Finanza e Diritto - SOCIAL NETWORK E RISPARMIO GESTITO

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Anno XII | N°1 | 2015

FINANZA edIritto

Euro 25,00

L’investitore Ottobre - Marzo 2015, N° 35

SOCIAL NETWORKe RISPARMIO GESTITO www.finanzaediritto.com

Joseph E. Stiglitz J. Bradford Delong Jeffrey Sachs

Amina Mohammed

Il multilateralismo dell’Asia p.30

L’uguaglianza di genere e il futuro della Terra. p.48

L’errore monetarista. p.33

Perche’ contano gli obiettivi di sviluppo sostenibile. p.44




indice imprese e professionisti In attesa del Premio Le Fonti dell’11 e 25 Giugno a Palazzo Mezzanotte I TOP 30 STUDI LEGALI PER FATTURATO

Direttore responsabile Guido Giommi Editrice Le Fonti S.r.l. Redazione, Amministrazione, Pubblicità Via Franchetti, 1 20124 Milano Telefono 02 873 863 06 r.a. Fax 02 706 358 39 E-mail redazione@editricelefonti.it www.editricelefonti.it

FinanzaeDiritto, n. 1 Ottobre - Marzo 2015 - Anno XII Responsabile del trattamento dei dati, Editrice Le Fonti S.r.l. Tribunale di Milano, n. 790, 16/11/04 Iscrizione al R.O.C. n. 11955

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imprese e professionisti Fare impresa: quando la Governance fa la differenza

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imprese e professionisti il Fondo Formazienda cresce del 50% rispetto al 2013

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iair awards IAIR AWARDS 2015: GRANDI ECCELLENZE PREMIATE NEI PRIMI DUE EVENTI DI HONG KONG E NEW YORK

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iair awards L’AVVOCATO GIUSLAVORISTA AL TEMPO DEL JOBS ACT

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L’intervista a Gabriele Fava, Presidente di Fava & Associati

Progetto Grafico

Valentina Russotti Segretaria di redazione Paola Imbelloni Si ringrazia Project Syndicate per aver concesso la pubblicazione degli articoli di Jeffrey Sachs, Amina Mohammed, Michael Spence, Simon Johnson, Joseph E. Stiglitz e J. Bradford Delong. © 2015 Project Syndicate

Articoli chiusi in redazione il 16 Febbraio 2015. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta e rielaborata senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.

mercati e finanza social network e Risparmio Gestito

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economia globale Il multilateralismo dell’Asia

30

economia globale L’errore monetarista Il punto di vista di J.

33

Bradford Delong, professore di Economia all’Università della California

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economia globale Le azioni sono sopravvalutate? La domanda

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economia globale Come combattere la manipolazione monetaria

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it e software Banche always-on business con Veeam

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di Michael Spence, premio Nobel per l’economia

L’analisi di Simon Johnson, professore al MIT Sloan

Intervista con Gianluca Mazzotta EMEA Presales Director Veeam Software

sostenibilità Perche’ contano gli obiettivi di sviluppo sostenibile L’opinione di Jeffrey Sachs

professore di Sviluppo Sostenibile alla Columbia University

48 50

sostenibilità L’uguaglianza di genere e il futuro della Terra La posizione di Mary Robinson, Christiana Figueres e Amina Mohammed

APPROFONDIMENTI L’ECONOMIA A TEATRO Tre esempi di

comunicazione alternativa della crisi

Finanza e Diritto

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

IN ATTESA DEL PREMIO LE FONTI DELL’11 E 25 GIUGNO A PALAZZO MEZZANOTTE I TOP 30 STUDI LEGALI PER FATTURATO

Ricavi in crescita secondo un’analisi del Centro Studi di Editrice Le Fonti pubblicata su Corriere Economia Redazione

La classifica dei primi 30 studi legali è solo la prima tappa di un percorso che porterà alla selezione dei vincitori della quinta edizione italiana del Premio Internazionale Le Fonti, (di cui Corriere Economia è media sponsor): la cui cerimonia si svolgerà nelle serate dell’11 e del 25 giugno a Milano, presso Palazzo Mezzanotte, la sede di Borsa Italiana. Il riconoscimento di riferimento degli studi legali è aperto anche alle società operative in ambito bancario, assicurativo e imprenditoriale. «I dati sin qui raccolti costituiranno, insieme ai voti pervenuti dalla comunità dei nostri lettori e alle valutazioni del nostro Centro Studi, la base per la scelta dei migliori studi e dei migliori professionisti dell’anno», spiega Guido Giommi, presidente di Editrice Le Fonti. Gli oltre 40.000 lettori della business community di Le Fonti potranno esprimere le proprie preferenze compilando una survey online. Il processo di selezione sarà poi affidato alle redazioni del trimestrale L’Investitore, del quotidiano onlineFinanza&Diritto e al Centro Studi di Le Fonti. Oltre alla classifica per fatturati, il riconoscimento tiene infatti in considerazione anche altri fattori, come l’attenzione alla qualità del servizio, l’adozione di politiche di sostenibilità all’interno della società, la propensione all’innovazione e gli investimenti in formazione, solo per citarne alcuni. L’indagine terminerà l’11 maggio, mentre la raccolta di eventuale materiale aggiuntivo si protrarrà sino a fine maggio. Editrice Le Fonti organizza anche gli Iair

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Awards, il riconoscimento dedicato alle eccellenze del tessuto economico e professionale a livello globale con tappe a Hong Kong, New York, Dubai e Londra. Iair Awards verte sulla rivista internazionale Iair, il trimestrale di Editrice Le Fonti distribuito in occasione degli eventi di cui il gruppo milanese è partner, organizzati in tutto il mondo e sul quotidiano online www.iaireview. org. Il mercato dei servizi legali rialza la testa nel 2014. Da un lato grazie alla conferma del buon andamento dei settori tributario e giuslavoristico e del contenzioso che già nel 2013 avevano messo a segno performance positive. Dall’altro grazie ai primi accenni di ripresa registrati da real estate, energy e operazioni straordinarie. A renderlo noto è il Centro Studi di Editrice Le Fonti, autore della classifica dei primi 30 studi legali in Italia per fatturato nel 2014. Aumenta inoltre l’attività stragiudiziale, a seguito in primis dell’intervento del legislatore sul mercato del lavoro, e sulle recenti disposizioni in campo fiscale e penale. Il contenzioso ad ogni modo non subisce la crisi e risulta tra i comparti più redditizi anche nel 2014, sia in ambito finanziario, «anche grazie dell’aumento delle controversie relative alla violazione della normativa Antitrust», come commenta Tommaso Salonico, managing partner di Freshfields Bruckhaus Deringer, sia in materia fiscale. In quest’ultimo campo a crescere è stata la richiesta di consulenza sulle tematiche di maggior attualità, a partire dalla voluntary disclosure, la


IMPRESE E PROFESSIONISTI

legge per il rientro dei capitali. «Il contenzioso fiscale è divenuto per il nostro studio un’area su cui puntiamo molto», conferma Pietro Fioruzzi, socio di Cleary Gottlieb Steen & Hamilton.

JOBS ACT

In ambito giuslavoristico, «il mercato chiede più consulenza e pareristica in merito al Jobs Act», dice Gabriele Fava, socio fondatore di Fava e Associati. La propensione al contenzioso, disincentivato proprio dalla riforma del mercato del lavoro, risulta invece in diminuzione. «La maggiore attenzione ai costi dell’attività giudiziale ha spinto le imprese ad investire sulla fase preventiva e consulenziale», aggiunge Giacinto Favalli, socio fondatore di Trifirò & Partners. Aumenta così l’attività stragiudiziale. «E’ dal 2007 che non si assisteva a una così significativa richiesta di due diligence contrattuale. L’obiettivo primario dell’azienda, sia essa nazionale o straniera, è comprendere i vantaggi della riforma e il modo migliore per sfruttarli», dice Francesco D’Amora, senior partner di Quorum. Il 2014 ha registrato un aumento delle controversie di penale tributario («Il continuo evolversi della norme ha reso necessario l’intervento sinergico del penalista e del fiscalista», sottolinea Giovanni Bana, socio di Bana e Associati) e ha visto crescere i casi legati a riorganizzazioni aziendali e fallimenti. «La crisi d’impresa e le conseguenti ristrutturazioni

dei debiti hanno aperto la strada a una serie di problematiche di natura sia penale sia civile», dice Giuseppe Iannaccone, fondatore di Giuseppe Iannaccone e Associati. «Nel 2014 si è inoltre esteso notevolmente il penale legato alla materia ambientale e infortunistica», aggiunge Giorgio Perroni a capo di Perroni e associati.

REAL ESTATE

Alcuni settori hanno mostrato lo scorso anno segni di una possibile ripresa che lascia sperare in nuove opportunità per gli anni a venire. Nel 2014 il ritorno di interesse per il real estate da parte degli stranieri ha aperto nuovi fronti di intervento per i legali del settore. «L’efficientamento energetico degli immobili impegna i nostri dipartimenti di diritto immobiliare e banking and finance”», afferma Marco Rota Candiani, managing partner di Hogan Lovells. In ripresa anche il mercato energetico, «sia sul fronte delle operazioni straordinarie sia del project financing, con un’attenzione crescente al fotovoltaico da parte degli investitori esteri», sottolinea Roberto Zanchi, managing partner di Pavia e Ansaldo. L’incremento del comparto Corporate e di fusioni e acquisizioni, già percepito nella seconda metà del 2013, si è consolidato nel 2014. «Sono aumentati sia gli investimenti dei fondi di private equity sia l’attività di gestione del portafoglio crediti bancari», dice Andrea Arosio, managing partner di Linklaters. Sebbene il mer-

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

cato soffra ancora dell’assenza di grandi deal, «il 2014 si è chiuso con un andamento positivo per le operazioni straordinarie legate alle pmi», dice Giorgio Albè, socio fondatore di Albè e Associati. Novità anche sul fronte della ripartizione dell’attività legale, non solo per practice, ma anche per industry e settori economici. Una tendenza già in atto da tempo nel mondo della consulenza e dell’imprenditoria, a cui ora gli studi legali si stanno adeguando. «Bonelli Erede Pappalardo è stato tra i primi in Italia con i suoi 20 focus team a credere in questa nuova formula», spiega il managing partner Stefano Simontacchi. Tra i comparti considerati più promettenti figurano food e ospitalità, soprattutto in vista di Expo, seguiti da moda e farmaceutico. Per questo Roedl & Partner, lo studio guidato dal managing partner Stefan Brandes, ha accolto a inizio 2015 un socio esperto in queste materie, Barbara Klaus. Gli studi legali prestano infine maggiore attenzione all’internazionalizzazione, guardando in particolare al mercato africano. Linklaters è impegnato in attività di project finance al fianco di clienti italiani che investono nel Continente Nero, dove Pavia e Ansaldo ha aperto un desk a fine 2014.

L’INDAGINE

La classifica dei Top 30 studi legali per fatturato è stata realizzata per Corriere Economia dal

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Centro Studi di Editrice Le Fonti. Il gruppo editoriale ha coinvolto nel progetto i primi 100 studi operativi in Italia e, dopo averli interpellati al fine di valutarne le performance, i principali ambiti di intervento e di evidenziarne le maggiori operazioni e mandati, ha redatto la classifica delle prime 30 realtà del mercato legal nazionale (escludendo dal ranking quegli studi legali che non hanno risposto nei termini o dei quali non è stato possibile raccogliere materiale da altre fonti informative). Bonelli Erede Pappalardo e Chiomenti, i primi due attori del comparto, hanno preso parte ad una delle operazioni di mercato più importanti dello scorso anno, ovvero l’acquisizione del 49% del capitale di Alitalia da parte di Etihad. A cui, tra l’altro, ha partecipato anche lo studio che ha registrato il fatturato più elevato tra le realtà internazionali, ovvero Dla Piper, posizionatosi in classifica davanti a Clifford Chance e Freshfields Bruckhaus Deringer. I dati del ranking evidenziano una ripersa del mercato legale dopo gli anni difficili della crisi. Il 70% degli studi presenti in classifica ha infatti chiuso l’anno con un fatturato in linea o superiore a quello dell’anno precedente. Numeri in crescita anche per quanto riguarda il totale dei professionisti: solo il 37% delle insegne ha visto il valore delle unità ridursi rispetto al 2013, segno che la ripresa delle attività legali si è mossa di pari passo con una campagna di recruitment per il 63% di loro.


