Confluenze magazine speciale 03 maggio 2013

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Light EDITION Speciale 03 Giugno 2013


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Light EDITION

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Cenni sul comportamento di un di4 Massimo Pasturenzi Confluneze | Magazine | Speciale


“E’ l’alba di una fresca giornata di fine estate nel nord ovest canadese. La pioggia ha alzato il livello del fiume che ora appare ancora più ampio ed imponente. Mi godo l’aria del primo mattino e la luce, che sale piano, quasi a voler mostrare con cautela questo meraviglioso angolo di mondo. L’acqua è lievemente opalina, così decido di montare la mia Lightning&White, spettacolare connubio di sintetico e naturale, impugno la 15 piedi e inizio a lanciare. So qual è il canale giusto. Riconosco i massi sommersi. Ho imparato quando baciare il fondo. E’ come una magia. L’abboccata è decisa e la risposta non si fa attendere. Il pesce parte come un lampo verso il centro del fiume e salta uno, due, tre, quattro volte, mostrando i fianchi colore dell’argento. Ha una forza tremenda e la frizione stride ad ogni sfuriata. Poi si ferma un attimo, così cerco di recuperare la running, ma è un’illusione perché lei riparte immediatamente saltando ancora. Adesso è solo backing. La seguo lungo la riva del fiume sperando che decida di girarsi e di darmi un po’ di tregua. E’ una Steelhead stupenda, che battezzo intorno ai 12/13 chili e che, mio malgrado, non potrò mai ammirare da vicino” – [Agosto 2011]

n pesce straordinario Confluneze | Magazine | Speciale

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L’idea dell‘emozione che può suscitare l’incontro con una Steelhead è già una straordinaria avventura. Si tratta di una trota dalla forza spaventosa e con un’agilità sorprendente, sulla pesca della quale molte splendide pagine sono state scritte. Ma forse ciò che rende così speciale la pesca di questo straordinario salmonide è il grande mistero che circonda la sua intera vita ed il suo comportamento. Osservando l’unicità morfologica di questi incredibili animali è impossibile non restarne affascinati e soffermandosi ad ammirarli, chiedersi quante battaglie abbiano sostenuto, prima di arrivare fino a quel fiume. In che modo siano stati artefici del loro destino e quanto invece il caso abbia deciso la loro sorte. Quanta selvaggia forza e determinazione abbiano codificate nel loro corredo genetico con l’unico incessante imperativo di perpetuare la magia della loro storia evolutiva.

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Generalità

La Steelhead (Oncorhynchus mykiss) può essere definita in termini generali come la forma anadroma della trota Iridea. In effetti, dal punto di vista genetico, morfologico e morfometrico, non vi sono differenze sostanziali tra le due forme. Ciò che varia essenzialmente è il loro ciclo vitale. Dal punto di vista tassonomico la Steelhead (esattamente come la sua forma stanziale) appartiene alla famiglia dei salmonidi ed è strettamente relazionata a varie specie di trote del nordovest americano e, in minor parte, ai salmoni del pacifico, tutti appartenenti allo stesso genere (Oncorhynchus). Nel suo insieme è una specie ampiamente distribuita, nativa dell’area compresa tra il nordovest del Messico e il Kuskokwim River in Alaska. In Asia è originaria solo della Russia, principalmente nella penisola della Kamchatka. All’interno di questo range, in nord America, la Steelhead è distribuita da Santa Monica Bay in California (limite sud) fino al Gulkana River e ad altri affluenti del Copper River in Alaska (limite nord). La Steelhead condivide con i salmoni del pacifico due delle tre loro caratteristiche distintive, definite come anadromia (nascita in acqua dolce – crescita in mare – ritorno in acqua dolce per la riproduzione) e homing (processo di ritorno dall’oceano per l’atto riproduttivo, inteso come ritorno quasi invariabilmente fino all’area dove il pesce è stato generato), mentre diverge per quanto concerne la terza caratteristica definita come semelparità (possibilità di eseguire un’unica riproduzione nel ciclo vitale), poiché la Steelhead, come tutte le trote, ha la possibilità di effettuare più di un ritorno riproduttivo (comportamento conosciuto come iteroparità).

