City Life Magazine N13

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ENERGIA E AMBIENTE PER LA CITTÀ DEL FUTURO

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CITY LIFE MAGAZINE ONLINE • GENNAIO/FEBBRAIO 2015 • ANNO III N.13 BIMESTRALE


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CITY LIFE MAGAZINE N.13

SOMM

CITY LIFE MAGAZINE ONLINE • GENNAIO/FE

008 EDITORIALE

030

Droni, il mercato, le regole e le applicazioni

Roberto Maietti

Pietro Mezzi

014

038

Ritorno alle Origini

Set-Plan Energy

Centro Studi SAFE

Pierpaolo Signorelli

020

042

Coelux, experience the sky, experience of light Andrea Calatroni

026

Il Car Sharing nella Smart City del futuro Alessandro Gasparetto

INTERVISTA Pierpaolo Signorelli

048 EXPO 2015 Pietro Mezzi Andrea Calatroni


CITY LIFE MAGAZINE

MARIO

EBBRAIO 2015 ANNO III N.13 BIMESTRALE

056 TELECONTROLLO Redazione CLM

060 HIGHLIGHTS Redazione CLM

066 SMART CITY Andrew Peterson

070 NEWS Redazione CLM

Forum Telecontrollo 2015

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CITY LIFE MAGAZINE N.13

Set-Plan Energy

Il “Tempo” in... tempo reale

INTERVISTA

HIGHLIGTS

Moovit, l’app dei bus locali

EDITORIALE CLM 13

Chicago Smart City

SMART CITY

CONT


CITY LIFE MAGAZINE

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Tour Eiffel, energie rinnovabili tout court

Padiglione Israele EXPO 2015

NEWS

Il rifiuto “omogeneizzato”

ASPETTANDO EXPO Una Smart City tecnologica nel futuro di Expo?

TENUTI Set-Plan Energy Droni, il mercato, le regole e le applicazioni Ritorno alle Origini

ARTICOLI

Coelux, experience the sky, experience of light

TELECONTROLLO Il Car Sharing nella Smart City del futuro Forum Telecontrollo 2015


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CITY LIFE MAGAZINE N.13

Direttore Responsabile Roberto Maietti

Advisory Panel

Giuliano Busetto, Vittorio Cossarini, Alessandro Ferrero, Alessandro Gasparetto, Diego Gavagnin, Giambattista Gruosso, Biagio Longo, Emanuele Martinelli, Umberto Sampieri, Marco Vecchio

Direttore Editoriale Mauro Bozzola

Coordinamento redazionale Andrea Calatroni

Redazione

Andrea Calatroni Pietro Mezzi Alessandro Seregni Pierpaolo Signorelli

Grafica Editoriale Fabrizio Maietti

City Life Magazine Copyright© Ediplan Editrice Pubblicazione registrata presso il Registro della stampa del Tribunale di Milano N° 478 del 21 dicembre 2012 codice ISSN 2283-6950 Diffusione 68.000 copie È vietata la riproduzione totale o parziale della rivista senza l’autorizzazione dell’editore.

Direzione e Redazione

Via Olmetto, 17 20123 Milano TEL +39 02 84561856 redazione@citylifemagazine.net

Pubblicità

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EDITORIALE di Roberto Maietti


TELECONTROLLO

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i stavamo abituando a parlare di Internet of Things (IoT) ed ecco spuntare IoE ovvero Internet of Everythings. In effetti la correzione è accettabile anche se forse un po’ markettara. Quello che mi piace è la sottolineatura che tutto, ma proprio tutto potrà (dovrà) venire interconnesso nella società del futuro. Non ci basta più avere il controllo delle macchine, vogliamo che siano le macchine a loro volta che si controllino e comandino vicendevolmente, ma che al contempo ci aiutino a nostra volta a farlo. Abbiamo bisogno di avere più informazioni per essere certi di ottimizzare il nostro tempo: di effettuare le scelte giuste in termini di percorsi; di individuare il negozio dove si trova l’oggetto che stiamo cercando; di capire quando un elettrodomestico ha bisogno di essere revisionato; di prenotare il dentista, il parrucchiere, il campo da tennis, il tagliando auto... il tutto a portata di click, di connessione internet, di comunicazione wireless. Un mondo nuovo con esigenze vecchie che ci accompagnano da sempre. Una società informatizzata, anzi digitalizzata che sarà sempre più simile a quella raccontata con maestria da Asimov nel quarantennio che va dagli anni ’50 fino alla sua morte (1992). Non siamo più nella fantascienza, perché la scienza ha permesso di sviluppare tecnologie un tempo solo sognate. Ed eccoci quindi pronti a un mondo che sarà cosparso di sensori che permetteranno di monitorare “ogni cosa”. Ma tutto questo quanto cambierà il nostro modo di agire e di interagire: in poche parole di “vivere”? Non dobbiamo avere paura della tecnologia, ma almeno per un attimo fermiamoci per chiederci se tutto questo ci renderà più felici o solamente... più veloci.

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Opportunità di formazione e informazione dal 18 al 19 marzo con Automation University di Rockwell Automation

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orna ancora una volta in Italia l’edizione Classic di Automation University, l’evento che Rockwell Automation ripete con successo da oltre dieci anni in tutta Europa. L’appuntamento è per il 18 e 19 marzo 2015, presso il Palacassa-Fiere di Parma per due giornate dedicate e all’automazione e alle soluzioni IT per il settore manifatturiero. Chi desidera cogliere un’opportunità di formazione e aggiornamento ad altissimo livello e allo stesso tempo avere una panoramica completa su tendenze, novità e tecnologie nell’ambito dell’automazione per il manufacturing, non ha che da accedere al sito di Rockwell Automation ed effettuare la registrazione all’Automation University. L’evento è pensato per chi all’interno delle aziende si trova coinvolto in processi decisionali, gestionali, progettuali, di maintenance, acquisti e gestione dell’ IT e sente la necessità di confrontarsi con altre realtà e stare sempre al passo con l’evoluzione tecnologica per affrontare al meglio le sfide attuali e quelle emergenti. Focus dell’edizione 2015, l’Internet of Things che assegna all’’informazione un ruolo primario in una convergenza di IT e OT che per Rockwell Automation trova la sua declinazione industriale nella Connected Enterprise. Un’attenzione particolare viene anche dedicata all’ambito Pharma e al Panorama Normativo dei paesi verso i quali l’export italiano è molto elevato, ovvero UL/CSA - Hazardous Location (Nord America) e NR10 (Brasile). I visitatori oltre a 50 laboratori, dimostrazioni e presentazioni e un padiglione espositivo di oltre 1.000 mq per scoprire le ultime novità di prodotti e soluzioni di Rockwell Automation e dei suoi più importanti partner, potranno anche partecipare a tavole rotonde e seminari di approfondimento su temi di grande attualità. Qui di seguito segnaliamo alcuni appuntamenti degni di particolare attenzione.


18 Marzo, ore 9.30 – 13.15 Sala K, Palacassa – Fiere di Parma

Industrial Internet of Things: Industry 4.0 è già realtà con la Connected Enterprise di Rockwell Automation

Una Tavola Rotonda per fare il punto sulla situazione attuale con uno sguardo all’immediato futuro ed ai suoi sviluppi applicativi, moderata da Marco Vecchio, Segretario di ANIE Automazione con il contributo di società di consulenza manageriale, fornitori di tecnologia, utilizzatori e costruttori di macchine, fra i quali: • • • • • •

Roberto Crapelli - Roland Berger Strategy Consultants S.r.l. Alberto Degradi - CISCO Paolo Massardi - Roland Berger Strategy Consultants S.r.l. Camillo Ascione - ITALTEL Arturo Baroncelli - COMAU Fabrizio Scovenna - Rockwell Automation


18 marzo, ore 14,15 - 18,30 Sala L, Palacassa – Fiere di Parma Un pomeriggio dedicato allo stato dell’industria farmaceutica oggi in Italia e le prospettive future con presentazione di casi di successo e testimonianze di importanti aziende farmaceutiche che operano in Italia e a livello internazionale. Qui di seguito i dettagli: Ore 14:15 - 16:15 Efficienza e rapido ritorno degli investimenti: quale futuro per gli stabilimenti farmaceutici in Italia? Una Tavola Rotonda moderata da Gianni Crivellari, Life Science Corporate Account Manager, Rockwell Automation EMEA a cui partecipano • Ruggero Bettini - Professore Tecnologie Farmaceutiche Università di Parma • Gianmauro Brozzi - MI&CS Director Global Data and Sesto Fiorentino Eli Lilly Italia • Giorgio Bruno - Vice Presidente AFI (To Be Confirmed) • Giancarlo Cois - Direttore Produzione e Ingegneria Corporate Chiesi Farmaceutici • Mark Bottomley - EMEA Industry Leader for Life Science Rockwell Automation


Ore 16:30 - 17:20 Eli Lilly Italia: una fabbrica integrata di riferimento per il network manufacturing Lilly • Ing. Gianmarco Calderoni - Global MES COE Sr. Manager, Global MQ IT • Ing. Riccardo Colzi - MI&CS Process Automation Sr. Consultant Ore 17:20 - 18:10 Chiesi Far-aceutici: Convergenze tra MES/EBR e Manufacturing

SEMINARI: 18 Marzo 2015 ore 14:15 - 18:30 Sala K - Palacassa – Fiere di Parma Connected Enterprise 18 -19 marzo ore 11,00 -16,15 Sala J, Palacassa – Fiere di Parma Aggiornamento Normativo Nord America/UL - Brasile: quali sono le ultime novità?

