Dossier Friuli 05 12

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OSSIER FRIULI VENEZIA GIULIA L’INTERVENTO.........................................13 Renzo Tondo Ferruccio Dardanello Paolo Buzzetti

PRIMO PIANO IN COPERTINA ..................................... 18 Pompeo Tria RETI D’IMPRESA................................. 24 Giovanni da Pozzo Salvatore Palermo IL PUNTO ............................................... 30 Alessandro Calligaris RITRATTI................................................ 34 Mario Monti

ECONOMIA E FINANZA CREDITO & IMPRESE ..................... 39 Francesco Bellotti Adriano Luci Giuseppe Graffi Brunoro

EXPORT ............................................... 108 Luigi Salvadori Patrizia Tambosso Paolo Fantoni

INNOVAZIONE ..................................... 50 Luigi Nicolais Marco Formentini

INTERNAZIONALIZZAZIONE ........ 114 Andrea Maselli e Carlo Tonutti Enrico e Marco Zanussi Enrico Quendolo Antonietta Bisaro Michele Malaman

FOCUS UDINE ..................................... 55 Furio Honsell Ivo Salemme Graziano Tilatti MERCATO DEL LAVORO ................ 64 Pietro Ichino Michele Tiraboschi Maurizio Sacconi Antonio Paoletti MODELLI D’IMPRESA ...................... 74 Alessandro e Cristina Chiandetti Massimo Moretti Claudia Sangoi Angelo Rovere Carlo Mazzon, Bruno De Pin e Gianbattista Bit Mariarosa Feruglio Debellis Giorgio Pinto Ivo Conti Edoardo Pagani Andrea Lazzarini Elide Masutti Marco Barbarin Claudia Breda Luca Balzano Nicola Varutti, Elvis Turcato e Stefano Sani

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TECNOLOGIE ..................................... 128 Giovanni Geretti Nereo Diplotti Agostino Fornasier Simone Bosa Fabio Pettarin Paolo Bortolotti


Sommario AUTOMOTIVE ...................................142 Franco Barazzutti PRODOTTI ALIMENTARI ...............144 Stefano Fantinel PACKAGING ALIMENTARE ..........146 Alberto Tomasini CONSULENZA ...................................148 Giuseppe Dilena e Mauro Franz RECUPERO CREDITI .......................150 Domenico Zambano EVASIONE FISCALE ........................152 Claudio Siciliotti

TERRITORIO EDILIZIA ..............................................156 Il mercato immobiliare Corrado Sforza Fogliani Valerio Pontarolo Antonio De Paolo Sergio Hauser Alessandro Dozzi Vincenzo Zanutta Riccardo Frappa Pietro Boldarino INGEGNERIA ....................................174 Marco Gaspari BONIFICHE .........................................176 Luca Lanzutti MATERIALI .........................................178 Giuseppe Vesca Michele Tuzzi LOGISTICA .........................................182 Voskanian Anouch Iurikovna Luca Tosoni

AMBIENTE POLITICHE ENERGETICHE .........186 Michelangelo Agrusti Maria Teresa Bassa Poropat FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 11



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Proposte per la crescita di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere

opo quattro anni di crisi, il tessuto produttivo del Paese appare chiaramente provato. Queste difficoltà si riflettono in maniera diretta sull’occupazione che, secondo i primi dati del sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, quest’anno potrebbe ridursi di altre 130mila unità. Il quadro che emerge dalla lettura del Rapporto Unioncamere, diffuso in occasione della 10° Giornata dell’economia alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, mette in evidenza il fatto che le manovre di finanza pubblica, indispensabili per riportare i conti sotto controllo e riguadagnare la fiducia dell’Europa e dei mercati internazionali, quest’anno avranno un costo, in termini di recessione, molto elevato: -1,5% il calo del Pil che prevediamo quest’anno, con picchi intorno al -2% per quasi tutte le regioni meridionali. È chiaro che oggi il rigore non basta. Bisogna tornare a crescere, con interventi cantierabili nell’immediato che rilancino i consumi e attivino di nuovo la propensione all’investimento. L’aspetto che abbiamo ben presente, dopo questi anni così difficili, riguarda il fatto che i grandi mutamenti dello scenario geopolitico e le ricorrenti crisi del sistema economico-finanziario mondiale ci hanno fatti entrare in un’era nuova. Dobbiamo prenderne atto e smettere di comportarci come se tutto, tra poco, dovesse tornare com’era prima. Non succederà. Se l’impresa si riorganizza

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nel segno dell’efficienza, della qualità e dell’innovazione, anche le istituzioni - e le Camere di Commercio per prime lo sanno - devono fare lo stesso. Per questa ragione, abbiamo identificato cinque temi su cui lavorare e su questi abbiamo sviluppato le nostre proposte. Gli interventi che abbiamo ideato sono diversi e tutti privi di oneri sul bilancio dello Stato; riguardano la semplificazione, l’internazionalizzazione, gli investimenti, il credito, la diffusione delle imprese e il supporto al lavoro. Tra questi, la possibilità di ammortizzare gli investimenti aggiuntivi delle imprese in tre anni per rilanciare lo sviluppo; un patto tra governo e Camere di Commercio per portare sui mercati internazionali altre 10mila imprese nel prossimo triennio; una disciplina speciale che impedisca il fallimento delle aziende causato dai ritardi nei pagamenti della Pa, ma anche la proposta molto concreta - già affidata al Parlamento - di attribuire alle Camere di Commercio il compito di rilasciare una certificazione formale del credito tra imprese, esigibile in sede giudiziaria con tempi rapidissimi. Per sostenere la diffusione delle imprese, inoltre, proponiamo un rinvio dei pagamenti Iva e Irap per i primi due anni di attività delle nuove realtà mentre, in materia di lavoro, chiediamo di sostenere concretamente la riforma dell’apprendistato in chiave europea, realizzando un sistema stabile di certificazione delle competenze che, come in Germania, faccia perno sulle Camere di Commercio. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 15



Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Guardare all’edilizia come motore del rilancio di Paolo Buzzetti, presidente di Ance

l settore delle costruzioni sta pagando a caro prezzo gli effetti della crisi dei mercati finanziari. La restrizione del credito concesso dalle banche rischia ormai di paralizzare l’intera rete imprenditoriale dell’edilizia. Ma oltre a ciò, le aziende devono affrontare anche il grave problema dei ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Si è giunti, infatti, a un tempo medio d’attesa di otto mesi, con un incremento del 40%: dai 114 giorni del maggio 2011 agli attuali 159. Senza considerare quelle situazioni limite nelle quali si sono superati i due anni. In questo modo si condannano le imprese a un inevitabile fallimento. È, invece, proprio al settore edile che bisognerebbe guardare per avviare concrete azioni anticicliche capaci di rilanciare l’economia, come avviene in altre grandi nazioni europee. L’Ance lo sostiene da tempo: la spesa pubblica produttiva, come quella delle infrastrutture, va salvata. Ogni miliardo di euro investito in edilizia genera ricadute positive per ben 3,4 miliardi. Tuttavia, negli ultimi anni, si è puntato su una politica di tagli agli investimenti piuttosto che alla spesa corrente, generando - dal 2005 a oggi - una contrazione del 44,5% del mercato dei lavori pubblici. Di certo, la decisione del Cipe dello scorso gennaio, che ha confermato l’assegnazione di fondi per le opere contro il rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, va letta come un primo segnale positivo. Al quale bisogna però far velocemente seguire un piano di spesa delle risorse che, dopo una prima boccata d’ossigeno, sia in grado di

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creare una reale prospettiva di sviluppo. Prospettiva che deve naturalmente coinvolgere anche il settore privato il quale, nonostante abbia evitato gli effetti nocivi di una bolla speculativa, non è in grado di rispondere a un’esigenza abitativa decisamente alta, stando alle stime sulla crescita del numero di famiglie. Sono tre gli obiettivi su cui bisognerebbe concentrare gli sforzi. In primo luogo, è necessario investire nell’edilizia sostenibile, intervenendo sulla gran parte degli edifici esistenti secondo i più moderni criteri di risparmio energetico e le attuali norme antisismiche. Importante, poi, è rendere accessibile la casa anche alle fasce medio-basse della popolazione, attraverso mutui a condizioni agevolate e incentivi fiscali mirati. Ma, soprattutto, è urgente avviare un piano città capace di realizzare una radicale riqualificazione del tessuto urbano per recuperare le periferie, riorganizzare la mobilità e rendere le nostre città motori di sviluppo economico, poli turistici di grande interesse e luoghi di sempre più elevata qualità della vita. Quest’ultimo punto è fondamentale non soltanto per il settore, ma per tutta l’economia. La città, infatti, intesa come luogo di produzione della ricchezza materiale e culturale di un paese, è destinata a essere il principale terreno del confronto futuro fra le economie mondiali. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 17


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Pompeo Tria, presidente della Step Impianti di Trieste, al centro tra i figli Paolo e Anna www.stepimpianti.it


Pompeo Tria

STRATEGIE DI SVILUPPO Nel 2007 comprese la necessità di invertire la rotta. Pompeo Tria, numero uno del Gruppo Step Impianti, spiega perché le Pmi italiane possono espandersi a livello internazionale diversificando e innovando. E lancia un appello per il rilancio della realtà portuale triestina Andrea Moscariello

a congiuntura negativa ci porta, sempre più spesso, a osservare in maniera sommaria quella che è la reale situazione del mercato. Ma il limitarsi a generalizzare l’analisi economica asserendo che la crisi, come fosse piovuta dal cielo, è un cancro che molte aziende subiscono passivamente, rischia di sfociare in un esercizio di pensiero pericoloso e atrofizzante. Chi opera nel tessuto produttivo italiano sa bene che quegli imprenditori dimostratisi lungimiranti, capaci di mettersi in discussione, e perché no, un po’ audaci, hanno resistito. Per poi tornare a crescere. È questo il caso di Pompeo Tria, presidente del gruppo triestino Step Impianti. Un volto rasserenante dell’imprenditoria regionale che ben rappresenta il riscatto di un modello aziendale mai banale, sempre disposto a evolversi diversificando la propria atti-

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vità e concedendosi il rischio di “uscire dagli schemi”. Lo dimostra il fatto che a oggi è difficile identificare il core business della realtà guidata da Tria. Il gruppo è leader nei settori energetico e portuale, è vero, ma oggi è impegnato anche su fronti quali il ferroviario, l’automazione, la meccanica di precisione, l’edilizia, il petrolchimico e il siderurgico. «La diversificazione ha rappresentato la chiave di volta per il gruppo – spiega il fondatore Pompeo Tria, oggi affiancato dai figli Anna e Paolo -. Ci ha permesso di tornare a crescere, espandendoci verso nuovi mercati e proponendo ai nostri committenti un numero via via crescente di innovazioni». Tornando a un fatturato di circa 10 milioni di euro, dunque ai livelli pre-crisi, ora l’obiettivo per il prossimo triennio, come annuncia direttamente l’imprenditore, è quello di raddoppiare la cifra, toccando quota 20 milioni.

Un obiettivo ambizioso. «E certamente non facile da raggiungere. Ma ritengo che il gruppo abbia intrapreso la giusta strada, intercettando settori e mercati dalle grandi potenzialità». Nel 2007 lei si è reso promotore di un significativo cambio di rotta nelle strategie della Step Impianti. Cosa è accaduto? «Molto semplicemente ho compreso, prima di tanti altri imprenditori, che la crisi era alle porte. Dunque, o si cambiava o si soccombeva. Abbiamo ritenuto opportuno, all’inizio non senza alcune resistenze, di dare un’inversione di rotta, puntando moltissimo sulle nuove strategie e sull’innovazione. Chiaramente tutto questo ha comportato un ripensamento delle nostre scelte aziendali e delle tipologie di investimento conseguentemente programmate, puntando in modo particolare su una frammentazione FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

NUOVI SETTORI PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE tep Impianti si apre a nuove opportunità. Tra i settori che interessano il gruppo guidato dalla famiglia Tria, anche quello delle costruzioni civili, da sviluppare sia in Italia che all’estero. In questo campo l’azienda ha provveduto all’acquisto di una serie di immobili dismessi, ricostruendoli con materiali innovativi frutto di un’intensa attività di ricerca e sviluppo. Quella riguardante i sistemi di gestione e di movimentazione di materiali per grandi complessi industriali è un’altra delle aree su cui Step e Digital Impianti stanno investendo con forza. Si tratta di un settore particolarmente complesso, che richiede competenze diversificate che vanno dalla progettazione e realizzazione di strutture metalliche complesse, all’oleodinamica, al-

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l’elettronica, all’informatica. Una nuova realtà a cui da pochissimo tempo Tria sta dedicando una particolare attenzione riguarda il settore ferrotranviario. Step Impianti già in passato aveva messo a disposizione di que-

sta realtà le sue esperienze. A distanza di tempo si ripropone con l’applicazione di nuove tecnologie e offrendo la possibilità di ospitare materiali ad alto risparmio energetico. A crescere è anche il fronte della nautica da diporto, nel quale i sistemi domotici e di controllo rappresentano una delle aree di maggiore sviluppo. Tutti tasselli che permettono all’impresa triestina di continuare a espandersi, oltre che in Europa, anche nei cosiddetti Paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina), che continuano a crescere a ritmi particolarmente sostenuti. È stato appena sottoscritto un accordo di collaborazione con la Camera di Commercio dello Stato brasiliano di Pernambuco (nella foto) e una joint-venture con un’importante società locale.

grande potenziale economico e professionale. Con loro, ovviamente, abbiamo acquisito anche importanti portafogli clienti che ci permettono di ampliare il nostro raggio d’azione. Prendiamo il caso di una delle nostre aziende più importanti, la Digital Impianti. Quest’ultima è cresciuta e ora, a sua volta, ha inglobato una nuova attività legata al settore dell’oleodinamica, assumendo venti nuove persone. Ci tengo a sottolineare che tutte le nuove aziende entrate a far parte della Step Impianti vengono dalla nostra regione. Garantiamo un indotto di oltre sessanta occupati soltanto sul territorio locale. E in questo periodo non è un dato da poco». Su quali settori, in particolare, vi state concentrando? «Oltre ai nostri core business tradizionali, come quelli dell’energia,

del petrolchimico e della motoristica, devo dire che stiamo gettando delle ottime basi anche nell’ambito delle costruzioni civili, dei sistemi di gestione e di movimentazione dei materiali, del ferroviario e della nautica da diporto». A proposito di portuale, la sua azienda è una delle protagoniste sullo scenario triestino. Quali aspettative ripone nei confronti di questo settore? «Personalmente sono ottimista. Sto verificando importanti incrementi nel traffico marittimo. E il porto di Trieste ha un grande potenziale. Ma occorre, anche qui, un maggiore impegno di tutte le Istituzioni». Vale a dire? «Occorre fare sistema. Non soltanto con il Porto di Venezia, ma anche con quelli di Fiume e di Capodistria. Se operative in maniera

delle attività svolte fino a oggi, diversificando i relativi programmi industriali. I risultati si sono palesati fin da subito, determinando un significativo aumento di nuovi clienti e dello stesso fatturato delle aziende del gruppo. Creando in questo modo anche condizioni di crescita occupazionale». La vostra strategia di diversificazione avviene anche attraverso l’acquisizione di imprese in forte difficoltà. «È chiaro, ci siamo presi dei rischi. Ma acquisire un’azienda in crisi non significa acquisire un’azienda priva di potenziale. Tante volte una realtà è in difficoltà soltanto perché mal gestita o perché incapace di cogliere al volo i mutamenti del mercato. Negli ultimi anni, ma continueremo a farlo anche in futuro, abbiamo inserito nel gruppo alcune aziende dal 20 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012


Pompeo Tria

sinergica, queste infrastrutture potranno permetterci di controllare l’intero traffico adriatico. Ma a cominciare dal Porto di Trieste, dobbiamo metterci in testa di dover operare con una maggiore ricettività. Bisogna osservare i mercati in maniera scrupolosa, essere in grado di captare le nuove opportunità di business che derivano dall’internazionalizzazione dei mercati». In tal senso non crede sarebbe utile anche alimentare un sistema basato sulle reti di impresa? «È fondamentale. Non soltanto le istituzioni, ma in primis gli imprenditori devono operare in concerto, creare sinergie. Non possiamo più vivere come fossimo delle singole isole sul mare. Dobbiamo unirci per proporci in maniera più forte e credibile nei confronti del mercato internazionale».

Il Porto di Trieste deve operare con una maggiore ricettività. Bisogna osservare i mercati, essere in grado di captare le nuove opportunità di business che derivano dall’internazionalizzazione

A proposito di estero, quello dell’internazionalizzazione è un altro dei tasselli fondamentali per il piano di sviluppo del gruppo da lei presieduto. «Non ci interessano soltanto i mercati tradizionali. Ora sono i Paesi in via di sviluppo a presentare le maggiori opportunità. In particolare ripongo molte aspettative nei confronti del Brasile». Perché proprio questo Paese? «Abbiamo siglato importanti accordi con il presidente della Camera di Commercio di Pernambuco. Ho notato da subito che il mercato in Brasile

era saturo di grandissime aziende, di multinazionali. Mancava, invece, tutta quella rete indotta di piccole e medie imprese. E allora ho pensato: perché non porci come pionieri, creando nuove opportunità di business in loco? Certo, ciò implica un grosso sforzo, non solo economico, per preparare nuove maestranze e per trasferire il nostro know how. Ma questa scelta ci sta premiando e si sta rivelando fondamentale al fine di raggiungere il fatturato prefissato per il 2015». Molte altre imprese, nonostante la spinta all’internazionalizzazione, sono però fallite. Da im- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 21


IN COPERTINA

prenditore lei come se lo spiega?

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«Credo che la differenza la faccia l’innovazione. Non solamente all’estero ma anche in Italia, senza investire continuamente in questo fondamentale elemento non si può andare avanti. È esemplificativo ciò che sta accadendo sul fronte dell’edilizia. Un settore fortemente in crisi, è vero. Eppure nel nostro caso non riusciamo a stare dietro alla domanda. Creare il nuovo, utilizzando materiali e tecnologie innovative. Questa

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è la formula. Non è vero che la gente non acquista, soltanto lo fa se ne vale la pena. Per quale motivo uno dovrebbe acquistare un immobile scarso sotto il profilo tecnologico e della resa energetica?». Anche il tema del risparmio energetico le è sempre stato a cuore. «Il settore delle energie rinnovabili ci interessa molto. E al tempo stesso continuiamo a investire in sistemi atti a raggiungere un risparmio energetico significativo. Come società, non spre-

chiamo energia, anzi, la risparmiamo e la rivendiamo. Un meccanismo che ci ha permesso di accumulare utili da reinvestire nella ricerca e nello sviluppo di tutti i settori in cui operiamo. E anche qui il cuore del discorso resta l’innovazione, che da un settore si espande a un altro». Ad esempio? «Tutta l’esperienza acquisita negli anni nel settore motoristico la stiamo esportando in quello ferroviario. L’innovazione, quella vera, è virale, si


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Pompeo Tria

Il settore delle energie rinnovabili ci interessa molto. E al tempo stesso continuiamo a investire in sistemi atti a raggiungere un risparmio energetico significativo

tocollo di Kyoto». Step Impianti cresce, ma lei resta legato a un modello di gestione famigliare d’impresa. «Non è del tutto esatto. I miei due figli rappresentano il futuro dell’azienda, Paolo è direttore generale e Anna è la responsabile amministrativa. Ma la nostra è una realtà complessa che vede coinvolta, ovviamente, una managerialità collegiale. Si lavora in team, sono tante le professionalità coinvolte».

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espande. Se possiamo immaginare una nave interamente illuminata a led, perché non immaginare anche un treno? Ecco, questo esempio racchiude quella che è la mia filosofia di sinergia e diversificazione d’impresa. E non dimentichiamoci che questa nostra attenzione, spasmodica, all’innovazione e al risparmio energetico, ci permette di operare riducendo sempre di più l’impatto sull’ambiente, abbassando le emissioni di CO2 e rispettando l’obiettivo imposto dal pro-

Da imprenditore, cosa si aspetta nell’immediato futuro? «Sono ottimista. Ma non possiamo negare il fatto che la perdurante crisi economica stia mettendo in evidenza tutte le problematiche mai affrontate del sistema creditizio, al punto tale che nessuno può oggi negare una recessione simile a quella vissuta nel1929. Il Sistema Italia si è compromesso, a danno soprattutto delle Piccole e medie imprese, con delle conseguenze drammatiche a cui tutti noi stiamo assistendo in questi ultimi tempi. Credo che sia arrivato il momento in cui tutti - e dico veramente tutti – intervengano su quelli che possono essere gli aiuti significativi alle realtà meritevoli, incluse quelle aziende che hanno delle sofferenze causate in gran parte da terzi, Stato compreso. E in secondo luogo, cosa fondamentale, noi imprenditori, per primi, non possiamo più restare fermi ad aspettare che il mercato torni quello di una volta. Non ci troveremo più a operare in uno scenario come quello di dieci anni fa. Dobbiamo metterci in testa di cambiare passo. In economia, come nella vita, sbagliare è umano, ma perseverare…». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 23


RETI D’IMPRESA

Insieme per uscire dalla crisi In un territorio costituito per il 96% da piccole aziende, per vincere la competizione nello scacchiere internazionale serve sviluppare un assioma di qualche anno fa: piccolo è bello, purché in rete Teresa Bellemo

o scenario economico sembra non mostrare segnali decisi di ripresa. Secondo le previsioni anche il Friuli Venezia Giulia nel 2012 sembra segnare il passo, assestandosi su dei valori prossimi a quelli degli indicatori nazionali, nonostante nell’arco dei due anni precedenti avesse mostrato una maggiore vitalità, con un indice di sviluppo pari rispettivamente a +2,3% nel 2010 e +0,6% nel 2011. Rispetto allo stesso mese del 2011, nello scorso febbraio si è verificato un aumento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria per i lavoratori dipendenti (+78%) e una contrazione di vendite (-3,5%) per il comparto industriale, a dimostrare che la regione ha qualche difficoltà a uscire dalla crisi. È in questa situazione che le piccole e medie aziende del Friuli Venezia Giulia cercano di rafforzare la loro struttura unendosi in rete. Mentre negli anni precedenti si elogiava la dimensione ridotta delle aziende

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che costituivano il tessuto produttivo del Nordest, ora che la sfida non è più soltanto nazionale o europea, ma addirittura globale, la necessità diventa quella di poter rendere più solida la propria realtà aziendale, e una delle modalità migliori è quella di creare relazioni tra aziende, magari appartenenti alla stessa filiera produttiva. È su questo binario che si inserisce il progetto “Creazione e gestione di reti d’impresa per l’internazionalizzazione” della Camera di Commercio di Udine. Ne parla il suo presidente, Giovanni da Pozzo, che sottolinea: «Oggi più che mai, in un contesto tradizionale dominato dall’incertezza e sempre più mutevole e rapido, il network è la risposta».

Qual è lo spirito del progetto “Creazione e gestione di reti d’impresa per l’internazionalizzazione”? Quali sono le previsioni di adesione? «La nostra Camera di Commercio ha voluto lanciare un bando, operativo dal 2 maggio, per sostenere le imprese che si aggregano per portare avanti congiuntamente dei progetti di sviluppo all’estero e con l’estero. Non sempre è facile vincere un naturale desiderio di autonomia delle singole imprese e proprio per questo crediamo che la rete sia la risposta: mette insieme le forze senza però far perdere alle imprese autonomia e individualità. Crediamo che sia importante sostenere questi per-


Giovanni da Pozzo

corsi perché poi possa innescarsi un circolo virtuoso. Le nostre imprese lo stanno capendo e perciò, pur se è prematuro fare pronostici, auspichiamo che la nostra iniziativa, che mette in campo 200mila euro di contributi, possa avere una buona risposta». Il bando per l’internazionalizza-

zione delle reti d’impresa della Camera di Commercio di Udine, l’accordo “Obiettivo crescita” tra Piccola industria e Intesa Sanpaolo e i 48 miliardi di euro della manovra 2010 per defiscalizzare le aziende che si uniscono in rete costituiscono alcuni segnali di fiducia da parte del sistema economico in

Il presidente di Unioncamere e della Camera di Commercio di Udine, Giovanni da Pozzo

questa forma produttiva. Si potrebbe fare di più? «La fiducia è data dalla necessità di rilancio di un sistema produttivo messo a dura prova dalla crisi ed estremamente parcellizzato. Un sistema che, così com’è, non è adeguato, se non in rarissimi casi, a vincere le sfide sempre più difficili offerte dal mercato mondiale. Ma proprio queste sono le sfide da cogliere, tra le pochissime in grado di creare sviluppo alle nostre imprese, ora che il mercato interno è fermo e i mercati tradizionali e più facilmente accessibili come quello Ue o degli Stati Uniti non garantiscono adeguate prospettive di crescita. Si può sempre fare di più, ma l’attenzione crescente sul tema da parte delle istituzioni, così come la sensibilizzazione sempre maggiore delle imprese, sono un buon segnale». Quanto può essere importante la rete nei percorsi di innovazione e internazionalizzazione? «Tutti i rapporti economici più recenti mettono in luce come la creazione di network per le imprese italiane - in Friuli Venezia Giulia per oltre il 96% si parla di piccole e micro realtà - sia il volano per riuscire a innovare prodotti e processi e per permettere anche alle nostre piccolissime aziende di essere competitive in un mercato sempre più globale, veloce e agguerrito. Le stesse imprese che hanno fatto rete sono i testimonial più significativi di questa campagna a favore dei network. Come ente camerale di Udine abbiamo aperto un bando che consente alle FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 25


RETI D’IMPRESA XXXXXXXXXXX

imprese vitivinicole di fare promo- «Il fatto, per esempio, che per af- istituti bancari mettono a disposizione nei mercati extraeuropei: il progetto “Ocm vino”. Con la compartecipazione del 50% di fondi pubblici alla spesa sostenuta, siamo i primi in Italia ad aver intrapreso la strada dell’aggregazione. Inoltre, da quattro anni siamo capofila di un’associazione temporanea d’imprese arrivata a 42 aziende e affrontiamo in forma aggregata la promozione all’estero. La crescita del numero di imprese che ogni anno aderiscono - erano una ventina alla prima edizione è sintomo di quanto siano esse stesse a capire il successo dell’operazione, che le rende più forti ma non le vincola, lasciandole libere di scegliere le azioni più adeguate ai propri obiettivi e alla propria produzione». Molte aziende lavorano in reti informali. Cosa dovrebbe spingerle a regolarizzare la loro cooperazione?

frontare l’estero, specie i mercati più lontani e diversi dal nostro, bisogna essere davvero molto organizzati, con una programmazione solida e con attività. Una rete formale non limita la libertà, ma deve permettere al contrario di raggiungere con più efficacia obiettivi che una piccola impresa, da sola o non adeguatamente aggregata, non può raggiungere. Anche contributi come quelli che mette in campo il nostro ente dovrebbero essere da stimolo alla creazione di un tipo di rete ben strutturata». L’aggregazione può essere uno strumento in più per contrastare la stretta creditizia? «Certo, la creazione di reti è valida a più livelli e in un momento così complesso per l’accesso al credito una rete può senz’altro essere sinonimo di maggior solidità e strutturazione del progetto su cui investire. Tanto più che anche molti

zione finanziamenti che favoriscono le iniziative di network fra più aziende». Quanto il web e le nuove tecnologie possono influire nella creazione di reti d’impresa? «Sono fondamentali, come ormai in ogni attività aziendale. Le nuove tecnologie polverizzano i tempi e gli spazi, rappresentano il linguaggio della comunicazione di oggi e lo saranno sempre più domani. Chi fa rete non può prescindere dalle nuove tecnologie, che mettono tutto il mondo a portata di mano e che consentono di mantenere i rapporti anche con le realtà lontane con cui sempre più le nostre imprese, e le nostre reti, devono comunicare e collaborare. Il web e i social network possono poi essere anche un supporto pre-competitivo, perché possono aiutare le istituzioni a sensibilizzare sull’importanza della creazione e della gestione di reti».


Salvatore Palermo

La rete fa la forza Aggregarsi per uscire dalla crisi, competere sui mercati e ottenere credito dal sistema bancario. È questo lo spirito del progetto “Obiettivo crescita”. Il punto di Salvatore Palermo Teresa Bellemo

nei periodi di crisi e di difficoltà che il rinnovamento e l’evoluzione divengono necessari. È attraverso di essi, infatti, che spesso si può trovare la soluzione per uscire dall’immobilismo e dalla criticità dati dall’attuale situazione economica. In un mercato fermo come quello italiano le aziende fanno fatica non solo a creare nuovi ricavi ma a volte anche a sopravvivere. Inoltre, è noto ormai che il nostro sistema produttivo soffre per le dimensioni delle imprese nazionali, in alcuni casi molto ridotte, che impedisce loro di poter fare business in maniera competitiva. Un impedimento particolarmente ingombrante, soprattutto se i mercati di riferimento non sono più soltanto nazionali, ma si stanno spostando necessariamente su un piano globale. È su questi punti che si fonda la scommessa delle reti d’impresa, uno degli strumenti a disposizione delle

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Salvatore Palermo, presidente del comitato Piccola industria di Confindustria Friuli Venezia Giulia

imprese per potersi strutturare e diventare un soggetto economico forte, in grado di potersi imporre nei mercati globali. Inoltre delle aziende più strutturate e aggregate possono bypassare il drammatico problema dell’accesso al credito. Per incentivare questo meccanismo e aiutarle nel processo di internazionalizzazione, il comitato Piccola industria di Confindustria ha siglato con il gruppo Intesa Sanpaolo un accordo, “Obiettivo crescita. Impresa, banca, territorio”, che fa seguito agli accordi del 2009 e del 2010, per sostenere le imprese nei loro percorsi di crescita e di rafforzamento. L’obiettivo è rispondere concretamente alle esigenze di sviluppo e di riposizionamento delle imprese, aiutandole nei percorsi di internazionalizzazione e nella realizzazione di progetti di ricerca e innovazione. Lo spiega nei dettagli Salvatore Palermo, presidente del comitato regionale di Piccola industria.

Quali sono gli obiettivi dell’accordo? «L’accordo è stato ispirato dalla necessità e dal desiderio delle nostre imprese di crescere a livello dimensionale anche per avere un’apertura verso nuovi mercati, soprattutto esteri, dato che la domanda in Italia è ferma su livelli molto bassi. Lavorando insieme al gruppo Intesa Sanpaolo, è stata messa a punto la strategia di incentivo proprio per la crescita dimensionale delle nostre aziende e la creazione di reti d’impresa è uno dei punti più importanti dell’accordo. Il sistema bancario ora è molto ingessato, mentre sul versante reti e aggregazioni gli spazi di manovra sono un po’ più ampi, perché è proprio la banca a vedere con occhi diversi queste forme aziendali, visto che sono essenzialmente finalizzate alla crescita dimensionale, tallone d’Achille del sistema nazionale. Volendo fare un paragone, una pmi italiana non ha FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 27


XXXXXXXXXXX RETI D’IMPRESA

Lavorare con un istituto bancario forte vuol dire muoversi come un sistema

comunque la dimensione di una

pmi europea». Perché puntare sull’internazionalizzazione? Quali devono essere i vettori su cui muoversi per le aziende regionali? «Innanzitutto il mercato interno in questo momento langue e non ci sono prospettive positive a breve termine. Per questa ragione i mercati esteri vengono visti come uno sbocco per poter incrementare i propri ricavi, ma in certi casi sono indispensabili anche solo per sopravvivere, vista l’immobilità italiana. L’accompagnamento da parte di un istituto bancario forte, non solo a livello italiano ma anche internazionale, vuol dire muoversi quasi come un sistema piuttosto che come un soggetto isolato. Questa è l’arma vincente, che dà delle chance in più di penetrare con successo nei mercati esteri». 28 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

Per molti anni il leit motiv è stato “piccolo è bello”. Oggi che i piccoli sono costretti ad associarsi, significa che quel modello ha esaurito la sua spinta positiva? «Non credo che sia esaurita, piuttosto credo che si stia evolvendo. Purtroppo piccolo è bello non può essere una regola generale valida per tutte le aziende e per tutti i settori. Per questo la crescita dimensionale, l’aggregazione in rete, sono diventate essenziali per poter sviluppare business o per poter sopravvivere. I costi fissi di struttura ormai sono insostenibili da tanti punti di vista, per questo fare massa critica, porsi obiettivi comuni, aggredire i mercati in maniera sistemica e non in maniera sporadica, poter creare economie di scala per quanto riguarda i costi fissi, diventa imprescindibile. Oggi una piccola azienda non avrebbe mai le forze per poter creare da sola legami com-

merciali con l’estero in maniera organica e soprattutto garantendosi dei ritorni proporzionali agli investimenti sostenuti in tempi consoni». Nonostante i vantaggi di lavorare in rete, perché ancora oggi molti imprenditori faticano a cooperare? «Ci sono delle caratteristiche personali e imprenditoriali che fanno da freno all’aggregazione, perché l’imprenditore può vederla come una riduzione della propria autonomia. Io credo che la maturità, ma anche la necessità degli imprenditori di oggi, porti necessariamente ad andare oltre i personalismi e i campanilismi, nell’interesse delle aziende e quindi, di conseguenza, della collettività e degli stakeholder. Credo che questi interessi debbano far superare certi egoismi che in tempi magari meno cupi sono riusciti a limitare questi processi aziendali».



