il quotidiano della calabria

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Il centenario Il 19 ottobre 1909 moriva Cesare Lombroso Intervista a Luigi Guarnieri, autore di una sua biografia

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di ROMANO PITARO

hiudeva gli occhi il 19 ottobre del 1909 (ricorre il 19 ottobre un secolo dalla sua morte) uno strano tipo di scienziato che ha influenzato il suo tempo: Cesare Lombroso. E che in Calabria, per dimostrare le sue stravaganti tesi, andava a caccia, assieme ai soldati che li fucilavano senza tante cerimonie, di briganti. Per comprendere meglio il peso che lo scienziato ebbe e il suo rapporto con la Calabria, torna utile una biografia di successo (Bur Rizzoli 2007) sulla “scriteriata” vita dello psichiatra veronese che voleva fissare scientificamente i caratteri del cosiddetto “tipo criminale, pazzo, mattoide e geniale”, traendone conclusioni eccentriche e infondate. Chi la sigla è un calabrese che vive da tempo a Roma, Luigi Guarnieri, autore di alcuni romanzi tradotti nei principali paesi europei (Tenebre sul Congo, La sposa ebrea, La doppia vita di Vermeer). Biografia tra il saggio e il romanzo. Avanti e indietro, per biblioteche e musei criminali, per mettere a fuoco le gesta di uno “stupido geniale”. Per sette anni. Alla ricerca forsennata delle gesta di un alienista famoso quale fu Cesare Lombroso. Uno degli autori più tradotti all’estero, una personalità italiana tra le più celebri nel mondo (insieme a D’Annunzio, Caruso, Marconi), nella seconda parte del secolo lungo, l'Ottocento, ed all’inizio di quello breve, il Novecento. Scienziato, fondatore dell'antropologia criminale, lo psichiatra veronese era uno che, quando si occupava di delinquenti incalliti, non ricercava le scorie del dissolto patto tra il reo o la società. Imbevuto di positivismo, fiducioso nel dio progresso, ma fondamentalmente romantico, questo studioso dell'uomo delinquente, ricercava nel criminale e nel pazzo, non la molla della miseria da cui originava la disperata violenza del reietto. Piuttosto la fossetta occipitale mediana, il carnivoro ancestrale che Lombroso era sicuro d’intravedere nel fondale di quegli esseri perduti. Per anni Guarnieri ha inseguito il fantasma dell’autore del Trattato antropologico sperimentale dell’Uomo delinquente (1876, il volume destinato a far conoscere lo psichiatra in tutto ilglobo e che comprendel’esame somatico completo di 832 delinquenti italiani e di 46 crani, oltre ad una targa raccolta d’aneddoti in cui si stabilisce la psicologia del delinquente, la sua morale, la sua intelligenza, i suoi costumi, il suo gergo ed una serie d’osservazioni per provare l’importanza che nell’eziologica del delitto hanno l’eredità, la razza, la religione, l’alcolismo). Lo insegue dappertutto. Esattamente come Lombroso aveva fatto con assassini seriali, briganti, anarchici, regicidi, mostri, grafomani. matti furiosi e spiritisti. Alla fine è sbocciata una biografia sulla “scriteriata vita di Lombroso” pubblicata prima da Mondadori e successivamente da Rizzoli. Un’impagabile immersione, siamo nell’ultimo scorcio di un secolo contraddittorio e all’albeggiare del Novecento carico di drammatiche illusioni, nella vita di uno studioso che ha sfidato conformismi e pigrizie intellettuali e che di sé diceva «La mia vera passione è di nuocere ai miei interessi». “Attanagliato da una sete morbosa di sapere”, esattamente come lo psichiatra veneto, anche Guarnieri scrittore nato a Catanzaro 47 anni fa, ripercorre tutte le tappe importanti della vita del visionario e bizzarro scienziato. Che, nel suo libro più importante, per descrivere l’uomo reprobo, così favoleggia: «I più fra i delinquenti nati hannoorecchi ad ansa,capelli abbondan-