La partecipazione all’evento è gratuita. Per approfondimenti e registrazioni: www.rockwellautomation.it


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Ritorno alle origini

Breve storia delle energie rinnovabili e del loro futuro a cura del Centro Studi SAFE

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ontrariamente a quanto si possa pensare lo sfruttamento delle fonti rinnovabili non è un fenomeno recente ma affonda le radici nella storia dell’umanità. Le FER, infatti, nonostante vengano spesso definite come “nuove” fonti di energia, hanno costantemente aiutato l’uomo nel suo cammino evolutivo, dandogli energia per spostarsi, combustibile per riscaldarsi, capanne e poi case nelle quali abitare. Diverse sono le testimonianze che ne evidenziano lo sfruttamento nei secoli. Gli specchi di Archimede, che, secondo la leggenda, incendiarono le navi romane nel porto di Siracusa, rappresentano, ad esempio, una prima applicazione di quello che oggi chiamiamo “solare termodinamico”. In questo campo, gli studi di Leonardo nel ‘500 e di Lavoiser nel ‘700 hanno fornito le basi ad Augustine Mouchot, matematico e scienziato francese, per inventare, nel 1878, il primo motore ad energia solare, della potenza di 1 kW.


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Ad oggi, stando ai dati REN21, la potenza di concentratori solari installata nel mondo supera i 3.400 MW. Gli impianti più grandi si trovano negli Stati Uniti, nel deserto del Mojave, e sono il complesso conosciuto come SEGS (Solar Energy Generating System) che opera con una capacità di 354 MW e l’impianto di Ivanpah (377 MW). Per quanto riguarda la tecnologia fotovoltaica, il primo pannello fotoelettrico fu costruito nel 1883 da Charles Fritts, in seguito alla scoperta dell’effetto fotovoltaico da parte del fisico francese Edmond Becquerel (1839). L’applicazione, rimasta una semplice curiosità scientifica per quasi un secolo, trovò il suo sviluppo industriale solo alla fine degli anni ’70 del 1900 grazie all’esplorazione dello spazio e all’interessamento dimostrato verso il settore dalle società petrolifere, attratte dalla possibilità di illuminare le piattaforme offshore a bassi costi e di generare elettricità in zone impervie. Ad oggi a livello mondiale si conta una capacità installata pari a 139 GW, principalmente concentrata in Germania (36 GW), Cina (20 GW) e Italia (18 GW). Sono molto lontane nel tempo anche le origini dell’eolico. La forza del vento venne infatti sfruttata attraverso i mulini, anche precedentemente all’arrivo di Marco Polo, prima in Mesopotamia e poi in Cina. La prima turbina per la generazione di elettricità è tuttavia molto più recente e fu ideata da Charles Brush nel 1887 a Cleveland in Ohio. Si trattava di una torre alta 18 metri, con un rotore costituito da 144 pale di legno del diametro di 17 metri. Nel tempo, tra tutte le fonti rinnovabili, l’energia eolica è quella i cui costi sono scesi in maniera più continua e costante fino a rendere la tecnologia matura e quindi economicamente


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conveniente e competitiva, in molte parti del mondo. Attualmente la potenza mondiale eolica ammonta a 318 GW e tra i maggiori produttori di aereogeneratori e turbine eoliche figurano Vestas (Danimarca) e Goldwind (Cina). Fenomeno antico è anche lo sfruttamento delle maree. I mulini ideati a questo scopo sulla Manica risalgono infatti ad un’epoca antecedente Guglielmo il Conquistatore anche se la prima centrale maremotrice al mondo è stata inaugurata in Francia sulla Rance, solo nel 1961. Storico è anche il contributo delle biomasse che hanno accompagnato l’umanità fin dalla sua infanzia e ancora oggi sono fonte di calore, riparo e sostentamento per le popolazione del terzo mondo. Nello sviluppo delle FER un ruolo centrale è stato giocato anche dal nostro Paese. Infatti, se è noto che il decollo industriale dell’Italia fu dovuto al “carbone bianco” (l’energia idroelettrica), meno conosciuto è il fatto che la centrale Bertini, realizzata dalla Edison nel 1898 a Paderno d’Adda fu a suo tempo il primo grande impianto idroelettrico costruito in Europa. Anche nel geotermico, la prima centrale al mondo fu costruita nel 1913 in Toscana a Larderello e rimase l’unica fino al 1958. L’evoluzione delle rinnovabili non è stata costante ma ha conosciuto nel tempo alterne fortune. L’avvento del carbone prima e del petrolio poi le ha, ad esempio, temporaneamente emarginate per motivi di convenienza economica e praticità d’uso. Tuttavia, non si è mai abbandonato il tentativo di riutilizzarle non appena si fosse presentata l’opportunità, recentemente dettata da ragioni di natura ambientale. Ad oggi la sfida è tutt’altro che conclusa e anzi si è aperto


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per le rinnovabili un nuovo fronte: soddisfare la crescente domanda mondiale di energia, dovuta all’aumento della popolazione e al progressivo affrancarsi dei paesi in via di sviluppo dalle disastrose condizioni nelle quali si trovano a vivere oggi. Le potenzialità di crescita future sono dunque ancora molteplici e si basano sulla ricerca di innovative soluzioni tecnologiche quali le nanotecnologie. Non avere puntato sul massiccio e generoso finanziamento della ricerca è stato proprio l’errore fino ad ora commesso in Europa e nel nostro Paese. Tornare alle origini, guardare al passato, ai suoi successi ed errori può rappresentare quindi un efficace strumento per imparare dal nostro ieri e costruire un domani che possa essere sostenibile nel lungo periodo. “Ritorno alle origini. Breve storia delle energie rinnovabili e del loro futuro” di Adriano Piglia e Valentina De Luca (Centro Studi SAFE), Ediplan Editrice, 2015, è disponibile gratuitamente sulla piattaforma iTunes e in formato pdf ed Epub.


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10-14 Marzo 2015 Frankfurt am Mein Hall 10.3, Stand C41

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Coelux, experience the sky, experience of light Andrea Calatroni


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oelux è il primo spin off dell’Università dell’Insubria, nato dall’idea del professor Paolo Di Trapani, specializzato in ottica e fisica sperimentale, di portare la luce naturale, solare all’interno degli edifici anche in assenza di finestre. La scommessa risiede proprio in questo, ricreare la luce solare, portatrice di benessere psico-fisico, in un interno. Ma come fare? Come ricostruire questi effetti positivi, salutari impiegando la tecnologia? La spiegazione del professor Di Trapani è semplice, quanto spettacolare. Lo studio dell’ottica, della trasmissione della luce attraverso un medium, quale aria o acqua, e l’amore per l’arte lo ha portato a compiere delle riflessioni sul rapporto che s’instaura tra questi elementi primari. Cosa accade nell’atmosfera quando questa viene attraversata dalla radiazione solare? Come interagisce la luce con le particelle che la compongono? Tutte domande che hanno trovato risposta nella sperimentazione di laboratorio. Da lunghe osservazioni sul campo degli effetti della luce naturale e traendo ispirazione dai dipinti astratti Mark Rothko e dal libro Light and color in the outdoor di M. G.J. Minnaert, il professor Di Trapani e il suo team hanno osservato che l’aria non e’ un elemento trasparente e che questa, attraversata dalla luce solare, colora di blu le ombre e gli oggetti in distanza. Per ricreare questi effetti d’imperfetta armonia della luce solare è stato necessario scendere alla scala dell’infinitamente piccolo, al livello delle nanoparticelle.

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“L’aria è l’ultima barriera che filtra la luce del sole verso il nostro occhio, l’aria colora tutto di sfumature d’azzurro, le nanoparticelle immerse nell’acqua ricreano il percorso della luce dal cielo. Al variare della densità di particelle aggiunte al liquido la colorazione cambia: a una densità minore si crea un ‘filtro’ azzurro, simile al cielo, man mano che aumenta la loro concentrazione si passa al giallo caldo, del sole all’orizzonte.” Tutto questo: fisica delle particelle, ottica, arte e luce sono state fuse in un unico prodotto d’illuminazione artificiale che simula, in maniera esatta, una finestra orizzontale aperta sul miglior cielo sereno possibile, capace di proiettare entro la stanza una luce di altissima qualità estetica e salubre. Coelux, questo il nome del brand e del prodotto, declinato in tre varianti di illuminamento e di posizione. Coelux30 con fascio di luce inclinato di 30° rispetto all’orizzonte, finestra a parete e in grado di riprodurre una luce calda e radente, tipica dei paesi nordici; Coelux45 con lucernario a soffitto e fascio a 45° per una luce calda, mediterranea, capace di scolpire volumi e colori; Coelux60 ulteriore soluzione a soffitto luce più fredda e verticale, con il massimo contrasto di luminanza luce/ombra. Per ottenere risultati e prestazioni luminose di altissima efficacia ed efficienza, il cielo è stato ideato e realizzato con un diffusore nanostrutturato che ricostruisce il fenomeno della cosi’ detta diffusione di Rayleigh. Il sole viene ricostruito tramite un proiettore LED con una altissima fedelta’ spettrale, posizionata con estrema cura a simulare la corretta inclinazione del sole definita dalla temperatura colore della sorgente. Il tutto, unito ad un sofisticato sistema di imaging optics, crea uno spazio virtuale infinito del tutto equivalente a qullo di avere una vera apertura sul cielo. Come accennato in precedenza, le tre versioni messe a punto forniscono una luce warm white con la sorgente posizionata esattamente come il sole nel tardo pomeriggio o una luce equatoriale mid white, a simulare la luce del mattino o nordica, laterale. La speciale lastra luminosa è sostenuta da un controtelaio a soffitto, con sguinci simmetrici o asimmetrici, che


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riprendono l’effetto straniante degli Skyspaces di James Turrell, l’occhio ha la percezione di uno spessore minimo, volto a simulare finestra orizzontale a soffitto. Paolo Di Trapani garantisce “la nostra volontà non è quella di fornire un surrogato della realtà, ma di rimettere in scena la luce naturale, riappropriandoci delle nostre ombre e delle nostre luci”, capace di ricreare il naturale rapporto tra campiture, linee di margine tra luce e ombra e volumi. Installazione ideale per spazi privi di finestra o in cui la luce del giorno non è scandita dal

ritmo circadiano del sole, come ospedali (prima installazione all’Ospedale di Rozzano) o case di cura, la presenza di un sistema d’illuminazione come Coelux consente un abbassamento della soglia di stress e di ansia nei pazienti, ideale anche per aeroporti e sale di attesa in genere e nelle SPA o per le lobby degli hotel. Vincitrice del prestigioso Lux Award Source Innovation of the year 2014, ponendosi davanti a colossi della luce come Philips, elemento da non trascurare nella valutazione del progetto Coelux. Ancora una volta Davide batte Golia.