IL PUNTO

Incentivi e misure di fiscalità di vantaggio «In questo momento la sfida principale per il rilancio dell’economia e dell’occupazione è quella della riduzione del carico fiscale». Una piaga che, secondo Alessandro Calligaris, sta letteralmente affossando imprese e mercato del lavoro Elisa Fiocchi

a politica nazionale non ci aiuta, ma noi per primi abbiamo grandi responsabilità in termini di gestione non sempre efficiente delle risorse e di dispersione di energie». Con queste parole il presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris, analizza l’attuale contesto economico e i recenti provvedimenti nazionali in materia di rilancio del sistema produttivo e occupazionale. «Se da un lato al governo va riconosciuto l’indubbio merito di aver riportato rigore e meticolosità nei conti, dall’altro è necessario che l’esecutivo vari anche riforme volte a liberare il Paese dai troppi vincoli che ne bloccano la ripresa». Sul piano delle politiche regionali, invece, Calligaris indica una lista di priorità d’intervento che vanno dal potenziamento delle infrastrutture e della portualità alla discussione di un piano regionale in grado di garantire l’approvvigionamento energetico al territorio. Se le prospettive dell’industria

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e dell’occupazione destano preoccupazioni sul territorio regionale, come il governo dovrà intensificare gli strumenti di intervento mirati allo sviluppo dell’economia? «Per diminuire il carico fiscale, andrebbero ridotte le imposte dirette sui redditi più bassi, con maggior propensione al consumo e ciò stimolerebbe la domanda interna. Un’ulteriore riduzione dell’Irap favorirebbe sensibilmente la competitività di costo delle imprese, anche nel confronto con l’estero. Nella nostra regione sarebbe opportuno introdurre anche alcune misure di fiscalità di vantaggio, atte a colmare il divario con i regimi fi-

scali di paesi come la Slovenia e l’Austria, le cui normative più vantaggiose deprimono la competitività regionale. Sarebbe auspicabile inoltre l’introduzione di incentivi fiscali per favorire la patrimonializzazione delle imprese, promuoverne i processi aggregativi e sostenerne gli investimenti in ricerca ed innovazione». A tal proposito, quali passi sono stati fatti dal governo per intensificare la ricerca e l’innovazione industriale? «Il pacchetto di misure per la crescita delineato nei giorni scorsi dal ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture, Corrado Pas-

A causa della crisi la competitività aziendale si è legata a fattori che dipendono dal sistema Paese e sui quali le aziende non possono esercitare alcun controllo


Alessandro Calligaris

Alessandro Calligaris, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia

sera, è un buon punto di partenza. Il governo punta innanzitutto al rafforzamento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, uno strumento fondamentale per garantire l’accesso al credito. Sul tavolo c’è anche la spinosa questione dei pagamenti arretrati della pubblica amministrazione, legata al recepimento della direttiva Ue sui tempi di pagamento alle imprese. Il ministro Passera ha illustrato un'ipotesi allo studio che prevede il pagamento dei debiti arretrati accumulata dalla pubblica amministrazione nei confronti dei privati con titoli di Stato. Con le semplificazioni e le liberalizzazioni, nonché con lo sblocco dei fondi per le infrastrutture - un provvedimento che interessa in particolar modo la nostra regione, fortemente

penalizzata da quel punto di vista si sta imboccando la strada giusta». Dall’analisi dell’ultimo trimestre del 2011, si assiste a una frenata dell’economia del Friuli Venezia Giulia e anche le previsioni per l’anno in corso non sono positive. Quali sono oggi le ferite profonde che paralizzano il tessuto imprenditoriale regionale? «Il tessuto imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia, se escludiamo alcune grosse aziende di eccellenza, si compone principalmente di piccole e medie imprese. Le ferite che paralizzano l’economia regionale sono in buona sostanza le medesime che affliggono l’intero Paese: difficoltà di accesso al credito, difficoltà nella riscossione dei crediti, blocco degli investimenti, burocrazia inefficiente,

infrastrutture inadeguate, scarsa flessibilità del mercato del lavoro. A livello regionale subiamo inoltre le conseguenze della lentezza decisionale le quali marginalizzano il territorio a dispetto del suo potenziale e della sua posizione strategica. Una strategia lungimirante per il Friuli Venezia Giulia vorrebbe il potenziamento delle dotazioni logistiche, innanzitutto attraverso il completamento delle arterie di collegamento interne alla regione e di raccordo con i paesi limitrofi, e in secondo luogo tramite la realizzazione di opere fondamentali quali il corridoio V». Sul territorio cala la produzione e in termini di vendite sono cresciute quelle italiane ma diminuite quelle estere. Come intervenire per allargare il livello di internaziona- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 31


IL PUNTO

lizzazione delle imprese, punto di forza dell'economia friulgiuliana? «I processi di internazionalizzazione sono stati il perno dello sviluppo del Friuli Venezia Giulia e sono convinto che saranno anche il centro della sua ripresa: per il nostro sistema si tratta di una grande sfida. Nel corso del 2011 la regione aveva registrato una notevole tenuta sul fronte dell’export, il che conferma la sua naturale vocazione in tal senso. Purtroppo le esportazioni non bastano a risollevare un mercato interno statico, né si può contare solo su di esse in un contesto globale in cui una competitività aggressiva e la corsa al ribasso determinano vincitori e vinti. Al di là degli indispensabili strumenti di supporto alle imprese, la soluzione va cercata nella collaborazione tra aziende e in un’innovazione che abbracci tutti i processi imprenditoriali: dall’ideazione del prodotto alla strategia commerciale, passando per nuovi modelli di impresa e nuove aggregazioni,sempre nella speranza che nel frattempo il Governo e le istituzioni finanziarie riescano a far ripartire la voglia e la capacità di fare». Per rispondere alle mutate esigenze delle imprese, in quali aspetti sarà potenziato il ruolo di rappresentanza di Confindustria? «In un momento così critico anche Confindustria deve misurarsi con le proprie priorità, i propri limiti e le possibili soluzioni. L’affermarsi della globalizzazione ha di fatto incrementato l’importanza del movimento associativo nel contribuire a 32 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

creare le condizioni per la competitività. Con la crisi, la competitività aziendale si è progressivamente legata a fattori che dipendono infatti dal sistema Paese e sui quali le aziende non possono esercitare alcun controllo: in ciò le imprese dipendono dunque dal sistema di rappresentanza e dalla sua efficacia. Se molto dipende quindi dalle misure che vengono adottate a livello governativo, è altrettanto vero che molto dipende da noi: è dunque in tal senso che il ruolo della Confindustria regionale verrà potenziato, con un confronto ed una collaborazione sempre più serrati con l’amministrazione regionale e quella nazionale, con un’attività di pressione trasparente e una crescente attenzione ai bisogni espressi dalle imprese del territorio, anche grazie ad una rinnovata strategia di comunicazione e confronto».

E quali progetti saranno portati a termine nel 2012 in sostegno delle imprese e della produttività industriale? «In termini concreti è arrivato il momento di affrontare con decisione quelle problematiche delle quali si è discusso lungamente senza mai giungere ad alcun risultato. Quest’anno deve essere valutato con chiarezza il discorso delle infrastrutture e della portualità, partendo dagli investimenti strutturali necessari al rilancio e passando per la ripresa del progetto Unicredit per gli scali regionali. Il secondo punto all’ordine del giorno è quello dell’energia, su cui ribadiamo l’urgenza di discutere seriamente un piano regionale che sia in grado di garantire l’approvvigionamento energetico al territorio, ovviamente nel dovuto rispetto dell’ambiente».




CREDITO & IMPRESE

PIÙ DIFFICILE L’ACCESSO AL CREDITO A partire dal quarto trimestre 2011 e proseguendo nel 2012, sono in diminuzione le imprese che riescono a ottenere credito e, in generale, a far fronte da sole - e senza alcuna difficoltà - al proprio fabbisogno finanziario. Si tratta di una tendenza trasversale a livello nazionale, se è vero che il quadro negativo è scattato sia dall’Osservatorio sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi realizzato da Confcommercio-Imprese per l’Italia che dall’analisi del centro studi di Unioncamere sulle pmi

del sistema manifatturiero italiano. Anche in Friuli Venezia Giulia la situazione si presenta delicata: le aziende segnalano un calo della propensione a investire, evidenziando la necessità di accelerare i tempi di erogazione del credito e di intervenire - nonostante sia riconosciuto lo sforzo della Regione - sui sottofinanziamenti del sistema dei Confidi. Dal canto suo, l’industria bancaria della regione ammette un rallentamento nella concessione del credito, ma non un vero e proprio restringimento. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 39


CREDITO & IMPRESE

ACCORDO CONTRO IL CREDIT CRUNCH Unioncamere e Assoconfidi firmano un importante accordo che definisce priorità e strategie comuni per la sostenibilità economico-finanziaria del sistema Confidi. Ne parla il presidente di Assoconfidi Francesco Bellotti Francesca Druidi

l ruolo dei Confidi a sostegno delle imprese costituisce un volano decisivo per promuovere la ripresa e la crescita. Assoconfidi, l’associazione che riunisce le Federazioni nazionali dei Confidi di tutti i comparti economici rappresentando complessivamente 300 strutture di garanzia, ha assicureato, nel 2010, 48 miliardi di finanziamento con un incremento dell’attività di garanzia del 28% a favore delle pmi socie rispetto al periodo pre-crisi. Anche le Camere di Commercio, che insieme alle Regioni identificano i principali sostenitori dei Confidi italiani, nell’ultimo biennio hanno intensificato il loro contributo, erogando oltre 230 milioni di euro di risorse proprie. Il memorandum d’intesa siglato lo scorso aprile da Assoconfidi e Unioncamere muove dalla volontà di qualificare l’azione camerale a sostegno dei Confidi. Come illustra Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi, il

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rafforzamento patrimoniale dei consorzi di garanzia, l’armonizzazione delle procedure di sostegno delle Camere di Commercio e la razionalizzazione del sistema della mutua garanzia, risultano i punti nevralgici dell’accordo. Quali azioni saranno adottate dai Confidi e dal sistema camerale per perseguire queste finalità e sostenere le imprese nell’uscire dalla crisi? «Il sostegno pubblico è una condizione fondamentale per tutto il sistema dei Confidi: Assoconfidi e Unioncamere hanno espresso il proprio interesse a individuare congiuntamente le migliori modalità per concretizzare tale sostegno, nella convinzione che la sinergia dei due insiemi abbia, di fatto, un contenuto di autoregolamentazione e di controllo dei rispettivi sistemi. In tema di rafforzamento patrimoniale, l’obiettivo che Assoconfidi e Unioncamere si propongono è


Francesco Bellotti, presidente di Assoconfidi

Risulta opportuno perseguire la stabilità del sistema dei Confidi in una prospettiva di continuità nel tempo

quello di fornire linee guida per strutturare sul territorio nazionale un’offerta omogenea di strumenti finanziari. Si considerano in primis sia le forme già previste dalla legge quadro sui Confidi, in merito alla partecipazione al patrimonio delle strutture di garanzia degli enti pubblici in qualità di soci sovventori, che la previsione di una partecipazione diretta quali soci ordinari consentita dal decreto “salva Italia”». Altri strumenti finanziari sui quali insistere? «Quegli strumenti in grado di intervenire sul patrimonio in via indiretta, senza incidere sull’assetto societario dell’intermediario, nelle modalità per cui tali risorse siano computate nel patrimonio di vigilanza senza vincoli di destinazione, ma con la definizione di linee di indirizzo utili a favorire il coordinamento degli interventi di politica economica per un’ottimale allocazione delle risorse sul territorio di competenza». In tema di razionalizzazione e di armonizzazione, invece, quali misure sono auspicabili? «Si ritiene che non esista una regola univoca; il contesto definisce le forme più adeguate che, in alcuni casi, sono rappresentate

da nuove fusioni e, in altri, dalla costituzione di reti di Confidi che consentono di non perdere l’identità e il radicamento territoriale delle strutture coinvolte. Sul fronte dell’armonizzazione, invece, si ritiene opportuna l’individuazione di forme tecniche predefinite e standardizzate di intervento per tutto il sistema camerale, al fine di dare uniformità a livello nazionale all’azione a favore dei Confidi: l’obiettivo è conseguire maggiori livelli di efficienza nell’erogazione dei contributi, ottimizzare gli effetti e facilitare la gestione delle risorse messe a disposizione». Dei 300 Confidi associati, 43 sono già divenuti intermediari vigilati da Banca d’Italia e ulteriori 13 sono in attesa di terminare il processo di trasformazione. Quali le principali sfide che affrontano oggi i Confidi, considerando i processi aggregativi che li stanno caratterizzando, insieme a quelli - già citati - di trasformazione? «La perdurante crisi economico-finanziaria ha cambiato molti fattori del mercato del credito e della garanzia, determinando un inasprimento delle condizioni di accesso al credito e, in particolare, una maggiore se- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 41


CREDITO & IMPRESE

lettività nei confronti delle imprese. Di con- profondi mutamenti. Il mancato riconoscitro, l’operatività dei Confidi ha registrato un costante incremento dovuto al fatto di essersi accreditati come veri e propri “ammortizzatori sociali”. Risulta però opportuno perseguire la stabilità del sistema dei Confidi in una prospettiva di continuità nel tempo: ciò dovrebbe realizzarsi attraverso un’attenuazione del carico eccessivo di oneri che oggi gravano sul sistema stesso e attraverso la definizione di interventi tesi ad assicurarne l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale». Anche le aziende più dinamiche, in prevalenza quelle che operano sui mercati esteri, rilevano un peggioramento delle condizioni di accesso al credito dall’inizio del 2012. Qual è allo stato attuale il rapporto dei confidi con le banche? Quali ulteriori strategie possono essere messe in campo per scongiurare il credit crunch? «In Italia, l’accesso al credito bancario delle imprese minori manifesta ancora storiche inefficienze. In tale ambito, i Confidi rappresentano un’importante risposta per il superamento della condizione di strutturale debolezza e di inefficienza del mercato. Il rapporto tra banche e Confidi, tradizionalmente fondato, da una parte, sull’impiego delle banche della garanzia del Confidi come strumento di mitigazione del rischio e, dall’altra, sul ruolo dei Confidi quali validi conoscitori del territorio e mezzi di compensazione dei deficit informativi tra banca e impresa, è però, in questi anni, scosso da

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mento della garanzia in termini di mitigazione del rischio e l’incremento delle sofferenze a fronte di una sostanziale stabilità nel tempo della dotazione patrimoniale, hanno portato a una progressiva vulnerabilità del sistema, generando concreti rischi per la sopravvivenza dello stesso. Appare, dunque, fondamentale creare le condizioni per preservare la sostenibilità del sistema in una prospettiva di medio-lungo termine. Per questo motivo, diventa necessario individuare percorsi e strumenti di intervento in grado di stimolarne la crescita, valorizzarne il potenziale, orientarne lo sviluppo». In che modo? «Tra i possibili interventi è stata recentemente portata, in forma di emendamento alle disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività e la semplificazione, una misura che prevede la facoltà di imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici già presenti nei bilanci dei Confidi, facendo venir meno ope legis i vincoli di destinazione esistenti. Tale intervento, senza comportare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, consentirebbe ai Confidi di rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale per poter continuare a svolgere il ruolo di sostegno alle pmi e procedere nel processo di evoluzione in intermediari vigilati intrapreso da molti di essi».


Foto Buldrin

Adriano Luci, presidente di Confindustria Udine

UNO SFORZO CONDIVISO E COORDINATO Tutti gli attori politici, economici e finanziari sono chiamati a un impegno serrato per cambiare e soprattutto migliorare le condizioni di accesso al credito per le imprese. A invocarlo è Adriano Luci, alla guida degli industriali udinesi Francesca Druidi

una delle regioni più colpite dal credit crunch il Friuli Venezia Giulia, con un decremento nell’erogazione del credito dell’1,3 per cento nella seconda metà del 2011, stando all’analisi effettuata dalla Cgia di Mestre su dati della Banca d’Italia. Confindustria Udine, presieduta da Adriano Luci, ha sollevato in maniera decisa il problema. Come affrontare l’attuale stretta del credito? «La criticità riguarda, in particolare, le imprese che hanno prospettive ma che rischiano di non coglierle per mancanza del credito necessario, con la conseguenza di non poter realizzare i propri obiettivi di sviluppo. Conosciamo le difficoltà generali e sappiamo che tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità: banche, imprese, istituzioni, finanza. Ma è necessario un impegno di sistema affinché non vengano meno le possibilità di sviluppo. Chiediamo uno sforzo maggiore in quanto la crisi morde con più intensità

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adesso rispetto a due-tre anni fa. La situazione è cambiata e anche i parametri di valutazione debbono tenerne conto». Avete invocato un ulteriore sforzo da parte della Regione per il rafforzamento patrimoniale dei Confidi. L’amministrazione ha risposto di aver già fatto molto in tema di politiche anti-crisi. Ci sono i margini per un accordo? «Il sistema delle garanzie, Confidi, cogaranzie attraverso il Frie, controgaranzie regionali, va orientato affinché dia le risposte che servono per sostenere lo sforzo di investimento, guardando in prospettiva al futuro, affinché ci sia un futuro, e di crescita, per le imprese e per la collettività. Se ci si trincera dietro la giustificazione che i Confidi sono efficaci solo in presenza della disponibilità degli istituti bancari, che viene riconosciuta estremamente difficile, a concedere il credito con gli attuali indicatori di valutazione di merito, FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 43


non si fanno passi in avanti. Credo esistano i mar-

gini di intervento. Non si chiede alla Regione di sostituirsi alle banche, ma di impegnarsi per favorire un sistema coordinato di supporto al credito - banche, Confidi, cogaranzie e controgaranzie - anche verificando l’aggiornamento dei criteri di valutazione alle nuove situazioni. Esiste, certo, il problema del rafforzamento patrimoniale dei Confidi, che va affrontato senza chiusure, nella logica di promuovere le concentrazioni. E questo va collegato a modalità di intervento in grado di sostenere le imprese illiquide con prospettive di crescita». Cosa serve per implementare un sistema coordinato di supporto al credito? «Significative sono le risorse messe a disposizione dalla Regione con le misure anticrisi e con la mobilitazione dei diversi strumenti di politica industriale che, a diverso titolo, e in relazione ai molteplici canali di intervento, sono stati messi a disposizione a sostegno del rafforzamento del tessuto produttivo. Noi imprenditori riconosciamo l’indubbio contributo offerto dalla Regione, senza dimenticare però le lungaggini attuative, la macchinosità delle procedure e i tempi lunghi di risposta, non adeguati agli interventi celeri che qualificate misure anticrisi richiederebbero. Ma l’impegno quantitativo non può esorcizzare il tema di fondo rappresentato dalle criticità di accesso al credito che tante piccole e medie imprese stanno soffrendo, alle prese con problemi di liquidità e di tensione finanziaria. Per queste aziende sta diventando sempre più difficile ottenere nuovo credito o mantenere gli affidamenti già concessi».

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Cosa fare allora? «Non ci sono ricette taumaturgiche, ma è necessaria un’attenta attività di valutazione che sappia guardare ai progetti industriali e alle prospettive. Nelle crisi passate, aziende considerate fuori mercato sono state sostenute e oggi, pur in una situazione di mercato difficile, reggono costituendo un punto di riferimento per l’industria friulana. Non ha senso evocare politiche di salvataggio, ma ritengo sia doveroso il richiamo a un’azione concertata di supporto, a fronte di progetti validi di sviluppo. Certo, le responsabilità devono assumersele tutti, anche gli imprenditori che intendono fare la loro parte». Avete di recente stretto un accordo con Deutsche Bank per l’accesso al credito. Avete in programma altre iniziative? «L’accordo firmato con Deutsche Bank, ma anche quelli già sottoscritti o che si sottoscriveranno a breve con altri importanti istituti bancari, rappresenta uno strumento importante a supporto delle aziende associate, nella convinzione che possano ritrovare la giusta fiducia per puntare agli investimenti. Se va in cortocircuito il “sangue” finanziario che scorre nelle vene delle nostre imprese è la fine dell’economia. Per il supporto alle aziende nel campo del credito e della finanza, abbiamo affidato un’apposita delega alla vicepresidente Chiara Valduga. Abbiamo, inoltre, attivato un servizio ad hoc all’interno della nostra struttura. Molte altre iniziative sono state avviate, tra cui l’istituzione di un Club della Finanza, con gli imprenditori associati che si ritrovano a cadenza fissa a discutere insieme dei problemi di accesso al credito per individuare soluzioni e strategie di uscita».



CREDITO & IMPRESE

CONTINUIAMO A SOSTENERE LE IMPRESE E IL TERRITORIO Gli istituti di credito sono oggi senza dubbio più ingessati nell’espletare le loro attività. Giuseppe Graffi Brunoro, presidente di Abi Friuli Venezia Giulia, evidenzia come anche il sistema bancario regionale sconti la difficile congiuntura economica attuale Francesca Druidi

odierno contesto recessivo è attraversato da turbolenze sui mercati finanziari, legate in parte alla solvibilità del debito sovrano e alla sfiducia dei mercati in una ripresa a breve dell’economia. Uno scenario, questo, che ha inciso pesantemente sull’erogazione del credito. Imprese e Confidi del Friuli Venezia Giulia lamentano un irrigidimento preoccupante sul fronte dell’accesso al credito. Giuseppe Graffi Brunoro, presidente della Commissione Abi del Friuli Venezia Giulia, sottolinea come le banche siano più prudenti nell’erogare prestiti a causa della crescita delle sofferenze e del rischio. In base a dati Abi, i finanziamenti delle banche all’economia regionale si attestano per il 2011 sui 34 miliardi, registrando una sostanziale tenuta rispetto

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all’anno precedente. Il credito alle imprese risulta inferiore dell’1% rispetto al 2010, a fronte però di un fatturato in calo delle aziende pari al 5,8%. Dalla fine del 2007, inizio del deflagrare della crisi economica, a oggi, le imprese della regione hanno beneficiato dello stesso volume di credito da parte delle banche, mentre il fatturato ha subìto un decremento di quasi il 17 per cento. «Ciò conferma che le banche – ha dichiarato Giuseppe Graffi Brunoro – in Friuli Venezia Giulia continuano a essere vicine alle aziende nonostante queste siano spesso sottocapitalizzate e in un contesto recessivo, con consumi stagnanti». Un segnale positivo dovrebbe arrivare dall’accordo “Nuove misure per il credito alle pmi”. Con la nuova moratoria, che ha riproposto quella varata nel 2009, sono pre-


Giuseppe Graffi Brunoro, presidente della Commissione Abi del Friuli Venezia Giulia

visti interventi finanziari di tre tipi, comprendenti operazioni di sospensione dei finanziamenti, di allungamento dei prestiti e operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività. A fare il punto della situazione è proprio il presidente Giuseppe Graffi Brunoro. Quale quadro complessivo si può tratteggiare in Friuli Venezia Giulia per quanto riguarda il credito? «Nonostante un quadro sfavorevole e in un contesto di decelerazione dei volumi erogati, l’industria bancaria operante in Friuli Venezia Giulia ha continuato a sostenere il territorio, mantenendo sostanzialmente stabili gli impieghi al settore privato. Dopo un periodo di parziale recupero dei livelli pre-crisi, dagli ultimi mesi del 2011 il progressivo indebolimento dell’at-

tività delle imprese ha, in particolare, influito sull’andamento del credito. In questo scenario più complesso, la domanda di credito per investimenti e nuove iniziative è rimasta estremamente contenuta. La richiesta si è, infatti, concentrata, in Friuli Venezia Giulia come nel resto del Paese, sulla necessità di copertura del capitale circolante e nel ricorso a operazioni di ristrutturazione e consolidamento del debito. Al rallentamento della domanda creditizia si è associato anche un peggioramento della qualità del credito verso le imprese. Di conseguenza, le sofferenze delle banche operanti in regione sono in crescita costante, oltre il 7 per cento». Da più parti viene invocata una revisione del sistema di valutazione delle domande di credito delle aziende e dei progetti di inve- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 47


CREDITO & IMPRESE

Il sistema creditizio sta cercando di fare il massimo per sostenere l’economia nella certezza che banche, imprese e famiglie condividano lo stesso destino

stimento da parte delle banche. Come va- così meglio far fronte ai problemi continluta questa proposta? «Nell’attuale scenario di crisi di liquidità e di deterioramento della produttività senza precedenti, il sistema creditizio sta cercando di fare il massimo per sostenere l’economia nella certezza che banche, imprese e famiglie condividano lo stesso destino. Chiedere di concedere credito senza l’adeguata valutazione del merito creditizio significa mettere in pericolo, di fatto, i risparmi degli italiani, oltre a creare un danno alle imprese e al mercato in generale. Proprio per arginare gli effetti della congiuntura e sostenere il credito, è stato rinnovato lo strumento della moratoria crediti, migliorandolo rispetto a quello operante dal 2009. Inoltre, continuiamo a lavorare per favorire la comunicazione finanziaria tra banche e imprese, per migliorare le modalità di relazione reciproca e la costruzione di un linguaggio comune». Alcune banche della regione hanno aderito alla moratoria concernente le nuove misure per il credito alle pmi. Questo strumento potrà generare gli effetti sperati? «Sono molte e non alcune le banche operanti in regione che vi hanno aderito: del resto, a livello nazionale siamo oltre il 90% di adesioni. L’intesa con le imprese ha l’obiettivo di assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per quelle realtà che, pur registrando tensioni, presentano comunque prospettive economiche positive. Si contengono in questo modo gli effetti della crisi e le aziende potranno

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genti sia programmare la competitività. Evidenti sono i risultati finora conseguiti. Con l’avviso comune per la sospensione dei mutui alle imprese, che Abi ha realizzato insieme al mondo imprenditoriale, le banche hanno sospeso circa 260.000 mutui a livello nazionale, pari a 70 miliardi di debito residuo con una liquidità liberata superiore a 15 miliardi di euro. Al Friuli Venezia Giulia è riconducibile circa il 2,5 per cento del totale delle operazioni sospese e il 2,3 per cento dell’ammontare complessivo delle quote capitali sospese. Come ha ricordato il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, il sistema bancario italiano avrà un futuro positivo solo se lo avranno le nostre imprese». Come si delinea il rapporto tra le banche del territorio e i Confidi? «I Confidi rappresentano uno strumento importante per il sostegno e lo sviluppo delle iniziative produttive e la Regione ha sottolineato l’esigenza della loro migliore efficacia, anche attraverso un processo di razionalizzazione della loro presenza sul territorio. Per quanto riguarda il sistema bancario, risultano consolidate, e in qualche caso in crescita, le relazioni tra banche e Confidi. Una maggiore sinergia tra banche e Confidi rappresenta uno strumento di grande importanza che può essere reso via via sempre più concreto, attraverso la condivisione di obiettivi e finalità che siano coerenti con le esigenze espresse dal tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia».



INNOVAZIONE

Ricerca e buone pratiche d’innovazione «Le aziende che non innovano sono destinate a uscire dalla scena». Marco Formentini, impegnato nelle attività di ricerca e didattica all’Università di Udine, parla di una regione innovativa, tra start up e imprese esistenti Renata Gualtieri

n Friuli Venezia Giulia sono presenti diverse start up innovative di successo, favorite dalla presenza sul territorio di parchi tecnologici e incubatori di impresa. Dall’indagine 2005-2010 sulla brevettazione delle pmi realizzata dal Polo tecnologico di Pordenone si evince che la regione è terza in Italia, dietro a Emilia Romagna e Lombardia, per intensità di brevetti depositati, superando anche la media nazionale di Paesi come la Francia e il Regno Unito. Molti fra i brevetti nati da imprenditori e ricercatori locali riguardano campi industriali tradizionali per la regione, come quelli della sedia, della fabbricazione di macchine e di stampi, ma esiste una crescita costante anche di richieste di brevetto nell’ambito delle nanotecnologie. «Tuttavia le realtà aziendali più interessanti – precisa Marco Formentini, collaboratore nelle attività di ricerca e didattica all’Università di Udine al-

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Marco Formentini, ricercatore presso il Laboratorio di ingegneria gestionale dell’Università di Udine

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l’interno del Laboratorio di ingegneria gestionale – sono rappresentate da quanti hanno avuto la capacità di innovare non solo a livello di prodotto o servizio, ma anche sul piano dei processi produttivi, logistici e relazionali all’interno della loro filiera». Quanto è importante oggi saper innovare e come si può compensare alla scarsità di risorse? «L’innovazione gioca un ruolo fondamentale per la capacità delle imprese di essere vincenti nel dinamico scenario competitivo odierno. Se, da un lato, l’innovazione è legata alla capacità delle aziende di sviluppare e introdurre nel mercato nuovi prodotti e servizi capaci di anticipare e soddisfare le esigenze dei clienti, seguendo i trend tecnologici, dall’altro, saper innovare significa essere in grado di migliorare il proprio processo produttivo. In questo senso l’innovazione di processo può essere una strategia premiante per fare fronte alla riduzione delle risorse disponibili attraverso l’adozione di nuove tecnologie produttive che facilitano lo snellimento e il raggiungimento di maggiore efficienza». Come è possibile creare una cultura dell’innovazione? «È possibile ed è necessario creare la cultura dell’innovazione, operando su più fronti: un primo ambito è rappresentato dall’istruzione, a partire dai primi livelli scolastici fino a giungere all’università, luogo in cui si formano le figure dirigenziali del futuro, trasferendo loro gli strumenti utili per lo sviluppo dell’innovazione. Tale trasferimento della conoscenza può avere un forte impatto sul tessuto industriale, permettendo l’introduzione


Marco Formentini

L’università è il luogo in cui si crea conoscenza e la si diffonde agli studenti e al tessuto aziendale con forti ricadute sul territorio

in azienda di “buone pratiche” all’avanguardia per lo sviluppo di prodotti innovativi e per il miglioramento dei processi. Un secondo fronte su cui operare per far germogliare la cultura dell’innovazione è rappresentato dalle attività di ricerca». Quali interessanti progetti porta avanti oggi l’Università? «L’Università è il luogo in cui si crea nuova conoscenza e la si diffonde, non solo agli studenti, ma anche nel tessuto aziendale con forti ricadute sul territorio. Sono attualmente

coinvolto, all’interno del Laboratorio di ingegneria gestionale dell’Università di Udine, nell’interessante progetto di ricerca europeo “Collective”, finalizzato alla creazione di una piattaforma web per l’innovazione collettiva a supporto delle pmi e seguo un progetto di ricerca incentrato sullo sviluppo di innovative politiche di pricing collaborativo all’interno delle filiere agro-alimentari». Qual è il livello di collaborazione tra università, parco scientifico e imprese del territorio? «L’interazione è ormai consolidata e si concretizza in attività di supporto alla nascita di imprese innovative, come nel caso del progetto “Imprenderò” che vede il coinvolgimento dei principali attori accademici, di formazione e dei parchi per un virtuoso trasferimento della conoscenza a favore dei neo-imprenditori. Esistono poi diversi esempi positivi di collaborazione, all’interno di progetti di ricerca, che rappresentano un importante momento di confronto per allineare reciprocamente università e aziende. Una criticità da affrontare rimane il livello di collaborazione tra Università e piccole e medie imprese: in questo contesto il trasferimento di know how sarebbe benefico per rilanciare il cuore dell’impresa nazionale». Come avviene il “trasferimento” di innovazione dall’università all’impresa? «Un importante meccanismo di sviluppo e trasferimento dell’innovazione è offerto da Start cup, la business plan competition a cui ho partecipato con il progetto imprenditoriale Ironscan, finalista del premio nazionale innovazione nel 2009. Start cup è un’opportunità per idee innovative, per ottenere visibilità, valutare lo sviluppo di una start up oppure attrarre l’interessamento di investitori. A livello pratico, un’idea innovativa sviluppata in università può tradursi in uno spin off, se i ricercatori decidono di iniziare l’avventura imprenditoriale, oppure trovare applicazione in azienda, ad esempio sviluppando un brevetto. Il trasferimento di innovazione può essere operato anche attraverso progetti di ricerca». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 53



FOCUS UDINE I dati provvisori del 15° censimento indicano un incremento di 3.460 abitanti nella sola città di Udine mentre in provincia la crescita è di 17.195 unità nell’ultimo decennio


FOCUS UDINE

UDINE, BILANCIO 2012 IN PAREGGIO 160mln 18% BILANCIO

CREDITO

Il budget con cui il Comune di Udine pareggerà il bilancio di previsione per il 2012

Nel quarto trimestre 2011 il credito è stato concesso al 18% in meno di imprese del Nord Est rispetto al terzo trimestre del 2010

l Comune di Udine riceverà nel 2012 sette milioni in meno di trasferimento dallo Stato e 1,5 in meno dalla Regione, a cui si aggiungono due milioni in meno di introiti sulle partecipate, mentre sarà invece chiamato a versare 450 mila euro di Imu. Il sindaco Furio Honsell ha però assicurato che non ci saranno tagli sulla qualità dei servizi ai cittadini, dalla pulizia delle palestre all’apertura delle biblioteche fino al doposcuola: «In un anno fra i più difficili in assoluto – commenta il sindaco – abbiamo deciso di lasciare invariata l’addizionale Irpef e per quanto riguarda l’Imu non chiederemo di più di quanto abbiamo incassato l’anno scorso, in particolare sulla prima casa non ci sarà nessun aumento». Nel bilancio di previsione 2012, il Comune pareggia a quota 160 milioni e prevede circa 136 milioni di parte corrente, uno in meno rispetto all’anno scorso, e 24 milioni di investimenti in opere pubbliche, dieci in meno rispetto al 2011. La maggioranza delle spese è destinata alle prestazioni di servizi mentre un’altra voce

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Furio Honsell

Il sindaco Furio Honsell assicura che non ci saranno tagli sulla qualità dei servizi ai cittadini mentre resta critico il quadro economico per le imprese del Nordest: nel quarto trimestre 2011 il credito è stato concesso al 18% in meno di imprese rispetto al terzo trimestre del 2010 Elisa Fiocchi

450mila IMU

I soldi che il Comune dovrà versare allo Stato per l’Imu

importante riguarda i trasferimenti, pari a 16 milioni 820 mila euro. Inoltre, si valutano nuove politiche adeguate ai cambiamenti del tessuto sociale della città: «Il fenomeno più rilevante è quello di costruire una città a misura d’anziano perchè a Udine un cittadino su due ha più di 50 anni, uno su quattro ha più di 65 anni, uno su otto ha più di 75 anni, uno su 20 ha più di 85 anni». Alle politiche in favore dei cittadini andranno poi affiancate misure concrete in sostegno alle piccole e medie imprese della provincia di Udine che si trovano ad affrontare il problema del credito, vero nodo da sciogliere per le moltissime realtà produttive di tutto il Nordest. «Sicuramente questo è il problema più grave che abbiamo affrontato in questi ultimi dodici mesi – spiega Honsell – tanto più che ancora non si vede un’inversione di tendenza». L’indagine congiunturale presentata dalla Camera di Commercio di Udine per il quarto trimestre 2011 e le previsioni del primo trimestre del 2012 annuncia un quadro critico

per l’economia della provincia, in particolare per il comparto produttivo a cui il credito, nei casi in cui è concesso, si presenta con condizioni sempre più gravose e con un aumento delle richieste di rientro. «Come Comune, la nostra politica è quella di mettere più attenzione possibile nell’arricchire gli ammortizzatori sociali attraverso strumenti quali i programmi per i lavoratori socialmente utili che portiamo avanti sia in collaborazione con la Regione sia autonomamente». A soffrire di questa situazione non sono solo le aziende che chiedono liquidità, ma anche quelle interessate a disporre di capitali per fare investimenti. Il credito è accordato nel 57% dei casi per il vitivinicolo, nel 52% del legno, nel 59% della meccanica, nel 68% del commercio e nel 43% degli alberghi. Così come cresce il numero di imprenditori che dichiarano di veder peggiorati i rapporti con gli istituti di credito, dal 44,2% degli intervistati nel settore della meccanica al 33% in quello del commercio.