IMPRESE E PROFESSIONISTI

Studi Legali

01

Bonelli Erede Pappalardo

02

Chiomenti

03

Fatturato Variazione % 2013 2014*

135,7

Soci

Associate

Totale professionisti

(esclusi praticanti)

(esclusi praticanti)

0,7

55

180

250

127

0

58

218

288

Pirola Pennuto Zei & Associati

104

4

128

n.d

n.d

04

Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners

103

-3

79

202

288

05

NCTM

75,4

5

73

150

237

06

DLA Piper**

56,8

-3,6

42

86

134

07

Clifford Chance

51,5

0

18

n.d

100

08

Legance

51

2

36

106

189

09

Freshfields Bruckhaus Deringer**

44

-2,7

15

60

75

10

Cleary Gottlieb Steen & Hamilton

43,2

1,4

11

52

75

11

Linklaters

33,2

0,6

9

63

72

12

d'Urso Gatti e Bianchi

0

20

29

50

13

Allen & Overy

30,5

-1,6

11

39

59

14

Pedersoli e Associati

28,2

15

18

67

100

15

Trifirò & Partners

26,6

0

28

16

44

16

Hogan Lovells

26

8,3

18

52

70

17

Lombardi Molinari Segni

25,5

8,5

36

65

101

18

LS Lexjus Sinacta

25

-3,9

91

66

170

19

Grimaldi Studio Legale

24

4

32

49

87

19

Tonucci & Partners

24

4

22

109

131

20

Sutti

23,4

-2,5

19

62

91

21

CBA

22,8

0

17

76

83

22

Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi

22,5

4

15

30

47

23

Orrick Herrington & Sutcliffe

19,5

-2,5

14

44

74

24

Bird & Bird

19

2,7

14

80

110

25

Roedl & partner

17

3

17

42

83

26

La Scala

4,6

17

75

94

27

Santa Maria

16

0

12

30

42

28

R&P legal

15

7

27

49

81

29

Di Tanno

13,5

-7

10

19

n.d

30

Gattai Minoli Agostinelli & Partners

12

20

17

17

40

32

16,4

*Stime a cura del Centro Studi Editrice Le Fonti **Anno fiscale dal 1 maggio 2013 al 30 aprile 2014

Finanza e Diritto

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

Fare impresa:

quando la Governance fa la differenza Claudia Chiari

I frequenti scandali finanziari impongono che gs. 231/2001 ha introdotto, circa 15 anni or sono, il tema del contrasto ai fenomeni di corruzione la responsabilità amministrativa per gli enti. e di frode, interna ed esterna all’azienda, sia- Si tratta, in altri termini, di una responsabilità no trattati in modo rigoroso mediante attente e “quasi penale” (amministrativa appunto) a carimeticolose politiche di contrasto. In Italia, il D. co delle società nel caso in cui un dipendente o Lgs.231/2001 e la Legge 190/2012 (cosiddetta leg- collaboratore di queste commettesse (o tentasse ge anticorruzione) rappresentano fondamentali di commettere) un determinato reato e da questo strumenti normativi a disposizione delle impre- derivasse un interesse o un vantaggio per la sose e della pubblica amministrazione, per gestire e cietà stessa. Non tutti i reati presuppongono tale mitigare tale rischio. Carnà & Partners, premiato forma di responsabilità. Tuttavia il decreto nasce per ben tre anni consecutivi al Premio Interna- proprio con la finalità, tra le altre, di contrastare zionale Le Fonti (e nell’edizione internazionale i fenomeni corruttivi e valorizzare la legalità di degli IAIR Awards) come Migliore Studio nel impresa. Non è un caso che, sin dall’entrata in vigore del decreto, tra i reati rilevanti settore Compliance & Risk Manage“d’antan” troviamo proprio quelli ment, è un player di riferimento per contro la pubblica amministraziole aziende italiane e multinazionali. ne. La corretta applicazione delle Opera con un team di professionisti disposizioni del decreto potrebbero di elevata seniority, costituito da una comportare almeno due ordini di componente legale ed una economivantaggi. Il primo, forse il più utile, co-aziendale cui si aggiungono profavorire la legalità delle imprese mefessionalità specifiche in relazione al diante l’implementazione di apposisettore oggetto dell’incarico. Di reti Modelli Organizzativi finalizzati a cente pubblicazione La Responsabilità prevenire la commissione dei reati in Amministrativa degli Enti ex D.Lgs. 231/2001. Profili economico-azien- Ascensionato Raffaello Carnà questione. Il secondo è il deterrente delle conseguenze sanzionatorie a dali, normativi, giurisprudenziali e comcarna@studiocarna.it carico delle imprese nel cui interesse parativistici. Approfondiamo il tema sono commessi i reati; sanzioni, lo ricon il fondatore Ascensionato Raffawww.studiocarna.it cordo, non solo di natura pecuniaria ello Carnà. ma anche interdittiva che possono esDott. Carnà, in cosa consiste e quali sono le fi- sere disposte anche in sede cautelare. nalità del D. Lgs. 231/2001 anche per quanto concerne i reati individuati? Soprattutto, l’effettiva Elemento baricentrico del D.Lgs 231/01 è rappreapplicazione di quanto previsto dal decreto, può sentato dal Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo finalizzato a prevenire il rischio favorire il contrasto di fenomeni corruttivi? Domanda quanto mai attuale. Come noto, il D.L- di commissione dei reati dai quali può consegui-

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

re la responsabilità amministrativa dell’Ente. Come si attua efficacemente tale modello? Il Modello di Organizzazione, gestione e controllo (o Modello Organizzativo) ha la funzione di “normalizzare”, in ottica di legalità, l’attività di impresa. In effetti, la corretta implementazione del Modello, presuppone da un lato la rigorosa analisi delle aree aziendali esposte a reato, dall’altro l’individuazione di idonei presidi di controllo e monitoraggio finalizzati a ridurre, a mitigare, il rischio-reato. L’effettiva ed efficace attuazione del Modello, tuttavia, non è solo un momento tecnico ma, soprattutto, morale. Presuppone, in effetti, il pieno committment dell’organo dirigente, del top management, che non potrà declinarsi solo con dichiarazioni ma, viceversa, dovrà fondarsi sull’esempio e sulla coerenza dei comportamenti. Si comprende agevolmente che se il capo assumesse comportamenti impropri, il sottoposto si sentirebbe, nella migliore delle ipotesi, in imbarazzo e cercherà un nuovo lavoro, nella peggiore, autorizzato a replicare tali condotte. Pertanto, il Modello Organizzativo non è un volume che concorre ad arricchire la già ricca burocrazia aziendale ma rappresenta il viatico per garantire elevati livelli di competitività, sana e durevole. Implementare correttamente la normativa 231 ed anticorruzione può mitigare i rischi di corruzione e migliorare il “rating della legalità”, un sistema che premia che le imprese più attente all’etica ed alla trasparenza. Come? Di sicuro, come detto, l’effettiva implementazione del D.Lgs. 231/2001 favorisce sia il conseguimento del “rating di legalità”, con tutti i positivi effetti connessi, che, soprattutto, concorre a mitigare il rischio corruzione. Il Modello Organizzativo, i processi aziendali disegnati secondo un’appropriata segregazione delle funzioni e finalizzati alla prevenzione dei reati, il sistema di reporting e di monitoraggio, il ruolo dell’Organismo di Vigilanza sono capisaldi, irrinunciabili, del contrasto effettivo alla corruzione. Non tanto (o non solo) il deterrente sanzionatorio quanto il convincimento, dall’organo di gestione all’ultimo

collaboratore, che l’approccio etico e trasparente al business siano condizioni indispensabili per la vita e lo sviluppo dell’impresa. Il Modello aiuta, molto, ad indirizzare i comportamenti delle persone verso il comune obiettivo ma nulla può se l’apicale, il top management, non agisce in modo coerente. Non può sottacersi, purtroppo, che a fronte di tantissimi scandali, per reati rilevanti 231, che coinvolgono le imprese, i procedimenti 231 attivati sono una percentuale molto bassa. Ciò significa che nella penisola si registra un effettivo ricorso al D.Lgs. 231, in sede giudiziale e sanzionatoria, a macchia di leopardo. Si pensi ad esempio agli – ahinoi – innumerabili casi di frodi in finanziamenti pubblici, corruzioni, reati in materia di sicurezza sul lavoro ed ambientale, ed altro ancora cui non sono seguiti i procedimenti 231 ma solo quelli a carico delle persone fisiche. Il contrasto alla corruzione passa anche attraverso l’effettiva applicazione delle sanzioni 231 a carico delle aziende colpevoli che, lo si ricorda, possono essere disposte anche in sede cautelare. Si tratta di un deterrente i cui effetti riguardano l’intera organizzazione e non solo le persone che hanno (o avrebbero) commesso il reato. Il coinvolgimento dell’organizzazione alimenta una sorta di controllo “sociale” interno che contrasta ed isola i comportamenti “impropri” di taluni. Decreto 231/2001: un’opportunità o un costo per le imprese? La corretta implementazione di quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001 è, senza alcun dubbio, un’opportunità per le imprese. Le ragioni sono molteplici e talune meritano un espresso richiamo. In primis, non può sottacersi il vantaggio derivante dalla possibilità di lavorare ed operare in un ambiente sano, sereno, etico e competitivo. Tutti i processi aziendali ne traggono beneficio e, con questi, i risultati di lungo periodo dell’impresa e le positive ricadute sui molteplici stakeholders. Inoltre, la possibilità di ridurre, sino ad un livello accettabile, il rischio essere coinvolti in tematiche penalmente rilevanti con tutte le conseguenze sul business, attuale e prospettico, facilmente im-

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

maginabili, anche in termini reputazionali. Non da ultimo, l’opportunità, utilizzando i medesimi o simili presidi di controllo, di intercettare e mitigare anche altre categorie di rischi quali, ad esempio, quelli fiscali o in materia antitrust o di frode. Infine, mi piace ricordarlo, è lo strumento che consente al top management, agli organi di controllo ed ai dipendenti e collaboratori tutti di comprendere e conseguire, effettivamente, la mission e la strategia aziendale nonché di confrontare i fatti reali (cosa facciamo davvero) con le assunzioni (cosa dichiariamo di fare). Quali sono, se esistono, le tematiche cross-border, internazionali, che possono trarre beneficio da una corretta compliance 231? Il mercato globalizzato ed i processi di internazionalizzazione delle imprese rendono la compliance non più un fenomeno locale. Si pensi, ad esempio, ai profili regolatori cui la medesima impresa deve sottostare per operare in mercati caratterizzati da differenti quadri normativi. Il sistema di compliance 231, quindi la cultura portata in azienda dalla corretta ed effettiva implementazione del Modello, concorre a caratterizzare il “modo di fare impresa” e l’approccio al business.

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Si crea, in altri termini, il metodo, la convinzione, l’abitudine al rispetto delle norme, sia esterne che interne all’impresa. Inoltre, la metodologia di mitigazione del rischio 231, ed il conseguente disegno dei processi aziendali, consentono di valorizzare e garantire, in modo agevole ed efficace, il rispetto di normative analoghe sul piano internazionale. Si pensi, ad esempio, alle normative cosiddette “anti-bribery” ed “anti-corruption” che suggeriscono, alle volte impongono, l’implementazione di strumenti di prevenzione analoghi a quelli previsti dal legislatore 231. Vi è di più. Il metodo e l’interrelazione dei rischi di conformità agevola anche nella necessaria mitigazione di profili afferenti altre normative. Penso, ad esempio, agli “anti-trust compliance program” o ai “tax compliance framework”. Nel sistema 231 si trovano molteplici elementi sinergici per l’implementazione degli ulteriori programmi senza, con ciò, produrre altra burocrazia aziendale. Si tratta di avere un approccio proattivo alla tematica, sistematico e non atomistico, affinché i vari momenti di controllo confluiscano nella medesima “matrice” e siano al contemporaneo servizio di differenti, ma coerenti, necessità, normative o regolatorie.