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Summer e Winter Steelhead

Le Steelhead vengono attualmente raggruppate in due “razze” stagionali, definite in relazione al periodo di migrazione nelle acque dolci per la riproduzione e al grado di maturazione delle gonadi. Si parla di Steelhead con maturazione fluviale (o summer Steelhead) quando queste entrano nei fiumi con gonadi immature e di norma passano un periodo di diversi mesi prima di essere pronte per l’atto riproduttivo. Le summer Steelhead tipicamente risalgono le acque dolci dalla tarda primavera fino all’autunno, qui sostano per tutto il periodo invernale, progredendo nella loro maturazione sessuale e nella primavera successiva si riproducono. Si parla di Steelhead con maturazione oceanica (o winter Steelhead) quando queste presentano una maturazione delle gonadi in oceano e si riproducono abbastanza rapidamente una volta entrate in acqua dolce. Le winter Steelhead entrano invece nelle acque dolci nel periodo invernale o in primavera e, in relazione al loro avanzato stato di maturità sessuale, si riproducono nella stessa primavera. Tra le due forme esiste un parziale isolamento spaziale. Le summer Steelhead risalgono tendenzialmente i fiumi che le ospitano anche per lunghi tratti, fino alle aree più interne e inaccessibili, a differenza delle winter Steelhead che risalgono prevalentemente i fiumi delle aree costiere. Nonostante le due forme si riproducano nel periodo primaverile, quando entrambe sono presenti in un fiume, è documentato un parziale isolamento riproduttivo. In alcune specifiche realtà, come il Rogue River in Oregon, la riproduzione tra le due “razze” è spazialmente e temporalmente diviso. Al di la degli aspetti morfologici ed etologici che definiscono e differenziano le due forme, è interessante notare che il grado di somiglianza genetica è invece sostanzialmente correlato a relazioni di tipo geografico. Infatti, la somiglianza genetica tra summer e winter Steelhead appartenenti allo stesso bacino idrografico è significativamente superiore rispetto a quello della stessa forma (summer o winter) appartenente a bacini diversi. Questo sta a dire che, al di la delle differenze nel comportamento migratorio, le caratteristiche dell’ambiente condizionano il loro aspetto genetico.

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Una vita da Steelhead: il ciclo vitale

Proviamo brevemente a definire le linee generali del ciclo vitale di una Steelhead. Nel periodo primaverile le uova, in numero variabile in relazione alle dimensioni della femmina, vengono deposte in tasche del nido (redd) preparato dalla femmina e fertilizzate dal/dai maschi. La schiusa avviene tra le ghiaie del nido dove si sviluppano gli alevin, con sacco vitellino ancora presente. Dopo un periodo di circa 4-8 settimane dalla fecondazione, il sacco viene riassorbito e i pesci emergono dalle ghiaie come fry. Nella fase successiva essi si disperdono nelle varie parti del fiume e si accrescono come parr. Dopo un periodo di accrescimento fluviale, che può variare da 1 a 5 anni, i parr di Steelhead prendono la via dell’oceano, ridiscendendo il fiume come smolt. Una volta raggiunta l’area estuarile gli smolt sostano, per un periodo tendenzialmente breve, prima di entrare definitivamente in mare aperto. Nella loro fase marina, le Steelhead si disperdono, compiendo imponenti migrazioni ed accrescendosi nel ricco Pacifico settentrionale. Dopo un periodo di 1-4 anni di permanenza in mare, gli individui adulti ritornano nei fiumi che le hanno generate. Qui si riproducono e successivamente, come kelt (individui post riproduzione) possono riprendere la via del mare e potranno, potenzialmente, ritornare al fiume negli anni successivi per compiere altri atti riproduttivi. In virtĂš di queste importanti fasi di accrescimento oceaniche, le Steelhead possono arrivare al peso di oltre 16 chilogrammi.

Riproduttore Ritorno al mare Adulto

Uova

Smolt

Alevin

Parr

Fry

Il ciclo vitale di una Steelhead

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Tutto semplice? Tutt’altro! All’interno di questo quadro, la Steelhead presenta certamente la più ampia variabilità di comportamento tra tutte le principali specie anadrome del pacifico. Infatti, non necessariamente tutti gli individui migrano in questo range di età. Alcune Steelhead possono rimanere nel fiume, maturare e riprodursi senza essere mai andate al mare. Altre migrano al mare dopo meno di un anno. Altre ancora ritornano al fiume dopo soli pochi mesi di mare. Vi è inoltre una sostanziale possibilità di accoppiamento tra la forma anadroma (Steelhead) e quella stanziale (Iridea). E la progenie di entrambe le forme può avere individui dell’una e dell’altra forma. Anzi questa interfecondità consente di migliorare la robustezza delle popolazioni anadrome del fiume di appartenenza. Quest’ultimo legame è talmente importante che le misure per la tutela delle Steelhead native non possono prescindere dalla protezione ed il recupero delle forme stanziali native. Un bel rompicapo, ma vediamo un po’ più da vicino la vita di questi meravigliosi pesci.

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Preparazione del nido ed accoppiamento

