Oxygen n°8

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oxygen 08 – 12.2009

ternazionale di scambio di emissioni, i paesi in via di sviluppo potrebbero partecipare appieno senza incorrere in costi proibitivi (o addirittura a costo zero nel breve periodo). (Per un’analisi approfondita di questi obiettivi di crescita, si consiglia la relazione di Jeffrey Frankel, professore alla Harvard University, per l’Harvard Project on International Climate Agreements). 022

Il secondo pilastro di una riuscita politica sul clima dopo il 2012 consiste nel dare la giusta rilevanza al lungo periodo. I gas serra restano nell’atmosfera per decenni, addirittura per secoli, e c’è bisogno di un importante cambiamento tecnologico che abbassi i costi inerenti alla riduzione delle emissioni di CO2. Una soluzione economicamente efficiente implicherà obiettivi a breve termine fermi ma moderati, così da evitare che ampie parti del capitale azionario diventino prematuramente obsolete, e obiettivi a lungo termine flessibili ma più severi.

I tre pilastri del nuovo patto sul clima

Terzo, una politica sul clima globale post-2012 deve operare tramite il mercato invece che contro di esso. Per mantenere bassi i costi nel breve periodo e ridurli ulteriormente nel lungo grazie a un cambiamento delle tecnologie, bisogna accettare che gli strumenti politici basati sul mercato sono i mezzi migliori per ridurre le emissioni. Al momento proprio un approccio basato sul mercato, il cosiddetto “sistema capand-trade”, si sta rivelando l’approccio preferito dai paesi industrializzati. Secondo il sistema cap-and-trade, le fonti che hanno bassi costi di controllo possono assumersi altre riduzioni; in questo modo possono vendere i permessi non utilizzati a fonti con costi di controllo maggiori. L’Emission Trading Scheme dell’Unione Europea (EU-ETS), varato sotto il Protocollo di Kyoto, è il sistema di cap-and-trade più grande del mondo. A giugno, il governo federale degli Stati Uni-

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ti ha compiuto un importante passo avanti verso l’istituzione di una politica nazionale di capand-trade per ridurre le emissioni di CO2, grazie all’approvazione alla Camera dei Rappresentati dell’American Clean Energy and Security Act. Altri paesi industrializzati stanno istituendo o pianificando dei sistemi nazionali di cap-and-trade della CO2, ad esempio l’Australia, il Canada, il Giappone e la Nuova Zelanda. Se questi sistemi verranno collegati tra loro sotto un nuovo trattato internazionale sul clima, ci sarà un risparmio dei costi (grazie alle maggiori dimensioni del mercato), una maggiore liquidità, una riduzione della volatilità dei prezzi, un minore potere del mercato e un ridotto carbon leakage.

emissioni; di fatto è quel sembra stia accadendo ancor prima della stesura del nuovo accordo. Il Meccanismo di sviluppo pulito (Clean Development Mechanism, o CDM) permette alle parti nei paesi ricchi di acquistare dei crediti per la riduzione delle emissioni dai paesi in via di sviluppo, investendo in progetti di riduzione delle emissioni. Questi crediti possono essere usati per rispettare gli impegni all’interno dell’EUETS, e anche altri sistemi sembrano inclini ad accettarli.

I sistemi di cap-and-trade possono essere messi in collegamento diretto, il che esige una loro armonizzazione, o indiretto, legandoli a un sistema comune di crediti per la riduzione delle

I paesi che si riuniranno a Copenhagen a dicembre dovrebbero tener conto di questi tre elementi essenziali quando negozieranno il nuovo accordo sul clima. Un nuovo accordo che sia privo anche solo di uno di questi tre pilastri potrebbe rivelarsi troppo costoso, e dare troppi pochi benefici, per costituire un tentativo sensato di affrontare la minaccia del cambiamento globale del clima.

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1 — 3 Performance tcktcktck: conto alla rovescia sui cambiamenti climatici organizzato dal Global Humanitarian Forum in occasione del Climate Change Talks di Barcelona. 4 Novembre 2009. © tcktcktck 4 — 6 Mato Grosso. Sul margine della foresta Amazzonica © LeoFFreitas

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