Costozero | TURISMO, SEGNALI DI RIPARTENZA

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editoriale

ECONOMIA, IInvestimenti, FRENI ALLA RIPRESA commesse ed export non bastano da soli a dare certezze alle imprese. A pesare come ipoteche sul futuro sono oggi diversi fattori critici, tra cui svettano la penuria e l’elevato costo di alcuni materiali, in particolare materie prime e semiconduttori

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inalmente tornano positive le prospettive di ripresa per il nostro Paese. Dopo lunghi mesi di sofferenze, cali e tensioni, il pil italiano - come certifica anche l'Ocse, l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - torna a crescere del 5,9% nel 2021, con proiezioni del 4,1% nel 2022. Sembra, dunque, ormai a un passo l'obiettivo del +6% su cui il governo Draghi ha scommesso per i prossimi due anni e che, solo qualche settimana fa, era poco più di una chimera. A questa ripartenza ha senz’altro contribuito la diffusione del vaccino anti-covid, incidendo in positivo sul clima di fiducia delle famiglie e sugli incrementi dei livelli di spesa per i consumi. Buone anche le performance del nostro manifatturiero che si conferma il secondo d’Europa, nonostante alcuni effetti collegati alla pandemia perdurino ancora. La ripresa di investimenti, commesse e dell’export, infatti, non basta da sola a dare certezze alle imprese. A pesare come ipoteche sul futuro sono oggi alcuni fattori critici, tra cui svettano la penuria e l’elevato costo di alcuni materiali, in particolare materie prime e semiconduttori e l’enorme incremento dei costi energetici. Gas e petrolio sono a livelli record, ma anche acciaio, zinco, alluminio, legno, grano, carta, chip e plastica hanno visto il loro prezzo andare letteralmente alle stelle, con incrementi talvolta superiori anche al 100%, cui fa il paio la penuria di questi stessi materiali sui mercati di mezzo mondo. Ad acuire questo già complicato quadro si aggiungono poi l’impennata dei prezzi dei noli marittimi, la scarsità di container e le criticità delle catene di approvvigionamento. Una situazione molto difficile che potrebbe mettere a rischio la ripresa in atto. Lo spettro dell’inflazione, con le sue nefaste conseguenze, potrebbe materializzarsi laddove questi livelli di costo dovessero durare per un lungo periodo. L’operatività stessa delle aziende potrebbe essere messa a rischio, come in molti casi sta già avvenendo, sia in Italia, sia in altri Paesi. Fondamentale sarà il ruolo dell’Europa e una sua maggiore coesione da un punto di vista non solo economico, ma anche politico, per far sentire il suo peso in scenari mondiali sempre più dominati dal dualismo USA - Cina e dal ruolo di aspiranti protagonisti come Russia e Turchia. Credo che all’attuale situazione di penuria di gas non sia estraneo un calcolo politico della Russia. L’abnorme crescita del costo di alcune materie prime è anche dovuta a una politica economica sempre più protezionistica della Cina. Quanto al costo, in alcuni casi astronomico, dei noli credo sarebbe opportuna un’attenta indagine dell’antitrust europeo. A livello interno, dobbiamo augurarci che continui l’opera del Governo Draghi che in questi primi otto mesi di attività, sta iniziando ad attuare quelle riforme necessarie non solo per rispettare il cronoprogramma collegato al PNRR ma per porre le basi per un futuro sviluppo del Paese non episodico e occasionale, ma stabile e continuo, condizione essenziale per garantire un rientro del debito che, non dimentichiamo, è cresciuto enormemente e che rappresenta un’ipoteca sul futuro. Un’ultima considerazione sul mercato del lavoro e sulle difficoltà delle imprese a trovare lavoratori qualificati pur in presenza di un tasso di disoccupazione, soprattutto al Sud, molto elevato: è fondamentale investire in formazione e avere delle nuove e più funzionali politiche attive del lavoro che vedano il coinvolgimento anche delle agenzie di lavoro private. Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro rappresenta un ulteriore freno al pieno dispiegamento delle potenzialità del nostro sistema manufatturiero e dei servizi: è urgente intraprendere una strada che porti in tempi rapidi ad una soluzione di questo annoso problema. Antonio Ferraioli presidente Confindustria Salerno ottobre|novembre 2021

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IN QUESTO NUMERO Editoriale Economia, i freni alla ripresa di Antonio Ferraioli......................................................... 1

Primo Piano Estate 2021, riparte la voglia di viaggiare di Raffaella Venerando..................................................... 4 Turismo, l'onda lunga della crisi intervista a M. C. Colaiacovo............................................... 5 Bellezza e sicurezza, la Costiera si conferma Divina intervista a V. Cinque..................................................... 7 Italiani e stranieri, il Cilento convince intervista a S. Pagano........................................................ 9 Barbieri, Gesac: «Forse crisi alle spalle nell’estate 2022» intervista a R. Barbieri........................................................ 11 La nautica prende il largo intervista a A. Cannavacciuolo............................................ 13

L'opinione

Verso un Rinascimento digitale intervista a E. Gisolfi..................................................... 26

Business Hard and Soft House, il mondo IT è in continua 28 evoluzione a cura della redazione......................................................... Una nuova dimensione innovativa per il “Blu Ponti” della Ceramica Francesco De Maio a cura della redazione......................................................... 29 Made in Italy, la versione dello studio salernitano Pedone&Tomeo a cura della redazione......................................................... 30 Arti Grafiche Boccia, a Salerno la Fabbrica ecologica a colori di Vito Salerno.................................................................. 31 I prezzi delle materie prime e i riflessi sul Superbonus intervista a N. Pinto......................................................... 32

Norme e Società

Supersalone, la bellezza è tornata intervista a M. Porro........................................................ 15

Mediazione civile 3.0: per una giustizia coesistenziale e sostenibile di Marco Marinaro............................................................. 34

«Dieta mediterranea sotto attacco» intervista a I. Vacondio........................................................ 17

Cambiamento climatico e nuove responsabilità di Luigi Maria D'Angiolella............................................... 36

Green e digitale per anticipare il futuro intervista ad A. Prete........................................................ 19

AIM-Italia di Borsa Italiana, caratteristiche e vantaggi di Maurizio Galardo........................................................... 38

«Torniamo a investire in Europa e nel nostro Mezzogiorno» intervista a P. Scudieri...................................................... 21

Fisco

Focus Lo sviluppo del Mezzogiorno: puntare sulle forze endogene per il rilancio post-Covid di A. Casolaro................................................................... 23

Confindustria Salerno Ripensare il sistema Italia di F. Petrosino................................................................... 25

BREXIT: la nazionalizzazione di una UK Company è faccenda delicata di Marco Fiorentino........................................................... 40 Bonus Ricerca e Sviluppo, criticità di interpretazione e utilizzi impropri di Alessandro Sacrestano.................................................... 42

Lavoro Obbligo vaccinale in sanità, quando la sospensione del lavoro è legittima di Paolo Ambron................................................................ 44


Sicurezza Infortuni e malattie professionali, online gli open data Inail dei primi otto mesi del 2021 a cura della Direzione Centrale Pianificazione e Comunicazione Inail........................................................ 45

Mercati Il Digital Export, opportunità per le imprese del territorio di Andrea Boscaro............................................................... 48

Societing 4.0 Le tecnologie che rafforzano l'esperienza del turista di Alex Giordano................................................................... 50

Re-Values lab Perseverare per crescere intervista a V. Virno............................................................ 53

Eventi BMTA 2021, a Paestum dal 25 al 28 novembre a cura di Raffaella Venerando.................................................. 55

Bon Ton Design, la grammatica dell'accoglienza di Nicola Santini................................................................... 57

Finisterre Bowie, Berlino e gli anni '70 di Alfonso Amendola.......................................................... 58

Salute Vitiligine, le speranze del futuro di Antonino Di Pietro............................................................. 60 Active and green City Project: un progetto di Urban Health / II parte di Giuseppe Fatati.................................................................. 61

Libri L’acqua del lago non è mai dolce a cura di Raffaella Venerando............................................... 63

Home Cinema EST | Dittatura Last Minute a cura di Vito Salerno............................................................. 63

Dai social a cura della redazione......................................................... 64

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NUMERO 4/2021

Costozero è il Bimestrale di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg. Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 - Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Antonio Ferraioli Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano

Redazione Raffaella Venerando

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primo piano

ESTATE 2021,

RIPARTE LA VOGLIA DI VIAGGIARE

Positivo il bilancio delle destinazioni mare che, in media, hanno segnato un’occupazione delle camere del 70%, una ripresa che ha interessato anche la Campania di Raffaella Venerando

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stata una buona estate quella appena trascorsa per molte delle mete turistiche del nostro Paese. Tornata la possibilità e la voglia di viaggiare, grazie anche al miglioramento della copertura vaccinale, gli italiani si sono rimessi in viaggio consentendo al settore di risollevarsi almeno in parte dopo il drastico calo del fatturato e della redditività degli ultimi mesi che ha visto - stando ai dati della Banca d'Italia - perdite per circa il 40%. Il comparto alberghiero, in particolare, ha pagato cara la totale assenza di domanda estera, con una flessione nei pernottamenti di oltre il 70%, mentre il calo della componente interna si è attestato su di un -36%. A reggere su tutti il bilancio delle destinazioni mare che, in media, hanno segnato un’occupazione delle camere del 70%, una ripresa che ha interessato anche la Campania, regione che ha goduto in modo particolare di un turismo di prossimità, tenuto conto delle restrizioni agli spostamenti tra un Paese e l'altro imposti dalla pandemia.

Una riscoperta che ha restituito fiducia agli operatori del settore e che non è passata di certo inosservata, ma che anzi ha fatto parlare di sé anche in Rete. La Campania è risultata essere infatti addirittura la meta preferita per l’estate 2021, secondo uno studio della società di social media monitoring Extreme Web Live che ha analizzato 400mila post Instagram georeferenziati e i relativi hashtag, tra quelli maggiormente utilizzati da chi ha condiviso le proprie esperienze di viaggio sulle piattaforme social nei mesi di luglio e agosto 2021. La regione ha scalato la classifica raggiungendone l’apice con l’11% dei post analizzati e geolocalizzati, seguita poi dal Lazio con il 9,7% e dal Veneto con il 9,6%. A riprova del boom anche un’altra graduatoria che vede la Campania primeggiare: quella delle destinazioni turistiche più ricercate in Italia su Google Maps. Qui la Divina Costiera si è aggiudicata il secondo posto, preceduta soltanto dal simbolo italiano per eccellenza per i turisti italiani e stranieri: il Colosseo.


primo piano

INTERVISTA A MARIA CARMELA COLAIACOVO, PRESIDENTE CONFINDUSTRIA ALBERGHI

TURISMO,

L’ONDA LUNGA DELLA CRISI Il valore aggiunto prodotto si è fermato a 67,6 miliardi di euro (64 in meno rispetto al 2019), riportando il settore indietro di 10 anni. Per la presidente di Confindustria Alberghi, Maria Carmela Colaiacovo: «Le buone performance estive fanno ben sperare ma non possono cancellare 14 mesi di fermo pressoché totale di tutte le attività»

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residente, numeri in ripresa per il comparto grazie al buon andamento turistico estivo. Nei fatti quanto si è recuperato e quanto, invece, è andato definitivamente perso? Nel corso dell’estate qualcosa ha iniziato a muoversi, alcune località sono andate bene ma per tante si è confermata la grandissima difficoltà come per le città d’arte e tutte le destinazione vocate al turismo internazionale. Ricordo che le perdite accumulate da un albergo non possono in alcun modo essere colmate. Nel settore alberghiero non esiste “magazzino”, la camera che non viene venduta è persa e non potrà più essere recuperata. A metà settembre, l’Istat ha diffuso i dati sul Conto Satellite del Turismo 2020 che riportano alla luce la drammaticità della crisi che il settore ha vissuto in questi mesi, confermando le

analisi che avevamo condotto e la debolezza degli interventi di sostegno rispetto ad un quadro così difficile. Il valore aggiunto prodotto dal turismo si ferma a 67,6 miliardi di euro (64 miliardi in meno rispetto al 2019), riportando il settore indietro di 10 anni. Il comparto alberghiero ha sofferto la totale assenza di domanda internazionale con un calo dei pernottamenti di oltre il 70% tenuto conto che il dato Istat ricomprende anche le strutture extralberghiere che, come noto, hanno sofferto meno degli hotel. Ad impattare negativamente su tutte le destinazioni anche la diminuzione della componente interna (-36%). Quanto registrato questa estate è una ventata di ottimismo che ci lascia ben sperare. Certamente i risultati ottenuti e quelli che prevediamo non potranno cancellare 14 mesi di fermo pressoché totale di tutte le attività.

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Hanno recuperato anche le città d’arte, particolarmente colpite dalla pandemia? Purtroppo no. I primi 6 mesi del 2021 sono partiti con grande difficoltà ma grazie alla campagna vaccinale sono arrivati i primi segnali positivi a luglio e agosto. Alcuni timidissimi segnali di recupero per le città d’arte hanno visto chiudere Roma con un’occupazione del 40%, Firenze del 50% e Venezia del 55%. Valori migliori rispetto al passato recente ma decisamente ancora troppo lontani dal periodo pre-crisi (Roma, nell’estate 2019 registrava un’occupazione del 75%, Firenze dell’80% e Venezia dell’85%) come testimoniano le strutture ancora chiuse da marzo dello scorso anno. Dalle nostre analisi, positivo il bilancio delle destinazioni mare che mediamente hanno segnato un’occupazione delle camere del 70%, con un boom di presenze in Liguria e in Toscana (oltre l’80% l’occupazione delle camere). Buono anche il dato sulla montagna che, dopo aver sofferto le cancellazioni durante l’inverno 2020 a causa della chiusura degli impianti sciistici, fa ben sperare sulla prossima stagione fredda. Molto bene le strutture del Trentino che hanno registrato un 70% di occupazione camere. Positivi i segnali anche per le aree interne cui si è rivolta molta della domanda post-covid con un’occupazione superiore al 60%. Oltre al turismo italiano, quali mercati internazionali hanno scelto il nostro Paese? Ci sono stati “nuovi” arrivi? I viaggi per turismo purtroppo sono autorizzati ancora da pochissimi paesi e il turismo italiano soffre dell’assenza dei viaggiatori internazionali che costituiscono ben oltre il 50% delle presenze. Un’assenza che condiziona profondamente il segmento lusso e nel complesso tutto il territorio. Il turismo internazionale è ancora sostanzialmente fermo con effetti molto seri sulle città d’arte che, come già detto, sono ancora in grande sofferenza. I primi segnali registrati ad agosto sono stati migliori del 2020, ma sideralmente lontani dai livelli 2019. A settembre - tradizionalmente alta stagione per le città d’atre - il turismo europeo è stato ancora molto ridotto e benché si siano affacciati dei viaggiatori dagli USA, i dati di occupazione registrati rimandano a numeri che a fatica si avvicinano a quelli di un gennaio pre-pandemia. Questo anche perché alcuni mercati fondamentali per le grandi città d’arte sono tuttora - e lo saranno ancora per un bel po’ di tempo - completamente chiusi

ai viaggi per turismo. È il caso di Cina e Russia, ma anche dell’India e di diverse altre provenienze che concorrevano a costruire la forza del turismo italiano, soprattutto nei segmenti di fascia più alta. Il Covid ha ridisegnato con termini nuovi l’offerta turistica. Quali cambiamenti sono destinati, secondo lei, a durare sia nella fruizione, sia nella proposta da parte degli operatori? Tra le priorità “ante-covid” c’è sempre stata quella di osservare e anticipare le nuove tendenze del mercato. Questo vale ancora di più oggi con le aziende alberghiere chiamate a reinventare i propri spazi tra distanziamento e pandemia. Un percorso che va incontro alle nuove sensibilità dei viaggiatori e a modelli di vita/lavoro che l’esperienza di questi mesi ha profondamente modificato. L’industria alberghiera ancora soffre l’onda lunga della crisi ma deve comunque guardare avanti e riorganizzarsi in funzione delle nuove necessità della clientela post Covid. Soluzioni che richiedono attenzione e investimenti per garantire un soggiorno sereno e in totale sicurezza. Per compensare le perdite avute nelle ultime due stagioni le strutture ricettive allungheranno i tempi di attività? E per il futuro? Cosa occorre per tutelare e progettare il turismo nel nostro Paese? Destagionalizzazione, distribuzione dei flussi turistici, attivazione di attrattori di destinazioni ancora poco conosciute, sono questi gli elementi su cui puntare per incrementare la crescita del turismo anche e soprattutto in chiave di sostenibilità. Sarà sempre più importante rendere il nostro prodotto fruibile nel corso dell’intero anno, su tutto il territorio e con un’offerta sempre più diversificata. Un’alchimia che può tradursi in una serie di ricadute positive per l’intero settore. _________________________

«A settembre il turismo europeo è stato ancora molto ridotto e benché si siano affacciati dei viaggiatori dagli USA, i dati di occupazione registrati rimandano a numeri che a fatica si avvicinano a quelli di un gennaio pre-pandemia» _________________________


primo piano

INTERVISTA A VITO CINQUE, VICEPRESIDENTE CONFINDUSTRIA SALERNO CON DELEGA A CULTURA, VIVIBILITÀ E MARKETING TERRITORIALE

BELLEZZA E SICUREZZA,

LA COSTIERA SI CONFERMA DIVINA Per Vito Cinque: «È stata un’estate di conferme e di sorprese. Il nostro non è un turismo a sola trazione americana. Nuove nazionalità si affacciano sulla nostra destinazione anche grazie all’esplosione dei social» di Raffaella Venerando

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ottor Cinque, come è andata la stagione estiva 2021 per il comparto luxury della Costa d’Amalfi e, più in generale, per le strutture alberghiere del territorio salernitano? Le presenze in Costiera hanno superato le aspettative, come del resto in tutta la provincia anche se siamo lontani dai flussi del 2019. I risultati raggiunti hanno una valenza economica ma soprattutto etica, considerando il delicato periodo che abbiamo attraversato e che stiamo ancora vivendo. La riapertura del turismo è partita a maggio per le strutture stagionali, un inizio di stagione con un cauto ottimismo per poi migliorare significativamente. Il segmento lusso era pronto a viaggiare da tempo ma le restrizioni lo avevano frenato, anche se non del tutto azzerato: molti clienti ci contattavano disperati per non poter tornare in

7 Costiera e appena c’è stata l’opportunità non hanno voluto mancarla. Anche il Cilento, soprattutto costiero, si è difeso bene, valorizzato da un mercato italiano in grande fermento mentre quello straniero risultava carente. Oltre al turismo italiano, quali mercati internazionali hanno scelto la Costa d’Amalfi? Ci sono state sorprese in tal senso? I flussi per nazionalità sono stati fortemente condizionati dai requisiti imposti dai paesi di provenienza, mentre da parte italiana le restrizioni sono state allentate in tempo per la stagione estiva. Siamo stati, infatti, tra i primi paesi ad accettare viaggiatori da (quasi) tutto il mondo. Fino a giugno gli Americani erano impossibilitati ad entrare. Poi, decaduti gli obblighi, gli arrivi dagli Stati Uniti sono tornati a livelli quasi pre-pandemia. Al contrario, il Regno Unito ha inasprito le

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misure contenitive con un crollo di presenze britanniche (storicamente un buon mercato), mentre continua la marcata assenza degli Australiani che erano in costante crescita fino al 2019. In compenso, nuove nazionalità continuano ad affacciarsi sulla nostra destinazione confermando la tendenza già in vigore da qualche anno, grazie all’esplosione dei social che confermano l’alta versatilità della Costiera: si rafforzano le presenze russa, araba e balcanica. All’estero è cambiata la percezione dell’Italia con la pandemia? Sostanzialmente no. È invece molto cambiata in Italia. Se gli stranieri continuano a vederci come il paese bello e godibile del loro immaginario classico, gli italiani hanno preso maggior coscienza di una bellezza spesso sottovalutata da un atteggiamento esterofilo e disfattista che li ha portati per anni a cercare altrove quello che in patria era a portata di mano. Il Covid ha ridisegnato con termini nuovi l’offerta turistica. Quali cambiamenti sono destinati, secondo lei, a durare sia nella fruizione, sia nella proposta da parte degli operatori? A seguito dell’emergenza sanitaria, gli operatori turistici hanno nettamente potenziato i temi di salute e sicurezza dei viaggiatori. Sono stati adottati - e in alcuni casi addirittura creati - nuovi protocolli focalizzati alla salvaguardia della persona che verranno in gran parte mantenuti anche quando l’emergenza sarà terminata. Per esempio, alcune aree come la spiaggia attrezzata o la piscina disconoscono il sovraffollamento a favore di una presenza contingentata che anche in futuro permetterà una fruizione rinnovata e sostenibile dei servizi. Per compensare le perdite avute nelle ultime due stagioni le strutture ricettive allungheranno i tempi di attività? Forse qualcuno lo farà ma nella maggioranza dei

casi rispetteranno le chiusure previste. In molti casi la destagionalizzazione non è possibile. E non per scelta. Per esempio, al San Pietro abbiamo necessità di chiudere per focalizzarci a migliorare l’ospitalità della stagione successiva. Alcuni interventi possono essere fatti solo durante l’inverno o comunque ad albergo vuoto per cui non è auspicabile neppure una chiusura parziale o momentanea. E poi non dimentichiamo che in Italia il costo del lavoro è tra i più alti in Europa. La destagionalizzazione ha bisogno di un adeguamento degli standard e dei servizi all’interno delle strutture per il quale non abbiamo gli strumenti urbanistici idonei. E per il futuro? Quali iniziative, come operatori del settore, avete in programma e quali azioni, invece, ritenete debba mettere in campo il governo per sostenere il settore? La pandemia ha comportato una crescita esponenziale degli strumenti digitali che nel turismo si sono tradotti in eliminazioni di disservizi quali code e assembramenti. In pratica, strumenti già da tempo utilizzati dalle compagnie aeree, sono stati importati in larga scala da alberghi e ristorazione. Il web check-in, storicamente associato ai soli voli, sì è rapidamente esteso alle strutture ricettive così come la prenotazione on line è diventata normale per il ristorante, snellendo fino al 70% i tempi di attesa all’arrivo in struttura. È interesse degli operatori incentivare questi mezzi che risultano in una maggiore percezione di qualità. Il Governo può accrescerne l’interesse e la fruizione potenziando la copertura internet nel Paese e facilitando le esigenze di connettività sempre più elevate. Sarebbe auspicabile che il Governo creasse una legge speciale sul turismo per superare i limiti degli attuali strumenti urbanistici, consentendo agli alberghi italiani di adeguarsi agli standard europei nel pieno rispetto del territorio.


