N°12 Gennaio 2013

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Racconto di un’Italia a due velocità. di Laura Pergolizzi e Mario D'Apice

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"Io vado e non evado”. E la Tper? di Emilio Roberto Brucato e Salvo Ognibene

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Bicicletta Special di Beniamino Piscopo

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Diecieventicinque International: Ventun Gennaio Duemilatredici, ‘here we are’. di Diego Ottaviano

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Ph Salvo Ognibene

Racconto di un’Italia a due velocità.

di Laura Pergolizzi e Mario D'Apice

Stazione di Bologna, 20 dicembre. Tra un biglietto dell’ultima ora e le corse ai binari, gli annunci di ritardo e i saluti di partenze e arrivi, Laura e Mario, studenti fuori sede, si ritrovano per condividere il viaggio di rientro a casa per le vacanze natalizie. Hanno appuntamento al binario 3:il treno Av 9650 delle 7 e 19 diretto a Napoli è già pronto per partire. Mario per la prima volta prenderà questo treno perché le corse dell’Intercity che lo portava a Caserta sono state ridotte al minimo, Laura per la prima volta prenderà questo treno perché i treni notte per Messina sono stati ridotti e non c’era più posto. La Frecciarossa non sembra deluderli. Le porte sono automatiche, i sedili più che confortevoli, c’è tanto silenzio che sembra sia vietato parlare. La carrozza bar ristornante garantisce un’ottima pausa caffè, i video su youtube rendono meno noiose le ore di viaggio grazie al wifi gratuito, le donne festeggiano per i bagni puliti. Tutto è perfetto, e quasi ci si dimentica di aver speso praticamente il doppio: 80 euro contro i 41 del vecchio caro - senza sedili comodi e senza internet - Intercity. Dopo un saluto veloce a Santa Maria Novella e Roma Termini, come se il tempo non fosse passato i due arrivano alla Stazione di Napoli centrale. E’ qui che termina il viaggio di Mario il quale, soddisfatto di aver percorso quasi 600 km in sole 3 ore e venti saluta Laura, le augura buon Natale e un buon proseguimento. E’qui che Laura, dopo aver dato

un’occhiata al tabellone, si rende conto di avere un bel po’ di tempo per gli acquisti prima della sua coincidenza. Solo alle 13,55 l’Intercity 731 per Messina sarà pronto per partire. La valigia va fuori dallo scompartimento già pieno. In molti, rimasti senza posto assegnato, occupano i sedili del corridoio ed l’enorme carrello del servizio mini bar costringe tutti ad alzarsi ogni 15 minuti per poter passare. Persino il controllore si confonde nel chiedere a tutti i biglietti. Le signore più snob evitano la zona del bagno. Molti i disagi, attenuati dalla voglia di tornare a casa e dalla cordialità dei compagni di viaggio. Alle 18 e 30, tra un aneddoto e una piacevole lettura, ecco Villa San Giovanni, ed ecco le corse ai traghetti , lungo le scale ( non mobili) e lungo il percorso ad ostacoli della rampa in salita che porta i passeggeri sulla agognata nave traghetto che permetterà a Laura, finalmente, di tornare a casa. E’ qui che termina il suo viaggio, tra i 600 km in sole tre ore e venti a 80 euro e i 480 km in 5 ore e mezza a 50 euro. Questo è il racconto lungo i binari di un’Italia a due velocità. Veloci i paesaggi dai colli emiliani ai borghi toscani, velocissime la pianura laziale e le campagne campane. E poi lento l’Aspromonte con le sue a volte incerte ma infinite fermate; lenti, non tanto lo Stretto con i suoi soli 3 km, quanto le coste offese della trinacria.

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di Emilio Roberto Brucato e Salvo Ognibene “Io vado e non evado” è la campagna lanciata da Tper per combattere i “portoghesi” che non pagano il biglietto. Un biglietto dalla validità di 60 minuti ( dalle 6.30 alle 20.30, in notturna 70 minuti) per il circuito urbano di Bologna che costa 1,20 in edicola e 1,50 in autobus. Un’enormità. Ora però sembra che ad evadere fosse proprio chi doveva controllare .

Il progetto è stato approvato in fretta e furia, dando tempo ai consiglieri solo una settimana per leggere le carte e con i legittimi dubbi del collegio dei revisori dei conti: “non paiono emergere con chiarezza le valide ragioni economiche che dovrebbero essere alla base” che dichiara “impossibile esprimere un parere a causa della complessita' dell'operazione, dell’ampiezza della documentazione a fronte dell'esiguo tempo a disposizione e per la totale assenza di informazioni riguardo alle dinamiche economiche, patrimoniali e finanziarie.”