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ti, scarsa la barba, seni frontali spiccati, mandibola enorme, mento quadro o sporgente, zigomi allargati, gesticolazione frequente…». Ma proprio quando il verso di Lombroso rischia di farsi serioso, è lo stesso Guarnieri ad irriderlo. Quasi a dire «Suvvia, è vero che ha scritto quelle cose, ma non bisogna prenderlo sulserio,sonoaltri gliaspetticherendonoavvincente». Ma se lei lo considera il “peggiore scien-

ziato del mondo”, perché una biografia su Lombroso? Non sarà che anche lei considera i meridionali una razza di delinquenti incalliti? «No, innanzitutto la definizione di peggiore scienziato non è mia. D’altronde, non è stato lo scienziato più credibile. Per quanto riguarda i meridionali, beh, Lombroso non li considerava delinquenti incalliti. Ha preso parte alle campagne contro il brigantaggio nell'Italia

meridionale da cui ha tratto un libro in cui si sofferma molto sull'igiene delle Calabrie… In realtà, semmai, Lombroso era un democratico, non ha fatto mai nessun tipo di favoritismo nei confronti del crimine. Per lui i criminali appartenevano a qualsiasi regione, ha fatto studi su qualsiasi tipo di criminale da qualsiasi regione provenisse». Ma perché l’opinione pubblica dovrebbe ancora appassionarsi aduno scienziato che accostava la genialità alla pazzia, uno per cui l’equazione di base era genio, uguale a malattia. Uno che basa la tesi fondamentale del suo Genio e Follia sull’idea che il genio come il folle è una delle forme teratologiche della mente umana? «Secondo me la tesi sta alla, base di Genio e Follia, che e una gigantesca indagine sulla criminalità e sulla devianza, è modernissima: l’incontro tra genio e follia. In realtà l’equazione che egli ha stabilito è modernissima, perché sta alla base di tutta la letteratura del ‘900 in cui il genio è sempre malato. Lombroso ha creato con questo libro, tra l’altro un libro fortunatissimo che ebbe decine di edizioni, la figura dell’artista moderno. Nel ‘900 l'artista per definizione è sofferente. Spesso è anche psichicamente emarginato, ai margini della società e con gravi problemi psicologici. Più in generale io ho trovato la sua vita esemplare da un certo punto di vista, perché in realtà è la storia, in qualche modo, delle ambizioni, delle follie, dei fallimenti della scienza. Quindi una specie di avventura donchisciottesca, perciò lo considero un modello eterno, Lombroso è un uomo che ingaggia una battaglia gigantesca, anche spesso impopolare, sapendo che è destinata alla sconfitta e, nonostante tutto, la combatte in nome dei valori civili del progresso, anchese ilpiù dellevolte conrisultati addirittura controproducenti». Lei è calabrese, perché si è appassionato ad uno scrittore che quando prende parte ad una spedizione contro il brigantaggio scrive un volumetto intitolato “Tre mesi m Calabria” e descrive quelle terre così: «terre primitive, imo dell’igiene e della medicina, abitate da uomini incolti, rozzi, in parte greci, in parte albanesi fieri, ed indomiti, che vestono ancora alla foggia dell’Epiro, infestate di briganti che sembrano uscire dalle pagine de I misteri di Napoli di Mastriani»? «In parte questo è anche il fascino dell’uomo. Lombroso è affascinante perché in lui c’è tutto. E stato un uomo che ha avuto dei lampi di genio impareggiabili, ma anche delle cadute in cui si sono mescolati il genio e il cretino. Quindi, come lui stesso aveva teorizzato, la compresenza nell'uomo di pulsioni diverse, così in lui stesso convivevano il genio e il sublime e anche il cretino, cioè un uomo capace di idiozie. Il suo è un caso che rievoca quello del dr. Jekyll e mr. Hyde, Lombroso ed il suo doppio in sostanza: da una parte lo scienziato folle che tentava di dimostrate teorie folli e dall’altra un uomo anticonformista e ribelle che sfidò, spesso con esiti disastrosi, il senso comune. Questo è molto affascinante anche da un punto di vista narrativo, perché anche le castronerie più incredibili dette e collezionate da Lombroso risultano essere interessanti dal punto di vista romanzesco; basti pensare, per esempio, a tutte le biografie di criminali che ha scritto e che sono piene di teorie che oggi sono superate, però sono interessantissime dal punto di vista del narrativo- romanzesco». L’idea centrale, quando si pensa Lombro-

