Costozero Settembre-Ottobre n.5/2014

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EDIT OR IA L E / SET T EMBR E OT T OBR E 2014

Incentivi alle imprese, meglio se automatici Nella programmazione economica regionale 2014/2020 proviamo a non ripetere gli errori del passato e a mettere in campo strumenti semplici, efficaci, veloci e utili da subito per le aziende

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el giugno scorso, con le delibere n. 203 e 206, la Regione Campania ha approvato i piani di intervento dei Consorzi Agrofuturo e Packaging Salerno (CPS), sull’avviso dei Contratti di Programma della L.R. n. 12/2007, avviando così la fase finale del processo di negoziazione per l’erogazione dei contributi. Tale fase, se per CPS può dirsi conclusa da poche settimane con la pubblicazione sul BURC del decreto per il cofinanziamento regionale, per gli imprenditori di Agrofuturo non lo è ancora anche se l’attesa sta per finire perché quest’ottobre dovrà esserci finalmente la firma del Contratto. Il lungo tempo intercorso tra lo start della richiesta di agevolazione – 2008 - e la concessione del contributo – 2014 – ci induce a fare qualche amara riflessione e qualche altra, speriamo positiva, proposta sugli strumenti di sostegno pubblico che la Regione Campania mette a disposizione delle imprese a valere su fondi comunitari. La considerazione specifica qui si riferisce ai Contratti di Programma che, prevedendo un rapporto di tipo contrattuale tra amministrazione pubblica e soggetti privati in una logica negoziale, offrono un canale privilegiato di aiuti per attrarre nelle aree depresse del Paese, e al Sud in particolare, rilevanti programmi di investimento. Questo in teoria, perché la pratica fotografa una realtà diversa, fatta di attese estenuanti, lunghi anni in cui questi programmi sono condizionati dai ritardi dei provvedimenti attuativi o dalla difficoltà di assicurare le dovute risorse. Il passaggio dall’approvazione allo stanziamento dei soldi, e quindi alla possibilità concreta di avviare l’investimento, è spesso tortuoso. Una corsa lenta e a ostacoli. Come accaduto ai due citati Consorzi. A prescindere dai tempi della burocrazia, le aziende dei due Consorzi però non sono di certo rimaste ferme in quei sei anni di attesa. Anzi, credendo nel loro investimento hanno provveduto a portarlo avanti comunque e da sole, anticipando risorse economiche. Se tutto questo è vero, nella prossima programmazione economica regionale 2014/2020 proviamo a non ripetere gli errori del passato e a mettere in campo strumenti semplici, efficaci, veloci e utili da subito per le imprese. Capiamo quali misure di aiuto alle imprese hanno avuto concretamente successo, risultando quindi efficaci rispetto agli obiettivi prefissati. Se una strategia utile per il manifatturiero sono gli investimenti, dato che le risorse pubbliche disponibili si sono notevolmente ridotte, spendiamo bene e presto questi soldi. Ci auspichiamo quindi – e qui veniamo alla proposta - che tra gli strumenti possibili sia data ampia e massiccia preferenza, se non esclusiva, al credito di imposta per Investimenti e a quello per la Ricerca, privilegiando così la logica dell’automatismo piuttosto che quella della negoziazione e non escludendo alcun settore. Sarebbero certi i tempi, le risorse e le ricadute immediate. Va da sé che se l’azienda riesce a fare investimenti - qualunque sia l’agevolazione concessa - ne beneficeranno anche i livelli di occupazione e innovazione. Se è sullo sviluppo e sulla crescita delle pmi che è necessario scommettere, metodi e tempi allora devono cambiare e la politica non deve solo con velocità promettere, ma con certezza e rapidità risolvere.

Mauro Maccauro Presidente Confindustria Salerno


S O M M A R IO EDI TORIALE 1

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Marina d’Arechi: più di una sfida nella sfida a cura della Redazione Costozero

PRIMO PIANO / S P ECI AL E T U RI SMO

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San Giorgio S.p.A., la genuinità della prima colazione a cura della Redazione Costozero

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Palmucci, Confindustria Alberghi: «L’Italia va promossa come destinazione unica» di R. Venerando, intervista a G. Palmucci

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“Mete” turistiche: pubblico e privato insieme per gestire i beni culturali di R. Venerando, intervista a L. Cinque

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Scapolatiello: «Nel comparto la progettualità è la grande assente» di R. Venerando, intervista a L. Scapolatiello L'O PINIONE

Basso, Confindustria Campania: 10 «Fare impresa in Italia? Una missione oggi quasi impossibile» di R. Venerando, intervista a S. Basso FOCUS Numeri e prospettive della moda, 12 settore chiave per il futuro della Campania a cura di SRM CONFINDUSTRIA SALERNO 15

NEW ENTRIES

Incentivi agli investimenti, meglio se automatici di M. Maccauro

Progettare l’innovazione, un seminario a supporto delle pmi nel loro percorso dall’idea al mercato a cura della Redazione Costozero

16 Cooper Standard: qui il miglioramento è continuo di R. Venerando 17 La Rinaldi Group punta su formazione e innovazione per avanzare nel mercato del bedding a cura della Redazione Costozero 18 Una brochure per “farli conoscere” di R. Venerando

BUSINESS 27

EDILIZIA INDUSTRIALE 28

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Tekla day, un evento in Companìa a cura della Redazione Costozero

Iannone, Nuceria Group: «La territorialità 21 è alla radice del nostro successo internazionale» di R. Venerando 23 Flex Packaging, l’evoluzione costante di un’azienda di “carattere” di R. Venerando

Sblocca Italia, cosa cambia per l’edilizia privata di M. Norma NORME E SOCIETÀ

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In vigore la nuova riforma della giustizia civile di M. Marinaro

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Le novità in materia edilizia con il decreto Sblocca Italia di L. D'Angiolella

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Italia Start-up Visa è operativo, una chance per le società innovative dei paesi extra-UE di L. De Valeri

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Intestazione fiduciaria di quote di SRL e forma del contratto fiduciario di M. Galardo Le società tra professionisti: modelli a confronto di G. Sciancalepore LAVORO

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Ancora sul problema del lavoratore assente per malattia di G. Fontana

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I pilastri della previdenza: un’analisi del sistema pensionistico italiano di M. De Giorgis

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Assenze tattiche: quando la furbizia non paga di M. Ambron

STRATEGIE D'IMPRESA 19 Hard and Soft House, il partner ideale per le PMI a cura della Redazione Costozero

La rigenerazione urbana in chiave sostenibile di F. Elefante

FISCO 43 44

Autoimprenditorialità, piccoli passi in avanti di A. Sacrestano I sistemi Documentali, la Conservazione e il Records Management di N. Savino

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Le novità legislative del processo tributario di M. Villani

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Società di comodo: il coraggio di cambiare di M. Fiorentino


NUMER O 5 / SET T EMBR E OT T OBR E 2 0 1 4 CREDITO 51 Il rating: strumento di crescita e di risparmio di M. Alfonso ENERGIA 52 Campania: tutela dell’Ambiente e Rinnovabili di V. Pellecchia SICUREZZA La Banca Dati Inail delle installazioni di RM 54 a scopo medico: strumento operativo irrinunciabile di A. Fiorelli, M. A. D’Avanzo e F. Campanella RICERCA Miglioramento delle caratteristiche 56 sensoriali della stevia di M. Di Matteo e L. Liguori EVENTI 57

Torna la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico A cura della Redazione Costozero SALUTE

Fiume, laghi e alimentazione sostenibile 58 di G. Fatati Le infezioni delle unghie: un problema emergente! 59 di A. Di Pietro BON TON 60

Mai il coltello con il pesce! di N. Santini ARTE

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Detriti della storia di A. Tolve

Costozero Magazine di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg . Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Mauro Maccauro Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano Segreteria di Redazione Raffaella Venerando Project Management Vito Salerno Società Editrice/Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 84129 Saler no Tel. 089 335408/Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno Foto Archivio Costozero Vito Salerno Massimo Pica/Ag. Fotografica Grafica e Impaginazione Moreplus/www.moreplus.it Grafico/Emanuela Maria Rago L e opi ni oni espr esse negl i a r ti c ol i a ppa r tengono ai si ngol i a utor i dei qua l i si i ntende r i spetta r e l a pi ena l i ber tà di gi udi z io

FINISTERRE 62

Eduardo De Filippo, il teatro sempre vivo di A. Amendola RENDEZ-VOUS 2.0

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The same old story di R. Bisogno LIBRI/HOMECINEMA

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Scopri google plus e conquista il Web Lei a cura di V. Salerno

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P R I M O P IA NO / S PE CIAL E T URI SMO

Palmucci, Confindustria Alberghi: «L’Italia va promossa come destinazione unica» Per il presidente di Confindustria Alberghi l’approvazione definitiva da parte del Senato del decreto legge Cultura e Turismo è un concreto segnale da parte delle istituzioni, il primo di una serie di iniziative necessarie per rilanciare il turismo di Raffaella Venerando

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residente Palmucci, come è andata l’estate 2014 in termini di domanda interna e presenze provenienti da altre nazioni? I timidi segnali di ripresa che avevano accompagnato il settore negli ultimi si sono tradotti in un quadro estremamente incerto. Le speranza che l’estate 2014 consolidasse la ripresa sono andate deluse e la situazione in Italia si è presentata estremamente complessa e frammentata. Pesa ancora molto la mancanza del turismo interno,

Giorgio Palmucci Presidente Confindustria Alberghi

mentre il turismo straniero – con un aumento di oltre il 3% – conferma una crescita lenta, ma costante. Quale segmento ha sofferto e quale, invece, ha tenuto di più? È un dato di fatto che la stagione metereologica particolarmente negativa abbia inciso negativamente sulle performances di tutto il settore leisure. La montagna è il segmento che ha maggiormente sofferto, con punte di oltre il 20% di perdita di occupazione rispetto al 2013. Anche il segmento mare ne ha risentito, seppure in misura ben diversa a seconda delle aree: dati positivi nel sud Italia con la Puglia che arriva in agosto ad un +5%, così come la Sardegna che ad agosto recupera sia pure parzialmente il -7,6% registrato a luglio. Tutto diverso al nord dove la situazione meteo è stata particolarmente sfavorevole. Savona, per esempio, ha registrato nei mesi di giugno e luglio una brusca frenata con punte in termini di occupazione che hanno rasentato il -20% mentre il mese di agosto si è attestato sui livelli del 2013. Diversa la dinamica nelle città d’arte che nel segmento upscale hanno sostanzialmente tenuto con un’occupazione in leggera crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Caso a sé quello di Roma, dove una serie di fattori, tra cui gli eventi legati a Papa Francesco, hanno inciso su un risultato più positivo. A giugno e luglio il Toc è aumentato rispettivamente del 3,8% e 4,8.% con un conseguente RevPar di 3,2% e 3,1% e anche agosto sembrerebbe confermare questo andamento.


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DL CULTURA E TURISMO: GLI OPERATORI CI CREDONO

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on l’approvazione definitiva da parte del Senato del dl Cultura e Turismo il Ministero retto da Dario Franceschini (nella foto) ha dimostrato una visione globale del sistema e l’at-

tenzione rivolta al comparto alberghiero è testimoniata dal credito d’imposta per ristrutturazioni e riqualificazioni che affronta una delle maggiori criticità del settore.

Le cause di questa negativa performance, a parte l’imprevedibilità meteo, quali sono state? Il turismo domestico ha sofferto sia a causa delle recrudescenze della crisi economica che delle incertezze dovute agli aumenti della pressione fiscale. L’effetto boomerang si è tradotto in una riduzione della capacità di spesa delle famiglie e ad una conseguente rimodulazione al ribasso del periodo dedicato alle vacanze. Ancora una volta il turismo straniero ha mitigato gli effetti negativi della domanda interna attraverso una presenza che inciso ha, però, principalmente nelle città d'arte con un leggero incremento rispetto al 2013. Quali sono le aspettative della Associazione che presiede circa il decreto Cultura e Turismo proposto dal Ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini? Con l’approvazione definitiva da parte del Senato del dl Cultura e Turismo abbiamo finalmente ottenuto un primo concreto segnale da parte delle istituzioni. Il Ministero ha dimostrato una visione globale del sistema e l’attenzione rivolta al comparto alberghiero è testimoniata dal credito d’imposta per ristrutturazioni e riqualificazioni che affronta una delle maggiori criticità del settore. La legge Franceschini, al suo interno, richiama anche alcuni altri interventi importanti per il nostro settore e che da tempo attendevamo. Il credito d’imposta del 30% per la digitalizzazione punta alla competitività nei confronti dei prodotti internazionali. In ordine proprio ad un sistema che sia riconducibile e riconoscibile anche all’estero, ci auguriamo che i

nuovi criteri di classificazione valorizzino l’eccellenza italiana senza però penalizzare quanto già esistente sul mercato. Ci aspettiamo infine che la nuova natura dell’ENIT, sotto la vigilanza del MiBACT, sia in grado di promuovere l’immagine italiana come destinazione unica, ricca di un patrimonio artistico, culturale e paesaggistico all’interno del quale i servizi alberghieri rappresenteranno il valore aggiunto. A fronte delle tante novità introdotte dal provvedimento c’è la consapevolezza che il decreto da solo non è sufficiente a recuperare anni di crisi economica; pertanto, ci auguriamo che questo non sia un punto di arrivo bensì l’avvio di iniziative volte a rilanciare il turismo. Al decreto però non sono ancora seguiti i decreti attuativi, così come non è ancora nota la copertura finanziaria… Stiamo seguendo con molta attenzione la predisposizione dei decreti. L’obiettivo è quello di avere una rapida operatività del provvedimento e, per quanto possibile, delle procedure semplici. Un’ultima domanda: secondo lei l’Italia è ancora un Paese accogliente? Sì. L’Italia rimane un Paese accogliente per antonomasia. I paesaggi naturalistici mozzafiato, la storia, la cultura, il buon cibo sono aspetti legati alla natura stessa del territorio. Il settore dell’ospitalità rappresenta una vetrina importante su cui puntare che valorizza quanto già esistente e che può, attraverso l’eccellenza, intercettare un numero sempre più ampio di turisti.


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“Mete” turistiche: pubblico e privato insieme per gestire i beni culturali «Non basta dire che la Campania ha 250 musei», questo lo sfogo di Lorenzo Cinque, Presidente del Raggruppamento Regionale Industria Turistica di Confindustria Campania. «Bisogna metterli in rete»

di Raffaella Venerando

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residente, la stagione estiva 2014 non è stata di certo esaltante per il comparto turistico del nostro Paese. In Campania come è andata? La stagione che sta per concludersi è stata fortemente penalizzata dalle avverse condizioni metereologiche, che hanno determinato – nei mesi di aprile e maggio – una rilevante battuta di arresto dei flussi diretti in Campania per la balneazione. A macchia di leopardo, però, nelle settimane successive le perdite sono state

compensate anche grazie alle ottime performance registrate dalla Costiera Amalfitana, da quella sorrentina e dalle Isole, che hanno fatto segnare un + 7% di turisti stranieri, bilanciando così il calo avuto nel mercato interno. Insomma, poteva andare peggio, ma ce la siamo cavata e il merito va attribuito tutto alle eccellenze del nostro territorio, comprese le città d’arte che hanno tenuto.

Lorenzo Cinque Presidente Raggruppamento Regionale Industria Turistica Confindustria Campania

Dopo una gestazione lunga due anni, da pochi mesi la Campania si è dotata di una legge quadro che consente di fare ordine nelle politiche in favore delle attività

Sul dato negativo poi hanno pesato i tagli e le difficoltà che il trasporto pubblico - specie quest’anno - ha subito nella nostra regione? Sicuramente la difficile situazione in cui versa il nostro trasporto pubblico non ha agevolato il buon turismo nella nostra regione. Oggi mobilità e turismo sono un binomio inscindibile. Non può esistere infatti un’offerta turistica di buon livello se i luoghi “in vetrina”, quelli scelti dal viaggiatore, non sono accessibili con facilità ed efficienza. Essere turisti significa muoversi verso una destinazione, lasciare il posto in cui si risiede per partire e raggiungere una nuova meta che sarà quindi per il turista preferibile e preferita ad altre se il tempo per raggiungerla è minore. Oggi infatti il turista pianifica viaggi di breve permanenza e vuole - non come plus ma come condizione imprescindibile – potersi spostare da un luogo all’altro velocemente per ottimizzare il tempo a propria disposizione. Su questo punto c’è molto lavoro da fare.


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La nuova legge regionale dovrebbe trovare la quadra per organizzare al meglio il comparto. Come Confindustria abbiamo preteso che nelle scelte più importanti l’assessore al turismo fosse affiancato dal collega competente per i trasporti

imprenditoriali del settore turistico. Quali potranno essere nell’immediato, e poi nel lungo termine, le ricadute positive? A dire il vero sono circa venticinque anni che il settore chiedeva un aggiornamento normativo. La nuova legge regionale - oltre a determinare la governance e lo scioglimento degli Ept – dovrebbe trovare la quadra per organizzare al meglio il comparto per il futuro. Come Confindustria abbiamo preteso che nelle scelte più importanti l’assessore al turismo fosse affiancato dal collega competente per i trasporti e da quello interessato all’urbanistica e all’ecologia. Siamo riusciti a spuntarla solo per il ramo trasporti che sarà anche con noi di Confindustria al tavolo delle negoziazioni e decisioni. Abbiamo voluto allargare i partecipanti alla discussione perché la visione sul futuro del comparto deve essere necessariamente di sistema, di prospettiva e coordinata in ogni suo aspetto. Esaltare le potenzialità turistiche di un posto vuol dire stimolare la mobilità verso questo luogo e all’interno delle varie zone di questo territorio, tenendo conto anche di come quel luogo – ad esempio – è “tenuto” in termini di pulizia e decoro. Sono più fattori a concorrere alla valorizzazione turistica della nostra regione e tutti, nessuno escluso, sono da tenere nel giusto pregio. A luglio scorso, poi, c’è stata l’approvazione definitiva da parte del Senato del decreto proposto dal Ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, che introduce novità significative per il settore: l’ArtBonus, che prevede la deducibilità del 65% delle donazioni devolute per il restauro di beni culturali pubblici, le biblioteche e gli archivi, gli investimenti dei teatri pubblici e delle fondazioni lirico sinfoniche, fino a arrivare alle agevolazioni fiscali per favorire la competitività del settore turistico attraverso la sua digitalizzazione e la ristrutturazione e riqualificazione degli alberghi. Anche il livello nazionale potrebbe essere quindi di aiuto… Il DL Franceschini ha sottratto i poli museali alla

competenza delle sovrintendenze per rimetterli a quella degli assessorati al turismo che, insieme ai privati, ci auguriamo facciano in Campania un buon lavoro mettendo in rete i nostri 250 e più musei. È un’ottima occasione per la nostra regione e per Napoli che ha una storia da raccontare lunga secoli e nulla da invidiare ad altre mete come Parigi, Vienna o Venezia. Se la città capoluogo riuscisse infatti ad avere una migliore mobilità con un aeroporto capace di attrarre più flussi dall’estero settimanalmente e anche nel periodo invernale, siamo certi che i risultati non tarderebbero ad arrivare insieme ai turisti, visto che tolto un 20% che arriva per motivi legati al mare - il turismo approda in Campania per motivi culturali, storici e – negli ultimi anni – per poter fare delle passeggiate verdi uniche, così come unici sono i tanti sentieri naturalistici distribuiti sul nostro territorio (solo 14 sentieri in Costa d’Amalfi). Mancano però le coperture finanziarie e i decreti attuativi… La copertura finanziaria è ovviamente la precondizione per poter parlare poi di investimenti. Quelli che a nostro avviso vanno sicuramente riattivati sono quelli relativi al fotovoltaico perché la grossa spesa per il nostro settore resta quella energetica. Come Confindustria regionale sono in calendario azioni o eventi a supporto del settore? L’esistenza – o meglio la sopravvivenza – del Raggruppamento regionale turistico è oggi messa seriamente in discussione. La sua abolizione sarebbe un grosso danno anche solo alla luce del fatto che la legge regionale sul turismo prevede che al tavolo delle decisioni segga anche Confindustria e che l’Agenzia del Turismo sia retta a turno dagli industriali. Chi rappresenterà le imprese se il Raggruppamento cesserà di esistere?


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Scapolatiello: «Nel comparto la progettualità è la grande assente» Per Lucia Scapolatiello, Presidente del Gruppo Turismo, Alberghi e Tempo Libero di Confindustria Salerno nel nostro Paese manca completamente una visione di lungo periodo per le politiche del settore: «Il pubblico negli ultimi anni è cambiato profondamente. Oggi il turista vuole emozione e l’emozione non si improvvisa» di Raffaella Venerando

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residente, la stagione estiva 2014 non è stata di certo esaltante per il comparto turistico del nostro Paese. A Salerno e provincia come è andata? Anche nella vasta provincia salernitana gli operatori si aspettavano migliori risultati. Ci si augurava soprattutto che andassero meglio i primi mesi di primavera/inizio estate che, a causa soprattutto delle avverse condizioni climatiche, non sono stato di certo esaltanti in termini di presenze turistiche. Ad agosto la tendenza negativa fortunatamente è

cambiata, volgendo al sereno, ma ciò non è bastato a recuperare il totale di quanto andato irrimediabilmente perso. Più nel dettaglio, è noto che nella nostra provincia il turismo si divide in due: la Costiera Amalfitana e quella Cilentana. La prima ha conservato quasi del tutto intatti i numeri dello scorso anno (i dati ufficiali non sono ancora disponibili, ndr), al netto di qualche piccola variazione al ribasso per Ravello e Amalfi e dei “nuovi” turisti provenienti dalla Corea, dall’India e dall’Est Europa. Addirittura, poi, secondo l’Hotel Price Index - l’analisi sull’andamento dei prezzi delle camere di albergo di tutto il mondo effettuata da Hotels.com - Positano sarebbe al secondo posto di questa particolare classifica, preceduta da un’altra meta campana di eccellenza: Capri. Capri, infatti, è la destinazione dove i viaggiatori hanno pagato di più nei primi sei mesi del 2014, una media di 221 euro a notte (la media nazionale è stata di 129 euro per camera a notte); a Positano, invece, i prezzi hanno subito una flessione del 3% fino a 219 euro, ma nonostante questo la città si trova al secondo posto della classifica di Hotels.com. Decrementi invece – come sopra accennato - per Ravello e Amalfi, rispettivamente dell’11% e del 6%. Il Cilento, invece, avendo un pubblico di riferimento diverso legato soprattutto al mare ha sofferto un po’ di più, pur avendo molto recuperato ad agosto.

Lucia Scapolatiello Presidente Gruppo Turismo, Alberghi e Tempo Libero Confindustria Salerno

Dopo una gestazione lunga due anni, da pochi mesi la Campania si è dotata di una legge quadro che consente di fare ordine nelle politiche in favore delle attività


8/ 9 imprenditoriali del settore turistico. Quali potranno essere nell’immediato e poi nel lungo termine le ricadute positive? Salerno e la sua vasta provincia ne beneficeranno? Difficile immaginare con certezza i risultati se non si mette in atto il processo di cambiamento legato alla legge. Presto ci incontreremo con l’assessore regionale e con una delegazione di sindaci del Salernitano per cominciare un serio ragionamento sul tema anche se i tempi sono stretti (90 giorni il primo step, 120 il secondo). Ciò che è certo è che il comparto turistico – così come recita la legge – necessità di professionalità e specializzazioni – reali e non politiche - nei suoi punti chiave. Nulla può più essere lasciato al caso o alla buona volontà dei singoli come purtroppo spesso si è fatto nei nostri territori. A mio avviso, non saranno sufficienti neanche le professionalità dell’Ept la cui formazione è oramai datata. La nostra regione, ma più in generale il nostro Paese, hanno necessità di innovazione. La Croazia, la Spagna, la Francia – quest’ultima destina il triplo delle nostre risorse al turismo - fanno progettualità quinquennali mentre qui sappiamo a ottobre se forse quella “mostra” di quel pittore si terrà a giugno dell’anno successivo. Manca la visione. Mentre noi pensiamo alle migliorie possibili, altri le hanno già apportate. Viviamo una condizione di subalternità perenne. Il pubblico negli ultimi anni è cambiato profondamente. Oggi il turista vuole emozione e l’emozione non si improvvisa. Si costruisce. A luglio scorso, poi, c’è stata l’approvazione definitiva da parte del Senato del decreto proposto dal Ministro

dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, che introduce novità significative per il settore. Una per tutte: le agevolazioni fiscali per favorire la competitività del settore turistico attraverso la sua digitalizzazione e la ristrutturazione e riqualificazione degli alberghi. Qualcosa si sta muovendo quindi… L’approccio del Mibact guidato da Franceschini mi piace molto al momento perché mi sembra di rottura, innovativo. Basti pensare all’apertura gratuita dei musei la domenica che tanto successo sta avendo. Un’idea all’apparenza semplice ma che ancora non era stata tradotta in realtà. Credo molto poi nell’implementazione delle attività private all’interno dei musei. All’estero si sono organizzati così da anni. Confindustria Salerno ha dato il via a un’importante iniziativa: la Rete d’impresa Destinazione Sud. In termini di risultati di percorso lo strumento ha già dato primi frutti? Salerno, poi, ha altre azioni di supporto al comparto in calendario? Destinazione Sud - l’unico esempio di rete in Italia che fa riferimento a un territorio vasto, che va da Salerno alla Sicilia - è nata di recente, lo scorso luglio. Attualmente ci siamo dati solo il regolamento ma stiamo alacremente lavorando agli itinerari che proporremo in occasione di un evento pubblico a fine novembre. Posso anticipare però che gli itinerari saranno regionali e interregionali. Sarà lo stesso utente, al momento della prenotazione, a scegliere un itinerario precostituito, oppure a combinarne di diversi insieme così da comporsi l’offerta a misura dei suoi gusti e delle sue esigenze.