Le conseguenze non tardano ad arrivare, un anno dopo i lavoratori di Tper sono in agitazione da parecchi mesi e denunciano ritardi e mancanze nei pagamenti puntando la lente su i tagli al servizio a La fusione tra Atc spa e Fer srl (Tper spa) fronte dell’aumento del prezzo dei è stata approvata in consiglio comunale e biglietti. Problemi anche con gli straordinari che trasformano i turni in provinciale il 28 novembre 2011 mentre Andrea Colombo, l'assessore alla Mobilità gironi massacranti. E gli scioperi del Comune di Bologna, annunciava che continuano perché la Regione ha già annunciato ulteriori tagli e rincari. "Non ci sarà un nuovo aumento dei biglietti né un taglio alle linee autobus Insomma "Una delle più grandi aziende grazie a un coraggioso sforzo da parte intermodali nazionali", come disse un della Regione. Sono stati infatti confermati i fondi Tpl (trasporto pubblico anno fa l’assessore regionale ai trasporti Alfredo Peri, non sembra proprio un locale, ndr) anche per l'anno che verrà, grande esempio. nonostante i tagli.” La newco è partecipata da: Regione I tanto ventilati tagli alle spese si sono (46,1%) e dal Comune di Bologna concentrati sui lavoratori e permangono (30,1%), questo per quanto riguarda i ancora incarichi doppi nelle alte sfere così servizi, la rete ferroviaria è stata come denunciato dai sindacati. Così a scorporata e rimane a Fer. E’ controllata pagare di più sono gli utenti che oltre al per il 93% dalla Regione biglietto aumentato (da febbraio 2011 i Emilia-Romagna;

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prezzi del biglietto sono cresciuti moltissimo: da 1 euro si è passati a 1.20 in tabaccheria, addirittura 1.50 se il biglietto viene fatto a bordo) si sono visti irrigidire i controlli che sono stati affidati a un’azienda esterna. Esternalizzare ha un costo ma al problema finanziario si aggiunge anche un problema di coerenza. E’ stata definita una ridicola pagliacciata difatti, la campagna che ha inscenato l’azienda contro chi non paga il biglietto sui bus e forse, i sindacati, non hanno tutti i torti. La tendenza repressiva si manifestò anche ben prima della fusione, nel maggio 2011, quando per fare in modo che tutti pagassero i biglietti vennero sperimentati, su alcune linee, installando direttamente all'interno, i tornelli sull'autobus. Prequel della odierna campagna denominata “Io vado e non evado”. Dirigenti che salgono sul bus per educare i viaggiatori e 500 lavoratori costretti a fare altrettanto nelle ore straordinarie. (ribadire le norme di comportamento sui mezzi: salire e scendere dalle porte giuste, non urlare al cellulare, non prendere troppo spazio e far sedere chi è più debole). Così facendo l’azienda paragona i portoghesi agli evasori fiscali ma mai opera fu così nefasta. A novembre i bolognesi scoprono che un accertamento della Guardia di Finanza risalente al 2008 rivela che proprio l'Atc deve al Fisco 1,5 milioni di euro. L’Atc avrebbe male interpretato una disposizione della finanziaria 2006 con il risultato di farsi uno sconto. Il testo


