L'era atomica

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29-04-2010

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«Le occasioni di avere paura sono una delle poche cose che non scarseggiano in questi nostri tempi tristemente poveri di certezze, garanzie e sicurezza», afferma Zygmunt Baumann nel suo saggio Paura liquida. Il crescere della dimensione dell’incertezza che caratterizza oggi la nostra società alimenta nuove dinamiche della percezione collettiva del rischio. I rischi sono sempre più ignoti, globali, al di là del nostro controllo e della nostra azione. Oggi i media – sia quelli tradizionali, sia soprattutto i social media sul web – giocano un ruolo fondamentale nei fenomeni relativi alla percezione collettiva di un rischio. Con quasi un italiano su due in rete, uno su tre attivo, 14 milioni di italiani iscritti a Facebook e una versione italiana di Wikipedia con ben 700.000 voci scritte volontariamente da migliaia di persone, la rete è un luogo di discussione di fondamentale importanza in ogni processo di costruzione di consenso e di comuni-

cazione su grandi temi. La velocità dell’informazione, specie attraverso Internet, fa sì che i tempi di propagazione delle paure collettive siano spesso molto più rapidi di quelli necessari all’informazione scientifica. In modo particolare quando alla propagazione della percezione del rischio è associata anche una componente emotiva legata a fattori culturali, affettivi ed etico-morali («In Gran Bretagna, le paure risalenti ai tempi bui della Guerra fredda ancora aleggiano sull’attuale dibattito sul nucleare e ostacolano ancora oggi la costruzione di una nuova generazione di impianti nucleari», dichiara Michael Zdanowski di Hill & Knowlton Londra). Gli aspetti culturali ed emozionali fanno sì che, come dichiarato nel 2003 da David Byrne, Commissario europeo per la salute e la tutela dei consumatori, «la reazione della collettività di fronte a problematiche connesse al rischio ha spesso poche relazioni con i fatti accertati, mentre appare sovente incoerente, se non addirittura completamente irrazionale».


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