In pista per la Shell Eco Marathon

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In pista per la Shell Eco-Marathon Una collaborazione multidisciplinare

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In foto Why Not?, il primo prototipo di veicolo ad idrogeno realizzato nel 2008 per Shell Eco-Marathon Europe a Rockingham Motor Speedway, UK.


Shell Eco-Marathon

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a Shell Eco-Marathon è un campionato automobilistico, scientifico e sportivo organizzato da Shell fin dagli anni ottanta. I partecipanti, centinaia di squadre messe in pista da docenti e studenti di scuole superiori e università provenienti da tutto il mondo, si sfidano nella creazione di un prototipo di autoveicolo in grado di percorrere la maggior distanza possibile con un solo litro di benzina. Già a partire dal 2004 Fondazione lavora attivamente per partecipare, nel 2005 per la prima volta, alla Shell Eco-Marathon, ponendo le basi per la creazione di un circolo virtuoso tangibile ancora oggi: la collaborazione tra aziende e ricerca avanzata. Hanno partecipato al progetto numerosi Dipartimenti del Politecnico e oltre 15 imprese che hanno contribuito con equipaggiamenti, attrezzatura, software, consulenze e servizi. La Shell Eco-Marathon prosegue ancora oggi e continua a coinvolgere numerose aziende, studenti e Politecnico, con l’obiettivo di sperimentare e fare innovazione per vincere le sfide globali che ci attendono.


2003

2004

2005

Contenuti

Menti brillanti si uniscono per contribuire a costruire un mondo a basse emissioni di carbonio Intervista a Paolo Magni

La scheda tecnica del primo veicolo prototipato

2006

2007

2008

2009


Menti brillanti si uniscono per contribuire a costruire un mondo a basse emissioni di carbonio Intervista a Paolo Magni, Project Manager della Shell Eco-Marathon dal 2004 al 2009

Fondazione Politecnico di Milano è stata pioniere in molti campi e sotto molti punti di vista, lo ha fatto anche attraverso questo progetto. Ma prima di entrare nel dettaglio, è necessario un piccolo prologo:

Cos’è la Shell Eco- Marathon?

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hell Eco-Marathon è una competizione motoristica organizzata dalla Royal Dutch Shell Oil Company, lanciata negli anni ’80, dedicata a team di studenti delle scuole medie, superiori e università, il cui scopo era quello di farli competere in una gara in cui, in modo del tutto rivoluzionario, non avrebbe vinto l’auto che andava più forte, bensì quella che consumava meno. Ovviamente questo a fronte di alcune regole, che prevedevano anche il mantenimento di una velocità media, all’epoca parametrizzata prima a 25, poi a 30 km/h, ovvero, dal punto di vista statistico, la velocità media con cui si sposta un’auto in città.

Non avrebbe vinto l'auto che andava più forte, bensì quella che consumava meno.

In foto Apollo il prototipo ad energia solare realizzato per la competizione del 2010 a Rockingham Motor Speedway, UK


Una competizione innovativa e altamente sfidante, con un regolamento fondato sulla sostenibilità ambientale, quando ancora non si parlava di sostenibilità ambientale o di zero emissioni.

La competizione, come dicevamo, nasce ufficialmente negli anni Ottanta negli Stati Uniti. In una prima fase della sua vita, la Shell Eco-Marathon era più una competizione interna dedicata ad alcuni dipendenti della Shell America: siamo nel 1983. Poi è stata gradualmente trasformata in una competizione per studenti. Adesso arriviamo a noi:

come è stata portata in Italia e come ha contribuito a fare la storia del Politecnico e di Fondazione? Entriamo nel dettaglio della storia di Paolo Magni e del ruolo importante che ha giocato all’interno di questo progetto.

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l concetto di partenza era che, una volta l’anno, in un circuito selezionato, gli studenti arrivavano con i veicoli progettati e costruiti da loro, che dovevano rispettare talune caratteristiche definite da un regolamento tecnico. Il regolamento della Shell Eco-Marathon prevede che il veicolo avesse certe caratteristiche e che si debba fare un certo numero di giri in un certo tempo, tale per cui si mantiene quella velocità media.