L ' O P I N I ONE

Basso, Confindustria Campania: «Fare impresa in Italia? Una missione oggi quasi impossibile» Il presidente degli industriali campani testimonia a gran voce il malcontento degli operatori privati, vessati da troppi costi supplementari e incertezze. «Per non cessare le attività – denuncia Sabino Basso molti sono obbligati a produrre fuori del proprio territorio. Una necessità, non una libera scelta» di Raffaella Venerando

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residente Basso, nelle scorse settimane lei senza mezze misure ha indicato la delocalizzazione come unica via per continuare a fare impresa, specie per gli imprenditori del Sud. Prima ancora che minori tasse e costi, o di incentivi per rimanere a operare nel nostro Paese, lei chiede che si guardi con occhi nuovi alle aziende: perché questo grido di allarme e a chi è rivolta la sua denuncia? Gli imprenditori hanno diritto ad un maggior rispetto e ad una maggiore riconoscenza da parte delle Istituzioni per il contributo che apportano al proprio territorio. Invece, da un lato, non si sostiene l’attività di impresa cercando di creare le condizioni di contesto più favorevoli, dall’altro, si grava sulle aziende con un sistema di tassazione tra i più alti d’Europa. Rispetto al problema dei controlli fiscali e non solo esiste una differenza Paese? Anche in questo ambito l’imprenditore del Sud paga un fio più alto? Sì, anche in questo caso la differenza tra il nord e il sud del Paese risulta evidente, in termini di approccio con il quale le verifiche ispettive vengono effettuate. Mi riferisco naturalmente non alla necessità dei controlli in sé da parte delle istituzioni preposte, bensì alle modalità con cui essi sono in concreto attuati: veri e propri blitz che comportano, in molti casi, addirittura il blocco della produzione, con evidenti danni economici per l’azienda.

Sabino Basso Presidente Confindustria Campania


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Chiediamo al Governo Renzi due modifiche urgenti: la riduzione della tassazione sulle imprese e la semplificazione della burocrazia delle procedure collegate all’attività d’impresa. Basti pensare che la pressione fiscale sulle imprese italiane è superiore al 68% rispetto alla media Ue e che, tra il 2008 e il 2014, sono state approvate 629 norme fiscali, di cui 389 introducono nuovi adempimenti per le aziende

La tendenza di mantenere in Italia le strutture indispensabili (amministrazione, commerciale, ufficio tecnico, solo per citarne alcuni) per spostare il resto verso paesi con infrastrutture, incentivi e costi minori ha convinto anche lei vero? Se gli imprenditori decidono di produrre al di fuori del proprio territorio lo fanno solo perché non hanno scelta, non certo perché sono felici di farlo. In molti casi l’alternativa è la cessazione dell’attività, con conseguenti ripercussioni sull’occupazione e sul prodotto interno lordo. Per questo - come Associazione degli Industriali - noi abbiamo il dovere di indicare ai nostri Governanti la strada per evitare il verificarsi di tali scelte tanto disastrose per il nostro territorio.

Basti pensare che la pressione fiscale sulle imprese italiane è superiore al 68% rispetto alla media dell'Unione Europea e che, tra il 2008 e il 2014, sono state approvate 629 norme fiscali, di cui 389 introducono nuovi adempimenti per le imprese: quindi quasi due nuove norme fiscali su tre aumentano i costi burocratici per le imprese. La burocrazia, è noto, non genera semplici scocciature ma un vero e proprio danno economico. L’espletamento degli adempimenti sottrae tempo e il tempo sottratto è una perdita a tutti gli effetti, monetizzabile ovviamente; poi, se aggiungiamo il lavoro da assegnare ai consulenti per la predisposizione dei documenti, comprendiamo come i costi non possano che salire.

Più in generale, in Campania - con la crisi - le sirene dei Paesi Esteri, specie di quelli dove il costo della manodopera è più basso e la burocrazia non lascia pratiche in sospeso per anni, quanto si sono fatte insistenti? Certamente con la crisi il fenomeno si è acuito e le aziende preferiscono quei Paesi dove l’attività d’impresa viene incoraggiata e sostenuta, non affossata con le tasse e con una burocrazia dai tempi indeterminabili. Noi imprenditori non vogliamo agevolazioni, vogliamo solo essere messi in condizione di lavorare senza aggravi ulteriori provenienti dal contesto in cui operiamo.

E sulle relazioni industriali cosa è necessario fare? Si deve puntare ad un sistema di relazioni industriali che garantisca la massima flessibilità nelle regole ma, soprattutto, la massima coerenza e responsabilità nei comportamenti. Come afferma sempre il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, le relazioni industriali devono rappresentare un fattore di competitività, un veicolo di innovazione, di crescita culturale, di responsabilità sociale.

Provi anche lei a indicare tre cose, le prime tre cose urgenti, che il Governo dovrebbe fare per le imprese. Ne basterebbero due: ridurre la tassazione sulle imprese e semplificare la burocrazia delle procedure collegate all’attività d’impresa.

Succederà secondo lei che il “meglio andrà fuori dell’Italia”? Sta già accadendo. Il problema oggi è evitare che fuori dell’Italia vada anche tutto il resto. Per questo motivo il Governo deve ascoltare con più attenzione le istanze del mondo produttivo. Non si può ignorare il fatto che siano le aziende a creare ricchezza per il territorio.


F O CU S

Numeri e prospettive della moda, settore chiave per il futuro della Campania L’abbigliamento, la Concia-Pelletteria e le Calzature sono tra i comparti che alimentano maggiormente i flussi dell’export regionale a cura di SRM Studi e Ricerche per il Mezzogiorno www.sr-m.it

L’

Italia è al primo posto in Europa per numerosità di imprese (produzione e distribuzione) nel settore moda (oltre 330.000) e per fatturato (147.043 milioni di euro). Il 26% delle imprese italiane del comparto (86.091) si occupa di produzione e realizza il 57% del fatturato complessivo. Il nostro Paese realizza da solo quasi la metà (41,2%) del fatturato della produzione del settore Moda dell’Ue 27. Grazie alla Produzione Moda, l’Italia raggiunge quasi 22 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,1% del manifatturiero e all’1,9% del PIL. Tale valore è costituito per il 39% dall’Abbigliamento, per il 31% dal Tessile e per il 30% da Pelle e calzature. Per quanto riguarda la Campania, nel contesto nazionale la regione è ben posizionata. Essa, con un valore aggiunto di 777 milioni di euro, si posiziona al 2° posto nel Mezzogiorno (8° posto nella classifica nazionale).

Legno, carta ed editoria 7,0%

Coke Raffinati petrolio chimica farmaceutica 18,2% Alimentare 18,2%

Gomma e plastica 8,3%

Mobili ed altre industrie manufatturiere 9,0%

Elettronica 17,4%

Mezzi di Trasporto 9,0%

Moda 10,8%

Metallurgia 14,9%

Fig. 1 Ripartizione del Valore Aggiunto del manifatturiero tra i vari comparti Fonte: elaborazioni SRM su dati Istat / Anno 2011


12/ 13 Considerando, invece, l’incidenza del valore aggiunto MODA sul manifatturiero (10,8%), la Campania si colloca al 4° posto nel Mezzogiorno e all’8° in Italia (vedi fig. 1). In Campania è rilevante sia il ruolo della piccola impresa, sia l’attrattività dei prodotti Moda sui mercati esteri. Gli addetti sono oltre 25.000 pari al 16,5% del Manifatturiero (nel Mezzogiorno e in Italia il peso è del 13,1%). Il comparto risulta essere costituito prevalentemente da piccole aziende, dove ben 85,2% si concentra nella classe 1-9 addetti (Mezzogiorno 84,7% e in Italia 81,5%). La dimensione media delle imprese campane è, però, inferiore a quella del Mezzogiorno e dell’Italia come mostrato in fig. 2. Complessivamente le imprese attive dedite alla produzione Moda al primo trimestre 2014 sono oltre 8.000 (9% dell’Italia). Se aggiungiamo le imprese di distribuzione si superano le 42.000 unità (13% dell’Italia). Il valore delle esportazioni del comparto Moda in Campania, nel 2013, è di 1.088 milioni di euro, pari al 12% di quelle del Manifatturiero, e rappresentano circa la metà delle esportazioni Moda del Mezzogiorno (48,8%). L’abbigliamento, la ConciaPelletteria e le Calzature sono tra i comparti che alimentano maggiormente i flussi dell’export campano (in fig. 3 i dati). Il tasso di crescita delle esportazioni si mantiene su livelli positivi: +7,1% nel 2013 raggiungendo il 12% nel comparto

Tessile

Abbigliamento

Articoli in pelle e simili

Totale Produzione

Campania

4,0

4,3

7,6

5,3

Mezzogiorno

4,1

5,8

7,8

5,9

ITALIA

9,1

7,0

9,0

8,0

Fig. 2 Dimensione media: N. addetti per impresa Anno 2011 / Fonte: SRM su ASIA Istat

Pelle. L’UE-28 è la principale area verso cui la Campania esporta: 43,2% (Italia 51%). La regione presenta una maggiore apertura verso altri Paesi non Ue come l’Africa (10,5% contro il 3%), l’America (10,9% contro l’8,8%) e l’Area Med (9,3% contro il 6%). Gli scambi commerciali della Campania presentano un saldo negativo (quasi mezzo miliardo

di euro) a causa delle rilevanti importazioni dall’Asia Orientale. Notevole è l’attrattività sui mercati internazionali dei prodotti campani di alta gamma. Infatti, il valore unitario delle esportazioni campane si mantiene su livelli superiori rispetto a quello delle importazioni. Ciò rappresenta un’opportunità di crescita per il settore Moda regionale visto che nel mondo

Campania

48,8%

Puglia

27,4%

Abruzzo Basilicata Molise

17,1% 2,2% 1,9%

Sicilia

1,6%

Sardegna

0,8%

Calabria

0,1%

Fig. 3 Distribuzione dell’export regionale della Moda nel Mezzogiorno Fonte: SRM su Coeweb / Anno 2013


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FO C U S è aumentata la propensione ad importare beni di alta gamma della Moda da parte dei paesi emergenti. Il settore Moda, in Campania e nel Mezzogiorno, è alimentato, inoltre, dalla forza dei distretti. Nel Mezzogiorno sono presenti 9 distretti Moda (38 in Italia) su 25 (144 in Italia). In Campania 3 su 6 complessivi. I distretti Moda della Campania rappresentano il 33% del Mezzogiorno in termini di numerosità e il 56% in termini di export. In particolare l’export del distretto campano nel 2013 è stato di 739 milioni di euro, pari al 68% dell’export moda, valore superiore al dato meridionale (59,3%). Passando alla composizione della filiera in Campania, oltre alla produzione di qualità è interessante anche la fase “distributiva”. Si rileva che ben l’81% delle imprese Moda campane si occupano del commercio, percentuale superiore al dato nazionale (74%). In particolare, rilevante è il peso del commercio al dettaglio pari a 62% (59,7% Italia), mentre quello relativo al commercio all’ingrosso è quasi il doppio di quello nazionale (15,7% contro l’8,1%). Nell’ultimo biennio si è evidenziata una rilevante crescita del numero di imprese attive nella Moda per la Campania (+10%) contro un calo dell’Italia -1,3%. Tale performance rientra nel trend di lungo periodo. Infatti, allungando l’arco temporale fino al 2008 si rileva, per la Campania, una leggerissima crescita del

numero di imprese attive contro un calo dell’Italia (+1,2% contro -3,2%). Negli ultimi anni la redditività del settore ha subito un calo, soprattutto in Campania, a causa anche delle difficoltà della domanda interna. Per il 2014 si prevede una crescita del fatturato italiano (Tessile ed Abbigliamento) del 3,6% (52,5 mld.), dell’export del +6% (28,9 mld.) dell’import del +3,3% (18,4 mld). C’è inoltre la tendenza al «reshoring» ovvero il ritorno in Italia delle imprese che avevano delocalizzato. Ciò rappresenta un’opportunità di sviluppo per l’intera filiera. Permangono alcuni punti di debolezza: • Dimensione media ancora piccola; • Lentezza del sistema nel penetrare i mercati internazionali (a seguito della crisi del mercato domestico); • Mercati esteri spesso troppo complessi per chi non è dotato di congrua struttura organizzativa e finanziaria; • Difficoltà del ricambio generazionale. Di fronte a tale scenario, per accrescere la competizione delle imprese campane del settore occorre spingere tutto il sistema Moda a consolidarsi e a rilanciarsi. Per far ciò bisognerebbe puntare, da un lato, sulla solidità agevolando l’eccesso al credito (es. ruolo dei Confidi), rinforzando la patrimonializzazione, favorendo l’aggregazione, sviluppando il Capitale Umano e diffondendo la tracciabilità e i controlli per la tutela della qualità.

Non dimenticando infine i nuovi processi tecnologici che stanno modificando il modo di produrre, ma anche di distribuire i manufatti. Si pensi alla nuova tecnologia delle stampanti 3D per comprendere a quale livello di trasformazione si sta andando incontro anche e soprattutto nel settore della Moda. Dall’altro canto è necessario irrobustire la competitività delle aziende mediante la promozione dell’innovazione, il rinnovamento dei modelli di business, la diffusione di filiera e reti, la modernizzazione della distribuzione e l’ampliamento dei mercati di riferimento. In particolare occorre agire sia sul miglioramento delle dinamiche di funzionamento dei processi produttivi che sulla distribuzione e, quindi, sui mercati di riferimento. Occorre però evidenziare che in Campania alcune aziende del settore Moda hanno adottato dei Modelli imprenditoriali vincenti che percorrono vie parallele. C’è da un lato il Modello dell’artigianato di qualità caratterizzato da un’impresa familiare con produzione Artigianale di grande valore unitario e di successo internazionale. Dall’altro lato c’è un Modello del brand distribuito che si fonda sulla produzione industriale collocata attraverso il canale della Grande distribuzione (Franchising) con un Marchio Internazionale. E a breve per approfondire su www.sr-m.it sarà disponibile lo studio.


CO N F I N D US TRIA

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Progettare l’innovazione, un seminario a supporto delle pmi nel loro percorso dall’idea al mercato Si è tenuto lo scorso 18 settembre il workshop organizzato dalla Piccola Industria salernitana per approfondire con i qualificati esperti coinvolti, a beneficio dei tanti imprenditori presenti, strumenti e percorsi legati ai processi di innovazione di un prodotto o servizio a cura della Redazione Costozero

I

l nuovo Programma quadro Ue per la ricerca e l’innovazione - Horizon 2020 - inaugura un approccio mirato a sostenere tutto il processo che porta dall’idea al mercato, attraverso procedure semplificate e un’attenzione particolare alla partecipazione delle PMI. Per le aziende questa è l’occasione da non lasciarsi sfuggire per migliorare la propria competitività. E proprio per le imprese che vogliono saperne di più la Piccola Industria di Confindustria Salerno, in stretta collaborazione con il Comitato PI nazionale e con la rivista l’Imprenditore, ha organizzato lo scorso 18 settembre il seminario “Progettare l’innovazione. Dall’idea al mercato: i percorsi, gli strumenti” che, partendo dalle esigenze di sviluppo delle imprese ha fornito utili elementi di conoscenza per progettare l’innovazione: in particolare, quali sono le opportunità disponibili a sostegno dei progetti di R&I, come orientarsi nella scelta degli strumenti più idonei alla loro realizzazione, quali le finalità e modalità di utilizzo, quali i partner che possono accompagnare l’impresa in questo percorso. Dopo il workshop di carattere tecnico, con un dettaglio dedicato al settore agroalimentare (Scienze bio-alimentari: tecnologie e applicazione) e ai program-

Il tavolo dei relatori mi quadro UE 2014/2020 per R&I Horizon 2020 e Cosme, ha avuto luogo un’apposita sessione dedicata ad incontri di approfondimento tecnici per le singole imprese con esperti di Warrant Group, APRE, CNR e Confindustria. Dopo i saluti di Roberto Magliulo, Presidente Comitato Piccola Industria Confindustria Salerno, ha introdotto e coordinato i lavori Carlo Robiglio, Direttore L’Imprenditore. Sono intervenuti: Nicoletta Amodio, Responsabile Ricerca&Innovazione Confindustria e Isella Vicini European Funding Division Director Warrant Group. Marela Calabrese, Export Manager, ha illustrato la testimonianza aziendale della Agrioil Spa. Le conclusioni sono state affidate a Maria Cristina Bertelli-

ni, Vice Presidente PI Confindustria. «Le piccole e medie imprese salernitane – ha affermato Roberto Magliulo affrontano la sfida dell’innovazione per crescere e competere con successo sui mercati mondiali con la consapevolezza che innovare non significa improvvisare. È importante, dunque, che le aziende abbiano una dettagliata conoscenza delle opportunità disponibili a sostegno dei progetti di Ricerca & Innovazione, degli strumenti offerti dai programmi europei e nazionali e dei partner che possono accompagnare l’impresa in questo percorso. Con questa iniziativa abbiamo cercato di dare una risposta concreta e pratica alle esigenze delle nostre aziende associate».


CO N F I N D US TRIA

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Cooper Standard: qui il miglioramento è continuo La CSA di Battipaglia è stata scelta dai Giovani Imprenditori di Confindustria Campania per ospitare un workshop sul metodo kaizen, una giornata di apprendimento esemplare

di Raffaella Venerando

I

l 23 settembre scorso la Cooper Standard (CSA) di Battipaglia ha ospitato un workshop sul metodo Kaizen, promosso dal Gruppo GI di Confindustria Campania. Avviata con i saluti di Pietro Mancuso, Plant Manager dello stabilimento, di Francesco Palumbo, Presidente dei GI salernitani e di Nunzia Petrosino, leader dei GI di Confindustria Campania, la giornata ha visto un’ampia partecipazione di imprenditori che hanno mostrato notevole interesse a come, alcune realtà industriali della nostra zona, si siano ri-organizzate massimizzando in modo rapido, economico ed efficace la produttività attraverso il Kaizen, per affrontare una crisi che sembra ormai essere un nuovo punto di equilibrio con cui misurarsi. Subito dopo l’intervento di Alfredo Lambiase, Ordinario del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno, che ha innescato un dibattito vivace su quelli che sono gli sprechi nel settore pubblico, è seguita una presentazione “coinvolgente” dell’ingegner Carlo Ratto di Kaizen Institute che, con l’esempio evolutivo di una disciplina come il salto dell’asta, ha mostrato come il coraggio di cambiare il modo di pensare e il superamento dei “paradigmi” possano svelare nuovi modi di reagire e di crescere. A termine della prima parte della giornata in aula, il “Case Study”

presentato da Pietro Mancuso e Giovanni Tullio (Manufacturing Manager CSA). Ambedue i manager hanno presentato, con ammirevole passione, un progetto Kaizen attraverso cui, senza prevedere investimenti per l’acquisto di nuove macchine, ma solo cambiando il modo di lavorare (lay out, One piece flow, Riduzione dei WIP), sono stati raggiunti livelli di produttività/rendimenti tali da scongiurare la delocalizzazione della finitura di alcuni prodotti, ad alto contenuto di manodopera, presso paesi low cost. Nelle parole di Mancuso tutta la semplicità e, al contempo, la necessità di implementare attività lean: «È un processo che, portato avanti in maniera sistematica, umanizza il posto di lavoro, insegna alle persone come fare sperimentazione sul proprio lavoro utilizzando il metodo scientifico e come individuare ed eliminare gli sprechi all’interno dei processi che conducono». A volere con determinazione questa giornata di studio, Laura Caputo, Sales & Operation Manager di O.M.P.M S.r.l. e vice presidente GI Campania: «Confindustria vuole che si torni al manifatturiero ma secondo le attuali regole del mercato. Per questo abbiamo pensato a un aggiornamento sulle tecniche di miglioramento continuo. È necessario un cambio di mentalità

prima nelle nostre imprese per cambiare lo stato delle cose. Un’azienda media o piccola deve trovare il proprio modello di miglioramento continuo, coinvolgendo direttamente il personale che è parte attiva e fondamentale. Date le scarse convenienze del fare impresa, specie al Sud, siamo obbligati ad ottimizzare i processi e ridurre i costi. Non c’è alternativa. Anzi, c’è ed è la delocalizzazione e ad essa noi no vogliamo cedere fino a che ci sarà una possibilità di restare nella nostra terra. La lean è uno strumento importante in tal senso perchè lavora sui processi e aiuta a riportare competitività. Un grande ringraziamento va all’ingegnere Ratto che, senza alcun compenso materiale, ha per questa occasione voluto dare il suo contributo in termini di intelligenza al Paese. In Campania ci sono diverse aziende che implementano tecniche di Lean Manicfturing ma la scelta è ricaduta sulla CSA perché è esemplare la storia di questo stabilimento ex Pirelli: ponendo in essere in tutti i reparti e le aree di produzione tecniche lean gli uomini della CSA, tutti, hanno evitato la delocalizzazione. A Battipaglia la tensione al miglioramento continuo si respira e l’eccellenza sembra un fattore quasi tangibile tra gli uomini, siano essi manager o operai».


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La Rinaldi Group punta su formazione e innovazione per avanzare nel mercato del bedding L’azienda, tra le leader nel settore dei materassi – ha investito in un progetto – denominato DNA – focalizzato su ergonomia e comfort dei prodotti applicati ai materiali con l’obiettivo di ottimizzare, in termini di efficienza ed efficacia, il processo produttivo a cura della Redazione Costozero

È

stato presentato, in Confindustria Salerno lo scorso 30 settembre, il Progetto formativo “D.N.A. - Dynamic Natural Absorption”. Finanziato da Fondimpresa, voluto dalla Rinaldi Group - azienda tra le leader nel settore dei materassi – il progetto è frutto di un lavoro che ha coinvolto l’Ente Jobiz formazione e un team di docenti e ricercatori delle Università di Salerno e di Napoli. Lo studio ha riguardato le tematiche dell’ergonomia e del comfort dei materassi applicati ai materiali e l’ottimizzazione, in termini di efficienza ed efficacia, del processo produttivo. L’azienda ha avviato un percorso innovativo finalizzato anche a un miglioramento dell’ambiente di lavoro, coniugando

l’efficienza dei processi produttivi alla salute dei lavoratori. La Rinaldi Group, inoltre, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento “Company to Watch” per l’anno 2014, assegnato da “Databank” (divisione gruppo Cerved) come la più virtuosa e performante sul territorio nazionale nel settore materassi. L’azienda si è distinta, in particolare, per le performance di elevata competitività del rapporto prezzo/qualità/innovazione dell'offerta; per la sua struttura produttiva efficiente; per la capillare penetrazione soprattutto nelle regioni meridionali della Penisola, sfruttando i vantaggi logistici rispetto ai concorrenti del Centro-Nord e, infine, per la presenza in tutti i principali canali di

vendita del mercato nazionale. «Il settore del bedding si sta trasformando – ha affermato Stefania Rinaldi, Direttore Amministrazione, Finanza, Controllo e Marketing Rinaldi Group s.r.l. – ponendo sempre maggiore attenzione alla salute del consumatore e all’ambiente. Per tale ragione, abbiamo deciso di investire in innovazione al fine di proporre sui mercati italiani e internazionali un prodotto realizzato con materiali di qualità assoluta, controllato e garantito, in grado di coniugare solidità e morbidezza, resistenza e benessere, freschezza e traspirabilità e capace di assicurare ai clienti un riposo corretto e salutare ispirato ai principi dell’ergonomia e del comfort».