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il Fondo Formazienda cresce del 50% rispetto al 2013 Spada: «La formazione è un investimento, le imprese lo hanno capito» Formazienda COS’E’ IL FONDO FORMAZIENDA Formazienda è uno dei 22 fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua. Il Fondo Formazienda è stato autorizzato ad operare con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 31 ottobre 2008. Il Fondo è l’unico ad aver sede nel

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nord Italia, in Lombardia, a Crema (CR). COSA FINANZIA Il Fondo Formazienda promuove e finanzia piani formativi aziendali, territoriali, settoriali e individuali concordati tra le parti sociali – la confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (Confsal) e la confederazione autonoma italiana del commercio,

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del turismo, dei servizi, delle professioni e delle PMI (Sistema Commercio e Impresa) nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti. I DESTINATARI L’obiettivo principale di Formazienda è rendere semplice ed accessibile alle aziende (anche quelle di piccolissime dimensioni) l’utilizzo della formazione come leva strategica per favorire l’innovazione e lo sviluppo. Sono destinatari della formazione finanziata: apprendisti, operai, impiegati, quadri, dirigenti, collaboratori. COME ACCEDERE AI FINANZIAMENTI Le aziende che hanno aderito a Formazienda possono accedere ai finanziamenti partecipando agli Avvisi che il Fondo emanerà durante l’anno. Le imprese aderenti potranno inoltrare l’istanza di finanziamento del progetto formativo direttamente al Fondo o delegando le strutture formative accreditate allo stesso. COME ADERIRE Aderire a Formazienda è semplice e non comporta per l’impresa nessun costo aggiuntivo. E’ sufficiente inserire il codice FORM nella denuncia contributiva e retributiva mensile (modello UNIEMENS). L’adesione, ricordiamo, può essere espressa anche per le aziende agricole (modello DMAG). Il fondo Formazienda accoglie anche il contributo versato dalle imprese per le figure dirigenziali.

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Finanza e Diritto • n° 35


IMPRESE E PROFESSIONISTI

La formazione, specialmente in questi anni di crisi, ha rappresentato una vera e propria occasione di rilancio per molte aziende che, attraverso un suo utilizzo strategico, hanno provveduto a innovarsi, a sviluppare nuovi Rossella Spada prodotti e a intercettare Direttore Formazienda nuove collocazioni nei mercati internazionali. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per mezzo dell’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, nel XV Rapporto sulla formazione continua parla di un «lento e progressivo incremento del sistema formativo italiano» a supporto dell’intero tessuto economico. Lo fa raffrontando numeri, strumenti e metodi, anche quelli dei fondi paritetici interprofessionali. A proposito di fondi, abbiamo parlato con Rossella Spada, direttore del fondo Formazienda, «il fondo che ha visto una crescita delle adesioni superiore rispetto alla media». Il Rapporto annuale sulla formazione continua parla di un incremento dell’8% delle adesioni ai fondi interprofessionali dal 2013 al 2014. Segnali da leggere come una ripresa imminente? Il 2013 è stato un anno critico, caratterizzato dalla chiusura di circa 60mila imprese, con una me-

dia di 54 imprese al giorno (dati CRIF). Anche la formazione continua ne ha risentito, a cominciare dal noto prelievo forzoso, attuato dallo Stato per sostenere il reddito dei lavoratori in cassa integrazione e in mobilità nei confronti del sistema della formazione. Questo prelievo ha gravato - e continuerà a gravare - sul contributo che i fondi interprofessionali destinano alle imprese aderenti per il finanziamento dei piani formativi. Tuttavia, proprio l’incremento della adesioni del 2014, accanto al naturale riassestamento della situazione economica globale, evidenzia l’idea che la formazione sia un investimento cui le imprese hanno deciso di non rinunciare. Il fondo Formazienda risulta ancora in crescita. Quest’anno viene citato come uno dei fondi che cresce più della media. Si parla del 50%. Cosa ci dice? Credo che la crescita delle adesioni a Formazienda da parte delle imprese sia ascrivibile anzitutto alla capacità del Consiglio di Amministrazione di dare progettualità alle attività del fondo. Queste attività giungono a concretizzarsi grazie alla tenacia con cui lo staff porta avanti gli obiettivi fissati, unitamente alle aziende, agli stakeholder e alle altre realtà istituzionali che collaborano in modo serio ed efficace. Un esempio? Abbiamo ideato nuove modalità di accesso ai finanziamenti da parte delle imprese, così che pos-

Finanza e Diritto

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IMPRESE E PROFESSIONISTI

sano avviare le attività formative concordate entro l’arco di un solo mese dalla presentazione del piano formativo. Ecco come promuoviamo in concreto l’incontro tra domanda e offerta, cioè aziende e fondo. Cosa ci dice rispetto al 50% in più di crescita? È un ottimo riscontro per noi e per le nostre parti sociali: è il fondo cresciuto di più in assoluto. Ma il nostro lavoro non può terminare qui. Ora dobbiamo rivolgerci – in proporzione alle nostre possibilità - a quel 30% di imprese che ancora non aderisce ad alcun fondo, affinché non si precluda interessanti opportunità formative. Ci sono dei settori o dei territori maggiormente rappresentati da Formazienda? Per quanto riguarda i settori rappresentati, il 57% delle imprese aderenti appartiene al mondo del commercio, dei servizi e del manifatturiero; se parliamo, invece, dei territori maggiormente rappresentati, la gran parte delle imprese aderenti risiede nel nord Italia (59%); seguono il sud e le isole (30%), ultimo il centro Italia (11%).

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Che valore ha oggi investire in formazione? Molte imprese hanno preso consapevolezza del fatto che il loro sviluppo passa anche attraverso le attività formative organizzate in azienda, attività che vanno supportate e assistite perché il processo non è né facile né rapido. Come Fondo auspichiamo una società fondata sulla conoscenza che promuova una crescita economica sostenibile, e quindi con più e con migliori posti di lavoro per i cittadini italiani ed europei. É il nostro credo, ma è anche un obiettivo europeo cui si giunge diffondendo la cultura della formazione continua. Per questo dico alle aziende: toccate con mano “quanto beneficio” giunge all’impresa che si forma. Formazienda ha fatto molto, ma molto altro ancora si può fare. Metteteci alla prova!


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iair awards

IAIR AWARDS 2015:

GRANDI ECCELLENZE PREMIATE NEI PRIMI DUE EVENTI DI HONG KONG E NEW YORK Redazione

Più di 70 eccellenze sono state premiate nelle serate di gala degli IAIR Awards nei due appuntamenti di Hong Kong e New York. La V edizione degli IAIR Awards svoltasi il 10 marzo al Conrad Hotel di Hong Kong, è stata precedetuta dalla conferenza “Asia CEO Summit”. Questa tavola rotonda ha visto la partecipazione e il confronto fra Chief Executive Officer e Managing Director nei loro rispettivi settori commerciali: Aaron Yim, Hong Kong Managing Director di Ricoh, Ashok Vemuri, CEO di Igate Corporation e Thorsten Heidt, Managing Director e Head of Equity Market and Commodities di Commerzbank Asia. Il dibattito mediato da Wendy Tang, presentatrice della serata e collaboratrice di The Wall Street Journal, ha avuto come tematiche principali argomenti chiave come innovazione e sostenibilità nell’ambito finanziario e corporate. Più di 50 società sono state riconosciute per la loro leadership nel continente asiatico e nel mondo, in ambiti come la sostenibilità, il real estate, l’ICT, l’asset management e il brokeraggio. Tra questi: Hutchison Global Communications, Ricoh, China Telecom, UBS, MFS,Commerzbank, Igate, Advantech Wireless, Renewable Energy Corporation. Ms. Evrim Aras , CEO di Aras Kargo, è stata premiata come Donna dell’Anno. I riconoscimenti come CEO dell’Anno sono andati invece a Mr. Steve Lewis, CEO di Living PlanIT e Mr.Ashok Vemuri, CEO di Igate

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Corporation.Successivamente gli IAIR Awards hanno fatto rotta verso gli Usa, dove il 16 Aprile si è svolta la cerimonia di premiazione presso The Yale Club di New York. L’evento presentato da Sabrina Buckwalter, produttrice ABC, ha visto premiate eccellenze nel campo finanziario, assicurativo, legale, bancario e imprenditoriale. Nuovamente, la cerimonia di premiazione è stata anticipata dall’ “American CEO Summit”, un dibattito tra Ceo e Managing Director su diverse tematiche nei rispettivi settori di appartenenza. I protagonisti sono stati: Graciela Chichilnisky, CEO di Global Thermostat, Andy Khawaja, CEO di Allied Wallet e Carl McMahon, Presidente e EVP Global Customer Operations di Genmark Automation. Anche in questa tavola rotonda, sono state trattati importanti temi come investimenti futuri, innovazione e sostenibilità. Tra alcune delle eccellenze premiate alla cerimonia newyorkese figurano: Hoehler+Partners, Wilsonart, Allied Wallet, Misys Financial Software, Nationwide Financial, Fava & Associati come miglior studio legale. La Dott.ssa Chichilnisky ha ritirato il premio come CEO dell’anno nel campo della sostenibilità mentre Andy Khawaja si è aggiudicato il CEO dell’anno nella categoria Soluzioni di pagamento Online. La prossima tappa degli IAIR Awards si svolgerà a Giugno, presso la London Stock Exchange di Milano.


iair awards

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iair awards

IAIR C OR P OR AT E AWAR D S

R i coh A si a Paci fi c

Hutchison Gl o b al

State Custodians

Bor qs

C o m m u n i c at i o n s

M or t gag e C om pa n y

Best Company for Innovation & Leadership Office Solutions Global

Best Company for Leadership Telecom Service Innovation Global

Best Company for Innovation & Leadership Home Loan Solutions Asia Pacific

Best Company for Innovation & Leadership Mobile Technology Asia Pacific

R a ffles E d ucati on C orp o rati on

C h o w Tai F o o k Je we l l e ry Gro u p

C h in a T e l e c om C or p or at ion

A dva n t e c h W ir e l e s s

Best Company for Leadership Best Company for Leadership Best Company for Leadership Private Education Luxury Telecom Asia Pacifc Asia Asia

Best Company for Innovation Broadband Communication Solutions

A ero gen

L i vi n g P l an I T

C og obu y G r ou p

C hi na S ha ns hu i

Best Company for Innovation & Leadership Medical Technology Europe

Best Company for Innovation Urban Development Technologies Europe

Best Company for Innovation E-commerce China

Best Company for Leadership Construction & Building Materials China

Chi na R esour ces P ow er

Cub E l e c part s

Chart Pa r t n e r s G r ou p

J TA

Best Company for Leadership Energy Sector China

Best Company for Leadership Electric Machinery Taiwan

Best Company for Leadership Technical Analysis Thailand

Best Company for Leadership Interior Design Thailand

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Cement G r ou p


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IAIR REAL ESTATE AWARDS

Royal Living

ComZone

Madcradle Online

Tujuan Gemilang

Best Company for Leadership Interior Design Singapore

Top Branding Consultant Advertising Services Cambodia

Best Company for Leadership Integrated & Social Media Marketing Hong Kong

Best Company for Leadership Property Development South East Asia

OSK Property

PJ Development Holdings

Mah Sing Group

Niseko Alpine Developments (NISADE)

Best Company for Leadership Real Estate Malaysia

Leading Property Development Company Malaysia

Best Company for Leadership Best Company for Leadership Property Development Property Development Malaysia Japan

