Confluenze Magazine Anno 1 Numero 3

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

Anno 1 - n.3 maggio 2013

www.confluenze.com


Coordinatore Rivista online

Natalino Costa Coordinatore Pubblicità per l’Italia

Marco Feliciani Coordinatore Pubblicità per l’estero e web master

Massimiliano Lo Faro Coordinatore Relazioni Italia/estero

Pino Messina Coordinatore Immagine

Corrado Corradini

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CONFLUENZE Esperienze di pesca a mosca

Foto di copertina: La ninfa, di Corrado corradini

Quale ritorno?!

… e dopo una bella e redditizia uscita di pesca, non rimane che un … pesante, faticoso, laborioso, stancante, estenuante, triste, gioioso, esilarante, ritorno alle cose di sempre. Non è così? Non ci credo, non ci credo nemmeno se me lo scrivete e giurate. O io sono particolare, oppure voi siete speciali. A me capita sempre! Il ritorno dopo una bella o brutta giornata è la cosa che mi stressa maggiormente, è quel lasso di tempo che non mi ha mai soddisfatto e che spesso mi innervosisce e mi mette di cattivo umore. Non siete convinti? Allora mettiamo sul piatto qualche esempio. L’uscita singola, di un giorno: la partenza e il tempo per raggiungere un sito, durano quanto il tempo per elencare i desideri e per esternare le aspirazioni. Siamo spesso coinvolti dalla brama delle sorprese verso i nuovi posti, coinvolti dai discorsi su ciò che spesso, prima di noi, altri sono riusciti a combinare, dai racconti di mattanze altrui, dagli artificiali che hanno usato e che noi siamo comunque riusciti a copiare. Due o tre ore di viaggio e di ansiosa attesa poi finalmente la pesca. Infine c’è il ritorno, la realtà, le verità della giornata, le nostre soddisfazioni e le delusioni da mettere sul piatto, i silenzi dei ripensamenti, un orologio che diventa sempre più lento e stancante, il traffico che incombe, lavori in corso, soste per i rifornimenti di carburante, i ritardi che mettono in crisi “la famiglia”, tutte le cose da rimettere in ordine all’arrivo e le cose rotte da curare. Tutto questo solo per qualche ora di pesca o anche meno di ore, … perché hanno mollato la diga, perché è scesa acqua di neve, perché l’acqua era più alta del solito o più bassa, perché appena arrivati è scoppiato un tremendo temporale, perché dopo dieci minuti ho fatto il bagno, perché appena entrato in acqua ho rotto i waders, ho spezzato la canna nuova, … un dito, un … disastro e tutto questo in una sola giornata. Tutto compreso in un giorno: un’andata e un critico ritorno. Ma per uscite di pesca più lunghe? Per le lunghe credo che sia ancora peggio. Si inizia con la preparazione del viaggio, con gli incontri tra partecipanti, amici e conoscenti, si consultano i siti internet, si sfruttano esperienze di altri, si mette in campo la nostra esperienza e la nostra consumata età, si ricercano tutti i low cost, si tappano gli ultimi buchi delle nostre lacune e finalmente si arriva al giorno della partenza. Si va, ci si in3 Confluenze

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cammina, la meta e li a qualche ora di macchina, di treno, di aereo, di qualche mezzo che ci porterà a destinazione. Poi si pesca, si ripesca, si cattura, si perde, si vince, si mangia, si dorme, si parla, si discute, ci si arrabbia, nascono gli attriti, le beghe, ci si insulta, si rompe l’amalgama di anni e l’ultimo giorno, ci si riunisce in fretta per raccogliere i cocci sparsi e infognarli nella borsa del ritorno, tutti nella stessa macchina senza parlarsi, evitando possibilmente di sedersi vicini, facendo, per ore, finta di interessarsi al paesaggio monotono che accompagna un’infinita autostrada, … con le cuffie incastonate nelle orecchie per non sentire e non sapere, facendo finta di dormire per non dare il cambio a chi guida, oppure attribuendo insormontabili danni fisici e momentanee disabilità, per rimanere comodi e disinteressati. Che bel ritorno, nemmeno una parola per non assaporare il gusto di ricordare, solo un’estrema voglia di spingere velocemente avanti il tempo per saltar giù dal mezzo e fuggire. Ma queste situazioni si ripetono spesso anche per ritorni più importanti, tornando magari in aereo, seduti incastrati tra sconosciuti ai quali non puoi esternare le tue soddisfazioni per demeriti di lingua o, nel caso di linguaggio comune, per estremo disinteresse tipo: “… la pesca non mi interessa proprio, … non capisco come mai la gente vada a pescare, … che bisogno c’è di andare fino in America per prendere dei pesci!” E noi, cosa possiamo pensare di fronte a simili risposte? A volte però certe frasi ci mettono un poco in imbarazzo: “… torno o non torno, certo che ritorno, sopporterei ancora anche simili persone pur di ritornare, sopporterei anche, come questa volta, un mio ritorno solo, senza i bagagli che non sono arrivati!” Quanti episodi, quante storie si potrebbero narrare, quante avventure, i ritorni risultano spesso molto più complicati delle partenze, forse perché lasciati più al caso, più alla giornata, meno ragionati, lasciati al tempo per tornare, uno spazio che non soddisfa e che merita sempre un po’ di disprezzo, perché fa parte dello “spiacevole” di un viaggio. Ritorni lunghi, ritorni brevi, guide stancanti con compagni logorroici, guide solitarie in compagnia di amici che alla prima curva ti abbandonano per andare in braccio a Morfeo, insofferenze, ricordi, soliloqui e soluzioni. E’ un po’ che ci penso, devo trovare un rimedio, un espediente, … una pillola magica che ti fa mollare temporaneamente il mondo, mentre una badante ti coccola intanto che tu, come ipnotizzato, viaggi verso il ritorno, … un aereo personale a decollo verticale con partenza e arrivo nel tuo giardino (tuo, perché io il giardino non ce l’ho!), … una estesa rete di tubi a grandezza d’uomo dove ti infili e a “mo” di posta pneumatica, in un attimo ti sparano dove vuoi. Io una soluzione l’avrei anche trovata: il non ritorno, una sorta di residenza temporanea nei luoghi di pesca, una sorta di asilo politico di pesca. Ci si ferma là, non si torna se non con … un’ambulanza che ti porta alla prossima destinazione, l’ospedale psichiatrico! Cosa ne dite? Forse è meglio tornare, anche con qualche sopportazione che, però, ti regala ancora l’opportunità di … tornare a pescare.

Natalino Costa

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

ANNO 01 N.°03 maggio - giugno

PRESENTA:

Salmoni & DueMani Capitolo I:

SOCKEYE

di Massimo Pasturenzi

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16

IL CHIESE Di Albino Canepari

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FACCIAMO UN PO’ DI RUMORE!!! Di Carlo Aliprandi

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Il Gail a Villach Di Natalino Costa

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Cefali in deriva Di Danilo Palermo

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PHEASANT TAIL

UN ARTIFICIALE IN CONTINUA EVOLUZIONE E TRASFORMAZIONE: PARTE 1: LE NINFE.

Di Marco Feliciani

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BUCKTAIL FOREVER 3 pag

Di Antonio Rinaldin

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CATTURE PERFETTAMENTE INASPETTATE Di Pino Messina

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128

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

Hanno collaborato per la realizzazione di questo numero: Massimo Pasturenzi Biologo, nato a Tradate in provincia di Varese, ha collaborato con diversi istituti di ricerca in ambito nazionale ed internazionale, acquisendo competenze nell'ambito della biologia e chimica dei sistemi acquatici naturali. Ama in modo straripante il fiume e ormai da più di un decennio è irrimediabilmente stregato dalla pesca delle specie anadrome, con una predilezione per il salmone atlantico e la steelhead, Attualmente responsabile della Education/Conservation per la Federation of Fly Fishers Italia,

Carlo Aliprandi Nato a Monza nel 1969, dove tuttora abita, è sposato felicemente con Simona e padre di due splendidi bambini, Leonardo ed Elisabetta. Ha iniziato a pescare a mosca nel 1997, la pesca a mosca e tutto il suo mondo sono diventati per lui, una passione a cui non può rinunciare. E’ socio del Fly Monza.

Antonio Rinaldin Eredita dal padre la passione per la pesca. All’inizio degli anni ottanta si avvicina alla pesca a mosca grazie all’amico Marco Feliciani. Da subito si innamora di questo mondo, della pesca, ma in particolare della costruzione, realizzando mosche di ogni tipo e misura, per la pesca in acqua dolce e in mare. E’ socio del Fly Angling Club di Milano.

Marco Feliciani E’ nato nel 1959 a Milano, padre di tre figli, Giulia, Giovanni e Luciano, convive da anni con Antonella. Fin da bambino conobbe la pesca a mosca alla quale si dedicò completamente nel 1977: fu amore a prima vista e da allora praticò solo questa meravigliosa tecnica. Attualmente è presidente del FLY ANGLING CLUB di Milano, è sicuramente uno dei più quotati fly tyers Italiani. Da anni collabora con le migliori riviste di pesca a mosca. Altri collaboratori: Pino Savino - Roberto Facchinetti - Osvaldo Gilli -

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Albino Canepari Nasce a Pieve Porto Morone (PV), sulle rive del PO, inizia a pescare ancora prima di andare in bicicletta. Trasferitosi a Lodi nel 1983 incontra Gilli Osvaldo e Rioldi Lino si appassiona così alla pesca a mosca. Con Osvaldo, Lino e altri 16 PAM è socio fondatore del Club Pescatori Mosca Lodi col quale collabora come responsabile delle relazioni con le Istituzioni. Pesca appena può.

Danilo Palermo Sono nato e vivo in Liguria dove la pesca in mare fa parte della quotidianità, quindi esserne coinvolti è cosa normale. Purtroppo trent' anni fa la pesca a mosca in mare era sconosciuta. Ho avuto fortuna qui ad avvicinarmi ad essa un giorno per caso: "oltre al mare, il fiume" e scoprire il vero piacere della pesca in ogni ambiente possibile.

Corrado Corradini Ha fatto il fotografo per passione e come professione per otto anni poi, per caso, è entrato in contatto con il meraviglioso universo della pesca a Mosca. È' stato un " colpo di fulmine ". Si sta parlando di una trentina di anni fa, oggi, in maniera certamente più matura ed equilibrata, vive parallelamente l'amore per la pesca e per la fotografia in funzione alla sua duplice esperienza.