autoreferenziale, oltre ai soliti sindacati spesso di base, sono presenti come sempre il comitato No People Mover e ultimamente anche il redivivo collettivo di Santa Insolvenza che fece parlare di sé l’anno scorso con la storica occupazione del cinema Arcobaleno in pieno centro. Santa Insolvenza ha manifestato negli scorsi giorni per difendere i meno abbienti che in un periodo di crisi non possono permettersi titoli di viaggio così costosi. Un portavoce del gruppo rivela che “Consultando i bilanci della società Tper, è venuto fuori che l‘incidenza delle entrate ricavate dalla vendita dei biglietti dell’autobus è solo il 35% del ricavato totale. I cosiddetti “evasori” sono solo l’8%. E allora, perché questo aumento dei prezzi? La verità è che, con il calo dei Proprio pochi giorni fa l’Agenzia delle Entrate ha stimato la richiesta all’Atc in 6 finanziamenti da parte dello Stato, i dirigenti rischiavano di vedere sgonfiati i milioni di euro fra Irap non versata e loro stipendi. Per mantenerli intatti, sanzioni per gli accertamenti che riguardano gli anni dal 2007 al 2010. Atc hanno optato allora per un rincaro dei è convinta di non dover pagare, ha chiesto prezzi a spese dei singoli utenti.” Hanno quindi partorito un’iniziativa: il progetto la sospensione amministrativa e ha fatto di una cassa comune “di resistenza”, con ricorso. Intanto la situazione bolognese fondi raccolti attraverso autofinanziadei trasporti si complica considerando mento e sottoscrizione. Le persone che la anche gli avvisi di garanzia che sono arrivati sempre a novembre all'ex sindaco sottoscrivono viaggeranno sull’autobus senza biglietto, e quando prenderanno la di Bologna, Flavio Del Bono, al multa avranno le spese coperte: sarà una presidente della Provincia, Beatrice Draghetti, e il suo vice, Giacomo Venturi sorta di assicurazione per chi viene multato. La contro-campagna si chiama per il caso People Mover. E ricordando anche la vicenda del Civis si può ben dire “Tper…tutt@” che in fatto di trasporti a Bologna gli Questa volta la moralizzazione amministratori sono stati ben poco dell’azienda Tper non è andata giù a lungimiranti. molti, pare arrivino anche parecchi ricorsi da parte di utenti stufi di essere presi in Ad alzare la voce contro questa gestione da parte di un gruppo di potere sempre più giro. prevedeva riduzioni dell’Irap per le imprese con lavoratori a tempo indeterminato. Tutte tranne quelle dei trasporti. “Questi sono amministratori incapaci" arriva a dire un consigliere Pdl a Claroni e all’ex Francesco Sutti (indagato per il People Mover). Il Comune, socio di maggioranza di Atc deve decidere sul da farsi: conciliare con il fisco oppure agire per vie legali. Se si paga subito si ottengono degli sconti, andare per via legale si rischia di far aumentare gli interessi. Ma il dubbio che si è subito insinuato è che un evasione analoga potrebbe riscontrarsi anche per gli anni successivi. Detto fatto.

Quanto al Civis, c’è l’addio ma in compenso arrivano 49 Crealis Neo, dei filobus a fibra ottica con l'accordo tra Irisbus e Tper. Ripartiranno i lavori stradali di completamento delle banchine ma i primi 20 Crealis arriveranno tra 24 mesi, gli altri nell’anno a seguire. Insomma, non è ancora finita. Ne vedremo delle belle.

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Uno dei miei primi ricordi di bambino è un triciclo di plastica rosso fiammante. Lo adoravo, ci facevo avanti e indietro il terrazzo della mia prima casa. Prima che ci trasferissimo. Ho rivisto quel terrazzo anni dopo, da ragazzo. Me lo ricordavo molto più grande, enorme, uno spazio immenso da riscoprire ogni volta, ogni volta diverso. Già allora mi piaceva pedalare. Da allora le sensazioni che provo pedalando, in fondo, non sono mai cambiate. Che si tratti del terrazzo o dei colli bolognesi, fatti su e giù nelle belle giornate di primavera. Non passò poi tanto prima che quel triciclo fosse sostituito da una bici vera.

soglia della sua camera di ospedale, la vista di Salvatore con la testolina pallida, e rigata da lacrime che venivano giù sottili da quegli occhietti semichiusi, mi inchiodò sulla soglia, curvo, contratto, come se stessi incassando dei pugni nello stomaco. Ricordo i nostri sguardi che si incrociarono tristi e bagnati. Ricordo che gli presi la mano, con delicatezza, quasi spaventato che usando troppa forza, avessi potuto peggiorare le cose. E la scena si ripeté simile più o meno per altri tre giorni, finché Salvatore non fu dimesso dall’ospedale. Dovevate vedermi in quei tre giorni. Mi piazzavo vicino al lettino di Salvatore. Gli