Marco Baione, Stefania Rinaldi, Mauro Maccauro e Vera Viola


C O N F I N DUS TRIA

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Una brochure per “farli conoscere” Il Presidente del Gruppo Assicurazioni e Servizi Finanziari di Confindustria Salerno, Mariano Porcini, ha scelto Costozero per presentare le aziende del comparto e le loro caratteristiche distintive di Raffaella Venerando

P

residente, questo numero di Costozero ospita - spillata al suo interno - una brochure di 16 pagine realizzata dal Gruppo Assicurazioni e Servizi Finanziari di Confindustria Salerno da lei presieduto. In sintesi, perché si è scelto questo strumento? In risposta a quali esigenze e in vista di quali traguardi da raggiungere? Fare gruppo, scambiarsi opinioni ed esperienze, ragionare insieme anche sulle criticità del settore in cui si opera o, più in generale, del sistema economico in cui ci si muove, credo sia una buona pratica che ogni imprenditore

Mariano Porcini Presidente Gruppo Assicurazioni e Servizi Finanziari di Confindustria Salerno

dovrebbe intensificare per potenziare innanzitutto il proprio business. Spesso, però, troppo occupati a badare ai propri affari, a far quadrare i conti, si finisce con il non conoscere nemmeno cosa fa nel dettaglio il collega associato dello stesso comparto, o di un altro gruppo merceologico. Sembra paradossale ma è così. Ed è per ovviare a questo gap di informazione che abbiamo voluto come Gruppo Assicurazioni e Servizi finanziari di Confindustria Salerno presentarci, dire chi siamo in forma scritta, attraverso una brochure che sinteticamente descriva le nostre attività e che ci valga come biglietto da visita all’interno e all’esterno dell’Associazione. Al Gruppo aderiscono aziende operanti nel settore assicurativo-finanziario e nelle attività ausiliari dei servizi finanziari e delle attività assicurative. In linea con gli obiettivi di Confindustria Salerno, il Gruppo promuove le iniziative più idonee finalizzate a sviluppare la collaborazione fra le imprese del Gruppo e fra queste e le aziende iscritte a Confindustria, diffondere la cultura d’impresa e la consapevolezza della funzione sociale, economica e politica delle imprese; favorire la formazione e l’affinamento di uno spirito associativo; contribuire alla vita dell’Associazione con apporto di idee e di azione. Ecco, crediamo che ci fosse bisogno di dare maggiore risalto alle peculiarità delle aziende del Gruppo ed è per questo che abbiamo deciso di sintetizzarle in una brochure. Riteniamo infatti, che, veicolata mediante il nostro Costozero ad una qualificata mailing list, e diffusa in occasione delle prossime iniziative collegiali, la brochure potrà essere uno strumento di comunicazione importante sia per rafforzare l’immagine del singolo associato al Gruppo, sia per farci conoscere da clienti prospect, ma soprattutto da colleghi, nuovi potenziali soci. Coesione e interazione devono diventare le parole faro delle nostre azioni future proprio a partire da questo primo impegno scritto.


S TRA TE GIE D ’ IMPRE S A

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Hard and Soft House, il partner ideale per le PMI Soluzioni e tecnologie informatiche al servizio delle imprese che vogliono ottimizzare i costi e rendere le proprie strutture più efficienti

a cura della Redazione Costozero

«L

a nostra mission? Stimolare le aziende del nostro territorio ad investire nelle innovazioni tecnologiche e a ridurre i costi di gestione delle loro infrastrutture informatiche. Purtroppo le nostre imprese non considerano sempre la tecnologia come

menti e le evoluzioni sono da sempre rapide e continue», spiega Sudano. «Nelle applicazioni software c’è stata, e continua ad esserci, l’esigenza di adattarsi alle crescenti richieste rivolte alle tecnologie dei social media in termini di comunicazione, relationship e mobility, sempre più necessarie alle un’opportunità da cogliere poten- aziende e al business. ziandola in termini di efficacia ed Le aziende richiedono sempre più soluzioni per la gestione e l’analisi dei efficienza». Ad affermarlo è Nicola Sudano, am- dati che diventano fondamentali per il controllo economico, ma soprattutto ministratore della società “Hard and per garantire ai propri interlocutori Soft House”, realtà di riferimento in Campania nella fornitura di soluzioni tempi di risposta più celeri. In virtù di e tecnologie informatiche grazie ad un questi nuovi scenari, le aziende hanno team di lavoro composto da 22 unità la necessità di adeguare i propri data (addetti amministrativi, commerciali, center per poter ospitare e gestire il tecnici e consulenti) di cui 11 prepo- crescente volume di dati in maniera tempestiva e sicura. ste ai servizi di assistenza tecnica e manutenzione dei sistemi informativi Le infrastrutture informatiche, nel frattempo, hanno subìto notevodei clienti. Dal 1991, anno della fondazione della li evoluzioni: i nuovi sistemi sono facilmente scalabili, flessibili e sicuri società (che ha sede a Battipaglia e consentono di ottimizzare e miin via SS 19), il settore dell’Inforgliorare la gestione dei dati per poter mation Technology ha subìto una sfruttare al meglio le nuove tecnologie vera e propria rivoluzione, che ha come per esempio la virtualizzazione visto l’ingresso sul mercato di nuove e il cloud». tecnologie al servizio delle imprese: Anche il settore risente fortemente «L’IT è un settore dove i cambia-

della crisi economica con inevitabili ripercussioni sul business delle imprese: «In questo periodo le PMI tendono a tagliare verticalmente sui costi - evidenzia l’amministratore di Hard and Soft House - senza però tener conto delle opportunità fornite dalle tecnologie che consentono proprio di ottimizzare i costi e di rendere le strutture più efficienti. In particolare, la maggior parte delle aziende si rivolge a noi per abbassare i costi di stampa, manutenzione e assistenza. Sappiamo bene che il successo di una piccola o media impresa dipende sostanzialmente da tre fattori: elevata soddisfazione dei clienti, alta produttività del personale e bassi costi di gestione».


S TRA TE GIE D ’ IMPRE S A

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Tekla day, un evento in Companìa Porte (e finestre) dell’azienda del Gruppo Prete sono state aperte quest’anno, il 19 settembre, per una giornata di studio rivolta a privati, aziende e professionisti del settore edile e non solo

a cura della Redazione Costozero

P

I visitatori al Tekla Day, 19 Settembre 2014

er potenziare la necessaria collaborazione tra attività commerciali e servizi nel settore edile, la Tekla ha ideato e realizzato, il 19 settembre scorso, una giornata formativa tecnico/commerciale aperta a privati, aziende e professionisti che, oltre ad accrescere le competenze dei partecipanti - sono stati rilasciati tra l'altro anche crediti formativi per gli architetti - fosse il giusto pretesto per creare un’aggregazione forte e trasversale tra gli operatori del comparto. L’idea di fondo dell’evento – denominato Companìa, a riprova del valore aggregativo dello stesso – è stata, infatti, quella di dare vita a un percorso sinergico a be-

neficio dei partecipanti che coinvolgesse le attività aziendali di Tekla, importanti aziende edili e le eccellenze alimentari della Campania. Tutti per una, Tekla, e Tekla per tutti. Più nel dettaglio, la giornata si è articolata in due momenti: uno congressuale, di studio e formazione - organizzato in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Salerno, che ha visto in “cattedra” il professor Roberto Minciotti della Maico Academy, la dottoressa Laura Manzo e Piercarlo Romeo della Fym - e l’altro più segnatamente esperienziale, con la possibilità di visualizzare i prodotti o servizi di 20 aziende in zone espositive dello stabilimento allestite ad hoc e visitabili tuttora su appuntamento. In un’ottica di complessiva sinestesia, i partecipanti hanno anche potuto godere di prelibati vini selezionati dal brand Teonaco e di un lunch a marchio De Vivo provenienti da aziende alimentari artigianali locali. Dai feedback positivi degli ospiti inviati all’azienda, Companìa può dirsi senz’altro un appuntamento da rifare. Il format studio + convivialità ha incontrato gradimento e soddisfazione, a riprova dell’elevata competenza e professionalità dei padroni di casa.


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Iannone, Nuceria Group: «La territorialità è alla radice del nostro successo internazionale» L’azienda nata a Nocera Superiore, leader nel settore delle etichette autoadesive e partner multiplant nel mondo del packaging industriale – pur essendo fortemente legata alle proprie origini - oggi guarda al futuro dinamicamente proiettata verso mercati fuori confine

di Raffaella Venerando

D

ottoressa Iannone, la Nuceria Adesivi – leader nel settore delle etichette autoadesive e partner internazionale multiplant nel mondo del packaging industriale – è stata selezionata dall’Osservatorio Pmi di Global Strategy come una delle 300 piccole e medie imprese eccellenti: aziende che, anche in tempo di crisi, “ce l’hanno fatta” e sono cresciute ad un ritmo 3 volte superiore alla media del settore raddoppiando il loro reddito operativo negli ultimi 5 anni e rafforzando la propria solidità finanziaria. Un riconoscimento questo che premia la vostra crescita

costante, ma…come è cominciata la vostra avventura imprenditoriale? Quali sono attualmente i numeri, i clienti e i mercati serviti dalla vostra azienda? Parlare oggi di “Nuceria Adesivi” non rappresenta pienamente la nostra realtà, che nell’ultimo anno ha concretizzato una nuova veste giuridica di “gruppo”. L’azienda era nata 30 anni fa in uno stabilimento in provincia di Salerno, per essere successivamente delocalizzata in un insediamento produttivo alle porte di Milano negli anni ‘90. Nel mese di marzo di quest’anno, poi, attraverso l’acquisizione di una nuova società, la Appia Etichette a Torino, è nata Nuceria group, a sottolineare una visione globale nel settore del packaging. Tra i fattori alla base del nostro successo, le partnership di ieri e di oggi con clienti multinazionali, da noi supportati con flessibilità, innovazione e attenzione costante ai costi. Tale formula si estende non solo alle etichette (autoadesive, carta colla, shrink-sleeves, roll-fed) ma anche ai prodotti di cartotecnica (astucci incollati, cluster) e ai film flessibili per


S TR A TE GIE D ’ IM PRE S A una connotazione multiprodotto che ta la percezione dei partner? Quali i quest’anno ci proietta ad un fatturato principali vantaggi e quali, invece, le maggiori difficoltà nell’essere un’aziendi oltre 50.000.000 di euro. da italiana, dell’Italia meridionale, Oggi produrre non basta più. Occorre oggi? innovare, differenziare, evolvere ed Il meridione è un “pregiudizio” di innalzare le merci. Nuceria Group lo quanti non ne riconoscono l’opporfa: quali i principali brevetti? tunità. Un team di ingegneri specializzati La nostra azienda, che ha subito un – il Nuceria Lab – è costantemente processo di delocalizzazione, ha prodedicato alla ricerca di nuove solufonde radici in questo territorio che zioni di packaging sostenibili, anche rappresenta una chiave di successo integrate, nelle diverse divisioni del occulta dei traguardi raggiunti. gruppo. Questo impegno ha generato solo negli ultimi mesi i seguenti progetti: - accoppiamenti di materiali autoadesivi con speciali liner in pet per il settore olio, in ottica di incremento dell’efficienza produttiva; - serializzazioni di astucci per il settore pharma, con stampa di dati variabili randomici e certificati per la tracciabilità del prodotto; - la “secure label” per il settore wine&spirits, che garantisce, anche attraverso l’applicazione di lamine personalizzate, una identificazione chiara della stampa sottostante l’adesivo in ottica anticontraffazione. Una speciale tecnica di reverse printing preserva l’adesivo per ogni applicazione. Ma come si diventa una PMI eccellente e come si fa a mantenere livelli di performance elevati specie in tempi di crisi economica? Si punta alla “territorialità”, valorizzando le risorse in termini di formazione e di recupero delle efficienze produttive. Inoltre si “vive” il mercato, ascoltando le reali esigenze e anticipandone i trend attraverso confronti con l’intera filiera. È cambiato il modo di comunicare il made in Italy sui mercati? È cambia-

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I marchi del Nuceria Group

Uno dei brevetti del Nuceria Group


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Flex Packaging, l’evoluzione costante di un’azienda di “carattere” Gianfranco Del Percio, amministratore delegato della PMI cavese selezionata dal Comitato Piccola Industria come testimonial d’eccezione di impresa innovativa al Forum nazionale tenutosi a Napoli il 3 e 4 ottobre, ne ripercorre in questa intervista la storia flessibile ma tenace: «Ancor prima di raggiungere un traguardo – dichiara - pensiamo a quello successivo» di Raffaella Venerando

D

ottor Del Percio, la Flex Packaging – attiva nel settore della produzione di imballaggi flessibili – è stata selezionata dal Comitato nazionale Piccola Industria come testimonial d’eccezione di impresa innovativa. Un riconoscimento che premia la vostra crescita costante, lunga ormai più di 15 anni… come è cominciata la vostra avventura imprenditoriale? Quali sono attual-

Gianfranco Del Percio / AD FLEX PACKAGING

mente i numeri, i clienti e i mercati serviti dalla Flex Packaging? Il mio progetto, sin da quando ero ragazzo, era di realizzare una mia iniziativa autonoma. Questa ambizione fu rafforzata dall’onore di aver conosciuto il Cavaliere del Lavoro Armando Di Mauro che, con il suo esempio e i suoi insegnamenti, anche se purtroppo per solo

qualche anno, fece nascere in me l’amore per l’attività industriale. Condivisi poi quest’idea sia con mio fratello che con l’amico fraterno Franco D’Amico e ciò determino la nascita, operativamente dal 05 maggio 1988, della Flex Sud S.r.l. sulla base della determinazione di avviare un’iniziativa aziendale maturata dalla pregresse esperienze. Oggi la Flex Packaging conta circa 1.100 clienti attivi, circa 5.000 commesse annue, è presente in tutte le regioni in ambito nazionale e sta crescendo in ambito internazionale a buon ritmo. Insomma, abbiamo fatto un bel po’ di strada. Oggi produrre non basta più. Occorre innovare, differenziare, evolvere ed innalzare le merci. La Flex Packaging lo fa: quali i principali brevetti? Nell’anno 2013 la società ha investito in nuovi impianti, macchinari ed attrezzature 1.423.724 euro e 148.623 euro in ricerca sviluppo. Se consideriamo l’ultimo triennio gli importi sono, invece, rispettivamente 3.704.204 euro e 395.271 euro. Il nostro programma di investimenti per il biennio 2014/2015 prevede investimenti per complessivi 5.000.000


S TRA TE GIE D ’ IMPRE S A euro. Credo che questi numeri si commentino da soli. Nell’ambito dell’active packaging abbiamo già conseguito un brevetto europeo e un altro è in fase di redazione. Entrambi si rivolgono al settore food e possono riassumersi nella dichiarata intenzione di far interagire l’imballaggio con l’alimento ai fini, ma non solo, di un incremento della shelf life del medesimo. Le applicazioni potenziali di questa tecnologia sono state efficacemente spiegate nella puntata dello scorso 14 agosto della trasmissione televisiva Superquark che, avuta cognizione della nostra innovazione, ha effettuato anche delle riprese, all’interno del nostro sito produttivo, del ciclo di produzione.

24 sugli input che riceviamo dal costante scambio di informazioni da clienti e fornitori. Perseguiamo con tenacia l’incremento dell’efficienza e la piena soddisfazione del cliente; ciò è stato ed è possibile conseguirlo grazie alla coesione, alla professionalità e all’impegno dei nostri collaboratori.

Come è possibile dare valore alla filiera dell’innovazione? Credo, a mio modesto avviso, che affinché l’innovazione possa essere sempre meno un concetto astratto e sempre più una strategia corrente, occorra innanzitutto un approccio di carattere mentale che non dia nulla per scontato, che sappia accettare il confronto e che non privilegi l’arroccamento, sin troppo frequente nel Vi avvalete di un laboratorio interno o e nostro Paese, su rendite di posizione. “migliorate” anche grazie a partnership É particolarmente efficace al riguarcon il mondo accademico? do una frase di Steve Jobs che recita Abbiamo dall’anno 1994 un labo“penso che se fai qualcosa che risulti ratorio interno che è costantemente essere molto buono, allora devi metaggiornato per ciò che concerne le terti a fare qualcos’altro di magnifico, attrezzature interne in dotazione. La non fermarti per troppo tempo. Pensa rilevanza delle stesse è tale che per al- solo a cosa fare dopo”. cune siamo noi a fare da supporto agli Nel concreto occorre incentivare, Istituti universitari campani piuttosto anche defiscalizzando in via puntuale che il contrario. al riguardo, chi investe in innovazioQuesto laboratorio è retto da un ne, in tecnologia, in collaborazioni ingegnere chimico, specializzato in con università o centri di ricerca, tecnologie dei materiali che collabora in formazione, chi favorisce stage con noi sin dalla sua immediata fase o, ancor più assume personale. Va post laurea. Con lo stesso collaborano incentivata altresì la costituzione di costantemente, oltre a nostri dipenreti di Impresa in quanto, sovente, il denti, stagisti provenienti dal mondo nanismo industriale del nostro tessuto universitario. imprenditoriale mal si concilia con La nostra collaborazione con il innovazioni di prodotto tant’è che mondo universitario parte da lontale attività delle imprese sono sempre no ancorché sia divenuta continua e più orientate verso l’innovazione di costante dal 2003; abbiamo al moprocesso. mento tre convenzioni con università Occorre anche prevedere semplificampane con rapporti frequentissimi cazioni e certezze temporali per ciò e sinergici sia per ciò che concerne il che concerne i risvolti delle attività inmondo dell’innovazione sulla base sia novative nei rapporti con la pubblica delle nostre ricerche di mercato, sia amministrazione e il presidio di con-

cetti fondamentali quali, a solo titolo esemplificativo, la tutela del copyright. Ritengo infine che, anche per i lavoratori, vadano previsti dei veri e proprio crediti formativi per evitare che il dipendente ritenga di essere “arrivato” di non dover più investire nella propria formazione personale e professionale al conseguimento del contratto a tempo indeterminato sul proprio posto di lavoro. Come valuta l’esperienza consortile in relazione al piano di investimenti recentemente cofinanziato dalla Regione Campania? Ci sono alcune luce e molte ombre. La Flex Packaging AL S.p.a. si è molto battuta per portar avanti un progetto su cui anche una parte rilevante dei nostri partner consorziati era, per oggettivi motivi, scettica atteso che stiamo parlando di un’attività avviata nell’estate dell’anno 2008 ove il decreto di concessione regionale è avvenuto solo il 30 Giugno 2014. Il rilevantissimo tempo intercorso fra le due date di cui sopra credo si commenti da solo anche se va dato atto alla struttura della Regione Campania di aver effettuato, nell’ultimo anno, un lavoro intensissimo e qualitativamente elevato per non privare il tessuto imprenditoriale campano delle possibilità offerte, in termini di agevolazioni finanziarie, dalla legge regionale 12/2007. Per ciò che concerne invece i rapporti fra le Aziende facenti parte della compagine consortile è sicuramente un pregio aver rafforzato una serie di rapporti soprattutto personali che, in origine, erano minimi e/o inesistenti. Ciò al momento, però, non ha ancora determinato il fiorire di strategie comuni che non fossero strettamente legate al piano di investimenti di cui trattasi.


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Marina d’Arechi: più di una sfida nella sfida Si concluderà entro la primavera del 2015 l’iter di costruzione dell’intera infrastruttura portuale, condotta in tempi record, realizzando la prima fase dell’investimento, pari a 80milioni di euro, tutto senza alcun contributo pubblico a fondo perduto

a cura della Redazione Costozero

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l nuovo porto turistico di Salerno, Marina d’Arechi, controllato dal Gruppo Gallozzi, si avvia a completare i lavori delle opere a mare che ne faranno uno dei più importanti marina del Mediterraneo. Dalla prossima stagione, infatti, i diportisti potranno godere di tutti i 1.000 posti barca previsti dal progetto e di nuovi importanti servizi, commerciali e di intrattenimento. Si concluderà, così, entro la primavera del 2015 l’iter di costruzione dell’intera infrastruttura portuale, condotta in tempi record, realizzando la prima fase dell’investimento, pari a 80milioni di euro, tutto senza alcun contributo pubblico a fondo perduto. Si tratta dell’unico progetto di finanza deliberato dalla Regione Campania ad aver visto l’inizio e la fine dei lavori, mentre gli altri tre projects, approvati nella stessa epoca, sono tuttora fermi al palo (Porto Pineta Mare, Porto Fiorito a Napoli, Polo Nautico). Marina d’Arechi ha puntato tutto sul proprio conto economico di gestione e quindi sul mercato per sostenere l’investimento, affrontando con coraggio la sfida di realizzare un’opera di enorme portata finanziaria nel momento storico

più difficile che si ricordi a memoria d’uomo, muovendosi senza approfittare delle rendite di posizione consuete in questo settore. Ha scelto di realizzare il primo vero marine resort di Salerno, offrendo servizi di altissima qualità a parità di prezzi e cogliendo la sfida dell’Italian Way of Life, con tutti gli ingredienti speciali di passione, amore, bellezza, sogno e magia, che ancora ci rendono unici nel mondo. L’efficienza dimostrata è stata più volte presa ad esempio da autorevoli rappresentanze istituzionali che hanno voluto attestarne l’eccellenza, ancor più apprezzabile in quel Centro-Sud d’Italia ingiustamente considerato non all’altezza della sfida delle grandi opere. In questi anni, il Marina ha saputo già conquistarsi uno spazio di primo piano nei mercati nazionali e internazionali, tanto da aver fatto registrare nel 2014 la presenza di oltre 500 imbarcazioni, di cui circa 100 dai 24 ai 60 metri, in tran-

sito. Sono tanti i diportisti che hanno scelto di acquistare o affittare un posto barca, alcuni dei quali addirittura prima dell’inizio dei lavori di costruzione. Il progetto ha sempre ricevuto la fiducia di clienti, investitori, istituzioni e banche, confermando la positività delle scelte fatte, sia in termini progettuali che di offerta: massimi standard infrastrutturali, di comfort, di servizi e di sicurezza, di divertimento, uniti a un programma di eventi che ne fanno un luogo da frequentare piacevolmente in ogni momento dell’anno. Marina d’Arechi è, insomma, sempre di più il punto di riferimento per quanti abbiano il desiderio di vivere a pieno la propria passione per il diporto, rifuggendo dalla logica del “parcheggio” a mare. É una sfida imprenditoriale ambiziosa, creativa e coraggiosa portata avanti in un momento in cui è - per contribuire al futuro del nostro Paese – è indispensabile esprimersi proprio con convinzione, ambizione, creatività e coraggio.


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San Giorgio S.p.A., la genuinità della prima colazione Per soddisfare le richieste dei consumatori più esigenti, l’azienda produttrice di dolci e salati surgelati, ha realizzato la linea Mamita, nata grazie ad un rigoroso processo di produzione basato sulla realizzazione di prodotti da forno a lievitazione naturale a cura della Redazione Costozero

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a San Giorgio S.p.A è un’ azienda produttrice di prodotti dolci e salati surgelati. In oltre trent’anni di attività ha continuamente diversificato la sua offerta e, grazie alla tecnologia del profondo freddo, è riuscita a raggiungere in tutti i luoghi i consumatori con una ricca gamma di prodotti surgelati, atti a coprire i diversi momenti di consumo: dalla prima colazione al bar del mattino, al rompi-digiuno, dallo spuntino pomeridiano fino alla presenza a tarda notte nelle cornetterie e locali no stop. Tutti i prodotti sono di esclusiva produzione della San Giorgio.