Una volta arrivata all’area di riproduzione e sessualmente matura, la femmina di Steelhead sceglie il substrato ideale per la deposizione ed è responsabile della costruzione del nido (o dei nidi), chiamato redd. Queste decisioni sono critiche poiché, all’interno del ciclo vitale della specie, il più alto tasso di mortalità è generalmente associato proprio al periodo di incubazione nelle ghiaie. La scelta della posizione del nido è funzione principalmente della profondità dell’acqua, della velocità della corrente e della dimensione delle ghiaie. Durante il periodo di incubazione, il fattore più importante per lo sviluppo embrionale è il livello di ossigenazione, perciò il continuo flusso di acqua attraverso gli interstizi, nei quali le uova saranno deposte, è estremamente importante. Per questo motivo, il nido deve evitare fenomeni di collassamento ed allo stesso tempo di venire ostruito da sabbie fini e limo. La scelta del substrato è anche operata in funzione delle dimensioni della femmina. Così è possibile che femmine più piccole stabiliscano posizioni dei nidi in aree di corrente moderata (ad esempio in posizioni vicine alla riva), associate a deposizioni di ghiaie di granulometria minore e grosse femmine che possono addirittura scegliere le aree centrali delle correnti, dove il substrato è formato da ciottoli di dimensioni maggiori. In generale, acque con una profondità di 30-60 cm, una velocità della corrente di 40-100 cm/sec e ghiaie di 5-10 mm di diametro (di norma con una concentrazione di sabbia e limo inferiore al 5%) possono essere considerate un substrato adatto per la specie. La costruzione del nido richiede un notevole sforzo energetico. La femmina si pone contro corrente, si gira di lato e, inarcando la parte posteriore del corpo, spinge con forza sul fondo utilizzando la coda. La capacità di escavazione è notevole e in questo modo il pesce “permeabilizza” il substrato al passaggio d’acqua e lo libera dai materiali più fini, che spesso si depositano più a valle formando quello che viene definito il tailspill. Un nido può avere una superficie variabile a seconda delle dimensioni della femmina e del substrato e può raggiungere, in casi eccezionali, i 5 m2. Durante la fase di costruzione del nido la femmina tende ad essere esposta ad attacchi, soprattutto di altre femmine di aree adiacenti o di maschi. Per questo motivo le femmine non ancora pronte per la riproduzione tendono a sostare nelle aree periferiche. Gli atti sessuali sono tipici della famiglia. Il maschio si affianca alla femmina, stimolandola e favorendo fisicamente il rilascio delle uova che, in contemporanea, sono da questo fertilizzate. Ad ogni atto la femmina rilascia in una tasca del nido, solo una frazione delle sue uova, che, una volta fertilizzate, sono da essa stessa delicatamente coperte, con materiale prelevato immediatamente a monte. In questo modo viene impostata la preparazione di una nuova tasca, a cui seguirà un nuovo atto sessuale, con una nuova deposizione e così via. Occorrono molte ore o giorni affinché la femmina esaurisca le sue uova in questi piccoli batch.

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Questa strategia di deposizione sequenziale a tasche multiple, permette un maggiore successo, in quanto evita di creare fenomeni di ostruzione per “troppe uova” in un unico spazio, assicura una percentuale di sopravvivenza alle uova nel caso in cui alcune parti del nido vengano danneggiate e, non meno importante, garantisce una maggiore variabilità genetica, poiché, in un processo di deposizione sequenziale, altri maschi possono affiancare la femmina in tempi diversi (quando ad esempio il maschio dominante si allontana per scacciare altri maschi) e fertilizzarne le uova. Il numero di uova deposte per femmina è molto variabile e può oscillare tra 1.000 ed oltre 7.000, in funzione delle dimensioni della femmina e della specifica popolazione. A differenza delle specie semelpare (salmoni del Pacifico), in cui la femmina tende a controllare e difendere il proprio, unico, nido fino alla successiva morte, le femmine di Steelhead possono procedere alla costruzione di diversi nidi o si allontanano alla ricerca di cibo e comunque non eseguono cure parentali. Le cura delle uova infatti richiede un dispendio energetico notevole e, nella strategia della specie, questa quota di energia sarà devoluta al ritorno (o forse meglio al tentativo di ritorno) al mare, che questi pesci proveranno a compiere come kelt.

Sezione longitudinale di un nido (redd) (modificato, source: Washinghton Department of Fish and Wildlife)

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Incubazione e fasi giovanili

Il periodo di incubazione delle uova è drammaticamente dipendente dalla temperatura dell’acqua e, in misura minore, dall’ossigeno disciolto. Estremizzando, uova di Steelhead sottoposte ad una temperatura costante di 2°C schiuderanno in 115 giorni a differenza di uova incubate a 14°C che schiuderanno in 22 giorni. Gli alevin restano ancora per diverse settimane tra le ghiaie prima di riassorbire il sacco vitellino ed emergere come fry. In linea generale, i fry di Steelhead emergono dalle ghiaie dopo circa 4-8 settimane dalla deposizione. L’emersione avviene di solito di notte e, una volta usciti, i piccoli pesci si spostano in aree Uova embrionate ed alevins più calme del fiume, (source: U.S. Fish and Wildlife Service) spesso vicino alla riva ed iniziano a nutrirsi attivamente. Successivamente si possono disperdere ridiscendendo il fiume o risalendolo per cercare aree di pascolo e territori che iniziano a difendere. Questi movimenti migratori sono differenti a seconda delle popolazioni e sembrano verificarsi sotto un elevato grado di controllo genetico. Le Steelhead possono dimorare ed accrescersi in acqua dolce per un periodo compreso tra 1 e 5 anni (mediamente 2-3 anni).