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L’impatto del Car Sharing sulla Smart City del futuro Alessandro Gasparetto

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ella smart city del futuro il miglioramento della vivibilità passa anche per una trasformazione del traffico, che dovrà diventare anch’esso smart, sotto tutti gli aspetti: dalla riduzione delle emissioni inquinanti, alla comparsa di driverless car (le auto senza guidatore, di cui ci siamo già occupati in un articolo pubblicato nel numero 10 di City Life Magazine), alla gestione ottimizzata dei trasporti.

È evidente che il decongestionamento del traffico veicolare sarà di importanza fondamentale per la futura smart city, e uno dei fattori che contribuiranno a tale risultato sarà ovviamente la riduzione del numero di veicoli circolanti. A questo proposito, il “car sharing” o “car pooling” potrà assumere un ruolo assolutamente rilevante, in quanto un fattore elevato di condivisione del mezzo di trasporto porterebbe automaticamente a una drastica riduzione del traffico.


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La pratica di car sharing è ormai in atto da parecchi anni, ed è giunta alla ribalta sui mezzi di informazione soprattutto per le vicende riguardanti la protesta dei taxisti contro Uber, una delle piattaforme più note di condivisione del mezzo di trasporto. Questo fatto dimostra, evidentemente, come il car sharing possa costituire un fenomeno molto innovativo e in grado di mutare profondamente strutture socioeconomiche consolidate: la sua diffusione

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incontra ovviamente delle resistenze, non solo da parte delle categorie che verrebbero penalizzate, ma anche resistenze culturali nel singolo individuo, il quale è da sempre abituato a considerare l’auto come un oggetto assolutamente privato, e fatica ad accettare l’idea di dover condividere un percorso, anche breve, con estranei. Questo tipo di cultura è particolarmente diffuso nel nostro Paese e, più in generale, in Europa, mentre in interi continenti


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(come l’Asia e l’America Latina) circolano i cosiddetti “taxi collettivi”, che affiancano il trasporto pubblico nelle grandi città: si tratta di un trasporto diffuso in maniera capillare e a basso costo, utilizzato pertanto dalla quasi totalità della popolazione. Gli aspetti culturali e socioeconomici avranno un’importanza predominante nel decretare il successo o il fallimento di un fenomeno di portata rivoluzionaria come il car sharing; ciò non toglie che gli aspetti tecnici innovativi delle piattaforme di condivisione del mezzo di trasporto assumano fondamentale rilevanza. In particolare, l’interfacciamento della singola auto con un sistema informativo in grado

di ricevere in tempo reale i dati sul traffico (e non solo) e di ripianificare con flessibilità il percorso potrà forse essere una caratteristica vincente. Questa è stata l’idea innovativa di Bridj, una startup di Boston che elabora dati provenienti da numerose sorgenti, fra cui Google Earth, Facebook, archivi comunali (dati relativi alla residenza, sede di lavoro, ecc.), per creare rotte che rispondono alle esigenze delle persone, piuttosto che costringerle ad adattarsi a rotte predefinite. Chiaramente, un sistema del genere diventa sempre più “smart” all’aumentare del numero delle persone che sono iscritte al servizio, in quanto una mole maggiore di dati


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risulta essere disponibile. Il sistema informativo di Bridj può anche creare delle rotte temporanee in occasioni particolari (concerti, eventi sportivi). Il costo del servizio si colloca a metà fra il costo di una corsa in bus e una in taxi: ad esempio, per una corsa urbana di 20 minuti nella città di Boston, il costo previsto è di 6 $, da confrontarsi con quello di una corsa in autobus (1,50 $, ma con un tempo stimato di circa un’ora) e quello di un taxi (oltre 10 $). In sintesi, le nuove tecnologie (in particolare i big data e l’internet of things) forniscono degli strumenti potentissimi a supporto di pratiche innovative come il car sharing. Mentre da un

lato la diffusione di questa pratica è ovviamente auspicabile, per poter ottenere una consistente riduzione del traffico veicolare, dall’altro i policy makers dovranno prestare particolare attenzione ai costi sociali che tale fenomeno può comportare: oltre alla penalizzazione di determinate categorie sociali (taxisti), non va trascurato che la diffusione del car sharing potrebbe avere delle conseguenze distruttive sull’intero sistema del trasporto pubblico, portando quindi a diminuire la possibilità di accesso al trasporto degli individui a più basso reddito, i quali possono utilizzare solamente questa forma di trasporto.

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Droni: il mercato, le regole e le applicazioni Pietro Mezzi

Un drone in volo (Eagle Eye Robotics)


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empre più presenti, sempre più utilizzati: è la rivoluzione dei droni. Una tecnologia di derivazione militare che sta cambiando anche il profilo di numerose professioni, molte delle quali collegate all’edilizia e alle costruzioni.

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I cosiddetti unmanned aerial vehicle (o aeromobili a pilotaggio remoto) si stanno affermando sempre più, perché numerosi sono gli impieghi già oggi possibili in questo particolare comparto: rilievi topografici, termografici, fotogrammetrici, fotografici, ambientali; attività di protezione civile e di sicurezza del territorio; riprese video di cantieri di grandi opere pubbliche come strade, cave, discariche; analisi del traffico mediante video-riprese aeree; ispezioni di linee elettriche, condotti e zone di difficile accesso; la valutazione immediata delle aree colpite da alluvioni e frane e per il controllo delle coste. Se è vero, come sostengono alcuni operatori del settore, che le imprese edili non hanno ancora colto le potenzialità di tale tecnologia, basterebbe ricordare loro che con un rilievo aerofotogrammetrico, mediante drone, oggi, di una nuova strada in costruzione, è possibile avere, in tempo reale, i volumi di scavo, i profili delle sezioni, i riporti di terreno e ogni altra informazione non ottenibile con tali velocità e precisione. Nelle costruzioni, nella sua accezione più ampia, le applicazioni sono insomma numerose e la loro progressiva penetrazione cambierà il profilo di alcune attività tradizionali legate all’edilizia e anche l’intensità del lavoro. Quello dei droni, grazie alla loro flessibilità d’uso, è diventato uno dei trend tecnologici emergenti e sono in molti a

Intersezione stradale e rotatoria riprese da un drone in volo. Si tratta di analisi del traffico di tipo avanzato, con videoriprese aeree (Data from Sky)

Drone eBee ad ala planante, impiegato per i rilievi topografici


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credere e a investire capitali nell’industria dei remote piloted aircraft systems: le prospettive sono ampie, così come le applicazioni di questa nuova tecnologia, che vedrà un uso sempre più intensivo nelle nostre città, anche se l’ambiente urbano è certamente quello più complesso e delicato da affrontare. Le aeromobili che viaggiano in assenza di pilota, controllati da un computer a bordo, nel nostro Paese rappresentano una realtà produttiva che conta circa ottanta società. Un comparto che cresce anno dopo anno e che si sta trasformando: da puro hobby di aeromodellisti di ieri a vera filiera produttiva a forte apporto tecnologico dei giorni nostri. Un settore che in Italia si stima abbia un giro d’affari vicino ai 5 milioni di euro (5 miliardi nel mondo, che nel 2020 raggiungeranno quota 12 miliardi). A dividersi la torta sono le aziende che realizzano droni veri e propri, li utilizzano, gestiscono scuole di volo, realizzano software e attrezzature, costruiscono sensori, componenti elettronici (circuiti, connettori, convertitori) e gimbal (il sostegno automatizzato che regge il dispositivo portato dal drone), apparecchiature fotografiche, videocamere, simulatori ed eliche. Ma di cosa stiamo parlando? Generalmente di mezzi aerei che, secondo l’attuale normativa Enac, sono classificati in base alla massa di decollo: inferiori o superiori ai 25 kg.


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Sul mercato si possono anche trovare velivoli di 2 kg di peso, come oggetti volanti di peso superiore ai 150 kg: in quest’ultimo caso le applicazioni sono di tipo militare. Nel campo delle applicazioni civili, la stazza dei droni professionali varia da 15 a 20 kg. In Italia, si stima che esistano e che possano volare da 500 a 1.000 droni. Sono oggetti che nascono dal mondo degli appassionati di aeromodellismo e che hanno incrociato le potenzialità delle applicazioni informatiche.Con i più piccoli modelli, i parrot, ci si gioca in casa o in giardino, mentre gli altri, quelli di uso professionale, possono essere guidati attraverso un sistema di pilotaggio remoto, avendo a bordo un autopilota che permette di controllarne la stabilità e fornire una serie di funzioni di alto livello. Hanno un’autonomia media che varia da 30 a 50 minuti, sono ad ala fissa, come i classici aeromodelli, o ad ala rotante, come i quadricotteri o gli esacotteri. Sono sistemi in grado di fornire una serie di indicazioni geografiche al pilota che li guida da terra, attraverso un radiocomando e mediante tablet o smartphone. Non hanno un’unica configurazione, ma di base, per volare (da 70 a 200 m di quota massima), hanno bisogno di autopilota, ricevitore GPS, motore e batteria. Poi, in relazione al tipo di attività da svolgere, si aggiungono gli accessori come la macchina fotografica e i sensori a infrarossi per il rilevamento dell’altezza.