IAIR BROKERS AWARDS

IQ Option

Ikon Group

Best Broker Binary Options Trading Applications

Best Company for Leadership Trading China

Wealth Bond Precious Metals

WhoTrades

Best Broker High Frequency Trading

Best Broker for Innovation China

IAIR FOREX AWARDS

Bualuang Securities

Sun Hung Kai & Co

Best Broker Thailand

Best Company for Leadership Financial Services Hong Kong

MFX Broker

NordFX

Best Broker Investment Products

Best Broker Forex Trading India

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iair awards

I A I R I N S U R A N C E AWA R D S

I A I R A S S E T M A N AG E M E N T AWA R D S

CWM FX

B a n g ko k Insurance

UBS Global Asset Management

La Trobe Financial

Best Company for Leadership Forex Trading UK

Excellence in Insurance Thailand

Excellence in Asset Management Global

Excellence in Mortgage Fund Asia Pacific

I A I R H E D G E F U N D S AWA R D S

MFS Investment Management

UBS Global Asset Management

Commerzbank

Best Equity Asset Manager Europe

Best ETF Provider of the Year

Best ETF Market Maker

Excellence in Hedge Funds Management Managed Funds Asia

R e n e wa b l e E n e r gy C o r p o r at i o n

Ricoh A s i a Pa c i f i c

Censere

Mikroelektronik

Best Company for Sustainability Solar Energy Solutions Global

Best Company for Sustainability Office Solutions Asia Pacific

Orchard Global

A s s e t M a n ag e m e n t

I A I R S U S TA I N A B I L I T Y AWA R D S

Zentrum

Dresden

Best Company for Sustainability Best Company for Strategic Advisory Innovation & Sustainability Asia Pacific Power Management Asia

CEO OF THE YEAR

TerniEnergia

O-Flexx Technologies

Best Company for Best Company for Sustainability Innovation & Sustainability Smart Energy Energy Europe Germany 22

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Ashok Vemuri C E O o f i gat e c o r p o r at i o n

CEO of the Year 2015 Integrated Technology Solutions

Steve Lewis CEO of living planit

CEO of the Year 2015 Urban Development Technologies


iair awards

woman OF TH E YEAR

Evrim Aras CE O o f aras k arko

â— Guido Giommi, Presidente di Editrice Le Fonti

Woman of the Year 2015 Turkey

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iair awards

I AI R CORP ORATE AWA R D S

M isys Financia l Software

Alter N R G

Best Company for Leadership Investment Management & Risk Solutions North America

Best Company for Leadership Clean Technology Canada

IA IR LEGA L AWA R D S

Ho e hle r + Pa r t ne r

Best Company for Leadership Best Company for Innovation Architecture Surfacing Materials Oman North America

IAIR insu r anc e awards

IAIR BR O KER AWARDS

EZTrader

A l l ied Wal l et

Fava & As s oc iates

Nat i o nwi d e F i na nc i a l

Best Company for Innovation Online Payment Solutions North America

Best Law Firm Labour Italy

Best Company for Leadership Insurance & Financial Services USA

IAIR ASSET MANAG EMENT AWARDS

Best Binary Option Broker Trading Applications

IAIR SU STAINABIL ITY AWAR DS

GKFX P RIM E

IŞ IK FX

T he He a d la nds Gr o up

Ge nma r k A ut o mat i o n

Best Forex Broker MENA & Africa

Best Forex Broker Turkey

Best ETF Strategist North America

Best Company for Sustainability Engineering Services USA

C EO OF T HE YEA R

Gl oba l Therm ostat

A n dy K h awaja C EO of A llied Wa llet

Gr ac i e la C hi c hi lni sky C EO of G l obal T h e r m os tat

Best Company for Sustainability Clean Energy Solutions North America 24

Wi lso na r t

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CEO of the Year Online Payment Solutions

CEO of the Year Sustainability


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iair awards

L’AVVOCATO GIUSLAVORISTA AL TEMPO DEL JOBS ACT L’intervista a Gabriele Fava, Presidente di Fava & Associati Claudia Chiari

prestigioso The Yale Club di New York. Nell’ottica di una internazionalizzazione ormai non più opzionale da parte delle imprese, l’avvocato giuslavorista non si limita ormai al ruolo tradizionale, ma ne varca i confini per ridefinire la sua figura di consulente al fianco delle aziende all’estero e degli investitori in Italia. A darci un colpo d’occhio sul panorama l’avvocato Gabriele Fava, Fondatore e Presidente dell’omonimo studio legale.

Gabriele Fava

Presidente Fava & Associati

“For the high specialization achieved in Labour Law and the ability to assist Italian and multinational companies in Civil Law, from extrajudicial to judicial advisory services, and Corporate Law, and for the international network of qualified correspondents all over Italy, Europe, USA, China, Japan, Russia and the United Arab Emirates”. Così recita la motivazione ufficiale della vittoria di Fava & Associati, premiato come Best Labour Law Firm in Italy agli IAIR Awards lo scorso 16 aprile, presso il

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Fava & Associati premiato nel 2015 come Best Labour Law Firm in Italy agli IAIR Awards di New York. Fra le motivazioni il network internazionale in Europa, Cina, Emirati Arabi e Stati Uniti. Come commenta questa vittoria? E’ un onore incredibile per Fava & Associati ricevere questo prestigioso premio come il miglior studio legale in materia del lavoro in Italia. Questa vittoria segna l’inizio del consolidamento delle relazioni internazionali e la forte presenza dello studio legale all’estero, dunque un nuovo punto di partenza oltre che un traguardo. Numerosi ed in espansione i nostri settori di punta, quali il bancario, finanziario, farmaceutico, food & beverage, edilizia, trasporti, infrastrutture, media e associazioni di categoria. L’assistenza fornita va dal giudiziale allo stragiudiziale con una specializzazione del diritto del lavoro e sindacale. Nell’ultimo anno abbiamo aperto anche al societario. Assistere il cliente a 360 gradi è la nostra priorità, motivo per il quale abbiamo tessuto una rete di corrispondenti qualificati in tutto il


iair awards

mondo, un valore aggiunto per seguirlo nelle sue nuove rotte, così come per aiutare gli investitori in Italia alla luce del nuovo mercato del lavoro regolato dal Jobs Act. Crediamo fermamente nel nostro paese. Il 2014 ha confermato la vitalità del settore giuslavoristico. Il peso della consulenza è in aumento rispetto a quello del contenzioso, anche alla luce delle riforme del mercato del lavoro? Senza dubbio. Con l’introduzione del Jobs Act, il contenzioso, già ridotto negli ultimi anni, è destinato a ridursi ulteriormente con l’introduzione della Conciliazione Rapida che modifica il tentativo di conciliazione precedente. Già con la Riforma Fornero le conciliazioni sono praticamente raddoppiate. Il mercato chiede sempre più consulenza e pareri sul Jobs Act, disincentivato per di più da costi e tempistiche che l’attività giudiziale sappiamo comportare.

non tralasciare nessuno degli aspetti che ne regolano il funzionamento, fornendo un’approfondita conoscenza della realtà locale finalizzata a valutare le possibilità di inserimento e di espansione dell’attività economica stessa. Fava & Associati ha già stabilito rapporti con la Camera di Commercio Americana in Italia. Quali saranno i progetti futuri? Siamo stati scelti come lo Studio di riferimento della Camera di Commercio Americana a conferma della qualità del nostro operato. Per noi è solo la prima tappa. L’obiettivo del nostro studio legale è quello di rafforzare la propria posizione di mercato fidelizzando i clienti e sviluppando il business internazionale, diventando il partner di riferimento delle aziende multinazionali che operano nel mercato italiano.

Qual è il vostro plus nell’assistenza fornita lungo il percorso di internazionalizzazione? Ci distinguiamo dalla concorrenza soddisfacendo a tutto tondo le esigenze di business delle aziende, rispondendo rapidamente con l’alta qualità del servizio offerto ad esempio nel Lavoro e nell’M&A, in particolare Privacy, Sicurezza sul lavoro, Expatries, responsabilità amministrativa delle società ed enti (D.Lgs 231/2001), Governance del Consiglio di Amministrazione. Accompagnare le imprese all’estero vuol dire

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mercati e finanza

SOCIAL NETWORK E RISPARMIO GESTITO Alessia Liparoti

Secondo i dati dello European Digital Landscape 2015, We are Social, su una popolazione di circa 62 milioni di persone, il 60% è un utente internet e il 46% possiede un account su almeno un social media e lo utilizza in modo attivo. La penetrazione del mobile in Italia è una tra le più elevate al mondo, con il 135%. Il tempo trascorso mediamente nell’utilizzo dei social network è di 2 ore e mezza al giorno. Il social network più diffuso è sicuramente Facebook (il 24% della popolazione) seguito da Twitter e Google+ (10%), Instagram (6%) e Linkedin (5%). Considerando questi dati e la loro costante crescita di anno in anno, il mondo del risparmio gestito non può non tenerne conto. Tuttavia, le strategie da adottare sono un po’ diverse rispetto al contesto bancario tout court, il cosiddetto Social Banking 2.0. Il target delle società di risparmio gestito è più mirato, meno mass market rispetto alle banche e anche l’utilizzo dei social network tende ad essere più profilato. Abbiamo analizzato i dati della presenza su Linkedin, Facebook, Twitter e Youtube delle società italiane di Asset Ma-

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nagement, evitando le case internazionale il cui dato aggregato a livello globale dei profili social non avrebbe fornito un quadro specifico sulla realtà del nostro Paese. Google+ registra dei numeri talmente bassi tra i gestori che non è stato considerato. Il social network utilizzato dalla maggior parte delle società di gestione, o dove perlomeno si riscontra la loro presenza con una pagina dedicata, è Linkedin, la piattaforma dedicata ai professionisti. Azimut, Eurizon Capital, Anima Sgr e Arca Sgr superano


mercati e finanza

abbondantemente i duemila follower. Ma vi troviamo anche realtà come Ersel e Kairos Partners Sgr, quasi assenti dagli altri social, con oltre il migliaio di seguaci. C’è invece chi privilegia i social “di massa”, Facebook e Twitter come AcomeA ed Etica Sgr e chi invece li mette nettamente in secondo piano nella propria strategia di comunicazione (vedasi Arca Sgr e Azimut). Per quanto riguarda Youtube, la maggior parte ha un proprio canale di video. Anima Sgr conta oltre 500 iscritti, ma con oltre

500mila visualizzazioni è AcomeA Sgr a registrare il numero più alto di views. In generale dunque la presenza dei gestori italiani sui social è ancora piuttosto limitata e con strategie forse non ancora armonizzate. Una sfida per il futuro sarà per loro comprenderne le effettive potenzialità di incubatori di idee, di strumenti di fidelizzazione, engagement e brand awareness e non semplicemente di contenitori di comunicati stampa e notizie relative alla propria società.

