LA COLOMBA E IL RAMOSCELLO

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Ermete Ferraro

1. Qual è la sensibilità ecologica dei pacifisti e viceversa? 1.1. Le ragioni di una ricerca Capita spesso di sentire o leggere commenti nei quali esponenti delle organizzazioni pacifiste e nonviolente lamentano la scarsa sensibilità degli ambientalisti nei confronti dei temi della pace e del disarmo. Altrettanto succede quando invece sono gli esponenti del movimento ambientalista a ritenere che i pacifisti mostrino solitamente poco interesse per le questioni relative ai problemi ecologici e per le stesse conseguenze ambientali delle guerre. Ovviamente, in un caso come nell’altro, da queste accuse incrociate sembra affiorare una diffusa incapacità autocritica, ma anche la storica incomunicabilità tra questi due movimenti, ai quali continua purtroppo a mancare un’autentica prospettiva ecopacifista. Tale cesura, se non superata, non consente di affrontare in modo complessivo ed integrato sia l’opposizione alla guerra ed ai suoi orrori, sia la ricerca di alternative nonviolente che abbraccino anche l’ambiente naturale ed il futuro stesso del nostro Pianeta. Il primo passo da fare, allora, è prendere coscienza di questo persistente disinteresse reciproco, evitando di pensare che riguardi solo ‘gli altri’ oppure dando per scontata una sensibilità e capacità d’ interazione che invece resta piuttosto carente. Per non limitarci a sensazioni ed opinioni e per verificare quindi in modo più preciso e concreto il livello medio di sensibilità del movimento pacifista verso le tematiche ambientaliste e viceversa, ci è sembrato opportuno svolgere una breve ricerca dalla quale ricavare dati significativi, che riportiamo nella seconda parte. Sulla questione del rapporto tra pace e ambiente manca una letteratura ampia ed approfondita, sebbene già dai primi anni ‘90 il famoso biologo Barry Commoner avesse scritto un libro significativamente intitolato “Pace col Pianeta” 1. Eppure in Italia all’interdipendenza fra lotte pacifiste ed ecologiste erano stati dedicati dei saggi già a partire dalla fine degli anni ’80. Il più significativo esponente di tale impostazione ecopacifista in Italia è stato senza dubbio Alex Langer, il quale nel 1989 scriveva: «Da ciò i pacifisti di oggi […] si rendono ben conto. Ed infatti, sembra assistere da tempo alla crisi del vecchio movimento per la pace e forse alla rigenerazione di un pacifismo di tipo nuovo, che promette bene, pur sapendo di dover affrontare immani sproporzioni tra le spinte alla guerra (che sono poi le stesse che comportano distruzione ambientale, sfruttamento economico, oppressione politica) e la necessità di pace (che vuol dire sostanzialmente autolimitazione e rispetto di un equilibrio giusto)». 2 Barry Commoner, Far pace con il pianeta, Milano, Garzanti, 1990 Alex Langer (1989), La causa della pace non può essere separata da quella dell’ecologia ,1.4.1989, Emergenze, n. 6/88 - Azione nonviolenta > https://www.alexanderlanger.org/it/147/3532 . Vedi anche: Alex Langer (1993), Storia del movimento verde in Italia: i Verdi come le vergini stolte?, (Saggio per Peuples Mediterranées, Paris > https://www.alexanderlanger.org/it/145/367 ; Marco Giugni (1999), “Mobilitazioni su ambiente, pace e nucleare”, Quad. di sociologia, n. 21/1999, pp.45-67 > https://journals.openedition.org/qds/1400; Simone Vannuccini (2006), “L’Europa, l’Ecologia e la Pace”, Peacelink, 25.09.2006 > https://www.peacelink.it/europace/a/18751.html 1 2


La colomba e il ramoscello Purtroppo, come spesso accade ai profeti, Langer non ha avuto l’ascolto ed il seguito che avrebbe meritato, per cui la situazione attuale risulta meno positiva di quanto egli auspicasse 30 anni fa, dal momento che i pacifisti che “si rendono ben conto” dell’importanza di una saldatura con le lotte ambientaliste restano una parte minoritaria del movimento. Nonostante l’esperienza coagulante d’un movimento politico internazionale come quello dei Verdi - di cui lo stesso Alex Langer e Petra Kelly sono stati significativi rappresentanti – gli attivisti per la pace e quelli per l’ambiente hanno continuato a seguire percorsi propri e poco comunicanti, tranne nel caso delle mobilitazioni antinucleari degli anni ’70 e ’80, che sono stato un altro importante, ma parziale, ‘collante’. Va ricordato che tra i principi internazionalmente condivisi dal movimento dei Verdi – noti come i ‘Six Pillars’ della Global Greens Charter, fissati in Australia nel 2001 - compaiono, insieme ed a pari grado con quelli ambientalisti (saggezza ecologica, sostenibilità e rispetto della diversità), tre principi riconducibili ad una visione pacifista del mondo: giustizia sociale, democrazia partecipata (o dal basso) e nonviolenza. 3 Si tratta sicuramente dell’unica formulazione palesemente ecopacifista di un movimento politico, ma purtroppo anche quell’eccezionale occasione è stata colpevolmente sprecata. Si registra inoltre la carenza di studi sulla storia dei due movimenti ed in particolare di un approfondimento su ciò che li ha fatti incontrare o viceversa li ha mantenuti separati. Un ‘classico’ in materia resta ovviamente il libro di Johan Galtung “Ambiente sviluppo e attività militare”. 4 Appare però paradossale che una delle poche ricerche svolte nel nostro Paese su “i movimenti pacifisti e antinucleari” sia stata curata e pubblicata da una rivista militare, che ovviamente ha dato la propria interpretazione di ciò che ritiene una chiusura tematica e della scarsa propositività dei pacifisti. 5 Al nesso tra pacifismo ed ecologismo è dedicato un saggio di Mark Woods, uno dei capitoli del Manuale Routledge su pacifismo e nonviolenza, nel quale egli scrive: «Il pacifismo ecologico è un'opposizione morale alle guerre e ai conflitti armati fondati su considerazioni ecologiche. […] L'ecologia della pace si concentra su come andare oltre le guerre e le ecologie di guerra in modo positivo. […] Mettere insieme ecologia e pacifismo offre molte promesse. Per il pacifista ecologico, una critica della guerra e delle attività militari da sola è incompleta come una critica del rapporto umano con la natura senza una critica della guerra e delle attività militari.» 6 Altro ‘classico’ del pensiero ecopacifista è un libro scritto nel 2014 dal giornalista e ricercatore francese Ben Cramer, che lo ha significativamente intitolato: “Guerre et Paix…et Ecologie”. Il sottotitolo “les risques de militarisation durable” allude ironicamente Global Greens Charter > https://greenpolitics.fandom.com/wiki/Global_Greens_Charter . Vedi anche: https://greenpolitics.fandom.com/wiki/Four_Pillars_of_the_Green_Party 4 Johan Galtung, Ambiente sviluppo e attività militari, Torino, E.G.A., 1984 5 F. Battistelli – P. Isernia - P. Crescenzi - A. Graziani - A. Montebovi - G. Ombuen- S.S. Caparra - C. Presciuttini , I MOVIMENTI PACIFISTI ED ANTINUCLEARI IN ITALIA 1980-1988, Rivista Militare, Collana del Centro Militare di Studi Strategici, 1990 > https://issuu.com/rivista.militare1/docs/11_-_i_movimenti_pacifisti_e_antinu 6 Mark Woods, Ecology and Pacifism, in: Andrew Fiala (ed.), The Routledge Handbook of Pacifism and Nonviolence, Routledge, New Yok – London, 2018, pp. 331-340 3

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Ermete Ferraro all’aggettivo durable, che i francesi adoperano per designare una modalità di sviluppo o di crescita che noi preferiamo chiamare ‘sostenibile’. Di davvero ‘durevole’, infatti, sembra che resti solo la pesante impronta d’un militarismo che si ricicla ed evolve anche in forme diverse, mentre viceversa pacifisti ed ambientalisti non sono capaci di unire le proprie forze. Le stesse crisi ambientali hanno portato ad accrescere il controllo militare sulle risorse, parallelamente all’illusione che saranno le forze armate a difenderci anche dalle catastrofi. Ma una Terra militarizzata non è affatto più sicura, come osserva acutamente Cramer: «Ironia della storia, il pianeta non è meglio difeso e protetto da quelli che si proclamano suoi difensori, cioè le forze armate. Il loro peso ed il loro impatto nel deterioramento del mondo non può che aggravare la crisi ambientali che conosciamo, crisi capaci di –scatenare nuovi conflitti. I militari fanno parte del problema prima di far parte, eventualmente, della soluzione». 7 Dalla nostra ricerca si evince che, anche a livello internazionale, le realtà che compongono il variegato arcipelago pacifista, antimilitarista e nonviolento (quanto meno sul piano ufficiale, che è l’unico che si può verificare in modo preciso) non brillano per sensibilità verso i temi ecologici. A tal proposito, occorre operare una preliminare distinzione tra l’interesse all’ambiente inteso come un oggetto della violenza predatoria umana da difendere e tutelare, ed una più specifica attenzione alle cause ed alle conseguenze ambientali delle guerre e del militarismo sul territorio e sulle comunità locali. In entrambi i casi, comunque, dall’indagine compiuta emerge che siamo lontani da quell’integrazione tra pace ed ecologia che Alex Langer sognava di veder realizzata.

1.2. L’interconnessione tra pace ed ecologia L’indagine che abbiamo condotta ha riguardato i principali movimenti pacifisti ed ambientalisti internazionali e le loro branche o sezioni nazionali o ‘regionali’, di cui si sono ricercate le finalità istituzionali e gli obiettivi e programmi concretamente attuati. In entrambi i casi, lo strumento impiegato è stata la consultazione dei loro statuti e delle sezioni dei loro siti web riguardanti le rispettive visions e missions, ma anche le notizie sulle campagne in atto o programmate. Si è trattato di una ricerca abbastanza esaustiva e non limitata ad un ‘campione’, per cui è possibile trarne indicazioni abbastanza veritiere. È evidente che l’arcipelago delle realtà contro il militarismo e la guerra è assai più vasto, ma sarebbe stato impossibile censirle tutte. La ricerca ha riguardato i tre più significativi movimenti internazionali per la pace, la nonviolenza, il disarmo e l’opposizione al militarismo: due ispirati da una nonviolenza di matrice genericamente ‘religiosa’ (l’I.F.O.R./M.I.R. - International Fellowship of Reconciliation) e Pax Christi International) ed uno guidato invece da una visione più ‘laica’ degli stessi problemi, con un taglio più specificamente antimilitarista (la W.R.I. – War Resisters’ International). Per ciascuna delle tre organizzazioni sono stati attentamente

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Ben Cramer, Guerre et paix…et écologie, Éditions Yves Michel, 2014, p.20


La colomba e il ramoscello esaminati anche i gruppi/sezioni ad esse affiliati, così da cogliere se esistessero sensibilità differenti in realtà nazionali diverse dello stesso movimento. Questi sono i risultati. A - I.F.O.R. (INT’L FELLOWSHIP OF RECONCILIATION) > Nei suoi documenti costitutivi si trova un esplicito richiamo alle questioni ecologiche: «La relazione dell'umanità con le risorse del nostro mondo è stata a lungo un tema intervallato durante le campagne dell'IFOR contro la guerra, la militarizzazione e la violenza. L'impatto senza precedenti dell'attività umana sul clima terrestre ha già avuto un impatto su molte comunità e ha contribuito a conflitti violenti. I membri dell'IFOR riconoscono la relazione tra i movimenti per cambiare la nostra relazione con l'ambiente e l'impegno dell'IFOR a lavorare verso un mondo senza guerra. A tal fine, l'IFOR cerca opportunità di cooperazione e sostegno reciproco nel cambiare le politiche distruttive che sfociano nel riscaldamento globale». 8 Nonostante una così chiara dichiarazione di principio, risulta che poche branche nazionali o regionali hanno condiviso tale impegno ecopacifista, mostrando più che altro una generica sensibilità per l’ambiente. La prima è il M.I.R. Italia, nel cui sito è scritto: «Il cambiamento comincia dal mio modo di vivere e condividere; la natura non è una risorsa da sfruttare, ma ciò che ci permette di vivere. Vivere in semplicità volontaria, con sobrietà, in solidarietà, per permettere a tutti di semplicemente vivere» 9 Inoltre, all’art. 2 del suo Statuto si legge la seguente affermazione: «Il M.I.R. […] si propone di praticare la nonviolenza attiva […] come mezzo per costruire la pace frutto della riconciliazione, nella consapevolezza che guerre e conflitti sono causati dall’ingiustizia e da discriminazioni razziali, etniche, ideologiche, religiose, economiche, di sesso, e che il depauperamento dell’ambiente è anche la conseguenza di un errato ed ingiusto sfruttamento delle risorse naturali». 10 . Le altre due branche europee dell’I.F.O.R. che si riferiscono a problemi ambientali, sono l’associazione finlandese Peace Union of Finland - Suomen Rauhanliitto (la cui pagina specifica risulta però ancora ‘in costruzione’ 11 ) e la britannica Iona Community, che – a proposito dei propri environmental values – si limita a dichiarare: «Ci impegniamo nella nostra pratica per i più alti obiettivi ambientali. Viaggiamo con i mezzi pubblici ove possibile. Ci impegniamo a ridurre il consumo di energia e l'impatto ambientale…» 12 Delle 63 realtà territoriali dell’I.F.OR. (21 in Europa, 8 nelle Americhe, 15 in Africa e 19 in Asia), solo 3 sezioni europee fanno riferimento alle questioni ambientali. É appena il 4,76% del totale, ossia circa 1 realtà ogni 20. B. - PAX CHRISTI INT’L > Nella pagina dedicata ad illustrare le proprie finalità e gli obiettivi programmatici, l’organizzazione pacifista internazionale, di matrice cattolica, non fa riferimenti espliciti alle problematiche ecologiche, sebbene il magistero della Chiesa – ed in particolare degli ultimi pontefici – abbia molto insistito sull’intimo collegamento tra pace, giustizia ed integrità del creato.13 I fini condivisi di P.C. sono infatti: la pace, il rispetto dei http://www.ifor.org/#mission https://www.miritalia.org/ (pagina iniziale, voce: Stili di vita). 10 https://www.miritalia.org/wp-content/uploads/2017/05/STATUTO.pdf 11 https://rauhanliitto.fi/en/themes/climate-change/ 12 https://iona.org.uk/about-us/operating-priciples/ 13 Questo triplice indirizzo rientra nei fini di varie organizzazioni della Chiesa Cattolica (es.: https://www.custodia.org/sites/default/files/2018-12/Bibliografia%20essenziale%20JPIC.pdf 8 9