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Ma le norme restano rigide Per abituarci a uno scenario da drone revolution, con sciami di droni che volano nei cieli delle nostre città, dovremo ancora attendere del tempo. Le normative infatti sono ancora molto rigide e le briglie di Enac, l’Ente Nazionale dell’Aviazione Civile, sono state tenute volutamente strette. In effetti, le criticità, soprattutto per le applicazioni a bassa quota in ambito urbano, non mancano: si tratta infatti di piccoli oggetti utili, ma anche pericolosi.Per l’Ente Nazionale del Volo, l’Enav, le città non sono sorvolabili e i permessi per le sperimentazioni di volo sono centellinati. L’ostacolo più grosso in questo momento è rappresentato dalla tracciabilità delle operazioni di volo, come se si trattasse di un volo aereo tradizionale. Certo, gli oggetti volanti sono di piccole dimensioni, ma il problema principale è rappresentato al contesto urbano, un ambiente assai complesso, pieno di rischi, compreso quello della violazione della privacy. Il settore si specializza Ma come si divide questo nuovo mercato in espansione? Il settore si può suddividere in due grandi aree. Le società di rilievi topografici e aerofotogrammetrici, che scelgono questa particolare tecnologia per offrire valore aggiunto al loro lavoro e per essere più competitivi, e le aziende che realizzano business vendendo voli


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specializzati e servizi di vario tipo, effettuati tramite il telerilevamento di prossimità per ricognizione di corto raggio. Saranno loro i nuovi operatori aerodinamici di domani. Il settore, insomma, sta procedendo verso una progressiva specializzazione e sta emergendo la prima filiera specializzata. E anche bene ricordare che il mercato, in questi ultimi anni, si è scremato: oggi c’è meno improvvisazione e più qualificazione. In questa opera di selezione è stato utile il contributo della normativa di settore, necessariamente severa, ma è anche servita la percezione che si è riusciti a offrire della componente tecnologica, sempre più avanzata e affidabile. Alla fine, l’utente finale comprende che un certo prodotto può essere utilizzato per giocare, mentre con un altro ci si lavora. La differenza sta in questo. Infatti, il mercato offre sempre meno prodotti assemblati e sempre più soluzioni industriali. Ma qual è il vantaggio reale, concreto dell’utilizzo dei droni? Una società di topografia o uno studio di aerofotogrammetria si rende presto conto che in mezza giornata è in grado di realizzare un lavoro che, in forma tradizionale, realizzerebbe in un paio di giorni. La tecnologia insomma consente un aumento di produttività e il mercato potenziale dei droni è tanto ampio, quanto quello attuale della geomatica.

Drone in volo in alta quota


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Set-Plan Energy

L’occasione del rilancio economico per l’Italia? Pierpaolo SIgnorelli

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n chiusura d’anno si è svolto l’importante meeting europeo del “Strategic Energy Technology Plan” (SET- Plan), tenutosi a Roma sotto l’abile regia dell’Enea che faceva gli onori di casa. Il SET-Plan è un driver di lungo periodo dell’UE, attivato da anni, che traccia le linee di sviluppo tecnologico per gli anni e decenni a venire nel settore dell’energia. Si tratta quindi della politica industriale di più profondo e ampio respiro che va a dettare riferimenti su cui poi si erigerà l’edificio energetico e, a cascata, quello industriale da qui al 2030, fino poi 2050. La logica del SET-Plan s’incanala nelle politiche adottate e perseguite dall’Europa da oltre un decennio, quali la progressiva riduzione delle emissioni di CO2 e l’implementazione delle fonti rinnovabili sia a livello di generazione di potenza


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che di impieghi domestici, nonché l’adozione massiccia di pratiche di efficienza energetica. L’obiettivo ultimo è quello di un’economia “carbon free” o decarbonizzata. A ben vedere, un cambiamento di paradigma strutturale che accompagnerà la capacità produttiva ed economica dell’Unione per decenni. Il fine politico sotteso è quello di assumere la leadership mondiale nelle tecnologie applicate all’energia sia dal lato produzione che impieghi, per poi esportarle nel resto del mondo, in particolare verso il BRIC. Stati emergenti che, nel loro insieme, rappresentano le economie a maggior impatto ambientale e dunque quelli che più necessitano di una profonda riconversione industriale. In concreto, il SET-Plan dischiude ai Paesi membri opportunità di sviluppo nell’ambito degli obiettivi comunitari, obiettivi che singolarmente sarebbero difficilmente seguiti perché non pensati e coordinati su scala continentale. Tuttavia, se gli obiettivi a mediolungo termine, diciamo da qui al 2030, sono sostanzialmente già fissati o, comunque, di previsione relativamente facile, poiché fioritura di ciò che si va decidendo in questo presente, cosa diversa concerne il traguardo di metà secolo, per il quale sono richiesti rilevantissimi investimenti in ricerca, tecnologia e sistemi di produzione, necessari per rendere possibili processi industriali ed energetici che si basano sullo stoccaggio, in quantità da sistema, della CO2 e dell’energia elettrica prodotta da FER; ma anche azioni potenti sulla mobilità in generale, non solo terrestre, con motori non termici e/o non inquinanti ecc. Se queste sono le linee di fondazione del futuro edificio europeo dell’energia, non poche perplessità sorgono naturali, sia in ordine alla complessità della strategia che abbraccia diversi decenni e attraversa l’intero settore energetico-ambientale, anch’esso complesso e amplissimo. Sia poi, sul piano politico che necessita per la sua riuscita di una forza e saldezza di cui, almeno oggi, l’UE non sembrerebbe disporre, stretta com’è fra spasmi anti euro e recrudescenze nazionalistiche.


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Set-Plan Energy L’intervista Pierpaolo SIgnorelli

Abbiamo parlato di SET-Plan con un personaggio autorevole e fuori dal coro: la professoressa Fedora Quattrocchi, membro del Board Allargato del SET-PLAN ENERGY del MIUR responsabile della LINEA ENERGIA E GEORISORSE INGV Roma, nonché professore a contratto presso la Facoltà di Ingegneria Ambiente e Territorio dell’Università di Tor Vergata per le discipline stoccaggio CO2 e geotermia

Gentile professoressa, la strategia europea sull’energia e l’ambiente spazia su un arco di tempo assai lungo e su un settore di intervento molto ampio. Sorge allora naturale la necessità di una sintesi per amalgamare i paesi comunitari che sono così diversi fra loro. Ma, con esattezza, qual è il modello europeo che si profila da qui al 2030? Verso che cosa andiamo incontro? Attualmente le politiche energetiche europee, Paese per Paese sono piuttosto diverse e poco integrate, anche per la mancanza di un adeguato dialogo sulle diverse Piattaforme Europee nel campo energetico del “low carbon” quali European Platform Zero, Emissions Fossil Fuels, European Platform on Renewables, ecc… che, a loro volta, son disgiunte dalla Piattaforma Europea sul Nucleare.


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Esse di fatto non si incontrano mai e solo certi sforzi della IEA (International Energy Agency) svolgono ogni tanto dei confronti tra filiere energetiche, come quella svolta nel 2008 (Agency’s Energy Technology Perspectives 2008 Report) o nel 2011 (Commetee on Energy Research and Technology). La questione grave è lo scollamento tra scenari energetici fino al 2050 e l’attuale situazione sul campo, con i relativi ostacoli. In buona sintesi, gli scenari economici son spesso distaccati da ciò che si riesce concretamente a costruire, con riferimento soprattutto alle filiere di sottosuolo, boicottate dalla cosiddetta “politica short-time”, perché sono tecnologie che non solo non portano voti immediati, ma fanno porre il politico che le adottasse in discredito verso tutti i potenziali elettori. Vi son tecnologie, praticamente già pronte come CCS (CO2 Capture e Storage) molto veloci, ed ottime per la rimozione della CO2 dall’atmosfera, che possono rispondere benissimo alle emissioni dei grandi impianti energivori (raffinerie, cementifici, termovalorizzatori, acciaierie ecc.) che, necessariamente, nel loro funzionamento ordinario producono anidride carbonica. Catturarla e stoccarla nel sottosuolo sarebbe la soluzione più semplice, sicura ed economica e garantirebbe quel ponte tecnologicoeconomico indispensabile in questa turbolenta fase. Eppure, la Strategia energetica della Commissione Europea ne è priva, perché in tutta evidenza risponde più a requisiti politici che scientifici. La politica cerca “voti” mentre la scienza cerca “razionalità” e “verità”, non promesse o facili consensi. A mio modo di vedere, le filiere energetiche che portano ad una economia low carbon hanno tempi e “spazi necessitati”, totalmente diversi tra di loro che non possono essere ignorati. Si deve cominciare a ragionare in termini di “densità energetica low carbon per unità di spazio e di tempo” normalizzata al netto della CO2 evitata quando si produce energia e calore. Alla fumosità programmatoria, si aggiungono facili connubi con la lobby di turno, a tutto discapito della funzionalità del sistema e della convenienza degli utenti.