primo piano

INTERVISTA A SALVATORE PAGANO, GENERAL MANAGER SAVOY BEACH HOTEL

ITALIANI E STRANIERI, IL CILENTO CONVINCE Buone le performance della ricettività turistica del territorio, sempre più affermato come meta estiva slow e di gusto di Raffaella Venerando

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ottor Pagano, come è andata la stagione estiva 2021 per la ricettività cilentana? La stagione estiva 2021 è stata carica di grandi soddisfazioni per la ricettività cilentana. Sono nati tanti nuovi servizi e le realtà già esistenti hanno apportato importanti migliorie. Basti pensare che, nella sola Paestum, sono stati realizzati cambiamenti di grande impatto, primo fra tutti la creazione di un lungomare. In generale credo che il Cilento stia vivendo un periodo di grande visibilità e crescita, cosa che ha accresciuto di molto le aspettative della clientela che personalmente non abbiamo mancato di soddisfare. Tante le novità offerte, dall’apertura di una piccola Spa all’interno del Beach Club 93 passando per importanti investimenti dedicati al ristorante Tre Olivi, il nostro fine dining

9 guidato dallo chef stellato Giovanni Solofra, fino alla progettazione di una grande spa all’interno del Savoy Beach Hotel, che sarà inaugurata a dicembre. Oltre al turismo italiano, quali mercati internazionali vi hanno scelti? Paesi già appassionati del Cilento o ci sono stati nuovi arrivi sorprendenti? Anche quest’anno siamo stati scelti in misura preponderante da clienti italiani, alla ricerca di comfort e tranquillità. E ci riempie di orgoglio sapere che tanti italiani che ci hanno scoperto l’anno scorso, ovvero quando per la prima volta sono stati “costretti” a viaggiare in Italia, hanno deciso di tornare quest’anno. Ai repeaters italiani si sono poi affiancati i repeaters tedeschi e la clientela di base a Londra che ci sceglie anche per il wedding. In larga misura si tratta di ragazzi indiani di seconda generazione, che hanno visitato le nostre

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strutture in estate e ci hanno scelti per il loro giorno più importante. Secondo lei all’estero è cambiata la percezione dell’Italia con la pandemia? Credo che la percezione dell’Italia all’estero sia cambiata in positivo. In un momento così difficile abbiamo dimostrato rigore, senso di responsabilità e voglia di accogliere in sicurezza. Ed è molto probabile che, in un’ottica di new normal, questi aspetti ci renderanno sempre più interessanti agli occhi della clientela estera. Il Covid ha ridisegnato con termini nuovi l’offerta turistica. Quali cambiamenti sono destinati, secondo lei, a durare sia nella fruizione, sia nella proposta da parte degli operatori? Credo che molti dei cambiamenti siano destinati a durare nel tempo. Primo fra tutti una proposta sempre maggiore di spazi da vivere all’aperto. In più credo che rimarrà l’attenzione a privacy e distanze garantite. Per compensare le perdite avute nelle ultime due stagioni le strutture ricettive allungheranno i tempi di attività? È molto probabile. Nel nostro caso, già in fase prepandemica avevamo progettato di allungare i tempi di attività anche attraverso la realizzazione

al Savoy Beach Hotel di quella che sarà una delle più grandi spa del Meridione. Il progetto nasce da una concezione che qui nel Cilento abbiamo ereditato dai nostri antenati greci e che si traduce nell’idea per cui il vero benessere riguardi insieme, armonicamente, corpo, mente e spirito. Tutto ciò si concretizzerà in spazi di grande ricercatezza, in cui poter usufruire di trattamenti estetici a base di vino e latte di bufala, di protocolli alimentari pensati da grandi professionisti del settore e realizzati dal nostro chef stellato Giovanni Solofra e dell’utilizzo del vigneto, della spiaggia e della pineta per percorsi di mindfullness e yoga. E per il futuro? Quali iniziative, come operatori del settore, avete in programma e quali azioni, invece, ritenete debba mettere in campo il governo per sostenere il settore? Per il futuro stiamo progettando il rinnovo e l’ampliamento delle camere per rispondere alle nuove necessità degli ospiti internazionali. Per quanto riguarda invece le azioni di governo, ci aiuterebbero sgravi sulla contribuzione, bonus sulla ristrutturazione simili a quelli proposti ai privati (Ecobonus e similari) e poi anche importanti investimenti nelle infrastrutture e nelle scuole di categoria.


primo piano

INTERVISTA A ROBERTO BARBIERI, AMMINISTRATORE DELEGATO GESAC

BARBIERI, GESAC:

«FORSE CRISI ALLE SPALLE NELL’ESTATE 2022» I dati degli ultimi mesi riflettono la drammaticità di un crollo senza precedenti che riporta l’aeroporto di Napoli ai livelli di traffico del 1996. Primi voli dallo scalo salernitano nel 2023 di Raffaella Venerando

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ottor Barbieri, la stagione estiva ha consentito una ripresa - seppur parziale - dei passeggeri e del fatturato dello scalo amministrato dalla Gesac? Luglio, fra arrivi e partenze, ha visto transitare 591mila passeggeri con un decremento del 49% rispetto allo stesso periodo pre-covid. Più sostenuta la ripresa ad agosto: 791mila pax (-33% rispetto al 2019). A trainare la crescita le low cost. Napoli è l’unico aeroporto in Italia ad avere in base le quattro principali compagnie aeree low cost europee: easyJet, Ryanair, Volotea e Wizz Air. Siamo comunque lontani dai numeri del 2019, sia come passeggeri, sia come fatturato. Quale segmento è ripartito o ripartirà prima di altri e, di rimando, quando immagina concreta l’uscita dal-

11 la crisi per l’aeroporto di Napoli? Con le restrizioni alla mobilità imposte dalla pandemia, a partire prima è stato il mercato domestico, che nel mese di agosto ha segnato +31% rispetto al 2019. Ma il vero motore di sviluppo dello scalo partenopeo e dell’economia ad esso collegata è il segmento internazionale. Con cauto ottimismo contiamo di tornare alla normalità la prossima estate. Ma quanto hanno pesato i lunghi mesi di mancati decolli causati dalle restrizioni legate alla pandemia? L’aeroporto è sempre stato aperto, anche con un solo volo giornaliero su Roma Fiumicino, attivo dal 25 marzo all’8 giugno 2020. 2 milioni 780 mila passeggeri nel 2020, -74% rispetto ai 10 milioni 860 mila registrati nel 2019. I dati riflettono la drammaticità di una crisi senza precedenti che riporta l’aero-

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porto di Napoli ai livelli di traffico del 1996. Il covid-19 vi ha cambiati? Ha trasformato l’offerta, i rapporti con le compagnie aeree, le priorità o cos’altro? La sicurezza sanitaria è diventata una priorità assoluta per aeroporti e compagnie aeree e ha stravolto il modo di viaggiare, sia da un punto di vista della documentazione di viaggio, di cui ora fa parte integrante il Green Pass, sia per la c.d customer experience. GESAC ha da subito implementato un rigoroso protocollo sanitario, con l’impiego di tecnologie di ultima generazione, fra cui cabine di sanificazione per passeggeri e bagagli e trattamenti di sanificazione dell’aria condizionata con lampade UV-C e sistemi di filtrazione di tipo ospedaliero. Il percorso dell’innovazione era già molto spinto a Capodichino e la relazione con il passeggero efficiente e digitale. Sono previsti nuovi investimenti in tal senso? Continueremo ad investire nella digitalizzazione per migliorare l’esperienza del passeggero e l’efficienza operativa. Non solo Capodichino ma anche Salerno - Costa d’Amalfi. Superati i ricorsi al Tar, a che punto siamo con lo scalo che sarà capace di accogliere sei milioni di passeggeri in aggiunta agli undici di Napoli? Sono in corso i lavori della nuova pista e abbiamo ricevuto 22 proposte dai migliori studi di architet-

tura per realizzare la nuova aerostazione, ispirata a criteri di sostenibilità ambientale. Lo scalo di Salerno avrà una vocazione mista di business e turismo, per la vicinanza al porto, a poli industriali e a mete turistiche come la Costiera amalfitana e il Cilento e servirà un bacino di utenza che supera i confini regionali. Primi voli nel 2023.


primo piano

INTERVISTA AD ANNA CANNAVACCIUOLO, MANAGER MARINA D'ARECHI

LA NAUTICA PRENDE IL LARGO

Cresciute del 20% le presenze al Marina d’Arechi, con un significativo incremento di richieste di ormeggio da parte di diportisti provenienti da Campania, Puglia, Lazio e Nord Italia. Entusiasta la manager del Marina: «Il settore sta vivendo un momento di ripresa forte e noi ci siamo fatti trovare pronti» 13

di Raffaella Venerando

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ottoressa Cannavacciuolo, la stagione estiva 2021 ha fatto registrare miglioramenti in termini di presenza rispetto allo scorso anno? Assolutamente sì. Marina d’Arechi ha fatto registrare un +20% rispetto all’anno precedente, che pure era in crescita. Avevamo previsto che, dopo una situazione di crisi, ci sarebbe stata una grande ripresa e ci siamo preparati per essere pronti a questa fase di rinnovato interesse per il mare. Durante la scorsa estate abbiamo potuto verificare sia la ripresa del diporto internazionale, avendo ospitato numerosi superyacht di grandi dimensioni, sia quella del mercato nazionale, con un significativo incremento di richieste di ormeggio da parte di diportisti provenienti dalla Campania, dalla Puglia, dal Lazio e dal Nord Italia.

Il covid-19 vi ha cambiati? Ha trasformato l’offerta, i rapporti con la clientela, le priorità o cos’altro? Il covid-19 non ci ha mai fermati. Nei mesi più difficili della pandemia abbiamo lavorato per presentarci al meglio alla ripresa estiva. Abbiamo migliorato gli accessi al Marina per renderli ancora più belli e funzionali, implementato l’offerta del food and beverage, con 6 ristoranti e bar a disposizione dei nostri diportisti e di tutta la città, arricchito l’esperienza del port village con momenti di intrattenimento musicale e tante attività sportive all’aperto. La nuova frontiera della portualità turistica richiede un’offerta sempre più ampia e ricercata. Continuiamo dunque a lavorare affinché il Marina d’Arechi sia molto di più del solito ormeggio, diventando il punto di aggregazione preferito in cui trascorrere con grande piacevolezza il proprio tem-

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po libero, in un contesto paesaggistico bellissimo. Credo che questa possa essere la vera essenza del turismo del mare capace di distinguerci. La sostenibilità ambientale è nel DNA del Marina d’Arechi. Quali servizi green offrite al diportista che sceglie come approdo la vostra struttura? La sostenibilità ambientale a Marina d’Arechi è vissuta come una sfida che assume carattere di priorità, non soltanto etica, per l’azienda, il suo management e i suoi azionisti. Il nostro marina nasce con una visione chiara di sviluppo che ha messo al centro alcuni valori imprescindibili: legalità, amore per il mare, per l’ambiente e per il proprio territorio. Volevamo un luogo che fosse ideato, progettato, costruito e gestito secondo un unico filo conduttore, che coniugasse innovazione tecnologica e piena sintonia con l’ambiente circostante. Abbiamo scelto accuratamente la localizzazione del marina, la sua conformazione, i materiali utilizzati nella sua realizzazione, le modalità di gestione e coinvolgimento della comunità portuale sempre mantenendo fermo il principio che il nostro ambiente è la nostra casa ed è il nostro valore aggiunto. Proprio in virtù dei servizi offerti al diportista e dell’attenta regolamentazione interna, abbiamo ricevuto recentemente il Premio CSRMed Ambassador “Campioni della Sostenibilità”, assegnato in occasione della 24ma edizione della Borsa Mediterranea del Turismo dal Comitato organizzatore di CSR Med insieme con l’associazione promotrice “Spazio alla Responsabilità”.

Si è da pochi giorni concluso con successo il 5° Salerno Boat Show, che ha richiamato visitatori da diverse parti dell’Italia. Un evento per addetti ai lavori ma anche un momento di autentica promozione territoriale. I risultati vi hanno premiati. Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti in quest’ultima edizione del nostro Salerno Boat Show, in termini sia di visitatori, con circa 30.000 presenze, sia di feedback commerciali da parte degli espositori che hanno concluso durante l’evento importanti trattative. L'organizzazione del salone nautico presso una struttura come il Marina d'Arechi, con la possibilità di provare le imbarcazioni nel mare tra Amalfi e Positano, può contribuire alla creazione di quel valore immateriale, legato alle emozioni, in grado di attrarre sempre più appassionati verso il diporto e dare nuove opportunità di crescita alle tante imprese che operano nel settore. Da quest’anno il Salerno Boat Show rientra tra gli eventi promossi da Confindustria Nautica, in continuità con il Salone di Genova, allargando ulteriormente i propri orizzonti, per coniugare i temi del turismo del mare, con la promozione di una lunga filiera di attività economiche diffuse sul territorio, che vedono nel marina il proprio distretto di riferimento, in un ritrovato forte rilancio dello yachting italiano e internazionale.Siamo stati molto felici di ospitare il Presidente Saverio Cecchi all’inaugurazione, con il quale abbiamo avviato una collaborazione che siamo certi sarà proficua per l’intera filiera della nautica.


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INTERVISTA A MARIA PORRO, PRESIDENTE SALONE DEL MOBILE DI MILANO

SUPERSALONE, LA BELLEZZA È TORNATA Tanta qualità per l’edizione 2021 dell’evento internazionale che consente di scoprire le novità e le prospettive future delle aziende di design di Raffaella Venerando

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In primo piano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme con Maria Porro, presidente Salone del Mobile di Milano ottobre|novembre 2021


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residente, il Supersalone è stato il suo primo, importante, banco di prova. Soddisfatta? Il bilancio è estremamente positivo grazie a numeri inaspettati e importanti: oltre 60mila visitatori, per oltre la metà dall’estero e sempre oltre il 50% di buyer, 113 paesi partecipanti, grande attenzione e copertura mediatica anche fuori dei confini nazionali. Si è respirato un crescente entusiasmo, riverberato su tutta la città per cinque giorni pieni, cominciato con il privilegio di avere il capo dello Stato Sergio Mattarella presente all’inaugurazione. Si è vista tanta qualità, riconosciuta sia da chi ha esposto, sia da chi è venuto a farci visita. Un’edizione nuova sotto tanti punti di vista: innanzitutto per l’apertura quotidiana anche al grande pubblico e l’aumentata dimensione commerciale. Intuizioni vincenti? Il merito va senz’altro al curatore Stefano Boeri e all’energia del suo team ma va condiviso anche con quanti, a vario titolo, hanno contribuito al buon esito dell’evento. La coralità con cui abbiamo costruito il nostro Supersalone, intorno a tematiche chiare, è stata determinante. Soddisfatto sia il pubblico consumer in un momento in cui la casa è tornata centrale nelle nostre vite, sia il segmento business che, in un periodo ancora incerto e imprevedibile, ha potuto impegnarsi in un investimento controllato.

Cosa e chi hanno reso questo evento indimenticabile? Non ho dubbi: il presidente Mattarella che rompe il protocollo, sale sul palco e prende la parola violando il programma convenuto. È stato indimenticabile sentirgli dire che il Salone del Mobile tornava a «raccogliere il coraggio d’impresa, la cultura, fantasia e la creatività», indispensabili in questo momento per il rilancio del Paese. Nel corso della visita ai padiglioni, ha poi ringraziato chi ha lavorato dietro le quinte, consapevole che l’iniziativa avesse richiesto sforzi immani a tutta la squadra. Ecco, non lo dimenticherò mai come mai dovremmo dimenticare la capacità tutta italiana di ribaltare anche la peggiore delle situazioni facendo squadra. Come hanno risposto le aziende italiane in termini di creatività e progettazione alle paure di questi anni? Penso non solo alla pandemia, ma alle incombenti minacce al clima ad esempio. Sono nati nuovi trend destinati ad affermarsi? Con una accelerata negli ultimi mesi, la sostenibilità è ormai entrata a pieno titolo nella progettazione diventandone un elemento imprescindibile. Il Salone non solo è stato il palcoscenico per differenti soluzioni e proposte da parte di aziende, italiane e straniere, sul tema, ma esso stesso è stato un evento interamente sostenibile, per la scelta dei materiali impiegati, per il tipo di assemblaggio e per la misura contenuta delle emissioni di carbonio. La sostenibilità è diventata un ingrediente irrinunciabile della qualità del nostro design. Il cambio di passo è avvenuto e indietro non si torna. Il disegno industriale tradizionalmente è stato un mondo maschile. Oggi è ancora così o è più facile per le donne diventare protagoniste? Credo che nulla sia facile e che ciascun traguardo sia da conquistare grazie alla competenza. Il mondo della produzione e del sistema delle imprese familiari è attraversato da importanti cambi generazionali che vanno gestiti in modo accorto perché nuovi management possano interpretare al meglio le sfide e i cambiamenti di oggi. Giovani o vecchi, donne o uomini, facciamo in modo che a prevalere siano finalmente le capacità. Se dovesse scegliere un solo materiale, direbbe che il design italiano è fatto di... È fatto di idee, di coraggio e umiltà. Il design italiano è molto di più dei suoi materiali, a contare sono le idee. Ed è per questo che è inimitabile il nostro design.


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INTERVISTA AD IVANO VACONDIO, PRESIDENTE FEDERALIMENTARE

«DIETA MEDITERRANEA SOTTO ATTACCO»

Oltre all’italian sounding, una seria minaccia al nostro Made in Italy arriva dal nutriscore, un sistema antiscientifico che semplifica e categorizza i cibi in buoni e cattivi. A rischio molte delle nostre eccellenze di Raffaella Venerando

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residente, con Cibus - dopo lunghi mesi di stop - è ripartito il comparto fieristico in presenza: un bilancio? Il bilancio è ottimo. Le imprese del food sono pronte a ripartire e Cibus lo ha dimostrato: 2.000 aziende espositrici, 40.000 visitatori di cui 2.000 dall’estero. Un Salone partecipato che ha visto anche convegni di alto livello, in linea con le nuove tendenze e i grandi temi del food&beverage, dall’innovazione alla sostenibilità. Ora occhi puntati sull’edizione 2022: tutte le aziende presenti quest’anno hanno confermato la loro partecipazione alla prossima edizione di Cibus e speriamo che molte altre si aggiungano. Insomma, le aspettative ora sono alte ma le premesse ci sono tutte: le nostre aziende sono pronte a conquistare nuovi mercati e l’obiettivo dei 50 miliardi di

export che stiamo per raggiungere ci dà nuovo slancio dopo un anno difficile come è stato il 2020. Inoltre, puntiamo anche a un fatturato che a fine anno speriamo possa arrivare a 154 miliardi, con un +8% rispetto allo scorso anno. Nonostante la pandemia, l’agroalimentare italiano è andato fortissimo sui mercati internazionali. Ci sono margini per crescere ancora? Ci sono moltissimi margini per crescere ancora. Possiamo farlo sia nei mercati in cui il nostro food&beverage è già consolidato - uno su tutti gli USA - sia e soprattutto nelle economie

emergenti, come il Vietnam (che ha registrato +37,3% rispetto allo scorso anno), la Malaysia (+36,6%) e la Corea (+52,4%). Per questa ragione gli accordi di scambio sono fondamentali e dobbiamo continuare a farne così che il Made in Italy possa arrivare con facilità in paesi sempre nuovi. E dico Made in Italy non a caso: infatti, dei 50 miliardi di export agroalimentari, 40 miliardi sono fatti dall’industria. Lo “stress test” dell’anno scorso, in piena pandemia, ha dimostrato che le esportazioni dell’industria alimentare hanno tenuto, con un aumento 2020/19 del

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+1,0% e ora che speriamo il peggio sia alle nostre spalle ci aspettiamo che i numeri che stiamo facendo quest’anno siano solo l’inizio e che i nostri prodotti possano conquistare sempre più mercati. Parlando delle nostre eccellenze, una menzione va fatta anche alle produzioni a indicazione geografica garantita, il cui valore si può stimare ormai attorno ai 17 miliardi di euro. La loro crescita negli ultimi anni è stata costantemente superiore a quella del settore alimentare aggregato e oggi esse incidono per oltre l’11% sul fatturato dell’industria alimentare. Quali sono gli ostacoli che ancora incontrano le imprese nella penetrazione dei mercati esteri? Alcuni fattori critici riguardano caratteristiche "strutturali" che indeboliscono la competitività degli operatori nazionali, come la dimensione media troppo esigua delle aziende, l'assenza di catene nazionali della distribuzione moderna all'estero, gli alti costi fissi che le imprese italiane devono sostenere rispetto ai competitor e, negli ultimi mesi, i costi proibitivi della logistica, particolarmente impattanti soprattutto per i prodotti a marginalità più ridotta. Più spesso, però, gli ostacoli all'export riguardano elementi esogeni: le barriere tariffarie derivanti dall'imposizione di dazi all'ingresso e soprattutto non tariffarie che ritardano o limitano fortemente l'accesso ai mercai esteri. Basti pensare alle innumerevoli barriere tecniche, relative ad aspetti di etichettatura (anche nutrizionale) o all'ingredien-

tistica, nonché alle barriere riguardanti aspetti sanitari e fito-sanitari, molte volte stabilite pretestuosamente con intenti protezionisti per inibire la conquista di quote di mercato da parte dei prodotti italiani. Non da ultimo, va ricordato il fenomeno dell'Italian Sounding che sottrae una platea di potenziali consumatori, indotti - tramite l'uso di simboli, bandiere, colori e nomi fuorvianti - ad attribuire una presunta italianità a prodotti i quali nulla hanno a che fare con l'autentico made in Italy alimentare. Più volte lei ha rimarcato l’esistenza di attacchi da più fronti al settore. Quali sono quelli più preoccupanti e come è possibile scongiurarli? Gli attacchi di cui parlo sono di diversa natura ma mirano tutti a colpire la nostra dieta mediterranea e dunque i nostri prodotti. A livello mondo c’è un attacco alla nostra dieta per uniformare tutte le diete a quelle vegetariane o flexitariane con lo scopo di farle diventare “più sostenibili”. Ma la dieta mediterranea è sostenibile e le nostre industrie sono da tempo impegnate a ridurre l’impatto dei processi produttivi sulle risorse naturali e sulla necessità di tagliare i consumi di acqua, energia elettrica e plastica. La questione

della sostenibilità ci sta a cuore ma non può tradursi in una guerra alla nostra dieta, da sempre considerata tra le migliori al mondo, come testimoniano le crescenti esportazioni in tutto il mondo del nostro Made in Italy. Collegata a questa battaglia, ce n’è un’altra, a livello europeo: quella dell’etichettatura e in particolare del nutriscore, un sistema antiscientifico che nulla aggiunge all’informazione del consumatore ma che - anzi semplifica e categorizza i cibi in buoni e cattivi. Con il nutriscore, molte delle nostre eccellenze - come l’olio d’oliva o il parmigiano reggiano - non avrebbero un bollino verde ma arancione o rosso. Credo che dietro queste battaglie ci siano interessi di tipo economico e non legati alla sostenibilità e alla salute: i nostri prodotti conquistano sempre più fette di mercato, che fanno gola a molti. Nuove sfide sono imminenti: le aziende sono pronte? Il sistema Paese è pronto? Le aziende sono pronte, ma abbiamo bisogno che la politica ci aiuti: stipulando nuovi accordi di libero scambio e, in generale, aiutando, ascoltando e supportando un settore che è il secondo comparto manifatturiero del Paese e che contribuisce al PIL nazionale per l’8%.