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Ermete Ferraro diritti umani, la giustizia e la riconciliazione. 14 Ci sono però almeno due delle sue ramificazioni nazionali che parlano anche di ambiente, sia pure in modo un po’ generico. La prima è Pax Christi France, che nella sua ‘carta programmatica’, tra i propri orientamenti inserisce anche la “gestione del creato”, scrivendo: «La difesa di un quadro di vita per l’uomo e la salvaguardia del creato esigono la gestione concertata e responsabile delle risorse del nostro mondo, al fine di assicurare a tutti gli uomini un ambienta naturale favorevole ed umanizzante e di promuovere una civiltà di pace». 15 La seconda è Pax Christi Canada, che gestisce una “rete ecumenica giustizia, ecologia e pace” e che, al punto 3 dei suoi ‘orientamenti’, dichiara di voler: «Favorire l’analisi sociale e teologica di tematiche d’attualità, congiuntamente alla pratica dell’impegno cristiano per la giustizia, la pace e l’integrità del creato». 16. Si tratta dunque solo di 2 sezioni sul totale di 120 membri di Pax Christi: meno dell’1,7%, cioè 1 realtà affiliata ogni 72. C. - W.R.I. (WAR RESISTERS’ INT’L) > È una delle più antiche reti internazionali antimilitariste e pacifiste, con sede a Londra e sezioni ed affiliati in tutto il mondo. La W.R.I. si occupa da circa un secolo di coordinare gruppi di obiettori, realtà nonviolente ed altri resistenti alla guerra ed al militarismo. Le sue finalità – come si legge nel sito web – sono: “Collegare le persone con pubblicazioni, eventi ed azioni; iniziare campagne nonviolente che coinvolgano attivamente gruppi locali ed individui; sostenere quelli che si oppongono alla guerra ed a chi ne provoca le cause; promuovere ed educare le persone al pacifismo ed alla nonviolenza”.17 Non risultano dunque espliciti collegamenti all’ambientalismo o all’ecopacifismo, ma la ricerca sulle realtà affiliate o comunque vicine al W.R.I. ha messo in luce che nove di esse, fra i loro obiettivi istituzionali, comprendono anche riferimenti del genere. In Italia è il caso del Movimento Nonviolento, che si propone, tra i suoi fini statutari, anche la «…la salvaguardia dei valori di cultura dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un’altra faccia della violenza dell’uomo». 18 https://lavoro.chiesacattolica.it/category/ambiti/custodia-del-creato/?cci_cat=373 ) e di varie congregazioni religiose, fra cui quelle d’ispirazione francescana (https://ofm.org/it/ordine/curia/gpic/ https://www.ofmcap.org/it/notizie/altre-notizie/item/3400-giornata-mondiale-di-preghiera-per-la-cura-del-creato http://www.ofs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=34&Itemid=147 , domenicana (http://www.domenicani.it/chi-siamo/ordine/giustizia-e-pace/ ) carmelitana (https://ocarm.org/it/content/ocarm/giustizia-pace-e-salvaguardia-creato-sfida-generazione-dei-carmelitani-oggi ) e missionaria (https://www.comboni.org/contenuti/106096 ). 14 https://paxchristi.net/about-us/ 15 https://www.paxchristi.cef.fr/v2/qui-sommes-nous/charte-pax-christi/ > La gérance de la création 16 http://justicepaix.org/dev-reseau-declaration-de-principes/ 17 https://wri-irg.org/en/network/about_wri 18 https://nonviolenti.org/cms/movimento-nonviolento/statuto/


La colomba e il ramoscello In Francia opera invece un centro studi nonviolenti, I.R.N.C. – Institut de Récherche sul la Résolution Non-violente des Conflits, tra le cui tematiche di ricerca e documentazioni troviamo anche contributi su questioni ecologiche, con scritti di Arthur Keller, José Bové e Serge Latouche. 19 Un’altra organizzazione nonviolenta francese affiliata è il M.A.N.- Mouvement pour une Alternative Non-violente, tra le cui cinque tematiche/orientamenti fondamentali è stata inserita anche quella riguardante le lotte ambientali: «La perdita delle regole ambientali minacciano la vita, fra l’altro quella degli esseri umani. Fra questi, le prime vittime sono le persone più sfavorite. Noi dobbiamo partecipare alla transizione ecologica ed alla giustizia sociale attraverso la lotta nonviolenta». 20 Nel Canada francofono opera il C.R.N.V. – Centre de Ressources sur la Non-Violence, nel cui sito si legge: «Attraverso la loro azione, il Centro ed i suoi membri vogliono inserirsi nell’attuale mobilitazione mondiale e partecipare alla lotta per una società più giusta e più rispettosa degli esseri umani e dell’ambiente…». 21 In Spagna è attiva la Corporaciòn ‘Otra Escuela’, un ente formativo alternativo che si occupa anche di ‘pace ambientale’, come si ricava scorrendo i suoi temi: «È un impegno a difendere la vita sul pianeta attraverso la cura e la promozione dell'interdipendenza di persone e altri esseri come parte della natura». 22 Appartiene alla Repubblica Ceka il NE.S.E. ( NEzávislé Sociálně Ekologické) HNUTÍ (Movimento Ecologico Sociale Indipendente), tra i cui ‘principi’ ci sono quelli connessi alla lotta antinucleare, al contrasto dei danni ambientali ed alla gestione verde. 23 In Finlandia è operante il SadanKomitea (Comitato dei Cento) che si definisce: «… un'organizzazione antimilitarista e pacifista […] (che) sta lavorando per rendere la Finlandia un promotore attivo della pace, poiché la pace è un prerequisito per il benessere delle persone. Pertanto, il Comitato dei Cento ritiene che le risorse comuni dovrebbero essere utilizzate per prevenire sfide globali come la disuguaglianza sociale, l'esaurimento delle risorse e il cambiamento climatico…». 24 Le ultime due organizzazioni collegate al W.R.I. appartengono all’area asiatica. Si tratta dell’indiana Swadina, un’organizzazione volontaria femminista che si propone di promuovere lo sviluppo dell’infanzia anche attraverso: «…il progresso ambientale e la consapevolezza eco-logica» 25 e del nepalese C.S.R.C. (Community Self-Reliance Center), un centro di sviluppo comunitario che, oltre che di nonviolenza ed inclusione sociale, si occupa di un “uso sostenibile della terra”. 26 Delle 90 realtà affiliate della War Resisters’ Int’l (in 40 stati) solo 9 si propongono finalità che vadano oltre quelle strettamente antimilitariste, pacifiste e nonviolente, abbracciando anche questioni ambientali. Si tratta quindi del 10 %, cioè di 1 ogni 10.

http://irnc.org/Enjeux_de_societe/Ecologie https://nonviolence.fr/Les-orientations-strategiques-2017-2019 21 http://nonviolence.ca/index.php/le-centre/ 22 https://www.otraescuela.org/index.html 23 http://nesehnuti.cz/ 24 https://www.sadankomitea.fi/ 25 www.swadhina.org. 26 http://csrcnepal.org/about/ 19 20

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Ermete Ferraro Tab. 1 – Sintesi delle realtà pacifiste aperte all’ambiente IFOR / MIR PAX CHRISTI WRI / IRG Totale

Su 63 Su 120 Su 90 Su 273

3 2 9 14

4,76 % 1,66 % 10 % 5,12 % (1/20)

Tab. 2 – Collocaz. geografica realtà pacifiste aperte all’ambiente IFOR / MIR PAX CHRISTI WRI / IRG Totale

EUROPA 3 (1 Italia; 2 Finlandia; 1 Regno Unito) 1 (Francia) 6 (1 Italia; 2 Francia; 1 Spagna; 1 Finlandia; 1 Rep. Ceka) 10/13 (76,92 %)

AMERICHE

AFRICA

ASIA

0/13 (/)

2 1 (India) 1 (Nepal) 2/13 (15,4%)

1 (Canada)

1/13 (7,7%)

1.3. L’interconnessione tra ecologia e pace A – Le organizzazioni internazionali Se la sensibilità dell’universo pacifista verso le questioni ambientali risulta poco significativa (emerge infatti solo nella ventesima parte delle organizzazioni collegate a livello internazionale, con una schiacciante presenza in ambito europeo ed una totale assenza in Africa), capovolgendo l’oggetto della ricerca i risultati non sono molto più confortanti. Anche in questo caso, ci siamo riferiti a tre autorevoli organizzazioni ecologiste internazionali, W.W.F., Greenpeace e Green Cross, che raggruppano unità territoriali sparse nei vari continenti. Non si è voluto però trascurare lo specifico ambito italiano, del quale sono state prese in esame tre realtà dell’ambientalismo: Legambiente, Forum Ambientalista e VAS-Verdi Ambiente e Società. Anche in questi casi, non potendo allargare l’indagine a singole attività locali o campagne, ci si è basati su quanto emerge dalla documentazione istituzionale, e quindi dai rispettivi statuti e dall’illustrazione dei principi e scopi sociali, presente nei siti web. A.1. W.W.F. (WORLD WILDLIFE FUND) Il colosso mondiale dell’ambientalismo e del protezionismo è stato fondato nel 1961 in Svizzera, ma è presto diventato un’autorevole voce del tradizionale ‘conservazionismo’ anglosassone ed attualmente opera in 100 Paesi. Sul suo sito web internazionale, si legge l’appello a lavorare insieme per i seguenti scopi: «Proteggere e ripristinare le specie ed i loro habitat. Rafforzare l’abilità delle comunità locali di conservare le risorse naturali da cui dipendono. Trasformare i mercati e le politiche per


La colomba e il ramoscello ridurre l’impatto della produzione e del consumo dei prodotti. Assicurare che il valore della natura si rifletta nelle decisioni assunte da individui, comunità, governi e soggetti d’affari. Mobilitare centinaia di milioni di persone per sostenere la conservazione (dell’ambiente)». 27 Gli obiettivi dichiarati del W.W.F - connessi a questa visione ‘protezionistica’ della natura – sono pertanto le foreste, gli oceani, l’acqua, le specie animali, il cibo ed il clima. Manca qualsiasi riferimento alle minacce a quello stesso patrimonio naturale che non derivino dall’impatto umano – produttivo e dei consumi – sull’ambiente, bensì dal militarismo e dalle guerre. Scorrendo i siti web delle sue sezioni territoriali, l’impostazione di fondo resta uguale, anche se è non difficile supporre che fra gli attivisti – e soprattutto tra i 5 milioni di aderenti - esistano sensibilità culturali, sociali e politiche diverse. D’altra parte, se si svolge una ricerca su Internet collegando il nome W.W.F. alla parola ‘guerra’, comunque, si scopre che l’unica cui il movimento si occupa è quella contro bracconieri e cacciatori o, semmai, chi disperde rifiuti plastici nell’ambiente… A.2. GREENPEACE INTERNATIONAL Greenpeace è stata fondata nel 1971 per arrestare il pericolo della bomba nucleare, unificando nel suo stesso nome l’impegno ecologista con quello pacifista. Non è certo un caso che tra i suoi valori fondamentali troviamo: «…la responsabilità personale e la nonviolenza. Noi agiamo in base alla coscienza. Ciò significa che rispondiamo delle nostre azioni e ci assumiamo una responsabilità personale. Siamo impegnati nella pace; ciascuno di noi, in un'azione di Greenpeace, viene addestrato alla nonviolenza». 28 Anche quando Greenpeace enuncia la propria mission, la sua origine ecopacifista emerge chiaramente: «Proteggere la biodiversità in tutte le sue forme. Prevenire l’inquinamento e l’abuso degli oceani, della terra, dell’aria e dell’acqua della Terra. Arrestare ogni minaccia nucleare. Promuovere la pace, il disarmo globale e la nonviolenza» 29 Di fronte ad una così netta dichiarazione di principi, però, appare deludente l’impegno effettivo di Greenpeace sui punti programmatici concernenti le minacce ed i guasti provocati dalla guerra (che ovviamente non è solo quella nucleare), il contrasto alla corsa agli armamenti e la diffusione – al di fuori dei propri aderenti – delle tecniche di azione nonviolenta. Se poi si visitano i siti web delle 27 organizzazioni della rete internazionale di Greenpeace 30 , la cui sede è ad Amsterdam, la situazione appare ancor meno significativa. La maggioranza delle sue sezioni territoriali, infatti, si occupano prevalentemente della parte green del programma generale, trascurando molto spesso quella riassunta dalla componente peace della sua stessa denominazione. Come nel caso delle organizzazioni censite in precedenza, il maggior interesse per un’azione ecopacifista integrata lo troviamo in Europa (con quattro organizzazioni nazionali affiliate), ed in Asia (con una sola), mentre alle battaglie relative a pace, disarmo e nonviolenza risultano disinteressate le sezioni territoriali americane ed africane.

https://www.worldwildlife.org/about https://www.greenpeace.org/international/explore/about/values/#our-core-values 29 https://www.greenpeace.org/international/explore/about/values/#our-core-values 30 https://www.greenpeace.org/international/explore/about/worldwide/ 27 28

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Ermete Ferraro Greenpeace Italia, nella parte del proprio sito dedicata a spiegare la sua ‘missione’, dichiara: «Facciamo campagne per proteggere l’ambiente, promuovere la pace e incoraggiare le persone a cambiare abitudini. […] Siamo i guerrieri della pace. […] Ci ispiriamo da sempre ai principi della nonviolenza e dell’indipendenza politica ed economica. La potenza della protesta nonviolenta e il grande rigore delle affermazioni scientifiche ci hanno reso forti in tutto il mondo». 31 Scorrendo il sito italiano, d’altra parte, si nota che la scelta delle azioni concrete va in direzione delle tradizionali battaglie ambientaliste (benessere degli animali, emergenza climatica, lotta ai rifiuti plastici ed ai pesticidi…), mentre non risultano notizie su campagne specificamente dedicate al disarmo ed al contrasto alle conseguenze ambientali dei conflitti bellici. Anche Greenpeace France sostiene nel proprio sito web che: «Da più di 45 anni Greenpeace agisce secondo i principi della nonviolenza, per proteggere l’ambiente, la biodiversità e promuovere la pace» 32 . Se però si scorrono le pagine dedicate alle campagne svolte ed in atto non c’è evidenza del dichiarato impegno ecopacifista. Si affronta spesso la questione dei rifiuti nucleari, ma le azioni svolte in Francia si riferiscono all’agricoltura ed all’alimentazione, alla transizione energetica, alla tutela delle foreste ed all’inquinamento degli oceani, mentre ben poco si tratta dello stesso nucleare militare. Greenpeace Deutschland dedica una pagina specifica alla “pace”, illustrando il proprio pensiero e riferendosi ad interventi specifici nel merito. «"La Pace non è tutto .... ma senza pace tutto è niente ", ha detto Willy Brandt. La violenza non è una soluzione e la guerra non è un mezzo della politica. La pace è la base per una vita felice senza paura per ogni individuo, per una società libera e per una discussione democratica su valori come la protezione ambientale. Pertanto, Greenpeace rifiuta conflitti bellici di ogni tipo, nonché test di bombe ed esportazioni di armi. Sin dalla sua fondazione, l'organizzazione per la protezione ambientale è impegnata a livello internazionale nel disarmo e nella smilitarizzazione. Ma lavorare contro i cambiamenti climatici ha molto a che fare con l’operare per la pace». 33 La sezione tedesca di Greenpeace elenca le proprie campagne in atto. La prima è contro le pesanti esportazioni di armamenti nelle aree di guerra da parte della potente industria germanica, mentre la seconda è incentrata sull’opposizione alle armi nucleari ed in particolare su bombe e missili statunitensi che la RFT ha sul proprio territorio. Sullo stop all’esportazione di armi tedesche è stata prodotta anche una pubblicazione intitolata: ”Sei richieste per costruire un controllo efficace della destinazione finale” 34 Altrettanto esplicita è la pagina del sito web che Greenpeace España ha dedicato a “Disarmo e Pace”. La Spagna è infatti il 7° paese esportatore di armi e quindi una campagna è dedicata interamente a fronteggiare questo fenomeno, che va ad alimentare, sfruttandole economicamente, sanguinose guerre in atto. «Il classico concetto di sicurezza si è concentrato sulla difesa dalle minacce militari dall'estero e ha dimenticato altre fonti di insicurezza, come questioni economiche e ambientali […] In questo modo, abbiamo assistito ad un aumento sistematico degli https://www.greenpeace.org/italy/chi-siamo/ www.greenpeace.fr/connaitre-greenpeace/ 33 https://www.greenpeace.de/themen/umwelt-gesellschaft/frieden 34 https://www.greenpeace.de/sites/www.greenpeace.de/files/publications/sechs_forderungen_fuer_den_aufbau_ein er_wirksamen_endverbleibskontrolle-25.02.19.pdf 31 32