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Come parr possono compiere movimenti all’interno del bacino fluviale in funzione di condizioni ambientali sfavorevoli (ad esempio piene o congelamento di piccoli torrenti soprattutto nelle regioni più interne) o per la ricerca di cibo. Dal punto di vista alimentare, le giovani Steelhead si trovano generalmente in un ambiente di scarsa disponibilità alimentare e di forte competizione intra ed inter specifica. Poiché salmoni Chum e Pink, dopo essere emersi, si spostano rapidamente in mare e i Sockeye migrano nei laghi per completare l’accrescimento delle fasi giovanili, le giovani Steelhead si trovano a competere con salmoni Chinook e soprattutto con giovani Coho. Ciò nonostante, all’interno del fiume, le Steelhead preferiscono distribuirsi in aree con un maggiore gradiente idraulico, con acque più veloci, mentre i Coho prediligono gradienti minori a acque più calme. Vi è perciò una tendenza (laddove possibile) a ritrovare una netta prevalenza di Coho (e Chinook) nella parte inferiore dei fiumi e Steelhead nelle aree più interne e dalla pendenza accentuata. Quando le due specie coesistono in un tratto di fiume, le Steelhead tendono a preferire i tratti di corrente, con acque poco profonde, mentre i Coho a disporsi in buche più profonde ed acque più lente. Questi meccanismi concorrono tutti a ridurre le dinamiche competitive. La dieta di una Steelhead in questa fase del suo ciclo vitale è prevalentemente insettivora. Nei primi 3 anni di vita nel fiume si può alimentare fino al 90% di insetti.

Parr che si disperde tra le correnti del fiume (source: NMFS/Southwest Fisheries Science Center; Salmon Ecology Team) Confluneze | Magazine | Speciale

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Preparazione alla vita marina e migrazione al mare

Ogni anno nel periodo primaverile, le giovani Steelhead hanno una breve finestra temporale nella quale “devono” decidere se è il momento di scendere in oceano. Il passaggio da parr a smolt (che corrisponde con il momento della discesa in acque marine) è principalmente funzione della dimensione degli smolt e la temperatura dell’acqua influenza in modo importante lo sviluppo dimensionale delle Steelhead in tutto il periodo di permanenza nel fiume. Per questo motivo, procedendo da sud verso nord nell’areale di distribuzione della specie, è possibile osservare mediamente un incremento del periodo di residenza in acqua dolce. Così la maggior parte delle Steelhead delle fredde acque dell’Alaska migra al mare come smolt nel terzo anno di vita (secondo alcune stime circa il 75%), mentre quasi l’85% delle Steelhead californiane “smoltifica” già nei primi due anni di vita. La decisione di scendere al mare o di restare per un altro anno nel fiume è tutt’altro che speculativa, poiché una maggiore permanenza in acqua dolce significa un superiore incremento dimensionale che può aumentare il livello di sopravvivenza di questi individui una volta raggiunto il mare, rispetto ad individui più “precoci”. In linea generale, gli smolt di Steelhead sono i più grossi tra le specie anadrome del Pacifico ed essi migrano verso l’oceano ad una taglia di 15-20 centimetri. Il passaggio parr-smolt è un processo molto affascinante, che sarebbe impossibile approfondire in questa sede. La preparazione alla vita marina richiede a questi pesci trasformazioni di forma e di colore, dei sistemi di osmoregolazione salina ed immagazzinamento di energia. Ed il sistema endocrino gioca un ruolo chiave nel raccogliere gli stimoli esterni (fotoperiodo e temperatura) per guidare questi cambiamenti interni. Depositi di guanina sui parr determinano la colorazione argentata ed un incremento di melanina rende più scure le pinne, elementi che conferiranno maggiore mimetismo in mare. I pesci divengono più snelli per ottimizzare le nuove condizioni di locomozione, sviluppano maggiormente i denti mascellari e quelli linguali per adattarli a possibilità di predazione più ampie. Le variazioni metaboliche, in risposta alle diverse condizioni di salinità, coinvolgono il sistema renale e strutture cellulari specializzate a livello delle branchie. La migrazione al mare è prevalentemente notturna e corrisponde, in molte aree, con i picchi naturali di portata primaverile. Una portata idrica maggiore significa infatti una più elevata velocità di discesa e, generalmente, un maggiore tasso di sopravvivenza.

Roby sullo Zymoetz prima

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a del rilascio

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Distribuzione in oceano

Le Steelhead sono meno abbondanti dei salmoni del Pacifico. Per questo motivo è difficile ottenere dati affidabili sulla loro distribuzione in Oceano. Oltre a ciò, molte interferenze possono essere date dal fatto che adulti di Steelhead possono maturare in un periodo molto ampio (sostanzialmente tutto l’anno) e spostarsi nelle aree costiere, dalla presenza di riproduttori ripetuti e allo stesso tempo di kelt. Gli studi sulle migrazioni oceaniche delle Steelhead sono effettuati attraverso l’applicazione di sistemi di identificazione durante le fasi giovanili e/o la fase adulta marina e il loro successivo recupero in oceano. Molto utile si è rivelato anche lo studio di alcuni parassiti locali (ad esempio, Steelhead di alcune aree dal sud dello stato di Washington al nord della California sono le uniche parassitate dal trematode Nanophyetus salmincola). Valutazioni incrociate tra queste tecniche hanno mostrato per le Steelhead nord americane la possibilità di effettuare migrazioni molto ampie, fino a 160° di longitudine est nel sud della Kamchatka. In particolare un esemplare marcato nel Quinault river, nello stato di Washington è stato recuperato in oceano 5370 km a ovest. Non tutte le Steelhead eseguono lunghe migrazioni. Ad esempio una parte significativa di questi pesci in alcuni fiumi nel sud dello stato dell’Oregon e nel nord della California ritorna in acqua dolce dopo solo alcuni mesi (sostanzialmente un’estate) di oceano. Questi individui, definiti “half pounders” in relazione al loro peso approssimativo, ritornano sessualmente immaturi e si nutrono avidamente in fiume per tutto il periodo autunnale e invernale. Nella primavera successiva ridiscendono il fiume e rientrano in oceano. Anche alcune popolazioni di Steelhead asiatiche restano in aree costiere per una sola estate e dopo essere maturate sessualmente, nonostante le ridotte dimensioni, ritornano ai loro fiumi per la riproduzione.

