Lo spirito di servizio nella pubblica amministrazione

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Un saggio di

Giglio Reduzzi

Lo Spirito di Servizio nella Pubblica Amministrazione PerchÊ in Italia è merce rara


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Giglio Reduzzi

Lo

Spirito di Servizio nella Pubblica Amministrazione: Perché in Italia è merce rara

Edizioni Youcanprint


P

er mia.... fortuna?.... sfortuna?, diciamo ventura, il lavoro mi ha portato a girare il mondo in lungo ed in

largo. Quando tornavo dall’Africa ero contento di essere italiano. Quando tornavo dal Nord America molto meno. Il fatto è che io, in quei Paesi, ci andavo per lavoro. Ci fossi andato per turismo avrei tratto impressioni diverse. Anzi, certamente Malindi, con il suo cielo azzurro e mare caldo, mi sarebbe piaciuta più di Milwakee. Invece ci andavo per lavoro. Tra l’altro un lavoro che mi poneva in stretto contatto con le pubbliche amministrazioni di quei Paesi,

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che è proprio dove, a mio avviso, si annida la maggiore differenza tra le due realtà. E l’Italia? Purtroppo l’Italia, in fatto di pubblica amministrazione, è a metà strada. Forse più vicina ai paesi del terzo mondo che a quelli del primo. Ciò che fa la differenza, a mio avviso, è lo spirito di servizio. Che in Italia è quasi totalmente assente. Non a caso, da noi, l’impiegato pubblico rifiuta con sdegno di essere chiamato “public servant”. Io servo? Io sono un vigile urbano e posso darti tutte le multe che voglio!

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Io sono un autista di autobus e mi fermo dove e quando voglio. Apro una parentesi. Quanti di noi genovesi hanno visto un autobus cittadino effettuare la fermata negli spazi ad esso riservati? Molto pochi, immagino. Infatti la maggior parte degli autobus si ferma in mezzo alla strada, costringendo ad inutili soste le auto che stanno dietro. Un giorno, esasperato, volevo inviare una lettera di protesta al Direttore Generale dell’azienda competente (che a Genova si chiama AMT), ma poi ho pensato che certamente il predetto signore “non poteva non sapere� e che pertanto la mia lettera sarebbe

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stata una inutile perdita di tempo. Come pestare l’acqua nel mortaio. Quindi non ne ho fatto niente. Ma c’è di più. Il di più è che, qui a Genova (altrove non lo so), l’AMT è autorizzata ad elevare contravvenzioni agli automobilisti indisciplinati. Cioè, in pratica, agli automobilisti che osano entrare negli spazi riservati all’AMT, ma che questa regolarmente ignora. Siamo veramente alle “comiche finali”, come direbbe il Presidente della Camera. E qui vorrei chiudere la parentesi, ma non prima di aver fatto osservare come l’attribuzione ai dipendenti AMT della facoltà di elevare contravvenzioni contribui-

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sca in misura notevole a far sentire importanti persone che invece dovrebbero essere educate al rispetto delle regole ed allo spirito di servizio. Fin qui ho parlato solo di vigili urbani ed autisti di autobus, ma l’elenco delle persone prive di spirito di servizio, purtroppo, è lunghissimo. Mai entrato in Posta? Dopo che hai fatto la fila per mezz’ora, ti dicono che sei in quella sbagliata e, quando finalmente è il tuo turno, l’impiegata va a prendere il caffè e ricompare dopo un quarto d’ora.

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Qualche giorno fa, al controllo passaporti dell’aeroporto della Malpensa (sì, quello scalo costruito lontano da tutto che chiamano aeroporto di Milano), osai disturbare il poliziotto che era intento a giocare con il suo computer, allungandogli il mio passaporto. Mi chiese (con accento rivelatore di lontana provenienza) dove ero diretto. Prima di rispondergli, visto che non alzava gli occhi dal PC, gli domandai se stesse parlando a me. Mi rispose : “Certo, se no a chi?”. Che carino! L’ente previdenziale, dopo molti anni che sei in pensione, ti scrive dicendo che hanno sbagliato tutti i conti, che in realtà tu hai un

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debito con loro di cinquecento euro e che questi soldi ti saranno trattenuti nei successivi due mesi. (Sic!) Per evitare di fare la fila allo sportello, scrivi un’e-mail per chiedere spiegazioni. Dopo tre giorni ti arriva, non la risposta che aspettavi, ma un messaggio (evidentemente spedito in automatico) in cui si dice che la tua domanda è stata recepita ed inoltrata all’ufficio competente. Ai successivi solleciti viene data la stessa risposta interlocutoria. Dopo due mesi arriva, per lettera, sì per lettera, la risposta.

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