Natalino Costa Nato a Lodi, nella pianura lombarda delle rogge, delle risorgive, dei canali e dell’Adda, risiede ed è sposato con Grazia dalla quale ha avuto due figli. Passata, spinning e poi mosca, l’escalation, della sua pesca. Dal 1983 la scoperta della pesca a mosca che ha poi cambiato non poco le sue abitudini e le sue passioni. Nel 2004 ha formato il gruppo di redazione che per otto anni ha curato la pubblicazione di Fly Fishing.

Max Lo Faro

La pesca a mosca è per lui, più che uno svago o un lavoro, un vero e proprio stile di vita. Nato nel Friuli nel “73”, per motivi professionali, vive in Austria da più di 15 anni. Le sue esperienze di pesca, hanno varcato spesso i confini europei, partendo dai grandi fiumi dell’Argentina, fino ai fiumi del Nord come il Mörrum in Svezia, passando attraverso le flat delle Bahamas, ma il suo cuore rimane per i fiumi nostrani ricchi di trote e temoli.

Pino Messina La pesca a mosca a due mani è per lui una vera e propria religione, una passione che lo porta ad investire tempo e risparmi in continui corsi di aggiornamento sul lancio tecnico ed in battute di pesca al salmone atlantico ed alle trote di mare in giro per il nord Europa. Istruttore di lancio ed autore di diversi articoli pubblicati sia su riviste del settore che on-line, da anni si dedica inoltre alla caccia di trote marmorate nei grandi fiumi del piano. 9 Confluenze

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British Columbia, foto di Roberto Facchinetti 15 Confluenze

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Salmoni & DueMani Capitolo I:

SOCKEYE

di Massimo Pasturenzi

L’autore con un grosso e freschissimo Sockeye

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Abboccate rabbiose, salti a ripetizione, partenze fulminee, agilità e forza, imprevedibilità: è questo il biglietto da visita di uno dei più affascinanti salmoni del pacifico: il Sockeye. Cerchiamo di conoscerlo meglio. La British Columbia è un autentico paradiso per ogni pescatore di salmoni. Una moltitudine di laghi e fiumi dalle acque cristalline, spettacolari montagne, foreste millenarie, maestosi fiordi e una natura ancora intatta, ne fanno una meta davvero unica. Siamo andati a cercare i Sockeye salmon nel nordovest di questa splendida regione. Più precisamente nel bacino dello Skeena River, un fiume dalla straordinaria bellezza.

IL PESCE Il Sockeye (Oncorhynchus nerka) è il terzo salmone del pacifico, per abbondanza, dopo Pink e Chum. In nord America, è distribuito tra il fiume Sacramento in California e il Kotzebue Sound. In Asia il suo range è compreso tra le isole Kuril e il fiume Anadyr, con una particolare presenza nei fiumi della penisola della Kamchatka. Il suo ciclo vitale, mostra svariati modelli comportamentali e presenta diverse peculiarità. Tra queste la più originale è certamente relativa al fatto che questo stupendo salmone necessita, di norma, di un bacino lacustre adiacente alle aree di riproduzione (che generalmente sono piccoli affluenti, meno frequentemente la prima parte

del fiume emissario o il lago stesso). Questi laghi risultano, di fatto, vitali per la sopravvivenza e l’accrescimento degli stadi giovanili del salmone, prima del ritorno nell’oceano. L’unicità di questa particolare forma di adattamento è risultata vincente in termini evolutivi, se si considera il successo della specie rispetto ad altri salmoni e trote anadrome del Pacifico, 17 Confluenze

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ma risulta altrettanto evidente quanto delicato possa essere l’equilibrio ecologico di questo pesce e quanto importante debba essere l’attenzione per la salvaguardia di queste aree. Nell’ampio bacino dello Skeena, si contano almeno 28 laghi utilizzati come nursery dai Sockeye e non meno di 70 distinti siti riproduttivi. Il sistema lacustre Babine-Nilkitkwa (il più grande lago naturale della British Columbia) sostiene la più ampia popolazione di Sockeye del Canada. Questo in relazione anche alle opere per l’incremento della produttività, realizzate fin dagli anni ‘70, culminate con la costruzione di imponenti canali per la riproduzione sui torrenti Pinkut e Fulton. I Sockeye adulti risalgono i fiumi della British Columbia fin dall’inizio dell’estate e si riproducono nel tardo periodo estivo o in autunno, dopo

un’incredibile variazione morfologica e della livrea che li porta a diventare di colore rosso intenso. Gli avannotti (fry) emergono dalla ghiaia nella primavera successiva e, in breve tempo, si trasferiscono nella zona litorale del lago. Qui si nutrono voracemente di plancton (prevalentemente cladoceri, copepodi e gammaridi) e si accrescono per un periodo variabile da uno a due anni. Dopo aver portato a termine un processo di adattamento fisiologico alle condizioni di vita nelle acque marine, i giovani Sockeye si spostano definitivamente nell’oceano, dove restano per due/tre anni, accrescendosi nelle ricche acque del Pacifico settentrionale e compiendo una lunga migrazione, prima di ritornare a casa. Al momento della risalita il loro peso è mediamente 2-4 chili con punte anche significativamente superiori per alcuni individui e/o popolazioni.

L’incredibile scenario dell’imponente fiume Skeena

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Coppia di Sockeye sul nido, con la particolare livrea riproduttiva

IL FIUME Lo Skeena River nasce nello Spatsizi Plateau e con i suoi 570 km di lunghezza è il secondo fiume della British Columbia e uno dei più lunghi al mondo tra quelli senza sbarramenti. Il complesso bacino idrografico (circa 50.000 Km2) è in grado di sostenere la risalita di cinque specie di salmoni del Pacifico (Chinook, Chum, Sockeye, Pink e Coho) e due trote anadrome (Steelhead e Cutthroat), tutti appartenenti al genere Oncorhynchus. Diversi affluenti dello Skeena sono annoverati tra i migliori fiumi del mondo per la risalita di queste specie. Tra questi spiccano nomi come Kispiox, Babine, Bulkley, Mourice, Zymoetz. In tutto il Canada, lo Skeena è secondo solo al Fraser per quanto riguarda la produzione di Sockeye salmon.

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LA TECNICA

Il momento migliore per pescare i Sockeye è all’inizio della loro risalita nei fiumi, quando i pesci mostrano la loro meravigliosa livrea oceanica e sono ancora nel pieno delle forze. Pescarli più avanti (magari sui letti di frega) è, a mio parere, poco etico e oltremodo volgare. La tecnica che prediligo per la canna a due mani è senza dubbio lo stile scandinavo (“underhand”), con canne dai 13 ai 15 piedi in relazione al tipo di ambiente ed utilizzando shooting head ad elevato grado di affondamento. La tecnica di pesca non è semplice, soprattutto nelle correnti veloci, poiché occorre restare sul fondo ma senza “affossare” la lenza, sottraendosi ad una veloce deriva. Per questo motivo, si rende spesso necessario lanciare a monte per effettuare successivamente un ribaltamento controllato della coda, evitando di perderne il contatto. In questo senso la tecnica in skagit (molto utilizzata su questi pesci) può parzialmente eludere il problema e risultare anche più semplice ed efficace dello scandinavo. La mia preferenza è legata al fatto che con lo scandinavo l’abboccata è decisamente più violenta e diretta. Pura questione di adrenalina!!! Le mosche devono possedere colori brillanti, con lo scopo di stimolare l’aggressività di questo pesce. Costruzioni con una dominante rosso/arancione fluo o chartreuse, usate in differenti condizioni d’acqua, danno nella mia esperienza i risultati migliori.

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Tonino in action


Landed!

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A CACCIA DI SOCKEYE … Dopo circa trenta minuti di sterrato, in piena riserva indiana, lasciamo le jeep e ci addentriamo, a piedi, nella foresta. E’ ancora buio e, armati dei soliti (presumibilmente inutili) campanelli antiorso, ci muoviamo, non senza difficoltà, alla luce delle torce. Dopo alcuni chilometri di marcia raggiungiamo il bank sullo Skeena. La luminosità è ancora scarsa, ma lo spettacolo del grande fiume, lì davanti a noi, è incredibile. Le acque, opaline, sono decisamente più alte della media stagionale e la corrente è davvero impetuosa. Il fiume, in questo tratto, è largo non meno di duecento metri e fila via quasi completamente uniforme. Sotto riva la corrente rallenta un poco e si intuiscono diversi massi sommersi e alcuni cambi di pendenza, che sembrano interessanti. Il tempo di posare l’attrezzatura sulla riva e ci accorgiamo che un grosso orso nero è arrivato sulla sponda, proprio in fondo al bank. Muso a terra, è impegnato alla ricerca di qualche cosa da mangiare tra i sassi della riva. Incurante della nostra presenza, si avvicina lentamente. Giunto ad una settantina di metri ci degna finalmente di uno sguardo, ci fiuta alzando il muso e, fortunatamente, de-

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cide di rientrare nella foresta. Iniziamo a montare le nostre 15 piedi. Utilizzeremo code ad elevato grado di affondamento per cercare i Sockeye, che tendono a risalire il grande fiume radenti il fondo. Sul fiume Skeena la scelta della coda è di fondamentale importanza per poter ottenere risultati di pesca soddisfacenti. La linea deve tenere adeguatamente il fondo, scivolando tra i sassi, in modo dolce, permettendo un’azione continua, senza “piantarsi”. Il letto, in molti tratti del fiume, pare fatto apposta per incagliare code, polyleader e finali. Mani invisibili sembrano attendere ogni lieve affossamento della lenza per afferrarla inesorabilmente. E la difficoltà è resa ancor maggiore dal fatto che il lancio è spesso eseguito da monte a valle. E’ chiaro che, in queste condizioni, una buona tecnica di lancio, che permetta un’adeguata distensione e controllo della lenza, durante la passata, può risultare efficace, sia per la presentazione della mosca che per evitare spiacevoli inconvenienti. A scanso di problemi, è, comunque, vitale partire muniti di un appropriato numero di polyleader (almeno una decina) e di mosche (almeno un centinaio!).