L’azienda è situata a Castel San Giorgio su un’area di 25.000 mq, di cui 15.000 mq coperti dedicati allo stabilimento, con otto linee produttive e alle celle frigorifere con 3.000 posti pallet. Gli impianti produttivi e di conservazione provengono da tutto il mondo e vantano tecnologie di ultima generazione. La gamma dei prodotti, rivolta principalmente ai bar, nel campo del dolce conta 162 referenze mentre in quello del salato 64. L’azienda è certificata UNI EN ISO 9001/2008 e, in previsione dell’espansione all’estero, ha implementato lo standard qualitativo BRC for food savety. Le ultime referenze di maggior successo sono i Mamita, prodotti a lievitazione naturale, madre del vero sapore. Si distinguono in quanto il lievito naturale esalta il profumo, il gusto, il retrogusto, la digeribilità, l’alveolatura, la fragranza e la durata. Per maggiori dettagli sull’intera gamma offerta invitiamo a consultare il sito www.sangiorgiospa.eu


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La rigenerazione urbana in chiave sostenibile Le politiche urbane vanno ripensate rilanciando le città attraverso un modello di sviluppo che promuova nuove politiche di piano, votate anche alla riduzione dei costi

Ferdinando Elefante Relationship Manager - Gabetti Property Solutions

L’

intensa attività immobiliare sviluppatasi nel nostro Paese nel dopoguerra non si è tradotta in un corrispondente investimento nel benessere urbano, anzi - soprattutto le periferie, cresciute velocemente nella seconda metà degli anni ’80 - risultano oggi impoverite e caratterizzate spesso da consistenti deficit di manutenzione, oltre che di infrastrutture per la mobilità e i servizi. Considerati inoltre i tempi incerti che stiamo attraversando negli ultimi anni, occorre di certo ripensare le politiche urbane attraverso il tema della rigenerazione urbana sostenibile, rilanciando le città attraverso un modello di sviluppo che promuova nuove politiche di piano, guidate dall’economia reale. Oggi il concetto di “Green City” o di “Eco City” o ancora di “Sustainable City” racchiude i molteplici aspetti di un agglomerato urbano il cui funzionamento e la cui gestione sono guidati da azioni “responsabili” in tema ambientale. É bene poi sottolineare che gli obiettivi noti come “20-20-20 target”, fissati ambiziosamente dall’Unione Europea e raggiungibili, almeno in parte, attraverso la realizzazione di nuovi edifici con fabbisogno netto di energia pari a zero e la ristrutturazione di edifici esistenti per portarli al minimo consumo, sono anch’essi espressione della rigenerazione urbana sostenibile. Il Gruppo Gabetti, forte della sua trasversalità su tutta la filiera immobiliare, grazie alle varie società che lo compongono, da anni è attivo nel cercare di

fornire servizi tali da incontrare le reali esigenze degli attori coinvolti nel real estate in un’ottica di sostenibilità. Se da un lato la sostenibilità deve obbligatoriamente recepire quelli che sono i concetti più nobili legati proprio alla cura del nostro pianeta e dell’ambiente in cui viviamo, dall’altro, devono essere tradotti anche in aspetti più pratici con un occhio di riguardo ai temi economici e, quindi, legati alla riduzione dei costi. É vero che da diversi anni si parla di sostenibilità, che la parola ’’green’’ è ovunque ma, poiché in certi casi non viene ancora percepita come vantaggio competitivo rispetto a chi opera in modo tradizionale, forse occorrerebbe modificare leggermente anche la campagna di sensibilizzazione su queste tematiche. Il messaggio un po’ provocatorio che Gabetti vuole lanciare è quello di non partire dal concetto nobile della sostenibilità fine a se stessa ossia volta a ‘’salvare” il pianeta – con l’obbligo per tutti di attivarsi per una riduzione delle emissioni di CO2, un minor utilizzo di combustibili tradizionali e quindi per l’efficientamento degli immobili - bensì partire dall’esigenza reale di chi gestisce gli immobili che è quella di ridurre i propri costi gestionali: il risultato che si otterrebbe sarebbe comunque quello di un sistema più sostenibile e tutti ne gioverebbero, sia il nostro ambiente, sia gli operatori immobiliari. In altre parole l’idea è quella di vedere l’ecosostenibilità come risultato e non come esigenza.


E D I LI Z I A IND US TRIA LE

Sblocca Italia, cosa cambia per l’edilizia privata Arriva qualche semplificazione importante, tra cui quella relativa alla comunicazione degli interventi di manutenzione straordinaria su case e immobili d'impresa. Il promotore dovrà trasmettere all'Amministrazione la CIL «asseverata» con la quale il tecnico attesterà la conformità dell'intervento di Mira Norma Consigliere Ordine Architetti Salerno / Funzionario Responsabile Area Tecnica Settore Urbanistica Manutenzione e Servizi / Comune di Campagna (SA) miranorma@libero.it

N

umerose le modifiche al Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001) apportate dall’art. 17 del Decreto Sblocca Italia finalizzate alla semplificazione delle procedure, alla riduzione degli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, ma soprattutto al recupero del patrimonio edilizio esistente e alla riduzione del consumo del suolo. Agli interventi di manutenzione straordinaria definiti con l’articolo 3 comma 1 lett. b) del T.U.E. «le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso» sono stati aggiunti «gli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione

delle opere anche se comportano la variazione del carico urbanistico purché si mantenga l’originaria destinazione d’uso». Con il Decreto Sblocca Italia tali interventi rientrano, quindi, a far parte delle attività di edilizia libera, vengono esonerati dal contributo di costruzione, sono realizzabili con CIL (Comunicazione Inizio Lavori) asseverata anziché con SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e possono comprendere anche la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari e del carico urbanistico. L’intervento non deve modificare la volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti, non deve prevedere cambi di destinazione d’uso e non deve coinvolgere le parti strutturali dell'edificio. Importante novità è che la CIL è valida anche ai fini dell’aggiornamento catastale in quanto è l’Amministrazione Comunale che

la inoltra tempestivamente all’Agenzia delle Entrate. Viene introdotto con l’articolo 23 ter il concetto di “mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”, ovvero un cambio dell’utilizzo dell’immobile rispetto a quello originario, senza opere edilizie, tale da comportare l’assegnazione dell’immobile ad una diversa categoria funzionale tra: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva, direzionale, commerciale, rurale. Il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito. In tutto il Testo Unico dell’Edilizia la DIA viene sostituita con la SCIA. Anche le varianti a permessi di costruire - che non configurano una variazione essenziale, conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie, attuabili dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggi-


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Nel calcolo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione vanno differenziati gli interventi al fine di incentivare, in particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione

stici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore - sono realizzabili mediante SCIA e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente e la riduzione del consumo del suolo viene definito (art.3 bis del DPR 380/2001) un “nuovo” intervento edilizio: l’Intervento di conservazione. «Lo strumento urbanistico individua gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione. In tal caso l’amministrazione comunale può favorire, in alternativa all’espropriazione, la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa. Nelle more dell’attuazione del piano, resta salva la facoltà del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario». Viene confermata la

norma che ammette gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica anche in aree industriali dimesse. La richiesta di permesso di costruire, in deroga alle destinazioni d’uso, deve ottenere la deliberazione del Consiglio comunale che ne attesti l’interesse pubblico. Ai fini dell’accelerazione delle procedure, i termini per il rilascio del permesso di costruire vengono raddoppiati, non più per tutti i Comuni oltre i 100mila abitanti, ma solo nei casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento. Il “permesso di costruire convenzionato” è possibile rilasciarlo qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte, sotto il controllo del Comune, con una modalità semplificata. La convenzione dovrà specificare gli obblighi del soggetto attuatore: la cessione di aree con l’utilizzo di diritti edificatori, la realizzazione delle opere di urbanizzazione, le caratteristiche morfologiche degli interventi, la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale. L’attuazione degli interventi può avvenire per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti.

Per gli interventi di trasformazione urbana complessi, il calcolo del contributo per il rilascio del permesso di costruire è solo in base al costo di costruzione. Le opere di urbanizzazione, invece, sono direttamente messe in carico al privato che ne resterebbe proprietario. Inoltre, nel calcolo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, vanno differenziati gli interventi al fine di incentivare, in particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia anziché quelli di nuova costruzione ( art. 17 co.4 bis «…il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al 20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni…»). Viene altresì semplificata la comunicazione degli interventi di manutenzione straordinaria su case e immobili d'impresa (art. 6 co. 2 lett. a ed e-bis). Il promotore dovrà trasmettere all'Amministrazione la CIL «asseverata» con la quale il tecnico attesterà la conformità dell'intervento agli strumenti urbanistici, l'esclusione dell'intervento sulle parti strutturali e i dati dell'impresa cui si intende affidare i lavori.


NO R M E E S OCIE TÀ

In vigore la nuova riforma della giustizia civile Lungo l’iter parlamentare per la conversione in legge: ci si augurano modifiche e integrazioni, specie in relazione alla negoziazione assistita e alla sua obbligatorietà

Marco Marinaro Avvocato Cassazionista / Membro Abf Roma info@studiolegalemarinaro.it

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al 13 settembre 2014 è in vigore l’ennesima riforma della giustizia civile e i risultati auspicati dal Governo di rendere più rapido ed efficiente il processo appaiono particolarmente ambiziosi soprattutto per le imprese. Esaminando il testo del decreto legge 12 settembre 2014 n. 137 che contiene le “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile” si possono individuare due linee di intervento. La prima è quella che mira a deflazionare il contenzioso pendente che, gravando sugli uffici giudiziari, rende oltremodo complesso il funzionamento ottimale della macchina processuale. L’obiettivo quindi è quello di porre ulteriori filtri all’accesso indiscriminato al giudice statale attivando al contempo strumenti alternativi utili a consentire un più veloce smaltimento dei processi che languono nei tribunali e nelle corti di appello. Queste sono le ragioni che hanno

indotto il Governo ad introdurre la negoziazione assistita. Si tratta di una procedura cogestita dagli avvocati delle parti che ha quale fine il tentativo di raggiungere un accordo conciliativo che può divenire titolo esecutivo stragiudiziale. In talune materie, la negoziazione assistita è stata prevista quale condizione di procedibilità e ciò per accrescerne l’efficacia in chiave deflattiva e (per la diversità delle materie) in funzione complementare alla mediazione. Chi intende quindi esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dei casi nei quali è prevista dalla legge la mediazione quale condizione di procedibilità, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50mila euro. Restano espressamente


30 / 31 escluse le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori. Occorre tuttavia precisare che questa specifica disposizione, e cioè quella che prevede l’obbligatorietà della negoziazione assistita, entrerà in vigore decorsi 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Altra innovazione con finalità deflattiva è la traslatio iudicii che consente alle parti di chiedere congiuntamente al giudice per i processi pendenti la traslazione del processo dinanzi ad un collegio arbitrale composto di avvocati scelti dalle parti o, in mancanza, dal presidente dell’Ordine forense competente per territorio. Al fine di incentivare il ricorso allo strumento arbitrale mediante la traslazione del processo, è prevista la possibilità che il Ministro della giustizia - con decreto regolamentare - preveda una riduzione dei parametri per i compensi degli avvocati chiamati a svolgere le funzioni di arbitro in queste procedure. Lungo la seconda linea di intervento si collocano poi le misure adottate per la funzionalità del processo civile e in particolare per la tutela del credito, alcune delle quali appaiono da segnalare soprattutto alle imprese. In particolare al fine di evitare che i tempi del processo costituiscano di fatto una forma di finanziamento al ribasso (in ragione dell’applicazione del tasso legale d’interesse), consentendo una strumentalizzazione dell’azione giudiziaria, è stato introdotto, in coordinamento

con la disciplina comunitaria sui ritardi nei pagamenti relativi alle operazioni commerciali (attuata con decreto legislativo n. 231 del 2002, recentemente modificato), uno specifico incremento del tasso di interesse moratorio durante la pendenza della lite. È stato, infatti, disposto che qualora le parti non abbiano esse stesse previsto la misura del tasso d’interesse moratorio, dal momento della proposizione della domanda giudiziale il tasso d’interesse legale deve considerarsi pari a quello previsto dalle richiamate disposizioni in tema di ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali. Altre modifiche di interesse attengono poi al processo esecutivo e più specificamente alla ricerca dei beni di pignorare. L’asimmetria informativa che in sede di recupero del credito connota la relazione tra credito e debitore è, infatti, uno dei problemi principali nell’azione per il recupero del credito. Per tale motivo sono stati implementati i poteri di ricerca dei beni da parte dell’ufficiale giudiziario che attualmente ha l’accesso diretto nelle banche dati pubbliche contenenti informazioni rilevanti ai fini dell’esecuzione, in primo luogo l’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari. Terminate le operazioni di ricerca dei beni con modalità telematiche, l’ufficiale giudiziario comunica al creditore le banche dati interrogate e le informazioni dalle stesse risultanti a mezzo telefax o posta elettronica anche non certificata; quest’ultimo, in esito alle ricerche effettuate,

La giustizia sostenibile / L'ultimo libro curato da Marco Marinaro

entro 10 giorni indica all’ufficiale giudiziario i beni da sottoporre ad esecuzione. Infine, dal punto di vista organizzativo ma con una incidenza sui termini processuali, è stato modificato il periodo di sospensione feriale per cui la durata della sospensione è stata fissata dal 6 al 31 agosto, ridotta quindi - rispetto a quella ormai vigente dal 1969 - da 45 giorni a 25 giorni. Sarà interessante verificare le modifiche e le integrazioni che saranno apportate lungo l’iter parlamentare che si è avviato per la conversione in legge. Si auspicano da più parti una serie di miglioramenti, soprattutto in relazione alla negoziazione assistita e alla sua obbligatorietà in relazione alla quale si sono posti non pochi dubbi di legittimità costituzionale.


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Le novità in materia edilizia con il decreto Sblocca Italia I permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici territoriali, finora ammessi solo in caso di edifici pubblici, saranno possibili anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica in aree industriali Luigi D’Angiolella Avvocato e Presidente della Camera Amministrativa Comunitaria della Campania studiodangiolella@tin.it

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opo molta attesa, è stato pubblicato il Decreto "Sblocca Italia" (D.L. n. 133 del 12 settembre 2014). Come capita purtroppo spesso, si tratta di un decreto che comprende moltissimi argomenti: dalla responsabilità civile dei magistrati, alla rete di telecomunicazioni; da miniriforme del processo civile e penale, al Commissariamento di Bagnoli fino ad arrivare a misure fiscali vantaggiose per le locazioni. Tra le interessanti innovazioni, di particolare interesse per gli imprenditori sono le novità in materia edilizia. Innanzitutto, si allarga il novero degli interventi di "manutenzione straordinaria": ne fanno parte ora anche il frazionamento o l'accorpamento delle unità immobiliari. Poi vi sono nuove fattispecie per i permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici territoriali: finora ammessi in caso di edifici pubblici, oggi possibili anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica anche in aree industriali dismesse. In tali casi, l'interesse pubblico dovrà essere attestato con delibera del consiglio comunale. Il permesso di costruire convenzionato potrà far luogo degli strumenti di pianificazione attuativa che hanno procedimenti di approvazione notevolmente più lunghi. Esso varrà quando le esigenze di urbanizzazione di una determinata area potranno essere soddisfatte mediante modalità semplificate, senza ricorrere a strumenti attuativi (in Campania, i c.d. PUA). Quanto ai termini per il rilascio del permesso, ora tutti i Comuni devono rispettare quelli "ordinari" (60 gg per l'istruttoria, l'acquisizione dei pareri e la formulazione del provvedimento con possibilità di interruzione nei primi 30 gg per richiesta di integrazioni). La possibilità di raddoppio sussiste solo per i progetti particolarmente complessi.

Quando l'inizio o la fine dei lavori sono impediti da iniziative della P.A. o dell'autorità giudiziaria che si rivelano poi infondate, la relativa proroga è un atto dovuto. Appare poi opportuno il definitivo abbandono della DIA, viste le incomprensioni giornaliere che gli operatori incontrano con gli Uffici Comunali. Dopo più di quattro anni dalla sua introduzione nell'ordinamento giuridico, la "SCIA" sostituisce a tutti gli effetti la "DIA" che sopravvive solo ove prevista in sostituzione del permesso di costruire (ex Super DIA). "SCIA" anche per le varianti minori a permessi di costruire, a condizione che gli interventi siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e attuati dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli. Si ampliano le ipotesi del mutamento di destinazione d'uso. É rilevante ora solo la modifica che comporta l'assegnazione dell'immobile a una differente categoria funzionale tra (a) residenziale e turistico-recettiva, (b) produttiva e direzionale, (c), commerciale, (d) rurale. É fatta salva la possibilità per le Regioni di disciplinare differentemente la materia. Scompare di nuovo il ricorso alla Conferenza di Servizi per il procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica: prima abolita dal D.l. 84/2014, poi reintrodotta con la legge di conversione, oggi sparisce nuovamente con il D.L. 133 qui in commento. Di conseguenza, decorsi 60 gg dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente senza che la Conferenza di Servizi abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede, comunque, sulla domanda di autorizzazione. Come si vede alcune disposizioni sono di immediato effetto pratico e ci si augura possano favorire la ripresa economica.


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Italia Start-up Visa è operativo, una chance per le società innovative dei paesi extra-UE Le startup che approderanno nel nostro Paese potranno godere di benefici fiscali e finanziari, ma dovranno essere società a responsabilità limitata, domiciliarsi e porre la propria sede nel nostro territorio Luigi De Valeri Ordine Avvocati di Roma studiolegaledevaleri@gmail.com

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e startup societarie extra UE potranno godere di una serie di agevolazioni dopo aver acquisito il nuovo Visto Italia dedicato alle startup presentato a Roma dal Ministro Guidi, titolare del dicastero dello Sviluppo Economico. Secondo il Ministro, la procedura individuata per il rilascio del visto dovrà essere snella e semplice, nel rispetto delle norme esistenti e si baserà«sulla valutazione della validità delle iniziative startup da parte di un Comitato tecnico istituito presso il Ministero dell’Industria e lo Sviluppo Economico” che prende in considerazione anche “i servizi di accoglienza offerti dagli incubatori certificati di imprese startup, che ospitano e sostengono le idee imprenditoriali stimate ad alto potenziale di ritorno economico». Si tratta di un importante passaggio del processo iniziato con la Legge 221 del 2012 che definisce e regolamenta all’art. 25.2 le caratteristiche per le startup la cui attività deve basarsi sull’innovazione tecnologica. Le startup che approderanno in Italia potranno godere di benefici fiscali e finanziari, ma dovranno essere società a responsabilità limitata, domiciliarsi e porre la propria sede nel nostro territorio. La complessa procedura per ottenere il Visto prevede due possibilità: la richiesta diretta o mediante un Incubatore certificato, è on line il sito dedicato www. italiastartupvisa.mise.gov.it. Un Comitato tecnico, istituito presso il Ministero di via Veneto a Roma, esaminerà le domande e la do-

cumentazione richiesta verificando la veridicità della documentazione attestante la disponibilità di risorse finanziarie pari ad almeno 50.000 euro. I candidati dovranno inoltre documentare la disponibilità di un alloggio in Italia e dimostrare di avere maturato profitti nell’anno finanziario precedente superiori ad euro 8.400 nella nazione d’origine. Nel caso in cui la valutazione della richiesta abbia esito positivo, il Comitato acquisirà in via telematica a nome del richiedente il Nulla Osta provvisorio ai fini dell'ingresso emesso dalla Questura territorialmente competente per il luogo in cui la startup intende esercitare l’attività. Ottenuto il Nulla Osta provvisorio il Comitato rilascerà in via telematica il Nulla Osta al richiedente informandone i referenti del programma “Italia Startup Visa” individuati dal Ministero degli Affari Esteri, dal Ministero dell’Interno e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché alla rappresentanza diplomatico-consolare competente secondo lo Stato del richiedente. La Rappresentanza diplomatico-consolare riceve la richiesta di visto, effettua i controlli di competenza del Ministero degli Affari Esteri e degli Uffici Consolari all’estero e rilascia un visto di lavoro autonomo startup, informandone il Comitato tecnico. Il richiedente è tenuto entro otto giorni dall’ingresso in Italia a presentare una richiesta formale di permesso di soggiorno alla Questura competente territorialmente.


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Intestazione fiduciaria di quote di SRL e forma del contratto fiduciario La Corte di Cassazione ha stabilito che per questa tipologia di contratto non è necessario l’atto pubblico

Maurizio Galardo Avvocato / Studio Legale Galardo & Venturiello info@galardoventuriello.it

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a Corte di Cassazione con la sentenza n. 4184 del 2013 ha stabilito che il contratto fiduciario - con il quale, in vista della stipulazione dell’atto costitutivo di una società di capitali, si convenga tra uno dei futuri costituenti e un terzo che una quota di partecipazione in detta società sarà intestata fiduciariamente, con l’obbligo per il fiduciario di darne conto al fiduciante e di trasferirgli eventualmente in seguito la titolarità della quota - non richiede per la sua validità la forma pubblica prescritta per l’atto costitutivo della società. Tradizionalmente il concetto di “fiducia” è impiegato nel linguaggio giuridico per descrivere due diversi fenomeni e precisamente per indicare: 1) una particolare specie di proprietà, definita come “proprietà fiduciaria”, caratterizzata dalla particolarità che le facoltà di godere e di disporre di un dato bene sono attribuite al proprietario non per soddisfare un interesse proprio, bensì un interesse altrui; b) una particolare specie contrattuale, definita come contratto (o negozio) fiduciario, in forza del quale la proprietà di un bene viene trasferita da un soggetto ad un altro con il patto, (c.d.

pactum fiduciae), che il secondo (fiduciario) se ne serva per un dato fine, raggiunto il quale deve ritrasferire il bene al secondo. Nella sentenza che si commenta la Suprema Corte affronta il problema della forma che il contratto fiduciario deve rivestire nell’ipotesi in cui questo abbia ad oggetto l’intestazione fiduciaria di quote di una società a responsabilità limitata, nonché quello della tutela offerta al fiduciante per ottenere il trasferimento della quota sociale. Orbene, la Corte di Cassazione da un lato ha precisato che il requisito della forma scritta, a pena di nullità, prescritto per la stipulazione dell’atto costitutivo di una società si estende al contratto preliminare con cui le parti si impegnino a stipulare successivamente tale contratto, dall’altro però ha evidenziato che non è possibile assimilare ad un contratto preliminare di società il contratto fiduciario avente ad oggetto invece l’intestazione (cosiddetta fiduciaria) delle quote. Il contratto fiduciario infatti non ha la funzione di obbligare le parti alla futura costituzione di una società di capitali, la cui costituzione effettiva presuppone comunque


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Nei rapporti esterni e rispetto alla società, il socio reale è il fiduciario che risulterà l’intestatario effettivo della quota, in quanto il cosiddetto pactum fiduciae assume efficacia obbligatoria soltanto nei rapporti interni, tra fiduciante e fiduciario, mentre rispetto alla società e ai terzi socio effettivo apparirà quest’ultimo

l’atto pubblico; inoltre non incide sulla conformazione della struttura della società o sulla composizione della compagine sociale, in quanto socio effettivo è chi partecipa alla formazione dell’atto costitutivo, indipendentemente dagli accordi interni che lo legano con un terzo. Invero questi accordi, in cui si sostanzia il pactum fiduciae, operano sul piano obbligatorio tra fiduciante e fiduciario, obbligando soprattutto il fiduciario, (salva la specifica strutturazione del patto) a tenere determinati comportamenti in relazione alla quota sociale che sia entrata o che entrerà a far parte del suo patrimonio personale, in genere imponendogli di trasferire la titolarità di tale quota sociale al fiduciante o ad un terzo da questi designato, ad una determinata scadenza o quando richiesto. Si tratta di impegni che non riguardano pertanto la costituzione della società, bensì la gestione e il trasferimento della quota sociale fiduciariamente intestata; orbene per contratti aventi questo oggetto la legge non prescrive assolutamente la forma dell’atto pubblico. Un ulteriore profilo che differenzia di molto il contratto fiduciario rispetto a quello preliminare di società concerne

la tutela offerta al fiduciante nell’ipotesi di inadempimento del fiduciario all’obbligo di trasferire la quota sociale allo stesso fiduciante o ad un terzo da quest’ultimo designato. Nell’ipotesi del contratto fiduciario il trasferimento della quota al fiduciante può essere ottenuto chiedendo al Tribunale la pronuncia di una sentenza di condanna alla restituzione della quota, finalizzata appunto ad ottenere l’adempimento della restituzione prevista dalle parti nel pactum fiduciae stipulato. La Suprema Corte, quindi, nella pronuncia che si commenta ha precisato altresì che la sentenza di condanna ad un facere, consistente nella specie nel trasferire al fiduciante la titolarità, anche formale, della quota societaria intestata al fiduciario, è diversa dalla sentenza costitutiva prevista dall’art. 2932 del c.c.. Infatti, a differenza di quest’ultima, la prima non produce automaticamente l’effetto traslativo richiesto dal fiduciante, imponendo piuttosto alla controparte di svolgere l’attività contrattuale necessaria affinché quell’effetto traslativo si produca. La redazione di un contratto fiduciario avente ad oggetto l’intestazione fiduciaria di una partecipazione sociale in una società di capitali è

particolarmente complessa; occorre infatti regolamentare nei minimi dettagli le modalità di esercizio dei diritti amministrativi e patrimoniali che il fiduciario acquisisce con l’intestazione della partecipazione sociale a suo nome. Nei rapporti esterni e rispetto alla società, infatti, il socio reale è il fiduciario che risulterà l’intestatario effettivo della quota, in quanto il cosiddetto pactum fiduciae assume efficacia obbligatoria soltanto nei rapporti interni, tra fiduciante e fiduciario, mentre rispetto alla società e ai terzi socio effettivo apparirà quest’ultimo. Affinché gli effetti della gestione della quota sociale fiduciariamente intestata possano essere rispondenti all’interesse del fiduciante sarà necessario disciplinare nel contratto le modalità di esercizio del diritto di voto, del diritto agli utili, del diritto alla quota di liquidazione, del diritto di opzione nel caso di aumento di capitale, del diritto di prelazione nel caso di cessione da parte degli altri soci delle loro partecipazioni e, più in generale, di tutti i diritti patrimoniali e amministrativi che il socio fiduciario acquisisce con la titolarità della quota di partecipazione.