Furio Honsell, sindaco di Udine

FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 57


FOCUS UDINE

LO STATO DEVE DARE IL BUON ESEMPIO Imprese e famiglie sul territorio vivono le stesse difficoltà e chiedono maggiori certezze sui tempi di pagamento della Pa, servizi di welfare e un sistema burocratico più efficiente. Ne parla Graziano Tilatti Elisa Fiocchi

1,5mld FINANZIAMENTO

La cifra che il Comune di Udine ha stanziato nel 2012 per una serie d’interventi di piccola manutenzione del suo patrimonio

l Friuli Venezia Giulia è stata la prima regione a comprendere la necessità di affrontare il tema della riduzione del debito, che in quattro anni è passato da un miliardo e 628 milioni a un miliardo e 105 milioni, e a impostare politiche mirate all’utilizzo degli ammortizzatori sociali, al sostegno alle aziende e all’innovazione. «Il Comune e la Provincia di Udine sono tra gli enti locali più virtuosi nei pagamenti» sostiene Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato regionale e di Udine, che a completamento di un circuito virtuoso chiede maggiore sostegno da parte delle istituzioni nazionali con interventi concreti tali da re-

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stituire ossigeno al tessuto produttivo, oltre a maggiori semplificazioni e servizi alle famiglie che si trovano ad affrontare le medesime criticità delle imprese. «Vogliamo lavorare in un Paese nel quale ci sia il rispetto delle regole e dove lo Stato sia il primo ad offrire il buon esempio». La pubblica amministrazione deve due miliardi e 200 milioni alle imprese del Friuli Venezia Giulia. Come riescono a sopravvivere in questo momento le aziende sul territorio? «Lo fanno mettendo le mani nelle proprie tasche, vendendo qualche proprietà, titoli oppure chiedendo aiuto alle banche, sempre più prudenti a


Graziano Tilatti

concedere crediti, e quando lo fanno sempre più care, ad eccezione delle banche locali più attente alle esigenze del territorio. È proprio il caso di dirlo: in questa fase si sopravvive». Ha chiesto a gran voce un quadro di certezze per le imprese, riferendosi in particolare al ritardo nei pagamenti della Pa e all’impennata dei suicidi di alcuni imprenditori: uno ogni tre giorni nel Nordest. Quali sono le tutele e le garanzie di cui hanno assoluto bisogno le imprese? «Se a livello Ue si prevedono 30 o 60 giorni per pagare una fattura, perché l’Italia deve fare eccezione? E questo vale anche, se non soprattutto, per lo Stato. Se poi qualcuno non

paga e ci si rivolge alla giustizia, cosa accade? Il più delle volte non succede nulla se non un’ulteriore spesa per l’imprenditore, considerando che c’è un sistema che ormai premia i furbetti, penalizzando invece gli imprenditori onesti. C’è poi il problema dello Stato che non paga le sue pendenze, ma pretende di essere pagato e se si ritarda scatena Equitalia. Se introducesse almeno delle compensazioni, darebbe un po’ di ossigeno alle imprese». In questi ultimi anni quali opere e servizi sono stati commissionati dalle Pa nella città di Udine e quali di questi lavori sono già stati pagati? «Il Comune di Udine, come la

Provincia, sono due enti locali In apertura, Graziano Tilatti, fra i più virtuosi nei paga- presidente di menti. Hanno accorciato i Confartigianato Friuli tempi di pagamento e il Co- Venezia Giulia e Udine mune, in accordo proprio con Confartigianato Udine, ha dato il via l’anno scorso e anche quest’anno a una serie d’interventi di piccola manutenzione del suo patrimonio stanziando un milione di euro nel 2011 e 1,5 nel 2012. Altri comuni si comportano bene, ma non è la regola soprattutto per il comportamento dell’amministrazione centrale». In quali passaggi andrebbe modificata la disciplina sui crediti? «La nostra Regione ha assunto provvedimenti importanti per sostenere, in questi anni di FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 59


LA CRESCITA PARTE DALLA CITTÀ Cultura ed economia sono due tasselli fondamentali per la crescita delle imprese. E per quelle proiettate all’estero un nuovo bando premierà i processi di aggregazione li scenari pubblicati da Unioncamere e Prometeia per il 2012 presentano dati negativi per il Friuli Venezia Giulia che, in linea con la media nazionale, prospetta un calo del Pil attorno allo 0,5%. Per scongiurare una paralisi del comparto produttivo, Giovanni Da Pozzo, alla guida dell’Unione delle Camere di Commercio della regione, pensa a progetti di promozione che coinvolgano sinergicamente le forze della città: «Un’idea più ampia è quella del sostegno al binomio cultura ed economia che, di pari passo, possono dare risultati importanti per l’impresa-cultura in sé: dall’arte alla musica, dal cinema al teatro, ma anche alle imprese del commercio, del turismo, dell’ospitalità». Poi c’è il

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fronte delle esportazioni, sui cui le imprese del territorio registrano valori interessanti e a cui va però garantito il massimo supporto da parte delle istituzioni attraverso la promozione delle reti d’impresa e il rafforzamento delle sinergie con i Confidi per agevolare l’accesso al credito. «Come Unioncamere – spiega Da Pozzo – stiamo promuovendo missioni e matching tra le nostre aziende e realtà affini dei Paesi a crescita maggiore, rinnovando i voucher per le nostre imprese che abbattono le spese per attività di internazionalizzazione e, novità di quest’anno, un nuovo bando premierà l’aggregazione fra imprese che vogliano portare avanti congiuntamente progetti con e per l’estero».

2,2mld PAGAMENTI I soldi che la Pubblica Amministrazione deve pagare alle imprese del Friuli Venezia Giulia

crisi, le imprese e soprattutto i lavoratori, ma noi ci saremmo attesi una risposta più incisiva sul fronte del sostegno ai Confidi, strumenti efficienti gestiti dalle associazioni di categoria con un tasso di insolvenza modestissimo, in grado di moltiplicare le risorse stanziate. La Regione è però sempre in tempo a farlo, anzi, sarebbe opportuno lo facesse». In generale, parlando del tessuto imprenditoriale di Udine, come stanno cambiano le esigenze degli imprenditori anche in ambito sociale? «Le imprese artigiane hanno gli stessi problemi delle famiglie friulane. Hanno bisogno di welfare, di servizi alle fami60 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

glie per liberare le donne e gli uomini che hanno un’attività a fare il loro lavoro di imprenditori. Hanno bisogno di meno burocrazia, di sportelli unici, di non inseguire le pratiche ogni volta che s’insabbiano in un ufficio di un ente pubblico solo perché il funzionario ha deciso così. Hanno bisogno insomma di servizi, e non dico avanzati, si accontenterebbero anche solo di un sistema burocratico un po’ più efficiente». Quali ulteriori provvedimenti di investimento e partnership, Confartigianato intende attuare per sostenere le attività del territorio e anche quelle imprese giovani fortemente

innovative? «Oltre al credito che rappresenta ora un vero problema e alla burocrazia, è oggi indispensabile puntare sull’innovazione. Occorre stimolare i giovani, i parchi scientifici, le scuole, le università e le imprese a fare ricerca. Stiamo lavorando per riproporre Innovaction, una fiera istituita dalla precedente giunta regionale e cancellata da questa. Siamo convinti ci debba essere un luogo, alcuni giorni l’anno, in cui si presentano progetti, ricerche, idee e ci si confronta. Non abbiamo altra strada che quella dell’innovazione se vogliamo restare sul mercato. Innovare deve essere la parola d’ordine».


SORVEGLIANZA SU CANTIERI E GRANDI OPERE Si escludono infiltrazioni mafiose sul territorio ma continua il monitoraggio delle forze dell’ordine: «È in fase di definizione un protocollo di legalità per la costruzione della terza corsia dell’autostrada A4». Il punto di Ivo Salemme Elisa Fiocchi

n dieci anni la popolazione della provincia di Udine è aumentata di 17.195 unità passando da 518.840 a 536.035 residenti e, sfogliando i primi dati contenuti nel 15° censimento, anche nel centro città si contano 3.460 abitanti in più che alzano a 98.490 il numero complessivo, di cui le famiglie, composte mediamente da due persone, sono 48.443. Per quanto, invece, concerne la distribuzione degli abitanti, Udine rispecchia l’andamento regionale che evidenzia i cali più elevati nei piccoli Comuni di montagna e incrementi nella pedemontana, nella zona collinare e anche nella Bassa Friulana. Il numero dei resi-

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denti stranieri, seppur provvisorio, si mantiene in aumento un po’ ovunque in linea con i parametri nazionali dove questo dato incide per il 6,34 per cento contro il 2,34 del 2001. «Sotto il profilo della sicurezza, tali primi risultati non comportano un sostanziale ripensamento dell’attività fin qui posta in essere», dichiara il prefetto di Udine, Ivo Salemme. «Continuerà, quindi, a essere garantito il controllo del territorio attuato, nello specifico, nella zona montana con servizi di retro valico e nel resto della provincia con mirati servizi preventivi e repressivi, unitamente a specifica attività investigativa». Alla luce dei primi dati del

censimento, come stanno Ivo Salemme, cambiando le esigenze della prefetto di Udine provincia di Udine e su quali aspetti sarà rafforzata la sorveglianza? «Il vasto territorio dalla provincia, pari al 62% dell’intera area geografica regionale, ha sempre espresso l’esigenza di una maggiore sicurezza. Per soddisfare tali esigenze, dal 2009 a oggi, sono state stipulate tre convenzioni con la Regione per il finanziamento di progetti che incrementano le dotazioni strumentali delle forze di polizia nel contrasto al fenomeno dell’impiego di manodopera irregolare e a quello dei furti nelle abitazioni. È stata migliorata l’attività di coordinamento delle forze del- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 61


6,34% STRANIERI

La percentuale di residenti stranieri sul territorio nazionale: erano il 2,34% del 2001

l’ordine allo scopo di rassicu- sta Prefettura vede il coinvolgi- culturale? rare la popolazione e di consigliare stili di vita più prudenti». Anche in Friuli Venezia Giulia sono avvenuti alcuni episodi di sequestro di beni: come evitare le infiltrazioni mafiose e quali altri fattori possono rappresentare un rischio per la sicurezza dei cittadini? «Si esclude sul territorio provinciale che vi siano radicati gruppi locali classificabili come di tipo mafioso. I pochi episodi di sequestro di beni dimostrano la particolare attenzione posta da tutti i soggetti istituzionali coinvolti nella prevenzione e nella repressione di tale fenomeno. L’azione amministrativa posta in atto da que62 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

mento del gruppo interforze per le grandi opere che negli ultimi due anni ha effettuato cinque accessi ad altrettanti cantieri di opere pubbliche al fine di controllare eventuali infiltrazioni mafiose. Tale attività di controllo ha dato esito negativo ma è stata molto efficace sul piano comunicativo. È, poi, in fase di definizione un protocollo di legalità con il commissario delegato per la costruzione della terza corsia dell’autostrada A4». Durante l’incontro avvenuto con l'ambasciatore della Repubblica di Cuba in Italia, quale panoramica è emersa del territorio provinciale sotto l'aspetto economico e

«È stata l’occasione per illustrare le peculiarità del territorio provinciale che si presenta quale suggestivo scenario di pianure e colline, racchiuse tra i monti ed il mare, tra le Alpi e l’Adriatico; sono state evidenziate le potenzialità economiche della provincia, snodo naturale dei commerci provenienti dall’est Europa, dal bacino medio orientale e dall’area balcanica, un territorio di frontiera che grazie alla sua collocazione geografica ed alla capacità dei suoi abitanti di tessere rapporti di collaborazione con i Paesi confinanti, è divenuto punto nevralgico all’interno dello scacchiere commerciale».



MERCATO DEL LAVORO

Green economy e mare trainano l’occupazione Istat ha reso noto che il tasso di disoccupazione a marzo è salito al 9,8%, in rialzo di 0,2 punti percentuali su febbraio e di 1,7 punti su base annua. Il presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti, analizzando la situazione regionale rispetto a quella nazionale, rivela come sia stato difficile per l’occupazione il 2011 anche per il Friuli Venezia Giulia, caratterizzato da un forte ricorso alla cassa integrazione. In calo gli addetti nell’industria (-2/3 per cento), nel commercio (-0,3/-0,5 per cento), nelle costruzioni (-0,8/-1,5 per cento), tiene l’occupazione nell’agricoltura e cresce nel turismo. Sono 21,8 milioni le ore di Cig autorizzate (rispetto al 2008 le ore sono quintuplicate). «Va detto però che i dati registrano un sensibile decremento nel 2011 della cassa integrazione dei settori dei rami commercio e artigianato (-41 per cento e -37 per cento rispettivamente), e diminuzioni meno nette in edilizia (-7,5 per cento) e industria (-15 per cento)». Risultano più stabili, rispetto a quanto rilevato in Friuli Venezia Giulia nel complesso, i flussi sia in entrata che in uscita dal

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Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio di Trieste e vicepresidente di Unioncamere nazionale

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Mercato del lavoro stabile nel 2011 ma cresce la componente femminile e grandi opportunità possono arrivare, per il presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, da “blue economy” e internazionalizzazione Renata Gualtieri

mercato del lavoro nella provincia di Trieste, per la quale i dati del terzo trimestre 2011 sono più favorevoli (assunzioni stabili, a 10.000 unità a trimestre, cessazioni -3 per cento tendenziale). Quali i comparti maggiormente in difficoltà? «Al calo strutturale delle imprese del primario (-8,7 per cento in due anni) si accompagna una riduzione di imprese attive nell’industria manifatturiera (-4,7 per cento), nel commercio e ospitalità (-2,3 per cento) e nell’edilizia (-1,8 per cento). Crescono le imprese dei servizi, in particolare i servizi alle imprese e alla popolazione e le attività professionali scientifiche e tecniche». Qual è l’andamento tra le nuove imprese, prospettive e opportunità? «Le imprese che si iscrivono alle Camere di Commercio regionali sono per il 47,5 per cento nuove imprese e per il restante 52,5 per cento imprese derivanti da trasformazioni, scorpori, separazioni o affiliazioni. Gli imprenditori delle nuove imprese sono prevalentemente giovani: il 45 per cento ha meno di 35 anni. Circa 1/3 sono donne. Un’opportunità è la green economy: in Friuli Venezia Giulia sono state circa 8.100 le imprese dell’industria e servizi che hanno investito in prodotti e tecnologie green tra il 2008 e il 2011. Sono quasi il 25 per cento del totale imprese e concentrano il 43 per cento delle assunzioni programmate nel 2011. Per Trieste, in particolare, una grande opportunità è costituita dalla “blue


Antonio Paoletti

Sono in calo gli addetti nell’industria, nel commercio e nelle costruzioni ma tiene l’occupazione nell’agricoltura e cresce nel turismo

economy”, intesa sia per quanto attiene le attività portuali e il relativo indotto, nonché tutte le realtà economiche collegate all’elemento mare nei settori del diportismo nautico, della cantieristica navale e del turismo. Fondamentale poi l’internazionalizzazione, che per i nostri territori non è una novità. Rispetto al dato medio nazionale, il Friuli Venezia Giulia presenta un alto tasso d’internazionalizzazione dell’economia: il peso dell’export sul valore aggiunto raggiungerà una quota pari al 42,9 per cento, in progressivo aumento, contro il 39,7 per cento del Nord est e il 28,6 per cento dell’Italia». Qual è la dinamica demografica e le imprese femminili? «Le imprese femminili sono 24.214, il 24,7 per cento del totale. Prevalgono nel primario (5.800 imprese), nel commercio al dettaglio (4.500), nei servizi di ristorazione (2.800) e alla persona (2.600). Mentre i dati di flusso in entrata mostrano la crescita della componente femminile del mercato del lavoro: le 119mila assunzioni di lavoratrici superano infatti quelle dei lavoratori di sesso maschile

ferme a 110mila nel 2011». «La Giornata dell’economia è un appuntamento istituzionale di grande impatto politico e comunicativo durante il quale tutte le Camere di Commercio, contestualmente, fotografano e presentano lo stato di salute dell’economia italiana». Quali i dati che gli enti del Friuli Venezia Giulia hanno presentato congiuntamente e le strategie? «Promozione delle reti d’impresa, per valorizzare la qualità della produzione made in Italy e per la competitività su un mercato globale sempre più veloce, esigente e aggressivo. Sostegno all’internazionalizzazione e all’innovazione tecnologica, alla “crescita verde”, alla valorizzazione dell’impresa creativa e alle progettualità dei giovani, accompagnato da un processo di razionalizzazione e semplificazione e dalla promozione di strumenti di giustizia alternativa e di tutela della proprietà intellettuale e delle invenzioni. Tutto questo, agevolando l’accesso al credito, attraverso una più marcata sinergia con i Confidi, e ponendosi come interlocutore primario nell’azione di crescita infrastrutturale integrata a supporto dell’economia del territorio. Sono queste gli impegni e le proposte del sistema camerale del Friuli Venezia Giulia, unito nell’Unioncamere regionale, che per la prima volta, nell’ottica di una sempre maggior collaborazione, ha celebrato congiuntamente la decima Giornata dell’economia con un appuntamento in Camera di Commercio a Trieste». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 71




MODELLI D’IMPRESA

Nuove strategie per una comunicazione diretta ed efficace Dall’editoria al Direct Marketing, l’attività della Cartostampa Chiandetti si rinnova, ponendo grande attenzione ai cambiamenti del mercato e alle nuove tecnologie. Ne parliamo con Alessandro e Cristina Chiandetti Matteo Rossi

In queste immagini, fasi di lavoro all'interno dello stabilimento della Cartostampa Chiandetti Srl di Reana del Rojale (UD) - www.chiandetti.it - info@chiandetti.it

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uando si parla di Direct Marketing ci si riferisce a una tecnica di marketing efficace e innovativa, attraverso la quale aziende ed enti hanno la possibilità di entrare in contatto diretto con potenziali clienti e utenti finali, individuando e intercettando le particolari esigenze di un target ben definito. Per raggiungere questi obiettivi è quindi fondamentale mettere in campo azioni mirate, che anche grazie al supporto di una serie di strumenti interattivi possano permettere, a chi utilizza questo metodo, di ricevere riscontri e ri-


Alessandro e Cristina Chiandetti

sposte misurabili. Da alcuni anni la Cartostampa Chiandetti, storica tipografia friulana fondata nel 1960 da Luigi Chiandetti, consapevole delle potenzialità insite in questo strumento, ha affiancato ai classici prodotti tipografici nuove tipologie di servizi, relativi proprio al Direct Marketing, per permettere ai suoi clienti di usufruire di una comunicazione efficace, diretta e personalizzata. «Per rimanere al passo con i tempi è indispensabile innovarsi e cogliere le nuove opportunità che il mercato presenta», afferma Alessandro Chiandetti, che oggi insieme alla sorella Cristina è alla guida dell’azienda di famiglia. «In questo senso, in un momento in cui le aziende non possono permettersi di sprecare risorse ed energie nella diffusione di un messaggio generico, il Direct Marketing rappresenta la miglior soluzione per ottenere massima visibilità a costi contenuti». Quali sono le principali metodologie operative alla base di una campagna di Direct Marketing? Alessandro Chiandetti: «In primo luogo è necessa-

rio individuare un target di clientela a cui rivolgersi, sulla cui base elaborare un elenco di persone che possono essere interessate a cono- In alto, Alessandro scere un determinato prodotto o servizio. Per e Cristina Chiandetti insieme al padre Luigi, quel che ci riguarda ci occupiamo quindi di de- fondatore dell'azienda finire un’adeguata strategia di mailing postale, e di creare il messaggio che si vuole trasmettere. Garantiamo inoltre il rispetto delle normative sulla privacy applicate alle mailing list, la preparazione del flusso per la stampa e l’imbustamento del materiale, che provvediamo poi a spedire per corrispondenza a tariffe assolutamente convenienti, grazie a un consolidato rapporto di collaborazione con Poste Italiane». Quali riscontri state avendo da questa attività? Cristina Chiandetti: «Direi buoni. Come detto in precedenza il Direct Marketing sta conoscendo una fase di grande sviluppo, e per questo siamo convinti che da questo particolare settore nei prossimi mesi potremo continuare a raccogliere importanti soddisfazioni». La vostra è però una realtà estremamente di- FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 75


MODELLI D’IMPRESA

namica, che spazia dalla tipografia all’editoria. C.C.: «È vero. La nostra offerta comprende attività editoriali nel campo dei libri d’arte e delle pubblicazioni professionali, servizi di progettazione e realizzazione pubblicitaria, servizi di stampa tradizionale e digitale per ogni specifica esigenza, dal biglietto da visita al catalogo». Proprio il digitale rappresenta ormai il futuro anche nel mondo della tipografia. Come vi siete adeguati a questi mutamenti? A.C.: «Siamo dotati di stampanti all’avanguardia e dalle prestazioni eccellenti, come la Xerox iGen3, la Docucolor700 e i sistemi Docuteck, che ci consentono di imprimere dati digitali direttamente su carta. Questo sistema nobilita la stampa attraverso l’uso di dati variabili applicati, affinché ogni stampato possa essere diverso l’uno dall’altro, tramite l’accesso a un database opportunamente dedicato. Il sistema viene uti-

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lizzato, ad esempio, nelle campagne di comunicazione “one to one”, con immagini e testi differenti tra loro, favorendo al contempo l’abbattimento dei tempi di realizzazione degli stampati e il loro costo-copia, in particolare nelle medie-basse tirature». Quali aspettative riponete, invece, nei confronti del Web? A.C.: «Per ampliare l’offerta e il proprio mercato, stando al passo con l’avanzamento tecnologico, la Chiandetti si prefigge di raggiungere nuovi potenziali clienti anche attraverso il Web. Utilizzando i Servizi Online, l’utente viene guidato, attraverso semplici passaggi, a usufruire di utility per la stampa online, la visione e l’ordine di libri, la consultazione e l’abbonamento alle riviste tecniche, disponibili in formato tradizionale o elettronico». L’azienda però, fin dalla sua fondazione, si è distinta nella stampa editoriale di libri con il marchio Chiandetti Editore. Cosa significa per voi questa attività? C.C.: «Il marchio Chiandetti Editore è un contributo alla cultura del Friuli a cui si legano tradizioni, storia e persone di questa terra unica, definita da Ippolito Nievo “un compendio dell’universo”. In questi anni sono stati editi oltre 400 titoli, che hanno fornito un apporto


Alessandro e Cristina Chiandetti

Il Direct Marketing rappresenta la miglior soluzione per ottenere massima visibilità a costi contenuti

sostanziale al settore editoriale, ricevendo anche numerosi premi per il contributo dato alla valorizzazione delle tradizioni popolari, storiche e culturali del Friuli Venezia Giulia». Quali strategie vi hanno permesso di fronteggiare il difficile momento economico e quali sono le peculiarità che vi consentono di mantenervi competitivi sul mercato, anche alla luce della crisi economica in atto? A.C.: «In un settore caratterizzato da una grande varietà di offerte, siamo riusciti a ottenere risultati molto positivi investendo in attività considerate “di nicchia”, dove professionalità e valore aggiunto si trasformano in reddito. Pur all’interno di una situazione di oggettiva difficoltà, che ormai da diverso tempo caratterizza anche il mondo dell’editoria e della comunicazione, abbiamo instaurato partnership strategiche di primissimo livello, che ci hanno permesso di consolidare e ampliare le nostre quote di mercato». Quali sono invece i principali fattori di criticità con cui siete costretti a confrontarvi? C.C.: «Sicuramente per il tipo di lavoro che

svolgiamo, l’aumento dei costi dell’energia, ma anche dei trasporti e delle tariffe postali ci hanno creato non poche difficoltà, che siamo però riusciti a superare brillantemente. Questo è stato possibile anche grazie alla presenza, in azienda, di collaboratori altamente qualificati, che assicurano sempre la massima qualità e puntualità nella produzione». In conclusione, quali sono gli obiettivi e le sfide che attendono Chiandetti nel prossimo futuro? A.C.: «L’innovazione continua rappresenta l’unica strada percorribile per riuscire a rimanere sul mercato. Intendiamo puntare con decisione sul Direct Marketing e sulla comunicazione tecnologica, consapevoli comunque di poter contare sulla passione e su un bagaglio di esperienza che affonda le sue radici in oltre cinquant’anni di storia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 77


MODELLI D’IMPRESA

Innovazioni e sostenibilità nel trattamento dei metalli Massimo Moretti, direttore generale di Emmegi Zincatura, presenta i risultati dell’azienda nell’ultimo anno, che nonostante la situazione di crisi generale è riuscita a ottenere fatturati importanti. Che si spiegano con investimenti in innovazione e processi che rispettano l’ambiente Valerio Germanico

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Massimo Moretti, direttore generale della Emmegi Zincatura Srl di Fiume Veneto (PN) www.emmegizinc.com

a meccanica di precisione, benché possa apparire un comparto apparentemente maturo nel quale si muovono pochi e grandi attori di dimensione internazionale, sta in realtà attraversando una fase di profonda trasformazione. Inoltre, la sua ampiezza lo rende un ambito, per certi versi, di difficile inquadramento, dato che si rivolge trasversalmente a tutti i settori dell’industria. Questi fattori sono quelli che permettono a chi vi opera con competenza di ottenere risultati di fatturato assolutamente incredibili in un periodo di generale recessione come quello attuale». A parlare è Massimo Moretti, direttore generale della Emmegi Zincatura, azienda specializzata nei trattamenti di zincatura elettrolitica a freddo che nel 2011 ha registrato un incremento di fatturato di ben il 40 per cento – risultato che segue un quinquennio di costante crescita a due cifre percentuali – e che nel 2012, dopo un primo trimestre caratterizzato da un più 20 per cento, prevede di chiudere l’anno con un incremento del 35/40 per cento. «Oltre a un mercato favorevole, abbiamo raggiunto questi risultati grazie alla nostra duttilità e alla costante attenzione allo sviluppo delle tecnolo-

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gie, nonostante l’investimento sia stato fatto in un periodo in cui è iniziata la crisi di mercato generale. E ovviamente grazie a un’organizzazione aziendale efficiente. Dopo avere quasi raddoppiato la manodopera nel 2011, nei prossimi anni prevediamo un’ulteriore espansione sul territorio». Con quali mercati interagite? «Emmegi attualmente si rivolge prevalentemente all’interno dei confini nazionali, benché gli utilizzatori finali dei prodotti siano grandi gruppi internazionali dell’automotive – fra i quali Volkswagen –, dell’aereonautica e dell’ingegneria industriale ad alto contenuto tecnologico – come quella destinata al settore tessile, fotografico, automotive, medicale ed elettrodomestico. Tuttavia la nostra politica è orientata a un progressivo contenimento di questo effetto, che intendiamo ottenere operando, da un lato, per conquistare la partecipazione diretta a bandi e gare di appalto indetti dalle grandi case automobilistiche. Dall’altro, attraverso una forte frammentazione della clientela, evitando così un’eccessiva dipendenza da pochi grandi produttori e garantendo la continuità del lavoro e la competitività, grazie al contenimento dei costi dell’intermediazione». Com’è organizzata la vostra produzione? «Abbiamo sette impianti automatizzati, ognuno dei quali è destinato a lavorazioni


Massimo Moretti

Con sette impianti automatizzati destinati a lavorazioni specifiche, il nostro punto di forza è la flessibilità operativa

specifiche. Il nostro punto di forza, oltre alla possibilità di eseguire diversi tipi di lavorazioni, è la flessibilità delle strutture operative, che ci consentono la realizzazione sia di importanti commesse sia di lotti di produzione di modeste dimensioni. La flessibilità è supportata anche dall’ampio impiego di dispositivi programmabili a gestione computerizzata, che assicurano il rispetto dei tempi di consegna. Sotto il profilo della qualità, tutte le fasi sono costantemente controllate da sofisticate apparecchiature basate su emissioni a raggi X – come il Fischerscope X-Ray, utilizzato per pezzi di modeste dimensioni – e il rilievo di variazioni del campo magnetico – come il Dualscope, utilizzato per pezzi di grandi dimensioni. Queste tecnologie, collegate ai terminali, evidenziano e documentano gli spessori di riporto sui pezzi presi in esame». In concreto, in che modo è possibile dare un valore aggiunto a un metallo trattandolo con un processo di zincatura galvanica? «Nel comparto delle galvanostegie noi realiz-

ziamo in particolare i trattamenti di zincatura elettrolitica a freddo di parti metalliche sia di piccole, medie che grandi dimensioni, i trattamenti di cataforesi nera, la cromatazione FATTURATO dell’alluminio e la fosfatazione. La galvanostegia è un processo elettrochimico con il Incremento registrato dalla Emmegi qual è possibile ricoprire un oggetto metallico Zincatura Srl nel 2011. con un metallo più prezioso che sia dotato di La previsione per il 2012 è di chiudere specifiche qualità, come inossidabilità, brilcon un +35/40% lantezza, resistenza. Gli scopi di un trattamento galvanico possono essere di varia natura. Può essere necessario migliorare PARTNER l’aspetto degli oggetti, impedire la corrosione del metallo di base o aumentarne la resistenza Numero di committenti della agli agenti atmosferici o all’uso. È anche posEmmegi Zincatura sibile variare, per scopi meccanici, il coeffiSrl, distribuiti fra mercato nazionale ciente di attrito del metallo base e alterarne le e internazionale proprietà elettrochimiche superficiali». La vostra azienda ha messo in atto delle misure per limitare l’impatto ambientale dei processi produttivi? «In questi anni in cui abbiamo investito per migliorare lo standard qualitativo – anche

+40%

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MODELLI D’IMPRESA

Una storia lunga cinquant’anni A settembre la Emmegi Zincatura di Fiume Veneto festeggerà i cinquant’anni di attività. La società nacque nel 1962, col nome di Emmegi Galvanoplastica, per iniziativa dei fratelli Lionello e Giuseppe Moretti, che avevano già alle spalle un’esperienza decennale nel campo dei trattamenti galvanici. Dopo un’iniziale specializzazione nei processi di pulitura e cromatura di piccoli componenti in ferro, la Emmegi fu avviata verso un progressiva automatizzazione, che consentì di mettere in produzione la zincatura a statico, a rotobarile, la nichelatura e la cromatura. Nel 1993, a seguito della prematura scomparsa di uno dei fondatori, Lionello Moretti, la guida dell’azienda è passata nelle mani del figlio Massimo – che aveva già maturato una grande esperienza all’interno dell’azienda e oggi ne è direttore generale – e della signora Giannina Paveglio, moglie del fondatore Lionello. L’ultimo nato della famiglia Moretti, il giovane Nicola, ha infine recentemente fatto il suo ingresso in azienda.

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grazie all’applicazione del sistema di qualità certificato Iso 9001:2000 – abbiamo anche avviato una politica di investimento in impianti per la depurazione delle acque di processo e la riduzione dell’impatto ambientale dei reflui industriali. Inoltre, ci siamo dotati di un impianto di cogenerazione che ci consente di risparmiare sul consumo di energia elettrica e per lo sviluppo di energia termica. Tutta l’energia autoprodotta dai gruppi è utilizzata all’interno dello stabilimento. A ciò si aggiunge che lavoriamo in linea con quanto stabilito dalle normative Uni, Iso, Din e Astm, mentre tutti i trattamenti rispettano le restrizioni indicate nella direttiva Rohs per l’uso di determinate sostanze pericolose». Attraverso quali investimenti avete migliorato la vostra qualità produttiva e quali sono i prossimi investimenti in innovazione che avete in programma? «Nonostante la nostra focalizzazione su una nicchia di mercato specifica ci consenta di mantenere le posizioni di mercato acquisite, senza dover temere eccessivamente la concorrenza dei produttori provenienti da paesi a basso costo della manodopera, intendiamo proseguire e potenziare una politica di ricerca e sviluppo finalizzata alla realizzazione di produzioni particolari, che permettano di contenere al minimo l’impatto ambientale e al contempo innalzino significativamente il livello qualitativo delle lavorazioni. Investire sul miglioramento della produzione sotto il profilo ambientale è infatti un fattore decisivo per operare con i maggiori gruppi internazionali, che richiedono il rispetto di stringenti standard antinquinamento. Anche per questo, entro il 2013, intendiamo ottenere la certificazione ambientale Iso 14000».