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Un amico ci guarda con particolare attenzione mentre peschiamo

Franco è tutta adrenalina mentre uno stupendo Sockeye salta e prende lenza! 23 Confluenze

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Dopo un ultimo sguardo verso la foresta, con il battito del cuore che torna decisamente ad accelerare, mi avvicino alla riva e mi sistemo. Sono piazzato immediatamente a monte di un interessante cambio di pendenza, dove cerco di immaginare la posizione dei pesci che lo valicano, per raggiungere la corrente successiva. Davanti a me, ad una quindicina di metri, intuisco un probabile masso sommerso che devo evitare assolutamente, ma che allo stesso tempo può essere vincente. Parto corto, bagnando solo le suole. Non ho fuori neppure tutta la coda. L’acqua è abba-

stanza opalina così ho montato una mosca con una dominante rosso fluo e riflessi gialli. Eseguo un paio di passate volando sull’acqua. Poi allungo un po’ di più e forzo il lancio a monte. La lenza è ben distesa e finalmente la sento lavorare dolcemente, tra i sassi del fondo. Ancora una passata identica. Al terzo lancio allungo ancora un pochino. Seguo concentrato la coda con la vetta della canna e arrivo alla deriva proprio dove cambia la corrente, ma non succede nulla. Allungo ancora. Devo cercare un altro canale di risalita. Adesso la coda è tutta fuori e ho in

Cielo coperto ed acque impetuose, uno splendido connubio per intercettare qualche run di Sockeye

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Fiore di mosche utili in acque meno opaline, efficace alternativa a quelle di dominante rossa su acque più “cariche”

mano 7/8 metri di running line. Il mio scopo è di pescare intorno ad un grosso masso sommerso, posizionato a circa 23/24 metri, proprio a monte di una bella variazione di pendenza. Trovo la distanza giusta, ma la corrente è molto forte e non riesco ad entrare in pesca. Lancio per una quindicina di minuti, cercando di variare le posizioni d’entrata ed effettuando qualche mending e sento finalmente un piccolo ma combattivo Pink a fine deriva, che perdo durante il recupero. Decido di uscire per montare una coda più affondante. L’operazione mi porta via non più di 5 minuti (magie dell’underhand!). Monto anche un polyleader più corto (5 piedi), di tipo super fast sinking, per entrare più rapidamente in pesca. Mi posiziono e riprovo. Adesso sento molto bene il fondo, ma, le prime tre passate, sono altrettante mosche che se ne vanno! Mi sposto di un metro a valle e ricomincio con il mio double spey. Arrivo a tre quarti di passata senza incagliare e, un attimo dopo, avverto un’abboccata decisa. Ferro prontamente e mi preparo. E’ ancora un grosso maschio di Pink Salmon, di almeno 2 chili, che mi fa sudare come un matto prima di arrendersi. Lo slamo, lo rilascio e rilancio.

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Il fiume Mezjadin scorre completamente circondato dalla foresta e, attraverso l’omonimo lago, sostiene una tra le più importanti popolazioni di Sockeye del bacino del Nass, nel nord della British Columbia

La passata va via che è un piacere. “Sento” che non incaglierò neppure questa volta. Sfioro il grosso masso e, mentre arrivo quasi alla fine dell’azione, decido di accelerare, portando delicatamente la vetta a monte. Passa solo un secondo ed arriva una legnata tremenda! La mangiata è rabbiosa e prolungata, di quelle che raddrizzano la canna. Ma io sono superconcentrato e rispondo in modo appropriato. In tutta risposta, il pesce mi raddrizza la coda saltando tre volte. E’ lui! Uno splendido Sockeye, che battezzo non meno di 5 chili! Senza esitazioni parte come un razzo verso valle, portandosi via venti/venticinque metri di running line. Mentre scende salta e schiena. Lo devo assecondare ridiscendendo il fiume insieme a lui. Calibro il palming sulla bobina e finalmente riesco a farlo girare … oppure lo decide lui, perché immediatamente risale tenendo il fondo e spingendo come un matto verso il centro del fiume. Salta ancora a ripetizione e devo assecondarlo con la vetta per non perderlo. Si gira ancora e mi permette di recuperare lenza. Finalmente vedo la punta della mia coda e decido di iniziare ad indietreggiare. Ma lui si è fatto tutto il pacifico a nuoto, resistendo ad orche e leoni marini e non ne vuole sapere di venire da me. Salta ancora diverse volte, cerca di zigzagare sfruttando le scie di corrente, ma alla fine lo sento cedere. La di-

fesa è più sorda, tuttavia, quando è a qualche metro dalla riva, mi stupisce ancora: riparte, tutto nervi, sbobinando diversi metri di linea e compie due salti (spesso fatali in questi momenti della battaglia!) che riesco ad assecondare appena in tempo. Lo devo lavorare ancora per riportarlo sotto, ma adesso è davvero esausto e in breve è mio! Lo slamo delicatamente nell’acqua e, mentre lo fotografiamo, lo posso finalmente ammirare. E’ un pesce magnifico. Sembra forgiato nell’argento. La forma è slanciata ed idrodinamica. Il dorso, dai riflessi smeraldo, scivola fino all’agile coda bilobata. La muscolatura è potentissima. E’ una macchina perfetta per tenere correnti impetuose, risalire, saltare. Nel frattempo un’altra canna si piega. E sono ancora salti a ripetizione, partenze fulminee, ritorni velocissimi. Alla fine un altro lingotto d’argento di circa 4 chili si adagia sul bagnasciuga. Così, in mezzo ad un’interessante run di Pink, continuiamo per almeno un’ora ad infilare (e non di rado a perdere!) spettacolari Sockeye. Ne salpiamo alcuni di dimensioni davvero eccezionali. Tra questi ci imbattiamo in uno dei primi Northern Coho della stagione. Uno splendido pesce di circa 8 chili! Poi la run si esaurisce e, nonostante gli sforzi, le abboccate si fermano. Ma la mattina è di quelle che si ricordano. E le facce sono tutte sorridenti.

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Considerazioni finali L’interesse verso il Sockeye nell’area pacifica settentrionale è molto grande, poiché questo pesce è, senza dubbio, considerato il salmone di maggior valore commerciale tra le varie specie. La pesca, soprattutto professionale, ha contribuito in diversa ma importante misura alla riduzione degli stock di Sockeye che, come abbondanza e riproduzione naturale, restano ai livelli storici probabilmente nella sola penisola della Kamchatka. Altri fattori stanno contribuendo a questa rarefazione: riduzione dell’habitat, inquinamento, cambiamenti climatici, dighe e allevamenti. In questo momento, mentre sto scrivendo, è in atto una battaglia legale senza precedenti

in Canada, da quando, negli ultimi dieci anni, vi è stata una drammatica riduzione nei ritorni di Sockeye nel fiume Fraser, il bacino più importante al mondo per la produzione di questa specie. Alcuni ricercatori hanno accertato una stretta relazione tra i numerosi allevamenti in mare e lo sviluppo di nuovi patogeni, forme virali ad alta virulenza, che colpirebbero i salmoni selvaggi in transito lungo lo stretto canale dell’isola di Vancouver, di ritorno al Fraser. Le resistenze nell’accettare queste evidenze sono molto forti, poiché toccano inevitabilmente interessi politici e commerciali che vanno al di la del Canada stesso. Per questa ragione la battaglia è cruenta ma cruciale per la salvaguardia dei salmoni selvaggi.

Rilascio

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5 chili di salti e partenze fulminee

Roberto mostra un Sockeye catturato con la tecnica dello skagit

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Viviamo in un mondo globale e stiamo diventando esseri globali. Io non ho dubbi: conoscere l’ecologia di questi pesci, solo all’apparenza così lontani, pescarli, sentirli tra le mani, poterli osservare da vicino, significa, per ogni pescatore, appropriarsene in modo empatico. Significa rendere attiva la nostra coscienza verso di loro, significa amplificare lo spessore dell’essere umano e porre le basi per la loro e per la nostra tutela. Se volete sapere qualche cosa di più su questo splendido pesce contattatemi pure attraverso la mia e-mail: max.pasturenzi@libero.it Francesco posa con il suo lingotto d’argento

Pino resta incantato dopo la battaglia con un grosso esemplare che tradisce una prima, quasi impercettibile, variazione della livrea

Davide esausto ma felice mette in evidenza la sfuggente siluette del Sockeye, con il caratteristico peduncolo caudale, più allungato e stretto rispetto alle altre specie di salmoni

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Scene di follia dopo una fantastica cattura!


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Temolo, foto di Natalino Costa

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Val di Fumo, il Chiese sopra la diga di Malga Bissina


IL CHIESE Testo di Albino Canepari Fotografie di Osvaldo Gilli e Natalino Costa

Il fiume Chiese nasce nel gruppo dell’Adamello, esattamente dal monte Fumo in Trentino e percorre le Valli Fumo, Daone, forma i laghi artificiali di Bissina, Boazzo, Murandin e Cimego. A Pieve di Bono entra nella omonima Valle del Chiese (Val Giudicarie Inferiore) si getta poi nel lago d’Idro da cui esce in provincia di Brescia per poi finire la sua corsa nel fiume Oglio nei pressi di Acquanegra sul Chiese, per un totale di 170 km. Già dal suo inizio, in Val di Fumo, il Chiese ha un’ottima attrattiva per noi pescatori, infatti nelle sue freschissime e cristalline acque si possono insidiare fario e salmerini di fonte di entusiasmante livrea. Arrivare in Val di Fumo necessita di una buona propensione alle camminate, in macchina si arriva sino alla diga di Malga Bissina (1788 mt) e poi si deve proseguire a piedi per almeno 30-35 minuti prima di trovare il torrente da dove si può già iniziare a pescare.

Però per godere della natura e delle catture interessanti bisogna proseguire oltre, superare il rifugio Val di Fumo (2200 mt) e salire almeno al secondo pianoro, cioè si deve camminare per almeno un’altra bella oretta, ma il paesaggio già da solo ripaga della fatica, si è ai piedi del massiccio dell’Adamello vetta delle Alpi Retiche di 3539 mt. La parte intermedia del Chiese, interessante per la pesca, va dal Lago di Malga Bissina sino alla Diga di Cimego. Il percorso del fiume passa da gole profonde a piccole buche a brevi lamette. Scendendo si incontra poi il piccolissimo lago di Nudole abbondantemente popolato di salmerini coloratissimi che però soffrono di nanismo, penso, per il loro abbondantissimo numero; anche le fario non mancano, ma sono in netta minoranza. Il Chiese in questa sua discesa, forma altri due invasi artificiali, il lago di Boazzo e quello di Murandin.