NO R M E E S OCIE TÀ

Le società tra professionisti: modelli a confronto La l. 183 del 2011 consente la costituzione di società miste solo nella misura in cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale di questi sia strutturato in modo da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci

Giovanni Sciancalepore Straordinario di Diritto Privato Comparato Università degli Studi di Salerno/ Socio fondatore BST Consulting Associazione Professionale

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a legge 12/11/2011, n. 183 permette la costituzione di società tra professionisti. Nell’economia della presente meritano particolare attenzione due profili: 1) la scelta del tipo sociale; 2) il regime statutario e l’oggetto sociale. In ordine al profilo sub 1) che precede, appare opportuno attribuire la giusta dignità al regolamento di cui al d.m. 8/2/2012, n. 34. Nella specie, si allude all’art. 4, laddove è sancito che il cliente ha il diritto di chiedere che l’esecuzione della prestazione sia effettuata da uno o più professionisti da lui scelti. Il legislatore, quindi, ha chiarito che la designazione del professionista incaricato non possa atteggiarsi, nei fatti, come un’esclusiva facoltà riconosciuta all’organizzazione societaria. L’attribuzione non è di poca importanza, permettendo la riemersione del momento fiduciario nel rapporto clienteprofessionista, tradizionalmente posto a base della personalità delle obbligazioni nelle professioni liberali. Ma quali sono i paciscenti del contratto d’opera professionale così stipulato? In

altri termini, la società tra professionisti è unicamente destinataria dei risultati economici dell’opera professionale svolta, gravando solo sul professionista la pertinente responsabilità? Si parta dalla considerazione che la società tra professionisti non è una mera società di mezzi e/o di servizi. In tal senso, non può essere obliterata la decisiva osservazione che, a mente della l. n. 183 del 2011, la società in discorso deve manifestare all’esterno, nel contesto della propria ragione sociale, l’attività che essa svolge. Non si tratta, quindi, di un’organizzazione miseramente deputata alla regolamentazione dei rapporti tra i professionisti-soci, né – tantomeno – a propagandare questi ultimi all’esterno. Ne deriva che il contratto d’opera sarà stipulato direttamente dalla società, seppure con l’eventuale “correttivo” evocato all’art. 4 del d.m. 34/2012 menzionato. Va da sé, quindi, che in un modello societario a responsabilità illimitata la prestazione professionale, diventando oggetto di un’obbligazione a carico della


3 6/ 37 società, implicherà l’esposizione del patrimonio del singolo socio per l’operato di ciascun professionista. In senso generale, il comma 3 dell’art. 10 della l. 12/11/2011, n. 183, permette la scelta del modello societario tra i tipi regolati dal titolo V e VI del libro V del c.c., ancorando al numero minimo di tre soci l’eventuale opzione a favore delle cooperative. La costituzione di società per l’esercizio di attività professionali è consentita nei limiti delle cosiddette attività di tipo ordinistico. Si tratterà, quindi, di un esercizio condizionato all’iscrizione del professionista in un albo o in un collegio. In altri termini, l’aggregazione è circoscritta alle professioni protette. Con riferimento agli ingegneri e gli avvocati, questi godono di una disciplina positiva ultrattiva, all’indomani dell’entrata in vigore del comma 9 dell’art. 10 della l. n. 183/2011, nel senso che il legislatore ha fatto «salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge». Sul punto specifico appare determinante il sostegno ermeneutico della lex posterior non derogat priori speciali. Relativamente agli ingegneri merita adeguata considerazione l’art. 90, comma 2 lett. B) del D.Lgs. 12/4/2006, n. 163, nella parte in cui permette la costituzione tra ingegneri di società di capitali o cooperative. Con riferimento alla figura dell’avvocato va menzionato l’art. 5 della l. 31/12/2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), attraverso cui si è delegato il Governo a

regolamentare la professione legale organizzata in forma societaria. Purtroppo il termine dei sei mesi è infruttuosamente scaduto. Ne deriva che la disciplina delle società tra avvocati va rinvenuta nel D.Lgs. n. 96 del 2001, in aderenza alla Relazione di accompagnamento al d.m. 8 febbraio 2013, n. 34, nonché alla circolare del Consiglio Nazionale Forense del 12/9/2013 n. 18 – C – 2013. Per quanto innanzi, non è consentita la costituzione di società tra esercenti professioni non protette. Tuttavia, la l. 183 del 2011 consente la costituzione di società, per dir così, miste (tra professioni protette e non), nella misura in cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale di questi sia strutturato in modo «da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci» (sic, comma 4, lett. B) dell’art. 10 della l. n. 183 del 2011). Nelle società tra professionisti i soci potranno conferire un’opera professionale, denaro o altri beni strumentali alla realizzazione dello scopo sociale. Il socio d’opera sarà ammissibile ove si scelga sia il modello della società di persone (artt. 2263, comma 2, e 2295, n. 7, cod. civ.) che della s.r.l. (art. 2646, comma 6, cod. civ.). Nell’ipotesi di S.p.A. si tratterà di prestazione accessoria, a mente dell’art. 2345 c.c., o di conferimento ancorato all’emissione di strumenti finanziari, ai sensi dell’art. 2346, comma 6, c.c.. La prestazione in discorso dovrà essere adeguatamente circostanziata nell’economia dell’atto costitutivo. Va da sé che le azioni emesse a favore del socio d’opera dovranno essere nominative (si mediti sulla

portata del comma 2 dell’art. 2345 c.c.) e trasferibili solo col consenso degli amministratori. In ordine alle società di tipo multiprofessionale sarà necessario graduare i diritti e i doveri dei soci appartenenti alle differenti categorie professionali. In ipotesi di società di persone l’unico limite rinvenibile sarà il rispetto del divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.), in virtù del quale non sarà possibile escludere una o più categorie da ogni partecipazione a utili o perdite. Qualora si tratti di S.p.A. le differenti tipologie di azioni emettibili saranno, rispettivamente, assegnate alle distinte attività svolte. Nel caso di cooperative il rapporto soci-società sarà disciplinato dai regolamenti adottati in ordine alla realizzazione dello scopo mutualistico (art. 2521, comma 5, c.c.). Da ultimo, per la s.r.l., va considerata la pertinente incompatibilità con i caratteri della standardizzazione e della fungibilità del ceto sociale. Il regime delle incompatibilità va esaminato mercé il comma 6 dell’art. 10 della l. n. 183 del 201, laddove è stabilito che «la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti». Sul punto sarà bastevole inserire nell’atto costitutivo una dichiarazione della parte, resa ai sensi della d.P.R. n. 445 del 2000. Le conseguenze dell’incompatibilità taciuta non consisteranno nella nullità del rapporto sociale, quanto in una causa di scioglimento. Non è pensabile che si permetta il possesso indiretto di partecipazioni, col fine malevolo di aggirare il regime delle incompatibilità.


LA V O R O

Ancora sul problema del lavoratore assente per malattia Con la sentenza n. 4869/2014 la Corte di Cassazione ha nuovamente cambiato i riferimenti: l’onere della prova della incompatibilità dell’attività “altra” svolta dal lavoratore durante l’assenza per malattia spetterebbe, in giudizio, al datore di lavoro e non al lavoratore

Giorgio Fontana Professore Ordinario di Diritto del Lavoro info@fontanaavvocati.it

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na delle questioni più controverse che spesso si discute nelle aule giudiziarie è l’utilizzo indebito da parte del lavoratore del diritto di assentarsi dal lavoro per malattia, per dedicarsi ad altra attività (remunerata e non) anziché per curarsi. Si tratta di un fenomeno diffuso che tante volte ha sollecitato interventi legislativi per il controllo dello stato di malattia del lavoratore. Sul piano del rapporto di lavoro, poi, il comportamento del lavoratore potrebbe dar luogo a provvedimenti disciplinari da parte del datore di lavoro (si ritiene che questo comportamento possa essere sanzionato anche con il licenziamento). La giurisprudenza ha assunto una posizione molto prudente ed equilibrata. Difatti, secondo i giudici della Suprema Corte, non si può aprioristicamente impedire al lavoratore lo svolgimento di qualunque attività, ludica o lavorativa, in costanza di malattia, dovendo verificarsi piuttosto, caso per caso, se il lavoratore

ha agito correttamente (ossia se ha rispettato i doveri di buona fede e correttezza). Lo svolgimento di altra attività, anche lavorativa, può infatti costituire indice della simulazione fraudolenta dello stato di malattia ogni qualvolta l’attività svolta sia, di fatto, incompatibile con la patologia certificata dal medico per giustificare l’assenza. In caso contrario, il comportamento del lavoratore potrebbe essere del tutto lecito. Il discrimine fra comportamento legittimo o illegittimo è dato, appunto, dal tipo di attività svolta e dal tipo di patologia denunciata dal lavoratore per giustificare l’assenza dal lavoro. Se v’è assoluta incompatibilità si può presumere che la malattia attestata dal lavoratore sia frutto, in realtà, di una simulazione fraudolenta. Ma anche in caso di accertato stato di malattia del lavoratore, il comportamento di chi, durante l’assenza dal lavoro, si dedichi ad altra attività, lavorativa o ludica che sia, può configurare un grave inadempimento contrattuale. Difatti


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Il discrimine fra comportamento legittimo o illegittimo è dato dal tipo di attività svolta e dal tipo di patologia denunciata dal lavoratore per giustificare l’assenza dal lavoro

in questi casi il lavoratore, anche se davvero malato, assume a ben vedere una condotta contraria al dovere di curarsi e tale da incidere negativamente sulle prospettive di guarigione, venendo meno in tal modo al dovere di ripristinare le proprie energie psicofisiche al fine di garantire al datore di lavoro la ripresa della prestazione lavorativa. La giurisprudenza ha in tal modo enucleato una linea interpretativa tendente a garantire all’imprenditore che il lavoratore non utilizzi in modo pretestuoso il diritto di assentarsi dal lavoro previsto dall’art. 2110 c.c., ovvero che con la sua condotta non comprometta la guarigione, senza però costringere inutilmente il lavoratore alla totale inattività qualora non vi siano motivi ostativi. Il principio della Corte di Cassazione è quindi, in sintesi, che tale comportamento può costituire indice di violazione dei doveri generali di buona fede e correttezza e degli specifici obblighi di fedeltà e diligenza del lavoratore subordinato, sia quando l’attività svolta all’esterno sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando una fraudolenta simulazione, sia quando la medesima attività,

valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio (in questi termini si esprime, fra le altre, la sentenza n. 14046/2005 della Suprema Corte). Difatti anche il mero pericolo di aggravamento delle condizioni di salute o di ritardo nella guarigione del lavoratore può configurare un grave inadempimento, con conseguente pregiudizio all’interesse del datore di lavoro, risultando violati gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro (Cass. Lav. 19 dicembre 2006 n. 27104; Cass. Lav. 25 novembre 2013 n. 26290). Ne consegue quindi che, in presenza di questi presupposti, il datore di lavoro può reagire alla condotta illegittima del lavoratore assumendo provvedimenti disciplinari all’esito della procedura prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori. In caso di controversia giudiziaria, la giurisprudenza ha sempre affermato, poi, conformemente ai principi regolatori dell’onere della prova, che in presenza della contestazione datoriale dello svolgimento di altra attività lavorativa in costanza di malattia

spetta semmai al lavoratore provare la compatibilità di tale attività e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psicofisiche (Cass. Lav. 21 ottobre 1991 n. 11142; Cass. Lav. 13 aprile 1999 n. 3647; Cass. Lav. 19 dicembre 2000 n. 15916; Cass. Lav. 25 novembre 2013 n. 26290 cit.). Tuttavia con una recente sentenza (n. 4869/2014) la Corte di Cassazione ha ribaltato questo principio, ritenendo che l’onere della prova spetterebbe, in giudizio, al datore di lavoro e non al lavoratore. La decisione della Cassazione solleva molteplici perplessità, tanto più che il datore non è a conoscenza della patologia del lavoratore (coperta dalla privacy) e quindi soltanto in un momento successivo potrà verificare se essa risulta incompatibile con l’attività svolta dal lavoratore durante l’assenza dal lavoro. Qualora questa “svolta” della Cassazione fosse confermata dalla successiva giurisprudenza, il datore di lavoro dovrà prestare molta attenzione prima di procedere alla sanzione disciplinare del comportamento del lavoratore, valutando attentamente tutti gli elementi emersi per non incorrere in una decisione sfavorevole in sede giudiziaria.


LAVORO

I pilastri della previdenza: un’analisi del sistema pensionistico italiano In Italia sono tre le possibili fonti di reddito pensionistico. Vediamo nel dettaglio opportunità e limiti di tutte e tre le soluzioni

Marco De Giorgis Pianificazione Patrimoniale, Previdenziale e Successoria marco@studiodegiorgis.it

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a previdenza in Italia sembra un argomento tabù: tutti ci pensano, prima o poi andranno in pensione, ma nessuno ne vuole parlare e affrontare il problema, a meno che non si sia in vista del traguardo. Per farlo, è necessario capire come funzionano alcuni meccanismi previdenziali, per evitare di trovare brutte sorprese, realizzare un’analisi attenta e dettagliata e valutare le diverse alternative. Abbiamo fondamentalmente tre possibili fonti di reddito pensionistico: da parte del sistema pubblico obbligatorio (cd: primo pilastro), da parte dei fondi pensione collettivi (secondo pilastro) e dalla previdenza integrativa individuale volontaria (terzo pilastro). Per quanto riguarda il sistema pensionistico pubblico, gestito dall’INPS, si sta passando da un sistema retributivo (fino al 1995 era solo retributivo), in cui non vi è stretta correlazione tra contributi versati e prestazione percepita, ad un sistema contributivo (riforma Dini),

in cui invece si percepirà una pensione derivante dai versamenti effettuati negli anni. Il motivo per ridurre le pensioni erogate è semplice; ci sono meno lavoratori attivi e aumentano i pensionati. Inoltre è previsto un aumento dell’età media, quindi le pensioni dovranno essere pagate per più anni. Quali soluzioni sono state adottate dai governi? Ridotte le pensioni (non tutte, lo sappiamo, ci sono ancora persone che godono di anacronistici privilegi e ricevono migliaia di euro ogni mese), aumentati i contributi da versare, aumentata l’età minima per accedere alla pensione. E nei prossimi anni non potranno che inasprire queste misure. Nel passaggio da sistema retributivo a sistema contributivo, ci saranno molte persone che si troveranno a cavallo dei due, rientrando quindi in un sistema “misto”. Pochi potranno usufruire ancora pienamente del sistema retributivo: devono avere più di 18


4 0/ 41 anni di attività prima del 1996. É importante analizzare bene la situazione e capire quali opportunità siano più convenienti. In linea di massima, il sistema contributivo è maggiormente penalizzante, riducendo di fatto il reddito da pensione e quindi potrebbe non risultare conveniente il cosiddetto “ricalcolo contributivo”, ma non è detto. Ci sono casi in cui aderendo al misto si va in pensione più tardi, cosa di solito non gradita! Ci sono inoltre diverse possibilità per riscattare posizioni non lavorative (esempi sono: laurea, maternità, assistenza, servizio militare) che possono tornare utili ai fini del calcolo pensionistico, alcune sono gratuite, altre a pagamento, quindi è necessario calcolare il rapporto costi/benefici. L’ente pubblico erogatore per eccellenza è INPS, in cui è confluita anche l’INPDAP (relativa ai dipendenti della pubblica amministrazione) ma esistono anche le casse previdenziali dei liberi professionisti, ognuna con regole diverse. Altra cosa da sapere è a quale macro gestione INPS si appartiene; gestione fondo pensione per lavoratori dipendenti, gestioni speciali per artigiani, commercianti, coltivatori diretti, gestione separata per amministratori di società, lavoratori a progetto, o altre ancora. Queste gestioni hanno livelli di contribuzione diverse e spesso ci sono persone che, durante la loro vita lavorativa, sono state in più di una gestione. Bisogna

quindi capire quale attività è stata prevalente e se conviene l’accorpamento delle posizioni. Dal lato del secondo pilastro, cioè i fondi pensione, regolamentati nel 1993 sebbene fosse possibile aderirvi già prima (cd. fondi preesistenti), non sono stati molto utilizzati fino alla riforma del 2005, attuata nel 2007, che dava la possibilità, ai dipendenti, di conferire anche il TFR in un fondo pensione, anziché lasciarlo in azienda. La riforma era sibillina, poiché il lavoratore silente si trovava a versare il proprio TFR quasi senza saperlo! Doveva, e deve tutt’oggi, dare comunicazione esplicita di voler mantenere il proprio trattamento di fine rapporto presso l’azienda. É evidente che per le piccole e medie aziende ciò ha rappresentato una difficoltà, poiché spesso (sbagliando) la somma destinata a pagare il TFR dei dipendenti, viene usata per far fronte ad esigenze di liquidità e finanziamento dell’impresa. Sostengo che non sia corretto poiché è denaro destinato ad uscire dall’azienda, senza grande prevedibilità dei tempi. Spesso si tratta di cifre complessive importanti, che l’azienda farebbe bene a tenere disponibili. Già, ma così facendo si priva di finanziamenti…è il cane che si morde la coda! In realtà c’è una possibile via di uscita: basterebbe vincolare le somme destinate al TFR aziendale e chiedere un prestito su queste. Di solito le banche non propongono questo tipo di soluzione, purtroppo per conflitti di interesse. Per le aziende con oltre 50 dipendenti, il maturato da TFR

non può essere più mantenuto in azienda ma confluisce nel fondo di Tesoreria dell’INPS. Tornando ai fondi pensione, è conveniente per un dipendente versarvi il TFR? Dipende da alcuni fattori; innanzitutto dalla bontà dei gestori del fondo di ottenere rendimenti. Non brillano né per trasparenza sulle scelte di gestione (poco si sa di come venga investito, in quali strumenti, con quale movimentazione), né per adattamento a mercati finanziari sempre più ostici. Se l’adesione al fondo è fatta attraverso accordi collettivi, certamente si può beneficiare di condizioni più vantaggiose rispetto a quanto si otterrebbe aderendo singolarmente. Altra componente positiva è il contributo obbligatorio del datore di lavoro, che in alcuni casi può essere interessante. Però è obbligato a versare, per lo stesso importo, anche il lavoratore. E qui bisognerebbe fare calcoli di convenienza economica. Le buone notizie sul TFR sono che sono state equiparate le forme pensionistiche e la portabilità del medesimo; queste due prerogative consentono di trasferire le somme accumulate non solo tra fondi pensione ma anche verso altre forme complementari, come le Forme Individuali di Previdenza (FIP) e i Piani Individuali Previdenziali (PIP), che fanno parte del terzo pilastro. Nel prossimo contributo, entrereremo nel dettaglio degli aspetti fiscali e dei benefici per le imprese.


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Assenze tattiche: quando la furbizia non paga La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18678/2014 ha confermato il licenziamento del lavoratore per assenze ripetute, pur giustificate da certificati di malattia, rigettandone il ricorso e condannandolo anche alle spese Massimo Ambron Avvocato avv.massimoambron@fastwebnet.it

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a sentenza della Corte di Cassazione n.18678, depositata il 4 settembre ma già definita da alcuni “storica”, conferma le precedenti sentenze emesse in primo grado e in Corte di Appello, rigettando con chiare motivazioni il ricorso presentato dal lavoratore di una Società di Chieti. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo era stato comminato in quanto il dipendente, sistematicamente, si assentava in alcuni giorni immediatamente precedenti o successivi alle festività, oppure quando aveva turni di notte e/o disagiati. Le assenze erano comunicate in limine all’ultimo momento e, di conseguenza, ancora maggiori erano i danni che la sua azienda subiva dal punto di vista organizzativo e produttivo. Il malumore era diffuso tra i colleghi che, per coprirne la posizione, a volte erano costretti ad allungare il proprio turno di lavoro oltre l’orario normale. Formalmente il lavoratore era giustificato da certificati medici della durata di pochi giorni, ma ripetuti nel tempo e sempre ricadenti in giornate disagiate per il lavoratore. Il comportamento del lavoratore privo di diligenza, correttezza e per alcuni versi fraudolento non era più tollerato dalla sua azienda che lo licenziava per giustificato motivo oggettivo, irrogato in ragione delle sistematiche assenze del lavoratore, a macchia di leopardo, costantemente agganciate ai giorni di riposo o al turno di notte, con conseguente mancanza di continuità e proficuità, da cui derivava una prestazione lavorativa inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per la organizzazione aziendale. Questo era il motivo del provvedimento risolutorio, e non il superamento del limite di tollerabilità dell’assenza per malattia - cosiddetto periodo di comporto - predeterminato per legge e per contratto che, nel caso di specie, non era stato superato. La malattia quindi non viene in rilievo di

per sé, ma in quanto le assenze da essa determinate, anche se incolpevoli, davano luogo a scarso rendimento, creavano notevoli scompensi organizzativi. Il lavoratore adduceva tre motivi a discolpa, tutti giudicati non fondati e rigettati dalla Corte: 1) mancata chiarezza nella sentenza circa la causale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; 2) illegittimità del licenziamento per eccessiva morbilità; 3) mancanza di prova delle esigenze organizzative e produttive e dello scarso rendimento del lavoratore. I tre motivi trattati congiuntamente dalla Corte sono stati giudicati non fondati e rigettati con richiamo tra le altre a precedenti sentenze (tra le tante, Cass. n. 7474/2012 e n. 3876/2006). Secondo la Corte nel caso di specie era comprovato attraverso la produzione di documenti e testimonianze il licenziamento per giustificato motivo oggettivo previsto dalla L. 604/1966, determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro, ovvero da ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa. Né compete al giudice, contrariamente a quanto richiesto dal ricorrente, sindacare la scelta dei criteri di gestione della impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione. Quali riflessioni possiamo pertanto trarne? Il dipendente deve tenere sempre presenti i principi di correttezza, diligenza e buona fede, impegnandosi con serietà e professionalità per i migliori risultati aziendali e rendere la produttività richiesta. L’azienda deve con trasparenza, evitando odiosi comportamenti discriminatori, avere capacità organizzativa e attenta gestione delle risorse, in modo da assumere decisioni anche con alea di rischio, come nel caso di specie.