I risultati sono stati eccezionali, perché trattandosi di veicoli prototipali che dovevano portare una sola persona, e considerando che ogni scintilla di genio era dedicata a trovare modi per consumare il meno possibile, i risultati erano percorrenze dell’ordine di 3000, 4000, 5000 km con un litro di benzina. Questi sono stati i record di queste gare. Sono entrato in Fondazione Politecnico nel 2003, giusto qualche mese dopo la sua nascita ufficiale. All’epoca il Direttore era l’Ingegner Dragoni - attuale Direttore del Politecnico di Milano - e il Presidente era il Professor Giampio Bracchi.

Ho fatto l’università a Parma. Uno dei miei professori, colui col quale ho scritto la tesi di laurea, è un professore che è mancato un paio d’anni fa, il Professor Umberto Cugini. Era un professore di disegno, di modellazione tridimensionale, di progettazione. All’epoca insegnava all’Università di Parma e mi indirizzò verso l’Università di Bristol per sviluppare la mia tesi. L’Università di Bristol partecipava alla Shell Eco-Marathon UK, perciò la mia tesi di laurea è stata relativa alla progettazione e modellazione tridimensionale di un veicolo per la UK Shell Eco-Marathon, insieme ad altri studenti. Vi era un team di studenti che doveva realizzare il veicolo dell’Università di Bristol. Mi sono informato e ho scoperto in quel momento che cos’era la Shell Eco-Marathon; parliamo degli anni ‘98-’99 e c’era solo un partecipante italiano che era un ITIS di Faenza. La Shell Eco-Marathon si svolgeva in un circuito in una cittadina che si chiama Nogaro vicino ai Pirenei. Cosa è successo quando io sono tornato in Italia? Dopo la laurea, il Professor Cugini mi ha detto che aveva bisogno di un assistente per il corso di Piacenza. Si chiamava laboratorio progettuale CAD. Da lì poi mi disse che stava per essere inaugurata una fondazione e che servivano dei project manager. Dopodiché io ho fatto il colloquio con l’Ingegner Dragoni e con il Professor Bracchi e sono entrato in staff in Fondazione quando c’erano Monica Lancini, Enza Caputo, Elena Sicurella, Paolo Scacchi, Maria Luisa Sangiorgio, Tommaso Minola e Clementina Marinoni.


Un regolamento fondato sulla sostenibilità ambientale, quando ancora non si parlava di sostenibilità ambientale e di emissioni zero.

In questo contesto, alle spalle dell’Ateneo, dunque, Fondazione Politecnico di Milano è stata in grado di inserirsi per prima e portare in Italia la competizione, contribuendo a esportare le eccellenze del Politecnico, dando uno slancio professionale ai giovani partecipanti. Il ruolo di Fondazione è stato di pioniere e anticipatore. In questo ambiente di studenti, provenienti dai diversi Dipartimenti dell’Ateneo, Fondazione era capofila e super partes, con un ruolo e un obiettivo ben definito: coinvolgere docenti e ragazzi provenienti da ambienti differenti, per mettere in risalto le competenze di ciascuno, e I punti di forza di tutti I corsi di laurea. Fondazione ha avuto il ruolo di scintilla, dl promotore, dl principale sponsor; è stato il soggetto coordinatore e aggregatore, l’unico che poteva mettere diversi dipartimenti a lavorare insieme in modo coordinato. Nel corso degli anni Fondazione, con Paolo Magni come team manager delle squadre arruolate, si è portata a casa anche grandi soddisfazioni.

Quella era Fondazione Politecnico di Milano all’epoca.

Dopo qualche mese, sono andato a parlare con l’Ingegner Dragoni e il Professor Bracchi e ho detto: “C’è questa gara. È una competizione per studenti. L’unico partecipante italiano è un ITIS di Faenza. Perché non creiamo una squadra del Politecnico di Milano per partecipare anche noi alla Shell EcoMarathon?”. E da lì è nato tutto.

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n esempio fra tutti: l’invito a partecipare alla Shell Eco-Marathon Houston negli Stati Uniti dove siamo andati e abbiamo ottenuto il risultato due volte migliore del secondo classificato, solo che non essendo americani non ci hanno messo in classifica. È stato un progetto molto ambizioso in generale, perché nel 2003-2004 avere degli studenti che progettano un veicolo che fa migliaia e migliaia di chilometri con un litro di benzina sviluppando tecniche come lo start and stop dà grandi soddisfazioni.

Io esco dalla curva, accendo il motore, lo faccio andare, dopo di che lo spengo, procedo per inerzia per un po’ e dopo lo riaccendo. Adesso le auto ibride fanno così. È stata veramente una palestra che era 15 anni avanti rispetto a quello che poi è arrivato nelle auto odierne.