La colomba e il ramoscello investimenti nel settore delle armi e nel commercio di armi in tutto il mondo […] Noi di Greenpeace crediamo che siano necessarie norme internazionali che regolino il commercio di armi e che ogni paese debba regolarlo a livello nazionale ed assumersi le proprie responsabilità. Inoltre, comprendiamo che la sicurezza non dovrebbe essere definita sulla base dei confini, ma piuttosto delle possibilità di sviluppo umano per ogni persona». 35 L’ultima sezione del movimento che collega i problemi ambientali con pace e nonviolenza è quella, regionale, denominata Greenpeace East Asia. Sul suo sito web, infatti, è possibile trovare le seguenti dichiarazioni: «Greenpeace è un’organizzazione indipendente, senza scopo di lucro globale che porta avanti campagne, che usa il confronto nonviolento, creativo, per esporre i problemi ambientali globali e le loro cause. […] Greenpeace opera per un cambiamento positivo attraverso l'azione per difendere il mondo naturale e promuovere la pace. […] I nostri obiettivi: proteggere la biodiversità in tutte le sue forme; prevenire l’inquinamento e l’abuso dei nostri oceani, della terra, dell’aria e dell’acqua; fermare le minacce nucleari; promuovere la pace ed il disarmo globale». 36 A.3. GREEN CROSS INTERNATIONAL Fondata in Giappone nel 1993 su iniziativa di Michail Gorbačev, Green Cross ha sede in Svizzera e coordina una rete di 27 realtà nazionali. «La mission di G.C.I. è rispondere alle sfide combinate della sicurezza, della povertà e del degrado ambientale, per assicurare un futuro sostenibile e sicuro. Cerchiamo soluzioni attraverso il dialogo, la mediazione e la cooperazione. Per conseguire questi obiettivi noi […] Contribuiamo alla prevenzione e risoluzione dei conflitti cha nascono dal degrado ambientale; Forniamo assistenza alle persone colpite dalle conseguenze ambientali delle guerre, dei conflitti e delle calamità causate dall’uomo». 37 Delle 5 campagne internazionali promosse da Green Cross, l’unica esplicitamente dedicata ai conflitti che nascono dal sottosviluppo è “Water for Life and Peace”, che si occupa della risorsa acqua, il cui diritto è negato a tante comunità da conflitti locali e dallo sfruttamento da parte di soggetti stranieri. Green Cross España è una delle sezioni nazionali più motivata sulle questioni relative al disarmo ed alla pace. «Sotto il nome di "L’eredità delle Guerre" Green Cross promuove la distruzione in modo responsabile delle riserve di armi chimiche, nonché la decontaminazione chimica e nucleare e la pulizia e la conversione delle basi militari per uso civile. Questo programma, iniziato nel 1994 con la partecipazione attiva di Green Cross Russia, Global Green USA e Green Cross Svizzera, ha permesso un cambiamento di coscienza e un atteggiamento visibile nelle diverse società coinvolte nel progetto russo di distruzione di armi chimiche». 38 Un’altra campagna ecopacifista di G.C. Spagna si occupa di “Analisi ambientale post-conflitto” ed è così illustrata: «La riabilitazione dell'ambiente è un aspetto dell'assistenza umanitaria poiché sia i disastri naturali che i conflitti https://es.greenpeace.org/es/trabajamos-en/desarme/ https://www.greenpeace.org/eastasia/about/mission/ 37 https://www.gcint.org/who-we-are/our-mission/ 38 http://greencross.org.es/proyectos/legado-de-la-guerra-fria/ 35 36

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Ermete Ferraro internazionali hanno danneggiato gravemente l'ambiente. Pertanto, Green Cross valuta le condizioni ambientali di conflitti e catastrofi nel momento in cui si verificano. Green Cross International si è recentemente impegnata in Costa d'Avorio, Pakistan e Libano a condurre valutazioni ambientali, dove i programmi di riabilitazione economica, sociale e ambientale sono stati costantemente basati su queste valutazioni» 39 Anche Green Cross Russia porta avanti il programma sulla “Eredità della guerra fredda” 40, mentre Green Cross del Giappone aderisce alla campagna “Acqua per la vita e per la pace”. 41 Lo stesso fa Green Cross Argentina 42 Green Cross Italia ha sul proprio sito web una pagina intitolata “Disarmo”, la cui finalità è così spiegata: «Le guerre locali degli ultimi decenni del novecento hanno riproposto uno dei volti più drammatici delle operazioni militari: l'impiego su larga scala delle armi chimiche e batteriologiche.[…] Green Cross sostiene il disarmo in tutto il mondo ed il suo obiettivo è quello di intraprendere azioni che mirino a eliminare i danni causati da disastri industriali e militari.» 43 In sintesi, le sole organizzazioni ambientaliste internazionali che si occupano di questioni connesse alla pace sono Greenpeace e Green Cross. Delle sue 27 realtà affiliate della prima, però, solo 5 (il 18,5 %) sembrano farlo concretamente. Esse sono collocate prevalentemente in Europa (4/5), ma ce n’è una nell’Est Asia. Anche nel secondo caso, delle 27 sezioni nazionali solo 5 agiscono fattivamente in tal senso ed appartengono all’Europa ed all’area russa, ma anche al Sud America ed all’Asia sud-orientale. Tab. 3 – Sintesi delle realtà ambientaliste aperte alla pace Greenpeace Int’l

Su 27

5

18,51 %

Green Cross Int’l

Su 27

5

18,51 %

Su 54

10

18,51%

Totale

Tab. 4 – Collocaz. geografica delle realtà ambientaliste aperte alla pace EUROPA Greenpeace

4 (1 Italia – 1 Francia – 1 R.F.Germania – 1 Spagna

Green Cross

2 (1 Italia – 1 Spagna)

Totale

6/10 (60 %)

AMERICHE

40

ASIA 1 (Est Asia)

1 (Argentina) 1/10 (10%)

http://greencross.org.es/proyectos/analisis-ambienta-post-conflicto/ http://www.green-cross.ru/programms/legacy/ 41 http://www.gcj.or.jp/about/index.html 42 http://www.greencross.org.ar/proyecto-agua.html 43 http://www.greencrossitalia.org/disarmo 39

AFRICA

----

2 (1 Russia 1 Giappone) 3/10 (30%)


La colomba e il ramoscello B – Le organizzazioni italiane Allorché concentriamo l’attenzione sulla realtà italiana, delle circa 80 “associazioni di protezione ambientale” riconosciute dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 44, troviamo tre organizzazioni nazionali dichiaratamente interessate anche a pace, disarmo e nonviolenza. B.1. LEGAMBIENTE Nazionale A.P.S. Fondata circa 40 anni fa e giunta attualmente a coordinare 18 sedi regionali e 1.000 gruppi locali – nella pagina “chi siamo” del suo sito web dichiara: «Siamo un’associazione senza fini di lucro, fatta di cittadini e cittadine che hanno a cuore la tutela dell’ambiente in tutte le sue forme, la qualità della vita, una società più equa, giusta e solidale. […] Da 39 anni ci battiamo per un mondo migliore, combattendo contro l’inquinamento, l’illegalità e l’ingiustizia per la bellezza, la tutela, una migliore qualità della vita».45 Sebbene in questa presentazione non si leggano espliciti riferimenti all’ecopacifismo, all’art. 4 dello Statuto di Legambiente, tra i vari punti relativi alle “attività d’interesse generale”, troviamo anche il seguente: «Promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata…» 46 Cercando tra le tante campagne, attività di formazione, vertenze e progetti seguiti da Legambiente Nazionale - mentre ovviamente si riscontrano iniziative sul cambiamento climatico, i rifiuti e le ecomafie, l’energia, gli abusi edilizi, la difesa dei mari e delle acque interne, il rischio sismico, l’accoglienza dei migranti etc. – del pur dichiarato impegno ‘pacifista’ non si trova però traccia. Unica eccezione è l’adesione alla Rete della Pace ed alla tradizionale ‘Marcia per la pace’, senza che ciò attesti un concreto e fattivo intervento in materia, che ovviamente non si può escludere a livello di specifiche azioni territoriali. B.2. FORUM AMBIENTALISTA «L'Associazione nasce nel 2003 raccogliendo l'eredità di diversi comitati locali impegnati sulle questioni legate alla gestione pubblica dell'acqua, allo sviluppo locale, alla raccolta differenziata dei rifiuti, alle fonti di energie pulite e rinnovabili». 47 All’art. 3 del suo Statuto, però, troviamo specificato che: «L’associazione si batte contro ogni guerra ed ogni forma di violenza, tra gli esseri umani e verso gli altri esseri viventi: la nonviolenza e il pacifismo sono valori fondamentali dell’indennità (sic) naturale e del modo di agire dell’associazione». 48 Scorrendo le pagine del suo sito web, d’altronde, non si riscontrano specifiche campagne che vadano effettivamente in tale direzione. B.3. V.A.S. VERDI AMBIENTE E SOCIETÀ Onlus -A.P.S. Associazione ambientalista nazionale fondata nel 1991 e diffusa in 15 regioni con decine di circoli, dichiara nel proprio Statuto (art 3.3) che: «…promuove e favorisce la cultura https://www.minambiente.it/pagina/elenco-delle-associazioni-di-protezione-ambientale-riconosciute https://www.legambiente.it/chi-siamo/ 46 https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/Statuto-Legambiente-22-giugno-2019-autentico.pdf 47 https://www.forumambientalista.org/chisiamo.html 48 http://archivio.forumambientalista.org/_documenti/statuto.pdf 44 45

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Ermete Ferraro

prescindere». 50

ambientalista, eco-solidale ed eco-pacifista». 49 Sul suo sito leggiamo: «Verdi Ambiente e Società: un nome che vuole sintetizzare un percorso ispirato ad un ambientalismo autenticamente ecologista, ma non per questo meno impegnato sulle questioni relative alla società, alla cultura ed alla pace. […] In tal senso, per VAS la difesa dell’ambiente resta centrale, ma la solidarietà e la nonviolenza costituiscono le scelte fondamentali perché gli esseri umani riescano a vivere in pace tra loro e con la natura, della quale fanno parte e dalle cui leggi non si può

Al di là delle dichiarazioni di principio, V.A.S. si è interessata a varie questioni riguardanti il nucleare militare, il disarmo e la pace, pur non essendoci una campagna nazionale specificamente dedicata a questi temi. Particolarmente attivo è stato il Circolo di Napoli (il cui coordinatore è referente nazionale per l’ecopacifismo ed autore di un apposito manualetto 51), che si è occupato in più occasioni di denunciare il rischio per salute ed ambiente connesso alla presenza di natanti nucleari nei porti italiani e delle basi militari della NATO in Campania. V.A.S. Napoli ha anche aderito - partecipandovi attivamente - al Comitato Pace Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio-Campania 52 ed alla campagna contro l’istituzione della Scuola militare europea, denominata “Napoli Città di Pace”. 53 Riepilogando, solo 3 delle 80 associazioni ambientaliste ufficialmente riconosciute sono ispirate anche da un interesse per la pace. Si tratta appena del 3,75 %. Pur tenendo conto anche delle citate sezioni italiane dei movimenti internazionali Greenpeace e Green Cross, non si supera comunque il 6% del totale, vale a dire 1 organizzazione ogni 17.

https://www.vasonlus.it/?page_id=2508 https://www.vasonlus.it/?page_id=45596 51 Ermete Ferraro, L’Ulivo ed il Girasole (Manuale per un progetto di coordinamento delle iniziative ecopacifista di VAS, Napoli, 2014 > https://issuu.com/ermeteferraro/docs/manuale_ecopacifismo_vas_2_83d43f9735930d 52 https://www.pacedisarmo.org/ 53 https://www.facebook.com/napolicittadipace/ 49 50


La colomba e il ramoscello

2. Un clima di guerra 2.1. Un’onda verde contro gli scogli del militarismo Tante persone sono rimaste scosse dalle immagini di milioni di giovani scesi nelle piazze per manifestare il loro diritto al futuro e per dare la sveglia a scienziati conniventi, media reticenti e governi complici di chi quel futuro sta mettendo drammaticamente a rischio. Finalmente le istanze ambientali non sembrano più percepite come la preoccupazione un po’ esagerata di profeti di sciagure o di ecologisti catastrofisti e fanatici. Le mobilitazioni di questa “onda verde” stanno mandando all’aria le finte priorità economiche e politiche di chi finora fingeva di non rendersi conto che l’attuale modello di sviluppo non solo è colpevole di stragi socio-ambientali, ma è di fatto anche suicida. Ecco perché – pur con alcune doverose riserve su contenuti e parole d’ordine di quest’inedita mobilitazione globale per il clima – essa sta imprimendo una salutare scossa socio-culturale, prima ancora che politica, ad un’umanità sempre più massificata, omologata e drogata dal miraggio di uno sviluppo senza limiti e senza remore. Eppure bisogna ribadire che un autentico ecologismo ha bisogno di una visione più ampia e complessiva, capace d’inquadrare i fenomeni contro cui ci si batte (a partire dall’inquinamento atmosferico con le sue relative drammatiche conseguenze) all’interno di un preciso sistema di riferimento e di una chiara scelta di valori. Lascia perplessi un ambientalismo ancora antropocentrico e motivato quasi esclusivamente dalla paura del disastro ecologico prossimo venturo. Soprattutto preoccupa l’assenza di riferimenti alle minacce agli equilibri ambientali derivanti dalla pesante impronta del complesso militareindustriale sul nostro Pianeta. Va pertanto denunciata la colpevole reticenza di chi tace intenzionalmente su una componente così rilevante dell’inquinamento atmosferico marino e del suolo, poiché sulle attività delle forze armate scienziati governi e media hanno sempre steso un complice velo di omertà. «Le attività militari esercitano un’elevata pressione sul territorio nel quale vengono svolte, in particolar modo per quanto attiene all’utilizzo delle risorse naturali. Il loro consumo ed i danni operati all’ambiente emergono evidenti in occasione dei conflitti che, accanto alla perdita di vite umane, mostrano un deciso impatto sulle risorse naturali. […] …le attività militari, nelle loro molteplici forme, provocano decise ripercussioni sull’ambiente anche in momenti di non conflittualità. L’inquinamento dell’atmosfera e l’inquinamento acustico costituiscono le più evidenti manifestazioni delle conseguenze ambientali ma i principali effetti, in particolar modo a lungo termine, risiedono nella

