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Foto di Jacopo Ritondale

I Mon della Calvana Le Gro e

Sant’Anna Vecchia

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Rubriche

La vacca Calvana

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Le ricerche compiute fino ad oggi sui sistemi carsici della Calvana e di monte Morello hanno permesso l’esplorazione di 52 cavità aventi dimensioni comprese tra poche decine di metri fino ai 700m di sviluppo della Grotta di S. Anna Vecchia, scoperta nel 1972. Le grotte di questo massiccio sono state tra le prime ad essere esplorate in Toscana; è significativo osservare come i primi 6 numeri del catasto regionale corrispondono alle grotte di questo territorio e testimoniano come la Calvana abbia segnato l’inizio dell’attività speleologica regionale, anche a livello catastale.

La grotta del “ciuco”

Questa cavità, di cui era conosciuta solo la prima parte (70 mt), è situata alle pendici del Monte Cantagrilli sul lato che guarda Valibona e fu esplorata e catastata per la prima volta da uno dei primi speleologi fiorentini, nel 1927. Il suo sviluppo totale, fino a questo momento, è di 380 metri, ma non è escluso che gli speleologi possano andare ancora avanti. Nel 1999 il gruppo decise di verificare se quella prima parte conosciuta potesse avere una prosecuzione, furono trovati due pozzi ed un salone lastricato di blocchi calcarei di 25 metri per 10 metri circa. Nel febbraio 2010 venne completata una risalita per giungere ad una finestra che si affacciava su quel salone; la risalita ha condotto in un’angusta galleria lunga circa 30 metri, in cui a fatica si passa sdraiati e strisciando, fino ad arrivare alla base di un nuovo pozzo. Un’ulteriore risalita di quest’ultimo pozzo porta a due belle sale di crollo e altre strette. La nuova esplorazione è stata condotta da 6 speleologi facenti parte dell’USC e del gruppo de “I Cavernicoli” di Siena. «La Calvana è un unicum calcareo, insieme a Monte Morello, e siamo particolarmente legati a lei anche perché siamo tutti di Calenzano. Conoscendola in modo “intimo”, sappiamo che una qualsiasi forma di inquinamento sulla superficie potrebbe avere ripercussioni anche all’interno della montagna e quindi sull’acqua che poi beviamo dal momento che nei complessi carsici l’acqua non viene filtrata dalla roccia ma scivola semplicemente all’interno dei condotti sotterranei. Per questo sentiamo la responsabilità di tutelarla e proteggerne il suo ambiente sotterraneo che, pur non essendo visibile dai non speleologi, è comunque altrettanto sensibile e fragile».

Articolo dell’Unione Speleologica di Calenzano

Acquerello di Thomas Michielin


Poco sopra l’abitato di Travalle, sul versante calenzanese della Calvana, a 421 mt. di quota un edificio, in gran parte ridotto a rudere, lascia tuttavia intravedere ai rari visitatori la facciata e i muri a filaretto di un’antica chiesetta duecentesca. Si tratta del romitorio di Sant’Anna Vecchia e del complesso colonico costruitovi attorno.

Le origini

Sul principio de 13° secolo avevano preso dimora in questi luoghi certo prete Benvenuto di Lazzaro da Montecuccoli e sua madre Belloccia, fuggiti dal luogo natio per l’ira delle fazioni. Spenta di morbo la madre nel 1221 nulla più si seppe del detto prete, dell’umile casetta e della cappella eretta nel 1217 in onore della Madonna. Il luogo rimase deserto fino a quando, nel 1254, il pratese beato Brunetto degli eremiti agostiniani non l’ebbe ottenuto in dono dal pievano di Calenzano per viverci da eremita coi compagni Giuseppe, Giusto e Donato. L’originaria cappellina diventò una chiesetta col nome di S. Maria di M. Maggiore.

Sant’Anna “Vecchia”

Qualche anno più tardi (1269) il beato Brunetto edificò vicino a Prato il convento e la Chiesa di S. Anna in Giolica, e, divenuta questa più importante, quella sulla Calvana prese il nome di Eremo di S. Anna Vecchia

[per distinguerla dal convento pratese intitolato alla stessa santa].

Ultime testimonianze

Gli eremiti continuarono a viverci nei secoli successivi, come attestano le portate e le decime ecclesiastiche; inoltre troviamo il toponimo S. Anna Vecchia anche nelle carte dei capitani del 1584, relativamente al popolo di S. Maria a Travalle. Successivamente la Chiesa è ricordata nel 1726 per essere stata inclusa in una visita pastorale. Soppressa col suo romitorio dal Governo francese, nel 1815 risulta appartenere alla famiglia Niccolini col nome di Podere S. Anna Vecchia; più tardi la proprietà perviene ai Ganucci - Cancellieri unitamente alla villa e fattoria di Travalle.

Notizie tratte da Aldo Petri e Daniela Lamberini; Articolo di Vincenzo Rizzo


Precedentemente considerata semplice ceppo montano della Chianina, la Calvana (detta localmente Calvanina) è una razza bovina dalle interessanti caratteristiche, e per lo stretto legame con il nostro territorio si può considerare un simbolo della tradizione pastorizia dei monti della Calvana.

Le radici della razza

Le origini della Calvana non sono chiare; come la quasi totalità delle razze nostrane, deriverebbe dall’addomesticamento, avvenuto nel neolitico, di Bos taurus primigenius (l’uro, originario dell’India e giunto in Europa circa 250’000 anni fa), poi incrociato con Bos taurus brachyceros (il bue a corna corte, importato a più riprese dai barbari). In questo modo nel tempo si è ottenuto un valido animale da lavoro, capace di produrre molta e ottima carne (grazie anche all’incrocio con bovini Chianini in era medievale), sebbene allevato in un ambiente piuttosto ostile.

Dal ‘900 ad oggi

Nel 1921, con l’istituzione, a Prato, di un proprio Libro genealogico, la Calvana fu riconosciuta come razza. Il suo periodo d’oro fu durante gli anni ’20 e ’30, quando si toccarono i 30’000 capi; ma già nel 1935 la Calvana fu declassata a semplice ceppo della Chianina, e successivamente, con la diffusione di quest’ultima razza e con la meccanizzazione, il suo areale d’allevamento si restrinse nuovamente ai monti della Calvana, riducendo la popolazione a poche decine di capi. La razza è stata poi rivalutata, e dal 1985, con l’istituzione di un Registro Anagrafico per la sua tutela, e grazie al seme crioconservato (raccolto negli anni ’20!) dell’Università di Pisa, la popolazione è aumentata: oggi si contano circa 700 capi allevati in una ventina di aziende, e grazie a diversi progetti di recupero e valorizzazione del patrimonio animale autoctono, il numero è in aumento.

Caratteristiche e peculiarità

Nell’aspetto la Calvana è molto simile alla Chianina, tuttavia rispetto ad essa presenta una mole leggermente minore. La carne risulta molto magra e tenera, con un contenuto di colesterolo inferiore a quello della Chianina e il doppio del contenuto in omega 3 rispetto all’altra razza; grazie alla presenza di acidi grassi omega 6 risulta particolarmente adatta per il consumo in età pediatrica e da parte delle donne in gravidanza.

Articolo di Simone Giuntini



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