Il circuito della Sheel Eco-Marathon 2005

Non è un caso che dopo l’ingresso del Politecnico di Milano è entrato nella competizione anche il Politecnico di Torino e poi l’Università di Bari. La pattuglia italiana è cresciuta. I primi passi della squadra del Politecnico di Milano sono stati improntati sulla collaborazione, sullo scambio di competenze, rendendo la Shell Eco-Marathon italiana un progetto interdipartimentale, che accorpava competenze di meccanica, di elettronica e di aerodinamica Paolo Magni ha avuto il compito di selezionare una ventina di studenti in tutto l’Ateneo per creare una squadra: c’era il team che si occupava del telaio del veicolo, il team dell’elettronica, il team della logistica, il team del motore, il team della progettazione e il team della costruzione.

Il via definitivo risale al maggio del 2004-2005; siamo andati a Nogaro noleggiando un camper, partendo alla “garibaldina”. La gara ha una durata di un paio di giorni. Si arriva il giorno prima, aprono le verifiche tecniche perché la gara è organizzata in modo assolutamente professionale, tutti i veicoli oltre a essersi iscritti devono sottoporsi a verifiche tecniche. Dal punto di vista del rispetto del regolamento, solo i veicoli che passano le verifiche tecniche sono ammessi a gareggiare. Nell’arco di due giorni si prende il risultato migliore e quello finisce in classifica.


La scheda tecnica del primo veicolo prototipato


Qual è il record attuale? E come venivano dati i punti per classificarsi?

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enso che il record attuale sia attorno ai 5800 km con un litro di benzina equivalente.

Gareggiavano e gareggiano auto a benzina, auto a GPL, auto a batteria, auto a idrogeno fuel cell. Serviva a trovare un’unità di misura unica e quindi, visto che alla fine si parla di energia, si è stabilito di utilizzare come unità di misura il litro di benzina equivalente. Entrando nel lato tecnico e pratico, il veicolo non era più grande di una navicella e i ragazzi avevano il compito di realizzare prototipi funzionali alle esigenze dei piloti stessi, oltre che della competizione.

Sono veicoli che tipicamente avevano la forma di un siluro dove il pilota stava letteramente sdraiato. Parliamo di veicoli che, inizialmente, pesavano meno del pilota. Dopodiché nel corso degli anni si è evoluta: oltre ai prototipi che erano dei veicoli a tre ruote, due davanti e una dietro per dare la forma a goccia che è quella migliore, ci sono i veicoli a quattro ruote denominati Urban Prototype, che servivano a simulare una piccola utilitaria cittadina, quello che possiamo considerare un antenato di una Smart.

Il primo posto alla competizione di Discovery Green Park, Houston, USA, nel 2010.


È stato un progetto di grande rilievo per due motivi, uno perché era molto formativo per gli studenti e gli faceva davvero capire il concetto della multidisciplinarietà: una macchina per funzionare non può avere il motore perfetto, che è otto metri cubi, perché deve stare dentro un telaio, quindi c’è bisogno dell’elettronica, del motore, del pilota, della logistica, c’è bisogno di trovare il budget, di gestire gli sponsor e via dicendo. Un progetto interessante anche dal punto di vista didattico, per un ateneo era importante dimostrare collaborazione in modo interdipartimentale per motivi analoghi a quelli sopra elencati. Anche dal punto di vista sociale l’impatto è stato molto potente, per via del confronto internazionale, si incontravano ragazzi e ragazze da tutto il mondo. Era una sorta di Erasmus concentrato in tre giorni.

La macchina veniva progettata da studenti, con la supervisione dei professori, ma cambiava ogni anno oppure era sempre la stessa?

Il primo posto per il design del veicolo Artemide a Lausitz EuroSpeedway, Lausitz, Germania, 2009.

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uesta macchina si evolveva di anno in anno. Poi a un certo punto, diciamo dopo due o tre anni, si faceva un veicolo completamente nuovo.

Il primo trofeo è datato 2008. Nella foto in alto vedete un uomo con una polo scura alzare il trofeo, quello sono io. Lì avevamo vinto il Bosch Technical Award. Guardate il veicolo, all’inizio era nero, addirittura. Se guardate il veicolo del 2010 è completamente diverso.