Bicicletta Special

di Beniamino Piscopo Quanti ricordi che ho legati alla bici. Alcuni belli, altri brutti, altri che sono entrambe le cose. A otto anni ero sempre a pedalare per le stradine di campagna insieme a Salvatore, il mio vicino di casa. Andavamo in un posto tra i campi di pomodori, dove l’erba era più alta. Prima di arrivarci gridavamo che bisognava seguire la seconda stella a destra, e poi diritti fino al mattino, fingendo che quella fosse l’isola che non c’è. A ripensarci oggi, era un posto fetido e tutt’altro che suggestivo. Eppure vi passavamo ore a giocare ai bimbi sperduti e ai pirati, come in Hook Capitan Uncino, il nostro film preferito. Come se lì il tempo si fermasse davvero. Una volta, ad un incrocio, una macchina ci sbucò davanti, tagliandoci la strada. Salvatore la notò solo all’ultimo istante. Frenò di colpo, con tutte e due le mani, con tutta la sua forza. Stinse le ditina minute su quei freni troppo duri e pesanti, provando nel frattempo a poggiare i piedi a terra. Ma la bici era troppo alta e lui troppo piccolo. I piedi non toccarono mai terra. La ruota posteriore si alzò disarcionandolo all’istante. Salvatore fluttuò in aria come sparato da una catapulta. Quando quel pomeriggio mi affacciai alla

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parlavo, mi prendevo cura di lui, come un ometto. Gli facevo i versi del T-Rex e dei Velociraptor e lo facevo ridere. E per me era una vittoria. Riuscire a strappare un sorriso a quella faccina dolorante e triste e sconsolata, mi riempiva di gioia. A volte lo facevo ridere troppo forte, e gli facevo venire male al petto. Allora la smettevo di fare lo scemo e me ne stavo zitto e immobile, chino su di lui per tutto il tempo. A questo ricordo non potei non pensarci anni dopo. Quando trasferitomi a Bologna, una volta caddi dalla bici in maniera quasi identica a quella di Salvatore, una coincidenza che mi è costata per un po’ il gesso a un braccio. Anche stavolta la cosa mi è sembrata meno grande di come mi parse allora, perché crescendo la percezione di alcuni fatti o oggetti o sensazioni cambia. Di altri invece, scopri che tutto è rimasto uguale. Trasferirsi a Bologna, lasciare tutto, per ritrovare una vecchia amica. E una vecchia abitudine che per anni avevo abbandonato. Ci misi poco a rendermi conto di quanto mi fosse mancato pedalare. Tante cose sono cambiate, io sono cambiato. Le sigle dei cartoni animati che cantavamo da piccoli durante le nostre pedalate tra i campi di pomodori e i raggi di sole che tagliavano i muri di foglie, sono state sostituite dal punk che i Clash e i Ramones, ora mi vomitano a volume massimo nei timpani. Musica che se avessi ascoltato allora, come minimo l’avrei accolta con uno sbadiglio. Bologna mi ha fatto diventare un’altra persona, e da un lato mi ha fatto tornare

foto di Enrico Celesti www.enricocelesti.it quello che ero. Adesso non potrei raccontarla senza infilarci dentro due ruote. Sembra una città fatta apposta per i ciclisti, non a caso delle biciclette ne è la capitale. Qualcuno dice perché è a misura d’uomo, io dico perché è a misura mia. Perché dentro ci sto tutto, il me di venti, di quindici anni fa, il me di adesso. Ecco perché quando posso, non perdo l’occasione di ritrovarmi. Così mi ritrovo quando sento i muscoli delle gambe talmente gonfi e duri e tesi da potersi spezzare, quando la bici ha perso giri e ormai si trascina a scatti. Così mi ritrovo quando manca poco, quando tra venti metri, oltre la curva, inizia la discesa. Non la vedo, ma ormai conosco la strada a memoria. Decido di alzarmi dal sellino per fare più forza sui pedali. La mia scalata ai colli è quasi terminata. È l’ultimo sforzo, prima di piombare giù verso porta San Mamolo, resa ultracoreografica dalle luci del tramonto che dipingono di rosso i viali. Prima di sentire sul viso, quel vento che ormai da anni ho imparato ad amare. Mi ritrovo quando dovrei rincasare, tornare ai codici e ai manuali di diritto. Ma proprio non mi va di separarmi dalle due ruote. Non in serate del genere. Ancora un po’, non importa quale via prendere. In fondo la strada è sempre quella. Seconda stella a destra, e poi diritti fino al mattino…


Diecieventicinque International: Ventun Gennaio Duemilatredici, ‘here we are’.