Coppia lesbica, 1915; pagina sinistra altri visi oggetto di studio di Lombroso nel suo trattato “L’uomo criminale”, nel riquadro in alto un’immagine di Cesare Lombroso

so, è che egli ritenesse il delinquente un pazzo atavico che riproduce gli istinti del nostri proavi. Quanto c’è di falso in questa rappresentazione? «Beh, naturalmente, è falso. Nel senso che si tratta di una teoria che va collocata dal punto divista storico.Leteorielombrosiane sonoun prodotto della cultura dell’epoca e quindi del positivismo che, nel tentativo di costruire un controllo sociale funzionante, aveva bisogno di organizzare delle vere e proprie griglie in cui incasellare la criminalità. Naturalmente è un tentativo destinato a fallire. Perché non è possibilestabilire,in terminiscientifici,incosa consista realmente la criminalità, così come la follia». Che cos’è esattamente la famigerata fossetta occipitale mediana che Lombroso riteneva di avere scoperto facendo a pezzetti il cranio del brigante Vilella? «È una cosa che non esiste. E un’anomalia, sarebbero quelle che venivano, definite dal positivismo stimmate dermatologiche. Ritenevano che il delinquente, o il pazzo, avessero dei segni fisici che li distinguessero dai cosiddetti normali. Naturalmente siamo in presenza di una teoria molto difficile da dimostrare che, secondo i detrattori di Lombroso, sarebbe stata utile solo ai giudici istruttori: bastava vedere in faccia uno e riconoscerne i tratti delinquenziali, se li aveva poteva essere immediatamente arrestato. La fossetta occipitale mediana non è mai esistita, Lombroso ha creduto di scoprirla nel cranio di Vilella e poi di altri criminali, per esempio anche nel caso Verzeni, cheè unaltrodi cuisi parlanellibro. Luicercò disperatamente di trovarla. Ma non la trovò. Perché in realtà esisteva solo nella sua mente. Era il suo disperato tentativo di trovare una prova alle sue teorie che non poteva esistere. Ma all’epoca per Lombroso i desideri, evidentemente, avevano più corpo della realtà». In Calabria, fra il 1861 e il 1862 vengono fucilati 124 briganti; 134 muoiono negli scontri armati ed oltre mille si consegnano alle autorità. Lombroso si occupa più che altro di prendere appunti e stilare suggerimenti per attuare una “radicale riforma fondiaria e migliorare le spaventose condizioni igieniche” dei villaggi. Partecipa all’assedio ed all’incendio di Cotronei. Lei e Uno studioso, ma anche un calabrese, qual è la molla che l’ha spinta ad occuparsi di questo vituperato enciclopedista del crimine? «Sono stato attratto dalla sua figura che trovo affascinantissima.Non sapreispiegare razionalmente, l’ho anche scritto, cosa mi abbia spinto. D'altra parte è come chiedersi se la vita abbia un senso, mentre siamo sulla terra per i capricci di una legge imperscrutabile. Le passioni intellettuali a volte, sono come certi ricordi negli incubi, delle ossessioni di cui ci si affranca scrivendone. La vita di Lombroso, drammatica e, allo stesso tempo, ridicola ha esercitato su di me un fascino allucinatorio. E la vita più paradossale in cui mi sia imbattuto.. Di qualsiasi cosa si sia occupato Lombroso, in qualche maniera, è riuscito a renderla appassionante. Perché, in realtà, il tratto più caratteristico di Lombroso, è proprio la passione smisurata per la scienza che lo ha portato a non indietreggiare di fronte a nulla. Lombroso si è occupato di tutto, degli argomenti più dispa-