MODELLI D’IMPRESA

Il mercato del rame e la diversificazione dell’offerta Il 50 per cento dell’industria europea Acr, air conditioning refrigeration, è dislocata nel Nord Italia. Per questo avere un headquarter ad Udine rappresenta un valore aggiunto. Ne parliamo con Claudia Sangoi, portavoce della Cms Nicoletta Bucciarelli

ra gli aspetti che le aziende indicano come fattore determinante ci sono, accanto all’ampiezza della gamma prodotti, i tempi e i costi dei servizi di consegna. «Di fronte alle incertezze dell’attuale congiuntura economica, nella quale le aziende che lavoravano con portafoglio ordini di 4-5 settimane oggi a stento arrivano a 2 settimane, noi abbiamo rilanciato il nostro ruolo di supporto per i clienti, permettendo loro di avere sempre una sicura fonte di approvvigionamento senza dover sostenere maggiori costi derivanti da eccessivi stoccaggi di materie prime presso i magazzini». A fare un quadro della situazione è Claudia Sangoi, portavoce della Cms di Udine, una delle più grandi realtà europee per

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la distribuzione di tubi in rame. Quali sono le caratteristiche di un settore come quello della distribuzione di prodotti semilavorati di rame? «La nostra realtà è un indispensabile punto di raccordo fra produttore e utilizzatore finale. Fondata nel 2000, la Cms Metalli oggi si conferma leader in Italia in un settore vasto e articolato come quello dell’air conditioning refrigeration». A chi vi rivolgete maggiormente? «Siamo specializzati nella commercializzazione di tubi di rame per l’industria del freddo e proponiamo materiali indispensabili per il settore del condizionamento e della refrigerazione, in particolare i tubi industriali che rientrano nelle specifiche delle normative

Claudia Sangoi, titolare della CMS Metalli di Udine, insieme all’ingegnere Maurizio Pagnotti e al signor Emilio Sangoi www.cmsmetalli.it


Claudia Sangoi

20 mln EURO

Fatturato del 2011. Nello scorso anno la Cms è riuscita a movimentare 2200 tonnellate di tubo di rame

Siamo specializzati nella commercializzazione di tubi di rame per l’industria del freddo e proponiamo materiali indispensabili per il settore del condizionamento e della refrigerazione

EN12735/1 EN12735/2, EN1057. Tutto il catalogo da noi commercializzato arriva da primari produttori europei, assicurando prodotti di assoluta qualità. Acquistare da produttori europei, garantendo il rispetto delle normative, ci consente, in caso di necessità tecniche, di avvalerci dell’assistenza delle case produttrici anche presso i clienti finali». Una delle vostre caratteristiche è sicuramente la velocità di consegna. In che modo riuscite a garantirla? «Il servizio è sicuramente il nostro punto di forza: in magazzino ci sono sempre oltre 300 diverse misure di tubi di rame. Accanto a questo la precisione e la velocità della consegna: la dotazione di mezzi propri permette di garantire la consegna delle commesse entro le 24/72 ore sul territorio nazionale. Questo anche grazie alla posizione strategica dell’azienda friulana: oltre il 50 per cento dell’industria Acr europea è, infatti, dislocata nel

nord Italia, cosa che favorisce la velocità della consegna. Inoltre Cms riesce a soddisfare qualsiasi necessità: dalle piccole richieste degli installatori di poche centinaia di chili alle diverse tonnellate per le aziende industriali. Fra i nostri partner più conosciuti vantiamo la Kme spa, multinazionale con headquarter a Firenze e la tedesca Wieland, noti per l'eccellente qualità del prodotto». Qual è il vostro mercato di riferimento? «Il nostro mercato è rappresentato per il 90 per cento dall’industria e per il 10 per cento da impiantisti e magazzini. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato un fatturato crescente, fino ad arrivare ad oltre 20 milioni di euro nel 2011, movimentando 2.200 tonnellate di tubo di rame, con una contrazione di 300 tonnellate rispetto all’anno precedente dovuta alla sfavorevole congiuntura del mercato venutasi a creare nell'ultima parte dell'anno». Quali progetti state portando avanti in questo periodo? «Nonostante gli evidenti segnali di difficoltà provenienti dal mercato stesso, crediamo in uno sviluppo futuro delle nostre attività, concentrandoci in due direzioni in particolare: la costruzione del nuovo magazzino da 5000 metri quadri che andrà a sostituire quello oggi in uso, aumentando così la dotazione costante di 600 tonnellate di materiale. Dall’altra la differenziazione del prodotto: accanto al tradizionale tubo di rame Cms sta progettando di tenere in magazzino altri prodotti per dare un’offerta completa». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

Diversificazione titanio e lean production Dal tubo metallico flessibile ai dispositivi medicali. Angelo Rovere ripercorre l’evoluzione produttiva di Carniaflex. Un percorso di innovazione, ricerca e formazione improntato al miglioramento continuo secondo i principi della “lean production” Valerio Germanico

L’

Angelo Rovere della Carniaflex Srl di Paluzza (UD) www.carniaflex.it

investimento costante nell’innovazione, la formazione e le nuove tecnologie è ciò che ha permesso alla Carniaflex di Paluzza di diversificare l’offerta e assumere una prospettiva da mercato globale, pur mantenendo una produzione saldamente legata al proprio territorio. Come spiega il responsabile commerciale e rappresentante della proprietà Angelo Rovere: «Negli ultimi dodici anni abbiamo sempre investito non meno del 10 per cento del fatturato per accrescere la nostra azienda dal punto di vista infrastrutturale, tecnologico ed umano. Questo nonostante un crollo del fatturato del 30 per cento nel 2009, dal quale ci siamo però risollevati di anno in anno a un ritmo del quasi 10 per cento. Oggi siamo ormai prossimi ai livelli pre-crisi».

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La vostra azienda ha puntato sulla diversificazione. In che modo e per quali ragioni? «La scelta di abbandonare il monoprodotto è stata dettata dalla volontà di dare maggiore sicurezza al futuro dell’azienda. La nostra vocazione è da sempre “la produzione” con la lavorazione del metallo a freddo. Ci è venuta naturale la scelta di ampliare e diversificare le linee di produzione indirizzate alla subfornitura industriale e oggi abbiamo infatti tre linee di prodotto: Flex & Stay, Hi-Mec e Carniamed. Il nostro prodotto storico e di core business dal 1965 fino al 2005, della linea Flex & Stay, è il tubo metallico flessibile destinato a illuminotecnica e microfonia. In parallelo a questo successo, nel 2000, abbiamo avviato Hi-Mec, introducendo lavorazioni di asportazione truciolo sul titanio, un


Carniaflex

50% EXPORT

Quota di esportazioni europee della Carniaflex. Il restante 50% è destinato al mercato interno – di cui a sua volta la metà va all’estero

4 mln

FATTURATO Risultato 2011 ottenuto dalla Carniaflex. Il fatturato è diviso in parti uguali fra produzione di tubi metallici flessibili e componenti medicali

Più che sulla creazione di prodotti nuovi, stiamo intervenendo sull’innovazione di quelli esistenti e sulle modifiche del processo di produzione

metallo con caratteristiche uniche che consentivano di rivolgersi a un settore molto più avanzato, come quello dei particolari per implantologia e chirurgia dentale, spinale, ortopedico-traumatologica e oftalmica. Abbiamo introdotto quindi dei servizi di qualità, progettazione e ricerca che ci hanno consentito di fidelizzare i clienti dalla nascita del prodotto all’immissione sul mercato. Siamo giunti poi, con Carniamed, a proporre dei prodotti finiti per l’endoscopia digestiva mini-invasiva, quali pinze da biopsia ecc.». Quali criticità avete dovuto superare per portare a compimento questo processo? «Sicuramente l’altissimo livello di specializzazione del settore medicale è stato un elemento critico che ha costretto ad assunzioni mirate di personale con un’elevata preparazione di base (diplomati o con laurea superiore) e a una continua formazione rivolta ai processi produttivi e organizzativi. Un’altra differenza importante fra i due settori è la clientela a cui si rivolgono: i clienti del “tubo metallico flessibile” sono diverse centinaia, dal piccolo artigiano alla grande multinazionale su un territorio che va dall’Italia alla Nuova Zelanda; mentre nel medicale i clienti sono alcune decine di aziende medie o grandi, su un territorio circoscritto all’Italia e all’Europa». Su cosa sta lavorando il reparto ricerca

e sviluppo? «Più che sulla creazione di prodotti nuovi, stiamo intervenendo sull’innovazione dei prodotti esistenti e sulle modifiche del processo di produzione, mettendo a supporto dei clienti i nostri tecnici, le nostre abilità e i plus produttivi, a partire già dalla prima fase progettuale fino all’ingegnerizzazione del prodotto. Il processo produttivo è sempre “sotto la lente” per ottenere una riduzione dei tempi di produzione e l’incremento della precisione - lavoriamo con tolleranze di 5 micron. Inoltre, a livello complessivo di impresa, da anni applichiamo la logica Kaizen». Può spiegare in cosa consiste? «È un percorso di formazione e di miglioramento continuo di qualsiasi attività aziendale: dalla produzione ai servizi, dagli uffici alla manutenzione. Applichiamo dal 2007 le “5S” del Toyota Production System (TPS), nota anche come lean production. Si tratta di eliminare gli sprechi, lavorare in un ambiente sempre organizzato e avere degli obiettivi concreti misurabili e visualizzabili da tutto il personale. Implementata con lo SMED (Single Minute Exchange of Die) dal 2009, è un’attività che migliora le capacità organizzative e funzionali interne». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 85


MODELLI D’IMPRESA

Nuove strategie nella carpenteria pesante utte le attività che appartengono al grande indotto dell’edilizia sono oggi costrette a rinnovarsi, a migliorare l’offerta e ad abbattere i costi per aumentare la competitività e rimanere a galla in un settore in grande difficoltà. L’anima di molti manufatti edili è metallica e dunque in questa complessa situazione è coinvolto anche il comparto della carpenteria pesante. Carlo Mazzon, Bruno De Pin e Gianbattista Bit provengono da esperienze ultraventennali in questo settore e, unendo le loro competenze, hanno saputo traghettare al meglio l’azienda che hanno fondato insieme nel 1986, la C.m.t., ai vertici del mercato nazionale: «Per anni – spiegano i tre titolari della società friulana – siamo stati partner di grandi aziende nell’esecuzione di commesse complesse. Negli ultimi tempi abbiamo avvertito la necessità di specializzarci ulteriormente per rimanere al passo con il ritmo imposto dal mercato e ci siamo concentrati sull’esecuzione di strutture metalliche non standard, dando ampio risalto all’apporto tecnico e

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Un ferreo controllo sulla qualità dei materiali, attraverso una serie completa di prove e test, è fondamentale per conferire la necessaria affidabilità a grandi strutture metalliche destinate al comparto edile. Ne parlano Carlo Mazzon, Bruno De Pin e Gianbattista Bit Amedeo Longhi

alla progettazione. Al tempo stesso, abbiamo rafforzato l’attività di controllo qualità e test dei materiali, che devono garantire affidabilità totale». «Siamo all’avanguardia nella realizzazione di tralicci per l’alta tensione – spiega Mazzon –, di strutture metalliche per impianti eolici e di strutture per gli impianti di risalita come funivie e cabinovie. In quest’ultimo ambito, le ultime opere realizzate sono la Corvatsch - St.Moritz e l’impianto di risalita Sella Nevea. In ambito civile, abbiamo partecipato ai lavori di ricostruzione dell’Aquila e alla realizzazione della Torre Aquileia a Jesolo». Fondamentale è la fase di test dei manufatti realizzati, che si compone di diverse prove: trazione – snervamento, rottura e allungamento per tutti i profilati e laminati –, rottura a cuneo e in piano, taglio, durezza e carichi su dadi e bulloni, durezza – secondo il metodo Rockwell B e C, Brinell e Vickers –, controllo magnetoscopico e visivo con personale qualificato e procedure certificate, controlli sullo spessore della zincatura e della verniciatura, test di Prece e aderenza sulla zincatura. «Per quanto riguarda l’ambito territoriale – prosegue De Pin –, ci stiamo confrontando sempre più con il mercato estero, dato che la quota di export ha raggiunto il 65 per cento della produzione complessiva». Naturalmente non si può prescindere da un elevato livello qualitativo dei materiali, che viene garantito da un’accurata selezione a monte dei fornitori. «Inoltre – ag-

Nella pagina accanto, da sinistra, Carlo Mazzon, Bruno De Pin e Gianbattista Bit, titolari della C.m.t. Srl di Aviano (PN) www.cmtaviano.it


Carlo Mazzon, Bruno De Pin e Gianbattista Bit

La parcellizzazione della struttura in pezzi elemento pronti da montare permette di ottimizzare costi e procedure

giunge Bit –, uno scrupoloso monitoraggio, in tempo reale, dello stato della commessa, dagli acquisti alle fasi progettuali ai diversi iter produttivi e relativi all’aspetto logistico, hanno reso possibile il rispetto della tempistica e delle specifiche contrattuali. Un altro accorgimento che permette di ottimizzare i costi e le procedure è rappresentato dalla parcellizzazione della struttura in pezzi elemento pronti da montare». Particolare cura è stata rivolta anche allo svolgimento delle mansioni legate all’operatività di cantiere, nell’ambito della quale è sempre stata posta in primo piano la sicurezza. Per sentirci tranquilli su questo fronte ci serviamo della collaborazione di squadre esperte e fidelizzate da un rapporto ormai decennale, con le quali i meccanismi e le sinergie sono ormai consolidati, a tutto vantaggio dell’affidabilità. Lo stesso discorso vale per l’attività di studio e progettazione, per la quale ci appoggiamo a studi tecnici ai quali siamo legati da un rapporto di grande fiducia reciproca». I tre imprenditori concludono con una disamina degli obiettivi futuri: «Per il prossimo futuro ci proponiamo di incrementare

la nostra rete commerciale nell’ambito delle infrastrutture viarie, con particolare attenzione ai mercati emergenti, che offrono attualmente interessanti opportunità. Per quanto concerne l’aspetto innovativo, contiamo di investire in strumenti produttivi sempre più efficaci e potenti, tecnologicamente all’avanguardia. In particolare, gli sforzi sono finalizzati a garantire la qualità dei materiali – laminati e bulloni – e dei trattamenti – zincatura, verniciatura, saldatura –, verificati dal nostro laboratorio interno, oltre che dai terzisti e dalle ditte che si occupano del montaggio. Il tutto è certificato dai diversi attestati che abbiamo conseguito: i nostri saldatori sono qualificati dall’Iis in accordo alla norma En 287/1 e le procedure di saldatura sono conformi alle Uni En 288/3. Il nostro personale è qualificato anche per prove non distruttive sulle saldature secondo la En 473. Per la partecipazione agli appalti pubblici, ci siamo dotati della Soa (OS18 IV cat.; OS6 II cat.), della Din 18800-7 per la progettazione di strutture metalliche e della Iso 9001:2008 relativa alla sicurezza». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 87


MODELLI D’IMPRESA

Innovazione meccanica nel siderurgico Il settore siderurgico negli anni ha saputo evolversi. «Questo grazie soprattutto al tessuto di subfornitura capace di fornire componentistica di precisione». Approfondiamo l’argomento con Mariarosa Feruglio Debellis Nicoletta Bucciarelli

I Mariarosa Feruglio Debellis è titolare della Dierre srl di Tarcento (UD) www.dierre-srl.com

l segretario nazionale della Uilm – Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici - Mario Ghini, responsabile del siderurgico, ha recentemente sottolineato l’importanza che questo settore riveste per l’Italia. «È necessario che il Governo consideri la siderurgia un bene strategico per il sistema paese; non può l'Italia, che è la seconda realtà industriale europea, permettersi di perdere un comparto così importante». Un settore quindi fondamentale, antico, ma che ha saputo evolversi, anche grazie al tessuto di subfornitura di qualità capace di fornire componentistica di precisione in grado di supportare l’innovazione delle tecnologie di processo. «Siamo specializzati nel siderurgico ma il nostro ventaglio di offerta, per quanto riguarda le lavorazioni meccaniche, abbraccia ogni settore ove sia richiesta la componentistica meccanica di precisione, sia in Italia che all’estero». Spiega Mariarosa Feruglio Debellis, dal 2010 a capo della Dierre di Tarcento. «Ultimamente stiamo anche lavorando a un progetto di rete che raggruppi le sinergie di alcuni imprenditori per proporci con maggiore competitività e flessibilità sui mercati esteri».

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Esiste un modo per recuperare gli scarti di acciaio o rame e riciclarli, entrando così in un’ottica di sostenibilità? «Nell’ottica di una green economy ci siamo affidati ad aziende specialistiche che provvedono allo smaltimento secondo le normative vigenti per quanto riguarda il recupero e riciclaggio degli scarti. La vera sostenibilità ambientale la si ottiene comunque dalla cura con cui il nostro personale assicura un’adeguata suddivisione dei diversi materiali, praticamente tutti riciclabili se correttamente smaltiti. La green economy è il risultato di una cultura di rispetto prima che un processo tecnico, e noi l’abbiamo fatta diventare parte di tutte le persone che vivono la nostra azienda». Come vi siete evoluti dagli inizi della vostra attività? «L’azienda è nata come impresa artigianale che ai tempi utilizzava solo macchine e strumenti di misura tradizionali. In virtù di una lungimirante strategia di sviluppo aziendale basata sull’innovazione tecnologica l’azienda ora ha un parco macchine a controllo numerico composto da centri di lavoro, torni bimandrini con asse di fresatura, oltre che da apparecchiature di misura tridimensionali. Questo ci permette di eseguire lavorazioni di particolari meccanici sempre più complessi che, oltre a un’accurata esecuzione, richiedono un ampio corredo di certificati». Quali sono i maggiori investimenti che state mettendo in campo in questo 2012? «Da aprile è operativa la nuova sala collaudo


Mariarosa Feruglio Debellis

Abbiamo avviato un progetto di ampliamento del reparto produttivo che ci permetterà una maggiore efficienza e una migliore distribuzione logistica

con macchine di misura Zeiss; inoltre abbiamo già avviato un progetto di ampliamento del reparto produttivo che ci permetterà una maggiore efficienza e una migliore distribuzione logistica. Stiamo anche investendo a livello organizzativo attraverso l’aggiornamento del sistema informatico di gestione di tutto il processo produttivo. È un investimento sia economico che di risorse umane, ma fondamentale». Quanto conta l’innovazione e l’adeguamento tecnologico all’interno della vostra attività? «L’innovazione di processo è in costante evoluzione e per un’azienda di lavorazioni come la nostra la capacità sta proprio nella conoscenza delle tecnologie applicabili e nel saper scegliere il miglior rapporto tra innovazione e costi. In quest’ottica i nuovi centri di lavoro a 4 e 5 assi, la nuova sala metrologica climatizzata, l’informatizzazione del processo produttivo, nonché l’aggiornamento costante del know-how ci fanno ben sperare sul futuro della nostra realtà». Che cosa avete presentato recentemente ad Hannover? «Hannover, come le altre fiere della meccanica a cui partecipiamo dal 1996, ci permette di farci conoscere sul mercato estero nell’ottica di una politica di internazionalizzazione portata avanti nel tempo dalla nostra azienda. Abbiamo presentato la nostra

azienda, con il suo passato, il presente e le potenzialità future. Possiamo documentare un sistema di gestione per la qualità certificato Iso 9001:08 e un rilevante supporto informatico che ci consente di dialogare in rete con gli uffici tecnici dei nostri clienti abbattendo le distanze che ci separano». Che cosa può testimoniare della sua esperienza alla guida dell’azienda? «Dal 2010 sono a capo dell’azienda di famiglia e in questo periodo ho potuto fruire delle competenze di collaboratori tecnici capaci e disponibili che mi sono impegnata a guidare verso obiettivi aziendali definiti e condivisi. Siamo sempre alla ricerca di strumenti che ci aprano nuovi orizzonti lavorativi. La sfida è costante e molto impegnativa ma i risultati stanno confermando che la crisi può essere superata se c’è l’impegno a non fermarsi mai». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 89


MODELLI D’IMPRESA

La metalmeccanica verso nuove sinergie n 2011 chiuso con un significativo aumento del fatturato e con un portafoglio ordini in sensibile crescita. È questo il biglietto da visita con cui si presenta Ralc Italia, storica e affermata realtà dell’industria metalmeccanica friulana che, nonostante una crisi economica che continua ad attanagliare il sistema produttivo nazionale, forte dei risultati conseguiti nell’ultimo periodo può guardare al futuro con rinnovato ottimismo. Nel giugno scorso, in un’ottica di ulteriore rafforzamento della posizione sul mercato, l’azienda di San Giorgio di Nogaro, leader nella progettazione e costruzione di automazioni industriali per la lavorazione del tubo e nella progettazione e realizzazione di macchine speciali, è subentrata nel management di un altro importantissimo marchio della metalmeccanica italiana, acquisendo la gestione della Cts Conni di Piacenza. «Il marchio Conni può vantare un’esperienza di oltre 50 anni e una diffusione capillare nel settore delle macchine segatrici per tubo e barra piena per materiali ferrosi e non ferrosi», sottolinea il fondatore di Ralc, Andrea Lazzarini, che grazie a una profonda conoscenza delle dinamiche del mercato e a una consolidata competenza derivante dalla specifica formazione tecnica, ha saputo cogliere in anticipo i possibili vantaggi derivanti dall’unione delle due società. Andrea Lazzarini, fondatore e titolare «Attraverso questa operazione della Ralc Italia Srl di San Giorgio di Nogaro (UD) abbiamo così costituito un inwww.ralcitalia.com

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Riunire due eccellenze dell’industria metalmeccanica italiana, per costruire macchine speciali, con elevati standard tecnologici e qualitativi. L’intuizione vincente di Andrea Lazzarini Diego Bandini

sieme organico di abilità progettuali all’interno di settori distinti ma tra loro complementari, che vanno reciprocamente ad ampliare la nostra proposta commerciale». A quasi un anno di distanza, quale bilancio è possibile trarre da questa collaborazione? «Non possiamo che essere soddisfatti di quanto fatto finora. Ralc Italia e Cts Conni si presentano oggi in una veste nuova e ancora più completa, caratterizzata da un’ampia sinergia tra know-how tecnico, commerciale e progettuale. Grazie a questa impostazione ci poniamo nei confronti dei clienti non come un semplice fornitore, bensì come un vero e proprio partner strategico, garantendo loro prodotti di assoluta qualità e affidabilità. La testimonianza più evidente a dimostrazione della validità della partnership instauratasi tra Ralc e Cts Conni è senza dubbio rappresentata da Kronos: una macchina segatrice rivoluzionaria che, grazie alla presenza di una pinza di scarico completamente integrata all’interno della macchina stessa, permette di portare il pezzo tagliato nella posizione desiderata, favorendo in tal modo qualsiasi lavorazione successiva (sbavatura, smussatura)». Come è stata accolta questa novità dal mercato?


Andrea Lazzarini

c «Kronos è stata presentata in anteprima alla fiera “Tube”, la più importante manifestazione europea riservata alle aziende del settore tubo, svoltasi a Dusseldorf nello scorso mese di marzo. Posso dire con orgoglio che i primi riscontri sono andati anche oltre le nostre più rosee aspettative, visto che Kronos ha immediatamente riscosso il favore di tutti gli addetti ai lavori». In linea generale, quali sono i tratti distintivi che hanno permesso a Ralc Italia e a Cts Conni di imporsi all’interno di un mercato così complesso e in continua evoluzione? «Disponiamo di strumentazioni tecnologiche di primissimo livello, che unitamente a una struttura aziendale snella e flessibile ci permettono di realizzare macchine “ad hoc”, il più possibile corrispondenti ai particolari bisogni di ogni singolo committente. Questo è reso possibile anche dal fatto che tutto il processo produttivo, dall’ideazione e progettazione fino all’assemblaggio finale, avviene all’interno degli stabilimenti aziendali. Credo però che uno dei fattori alla base del nostro successo debba essere ricercato nell’alta qualificazione e professionalità di tutto il personale: tecnici, progettisti e montatori specializzati e di grandissima esperienza, che rappresentano il vero valore aggiunto della nostra società».

Ralc Italia e Cts Conni si presentano oggi in una veste nuova e ancora più completa, caratterizzata da un’ampia sinergia tra know-how tecnico, commerciale e progettuale

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In quali ambiti, prevalentemente, vengono impiegati i vostri prodotti? «Ci rivolgiamo a settori tra loro molto diversificati: da quello dei componenti per auto a quello della refrigerazione, da quello del mobilio in metallo a quello delle lavorazioni meccaniche di precisione». E da un punto di vista geografico quali sono i mercati più interessanti per il vostro business? «Negli ultimi anni abbiamo fatto registrare una crescita costante, tanto che siamo ormai una realtà di respiro internazionale, presente non soltanto in Europa. Abbiamo infatti ampliato il nostro raggio d’azione in direzione dei cosiddetti Paesi emergenti, Brasile e Russia in primis, senza dimenticare la Thailandia e, più in generale, il continente asiatico. I segnali positivi, dunque, non mancano: lavoreremo per rafforzare ulteriormente la sinergia tra Ralc e Cts Conni, e consolidare così questa tendenza anche nel prossimo futuro». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 97


MODELLI D’IMPRESA

Una partnership consolidata con l’Est europeo La produzione di pallet è un’attività trasversale e costituisce il “termometro” dell’andamento economico complessivo. Claudia Breda racconta come può divenire anche occasione di crescita sinergica insieme a partner est-europei Amedeo Longhi

l prodotto è all’apparenza semplice: un pallet composto solo da legno e chiodi, utilizzato da tutte le aziende manifatturiere e commerciali, ma che, al tempo stesso, deve rispettare numerose norme produttive relative alla sicurezza e alla salvaguardia delle foreste. «Da anni ormai, la maggior parte dei paesi extra-europei richiede pallet e imballaggi in legno per prodotti da esportazione che abbiano subito un trattamento fitosanitario a norma ISPM-15 FAO, “a caldo” in forni di essiccazione a elevate temperature, per l’eliminazione di varietà sempre più resistenti di parassiti responsabili di tante infestazioni e conseguenti distruzioni forestali in quest’ultimo trentennio». A parlare è Claudia Breda, amministratrice della Gierreti Breda, nata nel 1980 dalla fusione di due aziende storiche nel settore dell’imballaggio in legno.

I Claudia Breda, amministratrice della Gierreti Breda Srl di Vigonovo di Fontanafredda (PN) www.gierreti.com

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«Il legno resinoso di abete o pino – prosegue Breda –, utilizzato nella produzione del pallet in Italia, viene prevalentemente importato dall’EstEuropa ed è in tale direzione che già nel 1995 abbiamo deciso di muoverci, cercando una collaborazione in loco per la produzione dei pallet standardizzati». L’incontro con un giovane e intraprendente ingegnere polacco nel 1995 ha segnato un punto di svolta, sancito dall’esordio dell’azienda nel mercato del pallet standard, il cosiddetto pallet Eur, poi diventato Eur/Epal, destinato alla circuitazione europea e utilizzato dalla grande distribuzione e da molti altri comparti industriali interessati a scambi comuni e sicuri. «È stato un salto sia in termini di fatturati che di qualità, senza perdere di vista il mercato locale, anzi, ampliando la produzione interna “su misura” proposta anche ai consumatori dell’imballaggio standard». Collaborazione tra due aziende europee che non significa delocalizzazione, bensì crescita di due realtà produttive in paesi molto diversi tra loro, ma sempre più vicini. «Un percorso non privo di ostacoli – spiega Breda – che negli anni ha dovuto trovare i giusti equilibri tra diverse mentalità imprenditoriali ed esigenze qualitative. A distanza di oltre quindici anni la collaborazione è ancora viva ed efficace, grazie anche alla globalizzazione dei mercati che ha avuto il merito di trascinare i paesi dell’Est-Europa verso gli standard qualitativi occidentali. Vincenti per noi le scelte di produrre i modelli standard dove è reperibile la materia


Collaborazione tra due aziende europee che non significa delocalizzazione, bensì crescita di due realtà produttive in paesi molto diversi tra loro

prima e di effettuare cicli di essiccazione completa, anche a meno di 15° di umidità per i pallet destinati all’industria farmaceutica e alimentare utilizzando forni di essiccazione alimentati con i residui di lavorazione del legno». Oggi la Gierreti Breda continua la sua produzione artigianale destinata alle aziende di tutti i settori industriali e commerciali, ampliando le vendite in tutto il Nord Italia, anche in abbinamento al prodotto standard del partner polacco, che nel frattempo è diventato una delle più grandi aziende di produzione di pallet in Europa, con un florido mercato interno ed esportazioni nelle vicine Austria, Germania e Danimarca. «Nell’ottica della sostenibilità e del contenimento dei costi energetici, abbiamo anche investito in sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili: un impianto fotovoltaico installato sui tetti dei capannoni e uno a biomasse che rendono l’azienda completamente autosufficiente per quanto concerne sia l’energia elettrica che l’energia termica destinata al riscaldamento e al processo industriale di essiccazione del legno».

Come tutti, anche la Gierreti Breda sta subendo le conseguenze di una crisi continuata: «Tra i nostri clienti troviamo purtroppo aziende che riducono gli ordini, incontrano difficoltà nei pagamenti o addirittura falliscono e chiudono i battenti. Situazioni, queste, che ci costringono ad approfondite analisi ogni fine mese, tenendo presente che rischiamo di subire le conseguenze indirette dei “credit crunch” di alcuni clienti. Grazie a una politica accorta fondata su acquisti appropriati e a un marketing selezionato siamo riusciti a limitare le contrazioni, che perseguitano da tre anni il nostro mercato, entro una media del 30 per cento, attestando il fatturato intorno ai 10 milioni di euro. Si tratta di un traguardo invidiabile per articoli elementari e ad alta concorrenza». La produzione di pallet è un’attività che possiede una caratteristica unica: fornisce tutti i settori produttivi e commerciali e costituisce un ottimo termometro per l’andamento dell’economia in generale. Purtroppo il termometro oggi non indica ancora segnali di ripresa. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 103


MODELLI D’IMPRESA

Tecnologie per il comparto dolciario on solo tecnologie all’avanguardia, ma anche una flessibilità tale da consentire allo stesso committente di effettuare test bakery e produzioni di vasta scala, fino a 90mila pezzi all’ora. «In virtù di queste esigenze, forniamo macchine destinate alle industrie internazionali e oltre al supporto tecnico, offriamo un prezioso supporto tecnologico, in termini di know-how, per l’avviamento sul mercato delle grandi produzioni». A parlare è Nicola Varutti, che insieme a Elvis Turcato e a Stefano Sani, che segue l’attività commerciale, dirige la TT, azienda friulana che produce macchine e linee destinate alla realizzazione di prodotti dolciari quali merendine con base di pan di spagna e pasticceria industriale. Come sono stati portati avanti lo studio e la realizzazione della nuova macchina che vi apprestate a proporre e quali obiettivi vi aspettate che raggiunga dal punto di vista commerciale? Elvis Turcato: «Attualmente i nostri clienti si trovano nella necessità di lanciare sul mercato delle novità per invogliare il consumatore all’acquisto. Naturalmente il lancio sul mercato di un nuovo prodotto ha un elevato costo economico e non fornisce alcuna garanzia che le vendite vadano come auspicato. A tale scopo, la nostra azienda ha realizzato macchine per poter realizzare dei test bakery a limitata produzione, ma con le medesime caratteristiche di un impianto industriale. Grazie all’ausilio del nostro tecnologo alimentare di esperienza internazionale, siamo stati in grado di rendere queste macchine notevolmente flessibili e rispondenti anche alle

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Per mettere a punto e realizzare i loro prodotti, le grandi aziende di pasticceria necessitano di avanzate tecnologie. Le loro richieste però spesso sono molto particolari, come spiegano Nicola Varutti, Elvis Turcato e Stefano Sani Amedeo Longhi

esigenze dei grossi laboratori di pasticceria». Come viene portata avanti l’attività di ricerca e sviluppo? È prevista anche la collaborazione con la committenza in questa fase? Nicola Varutti: «Viste le necessità dei nostri clienti, acquisiti e potenziali, la nostra azienda sviluppa nuove macchine per raggiungere le performance richiesteci o per risolvere le problematiche tecnologiche presentate dal prodotto in essere, intervenendo sul progetto dei sistemi dei processi produttivi delle macchine che realizziamo». Dal punto di vista commerciale, quali sono i vostri obiettivi di espansione e attraverso quali iniziative vi proponete di raggiungerli? Stefano Sani: «Negli ultimi anni la TT si è

In alto, Elvis Turcato (a sinistra) e Nicola Varutti, manager della TT Srl di Codroipo (UD). Nella pagina successiva, Stefano Sani, responsabile commerciale www.ttitaly.com


Nicola Varutti, Elvis Turcato e Stefano Sani

Abbiamo realizzato delle macchine per test bakery a limitata produzione, ma con le medesime caratteristiche di un impianto industriale

concentrata particolarmente sullo sviluppo nei Paesi emergenti, grazie anche alla costante presenza alle maggiori fiere del settore in Germania, Emirati Arabi, Indonesia e Brasile. Questo ha permesso di allargare a livello mondiale il giro d’affari e di accrescere anno dopo anno la lista delle nostre referenze. Il continuo aggiornamento dei cataloghi, rinnovati annualmente, testimonia l’attenzione che dedichiamo anche ai minimi particolari; questo ci ha permesso di farci benvolere dagli operatori presenti sul mercato, alcuni dei quali, se all’inizio si erano dimostrati recalcitranti ad accettare un’azienda nuova, grazie alla costante presenza e al costante apporto fornito dalla rete commerciale in continua espansione, oggi hanno imparato a conoscerci e apprezzarci».