di Diego Ottaviano

Circa un anno fa partiva, prendeva sotto braccio i nostri istanti, respirava. Circa un anno fa, un’idea si univa ad altre. Idee ricche di toni, di speranze, d’immagini scritte... sapete, quelle che noi si chiama ‘parole’. Già, parole. In inglese verrebbe quasi da dire, ‘funny, don’t you think?’ Un intrinseco movimento di suoni dal gusto particolare in bocca, in quanto risuonano altrimenti all’orecchio, in quanto vivono dell’ideale di chi scrive. E’ il gioco del ‘ci siamo anche noi’. Si prende l’inchiostro, si pensa, si organizza e di stomaco e orgoglio ci si fa l’amore assieme. Distendi pensieri, opinioni, fatti. Si è obiettivi nella pienezza e nella creatività delle parole. Si è obiettivi nel sentimento di chi crede che il mondo forse non può esser cambiato, ma certamente può esser migliorato. E’ questa l’intensità che ci porta li, davanti ad un foglio, con la mente che viaggia, con la mente che vola, con la mente che s’inchina al discorso. Il discorso, sinonimo della voglia di tutelare, sinonimo del difendere il rispetto, sinonimo del custodire la legge, quella che si chiede esser uguale per tutti. Circa un anno fa partiva questo viaggio. Si andava tra Bologna e Palermo, tra Milano e Napoli, tra l’Italia e gli italiani. Alle volte toccava l’Olanda, Amsterdam. Le risposte dei viaggiatori, aumentavano. I biglietti erano li, per tutti, sotto forma di articoli, sotto forma di scritti, sotto forma di un ideale sociale. Un ideale della gente, quella che vive nella trasparenza della meritocrazia, delle cose vere, delle opportunità di un sistema giusto, della ‘storia siamo noi’. La gente prendeva le nostre parole e le arricchiva con le loro pellicole d’opinioni. Il ritmo era quello disteso del nuotare del

mare, dello scaldarsi del fuoco. Il ritmo era come quello di oggi, concreto, presente, ambizioso nel suo sapersi umile. Lentamente verso il nostro goal, verso la nostra meta, che una volta era ‘schierarsi dalla parte di una televisione siciliana’, che una volta era credere in uno studente, che alle volte era perché lo é ancora, viva nei sentieri del significato del conoscere, del dire, dell’ascoltare. Si, non molto tempo fa nasceva Diecieventicinque. Nasceva una nuova possibilità verso la cultura di un sistema per tutti, che tra ‘I Siciliani’ e il giornalismo, si decideva esser dalla parte della giustizia, contro le mafie e contro le politiche sbagliate. Diecieventicinque è cresciuto, è oggi più consapevole, vivace, ricco, ed è oggi più deciso. Questo il perché Diecieventicinque inizierà una nuova strada, verso nuove culture, quelle del ‘tutto il mondo è Paese’. Diecieventicinque si arricchisce dello scrivere di gente, che come noi, vive per il senso del giusto e della denuncia di un mondo un po’ così, un po’ malato. Diecieventicinque incontra le strade del mondo, dell’internazionalità. Saranno quindi le realtà delle Americhe, quelle africane, quelle europee, quelle asiatiche. La parola verrà allora scritta all’inglese, con diversi accenti, ma ancora una volta con le stesse idee ricche di toni, di speranze e d’immagini scritte. Diecieventicinque e Diecieventicinque International, due idee che da questo Gennaio ci prenderanno sotto braccio, per accompagnarci in una lotta che insieme vogliamo vincere, perché per dirla alla Socrate, “C’è solo un bene: il sapere. E un solo male: l’ignoranza”.

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Il foglio de

“A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare?” Giuseppe Fava

DA’ UNA MANO

A RIPORTARE IN EDICOLA I SICILIANI: IBAN Banca Etica

IT 28 B 05018 04600 000000148119

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gennaio 2013

IS IC IL IA N I. IT . w w w

ncora questo non è i Siciliani, ma solo un foglio in cui si parla di loro. I Siciliani giovani è in rete da un anno, è presente in una decina di città con una rete di giovani giornalisti che ha pochi eguali in Italia. E allora, come mai non siamo ancora in edicola? Semplice: i soldi. La sottoscrizione è riuscita bene fra i lettori poveri, ma non fra gli amici più titolati: la maggior parte dei quali ci colma generosamente di auguri e lodi, che però tipografi e cartiere tendono a non accettare. *** Dopo un anno di buon lavoro, sul livello professionale dei Siciliani giovani c’è poco - crediamo - da eccepire. In Lombardia come in Sicilia i nostri redattori fanno il loro dovere, scrivono, fanno inchieste, subiscono avvertimenti e querele. Vecchi colleghi e giornalisti nuovi lavorano tranquillamente a questo prodotto collettivo, che ha il suo baricentro (2013!) nella rete ma che ha bisogno anche dell’edicola come fatto simbolico e di “ritorno in campo” pieno e totale. Perciò abbiamo poco da aggiungere. Sostenete i Siciliani, in quest’ennesima incarnazione della sua lunga storia. E’ un giornale di giovani, è un giornale di profondissime radici. Ne ha bisogno la Sicilia, ne ha bisogno il Paese. Non tradite con la vostra indifferenza coloro che stanno lottando anche per voi.