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Val di Fumo, il Chiese “alto”, nel parco dell’Adamello 37 Confluenze

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Il Chiese a Nudole

Il Chiese a Limes, sotto Boazzo

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Le gole sopra Murandin 39 Confluenze

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Nella zona a valle, a Pieve di Bono, prima di entrare a formare l’invaso di Cimego, scorre piatto per un tratto con lente correntine, buchette tra sassi dove la poca acqua aumenta la difficoltà d’approccio. ma è assolutamente da provare. Poi riceve le acque dell’Adanà e da lì in giù corre veloce con sponde ornate dai prati e piante e nella stagione estiva, anche la vegetazione acquatica aiuta ad aumentare l’attrattiva di pesca di questo tratto. La successiva zona va dall’invaso di Cimego al limite del comune di Condino con Storo. Questa è la parte più interessante e frequentata dai moschisti. Le acque sono sempre pulite anche dopo temporali estivi e alla popolazione di trote fario si aggiungono marmorate, con gli immancabili ibridi, e temoli di interessante taglia. In questa parte del fiume è stato istituito da qualche anno anche un tratto NK.

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L’Adanà

Il Chiese sotto Pieve di Bono

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Il Chiese a Condino 43 Confluenze

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Per finire, in comune di Storo vi è l’ultima riserva che oltre al Chiese comprende anche delle risorgive che possono essere considerate delle rogge, ma sempre con acqua pulita e ben popolate. Questo tratto è da me preferito ad inizio stagione, quando la vegetazione è ancora sopita dal sonno invernale. Prima di gettarsi nel Lago d’Idro la sponda destra è in provincia di Brescia, quindi la pesca è libera e vige il regolamento regionale, la sponda sinistra è in comune di Bondone, località Baitoni, che ha il suo permesso. Per fare un po’ di chiarezza: - dalle sorgenti all’invaso di Cimego ci vuole un permesso che si fa o a Pieve di Bono o a Daone, permette di pescare anche nei laghi e negli affluenti. Tra questi, interessante il Leno che si getta nel lago di malga Boazzo con una cascata di 90 metri e l’Adanà che entra nel Chiese a Pieve di Bono - dall’invaso di Cimego al confine del comune di Storo ci vuole un permesso che si fa a Condino, che permette di pescare anche nel Giulis e il Sorino - in comune di Storo e Bondone ci vuole un permesso che si fa a Storo - la foce in sponda destra, è pesca libera.

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Sono anni che frequento solo il tratto di Condino, qui Io ho sempre pescato con una 8 piedi con coda 4, finali non eccessivamente lunghi e fili del 14, massimo 12 quando proprio incomincio a vedere i primi rifiuti. La pesca si svolge per lo più in caccia con mosche ben visibili e con ottima tenuta d’acqua. In modo particolare uso la “scopa”, (una ninfa galleggiante), la Royal o delle paracute grigie o beige, api e terrestri (cavallette). Quando però inizia la schiusa si deve passare a mosche più piccole vanno benissimo le imitazioni in CDC naturale o le classiche effimere. Per chi pesca a sommersa non sò suggerire niente. Ovviamente ogni stagione cambia. Inizio stagione, temolo chiuso, si pesca a piede asciutto per rispetto delle poche freghe naturali, si pesca nelle ore centrali aspettando la schiusa quindi imitazioni vicine al naturale, in caccia si prende poco. Da maggio si cambia, grosse mosche in caccia, scopa, api, Black Gnat ecc, quando inizia la schiusa i soliti CDC. In piena estate fino all’imbrunire si ha poca soddisfazione, si pesca in caccia o meglio ancora si va sugli affluenti,

specialmente il Giulis, in val Verta. Il torrente è piccolo con acque fredde e veloci dove, a parte le vipere veramente numerose, si possono incocciare ottime catture, tutte fario autoctone; bisogna seguire il corso del Giulis, salire la prima, la seconda balza, farsi annunciare dal fischio delle marmotte per pescare in acque potabili e godere della natura, lasciando invece il nostro desiderio di scendere a valle, per la sera, quando finalmente pescheremo piantati sulle bollate. Questo è il momento nel quale il Chiese di Condino da il meglio di se. Non posso suggerire cosa usare, ogni PAM ha la sua mosca piglia tutto e ogni sera è diversa dalle altre. Quando finalmente arriva settembre, tutto cambia, si pesca l’intera giornata su bollata e anche se non c’è schiusa, si prende di tutto, da fario a marmorate e soprattutto temoli, … e che temoli! In questo periodo si va in caccia, ma con mosche piccole, formiche, CDC, stone fly e vecchie “brutos” e non ci si ferma, non si smette praticamente mai se non alla fine della giornata per alimentare, oltre che la nostra voglia di pesca, la nostra pancia.

Il Chiese a Condino

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Riferimenti: ASSOCIAZIONE PESCATORI DILETTANTI DELL’ALTO CHIESE. L’Associazione è composta da 5 sezioni affiliate e precisamente: sez.di Condino, Pieve di Bono val di Daone, Roncone, Storo, Bondone/Baitoni, Tiarno di Sopra. Ogni sezione gestisce autonomamente il territorio di competenza con il proprio consiglio direttivo, ma referente per il Servizio Foreste e Fauna rimane sempre il presidente del consiglio direttivo dell’Alto Chiese con sede in Pieve di Bono. Indirizzo: Via San Giovanni 27 - 38083 Condino Telefono: +39 0465 621605 Presidente: Livio Gualdi E-mail: pescatori@condino.it Punti di vendita licenze: Condino: Bar Chiara, Via Giuseppe Garibaldi 1 - 38083 Condino Maurizio Sport, Via Berghi 1 - 38083 Condino


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lucioperca, foto di Carlo Aliprandi 49 Confluenze

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Testo e fotografie di Carlo Aliprandi

Mi capita spesso di andare a pescare in luoghi dove le acque non sono adatte alla pesca con la coda di topo, soprattutto se si parla di pesci appartenenti alla famiglia dei pesci gatto. Come nel caso del Siluro, che possiede occhi piccolissimi, perché ha notevolmente sviluppato altri organi sensoriali come udito e tatto, che esercita attraverso i lunghi bargigli attorno alla bocca e per questo, ama muoversi liberamente e attaccare le sue prede in acque torbide e sporche. Oppure come il perca (Sandra), che sta quasi sempre attaccato al fondale in acque buie e si muove di notte o con scarsa luce per andare a caccia. Metto per ultimo, non certo perché meno importante, il Luccio, che spesso troviamo ben mimetizzato e nascosto nel fitto della vegetazione acquatica, con il risultato di una scarsa visibilità da parte sua e quindi, costretto a percepire la più piccola vibrazione emessa dai pesci nelle sue vicinanze, se vuole mangiare. In verità, quelli che il predatore individua come segnali che scatenano il suo istinto predatorio, sono: la vista di un pesce “preda”, le vibrazioni che emettono causate dal loro nuoto e soprattutto i suoni ed i flash, emessi dai pesci di foraggio in branco, che tentano di sfuggire dai pesci in caccia. Tutto questo, il predatore riesce a percepirlo tramite la linea laterale, un organo sensoriale molto simile al nostro orecchio ed occhio, messi insieme. Il Boccalone (Black Bass), ad esempio, riesce a percepire rumori anche debolissimi, come lo strofinare delle zampe e delle chele di un gambero o l’incedere lento di questi, anche a parecchi metri di di-

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stanza. A volte può fare la differenza utilizzare artificiali con l’aggiunta dei rattles (sonagli), formati da un cilindro di vetro o di plastica con all’interno due o tre sfere di metallo, che scosse in fase di recupero producono delle sonorità, che si trasformano in un richiamo o in un fastidio per il predatore. In ogni caso, la nostra imitazione sarà maggiormente individuata anche in presenza di acqua torbida o di notte, con il risultato, si spera, di scatenare la sua aggressività e indurre la nostra preda ad attaccare. Ci sono aziende per la pesca a spinnig, che costruiscono e commercializzano le stesse esche sia nella versione “silent”

(ovvero silenziose) che in quella sonora, ovvero arricchita di rattling. Il perché è presto detto: ci sono momenti in cui sembrano rendere meglio le une rispetto alle altre e viceversa. Nel fai da te esistono molti modelli di rattles, in varie forme, dimensioni e colori. Ci sono quelli da inserire nell’artificiale in fase di costruzione, che sono i più indicati per chi ama costruire i propri artificiali e permettono di creare delle esche originali. Poi ci sono quelli più semplici da usare, che sono fatti in modo da essere fissati direttamente sulla lenza, permettendo di trasformare un artificiale silenzioso in uno rumoroso.

Alcuni tipi di Rattles da inserire nell’artificiale

Esempi di come fissare i rattles all’amo

Con questo tipo di rattles si possono usare tutti i tipi di streamer, basta fissarlo alla lenza

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Rattles da fissare alla lenza

Con alcuni tipi di rattles da fissare alla lenza si possono fare anche delle esche originali

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L’artificiale che vado a illustrare, è un streamer in pelo di coniglio con l’aggiunta dei rattles. Personalmente ritengo che il pelo di coniglio sia uno dei materiali naturali migliori per la costruzione di streamers, semplice da usare e nel contempo micidiale sui pesci, grazie alle sue caratteristiche di mobilità una volta immerso in acqua. Aggiungendo poi i due rattles vicino all’occhiello dell’amo, il peso stesso dei rattles dà un bel movimento saliscendi che non guasta mai!

Streamer in coniglio con rattles La ricetta Amo: Gamakatsu F314 mis. 1/0 Filo: UNI- Cord 50D nero Coda: Striscia di coniglio nero Corpo: Extra select craft fur nero+EP sparkle brush rosso+striscia di coniglio nero Zampe: elastico bicolore arancio nero Rattles: Rattle collars+Jig Skirt Rattles Testa: Epoxy 5 minuti+Glitter rosso Occhi: Doll eyes black/white 7,5

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Il montaggio

Fissiamo l’amo al morsetto

Procediamo legando una striscia di coniglio nero con il pelo rivolto verso il basso

Fissiamo del craft fur nero sopra il gambo dell’amo

Ripetiamo l’operazione sotto il gambo dell’amo

Fissiamo l’EP sparkle brush rosso

Avvolgiamo l’EP sparkle brush rosso fino a 3/4 dell’amo e poi pettiniamolo con uno spillo di servizio

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Ora fissiamo un pezzo di striscia di pelo di coniglio nero e avvolgiamolo sull’amo (max 3-4 giri)

Leghiamo due pezzi di elastico bicolore, uno per parte (lung. elastico circa 80 mm.)

