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Il Sacco di Campi e Prato

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Il Sacco di Prato

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Il contesto.

Leone X, Raffaello Sanzio, ca. 1518, Firenze (Uffizi)

Il percorso delle truppe.

Pur avendo vinta la Battaglia di Ravenna, i Francesi dovettero ripassare le Alpi, lasciando indifesi gli alleati, e Firenze si trovò sola ad affrontare la Lega. Di questa situazione seppe approfittarne l'azione medicea convincendo il papa della necessità di un ritorno dei Medici al potere a Firenze, e perciò, avuto il suo benestare, il cardinal Giovanni si riunì a Bologna alle forze del viceré di Napoli Ramon De’ Cardona. Sul finire del luglio 1512, con un esercito di soli 5000 fanti, 200 cavalieri e due soli pezzi di artiglieria, mosse verso sud, seminando il terrore fra le popolazioni attraversate, amiche o nemiche che fossero, lasciate in balia di una soldataglia indisciplinata e violenta, poco e male pagata e quindi desiderosa di rifarsi col saccheggio. In un momento in cui occorrevano decisioni immediate e ferme, il gonfaloniere Pier Soderini non seppe prenderne alcuna e, mostrando tutta la sua debolezza politica, si lasciò sopraffare da un così misero esercito, senza opporre alcuna azione offensiva o di contenimento, fidando solo sulla robustezza delle mura e dei castelli e sulla fame dei nemici. Passato l'Appennino e attraversato il Mugello, l'esercito della Lega arrivò ai valico delle Croci e da qui dilagò in Val di Marina lungo la Mulattiera Bolognese e giunse a Calenzano il 25 di agosto, ed ivi il Cardona pose il campo, indeciso se muovere direttamente contro Firenze o se prima investire Prato o Campi. Fu deciso per quest'ultimo che si sapeva ben provvisto di viveri e di polveri e difeso da contadini aiutati da qualche decina di armati, per cui il giorno venerdì 27, verso le ore 5 pomeridiane, assalirono il Castello con scarsi risultati iniziali.


La conquista.

Quella che doveva essere una prima azione dimostrativa per saggiarne le difese, si trasformò inaspettatamente in una totale conquista, di cui fu causa, a detta del cronista Jacopo Nardi, una mala fortuna, dovuta alla inesperienza del nobile cavaliere Marcello Strozzi preposto alla difesa della Rocca.

Il racconto di Jacopo Nardi.

Il già citato Nardi ci riporta una descrizione minuziosa e sofferta di quel tragico evento, sia perché allora era podestà di Campi il fratello, e sia perché egli stesso aveva provveduto di persona alle difese del Castello in previsione di un assedio. Gli spagnoli, riportò, non perdonarono ad alcuna persona, ma fatti prigionieri tutti quelli che vi erano da taglia, non si astennero dall'usare ogni crudeltà verso dei miseri contadini, non perdonando neanche alle donne né ad età alcuna, in modo che dentro alla chiesa dove gran pezza tanta moltitudine s'era difesa, fu fatta una grandissima tagliata, avendo i contadini poche armi per potersi difendere.

Ma nel descrivere queste atrocità, non mancò al Nardi il dubbio che oltre alla ingenuità dei difensori non fosse stato assente il tradimento, non potendo pensare che quasi senza combattere e senza artiglieria, potesse esser preso un Castello ben rifornito come quello di Campi, munito di alte e robuste mura e larghi fossati pieni d'acqua. Ritratto di Jacopo Nardi, tratto da Istorie della città di Firenze di Iacopo Nardi ridotte alla lezione de' codici originali con l'aggiunta del decimo libro inedito e con annotazioni per cura e opera di Lelio Arbib, Firenze, 1838.


La conquista.

La presa di Campi aprì subito la strada a quella di Prato, poiché la soldataglia poté sfamarsi e rifornirsi di quelle polveri e munizioni di cui mancava. Ramon De’ Cardona non perse tempo e il giorno dopo investì la città, accompagnato dal Medici, che dopo avere assistito impassibile al massacro di Campi si preparava a fare altrettanto con Prato, seguendo lo spettacolo dalla vicina altura di S. Anna in Giolica. Il giorno 29 agosto, mentre si combatteva alla Porta al Serraglio, attraverso una breccia fortuitamente aperta nelle mura lungo l'orto di un monastero di monache, gli ispano-papalini si riversarono all'interno della città, avendo ben presto ragione dei difensori. Colpevole di avere opposto resistenza, Prato fu punita con un orribile saccheggio protrattosi per oltre venti giorni senza che il Cardinale movesse un dito per fermarlo. Forse le cronache esagerarono facendo ascendere i morti a circa sei mila, ma Firenze, scossa da tanta ferocia, aprì le porte all'odiato nemico e fu la fine della Repubblica. L'elezione al soglio pontificio del Cardinal Giovanni (Leone X), suggellò un trionfo bagnato da così tanto sangue.

Articoli storici a cura di Vincenzo Rizzo

In occasione del 500° anniversario del Sacco di Prato, il regista Mirco Rocchi e l’attrice pratese Stefania Stefanin realizzano un film sul tragico evento del sacco di Prato; ne riportiamo la sinossi, brevemente ridotta: “Un terribile destino incombe sulla piccola città satellite della Signoria di Firenze. […] Ne faranno le spese migliaia di cittadini inermi. La strage, le torture e i rapimenti sono ben documentati ma l'evento presenta ancora molti lati oscuri. Persino sul numero delle vittime vi sono pareri discordi: furono davvero 6000? Il film, intrecciando documentario e fiction, ripercorrerà questi fatti, seguendo Stefania, una regista teatrale pratese che oggi, a 500 anni di distanza, vuole raccontare questo drammatico evento in una città con la 'memoria ferita'. […]” In questo numero riportiamo diversi disegni tratti dalle scene animate del film e la traduzione di parte della composizione A Ballad of the Sack of Prato, opera di Eugene Lee-Hamilton risalente al 1882, attorno a cui ruota la trama; ringraziamo gli autori per la gentile concessione.


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