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economia globale

IL MULTILATERALISMO DELL’ASIA

Joseph E. Stiglitz

N

EW YORK – Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale terranno a breve i loro meeting annuali, ma la notizia principale sulla governance economica globale non arriverà da Washington DC nei prossimi giorni. Infatti quella notizia è giunta lo scorso mese, quando Regno Unito, Germania, Francia e Italia sono diventate, insieme a oltre 30 stati, membri fondatori della Banca Asiatica di Investimento per le Infrastrutture (AIIB). L’istituto di credito, da 50 miliardi di dollari, lanciato in Cina, permetterà di soddisfare le crescenti esigenze di infrastrutture dell’Asia, che superano la capacità di finanziamento delle istituzioni di oggi. Gli economisti hanno ritenuto che la nascita dell’AIIB e la decisione di così tanti governi di sostenerla sarebbe una causa di celebrazione universale. E per l’Fmi, la Banca Mondiale e molti altri lo è stata. Tuttavia, stranamente, la decisione dei Paesi europei ricchi di far parte del progetto ha provocato l’ira dei funzionari americani. Infatti, una fonte americana ha accusato il Regno Unito di “costante accordo” con la Cina. In segreto, gli Stati Uniti hanno fatto pressioni sugli stati di tutto il mondo per tenerli alla larga dalla Cina. Infatti, l’opposizione dell’America all’AIIB è

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in contrasto con i suoi interessi economici in Asia. Purtroppo sembra trattarsi di un altro caso dell’insicurezza americana sulla sua influenza globale che surclassa la sua retorica idealistica – questa volta minacciando un’importante opportunità di rafforzare le economie in via di sviluppo dell’Asia. La Cina di per sé testimonia fino a che punto gli investimenti nelle infrastrutture possono contribuire allo sviluppo. Lo scorso mese, ho visitato le zone del paese un tempo abbandonate che ora sono ricche grazie ai collegamenti– e quindi al maggiore flusso di persone, merci e idee – che tali investimenti hanno garantito. L’AIIB porterebbe benefici simili ad altre parti dell’Asia, il che rafforza il paradosso dell’opposizione statunitense. L’amministrazione del Presidente Barack Obama sostiene le virtù del commercio, ma nei paesi in via di sviluppo, la carenza di infrastrutture è una barriera di gran lunga più grave per il commercio rispetto alle tariffe. C’è un ulteriore vantaggio globale per un fondo come l’AIIB: proprio adesso, il mondo soffre dell’insufficiente domanda aggregata. I mercati finanziari si sono mostrati inadatti al compito di riciclare i risparmi dai luoghi dove le entrate eccedono i consumi a luoghi dove gli in-


a cura di Ascensionato Raffaello CarnĂ


economia globale

vestimenti sono necessari. Quando era il Presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke ha erroneamente descritto il problema come un “eccesso di risparmi globale”. Tuttavia in un mondo che ha un bisogno così ingente di infrastrutture, il problema non è un eccesso di risparmi o una carenza di opportunità di buoni investimenti. Il problema è un sistema finanziario che si è distinto per aver consentito la manipolazione del mercato, la speculazione e l’insider trading, ma non è riuscito nel suo compito principale: bilanciare risparmi e investimenti su scala globale. Questa è la ragione per cui l’AIIB potrebbe portare a un piccolo, ma necessario incremento della domanda aggregata globale. Pertanto dovremmo accogliere benevolmente l’iniziativa della Cina di multilateralizzare il flusso di fondi. Infatti, essa riproduce la politica americana nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, quando la Banca Mondiale è stata fondata per multilateralizzare i fondi per lo sviluppo che provenivano in gran parte dagli Stati Uniti (una mossa che ha anche contribuito a creare un gruppo di impiegati internazionali di primo livello e professionisti dello sviluppo). L’assistenza della Banca Mondiale è stata a volte sovraccaricata dal prevalere dell’ideologia; ad esempio, le politiche in materia di libero mercato note come Washington Consensus e imposte ai riceventi hanno portato in realtà alla deindustrializzazione e al calo del reddito nell’Africa sub sahariana. Tuttavia, l’assistenza degli Stati Uniti è stata, nel complesso, molto più efficiente di quella che sarebbe stata se non fosse stata multilateralizzata. Se queste risorse fossero state incanalate tramite la stessa agenzia umanitaria dell’America, il processo di policymaking sarebbe stato soggetto ai capricci delle valutazioni sullo sviluppo da una amministrazione all’altra.I nuovi tentativi di multilateralizzare i flussi di assistenza (compreso il lancio della Nuova Banca di Sviluppo da parte dei paesi del BRICS lo scorso luglio) probabil-

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mente contribuiranno in maniera significativa allo sviluppo globale. Alcuni anni fa, la Banca asiatica dello sviluppo ha difeso le virtù del pluralismo competitivo. L’AIIB offre una possibilità di testare quell’idea nel finanziamento allo sviluppo.Forse l’opposizione dell’America all’AIIB è un esempio di un fenomeno economico che spesso ho analizzato: le società vogliono una maggiore competizione ovunque tranne che nel loro settore. Tale posizione ha già pagato un prezzo alto: se ci fosse stato un mercato di idee più competitive, l’imperfetto Washington Consensus non avrebbe mai potuto ottenere un consenso unanime. L’opposizione dell’America all’AIIB è senza precedenti; infatti è simile all’opposizione degli Stati Uniti alla generosa New Miyazawa Initiative del Giappone alla fine degli anni ’90, che ha offerto 80 miliardi di dollari per aiutare i Paesi dell’Est asiatico in crisi. Allora, come adesso, non è stato come se gli Stati Uniti stessero offrendo una fonte alternativa di finanziamento. La mancanza di denaro, insieme alle continue idee sbagliate dell’America su come rispondere alla crisi, hanno causato un declino sempre più profondo e lungo. Detto ciò, l’opposizione degli Usa all’AIIB è più difficile da comprendere, dato che la politica sulle infrastrutture è molto meno soggetta all’influenza di ideologie e interessi speciali rispetto ad altre aree di policymaking,come quelle dominate dagli Stati Uniti presso la Banca Mondiale. Inoltre, il bisogno di tutele ambientali e sociali negli investimenti sulle infrastrutture probabilmente è affrontato in maniera più efficiente nell’ambito di un quadro multilaterale. Bisognerebbe congratularsi con il Regno Unito, la Francia, l’Italia, la Germania e gli altri Paesi per aver deciso di far parte dell’AIIB. Si spera che altri Paesi, sia in Europa che in Asia, si uniscano, aiutando così a realizzare l’ambizione che i miglioramenti nelle infrastrutture possano aumentare la qualità della vita in altre regioni, come è stato già fatto in Cina.


economia globale

L’ERRORE MONETARISTA Il punto di vista di J. Bradford Delong, professore di Economia all’Università della California

J. Bradford Delong

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ERKELEY – Le idee contano. Questa è la lezione di Hall of Mirrors, la cronistoria dell’economista americano Barry Eichengreen delle due più grandi crisi economiche degli ultimi 100 anni: la Grande Depressione del ventesimo secolo e la Grande Recessione in corso, da cui stiamo ancora lottando inefficacemente per uscire. Eichengreen è mio amico, maestro, e sostenitore, e il suo libro è, a mio parere, la migliore spiegazione del perché ad oggi i responsabili politici in Europa e negli Stati Uniti hanno reagito al più drammatico collasso economico di quasi quattro generazioni con misure blande ed interventi parziali. Secondo Eichengreen, la Grande Depressione e la Grande Recessione sono correlate. La risposta inadeguata ai nostri problemi attuali può essere ricondotta all’affermazione dei discepoli monetaristi di Milton Friedman sui loro colleghi keynesiani e minskyani nell’interpretare la storia della Grande Depressione. In A Monetary History of the United States, pubblicato nel 1963, Friedman e Anna Jacobson Schwartz hanno notoriamente sostenuto che la Grande Depressione era dovuta unicamente e totalmente alla mancata

realizzazione da parte della Federal Reserve degli Stati Uniti dell’espansione della base monetaria del paese e, quindi, del consolidamento di un percorso di crescita stabile dell’economia. Se non ci fosse stato alcun calo nello stock di moneta, sostenevano, non ci sarebbe stata una Grande Depressione. Questa interpretazione ha un certo valore, ma si basa su un assunto fondamentale. La prescrizione di Friedman e Schwartz avrebbe funzionato solo se i tassi di interesse e ciò che gli economisti chiamano la “velocità dei soldi” – il tasso a cui il denaro cambia di mano – fossero in gran parte indipendenti gli uni dall’altra. È più probabile, tuttavia, che il calo dei tassi di interesse derivante dagli interventi necessari per ampliare l’offerta nazionale di denaro avrebbe messo un freno alla velocità del denaro stesso, minando la cura proposta. In tal caso, porre fine alla Grande Depressione avrebbe anche richiesto l’espansione fiscale invocata da John Maynard Keynes e le politiche di supporto al mercato del credito prescritte da Hyman Minsky. Il dibattito riguardo alle caratteristiche degli interventi necessari a porre fine a qualcosa di simile alla Grande

Finanza e Diritto 33


economia globale

Depressione avrebbe dovuto essere una semplice questione di analisi delle evidenze. In periodi di congiuntura difficile, i tassi di interesse hanno un modesto impatto sulla velocità del denaro, come Friedman ha suggerito? Keynes aveva ragione quando ha descritto il concetto di trappola della liquidità, una situazione in cui ulteriori allentamenti delle politiche monetarie si dimostrano inefficaci? Lo stock di moneta in un’economia è un indicatore adeguato della spesa totale, come asseriva Friedman, o è il buon funzionamento dei canali di credito a costituire un fattore di maggiore importanza, come sosteneva Minsky? Queste domande possono essere dibattute. Ma è abbastanza chiaro che, anche negli anni settanta, non c’era tanta evidenza empirica a sostegno delle idee di Friedman da giustificare il loro crescente predominio. E, in effetti, non si può negare il fatto che la cura di Friedman si è dimostrata una risposta inadeguata alla Grande Recessione - suggerendo con forza che sarebbe stata similmente inefficace se fosse stata sperimentata durante la Grande Depressione. Il predominio delle idee di Friedman all’inizio della Grande Recessione ha meno

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a che fare con le evidenze che le sostengono rispetto alla contaminazione della scienza da parte della politica. In questo caso, la contaminazione è stata così deleteria che i politici non hanno voluto andare oltre Friedman ed applicare le politiche keynesiane e minskyane ad una scala ampia abbastanza da affrontare i problemi che la Grande Recessione presentava. Ammettere che la cura monetarista era inadeguata avrebbe richiesto che gli economisti tradizionali remassero contro le correnti neoliberiste della nostra epoca. Sarebbe stato necessario riconoscere che le cause della Grande Depressione avevano radici molto più profonde rispetto ad un fallimento tecnocratico nel gestire adeguatamente l’offerta di moneta. E farlo avrebbe significato ammettere i meriti della democrazia sociale e riconoscere che il fallimento dei mercati a volte può costituire un pericolo maggiore dell’inefficienza dei governi. Il risultato è stato una serie di politiche basate non su prove, ma su idee non adeguatamente verificate. E oggi stiamo ancora pagando il prezzo di questo fallimento intellettuale.



economia globale

LE AZIONI SONO

SOPRAVVALUTATE? La domanda di Michael Spence, premio Nobel per l’economia

Michael Spence

M

ILANO – Da quando è scoppiata la crisi economica globale esistono profonde divergenze di performance economica che contribuiscono a una notevole volatilità del mercato azionario. Ora i prezzi azionari stanno raggiungendo picchi relativamente elevati secondo i parametri convenzionali – e gli investitori iniziano a innervosirsi. La domanda è se le valutazioni azionarie siano eccessive rispetto al futuro potenziale di guadagno. La risposta dipende da due variabili chiave: il tasso di sconto e la futura crescita di guadagno. Un tasso di sconto più basso e/o una percentuale più alta di crescita attesa dei guadagni giustificherebbero le valutazioni dei titoli. Il rapporto prezzo-utile di S&P per i prossimi 12 mesi è quasi 20, rispetto a un valore medio di lungo termine di 15,53 e mediano di 14,57. Il rapporto prezzo-utile di Shiller – che si basa sui profitti medi reali (depurati dall’inflazione) degli ultimi dieci anni – oscilla a 27,08, con un valore medio e mediano rispettivamente di 16,59 e 15,96. E, a febbraio, il rapporto prezzo-utile sti-

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mato per i prossimi 12 mesi, che utilizza le indicazioni future dei manager sugli utili, ha toccato un picco a 11 anni di 17,1, dove le medie a cinque e dieci anni si attestano a circa 14 e la media a 15 anni a 16. Le recenti performance economiche del mercato azionario sono spesso riconducibili alle politiche monetarie non convenzionali perseguite da molte banche centrali. Queste politiche, per natura, hanno ridotto il ricorso ai bond sovrani, forzando gli investitori a cercare rendimenti nei mercati con asset a rischio maggiore come azioni, obbligazioni con rating più bassi e titoli esteri. Secondo una formulazione standard, i prezzi azionari tendono a ritornare verso il presente valore dei futuri utili stimati (inclusa la crescita di questi utili), scontato del cosiddetto “risk-free rate” e maggiorato di un premio per il rischio azionario. Più precisamente, il rendimento degli utili – ossia, l’inverso del P/E ratio – è pari al tasso di rendimento senza rischio più il premio per il rischio azionario, meno il tasso di crescita degli utili. (Ovviamente, i mercati effet-


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tuano delle deviazioni lungo il percorso, trainati, ad esempio, dall’esuberanza irrazionale, dalla temporanea diminuzione dell’impatto degli investitori di valore o di contrattazioni controtendenza). Forse la politica monetaria ha sostenuto i prezzi azionari in due modi, abbassando il tasso di sconto e comprimendo il premio per il rischio azionario, o semplicemente riducendo i risk-free rate per periodi abbastanza lunghi da far lievitare il presente valore degli stock. In entrambi i casi, i prezzi azionari dovrebbero livellarsi a un certo punto, consentendo agli utili di recuperare o persino di fare una correzione verso il basso. Ma la storia della politica monetaria, seppur plausibile, non è invulnerabile. Altri fattori potrebbero, di fatto, spiegare – o almeno aiutare a

capire – gli attuali trend del mercato azionario. Un fattore chiave è la crescita degli utili. Nel lungo termine, è ragionevole aspettarsi che la crescita dei profitti sia ampiamente in linea con la crescita economica – e per come stanno attualmente le cose, non ci sono segni di accelerazione su questo fronte. Gli utili possono crescere con maggiore rapidità dei ricavi per un periodo prolungato (ma non indefinito), se le aziende tagliano i costi o riducono gli investimenti – un trend che nel tempo riduce le quote di ammortamento. In teoria, gli sgravi all’imposta sulle società potrebbero avere lo stesso effetto. Inoltre, le condizioni di equilibrio dell’economia potrebbero cambiare, così da consentire agli utili aggregati di catturare un’ampia fetta di reddito nazionale.

