenta in Italia il brand tedesco Argus, produttore di valvole a sfera e inoltre propone una linea autoprodotta di valvole a farfalla. «La partnership con Argus è iniziata negli anni Novanta e per noi rappresenta ancora un rapporto e un impegno importante, che ci consente di dare ai committenti un prodotto che risponde ai più elevati standard qualitativi, dato che questo tipo di valvola viene impiegato in processi di particolare criticità». Cosa vi ha permesso di in-

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serirvi in una posizione di primo piano all’interno del mercato delle valvole? «La nostra società è nata dall’unione di un gruppo di persone che avevano già una consolidata esperienza nella produzione, nell’assemblaggio e nella commercializzazione di valvole di processo. Questo background è stato ciò che ci ha permesso di avviare fin da subito rapporti con i principali produttori mondiali. Queste aziende, di rilevanza internazionale, hanno tutte una strutturazione adeguata a offrire una produzione di qualità, tuttavia, date le loro dimensioni, questa strutturazione le rende inevitabilmente rigide in termini di progettualità e realizzazione. Eurovalve, invece, è riuscita a distinguersi puntando sempre sulla qualità, ma ponendosi come una struttura flessibile e snella, in grado di rappresentare un plus competitivo rispetto alle altre aziende del settore». Qual è l’articolazione del vostro bacino commerciale di riferimento? «Abbiamo rapporti con circa 1.500 partner, distribuiti fra industria petrolifera, chimica, della lavorazione della carta e della cellulosa, acciaierie e settore termoelettrico. Fra questi i nostri partner più importanti sono il gruppo Eni, Finmeccanica e la General Electric Company. Poi seguiamo direttamente tutto il mercato nazionale attraverso il nostro reparto commerciale e i nostri agenti, specializzati e competenti sui nostri prodotti e distribuiti su tutto il territorio italiano. Inoltre, l’acquisi-


Simone Barino

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Oltre alla soluzione tecnica ottimale in funzione del processo, viene sempre considerata la garanzia della sicurezza umana e ambientale

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zione di alcune licenze di produzione ci ha permesso di utilizzare un know how consolidato e di sfruttare al meglio le enormi potenzialità delle società multinazionali che rappresentiamo». Su quali aspetti si focalizza la vostra attività di ricerca e sviluppo? «Siamo concentrati sullo sviluppo e aggiornamento di tutti i parametri relativi alla qualità e alla sicurezza. In particolare, negli anni siamo giunti alla definizione di soluzioni tailor made adeguate alle diverse esigenze degli utilizzatori, con particolare cura per il servizio di intercettazione dei combustibili liquidi e gassosi nei bruciatori delle caldaie industriali. Per questa applicazione è stato creato un sistema integrato, Valvither, che ha permesso all’utilizzatore un’installazione semplificata, un miglioramento funzionale e una migliore affidabilità nel tempo». La vostra produzione e i vostri prodotti danno delle garanzie sotto il profilo del rispetto ambientale? «La nostra società propone valvole di controllo e di intercettazione che trovano un utilizzo ideale in tutte quelle applicazioni industriali dove, oltre alla soluzione tecnica ottimale in funzione del processo, viene sempre considerata la garanzia della sicurezza umana e ambientale. A comprova di ciò, i

nostri prodotti sono tutti realizzati in accordo alle sezioni applicabili dei principali standard internazionali come Iso, Ansi, Din, Api e Asme». Quali sono gli obiettivi più importanti che prevedete di raggiungere entro il 2012? «L’obiettivo principale è quello della crescita. Sotto questo profilo, alla luce dello stato attuale del nostro portafoglio ordini, possiamo affermare che, nonostante il periodo di crisi globale, l’anno in corso dovrebbe consentirci di raggiungere i risultati di fatturato attesi. Inoltre, entro la fine dell’anno prevediamo di completare i lavori di ristrutturazione del nostro stabilimento principale e la riorganizzazione del secondo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 155


TECNOLOGIE

L’automazione nel ciclo finale del prodotto In molte industrie la gestione robotizzata e informatica non ha ancora raggiunto le fasi finali della linea di produzione. Marco Cilio presenta le soluzioni per l’imballo e lo smistamento automatico del prodotto finito Manlio Teodoro

e grandi industrie, nel corso degli ultimi decenni, hanno investito prevalentemente nell’automatizzazione delle linee di produzione e in nuovi macchinari, trascurando però l’automatizzazione delle fasi di imballo e di smistamento automatico, a fine linea, del prodotto finito. «Il prodotto finito – dice Marco Cilio, amministratore di Atf – è spesso imballato, smistato e scaricato manualmente, con l’uso di sistemi di supporto che tuttavia offrono un ausilio relativo, soprattutto nel caso di quelle aziende che si trovano a gestire prodotti di grandi dimensioni e peso. Al contrario, l’uso di soluzioni automatizzate, oltre ad abbattere i costi di manodopera, permetterebbe di svolgere anche quest’ultima fase

L Marco Cilio, amministratore della Atf Automazioni Tessili Frigerio Srl di Lurate Caccivio (Como) www.atfsrl.com

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Marco Cilio

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Per ogni sistema di automazione, progettiamo la soluzione più adatta alle esigenze di gestione del prodotto finale

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del processo produttivo nel totale rispetto delle norme di sicurezza e senza esporre il personale ai rischi della movimentazione». Quali settori industriali possono avvantaggiarsi delle soluzioni di automazione di imballo e smistamento? «Praticamente tutte le industrie, soprattutto quelle che si trovano a dover gestire grosse quantità di prodotti, anche di grandi dimensioni. Questi, grazie ai sistemi di automazione, possono essere imballati, pallettizzati, etichettati, smistati in magazzini automatici o spediti in un flusso completamente automatico gestito da un sistema software dedicato. La nostra azienda progetta e realizza impianti di automazione industriale studiati ad hoc per qualsiasi tipo di industria, dal settore tessile a quello plastico, dall’automotive alla gomma, da quello delle materie prime alla grande distribuzione». Quali sono i principali sistemi che proponete? «Integriamo sia robot antropomorfi di manipolazione, e costruiamo isole di palletizzazione e depalletizzazione, sistemi di lettura e decodifica, di trasporto dei materiali con navette su binari a guida laser Lgv (Laser Guided Vehicle), di confezionamento e identificazione. Prima di qualsiasi realizzazione ci dedichiamo allo studio e alla progettazione della soluzione più adatta per ogni cliente, dato che le esigenze di

gestione del prodotto finale possono cambiare anche molto da azienda ad azienda. Inoltre forniamo anche i pacchetti software per il controllo dei sistemi automatici. Ogni partner, quindi, viene accompagnato fin dalla fase di rilevamento dati e in tutte le fasi di progettazione, realizzazione, collaudo e training del nuovo impianto». In che modo l’azienda si è orientata a sviluppare questo settore? «Atf si è sempre occupata di trasporto e imballo di materiali tessili. L’automazione quindi è stata integrata come valore aggiunto a quello che era già il nostro core business. Entrare nell’ambito dell’automazione ci ha imposto un consistente investimento in ricerca e sviluppo, ma questo ci ha consentito di mettere a disposizione la nostra esperienza, la nostra dinamicità e le competenze specifiche nella movimentazione e nella logistica per rispondere alle esigenze delle aziende». La scelta di raggiungere questa specializzazione si è rivelata lungimirante per rispondere alla crisi attuale? «L’evoluzione è stata quasi un passaggio automatico, si è trattato di estendere la nostra esperienza a nuove aree di mercato. Questo ci ha certamente avvantaggiati sul mercato, ma non sono tempi facili per le medie industrie come la nostra, che devono offrire prodotti di ultima generazione e altissima qualità ed essere allo stesso tempo competitive». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 157


TECNOLOGIE

Novità nel settore dello stampaggio A macchinari per la forgiatura e lo stampaggio ideati centinaia di anni fa, si affiancano moderni e innovativi software per progettazione e simulazione. Sono queste, come spiega Marco Riganti, le novità più significative Amedeo Longhi

el Sedicesimo secolo una delle menti più geniali che la storia abbia mai conosciuto, Leonardo da Vinci, inventò il maglio automatico per la forgiatura dei metalli. Ancora oggi, cinquecento anni dopo, questo strumento è utilizzato nelle lavorazioni industriali e nello stampaggio a caldo dell’acciaio. L’evoluzione avviata da Leonardo non si è fermata, ma si concentra ora su elementi diversi: non più l’hardware ma il software. «Sui macchinari ci sono stati miglioramenti, ma sui loro sistemi gestionali, con l’introduzione dell’elettronica, l’evoluzione è stata molto più significativa. In particolare, si lavora affinché venga ottimizzata la produttività, si accorcino le tempistiche e si migliori la qualità del prodotto». È questa la spiegazione che fornisce Marco Riganti, amministratore dell’omonima azienda che dal lontano 1891 opera in questo settore.

N Marco Riganti, amministratore della Riganti Spa di Solbiate Arno (VA) www.riganti.com

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Per le tecnologie, quali sono state quindi le ultime conquiste? «Noi siamo specializzati nello stampaggio di pezzi di media-grande dimensione e piccolamedia serie. Ci serviamo molto del maglio, che nel corso del tempo è stato oggetto di un costante processo di perfezionamento, anche se non c’è stata una vera e propria rivoluzione. Quello che invece negli ultimi anni ha portato notevoli migliorie è la parte software e progettuale, legata alla simulazione del prodotto stampato. Noi abbiamo creduto sin dall’inizio nelle potenzialità che questo innovativo strumento di lavoro offriva e siamo stati fra i primi in Italia a implementare questo sistema. È stata un’iniziativa importante, perché questo particolare software, che viene affinato giorno dopo giorno, consente anche a giovani tecnici e a persone non troppo esperte del processo di stampaggio – che è effettivamente un po’ atipico, soprattutto per quanto riguarda la forgiatura a caldo –, di simulare e assimilare i meccanismi di lavorazione abbastanza velocemente, così da individuare quasi subito le problematiche dei pezzi e degli stampi e, di conseguenza, capire con immediatezza come realizzare o modificare le attrezzature più adatte per il miglioramento del prodotto. Credo che sia stata questa l’innovazione e applicazione più importante nel nostro settore legata alle nuove tecnologie». Si può dire che siamo arrivati a un punto definitivo o c’è ancora qualcosa che si può migliorare? «Da circa dieci anni a questa parte, ogni due anni ho assistito a un’evoluzione. Se una volta per si-


Marco Riganti

mulare la produzione di un pezzo semplice l’hardware lavorava per tre giorni, ventiquattr’ore su ventiquattro, adesso in qualche ora si ottiene il risultato finale per un prodotto complesso . Io credo che nei prossimi anni in questo settore ci saranno ulteriori grossi sviluppi». Il mercato delle materie prime influisce sulla situazione di mercato? «Noi consideriamo materia prima l’acciaio e il suo mercato da circa un anno è abbastanza stabilizzato. È chiaro che il fatto che alcuni settori trainanti, come quello immobiliare-edilizio o quello delle grandi infrastrutture, siano fermi, comporta una riduzione dei volumi e di conseguenza dei prezzi un po’ per tutti, perché c’è disponibilità e le marginalità, in tutti i settori, si stanno riducendo. Per quanto riguarda invece i volumi, il 2011 e il primo semestre del 2012 si attestano a un livello non eccellente ma, considerato il periodo, abbastanza soddisfacente. Va aggiunto che noi ci troviamo in un’area – la provincia di Varese – e in un settore per ora ancora in buona salute e per questo ci consideriamo più fortunati rispetto ad altri. Inoltre i nostri prodotti hanno una gamma di applicazioni molto variegata, che spazia in settori assolutamente diversi tra loro e questa è sempre stata la nostra forza». Qual è quindi la situazione globale del mercato? «Per ciò che riguarda il mercato nel suo complesso, fino a oggi gli ordini hanno mantenuto un livello accettabile. Soprattutto,

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Quello che negli ultimi anni ha portato notevoli migliorie è la parte software e progettuale, legata alla simulazione del prodotto stampato

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stiamo attraversando un momento assolutamente particolare, in cui alcuni comparti sono completamente fermi mentre altri stanno lavorando bene: il settore oil & gas e il settore macchine movimento terra, soprattutto i prodotti di alta gamma e grosse dimensioni, sono in buona salute. È ancora fermo il settore navale, così come quello grandi motori. Procede bene anche l’attività relativa al settore dei riduttori. Per ciò che riguarda i mercati di destinazione finale dei prodotti quindi la situazione è molto eterogenea, anche se sino a oggi, perlomeno a livello quantitativo, il trend è abbastanza soddisfacente, anche se negli ultimi due mesi si è registrata effettivamente una piccola flessione. È opportuno precisare che, almeno per quanto riguarda la Riganti, circa la metà della produzione viene venduta direttamente all’estero; tuttavia, il restante cinquanta per cento è destinato ad aziende nazionali che esportano a loro volta una grandissima parte della loro produzione». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 161


TECNOLOGIE

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l Cloud Computing è il futuro dell’It». Ne è convinto Gianfranco Domenighini, fondatore e socio di maggioranza della GPD Domenighini, società di Sondrio specializzata nella fornitura di servizi It e presente sul mercato fin dal 1980. «Il Cloud è da tempo assoluto protagonista dei dibattiti che ruotano intorno al settore Ict: è una tecnologia che reagisce con immediatezza alle esigenze di business, risponde alla richiesta di adattabilità proveniente dalle imprese, permette di contenere i costi infrastrutturali, di avere accesso ai dati, costantemente aggiornati, senza limiti di spazio o tempo e su qualsiasi device, in maniera flessibile e scalabile. Tutto questo incide direttamente sui costi, garantendo agli utenti un risparmio considerevole». Come sta rispondendo Gpd a queste trasformazioni? «Abbiamo già raggiunto accordi di collaborazione con le maggiori realtà presenti in questo ambito, tra cui Ibm, con l’obiettivo di fornire implementazioni proposte come “application as a service”, affiancando il cliente nella scelta della soluzione più adatta alle sue esigenze. Il mercato italiano si sta infatti dimostrando molto attento allo sviluppo del Cloud, nonostante le difficoltà dovute alle risorse di banda disponibile, in taluni casi forzatamente limitate». Quali sono, in generale, i tratti distintivi alla base del vostro lavoro? «In un settore così standardizzato come quello dell’Information Technology, la discriminante assoluta per gli operatori è oggi rappresentata dal valore della professionalità, della consulenza seria, attenta e puntuale. Questo perché le aziende non cercano semplici fornitori, ma veri e propri partner strategici, che possano permettere di incrementare performance e redditività. In quest’ottica diventa essenziale il ruolo di realtà come la nostra, che proprio attraverso una preziosa attività di consulenza, si

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I vantaggi del Cloud Computing Le possibilità offerte dalle moderne tecnologie e dai progressi compiuti nel campo dell’It sono sempre maggiori. Lo sviluppo del Cloud Computing e le ultime novità del settore illustrate da Gianfranco Domenighini Guido Puopolo

prefiggono di aumentare la produttività e l’operatività delle imprese, con soluzioni tecnologiche capaci di produrre un tangibile e positivo impatto sui loro processi produttivi». Quali sono, attualmente, i servizi e i prodotti più richiesti dai vostri committenti? «Operiamo a 360 gradi, a supporto di Enti pubblici, istituti scolastici, Pmi, professionisti e artigiani. All’implementazione e manutenzione di parchi It aziendali e alla tradizionale offerta di software gestionali e hardware di ogni genere, affianchiamo soluzioni costeffective, che comprendono la fornitura di prodotti e servizi in forma di Nlt. In questo

Gianfranco Domenighini, fondatore della GPD Domenighini di Sondrio www.gpdonline.it


Gianfranco Domenighini

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Le aziende non cercano semplici fornitori, ma veri e propri partner strategici, che possano permettere loro di incrementare performance e redditività

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modo, dietro la corresponsione di un canone, il cliente acquista pacchetti di servizi in base alle sue specifiche esigenze, trasformando così un costo tipicamente variabile in costo fisso, meglio gestibile e pianificabile». Quale valore aggiunto deriva dal fatto di essere dotati di certificazioni tecniche di vendor del calibro di Ibm, Microsoft, Citrix e Watchguard? «Essendo sul mercato ormai da più di trent’anni, abbiamo sviluppato profili altamente qualificati, e il riconoscimento di questa professionalità da parte di player di rilevanza mondiale è senza dubbio un segno distintivo nei confronti della concorrenza, oltre che una garanzia per chi decide di affidarsi ai nostri servizi».

In che misura la crisi economica ha inciso anche sul vostro settore? «Le aziende sono in sofferenza e le risorse a disposizione, anche in ambito It, sono limitate. Gpd si è però adattata ai mutamenti del mercato, diversificando l’offerta con soluzioni ad hoc, spesso omnicomprensive ed estremamente interessanti dal punto di vista economico per i nostri partner, che con un investimento ragionevole riescono a coprire ogni necessità dei reparti It. Questo ci ha permesso di continuare a essere pienamente operativi anche in tempi certamente non gratificanti». Cosa vede, dunque, nel futuro della Gpd Domenighini? «Nonostante la crisi globale la nostra visione è positiva. Ci sforziamo di continuare a investire nell’innovazione tecnica, nell’aggiornamento professionale e nella ricerca di nuove soluzioni, per poter mantenere un’offerta competitiva e un alto profilo professionale. Non è lontano il tempo in cui l’hardware, ovvero i server, i pc, le reti, diventeranno semplice parte integrante e funzionale di una soluzione. In futuro il cliente acquisterà e utilizzerà una soluzione, non più semplicemente un pc, un server, uno storage system o una stampante. E noi siamo pronti per affrontare questa “rivoluzione”». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 163


TECNOLOGIE

Presente e futuro della stampa Il calo progressivo e costante dei volumi di stampa impone ai professionisti dell’offset e del digital printing un riposizionamento sul mercato. Ezio Ferrari spiega perché bisogna offrire prima di tutto un servizio di problem solving Valerio Germanico

l settore della stampa è attraversato da un’imponente trasformazione. Come tutte le attività produttive anche le arti grafiche hanno risentito della crisi economica; questa si è abbattuta in questo caso su un settore già in difficoltà a causa di problematiche specifiche. L’avvento del digitale e la progressiva migrazione di numerose categorie di contenuti dalla carta stampata ad altri media hanno fatto crollare i volumi. «Oggi ci troviamo ad avviare in stampa prodotti di comunicazione sempre più mirati e personalizzati, ma soprattutto con tirature molto più basse rispetto al passato. Questo scenario impone alle società di arti grafiche un’evoluzione e nuove specializzazioni, necessarie per emergere in un settore che, al diminuire delle commesse, si fa inevitabilmente sempre più affollato». È questo il quadro che tratteggia Ezio Ferrari, che dirige insieme al fratello Walter la Graphicscalve di Vilminore di Scalve. Attraverso quale strategia state cercando di mantenere le vostre quote di mercato? «Per reagire, di anno in anno, cerchiamo di diversificare la nostra produ-

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Ezio Ferrari, titolare insieme al fratello Walter della Graphicscalve Spa di Vilminore di Scalve (BG) www.graphicscalve.it

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zione e avvicinarci a settori nuovi, proponendo idee innovative e sfruttando al massimo le possibilità offerte dalle più moderne tecnologie da stampa. Ma soprattutto stiamo puntando sull’offerta di un servizio all’interno del quale la fase di stampa, per certi versi, possa diventare soltanto la conclusione di un processo che ha come primo obiettivo la risoluzione di un problema specifico del nostro committente». Quali sono in questo momento le attività più rilevanti per il vostro business? «Nell’ultimo anno abbiamo puntato sulla stampa finanziaria, il direct marketing e la business communication. Offriamo un servizio di composizione, anche in lingua straniera, per la redazione di prospetti per IPO,


Ezio Ferrari

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Il ruolo della stampa dovrà mutare e adeguarsi alle nuove dimensioni della comunicazione su carta

OPA, OPVS, aumenti di capitale, informativa finanziaria periodica, bilanci e relazioni societarie. Tutte le fasi di elaborazione e correzione delle bozze sono eseguite dai nostri redattori, specializzati nell’editing di testi legali e finanziari in più lingue. Per quanto riguarda invece il direct marketing e la business communication, abbiamo introdotto in azienda le competenze e le tecnologie per il trattamento del dato variabile e questo ci ha permesso di gestire l’intero processo, compresa la fase finale di assemblaggio, imbustamento e postalizzazione». Quali tipologie di dato variabile trattate nello specifico? «Ci siamo specializzati nella produzione della comunicazione obbligatoria, che comprende le fatture delle utenze energetiche e telefoniche, le comunicazioni periodiche bancarie, i solleciti di pagamento e le raccomandate. Di queste seguiamo tutta la procedura a partire dall’acquisizione del dato alla sua impaginazione automatica, dalla stampa fino all’invio come posta massiva. Un processo simile, ma con contenuti differenti è quello del direct marketing, che comprende i vari servizi di mailing pubblicitario». Come siete organizzati dal punto di vista delle forniture?

«Il nostro approvvigionamento avviene esclusivamente su commessa, per questo motivo e poiché il tipo di prodotti che stampiamo richiedono tempi di esecuzione brevi, ci affidiamo a produttori nazionali e vicini al nostro territorio. Siamo attenti alla scelta dei fornitori che devono garantirci qualità della materia prima nel rispetto dell’ambiente. A tal fine abbiamo ottenuto le certificazioni FSC e PEFC per la carta, mentre il rispetto delle norme di produzione è garantito dalla Iso 9001:2008». Quali prospettive prevede per il vostro settore nei prossimi anni? «Certamente il ruolo delle società di arti grafiche dovrà mutare e adeguarsi alle nuove situazioni e dimensioni che sta assumendo la comunicazione su carta. Affinché il nostro non diventi un ruolo accessorio e via via marginale, è necessario proporre non più meramente l’esecuzione di un processo – la stampa – ma l’offerta di un servizio che comprenda l’utilizzo di soluzioni e tecnologie non tradizionali. La nostra intera industria è certamente in un momento difficile. Proprio perché ci troviamo inseriti in un contesto che sta cambiando rapidamente, dobbiamo essere in grado di assecondare questo cambiamento proponendo idee e soluzioni nuove che conferiscano valore aggiunto ai nostri prodotti e sopperiscano al calo consistente dei volumi di stampa». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 165


TECNOLOGIE

Risparmio e innovazione per l’impresa er alcune aziende la crisi ha rappresentato un’opportunità. Se non altro per quelle realtà che hanno saputo proporre al mercato soluzioni che permettono alle imprese di risparmiare. È il caso della Rc Impianti, giovane realtà industriale milanese, solida e affermata, impegnata nella realizzazione di impianti tecnologici. «Anche se il 2012 si sta rivelando un anno difficile – afferma Robert Frassinelli, titolare dell’azienda –, fino ad oggi la crisi ci ha agevolato: siamo entrati sul mercato in un momento in cui si sentiva il bisogno di una “rigenerazione” dei vecchi fornitori». «Avendo bisogno di risparmiare – interviene il socio Carmine Abbatangelo -, le aziende si sono aperte anche a nuove soluzioni piuttosto che rimanere fossilizzate sui vecchi fornitori, cercando chi poteva offrire loro servizi di qualità, magari a costi inferiori». L’esperienza di Rc Impianti, infatti, da quando è stata fondata cinque anni fa, è stata caratterizzata da una costante crescita nel fatturato che è arrivato nel 2011 a quota tre milioni di euro. In quali tipologie di impianti siete specializzati? Robert Frassinelli: «Sulla base di una continua ricerca di personale altamente qualificato, abbiamo costituito un team di progettisti e tecnici affiatati e preparati e siamo entrati in un mercato fortemente competitivo come quello elettrico, del cablaggio e del Networking. La nostra strategia operativa punta comunque a coprire vari ambiti, da quello tecnologico a tutti gli aspetti legati al facility management grazie alla stretta sinergia con la Rcf, di nostra totale proprietà. Questa Facility ci permette di approcciare al cliente proponendogli un unico referente in grado di soddisfare esigenze tecnologiche, ma anche più pratiche, di pulizia e manovalanza».

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Attraverso l’offerta di soluzioni tecnologiche innovative destinate principalmente alle realtà del settore finanziario, la Rc Impianti ha intrapreso un trend di crescita costante. Che culmina quest’anno nell’apertura di una nuova sede in Polonia Eugenia Campo di Costa

A quali realtà si rivolgono principalmente i vostri servizi e le vostre tecnologie? R.F.: «Il mercato finanziario copre l’80 per cento del nostro core business, ma abbiamo effettuato importanti lavori anche per grandi catene alberghiere. Investendo costantemente nella ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, nel settore alberghiero abbiamo realizzato reti Gpon (Giga Passive Optical Network, ultima nata tra le tecnologie ottiche) nonché WiFi in 802.11G 802.11N. La tecnologia Gpon, in particolare, permette di gestire una serie di utenze, quindi tutti i servizi dell’albergo - dal telefono alla tv, dalla domotica alla diffusione sonora – in maniera centralizzata attraverso un unico cavo in fibra, offrendo alte prestazioni e la possibilità di ulteriori sviluppi futuri dal momento che viene

Robert Frassinelli e Carmine Abbatangelo, titolari della RC Impianti di Milano www.rcimpiantisrl.it


Robert Frassinelli e Carmine Abbatangelo

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Proponiamo soluzioni innovative che possano portare ai clienti vantaggi tecnici ed economici

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occupata solo una piccola parte della banda». L’investimento in ricerca e sviluppo tecnologico è determinante per realtà come la vostra. Carmine Abbatangelo: «Sicuramente è fondamentale. La nostra mission è sempre stata quella di operare rispondendo con prontezza e flessibilità alle esigenze del mercato e ai mutamenti del quadro normativo, conquistando la fiducia dei clienti tramite un approccio commerciale innovativo, sia per quanto riguarda la struttura dell’offerta e dei servizi proposti, sia per gli strumenti di assistenza post-vendita e di customer care. Cerchiamo inoltre soluzioni innovative che possano portare ai clienti vantaggi tecnici ed economici». Quali le ultime tecnologie adottate e quali performance permettono di ottenere? C.A.: «L’ultimo ritrovato da noi utilizzato è un apparato multilinea per sistemi di allarme basati su linee telefoniche Rtg, in genere utilizzati nelle filiali bancarie, che permette di accentrare tutte le linee in un solo punto risparmiando così sul costo dei canoni telefonici e mantenendo inalterata l'affidabilità e la sicurezza del sistema di allarmi».

Quali prospettive si aprono per il prossimo futuro dell’azienda? R.F.: «In questi anni abbiamo sempre investito sulla nostra realtà per crescere e fino a oggi questa strategia ha pagato. Lo dimostra l’espansione continua della dimensione societaria anche in termini di sedi, è infatti in previsione entro il 2012 l'apertura di una nuova sede di RC in Polonia». Perché in Polonia? R.F.: «Come la gran parte degli stati europei che non hanno aderito all’euro, la Polonia oggi è un mercato in crescita, cui stanno guardando molte realtà imprenditoriali italiane, anche finanziarie. La nostra idea è aprire una sede di Rc Impianti autonoma, in grado di avere un suo core business. Il secondo passo è naturalmente quello di portare i nostri clienti italiani che stanno investendo in Polonia a rivolgersi alla sede locale per realizzare i lavori necessari nelle loro filiali polacche. Le prospettive ci sono e sono positive, non mi meraviglierei assolutamente se la Rc Impianti polacca nel 2014 conseguisse un fatturato più alto di quello della sede italiana: nei paesi dell’Est oggi c’è più spazio tecnologico di manovra, mentre in Italia il mercato è abbastanza saturo, inoltre c’è una volontà di investire che al momento in Italia manca». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 167


TECNOLOGIE

L’informatizzazione, motore di sviluppo entre all’estero, nel complesso, il 2011 è stato un anno di crescita per l’Information Technology, il mercato italiano ha chiuso in negativo. Il rapporto Assinform ha registrato un complessivo meno 4,1 per cento. Le cause? A pesare è stata la restrizione della spesa della pubblica amministrazione – la cui informatizzazione massiccia è ancora da venire –, ma soprattutto il calo di investimenti dell’impresa privata, che rappresenta il 90 per cento della domanda di informatizzazione e che, l’anno scorso, ha diminuito la destinazione di risorse per almeno il 4,3 per cento. In questo scenario di crisi si sono distinte alcune eccezioni, come quella della ComTel, system integrator che anche nel 2011 è riuscito a centrare l’obiettivo crescita, segnando a bilancio una crescita di fatturato del 17,5 per cento rispetto al 2010, attestandosi così a quota 47 milioni di euro. Per spiegare le ragioni del successo in controtendenza intervengono Giovanni Grechi, presidente e amministratore delegato della società, e Vincenzo Cassese, suo direttore generale.

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Giovanni Grechi, presidente e Ad della ComTel Spa di Milano, insieme al direttore generale Vincenzo Cassese www.comtelitalia.it

170 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Gli scenari dell’Information and Communication Technologies per il 2012. Le soluzioni, le visioni e la capacità di intercettare le esigenze di una platea variegata di soggetti e utenti. Ne parliamo con Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese Valerio Germanico

A fronte di un settore in difficoltà, qual è stata la leva che ha permesso di proseguire nello sviluppo? Giovanni Grechi: «Alla base della nostra performance di successo continua a giocare il suo ruolo fondamentale la nostra strategia di innovazione tecnologica. A questo, nello specifico, si è aggiunto, come determinante fattore di crescita, l’apertura ai mercati internazionali. Infatti, siamo ormai presenti in 130 paesi nel mondo, grazie a un network di system integrator stranieri. Questo significa che ComTel, attraverso il proprio sistema tecnico e organizzativo, può fare da focal point per tutte le problematiche tecniche e di sviluppo di soluzioni Ict per qualsiasi azienda italiana presente all’estero con sedi, filiali o uffici». Quali sono state, in concreto, i prodotti e i servizi che hanno fatto da traino? Vincenzo Cassese: «L’azienda è cresciuta perché ha saputo evolvere specializzandosi nell’offerta di soluzioni che vanno dal cablaggio fisico al networking, dal VoIP ai sistemi di video intelligence, video conference e applicativi. Inoltre, grazie al nostro Network Operation Center (NOC), attivo 24 ore su 24, possiamo affrontare e risolvere in tempo reale qualsiasi problema tecnico che dovesse interessare i sistemi dei nostri clienti. Questi sono rappresentati da piccole,


Giovanni Grechi e Vincenzo Cassese

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Le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Noi le accompagniamo nell’implementazione

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medie e grandi imprese, compresa la pubblica amministrazione. La nostra forza è anche quella di saper rispondere alle esigenze diversificate di una schiera così varia di attori economici». Com’è organizzata internamente ComTel? G.G.: «Abbiamo due divisioni: Reti ed Enterprise. La prima è attiva sui mercati carrier, svolge attività di installazione, collaudo e manutenzione di apparati di telecomunicazione per gli operatori Tlc che erogano servizi locali, a lunga distanza o ad alto valore aggiunto. Invece, la divisione Enterprise, con una capillare distribuzione sul territorio nazionale e internazionale, si rivolge a una clientela business, proponendo soluzioni per reti voce, dati e convergenti, in grado di rispondere alle esigenze di sempre maggiore efficienza delle aziende di oggi». Quali sono le vostre previsioni sull’andamento del mercato nel 2012 e quali le strategie per affrontarlo? V.C.: «Per raggiungere l’affermazione in un mercato globale e competitivo, le aziende guardano alla tecnologia come fattore strategico. Però, alle reti e ai sistemi non chiedono più soltanto l’efficienza e l’affidabilità, bensì anche la capacità di integrarsi con una visione più ampia dei processi di business, che permettano di supportarne nuove strategie, applicativi e ser-

47 mln vizi. Oltre che rispondere alle attese crescenti di una nuova generazione di utenti. Per assecondare questa richiesta – certo frenata a livello di investimenti dalla crisi, ma tuttora attuale per lo sviluppo del nostro paese –, stiamo proseguendo nella nostra politica di destinazione di risorse nell’aggiornamento, nell’adeguamento delle strutture e delle risorse e nella ricerca e sviluppo di servizi e prodotti in linea con gli scenari del futuro. Fra questi, nel 2012, la sfida maggiore sarà rappresentata dal cloud».

EURO

Fatturato realizzato nel 2011 da ComTel Spa, società del settore Ict

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 171


TECNOLOGIE

L’outsourcing nell’information technology

L’obiettivo di esternalizzazione dei servizi e delle attività di information technology si può riassumere in una sola parola: semplificare. Matteo Fiocchi illustra le differenze fra le possibili soluzioni di outsourcing

sistemi aziendali diventano di giorno in giorno sempre più complessi e critici per il business. Non solo: tutti i più chiari trend di sviluppo tecnologico di questi anni, come l’esplosione dei dispositivi mobile, hanno spostato o espanso la gestione dei servizi It verso fasce orarie sempre più critiche. «Basti pensare alla ricezione delle email: fino a qualche anno fa il servizio di mail business era strategicamente vitale dalle 9 alle 18; ora, tra iPhone e Blackberry, è fondamentale garantire un monitoraggio sui sistemi di mailing ben oltre l’orario lavorativo», spiega Matteo Fiocchi, amministratore delegato di ePress, società attiva nel campo dell’information technology. «Senza tener conto del fatto che tutti i sistemi It sono attivi e funzionanti anche mentre nessuno li usa». Per poter garantire la gestione di tali e tante complessità un buon outsourcer deve disporre di persone esperte e con un elevato livello di skill, oltre a sistemi di monitoraggio e intervento su turni perfettamente organizzati. Quali sono le implicazioni dal punto di vista infrastrutturale? «Realtà come ePress sono dotate di gruppi elettrogeni, sistemi di raffreddamento e strumenti di ridondanza per garantire la continuità del servizio su cui l’outsourcer fa economia di scala. Riesce a immaginare i costi che dovrebbe sostenere una realtà aziendale orientata verso tutt’altro business per strutturarsi internamente a pari livello? Naturalmente anche nel nostro mercato ci sono realtà indirizzate a tipologie di clienti diverse: alcuni decidono di orientare l’offerta verso un servizio di “massa” caratterizzato da un basso livello di caring. La nostra scelta è stata quella di concentrarci su un pool limitato di grossi clienti a cui garantire dedizione estrema».

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172 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Amedeo Longhi

Si può quantificare il risparmio economico che questa operazione è in grado di garantire? «È difficile elaborare dati universalmente validi: il risparmio cambia molto da azienda ad azienda, in funzione di numerose variabili quali dimensione, core business, criticità dei servizi da esternalizzare. Di sicuro, a prescindere dalle peculiarità, ciascuno, prendendo la strada dell’outsourcing dei servizi It, può decidere se risparmiare enormemente sulle risorse o girare head count su altre attività più strettamente legate al core business. A parità di risorse, un cliente di ePress potrà aumentare il livello del suo servizio/prodotto non dovendo più destinare sforzi e personale ai sistemi IT. O ancora riallocare internamente le risorse in modo da aumentare l’efficienza complessiva della sua strutta».