Il ritorno a casa

Dopo un periodo di residenza in oceano di 1-4 anni, le Steelhead adulte rispondono allo stimolo riproduttivo e ritornano ai corsi d’acqua che le hanno generate. Sono in grado di risalire i fiumi del Pacifico per migliaia di chilometri, compiendo sforzi prodigiosi e superando barriere impressionanti. Abili saltatori, le Steelhead possono oltrepassare dislivelli fino a 3,35 mt in altezza, se il fondo è almeno il 25% più alto della barriera da superare. I meccanismi che regolano il processo di homing non sono ancora completamente chiariti. Sembra che alla base del ritorno vi sia un imprinting olfattorio sequenziale: una serie di segnali chimici/odori specifici di quel fiume, che le fasi giovanili acquisiscono, probabilmente fin dai primi istanti di vita e durante la discesa degli smolt verso il mare e che sono recuperati come segnali guida per la risalita. E’ stata da tempo proposta un’ipotesi di sistema a feedback secondo la quale ogni percezione del segnale olfattorio stimolerebbe il pesce alla risalita e la mancata percezione alla discesa. Complementare all’imprinting olfattorio è l’ipotesi feromonale. Alcuni ricercatori hanno infatti suggerito che il ritorno a casa possa essere guidato anche dal riconoscimento di sostanze chimiche (dette appunto feromoni) specifiche per ogni popolazione. L’identificazione di queste code popolazione-specifiche porterebbe solo gli individui di quella popolazione esattamente nel luogo che li ha generati.

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Entrambe queste ipotesi presentano comunque diverse lacune e sembrano insufficienti a spiegare in modo completo l’homing. Molto poco si sa anche del livello di controllo genetico di questo affascinante processo. Ricerca della foce del fiume

Oceano Fiume

Entrata nel fiume

Percezione degli odori di "casa"?

No

Uscita dal fiume

Si Si

Movimenti laterali

Odori presenti? Perdita degli odori di "casa"?

Si

No

No Ulteriore risalita

No

Area riproduttiva?

Risalita a zigzag

Riproduzione Si

Ridiscesa

Odori ritrovati?

No

Meccanismo di homing recentemente proposto (modificato, source: Quinn T. P.: “The Behavior and Ecology of Pacific Salmon and Trout”)

Un magnifico esemplare all’inizio del suo ritorno a casa Confluneze | Magazine | Speciale

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Conclusioni

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di fornire alcune brevi indicazioni sull’ecologia di questi pesci straordinari. Cenni di un puzzle al quale mancano ancora molti tasselli. Ho volutamente omesso qualsiasi riferimento al precario stato di salute di molte popolazioni di Steelhead, soprattutto nelle regioni più a sud del loro areale di distribuzione. Non ho parlato del devastante impatto che la pesca professionale - rivolta soprattutto ad alcune specie di salmoni del Pacifico alle foci dei fiumi - ha su questa specie. Non ho detto dell’effetto dei mutamenti climatici e della lunga mano dell’uomo, distruttore reiterato, anche in questi luoghi del mondo. Non ho neppure accennato al sogno infranto delle hatcheries di tutelare gli stock selvatici. La Steelhead è certamente un indicatore biologico di enorme importanza ed il valore ecologico di questo pesce è difficilmente quantificabile. Perciò la sopravvivenza di questi eccezionali animali è e dovrà essere un dovere sovranazionale che riguarda tutti noi, senza distinzione. Ampliare la conoscenza sulle Steelhead è certamente il primo passo verso la loro tutela e se questo risultato è stato raggiunto, anche solo in minima parte in questa sede, l’obiettivo è stato ottenuto. Sarà un caso, ma mio figlio, che ha cinque anni, ogni tanto afferra la sua canna e, girando il mulinello, grida … Steelhead!!! …Non sa neppure di cosa si tratta, ma per lui è già un sogno bellissimo!