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Ci sono dei segnali che ciò stia avvenendo ora nelle economie avanzate, con la proliferazione delle tecnologie digitali che risparmiano sulla manodopera e la globalizzazione delle catene di approvvigionamento che sopprimono la crescita del reddito. Detto questo, alcuni trend potrebbe avere l’effetto opposto sulle aspettative per la crescita degli utili. Oltre due quinti degli utili di S&P 500 provengono dai mercati esterni, alcuni dei quali, come Europa e Giappone, registrano una crescita scarsa, mentre altri, come la Cina, stanno rallentando. L’apprezzamento del dollaro inasprisce la situazione dei mercati americani, perché crea venti contrari per gli esportatori e causa un calo degli utili esteri delle aziende, riportati in dollari. E un rallentamento dell’aumento di produttività, insieme a un eccessivo livello di indebitamento e alla persistente scarsità di investimenti nel settore pubblico, potrebbe compromettere la crescita economica potenziale di medio termine. Se da un lato le aspettative di utili più rapidi potrebbero ben contribuire a elevati livelli di P/E, dall’altro la situazione corrente è quanto meno complicata. Certo è che le aspettative di profitti elevati avrebbero un effetto positivo più durevole sui livelli di P/E rispetto alla soppressione del premio per il rischio azionario. L’altro fattore importante che incide sul P/E è il risk-free rate. A fronte della normalizzazione politica monetaria – un processo già avviato negli Stati Uniti – il tasso di investimento senza rischio, secondo le attese, dovrebbe aumentare fino a toccare un livello che sia in linea con l’inflazione stabile al

2%, che a sua volta, corrisponde a un livello di disoccupazione. Cosa sia precisamente questo tasso resta, tuttavia, incerto – ed estremamente difficile da determinare, considerando che viene praticamente influenzato da ogni aspetto dei modelli di crescita. Ciò nonostante, emergono diverse caratteristiche degli attuali modelli di crescita: eccessiva capacità produttiva, indebitamento elevato e persistente, manodopera in calo nella produzione di beni e servizi e una distribuzione sempre più iniqua dei redditi sia tra manodopera e capitale che all’interno dei segmenti dei redditi da lavoro. Insieme, questi pattern potrebbero portare a un prolungato periodo in cui la domanda aggregata limita la crescita. Se la crescita non venisse limitata sul fronte dell’offerta, ci sarebbe poca pressione inflazionistica, e il tasso di interesse neutrale in linea con la piena occupazione non inflazionistica potrebbe semplicemente essere inferiore di quanto non fosse per un periodo prolungato. Dove ci porta tutto questo? A mio avviso, è difficile sostenere appieno un significativo e sostenuto aumento della crescita degli utili in quest’ambiente, perché la crescita da sola non giustificherebbe le attuali valutazioni azionarie. Ma l’argomentazione a sostegno di un tasso di sconto più basso è più persuasiva, ed è in linea con le correnti condizioni economiche e i mandati delle banche centrali. Detto questo, in un ambiente così complesso, gli investitori possono giungere alle conclusioni più disparate, che sosterranno – o forse incrementeranno – la volatilità del mercato.

“SE LA CRESCITA NON VENISSE LIMITATA SUL FRONTE DELL’OFFERTA, CI SAREBBE POCA PRESSIONE INFLAZIONISTICA ...”

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economia globale

COME COMBATTERE

LA MANIPOLAZIONE MONETARIA L’analisi di Simon Johnson, professore al MIT Sloan

Simon Johnson

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ASHINGTON, DC – È appropriato utilizzare gli accordi commerciali per scoraggiare i Paesi dal fare interventi su larga scala nel mercato dei cambi per mantenere basso il valore della propria divisa? Questa è la domanda del giorno nei circoli americani di politica economica. Negli ultimi anni, il Giappone, la Corea del Sud e la Cina hanno manipolato le proprie monete per mantenerle sottovalutate. Questa manovra ha incentivato le loro esportazioni, limitato le importazioni e portato ad ampi surplus di parte corrente. Ma un intervento di questo genere incide negativamente sui partner commerciali ed è vietato in base alle esistenti norme internazionali. Sfortunatamente, queste regole si sono rivelate completamente inefficaci. Ora è emersa una nuova opportunità per affrontare la questione: la Partnership Trans-Pacifica (TPP) – il trattato di libero scambio regionale che coinvolge Stati Uniti, Giappone e altri dieci Paesi dell’America Latina e dell’Asia. Con la TPP in procinto di essere finalizzata, la Corea del Sud e la Cina osservano attentamente, mentre altri Paesi vorrebbero unirsi.

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Il presidente americano Barack Obama sostiene a ragione che questa è l’occasione giusta per fissare le regole per il commercio e gli investimenti nel ventunesimo secolo. Eppure il Dipartimento del Tesoro americano e il rappresentante Usa per il commercio rifiutano costantemente di includere nella TPP qualsiasi clausola che proibisca la manipolazione valutaria, per cinque ragioni principali – nessuna delle quali riflette la realtà. La prima argomentazione è che il Fondo monetario internazionale può occuparsi dei casi di manipolazione valutaria. Il Fmi effettivamente dispone di linee guida aggiornate in grado di definire e tentare di prevenire tale fenomeno. Sono state adottate non solo con l’assenso dell’America, ma su insistenza della stessa, in un momento (metà anni 2000) in cui il renminbi cinese era fortemente sottovalutato, contribuendo alla perdita di milioni di posti di lavoro nel manifatturiero americano. Sfortunatamente, il Fmi non può far rispettare le sue linee guida, perché i manipolatori delle divise sono in grado di bloccare le azioni. È questo il modello consolidato e costan-


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temente in uso, anche quando ero capo economista del Fmi (dagli inizi del 2007 ad agosto 2008). La seconda argomentazione avanzata dal Tesoro americano e dal rappresentante per il commercio è che non possono essere negoziate regole valutarie sufficientemente precise. Ma non c’è nulla di sbagliato nelle linee guida del Fmi – sia la versione del 2007 che quella del 2012 –negoziate dal Tesoro stesso. Riconoscendo questo, il deputato del Congresso Sander Levin – democratico a capo della House Ways and Means Committee, che ha giurisdizione nel commercio internazionale – propone di basare un capitolo monetario della TPP sulle linee guida del Fmi. Queste linee guida identificano quando un Paese, pur incorrendo in un surplus di parte corrente, persegue acquisti di asset stranieri su vasta scala e a lungo termine, così bloccando l’apprezzamento dei tassi di cambio – esattamente il problema che intendiamo prevenire. (Ho lavorato con Levin su alcune di queste tematiche, ma qui parlo solo a nome personale). La terza argomentazione contro l’inserimento delle disposizioni anti-manipolazione nella TPP è che metterebbero a rischio la capacità dell’America di implementare gli stimoli monetari. Ma ciò riflette un profondo fraintendimento della questione. Un capitolo sulle valute ben progettato e inserito nella TPP non ostacolerebbe l’indipendenza monetaria americana. La tradizionale politica monetaria funziona alterando i tassi di interesse a breve termine, che include l’acquisto e la vendita da parte della banca centrale di titoli di debito pubblico a breve termine. Non è previsto alcun intervento nel mercato dei cambi – nessun acquisto e vendita di moneta estera. In modo analogo, il quantitative easing (QE) che ha definito la politica monetaria di molte grandi banche centrali negli ultimi anni non implica l’acquisto e la vendita di asset stranieri. Con l’allentamento monetario, la Federal Reserve acquista – e annuncia di farlo a breve – titoli; l’unica differenza è che questi asset sono strumenti di debito pubblico americano a lunga scadenza

e mortgage-backed securities di varia natura, tutti denominati in dollari americani. La quarta argomentazione è che nessun grande Paese sta attualmente manipolando il tasso di cambio (il renminbi registra un apprezzamento monetario dalla metà degli anni 2000), quindi non c’è nulla da temere. Però non c’è niente che fermi la Cina o qualsiasi altro Paese dal riprendere interventi su larga scala nel mercato valutario se e quando gli va di farlo. E la mancanza di tensione diplomatica sui tassi di cambio oggi lo rende un buon momento per sollevare la questione. La ragione finale citata a supporto dell’esclusione di un capitolo monetario dalla TPP è che i Paesi che sono in trattativa non approverebbero mai. Ma questa argomentazione non regge quando i Paesi partecipanti vengono esaminati uno ad uno. Canada, Australia e Nuova Zelanda, economie sviluppate con tassi di cambio fluttuanti, non intendono incoraggiare la manipolazione valutaria. Il Cile, un Paese a medio reddito che da tempo vanta politiche macroeconomiche solide e responsabili, non è a favore della manipolazione valutaria. Messico e Perù hanno molto da temere dall’eventualità che altri Paesi diventino nuovamente manipolatori valutari. In modo analogo, il Giappone, che ora lancia la sua versione di QE, teme una potenziale manipolazione valutaria di altri Paesi, come Corea del Sud e Cina. Malesia e Singapore, avendo accumulato un sostanzioso stock di riserve valutarie, ora dovrebbero preoccuparsi per la manipolazione valutaria da parte dei loro partner commerciali. Il Vietnam ha questioni molto più serie da risolvere, soprattutto per quanto riguarda i diritti del lavoro. E il Brunei Darussalam, con una popolazione inferiore a 500.000, è improbabile che si opponga. La manipolazione valutaria è un problema reale che causa danni significativi. La questione TPP – se stabilisce un meccanismo di risoluzione delle controversie in grado di chiudere rapidamente pretese inconsistenti e focalizzarsi su casi veri e propri – potrebbe offrire la migliore chance di risoluzione.

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Banche always-on business con Veeam

Intervista con Gianluca Mazzotta EMEA Presales Director Veeam Software Alessia Rosa

Veeam Software

+39 02 62033004

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Piazzale Biancamano 8 Milan 20121, Italy

Veeam® è Modern Data Protection™. Riteniamo che le esigenze attuali dell’IT siano cambiate e che i problemi dei backup tradizionali (costi elevati, eccessiva complessità e carenza di funzionalità) non siano più accettabili per qualsiasi azienda. Veeam offre soluzioni potenti, facili da usare, accessibili e appositamente progettate per la virtualizzazione (Built for Virtualization™) e per l’ambiente cloud: in altre parole, soluzioni perfette per i data center moderni. Veeam Backup & Replication™ offre backup, replica e ripristini per gli ambienti VMware e Hyper-V. Questa soluzione #1 VM Backup™ aiuta le aziende a raggiungere gli obiettivi RPO e RTO, nonché a risparmiare tempo, eliminare i rischi e ridurre notevolmente i costi di capitale e i costi operativi. Veeam Backup Essentials offre Veeam Backup & Replication in un pacchetto appositamente prezzato per le piccole imprese. Veeam Backup Management Suite™ abbina Veeam Backup & Replication alle capacità avanzate di monitoraggio e reportistica, per aiutare le aziende di qualsiasi dimensione a proteggere i propri investimenti nella virtualizzazione, ad aumentare la produttività degli amministratori e a ridurre i rischi legati alla gestione quotidiana. Veeam Management Pack™ (MP) estende il monitoraggio enterprise a VMware attraverso il Microsoft System Center. Veeam offre inoltre strumenti gratuiti per la comunità della virtualizzazione. La società è stata fondata nel 2006 da un team facente capo ad Aelita Software, azienda nota per le soluzioni di gestione di Windows Server. Nel 2008, Veeam ha acquisito nworks, aggiungendo soluzioni che colmano il divario tra VMware e i sistemi di gestione aziendale e Microsoft e HP. Veeam sta rapidamente estendendo la propria presenza e la rete dei suoi partner nel mondo per continuare a offrire soluzioni utili e innovative che aiutano i professionisti IT a gestire meglio le loro infrastrutture virtuali VMware vSphere e Microsoft Hyper-V.