Matteo Fiocchi, amministratore delegato della ePress di Milano www.epress.it


Matteo Fiocchi

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Grazie alla maturazione del mercato, stiamo assistendo a una virata in favore della qualità del servizio e di realtà come ePress, caratterizzate da un altissimo livello di skill

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Qual è la sensibilità del mercato rispetto ai servizi di outsourcing? «Sono sempre più le aziende che ricorrono a questa soluzione. Spesso decidono di rivolgersi a grossi centri di esternalizzazione, che però non sempre riescono a garantire lo stesso livello di attenzione a tutti. Per questo, grazie soprattutto alla maturazione del mercato in termini di conoscenza, stiamo assistendo a una virata in favore della qualità del servizio e di realtà come ePress, caratterizzate da un altissimo livello di skill interne allocate su un minor numero di clienti e disposte a recepire a pieno le necessità aziendali del cliente». Quali sono state le ultime novità tecnologiche nella gestione dei sistemi aziendali? «La novità più importante è senza dubbio la virtualizzazione dei server, il fenomeno del cloud computing, per intenderci. Questa innovazione da un lato diminuisce drasticamente il numero dei server fisici necessari, perché su ogni “macchina” stanno più server virtuali, mentre dall’altro porta a un aumento esponenziale della complessità legata alla gestione di queste “macchine virtuali”. Basti

pensare che un problema su un server fisico può intaccare la stabilità di tutti server virtuali installati su di esso». Quanto è importante per voi l’aspetto legato alle risorse umane? «Per una società come ePress le persone sono l’asset principale. La qualità percepita del nostro servizio è, al 90 per cento, data dalla qualità e dalla professionalità delle persone, per questo puntiamo tantissimo sullo sviluppo delle risorse. Nella fase iniziale, ognuno dei nostri tecnici frequenta corsi esterni ma, essendo ePress una realtà all’avanguardia in quasi tutte le tecnologie di riferimento, la vera formazione si fa poi sul campo: consolidando grazie all’aiuto dei colleghi più senior le conoscenze di ognuno». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 173




IL MERCATO DELL’AUTO

Nuove soluzioni per il mercato dell’auto Ciascuno dei marchi protagonisti del settore automotive sta studiando e mettendo in pratica soluzioni specifiche per reagire alla crisi del mercato in atto. Omar Oberti descrive le caratteristiche della politica Renault Amedeo Longhi

e difficoltà del mercato automobilistico italiano non accennano a diminuire: il mese di aprile 2012 ha fatto registrare un calo del 18 per cento rispetto al mese precedente, dato negativo ma pur sempre inferiore allo scarto fra marzo e febbraio (26,7 per cento) e al valore medio del 2012 (-20,2 per cento). Nel panorama complessivo, il marchio Renault si mantiene comunque a galla, occupando l’ottava piazza per numero di vendite. In questo scenario, appare chiaro agli operatori che non è possibile rimanere in attesa che i numeri riprendano quota, ma è opportuno rivitalizzare il settore attraverso particolari iniziative produttive e commerciali. «La strategia della nostra casa di riferimento – spiega Omar Oberti, dell’omonima concessionaria Renault, che quest’anno festeggia i quarant’anni di attività sul territorio bergamasco, coperto dai tre showroom di Bergamo, San Pellegrino e Brembate –, punta su alcuni aspetti fondamentali: soluzioni economicamente poco impegnative, come quelle proposte da Dacia, abbattimento dell’impatto del traffico privato, attraverso il lancio dell’urban crosser elettrico Twizy, e miglioramento del servizio offerto». Quali sono gli obiettivi della commercializzazione del marchio low-cost Dacia, ri-

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Omar Oberti, della concessionaria Renault Oberti Spa www.obertispa.it

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spetto anche al momento difficile che sta attraversando il mercato dell’auto? «Dacia rappresenta una nuova filosofia di automobili: belle, sicure, accessibili, con un prezzo alla portata di tutti e una gamma di accessori con un profilo “low cost”. Il grande successo che sta conseguendo, oltre che a un prodotto di assoluta qualità, è dovuto anche a una strategia comune di vendita in tutta Italia: nessuno sconto. Soprattutto in considerazione del momento negativo del mercato, ritengo significativo sottolineare che Dacia è una delle poche marche in controtendenza e presenta numeri in continua crescita in tutta la gamma». Quali caratteristiche deve avere un punto vendita per diventare Pro+? Che significato ha avuto per voi questa investitura? «Il mercato parla chiaro, i veicoli commerciali Renault sono collocati ai vertici del mercato europeo. Da anni, grandi e piccole aziende, commercianti e liberi professionisti, scelgono i nostri mezzi per dare più impulso, stile e sicurezza alla propria attività. Essere concessionari Renault Pro + significa professionalità al servizio delle aziende che si rivolgono a noi. Renault Pro + è una struttura fatta da pro-


Omar Oberti

fessionisti per i professionisti e raccoglie in un’unica area dedicata le attività di supporto al business, sia per quanto riguarda la vendita che per il servizio di assistenza al parco auto. La missione del nostro centro Renault Pro + è quella di garantire una squadra a disposizione del cliente che sia in grado, in caso di necessità, di consentire all’azienda di non interrompere l’attività». Ritiene che Twizy, l’auto elettrica che proponete, possa avere buone prospettive in termini di abbattimento dell’impatto ambientale della mobilità privata e decongestionamento del traffico urbano? «Con Twizy, Renault ha deciso di lanciare una specie di rivoluzione elettrica introducendo una soluzione inedita e ideale per la mobilità urbana: un urban crosser agile e divertente, un concetto unico con 4 ruote e 2 posti in linea, un design totalmente innovativo che trasmette sensazioni positive di energia, senza trascurare la sicurezza e il comfort. Compatta, agile e pratica, con una lunghezza di 2,32 metri e una larghezza di appena 1,19 metri, Twizy risponde perfettamente alle esigenze del traffico cittadino per spostarsi e

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Dacia è una delle poche marche in controtendenza e presenta numeri in continua crescita

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parcheggiare più rapidamente. È disponibile in due versioni: Twizy 45, che arriva fino a 45 km/h, e Twizy, con una velocità massima di 80 km/h. Guidabile a partire da 14 anni, può viaggiare con una ricarica completa per circa 100 km e ricaricarsi completamente in sole 3 ore e 30 minuti e in modo molto conveniente: il pieno d’energia costa all’incirca 1,5 euro. Privo di emissioni inquinanti in fase di utilizzo, il veicolo elettrico viene ormai riconosciuto come uno degli strumenti utili a ridurre l’impatto dei trasporti sull’ambiente». Com’è organizzato il lavoro dell’officina? «L’officina può essere considerata il cuore pulsante nell’attività di un concessionario. E per noi il servizio viene prima di qualsiasi altra cosa; in momenti come quello attuale, fidelizzare gli utenti anche attraverso le prestazioni offerte dall’officina è fondamentale».

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 177


IL MERCATO DELL’AUTO

Tecnologie nel settore automobilistico e industriale Le dinamiche del mercato degli autoveicoli analizzate da un osservatorio particolare come quello della Hich Tech Project. Alexander Foresti spiega il valore aggiunto del know how italiano rispetto alla concorrenza asiatica low cost Manlio Teodoro

La sede di High Tech Project Srl si trova a Palazzolo sull’Oglio (BS) www.htpweb.net

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dati del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti rivelano un 2011 nero per il mercato dell’auto. Le nuove immatricolazioni hanno segnato un meno 10,88 per cento rispetto al 2010, passando da 1,9 milioni a 1,7. Il trend negativo è stato confermato anche nei primi mesi del 2012, maggio ha infatti chiuso con un calo del 14,26 rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Con un numero minore di automobili nuove sulle strade è inevitabile che a crescere siano almeno i mercati dell’after market e dei ricambi. Come nota Alexander Foresti, amministratore della High Tech Project, azienda produttrice di particolari in gomma destinati principalmente al settore automotive: «Nonostante il mercato dell’auto sia rimasto piuttosto

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Alexander Foresti

fermo, il 2011 è stato un anno positivo per la nostra attività, che ha raggiunto un incremento del giro di affari del 35 per cento. A trainare il settore è stata soprattutto l’introduzione di nuovi prodotti, legati allo sviluppo futuro delle normative Euro 6. Benché il 2012 sia iniziato con una conferma del trend, il mercato in questi mesi è stato molto più frammentato, a causa di un aumento della variabilità nel contesto economico europeo». Il core business della High Tech Project è la progettazione, lo sviluppo e la produzione di articoli tecnici per la tenuta, composti prevalentemente di gomma sovrastampata a inserti metallici o termoplastici. «L’abbinamento tra la gomma e altri supporti sfrutta una tecnologia nata circa trent’anni fa e che può essere applicata a vari settori, anche se è quello automobilistico che la utilizza principalmente ed è quello al quale per lo più ci rivolgiamo». Nonostante il mercato after market e della ricambistica abbia dimostrato nel tempo un andamento costante, la concorrenza asiatica sta contribuendo a ridimensionare le performance dei produttori occidentali. Abbiamo chiesto quindi a Foresti a quali conseguenze potrebbe portare questa nuova ondata low cost. «A calare sono stati prevalentemente i volumi della ricambistica per auto, al contrario abbiamo assistito a un aumento della richiesta per quanto riguarda i componenti per mezzi pesanti. La spiegazione è nella tecnologia che hanno a disposizione i nostri concorrenti orientali. La loro tecnologia è in grado di rappresentare un vantaggio competitivo per la produzione di ricambi a basso valore aggiunto, mentre non ha ancora raggiunto un livello di evoluzione tale da garantire lo stesso vantaggio di prezzo per i prodotti tecnici destinati ai mezzi pesanti. Per questo motivo la logica seguita dai partner che noi forniamo è quella di concentrare la produzione su prodotti che necessitano di un elevato know how, in modo da proporre al mercato una categoria di prodotto sulla quale non è

Puntiamo molto su ricerca e sviluppo, in particolare lavorando sull’abbinamento di più componenti

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possibile giocare sul ribasso. Da questo punto di vista, uno dei nostri vantaggi è che molti dei nostri partner sono multinazionali riconosciute all’interno del mercato degli articoli tecnici e quindi questo ci dà un vantaggio a livello commerciale». Oltre a orientarsi verso una maggiore componente tecnologica, l’azienda da alcuni anni ha anche avviato un processo di diversificazione, proponendo soluzioni nuove per il settore petrolifero, elettronico, del riscaldamento e dei sistemi idrici per il trasporto dell’acqua potabile. «Puntiamo molto sulla ricerca e sviluppo, in particolare lavorando sull’abbinamento di più componenti, che è la nostra specializzazione. Fra i risultati di questa attività di ricerca, a breve porteremo sul mercato un elastomero che troverà applicazione in quei settori dove è necessario avere una tenuta dinamica con lubrificazione scarsa o nulla. Inoltre sarà resistente sia alle alte che alle basse temperature e all’esposizione agli agenti chimici aggressivi. Inoltre, in collaborazione con il Politecnico di Milano abbiamo sviluppato un altro prodotto rivoluzionario. Si tratta di una guarnizione intelligente al cui interno è posizionato un sensore in grado di monitorare diversi valori, come peso, temperatura e pressione. Si tratta di un’innovazione che potrebbe trovare numerose applicazioni». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 179


CARBURANTI

Nuovi scenari per il mercato petrolifero È

Anche il comparto petrolifero, complice l’aumento dei prezzi e il calo dei consumi energetici, è costretto a fare i conti con una situazione di incertezza. Con Gabriele De Stefano analizziamo le difficoltà e le nuove prospettive del settore Matteo Rossi

La Petrol Srl ha la sua sede a Lonate Pozzolo - petrol.srl@libero.it

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stata una delle prime aziende petrolifere lombarde, nata nel 1963 dall’intuizione del suo fondatore, Gabriele De Stefano e che, grazie a scelte coraggiose e per certi versi pioneristiche, è riuscita a conquistare importanti quote di mercato nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti petroliferi. Stiamo parlando della Petrol, società di Lonate Pozzolo che, inizialmente partita come concessionaria e rivenditrice autorizzata delle più importanti multinazionali del settore, vestendone i colori, si è progressivamente resa indipendente, come racconta lo stesso De Stefano. «Questa decisione è venuta in risposta al comportamento dei produttori, che preferivano la distribuzione diretta al consumo attraverso loro società partecipate, offrendo condizioni economiche migliori o uguali a quelle a noi praticate, non gravando però le stesse società del costo del trasporto primario dalla raffineria al deposito, che per noi era invece una voce di costo significativa». Oggi il core business della Petrol consiste nella fornitura all’ingrosso di carburanti per autotrazione, ad uso riscaldamento e lubrificanti, destinati a industrie e utenze private, oltre che nella gestione di appalti per Enti Pubblici e Privati e di un distributore di benzina sito proprio a Lonate Pozzolo. E dopo attente valutazioni, alcuni anni fa anche la stazione di servizio è stata spogliata delle insegne fino ad allora esposte, sostituite col marchio Petrol che ancora oggi campeggia. Ha avuto così inizio l’era delle cosiddette “pompe bianche”, oggi molto diffuse in quanto offrono ai consumatori una valida alternativa contro il caro benzina, con la possibilità di risparmiare diversi centesimi di euro per ogni litro di carburante. Secondo alcune stime attualmente sono circa 2000 le pompe bianche in Italia, e tra i primi a intuire le potenzialità di questo tipo di servizio ci fu proprio De Stefano. «L’inizio non è stato certo dei più facili – spiega il titolare - vista la presa che sul cliente avevano i nomi e le insegne reclamizzate,


Gabriele De Stefano

unite al fatto che le case motoristiche consigliavano l’utilizzo di determinati prodotti, pena la nullità della garanzia». Col tempo, però, e grazie anche all’approvazione di una serie di leggi in sede europea, le pompe bianche hanno lentamente conquistato importanti quote di mercato. Tanti si chiedono come i distributori no-logo possono spuntare prezzi così bassi, nonostante comprino il prodotto dalle stesse compagnie. «Per quel che ci riguarda la risposta consiste nella diversificazione dei rifornimenti resa possibile proprio dall’attività all’ingrosso», sottolinea De Stefano. «Non ci riforniamo solo dalle raffinerie delle società verticalmente integrate ma anche da quelle indipendenti. Giocando su più tavoli aumenta infatti la possibilità di spuntare prezzi più bassi. In ogni caso il

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Non ci riforniamo solo dalle raffinerie delle società verticalmente integrate, ma anche da quelle indipendenti

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rifornimento diretto alla raffineria già consente un risparmio che gli operatori possono trasferire, almeno in parte, ai consumatori. Oggi Petrol è inclusa nell’elenco delle Pompe Bianche d’Italia, e la nostra stazione di servizio è diventata “famosa” per le lunghe file di automezzi in attesa del rifornimento». Certo la situazione generale, con una crisi ben lontana dall’essere risolta, si ripercuote inevitabilmente anche sul settore petrolifero: il mercato è imprevedibile e instabile, e la produzione è in calo, in conseguenza di una minor richiesta energetica da parte degli utenti. «Fortunatamente il fatto di essere presenti sul mercato da quasi cinquant’anni ci ha permesso di mantenere pressoché inalterato il nostro parco clienti», evidenzia De Stefano. «Le difficoltà però non mancano, soprattutto nel sostenere un ciclo finanziario sempre più allungato e gravato da sempre maggiori oneri imposti dalle banche. Il momento di pagare il fornitore, infatti, avviene talmente prima rispetto al momento in cui si incassa un credito che qualsiasi equilibrio diventa impossibile, tenendo conto anche dei prezzi in continuo aumento e dell’aggravio rappresentato dal peso crescente delle imposte. Nonostante tutto, siamo intenzionati a non mollare. Il legame creatosi con alcune aziende è per noi un motivo di grande soddisfazione - conclude De Stefano – che ci ripaga dei sacrifici sostenuti e ci spinge a continuare in questa direzione». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 181


CONSUMI

Come cambia il carrello della spesa l calo di potere di acquisto delle famiglie ha accentuato un fenomeno attivo nella grande distribuzione da almeno un decennio. Fra il 2001 e il 2011, il canale di vendita che ha registrato le performance migliori è stato quello discount, che ha raggiunto una quota di mercato del 12,6 per cento ed è l’unico – insieme agli specialisti drug, più 10,6 per cento – a segnare un dato di crescita: 7,2 per cento a maggio 2011 (fonte Nielsen). A cambiare però non sono soltanto i luoghi del consumo, bensì anche le categorie di prodotto, che mutano secondo una nuova logica che mette in secondo piano la marca – questa infatti ha perso parte del suo valore rispetto alla valutazione attenta del rapporto fra qualità e prezzo. Questo fenomeno, naturalmente, incide anche sul business dei produttori. Ne parliamo con Aldo Pasini, presidente di Rapid Spa, azienda che produce articoli per la conservazione degli alimenti – principalmente contenitori e rotoli di alluminio, pellicola, carta forno –, che ha una lunga esperienza di collaborazione col mondo dei discount e che è recentemente entrata anche nella grande distribuzione. Quali sono i dati più significativi che esprimono l’andamento del vostro business? «L’anno scorso abbiamo venduto 32 milioni di pezzi, realizzando un fatturato di circa 15 milioni di euro, con una crescita complessiva del 7 per cento rispetto al 2010, grazie anche all’apporto dei 45 addetti che for-

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Aldo Pasini, presidente della Rapid Spa di Ponte San Marco di Calcinato (BS) www.rapid.it

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Nel carrello della spesa cresce l’attenzione al rapporto fra qualità e prezzo. Mentre cala l’interesse dei consumatori per i grandi marchi. Il punto di Aldo Pasini Valerio Germanico

mano la nostra compagine aziendale. Il 2012, finora, ha seguito lo stesso trend positivo, anche grazie al consolidamento dei rapporti con i partner acquisiti l’anno scorso e l’inserimento di alcuni nuovi. Prevediamo dunque di chiudere l’anno in corso con un incremento del 10 per cento. A darci slancio sarà l’ingresso dei nostri articoli negli store di tre attori protagonisti della grande distribuzione italiana: questo, oltre a un prevedibile aumento di fatturato, ci permetterà di dare maggiore visibilità al nostro prodotto». Negli anni, la vostra crescita è avvenuta principalmente attraverso il discount. Come si sta evolvendo oggi questo canale di vendita? «Essendo nati come azienda per la produzione di articoli primo prezzo, fin dall’inizio abbiamo trovato nel discount un partner ideale per i nostri prodotti a marchio. Nel tempo questo rapporto ha dimostrato la sua solidità economica, dato che il discount è sempre cresciuto, contrariamente ad ipermercati e altri canali. Il discount si è comunque evoluto nel tempo. Se vent’anni fa, alla sua comparsa, aveva come unico obiettivo la proposta del prezzo più basso, oggi sugli scaffali si trovano prodotti qualitativamente più accattivanti e che mantengono comunque un prezzo più basso di quello dei supermercati. Il percorso di Rapid è stato simile: siamo partiti come azienda specializzata


Aldo Pasini

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In questi anni il discount è sempre cresciuto, contrariamente a ipermercati e altri canali di vendita

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32 mln PEZZI

Prodotti nel 2011 da Rapid Spa, che produce contenitori e rotoli di alluminio, pellicola, carta forno

nel primo prezzo e adesso, grazie alla nostra flessibilità, siamo riusciti a diventare copacker di alcune tra le più importanti insegne della distribuzione organizzata». Qual è la vostra copertura commerciale? «La nostra rete di vendita copre tutta l’Italia e in parte anche l’estero. In Italia seguiamo un mercato più tradizionale, composto da grandi grossisti che si concentrano soprattutto in Lazio, Puglia, Campania e Sardegna. Inoltre, siamo presenti pressoché in tutte le insegne di importanza nazionale – Agorà Network, Bennet, C3, Coop, Despar, Gros supermercati, Iper, Pellicano, Selex, Sigma, Sisa – con le quali abbiamo contratti centralizzati. A dimostrazione della poliedricità che ci contraddistingue, siamo fornitori anche di aziende del canale Ho.re.ca. e di specializzati e drugstore come Acqua & Sapone

e Maury’s. All’estero invece collaboriamo con alcune importanti insegne del Portogallo e dei Balcani dove i prodotti utilizzati sono simili a quelli che produciamo per il mercato italiano». I vostri prodotti sono destinati al settore alimentare. Quali accorgimenti vanno presi per la produzione? «Siamo certificati Iso 9001:2008 e ci siamo adeguati ad alcune delle direttive dell’Haccp, normativa di riferimento per gli articoli alimentari, anche se la legge non ci impone di attuarle, dato che produciamo articoli paralimentari. Abbiamo adottato misure per prevenire la contaminazione da “agenti esterni” come polvere o insetti e inoltre è possibile rintracciare la provenienza di ogni singolo componente dei nostri articoli attraverso un sistema numerico collegato ai lotti di produzione».

15 mln EURO

Fatturato realizzato dalla Rapid Spa nell’anno 2011, registrando un incremento del 7% rispetto al 2010

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 183


IL COMPARTO ALIMENTARE

I molini sotto la lente Posizionati nel mezzo della filiera del pane, i molini svolgono un ruolo importante per tutto il comparto agroalimentare italiano. Gianbattista Pagani spiega criticità e prospettive del settore Amedeo Longhi

el Quindicesimo secolo, fra gli antichi territori di Fossato Alto e Borghetto, i frati cistercensi sbarrarono il fiume Sillaro creando due canali di gronda con quattro cascate. Da queste quattro cascate nacquero quattro opifici: un molino che macinava mais, ora dismesso, un oleificio, che produceva olio di lino e colza, e un altro opificio, oggi riconvertito. L’unico dei quattro che tutt’oggi è attivo, produce e lavora ancora il grano è il molino Rusca, che dal 1803 è diventato Molino Pagani ed è gestito ancora oggi dalla stessa fa-

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Giambattista Pagani, titolare del Molino Pagani di Borghetto Lodigiano (LO) www.molinopagani.it

184 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

miglia. «Abbiamo dovuto eliminare la ruota nel corso dell’ampliamento e abbiamo deviato il canale a monte per potenziarlo, ma l’insediamento è ancora quello di una volta su una superficie di 25.000 metri quadrati», spiega Giambattista Pagani, erede di una famiglia di sette generazioni di mugnai. Oggi l’impianto è diviso in due sezioni: «Una è degli anni Ottanta, è stata mantenuta in efficienza e ne è stata aumentata la capacità; è quasi completamente automatizzata. Quella nuova è completamente automatica, anche quando cambia la miscela dei grani non c’è bisogno dell’intervento dell’operatore, fanno tutto le macchine. Si tratta di un impianto all’avanguardia, fra i più aggiornati, d’Italia. Con le sue 550 tonnellate al giorno di capacità produttiva, è anche uno dei più grossi del nostro paese». Nella conduzione del molino, il titolare è aiutato dai figli, l’ingegner Davide Pagani, che cura la parte tecnica, e il dottor Giuseppe Pagani, responsabile commerciale. La produzione è divisa in due filoni principali, uno standardizzato e uno più flessibile: «Per i panifici, pizzerie e pasticcerie realizziamo farine di diverso tipo, come quella per la pizza o la raffinata michetta, e semilavorati come il multicereali, utilizzando i quali il panettiere deve aggiungere solo acqua, sale e lievito e in un paio d’ore ha il pane pronto. Ma lavoriamo anche con grandi industrie del settore alimentare, per le quali realizziamo prodotti personalizzati: loro ci forniscono le caratteristiche delle miscele di cui hanno bisogno e noi creiamo farine specifiche per ogni impiego. Possediamo anche la certificazione Iso 9000:2008 oltre a quella per


Gianbattista Pagani

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Il territorio agricolo è saturo e non c’è più spazio per coltivazioni destinate in generale all’alimentazione umana e in particolare alla panificazione

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produrre farine biologiche». Non mancano però le criticità, in merito alle quali Pagani lancia un preoccupato grido d’allarme: «Un primo problema è relativo alla materia prima principale di cui ci serviamo: il grano. Quando ho iniziato l’attività, la quasi totalità proveniva dai campi italiani. Oggi, al contrario, il nostro paese non è più autosufficiente, nel senso che non riesce a fornire la quantità di prodotto necessaria a soddisfare la richiesta interna. Per questa ragione siamo costretti a importare: circa un terzo del grano lo compriamo sul mercato italiano, un terzo proviene dai paesi appartenenti alla comunità europea e un terzo da Stati Uniti e Canada». Tutto ciò comporta essere soggetti alla speculazione dei mercati a termine. Una delle cause principali è la crescita massiccia degli allevamenti: «I contadini oggi coltivano mais e soia per poi usarli come mangime animale. Il territorio agricolo, soprattutto nella nostra zona, è saturo e non c’è più spazio per coltivazioni destinate in generale all’alimentazione umana e in particolare alla panificazione». Un altro aspetto su cui occorre intervenire urgentemente è quello relativo alle condizioni strutturali di molti dei più di trecento mulini italiani: «Troppi impianti po-

300 QUINTALI

trebbero, a causa dei pochi investimenti effettuati, non garantire le condizioni ottimali di lavoro, a discapito di tutta la categoria. Si tratta di strutture vetuste, che possono provocare danni, anche gravi, sia a causa della non sicurezza degli impianti sia per la trascuratezza delle norme igieniche. Inoltre, sono numerose le attività, principalmente di dimensioni medie o piccole, che risparmiano sui costi di adeguamento, abbassando i prezzi e operando così in un regime di concorrenza sleale nei confronti di chi rispetta le leggi. A questo proposito, ritengo che sia necessario un controllo più puntuale e severo da parte degli organi preposti, che oggi si concentrano quasi esclusivamente sui grandi molini».

La capacità oraria dell’impianto di miscelazione del mulino

7000 TONNELLATE La capacità di stoccaggio del grano da trasformare

550 TONNELLATE Capacità impianto molitorio al giorno

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La produzione casearia della Valcalepio punta all’export Antichi disciplinari produttivi si mescolano con strategie commerciali e innovazioni tecnologiche capaci di traghettare le classiche ricette della tradizione casearia bergamasca verso le esigenze del mercato odierno. Li descrive Gianfranco Belometti Massimiliano Frasson

a Valcalepio, nei pressi del lago d’Iseo, ha una notorietà legata principalmente ai valori importanti della cultura casearia e vitivinicola che dalla metà degli anni Settanta ha permesso di rivitalizzare le colline della zona, recuperando le tradizioni enogastronomiche che rischiavano di essere sepolte dalla massiccia industrializzazione che caratterizzava il bergamasco. Di questo retaggio fa parte anche la rinomata produzione casearia, fondata su antichi disciplinari e su una filiera che coinvolge le tante realtà produttive locali. Una di queste è la Belometti, che da diverse decine di anni porta avanti la propria attività in questo territorio. «L’attività della mia famiglia – racconta Gianfranco Belometti, oggi a capo dell’azienda – ha origini lontane: ebbe inizio negli anni Trenta, presso le pendici del Monte Bronzone, per poi proseguire trasferendosi nel sito che occupa attualmente, a Grumello del Monte, sempre in provincia di Ber-

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La Belometti Srl si trova a Grumello del Monte (BG) www.belometti.it

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gamo. Inizialmente, svolgevamo l’attività di raccoglitori di formaggi locali: ci siamo subito inseriti perfettamente nella filiera produttiva dell’area, fornendo un sostegno indispensabile ai produttori della zona, acquisendo una sviluppata capacità di selezione, di affinatura e stagionatura e portando così l’azienda a diventare un punto di riferimento nella confezionatura e nella distribuzione». Successivamente come si è evoluta l’attività della Belometti? «L’attenta cura e l’esperienza acquisita e tramandata da una generazione all’altra all’interno della famiglia, hanno permesso all’azienda di compiere negli anni Ottanta un salto di qualità. In quel periodo nacque infatti la linea “I Preziosi” di Belometti, che, ancora oggi, costituisce una ricercata selezione di alcuni dei più tipici prodotti caseari, per lo più regionali, dal taleggio al quartirolo, dalla formaggella alla robiola, al salva e a tanti altri for-


Gianfranco Belometti

La nostra ultima scommessa è volta a conquistare i mercati esteri, dove la domanda di confezionamento e vendita di piccole porzioni è sempre maggiore

maggi ancora prodotti secondo le antiche tradizione casearie lombarde. Il nostro lavoro all’interno della filiera ha permesso a queste varietà di formaggi di diventare Dop. In seguito, la Belometti ha riportato la tradizione in tavola riscoprendo e riportando in auge i formaggi locali della Valle Caleppio, del Monte Bronzone e del Sebino. Inoltre, a partire dagli anni Novanta, abbiamo diversificato l’attività creando una linea di confezionamento per la grande distribuzione di prodotti nazionali ed esteri per il libero servizio e con marchi private label per la Gdo mantenendo inalterate le caratteristiche Dop dei prodotti». I metodi produttivi che adottate sono ancora quelli tradizionali? In che modo si coniugano con le esigenze moderne? «La produzione e la stagionatura hanno mantenuto le caratteristiche di manualità di una volta. Accanto alla tecnologia applicata assume una fondamentale importanza la figura umana, che controlla attentamente l’evoluzione del singolo prodotto al fine di elevare lo standard qualitativo rendendolo unico e artigianale. La normativa prescritta dal regolamento europeo 285 del 2004 è estremamente severa pertanto abbiamo abbinato alla tradizione i protocolli necessari adottando il sistema di autocontrollo Haccp e ottenendo la certificazione Uni En Iso 9001:2008» Come si è evoluto il mercato e quali sono le prospettive di crescita?

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«Il mercato di riferimento si è evoluto molto e da regionale ha ampliato il suo raggio coinvolgendo prodotti di nicchia pronti per la distribuzione nazionale e per l’export. La nostra mission è quella di mantenere inalterate le caratteristiche d’eccellenza delle botteghe di una volta utilizzando i moderni canali distributivi». Quali difficoltà deve superare un’azienda come la vostra? «La saturazione del mercato, unitamente alla congiuntura economica avversa e ai volumi limitati dei prodotti di nicchia, assottiglia i margini dei ricavi, rendendo difficile la rapida espansione. La duttilità e la dinamicità dell’azienda, che ha mantenuto una connotazione familiare e tradizionale, ci hanno permesso tuttavia di raggiungere risultati rilevanti riuscendo di volta in volta a sfruttare le opportunità presentate dai mercati in evoluzione e soddisfarne le esigenze. Un esempio a questo proposito è rappresentato dalla nostra ultima scommessa volta a conquistare i mercati esteri, dove la domanda di confezionamento e vendita di piccole porzioni è sempre maggiore grazie al desiderio dei consumatori d’oltreconfine di provare il maggior numero di prodotti della tradizione gastronomica italiana». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 187


IL COMPARTO ALIMENTARE

Tradizione e innovazione pasticcera

Metodi produttivi e ricette in bilico fra la tradizione pasticcera e i moderni prodotti della catena del freddo, unitamente a ingredienti freschi e naturali, rappresentano elementi imprescindibili per dessert confezionati di qualità, come spiega Ercole Lucchini Amedeo Longhi

l dolce al cucchiaio è la portata golosa per eccellenza: soffice, cremoso, gustoso, bello da vedere ancor prima che buono da mangiare. Sua caratteristica principale è la freschezza. Per questo, la sfida principale dei produttori di questo tipo di dessert è proporre un dolce che, una volta aperta la confezione, si presenti all’occhio e al palato come se fosse appena uscito dalla cucina di un pasticcere. «Naturalmente perché questo sia possibile bisogna prima di tutto utilizzare ingredienti freschi e genuini, che si devono inserire in un ciclo produttivo in cui la qualità dei processi sia scrupolosamente garantita». È questa l’assicurazione di Ercole Lucchini, che nel 1978 fondò la A27, inizialmente dedicandosi alla produzione di gelati per poi specializzarsi, nei primi anni Novanta, nei dessert freschi, commercializzati attraverso il marchio Bontà Divina. Quali sono i criteri che regolano la scelta delle materie prime? «Prima di tutto ricorriamo a ingredienti freschi, come il mascarpone o il tuorlo d’uovo nel tiramisù. Tutti i fornitori sono selezionati e gli ingredienti definiti da capiErcole Lucchini, fondatore della A-27 Spa di Rancio Valcuvia (VA) - www.a27.it tolati condivisi. Tutto ciò a

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garanzia di un prodotto genuino e di prima qualità, nel pieno rispetto delle più rigorose norme in materia. Naturalmente le ricette secondo le quali vengono trattate queste materie prime sono altrettanto genuine e rispondenti ai canoni della migliore tradizione pasticcera, che si può riscontrare nel prodotto grazie a tre caratteristiche fondamentali che esso deve possedere: un’estetica curata, grazie alle guarnizioni e alle decorazioni; un “multistrato” che generi un insieme composito di consistenze e sapori; una piacevole cremosità, che rende il dolce sempre gradevolmente al cucchiaio. La produzione, inoltre, si svolge interamente in Italia». In che modo è possibile coniugare l’artigianalità delle antiche ricette con le moderne esigenze di produzione? «Curiamo in modo particolare l’innovazione di processo e di prodotto necessaria per mantenere l’azienda in linea con i più alti standard qualitativi e produttivi, al fine di soddisfare le esigenze dinamiche del consumatore all’interno dei vari mercati e assicurare un eccellente rapporto qualità/prezzo. Per questo, l’intero processo produttivo è sottoposto in ogni sua fase a un controllo accurato e soddisfa pienamente le più importanti certificazioni di qualità previste dal settore alimentare, le norme Uni En Iso 9001, Brc e Ifs, in base alle quali la nostra azienda è certificata. Il giusto connubio fra innovazione e tradizioni artigianali è l’aspetto che meglio identifica la mission aziendale».


Ercole Lucchini

Il giusto connubio fra innovazione e tradizioni artigianali è l’aspetto che meglio identifica la mission aziendale

A cosa è dovuta la decisione di ampliare la struttura produttiva? «Il nostro sito attuale si trova a Rancio Valcuvia e occupa 221 addetti. Recentemente ci siamo accorti che il suo regime di produzione è giunto al suo limite fisiologico, oltre il quale le quantità rischierebbero di compromettere la qualità dei prodotti realizzati. Abbiamo quindi deciso di aprire un nuovo stabilimento, che è già in lavorazione e sorgerà a Gattico, in provincia di Novara; sarà operativo a partire dal 2013. Il nuovo sito prevede l’inserimento di nuove linee produttive che verranno installate progressivamente nel tempo in funzione delle vendite: cresce di anno in anno la produzione e conseguentemente cresce il fabbisogno di mano d’opera. Il nuovo sito produttivo di Gattico rappresenterà un affiancamento e non un trasferimento di produzione: negli ultimi dieci anni siamo diventati un traino economico importante per la provincia di Varese, contribuendo a creare posti di lavoro e a sviluppare l’economia locale e l’indotto circostante e non intendiamo proprio adesso lasciare questo territorio e questo contesto produttivo, a cui siamo molto legati».

Quali sono i risultati che vi aspettate da questa operazione? «Inizialmente verranno aperte due linee di produzione, corrispondenti ai volumi che a Rancio Valcuvia si comincia a far fatica a realizzare. Stiamo acquisendo attrezzature e impianti tra i più qualificati in Europa, che garantiscono livelli di qualità eccellenti e che permetteranno in un secondo momento di ampliare la gamma di prodotti offerta ai clienti. Sono inoltre allo studio vari progetti di possibili nuove linee, grazie alle quali potremo continuare a innovare nel mercato dei dessert di qualità. In prospettiva, va ricordata anche l’importanza dell’ingresso di A-27 nel gruppo Emmi, azienda elvetica leader nel settore dei formaggi svizzeri e importante realtà nel mercato dei prodotti a base di latte, avvenuta a luglio 2011».

85% EXPORT La quota di prodotto destinata ai mercati europei ed extraeuropei

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Sicurezza ad alta quota La progettazione per la sicurezza degli interventi di manutenzione su coperture e in contesti con rischio di caduta. Simone e Roberto Cornali hanno puntato sui dispositivi di protezione per l’edilizia e sui i sistemi anticaduta Valerio Germanico

er l’intervento e la manutenzione sulle più diffuse tipologie di edifici – dalle fabbriche ai centri commerciali, dal residenziale ai monumenti di importanza storico e artistica, numerosi nel nostro paese –, esistono norme specifiche che impongono l’uso di dotazioni di sicurezza appositamente studiate. In particolare quando a essere interessate dagli interventi sono le coperture e tutte le superfici che espongono gli operatori al rischio di caduta. È nella progettazione e produzione di questi sistemi anticaduta che hanno scelto di specializzarsi due imprenditori bergamaschi, i fratelli Simone e Roberto Cornali, titolari della Somain Italia, che nel 2011 hanno portato sul mercato tre nuove linee a marchio Allukemi, interamente studiate e realizzate in

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Sopra, il duomo di Pavia; a fianco, l’Arco della pace di Milano, le cui manutenzioni sono eseguite con i sistemi anticaduta della Somain Italia Spa di Brembate di Sopra (BG) www.somainitalia.it


Simone e Roberto Cornali

Italia e certificate presso un ente europeo. Come spiega Simone Cornali, amministratore delegato della società: «Il brand Allukemi nasce dall’unione di due parole, una che indica il materiale, l’alluminio, e l’altra il concetto di Ukemi. Questo si riferisce alle tecniche delle arti marziali che permettono di rendere praticamente nulle le conseguenze potenzialmente dannose di una caduta. Il nostro ufficio tecnico ha applicato le caratteristiche della lega di alluminio e di questo concetto a tre nuove linee di prodotti: parapetti, passerelle e linee vita». Il percorso imprenditoriale dei fratelli Cornali li ha portati oggi ad assumere la figura di interlocutore in grado di rispondere a ogni esigenza tipologica e progettuale, offrendo soluzioni certificate e in linea con le più avanzate normative italiane ed europee per il lavoro su edifici scolastici, ospedali e inoltre soluzioni personalizzate per impianti industriali e l’intervento su edifici storici come il duomo di Milano e quello di Pavia. «Come tutti gli edifici – spiega Roberto Cornali –, anche e specialmente quelli storici, come ville, chiese o castelli, necessitano di manutenzione, sia esterna sia interna. Essendo edifici di rilevanza storica e architettonica, chiaramente, i sistemi anticaduta, oltre che rispettare le nor-

mative, devono spesso risultare particolarmente discreti e di basso impatto visivo, per mantenere il più possibile inalterata la conformazione originale dell’edificio stesso. Per risolvere anche le situazioni più complesse, il nostro ufficio tecnico studia sistemi anticaduta appositi, che coniugano la salvaguardia dell’integrità degli operatori che ne faranno uso e non modificano – o modificano il meno possibile – l’estetica degli edifici da mettere in sicurezza». Per queste e altre esigenze particolari, LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 191


SICUREZZA

l’azienda propone ai partner il Sistema So- partner. «Ai nostri partner – prosegue Cornali main Italia. «Questo sistema – dice Simone Cornali – prevede una nostra presenza costante a fianco del cliente in tutte le fasi, dalla progettazione e dai sopralluoghi in cantiere alla stesura del preventivo grazie al software gestionale, fino ad arrivare alla produzione di supporti speciali adatti alle più svariate situazioni. Inoltre i nostri impianti vengono forniti tutti con la dotazione di un piombo identificativo numerato che ne consente il riconoscimento e la tracciabilità». Somain Italia ha scelto di commercializzare i suoi prodotti attraverso una rete di aziende

Per risolvere le situazioni più complesse, il nostro ufficio tecnico studia sistemi anticaduta appositi

Nella pagina precedente, realizzazioni con la linea vita Allukemi Life e con i parapetti Allukemi Sky. Sopra, binario Tubalurail al Duomo di Milano

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– abbiamo dedicato strumenti specifici, sia digitali sia cartacei: analisi di mercato, formazione, supporto per manifestazioni fieristiche ed eventi per i diversi target, un software gestionale in costante aggiornamento che li aiuta dalla preventivazione alla certificazione di ogni impianto. Il tutto in un rapporto sempre più consolidato di collaborazione e crescita professionale». Il 2011 è stato un anno di svolta con l’inaugurazione della nuova sede, più estesa e funzionale, caratterizzata da ergonomia, pulizia delle linee, senso di sicurezza e funzionalità. La struttura dispone di una sala conferenze con una capacità di 100 persone e uno spazio all’avanguardia attrezzato per i corsi pratici che rientrano in un progetto di formazione tecnico-giuridica che vede Somain impegnata in tutta Italia presso enti, ordini e collegi professionali. Tra i vari progetti in corso durante quest’anno, la società ha deciso di puntare molto sul proprio personale, introducendo nuove importanti figure e svolgendo diverse attività formative rivolte a tutti i collaboratori. Racconta in conclusione Roberto Cornali: «La nostra esperienza nel settore delle costruzioni ha le sue radici nell’azienda guidata da nostro padre, che forniva veicoli industriali e prodotti dedicati alla sicurezza nei cantieri. È da qui che è partito l’input per una specializzazione nell’ambito della sicurezza e l’incontro con i maggiori fornitori Europei di sistemi anticaduta. Ci siamo proposti subito come un partner unico per tutto il territorio nazionale e questa scelta ha significato rinunciare a un successo immediato, anche a livello di fatturato. Nei primi anni questo però è stato sacrificato a favore della costruzione di una realtà ambiziosa e articolata, nella quale abbiamo messo tutto il nostro impegno, anche perché operiamo in un contesto nel quale è in gioco la vita di coloro che quotidianamente lavorano nei cantieri».