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Autoimprenditorialità, piccoli passi in avanti Per la presentazione delle domande, bisognerà però ancora attendere. Il termine iniziale di apertura dello sportello, presso Invitalia - soggetto gestore della misura - sarà, infatti, determinato da un prossimo decreto dirigenziale Alessandro Sacrestano Tax Consultant Progetto Arcadia Srl alessandro.sacrestano@progettoarcadia.com

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a riforma degli incentivi all’autoimprenditorialità prende piede. Il MISE ha definito, con proprio provvedimento, i criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni a favore delle nuove imprese giovanili e femminili, dando attuazione al restyling del Titolo I del d.lgs. n. 185/2000, per come sancito dal decreto Destinazione Italia (d.l. n. 145/2013). Per la presentazione delle domande, però, bisognerà ancora attendere. Il termine iniziale di apertura dello sportello, presso Invitalia - soggetto gestore della misura - sarà, infatti, determinato da un prossimo decreto dirigenziale. I soggetti beneficiari sono individuati nelle imprese di micro e piccola dimensione con sede nell’intero territorio nazionale. Le stesse devono essere costituite sotto forma di società (comprese cooperative) da non più di 12 mesi alla data di presentazione della domanda. Condizione fondamentale è il possesso della qualifica di “impresa giovanile o femminile”, ossia la compagine societaria deve essere composta, per oltre la metà numerica dei soci e di quote di partecipazione, da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni ovvero da donne. La domanda di agevolazione potrà essere presentata anche da persone fisiche che intendano provvedere alla costituzione di una nuova società. Il sostegno pubblico si concretizza in un finanziamento a tasso zero, a copertura del 75% delle spese ammissibili, che non potranno eccedere l’importo massimo di euro 1.500.000. Il conseguente risparmio di interessi è assoggettato alla normativa de minimis. Pertanto, le imprese dovranno verificare il rispetto della soglia massima

di aiuti, pari a euro 200.000 (o euro 100.000 per il settore trasporti), concedibile a tale titolo nell’arco di tre esercizi finanziari. I progetti di investimento possono riguardare la produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli, oppure l’erogazione di servizi in qualsiasi comparto. Sono incluse anche le iniziative del commercio e turismo, nonché inerenti gli ulteriori settori individuati dal decreto ministeriale come di particolare rilevanza per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile (fruizione dei beni culturali e innovazione sociale). Rientrano tra le spese ammissibili, suolo aziendale, fabbricati e opere murarie, macchinari, impianti e attrezzature, programmi informatici e servizi per l’ITC, brevetti, licenze e marchi, consulenze specialistiche. Saranno finanziabili anche i costi sostenuti per la formazione specialistica dei soci e dei dipendenti. Il finanziamento agevolato dovrà essere restituito nel tempo massimo di otto anni e dovrà essere assistito dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale. L’impresa beneficiaria avrà, inoltre, l’obbligo di dimostrare la copertura del 25% dell’investimento complessivo con mezzi propri o finanziamenti di terzi. Le domande saranno istruite nel rispetto dell’ordine cronologico di presentazione e fino ad esaurimento delle risorse stanziate annualmente sull’apposito Fondo rotativo istituto presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Invitalia valuterà, in particolare, le competenze dei proponenti, l’introduzione di soluzioni innovative, le potenzialità del mercato di riferimento, la sostenibilità economico finanziaria dell’iniziativa.


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I sistemi Documentali, la Conservazione e il Records Management Fra qualche anno in azienda, come nel quotidiano di ciascuno, ci saranno molte più informazioni digitali da conservare, piuttosto che informazioni analogiche da dover trasferire su supporti e metodologie digitali. Occorre quindi attrezzarsi al meglio, e fin da oggi per capire come applicare un processo di conservazione anche a quei documenti che mutano nel tempo Nicola Savino Presidente, Digital and Information Manager e CEO della Seen Solution Srl nicola.savino@seensolution.com

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ome visto dalle nuove regole tecniche in materia di conservazione digitale dei documenti informatici, ovvero il DPCM del 3 dicembre 2013 pubblicato in G.U. n.59 del 12/3/2014, i processi di dematerializzazione sono diventati più strutturati e complessi rispetto alle direttive della delibera CNIPA 11 del 2004. I cambiamenti, dovuti all'introduzione di un nuovo standard e di una nuova ISO come l'open archival information system e il modello UNISincro, sono di natura tecnica ed evidentemente di processo. L’obiettivo principale di un modulo di conservazione è quello di consentire la conservazione a lungo termine dei documenti del repository documentale, in modo tale da garantire il mantenimento altrettanto a lungo termine delle caratteristiche di integrità, autenticità, reperibilità, leggibilità, riproducibilità e trasferibilità. Inoltre, in conformità con quanto indicato dal modello OAIS, il modulo deve attuare la conservazione del documento costituito da informazioni di contenuto, di identificazione, di contesto, di provenienza, di stabilità, di pacchetto e dati descrittivi del pacchetto stesso. Ed è appunto per questo che non è importante conservare un oggetto, bensì un record. Ma perché è così importante un sistema documentale che

riesca a gestire e conservare un record? Per spiegarlo, dobbiamo prima ricordarci che, da sempre, un sistema documentale è una delle funzioni più importanti del sistema informativo aziendale, sia per il supporto e l'integrazione dei processi decisionali, sia evidentemente per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio documentale. E se immaginiamo un'azienda di medie grandi dimensioni, questo patrimonio documentale potrebbe essere anche molto vasto. Pensate ad esempio a quelli che sono oggi chiamati open data e big data. In ogni processo interno a qualsiasi azienda, dunque, anche se quest'ultima fosse di piccolissime dimensioni, sono generate diverse informazioni ed è qui che un sistema documentale ha il compito di gestire, organizzare e conservare queste informazioni nel migliore dei modi. E quale modo migliore di gestire tutto il sistema documentale, se non attraverso uno standard come quello dell'open archival information system? Ma c'è di più, perché molto spesso queste informazioni non sono semplicemente dei documenti, ma dei record. E più avanti andrà la tecnologia, non solo quella informatica, più ci saranno informazioni


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e dati da dover gestire, archiviare e conservare per renderle opponibili a terzi. Pensiamo al settore medicale, a quello assicurativo, a quello bancario, ma anche alla vita di tutti i giorni. Quanti sono i dati che dovremmo conservare? Evidentemente molti. Ed è per questo motivo che il Records Management deve essere la base dei processi di dematerializzazione, o meglio ancora di digitalizzazione. Infatti avremo molte più informazioni digitali da dover conservare, piuttosto che informazioni analogiche da dover trasferire su supporti e metodologie digitali. Pensate ad esempio ad un Web Form; sebbene non abbiamo ancora in Gazzetta Ufficiale le regole tecniche sulla formazione dei documenti informatici, ma per ora solo la bozza, è chiaro che anche la compilazione di un semplice form online è di per sé un documento informatico, o meglio ancora un insieme di record da dover archiviare e conservare secondo quanto disposto dalla normativa attualmente in vigore. È dunque per mezzo del Records Management che il nostro sistema informativo documentale può avere quel salto di qualità tecnico per essere considerato un vero e proprio Enterprise Content e Digital Preservation Management System. In questo modo, avremo la possibilità di identificare, garantire e gestire nel modo più corretto possibile i documenti informatici nel tempo, attraverso modelli, requisiti e standard che garantiscono la tanto cercata valenza probatoria, nonchè la certezza e l’efficacia della conservazione di una singola informazione e per i documenti informatici o elettronici, quelli tanto cari al nostro Codice dell’Amministrazione Digitale (82/2005 e successive modifiche). Ed è sempre grazie al Records Management

che oggi in quasi tutti i sistemi documentali abbiamo funzionalità quali ad esempio il Versioning di un documento o il Workflow di un intero processo o flusso documentale. Prendendo spunto proprio dal Versioning e dal Workflow, la vera e interessante sfida tecnica-normativa è quella di garantire che un documento o una informazione siano immutabili e certi nel tempo, anche quando cambia il loro stato o la loro versione. Bisogna quindi capire come applicare un processo di conservazione anche a quei documenti che mutano nel tempo. La risposta a tutto questo è appunto la conservazione di un record. Solo tramite la conservazione di un singolo record, il mio processo di dematerializzazione o di conservazione può garantire la certezza di quel dato. Ebbene ad oggi ci sono diversi standard riconosciuti ideali per applicare le logiche del Records Management, ma quello che ritengo più robusto è l’ISO 15489 perché contiene tutte le necessarie linee guida per realizzare un sistema di conservazione di record, è indipendente dal tipo di tecnologia scelta e dalla normativa e quindi interoperabile. Esso inoltre permette di definire policy, procedure, strumenti e regole pratiche per conservare documenti e informazioni e specifica in modo dettagliato i ruoli e le responsabilità degli utenti e degli stakeholders che fanno parte del sistema di records e del processo. A questo punto se pensiamo ad un sistema di conservazione capace di rispondere alla ISO 15489 e allo standard OAIS, allora abbiamo un binomio di metodologie sicure ed efficaci per la conservazione sostitutiva e la fatturazione elettronica. Perchè è così importante un sistema

di Records Management per i nostri responsabili della conservazione digitale? Perchè esso offre a questi ultimi la possibilità di avere dei modelli organizzativi relazionati alle informazioni che devono essere conservate e non solo ai singoli documenti (come ad esempio un PDF); di essere conformi alle leggi, ai regolamenti e agli standard richiesti; garantire la conservazione dei documenti nel tempo, indipendentemente dall’evoluzione tecnologica e normativa; di avere nello stesso tempo efficienza ed efficacia nei processi di dematerializzazione e in ultimo di avere un legame univoco e indissolubile tra record (o documento) e i rispettivi metadati. Ma non è tutto, perché molto spesso si dimentica che un sistema documentale deve essere interoperabile e interconnesso. Deve esistere infatti la possibilità di creare un'unica base informativa che venga alimentata non solo da funzionalità e da processi come quelli del protocollo informatico ma soprattutto da tutti gli applicativi presenti all'interno dell'azienda e che a loro volta si rendano disponibili ad altri stakeholders per mezzo di diversi canali e collegamenti. Si è sempre parlato, infatti, dell'importanza di gestire tutti i flussi digitali di un'azienda con i propri fornitori e clienti. Se si pensa alla fatturazione elettronica PA, quest'ultima avrà in futuro proprio questo scopo, cioè quello di digitalizzare completamente la filiera di tutti i processi di fatturazione delle aziende e le PA del nostro Paese, creando un unico standard e un unico modus operandi di fatturazione. Una chimera irraggiungibile? No, tutti i buoni propositi ci sono già. Avanti con il digitale dunque!


F I SCO

Le novità legislative del processo tributario Ormai, in attuazione alla legge delega, si deve assolutamente mettere sullo stesso piano il fisco e il contribuente, senza alcuna limitazione o condizionamento processuale, soprattutto se di natura prettamente tecnica o formale

Maurizio Villani Avvocato Tributarista in Lecce avvocato@studiotributariovillani.it

L’

art. 49 del decreto legge n. 90 del 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 114 dell’11 agosto 2014, ha previsto alcune modifiche al processo tributario, che di seguito si elencano. A) PEC. All’articolo 16, comma 1-bis, D.Lgs. n. 546/92 è aggiunto il seguente periodo: «Nei procedimenti nei quali la parte sta in giudizio personalmente (controversie di valore inferiore ad euro 2.582,28) ed il relativo indirizzo di posta elettronica certificata non risulta dai pubblici elenchi, la stessa può indicare l’indirizzo di posta al quale vuol ricevere le comunicazioni». A tal proposito, occorre precisare che, a differenza dell’obbligo imposto ai professionisti di indicare la PEC (art. 18, comma 2, lett. b), D.Lgs. N. 546/92), la suddetta nuova disposizione prevede la semplice facoltà (“può”); di conseguenza, la mancata indicazione facoltativa della PEC da parte del ricorrente a titolo personale, secondo me, non comporta alcuna conseguenza processuale circa il deposito in segreteria della Commissione tributaria di tutte le comunicazioni.

Infatti, non bisogna dimenticare che chi fa il ricorso da solo non ha dimestichezza con le norme processuali e non si può certo penalizzarlo, rendendolo ignaro dello sviluppo del processo per non aver indicato la PEC, che è obbligo solo di un professionista e non di un privato contribuente. In ogni caso, per evitare spiacevoli sorprese, sarebbe opportuno che il MEF - con propria circolare - chiarisca bene la questione nel senso da me sopra esposto. Oltretutto, il fatto che il legislatore, con la suddetta novella legislativa, abbia sentito il bisogno di trattare autonomamente il ricorso presentato personalmente (rispetto a quello presentato dal professionista) è la dimostrazione che si son voluti fugare i dubbi su questa specifica questione, distinguendo l’obbligo (art. 18 cit.) dalla semplice facoltà (art. 49 citato). Mancata Indicazione Pec All’art. 17, D.Lgs. n. 546/92, dopo il comma 3, è inserito il seguente: “3-bis- In caso di mancata indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata consegna del messaggio di posta elettronica


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Si deve stigmatizzare il comportamento del legislatore che nel processo tributario inserisce di continuo una serie di formalità che possono pregiudicare la difesa

certificata per cause imputabili al destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria”. A tal proposito, bisogna distinguere. 1) In caso di mancata indicazione dell’indirizzo PEC, tutte le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria, logicamente con le distinzioni e precisazioni fatte alla lettera A). In ogni caso, si deve stigmatizzare il comportamento del legislatore che nel processo tributario inserisce di continuo una serie di formalità che possono pregiudicare la difesa. Nel caso di specie, mi sembra eccessiva la suddetta penalizzazione in quanto, pur mancando la PEC, la segreteria potrebbe continuare a fare le comunicazioni come ha fatto sino ad ora (con le raccomandate a/r), consultando gli elenchi degli ordini professionali dove sono inserite tutte le PEC dei professionisti iscritti. Certo, un processo tributario gestito e organizzato dal MEF, che è una della parti in causa, rende sempre più difficile la difesa e appunto per questo è necessaria e urgente la riforma, alla luce della legge delega, come più volte scritto nei miei articoli pubblicati sul sito e nel mio progetto di legge di riforma del codice del processo tributario

(www.studiotributariovillani.it). 2) L’altra ipotesi è la mancata consegna del messaggio di PEC per cause imputabili al destinatario. Anche in questo caso, il difensore può subire pregiudizi perché a casi tipici e prevedibili se ne possono aggiungere altri in cui l’imputabilità è da ascrivere al provider, senza alcuna colpa a carico del difensore. Sarebbe opportuno, per evitare i problemi di cui sopra, obbligare sempre le segreterie a fare le comunicazioni tramite raccomandate a/r, prevedendo una minima sanzione amministrativa per errori tecnici dovuti esclusivamente al destinatario, sempre che siano provati e documentati in modo specifico. In sostanza, non si deve mai privare il contribuente e il professionista della possibilità di conoscere sempre in modo effettivo e compiuto lo svolgimento di tutti gli atti processuali, perché qualsiasi limitazione del diritto di difesa, pur se dovuta ad aspetti formali e tecnici, non deve mai compromettere un diritto costituzionalmente garantito (art. 24 della Costituzione). Invito al Pagamento Infine, all’art. 248 D.P.R. n. 115 del 30/05/2002, il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 367,

della legge 24 dicembre 2007 n. 244, l’invito è notificato, a cura dell’ufficio e anche tramite posta elettronica certificata, nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione di domicilio, è depositato presso l’ufficio». L’art. 248 cit. prevede l‘invito al pagamento in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato tributario. Nel caso di specie, oltre a quanto precisato nella precedente lett. A), sarebbe opportuno non gravare eccessivamente il professionista domiciliatario, che peraltro può cambiare in corso di causa, per evitare che eventuali disguidi di corrispondenza tra le parti possano determinare una responsabilità professionale ed una lesione del rapporto fiduciario. Anche in questo caso, si manifesta la volontà del legislatore di rendere sempre più difficile e problematica la difesa nel processo tributario, addossando al professionista incombenze e responsabilità, spesso di natura formale e tecnica, che non riguardano le fasi prettamente processuali. Ormai, in attuazione alla legge delega, si deve assolutamente modificare il processo tributario, mettendo sullo stesso piano il fisco e il contribuente, senza alcuna limitazione o condizionamento processuale, soprattutto se di natura prettamente tecnica o formale.


F I SCO

Società di comodo: il coraggio di cambiare Occorre una rivisitazione dell’intera disciplina, coordinandola con quella sulle comunicazioni dei beni ai soci, cancellando la logica da minimun tax generalizzata e focalizzando l’attenzione solo ed esclusivamente sulle società che posseggono beni sensibili

Marco Fiorentino Fiorentino Associati / Synergia Consulting Group marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

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el corso del tempo le società “senza impresa” sono state oggetto di norme tese a combatterle. Basti pensare alla famosa tassa sulle società dei primi anni ’80 che, per inciso, determinò un clamoroso contenzioso sfociato in una sentenza della Corte di Giustizia che ne intimò il rimborso, per contrasto alla libertà di iniziativa economica. Ma pensiamo anche all’art. 5 co 5 secondo cpv lett. a) DPR 633/72, che rende irrilevanti ai fini IVA talune attività di società a favore dei soci a prezzi non di mercato. In questo solco vanno anche le norme sulla comunicazione all’AGE dei beni utilizzati dai soci e dei finanziamenti da questi effettuati, di cui all’articolo 2, co 36 sexiesdecies e 36 septiesdecies del D.L. n.138 del 13 agosto 2011. Insomma, dal Legislatore si è sempre avuta grande attenzione al fenomeno della illecita “societarizzazione”, che si realizza allorquando una persona fisica posiziona specifici asset a destinazione personale (immobili – imbarcazioni – ecc.) in un contesto societario, allo scopo di usufruire di vantaggi fiscali, in ambito privato non ottenibili. Essi

sono rappresentati in linea generale dalla deducibilità dei costi sostenuti per il godimento di tali beni e dal diritto a recuperare la connessa IVA assolta, senza dimenticare che con la delocalizzazione dei beni si ottiene anche uno svuotamento del patrimonio personale in ottica “redditometro” e nei rapporti patrimoniali verso terzi. Anche la disciplina sulle società di comodo, introdotta dall’art. 30 della Legge n. 724 del 23 dicembre 1994 e ampliata dal comma 36 decies dell'articolo 2 del D.L. citato, aveva (ed ha) come obiettivo la penalizzazione della societarizzazione di beni privati e colpisce sostanzialmente due tipi di società: le "società non operative", ossia quelle che non superano il test di operatività previsto dal comma 1 del citato articolo 30; e quelle "in perdita sistematica", ossia quelle che presentano tre periodi d'imposta consecutivi in perdita fiscale. Si ricorda che per la prima fattispecie, la struttura antielusiva di base prevede: • l’applicazione di parametri di ricavo a specifici beni patrimoniali dei bilanci dell’esercizio di riferimento e dei due


4 8/ 49 precedenti, al fine di identificare un ammontare minimo di ricavi da realizzare - che rappresenta la soglia di operatività - che va poi confrontato con i ricavi effettivamente realizzati per il medesimo periodo di riferimento; • in caso di mancato superamento della soglia di operatività, l’applicazione di coefficienti di redditività, sempre sui suddetti asset relativi all’esercizio in oggetto, per determinare il reddito minimo al quale adeguarsi ai fini delle imposte dirette. Tralasciando le modalità di calcolo dei ricavi medi, si ricorda che il reddito minimo si ottiene applicando le seguenti percentuali di redditività: 1,5% per i titoli e partecipazioni e assimilati; 4,75% per gli immobili; 4% per i fabbricati A/10 e 3% per gli immobili a destinazione abitativa; 12% per le altre immobilizzazioni. Relativamente alla seconda fattispecie, sono soggette a penalizzazioni le società che presentano una perdita fiscale per tre periodi d'imposta consecutivi, ovvero, per lo stesso periodo di osservazione, hanno indifferentemente due perdite fiscali e un reddito imponibile inferiore a quello minimo presunto derivante dal test sull’operatività. Venendo agli effetti, le società qualificate “di comodo” hanno l’obbligo di dichiarare un reddito minimo ai fini IRES e IRAP, subiscono la tassazione ai fini IRES al 38% anziché al 27.5% nonché il congelamento dell’eventuale credito IVA (ovvero la sua cancellazione decorso un triennio di non operatività e senza operazioni rilevanti ai fini IVA almeno di importo “minimo”).

Al fine di alleggerire la portata applicativa delle norme, sono stati emanati dall’AGE due distinti provvedimenti direttoriali: il n. 23681 del 14/2/2008 che ha introdotto specifici casi di esclusione dalla disciplina delle società non operative; il n. 87956 dell’11/6/2012 che ha previsto invece i casi di disapplicazione della normativa delle società in perdita sistematica. Infine, l’AGE ha previsto, per la non applicazione delle norme, un robusto ricorso alla procedura di interpello disapplicativo. Sotto questo profilo, si sottolinea come l’AGE abbia poi complicato le relative modalità di fruizione, prevedendo la natura preventiva dell’interpello, nonché la non autonoma impugnabilità dell’eventuale responso negativo, ma su questi temi la Giurisprudenza sta assumendo posizioni contrarie ed in senso favorevole al contribuente. Qualunque operatore in campo fiscale, analizzando gli obiettivi che la normativa si propone di realizzare, certamente non avrebbe nulla da eccepire. Chi si può mai opporre a norme che combattono l’evasione? Il problema però sorge quando uno strumento tecnico applicato per colpire atteggiamenti negativi viene fatto degenerare in un nuovo sistema di controlli e di obbligazioni, con la moltiplicazione di adempimenti, finendo così col produrre effetti ben lontani dai nobili obiettivi. Temo che sia questo il caso. Infatti, per quanto concerne la disciplina sulla non operatività, non è accettabile che una norma pensata per colpire un gruppo di

probabili evasori persone fisiche, che abusano dello strumento societario a fini propri, di fatto venga usata come grimaldello per sottoporre a reddito minimo tassato al 38% - tutte le società che non rientrano nelle cause di esclusione e che, in linea di principio, possono anche non avere alcuna relazione con pratiche evasive. É stato scritto che l’interpello preventivo tende proprio ad evitare tale straripamento di imposte, ma il ragionamento non regge. Prima di tutto perché così si sposta impropriamente l’onere della prova dall’AGE alle società. Nell’esperienza di tutti i giorni poi si è constatato che questo ruling non si limita a verificare l’esistenza o meno di una costruzione societaria elusiva o di un gruppo di persone fisiche che manipolano costi privati, ma, ben più efficacemente, indaga sulla sussistenza o meno di una gestione economicamente conveniente. In buona sostanza, vengono sindacate le decisioni imprenditoriali. E si tenga presente che, con riferimento ad esempio alla redditività delle “Altre Immobilizzazioni”, si presume che essa sia almeno pari al 12%. Numeri lunari. Emblematico è stato il caso di talune società del settore fotovoltaico che - nei periodi d’imposta (precedenti la riclassifica in bilancio dei pannelli solari tra gli immobili) nei quali non riuscivano a rispettare i minimi tabellari di redditività sono state costrette a discutere con l’AGE e a documentare l’energia prodotta, quella venduta,


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In merito alle società in perdita sistematica, si premette che, in linea di principio, non è sbagliato presumere l’esistenza di un rischio fiscale, tuttavia il rimedio scelto per la tutela da tale rischio appare del tutto sproporzionato

i margini, ecc.. Mi domando, ma cosa c’entra tutto ciò con le società di comodo? Dove sono i disegni evasivi? Il risultato di tutto ciò sono decine di migliaia di istanze che pare irragionevole ritenere provengano tutte da soggetti eludenti e società costrette a dimostrare, spesso in giudizio, le ragioni del loro ciclo produttivo inferiore alla redditività ex lege. Altro limite è che la legge non ammette una soluzione alternativa dinanzi ad un ruling negativo, diversa da quelle di una mera ottemperanza. Non si capisce infatti, cosa possa mai fare una società con redditività insufficiente per evitare le tagliole della legge, se non difendersi in giudizio. Si porta il caso di una società di progetto in lite con gli enti appaltanti e nessun ricavo. Quale rimedio oltre quello di andare in contenzioso con l’AGE? Siamo quindi di fronte ad una degenerazione della norma e ad una riedizione, sotto mentite spoglie, della minimum tax con l’aggravante della sovraimposta. In merito alle società in perdita sistematica, si premette che, in linea di principio, non è sbagliato presumere l’esistenza di un rischio fiscale, tuttavia il rimedio scelto per la tutela da tale rischio appare del tutto sproporzionato.

Infatti, per tali società, oltre a tutto l’armamentario previsto per le non operative (38% di IRES - onere della prova – interpello – sindacabilità dell’AGE – ecc.), si ha anche l’aggravante che la presunzione di società di comodo non si basa nemmeno su parametri economico–patrimoniali, bensì su un dato finale (utile – perdita) che può essere il risultato di mille variabili. Non si fa alcun calcolo ma si guarda solo se c’è o meno una perdita fiscale per tre anni, ovvero un reddito inferiore a quello minimo. Così facendo però si rischia di cadere nell’equivoco che tutti quelli che sono in perdita continua evadono e quindi sono da penalizzare. La perdita reiterata è certo un indicatore (non l’unico) di evasione, ma rimane pur sempre un indizio e ovviamente non è una prova. Anzi, in trend negativi dell’economia o del mercato di appartenenza, questo elemento non appare nemmeno particolarmente qualificante. Per cui l’automatismo legislativo si presenta di dubbia costituzionalità. Anche per tale disciplina il risultato applicativo sono migliaia di ruling e contenzioso a pioggia.