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Ermete Ferraro presenza di rifiuti tossici, contaminazioni chimiche e derivanti dall’utilizzo di oli e combustibili». 54 Certo, gli sprechi quotidiani, lo sperpero di risorse energetiche preziose perché esauribili ed un modello di sviluppo incompatibile con gli equilibri ecologici - di cui un po’ tutti siamo vittime ma anche partecipi - richiedono una generale e comune presa di coscienza del baratro verso cui l’umanità si è irresponsabilmente avviata, soprattutto negli ultimi decenni. Non sembra però ammissibile che si sottaccia o sminuisca l’incontestabile gravità della pressione esercitata dal complesso militare-industriale e dai tremendi esiti bellici che esso produce sulla natura, mettendo a rischio le stesse condizioni per la sopravvivenza del genere umano. Da sempre la guerra è di per sé morte, distruzione e devastazione ambientale. Si è giunti ora ad un punto di non ritorno, dove si affaccia sempre più la minaccia di una tragedia nucleare e le tecnologie belliche diventano sempre più insidiose incontrollabili e micidiali, sebbene dichiaratamente volte a rendere l’intervento militare più mirato, ‘chirurgico’ e… ‘intelligente’. «Lo scopo delle nuove teorie militari e di alcune tecnologie che si vanno sviluppando è di rendere "trasparenti" il nemico e il campo di battaglia. Nella futura "cultura militare" (non è un ossimoro, è quello che si insegna nei war college) non si tratta di avere i cannoni più grandi ma le telecomunicazioni più intelligenti. Le informazioni alimentano le armi, le quali, grazie a quelle, uccidono con precisione. la radiotrasmittente che il microvelivolo dello scenario del Pentagono lascia sul camion condurrà, a tempo debito, un missile micidiale sul bersaglio…» 55 La moltiplicazione degli scenari bellici, con sovrapposizione di guerre ipertecnologiche, guerre convenzionali e svariate forme di guerriglia, non può e non deve restare fuori dalla portata dei riflettori accesi da tanti giovani che, giustamente, s’interrogano sul loro futuro e sulle possibilità d’invertire la trionfale marcia di un finto progresso che conduce invece alla devastazione del comune patrimonio ambientale. E non si tratta solo di contestare le pesanti conseguenze delle operazioni di ‘guerra guerreggiata’, in quanto il sistema militare rappresenta in sé una minaccia alla tutela dell’ambiente anche quando non è ‘operativo’. È infatti evidente il suo enorme impatto sulle risorse energetiche, sulle condizioni dell’aria dell’acqua e del suolo e sulla sicurezza e salute delle comunità locali che, di fatto, va ad occupare, sottraendosi ad ogni controllo ed al rispetto dei vincoli normativi vigenti. «La triste verità, invece – per citare un articolo apparso nel 2015 sul sito dell’UNRIC (un organismo dell’UNU) – è che “l’ambiente è una vittima della guerra troppo spesso Daniele Paragano, Le basi militari negli Stati Uniti e in Europa: posizionamento strategico, percorso localizzativo ed impatto territoriale, Tesi di Dottorato di Ricerca in Geopolitica, Geostrategia e Geoeconomia, Università degli Studi di Trieste, A.A. 2007-08, p.142 55 Gordon Poole, Nazione guerriera – Il militarismo nella cultura degli Stati Uniti, Napoli, Colonnese, 2002, p. 154 54


La colomba e il ramoscello dimenticata”. La tragica realtà che abbiamo davanti agli occhi ci dimostra che, mutuando il titolo d’un saggio francese di ecologia politica, “la natura è un campo di battaglia” sul quale si esercitano le forze oscure di un capitalismo selvaggio, che non esita a ricorrere al ‘razzismo ambientale’, colpendo i più marginali, ed a ‘finanzializzare’ cinicamente perfino la crisi ecologica». 56 D’altronde, basi poligoni ed altre installazioni militari, anche in situazioni di non conflittualità, costituiscono una costante bomba ecologica, a causa della presenza e dell’utilizzo incontrollato di sostanze di natura chimica, batteriologica e nucleare nelle esercitazioni. É noto il caso italiano del Poligono interforze di Quirra, in Sardegna, dove dal 1956 non si è mai smesso di sperimentare sistemi d’arma e nuove tecnologie connesse alle attività belliche, con gravissime conseguenze sull’ambiente e sulla salute di chi ci abita. A parte il peso dell’occupazione manu militari di 240.000 ettari di territorio, la Sardegna lamenta infatti una crescita di malattie tumorali ed emolinfatiche connesse alle attività svolte dagli anni ’50 nelle sue basi, poligoni ed aeroporti.

2.2. Il militarismo divora risorse e lascia micidiali rifiuti Il sistema militare, solo apparentemente assimilabile alle comunità civili, per le sue gigantesche dimensioni è fonte di pesanti conseguenze ambientali, connesse all’incredibile voracità di risorse e beni comuni. E siccome tutti i consumi producono a loro volta rifiuti e modificazioni ambientali, le servitù militari costituiscono, fra l’altro, anche una rilevante fonte d’inquinamento. Ad esempio, dai dati dell’impatto sul contesto urbanistico dell’allargamento della ex-caserma vicentina Dal Molin si deduce che perfino i consumi ordinari (acqua, luce, gas), quando si tratta di una base militare per circa 6.000 militari, assumono proporzioni ‘gigantesche’. «Il progetto Dal Molin, come consumi, è pari a 30 mila vicentini per l'acqua, 5.500 per il gas naturale e 26 mila per l'energia elettrica. Cifre che da sole parlano chiarissime. Per Vicenza, la nuova base militare americana che il governo Prodi ha liquidato come un «problema urbanistico» rappresenterebbe un colpo assai pesante in termini di impatto ambientale e utilizzo delle risorse […] La città - dice l'ingegner Vivian - consuma 11,5 milioni di metri cubi l'anno. Pertanto, in relazione ai consumi idrici ipotizzati, è come se ci fosse un incremento di oltre 30 mila abitanti, e relative attività economiche, posti nel quadrante nord della stessa». 57 Ermete Ferraro, “Credere, Rinverdire e Combattere” – Il neo-ambientalismo dei Grigioverdi” (2018), Academia.edu > https://www.academia.edu/37811619/Credere_rinverdire_e_combattere - Il libro citato è: Razmig Keucheyan, La nature est un champ de bataille - Essai d'écologie politique, La Découverte > https://www.editionsladecouverte.fr/catalogue/index-La_nature_est_un_champ_de_bataille-9782355220586.html 57 Orsola Casagrande, “I conti in tasca alla nuova base USA di Vicenza”, il manifesto, 20.01.2007 > http://www.dimensionidiverse.it/dblog/articolo.asp?articolo=776 56

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Ermete Ferraro Ovviamente, la più grave impronta ambientale del sistema militare è comunque imputabile al devastante impatto delle operazioni belliche sul deterioramento climatico globale. Basti pensare che nel periodo delle operazioni belliche in Iraq (2003-2007) quella sola guerra ha provocato l’emissione di 140 tonnellate di gas serra (CO2 equivalente) 58 e che in generale le guerre – alla cui origine c’è sempre più il controllo egemonico sulle risorse petrolifere – sono causa di colossali sprechi e di disastri ambientali connessi ad esempio a bombardamenti d’impianti, petroliere, oleodotti e gasdotti. Come sottolinea M. Correggia: «Un cappio al collo del pianeta e un vero circolo vizioso, come sintetizzava l’appello «Stop the Wars, stop the warming» lanciato dal movimento World Beyond War alla Conferenza sul clima di Parigi: «L’uso esorbitante di petrolio da parte del settore militare statunitense serve a condurre guerre per il petrolio e per il controllo delle risorse, guerre che rilasciano gas climalteranti e provocano il riscaldamento globale. È tempo di spezzare questo circolo: farla finita con le guerre per i combustibili fossili, e con l’uso dei combustibili fossili per fare le guerre». 59 La lettura del rapporto “Smilitarizzazione per una profonda decarbonificazione”, pubblicato dall’International Peace Bureau nel 2014, ci fa comprendere quanto sia assolutamente indispensabile per la salvezza del clima terrestre un ridimensionamento del complesso militare-industriale e degli eventi bellici di cui è portatore. 60 É stato calcolato che il Pentagono statunitense, nel solo 2017, avrebbe immesso nell’atmosfera 59 milioni di tonnellate di CO2 (e di 1,2 miliardi di tonnellate tra il 2001 e il 2017) É quindi diventato di fatto il 55° paese più inquinante al mondo a causa delle sue emissioni, essendo quindi responsabile di circa l’80% di tutto il consumo energetico statunitense nello stesso lasso di tempo. 61 Questi dati possono sembrare allarmistici ed esagerati e molti si chiederanno come mai non se ne abbia avuta notizia. Ma basta pensare al mantello di segretezza che ricopre pesantemente qualsiasi manifestazione del sistema militare per comprendere quanto i cittadini sappiano poco o niente di ciò che avviene sul loro territorio, essendo espropriati di una parte di esso da una sua militarizzazione sempre più invadente. “Off limits” – il classico divieto di accesso che interdice ai civili le aree militari – significa dunque non solo che la comunità residente deve restare all’esterno di quella delimitazione, ma anche che le attività militari non sono assoggettate ad alcuna limitazione, monitoraggio o regolazione normativa, valida invece per tutti gli altri soggetti. Ne deriva che: «La ‘riservatezza’ sulle questioni militari […] ha contribuito a tenere il pubblico all’oscuro dei

Fonte: https://climateandcapitalism.com/2008/03/19/global-warming-and-the-iraq-war/ Marinella Correggia, “Militari di tutto il mondo in guerra col clima”, il manifesto (29.11.2018) > https://ilmanifesto.it/militari-di-tutto-il-mondo-in-guerra-col-clima/ ; cfr. anche la fonte citata: https://worldbeyondwar.org/stop-wars-stop-warming/ 60 Vedi: https://www.ipb.org/wp-content/uploads/2017/03/Green_Booklet_working_paper_17.09.2014.pdf 61 Vedi: Lorenzo Brenna, “Il Pentagono emette più CO2 di Svezia e Danimarca”, Lifegate, 14.06.2019 > https://www.lifegate.it/persone/news/impatto-ambientale-co2-pentagono-ricerca 58 59


La colomba e il ramoscello gravissimi problemi che il moderno ‘approccio militare’ ai conflitti pone non solo alle comunità umane, ma agli equilibri (sempre più instabili) dell’ecosistema Terra». 62

2.3. Guerra al clima, in un clima di guerra Elena Camino ci spiega che dovremmo guardare alla guerra non come una serie di eventi, bensì come un complesso e micidiale meccanismo, non soltanto distruttivo in sé ma che causa profonde modificazioni ambientali, levando risorse al benessere umano e ad ogni progetto di cambiamento del modello di sviluppo. «… un processo sistemico che cattura, trasforma e infine degrada (termodinamicamente) enormi quantità di materia e di energia (oltre che di denaro) sottraendole ad altri destini e producendo materiali inquinanti e tossici per tutte le forme di vita sulla Terra». 63 Ecco perché è indispensabile ed urgente collegare le tradizionali lotte ambientali e le più recenti mobilitazioni per il futuro del Pianeta con le battaglie del movimento pacifista e contro le guerre. Prima ancora, occorre demistificare la propaganda militare, denunciare l’ossimoro delle forze armate che difendono l’ambiente. A tal proposito, il già citato polemologo francese Ben Cramer ha formulato alcuni suggerimenti per fermare la nostra preoccupante corsa verso l’autodistruzione. Non basta “climatizzare il Pianeta”, provvedendo a rallentare con mezzi ingegneristici il riscaldamento globale. Egli infatti ritiene che bisogna non solo riconvertire, riciclare e cambiare modello di sviluppo, ma soprattutto “disinquinare smilitarizzando”». 64 Non si tratta di fare i conti in tasca solo ai giganti del sistema militare mondiale, come Stati Uniti, Cina, Russia, Arabia Saudita e Francia (per citare gli stati più armati del mondo, secondo la classifica 2014 del SIPRI), perché faremmo bene a guardare con più attenzione anche a casa nostra. L’Italia, infatti, nello stesso anno era all’11° posto per spese militari, ma anche al terzo posto per esportazione di armamenti ed inoltre, nel 2012, ha prodotto 6,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica per persona, vale a dire il doppio della Turchia e quasi il quadruplo dell’India, che è fra l’altro il primo paese importatore di armi italiane (10% del totale). 65 La scomoda verità è che – per citare il titolo di una recente testi di dottorato dell’Università di Lussemburgo – “gli impatti del militarismo sul cambiamento climatico (sono) una relazione gravemente trascurata”. Questo corposo studio denuncia che il militarismo è probabilmente il maggiore produttore di emissioni e di degrado ecologico. «Prescindendo se in tempo di guerra o di pace, le forze armate mondiali consumano un’enorme mole di combustibili fossili, producono immense quantità di rifiuti tossici e presentano domande esageratamente alte d’ogni genere di risorse per sostenere le loro Elena Camino, Guerra, ambiente, nonviolenza, (23.05.2016), Torino, Centro Studi “Sereno Regis” http://serenoregis.org/2016/05/23/guerra-ambiente-nonviolenza-elena-camino/ 63 Ibidem 64 Oltre a Ben Cramer, Guerre et Paix…et Ecologie , cit., vedi anche: Ermete Ferraro, “Credere, rinverdire e combattere”, cit. 65 Fonti: Stockholm International Peace Research Institute (2014) Trends in World Military Expenditure ; 2013. SIPRI Fact Sheet > http://books.sipri.org/product_info?c_product_id=476 e World Bank Carbon Emissions per capita 2010 > http://data.worldbank.org/indicator/EN.ATM.CO2E.PC/countries 62

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Ermete Ferraro infrastrutture, il tutto esentato da restrizioni ambientali e da misurazioni delle emissioni. In base alla routine della teoria della distruzione, la guerra è condotta al giorno d'oggi principalmente per assicurare le risorse naturali che vengono a loro volta massicciamente consumate nel processo, stabilendo così un auto-perpetuante ciclo di distruzione. Inoltre, le spese militari sottraggono ingenti finanziamenti alle iniziative di mitigazione e adattamento del clima. Sembra ovvio che il militarismo è strettamente correlato al cambiamento climatico, ma sfortunatamente questo collegamento è stato enormemente trascurato, se non intenzionalmente ignorato». 66 La prima cosa da fare, dunque, è denunciare demistificare e controinformare. L’opinione pubblica, finalmente scossa dalla salutare protesta dei giovani che rivendicano un futuro, non deve però essere tenuta all’oscuro del fatto che larga fetta dei guasti che conducono sempre più velocemente al cambiamento climatico sono provocati dal pesante impatto ambientale del complesso militare-industriale. «…ogni resistenza dal basso alle gerarchie imposte da chi comanda deve necessariamente tener conto che gli squilibri economici e sociali a livello globale sono assicurati proprio da un complesso militare-industriale che li difende. Allo stesso modo, non si dovrebbero sottovalutare i danni ambientali e sociali della militarizzazione del territorio e, soprattutto, deve essere chiaro che le guerre – in particolare quelle condotte tecnologicamente – sono di per sé una minaccia continua alla sicurezza, alla salute ed alla stessa sopravvivenza d’intere popolazioni». 67

Florian Polsterer, The impacts of militarism on climate change: a sorely neglected relationship , University of Luxembourg, European Master’s Degree in Human Rights and Democratisation - Academic Year 2014/2015, p.90> https://repository.gchumanrights.org/handle/20.500.11825/325 67 Ermete Ferraro, “Biocidio e guerre” Ermete’s Peacebook, (03.03.2019), https://ermetespeacebook.blog/2019/03/03/biocidio-e-guerre/ . Vedi anche, dello stesso autore: https://ermetespeacebook.blog/2017/02/19/il-libro-grigioverde-della-difesa/ – https://ermetespeacebook.blog/2016/06/15/cittadini-sotto-assedio/ 66