SICUREZZA

Tecnologie per gestire le emergenze La continua ricerca di soluzioni innovative e tecnologicamente avanzate è alla base della produzione di veicoli e attrezzature per il settore antincendio. Ne parliamo con Alberto Mattia, general manager di Rosenfire Guido Puopolo

Q Rosenfire Srl ha la sua sede operativa a Brescia www.rosenfire.it

uello della sicurezza e della gestione delle emergenze, come dimostrato anche dal recente terremoto che ha colpito pesantemente l’Emilia, è un tema che, purtroppo, periodicamente torna alla ribalta delle cronache nostrane. In questi ultimi anni, complice anche la crisi economica, abbiamo assistito a una drastica riduzione delle risorse destinate a questo ambito, come conferma Alberto Mattia, general manager della Rosenfire, giovane azienda bresciana specializzata nella produzione e fornitura di veicoli e attrezzature professionali destinate al settore antincendio. «Si investe sempre meno nella sicurezza, salvo poi rendersi conto, nel momento del bisogno, di quanto sia importante poter disporre di mezzi e attrezzature che permettano di non farsi trovare impreparati di fronte a situa-

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zioni di estrema difficoltà. Per questo, nel nostro piccolo – prosegue Mattia – lavoriamo da sempre per cercare di garantire e diffondere la cultura della sicurezza e della salvaguardia del bene più prezioso: la vita umana». Rosenfire, infatti, pur essendo nata nel 2006, si è affermata in breve tempo come una delle realtà più apprezzate in questo particolare mercato, anche in virtù della partnership instaurata con Rosenbauer, multinazionale austriaca leader a livello mondiale, con un know how tecnologico e una capacità produttiva senza eguali sul mercato. «Siamo distributori ufficiali per l’Italia di mezzi e attrezzature prodotte da Rosenbauer, che ha trovato in noi un interlocutore affidabile e preparato. Rappresentare un’azienda come Rosenbauer è, per la nostra società, un motivo di grande orgoglio, ma è anche un’importante responsabilità, che ci porta a ricercare un miglioramento continuo dei nostri standard qualitativi». Allo stesso tempo, però, come sottolinea l’amministratore, Rosenfire ha sviluppato anche un’attività produttiva, al servizio dei comandi dei Vigili del Fuoco, dei gruppi della Protezione Civile e delle associazioni di volontariato che, sul territorio italiano, lavorano per prevenire le situazioni di rischio e intervenire in casi di emergenza e calamità. Fiore all’occhiello della produzione aziendale sono senza dubbio gli innovativi moduli antincendio presentati lo scorso settembre in occasione del Reas - Salone dell’Emergenza, manifestazione fieristica diven-


Alberto Mattia

50% EXPORT

Siamo distributori ufficiali per l’Italia di mezzi e attrezzature prodotte da Rosenbauer, che ha trovato in noi un interlocutore affidabile e preparato

tata ormai punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori. «Questi strumenti, di facile utilizzo e trasportabili anche su veicoli con poca portata a disposizione, come ad esempio i pick up, sono tra i più richiesti dagli operatori, in quanto permettono di intervenire in maniera rapida ed efficace per lo spegnimento di piccoli incendi boschivi, ma anche in ambito cittadino. La nostra produzione, oltre a una vasta gamma di accessori e attrezzature all’avanguardia, comprende veicoli di dimensioni mediopiccole, ideali per gli interventi all’interno dei boschi e per il soccorso urbano, ma anche veicoli di dimensioni più grandi, come autocisterne e autobotti polisoccorso. L’affidabilità dei sistemi Rosenfire – ribadisce Mattia - è frutto di innumerevoli prove sul campo, con sollecitazioni gravose dei singoli componenti, per verificarne e valutarne la resistenza anche nelle condizioni più estreme, oltre che di una interazione continua con i singoli operatori. Il nostro personale è infatti accomunato, per spi-

È la quota di fatturato derivante dal commercio estero che Rosenfire intende raggiungere nei prossimi anni

rito e passione, agli operatori attivi del soccorso, e costituisce la parte teorico progettuale di un’unica rete di professionisti rivolta alla sicurezza della collettività». Come accennato in precedenza, però, l’attuale situazione economica sta condizionando pesantemente l’attività di tutte quelle realtà impegnate nella gestione delle emergenze. Per far fronte a questa situazione Rosenfire da un paio d’anni ha quindi avviato una seria politica di internazionalizzazione, rivolgendo la propria attenzione verso i Paesi dell’Africa Occidentale, come spiega Mattia: «Fino a pochi anni fa l’export rappresentava il 2 per cento del nostro fatturato, mentre ora puntiamo a raggiungere la quota del 50 per cento. In Africa – conclude l’amministratore - abbiamo posto le basi per una presenza di lungo periodo, tanto che non escludiamo, nel prossimo futuro, di poter aprire filiali Rosenfire direttamente in loco, per servire al meglio un mercato dalle enormi potenzialità». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 197


SERVIZI LINGUISTICI

Affrontare un mercato del lavoro sempre più internazionale ffetto lingua straniera. Le persone che riflettono sui problemi in una lingua straniera prenderebbero decisioni più razionali e meno rischiose. Soprattutto in ambito economico. La notizia, che si apprende da un recente studio pubblicato su Psychological Science, va ad aggiungersi alle molteplici note positive che accompagnano l’apprendimento di una lingua straniera per fini lavorativi ed economici. È in modo particolare alla base di queste ultime considerazioni che è nata la società Parlamondo. «La nostra società è stata creata per perfezionare la formazione linguistica, proponendo un nuovo modo di presentare i corsi di lingue a tutti i livelli: individuali, in piccoli gruppi, aziendali, specialistici». Spiega Fulvia Violini, amministratore delegato della Parlamondo di Gallarate. La società si è specializzata nel corso degli anni nel settore dei servizi linguistici affiancando le aziende nelle loro necessità di formazione linguistica, traduzione e interpreta-

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Parlamondo ha la sede a Gallarate (VA) www.parlamondo.com

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Il livello minimo di conoscenza di qualsiasi lingua per poter lavorare all’estero o con l’estero è il livello B1 dell’European Framework. Ma non sempre è sufficiente. Per questo è importante perfezionarsi e acquisire sicurezza in una lingua straniera. Ne parliamo con Fulvia Violini Nicoletta Bucciarelli

riato in un’ottica globale, ovvero quella di sviluppare e migliorare la capacità ed efficacia di una buona comunicazione internazionale. A chi sono rivolti i vostri corsi? «A imprenditori, professionisti e aziende, lavoratori e studenti. I primi sono alle prese con la competitività del mercato europeo e a volte anche mondiale; gli altri con la ricerca di una buona collocazione in ambito lavorativo o con il desiderio di migliorare la propria posizione facendo comunque i conti con un mercato del lavoro che si è molto allargato. Per questo motivo apprendere una nuova lingua o perfezionarsi consente il miglioramento professionale e permette di competere ai livelli richiesti dall’Unione Europea. Questa ha stabilito infatti che il livello minimo di conoscenza per qualsiasi lingua, per poter lavorare all’estero o con l’estero è il livello B1 dell’European Framework, denominato threshold, ovvero soglia». In che modo viene organizzato il lavoro? «Ogni interessato ai corsi ha delle conoscenze, delle capacità, delle finalità e dei tempi diversi che sono dei punti fissi da cui partiamo per pro-


Fulvia Violini

Apprendere una nuova lingua o perfezionarsi consente il miglioramento professionale e permette di competere ai livelli richiesti dall’Unione Europea

grammare un efficace progetto. I docenti del nostro staff, sono professionisti madrelingua di provata preparazione, competenza ed esperienza didattica, che seguono regolari corsi di aggiornamento e formazione, abilitati all’insegnamento della propria lingua madre. Ci sono progetti brevi ed estremamente finalizzati che permettono alla persona che lavora di avere un immediato riscontro positivo, togliendosi dall’imbarazzo di situazioni poco gestibili e acquistando nel contempo sicurezza e professionalità che ricade in immagine sull’azienda. Al commerciale o personale viaggiante che si trova impossibilitato a presenziare a lezioni organizzate in giorni e orari fissi, abbiamo dedicato un programma di apprendimento e-learning con skype». Come funziona questo nuovo programma e-learning? «Il corso è stato appositamente studiato per tutte quelle persone che non possono garantire sede e frequenza fissa. Le lezioni si svolgono in video chiamata via skype e possono essere svolte ovunque si trovi l’interessato. Possono quindi svolgersi in ufficio, in casa, in hotel e perfino in aeroporto

e in questo modo si può contare sul forte vantaggio di dare continuità alla formazione e all’apprendimento. Importante inoltre è il feed back che viene spedito via mail dal docente. Questo consente di consolidare il focus delle lezioni appena concluse e di perfezionare la lezione con esercitazioni di gruppo». E per quanto riguarda il phone fluent? «Questo tipo di corso è specificatamente rivolto a chi ha frequenti contatti telefonici con interlocutori esteri, e ha quindi necessità di acquisire o approfondire la propria capacità di comprensione e di comunicazione efficace in un contesto pratico che rispecchi la normale realtà lavorativa. Impostare e condurre in modo corretto comunicazioni telefoniche formali e informali è sempre più importante sia nel contesto dell’attività lavorativa sia in situazioni in cui si richiede un colloquio telefonico in lingua straniera. Dal contatto iniziale, alla gestione del colloquio, alla risoluzione dello stesso con competenza e padronanza di linguaggio è importante sviluppare e approfondire le proprie conoscenze linguistiche e grammaticali».

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FORMAZIONE

Equità e merito Non una vera riforma, ma una serie di provvedimenti che contribuiranno a “oliare il sistema” e a farlo funzionare meglio. È il pacchetto di provvedimenti per la scuola e l’università studiato dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo Leonardo Testi n paese moderno deve avere un sistema scolastico e universitario solidale, capace cioè di concedere a tutti le stesse chance, ma al contempo in grado di valorizzare le differenti capacità e il diverso impegno di ogni studente. Uguaglianza delle opportunità e merito identificano le basi da cui muove il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Francesco Profumo, per rendere più organico il rapporto tra scuola e università in Italia, attraverso una serie di misure che dovrebbero approdare in discussione al Consiglio dei ministri a metà giugno. «L’impegno per la scuola e quello per l’università - ha avuto modo di dichiarare il ministro in una lettera rivolta ai sindacati, che ne hanno criticato lo sbilanciamento dei provvedimenti verso la premialità, trascurando nodi come la dispersione scolastica sono indissolubilmente congiunti. Per questo ho inteso lavorare in queste settimane prima a un provvedimento

U Il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Francesco Profumo

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sul potenziamento del diritto allo studio universitario, dove nell’appena pubblicato decreto legislativo n. 68 del 29 marzo 2012 le risorse disponibili sono passate da 110 milioni di euro a quasi 150, per poi proporre un pacchetto di misure premiali per chi si impegna nel sistema formativo, sia da studente sia da professore». È la stessa Europa, evidenzia Profumo, a premere per un cambiamento di visione della formazione nell’ambito di uno scenario ormai globalizzato, dove merito e diritto allo studio non sono in antitesi ma, anzi, procedono a braccetto. Entrando nelle specifiche del “pacchetto Profumo”, in ogni singola scuola superiore sarà individuato lo studente dell’anno, sulla base dei voti ottenuti alla maturità, ma anche tenendo conto della media dei risultati scolastici degli ultimi tre anni, dell’impegno sociale e del reddito familiare. Chi deterrà questo titolo potrà usufruire di una riduzione di almeno il 30 per cento delle tasse per l’iscrizione al primo anno di università e di


Francesco Profumo

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Saranno decurtati i finanziamenti alle università che non assumeranno gli insegnanti migliori, ma sarà disincentivato anche l’assenteismo dei professori

una borsa di studio aggiuntiva. Godrà, inoltre, di sconti per musei e trasporti. Verranno realizzate con regolarità le Olimpiadi in diverse discipline, ad esempio italiano, matematica e astronomia, a carattere nazionale e internazionale. Anche le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica dovranno valorizzare il merito e l’eccellenza dei propri studenti in base a sistemi premianti. Negli atenei nasceranno le figure dei “migliori laureati” e dei “migliori dottorati”. Scatteranno possibili bonus per docenti e ricercatori universitari: il parametro considerato sarà la valutazione del loro operato. Saranno decurtati i finanziamenti alle università che non assumeranno gli insegnanti migliori, ma sarà anche disincentivato l’assenteismo dei titolari delle cattedre, i quali dovranno garantire almeno 100 ore di didattica frontale. Studenti dei corsi di laurea e dei corsi di dottorato di ricerca - se in possesso dei requisiti necessari - potranno concludere il loro iter formativo con un anno di anticipo. Verrà,

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infine, consentita l’iscrizione contemporanea in due università di pari livello (due triennali, due specialistiche, due master). L’accento è posto in particolare sull’orientamento: un fattore cruciale considerando che, oggi, 17 immatricolati su cento abbandonano nel corso dei primo anno di università. Resta il numero chiuso per Medicina e Architettura, ma per ogni facoltà le matricole saranno chiamate a effettuare un “test diagnostico” volto a comprendere la loro effettiva predisposizione per quell’indirizzo. Altre importanti misure riguardano sgravi fiscali previsti per le imprese che assumeranno i laureati più bravi attraverso la previsione di un elenco dei laureati migliori, fornito dalle università e pubblicato sul sito del Miur, e incentivi che saranno predisposti per attrarre docenti dall’estero e incentivare pubblicazioni in inglese, favorendo così l’internazionalizzazione del sistema accademico italiano. Annunciato, infine, anche l’avvio del processo per i concorsi e le assunzioni nelle università dopo lunghi anni di attesa: «L’abilitazione nazionale per accedere alla docenza universitaria c’è - ha dichiarato il ministro -. In un primo tempo, procederemo con due bandi per individuare le commissioni nazionali e poi con quattro bandi per i candidati. Ovviamente, dobbiamo fare bandi più semplici, in lingua inglese e che consentano la partecipazione anche a chi è al di fuori del nostro sistema. In questo modo, anche una parte di giovani capaci potranno partecipare all’abilitazione anche se non hanno una posizione acquisita». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 201


FORMAZIONE

L’attrattività fa la differenza unto di riferimento per le discipline economiche e sociali, giuridiche e manageriali, l’Università commerciale Luigi Bocconi affronta il panorama formativo attuale potenziando l’internazionalizzazione - in base ai dati aggiornati di aprile sui 13.797 iscritti 1.462 sono stranieri - e la qualità della faculty. Perché, come conferma il rettore, in uno scenario globalizzato come quello attuale, la competizione non riguarda più solo le imprese, ma anche le università. Quali sono le principali sfide per l’ateneo nel prossimo futuro? «Quello della formazione universitaria è un settore globale a tutti gli effetti. La Bocconi si muove nel mercato internazionale dei talenti per quanto riguarda gli studenti, i docenti e il personale. La competizione è internazionale anche per le risorse - e qui negli ultimi anni è aumentata la nostra capacità di ottenere i finanziamenti internazionali alla ricerca, per i quali siamo tra le prime università d’Europa del nostro settore - e per il placement degli studenti, che ci sta dando soddisfazioni. Tra i risultati della partecipazione alla competizione internazionale, annoveriamo il rientro in patria di molti cervelli, oltre agli stranieri che abbiamo convinto a fare un’esperienza italiana. Chi visita il nostro sito internet all’elenco dei docenti è sempre impressionato dal numero di cognomi stranieri. Per il futuro dobbiamo continuare a lavorare: non sono risultati che si ottengono all’improvviso, ma rappresentano il frutto di un lavoro continuo, che coinvolge tutti i gangli dell’ateneo». Negli ultimi tre anni le domande di ammissione hanno registrato un incremento. Inoltre, la situazione occupazionale dei laureati mostra evidenze positive. A quali ragioni si può attribuire questo risultato? «Le ragioni sono molteplici. Bocconi è un

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Formazione continua, spiccato orientamento internazionale, incoraggiamento «dell’imprenditorialità giovanile attraverso le competenze dei docenti» e una ricerca scientificamente fondata sono i capisaldi del piano di sviluppo della Bocconi indicati dal rettore Guido Tabellini Francesca Druidi

brand di valore e, nei momenti di difficoltà economica, i brand forti mantengono la fiducia delle famiglie. Il nostro placement è attivo anche all’estero: nell’ultimo anno accademico il servizio ha gestito 3.048 occasioni di lavoro e di studio all’estero e il 17,3 per cento dei nostri laureati biennali finisce per lavorare al di fuori dell’Italia. Il fatto che i nostri studenti trovino lavoro più facilmente si traduce anche in una maggiore possibilità di trovare lavori meglio retribuiti. E il tutto si riflette in un apprezzamento per l’Università, che conduce all’aumento delle domande di ammissione. Ma non ci dobbiamo dimenticare che un’istituzione, da sola, non riesce a essere pienamente attrattiva rispetto all’estero se mancano condizioni di contesto, come la possibilità di trovare lavoro a un partner, nel caso del reclutamento dei docenti, la qualità della vita, le occasioni culturali al di fuori del lavoro; in questo senso l’attrattività della Bocconi è un successo per l’intera città di Milano». Se e in che modo si può migliorare il percorso di formazione universitario e post-universitario per creare “buona occupazione”? «La buona occupazione e la buona formazione sono complementari, soprattutto in una realtà come quella odierna in cui si parla, a ragione, di formazione continua. Il dialogo tra i due mondi deve essere costante, e perché


Guido Tabellini

Guido Tabellini, rettore dell’Università commerciale Luigi Bocconi

La Bocconi si muove nel mercato internazionale dei talenti per quanto riguarda gli studenti, i docenti e il personale

ciò avvenga è necessario che il mercato del lavoro sia sufficientemente flessibile e aperto. Sul versante della formazione universitaria, lo strumento cardine di questo dialogo è lo stage. È lo strumento che consente di trasfondere l’esperienza di studio in quella di lavoro e viceversa, tornando poi agli studi con una consapevolezza diversa. È per questo che uno dei dati di cui siamo più orgogliosi è rappresentato dai 4.141 stage, 991 dei quali all’estero, che siamo riusciti ad assicurare ai nostri studenti nell’ultimo anno accademico. Ma il dialogo prosegue anche dopo la conclusione degli studi universitari: formazione continua significa che un manager può interrompere il lavoro per frequentare un master o un corso di specializzazione e tornare, arricchito, in azienda». Come favorire il dialogo tra mondo accademico e sistema Paese? «Rimango dell’idea che si debba privilegiare la ricerca scientificamente fondata rispetto a quella apparentemente utile. Molte delle invenzioni di Thomas Edison, fonografo in primis, sono state pressoché casuali e lui stesso sosteneva che “solo perché una cosa non fa ciò che tu ti aspetti, non significa che sia inutile”. In verità è molto difficile prevedere le effettive ricadute pratiche di una scoperta e perciò si dovrebbe sostenere la ricerca eccellente e non quella che oggi sembra avere un risvolto pratico ma domani potrebbe non averlo più e, in compenso, se è mediocre rimarrà mediocre per sempre. Alla Bocconi ci stiamo, invece, orientando verso l’incoraggiamento dell’imprenditorialità giovanile attraverso le competenze dei nostri docenti. Abbiamo già concluso, con l’aiuto di due partner, un concorso che assicurava ai vincitori formazione e comunicazione e, in futuro, ci muoveremo ancora in questa direzione». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 203


FORMAZIONE

Ricerca e didattica al passo con i tempi La Iulm attiva il nuovo indirizzo in Digital marketing management, confermando la propria capacità di interpretare le evoluzioni nell’economia e nella comunicazione. Il rettore Giovanni Puglisi definisce le linee guida dell’ateneo Francesca Druidi

el 2011, la Iulm – Libera Università di Lingue e Comunicazione – ha registrato, rispetto all’anno precedente, un incremento del 4 per cento di immatricolazioni per i corsi di laurea triennale e del 14 per i corsi di laurea magistrale, con buoni tassi di occupazione per i neolaureati. È il rettore Giovanni Puglisi a fare il punto sull’incontro tra offerta formativa dell’ateneo milanese ed esigenze espresse dal mercato del lavoro e dalle imprese. Quali sono oggi i profili maggiormente spendibili? «Sono sostanzialmente due le grandi aree nelle quali ci muoviamo rispetto al mercato. Una è l’area del commerciale, del marketing e del web marketing. Quest’anno, infatti, attiviamo il corso di Digital marketing management all’interno del corso di laurea magistrale in Marketing, consumi e comunicazione; indirizzo attivato in collaborazione con alcune importanti aziende che hanno accettato di essere co-promotori in maniera pubblica, quali Barilla, L’Oréal, Intel, Microsoft e Vodafone. Si tratta di un segmento, questo, fortemente richiesto dal mercato». L’altra area invece? «Corrisponde al mondo dell’economia della cultura e della comunicazione veloce. L’economia della cultura individua quel settore che considera l’arte e i patrimoni culturali come un valore economico e non soltanto sotto il profilo della bellezza estetica. La comunicazione veloce rappresenta il punto di forza storico dell’ateneo, ossia l’interpretariato. La conoscenza delle lingue e la comunicazione in lingua a livello professionale sono tra le istanze richieste dal mondo glo-

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balizzato contemporaneo. Non siamo sempre il fanalino di coda del mercato del lavoro, però riteniamo che guardare a questo aspetto sia importante non solo per il futuro dei giovani del nostro Paese, ma anche nell’ottica di un’università al passo con i tempi». Quali sono gli obiettivi che l’ateneo si prefigge per mantenere competitività e qualità nell’insegnamento? «Per restare competitiva l’università deve rispondere a due parametri: uno è quello della qualità della ricerca e della qualità - conseguente - della didattica. L’altro è il parametro dell’internazionalizzazione, ossia l’apertura ai bisogni del sistema a tutto campo. L’università italiana deve essere in grado di attrarre giovani cinesi o giovani cileni, e non solo perché offre corsi in lingua inglese. Si tratta di un grosso equivoco che caratterizza il sistema accademico italiano. Il problema non è solo la lingua di comunicazione; a essere importanti sono prima di tutto i contenuti. A incidere sono la qualità e l’attualità di ricerca e didattica e, in secondo luogo, i parametri internazionali che pongono il sistema

Il rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione Giovanni Puglisi


Giovanni Puglisi

italiano a parità di condizioni nell’ambito della competizione globale». Come valuta il rapporto tra ricerca sviluppata presso l’ateneo e tessuto produttivo e sociale? In che modo è possibile incrementare questo dialogo? «La Iulm è un’università che - escluse alcune discipline di base e fondative della cultura italiana - si misura con una società e un sistema economico e produttivo in continuo divenire. Basti pensare al cambiamento che l’Italia ha vissuto negli ultimi vent’anni nell’ambito delle relazioni pubbliche e della distribuzione commerciale. Da questo punto di vista, siamo

La Iulm è un’università che si misura con una società e un sistema economico e produttivo in continuo divenire

un’università che ha sempre le antenne aperte verso i sistemi produttivi esterni. La ricerca deve essere costantemente misurata con un’evoluzione dei mercati e dei contenuti della ricerca extra-accademica che risultano fondamentali. Perché spesso, in questi ambiti, la ricerca accademica è più lenta di quella extra-accademica. L’incremento di questo dialogo è possibile attraverso non soltanto convenzioni o rapporti consortili che poi finiscono per essere occasioni episodiche, ma anche attraverso l’inserimento di esperti esterni, chiamati a insegnare e a fare ricerca dentro l’università. Su questo versante mi sono particolarmente speso in questi anni e abbiamo sempre più rafforzato aspetti di collaborazione sistemica». Dovrebbe essere presentato a breve il disegno di legge del ministro Profumo sulla scuola. Lei cosa ne pensa? «Prima è fondamentale vedere il disegno di legge, capire com’è concepito, soprattutto in ordine all’ipotizzato cambiamento delle regole per i concorsi universitari. Su questo versante sono un po’ scettico perché mi sembra bizzarro modificare una riforma prima di applicarla. Se dovesse esserci una modifica, mi auguro che sia nella chiave del rigore; e a dirla tutta mi auguro che non vi siano novità in questo settore. Un adagio recita: “Meglio il vecchio conosciuto che il nuovo a conoscersi”. Sulla parte che riguarda la premialità e l’esigenza di rendere sempre più organico il sistema scolastico-universitario, credo che il ministro Profumo abbia profondamente ragione. Mi auguro che riesca nell’intento, riesca a far partire la nuova prospettiva ma soprattutto ad arrivare al il primo tagliando. Vorrebbe dire che la “macchina” è su strada. In Italia, infatti, non basta promulgare la legge». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 205


FORMAZIONE

Corsi in inglese e cooperazione internazionale Un processo di segmentazione delle università dove a pochi atenei di carattere internazionale se ne affiancheranno molti caratterizzati da un raggio di azione prevalentemente locale. È lo scenario delineato dal rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone Francesca Druidi ove scuole - sei di ingegneria, due di architettura e una di design - articolate in 29 corsi di laurea, 34 di laurea magistrale, uno di laurea quinquennale a ciclo unico e un corso di laurea magistrale interateneo attivato con l’Università di Genova. È l’offerta formativa del Politecnico di Milano, che ha visto migliorare la propria posizione nella graduatoria generale delle 500 migliori università del mondo, grazie soprattutto alla valutazione dei responsabili delle risorse umane delle imprese internazionali sulla qualità dei laureati dell’ateneo. Di fronte a questi risultati incoraggianti, il rettore Giovanni Azzone illustra le leve strategiche messe in campo. Quali linee guida state applicando e applicherete nel prossimo futuro? «Oggi il nostro modello formativo si articola su quattro “pilastri”: le competenze tecniche, la capacità di operare in un contesto globale, la capacità progettuale e innovativa, la sensibilità sociale. Le scelte strategiche che ci caratterizzeranno nei prossimi anni hanno proprio l’obiettivo di rafforzare questi aspetti. In particolare, abbiamo deciso di attivare a partire dall’anno accademico 2014/15 le lauree magistrali e i dottorati di ricerca esclusivamente in inglese, per assicurare a tutti i nostri studenti la possibilità di ap-

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Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano

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prendere in un contesto internazionale. Abbiamo iniziato a introdurre - in tutti i corsi di studio percorsi intensivi di tipo progettuale, in modo che studenti con diversi curricula possano lavorare insieme a progetti innovativi, come accadrà poi nel mondo del lavoro; abbiamo attivato “polisocial”, una struttura che ha l’obiettivo di individuare progetti con rilevanza sociale da proporre ai nostri studenti». Il rafforzamento di partnership strategiche con il sistema economico locale e internazionale richiede un cambio di approccio: dalla logica del trasferimento tecnologico alla cooperazione tecnologica. In che cosa consiste, nello specifico, questa filosofia operativa? «Il Politecnico di Milano ha da sempre rapporti con il sistema delle imprese. Negli anni scorsi, ci siamo però resi conto che talvolta questi rapporti erano episodici: non ci consentivano di creare competenze distintive in settori importanti per il Paese e non fornivano alle imprese risultati tali da rafforzarne davvero la competitività. Proprio per questo abbiamo deciso, con alcuni partner strategici, di cambiare ottica; cooperazione tecnologica significa che ricercatori del Politecnico e delle imprese lavorano insieme fin dall’inizio, confrontandosi per individuare linee di ricerca di medio periodo (3-5 anni) che possano davvero consentire di ottenere dei breakthrough nel settore in cui l’impresa opera e, nel contempo, di sviluppare ricerca scientificamente interessante. E, fortunatamente, i risultati che stanno emergendo, sono molto confortanti».


Giovanni Azzone

La nostra strategia punta a realizzare sedi operative non solo in Cina, dove siamo presenti da diversi anni, ma anche in Brasile e in India

Il Politecnico è sempre più internazionale, come dimostrano la crescita del numero degli studenti stranieri, il campus italo-cinese Politong e il Polo territoriale cinese a Shanghai. Quanto è importante questo aspetto? «È fondamentale. In tutta Europa, si sta verificando un processo di segmentazione delle università che, in modo analogo a quanto accade già da tempo negli Stati Uniti, porterà nei prossimi anni a poche università “internazionali” e a molte università con un ambito di attività sostanzialmente locale. Noi siamo convinti che la dimensione internazionale sia essenziale per rispondere alle esigenze del sistema delle imprese più innovative del nostro Paese. Da qui nasce la nostra strategia, che punta ad avere studenti di qualità dall’Italia e da tutto il mondo, ad aumentare la presenza di docenti stranieri, a definire accordi strategici con alcune delle principali università europee e a realizzare sedi operative non solo in Cina, dove siamo presenti da diversi anni, ma anche in Brasile e in India. Credo che questa sia davvero la

principale sfida che ci attende». Cosa va cambiato e migliorato nell’università italiana? «Complessivamente, nei ranking internazionali, il sistema universitario italiano si posiziona intorno al decimo posto nel mondo e al quinto in Europa, con piccole oscillazioni annuali. Mediamente, quindi, le cose non vanno male. È però sempre più difficile, in Italia come nel resto del mondo, parlare di università in termini medi; la stagione dell’autonomia, avviata alla fine degli anni 90, ha reso il sistema universitario molto disomogeneo. Se devo fare una critica all’impostazione dell’attuale normativa, è proprio quella di prevedere regole uguali per tutti, rischiando così di scegliere procedure che non rispondono né alle esigenze di chi voglia rafforzare la propria proiezione internazionale né a quelle di chi svolge un compito prevalentemente locale. Ecco, quello che vorrei è proprio la possibilità di distinguere le diverse situazioni, adattando la normativa alle specifiche necessità di ciascuna realtà».

In alto, PolimiDay. la giornata ufficiale di presentazione del Politecnico di Milano presso Tongji University lo scorso 22 maggio

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MERCATO LAVORO

Costo del lavoro, un decreto a impatto zero L’insostenibile peso del lordo in busta paga è il male numero uno che da tempo i consulenti del lavoro chiedono di aggredire per guardare alla crescita. E nella riforma presentata dal ministro Fornero, secondo Rosario De Luca, mancano gli strumenti per pensare a una prossima guarigione Giacomo Govoni

Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro

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on c’è da stupirsi, secondo il presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro, Rosario De Luca, se la quota di investimenti stranieri in Italia si va progressivamente sgonfiando e nel contempo le aziende italiane scelgono la via meno scoscesa della delocalizzazione. Sono semplicemente gli effetti indesiderati di un sistema economico nazionale, afflitto da «una gestione dei rapporti di lavoro onerosa ed estremamente complicata». L’amara disamina che De Luca tracciava a fine aprile, a commento di un’indagine sui fattori che frenano la crescita promossa tra gli iscritti agli ordini provinciali della sua organizzazione, non si addolcisce granché nel giudizio sulle nuove regole introdotte dal disegno di legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro in discussione in Parlamento. Dalla nuova disciplina dei contratti di lavoro autonomo alle partite Iva, passando per i limiti dell’assetto futuro degli ammortizzatori sociali, tanti sono i punti di debolezza di un testo in cui «ci sarebbe voluto maggior coraggio nell'azione riformatrice». Quali reazioni prevalenti sulla riforma Monti-Fornero ha riscontrato nel recente Forum lavoro 2012? E quali i capitoli del testo meno apprezzati? «Ci siamo confrontati su un testo che, in tutta onestà, fa fare un grosso passo indietro all'intero sistema giuslavoristico, andando nella direzione di un inspiegabile irrigidimento. Se per alcuni aspetti il provvedimento cerca di innovare le regole del mercato del lavoro, in altri è carente di misure e politiche che, secondo l’opinione più volte espressa dai consulenti del lavoro, sono fondamentali per rilanciare un Paese in crisi da ormai quasi tre anni. In primis, la riduzione del costo del lavoro». Tra le misure chiave del ddl c’è la rimodu-

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Rosario De Luca

lazione dell’articolo 18: quanto inciderà questa riforma sulla futura crescita delle aziende e sul rilancio dell’occupazione? «Poco o niente. L’articolo 18 è importante, ma non per il 90% delle imprese italiane che hanno meno di 15 dipendenti e che non palesano atteggiamenti mirati ai licenziamenti indiscriminati, pur non essendo soggetti alla tutela reale. In effetti, nel documento prodotto dal Governo, c'è un esplicito riferimento all'incentivazione della flessibilità, ma a dire il vero tutte le novità introdotte tradiscono un atteggiamento esattamente contrario. Perché c’è un ritorno a un irrigidimento della fattispecie contrattuale, c’è un richiamo all’interno del testo, di parole come abuso o stabilizzazione che fanno pensare invece a una ulteriore burocratizzazione dei rapporti di lavoro. Situazioni che impediscono lo sviluppo delle aziende e, conseguentemente, il rilancio dell’occupazione». Sul versante degli ammortizzatori sociali, “strumentalizzati” in passato dalle grandi aziende, quali risposte in un’ottica di sviluppo arrivano dal ddl sul mercato del lavoro? «Non mi pare che le due nuove forme di ammortizzatori introdotte, Aspi e mini-Aspi, possano essere considerati strumenti utili allo sviluppo. Entreranno in vigore dal 2013 e saranno utili a garantire un sostegno al reddito, a favore di chi perde - involontariamente - il proprio lavoro, prevedendo la corresponsione di una indennità mensile di disoccupazione. Niente di diverso da ciò che succede ora con l'unica variante che il finanziamento di questo sistema di welfare è stato ribaltato sugli imprenditori. Ma dal sistema degli ammortizzatori sociali rimangono ancora fuori interi settori, dai lavoratori autonomi, tra cui i professionisti che in Italia sono 2.100.000, ai cosiddetti precari. In un Paese in forte recessione, forse è una delle riforme più urgenti da attuare». Un paio di mesi fa lei sosteneva che fosse in corso un vero e proprio attacco alle professioni. Alla luce della riforma, come cambia la sua posizione in merito? «Le professioni liberali italiane continuano co-

munque ad essere destinatarie di provvedimenti inusitati, assolutamente non correlati al valore sociale di cui il sistema ordinistico è portatore. Un sistema che produce quasi il 15% del Pil e che, probabilmente per questo, è oggetto di tentativi di interventi mirati alla redistribuzione di quanto prodotto. E nella riforma del lavoro non si è persa l’occasione per cercare di incidere negativamente sull'intero sistema ordinistico. La traduzione di tali intenti la ritroviamo trasposta nell’articolo 9 del disegno di legge nel quale è immediatamente evidente l'approccio ideologico». Fermo restando un giudizio complessivamente negativo, quali modifiche dell’ultimo minuto contribuirebbero a rendere il testo del decreto più efficace? «È impossibile rendere accettabile un provvedimento che è concettualmente non condivisibile. Comunque, in via generale, per dare respiro alle aziende è indispensabile intervenire sul costo del lavoro, vero freno al rilancio dell’occupazione. Quando si paga il 115% in più avendo anche a disposizione un periodo di prova molto limitato, risulta difficilmente realizzabile una buona operazione di sviluppo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 209


MERCATO DEL LAVORO

Una riforma miope sullo sviluppo Di «scarso impatto su competitività e occupazione e punitiva nei confronti dei datori di lavoro», la riforma Monti-Fornero non convince Giovanni Zingales, che denuncia l’assenza dei presupposti basilari per rilanciare l’economia italiana e renderla attrattiva agli investitori esteri Giacomo Govoni uperati 600 emendamenti e quattro voti di fiducia, il primo giugno scorso il ddl sul mercato del lavoro ha incassato il via libera da Palazzo Madama. La piena soddisfazione espressa dal presidente Monti e dal ministro Fornero, firmatari di una riforma che l’esecutivo conta di varare entro l’estate, non trova tuttavia sponda negli addetti ai lavori, che esprimono molte riserve sul contenuto del decreto. «L’analisi complessiva della riforma – osserva Giovanni Zingales, presidente dell’ordine dei consulenti del lavoro di Milano – è negativa e porterà a un peggioramento della situazione generale dell’occupazione, degli investimenti e, di conseguenza, della ripresa economica». Come giudica il ddl in corso d’approvazione e quante delle istanze da voi promosse possono dirsi accolte? «Nell’attesa di poter leggere il testo definitivo, ritengo che la valutazione non possa essere particolarmente positiva, considerando che le intenzioni iniziali del legislatore erano tutte rivolte all’emanazione di una norma che incidesse positivamente sulla crescita occupazionale, in special modo giovanile. Ci sembra, invece, che i

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Giovanni Zingales, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano

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contenuti della riforma in discussione possano avere uno scarsissimo impatto su competitività e occupazione e che, quindi, possano tradursi in un disincentivo alle assunzioni, alla ripresa del lavoro nero nonché a un accentuarsi del contenzioso. Questa situazione, inoltre, non attirerà certamente investimenti di aziende estere». Chi ne esce più penalizzato? «Sembrerebbe che il ddl abbia un indirizzo punitivo nei confronti dei datori di lavoro, quasi che gli stessi operino sul mercato in modo scorretto o doloso. Finora, purtroppo, il dibattito ha trascurato i contenuti più salienti della riforma e si è incentrato sulla modifica all’articolo 18, che rappresenta più una bandiera politica dagli effetti piuttosto insignificanti sull’occupazione complessiva. Un vero rilancio dell’occupazione può avvenire solo in presenza di una maggiore flessibilità dell’intero mercato del lavoro in entrata e in uscita, secondo l’assunto costituzionale che prevede il “diritto al lavoro” e non il “diritto a un posto fisso di lavoro”. Di tutto questo non c’è traccia nel disegno di legge». Dal lato degli oneri fiscali e contributivi delle imprese, cosa si può ancora migliorare prima della definitiva approvazione della riforma? «Malgrado il costo del lavoro a carico delle nostre aziende sia tra i più alti in assoluto, con relativa perdita di competitività per l’Italia, la riforma in discussione prevede un ulteriore aumento dei contributi previdenziali, mediante l’introduzione dell’istituto dell’Aspi. Un sostegno all’occupazione e alla ripresa economica poteva avvenire prevedendo una decontribuzione in entrata nei primi tre anni. Ancora una volta, nei contenuti della proposta di legge non si rintrac-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giovanni Zingales