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Al giorno d’oggi, le esigenze nel campo dell’IT una volta all’anno bensì una volta al mese, una sono cambiate e vi è la necessità di soluzioni ac- volta a settimana, perfino una volta al giorno, su cessibili e facili da usare. Quale è il contributo di migliaia e migliaia di server virtuali, in ambienti che simulano in tutto e per tutto i veri ambienti di Veeam in questo senso? Partendo da processi un tempo conosciuti come produzione. In poche parole, mentre prima il DiBackup, Business Continuity e Disaster Recovery. saster Recovery viene percepito solamente come Veeam ha evoluto la propria posizione di mercato, un centro di costo, necessario poiché imposto daldiventando Leader nell’ambito dell’Availability. Il la normativa, con l’aiuto del nostro software, esso termine non significa solo “protezione del dato” torna a rappresentare un passaggio importante e ma anche “effettiva accessibilità e fruibilità del ad apportare valore all’azienda, potenzialmente dato stesso”. Un conto è infatti disporre di una so- anche tutti i giorni. luzione di Backup che consenta di salvare giornalIl vostro programma Veemente o periodicamente i dati dell’infrastrutam ProPartner consente alle tura IT, un altro è poi avere la possibilità di aziende vostre partner di direcuperare i dati eventualmente persi in totale ventare consulenti di fiducia autonomia e semplicità. La maggior parte deldei loro clienti … Ce ne può le aziende, nel caso in cui un utente perda una parlare? mail o un file, è costretta a contattare il proprio Il sistema di partner rapreparto IT, farsi approvare la richiesta, perdepresenta da sempre uno dei re tempo nella ricerca del materiale da ripripatrimoni più importanti di stinare, attendere che venga trovato il file di Veeam. La nostra è un’azienBackup giusto, eccetera. La lunghezza di tali Gianluca Mazzotta da 100% canale che non fa procedure dissolve il valore dell’informaziovendita diretta ma si affida alla ne successivamente ripristinata. Il business, al giorno d’oggi, richiede una più elevata immedia- propria rete di partner fidati. Nel mondo dispotezza di risoluzione delle richieste. L’impegno di niamo di circa 27.000 partner che ci consentono di Veeam è di risolvere questo tipo di problematiche; garantire una elevatissima capillarità sul territorio attraverso il nostro Software garantiamo un’effi- e una notevole competenza tecnica. Il nostro prociente soluzione di Data Protection, e ad esempio gramma di partnership è suddiviso in più livelli: la possibilità di recuperare le proprie informazioni per accedere a quelli più elevati occorre che il partner assicuri un sufficiente livello di competenza in totale autonomia e accessibilità. tecnica sulle nostre soluzioni attraverso i nostri appositi corsi di certificazione VMCE (Veeam CerCosa offre Veeam per il banking? Veeam dispone di funzionalità di grande interesse tified Engineer). per il Banking. Esso è sottoposto a tutta una serie di normative e regole imposte per garantire tra- Quali sono i vostri progetti futuri? sparenza e qualità di servizio. Tale scenario co- All’inizio dell’anno prossimo, Veeam lancerà un stringe le Banche a effettuare enormi investimen- software di Backup per laptop e desktop aziendati (per lo più utilizzati una o due volte l’anno) in li, necessità molto sentita sul mercato, da parte di una infrastruttura gemella di Disaster Recovery: clienti di qualsiasi fascia. Si tratterà di una soluparliamo di Computing, Storage, Banda, Disponi- zione completamente gratuita, scaricabile in qualbilità di Sale Allestite, ecc... Il nostro software au- siasi momento. Invece proprio di recente abbiamo tomatizza tutti questi passaggi in modo talmente lanciato la Veeam Availability Suite v8, una suite semplice e coordinato, da rendere possibile la re- ripensata per fornire ai nostri clienti tutti gli strualizzazione del test di Disaster Recovery non più menti che ho menzionato sopra.

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sostenibilità

PERCHE’ CONTANO GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE L’opinione di Jeffrey Sachs professore di Sviluppo Sostenibile alla Columbia University

Jeffrey Sachs

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OMA – A seguito dei progressi fatti con gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG), che hanno guidato le iniziative per lo sviluppo globale negli anni 2000-2015, i governi del mondo stanno attualmente negoziando una serie di Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) per il periodo 2016-2030. Gli MDG puntavano a sradicare la povertà estrema, ridurre la fame e prevenire diverse malattie, ed erano gli obiettivi di sviluppo globale più importanti nella storia delle Nazioni unite. Gli SDG continueranno a combattere la povertà estrema, ma aggiungeranno le sfide tese a garantire uno sviluppo più equo e una sostenibilità ambientale, soprattutto con l’obiettivo chiave destinato a frenare i pericoli dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo.Ma una

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nuova serie di obiettivi aiuterà il mondo a passare da un pericoloso percorso business-as-usual a una strada di vero sviluppo sostenibile? Possono gli obiettivi Onu fare davvero la differenza? I risultati degli MDG sono forti e incoraggianti. Nel settembre 2000, l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato la “Dichiarazione del Millennio”, che includeva gli MDG. Quegli otto obiettivi sono diventati il fulcro delle iniziative per lo sviluppo destinate ai Paesi poveri del mondo. Hanno fatto davvero la differenza? La risposta sembra essere sì. C’è stato un marcato progresso sul fronte della riduzione della povertà, del controllo delle malattie e di un maggiore accesso alla scolarizzazione e alle infrastrutture nei Paesi più poveri del mondo, soprattutto in Africa, grazie agli MDG. Gli


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obiettivi globali hanno contribuito a galvanizzare un impegno globale. Come ci sono riusciti? Perché contano gli obiettivi? Nessuno ha parlato del successo basato sugli obiettivi meglio di quanto abbia fatto John F. Kennedy 50 anni fa. In uno dei più importanti discorsi della moderna presidenza americana, pronunciato nel giugno 1963, Kennedy disse: “Se definiamo il nostro obiettivo in modo più chiaro, rendendolo più praticabile e meno remoto, possiamo aiutare i popoli del mondo a scorgerlo, a trarne speranza e muoverci inesorabilmente verso di esso”. Definire gli obiettivi è importante per molte ragioni. Innanzitutto, sono fondamentali per la mobilitazione sociale. Il mondo deve orientarsi verso una direzione per combattere la povertà o aiutare a raggiungere lo sviluppo sostenibile, ma è molto difficile nel nostro mondo rumoroso, disparato, diviso, affollato, congestionato, distratto e spesso sovraccaricato per intraprendere un impegno coerente teso a raggiungere qualsiasi dei nostri obiettivi comuni. Adottare gli obiettivi globali aiuta gli individui, le organizzazioni e i governi di tutto il mondo a stabilire la giusta direzione – ossia a focalizzarsi su ciò che conta davvero per il nostro futuro. Una seconda funzione degli obiettivi è creare una pressione tra pari. Con l’adozione degli MDG, ai leader politici sono state poste domande a livello pubblico e privato sulle azioni intraprese per porre fine alla povertà estrema. La terza ragione per cui gli obiettivi contano è stimolare le comunità epistemiche (reti di professionisti di provata esperienza e competenza) all’azione circa le sfide

sullo sviluppo sostenibile. Quando vengono fissati degli obiettivi ambiziosi, queste comunità si riuniscono per suggerire percorsi pratici per ottenere risultati. Infine, gli obiettivi mobilitano le reti di stakeholder. I leader delle varie comunità, i politici, i ministri di governo, la comunità scientifica, le principali organizzazioni non-governative, i gruppi religiosi, le organizzazioni internazionali, gli organismi donatori e le fondazioni sono tutti motivati a lavorare insieme per uno scopo comune. Questo tipo di processo che coinvolge molteplici stakeholder è fondamentale per affrontare le sfide complesse dello sviluppo sostenibile e la lotta contro povertà, fame e malattia. Kennedy stesso ha mostrato la leadership attraverso l’impostazione degli obiettivi cinquant’anni fa quando cercava la pace con l’Unione Sovietica al culmine della Guerra Fredda. In una serie di discorsi a partire dal famoso discorso inaugurale all’Università americana di Washington, DC, Kennedy costruì una campagna per la pace su una combinazione di visione e azione pragmatica, focalizzandosi su un trattato per mettere fine ai test nucleari. Esattamente sette settimane dopo il discorso sulla pace, gli americani e i sovietici hanno siglato il Trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari (Limited test ban treaty), un accordo storico per rallentare la corsa alle armi della Guerra Fredda che sarebbe stato impensabile solo mesi prima. Pur non avendo messo fine alla Guerra Fredda, il Trattato ha certamente dato prova del fatto che i negoziati e gli accordi fossero possibili e ha posto le basi per

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i patti futuri. Ma non vi è nulla di inevitabile nel raggiungere risultati su vasta scala dopo aver fissato uno o più obiettivi. Fissare gli obiettivi rappresenta solamente il primo passaggio nell’implementazione di un piano di azione. Un buon disegno politico, finanziamenti adeguati e nuovi istituzioni atte a sovrintenderne l’attuazione devono seguire alla definizione degli obiettivi. I risultati poi devono essere misurati, e le strategie devono essere riviste e adattate in una continua spirale di feedback politici, tutto con le pressioni e le motivazioni di chiari obiettivi e scadenze. Esattamente come il mondo ha fatto grandi passi avanti con gli MDG, ora possiamo trovare la nostra strada verso il raggiungimento degli SDG. Malgrado il cinismo, la confusione e le politiche

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ostruzionistiche che accompagnano le iniziative per combattere la povertà, la disuguaglianza e il degrado ambientale, una svolta è possibile. Forse le maggiori potenze del mondo sembrano incoscienti, ma le cose possono cambiare. Contano le idee. Che possono incidere sulla politica pubblica più profondamente e rapidamente di quanto possano immaginare i detrattori. Nel suo discorso finale alle Nazioni Unite nel settembre 1963, Kennedy descrisse il processo contemporaneo di pace citando Archimede, che “nello spiegare i principi della leva, si dice avesse dichiarato agli amici: ‘Datemi un posto dove stare – e muoverò il mondo“. Cinquant’anni dopo, tocca alla nostra generazione muovere il mondo verso lo sviluppo sostenibile.