La colomba e il ramoscello

3. Una prospettiva ecopacifista 3.1. Quale ecopacifismo? «L’ecopacifismo è l’anello di congiunzione tra le lotte per l’ambiente e quelle per la pace, a partire dalla consapevolezza che […] entrambi si alimentano di una scelta etica, fondata sul rifiuto della violenza e del dominio come forze necessarie per il cambiamento e lo sviluppo. La ‘triade’ ambiente-sviluppo-attività militari – di cui aveva parlato Johan Galtung negli anni ’80 – avrebbe richiesto una strategia unitaria ed una saldatura organizzativa, in modo da contrapporre al modello violento di economia e di società uno sviluppo equo, ecocompatibile e nonviolento». 68 Queste parole – che scrissi nel 2004 in occasione della IV Festa della Biodiversità della citata associazione Verdi Ambiente e Società - ci riportano al senso di una proposta che, partendo dalla ricognizione sul significato di alcuni concetti-base (ecologia, ecologismo, conservazionismo, ambientalismo, irenismo, antimilitarismo, pacifismo e nonviolenza), intende saldare in un discorso unitario le lotte per la pace e per l’ambiente. Purtroppo, a distanza di quindici anni il bilancio resta insoddisfacente, come ha dimostrato peraltro la nostra ricerca. Basta fare una veloce ricerca su Internet, infatti, per riscontrare la quasi totale assenza di proposte sullo scenario politico italiano ed internazionale che vadano in quella direzione. Qualche analisi è riscontrabile nel mondo ispanico, dove di “ecopacifismo” si è discusso, riconoscendogli un ruolo nell’ambito del più complessivo movimento ecologista, verde, anticapitalista e terzomondista. 69 «…il nostro stile di vita è un generatore di distruzione ambientale e sociale, locale e globale, attuale e futura. […] L'industrialismo è suicida e incompatibile con la costruzione della pace. Dobbiamo superarlo al più presto e cambiare il modo in cui ci relazioniamo tra noi e con il resto della natura. […] In tempi di crisi ecologica globale come quelli in cui viviamo, non esiste alternativa pacifista globale praticabile che non integri l'analisi ecologica (sociale). D'altro canto, il progetto ecologico sociale è arricchito e rafforzato aggiungendo pace ai suoi obiettivi di sostenibilità ecologica e giustizia sociale. […] Ora resta da vedere se (l’ecopacifismo) sarà in grado di raccogliere abbastanza massa critica e in tempo per realizzare quella trasformazione sociale e globale tanto necessaria in termini di sostenibilità ecologica, giustizia sociale e pace». 70

Ermete Ferraro, Quale ecopacifismo? in “Biodiversità a Napoli” – suppl. a Verde Ambiente, anno xx, n. 2 (mar.-apr. 2004, pp. 21-27). Vedi anche: Idem, “Ecopacifismo: visione e missione” (13.12.2011), Ermete’s Peacebook > https://ermetespeacebook.blog/2011/12/13/ecopacifismo-visione-e-missione/ 69 Vedi la voce “Ecopacifismo”nella versione spagnola di Wikipedia> https://es.wikipedia.org/wiki/Ecopacifismo 70 Xosé Maria Garcia Villaverde, “Ecopacifismo: unha proposta”, Os Pés na Terra , Santiago de Compostela , 2011 > http://www.verdegaia.org/cospesnaterra/index.php?option=com_content&task=view&id=168&Itemid=164&ed=6 ; Vedi anche: Eduardo Campomanes, “Los Verdes del Estado Español: ¿Reformismo politico o ecopacifismo radical?”, Ecologia Politica, n.6/1993, pp.33-38 > https://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=4289838 ;N. Bergantiños, P. Ibarra Guel, Eco-pacifismo y Antimilitarismo. Nuevos movimientos sociales, Documentos 6 – Universidad del Paìs Vasco > http://www.injuve.es/sites/default/files/Revista-76-capitulo-6.pdf . Juan Sisinio Pérez Garzón, LA ÉTICA INDOLORA. LAS ALTERNATIVAS ECOPACIFISTAS > https://ojs.uv.es/index.php/saitabi/article/download/12205/12867 68

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Ermete Ferraro La carenza di un pensiero specificamente “ecopacifista” deriva da una concezione sempre più pragmatica e ‘liquida’ della politica, in cui le ideologie hanno da tempo perso la capacità di attrarre ed aggregare, rimpiazzate da un movimentismo spesso privo di prospettive, quando non antipolitico. Lo stesso movimento pacifista d’impronta nonviolenta, peraltro, ha stentato ad affermarsi in un panorama politico dove le uniche coordinate possibili erano prima quelle tradizionali (destra-centro-sinistra) e, successivamente, le parole d’ordine tipiche del riflusso verso soluzioni ambigue, come il populismo ed il sovranismo. L’unica vera novità nel panorama di quest’ultimo trentennio, come si accennava, avrebbe potuto essere il movimento globale dei Verdi 71, ma il suo incanalarsi nelle strettoie del partitismo e della tattica sulla strategia, laddove è diventato forza di governo, ne hanno eroso la capacità di alimentare un’autentica alternativa. Le stesse organizzazioni di matrice pacifista in questi anni si sono ulteriormente frammentate di fronte all’incalzare di conflitti armati e di strategie geopolitiche sempre più aggressivamente militariste. Esse non hanno avuto la forza di contrapporre – al di là dei tradizionali “signornò’ legati ad una sterilizzata obiezione di coscienza e ad un generico disarmismo - una credibile proposta di transarmo, fondata su un progetto di difesa alternativa, non armata, civile e nonviolenta, nonostante ci siano stati qualificati studi in tal senso, come quello del fisico nonviolento Antonino Drago. 72 Eppure questo trentennio ci ha messo davanti gli occhi un quadro, desolante ma fin troppo chiaro, della fondatezza e potenziale valenza della proposta ecopacifista, non solo come opposizione al complesso militare-industriale ed ai suoi velenosi frutti in campo economico, politico e bellico, ma anche come possibile laboratorio di un gandhiano “programma costruttivo”. I tragici avvenimenti di questi anni ci dimostrano che il disastro ambientale e la persistenza ed ulteriore diffusione delle guerre sono strettamente connesse tra loro. Le politiche di consumo e produzione degli stati e quelle relative alla c.d. ‘sicurezza nazionale’ sono talmente collegate da mettere a serio rischio la sopravvivenza stessa del Pianeta. Ecco perché diventa ancor più inspiegabile la banalizzazione e frammentazione del movimento ambientalista e la sua mancata saldatura con quello pacifista, contro la guerra, per il disarmo e la smilitarizzazione del territorio. Non ha senso, ad esempio, perseguire un’astratta ecosostenibilità dell’economia, se essa resta assoggettata alla logica d’un capitalismo globalizzato e pervasivo, che ricorre sempre più spesso alla strategia bellica quando l’aggressione ‘pacifica’ e neocolonialista del mercato non basta più. Allo stesso modo è evidente che non basta manifestare contro guerre ed invasioni armate se non ci si sa opporre ad un modello di sviluppo predatorio, nemico della natura e dei suoi equilibri almeno quanto lo è della giustizia e della pace.

Petra Kelly, Fighting for Hope, South End, 1984: Vedi anche: Valentina Cavanna, Petra Kelly – Ripensare l’ecopacifismo, Interno4 Ed., 2017; Gianluca Solera, “Ripensare l’ecopacifismo con Petra Kelly”, Azione Nonviolenta, ago. 2018 > https://www.azionenonviolenta.it/ripensare-lecopacifismo-con-petra-kelly/ ; 72 Antonino Drago, Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Torino, E.G.A., 2006 71


La colomba e il ramoscello Nel mio saggio ricordavo alcune interessanti impostazioni ed esperienze del movimento verde che lasciavano presagire una sensibilità in tal senso. Anche alcune serie proposte di “ecologia sociale”, diffuse in ambito europeo, avrebbero lasciato sperare nel rilancio dell’opzione ecopacifista. Un’altra corrente di pensiero che avrebbe potuto alimentarne lo studio e la pratica è quella che fa riferimento al pensiero c.d. “ecoteologico” ed alla crescente sensibilità delle Chiese cristiane verso il trinomio “giustizia/pace/salvaguardia del creato”. Anche in questo caso, però, la profonda ed autorevole riflessione di tanti teologi e vescovi e lo stesso magistero degli ultimi tre pontefici non sembra aver coinvolto davvero le comunità cui si rivolgevano. Esse infatti stentano a far proprio il “principio responsabilità” di cui parlavano Hans Jonas 73, insieme ad altri filosofi e teologi che hanno insistito sulla centralità di un’etica ambientale. Mi sembra, allora, che il pur affascinante progetto di conversione e di nuova evangelizzazione della nostra società, a partire dalla diffusione di “nuovi stili di vita” fondati sulla sobrietà, più equi e solidali, non sia riuscito ancora a permeare davvero il progetto per una “civitas” cristiana, in cui: “Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra…” (Sal. 85: 11-12)

3.2. Ecopacifisti: come e perché? Nel “manuale V.A.S. di ecopacifismo” del 2014 avevo già puntualizzati preliminarmente alcuni principi: «I. L’ecopacifismo non è la pura e semplice sommatoria di obiettivi programmatici ci e di azioni pratiche relative alla lotta per la difesa degli equilibri ecologici e per l’opposizione al militarismo ed alla guerra. Con questo termine andrebbe invece caratterizzata un’impostazione etico-politica ed un programma costruttivo globale, nei quali la nonviolenza si manifesti sia nella salvaguardia dell’ambiente naturale e di tutte le forme di vita, sia nella ricerca di alternative costruttive ai conflitti. II. L’ecopacifismo non è un a dottrina politica ma neanche una semplice strategia d’azione. Sullo sfondo della proposta ecopacifista, infatti, si delinea un ben preciso modello di convivenza e di sviluppo economico-sociale. La sua caratterizzazione eco-socialista, autogestionaria ed antimilitarista è riconducibile sia alla tradizione etico-religiosa dell’Ahimsa gandhiana, sia alla nonviolenza laica di pensatori come Capitini, sia anche alle proposte di pacifisti di matrice anticapitalista e terzomondista». 74 Avevo anche avanzata qualche proposta operativa: (a) priorità programmatiche: disarmo e difesa alternativa, tutela della diversità ecologica e culturale, ecologia sociale applicata al quotidiano; (b) strategie operative: rapporto col movimento antiglobalizzazione, con quello no-war e nonviolento e con le organizzazioni ecologiste; (c) una ipotesi strategica: apertura dei movimenti radicalmente laici alla collaborazione Hans Jonas, Il principio responsabilità, Un’etica per la civiltà tecnologica (1979), Torino, Einaudi, 2002 Ermete Ferraro, L’Ulivo e il Girasole – Manuale di ecopacifismo, Napoli, V.A.S., 2014, p. 4 > https://issuu.com/ermeteferraro/docs/manuale_ecopacifismo_vas_2_83d43f9735930d 73 74

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Ermete Ferraro con le comunità cristiane inclini a coniugare la scelta per la pace con quella per la giustizia e la tutela dell’ambiente. La realtà politica attuale appare frammentata, deprimente sul piano etico, dominata da un pensiero unico e ripiegata in una sorta di passiva rassegnazione. D’altra parte, paradossalmente, si stanno moltiplicando dovunque movimenti spontanei e mobilitazioni giovanili, che attestano un interesse per la ricerca di alternative alla catastrofe nucleare ed al riscaldamento globale. Continua però a mancare un filo conduttore che a tali battaglie conferisca un respiro più ampio ed una strategia condivisa, coniugando l’opposizione sociale alla creazione di un’alternativa economica, sociale, ambientale e difensiva. «Il metabolismo della società determina gran parte della sua geopolitica, ed in particolare la violenza che essa trasmette sia all’esterno sia all’interno […] (questa) è una relazione sistemica essenziale che deve essere messa in luce e con cui bisogna confrontarsi, prima che sia troppo tardi. Ciò significa che i precetti della cultura della pace devono diventare parte dell’ambientalismo e quelli ambientali devono diventare parte del pacifismo e dell’antimilitarismo. La questione va ben oltre ciò che potrebbe essere un’alleanza tattica tra movimenti sociali per la giustizia globale». 75 “Prima che sia troppo tardi” non è un’espressione da “apocalittici” che vogliono dare la sveglia agli “integrati”, per citare un famoso libro di Umberto Eco. È l’oggettiva constatazione del grave ritardo nella diffusione nell’attuale società dell’ecopacifismo come ipotesi teorica e come strategia politica efficace. Un segnale d’allarme lo aveva lanciato uno dei più qualificati studiosi italiani di ecologia, Giorgio Nebbia, constatando la fragilità del legame tra pace e ambiente nella comune percezione e coscienza: “Se ci si volta indietro, nei sessantasei anni trascorsi dalla pace del 1945, quando finì l’ultima “grande guerra”, non c’è stato un solo giorno di vera pace nel mondo […] La violenza ha dominato e pervaso la storia umana. C’è motivo di ricordarlo […] perché ogni conflitto, ogni scontro, ha avuto cause ed effetti ambientali. Dietro le scuse ‘ufficiali’ di difesa di diritti politici o umani o dietro motivi religiosi o con la scusa di assicurare a qualcun altro la libertà da qualche cosa, c’è sempre stata la volontà di impossessarsi di beni territoriali o ambientali ‘altrui’: la conquista di terre fertili, o di spazio, o di risorse naturali o il controllo dell’acqua dei fiumi…” 76 Non dimentichiamo, poi, il circolo vizioso che, nel proliferare di conflitti armati e sedicenti ‘missioni di pace’, lega l’imperialismo predatorio di risorse agli enormi interessi connessi alla “ricostruzione” di quanto le guerre hanno provveduto a distruggere. Questo cinico gioco al massacro del complesso militar-

David Llistar i Bosch, Environmentalism and Peace, in http://www.visionofhumanity.org (nov. 2010) Giorgio Nebbia, “Pace e ambiente”, editoriale in Verde Ambiente (set. 2011). Di G. Nebbia v. anche l’articolo: “Ecologia ed ecologismi” (2000), in: Scritti di storia dell’ambiente e dell’ambientalismo 1970-2013, a c. di L. Piccioni, I quaderni di Altronovecento n. 4/2014, Brescia, Fondazione Micheletti, pp. 299-305 > http://www.ecostat.unical.it/Piccioni/Pubblicazioni/Pubs%20PDF/Nebbia%202014.%20Scritti%20di%20storia%20amb ientale.pdf 75 76


La colomba e il ramoscello industriale costa, solo in termini economici, migliaia di miliardi all’anno, sottratti agli investimenti per lo sviluppo, per il risanamento ambientale e per il benessere sociale. «[Questo] sarebbe perciò il “valore monetario” della pace, soldi che potrebbero essere investiti nelle armi della pace: anche la pace, infatti, ha le sue armi che sono scuole, ospedali, abitazioni, acqua, servizi igienici, sicurezza nelle proprie terre e nei propri campi, cibo e miglioramento dell’ambiente, occupazione. Ma non ci sarà mai pace fra gli esseri umani e con l’ambiente naturale senza una equa distribuzione dei beni che la Terra offre e che sono grandi e sarebbero sufficienti per tutti. La pace è figlia della giustizia, lo diceva anche il profeta Isaia, tanti anni fa, e, parafrasandolo, si può ben dire che l’ambiente è figlio, a sua volta, della pace».77

3.3. Che fare? Una certa miopia dei movimenti e la scarsa tendenza a mettere in pratica il classico slogan ecologista “pensare globalmente, agire localmente”, c’inducono ad ipotizzare un’alleanza, quanto meno operativa, fra queste due dimensioni dell’agire politico. I terreni sui quali si possono sperimentare interventi comuni non sono pochi, a livello sia nazionale sia internazionale. Basti pensare solo all’assurdo tentativo di riproporre periodicamente l’opzione nucleare, già due volte sconfitta grazie ad un movimento referendario composito e dal basso, più che ai tatticismi dei partiti e di alcune associazioni ambientaliste troppo istituzionalizzate. Dobbiamo valutare positivamente anche l’accresciuta e più diffusa sensibilità della gente in campo alimentare e contro l’uso degli OGM, oppure per la sempre attuale battaglia per l’acqua pubblica e gestita con criteri sociali, contro l’avidità delle grandi imprese internazionali che in parte già la controllano. In entrambi i casi, infatti, sono innegabili sia i risvolti economici sociali e civili di quelle scelte, sia il loro collegamento col rifiuto d’un mondo assoggettato al potere delle multinazionali, della finanza e del complesso militar-industriale. Il movimento ecopacifista dovrebbe aiutare i movimenti come Friday For Future a diventare più sensibili nei confronti degli spaventosi – in alcuni casi irreversibili – danni ambientali e climatici provocati dalle guerre, dalla loro incessante preparazione e dall’insensata corsa ad ogni genere di strumenti di distruzione e devastazione. «Il settore militare non solo inquina ma contamina, trasfigura, rade al suolo. […] Le attività militari sono responsabili di molte forme di inquinamento e danni alla salute delle popolazioni: dai metalli pesanti per finire all’uranio impoverito, e anche al torio per la sperimentazione di razzi nei poligoni di tiro. Non meno grave è l’occupazione di territori che dovrebbero essere adibiti a

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G. Nebbia, art. cit.