Riguardo al sistema scolastico e formativo, dovremo lavorare affinché la formazione obbligatoria esterna all’azienda sia maggiormente ancorata alla realtà produttiva

ciano i presupposti iniziali: incentivare l’occupazione e la competitività». E per quanto riguarda i lavoratori autonomi e gli ordini professionali, che futuro si prospetta? «Ci pare che la volontà di conversione delle prestazioni di lavoro autonomo gestite con partita Iva, nel caso in cui un cliente risulti nettamente prevalente rispetto agli altri, in definitiva costituirà un freno, anziché un incentivo. Tanto più per i lavoratori più giovani che all’inizio della propria attività avranno pochi clienti e logicamente uno di questi potrà facilmente prevalere sugli altri. Riguardo agli iscritti agli ordini professionali, c’è il rischio che svolgendo attività non riservate, o per le quali non sia previsto un regime di esclusiva, possano vedersi convertire la consulenza in lavoro dipendente a tempo indeterminato, con ricadute anche sugli aspetti previdenziali e squilibri per le casse di previdenza». Sul fronte dell’apprendistato la riforma si presenta molto vincolante per le imprese: come muterà in questo senso la vostra attività verso i datori di lavoro? «Premesso che l’aumento del costo del lavoro colpirà anche il contratto di apprendistato, il nostro impegno nei confronti delle aziende

clienti sarà spiegare che l’apprendistato costituisce una formidabile opportunità per creare occupazione a un costo sufficientemente ridotto. Alle aziende dovremo far capire che l’importanza della formazione di un lavoratore va ben oltre il mero addestramento a uno specifico posto di lavoro; dovremmo spronare il sistema scolastico e formativo affinché la formazione obbligatoria esterna all’azienda sia maggiormente ancorata alla realtà produttiva. Infine, la nostra azione dovrà essere rivolta anche ai giovani, affinché possano superare quel preconcetto che li porta a identificare l’apprendistato come un contratto di lavoro adatto solo a lavori manuali». In che misura la nuova assicurazione Aspi sarà in grado di “regolarizzare” il ricorso indiscriminato all’indennità di disoccupazione? «Ritengo che l’introduzione dell’Aspi porterà a una regolarizzazione del ricorso all’ex indennità di disoccupazione specialmente per quei rapporti che duravano meno di sei mesi, i cosiddetti trattamenti brevi, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione. Il trattamento sarà proporzionato al periodo di lavoro prestato e comunque sarà prevista la sospensione dell’erogazione del beneficio per periodi di lavoro inferiori a 5 giorni». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 211



FOCUS BRESCIA Il 16% degli abitanti censiti a Brescia da Istat nel 2011 è straniero. È il tasso più alto d’Italia, per una città che nel prossimo decennio accoglierà oltre 20mila nuovi cittadini, superando quota 200mila


FOCUS BRESCIA

IL RUGGITO DELLA NUOVA LEONESSA 190mila 3 mln METRI QUADRI

PGT

La superficie che il Piano di governo del territorio prevede di destinare all'edilizia residenziale convenzionata

I metri quadrati che il piano di governo prevede di destinare a nuove aree verdi e in cui verrà troverà posto il nuovo parco dello sport

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Adriano Paroli

Lo scorso marzo ha ottenuto il via libera il nuovo piano del governo del territorio, che delinea la futura fisionomia di Brescia. Nuovi spazi verdi e recupero di aree degradate. Corredate, sottolinea il sindaco Adriano Paroli, da «un nuovo modo di pensare alla mobilità cittadina» imperniato sul debutto della nuova metropolitana Giacomo Govoni

8% WELFARE

La riduzione percentuale decisa dall’amministrazione comunale sulla spesa per i servizi sociali, che si assesta comunque sui 46 milioni di euro

a Leonessa d’Italia si prepara a cambiar pelle. Nel segno del verde, della messa a punto dei servizi culturali e sportivi, ma anche con l’individuazione di nuove aree a destinazione commerciale. Sono i primi connotati della Brescia del futuro che si evincono dal Piano del governo del territorio, approvato ormai tre mesi fa, dopo una lunga maratona in consiglio comunale. «I tratti della nuova Brescia – rileva il sindaco Adriano Paroli – sono stati definiti: il Pgt è un piano di sviluppo che guarda all’ambiente e alla crescita della città». Quali i tratti distintivi della Brescia di domani? «Il nuovo Pgt prevede l’acquisizione di oltre 3 milioni di metri quadri di aree verdi che arricchiranno l’attuale parco delle colline e genereranno il nuovo parco dello sport, area oggi degradata e a vocazione industriale. Qui si realizzeranno i servizi sportivi che mancano alla città: il palazzetto dello sport, la pista di atletica e confido anche una nuova piscina e lo stadio di calcio. Per il resto si

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guarda al centro storico come luogo di aggregazione e centro per i servizi. Nella speranza che attiri in città i molti abitanti che sino ad alcuni anni fa gli hanno preferito i piccoli paesi dell’hinterland». E a livello di mobilità, che sviluppi deve attendersi la città? «La città sta finalmente uscendo dal “tunnel” del progetto metropolitana. Un’opera faraonica, costata qualcosa come 900 milioni di euro. La sfida ora è renderla il mezzo di trasporto della città. Una volta a regime si ripenseranno le direttrici seguite dal trasporto di superficie, nella direzione dell’ambiente. Va ricordato che questa giunta ha avuto il coraggio di pedonalizzare le piazze principali e le vie nel cuore del centro storico, avviando inoltre Bicimia, servizio di bike sharing con 27 postazioni per circa 300 biciclette - ritirabili gratuitamente - utilizzato da oltre 10.000 utenti ogni mese». Con la nomina di Silvano Pedretti, avete da poco formalizzato l’avvicendamento all’asses-

Adriano Paroli, sindaco di Brescia

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 215


900mln EURO

Il costo complessivo della metropolitana leggera automatica, opera cardine per la mobilità cittadina che presto entrerà a regime

sorato del Bilancio. A lui ora spetta far quadrare vizi sociali circa 50 milioni l’anno, garantendo seri conti, difendere i servizi e attutire l’urto dell’Imu. «Brescia, eccellenza nei servizi sociali e nell’assistenza ai propri cittadini, non intende offrire servizi minori, nonostante i vincoli imposti dal patto di stabilità e i tagli previsti agli enti locali. Anzi a maggior ragione occorre che il Comune stia più vicino a famiglie e lavoratori. Abbiamo adottato la minore Imu possibile e siamo il comune che vanta la minore pressione fiscale del Paese. Inoltre, al termine di un’oculata spending review comunale, si è optato per la vendita di alcuni immobili comunali, da tempo vuoti. Un tecnico esperto come l’assessore Pedretti sono sicuro sarà prezioso per questo genere di iniziative». Nei giorni scorsi ha difeso a spada tratta le scelte amministrative sul welfare, che quest’anno perderà 4 milioni di euro. Quali servizi verranno sacrificati e quali invece garantiti? «Come ho più volte rilevato in consiglio comunale, la nostra amministrazione investe per i ser216 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

vizi molto al di sopra degli standard di legge e della gran parte dei comuni italiani. Per via degli oltre 23 milioni di tagli statali solo nell’ultimo anno, è stato necessario analizzare nuovamente euro per euro ogni posta del bilancio, cercando di rendere più performante ogni servizio. La riduzione dell’8% della spesa per i servizi sociali investe voci che si sono riqualificate, senza che questo incida sulle prestazioni offerte dal Comune». In termini concreti, cosa auspica di consegnare a Brescia in quest’ultimo anno di mandato? «In accordo con gli sviluppi urbanistici e paesaggistici tracciati dal Pgt, puntiamo al rilancio del teatro cittadino attraverso la fondazione Teatro grande e all’inserimento del museo di Santa Giulia all’interno della lista dei siti Unesco. Infine, in ossequio a un nuovo modo di pensare alla mobilità cittadina, porteremo avanti il progetto del parcheggio sotto il castello, la viabilità e la nuova pedonalizzazione, oltre alla metropolitana».


Massimo Ziletti

ESPORTIAMO LA NOSTRA ECCELLENZA TECNICA Per il sistema produttivo bresciano, il 2012 è partito in salita. Mai come in questa congiuntura, la creazione di nuove piste commerciali straniere diventa la parola d’ordine per le aziende alla ricerca di stabilità. Parola di Massimo Ziletti Giacomo Govoni

a produzione manifatturiera nell’area bresciana perde posizioni nella classifica regionale. A renderlo noto sono i risultati della congiuntura sul primo trimestre 2012 elaborati dall’ente camerale locale, sulla base dei dati pervenuti da Unioncamere Lombardia. La frenata del 4,9% rispetto al periodo gennaio-marzo dell’anno scorso si colloca, infatti, al di sotto della media regionale del 2,8%. In questo scenario, bandi d’innovazione aziendale, come quello in scadenza il 29 giugno, che s’impegna a coprire il 50% dei costi di progetti da 15 a 200mila euro, rappresentano vere boccate d’ossigeno. «Altri contributi diretti sono

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mirati all’eco-innovazione e da ultimo – spiega Massimo Ziletti, segretario generale della Camera di Commercio di Brescia – con un bando di 1,4 milioni che eroga voucher alle imprese partecipanti a fiere e missioni estere, stimoliamo all’internazionalizzazione». In quali aree e da quali progetti camerali avete tratto le maggiori soddisfazioni nel 2011? «Tra le azioni di maggior successo promosse dalla Camera di Commercio e dal sistema camerale lombardo, c’è il progetto “Sbloccacrediti” per le imprese creditrici della Pa. In sostanza, il sistema camerale ha messo a disposizione 15 milioni di euro su fondo rotativo per consentire

alle micro e piccole imprese di Massimo Ziletti, avere un’anticipazione a tasso segretario generale della Camera di zero attraverso il circuito di Commercio di Brescia Unicredit, che paga attingendo da questo fondo l’intero ammontare della fattura. Rinunciando a maturare gli interessi su questi 15 milioni, abbiamo di fatto liberato risorse che hanno avuto un impatto notevole su Brescia. I dati di aprile e maggio dicono che su un totale rotativo di 13 milioni, ben 3,6 sono finiti in provincia di Brescia». Un 2011 difficile ha lasciato in dote a Brescia un tasso di occupazione inferiore a quello regionale: su quali settori dovranno scommettere i giovani bresciani per risalire la china? «Nel Bresciano si sono raffor- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 217


3,6mln EURO

L’ammontare degli importi anticipati nei mesi di aprile e maggio alle imprese della provincia di Brescia in credito con la Pa dal fondo Sbloccacrediti

zate, per non dire salvate, le imprese che hanno guardato all’estero o si sono attrezzate per andarvi. Non per delocalizzare, ma per esportare le proprie produzioni. Tra i settori più promettenti, buone opportunità giungono dalla meccanica, in particolare nel post-vendita e nell’assistenza tecnica: competenze da rivalutare anche sul piano culturale, con percorsi formativi e professionali ad hoc. Trovare manovalanza poco qualificata è facile, ma sui tecnici il serbatoio degli immigrati non è ancora in grado di fornire professionalità all’altezza, anche se il divario di conoscenze tra le nuove generazioni si va accorciando. Ecco perché è necessario organizzare un corollario di formazione per i futuri addetti del

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settore manifatturiero». Quali filiere produttive locali spronate maggiormente a proiettarsi sul mercato globale? «La Camera di Commercio sostiene fortemente l’internazionalizzazione, in virtù del fatto che un terzo del Pil bresciano è esportato. I settori caldi sono quelli delle macchine utensili, della strumentazione ad alta precisione, seguiti da automotive, metalli e semilavorati. Il primo riferimento commerciale resta la Germania, dove c’è un forte tessuto di subfornitura nella componentistica auto e macchine utensili». Tuttavia dall’inizio del 2012 avete puntato forte anche su mercati inediti come quello sudafricano.

«La creazione di nuove opportunità commerciali è una missione che portiamo avanti con la nostra azienda speciale Pro Brixia, che organizza fiere per sondare nuovi Paesi, anche oltre i Bric, dove il forte sviluppo demografico si unisce allo sviluppo economico: Turchia, Sudafrica e nord Africa, dal Libano al Marocco. Un paese come la Turchia, ad esempio, vive ora il risveglio economico che fu nostro negli anni 50-60 e guarda al made in Italy come elemento che certifica il benessere raggiunto. Per questo, diventa un mercato di primo acquisto di beni durevoli come auto, arredi e casalinghi, in cui la nostra produzione ha pochi rivali».



VALORIZZARE LE ECCELLENZE DEL TERRITORIO Restituire potere d’acquisto alle famiglie e sostenere gli esercenti con politiche territoriali di sgravio fiscale e di contenimento dei tempi di pagamento. Eugenio Massetti indica la rotta verso la ripresa del territorio bresciano Giacomo Govoni

er vedersi saldate le fatture di una commessa o di una fornitura, gli imprenditori che operano nella filiera bresciana dell’artigianato devono attendere in media 152 giorni. Due in meno dei dirimpettai bergamaschi, ma più di tutti i restanti capoluoghi lombardi. Così recita la fotografia regionale 2012 scattata dall’osservatorio di Confartigianato che mette in luce come tale fenomeno, in termini di maggiori oneri finanziari, si traduca in un costo di 122 milioni di euro. Di fronte a questo quadro, ammonisce il presidente di Confartigianato Brescia Eugenio Massetti, «chiediamo più attenzione verso le nostre

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220 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

115mila METRI QUADRATI La superficie a destinazione commerciale che il nuovo Piano del governo del territorio di Brescia concederà alla media e grande distribuzione

realtà economiche da parte degli amministratori locali. Basti pensare – prosegue – ai tempi di pagamento delle Pa, allungatisi enormemente in questi anni, su cui gli amministratori potrebbero intervenire in modo deciso». La bozza sulla congiuntura del I trimestre 2012 elaborata dalla Camera di Commercio registra una flessione del 4,6% del volume d’affari delle pmi del commercio: quali misure state invocando in tal senso? «Oltre che a livello economico, sollecitiamo le istituzioni territoriali a una maggior attenzione nel far conoscere le eccellenze della nostra terra. Altro fattore, le famiglie: de-

tentrici di una parte importante del potere d’acquisto su cui si basa l’esistenza del piccolo commercio, oggi, si orientano più al risparmio che alla spesa. Anche qui interventi mirati potrebbero favorire un incremento del loro potere d’acquisto e, di riflesso, un aumento delle vendite da parte degli esercenti». Il nuovo Pgt di Brescia mette a disposizione 115mila metri quadrati per la grande e media distribuzione: che effetti prevede per gli esercenti di prossimità locali? «Nuovi spazi di distribuzione sottolineano prima di tutto il convincimento del comune di Brescia per una futura ripresa delle attività di distribuzione,


Eugenio Massetti

figlia di una sperata ripresa dei consumi. E l’arrivo di nuovi operatori che, con spirito imprenditoriale, si mettono in gioco in momenti non certo facili, non può che essere fonte di sollievo e soddisfazione. D’altra parte, grande e media distribuzione vanno a “occupare” gli spazi degli operatori commerciali più piccoli, proponendo prodotti a prezzi inferiori e incrementando nel contempo la concorrenza: eventi che non sempre piccoli esercenti e pmi, soprattutto in questa fase economica, sono in grado di controbilanciare efficacemente». L’occupazione locale nel commercio al dettaglio deve fare i conti con il decremento

dello 0,6% dell’ultimo trimestre 2011. Quali settori saranno capaci di “assorbire” più forza lavoro nel prossimo futuro? «Le attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio legate all’artigianato non sono molto numerose in provincia di Brescia. L’elaborazione al IV trimestre 2011 dell’osservatorio Mpi Confartigianato Lombardia, su dati UnioncamereMovimprese, parla di 38 imprese artigiane sulle 10.723 attive nel commercio all’ingrosso e di 174 sulle 13.523 del commercio al dettaglio. Non è quindi facile individuare settori più o meno “trainanti” nel mercato del lavoro. Tuttavia, stando ai dati Istat aggiornati al 2009, emerge come in provincia di Brescia le imprese attive nell’artigianato offrissero lavoro a ben 102.308 addetti, soprattutto

nel manifatturiero, nelle costruzioni e nei servizi». Quale contributo possono dare gli operatori del turistico nel rilancio dell'economia territoriale e quali misure amministrative gioverebbero in quest'ottica? «Confartigianato Brescia, con le consorelle di Mantova, Trento e Verona, lo scorso anno ha sottoscritto un protocollo d’intesa per lo sviluppo dell’economia e delle infrastrutture della “regione del Garda” in chiave ricettiva, attraverso una promozione turistica unitaria. Quest’iniziativa può essere presa ad esempio di come, lavorando in sinergia, operatori, realtà locali, amministratori e organizzazioni artigiane possano concorrere a redigere piani di sviluppo che tengano conto delle diverse necessità degli attori coinvolti».

A sinistra, Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato di Brescia

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 221




COMMERCIO

Risollevare il potere d’acquisto Impedire un’ulteriore flessione della domanda interna è determinante. Occorre evitare il previsto innalzamento dell’Iva e intervenire sul costo dei carburanti. L’opinione del presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli Francesca Druidi

224 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

azionalità nella scelta dei prodotti, riduzione degli sprechi e spese legate all’effettivo bisogno. Sono le principali tendenze d’acquisto dei consumatori italiani nei primi mesi del 2012, coerenti del resto con quelli registrati nel 2011. A evidenziarlo è il numero uno di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli. «C’è grande attenzione alla convenienza e al rapporto qualità/prezzo: le promozioni sono viste con favore - nei supermercati quasi il 30 per cento della spesa è composto da prodotti in promozione e cresce il peso della marca del distributore (l’offerta di prodotti di qualità simile a quella dei marchi leader ma disponibili a un buon prezzo)». Apprezzati i discount, ma anche i negozi di prossimità. «Nel campo non alimentare, un peso sempre maggiore è giocato dalle grandi superfici specializzate e dalle catene di negozi, in molti casi gestiti anche in franchising». Qual è l’impatto delle principali strategie della Gdo per non intaccare il potere d’acquisto dei consumatori italiani? «Sono impatti molto importanti per i portafogli dei consumatori: nel settore alimentare della Gdo il risparmio annuo derivante dalle promozioni è di 5,7 miliardi di euro (230 euro a famiglia) e quello relativo alla marca del distributore è valutabile in 2,5 miliardi di euro (100 euro a famiglia). Queste azioni in favore della convenienza creano vera tutela del potere d’acquisto: il tasso medio di inflazione registrato nella Gdo, nel periodo compreso da gennaio ad aprile 2012, è stato pari al 2,5 per cento, ben al di sotto del dato Istat, che ha visto una crescita del 3,3 per cento. Anche nel settore non alimentare l’impegno verso la convenienza è stato significativo: nella distribuzione moderna, i prezzi dell’abbigliamento nel periodo gennaio-marzo 2012 vedono un calo del 4 per cento rispetto all’anno precedente, mentre gli elettrodomestici segnano un -6 per cento nei primi due mesi dell’anno».

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Giovanni Cobolli Gigli

Fino a quando la Gdo potrà applicare queste misure? «Certamente tutti questi sforzi hanno un costo, che si riflette nella redditività media del settore, in diminuzione da anni: l’utile netto è stato, infatti, nel 2010 inferiore all’1 per cento del fatturato. Una situazione che non potrà continuare in eterno». Quali direttrici occorre perseguire per la ripresa dei consumi? «La ripresa dei consumi deve essere il propulsore della necessaria crescita del Paese. Per realizzarla, non vi è altra via che ridare potere d’acquisto alle famiglie, considerando che il reddito reale pro-capite dal 2007 al 2011 ha visto un calo del 7 per cento. Ma in uno scenario che già prevede per il 2012 una riduzione dei consumi di circa l’1,5 per cento, il tema ora più urgente è quello di trovare risorse per evitare interventi ulteriormente depressivi per la domanda interna, in primo luogo l’aumento dell’Iva già pianificato da ottobre 2012. Il terremoto in Emilia ha purtroppo complicato il quadro, ma la sollecitazione che possiamo fare al Governo Monti è quella di essere maggiormente incisivo e coraggioso con la spending review, di varare la riforma assistenziale e di continuare con grande determinazione la lotta all’evasione. Le strade per recuperare risorse esistono: bisogna che l’esecutivo tecnico agisca con prontezza ed efficacia, per evitare che l’economia italiana, sopraffatta dalle troppe tasse, si avviti su se stessa avviandosi su un percorso senza ritorno». A incidere in maniera pesante è soprattutto il prezzo dei carburanti. Come si può intervenire? «La dinamica dei prezzi dei carburanti in Italia sta incidendo in maniera molto rilevante, diretta e indiretta, sull’inflazione e quindi sul potere d’acquisto delle famiglie. Questo trend dipende certamente dalla crescita del prezzo della materia prima, ma gioca un ruolo importante anche il peso delle tasse, Iva e accise.

Dall’inizio del 2011 a oggi, ci sono stati 5 aumenti delle accise, l’ultimo di 2 centesimi a seguito del terremoto che ha colpito l’Emilia a maggio, che hanno complessivamente inciso per oltre 20 centesimi sul prezzo finale. La prima cosa da fare sarebbe, dunque, quella di alleggerire l’incidenza delle tasse sul prezzo dei carburanti. C’è poi un secondo fronte: in Italia, benzina e gasolio costano di più rispetto alla media degli altri paesi europei a causa dell’arretratezza e dell’inefficienza del mercato». Cosa va cambiato? «Il settore è caratterizzato da una filiera integrata verticalmente, troppi impianti, poco self service, poca vendita di prodotti non oil e dalla limitata presenza della grande distribuzione. Per abbassare il prezzo occorre modernizzare la rete distributiva, promuovendo l’ingresso di nuovi e più efficienti player sul mercato, come la grande distribuzione. I recenti provvedimenti in materia di liberalizzazioni si muovono in questa direzione, ma occorre eliminare i freni che ancora esistono, come ad esempio l’obbligo del metano/Gpl per la realizzazione di nuovi impianti, in modo da aumentare la concorrenza e avere prezzi più bassi».

Giovanni Cobolli Gigli Presidente di Federdistribuzione

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 225




ACQUISTI SICURI

Le norme che regolano la rete Considerato l’esponenziale aumento dell’utilizzo di Internet, è fondamentale avere cura dei propri dati sensibili, cercando di inserirli soltanto in siti certificati e sicuri. E per garantire i cittadini aumentano leggi contro truffe e violazioni della privacy Teresa Bellemo

arallelamente all’enorme sviluppo del web si evidenzia un incremento dei reati informatici. Per questo è opportuno che ognuno di noi segua e controlli il proprio avatar virtuale, per mettersi a riparo da truffe e raggiri. Dall’acquisto online all’iscrizione su siti e portali, i nostri dati più o meno sensibili vengono diffusi nel reticolato mondo di Internet. Tra le nuove tecnologie 2.0 ha fatto da poco il suo ingresso il cloud computing, “nuvole informatiche” che consentono di gestire servizi di vario tipo, dai documenti di testo alla musica. Dato che anche la tecnologia è parte integrante di questa nuova società “liquida”, come l’ha definita Zygmunt Bauman, mutevole, in cui le situazioni si modificano prima che i modi di agire si siano consolidati in abitudini, è utile che almeno dal punto di vista giuridico ci sia la possibilità di poter intervenire in maniera chiara in tutti quei casi in può palesarsi un abuso o una truffa. Secondo l’articolo 640 del Codice penale il delitto di truffa, cioè chiunque induca qualcun altro in errore con artifici o raggiri procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto grazie al danno altrui è punito con la reclusione da 6 mesi a tre anni e la multa da 51 a

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Ugo Ruffolo, docente di diritto privato all’Università di Bologna

228 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

1032 euro. Ne parliamo con Ugo Ruffolo, docente di diritto civile all’Università di Bologna. Quali sono i rischi principali nelle compravendite on line? «L’impiego del web per l’acquisto di beni e servizi è una rivoluzione copernicana nel modo di fare commercio, e ne derivano pericoli nuovi. Nelle vendite on line, oltre ai rischi di quelle “ordinarie”, già presenti anche nella vecchia vendita per corrispondenza, ve ne sono altri connessi al mezzo impiegato, come il furto dei dati, di identità o la sottrazione dei codici di accesso alla propria carta di credito. È, quest’ultimo, il cosiddetto sniffing, ovvero l’intercettazione fraudolenta di password o di altre informazioni, che consente all’illecito detentore di effettuare ulteriori acquisti in rete all’insaputa del proprietario. Anche se non direttamente attinenti alle compravendite on-line, tipici della rete sono anche taluni rischi connessi all’illecito trattamento di dati personali o l’invio di comunicazioni commerciali fraudolente (phishing) o indesiderate (spamming)». Spesso risulta difficile arrivare a identificare il truffatore. I cittadini riescono a ottenere giustizia? «Può essere talora complesso ottenere tutela anche per le difficoltà di individuare il truffatore online, benché su internet l’associazione


Ugo Ruffolo

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La sicurezza dei dati personali dipende anche dal grado di consapevolezza con cui si presta il consenso: è opportuno leggere l’informativa fornita

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degli utenti agli Ip utilizzati per collegarsi alla rete riduca questo rischio. Vi sono poi i problemi legati al carattere globale della rete, non ultimo il fatto che il nostro interlocutore potrebbe essere in qualunque parte del pianeta. Si pensi, seppur su un piano diverso ma sempre legato al carattere planetario del mezzo, al problema dell’oscuramento di siti Internet, affrontato dalla giurisprudenza specie in materia di diritto d’autore: vi sono decisioni del giudice penale che, spinte da finalità cautelari, hanno disposto il sequestro preventivo anche di siti web; talora però la concreta attuazione del provvedimento deve superare l’ostacolo di dare a esso esecuzione in un paese non coincidente con quello in cui il provvedimento è stato adottato». Quanto la nostra privacy e i nostri dati

possono essere al sicuro? «Sulla rete la nostra privacy è esposta a pericoli costanti. Si consideri però che la raccolta dei dati deve essere oggetto di previo consenso, il quale deve essere libero, consapevole, specifico e informato, oltre che documentato per iscritto o espresso per iscritto se il trattamento riguarda dati sensibili. La sicurezza dei dati personali dipende allora anche dal grado di consapevolezza con cui si presta il consenso: è opportuno leggere l’informativa fornita prestando attenzione a finalità e modalità del trattamento e ai soggetti cui i dati potrebbero essere comunicati. Inoltre, gli operatori debbono adottare misure di sicurezza per ridurre al minimo il rischio di distruzione, perdita o accesso non autorizzato ai dati. In caso di danni causati per effetto del trattamento il titolare è responsabile civilmente e anche penalmente secondo il codice della privacy». Con lo sviluppo del cloud computing tutti i nostri documenti e materiali sono sempre a disposizione di chi riesce ad accedere ai nostri dati. Come proteggersi? «Come di recente ribadito dal Garante della privacy, i soggetti pubblici e le imprese che affidano dati personali dei loro utenti a servizi cloud debbono rispettare il codice della privacy: gli interessati avranno diritto di conoscere i dati che li riguardano oggetto di trattamento, di chiederne una copia, l’aggiornamento, la rettifica, e financo la cancellazione o il blocco se i dati sono trattati in violazione di legge. Principio cardine in materia di trattamento di dati personali è la revocabilità o modificabilità in ogni momento della volontà espressa: sarà dunque sempre possibile richiedere l’aggiornamento, la rettifica o ancora la cancellazione dei dati personali anche in caso di impiego di servizi di cloud computing». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 229


ACQUISTI SICURI

La prevenzione parte dall’utente Nell’epoca degli acquisti on line, Internet può essere terreno fertile per truffe e reati informatici, ma con un po’ di attenzione e qualche semplice regola, anche il web può diventare sicuro. I consigli di Fabiola Treffiletti Teresa Bellemo

l web sta diventando uno strumento insostituibile, non solo per lavoro, ma anche per molte delle attività che svolgiamo quotidianamente. E-mail, notizie, musica, stradari, social network, ma anche e-commerce, settore in cui in Italia le quote di mercato stanno acquisendo ogni anno maggiore importanza. Un mondo che corre su un linguaggio binario sempre aperto e veloce nell’aggiornarsi e nell’arrivare a casa di chi lo sceglie, con prezzi competitivi. Nonostante il suo appeal, però, non si deve dimenticare che la rete presenta molti fattori di rischio. Tra truffe, atti persecutori, furti di password, violazioni della privacy e pedopornografia, nel 2011 la Polizia postale e delle comunicazioni ha indagato più di 6.000 persone. Per questo motivo chi acquista on line deve fare attenzione a evitare tutte quelle situazioni poco chiare dietro le quali possono annidarsi tentativi di frode e furto di dati

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Nella foto, Fabiola Treffiletti, ispettore della Polizia postale e delle comunicazioni

230 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

sensibili. Conservare le password in luoghi sicuri, non rispondere a email in cui vengono richiesti i propri dati bancari o le coordinate della carta di credito, aggiornare sempre l’antivirus del proprio computer, acquistare su siti noti e trasparenti: grazie a queste regole anche il mare magnum dello shopping via Internet può diventare sicuro e non essere considerato una minaccia. Lo spiega Fabiola Treffiletti, ispettore della Polizia postale e delle comunicazioni. Quali sono le truffe più comuni? «Su internet si possono mettere in atto molti tipi di reati, ma è d’obbligo fare una distinzione: non tutti possono definirsi “reati informatici”. Ad esempio, per alcuni di loro, il web è solo uno strumento che serve ad amplificare maggiormente la sua efficacia. I reati prettamente informatici riguardano l’accesso abusivo al proprio sistema informatico, il furto di password, il danneggiamento informatico. Le truffe hanno molta eco per via del numero di utenti coinvolti, che può essere molto alto, e perché non sono del tutto arginabili. Alcune di esse sono legate a finti siti di e-commerce o annunci di vendita tra privati dove, dopo l’acquisto, la merce è difettosa o non arriva. Una parte delle truffe realizzate attraverso la rete è legata al cosiddetto phishing, ovvero l’invio di mail a molti utenti con lo scopo di ottenere le coordinate di home-banking o i numeri della carta di credito, provocando un danno economico, an-


Fabiola Treffiletti

Di sicuro non sono le società di commercio elettronico, solide e certificate, che mettono in atto la truffa attraverso carta di credito

che ingente, all’utente. Infine, ci sono le frodi legate ai pagamenti tramite l’uso indebito delle carte di credito, grazie a clonazioni o a semplice trascrizione di numerazione e scadenza». Come può avvenire il furto del “denaro elettronico”? «Innanzitutto si deve chiarire che una cosa è recuperare i dati e un’altra è riuscire a utilizzarli. Ci sono due modalità di furto relativo al denaro elettronico: da una parte, vi è la clonazione, che necessita di tecniche legate alla manomissione del Pos e degli Atm. Qui viene “copiata” la banda magnetica ricreando un supporto identico all’originale in modo da poter pagare nei negozi o prelevare da qualsiasi sportello bancario. Dall’altra, vi è il recupero fraudolento degli estremi della carta con la finalità di operare su Internet. Le due modalità si differenziano per via della maggior semplicità di quest’ultima tecnica che per essere messa in atto necessita soltanto della data di scadenza, del numero e del cvv2 della carta di credito. In entrambi i casi, co-

munque, la parola d’ordine è prevenzione». Quali sono le operazioni di controllo e prevenzione effettuate dalla Polizia Postale e delle comunicazioni? «Lavoriamo su due fronti: monitoraggio e prevenzione. Il primo consiste nel controllo costante della rete per recuperare le informazioni e rilevare possibili abusi, come nel caso della pedopornografia. In questo caso non c’è bisogno di una querela, è sufficiente che la Polizia postale chieda l’autorizzazione di intervenire al magistrato. La truffa, come la maggior parte dei reati informatici, invece, parte sempre da una persona danneggiata che presenta querela, in virtù della quale vengono effettuati accertamenti. Nell’ambito della prevenzione organizziamo incontri di sensibilizzazione, per esempio, un punto su cui puntiamo molto è la formazione nelle scuole. Sono state organizzate diverse iniziative a riguardo, e altre verranno portate avanti, al fine di “formare i formatori”, sensibilizzare cioè il docente, che a sua volta sarà portavoce di questi messaggi tra i ragazzi. È importante dare ai cittadini consigli preventivi, riteniamo utile dotare di una specie di patentino i ragazzi che si approcciano alla rete». Come proteggere i dati personali da hacker e truffatori on line? «La protezione deve essere svolta su due livelli, quella del computer e quella dell’interfaccia a Internet. Si devono usare sistemi operativi nuovi, aggiornare i software antivirus e anti- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 231


ACQUISTI SICURI

RISULTATI OPERATIVI DELLA POLIZIA POSTALE E DELLE COMUNICAZIONI Soggetti tratti in arresto 92

63 53 49 43 37

4

2

2

0 2009

2010

2011

Pedopornografia

0

2009

2010

2011

Computer Crime

2009

2010

2011

Illeciti nel commercio elettronico

2010

2011

Stalking (atti persecutori)

Fonte: Polizia di Stato

spam in maniera ciclica. Se si usano connes- traverso carta di credito. In questi casi, infatti, sioni wireless si deve ricorrere a sistemi di sicurezza e password sicure per conoscere chi usa quella determinata rete, dato che ognuno è responsabile del proprio traffico. Nel momento in cui vengono richiesti i dati personali si deve sempre verificare la fondatezza di questa richiesta. Anche a livello bancario sono stati fatti passi avanti per rendere sicuri i meccanismi dell’home banking, grazie all’uso di token e one way password. A questo servono anche gli alert tramite sms dei pagamenti con bancomat e carta di credito, in modo di tamponare i possibili danni dovuti a furto e clonazioni». Molte persone non comprano on line per il timore di incorrere in frodi. Quanto questo problema è ancora reale? «Da un certo punto di vista questo atteggiamento è un controsenso poiché ciò che è più rischioso è la trattativa tra privati. Di sicuro non sono le società di commercio elettronico, solide e certificate, che mettono in atto la truffa at-

232 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

il protocollo di trasmissione dei dati relativi alla carta è sicuro. Sono rischiosi, invece, tutti quei siti anonimi nati solo per cercare di ottenere dati sensibili e le già citate trattative tra privati». Quali sono i parametri per capire se un sito di e-commerce è affidabile? «Innanzitutto, si deve fare attenzione a non inserire in qualunque sito i dati della carta di credito e della password perché i siti affidabili utilizzano per l’inserimento di queste informazioni pagine crittografate, utilizzando il protocollo https, in modo tale che nessuno possa vederli. Per non incappare in raggiri di qualsiasi tipo è fondamentale che l’utente legga in modo approfondito le mail di phishing perché anche quelle più curate contengono qualche errore di ortografia o di scarsa formalità. Inoltre, è importante diffidare dei prezzi troppo bassi e controllare la credibilità del venditore attraverso i feedback o i motore di ricerca perché dopotutto internet è anche una miniera di informazione».