All’inizio il team si chiamava XTEAM “extreme technologies”. Era un acronimo che ricordava il Dream Team, ma era Extreme Technology for Enhanced Automotive Manufacturing. Questo era il nome iniziale della squadra. Io mi ricordo che avevo ottenuto dal Professor Dragoni un budget da 150.000 euro in tre anni. Il primo veicolo si chiamava Why not? Perché no? Dava l’idea della sfida, “ma perché non si può fare? Non c’è un motivo per cui non si può fare.” Poi è diventato Artemide e Apollo, quando siamo passati all’idrogeno. All’inizio era nero, i primi due anni, poi l’abbiamo verniciato e poi Apollo è arrivato nel 2010. Poi c’è stata Dafne e ancora Apollo.


Oggi il Politecnico, soprattutto con il mandato della nuova Rettrice, è fortemente ingaggiato in ambito STEAM. In questo grande tema, rientra anche quello delle “quote rosa”: le ragazze che studiano e si laureano in discipline STEAM sono in minoranza rispetto ai ragazzi. Di solito quando si parla di meccanica, motori, auto, eccetera, si pensa sempre che siano cose da uomini.

Possiamo, però, dire che Shell Eco-Marathon è stato un progetto all’avanguardia anche per questo?

I protagonisti della Shell Eco-Marathon hanno avviato carriere importanti e ottenuto risultati professionali di alto livello. Paolo Magli li ricorda tutti con piacere e orgoglio.

Il primo anno eravamo quasi 30, poi abbiamo imparato che ne bastavano anche meno. Però il nucleo era sempre di una dozzina, una quindicina di studenti. Una delle ultime pilotesse, quando c’ero io, è una ragazza che adesso lavora nell’ambito del corporate venture capital.

C’erano delle donne che lavoravano su Beat Pilots. Poi avevamo anche delle ragazze nel team che si occupavano del marketing e della promozione della logistica. Ci sono sempre state delle ragazze.

Nel corso degli anni sono stati coinvolti decine e decine di studenti, alcuni di quelli che avevo selezionato hanno fatto una bella carriera. Alessio Setaro, inizialmente responsabile della logistica, ha lavorato nella gestione dei sistemi informativi in quello che all’epoca era il CPI, il Consorzio Politecnico Innovazione, poi è passato in Finlombarda e adesso è responsabile di Cyber Security di Leroy Merlin Italia. Un’altra persona che cito è Niccolò Pasini. Ha avuto modo di far pratica di costruzioni in fibra di carbonio in un’azienda di Varano de Melegari, vicino alla Dallara, in provincia di Parma. Poi è diventato un dottorando del Professor Cugini grazie al quale è giunto a concludere il dottorato in Lamborghini a Bologna che, successivamente, lo ha assunto come responsabile della fibra di carbonio. Dopo l’esperienza in Lamborghini, la BMW lo ha portato a Monaco di Baviera, adesso è a Torino ed è il responsabile tecnico di Pininfarina, che realizza una supercar elettrica da due milioni di euro.


Il record più bello? O anche solo quello che ricordi col sorriso.

A me ovviamente, per come ne parlo, lo capirete, è rimasta nel cuore, perché per me è stata una cosa formativa e il mio desiderio era quello di fare in modo che altri potessero avere questa stessa opportunità. Ci sono stati alti e bassi però alla fine secondo me ne è valsa comunque la pena. Devo dire che il primo premio che abbiamo ricevuto, quello in cui sono io là sul podio, è stato molto bello. È stata molto bella anche la partecipazione a Houston. Nel 2009, con il veicolo Artemide, abbiamo fatto 2740 chilometri al litro, che era il record per un veicolo italiano. Eravamo a metà del record assoluto, però come record italiano quello è stato un bel traguardo. In realtà, la parte divertente era la vita sul circuito, i tre giorni di trasferta a correre per le verifiche tecniche, la gara, i problemi tecnici, la sera in tenda, ci sono stati tantissimi momenti. L’esperienza la porto sempre nel cuore. Questa è la cosa più divertente che abbia mai fatto, professionalmente parlando.


C’è qualcuno che ricorda e vuole citare, con cui ha condiviso questo percorso?

Cugini sicuramente. Dragoni, Bracchi. Poi sai, il professor Mastinu sicuramente.


Foto di gruppo Shell Eco-Marathon, Nogaro, 2006


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