Per fortuna si sta formando una buona Giurisprudenza tributaria (si veda la sentenza n. 757/6/14 della C. T. Prov. di Cagliari), che sta consolidando il principio che una gestione in perdita non significa automaticamente una gestione in danno al fisco. Ma si tratta di una magra soddisfazione perché occorre sempre metter su un contenzioso, con quel che ne deriva. Occorre pertanto una rivisitazione dell’intera disciplina, coordinandola con quella sulle comunicazioni dei beni ai soci, cancellando la logica da minimun tax generalizzata e focalizzando l’attenzione solo ed esclusivamente sulle società che posseggono beni sensibili (abitazioni, imbarcazioni, ecc.). La Delega Fiscale (D.LGS. 23/14) potrebbe essere l’ambito giusto ma, purtroppo, la bozza di decreto sulla semplificazione fiscal, tratta della disciplina in oggetto solo con riferimento al periodo di osservazione per le società in perdita “sistematica”, che passerebbe da tre a cinque periodi d’imposta consecutivi. Un po’ poco per disattivare una norma assurda. Un contributo nullo per le imprese, ma per cambiare ci vuole coraggio.


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C R E D I TO

Il rating: strumento di crescita e di risparmio Richiedere un rating pubblico comporta molti vantaggi: permette di migliorare il dialogo con le banche; aiuta l’azienda a ottenere condizioni commerciali migliori; consente la partecipazione a gare di appalto pubbliche e permette la crescita internazionale dell’impresa, svincolando il suo rischio da quello Paese di Mauro Alfonso AD Cerved Rating Agency

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l rating valuta la capacità di un soggetto di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie. A differenza dello score di credito, basato solo su algoritmi statistici, il giudizio di rating riassume anche una componente “judgmental”, oggetto del lavoro degli analisti. Può essere utilizzato sia per valutare il rischio degli emittenti che dei prodotti emessi, e può qualificarsi come pubblico, se l’informazione diviene fruibile a tutti, oppure privato. L’emissione di rating è un’attività riservata e regolamentata. In Europa è l’ESMA ad occuparsi delle regole e della vigilanza sulle agenzie: solo quelle riconosciute ed iscritte all’albo possono emettere valutazioni pubbliche. Se l’agenzia è autorizzata anche da Banca d’Italia, i suoi rating possono essere utilizzati nel calcolo dei requisiti di Basilea. Infine i giudizi possono essere

impiegati anche in ambito ECAF per il rifinanziamento degli istituti di credito presso la Banca Centrale Europea. Nel mercato italiano le agenzie di rating che hanno ottenuto tutti i riconoscimenti sono cinque: Cerved, DBRS, FitchRatings, Moody’s e Standard & Poor’s. Il processo di emissione di un rating pubblico è composto di più fasi e prevede la collaborazione dell’impresa richiedente, che deve assicurare il massimo supporto informativo, in modo che il giudizio possa essere il più veritiero possibile. Nel caso di Cerved l’emissione si compone di 8 fasi, per una durata di 5 settimane. Il processo inizia con l’assegnazione del mandato, tramite cui la società formalizza la richiesta; quindi inizia la raccolta di informazioni da parte degli analisti in collaborazione con

25 Settembre 2014: un momento dell'incontro organizzato da Cerved in Confindustria Salerno

l’impresa, che fornisce sia informazioni pubbliche che riservate (business plan, etc); i dati ottenuti vengono analizzati e integrati da una visita presso la sede aziendale, in modo da approfondire gli aspetti più rilevanti per il rischio di impresa; sulla base dell’analisi, si procede alla valutazione, in cui viene elaborato un primo giudizio sottoposto al Comitato Rating; gli analisti infine presentano al richiedente il rating nel confronto pre emissione, illustrandone le motivazioni. La valutazione viene emessa pubblicamente il giorno lavorativo successivo. Cerved prevede inoltre il monitoraggio del rating post-emissione, con eventuale riassegnazione nel caso di modifiche al profilo di rischio dell’impresa. Richiedere un rating pubblico è una scelta che porta molti vantaggi: permette di migliorare il dialogo con le banche, completando il set di informazioni necessarie per la concessione di credito; è il primo passo per l’emissione di minibond, in quanto conferma le potenzialità dell’impresa; aiuta l’azienda a ottenere condizioni commerciali migliori; consente la partecipazione a gare di appalto pubbliche; permette la crescita internazionale dell’impresa, svincolando il suo rischio da quello Paese.


E N ERG I A

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Campania: tutela dell’Ambiente e Rinnovabili L’obiettivo è coprire entro il 2020 il 35% del fabbisogno regionale con energia solare, eolica e derivante dalla trasformazione di residui agricoli e frazioni organiche di rifiuti, incentivando la realizzazione di nuovi impianti di produzione e rispondendo alla logica della generazione distribuita di Vincenzo Pellecchia Sustainable Manager / Coordinatore scientifico “Ambientarsi”

L

a Campania rappresenta una realtà attrattiva per gli investitori nel campo delle energie rinnovabili; questo per le caratteristiche del territorio e del suo irraggiamento solare e del potenziale eolico, ma anche per le numerose aziende che operano nei servizi di progettazione e consulenza, distribuzione, installazione e manutenzione di macchinari per la produzione di energia pulita. Un mio articolo su Costozero (giugno 2012) trattava il tema della Grid Parity, intendendo una condizione economica caratterizzata dalla parità o inferiorità del costo del kWh fotovoltaico con quello del kWh prodotto da fonti convenzionali. Dove più è “costoso” il prezzo dell’energia da fonte fossile, e in Italia lo è, le fonti rinnovabili saranno sempre più competitive, generando una redditività sufficiente a rendere l'investimento vantaggioso anche senza incentivi statali. Possiamo quindi affermare che ciò avviene già al Sud. L'UE ha fissato l'obiettivo di coprire almeno il 20% del fabbisogno energetico con energie rinnovabili entro il 2020, rimodulando successivamente al 17% per l’Italia la quota FER sul totale dell’energia consumata derivante dall’elettrico, dal termico e dai trasporti. Da qui la necessità di dare una sterzata decisa alle modalità di produzione di

energia elettrica e di ridurre l'emissione di gas nocivi nell'atmosfera, assieme con la volontà di rendere i nostri territori sempre meno dipendenti dall'esterno per l'approvvigionamento energetico; renderci sempre più consapevoli di un'opportunità di crescita e di lavoro qualificato per i nostri giovani, convinti che qui ci siano tutte le potenzialità per diventare l'Arabia Saudita del rinnovabile. «Io ho visto il futuro - diceva Jeremy Rifkin, filosofo e profeta del pensiero economico globale alla presenza dei 3000 spettatori del teatro Mediterraneo, entusiasti, accorsi nel marzo del 2007 alla Mostra d'Oltremare - ho visto la Campania fra vent'anni». Una distesa di tetti a pannelli fotovoltaici, «da Roma fino a Bari fino a Lampedusa», una regione leader nella produzione di energie rinnovabili. A sostegno di questa sua previsione un dato sorprendente: la Campania è la prima regione in Italia per territori naturali preservati e ai vertici nazionali per l’utilizzo di energia dalle fonti rinnovabili. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sono ben 350.204 gli ettari di aree naturali protette, tra parchi e riserve, che fanno della Campania il territorio nazionale più “virtuoso”. Va poi aggiunto l’altro primato nazionale, quello

delle aree marine protette (22.441) a testimonianza che le risorse naturali vengano conservate nel migliore dei modi per un totale di 372.645 ettari di superficie. Ma oltre la buona gestione del territorio, la Campania detiene, insieme a Puglia e Sicilia, il primato nella produzione delle energie rinnovabili in Italia (dati SRM e Svimez). Un mix tra le varie fonti ha portato alla crescita del numero delle installazioni: per la produzione di energia eolica la Campania è al terzo posto con il 18%, dopo Puglia (26%) e Sicilia (22%); così come per l’energia solare dove registra ben 4.539 impianti (10,5%), seguendo la Puglia (25,3 %) e la Sicilia (21,4%). Infine, da non sottovalutare il consumo di energia rinnovabile da parte dei cittadini campani (14,3%). L’obiettivo è coprire entro il 2020 il 35% del fabbisogno regionale con energia solare, eolica e derivante dalla trasformazione di residui agricoli e frazioni organiche di rifiuti, incentivando la realizzazione di nuovi impianti di produzione e rispondendo alla logica della generazione distribuita. Al contempo, con l’efficienza energetica si intende ottimizzare l’uso finale dell’energia con apposite politiche di razionalizzazione dei consumi in ambito domestico, industriale, agricolo e terziario.



SICUREZZA Settore ricerca, certificazione e verifica osservatorio della sicurezza a cura della Direzione Centrale Programmazione, Organizzazione e Controllo

La Banca Dati Inail delle installazioni di RM a scopo medico: strumento operativo irrinunciabile Il sistema di gestione del database consente di sintetizzare in un’unica scheda riassuntiva tutte le principali informazioni relative al sito di risonanza magnetica. Tale documento è utile al fine di supportare l’ispettore incaricato nell’identificazione di azioni mirate atte a risolvere le situazioni di maggiore criticità riscontrate nell’analisi della “Comunicazione” pervenuta di Ari Fiorelli, Maria Antonietta D’Avanzo, Francesco Campanella INAIL, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Dipartimento Igiene del Lavoro / Laboratorio Radiazioni Ionizzanti Settore per le Verifiche Autorizzative ed ispettive nelle RI ed in RM

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l “Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in Risonanza Magnetica” del Dipartimento Igiene del Lavoro dell’INAIL - Area Ricerca, nel Gennaio 2010, dopo quattro anni di accurata informatizzazione del proprio archivio, nato nel 1985, ha istituito la banca dati nazionale delle installazioni di Risonanza Magnetica (RM) presenti sul territorio Nazionale. Tale sistema è basato sull’utilizzo di un database che è stato aggiornato, controllato e fortemente semplificato nel corso dell’ultimo trimestre del 2013 apparendo, oggi, nella sua veste definitiva e ponendosi a tutti gli effetti come strumento operativo irrinunciabile e di strategica importanza. L’oggetto di interesse della banca dati è la “Comunicazione di avve-

nuta installazione”, documento che formalmente consente al Settore di venire a conoscenza delle nuove installazioni RM presenti sul territorio nazionale (anche nel caso di sostituzioni) e di onorare i compiti di vigilanza nel rispetto delle attribuzioni di legge sancite ai sensi dell’art.7, comma 2 del DPR 542/94. La “Comunicazione”, una volta pervenuta in Istituto, viene inserita nel database di competenza, permettendo così un aggiornamento del censimento di cui alla banca dati nazionale delle installazioni. In particolare, le informazioni che vengono inserite sono di carattere amministrativo e tecnico, inerenti il sito RM, i dispositivi di sicurezza e gli impianti a supporto del tomografo. Il sistema di gestione del database ci consente di sintetizzare in un’unica

scheda riassuntiva tutte le principali informazioni relative al sito RM. Tale documento è utile al fine di supportare l’ispettore incaricato nell’impostazione dell’accertamento ispettivo, ovvero nell’identificazione di azioni mirate atte a risolvere le situazioni di maggiore criticità riscontrate nell’analisi della “Comunicazione” pervenuta. Al termine della fase ispettiva “sul campo” si procede, con l’ausilio del verbale redatto dall’ispettore preposto, all’aggiornamento della banca dati, attraverso l’inserimento dei dati tecnici inerenti l’installazione e delle indicazioni di ottimizzazione relative alle prescrizioni emesse in sede di accertamento ispettivo, comprensive dei termini concessi dall’ispettore per l’attuazione delle azioni di rimedio. Nel caso in cui la Struttura non


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Un elemento informativo di novità della banca dati è la presenza di una Black List, in cui il programma inserisce tutte le Strutture che, nonostante la proroga e il sollecito, non abbiano dato riscontro alla richiesta di azioni di rimedio. In questo caso l’Istituto provvede ad informare l’ASL, e a rimuovere la Struttura dalla Black List solo dopo l’inoltro, da parte dell’ASL stessa, di una comunicazione relativa alla verifica dell’effettiva realizzazione degli interventi richiesti

ottemperi a quanto prescritto nei termini concessi, il programma di gestione del database è in grado di segnalare l’avvenuta scadenza e di inserire la stessa nel campo “proroga”, dando, inoltre, la possibilità all’operatore di protrarre i termini di realizzazione degli interventi correttivi. Qualora dovessero scadere anche gli ulteriori giorni di proroga concessi, il sistema effettua lo stesso procedimento, ovvero lo segnala all’operatore, evidenziandolo in rosso, e trasla la Struttura nel campo sollecito. Un elemento informativo di novità della banca dati, inserito nell’aggiornamento di fine 2013, è la presenza di un nuovo campo, convenzionalmente denominato Black List, nel quale il programma provvede ad inserire tutte le Strutture che, nonostante la proroga e il sollecito, non abbiano dato riscontro alla richiesta di azioni di rimedio. In questo caso l’Istituto provvede ad informare l’ASL, e a rimuovere la Struttura dalla Black List solo dopo l’inoltro, da parte dell’ASL stessa, di una comunicazione relativa alla verifica dell’effettiva realizzazione

degli interventi richiesti. Alla data del 31 Maggio 2014 risultano essere 1190 le apparecchiature Total Body di tipo fisso installate e operanti nel territorio Nazionale. Dividendo le apparecchiature in funzione del tipo di magnete superconduttore, permanente o resistivo – si evince che il 72% dei tomografi installati in Italia utilizza la tecnologia a magnete superconduttore ≤ 2 tesla, mentre solo il 24% impieghi magneti di tipo permanente o resistivo. Le apparecchiature RM con campo magnetico > 2 tesla rappresentano, invece, solo il 4%. Questo dato è il risultato congruente di quanto consentito dalla normativa vigente, secondo la quale tali apparecchiature possono essere installate solo all’interno di Istituti di ricerca e nell’ambito di progetti preventivamente autorizzati per lo studio di applicazioni RM innovative (art. 6 DPR 542/94). Il database rappresenta, quindi, un supporto di fondamentale importanza per lo svolgimento dell’attività ispettiva del “Settore per le Verifiche Autorizzative ed Ispettive nelle Radiazioni Ionizzanti ed in Risonanza Magnetica”, in quanto consente la

caratterizzazione delle installazioni in rapporto alla loro conformità agli standard di sicurezza vigenti, di cui all’art. 2 del DPR 542/94, e di programmare interventi di controllo “sul campo” ai sensi dell’art. 7.2 del DPR 542/94, mirati all’effettivo accertamento ed al definitivo superamento delle criticità riscontrate. La banca dati è, ovviamente, strumento utile anche al fine di onorare le attività di studio e ricerca che rientrano nella declaratoria dei compiti istituzionali assegnati al Settore, e che sono finalizzate all’emanazione di atti di indirizzo (linee guida, indicazioni operative, ecc..) propedeutici sia all’elaborazione di strumenti prevenzionistici sempre più aggiornati, sia al consolidamento della cultura della sicurezza negli ambiti di proprio specifico interesse.

L'articolo Le verifiche dei sistemi fotovoltaici pubblicato sul n° 4 Luglio / Agosto 2014 è stato redatto dagli ingegneri Giovanni Luca Amicucci e Fabio Fiamingo, e non da Francesco Campanella e Massimiliano Di Luigi come erroneamente indicato in didascalia


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Miglioramento delle caratteristiche sensoriali della stevia I risultati della sperimentazione del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Ateneo salernitano sono molto incoraggianti perché si è ottenuto un prodotto appetibile, che ha incrementato le caratteristiche dolcificanti e mantenuto inalterati il contenuto di elementi minerali, le caratteristiche di stabilità al calore e il basso indice glicemico di Marisa Di Matteo e Loredana Liguori DICA / Dipartimento di Ingegneria Industriale / Università di Salerno

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ell’ultimo decennio si è riscontrato un interesse crescente verso l’utilizzo di sostanze alternative al saccarosio a causa di una maggiore consapevolezza delle patologie associate al consumo di cibi e bevande ricchi di questo composto: iperglicemia, sovrappeso, diabete, carie dentale, danni cardiovascolari, etc.. La richiesta di sostanze zuccherine con limitato apporto calorico e a basso indice glicemico è così aumentata. Per molti edulcoranti di sintesi in commercio, quali aspartame, saccarina e ciclammato di sodio, vi sono dubbi sulla sicurezza e sulle concentrazioni da utilizzare. Per esempio l’aspartame, che è considerato uno degli edulcoranti a zero calorie, risulta molto sensibile all’esposizione al calore in quanto si degrada rapidamente a dichetopiperazina con rilascio di metanolo, il che lo rende inutilizzabile nei processi di cottura e fa ipotizzare una sospetta tossicità. Di qui, la popolarità crescente verso dolcificanti naturali e ipocalorici. Una possibilità di questo tipo è rappresentata dall’utilizzo di un dolcificante naturale estratto da una pianta erbaceo-arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae, nativa delle montagne fra Paraguay e Brasile: la stevia. La scoperta di questa pianta è da attribuire al botanico svizzero Mosè Bertoni che, verso la fine dell’800, osservò l’utilizzo

che gli indigeni ne facevano delle foglie. In seguito, il chimico argentino Ovidio Rebaudi ne studiò i principi attivi e oggi il nome completo con cui è nota è Stevia Rebaudiana Bertoni. Successivamente, la pianta - presentando un’elevata adattabilità climatica - è stata esportata dai paesi tropicali ad aree con clima temperato e freddo. Le molecole responsabili del gusto dolce sono i glicosidi steviolici, presenti in tutte le parti della pianta ma in quantità maggiori nelle foglie. La stevia ha un potere dolcificante fino a 300 volte più alto del saccarosio, zero calorie e proprietà teraupetiche, essendo ricca di ferro, manganese, carboidrati, proteine, fenoli e vitamine idrosolubili (acido folico e ascorbico). Non ha controindicazioni per i diabetici, anzi stimola il pancreas nella produzione di insulina e non si altera alle alte temperature. La Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives ( JECFA) ha stabilito una dose massima giornaliera di 4 mg/ kg peso corporeo di steviolo. Questo composto è contenuto nelle foglie di stevia e studi metabolici effettuati sui glicosidi steviolici negli animali e negli esseri umani hanno dimostrato che questi composti sono scarsamente assorbiti dopo l'assunzione orale perché idrolizzati dalla microflora del colon e successivamente escreti. Purtroppo un

limite nel consumo di questo dolcificante riguarda l’aspetto organolettico. La stevia è caratterizzata da un retrogusto amaro e di liquirizia, non gradito al consumatore che viene industrialmente parzialmente nascosto dall’aggiunta di altre sostanze quali polialcoli, aromi, etc.. Processi ipotizzati per l’eliminazione di questi difetti sono stati l’utilizzo di CO2 supercritica o il miglioramento genetico delle piantine di stevia, ma si tratta di processi costosi o di non facile applicazione. Visto quindi l’interesse ad utilizzare la stevia come dolcificante, ci siamo posti l’obiettivo di mettere a punto un processo facile, rapido e a bassissimo costo che eliminasse buona parte del sapore di liquirizia e di amaro. I risultati della nostra sperimentazione sono stati molto incoraggianti perché si è ottenuto un prodotto molto appetibile, che ha incrementato le caratteristiche dolcificanti e mantenuto inalterati il contenuto di elementi minerali e le caratteristiche di stabilità al calore e il basso indice glicemico. Le prove di panel e consumer test sono risultate molto positive; altre analisi si stanno sviluppando per l’ottenimento di una brevettazione del processo, che consentirebbe l’utilizzo della stevia in ogni settore dell’industria alimentare, nei prodotti della cosmesi e nella produzione di paste dentifricie con bassi costi.


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Torna la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Sempre a Paestum ma nuova location per la XVII edizione, in programma dal 30 ottobre al 2 novembre a cura della Redazione Costozero

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re strutture geodetiche con i lati trasparenti a pochi metri dal Tempio di Cerere di Paestum: ecco la suggestiva location che per la prima volta ospiterà il Salone Espositivo e due delle 4 sale conferenze della XVII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, in programma nei giorni 30-31 ottobre 1-2 novembre. La Borsa, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio di Expo Milano 2015, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, UNESCO e UNWTO, ideata e organizzata dalla Leader srl, si svolgerà ancora nell’area archeologica della città antica: oltre all’area adiacente al Tempio, le iniziative avranno luogo anche nel Museo Archeologico e nella Basilica Paleocristiana. Nel sottolineare sempre più l’importanza che il patrimonio culturale riveste come fattore di dialogo interculturale, d'integrazione sociale e di sviluppo economico, ogni anno la Borsa promuove la cooperazione tra i popoli attraverso la partecipazione e lo scambio di esperienze: il Paese Ospite Ufficiale 2014 è l’Azerbaigian. La Borsa si conferma un evento originale nel suo genere: sede dell’unico Salone Internazionale di Archeologia; luogo di approfondimento e divulgazione di temi dedicati al turismo culturale ed al patrimonio; occasione di incontro per gli addetti ai lavori, per gli operatori turistici e culturali, per i viaggiatori, per gli appassionati; opportunità di business nella

suggestiva location del Museo Archeologico con il Workshop tra la domanda estera proveniente da 10 Paesi (Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Russia, Spagna, Svezia, Svizzera) e l’offerta del turismo culturale (sabato 1 novembre). La Mostra ArcheoVirtual, realizzata in collaborazione con la più importante Rete di ricerca Europea sui Musei Virtuali, V-Must, coordinata dall’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR, ospiterà “Digital Museum Expo” esposizione delle tecnologie più recenti create per i musei del futuro, che si terrà anche ai Mercati Traianei del Museo dei Fori Imperiali in Roma, alla Biblioteca Alessandrina di

Alessandria D’Egitto, al Museo Allard Pierwson di Amsterdam, al City Hall di Sarajevo. Negli “Incontri con i Protagonisti”, venerdì 31 ottobre, si succederanno Silvia Calandrelli Direttore Rai Cultura, Christian Greco Direttore del Museo Egizio di Torino, Franck Goddio Fondatore dell’Istituto Europeo di Archeologia Subacquea e Laurent Haumesser Conservatore del Dipartimento di Antichità Greche, Etrusche e Romane del Museo del Louvre; sabato 1 novembre, Mario Tozzi, Roberto Giacobbo, Eva Cantarella, Galatea Ranzi e Mariangela Vaglio, Sveva Sagramola, Syusy Blady e Patrizio Roversi, Alberto Angela.


S A LU TE

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Fiumi, laghi e alimentazione sostenibile Come sono cambiati nel tempo i modelli alimentari e con essi gli impatti sulla salute dell’uomo e dell’ambiente

Giuseppe Fatati Presidente Fondazione Adi (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica)

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modelli alimentari globali sono cambiati drasticamente nel corso dell’ultimo secolo, in particolare negli ultimi cinquanta anni. I grandi mutamenti del genere umano sono stati segnati, da sempre, dalle scelte alimentari. La conquista del freddo o meglio la possibilità di gestire in modo corretto la catena del freddo è stata la principale causa dei cambiamenti delle abitudini alimentari che hanno interessato, nell’ultimo secolo, l’intero pianeta. L’arrivo dei frigoriferi ha giustificato la nascita dei supermercati e l’abbandono della tradizionale spesa giornaliera. In Italia, contemporaneamente, si è assistito ad una accelerazione del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione: nel 1861 i bambini fino a 5 anni rappresentavano il 13% della popolazione; oggi tale valore è sceso sotto il 5%. Analogamente è cresciuta la percentuale di ultrasettantacinquenni dall’1% nel 1861 al 10% nel 2010. Nel 1881 la vita media era pari ad appena 35,2 anni per gli uomini e 35,7 anni per le donne. La speranza di vita alla nascita ha superato i 50 anni per entrambi i sessi solo nel corso degli anni Venti: oggi sono 79,1 e 84,3 gli anni che in media hanno da vivere, rispettivamente, un bambino e una bambina nati nel 2010. Questi dati possono sembrare eccezionalmente positivi se non si tiene conto del fatto che sono aumentate anche le patologie croniche non comunicabili (PCNC) come le malattie cardiovascolari, l’ipertensione e il diabete. É stato stimato che nel 2013, nel mondo, erano presenti 382 milioni di diabetici; il loro numero salirà nel 2030 a 592 milioni con un incremento del 55%. Insieme all’urbanizzazione e agli stili di vita sedentari, la tipologia degli alimenti consumati viene considerata una delle cause principali di questo fenomeno. Purtroppo la Scienza della Alimentazione è stata dominata dallo studio di aspetti particolari quali specifici nutrienti, sin-

goli alimenti e relative carenze nutrizionali e loro influenza sulla salute e sullo stato di nutrizione. Solo negli ultimi anni si è posta attenzione più direttamente a tutto quanto viene consumato nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo, compresi i metodi di produzione e di stoccaggio e al conseguente impatto sulla salute umana, l'ambiente e i sistemi alimentari. Nel 2010, la FAO ha condotto uno sforzo non indifferente per sviluppare la seguente definizione di diete sostenibili: quelle diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e di vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili sono protettive e rispettose della biodiversità e degli ecosistemi, culturalmente accettabili, accessibili economicamente, giuste e convenienti, nutrizionalmente adeguate, sicure e sane, e in grado di ottimizzare le risorse naturali e umane. Sebbene in apparenza ridondante questa definizione racchiude un concetto essenziale: non ci può essere rispetto per la salute degli esseri umani se non c’è rispetto per la salute dell’ecosistema. Raggiungere un sistema di alimentazione sostenibile richiede l’impegno di molteplici attori, pubblici e privati, primi fra tutti gli opinion leader del mondo scientifico. Purtroppo la nostra impressione, giustificata anche da recenti rilevazioni, è che la concezione di sostenibilità non sia univoca nel mondo scientifico. Vi è quindi un’assoluta necessità di elaborare documenti condivisi a tal proposito (raccomandazioni), in grado di sfatare abusati luoghi comuni e di prevederne un’accurata implementazione tra quanti sono in grado di influenzare i comportamenti alimentari.