Prepariamo i rattles fissandoli al collarino di silicone (questi tipi di rattles vengono usati da chi pesca a spinning e vengono applicati ai jig per i boccaloni)

Una volta preparati, infiliamo il collare nell’amo con i due rattles rivolti verso l’alto e fissiandolo con il filo di montaggio

Prepariamo gli occhi e prepariamo la colla epossidica per la testa aggiungendo del glitter rosso

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Creiamo con la colla epossidica una bella testa, e prima che asciughi fissiamo gli occhi

Lo streamer è finito

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Sedge del Gail, foto di Natalino Costa

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Il Gail a Villach Testo e fotografie di Natalino Costa

Non sempre la fortuna ti assiste, anzi, spesso ti volta le spalle malgrado il tuo impegno e le convinzioni. Parlo naturalmente di pesca o di ciò che succede in questo ambito, … e a volte, anche dopo diverse esperienze negative, la perseveranza e la cocciutaggine danno frutti insperati. In Austria a pesca mi reco più volte ogni anno sia perché mi piacciono gli ambienti montani e l’immenso rispetto dei suoi abitanti verso tutto ciò che li circonda, sia perché parecchi fiumi e torrenti, molto ben amministrati, spesso mi regalano soddisfazioni. Uno di quei fiumi che invece mi ha lasciato un poco perplesso per la resa incostante, è il Gail nel suo corso finale. Secondo me un fiume vero,

difficile da affrontare, con pesci difficili da convincere, abituati ad alimentarsi senza troppi problemi con ciò che normalmente la natura fornisce loro, pesci non molto avvezzi alle bollate su larga scala, spesso ristrette solo a certe zone dove alcuni fortunati pescatori possono anche raccontarvi, con vostro grande rammarico per non essere stati presenti, di copiose catture. Io ed alcuni miei amici, siamo spesso capitati oltre le zone favorevoli, riducendo le nostre uscite, a belle gite fotografiche in un ambiente molto affascinante e naturale, ma anche deludente. Eppure, io amo in un certo senso questo fiume, lo amo e lo temo perché non vinco facilmente la sfida, perché la sua imprevedibilità non

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lo rende scontato e facile. Queste mie riflessioni, valgono solo per il tratto terminale del fiume Gail, la riserva che porta le sue acque a sfociare in quelle della Drava a Villach, proprio ai margini della città. Chi non conosce questo tratto, sentendo parlare di un corso d’acqua che scorre molto vicino alle case, storcerà subito il naso pensando ad un ambiente un poco artefatto e poco nobile. Non è così assolutamente, nessuna devastazione da parte dell’uomo ha compromesso eccessivamente sia l’alveo che il suo contorno, ad eccezione di un paio di ponti che scavalcano il fiume, uno dei quali per il passaggio dell’autostrada che dal Tarvisio, porta Villach, dal quale arrivando, spesso riusciamo quasi a capire come potrà essere la nostra pesca.

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La riserva di Villach La riserva, come ho già scritto, è ai limiti della città di Villach e per raggiungere il fiume nel tratto in oggetto, sul navigatore si deve scrivere il nome della via, “Schilfweg” che è una laterale della Karawankenweg. Si inforcano poi la Uferweg e la Gailweg che si percorre fino ad un parcheggio adiacente la pista ciclabile. Qui ci si cambia e ci si prepara per la pesca. Il fiume è li a una decina di metri pronto per le nostre avventure. Questo punto di partenza è, grosso modo, quasi al centro del tratto di riserva, in riva sinistra. Una pista ciclabile rende facili gli spostamenti quando non si vogliono percorrere le sponde che a volte, sono un po’ impraticabili. Molte le situazioni di pesca che si possono incontrare, facilmente riconoscibili dalle diverse situazioni di corrente e dalle visibili colorazioni diverse delle acque. Zone profonde e difficili sotto una riva molto verticale, composta da grossi massi di roccia lambita da correnti veloci ed anche un poco impetuose, si alternano a rive degradanti e ghiaieti con bellissime lame invitanti. Nei periodi “giusti” in cui il fiume non è interessato dal disgelo o da qualche malaugurata piena, il Gail è stupendo. L’acqua ha una colorazione verde azzurra incredibilmente affascinante. E’ veramente un bel fiume largo mediamente dai trenta ai quaranta metri di metri, pescabile sulle due sponde in quasi tutte le situazioni che presenta. La sponda di arrivo, quella del parcheggio, è anche la più frequentata. Si incontrano spesso altri pescatori locali che generalmente pescano con esche molto pesanti alla ricerca di grosse iridee che popolano le acque più profonde. Ho avuto occasione di vedere catture “trattenute” (i locali possono) di pesci di oltre i due/tre chili. Alcuni si fermano a parlare, ma il tedesco non è per generalmente per noi facile anche se a gesti ed indicando i vari tipi di artificiali usati, si possono ottenere anche buoni consigli. Uno di questi locali, questa volta in inglese, ci ha raccontato che nei periodi delle grosse stone fly, lanciando dalla riva opposta verso la nostra, si possono catturare grossi pesci. Destra o sinistra, sembra un enigma politico, ma io mi limito a raccontare la mia opinione sulle sponde e sulla relativa pesca. Di questo tratto di riserva le ho frequentate circa il sessanta percento, quelle che mi hanno provocato l’istinto di cattura. In sponda sinistra, quella di arrivo, sotto il ponte della Karawankenweg, c’è un lungo ghiaieto con lame bellissime, lame da temolo, ma anche più sotto altre bellissime zone di acque basse sotto riva, nascondono sorprese. Sopra il ponte, il

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primo tratto in riva sinistra è pescabile con esche pesanti per via delle acqueprofonde con correnti rotte dai grossi sassi che formano la riva. Si pesca nei vari giri d’acqua più lenti in cerca e in caccia, sono buoni anche streamer di una certa dimensione. Risalendo, per qualche centinaio di metri, si arriva poi ad una zona con raschi e lame bellissime dove temoli piccoli e di buona dimensione sono presenti in buona quantità. Si catturano anche belle trote, generalmente fario, poche iridee. Di seguito, risalendo, per un tratto piuttosto lungo, la riva rimane poco agevole e con acque veloci e profonde fino al ponte dell’autostrada. Questo tratto torna ad essere molto bello e molto praticabile, popolato da temoli e trote, un ghiaieto perfetto, credo molto affollato anche dai bagnanti in estate per la sua ampiezza ed accessibilità, sempre solo pedonale o ciclabile. Si può risalire ancora per qualche centinaio di metri fino al prossimo ponte che delimita la fine della riserva. L’acqua è bassa sotto riva, le piante limitano un poco i lanci, spesso bisogna pescare in acqua. Questa è una zona da temolo che di solito bollano un metro oltre la nostra mosca. Ne ho catturati alcuni, anche il mio primo di questo Gail, ma mai di grandi dimensioni, eppure credo proprio che qui, i grandi, siano residenti! Terminata la riva sinistra nei pressi del ponte che porta all’abitato di Müllnern, si potrebbe anche fare una capatina in sponda opposta, la riva destra, basta attraversare il manufatto e si è già di nuovo in pesca. Tra le altre cose, è possibile posteggiare anche in questa località in un comodo parcheggino non molto capiente, di fianco al ponte e quasi in riva al fiume. La sponda destra a me piace molto, forse più dell’altra. Scendendo da Müllnern, a parte un centinaio di metri poco praticabili e difficoltosi per il lancio, poi la riva è tutta accessibile e il fiume molto pescabile, quasi sempre degradante e ricco di bellissime lame. Tutto questo fino a trovarsi di fronte al parcheggio in riva sinistra. Scendendo oltre per un centinaio di metri, la riva è meno accessibile, ma tra le rocce e le acque più profonde che presenta, non è difficile imbattersi con pesci molto combattivi. Superato questo tratto si pesca più facilmente fino al ponte della Karawankenweg ed è proprio questo il luogo che indicava come molto favorevole, il pescatore austriaco che parlava inglese. Si può scendere oltre, ma personalmente non ho nessuna esperienza del luogo. Questa riva destra, la scorsa primavera, è stata teatro di una favolosa pescata per me ed altri due amici. In una mezza giornata avremo pescato a testa dalle venti alle trenta trote fario, sia a secca che con piccoli streamer di colore bianco, una vera goduria!

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Due parole sulle attrezzature Permessi e alloggio Per essere certi di poter affrontare le diverse situazioni che ho descritto, servirebbero almeno due canne e due o tre code, ma come si suol dire, la verità sta sempre nel mezzo. Volete pescare in diversi modi? Per me basterebbe una canna e forse un paio di code. Direi che una buona nove coda 4/5 potrebbe superare l’esame. Per la secca finali lunghi, per la ninfa e lo streamer, finali da sistemare di volta in volta. Come ho accennato, i pesci sono spesso molto diffidenti e propensi a farsi poco vedere. A me è capitato di poter osservare bollate continue solo in posizioni inarrivabili e altre volte, appena sotto riva. Ho pescato senza prendere nulla per assenza di evidente attività mentre qualche centinaio di metri più a valle i miei compagni facevano bottino. Il Gail è un fiume e come tale si propone e ti deve piacere. Per quanto concerne gli artificiali, ad inizio stagione vanno bene piccole parachute, moscerini, exuvie, piccole gold bead dai colori tradizionali su ami 16/18. Suggerisco anche l’uso di spider e caddis da recuperare lentamente a fine passata. Per coloro che cercano il colpo grosso, un bella scatola di ninfe super affondanti e grossi streamer chiari e finali adeguati. Mosche grosse, sedge e stone fly di dimensione sono indicate per la tarda primavera.