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INTERVISTA AD ANDREA PRETE, PRESIDENTE UNIONCAMERE E CAMERA DI COMMERCIO DI SALERNO

GREEN E DIGITALE PER ANTICIPARE IL FUTURO

Andrea Prete sottolinea il cambio di competenze nel mondo del lavoro: «Investire in questi settori equivale a creare occupazione, crescita e inclusione sociale» di Raffaella Venerando

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residente, in uno dei dialoghi de Le città invisibili di Calvino si dice che “senza pietre, non c’è arco”. Parafrasando questa citazione, le pietre sono le singole Camere, l’arco l’Associazione nazionale che oggi è chiamato a dirigere. Quali saranno le sue priorità? Al di là delle priorità operative, il mio impegno sarà diretto a meglio diffondere l’importanza del ruolo svolto dalle Camere di Commercio. Credo, infatti, sia ancora bassa la percezione di quanto le Camere - enti pubblici dotati di autonomia funzionale e raccordo operativo tra governo e imprese – si adoperino per seguire e favorire lo sviluppo delle attività economiche di un territorio che non è mai lo stesso. Ciascuna provincia ha le sue peculiarità e le sue esigenze che le Camere hanno la

responsabilità di riconoscere e assecondare. Il sistema camerale è dunque necessario perché le misure varate dall’Esecutivo arrivino alle imprese beneficiarie. Anche in ragione di ciò, va completato il processo di accorpamento che ci ha visti passare dalle 105 alle 73 Camere di oggi (l’obiettivo finale stabilito per legge è 60), affinché la nostra risposta e il nostro sostegno al sistema produttivo sia sempre più rapido ed efficace. Fondamentale poi potrebbe essere il supporto tecnico che la nostra piattaforma Infocamere potrebbe offrire alle imprese. Con più di dieci milioni di dati riferiti a persone fisiche in loro possesso, le Camere di commercio rappresentano il primo terminale della Pubblica Amministrazione con cui le imprese si interfacciano. Da anni svolgiamo un ruolo im-

portante nel supportare le PA nella semplificazione e digitalizzazione dei propri processi amministrativi, ruolo che potrebbe essere esteso e amplificato grazie a una funzionale condivisione dei dati. Gli indicatori economici migliorano, ma non per tutti i comparti. Per quali di questi il vento comincia a tornare favorevole e per quali altri, invece, la ripresa è ancora lontana? Tra i settori trainanti senz’altro l’industria che ha continuato a mostrare segnali positivi (valore aggiunto: +1,2%). Infatti, un elemento favorevole per l’economia italiana è rappresentato dalla produzione industriale (al netto delle costruzioni) che a luglio ha segnato un ulteriore rialzo congiunturale (+0,8%), trainato da aumenti per i beni strumentali (+1,9%), intermedi (+1,4%) e di consumo (+0,9%). Nel

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secondo trimestre, con il marcato incremento del grado di utilizzo degli impianti, gli investimenti hanno segnato un’ulteriore crescita (+2,4%); la ripresa dei ritmi produttivi è stata inoltre stimolata dalle costruzioni e dai servizi, il cui valore aggiunto è aumentato rispettivamente del 3,2% e del 2,9%. Tra le attività dei servizi si segnala il deciso rimbalzo di commercio, trasporto, alloggio e ristorazione (+8,3%); i servizi ricettivi, in particolare, trainano il recupero (fatturato: +34,6%). È pur vero però che sono state le PMI a subire i severi effetti della crisi pandemica nel 2020 (riduzione di fatturato: 64% delle imprese contro 55% delle medio-grandi). Tuttavia, a resistere quelle imprese che hanno creduto e investito nel Digitale e nel Green, con un ritorno ai livelli produttivi pre-crisi entro il 2022 previsto dal 70% delle piccole imprese che ha investito nel Digitale e dal 67% di quelle che hanno investito nel Green. Specie nella green economy, l’Italia parte da posizioni di netto vantaggio. Secondo Eurostat, sul tema Green siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: 79%, il doppio rispetto alla media europea (39%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei (la Francia è al 56%, il Regno Unito al 50%, la Germania al 43%). Inoltre, il Rapporto GreenItaly, attesta la posizione di prima linea delle imprese italiane in termini di sostenibilità ambientale: posto pari 100 il grado di eco-efficienza dell’Europa comples-

sivamente considerata, l’Italia registra un valore di 143,9. Lei sostiene che «serva un patto di serietà per far ripartire il lavoro, perché se riparte il lavoro riparte il Paese». I dati attuali sull'occupazione quindi non la preoccupano? No, perché parlano i numeri: rispetto a febbraio 2020 si evidenzia un primo miglioramento del numero di occupati dipendenti (+29mila) trainati dalla componente a termine (+79mila,), mentre i livelli di quella permanente sono ancora inferiori (-50mila). Cifre che testimoniano come la paventata ondata di licenziamenti post-moratoria non ci sia affatto stata. A preoccuparmi semmai il dato che le imprese italiane non riescono a trovare circa mezzo milione di lavoratori con determinate caratteristiche. Pensiamo al green e al digitale. La stima per il periodo 2021-2025 del fabbisogno di personale con capacità di utilizzare competenze digitali è di circa 2 milioni di occupati (circa il 57% del fabbisogno totale), mentre quella per competenze green è di circa 2,4 milioni di lavoratori (circa il 63% del fabbisogno del quinquennio). Professionalità al momento introvabili. Gli ITS potrebbero essere una risposta alla deindustrializzazione? Sì, occorre una formazione altamente qualificata e specializzata che risponda concretamente alle nuove esigenze delle imprese. Gli ITS si propongono esattamente di far questo. Qualche anno fa la preoc-

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«La stima per il periodo 2021-2025 del fabbisogno di personale con capacità di utilizzare competenze digitali è di circa 2 milioni di occupati, mentre quella per competenze green è di circa 2,4 milioni di lavoratori» _________________________

cupavano lo smarrimento di certi valori sociali e un processo involutivo di chiusura mentale. Il Covid, secondo lei, ha acuito questa tendenza all’aggressività? Tutt’altro. Credo che la pandemia per certi aspetti sia stato uno shock in positivo. Negli ultimi mesi, profonda è stata a mio avviso la rivalutazione della competenza, in molti settori di vita e di lavoro. Sono finalmente tornati in auge valori come la serietà, l’impegno, la responsabilità. Restano sparuti estremismi di posizione, fondati su basi umorali e del tutto illogiche, specie in quanti della pandemia per fortuna non hanno avuto esperienza diretta. È vero non si sono visti in strada monatti o lazzaretti, ma il covid ha fatto 130mila vittime. È come se un’intera città, grande come Salerno, di colpo fosse sparita. Non dimentichiamolo.


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INTERVISTA A PAOLO SCUDIERI, PRESIDENTE DI ANFIA E DI ADLER-PELZER GROUP

«TORNIAMO A INVESTIRE IN EUROPA E NEL NOSTRO MEZZOGIORNO»

È necessario un piano di ricollocazione, sulle piattaforme europee, di produzioni di acciaio, microchip e materie plastiche, in modo da dipendere meno da altri Paesi. «In gioco c’è la competitività presente e soprattutto futura delle nostre imprese» di Raffaella Venerando

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residente, il comparto automotive è profondamente colpito - da mesi ormai - non solo dal rincaro dei prezzi, ma anche dalla penuria di chip e materiali semiconduttori, fenomeno che sta causando l’interruzione di molte catene di montaggio dell’industria automobilistica e non solo. Quali le conseguenze a breve e lungo termine? È come se sul comparto automotive, specie nel segmento premium, si fosse abbattuta una seconda pandemia che sta rallentando le produzioni, allungando i tempi di consegna e, in alcuni casi più complessi, mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa di stabilimenti. È una seconda stoccata che, oltre a mietere grande preoccupazione, deve farci riflettere sulla necessità di un piano di

ricollocazione - sulle piattaforme europee - di produzioni di acciaio, microchip e materie plastiche, solo per citarne alcune, in modo che l’Europa diventi meno dipendente da altri Paesi. In gioco c’è la competitività presente e soprattutto futura delle nostre imprese rispetto ai due titani Cina e Stati Uniti. Le competenze le abbiamo ma vanno ridefinite le politiche strategiche, prevedendo e destinando importanti investimenti nel conseguimento di questo obiettivo. La rivalità tra Stati Uniti e Cina pertanto continua a ridisegnare la fisionomia della globalizzazione, con i primi che non forniscono i chip e la seconda che blocca o rallenta le esportazioni di terre rare, la famiglia di minerali usati in settori strategici. Nel mezzo il resto del mondo ostaggio di un pericoloso effetto domino

che si abbatte su tutta la catena di approvvigionamento. La via d’uscita per lei deve essere quindi una riacquistata centralità europea? Sì, lo ribadisco. Questo squilibrio non è di certo nato ora e in gran parte deriva dalle guerre commerciali che gli Usa hanno ingaggiato con la Cina e il resto del mondo. A cambiare deve essere la posizione dell’Europa. All’interno di un mutato scenario, il nostro Mezzogiorno potrebbe svolgere un ruolo di primo piano per il suo potenziale non completamente espresso e valorizzato, mettendo a sistema il grande bacino di giovani competenti, le sue università fondamentali e i tanti validi siti produttivi per la riallocazione di piattaforme industriali. Rispetto alle nuove sfide che lo attendono - tra cui la decarbonizzazione, per citarne una - il comparto è pronto?

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Anche in merito a questo particolare aspetto, il nostro Paese difetta di visione strategica perché manca al momento un piano di sostegno e di incentivo per puntare al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, sia quelli già in vigore, sia quelli relativi al pacchetto della Commissione Ue per la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2035. Un’ulteriore accelerazione della transizione all’elettrificazione rischia infatti di mettere sotto scacco definitivamente il comparto della componentistica. Non dimentichiamo che l’auto rappresenta il 0.9% delle emissioni mondiali, a fronte di 12 milioni di addetti nel solo continente europeo. Pur condividendo le politiche di transizione, ci andrei piano con il demonizzare un solo settore o una sola tecnologia. Il futuro della mobilità dovrebbe fondarsi su più soluzioni diverse tra loro, eppure tutte determinanti per contribuire alla riduzione delle emissioni. Le transizioni rivoluzionarie oggi

necessarie dovrebbero essere guidate da un principio di neutralità tecnologica, in virtù del quale impostare un approccio flessibile alle diverse tecnologie a disposizione, senza il predominio esclusivo di una sulle altre. Non solo elettrico quindi è il mio orientamento e, in ogni caso, non così in fretta. La situazione di dipendenza dall’estero non ce lo consente. Nel suo comparto quale valore aggiunto offrono l’innovazione e le nuove tecnologie (IoT, blockchain, intelligenza artificiale)? Digitalizzazione e connettività sono elementi fondamentali per qualsivoglia prodotto e processo, da quello più semplice fino alla costruzione di veicoli a guida autonoma. Proprio a questo ambizioso obiettivo è dedicato Borgo 4.0, un progetto di filiera che mette insieme, attraverso una applicazione condivisa tra vari case automobilistiche e indotto internazionale, azioni di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica. Il progetto - che

Uno scatto dell'inaugurazione di Borgo 4.0

avrà la rete 5G per connessioni veloci - si snoderà in quattro siti in Campania, coinvolgendo imprese, centri di ricerca pubblici, il Cnr e alcuni atenei regionali. Con Borgo 4.0 vogliamo dare vita a una fabbrica intelligente capace di restituire la centralità perduta alla filiera automotive italiana e farlo partendo dalla nostra regione che ha creduto in questo esperimento unico in Europa. Da presidente di un grande gruppo industriale nato al Sud, ma affermato sui mercati internazionali, quali aspettative ha rispetto al Recovery Plan? I capitali dovranno essere spesi in modo efficace e veloce, nel completo rispetto delle regole europee che ci impongono di portare avanti quelle riforme per cui il nostro Paese si è impegnato. Abbiamo necessità di un’Italia più moderna, equa e sostenibile. Il futuro inizia ora e non può di certo prescindere dalla centralità del comparto automotive.


focus

LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO: PUNTARE SULLE FORZE ENDOGENE PER IL RILANCIO POST-COVID Nei prossimi anni per il Sud saranno disponibili oltre 200 miliardi di euro. Un’occasione imperdibile per il perseguimento di una ripresa strutturale, sostenibile e durevole dell’economia nazionale

di Agnese Casolaro | Ricercatrice SRM Servizio Imprese e Territorio | www.sr-m.it

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on la nuova pubblicazione “Mezzogiorno: panorama economico di mezz’estate” SRM prosegue la sua costante attività di monitoraggio della realtà socioeconomica meridionale. In particolare, partendo dalle caratteristiche intrinseche dell’area, punta a tracciare un quadro di riferimento attuale e prospettico del territorio e delle sue regioni, nell’ambito del più ampio panorama nazionale. L’obiettivo è non solo quello di “misurare” il peso economico del Mezzogiorno, ma anche quello di fornire uno “strumento di comprensione” di quanto sia pronto e di quanto percorso ci sia, invece, ancora da fare per realizzare gli obiettivi primari di rilancio e resilienza. In tale logica, gli eventi più recenti hanno rappresentato un punto di svolta: da un lato un 2020 con una battuta d’arresto senza precedenti (-8,4% il calo del Pil rispetto al 2019; -8,9% per l’Italia), dall’altro i primi segnali di

ripresa che lasciano ben sperare in un biennio di crescita basata sulle forze endogene dell’area e sulla sua capacità di rilanciarsi attraverso le risorse europee. Nei prossimi anni, infatti, per il Sud saranno disponibili oltre 200 miliardi di euro da vedere come un volano importante non solo per la ripartenza post-Covid ma anche per dare avvio ad una nuova fase di sviluppo per il rilancio dell’area.

Grande attenzione è posta sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nel cui ambito il Mezzogiorno si conferma centrale per il perseguimento di una ripresa strutturale, sostenibile e durevole dell’economia nazionale assorbendo il 40% delle risorse complessive pari a circa 82 mld di euro. Si tratta di un Programma molto sfidante, ma rilevanti sono gli impatti che si potranno avere: il Ministero per il Sud e la Coesione

Fondi destinati al Mezzogiorno nei prossimi anni

Fonte: Ministero per il Sud e la Coesione Territoriale

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Territoriale stima una crescita del Pil meridionale, nel quinquennio 2021-2026, del 24% circa rispetto al valore assoluto del 2020 (+16% per l’Italia). Diretta conseguenza sarebbe un maggior peso del Pil meridionale su quello nazionale con una rappresentatività dell’area che potrebbe crescere di 1,5 p.p.. Affinché tali risultati possano essere raggiunti al meglio è, quindi, necessario investire sulle forze endogene del territorio, legate non solo ai suoi settori di punta ma anche a quegli elementi trasversali in grado di influire sull’economia nella sua totalità. Il riferimento è, quindi, in primis ai grandi assi dell’economia meridionale a partire dalla filiera turistica, che nel Mezzogiorno gioca un ruolo particolarmente importante: il Valore aggiunto dei Servizi di Alloggio e Ristorazione (oltre 15,5 mld euro) rappresenta il 4,4% del VA totale dell’area, dato superiore a quello nazionale (3,9%). Se si considera il Pil diretto, indiretto e indotto, il peso nel Mezzogiorno sale all’11%. Ancora più importante il peso in termini di occupazione: con quasi 390mila addetti il settore impiega il 10,9% dell’occupazione totale meridionale (dato Italia 9%). Altro grande tema è quello dell’economia marittima e la Logistica, pilastri su cui muove l’economia mondiale e proprio nel periodo pandemico hanno mostrato la loro resilienza permettendo al mondo di non fermarsi sebbene si sia viaggiato ad un passo più lento. Dall’approfondimento di alcune variabili legate a tale filiera emerge il ruolo centrale del Mezzogiorno soprattutto in ambito mediterraneo. I porti del Mezzogiorno coprono una parte rilevante (47%) del traffico merci

complessivo del Paese. Con 207 milioni di tonnellate di merci gestite nel 2020 hanno mostrato una maggiore resilienza durante la pandemia; il calo dei porti meridionali è stato del -3,4% contro il -10% circa dell’Italia. Terzo asse è il settore energetico: il Mezzogiorno è il serbatoio energetico del Paese, strategico ed essenziale soprattutto per la produzione di energia rinnovabile. Nell’area viene generato circa un terzo del totale dei GWh rinnovabili totali: il 41% dei Gwh prodotti a fotovoltaico, il 27,3% dei GWh da bioenergie e la quasi totalità della produzione elettrica da eolico (il 96,4%), dove il Sud riveste un indiscusso primato. Al Sud si concentra il 40,2% della potenza rinnovabile del nostro Paese ed il 27,4% del parco impianti complessivo. Infine, last but no least, l’Economia Sociale. Il Terzo Settore si conferma un fenomeno sempre più vitale e dinamico, che ha dimostrato la sua valenza durante l’emergenza sanitaria attraverso le numerose iniziative sociali attivate. Ma la diffusione dei luoghi del sociale al Sud non è ancora equilibrata rispetto ad un territorio che esprime forti esigenze sanitarie, sociali ed economiche. Occorre riflettere sul futuro ruolo del Terzo Settore in considerazione anche della sua strategicità per la ripresa sociale ed economica del Paese. Pur quanto riguarda, invece, i fattori trasversali basti pensare a tutti quegli elementi necessari per consolidare il patrimonio in essere e garantirne uno sviluppo duraturo nel tempo: - Formazione e Ricerca: l’economia immateriale assume un ruolo sempre più importante per la società ed è, quindi, decisivo investire sul capitale umano pre-

sente affinché si possa sempre rispondere alle sfide poste dai mutamenti del contesto. Il Mezzogiorno mostra ancora alcuni significativi gap da colmare (ad esempio, una minor presenza di laureati in rapporto alla popolazione), ma le nuove politiche possono (e devono) essere fattore propulsivo per ridurre il divario e favorire il cambiamento. - Innovazione e Digitalizzazione: l’implementazione delle tecnologie digitali è la vera infrastruttura che serve per il rilancio del Mezzogiorno e per rendere il Sud davvero interconnesso. Gli investimenti per la trasformazione tecnologica del Paese sono dunque determinanti e possono rappresentare l’acceleratore di tutti i processi di sviluppo che si intendono attivare. - Ambiente e Bioeconomia. La “Green & Circular Economy” può favorire lo sviluppo del Mezzogiorno e ridurre il divario con il resto del Paese. Si potrebbe puntare su quei settori fortemente specifici ed identitari dell’area, anche grazie alle politiche internazionali, europee e nazionali già avviate. Un dato su tutti per cogliere la portata del settore: la bioeconomia, nel Mezzogiorno, genera un valore di 23,6 miliardi di euro, il 6,7% del totale economia dell’area ed il 23,6% del dato nazionale. Il Mezzogiorno contiene, quindi, tutti gli elementi per sostenere la ripresa e al tempo stesso contribuire in modo deciso alla crescita del Paese. Bisogna puntare a nuovi e sempre più sfidanti obiettivi: le forze endogene dell’area, da un lato, e le risorse disponibili per i prossimi anni, dall’altro, rappresentano il punto di partenza su cui lavorare.


confindustria salerno

RIPENSARE IL SISTEMA ITALIA

I 62 miliardi di euro per gli interventi sulle infrastrutture, sulla mobilità e sulla logistica sostenibili ci fanno ben sperare in un futuro rilancio del Paese, costruito sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale di Francesco Petrosino | Executive Director di Condor Spa e componente del Direttivo dei Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno

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n’opportunità di sviluppo sostenibile e inclusivo senza precedenti. È questo il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che, con lo stanziamento di 62 miliardi di euro per mobilità, infrastrutture e logistica sostenibili, è destinato a rivoluzionare il sistema Paese. Gli interventi previsti nel piano ci daranno la possibilità di ridisegnare l’Italia, di abbattere il gap Nord Sud e di diventare ancora più competitivi con il resto del mondo. Si tratta di progetti destinati a realizzare la costruzione e la riqualificazione di infrastrutture, garantire una mobilità sostenibile, rafforzare le imprese e migliorare la qualità del lavoro e della vita delle persone, il tutto assicurando la salvaguardia dell’ambiente. I 62 miliardi di euro per gli interventi sulle infrastrutture, sulla mobilità e sulla logistica sostenibili ci fanno ben sperare in un futuro rilancio del Paese, costruito sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale. In particolare i 34,7 miliardi di euro per gli interventi nel Mezzogiorno palesano la chiara volontà del Governo di avviare concretamente politiche per il superamento delle disparità tra le diverse aree del Paese. Obiettivi concreti, come si evince dal piano: estensione dell’alta velocità ferroviaria e potenziamento delle reti regionali, rinnovo dei treni, degli autobus e delle navi per la riduzione delle emissioni, investimenti per

lo sviluppo dei porti, della logistica e dei trasporti marittimi, interventi di digitalizzazione per la sicurezza di strade e autostrade, transizione ecologica della logistica, sviluppo della mobilità ciclistica e delle strade provinciali per migliorare la viabilità delle aree interne, qualità dell’abitare e delle infrastrutture sociali, tutela e valorizzazione delle risorse idriche. Siamo dinanzi a un piano innovativo, costruito su un modello di crescita verde e inclusivo, uno strumento senza precedenti che, utilizzato con competenza e lungimiranza, permetterà al nostro Paese di migliorare la concorrenza e l’efficienza del sistema economico italiano, ponendo al centro di questo rinascimento l’individuo e i suoi bisogni. Come Direttivo pensiamo si tratti di una sfida e di un’opportunità per ripensare il sistema Italia che, nel concreto, vede le imprese impegnate duramente a far fronte all’aumento dei costi delle materie prime, alle criticità legate ai trasporti marittimi e alla potenziale minaccia di una crisi finanziaria nei mercati asiatici che potrebbe impattare seriamente sulla loro capacità di intercettare il volano che il PNRR indubbiamente promette di portare in dote. Siamo di fronte ad un’occasione unica che non possiamo sprecare perché, come ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente Draghi, ne va della credibilità delle nostre istituzioni e del futuro dell'economia italiana.