Se avete qualche commento/doma pesce e sui luoghi dove incontrarlo max.pasturenzi@libero.it

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Testi e fotografie di Franco Vaccarino Non ricordo di aver letto di più sui tricotteri se non attraverso il lavoro di Piero Lumini (appunto “Tricotteri “) o come nel lavoro di mia recente e faticosa lettura (per me che l’inglese lo “intuisco”) dell’americano Gary LaFontaine (Caddiesflies). Entrambe le pubblicazioni non sono certo recenti: il primo del 1989, il secondo del 1981. Da quel periodo in avanti sono state molte le pubblicazioni generiche, ma non ho avuto, perlomeno io, altri lavori per le mani riguardo l’attenzione ad una specifica famiglia di insetti acquatici. Si scrive molto di imitazioni in generale, di tipologie costruttive in particolare. Quasi pare che le famiglie di insetti di per sé non rappresentino più un motivo diretto di interesse, come a dare per scontato che sia sempre presente tutto e che le tipologie della acque non abbiano più il loro peso nel valu-

tare i generi di insetti che potremmo trovare nel tratto in cui pescheremo. Lo stesso trattare le singole specie come viene fatto in molti bei articoli paiono un argomento a sé, mi chiedo se chi legge si crea poi veramente un panorama complessivo di queste singole e monotematiche informazioni nella propria testa. Credo che ci sia comunque abbastanza confusione considerato il fatto che a volte ho visto proporre artificiali che stavano meglio in un altro

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articolo riguardo un’altra mosca che in quello in cui venivano presentati, quasi la preparazione entomologica e la costruzione di un artificiale fossero comparti separati. In italiano al riguardo non conosco nulla di specifico come il testo di LaFontaine, dove con scrupolo si descrivono le differenti tecniche di pesca in base allo stadio evolutivo dei tricotteri. Parrebbe che nella vecchia Europa questi insetti siano meno importanti, eppure piÚ di 900 specie abitano le nostre acque: dalla piana ai laghi e torrenti oltre i 2000 metri di altitudine. La diffusione dovrebbe quindi far pensare quando decidiamo il nostro artificiale, ma andiamo con ordine. Personaggi non certo di poco conto (tipo Pat 0’Reilly) sostengono che di base

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può bastare una imitazione di massima per ottenere buoni risultati, cosĂŹ troppo spesso ho visto liquidare la questione con le solite due sezioni di penna incollata montate a capanna od il classico ciuffo di pelo di cervo. Ho avuto modo però di notare differenze che possono pesare soprattutto su quei pesci abituati ad una presenza costante e ben determinata di diversi generi di tricotteri, rendendo a parer mio un errore di pesca una superficiale valutazione di merito: la struttura dell’insetto. Nella nostra tecnica di pesca soffriamo sempre molto di esterofilia, cosa che ci trascina in una direzione non necessariamente corretta riguardo il rapporto fra imitazioni ed insetti presenti. Certe sicurezze trasmesse dalla stampa

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Reelvideo n.7 VIDEOMAGAZINE DI PESCA A MOSCA

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presento. estera valgono per dove sono state pubblicate e non necessariamente per noi, considerato il fatto In base alla specie di appartenenza e vista la questione dal punto di vista costruttivo, posche se da un lato le tecniche costruttive sono sisiamo a parer mio classificare la progettazione di curamente interessanti ed auspicabili a seconda una imitazione di tricottero in: della tipologia di acque, i colori e l’effetto visivo versione opaca e versione traslucida. dato dai materiali non sono sempre rapportabili ai nostri insetti. Negli Stati Uniti, per esempio, le tipologie di Sedge versione opaca tricotteri tendono molto più ad avere ali semitrasparenti, il che porta di conseguenza ad avere molte più imitazioni con ali traslucide. Questo quindi non significa che le imitazioni più efficaci per noi debbano magari avere le ali in polipropilene, può andar bene in quei territori, non nel nostro, se non casualmente. Tutto questo mi ha portato a delle considerazioni che ora vi

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Sedge versione traslucida

Questo particolare viene molto spesso trascurato con il pretesto di sostenere che le imitazioni cosiddette “da caccia” debbano svolgere solamente la funzione di stimolatore. Non credo in questa teoria qualunquista che

porta a risultati parziali nella pesca e che fa dedurre poi a molti che si tratti di un tipo di tecnica meno efficace che il rivolgersi alla bollate (tranne che per l’ovvio rapporto di attività del pesce nelle due situazioni).

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Il pesce in caccia svolge comunque una attività di ricerca che ottempera ai suoi criteri e questi a loro volta sono fondati sulla presenza di tutta una serie di determinati insetti. Se è vero che una imitazione da caccia risponde molto più a criteri di galleggiabilità, dati gli ambienti in cui questa attività si svolge, non vedo per quale motivo non dobbiamo valutare il profilo e l’effetto di opacità e/o di traslucenza dell’imitazione di un tricottero visto e considerato che questo particolare nel caso delle effimere non solo è dato per scontato ed assolutamente dovuto, ma è determinante nel porre la differenza tra una subimago ed una imago, dove nessuno si sogna di giustificare che questa differenza possa superarsi con la presentazione o il fatto di mantenere in stazionamento l’artificiale il meglio ed il più possibile. Non possiamo considerare sotto questo aspetto che il profilo di un Philopotamus (tipicamente opaco, vedi foto) possa apparire al pesce alla pari di una Rhyacophila (semitrasparente, vedi foto) o della maggior parte dei Phriganeidi, (due differenti tricotteri mostrano la diversa disposizione delle ali, oltretutto con la sovrapposizione nelle ali opache e l’accoppiamento nelle ali traslucide). Lo stesso uso del cdc porta ad ottenere un’ala traslucida, variandone l’aspetto e l’effetto ponendo sopra lo stesso nel montaggio delle fibre di penna opache come gallina o pernice, come vedremo in seguito.