Ci sono dei punti di criticità? E.T.: «La difficoltà maggiore riscontrata nel no-

stro settore consiste nel vincere l’iniziale titubanza che molte aziende riservano all’ultimo arrivato; passo dopo passo, anno dopo anno, questa lacuna è stata pazientemente colmata e l’acquisizione di nuove commesse viene vissuta ogni volta come un trionfo del lavoro di squadra. Ogni membro della TT è stato ed è l’artefice primario della crescita e dell’espansione dell’azienda. Con questo spirito credo che si possa crescere e puntare sempre verso nuovi e più ambiziosi traguardi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 107


EXPORT

Mercati strategici vicini all’Italia L’area balcanica rappresenta per l’Italia uno dei più vicini mercati su cui puntare per cogliere opportunità di business. Luigi Salvadori spiega quali risultati hanno ottenuto le imprese italiane in questi territori Nicolò Mulas Marcello

a realtà imprenditoriale nei Balcani è estremamente fluida ed è quindi difficile fare una stima precisa di quante sono le imprese italiane presenti. Secondo i calcoli di Confindustria Balcani, ricavati dall’aggregazione dei dati rilevati dalle associazioni che aderiscono alla federazione, si tratta di una realtà che coinvolge poco meno di ventimila aziende, anche se in forma molto varia e geograficamente disomogenea con Romania, Bulgaria e Serbia in testa per numero di aziende. «A partire dalla seconda metà degli anni novanta – spiega Luigi Salvadori, presidente di Confindustria Balcani – abbiamo assistito a una vera e propria replica del sistema economico italiano in questi contesti: sono molte dunque le pmi che hanno allargato i propri orizzonti aziendali insieme alla grande industria. Tra i settori più rilevanti si segnalano sicuramente il manifatturiero (che spazia dal tessile alla metalmeccanica), la cantieristica e l’impiantistica e l’energia, con un peso rilevante delle rinnovabili. Queste iniziative imprenditoriali sono state accompagnate dal terziario, servizi assicurativi e bancari in primis. Si evi-

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Luigi Salvadori, presidente di Confindustria Balcani

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denzia anche il commercio che si rafforza con il crescere in questi Paesi di una middle class fortemente attratta dalla qualità del made in Italy. Oggi le comunità italiane su questi territori non sono solamente numericamente significative ma anche integrate e coinvolte nel tessuto sociale, culturale ed economico». Il sud-est europeo offre reali opportunità per le imprese italiane in questo momento? «I Balcani sono storicamente una realtà europea in cui l’Italia ha avuto un ruolo economico di primissimo piano. Per capire il peso della nostra presenza in questo scenario basti pensare che rappresentiamo praticamente per la totalità dei Paesi uno dei primi tre partner commerciali generando significativi volumi di interscambio. Per dare un’idea di quanto siano strategici tali mercati vorrei dare qualche cifra. Secondo l’Istat nel 2010 l’Italia ha esportato nel sud-est europeo merci per il valore di 11,6 miliardi. Nello stesso periodo le nostre esportazioni in Cina valevano 8,6 miliardi, quelle in Brasile 3,8 miliardi, quelle in India 3,2 miliardi. Questo non vuol dire che i mercati emergenti extraeuropei non siano fondamentali, ma non dobbiamo mai dimenticare il nostro ruolo di leader commerciale in mercati più vicini come i Balcani,


Luigi Salvadori

Secondo l’Istat nel 2010 l’Italia ha esportato nel sudest europeo merci per il valore di 11,6 miliardi

dove peraltro godiamo di un forte vantaggio in termini di apprezzamento dei nostri prodotti. E per quanto riguarda le aziende italiane che si sono insediate nei Balcani? «Sono numerosi i casi in cui le nostre aziende hanno collocato in questi Paesi unità produttive. Una scelta, questa, dettata da precise ragioni: una posizione logisticamente vicina all’Italia e allo stesso tempo geograficamente e culturalmente prossima a grandi mercati come Turchia e Russia; una stabilità politica ormai assodata essenziale per effettuare in sicurezza i propri investimenti (il nord Africa ci ha dato, in questo senso, una lezione importante); culture simili alle nostre che permettono una diffusione rapida dei valori di impresa italiani. In un momento in cui la crisi rende drammaticamente complessa l’attività imprenditoriale la ricerca di nuovi mercati in cui penetrare rappresenta un’esigenza irrinunciabile. Trascurare i Balcani sarebbe una scelta davvero miope».

Pochi mesi fa è stato firmato un accordo tra Confindustria Balcani e Finest. Di cosa si tratta? «L’accordo firmato a Belgrado permetterà a tutti gli imprenditori che fanno parte di Confindustria Balcani - in questo momento oltre mille, ma il numero è destinato a crescere in modo esponenziale - di conoscere le opportunità offerte dall’utilizzo della strumentazione offerta da Finest per finanziare nuovi progetti di investimento. Alla base dell’accordo c’è la nostra convinzione, condivisa da Finest, che ci sia un crescente bisogno di collaborazione tra le realtà italiane coinvolte nei processi di internazionalizzazione. “Fare sistema” è una locuzione considerata da molti abusata. Eppure si tratta di una vera e propria necessità per rimanere all’altezza dei nostri partner europei che sui mercati internazionali si muovono da più tempo e con grande competenza. Le associazioni di imprese sono pronte a giocare il proprio ruolo al pari degli enti finanziari come Finest e del mondo delle FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 109


EXPORT

In un momento in cui la crisi rende complessa l’attività imprenditoriale, la ricerca di nuovi mercati in cui penetrare rappresenta un’esigenza irrinunciabile

istituzioni». Quali iniziative avete in programma nei prossimi mesi? «Confindustria Balcani, in partnership con Unicredit, che nel sud-est europeo è capillarmente presente, sta realizzando in questi mesi il ciclo di eventi “Obiettivo Balcani”. Si tratta di incontri ospitati presso le associazioni territoriali del sistema confindustriale in cui alcuni imprenditori già attivi nei Paesi in cui operiamo si confrontano con i propri colleghi, raccontando loro opportunità e criticità incontrate nel corso della propria esperienza nei Balcani. Negli scorsi mesi abbiamo toccato centri di assoluta rilevanza come Milano, Treviso, Bologna, Bari e Ancona. La prossima tappa sarà il 25 giugno presso l’Unione industriale di Torino. Le iniziative 110 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

sono aperte a tutti gli imprenditori interessati». Altri progetti? «Stiamo lavorando alla creazione di seminari specifici che affrontino temi particolarmente interessanti per le aziende italiane e aiutino a comprendere quali prospettive esistono per i singoli settori. Inoltre, tutte le singole associazioni che fanno parte di Confindustria Balcani - Confindustria Bosnia Erzegovina, Confindustria Bulgaria, Confindustria Moldova, Confindustria Romania, Confindustria Serbia e l’Associazione dell’imprenditoria italo-macedone e presto speriamo anche in Albania e Croazia - sono costantemente attive nell’organizzazione di eventi in loco rivolti alle imprese italiane già presenti in questi mercati o interessate a penetrarvi».


Patrizia Tambosso

Investire in Cina limitando i rischi Per avvicinarsi al mercato cinese l’imprenditore deve tenere presente vari fattori, ma le occasioni di investimento non mancano neanche per le pmi. Patrizia Tambosso illustra le strategie per muoversi su questo fronte Nicolò Mulas Marcello

l mercato cinese rappresenta, ormai da anni, un’interessante opportunità di esportazione per le imprese italiane. Al di là del segmento dei prodotti di lusso, si è notato un interesse da parte della classe media cinese anche verso i prodotti di qualità non di marchi famosissimi. Le occasioni pertanto diventano tangibili sempre di più anche per le nostre pmi. «L’approccio che permette a una piccola e micro impresa di iniziare un percorso di internazionalizzazione in Cina – spiega Patrizia Tambosso, consulente marketing con specializzazione per il mercato cinese – è quello che cerca di sfruttare occasioni di incontro con operatori cinesi del settore senza sostenere tutto il peso dei costi di incontri singoli». Quali sono attualmente le opportunità concrete che offre il mercato cinese alle imprese italiane? «Il mercato cinese può essere osservato dal punto di vista dei potenziali clienti e consumatori e delle aree di sviluppo più intenso. Negli ultimi dieci anni i consumatori cinesi sono molto cambiati e si può affermare che per livelli di spesa è emersa una classe media che è disposta a spendere il proprio reddito per beni anche importati. Una classe di consumatori particolarmente benestanti esiste in Cina già da tempo ed è il segmento che acquista i prodotti di lusso come Ferrari, Ermenegildo Zegna, Ferragamo o Armani. Il segmento di consumatori che punta l’attenzione su prodotti di qualità e con marchi comunque italiani, deve ancora essere individuato e non è facile calcolarlo. Questi elementi mostrano come le opportunità per i prodotti italiani non potranno che aumentare nei prossimi anni, ma non dicono nulla su singoli prodotti e

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sulla possibilità di portare nel mercato cinese dei marchi non conosciuti coniugati con una qualità riconoscibile come italiana». Quali sono i settori che hanno evidenziato i maggiori risultati? «Per le imprese italiane si può sicuramente parlare di opportunità positive per il vino (+100%), l’olio di oliva (+100%), la cioccolata (+33%), la pasta (+24%). Fra i prodotti non alimentari emergono il marmo (+30%), i prodotti chimici, i prodotti medicali (+27%), i deodoranti e profumi, le materie plastiche, i prodotti in gomma, cuoio e pelli, carta e cartone da riciclare, tessuti di lana (+27%), maglioni, abiti, calzature (+57%), gioielleria (+40%), prodotti della meccanica». Qual è la propensione degli imprenditori italiani a investire in Cina? «Devo precisare che per investimento non si intende necessariamente e solo un investimento diretto estero (Ide), ma tutti gli investimenti sia ide che promozionali, distributivi, pubblicitari effettuati dalle imprese in un mercato estero e in questo caso nel mercato cinese. La propensione a investire, con questo significato più ampio,

Patrizia Tambosso, consulente marketing con specializzazione per il mercato cinese

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EXPORT

delle imprese italiane non è inferiore a quella delle imprese europee. Naturalmente l’investimento è proporzionale ai valori dell’export che vengono sviluppati tra Italia e Cina. Sono soprattutto le grandi e le medie imprese che investono in Cina e questo per capacità esportativa maggiore e per organizzazione e dimensioni aziendali». Questo tipo di operazione comporta anche rischi. Di quali aspetti occorre avere attenzione? «Costituire in Cina delle entità regolarmente registrate secondo la normativa locale comporta, oltre al rischio impresa, il rischio paese. Per rischio paese si deve intendere un calcolo in termini di costi di alcuni fattori che in Cina sono identificabili in lingua cinese, normativa locale complessa e di non facile individuazione e trasparenza, localizzazione dell’investimento, che fa variare di molto il livello dell’investimento, il costo del lavoro, la facilità di reperimento di risorse umane, la cinesizzazione dell’approccio mentale al business per consentire dei rapporti sosteni-

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bili con fornitori e clienti. Occorre tener presente che la normativa locale, identificabile al momento della localizzazione dell’investimento anche come l’autorità cinese di riferimento, incide in modo sostanziale sui costi amministrativo-contabili e sulla tassazione applicabile all’investimento e alle persone che vi lavoreranno, sia italiane che cinesi». Esistono percorsi di internazionalizzazione più semplici, adatti anche alle pmi? «Stando alla definizione europea di pmi, occorre distinguere le micro, le piccole e le medie imprese. Mentre le medie imprese si sono sempre mosse in Cina a tutto campo, utilizzando tutte le possibili strategie consentite dalle liberalizzazioni applicate dal governo cinese, per le micro e piccole imprese l’adozione di qualsiasi strategia è dipesa dalla dimensione aziendale. Anche una strategia di export o di import può presentare difficoltà di applicazione se l’impresa non riesce a trovare al suo interno le conoscenze, ad esempio linguistiche, tecniche, commerciali, e il tempo per implementarla. Se non esiste il giusto cocktail per portare avanti anche la strategia più semplice, non si può parlare di strategie di internazionalizzazione preferibili da parte delle pmi». Qual è il principale ostacolo che le imprese devono affrontare in Cina? «Tutte le imprese si trovano a dover risolvere il problema linguistico. Tutti gli imprenditori che si recano in Cina devono utilizzare interpreti per i loro incontri e per recarsi sul luogo dell’incontro di lavoro. Parlerei piuttosto di approccio più o meno semplice al mercato cinese e tra quelli semplici annovero la partecipazione a eventi fieristici sia in Cina che in Italia. La partecipazione a fiere settoriali italiane di particolare rilevanza internazionale, come ad esempio Vinitaly o il Salone del Mobile, può essere il momento opportuno per iniziare dei contatti con operatori cinesi, che sempre più spesso visitano queste fiere, a seminari, a workshop».


Paolo Fantoni

Alla conquista dei mercati del Mediterraneo Il bacino mediterraneo offre varie opportunità di internazionalizzazione. Occorre prestare attenzione alle necessità dei paesi intorno a noi per conquistarne i mercati, come spiega Paolo Fantoni Nicolò Mulas Marcello

n questo periodo di crisi economica che ha visto una riduzione dei consumi significativa nel nostro Paese, per le aziende si è reso indispensabile trovare mercati più ricettivi. Un esempio vincente di internazionalizzazione, per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, è sicuramente Fantoni Group: «Il mercato nazionale – spiega l’amministratore delegato Paolo Fantoni – risente senz’altro di una riduzione dei volumi attorno al 25% rispetto ai picchi del 20072008. Conseguentemente abbiamo cercato di recuperare i volumi in altre aree». Su quali paesi avete puntato? «Nella divisione di maggior interesse del nostro gruppo industriale, ovvero la produzione di pannelli di legno truciolari, abbiamo una strategia molto ben definita di espansione nel mercato mediterraneo, per cui tutti i paesi del bacino rappresentano i nostri mercati di sbocco naturale, essendo questi molto spesso privi di una locale produzione boschiva e legnosa, per cui lo sviluppo sociale e dell’edilizia di questi decenni in quei paesi necessita di una fornitura esogena di materia prima. Il nostro export coinvolge in maniera particolare i paesi

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Paolo Fantoni, amministratore delegato di Fantoni Group

del nord Africa, Siria, Israele e Turchia». Che tipo di concorrenza sul piano internazionale esiste nel vostro particolare settore? «Nel nostro settore la concorrenza è sicuramente quella rappresentata dall’estremo Oriente, come Indonesia e Malesia. In minore misura c’è anche l’influenza della concorrenza spagnola e portoghese». In questo periodo come reagiscono i mercati nel vostro settore? «Il mercato nazionale risente senz’altro di una riduzione dei volumi attorno, di conseguenza abbiamo cercato di recuperare i volumi nelle aree che le ho menzionato precedentemente. Questo pur in presenza di tutte le turbolenze delle primavere arabe che hanno in qualche modo cadenzato gli ultimi 18 mesi, ma dove sostanzialmente la ripresa è stata altrettanto veloce nel momento in cui i mercati si tranquillizzavano». Quali progetti avete per il futuro e quali sono previsioni per l’anno in corso? «Le previsioni sono mirate a mantenere i volumi produttivi dell’anno passato, ulteriormente in presenza di una riduzione dei consumi nazionali e conseguentemente una necessità di ricorrere maggiormente alle esportazioni. Per quanto riguarda i progetti, ci sono quelli di implementare ulteriormente la nostra partecipazione a tutte le fiere di settore in questi mercati, perché dobbiamo consolidare la presenza dell’Italia come fornitrice della materia prima per l’industria nascente del mobile di questi paesi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 113


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Dai mercati esteri l’impulso allo sviluppo L Internazionalizzazione e innovazione tecnologica, per trasformare la crisi in un’opportunità di crescita. L’esempio del Gruppo Tonutti, che da oltre un secolo costruisce macchine agricole per la fienagione, nelle parole di Andrea Maselli e Carlo Tonutti Guido Puopolo

Nella pagina a fianco, Carlo Tonutti, presidente, e Andrea Maselli, amministratore delegato del Gruppo Tonutti Wolagri di Remanzacco (UD) - www.tonutti.it

a congiuntura negativa che a partire dal 2008 si è abbattuta come uno tsunami sul sistema economico e finanziario internazionale, ha cambiato in maniera sostanziale il modo di fare impresa e di competere sui mercati globali delle aziende italiane. Molte, infatti, sono state le realtà che, impreparate ad affrontare una situazione di inaspettata difficoltà, sono state costrette a chiudere i battenti. Chi invece ha avuto la capacità di mettersi in discussione, promuovendo nuovi modelli organizzativi e gestionali, basati soprattutto sull’innovazione tecnologica e la ricerca di nuovi mercati da conquistare, non soltanto è riuscito a sopravvivere a quella che è ormai universalmente considerata come la più grave crisi dai tempi della Grande Depressione, ma ha addirittura aumentato i propri volumi di affari, proponendosi come esempio vincente di un made in Italy che continua a raccogliere consensi su scala globale. Tra queste aziende figura senza dubbio il Gruppo Tonutti Wolagri, leader mondiale nella produzione e commercializzazione di macchine agricole per la fienagione, che nell’ultimo biennio ha fatto registrare una crescita a due cifre. «Il settore agricolo è stato fortemente colpito dalla crisi, e questo ha avuto inevitabili ripercussioni anche sulla nostra attività», afferma l’ammini-


Andrea Maselli e Carlo Tonutti

stratore delegato e direttore generale dell’azienda di Remanzacco (UD), Andrea Maselli. «Tra il 2010 e il 2011 abbiamo così avviato un percorso di rinnovamento che ha coinvolto tutti gli ambiti aziendali, e di cui ora iniziamo a raccogliere i frutti», sottolinea il presidente, Carlo Tonutti. Quali sono state le linee guida che avete seguito in questo processo? Andrea Maselli: «Investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico, efficienza produttiva, razionalizzazione delle politiche di acquisto ed una sempre maggior attenzione alle necessità del cliente, da una parte; consolidamento dei rapporti con gli istituti di credito e diversificazione dei mercati internazionali dall’altra. I numeri evidenziano in maniera lampante la bontà delle nuove strategie: i ricavi consolidati del 2011 si sono attestati a un + 40 per cento sul 2010, in concomitanza con un sensibile miglioramento della redditività. Allo stesso tempo è cresciuta notevolmente la quota di fatturato derivante dalle esportazioni, che oggi assorbono circa il 90 per cento della nostra produzione. L’azienda, storicamente caratterizzata da una forte propensione all’export, ha infatti intrapreso in questo periodo un’aggressiva strategia di internazionalizzazione, volta a limitare la dipendenza dai mercati storici e ad assicurare un’adeguata redistribuzione del fatturato».

Abbiamo intrapreso un’aggressiva strategia di internazionalizzazione, volta a limitare la dipendenza dai mercati storici

Quali sono, a questo proposito, i vostri principali mercati di riferimento? A.M.: «Abbiamo una presenza radicata negli Stati Uniti fin dal 1984, anno di fondazione della Tonutti Wolagri USA a Memphis, nostra sede commerciale e stabilimento per assemblaggi. Sempre per quel che riguarda il mercato statunitense, nel corso del 2011 abbiamo stretto accordi commerciali e produttivi con importanti attori locali, come la Kinze, leader a livello mondiale nella produzione di seminatrici, e consolidato la nostra partnership con il maggior produttore al mondo di trattori, John Deere. Altrettanto importante è il mercato russo, che serviamo attraverso la Tonutti Wolagri Russia, con uno stabilimento produttivo con circa 200 dipendenti e una filiale commerciale situata nell’area di Perm». Da quali Paesi, invece, pensate che potranno derivare le performance migliori in futuro? A.M.: «Ci muoviamo a 360 gradi e per questo, oltre all’Europa comunitaria, guardiamo con grande interesse alle opportunità offerte dai mercati asiatici, ma anche dal Sud America e dell’Africa. Chiaramente per poter sostenere FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 115


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Lavoriamo per offrire macchine sempre più performanti, con particolare attenzione ai bassi costi di esercizio e alla tutela ambientale

un piano d’espansione così ambizioso ci vuole delle aziende storiche del nostro Paese. Quali un’adeguata organizzazione alle spalle. Abbiamo così inserito all’interno dell’organico aziendale professionisti con comprovate esperienze gestionali, tecniche, commerciali e di marketing, principalmente provenienti dal settore agricolo, e quindi capaci di garantire risultati importanti nel breve-medio periodo. Stiamo inoltre lavorando ad altri importanti accordi industriali e commerciali con diversi gruppi stranieri, leader mondiali nel segmento di riferimento, che ci permetteranno di compiere un ulteriore passo in avanti sia in termini di fatturato che d’innovazione, visto che lo sviluppo di nuovi prodotti avverrà in maniera sinergica». La Tonutti Wolagri, nata nel 1864, è una

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sono i valori del vostro modello imprenditoriale che, più di tutti, non vanno traditi neanche in un momento come quello attuale? Carlo Tonutti: «Abbiamo sempre posto la massima attenzione a quelle che sono le esigenze dei nostri clienti, condividendo con loro le problematiche e mettendo a loro disposizione la nostra esperienza, grazie anche alla collaborazione con importanti università e centri di ricerca, italiani ed esteri. Altrettanto importante è però il servizio post vendita offerto, attraverso cui supportiamo gli agricoltori nello svolgimento del loro lavoro nei campi, fornendo un supporto costante e puntuale». Quali nuove esigenze, da parte del settore


Andrea Maselli e Carlo Tonutti

agricolo, dovrete intercettare e assecondare al fine di consolidare la vostra posizione sul mercato? C.T.: «Lavoriamo per offrire macchine sempre più performanti, con particolare attenzione ai bassi costi di esercizio e alla tutela ambientale, ma dimensionate alle esigenze dei mercati nei quali si vuole entrare o si va a operare. La concorrenza dei nostri competitor è sempre più agguerrita, e per rimanere al passo coi cambiamenti del mercato è fondamentale continuare a investire in attività di ricerca e sviluppo, che rappresentano la nostra linfa vitale». Certo, però, le difficoltà non mancano. Quali sono state le principali criticità con cui siete stati costretti a fare i conti in questo periodo? A.M.: «La crescita deve essere sempre sostenibile, anche da un punto di vista finanziario, altrimenti può diventare un pericolo per la sopravvivenza stessa dell’azienda. Nel corso 2011 abbiamo avuto qualche problema proprio nell’ambito del credito, a causa delle politiche restrittive delle banche nel concedere affidamenti alle aziende, ovvero quello che in terminologia anglosassone si definisce credit crunch. Nonostante tutto, però, devo dire che alcune delle banche di riferimento per il nostro gruppo, ci hanno comunque dimostrato grande fiducia, sostenendoci e supportandoci nelle operazioni più sensibili, a dimostrazione che le aziende che si propongo con visione strategica, dinamica e innovativa, possono ancora trovare nel mondo bancario un valido supporto». Quali sono, infine, i principali obiettivi e le sfide che attendono il gruppo nel prossimo futuro? A.M.: «Le sfide che ci apprestiamo ad affrontare sono sicuramente molteplici. Abbiamo infatti stilato un piano industriale triennale, pianificando una crescita che nelle nostre intenzioni si dovrà consolidare attraverso due direttive principali. La prima prevede una seria politica di espansione commerciale, che verrà sostenuta da

Una vision lungimirante Il Gruppo Tonutti Wolagri nasce nel 1864 a Remanzacco, in provincia di Udine. Leader internazionale nella produzione e commercializzazione di macchine agricole per la fienagione, è l’azienda più antica operante nel settore della meccanizzazione della regione Friuli Venezia Giulia. Pur mantenendo la sua sede centrale e produttiva a Remanzacco, il Gruppo detiene un secondo stabilimento produttivo in Italia a Suzzara (MN) oltre alle sedi estere in Russia e negli Usa. Dal 1972 la società è guidata da Carlo Tonutti, oggi affiancato dall’amministratore delegato Andrea Maselli, il quale ne ha assunto la direzione strategica. Tonutti, è attualmente designato al vertice dell’associazione italiana costruttori di macchine agricole Assomao. «Dopo quasi 9 anni di vicepresidenza in Unacoma, l’Associazione Nazionale Costruttori Macchine Agricole e Movimento Terra, con deleghe alle agro energie e all’ambiente, ritengo di aver acquisito l’esperienza necessaria per dare una spinta importante a questo settore», afferma Tonutti. «Sono convinto, infatti, che le opportunità di sviluppo non mancano: dobbiamo solo rimboccarci le maniche ed essere in grado di coglierle. L’innovazione tecnologica, accompagnata da una politica di aggregazione di imprese per favorire l’accesso ai mercati internazionali, sarà la chiave del rilancio del mondo agricolo e, mi auguro, anche del nostro Paese».

importanti investimenti in nuovi prodotti dall’elevato contenuto tecnologico, dall’apertura di nuove filiali estere per un sempre maggior controllo diretto dei mercati di riferimento e dall’assunzione di personale altamente qualificato, che possa ben rappresentare il nostro Made in Italy nel mondo. In secondo luogo intendiamo rafforzare la nostra posizione attraverso l’acquisizione di aziende straniere con alle spalle una solida esperienza nel settore, che integrandosi nel nostro gruppo, ci potranno garantire quelle sinergie vincenti in termini di tecnologia e reti distributive indispensabili per affermarsi e conquistare nuovi spazi all’interno di mercati sempre più competitivi». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 117


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Gli stampi italiani conquistano il mercato tedesco Un esempio di come, investendo sulla qualità e sull’innovazione tecnologica, l’industria italiana sia ancora in grado di affermarsi su scala internazionale, vincendo anche la concorrenza dei colossi tedeschi. L’esperienza di Enrico e Marco Zanussi Matteo Rossi

In queste immagini, fasi di lavorazione all’interno dello stabilimento della Scm Zanussi di Cordenons (PN) www.scm-zanussi.com - info@scm-zanussi.com

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una commessa da record quella ottenuta dalla Scm Zanussi. L’azienda di Pordenone, specializzata nella progettazione, nello sviluppo e nella produzione di stampi per la pressofusione di leghe leggere destinati al settore automotive, è stata infatti scelta dalla multinazionale tedesca Martin Rea-Honsel, una delle più importanti fonderie a livello mondiale, per la costruzione dello stampo più grande del mondo nell’ambito della tecnologia a pressofusione. «Questo stampo servirà per realizzare la scatola del cambio e del sistema di trasmissione per i grandi autobus articolati, utilizzati per i servizi navetta all’interno degli aeroporti», spiega Marco Zanussi, che oggi insieme al cugino Enrico è alla guida dell’azienda fondata nel 1964 dai fratelli Rolando e Giuseppe Zanussi. «Il fatto che un grande gruppo tedesco si sia rivolto a un fornitore italiano è per noi un motivo di grande orgoglio. Questo dimostra che, nonostante le enormi difficoltà che attanagliano il nostro sistema economico e produttivo, esistono ancora realtà che, puntando sulla qualità e sull’innovazione tecnologica, sono capaci di competere e farsi strada anche sui mercati internazionali», ribadisce Enrico. E in effetti Scm Zanussi rappresenta, nel suo settore di riferimento, una delle migliori espressioni del made in Italy, tanto che oggi opera al fianco di numerose case automobilistiche e fonderie, con un fatturato annuo di quasi 14 milioni euro: «Attualmente circa il 90 per cento della nostra produzione è destinata all’estero, e forse anche per questo non abbiamo risentito particolarmente della crisi. Tra i principali committenti annoveriamo nomi del calibro di Daimler-Mercedes, BMW, Renault, Gruppo Audi-VW, Volvo e General Motors. A questi si possono aggiungere diverse fonderie, tra cui

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Enrico e Marco Zanussi

vale la pena citare il gruppo Georg Fischer in Germania, la Magal a San Paolo in Brasile, e l’indiana Tvs, senza dimenticare alcuni dei primari fornitori di componenti in lega leggera del mercato Nord Americano». Punto di forza dell’azienda friulana, oltre all’ufficio tecnico Cad, all’interno del quale lavorano nove progettisti specializzati, è senza dubbio il reparto di campionatura degli stampi, attrezzato con due macchine per pressofusione da 2000 e da 4000 tonnellate di forza di chiusura, come sottolinea Marco: «Il reparto consente di testare gli stampi, procedendo di seguito al rapporto di

L’azienda dispone di una sezione di ricerca per lo sviluppo di soluzioni e applicativi software, prevalentemente dedicati al miglioramento dell’efficienza dei processi

collaudo dimensionale dei campioni. Inoltre è possibile effettuare direttamente in sede prove non distruttive – PND su appositi campioni, per mezzo di un impianto di radioscopia industriale». Tutto il processo produttivo, aggiunge Enrico Zanussi, viene seguito direttamente all’interno dello stabilimento aziendale, comprese eventuali fasi di co-design e co-engineering portate avanti in accordo con il committente. «Al fine di offrire la massima flessibilità utilizziamo diverse piattaforme Cad e software per l’ottimizzazione e la simulazione, con l’obiettivo di diminuire sia i tempi di sviluppo che i costi di progettazione, oltre che per ridurre al minimo i margini di errore. Oltre alla progettazione completa dello stampo – prosegue il titolare – siamo in grado, laddove richiesto, di fornire un servizio di modellazione del prodotto, sulla base delle specifiche necessità di chi si rivolge a noi». L’azienda, grazie agli sforzi e agli investimenti sostenuti nel corso degli anni, oggi dispone di una sezione di ricerca e sviluppo interna assolutamente all’avanguardia, che ha come attività principale lo sviluppo di soluzioni e applicativi software, prevalentemente dedicati al miglioramento dell’efficienza dei processi. «Lavoriamo quotidianamente per massimizzare le prestazioni dei nostri prodotti e per crearne di nuovi - conclude Marco Zanussi -, perché siamo convinti che per competere all’interno di un mercato globale e sempre più competitivo, non si possa prescindere dallo studio di innovazioni tecniche e tecnologiche».