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L’Aktiv Hotel di Gargantini è a dieci minuti di strada da questa riserva di Villach. L’ambiente è molto confortevole e sicuramente vi troverete in compagnia di tanti altri pescatori con cui potrete confrontare le vostre esperienze. I Gargantini hanno i permessi per questa riserva e all’occorrenza, potranno accompagnarvi per rendervi più facile la vostra prima volta. L’Aktiv si trova a Frogg, una frazione di Rosegg. Per arrivare dall’Italia occorre percorrere la A4 fino al bivio per Udine/Trieste. Prendere poi la bretella che porta sulla A23 proseguendo fino al Tarvisio. Appena prima della barriera fermatevi assolutamente a comprare la “vignetta” obbligatoria per accedere a tutte le autostrade austriche per dieci giorni, costa 8,00 euro, non dimenticatevi, pena multe salatissime ai quasi certi controlli. Quindi, rimanendo sempre in autostrada, bisogna arrivare nei pressi di Villach dove occorre seguire le indicazioni per la Slovenia. Pochi chilometri ed ecco la prima uscita: Rosegg, ora mancano solo cinque o sei chilometri. Giunti a Rosegg, Frogg è cinquecento metri oltre. L’hotel è inconfondibilmente riconoscibile e alla sua vista, si respira aria di pesca, i Gargantini vi riceveranno con il solito affettuoso benvenuto. www.trophyclub.it email: albertogargantini@libero.it Tel. Alberto 0043-6641736341 - Adriano 00436645307670 - Erika 0043-6643951805

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Dalla riva ... , foto di Antonio Rinaldin 79 Confluenze

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Cefali in deriva Testo e fotografie di Danilo Palermo

In autunno, nelle foci formate dai piccoli torrenti liguri, i vecchi pescatori con il rezzaglio aspettano la risalita dei cefali chiamati settembrini; da sempre riempiono la rete per poi riaprirla trattenendo solo gli esemplari più grandi e più belli. “Una mattina presto d’autunno pescavo in deriva in una stretta foce, l’acqua era fredda e chiara, vidi delle cacciate ripetute fatte da numerosi pesci piuttosto grandi, in quel momento pensai a tutto… Lanciai la mia half half a 45° attraverso la corrente, … un mending e lasciai scendere la mosca nel filo di corrente giusta. L’attacco arrivò subito, la forza del pesce era grande nella sua fuga verso il largo; lontano fece un paio di salti fuori dall’acqua, alla fine del recupero, con il pesce ormai spiaggiato, mi resi conto stupito che era un grosso cefalo”. Le catture si susseguirono in quel giorno e per molti giorni a seguire …

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La risalita di questi pesci è una realtà e una realtà è la tecnica per pescarli a mosca. I grossi e veloci settembrini dal comportamento più aggressivo, spesso cacciano pesciolini, gamberetti e qualsiasi cosa gli passi a tiro utile; vivono formando gruppi composti da centinaia di esemplari. E’ un degno avversario per il pescatore a mosca, compie potenti fughe e spesso, quando allamato, salta fuori dall’acqua. Non è difficile incontrare esemplari che superano i tre chilogrammi di peso. La tecnica migliore per insidiarlo è con la mosca in deriva. Una canna lunga, lunga abbastanza da poter controllare bene la mosca in corrente, tanto da poter effettuare mending efficaci: 9’6” / 10’ sono misure ideali, di potenza tale da lanciare mosche come i pesanti clouser. Una buona coda 8 copre tutte le situazioni e sfumature. Canne tendenti al morbido aiutano a compensare la trazione applicata sul sottile finale dalla forza del pesce. Il mulinello è importante: una frizione tarabile in modo preciso e almeno 100 mt di backing, permettono di contrastare efficacemente le fughe degli esemplari più grandi. L’assetto in acqua del sistema mosca, finale, coda è di primaria importanza per avere possibilità di successo; la mosca deve arrivare sempre in prossimità della bocca del pesce e soprattutto dovrà essere presentata in modo naturale, difficilmente il cefalo cambierà traiettoria per inseguirla. E’ necessario scegliere la coda di topo con il grado di affondamento in relazione sia al peso della mosca che in funzione della corrente e della profondità di risalita dei cefali. Avere più code con differenti densità è una soluzione. Molto comode sono le code con punte intercambiabili di diverso grado di affondamento; si possono anche creare con una coda galleggiante e spezzoni ricavati da code affondanti.

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Half half

Deciver

Acciuga

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Mare nostrum 85 Confluenze

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La cosa più difficile è l’individuazione della mosca corretta: clouser e half half sono molto efficaci, hanno un buon movimento e lunghe 50/60 mm imitano benissimo il nostro gamberetto costiero. Imitazioni di piccoli pesciolini come la mare nostrum, piccole deceiver, piccole acciughe sono altrettanto efficaci così come possono esserlo imitazioni di vermi. Un buon finale ha lunghezza totale di 9’ con il tip dello 0.25 - 0.30, ma dovrà essere adattato al sistema di lenza utilizzato. I cefali settembrini spesso stazionano nei pressi della foce, per poi risalire in gruppi numerosi. Un buon lancio in corrente a scendere di 45°, combattere il dragaggio con i mending necessari, controllare la discesa in deriva con il vettino della canna per avere sempre il contatto con la mosca, sarà la tecnica classica che permetterà una presentazione perfetta e sarà la nostra arma vincente della pesca in deriva al cefalo di settembre.

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Ninfe , foto di Corrado Corradini 91 Confluenze

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Nell’universo degli artificiali la Pheasant Tail, per me, rappresenta il fulcro centrale di tutto il sistema solare ed a testimonianza di questa mia affermazione, vi sono le infinite varianti ed elaborazioni dall’originale, un vero e proprio “laboratorio” che, anche grazie a nuovi materiali che compaiono sul mercato, permette di far nascere sempre più modelli di Pheasant tail o comunque di artificiali che si ispirano ad essa. Tanta acqua (e tempo) è scorsa nei fiumi da quando comparve, ideata da quel personaggio unico di nome Frank Sawyer, uomo e pescatore che temo non possa più esistere ai nostri giorni, dove tutto viene vissuto in modo superficiale e frenetico, sempre più spesso in modo virtuale invece che reale, e a tutto ciò non si sottrae anche la nostra grande passione, la pesca con la mosca. Frank Sawyer nacque nel 1905 e dopo i primi anni giovanili nei quali praticò una pesca poco ortodossa da abile bracconiere, passò dall’altra parte della barricata e diventò il guardia pesca del fiume dove visse e pescò: l’Avon (anno 1924). Trascorse una vita intera dove la pesca a mosca fu parte determinante e costante lungo il corso della sua vita e concluse la sua esistenza terrena all’età di 75 anni (1980) come quasi sicuramente avrebbe desiderato: fu trovato disteso lungo il corso del fiume della sua vita con ancora in pugno la sua canna da pesca.

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Frank Sawyer fu uno dei pioniere della pesca a ninfa e, caratteristica comune a tanti suoi colleghi moschisti di quell’epoca, le sue scoperte ed invenzioni nacquero dall’osservazione diretta lungo i corsi d’acqua in tanti anni, prima di tutto sul suo “Avon”, di cui fu guardia pesca per molti anni. Sawyer notò come in molte occasioni trote e temoli preferissero cibarsi di ninfe e larve nei pressi dei fondali e proprio da queste attente e lunghe osservazioni nacquero i suoi famosissimi artificiali: GRAY GOOSE, SAWYER SWEDISH, KILLER BUG, BUZZER e appunto la PHEASANT TAIL. La vera rivoluzione che Sawyer apportò nella pesca a mosca di allora è proprio nel pescare a ninfa con artificiali appesantiti e di fatture estremamente essenziali; prima di Sawyer esistevano già molti artificiali imitanti ninfe, ma si trattava di mosche che lavoravano appena sotto la superficie, privi di qualsiasi appesantimento oltre al peso dello stesso amo. In effetti un altro personaggio molto noto, GEM SKUES (George Edward Mackenzie) era un accanito pescatore a ninfa, ma i suoi artificiali erano galleggianti e pescava i pesci in prossimità della superficie. I due cultori della pesca con la ninfa si conobbero solo negli ultimi anni di vita di Skues (morì nel 1949), ma questo non impedì loro di avere una fitta corrispondenza ed una sincera stima. Resta il fatto che proprio grazie a Sawyer nacque l’idea e di conseguenza la tecnica per pescare ed insidiare i pesci in profondità, concetto ancora più innovativo e rivoluzionario dato che comparve nel pieno dell’era di Halford, periodo storico che concepiva la pesca a mosca solo con artificiali di superficie. Un altro cultore e famosissimo pescatore a ninfa, Charles C. Ritz, comprese la genialità e le grandi doti di osservazioni di Frank Sawyer e infatti trascorse molti giorni pescando in sua compagnia sull’Avon, cercando di apprendere nel modo più completo la sua tecnica di pesca. Tra i due, vere

icone della pesca a mosca con la ninfa, nacque un’amicizia che portò Sawyer ospite a Parigi più volte e venne fatto socio onorario dell’esclusivo Fario Club; tutto ciò permise a Sawyer di incontrare pescatori a mosca di molti paesi, incluso lo scrittore Emingway. Dei suoi artificiali indubbiamente la PHEASANT TAIL è l’artificiale che ha avuto maggiore notorietà e, almeno per me, un successo che continua come quando nacque ormai parecchie decine di anni fa. Se dovessi per una maledizione poter utilizzare un solo artificiale, sicuramente opterei proprio per la Pheasant Tail. Sicuramente dalla classica Pheasant Tail di Frank Sawyer alle innumerevoli varianti presenti sul mercato vi è spesso una grande diversità, ma rimane il fatto che il punto di partenza è sempre il medesimo: le lunghe fibre di piuma di fagiano maschio. Modelli di Pheasant Tail sono presenti nella produzione e nei cataloghi di tutte le aziende presenti sul mercato, ma anche nelle scatole dei pescatori, è un artificiale costantemente presente, soprattutto allo stadio di ninfa, anche se numerose sono anche le versioni sommerse, emergenti e secche. In questo articolo farò una presentazione di molteplici modelli, alcuni dei quali ideati direttamente dal sottoscritto, altri sono versioni presenti sul mercato e ideati da costruttori sparsi in tutto il globo, dato che questo artificiale è utilizzato con grande successo, dalle lontane acque della Nuova Zelanda sino alle acque casalinghe in Italia. Non vi nascondo che uno degli artificiali da me ideati e che ritengo uno dei miei maggiormente riusciti, è chiaramente ispirato alla Pheasant Tail. Per la sua realizzazione richiede infatti l’impiego di alcune fibre di piuma di fagiano maschio e filo sottile di rame: la mia APT. Ecco ora una presentazione di artificiale e alcune foto che ne attestano la loro efficacia in azione di pesca.