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Ermete Ferraro coltivazioni o altre attività umane utili, e che invece rimangono gravemente e permanentemente contaminati dalle attività militari». 78 Mai come in questo periodo, peraltro, sta crescendo nel cittadino medio la consapevolezza che la crisi finanziaria globale è connessa ad una strategia di controllo non solo dei mercati mondiali, ma anche delle risorse energetiche strategiche e degli equilibri geo-politici complessivi. A questo “capitalismo-avvoltoio” – com’è stata efficacemente definita la complicità negli USA fra i grandi di Wall Street ed il complesso militar-industriale 79 – bisognerebbe contrapporre una strategia complessiva ed internazionalmente diffusa. Per un movimento ecopacifista – o che almeno abbia l’ecopacifismo tra i suoi principi ispiratori – non mancherebbero le occasioni per sottolineare queste perverse connessioni e per intraprendere battaglie che vadano ad incidere sulle tre dimensioni delle questioni citate. Pensiamo all’importanza strategica di questioni come l’autogestione delle risorse naturali, l’opposizione al nucleare di guerra, la sfida alle multinazionali che privatizzano e controllano i beni comuni, o la subalternità alle scelte dei paesi economicamente, politicamente e militarmente egemoni. Fra questi si sono inseriti prepotentemente Cina e Russia, evocando il preoccupante spettro di conflitti non più solo commerciali, mentre l’Unione Europea continua a sfaldarsi, concentrandosi su gretti meccanismi economicofinanziari anziché su una visione più ampia e responsabile di mediazione. Di strada da percorrere ce n’è ancora molta. Esistono, però, questioni sulle quali si potrebbe da subito cercare la convergenza operativa delle organizzazioni ecologiste e di quelle pacifiste. Solo per fare degli esempi, una è quella relativa alle scorie nucleari 80 ed al loro ritrattamento, finalizzato alla fabbricazione di armamenti atomici. C’è poi la battaglia contro la presenza di natanti a propulsione nucleare in alcuni porti del nostro Paese. 81 Un altro terreno potrebbe essere il rischio ambientale connesso all’inquinamento elettromagnetico generato da mostruosi apparati radar e per telecomunicazioni 82, massicciamente presenti in basi ed aeroporti militari e collocati in aree densamente urbanizzate. Non dimentichiamo, poi, le campagne contro le “banche armate” finanziatrici dell’industria bellica, 83 cointeressate a imprese multinazionali e Angelo Baracca e Marinella Correggia, #Fridaysforfuture. Ad uccidere il clima – oltre ai popoli – sono anche le guerre e il complesso militare-industriale, il manifesto, 27.09.2019 (vedi anche su l’AntiDiplomatico > https://www.lantidiplomatico.it/dettnewsfridaysforfuture_ad_uccidere_il_clima__oltre_ai_popoli__sono_anche_le_guerre_e_il_complesso_industriale_militar e_non_dimentichiamolo/82_30848/ 79 Cfr. Norman D. Livergood, “Vulture Capitalism: The Wall Street-Treasure Complex as Counterpart to the MilitaryIndustrial Complex”, http://www.hermes-press.com/vulture.com/vulture.htm 80 Vedi: https://www.wired.it/attualita/ambiente/2019/02/08/deposito-nazionale-scorie-nucleari/ 81 Vedi: Ermete Ferraro, “A propulsione anti-nucleare (15 anni di lotte ecopacifiste di V.A.S. per la sicurezza dei cittadini e per la denuclearizzazione del porto di Napoli” ), in: Pace e Disarmo > https://www.pacedisarmo.org/pacedisarmo/articles/art_7655.html 82 Vedi: https://nomuos.org/it/ 83 Vedi: http://www.banchearmate.it/home.htm 78


La colomba e il ramoscello speculazioni edilizie, ma ipocritamente atteggiate a benefattrici dell’umanità o perfino sponsor di progetti di recupero ambientale. Se soltanto si riuscisse a coagulare intorno a queste quattro tematiche un movimento ecopacifista, sarebbe già un passo notevole verso la una realtà che non si limiti a fare “fronte comune”, ma sappia pensare più globalmente. Dare al movimento ecopacifista un vero e proprio “programma costruttivo”, in alternativa ad un mondo sempre più militarizzato ed asservito alle multinazionali, è un obiettivo certamente più grande ed ambizioso, ma tutti siamo chiamati a dare un contributo. Prima che sia troppo tardi.

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Ermete Ferraro

4. Una prospettiva spirituale su pace e ambiente «La terra ha risorse sufficienti per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di tutti» (GANDHI)

4.1. Nonviolenza e ‘programma costruttivo’ Credo che sia opportuno ribadire l’importanza del concetto gandhiano di constructive program in una visione dell’azione politica che non si limiti a contrastare la violenza, ma intenda sradicarla dalla mentalità e dal comportamento quotidiano. Purtroppo gli stessi movimenti per la pace hanno raramente praticato questo principio, che prevede un addestramento collettivo e la predisposizione di un progetto operativo, per costruire da subito e dal basso l’alternativa a ciò contro cui si lotta. «Molti movimenti moderni nonviolenti prestano poca o nessuna attenzione al Programma costruttivo. Invece concentrano tutta la loro energia sulla non cooperazione e sulla disobbedienza civile. Gli attivisti sono tentati di pensare di poter costruire una nuova società dopo che l'attuale regime sarà scomparso. Gandhi ha sostenuto che la realtà era invertita e che le possibilità di cambiamento permanente erano minori senza il P.C. […] Mentre i movimenti insurrezionali non violenti nella seconda metà del 20° secolo hanno liberato con successo le persone dai regimi repressivi […] in quasi tutti i casi gli stessi problemi di povertà e altre forme di violenza strutturale hanno finito col minare i vantaggi del programma nonviolento. Ciò succede non perché la nonviolenza non funzioni, ma perché la nonviolenza senza programma costruttivo è incompleta». 84 Anche il movimento ecopacifista dovrebbe superare i limiti di quello che Gandhi chiamava “programma ostruttivo” (denuncia, non-collaborazione ed opposizione nei confronti della violenza della guerra e di uno sviluppo iniquo, predatorio e devastante). Bisogna infatti elaborare anche un vero “programma costruttivo”, fatto di azioni concrete ed efficaci che prefigurino un modello alternativo di difesa e di salvaguardia degli equilibri ecologici, da cui dipende il futuro stesso del nostro Pianeta. Ciò richiede una visione complessiva dei rapporti degli uomini tra loro e con la madre Terra. Un’etica nonviolenta ed ecologica può senz’altro scaturire da una concezione laica della vita, ma una prospettiva spirituale, prima che religiosa, dovrebbe sicuramente ispirare una visione in cui l’impegno per giustizia pace e tutela del creato ritrovino l’auspicata unità. Non è un caso, dunque, che un movimento nonviolento di matrice spirituale come il M.I.R. si sia proposto di predisporre e diffondere uno strumento che consenta una riflessione su questi temi, ipotizzando un progetto in cui svolga un ruolo centrale la riconciliazione tra persone e tra stati, ma anche quella dell’umanità tutta con una natura finora sfruttata e violata. «Percependo la necessità di guarigione e riconciliazione nel mondo, i fondatori di IFOR hanno formulato una visione della comunità umana basata sulla convinzione che 84

Constructive Program, Metta Center for Nonviolence > https://mettacenter.org/definitions/constructive-program/


La colomba e il ramoscello l'amore in azione abbia il potere di trasformare ingiuste strutture politiche, sociali ed economiche […] I membri dell'IFOR condividono la visione di un mondo in cui i conflitti sono risolti con mezzi nonviolenti, in cui i sistemi che favoriscono la paura e l'odio vengono smantellati e in cui la giustizia viene cercata come base per la pace». 85 L’importanza di un modello di vita alternativo e di un programma costruttivo è attestata dalla puntualizzazione, nei principi del M.I.R. italiano, che si tratta di un’organizzazione «…a base spirituale, composta di donne e uomini che sono impegnati nel praticare la nonviolenza attiva come stile di vita, come mezzo di riconciliazione nella verità e mezzo di trasformazione personale, sociale, economica e politica.»86 Una testimonianza in tal senso ci è venuta da Giuliana Martirani – che del M.I.R. è stata presidente – la quale nei suoi scritti ha sempre affrontato congiuntamente l’educazione alla pace e quella all’ambiente, in una prospettiva ecopacifista. «…E allora abbiamo visto che occorre pensare globalmente per capire i meccanismi e le relazioni che ci strozzano, e agire sia localmente che globalmente. Abbiamo capito che ora ogni aspetto della vita…va rivisitato nell’ottica dello sviluppo, dell’ambiente e della pace […] Ma per farlo bisogna smetterla sul serio di volere gli uomini schiavi e la natura sottomessa. Abbiamo allora imparato a mettere nel più assoluto disonore l’eco-nomia con le leggi dall’uomo imposta alla natura…per intronizzare al suo posto l’eco-logia…dove l’uomo si mette finalmente in dialogo con la natura». 87 Anche Alberto L’Abate, altro illustre esponente della nonviolenza italiana attivo nel M.I.R., da sociologo esperto di ricerca/azione è stato attento sia alla formazione culturale (avendo collaborato con Aldo Capitini), sia al lavoro di base per un programma costruttivo nonviolento (essendo stato vicino anche a Danilo Dolci). A proposito del ruolo di una educazione che anticipa e costruisce l’alternativa, infatti, scriveva: «Quindi l’attività di educazione alla pace e alla nonviolenza è fondamentale per questa rivoluzione culturale, necessaria a minare le fondamenta della cultura profonda della violenza e dar vita, al suo posto, ad una cultura basata sul rispetto dell’altro, della sua vita, e del suo diritto ad esistere, puntando su quella che è stata definita ‘la forza più potente’ e cioè la nonviolenza». 88 L’importanza di coniugare l’impegno ecologico con quello per la giustizia è stata manifestata anche da famosi studiosi di formazione laica, come Wolfgang Sachs – accademico attivo nell’associazionismo ambientalista, già presidente della sezione tedesca di Greenpeace – dai cui scritti affiora una visione globale, che collega l’ambientalismo con l’opposizione alle profonde ingiustizie di un sistema che genera violenza e sciagure.

Cfr. http://www.ifor.org/#mission . Vedi anche: M. K. Gandhi, Il programma costruttivo, suo contesto e significato, Pisa, Centro Gandhi ediz. (quad. Satyagraha n. 34), 2018 86 Cfr. https://www.miritalia.org/ 87 Giuliana Martirani, Viandante maestoso, La via della bellezza, Milano, Ed. Paoline. 2006, p. 93. La Martirani ha scritto, fra l’altro, anche: Gea. Un pianeta da amare (Torino, E.G.A., 1989) e La civiltà della tenerezza (Roma-Milano, Paoline,1999) 88 Alberto L’Abate, L’arte della pace, Pisa, Centro Gandhi ediz. (quaderno Satyagraha n. 26), 2014, p. 119 85

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Ermete Ferraro «…se l’obiettivo è di eliminare dal mondo le stragi come strumenti di lotta politicoideologica, si devono prosciugare le fonti della violenza […] Le crisi, le catastrofi, il rischio e la scarsità diventano fonti di prestigio profitto e potere proprio per quelle istituzioni – la scienza, l’economia e lo stato – che le hanno in buona parte causate e le causano ancora». 89 Ancor più in una prospettiva di fede, la pace non può essere una scelta teorica e senza conseguenze pratiche, qui e ora. La nonviolenza come opzione astratta non ci aiuterà ad uscire né dalla tragedia delle violenze strutturali e delle guerre, né dall’incubo di un futuro sempre più fosco per un’umanità che si è sentita arcigna dominatrice, non attenta custode del Creato. Ecco perché dobbiamo cominciare da subito a costruire la pace, ad esplorare empiricamente e creativamente nuove strade, come suggeriva uno studioso francescano. «Parlare di pace senza far pace non ha senso. Per questo io credo sia necessario l’impegno a vivere situazioni di pace e di pacificazione […] Per questo bisogna cominciare…a sperimentare la civiltà di pace per cui siamo chiamati da Dio […] Allora perché non provar a vivere certe realtà che possono modificare il mondo? […] La fantasia e la creatività ci saranno di grande aiuto nel compito di offrire piste per il nuovo che sorge…» 90

4.2. Giustizia, pace ed integrità del Creato Una giusta introduzione a questo discorso può essere l’esplicitazione che Giuliana Martirani ha fatto del termine latino “in-nocentia”, forse ancor più adeguato di “nonviolenza” a tradurre il concetto gandhiano (ma già induista e giainista) di “ahismsa”. 91 Pur essendo anch’esso un termine originariamente ‘negativo’ (a causa del prefisso latino ‘in’ che equivale a quello privativo hindi ‘a’), innocenza ha infatti assunto una serie di connotazioni positive, sia pur banalizzate dal suo corrente valore semantico, che tende a farne una condizione primigenia, una beatitudine originaria, fatalmente destinata a perdersi o corrompersi col tempo. 92 «La nonviolenza è cultura dell’in-nocentia, attenzione a tutte le forme di vita, umane e del creato, a cominciare da quelle già presenti, ma anche a quelle che verranno. […] In-nocentia di sé, del prossimo, della natura, della specie umana è cultura e metodo per giungere ad una spiritualità nell’economia e nella politica. La cultura dell’in-nocentia, della nonviolenza, sostituisce in vecchio e obsoleto concetto del ‘fine che giustifica i mezzi’, appannaggio del principe e di ogni potere accentratore e tirannico, che sfocia in fame e guerre, con quello del ‘mezzo che contiene in fine’ (Gandhi), che sfocia nella terra dove scorrono latte e miele, dove ci sono giustizia e pace…». 93

Wolfgang Sachs, Ambiente e giustizia sociale – I limiti della globalizzazione, Roma, Ed. Riuniti, 2003, pp.23…26 Gianmaria Polidoro, Civiltà di Pace, Assisi, Ed. Porziuncola, 1996, pp. 62-63 91 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Ahimsa e https://www.mkgandhi.org/articles/ahimsa-Its-theory-and-practice-inGandhism.html 92 Vedi: http://www.treccani.it/vocabolario/innocenza/ 93 Giuliana Martirani, La civiltà della tenerezza. Nuovi stili di vita per il terzo millennio, Milano, Paoline, 1997, p. 208 89 90