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L’UGUAGLIANZA

DI GENERE E IL FUTURO DELLA TERRA La posizione di Mary Robinson, Christiana Figueres e Amina Mohammed

Amina Mohammed

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EW YORK – Venti anni fa, l’adozione da parte di 189 governi della dichiarazione e della Piattaforma d’azione di Pechino ha segnato un punto di svolta nella storia dei diritti delle donne. Questo progetto progressista resta una potente fonte di ispirazione nello sforzo di realizzare le pari opportunità per le donne e le ragazze. Ma mentre sono stati compiuti molti progressi nei decenni successivi, molto resta da fare per garantire che a donne e bambini siano garantiti una vita sana, istruzione, e una piena inclusione sociale. Sono solo 42 i paesi in cui le donne detengono più del 30% dei seggi nella legislatura nazionale , e le ragazze ancora non hanno le stesse opportunità di istruzione dei ragazzi in Africa sub-sahariana, Oceania e Asia occidentale. La parità di genere non è qualcosa che sta a cuore solamente a metà della popolazione mondiale; si tratta di un diritto umano, una preoccupazione per tutti noi, perché nessuna società può svilupparsi – dal punto di vista economico, politico o sociale - quando la metà della sua popolazione è emarginata. Non si deve

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lasciare alle spalle nessuno. Questo è un anno di azione globale. I governi dovranno adottare una nuova serie di obiettivi di sviluppo sostenibile, lavoreranno insieme per elaborare un accordo significativo sul clima, e predisporranno un quadro per fornire le risorse finanziarie necessarie ad elaborare un’agenda globale di sviluppo sostenibile. I partecipanti farebbero bene a ricordare che uno sviluppo sostenibile e inclusivo può essere realizzato solo quando tutti i diritti umani - tra cui la parità di genere - sono protetti, rispettati, e soddisfatti. Noi tre – ciascuno proveniente da un continente diverso - sosteniamo questi processi internazionali. Condividiamo una motivazione comune per il nostro lavoro: proteggere il pianeta per i nostri figli e nipoti, e garantire lo sviluppo di un mondo in cui tutte le persone - indipendentemente dal loro sesso, razza, religione, età, disabilità, o orientamento sessuale - abbiano pari opportunità per realizzare le loro aspirazioni. È fondamentale che continuiamo a coinvolgere attivamente uomini e ragazzi nella lotta contro la


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discriminazione di genere e la violenza. Abbiamo l’opportunità di garantire un futuro migliore e di allevare una nuova generazione di ragazze e ragazzi che rispettano l’un l’altro e lavorano insieme per proteggere i diritti di tutti. Le implicazioni di non garantire alle ragazze pari diritti di espressione, pari scelte e pari opportunità, influenzano non solo le loro vite, ma il futuro del pianeta. Gli sforzi per promuovere uno sviluppo sostenibile inclusivo e combattere i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati. Se abbiamo a cuore lo sviluppo, dobbiamo preoccuparci delle conseguenze che le nostre emissioni di gas serra stanno avendo in tutto il mondo. E se non si interviene con urgenza, ci saranno danni irrimediabili ai sistemi naturali da cui dipende la vita. Questa non è una minaccia che possiamo mettere da parte fino a quando abbiamo sradicato la povertà nel mondo. Né è un problema che possiamo lasciare affrontare alle generazioni future. Lasciato incontrollato, il cambiamento climatico - insieme ad altri modelli non sostenibili di sviluppo - potrebbe spazzare via le conquiste degli ultimi decenni. Tutti i paesi - sviluppati e in via di sviluppo - hanno un ruolo da svolgere nel garantire un mondo stabile per i nostri figli. Le donne sono tra i soggetti più vulnerabili agli impatti delle pratiche non sostenibili e del cambiamento climatico, perché spesso non hanno redditi indipendenti o diritti di proprietà sulla terra. In molti paesi, le donne sono responsabili per la fornitura di acqua e cibo per le loro famiglie. E quando le fonti abituali di que-

ste risorse sono interrotte, le donne sono costrette a viaggiare più lontano e trascorrere più tempo a lavorare per rendimenti più bassi. La scarsità di risorse fondamentali impone loro di fare scelte difficili, come ritirare i bambini dalla scuola o decidere quale membro della famiglia può permettersi di saltare un pasto. In molte case di tutto il mondo, le donne sono al centro dell’approvvigionamento di acqua, cibo ed energia della casae quindi spesso conoscono in maniera diretta le sfide e le possibili soluzioni in questi ambiti. Nelle nostre conversazioni con le donne di tutto il mondo, abbiamo sentito parlare delle loro lotte, ma anche delle loro idee, molti delle quali, se applicate, potrebbero facilitare il cambiamento. Le donne sono i sostenitori più convincenti delle soluzioni di cui hanno bisogno e dovrebbero quindi essere in prima linea nel processo decisionale in materia di sviluppo sostenibile e di mitigazione dei cambiamenti climatici. Nelle prossime settimane, durante la 59 ° sessione della Commissione sulla condizione della donna a New York, la comunità internazionale farà il punto dei progressi compiuti verso il raggiungimento di quello che è stato promesso 20 anni fa a Pechino e valuterà dove maggiori sforzi sono necessari. Quest’anno sarà cruciale. Con la conferenza per il finanziamento dello sviluppo a luglio, il vertice speciale sugli obiettivi di sviluppo sostenibili a settembre, e la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite a dicembre, abbiamo l’opportunità di integrare pienamente la parità di genere e l’emancipazione delle donne nel tentativo di promuovere lo sviluppo sostenibile e combattere il cambiamento climatico. Noi tre ci svegliamo ogni mattina pensando a come fare accadere tutto ciò. Ognuno dovrebbe fare lo stesso. Chiediamo a tutte le donne e gli uomini di unirsi a noi nel fare sentire forte la loro voce e nel cogliere quest’opportunità per un futuro giusto ed equo per tutti.

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approfondimenti

L’ECONOMIA A TEATRO Tre esempi di comunicazione alternativa della crisi Alessia Liparoti

Il 2014 è stato l’anno di Thomas Piketty, l’economista francese autore di un saggio di oltre 900 pagine dal titolo Capitale nel XXI secolo. Un testo che è diventato, nonostante la mole e l’argomento tecnico, un bestseller. “Fra la cronaca e il Per avvalorare la sua teatro c’è la stessa tesi (l’aumento delle didifferenza che fra seguaglianze sociali e il un’agenda e un diario” ritorno ad una società basata più sul patrimonio che sul reddito) Piketty non si è avvalso solo delle statistiche, ma della narrativa. Nell’indice dei nomi, Balzac e Jane Austen risultano i più citati, più di Marx. Tuttavia il professore francese ha imputato alla lette-

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ratura contemporanea di aver abdicato al ruolo di specchio della società, denaro compreso. Un ruolo e un’eredità che un’altra arte, la più antica e forse quella apparentemente più lontana dalla “scienza triste” ha fatto propri: il teatro. Drammaturghi e registi italiani, ma anche addetti ai lavori come giornalisti e gestori di istituti finanziari, sono stati affascinati dalla possibilità di trasformare in racconto e dialogo le dinamiche macro e micro-economiche. Il tutto mossi dalla volontà di fornire nuove chiavi di lettura alla crisi finanziaria scoppiata nel 2008 e che ancora fa sentire i propri pesanti strascichi. Attraverso una comunicazione immediata, che va oltre il resoconto tecnico, hanno trovato in linguaggi più accattivanti, dalle canzoni dei Beatles ai monologhi di volti noti


approfondimenti

dello spettacolo, una via inedita affinché i risvolti dell’andamento dei mercati e degli indici borsistici, possano essere compresi e fatti propri da un vasto pubblico, desideroso di acquisire maggiori strumenti per leggere la realtà. Ma perché proprio il teatro? Lo spiega bene il drammaturgo Stefano Massini, autore di Lehman Trilogy (Einaudi, 2014) la pièce sull’epopea dei fratelli che fondarono l’omonima banca dal cui crack è scaturita l’attuale crisi. Una pièce che entrerà nella storia per essere stata l’ultima messa in scena dell’innovatore del teatro italiano (che di economia si era già occupato nel 2006 con Lo specchio del diavolo), il regista recentemente scomparso, Luca Ronconi.«Fra la cronaca e il teatro c’è la stessa differenza che fra un’agenda e un diario: tutti e due parlano dell’oggi, ma solo il secondo organizza i fatti in un sistema complesso» dichiara Massini in un’intervista contenuta nel libretto dello spettacolo. E ancora: «La mia è una biopsia della Storia: il teatro è il luogo preposto a notomizzare i fatti, verificare le ragioni dei collassi e dei processi degenerativi. Quindi una forma di critica storica, condivisa». La condivisione di uno spazio, di un tempo, di uno spostamento, di una fruizione attiva e partecipe rappresentano l’unicum dell’esperienza teatrale. Così attraverso le tre generazioni dei Lehman vengono tracciate le diverse fasi di ascesa, apoteosi e crollo dell’impero

dei consumi, una sorta di neo-mistica, di cui però si delinea anche il crepuscolo, ma senza condanne ex post. «In un’epoca sempre più interattiva, il teatro di domani potrà avere molto da dire proprio per la sua connaturata opposizione alla passività». Parole di Ronconi, tratte dalla prefazione al testo di Massini, che hanno la forza di un testamento. Il tutto esaurito dello spettacolo, in scena tra febbraio e marzo e di nuovo a maggio 2015 al Piccolo Teatro di Milano, testimonia che l’esperimento funziona e attrae il pubblico. Di tutt’altra natura, ma sempre dal riscontro positivo, l’esperienza del giornalista economico, corrispondente da New York della Repubblica, Federico Rampini. Con All you need is love. L’economia spiegata con le canzoni dei Beatles (Mondadori, 2014) ha individuato, da fan dei Fab Four, una via fortemente “pop” e innovativa per affrontare i nodi cruciali del nostro tempo. D’altronde lo stesso fondatore della Apple, Steve Jobs, alla domanda: “Qual è il suo modello di business?” rispose: “I Beatles”. Così Taxman prefigura le rivolte fiscali, Stawberry Fields Forever rimanda al ruolo delle “eco-star” e ai loro “misunderstanding” mentre Eleanor Rigby evoca la nuova povertà. Saggio poi trasposto a teatro, dove le canzoni di Lennon e McCartney trovano la loro voce, con questo testo Rampini afferma di voler innanzitutto «ricostruire una speranza». «Se la Grande

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Depressione degli anni Trenta seppe generare un “pensiero forte” per risolvere quella crisi, cioè la dottrina (allora rivoluzionaria) di Keynes, anche la crisi attuale invoca idee e terapie altrettanto innovative. Ma per rigenerare l’analisi economica e ridefinirne priorità e obiettivi, sono indispensabili quella fantasia e quella creatività che affascinarono anche Steve Jobs. Utilizzare come colonna sonora le canzoni dei Beatles, il loro linguaggio semplice, divertente, provocatorio, può essere il primo passo per seppellire ogni pregiudizio contro la “scienza triste”. E per riprenderci l’economia dalle mani di chi l’ha sequestrata» scrive il giornalista. Tra i «sequestratori» ci sono stati indubbiamente degli operatori finanziari. Tuttavia, accanto a loro c’è chi nella finanza vuole scrollarsi di dosso l’immagine di «bestia nera». E per favorire una maggiore consapevolezza dell’uso dei propri soldi da parte dei risparmiatori, si è avvalso del linguaggio dello storytelling e del teatro. Si tratta di AcomeA, società di gestione del risparmio che nel 2014 ha avviato un ciclo di incontri in collaborazione con il Teatro Franco Parenti di Milano. «La verità, vi prego, sul denaro. Tutto quello che avreste voluto sapere, ma che non hanno mai voluto spiegarvi». Questo il titolo degli appuntamenti che da marzo a giugno e poi da

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ottobre a febbraio di quest’anno hanno visto alternarsi sul palcoscenico attori come Fabrizio Gifuni, Alessandro Haber, Gioele Dix e Anna Bonaiuto ed economisti come Marco Onado, Giovanni Vecchi e Michele Boldrin. Introduzione dell’argomento, performance dell’artista e dibattito con gli esperti: questo lo schema degli incontri. «Grazie ad un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo originale e ad una formula che combina informazione e spettacolarità, riflessione e divertimento, divulgazione e recitazione, tutti possono portarsi a casa una serie di pillole di finanza ed economia, per uso quotidiano, e suggerimenti utili in termini di comportamenti e approccio ai temi finanziari» ha commentato Alberto Foà, Presidente di AcomeA.Dal successo di queste diverse declinazioni del mezzo teatrale per rendere la materia economica meno ostica, si evince l’urgenza da parte di cittadini e addetti ai lavori di affiancare alla comunicazione classica, il racconto dal vivo, la necessità di incontro e di partecipazione condivisa. Perché, come sosteneva Ronconi, il teatro è il luogo per antonomasia che rifugge la passività e l’attuale crisi ha insegnato a tutti una cosa: mai più subire passivamente gli eventi, ma essere attori, agenti attivi in grado di elaborare proposte e idee alternative per costruire il futuro.


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