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Pheasant Tail testa rame

Amo: Tiemco 3761, Tiemco 900 bl o similari nelle misure 16,14, 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: sottile filo di rame Torace: in dubbing con pelo grigio medio Sacca alare: con l’eccedenza delle fibre di piuma di fagiano maschio con cui si sono realizzate code e corpo. Testa: realizzata con filo sottile di rame (0.12 – 0.14 di diamentro)

Pheasant Tail Storno

Amo: Tiemco 3761 o similari del 16,14, 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: sottile filo di rame Torace: in dubbing con pelo grigio medio Sacca alare: con piccola sezione di penna di tacchino Hackles: 1 piccola piuma morbida di stornello Testa: gold bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,0 mm di diametro

Pheasant Tail cdc

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: sottile filo di rame Hackles: 1 piuma di cul de canard grigio medio girata 2/3 volte Torace: con 3 fibre di penna di pavone naturale non rasate Testa: gold bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

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Pheasant Tail orange bead

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: sottile filo di rame Hackles: 1 piuma di cul de canard grigio medio girata 2/3 volte Torace: con 3 fibre di penna di pavone naturale non rasate Sacca alare: piccola sezione di piuma di tacchino Testa: orange bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

Pheasant tail cactus ciniglia

Amo: Tiemco 3761 o similari del 12, 10 e 8 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 1 piuma di cul de canard grigio medio girata 2/3 volte Torace: con 3 giri di cactus ciniglia o similare nei colori giallo, arancio, rosa, pearl Sacca alare: piccola sezione di piuma di tacchino Testa: gold bead nelle misure comprese tra 3,0 a 3,5 mm di diametro

Pheasant Tail ice dubbing

Amo: Tiemco 3761 o similari ndel 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: tinsel piatto color rame Torace: in dubbing con pelo naturale di colore marrone scuro e ice dubbing brown/olive Sacca alare: piccola sezione di piuma di tacchino Zampe: fibre di pernice poste ad entrambi i lati Testa: bead color rame nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro 95 Confluenze

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Pheasant Tail orange bead: dettaglio di artificiale distrutto dopo ben 16 catture slamate

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Pheasant Tail Flashback

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Torace: in dubbing con pelo naturale di colore marrone scuro Sovracorpo e sacca alare: realizzata con strisciolina di flashabou di colore madreperla Zampe: fibre di pernice poste ad entrambi i lati Testa: bead color oro nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

Pheasant Tail con zampette

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14 e 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: tinsel piatto color rame Torace: in dubbing con pelo naturale di colore marrone scuro Sacca alare: in sezione di penna di tacchino Zampe: 3 / 4 fibre di fagiano tagliate per lato Collarini: in dubbing con ice dubbing color brown /oliva Testa: bead color oro nelle misure comprese tra 2,5 a 3,0 mm di diametro

Pheasant Tail ORANGE FLUO

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14, 12 E 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Torace: in dubbing con pelo naturale di colore grigio medio/scuro Sacca alare: in sezione di penna di tacchino Zampe: in fibre di pernice poste ad entrambi i lati Collarini: in dubbing di pelo natura grigio medio/scuro Testa: di colore orange fluo nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro 97 Confluenze

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Pheasant Tail thorax ice dubbing

Amo: Tiemco 3761, Partridge 15BN (klinkhamer type) o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 3 - 4 giri di piuma di gallina marrone chiaro / ginger scuro Torace: in dubbing con ice dubbing nei colori brown/olive, pearl, orange, chartreuse, peacock/black; rusty brown Sacca alare: assente Testa: gold o orange fluo bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

A.P.T. Alberto Pheasant Tail

Probabilmente la mia migliore per efficacia ninfa da sempre: Amo: Tmc 3769 della Tiemco o similari nelle misure del 16, 14 e 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 3 / 4 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 2 - 3 giri di piuma di gallina marrone chiaro o marrone scuro Torace: in filo di rame piuttosto vistoso Sacca alare: assente Testa: gold bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,0 mm di diametro

A.P.T. FLUO

Amo: Tiemco 3769 del 16, 14 e 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 3 / 4 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 2 - 3 giri di piuma di gallina marrone chiaro o marrone scuro Torace: in filo fluo nei colori rosso, arancio, giallo, chartreuse, pearl

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Sacca alare: assente Testa: gold bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,0 mm di diametro

A.P.T. Fluo giallo

Pheasant Tail Spider Ninph

Amo: Tmc 2457 della Tiemco o similari nelle misure del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 3 / 4 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: tinsel piatto color rame Hackles: 2 - 3 giri di piuma di gallina marrone chiaro / ginger scuro Torace: assente Sacca alare: assente Testa: gold o orange fluo bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

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Pheasant Tail A.P.T. ICE DUBBING

Amo: Tiemco 3769 o similari del 16, 14 e 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 3/4 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 2 - 3 giri di piuma di gallina marrone chiaro o marrone scuro Torace: in dubbing con ice dubbing nei colori brown / olive, orange, yellow, chartreuse, pearl, peacock black e peacock olive Sacca alare: assente Testa: gold bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,0 mm di diametro

Pheasant Tail COLLEONI

Amo: Tiemco 3761, Partridge 15BN (klinkhamer type) o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 3 - 4 giri di piuma di gallina marrone chiaro / ginger scuro lungo il torace formato da 3 beads Torace: realizzato con 3 beads nei colori gold o rame; le misure possono variare da 2,5 mm sino a 3,0 mm Sacca alare: con sezione di ala di tacchino; in alternativa si possono utilizzare dei materiali sintetici riflettenti

Pheasant tail Gold Bead classic

Amo: Tiemco 3761 o similari del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan e marrone Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: 3 - 4 giri di piuma di gallina marrone chiaro / ginger scuro Torace: in dubbing con pelo naturale di colore grigio medio/medio scuro Sacca alare: con sezione di penna di tacchino Collarino: in dubbing con pelo naturale di colore grigio medio/medio scuro Testa: gold o brass bead nelle misure comprese tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

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Pheasant Tail torax ice dubbing

Amo: Tmc 2457 della Tiemco, HDG-611, HDD-301 della Dohiku o similari del 18, 16, 14, 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori marrone scuro o nero Code e corpo: 3 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame sottile Hackles: assenti Torace: in dubbing con ice dubbing nei colori arancio, chartreuse, pearl, pink, brown/olive e peacock black Testa: black o gold bead nelle misure comprese tra 2,0 a 3,0 mm di diametro


Pheasant Tail cactus chenille

Amo: Tiemco 3761 o similari del 12, 10 e 8 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan, marrone o nero Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: assenti Torace: cactus chenille nei colori pearl, orange, chartreuse, pink Sacca alare: sezione di fibre di penna di tacchino Testa: gold o orange fluo bead nelle misure comprese tra 3,0 a 3,5 mm di diametro

Pheasant Tail Ribnik

Amo: Tiemco 3761 o similari del 18, 16, 14, 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori marrone scuro o nero Code e corpo: 3 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame sottile Hackles: assenti Collarino: in filo rosso vivo, arancio o chartreuse Testa: black o gold bead nelle misure comprese tra 2,0 a 3,0 mm di diametro

Pheasant Tail fluo

Amo: Tiemco 3761 o similari del 18, 16, 14, 12 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori marrone scuro o nero Code e corpo: 3 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: assenti Torace: con filati fluo nei colori rosso, arancio o chartreuse

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Pheasant Tail torace rame

Amo: Tiemco 3761 o similari del 16, 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan, marrone o nero Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: assenti Torace: in filo di rame Sacca alare: sezione di fibre di penna di tacchino

Pheasant Tail filoplume

Amo: Tiemco 3761 o similari del 16, 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan, marrone o nero Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: con piuma vaporosa (filoplume) di pernice Torace: in dubbing con pelo naturale grigio medio scuro o marrone scuro Sacca alare: sezione di fibre di penna di tacchino

Pheasant Tail Jigs

Amo: H400BL Jig della Hanak, JIG HDJ della Dohiku o similari del 16, 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori tan, marrone o nero Code e corpo: 4 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame Hackles: assente Torace: 1째 parte in dubbing con pelo naturale grigio medio scuro o marrone scuro, 2째 parte in dubbing con ice dubbing nei colori orange, chartreuse, pearl, brown/olive e peacock black Sacca alare: assente 107 Confluenze

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Pheasant Tail small orange

Amo: Tiemco 3769, HDD-301 della Dohiku o similari del 18, 16, 14 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori marrone scuro o nero Code e corpo: 3 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: filo di rame sottile Hackles: assenti Torace: in dubbing con ice dubbing nei colori arancio, chartreuse, pearl, pink, brown/olive e peacock black Testa: bead di misura insolitamente piÚ grande rispetto alla misura dell’amo, compresa tra 2,5 a 3,5 mm di diametro

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Pheasant Tail Orange Fluo

Amo: Tmc 3761 o similari nelle misure del 14, 12 e 10 Filo di montaggio: xxf della Giorgio Benecchi Ultrafine nei colori marrone scuro o nero Code e corpo: 3 / 5 fibre di piuma di fagiano maschio Rib: tinsel piatto color rame Hackles: assenti Torace: 1째 parte in dubbing con pelo naturale grigio medio scuro o marrone scuro, 2째 parte in dubbing con ice dubbing nei colori orange, chartreuse, pearl, brown/olive e peacock black: Testa: orange fluo bead tra 2,5 a 3,5 mm di diametro


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Barbo, foto di G.P. Tomassini

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Testo e fotografie di Antonio Rinaldin Ci siamo lasciati parlando di come sia possibile disporre, ordinare o pareggiare le fibre di bucktail prima di andarle a fissarle sull’amo. Questa volta vediamo come sia possibile in alcuni casi, dare forme, inclinazioni o sfumature alle nostre mosche, semplicemente disponendo, fissando o miscelando lunghezze e colori diversi di bucktail. In alcuni casi è sufficiente abbinare semplicemente due colori per avere un eccellente effetto attrattivo. Oppure utilizzare una sequenza cromatica ben precisa per ottenere un ottimo risultato imitativo. Anche miscelare un insieme di colori diversi, pur utilizzando un’esile quantità di fibre, può dare un piacevole effetto impressionistico. Ma come ben sappiamo mosche e streamers non sono fatti solo di colori e il bucktail, grazie alla sua duttilità, ci consente di dare loro forme e dimensioni desiderate.