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Le infezioni delle unghie: un problema emergente! Se compare un colore bianco-giallo con striature frastagliate e si verifica il sollevamento e la friabilità dell’unghia, è bene rivolgersi al dermatologo perché i sintomi della onicomicosi vanno affrontati da subito Antonino Di Pietro Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it / www.istitutodermoclinico.com

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arebbero 7,5 milioni gli italiani che soffrono di onicomicosi, cioè l’infezione da funghi che colpisce le unghie dei piedi e delle mani. É quanto emerge da un’indagine epidemiologica dell’Osservatorio Nazionale Onicomicosi che ha evidenziato come i soggetti più esposti siano gli sportivi, ma anche le persone con diabete (colpite fino al 30,5% dei casi) e quelle con deficit del sistema immunitario. L’indagine ha anche mostrato che l’età anagrafica è direttamente proporzionale alla prevalenza dell’infezione delle unghie, colpendo il 16,1% della popolazione dai 45 ai 60 anni e il 20,7% degli over 60. Non solo, la malattia sembra coinvolgere maggiormente i soggetti i cui familiari hanno sofferto di onicomicosi in passato e chi ne ha sofferto è a rischio di recidiva (presente fino nel 46% dei casi). Le micosi alle unghie si verificano con maggior frequenza nelle unghie dei piedi rispetto a quelle delle mani, perché quelle dei piedi spesso sono confinate in un ambiente caldo e umido all’interno delle scarpe. Inoltre i piedi ricevono meno sangue rispetto alle mani e quindi ci sono meno cellule del sistema immunitario circolanti capaci di aggredire i microrganismi. Bisogna poi ricordare che anche camminare a piedi scalzi in ambienti pubblici umidi, come piscine, palestre, spogliatoi e docce può essere un fattore di rischio. L’infezione può insorgere sotto forma di chiazza bianca o gialla sotto la punta delle unghie. Con l’andare del tempo l’unghia diventa opaca, perde la sua lucidità naturale e la sua trasparenza. Se la micosi non viene adeguatamente trattata, l’unghia diventa porosa, friabile e si ingrossa. Spesso si stacca anche dal letto ungueale. L’infezione può così arrivare a distruggere completamente l’unghia. É possibile adottare accorgimenti che prevengano l’onicomicosi come

asciugare bene le dita e la pianta dei piedi dopo ogni contatto con l’acqua, tenere le unghie corte tagliandole correttamente, indossare scarpe non troppo strette o poco permeabili all’aria per lunghi periodi di tempo. Per la cura del piede affetto da micosi si può far ricorso a rimedi naturali, come echinacea o zinco, ma i farmaci specifici sono gli antimicotici, somministrati per via orale o localmente in soluzioni, creme e pomate, disponibili anche come farmaci equivalenti, efficaci e accessibili a tutti. Comunque in presenza di questo disturbo è sempre meglio consultare un dermatologo e, se confermato il sospetto, va eseguito un esame micologico, microscopico e colturale, per confermare la diagnosi e il tipo di fungo coinvolto e procedere alla terapia più mirata. Ma cos’è l’Onicomicosi e perché si manifesta? L’Onicomicosi è un’infezione che colpisce la lamina dell’unghia, sia sulle mani che sui piedi, ed è causata principalmente da funghi patogeni, dermatofiti e in misura minore da lieviti e muffe. I dati raccolti nel progetto confermano che l’Onicomicosi colpisce prevalentemente i piedi, 83% dei casi, colpendo maggiormente l’alluce e l’indice nei piedi e il pollice nelle mani. Sarà importante osservare le proprie unghie soprattutto se: c’è stato un trauma; l’esposizione in climi caldo-umidi è prolungata; si indossano regolarmente scarpe da lavoro o da ginnastica; si frequenta con regolarità palestra, piscina; si è effettuata la ricostruzione delle unghie; si hanno problemi di eccessiva sudorazione; si è affetti da piede d’atleta; si è in presenza di deficit circolatori. Se compare un colore bianco-giallo con striature frastagliate e si verifica il sollevamento e la friabilità dell’unghia, è bene rivolgersi al dermatologo.


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Mai il coltello con il pesce! Una delle prime regole di galateo da tenere a mente è che, quando in tavola c’è un menu di mare, laddove non serve uno strumento per tagliare, si apparecchia solo con le forchette e con la giusta posateria

Nicola Santini Esperto di galateo, costume e società ph/Christian Ciardella

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he il pesce non si taglia col coltello lo sanno anche i trogloditi, ma - che si tratti di ostriche da mangiare solo con un po’ di limone, di carpacci o tartare, di un pesce al cartoccio, c’è un galateo da seguire per non sbagliare mai quando si ha a che fare con un menu di mare. La prima regola riguarda l’apparecchiatura, o meglio il coltello. Il coltello da pesce - l’unico ammesso - si usa non per tagliare ma per separare la pelle e la lisca dalle carni. Se il menu comprende sia carne che pesce, il pesce si serve prima, anche in caso di grigliate, perché il suo sapore è più delicato. Se serviamo crostacei e molluschi sappiamo che tutto quello che si può tenere con due dita può essere mangiato anche con le mani: cozze e vongole, a meno che non siano cotte nel sugo, si possono gustare senza usare le posate. Ai pranzi formali i crostacei sono serviti spolpati ed eventualmente ricomposti nei loro gusci. Non tormentiamo le chele che servono unicamente da decorazione. I molluschi e le ostriche sono aperti sui piatti da portata e presentati su ghiaccio tritato. Le ostriche si mangiano con l'apposita forchettina che sta alla destra del piatto. L'ostrica si tiene con la mano sinistra, mentre con la forchettina si stacca il mollusco dal guscio. L'aragosta, se servita intera, richiede lo schiaccianoci per le pinze, la vaschetta lavadita e...la capacità di fare a meno del bavaglio. La scena nei ristoranti in cui si apparecchiano i colli dei commensali per evitare schizzi è veramente triste. Se proprio non si è in grado, le soluzioni sono due: o si fa tanto esercizio in casa, facendo la gioia di pescivendoli, oppure ci si accontenta delle piccole aragoste che si mangiano con le dita, come i gamberetti, se vengono presentate su di un piatto di frutti di mare, altrimenti, se sono da sole, si scorticano con le dita ma si mangiano con la forchetta.

Gli astici, poi, oltre alle posate da pesce, necessitano dello schiacciachele e della forchettina a due denti. La polpa si mangia con forchetta e coltello da pesce; gli arti richiedono lo schiacciachele, quindi la forchetta a due punte per far uscire la carne che si porta alla bocca con le altre posate. Sempre e ovunque il limone è indispensabile: per condire esaltando i sapori e per pulire le mani e far andar via gli odori. E se rimane una lisca in bocca? L’ideale sarebbe alzarsi e andare in bagno senza dare troppo nell’occhio. Diversamente, si fa in modo discreto con pollice e indice e si lascia in un angolo del piatto. Le cose da fare Informarsi sempre prima se gli invitati hanno qualche allergia particolare a pesci o molluschi prima di fare il menu. Prevedere sempre una coppetta lavadita magari con acqua e limone o acqua e petali di rose. Se la grigliata è il punto forte di un pranzo o una cena, servire a parte qualche salsa aromatizzata insieme al pesce. Informarsi sul vino più adatto al menu di pesce: il cliché del vino rosso off limits è ormai superato. Ma un vino sbagliato può rovinare i sapori in modo irrimediabile. Nello scegliere il dessert dopo una cena di pesce, torte e sorbetti di arancia e limone sono sempre la scelta migliore. Le cose da non fare Tagliate di tonno, bistecche di salmone, pesce spada, etc. si tagliano con la forchetta. Il pesce affumicato non piace a tutti: se si ha in mente una cottura particolare, meglio informarsi sui gusti degli invitati. Mettere bavagli in plastica e stuzzicadenti in tavola. Incaponirsi su una chela o una testa di pesce: vero che spesso sono le parti più buone ma se richiedono delle performance rumorose e complicate se ne può fare a meno. Offrire pesce crudo in una giornata calda su un buffet. Se decidiamo per questa opzione, bisogna farlo velocemente, quando gli ospiti sono già arrivati.


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A RTE

Detriti della storia Per un “museo della polvere”, progetto di Gian Maria Tosatti, sarà visitabile fino al 10 ottobre dalle 9 alle 19.30 presso il Museo Archeologico Provinciale di Salerno di Antonello Tolve Art Critic / Independent Curator Professor at the Academy of Fine Arts in Macerata

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arte di un ciclo di opere con cui l’artista interroga l'archeologia del presente e la nostalgia del futuro, mirando a conservare e ripensare l'attualità attraverso le stratificazioni del passato, Per un museo della polvere (fino al 10 ottobre 2014, tutti i giorni dalle 09.00 alle 19.30, lunedì escluso), il progetto realizzato da Gian Maria Tosatti per gli spazi del Museo Archeologico Provinciale di Salerno, muove da un discorso orientato a decifrare e a condensare in reliquia la contemporaneità. Allacciandosi a La Peste, primo step del ciclo espositivo Sette Stagioni dello Spirito – a cura di Eugenio Viola – tenutosi negli spazi della Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, nella zona dei Banchi Nuovi a Napoli, Tosatti propone a Salerno un lavoro che, se da una parte mostra una solida passione del reale (Badiou), dall'altra tende a creare storia con gli stessi detriti della storia (Benjamin) adottando l'approccio archeologico proposto da Giorgio Agamben, lettore e interprete di Michel Foucault, per rappresentare uno spazio utile a leggere l'oggetto stesso di un sapere che, lo suggerisce Foucault nel suo volume L'archéologie du savoir (1969), a ricercare e a interrogare l'attualità mediante un dispositivo che getta sul passato l’interrogarsi sul presente». Si tratta di un procedimento che l'artista adotta per disegnare un'atmosfera sul decisivo tema della cura e sulla presenza del passato nel mondo contemporaneo, ma anche di una riflessione che punta l'indice sull'impossibilità di ricostruire i fatti e le storie, di montare i frammenti di un firmamento, di una patina – la polvere della Chiesa dei SS. Cosma e Damiano, più precisamente – che è essa stessa appressamento del tempo, feroce annullamento di una memoria da riscoprire. Con questa avventura Tosatti spinge l'acceleratore su un brano estetico che fa i conti con un fitto strato di realtà per negoziare un patto con la storia e costruire un nuovo discorso che rivisita non solo la seconda guerra mondiale ma anche uno spazio abbandonato, un territorio al quale l'artista si avvicina per progettare una nuova forma di restauro, di conservazione, di tutela. Composto di una base in legno lavorato e dorato,

una teca in plexiglass riempita di polvere – di una «sostanza del presente prima ancora di essere residuo del passato» (Tosatti) – e una struttura metallica che sigilla l'intero contenitore, La mia parte nella seconda guerra mondiale decontestualizza archeologicamente i residui ritrovati nell'antica chiesa per collocarli in un luogo deputato e custodito, per spostare e depositare in un raccoglitore il detrito storico, la mole indigesta, il rimasuglio di una storia illeggibile ma intellegibile. «La polvere» suggerisce Tosatti, «è un elemento con cui mi trovo sempre a fare i conti, perché è ciò che conserva, come una coltre, i luoghi dimenticati che, come lo Stalker di Tarkovskij, vado a riattivare con la mia presenza in quanto artista. […]. Saper districare le trame di questo romanzo è ciò che ho fatto […]» e, «in fondo, è quel che faccio ogni volta» Gian Maria Tosatti muove dunque da un prefisso teorico che sceglie di affrontare il presente mediante la lettura di un passato scomodo.

Gian Maria Tosatti, Il mio ruolo nella Seconda Guerra Mondiale – studio, 2014, matita e acquerello su carta, 42x29,7cm, quarto progetto del ciclo Tempo Imperfetto della Fondazione Filiberto Menna (Salerno) organizzato nel Museo Archeologico Provinciale di Salerno, a cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani, courtesy dell'Artista e Fondazione Filiberto Menna (Salerno-Roma)


F I N I S TE RRE

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Eduardo De Filippo, il teatro sempre vivo Il legame "eretico" tra il maestro napoletano e due grandi sperimentatori italiani del secondo Novecento: Carmelo Bene e Leo de Berardinis di Alfonso Amendola Docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali / Università degli Studi di Salerno

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onostante siano passati trent'anni dalla morte di Eduardo De Filippo, non deve risultar “strano” se, ciclicamente, il maestro napoletano torna negli autori della nostra contemporaneità. Come non deve risultar “strano” che l’opera di Eduardo è, anche, “ereticamente” legata a due grandi sperimentatori italiani del secondo Novecento: Carmelo Bene e Leo de Berardinis. Due modalità. Due opzioni stilistiche. Due grandi “anomali”. Due “ragionamenti” differenti eppure voracemente “attratti” dal grande attore e drammaturgo napoletano. Ma proviamo, in estrema sintesi, a coglierla la “presenza” eduardiana in Carmelo Bene e Leo de Berardinis. Per Carmelo Bene guardare l’opera (e l’uomo) Eduardo in qualche modo significa stringere un patto verso le “fondamenta” del teatro. Significa ricomporre il dna costitutivo del teatro. I primi incontri tra i due avvengono all’alba degli anni Sessanta. E nel 1970 Eduardo doveva - udite udite - essere addirittura interprete di un “Don Chisciotte” diretto dallo stesso Bene, con Popov nelle vesti di Sancho Panza e Salvador Dalí pittore/performer presente in scena. Uno spettacolokolossal mai realizzato, ma la sola idea è già luminosamente potente. Nelle pagine di “Vita di Carmelo Bene” di Giancarlo Dotto si ritrova il “surreale” incontro parigino tra il drammaturgo napoletano, l’attore pugliese e il pittore catalano. Il “dialogo” tra Eduardo e

Carmelo è profondo, vero, sincero, politico e resta vivo nel tempo. Il ragionare di complicità tra i due si protrarrà fino agli ultimi giorni di vita di Eduardo: tra reciproche ammirazioni, incontri televisivi, talk-conference e lezioni accademiche. Anche se Bene non dirigerà mai uno spettacolo specificamente tratto dall’opera di Eduardo, in più occasioni l’autore di “Sono apparso alla Madonna” omaggerà l’artefice di “Natale in casa Cupiello” (e viceversa). Con Eduardo De Filippo, Bene condividerà anche tantissime battaglie contro il Ministero dello Spettacolo, entrambi accomunati da un concreto desiderio di “agire” e da uno spirito guerriero contro “i pigmei del teatro”. Il discorso, invece, che “avvicina” Eduardo De Filippo a Leo de Berardinis riguarda il lavoro del drammaturgo napoletano. Un “lavoro” che indirettamente troviamo in gran parte delle riscritture sceniche: dalle “origini” shakesperiane con Perla al periodo di Marigliano, dalle cantine a Bologna. Insomma un attraversare Eduardo prendendone stili, forme, costruzioni, modalità espressive, raccordi narrativi, essenzialità scenica, poetica della gestualità, narrazioni ed espedienti linguistici. Spesso “compare” Eduardo che con Totò rappresenta una sorta di asse portante della scrittura scenica di Leo de Berardinis. Con magistrale originalità e vena eretica, di cui sopra,

Leo si “appropria” ciclicamente di Eduardo. Lo omaggia, lo evoca, lo celebra, lo contamina, lo decostruisce. Un continuo dichiarare il proprio amore verso Eduardo. Il tutto poi si compatta nella bellezza totale di “Ha da passa' 'a nuttata”. Magistrale azione performativa del 1989 realizzata da Leo in collaborazione con i “Teatri Uniti” e il "Festival dei due mondi di Spoleto". Un’opera-summa dove ritroviamo frammenti e stralci (amalgamati e contrapposti, sporcati e reinventati) tratti da quattro opere eduardiane. Leo (tra gli altri, in scena assieme ad un sempre grande Antonio Neiwiller e a un giovane Toni Servillo) volle definire questo “viaggio” eduardiano come una vera e propria «esplorazione del grande teatro di Eduardo, riferimento per me importantissimo». Un viaggio che fu un trionfo di critica e pubblico: Vincitore del Premio UBU (“miglior spettacolo dell’anno”), Premio IDI (“miglior attore protagonista”) e finanche l’Associazione Nazionale dei critici premia alla carriera Leo de Berardinis. Un “viaggio” da intendersi anche come una tappa centrale per comprendere il valore della commedia nell’opera di Leo de Berardinis. Infatti, l’omaggio eduardiano del 1989 assieme a “Totò principe di Danimarca” (1990) e a “Il ritorno di Scaramouche” (1994) indica una meravigliosa trilogia della commedia in chiave densamente innovativa.


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RE N D E Z -V OUS 2. 0

The same old story Spesso anche in operazioni di innovazione culturale il vero protagonista nella promozione pare essere il solo risvolto commerciale. Come si presenta il caso Tim-Scuolabook-De Agostini Roberta Bisogno Collaboratrice c/o laboratorio di Editoria Elettronica Università di Salerno

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al 22 luglio 2014 Telecom Italia ha lanciato sul mercato una nuova offerta. La Tim College PACK. Cosa comprende: 1 tablet Huawei 10+ Una Sim dati con 2GB/mese, 2 GB internet al mese e tanti altri contenuti digitali per la scuola. Corso di lingua a scelta tra inglese, francese, tedesco e spagnolo incluso per 1 anno con De Agostini. L’offerta prevede un contributo iniziale di 49 euro, mentre il costo mensile varia da 10 a 20 euro a seconda delle scelte e tariffe del cliente: accesso a corsi De Agostini on line in lingua (inglese, francese, tedesco, spagnolo); due dizionari Hoepli di italiano e inglese; 150 euro di bonus per acquisto di manuali e libri da Scuolabook.it (21 classici della letteratura e 3 manuali); poter far parte della piattaforma di apprendimento Oilproject e, infine, avere la protezione per il proprio tablet grazie a Timproject. L’offerta può essere attivata da clienti Tim fino a 30 anni di età. Partner di questo progetto è Scuolabook, la libreria digitale italiana nata nel 2008, in seguito all’approvazione della legge n.133 che prevede l’adozione di eBook nelle scuole - allo scopo di fornire materiale didattico digitale alle scuole secondarie di primo e secondo grado: Ebook, materiale audio, video e materiale integrativo come quiz ed esercizi vari. Fra ritardi nelle scuole su formazione studenti e aggiornamenti della docenza, succede che Scuolabook e Tim parlino direttamente al cliente, al consumatore finale: lo studente. Scuolabook consente agli editori di trasformare i loro cartacei in digitali, rendendoli eBook interattivi semplificando così quel processo di apprendimento sul piano dell’interattività. Gli editori sono coinvolti sul piano dei contenuti e solo in minima parte. I processi di diffusione dei libri finiscono per parcellizzarsi in settori specifici e le case editrici finisco-

no per essere inglobate in un processo di vendita dei contenuti e in un guadagno che prevede la vendita dei singoli contenuti. Testimonial dello spot-Tim è Pif, Pierfrancesco Diliberto, personalità mediatica di forte presa sul pubblico: noti sono i suoi servizi alle Iene, il suo programma "Il Testimone" su Mtv, il suo esordio come attore nel film “La mafia uccide solo d’estate” e il suo programma radiofonico “Il provinciale”, la sua comunicazione col pubblico si nutre proprio della simpatia e l’empatia che suscita attraverso la sua personalità. In un’operazione certo a scopo commerciale, ma di utilità soprattutto scolastica, editoriale, scuola ed editoria non sembrano proprio essere al centro della questione. Piuttosto, a guardare lo spot si nota il formarsi di un contrasto, dicotomico, quale nuovo-vecchio, pesante-leggero, antico-aggiornato…nessun elemento dialettico fra i termini posti, semmai un taglio netto. Perché ancora una volta il problema dell’innovazione e degli aggiornamenti è attaccato sempre solita storia: i soldi; the same old story. Il privato (Telecom Italia) prende accordi con un’editoria ormai in balìa delle sue stesse onde, un’editoria che deve necessariamente dare i propri contenuti a un altro (Scuolabook), di cui garantirà e tutelerà i contenuti; poi c’è il testimonial che garantirà l’utilità e la positività di un prodotto per i figli e i genitori. Un buon acquisto, insomma. Ma l’equivoco è sempre alle porte. La sensazione che persiste è che, di tutta la faccenda editoria digitale, innovazione, scuola, ancora non sia stato individuato il fine, lo scopo, l’utile positivo. Il che, come al solito, ha a che fare con una spinta ben più tenace della comprensione e della necessità di innovazione, direi anzi una scommessa, che sia davvero tale (faticata, voluta e divertita): l’innovazione culturale.


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a cura di Vito Salerno

Scopri Google Plus e conquista il Web di Salvatore Russo

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e aziende studiano ogni giorno strategie per amplificare la visibilità dei propri brand e sempre più spesso i social network assumono una posizione centrale in tale ottica. Analogo discorso vale per il personal branding, finalizzato Dario Flaccovio Editore alla definizione della propria identità in rete. Il libro di Salvatore Russo, uno dei principali esperti italiani di Google Plus, è completamente dedicato al social network della sterminata galassia Google. Google Plus è la social spine dell’intero ecosistema Google, in quanto strettamente connesso con tutti i prodotti della società di Mountain View: motore di ricerca, Maps, Drive, YouTube, Chrome, Android, Gmail, eccetera. Non un semplice social network ma un vero e proprio social layer, in quanto l’ingrediente social amalgama le singole applicazioni; ad esempio, il motore di ricerca Google adesso registra i parametri sociali, privilegiando quindi i contenuti postati sul suo social layer. L’autore spiega in modo puntuale quello che è necessario sapere per poter utilizzare al meglio Google Plus, evitando gli errori più classici e quelli più insidiosi e subdoli. Russo fornisce informazioni tecniche, strategie di conversazione e metodiche di condivisione dei contenuti, ma allo stesso tempo pone l’attenzione alla protezione dell’immagine del brand e al ritorno degli investimenti. Tutto è descritto nei minimi dettagli e porta a riflettere su quanto si possa fare online e ad elaborare nuove strategie comunicative, ma il risultato non è il classico volume logorroico e noioso. “Scopri Google Plus e conquista il Web”, edito da Dario Flaccovio Editore, è un divertente viaggio, ricco di scoperte utili, che lascia la netta sensazione, dopo aver letto il manuale, di essere in grado di padroneggiare Google Plus, pronti a sfruttare le enormi opportunità che lo strumento mette a disposizione del singolo e delle aziende.

Lei di Spike Jonze

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alla fantasia visionaria del regista e sceneggiatore Spike Jonze nasce Lei, una storia d’amore a dir poco originale. Il film indaga, infatti, in chiave decisamente non convenzionale, la natura e i rischi dell’intimità nel mondo contemporaneo. Ambientato a Los Angeles, in un futuro non troppo lontano, Lei racconta le vicissitudini di Theodore (interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix), un uomo sensibile e complesso che si guadagna da vivere scrivendo in serie lettere personali e toccanti per altre persone. Distrutto dalla fine di una lunga relazione, Theodore resta affascinato da un nuovo e sofisticato sistema operativo di ultima generazione che promette di essere uno strumento unico, intuitivo e ad altissime prestazioni. Incontra così “Samantha”, una voce femminile sintetica (Scarlett Johansson nella versione originale e Micaela Ramazzotti nell’edizione italiana) vivace, empatica, sensibile e sorprendentemente spiritosa. Avanzato esempio di intelligenza artificiale che apprende e si evolve, Samantha ben presto rivela anche una certa indipendenza di giudizio, la capacità di andare al nocciolo dei problemi e una gamma sempre più complessa di emozioni. Via via che i bisogni e i desideri di lei crescono insieme a quelli di lui, la loro amicizia si fa sempre più profonda finché non si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Ed ecco allora che emergono molti interrogativi…




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