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Esemplare, al riguardo è l’indicazione di rimuovere la CO2 tramite le sole filiere “efficienza energetica” e “rinnovabili” a totale indifferenza delle aziende elettriche dai grandi impianti che, a tutt’oggi, costituiscono la colonna portante della generazione. Quando filiere “green” (concetto, peraltro, estremamente abusato) sono lente e utilizzano molto spazio e, soprattutto, necessitano di “smart grids”, che sono considerate come presupposto, ma in realtà sono, ad oggi, un punto di arrivo e la relativa realizzazione non è affatto facile. Al riguardo, va ricordato che per la loro realizzazione si necessitano di molte materie prime, per ora ancora poco disponibili e producibili in miniere africane, latine e asiatiche sempre più nelle mani di Cina, India e Brasile (il vero nuovo blocco geopolitico vincente). La dipendenza energetica dalle importazioni nel nostro paese arriva al 95% ed in questo senso le politiche del SET-Plan sembrerebbero andare nella giusta direzione di una maggiore autonomia. Tuttavia, imboccare tale strada significa non solo cambiare fonte di energia, quanto organizzare il paradigma tecnologico di sostegno. Quali le difficoltà che si presentano? La questione è complessa perché i “driver” che dovrebbero dirigere il cambiamento tecnologico, e per tramite di questo quello dell’ approvvigionamento, sono i grandi gruppi. Ma questi, comprensibilmente tendono a scappare da un Paese come il nostro, in cui l’ambientalismo è ancora prettamente ideologico e non tecnologico; si presti attenzione al caso di E.ON, prima azienda Europea, che sta dismettendo i propri impianti di potenza presenti in Italia, con la minaccia, serissima, di lasciare a casa migliaia di persone, fra occupati e indotto. Con tutta probabilità, al fondo, il problema è culturale ed informativo. C’è in giro un dilettantismo imperante che è altamente pericoloso per il Paese, tanto per la nostra reputazione di partner affidabile, quanto per


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le scelte che si vanno a fare. Quest’ultime, nella migliore delle ipotesi, risultano le meno convenienti sotto tutti i punti di vista (economico, tecnologico, ambientale) perché tutta quella gente vuole escludere gli esperti super-partes per imporre il proprio punto di vista. Ho fatto questa doverosa premessa, perché lo scenario che sempre più si andrà delineando, prima al 2030 e poi al 2050, vedrà passare la terna – il pacchetto FER, efficienza energetica, contenimento delle emissioni – da linea d’intervento accessoria o integrativa, a principale driver di sostegno della produzione e del mercato. Pertanto, per realizzare un cambiamento tanto profondo, che porta come conseguenza non secondaria una maggiore autonomia dell’importazioni ed una maggiore stabilità dei prezzi, occorre che il parterre della classe dirigente e politica tanto locale che nazionale sia adeguata alla sfida che l’Europa sta indicando. Questo è un punto essenziale, eppure poco dibattuto: come pianificare il cambiamento tecnologico, industriale ed infrastrutturale dalla situazione attuale a quella idealizzata di un’economia de carbonizzata? Come rendere possibile il cambiamento se, peraltro, si rifiutano soluzioni ponte come lo stoccaggio della CO2? Se non c’è un piano dove si organizzano e disciplinano i ruoli dei maggiori players, si andrà a ripetere la bruttura della liberalizzazione del mercato avvenuta lo scorso decennio, dove nella duplice colpevole mancanza di una disciplina tecnica e di mercato, si è giunti al fallimento di oggi, sotto gli occhi di tutti. Nell’inevitabile processo di riconversione, oramai già in atto, dalla produzione energetica con fonti fossili verso quella con fonti rinnovabili, la perdita di posti di lavoro potrà essere controbilanciata sia in termini numerici che contrattuali nel nuovo paradigma di generazione elettrica? Non rischiamo di avere un esercito di precari e disoccupati? È inimmaginabile un aumento dei posti di lavoro con il nuovo paradigma di generazione elettrica


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dell’attuale SET-Plan Energy focalizzato solo su efficienza energetica e rinnovabili. Già adesso la chiusura di impianti tradizionali non viene riassorbita da quelle rinnovabili che, fra le altre cose, richiedono professionalità molto lontane dalle prime. Gli idrocarburi non vanno demonizzati, ma semplicemente gestiti con tecnologie “ponte”, per assicurare la transizione per diversi impieghi d’energia. Tali tecnologie diverranno indispensabili come l’Enhanced Oil Recovery (EOR) tramite iniezione di CO2, gas acido naturale, che respiriamo tutti i giorni ed a tutte le ore (circa 400 ppm in atmosfera) e che nei millenni ha formato nuove rocce nel sottosuolo. Nel sottosuolo la CO2 ha il suo naturale destino e esecrare tali tecniche di estrazione dei campi petroliferi depleti è irresponsabile. In USA e Canada queste virtuose filiere dal 2008 son state surclassate dall’interesse per shale gas e Oil shale da parte delle compagnie petrolifere. Io invece farei ricerca sull’iniezione di CO2 e ruolo dei batteri per estrarre unconventional hydrocarbons, per prendere due piccioni con una fava: ridurre CO2 dalla atmosfera e tirar fuori il “residuo” non convenzionale con le minori emissioni serra, magari lasciando in pace Artico ed Antartide. Al riguardo vorrei fare una riflessione forse scomoda, ma necessaria: sulla Terra si arriverà fra non molto all’astronomica cifra di 9 miliardi di persone, le cui esigenze primarie non potranno essere soddisfatte solo dal solare e dall’eolico ove che sia, ma da impianti di potenza come il nucleare. Questo dovrà evolvere nella tecnologia, puntando sul reattore di IV e V generazione degli impianti, anche se la scadenza del successo tarda a venire. Viceversa, senza tecnologia e ricerca ponte, prepariamoci al duplice, drammatico scenario di un esercito disoccupati in casa e di immigrati “climatici” alle porte di casa. Il fatto grave – a riprova che il problema è culturale e politico – è che la parola “nucleare” è scomparsa dal SETPlan Energy che, essendo in primis linea di ricerca, dovrebbe contemplare analisi e programmazione su tutte le filiere.


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ASPETTANDO EXPO 2015

Una Smart City tecnologica nel futuro di Expo? Pietro Mezzi

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opo tante incertezze e tanti timori, l’idea su cui lavorare e concentrare l’attenzione per il dopo Expo è arrivata. Ci ha pensato l’università Statale di Milano che per bocca del suo rettore, Gianluca Vago, ha proposto di trasferire sulle aree che si renderanno libere al termine dell’Esposizione universale niente meno che alcune facoltà presenti nella zona est di Milano, a Città Studi. Le aule e i laboratori di Fisica, Agraria, Chimica, Scienze e Informatica, oggi ospitati nelle antiche palazzine del polo universitario milanese, dovrebbero trovare sede nella nuova cittadella universitaria, a nord ovest di Milano. L’idea è piaciuta subito a tutti: al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e al presidente della Regione, Roberto Maroni, e anche agli industriali milanesi, i quali, attraverso il loro presidente, Gianfelice Rocca, hanno rilanciato una loro proposta di alcuni mesi fa: quella di realizzare, su una parte delle aree, Nexpo: la Silicon Valley italiana. Un luogo

di innovazione, di tecnologie d’avanguardia, un centro di attrazione internazionale. Una smart city capace di attirare investimenti italiani ed europei. Detta in altri termini, l’idea di Assolombarda, sfruttando le potenzialità del sito espositivo, si qualificherebbe come “infrastruttura tecnologica per l’erogazione di servizi IT a privati, imprese e pubbliche amministrazioni, una cloud farm, e un hub tecnologico, quale punto di riferimento per le aziende che generano servizi ad alto valore aggiunto sviluppati in chiave digitale, capace, anche qui, di sfruttare la digitalizzazione dell’area per diventare un terreno fertile per l’aggregazione di imprese e investimenti di valore nazionale”. Tra qualche anno, risorse permettendo, su uno spazio di circa 200 mila metri quadrati (sui 500 mila circa effettivamente disponibili, i restanti sono destinati a verde) dovrebbero sorgere, per 18 mila studenti, il campus universitario, un polo della ricerca avanzata e


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Il masterplan prodotto dalla società Arexpo

Lo schema di massima delle principali funzioni dell’area su cui svolgerà l’Esposizione universale

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dell’informatica, un auditorium, residenze studentesche e spazi per lo sport. I costi dell’operazione sono ancora in fase di definizione, ma dovrebbero aggirarsi attorno ai 400 milioni circa. Una cifra di tutto rispetto, che potrebbe essere recuperata attraverso la vendita degli immobili di proprietà resi liberi dal trasferimento e, soprattutto, da un doppio finanziamento: quelli di Cassa depositi e prestiti e Bei. La proposta della Statale è di fatto la prima vera e concreta manifestazione di interesse per il riutilizzo di un’area che rischia, come accaduto da altre parti per altre Esposizioni, l’abbandono e il deserto urbano. Insomma, finalmente una buona notizia per Arexpo – la società pubblica che ha il compito di rientrare dall’investimento per l’acquisto delle aree – dopo quelle pessime del novembre scorso, quando la gara, bandita per l’aggiudicazione dell’operazione, era andata deserta. Il dibattito milanese sul dopo Esposizione, proprio pochi giorni fa, si è arricchito di un’altra importante voce, quella della Triennale di Milano, che per bocca del suo presidente, Claudio De Albertis, ha proposto la realizzazione della XXI^ Triennale internazionale dedicata a design e architettura. Una manifestazione, dal titolo “XXI secolo, design, after design”, da organizzare nel 2016, da aprile a settembre, riutilizzando

in modo temporaneo i padiglioni dei paesi esteri per discutere di design, architettura, arte e moda, vale a dire dei punti di forza del capoluogo milanese. Una seconda Expo, insomma, una continuazione dell’esposizione una volta chiusi i battenti il prossimo 31 ottobre: un modo sicuramente originale di tenere aperto il dibattito sul dopo, in attesa che maturino le condizioni per gli interventi strutturali sull’area. Ora, la palla è nelle mani di Arexpo, la quale, qualche mese fa, dopo l’insuccesso del bando, ha pensato bene di farsi aiutare dalle università milanesi, Statale e Politecnico di Milano, con un incarico di ricerca del valore complessivo di 180 mila euro. Un’iniziativa tesa ad approfondire i contenuti del masterplan e a prospettare soluzioni utili per dare un futuro a quel brano di città nella periferia nord della città. Un incarico sub judice, però, in quanto l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone sta valutando se sia legittimo l’affidamento diretto senza aver espletato una procedura di gara pubblica. Intanto, il tempo passa e scarseggia: alla fine di giugno, infatti, scade la moratoria di sei mesi concessa dalla banche creditrici alla società milanese per rientrare dal debito di 160 milioni (a cui ne vanno sommati 75 da riconoscere a Expo 2015). La proposta della Statale piace e non poco ai vertici di Arexpo. “Si tratta di una proposta – afferma


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Luciano Pilotti, presidente di Arexpo – che potrebbe funzionare da volano per il decollo del progetto nel suo insieme e da traino alla proposta di Assolombarda. Entro giugno, comunque, noi siamo impegnati a definire un nuovo business plan e un nuovo piano di fattibilità, per presentarci alle banche chiedendo il loro sostegno all’operazione. Un’altra cosa va ricordata ed ciò che il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha sostenuto di recente. Il ministro ha affermato la strategicità dell’area non solo per Milano e la Lombardia, ma per l’intero paese. C’è un impegno diretto e forte del governo, quindi, che rappresenta uno snodo importante tra interessi pubblici e privati”.