Un folle e geniale visionario Scienziato fallito ma discreto scrittore fu autore anche di un volumetto intitolato “Tre mesi in Calabria” rati come appunto dei criminali. Ha scritto sulle ginocchia dei criminali, sulle gobbe dei facchini, diciamo che ha tentato di occuparsi dell’intero scibile umano, per trovare soluzione ai problemi fondamentali della società che sonoappunto lacriminalità,la pazzia,problemi che non hanno mai trovato soluzione». Nel 1871 Lombroso scoperchia il cranio del brigante Vilella, «un tristissimo uomo di anni 69, contadino di Simèri Crichi, circondario di Catanzaro, condannato tre volte per furto e, in ultimo, per un incendio ad un mulino, ipocrita, astuto, taciturno. Lei scrive che fin quando Lombroso non riesce a mettere le mani sul prezioso cranio del defunto, il giovane scienziato ha trascorso notti insonni, agitate. Qual è l’occasione ghiotta che non vuoleperdersi? «Quello che dicevo prima: scoprire la chiave di volta della criminalità. Lui si è convinto che, se scoprirà realmente l’esistenza di questa fossetta occipitale mediana, darà la dimostrazione al mondo della natura del criminale». Alla luce di quanto poi è accaduto evisto cheLombroso

sognava di scrivere drammi e novelle, non sarebbe stato meglio che si dedicasse alla scrittura? «Secondo me, in realtà, Lombroso si è dedicato alla scrittura, perché in fondo, per paradossale che possa sembrare, Lombroso è uno scrittore. Anche se è uno scrittore che non sa scrivere benissimo, però se uno legge le sue opere, la cosa che resta di lui è questa sua grande capacità narrativa. Mentre le sue teorie scientifiche ovviamente si sono rivelate caduche. Se uno legge Genio e follia, legge tutta que-

Monumento a Lombroso a Verona

sta serie di ritratti umani che sono deliziosi, cioè sembrano scritti a posteriori, a me ricorda Borges, a volte Baudelaire…» Scrittore fallito o “geniale cretino”? «Secondo me è uno scienziato fallito, senz’altro; come scrittore non è poi così disprezzabile. Io lo considero più grande come scrittore che come scienziato». C’è un’attualità di Lombroso? «Da un punto di vista scientifico, ce n’è poca, anche se più di quanto possa sembrare, perché in America, per esempio, sono praticate alcune teorie fisiognomiche da parte della polizia. Scientificamente ritengo che Lombroso di attuale abbia poco. Quello che c’è di attuale è la passione per la scienza e l’attitudine a investigare. Quest’attitudine è attualissima, è il motore della scienza che porta l’umanità a progredire. La parte che può essere ancora attuale di Lombroso, è quella che riguarda il diritto penale e quindi l’antropologia criminale, la vita nei manicomi. Oggi Lombroso appare retrivo, come lo è tutta la fisiognomica, però all’epoca Lombroso era all’avanguardia per tutta la questione delle carceri, dei manicomi, del diritto penale. Lui èstato il primo a cercato di far riformare i manicomi. Da questo punto di vista, era un progressista. Anzi, all’epoca era visto come una specie di personaggio pericoloso che voleva scardinare l’ordine sociale, perché voleva togliere i pazzi dalla prigione. Purtroppo succede quasi sempre così: quello che Lombroso ha fatto di buono è stato dimenticato, perso per strada, il peggio che ha fatto lo ha reso poi famoso. È questo è anche uno dei motivi per cui ho voluto fare il libro, è il motivo di fondo».

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GENIO O UN CRETINO?

Scavando nel cranio dei briganti Cercava la fossetta mediana occipitale Una cosa che non esiste in realtà Pensò invece di averla trovata nel cervello del calabrese Vilella un contadino di Simeri Crichi


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