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Philopotamus montanus

Rhyacophila dorsalis

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Philopotamus adulto

(montaggio ali opache)

Amo: Tiemco 2302 #12 Filo di montaggio:marrone Addome: in lepre e sostituto di foca marrone, nero ed oliva Sottoala: garretto d’alce naturale e barbe di gallopardo scuro Ali: in sella di gallina screziata marrone sagomata e verniciata Hackles: in moser dub di garretto d’alce naturale e sostituto di foca o lepre beige Fissiamo il filo e formiamo l’addome con un dubbing composto dalla foca oliva prima e poi dal melange della lepre con il marrone e il nero del sostituto di foca.

Fermiamo un ciuffo di garretto d’alce della lunghezza delle ali e sormontiamo questo con il ciuffo di barbe di gallopardo.

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Ora prendiamo le penne della sella della gallina e le sagomiamo o a mano o con delle pinze brucia hackles per ali di effimera della misura adatta alla nostra imitazione. Verniciamole tenendole appoggiate sopra un pezzo di compensato grezzo. Questo accorgimento permetterà di assorbire la vernice per ali in eccesso evitando depositi lucidi e spessi sulle sezioni preparate. Ora fermiamo prima la sezione del nostro lato e dopo averla pareggiata la sezione dal lato opposto. Questo ordine facilita il posizionamento, perchè la sovrapposizione è nella stessa direzione del filo di montaggio.

Ora formiamo l’asola per il mooser dub, mettiamo un po’ di cera collante e cominciamo con la foca, che facciamo aderire al filo cerato e poi con l’alce, rasiamo il tutto in modo che sia corrispondente alla taglia della nostra imitazione, avvolgiamo e chiudiamo il tutto con il nostro annodatore e una goccia di vernice.

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Elk caddis Amo: Tiemco 2302 #10 - #14 Filo di montaggio: marrone chiaro 8/0 Addome: scoiattolo oliva chiaro, rosso naturale o grigio-beige Rigaggio: palmer gallo rosso o cree Ali: pelo di cervo o ciuffo di gallopardo medio

Fermiamo la nostra hackle di gallo presso la curvatura dell’amo, formiamo l’addome con lo scoiattolo ed avvolgiamo il gallo a palmer.

Prendiamo un mazzetto di pelo di cervo e pareggiamolo con l’apposito attrezzo. Nel fermare il cervo poniamo attenzione a fare dei primi giri di filo morbidi ed a stringere gradualmente con le spire successive per non tagliare e non far alzare troppo i peli. A questo proposito cerchiamo di scegliere del pelo non troppo morbido, che schiacciandosi facilmente si inclina molto. Fermiamo con un nodo di chiusura sul serraggio del cervo ed aggiungiamo un sottile dubbing per tenere ancora piÚ uniti i peli.

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Chiudiamo il montaggio con un nodo sotto le eccedenze di cervo che elimineremo con le forbici posizionate ad angolo con l’occhiello dell’amo. Se useremo l’artificiale in acque non particolarmente turbolente o per far sì che questo faccia maggiore resistenza alla corrente, potremo tagliare il palmer nella parte inferiore secondo un angolo che va’ dall’inizio della curvatura dell’amo alla punta dello stesso.

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Sedge in gallopardo La variante con il gallopardo prevede invece di rasare il palmer sul dorso, questo eliminare interferenze con le fibre di hackle, serrare il ciuffo che formerà le ali, coprire anche in questo caso il serraggio con un dubbing fine. Fare il nodo di chiusura sotto le eccedenze e tagliare queste ultime nello stesso modo prima descritto. Una variante non descritta in entrambi gli artificiali è quella di fare un collarino di hackles o di mooser dub dove io ho descritto di serrare con un dubbing il ciuffo di cervo o di gallopardo. Personalmente trovo che alzi troppo il profilo anteriore dell’artificiale sull’acqua.

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Per sfruttare al meglio le hackles utilizzo un attrezzo della Veniard che ora non ho più visto in commercio. Inizialmente diffidavo di tale strumento, poi ho iniziato ad usarlo per creare ciuffi con le hackles ed ora non ne farei più a meno. Consta di tre aghi molto lunghi, serrati insieme e posti in punta ad un piccolo manico. Si pizzica la punta di una hackle e si gira il manico formando un grosso collarino su questi aghi. Raggiunto il termine della penna, raccogliamo le fibre pizzicandole e spingendole con indice e pollice tutte verso un lato raccogliendole così a formare un ciuffo che, tenendo serrato, faremo scivolare fuori dagli aghi, per posizionarlo sull’amo in questo caso per formare un profilo di un tricottero, diversamente per usare il ciuffo per esempio per le ali di uno spinner. Per realizzarlo in modo casalingo basta procurarsi tre aghi lunghi da cucito non troppo spessi, legandoli stretti tra loro con del filo di metallo sottile e mettendoli in punta ad un piccolo tubo rigido di plastica o qualsiasi altra cosa possa fare da supporto e da manico. E’ veramente molto utile.