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La disposizione delle sue fibre, la loro diversa lunghezza che va a sfilare la silhouette del nostro artificiale, o ancora i vari modi di poterle fissare, avvolgere, ribaltare, etc‌ci consente di ottenere le forme piÚ svariate, permettendoci di realizzare un grande numero di imitazioni. Oltre a questo, il bucktail secondo me riesce a dare un’idea di naturale anche quando lo si utilizza in colori accesi o particolari. La BT Candy e il Thunder Creek qui di seguito descritti, evidenziano proprio queste caratteristiche.

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BT CANDY Imitazione di acciuga che, grazie alle fibre del bucktail con le quali è realizzata, riesce a mantenere un aspetto filante e naturale. Trova impiego principalmente per la pesca dei pelagici su mangianza e può ovviamente essere realizzata in più misure. Come per il Thunder Creek, il suo montaggio è caratterizzato principalmente da due ciuffi di bucktail di tonalità contrastante, ovvero più scuro per il dorso e chiaro per il ventre, legati prima con le punte rivolte in avanti e tirati successivamente indietro per essere fissati con un veloce passaggio di colla UV. Come per tutte le imitazioni di acciughe è importantissimo l’impiego degli occhi. Anche per questo artificiale si possono realizzare varie combinazioni di colori, magari con effetti più contrastanti, ma in questo caso specifico vi propongo una soluzione cromatica molto imitativa, che ha dato ottimi risultati.

La ricetta Amo: Filo di montaggio: Corpo: Occhi: Testa:

Mustad Hoodlum – size 1/0 nylon clear mono. braided pearl; bucktail bianco; bucktail giallo; bucktail oliva; EP Sparkle pearl. adesivi argento con pupilla nera. resina polimerizzata UV. 115 Confluenze

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Il montaggio

Fissare un ciuffo di bucktail bianco alla parte inferiore del gambo dell’amo. Nella parte superiore dell’amo, fissare in ordine un ciuffo di bucktail oliva, uno giallo e alcuni filamenti di EP Sparkle pearl, il tutto rivolto verso l’occhiello dell’amo. Avvolgere uno spezzone di braided pearl a formare il corpo.

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Ribaltare tutto indietro, applicare e fissare con l’apposita lampada una prima dose di colla UV per mantenere il bucktail nella posizione desiderata.

Dopo aver posizionato gli occhi, applicare una seconda dose di colla UV, distribuendola in modo uniforme per tutta la testa e fissandola con la lampada.

La BT Candy è ultimata.

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Alternative

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THUNDER CREEK

Forse un po’ in disuso in questi ultimi anni nelle nostre scatole di mosche, ma sicuramente un modello durevole e molto catturante, che imita un piccolo pesciolino generico. Relativamente recente la sua apparizione, che risale a circa metà del secolo scorso. Inizialmente impiegato per la cattura di trote e salmoni, ha trovato poi impiego anche per la pesca di altri predatori. Il modo abbastanza particolare di montare questo streamer, prevede come caratteristica principale il montaggio di due ciuffi di bucktail di colore contrastante. Generalmente uno scuro per il dorso e uno chiaro per il ventre. Legati inizialmente con le punte rivolte in avanti, oltre l’occhiello dell’amo, successivamente tirate indietro e fissate a formare contemporaneamente testa, ala e pancia della nostra imitazione. Varie possono essere le combinazioni di colore che si possono ottenere, ma anche realizzato completamente bianco da ottimi risultati. La testa può essere semplicemente legata e verniciata, oppure rifinita con bicomponente per donare all’artificiale maggior robustezza e peso.

La ricetta Amo: Filo di montaggio: Coda: Corpo: Testa: Occhi:

Tiemco 8089 – size 10 nero e rosso. bucktail bianco; silver Krystal Flash; bucktail marrone. bucktail bianco; bucktail marrone. bucktail bianco; bucktail marrone. adesivi silver con pupilla nera. 121 Confluenze

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Il montaggio Fissare una coda di generose dimensioni formata da bucktail bianco, silver Krystal Flash e bucktail marrone.

In prossimità dell’occhiello dell’amo fissare ancora del bucktail bianco nella parte inferiore dell’amo e del bucktail marrone nella parte superiore, entrambi rivolti in avanti.

Con l’aiuto di una cannuccia ribaltiamo il bucktail legato in prossimità dell’occhiello.

Con del filo di montaggio rosso praticare una legatura alla giusta distanza in modo da formare la testa.

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Applicare gli occhi

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Il Thundercreek è ultimato.


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La carpa di Lino, foto di Carlo Aliprandi 127 Confluenze

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Capita talvolta di preparare scrupolosamente tutta l’attrezzatura per un’incalzante battuta di pesca alle cheppie per poi catturare una carpa specchio di oltre cinque chili, oppure di aspettare i tramonti invernali, momenti topici per i lucci perca del piano, per poi ritrovarsi a combattere con storioni di oltre 25 chilogrammi, oppure ancora di catturare pesci gatti africani durante battute di pesca estive ai black bass. Perchè si verificano queste situazioni ? Qual è il fattore, se ne esiste uno, che fa si che preda delle nostre insidie diventino delle specie molto diverse da quelle che ci eravamo prefissati di catturare? E’ pura casualità o sussistono elementi specifici che determinano questi fenomeni? Fenomeni come ad esempio un’azione insolita, come un improvviso rallentamento durante il recupero oppure l’imprimere all’esca un’inattesa e brusca accelerazione. 129 Confluenze

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Sono eventi “capitalizzabili” che possono generare in noi atteggiamenti e comportamenti diversi in successive situazioni analoghe? Sono occasioni che amplieranno i nostri orizzonti ed approcci in pesca o è meglio fregarsene, rimanendo fedeli ai “protocolli” ? Personalmente credo che sussistano sia componenti casuali che specifiche, dando di fatto origine a dei “precedenti”. Il fatto stesso che durante l’azione di pesca alle cheppie si sia catturata una bella carpa non esclude che questa situazione possa ripresentarsi; è tuttavia indispensabile provare a determinare l’evento scatenante di questa situazione, come meteo, stagionalità, livelli dell’acqua, ma anche le nostre azioni, come ad esempio l’aver fatto scendere molto sul fondo gli iridescenti streamer da cheppia ed aver magari rallentato notevolmente il recupero. Carpa regina dell’Adda Non troppo tempo fa, mentre stavo provavo le marmorate dell’Adda, mi è capitata questa piacevole cattura inattesa.

Questa volta la casualità potrebbe essere circoscritta alla mera presenza del pesce sul percorso dell’esca; alcuni eventi specifici come il rallentamento del recupero, letteralmente sul fondo, hanno fatto si che questa carpa attaccasse l’artificiale.

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Pesce gatto africano Questo pesce gatto africano è stato catturato in una calda giornata estiva mentre insidiavo dal belly boat dei bass in uno splendido bacino toscano, a ridosso dei monti Pisani, che dividono la provincia di Pisa da quella di Lucca.

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Splendido pigo nostrano Splendido pigo catturato da Roberto con una canna a due mani in bambù, sapientemente assemblata da Lino Patrini & Lino Rioldi. Qui l’intento era quello di insidiare la regina del piano, la marmorata. Una serie di circostanze più o meno chiare hanno fatto si che questo pesce aggredisse un sinuoso dressing tipo “Puglisi”.

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Cavedano inaspettato Qui la condizione inaspettata ha avuto una natura diversa … in questo punto del fiume stavamo da tempo insidiando una splendida trota, all’ennesimo lancio grande botta in canna … è lei ! C’è! Sono bastati però pochi secondi per realizzare che quanto catturato non poteva essere una grossa marmorata del piano; onore al cavedano con una foto prima del rilascio.

Geo e lo storione immenso Catturare questo immenso storione è stato per l’amico Geo un’impresa epica; qui il combattimento è durato oltre un’ora. Questo pesce aveva ingoiato un artificiale inizialmente destinato ad uno dei grossi lucci perca del piano.

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Tartaruga lacustre Questa splendida tartaruga lacustre è stata, piÚ che una cattura inaspettata, un incontro alquanto casuale durante una delle tante uscite di pesca. 135 Confluenze

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Persico Reale svedese Splendido esemplare di persico reale ingannato da una voluminosa tube-fly, esca per eccellenza delle possenti trote di mare svedesi.

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Gigi e il suo barbo A Gigi, l’amico autore di questa cattura, capita piuttosto spesso di catturare esemplari di barbi d’oltralpe nei grandi fiumi del piano; probabilmente la sua tecnica di recupero lenta e strisciante sul fondo favorisce l’istinto predatorio del Barbus Barbus, anche quando utilizza grossi streamer destinati ai predatori del fiume.

Le catture inaspettate sono a mio avviso originate da eventi e circostanze perfette. Probabilmente, l’insieme di queste circostanze perfette, ha spinto quel pesce ad una reazione inconsueta. Per dirla come il mio caro amico biologo Massimo Pasturenzi, in natura nulla è perfetto, e noi, in questo caso, abbiamo contribuito ad un’azione imperfetta della natura, partecipando, per chi ci crede, al processo evoluzionistico. Volendo dare un taglio più filosofico, differente ma per certi versi simile alla precedente descrizione più “darwiniana”, mi piace comparare queste situazioni di catture perfettamente inaspettate, ai “tramonti” descritti in “Oceano mare” di Alessandro Baricco. “La natura ha una sua perfezione sorprendente e questo è il risultato di una somma di limiti. La natura è perfetta perché non è infinita. Se uno capisce i limiti, capisce come funziona il meccanismo. Tutto sta nel capire i limiti. Prendete i fiumi, per esempio. Un fiume può essere lungo, lunghissimo, ma non può essere infinito. Perché il sistema funzioni, deve finire … Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono. E’ un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tra-

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monti.” , dal romanzo “Oceano mare” di Alessandro Baricco. Ad alcuni potranno sembrare delle considerazioni eccessivamente riflessive, ma credo che queste considerazioni impreziosiscano questa nostra grande passione per la natura ed il nostro fantastico punto di contatto con essa, la pesca. "Per ulteriori informazioni potete contattare l'autore all'indirizzo e-mail: pinomess@libero.it"

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Lucciotto norvegese Questo luccio ha aggredito con veemenza una piccola tube-fly, mentre “lavorava” nelle tumultuose correnti del Numedalslågen, in Norvegia. La stranezza sta nel fatto che questo luccio ha aggredito l’esca nella vena centrale del fiume; mai e poi mai avrei pensato che l’esocide potesse stazionare in un tratto caratterizzato da così tanta corrente.


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