14 mln EURO

A tanto ammonta il fatturato della Scm Zanussi per l’anno 2011

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

La vetroresina, il materiale del futuro I dettagli dell’operazione di management buyout realizzata da Enrico Quendolo che ha portato il Gruppo Vetroresina a consolidare una già forte competitività internazionale Valerio Germanico

a versatilità della vetroresina e la capacità di progettare e realizzare soluzioni personalizzate nell’anticorrosione, per il settore energetico, nel convogliamento delle acque e nella produzione di strutture, anche di grandi diametri, sono gli elementi che hanno determinato la crescita internazionale del gruppo Vetroresina. Azienda che ha sede centrale a Povoletto, in provincia di Udine, ma che ha i propri stabilimenti produttivi, oltre che in Italia, anche in Bulgaria, Macedonia e Germania. Come spiega Enrico Quendolo, presidente di Vetroresina Group: «La forza di questa realtà imprenditoriale risiede nella sua intrinseca internazionalizzazione, ovvero in una naturale propensione all’export. Forniamo tubazioni e strutture in ogni parte del mondo – dall’Europa al Medio e all’Estremo Oriente, all’Africa e spingendoci anche in Oceania –, che realizziamo sia nei nostri stabilimenti sia, grazie alle nostre capacità organizzative, in loco se le esigenze progettuali lo richiedono. La costruzione di strutture per la produzione di energia elettrica, convoglia-

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mento e depurazione acque rimane certamente il nostro punto di forza». Quale bilancio può trarre dell’attività del gruppo nel corso dell’ultimo biennio? «Anche il nostro gruppo, come molte altre aziende italiane, nel corso dell’ultimo biennio ha dovuto affrontare una crisi internazionale consistente. Questo ha determinato, alla soglia dei cinquant’anni di storia aziendale, una svolta incisiva. Così abbiamo dato l’avvio a un processo di cambiamento forte, iniziato con un’operazione di management buyout, in cui il sottoscritto ha acquisito la maggioranza del gruppo, ridefinito la strategia di mercato e di prodotto. Ho chiamato a unirsi al gruppo un manager con il quale stiamo trasformando l’azienda da padronale a manageriale. Questo processo è stato possibile grazie alla forza del nostro marchio e alle capacità che risiedono nelle persone che compongono il gruppo». Quali risultati vi ha permesso di ottenere


Enrico Quendolo

In apertura, Enrico Quendolo, presidente di Vetroresina Group, che ha sede centrale a Povoletto (UD) www.vetroresina.it

La vetroresina sta incrementando i suoi ambiti di applicazione, sostituendo i materiali ferrosi e il cemento

questa riorganizzazione? «È stato un vero e proprio processo di evoluzione che ci ha fatto raggiungere una migliore competitività, ottenuta con una gestione più attuale delle commesse e una riduzione dei costi che non ha intaccato affatto la qualità delle nostre produzioni. Diverse delle nostre funzioni di Gruppo sono state centralizzate nella sede di Povoletto, come la direzione delle vendite, il reparto tecnico, l’amministrazione, l’ufficio acquisti e il controllo qualità. Ciò ha permesso un maggiore controllo e di individuare i punti critici da migliorare». Quali sono le prospettive di sviluppo per il materiale? «La vetroresina rappresenta il materiale del futuro grazie all’incremento degli ambiti di applicazione, andando a sostituire in maniera vantaggiosa materiali tradizionali come acciaio, ferro, ghisa e cemento in molte applicazioni sia civili sia industriali. Fra i vantaggi principali offerti dalla vetroresina rispetto ai materiali tradizionali vi sono la sua maggiore durata nel tempo, l’assenza di interventi di manutenzione e, non da ultimo, un prezzo competitivo proporzionato al livello qualitativo offerto. Inoltre, il materiale non ha ancora esaurito le sue potenzialità. E noi abbiamo l’obiettivo di destinarlo ad applicazioni sempre più impegnative. Per questo stiamo investendo nei nostri reparti di ricerca e sviluppo per proporre prossimamente al mercato nuove soluzioni applicative». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 121


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Si espande all’estero la settorialità friulana Il design e la funzionalità delle rubinetterie friulane esportati nel mondo attraverso il mercato settorializzato della ristorazione collettiva. Antonietta Bisaro spiega gli ingredienti di un successo made in Italy Manlio Teodoro

ttraverso la consolidata esperienza tradotta in un know how per un settore specifico, l’impresa di Spilimbergo, Rubinetterie del Friuli, è riuscita a collocarsi in una “nicchia” di mercato dalle dimensioni globali. Ovvero quella degli articoli progettati e realizzati esclusivamente per il mercato della ristorazione collettiva. «La nostra specializzazione in un singolo settore della rubinetteria – spiega la titolare, Antonietta Bisaro – è stata possibile grazie a un percorso evolutivo di progressivo potenziamento della struttura produttiva. Abbiamo investito in nuove tecnologie, adottato metodi di lavoro efficaci ed efficienti. L’innovazione di strumenti e idee ci ha permesso di diversificare e produrre più linee di prodotto professionali – come gruppi doccia per il prelavaggio delle stoviglie, rubinetti di scarico, valvole di sicurezza e cerniere per i cuoci-pasta – e intercettare così le richieste del mercato». Quali sono stati i risultati più significativi conseguiti nell’ultimo anno? «Siamo riusciti a chiudere il 2011 consolidando le nostre quote di mercato, infatti la crisi che ha iniziato a colpire dal secondo semestre non ha intaccato il bilancio dell’anno scorso. Questo ci ha permesso di portare a termine un investimento consistente per il rinnovamento della sede aziendale e del parco macchine, con l’introduzione di due nuovi torni a controllo numerico che hanno potenziato la nostra capacità produttiva. Oltre a questi, altri risultati importanti sono stati quelli ottenuti – anche in termini di visibilità – in oc-

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Antonietta Bisaro, titolare delle Rubinetterie del Friuli Srl, Spilimbergo (PN) www.rubfriuli.com

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casione dell’Host 2011 di Rho, la più importante fiera globale per il nostro settore». Con quali prospettive si è aperto il 2012 e quali obiettivi vi siete posti per quest’anno? «Quest’anno è iniziato accompagnato da numerose ansie e con i primi sintomi della crisi. Per questo motivo gli obiettivi che ci attendono saranno purtroppo non tanto legati allo sviluppo del core business dell’azienda, quanto a conservare i mercati e l’equilibrio economico-finanziario, che è costantemente minato dalla crisi di liquidità che si sta diffondendo rapidamente a tutti i settori produttivi. La nostra sfida però è quella di non farci distrarre e proseguire sulla linea della ricerca e su una politica di marketing che finora ci hanno garantito un ruolo di primo piano come fornitori di accessori destinati alla ristorazione collettiva». Avete in previsione di ampliare ulterior-


Antonietta Bisaro

Nonostante la crisi di liquidità, la sfida è proseguire sulla ricerca e su una politica di marketing che ci hanno favorito

mente il vostro target di riferimento nei prossimi anni? «In realtà noi intendiamo restare ancorati al nostro settore di nicchia perché riteniamo, non certo per cause contingenti, che la nostra realtà abbia avuto e abbia successo proprio perché è sempre stata rivolta e fedele al suo settore specifico. E quindi è nostra intenzione rafforzare il legame con questo settore che finora ci ha dato la possibilità di crescere a livello internazionale. Infatti, la nostra azienda realizza il 70 per cento del fatturato sui mercati esteri, lavorando praticamente in tutto il pianeta. Attualmente le risposte migliori arrivano da Francia, Spagna e da tutto l’Est europeo. Abbiamo in progetto di allargarci anche a nuovi mercati, i più promettenti

sono quelli di Russia e paesi arabi, ai quali ci stiamo già avvicinando con le fiere di settore». Com’è organizzato il vostro processo produttivo? «Il nostro è un prodotto molto tecnico e soggetto a un ciclo produttivo complesso e spesso lungo e articolato. Usiamo prevalentemente l’ottone per la realizzazione dei nostri articoli, poi, per completarli ci serviamo di componenti in plastica e acciaio che acquistiamo all’esterno – anche il trattamento superficiale di pulitura e cromatura è esternalizzato. Alla fine del processo, ogni prodotto viene assemblato e testato in azienda e poi imballato e spedito. Anche la progettazione è fatta tutta internamente con le nostre risorse e si fonda sull’esperienza di oltre sessant’anni di attività». A questo proposito, quanta attenzione viene riposta, e quanto si investe, in progettazione, ricerca e sviluppo? «Il nostro ufficio tecnico è costantemente spronato a migliorare i prodotti esistenti sia nel design sia, soprattutto, nel funzionamento. Oltre a questo, diamo grande attenzione allo studio dei materiali da impiegare e al tipo di macchinari da utilizzare e per questo negli ultimi anni abbiamo investito moltissime risorse per riuscire ad avere un’officina dotate delle strumentazioni più tecnologicamente avanzate».

70% EXPORT Quota del fatturato della Rdf Srl derivante per lo più dalle esportazioni in Francia, Spagna ed Est-Europeo. I mercati obiettivo dei prossimi anni sono quelli di Russia e paesi arabi

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

Prospettive internazionali per il settore imballaggi Le piccole imprese italiane guardano all’estero. E alcuni mercati in via di sviluppo possono offrire grandi opportunità a settori come quello degli imballaggi in legno. Michele Malaman illustra il suo progetto di internazionalizzazione in Mozambico Eugenia Campo di Costa

Michele Malaman, titolare della I.I.F. Packaging di Buttrio (UD) iif@libero.it

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uove opportunità per le piccole e medie imprese italiane possono arrivare dai paesi stranieri. In un momento storico in cui la crisi non sembra allentare la morsa, aumentano tasse, costi e insolvenze, e il mercato europeo riserva prospettive sempre più incerte, l’intraprendenza delle nostre aziende può aprire nuovi scenari nei paesi in via di sviluppo. La pensa così Michele Malaman della I.I.F. Packaging, realtà di Buttrio specializzata nella produzione di imballaggi in legno, in particolare pallets, con un’offerta che spazia da casse, gabbie a bancali di ogni dimensione e struttura, destinate a spedizioni via terra, via mare e via aerea. «Attraverso la collaborazione con la Camera di Commercio di Udine abbiamo intrapreso un percorso di internazionalizzazione con il fine di aprire una nuova sede in Mozambico» afferma Malaman. L’obiettivo non è solo quello di aprire nuove possibilità commerciali e di sviluppo aziendale, ma anche quello di esportare, in un territorio in cui c’è ancora tanto da fare, il know how acquisito in decenni di esperienza - la I.I.F. Packaging è stata fondata nel 1983 dall’attuale titolare discendente da una famiglia attiva nel settore fin da 1922 - al fine di contribuire attivamente alla crescita di nuovi, futuri mercati. A che punto è il vostro progetto di internazionalizzazione in Mozambico? «Il know how di un lavoro come il nostro è abbastanza semplice e credo possa funzionare proprio laddove ci sono dei mercati in crescita. Due anni fa, tramite la Camera di Commercio di Udine, abbiamo avuto l’occasione di visitare il Sud Africa dove abbiamo avuto incontri importanti con realtà locali e ci siamo resi conto che, oltre i confini nazionali, ci possono essere grandi

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Michele Malaman

Sugli imballi destinati all’export facciamo un trattamento specifico che mira a disinfestare la materia prima di esportarla al di fuori della comunità europea

opportunità di lavoro. Il passo successivo è stato quello di visitare il Mozambico. Se il Sud Africa è paragonabile, come grado di sviluppo, ai paesi europei, il Mozambico è invece un paese in fortissima crescita, dove nel nostro settore tutto è ancora da introdurre: i produttori di imballaggi ufficialmente riconosciuti sono solo un paio, e la richiesta di imballi, dal momento che molte multinazionali stanno aprendo sedi in quel territorio, è molto interessante. Nel mese di giugno abbiamo in previsione di intraprendere una ricerca di mercato più approfondita e avviare contratti di collaborazione con alcune realtà locali. Se le cose vanno come pensiamo, per agosto potremmo cominciare a lavorare in Mozambico». Quale valore aggiunto può portare, a suo parere, l’apertura di una sede della I.I.F. Packaging in Mozambico? «Al di là di un discorso commerciale, credo che i piccoli imprenditori italiani abbiano tanto da dare e da insegnare. Il know how ma anche l’elasticità mentale, il saper trovare soluzioni, ottimizzare tempi e costi, trattare con le persone sono gli aspetti più importanti che in questo momento le nostre aziende possono esportare. Se

con il costo del lavoro che c’è in Italia, probabilmente il più alto del mondo, le piccole imprese riescono ancora a produrre, vuole dire che hanno veramente una marcia in più. Il mio desiderio è quello di crescere, di creare qualcosa anche laddove oggi non c’è mercato, ma dove magari ci sarà tra vent’anni, e noi potremmo essere tra quelli che avranno contribuito a crearlo. In quest’ottica siamo molto appoggiati dagli enti e dalle istituzioni, in primis la Camera di Commercio». In che misura la crisi economica ha influito sulla vostra realtà e con quale bilancio avete chiuso l’ultimo esercizio? «Nell’ultimo anno abbiamo intrapreso una fase di ripresa, chiudendo il 2011 con un + 13, 5 per cento della produzione. Anche in questo momento stiamo crescendo e prevedo di chiudere l’anno con un + 3-4 per cento. Certo, rispetto a qualche anno fa, quando viaggiavamo su crescite del 20 - 25 per cento annuali, abbiamo vissuto un momento di arresto ma ho fiducia nel futuro e nelle nostre capacità. Il problema, per le piccole imprese, è che i prezzi del prodotto sono definiti dal mercato e ci si deve adattare con margini bassissimi. D’altra parte però, lavorando FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 125


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Nelle immagini, momenti di produzione dei pallets della I.I.F. Packaging

con grandi aziende, si corrono meno rischi e si può contare su pagamenti costanti anche se con scadenze molto lunghe che incidono molto in termini di interessi bancari». In che misura l’aumento del costo della benzina influisce sul vostro lavoro? «Sui prodotti abbiamo un margine di guadagno indicativo del 5 - 6 per cento lordo. L’incidenza del trasporto in alcuni casi può arrivare al 20 per cento e si parla di percorsi di 200 km, per cui l’incidenza è altissima, aggravata dagli aumenti che ci sono stati. Di qui si evince come il nostro sia un mercato zonale, e anche per i grossi clienti, riforniamo solo quegli stabilimenti situati a distanze ragionevoli, in modo che il costo del trasporto non vada a incidere esageratamente». Quali sono le caratteristiche peculiari della vostra produzione? «Realizziamo pallet, casse, gabbie, imballaggi in genere, su misura e su richiesta del cliente. Abbiamo un archivio di circa 600 disegni, per offrire prodotti mai standard ma sempre su specifiche esigenze. Il legno utilizzato per la realizzazione degli imballi viene scelto in modo da assicurare la qualità del prodotto garantendo un ottimo rapporto qualità prezzo, preferendo, ove possibile, come fornitori le aziende che producono nel ri-

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spetto dell’ambiente». I vostri imballi sono anche certificati Fitok. «Fitok è un consorzio per gli imballi destinati all’export, sui quali viene effettuato un trattamento specifico che mira a disinfestare la materia prima di esportarla al di fuori della comunità europea. Il materiale, dopo il trattamento, viene marchiato e certificato. Solo con questo trattamento si ha l’autorizzazione del consorzio a far viaggiare l’imballaggio oltre i confini europei. Questa certificazione è oggi obbligatoria, per chi lavora per l’esportazione. Il consorzio è nato per una questione di sicurezza, infatti a causa di materiale contaminato da parassiti del legno europei sono state infestate intere foreste negli altri continenti; negli Stati Uniti, per esempio, alcuni anni fa sono stati abbattuti molti milioni di metri cubi di alberi contaminati». L’attenzione all’ambiente è importante per la vostra realtà, lo si evince anche da alcuni investimenti fatti in questo senso. «Gli investimenti principali, in questa fase in cui è difficile fare programmi a lungo termine, sono destinati all’azienda, al miglioramento qualitativo della nostra realtà, alla sicurezza e all’ottimizzazione dei costi. Ci siamo dotati quindi di un impianto fotovoltaico, abbiamo fatto interventi legati alla sicurezza in azienda e il prossimo passo sarà la realizzazione di una caldaia a legna, che ci permetterà, lavorando la nostra legna di scarto, di produrre il calore necessario all’esecuzione dei trattamenti termici».



TECNOLOGIE

Il futuro dei sistemi di pagamento è mobile I punti vendita del medio retail e della grande distribuzione verso un controllo sempre più centralizzato. Giovanni Geretti analizza il presente delle tecnologie per la meccanizzazione del punto vendita e delinea quali saranno gli sviluppi dei prossimi anni. Con un nuovo ruolo per lo smartphone Valerio Germanico

econdo uno studio dell’università di Udine, realizzato in collaborazione con Gtn, società specializzata nell’integrazione di sistemi per la meccanizzazione del punto vendita, entro cinque anni, per il pagamento di qualsiasi acquisto si potrà utilizzare il telefono cellulare. Questa rivoluzione nel modo di fruire di beni e servizi sarà possibile grazie allo sfruttamento di una tecnologia già integrata in numerosi smartphone, conosciuta in ambito tecnico con l’acronimo Nfc (Near Field Communication). Come spiega Giovanni Geretti, titolare della Gtn: «La tecnologia Nfc è un sistema di comunicazione wireless ad alta frequenza che permette di scambiare dati fra dispositivi posti a un massimo di venti centimetri di distanza. Fra le possibili applicazioni è già una realtà la sua integrazione con i sistemi di cassa dei negozi. Naturalmente, in Italia questa tecnologia ha ancora una copertura limitata e si trova a livello di sperimentazione, però esistono già in commercio degli smartphone che la supportano». Dallo studio sono emerse anche le prospettive per lo sviluppo di altri sistemi di pagamento, come il Social Payment, che permetterebbe di sfruttare la messaggistica dei social network. «Le possibilità di sviluppo di questi strumenti, a livello tecnico, sono certamente ele-

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vatissime. Tuttavia bisogna fare anche i conti con le resistenze che certamente esistono da parte di consumatori e commercianti che avranno bisogno di un certo tempo per familiarizzare con questi nuovi mezzi». Al di là delle possibilità che si aprono per il futuro, abbiamo chiesto quindi a Giovanni Geretti di fare un quadro di quali siano le attuali richieste del mercato, quale la sua segmentazione e, prima di tutto, quale bilancio è stato registrato dal settore e da Gtn nell’ultimo biennio. «Nonostante il settore stia affrontando un momento difficile, influenzato dall’andamento generale dell’economia, la nostra società è riuscita a crescere del 10 per cento nel 2010 e del 14,5 nel 2011 – anche

La Gtn Spa ha sede a Tavagnacco (UD) www.gtngroup.it


Giovanni Geretti

Alla fascia di mercato del medio retail proponiamo una soluzione completa che comprende dal gestionale al back office, compreso il front end

se a questi incrementi di fatturato non ha fatto seguito una crescita degli utili. La nostra offerta e le richieste che riceviamo dal mercato sono differenti in base alle fasce di operatori commerciali che si rivolgono a noi per l’integrazione di sistemi. Le fasce di mercato alle quali ci rivolgiamo sono suddivisibili in tre livelli: retail, composto da piccoli e medi negozi; medio retail, piccole catene di supermercati; e, infine, grande distribuzione e multinazionali. Ognuno di questi tre tipi di interlocutore ha esigenze diverse e quindi riceve da noi una proposta di strumenti diversi. Al retail proponiamo soluzioni di livello base, cioè front end, una cassa con soluzioni di vario tipo per suddivisione merceologica, dotata di firmware o software. Al medio retail proponiamo una soluzione completa che comprende dal gestionale al back office, compreso il front end – e quindi una soluzione

+14,5% FATTURATO Crescita registrata nel 2011 dalla Gtn Spa. Dato che migliora l’incremento 2010, attestatosi a +10%

che include tutti i livelli di cassa. Per la grande distribuzione, invece, normalmente forniamo soltanto servizi e in qualche caso svolgiamo il ruolo di integratori, lavorando sui sistemi che loro hanno già a disposizione». La fascia di mercato che ha garantito la maggiore crescita al business di Gtn è quella rappresentata dal medio retail. «I nostri risultati, negli ultimi anni, sono venuti principalmente dalle partnership con gli operatori della media distribuzione, che sono molto presenti nel nostro territorio di riferimento – Friuli Venezia Giulia e Veneto. Si tratta di imprenditori che posseggono e devono gestire un numero di supermercati che può andare da un minimo di quattro a un massimo di otto, distribuiti su una dimensione essenzialmente locale. E alle loro necessità noi diamo un supporto. La richiesta maggiore oggi è quella della centralizzazione. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 129


TECNOLOGIE

I supermercati fino a qualche tempo fa ave-

vano una vita quasi autonoma, come pure gli ipermercati. In pratica, l’imprenditore che aveva pochi supermercati faceva interagire il supermercato con l’ambiente, cioè basava le proprie strategie soltanto sulla clientela locale di ogni punto vendita. Allo stato attuale, invece, la tendenza – adottata anche dalla grande distribuzione – è quella di centralizzare le decisioni. Questo permette di proporre tutta una serie di possibilità che sono le offerte, ma soprattutto le raccolte punti e la scontistisca che hanno come obiettivo la fidelizzazione del consumatore. Per poter funzionare, queste iniziative vanno necessariamente centralizzate e noi stiamo cercando di dare ai nostri partner delle fasce media e alta gli strumenti per avviarsi o proseguire in questa direzione». Nonostante Gtn non sviluppi proprie tecnologie, bensì proponga soluzioni che integrano le migliori tecnologie software e hardware per la gestione del punto vendita, permettendo anche un’elevata personalizzazione professionale, l’azienda è impegnata nella ricerca e nell’analisi degli scenari futuri della distribuzione, come dimostra la già ricordata collaborazione con l’università di Udine. «Nella nostra regione esistono dei contributi concreti per favorire le sinergie fra mondo della ricerca e tessuto produttivo delle imprese. In parole povere, un imprenditore che decide di avviare un’attività di studio insieme a dei ricercatori universitari riceve un contributo economico in percentuale ai risultati di crescita che lo studio ha permesso di ottenere all’impresa. La nostra collaborazione con l’università di Udine aveva come obiettivi la verifica sul campo e la misurazione oggettiva di alcune nostre idee sui possibili sviluppi dei sistemi di pagamento elettronico. Il riscontro che abbiamo avuto, con una presentazione di pro-

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Nella nostra regione esistono contributi concreti per favorire le sinergie fra mondo della ricerca e tessuto produttivo delle imprese

spettive a livello globale, ci ha permesso da una parte di confermare le nostre previsioni, dall’altra di orientarci e prepararci a quello che avverrà nei prossimi anni, proponendo per tempo le soluzioni che domani saranno lo standard. Pensiamo, infatti, che la ricerca faccia parte della capacità di sapersi adattare alle diverse esigenze del mercato per riuscire ad anticipare le richieste di una clientela sempre più attenta alla qualità del servizio. Questa nostra strategia si è tradotta in una crescita costante negli anni, a prova di una scelta vincente e di un team di professionisti in grado di porsi non come meri fornitori di un servizio, bensì come partner affidabili».



TECNOLOGIE

Importanti novità nel comparto affilatura Le punte e i macchinari per affilarle sono alla base di buona parte delle lavorazioni artigianali e industriali. Un nuovo prodotto, presentato recentemente, fa presagire una piccola rivoluzione tecnologica in questo campo. Lo descrive Nereo Diplotti Amedeo Longhi

o scorso marzo ad Augusta, in Germania, si è tenuta la GrindTec, una delle più importanti fiere mondiali per il settore della rettifica e affilatura. È in quell’occasione che la Nordutensili ha presentato la sua ultima creazione, l’affilatrice automatica Nu5A Compact Scan, la prima affilatrice compatta al mondo totalmente automatica. «Frutto di tre anni di ricerca – spiega Nereo Diplotti, uno dei soci dell’azienda friulana, descrivendo il nuovo prodotto –, la macchina presenta quattro caratteristiche fondamentali e innovative: è estremamente compatta, è molto funzionale e intuitiva da utilizzare, è all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e consente di realizzare ottimi risultati in termini di tempi di lavo-

L Nereo Diplotti, il primo da destra, durante una riunione con gli altri soci della Nordutensili Srl di Povoletto (UD) www.nordutensili.it www.nuevolution.it

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razione ed energia utilizzata». Quali sono le caratteristiche tecnologiche di questa macchina? «L’elemento più interessante è rappresentato dal particolare sistema che le permette di analizzare in maniera completamente automatica l’utensile che deve affilare. L’analisi avviene tramite un laser: un software apposito studia, sempre senza necessità d’intervento da parte dell’operatore, il set up ideale ed effettua una previsione con una precisione angolare migliore di 0,03°. In fase di lavorazione, questo avanzato sistema ottimizza l’intero processo produttivo consentendo due importanti miglioramenti: il primo è il considerevole risparmio di energia e, conseguentemente, di denaro, grazie a un abbattimento dei consumi nell’ordine del sessanta per cento; il secondo è un notevole accorciamento dei tempi di lavorazione». Per quanto riguarda il suo impiego da parte dell’operatore, quali sono le novità? «Utilizzare la Nu5a Compact Scan è un’operazione semplice e intuitiva, che non necessita l’intervento di personale specializzato. L’elementare accessibilità` al sistema meccanico ed elettronico è un aspetto molto importante, che consente non solo di minimizzare i danni causati da eventuali errori durante l’utilizzo, ma anche di ridurre al minimo l’eventualità che tali errori si verifichino. A questo, va aggiunto un altro pregio: le dimensioni contenute permettono di inserire questa macchina in qualsiasi li-


Utilizzare la Nu5a Compact Scan è un’operazione semplice e intuitiva, che non necessita l’intervento di personale specializzato

nea di lavorazione o di montaggio, integrandola senza alcun problema». Qual è la struttura aziendale che vi ha permesso di studiare e realizzare questa e altre interessanti novità? «Il fulcro dell’attività aziendale è rappresentato dal lavoro del reparto di ricerca e sviluppo, costituito una decina di anni fa, contemporaneamente al conseguimento della certificazione Iso 9001. Parallelamente vengono portati avanti due filoni: da una parte si prosegue nella realizzazione di utensileria, soggetta a un continuo upgrade. Dall’altra, abbiamo compreso l’importanza della diversificazione, finalizzata al miglioramento dei nostri standard; questo si sostanzia nell’attività di progettazione e sviluppo di macchine complementari che siano capaci di ottimizzare a loro volta il lavoro dei nostri clienti. A questo proposito, il servizio offerto è completato da un magazzino efficiente e completamente automatizzato e dall’elevata flessibilità, indispensabile per affrontare mercati diversi che chiedono non solo la di-

sponibilità di una vasta gamma di utensili, ma anche forniture in tempi molto ridotti, ottenibili grazie a una produzione che tiene nel dovuto conto le necessita` del magazzino». Com’è supportata dal reparto commerciale l’attività produttiva? «Da qualche anno ci dedichiamo intensamente alla ricerca di nuove opportunità: nel 2008 abbiamo approcciato il mercato cinese, conformemente con una strategia resa ormai necessaria dai mutamenti imposti dall’economia globale. Questo ha richiesto l’incremento delle nostre capacita` e l’acquisizione di tecnologie e competenze sempre nuove, che permettessero di realizzare utensili contraddistinti da una qualità sempre maggiore, in grado di sopportare velocita` di rotazione elevatissime, con una significativa riduzione dei tempi di lavorazione. Oggi quasi il novanta per cento del fatturato, che si attesta sui 2,3 milioni di euro, è generato dall’esportazione. Ogni anno dalla fabbrica di Povoletto, in provincia di Udine, escono circa 240mila fra punte e frese». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 133


TECNOLOGIE

Più efficienza nell’industria del legno L’essiccazione del legno permette di sfruttare al massimo la materia prima. E di ridurre la deforestazione. Agostino Fornasier presenta le caratteristiche di una tecnologia per il mercato globale Manlio Teodoro

ottimizzazione nell’uso di risorse e materie prime, quando si tratta di legno, ha come primo risultato una gestione più razionale del patrimonio boschivo. Potendo sfruttare al cento per cento gli alberi abbattuti, infatti, si limitano al minimo gli sprechi di materia prima e si frena la deforestazione incontrollata, processo che inevitabilmente, oltre a danneggiare l’ambiente, danneggia per prima l’industria del legno. Come spiega Agostino Fornasier, titolare della Termolegno: «Uno dei sistemi per utilizzare nella sua totalità la materia prima ottenuta da ogni pianta inizia con il processo di essiccazione artificiale del legno, effettuata all'interno di impianti progettati appositamente e che, a fronte di un investimento contenuto in tecnologia, garantiscono un prodotto finale di migliore qualità e durabilità, grazie a un processo di stabilizzazione del legno». La società diretta da Fornasier si è specializzata nella progettazione e costruzione di essiccatoi, che, lavorando a livello globale, ha realizzato in luoghi molto vari fra loro, acquisendo un know how specifico per l’implementazione di questa tecnologia in contesti ambientali diversi. Quali sono i vostri mercati più importanti all’estero e qual è la situazione nel mercato nazionale? «I nostri mercati più importanti si trovano tutti oltre i confini italiani, dato che il mercato interno

L’

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Agostino Fornasier, titolare della Termolegno Srl di Rauscedo (PN) - www.termolegno.com

rappresenta appena il 5 per cento della nostra produzione annuale. Le aree geografiche per noi più importanti sono quelle dei paesi in via di sviluppo dell’Africa e dell’America Meridionale e Centrale, dell’Europa Occidentale e Orientale. Benché l’obiettivo, in questa fase, sia quello di consolidare la nostra presenza in questi mercati, con un’attività sempre più localizzata, stiamo portando avanti dei progetti anche nei paesi asiatici. In questi ultimi, dopo alcune difficoltà iniziali, stiamo ottenendo i primi risultati». Quali sono state le principali criticità progettuali nella realizzazione di impianti in contesti molto diversi? «Non è possibile installare una medesima tecnologia in Siberia, ai Caraibi o in un paese africano senza uno studio di localizzazione appropriato. Scenari diversi ci hanno imposto la ricerca di soluzioni diverse e a volte l’emergere di problematiche impreviste. Questo però, più che criticità, ha rappresentato stimoli e motivazioni che crediamo risultino determinanti per poterci affermare nel nostro lavoro. Un discorso diverso riguarda invece l’incontro con le diverse culture locali, dato che non è sempre

+50% FATTURATO Incremento registrato dalla Termolegno Srl nell’ultimo biennio di attività


Agostino Fornasier

semplice, soprattutto al primo impatto, confrontarsi con abitudini e sensibilità molto distanti dalla nostra e fra loro». Quali sono stati i più recenti investimenti in innovazione e tecnologia? «Gli ultimi investimenti di tecnologia hanno riguardato l’introduzione di macchinari di ultima generazione per la lavorazione dell’alluminio – materiale che utilizziamo presso la nostra area di produzione per la realizzazione degli essiccatoi – e per l’automazione degli impianti. Inoltre siamo in grado di fornire ai nostri partner nuovi software di gestione dei cicli di essiccazione, innovativi e completamente automatici, che offrono la possibilità di seguire e monitorare i cicli in remoto». A quali categorie e settori industriali si rivolgono i vostri impianti di essiccazione? «Le principali categorie alle quali offriamo in nostri prodotti sono rappresentate dagli operatori dell’industria del mobile in legno massiccio, dalle segherie, dalle imprese edili che co-

struiscono con il legno, dalle falegnamerie, dai serramentisti, dai produttori di parquet sia per esterno che per interno, e dai produttori di imballaggi in legno, in particolare quelli che producono pallet trattato termicamente Ispm 15». Nell’ultimo biennio, qual è stato l’andamento del vostro business? «Nell’ultimo biennio siamo cresciuti in modo importante. Nel 2011 abbiamo registrato un incremento di fatturato del 50 per cento rispetto agli ultimi due anni. Questo risultato è stato raggiunto portando a termine numerosi progetti significativi – quasi esclusivamente nel mercato estero – che ci hanno anche permesso di ampliare la nostra rete di vendita su scala mondiale». Come si è aperto invece il 2012? «Quest’anno si è aperto positivamente, soprattutto perché in questi primi mesi abbiamo messo a frutto molti dei nuovi contatti acquisiti l’anno scorso e questo ha generato diverse commesse. L’andamento annuale risulta essere stabile, ma nonostante ci siano già diversi lavori in programmazione anche per i prossimi mesi, si ha il sentore che il mercato possa avere una flessione». Quali sono gli obiettivi di mercato per il medio e lungo periodo? «Intendiamo ampliare i nostri mercati e le reti di vendita consolidate nei cinquanta paesi nei quali già operiamo. Ma prima di tutto l’obiettivo è quello di affermarci grazie alla proposta di un prodotto funzionale e di alta qualità, efficiente e tecnologicamente avanzato. Noi crediamo che la strada da privilegiare sia quella della qualità, del servizio e dell’innovazione, per questo ci proponiamo per essere presenti e a disposizione del cliente con servizi innovativi e capaci di rispondere alle esigenze dei partner». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 135


PRODOTTI ALIMENTARI

La filiera del San Daniele si perfeziona Migliorie nel processo a monte della lavorazione, cioè nell’allevamento dei suini, permettono di coniugare grandi quantità con l’elevata qualità di uno dei prodotti di punta della gastronomia italiana. Stefano Fantinel spiega come Francesco Bevilacqua

uantità e qualità sono due aspetti che difficilmente riescono a convivere. Eppure, in alcuni casi questo è necessario: «Un mercato aggressivo ed estremamente competitivo ci ha costretto, nel corso degli anni Ottanta, a incrementare la produzione. Questo però non ha potuto prescindere dal mantenimento degli standard qualitativi di una grande eccellenza qual è il San Daniele, la cui lavorazione è fra l’altro normata dai rigidi disciplinari stabiliti dal Consorzio». Così Stefano Fantinel spiega la svolta produttiva di cui è stata protagonista la Testa e Molinaro, storico prosciuttificio sandanielese rilevato dalla famiglia Fantinel nel 1992. «In brevissimo siamo riusciti a riconquistare una posizione di preminenza sul mercato – spiega Fantinel –, arrivando a produrre nel 2002 circa 66mila pezzi all’anno. Nel 2003 abbiamo constatato la necessità di elevare contestualmente

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quantità e qualità della produzione; per fare ciò, l’unica via percorribile consisteva nell’acquisizione della gestione diretta della materia prima. Per questo abbiamo rilevato due scrofaie, dove nascono i suinetti, e avviato la collaborazione con sedici siti di svezzamento e ingrasso; tutte queste strutture operano oggi curando con la massima attenzione il benessere degli animali e utilizzando unicamente alimentazione Ogm-Free certificata». Quali sono i vantaggi del ricorso agli accurati studi genetici che avete sviluppato? «Tali studi sono finalizzati a elevare la qualità dei suini e a uniformarla. Questo ci permette di ottimizzare le successive fasi di lavorazione, che possono concentrarsi sul perfezionamento del prodotto finale anziché sull’adattamento di materie prime troppo diversificate fra loro, magari provenienti da più macelli». Può descrivere il risultato di questo importante miglioramento, il San Daniele


Stefano Fantinel

Per elevare contestualmente quantità e qualità della produzione, l’unica via percorribile consisteva nella gestione diretta della materia prima

Trentalune? «Unendo una materia prima di categoria superiore a una particolare lavorazione e a una lunga stagionatura, realizziamo questo rinomato prosciutto. Il nome è dovuto alle dieci lune, corrispondenti a circa dieci mesi, di vita del suino e alle venti lune di stagionatura delle cosce. Attualmente i cinquantamila suinetti, nati da due scrofaie ubicate a San Daniele del Friuli (UD) e Valvasone (PN), vengono cresciuti in sedici strutture del territorio – presenti quindi solo nelle province di Udine e Pordenone –, con ritmi notevolmente ridotti rispetto agli standard consueti. Questo consente di ottenere, alla fine del processo, una carne più compatta, con minore tenore di umidità e con le garanzie portate dall’alimentazione No-Ogm e totalmente di origine vegetale fornita da un mangimificio del gruppo Progeo, presente in zona e dedicato unicamente alla produzione di mangime con queste peculiarità». Quali sono i dettami imposti dal disciplinare? «I primi quattro mesi vengono affidati all’esperienza di abili tecnici del San Daniele, che con cura certosina compiono operazioni tradizionali quali la salatura e i diversi cicli di asciugatura ventilata. In saloni arieggiati avvengono poi la maturazione e la pre-stagionatura, accompagnate dalla fonda-

mentale fase della stuccatura che, mediante un impasto dalla ricetta antica quanto la cultura stessa del prosciutto di San Daniele, a base di sugna, sale, pepe e farina, ha il compito di proteggere e ammorbidire la superficie esterna del prosciutto. Continue verifiche, come le famose puntature, eseguite come vuole la tradizione con un ago d’osso di cavallo, costituiscono la severa e rigorosa fase dei controlli. Infine, la stagionatura di un prodotto di fatto unico, viene affidata all’insostituibile microclima di San Daniele e alla sua sottile e indispensabile influenza nella esaltazione dei profumi». Questo ciclo di lavorazione fa quindi rientrare il vostro prosciutto nei canoni del Consorzio? «Assolutamente sì, il Consorzio del Prosciutto di San Daniele ha stabilito che l’intero processo non deve essere inferiore ai tredici mesi; per questo prodotto, viene esteso fino a un minimo di diciotto-venti mesi. La qualità dei nostri prosciutti è certificata dell’apposizione, da parte degli ispettori del Consorzio, di un marchio che già di per sé costituisce una sicura garanzia. Oltre a questo, la conferma della validità del processo di lavorazione e del prodotto finale è testimoniata dall’ottimo riscontro proveniente dal mercato».