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Indaginoso? Forse, ma solo perchè non siamo abituati a pensare a sufficienza ai tricotteri nella loro completezza evolutiva. Avrete comunque notato che i miei riferimenti per così dire entomologici non sono indirizzati tanto nello specifico, quanto nella tipologia di insieme delle famiglie, evitando di farsi tradire da comportamenti dell’insetto che non appartenendogli inficerebbero i risultati in pesca. Troppo spesso vengono scambiati per una merce adeguata soprattutto alla pesca in caccia, dove le caratteristiche degli artificiali dedicati a questa tecnica dovrebbero giustificare una superficialità costruttiva rispetto a forma, effetto visivo e stadio immaginale, quest’ultimo ben valutato secondo la tecnica di ninfa ceca. Nessuno prederebbe in considerazione le effimere nello stesso modo, né obbietterebbe nel voler considerare uno stadio immaginale di ninfa emergente o di subimago senza badare all’assetto della prima piuttosto che alla opacità delle ali della seconda e stiamo parlando di insetti con uno stadio evolutivo meno completo. Per quanto riguarda l’addome delle imitazioni il lavoro di determinazione delle ricette

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costruttive si semplifica. Nel caso si costruisca un artificiale che copre il gambo completamente come in alcuni montaggi con ali incollate e tirate indietro, il corpo neanche si considera. Nel caso sia visibile per il montaggio una generalizzazione la possiamo fare con un gruppo di colori per il corpo che coprono praticamente tutta la casistica: grigio, grigio-beige ( classico dubbing di lepre naturale ), melange di lepre e altro pelo nero ( in minore percentuale ), il classico verde oliva di Rhyacophila ed alcune phriganee. Nel caso di Philopotamus mi piace utilizzare un melange di lepre naturale e pelo sostituto di foca nero e marrone, con in fondo all’addome una piccola porzione verde oliva per le sacche ovigere, come avete potuto constatare dalle foto relative al montaggio sopra proposto. Fino qui parlando degli insetti adulti. Il torrente ci confonde con le sue acque turbolente e ci fa pensare che per la sua tipologia certe cose non accadano.

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Borse e marsupi a tenuta stagna by Fish Age Con la stagione che stiamo affrontando in questa primavera decisamente umida, nessun articolo si presta meglio ad essere presentato se non una serie di oggetti di buffetteria a tenuta stagna, soprattutto se disegnati e progettati da una azienda totalmente italiana. Fish Age, già da qualche anno, ha introdotto sul mercato due interessantissime “duffle bag” interamente realizzate in tessuto antistrappo ed anti acqua le quali, grazie alla totale assenza di cuciture e cerniere garantiscono una reale tenuta stagna, garantendo di mantenere il loro contenuto totalmente asciutto e sicuro. Le Wetlands Duffle Bag sono prodotte in due misure: 120 e 45 litri e si prestano ottimamente ad essere utilizzate come borsone da viaggio, borsa porta belly boat, borsa da barca o semplicemente per riporvi waders e scarponi bagnati dopo un’intera giornata passata sul fiume. Il peso di quella più grande arriva ad appena 800 grammi, facendone una eccellente borsa da viaggio dandoci la possibilità di sfruttare davvero al massimo gli attuali 23 Kg di franchigia concessi dalla maggioranza delle compagnie aeree. Altro articolo dalle analoghe caratteristiche tecniche, ma di differente utilizzo, è il Wetlands Hip Bag, un comodissimo marsupio da portare in vita durante le uscite di pesca. Anche in questo caso la sua incredibile leggerezza lo rende comodissimo e pratico per essere indossato tutto il giorno ed accompagnarvi sull’acqua senza il continuo pensiero che il suo contenuto possa bagnarsi. Macchine fotografiche, documenti, scatole di mosche, panini e tutto ciò che vi riponiamo saranno al sicuro da pioggia, cadute accidentali in acqua e onde del mare. Per uno stretto utilizzo in barca od in ciambella, Fish Age ha inoltre realizzato una bellissima Dry Bag con capacità contenitiva di 20 litri . La Bikiny Dry Bag è realizzata in PVC azzurro/ trasparente rinforzato con intreccio in kevlar per renderla virtualmente indistruttibile. Graie alla comoda maniglia in gomma ed alla tracolla regolabile, il trasposto risulta molto comodo e pratico, ed anche in questo caso tutto ciò che metteremo al suo interno resterà totalmente asciutto e protetto. In considerazione della terribile stagione che sta imperversando sulla nostra penisola, il negozio The Fly è lieto di offrirvi una imperdibile offerta per tutto il mese di aprile (solo aprile), con uno sconto del 30% sui prodotti sopra elencati. Per maggiori informazioni visitate il sito

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