Caterina Malavenda

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INFORMAZIONE

LEGGE E STAMPA

Diritto a informare ed essere informati. In modo corretto e nel pieno rispetto delle leggi. Ma anche processi mediatici e fughe di notizie. Caterina Malavenda, difensore di alcune delle principali testate nazionali, tratteggia la sottile linea che divide cronaca e privacy di Francesca Divella

A destra, Caterina Malavenda, avvocato cassazionista, penalista. È anche giornalista pubblicista

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Intercettazioni finite nero su bianco sulle pagine dei quotidiani. Atti secretati che, inspiegabilmente, passano dai faldoni delle Procure alle redazioni giornalistiche. Ma anche notizie finanziarie “sensibili” che diventano di dominio pubblico. E poi querele e casi giudiziari che diventano casi mediatici. Così come i processi diventano fiction. Questo, o meglio anche questo, è il mare nostrum dell’informazione in cui quotidianamente si trovano a navigare i giornalisti insieme alle loro fonti o ai protagonisti di notizie “straordinarie” sbattute in prima pagina. Una leggendaria lezione di giornalismo elencava nelle famigerate tre esse, Sesso, Sangue e Soldi, gli elementi costitutivi di ciò che “fa notizia”. Una regola che però, sempre più spesso, porta a violare le regole del Diritto dell’Informazione. Un campo di non sempre facile interpretazione. Va da sé che giornalisti, testate ed editori necessitano di una difesa specializzata. Caterina Malavenda, cassazionista, penalista e giornalista impegnata sul fronte di problematiche giuridiche connesse alla professione, traccia la sottile linea rossa che separa il diritto all’informazione dal diritto alla salvaguardia della privacy. «Un confine sfuggente – spiega l’avvocato – perché la legge usa termini corretti, ma applicazione soggettiva». Avvocato Malavenda, dove finisce il diritto di cronaca e dove comincia la violazione della

Foto di © Vittorio La Verd / AGF

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LA MIA DIFESA QUOTIDIANA


privacy? «Si tratta di un confine labile. La legge sulla privacy prevede che un giornalista possa pubblicare anche notizie riservate sulla salute o sulla vita sessuale delle persone di cui si occupa, senza il loro consenso, purché queste siano essenziali ai fini dell’informazione. Quando però si passa ad analizzare in concreto se una determinata notizia è o meno essenziale, è il Garante a decidere sull’essenzialità. E, a volte, la pensa in modo diverso dal giornalista. La legge non indica criteri specifici e quindi il giornalista non sempre è messo nelle condizioni di capire quali sono le notizie da non divulgare e quali invece quelle utili per informare correttamente il pubblico». Quali sono le conseguenze per il giornalista che viola le regole? «La legge non prevede conseguenze penali, ma di natura diversa. Per esempio, la sentenza del Garante può disporre che una notizia sia eliminata dall’articolo, perché il titolare del dato ha chiesto e ottenuto che questa sparisca, essendo stata diffusa in violazione delle norme vigenti. Sui minori coinvolti in fatti di cronaca il divieto di diffondere notizie è assoluto e credo sia giusto. Anche negli altri settori , però, si deve osservare una certa cautela. Soprattutto quando si tratta di informazioni di interesse pubblico ma con profili di riservatezza, come ad esempio i dati che riguardano la salute o la vita sessuale di persone note». Lei prepara gli aspiranti giornalisti all’esame di Stato. Quali sono le nozioni giuridiche che a un professionista dell’informazione non possono mancare? «Credo che per un giornalista sia essenziale usare termini appropriati e questo è possibile solo avendo una conoscenza non superficiale della materia trattata. Per esempio, nella cronaca giudiziaria rilevo spesso l’uso impreciso delle definizioni tecniche. Certo si può sbagliare, ma bisogna considerare che l’utilizzazione di un linguaggio non corretto può depistare, o fornire un’informazione errata al lettore. Quindi una padronanza dell’argomento di cui si scrive è importante, altrimenti si corre anche il rischio di diffamare qualcuno usando termini sbagliati, come può accadere ad esempio chiamando imputato un soggetto che ancora non lo è».