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VERSO UN RINASCIMENTO DIGITALE

Per Edoardo Gisolfi, presidente del Comitato Nazionale di Coordinamento Territoriale (CNCT) di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, «occorre un’autentica “rivoluzione culturale”, che preveda una radicale reingegnerizzazione dei processi unita a un programma di reskilling e valorizzazione del capitale umano» di Raffaella Venerando

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residente, l'Italia è quart'ultima in Europa nel Digital Economy and Society Index (DESI), nella classifica della digitalizzazione. Qualcosa però si muove... La transizione digitale è elemento centrale e strategico per le trasformazioni in atto connesse all’evoluzione dei modelli organizzativi, produttivi e di filiera dell’impresa e della PA, e per lo sviluppo socio-economico del Paese. Se fino ad oggi l’Italia era indietro in questo senso, rispetto ai grandi partner europei, da più parti ci pervengono chiari segnali che le classi dirigenti di questo Paese hanno finalmente deciso di porre in cima alla lista degli obiettivi programmatici di interesse generale la transizione di tutti i settori dell’economia e della PA verso i nuovi modi di organizzare flussi di lavoro, rapporti fra produttori, consumatori, istituzioni e cittadini, basati sull’utilizzo sistematico e capillare di tecnologie digitali interattive e interconnesse. Grazie

Edoardo Gisolfi

al Piano Industria 4.0, negli ultimi anni si può affermare che il settore industriale ha compiuto significativi passi avanti, per lo più nella Media e Grande Impresa. Anche se persistono tuttora sacche di impreparazione nelle realtà imprenditoriali di dimensioni minori e nei contesti periferici. D’altro canto, si è purtroppo costretti a registrare come in molti casi la PA arranca e fa fatica a tenere il passo con i tempi. Questo è un fattore di ritardo non più tollerabile, perché una PA moderna, efficiente e digitale è essenziale per il funzionamento ottimale del sistema Paese vero presupposto per lo sviluppo socio-economico. È doveroso riconoscere

quanta strada si è già fatta rispetto a una situazione di partenza che non è eccessivo definire tout-court arretrata rispetto alle controparti europee, grazie ai primi interventi di digitalizzazione e virtualizzazione di alcuni sportelli e servizi centralizzati a livello nazionale come Agenzia delle Entrate o INPS e, in alcune PAL. Ma è un processo che risulta ancora non completato e che ha prodotto risultati certamente non in linea con le aree più avanzate d’Europa. Ancora meno entusiasmante, tranne rare eccezioni, la situazione di molte amministrazioni locali tuttora ancorate a vecchie procedure farraginose e dispendiose che non sfruttano appieno o per niente le potenzialità del digitale. La causa di questa arretratezza può essere individuata nell’ostinazione a non abbandonare vecchi schemi per via della scarsa diffusione della cultura digitale, tra gli operatori terminali ma purtroppo, spesso, anche lungo la linea di management. Questo ha l’effetto di rallen-


tare l’avanzata del fattore decisivo della transizione, cioè la reingegnerizzazione in chiave digitale dei processi, da ripensare su tutta la filiera per eliminare del tutto i colli di bottiglia dei passaggi analogici e dell’intervento umano in presenza. Un deficit che pesa sempre più sulla competitività dell’economia italiana e che può essere ridotto con programmi di formazione mirata per manager e risorse operative. La spinta decisiva verrà dal PNRR? Ce lo auguriamo. Una delle sei grandi aree di intervento del PNRR è proprio la trasformazione digitale, finalizzata a migliorare le prestazioni sintetizzate nell’indice DESI, che vede l’Italia ancora al 25-esimo posto su 28 Paesi UE. Gli obiettivi, come sappiamo, comprendono razionalizzazione e digitalizzazione della PA, potenziamento della connettività con reti ad altissima capacità a costi sostenibili, introduzione del principio “once only”, cioè l’amministrazione non può richiedere due volte la stessa informazione a un cittadino, adeguamento agli standard condivisi UE, acquisizione di competenze digitali di base del personale, drastica semplificazione burocratica. Questo è possibile operativamente attraverso la migrazione al cloud, l’interoperabilità dei dati, la digitalizzazione di procedure e interfacce utente per i processi più critici, i servizi avanzati come identità e domicilio digitale, notifiche di pagamenti. Inoltre, si prevede di rafforzare il perimetro di sicurezza informatica del Paese e le competenze digitali di base dei cittadini, innovare l’impianto normativo per velocizzare gli appalti ICT, incentivare l’interoperabilità da parte delle amministrazioni, abilitare gli interventi di riforma dei processi amministrativi e della giustizia. La reingegnerizzazione e digitalizzazione delle procedure è affidata a una task force dedicata, con particolare attenzione alle procedure per edilizia e attività produttive, e all’operatività degli sportelli unici SUAP e SUE. Entro il termine del PNRR, 600 procedure verranno ridefinite in chiave digitale. Prevista anche la creazione di un Polo Strategico Nazionale, cioè un’infrastruttura dedicata cloud localizzata sul territorio nazionale,

all’avanguardia in prestazioni e sicurezza. In concreto cosa prevede? Sì, questa infrastruttura è basata sugli standard condivisi introdotti dal progetto europeo GAIA-X, un progetto di ecosistema digitale federato in cui Confindustria e CSIT, con grande lungimiranza, hanno giocato un ruolo attivo fin dal primo momento, (grazie anche all’impegno della collega Vittoria Carli). È evidente che non si digitalizza la PA senza il supporto e le competenze delle aziende dei Servizi Innovativi e Tecnologici. In questo scenario, acquisiscono perciò importanza strategica anche le procedure di Public Procurement. Secondo un’analisi OCSE, in linea con i dati UE, le PMI rappresentano il 99% di tutte le imprese nel mercato europeo. Me le attuali procedure di Public Procurement sono purtroppo tuttora pesantemente sbilanciate in favore della Grande Impresa. Questo è un problema sia in ottica di maggiore competitività e sviluppo del Settore sia perché molte PMI innovative dispongono di knowhow e soluzioni avanzate che potrebbero contribuire in maniera più efficiente ed economica al processo di transizione digitale PA. Come possibili soluzioni, si può, ad esempio, pensare a una riforma del sistema dei punteggi, una più razionale ripartizione in lotti che tenga conto di parametri fondamentali come le dimensioni delle PMI partecipanti, una ridefinizione delle soglie di fatturato come requisito di ingresso, l’introduzione di meccanismi di premialità per le PMI innovative, sanzioni pecuniarie e istituzione di un fondo per i ritardi nei pagamenti da parte della PA. Tornando al PNRR, è auspicabile che stavolta alle buone intenzioni facciano seguito i fatti e che il PNRR non diventi un’ennesima occasione persa perché, se vogliamo che l’Italia esca dal “Medio-Evo” ed entri nell’era del “Rinascimento Digitale”, necessario per la modernizzazione e lo sviluppo socio-economico del Paese, non basta un insieme di interventi scollegati o basati solo sull’adozione di nuove tecnologie, ma occorre un’autentica “rivoluzione culturale”, che preveda una radicale reingegnerizzazione dei processi unita a un programma di reskilling e valorizzazione del capitale umano (e di ammodernamento della PA).

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HARD AND SOFT HOUSE, IL MONDO IT È IN CONTINUA EVOLUZIONE

Al giorno d’oggi le aziende hanno bisogno di essere estremamente dinamiche: ecco perché è fondamentale affidarsi ad un partner che abbia un’offerta costruita su misura per ogni cliente

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a cura della redazione

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e tecnologie si rinnovano continuamente e velocemente, insieme ad esse cambiano inevitabilmente gli altri sistemi fondamentali che conosciamo, come la società stessa. Invece, cosa succede alle aziende? Anche il lavoro è travolto dall’innovazione nel campo dell’IT e continua a mutare forma insieme con la tecnologia. Continuano a cambiare le necessità, come succede ad esempio per il lavoro da remoto, e di conseguenza cambiano le soluzioni che un business può adottare in risposta ad esse. Si veda il Cloud: nata oltre vent’anni fa, questa tecnologia ha visto difficoltà iniziali per la sua diffusione; invece, oggi non possiamo più fare a meno del Cloud in ogni aspetto della nostra vita, sia personale, sia lavorativa. In effetti, le aziende possono trarre un enorme beneficio dall’implementazione di Sistemi di Cloud, sotto ogni punto di vista. Non dimentichiamoci della Sicurezza: evoluzione significa anche rinnovare i propri sistemi di sicurezza informatica, grazie al Cloud o a soluzioni ibride, e aumentare il livello di protezione dei propri dati dai rischi di perdite accidentali o da attacchi ransomware. Altra importante evoluzione in corso riguarda la scelta di tante aziende di andare verso una rotta strategica più etica, più ecologica! Allora anche il mondo IT diventa più “green”: un

esempio? Le stampanti a ridotto impatto ambientale, con la loro tecnologia innovativa Heat-free. HSH, molto più di un partner tecnologico. Il risultato di questa continua innovazione è che, al giorno d’oggi, le aziende hanno bisogno di essere estremamente dinamiche, particolari e diverse tra loro: ecco perché è fondamentale affidarsi ad un partner che abbia un’offerta costruita su misura per ogni cliente. Ed è proprio ciò che fa Hard and Soft House da ormai 30 anni. Ponendosi come obiettivo la crescita delle aziende che la scelgono ogni giorno, fornisce loro soluzioni e servizi personalizzati e di elevata qualità, anche grazie alle sue partnership di estremo valo-

re con i brand leader del settore: Microsoft della quale è Gold Partner, Epson, HP, Sophos, Aruba e molte altre. Queste collaborazioni diventano una garanzia per i clienti grazie anche all’expertise del suo staff che, formato da team di professionisti, sempre aggiornati sulle novità del settore e pronti ad offrire un supporto tecnico di eccellenza. Qualità. Innovazione. Valore. La qualità di questa realtà aziendale (certificata ISO 9001:2015), la sua continua innovazione in termini di servizi e soluzioni, il suo profondo know-how e i suoi valori, come valorizzazione delle risorse umane e centralità del cliente, rendono Hard and Soft House il partner ideale delle aziende.


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UNA NUOVA DIMENSIONE INNOVATIVA PER IL “BLU PONTI” DELLA CERAMICA FRANCESCO DE MAIO In vetrina all’edizione 2021 del Salone del Mobile di Milano il nuovo supporto tecnico del Grès Maiolicato®, utilizzato per interni ed esterni, anche nella versione per piscine a cura della redazione

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estro di Gio Ponti, la manualità artistica degli artigiani del settore e la tecnica ceramica innovativa. Dalla fusione sapiente di questi tre elementi nasce il nuovo progetto della Ceramica Francesco De Maio: Blu Ponti in Grès Maiolicato®. Ci sono sempre i colori del cielo e del mare di Sorrento nei trentatré decori bianco e blu che Gio Ponti realizzò tra il 1960 e il 1962 per pavimentare, con diverse combinazioni, la hall e le cento camere dell’Hotel Parco dei Principi, il primo albergo design al mondo. Gli stessi decori e colori che, in modo fedele agli originali, i Maestri decoratori della Ceramica Francesco De Maio continuano a realizzare a mano, maiolica dopo maiolica, su questo speciale ed esclusivo supporto. Le infinite

29 combinazioni blu di Gio Ponti entrano, adesso, in una nuova dimensione innovativa. La realizzazione dei decori sul nuovo supporto tecnico del Grès Maiolicato®, utilizzato sia per interni che per esterni, e del Grès Maiolicato® Antiscivolo R10 adatto soprattutto per le piscine. Proprio questa combinazione “in chiave tecnica” è stata presentata dalla Ceramica Francesco De Maio, per la prima volta, in occasione dell’edizione 2021 del Salone del Mobile di Milano. Il Grès Maiolicato® della Ceramica Francesco De Maio è un particolare grès tecnico ottenuto mediante un innovativo processo di sinterizzazione di selezionate argille ceramiche che, pressate e cotte in forni ad alta temperatura, permettono la semigreificazione dell’impasto pronto per essere

smaltato con il candido smalto Blu Ponti e poi lasciato all’abilità dei maestri decoratori. L’aggiunta di particolari tipi di composti ceramici ne attribuisce la qualifica di Anti-slip con valore R10. In questi circa due anni di pandemia da Covid-19, la Ceramica Francesco De Maio ha portato avanti la sua ricerca ceramica riuscendo ad innovare tecnologicamente la sua artigianalità senza venir meno all’uso della decorazione realizzata ancora a mano pezzo per pezzo. Le infinite combinazioni bianche e blu di Gio Ponti, il pregio della Collezione Blu Ponti e il fascino dell’antica lavorazione della decorazione a mano sulla forza di un esclusivo supporto in grès, anche antiscivolo, per creare un’innovazione unica. Un Infinito Blu di Combinazioni per Infiniti Progetti.

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MADE IN ITALY, LA VERSIONE DELLO STUDIO SALERNITANO PEDONE&TOMEO La grande bellezza dell’architettura italiana in mostra al “The Big Five”, la fiera internazionale dedicata ai più importanti player a livello globale dell’industria edilizia

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a cura della redazione

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ipartire da Dubai. È quello che ha scelto di fare lo studio di progettazione architettonica, strutturale e impiantistica “Pedone & Tomeo - Architects Lab” partecipando al “The Big Five”, la fiera internazionale dedicata ai più importanti player a livello globale dell’industria edilizia. Più di 1000 espositori provenienti da 45 Paesi, dal 12 al 15 settembre scorso, hanno presentato a un pubblico specializzato le più recenti tendenze del settore in fatto di tecniche di progettazione e costruzione, ottimizzazione della filiera, sostenibilità ambientale ed economica dei materiali. Con solide radici nella cultura architettonica italiana ma

da sempre proiettato verso le nuove tendenze dell’architettura internazionale contemporanea, Pedone & Tomeo ha un’esperienza di successo al fianco di alberghi e strutture ricettive, strutture residenziali, negozi e catene commerciali, frutto anche della selezione dei migliori materiali italiani per l’edilizia. «A Dubai - han-

no sottolineato Carlo Tomeo e Alessandra Pedone - abbiamo messo in mostra la nostra visione di architettura e sostenibilità al servizio di progetti ad alto valore aggiunto nel segno del Made in Italy, dei suoi materiali unici per valore, pregio e bellezza, realizzato con cura e precisione in ogni fase del lavoro».


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ARTI GRAFICHE BOCCIA, A SALERNO LA FABBRICA ECOLOGICA A COLORI Nasce a Salerno la Fabbrica ecologica a colori, una nuova iniziativa delle Arti Grafiche Boccia in occasione dei 60 anni dalla sua fondazione nel solco del tema generale del progetto di rilancio che è “Oltre”: andare oltre, superarsi di Vito Salerno

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ttraverso le opere di artisti diversi le facciate della Fabbrica ospitano adesso opere di pittura per esprimere due concetti complementari: la Fabbrica è colori, pensieri, azioni, in una parola, persone; la zona industriale non è periferia marginale ma un luogo del bello e dell’armonia che si collega al territorio per le luci e i colori e va “oltre” perché 5.000 mq di facciate della Fabbrica sono state illustrate con la vernice speciale Airlite che consente di catturare dall’atmosfera una serie di fattori inquinanti purificando l’aria. In particolare, le superfici verniciate equivalgono a 5.000 mq di bosco e riescono a neutralizzare l’equivalente di inquinamento delle emissioni nocive

31 di circa 600.000 auto l’anno. Gli artisti che hanno reso possibile il progetto sono: Morris e Mirco Costantino Modena; Danilo Angeletti; Luca Pepe; Ettore Tuderti e Nicolò Gianfelici; Stefano Santoro; Andrea Canò Dros; Monica De Maio; Luciano Pancani; Giovanna Lettieri; Stefania Maffei. La “Fabbrica a Colori” segue l’iniziativa “Oltre l’Economia Circolare” nata affidando un laboratorio artistico al Maestro Vincenzo Vavuso che, coadiuvato da altri artisti, ha trasformato gli scarti di lavorazione, a partire dalla carta, in opere d’arte, in sculture. «Abbiamo voluto esprimere l’idea di un’azienda aperta, dinamica, inclusiva e reattiva - afferma l’amministratore delegato delle Arti Grafiche Boccia, Vincenzo

Boccia - perché il museo delle opere realizzate dagli artisti sarà aperto al pubblico assieme al museo delle antiche macchine di stampa, parte della storia della nostra azienda, con una forte identità territoriale per aprirsi e non chiudersi, in una posizione geografica centrale tra Europa e Mediterraneo. A ciò seguiranno gli investimenti per il piano di rilancio perché il futuro si progetta e si conquista attraverso il lavoro, le idee, i progetti, i sogni e le speranze delle Nostre Persone». Nel concetto dell’”Oltre”, a proposito di inclusione, annunciato un terzo grande progetto che a breve sarà presentato e che conferma la vocazione delle Arti Grafiche Boccia di essere un’avanguardia culturale. Di essere, appunto, un “Oltre”.

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I PREZZI DELLE MATERIE PRIME E I RIFLESSI SUL SUPERBONUS Per Nicola Pinto, amministratore della Pinto srl, azienda di produzione e distribuzione di sistemi oscuranti e schermature solari, è in seria discussione il vantaggio economico dell’agevolazione a causa del rincaro dei costi per acciaio, alluminio e pvc di Raffaella Venerando

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nticipare le esigenze del mercato, puntando sull’innovazione continua con lo sguardo sempre orientato al futuro. Questi i segni distintivi dell’attività di Pinto srl, da 30 anni specializzata nella produzione e commercializzazione di tapparelle e frangisole. L’esperienza nella lavorazione del pvc e dell’alluminio per l’edilizia, unita alla ricerca e all’attenzione verso i dettagli, hanno permesso all’azienda di distinguersi dai competitors per l’alta qualità e il grado di innovazione dei prodotti e per l’efficienza del servizio. L’azienda dispone di due stabilimenti in Italia: al sud con la sede di Polla (SA) e al nord con quella di Polesine Zibello

(PR), occupando una superficie totale di oltre 35.000 mq totali con 50 impianti produttivi. Pinto srl in linea con gli obiettivi di sviluppo industriale, disporrà a breve anche di un opificio a Fidenza, nel quale avverrà la trasformazione delle materie prime in prodotto finito. Oltre 250 dipendenti rappresentano la vera forza di un’azienda che produce e commercializza per il mercato tradizionale, l’e-commerce e la grande distribuzione, più di 300 prodotti. Qualità ed eccellente organizzazione aziendale hanno garantito alla Pinto un rilevante processo di crescita, consentendole di allargare costantemente il raggio d'azione. Il tutto mettendo sempre al cen-

tro della propria attività la funzionalità, la ricerca estetica, il comfort e riservando estrema attenzione alle esigenze odierne legate, in particolare, alla sicurezza, al risparmio energetico, all’isolamento termico, al riciclo dell’aria, alla protezione e alla privacy. Grazie a queste componenti, Pinto srl ha conquistato un ruolo di primo piano nel settore. L’azienda, attraverso la struttura organizzativa, gestisce e sviluppa anche i progetti più complessi, fornendo soluzioni personalizzate in grado di rispondere al meglio alle esigenze del mercato. Le due sedi aziendali assicurano un servizio completo e capillare e consegne celeri su tutto il territorio nazionale.


Dottor Pinto, il suo settore è uno dei più colpiti dall’aumento del prezzo delle materie prime. Con quali conseguenze nel breve e nel lungo periodo? L’aumento del costo delle materie prime, in particolar modo acciaio, alluminio e pvc ha condizionato inevitabilmente il nostro settore. Conseguenze direi drammatiche con notevoli ripercussioni sui costi di produzione, generazione e trasporto ma anche sul consumatore. Una problematica che ci tocca molto da vicino. La Pinto srl, infatti, è un’azienda di produzione e distribuzione di sistemi oscuranti e schermature solari che opera da tantissimi anni nel settore. L'aumento generalizzato dei prezzi delle materie prime può mettere in discussione gli effetti positivi del Superbonus, come già evidenziato in questi ultimi mesi del post-pandemia. Non solo rincaro dei prezzi, ma anche carenza e tempi di approvvigionamento più lunghi. Come uscirne? Non sappiamo fino a quando durerà questo periodo che ci mette a dura prova, speriamo in una rapida inversione di

tendenza. Tutto questo paralizza il ciclo produttivo e anche i lavoratori. Confidiamo in un intervento delle istituzioni per poter risolvere o quantomeno arginare il rialzo del prezzo e agevolare anche l’approvvigionamento. Il Governo deve intervenire e attuare delle misure importanti e urgenti.

Nicola Pinto

Gli obiettivi della sua impresa sono minacciati da un tale fenomeno? Sì, ricollegandomi a quanto appena detto, i nostri prodotti sono richiesti principalmente per l’accesso al Superbonus, essendo innovativi e in posses-

so dei requisiti per il risparmio energetico e la sostenibilità. Le forniture delle materie prime in edilizia sono diminuite sensibilmente e i prezzi sono raddoppiati, con conseguenze notevoli sui cantieri della riqualificazione energetica offerta oggi dal Superbonus. L’incentivo ha tempi molto ridotti e crea volumi imponenti, difficili da gestire. La nostra azienda è cresciuta negli anni, grazie a politiche legate all’innovazione e alla sostenibilità. Grazie a questo tipo di incentivi potrà continuare a farlo ma rischia, come tante altre aziende, di subire una battuta di arresto a causa di questa situazione. L’aumento del prezzo e la carenza delle materie prime mette a dura prova l’intero indotto: dal produttore al consumatore finale con importanti ripercussioni. Come già risaputo, in questo periodo si andrà incontro anche all’aumento dei costi delle bollette di luce e gas, derivante dal rialzo dei costi delle materie prime. Questi aumenti stanno causando ripercussioni sulle tariffe e sui prezzi finali dei consumatori.