INFRASTRUTTURE

Cento miliardi per far ripartire il Paese Il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera ha confermato l’obiettivo di attivare la gran parte dei progetti entro la scadenza del mandato del governo. L’Esecutivo ha in cantiere ingenti investimenti per recuperare il ritardo infrastrutturale che frena il Paese e creare di conseguenza nuova occupazione Gloria Martini

l gap infrastrutturale è tra le cause principali della scarsa competitività italiana e della recessione in atto» e «per arrivare a una vera politica delle infrastrutture il problema non sono le risorse, ma l’impotenza decisionale». In occasione della prima assemblea degli industriali a Roma, il neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha indicato l’edilizia e le infrastrutture tra gli obiettivi prioritari del suo piano per il

«I

234 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

rilancio della competitività del Paese. Si tratta di 27 grandi opere che rimangono incompiute, per un totale di 31 miliardi di euro. La crisi italiana viene ricondotta dunque al gap d’infrastrutture avviate e mai portate a termine. Sono i dati emersi da una ricerca di Confcommercio contenuta nel “Libro bianco”e presentata a Roma durante il convegno “Sciogliere i nodi per competere”. Alcune delle opere mai concluse risalgono addirittura a 50 anni

fa, come il tunnel Rapallo-Fontanabuona in Liguria, la pedemontana veneta e la trasversale Fano-Grosseto in Toscana; altre hanno preso il via da almeno 5 anni, come la terza corsia dell’A11 in Toscana e il prolungamento dell’A27 in Veneto e altre ancora, come la Brebemi in Lombardia, sono in attesa da 16 anni. Ma se si guarda al Programma per le infrastrutture strategiche si scopre che solo il 9,3% delle opere è stato portato a termine, mentre quasi il


I fondi del governo

60% è ancora in fase di progettazione. Numeri che provocano un ritardo infrastrutturale nel confronto con le altre nazioni europee: rispetto alla Germania, nell’ultimo decennio, l’Italia ha perso 142 miliardi di Pil; di 50 miliardi è invece la sottrazione di ricchezza nel solo 2010 dovuta al divario infrastrutturale esistente fra le aree del nostro Paese. “È senza dubbio doveroso - si legge nel documento - tenere in debita considerazione gli effetti che la grave congiuntura economica inevitabilmente sta esercitando sugli stanziamenti previsti”. Il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera, intanto, durante la presentazione alla stampa di Cantieri Italia, un nuovo portale internet collegato al sito del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, assicura che saranno sbloccati fondi per infrastrutture per un valore di 100 miliardi di euro nel corso di questa legislatura. Alle opere già cantierabili tra il 2012 e il 2013 si prevede l’aggiunta di altri 24,5 miliardi, di

cui circa 6,7 ancora da reperire. Inoltre arriveranno altri 50,9 miliardi per le opere canteriabili tra il 2014 e il 2015. In totale saranno investiti nelle infrastrutture circa 103,1 miliardi. Un target importante perché è pari al 5-6% del Pil italiano. «Lo sblocco dei fondi – comunica Passera – potrebbe avvenire con un Cipe “corposo” entro la fine di giugno. Il ministro ha poi sottolineato che molte opere sono state “sbloccate” grazie alle norme recentemente introdotte dall’Esecutivo per snellire le procedure burocratiche e ridurre i tempi per l’approvazione e la registrazione dei progetti da alcuni mesi a poche settimane. «Realizzare crescita sostenibile – ha dichiarato Passera – significa anche recuperare il ritardo infrastrutturale in cui versa il nostro Paese. È un impegno importante che abbiamo assunto, accelerando la costruzione delle infrastrutture prioritarie, dando continuità ai cantieri e generando così occupazione». È stato calcolato che 27,7 miliardi di opere sbloccate

produrranno circa 400.000 posti di lavoro, di cui 120.000 di nuovi e 280.000 stabilizzati. «Nel sito Cantieri Italia abbiamo pubblicato, e continueremo a pubblicare, oltre alla normativa di settore, tutte le opere approvate dal Cipe, descrivendo progetti, tempistiche, stati di avanzamento – ha spiegato Passera –. Sarà così possibile capire come vengono usate le risorse pubbliche. Il sito sarà aggiornato ogni tre mesi e terrà naturalmente conto delle segnalazioni che i cittadini vorranno inviarci». Un meccanismo trasparente, dunque, perché di ogni singolo progetto sarà pubblicato la presentazione, i dati economici finanziari e il programma su cui saranno indicate le fasi progettuali e operative. Le opere pubbliche appena finanziate sono l’asse viario Brescia-Treviglio (2 miliardi di euro), la linea metropolitana C della Capitale (119 miliardi di euro), l’asse vialico Milano-Genova (1,8 miliardi di euro) e la strada statale 106 ionica (700 milioni di euro). LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 235


INFRASTRUTTURE

Le sfide future partono dalle città «Per far ripartire l’economia è fondamentale che il nostro Paese punti con decisione sullo sviluppo urbano». Il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti, individua un processo di rinnovamento a largo respiro che va dal piano città a una fiscalità moderna Renata Gualtieri

edilizia è tra i settori maggiormente colpiti dalla crisi. I dati mostrano un quadro allarmante con conseguenze pesanti sul piano sociale. L’emorragia di posti di lavoro e le 7.552 imprese fallite negli ultimi tre anni ne sono la testimonianza. «Il primo passo da compiere – sottolinea il presidente dei costruttori edili Paolo Buzzetti – è immettere liquidità nel sistema economico sbloccando i pagamenti della Pa alle imprese». Ciò vuol dire fare in modo che le aziende vengano pagate per i lavori eseguiti e che abbiano la possibilità di tornare ad accedere al credito. Sul piano operativo poi sono numerosi gli ambiti di in-

L’ Sopra, Il presidente di Ance nazionale, Paolo Buzzetti

236 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

tervento necessari capaci di rilanciare il settore: dal Piano città alla messa in sicurezza del territorio italiano e la ristrutturazione degli edifici scolastici. Ha sostenuto che la crescita deve ripartire dalle città. Può chiarire questo concetto? «I centri urbani oggi attraggono il 60 per cento della popolazione dell’Unione europea e costituiscono il cuore pulsante dello sviluppo economico di tutta l’Eurozona. Le previsioni di crescita a medio e lungo termine ci dicono che questa capacità d’attrazione è destinata a crescere e che di conseguenza le sfide future per la competitività internazionale si giocheranno proprio nelle città. Ciò vuol dire che per far ripartire l’economia

è fondamentale che il nostro Paese punti con decisione su di esse. In questa visione le città devono diventare più vivibili e competitive, capaci di offrire servizi, innovazione tecnologica, un patrimonio edilizio di qualità, efficienza e sicurezza a tutti i cittadini». Cosa prevede il piano città elaborato dall’Ance? «Il piano che il governo ha accolto positivamente e che è attualmente in discussione, ha come primo obiettivo quello di avviare un processo di rinnovamento di ampio respiro. Quindi pensiamo a radicali interventi di riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, obsoleto e particolarmente energivoro. Interventi che non


Paolo Buzzetti

consumeranno nuovo suolo ma si concentreranno sulla valorizzazione delle periferie e degli spazi degradati. Per fare ciò naturalmente è fondamentale garantire un quadro fiscale e normativo che favorisca tali operazioni». Si parla spesso di una fiscalità moderna. Quali gli interventi necessari? «Lo scopo principale di una fiscalità moderna è quello di promuovere sviluppo. In riferimento all’edilizia, l’Ance da tempo si batte per eliminare le distorsioni fiscali che penalizzano le imprese di costruzione, penso ad esempio all’Iva sugli immobili invenduti, e al tempo stesso propone misure per incentivare la crescita e favorire la riqualificazione del patrimonio edilizio italiano. Mi riferisco agli incentivi fiscali per le ristrutturazioni e a quelli per le riqualificazioni energetiche, due misure che vanno potenziate e rese strutturali». L’edilizia in che misura può rappresentare un volano per far ripartire la crescita e qual è

la risposta che sta venendo dal governo? «La funzione anticiclica del settore edile è sempre stata ampiamente riconosciuta e le scelte compiute anche da altri paesi, come Francia e Germania, dimostrano che gli investimenti in edilizia sono uno strumento importante per contrastare la crisi e rilanciare l’intero tessuto economico. Anche in Italia si deve tornare a puntare con forza sul settore delle costruzioni. Il governo sta dimostrando di condividere in linea di principio questa posizione. Non è più il momento di perseguire solo logiche contabili, serve una politica coraggiosa». Da uno studio condotto dall’Istituto per la competitività, recepire la direttiva europea “Late payments” comporterebbe la riduzione di 2/3 dei tempi attuali di pagamento, stimati per il 2012 in 90 giorni di media. Basterà per risolvere il ritardo dei pagamenti? «È di certo positivo il segnale che il governo ha dato con la

volontà di recepimento della direttiva europea sui tempi di pagamento della pubblica amministrazione. In questo modo il Paese si allineerà al resto d’Europa, gettando una solida base affinché gli errori del passato non si ripetano. L’emergenza però su questo fronte della crisi è ancora aperta. Tanto è vero che l’Ance, il 15 maggio scorso, insieme a Federcostruzioni, a tutta la filiera delle costruzioni, agli artigiani e ai professionisti ha indetto il D-day, laddove la D sta per decreto ingiuntivo per denunciare la mole di crediti 19 miliardi di euro che le imprese vantano nei confronti dello Stato da troppo tempo, addirittura fino a 2 anni, e che se non onorati in fretta rischiano di paralizzare un intero settore con conseguenze ancora più drammatiche su tutta l’economia. Stiamo inoltre lavorando alle linee guida per adattare alla specificità del settore edile i decreti sui pagamenti, emanati dal governo nelle ultime settimane, promuovendo un accordo ad hoc con le banche». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 237


INFRASTRUTTURE

Le opere in cantiere per la competitività In Italia c’è bisogno di colmare il gap infrastrutturale rispetto alle altre nazioni europee. L’assessore regionale alle Infrastrutture e mobilità Raffaele Cattaneo indica le azioni in atto e quelle in programma in Lombardia Renata Gualtieri

l World Economic Forum, considerate 141 nazioni, posiziona il nostro Paese al 45° posto per dotazione ferroviaria, al 53° per dotazione stradale e al 72° per la qualità delle infrastrutture. «Per invertire questa “spirale negativa” che ha forti ripercussioni sulla crescita e sullo sviluppo, in Lombardia – riporta l’assessore alle Infrastrutture e mobilità Raffaele Cattaneo – abbiamo cercato di dare vita negli ultimi anni a un vero e proprio cambio di marcia che si basa sul coinvolgimento sempre più diretto del territorio e sul ricorso diffuso al project financing, che ha permesso di finanziare opere senza un euro di contributo pubblico».

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Sopra, l’assessore regionale alle Infrastrutture e mobilità Raffaele Cattaneo

238 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

La giunta regionale ha approvato l’immediato finanziamento di 26 progetti per la mobilità con 45 milioni di euro. Quali opere rientreranno nel programma e com’è stata effettuata la selezione? «Rientreranno quelle opere realizzabili attraverso i fondi europei del Programma operativo regionale per l’attuazione dell’asse 3 mobilità sostenibile. Dovranno concludersi entro il 31 dicembre 2014 nel rispetto delle previsioni di andamento di spesa e certificazione. La selezione è stata fatta raccogliendo da ciascuna Provincia le segnalazioni di quelle che esse stesse considerano priorità, in modo da realizzare ciò che dav-

vero serve al territorio. Complessivamente sono stati considerati ammissibili 46 progetti, per un contributo di oltre 80 milioni di euro. Di questi, 26 sono immediatamente finanziabili, con un contributo di circa 45 milioni, mentre altri 20, per un totale di 35,7 milioni, vengono messi in “lista d’attesa”. Gli interventi finanziabili riguardano opere di accessibilità e integrazione urbana delle stazioni ferroviarie, interventi infrastrutturali per lo sviluppo della mobilità delle merci, il potenziamento di reti stradali secondarie e interventi integrati per la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla mobilità». In un periodo di difficoltà


Raffaele Cattaneo

economica i fondi comunitari in che misura possono essere considerati un’opportunità per le Regioni europee e come devono essere sfruttati? «Senza alcun dubbio in questo periodo i fondi comunitari devono essere considerati un’importante opportunità per le Regioni europee, in termini di crescita, occupazione e, più in generale, di competitività, che non possiamo permetterci di non cogliere. Anche perché, attraverso l’utilizzo di questi finanziamenti, si possono recuperare ulteriori e consistenti risorse per altre opere importanti». Come procedono i lavori sull’autostrada Brebemi? È garantita l’apertura al traffico entro la fine del 2013? «La Brebemi è già ben oltre il giro di boa. Dopo l’ultimo collegio di vigilanza, in cui abbiamo fatto il punto sullo stato di avanzamento dei lavori dell’autostrada e delle opere connesse, è stato confermato che il

cantiere della direttissima Brescia-Bergamo-Milano è oltre il 40 per cento per quanto riguarda le opere in affidamento diretto ed è al 30 per cento per quanto riguarda l’opera complessiva. La società Brebemi ha garantito l’apertura al traffico entro la fine del 2013. Inoltre, anche le analisi già eseguite sui pochi chilometri di cantiere sottoposti a sequestro confermano che i materiali inquinanti non superano i limiti di legge: è una notizia positiva, perché consente di tranquillizzare i cittadini del territorio sulla sicurezza del cantiere. Si auspica dunque che il dissequestro degli ultimi 7,5 chilometri possa avvenire presto». A metà maggio ha riunito il Tavolo infrastrutture per Expo. Come procedono i lavori? Verranno rispettate le scadenze? «Non abbiamo motivi per ritenere il contrario. Il Tavolo infrastrutture per Expo ha fatto il punto sullo stato di avanza-

mento delle opere. Sono state analizzate le opere essenziali, connesse e necessarie e approfondite le tematiche aperte per individuare le azioni indispensabili a garantire l’ultimazione di tutti gli interventi in tempo per l’avvio della manifestazione. La situazione è sotto controllo, non riesco, dunque, a comprendere gli allarmi lanciati in queste settimane secondo i quali le infrastrutture sarebbero in ritardo: ci sono delle criticità, come è normale che accada quando si realizza un insieme di cantieri di tale complessità e di grande valore. Ricordo che stiamo parlando di cifre molto considerevoli, cioè 20 miliardi di euro. Detto questo, posso confermare che anche le problematiche sulle opere che destavano preoccupazione sono in fase di risoluzione. Al momento non esistono timori rispetto alla scadenza del 1° maggio 2015, ma solo una grande tensione al lavoro per rispettare gli impegni presi». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 239


La bioedilizia, nuova linfa per il settore I

In attesa di interventi istituzionali che ridiano slancio alle costruzioni, a frenare gli effetti della crisi sono le iniziative individuali delle singole imprese. La strategia di Calogero Amico per recuperare competitività Manlio Teodoro

Nelle foto, realizzazioni del gruppo Amico Costruzioni, che ha sede presso Pioltello (MI) www.amico-group.com www.amicogroup-costruzioni.it

n attesa di un’inversione di tendenza che tarda ad arrivare, le risposte alla lunga crisi dell’edilizia finora sono sempre rimaste affidate all’iniziativa delle singole imprese. Queste, inevitabilmente, quando hanno potuto, hanno reagito nella misura della loro disponibilità, anche a causa del credit crunch. Per capire quali potrebbero essere alcuni degli interventi capaci di rivitalizzare il settore, incontriamo Calogero Amico, amministratore dell’omonimo gruppo di costruzioni e vendite immobiliari attivo

nell’hinterland milanese: «Per completare la realizzazione di tutte le opere che ci erano state affidate, il nostro gruppo ha puntato all’ottimizzazione della forza lavoro. E anche sulla formazione delle maestranze con corsi specifici, attraverso i quali migliorare ulteriormente la nostra competenza nel buon costruire e proporci al mercato con un valore aggiunto ancora maggiore. Per la realizzazione di questi interventi, rivolti principalmente all’interno dell’azienda, e di altri, abbiamo anche scelto di capitalizzare, a nostro rischio, il capitale immobiliare, monetizzandolo per fare investimenti in attrezzature e infrastrutture all’avanguardia che ci hanno permesso un salto di qualità dal punto di vista della competitività». Tuttavia, emerge la consapevolezza che l’intero settore delle costruzioni non possa es-


Calogero Amico

La bioedilizia rappresenta uno dei cardini per il miglioramento della vivibilità e il risparmio di risorse energetiche

sere abbandonato all’iniziativa delle singole imprese, dato che molte hanno dimostrato di non avere le forze per reagire. Prosegue Amico: «Poiché a investirci è stata una crisi di portata globale, attendiamo ancora che le istituzioni diano il loro contributo attraverso nuovi piani di sviluppo, attuando i piani regolatori, perequando le imposte sugli immobili e incentivando i giovani a investire sugli immobili. Ma soprattutto incentivando le ristrutturazioni – tema più che attuale nel nostro paese. La valutazione che viene da più parti, infatti, in merito all’urbanizzazione raggiunta in Italia negli ultimi decenni è che questa abbia puntato esclusivamente al profitto dei singoli a danno del territorio nella sua globalità. Il risultato è che abbiamo raggiunto una saturazione alla quale crediamo si debba rispondere con politi-

che di riqualificazione, per salvaguardare ciò che esiste prima di tornare a costruire di nuovo». Accanto alla necessità di restituire valore alle costruzioni esistenti, emerge inoltre il tema dell’edilizia green. «Questa sta assumendo un ruolo sempre più rilevante. È ormai diffusa la consapevolezza che la bioedilizia rappresenti uno dei cardini per il miglioramento della vivibilità e il risparmio di risorse energetiche. Abbiamo puntato anche noi quindi all’ottimizzazione all’isolamento termoacustico e all’utilizzo di sistemi fotovoltaici e di geotermia e a tutti gli altri accorgimenti tecnici previsti dalla bioarchitettura». Il gruppo Amico è un’azienda a gestione familiare presente sul mercato da oltre trent’anni. «In questi decenni siamo riusciti a integrarci e consolidare la nostra presenza soprattutto

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nel territorio lombardo. Fra gli ultimi lavori ricordiamo la costruzione della nuova caserma dei carabinieri del comune di Trezzo sull’Adda, la realizzazione di due palazzine composte di 22 appartamenti nel comune di Pozzuolo Martesana e la costruzione di un’area feste per il comune di Roncello. I risultati più significati nell’ultimo anno di attività sono stati certamente il raggiungimento di una più mirata e oculata scelta nelle programmazioni lavorative e una maggiore omogeneità e concretezza della forza lavoro. Fra gli obiettivi più ambiziosi che ci siamo prefissati per il 2012, c’è quello di realizzare un progetto in collaborazione con professionisti esterni al nostro studio tecnico, con i quali curare dei piani per la riqualificazione di centri abitati con carenze costruttive per adattarli agli standard attuali». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 243


EDILIZIA

Nuove soluzioni costruttive Le costruzioni a secco, come ad esempio pareti e controsoffitti in cartongesso, stanno soppiantando le tradizionali opere in muratura e in laterizio. Mario Cerotti spiega le proprietà dei materiali da utilizzare e la loro modulare componibilità Giulio Conti

ra le imprese italiane operanti nel comparto dell’edilizia che non si rassegnano al prolungato e critico immobilismo del mercato, tante hanno scelto di intraprendere la strada della specializzazione creando nuove reti operative e commerciali che non solo rinnovano i tradizionali sistemi costruttivi ma, in termini di produttività, giungono a sviluppare congrui esempi di “filiera corta” che ottimizzano al massimo i costi e i risultati. In tal senso è esemplare il caso di Studio Ambiente, una società attiva nel settore edile da oltre vent’anni, specializzata nella realizzazione di pareti e controsoffitti in gesso rivestito, pannelli modulari, pavimenti tecnici e di tutte le lavorazioni di preparazione e finitura di interni ed esterni. «L’utilizzo e il confronto delle tante soluzioni costruttive disponibili nel mercato edile ci hanno condotto allo sviluppo e all’impiego di sistemi innovativi

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In queste pagine, momenti di formazione di pareti divisorie e controsoffitti per opera degli operatori di Studio Ambiente Srl, Brescia www.studioambiente.it

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altamente performanti che, pian piano, stanno soppiantando quasi completamente i sistemi tradizionali, per certi aspetti ormai obsoleti». L’incipit di Mario Cerotti, legale rappresentante di Studio Ambiente ma attivo su più fronti dell’organizzazione aziendale, annuncia l’exploit delle costruzioni a secco che sempre più spesso sostituiscono le opere in muratura e in laterizio. «Il sistema costruttivo a secco si contrappone alle tecniche convenzionali che impiegano leganti come malte, cementi e colle, poiché le strutture vengono assemblate meccanicamente in cantiere a strati funzionali – spiega Cerotti –, le pareti in cartongesso, ad esempio, sono in grado di ottimizzare gli spazi offrendo migliori performance sotto il profilo acustico e termico e, non meno importante, permettono un abbattimento dei costi di realizzazione oltre a quelli delle assistenze che solitamente l’impresa espone, per essere quindi più competitivi

sia in termini di tempistiche che di risultato sul prodotto finale». Il campo d’azione di Studio Ambiente è molto vasto tanto da interessare diversi settori dell’edilizia, dal residenziale al commerciale, dall’industriale all’ospedaliero, dalle strutture sportive a quelle destinate ad attività d’intrattenimento e di pubblico spettacolo. «Ciò è possibile perché i sistemi a secco si possono adattare ad ogni genere di esigenza. Sono poi i progettisti di Studio Ambiente che, a seconda della destinazione d’uso dell’edificio, valutano e scelgono determinati prodotti che abbiano precise caratteristiche di componibilità per trovare l'eccellenza di risultato». Per potenziare al massimo la qualità e l’efficacia di qualsiasi intervento, i professionisti di Studio Ambiente infatti mirano a «specializzarsi sempre più nelle costruzioni a secco in modo da essere costantemente aggiornati sulle novità del set-


Mario Cerotti

Nel “Complesso Futura”, Studio Ambiente ha realizzato velette e cassonetti curvilinei e pareti anti-intrusione per suddividere le unità abitative

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tore che, in questi anni, si sta sviluppando anche nel nostro Paese superando così preconcetti culturali che in altri Paesi dell’Unione Europea sono ormai sconfitti». Per poi raggiungere il più alto livello di specializzazione, l’approfondita conoscenza dei materiali e le relative possibili applicazioni, che rappresentano la chiave di volta, si possono trovare tra gomma, Pvc, linoleum, legno, ceramica e sintetici, il materiale ideale per ogni specifica lavorazione. In tal senso, se esiste al momento un’applicazione innovativa non può essere che Mario Cerotti a indicarla. «I pannelli prefabbricati composti da gesso ceramico fibrorinforzato utilizzati per la formazione di pareti divisorie interne e contro-pareti, rappresentano una novità; possiedono eccellenti proprietà di reazione e resistenza al fuoco oltre

ad assicurare un elevato comfort abitativo stabilizzando il tasso di umidità negli ambienti. La superficie di tali pannelli è perfettamente liscia e la particolare lavorazione perimetrale facilita l’assemblaggio conferendo alla parete una monoliticità difficilmente riscontrabile negli altri sistemi di tramezzature a secco. Queste caratteristiche consentono di classificare tali pareti in classe 0/REI 180». E non è tutto perché «un’altra novità è sicuramente l’impiego di pavimentazioni in Pvc auto-posanti che vengono utilizzati sopratutto nelle ristrutturazioni. Mediante appositi prodotti vengono spesso posati al di sopra delle pavimentazioni esistenti, offrendo elevate prestazioni meccaniche e isolanti». Un esempio rappresentativo della competenza dimostrata dagli operatori di Studio Am-

biente è il “Complesso Futura” realizzato per una prestigiosa impresa di costruzioni bresciana. «Nei numerosi appartamenti ai piani superiori e nella zona commerciale al piano terra sono state svolte rifiniture interne quali pareti divisorie, controsoffitti, tutte le tinteggiature e le rifiniture commerciali. Sicuramente interessante è stata la formazione di velette e cassonetti curvilinei in cartongesso, l’esecuzione di pareti anti-intrusione per suddividere le varie unità abitative e la complessiva importanza, tecnica ed economica, dell’intervento eseguito». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 245


L’edilizia chiede una “ristrutturazione” Ecocem risponde alla crisi della prefabbricazione industriale aprendosi al settore dell’edilizia civile, con componenti prefabbricati dalle migliorate prestazioni termiche e statiche. L’esperienza di Battista Tombini Carlo Gherardini Da sinistra gli ingegneri Alfredo e Battista Tombini e il geometra Enrico Tombini della Ecocem Srl di Osio Sotto (BG) www.ecocem.it

l settore edile soffre ormai da parecchi anni, a partire dalla contrazione della domanda dovuta alla saturazione del mercato, arrivando fino all’Imu e all’aumento delle tasse sugli immobili. E le imprese del comparto devono far fronte a una crisi economica galoppante, aggravata dalla scarsa fiducia da parte degli istituti finanziari, che non erogano credito neanche alle aziende storiche, e da un quadro normativo che non tutela le imprese dai ritardi nei pagamenti dei lavori effettuati. «La crisi che ha investito il nostro settore – afferma l’ingegner Battista Tombini, titolare della Ecocem di Osio Sotto – ci spinge a trovare nuovi sbocchi e soluzioni in mercati ancora da scoprire. Ma, al di là delle attuali difficoltà, credo che anche

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all’interno del settore ci siano innovazioni che permetteranno di nutrire aspettative verso il futuro. Mi riferisco in particolare al continuo miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, all’isolamento sismico e alla sostenibilità ambientale, tematiche molto importanti verso le quali il comparto presta particolare interesse». La vostra realtà è impegnata soprattutto nell’ambito della prefabbricazione industriale. Quali le principali attività? «Ecocem, che guido con il supporto dei miei figli, l’ingegner Alfredo e il geometra Enrico, è partita dalla produzione delle prime tipologie di manufatto prefabbricato per l’edilizia come blocchi, pavimentazioni autobloccanti e tubi, e si è in


Battista Tombini

Il percorso aziendale seguito specializzata in strutture più complesse, quali le pannellature di tamponamento per edifici ad uso industriale. Nello specifico, siamo partiti da tamponamenti in semplice calcestruzzo a vista per passare a finiture man mano più complesse. Oggi la nostra produzione comprende pannelli in graniglia lavata di vario tipo, colorazione e pezzatura, pannelli martellinati, levigati, goffrati, sabbiati, con vari motivi geometrici e con la possibilità di realizzare loghi e scritte con macchinari a controllo numerico. Realizziamo anche pannelli ad alto effetto architettonico utilizzando delle matrici in gomma, oppure pannelli rivestiti con materiale in cotto, pannelli colorati in pasta e quant’altro il cliente ci possa richiedere». La vostra produzione, quindi, si è andata diversificando nel tempo, offrendo una vastissima gamma di so-

La Ecocem, nata nel 1982, e impegnata dapprima nel settore dei manufatti di cemento, nei primi anni ’90, su richiesta di un prefabbricatore, inizia a produrre pannelli di tamponamento. Comincia così un percorso che la porta a specializzarsi sempre più in questa direzione, investendo capitali in nuovi impianti e acquisendo sempre maggiore esperienza in una produzione dalle note difficoltà esecutive. Nel 1998 ottiene la prima certificazione di qualità Uni En Iso 9002 per la produzione di pannelli prefabbricati a disegno e manufatti in calcestruzzo per l’edilizia. Da allora si è evoluta seguendo tutti gli aggiornamenti normativi. Oggi è in possesso del Certificato per il sistema di gestione qualità secondo le norme Uni En Iso 9001:2008 e del certificato di controllo della produzione in fabbrica di prodotti prefabbricati di calcestruzzo che le dà la possibilità di apporre la marcatura CE. Recentemente ha ottenuto anche la certificazione di prodotto delle caratteristiche energetiche per pareti a taglio termico. Oggi, la Ecocem continua a investire nella crescita aziendale, nonché in nuove tecnologie. L’ultimo investimento fatto è un impianto a controllo numerico per la lavorazione delle superfici dei prodotti.

luzioni, anche sulla base delle esigenze dei clienti. In che misura questa diversificazione produttiva ha rappresentato un valore aggiunto e ha contribuito ad “attutire” i colpi della crisi? «La diversificazione c’è stata, e ha anche comportato un esborso notevole di risorse umane e finanziarie, ma i risultati che ci auspicavamo ad oggi non sono ancora arrivati. Purtroppo, in questo periodo

di crisi, sempre più spesso il cliente appalta i lavori di costruzione esclusivamente in base al prezzo, senza interessarsi delle soluzioni tecniche e tecnologiche che i produttori possono offrire. Inoltre, la concorrenza agguerrita, e a volte anche sleale, peggiora il quadro della situazione». In un mercato piuttosto difficile, com’è quello del mattone oggi, si richiedono costi bassi ma alta qualità. áá LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 247


EDILIZIA

áá Come riuscite a coniugare

Momento di lavoro della Ecocem Srl

questi due aspetti? «La concorrenza spinge necessariamente ad abbassare i prezzi nonostante il continuo aumento del costo delle materie prime e la crescente pressione fiscale. L’unica strada per poter garantire la qualità dei nostri prodotti a prezzi contenuti è l’aumento dell’efficienza del processo produttivo. Per rendere un’idea del costo dei nostri prodotti, oggi offriamo un tamponamento completo, dotato di opportuno isolamento termico e superfici di pregio architettonico a poco più del costo di un semplice cappotto per esterni». Ecocem, per far fronte alla crisi, sta pensando anche a nuovi sbocchi e soluzioni in altri mercati. Quali studi state attuando nello specifico? «Oltre alla continua ricerca mirata alla diversificazione delle

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L’unica strada per garantire la qualità dei prodotti a prezzi contenuti è l’aumento dell’efficienza del processo produttivo

finiture dei pannelli di tamponamento, e all’offrire prodotti di qualità a costi più bassi, stiamo cercando di interfacciarci con il settore dell’edilizia civile, in cui auspichiamo che la qualità e l’eccellenza contino più del mero aspetto economico. In particolare, stiamo studiando l’utilizzo di materiali alternativi al calcestruzzo quali acciaio, legno e materiali innovativi. Abbiamo altresì avviato uno studio, in collaborazione con altre aziende, laboratori prove e docenti universitari, relativo a manufatti con caratteristiche particolari per la realizzazione di facciate ventilate che comportino un certo risparmio energetico. In sintesi, con i nostri studi vogliamo realizzare componenti prefabbricati per l’edilizia civile, migliorandone anche le prestazioni termiche e statiche». Ecocem è particolarmente attenta al tema del risparmio energetico. «Ad oggi la nostra azienda, oltre alla certificazione del sistema di gestione della qualità, marcatura Ce per la produzione di elementi da parete ed elementi

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strutturali lineari, ha ottenuto la certificazione di prodotto per il calcolo della trasmittanza termica dei prodotti, per ottemperare alle sempre più stringenti e importanti normative sul risparmio energetico». Dal suo punto di vista, come potrebbero intervenire le istituzioni per risollevare il difficile quadro del comparto? «Non credo molto nell’intervento da parte della classe politica. Penso che dovrebbero essere le nostre associazioni di categoria come Assobeton, Confindustria e Ance a doversi far sentire in modo energico a livello istituzionale. Inoltre, dato che le nuove costruzioni devono giustamente ottemperare a requisiti sempre più stringenti in termini di sicurezza strutturale e risparmio energetico, ci chiediamo perché le istituzioni non realizzino un piano di ristrutturazione dei vecchi edifici, con incentivi pubblici, che possa portare oltre che a migliorare il parco edilizio italiano, anche a creare lavoro e occupazione».



EDILIZIA

Il legno, la svolta bio dell’edilizia Nel periodo di crisi in cui verte il settore edile, le costruzioni in legno sono rimaste una sorta di nicchia protetta. A beneficiarne, anche le aziende che producono supporti in ferro per le realizzazioni. La parola ad Alberto Moretti Marco Tedeschi

e costruzioni in legno stanno avendo un successo sempre più consistente. Il legno, in ragione della valenza antisismica e della facilità con cui possono venir effettuati gli interventi se necessari, ha fatto scoprire anche al grande pubblico la possibilità di realizzare edifici (anche a più piani) energeticamente efficienti, sicuri e durevoli nel tempo. Questa svolta “bio” nell’edilizia ha influito positivamente su tutte quelle realtà che lavorano nell’ambito

L Adveco ha la sede a Cogozzo di Villa Carcina (BS) www.adveco.com

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delle costruzioni in legno. È il caso dell’Adveco, azienda che si occupa di produzione di ferramenta per coperture in legno, Un settore che, a dispetto della crisi del settore edile, sta continuando a espandersi. «Effettivamente in questo settore ci sono stati molti cambiamenti», spiega Alberto Moretti che, insieme al padre, al fratello e due cugine, gestisce l’azienda di famiglia di Cogozzo di Villa Carcina. «Stiamo incrementando il nostro fatturato e stiamo allargando la poten-

zialità commerciale. Le case in legno, così come i pergolati, sono sempre più richiesti e in tutti questi casi c’è bisogno delle staffe per la realizzazione dell’operato». Un settore, quello della ferramenta per le coperture in legno, che negli anni è cresciuto molto. «Circa trent’anni fa mio padre ha iniziato a piegare la prima “scarpettina” per l’ancoraggio delle travi in legno, ovvero degli elementi tranciati con stampo in lamiera che vengono successivamente piegati. In Italia


Alberto Moretti

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Il legno consente di realizzare edifici, anche a più piani, energeticamente efficienti, sicuri e durevoli nel tempo

siamo stati tra i primi a fare questo genere di articoli. Il settore del legno ci sta dando molte soddisfazioni, per questo stiamo cercando di ampliarlo dal punto di vista commerciale. Dalla semplice “scarpetta” abbiamo creato un pacchetto di prodotti che possono servire a chi monta tetti, a chi fa pergolati e anche a chi fa case in legno». Accanto a questo comparto, l’altra macro area in cui lavora l’Adveco, è frutto del profondo legame con il territorio. «Noi siamo nati nel contesto della Val Trompia, -spiega Moretti-, luogo dedito da sempre alla tranciatura di

metallo e tranciatura e imbuttitura lamiera». Un’attività che nel tempo si è specializzata e allargata sempre di più. «Inizialmente mio padre, insieme a mio nonno e a mio zio, svolgeva lavorazioni conto terzi. Poi, dal 1963, l’azienda si è sviluppata e abbiamo iniziato a collaborare con diversi committenti sia del settore dell’automotive che dell’elettrodomestico». L’Adveco, spiega Moretti, ha puntato molto sulla produzione. «Il fatto di essere produttori e non semplici commercianti, ci ha portato all’espansione. Nel nostro contesto territoriale, ovvero quello della Val Trompia, è

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molto importante che ci sia un’azienda che ha fatto della flessibilità una delle sue caratteristiche principali». Tra le peculiarità dell’azienda inoltre c’è l’importante adeguamento tecnologico necessario ed indispensabile per poter restare competitivi. «In un periodo come questo i maggiori investimenti devono essere assolutamente rivolti all’aggiornamento tecnologico. Il mercato richiede infatti che vengano forniti gli ordini nel più breve tempo possibile e questo può avvenire solo se si è supportati tecnologicamente con i macchinari più moderni». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 251


EDILIZIA

L’economia chiede un rinnovo dell’edilizia «Puntando su un’edilizia fatta di formazione, innovazione, ricerca e riqualificazione del patrimonio esistente, possiamo imporre una ripresa». Andrea Cortesi indica le risorse da mettere in campo per “rinnovare” l’edilizia Giulio Conti

econdo i dati presentati lo scorso aprile nel sesto Rapporto congiunturale sull’industria delle costruzioni in Lombardia, elaborato dal Centro Studi Ance e Ance Lombardia, oggi più che mai c’è un’esigenza impellente di risanare l’economia nazionale, generando occupazione sul e per il territorio, che nella sola Lombardia costituisce l’8,4 per cento del Pil

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Andrea Cortesi, amministratore della Cortesi Costruzione Srl di Romano di Lombardia (BG). Nell’altra pagina, Cascina Vione post restauro e uffici direzionali nel centro di Milano www.cortesicostruzioni.it

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della Regione e circa l’8 per cento del totale degli occupati. «Dobbiamo puntare su formazione, innovazione, ricerca e riqualificazione, con un atteggiamento positivo, con la volontà di dimostrare che nonostante le quote di mercato perse in un periodo di profonda crisi, esistono ancora prospettive per il futuro». Ad affermarlo è Andrea Cortesi, amministratore unico della società Cortesi Costruzioni. «In questi ultimi anni, nonostante la crisi che ha indebolito il settore, abbiamo comunque raggiunto gli obiettivi prefissati, guardando costantemente al futuro, ponendoci nuove sfide e traguardi sempre più impegnativi». Quali risorse si sono dimostrate nel tempo imprescindibili? «Abbiamo sempre riconosciuto l’importanza della ricerca continua e approfondita. Però tra i valori produttivi ritengo assolutamente fondamentale la disposizione di un patrimonio di risorse umane altamente qualificate nei rispettivi ambiti di competenza e di un’adeguata

dotazione di attrezzatura, la correttezza e l’assoluta solvibilità nei rapporti con i fornitori». Quale valore aggiunto si può offrire al mercato? «Correttezza, trasparenza ed etica professionale innanzitutto, che ci ha sempre permesso di creare rapporti di uguale fiducia con i nostri clienti. Competenza e determinazione hanno permesso alla Cortesi Costruzioni di essere un impresa solida e dinamica e di porsi sul mercato anche come general contractor, garantendo al cliente l’opportunità di contare su un unico interlocutore, in grado di sviluppare un intervento dalla fase di progettazione alla concreta consegna del prodotto richiesto. Con tale ruolo coordiniamo la costruzione di edifici pluriresidenziali, piccole e grandi ristrutturazioni, restauri conservativi, manutenzioni e recupero di edifici, opere di urbanizzazione e consulenze personalizzate». Quanto conta oggi la flessibilità operativa dei protagonisti di settori per un resoconto oggettivo sul mercato


Andrea Cortesi

Tra i lavori recentemente ultimati, spiccano il restauro conservativo del lotto 1 di Cascina Vione e la ristrutturazione di uffici direzionali in centro a Milano

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di riferimento? «Se ci si riferisce a una flessibilità intesa in termini di operatività diversificata il comparto odierno è flessibile per forza di causa maggiore: la crisi. Ma se si è in grado di operare su più fronti, disponendo di professionalità competenti e qualificate e attrezzature idonee, allora la flessibilità non è più un

valore tout court perché ha in sé un alto margine di specializzazione. Seguendo questa filosofia la Cortesi Costruzioni si pone sul mercato come un’impresa in grado di soddisfare varie richieste: dalle opere tradizionali relative all’edilizia civile, industriale, commerciale, alle urbanizzazione, a quelle più particolari quali la ristrutturazione completa di edifici civili e industriali, all’esecuzione di semplici e mirati interventi di finitura a servizio dei privati, con personale qualificato sempre a disposizione del cliente. In questo modo siamo in grado di soddisfare richieste di interventi da grande impresa, come richieste di piccole opere formulando preventivi dettagliati e precisi con varie opzioni di spesa così da consentire adeguate valutazioni economiche». Quali cantieri avete portato a termine di recente?