TRATTATIVE L’anello mancante MILANO “Expo fugit”, sospirò il poeta...

CATANIA

Muro di gomma “La mafia? A Catania

Facciamoci l’Europa

L’Italia ormai è troppo piccola per risolvere da sola i suoi problemi: Cina, India, Giappone, Russia, l’America che raddoppia... Va bene, ma non abbiamo l’Europa per questo? Eh no che non ce l’abbiamo. L’Europa, fatta così, non ci appartiene: al massimo siamo utenti, non cittadini. Ma se provassimo a rifarla in un altro modo? Con più, come dicono i greci, più “dimokratìa”? E quindi con meno banchieri, per logica conseguenza. L’occasione ci sarebbe: nel 2013 in tre dei principali paesi europei (Francia, Germania, e noi) avremo con ogni probabilità tre governi di centrosinistra. Saranno tre altri governi delle banche? O possiamo provare a chiedergli qualcosa di meglio, a gran voce e tutti insieme? (1914-2014: fra poco è un secolo che l’Europa non c’è più)

non esiste”. “La mafia? Non c’è mafia a Roma”. “La ‘ndrangheta? Qualche caso isolato, qui a Milano”. Quante volte s’è sentito questo discorso, borbottato da un politico o elaborato con molti particolari mediatici da un giornale. Eppure la mafia c’era, fin dal primo momento. Pochi magistrati a combatterla, e fra noi giornalisti qualche collega eccentrico e qualche ragazzo. Così siamo arrivati fin qui. Ed ecco cosa c’era dietro il loro muro di gomma. Adesso, tutti i problemi sono esplosi - ma la mafia per prima, perché è la cultura mafiosa, l’economia mafiosa, il potere mafioso a far da modello per tutto il resto. La mafia, e tutti i suoi inconsapevoli allievi a ogni livello. Forse non è ancora troppo tardi, a condizione di muoversi subito e con durezza. A monte, una scelta precisa: non ci fidiamo più della loro informazione. Perciò ce la facciamo da noi. Facciamola tutti insieme (noi diciamo “in rete”, in più sensi), e oggi tecnicamente si può. Ma senza vip e senza guru. Da noi, al centro della nostra moderna e sofisticata rete c’è in fondo un modesto doposcuola di quartiere.

Mafia

E’ il principale problema d’Italia, quello che ci impoverisce di più. Non è una patologia criminale ma il principale potere economico del paese, che ormai fa da modello anche a molta economia legale. “Tratta” con tutti, e sempre ottiene qualcosa. Ma ha un punto debole: è molto vulnerabile alla mobilitazione popolare. Negli anni Novanta è andata molto vicina ad essere sconfitta, e s’è salvata solo grazie alla “timidezza” dello Stato. Adesso bisogna: - Confiscare TUTTI i beni mafiosi o frutto di malversazione, di corruzione o di grande evasione fiscale; - Assegnarli alle cooperative di giovani lavoratori, e sostenerle adeguatamente; anagrafe dei beni confiscati; sgravi fiscali ai commercianti che se ne fanno clienti; - Vigilare (comuni, regioni, assemblee cittadine) sull’applicazione, cacciando i funzionari incapaci; - Punire seriamente gli scambi politico-mafiosi (riforma 416ter).

ma io non sono Stato La mafia, se ci decidiamo davvero, può essere non solo sconfitta, ma eliminata del tutto. A condizione di cominciare dai sedicenti “non-mafiosi” (nelle imprese, nella politica, nello Stato) senza il cui aiuto e complicità non potrebbe sopravvivere un solo giorno.