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norme e società

MEDIAZIONE CIVILE 3.0: PER UNA GIUSTIZIA COESISTENZIALE E SOSTENIBILE Marco Marinaro avvocato cassazionista - professore a contratto di “Giustizia sostenibile e ADR” del Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS “Guido Carli” di Roma - giudice ausiliario della Corte di Appello di Napoli - mediatore e arbitro || mmarinaro@luiss.it

L’obiettivo è di ridurre la durata dei processi civili del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè cause lunghe in media mille giorni

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ccorre «il coraggio delle visioni» aveva affermato Mario Draghi al Senato riunito per votare la fiducia al nuovo Governo che si accingeva a lavorare per la «nuova ricostruzione». E la Ministra Marta Cartabia, nel tracciare le linee programmatiche della necessaria riforma della giustizia civile, aveva assegnato centralità alla mediazione e agli altri sistemi di risoluzione delle controversie diversi dal processo valorizzandone i loro effetti virtuosi non solo per l’alleggerimento del carico giudiziario, ma in una prospettiva di «complementarità» e, quindi, di coesistenza più che di alternatività. Lungo queste direttrici con 201 voti favorevoli e 30 contrari, il 21 settembre 2021, il Senato - nel rinnovare la fiducia al Governo - ha approvato l’emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 1662 (Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie),

con l’obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea, entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè ad una durata media dei processi di mille giorni). Si avvia così - con il passaggio all’esame della Camera - il percorso che condurrà (l’approvazione finale è prevista entro la fine dell’anno) alla seconda riforma della mediazione civile e commerciale. Il testo vigente del decreto legislativo n. 28/2010 che attualmente disciplina la materia - già riformato dal decreto legge n. 69/2013 - sarà oggetto così di una profonda revisione da parte del Governo una volta che la legge delega sarà definitivamente approvata dal Parlamento. Alla prima lettura del testo votato in aula, suscita sicuro interesse l’estensione della condizione di procedibilità ad altri ambiti di controversie (in particolare, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di

persone e di sub fornitura), ma un particolare rilievo assumono per i professionisti le disposizioni che mirano a risolvere le diverse criticità processuali emerse nel corso del primo decennio. I dubbi interpretativi e i contrasti giurisprudenziali che ne sono scaturiti (e che in questi anni hanno in qualche modo minato la effettività e le potenzialità della mediazione) sono destinati a trovare nelle norme della riforma in itinere una definitiva composizione. Appare dunque di interesse riepilogare i punti nevralgici della normativa vigente che saranno oggetto di modifica: a) il legislatore delegato dovrà individuare, in caso di mediazione obbligatoria nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte che deve presentare la domanda di mediazione, nonché definire il regime del decreto ingiuntivo laddove la parte obbligata non abbia soddisfatto la condizione di procedibilità; la questione è stata già decisa di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione che con la


sentenza n. 19596/2020 hanno ritenuto che l’onere di promuovere la procedura di mediazione debba gravare sulla parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo; è ragionevole ritenere che il principio possa essere recepito in sede di attuazione del principio di delega definendo così la complessa e delicata querelle interpretativa; b) il Governo dovrà poi riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione; la norma se da un canto conferma l’interpretazione già adottata dalla Cassazione con la sentenza n. 8473/2019 quanto alla partecipazione personale delle parti, dall’altro mira a riempire quel vuoto legislativo rilevato dalla medesima pronuncia al fine di affermare l’effettività dell’incontro di mediazione (nel solco dell’orientamento interpretativo avviato dal Tribunale di Firenze nel marzo del 2014); c) il Governo dovrà anche prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipino al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia; anche questa disposizione si pone l’obiettivo di risol-

vere talune complesse questioni circa la partecipazione personale alla mediazione regolamentando e limitando la rappresentanza nel procedimento mediativo; d) nella riforma si dovrà prevedere per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che la conciliazione nel procedimento di mediazione, ovvero in sede giudiziale, non dia luogo a responsabilità contabile, salvo il caso in cui sussista il dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti; si tratta di una norma che mira evidentemente ad agevolare la partecipazione dei funzionari pubblici sempre al fine di valorizzare le opportunità offerte dal confronto in sede conciliativa; e) il legislatore poi dovrà prevedere che l’amministratore del condominio sia legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi e prevedere che l’accordo di conciliazione riportato nel verbale o la proposta del mediatore siano sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale che delibera con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile e che, in caso di mancata approvazione, la conciliazione si intenda non conclusa o la proposta del mediatore non approvata; la nuova norma mira ad alleggerire i limiti posti all’amministratore dal vigente articolo 71-quater disp. att. cod. civ. (peraltro rigorosamente interpretata e applicata dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10846/2020) al fine di agevolare la mediazione delle controversie delle liti condominiali; f) il Governo dovrà prevedere, quando il mediatore si avvalga

di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali, la possibilità per le parti di stabilire, al momento della nomina dell’esperto, che la sua relazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente valutata dal giudice; la disposizione viene introdotta allo scopo di sollecitare e semplificare l’utilizzo delle risultanze delle attività peritali svolte nel corso della mediazione in quelle liti ove l’attività tecnica è di ausilio per la composizione della lite. g) infine, si dovrà prevedere che le procedure di mediazione (e di negoziazione assistita) possano essere svolte, su accordo delle parti, con modalità telematiche e che gli incontri possano svolgersi con collegamenti da remoto; l’esperienza maturata nel periodo dell’emergenza pandemica suggerisce di valorizzare le opportunità derivanti dall’impiego dei sistemi di comunicazione a distanza la cui disciplina necessita di un ripensamento. L’attuazione dei principi brevemente esaminati concorrerà di certo a rendere più efficace la mediazione senza dimenticare che la riforma si muove in una prospettiva di più ampio respiro che punta a consolidare e a rafforzarne le fondamenta quale strumento complementare della giustizia civile. L’estensione degli incentivi e delle agevolazioni fiscali, oltre che del patrocinio a spese dello Stato, la valorizzazione della mediazione demandata dal giudice e la revisione della disciplina sulla formazione con il potenziamento dei requisiti degli organismi di mediazione, consentiranno infatti di porre le basi per un sistema evoluto di giustizia sostenibile la cui attuazione costituirà per il Governo un ulteriore e delicato banco di prova.

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norme e società

CAMBIAMENTO CLIMATICO E NUOVE RESPONSABILITÀ Luigi Maria D’Angiolella avvocato | studio D'Angiolella dangiolella@studiolegaledangiolella.it

La Corte Costituzionale tedesca boccia la legge federale a tutela dei diritti fondamentali delle “future generazioni”

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l contributo degli esseri umani al riscaldamento globale è una certezza scientifica da tempo, per i vari processi di industrializzazione che hanno avuto una crescita repentina negli ultimi due secoli e ancor di più negli ultimi 50 anni. Il 2018 - come noto - è al quarto posto nei 30 anni più caldi della storia recente: di questi, 25 sono occorsi dopo il 1990. Se la certezza scientifica è un dato ormai acclarato, con maggiore lentezza si stanno muovendo la politica e, di rimando, i giuristi, chiamati a dare risposte che, come è facile intuire, devono essere rapide e condivise su temi così decisivi. Il movimento di opinione su questi argomenti pur essendo trasversale è caratterizzato in larga parte, come intuibile, da una consistente presenza giovanile. La pubblicazione dell’importante sentenza della

Corte Costituzionale tedesca del 24 marzo 2021, che ha bocciato la legge tedesca esecutiva degli Accordi di Parigi del 2015, è l’occasione di una riflessione importante. La Corte Federale Costituzionale di Karlshure si è pronunciata sulla incostituzionalità della legge tedesca che aveva preso atto degli Accordi di Parigi, ridefinendo i “limiti di emissione annuali” di gas serra fino al 2030, affermando l’esistenza di un vero e proprio “diritto delle future generazioni” rispetto alle misure che lo Stato deve assumere - oggi - per preservarle dagli effetti dei cambiamenti climatici. La massima Corte tedesca ritiene che l’obiettivo della riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 rispetto a quelle del 1990, un tempo ambizioso, in realtà oggi porrebbe a carico delle future generazioni sforzi più gravosi e urgenti dopo il 2030. Le dra-

stiche restrizioni dopo il 2030 infatti minaccerebbero tutti gli aspetti della libertà e della vita umana, criticità di cui è necessario farsi carico. La sentenza ha avuto grande risalto non solo in Germania, ma nel mondo intero, riaccendendo lo scontro in politica e imponendo nel dibattito pubblico il diritto delle “future generazioni” con maggiore forza. La sostenibilità ambientale, anche per quanto detto, dovrà essere la cifra più rilevante del costituzionalismo, del diritto amministrativo moderno oltre che ovviamente, del nuovo diritto internazionale, anche se queste distinzioni, in una macro-materia come l’ambiente, sono e diventeranno comunque improprie. Il tema è fondante, riguarda l’umanità intera e le istituzioni pubbliche e private tutte. Senza perdersi in approfondimenti che porterebbero lontano, proprio perché si tratta di


un tema assolutamente interdisciplinare, focalizziamo la parte conclusiva dello scritto su quello che oggi si sta facendo in Italia e quello che si dovrà immaginare prima o poi. Il nostro Parlamento, come sta avvenendo anche in altri Paesi, sta introducendo nei Principi fondamentali della Costituzione, nello specifico nell’art. 9, la tutela dell’ambiente. La proposta di modifica, coinvolge anche l’art. 41 della Costituzione che, nella formulazione rivisitata, conterrebbe nuovi limiti alla libertà di iniziativa economica, con il divieto di recare danni alla salute e all’ambiente. Nel disegno di riforma, vi è un riferimento alla generazioni prossime. La proposta di revisione costituzionale appare però ancora timida. La pandemia globale, che ha messo a dura prova l’universalità del diritto alla salute pubblica, è particolarmente propizia perché l’intero impianto dei diritti costituzionali possa essere ridisegnato. Non si può prescindere di fronte ad un cambiamento climatico dai diritti delle future generazioni e cioè da quelle conseguenze che un domani avranno uomini e classe dirigenziale che subiranno il maggior peso degli eventi. Questo è bene che entri nelle proposte di riforma con maggiore forza e chiarezza Si vuole modificare l’art. 9 che, come è noto, ampliando il concetto di tutela ambientale, e l’art. 41 prevedendo iniziative economiche pubbliche ma che non possono svolgersi in contrasto anche arrecando

danni alla salute e all’ambiente. Tuttavia l’argomento è così ampio da dover interessare la revisione e riscrittura anche del concetto di uguaglianza (art. 3), del lavoro, la cui tutela verrà messa a dura prova (artt. 4 e 35) e della salute (art. 32). Inoltre non mancheranno in futuro necessarie riflessioni sulle stesse istituzioni democratiche e quelle internazionali. Le prospettive, anche sul piano costituzionale, appaiono evidenti o meglio inevitabili: se come pare certo, i cambiamenti stanno avvenendo sotto i nostri occhi e si aggraveranno nell’arco di qualche decennio, la nostra generazione deve farsi carico di qualcosa di più e preparare la prossima. Bisogna quindi chiedersi se in uno scenario certo difficile avranno ancora senso - nella attuale visione - gli Stati e le Costituzioni nazionali. Appaiono già oggi prospettive di un Governo dell’Umanità. Sarà la fine dei nazionalisti e sovranismi? Certamente è prossima la fine dei confini, e questo nel senso della necessità di scelte sovranazionali anche per la forte immigrazione che sarà il drammatico corollario. É un tema enorme che incide sulla natura dell’uomo e delle forme democratiche e delle regole, si dovrà giungerà inevitabilmente a chiedere - e fare - un salto in avanti. É questa, mi pare, la più importante delle questioni a tutela delle future generazioni. Il grande tema sarà la nuova coscienza della precettività immediata dei trattati e degli

accordi internazionali se non la nascita di nuovi organismi le cui regole, anche di rappresentanza, vanno scritte daccapo, perché non basteranno neanche gli attuali poteri dell’ONU. C’è bisogno di una nuova coscienza planetaria da diffondere, che pone al centro della riflessione il tema del cambiamento climatico e della crisi ecologica. Una nuova era che è già definita dell’Antropocene, con l’uomo e i suoi limiti al centro, termine coniato da molti anni dal Nobel alla Chimica Paul Crutzen, per indicare l’ingresso in una nuova fase nella quale l’umanità influenza gli equilibri naturali del sistema terrestre producendo conseguenze per decine di millenni a venire. 37 _________________________

«Bisogna chiedersi se in uno scenario certo difficile avranno ancora senso - nella attuale visione - gli Stati e le Costituzioni nazionali. Appaiono già oggi prospettive di un Governo dell’Umanità. Sarà la fine dei nazionalisti e sovranismi?» _________________________

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norme e società

AIM-ITALIA DI BORSA ITALIANA, CARATTERISTICHE E VANTAGGI Maurizio Galardo Avvocato Cassazionista e Dottore di ricerca in diritto commerciale Studio Legale Galardo & Venturiello mgalardo@galardoventuriello.it

La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto il credito d’imposta sul 50% dei costi di consulenza legali all’IPO attualmente prorogato fino al 31 dicembre 2021 con una misura di complessivi trenta milioni, per un importo massimo di euro 500.000 ad azienda

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IM ITALIA è il mercato organizzato e gestito da Borsa Italiana, dedicato alle piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita, lanciato il 1° dicembre 2008, con l’entrata in vigore dei relativi Regolamenti. Trattandosi di un MTF (Multirateral Trading Facility o sistema multilaterale di negoziazione) non rientra nella definizione di “mercato regolamentato” e pertanto non è assoggettato alla relativa disciplina, essendo invece sottoposto ai regolamenti di Borsa Italiana (Regolamento Emittenti e Regolamento Nominated Advisers); ciò conferisce ad AIM Italia una flessibilità che consente alle PMI di accedere al mercato dei capitali in modo più semplice e a costi più contenuti rispetto al Mercato Telematico Azionario (MTA). Caratteristiche prin-

cipali del mercato AIM Italia possono essere così schematizzate: i) Requisiti di ammissione semplificati rispetto a MTA; ii) una procedura di ammissione gestita da Borsa Italiana più rapida di quella prevista per il mercato principale; iii) presenza della figura del Nominated Advisor (Cd. Nomad) che assiste la società emittente, sia nella fase di ammissione che durante la permanenza sul mercato. Il Mercato AIM Italia è frutto dell’integrazione tra Borsa Italiana e il London Stock Exchange e in particolare dell’esperienza dell’AIM londinese nato nel 1995 e che ha portato alla quotazione di migliaia di società. Com’è noto la quotazione consente alle società emittenti di incrementare la propria visibilità, sia a livello nazionale che internazionale, generando

degli effetti positivi anche nei rapporti con clienti, fornitori e finanziatori. L’obiettivo principale per cui è nato il mercato AIM Italia è quello di facilitare l’ingresso dell’impresa sui mercati finanziari attraverso regole semplificate per la quotazione tra cui: i) nessun limite minimo di capitalizzazione, fatta eccezione per le società di investimento; ii) flottante minimo del 10% da realizzarsi tramite collocamento; iii) procedura di ammissione gestita da Borsa Italiana più rapida di quella prevista per il mercato principale; iv) vengono richiesti soltanto una comunicazione di pre-ammissione e un documento di ammissione; v) non è necessaria la predisposizione da parte della società emittente di un Prospetto Informativo a meno che non ricorrano i presupposti per l’applicazione della Direttiva Prospetto; vi) la


società emittente non è soggetta all’obbligo di pubblicazione dei resoconti intermedi di gestione, a differenza di quanto accade per le società i cui titoli sono negoziati sui mercati regolamentati. Nonostante la semplificazione degli adempimenti necessari per giungere alla quotazione, AIM si rivolge a imprese che siano “finanziariamente sane, impegnate in progetti di crescita credibili e sostenibili all’interno di settori in espansione, in grado di attrarre una platea diversificata di investitori e di non ledere la reputazione del mercato”. La verifica della sussistenza di questi requisiti sostanziali viene domandata al Nomad, una nuova figura professionale introdotta con specifico riferimento al mercato AIM Italia che svolge la funzione di assistere la società emittente, sia nella fase di ammissione che durante la permanenza sul mercato. Il Nomad funge da “garante” della società che intende essere ammessa alla quotazione, nei confronti del mercato. In particolare i suoi compiti principali sono: i) l’effettuazione di una due diligence sull’emittente al fine di poter dichiarare che la società è appropriata per poter essere ammessa alla quotazione su AIM Italia; ii) la gestione del procedimento di quotazione, attraverso il coordinamento del team di consulenti coinvolti; iii) la definizione della tempistica e la guida dell’emittente nella predisposizione del documento di ammissione; iv) in seguito all’ammissione, assiste e guida la società durante la sua permanenza

sul mercato nell’assolvimento degli obblighi derivanti dai Regolamenti AIM Italia. Le ulteriori figure consulenziali del processo di IPO sono: i) l’Advisor finanziario che è un soggetto indipendente esperto di Equity Capital Markets e finanza aziendale, che valuta la fattibilità dell’IPO esprimendo una valutazione della società e la assiste nell’organizzazione dell’operazione sotto il profilo della definizione del fabbisogno finanziario e della valutazione del potenziale apprezzamento della società da parte degli investitori; ii) il Global Coordinator, che interviene nella fase di collocamento degli strumenti finanziari sul mercato azionario, nel marketing pre-IPO, nella definizione del prezzo di offerta, della raccolta e della classificazione degli ordini da parte degli Investitori Istituzionali; iii) l’Advisor Fiscale, che effettua la due diligence fiscale per il Nomad, attraverso l’analisi della situazione contabile e fiscale della società e l’accertamento della conformità del Bilancio

alle norme civilistiche e fiscali; iv) l’Advisor Legale che si occupa della due diligence legale, dell’implementazione delle procedure interne e di valutazione del sistema di Corporate Governance; fornisce consulenza legale relativa alla strutturazione dell’operazione, rilascia legal opinion, assiste il Nomad nella predisposizione e nel rilascio delle dichiarazioni a Borsa Italiana; v) società di revisione, deputata alla verifica dei bilanci e alla rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; vi) l’Advisor di Investor Relations, per promuovere la società emittente nei confronti degli investitori istituzionali; xii) Advisor di comunicazione finanziaria; xiv) Advisor ECM. La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto il credito d’imposta sul 50% dei costi di consulenza legali all’IPO e la Legge di Bilancio 2021 ha prorogato tale agevolazione fino al 31 dicembre 2021 con una misura di complessivi trenta milioni, per un importo massimo di euro 500.000 ad azienda.

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BREXIT: LA NAZIONALIZZAZIONE DI UNA UK COMPANY È FACCENDA DELICATA Marco Fiorentino dottore commercialista / revisore legale dei Conti marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

Tre gli strumenti giuridici attraverso i quali riportare in Italia una società estera, ciascuno dei quali - date le complessità e le ricadute - richiede un approfondito esame prima di farvi ricorso

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uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, come è noto, sta determinando una serie di complicazioni e di ricadute in svariati campi, compreso naturalmente quello tributario. Ciò in quanto, nei rapporti economici non possono più essere applicate tutte le semplificazioni e le agevolazioni tributarie previste dalla normativa comunitaria (fra tutte, le Direttive Madre – Figlia, Fusioni ecc.) e - fatta salva la convenzione Italia/UK che rimane sempre in vigore - la Gran Bretagna è considerata a tutti gli effetti uno Stato extra UE. Tali considerazioni stanno da tempo spingendo i tanti operatori italiani, che nel passato avevano costituito delle UK company per sviluppare il business da piazze finanziarie più internazionali, a ripensare il loro schema organizzativo

per i mercati esteri, “riportando in Italia” le loro strutture societarie del Regno Unito. Tuttavia, la procedura di nazionalizzazione di una entità estera sotto il profilo tributario presenta alcune insidie quando avviene da Stato non UE, in quanto non può beneficiare delle semplificazioni comunitarie, ma è ancor più complessa qualora avvenga dal Regno Unito, in ragione delle peculiarità della normativa societaria di tale Stato (Companies Act), che è significativamente differente dalla disciplina civilistica dei Paesi comunitari. Nel merito, occorre ricordare che, in linea di principio, gli strumenti giuridici attraverso i quali è possibile nazionalizzare una società estera sono: a) Trasferimento della sede in Italia; b) Fusione con società residente in Italia; c) Liquidazione della società

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«La procedura di nazionalizzazione di una entità estera sotto il profilo tributario presenta alcune insidie quando avviene da Stato non UE, in quanto non può beneficiare delle semplificazioni comunitarie» _________________________

estera ed attribuzione degli asset residui ai soci residenti in Italia. Tecnicamente sarebbe utilizzabile anche lo strumento della scissione totale a favore di beneficiarie residenti in Italia, ma il suo risultato non sarebbe molto diverso da quello della fusione. Nel trasferimen-


to (in qualunque modo) della sede in Italia di una società estera vi sono due macro tematiche di natura tributaria: - l’eventuale exit tax da parte dello Stato estero sugli asset che escono; - i valori fiscali di ingresso di attivi e passivi in Italia. Per il primo tema, è necessario verificare l’applicabilità o meno di tale tassa da parte dello Stato di riferimento, che nello specifico caso dell’UK, è prevista, salvo i casi, ad esempio, di PEX (esistente anche in Regno Unito). Per il secondo occorre invece riferirsi all’art. 166bis TUIR, che disciplina tutti i casi di ingresso in Italia (dal mero trasferimento a quello tramite scissione o fusione) e prevede che se la società proviene da uno Stato "collaborativo", la valorizzazione d’ingresso è al valore normale (art. 9 TUIR), mentre nel caso di Stati non collaborativi, i valori fiscali d’ingresso sono quelli contabili, se inferiori a quelli di mercato (si veda Risposta AGE 460/2019). Il Regno Unito, pur non essendo più un Paese UE, rimarrebbe al momento uno Stato White List e quindi l’ingresso potrebbe avvenire al più favorevole valore di mercato. Tuttavia, per quanto possa sembrare peculiare, la normativa UK non disciplina (o pare non disciplini) il caso del mero trasferimento della sede all’estero, per cui, non essendoci lo strumento giuridico necessario, questa soluzione non sembrerebbe praticabile ma occorre inevitabilmente ricorrere a strumenti alternativi. Uno di

questi è la fusione transnazionale della UK company in una società italiana, ma occorre precisare che questa scelta potrebbe generare delle criticità fiscali per l’incorporante. Ciò dipende dal fatto che, ai sensi dell’art.172 TUIR, il cambio della partecipazione originaria dell’incorporata con il patrimonio di quest’ultima non determina l’emersione di plusvalenze o minusvalenze tassabili (fatti salvi i casi di conguaglio), solo a condizione che (AGE Risoluzione n.470/2018) la procedura estera di fusione sia del tutto simile a quella prevista dal codice civile italiano. Questa condizione di omogeneità dei processi di fusione transnazionale, nel caso UK/ ITA finisce però per inficiarne l’utilizzo, in quanto il Companies Act pare non prevedere una procedura codificata identica a quella italiana, ma solo una sorta di percorso a fasi successive, qualificabile (più o meno) come liquidazione della società e attribuzione degli asset all’incorporante. Ne consegue che, sotto il profilo della fiscalità italiana, l’operazione in regime di neutralità fiscale, si trasformerebbe in una sorta di “distribuzione indiretta di patrimonio in natura”, che va valutata in base al valore di mercato degli asset attribuiti, col fondato rischio di dover evidenziare plusvalenze solo di natura fiscale. In altre parole, il rischio è che l’operazione di fusione da riorganizzativa diventi permutativa e realizzativa, e che possa determinare significativi

oneri fiscali per l’incorporante, qualora il patrimonio netto del comparto estero abbia un valore di mercato superiore al costo fiscale della partecipazione iscritta a bilancio. A identiche conclusioni dovrebbe giungersi, anche nelle fusioni cc.dd. “orizzontali”, quando le due società partecipanti alla fusione sono possedute da un’altra società, con l’unica differenza che in tali casi, l’onere fiscale gravante sulla permuta di quote al valore di mercato contro il costo fiscale della partecipazione si sposterebbe in capo a quest’ultima. Il terzo strumento ipotizzato per nazionalizzare è la liquidazione della società estera con attribuzione degli asset residui ai soci residenti in Italia, processo che non si discosta molto da quello italiano. In questa ipotesi, occorre invece fare attenzione alla circostanza che ogni assegnazione di beni in sede di riparto da liquidazione, ai fini fiscali viene valutata al valore di mercato e non a quelli contabili e l’eventuale eccedenza di valore rispetto al costo fiscale della partecipazione liquidata, determina un reddito tassabile per il socio. In buona sostanza, la nazionalizzazione di una struttura societaria nel Regno Unito sembra affare non semplice e richiede un approfondito esame valutativo e di metodo prima di darvi esecuzione. Questa riflessione, per certi versi banale, dovrebbe tuttavia indurre nel futuro gli operatori ad effettuare qualche verifica preliminare in più, prima di intraprendere il business in altri Paesi.