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Manufatti

Spazi verdi

Spazi aperti

Spazi d’acqua

Reti e sottoservizi

Infrastrutture di bordo

La rappresentazione, su diversi livelli, dell’eredità di Expo 2015

Palazzo Italia e piazza d’acqua

Cascina Triulza e giardino

Accesso Ovest e Piazza inclinata Mappa dei cosiddetti “luoghi notevoli” di Expo 2015

Collina Mediterranea e piazza triangolare

Teatro all’aperto, Cardo e Piazza Italia


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ASPETTANDO EXPO 2015

Israele, i nostri campi di domani Andrea Calatroni

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n prato verticale, uno splendido muro verde accoglierà i visitatori di Expo2015, una grande barriera verde che cambierà aspetto durante i mesi, ogni stagione mostrerà i propri colori sull’imponente campo verticale. Un’idea semplice ispira il progetto, gli architetti hanno scelto una tradizionale porzione di campagna israeliana e l’hanno posta in verticale, terreno compreso: “le varietà di cereali e gli altri prodotti della terra offriranno un’ampia varietà di prodotti che genereranno un mosaico di trame, odori e colori”. Un pezzo di Madre Terra esposta al mondo intero. Il Padiglione non è solo un’esposizione, è anche

un modello in scala delle importanti conoscenze di base e tecnologiche che Israele presenterà per rispondere alle esigenze di sfidare la povertà e la fame, per diffondere prosperità e stabilità nei paesi in via di sviluppo. Oltre a questo, il Padiglione stesso è un concentrato di tecnologia, per le soluzioni costruttive e impiantistiche. Per il sistema costruttivo, i progettisti dello studio Knafo Klimor Architects hanno optato per l’assemblaggio mediante un semplice telaio in travi d’acciaio, che potrà essere smantellato velocemente al termine di Expo2015 e riutilizzato per altre manifestazioni in Israele o all’estero, per rappresentare il sistema Paese nel mondo. L’impianto più importante è quello d’irrigazione a controllo computerizzato, ideato per ottenere il miglior raccolto e la migliore crescita di cereali, in Israele e in molti paesi in via di sviluppo l’acqua è un elemento raro e molto


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Israel, our fields of tomorrow A

vertical field, a superb green wall welcomes the Expo2015 visitors, a real green barrier that change during the month, every season will be displayed its colors on the wide vertical meadow. A simple idea drives the project, the architects chose a peculiar Israeli countryside portion and placed it in vertical including ground: “cereal varieties and other basic foodstuffs that will offer a wide variety of products that produce a mosaic of textures, smells, and colors”. A piece of Mother Earth exposed to whole of the world. The Pavilion is not just a show, it’s a scaled model of valuable knowledge base and technologies that Israel would like to presents in order to challenges hunger and poverty, to spread prosperity and stability in developing countries. Added to this the Pavilion itself is a concentrate of technology, it concerns the construction system and plants. Regarding

construction system, Knafo Klimor Architects decides to use a fast assembling steel frame, that it could be easily disassembled after the Expo2015 and reused for many others exhibition in Israel or abroad, to represent the country worldwide. The most important plant concern the a computer-controlled drip watering system for optimal crop cultivation and growth, in Israel and in many other developing countries water is very precious and rare element, that it can’t be wasted spreading it all around. Secondly, Israel is a great people concentration in a small territory, every arable land is important to optimize.


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prezioso, che non può essere sprecato irrigando senza criterio. In secondo luogo, Israele ha una grande concentrazione di popolazione su di un piccolo territorio, ogni terreno coltivabile è importante che sia ottimizzato. Ogni superficie libera dovrebbe essere coltivata per fornire cibo alla popolazione, Knafo Klimor Architects suggerisce un interessante modello per l’impiego delle superfici cieche degli edifici urbani e suburbani, al posto di muri grigi suggeriscono di usare queste pareti come terreno coltivabile. Una soluzione semplice, poco costosa per espandere l’agricoltura anziché sprecare nuovo suolo, molto prezioso in una nazione piccola come Israele, ogni insediamento potrà essere trasformato in una città giardino con tetti e pareti verdi, facendo di ogni necessità virtù. Un cambio di paradigma per l’urbanistica corrente e una sfida contro la desertificazione. Il sistema energetico progettato per il Padiglione segue tutte le regole sulla sostenibilità imposte dagli organizzatori di Expo2015, per mantenere a very low carbon footprint. Il sistema d’illuminazione e quello di ventilazione sono stati disegnati e prodotti per ridurre al minimo il consumo di energia, specialmente durante l’estate. Il progetto del Padiglione ha affrontato e risolto la sfida della sostenibilità, in tutti i suoi aspetti, in modo semplice e onesto.


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Every free surface could be cultivated to supply food to the population, Knafo Klimor Architects suggest an interesting way to use urban and suburban building surfaces, and instead of grey walls they recommend use as vertical arable soil. An easy, not expensive way to expand agriculture instead of waste soil very precious in a small country as Israel, every settlement could be transformed into a garden town, with green roofs or walls, when life gives you lemons, make lemonade. A change of paradigm for the current urban concept and a challenge against desertification. The Energy Systems designed for the Pavilion follow the sustainability rules defined by the Expo2015 organizers, in order to have a very low carbon footprint. Lighting system and HVAC has been designed to reduce energy consumption, especially in the summertime. The pavilion project have faced and solved the sustainability challenge, in totality, in a easy and honest way.

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Client, Design and Construction Suppliers: Israel Ministry of Foreign Affairs in cooperation with the Ministry of Finance, Ministry of Tourism, Ministry of Economy, Ministry of Agriculture & Rural Development and Keren Kayemet Leisrael -- Architecture and general planning: Knafo Klimor Architects -- Production: AVS Avant Video Systems -- Project management: Dror Leiba -- Structural engineer: Rokach Ashkenazi Engineering Consultant -- Energy & systems: Avner Vishkin engineers -- Electricity: Rafi Cohen Engineers -- Sanitation: Sanit Engineering -- Plantation & Vertical fields concept: Green Wall Israel -- Interior design: Netto Design House -- Lighting Design: Eran Klein & Eli Kochavi -- Art direction: Avi Helitovsky -- Content management: Alon Weisbert -- Local architect & coordination: PRR Architetti -- Local Structural engineer: Engineering project -- Local systems & fire fighting engineer: Rampoldi Progetti -- Local safety engineer: Studio La Viola


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Forum Telecontrollo 2015 Marco Vecchio*

che il Gruppo Telecontrollo, Automazione e Supervisione delle Reti di ANIE Automazione organizza da oltre vent’anni con cadenza biennale. La quattordicesima edizione del Forum dal titolo “Telecontrollo made in Italy: a step forward for a better life. Soluzioni sostenibili per la smart community” si terrà a Milano nella suggestiva location dell’HangarBicocca il 29 e 30 settembre. L’evento, che nell’edizione 2013 ha coinvolto circa 700 visitatori nelle due giornate, è organizzato da ANIE Automazione in ilano, icona di eleganza, cultura e collaborazione con Messe Frankfurt Italia. innovazione, una tra le città più moderne I temi del convegno sono legati a un uso delle e d’avanguardia d’Europa, si sta preparando risorse più efficiente e rispettoso dell’ambiente a ospitare l’Esposizione Universale, il più in un’ottica di sviluppo sostenibile, alla grande evento mai realizzato sull’alimentazione sicurezza delle risorse e delle informazioni, alla e la nutrizione. Milano, quindi, capitale della creazione di valore aggiunto per l’utenza finale moda e del design ma anche palcoscenico e all’incremento della competitività dei gestori privilegiato dal quale presentare l’eccellenza che diventa patrimonio dell’intero sistema delle tecnologie dell’automazione e controllo Paese. Il tutto non può ovviamente prescindere che, integrandosi con la tradizione e la qualità dalla capacità di innovazione e dalla creatività del Made in Italy, sono diventate uno strumento dei fornitori di tecnologia che devono far fronte cardine per un uso sostenibile e sicuro delle a una sempre maggiore complessità dei risorse, elementi fondamentali per erogare sistemi da telecontrollare con una mole di dati servizi di qualità e garantire l’ottimizzazione delle sempre più importante da dover monitorare prestazioni di Reti, Industria e Città in un’ottica e gestire, big data, in un modello tecnologico sempre più “smart”. e sociale nuovo dato dalla sharing economy In questo contesto si inserisce il Forum basata sull’internet delle cose e dei servizi e sul Telecontrollo, una mostra-convegno itinerante cloud computing.