«Tra i lavori recentemente ultimati, c’è il restauro conservativo del lotto 1 di Cascina Vione sito nel Comune di Basiglio che l’ha riportata all’antico splendore, con la realizzazione anche di un rinomato ristorante e di un ampio parcheggio interrato. Tra le opere di urbanizzazione, sempre nel Comune di Basiglio, è da citare il raccordo fra la Strada Lacchiarella e Vione. Vari edifici pluriresidenziali nei comuni di Cernusco S/N, Gessate, Brugherio (MB), ristrutturazioni di pregiati appartamenti in centri storici e di uffici direzionali in centro a Milano». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 255


EDILIZIA

Gli inerti, una risorsa per il settore L’Italia è arrivata tardi a comprendere l’importanza del recupero degli scarti edili. Adesso però anche le normative favoriscono la trasformazione in nuovo prodotto di ciò che un tempo finiva in discarica. Ne parliamo con Massimiliano Donzelli Manlio Teodoro

Il geometra Pierangelo Donzelli insieme al figlio, geometra Massimiliano Donzelli. Il Gruppo Donzelli ha la sede a Milano www.gruppodonzelli.com

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oiché i rifiuti inerti provenienti dall’edilizia sono costituiti prevalentemente da materiali recuperabili – come mattoni, cemento, piastrelle e ceramiche – destinarli alla discarica costituisce di fatto uno spreco di risorse, oltre che un aggravio per l’ambiente, già deturpato dalle numerose discariche realizzate negli anni. È a partire da questa riflessione che ha scelto di organizzare la propria attività la Daf, società del gruppo Donzelli specializzata nel recupero di quelli che a torto sono considerati rifiuti edili. Ne parliamo con il portavoce del gruppo, Massimiliano Donzelli. «Il nostro gruppo, sul mercato da trent’anni, è attivo nel campo dei lavori pubblici, nei quali agisce con tre società: Daf, per la riqualificazione ambientale, Daf Costruzioni Stradali – che opera nel settore dell’edilizia a 360 gradi, realizzando demolizioni, bonifiche, scavi, urbanizzazioni e costruzioni civili e industriali e opere pubbliche – e infine S. Angelo Immobiliare, con la quale seguiamo l’edilizia residenziale». Quali fattori vi hanno per-

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messo di raggiungere la specializzazione in queste aree? «Il successo del gruppo Donzelli si basa su una lunga esperienza nel settore dell’edilizia. Questa ci ha permesso nel tempo di innovarci e di costituire un team di collaboratori sempre più preparati e motivati al raggiungimento degli obiettivi di crescita. La struttura a più società, tutte a conduzione familiare, ha dato certamente un contributo alla capillarizzazione e alla specializzazione per portare avanti progetti anche assai differenti fra loro. Negli anni, il progressivo inserimento delle nuove generazioni ha anche contribuito a mantenere la continuità di scelte e prospettive». Voi eseguite la selezione e raccolta dei rifiuti, trasformandoli poi in risorsa. Perché questo settore è cresciuto soltanto negli ultimi anni? «L’Italia non è un caso isolato all’interno della Comunità Europea per quanto riguarda la consapevolezza che gli inerti dell’edilizia siano una risorsa e non semplicemente uno scarto. Da noi


Massimiliano Donzelli

Nel settore della bioedilizia esiste sicuramente una maggiore attenzione al tema del recupero

questa consapevolezza si è formata soltanto negli anni recenti. Tuttavia c’è da segnalare che, rispetto al passato, anche le normative in campo edile sono sempre più orientate a porre l’accento sulla questione ambientale. In particolare, nel settore della bioedilizia esiste sicuramente una maggiore attenzione al tema del recupero». In che modo, nello speci-

fico, il rifiuto può diventare una risorsa? «Innanzitutto nel momento in cui non è più considerato un semplice scarto, bensì un prodotto che adeguatamente trattato può diventare sabbia vagliata, ghiaia e frantumato. La Daf, la nostra società specializzata nel recupero, gestisce un’ex cava di inerti nel comune di Busto Garolfo in provincia di Milano dove ab-

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biamo installato un impianto di trattamento e lavaggio con il quale produciamo sottoprodotti per l’edilizia. Questi sono tutti marchiati Ce a garanzia del loro riutilizzo sicuro nella bioedilizia». Quali sono le prospettive per il futuro del recupero dei materiali edili e del vostro gruppo? «Grazie al supporto normativo, gli obiettivi di un maggiore recupero si fanno sempre più positivi. Però al momento la nostra opinione è quella che la bioedilizia sia sicuramente il settore in maggiore espansione. Ci auguriamo però che in futuro sempre più aziende investano in questo campo e che l’intero mondo delle costruzioni colga l’opportunità che rappresenta il recupero. Inoltre, il nostro gruppo non si occupa soltanto di rifiuti, bensì anche di ambiente. Anche se stiamo attraversando un momento di crisi generale, le commesse non mancano. Intendiamo per questo continuare a portare avanti una politica di investimenti in nuovi macchinari e anche per rendere sempre più sicuro il lavoro in cantiere». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 257


IMMOBILIARE

Gli outlet, una boccata d’ossigeno per il retail “Segrate outlet village” e “Fashion city outlet” sono le nuove piattaforme commerciali di Milano. Dove i brand trovano nuova visibilità grazie alla partnership instaurata con gli immobiliaristi commerciali e gli esperti del retail business guidati da Gianluca Cervara Adriana Zuccaro

l calo che il potere di acquisto ha subito negli ultimi anni, ha invertito le tradizionali rotte dei consumatori. Secondo il rapporto Italia 2011 redatto dall’Istituto di studi politici, economici e sociali, infatti, a rappresentare le principali “arene” dello shopping sono ormai gli outlet che lo scorso anno hanno registrato ben il 71 per cento degli acquisti di prodotti in saldo con un aumento dello 0,4 per cento rispetto al 2010. Accessibilità logistica, congrua distanza dal centro città, location dal design accattivante, spazi d’intrattenimento ma, in primis, prodotti delle migliori griffe a prezzi ribassati. Ognuna delle prerogative che hanno concorso al boom degli outlet ha trovato nuove “casse di risonanza” alle porte di Milano grazie a Eclisse Retail e alla Segesta Immobiliare, società per azioni fondate e gestite da Giovanni Cervara e famiglia. «Oltre all’apertura di

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nuovi punti vendita in città, da diversi anni ormai ci dedichiamo alla realizzazione di outlet nell’hinterland milanese». Due esempi di tale slancio imprenditoriale sono rappresentati da “Segrate outlet village” e “Fashion city outlet” a San Giuliano. Gianluca Cervara, coordinatore delle società di famiglia, da sempre affiancato dal direttore commerciale Gianfranco Pisani, svela un’efficace strategia di sviluppo del retail business e l’apertura verso nuovi investitori e brand. Dall’immobiliarismo al retail. Come si legano e si sviluppano insieme tali realtà imprenditoriali? «La costituzione dell’Immobiliare Segesta, avvenuta nel 1970, già nel suo incipit puntava allo sviluppo di acquisizioni immobiliari non solo residenziali. Perché una volta individuate e acquistate delle aree commerciali edificabili, l’obiettivo si manifestava nella realizzazione di ca-

Gianluca Cervara, portavoce della Immobiliare Segesta e della Eclisse Retail Spa di Milano. Nelle altre immagini, l’esterno e un punto vendita del Fashion city outlet a San Giuliano (MI) realizzati dalle società del gruppo Cervara immobiliaresegesta@gmail.com www.eclissespa.com

tene di negozi multi marche, inizialmente gestite direttamente dalla Segesta. In seguito abbiamo avvertito la necessità di costituire la società Eclisse Retail preposta esclusivamente all’apertura e alla gestione di negozi mono marca quali Mandarina Duck, The Bridge, Golden Lady». A quali altri brand Eclisse Retail ha creato nuovi spazi? «Con l’esperienza imprenditoriale e professionale acquisita in anni di sfide e traguardi, entrambe le società hanno lavorato per la nota azienda Geox contribuendo fortemente a dar forte visibilità e slancio al brand, realizzando circa venti negozi nelle vie più prestigiose di Mi-


Gianluca Cervara

La scelta dei brand presenti negli outlet avviene in maniera selettiva, per evitare sovrapposizioni e concorrenza

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lano e provincia. Contemporanea e successiva alla sinergia instaurata con la Geox, si sono aggiunte collaborazioni e quindi nuove aperture di negozi per marchi importanti quali Terranova, Yamamay, Carpisa, Kasanova, Luxury Mall Fashion, Datch, Ragno, Gabel, Lanificio di Tollegno, Treesse Sport, Foot Locker, Primadonna, Del Mare 1911, Somma e CMP dei F.lli Campagnolo». Quale obiettivo non si deve perdere di vista? «Dare certezza ai partner e renderli sicuri della riuscita del loro investimento. A tal proposito Eclisse Retail fonde la specifica messa in opera e gestione di nuovi punti vendita, amalga-

mando ogni attività sottesa al progetto in un unico obiettivo commerciale: interagire con i brand più importanti, nuovi o già nostri partner, consolidando la loro presenza in nuove realtà commerciali quali gli outlet siti alle porte di Milano. Siamo dunque disponibili a interagire con nuovi investitori e brand per sviluppare e gestire nuovi punti vendita dentro e fuori degli outlet». È quindi la gestione diretta dei punti vendita il valore aggiunto del gruppo? «Considerando gli outlet quali migliori vetrine e piattaforme commerciali per ogni punto vendita mono marca, la gestione diretta di alcuni negozi

all’interno degli outlet quali Segrate e San Giuliano, diviene l’espressione di garanzia dell’investimento fatto. Senza dimenticare che ogni qualvolta realizziamo un nuovo outlet creiamo un indotto non solo per addetti alle vendite ma anche mediante le collaborazioni esterne con artigiani delle zone interessate». Come si assicura un equilibrato margine di competitività tra i negozi presenti negli shopping center? «La scelta dei brand avviene in maniera molto selettiva, per evitare sovrapposizioni di articoli con conseguente concorrenza. Si cerca sempre di mantenere un equilibrio commerciale fondamentale per la riuscita dell’operazione e lo sviluppo di ogni marchio. Anche perché i negozi presenti nei nostri outlet rispondono appieno alle caratteristiche di immagine dei punti vendita del centro città, ma con prezzi scontati tutto l’anno su collezioni attuali». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 259


MATERIALI

Un’alternativa al general contractor n milione di metri quadri di pavimentazione. È questo il numero più rappresentativo dell’esperienza sviluppata sul campo dalla Biesse di Milano, azienda a gestione familiare giunta alla seconda generazione e specializzata nella commercializzazione e posa di pvc, moquette, linoleum, parquet e pavimenti sopraelevati. «Noi amiamo la continuità del lavoro» afferma Alberto Savarola, client account e figlio del fondatore di Biesse. «Il nostro non è l’approccio gestionale del manager che punta al massimo risultato triennale – equivalente alla durata del suo incarico –, bensì guardiamo al lungo periodo, perché questo lavoro è ormai parte della nostra famiglia». In un mercato dell’edilizia nel

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Da sinistra Alberto Savarola, client account, e Giorgio Savarola, fondatore della Biesse Srl di Milano www.biessesrl.it

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Scorporare dalla formula chiavi in mano la posa della pavimentazione in pvc, moquette, linoleum o parquet permette di ottenere una maggiore qualità con la stessa spesa. Alberto Savarola spiega quali sono oggi i materiali e le tendenze per la pavimentazione di ospedali, uffici e locali commerciali Manlio Teodoro

quale si è ormai imposta la logica del general contractor, Biesse propone di scorporare la posa della pavimentazione. La formula del chiavi in mano viene percepita come la migliore soluzione dal punto di vista economico. Perché voi suggerite una proposta diversa? «Scorporare dai lavori che dovrà eseguire il general contractor la posa dei pavimenti permette al committente di avere o un risparmio economico, oppure di ottenere una migliore qualità di prodotto allo stesso prezzo. Inoltre, poiché l’opera di pavimentazione è una delle ultime fasi di una ristrutturazione o di una riqualificazione, la sua esecuzione separata non crea interferenze o sovrapposizioni con nessuna delle altre lavorazioni». Chi sono in questo momento le categorie di committenti per i quali lavorate mag-

giormente? «Negli ultimi anni il nostro core business è stato rappresentato da interventi di riqualificazione di uffici e strutture socio-sanitarie. Questo vuol dire che abbiamo lavorato molto con il pvc, che è il materiale di posa prediletto per le strutture ospedaliere e gli edifici scolastici, nei quali è richiesto un materiale antistatico e antibatterico. Nella pavimentazione degli uffici, invece, si è tornati a usare molto la moquette. La moquette, infatti, non ha più i problemi di un tempo – legati ad acari e polvere – ed è ancora una delle soluzioni migliori per gli ambienti, come gli uffici, nei quali è importante l’abbattimento acustico». Esistono delle altre significative novità a livello di materiali o tecniche di posa? «In questo momento stiamo assistendo alla richiesta sempre più insistente, da parte dei nostri


Alberto Savarola

clienti, di prodotti e tecniche di posa che rendano flessibile l’utilizzo degli spazi all’interno di un edificio. I prodotti magnetici, che non richiedono l’utilizzo di collanti, applicati a sopraelevati metallici, permettono di ottimizzare i tempi di posa e, durante il ciclo di vita di un edificio, di spostare le postazioni di lavoro anche senza l’intervento di personale specializzato. I pvc magnetici posso essere posati anche con un apposito materassino che permette l’applicazione dei medesimi anche su pavimenti esistenti, senza renderne necessaria l’asportazione. Questo fa sì che si possa rinnovare radicalmente l’estetica degli

ambienti senza interruzioni delle attività che si svolgono all’interno degli ambienti stessi.». Al di là di quelle che sono le vostre attività di core business, a quali altre tipologie di immobili si rivolgono i vostri prodotti? «Nei nostri vent’anni di attività abbiamo realizzato la pavimentazione di istituti di credito, assicurativi, catene di cinema, supermercati, uffici, scuole e altri edifici, privati e pubblici, che prevedono l’apertura al pubblico. A questa platea differente di soggetti possiamo proporre i materiali dei principali produttori italiani ed europei e garantire tempi di esecuzione degli

L’uso di pvc magnetico su materassino permette l’applicazione anche su pavimenti esistenti

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10 mln EURO

interventi anche molti ristretti in tutta Italia. Anche per questo, ci appoggiamo principalmente a fornitori localizzati nel nostro territorio e con tempi di consegna rapidi». Il settore, nei vent’anni della vostra attività, ha subito delle evoluzioni importanti? «Ci sono state evoluzioni e involuzioni. Per esempio, il lavoro negli ultimi anni è diventato sempre più spersonalizzato. A essere valutato è esclusivamente il prezzo, piuttosto che la credibilità di un’impresa o di chi ne è l’anima. Al contempo, però, naturalmente ci sono state anche delle evoluzioni in positivo. Per esempio, il fatto che riusciamo ad avere un maggiore controllo su tutte le procedure della commessa, verificando i costi in tempo reale. Questo anche grazie all’implementazione di un software – sviluppato appositamente dal nostro It manager – che ci permette di monitorare costantemente l’attività di cantiere».

Fatturato realizzato da Biesse nel 2011, azienda specializzata nella posa di pavimentazioni – moquette, Pvc, linoleum, parquet e pavimenti sopraelevati

LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 261


Serramenti, soluzioni ecosostenibili Software per la pianificazione tecnica. Circuiti di produzione automatizzati. Materiali certificati. Investimenti mirati anche all’attività promozionale. Cesare Ricchetti fa il punto sul settore serramentistico Giulio Conti

Al centro, Cesare Ricchetti presso l’ufficio tecnico della Alpar Srl di Leno (BS). Nelle altre immagini, fasi di lavoro e strutture realizzate dalla Alpar www.alpar.it

ggi un ufficio tecnico dotato di software adeguati può realizzare in breve progetti di serramenti, intere facciate o strutture specifiche e passarli direttamente ai centri di lavoro automatizzati». Sono cambiati i tempi progettuali, tecnici e di messa in opera, con un’ottimizzazione totale dei risultati. La Alpar di Cesare Ricchetti dal 1977 ha sa-

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puto catturare tutte delle novità del settore serramentistico «modernizzando ogni singola operazione svolta in fabbrica e introducendo un innovativo sistema automatizzato che con un solo operatore è in grado di lavorare la materia prima ottenendo in breve tempo il prodotto pronto all’utilizzo». Quali evoluzioni ha registrato l’uso dei materiali per serramenti? «Un tempo si lavoravano poche serie di profilati divenute progressivamente sempre più numerose, con caratteristiche diverse e innumerevoli colorazioni. Oltre alle serie in alluminio sono stati introdotti profilati in Pvc, legno-alluminio, nonché profilati speciali per facciate continue e strutture speciali. Una parentesi poi bisogna aprirla per i vetri utilizzati nei serramenti che hanno assunto un’importanza rilevante per i requisiti di insonorizzazione e di tra-


Cesare Ricchetti

L’utilizzo di vetrate molto grandi ha richiesto uno studio approfondito e specifico per superare altezze standard

smissione termica ormai basilari in ogni realizzazione. Un altro passo importante si è poi palesato in Italia con l’entrata in vigore della direttiva europea della certificazione Ce dei serramenti con la quale si garantisce un prodotto con caratteristiche specifiche e conformi a normative rigide in materia di qualità». Qual è il target produttivo verso cui oggi si spinge la Alpar? «La Alpar punta sui serramenti civili e industriali e sulle facciate continue dove la chiave del successo va ricercata nell’affermazione di tecniche costruttive e di innovazioni tecnologiche dei manufatti. È importante intercettare la sempre più presente domanda di soluzioni integrate “alternative”, ecosostenibili e determinanti per il risparmio energetico».

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Ad esempio? «I controtelai, che con l’inserimento di nuovi materiali come profili in Pvc, pellicole di tenuta aria-vapore, sigillanti polimeri, schiume poliuretaniche e nastri autoespandenti che isolano ad hoc, garantiscono prestazioni termiche molto elevate. Esteticamente poi il nuovo prodotto alluminio-legno unisce l’eleganza interna del legno e la funzionalità dell’alluminio all’esterno». Su quali opere siete impegnanti al momento? «Stiamo realizzando un moderno centro polifunzionale per conto di un importante istituto di credito. Si tratta di una struttura innovativa. L’utilizzo di vetrate molto grandi ha richiesto uno studio approfondito e specifico per superare altezze normalmente standard e insonorizzare l’edificio tra i suoi piani

con un sistema di isolamento che unisce l’alluminio al cartongesso. In un’altra opera in itinere invece, abbiamo realizzato un profilo in alluminio perimetrale alle finestre che permette l’inserimento di tende a rullo con le guide nascoste in questo profilo». E per il futuro? «Puntiamo a un approccio commerciale mirato a nuove soluzioni tecnologiche e qualitative italiane, intensificando le attività di promozione presso architetti e progettisti sensibili a questi argomenti, non solo per i serramenti ma specificatamente per facciate continue e allestimenti particolari legati al design». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 263


Mosaici di pietra Lavorare la pietra permette di realizzare pavimentazioni e muri che rappresentano progetti creativi e funzionali. Ne parliamo con Luciano Lancerotto Marco Tedeschi

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a pietra è un elemento naturale, di facile inserimento in ogni ambiente e inattaccabile da qualsiasi agente esterno. I lavori di pavimentazione e i rivestimenti in pietra mettono insieme la praticità racchiusa nel progetto e una creatività che emerge dai disegni della composizione. «Praticità e creatività sono due componenti che viaggiano di pari passo. Una pavimentazione in pietra offre infatti un minor dispendio di energie per essere mantenuta in buono stato e una facciata vestita in pietra non necessita di nessun tipo di manutenzione o ripristino; creatività perché, con l’avvento di pietre provenienti dal mer-

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Luciano Lancerotto

cato estero, unite a quelle del mercato nazionale, possiamo eseguire pavimentazioni e rivestimenti senza limiti di fantasia». Luciano Lancerotto presenta in questo modo l’azienda che dagli anni settanta si occupa di commercializzazione e posa in opera di pietre. Uno degli ultimi lavori riguarda la pavimentazione della piazza di Boffalora Sopra Ticino. «Nel caso del lavoro della piazza di Boffalora Sopra Ticino, il nostro intervento è stato radicale; siamo partiti dalla semplice delimitazione dell’area di cantiere in base alle normative vigenti per poi passare allo sbancamento dell’intera zona e alla realizzazione di tutte le reti di scolo, degli impianti elettrici e dei pozzi perdenti. Infine abbiamo realizzato il sottofondo in calcestruzzo e dopo queste fasi di lavoro di preparazione siamo partiti con le pavimentazioni in pietra realizzate con l’abbinamento di cubetti di Luserna, ciottoli di fiume 6/8 e lastre di granito rosa di Baveno 30x60». Le varie fasi di lavoro per realizzare una pavimentazione e

L’ambiente dove verrà realizzata l’opera è un fattore di primaria importanza per la scelta del materiale e anche per il tipo di realizzazione

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un rivestimento di pareti e facciate sono molteplici. «Le fasi lavorative – prosegue Luciano Lancerotto - variano da cantiere a cantiere in base alle richieste e in base alla tipologia di lavoro. Normalmente però la scelta della pietra è il primo passo; a questa segue poi la fase del sopralluogo per la verifica dei piani e delle zone da pavimentare o da rivestire». Molto spesso le pavimentazioni che si creano corrispondono a dei veri e propri mosaici in cui emergono disegni, striature di diverso colore e pietre differenti. Per queste pavimentazioni particolari e artistiche l’azienda di Turbigo segue dei criteri che si basano sulla zona in cui verrà realizzato il lavoro. «Se non ci sono progetti particolari proposti da tecnici esterni, siamo noi in base alle richieste del commit-

tente e alla nostra esperienza a progettare e poi realizzare il lavoro». Il luogo è basilare per la scelta del materiale. «L’ambiente dove verrà realizzata l’opera è un fattore di primaria importanza per la scelta del materiale e anche per il tipo di realizzazione, visto che in molti casi ci viene indicata la scelta di materiali lapidei cosiddetti del luogo». Il lavoro di pavimentazione nasce anche e soprattutto dalla collaborazione con architetti e ingegneri. «Questa cooperazione – conclude Lancerotto– viene portata avanti nel modo più trasparente possibile per quel che riguarda lo scambio di idee sui materiali nuovi e vecchi. Cerchiamo sempre di affiancare professionisti ed esperti che si confronteranno sulle scelte e sulle varie fasi progettuali».

Nelle immagini, lavorazioni realizzat dalla Lancerotto Luciano di Turbigo (MI) www.lancerottoluciano.it

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TURISMO

Visibilità e comunicazione, leve dell’ospitalità Non c’è tregua per il comparto turistico italiano. Le previsioni per il 2012 continuano a essere caratterizzate dal segno meno e gli addetti ai lavori chiedono al governo più sostegno. Renzo Iorio spiega perchè oggi è fondamentale lavorare sulle motivazioni e non sulle politiche tariffarie Elisa Fiocchi l primo trimestre del 2012 si è chiuso con il segno meno per l’industria alberghiera. È quanto emerge dai dati riportati dalla società di ricerche Res Str Global che ha analizzato le performance delle strutture ricettive delle principali città italiane in confronto al trend dell’anno precedente. A causare una netta contrazione dei ricavi per l’economia turistica nazionale non è stato solo il forte calo della domanda interna ma anche gli effetti di una politica tariffaria applicata con forti ribassi dei prezzi nei periodi di bassa stagione. «Una strategia sbagliata – sostiene il presidente di Federturismo Confindustria Renzo Iorio – perché le tariffe italiane sono sostanzialmente allineate a quelle di altre destinazioni e oggi non è per

I Renzo Iorio, presidente di Federturismo Confindustria e amministratore delegato di Accor Italia

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qualche euro in più o in meno che il turista cambia la scelta del proprio viaggio». Oltre alla componente domestica, le preoccupazioni delle associazioni di categoria si concentrano anche su quella internazionale, che aveva sostenuto l’andamento del 2011 e che oggi non sta più offrendo quell’apporto sufficiente a recuperare i margini, con conseguenze evidenti sui ricavi medi per camera. Solo Varese (+22,4%), Udine (+12,1%), Torino (+8,8%) e Napoli (+2,8%) hanno registrato un incremento delle presenze negli alberghi, mentre il tasso è rimasto stabile a Roma ed è calato a Milano (-2,3%), Venezia (5,1%), Mestre (-6,3%), raggiungendo picchi negativi e anche vistosi a Padova (-13,4%) e Lecce (-15,6%). Le previsioni per la stagione turistica 2012 non sembrano incoraggianti. L’Italia si trova a fronteggiare una nuova battuta d’arresto e con quali ripercussioni sull’economia

turistica? «Sicuramente non sono dati positivi perchè interrompono in modo evidente quella ripresa di ciclo registrata alla fine del 2010 e all’inizio del 2011 e che aveva portato a recuperare, seppur in modo molto parziale, la flessione grave che dal 2007 in avanti aveva fatto scendere di oltre il 20% il livello di presenze nei nostri alberghi. Da settembre 2011, la curva si è presentata nuovamente piatta e purtroppo, in particolare nel mese di aprile, ha segnato una flessione al ribasso». Come vanno interpretati questi dati nel lungo periodo? «Ci troviamo dinanzi a un segno meno che si sta strutturando e che è legato al calo della domanda interna; però la componente estera, che l’anno scorso aveva sostenuto la leggera crescita del comparto, ha segnato in aprile una flessione importante e anche in maggio non si registrano segnali incoraggianti. Si prospetta dunque


Renzo Iorio

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I primi quattro mesi del 2012 sono allineati al dato dell’anno scorso, aprile invece segna un arretramento del fatturato del 2%: una visione nella quale è lecito attendersi che il tasso di flessione si trascini per tutto l’anno

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un anno che, se già partiva con l’obiettivo di allinearsi all’anno precedente, oggi invece va interpretato al ribasso. In particolare, i primi quattro mesi del 2012 sono allineati al dato dell’anno scorso ma col mese di aprile che segna un arretramento del fatturato del 2%: una visione nella quale è lecito attendersi che il tasso di flessione si trascini per tutto l’anno, con una riduzione dei fatturati dell’1/2% rispetto al 2011». Come giudica l’andamento della domanda estera che nel 2011 ha sorretto il comparto turistico nazionale? «Per il momento i segnali di prenotazioni si mantengono stabili ma la crisi, o i timori di una crisi economica a livello europeo, sono sempre presenti, anche se la contrazione della capacità di spesa in alcuni paesi fortunatamente non è così forte come in Italia». E come valuta questi dati in vista della stagione estiva alle porte? «In questo momento appare ferma per quanto concerne le

prenotazioni della clientela domestica, che arriverà più sotto data, mentre fortunatamente tengono meglio i flussi di origine internazionale. Nei nostri alberghi regge la domanda nord europea, abbastanza bene la domanda russa e anche la clientela americana. Ma si tratta, comunque, di una situazione a macchia di leopardo con aree di maggiori difficoltà o per singoli mercati. Tra i settori, si conferma in difficoltà il balenare puro mentre le aree con destinazione mista, ad esempio mare cultura, sport e percorsi enogastronomici, tengono meglio con una maggiore selezione del mercato. Si conferma anche quel fenomeno di radicalizzazione per cui l’alto di gamma e l’economico si difendono meglio del medio di gamma». Il primo trimestre 2012 ha segnato un calo generalizzato dell’occupazione delle camere nel nostro paese: quanto questi dati sono il riflesso della crisi e quanto di strategie turistiche poco efficaci? «Io credo molto nella capacità di

riuscire a comunicare l’attrazione che il nostro paese può avere a livello internazionale. Però oggi bisogna lavorare molto di più sulla motivazione anziché sull’abbassamento forte dei prezzi. Le tariffe italiane sono sostanzialmente allineate alle altre destinazioni e non è per qualche euro in più o in meno, che il turista decida di cambiare il proprio viaggio. Per contro, sono importanti le motivazioni forti e le rassicurazioni che sarà in grado di fornire il paese. Mi riferisco ad operazioni di visibilità internazionale come recentemente lo sono stati i temi della Coppa America a Napoli e Venezia e ad un efficace lavoro sulla comunicazione dell’immagine del paese Italia all’estero. Queste strategie possono aumentare l’attrazione di chi non ha ancora deciso una destinazione e magari, anche le percezioni di rischio di crisi maggiore rispetto a un mercato come la Grecia, che è un concorrente del mercato estivo italiano, possono favorirci in qualche misura». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 269


TURISMO

La forza dell’accoglienza italiana Il ruolo di traino dell’industria dell’ospitalità per l’intero sistema produttivo nazionale si conferma anche in un 2011 in cui la maggior parte dei settori ha invece segnato il passo. Flavia Coccia analizza le dinamiche e le nuove tendenze del settore turistico Giacomo Govoni

l fascino del Belpaese non tramonta neppure in tempi di stagnazione economica. La fotografia dettagliata del movimento dell’ospitalità nazionale scattata nel 2011 e divulgata lo scorso marzo da Isnart, società di ricerca interna al sistema camerale, fa registrare una sostanziale stabilità dell’industria italiana del turismo, frutto di un primo semestre altalenante sotto il profilo delle vendite, di un andamento positivo in estate e una lieve flessione in chiusura d’anno. Merito delle imprese ricettive, che hanno saputo allineare la politica tariffaria alla delicata congiuntura e dell’indiscussa forza delle destinazioni italiane. «Una valutazione positiva – rileva Flavia Coccia, direttore operativo di Isnart – che cresce grazie a giudizi migliori da parte dei turisti stranieri che nel 2011 asse-

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Sopra, Flavia Coccia, direttore operativo di Isnart

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gnano un 8,2 all’offerta turistica italiana, rispetto all’8 del 2010». Indagini alla mano, quali nuove motivazioni concorrono a determinare la scelta del nostro Paese come meta turistica? «Tra le ragioni che hanno portato i turisti alla vacanza in Italia si riscontrano differenze nette tra i mercati. Il 23,7% degli italiani è motivato dalla ricerca di relax, il 22,1% dalle bellezze naturali del luogo, il 20,6% dall’ospitalità di amici e parenti e il 14,4% dalle possibilità di divertimento offerte dalla destinazione; segue il desiderio di vedere un luogo mai visto, il possesso della casa nella destinazione di vacanza, la vicinanza e la possibilità di praticare sport. Per quanto concerne gli stranieri, il 27,2% sceglie le nostre destinazioni per le bellezze naturali, il 24,7% perché

luoghi ideali per il riposo, il 23% per il desiderio di vedere un posto mai visto e il 15,1% per la ricchezza del patrimonio artistico e monumentale; segue la ricerca di divertimenti, l’ospitalità di amici e parenti, il desiderio di conoscere usi e costumi della popolazione». In quali aspetti la nostra industria dell’accoglienza denuncia dei limiti? «In un range tra 1 e 10, nel 2011 il giudizio medio dei turisti italiani e stranieri sulla vacanza in Italia è pari a 8, risultato di un voto medio pari a 7,9 per i turisti italiani e 8,2 per gli stranieri. Praticamente tutte le voci di offerta beneficiano di una valutazione migliore: ottiene 8,3 la qualità del mangiare e bere, 8,2 all’ospitalità della gente e alla pulizia dell’alloggio e 8,1 all’accoglienza nelle strutture di alloggio. Migliorano rispetto al 2010 so-


Flavia Coccia

prattutto i giudizi stranieri sulle informazioni turistiche, passati da 7,6 a 8 e sull’offerta culturale, da 7,7 a 8,1». Dove si raffredda in particolare il gradimento? «Rispetto alle aspettative dichiarate dai turisti, sebbene proprio l’area prodotto mare soddisfi le prime due aspettattive di ospitalità e del mangiar bene, lascia a desiderare nei giudizi sull’offerta di intrattenimento, giudicata importante dal 28,2% dei turisti e sul rispetto per l’ambiente, necessario per il 26,3% dei turisti. Sempre nel confronto tra aspettative ed esperienza di vacanza, risulta relativamente basso il giudizio sull’offerta di intrattenimento in città». Quali turismi di nicchia promettono di più nei prossimi 3-5 anni e in quali l’Italia potrà misurarsi come protagonista? «Dai dati è evidente quanto il

turista sempre di più acquisti prodotti complessi, meno generici e piuttosto che una vacanza al mare ricerca una vacanza eco-ambientale in un parco marino, oppure non sceglie il “prodotto neve” ma richiede il prodotto snowboard su piste “halfpipe” e servizi connessi come noleggio, abbigliamento, locali di intrattenimento, esperti. Così come nell’acquisto di un bene o servizio, il processo decisionale dei turisti nella scelta della destinazione di vacanza è costituito da varie fasi». Quali? «Il turista percepisce il bisogno di vivere un’esperienza di vacanza e inizia a fare delle valutazioni, si informa sulle varie alternative a sua disposizione, fa mente locale sul budget di spesa e sui periodi in cui svolgerla e poi prende una decisione. Tale processo può essere più o meno articolato in base

alle esigenze del turista che nella maggior parte dei casi si affida al consiglio di amici e parenti, alla propria esperienza personale o a canali di reperimento di informazioni quali il web o il circuito dei viaggi organizzati». Ai fini della scelta turistica, in che misura è cresciuta l’importanza del web e quanto l’offerta turistica italiana è competitiva in questa “materia”? «A testimoniare la forza del web è il dato relativo ai turisti. Tra le modalità di organizzazione e prenotazione del soggiorno, infatti, il 41% della clientela presente nelle strutture ricettive nel 2011 ha utilizzato internet, rispetto al 35,2% del 2010. In Italia, 8 imprese ricettive su 10 sono presenti sul web e circa il 48% permette la prenotazione attraverso i sistemi di booking online. Inoltre ben il 33,3% è LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 271


TURISMO

Nel confronto tra aspettative ed esperienza di vacanza, risulta relativamente basso il giudizio sull’offerta di intrattenimento in città

presente sui social network, in euro al 38,3% che hanno sog- parte di questa tipologia di tunotevole aumento rispetto al 19,8% dello scorso anno. Tuttavia, il rovescio della medaglia indica un 20% di imprese ancora non presenti on-line e ben più della metà del comparto ricettivo italiano che utilizza internet come semplice, e ormai superato, strumento di visibilità, senza affiancarlo alla possibilità di acquisto e prenotazione». Alla luce dei recenti provvedimenti fiscali, che evoluzione si attende nell’uso delle seconde case nel turismo? «Nel 2011 la stima dei consumi turistici nelle destinazioni italiane conta un totale di 69,3 miliardi di euro, dovuti per 42,7 miliardi di euro alle spese del 61,7% dei turisti che hanno utilizzato strutture ricettive e per 26,5 miliardi di

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giornato nelle abitazioni private. La conseguenza auspicabile dei provvedimenti fiscali, quindi, è un fenomeno di emersione del sommerso. Prendiamo il caso della Liguria, in cui dei 50 milioni di presenze stimate per il turismo delle cosiddette “seconde case”, basterebbe far emergere 1/4 del fenomeno per raddoppiare le presenze che oggi si contano nelle imprese ricettive». Quanto la possibilità di intessere relazioni d’affari rimane ancora una “calamita” per attirare il turista straniero nelle nostre strutture ricettive? «Anche il turismo internazionale legato ai movimenti d’affari subisce la contrazione economica che investe il sistema mondiale. Certo, la scelta da

rista di una ricettività a 4 e 5 stelle, fa sì che questo segmento riceva il miglior biglietto da visita della nostra offerta turistica. È altresì vero che la capacità del nostro sistema alberghiero di adeguarsi alla contrazione dei consumi è più evidente proprio in questa categoria di hotel, che ha saputo mantenere il ruolo di calamita verso i mercati stranieri grazie a prezzi più elastici combinati a una maggior attenzione ai servizi al cliente. Ad esempio, nel 2011 i prezzi per una camera doppia nei 4 e 5 stelle variano più che in altre categorie: calano nei trimestri di bassa stagione e aumentano nel trimestre primaverile, con tariffe che vanno dai 115 euro del primo ai 143,43 euro del trimestre estivo».


Bernabò Bocca

Un tavolo comune per rilanciare il settore Gli esiti dei primi ponti primaverili e delle festività di Pasqua annunciano scenari difficili per il turismo italiano. Secondo Bernabò Bocca, «la situazione è di stallo e pertanto serve una risposta immediata dalle istituzioni» Elisa Fiocchi a lenta ripresa del comparto turistico nazionale, iniziata nel gennaio 2010 dopo due anni di trend negativo sta segnando nuovamente un preoccupante appiattimento economico che dura dal mese di settembre del 2011. E’ il target medio di clienti quello più costretto a ridurre il budget ed i giorni di vacanza, mentre sono i viaggi di lusso oggi a battere la crisi economica e a trascinare con un segno positivo gli indici di occupazione delle camere. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, analizza le criticità del momento con un’attenzione particolare ai provvedimenti avanzati dalle istituzioni, compresa l’eventualità che il governo sopprima il Dipartimento per il turismo che verrebbe sostituito da un ufficio collocato presso il ministero per gli Affari regionali. «Sono contrario, è impensabile che l’Italia non abbia una sede istituzionale di sintesi per analizzare le problematiche del settore ed un esponente del

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governo che ci rappresenti in sede europea». Il ministro Piero Gnudi ha affermato che nei prossimi dieci anni il turismo potrebbe dare un contributo al Pil fino al 18%, con la possibilità di creare 1,6 milioni di nuovi posti di lavoro. «Compito del Ministro è avanzare proposte per raggiungere l’obiettivo, compito delle categorie di settore sostenere tali iniziative partendo dal presupposto che il primo cliente da incentivare è l’italiano stesso, che comunque rappresenta col 60 per cento di presenze annue il primo cliente delle nostre strutture, guardando poi a tutti i nuovi mercati emergenti quali Brasile, Russia, India e Cina». Sono stati circa 6,2 milioni gli italiani in vacanza durante il ponte del 1° maggio. Quali previsioni sono state elaborate per la stagione estiva in arrivo? «Al momento non disponiamo di dati previsionali, impossibili da ottenere in una fase storica come l’attuale caratterizzata da

grande incertezza economica e da ampia volatilità decisionale. Ciò di cui disponiamo sono alcuni indicatori a consuntivo di periodi quali le settimane bianche e Pasqua o i ponti del 25 aprile e del 1° maggio che hanno tutti offerto risultati negativi e che potrebbero preludere ad un’estate molto difficile per la componente italiana». Quali passi sono stati compiuti per favorire il confronto tra Governo, Parlamento e Sindacati? «Purtroppo la situazione è di stallo. Abbiamo evidenziato la grave crisi che sta colpendo anche i nostri collaboratori, con ridimensionamenti forzati degli organici e inoltre sollecitato l’istituzione di un tavolo congiunto di confronto ed analisi, ciò nonostante, non ci è stata fornita ancora nessuna risposta. Ritengo pertanto necessario rilanciare l’esigenza di sederci insieme per capire quali soluzioni possano essere adottate per aiutare le imprese e di conseguenza i lavoratori».