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BONUS R&S, CRITICITÀ DI INTERPRETAZIONE E UTILIZZI IMPROPRI Alessandro Sacrestano management consultant Sagit&Associati srl amministratore unico Assindustria Salerno Service srl asacrestano@studiosagit.it

Rischio di credito inesistente per molte imprese che avrebbero finanziato attività che non rispettano i criteri indicati dalla normativa. Fondamentale che Confindustria vigili sulle contestazioni del Fisco che, inevitabilmente, colpiranno non solo le imprese scorrette

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ul bonus Ricerca e Sviluppo e, in particolare, sulle contestazioni e le revoche poste in essere recentemente dall’Amministrazione Finanziaria, Confindustria dovrà prendere posizione netta. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Istat, in termini di spesa in R&S «l’Italia si colloca in una posizione intermedia (13° posto) ed è superata non solo dagli investitori privati storicamente più importanti, quali i paesi dell’Europa settentrionale, ma anche dai nuovi paesi dell’Ue». A fare da contrappeso all’impasse del nostro Paese, il Legislatore ha reso disponibili una serie di incentivi con l’obiettivo di supportare - e rendere più sostenibili finanziariamente - gli investimenti in R&S delle imprese; si veda, ad esempio l.n. 160/2019, così come integra-

ta dalla l.n. 178/2020, che ha distintamente disciplinato il sostegno, appunto, non solo alla R&S, ma anche all’innovazione tecnologica e al design e all’innovazione estetica. Tuttavia, la recente ripresa delle attività di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria sta trasformando, suo malgrado, questo interessante scenario di incentivo alla ricerca in un vero e proprio dramma imprenditoriale, i cui attori protagonisti sono la disinformazione (di cui spesso si approfittano operatori non trasparenti), la sovrapposizione spasmodica, a volte contraddittoria, di interventi di prassi, la scarsa attitudine alla collaborazione interministeriale, un apparato normativo del quadro sanzionatorio non adeguato alle circostanze e una giurisprudenza a volte altalenante negli orientamenti. Va senz’altro

premesso che l’agevolazione non è alla portata di tutte le imprese, soprattutto le micro e piccole realtà, atteso che difficilmente queste avranno sufficienti risorse da investire non tanto nell’ambito delle accresciute competenze personali, ma nel progresso scientifico e tecnologico dello scibile generale, e questo soprattutto nel periodo di post pandemia. Le piccole realtà rischiano quindi di essere trascinate da consulenti poco trasparenti verso un uso improprio dello strumento. Alla data del 30 giugno 2021, infatti, gli atti di recupero notificati dall’Agenzia delle Entrate nel quinquennio 2017/2021 riguardanti il credito d’imposta R&S ammontano a 804 e i processi verbali di constatazione notificati a 164; non pochi. Le contestazioni vertono prevalentemente sulla


constatazione che il bonus sia stato fruito su attività corrispondenti all’utilizzo di conoscenze già presenti sul mercato e non sulla scorta di progressi generali in campo scientifico e tecnologico. Altre volte il Fisco si concentra sulla natura delle spese, che avrebbero caratteristiche diverse da quelle sintetizzate nel c.d. Manuale di Frascati. Infine, spesso l’Agenzia entra nel merito dei presupposti fondanti dell’attività di R&S per l’impresa; in tale ambito viene contestato il fatto che il progetto implementato si presenti lacunoso nella parte in cui descrive le incertezze di tipo scientifico o tecnologico fronteggiate dall’impresa nella realizzazione di un investimento, per le quali si è resa necessaria una preliminare attività di ricerca e sviluppo. Di fronte alle contestazioni sopra evidenziate, il quadro sanzionatorio che si prospetta davanti all’impresa è tutt’altro che rassicurante. L’Agenzia, infatti, lungi dal tener conto delle incertezze definitorie e delle evidenti complessità tecniche collegate alla corretta fruizione del bonus, tende a classificare le attività di recupero nell’alveo dei c.d. “crediti inesistenti”. Si tratta di una fattispecie disciplinata dall’articolo 13 comma 5 del DLgs n. 471/1997, laddove il Legislatore dispone l’irrogazione di una «…sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti». Per tali contestazioni, inoltre, non è consentita la definizione

agevolata di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997. Si discorre di “credito inesistente” quando sia possibile riscontrare entrambi i seguenti requisiti: • il credito è privo, in tutto o in parte, dei suoi presupposti costitutivi; • la sua inesistenza non può essere riscontrata attraverso controlli automatizzati (articolo 36 bis DPR n. 600/1973 e articolo 54 bis DPR n. 633/1972) o mediante controlli basati sul riscontro formale della documentazione (articolo 36 ter DPR n. 600/1973). L’articolo 27, comma 16, del DL n. 185/2008 dispone che gli avvisi di recupero di credito d’imposta possono essere notificati, in tali casi, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Quanto sopra spaventa di suo; ma il quadro va completato con il riferimento all’art. 10 quater del D.Lgs. n. 74/2000, secondo cui è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo superiore ad euro 50.000. La fattispecie, infine, integra i presupposti della responsabilità amministrativa delle società prevista da D.Lgs. n. 231/2001. Fin qui il monito per scongiurare l’utilizzo improprio del bonus; Confindustria però dovrà tutelare le imprese contro un utilizzo improprio dello strumento dell’accertamento da parte

del Fisco. L’Agenzia fonda molti recuperi sulle violazioni dei precetti del Manuale di Frascati, vademecum internazionale sulla Ricerca. Molti ignorano, però, che del Manuale non esiste nemmeno una traduzione ufficiale in lingua italiana. A ciò si aggiunga che, nell’ambito delle attività di accertamento, il Fisco dovrebbe (laddove la norma parla di mera facoltà per l’Ufficio) necessariamente avvalersi del supporto di consulenti del Mise, attesa la totale incompetenza dei funzionari delle Entrate nella materia di cui si discorre. Sotto il profilo sanzionatorio, si ritiene del tutto incongruente parlare di “credito inesistente”, laddove nell’ambito dei controlli il Fisco abbia riscontrato l’esistenza di una effettiva attività posta in essere dall’impresa, la cui spesa è avvalorata dall’apposita certificazione del revisore incaricato. In particolare, laddove l’Agenzia riscontrasse l’inesistenza del parametro della “novità” della R&S, potrebbe al minimo riconoscere la spesa come “innovazione tecnologica”, di cui all’articolo 3 del citato DM 26 maggio 2020. Classificare la spesa come “innovazione tecnologica” e non come “ricerca e sviluppo” aiuterebbe il Fisco a ritenere che, semmai, ci si trovi in una fattispecie di utilizzo di credito non spettante (quantificato nella maggiore percentuale di agevolazione fruita) piuttosto che nella più pericolosa ipotesi di credito inesistente.

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lavoro

OBBLIGO VACCINALE IN SANITÀ, QUANDO LA SOSPENSIONE DAL LAVORO È LEGITTIMA Paolo Ambron avvocato giuslavorista info@studiolegaleambron.it

Al datore di lavoro l’attenta valutazione di tutte le possibilità di ricollocazione all’interno dell’azienda del dipendente che rifiuta il vaccino

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l Tribunale Ordinario di Milano, sezione lavoro, ha emesso in questi giorni la sentenza n. 2316 del 15 settembre 2021 che, nel drammatico contesto pandemico appare penalizzante nei confronti del datore di lavoro. Quest’ultimo, infatti, dopo numerose comunicazioni di sollecitazioni alla vaccinazione Covid-19 rimaste senza alcun riscontro, era stato costretto a sospendere dal lavoro e dalla retribuzione la dipendente che rifiutava, senza giustificato motivo, di sottoporsi al vaccino. La lavoratrice era stata assunta, con contratto a tempo indeterminato dal 2012 con mansione di ASA, operatore socio-assistenziale, presso una Cooperativa che si occupa della cura e dell’assistenza dei soggetti ricoverati presso la propria struttura. Il provvedimento datoriale di messa in aspettativa senza retribuzione dal 9 febbraio 2021 sino al 30 aprile 2021, prorogato poi al 31dicembre 2021, impugnato con ricorso davanti al giudice del lavoro di Milano, era giustificato, secondo la prospet-

tazione datoriale, dalla omessa inoculazione del vaccino anticovid-19. Tale motivazione trovava fondamento giuridico nell’art. 2087 codice civile, posto a tutela delle condizioni di lavoro, che obbliga l’imprenditore «ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare la integrità e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Tale norma obbliga pertanto il datore a preservare la salute dei lavoratori, a garantire un ambiente di lavoro e porre in essere ogni azione di prevenzione sui fattori di rischio. Tra essi è incluso anche il SARS-COV-19, come indicato nella direttiva Ue 2020/739 del 3 giugno 2020 e tra i doveri di protezione e sicurezza sui luoghi di lavoro vi è anche quella di tutelare i lavoratori da agenti di rischio esterni derivanti dalla diffusione pandemica di agenti infettivi. La lavoratrice chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato fondando le proprie ragioni sia sull’assenza di una

legge specifica al momento della sospensione che autorizzi ad imporre ad un proprio dipendente un trattamento sanitario, sia sul mancato assolvimento dell’obbligo del repechage, rilevando che l’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021 convertito in legge n. 76 del 28.5.2021, che ha comportato l’obbligo vaccinale per i sanitari, fosse successivo al provvedimento di sospensione. Il Tribunale di Milano - sezione lavoro, con la sentenza in commento, ha ritenuto di accogliere la richiesta della lavoratrice, rilevando che il datore di lavoro non aveva rispettato l’obbligo di valutare tutte le possibilità di ricollocazione della lavoratrice all’interno dell’azienda, prima di comminare il provvedimento di sospensione. Pertanto, la Cooperativa è stata condannata al pagamento delle retribuzioni dal giorno della illegittima sospensione fino all’effettiva riammissione al momento non realizzata, considerato che la lavoratrice non aveva ancora ricevuto, alla data della decisione, il vaccino anticovid-19.


sicurezza

INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI, ONLINE GLI OPEN DATA INAIL DEI PRIMI OTTO MESI DEL 2021 Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e agosto sono state 349.449 (+8,5% rispetto allo stesso periodo del 2020), 772 delle quali con esito mortale (-6,2%). Tra le regioni si registrano decrementi percentuali solo in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Provincia autonoma di Trento, mentre gli incrementi percentuali più consistenti sono quelli di Basilicata, Molise e Campania a cura della Direzione Centrale Pianificazione e Comunicazione Inail

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ella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di agosto. Gli open data pubblicati sono provvisori e il loro confronto richiede cautele, in particolare rispetto all’andamento degli infortuni con esito mortale, soggetti all’effetto distorsivo di “punte occasionali” e dei tempi di trattazione delle pratiche. Per quantificare il fenomeno, comprensivo anche dei casi accertati positivamente dall’Inail, sarà quindi necessario attendere il consolidamento dei dati dell’intero 2021, con la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia. Nel numero complessivo degli infortuni sono comprese anche le comunicazioni obbligatorie, effettuate ai soli fini statistici e informativi da tutti i datori di lavoro e i loro intermedia-

ri, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri enti o con polizze private, degli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento. Il confronto tra i primi otto mesi del 2020 e del 2021 richiede molta prudenza ed è da ritenersi ancora poco significativo a causa della pandemia che nel 2020 ha provocato, soprattutto per gli infortuni mortali, una manifesta “tardività” nella denuncia, anomala ma rilevantissima, generalizzata in tutti i mesi ma amplificata soprattutto a marzo 2020, mese di inizio pandemia, che ne inficia la comparazione con i mesi del 2021. Gli open data mensili per il periodo gennaio-agosto 2020 non quantificano, infatti, un rilevante numero di “tardive” denunce (in particolare mortali) da contagio da Covid-19, data la circostanza non sempre chiara, emersa soprattutto agli inizi della pandemia e prima dell’emanazione delle

circolari Inail n. 13 del 3 aprile 2020 e n. 22 del 20 agosto 2020, di ricondurre la natura dei contagi da nuovo Coronavirus a infortunio sul lavoro (in quanto la causa virulenta è equiparata alla causa violenta) e non a malattia professionale. Ciò premesso, nel periodo gennaio-agosto di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2020, un aumento delle denunce di infortunio in complesso, un decremento di quelle mortali e una risalita delle malattie professionali. DENUNCE DI INFORTUNIO Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di agosto sono state 349.449, oltre 27mila in più (+8,5%) rispetto alle 322.132 dei primi otto mesi del 2020, sintesi di un decremento delle denunce osservato nel trimestre gennaio-marzo (-11%) e di un incremento nel periodo aprile-agosto (+26%) nel confronto tra i due anni. I dati rilevati al 31 agosto di cia-

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scun anno evidenziano nei primi otto mesi del 2021 un aumento a livello nazionale degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (+20,6%, da 38.001 a 45.821 casi), che sono diminuiti del 32% nel primo bimestre di quest’anno e aumentati del 59% nel periodo marzo-agosto (complice il massiccio ricorso allo smart working nello scorso anno, a partire proprio dal mese di marzo), e un incremento del 6,9% (da 284.131 a 303.628) di quelli avvenuti in occasione di lavoro, che sono calati del 10% nel primo trimestre di quest’anno e aumentati del 22% nel periodo aprile-agosto. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato del 6,9% nella gestione assicurativa Industria e servizi (dai 279.792 casi del 2020 ai 299.147 del 2021), del 3,6% in Agricoltura (da 17.164 a 17.786) e del 29,2% nel Conto Stato (da 25.176 a 32.516). Gli incrementi riguardano quasi tutti i settori produttivi tranne, in particolare, l’Amministrazione pubblica (-6,5%) e la Sanità e assistenza sociale, che pur distinguendosi ancora per numerosità di eventi, con oltre 27mila denunce nei primi otto mesi di quest’anno presenta una riduzione del 31,9% degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro rispetto ai 40mila dello stesso periodo del 2020 (sintesi di un +164% del primo bimestre, di un -67% del periodo marzo-giugno e di un +11% nel bimestre luglio-agosto). Dall’analisi territoriale emerge una diminuzione delle denunce soltanto nel Nord-Ovest

(-3,6%), al contrario delle Isole (+16,5%), del Sud (+14,9%), del Centro (+14,5%) e del Nord-Est (+13,6%). Tra le regioni si registrano decrementi percentuali solo in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Provincia autonoma di Trento, mentre gli incrementi percentuali più consistenti sono quelli di Basilicata, Molise e Campania. L’aumento che emerge dal confronto dei primi otto mesi del 2020 e del 2021 è legato alla sola componente maschile, che registra un +14,7% (da 195.612 a 224.400 denunce), mentre quella femminile è in calo dell’1,2% (da 126.520 a 125.049). L’incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+7,8%) sia quelli extracomunitari (+14,5%) e comunitari (+2,5%). L’analisi per classi di età mostra una flessione solo tra i 15-19enni (-0,7%), con incrementi per la fascia tra i 20 e i 49 anni (+9,9%) e tra gli over 50 (+3,5%). CASI MORTALI Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di agosto sono state 772, 51 in meno rispetto alle 823 registrate nei primi otto mesi del 2020 (-6,2%). Il confronto tra il 2020 e il 2021, come detto, richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia da Covid-19, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio, in particolare relative al mese di marzo 2020. Si fa notare,

inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo che è intercorso un periodo di tempo più o meno lungo dalla data del contagio. Ciò premesso, a livello nazionale i dati rilevati al 31 agosto di ciascun anno evidenziano per i primi otto mesi di quest’anno un aumento solo dei casi avvenuti in itinere, passati da 138 a 152 (+10,1%), mentre quelli in occasione di lavoro sono stati 65 in meno (da 685 a 620, -9,5%). La gestione Industria e servizi è l’unica a fare registrare un segno negativo (-10,4%, da 721 a 646 denunce mortali), al contrario dell’Agricoltura, che passa da 70 a 84 denunce (+20,0%), e del Conto Stato, da 32 a 42 (+31,3%). Dall’analisi territoriale emerge un aumento nel Sud (da 165 a 211 casi mortali), nel Nord-Est (da 161 a 167) e nel Centro (da 147 a 150). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel Nord-Ovest (da 298 a 194) e nelle Isole (da 52 a 50). Il decremento rilevato nel confronto tra i primi otto mesi del 2020 e del 2021 è legato sia alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 83 a 78 (-6,0%), sia a quella maschile, che è passata da 740 a 694 casi (-6,2%). Il calo riguarda le denunce dei lavoratori italiani (da 700 a 663) e comunitari (da 41 a 25), mentre quelle dei lavoratori extracomunitari passano da 82 a 84. Dall’analisi per età emergono incrementi per le classi 15-19 anni (+2 casi), 2529 anni (+5 casi) e 40-54 anni (+43), e decrementi in quelle 20-24 anni (-4 casi), 30-39 anni (-12 casi) e over 55 (-86 deces-


si, da 435 a 349). Al 31 agosto di quest’anno risultano 12 incidenti plurimi avvenuti nei primi otto mesi per un totale di 29 decessi, 17 dei quali stradali (due vittime in provincia di Bari e due in quella di Torino a marzo, quattro in provincia di Ragusa e due in provincia di Bologna ad aprile, sette in provincia di Piacenza a agosto). Due lavoratori hanno perso la vita a seguito di un crollo di un fabbricato in provincia dell’Aquila a marzo, due a causa di inalazione di vapori tossici in provincia di Pavia a maggio, due per esplosione/incendio di un capannone in provincia di Perugia a maggio, due per soffocamento durante la pulizia di una cisterna in provincia di Cuneo a giugno, altri due intossicati da monossido di carbonio sempre in provincia di Cuneo a luglio e, infine, due persone travolte da una lastra di cemento in Valle d’Aosta ad agosto. Lo scorso anno, invece, gli incidenti plurimi registrati tra gennaio e agosto erano stati sei, con 12 casi mortali denunciati, la metà dei quali stradali.

DENUNCE DI MALATTIA PROFESSIONALE Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi otto mesi del 2021 sono state 36.496, 8.735 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+31,5%), sintesi di un calo del 26% nel periodo gennaio-febbraio e di un aumento del 66% in quello di marzo-agosto, nel confronto tra i due anni. Le patologie denunciate tornano quindi ad aumentare, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia con denunce in costante decremento nel confronto con gli anni precedenti. Lo scorso anno, infatti, arresti e ripartenze delle attività produttive hanno ridotto l’esposizione al rischio di contrarre malattie professionali. Allo stesso tempo, lo stato di emergenza, le limitazioni alla circolazione stradale e gli accessi controllati a strutture sanitarie di vario genere hanno disincentivato e reso più difficoltoso al lavoratore la presentazione di eventuali denunce di malattia, rimandandola al 2021. L’incremento registrato tra gennaio e agosto di

quest’anno ha interessato sia la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (+32,0%, da 22.729 a 30.009 casi), sia quelle dell’Agricoltura (+29,5%, da 4.737 a 6.135) e del Conto Stato (+19,3%, da 295 a 352), e tutte le aree territoriali del Paese: Nord-Ovest (+24,4%), Nord-Est (+41,3%), Centro (+35,3%), Sud (+32,0%) e Isole (+8,4%). In ottica di genere si rilevano 6.181 denunce di malattia professionale in più per i lavoratori, da 20.458 a 26.639 (+30,2%), e 2.554 in più per le lavoratrici, da 7.303 a 9.857 (+35,0%). Aumentano sia le denunce dei lavoratori italiani, che sono passate da 25.852 a 33.772 (+30,6%), sia quelle dei comunitari, da 649 a 860 (+32,5%), e degli extracomunitari, da 1.260 a 1.864 (+47,9%). Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nei primi otto mesi del 2021, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dai tumori, che superano ad agosto quelle del sistema respiratorio.