“Ragazzo, niente sport: sei di Librino”

CULTURA Tutto il cinema di Giuseppe Fava

Operai

Era una parola nobile, adesso è schiavitù. La crisi economica non pesa perché gli operai “pretendono”, ma perché troppi imprenditori non sanno fare il loro mestiere (vedi Fiat) o portano tutto all’estero, alla faccia della (nostra) economia. Bisogna: - Applicare l’art.41 della Costituzione (”programmi e controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”); - Applicare l’art.42 della Costituzione (”esproprio per motivi di interesse generale”) per sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso di precariato e il mancato rispetto degli accordi di lavoro; - Separazione fra capitale finanziario e industriale; tetto alle partecipazioni finanziarie nell’editoria; Tobin tax; - Regolarizzare i rapporti di lavoro precari o di fatto; - Gestione pubblica dei servizi pubblici essenziali (scuola, università, difesa, acqua, energia, infrastrutture tecnologiche, credito internazionale); ristrutturazione della Rai su base pubblica; limite regionale per l’emittenza privata; - Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sul modello TVA, come volano economico soprattutto al Sud; divieto di ulteriori cementificazioni; - Responsabilità degli amministratori per il mancato uso di fondi; - Controllo del territorio nelle province ad alta intensità mafiosa.

e Sud


MILANO

Alla faccia dei Maya (e della ‘ndrangheta) Non è finito il mondo, creduloni che non siete altro. Niente asteroidi infuocati nè pestilenze. Almanacco gregoriano batte calendario Maya, un sospiro di sollievo per le agende 2013 di politici, tecnici e magistrati in coda alle urne dorate: son colme di appuntamenti, peccato dar buca a qualche coalizione. tanto di auguri per un felice anno Siamo salvi, per Giunone! Ci si nuovo e la sua foto. era allarmati tutti, qualcuno è Quasi in contemporanea, la casa fuggito sui monti, altri han fatto editrice Blu Edizioni decide scorta di farina. Una pendolare irrevocabilmente di chiudere i su un treno lombardo, più carro cronisti di provincia che battenti con la testata, condanmerci che passeggieri: "Io non nando l'intera redazione a morire tenacemente rompono le scatole voglio morire al lavoro, domani a 'ndrangheta e malapolitica. Per senza uscire nelle edicole. non vado in ufficio!". un 2013 libero nel diritto al A meno che qualcuno, Signori miei, non bisogna riconoscente di essere sopravvis- lavoro, libero nella pura bellezza campar cent'anni per profetizzare suto ai Maya, dia il suo sostegno della lotta antimafia. che questo mondo finirà solo Ester Castano evitando l'estinzione di questi quando finiremo noi di farci solleticare le orecchie coi talk show di prima e seconda serata. CON I SICILIANI Fuori dalla scatola parlante del salotto, oltre gli angoli del maxi schermo full hd, sono accaduti fatti incredibili: operai di destra e sinistra sono scesi insieme nelle piazze d'Italia e hann occupato le fabbriche. Giovani studenti L’idea dei Siciliani giovani è nata (in quest’ultima versione) in una riunione a casa di Giambattista Scidà nell’estate del 2011: fare una rete milanesi hanno sostenuto con di testate giovani di base, sia su carta che su web, sviluppare insieme presidi e manifestazioni le un sito, una rivista pdf e una serie di ebook e, prima o poi, riportare in vittime del potere mafioso: come edicola un giornale ispirato ai Siciliani di Giuseppe Fava. la piccola Denise Cosco, loro Le testate che hanno aderito coetanea, o Loreno Tetti, finora sono I Cordai, La Radio Marsala.it (Marsala), paninaro strozzato dagli usurai. Periferica e Ucuntu (Catania), Il DaSud (Calabria), Mamma! E mentre addobbavamo Clandestino (Modica), Telejato (Bologna), Antimafia Duemila, l'alberello mettendo al fresco lo (Partinico), Stampo Antimafioso Liberainformazione, Agoravox. champagne, il direttore di (Milano), Diecieventicinque Il giornale è fatto da Gian Carlo Altomilanese, settimanale (Bologna), CtZen (Catania), La Caselli, Nando dalla Chiesa, Domenica Settimanale (Napoli), d'inchiesta di Magenta, riceveva Giovanni Caruso, Giovanni Generazione Zero (Ragusa), Abbagnato, Francesco Appari, un proiettile in busta chiusa con Lorenzo Baldo, Valerio Berra, Nando Benigno, Mauro Biani, GIORNALI Lello Bonaccorso, Paolo Brogi, Luciano Bruno, Anna Bucca, Elio Camilleri, Giulio Cavalli, Arnaldo Capezzuto, Giovanni Caruso, Ester Castano, Salvo