La colomba e il ramoscello La triade ‘giustizia-pace-integrità del creato’ è facilmente riconducibile alla visione evangelica della tradizione cristiana, ed in particolare a quella francescana, come è attestato dalla presenza di commissioni così denominate all’interno dei vari ‘rami’ dei Frati Minori fondati dall’Assisiate, ma anche in settori di altre congregazioni religiose e missionarie, come Carmelitani, Comboniani, Paolini/e etc. 94 In ambito cattolico, inoltre, è stata istituita ufficialmente sia la Giornata della Pace (1° gennaio) sia quella dedicata alla Custodia del Creato (1° settembre), e per entrambi le celebrazioni sono state emanati lettere pastorali, documenti ed indirizzi degli episcopati. Altrettanto è avvenuto in ambito protestante, in cui l’articolazione del programma comune su pace, giustizia e integrità del creato ha avuto inizio nel 1989 a Basilea, con l'Assemblea Ecumenica europea ‘Pace nella giustizia’. 95 Significativi sono anche gli interventi in merito alla salvaguardia del Creato da parte delle Chiese Ortodosse, fra cui gli appelli del Metropolita d’Italia e Malta 96 e, in primo luogo, del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo. 97 Analogamente, basta leggere documenti congiunti dei rappresentanti di varie confessioni religiose – come quelli prodotti negli incontri ecumenici, a partire da quello di Assisi – per constatare come giustizia, pace e custodia del creato siano concetti comuni e condivisi, sia pure con modalità e spirito diversi. Più rari e più recenti sono invece i pronunciamenti su pace e ambiente nel mondo islamico, dove comunque sembra esserci una visione più aperta, come attestano autorevoli interventi, come quello del Grande Imam Al-Ahzar al-Sharif, che ha recentemente sottoscritto con Papa Francesco un documento sulla pace mondiale, in cui si dichiara solennemente e congiuntamente che «le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue». 98 Anche in materia di protezione dell’ambiente nel mondo islamico si registra un nuovo interesse, riconducendo ai precetti coranici il rispetto per la vita di tutti gli esseri e per la natura nel suo insieme, di cui l’uomo ha ricevuto la custodia, come “khalifat-Allah fil-ard”, cioè vicario di Dio sulla terra. Nell’agosto del 2015 ad Istambul è stata redatta anche una Cfr.: https://ofm.org/it/ordine/curia/gpic/ ; https://www.ofmcap.org/it/notizie/giustizia-pace-integrita-del-creato ; https://www.jpic-jp.org/ ; https://ocarm.org/it/content/ocarm/commissione-giustizia-pace-e-integrita-creato ; https://www.comboni.org/contenuti/106096 ; https://www.pddm.org/jpic/ Vedi anche il manuale J.P.I.C. curato da OFM Cap. https://www.ofmcap.org/images/docs/news/jpic_handbook_en.pdf e la bibliografia relativa in: https://www.custodia.org/sites/default/files/2018-12/Bibliografia%20essenziale%20JPIC.pdf 95 Vedi: https://www.fcei.it/wp-content/uploads/2017/10/Creato2017.pdf 96 http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=2411:sui-passi-dei-pensieri-e-delleazioni-del-patriarca-ecumenico-bartolomeo-riguardo-la-meravigliosa-creazione-di-dio&catid=144:discorso&lang=it 97 http://www.ortodossia.it/w/index.php?option=com_content&view=article&id=5496:giornata-di-preghiera-per-lasalvaguardia-del-creato-2018&catid=14:messaggi&lang=it e https://www.comboni.org/contenuti/110892 Vedi anche: http://www.centesimusannus.org/wp-content/uploads/2018/01/Discorso-di-Sua-Santit%C3%A0-il-Patriarcaecumenico-Bartolomeo-ITA.pdf e https://www.patriarchate.org/the-green-patriarch 98 S.S. Papa Francesco e Grande Imam di Al-Ahzar Ahmad Al-Tayyeb, Documento sulla fratellanza Umana, per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi, 4 feb. 2019 > http://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papafrancesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html 94

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Ermete Ferraro Dichiarazione islamica sul cambiamento climatico, in cui si denuncia che l’uomo ha danneggiato la terra, abusandone arrogantemente, anziché ‘coltivarla’. 99 L’induismo – come si è già accennato – per la sua stessa visione ‘olistica’ del mondo, è una religione particolarmente sensibile alla sacralità della vita in tutte le sue manifestazioni, e quindi al valore della pace (shanti) e della nonviolenza (ahimsa). « Per l'induista l'uomo non è separato dall'ambiente […] deve essere considerato con tutto il contesto vitale che lo circonda, non escluse le altre entità viventi […] Il suo approccio alla salvaguardia dell'ambiente sarà perciò omnicomprensivo e non si riferirà quindi solo all'esclusiva salvezza dell'uomo». 100 Analogamente, anche la dottrina etico-religiosa del buddismo è profondamente impregnata di rispetto per la vita e per l’ambiente. «…dal momento che il sistema ecologico del pianeta, le relazioni sociali e la vita interiore dell’individuo sono mutuamente connessi, il potere armonizzante della compassione e della saggezza possono realizzare una trasformazione che diventa la base per la soluzione dei complessi problemi globali…». 101 Un discorso complesso è quello riguardante il rapporto dell’Ebraismo con la pace, dal momento che, se da un lato il vocabolo ebraico “milchamà”, che indica la guerra, compaia nella Bibbia ben 300 volte 102: «…nel Tanakh, la Scrittura ebraica, [shalòm] ricorre per 250 volte ed è tradotta in trenta modi diversi, in aggiunta a "pace". […] Il termine biblico Shalôm descrive una dimensione originaria della vita umana caratterizzata dall'abbondanza e dalla pienezza di senso…»103. Nonostante le meravigliose espressioni contenute nei Salmi e nei Profeti (in particolare Michea ed Isaia), la morale ebraica tende a posporre la pace perfetta ed universale nella prospettiva dell’epoca messianica. D’altra parte, non risultano dichiarazioni contro la guerra da parte delle autorità rabbiniche internazionali, ed in particolare dal Gran Rabbinato dallo Stato d’Israele, potenza nucleare e che nel 2018 ha speso il 4,3% del proprio PIL in spese militari. Un’indiscutibile sensibilità per l’ambiente naturale e la tutela della creazione è insita nella tradizione biblica, ma la visione giudaica resta antropocentrica. Si trovano comunque utili spunti su ebraismo ed ecologia in un inserto del 1985 della rivista dell’ebraismo italiano Morashà. 104

Leggi il testo in ingl. in: https://www.silene.ong/en/documentation-centre/declarations/islamic-declaration-onglobal-climate-change . Vedi anche l’articolo di Paolo Gonzaga > https://www.casadellacultura.it/481/cattolici-emusulmani-in-difesa-dell-ambiente 100 Madana Gopala Dasa, “Persona e ambiente nell’induismo”, Amadeux Biblioforum > https://www.amadeux.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=11641 101 Daisaku Ikeda, “Vita e ambiente (Esho Funi)” (lug. 2010), Ist. Buddista Italiano Soka Gakkai > https://www.sgiitalia.org/esho-funi/ 102 Amos Luzzatto, “Guerra e pace nella Bibbia”, in: Amos Luzzatto, Luciano Fanin, Yahya Abd al-Ahad Zanolo, Pace e guerra. Nei testi sacri di ebraismo, cristianesimo e islam), Padova. Ed. messaggero, 2016, p. 15 99

V. la voce “Ebraismo e Cristianesimo”, Nostre radici, > http://www.nostreradici.it/shalom.htm Vedi: Riccardo e Gianfranco Di Segni, “Ebraismo ed ecologia”, Morashà (lug-ago 1985) > http://www.morasha.it/alefdac/alefdac_26_27.html - Una breve rassegna sul pensiero delle c.d. ‘religioni del Libro’

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La colomba e il ramoscello 4.3. Dalla ‘Pacem in terris’ alla ‘Laudato si’ ’ Pur apprezzando il contributo di tante altre confessioni religiose e movimenti spirituali al comune percorso verso un progetto di pace e di protezione ambientale, sembra innegabile che il Magistero papale e le conferenze episcopali abbiano centrato in modo sempre più esaustivo ed integrale questo fondamentale obiettivo, anche facendo esplicito riferimento alla via della nonviolenza. È il caso delle parole di Papa Francesco: «…oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi […] questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente […] Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane […] La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza attraverso le norme morali…». 105 Il cammino della Cristianesimo verso la dottrina della pace universale e la condanna della guerra ha radici molto antiche, che risalgono allo stesso messaggio evangelico ed alla testimonianza degli Atti degli Apostoli, e nei secoli ha trovato eccezionali interpreti in Padri della Chiesa, teologi e filosofi: da Sant’Agostino a San Tommaso, da San Francesco ad Erasmo da Rotterdam, dall’abate di Saint Pierre a Kant. Nel mondo evangelico e protestante, inoltre, si sono sviluppate congregazioni che hanno fatto della nonviolenza evangelica un elemento distintivo (come i Quaccheri e i Mormoni). Ma il momento cardine, oltre il quale il percorso delle Chiese cristiane su guerra e pace ha assunto una direzione inequivocabile, è connesso alla fine della prima guerra mondiale, quando ogni teorizzazione della ‘guerra giusta’ aveva perso ogni significato. «É infatti datata 1920 la prima Enciclica interamente dedicata alla Pace, la "Pacem Dei munus pulcherrimum" di Benedetto XV, […] Il papa non esitò a definire la guerra una "inutile strage", provocando reazioni indignate fuori e dentro la Chiesa. Fu poi la volta di Pio XII e dei suoi ripetuti appelli perché avesse fine la II Guerra mondiale e venissero gettate basi sicure per una Pace autentica e duratura; […] Ma sarà la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII a costituire una vera pietra miliare nella riflessione pastorale e uno spartiacque - non solo teologico, ma anche culturale - nella storia dell'umanità. Il Concilio Vaticano II ne raccoglierà l'eredità, soprattutto nella Costituzione “Gaudium riguardo alla pace è il già citato: Amos Luzzatto, Luciano Fanin, Yahya Abd al-Ahad Zanolo, Pace e guerra. Nei testi sacri di ebraismo, cristianesimo e islam. 105 Papa Francesco, La nonviolenza: stile di una politica per la pace, Giornata Mondiale della Pace 2017 > http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_20161208_messaggio-lgiornata-mondiale-pace-2017.html

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Ermete Ferraro et Spes” e Paolo VI la svilupperà ulteriormente nell'Enciclica “Populorum progressio”, definendo lo sviluppo dei popoli quale nuovo nome della Pace. Infine Giovanni Paolo II (1987), pubblica l'Enciclica “Sollicitudo rei socialis”, in cui raccoglie una sintesi del magistero dei suoi predecessori e ne attualizza la riflessione, indicando la Solidarietà tra i popoli quale nuovo nome della Pace.». 106 Il primo a collegare davvero il messaggio evangelico che proclama “beati i miti [e] i costruttori di pace” (Mt, 5:5-9) con quello che ripristina il ruolo dell’uomo come custode della natura di cui fa parte, è stato Giovanni Paolo II, col messaggio per la giornata mondiale della pace 1990 intitolato: “Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato”), nel quale il Papa, defininendo “la crisi ecologica un problema morale, scriveva: «Si avverte ai nostri giorni la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia minacciata, oltre che dalla corsa agli armamenti, dai conflitti regionali e dalle ingiustizie tuttora esistenti nei popoli e tra le nazioni, anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura, dal disordinato sfruttamento delle sue risorse e dal progressivo deterioramento della qualità della vita […] Oggi qualsiasi forma di guerra su scala mondiale causerebbe incalcolabili danni ecologici. Ma anche le guerre locali o regionali, per limitate che siano, non solo distruggono le vite umane e le strutture della società, ma danneggiano la terra, rovinando i raccolti e la vegetazione e avvelenando i terreni e le acque». 107 Vent’anni dopo (e quasi dieci anni fa) anche Papa Benedetto XVI, decise di intitolare “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il Creato” il suo tradizionale messaggio di inizio 2010, riferendosi a quello del suo predecessore ed alla sua stessa enciclica “Caritas in veritate”. «…la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo […] Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta […] Si tratta di una responsabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future […] La ricerca della pace da parte di tutti gli uomini di buona volontà sarà senz’altro facilitata dal comune riconoscimento del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri umani e l’intero creato». 108 Dopo tre anni, Benedetto XVI ribadì che la pace è legata al superamento delle disuguaglianze sociali e di ogni forma di violenza, facendo pace anche con il creato.

Vedi: “XX secolo il Magistero profetico della Pace”, Conflitti dimenticati > http://ospiti.peacelink.it/cd/a/14940.html Giovanni Paolo II, Pace con Dio creatore, pace con tutto il Creato (1990), par. 1-6-12 > https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/messages/peace/documents/hf_jp-ii_mes_19891208_xxiii-world-dayfor-peace.html 108 Benedetto XVI, Se vuoi coltivare la Pace, coltiva il Creato (2010) , par. 5-8-14 > https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20091208_xliii-worldday-peace.html 106 107


La colomba e il ramoscello «Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato […] sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione, chiamata a favorire la comunione e la riconciliazione tra gli uomini […] La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato.».109

4.4. Un’ecologia integrale per ‘la cura della casa comune’ Il più completo compendio del Magistero della chiesa cattolica in materia di ambiente, e al tempo stesso una visione più globale della questione ecologica, è l’enciclica “Laudato si’’’, scritta nel 2015 da Papa Francesco. Riallacciandosi allo spirito francescano già nel titolo e nella premessa, egli ricordava che già per i suoi predecessori (da Giovanni XXIII a Benedetto XVI), come anche per il Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo, ogni crimine contro la natura è anche un “peccato contro Dio”. «(13) I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi […] (25) I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità […] (48) L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta […] (53) Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza […] (57) È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni. La guerra causa sempre gravi danni all’ambiente e alla ricchezza culturale dei popoli, e i rischi diventano enormi quando si pensa alle armi nucleari e a quelle biologiche». 110 Come si vede, la “Laudato sì” collega le crisi ambientali con un degrado che è in primo luogo socio-economico e culturale, le cui maggiori vittime – come anche nel caso dei conflitti bellici – sono sempre i più poveri e deboli della Terra. La seconda parte del documento è dedicata alla rilettura della “teologia della creazione ed alla ricerca della Benedetto XVI, Beati gli operatori di pace (2013) par. 1-3 > http://www.vatican.va/content/benedictxvi/it/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20121208_xlvi-world-day-peace.html 110 Lettera enciclica LAUDATO SI’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune (2015) Par. 13-25-48-53-57> http://www.vatican.va/content/dam/francesco/pdf/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclicalaudato-si_it.pdf 109

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Ermete Ferraro “sapienza dei racconti biblici”, così da superare le “distorsioni” che per secoli hanno insistito sul “dominio” dell’uomo sul Creato, anziché sul suo dovere di “custodia” verso ciò che gli era stato solo affidato dal Creatore. «(66) Lungi dal modello (francescano), oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre, nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili, negli attacchi contro la natura […] (67) …è stato detto che, a partire dal racconto della Genesi che invita a soggiogare la terra (cfr Gen 1,28), verrebbe favorito lo sfruttamento selvaggio della natura presentando un’immagine dell’essere umano come dominatore e distruttore. Questa non è una corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa». 111 L’analisi di Papa Francesco continuava ricercando “le radici umane della crisi ecologica”, che indica nel terribile potere di una tecnocrazia non orientata al benessere collettivo, nella globalizzazione fondata su una competizione impari, alla disumanizzante ricerca d’una crescita illimitata e della massimizzazione dei profitti e, infine, in un eccesso antropocentrico ispirato dalla sete di dominio, frutto anche del crescente relativismo morale e fonte di sfruttamento (dell’uomo e dell’ambiente) e della conseguente ‘cultura dello scarto’. La proposta del Papa è quella di una “ecologia integrale”, al tempo stesso “culturale” e “quotidiana”, in quanto rivolta all’uomo ed al ‘bene comune’, che implica però un nuovo modello di sviluppo. Bisogna “educare all’alleanza tra umanità e ambiente”, ammonisce Francesco, giungendo ad una profonda “conversione ecologica”, che attinge alla fratellanza con le creature di matrice francescana e conduce ad una ‘sobrietà’ evangelica. L’enciclica si chiude con una preghiera, in cui la sofferenza del Pianeta e dell’umanità richiedono una vera conversione: «I poveri e la terra stanno gridando: Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce, per proteggere ogni vita, per preparare un futuro migliore, affinché venga il tuo Regno di giustizia, di pace, di amore e di bellezza. Laudato si’!». 112 Un documento pontificio così esaustivo era stato a lungo atteso da coloro i quali – come me ed altri ambientalisti come Antonio D’Acunto 113 – auspicavano un pronunciamento chiaro ed autorevole della massima autorità del Cristianesimo in favore di un’etica ecologica capace di toccare le coscienze dei grandi della Terra, ma anche di cambiare profondamente il modello di sviluppo e gli stili di vita, per una ricerca della pace e della giustizia, non solo perché spinti dal terrore per un futuro sempre più oscuro e minaccioso. «Occorre una ‘riconciliazione tra equità ambientale, sociale ed economica’ che svincoli il concetto stesso di sostenibilità dalla solita logica utilitarista e centrata solo sull’interesse umano. Una visione religiosa – e quella cristiana in particolare – potrebbe quindi conferire un senso nuovo a questa parola un po’ abusata, restituendole il senso di “Laudato sì”, cit. par. 66-67 Ibidem, 246 113 Antonio D’Acunto, “Papa Francesco e l’attesa di una nuova enciclica ‘Amare e salvare il Creato” (2013), in: Alla ricerca di un nuovo umanesimo (a cura di Francesco D’Acunto), Napoli, La Città del Sole,2014, pp. 87-92 111 112