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*Segretario ANIE Automazione


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Le tre aree in cui confluiranno le testimonianze degli operatori del settore sono: Reti, Città, Industria. Le infrastrutture energetiche e idriche, costituite da reti e impianti, sono in continua evoluzione per rispondere alle nuove necessità. Le soluzioni di automazione e controllo divengono elementi fondamentali per erogare servizi di qualità, garantire ottimizzazione e massimizzazione delle prestazioni, ridurre i costi operativi. Gli agglomerati urbani con le loro infrastrutture sempre più “intelligenti” stanno rivoluzionando usi e abitudini della comunità. Singole soluzioni di automazione e controllo diventano l’avanguardia di un processo di trasformazione che traguarda livelli superiori di qualità e sostenibilità della vita. Infine, i processi produttivi delle filiere industriali e agricole sono ridefiniti per incrementare la produttività in modo sostenibile. L’automazione e il controllo si integrano con la tradizione e la qualità del “made in Italy” per raggiungere alti livelli di eccellenza. I principali fruitori dei contenuti del convegno saranno i tecnici e i manager delle aziende di Pubblica Utilità e della Pubblica Amministrazione oltre a tutti coloro che a vario titolo operano su una filiera che oggi, peraltro, è sempre più articolata a causa dei molteplici cambiamenti che avvengono a livello di regolamentazione, di convergenza tecnologica e di modelli di business. Il Forum sarà arricchito anche da un’area espositiva dove i visitatori potranno “toccare con mano” le soluzioni tecnologiche presentate e avere un confronto diretto sui temi dei convegni con gli esperti delle più qualificate aziende fornitrici di sistemi e componenti per il Telecontrollo. L’alto livello tecnico delle memorie, le competenze degli operatori, l’esperienza decennale degli organizzatori fanno di questa manifestazione un’eccellenza tipicamente italiana che si vuole fortemente valorizzare anche fuori dai confini nazionali. Per questo l’evento e gli atti che ne deriveranno verranno promossi anche all’estero tramite lo strutturato network per l’internazionalizzazione delle aziende di Federazione ANIE.

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Dall’Hangarbicocca uno sguardo al prossimo Forum Telecontrollo Roberto Maietti

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l luogo è parte della storia di Milano, dove l’Ansaldo-Breda ha contribuito allo sviluppo industriale dell’Italia. Hangarbicocca, nato nel 2004, è oggi sede di incontri, di mostre, di seminari e il prossimo 29-30 settembre ospiterà la quattordicesima edizione del Forum Telecontrollo: “Il successo dell’innovazione Made in Italy”. Con la preziosa conduzione di Laura La Posta, capo redattore de il Sole24Ore, il 4 marzo si è svolta una tavola rotonda che è stata anche l’occasione per presentare l’evento a una platea di oltre 130 persone. Si è parlato di innovazione e di biosostenibilità, di tecnologia e di applicazioni con il presidente di ANIE Automazione e i rappresentanti delle aziende del Gruppo Telecontrollo. Insieme anche a due nomi prestigiosi del panorama milanese: l’architetto Stefano Boeri, vincitore del premio “International Highrise Award” per l’edificio “il bosco verticale” realizzato da Hines Italia nel quartiere Porta Nuova e il filosofo Franco Bolelli. Quest’ultimo ha sottolineato quanto il livello di evoluzione che la nostra società ha avuto negli ultimi dieci anni abbia portato miglioramenti nella nostra vita offrendo nuove possibilità di

apprendimento e nuove modalità di interazione. Il mutamento è naturale, l’innovazione non è avanguardia, né creativa stravaganza: l’innovazione è l’inevitabilità. Siamo sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuove modalità, ma proprio per questo devono essere i giovani coloro che devono aiutarci a disegnare le città di domani. Il Telecontrollo è la parte tecnologica del mutamento, dell’evoluzione nel modo di elaborare informazioni e di supervisionare processi. Il Telecontrollo è gestione del traffico urbano ed extraurbano; è distribuzione efficiente dell’acqua nelle nostre case; è controllo del flusso del gas; è garanzia di una distribuzione continua ed efficiente dell’energia elettrica. Il Telecontrollo è l’insieme di tutte quelle tecnologie e di quei componenti che coniugando l’esperienza dell’automazione industriale con le esigenze del territorio ha saputo sviluppare soluzioni e sistemi in grado di migliorare i servizi ai cittadini e alle comunità. Parlare di Telecontrollo vuol dire parlare di quanto circonda la nostra vita quotidiana: dai condomini alle sedi di lavoro; dalle autostrade alla viabilità cittadina; dalle centrali di produzione e distribuzione fino al pannello fotovoltaico sul tetto di casa nostra. Siamo parte di un cambiamento che vede nel Telecontrollo un compagno tecnologico importante, anzi fondamentale, per questo l’evento di settembre si prospetta ancora più stimolante ed interessante che nel passato. Non più un evento per soli tecnici e ingegneri, ma un agorà di confronto dove i progettisti del futuro potranno incontrarsi e nutrirsi di nuove idee e soluzioni.


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FORUM TELECONTROLLO 2015 RETI DI PUBBLICA UTILITÀ

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Highlights


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Moovit, l’app dei bus locali Let’s Moovit! È un incitamento e una nuova app che sta sovvertendo il mercato del trasporto pubblico locale, in particolare in Italia dove ha già raccolto 1,2 milioni di utilizzatori in poco più di un anno, facendola diventare il quarto Paese al mondo per numero di utilizzatori, preceduta solo da USA, Brasile e Israele. Con 500 città al suo attivo, la smiling flag ci guida a destinazione, insegnandoci a ottimizzare l’uso dei mezzi pubblici, semplicemente inserendo un indirizzo di partenza e uno di arrivo, senza bisogno di comprare mappe cartacee o di scaricare altre app specifiche per navigare tra linee di bus e metropolitane. Al momento Moovit si può scaricare gratuitamente e non ha ancora previsto fonti di reddito, che in seguito potrebbero arrivare dalla vendita dei biglietti, abbonamenti o della stessa app, la gratuità del servizio è un lusso che il fondatore Nir Erez, si può permettere, visto che ha già ricevuto oltre 80 milioni

di finanziamenti in tre tranche, l’ultimo dei quali da oltre 50 milioni è stato erogato da società come: Nokia, Bmw, Bernard Arnault, Keolis-Sncf, oltre a Sequoia Capital, Gemini e alle israeliane Vaizra e Brm. Tra i sostenitori di Moovit c’è Bmw, che in questo modo sostiene i mezzi pubblici contro la mobilità, un controsenso? Non secondo Bernhard Blaettel, presidente di Bmw iVentures: “Migliorare la mobilità urbana è uno dei temi più affascinanti e complessi che la nostra generazione sta affrontando”. Con 7 miliardi di persone, di cui oltre la metà che vivono in un contesto urbano è chiaro che alla lunga non si potrà rispondere alle necessità di mobilità urbana con le auto private. Sarà sempre più necessario puntare su una mobilità sostenibile e condivisa, quindi pubblica. Prendendo come esempio la realtà italiana Moovit, per le compagnie di trasporto pubbliche, è un competitor, ma anche un prezioso alleato. Con la

sua interfaccia friendly, la velocità d’uso e con una copertura attuale di 23 città italiane: Bergamo, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Massa Carrara, Matera, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Pisa, Roma, Salerno, Sassari, Siena, Taranto, Torino, Trento, Trieste, Udine e Venezia, ne fanno uno strumento vincente e funzionale. L’Italia rappresenta quindi un mercato importante per l’azienda, che negli ultimi sei mesi ha raddoppiato il numero di utenti e che nelle scorse settimane ha stipulato un accordo con il Comune di Torino. Per la start-up israeliana la nostra penisola non è solo vasto bacino d’utenza a cui attingere, ma anche modello per test, sperimentazione e innovazione, far interagire e dialogare il farraginoso sistema dei trasporti nazionale, e soprattutto locale, non è impresa da poco. Ognuno con la propria competenza, il proprio piccolo regno da preservare, non resta che augurare buona fortuna. Uber docet.


HIGHLIGHTS

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Il “Tempo” in... tempo reale RealMeteo è una giovane associazione no-profit che ha realizzato un software che potrebbe essere di pubblica utilità nell’ambito dell’informazione pubblica cittadina, con display o totem in città, e come ausilio (gratuito) per la Protezione Civile, per prevenire e operare con rapidità conoscendo le condizioni d’intervento. Con quest’ultimo ente è stata avviata una partnership intesa ad agevolare l’operatività in real time e garantire un servizio meteo, anche sul campo. RealMeteo è un comune browser automatizzato, la cui configurazione è un’operazione semplice e veloce. Il classico menù a pagine consente d’impostare facilmente i pochi parametri operativi necessari, ad esempio decidere quali immagini vogliamo visualizzare nel nostro slide-show o ogni

quanti minuti vogliamo che RealMeteo si riconnetta a Internet per scaricare le immagini aggiornate o quanti secondi deve rimanere ogni immagine in sequenza e quale visualizzazione preferiamo. Collegandosi al sito www. realmeteo.com è possibile scaricare una versione demo, completando la registrazione dell’account si riceverà il codice per l’avvio del programma completo, e la sua piena funzionalità. La facilità d’installazione e di aggiornamento consente di operare con estrema velocità di risposta, inoltre sul sito dell’associazione è possibile avere un’assistenza online costante, un help desk multilingue, anche in remoto, che permette di risolvere ogni problema. La personalizzazione del browser non si ferma ai

parametri di navigazione, ma si spinge un passo oltre, nel mondo della comunicazione. I progettisti software hanno pensato all’impiego di RealMeteo in ambiti pubblici, quali aeroporti, stazioni ferroviarie o della metropolitana, con la possibilità di integrare la previsione meteo con spazi pubblicitari. Le potenzialità del sistema sono molto interessanti, durante le fasi di caricamento degli aggiornamenti è possibile inserire nello slide-show un advertising, un messaggio di servizio o un’informazione di pubblica utilità. Un servizio accessorio, comunque di sicuro interesse per i viaggiatori, che implementato come indicato, potrebbe avere funzioni comunicative di grande utilità pubblica.