Sopra, Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi

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RISPARMIO ENERGETICO

Smart grid, ecco la rete intelligente per l’Expo 2015 Enel installerà alcune delle più moderne tecnologie e s’occuperà anche dell’illuminazione led. «La più grande opportunità sarà far comprendere al visitatore come l’energia elettrica pervada ogni angolo della nostra quotidianità» afferma Livio Gallo Elisa Fiocchi

n qualità di smart energy partner di Expo 2015, Enel realizzerà una rete intelligente e un sistema di illuminazione pubblica ad alto valore innovativo per un investimento complessivo di 15 milioni di euro. «Tali tecnologie includono i più moderni sistemi per la gestione e il controllo della rete elettrica, per l’integrazione della generazione distribuita da fonti rinnovabili fino ad arrivare ai sistemi di accumulo dell’energia elettrica». È in tal modo che il principale fornitore di energia elettrica del

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nostro Paese costruirà il centro di controllo di una città intelligente, come illustra Livio Gallo, direttore della divisione infrastrutture e reti di Enel, e promuoverà un’edizione e bassissimo impatto ambientale ed eco-sostenibile grazie a un finanziamento di sette milioni di euro per la costruzione di una rete di pubblica illuminazione basata sulla tecnologia led. Quali infrastrutture di ricarica elettrica consentiranno ai visitatori di muoversi all’interno dell’Expo utilizzando veicoli a zero emissioni? «Abbiamo sviluppato una gamma completa di infrastrutture e sistemi di ricarica dei veicoli elettrici con l’impegno di creare non solo una rete capillare per la ricarica dei veicoli elettrici, ma anche di innovare continuamente proponendo sempre soluzioni e servizi all’avanguardia, anche a bordo macchina. Pertanto, all’Expo 2015 Enel presenterà i nuovi

prodotti e servizi, tra i quali anche le infrastrutture per la ricarica rapida a corrente alternata dei veicoli elettrici». Come valuta l’attuale offerta infrastrutturale presente sul territorio nazionale predisposta per una mobilità a impatto zero? «Siamo impegnati nel creare una rete per la ricarica dei veicoli elettrici su tutto il territorio nazionale. Già a partire dal 2009 abbiamo testato sul campo un sistema di punti ricarica pubblici e privati con il progetto e-Mobility Italy, in collaborazione con DaimlerSmart, coinvolgendo cento clienti a Roma, Pisa e Milano. Da quell’esperienza è scaturita una diffusione sul territorio nazionale: in primis in Emilia Romagna, con le città di Bologna, Reggio Emilia, Rimini, Piacenza, Cesena, Ferrara, Forlì, Ravenna, e grazie a un accordo con la società Hera, che ha adottato la nostra stessa tecnologia


Livio Gallo

anche a Imola e Modena. Inoltre, abbiamo progetti in corso a Perugia, Bari e Genova, oltre alla sigla nell’aprile scorso di un importante protocollo con Roma Capitale e Acea per l’installazione di ulteriori duecento strutture nella città eterna, interoperabili tra loro. Come Enel intende procedere nel futuro? «Siamo pronti e disponibili a realizzare ulteriori installazioni pubbliche e private, seguendo l’andamento del mercato dei veicoli elettrici, al momento allo stadio iniziale, seppur assai promettente. La rete di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici, infatti, deve essere adeguata ma non sovradimensionata rispetto alle reali necessità dell’utenza: da un lato per non creare stazioni inutilizzate, con effetti controproducenti, dall’altro per installare progressivamente dei punti di ricarica sempre più evoluti tecnologicamente». La partnership con Expo 2015, quale opportunità rappresenta per Enel e quali nuovi modelli di sviluppo energetico - ma anche alimentare, ambientale ed urba-

nistico - rientrano nella strategia di dare vita a una nuova era elettrica nel nostro Paese? «La più grande opportunità data dall’Expo 2015 sarà quella di far comprendere al visitatore come l’energia elettrica pervada ogni angolo della nostra esperienza quotidiana e come l’intero sistema energetico sia articolato, in particolare all’interno di una smart grid. Il visitatore, attraverso applicazioni di realtà aumentata per dispositivi portatili, avrà la possibilità di capire come i flussi energetici si muovano all’interno della smart grid dell’Expo 2015: dalla generazione distribuita da fonti rinnovabili ai sistemi di controllo della rete, dall’illuminazione pubblica ai sistemi di accumulo dell’energia, fino ad arrivare alla ricarica dei veicoli elettrici. Inoltre, potrà comprendere l’importanza di determinate tecnologie e la necessità di introdurle per garantire una de-carbonizzazione del sistema energetico a beneficio dell’ambiente e dell’intera comunità». Come stanno rispondendo le aziende impegnate negli ambiti della tecnologia e delle infrastrutture e quali sono i

principali ostacoli tecnico-culturali che rallentano lo sviluppo della mobilità a impatto zero nel nostro Paese? «La tecnologia è in costante evoluzione e già oggi le vetture elettriche hanno raggiunto livelli di autonomia interessanti - per alcuni modelli anche 200 km - in grado dunque di dare prestazioni analoghe alle macchine a combustione per percorsi importanti ma non ancora illimitati. L’evoluzione delle batterie e le infrastrutture ricarica rapida daranno un contributo importante all’ulteriore sviluppo del settore. Gli ostacoli principali sono dunque di natura economica, dato l’elevato costo dei veicoli elettrici rispetto a quelli tradizionali, e la mancanza nel nostro paese di una adeguata politica di incentivi , economici, normativi e amministrativi (come parcheggio gratuito e accesso alle Ztl), per supportare l’acquisto di veicoli a zero emissioni. Ciononostante l’interesse dei cittadini, delle aziende per le loro flotte, delle Amministrazioni Pubbliche è notevole e molte iniziative territoriali stanno sostenendo con forza i primi passi del mercato».

In apertura, Livio Gallo, direttore della divisione infrastrutture e reti di Enel

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RISPARMIO ENERGETICO

Nuovi incentivi per la mobilità elettrica Secondo il deputato Agostino Ghiglia, «se lo Stato ci crederà anche per i cittadini il veicolo elettrico diventerà una realtà e un’opzione d’acquisto, non soltanto una suggestione» Elisa Fiocchi

Italia si prepara a una vera e propria rivoluzione della mobilità sostenibile, che prende le mosse da tre proposte di legge avanzate dai parlamentari Andrea Lulli (Pd), Agostino Ghiglia (Pdl) e Giuseppe Scalera (Pdl) oggi raccolte in un testo unico di quindici articoli su cui è previsto uno stanziamento di 420 milioni in tre anni a partire dal 2013. La norma si pone l’obiettivo di sviluppare e potenziare la mobilità elettrica nel nostro paese attraverso un programma di interventi strutturali che vanno dalle stazioni di ricarica agli incentivi per l’acquisto dei veicoli elettrici. Ad esempio, chi ne compra uno in Italia, anche in leasing e a fronte di una rottamazione, otterrà il prossimo anno un contributo fino a 5mila euro per i veicoli che producono emissioni inqui-

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nanti non superiori a 50 grammi a chilometro di anidride carbonica e fino a 1.200 per un'emissione tra i 50 e i 95 grammi di Co2. Un bonus destinato a scendere a 4mila e mille euro nel 2014 e fino a 3mila e 800 euro nel 2015. All’interno del testo adottato dalle commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera, si legge anche dell’obbligo, per gli edifici nuovi e per quelli in fase di ristrutturazione, di essere dotati di stazioni e reti di ricarica per garantire su tutto il territorio i livelli minimi di accessibilità al servizio. Tra le novità sono presenti azioni di sostegno alla ricerca tecnologica, la previsione di tariffe promozionali di energia elettrica e gas per incentivare il mercato e l’istituzione di un osservatorio nazionale sulla mobilità sostenibile presso il ministero dell’Ambiente che, oltre a pre-

sentare un rapporto annuale sulle attività svolte, avrà il compito di monitorare le condizioni di realizzazione e di sviluppo delle reti infrastrutturali di ricarica, esaminare le problematiche connesse all’utilizzazione e promuovere iniziative coordinate, anche in collaborazione con associazioni, rappresentanze dei consumatori ed enti pubblici. Agostino Ghiglia, capogruppo del Popolo della Liberà nella Commissione ambiente della Camera, introduce il nuovo disegno di legge. La sua proposta, sotto-


Agostino Ghiglia

scritta da 170 parlamentari, quali principali interventi strutturati prevede sul territorio nazionale per lo sviluppo della mobilità a zero emissioni? «La mia proposta è stata inserita in un testo unico che nei prossimi giorni verrà licenziato dalla commissione competente della Camera e liberato per l’Aula che prevede tre direttrici: incentivi per l’infrastrutturazione elettrica per veicoli elettrici e plug-in e una serie di modifiche al codice civile per quanto riguarda il cosiddetto “diritto alla presa”, oltre alla previsione di un osservatorio sulla mobilità e a un piano nazionale sull’infrastrutturazione elettrica». Cosa rappresenta questo ddl nell’ottica di un piano di sviluppo strutturato della mobilità elettrica in Italia? «Quando questa legge verrà approvata finalmente il mercato della mobilità elettrica, mobilità pulita ed eco sostenibile potrà decollare anche in Italia come già sta avvenendo in altri paesi. Se lo Stato ci crederà, anche per i cittadini il veicolo elettrico di-

venterà una realtà e un’opzione di acquisto e non soltanto una suggestione». Quale contributo è atteso da parte di governo, enti locali, produttori e fornitori, distributori energetici nel porre le condizioni necessarie affinché la legge crei in tempi brevi i presupposti per lo sviluppo del mercato elettrico in Italia? «Lo Stato mette a disposizione risorse, gli enti locali dovranno agevolare la mobilità elettrica, ad esempio con facilitazioni per gli ingressi dei veicoli elettrici nelle aree a transito limitato e i produttori dovranno fare la loro parte assieme ai fornitori di energia per creare le condizioni di una competizione virtuosa che porti a un’equiparazione dei costi dei veicoli elettrici con quelli ad idrocarburi». Come questa legge si sposa con provvedimenti di alcuni governi europei che hanno già varato piani in favore della mobilità elettrica? «È una legge che contiene molti punti di sintonia con altre legislazioni europee - ad esempio quella francese - che,

tuttavia si concentrano più su meccanismi di incentivazione all’acquisto che su un approccio globale alla mobilità elettrica mentre, nel nostro caso, si coinvolgono tutti i soggetti interessati: dal governo ai produttori, fino ai consumatori». E su quali aspetti bisognerà ancora lavorare per favorire nuovi modelli di sviluppo energetico nel nostro paese, assicurare importanti investimenti per le infrastrutture di ricarica e garantire l’impegno delle aziende pubbliche e private nell’acquisto di veicoli a zero emissione? «Le Camere stanno attualmente approfondendo un altro provvedimento sugli spazi verdi urbani che prevede, a carico dei fornitori territoriali di energia, la possibilità di installare dei punti di ricarica nelle città. Ai produttori sta il compito di rendere il mercato, ancora potenziale, dei veicoli elettrici appetibile e sostenibile per tutte le tasche. Agli enti locali invece, il compito di favorire, incentivare ed agevolare la mobilità pulita nei centri urbani».

In apertura, Agostino Ghiglia, capogruppo del Popolo della Libertà in Commissione ambiente della Camera dei deputati

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RISPARMIO ENERGETICO

L’elettrico rivoluziona il mercato dell’auto Nuove tecnologie e nuove formule finanziarie che agevolano la transizione dal motore a scoppio a quello elettrico. È una soluzione per rilanciare un mercato che, come osserva Giorgio Paglini, è in forte flessione Iolanda Franchi

e risente l’ambiente, provato da emissioni inquinanti sempre più abbondanti e da risorse naturali in progressivo esaurimento, e ne risentono le tasche dei cittadini, sulle quali gravano costi di gestione elevati e caro-carburante incontrollabile, che hanno generato uno scenario economico di settore molto preoccupante per gli operatori. Il mercato dell’auto è in crisi e la novità che potrebbe risollevarlo è proposta dallo sviluppo delle nuove tecnologie applicate, quella elettrica in particolare. Giorgio Paglini, titolare dell’omonima concessionaria Renault e Dacia che copre il territorio varesino, crede molto in questa soluzione: «La casa madre ha investito molto sul progetto Zero Emissioni. Basti pensare che per attuarlo sono stati stanziati ben quattro miliardi di euro». Il marchio francese d’altra parte non è nuovo a questo tipo di operazioni:

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«Già in passato Renault ha inventato dal nulla nuovi segmenti, come quello del monovolume, nato con l’Espace. Certo, innovazioni di questa portata comportano sempre un margine di rischio elevato, ma sono convinto che l’alimentazione elettrica sia il futuro della mobilità». Nello specifico, il gruppo francese propone quattro modelli: un veicolo commerciale, una vettura segmento C, un quadriciclo – la Twizy – e un minibus. Per la fine del 2012 è previsto inoltre l’arrivo di un’altra vettura elettrica, la berlina compatta Zoe. «La novità rispetto alla concorrenza – prosegue Paglini – è che non vendiamo le batte-

rie ma le noleggiamo. La batteria incide molto sul prezzo complessivo: quella di un’automobile media costa circa 8.000 euro. Noi siamo riusciti a proporre un prezzo di listino della vettura identico a quello delle auto tradizionali, perché la batteria viene noleggiata con il criterio del chilometraggio dichiarato, in base al quale si paga un canone che va dai 50 ai 70 euro al mese. Questo viene metabolizzato molto meglio dal cliente, che non ha l’impatto dei costi iniziali molto elevati, che possono arrivare, per marche che non hanno utilizzato questa politica, anche a 35.000/40.000 euro». Per quanto riguarda le vetture tradizionali a motore

La G & G Paglini Spa ha sede a Olgiate Olona (VA) www.paglini.it


Giorgio Paglini

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Le innovazioni comportano sempre un margine di rischio elevato, ma sono convinto che l’alimentazione elettrica sia il futuro della mobilità

termico, le soluzioni che permettono di rendere più accessibile il prezzo d’acquisto sono una leva ampiamente utilizzata per cercare di rilanciare il mercato: «Oggi l’utente, il privato o l’azienda, dispone di un’ampia serie di incentivi, dai finanziamenti agevolati, a volte addirittura a tasso zero, alle campagne di supervalutazione dell’usato, fino ai premi a fonte di vetture da rottamare. Addirittura queste soluzioni vengono personalizzate in base alla clientela o al segmento di auto che si desi-

dera acquistare. Senza contare le promozioni commerciali delle singole case». Per quanto riguarda le aziende, il marchio francese ha proposto un piano che abbandona il concetto stesso di acquisto della vettura: «Renault Business Lease è il programma di noleggio a lungo termine di Renault Italia. Il vantaggio è che anziché procedere all’acquisto, si paga solo l’utilizzo, integrato da una serie di variabili che determinano le condizioni contrattuali, come sono il tempo, la percorrenza e altri servizi facoltativi, per esempio il cambio gomme a chilometri o a consumo. Poi ci sono il bollo, l’assicurazione, i programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria; ognuno definisce le proprie esigenze e in base a esse viene creato un conteggio su misura». Un altro vantaggio di questo tipo di soluzione è che alla scadenza dei termini l’azienda può decidere se ridurre o mantenere invariato il proprio parco mezzi,

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adattandolo alle esigenze del momento. «Il vero punto di forza di questo piano è che mette la clientela in grado di programmare con assoluta precisione tutte le spese legate alla mobilità, mettendosi al riparo da costosi imprevisti». Paglini conclude con una veloce panoramica sulla situazione attuale del mercato: «Disponiamo dei dati nazionali che analizziamo mettendoli a confronto con la nostra zona operativa – quasi tutta la provincia di Varese. Devo dire che nel nostro caso, riferendomi quindi a RenaultDacia, rispetto al quello che si registra a livello nazionale, il calo è molto più contenuto – nell’ordine dei quattro o cinque punti percentuale – nel territorio in cui operiamo. Va inoltre rilevato che, fra le due marche, quella che fa segnare i risultati migliori è Dacia: proponendo una gamma di vetture che più si addice alle esigenze degli utenti, soprattutto sotto l’aspetto prezzi». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 281


GESTIONE ENERGIA

Districarsi nel mercato dell’energia Sono sempre più numerosi gli operatori presenti nel mercato libero dell’energia. Affinché una possibilità di risparmio non si trasformi in un boomerang, i cittadini hanno bisogno di ricevere un’informazione completa e trasparente. L’analisi di Domenico Piazzini Guido Puopolo al 1 luglio 2007 anche in Italia il mercato dell’energia è completamente liberalizzato: tutti gli utenti, siano essi privati cittadini o aziende, possono dunque scegliere il proprio fornitore di energia elettrica e gas, sulla base delle specifiche esigenze e necessità. Per molti però, districarsi all’interno della “giungla” di offerte e tariffe proposte dagli operatori, è un’attività alquanto complessa, tanto che tra i consumatori, come emerso anche da una recente indagine condotta da Federconsumatori, rischia di farsi strada una certa riluttanza al cambiamento. «I cittadini cercano interlocutori con cui confrontarsi in maniera chiara e diretta, per ricevere tutte le informazioni necessarie ad effettuare una scelta consapevole. Purtroppo non sempre questo accade». La conferma arriva da Domenico Piazzini, presidente di Blue Meta, società bergamasca a capitale pubblico, il cui core business è rappresentato dalla vendita di gas naturale ed

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energia elettrica a privati e aziende. Attualmente la società serve un bacino di circa 75 mila utenti, distribuiti tra i comuni della Val Seriana, della Bassa Bergamasca e dell’Isola. Come fare, allora, per conquistare la fiducia dei consumatori? «Il nostro mercato, per quanto libero, è comunque regolato da un’Authority, e i margini di profitto delle società sono quindi piuttosto limitati. La partita si gioca sul servizio. Crediamo, ad esempio, che non ci si possa “nascondere” dietro un call center o uno sportello virtuale, ma che sia indispensabile coltivare i rapporti umani. Interpretare tutte le voci di costo che compongono una bolletta, ad esempio, non è per niente facile. Attraverso Blue Meta in questi anni abbiamo inaugurato ben sei punti di assistenza alla clientela dislocati sul territorio, dove i cittadini possono ricevere informazioni, effettuare richieste e stipulare nuovi contratti, assistiti e guidati da personale altamente qualificato».

Quali sono gli altri servizi offerti? «Oltre alla vendita di energia elettrica e gas, ci occupiamo anche di effettuare analisi di efficienza energetica, per comprendere il reale fabbisogno degli utenti e arrivare quindi all’elaborazione di un’offerta il più possibile adeguata ai suoi consumi. A questo proposito recentemente abbiamo siglato un accordo di collaborazione con la Cna di Bergamo, di Lecco e con il Distretto del

Domenico Piazzini, presidente della Blue Meta Spa di Orio al Serio (BG) www.bluemeta.it


Domenico Piazzini

Commercio della Media Valseriana, mettendo a disposizione delle tantissime aziende di piccole dimensioni presenti dei nostri consulenti in materia di efficienza energetica. Operiamo infine per garantire la gestione ottimale delle caldaie e degli impianti di riscaldamento, per assicurarne massima funzionalità, e ridurre al minimo le emissioni». La tutela dell’ambiente, infatti, è un tema oggi molto sentito. Quale politica ha attuato Blue Meta a

questo proposito? «Siamo stati tra i primi operatori a vendere l’energia “verde”, prodotta cioè attraverso l’uso di fonti rinnovabili, allo stesso prezzo dell’energia ottenuta da fonti fossili. Siamo partiti servendo edifici pubblici come scuole e palestre, rivolgendoci poi anche ad aziende e utenze private, tanto che nel 2011 ben il 54,5 per cento dell’energia venduta da Blue Meta proveniva da fonti rinnovabili». Blue Meta ha sempre avuto un rapporto molto forte col

suo territorio di riferimento. In che modo si esplica, nella pratica, questo legame? «Nel nostro piccolo, laddove possibile, ci siamo sempre impegnati per sostenere in maniera attiva tutte quelle attività e manifestazioni di natura culturale ed educativa organizzate da enti e associazioni di volontariato locali. Un interesse costante, che va ben al di là delle semplici considerazioni di tipo commerciale». Quali sono, infine, gli obiettivi che intendete perseguire nel futuro? «Il bilancio degli ultimi 6 mesi del 2011 si è chiuso con un attivo superiore ai 600 mila euro. Un risultato molto positivo, anche in considerazione del periodo di difficoltà che inevitabilmente incide anche sul nostro business. Il 2011 ha portato una novità importante, visto che da gennaio siamo entrati a far parte del gruppo Ascopiave, leader in Italia nel settore energetico. Questa svolta ha aperto interessanti scenari per la nostra società, tanto che non escludiamo, prossimamente, di espanderci anche al di fuori del territorio bergamasco». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 283


Il fotovoltaico chiede norme più chiare Nel campo del fotovoltaico l’Italia è stata, nel 2011, il primo Paese al mondo per capacità installata. Per continuare sulla strada tracciata servono però regole ben definite. Giuseppe Bracchi analizza criticità e prospettive del settore Guido Puopolo

A sinistra, il direttore generale della Solarenet Srl di Brescia, Giuseppe Bracchi www.solarenet.it energia@solarenet.it

aggiungere e superare gli obiettivi europei delle energie rinnovabili fissati per il 2020 attraverso una crescita virtuosa, basata su un sistema di incentivazione equilibrato e vantaggioso, tale da ridurre l’impatto sulle bollette di cittadini e imprese”. Sono queste le linee guida indicate di recente dal Ministero dello Sviluppo Economico e che, forse già a partire da ottobre porteranno, con il Quinto Conto Energia, alla revisione del sistema degli incentivi per il settore fotovoltaico, con un taglio quantificabile intorno al 35 per cento rispetto al valore attuale. «La riduzione degli incentivi determinerà certamente un calo degli investimenti», spiega Giuseppe Bracchi, che insieme a Enrico Peruchetti e Fabio Belleri dal 2007 è alla guida di Solarenet, società di Brescia specializzata

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nella progettazione e installazione di impianti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili. «Questo però non deve essere visto come un fattore negativo, se permetterà di ridurre gli impianti “speculativi” e di aumentare invece quelli che realmente contribuiscono a rafforzare la rete elettrica nazionale». Quali provvedimenti, a suo avviso, dovrebbero essere presi per non mettere a rischio un comparto che, in un contesto di crisi generale, ha fatto registrare performance da record? «È indispensabile definire tariffe incentivanti sicure, anche relativamente basse, ma con una traiettoria chiara e prevedibile, legata all’andamento delle installazioni. La situazione attuale, con tariffe riviste o di cui si minaccia la revisione ogni pochi mesi, genera incertezza e non aiuta certo a raggiungere gli obiettivi di autonomia e stabilità che il Paese si è prefissato».


Giuseppe Bracchi

È indispensabile definire tariffe sicure per gli anni futuri, anche relativamente basse, ma con una traiettoria chiara e prevedibile

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Il vostro settore in questi anni ha visto la nascita di tantissimi nuovi attori, con una competizione sempre più serrata. Quali sono le peculiarità che hanno permesso a Solarenet di conquistare un ruolo di primo piano sul mercato? «Progettiamo e realizziamo impianti “chiavi in mano”, occupandoci di ogni aspetto della commessa: dalla verifica della fattibilità al collaudo, seguendo anche il lato burocratico. In pratica accompagniamo l’utente nella scelta dell’impianto più adatto alle sue esigenze, assicurando così il massimo risultato da un punto di vista dell’efficienza energetica e del ritorno dell’investimento». Verso quali interventi si sta concentrando soprattutto la vostra attività? «Sta aumentando la richiesta di consulenze per impianti “problematici”, entrati in esercizio già da molto tempo e che quindi non ricevono incentivi, oppure scarsamente efficienti. In questi casi interveniamo per “rimediare” agli errori compiuti da installatori poco esperti o che non hanno seguito con la dovuta attenzione l’iter burocratico, trasformando un investimento “sbagliato” in un

impianto pienamente funzionante, fonte di soddisfazioni non solo economiche». Solarenet opera però a 360 gradi, con soluzioni che vanno dal geotermico all’eolico, dall’idroelettrico alle biomasse. Tra i servizi da voi offerti, quali in prospettiva presentano le maggiori opportunità di business? «Riponiamo grandi aspettative sulle potenzialità dell’idroelettrico, nelle taglie “mini” e “micro”. Le soluzioni ingegneristiche moderne offrono infatti un ventaglio di opzioni ad alto rendimento, per sfruttare anche piccoli salti d’acqua o flussi idrici limitati. Basti pensare che impianti di dimensioni ridotte, su corsi d’acqua artificiali o naturali, con potenza tra i 20kW e i 1000kW, possono produrre fino a fino a 7 volte l’energia generata da un buon impianto fotovoltaico». A questo proposito quanto sono importanti gli investimenti in ricerca e sviluppo? «Lavoriamo in un ambito in cui c’è ancora molto da fare in termini di sviluppo, sia di prodotti che di servizi. Proprio per questo abbiamo deciso di aprire una nuova impresa dedita esclusivamente ad attività di ricerca e

progettazione, che opererà in sinergia con Solarenet. Stiamo già lavorando su diverse idee e progetti, riguardanti soprattutto l’accumulo e la generazione efficiente di energia». Quali sono, infine, gli obiettivi per il futuro dell’azienda? «Il 2011, nonostante un calo del fatturato rispetto al 2010, è stato caratterizzato da un aumento dei margini commerciali e da una realizzazione delle commesse più puntuale. In poche parole abbiamo lavorato in maniera più efficiente. La rotta è stata tracciata, e per questo siamo certi di poter proseguire nel nostro percorso di crescita anche negli anni a venire». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 285


RINNOVABILI

Il fotovoltaico a concentrazione Dalla sinergia fra un colosso di Taiwan e due imprese italiane del settore energia è nato un progetto per l’installazione di sistemi Cpv nell’Italia del Sud e nell’area del bacino del Mediterraneo. Gianna Rebaioli illustra i vantaggi di questa tecnologia Manlio Teodoro

a tecnologia Cpv (Concentrating Photovoltaics), sviluppata dalla taiwanese Arima Eco in collaborazione con le italiane Rebaioli Spa e Telicom, si è rivelata particolarmente indicata per sfruttare le condizioni di irradiazione delle regioni mediterranee e in particolare del Meridione italiano. Per questa ragione, la società di Taiwan, appartenente al colosso Arima, ha scelto proprio l’Italia per la produzione della maggior parte dei componenti e per avere una base di lancio per l’affermazione in questi mercati. Come spiega Gianna Rebaioli, presidente di Rebaioli Spa, azienda di Boario Terme specializzata nella realizzazione di impianti per il settore energetico e delle telecomunicazioni che negli ultimi anni ha puntato anche sul fotovoltaico con la propria divisione Energy Rainbow: «Il Cpv che abbiamo sviluppato insieme ad Arima Eco e Telicom è un sistema a concentrazione con celle a multigiunzione, basate sui materiali III-V, con efficienze di con-

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La Rebaioli Spa ha sede a Boario Terme (BS) www.rebaioli.it

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versione del 40 per cento. Questa tecnologia, seppure ancora emergente, ha già raggiunto un buon livello di maturazione industriale. La validità dei sistemi Cpv è particolarmente apprezzabile in aree geografiche con buoni livelli di irraggiamento diretto (Dni), tipici delle regioni del Sud Italia, del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente. Il profilo di generazione è pressoché piatto per tutta la durata della giornata, con notevoli vantaggi nel dispacciamento dell’energia prodotta». Fra gli altri vantaggi c’è anche la possibilità di installare i pannelli su torri, in

modo da lasciare liberi i terreni per l’uso agricolo. «La nostra società – aggiunge Rebaioli – si è specializzata da anni nell’installazione di impianti fotovoltaici posti al di sopra del terreno. Realizziamo delle serre in lamiera a supporto dei pannelli, in modo da lasciare libero il terreno e coprirlo con l’impianto fotovoltaico. In questo modo è possibile realizzare impianti di notevoli dimensioni e di sfruttare contemporaneamente sia le risorse del territorio sia quelle del sole». Le altre attività dell’azienda, che ha puntato sulla diversificazione produttiva e dei servizi, si concentrano nel-


Gianna Rebaioli

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Realizzando impianti fotovoltaici al di sopra del terreno è possibile sfruttare insieme sia le risorse del terreno sia quelle del Sole

l’ambito tradizionale dell’energia. Rebaioli, infatti, realizza linee elettriche ad alta, media e bassa tensione. «Offriamo un servizio chiavi in mano, occupandoci direttamente della progettazione, della fornitura del materiale, della costruzione, installazione e del mantenimento in esercizio degli impianti. Realizziamo anche torri per le telecomunicazioni e costruiamo impianti tecnologici, oltre a occuparci della fornitura e della messa in opera delle reti di illuminazione pubblica». Sul fronte dell’energia, particolare rilievo ricopre l’attività di manutenzione sulle linee elettriche esistenti. «Le linee elettriche del territorio italiano, così come anche quelle dell’area europea, hanno un bisogno costante di interventi di manutenzione e di ammo-

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dernamento, soprattutto quelle che trasportano l’alta tensione. Per questo motivo, nonostante le difficoltà che presenta, quest’attività è diventata negli ultimi anni una delle più importanti. Le maggiori criticità derivano dal fatto che non ci troviamo a lavorare su un cantiere stabile e questo implica costi significativi per i successivi trasferimenti e per l’organizzazione del lavoro». Nonostante ciò, il mercato di riferimento dell’azienda non si limita al territorio nazionale, ma si estende anche a quello europeo ed extraeuropeo. «Lavoriamo moltissimo anche all’estero, in particolar modo in Austria, Svizzera, Grecia, Etiopia, Portogallo, Bulgaria e Medio Oriente – a Dubai, nel 2010, abbiamo anche aperto una filiale. L’acquisi-

zione delle commesse per i lavori all’estero avviene sia attraverso la partecipazione alle gare di appalto – nel caso di realizzazione di opere pubbliche – sia attraverso il contatto diretto delle grandi aziende. Fra queste, collaboriamo per esempio con la romana Salini Spa, società che realizza grandi infrastrutture a livello internazionale – acqua ed energia, trasporti, edilizia civile e industriale. In particolare abbiamo lavorato con Salini per la realizzazione di linee per centrali elettriche e dighe». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 287


RINNOVABILI

Più attenzione alle biomasse Armonizzare il regime di incentivazione del comparto termico a quello elettrico da fonti rinnovabili, per valorizzare il grande patrimonio agroforestale italiano e creare una filiera produttiva virtuosa e sostenibile. L’azione di Fiper Matteo Rossi

n questi anni, l’Italia è riuscita a produrre energia elettrica da fonti rinnovabili con tassi di crescita estremamente interessanti. L’emergenza gas dello scorso febbraio ha dimostrato però come la stessa attenzione e programmazione debba essere messa in campo per favorire anche lo sviluppo delle Fer termiche e dell’efficienza energetica, per sviluppare e consolidare la produzione di calore e raffreddamento da fonti rinnovabili, ma anche per far fronte ai cambiamenti climatici in atto e ridurre contemporaneamente la

I

La Fiper ha la sede operativa a Tirano (SO) www.fiper.it

dipendenza nell’approvvigionamento di combustibili esteri. Dal 2001 è in prima file su questo fronte Fiper, la Federazione Italiana di Produttori di Energia da Fonte Rinnovabile, che riunisce al suo interno i produttori di energia termica ed elettrica derivante dalla trasformazione delle biomasse legnose e, da settembre 2009, anche i produttori di biogas derivante dalla biomassa di origine animale e vegetale. I suoi soci sono piccole e medie aziende energetiche, agricole, private e municipalizzate che producono e distribuiscono il calore e l’acqua igienico

sanitaria attraverso reti di teleriscaldamento, o che producono energia elettrica dal biogas di origine agricola. In particolar modo Fiper lavora ormai da diversi anni per la creazione di una vera e propria filiera legno-energia in ambito nazionale e internazionale, consapevole del ruolo economico e ambientale che questo approccio può avere, soprattutto nei territori montani e agricoli. Proprio di recente l’associazione, riconosciuta anche quale autorevole interlocutore presso la Commissione Agricoltura di Camera e Senato, ha espresso le sue perplessità relativamente al varo degli schemi di decreti ministeriali in attuazione del Decreto legislativo 28/2011 sulle fonti rinnovabili. A suo dire, infatti, nonostante alcuni lodevoli propositi espressi, tali norme continuano a relegare nella marginalità il ruolo delle fonti rinnovabili termiche (solare termico, biomasse, geotermia, pompe di calore, biometano). Secondo Fiper, invece, è fondamentale porre in essere una seria politica di promozione delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica, grazie alla


Fiper

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IMPIANTI Sono le centrali di teleriscaldamento a biomassa gestite in Italia dagli associati Fiper

82 mln EURO

È il fatturato complessivo generato delle aziende aderenti a Fiper per il 2011

quale si potrebbe non solo raggiungere, ma anche superare, l’obiettivo minimo obbligatorio, fissato in sede europea, del 17 per cento dei consumi finali di energia da fonti pulite entro il 2020, con ricadute positive che interesserebbero l’intero sistema economico italiano. Per fare questo, sottolineano gli associati Fiper, è però necessaria in primo luogo una revisione del Piano d'Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili. Per quel che riguarda i regimi di incentivazione per le Fer termiche, ad esempio, si ritiene indispensabile la definizione di un quadro di misure stabili con orizzonte 2020, che non può prescindere dai nuovi contributi per i piccoli interventi, dalla riforma dei Titoli di Efficienza Energetica - Tee, dall’istituzione del fondo di garanzia per gli investimenti nelle reti di Teleriscaldamento, dalla stabilizzazione dei regimi di

agevolazione fiscale e dal coordinamento con i sistemi di incentivazione regionale. Questo perché una buona regolazione può accelerare, senza alcun tipo di onere aggiuntivo per lo Stato, la penetrazione delle Fer termiche, semplificando ad esempio i regimi autorizzativi, rafforzando gli obblighi per gli edifici e definendo standard tecnici equilibrati. Per sostenere tutte quelle iniziative finalizzate a ottenere la necessaria attenzione verso il ruolo delle rinnovabili termiche nelle politiche italiane di diffusione delle fonti rinnovabili, Fiper si è fatta inoltre promotrice della costituzione di un apposito Coordinamento delle Associazioni delle Rinnovabili Termiche e l’Efficienza energetica – C.A.R.T.E. Per presentare le sue proposte il Coordinamento nelle scorse settimane, rivolgendosi direttamente al Presidente Monti e

ai Ministri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, si è reso disponibile all’apertura di un tavolo tecnico e di confronto per la definizione dei Decreti Ministeriali attuativi del D.lgs. n. 28/2011 per le rinnovabili termiche e l’efficienza energetica. La speranza è che da questi incontri possano scaturire risposte concrete, per sostenere lo sviluppo di un settore che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe produrre enormi benefici non soltanto in termini ambientali ma anche economici e occupazionali. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 289


RINNOVABILI

Dalle biomasse l’energia del futuro Energia “pulita” attraverso le biomasse vegetali, che oltre a ridurre le emissioni nocive, potrà garantire importanti benefici anche in termini occupazionali, con la creazione di una filiera “legno-energia” su scala locale. L’analisi di Walter Righini Guido Puopolo

ol teleriscaldamento è possibile fornire alle abitazioni, attraverso una rete di tubazioni isolate e interrate, acqua calda o vapore proveniente da un’apposita centrale di produzione. Le centrali di teleriscaldamento possono utilizzare diverse forme di combustibili per produrre il calore necessario.

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Walter Righini, presidente della TCVVV di Tirolo (SO) www.tcvvv.it

In particolare, però, in un paese ricco di foreste e terreni agricoli come l’Italia, i materiali derivanti dalla pulizia e manutenzione dei boschi e dalla potatura del verde urbano rappresentano una grande risorsa a disposizione, in grado di diminuire la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e la produzione di Co2. «Attualmente in Italia sono 85 i comuni che, ubicati principalmente in aree montane, riscaldano i cittadini attraverso il teleriscaldamento a biomassa», afferma Walter Righini, presidente della Tcvvv, società di Tirano che gestisce tre centrali di teleriscaldamento alimentate da biomasse vegetali, ubicate nei comuni di Tirano, Sondalo e Santa Caterina Valfurva. «Basti pensare che nel 2011, attraverso gli impianti di teleriscaldamento in funzione nel nostro Paese, si è evitata l’emissione in atmosfera di circa 220.000 tonnellate di Co2».