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INFORMAZIONE

Quali sono i peggiori tranelli in cui può cadere un professionista dell’informazione? «I rischi maggiori risiedono senza dubbio nel rapporto con le fonti. È giusto che la fonte non strumentalizzi il giornalista per veicolare una notizia sbagliata e che non si tiri indietro quando è chiamata, nelle sedi competenti, a confermare le informazioni che ha dato. La fonte deve essere tutelata, tacendone il nome, soprattutto se ha chiesto di rimanere anonima. Se è affidabile, di solito, la verità può essere dimostrata in altro modo. Se è inaffidabile, però, il giornalista che la difende corre dei rischi in prima persona. L’altra trappola in cui si può cadere riguarda, come detto, il confine tra l’informazione che si può dare e i dati sensibili che, per legge, non devono essere diffusi. Mentre una volta il problema si risolveva provando la verità del fatto e dando un’informazione corretta dal punto di vista della forma, adesso uno degli aspetti più importanti è il rispetto della legge sulla privacy». Lei assiste da anni numerose testate. Quali sono le differenze tra i tipi di diffamazione per cui è possibile essere accusati? Nei processi per diffamazione di solito si contesta al giornalista di aver diffuso notizie false. Se viene dimostrata la verità di tali notizie, l’imputato viene assolto. Quando si discute di diritto di cronaca, la condotta è semplice da valutare, nel bene e nel male. Molto più scivoloso è il riconoscimento del diritto di critica, perché in genere la critica non è gradita e chi ne è bersaglio si ritiene diffamato. Il solo limite al diritto di critica risiede nel linguaggio adoperato, perché la critica, non giuardando fatti, non è soggetta al limite della verità. Bisogna allora solo dimostrare di avere usato un linguaggio consono all’argomento trattato. I giudici che devono valutare la continenza delle espressioni usate a volte, pe-

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TRA AULE E REDAZIONI Caterina Malavenda si occupa di problematiche connesse alla applicazione della L. 231, alla elaborazione dei codici di comportamento, con particolare riguardo ai giornalisti e alle aziende editoriali. Assiste da anni alcune delle maggiori testate giornalistiche del Paese, sia su carta che radiotelevisive, in processi penali per diffamazione e altri reati commessi con il mezzo della stampa e nei processi civili per il risarcimento dei danni da diffamazione o lesione della identità personale. Tiene i corsi di preparazione all'esame di Stato per i praticanti giornalisti, organizzati dall'Ordine dei giornalisti della Lombardia. Fa parte del gruppo di docenti del master universitario di giornalismo dell'Università IULM. È autrice del volume "Diritto e processo penale" per la collana "Studiare da giornalista" edito dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti.

rò, applicano criteri piuttosto vaghi, esclusi al- rizza un certo tipo di condotta è interessante sacuni aspetti pacifici come, per esempio gli in- pere se poi ,nella vita privata, si comporta di consulti che non sono mai ritenuti leciti. Nel tem- seguenza. Gli aspetti che, invece, riguardano i suoi po la Cassazione ha tuttavia sdoganato alcuni ter- rapporti personali e privati, familiari e amicali, mini, considerati offensivi ed ha sanzionato devono essere lasciati fuori ». l’uso di altri che sono di uso comune. Non esi- Crede che dovrebbero essere posti paletti lestono criteri oggettivi che consentano di preve- gislativi più fermi? «Ci sono talmente tante leggi in questo campo dere l’esito dei processi». Intercettazioni pubblicate sui giornali: se- che i paletti sono pure troppi. È difficile districondo lei sono elementi necessari a un’infor- carsi, perché il diritto di informare e quello alla privacy sono entrambi di rango costituzionale, mazione esaustiva? «Le intercettazioni in un processo sono essen- perciò di pari dignità. Ci sono regole per capire ziali e senza questo strumento molti processi non quando l’uno prevale sull’altro. Più leggi si fanno e più diventa comsarebbero stati nemplicato rispettarle tutmeno avviati. La legge te. Una buona forvigente, se fosse rispet«I giornalisti dovrebbero mazione, il buon sentata, sarebbe perfetta, saper valutare quali sono le so e i limiti etici del nel senso che le norme informazioni di interesse professionista: quesono chiarissime. Le insti sono gli ingredienti tercettazioni vengono pubblico e quali non lo sono» per una buona infordisposte, poi il giudice mazione». attua una selezione lasciando nel fascicolo del processo solo quelle at- Venendo all’Ordine dei Giornalisti, ritiene che tinenti alle indagini. È giusto che l’opinione pub- sia da cancellare o, invece, che abbia ancora blica sia informata, naturalmente escludendo un valore di controllo per i giornalisti e per tutte le chiacchiere che non attengono al tema l’informazione? dell’indagine e che spesso riguardano il priva- «A mio avviso, andrebbe salvato. Visto che esito. I giornalisti, poi, dovrebbero essere in gra- stono dei principi etici da rispettare che non sodo di valutare quali sono le informazioni di in- no di competenza dei giudici ordinari, occorre teresse pubblico e quali non lo sono, perché poi un organo capace di valutare se un comportamento si corre il rischio di mettere alla gogna anche chi è o meno deontologicamente corretto. Forse l’Orparla con l’intercettato e che è totalmente estra- dine dovrebbe essere meno attento alle vicende che creano più clamore e privilegiare aspetti più neo all’inchiesta». Il problema è che l’opinione pubblica sembra concreti. Ci sono, per esempio, giornalisti che vengono sottoposti a procedimenti disciplinari luninteressata solo degli affari privati. «Credo che le condotte private di personaggi no- ghi, faticosi e penalizzanti, a causa di un esposto, ti, che devono dare conto di ciò che fanno a chi e altri che vengono lasciati totalmente liberi di li vota o li segue, debbono essere portati a cono- agire e il cui operato necessiterebbe invece di magscenza dell’opinione pubblica. Se una persona teo- gior controllo».

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