HIGHLIGHTS

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Chicago Smart City Andrew Peterson


SMART CITY

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na discussione durata dieci anni quella che ha portato la Città di Chicago verso la Smart City, la Municipalità ha ideato un programma chiamato Digital Chicago partendo dalla consapevolezza che Internet sarebbe stato fondamentale nella vita quotidiana dei cittadini. Alla fine del 2008 la Partnership “for a Digital Chicago” è diventata Smart Chicago Collaborative, e nel 2011 è stato creato il primo ufficio direttivo con Daniel O’Neil come Executive Director, per gestire i principi, i focus e gli obiettivi individuati in occasione della sua fondazione. Smart Chicago descrive sé stessa come “un’organizzazione civica dedicata al miglioramento della vita in Chicago attraverso la tecnologia […] lavoriamo per facilitare l’accesso alla rete, migliorando le capacità nell’uso di Internet e sviluppando prodotti significativi partendo dai dati che misurano la qualità della vita dei residenti nella nostra regione e non solo”.

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ten years long discussion process carry the City of Chicago toward the Smart Chicago, the Municipality has created a program called Digital Chicago started from the awareness that Internet will be a useful tool for the citizen’s daily life. In the end of 2008 the Partnership for a Digital Chicago became the Smart Chicago Collaborative, and in the 2011 was created the first direction office with Daniel O’Neil as Executive Director, to manage principles, focuses and targets pinpointed during the foundation. Smart Chicago picture itself as “a civic organization devoted to improving lives in Chicago through technology […] we work on increasing access to the Web, improving skills for using Internet, and developing meaningful products from data that measurably contribute to the quality of life of residents in our region and beyond”.


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Questo principio rappresenta il cuore del progetto dell’ente, la singola persona è al centro di ogni azione. Smart Chicago è un nuovo modello di Smart City, è la prima Social Smart City, una griglia che trasporta informazioni, assistenza e conoscenza. L’organizzazione è stata fondata da importanti istituzioni: la City of Chicago, la John D. and Catherine T. MacArthur Foundation e la The Chicago Community Trust. L’obiettivo principale è mettere insieme municipio, filantropi e corporazioni in un progetto di innovazione civica e sociale. Con il consistente aiuto dei fondatori, Smart Chicago ha delineato i suoi principi base e i suoi obiettivi che sono identificati dai seguenti binomi: Tecnologia & Accesso alla tecnologia e Internet; Accessibilità & Capacità digitale per tutti; Cose & Prodotti utili derivati dai dati raccolti; Chicago & Cittadini. A Chicago sono consapevoli che il loro modello, “basato su un’organizzazione snella concentrata sull’avere un ampio impatto regionale, centrato su filantropia e governo” potrà essere esportato in tutti gli Stati Uniti nei suoi principi base e rimodellato sulle diverse realtà urbane e suburbane.

Tutte le città, e i loro cittadini, hanno le stesse necessità riguardanti: salute, educazione, giustiia e ecosuistema, ma coniugate in modo diverso. Relativamente a ciò è stata preparata una presentazione, aggiornata periodicamente con nuove informazioni, sulla quale viene spiegata “la filosofia e perché il modello funziona, i fondatori e i loro ruoli, la strategia e i motivi della sua importanza, il finanziamento e come funziona, il lavoro e come viene svolto”. Un altro interessante progetto creato da Smart City Collaborative è il CUTGroup, un gruppo di cittadini regolari di Chicago pagati per testare le civic apps, sono 800 residenti che hanno aderito al programma, sparsi per tutta la città, nei 50 quartieri e nelle 77 comunità. Questa esperienza ha permesso di ottenere una grande quantità di dati sugli interessi delle persone quando visitano un website, il CUTGroup è dedicato a implementare e migliorare i contenuti e la fruibilità delle civic apps. Smart Chicago è un interessante e affascinante progetto che sarà approfondito nel prossimo numero della rivista con un’intervista al Direttore Daniel O’Neil. Restate “connessi”.


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This principle represent the core business of this institution, the single person is the center of every action. Smart Chicago is a new kind of Smart City, it’s the first Social Smart City, a grid that carries information, assistance and knowledge. The organization was founded by three important institutions: the City of Chicago, the John D. and Catherine T. MacArthur Foundation, and The Chicago Community Trust. Our main target is bringing together municipal, philanthropic, and corporate investments in civic and social innovation. With a consistent help of the founders Smart Chicago design its basic principles and focuses on the following keywords pair: Technology & Access to technology and the internet; Open & Digital skills for all; Everyone & Meaningful products from data; Chicago & Citizens. In Chicago they are sure that their model, “based on a lean organization focused on have a broad regional impact, centered among philanthropy and government, could be exported throughout the US in its basic principles and reshaped on peculiar urban

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and suburban realities. Every city, and its citizens, has the same needs concerning: health, education, justice and ecosystem, but conjugate in different way. About that they have prepared a presentation, updated periodically with new information, on which we explain “the philosophy & why the model works, the founders & their roles, the strategy & why it is important, the funding & how it gets done, and the work & how we do it.” Another interesting project created by the Smart City Collaborative is the CUTGroup, is a set of regular Chicago residents who get paid to test civic apps, they have over 800 Chicago residents signed up for this program, from all over the city, all 50 wards and all 77 community areas. This ongoing experience has allowed them to gain a lot of data in what people are interested in when visiting a website, the CUTGroup test is dedicated to implement and improve the civic apps contents and the availability. Smart Chicago is an interesting, fascinating project that we would like to take a deeper dive in the next issue with an interview with the Director Daniel O’Neil. Stay tuned.


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News

Il rifiuto “OMOGENEIZZATO”

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on il nuovo processo di omogeneizzazione degli scarti agroalimentari e degli RSU umidi sarà possibile ottenere un comburente, ad alto potenziale energetico, a basso costo iniziale e produttivo. Il procedimento è stato illustrato in occasione del Bioenergy Italy, il salone delle tecnologie per le energie rinnovabili, che si è appena chiuso a CremonaFiere. L’omogeneizzazione è un’operazione che trasforma una miscela eterogenea in un’omogenea. Una miscela è “chimicamente omogenea” quando questa presenta un’uguale composizione in ogni punto. L’operazione di omogeneizzazione è, a ben vedere, una particolare modalità di miscelazione di parti eterogenee, si tratta della miscelazione di fasi tra loro insolubili al fine di ottenere una sospensione o un’emulsione. Il prodotto finito del trattamento di omogeneizzazione è un composto in parte liquido in parte solido, uniforme, dall’alto potenziale energetico. Da questo processo chimico si ottiene un compost di scarti che consente a un normale impianto a biogas di

produrre il 20% di energia in più. Quest’aumento avviene per un maggior sfruttamento dell’energia che contengono questi sottoprodotti, i quali vengono più facilmente disgregati durante la fermentazione e la produzione di energia quando sono inseriti dentro un impianto a biogas. Possono subire questo processo di omogeneizzazione il trinciale, l’insilato di mais, la fibra di cocco, il letame, la paglia, e perfino la frazione umida degli RSU. Grazie alla tecnologia della miscelazione e d’impianti a biomassa, sarà sempre più possibile l’impiego degli scarti a fini energetici, niente andrà sprecato o disperso nell’ambiente. Un modello di reimpiego del rifiuto organico, che se correttamente applicato, ridurrà l’impatto antropico sul territorio, lo sviluppo tecnologico per la produzione di energia da nuove fonti è in costante crescita e consentirà il riutilizzo di una sempre maggiore quantità di materiali organici e no. Come cantava De André “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.


NEWS

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TOUR EIFFEL, energie rinnovabili tout court

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GE International Ltd, in collaborazione con la Société d’Exploitation de la Tour Eiffel (SETE), ha terminato di installare due turbine eoliche come parte di un’importante operazione di riqualificazione energetica del monumento parigino. Collocate sopra il secondo livello per sfruttarne le migliori condizioni di vento, le turbine produrranno 10,000kWh di elettricità l’anno, equivalente alla potenza utilizzata dagli spazi commerciali al primo piano della Tour Eiffel. L’intervento progettato da SEGE prevede che le due strutture siano colorate per armonizzarsi con il monumento, le turbine eoliche ad asse verticale sono progettate per essere silenziose e catturare il vento

da qualsiasi direzione. La posizione delle turbine, a 120 metri da terra, è stata scelta per massimizzare la produzione di energia, permettendo loro di raccogliere i venti costanti a quell’altezza e compensare il consumo energetico del monumento. Il montaggio dell’impianto eolico, in questa delicata posizione, è stato una sfida tecnica, ogni pezzo è stato issato in posizione con delle corde da montagna. Oltre all’energia eolica, la ristrutturazione comprende: l’illuminazione a LED, messa in opera già da qualche anno, la posa in opera di 10 mq di pannelli solari sul tetto di un padiglione per i visitatori, la cui produzione soddisferà circa il 50% del fabbisogno di riscaldamento dell’acqua per i due padiglioni, i quali avranno anche un sistema di recupero acque piovane, che sarà fornita per i servizi igienici. L’installazione di pompe di calore ad alte prestazioni garantirà una temperatura equilibrata costante. Un grande progetto di valorizzazione e miglioramento energetico che renderà la Tour Eiffel un inedito simbolo della sostenibilità.


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Coelux, experience the sky, experience of light

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ASPETTANDO EXPO •

Israele, i nostri campi di domani

Photos © Knafo Klimor Architects Photos © 3Division Photos © Netto Design House

SMART CITY •

Photo © Creative Commons


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