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mercati

IL DIGITAL EXPORT, OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE DEL TERRITORIO Andrea Boscaro partner The Vortex | andreaboscaro@thevortex.it

La collaborazione con rivenditori online locali e la presenza sui marketplace richiedono uno studio attento e volto a scegliere i partner più adeguati in ragione della domanda potenziale che un mercato nazionale può esprimere, l’analisi di tale domanda con strumenti dedicati e, infine, una combinazione equilibrata fra aspetti strategici e operativi

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e ci pensate un attimo, con la stessa espressione - “pazienza” definiamo il tempo in cui aspettiamo e il momento in cui non possiamo aspettare più e non c’è alcun dubbio che il 2020 sia stato l’anno in cui più ci siamo sentiti “in attesa”. Delle aperture, delle chiusure, del vaccino, soprattutto di poter rivedere i nostri amici e familiari. E, nell’attesa di riprendere a viaggiare, partecipare a fiere e missioni all’estero, incontrare clienti e buyer, è chiaro che i mesi che abbiamo di fronte siano cruciali per sviluppare nuove strategie e cogliere le opportunità che si aprono nei contorni in cui questo risulti più efficace. Se sostenibilità e digitale rappresentano i due principali ambiti del PNRR, allora il dato secondo il quale le ven-

dite online realizzate nel 2020 da aziende italiane nei confronti di clienti stranieri sono cresciute del 14% - in un anno in cui le esportazioni sono calate del 20% - testimonia, da un lato, la capacità che le imprese hanno dimostrato nel dare concretezza alla resilienza di cui tanto si è parlato e, dall’altro, indica la direzione di una possibile ripresa. Condurre una strategia di digital export non è però fare “il copia e incolla” della realtà, ma individuare la risposta ad un bisogno e scegliere il canale adeguato al mercato nazionale in cui si intende soddisfarlo. Lo dimostra il caso di un’azienda varesina che in Italia vende lenti da vista attraverso ottici indipendenti e, con un brand originale e un sito e-commerce, ha saputo intercettare il crescente desi-

derio, soprattutto all’estero, di lenti a contatto colorate: nella propria strategia di export, non ha dunque replicato il proprio modello di business tradizionale, ma si è servita del digitale per innovarlo radicalmente. L’e-commerce però è solo un mezzo, non il fine della presenza in rete di un’azienda: il progetto che sta portando le aziende del Business Park di Nola a essere presenti su Alibaba.com può favorire la creazione di contatti commerciali che successivamente, e con le formule più tradizionali, possono essere gestiti al meglio: la pubblicazione delle schede prodotto sulla piattaforma, i mini-siti dedicati ai brand e la partecipazione alle fiere virtuali di settore non sono che un canale adeguato al momento che stiamo vivendo. Vendere all’estero dunque non


richiede necessariamente un proprio negozio online, modalità che può essere piuttosto il passo finale, l’approdo di un percorso in cui risorse e competenze sono via via affinate dopo aver inizialmente collaborato con rivenditori online locali ed aver usato al meglio i marketplace. È il caso di un noto marchio di caffè made in Salerno che sul proprio sito è attento a comunicare con i professionisti e le aziende, ma che nel contempo è molto attivo all’estero grazie a partner locali che si servono della Rete e di Amazon per intercettare il cambiamento nei comportamenti dei consumatori. La collaborazione con rivenditori online locali e la presenza sui marketplace (internazionali come Amazon o Alibaba oppure locali come quelli che

possono essere individuati da motori di ricerca come il market finder di Lengow.com) richiedono dunque uno studio attento e volto a scegliere i partner più adeguati in ragione della domanda potenziale che un mercato nazionale può esprimere, l’analisi di tale domanda con strumenti dedicati (AMZ Scout, ad esempio) e infine una combinazione equilibrata fra aspetti strategici (un pricing che eviti i conflitti di canale, in particolare) ed aspetti operativi (la logistica, il customer care). Considerando che, secondo il Politecnico di Milano, nel 2020 l’export digitale italiano B2C ha raggiunto un valore di 13,5 miliardi di euro, il 9% dell’export complessivo, le aziende che occorre portare a vendere online sono soprattutto medie

e piccole imprese della moda (che oggi vale 7,1 miliardi di euro) e dell’agroalimentare (1,9 miliardi di euro con una crescita del 46% rispetto al 2019), aziende presenti sul territorio ed il cui livello di digitalizzazione è ancora tutto da costruire, ma soprattutto da rendere coerente con un percorso sostenibile ed efficace al mercato che si vuole raggiungere. Se è vero che ciò che serve per attraversare i fiumi è inutile per scalare le montagne, è compito di ciascuno di noi riconoscere che non vi un Internet uguale per tutti: ciascuno deve individuare la propria strategia ed i “cinque anni in uno” che abbiamo vissuto a causa del Covid-19 saranno anche il tempo nel quale tali sfide saranno state finalmente affrontate.

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societing 4.0

LE TECNOLOGIE CHE RAFFORZANO L'ESPERIENZA DEL TURISTA Alex Giordano docente di Marketing e Trasformazione Digitale - Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli direttore scientifico del programma di ricerca/azione Societing 4.0

Per innovare il settore in un contesto così ricco come la Campania e la provincia di Salerno, è necessario concordare sul fatto che il turista è felice quando “sperimenta” il territorio capace di raccontarsi per restituire ciò che i turisti si aspettano: non Disneyland, non un parco giochi, non un non-luogo ma uno dei posti più belli del mondo per ambiente, paesaggio, persone, cibo salutare e gustoso

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l potenziale turistico della provincia di Salerno non solo è noto, ma è storicamente scontato. Chi non si ricorda gli outfit di Jackie O’ a passeggio per la Costiera amalfitana e chi non ha seguito la vacanza campana dei ritrovati Bennifer (la coppia Affleck-Lopez)? Eppure è talmente scontato che, per assurdo, è diventato un ambito di policy poco presidiato negli ultimi anni di profondo cambiamento sociale ed economico. La diffusione della pandemia ha da subito messo in luce quanto sarebbe stato critico per il nostro Paese un lockdown generalizzato proprio per il blocco di un settore vitale com’è il turismo. Nel 2020 sono state fatte tante riflessioni sui cambiamenti possibili e desiderabili e, ad oggi, dopo un’ondata di plexiglas, misuratori di temperatura e disinfettanti per

le mani, resta un lettore di QR Code per verificare la presenza del green pass. Tutto qui quello che possono fare le tecnologie per un settore da rilanciare com’è quello del turismo? Forse dovremmo cominciare a riflettere meglio su un primo semplice dato di fatto: ognuno di noi, turista “multi-potenziale”, possiede dispositivi digitali grazie ai quali si possono immaginare molte innovazioni: - la prima ha a che fare con la capacità di raccolta e di lettura dei dati e delle informazioni che vengono scambiati dai turisti. Se questa lettura avviene in un’area vasta come una provincia si possono creare strategie di ospitalità molto più raffinate; - la seconda riguarda il fatto che quando si parla di turismo si fa riferimento a tanti settori che possono utilmente interagire fra loro per presentare un’esperienza più semplice ai turisti

sui territori, attraverso sistemi aggregati di informazioni che vanno dai trasporti alle tipicità fino alle proposte culturali e altro ancora; - la terza è la possibilità di sviluppare innovazioni che consentano di “aumentare” il valore di ciò che viene offerto ai turisti, come per esempio nei due casi che proponiamo nei due box di approfondimento; - la quarta è data dalla possibilità di arrivare in modo più diretto ai clienti attraverso piccoli “trucchi”, come per esempio diventare poliglotti grazie ai chatbot. Sono tutte innovazioni possibili e già messe in pratica da imprese del territorio che hanno partecipato alle attività del progetto PIDMed, realizzato dalla CCIAA di Salerno con il supporto dell’Università Federico II di Napoli (capofila di uno dei Competence Center del Piano


Nazionale Transizione Digitale 4.0). Per innovare il settore del turismo in un contesto così ricco, è necessario concordare sul fatto che il turista è felice quando “sperimenta” il territorio ed è importante che il territorio abbia la capacità di raccontarsi per restituire ciò che i turisti si aspettano, soprattutto in Campania: non Disneyland, non un parco giochi, non un non-lugo ma uno dei posti più belli del

Mondo per ambiente, paesaggio, persone, cibo salutare e gustoso...In generale, l’aspettativa è quella di poter incontrarsi con una cultura e una storia non musealizzate, non impacchettate dal marketing ma vive e originali. É per valorizzare questo capitale enorme che serve addomesticare le tecnologie a questi nostri contesti, sperimentando insieme occasioni come quelle presentate nei due

box in cui, attraverso la Realtà Virtuale, si racconta una parte della bellezza e della ricchezza di queste realtà, con l’intento di far capire ai turisti che l’unico modo di sperimentare tutto il bello di questi luoghi, è venire qui per sedersi al tavolo di quel ristorante e per conoscere quegli artigiani le cui mani non potranno mai essere sostituite da robot e cobot, per quanto sapienti.

CI.BO. CILENTO FOOD BOUTIQUE

«Un piccolo borgo marinaro che vive prevalentemente di turismo», così Federica Vassallo, co-titolare dell’azienda Ci.Bo., descrive Acciaroli, il luogo del Cilento in cui si sviluppa la sua attività e quella di Marianella Radano. Le due giovani imprenditrici portano avanti un piccolo locale che offre eccellenze culinarie del territorio cilentano e affermano di avere come mission quella di mettere il cliente, prevalentemente turista, al centro di un’esperienza coinvolgente e avvolgente. Ci.Bo. sta per Cilento food Boutique, dunque già nel nome, si vuole in qualche modo veicolare il messaggio che il cliente si troverà immerso in una dimensione speciale, in cui trovare prodotti esclusivi e di qualità. Come far passare al meglio questo messaggio? La tecnologia è subentrata a dare manforte al lavoro delle due imprenditrici che grazie all’utilizzo di occhiali 3D per la realtà virtuale e aumentata possono raccontare esattamente da dove vengono e quali sono i proFederica Vassallo, co-founder CI.BO. cessi di realizzazione dei prodotti che vendono e servono ai turisti. L’utente è infatti immerso in una dimensione virtuale che attraverso video in 3D girati nel territorio racconta storie di prodotti e produttori cilentani, dal fico bianco alle alici di menaica, dall’olio EVO alla mozzarella nella Mortella fino ai liquori e i vini locali. Un modo per aumentare la realtà sperimentata nel piatto con il racconto di tutto ciò che riguarda il territorio. Il turismo enogastronomico è ormai una realtà sempre più forte anche se sappiamo che quello degli eventi enogastronomici è uno dei segmenti più colpiti dalla crisi così come quello della ristorazione. Tuttavia l'interesse per i viaggi di prossimità con motivazione food, alla scoperta dei luoghi dell’enogastronomia di qualità, sembra resistere alla crisi, magari proprio in chiave di turismo esperienziale. Laddove c’è l’impossibilità di spostarsi con la facilità con cui avveniva prima, può subentrare la realtà virtuale che svolge, in questo caso, un’azione conoscitiva e informativa, nel segno della trasparenza di filiera per l’utente ma anche un’esperienza unica di “viaggio”, per il turista, in un territorio dalle mille bellezze e ricchezze, una sorta di teaser per chi poi potrebbe decidere di spoScreenshot da VR visore - Pascolo starsi fisicamente per queste terre.

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CERAMICA ERRE

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«Uno strumento fondamentale per la pubblicità nelle strutture ricettive», così Alessandro Rocco descrive la tecnologia di realtà virtuale utilizzata per la sua attività. L’imprenditore è il titolare di Ceramica ERRE, a Cava de’ Tirreni, azienda produttrice di ceramiche della tradizione artigianale vietrese. Un progetto che prevede l’utilizzo di visori 3D per raccontare come si arriva al prodotto finale: un’immersione virtuale dalla materia prima, l’argilla locale, fino alla produzione della piastrella, attraversando tutti i passaggi, dagli impasti alle decorazioni e così via. I clienti del prodotto possono così capire con maggiore facilità cosa c’è alle spalle di una piastrella fatta a mano, qual è il valore aggiunto di questo manufatto artigianale. L’artigianato è certamente un asset turistico importante del territorio, pensiamo ad alcune cittadine che si caratterizzano e sono riconoscibili proprio per la tipicità dei prodotti artigianali che popolano le numerose botteghe dei centri storici. L’azienda realizza prodotti dall’altissimo valore aggiunto, piastrelle fatte a mano, pezzi unici che, come raccontato dall’imprenditore in un’intervista a PIDMed, grazie alla realtà virtuale possono essere “trasportati” ed “esportati” con molta facilità e compresi in maniera davvero efficace, esaltando e mai sostituendo il lavoro della mano artigiana. Non solo questa tecnologia consente di

mostrare tutto il processo realizzativo agli acquirenti degli show room in cui i pezzi vengono poi esposti per arrivare al pubblico di alberghi e strutture ricettive fra le più esclusive, ma attraverso i video realizzati in 3D, il prodotto viene mostrato anche nella fase finale, ovvero quando è già stato adottato dalle diverse strutture che hanno deciso di impreziosire le proprie stanze. Attraverso la realtà virtuale è possibile infatti immergersi realmente nell’ambiente e avere una visione completa di una stanza potendone percepire la profondità, la luminosità e tutti i dettagli che un sistema di prenotazione e comunicazione convenzionale non consentono.


re-values lab

PERSEVERARE PER CRESCERE

Velleda Virno vicepresidente Confindustria Salerno con delega a politica industriale, cultura d'impresa, competitività, sostenibilità e governance

È la tenacia per Velleda Virno il punto centrale del successo aziendale

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a sua è un’azienda centenaria che resiste al tempo. Quali valori la sorreggono dalla prima ora e quali, invece, sono intervenuti con il passare degli anni? Le quattro generazioni, attraverso le quali raccontiamo la storia centenaria del Gruppo Di Mauro, sono caratterizzate da un forte attaccamento al nostro territorio, Cava de’ Tirreni, finalizzato anche alla promozione della sua crescita. La costruzione e la vitalità di un ambiente sano, come quello che viviamo, hanno sempre rafforzato il concetto di dare valore al senso di appartenenza all’azienda, alla comunità che attorno ad essa cresce. Nel nostro DNA esiste e resiste da sempre il valore della tenacia e la volontà di non arrendersi di fronte alle difficoltà, abbinata allo spirito di sacrificio e all’attitudine di coinvolgere tutti coloro che collaborano con noi per massimizzare il benessere dell’azienda. Uno dei valori

portanti, che sorregge da sempre la Di Mauro, è il rispetto per il lavoro, un rispetto che supera anche le priorità familiari e che si riflette in tutto quello che rende protagoniste le persone che lavorano con noi, dai collaboratori ai fornitori, dai clienti alla dimensione sociale che ci circonda. Rispettare il lavoro altrui significa attribuire importanza a tutto quello che viene fatto per raggiungere l’obiettivo comune, con grande attenzione anche in termini di miglioramento delle condizioni del fare, e penso, ad esempio, alle borse di studio per i figli, istituite già dal nonno Armando, che continuiamo a dedicare proprio in virtù di quel valore. Una dimensione oggi imprescindibile per restare sul mercato è la sostenibilità dei prodotti, dei processi, delle scelte. La sua azienda come esprime il suo essere e fare sostenibile? Parlare di sostenibilità comporta una visione che non può essere di breve periodo ma che, anzi, tra-

valica il medio termine e si pone come dimensione trasversale a tutte le scelte aziendali e temporali. Dimensione che ci fa riflettere e investire già pensando alle prossime generazioni. La stessa sostenibilità è un valore da sempre presente nella nostra azienda, prerogativa indispensabile per tutte le decisioni di governance, che nel tempo, ovviamente, si è andata sempre più formalizzando attraverso i protocolli e le sue applicazioni che poi impattano sia sui processi, sia sui prodotti. Nella sostenibilità nei processi, mi riferisco all’attenzione che abbiamo prestato già all’inizio del 2000, con la costruzione del nuovo stabilimento, a un intervento di economia circolare, con la dotazione che ci ha fatto scegliere, seppure a fronte di un investimento ben più importante, un sistema di recupero dei solventi provenienti da inchiostri e adesivi che, invece di essere bruciati, vengono trasformati da gas a liquido e reimmessi nel ciclo produttivo e che, addirittura,

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ci consente di rivendere a terzi il solvente recuperato. In questo caso, possiamo dire che la sostenibilità fa bene all’ambiente, ma alimenta anche l’economia aziendale in positivo. Sempre in ottica di sostenibilità, abbiamo scelto di investire in un impianto di trigenerazione che, utilizzando metano, produce energia elettrica, calore e freddo, con un risparmio nell’immissione in atmosfera di più di 1.000 tonnellate/anno di CO2 e una consistente riduzione della voce di spesa destinata all’approvvigionamento energetico. Se, invece, penso alla sostenibilità nei prodotti, parto dal presupposto che noi produciamo imballaggi per alimenti, in plastica, che hanno proprio lo scopo di proteggere il cibo che, altrimenti, per la sua facile deperibilità, andrebbe sprecato, semplificandone la conservazione e distribuzione. E nello stesso processo di produzione della plastica abbiamo un più basso impatto in termini di produzione di CO2, rispetto ad altri materiali. L’aspetto che, ritengo, sia di grande stimolo e che quindi esprime il nostro essere, è il fatto di lavorare con l’intera filiera alla costruzione di prodotti sostenibili: la progettazione e il design del packaging di un prodotto, la sua produzione e distribuzione, fino al recupero dello stesso, rappresentano l’aspetto che rende quel prodotto più o meno riciclabile e, quindi, con minore o maggiore impatto per l’ambiente. Siamo confidenti che anche questa sfida, con il sostegno di tutta la filiera, fino al sistema di raccolta e riciclo degli imballi, può essere vinta. Le donne nel gruppo Di Mauro sono al comando. Un caso o una scelta? La guida al femmi-

nile che caratteristiche ha e che vantaggi comporta? La mia famiglia ha lasciato libere di scegliere le mie sorelle e me, sia per le decisioni di carattere familiare che quelle di tipo professionale. In particolare, i miei genitori non mi hanno sollecitato e orientato a scegliere studi che potessero accelerare o introdurmi alla dimensione d’impresa. E questo ha fatto sì che, anche le mie scelte formative, fossero dirette, ad esempio, verso studi giuridici, finiti i quali, ho sentito il bisogno di mettermi alla prova sul campo. I miei genitori mi hanno sempre ricordato l’importanza di dover bilanciare il tempo da dedicare alla famiglia, rispetto ai numerosi sacrifici che comporta la vita in azienda. L’ingresso in azienda, e poi “al comando”, se vogliamo proprio usare questa espressione, sono sempre stati il risultato di un percorso in salita che ha rafforzato in me il desiderio di riuscire a superare determinati ostacoli. E nello stesso tempo, grazie anche alla presenza di mio marito, sono riuscita a conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia. Il confronto generazionale con mio padre mi ha vista, in una prima fase, attenta ad apprendere e conoscere il settore e, successivamente, pronta a prendermi più responsabilità e ad apportare un contributo innovativo alle decisioni, con una visione generazionale più adatta ai tempi e al mercato. E le scelte un po' audaci, che di volta in volta ho presentato, seppure lasciassero in un primo momento perplesso mio padre, che aveva una posizione differente rispetto alla mia, dopo vivaci confronti con lui, raccoglievano, grazie ai palesi risul-

tati, la sua fiducia in primis e di conseguenza anche quella degli azionisti. La guida al femminile ha come caratteristica soprattutto quella di valorizzare tutti gli aspetti relazionali, prima ancora che tecnici. Il mio obiettivo prioritario è quello di creare il gruppo, di prestare ascolto e dare spazio alle persone, di generare empatia con chi lavora con me o collabora su un progetto. Oltre a quelli familiari, ha un modello femminile cui si ispira? Di modelli femminili ne ho scoperti diversi nell’approfondire la mia cultura di impresa: da Marisa Bellisario per l’impegno costante e instancabile verso un nuovo approccio culturale sulla parità di genere, a Luisa Spagnoli che difendeva i diritti delle donne e prestava grande attenzione al loro benessere sul lavoro. Il modello, però, che ha sempre rappresentato per me motivo di ispirazione in assoluto, è quello familiare, con la bisnonna Melania e la nonna Giselda. La bisnonna Melania, vedova molto giovane, che ha seguito l’introduzione dei figli in azienda, presente quotidianamente al loro fianco. La nonna Giselda, una donna che non ha mai avuto un ruolo operativo in azienda ma che è sempre stata un grande supporto per tutta la famiglia, a partire dalla sua presenza come consigliera per il nonno. Lei, come accadeva tipicamente per la sua generazione, seguiva, con discrezione, tutte le attività e con la sua forza insostituibile, accompagnava le sfide dei vari progetti, ne valutava i rischi e ne condivideva le conquiste. E ancora oggi, all’età di 100 anni, si tiene informata sull’andamento delle attività aziendali.


eventi

BMTA 2021, A PAESTUM DAL 25 AL 28 NOVEMBRE Al centro della manifestazione un turismo culturale più esperienziale, sostenibile e rivolto alla domanda di prossimità a cura di Raffaella Venerando

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a XXIII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico avrà luogo a Paestum dal 25 al 28 novembre 2021, per la prima volta nella location definitiva del Tabacchificio Cafasso, sito di archeologia industriale “simbolo della Piana del Sele”, come definito da Gillo Dorfles. Il programma della XXIII BMTA vede protagonista il turismo culturale all’insegna dell’esperienza unica e autentica, nonostante l’aspetto esperienziale sia già di per sé alla base dell’offerta. Oggi più che mai, infatti, qualsiasi offerta deve avere i caratteri della sostenibilità che, come si evince dal ricco programma, è l’altro tema importante di questa edizione. Dunque, un nuovo modo di proporre e vivere il turismo, oltre all’invito ad aumentare gli standard di qualità, al rinnovamento e all’a-

deguamento delle strutture. «Occorre riqualificare la nostra offerta - dichiara il Fondatore e Direttore della BMTA Ugo Picarelli - in quanto la consapevolezza dei rischi e del non rispetto del pianeta, a cui ci ha riportato l’attuale pandemia, è motivo per intraprendere da subito l’unica strada possibile, un turismo sostenibile nel segno della unicità, dell’accessibilità, della destagionalizzazione e rispettoso dell’ambiente. Il viaggiatore della società contemporanea, una volta definito turista, è sempre più alla ricerca di emozioni e di soddisfare bisogni di conoscenza, ossia di fare turismo esperienziale alla ricerca di luoghi e momenti, che rispecchino i valori personali. Per i grandi attrattori archeologici è fondamentale ragionare sui flussi turistici: l’approccio sostenibile in questo caso deve essere una mo-

dalità per visitare i luoghi nel rispetto del bene culturale. Ma turismo sostenibile significa soprattutto valorizzazione del territorio, riscoperta delle aree interne e conoscenza del patrimonio minore, che comunque è un pezzo della nostra identità. Attraverso il racconto delle destinazioni archeologiche minori si favorirà la scoperta del territorio, puntando su un’economia anche circolare. Parlare di turismo culturale e sostenibile significa soprattutto affrontare tante sfaccettature, non solo ambientali, ma anche sociali e politiche: è un discorso ampio e importante per il futuro dei nostri territori e della nostra madre terra». Tra le principali iniziative in programma: “I beni culturali e il turismo culturale dopo la pandemia” in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Campania e con la partecipazione dei