Come fare, dunque, per valorizzare adeguatamente questa “ricchezza” di cui disponiamo? «È indispensabile aprire al più presto un tavolo tecnico che coinvolga congiuntamente, in una visione super partes, i Ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, per mettere a punto una strategia che premi non solo la produzione di energia termica e co-generativa a partire da fonti rinnovabili, ma anche una vera politica di gestione e utilizzazione dell’ingente patrimonio agroforestale nazionale, da molti decenni quasi completamente abbandonato». Le centrali gestite da Tcvvv sono indicate da più parti come un esempio di “eccellenza europea” nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili. Quali sono gli elementi principali


Walter Righini

che fanno di questi impianti un modello da imitare? «La forte partnership instauratasi con gli stakeholder della Regione Lombardia e del territorio ha rappresentato sicuramente uno degli elementi di successo dell’iniziativa. Sul fronte della produzione si è puntato sulla diversificazione delle filiere di approvvigionamento e, in particolare con la Centrale di Tirano, primo caso in Italia, alla massima efficienza produttiva, attraverso la cogenerazione di energia termica ed elettrica. A livello gestionale abbiamo formato un team di giovani ingegneri, diplomati e tecnici residenti in Valtellina, dando vita a una struttura dinamica e flessibile, capace di evolversi e di adattarsi ai cambiamenti del mercato». Come sono state accolte dalle popolazioni locali le novità introdotte da Tcvvv con il teleriscaldamento? «Dai risultati di un’indagine condotta in febbraio presso i clienti Tcvvv sull’indice di gradimento del teleriscaldamento, la popolazione si è dichiarata

Attualmente sono 85 i comuni che, ubicati principalmente in aree montane, riscaldano i cittadini attraverso il teleriscaldamento a biomassa

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molto soddisfatta del servizio, della conseguente diminuzione dell’inquinamento e anche e soprattutto del risparmio economico che tale servizio ha garantito rispetto all’utilizzo delle fonti fossili precedentemente utilizzate». Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti dall’azienda? «In questi 11 anni, da un progetto che prevedeva inizialmente una rete di teleriscaldamento limitata al servizio di circa 200 fabbricati, abbiamo allacciato oltre 1200 edifici. Ma la cosa che più ci fa piacere è che è finalmente “partita” la filiera locale “bosco-legno-ener-

gia”. Da poche decine di tonnellate di biomassa inizialmente ricavata dai nostri boschi, oggi ritiriamo mediamente 15.00020.000 ton/anno, con un importante sviluppo anche occupazionale per le aziende coinvolte in detta attività». Quali progetti avete in cantiere per il futuro? «Tcvvv è impegnata nell’allargamento delle reti dei comuni dove hanno sede gli impianti, ed è strutturata per progettare e avviare nuove reti di teleriscaldamento sul territorio italiano. Attualmente siamo impegnati nello studio di fattibilità di una nuova centrale di teleriscaldamento co-generativo in Lazio. In qualità di soci Fiper, la Federazione Italiana dei Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili, abbiamo inoltre instaurato una partnership con il governo uruguayano e della provincia di Cordoba (Argentina) per avviare nuove centrali di teleriscaldamento nell’ambito del programma Motors 4 Europe». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 291




BONIFICHE

Le bonifiche ambientali, un investimento per l’edilizia n processo di bonifica eseguito a “regola d’arte” non può prescindere da un’accurata indagine preliminare. Spesso però per risparmiare risorse questo passaggio viene trascurato, salvo poi incorrere in costi non preventivati in corso di bonifica. Lo sa bene Paolo Andreini, direttore generale della Bonifiche Ambientali Waste & Works, azienda bergamasca specializzata in interventi di bonifica e risanamento da amianto, oltre che nel recupero ambientale di aree industriali dismesse. «Soprattutto per quel che riguarda i progetti di riqualificazione e recupero ambientale di siti industriali lo svolgimento di un’indagine preliminare è ormai un elemento imprescindibile. Fortunatamente se ne stanno rendendo conto anche i grandi investitori immobiliari, che fino a ora hanno valutato solo le superfici edificate senza considerare altre passività, cosa che peraltro in questi anni ha messo in crisi grandissimi progetti». E infatti la crescente attenzione alle tematiche ambientali ha contribuito a innalzare l’attenzione degli operatori, come conferma lo stesso

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Aumenta, anche da parte delle imprese edili, l’attenzione nei confronti delle opere di riqualificazione dei siti inquinati. L’importanza degli studi e delle analisi preliminari spiegata da Paolo Andreini Diego Bandini

La Bonifiche Ambientali Waste & Works Srl ha la sua sede a Levate (BG) - www.bonfiche-ambientali.com

Andreini: «Oggi possiamo dire che non soltanto le grandi multinazionali, da sempre molto ricettive, ma anche gli enti pubblici e le imprese edili, hanno compreso che i costi da sostenere per realizzare un’opera di bonifica rappresentano in realtà un vero e proprio investimento». Caratterizzata da forte dinami-


Paolo Andreini

smo e da un approccio “problem solving”, l’azienda si occupa del risanamento ambientale in tutte le sue forme, forte anche del possesso di tutte quelle certificazioni indispensabili a svolgere un’attività di questo tipo: «La nostra organizzazione, con la presenza di capi progetto specializzati in una o più aree, ci permette di seguire il cliente dalla progettazione fino all’esecuzione del lavoro, anche per quel che riguarda tutti gli adempimenti amministrativi, burocratici e legali», specifica Andreini. «Bonifiche Ambientali Waste & Works è certificata Iso 9001 dal 2007 ed è iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 10 A – 10 B classe B, relativa alla bonifica di beni contenenti amianto, e nella categoria 9 classe C “ Bonifica di siti”. Lo scorso Aprile ha ricevuto l’attestazione Soa per la categoria Og12 classe V “Opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale”. Le certificazioni sono di fatto il nostro biglietto da visita, e garantiscono ai nostri partner il rispetto delle norme e delle legislazione in campo ambientale. In particolare l’attestazione Soa ci assicura la possibilità di partecipare a

bandi e appalti pubblici, quindi un vantaggio importante per un settore che offre opportunità nel settore ambientale». Per rimanere al passo con l’evoluzione tecnologica e legislativa che sta caratterizzando il settore in questi ultimi anni, è però fondamentale essere costantemente aggiornati: «La formazione rappresenta un punto di forza per ogni azienda, e a maggior ragione per aziende operative in campo ambientale», spiega Andreini. «Per quel che ci riguarda, oltre alla classica formazione in termine di aggiornamenti e corsi, è determinante quello che potremmo definire come un processo di “positive cross contamination”, che nasce dal lavoro di gruppo tra le aziende a cui fa capo Bonifiche Ambientali». E proprio grazie a questa impostazione l’azienda bergamasca è riuscita a consolidare la sua posizione sul mercato. «Tenuto conto dell’attuale situazione economica generale – sottoli-

nea Andreini - possiamo dire che il 2011 si è concluso positivamente, sia in termini economici, con un fatturato di 10 milioni di euro, che di integrazione della filiera ambiente-energiarifiuti. Certo oggi è diventato fondamentale valutare ogni singolo intervento anche dal punto di vista della copertura finanziaria: non che prima non si facesse, ma visto la carenza di liquidità l’aspetto finanziario è diventato un fattore discriminante nella scelta dei nostri partner». Sono diversi, infine, gli obiettivi che l’azienda intende perseguire nel prossimo futuro: «Lo sviluppo di un sistema integrato qualità, ambiente e sicurezza ci dovrebbe permettere di crescere in termini organizzativi e gestionali», spiega Andreini. «Stiamo inoltre lavorando alla creazione di due divisioni specifiche, una dedicata esclusivamente agli appalti e ai bandi pubblici e un’altra alle bonifiche e agli interventi nel settore nucleare». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 295


GESTIONE RIFIUTI

Rifiuti industriali, smaltimento e controllo n Italia, lo smaltimento dei rifiuti industriali diventa ogni anno più efficace e diretto alla massima riduzione degli scarti inquinanti e a un più esteso recycling. Molteplici dunque i cambiamenti cui le imprese del settore hanno dovuto adeguarsi per conformare al meglio la propria forza operativa alle nuove richieste di mercato. Così alla Electrometal, società specializzata nel trattamento di rifiuti solidi, polverulenti e non polverulenti, «sono stati fatti importanti investimenti per l’aggiornamento delle strutture impiantistiche, per la realizzazione di nuovi presidi ambientali e di sicurezza. La linea che si è seguita è stata dettata dalla continua volontà di migliorare la struttura, mantenendone ogni componente

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Sergio Brocchi, direttore tecnico della Electrometal di Castegnato (BS). Nelle altre immagini, fasi di smaltimento alla piattaforma e analisi di laboratorio www.electrometal.it www.areslab.it

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Accesso alla piattaforma, classificazione, trattamento, smaltimento in discarica o processo depurativo. L’esempio di Electrometal e Areslab rivela l’importanza dei sistemi di controllo, a cominciare dal laboratorio, nella gestione dei rifiuti industriali Giulio Conti

sempre in perfetta efficienza e adeguando la piattaforma alle variazioni normative del settore». È dalla voce dell’ingegnere Sergio Brocchi, direttore tecnico alla Electrometal, che è possibile redigere un quadro sui rifiuti industriali che possono essere recuperati o che devono concludere il proprio ciclo in discarica. Tra i materiali che giungono alla Electrometal quali possono subire un processo di recycling? «I rifiuti solidi in ingresso alla piattaforma, dopo trattamento, vengono avviati nella loro totalità allo smaltimento definitivo in quanto materiali non recuperabili. Al contrario, i rifiuti liquidi, così come le acque di pioggia raccolte in stoccaggi dedicati, una volta terminato il processo depurativo vengono riutilizzati come fluidificante all’interno delle linee di trattamento dei rifiuti solidi. Così

facendo si sono ottenuti due risultati: risparmio di materia prima e garanzia di emissioni zero a tutela delle acque superficiali». Come si evolve la sequenza operativa? «Partendo dal presupposto che la forza della piattaforma impiantistica è data dalla sua versatilità, disponiamo di differenti linee di trattamento (polveri, fanghi, liquidi) strettamente integrate tra loro per ottenere l’ottimizzazione dei risultati. Ogni fase del processo depurativo e di trattamento è gestita da un unico software che mantiene sotto controllo tutte le singole componenti impiantistiche, i parametri gestionali, le portate, le regolazioni del dosaggio dei reagenti, e i presidi ambientali». In che modo siete riusciti a potenziare il sistema di controllo sui rifiuti? «Soprattutto mediante la si-


Sergio Brocchi

Ogni fase del processo depurativo e di trattamento è gestita da un unico software che mantiene sotto controllo tutte le singole componenti impiantistiche

nergica collaborazione con il laboratorio Areslab, una struttura in grado di fornire un’assistenza a tutto campo per un’accurata caratterizzazione e classificazione dei rifiuti. La cooperazione che si genera tra Electrometal e Areslab comincia fin dalla fase di omologazione preliminare dei campioni di rifiuto inviati in valutazione dai clienti, consente la definizione delle ricette di trattamento effettuate da principio su scala di laboratorio per poi essere riprodotte in impianto; garantisce la possibilità di un controllo immediato di ogni singolo ca-

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rico di rifiuto conferito presso la piattaforma e la valutazione della corrispondenza del rifiuto con quanto atteso e omologato. Infine, permette di verificare la correttezza dei trattamenti eseguiti e la conformità del rifiuto in uscita dalla piattaforma con le caratteristiche di accettabilità per lo smaltimento definitivo». Quali recenti progetti e investimenti legano le due aziende? «La struttura ospitante il laboratorio (circa 250 mq) è di recentissima realizzazione e la strumentazione analitica utilizzata è all’avanguardia. La

piattaforma Electrometal è in procinto di ampliare l’area mediante un progetto per il quale è stato effettuato uno studio di impatto ambientale in valutazione presso gli Enti competenti; tale ampliamento è finalizzato all’aumento delle capacità di stoccaggio e all’ottimizzazione della logistica e dei flussi interni dei rifiuti». Quali sono i principali interlocutori di Electrometal e Areslab? «Sono le piccole e medie aziende operanti principalmente nel settore delle lavorazioni superficiali dei metalli e del trattamento delle acque reflue industriali. Per tale tipologia di clientela risulta fondamentale la tempestività, la velocità di intervento e la flessibilità nel dare risposta alle esigenze di programmazione. Inoltre sempre più importante risulta la capacità di fornire un servizio di supporto al cliente nella corretta registrazione e produzione della documentazione richiesta a norma di legge». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 299




RESPONSABILITÀ CIVILE

Imprese e responsabilità civile La responsabilità civile è il sistema di norme che individuano il soggetto tenuto a sopportare il costo della lesione arrecata e le forme della riparazione dell’interesse leso. Con Angelo Iannaccone approfondiamo la responsabilità civile delle imprese Nicoletta Bucciarelli

L’avvocato Angelo Iannaccone esercita la professione forense a Milano avvocati@studiolegaleiannaccone.it

rincipio cardine del sistema della responsabilità civile è quello secondo cui chi ha arrecato un danno deve porvi rimedio o ripristinando lo stato preesistente, oppure, come avviene nella maggior parte dei casi, compensando il danno in via risarcitoria. Le conseguenze della responsabilità civile, contrattuale ed extracontrattuale, sono pertanto di natura patrimoniale. «L’ambito della responsabilità civile dell’impresa è molto ampio». Spiega l’avvocato Angelo Iannaccone, il cui studio si occupa di responsabilità civile e di diritto assicurativo. «Si va dalla responsabilità civile per i danni conseguenti ad infortunio sul lavoro o malattia dei lavoratori, alla responsabilità civile per i danni arrecati dalle opere realizzate, dai beni prodotti e dai servizi prestati, alla responsabilità civile degli organi di gestione e di controllo dell’impresa». Quali tra i casi di responsabilità civile potrebbe arrecare più danno ad un’impresa? «Tutti i casi possono essere fonte di oneri rilevantissimi per le imprese. Tra i casi più frequenti vi sono gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Causa di responsabilità molto frequente è quella che deriva dai servizi prestati e cioè dai danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività di impresa. La responsabilità derivante dai vizi del prodotto realizzato può essere molto gravosa perché il prodotto difettoso può causare danni rilevanti e su vasta scala». Quali sono le imprese più a rischio di responsabilità civile? «Non c’è impresa che non sia esposta a questo rischio. L’ambito della responsabilità civile dell’impresa spazia dai rischi comuni a quelli specifici attinenti al processo produttivo del bene/servizio oggetto dell’attività d’impresa, oppure alla potenzialità lesiva del bene/servizio realizzato/prestato in modo scorretto. In quest’ultimo caso, le imprese che realizzano prodotti

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Angelo Iannaccone

Non c’è impresa che non sia esposta al rischio di responsabilità civile. Per questo è necessaria una rigorosa politica di prevenzione

suscettibili di arrecare lesioni fisiche ai consumatori, come beni alimentari e farmaci, sono le più esposte alle contestazioni della responsabilità civile. Negli ultimi anni anche le strutture sanitarie sono tra i soggetti più esposti a rischio». La responsabilità del datore di lavoro è tornata d’estrema attualità recentemente con il caso Thyssen. «La Corte d’Assise di Torino ha condannato l’amministratore delegato della Thyssen Krupp per omicidio volontario, commesso con dolo eventuale, vale a dire compiuto nella piena consapevolezza della violazione delle norme antinfortunistiche e con l’accettazione del rischio che si verificasse quel grave infortunio. L’impresa aveva previsto i fattori di rischio e aveva anche individuato le specifiche misure di prevenzione adeguate al caso. I costi di realizzo tuttavia erano stati giudicati eccessivi e perciò l’impresa aveva deciso di non attuare le misure di prevenzione. La vicenda della Thyssen Krupp insegna che le imprese non possono astenersi dall’individuare tutte le misure di prevenzione necessarie e dal realizzarle in

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concreto. In caso di omissione volontaria, in futuro vi sarà la possibilità, sulla scorta di questo precedente giurisprudenziale, che il datore di lavoro venga condannato non a titolo di colpa, ma di dolo, con inevitabili ricadute non solo sul piano sanzionatorio, in termini di severità della pena, ma addirittura con pericolose ricadute sul piano della operatività della garanzia assicurativa (il dolo è escluso dalla garanzia assicurativa in Italia)». In che modo le imprese possono tutelarsi e quanto conta per un’impresa attuare una politica di prevenzione? «La miglior tutela per le imprese è la rigorosa applicazione delle leggi, come il caso Thyssen insegna. Prevenire i danni impone innanzi tutto una completa attività di individuazione dei fattori di rischio connessi all’attività svolta, cui deve seguire la rigorosa e concreta attuazione delle relative misure di prevenzione. Gli eventi dannosi accidentali devono essere fronteggiati con adeguate coperture assicurative. Tutto ciò indubbiamente ha costi rilevanti per le imprese, costi che sono tuttavia di gran lunga inferiori agli oneri risarcitori conseguenti alla provocazione di eventi dannosi». E nel caso di un inevitabile giudizio? «Bisogna dotarsi di una valida difesa tecnica. Per la difesa in giudizio è indispensabile la scelta di un avvocato che conosca realmente la materia. Quanto al ruolo dell’avvocato, vi è da ricordare infine che l'assistenza nei rapporti contrattuali e la consulenza legale preventiva, costituiscono un valido strumento per prevenire lunghi contenziosi. È auspicabile pertanto la consultazione dell’avvocato prima che la controversia sia insorta e il contenzioso sia diventato inevitabile». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 303


IL RUOLO DELL’AVVOCATO

L’avvocato all’epoca della globalizzazione e conseguenze della globalizzazione hanno esteso i loro effetti anche sull’evoluzione delle professioni. Ne è un esempio la figura dell’avvocato. «La più antica e nobile professione borghese viene sempre più assimilata a una formula vicina al commercio e all’imprenditoria, piuttosto che a una professione intellettuale che si fonda su un lavoro prettamente autonomo». Questa è l’opinione di Enrico Vizzardelli, riguardo i cambiamenti della figura dell’avvocato in Italia. Questa evoluzione, avvicina sempre di più la figura del professionista italiano al modello americano. «La cultura americana sta prendendo nettamente il sopravvento, dando luogo a prestazioni prettamente commerciali, nelle quali l’avvocato è diventato quasi impiegato», prosegue Vizzardelli. «In Germania, Spagna e Francia le cose sono

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L’avvocato Enrico Vizzardelli esercita la professione forense a Milano e.vizzardelli@legalvizz.it

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Quali effetti ha avuto la globalizzazione sull’evoluzione della professione? Secondo Enrico Vizzardelli si sta andando verso una formula vicina all’attività commerciale e all’imprenditoria. A discapito dell’autonomia intellettuale Nicoletta Bucciarelli

profondamente diverse. Esistono divieti, limiti di incompatibilità con l’attività commerciale e precise normative deontologiche. In Italia, il libero professionista è destinato a scomparire eliminando il rapporto fiduciario tra assistito e avvocato. In questo modo la sua figura si avvicina sempre di più a quella dell’imprenditore. Questo è decisamente in contrasto con la decisione della Corte di Cassazione in cui si afferma che dinanzi alla magistratura deve comparire un libero professionista». Una mentalità aziendalista che tenderà, secondo Vizzardelli, a “sopprimere” la figura del giurista. «Tutto ciò è in netto contrasto con la tradizione evidenziata da Pietro Calamandrei che aveva distinto tra professore universitario, dedito all’insegnamento, e figura dell’avvocato che, come ha affermato anche Federico Stella, deve rappresentare in aula il cittadino e la vittima. Lo stesso Calamandrei, presidente del Consiglio Nazionale Forense nel 1959, fece


Enrico Vizzardelli

iscritti, si introduce il criterio delle società di capitali, rendendo quindi l’assistenza del cittadino più onerosa sotto il profilo economico. In questo modo diventa sempre più difficile mantenere il rapporto di fiducia tra avvocato e assistito». Finché non si farà una legge nella quale Parallelamente ai cambiamenti si separi la Magistratura, dall’ambiente della figura professionale delprettamente politico non si riuscirà a tornare l’avvocato è importante intera quei 6500 magistrati giudicanti venire nel sistema giudiziario anche per risolvere il problema di cui avremmo bisogno, anche per annullare delle lungaggini processuali. l’arretrato ed evitare il doppio incarico «Sei milioni e cinquecento arretrati in sede civile costituiscono un punto di Pil - precisa Vizzardelli -. Alla base di quepresente che il ritorno ai concorsi regionali sto fallimento attuale della giustizia c’è la capoteva permettere l’eccessiva espansione del- renza di magistrati giudicanti. Dei sei milioni l’avvocatura la quale, per una deroga di legge e cinquecentomila arretrati, quattro milioni e che risale al 1945, viene selezionata attraverso cinquecento sono nel centro sud, due milioni esami; ciò in effetti ha determinato un au- di arretrato sono nel centro nord, con quattro mento abnorme del numero di avvocati che sole sedi (Torino, Bolzano, Trento e Milano) sono oggi 230.000 circa e non costituiscono che stanno raggiungendo il rapporto di equipiù un’élite, ma una professione che sta sof- librio. Il problema è determinato dal fatto che, frendo anche sotto il profilo economico». di tutti i magistrati, ben 1750 sono distaccati A completo discapito dell’indipendenza del- e inseriti come consulenti nell’ambiente polil’avvocatura. «Si ha come l’impressione - pro- tico parlamentare. Se recuperassimo i 1750 segue Vizzardelli - che in Italia si sia voluta in- magistrati distaccati avremmo la possibilità di trodurre l’ipotesi di un servizio professionale, migliorare la situazione e diminuire le lungagledendo in questo modo l’indipendenza del- gini processuali. Finché non si farà una legge l’avvocatura, eliminando così tutti quegli nella quale si separa la Magistratura, che è un aspetti tradizionali e avvicinandola sempre più ordine previsto dalla Costituzione, dall’amalla figura dell’avvocato d’affari». Il tutto a sfa- biente prettamente politico non si riuscirà a vore dello stesso cittadino. «In un momento in tornare a quei 6500 magistrati giudicanti di cui cui la professione è in grave crisi per eccesso di avremmo bisogno».

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LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 305




PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

I nuovi studi sulle cure neurologiche Per migliorare la qualità della vita, la medicina neurologica sta diventando sempre più personalizzata. La ricerca mira a scoprire, con una certa chiarezza, i momenti patogenetici delle malattie neurodegenerative per poter procedere anche a livello terapeutico. Giancarlo Comi illustra i risultati raggiunti Nicolò Mulas Marcello

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uello delle malattie neurodegenerative è un settore molto ampio che va dal Parkinson alle demenze e tutti i loro sottotipi, dalla Sla alla sclerosi multipla, comprendendo circa due terzi della neurologia. L’ambito della ricerca è pertanto variabile. «Grazie all’efficacia di trattamenti delle patologie cardiovascolari e neoplastiche – spiega Giancarlo Comi, presidente della Società italiana di neurologia – stiamo assistendo a un prolungamento della durata della vita ma anche all’accentuarsi di patologie che prima erano meno rilevanti, tutto ciò ha un impatto molto forte anche sull’importanza della neurologia. Oggi si dà molto spazio anche alla medicina rigenerativa, cioè diventa fondamentale non solo difendersi dalle malattie neurodegenerative ma far sì anche che il loro impatto sulla funzionalità del cervello sia meno devastante possibile». Qual è lo stato della ricerca in Italia per quanto riguarda le malattie neurodegenerative, anche in relazione al resto d’Europa? «Stiamo andando verso la personalizzazione del trattamento. Il futuro delle malattie neu308 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

rodegenerative sarà in parte dettato dalla capacità di individuare il modo intricato e complesso con cui i fattori genetici e ambientali interagiscono tra di loro nel determinare la malattia. La ricerca in senso lato nel nostro paese è sicuramente molto buona e ne è testimonianza il fatto che i lavori scientifici pubblicati dai neurologi italiani sono nel mondo al terzo posto dopo quelli degli americani e dei tedeschi, e al pari dei giapponesi. Questo risultato è possibile grazie a una tradizione culturale molto forte in ambito neuro-scientifico». Parliamo di morbo di Parkinson e di Alzheimer. Sono stati fatti passi in avanti negli ultimi anni riguardo a queste due patologie? «Sono stati fatti studi di genome-wide screening, ovvero di analisi dell’intero genoma confrontando quello di grandi popolazioni di malati con popolazioni di soggetti sani. E si è capito che una serie di geni entrano in gioco nel determinare la malattia. Ciò ha portato a scoprire come queste malattie degenerative in fondo hanno come elemento comune un’incapacità a rimuovere i detriti dalle cellule, oppure carenza di efficienza o un eccesso di


Giancarlo Comi

Abbiamo molti farmaci intelligenti che stanno riscrivendo completamente la storia terapeutica

accumulo di queste sostanze in varie combinazioni. Ad esempio, ormai conosciamo il ruolo centrale della betamiloide nella malattia di Alzheimer, si tratta quindi di rimuovere queste molecole. Sono in fase avanzata ricerche di fase 3, di sperimentazione clinica, per l’uso di anticorpi monoclonali che attaccano l’amiloide e impediscano che si depositi. Altrettanto avanzate sono le sperimentazioni che hanno come target alcuni enzimi che in qualche modo portano alla produzione di questa sostanza amiloide. Si chiama approccio di medicina molecolare, ovvero si cerca di capire quali sono le alterazioni metaboliche e correggerne la loro essenza. Questo vale per l’Alzheimer ma anche per il Parkinson e altre demenze come quella fronto-temporale, per le quali cominciamo a intravedere con una certa chiarezza i momenti patogenetici per poter procedere anche a livello terapeutico». In cosa consiste esattamente il “casco magico” che si sta sperimentando al San Raffaele di Milano? «Il termine deriva dal centro che si chiama Magics, che sta per stimolazione magnetica profonda (magnetic intracerebral stimulation), si tratta di un dispositivo che è stato

messo a punto insieme al Weizmann Institute di Tel Aviv. Abbiamo iniziato a collaborare due anni fa con questo centro unico al mondo nella sua dimensione, pari solo al centro della Columbia University di New York. All’interno di questo istituto un gruppo di 15 ricercatori applicano con caschi, i quali producono onde magnetiche che giungono fino a 6 centimetri di profondità nel cervello. Lo fanno in base a evidenze di due tipi, la prima: le onde magnetiche, penetrando con determinate caratteristiche nel tessuto a una certa profondità, sono in grado di modificare le attività metaboliche e recettoriali delle cellule nervose, e anche della sostanza che si chiama “Glia”, che fa da sostegno e che copre Sopra, nell’attività con i neuroni. Il secondo ele- Giancarlo Comi, mento importante riguarda le nostre cellule, presidente della le quali si scambiano messaggi e creano nuovi Società italiana di neurologia contatti, che a volte possono essere molto deboli». Come si possono rafforzare questi contatti? «Attraverso frequenze di stimolazione che creano rapporti molto forti tra una cellula e l’altra, questo è anche alla base della memoria, si chiama potenziamento a lungo ter- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 309


PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

mine, e serve proprio a stabilire connessioni biamo ora i primi farmaci orali molto potenti di lunga durata tra cellule e quindi favorire scambi di informazioni. Noi siamo in grado di rinforzare questo rapporto che si crea tra cellule e di facilitare la capacità che ha il cervello di difendersi attraverso una rigenerazione di contatti dalle aggressioni delle malattie. Noi sfruttiamo con le sollecitazioni magnetiche entrambi questi principi. Abbiamo appena completato uno studio nel Parkinson e anche uno sui malati di sclerosi multipla che hanno disturbi nel cammino. Questo tipo di studio ha evidenziato un miglioramento di circa il 30% in più rispetto alla normale riabilitazione. Sono in corso anche sperimentazioni su malati di Alzheimer e di Sla». Quali sono oggi le prospettive terapeutiche per un malato di sclerosi multipla? «Questa è la malattia che ha tratto più vantaggi di tutte negli ultimi anni dall’innovazione farmacologica. Abbiamo molti farmaci intelligenti che stanno riscrivendo completamente la storia terapeutica di questa malattia rispetto al decennio precedente. Ab310 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

ed efficaci. Anche per questa malattia la personalizzazione del trattamento è una realtà. Non siamo alla soluzione definitiva della malattia ma sicuramente abbiamo cambiato passo». Angioplastica venosa per le malattie neurodegenerative. È un’ipotesi possibile? «Questa ipotesi quando è stata formulata ha lasciato perplessi tutti coloro che hanno conoscenze di base sui meccanismi del cervello. Poi le evoluzioni successive di questa ipotesi non hanno più attribuito a questa condizione il ruolo di causa della sclerosi multipla ma hanno proposto in maniera più ragionevole che questo sia uno dei tanti fattori che concorrono a determinare l’evoluzione della malattia. L’ipotesi è stata contrastata da una serie di studi recenti che non hanno trovato nessuna relazione tra questa condizione e la presenza della sclerosi multipla. Tuttavia occorre attendere i risultati di un importante studio condotto dalla Fondazione italiana sclerosi multipla, che consentirà di analizzare in maniera ancora più approfondita questo tipo di problema».


Nereo Bresolin

Diagnosi, prevenzione e terapie efficaci Integrazione tra gli aspetti clinici di diagnosi, cura delle malattie neurologiche, ricerca scientifica. È questo l’approccio con cui il Centro Dino Ferrari opera nel campo delle malattie neurodegenerative. Ne parla il direttore Nereo Bresolin Nicolò Mulas Marcello

onoscere i fattori che determinano le malattie neurodegenerative è una delle strade più importanti che la ricerca neurologica sta percorrendo. Per molte di esse ancora non si è scoperta una vera e propria soluzione definitiva ma si stanno moltiplicando cure per migliorare la vita dei malati e ritardare gli effetti più invalidanti: «Gli studi nel campo delle scienze neurologiche svolti finora dal Centro Dino Ferrari – spiega Nereo Bresolin, direttore scientifico della struttura – e documentati da centinaia di lavori scientifici hanno prodotto contributi essenziali alla comprensione delle basi molecolari delle principali malattie neuromuscolari e neurodegenerative quali le distrofie muscolari, la Sclerosi laterale amiotrofica, la malattia di Alzheimer, nonché all’apertura di nuovi orizzonti nello studio della terapia farmacologica, della terapia genica e della terapia con cellule staminali». Le malattie neuromuscolari e neurodege-

C

nerative rappresentano un grave problema sanitario e sociale. Quali passi in avanti sono stati fatti negli ultimi anni per migliorare la vita dei malati di queste patologie? «Le malattie neuromuscolari e neurodegenerative sono tra le più invalidanti patologie umane, affliggono milioni di italiani ogni anno e molti di più nel mondo. Negli ultimi decenni vi sono stati avanzamenti scientifici fondamentali in questo settore, sia per quanto riguarda la definizione degli eventi genetici Sopra, causativi, sia per la validazione di nuovi mo- Nereo Bresolin, delli di malattia in vitro e in vivo, che hanno direttore scientifico del consentito di definire nuove strategie tera- Centro Dino Ferrari di Milano peutiche, sia per l’applicazione in trial clinici sull’uomo di approcci sperimentali molecolari e cellulari. Ad esempio, la tecnologia del cosiddetto next generation sequencing, che consente di sequenziare tutti i geni codificanti o addirittura tutto il genoma, permette a un costo relativamente accessibile la diagnosi di malattie in precedenza non confermate a li- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 311


PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

vello molecolare con evidenti ricadute sulla possibilità per i pazienti di ricevere un’assistenza clinico-terapeutica specifica. Oggi non esiste una terapia risolutiva per molte di queste patologie. I trattamenti farmacologici e sintomatici e un approccio multidisciplinare al malato possono però migliorarne significativamente la qualità di vita. Tuttavia l’aspetto più promettente è rappresentato dalla recente sperimentazione in ambito clinico di approcci terapeutici in precedenza confinati alla sola ricerca di base come nel caso della terapia genica o con cellule staminali». Può farci qualche esempio? «Sono stati eseguiti, anche nel nostro centro, trial clinici, farmacologici e molecolari, basati anche sull’uso degli oligonucleotidi antisenso e di terapia cellulare con cellule staminali autologhe in pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne. Questi studi rappresentano un primo passo verso la reale possibilità di cambiare in modo clinicamente significativo la storia naturale di patologie genetiche e neurodegenerative, precedentemente ritenuta immodificabile». Di cosa si occupa in particolare il Centro 312 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012

Dino Ferrari? «Il centro è parte dell’Università di Milano ed è stato fondato dal professor Guglielmo Scarlato nel 1978. L’ingegner Enzo Ferrari ha voluto dedicare e intitolare il centro alla memoria del figlio Dino, affetto da distrofia muscolare. Fin dalla sua costituzione, la struttura ha sempre perseguito una strategia di ricerca basata sulla stretta integrazione tra gli aspetti clinici di diagnosi e cura delle malattie neurologiche e quelli della ricerca di base volta allo studio degli eventi eziopatogenetici e, soprattutto, alla ricerca terapeutica sperimentale. Gli studi nel campo delle scienze neurologiche svolti dal centro, e documentati da centinaia di lavori scientifici, hanno prodotto contributi essenziali alla comprensione delle basi molecolari delle principali malattie neuromuscolari e neurodegenerative, quali le distrofie muscolari, la Sla, la malattia di Alzheimer, nonché all’apertura di nuovi orizzonti nello studio della terapia farmacologica, della terapia genica e della terapia con cellule staminali. L’obiettivo finale del centro è il trasferimento dei dati della ricerca di base alla clinica nell’ambito delle malattie neuromuscolari e neurodegenerative, con efficacia


Nereo Bresolin

La possibilità di una diagnosi precoce consente al paziente un accesso preciso e tempestivo agli approcci terapeutici disponibili

e sicurezza, consentendo a molti pazienti di poter accedere in Italia a quanto di più aggiornato è a disposizione, non solo in termini di diagnosi e di prevenzione, ma anche di una terapia efficace». Qual è l’importanza dello studio delle cellule staminali e delle loro applicazioni? «Il trapianto di cellule staminali può rappresentare un possibile approccio terapeutico per le malattie neuromuscolari e neurodegenerative. Evidenze in modelli sperimentali suggeriscono che il trapianto di cellule staminali può migliorare il decorso di queste patologie attraverso meccanismi multipli, tra cui la sostituzione delle cellule degenerate o di altre cellule del microambiente, il supporto trofico al tessuto malato, la riduzione di sostanze tossiche. Tuttavia ulteriori studi sono necessari per valutare l’efficacia di tali approcci in un ambito pre-clinico, utilizzando strategie sperimentali con alta probabilità di traslazione, prima di passare alla sperimentazione nell’uomo. Recenti sviluppi nel campo delle cellule staminali hanno consentito di riprogrammare cellule somatiche adulte, come ad esempio i fibroblasti derivati dalla cute, in cellule staminali pluripotenti, le cosiddette

cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) simili alle cellule embrionali, ma senza limitazioni etiche particolari, consentendo di ottenere cellule staminali pazienti specifiche utilizzabili come modello di malattie per lo screening di nuovi approcci terapeutici in vitro e come possibile sorgente cellulare per una terapia cellulo-mediata». Parliamo infine di prevenzione. Qual è l’impegno del Centro Dino Ferrari su questo fronte? «La possibilità di una diagnosi precoce, obiettivo perseguito dal nostro centro anche grazie ai nuovi strumenti di analisi genetica nel caso delle malattie ereditarie, consente al paziente un accesso preciso e tempestivo agli approcci terapeutici disponibili, nonchè di ricevere un’adeguata valutazione prognostica e di counselling genetico sui rischi legati alla trasmisione della malattia ai figli. In futuro, quando saranno disponibili strategie curative, come la correzione del difetto molecolare, la diagnosi in una fase pre-sintomatica consentirà di intervenire in una finestra terapeutica adeguata a impedire lo sviluppo dei processi degenerativi e della malattia a livello clinico». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 313


APPARECCHIATURE MEDICALI

Continua l’innovazione nelle tecnologie medicali Il settore delle tecnologie per uso medicale non conosce pause in merito allo sviluppo di innovazioni e nuove apparecchiature. Tendenza, questa, che continuerà ancora negli anni a venire. L’esperienza di Tiziana Fantoni Emanuela Caruso

invecchiamento della popolazione continuerà a rappresentare uno dei cambiamenti sociali e strutturali più significativi dei prossimi anni. Alcune ricerche portate avanti dall’Onu hanno stimato che intorno al 2050 il numero di ultrasessantenni toccherà circa i due miliardi. A fronte di un tale progressivo fenomeno di invecchiamento degli essere umani sono stati individuati tre importanti fattori che giocheranno un ruolo di primo piano negli anni a venire: l’inevitabile incremento delle malattie legate alla vecchiaia; la crescita dell’attività dell’industria farmaceutica; e l’espansione del settore delle tecnologie medicali. Quest’ultimo, in particolare, trarrà ulteriori vantaggi anche dall’aumento del benessere e dalla crescita economica dei nuovi paesi emergenti.

L’ Tiziana Fantoni, presidente di ATS Srl di Torre De’ Roveri (BG) www.atsmed.it

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Nello specifico settore delle tecnologie medicali si colloca la ATS, Applicazioni Tecnologie Speciali, di Torre de’ Roveri, in provincia di Bergamo. «Da trent’anni – commenta Tiziana Fantoni, presidente della società – produciamo e commercializziamo, sia in Italia che all’estero, apparecchiature elettroniche, elettriche e meccaniche per uso medicale. Tra quelle più richieste al momento figurano i sistemi di diagnostica per immagini e le tecnologie radiologiche mobili da utilizzare durante interventi in tempo reale». Dal 1981, anno di inizio della vostra attività, ad oggi, il progresso tecnologico ha rivoluzionato ogni ambito produttivo. In tal senso, quali sono state le principali evoluzioni cui la ATS ha assistito e preso parte nello sviluppo produttivo e applicativo di speciali tecnologie per uso medicale? «Il progresso tecnologico di questi ultimi tre decenni ha presentato al settore e al mercato davvero tante novità e innovazioni. Tra le evoluzioni più importanti possiamo citare l’uso sistematico delle tecnologie digitali sia con microprocessori che con architetture Pc, la trasmissione di immagini con tecnologie wireless, e la trasmissione, l’archiviazione e la consultazione delle immagini diagnostiche attraverso l’impiego di sistemi informatici e di comunicazione chiamati Pacs. Molto rilevante è stata anche l’introduzione di tecnologie di immagine composte da amplificatori di brillanza e da telecamere digitali per diagnostiche a raggi X a bassa dose; e di si-


Tiziana Fantoni

stemi di immagine formati da detettori matriciali, i cosiddetti Flat Panel, per diagnostiche completamente digitali filmless». Qual è l’ultima novità progettata e prodotta da ATS e come funziona? «L’innovazione a cui stiamo lavorando è un nuovo concetto di radiodiagnostica digitale per impiego in pronto soccorso e diagnostica ad alta intensità di lavoro. L’idea principale consiste nel riunire insieme tutte le tecnologie più avanzate del design meccanico, elettronico e informatico per rendere l’esame radiologico più rapido, sicuro, diagnosticamene efficace e, perché no, più confortevole sia per il paziente che per gli operatori. L’ergonomia applicata a tutti i momenti e agli spazi dove si svolge l’esame radio diagnostico condiziona il progetto della macchina a porre la massima “Attenzione” all’uomo. Il risultato di questo sforzo sarà un prodotto sintesi di tanti anni di ricerca applicata, un prodotto altamente automatizzato di facile uso in comunicazione per dati e immagini in tempo reale con tutto il mondo medicale e speriamo anche bello». Quali sono i principali interlocutori commerciali della vostra azienda? «Sin dall’inizio abbiamo distribuito i nostri prodotti a società nazionali e internazionali interessate a integrare il proprio catalogo con le apparecchiature ATS e a venderle in tutto il mondo;

a società controllate o partecipate estere che svolgono in prevalenza l’attività di vendita e di assistenza tecnica post-vendita nei paesi stranieri; e a vari ospedali e cliniche private dislocati su tutto il territorio nazionale». Attraverso quali strategie operative è possibile seguire il progresso degli ambiti medicali specialistici cui la produzione ATS è rivolta? «Le idee per nuovi prodotti e per le loro caratteristiche provengono dalla continua ricerca di innovazione e dalla partecipazione a congressi internazionali di radiologia, come ad esempio l’Ecr europeo, il Jfr francese, l’Rsna americano e il Sirm italiano, e a svariate fiere medicali. Interessanti input derivano anche dalle partnership strette con le aziende produttrici di componenti strategici ad altissima tecnologia e con gli ospedali universitari, quali il Civili di Brescia e il Trusseau di Parigi». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 315


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