Oxygen n. 19 - Governance, futuro plurale

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Cina: è l’ora delle riforme. Politiche

intervista a Francesco Sisci di Cecilia Toso Con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jimping, si apre una stagione di riforme politiche che succederà a quella di riforme economiche. Una trasformazione inevitabile e controllata della potenza mondiale cinese.

Nel discorso di chiusura del diciottesimo congresso del Partito Comunista, il futuro Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jimping ha ricordato che se la Cina ha bisogno di sapere di più sul mondo, il mondo ha bisogno di sapere di più sulla Cina. Francesco Sisci, giornalista e sinologo, lo conferma a Oxygen: «I cinesi sono molto più informati sull’estero di quanto gli stranieri lo siano sulla Cina. Pochissimi in occidente sanno cos’è la Cina adesso». E infatti, mentre tutto il mondo osservava il destino delle elezioni statunitensi, in pochi hanno percepito che in Cina – con la fine del congresso e la nomina di Xi Jimping a presidente e di Li Keqiang a premier – si stava contemporaneamente verificando una tappa molto significativa perché diversa da tutti i cambiamenti precedenti. «Gli ultimi 30 anni sono stati di riforme economiche, mentre i prossimi 30 saranno di riforma politica», prosegue Sisci. «Lo ha affermato Xi Jimping e, con un forte segnale non ufficiale, il primo gennaio la televisione centrale cinese ha annunciato che la Cina dovrà attuare riforme politiche tali da portare il sistema politico a essere come quello di altri Paesi. Certo con tempi e modi graduali e con grande prudenza». Si tratterà quindi di una

transizione democratica lenta: «La strategia è chiara, la tattica meno. Ma è così che si vincono tutte le guerre ed è questo che rende la Cina la nazione che è. Falliscono invece le politiche di quelle nazioni che vivono di tattiche ma sono ignare delle strategie da applicare». Difficile dire con sicurezza quando si comincerà a percepire l’effetto di queste riforme: «L’impatto e la portata di quelle economiche sono stati inizialmente minimi. Lanciate nel ’78, hanno cominciato a fare sentire i loro effetti solo nei primi anni Novanta. Ed è probabile che questo accada anche con le riforme politiche, di cui si sentirà l’impatto solo tra qualche anno». Ma alcuni cambiamenti sono già visibili: «Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a una graduale libertà di informazione su internet ed è stata concessa dal governo proprio per annunciare un futuro di libertà in senso più assoluto». È più azzardato, invece, fare dei pronostici su che cosa cambierà in termini di governance, di politica estera e interna. Per ora «sappiamo solo che ci sarà una profonda riorganizzazione dello Stato, che per esempio ridurrà drasticamente il numero dei ministeri, passando dagli attuali 40-44 a circa 23-27».

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