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Direttori dei Parchi e Musei Archeologici e i Direttori delle Direzioni Regionali Musei del Centro Sud Italia; la Conferenza “Dall’outgoing all’incoming del turismo archeologico per una domanda di prossimità europea e nazionale” in cui assessori regionali, addetti ai lavori e i più noti tour operator italiani discuteranno della necessità di puntare sulla domanda di prossimità europea e nazionale per le nostre destinazioni interessate dal turismo archeologico, pensando a rinnovati e innovativi prodotti turistici a seguito della recente emergenza che ha ripensato il turismo secondo contenuti esperienziali e autentici; la Conferenza “I parchi per la valorizzazione del patrimonio archeologico e per un turismo più esperienziale e sostenibile” nella quale si discuterà sulla valorizzazione dei territori, che deve essere improntata su una offerta contrassegnata da unicità, accessibilità, percorsi sensoriali ed emozionali, ecocompatibilità, tipicità; la 1ª Conferenza Mediterranea sul Turismo Archeologico Subacqueo nella quale sarà presentata ufficialmente la candidatura di certificazione di un “Itinerario Culturale Europeo del Patrimonio Archeologico Subacqueo del Mediter-

raneo”, una rete che collegherà Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Egitto, Grecia, Israele e Turchia attraverso i siti di Baia Sommersa, Capo Rizzuto, Tremiti, Ustica-Egadi-Pantelleria, Alessandria d’Egitto, di Pavlopetri/Peristera, di Caesarea Maritima, Kızlan; l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il Premio intitolato a Khaled al-Asaad, l’archeologo di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, che sarà conferito per la 6ª edizione a Daniele Morandi Bonacossi, Direttore della Missione Archeologica Italiana nel Kurdistan Iracheno e Ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’Università di Udine, per la scoperta in Iraq, nel Kurdistan presso il sito di Faida a 50 km da Mosul, di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia; per la 7ª edizione a Mostafa Waziry, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità di Egitto, per le centinaia di sarcofagi ritrovati a Saqqara, patrimonio Unesco a 30 km a sud del Cairo; la Conferenza “Il treno storico per la connessione territoriale delle destinazioni archeologiche” per promuovere un’altra for-

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«Parlare di turismo culturale e sostenibile significa affrontare tante sfaccettature, non solo ambientali, ma anche sociali e politiche» _________________________

ma di turismo, che permetta al viaggiatore di percorrere il nostro Paese in modo sostenibile e lungo le tratte storiche delle ferrovie, ammirando paesaggi magnifici e toccando località di struggente bellezza; la Conferenza Annuale dei Comitati Scientifici di ICOMOS ITALIA; il Convegno e l’Assemblea Ordinaria 2021 dei Soci di ICOM ITALIA. Per info: www.bmta.it


bon ton

DESIGN, LA GRAMMATICA DELL’ACCOGLIENZA

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di Nicola Santini | esperto di galateo, costume e società al mese scorso sono al timone di un programma di Mediaset Infinity intitolato “We Love Design”, nato dal connubio con Marzia e Leonardo Dainelli, duo del design scoperto grazie ad Instagram e a cui ho affidato i dettagli più preziosi per la mia casa di Milano. Ne parlo qui perché dopo due stagioni di lockdown a singhiozzi, in cui le nostre case sono diventate anche uffici di emergenza, sale riunioni, ristoranti e luoghi per un happy hour improvvisato, ognuno di noi ha dovuto fare i conti con gli interni in cui vive, spesso dovendosi fare delle domande mai poste prima. Il galateo è definito come arte del ricevere ma è anche e soprattutto arte del dare, entra in ballo come potente alleato di qualsiasi operazione di design. Trascorrere più tempo di quello che eravamo abituati a casa ci ha fatto capire che perché una casa si possa definire accogliente, perché si trasformi velocemente in un luogo di lavoro, sono necessari alcuni dettagli che prescindono dal budget ed eseguono più la grammatica dell'accoglienza che del bello fine a se stesso. Se in una tavola bon ton troveremo sempre le forchette a sinistra e coltelli a destra è perché la praticità vuole che si trovino esattamente a favore della mano che ne farà uso. La stessa logica andrebbe applicata al tavolo da pranzo, alla scrivania, al muro che ci troviamo dietro le spalle così come a tutti quei dettagli che fanno parte del quotidiano: un punto di appoggio in bagno per far trovare degli asciugamani di piccolo formato per gli ospiti un punto dove riporre i nostri più usati che non li esponga necessariamente alla vista di chi in casa è solo di passaggio; dove riporre spazzolino, dentifricio e carta

igienica di scorta senza dover correre a nascondere tutto quando arrivano gli amici per un bicchiere di vino ma anche come sistemare divani e poltrone in modo che si crei una conversazione e non soltanto un buon scatto ad uso e consumo di Instagram. Il galateo del design è fatto di molti accorgimenti e non troppi orpelli. Ogni cosa con una funzione unita ad un senso estetico acquista significato, mette a proprio agio padrone di casa e ospiti. E allora via libera ad un gioco più di sottrazione che di nuovi acquisti. La prima regola per arredare bene una casa, così come un ufficio, è di liberarsi di tutto ciò che abbiamo accumulato nel tempo e che perde di funzione. Ci renderemo conto che anche certi vuoti arredano perché sono ciò che la pandemia ci ha fatto rendere conto essere prezioso: l'ossigeno. Una scrivania pronta ad accogliere ospiti dovrebbe essere per metà vuota proprio perché qualcuno potrebbe aver bisogno di appoggiare una cartella, una consolle in un ingresso oggi deve poter contenere un igienizzante per le mani perché riflette le nostre abitudini; avere una mensola a disposizione per poter ospitare tutto ciò che di nuovo arriva ed è di passaggio nel quotidiano. Sono regole base ma che possono dare un senso diverso alla nostra quotidianità. Fate un esperimento, togliete tutto ciò di cui non avete fatto uso dai cassetti e dalle scrivanie dei vostri uffici per almeno 2 anni. Mettete tutto in un sacchetto e riponeteli in un ripostiglio. Tra altri due anni vi renderete conto di non averne fatto alcun uso. Prima di dare consigli che richiedono di mettere mano al portafoglio, il galateo si occupa dei consigli che fanno mettere mano all'ingegno. Così è nato e così rimane. Per questo lo amo. ottobre|novembre 2021

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finisterre

Bowie, Berlino e gli anni '70 Alfonso Amendola docente di sociologia dei processi culturali Università di Salerno alfamendola@unisa.it

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Genesi e storia della Trilogia del Duca Bianco (“Low”1976, “Heroes” 1977 e “Lodger” 1979) che ha donato alla storia della musica un trittico di sonorità e sperimentazione d’infinita bellezza

ccoci nel 1976, ci troviamo a Berlino Ovest. Lo scenario è quello di Schoneberg, civico 155 di Hauptsrasse, uno dei quartieri più decadenti e maudit dell’intera Germania. Bowie, via dalla pazza folla americana, trova “rifugio” a Berlino in compagnia del fedelis-

simo Iggy Pop. E qui i locali bohemien, i cabaret innovativi, le nuove avanguardie, le atmosfere che annunciano un nascente sentire punk, la violenza del Muro, l’attenzione verso le radici della miglior elettronica (Can, Kraftwerk, Tangerine Dream e soprattutto i Neu), il cocktail identitario


Est/Ovest, la vita by night, i dialoghi con musicisti come Brian Eno, Tony Visconti, Robert Fripp, saranno il nutrimento alla base della potente “Trilogia Berlinese” (“Low”1976, “Heroes” 1977 e “Lodger” 1979) che donerà alla storia della musica un trittico di sonorità e sperimentazione d’infinita bellezza. E centrale per capire il futuro (senza quest’opera tricefala non sarebbero nati gruppi come Joy Division, Depeche Mode, Ultravox, Bauhaus, Human League, Nick Cave, U2 e i nostri Marlene Kuntz). Questa trilogia è il perfetto sunto dell’universo Bowie. Perché Bowie è un continuo “rimediare” la storia e le sue tracce espressive. Bowie ininterrottamente interroga e reinventa gli stili della creatività. La complessa personalità di Bowie, insomma, non può esser ridotta alla sua produzione musicale ma necessita sempre di un continuo esplodere concettuale per coglierne l’uso dei molteplici temi, soggettività e tecniche. Il suo trasformismo ha cavalcato tutte le mode. Non solo anticipando i generi musicali ma annunciando una concreta contaminazione estetica e produttiva. Se “Low” è magistralmente inquieto e sperimentale e “Lodger” è l’annuncio dell’immenso pop anni 80, “Heroes” è la sintesi di tutta la new wave che maturerà nel tempo. In questo disco troviamo l’ardore pre-punk, l’elettronica metropolitana, le sonorità kraut-rock. E il respiro malinconico e decadente rendo-

no questo disco opera apicale. E mitologia vuole che, proprio a partire da questo disco, il Muro abbia cominciato a consumarsi. Mentre il fuoco della Guerra Fredda impera, Bowie racconta di due ragazzi che vede baciarsi all’ombra di quel Muro. Un bacio come tanti ma frutto di un qualcosa che guarda al futuro. O che ha la forza visionaria di trasformare due giovani amanti in eroi (almeno per un giorno). Nella realtà un bacio internazionale ci fu tra Tony Visconti (storico producer di Bowie) e la corista Antonia Maaß (sorpresi a baciarsi ai piedi del muro, ma per tutela amicale per lungo tempo mai raccontato pubblicamente). La metafora di quel bacio sarà l’irruente forza che riesploderà durante un successivo concerto berlinese di Bowie il 6 giugno del 1987 davanti al Reichstag, l’ex parlamento nazista a pochi passi dal Muro. Non fu un certo un caso la scelta di questo luogo così atrocemente significativo. E così quel concerto, che nulla aveva di politico, oltre a poter essere ascoltato dal pubblico pagante presente si diffuse anche nella zona Est. E quando il Duca Bianco esordì in un perfetto tedesco: «mandiamo i nostri migliori auguri ai nostri amici dall’altra parte del Muro», la canzone degli “eroi per un giorno” divenne per tutta la Germania un inno. E il muro cominciò a crollare. In un fatidico mash-up tra storia, cronaca, politica, musica e immaginazione.

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salute

VITILIGINE, LE SPERANZE DEL FUTURO Risultati incoraggianti per il trapianto dei melanociti, le cellule che colorano la pelle

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Antonino Di Pietro direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it www.istitutodermoclinico.com

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a vitiligine è dovuta alla perdita in alcune zone del corpo della melanina, la sostanza che dà il caratteristico colore alla cute. Le zone prive di melanina appaiono bianche, a chiazze. Le aree del corpo maggiormente interessate da questa malattia sono il volto, le mani e i genitali. La causa del perché avvenga questa perdita di melanina non è ancora del tutto nota scientificamente, ma sembra che i fattori che possono influenzare la comparsa di questa malattia siano i traumi fisici, le ustioni, le malattie virali, nonché alcuni farmaci in particolare gli anticoagulanti e gli antidepressivi. Tra le cause anche lo stress che favorisce la produzione di catecolamine da parte del sistema nervoso. Queste sostanze potrebbero alterare l’attività dei melanociti, le cellule che producono la melanina, provocando dunque le macchie bianche che determinano purtroppo nella gran parte dei casi anche isolamento e senso di vergogna, reazioni psicologiche che non fanno altro che peggiorare ulteriormente i sintomi della malattia. Inoltre, secondo le ricerche recenti dei medici indiani che lavorano al Dermato -Venereology Center dell’Ospedale di Delhi, e pubblicate sulla rivista scientifica Skinmed, esiste una relazione tra lo scarso funzionamento della tiroide e la comparsa di questo problema cutaneo. In particolare, i bassi livelli di tiroxina sono collegati alla presenza di chiazze di vitiligine. In genere, la vitiligine compare più spesso tra i 20 e i 40 anni, anche se i casi in cui la malattia colpisce le persone ancora più giovani sono notevolmente aumentati rispetto al passato. Nel 30% dei casi, la vitiligine è famigliare e si manifesta tra chi ha un genitore, un figlio o un fratello che soffre della stessa malattia.

Le principali cure prevedono l’esposizione delle zone bianche ai raggi ultravioletti di tipo B a banda stretta, essi possono attenuare queste macchie e in alcuni casi anche farle sparire. Nelle persone molto stressate può essere di grande aiuto associare anche un trattamento psicologico. Per alcuni pazienti un beneficio avviene dal trattamento delle aree della pelle colpite da vitiligine con il laser ad eccimeri particolarmente indicato per le pelli delicate, come quelle dei bambini o quelle di chi ha una carnagione chiara. È opportuno che chi soffre di vitiligine d’estate utilizzi prodotti solari contenenti plusolina, un composto utile a non danneggiare la pelle interessata dalla malattia, più predisposta agli eritemi. Tuttavia, brevi esposizioni al sole, evitando le scottature, possono stimolare i melanociti ed essere efficaci. Molti mi chiedono se dalla vitiligine si guarisce. Purtroppo al momento non esistono terapie in grado di garantire sempre la guarigione completa dalla vitiligine. Molte volte si procede per tentativi perché la risposta terapeutica varia da paziente a paziente. Per tante persone, dunque, la malattia diventa cronica, con tutto il carico psicologico che ciò comporta soprattutto in giovane età. Ultimamente si stanno compiendo importanti studi utilizzando il trapianto dei melanociti, ossia le cellule che producono la melanina. In pratica si fa un piccolo prelievo di cute, in laboratorio si estraggono i melanociti che vengono poi trapiantati nelle chiazze bianche, così da farli attecchire e colorare la pelle. Anche se in fase iniziale, i risultati sono incoraggianti. Ma la cura del futuro sarà sicuramente quelle con cui si riuscirà ad attivare le cellule staminali che rigenereranno nuovi melanociti.


salute

ACTIVE AND GREEN CITY PROJECT: UN PROGETTO DI URBAN HEALTH II parte Parte da Terni il laboratorio per rendere concreto il piano dell’OMS volto a implementare politiche efficaci per aumentare l’attività fisica specialmente nei gruppi più a rischio salute

Giuseppe Fatati presidente Italian Obesity Network

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opinione condivisa, in considerazione dell’effetto sulla salute dell’ambiente sociale e strutturale delle città, che le politiche pubbliche debbano tenere conto del loro impatto potenziale sulla salute dei cittadini. Le principali malattie croniche non comunicabili sono legate a uno stile di vita e dinamiche socio-ambientali non salutari. Nel marzo 2021, la Commissione Europea ha emesso una nota in cui definisce l'obesità «malattia cronica recidivante, che a sua volta funge da porta d'accesso alle altre malattie non trasmissibili». Anche nella recente pandemia l’obesità ha giocato un ruolo prioritario; è stata rilevata un'associazione significativa tra la prevalenza del sovrappeso, mortalità e morbilità. Circa il 30% dei ricoveri per COVID-19 sono attribuibili a sovrappeso e obesità con un costo per il periodo 20202025 superiore ai 6-7 trilioni di dollari. Il COVID-19 è solo l'ultima di una serie di malattie virali respiratorie che ci hanno colpito. Ci sono tutte le ragioni per presumere che le future malattie infettive seguiranno schemi simili e che, una popolazione in sovrappeso, aumenterà la probabilità di un'altra pandemia. Per tali motivi sempre più spesso si parla di urban health, ovvero di un orientamento strategico che integra le azioni di promozione della salute nella progettazione territoriale, favorendo processi di rigenerazione urbana. È prioritario definire azioni che possano avere un impatto positivo sulla salute e sulla qualità della vita, migliorando il rapporto tra il benessere fisico, psichico e sociale

e la città. L’OMS specifica che la creazione di una società attiva richiede il pieno impegno di tutte le parti interessate per garantire soluzioni realizzabili. L’Urban Health _________________________

«Anche nella recente pandemia l’obesità ha giocato un ruolo prioritario; è stata rilevata un'associazione significativa tra la prevalenza del sovrappeso, mortalità e morbilità» _________________________

Rome Declaration definisce le azioni per migliorare la salute urbana e incoraggia la creazione di iniziative locali per promuovere l’adesione dei cittadini ai programmi di prevenzione primaria, con particolare riferimento alle malattie croniche. Il Centro Ricerche Attività Motorie di Terni (CRAM Terni) seguendo tali indicazioni ha ideato un progetto dal titolo Active and Green City project che si propone di collegare e integrare diverse realtà cittadine per declinare in modo operativo e pratico i quattro obiettivi strategici dell’OMS per l’attività fisica (active society, active environments, active people, active systems) e i principi basilari di una alimentazione sostenibile sostenuti dalla FAO. Il ruolo del CRAM è quello di costruire dinamiche di rete svolgendo attività ottobre|novembre 2021

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di Core Network e coordinando iniziative di comunicazione, aggiornamento e intervento cercando di trasformare Terni in città-laboratorio capace di influenzare le realtà nazionali. Il progetto è stato diviso in 5 sottoprogetti, con board scientifici specifici, corrispondenti ai 5 punti elencati nelle finalità e in particolare: • Active society: ovvero provare a costruire società attive • Active environments: costruire ambienti di vita attivi (spazi e luoghi) • Active people: promuovere stili di vita attivi (programmi e opportunità) • Active systems: orientare i sistemi di governo alla promozione dell’attività fisica e della salute • Sustainable Diets: implementare la conoscenza delle diete sostenibili a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, rispettose della biodiversità e della

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cultura locale, oltre che accessibili ed economicamente eque e convenienti. I sottoprogetti vanno considerati elementi dinamici e interconnessi di un unico progetto. Il primo sottoprogetto attivato "Vivi la città, vivi meglio" ha come obiettivo quello di integrare attività fisica e alimentazione sostenibile per migliorare la salute dei cittadini. Inoltre si prefigge di salvaguardare e implementare l’identità culturale attraverso la riscoperta della storia della città, della cultura locale, della cucina tradizionale e del dialetto. Il secondo sottoprogetto "Gli itinerari delle acque" vuole guidare anche le persone con diabete a riscoprire il fiume, le sponde, la flora e la fauna locale seguendo l’assunto che l’acqua è fonte di vita non solo perché è una risorsa preziosa e indispensabile ma perché le principali civiltà si sono sviluppate lungo i grandi fiumi, i mari e i laghi.


a cura di Raffaella Venerando

libri

L’acqua del lago non è mai dolce **************************************************

di Giulia Caminito | Casa editice: Bompiani

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on “L’acqua del lago non è mai dolce” Giulia Caminito, classe 1988, ha vinto l’edizione 2021 del Premio Campiello. Una vittoria al femminile, dedicata alle donne, «all’importanza dell’educazione e dell’istruzione alla lettura e alla scrittura, con l’auspicio che tutte possano trovare sempre e ovunque in un libro una speranza». Il libro, edito da Bompiani, racconta la storia di formazione di una ragazza adolescente che, siamo agli inizi del Duemila, cresce sul lago di Bracciano in una famiglia disastrata. Una ragazza che ha nel nome - Gaia, svelato solo oltre la metà delle pagine tutte le speranze materne di riscatto, mai realizzate. Antonia è infatti una madre energica che, con rabbia e ostinazione, lotta contro le ingiustizie e le prevaricazioni riservate ai poveri, spronando la figlia a non arrendersi mai e a tirare fuori tutta la forza e la rabbia necessarie per sopravvivere. L’una è, però, nei fatti il rovescio dell’altra: se Antonia è una donna sostenibile diremmo oggi, che si fa bastare anzi valorizza il poco che ha, Gaia è rosa dalla mancanza di superfluo, così necessario ai suoi occhi per emergere. Una privazione che la riempie di rabbia cieca e che finirà con il crescere insieme a lei senza mai trovare fine. Dal libro: «In casa mia c’è un regime di non belligeranza e indifferenza reciproca, io sono diventata la figlia a carico che non produce, non moltiplica, non incassa, non cucina e non ha tesori o dispense, la figlia mai cacciata e mai tornata, la statua di sale che a tutti tocca vedere all’ora di cena, eppure vorrei interrogare mia madre, chiederle cosa dovrei fare, perché lei sempre ha trovato soluzioni sul da farsi, sul mettersi in moto e risolvere, mentre io ho solo preso armi e carrarmati e ho attaccato le altrui barricate, il suo agire è progetto, il mio agire è guerra, nel primo caso l’obiettivo è noto, nel secondo ciò che si sa è solo che conviene distruggere prima che siano gli altri a pensarci».

EST|Dittatura Last Minute

a cura di Vito Salerno

homecinema

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di Antonio Pisu

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st” è un road movie che racconta il viaggio avventuroso compiuto nel 1989 da tre ragazzi italiani in un Paese governato da una dittatura, influenzata da un regime sovietico quasi giunto al termine. Poche settimane prima della caduta del muro di Berlino, infatti, Pago, Rice e Bibi, tre amici ventiquattrenni, lasciano la tranquilla città di Cesena in cerca di avventura: una vacanza di dieci giorni nell’Europa Orientale. A Budapest incontrano Emil, un rumeno in fuga dalla dittatura del suo Paese. L’uomo è preoccupato per la sua famiglia che vive ancora in Romania, così chiede aiuto ai tre italiani. È un compito apparentemente facile: portare una valigia a sua moglie e a sua figlia. Per pietà e alla ricerca di un brivido, i tre amici si dirigono a Bucarest, nel cuore della dittatura di Ceausescu. Senza sapere cosa li aspetta, in un viaggio al di là della loro immaginazione, Pago, Rice e Bibi si troveranno coinvolti in situazioni surreali, circondati da personaggi improbabili che metteranno seriamente a rischio la loro incolumità. Dopo tanti colpi di scena, i protagonisti capiranno il valore delle cose che ogni giorno diamo per scontato. Si ritroveranno, rafforzeranno la loro amicizia e uniranno le forze per compiere la missione più importante della loro vita. Quasi inconsapevolmente conosceranno la storia di un popolo, delle sue lotte e delle sue speranze per un domani che forse non arriverà mai.

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DAI SOCIAL

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