Stefano Fantinel, presidente del prosciuttificio Testa e Molinaro di San Daniele del Friuli (UD) www.testaemolinaro.it

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CONSULENZA

Più trasparenza nelle assicurazioni Si evolve il mercato assicurativo e, con esso, il ruolo del consulente, che oggi più che mai deve essere in grado di offrire soluzioni calibrate sulla base di specifiche necessità. Ne parliamo con Giuseppe Dilena e Mauro Franz Diego Bandini

er i cittadini, districarsi nel complesso mondo delle assicurazioni è tutt’altro che semplice. Non sempre, infatti, le persone che si apprestano a sottoscrivere una polizza sono in grado di comprendere le diverse dinamiche attraverso cui la stessa viene strutturata. «Questo vale anche per quella che, a torto, si ritiene la più semplice, vale a dire la polizza Rc Auto», afferma Giuseppe Dilena, che insieme a Mauro Franz rappresenta l’Agenzia di Udine della Reale Mutua Assicurazioni, presente nella città friulana fin dal 1889 e oggi diventata una delle più importanti realtà nella regione, per dimensioni e struttura organizzativa. «Compito di noi consulenti assicurativi è proprio chiarire questi aspetti, e condurre il cliente verso una scelta condivisa e soprattutto consapevole, informandolo ad esempio sulla presenza di limitazioni, di rivalse attivate e di franchigie».

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Potete farci qualche esempio? Giuseppe Dilena: «Credo sia emblematico il fatto che molti clienti non siano ancora a conoscenza dell’entrata in vigore, avvenuta nel Luglio del 2009, della norma relativa alla cosiddetta “poliennalità”. Attraverso questo provvedimento, infatti, per quanto riguarda le polizze “non auto”, è stata reintrodotta la possibilità di stipula di contratti di assicurazione a durata poliennale, che privano così l’assicurato della libertà di recedere dal contratto stesso per i cinque anni successivi alla firma della polizza stessa». Qual è stata la linea adottata dalla vostra agenzia a questo proposito? Mauro Franz: «La nostra condotta è sempre stata improntata alla trasparenza e alla massima chiarezza. Per questo, a eccezione di alcuni casi particolari, consigliamo sempre il contratto annuale, che permette al cliente di sceglierci anno dopo anno, senza alcun tipo di “blindatura”.

Nella foto Giuseppe Dilena (a sinistra) e Mauro Franz (a destra), insieme a Giampaolo Pozzo, patron dell’Udinese Calcio e da diversi anni cliente dell’Agenzia Reale Mutua di Udine. Nella pagina a fianco la sede dell’Agenzia - www.realemutuaudine.it - realemutuaudine@libero.it

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Giuseppe Dilena e Mauro Franz

Recentemente abbiamo attivato una collaborazione con alcuni sindacati dei Lloyd’s di Londra, massimi rappresentanti del mercato assicurativo più evoluto al mondo

Purtroppo però spiace constatare che non tutti gli operatori agiscono così». Quali sono gli aspetti principali su cui si basa il vostro lavoro? M.F.: «Crediamo che il rapporto personale con gli assicurati continui a rappresentare uno dei punti fondamentali per la nostra professione, pur riconoscendo l’importanza dei canali telematici e dei sistemi di comunicazione più “moderni”, come Facebook e Twitter. Solo attraverso un continuo confronto e scambio di opinioni possiamo infatti comprendere e individuare le esigenze di chi si rivolge a noi, siano essi aziende o privati cittadini: un passaggio indispensabile per poter poi proporre soluzioni assicurative personalizzate, studiate ed elaborate sulla base di ogni specifica necessità». G.D.: «Un altro aspetto al quale dedichiamo moltissima attenzione è poi la gestione dei sinistri. In campo assicurativo, infatti, il sinistro può essere visto come il “momento della verità”, durante il quale il cliente può realmente verificare la validità della nostra consulenza. Una fase molto delicata, dove il nostro supporto risulta quindi importantissimo». A livello geografico, su quali territori siete maggiormente presenti? G.D.: «Oltre che nella nostra sede storica, situata nella splendida cornice di Piazza Libertà a Udine,

disponiamo anche di altri uffici periferici a Cividale del Friuli, Gorizia, Majano, Manzano, Martignacco, Mereto di Capitolo e Tarcento, con una struttura che ci permette di gestire in maniera capillare un portafoglio di oltre 10.000 clienti. In questi ultimi dieci anni abbiamo incrementato notevolmente la nostra presenza sul mercato, con l’obiettivo di essere ancora più a vicini a tutti gli assicurati, che nel caso di Reale Mutua sono soci della stessa Compagnia. Un risultato importante, raggiunto anche e soprattutto grazie alla grande professionalità e competenza di uno staff di primissimo livello, che proprio per questo mi sento in dovere di ringraziare per quanto fatto finora». Quali sono, infine, le ultime novità relative all’attività della vostra agenzia? M.F.: «Recentemente abbiamo attivato una collaborazione con alcuni sindacati dei Lloyd’s di Londra, massimi rappresentanti del mercato assicurativo più evoluto al mondo, qual è quello inglese. Come accennato in precedenza, infatti, i nostri clienti sono sempre più alla ricerca di soluzioni cucite “su misura”. Sta a noi, quindi, creare la polizza più adatta, rielaborando le migliori offerte ricevute dal mercato e adeguando i testi delle polizze alle particolari attività degli assicurati, per risolvere nel migliore dei modi ogni loro problematica». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 149


RECUPERO CREDITI

Enti pubblici e insolvenze, una strada percorribile Settanta miliardi. Questo l’ammontare dei crediti che la pubblica amministrazione deve alle imprese italiane. Domenico Zambano presenta la strategia per il recupero dagli enti statali e territoriali. E un approccio alternativo per il business to business Valerio Germanico

a grande attualità del tema dell’insolvenza di imprese ed enti pubblici rende l’attività di recupero crediti sempre più importante per la vita – e spesso per la sopravvivenza – di un numero crescente di realtà imprenditoriali. L’attività di recupero è però troppo spesso inquadrata in un’immagine limitante, che è quella del service esterno che si occupa di effettuare i solleciti di pagamento, attraverso comunicazioni telefoniche o in forma scritta con carattere massivo. Come spiega Domenico Zambano, amministratore della Alpicom, società di recupero crediti e informazioni commerciali che ha unito al classico approccio puramente economico un approccio legale e giuridico: «Applicando un approccio puramente di tesoreria, che preveda esclusivamente ripetuti contatti sperso-

L Alpicom Srl ha sede nel comune di Tolmezzo (UD) www.alpicomsrl.com

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nalizzati che invitano il debitore a pagare, spesso si rischia di ridursi a un “recuperificio”. Se questa strategia può dare i suoi risultati sui grandi numeri – quando si gestiscono migliaia di pratiche –, più difficile è che funzioni su un numero esiguo di soggetti, una decina, e per crediti che vanno dai mille ai 20mila euro. In questa seconda fattispecie, per ottenere un risultato con il massimo possibile di rendimento, bisogna intraprendere un’attività complessa, che è tipica del recupero crediti, sebbene spesso non venga adeguatamente considerata. Non ci si può limitare, infatti, a contattare il debitore, bisogna anche capirne le obiezioni e il significato di queste, la loro fondatezza – per questo noi collaboriamo con avvocati e professionisti del diritto. Al contempo si devono dare al debitore gli stimoli per pagare, spiegando che le nostre osservazioni hanno come scopo anche la sua tutela, indicandogli i rischi che corre. Per questo il nostro non è un approccio anonimo, la nostra telefonata ha un carattere narrativo, cerchiamo di capire come si è creata una situazione di insolvenza e come risolverla nel minore tempo possibile». Insomma, secondo Zambano, il compito di una società di recupero crediti dovrebbe essere quello di ricomporre la situazione iniziale, in maniera tale che il creditore abbia il massimo del rendimento, con il minimo default per il debitore. Se questo è l’approccio migliore per le relazioni fra società private, come si possono fare


Domenico Zambano

Per ottenere il massimo rendimento non basta contattare il debitore. Bisogna capire le cause dell’insolvenza per risolverla valere i propri diritti di fronte agli enti pubblici? «È ancora poco frequente che le aziende si rivolgano a una società di recupero crediti quando il credito che si esige deve essere erogato da una regione, una Asl o un’altra azienda pubblica. Tuttavia questo capita. Poiché spessissimo accade che la pubblica amministrazione rimanga latente per poi alla fine sollevare questioni che giustificano il ritardo del pagamento o l’insolvenza con contestazioni sulla qualità del lavoro o del servizio, la nostra mossa fondamentale, all’inizio di ogni processo di recupero verso un ente pubblico, è quella che definiamo “ancoraggio” al credito. In pratica si tratta di ottenere dalla pubblica amministrazione un atto formale che certifichi il buon esito del lavoro condotto – questo evita la possibilità di future contestazioni. In questo modo viene salvaguardato il credito nella sua completa entità e pertinenza in relazione alla prestazione svolta. E inoltre si ha la sicurezza che l’ente pagherà». Oltre che di recupero, Alpicom offre anche un servizio di consulenza per l’adegua-

mento a quanto previsto dalla legge sulla responsabilità di impresa, introdotta con il decreto 231 del 2011. «Questa norma, alla sua introduzione, sembrava destinata ad accodarsi alle molte leggi italiane approvate e mai applicate nella prassi. In seguito però la sua applicazione è stata portata avanti con particolare determinazione – il che si spiega fondamentalmente con l’esigenza di fare cassa da parte dello Stato. È emersa così l’urgenza di assistere le imprese, fattore che ha determinato un’offerta di consulenza altamente qualificata, tuttavia non sempre proporzionata, nei costi, alle nuove esigenze del mercato. E soprattutto molte società di consulenza hanno portato le aziende a costruire al loro interno una paraburocrazia che di fatto ostacola la stessa attività imprenditoriale. La nostra società, al contrario, cerca di spiegare che la regolamentazione interna prevista dal Modello 231 non deve diventare una limitazione, bensì una guida per risolvere momenti critici nei quali non è semplice individuare la soluzione migliore». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 151


EVASIONE FISCALE

Agire contro gli sprechi semplificando il sistema Non basta la battaglia contro l’evasione fiscale se non si eliminano parallelamente gli sperperi e le inefficienze della pubblica amministrazione. Lo afferma Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti Leonardo Testi

i fronte ai 120 miliardi di evasione fiscale stimata all’anno in Italia, si registra per il 2011 un recupero di 12,3 miliardi, un dato non ancora definitivo. Per rafforzare il contrasto al fenomeno, ma non compromettere la coesione sociale, occorre aprire un altro fronte di intervento, come spiega Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. I blitz anti-evasione degli ultimi mesi servono solo dal punto di vista mediatico o ritiene possano contribuire a intensificare la lotta all’evasione? «La valenza mediatica di questi blitz è stata rivendicata dagli stessi vertici dell’Agenzia delle entrate, anche se - a caldo - proprio questa finalità era stata sdegnosamente negata. Il presidio del territorio e i controlli di cassa costituiscono, a ogni modo, tecniche di verifica che, al netto dell’elemento di spettacolarizzazione, ci trovano d’accordo. Uno dei grandi problemi oggi della lotta all’evasione consiste proprio nell’elevata

D Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili

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componente meramente impiegatizia dell’attività di amministrazione finanziaria. Troppi accertamenti vengono fatti a tavolino sulla base di presunzioni e interpretazioni giuridiche, spesso finalizzate più a disconoscere ciò che i contribuenti dichiarano piuttosto che far emergere ciò che non dichiarano. Ben vengano, quindi, le operazioni con le quali si va in concreto a verificare il giro di affari degli esercenti. Dopodichè, è chiaro che il controllo sul singolo giorno non può fare statistica, servono più accessi. Altrimenti tutto si riduce per davvero solo e soltanto a un’operazione mediatica». La lotta all’evasione passa anche per la semplificazione del sistema fiscale. Quali misure a suo avviso sarebbero necessarie in questo senso? «Va benissimo la strada della riduzione dei troppi regimi speciali, agevolati o sostitutivi, che rendono oggi il nostro sistema fiscale eccessivamente intricato. La politica fiscale bisogna farla con le aliquote su basi imponibili chiare e trattamenti fiscali omogenei. Recentemente devo dire, però, che abbiamo continuato ad andare nella direzione opposta. Basti pensare alla miriade di micro imposte patrimoniali diversificate, introdotte sulle attività finanziarie e sugli immobili posseduti sia in Italia che all’estero. Tutto per non inserire un’unica imposta patrimoniale troppo evidente. Sono furberie normative che, alla fine, creano complicazioni davvero inutili».


Claudio Siciliotti

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Troppi accertamenti vengono fatti a tavolino sulla base di presunzioni e interpretazioni giuridiche spesso finalizzate a disconoscere ciò che i contribuenti dichiarano

Accanto all’azione contro l’evasione, ha sottolineato l’importanza di arginare la corruzione nella pubblica amministrazione. Come si potrebbe intervenire in questo settore? «È recente l’ennesimo richiamo del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, su una corruzione nel settore pubblico che sarebbe ormai dilagante. Sul fronte della lotta all’evasione si è giustamente fatto moltissimo, attribuendo all’Agenzia delle entrate poteri e strumenti particolarmente incisivi. Sul versante del contrasto alla corruzione, alle ruberie e agli sprechi nel settore pubblico siamo ancora fermi a una Corte dei Conti che si avvale dell’azione investigativa della Guardia di Finanza, corpo al contempo impegnato anche contro l’evasione fiscale e molti altri reati, ma privo di uno specifico braccio operativo

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come l’Agenzia delle entrate. Esistesse un’Agenzia delle uscite, si potrebbe attribuirle il potere di svolgere di propria iniziativa accertamenti e di emettere atti di contestazione di danno erariale esecutivi, tali per cui - anche in caso di ricorso e in pendenza di giudizio - risulterebbe comunque dovuta dal presunto dissipatore una somma pari al 30% di quanto contestato, con affidamento della riscossione a Equitalia, negli stessi termini e alle stesse condizioni previste per i casi di atti di accertamento di presunta evasione fiscale». Befera ha annunciato che il nuovo redditometro, basato sull’analisi di oltre 100 voci di spesa, sarà operativo entro il primo semestre del 2012. Cosa ne pensa? Ritiene sarà un provvedimento efficace? «Sull’efficacia non ho dubbi. L’importante è che dall’efficacia non si sconfini nella ferocia. Se le risultanze del redditometro fossero utilizzate come una presunzione legale automatica “a tappeto” si rischierebbe davvero un tilt nel rapporto fisco-contribuente, non fosse altro per la poca disponibilità operativa degli uffici, a fronte di un utilizzo così massivo, per ascoltare le controdeduzioni dei contribuenti prima di spiccare l’accertamento. Va detto che, nonostante il quadro normativo renda questo scenario teoricamente possibile, l’Agenzia delle entrate ha ripetutamente affermato che non lo utilizzerà in tal modo. Per cui mettiamoci tranquilli e vediamo un po’ cosa succede». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 153




EDILIZIA

Prezzi più bassi e tempi più lunghi Andare incontro alla ristretta capacità di spesa degli acquirenti e orientare le trattative verso il segmento delle locazioni. Così si può contenere la perdita di quota di un mercato immobiliare nazionale condizionato negativamente dall’Imu Giacomo Govoni

ra la minaccia di una nuova bolla speculativa e i timidi vaticini di un orizzonte immobiliare più terso, ci sono di mezzo gli studi. Analisi, rapporti tendenziali, indagini e borsini che, nel tentativo di restituire ciascuno una fotografia attendibile della congiuntura del mattone, ordiscono di fatto la trama di un patchwork dalla gamma cromatica molto ampia. A cominciare dal nero che tinteggia le previsioni per il 2012 diffuse recentemente da Censis: prezzi degli immobili mediamente a picco del 20%, con possibili “inabissamenti” fino al 50%, con l’introduzione dell’Imu per la prima casa ad assestare il definitivo colpo di grazia a un settore da troppo tempo sofferente. Previsioni

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negative che, va detto, larga parte di osservatori e addetti ai lavori hanno schivato in fretta, un po’ per scongiurare il dilagare del virus catastrofista, un po’ perché i dati prodotti dagli istituti più accreditati, convergono in effetti verso diagnosi meno tranchant. Scorrendo, ad esempio, la nota trimestrale sull’andamento del mercato immobiliare italiano nel quarto trimestre del 2011 pubblicata dall’Agenzia del territorio, il “paziente” che ne esce non scoppia certo di salute, ma non è neppure così cronico. In calo dell’1,9% rispetto al 2010, il dato immobiliare complessivo del 2011 consegna tassi tendenziali che da ottobre a dicembre hanno persino visto ricomparire segni positivi nel settore resi-

denziale (+0,6%) e delle pertinenze (+2,1%). Meno rincuoranti le variazioni nel mercato non residenziale, con il settore terziario nei panni di fanalino di coda con un -16,5% di transazioni concluse nell’autunno scorso. A proposito di immobili commerciali, che in termini di giacenze rappresentano la zavorra più imponente di un mercato tenuto al palo dalla stretta creditizia, una chiave di lettura nel segno del cauto ottimismo è offerta da Nomisma, secondo cui «l’allentamento della pressione internazionale legato al debito sovrano potrebbe favorire, a partire dal secondo semestre del 2012, una timida ripresa sul versante corporate». Sprazzi di fiducia che, in qualche misura, il centro studi bolognese riflette anche


Xxxxxxx immobiliare Xxxxxxxxxxx Il mercato

Tra i 1500 agenti intervistati lo scorso gennaio da Banca d’Italia, salgono al 66,5% coloro che dichiarano una diminuzione dei prezzi immobiliari, contro il 51,2% di ottobre 2011

nelle proiezioni per il 2012 sulle compravendite abitative, attestate su una perdita di sole 4mila transazioni rispetto alle 598.224 registrate a consuntivo nel 2011. Di «insospettabile tenuta» parla Nomisma, a condizione però che coincida con un «graduale adattamento delle aspettative dei venditori alla fase di mercato». In altre parole: o gli operatori dell’offerta faranno un passo deciso verso la ridimensionata capacità di spesa dei potenziali compratori o la ripresa rimarrà un miraggio ancora per molto. Una ricetta contro la stagnazione pressoché obbligata e peraltro già messa in atto nel

2011, come dimostrano i risultati del sondaggio congiunturale di Banca d’Italia sul mercato delle abitazioni in Italia. Tra gli oltre 1.500 agenti intervistati lo scorso gennaio, si allarga al 66,5% la fetta di coloro che dichiarano una diminuzione dei prezzi, rispetto al 51,2% del periodo precedente. Spie di debolezza che ritornano anche nelle risposte fornite dagli operatori riguardo al margine di sconto e ai tempi di completamento delle trattative, saliti rispettivamente al 13,7 (dal 12,5 del precedente trimestre) e a 7,6 mesi (contro i 7,1 dello scorso ottobre). Un quadro di progressiva tendenza al ribasso in cui, al di là del declino senza

scampo prospettato da Censis, qualche scappatoia per ammortizzare gli effetti della crisi s’intravede ancora. A suggerirne una è l’ufficio studi Tecnocasa, che consiglia di puntare di più sull’affitto, ritenuto «un mercato attivo per la domanda di coloro che non riescono ad acquistare e per la tanta offerta sul territorio alimentata dagli immobili acquistati per investimento». Una soluzione rifugio, sperando che nel frattempo la crescente propensione degli italiani all’acquisto di immobili, dal 45% al 49% rilevata nel primo trimestre del 2012 dal portale Immobiliare.it, si traduca in fatti. FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 157


EDILIZIA

Rispettare il principio della capacità contributiva Tempi duri per i proprietari d’immobili, con pesanti ricadute sul settore delle locazioni. Nel mirino di Corrado Sforza Fogliani ci sono l’Imu e la riforma catastale, che «produrranno effetti drammatici se non si correrà ai ripari» Giacomo Govoni

estano preoccupazione i primi riscontri, forniti nelle scorse settimane da Confedilizia, relativi agli aumenti determinati dall’introduzione dell’Imu sperimentale. Calcolati sugli immobili concessi in locazione nei comuni che hanno già approvato le relative aliquote, tali dati prefigurano scenari foschi sia per i proprietari di seconde case che per gli affittuari. Raddoppiati i valori d’imposta degli immobili a contratto libero, schizzano letteralmente alle stelle quelli relativi ai contratti “concor-

D Nella pagina successiva, Corrado Sforza Fogliani, presidente nazionale di Confedilizia

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dati”: triplicati, quadruplicati e in alcuni casi, persino sestuplicati. «Il combinato disposto del +60% della base imponibile per quasi tutti gli immobili, dell’innalzamento dell’aliquota massima applicabile nonché dell’accresciuto carico tributario imposto agli immobili locati – spiega Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia – ha determinato un effetto depressivo sul settore che non sarà facile assorbire». In materia d’imposizione fiscale, lei ha sostenuto che l’unica ricetta per rianimare il mercato immobiliare è tor-

nare indietro: una bocciatura senza appello della nuova Imu? «L’introduzione dell’Imu sperimentale ha inferto un colpo durissimo all’intero mercato immobiliare, sia della compravendita sia della locazione. Con conseguenze, peraltro, sull’intera economia italiana. Non bisogna infatti dimenticare che un settore immobiliare in salute tiene in movimento tutta una serie di attività collaterali - dagli interventi di manutenzione a quelli di ristrutturazione dei fabbricati - che, oltre a determinare entrate non indiffe-


Il disegno di legge del governo va verso un catasto essenzialmente patrimoniale, pur in una situazione di mercato in cui non vi è coerenza tra reddito e valore delle singole case

renti nelle casse dello Stato sia in termini di Iva che di imposte sui redditi, contribuiscono in misura notevole alla crescita del Pil del Paese e alla creazione o mantenimento di posti di lavoro». La rateizzazione dell’Imu mitiga il suo giudizio sulle azioni di fiscalità immobiliare messe in campo dal governo? «Presentata come un grande risultato, la rateizzazione dell’Imu è in realtà una mera modalità di versamento dell’imposta che, peraltro, è bene che sia stata prevista come facoltativa. Se è vero, infatti, che per alcuni proprietari il pagamento in tre

rate può rappresentare un aiuto, per molti può risultare più conveniente evitare di versare entro settembre la maggior parte del tributo e mantenersi le relative disponibilità sino alla fine dell’anno. La verità è che le forze parlamentari avrebbero dovuto contrastare con maggior convinzione quella vera e propria azione sistematica di aggressione all’investimento immobiliare, che ormai ha assunto i connotati di un’operazione statalista di redistribuzione dei patrimoni. Questo contrasto non vi è stato e i risultati sono sotto gli occhi di tutti». La nuova normativa sugli

immobili colpirà, per l’appunto, soprattutto gli affitti. Con quale impatto sull’andamento delle locazioni? «Sul settore delle locazioni l’impatto dell’Imu è stato il più devastante e produrrà effetti drammatici se non si correrà ai ripari. In Parlamento tutti i gruppi di maggioranza hanno presentato emendamenti finalizzati a far sì che la riduzione al 4 per mille dell’aliquota base del 7,6 per mille, non costituisca una mera facoltà concessa ai Comuni, ma sia trasformata in una previsione di legge, per lo meno in caso di contratti a canone calmierato. Il Governo ha detto no a questa FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 159


proposta nonostante, a detta dei tecnici, costi solo 40 milioni di euro. Cifra che avrebbe potuto essere facilmente recuperata intaccando in minima parte le numerose agevolazioni fiscali previste per altre forme d’investimento immobiliare». Su quali criteri di valutazione dovrebbe fondarsi un catasto che ambisca a un reale ammodernamento nel segno dell’equità? «L’unico criterio che possa garantire una revisione equa del catasto è quello di rispettare i principi ispiratori dell’attuale legge catastale, che prevede 160 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

un catasto reddituale in funzione di una tassazione rispettosa del principio costituzionale della capacità contributiva. Il disegno di legge del governo è invece indirizzato sulla strada di un catasto che finirà per essere essenzialmente patrimoniale, di valori, pur in una situazione di mercato in cui non vi è coerenza tra reddito e valore delle singole case». Anche le disposizioni sulla revisione catastale contenute nel ddl non la convincono? «Il rischio è che questa riforma ponga surrettiziamente le basi per una “patrimoniale permanente delle famiglie”, col risultato di avallare l’incivile principio che un immobile possa essere colpito anche a prescindere dal reddito che produce e dalla capacità contributiva del suo proprietario. È ciò che la Corte costituzio-

nale tedesca, per evitare anche l’espropriazione progressiva dei beni, ha invece impedito in Germania». Il report immobiliare urbano Fiaip 2011 evidenzia una forbice tra richiesta e offerta nelle compravendite ancora troppo ampia. Sul fronte dell’accesso al credito, come intervenire per ridurla? «Le banche, come tutte le imprese, operano secondo criteri di economicità. E le garanzie di solvibilità non possono essere sostituite da altri parametri. Ciò che bisognerebbe fare è diminuire l’eccessiva pressione che soggetti incapaci di sostenerne i costi, esercitano sul mercato della compravendita, attraverso misure di rilancio dell’affitto, specie a canone calmierato. Ma la tendenza recente è purtroppo di segno opposto».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Sergio Valerio Marchionne Pontarolo

Rigenerazione urbana a basso consumo Disegnare nuove geometrie per consentire ai privati di individuare occasioni alternative di investimento. Valerio Pontarolo illustra la sua ricetta alla filiera edilizia regionale per frenare l’onda recessiva che sta investendo il settore Giacomo Govoni

isale al 2007 il periodo di massima espansione delle erogazione dei mutui in Friuli Venezia Giulia. Trascorsi cinque anni, gli esiti delle indagini effettuate dal centro studi dell’Ance regionale vedono comprimersi del 25% le richieste per gli investimenti in edilizia abitativa, fino a scivolare al 30,4% registrato dal non residenziale. «Aggiungo – sottolinea il presidente Valerio Pontarolo – che dal 2008 a oggi il settore edile regionale ha perso quasi 700 imprese e oltre 3.500 operai. C’è quindi bisogno di agire subito, ma soprattutto di farlo insieme». Una dichiarazione d’intenti che si sostanzierà il prossimo 28 maggio presso la fiera di Pordenone, dove avranno luogo gli stati generali delle costruzioni promossi dall’intera filiera dell’edilizia territoriale «per confrontarsi su un percorso di co-

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mune impegno assieme a coloro che hanno responsabilità di governo e di amministrazione. E per proporre, in ultima analisi, un patto per costruire insieme il futuro della regione». Una chiamata per unire gli sforzi a tutela di un settore chiave della vostra economia «In Friuli Venezia Giulia il comparto delle costruzioni conta circa 38mila unità, il 10% degli addetti, il 16% delle imprese, con quasi 16mila aziende attive nel 2011. Bastano queste poche cifre per capire quanto sia prioritario che, in una congiuntura del settore così difficile, industriali, sindacati, artigiani, professionisti, politici, amministratori e agenti immobiliari si uniscano, per individuare nuove opportunità di crescita e definire gli strumenti a disposizione delle amministrazioni e delle imprese». A livello nazionale il seg-

mento più in sofferenza risulta Valerio Pontarolo, quello della nuova edilizia abi- presidente di Ance Friuli Venezia Giulia tativa, che ha visto la produzione dell’ultimo quinquennio crollare del 40,4%. Un trend confermato anche in regione: quale intervento, su tutti, potrebbe contribuire a invertirlo? «La tendenza negativa in atto è molto complessa. Considerando, però, che nel 2011 le banche hanno erogato il 12,7% in meno di mutui alle famiglie e le erogazioni per investimenti in edilizia residenziale sono calati del 16,8%, l’Ance è impegnata in questo momento soprattutto sul FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 161


EDILIZIA

Come evidenziato di recente dal presidente nazionale Paolo Buzzetti, la manutenzione delle nostre città rappresenta sicuramente la principale “infrastruttura” del Paese

fronte finanziario-creditizio. patrimonio edilizio, le reti di mo- opportunità concrete, sia per il Stiamo pertanto valutando nuove formule che prevedano, ad esempio, l’opzione del riscatto dell’appartamento dopo un periodo in locazione. In altri termini una sorta di affitto ponte verso l’acquisto, che potrebbe perfezionarsi dopo 6/8 anni». Un vostro recente studio mette in luce come il 40% del patrimonio edilizio regionale abbia più di 50 anni. Rigenerazione urbana, riqualificazione e manutenzione di edifici vecchi: sono queste le “assicurazioni sul lavoro” che i costruttori friulani devono sottoscrivere in futuro? «La manutenzione delle nostre città rappresenta sicuramente la principale “infrastruttura” nazionale come evidenziato, peraltro, dal presidente nazionale Paolo Buzzetti intervenuto recentemente a Trieste in occasione del convegno “Dal piano casa al piano città”. Un evento che ha posto l’accento in particolare sull’interconnessione esistente fra il 162 • DOSSIER • FRIULI VENEZIA GIULIA 2012

bilità urbana e lo spazio collettivo. Una visione che richiede, però, la definizione delle priorità di intervento e la contestuale elaborazione delle strategie che riguardino l’organismo urbano nel suo complesso. A tale proposito, abbiamo avviato con l’Anci e la sezione regionale dell’Istituto nazionale di urbanistica un proficuo confronto che, nel guardare al patrimonio esistente come una risorsa che richiede un recupero di funzionalità e di qualità, mette al centro delle problematiche la città». In termini di tenuta e aumento della competitività delle imprese costruttrici, quanto sarà decisiva nei prossimi mesi l’attenzione alla qualità energetica e ambientale degli edifici? «La questione ambientale e del risparmio energetico ha assunto negli ultimi anni una rilevanza crescente, sottolinearlo è quasi pleonastico. Si tratta però di un ambito nel quale si aprono molte

nostro settore sia per le amministrazioni. In questa direzione, leggiamo la proposta dell’amministrazione regionale che ha recentemente anticipato il rifinanziamento della legge regionale n.17/2008, che prevede la concessione di contributi a favore di interventi di manutenzione straordinaria finalizzati alla messa a norma di impianti tecnologici o al conseguimento del risparmio energetico della prima casa. Fondi a parte, cos’altro occorre per sensibilizzare all’ecosostenibilità? Anche su questo tema, per certi aspetti collegato al precedente, c’è bisogno di un approccio strutturato che definisca in modo puntuale le opportunità e gli strumenti a disposizione delle amministrazioni e delle imprese. In altri termini, l’obiettivo è quello di individuare con i Comuni e la Regione le modalità migliori con cui incentivare il ricorso al recupero edilizio e al risparmio energetico».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Antonio De Paolo

Acquirenti di frontiera, risorsa contro lo stallo In pesante affanno le compravendite di uffici e capannoni, soprattutto nell’area interna giuliana, mentre le località turistiche di confine sollevano le sorti di un mercato regionale che perde velocità. La parola ad Antonio De Paolo Giacomo Govoni ransazioni immobiliari in calo dell’8,9% rispetto al primo semestre 2010, con l’area giuliana a trascinare verso il basso la regione che, nel complesso, mostra una migliore resistenza al momento critico che sta investendo il mercato immobiliare. È quanto emerge dalle ultime rilevazioni ufficiali aggiornate al primo semestre 2011, svolte dagli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio e pubblicate nel borsino immobiliare Fiaip 2012. Segnali di staticità che, stando alle anticipazioni sui nuovi dati regionali in via di elaborazione in queste settimane, si sarebbero protratti anche nel secondo trimestre. «Fra mancata erogazione da parte del sistema del credito, l’avvento dell’Imu e la situazione economica generale – rileva Antonio De Paolo, presidente regionale di Fiaip – si faticano a cogliere elementi che inducano all’ottimismo». Tra le previsioni negative del Censis e gli afflati di ottimismo sulla futura propensione all’acquisto ventilati da altri istituti, dove si colloca la realtà

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regionale? «Le previsioni del Censis mi sembrano eccessive e addirittura pericolose perché potrebbero innescare un’ondata di ribassi che, nella migliore delle ipotesi, spingerà i proprietari di abitazioni a congelare le vendite e a ritirarsi ancor di più dal mercato. A vivere la situazione peggiore, anche nella nostra regione, sono tuttavia le imprese edili che, dovendo fare i conti con stock immobiliari legati a costruzioni di 2-3 anni fa, rimasti invenduti e magari non in linea con le direttive sull’efficienza energetica e sul contenimento dei consumi, rischiano oggi di avere per le mani immobili vetusti e superati. Per monetizzare le imprese dovranno pertanto considerare di applicare sconti abbastanza forti, il che comporterà un sensibile ridimensionamento del mercato». Un ritardo del mercato degli immobili commerciali che si riflette anche nel confronto diretto con quello residenziale? «In effetti è così. Mentre il mercato residenziale, seppur ridimensionato, in qualche modo

tiene, il settore industriale, commerciale e dei capannoni è in fortissima contrazione. Vuoi per la delocalizzazione, vuoi per il difficile dialogo con le banche già evidenziato in precedenza, al momento le aziende regionali invece di pensare a nuove direttrici di sviluppo si vedono costrette a ridimensionare, quando non a chiudere». Quali province offrono segnali più incoraggianti in fatto di compravendita degli immobili? «Più che di province parlerei di località. Tengono ancora bene, seppur con volumi e valori ridimensionati, località di mare come Grado e Lignano Sabbiadoro che, potendo beneficiare di un mercato internazionale, sono meno vincolate al solo acquirente italiano di seconda casa. Stesso discorso vale per la fascia del Collio goriziano, la zona dei grandi vini bianchi italiani. Infine c’è Trieste che, in virtù della grande metamorfosi in chiave ricettiva avuta negli ultimi 10-15 anni, ha sviluppato una maggior attrattività per chi viene da fuori». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 163


EDILIZIA

Parcomare, una nuova vivibilità per Trieste Il progetto Parcomare, a Trieste, riesce a coniugare vista mare, verde e la vicinanza al centro della città. Offrendo un nuovo modello di vivibilità residenziale. Sergio Hauser fa il punto sul progetto Eugenia Campo di Costa

rocedono i lavori per la realizzazione del grande progetto residenziale Parcomare a Trieste. L’idea è nata nel 1994, fortemente voluta dall’ingegner Sergio Hauser, presidente del consiglio di amministrazione, nonché azionista di riferimento della Campo Marzio Costruzioni Spa. «All’epoca l’area ospitava una filiale di vendita della Fiat, che sarebbe stata alienata entro

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L’ingegner Sergio Hauser, presidente del consiglio di amministrazione, nonché azionista di riferimento della CMC (Campo Marzio Costruzioni) Spa di Trieste. Nella pagina accanto, un rendering del progetto Parcomare - www.parcomare.it

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breve - spiega Sergio Hauser -. Si rendevano disponibili così 20 mila metri quadrati di terreno industriale da restituire alla città. Abbiamo pensato di riqualificare tutta l’area per realizzare un’iniziativa di edilizia privata unica nel suo genere. Parcomare offre infatti alla città un nuovo modello di vivibilità per la residenza, per il lavoro e per il tempo libero, rigenera e restituisce a Trieste una porzione di territorio urbano offrendo uno sguardo inedito e privilegiato sulla città, con un intervento attento e rispettoso dell'ambiente». Il progetto sorge in una zona storica della città. «Sì, in quest’area di Trieste, nell’Ottocento, c’erano le residenze di lusso, come la famosa Villa Murat, abitata nel XIX secolo da Carolina Buonaparte, sorella di Napoleone andata in sposa appunto a Murat, famoso generale napoleonico. Oggi la zona rappresenta una posizione strategica nel contesto cittadino contemporaneo: abitare qui si-

gnifica scegliere di vivere in città e al contempo godere della natura. Ci si trova infatti davanti il mare, ma a pochi passi la Piazza dell’Unità d’Italia, il cuore di Trieste». In che senso Parcomare rappresenta un nuovo modello di vivibilità per la residenza e quali servizi offre? «Parcomare realizza il sogno di chiunque sia innamorato di Trieste: abitare tra il mare e un polmone verde, ma contemporaneamente essere in centro della città senza per forza dover prendere la macchina. Trieste ha una morfologia tutta particolare, è composta da tanti colli che implicano un continuo sali e scendi per i rioni. Così chi sceglie di godere della vista del mare, deve necessariamente optare per un’abitazione che obbliga all’uso dell’automobile. Parcomare invece coniuga tutte le esigenze, racchiudendo in sé vista, mare, verde e la vicinanza al centro della città. Attirando non solo i triestini, ma anche i milanesi e gli stranieri in grado di apprezzare la Trieste mitte-


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Tutti gli appartamenti, dal monolocale a quelli di grandi dimensioni, dispongono di ampi terrazzi o di giardini privati con vista verso il mare, la città o il verde interno

leuropea che l’Austria con Maria Teresa aveva trasformato nel più importante Porto dell’Impero austro-ungarico». Quante residenze comprenderà il progetto e quali altre eventuali strutture ne faranno parte? «Il progetto prevede due palazzine che sorgono in un parco privato ad uso dei residenti di Parcomare e una realtà commerciale. Tutti gli appartamenti, dal monolocale a quelli di grandi dimensioni, dispongono di ampi terrazzi o di giardini privati con vista differenziata verso il mare, la città o il verde interno. Inoltre, abbiamo pensato anche ai già residenti nelle zone limitrofe predisponendo parcheggi, box e posti auto, destinati a loro, poiché il rione offre poca disponibilità al ricovero delle autovetture».