NAPOLI OCCHIELLO

La nave per Catania, i carbonari, la Marsigliese Inutile girarci intorno: Napoli non è una città normale. Il giornalista deve fare il giornalista: documentare, indagare e fare domande e se non ti rispondono fare di nuovo domande. Almeno io cosi intendo la professione di cronista. L'esperienza più bella di quest'anno passa per l'imbarco sulla nave NapoliCatania. Il tempo dell'ormeggio e (in senso buono), i “Cordai”. già ero a gustarmi un cannolo Mi sono ritrovato in una riunione alla crema. Arriva la vecchia 500 di carbonari composta da di un volontario ed eccomi al volontari, attivisti, colleghi e ex Gapa nel cuore di San Cristoforo redattori di Pippo Fava, per i - zona della famiglia mafiosa dei nostri “Siciliani Giovani”. Santapaola. Qui un manipolo di Passione, grinta, scambi accesi, “pazzi” guidati dal capitano maleparole, riflessioni, visioni del Giovanni Caruso da circa 20 mondo: è come aver partecipato anni lavora con le bambine e i ad una sinfonia di orchestra che bambini, le ragazze e i ragazzi e intonava la Marsigliese. Ecco la le famiglie del quartiere realiz. stampa, bella, non la fermi. zando un mensile porta a porta Arnaldo Capezzuto

5 GENNAIO OCCHIELLO OCCHIELLO

Ricordare lavorando

Ogni anno a Catania i cittadini liberi si incontrano, il 5 gennaio, nel luogo dove i padroni della città fecero uccidere Giuseppe Fava. Saremo tutti lì alle 17. Più tardi, al Centro Zo, c’è un ricordo organizzato dalla Fondazione Fava. Infine, alle 21 a Cittàinsieme in via Siena, c’è l’assemblea dei Siciliani giovani, per fare il punto sul giornale e organizzare il lavoro e la solidarietà. Senza grandi parole ma col laoro

Tanti giornali giovani In rete e per le strade

Il disastro nascosto e il tempo di ricostruire

Sono stati pochi, nel giornalismo italiano, i giornali come i Siciliani di Giuseppe Fava, completamente liberi e senza - neanche indiretto - alcun padrone. Se tutti fossero stati così. Se tutti avessero potuto scrivere solo e semplicemente la verità. Se avessero avvertito in tempo chi si fidava di loro di ciò che l’Italia stava diventando. La mafia, non denunciata in tempo, è molto più potente di prima. Speculatori e corrotti, trattati come grandi industriali, hanno portato avanti la crisi. La politica stessa, fra adulazioni e carriere, s’è trasformata in un’altra cosa. Adesso, toccato il fondo, molti sentono che è tempo di risalire.

Catalano, Carmelo Catania, Giulio Cavalli, Antonio Cimino, Giancarla Codrignani, Dario Costantino, Tano D’Amico, Fabio D’Urso, Jack Daniel, Riccardo De Gennaro, Giacomo

Di Girolamo, Rosa Maria Di Natale, Francesco Feola, Norma Ferrara, Pino Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica Frasca, Renato Galasso, Rino Giacalone, Giuseppe Giustolisi, Carlo Gubitosa, Sebastiano Gulisano, Bruna Iacopino, Massimiliano Nicosia, Max Guglielmino, Diego Gutkowski, Bruna Iacopino, Margherita Ingoglia, Kanjano, Gaetano Liardo, Sabina Longhitano, Luca Salici, Michela Mancini, Antonio Mazzeo, Martina Mazzeo, Emanuele Midoli, Lu-

GENERAZIONI

Non illusi, non rassegnati E’ possibile ricominciare la lotta, una generazione dopo, di un giornale come I Siciliani? Noi siamo sicuri di sì, perché noi questo filo non l’abbiamo interrotto mai. Molti dei nostri redattori non erano nati, al tempo dei primi Siciliani. Ma adesso, i Siciliani sono loro.

DA’ UNA MANO A RIPORTARE IN EDICOLA I SICILIANI: IBAN Banca Etica

ciano Mirone, Pino Maniaci, Attilio Occhipinti, Salvo Ognibene, Antonello Oliva, Riccardo Orioles, Pietro Orsatti, Salvo Perrotta, Giulio Petrelli, Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Antonio Roccuzzo, Vincenzo Rosa, Luca Rossomando, Giorgio Ruta, Luca Salici, Daniela Sammito, Miriana Schillaci, Mario Spada, Sara Spartà, Giuseppe Spina, Giudrppe Teri, Marilena Teri, Fabio Vita, Salvo Vitale, Chiara Zappalà, Andrea Zolea.

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I Siciliani giovani, registr.Tribunale Catania n.23/2011 del 20/09/2011, dir.responsabile Riccardo Orioles

Progetto grafico di Piergiorgio Maoloni (da un inedito del 1993)


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