La colomba e il ramoscello “rispetto” ed “amore” verso la “Pacha Mama”, ma soprattutto verso Chi è l’autore delle meraviglie del Creato». 114 Una sensibilità ambientale non ‘utilitaristica’, peraltro, traspariva già nel 2005 da un documento del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, che fra l’altro ammoniva: «Per la sensibilizzazione delle coscienze al tema in merito, non invochiamo argomenti di interesse come quelli che si riferiscono ai pericoli per la vita o per la nostra prosperità di vita, provocati da ogni tipo di inquinamento e distruzione dell’ambiente. Invochiamo argomenti anche morali, e specialmente dalla Santa Scrittura, che possono commuovere i cuori dei fedeli, alcuni dei quali forse non si occupano del mondo naturale e del nostro ambiente naturale». 115

4.5. Dalla riflessione all’azione Concludendo questa riflessione sulla prospettiva spirituale relativa a pace e ambiente, sembra chiaro che, sebbene la strada da percorrere per un progetto ecopacifista sia ancora lunga e travagliata, un’organizzazione di matrice nonviolenta come il M.I.R. ha però la possibilità di riallacciarsi a tanti stimoli, culturali e spirituali, che possono accrescere la sensibilità degli ‘operatori di pace’ anche per le drammatiche questioni legate al degrado ambientale. Collegare il pacifismo nonviolento con un attivismo ecologista, del resto, non è solo una possibilità, ma un imperativo morale ed un impegno politico imprescindibile, in quanto la folle e cieca violenza di tutte guerre – ma in particolare di quella nucleare - è l’altra faccia della non meno devastante violenza esercitata su quell’ambiente di cui pur facciamo parte. La già citata dichiarazione relativa all’impegno dell’I.F.O.R. Internazionale per collegare l’azione nonviolenta per la pace con la difesa dell’ambiente dalle aggressioni di un modello distruttivo di sviluppo è un buon punto di partenza per chi ha già manifestato in passato questa sensibilità. Ma se è difficilmente negabile che: «L'impatto senza precedenti dell'attività umana sul clima terrestre […] ha contribuito a conflitti violenti», bisognerebbe passare risolutamente e quanto prima possibile, dalla constatazione di questa scomoda Ermete Ferraro, “Un’ecologia cristiana per un’agape cosmica” (21.10.2013), Ermete’s Peacebook > https://ermetespeacebook.blog/2013/10/21/unecologia-cristiana-per-unagape-cosmica/. Dello stesso autore vedi anche i tre saggi: LAUDE DELLA BIODIVERSITA’ – Riflessioni sul messaggio di San Francesco per una ecologia cristiana Napoli, VAS, 2005 ; ADAM-ADAMAH: UN’AGAPE COSMICA (2008), ISSUU > https://issuu.com/ermeteferraro/docs/un_ecologia_cristiana_per_un_ag__pe e IL SALMO DEL CREATO (2009), ISSUU > https://issuu.com/ermeteferraro/docs/il_salmo_del_creato e SCRIBD > https://it.scribd.com/document/346825732/IL-SALMO-DEL-CREATO ; “Difendere ‘sorella Terra’, nostra ‘casa comune’(24.07.2015), Ermete’s Peacebook > https://ermetespeacebook.blog/2015/06/24/difendere-sorella-terranostra-casa-comune/ 114

Bartolomeo I, Discorso sulla “Salvaguardia dell’ambiente” (Uni.Bologna, Nov. 2005) > http://win.ortodossia.it/LA%20SALVAGUARDIA%20DELL%92AMBIENTE.htm . Una sintesi del pensiero ‘ecologico’ del Patriarca Bartolomeo lo troviamo in: Environmental Justice and Peace - Quotes by His All-Holiness Ecumenical Patriarch Bartholomew > https://www.patriarchate.org/bartholomew-quotes 115

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Ermete Ferraro verità 116 all’attuazione della seconda parte, in cui si afferma che: «I membri dell'IFOR riconoscono la relazione tra i movimenti per cambiare la nostra relazione con l'ambiente e l'impegno dell'IFOR a lavorare verso un mondo senza guerra». 117 Altrettanto può dirsi per il M.I.R. italiano, del quale sono già state citate due dichiarazioni di principio, relative al fatto che “la natura non è una risorsa da sfruttare, ma ciò che ci permette di vivere” e che “il depauperamento dell’ambiente è anche la conseguenza di un errato ed ingiusto sfruttamento delle risorse naturali” 118. La stessa storia del M.I.R. italiano, del resto, indica un impegno ambientalista oltre che pacifista. «All’inizio degli anni ’70 il MIR è il primo movimento a intraprendere iniziative e lotte nonviolente contro le centrali nucleari, culminanti con lo svolgimento del referendum del 1987 per l’uscita dell’Italia dal nucleare. Ed è di nuovo in prima linea nelle iniziative che portano l’Italia, per la seconda e definitiva volta, a dire un secco No all’energia nucleare avviando nel contempo un serio impegno per un piano energetico nazionale basato sul risparmio energetico, l’efficienza energetica e le energie rinnovabili. Ritiene fondamentale per la realizzazione di un mondo senza violenza e riconciliato adottare uno stile di vita sobrio e rispettoso dell’ambiente e degli altri uomini. Si è impegnato per diverse iniziative in tal senso, tra cui i referendum del 2011 per rendere l’acqua bene comune e contro la scelta nucleare. […] Negli anni ’90 promuove nel Sud, con la Commissione Francescana Giustizia e Pace, seminari su “nonviolenza e criminalità organizzata” guidati da Jean e Hildegard Goss-Mayr e, in anni più recenti, interventi di formazione e advocacy sui temi di giustizia, pace e integrità del creato». 119 Nel Sud d’Italia il M.I.R. vanta figure di notevole spicco, come Antonino Drago e Giuliana Martirani, che ne sono stati responsabili ed hanno a lungo animato ricerche, momenti formativi e campagne di chiara impronta ecopacifista. Anche l’insegnamento di un ecologista nonviolento italiano come Alex Langer – insieme a quello classico di maestri come Gandhi, Lanza del Vasto e Capitini – ci offre le coordinate per un progetto che dia finalmente unità alle battaglie pacifiste con quelle ambientaliste. Abbiamo visto che tale impegno non è ampio e condiviso come noi auspicheremmo, però sappiamo che i riferimenti per questo cammino comune non mancano. Basti pensare ad ipotesi d’intesa e collaborazione programmatica con realtà come Greenpeace, Pax Christi e Green Cross ed alle rispettive realtà operanti in Italia che, insieme con organizzazioni ambientaliste nazionali come Legambiente e Verdi Ambiente e Società – consentirebbero di aggregare altre realtà e gruppi di base, spesso impegnate in campagne legate a singoli territori ed a specifici obiettivi.

Traduzione di “An Inconvenient Truth”, titolo di un noto docufilm sul riscaldamento globale -diretto da Davis Guggenheim e con protagonista l’ex vicepresidente USA Al Gore- che vinse l’Oscar 2007 per il miglior documentario. 117 IFOR Int’l, Areas of Work > Climate Change > http://www.ifor.org/#mission 118 Vedi home page (Stili di vita) e art. 2 dello Statuto > www.miritalia.org 119 Vedi: https://www.miritalia.org/storia/ -Vedi anche: AA.VV., Teoria e pratica della Riconciliazione, Ediz. Qualevita, 2009 116


La colomba e il ramoscello Il riferimento alle lotte contro la militarizzazione del territorio, le servitù militari e le loro disastrose conseguenze per la salute e l’ambiente (dal Veneto alla Sardegna, dalla Campania alla Sicilia) già basterebbe come riferimento per azioni comuni. Ma c’è anche il problema della terribile minaccia del nucleare civile e militare (si tratti di depositi di scorie nucleari, di bombe atomiche o di natanti a propulsione nucleare), per il quale occorrerebbe una efficace mobilitazione comune, coinvolgendo le comunità locali e responsabilizzando le autorità cui spetterebbe la tutela della sicurezza e della salute dei cittadini. Manca, però, un’adeguata informazione, che provochi la coscienza di chi sembra non accorgersi di questa incombente minaccia, come sottolinea il missionario comboniano padre Alex Zanotelli: «Quando si vuole fare massa critica per i temi legati al ripudio della guerra, al rispetto della costituzione, alla nonviolenza, una delle possibili criticità è la mancanza di conoscenza dei problemi veri, poiché non vengono neppure raccontati nei mezzi d’informazione di massa tradizionali; per i credenti, che certi temi dovrebbero averli particolarmente a cuore, il problema è essere in grado di passare all’azione, facendo il collegamento tra insegnamenti e vita di tutti i giorni». 120 Un altro terreno di cooperazione per un movimento pacifista a base spirituale come il M.I.R. è naturalmente quello con la Chiesa Cattolica e le sue ramificazioni sul territorio (dagli ordini religiosi attenti a pace e cura del creato fino ai gruppi scout). Un rapporto che andrebbe esteso ad altre comunità di fede vicine alla nonviolenza, come quelle evangeliche protestanti ed ortodosse, in una prospettiva ecumenica ma anche interreligiosa, e quindi aperta al confronto con le comunità islamiche ed ebraiche e con quelle d’ispirazione induista e buddista. Concludo pertanto con due citazioni tratte da discorsi di Tengin Gyatso, quattordicesimo Dalai Lama. «Fino a oggi Madre natura è stata in grado di sopportare le nostre pessime abitudini. Tuttavia siamo arrivati ormai al punto in cui lei non può più tollerare silenziosamente il nostro comportamento. I problemi provocati dai disastri ambientali possono essere visti come la risposta della natura alla nostra condotta irresponsabile. La natura ci sta avvisando che anche la sua pazienza ha un limite». 121 «Quello che è di gran lunga il più grande rischio per l’umanità - o meglio, per tutti gli esseri viventi di questo pianeta - è la minaccia nucleare. […] vorrei rivolgermi a tutti i leader delle potenze nucleari, che tengono letteralmente tra le mani il futuro di questo mondo, agli scienziati e ai tecnici che continuano a progettare queste terribili armi di distruzione di massa, e in generale a tutte le persone che sono nella posizione di influenzare i propri leader: chiedo loro di usare la propria saggezza e iniziare a lavorare allo smantellamento e alla distruzione di tutte le armi nucleari». 122 Alex Zanotelli, La nonviolenza parte dall’informazione (10.05.2019), Valdera solidale > http://valderasolidale.it/alex-zanotelli-la-nonviolenza-parte-dallinformazione/ 121 Cit. tratta da: Tengin Gyatso, Saggezza antica per un mondo moderno: un’etica per un nuovo millennio > http://it.dalailama.com/messages/environment/the-natural-world 122 Idem, Un approccio umano alla pace nel mondo > http://it.dalailama.com/messages/world-peace/a-humanapproach-to-world-peace 120

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Ermete Ferraro

5. Bibliografia citata AA.VV. CAMINO, Elena

Teoria e pratica della Riconciliazione, Guerra, ambiente, nonviolenza

Far pace con il pianeta Guerre, paix…et écologie Alla ricerca di un nuovo umanesimo Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari FERRARO, Ermete L’Ulivo e il Girasole – Manuale di ecopacifismo FRANCESCO Papa Laudato si’ – Lettera enciclica del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune GALTUNG, Johan Ambiente sviluppo e attività militari GANDHI, Mohandas K. Antiche come le montagne – I pensieri del Mahatma sulla verità, la nonviolenza, la pace “ “ Teoria e pratica della Non Violenza (Introduzione di G. Pontara) JONAS, Hans Il principio responsabilità, Un’etica per la civiltà tecnologica KELLY, Petra Fighting for Hope KEUCHEYAN, Razmig La nature est un champ de bataille Essai d'écologie politique L’ABATE, Alberto L’arte della pace (quaderno Satyagraha n. 26) LANGER, Alex Fare la pace – Scritti su Azione Nonviolenta (1984-1995) LUZZATTO – FANIN - Pace e guerra. Nei testi sacri di ZANOLO ebraismo, cristianesimo e islam MARTIRANI, Giuliana Viandante maestoso, La via della bellezza “ “ Gea. Un pianeta da amare POLIDORO, Gianmaria Civiltà di Pace, POOLE, Gordon Nazione guerriera – Il militarismo nella cultura degli Stati Uniti SACHS, Wolfgang Ambiente e giustizia sociale – I limiti della globalizzazione COMMONER, Barry CRAMER, Ben D’ACUNTO, Antonio DRAGO, Antonino

2009

Ediz. Qualevita

2016

Centro Studi ‘Sereno Regis’ Garzanti Yves Michel Ed. Città del Sole Ed. Gruppo Abele

199o 2014 2014 2006 2014 2015

Verdi Ambiente e Società Vatican.va

1984 1987

Ed. Gruppo Abele Mondadori

1973

Einaudi

1979

Einaudi

1984 2014

South End La Découverte

2014 2012

Centro Gandhi ed. Cierre edizioni

2016

Ed. Messaggero

2006

Ed . Paoline

1989 1996 2002

Ed. Gruppo Abele Ed.Porziuncola Colonnese

2003

Ed. Riuniti


La colomba e il ramoscello INDICE 1

Qual è la sensibilità ecologica dei pacifisti, e viceversa?

2 2 4 5 5 6 8 8 8 9 11 13 13 13 13

2

Un clima…di guerra

15 15 17 19

3

Una prospettiva ecopacifista

21 21 23 25

4

Una prospettiva spirituale su pace e ambiente

Nonviolenza e ‘programma costruttivo’ Giustizia, pace e integrità del Creato Dalla ‘Pacem in Terris’ alla ‘Laudato si’ ’ Un’ecologia integrale per la ‘cura della casa comune’ Dalla riflessione all’azione

28 28 30 33 35 37

Bibliografia citata

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1.1 1.2 A B C 1.3 A A.1 A.2 A.3 B B.1 B.2 B.3

Le ragioni di una ricerca L’interconnessione tra pace ed ecologia I.F.O.R. - International Fellowship of Reconciliation Pax Christi W.R.I. – War Resister’s International L’interconnessione tra ecologia e pace Le organizzazioni internazionali W.W.F. – World Wildlife Fund Greenpeace International Green Cross International Le organizzazioni italiane Legambiente Forum Ambientalista V.A.S. – Verdi Ambiente e Società

2.1 Un’onda verde contro gli scogli del militarismo 2.2 Il militarismo divora risorse e lascia micidiali rifiuti 2.3 Guerra al clima, in un clima di guerra 3.1 Quale ecopacifismo? 3.2 Ecopacifisti: come e perché? 3.3 Che fare? 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5

5

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Ermete Ferraro

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