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In che modo il progetto rispetta le esigenze, sempre più sentite, di risparmio energetico e ridotto impatto ambientale? «Ogni scelta progettuale è stata finalizzata all’ottenimento del massimo rendimento energetico, coordinando sapientemente progettazione architettonica e impiantistica. La climatizzazione invernale centralizzata garantisce un elevato comfort a costi contenuti grazie ai pannelli radianti posti a pavimento su tutta la superficie degli appartamenti. Queste tecnologie impiantistiche, insieme al sistema solare termico per l’acqua calda sanitaria e agli involucri ad alte prestazioni permettono di collocare l’intervento in Classe Energetica A. Ogni spazio, ogni dettaglio fanno di Parcomare la scelta più sicura per chi desi-

dera vivere il meglio e fare un investimento vantaggioso per il futuro». Attualmente la vostra attività è concentrata in toto sul Parcomare. A che punto siete con il progetto e quali obiettivi e sfide attendono la CMC Spa quest’anno? «La nostra società è tutta concentrata nella realizzazione di Parcomare. Oggi la costruzione sta sorgendo dal fuori terra, sta elevando i primi solai delle residenze e si prevede di festeggiare la copertura per il prossimo mese di ottobre. Purtroppo il momento storico-economico non aiuta il nostro mercato. Ma la “piazza” di Trieste è sempre stata un po’ anomala. Le cose belle si vendono sempre e Parcomare offre qualcosa di unico. Perciò affrontiamo il futuro con fiducia». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 165


EDILIZIA

I vantaggi del prefabbricato Utilizzando i pannelli di acciaio e cemento si ottengono soluzioni abitative di alta qualità, con un risparmio economico rispetto a una costruzione tradizionale, a parità di risultato. Ne parla Alessandro Dozzi Manlio Teodoro

econdo i dati Istat e le stime dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) nel quadriennio 20072011 gli investimenti in costruzioni sono calati del 21,1 per cento. Le previsioni per il 2012, se confermassero il trend negativo, porterebbero a un calo del 24,1 per cento rispetto al 2007, ultimo anno a segno positivo (più 0,7 per cento). Questi dati sintetizzano efficacemente la situazione del settore edile italiano, che non a caso è stato uno dei settori che ha maggiormente risentito della crisi economica. Tuttavia, all’interno di questi dati, focalizzando l’attenzione sull’andamento del mercato della prefabbricazione, e uscendo quindi da quello della costruzione tradizionale, si riscontrano risultati completamente diversi. È il caso della Ibc Casa, impresa edile con sede a Bagnaria Arsa, in provincia di Udine, ma attiva sull’intero Triveneto. «Il nostro bilancio 2011 è assolutamente positivo – spiega il ti-

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tolare, Alessandro Dozzi –. Siamo cresciuti del 20 per cento rispetto all’anno precedente, rappresentando un esempio in assoluta controtendenza rispetto al settore». La formula che ha permesso a Ibc di centrare questo obiettivo si può riassumere nei concetti base della loro offerta edilizia: «Il valore aggiunto offerto dalle nostre abitazioni prefabbricate in cemento e acciaio è dato dai costi e tempi di realizzazione certi, dalla possibilità di realizzare progetti su misura e dalla qualità dei materiali, che permettono

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Alessandro Dozzi

L’impresa di costruzioni Ibc Casa Srl ha sede a Bagnaria Arsa (UD) www.ibc-casa.it

di avere case con certificazione energetica di classe A e strutture antisismiche. A ciò si aggiunge un servizio chiavi in mano che comprende anche il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche che riguardano la nuova costruzione». L’impresa, dopo una lunga esperienza nelle costruzioni tradizionali, analizzando il mercato ha individuato la possibilità di sviluppare soluzioni edilizie alternative che andassero incontro alle richieste di un mercato residenziale sempre più attento ai costi e al risparmio energetico. «Sulla base di una solida competenza decennale, abbiamo scelto di adottare un sistema costruttivo di tipo misto, che sposasse le migliori soluzioni costruttive tradizionali e quelle proprie della prefabbricazione edilizia. Questa è stata la vera intuizione e oggi moltissime persone si stanno orientando verso questo tipo di case. Anche perché consentono di ottenere gli stessi risultati estetici e funzionali con tempi di realizzazione più brevi quindi un notevole risparmio economico». I materiali fondamentali sono l’acciaio e il cemento, utilizzati per la costruzione dei pannelli, confezionati in base alle esigenze del progetto. «A questi due materiali si aggiungono la lana di roccia per gli isolamenti e altri. Come, in particolare, il Bipanel Isotermico Ibc, che garantisce un isolamento termo-acustico e un’abitabilità di gran lunga superiori a quelli delle costruzioni tradizionali. E ovvia-

mente il conseguente risparmio energetico, grazie ad ambienti asciutti e salubri realizzati secondo i principi della bioedilizia – quindi con l’esclusione di tutti i materiali e componenti inquinanti o tossici». Dopo gli ottimi risultati ottenuti nel 2011 da Ibc, Dozzi tratteggia i principali obiettivi e le previsioni per l’anno in corso e quelli seguenti: «Sulla base del nostro pacchetto ordini, possiamo confermare che nel 2012 proseguiremo sullo stesso trend di crescita dell’anno precedente. Fatto salvo questo risultato, pensiamo di avere le potenzialità di poterlo migliorare ancora. Per questo intendiamo provare ad allargare il nostro raggio di azione territoriale anche oltre il Triveneto – purché ciò avvenga per progetti di dimensioni adeguate, dato che i costi di trasporto hanno un peso importante sul nostro bilancio. A questo si sommano le possibilità che si sono aperte di avviare delle collaborazioni con alcuni architetti che si sono mostrati interessati alla nostra tecnica di costruzione – in questo momento stiamo già lavorando a un progetto ambizioso, disegnato da un architetto che ha voluto utilizzare le potenzialità costruttive dei nostri pannelli. Infine, una sfida importante è rappresentata dalla scelta di nuovi materiali che ci permettano di garantire una qualità di costruzione, termoisolamento e vivibilità sempre maggiori a fronte di costi più contenuti».

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EDILIZIA

Una filiera sul territorio Tradurre il valore del mattone in abitazioni realizzate da maestranze specializzate. È l’impegno del Gruppo Zanutta che, affidandosi alla collaborazione di professionisti e artigiani locali, è giunta a generare una filiera delle costruzioni Giulio Conti

ffidare a singole maestranze ognuno degli elementi che concorrono alla realizzazione di un progetto, dentro e fuori un cantiere di edilizia abitativa, segna il differenziale qualitativo e tempistico dell’intero sistema di costruzione. In tal senso, la formula “chiavi in mano” offerta da molte imprese del settore, può divenire strategica solo se messa a punto come servizio com-

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Da sinistra, Gianluca e Vincenzo Zanutta del Gruppo Zanutta. Nella pagina a fianco, panoramica della sede centrale di Muzzana del Turgnano (UD) e un momento di lavoro nella filiale di Pocenia (UD) - www.zanuttasrl.it

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pleto e integrato in ogni fase di edificazione. Lo sanno bene alla Zanutta, società avviata nel 1952 per la rivendita di prodotti agricoli e nel tempo ampliatasi con la fornitura di articoli rivolti non solo ai costruttori edili ma anche alla clientela finale (arredo bagno, ceramiche, ferramenta, porte) fino all’apertura di ben 5 sedi tra Udine e Trieste. «L’obiettivo è costruire edifici che rispecchino la tradizione italiana, che abbiano quindi la massima longevità e che siano immuni dal concetto di costruzione americano che prevede interventi di manutenzione in tempi brevi». Per Vincenzo Zanutta, rappresentante, insieme al fratello Gianluca, della terza generazione al volano dell’azienda di famiglia, «la casa è l’investimento più duraturo perché il mattone si considera ancora una garanzia di stabilità al riparo da speculazioni». Attraverso quali strategie operative diffondete il valore del mattone? «Partendo dal presupposto che non possiamo porci in concorrenza con i protagonisti del settore edile perché nostri clienti, abbiamo creato

una società parallela, la Zanutta Service che compra materiale dalla Zanutta Srl e ingaggia manodopera specializzata come il cartongessista, il pittore, il carpentiere, il falegname, sfruttando sempre la massima qualità professionale disponibile nel settore, poiché lo specialista ha una competenza limitata ma molto alta. In tal modo siamo riusciti a fidelizzare sia i professionisti o artigiani nostri clienti, sia l’acquirente finale che può contare su un servizio completo e integrato, compresa la fase burocratica». Siete dunque riusciti a generare sul territorio una filiera delle costruzioni? «Poter contare su maestranze specializzate esterne ci consente di poter ottimizzare tempi e costi ma soprattutto di ottenere manufatti edilizi realizzati ad hoc in ogni suo elemento. E ciò significa conquistare la soddisfazione del committente, obiettivo finale della nostra attività. Una volta il cliente che comprava i materiali alla Zanutta si affidava poi a professionisti di sua fiducia per la realizzazione delle diverse fasi del


Vincenzo Zanutta

progetto, con intuibili disagi in termini di tempo e imprevisti; ora invece deve solo scegliere gli accessori della casa e al resto pensiamo noi». Una scelta vincente che vi ha permesso di fidelizzare sia gli operatori cui vi affidate, sia gli acquirenti. «Non solo. Il reale, completo e integrato servizio “chiavi in mano” offerto rappresenta una delle ragioni che hanno determinato la crescita del gruppo Zanutta. Parimenti una costante politica di investimenti ha avuto effetti positivi sulle sorti dell’azienda, in un settore in attuale collasso che penalizza le società statiche e lassiste. Riteniamo fondamentale dare costantemente slancio all’attività sia commerciale che produttiva con nuove acquisi-

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Non avvalendoci di manodopera diretta ma, per ogni posa, di diversi artigiani specializzati, fidelizziamo la filiera dei costruttori e insieme il cliente finale

zioni come ad esempio, quella relativa a un ulteriore magazzino edile a Feletto Umberto dove è stata allestita un’importante area show room con articoli di arredo bagno, pavimentazioni in legno e ceramica, porte e finiture». Qual è il target cui si rivolge il gruppo Zanutta? «Le nostre attività interessano più fasce di operatori edili e

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committenti privati o immobiliaristi. Riusciamo ad esempio a ridurre al minimo i costi di quei cantieri in cui non occorre fissare in alto livelli di qualità, ma siamo perfettamente in grado di eseguire lavorazioni con finiture di pregio per abitazioni importanti. Non avvalendoci di manodopera diretta ma, per ogni posa, di diversi artigiani specializzati, possiamo scegliere chi è più adatto per le pose di più alta qualità e costi, e chi per quelle qualitativamente inferiore. Quindi al tempo stesso siamo in grado di offrire un servizio di elevata qualità ma in maniera estremamente elastica, per altro senza grandi spese fisse che sono quelle che oggi affossano le aziende».

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EDILIZIA

Più precisione con il sistema gps L’edilizia gioca il suo nuovo asso nella manica e sfodera la tecnologia gps, offrendo al mercato un livello di qualità mai raggiunto prima. Ne parliamo con Riccardo Frappa Emanuela Caruso

è uno strumento che nel mondo dell’edilizia sta diventando indispensabile: il gps. Grazie all’utilizzo di questa tecnologia, che solo da alcuni anni è approdata nel comparto delle costruzioni, è infatti possibile ottenere elevatissimi livelli di precisione nella realizzazione delle opere e quindi garantire una qualità di molto superiore a quella raggiunta fino a oggi. A spiegarci meglio i vantaggi del gps è Riccardo Frappa, titolare

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insieme al fratello Renato della società Frappa Edilizia di Camino al Tagliamento, in provincia di Udine. «La nostra azienda – spiega Riccardo Frappa – è stata una delle prime a disporre della tecnologia gps. Gli investimenti a cui abbiamo dovuto far fronte per dotarci di tale strumento sono stati notevoli, ma hanno soddisfatto in pieno le aspettative. I dispositivi satellitari per il rilievo e il tracciamento, infatti, non solo permettono di impiegare una tecnica di georeferenziazione per mettere in opera “al millimetro” il progetto su cui si sta lavorando, ma consentono anche di coordinare le varie macchine di movimentazione, così che gli scavi siano realizzati nel modo ottimale». La Frappa Edilizia ha usufruito della strumentazione gps durante una grande commessa, la realizzazione della Vetreria Sangalli. Come si è sviluppato l’intervento?

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«La progettazione e la realizzazione dello stabilimento della Vetreria Sangalli di San Giorgio di Nogaro ha coinvolto diverse imprese edili e, nello specifico, la nostra società si è occupata della costruzione della complicata area di produzione dell’impianto, delle parti strutturali e della viabilità, gestendo inoltre il cantiere e coordinando il lavoro di tutti i vari partner. Il nostro cantiere è durato 470 giorni e ha visto la realizzazione dei seguenti locali: il forno, il bagno, l’area ricottura, il parco rottami, il silos sabbia, l’impianto acque, l’area imballaggi, l’impianto fumi, l’edificio composizione e la cabina elettrica. Le apparec-


Riccardo Frappa

In apertura, Riccardo Frappa della Frappa Edilizia con sede a Camino al Tagliamento (UD). Nelle altre immagini, momenti di lavoro in cantiere www.frappaedilizia.com

chiature tecnologiche utilizzate sono state tante e tra le più importanti, oltre al gps, possiamo citare il sistema a laser per gestire gli scavi del terreno». Come si è evoluta negli anni l’attività della Frappa Edilizia? «L’azienda è nata come una piccola impresa artigianale di costruzioni residenziali, passione questa che tuttora viene coltivata e portata avanti. Negli anni, grazie alle continue esperienze maturate, abbiamo ampliato il nostro raggio d’azione, interessandoci prima all’edilizia pubblica e a quella commerciale e industriale, e poi alla realizzazione di impianti sportivi, di centri commerciali e di ristrut-

turazioni degli antichi patrimoni edilizi. Oggi, siamo inoltre occupati nel comparto delle opere stradali e dell’urbanizzazione, e siamo anche in grado di costruire opere chiavi in mano, ovvero seguendo la progettazione, l’esecuzione di ogni particolare tecnico, la rispondenza alle normative di legge e tutto l’iter burocratico. Infine, commercializziamo le opere che edifichiamo grazie a due società immobiliari di nostra proprietà». Come si traduce il concetto di qualità? «Qualità per noi significa attenzione estrema alle esigenze e necessità dei committenti, precisione e sicurezza nelle fasi di progettazione e realizzazione, e

responsabilità e cura durante le consegne. Per ottenere tali risultati, investiamo in strumenti di lavoro efficaci e all’avanguardia e garantiamo una forza lavoro qualificata, preparata e collaborativa. È così che nel 2010 ci siamo guadagnati la Medaglia d’Oro e il Diploma di Benemerenza da parte della Camera di Commercio di Udine per l’imprenditorialità nel settore industriale». Fra le principali novità riguardanti la vostra impresa, la più rilevante è sicuramente l’apertura verso il mercato delle energie rinnovabili. «Da alcuni anni siamo diventati punto di riferimento in Friuli Venezia Giulia per la realizzazione di centrali a biomasse. Siamo stati i primi a intravedere le possibilità di successo degli impianti per la produzione di energia elettrica derivante dalla fermentazione di biomasse, e oggi il Nord Italia vanta ben dodici impianti biogas». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 171


MATERIALI

Sistemi e materiali per serramenti ella realizzazione di opere in linea con i parametri della bioedilizia e rispondenti alle esigenze di risparmio energetico, i serramenti rivestono un ruolo fondamentale. Di fatto, i costanti cambiamenti del settore edile e le evoluzioni registrate dalle tecniche e materiali da costruzione, non potevano non includere anche i serramenti, la carpenteria metallica, i grigliati tecnici, le facciate continue e ventilate o i portoni industriali. Assistendo all’introduzione di progressive innovazioni del settore fin dal 1962, e prendendone parte anche con la creazione dei marchi Carpser, Wgst, Serrametal, Vesca Group e Vesca Energy, Bruno Vesca, fondatore della Serrametal, ha passato il testimone ai figli Giuseppe e Stefania, rispettivamente amministratore e responsabile qualità che oggi puntano a un ulteriore sviluppo del mercato di riferimento. «Rispetto a qualche anno fa, l’attenzione alla performance del serramento è molto più alta. È migliorata in maniera esponenziale soprattutto la tipologia di vetro da utilizzare in serramentistica. Non a caso

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Cresce l’attenzione verso le performance dei serramenti, l’adozione di nuove metodologie di produzione e l’impiego di lastre di vetro create ad hoc per migliorare le prestazioni degli infissi. Giuseppe Vesca racconta l’evoluzione del settore Giulio Conti

– afferma Giuseppe Vesca – l’adozione di nuove metodologie di produzione e l’impiego di materiali di ultima generazione consente la creazione di lastre di vetro con parametri sempre migliori». Non è però solo la “teorica” innovazione tecnologica a segnare la differenza del mercato odierno. L’amministratore della Serrametal tiene infatti a precisare che «anche nel mondo dei serramenti il progresso è possibile solamente tramite attenti studi

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tecnici, l’esperienza e l’utilizzo di strumentazioni all’avanguardia. Grazie poi alla collaborazione e al confronto con le aziende più importanti del settore si coglie nel tempo la possibilità di crescere e migliorare con continuità». Tra le tappe evolutive della Serrametal sono degne di nota – perché hanno segnato le dinamiche produttive e i crescenti bilanci aziendali – l’informatizzazione della gestione amministrativa e della progettazione tecnica, oltre al

In queste pagine, realizzazioni della Serrametal, azienda con sedi a Mortegliano, Udine, Lignano Sabbiadoro e Rovigo, e una fase di produzione www.serrametal.com


Giuseppe Vesca

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È migliorata in maniera esponenziale la tipologia di vetro da utilizzare in serramentistica

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cambiamento metodologico della costruzione di serramenti. «L’impiego di ferramenta progettata con sistema a contrasto, ha permesso di abbattere notevolmente i tempi e i costi relativi alla produzione degli infissi». Dediti a un lavoro di alto margine di precisione, gli operatori specializzati ed aggiornati della Serrametal indagano a fondo tutti gli aspetti connessi ad un problema, analizzando, studiando e progettando la soluzione prima di metterla in opera. «Dal 2003, con l’adozione del sistema di qualità e conseguente qualificazione

dei dipendenti attraverso corsi di formazione in particolar modo per i processi di saldatura e progettazione e grazie all’innovativo sistema di progettazione Tekla che consente di modellare in 3D ogni tipo di struttura, anche di grandi dimensioni, facilitando il lavoro del disegnatore e rendendo i disegni di officina più chiari e privi di errori, il “salto” in avanti compiuto dall’azienda è stato importante –

precisa Vesca –. Infine l’ottenimento delle certificazioni SOA OS6 e OS18, l’attestazione di Centro Trasformazione Acciaio, il riconoscimento CCIAA per le capacità nel campo impianti elettrici con conseguente creazione del nucleo di produzione Vesca Energy, testimoniano quella forza imprenditoriale che neanche la crisi è riuscita a indebolire, semmai al contrario, ha potenziato».

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POLITICHE ENERGETICHE

L’energia passa per le infrastrutture Se si deve parlare di un nuovo piano energetico regionale, si deve parlare di risparmio. Ma risparmio vuol dire efficienza, non riduzione dell’offerta. È quello che pensa Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Pordenone Teresa Bellemo

l Friuli Venezia Giulia è fortemente caratterizzato da una realtà produttiva ampiamente sviluppata su tutto il suo territorio, il che comporta un alto consumo di energia pro-capite. Le previsioni sul consumo di energia, delineate anche nel piano energetico regionale del 2007, indicano una crescita lenta ma costante, nonostante la congiuntura economica negativa. I dati riferiti al 2009 mostrano una flessione, ma si deve tenere conto che la crisi economica ha ovviamente ridotto i consumi del comparto, già nel 2010, comunque, c’è stata una netta ripresa. A ciò si deve aggiungere che dal 1983 a oggi non è stata realizzata alcuna linea ad altissima tensione, mentre i consumi elettrici degli abitanti, in questi trent’anni, sono più che raddoppiati. È questo lo scenario della regione, una regione che deve fare ogni giorno i conti

I Sopra, Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Pordenone

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non solo con il proprio fabbisogno di energia, ma anche con la sua posizione geografica, che spinge facilmente le imprese, ma anche le famiglie, a guardarsi intorno e magari a delocalizzare o anche soltanto a fare il pieno all’estero. A tutto questo servirebbe un nuovo piano energetico regionale, che modernizzasse le infrastrutture del territorio e che tenesse anche conto dell’impatto che ogni “fabbrica di energia” ha sull’ambiente. Dal punto di vista industriale quali nuovi obiettivi deve porsi la politica regionale per formulare un piano efficace e lungimirante? «L’Italia ha bisogno di una svolta sul fronte energetico e il Friuli Venezia Giulia deve fare la sua parte. Ma ciò non sarà possibile se il nuovo piano non sarà condiviso da tutti i protagonisti sociali, politici e istituzionali con un patto impegnativo. In-

frastrutture, risparmio, passaggio alle rinnovabili sono questioni complicate di cui non si arriva a capo senza un impegno largamente condiviso. La prima azione energetica è il risparmio. Però attenzione, questo non vuol dire lesinare l’offerta in una logica di recessione energetica ma riduzione del consumo a parità di servizio garantendo tutti i servizi chiesti. Risparmio vuol dire più efficienza». Il costo dell’energia e dei carburanti è uno dei punti dolenti per la nostra economia, a maggior ragione per un territorio di confine come il Friuli Venezia Giulia. Quali correttivi e iniziative si sente di suggerire? «Il problema non è soltanto il costo, ma c’è nemmeno la qualità necessaria. Per fare in modo di ridurre i costi le infrastrutture si rivelano decisive. Penso alle merchant lines elettriche con Austria, Slovenia a Croazia, poi


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Michelangelo Agrusti

penso anche al rigassificatore triestino di Zaule, che auspico nasca sulla base di un positivo rapporto con la Regione e le imprese consumatrici di gas del Friuli Venezia Giulia. Si deve tenere in considerazione anche il costo dei carburanti alla pompa di benzina per famiglie e imprese. In Friuli Venezia Giulia il carburante per le auto costa leggermente meno perché c’è il cosiddetto sconto regionale. In realtà è uno sconto che a volte avviene su un prezzo alla pompa più alto di quello che le medesime compagnie praticano nel vicino Veneto, con una condotta che in questi casi annulla l’effetto dello sconto regionale. Sarebbe bene aprire un faro dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato». Entro il 2020 la regione deve arrivare a produrre il 14% dell’energia attraverso fonti rinnovabili. Quanto il burden sharing può diventare anche una risorsa per il tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia?

«La crescita della produzione energetica grazie a fonti rinnovabili è indubbia e positiva: bisogna continuare in questa direzione, cogliendo le opportunità che questo mercato può offrire. Dobbiamo però pretendere sempre maggiore efficienza nella produzione di energia anche dalle altre fonti non rinnovabili, affinché si riducano i costi per le imprese e contemporaneamente si limiti l’impatto ambientale». È presidente uscente del Polo tecnologico di Pordenone. Quanto può essere importante adeguare aziende ed edilizia ai nuovi parametri ecocompatibili? «Facendo un primo consuntivo in corso d’opera, posso dire che le imprese, ma anche l’edilizia e le famiglie, sono già molto avanti verso la convergenza sugli obiettivi europei. Famiglie e imprese hanno investito davvero molto in risparmio e fonti alternative. Chi è più indietro è la pubblica amministrazione, basti pensare all’illuminazione

pubblica che, salvo eccezioni, è ancora quella di trenta anni fa o al trasporto pubblico locale. Naturalmente anche famiglie e imprese possono fare ancora di più e, seppure in assenza di veri e propri salti scientifici e tecnologici in grado di reimpostare le basi dello sviluppo, siamo alla presenza di molte innovazioni che stanno modificando l’economia e il Polo tecnologico di Pordenone portando il suo contributo è dentro questo grande fiume». È possibile riuscire a coniugare in maniera armonica il bisogno di energia con le preoccupazioni dei cittadini per la propria salute? «Rispondo sì senza esitazioni. In primo luogo perché scienza e tecnica ci aiutano e poi perché l’Europa e ancor più l’Italia dispongono di regole particolarmente garantiste. Constato semmai che la questione della salute viene a volte impropriamente invocata da gruppi di pressione per giustificare comportamenti egoistici che danneggiano tutti». FRIULI VENEZIA GIULIA 2012 • DOSSIER • 189


POLITICHE ENERGETICHE

La nuova energia punta alla cooperazione Il nuovo piano regionale dovrà incentivare la ricerca sulle fonti rinnovabili e la partecipazione dei privati. Intanto, l’attenzione è puntata sulla centrale nucleare di Krsko e sul rigassificatore di Zaule Teresa Bellemo

amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia sta pianificando la stesura di un nuovo piano energetico, dato che il precedente, datato 2007, è oramai obsoleto. Lavoro non facile se si considera che sono molte le variabili in campo: la riduzione dell’energia ottenuta da combustibile fossile, la necessità di dialogare con le realtà di confine, Austria e Slovenia, mete di un pellegrinaggio verso le loro pompe di benzina, il nuovo piano energetico sloveno che prevede l’ampliamento della centrale nucleare di Krsko; infine, l’obbligo per il Friuli Venezia Giulia di recepire le direttive europee che hanno fissato al 14% la quantità di energia da produrre con fonti rinnovabili entro il 2020. È chiaro che le componenti sono molteplici e complesse, soprattutto se si

L’

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considera che attualmente nella regione la quantità di energia pulita non supera il 5% e che il progetto del rigassificatore di Zaule è da tempo oggetto di un contenzioso. Dunque è necessario agire e, come ricorda la presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, è necessario farlo ascoltando e coinvolgendo tutti gli enti di governo del territorio. Soltanto in questo modo si potrà mettere a punto un piano energetico organico e completo, in grado di raggiungere gli obiettivi che il governo della regione e l’Unione europea si pongono. «Il nuovo

piano dovrebbe concentrarsi sul finanziamento alla ricerca di fonti rinnovabili, anche nell’ideazione di nuovi materiali e nuove tecnologie, recuperando così sia le competenze presenti nel territorio, sia coinvolgendo i soggetti privati». La Regione sta pensando a un nuovo piano energetico. Quali dovrebbero essere gli obiettivi principali? «La Provincia apprende dalla stampa dell’intenzione della Regione, anche per questo ritengo necessario che si confronti con gli enti di governo del territorio. Il piano energetico prevederà inevitabilmente


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Maria Teresa Bassa Poropat

delle infrastrutture, inoltre non si deve dimenticare che la nostra regione ha tuttora un surplus di energia proveniente da fonti fossili. Per questi motivi, la Regione dovrebbe porsi l’obiettivo di rivedere il vigente piano energetico, ormai datato 2007, proponendo una serie di incentivi per gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili. Non dimentichiamoci che su questo territorio ci sono anche degli istituti di eccellenza nella ricerca che credo saranno disponibili a mettere in gioco progetti innovativi per iniziative volte a uno sviluppo sostenibile. Credo che sia questa la linea forte su cui la Regione dovrebbe investire, magari finanziando anche la ricerca sulla messa a punto di energie rinnovabili. Infine sarebbe utile il coinvolgimento di privati in modo che possano investire in questo tipo di energia assieme agli enti pubblici». Gli italiani hanno recentemente bocciato il ritorno al nucleare. Quali sono le difficoltà per un territorio di confine come il vostro su questo fronte? Come vede il piano energetico sloveno che

intende ampliare la centrale nucleare di Krsko? «Come Provincia abbiamo espresso parere negativo sul Piano energetico sloveno. Dal punto di vista tecnico è stato analizzato puntualmente dagli uffici competenti e lo si è ritenuto carente per quanto riguarda le informazioni, soprattutto quelle relative alle procedure di valutazione ambientale. Non c’è omogeneità, infatti, tra le procedure di valutazione ambientale adottate dalla Slovenia e quelle da mettere in atto a livello transfrontaliero. Abbiamo anche evidenziato la necessità di una valutazione adeguata dal punto di vista della sicurezza. Per questo abbiamo chiesto una serie di integrazioni che dovrebbero essere fornite all’ente Provincia in modo che possa esprimere un parere eventualmente favorevole, ma finora non ci sono ancora state fornite». Qual è la sua posizione riguardo il rigassificatore di Zaule? «Personalmente non sono contraria a un ragionamento sul rigassificatore. Come giunta e come consiglio pro-

vinciale abbiamo espresso un parere negativo perché è stato analizzato il progetto e abbiamo puntato l’attenzione su alcuni aspetti, a partire dalle procedure abbiamo sottolineato come il progetto che oggi è in esame in realtà è diverso da quello che inizialmente aveva ottenuto il parere favorevole. Ciò significa che stiamo ragionando su due progetti diversi. Abbiamo espresso parere negativo per quanto riguarda gli scarichi e la gestione dei rifiuti, mentre sul terzo aspetto, le emissioni in atmosfera, abbiamo chiesto delle integrazioni. Indipendentemente dai pareri ambientali di nostra competenza, abbiamo delle perplessità per quanto riguarda la sicurezza e le difficoltà per l’attività portuale, necessaria per quel territorio. La presenza delle navi gasiere comporterebbe vincoli alla navigazione, perché non potrebbero essere compresenti altre navi con destinazione diversa. In questo modo il rigassificatore bloccherebbe ciò che noi riteniamo essere lo sviluppo più naturale del territorio di Trieste-Muggia: il transito navale».

In apertura, la presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat

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